Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari esteri
Altri Autori: Ufficio Rapporti con l'Unione Europea
Titolo: I Trattati sul Fiscal Compact e sul Meccanismo europeo di stabilità - AA.C. 5357' 5358 - 5359 - Schede di lettura
Riferimenti:
AC N. 5357/XVI   AC N. 5358/XVI
AC N. 5359/XVI     
Serie: Progetti di legge    Numero: 666
Data: 16/07/2012
Descrittori:
MONETA EUROPEA O EURO   POLITICA ECONOMICA
UNIONE EUROPEA     
Organi della Camera: III-Affari esteri e comunitari

 

Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

I Trattati sul Fiscal Compact e sul Meccanismo europeo di stabilità

AA.CC. 5357 – 5358 - 5359

 

 

 

 

 

 

 

n. 666

 

 

 

16 luglio 2012

 


Servizi responsabili:

Servizio Studi – Dipartimento Affari esteri

( 066760-4939 / 066760-4172 – * st_affari_esteri@camera.it

Segreteria Generale

Ufficio Rapporti con l’Unione europea

( 066760-2145 / 066760-2146 – * cdrue@camera.it

 

Hanno collaborato:

Servizio Bilancio dello Stato

( 066760-2174 / 066760-9455 – * bs_segreteria@camera.it

 

 

 

 

 

 

I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

File: es1178.doc

 


INDICE

Schede di lettura

I. - I contenuti del Trattato sul Fiscal Compact                                              3

§      I.1. La genesi del nuovo Trattato                                                                     4

§      I. 2. La motivazione del ricorso ad un nuovo Trattato                                     5

§      I. 3. La predisposizione del nuovo progetto di Trattato                                    5

§      I. 4. L’attività della Camera dei deputati                                                           7

§      I. 5. Il preambolo del Trattato                                                                           9

§      I. 6. Titolo I: obiettivo e scopo                                                                          9

§      I. 7. Titolo II: coerenza e rapporto con il diritto dell’UE                                   10

§      I. 8. Titolo III: Patto di bilancio (Fiscal Compact)                                           10

§      I. 10. Titolo IV: Convergenza economica                                                       20

§      I. 11. Titolo V: Governance                                                                            22

§      I. 12. Cooperazione interparlamentare                                                          23

§      I. 13. Titolo VI: disposizioni generali e finali                                                   24

II. - Il Meccanismo europeo di stabilità e la modifica dell’art. 136 del TFUE     27

§      II. 1. La modifica dell’art. 136 del TFUE                                                         27

§      II. 2. Gli strumenti transitori di stabilizzazione finanziaria                              29

§      II. 3. Il Trattato istitutivo del MES                                                                    31

§      II. 4. Modalità e strumenti di assistenza finanziaria                                       35

§      II. 5. Status giuridico ed immunità                                                                 37

§      II. 6. Entrata in vigore del Trattato                                                                  38

§      II. 7. Le decisioni del Consiglio europeo del 28 e 29 giugno 2012                 38

III. - I profili finanziari del Trattato sul Meccanismo europeo di stabilità41

IV. - La nuova disciplina europea sul debito                                                51

§      IV. 1. La regola per la riduzione dell’eccedenza di debito pubblico               51

§      IV. 2. La regola sul pareggio di bilancio strutturale                                        52

V. - Le regole nazionali per la stabilizzazione finanziaria                          55

§      V. 1. I nuovi criteri di prudenzialità nella gestione finanziaria                        55

VI - Il pareggio di bilancio in Costituzione                                                    59

§      VI. 1. La legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1                                         59

§      VI. 2. I nuovi princìpi costituzionali sulla disciplina di contabilità dello Stato degli enti territoriali e sul controllo parlamentare della finanza pubblica                                               60

VII. - Lo stato delle ratifiche della modifica all’articolo 136 TFUE, del Fiscal Compact e del MES                                                                                                                            63

 

 


Schede di lettura

 


I. - I contenuti del Trattato sul Fiscal Compact

Il “Trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance nell’unione economica e monetaria” (cd. Fiscal Compact), è stato firmato a margine del Consiglio europeo dell’1-2 marzo 2012 dopo essere stato concordato nella riunione straordinaria del Consiglio europeo del 30 gennaio.

Al trattato hanno aderito 25 Paesi membri dell’UE su 27 (tutti ad eccezione del Regno Unito e della Repubblica ceca).

Alla data del 12 luglio 2012 (vedi tabella allegata), il Fiscal Compact è stato ratificato da 9 Paesi (Cipro, Danimarca, Grecia, Irlanda, Lituania, Lettonia, Portogallo, Romania e Slovenia); in due 2 Stati (Austria e Germania) è stato completato l’iter parlamentare della ratifica ma i relativi strumenti non sono stati ancora firmati dal Presidente della Repubblica.

 

Il trattato si articola in 16 articoli preceduti da un ampio preambolo i cui contenuti sono illustrati si seguito, dopo aver ripercorso la genesi del trattato stesso, segnalando:

·         le principali modifiche rispetto alle varie bozze presentate nella fase di predisposizione;

·         le proposte di modifica presentate dal Governo italiano il 29 dicembre 2011;

·         le principali proposte di modifica avanzate dai rappresentanti del Parlamento europeo, dalla Commissione e da altri Stati membri;

·         le analogie e/o le differenze rispetto alla legislazione vigente, nonché al rapporto Van Rompuy sopra richiamato.

 

Si segnala che larga parte delle disposizioni contenute dal Trattato riproducono o specificano obiettivi, vincoli o parametri già previsti dalla legislazione approvata l’8 novembre scorso,[1](cd. six pack), dalle proposte legislative presentate dalla Commissione il 23 novembre 2011[2] o dal Patto europlus (vedi infra).

I.1. La genesi del nuovo Trattato

I. 1. 1. La dichiarazione dei Capi di Stato e di governo dell’Eurozona del 9 dicembre 2011

La predisposizione di un nuovo trattato internazionale per rafforzare la disciplina di bilancio e il coordinamento delle politiche economiche era prevista da una dichiarazione adottata dai 17 Capi di Stato e di governo dell’eurozona[3]a margine del Consiglio europeo dell’8-9 dicembre 2011, cui hanno aderito anche altri 9 Stati membri (Bulgaria, Danimarca, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania, e Ungheria; Svezia e Repubblica ceca, ovvero tutti ad eccezione del Regno Unito).

La dichiarazione è stata adottata una volta preso atto della impossibilità di raggiungere, in seno al Consiglio europeo, un accordo tra tutti i 27 Stati membri sulle modifiche da apportate ai trattati vigenti, in ragione della opposizione del Regno Unito.

 

La dichiarazione ha prospettato una serie di obiettivi e misure (che saranno richiamati specificamente nell’illustrare i contenuti del trattato) - da adottare o mediante il nuovo Trattato economico finanziario o mediante la legislazione europea – che recepiscono in ampia misura sulle proposte formulate in un rapporto presentato dal Presidente Van Rompuy in attuazione del mandato Consiglio europeo del 26 ottobre 2011[4].

