XVI LEGISLATURA
ATTI DI INDIRIZZO
Mozioni:
La Camera,
premesso che:
la perdurante situazione di instabilità dei mercati finanziari e la crisi economica, tuttora in corso, che ha investito l'intera area dell'euro hanno prodotto significative ripercussioni a livello nazionale che, se analizzate regione per regione, mostrano un quadro ancor più grave con riferimento ad alcuni specifici casi;
la Calabria, in particolare, risente di carenze strutturali che nel corso degli anni e con il passare di differenti amministrazioni si sono stratificate e a queste, oggi, vanno ad aggiungersi le conseguenze drammatiche della crisi globale che continua a mordere inesorabilmente;
secondo i dati della Banca d'Italia, infatti, l'attività economica della Calabria ha subito un ristagno: le stime di Prometeia segnalano che il prodotto regionale in termini reali è cresciuto dello 0,2 per cento, ossia meno della media nazionale;
il 53 per cento delle aziende con almeno venti addetti che ha sede in Calabria ha registrato un calo del fatturato, contro il 45 per cento di quelle che hanno osservato un aumento. Nel 2011 anche il saldo tra la percentuale delle aziende che indicano un incremento degli investimenti e quelle che ne indicano un calo è negativo e nel 2012 l'accumulazione di capitale, secondo quanto indicato dalle imprese, dovrebbe continuare a diminuire. Le ragioni di una simile riduzione vanno ricercate anzitutto in un sostanziale calo della domanda, senza dimenticare le difficoltà relative alle condizioni di finanziamento e alla presenza di ampi margini di capacità inutilizzata, come risulta dai dati della Banca d'Italia;
le esportazioni di merci della regione hanno subito un forte rallentamento e sono cresciute meno di quelle del resto del Mezzogiorno e dell'Italia per effetto di una netta contrazione delle vendite verso l'Unione europea e, in particolare, verso quei Paesi nei quali è esplosa con più forza la crisi del debito (Spagna, Grecia, Portogallo). Secondo il medesimo studio, i settori dell'agro-alimentare, dei prodotti chimici e dei macchinari, che costituiscono oltre il 70 per cento delle esportazioni, hanno subito una flessione;
tra i settori maggiormente colpiti si segnala quello delle costruzioni, che ha risentito in maniera più accentuata di altri della difficile congiuntura economica. Secondo una ricerca condotta presso le imprese del settore, sia la produzione che l'occupazione si sono ridotte. Con riferimento al mercato dell'edilizia residenziale, inoltre, le transazioni hanno registrato una diminuzione per il quinto anno consecutivo;
ad aggravare una situazione così fortemente compromessa, si aggiungono i forti ritardi, le carenze e le inadeguatezze di un sistema infrastrutturale inefficiente che necessita di un piano concreto di ammodernamento e di sviluppo della rete che possa far uscire la Calabria dall'isolamento nel quale si è venuta a trovare, anche per effetto delle scelte da ultimo operate da Trenitalia circa la soppressione di molti treni a lunga percorrenza;
a sottolineare ulteriormente la drammaticità della crisi nel territorio Calabro concorrono altri dati contenuti nel rapporto «L'ombra lunga della crisi. Rapporto sull'economia calabrese nel 2011 e primo trimestre 2012» di Confindustria Cosenza: il tasso di disoccupazione nel primo trimestre del 2012 è pari al 19,5 per cento. Si tratta del dato più alto degli ultimi 13 anni;
il numero delle persone in cerca di occupazione è salito a 133 mila unità nel primo trimestre del 2012, rispetto alle 88 mila del primo trimestre del 2011, con un incremento del 51 per cento, a fronte del 20 per cento evidenziato a livello nazionale;
secondo quanto si legge nel rapporto di Banca d'Italia, «la Calabria, insieme con le altre regioni del Mezzogiorno (a eccezione dell'Abruzzo), appartiene al gruppo delle regioni europee che sono definibili in ritardo di sviluppo. Tale raggruppamento si caratterizza rispetto agli altri per il più basso livello di prodotto pro capite (inferiore di circa il 20 per cento alla media delle 88 regioni analizzate) e di tasso di occupazione»;
appare, pertanto, necessario oltre che urgente porre al centro del dibattito politico un piano di sviluppo che possa assicurare nuova linfa alla crescita produttiva del Mezzogiorno d'Italia e, in particolare, della Calabria, attraverso la programmazione di politiche di investimenti finalizzati alla modernizzazione delle infrastrutture, alla ripresa dell'economia e al sostegno della domanda,
impegna il Governo:
a promuovere l'istituzione di un tavolo tecnico tra le istituzioni, gli enti territoriali e le forze imprenditoriali e sociali della regione Calabria, allo scopo di individuare un piano definito di sviluppo e di crescita del territorio;
a promuovere misure specifiche destinate al rilancio del sistema infrastrutturale della regione e dell'intero Mezzogiorno, al fine di garantire nuovi investimenti e concrete politiche di innovazione, di ammodernamento e di potenziamento in modo da superare quel gap infrastrutturale che separa la Calabria dalle altre regioni d'Italia;
ad adottare iniziative concrete in grado di promuovere l'internazionalizzazione, la competitività e la capacità produttiva delle imprese della Calabria, fortemente provate dalla crisi, e dare in tal modo nuovo slancio al tessuto produttivo territoriale.
(1-01142) «Mosella, Pisicchio, Fabbri, Tabacci, Vatinno, Brugger».
La Camera,
premesso che:
nei giorni scorsi la mamma di Matteo Armellini, il giovane operaio morto a causa del crollo del palco che stava montando per il concerto di Laura Pausini a Reggio Calabria, si è vista riconoscere un assegno di 1936,80 euro da parte dell'Inail quale rimborso una tantum per le spese funerarie. Analoga drammatica sorte e irrisorio trattamento è stato riservato ai genitori di Nicola Cavicchi, il tecnico trentaseienne che è perito sotto il capannone della ceramiche Sant'Agostino dopo le scosse di terremoto del 20 maggio 2012 che hanno colpito l'Emilia e la bassa Lombardia;
tra gli altri episodi analoghi si ricorda che in precedenza, alla mamma di Andrea Gagliardoni, a seguito alla morte del suo ragazzo di 23 anni, avvenuta all'Asoplast di Ortezzano il 20 giugno 2006, è stato riconosciuto dall'Inail un assegno di 1600 euro e ai familiari di Roberto Scavo, postino, deceduto a 20 anni in un infortunio avvenuto in itinere, sono stati riconosciuti dall'Inail 1.725 euro;
il limite e l'anomalia di tale trattamento è riconducibile alle disposizioni del 1965, il testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali (decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124), che stabilisce condizioni e misure delle prestazioni erogabili dall'Inail ai lavoratori assicurati e in luogo della loro morte ai superstiti;
in particolare, tale provvedimento prevede che abbiano diritto ad una rendita il coniuge fino alla morte o a nuovo matrimonio, ciascun figlio fino al raggiungimento del diciottesimo anno di età (per ragioni di studio, l'età viene elevata fino a 21 anni se i figli sono studenti di scuola media inferiore o superiore e non oltre i 26 anni se studenti universitari) e i figli totalmente inabili al lavoro, ai quali la rendita spetta a prescindere dall'età, finché dura l'inabilità;
in mancanza del coniuge e dei figli, una rendita è riconosciuta, nella misura del 20 per cento, anche ai genitori, ai fratelli e sorelle, solo nell'ipotesi di convivenza con il lavoratore deceduto e qualora fossero a suo carico;
le citate disposizioni, risalenti a oltre 40 anni, non prevedono alcuna rendita in favore dei superstiti conviventi non sposati;
parimenti, non appaiono più congrui e dignitosi gli importi delle rendite e dei rimborsi una tantum riconosciuti ai superstiti di lavoratori deceduti in giovane età, ovvero di lavoratori che spesso si trovano in una condizione contrattuale iniziale o con formule contrattuali cosiddette flessibili,
impegna il Governo
ad adottare ogni iniziativa utile volta ad assicurare una tempestiva e significativa rivisitazione delle disposizioni del citato testo unico n. 1124 del 1965, nonché a predisporre una congrua rivalutazione delle rendite e delle indennità previste dal medesimo testo unico, adeguandolo alle mutate condizioni economiche e contrattuali del lavoro odierno oltre che all'evoluzione delle relazioni familiari e affettive.
(1-01143) «Boccuzzi, Giulietti, Esposito, Damiano, Berretta, Madia, Gatti, Gnecchi, Bellanova, Codurelli, Miglioli, Santagata, Portas, Rampi, Schirru, D'Incecco, Meta, Morassut, Villecco Calipari, Marco Carra, Grassi, Nicco, Binetti, Cuperlo, Causi, Castagnetti, Cavallaro, Albini, Zani, Baretta, Allasia, Cavallotto, Buonanno, Mattesini, Mecacci, Picierno, Bobba, Laratta, Porta, Fedi, Garavini, Pedoto, De Pasquale, Granata, Rossomando, Motta, Bachelet, Benamati, Boffa, Bonavitacola, Bucchino, Bossa, Braga, Calvisi, Corsini, Concia, D'Antona, De Biasi, Giorgio Merlo, Marchignoli, Marantelli, Melandri, La Forgia, Lolli, Lovelli, Fiorio, Recchia, Ginefra, Rossa, Sbrollini».
Risoluzioni in Commissione:
La XIII Commissione,
premesso che:
si fa riferimento alla situazione grave in cui versa il comparto agricoltura in Emilia Romagna dovuta al record di siccità raggiunto in questi mesi: dal 1o maggio al 31 agosto 2012 sono stati 90 i giorni consecutivi con precipitazione minore di 5 millimetri in molte aree della pianura e dei rilievi della regione;
la Coldiretti Emilia Romagna sottolinea che in base ai dati dell'Arpa (Agenzia regionale dell'ambiente) si è verificata una siccità nei terreni che non ha eguali negli ultimi sessant'anni;
le piogge diffuse sul territorio regionale recentemente, secondo Coldiretti, non sono state purtroppo sufficienti a risollevare la situazione nelle campagne, dove le province hanno rilevato danni per un miliardo di euro a causa della mancanza di pioggia, con perdite superiori al 50 per cento, nel mais da granella, nelle foraggere e nelle piante industriali (pomodoro da industria, barbabietole, girasole), ma con danni rilevanti anche per ortofrutta e viticoltura;
in una situazione in cui la mancanza di pioggia è sempre più diffusa sarebbe importante trovare risorse per realizzare misure strutturali che consentano di accumulare acqua durante i mesi più piovosi per redistribuirla sul territorio regionale nei momenti di bisogno,
impegna il Governo
ad adottare tempestivamente tutte le iniziative necessarie per il comparto agricolo dell'Emilia Romagna per risolvere la situazione di difficoltà degli operatori del settore colpiti prima dal grave terremoto ed ora dalla pesante siccità, eventualmente prevedendo consistenti aiuti analogamente a quanto fatto in altre parti d'Italia.
(7-00987) «Beccalossi, Garagnani».
La XIII Commissione,
premesso che:
l'agricoltura italiana, a causa della più grave siccità degli ultimi dieci anni, registra danni che, secondo le prime stime della Coldiretti, ammonterebbero a circa un miliardo di euro con pesanti riduzioni delle produzioni nazionali di pomodoro e del girasole (-20 per cento), del mais (-30 per cento), della soia (-40 per cento), della barbabietola da zucchero (-50 per cento); per quanto riguarda la produzione di vino, l'ultimo rapporto ISMEA prevede per il 2012 la vendemmia più scarsa degli ultimi decenni con un significativo e netto calo di produzione, che porterebbe i volumi del prodotto finito sotto la soglia dei 40 milioni di ettolitri;
anche per le altre associazioni di categoria il bilancio dei danni all'agricoltura per effetto della perdurante siccità diventa ogni giorno più pesante a causa dei raccolti dimezzati; in particolare c’è allarme per alcune colture come il mais, il tabacco, gli ortaggi, i cereali e le piantagioni di olivo;
i rilevanti danni al comparto primario, quasi un miliardo di euro, necessita di un intervento tempestivo ed efficace e, pertanto, occorre accelerare le procedure volte alla dichiarazione dello stato di eccezionale avversità atmosferica al fine di consentire l'attivazione del Fondo di solidarietà nazionale di cui al decreto legislativo n. 102 del 2004; a tal fine è auspicabile che sia fatta con una rapida ricognizione dei danni affinché il Fondo suddetto possa essere integrato con risorse straordinarie da destinare agli interventi compensativi;
tuttavia, la situazione di emergenza da calamità naturale che il settore primario vive ormai con ripetuta frequenza, indica la necessità di affrontare con serietà due questioni centrali per il comparto quali la carenza di un moderno sistema di infrastrutture idriche e la continua riduzione delle risorse messe a disposizione dal Fondo di solidarietà nazionale per gli interventi compensativi dei danni, mentre il nuovo modello assicurativo continua ad essere poco utilizzato dagli agricoltori;
in particolare il ripetersi di situazioni di grave siccità sollecita interventi strutturali lungimiranti quali, in primo luogo, l'aggiornamento del Piano irriguo nazionale (PIN) al fine di programmare i necessari interventi e garantire le opportune risorse per la realizzazione di infrastrutture per il risparmio idrico e la realizzazione di un piano di piccoli invasi;
al riguardo non si può non tener conto anche di quanto affermato dal Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali sul superamento degli strumenti compensativi fino ad oggi utilizzati a causa delle riduzioni di risorse disponibili allo scopo; risulta pertanto fondamentale interloquire con il comparto primario al fine di individuare un percorso nuovo di tutele e gestione del rischio da calamità in agricoltura,
impegna il Governo:
ad accelerare le procedure volte alla dichiarazione dello stato di eccezionale avversità atmosferica per i territori colpiti dalla siccità al fine di consentire tempestivamente l'attivazione del Fondo di solidarietà nazionale da destinare agli interventi compensativi;
ad integrare rapidamente il Fondo di solidarietà nazionale con le risorse necessarie e adatte a consentire l'erogazione dei necessari interventi compensativi;
ad aggiornare con urgenza il Piano irriguo nazionale (PIN) mettendo a disposizione risorse per la realizzazione dei piccoli invasi e la realizzazione di infrastrutture innovative per il risparmio idrico predisponendo delle misure specifiche nell'ambito dei piani di sviluppo rurale (PSR) al fine di canalizzare i fondi comunitari su progetti strategici nel settore dell'acqua con l'obiettivo di dare impulso allo sviluppo di nuove tecnologie irrigue a basso consumo di acqua;
a valutare con tutti gli attori del comparto primario le concrete possibilità di superamento dell'attuale sistema di compensazione dei danni da calamità naturale in agricoltura mediante uno nuovo basato sulle assicurazioni agevolate e volontarie.
(7-00988) «Oliverio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Cenni, Servodio, Sani, Marco Carra, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Mario Pepe (PD), Trappolino».
La XIII Commissione,
premesso che:
le eccezionali avversità atmosferiche, con temperature fra i 35 e i 40 gradi, hanno provocato ingenti danni all'economia. Il primo settore a farne le spese è ovviamente l'agricoltura, settore già minato dal «caro gasolio» e dalla concorrenza estera;
la siccità ha causato perdite superiori a mezzo miliardo di euro all'agricoltura italiana. A essere colpiti sono i prodotti simbolo del made in Italy, dal pomodoro al vino, ma anche i prodotti base dell'alimentazione degli animali allevati per produrre i prestigiosi formaggi e prosciutti a denominazione di origine;
il caldo torrido e la mancanza di acqua hanno compromesso il raccolto di centinaia di migliaia di ettari di terreno: per il pomodoro si contano perdite superiori al 20 per cento sia al Nord che al Sud Italia; si è ridotta del 30 per cento la produzione del mais e del 40 per cento la produzione di soia. Forti riduzioni, sono previste anche per la barbabietola da zucchero, dimezzata in talune aree del settentrione (quasi -50 per cento); per la frutta si stimano perdite dal 30 al 40 per cento e nel settore orticolo dal 40 al 50 per cento, mentre la vendemmia si preannuncia una delle più contenute dell'ultimo secolo, anche se di buona qualità;
non si arrestano gli aumenti dei prezzi di carburanti, dell'energia, dei mangimi e delle attrezzature, ma calano sensibilmente la produttività e i redditi delle aziende. Le temperature così elevate che hanno investito l'Italia in questi mesi hanno creato gravi danni a molteplici settori, generando diverse conseguenze, dalla drammatica situazione di molti agricoltori agli incendi, passando per l'aumento di prezzo di diversi prodotti alimentari;
tale situazione climatica ha messo a dura prova persino l'approvvigionamento idrico civile ed industriale delle zone più calde del Paese e di quelle dove la rete idrica è particolarmente inefficiente. Attuando con maggiore celerità gli interventi previsti dal piano irriguo nazionale si contribuirebbe a superare le avversità climatiche degli ultimi anni;
si è di fronte agli effetti dei cambiamenti climatici nei confronti dei quali occorre intervenire con interventi finanziari per affrontare l'emergenza ma anche con misure strutturali. Il problema della siccità non è una questione settoriale agricola ma nazionale e di governo nel suo insieme. I danni ricadono certo principalmente sulle aziende agricole, ma si riflettono sulla collettività, sui consumatori, su tutti i cittadini e coinvolgono anche gli interventi per prevenire carenze idriche,
impegna il Governo:
a promuovere interventi, non soltanto nei momenti di emergenza dovuti alla siccità, ma mirati sul medio e lungo periodo, che migliorino l'approvvigionamento idrico con particolare riferimento agli usi agricoli;
a porre in essere ogni iniziativa a favore del comparto agricolo, in questo periodo di crisi, necessaria per assistere le aziende in difficoltà attraverso l'accesso agevolato al credito, il differimento del pagamento di tasse e oneri previdenziali e la sospensione delle rate per prestiti di credito agrario;
ad assumere iniziative per assicurare una dotazione aggiuntiva di risorse da destinare al fondo di solidarietà nazionale al fine di promuovere interventi per far fronte ai danni alle produzioni agricole e zootecniche, nelle zone colpite da siccità e sbalzi termici.
(7-00989) «Di Giuseppe, Rota, Messina».
La XIII Commissione,
premesso che:
si fa riferimento alla situazione grave in cui versa il comparto agricoltura in Emilia Romagna dovuta al record di siccità raggiunto in questi mesi: dall'1 maggio al 31 agosto 2012 sono stati 90 i giorni consecutivi con precipitazione minore di 5 millimetri in molte aree della pianura e dei rilievi della regione;
la Coldiretti Emilia Romagna sottolinea che in base ai dati dell'Arpa (Agenzia regionale dell'ambiente) si è verificata una siccità nei terreni che non ha eguali negli ultimi sessant'anni;
le piogge diffuse sul territorio regionale recentemente, secondo Coldiretti, non sono state purtroppo sufficienti a risollevare la situazione nelle campagne, dove le province hanno rilevato danni per un miliardo di euro a causa della mancanza di pioggia, con perdite superiori al 50 per cento, nel mais da granella, nelle foraggere e nelle piante industriali (pomodoro da industria, barbabietole, girasole), ma con danni rilevanti anche per ortofrutta e viticoltura;
in una situazione in cui la mancanza di pioggia è sempre più diffusa sarebbe importante trovare risorse per realizzare misure strutturali che consentano di accumulare acqua durante i mesi più piovosi per redistribuirla sul territorio regionale nei momenti di bisogno,
impegna il Governo
ad adottare tempestivamente tutte le iniziative necessarie per il comparto dell'agricoltura dell'Emilia Romagna per risolvere la situazione di difficoltà degli operatori del settore colpiti prima dal grave terremoto ed ora dalla pesante siccità, eventualmente prevedendo consistenti aiuti analogamente a quanto fatto in altre parti d'Italia.
(7-00990) «Nastri, Garagnani».
