TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 681 di Giovedì 6 settembre 2012

 
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MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE IN MATERIA DI GESTIONE DEL SERVIZIO PUBBLICO DI NAVIGAZIONE SUI LAGHI PREALPINI

  La Camera,
   premesso che:
    il servizio di gestione della navigazione pubblica laghi di Garda, di Como e Maggiore è attualmente in capo ad un organismo del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, la gestione governativa navigazione laghi, che movimenta diversi milioni di passeggeri l'anno, fra turisti e residenti nei centri lacustri;
    le riduzioni di trasferimenti statali in questi ultimi anni hanno dimezzato i contributi alla gestione governativa laghi, portandoli da 26 a 13 milioni di euro. Le minori risorse trasferite, sommate all'aumento delle imposte sui carburanti, in particolare sul gasolio, aggravano i costi di gestione e mettono a rischio la continuità del servizio pubblico di navigazione;
    sostenere la navigazione pubblica sui laghi significa sostenere una possibile integrazione e un'alternativa alla difficile, e in certi periodi dell'anno non più sostenibile, mobilità su gomma. Non solo è necessario mantenere il servizio in essere, ma sarebbe auspicabile prevedere interventi per incentivare anche il servizio notturno, al fine di migliorare le condizioni ambientali e quelle del trasporto nel territorio;
    il taglio del 50 per cento sul fondo di esercizio dell'azienda di trasporto pubblico Navigarda ha portato ad una drastica diminuzione delle corse e ad un notevole ridimensionamento del personale e le previsioni per l'immediato futuro sono assolutamente drammatiche, dato anche il blocco delle assunzioni di lavoratori stagionali;
    le recenti disposizioni della legge n. 217 del 2011 prevedono che la Navigarda paghi sia le accise sia l'iva sui carburanti, oltre alla stessa iva sull'acquisto dei pezzi di ricambio per le navi, e questo si traduce, secondo le stime degli esperti del settore, in un aggravio ulteriore di 5 milioni di euro;
    il decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, all'articolo 11, prevede che la gestione governativa per i laghi Maggiore, di Como e di Garda sia trasferita alle regioni territorialmente competenti e alla provincia autonoma di Trento. Questo passaggio sarebbe dovuto avvenire entro il 1o gennaio 2000, previo risanamento tecnico-economico, ma tuttora la gestione è centralizzata a livello statale e la regionalizzazione del servizio non è avvenuta;
    in attuazione al sopra citato decreto legislativo, la regione Lombardia ha promulgato la legge regionale 30 ottobre 1998, n. 25, in cui si prevede, all'articolo 29, che la giunta regionale è autorizzata a stipulare accordi di programma con le regioni e la provincia autonoma interessate per l'organizzazione della gestione della navigazione per i laghi Maggiore, di Como e di Garda;
    il decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85, recante «Attribuzione a comuni, province, città metropolitane e regioni di un proprio patrimonio, in attuazione dell'articolo 19 della legge 5 maggio 2009, n. 42», all'articolo 5, comma 1, prevede che vengano trasferiti a livello territoriale i beni appartenenti al demanio idrico e relative pertinenze, ad eccezione dei laghi di ambito sovraregionale per i quali non intervenga un'intesa tra le regioni interessate, ferma restando, comunque, l'eventuale disciplina di livello internazionale;
    la «devoluzione» della gestione e il passaggio di proprietà dei laghi dallo Stato alle regioni è, quindi, già previsto all'interno del decreto legislativo sul federalismo demaniale, che coinvolge tutti i laghi, ad eccezione di quelli Maggiore e di Garda, che necessitano di un accordo fra le regioni bagnate dalle acque lacuali;
    in un'ottica di funzionalità e di efficienza, la navigazione sui laghi potrebbe anche non essere gestita necessariamente a livello pubblico. L'ingresso dei privati potrebbe introdurre elementi di logica imprenditoriale, in grado di risollevare l'intero settore e risolvere i problemi economici e finanziari (i bilanci della Navigarda e della Navilaghi risultano, infatti, essere in passivo);
    inoltre, viste le diverse esigenze e movimentazioni di traffico, la gestione potrebbe non essere unica per tutti i laghi, ma autonoma e indipendente, trasferendo sul territorio di riferimento questo importante servizio;
    è necessario mettere in atto interventi concreti sull'intera area lacustre, anche prevedendo un potenziamento e una riqualificazione del sistema di collettamento e depurazione delle acque del lago di Garda, con la realizzazione del nuovo depuratore per la sponda bresciana e il raddoppio o, dove occorre, il rifacimento delle condotte sub-lacuali esistenti, con la loro conseguente dismissione,

impegna il Governo:

   a reperire tempestivamente le risorse economiche necessarie a garantire un servizio efficiente e funzionale del servizio pubblico di navigazione sui laghi, sia per assicurare una mobilità alternativa a quella su gomma a residenti ed ospiti, sia per ridurre l'inquinamento acustico e ambientale che questo comporta;
   a dare concreta attuazione a quanto previsto dall'articolo 11 del decreto legislativo 19 novembre 1997, n, 422, in cui si prevede il trasferimento a livello regionale della gestione della navigazione sul lago di Garda, anche favorendo la stipula di accordi fra Lombardia, Veneto e Trentino-Alto Adige, in attuazione dell'articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85, concernente il federalismo demaniale;
   a valutare la possibilità di intervenire con gli appositi strumenti, anche di carattere normativo, per modificare l'attuale gestione dei laghi prealpini, da una parte rendendo possibile l'ingresso ai privati nell'ente pubblico e, dall'altra, prevedendo una gestione organizzativa e finanziaria autonoma per ciascun lago;
   a provvedere tempestivamente, per quanto di competenza, con azioni volte a potenziare e riqualificare il sistema di collettamento e depurazione delle acque del lago di Garda.
(1-01078)
«Montagnoli, Beccalossi, Fogliardi, Volontè, Moroni, Cesario, Borghesi, Bragantini, Negro, Martini, Saglia, Dal Moro, Ferrari, Gelmini, Federico Testa, Brancher, Alberto Giorgetti, Molgora, Corsini, Compagnon, Cesario».
(14 giugno 2012)