I. 2. La motivazione del ricorso ad un nuovo Trattato

La dichiarazione del 9 dicembre motivava il ricorso ad un trattato internazionale, per le misure in materia di bilancio e di coordinamento delle politiche economiche da adottare a livello primario, richiamando la mancanza di unanimità tra gli Stati membri dell'UE necessaria per le modifiche ai trattati vigenti. Si ribadiva, peraltro, l’obiettivo di incorporare il prima possibile tali disposizioni nei trattati dell'Unione.

Il già richiamato rapporto Van Rompuy prospettava l’adozione delle misure da esso richiamate ai fini del rafforzamento della disciplina di bilancio in parte mediante la modifica del Trattato sul funzionamento dell’UE (TFUE), in parte con la modifica del Protocollo n. 12 allegato al TFUE, relativo alla procedura per i disavanzi eccessivi, da adottare mediante una decisione unanime del Consiglio dell’UE, su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo (senza necessità di ratifica da parte dei Paesi membri).

 

Il nuovo Trattato internazionale è stato pertanto negoziato e stipulato al di fuori del quadro istituzionale dell’Unione europea e delle procedure previste per la modifica dei Trattati[5].

A tale riguardo, si rileva che l’art. 16 del trattato stabilisce che entro cinque anni dall’entrata in vigore, sulla base di una valutazione della sua attuazione, verranno fatti i passi necessari, in conformità con le disposizioni dei Trattati UE, allo scopo di incorporare le norme del trattato intergovernativo nella cornice giuridica dell’UE (vedi infra).

I. 3. La predisposizione del nuovo progetto di Trattato

Al fine di dare seguito alla dichiarazione del 9 dicembre, gli Stati membri aderenti e il Presidente del Consiglio europeo Van Rompuy hanno affidato la redazione di un progetto di trattato economico-finanziario ad un gruppo di lavoro (o forum) composto di rappresentanti[6] dei medesimi Stati membri, della Commissione europea, di un rappresentante del Regno Unito (in qualità di osservatore) e di tre rappresentanti del Parlamento europeo (On. Elmar Brok, Germania, Partito Popolare Europeo; Roberto Gualtieri, Italia, Socialisti & Democratici; Guy Verhofstadt, Belgio, Liberaldemocratici; Daniel Cohn-Bendit, Germania, Verdi, in qualità di membro sostituto).

 

Il 15 dicembre 2011 è stata presentata una prima bozza di “trattato internazionale per un’unione economica rafforzata”, predisposta dal Servizio giuridico del Consiglio su incarico del Presidente del Consiglio europeo Van Rompuy.

Il 19 dicembre 2011 il testo è stato oggetto di un primo esame da parte del gruppo di lavoro che ha fissato al 29 dicembre il termine per la presentazione di proposte di modifica da parte dei partecipanti.

Entro tale termine, hanno presentato proposte di modifica il Governo italiano, il Parlamento europeo, la Commissione europea, la BCE e alcuni Stati membri, tra cui Francia e Germania (v. infra)

Il gruppo di lavoro ha quindi esaminato le proposte di modifica nella riunione del 6 gennaio 2012, unitamente ad una seconda versione del progetto predisposta dal Servizio giuridico del Consiglio al fine di recepire alcune proposte emendative.

Una ulteriore versione modificata è stata presentata il 10 gennaio, in vista di una riunione del gruppo di lavoro svoltasi il 12 gennaio 2012.

A seguito di tale riunione, il 19 gennaio è stato predisposta un’ulteriore bozza, con la quale il gruppo di lavoro ha terminato la propria attività.

 

Il testo predisposto dal Gruppo di lavoro è stato esaminato dall’Eurogruppo il 23 gennaio e dal Consiglio ECOFIN del 24 gennaio 2012, e giudicato come una “buona base per la discussione” per il Consiglio europeo nella riunione straordinaria del 30 gennaio. A seguito di ulteriori negoziati è stata presentata una nuova versione alla riunione del Consiglio Affari generali del 27 gennaio, approvata definitivamente, con alcune modifiche, dai Capi di Stato e di Governo il 30 gennaio e poi firmato il 2 marzo scorso.

 

Rispetto alle prime bozze, il testo finale presenta le seguenti principali innovazioni:

·         il termine “accordo” (come proposto da emendamenti della Commissione europea, della Germania e della Francia) è stato sostituito in tutto il testo con il termine “trattato” (presumibilmente al fine di chiarire che si tratta di un trattato internazionale in senso stretto);

·         accanto agli obiettivi della disciplina di bilancio e del coordinamento delle politiche economiche sono stati inseriti quelli relativi alla crescita, ad una più profonda integrazione nell’ambito del mercato interno e alla coesione sociale, (questa esigenza è sostenuta, in particolare, negli emendamenti presentati dal Governo italiano e da quello francese);

·         è stato rafforzato il ruolo della Commissione europea nelle procedure di attuazione (recependo anche in questo caso emendamenti del Governo italiano nonché del Parlamento europeo e della Commissione stessa).

 

Il Governo italiano ha accompagnato i suoi emendamenti al progetto originario con alcune osservazioni preliminari, dichiarando, in particolare, che:

·         occorre rispettare pienamente la dichiarazione dei Capi di Stato e di governo dell’eurozona del 9 dicembre e la loro volontà di conservare, nella nuova cornice giuridica del trattato, la disciplina legislativa del six pack;

·         l’Italia considera essenziale una politica di bilancio rigorosa ai fini della stabilità finanziaria e concorda sulla necessità di dotare la nuova disciplina di bilancio con adeguati strumenti preventivi e correttivi. Tuttavia, questi aspetti sono solo una parte di una strategia complessiva che, per essere efficace, deve includere anche la piena attivazione del meccanismo europeo di stabilità;

·         il nuovo trattato deve tenere conto dell’accordo, definito dal vertice del 9 dicembre, sulla necessità di muoversi verso una unione economica rafforzata che, accanto al patto di bilancio (“fiscal compact”), comprenda una strategia complessiva per la convergenza, la crescita e la creazione di posti di lavoro, facendo leva  in particolare sulle opportunità offerte dal mercato interno. Al riguardo si ricorda che il Consiglio europeo del 28-29 giugno ha approvato un “Patto per la crescita e l’occupazione”, che definisce un quadro organico per l'adozione di misure, di natura legislativa e non legislativa, a livello nazionale, dell'UE e della zona euro.

