SEDE REFERENTE
Mercoledì 18 marzo 2009. - Presidenza del presidente della VII Commissione Valentina APREA. - Interviene il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con delega per lo sport Rocco Crimi.
La seduta comincia alle 15.25.
Disposizioni per il sostegno dello sport femminile e per la tutela della maternità delle atlete che praticano attività sportiva agonistica dilettantistica.
C. 1286 Di Centa.
(Esame e rinvio).
Le Commissioni iniziano l'esame del provvedimento in titolo.
Manuela DI CENTA (PdL), relatore per la VII Commissione, ricorda che la proposta di legge in esame contiene disposizioni per il sostegno dello sport femminile e per la tutela della maternità delle atlete che praticano attività sportiva agonistica dilettantistica. Il provvedimento si compone di tre articoli. Passa quindi all'illustrazione dell'articolo 1 che riguarda la competenza della VII Commissione e dell'articolo 3 che riguarda la copertura finanziaria. Ricorda che col comma 1 dell'articolo 1 affida allo Stato la tutela delle pari opportunità nella pratica sportiva, il riconoscimento della parità di valore allo sport praticato dai due sessi, la promozione di azioni finalizzate al superamento delle diversità e delle difficoltà presenti nello sport femminile. Al riguardo, segnala che la relazione illustrativa evidenzia che scopo precipuo della proposta è quello di estendere alle atlete che praticano attività sportiva agonistica a livello dilettantistico la normativa in materia di tutela della maternità prevista dal decreto legislativo n. 151 del 2001 e spiega che, attualmente, la legge n. 91 del 1981 riconosce la tutela sanitaria, previdenziale e antinfortunistica solo agli atleti che praticano gli sport qualificati come professionisti. Evidenzia, inoltre, il fatto che può accadere che, all'interno della singola disciplina sportiva, gli atleti siano qualificati come professionisti, mentre le atlete siano considerate dilettanti. Ricorda al riguardo che la legge n. 91 del 1981 stabilisce che l'esercizio dell'attività sportiva, sia svolta in forma individuale o collettiva, sia in forma professionistica o dilettantistica, è libero. Tale legge prevede, quindi, che sono sportivi professionisti gli atleti, gli allenatori, i direttori tecnico-sportivi e i preparatori
Pag. 33atletici che esercitano l'attività sportiva a titolo oneroso con carattere di continuità nell'ambito delle discipline regolamentate dal CONI e che conseguono la qualificazione dalle Federazioni sportive nazionali, secondo le norme emanate dalle Federazioni stesse, con l'osservanza delle direttive stabilite dal CONI per la distinzione dell'attività dilettantistica da quella professionistica.
Sottolinea inoltre che i criteri per la distinzione dell'attività sportiva dilettantistica da quella professionistica sono stati adottati con deliberazione del Consiglio nazionale del CONI n. 469 del 2 marzo 1988. La delibera evidenzia che è attività sportiva professionistica quella definita o inquadrata come tale nelle norme statutarie delle Federazioni sportive nazionali, approvate dal CONI, in armonia con l'ordinamento delle rispettive Federazioni sportive internazionali. Essa sancisce, quindi, che, su tale base, l'attività professionistica è svolta nella Federazione ciclistica italiana, nella Federazione italiana golf, nella Federazione italiana gioco calcio, nella Federazione motociclistica italiana e nella Federazione pugilistica italiana. A tali Federazioni, con deliberazione del Consiglio nazionale del CONI n. 707 del 27 luglio 1994, è stata aggiunta la Federazione italiana pallacanestro. Nelle restanti Federazioni riconosciute dal CONI - che, allo stato, sono 45 - non si svolge, quindi, attività professionistica. Ricorda, inoltre che, ai sensi dell'articolo 1, secondo comma, del decreto ministeriale 18 febbraio 1982, la qualificazione agonistica a chi svolge attività sportiva è demandata alle Federazioni sportive nazionali o agli enti sportivi riconosciuti. Aggiunge, inoltre, che, al punto 29 dell'allegato 2 della deliberazione CONI n. 1352 del 28 febbraio 2007, è previsto che gli statuti delle Federazioni sportive nazionali e delle Discipline sportive associate devono garantire la tutela della posizione sportiva delle atlete madri in attività per tutto il periodo della maternità fino al loro rientro all'attività agonistica. In ambito europeo, ricorda, inoltre sul settore specifico, l'adozione da parte del Parlamento europeo della risoluzione 5 giugno 2003 su «donne e sport» (2002/2280(INI) che - preliminarmente rappresentando alla Convenzione europea la necessità di istituire una base giuridica per lo sport nel futuro trattato dell'Unione - chiede agli Stati membri e all'Unione europea di assicurare alle donne e agli uomini pari condizioni di accesso alla pratica sportiva, chiede alla Commissione di sostenere la promozione dello sport femminile nei programmi e nelle azioni comunitarie e propone di inserire nella strategia quadro comunitaria in materia di parità fra donne e uomini 2006-2010 un obiettivo operativo dedicato alla partecipazione delle donne alla pratica sportiva. La risoluzione sollecita, inoltre, gli Stati membri e il movimento sportivo a sopprimere la distinzione fra pratiche maschili e femminili nelle procedure di riconoscimento delle discipline di alto livello; alle federazioni nazionali, chiede di garantire gli stessi diritti in termini di reddito, di condizioni di supporto e allenamento, di accesso alle competizioni, di protezione sociale e di formazione professionale, nonché di reinserimento sociale attivo al termine delle carriere sportive. Infine, agli Stati membri e alle autorità di tutela la risoluzione chiede di condizionare la propria autorizzazione e il sovvenzionamento delle associazioni sportive a disposizioni statutarie che garantiscano una rappresentanza equilibrata delle donne e degli uomini a tutti i livelli e per tutte le cariche decisionali.