  La Camera,
   premesso che:
    la legge 18 luglio 1957, n. 614, ha affidato alla gestione governativa navigazione laghi l'esercizio delle linee di navigazione in servizio pubblico sui laghi di Como, Garda e Maggiore, prevedendo che l'eventuale disavanzo di bilancio sia coperto con i fondi stanziati annualmente dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, a cui spetta la vigilanza sull'amministrazione affidata al gestore;
    la legge 12 novembre 2011, n. 183, (legge di stabilità 2012) ha determinato il dimezzamento delle risorse destinate al finanziamento della gestione governativa navigazione laghi, passando da 26 milioni di euro del 2008 ai 13 milioni del 2012; tagli lineari, di simile consistenza, erano già stati operati dalla legge finanziaria per il 2009 e dalla legge di stabilità 2011, e solo parzialmente compensati con successivi provvedimenti legislativi che consentivano di utilizzare gli avanzi di amministrazione risultanti dai bilanci 2007 e 2009, al fine di fronteggiare le spese per la gestione dei servizi di navigazione e scongiurare la compromissione del servizio;
    il recente decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, recante «Misure urgenti per la crescita del Paese», convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, all'articolo 16 – Disposizioni urgenti per la continuità dei servizi di trasporto – attribuisce per l'anno 2012, alla gestione governativa navigazione laghi, al fine di garantire la continuità del servizio pubblico di navigazione sui laghi Maggiore, di Garda e di Como, risorse pari a 6 milioni di euro. Tali maggiori risorse sono destinate al finanziamento delle spese di esercizio per la gestione dei servizi di navigazione lacuale, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 4, quarto comma, della legge 18 luglio 1957, n. 614;
    tale stanziamento, pur importante, non consente comunque di compensare integralmente i tagli lineari sopra citati, né di far fronte al progressivo rincaro del costo del carburante necessario ai natanti; la situazione della navigazione lacuale è, inoltre, aggravata per effetto delle disposizioni previste dalla legge 15 dicembre 2011, n. 217, secondo cui sono assoggettati al pagamento dell'iva gli acquisti relativi al parco natanti, che, in precedenza, erano esenti ai sensi dell'articolo 8-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972;
    la direzione della gestione governativa navigazione laghi, al fine di conservare l'equilibrio economico-finanziario, ha deciso, ed in parte già operato per l'anno 2012, scelte di riduzione del servizio di trasporto passeggeri, in particolare delle corse veloci, e di traghettamento degli autoveicoli, nonché l'aumento delle tariffe applicate, che colpiscono in particolare gli utenti pendolari; tale scelta penalizza specialmente gli utenti pendolari, genera conseguenze negative in termini occupazionali (anche rispetto alla possibilità di assunzione di lavoratori stagionali), di attrattività turistica delle aree lacuali e inibisce le potenzialità del trasporto su acqua, oltre che come fattore di sviluppo economico, anche come soluzione alle frequenti problematiche di mobilità dei territori lacuali;
    il tema della gestione del servizio di navigazione lacuale è stato oggetto di importanti provvedimenti legislativi. L'articolo 11 del decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, riprendendo l'articolo 98 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, prevedeva che entro il 1o gennaio 2000 la gestione del servizio di navigazione fosse trasferita alle regioni territorialmente competenti e alla provincia autonoma di Trento, previo risanamento tecnico ed economico a cura dello Stato, da realizzare in base a un piano predisposto dal Ministero dei trasporti ed approvato, entro il 31 marzo 1998, dal Ministero dei trasporti, di concerto con il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, a seguito di intesa con le regioni interessate e con la provincia autonoma di Trento;
    nonostante l'articolo 2, comma 8, della legge 18 giugno 1998, n. 194, avesse disposto un finanziamento urgente ai fini del risanamento tecnico ed economico del servizio, ai fini della regionalizzazione, i termini per l'attuazione sono decorsi inutilmente per mancato accordo tra le regioni competenti, con conseguente perdita dei fondi stanziati;
    la mancata regionalizzazione della gestione governativa per la navigazione sui laghi Maggiore, di Garda e di Como rende progressivamente sempre più incerta la programmazione del servizio di trasporto lacuale, secondo le esigenze sociali, economiche, territoriali e di mobilità dei territori interessati;
    le regioni Lombardia, Piemonte e Veneto hanno, peraltro, recentemente confermato, nel corso di audizioni nell'ambito dell'indagine conoscitiva condotta dal Senato sulle problematiche connesse al settore di navigazione sui laghi, la volontà di vedersi assegnare le competenze del trasporto navigazione lacuale, come riportato nel documento conclusivo votato dalla Commissione lavori pubblici del Senato l'11 gennaio 2012;
    il trasporto pubblico sui laghi, curato dalla gestione governativa navigazione laghi, risulta presentare oggi uno dei migliori indici di copertura dei costi con le entrate tariffarie fra quelli di tutte le aziende che gestiscono il trasporto pubblico locale, su gomma, rotaia o acqua. Il coefficiente di esercizio si attesta infatti intorno al 60 per cento contro il 35/40 per cento medio del settore del trasporto pubblico locale;
    il trasporto pubblico di navigazione rappresenta per i territori bagnati dai laghi di Como, Garda e Maggiore un elemento cruciale per la mobilità dei propri cittadini e delle attività economiche insediate, nonché per la crescita e lo sviluppo non solo turistico di queste aree,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative volte a prevedere un adeguato stanziamento di risorse finanziare necessarie a garantire la continuità del servizio pubblico lacuale in capo alla gestione navigazione laghi di Como, Garda e Maggiore, al fine di assicurare un livello adeguato di efficienza ed efficacia del servizio e la tenuta occupazionale, anche in considerazione dei risultati degli studi sulla revisione della spesa;
   ad adottare gli interventi di propria competenza utili a dare rapida attuazione al processo di regionalizzazione previsto dall'articolo 11 del decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, in particolare per quanto riguarda la predisposizione di un piano aggiornato di risanamento tecnico-economico necessario a definire, d'intesa con le regioni coinvolte, il trasferimento delle competenze in materia di gestione del trasporto pubblico lacuale e l'assegnazione delle conseguenti risorse in conto capitale e d'esercizio;
   ad accompagnare il processo di regionalizzazione con un piano industriale ed organizzativo che garantisca la migliore efficienza aziendale, l'efficacia e l'economicità del servizio pubblico di trasporto lacuale.
(1-01121)
«Braga, Codurelli, Quartiani, Gianni Farina, Fiano, Lovelli, Marantelli, Pizzetti, Sanga, Velo, Narducci, Meta».
(presentata il 4 settembre 2012)

INTERPELLANZE URGENTI

A)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
   in base a quanto affermato dalla Costituzione, lo Stato è chiamato a promuovere ogni opportuna iniziativa e ad adottare precisi comportamenti finalizzati alla migliore tutela possibile della salute dei cittadini;
   alla luce dei fatti, però, tale principio si traduce in un'iniqua tutela della salute, la cui garanzia è sempre più limitata da politiche regionali diversificate sul piano nazionale;
   le malattie rare contano in Italia almeno 2 milioni di pazienti. Sono donne, uomini, bambini, cittadini che convivono con una malattia poco diffusa e le cui necessità sono spesso a totale carico delle famiglie;
   la rarità di queste malattie chiude tali pazienti in un cerchio di isolamento e frantuma i loro problemi quotidiani in mille universi diversi, senza un comune denominatore;
   le malattie rare incidono in minima parte sulla spesa farmaceutica: appunto perché «rare», occorre una cura personalizzata e adeguata al farmaco più innovativo in commercio;
   per questo motivo l'Unione europea ha indicato le malattie rare tra i temi prioritari delle politiche sanitarie, al fine di stabilire l'uguaglianza del trattamento dei cittadini rispetto ai livelli essenziali di assistenza stabiliti dagli Stati;
   nonostante queste premesse, tuttavia, la gratuità dei farmaci per i malati rari diventa merce di scambio per il rientro dai deficit sanitari;
   sebbene, infatti, il nostro sia un Paese all'avanguardia dal punto di vista dell'assistenza sanitaria, non in tutte le regioni italiane esiste pari livello di qualità dei trattamenti e il medesimo accesso ai farmaci. Gli esperti sono concordi nell'individuare proprio nel decentramento regionale una dura barriera che il nostro Paese incontra nella lotta alle malattie rare, rispetto al resto d'Europa;
   il caso dell'emofilia rappresenta un esempio eclatante di come la disponibilità di ottimi farmaci, di comprovata efficacia, non basti a far sì che al paziente venga garantita la giusta e migliore cura, in ragione del fatto che l'acquisto e l'erogazione dello stesso, da parte delle strutture territoriali preposte, appare subordinato a politiche gestionali per le quali il principale criterio di valutazione non è quello non del beneficio ma unicamente quello del costo;
   i pazienti rari emofilici del Veneto costituiscono, a tal proposito, una palese dimostrazione dell'incongruenza nello strumento adottato nella regione (gara pubblica) per la fornitura alle aziende sanitarie locali dei medicinali in fabbisogno e per la possibilità stessa di accesso alla cura migliore, sulla base del prezzo. In crude parole, si tende a escludere a priori taluni medicinali validi ed addirittura già inseriti in un percorso terapeutico, a favore di altri agevolati dal fattore «low cost»;
   per garantire la continuità terapeutica dei pazienti già in trattamento, si è deciso inoltre (e successivamente all'aggiudicazione della gara) di destinare il farmaco «low cost» ai soli bambini neo diagnosticati che devono iniziare la terapia: questi ultimi, quindi, destinati a utilizzare un farmaco scelto solo in base alla logica del risparmio e non, come sarebbe logico, in considerazione dell'appropriatezza terapeutica dello stesso;
   i percorsi di cura non dovrebbero mai essere condizionati da motivazioni unicamente di ordine economico, ma ciò dovrebbe soprattutto valere nel caso delle malattie rare, in ragione dell'esiguità del numero di pazienti, in considerazione del fatto che viene colpita una classe di persone che già ora non beneficia di servizi sanitari equivalenti ai malati «non rari», ed essendo le loro necessità non soddisfatte da adattamenti ad altre terapie né da un'assistenza standard;
   l'obiettivo della riduzione della spesa sanitaria, assolutamente legittimo e condivisibile, non può tradursi in una lesione dei diritti dei cittadini malati;
   occorre regolarizzare, a qualsiasi costo i conti interni legati all'assistenza sanitaria. I servizi sanitari regionali non possono creare condizioni discriminanti nella distribuzione del farmaco da regione a regione e da paziente a paziente, generando palesi differenze legate al rapporto copertura del fabbisogno sanitario-spesa per abitante;
   in occasione della recente celebrazione dell'ottava giornata mondiale dell'emofilia, che ha inteso promuovere il tema «close the gap», è stato ribadita la necessità dell'assunzione di un duplice impegno: raggiungere in Italia una parità di trattamento per i pazienti emofilici su tutto il territorio nazionale ottimizzando le risorse ed eliminando gli sprechi; rendere disponibili i farmaci a livello globale, includendo, quindi, tutti quei pazienti che ad oggi non vi hanno ancora accesso –:
   quali iniziative urgenti intenda intraprendere il Ministro interpellato al fine di adempiere agli impegni europei, garantendo pari dignità e trattamento ai malati rari che evidentemente richiedono una cura specifica e spesso non convenzionale;
   quali iniziative normative intenda porre in essere per rispondere alle esigenze di tutti i pazienti affetti da una malattia rara, per approdare, finalmente, dopo più di dieci anni di attesa, ad un risultato reale e tangibile che garantisca soprattutto un'assoluta parità di trattamento a livello nazionale.
(2-01587)
«Calearo Ciman, Moffa, Polidori».
(5 luglio 2012)