 

I. 4. L’attività della Camera dei deputati

In vista del Consiglio europeo del 30 gennaio, il 25 gennaio la Camera dei deputati ha approvato, con il parere favorevole del Governo, alcune mozioni (onn.Franceschini ed altri n. 1-00800, onn. Cicchitto ed altri n. 1-00802, onn. Cambursano e Brugger n. 1-00818, successivamente ritirata, onn. Mecacci ed altri n. 1-00821, onn. Donadi ed altri n. 1-00822, on. Antonione ed altri n. 1-00823 e n. 1-00825, d’iniziativa dell’on. Misiti ed altri), presentate da diversi gruppi, che recano indirizzi al Governo, tra le altre cose, per la fase finale del negoziato sul Fiscal Compact.

In particolare, la mozione 1-00800, sottoscritta dai rappresentanti di tutti i gruppi che sostengono il Governo e riformulata nel corso del dibattito, ha impegnato il Governo stesso, tra le altre cose, a:

·       rilanciare la prospettiva dell'Europa federale e riaffermare il metodo comunitario quale asse centrale del processo di integrazione;

·       specificare il ruolo della Corte di giustizia in relazione al controllo dell’attuazione del principio della golden rule, evitando di dilatarlo in modo improprio;

·       stabilire un giusto equilibrio fra la politica di riduzione del deficit e del debito e la politica per la crescita; a tal fine, a procedere al completamento del mercato interno, a promuovere l'innovazione e la ricerca scientifica, anche ricorrendo a strumenti di finanziamento innovativi quali gli eurobond e i project bond;

·       indicare, per l'entrata in vigore dell'accordo, la necessità di ratifica di un numero adeguato e politicamente significativo di Paesi dell'area euro.

La mozione n. 1-00821, riformulata nel corso del dibattito, impegna il Governo a precisare l'obiettivo degli Stati Uniti d'Europa promuovendo la definizione degli elementi essenziali del progetto, del metodo e dell'agenda in una dichiarazione che accompagni il trattato internazionale e suggerendo di riprendere i principi dell'appello lanciato a Berlino dai Capi di Stato e di Governo dell'Unione europea nel marzo 2007 in occasione dei cinquanta anni dei trattati di Roma e delle conclusioni del Consiglio europeo di Laeken del dicembre 2001.

La mozione n. 1-00822, anch’essa riformulata nel corso del dibattito, impegna il Governo  a proporre, in parallelo al nuovo Trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance dell'Unione economica e monetaria, un rafforzamento delle politiche di coesione europea con misure e provvedimenti che delineino una vera unione politica del continente, con un ruolo maggiore del Parlamento europeo, con una comune politica fiscale e finanziaria, con obiettivi comuni per lo sviluppo economico, sociale e culturale dell'area monetaria, ponendo su una base comune il finanziamento statale degli Stati membri

La mozione n. 1-00823 impegna l’Esecutivo a valutare l'opportunità di promuovere la riapertura della discussione sul rientro dello stock del debito, da un lato, ritornando con maggiore precisione sulla questione della necessità di tenere in conto, accanto all'entità del debito pubblico, anche l'entità del debito privato, nonché la correlata questione della quantità di debito detenuto da investitori stranieri.

La mozione n. 1-00825 impegna il Governo a partecipare in termini attivi e propositivi al negoziato per giungere alla redazione di un accordo politico che, oltre alla costituzionalizzazione del bilancio, all'accordo six-pack, alla riduzione complessiva del debito, ai contenuti del patto Europlus, tenga in primaria considerazione l'adozione di politiche fiscali funzionali alla crescita, anche negoziando con le istituzioni europee in merito alla concessione di fiscalità di vantaggio quinquiennale per le aree sottoutilizzate, ad insistere perché siano inseriti nell'accordo gli impegni per una più profonda integrazione nell'ambito del mercato interno e per il conseguimento di una reale coesione sociale;

I. 5. Il preambolo del Trattato

Il preambolo, profondamente modificato nel corso del processo di negoziazione, contiene, tra le altre, due importanti previsioni:

·         l’impegno delle parti contraenti a sostenere le proposte che la Commissione europea potrebbe presentare per rafforzare ulteriormente il Patto di stabilità e crescita, introducendo, per i Paesi dell’eurozona, obiettivi a medio termine in linea con i parametri fissati dal trattato in esame;

·         il richiamo, alla luce del testo finale dell’articolo 8, all’art. 260 del TFUE, che attribuisce alla Corte di giustizia il potere di imporre il pagamento di una somma forfettaria o di una penalità nel caso in cui uno Stato non si sia conformato ad una sua sentenza (v. infra);

·         la subordinazione, a partire dal 1° marzo 2013, dell’accesso all’assistenza finanziaria del Meccanismo europeo di stabilità, alla ratifica del trattato in esame.

I. 6. Titolo I: obiettivo e scopo

L’articolo 1 precisa che attraverso il nuovo trattato, le parti contraenti concordano un patto di bilancio (Fiscal Compact) per rafforzare il coordinamento delle politiche economiche e promuovere la governance economica dell’eurozona, in modo da supportare gli obiettivi della crescita sostenibile, dell’occupazione nonché, come precisato nell’ultima versione del Trattato, della competitività e della coesione sociale.

Le disposizioni del trattato si applicano alle parti contraenti la cui moneta è l’euro e alle altre parti contraenti secondo le disposizioni dell’art. 14.

 

La formulazione dell’art.1, modificata e ampliata rispetto alla prima bozza, ha recepito in gran parte gli emendamenti presentati dal Governo italiano e da quello francese. L’emendamento del Governo italiano era inteso a precisare anche che il rafforzamento del coordinamento delle politiche economiche costituisce il primo passo verso un’unione economica più forte. Ciò implica, accanto a un nuovo patto di bilancio e a un coordinamento rafforzato, lo sviluppo di efficaci strumenti di stabilizzazione.

 

I. 7. Titolo II: coerenza e rapporto con il diritto dell’UE

L’articolo 2 stabilisce che il nuovo trattato si applica e si interpreta in conformità con i Trattati su cui si fonda l’UE, in particolare con il principio di leale cooperazione tra Stati membri e Unione di cui all’art. 4, par. 3, del trattato UE,[7] rispettando le procedure vigenti ogni qual volta si richiede l’adozione di una legislazione secondaria.

Le disposizioni del trattato, inoltre, si applicano se e nella misura in cui sono compatibili con i Trattati e con il diritto dell’UE e non pregiudicano le competenze dell’UE nell’ambito dell’unione economica e monetaria.

Si ricorda che la giurisprudenza consolidata stabilisce altresì l’obbligo degli Stati membri di non stipulare accordi internazionali (bilaterali o multilaterali con Parti terze) che siano in contrasto con il diritto e le competenze dell’UE.

 

La formulazione finale dell’art. 2 ha ripreso nella sostanza un emendamento presentato dai rappresentanti del PE, che proponeva di precisare che le disposizioni del trattato non inficiano le procedure della governance economica previste dalla legislazione UE, e che tutte le misure di attuazione del trattato devono essere assunte in conformità delle procedure stabilite dai Trattati UE.