ATTI DI CONTROLLO
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Interrogazioni a risposta scritta:
ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
secondo i dati raccolti nella seconda fase dello studio Sentieri, coordinato dall'Istituto superiore di sanità, relativo al periodo 2003-2008 (mancano i dati relativi al 2004 e al 2005) e riguardanti gli abitanti di Taranto e Statte, come resi pubblici nella conferenza stampa del 19 settembre da Angelo Bonelli, presidente dei Verdi ed Alessandro Marescotti, presidente di Peacelink di Taranto, emerge, in relazione all'andamento temporale dei tassi standardizzati di mortalità nella popolazione residente di tutte le età quanto segue: un eccesso di mortalità pari al +10 per cento (rispetto alla media regionale) per i decessi per tutte le cause di morte, +12 per cento per tutti i tumori, +24 per cento per i tumori che colpiscono fegato, trachea, bronchi e polmone, +38 per cento per i linfomi non-Hodgkin, +306 per cento per mesotelioma, +17 per cento per i tumori del sistema linfo-emopoietico; particolarmente preoccupanti i dati relativi ai bambini: +35 per cento per i decessi per tutte le cause di morte per i bambini sotto un anno di età; +71 per cento per i decessi per alcune condizioni morbose di origine perinatale;
per quanto riguarda il raffronto tra i dati relativi al periodo 1995-2002 e quelli più recenti relativi al periodo 2003-2008 l'eccesso della mortalità per tutte le cause sarebbe passato tra gli uomini dal +9 per cento al +13 per cento, tra le donne dal +7 per cento al +8 per cento;
il 18 settembre 2012, nel convegno annuale di Sentieri, alla presenza dei Ministri Clini e Balduzzi, sono stati presentati i risultati della prima fase dello studio Sentieri, relativi al periodo 1995-2002 e già presentati il 9 novembre 2011, mentre non sono stati divulgati al pubblico quelli più recenti che pure sarebbero in possesso da mesi anche di regione, provincia, comune. Arpa e Ilva ed erano sicuramente noti dal 30 marzo 2012 perché contenuti nella perizia depositata al tribunale di Taranto in sede di incidente probatorio nell'ambito del processo all'ILVA;
la non divulgazione dello studio più recente di Sentieri è stata motivata dal fatto – ha dichiarato il Ministro Balduzzi – che i dati erano ancora in fase di elaborazione e all'attenzione della comunità scientifica e che sarebbero stati diffusi il 12 ottobre, cioè alla fine di tre indagini complementari volte a «capire cosa è successo negli ultimi 12 anni e se le prescrizioni imposte all'Ilva hanno avuto efficacia» e a «verificare se ci sia presenza di diossina nei prodotti alimentari e la qualità dei mitili»;
il Ministro Clini ha anch'egli ribadito che i dati dello studio Sentieri «non sono ufficiali», e ha dato mandato all'Avvocatura dello Stato di procedere nei confronti del presidente dei Verdi Angelo Bonelli per «la diffusione di notizie false che generano allarme tra la popolazione e mirano ad intimidire le autorità competenti in materia di protezione dell'ambiente e tutela della salute»;
inoltre il Ministro Clini ha più volte dichiarato, anche in sede parlamentare il 1o agosto 2012, che i rischi ambientali da considerare all'Ilva di Taranto «sono quelli dei decenni passati, mentre è più difficile identificare una correlazione causa-effetto» sull'eccesso di mortalità per tumori nell'area «con la situazione attuale che, per effetto di leggi regionali e nazionali e misure ad hoc hanno avuto una evoluzione delle tecnologie con significative riduzioni delle emissioni, particolarmente della diossina e delle polveri»;
«Tali dichiarazioni non sono corrette dal punto di vista tecnico-scientifico», hanno subito replicato il professor Benedetto Terracini, dell'Università di Torino, decano dell'epidemiologia italiana ora in pensione e consulente del comune di Taranto in occasione dell'incidente probatorio che ha avuto luogo il 30 marzo nell'ambito del processo all'ILVA, assieme alla dottoressa Maria Angela Vigotti dell'Università di Pisa, consulente del comune di Taranto e al dottor Emilio Gianicolo dell'IFC-CNR, Lecce, consulente degli allevatori;
«Il Ministro asserisce che gli effetti sulla salute riscontrati sono solo il risultato dell'inquinamento del passato» hanno spiegato i tre scienziati, «ma se è vero che gli eccessi tumorali attuali riflettono esposizioni avvenute circa 20-30 anni prima, il Ministro ignora completamente i risultati dello studio sugli effetti a breve termine condotto dai consulenti del GIP che ha dimostrato l'effetto deleterio delle emissioni degli anni 2004-2008». E aggiungono: «Si tratta quindi di una cattiva interpretazione dei dati epidemiologici presentati nella perizia consegnata al GIP di Taranto, a totale beneficio, economico e giudiziario, degli interessi attuali della società ILVA»;
le dichiarazioni del Ministro, secondo i tre consulenti non sono condivisibili perché:
a) «Gli studi epidemiologici condotti nello specifico della realtà di Taranto hanno valutato sia gli effetti sanitari a lungo termine dell'inquinamento (le esposizioni medie negli anni) sia gli effetti a breve termine (le variazioni giornaliere). In entrambi i casi, gli studi hanno messo in rilievo effetti sanitari dell'inquinamento ambientale;
b) lo studio degli effetti a lungo termine ha dimostrato effetti sulle patologie tumorali anche per i bambini, ma anche e soprattutto, sulle patologie cardiache e respiratorie. Per queste patologie il tempo necessario dalla esposizione all'effetto non è così lungo come per i tumori. Lo dimostra molto bene proprio la legge italiana sul divieto di fumo nei luoghi pubblici (Sirchia): al diminuire della esposizione della popolazione a fumo passivo si è osservata nel giro di pochi mesi una drastica riduzione delle malattie cardiovascolari. L'aumento della mortalità e della morbosità per cause cardiache e respiratorie osservata nei quartieri vicino alla industria (Tamburi) nello studio a lungo termine è quindi attribuibile anche alle esposizioni avvenute negli ultimi anni;
c) i dati delle centraline ARPA Puglia (Archimede e Machiavelli), localizzate in prossimità della azienda nel quartiere Tamburi, hanno fatto registrare fino al 2010, ultimo anno preso in esame dalla perizia, un numero elevato di superamenti del valore giornaliero di PM10 previsto dalla legge (50 ug/m3);
d) a questi aumenti nella concentrazione giornaliera di PM10 lo studio epidemiologico sugli effetti a breve termine ha associato un aumento di tutte le morti e dei ricoveri ospedalieri per cause cardiache e respiratorie;
i tre consulenti hanno infine concluso che, poiché il Ministro nella sua relazione alla Camera dei deputati ha citato, a supporto delle sue considerazioni, lo studio “SENTIERI” condotto dall'Istituto superiore di sanità occorre forse riportare che lo stesso progetto auspica “la produzione di ulteriori dati epidemiologici relativi alle popolazioni residenti nei SIN (siti inquinati di interesse nazionale) per una più approfondita comprensione dell'impatto sanitario dei siti contaminati”; riteniamo che la perizia epidemiologica rappresenti un primo serio approfondimento sull'impatto sanitario nella città di Taranto»;
a tal proposito, come riportato dal sito http://www.peacelink.it/ecologia/a/36694.html, dalla perizia epidemiologica risulta infatti che:
«Sarebbero 386 i morti (30 morti per anno) attribuibili alle emissioni industriali (Vedere pag. 219 della perizia degli epidemiologi);
Sono 237 i casi di tumore maligno con diagnosi da ricovero ospedaliero (18 casi per anno) attribuibili alle emissioni industriali (Vedere pag. 219 della perizia degli epidemiologi);
Sono 247 gli eventi coronarici con ricorso al ricovero (19 per anno) attribuiti alle emissioni industriali (Vedere pag. 219 della perizia degli epidemiologi);
Sono 937 i casi di ricovero ospedaliero per malattie respiratorie (74 per anno) (in gran parte tra i bambini) attribuiti alle emissioni industriali (Vedere pag. 219 della perizia degli epidemiologi);
Sono 17 i casi di tumore maligno tra i bambini con diagnosi da ricovero ospedaliero attribuibili alle emissioni industriali (Vedere pag. 220 della perizia degli epidemiologi);
I periti hanno concluso che “l'esposizione continuata agli inquinanti dell'atmosfera emessi dall'impianto siderurgico ha causato e causa nella popolazione fenomeni degenerativi di apparati diversi dell'organismo umano che si traducono in eventi di malattia e di morte”»;
lo studio pubblicato su Epidemiologia e Prevenzione, dell'Associazione italiana di epidemiologia, primo articolo scientifico pubblicato per il quale è stata arruolata la coorte delle persone residenti al 1o gennaio 1998, o successivamente entrate fino al 2010, nei tre comuni della zona (Taranto, Massafra e Statte) e basato su una parte consistente dei dati alla base della perizia epidemiologica svolta da Biggeri, Forastiere e Triassi per il gip di Taranto Todisco, in possesso della magistratura dal 30 marzo 2012, la mortalità Taranto per tutte le cause aumenta dell'8-27 per cento (a seconda dei quartieri), i tumori maligni del 5-42 per cento, le malattie cardiovascolari del 10-28 per cento, e le malattie respiratorie dell'8-64 per cento;
l'Istituto superiore di sanità risulta aver avviato con il dipartimento di prevenzione della ASL di Taranto un progetto di biomonitoraggio degli allevatori di Taranto con prelievi effettuati tra la fine del 2010 e l'inizio del 2011 per determinare la concentrazione dei metalli e le concentrazioni di diossine e furani e la caratterizzazione delle diossine;
il decreto-legge n. 129 del 7 agosto 2012 in premessa fa riferimento ad una: «straordinaria necessità ed urgenza di emanare disposizioni per fronteggiare e superare le gravi situazioni di criticità ambientale e sanitaria accertate in relazione al sito di bonifica di interesse nazionale di Taranto», mentre le premesse del «Protocollo d'intesa per interventi urgenti ambientalizzazione e riqualificazione di Taranto» che il decreto-legge recepisce parla dell'esistenza di una forte connessione tra le criticità ambientali e sanitarie presenti e gli elevati livelli emissivi complessivamente presenti nell'area industriale –:
se i dati relativi al progetto Sentieri per il periodo 2003-2008 siano effettivamente nella disponibilità del Governo e se non ritenga di interesse pubblico la divulgazione dei dati epidemiologici contenuti nel secondo studio Sentieri, considerato che sono stati già divulgati e riproposti anche di recente (il 18 settembre 2012) quelli pur gravi e preoccupanti relativi al periodo 1995-2002 senza tema che essi generassero «allarme tra la popolazione» o intimidissero «le autorità competenti in materia di protezione dell'ambiente e tutela della salute»;
se siano già stati trasmessi al Ministro della salute pareri dell'Istituto superiore di sanità sui limiti connessi alla diossina nel suolo a pascolo e si intenda renderli pubblici e quali misure per la tutela della sicurezza alimentare e connessa comunicazione ai consumatori siano state adottate o sia in progetto di adottare a cura delle autorità competenti;
se siano già stati trasmessi al Ministro della salute pareri dell'Istituto superiore di sanità sui livelli di contaminanti nocivi alla salute umana nei mitili e se si intenda renderli pubblici;
quale periodo temporale copra il monitoraggio a cui fa riferimento il Ministro della salute relativo agli effetti dell'inquinamento a Taranto in particolare per quanto riguarda la presenza di diossina nei prodotti alimentari e la qualità dei mitili;
in riferimento alle considerazioni del decreto-legge n. 129 del 7 agosto 2012 riportate in premessa, quali siano i lavori scientifici cui hanno fatto riferimento i firmatari del Protocollo per affermare che esiste a Taranto una «grave criticità sanitaria» e quali siano i lavori scientifici cui si fa riferimento per stabilire la forte connessione tra le criticità ambientali e i livelli emissivi presenti nell'area industriale;
se non sia opportuno aspettare l'esito dell'indagine complementare allo studio Sentieri annunciata per metà ottobre 2012, relativa al monitoraggio degli ultimi 12 anni e volta a verificare se ci sia presenza di diossina nei prodotti alimentari e la qualità dei mitili, prima di emettere la nuova Autorizzazione integrata ambientale prevista invece per la fine di settembre 2012;
se per un principio di cautela a tutela della salute pubblica e dell'ambiente della città di Taranto non sia comunque necessario, in sede di Autorizzazione integrata ambientale, attenersi rigorosamente a quando prescritto dalle norme europee e dall'articolo 29-septies, comma 1, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, mediante prescrizione di misure supplementari particolari più rigorose di quelle ottenibili con le migliori tecnologie disponibili. (4-17760)
MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
il 21 settembre del 2012 il Consiglio centrale della rappresentanza militare dell'Arma dei carabinieri ha diramato il seguente comunicato stampa: «Il COCER Carabinieri è sconcertato dal comportamento che il Governo ha riservato agli operatori del comparto Difesa/Sicurezza, pare con la complicità delle Amministrazioni. Nonostante ordini del giorno e mozioni parlamentari che prevedevano un confronto sull'armonizzazione pensionistica, il COCER è stato invitato a Palazzo Chigi per il nulla. Infatti sembra che il Governo abbia già deciso le sorti del personale militare, incontrando le rappresentanze solo per adempiere ad una mera formalità di un impegno parlamentare. Nella riunione-farsa di oggi il Governo ha richiamato al “senso del dovere” tutti i militari, esortandoli ad accettare la sua proposta peraltro già concordata in otto precedenti riunioni tecniche con le amministrazioni. Il COCER ritiene che il senso di responsabilità sia insito in tutti i Carabinieri e che analogo sentimento debba albergare in coloro che sono chiamati a Governare questo Paese. Solo così è possibile ottenere la fiducia e la considerazione della gente. Dalle parole del Ministro Fornero sembrerebbe che il regolamento di armonizzazione dei requisiti di accesso al sistema pensionistico per gli appartenenti al comparto Difesa/Sicurezza entrerà a regime solo dal 2018. Se ciò fosse vero allora non si comprende la necessità di un provvedimento da definirsi necessariamente entro il 31 ottobre 2012. Il COCER auspica che tale delicata materia, che incide in maniera così significativa sulle future generazioni, debba essere oggetto di un tavolo tecnico di concertazione con l'intervento delle Amministrazioni, delle forze politiche e delle rappresentanze, allo scopo di contemperare le aspettative del personale con la funzionalità delle strutture, l'efficienza dei servizi fomiti ai cittadini e le esigenze di finanza pubblica»;
alla luce di quanto scritto nel citato comunicato, appare chiara la motivazione su cui poggia la lamentata esclusione del Cocer dai processi decisionali sulle materie (poche) di pertinenza degli Organismi rappresentativi che non sarebbero stati informati delle decisioni già assunte –:
se risponda al vero che il Capo di stato maggiore della Difesa, il comando generale dell'Arma, il comando generale della Guardia di finanza, lo stato maggiore dell'Esercito, dell'Aeronautica e della Marina si siano riuniti con rappresentanti del Governo per ben otto volte e concordando sulla decisione di incidere (normativamente) in maniera così significativa sulle future generazioni senza coinvolgere gli organismi di rappresentanza;
quali siano le ragioni per le quali vengano tenuti in funzione gli organismi della rappresentanza militare (Cocer, Coir e Cobar) che per quanto in premessa appaiono oggettivamente inutili, oltreché costosi;
se intenda intervenire per rivedere le decisioni assunte dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali in merito all'armonizzazione dei requisiti di accesso al sistema pensionistico per il personale del comparto difesa-sicurezza e comparto vigili del fuoco e del soccorso pubblico.
