SEDE REFERENTE
Martedì 28 ottobre 2008. - Presidenza del vicepresidente della IV Commissione, Ettore PIROVANO. - Interviene il sottosegretario di Stato per la difesa, Guido Crosetto.
La seduta comincia alle 14.10.
DL 147/2008: Partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia, nonché proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali per l'anno 2008.
C. 1802 Governo, approvato dal Senato.
(Seguito esame e rinvio).
Le Commissioni proseguono l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 23 ottobre 2008.
Ettore PIROVANO, presidente della IV Commissione, ricorda che oggi si concluderà l'esame preliminare del disegno di legge all'ordine del giorno e che il termine per la presentazione degli emendamenti relativi al citato disegno di legge, è fissato per oggi, alle ore 16.
Riccardo MAZZONI (PdL) ricorda che oggi è morto, a 110 anni da poco compiuti, Delfino Borroni, l'ultimo Cavaliere di Vittorio Veneto. Borroni, nato il 23 agosto 1898 a Turago Bordone, piccolo paese nelle vicinanze della Certosa di Pavia, prestò servizio nel Corpo dei Bersaglieri come soldato semplice e venne mandato al fronte sull'Altipiano di Asiago. Borroni, che aveva combattuto a Caporetto, rimarrà un fulgido esempio di profondo attaccamento ai valori della Patria, ultimo Cavaliere di Vittorio Veneto. Rammenta infine con rammarico come il Borroni, nonostante i suoi meriti ricevesse una pensione di guerra di soli 46 euro mensili.
Paolo CORSINI (PD) si associa alle riflessioni del collega Mazzoni e al cordoglio per la morte di Delfino Borroni, alla cui famiglia esprime la propria personale vicinanza, anche in considerazione dei suoi legami di parentela con due degli eroici «ragazzi del 99».
Rosa Maria VILLECCO CALIPARI (PD), nel condividere le espressioni di cordoglio formulate dal deputato Mazzoni per la scomparsa di Delfino Borroni e nell'esprimere il proprio dolore per i militari italiani
Pag. 20che hanno recentemente perso la vita in un tragico incidente sul lavoro in Francia, desidera sottoporre all'attenzione delle Commissioni riunite alcune considerazioni in merito all'evoluzione della situazione in Afghanistan che desta forti preoccupazioni. In base ai dati forniti dalla NATO, risulta infatti che le perdite del 2007 sono state pari a 232 caduti e il numero dei caduti nel 2008 potrà addirittura superare tali cifre se si considera che al 29 settembre 2008 le perdite NATO sono già state 218. Segnala, infatti, che il rappresentante speciale dell'ONU in Afghanistan, Kai Eide, nel corso di un'audizione al Consiglio di sicurezza dell'ONU, ha recentemente confermato la gravità della situazione evidenziando un incremento degli scontri armati e degli attentati pari al 40 per cento rispetto allo stesso periodo del 2007. A seguito dell'intensificarsi degli attacchi nella parte Sud-Ovest del paese sia la NATO che il Pentagono, guidato dal segretario Gates, hanno chiesto un maggiore coinvolgimento degli alleati NATO. Risulta infatti potenziato anche il contingente di uomini in forza all'ISAF che è passato da 33 mila a 53 mila uomini, incremento che è funzionale alla strategia di controllo militare del territorio che ha portato inevitabilmente ad alte perdite anche fra la popolazione civile. Risulta, infatti, che la NATO ha dovuto aprire numerose inchieste sugli ultimi raid di ottobre che hanno provocato numerose vittime civili.
Sottolinea, inoltre, come nonostante l'acuirsi delle tensioni nel territorio afgano si siano verificate numerose prese di distanza da questo tipo di azioni militari e di strategia da parte di esponenti politici e militari di vari paesi europei.
Ricorda, altresì, come un altro aspetto cruciale della questione afgana attiene alla lotta alla coltivazione dell'oppio e al narcotraffico, come evidenziato anche dal relatore. A tale proposito risulta che il Comandante supremo della NATO, il generale John Craddock, ha chiesto di assumere tali compiti fra le funzioni della NATO, ma tale proposta non ha trovato sufficienti consensi.
Dichiara, infine, che data la descritta escalation militare in Afghanistan appaiono ancora più preoccupanti le contrastanti dichiarazioni rese dal Comitato Analisi strategica antiterrorismo (CASA), che ha parlato di rischi crescenti, che risultano in contrasto con quelle rese dal Ministro della difesa, La Russa, secondo il quale «non è aumentato il pericolo per gli italiani».
Nell'esprimere, in conclusione, un orientamento favorevole da parte del suo gruppo sul provvedimento e sulla opportunità di proseguire le missioni militari in corso, auspica peraltro che il Ministro della difesa riferisca al più presto sugli sviluppi della situazione in Afghanistan, auspicando che il Governo si faccia promotore di iniziative volte a rafforzare l'azione diplomatica anche verso le comunità locali che potrebbero essere determinanti per favorire una progressiva stabilizzazione, anche in vista delle prossime elezioni presidenziali.