Segnala che le esortazioni enunciate sono state riprese anche nella relazione del Parlamento europeo sul ruolo dello sport nell'educazione 2007/2086(INI) che, in particolare, invita Eurostat ad elaborare indicatori e a raccogliere migliori statistiche qualitative sulla partecipazione maschile e femminile allo sport a tutti i livelli e insiste sulla necessità di assicurare parità di accesso e di partecipazione di donne e uomini a tutti i livelli, funzioni e settori dello sport, nonché alla formazione e al proseguimento di una carriera nello sport. Nell'ordinamento italiano, ricorda inoltre che la competenza statale in materia di pari opportunità nei rapporti di
lavoro e di azioni positive è stata attribuita al Presidente del Consiglio dei Ministri con il decreto-legge n. 181 del 2006. Con decreto del Presidente del Consiglio Ministri 15 giugno 2006 e, poi, con decreto del Presidente del Consiglio Ministri 13 giugno 2008, tali funzioni sono state, quindi, delegate al Ministro per le pari opportunità. In particolare, il Ministro è stato delegato ad esercitare le funzioni di programmazione, indirizzo e coordinamento di tutte le iniziative, anche normative, nonché ogni altra funzione attribuita dalle vigenti disposizioni al Presidente del Consiglio dei Ministri nelle materie concernenti la promozione dei diritti della persona, delle pari opportunità e della parità di trattamento, nonché la prevenzione e rimozione di ogni forma e causa di discriminazione. Ricorda, altresì, che, in attuazione dell'articolo 6 della legge n. 245 del 2006, con decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198 è stato adottato il Codice delle pari opportunità, in vigore dal 15 giugno 2006, che raccoglie in un unico testo le disposizioni previgenti. Il comma 2 dell'articolo 1 della proposta di legge prevede che le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano, le province e i comuni, d'intesa con il CONI, con le Federazioni sportive nazionali, con gli enti di promozione e con le associazioni sportive, istituiscono una rete di supporto allo sport femminile con l'obiettivo di aiutare le atlete a conciliare lo sport con la maternità e con il tempo da dedicare alla famiglia.
Ricorda a tal proposito che le Federazioni sportive nazionali e le discipline sportive associate, ai sensi dell'articolo 15 del decreto legislativo n. 242 del 1999, come modificato dall'articolo 1 del decreto legislativo n. 8 del 2004, hanno natura di associazione con personalità giuridica di diritto privato. Esse svolgono l'attività sportiva in armonia con le deliberazioni delle Federazioni internazionali e del CONI; non perseguono fini di lucro e sono soggette, per quanto non espressamente previsto dal decreto citato, alla disciplina recata dal primo libro del codice civile e dalle relative disposizioni di attuazione. A fini sportivi, esse sono riconosciute dal Consiglio nazionale. Gli enti di promozione sportiva sono organizzazioni polisportive d'importanza nazionale che svolgono attività di diffusione e promozione dello sport: la qualifica viene riconosciuta dal CONI, sulla base di quanto previsto dall'articolo 32, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 157 del 1986 e ne consegue l'attribuzione di contributi. Per completezza, ricorda che altro tipo di associazioni sportive sono le associazioni sportive dilettantistiche. La relativa disciplina è recata dall'articolo 90 della legge n. 289 del 2002, il cui comma 17 - come successivamente modificato dall'articolo 4 del decreto-legge n. 72 del 2004 - specifica che esse possono assumere una delle seguenti forme: associazione sportiva priva di personalità giuridica disciplinata dagli articoli 36 e seguenti del codice civile; associazione sportiva con personalità giuridica di diritto privato ai sensi del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000, n. 361; società sportiva di capitali o cooperativa costituita secondo le disposizioni vigenti, ad eccezione di quelle che prevedono le finalità di lucro. Il medesimo articolo reca, inoltre, prescrizioni relative ai contenuti dello statuto delle società ed alla compatibilità delle cariche. Evidenzia inoltre che una dichiarazione di impegno formale a promuovere l'attivazione di una rete fra referenti istituzionali e istituzioni dello sport, al fine di favorire l'adozione dei provvedimenti e delle iniziative che migliorino l'attenzione alle politiche di genere, con particolare riferimento al sostegno della maternità e alla conciliazione fra tempi di vita e attività sportiva, è stata adottata il 24 gennaio 2007 dalla provincia di Torino, unitamente alla regione Piemonte e al Comune di Torino, in occasione delle Universiadi 2007 e del 2007 Anno europeo per le pari opportunità.