Il Governo tedesco aveva invece proposto, con un proprio emendamento, di sopprimere il richiamo al primato del diritto UE rispetto al nuovo Trattato e di inserire invece la clausola per cui le misure assunte in base al trattato stesso fossero considerate in conformità con i Trattati UE in quanto recanti norme più stringenti rispetto a quelle da esse previste. Inoltre, le parti contraenti si sarebbero dovute astenere da qualsiasi misura che potesse pregiudicare il conseguimento degli obiettivi sia del trattato intergovernativo sia dei Trattati UE.

I. 8. Titolo III: Patto di bilancio (Fiscal Compact)

I. 8. 1. Disavanzo e costituzionalizzazione del pareggio di bilancio

L’articolo 3 impegna le Parti contraenti ad applicare e ad introdurre, entro un anno dall’entrata in vigore del trattato, con norme vincolanti e a carattere permanente, preferibilmente di tipo costituzionale, o di altro tipo purché ne garantiscano l’osservanzanella procedura di bilancio nazionale, le seguenti regole, in aggiunta a e senza pregiudizio per gli obblighi derivanti dal diritto dell’UE:

a)      il bilancio dello Stato dovrà essere in pareggio o in attivo;

b)      la regola di cui al punto a) si considera rispettata se il disavanzo strutturale dello Stato[8]è pari all’obiettivo a medio termine specifico per Paese come stabilito dalla recente modifica del Patto di stabilità[9] con un deficit che non ecceda lo 0,5% del PIL. Le parti contraenti dovranno assicurare la convergenza verso il rispettivo obiettivo a medio termine, l’arco temporale della quale sarà proposto dalla Commissione tenendo conto i rischi di sostenibilità del Paese interessato. I progressi nel percorso di convergenza saranno valutati, come precisato dall’ultima versione del progetto, sulla base di un esame del bilancio che includa l’analisi delle spese al netto delle misure discrezionali in materia di entrate, in linea con le disposizioni del Patto di stabilità come modificate dal six pack;

c)      gli Stati contraenti potranno temporaneamente deviare dall’obiettivo a medio termine o dal percorso di aggiustamento solo nel caso di circostanze eccezionali, ovvero eventi inusuali che sfuggono al controllo dello Stato interessato e che abbiano rilevanti ripercussioni sulla situazione finanziaria della pubblica amministrazione, oppure in periodi di grave recessione, a patto che tale disavanzo non infici la sostenibilità di bilancio a medio termine;

d)      qualora il rapporto debito pubblico/Pil risulti significativamente al di sotto della soglia del 60%, e qualora i rischi per la sostenibilità a medio termine delle finanze pubbliche siano bassi, il valore di riferimento di cui al punto b) può essere superiore allo 0,5%, ma in ogni caso non può eccedere il limite dell’1% del PIL;

e)      nel caso di deviazioni significative dal valore di riferimento o dal percorso di aggiustamento verso di esso, le parti contraenti dovranno attivare un meccanismo di correzione automatica, che includa l’obbligo per la parte contraente interessata di attuare le misure per correggere la deviazione entro un determinato termine temporale. Tale meccanismo di correzione verrà definito sulla base di principi comuni proposti dalla Commissione europea, relativi in particolare alla natura, alla misura e all’arco temporale dell’azione correttiva, nonché al ruolo e all’indipendenza delle istituzioni responsabili a livello nazionale di monitorare l’osservanza delle norme. Il meccanismo dovrà inoltre rispettare pienamente le responsabilità dei Parlamenti nazionali.

La costituzionalizzazione del pareggio di bilancio negli ordinamenti interni era già contemplata, quale impegno non giuridicamente vincolante, nell’ambito del Patto euro plus (vedi infra) ed è stata operata o è in via di adozione in numerosi Stati membri, tra cui l’Italia[10]. Una disposizione analoga[11] è contenuta anche nella proposta di regolamento recante norme comuni per il monitoraggio e la valutazione dei progetti di bilancio e per assicurare la correzione dei disavanzi eccessivi degli Stati membri nell’eurozona (COM(2011)821), presentata dalla Commissione europea il 23 novembre scorso.

Le novità prospettate dal nuovo trattato i consistono pertanto:

·         nell’impegno espresso ad introdurre anche meccanismi di correzione automatica;

·         nella definizione di “principi comuni proposti dalla Commissione europea” relativi ai meccanismi di correzione.

In attuazione di tale ultima previsione, il 20 giugno 2012 la Commissione europea – pur non essendo ancora entrato in vigore il Trattato - ha presentato una comunicazione sui principi comuni per i meccanismi nazionali di correzione di bilancio (COM(2012)342).

I principi comuni individuati dalla Commissione sono sette:

·      status giuridico: in base al Fiscal compact, le regole sui meccanismi di correzione producono effetti nel diritto nazionale “tramite disposizioni vincolanti e di natura permanente – preferibilmente costituzionale – o il cui rispetto fedele è in altro modo rigorosamente garantito lungo tutto il processo nazionale di bilancio”. Pertanto lo status giuridico dei meccanismi di correzione dovrebbe presupporre che le loro disposizioni non possano essere modificate semplicemente per mezzo della legge ordinaria sul bilancio;

·      coerenza con il quadro normativo dell’UE: i meccanismi di correzione nazionali poggiano rigorosamente sui concetti e sulle norme del quadro di bilancio europeo (come definiti dall’apposita direttiva del six pack). Ciò vale in particolare per il concetto di “deviazione significativa” e per la definizione di eventuali clausole di salvaguardia. La correzione, in termini di entità e di quadro temporale, deve essere messa in sintonia con eventuali raccomandazioni rivolte allo Stato membro interessato nell’ambito del Patto di stabilità e crescita;

·      attivazione: l’attivazione dei meccanismi di correzione deve avvenire in circostanze ben definite che caratterizzano una deviazione significativa dall’obiettivo di medio termine o dal percorso di avvicinamento a tale obiettivo. Per l’attivazione possono essere applicati criteri specifici per paese o stabiliti a livello dell’Unione, purché sia rispettata la condizione che precede. Ferma restando le stessa condizione, possono soddisfare questi requisiti sia meccanismi ex ante che fissano obiettivi di bilancio atti a impedire che si verifichino deviazioni, sia meccanismi ex post che fanno scattare correzioni dopo il verificarsi delle deviazioni;

·      natura della correzione: deviazioni più ampie dall’obiettivo di medio termine o dal percorso di avvicinamento a tale obiettivo comportano correzioni più elevate. Il punto di riferimento per il meccanismo di correzione è il ripristino del bilancio strutturale a un livello pari o superiore all’obiettivo di medio termine entro il periodo stabilito e, successivamente, il suo mantenimento a tale livello, impedendo in questo modo uno scostamento duraturo dagli obiettivi di bilancio generali programmati prima del verificarsi della deviazione significativa;