B)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   il comune di San Felice a Cancello (Caserta), facente parte del più ampio territorio della valle di Suessola, si trova in una zona molto delicata per quanto riguarda il rischio di possibili infiltrazioni della criminalità organizzata;
   a differenza di altre aree della provincia di Caserta, dove le forze dell'ordine hanno conseguito importanti successi nel contrasto delle attività criminali, nel comune citato e nel più ampio territorio della valle di Suessola le attività di controllo del territorio, di repressione e di prevenzione non hanno raggiunto, a causa dei limitati mezzi a disposizione delle forze dell'ordine, gli attesi risultati;
   nel corso degli ultimi mesi si è registrato un aumento degli atti criminali;
   nel marzo 2012, per rendere il territorio meno aggredibile da fattispecie criminose, il comune di San Felice a Cancello ha presentato, nell'ambito del programma operativo nazionale sicurezza per lo sviluppo (obiettivo convergenza 2007/2013), un progetto di videosorveglianza territoriale;
   il 22 luglio 2012 un capannone industriale di proprietà del sindaco di San Felice a Cancello, Emilio Nuzzo, è stato dato alle fiamme da ignoti;
   il 24 luglio 2012 una potente bomba carta è esplosa nei pressi del cancello della abitazione del consigliere Raffaele Cantone, capogruppo del Popolo della Libertà nel consiglio comunale di San Felice a Cancello –:
   quali urgenti iniziative si siano intraprese o si intendano intraprendere al fine di garantire l'incolumità delle persone oggetto degli attentati;
   se non si ritenga, altresì, necessario, intensificare l'azione di vigilanza e controllo delle forze dell'ordine al fine di garantire condizioni di maggiore sicurezza nel territorio del comune di San Felice a Cancello (Caserta).
(2-01630) «D'Anna, Moffa».
(1o agosto 2012)

C)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere –premesso che:
   nella notte tra il 29 ed il 30 di agosto 2012 si è consumato l'ennesimo atto criminoso nei confronti dei sindaco di Taurianova, Domenico Romeo, attraverso la distruzione di piante da frutto nella proprietà dell'azienda di famiglia, con danni enormi che si aggirano intorno a molte migliaia di euro;
   questo atto criminoso è l'ultimo di una lunga catena che ha colpito il sindaco in periodi anche recenti (l'uccisione dei cavalli, la distruzione di un box, la distruzione di alberi di frutta) e si è consumato dopo poche ore dallo svolgimento, a Taurianova, di una tradizionale ed ampiamente partecipata ricorrenza storico-religiosa, nella quale aveva avuto un grande ruolo il primo cittadino, il cui operato come amministratore è improntato a grande impegno, saggezza, equilibrio e a principi etici;
   gli interpellanti fanno presente che più volte, attraverso lo strumento del sindacato ispettivo, è stato chiesto al Governo di porre in essere interventi adeguati, sia per quanto riguarda la prevenzione, ma anche volti ad accertare quale fosse la matrice di questi inqualificabili fatti ed è singolare che, fino ad oggi, non vi è stata nessuna individuazione di responsabili in un paese come Taurianova;
   le aggressioni nei confronti degli amministratori della Calabria si susseguono ad un ritmo crescente, a Taurianova come in altre realtà della Calabria, con il chiaro disegno, di una minoranza criminale, di indebolire le istituzioni democratiche e di creare un clima di tensione e di rottura sociale, vanificando tutti gli sforzi per assicurare, attraverso la convivenza civile, un'azione operosa in favore della popolazione;
   da quanto su esposto, si evince una situazione della regione allarmante, instaurata da un gruppo di malfattori che tenta ancora, attraverso azioni criminose, di bloccare ogni processo di conquista civile ed umana a cui tende la stragrande maggioranza dei calabresi –:
   di quali elementi il Ministro interpellato disponga in relazione agli atti criminosi che hanno riguardato nel passato il sindaco di Taurianova e se siano state avviate indagini sul recente fatto del 28-29 agosto 2012.
(2-01643)
«Tassone, Occhiuto, D'Ippolito Vitale, Galletti».
(presentata il 4 settembre 2012)

D)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, i Ministri degli affari esteri e della giustizia, per sapere – premesso che:
   la difesa dei diritti civili e della cultura del diritto per affermare la giustizia di fronte a fatti tragici e violenti che offendono la dignità umana, in ogni situazione, è da tempo una costante caratterizzante della politica posta in essere dai Governi e dal Parlamento della Repubblica italiana;
   grazie a tale sensibilità morale e civile, oltre trent'anni dopo la drammatica vicenda innescata dalle giunte militari argentine nel periodo di dittatura, è stato possibile rinviare a giudizio e processare a Roma i responsabili e i torturatori dei desaparecidos di origine italiana, un processo in cui il Governo italiano si era costituito parte civile;
   recentemente, la Commissione affari esteri della Camera dei deputati ha audito la Signora Estela Carlotto – presidente delle nonne di Plaza de Mayo – accompagnata da autorevoli rappresentanti del mondo politico argentino e delle organizzazioni operanti a difesa dei diritti civili, rinnovando con ciò la tradizionale attenzione del Parlamento italiano al dramma dei desaparecidos;
   padre Giuseppe Tedeschi, nato a Jelsi (Campobasso) il 3 marzo 1934, a soli 16 anni lasciò il suo paese, per raggiungere il padre Luigi in Argentina, a Buenos Aires, insieme alla madre Maria Grazia Passarelli e ai quattro fratelli Antonio, Renzo, Michele e Filippo. Giuseppe (Josè) nel 1954 entrò nel seminario di Bernal, poi a Moron per l'anno di noviziato e, al termine del tirocinio nelle case salesiane di Buenos Aires e degli studi filosofici a Bernal, venne consacrato sacerdote nel 1967 e inviato come prima sede a Mar del Plata;
   padre Tedeschi, in seguito, fu inviato per attività pastorale nel quartiere Don Bosco di Quilmes in una delle periferie più degradate della capitale argentina. In questo contesto sociale, caratterizzato da baraccopoli (barrio di Villa Itati), a contatto con tanta sofferenza sociale e con tanta disperazione umana, egli si convinse che il suo apostolato richiedeva una scelta completa, una dedizione estrema. Pertanto, si fece povero tra i poveri, aprì una scuola a casa sua, un pronto soccorso, si adoperò per far giungere latte e generi di prima necessità, si batté per garantire l'acqua a più di 40 mila persone, diede vita a un centro di assistenza contro la violenza e ad una biblioteca, accolse le fasce più emarginate ed i diseredati, insegnando loro il mestiere di falegname e mobiliere. Inoltre, padre Giuseppe Tedeschi si impegnò per migliorare la viabilità nel barrio, i servizi sociali e per elevare le condizioni di vita dei cittadini di quel ghetto;
   la vicenda di questo sacerdote italiano si inserisce nella tragica pagina argentina dei desaparecidos, delle persecuzioni, delle torture e dei massacri, che in quel periodo storico videro sterminare un'intera generazione con oltre 30 mila vittime. Per questa sua attività venne discriminato, isolato, diffamato, sequestrato, torturato e ucciso il 2 febbraio del 1976 a La Plata. Il suo corpo era talmente martoriato che nemmeno i fratelli riuscirono a riconoscerlo e si rese necessaria la verifica delle impronte digitali e del sangue per stabilire la sua identità;
   nella regione Molise, dopo 36 anni, è stata costituita un'associazione sociale e culturale intitolata alla sua memoria ancora viva ed esemplare tra i cittadini del barrio di Villa Itati dove, il 29 aprile 2012, nella chiesa dove esercitava il suo ministero sacerdotale, è stata posta una targa a lui intitolata, alla presenza di una delegazione italiana;
   da più parti – da ultimo dal vice presidente della commissione lavoro del consiglio regionale del Molise, Michele Petraroia – è stato chiesto alle istituzioni di riaprire l'inchiesta giudiziaria sulla morte del sacerdote italiano, al fine di non rinunciare a fare chiarezza, individuare e perseguire i mandanti e gli esecutori del suo barbaro assassinio;
   il caso di padre Tedeschi suggerisce una più ampia riflessione sull'accertamento della verità per il rispetto che si deve testimoniare alla memoria storica e ai milioni di cittadini italiani emigrati in Argentina, che con il loro lavoro hanno dato un grande contribuito al suo sviluppo; un dovere al quale il Governo italiano e il Parlamento non possono essere insensibili, affinché anche per padre Tedeschi si accertino le responsabilità e si renda giustizia –:
   quale condotta stia assumendo il Governo per ottemperare ai doveri di responsabilità verso i connazionali come padre Tedeschi che sono stati vittima della dittatura militare argentina;
   quali azioni diplomatiche abbia in corso o intenda promuovere il Governo per fare luce, anche sul piano giudiziario, sull'assassinio del missionario salesiano molisano, padre Giuseppe Tedeschi, nato a Jelsi (Campobasso) il 3 marzo 1934 e ucciso a 42 anni a La Plata (Argentina) il 2 febbraio 1976;
   quali azioni intenda adottare il Governo per verificare la possibilità che i responsabili dell'efferato delitto siano giudicati a Roma analogamente, per esempio, con quanto fatto per l'omicidio volontario premeditato – aggravato dalle sevizie e dalla crudeltà – degli italo-argentini Angela Aieta, Giovanni Pegoraro e di sua figlia Susanna, tre dei tanti desaparecidos dell'ultima dittatura argentina.
(2-01641)
«Narducci, Franceschini, Maran, Tempestini, Barbi, Colombo, Corsini, Corsini, Fedi, Arturo Mario Luigi Parisi, Pistelli, Porta, Touadi, Veltroni».
(presentata il 4 settembre 2012)