Sottolinea quindi che l'articolo 3 reca la copertura finanziaria degli oneri, valutati in 5 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2008. A tal fine, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio
triennale 2008-2010, nell'ambito del fondo speciale di parte corrente dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2008, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero. Conseguentemente il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. Nella relazione illustrativa allegata al provvedimento si legge che la copertura è posta a carico dello Stato in quanto l'intervento normativo ha valenza sociale perché contiene misure a sostegno della natalità, ma anche perché rientrante nelle azioni positive che consentono di allineare l'Italia a quanto richiesto dall'Unione europea in materia di conciliazione dei tempi di lavoro con quelli della famiglia. Segnala infine che la norma di copertura deve essere aggiornata in modo da far decorrere il finanziamento delle spese dall'anno 2009, facendo, altresì, riferimento al Fondo speciale di parte corrente del MEF iscritto nel bilancio triennale 2009-2011.
Paola PELINO (PdL), relatore per la XI Commissione, fa presente che la sua relazione sarà ovviamente concentrata sulla parti di più diretta competenza della XI Commissione e, dunque, soprattutto sull'articolo 2. Prima di illustrare nel dettaglio tale articolo, tuttavia, ribadisce le motivazioni del provvedimento in esame, che - come ampiamente argomentato dalla relazione di accompagnamento al provvedimento e dallo stesso relatore per la VII Commissione - intende colmare una lacuna normativa dell'ordinamento giuridico italiano, facendo in modo che anche le atlete che sono considerate sportive dilettanti (ma, in realtà, spesso svolgono una attività sportiva parimenti impegnativa rispetto agli sport professionistici) possano veder riconosciuto, al pari di tutte le donne che lavorano, il loro diritto alla piena tutela della maternità. Ritiene che si tratti di un obiettivo importante, che richiama i princìpi comunitari di inclusione sociale e di pari opportunità e che deve portare tutti i Paesi membri dell'UE all'adozione di azioni positive per contrastare e per ridurre la criticità della situazione femminile, anche nel settore dello sport e, in particolare, di quello dilettantistico.
Fa notare, dunque, che è per tali ragioni che il provvedimento in esame, all'articolo 2, prevede l'applicazione alle atlete dilettanti di una peculiare normativa in materia di tutela e di sostegno alla maternità, mediante l'introduzione di un nuovo articolo 65-bis al Testo unico di cui al decreto legislativo n. 151 del 2001. Con la norma proposta si dispone - al comma 1 - che alle atlete che esercitano attività sportiva dilettantistica a livello agonistico in ambito nazionale o internazionale, da almeno un anno, sia corrisposta un'indennità giornaliera di maternità, per gli otto mesi antecedenti la data del parto e per i quattro mesi successivi alla stessa.
Sottolinea che, come si desume dalla relazione illustrativa della proposta di legge, l'obiettivo perseguito è quello di tutelare la maternità attraverso un ampliamento del periodo nel corso del quale le atlete percepiscono l'indennità di maternità in virtù della particolarità della loro attività, dal momento che tale indennità verrebbe corrisposta alle atlete, di fatto, sin dall'inizio della gravidanza (onde non mettere a repentaglio la vita del bambino) e fino ai quattro mesi successivi al parto, al fine di consentire ad esse una piena ripresa prima di tornare all'attività sportiva. In questo senso, osserva che si configura un sostanziale ampliamento della copertura indennitaria sino ai dodici mesi, che si giustifica largamente in ragione della particolare attività lavorativa delle atlete e che trova fondamento nella peculiare situazione delle stesse, anche sotto il profilo del recupero psico-fisico.
Evidenzia, peraltro, che il testo fa riferimento alle atlete che praticano attività sportiva agonistica dilettantistica in modo esclusivo: per tale motivo, andrebbe chiarito se il riferimento sia da intendersi quale disciplina speciale rispetto a quella applicabile, alla medesime atlete, qualora esse non svolgano l'attività sportiva come unica attività, ma siano anche titolari di
un rapporto di lavoro dipendente (in particolare, in quanto appartenenti a corpi militari o assimilati). Al riguardo, ritiene che possa essere utile verificare l'eventualità di una riformulazione della disposizione, che consenta di evitare dubbi interpretativi e sia in grado di realizzare appieno le finalità dell'intervento normativo.