·      strumenti operativi: il meccanismo di correzione può conferire un ruolo operativo di rilievo alle regole in materia di spesa pubblica e alle misure fiscali discrezionali. L’architettura del meccanismo di correzione contiene disposizioni riguardanti, in caso di attivazione, il coordinamento degli adeguamenti di bilancio tra tutti o alcuni dei livelli decentrati della pubblica amministrazione;

·      clausole di salvaguardia: la definizione di eventuali clausole di salvaguardia è conforme al concetto di “circostanze eccezionali” previsto dal Patto di stabilità e crescita. Possono essere inclusi in questo concetto eventi inediti che sfuggono al controllo dello Stato membro interessato, con ripercussioni rilevanti sulla posizione finanziaria delle amministrazioni pubbliche, oppure periodi di grave recessione economica quale definita nel Patto di stabilità e crescita, anche a livello della zona euro. In caso di applicazione di una clausola di salvaguardia la sospensione del meccanismo di correzione deve essere temporanea;

·      ruolo ed indipendenza delle istituzioni di sorveglianza: per rafforzare la credibilità e la trasparenza del meccanismo di correzione vengono designati organismi indipendenti o dotati di autonomia funzionale che fungono da istituzioni di sorveglianza. Tali istituzioni forniscono una valutazione pubblica per stabilire se si verificano circostanze che richiedono l’attivazione del meccanismo di correzione, se la correzione procede in conformità alle norme e ai piani nazionali e se sono presenti le circostanze che comportano l’attivazione di clausole di salvaguardia, la loro proroga o la loro cessazione. Gli Stati membri interessati hanno l’obbligo di rispettare le valutazioni delle suddette istituzioni, o in alternativa di spiegare pubblicamente perché non le stanno osservando. L’operato di tali organismi è disciplinato da disposizioni legislative nazionali che garantiscono un alto livello di autonomia funzionale e che prevedono in particolare: un regime statutario sancito dalla legge; l’assenza di ingerenza, per cui gli organismi non prendono istruzioni; procedure di nomina basate sull’esperienza e sulla competenza; adeguatezza delle risorse e adeguato accesso alle informazioni per poter eseguire il mandato.

Va segnalato che, rispetto alla prima bozza del 15 dicembre, il testo del Trattato introduce un riferimento esplicito alla recente modifica della parte preventiva del Patto di stabilità e crescita; tuttavia, nelle bozze intermedie del 6 e del 10 gennaio era presente un rinvio esplicito all’art. 2 del regolamento (UE) n. 1175/2011), che nell’ultima versione è stato sostituito dalla formulazione più generica  “obiettivo a medio termine come definito dalla modifica del Patto di stabilità”.

Si ricorda che il citato regolamento stabilisce per gli Stati dell'eurozona la regola per cui gli obiettivi di bilancio a medio termine sono specificati (in modo differenziato per ciascuno Stato) in una forcella stabilita tra il -1% del PIL e il pareggio o l'attivo, in termini corretti per il ciclo, al netto delle misure temporanee e una tantum.

 

Il rinvio alla nuova disciplina del Patto di stabilità riprende in parte anche l’emendamento del Governo italiano, con il quale siproponeva anche di inserire, alla lettera b), la possibilità di un mantenere un margine di manovra nelle politiche di bilancio, tenendo conto, in particolare, della necessità di investimenti pubblici.

Il Governo italiano aveva inoltre proposto di precisare che ciascun Paese garantisce la convergenza verso il proprio obiettivo di bilancio secondo il calendario proposto dalla Commissione europea e di inserire un capoverso aggiuntivo volto a ribadire che la Commissione esamina la conformità con le regole menzionate nell’articolo nel rispetto dei poteri e degli obblighi previsti dal diritto dell’UE, effettuando una valutazione equilibrata di tutti i fattori rilevanti, in particolare quelli che producono effetti aggravanti o mitiganti rispetto all’obiettivo di bilancio.

Tali ultime previsioni sono peraltro espressamente contenute nel regolamento n. 1175/2011 sopra richiamato.

 

Il PE aveva invece proposto di stabilire cheil valore di riferimento per ciascun Paese venisse determinato sulla base delle disposizioni del Patto di stabilità, invitando la Commissione europea a presentare proposte per rafforzare il Patto di stabilità introducendo un valore di riferimento più stringente che non superi lo 0,5% del PIL (analogo a quello previsto dal trattato).

Un emendamento della Banca centrale europea suggeriva, invece, di subordinare la deroga all’obbligo di bilancio (e quindi la possibilità di incorrere in un disavanzo) in caso di recessione grave, al voto a maggioranza qualificata delle parti contraenti.

I. 8. 2. Riduzione dell’eccedenza di debito

In base all’articolo 4, qualora il rapporto debito pubblico/Pil superi la soglia del 60%, le parti contraenti si impegnano a ridurlo mediamente di 1/20 all’anno, come previsto dall’art. 2 del regolamento (CE) n. 1467/97 come modificato dal regolamento (UE) n. 1177/2011. L’esistenza di un disavanzo eccesivo dovuto alla inosservanza del criterio del debito viene decisa seguendo le procedure previste dall’art. 126 del TFUE.

Il testo finale ha recepito pressoché integralmente l’emendamento presentato dal Governo italiano e da quello francese. La prima bozza del 15 dicembre non conteneva infatti il rinvio al regolamento (UE) n. 1177/2011, che assume particolare rilevanza nella misura in cui stabilisce  che l’entità della riduzione del debito possa essere modulata, a seguito della valutazione di  Commissione e Consiglio di  taluni fattori rilevanti.

Il citato regolamento 1177/2011 dispone infatti che gli Stati con debito superiore al 60% si impegnino a ridurlo a un ritmo soddisfacente, definito come una riduzione di 1/20 dell’eccedenza, registrata nel corso degli ultimi tre anni, rispetto alla soglia del 60% e tenendo conto dell’incidenza del ciclo economico. Per uno Stato membro soggetto a una procedura per i disavanzi eccessivi, per un triennio a decorrere dalla correzione del disavanzo eccessivo, il requisito del criterio del debito è considerato soddisfatto se lo Stato membro interessato compie progressi sufficienti verso l’osservanza. La valutazione dell’andamento del debito, inoltre, dovrà tener conto di alcuni fattori significativi nella misura in cui essi influenzino in modo significativo la valutazione dell'osservanza dei criteri relativi al disavanzo e al debito da parte dello Stato membro interessato.

Il richiamo al regolamento 1177/2011 sembra diretto a chiarire, inoltre, che l’applicazione del parametro numerico per riduzione dell’eccedenza di debito sarà operata non immediatamente dopo l’entrata in vigore del nuovo trattato ma con i tempi previsti dal regolamento medesimo (e quindi a partire dal 2015, una volta esaurito il primo triennio successivo all’entrata in vigore del regolamento medesimo).