Paolo GUZZANTI (PdL), nel ringraziare la collega Villecco Calipari per l'utile quadro informativo sulla situazione in Afghanistan, ritiene che non si possono avere dubbi sugli obiettivi reali della missione militare in tale Paese che, notoriamente, non è finalizzata alla mera pacificazione dell'area ma all'annientamento del terrorismo di matrice islamico-fondamentalista, presente sia sul territorio afghano che su quello pakistano. Nel ricordare le imminenti elezioni del futuro nuovo presidente degli Stati Uniti, rileva di avere accolto con grande sorpresa le dichiarazioni del candidato Barack Obama relative al fatto che, in caso di vittoria democratica, le priorità della nuova Amministrazione saranno accordate all'Afghanistan, con conseguente smobilitazione del contingente presente in Iraq. Sottolinea che la guerra in Afghanistan si caratterizza per la contiguità tra il nemico terrorista e la popolazione civile, per cui i frequenti casi di morti fra civili afghani rischiano di alimentare il consenso verso Al Qaeda. Per tali ragioni è necessario sostenere con tutti i mezzi possibili i militari italiani e quindi preannuncia fin
Pag. 21da ora il proprio voto favorevole sul provvedimento in esame, anche in previsione del maggior coinvolgimento della comunità internazionale a seguito della probabile vittoria democratica negli Stati Uniti.
Per quanto concerne la situazione in Georgia, richiama i propri rilievi critici e allarmati sulla condotta della Russia, che è giunta a minacciare la Polonia di ricorso allo strumento nucleare per le sue posizioni sulla Nato. Sottolinea che il metodo dell'invasione, adottato nei confronti della Georgia, richiama direttamente l'invasione della Polonia all'inizio del secondo conflitto mondiale. Segnala peraltro che pochi giorni or sono una delegazione georgiana, in visita in Italia, ha fornito evidenze documentali che attestano la presenza russa in terra georgiana con più di duemila unità, a conferma del mancato rispetto da parte della Russia degli impegni assunti e più volte sbandierati con l'Unione europea sul ritiro delle truppe. Per tale motivo ritiene indispensabile e moralmente doveroso finanziare la missione dell'Unione europea, laddove tale valutazione non può essere estesa alla missione in Libano, che di fatto non persegue l'obiettivo del disarmo di Hezbollah.
Fiamma NIRENSTEIN (PdL) ritiene che il provvedimento in titolo debba essere esaminato non solo alla luce degli aspetti tecnici e finanziari o del numero di vittime, che è comunque sempre troppo elevato, ma anche sul piano dei principi e dei valori: è questa l'occasione, infatti, di descrivere la posizione dell'Italia rispetto ad una guerra al terrorismo che continua e che ha indubbiamente conseguito degli obiettivi di contenimento della minaccia, anche se non è stato possibile ottenere la definitiva disfatta di Al Qaeda. Nel ricordare che i gravi attentati di Londra e Madrid sono stati portati a segno anche grazie alla collaborazione con formazioni terroristiche contigue ad Al Qaeda, sottolinea che tale organizzazione è oggi indubbiamente più debole, anche a seguito del recente intervento americano in Siria in cui ha perso la vita il principale riferimento dell'organizzazione in tale Paese. In generale, osserva che la guerra in corso non è di tipo classico ed ha una valenza morale e civile, essendo condotta dal nostro Paese insieme ad altre democrazie che si impegnano nella comunità internazionale contro l'integralismo e il terrorismo.
Passando ad analizzare la missione UNIFIL, sottolinea che lo stesso Segretario Generale delle Nazioni Unite ha apertamente riconosciuto che Hezbollah non solo non è stato disarmato, ma anzi è fortemente radicato in Siria e ha nell'Iran il suo finanziatore. Per tale motivo osserva che i 112 milioni di euro dovrebbero essere impiegati al fine di conseguire obiettivi diversi e superiori a quelli finora perseguiti, considerato che ad oggi Hezbollah è titolare di un autentico diritto di veto sulla politica libanese e dispone di un esercito completo.
Per quanto riguarda infine la situazione in Georgia, esprime il proprio consenso rispetto alle finalità di una missione che appare alquanto contenuta quanto ad impegno economico ma di forte carica morale e simbolica. Si tratta di un risultato importante, considerate le dimensioni della crisi georgiana di fronte alla quale non vi è altro rimedio se non la politica con i suoi strumenti, di cui la missione in oggetto rappresenta un modello per eccellenza.
Stefano STEFANI, presidente e relatore per la III Commissione, ringrazia i colleghi della III e della IV Commissione intervenuti nella discussione ampia ed esaustiva. Esprime compiacimento per la convergenza di tutti i gruppi parlamentari sulla sostanziale condivisione di un provvedimento che ribadisce le responsabilità internazionali del nostro Paese nelle principali aeree di crisi: è comune non solo la consapevolezza della necessità che l'Italia si faccia carico di contribuire alla sicurezza internazionale, ma anche la consapevolezza della criticità di alcune situazioni regionali che restano particolarmente rischiose. Non a caso la discussione si è incentrata soprattutto sull'Afghanistan, Paese in cui, nonostante gli sforzi
Pag. 22compiuti dalla comunità internazionale in otto anni di intervento internazionale, la stabilità non è ancora stata raggiunta, né appare vicino il traguardo finale. A questo proposito rileva unità d'intenti tra maggioranza ed opposizione, dal momento che il Governo ha preannunciato che s'impegnerà nella presidenza del G8 proprio per promuovere una conferenza regionale che favorisca una soluzione politica di quella crisi, con l'auspicabile definitivo isolamento dei talebani.