(4-17768)
MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
consta agli interroganti che il Comando generale dell'Arma dei carabinieri ha reso noto che entro breve la direzione generale per il personale militare emanerà vari bandi di concorso per il transito nel ruolo normale dell'Arma dei carabinieri di ufficiali del ruolo speciale, in applicazione dell'articolo 835 del Codice dell'ordinamento militare che prevede la facoltà per l'Amministrazione della difesa di bandire concorsi per il transito dal ruolo speciale al ruolo normale;
se tali concorsi venissero banditi nel 2012, le modalità applicative dell'articolo 835 del Codice dell'ordinamento militare prevedono l'ingresso nel ruolo normale di non più di 26 capitani del ruolo speciale, un numero davvero esiguo rispetto alle varie centinaia di ufficiali del ruolo speciale che rivendicano parità di trattamento rispetto ai loro colleghi del ruolo normale;
quelle che gli interroganti giudicano ingiustificate ed illogiche disparità di trattamento subite dagli ufficiali del ruolo speciale rispetto agli ufficiali del ruolo normale per quanto attiene alla progressione di carriera, al trattamento economico, all'impiego ed all'attribuzione degli incarichi di comando, più volte evidenziate in atti di sindacato ispettivo ed in vari interventi nelle aule parlamentari ed oggetto di più ricorsi al TAR, petizioni al Parlamento europeo ed a quello italiano e di una denuncia alla Commissione europea meriterebbero ben altra considerazione da parte delle autorità proposte e dovrebbero essere oggetto di un'approfondita analisi da parte del Ministro della difesa, quest'ultimo più volte sollecitato ad individuare una soluzione appropriata, mentre soluzioni inadeguate ed assolutamente non ponderate rischierebbero di produrre effetti peggiori e alimentare ulteriori proteste e contenziosi davanti alla giustizia amministrativa;
risulta secondo gli interroganti davvero incomprensibile l'atteggiamento del Ministro della difesa, che pur potendo intervenire per sanare le disparità di trattamento e la diversa progressione di carriera tra due gruppi di ufficiali che in nulla si differenziano rispetto all'identità di compiti e funzioni, ritiene invece di consentire che si adottino provvedimenti, che pur a suo tempo previsti dalla legge, oggi risultano inopportuni per la loro incapacità di far fronte ad un problema che si pone come una vera e propria questione di diritti –:
se il Governo non ritenga opportuno valutare l'emanazione di bandi di concorso per l'accesso al ruolo normale dell'Arma del carabinieri che rispecchino maggiormente le aspettative del personale del ruolo speciale dell'Arma dei carabinieri in premessa;
se intenda assumere iniziative normative, e in tale caso quali, per eliminare le disuguaglianze di trattamento subite dal personale del ruolo speciale dell'Arma dei carabinieri in premessa rispetto ai loro colleghi del ruolo normale malgrado la sostanziale e formale identità di compiti ed attribuzioni, ed in particolare in relazione alla posizione dei maggiori, dei capitani e dei tenenti. (4-17769)
BOCCIARDO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
in questi giorni è stata dato ampio risalto sulla stampa nazionale al caso che ha coinvolto il personale di scorta al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, professoressa Elsa Fornero, durante una fase del gran premio d'Italia nell'ambito del campionato mondiale di formula 1, svoltosi a Monza il 9 settembre 2012;
in particolare, da quanto riportato dagli organi di informazione, due incaricati della scorta al Ministro volendo assistere alla gara dalla griglia di partenza, un'area privilegiata, blindatissima e riservata agli ospiti della Fia (Federazione internazionale dell'automobilismo) avrebbero prima tentato di forzare il blocco di sicurezza, poi avrebbero mostrato le pistole. Alla fine, pare con prepotenza, non solo sono riusciti a cifrare, ma hanno fatto entrare pure il resto dello staff del Ministro e del Sottosegretario Staffan de Mistura –:
se risulti corrispondente al vero quanto riportato dalla stampa nazionale;
se non ritenga opportuno, tenuto conto delle tensioni sociali sul territorio, invitare i membri più esposti del Governo ad evitare presenze a manifestazioni pubbliche non attinenti al loro incarico, al fine di evitare le necessarie ma onerose misure di sicurezza con ampio impiego di personale addetto. (4-17774)
CATANOSO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
in occasione dell'invio al Parlamento del rapporto annuale sull'attività svolta dall'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo, il presidente Franchi ha con forza lamentato scarsità di risorse economiche atte a garantire la corretta funzionalità dell'ente, tali da paventare a breve l'impossibilità a svolgere i compiti istituzionali;
si apprende che un sindacato, con lettera protocollo n. 950 del 12 settembre 2012, inviata all'ANSV, ha stigmatizzato l'invio in missione di un funzionario dell'Agenzia per partecipare ad un convegno, la cui utilità sarebbe quantomeno dubbia;
nonostante il momento in cui la pubblica amministrazione è la prima ad essere chiamata a contribuire al risanamento economico del Paese, anche con la razionalizzazione delle spese non necessarie, l'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo avrebbe inviato nel mese di settembre 2012 in missione a Macao (Repubblica popolare cinese) un proprio funzionario, per partecipare ad un convegno organizzato dall'International civil aviation organization (ICAO), riservato ai rappresentanti di Paesi asiatici e del Pacifico, di cui, ovviamente l'Italia non fa parte;
nessun Paese europeo ha ritenuto di inviare rappresentanti poiché la mancanza del requisito di territorialità ne sconsigliava la partecipazione. Unica presenza europea sarebbe stata quella del delegato francese in virtù dell'appartenenza dei territori della Polinesia francese alla regione del Pacifico;
il costo della missione del funzionario amministrativo dell'ANSV, comprensivo di viaggio in classe business, sarebbe calcolabile in circa 6.000 euro –:
quali iniziative intenda adottare il Governo nei confronti dei vertici dell'Agenzia che, dimostrando ad avviso dell'interrogante scarsa sensibilità nei confronti delle direttive di contenimento della spesa pubblica impartite dall'attuale Governo, ne ha disatteso le finalità. (4-17776)
AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
Interrogazione a risposta scritta:
MARMO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
nel 1965 nel comune di Saluggia (Vercelli) è iniziata la costruzione dell'impianto EUREX (Enriched Uranium Extraction), che è entrato in funzione nel 1970 con l'attività di riprocessamento dei combustibili dei reattori di ricerca della Comunità europea, di proprietà dell'Enea, che per tale attività ha usufruito di contributi da parte di Euratom;
nella sua attività di separazione e recupero delle materie da riutilizzare, l'impianto ha trattato svariate decine di chilogrammi di uranio ad alto arricchimento e di plutonio;
l'impianto interrompe la sua attività nel 1984 e da allora inizia l'attività di messa in sicurezza;
dal 2003 la società Sogin prende in gestione l'impianto con lo scopo di realizzarne la bonifica;
il settimanale Il Punto ed in seguito Il Fatto Quotidiano on line, hanno riportato articoli in cui si evince che il sito sarebbe a grave rischio emergenza ambientale. In particolare una delle due vasche a cielo aperto sarebbe al limite della saturazione, più precisamente il pond WP719;
da tali articoli si legge che la vasca non sarebbe in condizioni di utilizzo per lo scarico dei liquidi, in quanto il livello di radioattività sarebbe oltre i limiti stabiliti, secondo una nota dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, rendendola una sorta di vasca di stoccaggio a cielo aperto con rischio di traboccamento;
dal sito della società Sogin si legge che nel 2008 il Ministero competente ha emesso il decreto per la realizzazione dell'impianto Cemex per lo stoccaggio dei rifiuti liquidi radioattivi e che nel marzo 2011 è stato avviato il bando di gara per la realizzazione;
nel 2011 la società Sogin ha iniziato i lavori per la costruzione di un deposito temporaneo, denominato D2, impianto che pare possa essere ultimato solo tra qualche anno;
dagli articoli di stampa emerge il contenuto di una nota della Sogin risalente al 2011 in cui si proponeva la copertura di tale vasca, e tale proposta verrebbe ripresa ora dall'Ispra con il suggerimento di analizzare attentamente i liquidi contenuti nel pond WP719 con la ventilata ipotesi di ulteriori trattamenti degli stessi;
nelle vicinanze dell'impianto di Saluggia insistono importanti falde acquifere che alimentano i territori dell'astigiano e dell'alessandrino –:
quali siano i rischi ambientali derivanti dall'attuale situazione dell'impianto di Saluggia nonché i reali contenuti, con le relative analisi, dei liquidi presenti nel pond WP719 e le soluzioni che Sogin intende mettere in atto. (4-17757)
DIFESA
Interrogazione a risposta in Commissione:
BURTONE. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
il comune di Picerno è uno dei più importanti dell’hinterland del comune capoluogo di regione della Basilicata;
ha una popolazione che da ultimo censimento sfiora i 7 mila abitanti e ha una peculiarità e cioè che metà della popolazione risiede in contrade di campagna;
ha un territorio vasto e articolato con due accessi al raccordo autostradale Potenza-Sicignano e con una viabilità interpoderale davvero significativa;
la locale stazione dei carabinieri consta di 6 unità e una automobile, un organico inferiore ad altre realtà più piccole della provincia e della regione;
i carabinieri della stazione affrontano il proprio lavoro con grande abnegazione e senso del dovere e rinunciando a permessi e ferie cercano di svolgere al meglio la funzione di controllo del territorio di prevenzione e repressione di fenomeni criminosi;
negli ultimi tempi si sono registrati alcuni furti che hanno ingenerato nella popolazione un sentimento di paura e insicurezza;
con una sola autovettura a disposizione diventa davvero difficile ipotizzare anche un semplice posto di blocco –:
se e quali iniziative sia possibile attivare al fine di potenziare di qualche unità l'organico della locale stazione dei carabinieri e di dotare suddetta stazione almeno di un fuoristrada da affiancare all'autovettura con i colori già a disposizione. (5-07981)
Interrogazioni a risposta scritta:
DE GIROLAMO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
da quanto riportato negli ultimi giorni dagli organi di stampa, locali e nazionali, si apprende che il Comando generale dell'Arma dei carabinieri sarebbe intenzionato a chiudere entro la fine del 2012 la sede della scuola allievi carabinieri di Benevento e a trasferirla presso la sede di Campobasso;
tale decisione, a quanto si apprende, parrebbe condizionata principalmente dalla necessità di provvedere al contenimento dei costi;
è fondamentale ricordare al riguardo che la sopra citata struttura rappresenta oramai un presidio storico della provincia beneventana, poiché dal lontano 1982 ha contribuito alla formazione professionale di numerosi militari dell'Arma dei carabinieri. Si tratta dunque di una presenza storica di enorme importanza e prestigio per l'intera provincia;
la scuola allievi carabinieri attualmente è ancora utilizzata per lo svolgimento dei corsi di vice brigadiere, nonché da circa 250 unità suddivise tra allievi e sottufficiali dell'Arma dei carabinieri;
con la chiusura della suddetta Scuola allievi si impoverirebbe ancora di più il territorio sannita e la Campania, poiché la struttura è l'unica del genere presente in regione, di una importante realtà –:
quali siano i parametri che il Comando generale dell'Arma dei carabinieri intende adottare per scegliere le scuole di formazione che continueranno ad essere operative;
quali siano state le motivazioni che hanno portato all'individuazione della sede di Benevento come struttura da chiudere e dislocare;
quali criteri il Governo intenda adottare per salvaguardare, nell'ottica della ottimizzazione della spesa pubblica, le strutture atte alla formazione professionale delle forze dell'ordine. (4-17753)
MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
un sito web ha recentemente pubblicato un articolo dal titolo «Carabinieri, servizi esterni: mancano i soldi e si ricorre ad espedienti per raddoppiare le statistiche» –:
se i fatti descritti nell'articolo in premessa corrispondano al vero e, in tale caso, quali immediate azioni intenda intraprendere per aderire alle richieste dei consigli della rappresentanza militare dell'Arma dei carabinieri interessati dalla vicenda narrata. (4-17770)
ECONOMIA E FINANZE
Interrogazione a risposta in Commissione:
DELFINO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
l'azienda lattiero-casearia In.al.pi. spa di Moretta, provincia di Cuneo, da tempo sta denunciando la condizione di grande disagio economico in cui si trova a causa dei mancati rimborsi dell'iva da parte dello Stato;
l'azienda ha più volte segnalato alle sedi competenti la propria difficoltà a fronte di un'esposizione creditoria, in continua crescita, ammontante ad oltre 5 milioni di euro, i cui pagamenti risultano fermi dal mese di maggio 2012;
a fronte dei pagamenti tra aziende private fissati a 30 giorni, i ritardi nel rimborso dell'iva da parte dello Stato (crediti che risalgono all'ultimo trimestre 2010) rappresentano un gravissimo colpo a scapito dell'imprenditoria italiana, e in particolare di un'azienda, come l'In.al.pi., leader nel settore lattiero-caseario;
rispetto ad altri Paesi europei, infatti, l'Italia ha tempi di pagamento dei crediti iva nettamente superiori, che pongono le imprese italiane in una reale situazione di svantaggio concorrenziale;
stando a quanto riferito da Equitalia al presidente dell'azienda, non ci sarebbero fondi attualmente disponibili per cui non saranno possibili pagamenti per tutto il mese di settembre 2012;
l'Agenzia delle entrate ha accertato, come effettivamente dovuti entro la fine di quest'anno, crediti per un totale di 4,3 miliardi di euro, per i quali gli stanziamenti di competenza sarebbero già stati iscritti in bilancio, ma il relativo pagamento dipenderà dall'effettiva disponibilità di cassa di fine anno;
la mancanza di liquidità, aggravata dall'attuale congiuntura economica negativa, si sta ripercuotendo negativamente sull'azienda in parola che non è più in grado di far fronte ai pagamenti dei creditori, ivi incluse le forniture della materia prima e le prestazioni di lavoro dipendente;
nella medesima situazione sono numerose altre aziende del settore alimentare e in particolare di quello lattiero-caseario, a causa del protrarsi dei ritardi con cui lo Stato rimborsa alle aziende i crediti iva –:
quali urgenti iniziative intenda attivare al fine di provvedere in tempi certi alle liquidazioni e ai pagamenti dei rimborsi iva a spettanti all'azienda in parola. (5-07990)
Interrogazioni a risposta scritta:
CATANOSO. —Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
il 2 luglio 2012 sono scaduti i termini per l'affrancamento dei maggiori valori di terreni e quote societarie, termini riaperti dall'articolo 7 del decreto-legge n. 70, convertito dalla legge n. 106 del 12 luglio 2011 (cosiddetto decreto sviluppo);
la norma ammette espressamente la possibilità di compensare l'imposta sostitutiva versata con la precedente rivalutazione ed oggetto della rivalutazione sono i terreni e le quote societarie (relative a partecipazioni in società non quotate) possedute alla data del 1o luglio 2011;
i soggetti beneficiari sono tutte le persone fisiche residenti, le società semplici e le associazioni professionali ed enti non commerciali residenti;
la rivalutazione ha lo scopo di aumentare il valore fiscalmente riconosciuto del terreno o della partecipazione allo scopo di ridurre l'eventuale plusvalenza ai fini Irpef in caso di cessione e conseguire, così, risparmi fiscali;
questa norma di favore per il contribuente, però, dava un termine al 30 giugno 2012 che, cadendo di sabato, ha fatto spostare il termine al 2 luglio di quest'anno;
a giudizio dell'interrogante si dovrebbe valutare attentamente, da parte del Governo, l'ipotesi di riaprire i termini al 30 giugno 2013 per l'affrancamento dei maggiori valori di terreni e partecipazioni –:
quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato affinché questa norma venga rivista e si consenta la riapertura dei termini al 30 giugno 2013.
(4-17755)
DOZZO, DUSSIN, GOISIS, FABI, LANZARIN, GIDONI, BRAGANTINI, BITONCI, FORCOLIN, MONTAGNOLI, DAL LAGO, MUNERATO e MARTINI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
la fortificazione di Castelfranco Veneto, risalente al XII secolo, è stata partecipe nei secoli della nostra storia, assieme ai cittadini che l'hanno animata;
il castello, «franco» da imposte per i suoi abitanti-difensori, ha subito terremoti, carestie, epidemie, assedi e guerre con potentati vicini e lontani, e, nonostante tutto, è sempre resistito. Ancor oggi si presenta nella sua splendida forma come a rassicurare chiunque lo osservi;
purtroppo, anche se la sua fierezza è rimasta inalterata nel tempo, altrettanto non si può dire sulla sua stabilità e staticità, per le quali la situazione si presenta particolarmente grave;
l'improrogabile necessità di un intervento a tutela del bene di particolare rilevanza storica è noto agli operatori istituzionali locali, tant’è vero che le criticità sono già state individuate e importanti lavori di ripristino sono in corso sulla Torre Civica;
anche le altre torri hanno bisogno di immediati interventi strutturali, soprattutto quelle di nord-ovest e sud-ovest, interessate da autentici crolli strutturali; la cinta muraria, tra l'altro priva di fondamenta, è pericolante e necessita di urgenti lavori di ripristino;
i Ministeri per i beni e le attività culturali e dell'economia e delle finanze sarebbero già venuti in possesso della documentazione che dimostra i cedimenti subìti dalle suddette strutture;
le opere inserite dai singoli comuni nel cosiddetto «piano di priorità» devono essere contemplate anche nel relativo piano triennale delle opere pubbliche e quindi inserite in sede di approvazione di bilancio, con l'opportuna copertura annuale e triennale, sicché appare al momento indefinita qualsiasi programmazione degli interventi;
per altro verso l'impossibilità di derogare dal «patto di stabilità» rischia di vanificare qualunque aspettativa dell'amministrazione comunale di Castelfranco Veneto relativamente alla programmazione a breve dei lavori di sostegno e recupero del manufatto in parola;
al riguardo, il sindaco di Castelfranco Veneto attraverso la campagna «Salviamo le mura» ha sensibilizzato la comunità cittadina a sottoscrivere l'appello per il reperimento di fondi necessari a rendere effettiva l'applicazione della normativa vigente in materia di «tutela dei beni architettonici» che impone al «proprietario di un bene vincolato» di garantirne l'integrità;
il Governo ha stanziato 330 milioni circa di euro per la conservazione, la riqualificazione ed il rilancio di una ventina di aree archeologiche e poli museali del Mezzogiorno d'Italia, che peraltro sono già destinatari di significativi finanziamenti comunitari che spesso restano addirittura inutilizzati o sottoutilizzati;
si evidenzia perciò anche nello specifico caso, a giudizio degli interroganti, la grave sperequazione ai danni delle aree del Nord del Paese –:
quali strumenti finanziari intendano adottare i Ministri interrogati a sostegno del recupero urgente delle mura di Castelfranco Veneto, nel rispetto delle leggi vigenti che obbligano alla salvaguardia dei beni storico-architettonici;
se non ritengano opportuno, in considerazione dell'urgenza degli interventi in argomento, assumere le necessarie iniziative di competenza, anche di carattere normativo, per consentire all'amministrazione comunale di Castelfranco Veneto di usare le proprie risorse, valutabili in 20 milioni di euro circa, per il recupero e il sostegno del magnifico manufatto in parola, che le istituzioni hanno il dovere di tutelare e conservare anche a vantaggio delle future generazioni. (4-17772)
GIUSTIZIA
Interrogazioni a risposta scritta:
STUCCHI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
nell'attuale periodo di crisi economica, le società subiscono forti pressioni fiscali e incontrano molte difficoltà nell'onorare gli impegni assunti;
qualora si trovino a sostenere anche cause legali che si trascinano per molti anni, sono poi costrette al pagamento di quanto spetta alla parte lesa, tramite rateizzazioni o in un'unica soluzione;
in alcuni casi accade che le spese legali e gli onorari degli avvocati superino addirittura la somma totale da pagare;
all'interrogante non appare congruo che il pagamento dell'onorario dell'avvocato superi di gran lunga il valore del procedimento;
tali sperequazioni non sono, secondo l'interrogante, compatibili con le norme recentemente approvate sulla liberalizzazione a tutela dei consumatori –:
se non ritenga opportuno intraprendere le iniziative di competenza affinché tali sproporzioni non si ripetano e non si danneggino ulteriormente aziende che comunque pagano quanto loro addebitato;
se non intenda intraprendere urgenti iniziative affinché vengano ridotti i tempi della giustizia, e di conseguenza anche le spese inerenti ai relativi procedimenti.
(4-17765)
LUSSANA e MONTAGNOLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
i giornali riportano l'ennesima notizia riguardo le incomprensibili modalità di amministrare la giustizia da parte di certa magistratura, che suscitano sconcerto per la clemenza dimostrata nei confronti di un assassino, mentre sembrano trascurare la dovuta tutela delle vittime dei reati;
la vicenda riguarda il primario di un ospedale di Como, recluso nel carcere di San Vittore per aver ucciso tre mesi fa a Legnago la ex moglie di 38 anni con 80 colpi alla testa, alla presenza del figlio di 7 anni, oggi rimasto orfano con altri due fratellini di soli 5 e 2 anni;
in base a quanto pubblicato dal Giornale, l'assassino sembrerebbe essere già uscito dal carcere di San Vittore, dove gli investigatori del commissariato di Legnago si sono recati nei giorni scorsi per notificargli un provvedimento con l'amara scoperta che colui che avevano contribuito a fare arrestare risulterebbe già ammesso agli arresti domiciliari dal 1o agosto 2012;
è immaginabile lo sconcerto dei poliziotti nello scoprire che colui che avevano arrestato solo 40 giorni prima con l'accusa di omicidio volontario aggravato, era già uscito dal carcere e sembrerebbe attualmente ricoverato in una clinica privata lombarda, secondo quanto appreso dalle indicazioni degli impiegati dell'amministrazione penitenziaria del carcere;
un'altra vicenda di cronaca svoltasi in Toscana ha avuto il medesimo epilogo, dato che nei giorni scorsi il giudice per le indagini preliminari di Grosseto ha concesso gli arresti domiciliari in comunità al ventenne Matteo Gorelli, accusato di omicidio pluriaggravato e tentato omicidio;
la vicenda risale al 25 aprile 2011, quando quattro giovani, tutti minorenni ad esclusione di Gorelli, fermati da due carabinieri per un controllo alcoolemico nei pressi di Sorano, in provincia di Grosseto, reagiscono violentemente, tanto che il carabiniere Antonio Samarelli muore l'11 maggio 2012, a soli 44 anni in una clinica per persone in stato vegetativo, dopo aver trascorso un anno in stato di coma a seguito delle gravissime lesioni cerebrali riportate nel pestaggio, mentre l'altro carabiniere, Domenico Marino di 34 anni, era stato ferito, riportando lesioni gravi e permanenti ad un occhio;