Di particolare rilevanza è altresì il rinvio all’art 126 del TFUE, inserito nell’ultima versione; tale disposizione prevede, infatti, per l’accertamento della situazione di disavanzo eccessivo, che il Consiglio si esprima secondo le regole della maggioranza qualificata ordinaria e non “inversa” (il principio della maggioranza “inversa” è stato introdotto dalla recente legislazione del six pack, e implica che le proposte della Commissione possano essere solo respinte dal Consiglio a maggioranza qualificata).

I. 8. 3. Disavanzi eccessivi

In base all’articolo 5 le parti contraenti che sono oggetto di una procedura per disavanzo eccessivo dovranno concordare e sottoporre alla Commissione europea e al Consiglio un programma di partenariato economico e di bilancio che comprenda una descrizione dettagliata delle riforme strutturali che intendono mettere in atto per sanare la situazione di deficit eccessivo. Il contenuto e la forma di tali programmi verranno definiti in base al diritto dell’UE, e sottoposti alla Commissione europea e al Consiglio per l’approvazione.

L’attuazione del programma, ed progetto di bilancio annuale ad esso correlato, verranno monitorati dalla Commissione e dal Consiglio, nell’ambito delle procedure di sorveglianza previste dal Patto di stabilità.

L’articolo in esame, così formulato, recepisce parzialmente un emendamento del PE, che chiedeva che i programmi venissero definiti sulla base del diritto dell’UE, incluso l’art. 136 del TFUE.

Tale previsione appare intesa a specificare ed estendere gli obblighi cui gli Stati membri sottoposti alla procedura sono già tenuti in base alla disciplina del Patto di stabilità come recentemente modificata e alle due ulteriori proposte presentate dalla Commissione il 23 novembre scorso.

I. 8. 3. Emissione di titoli del debito pubblico

L’articolo 6 prevede che le Parti contraenti, al fine di coordinare meglio l’attività di collocazione dei titoli di debito pubblico, riferiscano preventivamente alla Commissione e al Consiglio sui piani di emissione dei titoli di debito.

Questa formulazione - più stringente rispetto alla bozza iniziale del 15 dicembre che prevedeva un più generico l’obbligo di migliorare l’attività di informazione sulle emissioni di debito - accoglie una proposta formulata nel rapporto Van Rompuy che, peraltro, suggeriva di valutare contestualmente l’introduzione, sia pure a lungo termine, degli stability bonds, ovvero di emissioni comuni di debito pubblico: tale ultima opzione non è stata tuttavia recepita nella dichiarazione del 9 dicembre a causa dell’opposizione di alcuni Paesi, e in particolare della Germania. e conseguentemente non è contemplata nel trattato in esame.

 

La delegazione del PE, con propri emendamenti, aveva peraltro proposto di aggiungere l’aggiunta di due commi volti sostanzialmente a recepire alcune delle opzioni prospettate nel libro verde sugli Stability bonds:

·         il primo volto ad obbligare gli stati con un debito pubblico superiore al 60% del PIL ad istituire un fondo di riduzione del debito stesso, consentendo alle parti contraenti che avessero rispettato le regole sulla disciplina di bilancio previste dal trattato negli anni precedenti la sua entrata in vigore di procedere ad una emissione congiunta di  titoli di debito al fine di finanziare il suddetto fondo di riduzione;

·         il secondo volto ad impegnare gli Stati contraenti ad adottare una tabella di marcia allo scopo di creare le condizioni istituzionali, economiche e politiche per l’emissione comune di titoli di debito sovrano, con garanzie congiunte e differenziate. Dato che la sostenibilità delle finanze pubbliche contribuisce a creare le condizioni necessarie per la possibile introduzione degli stability bonds, l’emissione comune potrà aver luogo solamente quando sia tata delineata una cornice volta ad assicurare nell’eurozona sia una governance economica rafforzata sia la crescita economica[12].

I. 8. 4. Procedura per disavanzi eccessivi e maggioranza inversa

L’articolo 7 impegnale parti contraenti la cui moneta è l’euro a sostenere le proposte e le raccomandazioni adottate dalla Commissione europea nel caso in cui uno stato membro non rispetti i criteri relativi al deficit nell’ambito della procedura per disavanzi eccessivi, a meno che esse non siano respinte dal Consiglio a maggioranza qualificata (cd. “maggioranza inversa”), senza tenere conto del voto dello Stato interessato.

 

Tale previsione, per un verso, sembra ribadire il meccanismo dell’adozione delle sanzioni a maggioranza inversa, già introdotto nella recente riforma del Patto di stabilità con riferimento alla parte correttiva; per altro verso, il trattato sembra introdurre la facoltà per la Commissione di proporre (o raccomandare) l’applicazione della sanzioni in seguito alla mera constatazione dell’esistenza del disavanzo eccessivo. Nella disciplina recentemente introdotta, le sanzioni sono peraltro subordinate alla constatazione, mediante raccomandazione del Consiglio adottata con l’ordinaria maggioranza qualificata, della mancata attuazione delle raccomandazioni volte alla riduzione del disavanzo o a violazioni ulteriori degli obblighi del Patto di stabilità da parte degli Stati membri.

Va altresì sottolineato che la disposizione in esame si riferisce esclusivamente al mancato rispetto dei parametri relativi al rapporto deficit/PIL e non anche di quelli relativi al rapporto debito/PIL.

I. 8. 5. Competenze della Corte di giustizia

L’articolo 8, più volte riformulato nel corso del negoziato, concerne le procedure per la verifica dell’attuazione degli obblighi previsti in materia di disavanzo e costituzionalizzazione del pareggio di bilancio posti dall’art. 3. In particolare, in base alla versione contenuta nel progetto definitivo di trattato:

·         la Commissione è invitata a presentare in tempo utile alla parti contraenti un rapporto sulle disposizioni adottate da ciascuna di esse per dare attuazione agli obblighi sopra richiamati. Con una modifica intervenuta nel corso del negoziato, si fa precedere all’eventuale attivazione della Corte di giustizia una valutazione della Commissione europea.