Rassicura quindi il collega Colombo che non vi è né da parte sua né da parte della maggioranza di Governo alcuna manifestazione di trionfalismo, ma soltanto la serena coscienza di riconoscere i meriti delle nostre forze armate che sono peraltro oggetto di generale apprezzamento sia da parte delle popolazioni locali che delle organizzazioni internazionali.
Sottolinea che senz'altro molto ancora resta da fare in Afghanistan. Pur temendo di cedere all'ottimismo, ritiene che l'Italia stia contribuendo in modo decisivo alla ricostruzione democratica e civile del Paese, anche grazie agli incarichi che sono stati attribuiti a due diplomatici italiani che potranno essere auspicabilmente presto auditi in Commissione, ovvero il ministro Sequi per l'Unione europea e il consigliere Gentilini per la NATO. Sottolinea che la lotta al narcotraffico resta comunque una priorità su cui accrescere l'impegno internazionale.
Con riferimento alla più recente crisi della Georgia, appare sussistere un orientamento unanime al sostegno della missione europea che deve poter espletare appieno il suo mandato. Al riguardo, ritiene che la Federazione russa non possa non rendersi conto delle conseguenze che un suo atteggiamento negativo necessariamente comporterebbe sul piano delle sue relazioni complessive con l'Unione europea, nell'ambito delle quali - come è noto - è all'esame il rinnovo dell'accordo di partenariato strategico. Rassicura quindi la collega Nirenstein per quanto concerne l'impegno dell'Italia che risulta tra i maggiori contributori alla missione non solo per il numero di unità, pari a 40, ma anche per risorse finanziarie.
Sottolinea che la crisi georgiana, del resto, è strettamente connessa con la questione del Kosovo, che è stata, per il momento risolta venendo per la prima volta meno al principio dell'integrità territoriale. Ribadisce che, ferma restando la prospettiva dell'integrazione europea di tutta la regione balcanica, non si potrà non tenere conto della risposta che la Corte internazionale di giustizia è stata chiamata a dare sulla legittimità internazionale dell'indipendenza del Kosovo: non si tratta di nutrire postume simpatie filo-serbe, come segnalato dal collega Corsini, ma di prendere atto del fatto che la stabilizzazione regionale passa per il riconoscimento della pari dignità di tutti i popoli.
Resta preoccupante la lentezza che sta caratterizzando l'insediamento della missione dell'Unione europea in Kosovo, che avrebbe dovuto sostituire la missione ONU, ma che in realtà le si sta affiancando. La missione europea, comunque, accoglierà per la prima volta anche una componente statunitense.
A suo avviso, massima attenzione e cautela deve senz'altro essere esercitata nei confronti della missione UNIFIL in Libano. I segnali positivi provenienti dall'elezione del nuovo Presidente della Repubblica libanese, generale Suleiman, e dal miglioramento delle relazioni con la Siria sono controbilanciati non solo dal riarmo Hezbollah, ma anche dallo stallo persistente del processo di pace in Medio oriente. Rileva che il recente intervento degli Stati Uniti in Siria è di dubbia valenza per gli effetti che potrà produrre sulla pacificazione dell'are, anche alla luce del mancato disarmo di Hezbollah.
Tra le missioni minori soltanto per l'entità della partecipazione italiana, e non certo per la gravità della situazione, richiama quella in Ciad-Repubblica centroafricana, per il suo diretto collegamento con la crisi del Darfur, in cui la missione
cosiddetta «ibrida» dell'ONU e dell'Unione africana stenta ancora a dispiegarsi completamente.
Conferma infine l'impegno ad audire al più presto i ministri degli affari esteri e della difesa per approfondire gli scenari di crisi delle missioni internazionali, che saranno costantemente monitorate dalle Commissioni riunite.
Furio COLOMBO (PD) in relazione alle parole del presidente Stefani, ribadisce l'intervento già svolto nella precedente seduta con il quale ha inteso esprimere pieno appoggio e riconoscimento al pregevole lavoro svolto dai militari italiani, ma criticare le parole di autoencomio che il Governo ha usato verso se stesso, facendo riferimento ad un ruolo centrale dell'Italia ed ad un'autorevolezza del nostro Paese di cui non vi è traccia negli organi di informazione internazionali e che rasenta la mancanza di rispetto nei confronti di altri Paesi altrettanto impegnati nelle missioni internazionali. Sottolinea che il Parlamento è libero di apprezzare o meno l'operato del Governo e che il Governo non ha altra possibilità se non eventualmente sollecitare un giudizio sulla propria azione, restando oggettivo e impregiudicato il ruolo e l'alto valore dei soldati italiani impegnati all'estero.