alla sollecita clemenza mostrata nei confronti dell'imputato con la concessione degli arresti domiciliari, fa riscontro una non altrettanto celere trattazione della causa, che ha già subito svariati rinvii e dove, giustamente, si è costituita parte civile l'Associazione di volontariato «Vittime del Dovere», composta principalmente da appartenenti alle forze dell'ordine e armate caduti o feriti nell'adempimento del loro dovere;
risulta del tutto incomprensibile tale sollecita attenzione dimostrata nei confronti di imputati di reati tanto efferati, mentre sembra posta in secondo piano la tutela delle vittime e dei familiari;
il primo intervento del Ministro, attraverso la promozione della legge cosiddetta «svuota carceri», ad avviso degli interroganti ha contribuito a legittimare simili decisioni della magistratura sulla disinvolta concessione di misure alternative al carcere –:
se il Ministro, oltre ai preannunciati altri interventi strutturali di riforma delle misure alternative alla detenzione e depenalizzazione dei reati minori, tutti univocamente tesi a ridurre il numero dei detenuti nelle carceri italiane, intenda dedicare altrettanta attenzione alle iniziative per adeguare la vigente legislazione italiana, dato che nel nostro ordinamento ancora non esiste una normativa generale sostanziale a tutela di tutte le vittime dei reati. (4-17766)
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
il giorno 15 settembre 2012 la prima firmataria del presente atto è tornata a visitare il carcere di Parma accompagnata da Irene Testa (segretaria dell'Associazione radicale «Il Detenuto Ignoto»), Alessandro Gerardi (membro del consiglio generale di Radicali italiani) e Valentina Angela Stella dell'Associazione Luca Coscioni;
la precedente visita al carcere di Parma, effettuata assieme al leader radicale Marco Pannella e a Matteo Angioli del comitato nazionale di Radicali italiani, risale al 1o maggio 2010, ed è stata oggetto dell'interrogazione n. 4-07081 che, nonostante 16 solleciti, non ha mai ottenuto risposta;
nel corso della recente visita guidata dal dottor Silvio Di Gregorio e dal vice commissario Sergio Aldo Foresta, è stata riscontrata la seguente situazione:
i detenuti presenti sono 616 per una capienza regolamentare di 385 posti, il che vuol dire che l'istituto di Parma ospita 231 detenuti in più di quelli previsti dalla normativa vigente; il sovraffollamento peraltro è soprattutto concentrato nelle sezioni che ospitano detenuti comuni;
fra i 616 detenuti sono comprese 58 persone in regime di 41-bis e 75 in regime di alta sicurezza; i detenuti comuni sono 483;
l'istituto ha al suo interno un centro clinico con 24 celle, un centro per paraplegici con 9 celle, una sezione Z per detenuti familiari di collaboratori di giustizia, una sezione protetti con 12 celle e una sezione per minorati psichici con 25 celle;
la prevista costruzione di un nuovo padiglione di 200 posti che costerà 13,1 milioni di euro – già segnalata nell'interrogazione del 2010 – ancora non è iniziata e, dalle notizie raccolte, sono state eseguite le trivellazioni; nel sito www.pianocarceri.it è scritto che la gara è conclusa e che sono «in corso di verifica offerte anomale»;
i detenuti in attesa di giudizio sono in tutto 220 di cui 122 imputati, 44 appellanti e 54 ricorrenti; i tossicodipendenti sono in tutto 80 di cui 7 in terapia metadonica; i sieropositivi sono 4; coloro che sono affetti da epatite C sono 29 mentre coloro che sono affetti da patologie di tipo psichiatrico sono 64; i detenuti stranieri sono 191;
quanto al lavoro, 155 detenuti sono i lavoranti dipendenti dall'amministrazione; i semiliberi che lavorano in proprio sono 2; i semiliberi che lavorano alle dipendenze di datori di lavoro esterni sono 8; 14 sono invece i detenuti ammessi al lavoro esterno (l'articolo 21 ordinamento penitenziario);
la carenza dell'organico degli agenti di polizia penitenziaria è notevole: dei 479 previsti in pianta organica gli effettivamente assegnati sono 406 ma gli effettivamente in servizio sono 382 di cui 35 unità alle dipendenze del G.O.M. di Roma addetti alla vigilanza e gestione dei soggetti sottoposti al regime di 41-bis; le carenze più vistose si registrano fra gli ispettori (ne mancano 36 rispetto alla pianta organica, una carenza pari al 67 per cento), i sovrintendenti (ne mancano 33 rispetto alla pianta organica, una carenza pari al 67 per cento) mentre per quel che riguarda gli agenti ne mancano 45 con una carenza che si aggira attorno al 12 per cento;
significativo è il numero di traduzioni effettuate dal NTP (nucleo traduzioni e piantonamenti) dall'inizio dell'anno al momento della visita della delegazione radicale: in tutto ben 1.153 così suddivise: in aule di giustizia in sede e fuori sede, 361; da istituto a istituto, 141; in luogo esterno di cura, 540; per visite urgenti, 111; tutto questo lavoro viene svolto da 40 unità operative così suddivise: 2 ispettori, 2 sovrintendenti, 36 agenti e assistenti;
gli educatori sono in tutto 9 rispetto ai 12 assegnati, mentre gli psicologi ex articolo 80 sono solamente 2 e si sono visti ridurre le ore mensili; la prima accoglienza dei detenuti è a carico della ASL con uno psicologo e uno psichiatra;
molti dei detenuti sono ristretti a centinaia di chilometri dalle loro famiglie costretti così a rinunciare a contatti affettivi fondamentali ai fini della rieducazione;
all'interno del carcere sono presenti le scuole elementari e medie, i corsi per geometri e ragionieri e i corsi di formazione professionale come quelli per giardiniere, mentre è stato interrotto quello per panettiere;
nel corso della visita, durata 8 ore, sono stati incontrati, oltre al personale, numerosi detenuti molti dei quali al 41-bis che avevano scritto alla prima firmataria facendo presenti diverse problematiche; si segnalano:
P.F.: 58 anni, cardiopatico e malato di leucemia, da 8 anni in regime di 41-bis; effettua la chemioterapia ogni giorno e non è perfettamente autonomo (ad esempio nel farsi la doccia); i suoi legali hanno presentato istanza di incompatibilità con il regime carcerario che è stata recentemente respinta; fa solamente 1/2 colloqui all'anno perché i suoi familiari non hanno il denaro per i viaggi;
V.A.: ci tiene a sottolineare che gli agenti sono umani ma si lamenta per le disposizioni restrittive riguardanti il cibo proveniente dai familiari; il comandante spiega che le restrizioni sono relative a quegli alimenti che richiederebbero controlli troppo approfonditi e quindi con tempi molto lunghi di ispezione;
F.S.: 60 anni, da 8 anni al 41-bis di Parma, catturato da latitante in Polonia; è in isolamento diurno da 6 mesi e deve restarci altri 2 anni e mezzo; sostiene che, soprattutto d'estate con il blindo chiuso tutto il giorno «viene voglia di impiccarsi»; ha fatto domanda per vedere i nipoti minori di 12 anni ma è stata respinta perché «priva di motivazione»;
G.C.: da 6 anni al 41-bis, dove entra da incensurato; studia matematica e si lamenta del fatto che gli è impedito di usare la calcolatrice scientifica; ha fatto richiesta per usufruire della sala computer, ma non ha ricevuto risposta;
G.D.L.: si lamenta del dimezzamento del numero di ore per il passeggio e la socialità e afferma «anche a Guantanamo fanno 4 ore al giorno»;
N.M. 44 anni, da 7 anni e mezzo al 41-bis; attualmente in isolamento diurno; si lamenta che non può cucinare in cella e che quindi si possano acquistare solo prodotti precotti; lavora all'interno del carcere come porta-vitto per un'ora e mezza al giorno; evidenzia come la TV che hanno in cella sia sintonizzata solo su 7 canali (3 Rai, 3 Mediaset e La7) e che siano stati «oscurati» Raisport1 e Rai4 (non è possibile vedere neanche Rai-Storia); il vice Commissario spiega che per ogni canale ci vuole una particolare scheda e che, al momento, non hanno i fondi per garantire tutti i canali; inoltre alcuni canali sono stati tagliati perché i filtri non sono abbastanza potenti da sostenerli tutti per tutto il carcere; in sintesi, meno canali ma a tutti i detenuti; uno solo è il canale radiofonico che possono ascoltare i detenuti al 41-bis ed è gestito direttamente dal personale; N. M. si duole anche del fatto che i magistrati di sorveglianza, dottoressa Nadia Buttelli e dottoressa Manuela Mirandola, non rispondono alle sue istanze scritte e alle sue richieste d'incontro;
D.T.: è rammaricato perché non lo fanno più lavorare; afferma che per problemi al ginocchio non può fare lo scopino, ma potrebbe fare il porta-vitto; tuttavia le regole interne escludono dal lavoro chi non è disponibile a svolgere tutte le mansioni previste;
A. afferma che il muro di cinta serve soprattutto a non far entrare la legge nel carcere di Parma; recrimina il fatto che i farmaci siano consegnati senza «bugiardini» e che la sala colloqui del 41-bis è un forno d'estate e un frigorifero d'inverno tanto per i detenuti e familiari quanto per gli agenti; il tutto è confermato dal vice comandante che spiega che, per assicurare il necessario riciclo dell'aria è stata installata una pompa che la immette nelle sale colloqui dall'esterno: caldissima d'estate, freddissima d'inverno;
G.G.: da 3 anni al 41-bis; afferma che prima delle nuove disposizioni i familiari potevano portargli dei libri, cosa che adesso non è più possibile: ora si possono acquistare solo tramite il carcere o prendere in prestito quelli della biblioteca; il vice commissario spiega che attraverso i libri potrebbero filtrare dei messaggi, quindi gli agenti dovrebbero controllare pagina per pagina per verificare ad esempio che non siano state rilegate in modo particolare e questo prenderebbe troppo tempo;
G. M. 78 anni, da 8 anni al 41-bis di Parma; affetto da gravi patologie (da sette anni ha il catetere) si rammarica del fatto che non sia possibile interloquire con nessuno: con chiunque lui chieda di parlare, non ottiene mai un colloquio;
P. G. 35 anni e già nonno, da 6 anni al 41-bis; a lui è stata concessa la visita con la nipotina;
S. C. 30 anni, da 6 anni a Parma al 41-bis, ha 2 figli minori che vede ogni 5-6 mesi per dieci minuti; si lamenta per la mancanza di forniture per pulire la cella e del divieto di regalare giocattoli ai figli durante i colloqui;
G.A afferma di soffrire di acufene, disturbo costituito da rumori che, sotto diversa forma (fischi, ronzii, fruscii, crepitii, soffi, pulsazioni e altro) vengono percepiti in un orecchio, in entrambi o, in generale, nella testa;
F.D.G.: catanese, 46 anni, è dal 1995 al 41-bis; è affetto da acufene dal 2004; dice di non riposare più bene e di avere problemi a mantenere l'equilibrio; per curarsi avrebbe bisogno della terapia TRT (tinnitus retraining therapy) che aiuterebbe a reindirizzare il rumore; secondo F.D.G. solo poche cliniche in Italia effettuano questi trattamenti, Firenze e Roma, e segnala, come specialisti i professori Giancarlo Cianfrone e Angelo Gandolfi; afferma di non aver ricevuto risposta alle sue richieste di cura;
F.C dice «siamo tutti morti viventi, trattati peggio dei cani, malati di cancro, al 41-bis tutti ci ammaliamo di cancro»;
V.B uscirà fra pochi mesi; infatti, il suo fine pena il 9 febbraio 2013;
T.G. operato recentemente di tumore alla mammella è in attesa dell'esito dell'esame istologico; gli è stata fornita una macchina per respirare perché va spesso in apnea; racconta che è stata rigettata l'istanza per i domiciliari o, in subordine, la richiesta di una visita di un medico di parte;
G.C. diplomato maestro d'arte, è in attesa di giudizio e da 10 mesi è al 41-bis; si rammarica del fatto che non gli sia consentito di dipingere in cella e di usare i colori acrilici; il «righello» gli è stato autorizzato ma non può portarlo in cella;
D.B. si chiede come mai i detenuti dissociati, come lui, devono stare nello stesso gruppo dei non dissociati; avendo il figlio carcerato a Badu e Carros e la moglie a Vigevano chiede il motivo per il quale i tre familiari non siano reclusi negli istituti di una sola regione fatto che faciliterebbe i colloqui con i parenti;
W.S. è dal 1998 al 41-bis; racconta: «se fosse possibile chiederei la pena di morte pur di non stare qui, liberando così anche i miei figli»; racconta che non gli hanno concesso nemmeno il permesso per andare ai funerali dei genitori e che, soprattutto dall'arrivo del GOM, subisce continue piccole vessazioni che si aggiungono allo strazio di stare al 41-bis; afferma di non aver mai ricevuto il regolamento interno ed, effettivamente, sembra che esso non ci sia proprio; fa presente di essere affetto da una patologia agli occhi (cheratocono), per la quale deve portare delle particolari lenti a contatto che però non può sempre indossare perché gli è stato sottratto lo specchietto con il quale può sistemarle durante il giorno;
V.D.M. 68 anni, cardiopatico con 3 bypass e due ernie vertebrali; fa presente che è stata rigettata la sua richiesta per una sedia con lo schienale perché mancherebbe la relazione del medico; soffre anche di cataratta ma ha fatto l'ultima visita 2 anni fa;
G.F. 86 anni, appare in uno stato di salute fortemente compromesso; afferma che le infiltrazioni che gli hanno fatto recentemente non hanno avuto l'effetto positivo delle precedenti; non può stare seduto e non va mai all'aria;
G.F. è trovato dalla delegazione radicale sdraiato e immobile su un letto, con il catetere e il pannolone, assistito da un detenuto piantone che deve assisterlo in tutto, anche per espletare le funzioni fisiologiche; non è assolutamente in grado di svolgere alcun atto quotidiano della vita; appare sedato e non lucido: mentre risponde in modo sconnesso e con un filo di voce alle domande, chiude gli occhi e si addormenta; il caso è stato immediatamente segnalato dall'interrogante ai responsabili del DAP;
B.P. è in regime di 41-bis in un reparto isolato; sorvegliato a vista 24 ore su 24 a seguito del recente tentativo di suicidio; è apparso poco lucido e sicuramente non in grado di rispondere a tono alle domande che gli sono state rivolte sul suo stato di salute;
I.A. è nella sezione «protetti», ha 54 anni e da quando sta a Parma non ha più fatto controlli esterni per l'ictus che lo ha colpito molti anni fa; appare, infatti, debilitato; fa colloqui solo con il fratello che, comunque, lo va a trovare raramente mentre la figlia non la vede più da tempo perché è madre di una bambina piccola e non può spostarsi da Messina a Parma; afferma che dal punto di vista sanitario si trovava meglio a Opera; vorrebbe andare a Messina per stare vicino alla famiglia;
G.M. è in alta sicurezza ed è stato trasferito da Spoleto a Parma il 31 luglio 2012; è molto scoraggiato perché a Spoleto frequentava il 4° anno della «scuola d'arte» che a Parma non c’è; pertanto, è stato costretto ad abbandonare il suo percorso di studio; dice che con il trasferimento è passato dalle stelle alle stalle;
anche in AS1 non è consentito l'uso della calcolatrice e del computer in cella; è solo possibile frequentare la sala computer dove però ce ne sono solo due malfunzionanti; anche nella sezione AS1 non esiste un regolamento interno;
M.L. è entrato in carcere dai domiciliari; è su una sedia a rotelle e per tutta la durata dell'incontro la delegazione ha potuto constatare che non riesce a tenere le gambe ferme essendo la parte inferiore del corpo costantemente interessata da movimenti spastici; è infatti affetto da 4 anni da una disfunzione ereditaria del sistema neurovegetativo della quale non si conoscono esattamente le cause; pur assumendo almeno 4.000 calorie al giorno continua costantemente a perdere peso; lamenta un non positivo rapporto con il medico del carcere e di non essere sottoposto alle necessarie cure del caso; il suo fine pena – che peraltro deve essere aggiornato – è fissato nel 2016;
in un dibattito trasmesso da Radio radicale il 22 settembre scorso, l'interrogante ha potuto ascoltare l'intervento del Garante regionale dell'Emilia Romagna, avvocato Desi Bruno, che rendeva nota una lettera inviata al suo ufficio (e al DAP) da decine di detenuti comuni del carcere di Parma; nella lettera, intitolata «un grido d'aiuto per non giungere alla disperazione», si chiedono più controlli sanitari e accesso alle cure mediche, di non essere costretti a trascorrere nell'ozio 21 delle 24 ore quotidiane, di poter essere alimentati decentemente, di poter avere le forniture igienico-sanitarie che non vengono fornite da mesi –:
quali urgenti iniziative si intendano assumere per garantire normali condizioni di vita ai detenuti ed agli operatori del carcere di Parma, in particolare, entro quali tempi si prevede che l'istituto possa rientrare nella dimensione regolamentare dei posti previsti;
a che punto siano i lavori relativi alla costruzione del nuovo padiglione e con quali agenti, educatori, psicologi, personale amministrativo si intenda renderlo operativo;
cosa vuol dire esattamente che la gara è conclusa e che sono «in corso di verifica offerte anomale»; quanto durerà questa verifica e quale ditta ha effettuato le trivellazioni;
cosa intendano fare, negli ambiti di rispettiva competenza, per garantire il diritto alla salute dei detenuti e, in particolare, se sia noto, entro quali tempi verrà garantita loro un'adeguata assistenza medica e psicologica;
cosa si intenda fare per implementare l'attività trattamentale dei detenuti, sia essa di studio e/o di formazione e lavoro, atta a preparare il futuro reinserimento sociale previsto dall'articolo 27 della Costituzione;
cosa intenda fare il Governo per applicare finalmente quanto previsto dall'ordinamento penitenziario per consentire ai detenuti di scontare la pena il più vicino possibile al luogo di residenza delle proprie famiglie;
se non si intendano adottare, per quanto di competenza, le opportune iniziative al fine di aumentare l'organico degli agenti penitenziari, degli educatori, degli psicologi e degli assistenti sociali in servizio presso il predetto istituto di pena;
se ed in che modo si intendano potenziare, all'interno della struttura penitenziaria in questione, le attività di orientamento e formazione al lavoro e di ricerca di posti di lavoro da offrire ai detenuti, in particolar modo per coloro che hanno quasi finito di scontare la pena;
se il Governo non intenda assumere iniziative volte a destinare maggiori fondi e risorse al potenziamento delle misure alternative al carcere, anche attraverso la creazione di percorsi protetti di reinserimento sociale e lavori socialmente utili per tutti i condannati a pene inferiori ai tre anni di reclusione;
quale sia il motivo per il quale nel carcere di Parma – compresa la sezione che ospita il 41-bis – non vi sia un regolamento interno;
se e come intenda rimuovere le numerose altre più o meno grandi restrizioni cui sono sottoposti i detenuti che già sono sottoposti al duro regime del 41-bis; in particolare quali motivi di «sicurezza» impediscono ai detenuti di avere una calcolatrice in cella, o i pennelli e i colori per dipingere, o i pc portatili per motivi di studio;
se non intenda adottare le opportune iniziative anche di carattere normativo affinché ai detenuti ristretti al 41-bis sia concessa la possibilità di cuocersi i cibi in cella, atteso che il divieto di cucinare non ha alcuna relazione con l'obiettivo di evitare i collegamenti dei detenuti con l'esterno;
cosa si intenda fare per assicurare anche ai detenuti del 41-bis un percorso di riabilitazione e di reinserimento attraverso il lavoro e lo studio;
cosa intenda dire sui casi riportati in premessa;
se intenda immediatamente dare disposizioni per risolvere il problema segnalato in premessa dell'insalubrità della sala colloqui dei detenuti al 41-bis;
cosa intenda rispondere alle puntuali richieste inviate anche al DAP, oltre che al garante dell'Emilia Romagna, dai detenuti comuni del carcere di Parma. (4-17767)
BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
secondo quanto riportato dal quotidiano www.spoletonline.com del 3 agosto 2012 gli ergastolani della sezione AS1 di Spoleto sono stati trasferiti in diversi istituti penitenziari della penisola;
secondo www.spoletoonline.com la comunità Papa Giovanni XXIII, fondata da don Oreste Benzi, ha espresso vivo disappunto per tali spostamenti perché «la Comunità incontrava settimanalmente questi detenuti da più anni, per un sostegno sia personale che nella lotta collettiva contro la pena dell'ergastolo. Questi trasferimenti tradiscono la funzione rieducativa della pena, stabilita dall'articolo 27 della Costituzione, e appaiono come un segno del carattere punitivo-vendicativo della pena in Italia, perché provocano interruzioni forzate dei percorsi rieducativi iniziati e delle relazioni familiari createsi negli anni»;
secondo l'articolo 66 dell'ordinamento penitenziario (Legge 26 luglio 1975 n. 354) «La costituzione, la trasformazione, la soppressione degli istituti penitenziari nonché delle sezioni sono disposte con decreto ministeriale»;
non risulta all'interrogante che nel caso sopra citato sia stato emanato il previsto decreto ministeriale –:
quali siano le ragioni della soppressione della sezione AS1 che ospitava gli ergastolani di Spoleto;
quali siano le ragioni della mancata emanazione del decreto ministeriale previsto dall'articolo 66 dell'ordinamento penitenziario. (4-17771)
PILI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
la legge n. 230 del 1999 trasferisce alle regioni l'organizzazione ed alle Asl la gestione dei servizi sanitari negli istituti penitenziari;
al fine di dare concreta attuazione alle disposizioni della predetta legge, l'articolo 2, comma 283, della legge del 24 dicembre 2007, n. 244, ha previsto l'emanazione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per definire «il trasferimento al Servizio sanitario nazionale di tutte le funzioni sanitarie svolte dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e dal Dipartimento della giustizia minorile del Ministero della giustizia», nonché «le modalità e procedure (...) per il trasferimento al Servizio sanitario nazionale dei rapporti di lavoro in essere, anche sulla base della legislazione speciale vigente, relativi all'esercizio di funzioni sanitarie nell'ambito del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e del Dipartimento della giustizia minorile;
il comma 284 del citato articolo 2 ha poi previsto nelle more del trasferimento, la proroga dei rapporti di incarico, di collaborazione o convenzionali del personale sanitario addetto agli istituti di prevenzione e pena, non appartenente ai ruoli organici dell'amministrazione penitenziaria, in corso alla data del 28 settembre 2007;
in attuazione al suddetto articolo 2 è stato emanato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1o aprile 2008, il cui articolo 2 stabilisce che «a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto (cioè dal 14 giugno 2008), vengono trasferite al servizio sanitario nazionale tutte le funzioni sanitarie svolte dal dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria e dal Dipartimento della Giustizia Minorile del Ministero della Giustizia»;
il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1o aprile 2008 ha, dunque, sancito il passaggio definitivo delle funzioni di assistenza sanitaria nelle carceri dal Ministero della giustizia al Servizio sanitario nazionale, prevedendo la costruzione di nuovi «modelli organizzativi» in grado, da un lato, di rispondere alle peculiarità del carcere e che possono integrarsi nei piani socio sanitari regionali, dall'altro, le predette norme seguono gli indirizzi generali di intervento che devono essere ulteriormente declinati alla luce delle specificità territoriali e della variegata popolazione composta dalle persone detenute o limitate della libertà dalla loro crescente domanda di salute e dagli istituti sempre più sovraffollati;