E)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:
   il Ministro interpellato ha annunciato l'imminente indizione di un bando per un concorso a cattedre che sarà pubblicato il 24 settembre 2012 e ha affermato che l'assegnazione dei ruoli del personale docente, previsti per l'anno scolastico 2013-2014 (pari a circa 22.000 unità), dovrà avvenire attingendo per il 50 per cento dei posti disponibili dalle attuali graduatorie ad esaurimento e per il restante 50 per cento dai vincitori del concorso in questione;
   il Ministro interpellato ha, inoltre, dichiarato che l'indizione del concorso risponde alla necessita di rispettare la normativa vigente in materia di reclutamento scolastico (articolo 399 del decreto legislativo n. 297 del 1994) che stabilisce che «l'accesso ai ruoli del personale docente della scuola (...) ha luogo, per il 50 per cento del posti a tal fine annualmente assegnabili, mediante concorsi per titoli ed esami e, per il restante 50 per cento, attingendo alle graduatorie permanenti di cui all'articolo 401»;
   in realtà, tali dichiarazioni evidenziano, secondo gli interpellanti, l'estrema superficialità con cui questo Governo sta affrontando i problemi che riguardano la scuola e i suoi lavoratori, dal momento che non tengono conto di alcune premesse irrinunciabili per affrontare seriamente la questione del reclutamento del personale docente;
   innanzitutto, il Ministro interpellato sembra ignorare il fatto che le graduatorie permanenti sono state trasformate dalla legge n. 296 del 2006 (articolo 1, comma 605, lettera c)) in graduatorie ad esaurimento, in un'ottica di contenimento della spesa e di utilizzazione razionale di personale selezionato, favorendo, in tal modo, l'assorbimento del precariato scolastico; a tale fine, contestualmente, era stato varato anche un piano triennale che avrebbe dovuto portare all'assorbimento di 150.000 insegnanti precari in tre anni;
   il Ministro interpellato omette di dire anche che nel frattempo – e cioè a partire dall'anno scolastico 2007-2008 – invece di applicare il predetto piano di assunzioni, il precedente Governo ha scelto di privare il sistema di istruzione pubblica italiano di circa 90.000 insegnanti (in applicazione dell'articolo 64, comma 4, del decreto-legge n. 112 del 25 giugno 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 6 agosto 2008, dei decreti attuativi ad esso correlati) e, attraverso la legge 15 luglio 2011, n. 111, articolo 19, comma 7, confermata dall'attuale Governo, è stata impedita, a partire dall'anno scolastico 2012-2013, un'integrazione degli organici rispetto all'anno scolastico precedente (quindi, si bloccano gli organici, dopo averli decurtati di 90.000 unita rispetto al 2008);
   tali decisioni hanno, di fatto, impedito fino ad oggi il naturale assorbimento dei precari inseriti all'interno delle graduatorie ad esaurimento che hanno già conseguito l'abilitazione a seguito del superamento di prove concorsuali e che hanno, nel corso degli anni, garantito il funzionamento del sistema di istruzione italiano, adeguandosi a condizioni lavorative svantaggiose e discriminatorie rispetto ai colleghi di ruolo (stipendi di luglio e agosto ormai quasi sempre non pagati; trattamento di fine rapporto maturato su dieci mesi invece che su dodici mesi; mancato riconoscimento della progressione di carriera e degli scatti di anzianità), nella prospettiva della futura stabilizzazione, maturando, al contempo, il diritto ad un inquadramento lavorativo stabile, come sancito dalla normativa europea contro gli abusi di contratti a termine da parte dei datori di lavoro (direttiva comunitaria 99/70/CE, che obbliga il datore di lavoro a trasformare il contratto da tempo determinato a tempo indeterminato dopo tre anni di servizio);
   inoltre, il Ministro interpellato, nell'affermare che dal 1999 ad oggi si è in attesa di un concorso per nuovi insegnanti, omette di precisare che dall'anno scolastico 1999-2000 all'anno scolastico 2007-2008 i vecchi concorsi sono stati bloccati per far spazio a nuove procedure di formazione e reclutamento dei docenti, nell'ottica del superamento delle vecchie procedure concorsuali e per adeguare il profilo professionale degli insegnanti italiani a quello dei colleghi europei: nel 1999 sono state, infatti, istituite, in attuazione della legge n. 341 del 1990, le Scuole di specializzazione all'insegnamento superiore, a numero chiuso e programmato per favorire una pianificazione seria delle assunzioni e risolvere in modo definitivo il problema del precariato scolastico; le Scuole di specializzazione all'insegnamento superiore erano di durata biennale, articolate in due aree: una socio-psico-pedagogica, l'altra didattico-disciplinare, e prevedevano il superamento di una prova finale che, ai sensi della legge n. 306 del 2000 (articolo 6-ter) ha valore concorsuale;
   in realtà, la normativa vigente in materia di reclutamento scolastico (articolo 399 del decreto legislativo n. 297 del 1994) stabilisce che «l'accesso ai ruoli del personale docente della scuola (...) ha luogo, per il 50 per cento dei posti a tal fine annualmente assegnabili, mediante concorsi per titoli ed esami e, per il restante 50 per cento, attingendo alle graduatorie permanenti di cui all'articolo 401», ma stabilisce anche che, per favorire lo smaltimento del precariato scolastico «nel caso in cui la graduatoria di un concorso per titoli ed esami sia esaurita e rimangano posti ad esso assegnati, questi vanno ad aggiungersi a quelli assegnati alla corrispondente graduatoria permanente», senza la necessità di ricorrere a nuove procedure per il reclutamento;
   attraverso il meccanismo dello scorrimento delle graduatorie ad esaurimento, giova ricordarlo, è possibile garantire alle nostre scuole un sistema di reclutamento basato sul principio dei merito, concetto questo ribadito anche da una recente sentenza della Corte costituzionale, la sentenza n. 41 del 2011, che riconosce le graduatorie ad esaurimento istituite «per individuare i docenti cui attribuire le cattedre e le supplenze secondo il criterio del merito» –:
   se il Ministro interpellato, preso atto del quadro particolarmente complicato dell'attuale precariato scolastico e delle pesantissime penalizzazioni subite già da anni da questa categoria di lavoratori, non ritenga opportuno evitare di indire un concorso che si configurerebbe, oggi, come un ulteriore fattore di instabilità, ma piuttosto intenda procedere al reclutamento esclusivamente attraverso lo scorrimento delle graduatorie ad esaurimento anche lì dove le graduatorie dell'ultimo concorso risultino esaurite, proprio per favorire l'assorbimento del precariato scolastico, cresciuto esponenzialmente a causa di politiche scolastiche dissennate attuate dagli ultimi Governi.
(2-01642)
«Di Pietro, Zazzera, Borghesi, Di Giuseppe».
(presentata il 4 settembre 2012)