Salvatore CICU (PdL), ricorda i notevoli sforzi compiuti negli ultimi anni dall'Italia e dagli altri paesi della NATO per favorire lo sviluppo economico e sociale dell'Afghanistan. Tali sforzi stanno continuando, nonostante le grandi difficoltà dovute soprattutto alla attività dei talebani che intendono così ostacolare il processo di stabilizzazione nel paese. Sottolinea e rivendica, a questo proposito, la centralità del ruolo del contingente militare italiano e la capacità straordinaria, fin qui dimostrata da quest'ultimo, di essere parte attiva nel processo di costruzione della pace in attuazione delle determinazioni politiche assunte dal Parlamento.
Con riferimento alla lotta contro la coltivazione dell'oppio sottolinea che anche rispetto a questo specifico aspetto, la stabilizzazione di un paese passa attraverso il rafforzamento delle istituzioni.
Nell'associarsi infine, alle richieste della deputata Calipari e alle parole di cordoglio da lei espresse, auspica che al più presto le Commissioni riunite Esteri e Difesa possano svolgere un'audizione dei Ministri degli affari esteri e della difesa, non già per discutere sulla necessità del rifinanziamento delle missioni in oggetto, in ordine alla quale vi è la massima condivisione, quanto piuttosto per fare il punto sulla migliore strategia da adottare per sviluppare ulteriormente l'integrazione fra la dimensione civile e la dimensione militare delle missioni internazionali.
Il sottosegretario Guido CROSETTO, nel formulare preliminarmente i migliori auspici di pronta guarigione ai militari che sono stati vittime dei recenti attentati terroristici in Afghanistan e i sensi del profondo cordoglio per le otto vittime del più recente incidente aereo che giovedì 23 ha coinvolto un elicottero dell'Aeronautica militare in Francia e nell'associarsi al cordoglio per la scomparsa del Cavaliere di Vittorio Veneto, Delfino Borroni, ringrazia i relatori per gli interventi svolti nella precedente seduta e si sofferma su alcuni aspetti in ordine ai quali sono emerse perplessità nel corso del dibattito. Sottolinea il complesso quadro di politica estera nel quale si inseriscono le missioni alle quali le Forze armate italiane partecipano attivamente, citando in particolare il recente aggravamento della situazione nell'area caucasica e specificatamente in Georgia, che testimonia quanto lo scenario internazionale continui ad essere caratterizzato da elevati fattori di rischio per la stabilità e la sicurezza, potenzialmente capaci di svilupparsi rapidamente ed imprevedibilmente in crisi regionali. La situazione internazionale richiede, quindi, una continua attenzione ed una continuità nelle azioni. Proprio in questa ottica, il Governo chiede oggi al Parlamento l'approvazione dei provvedimenti in discussione.
Furio COLOMBO (PD) ribadisce che la maggioranza e l'opposizione condividono il
Pag. 24medesimo giudizio sui meriti delle Forze armate italiane impegnate nelle missioni militari internazionali, mentre diversa è la valutazione che i due schieramenti danno sull'operato del Governo.
Il sottosegretario Guido CROSETTO, nell'esprimere soddisfazione sul fatto che, almeno su questo punto decisivo, vi sia unanimità di vedute tra maggioranza e opposizione, riprendendo l'esame del provvedimento a partire dall'area caucasica, evidenzia soltanto alcuni aspetti dell'impegno italiano nell'area, tenuto conto di quanto già riferito diffusamente dal Ministro degli affari esteri durante i suoi recenti interventi in Parlamento e dallo stesso Sottosegretario Scotti nella precedente seduta. Sottolinea quindi come, nella gestione della crisi della Georgia, l'Unione europea abbia assunto un preminente profilo. L'Unione europea è infatti intervenuta tempestivamente elaborando, anche grazie all'impulso dall'Italia, le grandi linee di una strategia di stabilizzazione che è stata formalmente sancita nel Consiglio europeo straordinario del 1o settembre scorso.
L'invio della missione PESD in Georgia denominata EUMM - contemplato dal predetto Consiglio e formalizzato dal Consiglio Affari Generali del 15 settembre - è una diretta conseguenza degli accordi raggiunti a Mosca l'8 settembre tra il Presidente Medvedev ed il Presidente di turno dell'UE, Sarkozy, in occasione di una missione congiunta compiuta dallo stesso Sarkozy, dall'Alto Rappresentante, Solana, e dal Presidente della Commissione Europea, Barroso.
Con l'invio dei militari italiani, quindi, il Governo ha inteso dare una risposta immediata alla decisione presa il 15 settembre 2008 dall'Unione europea, che si è impegnata in una missione per garantire la pace e la stabilità in Georgia, inviando tempestivamente degli osservatori nella «zona cuscinetto» (buffer zone) attorno alle regioni della Abkhazia e dell'Ossezia del Sud.
La missione dovrà assolvere, in sintesi, ai seguenti compiti:
stabilizzazione ovverosia vigilare, analizzare e riferire in merito al processo di stabilizzazione incentrato sull'aderenza ai sei punti dell'accordo firmato fra le parti;
normalizzazione cioè vigilare, analizzare e riferire in merito al processo di ritorno alla normalità, ponendo particolare attenzione ai sistemi di trasporto, alle infrastrutture e ai servizi energetici, cosi come agli aspetti politici e di sicurezza relativi al rientro dei rifugiati;
Confidence building ovverosia contribuire alla riduzione delle tensioni tramite la facilitazione dei contatti tra le parti e ad altre misure analoghe;
contribuire ad alimentare l'azione politica dell'Unione europea e le altre forme di impegno dell'Unione stessa in quest'area.