Segnala, poi, che il comma 2 del nuovo articolo 65-bis prevede che l'indennità di maternità sia corrisposta secondo le modalità stabilite per le lavoratrici autonome dal capo XI del medesimo decreto legislativo n. 151. In particolare, ricorda che tale capo XI disciplina la modalità di corresponsione dell'indennità di maternità, che viene erogata dall'INPS su domanda corredata da certificato medico rilasciato dalla ASL locale competente per territorio, attestante la data di inizio della gravidanza e quella presunta del parto, ovvero dell'interruzione della gravidanza spontanea o volontaria ai sensi della legge n. 194 del 1978.
In conclusione, nell'auspicare che il dibattito possa confermare una sostanziale condivisione del testo da parte di tutti i gruppi, si dichiara sin d'ora disponibile - in uno spirito di piena intesa con il relatore per la VII Commissione - ad accogliere spunti e suggerimenti utili all'eventuale miglioramento del testo.
Il sottosegretario Rocco CRIMI ricorda che nel corso di un'audizione che si è tenuta ieri in Senato in tema di sport dilettantistico, ha precisato come l'attività svolta in questi mesi ha messo in evidenza la necessità di un intervento legislativo per armonizzare e modificare le norme relative allo Sport. E a questo proposito, ricorda di aver annunciato che il Governo intende procedere alla razionalizzazione in chiave sistematica della normativa. La revisione normativa richiede un grande impegno e grande collaborazione di tutti, essendo molteplici gli aspetti legati allo sport. Sottolinea quindi che i suggerimenti della VII Commissione saranno quanto mai preziosi e la collaborazione consentirà di accorciare i tempi per l'entrata in vigore delle nove norme. Rileva che anche il tema relativo alla tutela ed alla maternità delle atlete rappresenta infatti una delle criticità individuate e sulle quali intervenire: ben venga quindi la proposta di legge dell'onorevole Di Centa, di cui oggi si avvia l'iter, che è volta a colmare un vuoto legislativo e regolamentare in materia di tutela delle atlete. Essa è importante anche in tema di pari opportunità, garantendo ad atlete di alto livelli di non essere costrette ad effettuare una scelta tra attività sportiva e famiglia, al pari di qualsiasi altra donna lavoratrice. Si tratta infatti di un aspetto che solo per iniziativa di singole Federazioni è stato fino ad oggi preso in considerazione e che ha consentito ad atlete, quali la Vezzali, la Idem, la Trillini, e tante altre che non sono qui ad elencare, di continuare l'attività sportiva ad altissimo livelli. Rileva quindi che è intenzione del Governo estendere questa «buona pratica» a tutte le discipline sportive, di squadra o individuabili, per consentire a tutte le atlete, siano esse dilettanti o professioniste, di poter continuare la loro attività serenamente. Anche in questo caso, auspica quindi che il progetto di legge in esame abbia una rapida e felice conclusione, e con pieno spirito di collaborazione assicura il suo sostegno affinché ciò avvenga.
Valentina APREA, presidente, preso atto dell'articolato contenuto delle relazioni introduttive e del contributo del rappresentante del Governo, avverte che si è già concordato, tra le presidenze delle Commissioni riunite, di prevedere che il seguito dell'esame del provvedimento in titolo abbia luogo in altra seduta.
Marialuisa GNECCHI (PD), intervenendo per una precisazione, prospetta l'opportunità che le Commissioni riunite possano contare sul quadro generale dei diritti previdenziali che, allo stato attuale, sono riconosciuti agli sportivi e alle sportive, sia a livello professionistico che a livello dilettantistico. Ritiene, infatti, utile che la problematica della maternità delle atlete sia inquadrata nel più ampio contesto dei diritti previdenziali.
Pag. 37Lucia CODURELLI (PD), nel manifestare il proprio apprezzamento per la proposta di legge in esame, che intende uniformare i diritti per le donne che svolgono attività sportiva agonistica dilettantistica, segnala che l'ordinamento italiano presenta - anche per talune categorie di lavoratrici non sportive, spesso a carattere autonomo - altre lacune sotto il profilo della tutela della maternità. Auspica, pertanto, che nel seguito dell'esame del provvedimento sia possibile affrontare tali argomenti, in uno spirito di più larga estensione dei diritti previdenziali e indennitari.
Valentina APREA, presidente, esprime il convincimento che le questioni testé poste possano essere approfondite nel corso del dibattito presso le Commissioni riunite.
Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.
La seduta termina alle 15.50.