in questo quadro normativo si innesta il decreto legislativo n. 140 del 2011, il quale prevede il trasferimento delle funzioni sanitarie svolte nell'ambito territoriale regionale dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e dal dipartimento per la giustizia minorile del Ministro della giustizia al servizio sanitario della regione (articolo 2 decreto legislativo n. 140 del 2011);
l'articolo 3 del suddetto decreto legislativo prevede che la regione autonoma della Sardegna, nell'ambito della propria autonomia statutaria, disciplini con i propri provvedimenti l'esercizio delle funzioni trasferite e le relative modalità organizzative, gli obiettivi e gli interventi del servizio sanitario nazionale da attuare a tutela delle salute delle persone detenute;
la regione Sardegna non ha dato seguito e attuazione al quadro normativo nazionale precedentemente evidenziato ed in conseguenza ciascuna azienda sanitaria locale della Sardegna, in merito ai rapporti di lavoro del personale sanitario, delibera, secondo le organizzazioni di categoria e i ricorsi presentati dagli operatori, sulla materia in modo assolutamente autonomo e contraddittorio in danno alla salute delle persone detenute e in danno alla professionalità, all'immagine e, in definitiva, ai diritti della persona scaturenti dal citato rapporto di lavoro;
la conseguente mancata adozione di qualsiasi provvedimento tendente a disciplinare l'esercizio delle funzioni trasferite e le relative modalità organizzative comporta alcune conseguenze:
la prima riguarda la circostanza che tale inerzia dell'amministrazione regionale possa provocare un'improvvisa interruzione dell'erogazione del servizio sanitario all'interno degli Istituti penitenziari, con grave pregiudizio per la salute delle persone detenute;
la seconda riguarda i rapporti di lavoro del personale sanitario instaurati ai sensi della legge 9 ottobre 1970, n. 740;
il personale sanitario rischia di essere sostituito con evidenti conseguenze sul piano della competenza alle patologie medico sanitarie dei detenuti;
è appena il caso di ricordare la raccomandazione R(2006)2 del Consiglio d'Europa sulle regole penitenziarie europee: ogni istituto deve avere del personale adeguatamente formato per il servizio sanitario;
la conseguente mancata adozione di qualsiasi provvedimento tendente a disciplinare l'esercizio delle funzioni trasferite e le relative modalità organizzative in grado, da un lato, di rispondere alle peculiarità del carcere e che possano integrarsi nel piano socio sanitario regionale, dall'altro in grado di individuare gli obiettivi e gli interventi del servizio sanitario nazionale da attuare a tutela delle salute delle persone detenute, comporta alcune conseguenze:
a) la prima riguarda la circostanza che tale inerzia dell'amministrazione regionale possa provocare un'improvvisa interruzione dell'erogazione del servizio sanitario all'interno degli istituti penitenziari;
b) la seconda riguarda i rapporti di lavoro del personale sanitario non in ruolo. In merito l'articolo 3, comma 4, del decreto legislativo n. 140 del 2011 stabilisce che «I rapporti di lavoro del personale sanitario instaurati ai sensi della legge 9 ottobre 1970, n. 740, in essere alla data del 15 marzo 2008 sono trasferiti, a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e dal Dipartimento della giustizia minorile del Ministero della giustizia alle Aziende sanitarie locali del Servizio sanitario nazionale nei cui territori sono ubicati gli istituti e servizi penitenziari e i servizi minorili di riferimento»;
l'indiscussa competenza dei medici e degli infermieri attualmente in servizio, la loro specifica e riconosciuta preparazione, anche in virtù dei rapporti di lavoro, in alcuni casi, ultraventennali –:
se nell'ambito della propria competenza specifica in materia carceraria più in generale, non ritenga necessario promuovere con urgenza una verifica della situazione in atto nelle carceri sarde relativamente alla questione sanitaria;
se non ritenga indispensabile assumere ogni iniziativa di competenza per la definizione immediata della questione relativa all'attuazione della normativa nazionale che prevede, appunto, l'utilizzo del personale medico e paramedico già formatosi nel tempo nella gestione delle complesse patologie medico sanitario che si rilevano in carcere;
se non ritenga di dover concordare con la regione Sardegna un piano funzionale al fine di recepire le disposizioni normative nazionali e comunitarie vigenti in materia di riforma della sanità penitenziaria, salvaguardando le professionalità e l'esperienza del personale medico già impegnato nelle strutture penitenziarie sarde;
se il Governo intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, per garantire il diritto alla salute dei detenuti delle carceri sarde, tutelando la professionalità sanitaria che sinora hanno operato nel sistema penitenziario. (4-17775)
INFRASTRUTTURE E TRASPORTI
Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
VIII Commissione:
GHIGLIA e TOMMASO FOTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
nella seduta del 9 febbraio 2011, la VIII Commissione della Camera dei deputati ha approvato, con il parere favorevole del Governo, la risoluzione n. 8-00110, con cui si impegnava il Governo ad assumere iniziative per il completamento degli interventi per la messa in sicurezza e l'ammodernamento della strada statale n. 45, nel tratto in cui la stessa attraversa la provincia di Piacenza;
il 26 maggio 2011 si è tenuto a Roma un incontro presso la sede ANAS di Roma, alla presenza del dottor Ciucci, nel corso del quale – come risulta da notizie di stampa (quotidiano Libertà del 27 maggio 2011) – venne giudicata «realistica e condivisibile da ANAS» la richiesta di un programma quinquennale di interventi sul tratto piacentino della strada statale n. 45, che dovevano essere programmati entro l'autunno 2011, per una spesa complessiva compresa fra i 15 e i 20 milioni di euro –:
quali iniziative siano state assunte e quali si intendano adottare nel prossimo futuro per dare piena attuazione alla risoluzione n. 8-00110 approvata dalla VIII Commissione il 9 febbraio 2011, con particolare riferimento allo stanziamento delle risorse (15-20 milioni di euro) indicate in premessa, alla predisposizione da parte di ANAS SpA del piano degli interventi volto ad eliminare i cosiddetti «punti neri», alla indicazione delle opere (fra quelle rientranti nel complessivo elenco delle opere necessarie per il completamento degli interventi di messa in sicurezza e ammodernamento del tratto piacentino della strada statale n. 45) fin qui realizzate, appaltate o, quanto meno, progettate o in corso di progettazione, all'ultimazione della messa in sicurezza delle barriere stradali lungo la strada statale in questione. (5-07986)
PIFFARI e CIMADORO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
con la sigla Bre.Be.Mi. si indicano sia l'autostrada, in costruzione, che si propone di attuare un collegamento diretto tra le città di Milano e Brescia, sia l'omonima società che se n’è aggiudicata l'appalto;
il progetto denominato Bre.Be.Mi., dal 2001, anno di presentazione del progetto preliminare, si è sviluppato lungo l’iter autorizzativo concluso nell'anno 2009. Dopo il parere positivo del Cipe e la conseguente delibera (2005), il progetto definitivo è stato approvato il 26 giugno 2009. I lavori di costruzione sono iniziati il 22 luglio 2009 e dovrebbero terminare a primavera del 2013;
la società concessioni autostradali Lombarde (CAL) viene costituita il 19 febbraio 2007 in modo paritetico da regione Lombardia, attraverso infrastrutture Lombarde, e dal Ministero delle infrastrutture con ANAS. La società possiede tutte le qualità e le prerogative dell'ente concedente e si occupa delle procedure di affidamento, della realizzazione, e della gestione di tre importanti autostrade collocate in territorio lombardo: Pedemontana; la direttissima Brescia-Bergamo-Milano (Brebemi) e la tangenziale Est esterna di Milano (Tem). A seguito dell'esperienza maturata da Infrastrutture Lombarde con le autostrade regionali, con la Finanziaria 2007 il Governo ha trasferito le funzioni di soggetto concedente per Pedemontana, la direttissima Brescia-Bergamo-Milano (Brebemi) e la Tangenziale Est Esterna di Milano (TEM), da Anas S.p.A. ad una nuova società partecipata dalla stessa Anas e da Regione Lombardia attraverso Infrastrutture Lombarde;
si è appreso da numerosi articoli pubblicati da numerosi organi di stampa (Eco di Bergamo, Corriere della Sera, la Repubblica e ulteriori web magazine) nel novembre 2011 che la magistratura lombarda coordinata dalla direzione antimafia, istruiva un inchiesta penale a carico di più soggetti in cui si ipotizzava che nel sedime dell'autostrada Brebemi siano finiti rifiuti tossici non trattati, per mano di un paio di società del gruppo Locataelli di Grumello del Monte in provincia di Bergamo. In arresto, furono tratte 10 persone tra cui imprenditori ed esponenti istituzionali tra cui si ricorda il vicepresidente del consiglio regionale lombardo Franco Nicoli Cristiani;
si è appreso inoltre da un articolo apparso sul quotidiano Eco di Bergamo pubblicato in data 22 febbraio 2012, in cui viene riportato un comunicato dell'associazione dei coltivatori diretti della provincia di Bergamo si parla di terreni espropriati, campi distrutti, un capannone raso al suolo, assetti aziendali stravolti, accordi non rispettati;
si è altresì conosciuto per mezzo di diversi articoli di stampa (Corriere della Sera, Eco di Bergamo, Brescia oggi, il Giornale di Bergamo del 18 settembre 2012) in cui veniva riportata la notizia di anteprima sui risultati della perizia disposta dal tribunale di Brescia sul superamento occasionale dei livelli di cromo e arsenico in un tratto del cantiere Bre.Be.Mi oggetto dell'inchiesta (dell'autostrada Brescia-Bergamo-Milano) contestati nell'inchiesta del novembre 2011. Nel resoconto degli articoli emergerebbe la contestazione legale in cui viene descritta l'area interessata dal superamento dei valori di legge pari a 600 metri circa compresi fra Treviglio, Caravaggio e Antegnate (Bergamo) mentre sarebbero regolari i prelievi effettuati nella più vasta area analizzata, pari a 7 chilometri di estensione;
in un articolo apparso in data 23 settembre 2012 pubblicato sul sito web Corriere.Bergamo.it si è appreso che l'esproprio dei terreni, in relazione alla costruzione del segmento della linea T.A.V. passante nell'area Bergamasca (tra i comuni di Casirate e Calcio) e complementare ai lavori e allo sviluppo della Bre.Be.Mi., è completata per il 90 per cento e non conclusa. Ricorda l'interpellante che in merito alle disponibilità finanziarie dedicate al completamento dell'opera T.A.V. lo stesso Dicastero, attraverso la risposta ufficiale (5-03734) del sottosegretario Giachino Bartolomeo dell'ottobre 2010, veniva rassicurato sulle garanzie finanziarie e sulla piena esecutività del progetto –:
se il Ministro interrogato, per quanto di competenza, alla luce dei fatti riportati, con particolare riguardo ai rischi ambientali descritti, e alla disponibilità delle risorse finanziarie, possa garantire le modalità, i costi e la tempistica sulla realizzazione dell'opera Bre.Be.Mi. con particolare riferimento alla questione riguardante la bonifica delle aree interessate e sul pagamento delle indennità degli espropri compiuti nei confronti degli agricoltori e delle aziende lombarde coinvolte. (5-07987)
MARIANI e IANNUZZI. – Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
dal 1o gennaio 2011 è entrato in vigore il nuovo sistema tariffario lungo l'autostrada Napoli-Pompei-Salerno, fondato su pedaggi differenziati e legati al chilometraggio effettivamente percorso;
il nuovo meccanismo si basa sul principio dell'isocosto, in base al quale gli introiti della SAM (Autostrade meridionali), società concessionaria di tale autostrada, dovranno, con l'introduzione della tariffa differenziata, risultare eguali a quelli dell'anno 2010, quando erano in vigore i precedenti pedaggi unici ed indifferenziati lungo l'intera tratta ed a prescindere dal percorso in concreto effettuato;
infatti, i nuovi pedaggi differenziati non debbono risolversi in un indebito ed illegittimo incremento di introiti per la SAM, a danno delle comunità interessate;
del resto, nell'attivare il nuovo modello tariffario, sono stati applicati, ad avviso dell'interrogante, senza la neppur minima giustificazione, pedaggi più elevati e «salati» per i cittadini rispetto a quelli pure preannunciati dal Governo nella seduta della Commissione trasporti della Camera del 21 luglio 2010;
infatti, in particolare, dal gennaio 2011 la tariffa minima è stata fissata a 0,80 euro e non già a 0,60 euro come invece indicato a luglio 2010, ed è stato poi introdotto quello che all'interrogante appare un assurdo e immotivato aumento della tariffa unica, rimasta ancora in vigore per gli utenti non muniti di telepass, che è stata elevata da 1,60 euro a ben 2 euro, con un aumento pesantissimo ed abnorme del 25 per cento, un aumento che non ha alcun riscontro in tutti gli aumenti tariffari divenuti operativi dal 1o gennaio 2011 sulle diverse tratte autostradali in ogni parte d'Italia, nelle quali il suddetto incremento non supera mai qualche punto percentuale;
per queste ragioni è necessario conoscere ed acquisire le cifre precise relative agli introiti ricavati dalle SAM dal 1o gennaio 2012 in poi, nell'esercizio dei fondamentali e doverosi compiti di controllo e vigilanza che spettano all'ANAS ed al Governo nei confronti della SAM, nonché per l'indispensabile informazione che deve essere assicurata puntualmente e tempestivamente al Parlamento;
ove fossero registrati introiti superiori e più alti, la tariffa dei pedaggi differenziati e quella del pedaggio unico per gli automobilisti senza telepass dovrebbero essere immediatamente ridotte, nell'interesse generale dei cittadini, dei territori e delle comunità coinvolte, delle tantissime persone che ogni giorno utilizzano l'autostrada per esigenze di studio e di lavoro;
in risposta all'interrogazione firmatario del presente atto n. 5-06202, il Sottosegretario alle infrastrutture e ai trasporti Guido Improta, nella seduta della VIII Commissione del 24 aprile 2012, ha fornito i dati ufficiali relativi al volume di traffico e degli introiti realizzati dalla SAM, nel 2011 lungo l'autostrada Napoli-Pompei-Salerno;
in base a questi dati, è risultato che nel 2011 «il nuovo sistema tariffario ha determinato» «un maggior introito da pedaggio alla società concessionaria» «per un totale di 2.234,313 euro», con un incremento significativo rispetto al 2010;
di conseguenza dal 1o gennaio 2012 sono stati giustamente ridotti i pedaggi differenziati;
occorre ora verificare i livelli di introiti per la SAM nel corso del 2012;
infatti, ove le entrate per la Società concessionaria, superassero i livelli del 2010, andrebbe stabilita una nuova, giusta e doverosa diminuzione dei livelli tariffari –:
quali siano le cifre precise relative agli introiti conseguiti dalla Società Autostrade meridionali nell'anno 2012, per verificare il livello delle entrate derivanti dai pedaggi differenziati lungo l'autostrada Napoli-Pompei-Salerno rispetto a quello delle entrate provenienti dal pedaggio unico ed indifferenziato in vigore fino al 31 dicembre 2010, e per determinare, ove ne ricorressero le condizioni, la tempestiva e congrua riduzione per il 2013 dei livelli tariffari dei pedaggi. (5-07988)
Interrogazione a risposta in Commissione:
BURTONE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
da alcuni mesi nelle campagne di Picerno continuano a ripetersi disservizi nel recapito della corrispondenza;
diversi cittadini e imprese hanno segnalato disagi legati al mancato recapito della posta;
si tratta di bollette, raccomandate, documenti che rimangono in giacenza presso l'ufficio postale di Picerno che a sua volta è un ufficio oberato di lavoro con poco personale;
infatti sono segnalate code interminabili e disagi per l'utenza in particolar modo anziana;
parliamo di un unico ufficio postale per un paese di quasi 7 mila abitanti diviso in maniera equa tra centro urbano e contrade rurali;
ricevere bollette scadute essere costretti a richiami per mancato recapito è spiacevole e ha un costo appunto per cittadini e imprese –:
se quali iniziative il Governo intenda attivare al fine di evitare questo disservizio e assumere iniziative affinché si proceda ad un potenziamento dell'ufficio postale di Picerno rendendo più efficiente il servizio di recapito della corrispondenza anche nelle contrade rurali. (5-07982)
Interrogazioni a risposta scritta:
STRIZZOLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
nei comuni di Campoformido e di Pasian di Prato, provincia di Udine, insiste un'area destinata ad aeroporto che ha acquisito lo «status» di aeroporto civile dello Stato con decreto del Ministero della difesa del 2 maggio 2008, avente ad oggetto «dismissione dei beni del demanio militare aeronautico dell'aeroporto Udine-Campoformido e contestuale cambio di “status”»;
nell'aeroporto sopra richiamato esiste, come rilevabile nelle pubblicazioni ufficiali, ed è attualmente utilizzata una pista in erba denominata 04-22 delle dimensioni di metri 730x40 su cui svolge prevalentemente la propria attività l'Aero Club Friulano;
risulterebbe essere in avanzata fase di predisposizione una significativa alterazione delle attuali caratteristiche della struttura portuale con un intervento dell'Enac con lo stanziamento di 2,5 milioni di euro;
la modifica ipotizzata, che risulta essere fortemente sostenuta da Enac, se attuata comporterebbe l'allungamento della attuale pista fino a circa m. 1100 e la sua asfaltatura con la conseguente necessità di adottare nuovi vincoli che andrebbero a determinare pesante nocumento all'ambiente, con incidenza su un sito di importanza comunitaria e, anche, alla sicurezza e al valore del rilevante patrimonio edilizio-abitativo insediato ormai da parecchi decenni nelle aree limitrofe all'aeroporto, sia verso l'abitato di Campoformido, sia verso la località di Villa Primavera;
l'amministrazione comunale di Campoformido, con unanime espressione del consiglio comunale ha espresso la netta contrarietà alla ventilata ristrutturazione dell'area e alla modifica dell'attuale sedime senza una condivisione con la stessa;
a tale contrarietà si è unito anche l'Aero Club Friulano che, in una lettera al sindaco di Campoformido, dottor Andrea Zuliani, di data 13 aprile 2012, evidenziava «... di non avere necessità alcuna alla modifica dell'attuale pista in uso di m. 730x40 in funzione della propria attività lavorativa ed in base alla tipologia di aeromobili idonei all'uso della stessa come previsto da AIP Italia...», rilevando ancora che «... la pista attualmente in uso di m. 730x40 in fondo erboso è l'unica a mantenere i vincoli da Piano di Rischio all'interno dei vincoli storici aeroportuali oggi esistenti in base alla tipologia di aeromobili idonei all'uso della stessa...»;
dalla corrispondenza esibita dal comune di Campoformido si evince, altresì, che non vi è una condivisione circa le modalità di svolgimento di alcune riunioni che impropriamente sono state qualificate da ENAC come «conferenze di servizi ex articolo 14 della legge 241 del 1990», mentre si è trattato, secondo la valutazione del comune di Campoformido, di semplici riunioni tecniche informali e, pertanto, prive di qualsiasi efficacia giuridico-amministrativa;
risulta, di conseguenza, emergere dalla corrispondenza intercorsa tra i comuni interessati e l'ENAC, un netto contrasto circa le finalità, le modalità e le reali prospettive del sopra richiamato previsto intervento di ristrutturazione e ampliamento del sedime di volo dell'aeroporto di Udine-Campoformido che sta preoccupando fortemente le popolazioni e le istituzioni locali –:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza della problematica sinteticamente sopra illustrata;
quali iniziative intendano assumere affinché – da parte di ENAC – non vengano promosse azioni afferenti l'area dell'aeroporto di Udine-Campoformido che non siano preventivamente concordate e condivise con le amministrazioni locali direttamente interessate. (4-17754)
ROSATO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
il 29 febbraio 2012 a Trieste l'amministratore delegato di Ferrovie dello Stato, Mauro Moretti, ha incontrato i rappresentanti del comune di Trieste, Roberto Cosolini, della provincia, Maria Teresa Bassa Poropat, della regione, Riccardo Riccardi, e dell'autorità portuale, Marina Monassi, per affrontare la questione della intensificazione dei collegamenti ferroviari con il porto di Trieste e il potenziamento delle infrastrutture tra il porto e il canale navigabile;
nei giorni scorsi, facendo seguito a quel vertice, Ferrovie dello Stato ha inviato alle quattro istituzioni, una missiva nella quale si presenta una bozza di protocollo d'intesa, che coinvolge anche Rfi, sulle strutture e opere da cantierare nell'area portuale;
la bozza presuppone lo stanziamento da parte del gruppo ferroviario di 45,2 milioni di euro per le opere che sono necessarie nell'area ferroviaria di Campo Marzio oggi trasformata in terminal intermodale al servizio dei moli V, VI e VII;
dall'offerta dell'amministratore delegato del gruppo ferroviario si evincerebbe che l'autorità portuale, successivamente all'incontro sopra richiamato, avrebbe avanzato a Ferrovie dello Stato una richiesta d'uso per una striscia di proprietà di quest'ultima, che non può servire ad attività portuale;
quest'area ferroviaria, che è situata tra la stazione ferroviaria e il confine doganale con il porto vecchio, si trova al di fuori del sedime portuale e non può servire all'autorità per finalità portuali;
il porto vecchio è ormai quasi completamente privo di adeguate strutture e attrezzature adibite a queste attività, in quanto le operazioni oramai si svolgono esclusivamente nel porto nuovo, dove, infatti, sono previsti gli interventi di Rfi e Ferrovie dello Stato concordati con tutti gli enti locali. Anche le strategie indicate dal progetto di piano regolatore urbano e dallo stesso piano industriale collocano in altri siti lo sviluppo e l'espansione dello scalo triestino e dei suoi terminali;
la richiesta avanzata dall'autorità, di cui non sono chiare le motivazioni, rischia di ritardare il recupero del porto vecchio che la città di Trieste sta tentando, non senza numerose pressioni in senso contrario. Per il porto vecchio, la città sta valutando una sua nuova valorizzazione a finalità economiche, turistiche, scientifiche e culturali;
come evidenziato in una precedente interrogazione parlamentare alla presidenza del Consiglio dei ministri (4-17691), sul porto vecchio si concentrano nuove opportunità di sviluppo che presuppongono lo spostamento del punto franco, ad opera dell'autorità prefettizia, e la prosecuzione dei progetti di integrazione nella realtà urbana;
il progressivo insediamento nell'area di porto vecchio di nuove funzioni, servizi e attività rappresenta un'occasione irrinunciabile di investimenti e un motore di occupazione, che può essere valorizzato solo attraverso la restituzione alla città dell'area e l'eliminazione degli ostacoli che attualmente ne vincolano lo sviluppo;
la proposta di investimento avanzata dalla presidenza dell'autorità portuale non appare, quindi, coincidente con le nuove prospettive di sviluppo della città, e non è utile allo sviluppo, quello sì necessario, del porto nuovo;
proposta che, difatti, è stata avanzata dalla presidenza dell'Autorità portuale senza un previo consulto del comitato portuale dove siedono importanti attori istituzionali ed economici del territorio –:
se al Ministro risulti che l'autorità portuale di Trieste abbia chiesto alle Ferrovie dello Stato l'uso dell'area di proprietà di quest'ultima, di cui in premessa e se questa richiesta sia coerente con i piani di sviluppo presentati al Ministero;
se al Ministro siano chiare le motivazioni addotte a supporto della richiesta di uso di suddetti spazi da parte dell'autorità portuale;
come ritenga, nell'esercizio delle sue funzioni, di intervenire con le autorità coinvolte per accelerare gli investimenti prospettati dal dottore Moretti e concordati con le autorità locali. (4-17759)
INTERNO
Interrogazione a risposta orale:
GALLETTI e LIBÈ. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
secondo i dati forniti dal Ministero e pubblicati dal Sole 24 ore, la provincia di Forlì-Cesena registra la variazione percentuale nel periodo 2011-2012 più alta d'Italia relativamente al numero di reati denunciati in rapporto alla popolazione (+18 per cento);
tra i reati considerati vi sono i furti in casa, che rappresentano il pericolo più avvertito e temuto dalla popolazione, segnano un più 59 per cento nel 2011 rispetto all'anno precedente;
in relazione alla situazione di estrema difficoltà, da tempo denunciata dalla cittadinanza, occorre adottare adeguate misure di contrasto poiché, oltre alla presenza di una attiva criminalità preparata, la crisi economica sta provocando una crescente marginalizzazione delle fasce più deboli che potrebbero trovarsi a delinquere per necessità –:
quali iniziative intenda adottare per rafforzare la vigilanza ed il controllo del territorio della provincia di Forlì-Cesena alla luce dei dati forniti, restituendo ai cittadini la certezza di essere tutelati dalle istituzioni e di poter vivere senza la paura di essere oggetto di atti criminali in qualsiasi momento del giorno e della notte. (3-02486)
Interrogazioni a risposta scritta:
CATANOSO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
il Corpo nazionale vigili del fuoco opera l'attività di soccorso tecnico urgente, su tutto il territorio nazionale, avvalendosi, oltre che della componente permanente, anche della componente volontaria;
ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 362 del 2000 sono stati decretati, nel territorio nazionale, circa 50 nuovi funzionari tecnici antincendi volontari (FTAV) i quali, dopo un lungo e farraginoso iter formativo, durato circa dieci anni, sono stati posti in servizio operativo, a seguito di due diverse sessioni formative finali nel 2009 e nel 2011;
dall'analisi dell'articolato del decreto del Presidente della Repubblica n. 76 del 2004 e del decreto legislativo n. 217 del 2005 i funzionari tecnici antincendi volontari «sono equiparati, ai fini della determinazione di doveri, compiti e responsabilità, ai collaboratori tecnici antincendi del corpo nazionale dei vigili del fuoco» (articolo 3, comma 3, decreto del Presidente della Repubblica, n. 76 del 2004), questi ultimi equiparati, per compiti e responsabilità al personale permanente del ruolo dei «sostituti direttori antincendi» (articolo 152, comma 1, d 19 s. 217 del 2005);
stando a quanto detto, pertanto, per analogia, i funzionari tecnici antincendi volontari si trovano a dover compiere gli stessi compiti dei sostituti direttori antincendi permanenti del Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
analizzando quanto statuisce l'articolo 20, comma 1, del decreto legislativo n. 217 del 2005 gli appartenenti al ruolo dei sostituti direttori antincendi, oltre a svolgere compiti prettamente legati all'organizzazione dei servizi di soccorso, «partecipano alle attività di soccorso tecnico urgente»;
appare subito evidente la necessità di chiarire se le «specifiche esigenze» per le quali il comandante provinciale possa attivare tali figure si riferiscano al soccorso tecnico urgente o se, piuttosto, si riferiscano ad ulteriori particolari situazioni non rientranti nel soccorso tecnico urgente;
difatti, se da un lato, una lettura della norma potrebbe portare ad interpretare la stessa nel senso che i funzionari tecnici antincendi volontari svolgono funzioni inerenti al soccorso tecnico urgente che, in ogni caso, sono da espletarsi solo in casi particolari, o, come recita la norma, «per specifiche esigenze», dall'altro lato, al contrario, i funzionari tecnici antincendi volontari partecipano in via ordinaria alle attività di soccorso tecnico urgente e solo qualora si verifichino casi particolari o, come recita la norma, «per specifiche esigenze», o se si vuole in via straordinaria, vengono attivati dal comandante provinciale;
si ritiene, comunque, che la mancanza di regole precise e indicazioni troppo labili abbia permesso una discrezionalità interpretativa ai vari comandanti delle norme contenute nel decreto del Presidente della Repubblica n. 76 del 2004 che hanno portato alla totale confusione circa l'utilizzo di dette figure professionali, che dovrebbe essere protesa a fronteggiare qualunque necessità delle sedi centrali e periferiche del Corpo, in quanto professionalità formate con l'impiego di finanza pubblica il cui utilizzo operativo ha, tra l'altro, un impatto economico, per l'amministrazione, pressoché irrilevante nel contesto del personale discontinuo richiamato annualmente;
inoltre, con l'emanazione del decreto ministeriale emesso il 10 febbraio 2012 (in Gazzetta Ufficiale, 29 febbraio 2012, n. 50), con l'attribuzione dei distintivi di qualifica di cui all'allegato C) si è determinata, di fatto, l'eliminazione della parola «funzionari» dai distintivi medesimi, degradando, sul campo, detto personale a «tecnici antincendi volontari» ovverosia a meri sottufficiali, azzerando, a giudizio dell'interrogante, la storia del Corpo nazionale dei vigili del fuoco che nel tempo ha sempre avuto ufficiali volontari di prima e seconda classe –:
come mai non siano stati previsti i distintivi di qualifica, da assegnare ai medesimi, uguali a quelli disposti per il personale inquadrato, ai sensi dell'articolo 152 del decreto legislativo 217 del 2005, nella qualifica di sostituto direttore antincendi capo e, cioè, «determinati nelle fogge e nelle caratteristiche individuate “nell'Allegato E” e nella relativa tavola», ovverosia corrispondenti ad essi in modo tale da rispettare la qualifica di funzionario e, quindi, ufficiale a loro da tempo assegnata, giusto i decreti di nomina risalenti ai periodi 2001-2004, quindi ante decreto legislativo n. 217 del 2005;
quali provvedimenti intenda adottare il Ministro interrogato per risolvere le problematiche esposte in premessa.
(4-17756)
MONTAGNOLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
seguito delle numerose modifiche normative avvenute nel corso del 2012 sull'imposta municipale propria, e in ragione del fatto che il quadro sulle risorse a disposizione dei comuni per quanto attiene proprio l'IMU non appare ancora definitivo, allorché numerosi enti non conoscono ancora perfettamente l'esatto ammontare delle risorse a propria disposizione, è stato definito al 31 ottobre 2012 l'ennesimo rinvio del termine per la deliberazione del bilancio di previsione degli enti locali per l'anno 2012 ma che potrebbe tuttavia essere nuovamente posticipato a causa della difficoltà a quantificare con precisione l'esatto ammontare delle risorse spettanti ai comuni;
l'articolo 13, comma 17, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, riduce infatti il fondo sperimentale di riequilibrio ed il fondo perequativo nonché i trasferimenti erariali dovuti alle regioni Sicilia e Sardegna in misura pari al maggior gettito derivante dalla nuova disciplina dell'imposta municipale propria (IMU) rispetto al gettito incassato con l'ICI del 2010;
il dipartimento delle finanze ha di recente aggiornato sul sito internet del federalismo fiscale le stime del gettito annuale dell'IMU sulla base del gettito incassato con l'acconto di giugno 2012, e in conseguenza della quale la spettanza complessiva a favore dei comuni per il 2012 dovrebbe ammontare a poco più di 12.370 milioni di euro, in diminuzione rispetto alla prima stima di dicembre operata dallo stesso Governo;
il comune di Concamarise (Verona) ha poco più di mille abitanti, un bilancio di circa 1.300.000 euro e presenta, ad oggi, assegnazioni erariali derivanti dall'assetto così determinato dall'attuale normativa per 299 mila euro, con un ulteriore taglio stimato di 78 mila euro che potrebbe comportare l'impossibilità per l'amministrazione di riuscire nell'intento di approvare gli equilibri di bilancio, il cui termine è oggi fissato al 30 settembre, ovvero il taglio completo di alcuni servizi essenziali di base, quali il trasporto scolastico, il sociale e i servizi di base collegati alle scuole –:
quali iniziative il Governo intenda intraprendere, nell'ambito delle proprie competenze, per garantire l'erogazione dei servizi essenziali da parte del comune di Concamarise e degli altri comuni che si trovano in situazione analoghe. (4-17764)
ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA
Interrogazione a risposta in Commissione:
CARELLA, GASBARRA e META. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
in previsione della costituzione degli organici del personale l'ATA per l'anno scolastico 2012/2013, con il D.I. trasmesso con nota 1o giugno 2011, n. 4638, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha dettato disposizione per l'organico ATA 2011/2012, ribadendo di fatto l'abbattimento per il 25 per cento dell'organizzato del personale collaboratore scolastico nelle istituzioni scolastiche in cui vi sia la presenza di servizi esternalizzati (ex LSU);
la direzione scolastica regionale del Lazio non ha più messo mano al piano di ottimizzazione del servizio dal 2008 in poi, verificato che molti consorzi in provincia di Frosinone non hanno più confermato la stessa pianta organica da diversi anni (in alcune scuole c’è un solo dipendente per 1.000 metri quadrati) percependo lo stesso importo per il servizio di pulizia, alla luce del dimensionamento scolastico per il 2012/2013 che aggregherà circoli didattici (con ex LSU) e scuole medie (senza ex LSU);
la provincia di Frosinone ha subito una perdita consistente di posti di collaboratore scolastico, si è passati da 700-800 nomine annuali a circa 150 e visti gli sprechi derivanti dalla duplicazione del servizio in questione –:
se intenda attivarsi al fine di evitare l'applicazione della decurtazione del 25 per cento sul nuovo organico degli istituti dimensionati. (5-07979)
Interrogazioni a risposta scritta:
CAPARINI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
nel corso di una conferenza stampa nella quale sono state presentate alcune iniziative per favorire l'innovazione delle scuole italiane, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha dichiarato che, nelle prossime settimane, tutte le classi scolastiche di medie e superiori delle regioni appartenenti all'obiettivo convergenza (Campania, Puglia, Calabria e Sicilia) avranno un computer e ogni insegnante di queste regioni sarà dotato di un tablet;
per la digitalizzazione il Ministero investe circa 24 milioni di euro, attingendoli da fondi europei del programma Formez, di cui 8,647 milioni di euro saranno spesi per le scuole medie e 15,650 milioni per quelle superiori per informatizzare le scuole;
lo stanziamento per assegnare un tablet agli insegnati delle quattro regioni del Meridione ammonta a 31,8 milioni di euro;
l'interrogante condivide le finalità dichiarate dal Ministro di «avere una scuola più efficiente, capace di dare risposte agli studenti e al Paese [...] e creare un sistema formativo più equo capace di fornire un'alta qualità delle formazione e di formare cittadini del domani [...]» che devono valere per tutte le regioni;
le modalità di distribuzione delle risorse decisa dal Governo crea una evidente sperequazione;
i costi che in questi giorni stanno affrontando le famiglie italiane per l'acquisto della dotazione scolastica (libri, zaini, cancelleria e altro) sono elevati e, in base al costo della vita, notoriamente superiori al Nord rispetto al Meridione –:
se non intenda assumere iniziative per ampliare la platea delle scuole e degli insegnanti che potranno usufruire di questo investimento al fine di evitare discriminazioni e disparità di trattamento del corpo didattico e degli studenti delle altre regioni, consentendogli di accedere ad una migliore qualità degli strumenti formativi;
se non intenda promuovere accordi con i produttori di tablet come già segnalato nell'interrogazione n. 4-17548.
(4-17752)
ZAZZERA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
in vista del prossimo concorso di abilitazione scientifica nazionale bandito dal Ministero ai sensi del decreto ministeriale n. 76 del 2012, in data 13 e 24 agosto 2012 sono state pubblicate, rispettivamente per i settori bibliometrici e non bibliometrici, le tabelle delle mediane dei livelli di produzione scientifica e del relativo impatto, il cui superamento è richiesto sia agli aspiranti commissari che ai candidati all'abilitazione scientifica;
in data 27 agosto 2012, le tabelle sono state ripubblicate, in quanto secondo il Ministero «I valori delle mediane pubblicati in precedenza erano stati ottenuti utilizzando un'approssimazione che, ad un più attento esame, non risulta pienamente in linea con la definizione formale di mediana contenuta nel decreto ministeriale n. 76 (www.miur.it)»;
l'ANVUR nasce assicurando decisioni prese in base a dati «accurati robusti e trasparenti» (codice etico) e non c’è ragione di utilizzare approssimazioni di sorta nel calcolo di una semplice media matematica, quale è la «mediana» della produttività scientifica dei docenti di un determinato settore scientifico disciplinare;
la seconda versione delle mediane ha prodotto in maniera uniforme un innalzamento delle mediane per i settori bibliometrici e un altrettanto uniforme abbassamento delle stesse in quelli non bibliometrici;
sull'argomento, l'ANVUR si è espressa con un comunicato apparso sul proprio sito il 14 settembre 2012, rilevando esplicitamente come sia stata costretta a lavorare in tempi troppo stretti e sulla base di norme redatte in modo non chiaro;
l'ANVUR ha inoltre denunciato la difficoltà a procedere nei calcoli delle mediane per via della mancanza dell'ANPRePS (anagrafe nominativa dei professori ordinari e associati e dei ricercatori delle pubblicazioni scientifiche prodotte), che ha reso le operazioni connesse all'abilitazione complicate e soggette a imprecisioni ed errori;
l'ANPRePS, che era stata istituita con la legge n. 1 del 9 gennaio 2009, è tuttora inesistente nonostante a questo proposito, l'ANVUR, in una delle sue prime delibere (22 giugno 2012), avesse proposto al Ministero una formulazione del decreto attuativo dell'ANPRePS previsto dalla legge, sottolineando la fondamentale importanza dell'anagrafe per svolgere il suo compito di valutazione;
il comunicato dell'ANVUR rileva inoltre che il decreto ministeriale n. 76 è ambiguo riguardo a un punto centrale, quale la definizione di mediana, costringendo l'ANVUR ad uno sforzo interpretativo che ha comportato incertezze ed errori;
secondo l'ANVUR, il decreto ministeriale n. 76 non è chiaro anche riguardo al possibile conseguimento dell'abilitazione da parte dei candidati che non superano le mediane, al punto che, tardando l'interpretazione autentica del Ministro, l'ANVUR si sente in dovere di spiegare come vada inteso il decreto;
specialmente alla luce di tali vicende è fondamentale ed indispensabile adottare tutte le possibili misure di trasparenza, specie in casi in cui la comunità scientifica solleva dubbi ed incongruenze in un momento così delicato per la carriera di migliaia di aspiranti docenti e lo stesso Ministero, di fatto, ammette in prima persona di aver effettuato un passo indietro ed un errore di calcolo;
tale esigenza è ben espressa anche dalla mozione approvata dal CUN nell'adunanza del 12 settembre 2012, sulla «trasparenza in merito alle procedure di abilitazione scientifica nazionale»;
è in ogni caso diritto del singolo cittadino come delle associazioni presentare un'istanza di accesso agli atti della pubblica amministrazione, presso la commissione per l'accesso ai documenti amministrativi, ai sensi della legge n. 241 del 1990 –:
se il Ministro ritenga che l'ANVUR e in particolare il consiglio direttivo stia assolvendo il suo compito correttamente e secondo il mandato ricevuto;
in quali tempi il Ministro intenda rendere nota la totalità delle formule, delle modalità di calcolo e degli eventuali «criteri di approssimazione» utilizzati per ottenere le mediane, relativamente alla prima e alla seconda versione delle stesse;
se il Ministro non intenda procedere quanto prima ad una revisione delle priorità, come ad esempio l'istituzione dell'ANPRePS, per evitare simili vicende in futuro;
se il Ministro non ritenga necessario procedere a una urgente riformulazione dei criteri per l'abilitazione, in considerazione delle anomalie, dei paradossi e delle inefficienze che i criteri correnti hanno già dimostrato di produrre. (4-17761)
PALOMBA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
è iniziato da pochi giorni l'anno scolastico 2012-2013 ma le scuole della Sardegna sono totalmente impreparate all'attuazione del piano avviato dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per la cosiddetta «dematerializzazione» delle procedure amministrative e dei rapporti degli istituti con i docenti, il personale, gli studenti e le loro famiglie. In base alla revisione della spesa pubblica avviata dal Governo, infatti, a partire da quest'anno istituti e docenti – al fine di tagliare sensibilmente le spese di gestione dell'intero sistema – avrebbero dovuto adottare pagelle e registri online, inviare le comunicazioni alle famiglie con posta elettronica e permettere l'iscrizione online agli istituti scolastici;
nonostante ciò, alla riapertura delle scuole in Sardegna e nonostante una grande attesa da parte del mondo scolastico, non è stato ancora avviato nulla di quanto previsto. Tale situazione è abbastanza paradossale in una regione che già dal 2009 si era candidata ad essere un importante punto di riferimento in Italia in materia di tecnologia didattica;
con deliberazione n. 52/9 del 27 novembre 2009 la regione Sardegna aveva infatti varato l'innovativo progetto «Scuola digitale in Sardegna» con cui si candidava a diventare un avamposto nazionale delle nuove tecnologie con la totale digitalizzazione della attività didattica; con deliberazione 18/12 del 11 maggio 2010 venivano inoltre approvate le linee guida del suddetto progetto; tale progetto – finanziato interamente con 125 milioni di euro provenienti dal POR Sardegna – doveva essere gestito dalla stessa regione attraverso una cabina di regia formata da due assessori (istruzione e affari generali), due direttori generali, due dirigenti di servizio, oltre naturalmente il direttore scientifico del progetto;
il capitolato approvato in origine prevedeva l'introduzione, in ogni classe di ogni ordine e grado della Sardegna, di una lavagna interattiva multimediale (LIM) per un totale di circa 10.000 Kit Comprensivi ognuno di lavagna, pc, videoproiettore, software e connessione alla rete; un piano di formazione sull'uso della LIM diretto a tutti i ventimila docenti della Sardegna che assicurasse un capillare servizio formativo per la durata di almeno un anno scolastico; la creazione di una banca dati unica del sistema scolastico, la fornitura di un tablet o netbook per tutti i 198 mila scolari e studenti sardi e per tutti i 19.000 docenti del sistema scolastico regionale;
quanto ai contenuti didattici, e questo era sicuramente l'aspetto più innovativo, il progetto originario scuola digitale prevedeva la creazione di una piattaforma didattica multimediale con il coinvolgimento dei docenti delle scuole sarde e la distribuzione di tali contenuti in forma del tutto gratuita agli studenti; tale prospettiva, soprattutto in un momento di drammatica crisi come quella attuale, avrebbe potuto dare un sostegno economico importantissimo alle famiglie degli studenti sardi, già così provate dal gravissimo problema della disoccupazione. La piattaforma didattica doveva essere commissionata dalla stessa regione sarda che, vista la mancanza nel mercato editoriale di un prodotto di questo genere, richiedeva agli editori (al costo di circa 7 milioni di euro) uno strumento didattico duttile che utilizzasse pratiche ormai consolidate di dematerializzazione, condivisione, riaggregazione e personalizzazione delle fonti editoriali preesistenti;
nella versione originaria del progetto scuola digitale il ruolo guida in questo radicale rinnovamento della scuola sarda era attribuito alla comunità scolastica regionale con la quale l'assessorato della pubblica istruzione si era ampiamente confrontato presentando la proposta progettuale in tutte le province prima di emetterne la versione definitiva. Da questo confronto era appunto scaturita l'opzione in favore di materiali didattici modulari da strutturare e organizzare secondo le specifiche esigenze didattiche dei docenti. Tutto ciò – si diceva esplicitamente nel capitolato tecnico – «al fine di garantire un alto livello di personalizzazione al docente, che può navigare tra i contenuti e costruire percorsi didattici tarati sui bisogni della classe. La scomposizione dei contenuti didattici digitali editoriali in asset (atomi di contenuto) aggregatili liberamente da parte dei docenti – prosegue il capitolato – è il passaggio-chiave per la trasformazione del tradizionale libro di testo cartaceo in materiale aperto e “calibrato” sui bisogni dello studente»;
il 27 aprile 2012 è stato finalmente pubblicato sul sito internet della regione Sardegna il provvedimento di indizione della procedura di gara aperta avente ad oggetto la «realizzazione del sistema telematico, produzione di contenuti digitali e costituzione di un centro di competenze per l'erogazione dei servizi di eccellenza», attesissimo dal sistema scolastico sardo, che avrebbe dovuto avviare la fase di innovazione;
il 31 luglio 2012, tre soli giorni prima della scadenza, con deliberazione n. 33/1 del 31 giugno 2012, dal titolo «Modifica della deliberazione n. 18/12 dell'11 maggio 2010 relativa all'approvazione delle linee-guida del progetto Scuola digitale», la giunta regionale ha invece sospeso il bando modificando radicalmente il progetto. L'assessore regionale alla pubblica istruzione ha motivato il cambio di rotta con il fatto che le maggiori case editrici nazionali avevano ritenuto di non dovere rispondere al bando. Questa affermazione è vera solo in minima parte, in quanto dalle richieste di chiarimento (in termini informatici FAQ) presentate dagli editori interessati per rispondere al bando si evince che la Mondadori e il gruppo De Agostini-Utet, certo non dei piccoli editori, avevano deciso di partecipare alla gara e sarebbero rimasti sconcertati quando è cominciata a circolare l'ipotesi della revoca;
inoltre, nonostante la notizia della revoca del bando, prima della scadenza di esso sono state presentate all'assessorato le proposte progettuali del CNR, dell'Enciclopedia Italia, del Politecnico di Torino e dell'università Bocconi. Per sapere se, oltre a questi citati, ci fossero altri grandi editori interessati al progetto bisognava semplicemente aspettare solo tre giorni in modo che venissero presentate tutte le offerte e aperte le buste;