Considerato che la citata missione si inserisce pienamente nel tradizionale solco della politica estera e di difesa nazionale, caratterizzata dalla partecipazione alle missioni multinazionali in ambito ONU, NATO ed UE, auspica pertanto che vi sia la più ampia condivisione in sede parlamentare sulle finalità della missione stessa. Ciò posto, ricorda che dei circa 200 osservatori europei, circa 40 sono italiani, di cui 4 funzionari civili del Ministero degli esteri; quello italiano risulta quindi il secondo contingente dopo quello della Francia, che peraltro ha la Presidenza di turno dell'Unione europea.
Sottolinea come il ruolo dei militari e dei funzionari civili italiani sia quello di osservatori che dovranno verificare l'adempimento di quanto previsto dall'accordo stipulato tra Unione europea, Federazione Russa e Georgia. Proprio per la loro peculiarità di osservatori, tutti i partecipanti saranno disarmati e la loro protezione sarà garantita dalle forze di polizia della Georgia.
Ricorda che il decreto in discussione è inteso ad assicurare, tra l'altro, per il periodo dal 1o di ottobre al 31 dicembre
2008, la proroga della partecipazione del personale delle Forze armate e di polizia alle missioni internazionali UNIFIL in Libano - compresa la componente navale EUROMARFOR -, ALTHEA nel teatro Balcanico, EUFOR TCHAD/Repubblica Centro Africana e altre. Esso è finalizzato, altresi, a consentire la partecipazione di personale militare alla missione degli osservatori militari, questa volta dell'OSCE, in Georgia, nonché ad autorizzare ulteriori spese per corrispondere ad esigenze sopravvenute nell'ambito delle missioni in Afghanistan, Mediterraneo, Kosovo e delle attività in Iraq, già finanziate per l'anno in corso dal decreto legge 31 gennaio 2008 n 8.
Su gran parte delle missioni citate, e che sono oggetto del provvedimento, intende proporre solo dei brevi aggiornamenti, rimandando a quanto comunicato dal Ministro della difesa nel suo intervento dell'11 luglio scorso dinnanzi alle Commissioni Esteri e Difesa di Camera e Senato.
Già in quella sede il Ministro La Russa aveva indicato la necessità di rifinanziare la partecipazione alla missione UNIFIL in Libano, in coerenza con il mandato del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che ha recentemente prorogato, con la risoluzione 1832 adottata il 27 agosto 2008, la durata della missione. In questo senso è oggi richiesto, quindi, il finanziamento della missione per gli ultimi tre mesi dell'anno. Nel Paese, il ritorno della violenza degli ultimi mesi appaiono in controtendenza rispetto all'incoraggiante dinamica di riconciliazione nazionale che sembrava avviata. È importante che questi atti di violenza non cancellino la volontà di continuare il dialogo e che possa proseguire la ricerca di una soluzione che porti pace e sicurezza al Libano.
In questo contesto la missione UNIFIL, che attualmente impegna circa 2400 militari italiani, continua a svolgere un ruolo determinante per la stabilità del Libano e dell'intera regione. Per la prima volta in trent'anni infatti le autorità libanesi hanno esteso il loro controllo alla parte meridionale del Paese e, salvo alcuni incidenti minori, non si sono verificati attacchi contro Israele nei due anni dal dispiegamento della missione.
Dal punto di vista prettamente militare, il primo settembre 2008 l'Italia ha ceduto alla Francia il comando della componente marittima della missione, condotta dall'EUROMARFOR, pur mantenendo una unità navale tra le forze marittime schierate. Dal marzo di quest'anno è in atto - guidato dal Dipartimento per le Operazione di Peacekeeping delle Nazioni Unite (DPKO) - un processo di maggiore multinazionalizzazione del contingente UNIFIL al livello dei Comandi sul terreno, allo scopo di ottenere una migliore integrazione tra truppe di Paesi diversi e una maggiore legittimazione della missione stessa.
Anche per l'operazione «ALTHEA», con il già citato decreto-legge 31 gennaio 2008, n. 8, era stato previsto il finanziamento fino al 30 settembre 2008, a seguito delle decisioni assunte a riguardo nell'ambito dell'Unione europea. Con la conclusione adottata il 16 giugno 2008, il Consiglio dell'Unione europea ha sottolineato che è necessario rimanere attivamente coinvolti in Bosnia e che la presenza militare a guida europea rimarrà nell'area fino a quando sarà necessario. Lo stesso Consiglio ha valutato positivamente i recenti sviluppi politici nell'area, sottolineando che tali progressi influiranno necessariamente sul complessivo piano di intervento dell'Unione. Il Consiglio ha, inoltre, evidenziato che la situazione di sicurezza rimane stabile anche grazie al positivo contributo militare europeo e ha aggiunto che la forza europea (EUFOR) continua a offrire sicurezza, rimanendo pronta a rispondere alle possibili minacce che si dovessero presentare nella regione. Permangono, infatti, in Bosnia, latenti problematiche di base e si registrano azioni volte a indebolire progressivamente le legittime istituzioni a livello centrale. Per questo, al momento, il Comando EUFOR conferma l'intendimento dell'UE di non procedere a riduzioni dei Contingenti militari, ritenendo la presenza di EUFOR ancora necessaria. Al riguardo, tenuto
conto della diminuzione del volume complessivo delle Forze italiane impiegate in Bosnia, operata nel corso del 2007, non si intravedono ulteriori e significative riduzioni per il contingente nazionale che si attesta intorno a circa 240 unità.