F)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   la Parmalat spa è un'azienda italiana specializzata nel latte, yogurt, panna e nel settore alimentare;
   è uno dei principali attori internazionali le cui attività, sparse in tutto il mondo, includono 68 stabilimenti produttivi; essa offre i suoi prodotti a 17 milioni di famiglie italiane e a 200 milioni nel mondo;
   in Italia, si rifornisce di latte da circa 800 stalle e costituisce uno dei maggiori aggregati del sistema agroalimentare;
   a seguito della gravissima crisi finanziaria che l'ha coinvolta nel 2003, ha dichiarato bancarotta ed è stata ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria, ai sensi del decreto-legge n. 347 del 2003, con commissario straordinario il dottor Enrico Bondi;
   da quella data è iniziato un pesante e severo percorso di risanamento e rinascita aziendale che ha visto una ristrutturazione industriale ed operativa del gruppo;
   in questo quadro, fra le altre cose, nel dicembre 2005 la Parmalat spa ha ceduto la propria »divisione forno« all'azienda veronese Vicenzi e con essa i marchi Grisbi, Mr Day e Pronto Forno;
   nel maggio 2007 ha ceduto i marchi Pomì, Pomito e Pais alla Boschi Luigi & figli spa e nel luglio 2009 la controllata australiana, Parmalat food products pty ltd, ha completato l'acquisizione di alcune attività di national food nel settore del latte fresco localizzate in Nuovo Galles del Sud e in Australia meridionale;
   i notevoli sacrifici fatti nel risanamento aziendale sono riassumibili nelle indicazioni dell'allora commissario straordinario Enrico Bondi che indicava, in pubbliche dichiarazioni, come il totale dello stato passivo nel 2003 era di 14,5 miliardi di euro e il debito ristrutturato, ovvero l'ammontare dei crediti che hanno votato il concordato, era di 19,3 miliardi di euro;
   nel 2011 la liquidità in cassa ammontava a poco meno di 1,5 miliardi di euro e questo dà la dimensione del grande lavoro di risanamento svolto;
   nel marzo 2011 la multinazionale francese Lactalis, che in Italia già possiede i marchi Galbani, Invernizzi, Locatelli e Cademartori, ha iniziato ad acquisire azioni Parmalat ed al 23 marzo 2011 Lactalis raggiungeva il 29 per cento del capitale di Parmalat spa, appena sotto il limite del 30 per cento che comporta l'obbligo di offerta pubblica di acquisto;
   il 26 aprile 2011 Lactalis annunciava il lancio di un'offerta pubblica di acquisto totalitaria sul capitale di Parmalat spa, al prezzo di 2,60 euro per azione, che si conclude con successo l'8 luglio 2011 e, ad oggi, la società è controllata per l'83,30 per cento dalla Lactalis;
   sempre secondo le indicazioni del prospetto dell'offerta pubblica di acquisto del maggio 2011, Lactalis risultava essersi esposta per 3,4 miliardi di euro, situazione che avrebbe portato l'indebitamento complessivo del gruppo francese a circa 6 miliardi di euro;
   all'epoca dell'acquisizione sorsero, quindi, perplessità, anche di recente richiamate dalla stampa, sulla reale stabilità e sull'indebitamento del gruppo francese e sulla sostenibilità dell'operazione, con il timore, da più parti evocato, che la disponibilità di cassa Parmalat potesse essere usata per ripagare i debiti della «scalata»;
   su questo si ricorda, inoltre, che una norma precisa dello statuto della nuova Parmalat spa sembrerebbe imporre fino al 2020 limiti nella distribuzione degli utili agli azionisti, vincolando una parte della disponibilità finanziaria allo sviluppo dell'azienda;
   ad oggi non è ben chiaro quale sia il progetto industriale di Lactalis per Parmalat spa e sono intervenute operazioni infragruppo mediante le quali Parmalat spa ha acquisito la società Lactalis Usa per un valore dell'operazione stimato attorno ai 904 milioni di dollari;
   il 3 luglio 2012, come si apprende dalla stampa, Parmalat spa, avrebbe, infatti, completato, tramite le controllate Parmalat Belgium sa e Lag holding inc. (società di nuova costituzione), l'acquisizione dal gruppo Lactalis delle società Lactalis American group inc., Lactalis do Brazil – comercio, importa ao e exporta ao de laticinios ltda e Lactalis alimentos Mexico sociedad de responsabilitad limitada;
   su questa operazione, che è naturalmente valutata positivamente dagli amministratori, grava, invece, il giudizio negativo dei soci di minoranza, come il gruppo Amber, il quale indica come «l'operazione infragruppo non appare corretta né sul piano formale né sostanziale»;
   sempre su questa operazione la Consob avrebbe chiesto una nuova integrazione al documento informativo relativo all'acquisizione e informazioni sulla modalità della determinazione del prezzo e sulla congruità rispetto ad operazioni similari;
   le rappresentanze sindacali hanno espresso preoccupazione per il futuro di un patrimonio produttivo e occupazionale che va salvaguardato principalmente nel perimetro industriale italiano, indicando come il gruppo Lactalis avrebbe disatteso gli impegni per uno sviluppo di Parmalat spa attraverso la crescita delle sue aree di attività: infatti, il piano industriale recentemente presentato alle organizzazioni sindacali sembra essere maggiormente caratterizzato da significative contrazioni di attività e da tagli delle proposte di sviluppo;
   sempre in riferimento all'acquisizione originaria di Parmalat spa da parte di Lactalis, nel prospetto di legge collegato all'offerta pubblica di acquisto appariva chiara l'intenzione di trasformare Parmalat spa nel gigante europeo del latte con uno sviluppo strategico di settore, sviluppando le caratteristiche industriali del gruppo in Italia;
   è di questi giorni la decisione di Parmalat spa della dismissione dello stabilimento di Genova, riconfermato in una riunione con la regione Liguria il 24 luglio 2012, venendo anche meno agli impegni assunti con le amministrazioni locali e le parti sociali;
   attualmente quello stabilimento occupa 63 lavoratori a cui si aggiungono i dipendenti della cooperativa Casoria e oltre 150 allevatori che conferiscono il latte alla centrale;
   la chiusura della centrale del latte di Genova, che opera da circa 80 anni, rappresenterebbe una grave perdita occupazionale diretta, con gravi ripercussioni sull'intero settore zootecnico e sulla filiera agroalimentare;
   sempre da notizie stampa si apprende che anche gli stabilimenti di Pavia e Como avrebbero problemi simili, mentre presso lo stabilimento di Collecchio (Parma) sarebbero 30 i lavoratori considerati in esubero e per la sede amministrativa (corporate) sarebbe in previsione una pesante riorganizzazione entro la fine del 2012;
   a Parma nei giorni 24 e 25 luglio 2012 si sono svolte le trattative tra rappresentanze sindacali e azienda, che risulterebbero poi essersi interrotte con la decisione di quest'ultima di procedere unilateralmente con una procedura di mobilità che prevede il licenziamento di 123 lavoratori –:
   quale sia il reale stato della situazione per quanto concerne Parmalat spa e, ove necessario, cosa abbia in programma il Ministro interpellato per garantire, nell'ambito delle sue competenze, il corretto sviluppo di un grande patrimonio industriale e tecnologico italiano, garantendo, altresì, il mantenimento di adeguati livelli occupazionali.
(2-01629)
«Benamati, Motta, Tullo, Rossa, Duilio, Ventura».
(1o agosto 2012)

G)