Tale previsione riprende in parte gli emendamenti presentati dal Governo italiano volti a stabilire il coinvolgimento della Commissione europea nella procedura conseguente alla violazione del Patto di bilancio. La versione originaria del progetto prevedeva invece soltanto la facoltà per uno Stato membro di presentare il ricorso alla Corte in caso di inadempimento da parte di altro Stato membro;

·         se la Commissione, dopo aver dato alle parti contraenti interessate la possibilità di presentare le proprie osservazioni, conferma la non conformità agli obblighi previsti dal trattato, una o più parti contraenti possono presentare ricorso alla Corte di Giustizia;

·         in aggiunta, se una parte contraente ritiene, indipendentemente dal rapporto della Commissione che un’altra parte contraente non ha adempiuto agli obblighi previsti dall’art. 3, può adire direttamente la Corte di giustizia;

·         in entrambi i casi, il giudizio della Corte sarà vincolante per le parti in causa, che dovranno assumere tutte le misure necessarie per conformarsi ad esso entro il termine stabilito dalla Corte stessa. Qualora una parte contraente ritenga, sulla base di una propria valutazione o di una valutazione della Commissione europea, che l’altra parte contraente non ha adottato le misure previste dalla sentenza della Corte, può ricorrere alla Corte stessa e richiedere l’imposizione di sanzioni finanziarie determinate – come precisato nell’ultima versione - sulla base dei criteri stabiliti dalla Commissione europea nel quadro del’art. 260 del TFUE. La Corte, verificata l’inadempienza, può imporre il pagamento diuna somma forfettaria o di una penalità adeguata alle circostanze, e che non ecceda lo 0,1% del PIL del Paese interessato (tale importo è inferiore rispetto a quello dello 0,2% previsto dal regolamento (UE) n. 1177/2011 sulla parte correttiva del Patto di stabilità). L’importo dell’ammenda verrà versato al Meccanismo europeo di stabilità (come già previsto dal richiamato regolamento) se comminato ad uno Stato membro dell’eurozona, al bilancio dell’UE se comminato ad un Paese non membro dell’eurozona.

 

L’articolo 260,par. 2, secondo comma, del TFUE dispone che la Corte di giustizia, qualora riconosca – a seguito di un ricorso della Commissione europea - che uno Stato membro non si è conformato alla sentenza da essa pronunciata, può comminargli il pagamento di una somma forfetaria o di una penalità. I criteri per la determinazione dell’entità della somma forfetaria o della penalità sono definiti nella comunicazione della Commissione del luglio 2005 (SEC(2005)1658) come modificata dalla comunicazione del 1° settembre 2011 (SEC(2011)1024), la quale stabilisce che l’importo della sanzione deve essere fissato in funzione di tre criteri fondamentali:

·         la gravità dell’infrazione,

·         la durata dell’infrazione,

·         la necessità di garantire l’efficacia dissuasiva della sanzione, onde evitare recidive.

In ogni caso di ricorso alla Corte di giustizia ai sensi dell’articolo 260, la Commissione propone almeno una somma forfettaria fissa, determinata per ogni Stato membro: per l’Italia tale somma è quantificata in 9,92 milioni di euro.

 

Nel corso del negoziato è stato dunque ripreso l’emendamento presentato dal Governo tedesco, che prevedeva espressamente la possibilità per la Corte di giustizia di infliggere una sanzione pecuniaria (i cui proventi sarebbero stati versati al Meccanismo europeo di stabilità) a carico delle parti contraenti  nel caso di mancata esecuzione della sentenza con cui si accerta la violazione del Patto.

 

Al riguardo si osserva che potenzialmente il combinato disposto delle disposizioni – quella relativa alla procedura e quella relativa alla giudizio vincolante per le parti in causa - potrebbe dar luogo ad esiti contrastanti: una parte, pur non essendo oggetto di un rapporto di valutazione negativo da parte della Commissione europea, potrebbe essere oggetto di una sentenza di condanna della Corte e della relativa, eventuale sanzione, mentre un’altra parte contraente, pure oggetto di accertamento da parte della Commissione, potrebbe non essere condotta in giudizio e condannata.

Resta inoltre da chiarire se la pena comminata per mancata esecuzione della sentenza della Corte sia aggiuntiva o alternativa rispetto a quella prevista dal citato regolamento 1175/2011 relativo alla parte correttiva del Patto di stabilità.

L’articolo in commento precisa che le disposizioni da essa recate costituiscono un compromesso tra le parti contraenti alla luce di quanto previsto dall’art. 273 del TFUE[13].

L’articolo in esame, pur richiamando l’art. 273 del TFUE, configura una parziale innovazione rispetto alla disciplina dei trattati vigenti con riferimento alla legittimazione dei singoli stati a ricorrere alla Corte. Riguardo alla quantificazione delle sanzioni in caso di mancata ottemperanza ad una sentenza della Corte stessa c’è invece un sostanziale rinvio alla normativa in vigore, salva la fissazione della soglia massima dell’0,1% del PIL.

 

Con riferimento al primo profilo si ricorda che in base all’art. 259 del TFUE ciascuno degli Stati membri può adire la Corte di giustizia dell'Unione europea quando reputi che un altro Stato membro ha mancato a uno degli obblighi a lui incombenti in virtù dei trattati. Tuttavia, prima di proporre il ricorso, lo Stato in questione deve rivolgersi alla Commissione, che emette un parere motivato dopo che gli Stati interessati siano posti in condizione di presentare in contraddittorio le loro osservazioni scritte e orali. Qualora la Commissione non abbia formulato il parere nel termine di tre mesi dalla domanda, lo Stato che contesta la violazione può ricorrere direttamente alla Corte.

 

I rappresentanti del PE avevano espresso delle riserve sulla compatibilità di questo articolo con i Trattati vigenti.

Si segnala che sia la versione originaria sia quella intermedia del 5 gennaio prevedevano   inoltre che l’attuazione della norma recante l’obbligo di introdurre il pareggio di bilancio con norma costituzionale o di rango equivalente fosse soggetta all’esame delle rispettive Corti costituzionali nazionali. Tale disposizione è stata soppressa già nella bozza del 10 gennaio.

I. 10. Titolo IV: Convergenza economica

L’articolo 9 impegna le parti contraenti, sulla base delle norme sul coordinamento delle politiche economiche contenute nel Trattato sul funzionamento dell’UE (TFUE), ad operare congiuntamente per una politica economica che promuova il buon funzionamento dell’Unione economica e monetaria e la crescita attraverso una convergenza e una competitività rafforzate. A tale scopo, esse assumeranno tutte le azioni necessarie per perseguire gli obiettivi di promozione della competitività e dell’occupazione, contribuendo inoltre alla sostenibilità delle finanze pubbliche e al rafforzamento della stabilità finanziaria.

Nell’ultima versione predisposta dal Gruppo di lavoro è stato soppresso il riferimento esplicito al Patto euro plus, che era presente sia nella prima bozza sia nella penultima del 10 gennaio, benché siano richiamati i suoi obiettivi principali.

Con i propri emendamenti, la delegazione del PE aveva proposto di precisare che le misure dei singoli Stati venissero assunte sulla base delle decisioni prese in conformità della legislazione UE, incluse quelle previste dalle procedure del semestre europeo per il coordinamento delle politiche economiche. In questo contesto, gli emendamenti del PE impegnavano le parti contraenti a dare seguito alle proposte della Commissione per una governance economica e finanziaria rafforzata, ed in particolare quelle relative ai Project Bonds[14] e all’imposta sulle transazioni finanziarie[15].

In un emendamento presentato dalla Banca centrale europea si proponeva invece di inserire l’obbligo di trasposizione negli ordinamenti nazionali degli impegni previsti dal Patto euro plus, attribuendo così a tale strumento carattere giuridicamente vincolante.