secondo la regione Sardegna la modifica del bando sulla scuola digitale era inoltre motivata dall'esigenza di stare al passo con i tempi e saper cogliere le opportunità offerte dalle «recenti evoluzioni del mercato dei materiali didattici»; in realtà le case editrici italiane sono ferme da anni più versante dell'innovazione e della digitalizzazione, al punto che è dovuta intervenire una circolare prescrittiva del Ministro pro tempore Mariastella Gelmini per imporre, sia pure in maniera ad avviso dell'interrogante parziale e confusa, il passaggio dai manuali cartacei ai manuali misti, che offrano almeno un apparato digitale (per lo più off-line) che costituisca parte integrante del prodotto. Ora gli editori stanno cominciando lentamente a produrre qualcosa, ma in modo disomogeneo e senza una visione complessiva e realmente innovativa. Lo dimostra il fatto che continuano a essere riproposti e offerti come «novità» materiali di varia nazionalità (polacchi, indiani e via dicendo) realizzati molti anni fa e che la poca produzione recente delle case editrici nazionali non appare impostata per soddisfare il principio della scomposizione in atomi e moduli, in modo da favorire la flessibilità dei processi d'insegnamento e l'effettiva personalizzazione dei processi d'apprendimento, e della sua successiva ricomposizione in ambienti integrati, progettati e realizzati così da fornire un quadro concettuale adeguato e un contesto efficace nel quale inserire i moduli suddetti;
è abbastanza evidente però che il bando originario non avrebbe soddisfatto gli interessi economici degli editori in quanto la regione Sardegna, pur acquistando i contenuti digitali prodotti dagli editori (per tutte le discipline e per tutti gli ordini di scuola in modo da sgravare totalmente e una volta per tutte le famiglie del costo, sempre più oneroso, dei libri di testo) sarebbe diventata proprietaria esclusiva dei materiali acquisiti, senza limiti né di tempo né di spazio. Infatti, vincitori della gara avrebbero dovuto aggiornare gratuitamente per cinque anni i contenuti didattici e poi renderli disponibili per l'aggiornamento successivo da parte del sistema scolastico regionale, in modo che fossero sempre al passo con i tempi. Avendone la libera disponibilità, la Sardegna dunque avrebbe potuto esportarli e renderli fruibili in altre regioni, previ accordi di collaborazione e scambio di servizi che già si cominciavano a impostare e realizzare, anche con altri Stati, essendo i contenuti in inglese, oltre che in italiano;
in base all'originario progetto la spesa per contenuti digitali per tutti gli ambiti disciplinari per ogni anno scolastico per uno studente sarebbe stata pari a 49,57 euro, contro una spesa media per studente che per le scuole superiori raggiunge attualmente i 400 euro. A fronte di un investimento complessivo di 28 milioni di euro (20 da mettere a bando e 8 per l'autoproduzione da parte dei docenti delle scuole sarde) per l'intero triennio di sviluppo del progetto per tutti i contenuti digitali per le scuole di ogni ordine e grado questo intervento avrebbe consentito alla regione Sardegna di recuperare 2.500.000 euro all'anno per la fornitura di libri in comodato d'uso (legge regionale n. 1 del 2006 articolo 8, comma 1, lettera b), e 3.338.801 euro all'anno per la fornitura gratuita e semigratuita di libri di testo (legge 448 del 1998): un risparmio complessivo nel triennio di euro 17.516.403 (cui vanno aggiunte le risorse relative agli altri due anni di aggiornamento gratuito richiesto, il che porta il risparmio a 28.694.005 euro, che copre l'intero investimento). Va altresì considerato che dopo i primi 5 anni di sperimentazione il costo da coprire non sarebbe stato quello relativo alla produzione ex novo dei contenuti, bensì il solo costo di aggiornamento, ovviamente molto più contenuto;
nel progetto originario la regione Sardegna sarebbe stata inoltre unica proprietaria dell'archivio dei contenuti didattici per l'intero sistema scolastico nazionale, diventandone, di fatto, il centro propulsivo; viceversa la delibera adottata dalla giunta regionale sarda il 31 luglio 2012 propone uno scenario nettamente diverso: la Sardegna rinuncia alla piattaforma propria per acquisirne una, fornita gratuitamente dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, «coerente con le nuove caratteristiche che la stessa piattaforma tecnologica dovrà assumere entro la nuova logica del data center nazionale prevista dal piano di azione e di coesione»; in questo modo la Sardegna rinuncia alla produzione di contenuti didattici originali e la produzione autonoma viene limitata ai soli materiali riguardanti la lingua e la cultura della Sardegna;
in sostanza, in base alla nuova versione del progetto scuola digitale, alla Sardegna verrebbe fornita, ancorché a titolo gratuito, la stessa piattaforma didattica che il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca aveva commissionato alla società HP per destinarla alla Puglia; tale piattaforma didattica non ha però le caratteristiche previste originariamente dal progetto scuola digitale. Contrariamente a quanto affermato dagli esponenti della giunta regionale sarda, la sua adozione significa, di fatto, per la Sardegna rinunciare al ruolo di protagonista e di centro dell'innovazione del sistema scolastico nazionale, che avrebbe acquisito invece con il progetto scuola digitale;
la nuova versione, al di là della apparente gratuità secondo l'interrogante, non permette neppure alcuna economia di scala alla regione Sardegna e, conseguentemente, alle famiglie degli studenti sardi: attualmente il mercato offre, e a caro prezzo, solo licenze d'uso dei contenuti digitali, limitate nel tempo (due, tre anni) dopo di che bisognerebbe ricominciare da capo e riacquistarle ex novo sempre a caro prezzo, ovviamente imposto dal «mercato») e nello spazio (l'uso delle licenze è limitato alla sola Sardegna): in questo caso sono dunque le case editrici a mantenere, come già succede per i manuali adottati, i diritti di proprietà sui contenuti didattici digitali con dei costi che continueranno a rimanere in capo alle famiglie degli studenti sardi;
il progetto originario prevedeva inoltre anche un interessante intervento di supporto al recupero dei debiti formativi degli studenti delle scuole secondarie di I e di II grado (attraverso la produzione di appositi materiali didattici di «riallineamento» e un servizio di tutoraggio e assistenza online) assicurato da docenti precari che avrebbero dovuto rispondere in tempo reale alle domande e alle richieste di chiarimento e di approfondimento degli utenti: tale misura, oltre ad offrire un servizio importante agli studenti e alle loro famiglie, avrebbe potuto offrire un impiego sistematico e duraturo ai numerosi docenti precari della Sardegna che sarebbero stati occupati nelle seguenti linee d'azione: incremento del tempo pieno nelle scuole primarie; sostegno degli alunni diversamente abili; attuazione di percorsi didattici integrativi di quelli curriculari e, in particolare, di percorsi di alternanza scuola/lavoro; azioni di sostegno per porre rimedio all'eccessivo e allarmante livello di insuccesso scolastico in particolare negli istituti professionali e incrementare gli accessi alle quarte classi degli istituti medesimi; progettazione e realizzazione di moduli didattici per gli ITS; azioni integrative per incrementare il livello quali/quantitativo della cultura generale nei percorsi integrati istruzione/formazione per l'assolvimento dell'obbligo scolastico; azioni per sostenere l'acquisizione di un buon livello di cultura generale nei percorsi di apprendistato;
a quanto sembra dai documenti circolati in assessorato, infine, la gestione del progetto e dell'intero sistema scolastico sardo, sarebbe affidata all'Indire – con sede a Firenze – che dovrebbe valutare e decidere in vece della regione Sardegna e della comunità scolastica regionale quali innovazioni e quali nuovi servizi adottare per migliorare l'efficienza e il rendimento delle istituzioni scolastiche sarde e cercare di arginare la drammatica dispersione che colpisce il sistema scolastico isolano;
sarebbe, secondo l'interrogante, più appropriato che la regione Sardegna e la comunità scolastica regionale potessero decidere autonomamente su questi argomenti;
tali perplessità sono state già manifestate pubblicamente dal direttore scientifico del progetto scuola digitale al quale è stata negata la possibilità di farle presenti anche in occasione dell'incontro con la delegazione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca avvenuto il 16 e 17 luglio 2012 e concluso dalla visita del Ministro interrogato e degli eventi pubblici connessi;
non appaiono all'interrogante condivisibili le modifiche apportate dalla stessa regione Sardegna tre soli giorni prima della scadenza del bando, visto che nella sua versione originaria tale progetto si era guadagnato giudizi lusinghieri a livello nazionale e internazionale anche presso gli ambienti culturali e di ricerca più accreditati; è parimenti inaccettabile il fatto che la delibera della giunta regionale n. 34/147 dell'agosto 2012, avente per oggetto piano di azione coesione: rimodulazione delle risorse nell'ambito delle Priorità «Grande Viabilità stradale» e proposta di inserimento delle priorità relative al progetto Scuola Digitale – Semid@s, che trasferiva il finanziamento del progetto dal programma operativo regionale FSE al piano di azione coesione a tutt'oggi, a più di un mese e mezzo dalla seduta in cui è stata assunta, non è ancora pubblica, tant’è vero che non risulta cliccabile nel sito istituzionale della regione Sardegna, per cui risulta tuttora oscuro e misterioso il nuovo meccanismo di finanziamento del progetto –:
se il Ministro sia a conoscenza dello stato di attuazione in Sardegna del processo di digitalizzazione e del fatto che, a pochi giorni dall'inizio dell'anno scolastico, gli istituti dell'isola non siano ancora in possesso delle attrezzature necessarie a dare attuazione alle disposizioni del Governo sulla spending review;
se sia a conoscenza del fatto che – nonostante l'Accordo quadro concordato dal Ministro interrogato con il presidente della Regione Ugo Cappellacci in occasione della sua visita a Cagliari 18 luglio 2012 preveda (all'articolo 5) che «per favorire il raccordo tra Regione Sardegna e Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e garantire una sinergia costante tra le diverse iniziative, è costituita una Commissione paritetica composta da due rappresentanti indicati dal Ministero dell'istruzione e da due rappresentanti indicati dalla Regione» – a tutt'oggi non si è nemmeno provveduto all'indicazione di tali rappresentanti, per cui lo sviluppo delle attività e iniziative legate al progetto risulta ancora del tutto fermo;
se risulti che la gestione del progetto Sardegna Digitale e dell'intero sistema scolastico sardo sarà affidata all'Indire con sede a Firenze;
se il Ministro sia a conoscenza dello stato drammatico in cui versa la scuola sarda e del fatto che le famiglie dei quasi 200 mila studenti sardi di ogni ordine e grado, in un momento di grave crisi economica come quello attuale, avrebbero ottenuto un importante aiuto economico dalla distribuzione totalmente gratuita dei contenuti didattici per tutto il corso di studi, prevista dal progetto originario scuola digitale ma assolutamente non garantita dalla versione successiva. (4-17773)
LAVORO E POLITICHE SOCIALI
Interrogazioni a risposta in Commissione:
MURO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
i lavoratori socialmente utili in regolare servizio presso il comune di Procida dal 1997 hanno effettuato, a partire dall'anno 2004, periodi di supplenze temporanee presso scuole pubbliche statali previo ottenimento dei periodi di sospensione dal servizio e dall'indennità LSU, come previsto dalla vigente normativa;
al termine delle predette supplenze temporanee i lavoratori sono sempre regolarmente rientrati in servizio, ricevendo le dovute indennità a decorrere dalla data di rientro;
dall'anno 2011, pur ripetendo la stessa procedura, gli stessi lavoratori non hanno più percepito l'indennità di disoccupazione;
nei periodi indicati gli stessi lavoratori non hanno percepito a nessun titolo alcun altro tipo di indennità o compenso –:
se il Ministro interrogato intenda adottare ogni iniziativa di competenza per ripristinare la giusta situazione di legge. (5-07983)
RONDINI e FEDRIGA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
la notizia riportata recentemente dagli organi di stampa ed emittenti televisive secondo cui l'Istituto per l'assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali (INAIL) ha liquidato la morte di un giovane uomo di 35 anni con un importo pari a 1.900 euro sta indignando l'Italia;
l'uomo, Nicola Cavicchi, operaio di San Martino, in provincia di Ferrara, è morto sul lavoro, mentre sostitutiva un collega, sotto le macerie della Ceramica Sant'Agostino, nella notte della prima scossa del terremoto dell'Emilia il 20 maggio 2012;
poiché l'uomo non era sposato, non aveva figli ed abitava con i genitori, il valore della sua vita è stato calcolato di fatto dall'Istituto per una cifra di 1.900 euro;
è indubbio che – dinanzi all'inestimabile valore della vita di un figlio – per i genitori di Nicola tale risarcimento ha del ridicolo e suona come una beffa;
di analogo tenore è il caso di Matteo Armellini, l'operaio 31enne morto il 5 marzo 2012, schiacciato dal crollo del palco per il concerto della cantante Laura Pausini; anche in questo caso l'Inail ha elargito ai genitori la modica cifra di euro 1.936,80;
secondo quanto dichiarato dal direttore centrale prestazioni dell'Istituto, trattasi non già di un risarcimento danni bensì di un contributo forfettario alle spese funerarie, giacché «lo scopo della legge non è quello di risarcire i familiari del danno derivato dalla morte del lavoratore, quanto piuttosto di offrire ai superstiti i mezzi di sostentamento venuti a mancare dopo la sua morte», pertanto «quando un lavoratore perde la vita si tratta sempre di verificare se lascia dei superstiti che hanno diritto alla rendita prevista per legge e, se la risposta è affermativa, di calcolare a quanto può ammontare»;
in altri termini, il testo unico infortuni – peraltro risalente a più di quarant'anni fà prevede una rendita in presenza di coniuge e figli, ovvero, in mancanza, anche ai genitori o fratelli e sorelle, ma solo nella misura del 20 per cento ed a condizione che fossero conviventi con il lavoratore deceduto e fossero a sua carico;
appare agli interroganti vergognoso ed immorale che la perdita della vita di giovani lavoratori sia stimata a cifre così ridicole –:
se e quali iniziative di propria competenza, anche di carattere normativo, intenda adottare per introdurre le opportune ed appropriate modifiche alla materia. (5-07984)
POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI
Interrogazioni a risposta in Commissione:
NEGRO. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
l'introduzione in agricoltura di organismi transgenici alimenta da tempo un serrato dibattito che muove dalla non ancora univoca posizione della comunità scientifica in merito agli effetti degli organismi geneticamente modificati sulla salute umana e dalla valutazione, fortemente negativa, dell'impatto socio-economico di una tale innovazione rispetto agli obiettivi di politica agraria e alle esigenze dei consumatori;
recenti risultati di uno studio realizzato dall'università francese di Caen dimostrano la tossicità degli organismi geneticamente modificati a seguito di alcuni esperimenti condotti su cavie nutrite con il mais Monsanto Ogm, le quali hanno cominciato a manifestare gravissime patologie con una incidenza da due a cinque volte superiore al gruppo di controllo rappresentato da cavie nutrite con mais non transgenico;
i suddetti risultati, oltre a mettere in dubbio la validità delle ricerche effettuate finora dalle imprese biotech, peraltro considerate valide dall'Unione europea, evidenziano notevoli problematiche nella metodologia usata per testare la sicurezza dei prodotti transgenici tra cui la durata troppo breve delle analisi condotte, mediamente 3 mesi a fronte dei 24 impiegati dalla ricerca in questione, e l'esiguità del numero di cavie utilizzate;
alla luce di tali ulteriori risultati sulla tossicità degli organismi geneticamente modificati e sull'ambiguità del processo di autorizzazione, che pare privo delle garanzie minime di sicurezza e pertanto in contrasto che il principio di precauzione che l'Unione europea pone a tutela della salute umana, sarebbe opportuno vietare l'importazione di prodotti transgenici e sospendere ad ogni livello e in tutta Europa il rilascio delle licenze alla semina di Ogm autorizzati e risultati tossici;
quanto si riporta testimonia che il dibattito sul tema in questione è ancora aperto e che la prudenza è indispensabile di fronte a scelte che modificano profondamente l'ambito nel quale vengono applicate e che impattano non solo sugli equilibri di mercato ma soprattutto sulla salute dei cittadini –:
di quali ulteriori elementi disponga il Ministro in relazione a quanto espresso in premessa e se non ritenga urgente, alla luce dei recenti risultati emersi dalla ricerca in parola, intervenire nelle competenti sedi comunitarie affinché l'Unione europea sospenda il rilascio delle autorizzazioni alla semina, in tutto il territorio unionale, di organismi geneticamente modificati autorizzati e risultati tossici per gli animali e disponga il divieto di importazione di prodotti transgenici. (5-07980)
DELFINO. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
il 6 settembre 2012 si è tenuta una manifestazione dei tabaccai europei, contemporaneamente in più Paesi membri, contro le misure legislative di revisione della direttiva sui prodotti del tabacco (2001/37/CE) proposte dalla direzione generale salute e tutela dei consumatori della Commissione europea;
stando a quanto riportato dalla Federazione italiana tabaccai, le proposte, in fase di finalizzazione, prevedrebbero il divieto di esposizione dei prodotti da fumo, il pacchetto generico privo marchio e logo caratterizzato da colore neutro e caratteri uniformi, l'introduzione di «immagini shock» sugli effetti del fumo sul 75 per cento della superficie della confezione e il divieto di utilizzo di ingredienti per uniformare gusto e sapore;
secondo le associazioni di categoria, le misure proposte sarebbero demagogiche e controproducenti rispetto agli obiettivi prefissati e avrebbero come effetto diretto quello di favorire ulteriormente il mercato illecito dei prodotti contraffatti, che attualmente sottrae all'erario circa 500 milioni di euro all'anno, con un'erosione del mercato legale del 4 per cento;
se tali misure venissero adottate, sarebbe a rischio l'intera filiera italiana del tabacco, che vede impiegati oltre 200 mila addetti, con ingenti ricadute economiche a danno dello stesso Stato;
misure proibizionistiche rischierebbero di colpire solamente produttori e addetti del settore senza risultati significativi in materia di riduzione del consumo e di consapevolezza dei danni del fumo, così come dimostrato dalle statistiche relative a Paesi in cui alcune delle misure proposte sono già state applicate;
a fronte dei paventati impatti negativi che tali disposizioni potrebbero generare, mettendo a repentaglio la sopravvivenza stessa dell'intera filiera, con gravi conseguenze di natura sociale ed economica, è necessario verificare l'effettiva applicabilità ed efficacia delle proposte di revisione, nonché le possibili ripercussioni sull'intero comparto –:
quale sia la posizione del Governo relativamente alle proposte di revisione della direttiva sui prodotti del tabacco (2001/37/CE) avanzate dalla direzione generale salute e tutela dei consumatori della Commissione europea, posto che esse appaiono altamente lesive per l'intera filiera produttiva e commerciale, che garantisce, ad oggi, prodotti controllati e ingenti introiti erariali. (5-07985)
Interrogazione a risposta scritta:
SCILIPOTI. — Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
nel comune di Faicchio in provincia di Benevento da diversi anni vi è la manifestazione di un intenso fenomeno di migrazione incontrollata di animali e di pascolo abusivo da parte del signor Pasqualino Onofrio, proprietario di qualche migliaio di capre. A seguito di ciò vi è sorto un vero e proprio problema di natura igienico-sanitario che, specialmente nei periodi estivi, investe il centro storico della frazione di Fontanavecchia e la frazione di Massa di Faicchio;
il passaggio di oltre mille capre, guidate da una sola persona, sulle strade provinciali e comunali del territorio di Faicchio, mette a serio repentaglio la sicurezza degli automobilisti, che molto spesso si trovano difronte ad un gregge dissoluto di animali, anche nelle ore serali caratterizzate da una visibilità ridotta. I danni di maggiore rilievo, dovuti all'attraversamento quotidiano delle capre, si registrano sul ponte Fabio Massimo un ponte di epoca romana e ristrutturato nel 2009 con un importo pari a 502.025,60 euro, davanti alla chiesa di San Sancio, risalente all'epoca Normanna-aragonese, e nel Monte Acero, zona totalmente interdetta al pascolo delle capre in quanto in fase di rigenerazione naturale;
il 21 marzo del 2005 la cittadinanza locale si è attivata sporgendo una denuncia di gravi danni al patrimonio pubblico e privato e in merito alla violazione delle norme in materia di igiene, ambiente e salute pubblica, sottoscritta da circa centocinquanta cittadini e inviata a diversi enti tra i quali: amministrazione comunale di Faicchio, prefetto di Benevento, Corpo forestale dello Stato comando stazione di San Salvatore Telesino, a seguito della quale non si è però avuto alcun riscontro formale. Difatti, a distanza di circa sette anni, la manifestazione del fenomeno ha avuto un notevole incremento, fino ad arrivare a qualche mese addietro che, il signor Onofrio Pasqualino, con a seguito circa un migliaio di capre, attraversava la via provinciale Piedimonte-Telese, svoltava dinanzi alla sede della casa comunale per terminare la sua passeggiata davanti alle scuole primarie e secondarie del comune di Faicchio, arrecando i sostanziali disagi che si possono ben immaginare. Attualmente, il danneggiamento alle colture dei privati cittadini ed il costante passaggio nel centro storico della frazione di Fontanavecchia, sul ponte Fabio Massimo e davanti alla chiesa di San Sancio, assume una frequenta giornaliera deturpando ed arrecando danni alla cittadinanza, al patrimonio pubblico e storico-culturale del comune. In dettaglio i flussi riguardanti la chiesa di San Sancio si rilevano nelle ore diurne dalle ore 11 alle ore 12,30 e nelle ore serali dalle ore 19,30 alle ore 20,30;
di non meno conto è il pascolo abusivo che il soggetto in questione compie nel territorio di Monte Acero, zona che, come già detto in precedenza, è completamente interdetta al pascolo delle capre, in quanto caratterizzata da recenti tagli boschivi e dunque in fase di rigenerazione naturale. Difatti tra i danni che oggi giorno vengono registrati vi sono quelli al demanio, in particolare alle sezioni boschive tagliate di recente che essendo protagoniste di pascolo di capra ritardano, ed in alcuni casi, azzerano l'accrescimento del nuovo bosco con ingenti danni per l'erario;
infine molto spesso vengono ritrovate carcasse di caprini abbandonate nei terreni privati, l'ultima risale ad una quindicina di giorni addietro nei pressi di una abitazione privata. Di altrettanto rilievo sono state le azioni politiche intraprese a livello locale senza però avere alcun riscontro –:
se si intenda avviare un'apposita verifica per accertare i fatti descritti in premessa, con particolare riferimento alla salvaguardia del benessere degli animali e al rispetto delle normative in materia di igiene degli allevamenti e di profilassi degli animali, e quali iniziative di competenza si intendano assumere per evitare il protrarsi di tale insostenibile situazione.