   I sottoscritti chiedono di interpellare i Ministri dello sviluppo economico e del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:
   il piano di ristrutturazione organizzativa del servizio postale, presentato nella primavera 2012 da Poste italiane spa, prevede una diversa distribuzione sul territorio dei portalettere con rilevanti effetti negativi sull'occupazione e sulla regolarità del servizio,compromettendo una delle funzioni proprie della società Poste italiane spa e il concetto stesso del servizio universale per il quale lo Stato riconosce i relativi contributi proprio per assicurare la capillarità e la qualità del recapito postale;
   per i sindacati il piano determinerà il licenziamento di 1.765 lavoratori nel 2012 nelle sole regioni del Piemonte, dell'Emilia Romagna, delle Marche, della Toscana e della Basilicata, mentre, con l'estensione del provvedimento a tutto il territorio nazionale nel 2013, la perdita di posti di lavoro sarà dell'ordine di 10-12.000 unità, con la chiusura di circa 2.000 uffici postali e una riduzione del 50 per cento degli appalti;
   la prevista riorganizzazione – che si somma alle altre intraprese dal 2006 – è stata annunciata nonostante i risultati di bilancio 2011 siano positivi, con 846 milioni di utili e un risultato operativo pari a 1 miliardo a 641 milioni: per redditività la società Poste italiane spa si colloca, infatti, di gran lunga al primo posto al mondo rispetto ai principali operatori internazionali;
   il piano di ristrutturazione di Poste italiane spa non prevede alcun futuro per il recapito postale e non attribuisce nemmeno un ruolo strategico al settore della logistica, non cogliendone le numerose opportunità offerte dal mercato in espansione che la configurano come nuova fattispecie di «un moderno recapito»;
   il piano non sembra tener conto nemmeno delle evidenti carenze e inefficienze che il servizio di recapito già presenta in alcune realtà territoriali; così come non sembra tener conto di alcuni recenti investimenti, come nel caso del centro meccanico di smistamento di Ospedaletto di Pisa, inaugurato nell'aprile 2010, per il quale sono stati spesi diversi milioni di euro per apparecchiature che fanno di questo impianto, per livelli di produttività ed efficienza, secondo parametri aziendali, il secondo in Italia; interventi che verrebbero vanificati con il trasferimento delle attività a Firenze;
   gli effetti negativi del processo di razionalizzazione del servizio – come detto già in atto da svariati anni – da parte della società Poste italiane spa sono ormai evidenti in intere porzioni di territorio nazionale, dove la società ha provveduto, nel tempo, a chiudere gli uffici postali, a ridurre gli orari di apertura degli sportelli, in particolare nelle aree geograficamente più svantaggiate, e, infine, a sospendere il servizio «portalettere» del sabato;
   le segnalazioni dei disservizi postali sono oramai diffuse e non provengono più solo dai comuni più piccoli, ovvero quelli che storicamente sono i più difficili da servire, ma seri disagi sono segnalati sempre più spesso anche in aree più vaste e in città capoluogo;
   in particolare, dal sito di Uncem Toscana si può scaricare l'elenco ufficiale di razionalizzazione del servizio che Poste italiane spa ha redatto l'11 luglio 2012 e che interessa per la Toscana 174 uffici; eccone l'estratto con il provvedimento accanto:
    Arezzo Moncioni Montevarchi: chiusura;
    Arezzo Montegonzi Cavriglia: chiusura;
    Arezzo Pietraviva Bucine: chiusura;
    Arezzo Porrena Poppi: chiusura;
    Arezzo Santa Mama Subbiano: chiusura;
    Arezzo Partina Bibbiena: chiusura;
    Arezzo Iviarciano della Chiana Marciano della Chiana: chiusura;
    Arezzo Camaldoli Poppi: chiusura;
    Arezzo Centoia Cortona: chiusura;
    Arezzo Ciggiano Civitella in Val di Chiana: chiusura;
    Arezzo Civitella della Chiana Civitella in Val di Chiana: chiusura;
    Arezzo Frassineto Arezzo: chiusura;
    Arezzo Moggiona di Poppi: chiusura;
    Arezzo Serravalle di Bibbiena: chiusura;
    Firenze 2 provincia Crespino del Lamone Marradi: chiusura;
    Firenze 2 provincia Chiocchio Greve in Chianti: chiusura;
    Firenze 2 provincia Diacceto Pelago: chiusura;
    Firenze 2 provincia Ronta Borgo San Lorenzo: chiusura;
    Firenze 2 provincia San Vincenzo a Torri Scandicci: chiusura;
    Firenze 2 provincia Vico D'Elsa Barberino Val D'Elsa: chiusura;
    Firenze 2 provincia Bruscoli Firenzuola: chiusura;
    Firenze 2 provincia Cavallina Barberino di Mugello: chiusura;
    Firenze 2 provincia Granaiolo Empoli: chiusura;
    Firenze 2 provincia Massarella Fucecchio: chiusura;
    Firenze 2 provincia Monterappoli Empoli: chiusura;
    Firenze 2 provincia Querce Fucecchio: chiusura;
    Firenze 2 provincia Romola San Casciano in Val Di Pesa: chiusura;
    Firenze 2 provincia Consuma Pelago: chiusura;
    Firenze 2 provincia Donnini Reggello: chiusura;
    Firenze 2 provincia Osteria Nuova Bagno a Ripoli: chiusura;
    Firenze 2 provincia Polcanto Borgo San Lorenzo: chiusura;
    Firenze 2 provincia San Donato in Collina Rignano sull'Arno: chiusura;
    Firenze 2 provincia Vallombrosa Reggello: chiusura;
    Grosseto Baccinello Scansano: chiusura;
    Grosseto Bagnore Santa Fiora: chiusura;
    Grosseto Buriano Castiglione della Pescaia: chiusura;
    Grosseto Civitella Marittima Civitella Paganico: chiusura;
    Grosseto Niccioleta Massa Marittima: chiusura;
    Grosseto Petricci Semproniano: chiusura;
    Grosseto Poggio Murella Mangiano: chiusura;
    Grosseto Ravi Gavorrano: chiusura;
    Grosseto Sovana Sorano: chiusura;
    Grosseto Talamone Orbetello: chiusura;
    Grosseto Vallerona Roccalbegna: chiusura;
    Grosseto Vetulonia Castiglione della Pescaia: chiusura;
    Grosseto Gavorrano: chiusura;
    Grosseto Massa Marittima 1 Massa Marittima: chiusura;
    Grosseto Santa Fiora: chiusura;
    Grosseto Saturnia Manciano: chiusura;
    Grosseto Argille Campagnatico: chiusura;
    Grosseto Batignano Grosseto: chiusura;
    Grosseto Borgo Carige Capalbio: chiusura;
    Grosseto Castiglioncello Bandini Cinigiano: chiusura;
    Grosseto Montebuono Sorano: chiusura;
    Grosseto Montegiovi Castel del Piano: chiusura;
    Grosseto Montelaterone Arcidosso: chiusura;
    Grosseto Montenero Castel del Piano: chiusura;
    Grosseto Monticello dell'Amiata Cinigiano: chiusura;
    Grosseto Montorgiali Scansano: chiusura;
    Grosseto Montorsaio Campagnatico: chiusura;
    Grosseto Pancole Scansano: chiusura;
    Grosseto San Giovanni delle Contee Sorano: chiusura;
    Grosseto San Martino sul Fiora Manciano: chiusura;
    Grosseto Sassofortino Roccastrada: chiusura;
    Grosseto Stribugliano Arcidosso: chiusura;
    Grosseto Tatti Massa Marittima: chiusura;
    Livorno Colognole Collesalvetti: chiusura;
    Livorno Bolgheri Castagneto Carducci: chiusura;
    Livorno Castelnuovo della Misericordia Rosignano Marittimo: chiusura;
    Livorno Marciana: chiusura;
    Livorno Nibbiaia Rosignano Marittimo: chiusura;
    Livorno Nugola Collesalvetti: chiusura;
    Livorno Populonia Piombino: chiusura;
    Livorno Procchio Marciana: chiusura;
    Livorno San Piero in Campo Campo nell'Elba: chiusura;
    Livorno Seccheto Campo nell'Elba: chiusura;
    Lucca Corfino Villa Collemandina: chiusura;
    Lucca Ponte all'Ania Barga: chiusura;
    Lucca San Gennaro Capannori: chiusura;
    Lucca Botticino Villa Basilica: chiusura;
    Lucca Gragnano Capannori: chiusura;
    Lucca Massa Macinaia Capannori: chiusura;
    Lucca Gorfigliano Minucciano: chiusura;
    Lucca Ruosina Stazzema: chiusura;
    Lucca Castiglione di Garfagnana: chiusura;
    Lucca Calavorno Coreglia Antelminelli: chiusura;
    Lucca Coreglia Antelminelli Coreglia Antelminelli: chiusura;
    Lucca Isola Bagni di Lucca: chiusura;
    Lucca Loppeglia Pescaglia: chiusura;
    Lucca Mologno Barga: chiusura;
    Lucca Montefegatesi Bagni di Lucca: chiusura;
    Lucca Piegaio Pescaglia: chiusura;
    Lucca San Cassiano di Controni Bagni di Lucca: chiusura;
    Lucca Carpinelli Minucciano: chiusura;
    Lucca Casoli Camaiore: chiusura;
    Lucca Gualdo di Massarosa Massarosa: chiusura;
    Lucca Valdicastello Carducci Pietrasanta: chiusura;
    Lucca Valpromaro Camaiore: chiusura;
    Massa Carrara Canevara Massa: chiusura;
    Massa Carrara San Terenzo Monti Fivizzano: chiusura;
    Massa Carrara Caprigliola Aulla: chiusura;
    Massa Carrara Sassalbo Fivizzano: chiusura;
    Massa Carrara Altagnana Massa: chiusura;
    Massa Carrara Campiglione Fivizzano: chiusura;
    Massa Carrara Colonnata Carrara: chiusura;
    Massa Carrara Forno Massa: chiusura;
    Massa Carrara Gassano Fivizzano: chiusura;
    Massa Carrara Gragnana Carrara: chiusura;
    Massa Carrara Serricciolo Aulla: chiusura;
    Massa Carrara Chiesa di Rossano Zeri: chiusura amministrativa;
    Massa Carrara Miseglia Carrara: chiusura amministrativa;
    Massa Carrara Codiponte Casola in Lunigiana: chiusura;
    Pisa Avane Vecchiano: chiusura;
    Pisa Ghizzano di Peccioli Peccioli: chiusura;
    Pisa Orciatico Lajatico: chiusura;
    Pisa San Dalmazio Pomarance: chiusura;
    Pisa Coltano Pisa: chiusura;
    Pisa Guardistallo Guardistallo: chiusura;
    Pisa Orentano Castelfranco di sotto: chiusura;
    Pisa Larderello Pomarance: chiusura;
    Pisa Terricciola Terricciola: chiusura;
    Pisa Uliveto Terme Vicopisano: chiusura;
    Pisa Campo San Giuliano Terme: chiusura;
    Pisa Fabbrica di Peccioli Peccioli: chiusura;
    Pisa la Serra San Miniato: chiusura;
    Pisa Montecastello Pontedera: chiusura;
    Pisa Montefoscoli Palaia: chiusura;
    Pisa Morrona Terricciola: chiusura;
    Pisa Ripafratta San Giuliano terme: chiusura;
    Pisa Treggiaia Pontedera: chiusura;
    Pistoia Calamecca Piteglio: chiusura;
    Pistoia Castelvecchio di Vellano Pescia: chiusura;
    Pistoia Massa e Cozzile Massa e Cozzile: chiusura;
    Pistoia Piastre Pistoia: chiusura;
    Pistoia Prunetta Piteglio: chiusura;
    Pistoia Sambuca Pistoiese Sambuca Pistoiese: chiusura;
    Pistoia San Quirico Valleriana Pescia: chiusura;
    Pistoia Treppio Sambuca Pistoiese: chiusura;
    Pistoia Campo Tizzoro San Marcello Pistoiese: chiusura;
    Pistoia Gavinana San Marcello Pistoiese: chiusura;
    Pistoia Maresca San Marcello Pistoiese: chiusura;
    Pistoia Marliana Marliana: chiusura;
    Pistoia Montemagno di Quarrata Quarrata: chiusura;
    Pistoia Avaglio Marliana: chiusura;
    Pistoia Corbezzi Pistoia: chiusura;
    Pistoia Fognano di Montale Montale: chiusura;
    Pistoia Montecatini Val di Nievole Montecatini Terme: chiusura;
    Pistoia Montevettolini Monsummano Terme: chiusura;
    Pistoia Nievole Montecatini Terme: chiusura;
    Pistoia Piano degli Ontani Cutigliano: chiusura;
    Pistoia Pianosinatico Cutigliano: chiusura;
    Pistoia San Baronto Lamporecchio: chiusura;
    Pistoia Tobbiana Montale: chiusura;
    Pistoia Vellano Pescia: chiusura;
    Prato Bacchereto Carmignano: chiusura;
    Prato Luicciana Cantagallo: chiusura;
    Prato Prato Maliseti Prato: chiusura;
    Prato Poggio alla Malva Carmignano: chiusura;
    Siena Ciciano Chiusdino: chiusura;
    Siena Montefollonico Torrita di Siena: chiusura;
    Siena Montisi San Giovanni D'Asso: chiusura;
    Siena Pievescola Casole D'Elsa: chiusura;
    Siena San Gusmè Castelnuovo Berardenga: chiusura;
    Siena Vagliagli Castelnuovo Berardenga: chiusura;
    Siena Campiglia D'Orcia Castiglione D'Orcia: chiusura;
    Siena Castel San Gimignano Colle di Val D'Elsa: chiusura;
    Siena Castelnuovo Dell'Abate Montalcino: chiusura;
    Siena Celle sul Rigo San Casciano dei Bagni: chiusura;
    Siena Corsano Monteroni D'Arbia: chiusura;
    Siena Gracciano Montepulciano: chiusura;
    Siena Rigomagno Sinalunga: chiusura;
    Siena Sant'Angelo in Colle Montalcino: chiusura;
    Siena Scrofiano Sinalunga: chiusura;
    Siena Vivo Castiglione D'Orcia: chiusura;
    Siena Siena 6 Siena: chiusura amministrativa;
   le organizzazioni sindacali di categoria riferiscono che tagli di personale di Poste italiane spa in Toscana arriveranno a 600 unità, rendendo così precario l'intero servizio postale regionale, a fronte paradossalmente di conti in ordine di Poste italiane spa se non addirittura di utili di bilancio;
   dietro una corretta razionalizzazione delle risorse e degli uffici postali, sebbene concomitante ad un periodo di crisi e di revisione della spesa, non può celarsi un impoverimento di un servizio importante per il territorio ed essenziale per i cittadini, specie quelli più deboli: anziani, malati e persone a ridotta mobilità. Si tratta di un servizio importante anche per sostenere il mantenimento delle comunità e di molte attività economiche, a partire dal turismo –:
   quali siano gli orientamenti del Governo in merito alle iniziative annunciate dalla società Poste italiane spa in materia di riorganizzazione del servizio di recapito e se tale piano sia considerato compatibile con gli obiettivi del contratto di programma e con il principio dell'universalità del servizio;
   come i Ministri interpellati intendano intervenire al fine di scongiurare che gli effetti di tale piano possano tradursi in un ulteriore aggravarsi delle tensioni occupazionali nel nostro Paese;
   quali iniziative intendano assumere al fine di consentire l'apertura di un tavolo di confronto con le organizzazioni sindacali, con le regioni e le amministrazioni locali, volto a individuare le soluzioni più opportune per la definizione delle strategie future di una società pubblica che svolge un ruolo cruciale sul piano economico e sociale;
   come il Governo intenda intervenire, anche favorendo una concertazione fra la direzione regionale toscana di Poste italiane spa e le istituzioni coinvolte, per evitare che decisioni unilaterali assunte dall'azienda arrechino seri disagi agli abitanti dei comuni della regione Toscana, al fine di garantire l'effettiva erogazione di un servizio pubblico di qualità nel rispetto del contratto di servizio postale universale.
(2-01633)
«Velo, Realacci, Ventura, Albini, Bindi, Cenni, Cuperlo, De Pasquale, Fluvi, Fontanelli, Gatti, Giacomelli, Lulli, Mariani, Mattesini, Nannicini, Rigoni, Sani, Scarpetti».
(1o agosto 2012)