Precisa inoltre che, il Comandante della citata missione, a partire dal dicembre 2008, per un anno, sarà italiano. Quest'onere comporterà l'incremento di 18 posizioni organiche, ovvero un ufficiale generale, un close protection team e personale di staff del Comando EUFOR. Inoltre, a partire dal mese di gennaio 2009 e per la durata di un anno, l'Italia assumerà nel teatro bosniaco la carica di Senior Military Rappresentative del NATO Headquater Sarajevo, con un incremento organico di 15 posizioni, di cui una di Generale di Brigata ed il resto di personale di staff del Comando NATO.
Per quanto sopra evidenziato è stato quindi necessario provvedere al finanziamento delle missioni in Bosnia sino al 31 dicembre 2008.
Rimanendo nel teatro Balcanico, sottolinea come l'Italia attui una politica organica e di ampio respiro nei confronti dei Balcani. L'impostazione della posizione italiana muove dall'assunto che gli atavici problemi della Regione possano trovare una loro composizione esclusivamente all'interno di un disegno di coinvolgimento generale di tutti i suoi Paesi nell'Unione Europea e nella NATO.
Nel condurre tale azione, l'Italia si è impegnata in prima linea sia nel sostenere i processi di stabilizzazione democratica interni ai singoli Paesi, sia, non senza difficoltà, nel vincere le resistenze presenti nella Comunità Internazionale rispetto a tali scenari di allargamento UE e NATO.
Negli scorsi mesi è continuato il forte impegno italiano in Kosovo, che si conferma al centro dell'attenzione internazionale dopo la dichiarazione di indipendenza in febbraio. In tale contesto l'Italia promuove l'assunzione di crescenti responsabilità dell'UE in Kosovo, nella convinzione che l'annosa questione costituisca un problema eminentemente europeo. In questa ottica, il decreto-legge in discussione prevede lo stanziamento di fondi anche per corrispondere alle esigenze connesse con l'assunzione da parte dell'Italia, per un periodo di dodici mesi, del Comando della missione NATO in KOSOVO (KFOR), dove il 30 agosto 2008 il Generale italiano Giuseppe Emilio Gay ha sostituito il collega francese Xavier de Marnahac.
Al momento il contributo italiano si attesta su circa 2.200 militari. È da sottolineare che, nell'ambito dello sviluppo del progetto relativo al Kosovo Security Force Training Plan volto a reclutare, addestrare e costituire le forze di sicurezza kosovare, l'Italia ha assunto una posizione di primo piano con l'invio per un anno, dal 5 agosto 2008, del Generale di Brigata Gianfranco Di Luzio con l'incarico di Deputy Chief of Staff Military Civil Adivisory - Division (DCOS MCA) del Comando di KFOR.
Nel corso del 2008 gli sforzi del Contingente italiano nell'area occidentale del Kosovo sono stati notevoli, in particolare nelle zone di confine con il settore nord francese, dove sono stati conseguiti significativi progressi nel campo della sicurezza e dell'ordine pubblico. Parimenti anche la Multinational Specialised Unit (MSU), di cui fanno parte i nostri Carabinieri, ha contribuito alla stabilizzazione del Paese in modo determinante, in particolare nella gestione dei problemi di ordine e sicurezza pubblica a seguito della dichiarazione d'indipendenza de1 17 febbraio 2008.
Illustrando la missione EUFOR Tchad/Repubblica Centro Africana, sottolinea che il finanziamento per gli ultimi tre mesi dell'anno viene chiesto in conformità con il mandato fissato dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite con la risoluzione 1834 adottata il 24 settembre 2008. Ricorda che la missione ha lo scopo di garantire la sicurezza nella zona est del Ciad e nell'area nord est della Repubblica Centrafricana proteggendo la popolazione civile, facilitando la consegna degli aiuti umanitari ed il libero movimento del personale internazionale.
In questo teatro, l'assetto sanitario italiano messo a disposizione del contingente e della popolazione locale è pienamente
operativo, anche se la limitata attività operativa del contingente multinazionale europeo, a guida francese, non ha, di fatto, impegnato in modo massivo l'ospedale a connotazione prevalentemente chirurgica cioè con capacità salva vita o salva arti - «life and limb saving» -. Sono stati effettuati essenzialmente degli interventi medici ambulatoriali verso i contingenti delle altre nazioni partecipanti alla missione. Attualmente in questa missione sono impiegati circa 100 militari.