(4-17763)
SALUTE
Interrogazione a risposta orale:
MISEROTTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
dalla stampa quotidiana continuano a essere pubblicate notizie su drammatici casi di abbandono e maltrattamenti di anziani non autosufficienti, ricoverati in strutture di assistenza definite spesso nella cronaca dei giornali «ospizi-lager», dove gli ospiti anziani e incapaci di attendere a sé stessi, sono picchiati e versano in condizioni igieniche a dir poco precarie;
le ispezioni dei Nas – nucleo antisofisticazioni e sanità dell'Arma dei carabinieri – hanno evidenziato reati e casi ricorrenti di illeciti, delineando un preoccupante panorama di strutture di ricovero abusive in cui la salute degli ospiti viene messa sistematicamente in pericolo attraverso la pratica di condotte illegali, quali l'esercizio abusivo della professione sanitaria da parte di persone addette all'assistenza dei ricoverati, la somministrazione di medicinali guasti o scaduti, la detenzione di alimenti in cattivo stato di conservazione o alterati;
il fenomeno risulta ancora più odioso in relazione al fatto che gli anziani degenti presso istituti socio-sanitari sono – salvo casi eccezionali – affetti da patologie croniche invalidanti con necessità di cure medico-infermieristiche e di assistenza continua per il compimento dei normali atti della vita quotidiana;
in un Paese dove l'età media dei cittadini è in aumento e dove l'offerta di assistenza domiciliare è sempre più carente ed inadeguata, l'ineluttabile alternativa è solo quella del ricovero degli anziani malati presso strutture di assistenza;
questi ricoveri significano ulteriore disagio per l'allontanamento definitivo dall'ambiente familiare e sociale, per il cambiamento delle abitudini di vita e soprattutto per le carenze, spesso vistose, delle cure sanitarie, in particolare quelle contro il dolore e gli aggravamenti;
le vittime, normalmente, sono persone incapaci di difendersi e di presentare denuncia penale contro i responsabili e risulta, dunque, di fondamentale importanza che le autorità preposte alla vigilanza sulle strutture assistenziali assicurino controlli frequenti e adeguati a tutela dei ricoverati;
a questo proposito la recente indagine sulle case di riposo commissionata dall'Auser – associazione di volontariato e di promozione sociale, impegnata nel favorire l'invecchiamento attivo degli anziani – fornisce un quadro inquietante: a fronte di un'articolata normativa nazionale in materia – infatti – cui le strutture che intendono aprire possono fare riferimento, per quanto riguarda i criteri per le autorizzazioni e gli accreditamenti, nonché gli standard, è proprio il sistema dei controlli a mostrare la maggiore criticità;
la citata indagine – i cui risultati sono stati illustrati anche nell'ambito dell'inchiesta sulle strutture sociosanitarie per il ricovero e l'assistenza degli anziani, deliberata nel febbraio 2012 dalla Commissione parlamentare di inchiesta sull'efficacia e l'efficienza del servizio sanitario nazionale del Senato ed attualmente in corso – rileva come nel solo anno 2010, ad esempio, i Nas hanno fatto 863 controlli nel corso dei quali hanno riscontrato circa il 27,5 per cento di irregolarità ed elevato 371 contravvenzioni, ma allo stesso tempo evidenzia l'esigenza che ci siano maggiori controlli sulle attività delle strutture stesse;
a questo proposito sono state presentate in Parlamento proposte di legge che dispongono l'obbligo per tutte le strutture socio-assistenziali per gli anziani, pubbliche e private, siano esse a carattere residenziale o semiresidenziale, di dotarsi di un sistema di vigilanza a circuito chiuso;
l'approvazione di tali norme darebbe un segnale forte da parte delle istituzioni: infatti costituirebbe – da un lato – un elemento di maggiore tranquillità per l'anziano e la sua famiglia e – dall'altro – un sicuro deterrente per evitare comportamenti inadeguati, o peggio abusi, da parte di chi opera nelle strutture stesse –:
quali tempestive iniziative, anche normative, intenda intraprendere, nell'ambito delle proprie competenze e nel rispetto delle prerogative attribuite alle regioni in materia sanitaria dalla normativa vigente, per potenziare il sistema dei controlli sulle attività delle strutture sociosanitarie per anziani, anche al fine di assicurare adeguata tutela a quei cittadini anziani, malati e non autosufficienti, i quali – deboli ed indifesi – diventano facile preda di persone senza scrupoli. (3-02487)
Interrogazioni a risposta scritta:
REALACCI. — Al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:
i risultati di una ricerca francese dell'Università di Caen rappresentano un ulteriore elemento che spinge a frenare sull'introduzione di organismi geneticamente modificati nel nostro Paese. Tanto più tenuto conto dei caratteri distintivi dell'agricoltura italiana, che vanta il più alto numero europeo di produzioni di qualità e prodotti riconosciuti: ben 239 tra Dop, Igt e Stg;
recentissime agenzie di stampa e alcuni articoli usciti sulla stampa nazionale, ad esempio su Il Sole 24 ore e Il Fatto Quotidiano del 20 settembre 2012, riportano la notizia secondo cui gli «OGM» hanno un sicuro effetto tossico sugli animali alimentati con mangimi contenti organismi geneticamente modificati;
è questo il risultato di un ampio studio sulla tossicità del mais transgenico Nk 603, che nell'Unione europea non può essere coltivato ma ne è lecita l'importazione, e del Roundup, un erbicida molto diffuso prodotto dalla multinazionale statunitense Monsanto, realizzato su 200 topi da Gilles-Eric Seralini, ricercatore di biologia fondamentale e applicata all'Università di Caen, e pubblicato sulla rivista «Food and Chemical Toxicology». Le conclusioni dello studio francese rilevano un effetto tossico del mais transgenico e del Roundup sull'animale e portano a pensare che essi siano tossici anche per l'uomo: diversi test effettuati su cellule umane vanno pericolosamente nella stessa direzione;
la ricerca di laboratori d'Oltralpe è stata realizzata per due anni su 200 ratti rilevando che, anche a piccole dosi, l'assorbimento a lungo termine di questo mais, così come nel caso del Roundup, agisce come un veleno potente e molto spesso mortale, i cui effetti colpiscono prioritariamente i reni, il fegato e le ghiandole mammarie. Al diciassettesimo mese dell'esperimento si è osservato che i ratti alimentati con gli ogm avevano una mortalità di cinque volte superiore rispetto agli altri;
a livello dell'Unione europea solo due varietà transgeniche sono autorizzate per la coltivazione, il mais Mon 810, ancora di Monsanto, e la patata Amflora di Basf. Molti Paesi hanno applicato il divieto mediante una moratoria, tra la Francia e anche l'Italia. Solo il Mon 810 è davvero coltivato nell'Unione europea, anche se soprattutto in Spagna, per l'80 per cento della superficie totale. Altri 44 prodotti ogm sono poi stati autorizzati da Bruxelles per la commercializzazione, come il mais Nk 603, al centro dello studio. Sono importati e perlopiù utilizzati per alimentare il bestiame che però deve essere abbattuto entro i 5 anni di vita per non registrare effetti negativi sulla salute dell'animale stesso, rispetto ad una aspettativa di vita di 15-20 anni –:
se i Ministri interrogati intendano fornire elementi sul risultato del sopraccitato studio e quali iniziative urgenti intendano mettere in campo, per quanto di competenza, al fine di salvaguardare la qualità agricola italiana e la sicurezza alimentare nel nostro Paese;
se non intendano monitorare e rendere noti gli effetti dell'utilizzo in agricoltura e dell'impiego nell'allevamento animale di mangimi OGM, ad esempio a base di mais geneticamente modificato, e tutti gli effetti sulla salute pubblica;
se non si ritenga utile proporre a livello comunitario un protocollo unico per compiere studi «di lunga durata», anche a livello epidemiologico, degli sugli effetti degli OGM sugli animali e il loro riflesso sulla salute umana. (4-17758)
COLUCCI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
vi è allarme tra i cittadini che vivono nelle vicinanze del nucleo industriale di Nusco-Lioni ed in particolare di quelli che vivono in località Procisa Nuova che si trova proprio a ridosso dell'area industriale;
infatti, in questa area industriale, c’è la presenza di un depuratore dove vengono scaricati liquami, e fanghi proveniente da discariche di altre zone. Successivamente alla fase dello sversamento si accentuano i cattivi odori che rendono l'aria insopportabile, costringendo i cittadini a restare in casa per evitare il contagio dell'area esterna;
la situazione, quindi, è diventata insopportabile e altamente preoccupante per il grado di vivibilità della zona e per la salubrità dell'aria e dei suoli che potrebbero essere contaminati dalla ricaduta a terra delle evaporazioni sprigionatesi dal depuratore;
da notizie apparse sulla stampa si riscontra che è stato depositato in procura un esposto dalle famiglie della località interessata per fare piena luce sulla grave situazione che si è venuta a creare nelle località citate e che coinvolge il diritto alla salute di centinaia di cittadini che richiedono di potere vivere in modo sano e salubre la loro vita. Proprio a tutela della salute e dell'ambiente è quindi necessario che i Ministri intervengano per accertare le cause di questa situazione particolarmente grave che rischia di compromettere la vivibilità della zona;
è necessario, quindi, il rispetto della normativa volta alla salvaguardia della salute e dell'ambiente per proteggere l'incolumità pubblica di centinaia di famiglie che vivono in una situazione di degrado –:
quali interventi urgenti si intendano intraprendere, anche promuovendo iniziative ispettive da parte dei competenti reparti dei carabinieri, per tutelare i cittadini che vivono a ridosso dell'area industriale di Nusco-Lioni al fine di garantire la loro salute e l'ambiente:
se non sia necessario verificare urgentemente quali siano le ragioni dell'odore maleodorante che coinvolge l'area menzionata e se siano rispettate tutte le norme a tutela della salute e dell'ambiente. (4-17762)
SVILUPPO ECONOMICO
Interrogazione a risposta in Commissione:
NICOLA MOLTENI e FAVA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
il drastico calo di produzione e di vendite di auto si sta riflettendo negativamente sulla rete distributiva e la chiusura delle concessionarie comporta la perdita di molti posti di lavoro;
uno scenario nero si prospetta per la Frangi auto spa, radicata nel territorio della provincia di Como ed operativa nel settore auto motive da oltre 50 anni, titolare delle concessioni del marchio Audi e dei marchi Volkswagen e Volkswagen Veicoli Commerciali, con sede a Fino Mornasco e Luisago (Como) e con livelli occupazionali pari a 60 dipendenti;
a decorrere dal 1o trimestre 2012, la predetta azienda è entrata in uno stato di crisi essenzialmente dovuto a due fattori:
a) il calo delle immatricolazioni automobilistiche, che in Italia sono diminuite di oltre il 25 per cento rispetto al medesimo periodo dello scorso anno;
b) alle pesantissime scelte strategiche e commerciali imposte alla Frangi Auto spa dalla casa Madre Volkswagen Group Italia spa, tra cui l'oneroso investimento per la realizzazione dell'Hanger Volkswagen di Fino Monasco, appena inaugurato;
in tale contesto, Frangi Auto spa, per il tramite dei propri consulenti, aveva prontamente informato la casa madre in merito alla necessità di esperire una procedura di concordato preventivo per cessione di beni consistenti, principalmente, nei rami d'azienda in esercizio e nel tentativo di salvataggio dell'azienda e dei posti di lavoro, si era attivata per la ricerca di soggetti interessati all'acquisto dei rami d'azienda;
in particolare aveva accolto dalla Società Autocomo srl una proposta irrevocabile, debitamente cauzionata, avente ad oggetto l'affitto ed il successivo acquisto – condizionato all'accesso di Frangi Auto spa alla predetta procedura di concordato – dello stesso ramo;
la suddetta proposta avrebbe consentito a Frangi Auto SpA di liberarsi degli oneri della gestione ordinaria – per l'azienda non sostenibili ulteriormente – già dal corrente mese di settembre 2012 e di reperire con immediatezza la necessaria liquidità per procedere all'immatricolazione dei veicoli già saldati dai terzi clienti ma non ancora consegnati;
nonostante Autocomo srl sia riconducibile ad un Gruppo al quale appartengono diverse società già concessionarie di diversi marchi tra cui anche il marchio SEAT, appartenente – come è noto – a Volkswagen, la casa madre ha opposto il proprio rifiuto alla cessione ad Autocomo srl del ramo di azienda Volkswagen, impedendo di fatto a Frangi Auto SpA di attuare il piano di salvataggio e dell'azienda e dei posti di lavoro;
Frangi Auto, ciò non di meno, è comunque impegnata in una serrata trattativa anche per la cessione del ramo Audi che dovrebbe concludersi entro il 31 luglio 2012 in una analoga proposta funzionale al mantenimento dei livelli occupazionali anche del personale addetto a tale ramo;
nella mattinata del 26 luglio 2012, si è tenuto presso la prefettura di Como, un incontro tra il prefetto, l'amministratore unico di Frangi spa, i rappresentanti sindacali di Cgil, Cisl e Uil, nonché il rappresentante di Confindustria, durante il quale l'amministratore di Frangi Auto ha ricordato la presenza cinquantennale dell'azienda sul territorio della provincia di Como ed ha illustrato i fatti e le circostanze che hanno indotto l'azienda a cercare un piano di salvataggio, evidenziando l'atteggiamento negativo tenuto da Volkswagen Group Italia spa ed il suo ingiustificato diniego al progetto di risanamento avviato dalla stessa Frangi Auto Spa e chiedendo l'adozione di tutte le più opportune iniziative di legge da parte delle competenti autorità governative, mentre i rappresentanti sindacali hanno espresso forti preoccupazioni per la tenuta dei livelli occupazionali; il Prefetto dal canto suo ha assicurato «il proprio impegno nelle sedi più opportune al fine di individuare soluzioni condivise che possano salvaguardare i livelli occupazionali»;
la posizione ostruzionistica della casa madre è stata mantenuta anche nel predetto incontro, ritenendo di non intervenire al tavolo del prefetto;
la situazione è precipitata nei primi giorni del corrente mese, allorquando il 4 settembre 2012 la Frangi Auto spa ha dovuto prendere atto della risoluzione unilaterale dei contratti di concessione in essere, da parte di Volkswagen Group Italia spa relativamente ai marchi Audi, Volkswagen e Volkswagen veicoli commerciali;
tale iniziativa è stata assunta dalla casa madre con lettera raccomandata inviata a Frangi durante la pausa estiva, in violazione di precisi impegni presi ed in pendenza di trattative finalizzate ad attuare il piano di risanamento già avviato da Frangi;
la posizione di diniego alle cessione dei rami di Frangi, assunta e caparbiamente mantenuta dalla casa madre, è stata motivata dalla stessa che l'ingresso nella propria rete di nuovi soggetti sarebbe in conflitto con le proprie politiche industriali; motivazioni – queste – ritenute da Frangi del tutto generiche ed illegittime sotto il profilo della vigente normativa antitrust;
tale decisione, pertanto, preclude definitivamente a Frangi di attuare un piano di risanamento che avrebbe permesso di liquidare al meglio i propri rami di azienda, con conseguente soddisfacimento della massa dei creditori e salvaguardia dei livelli occupazionali, ed inevitabilmente si ripercuoterà negativamente sui 58 dipendenti attualmente in forza a Frangi Auto spa e su circa una ventina di clienti che hanno acquistato un'auto ma non l'hanno ancora ritirata –:
se e quali iniziative di propria competenza, anche in termini di moral suasion, intenda porre in essere a salvaguardia dell'azienda e dei posti di lavoro, nonché a tutela dei clienti Audi e Volkswagen rimasti coinvolti, anche attraverso l'apertura di un tavolo di confronto a livello interministeriale sviluppo economico-lavoro con tutte le parti interessate dalla vicenda. (5-07989)
Apposizione di una firma ad una interrogazione.
L'interrogazione a risposta scritta Lorenzin e altri n. 4-17692, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 settembre 2012, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Moffa.
Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.
Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Iannuzzi n. 5-07731 del 5 settembre 2012.
Ritiro di una firma da una interrogazione.
L'interrogazione a risposta scritta Piccolo e altri n. 4-16590, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 giugno 2012, è stata ritirata la firma del deputato Oliverio.