H)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   la società Ghizzoni spa è stata fondata nel 1950 e nel corso dei decenni la società ha progredito continuamente specializzandosi nel settore della costruzione di grandi condutture per gas e liquidi, sino a diventare un riferimento del mercato italiano ed internazionale di settore;
   la società Ghizzoni spa ha sede operativa a Vidalenzo di Polesine (Parma) e sede legale a Macchia di Ferrandina (Matera);
   a livello europeo Ghizzoni spa ha operato con le maggiori imprese energetiche ed ha effettuato la costruzione dei pipeline in Italia, Svizzera, Francia, Germania, Spagna, Portogallo, Irlanda, Austria, Grecia e Croazia per un totale di oltre 5.000 chilometri di condotte;
   la Ghizzoni spa ha indicato fatturati compresi fra i 130 e 220 milioni di euro, con punte di circa 250 milioni, nel triennio 2009-2011 e larga parte di questi sono stati realizzati all'estero;
   la Ghizzoni spa ha acquisito nel 2000 il ramo d'azienda Saipem Italia, raggiungendo, quindi, un potenziale operativo diretto pari a circa 3.500.000 ore di lavoro all'anno;
   la Ghizzoni spa si occupa in proprio dell'attività di ricerca e innovazione tecnologica ed è stata la prima azienda italiana a conseguire la certificazione tramite Lloyd's register quality assurance, nel settore condutture;
   da un comunicato dell'azienda e dalla stampa si è appreso che la Ghizzoni spa in difficoltà economico-finanziarie ha deciso: «sussistendone a suo parere i requisiti, di presentare istanza per il ricorso all'amministrazione straordinaria, così come prevista dalla legge Marzano. Tale decisione – si spiega ancora – conformemente allo spirito della legge, che disciplina la ristrutturazione delle grandi imprese in stato di insolvenza, è stata dettata dalla finalità di garantire l'efficace ristrutturazione dell'impresa perseguendo, unitamente alla garanzia dei creditori, l'obiettivo di preservare l'avviamento e la posizione di mercato della stessa, assicurando la ristrutturazione del passivo e l'eventuale dismissione delle sole attività non strategiche, oltreché, coerentemente con i detti obiettivi, i livelli occupazionali», come recita appunto il comunicato stampa;
   sempre come recita il comunicato, le ragioni della presente situazione sarebbero da ricercarsi nella: «crisi di liquidità che riguarda l'impresa, e che si inserisce nel più ampio quadro della gravissima congiuntura economico-finanziaria, oramai sistemica, da tempo persistente a livello mondiale e soprattutto europeo, mercato che più di tutti involge l'attività della Ghizzoni»;
   l'istanza nella quale Ghizzoni spa richiede l'ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria definita nel decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 2004, n. 39, recante «Misure urgenti per la ristrutturazione industriale di grandi imprese in stato di insolvenza», e successive modifiche ed integrazioni, risulta depositata in data 9 maggio 2012 ricorrendo lo stato di insolvenza e i requisiti dimensionali previsti dall'articolo 1 del medesimo decreto;
   il Ministero dello sviluppo economico, con suo decreto del 30 maggio 2012, ha ammesso la Ghizzoni spa alla procedura di amministrazione straordinaria ai sensi del decreto-legge n. 347 del 2003, nominando commissario straordinario il dottor Daniele Pecchini;
   nel medesimo decreto e nel successivo del 4 luglio 2012 vengono definiti in prima istanza le condizioni di debito e di personale atte a giustificare tale ammissione;
   il tribunale di Matera ha accertato la sussistenza della condizioni per l'ammissione alle procedure del decreto-legge n. 347 del 2003;
   il commissario straordinario è al lavoro sia per redigere le relazioni di legge, compreso quanto previsto all'articolo 4 del decreto-legge n. 347 del 2003 in termini di programma di ristrutturazione e sulle cause dell'insolvenza, sia per compiere le valutazioni necessarie ad identificare la sostenibilità di un progetto di riorganizzazione;
   molta inquietudine è già presente fra il migliaio di lavoratori coinvolti, diversi dei quali sono già in cassa integrazione straordinaria, per i quali è comunque necessario al più presto definire, anche sulla base dell'azione del commissario, l'applicazione coerente e corretta degli ammortizzatori sociali necessari e dovuti –:
   se quanto riportato in premessa corrisponda al vero, quale sia il reale stato della situazione della Ghizzoni spa e quali ulteriori iniziative di competenza il Ministro intenda porre in essere per salvaguardare un grande patrimonio tecnologico italiano, i lavoratori, i creditori e l'integrità aziendale.
(2-01635)
«Benamati, Motta, Bellanova, Lolli, De Pasquale, Fogliardi, Beltrandi, Cardinale, Piccolo, Fadda, Mantini, Ferrari, Fiorio, Burtone, Froner, Fontanelli, Castagnetti, Losacco, Picierno, Melis, Tullo, Baretta, Duilio, Rubinato, Viola, Touadi, Tocci, Sanga, Marco Carra, La Forgia, Barbi, Margiotta».
(7 agosto 2012)