Relativamente ai possibili sviluppi nel medio termine, occorre sottolineare che il Comitato Militare dell'Unione Europea ha comunicato al Comitato Politico Strategico della stessa la necessità di giungere ad una decisione circa il futuro della missione, ed ha raccomandato l'ONU di finalizzare la pianificazione volta ad assicurare il passaggio di autorità tra la EUFOR e una Follow on Force a guida ONU/Unione africana. L'ONU ha recepito tali indicazioni con la stessa risoluzione del 24 settembre 2008. Allo stato attuale diverse soluzioni sono al vaglio. Nel quadro di incertezza delineato è ipotizzabile che pervengano forti sollecitazioni a livello internazionale affinché l'Italia protragga la presenza dell'assetto sanitario attualmente presente in Ciad almeno fino al mese di giugno 2009, in modo da rendere possibile un avvicendamento non traumatico con assetti provenienti da altri paesi.
Per quanto riguarda la missione Nato Training Mission in IRAQ (NTM-I), sottolinea come il personale continua a lavorare con le istituzioni irachene per costruire e potenziare il sistema di formazione della leadership di sicurezza del paese. Il contributo italiano è attualmente incentrato su circa 84 militari, in gran parte istruttori, incaricati dei corsi di formazione degli Ufficiali delle Forze armate irachene oltre che dell'addestramento della Iraqi National Police (INP). Quest'ultimo compito è svolto da un Team di Carabinieri denominato «Gendarmerie Training Department». L'addestramento dei reparti dell'INP è nettamente migliorato rispetto al precedente sistema addestrativo nel quale il personale veniva istruito da «contractors», ovvero agenzie di sicurezza private (ex poliziotti). L'addestramento impartito è volto a far acquisire le capacità di polizia supportate dalle capacità militari ed a contribuire alla creazione di una forza di Polizia Nazionale democratica, quale contributo tangibile alla sicurezza irachena. Sulla scorta dei risultati lusinghieri conseguiti, il Primo ministro iracheno ha recentemente chiesto alla NATO di incrementare il numero degli istruttori per fornire l'addestramento ad un numero maggiore di operatori della INP (fino a 900 unità rispetto alle iniziali 450). Il finanziamento aggiuntivo a questa missione è inteso proprio ad assicurare l'invio di ulteriori sedici Carabinieri per lo svolgimento di attività di addestramento a favore della Iraqi National Police.
Passando infine al teatro afgano, sottolinea come la situazione nel paese è sicuramente difficile. L'offensiva della guerriglia si è intensificata, è qualitativamente più complessa ma non è possibile parlare di strategia mirata contro le forze italiane. Alcuni esperti leggono in questa recrudescenza un tentativo di presentarsi in posizione di vantaggio rispetto alla nuova leadership degli Stati Uniti. L'obiettivo conclamato dei terroristi, comunque, rimane quello di rendere più difficile il processo di riconciliazione nazionale.
In questo contesto, è inutile nascondere che i militari italiani si confrontano con un accresciuto livello di rischio. Il dicastero della difesa continua a mettere in campo tutto quello che è disponibile per garantire maggiore sicurezza ai nostri uomini, i quali continuano ad operare con professionalità e efficacia. A parte qualche critica sterile ed infondata, dettata soprattutto dalla limitata conoscenza di quello che di buono stanno facendo i nostri militari in quel teatro, tutti ci riconoscono la qualità, non solo la quantità, del contributo italiano.
L'Italia svolge un ruolo di primo piano anche da un punto di vista diplomatico dove la politica dell'»institution building» risulta fondamentale. Allo stesso tempo
anche la comunità internazionale deve intensificare gli sforzi a sostegno della ricostruzione dell'Afghanistan.
Come noto l'Italia, con circa 2.110 militari, è uno dei paesi dell'Alleanza che, in seno alla missione ISAF, maggiormente contribuisce alle attività di supporto al Governo afgano. Dopo la cessione di responsabilità della regione di Kabul al contingente francese, avvenuta nel mese di agosto ultimo scorso, i militari italiani detengono la responsabilità di comando esclusivamente nella regione ovest (Regional Command West - RCW) mantenendo comunque una componente di manovra nella regione della capitale Kabul (Regional Command Capital). Ciò ha permesso di ridefinire, come peraltro annunciato dal Ministro della Difesa nell'audizione dello scorso mese di luglio, il contributo nazionale nel teatro afgano, ottimizzando le risorse a disposizione.
Per quanto attiene alla regione ovest di responsabilità italiana, nel solco del maggior impegno operativo della NATO in tutto il territorio afgano, ribadito nell'ultimo vertice dei Capi di Stato e di Governo a Bucarest, il Governo ritiene opportuno concentrare capacità e risorse operative, finalizzandole a fronteggiare i rischi e le minacce provenienti dall'insorgenza e facilitare, nel contempo, il conseguimento del processo di «afghanizzazione» delle responsabilità in merito alla sicurezza.