I)
    I sottoscritti chiedono di interpellare i Ministri dell'economia e delle finanze e dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   Ansaldo energia s.p.a. è attualmente tra i primi gruppi al mondo produttore di energia e, con una vasta offerta di prodotti e servizi, copre l'intera gamma della produzione di energia con la fornitura di centrali elettriche e di turbine e generatori;
   la società è la prima delle aziende del gruppo Ansaldo, il settore civile di Finmeccanica, la quale ne detiene il controllo con il 55 per cento delle quote, mentre il restante 45 per cento e stato ceduto per 500 milioni di euro, nel marzo 2011, alla statunitense First reserve, specializzata nel settore energia;
   nel 2011 Ansaldo energia s.p.a. ha conseguito ricavi per 1,2 miliardi di euro ed ha acquisto ordini per 335 milioni dall'Italia, per 389 dall'Europa, per 479 dall'Africa, per 28 milioni dal Medio Oriente, per 15 dalle Americhe e per 3 milioni dall'Asia;
   secondo le associazioni di categoria, il gruppo, a livello italiano, genera un indotto di quasi 10 mila posti di lavoro;
   secondo organi si stampa, il gruppo tedesco Siemens è sul punto di finalizzare un'offerta da 1,3 miliardi di euro per l'acquisto dell'azienda;
   la vendita rientrerebbe nel disegno, più volte confermato dal presidente del gruppo Finmeccanica Giuseppe Orsi, di alienare i comparti «civili» del gruppo, per puntare su due settori strategici, quali difesa e aerospazio;
   Ansaldo energia s.p.a. opera in un settore strategico quale quello dell'energia rispetto al quale vi sono ampie potenzialità di crescita ed ha il più alto numero di brevetti (17 per cento) in Finmeccanica;
   secondo le associazioni di categoria, ma anche secondo esperti e operatori del settore, Finmeccanica starebbe tentando di sanare le perdite da 2,3 miliardi di euro vendendo un asset operante in un settore industriale in crescita a livello mondiale e concentrando il core-business su comparti che attualmente accusano contrazioni molto più forti, quali difesa e aerospazio;
   le sigle sindacali di Ansaldo energia s.p.a. hanno preso posizione contro la cessione (un'operazione con cui la Siemens tenterà di inglobare un concorrente importante) e temono che tutto il settore ricerca e sviluppo dell'azienda sia smantellato;
   secondo esperti del settore l'interesse della Siemens risiede nel fatto che nel 2015 scadranno gli accordi di licenza firmati nel 2005 con Ansaldo energia s.p.a., la quale nel frattempo ha sviluppato nel settore ricerca prodotti migliorati in grado di competere sul mercato e mettere in difficoltà l'azienda tedesca; appare chiaro, ad avviso degli interpellanti, quindi, l'interesse ad acquisire un concorrente pericoloso, ancorché più piccolo, riducendone il peso sul mercato;
   nel corso dell'audizione alla X Commissione del Senato della Repubblica, il presidente di Finmeccanica ha sostanzialmente confermato la cessione di Ansaldo energia s.p.a. giustificata dal fatto che si tratta di una scelta di tipo strategico, perché tra 5 anni le risorse per la nuova generazione di turbine non saranno sufficienti, e, al contempo, si è impegnato a garantire che sia mantenuta una quota di presenza in azienda, che il trasferimento di proprietà non comporti perdite di tecnologie e posti di lavoro e che l'indotto sul territorio non ne risenta;
   non si comprende quale sia la politica industriale che il Governo intenda perseguire e quale siano le strategie di Finmeccanica; per l'Italia, si concretizza il rischio di perdere un'azienda in salute, che produce reddito e determina un cospicuo gettito per l'erario;
   non è possibile procedere con questa soluzione senza un'attenta discussione sulla politica industriale che il Governo intende adottare e senza una spiegazione circa i motivi per i quali non si ritenga mantenere un'azienda come questa –:
   se i Ministri interpellati non ritengano utile assumere ogni iniziativa di competenza al fine di salvaguardare l'interesse pubblico ed evitare quella che agli interpellanti appare una vera e propria svendita di un'azienda sana come Ansaldo energia s.p.a., cosa che si configurerebbe con la cessione delle quote detenute da Finmeccanica alla concorrente tedesca Siemens, a tal fine anche considerando l'intervento, nella trattativa di offerta, di altre aziende di Stato.
(2-01637)
«Boccia, Lulli, Vico, Quartiani, Colaninno, Marchioni, Martella, Mastromauro, Peluffo, Scarpetti, Federico Testa, Zunino, Boccuzzi, Boffa, Bordo, Cuomo, Dal Moro, De Micheli, Esposito, Garofani, Genovese, Ginefra, Graziano, Iannuzzi, Marantelli, Orlando, Portas, Rossa, Recchia, Vaccaro».
(8 agosto 2012)