In quest'ottica deve essere considerato il provvedimento incluso nel decreto-legge in parola che prevede l'invio di 4 aerei Tornado (PA 200) e del relativo supporto tecnico e di personale, per complessivi 120 militari. Tale esigenza trae origine dalla necessità di dotarsi di una più adeguata capacità di protezione del contingente ivi schierato, nonché per le richieste di collaborazione pervenute sia dalla Germania che dal Regno Unito, volte a fornire un adeguato numero di assetti da ricognizione.
A tale proposito, per dirimere alcuni dubbi sorti in sede di discussione, è importante sottolineare i seguenti aspetti:
gli aerei verranno «offerti» alla NATO in relazione esclusivamente a compiti di intelligence, ricognizione e sorveglianza e si aggiungono senza sostituirsi agli assetti già presenti in teatro per migliorare la sicurezza dei nostri militari e degli altri contingenti presenti;
l'autorità NATO non avrà facoltà di attribuire ai velivoli compiti diversi da quelli per cui essi sono stati assegnati; infatti, la potestà di cambiare la missione agli assetti nazionali risiede esclusivamente e permanentemente nelle autorità italiane e, specificatamente, nella figura del Capo di Stato Maggiore della Difesa - in analogia peraltro a quanto avviene negli altri paesi della NATO;
la catena di comando per i velivoli Tornado sarà la medesima di quella in uso per gli assetti aerei già partecipanti alla missione ISAF.
Contestualmente, per aumentare le capacità di sicurezza e tecniche del contingente, il decreto in parola prevede l'invio di 25 mezzi tra «Buffalo» e VTLM (Lince), la cui immissione è prevista a breve scadenza.
Allo stesso tempo, nel campo delle attività formative ed addestrative, si è ritenuto opportuno dare una risposta adeguata alle ripetute richieste avanzate dagli alleati per la partecipazione di personale dell'Arma dei Carabinieri all'addestramento delle Forze di polizia afgane, cosi come preannunciato, peraltro, dal Ministro della difesa nella già citata audizione del luglio ultimo scorso. Al riguardo il decreto-legge in discussione prevede le risorse per l'impiego di 40 militari dell'Arma.
Occorre peraltro ribadire che non vi sono state variazioni di strategia nazionale o della NATO per la missione ISAF; il nuovo contributo risponde all'impegno collegialmente preso, al vertice di Bucarest, dai leader dei paesi dell'Alleanza, per profondere un maggior sforzo in sostegno alla missione ISAF.
Con riferimento ad una questione posta dal relatore per la III Commissione, sottolinea, infine, come gli oneri derivanti dall'attuazione del presente decreto, come
riportato dall'articolo 3 dello stesso, vengono ricavati in modo eterogeneo da economie effettuate sul decreto legge di finanziamento delle missioni del 31 gennaio 2008, n. 8, convertito con modificazioni, dalle legge 13 marzo 2008, n. 45, da riduzioni delle autorizzazioni della legge 27 dicembre 2006, n. 296, come rifinanziata dall'articolo 63, comma 1, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2006, n. 133 e mediante l'utilizzo parziale degli accantonamenti di alcuni dicasteri.
In conclusione, quindi, sottolinea come l'impegno che il Governo ha inteso ribadire con la partecipazione alle missioni previste dal decreto in oggetto, cosi come alle altre non interessate da questi decreti, testimonia ancora una volta il crescente impegno internazionale dell'Italia, premiato, peraltro, dagli ottimi risultati - da tutti riconosciuti - raggiunti dalle nostre Forze armate impegnate nei vari teatri operativi.
L'approvazione del presente decreto è importante sia perché gli impegni contemplati riflettono, per la stragrande maggioranza, scelte fatte nel corso di legislature diverse, sia perché il contributo italiano alla risoluzione dei conflitti in diverse aree del mondo rimane ancora fondamentale.
Sottolinea che, in futuro occorrerà riflettere su tali impegni. Una riflessione che il dicastero della difesa chiede di fare a tutto il Parlamento e che troverà il suo culmine nella discussione in occasione del rifinanziamento di tutte le missioni a gennaio del prossimo anno. Una riflessione che riguarda la necessità di chiarire quale sarà il futuro del nostro impegno militare fuori del territorio nazionale. Evidenzia, infatti, che a giudizio del Governo tutte le missioni sono vitali e auspica che gli impegni presi vengano mantenuti, ma la situazione finanziaria attuale impone delle riflessioni. In passato circa il 30 per cento delle spese per le missioni internazionali sono state finanziate con il bilancio ordinario della Difesa. La situazione attuale del bilancio della Difesa non consente più di procedere in tale direzione. Per cui ci si troverà a breve davanti al dilemma di ridimensionare la nostra presenza militare all'estero o di trovare il modo di finanziare «ad hoc», e per il loro costo complessivo reale, tutte le missioni senza attingere dalle ormai esauste casse della Difesa.
Nell'esprimere quindi tali preoccupazioni, e con il pensiero rivolto a chi, uomo o donna, in divisa e non, continua a servire il Paese nelle operazioni internazionali, per difendere la possibilità per chiunque di essere libero e di vivere in pace, auspica la più ampia convergenza per l'approvazione del decreto in discussione.
Ettore PIROVANO, presidente della IV Commissione, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame alla seduta di domani.
La seduta termina alle 15.20.