Il Patto “europlus”, approvato dal Capi di Stato o di governo della zona euro nella riunione dell’11 marzo 2011, impegna gli Stati membri dell’area euro e alcuni altri Stati aderenti a porre in essere ulteriori interventi in materia di politica economica, quali a porre in essere ulteriori interventi in materia di politica economica, quali: assicurare un'evoluzione dei costi in linea con la produttività, mediante l'ulteriore apertura dei servizi professionali e del commercio al dettaglio, il miglioramento dei sistemi di istruzione e la promozione della ricerca e dello sviluppo, l'innovazione e le infrastrutture, l’eliminazione degli oneri amministrativi e il miglioramento del quadro normativo per le PMI; riformare del mercato del lavoro per promuovere la "flessicurezza"; assicurare la sostenibilità di pensioni; garantire il coordinamento delle politiche fiscali nazionali, anche nel settore delle imposte dirette.

 In questo caso si tratta di impegni di natura soltanto politica il cui eventuale inadempimento da parte di uno Stato membro non comporta l’adozione di sanzioni.

I. 10. 1. Cooperazioni rafforzate

L’articolo 10 impegna, nel rispetto delle norme previste dai Trattati vigenti, le parti contraenti a fare ricorso, ove sia considerato appropriato e necessario, alla misure specifiche per i Paesi della zona euro previste dall’art. 136 del TFUE, e alle cooperazioni rafforzate nei settori che sono essenziali per il buon funzionamento dell’eurozona, senza tuttavia recare pregiudizio al mercato interno.

Va peraltro ricordato che, in base all’articolo 329 del TFUE, l’autorizzazione a procedere a cooperazioni rafforzate è concessa dal Consiglio, su proposta della Commissione e previa approvazione del Parlamento europeo, deliberando all’unanimità (con il sostegno quindi anche del Regno Unito e della Repubblica ceca che non sarebbero allo stato parte del trattato in esame).

I. 10. 2. Riforme economiche

In base all’articolo 11, le parti contraenti discutono preventivamente e coordinano con gli altri partner, coinvolgendo anche le Istituzioni dell’UE come previsto dal diritto europeo, tutte le più importanti riforme economiche che intendono adottare.

Tale previsione sembra prospettare un rafforzamento della procedura del semestre europeo nell’ambito della quale gli Stati membri definiscono annualmente, nei rispettivi programmi nazionali di riforma (PNR), le azioni di politica economica in coerenza con le linee guida stabilite dal Consiglio europeo; i PNR sono poi valutati dalla Commissione e sono oggetto di raccomandazioni specifiche del Consiglio.

 

Il rapporto Van Rompuy prospettava ulteriori misure per un più forte coordinamento delle politiche economiche tra cui l’applicazione di sanzioni finanziarie per la mancata attuazione da parte degli Stati membri delle raccomandazioni in materia di politica economica e dell’occupazione adottate dal Consiglio in esito al semestre europeo. I criteri per l’individuazione delle violazioni da sanzionare sarebbero stati definiti con atti di diritto derivato basati sull’art. 136 del TFUE, senza necessità di apportare modifiche ai Trattati.

 

Nei suo emendamento a questo articolo, la delegazione del PE proponeva di modificare il testo precisando che le riforme economiche venissero discusse e coordinate all’interno dell’UE (e quindi del suo quadro istituzionale).

I. 11. Titolo V: Governance

In base all’articolo 12 i Capi di Stato e di governo delle Parti contraenti la cui moneta è l’euro si riuniscono informalmente in un Euro Summit, insieme con il Presidente della Commissione europea.Il Presidente della Banca centrale europea è invitato a partecipare a tali summit.

Il Presidente dell’Euro Summit verrà nominato dai Capi di stato e di governo, a maggioranza semplice, in coincidenza con la nomina del Presidente del Consiglio europeo.

Gli Euro Summit avranno luogo ogni qual volta sia ritenuto necessario, e almeno 2 volte all’anno, per discutere i temi connessi alla governance dell’eurozona, e in particolare gli orientamenti strategici per potenziare la competitività e la convergenza economica.

I Capi di Stato e di governo delle parti contraenti non appartenenti all’eurozona che hanno ratificato il trattato parteciperanno agli Euro Summit che vertono sulla competitività, sulle modifiche all’architettura dell’eurozona e alle regole che si applicheranno ad essa, così come, se appropriato e almeno una volta all’anno, agli Euro Summit su questioni specifiche attinenti all’attuazione del trattato.

Le riunioni dell’Euro summit saranno preparate dal Presidente dell’Euro Summit, in stretta collaborazione con il Presidente della Commissione europea, e dall’Eurogruppo, che ne curerà anche il seguito. A tal fine, alle riunione dell’Euro Summit potrebbe essere invitato anche il presidente dell’Eurogruppo.

Il Presidente del Parlamento europeo potrebbe essere invitato per essere audito e, dopo ogni riunione dell’Euro Summit, il suo Presidente riferirà al Parlamento europeo.

Il Presidente dell’Euro summit terrà inoltre informati gli altri Stati membri dell’UE sulla preparazione e gli esiti delle riunioni.

La disposizione in esame è volta a rendere sistematico e strutturato lo svolgimento dei vertici dei Capi di Stato e di Governo che, a partire dal 2010, per effetto della crisi economica, si sono svolti più volte l’anno, spesso in seguito a convocazioni urgenti, ed hanno adottato mediante dichiarazioni o accordi informali rilevanti decisioni in materia economica e finanziaria.

I Vertici mantengono peraltro carattere informale non configurando la creazione di una nuova istituzione o organo.

La versione intermedia del 5 gennaio prevedeva la partecipazione all’Euro Summit anche del Presidente dell’Eurogruppo e del Commissario responsabile per gli affari economici e monetari, come richiesto anche in un emendamento presentato dal Governo italiano.

 

Nei suoi emendamenti la delegazione del PE prevedeva, in luogo degli “Euro Summit”, la possibilità di ampliare la partecipazione alle riunioni dell’Eurogruppo (organo già previsto dai Trattati) ai Capi di Stato e di Governo, nella cornice delle riunioni del Consiglio europeo.

Il PE chiedeva inoltre che a tali riunioni, presiedute dal Presidente del Consiglio europeo, venisse invitato anche il Presidente del Parlamento europeo.

Un emendamento della Commissione europea prevedeva invece di cancellare la possibilità per l’Euro Summit di discutere i temi connessi alla governance dell’eurozona, in modo da preservare le prerogative dell’attuale assetto istituzionale dell’UE. 

I. 12. Cooperazione interparlamentare

In base all’articolo 13, anch’esso oggetto di numerose riformulazioni nell’ambito del gruppo di lavoro,il Parlamento europeo e i Parlamenti nazionali delle parti contraenti, come previsto dal Titolo II del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti nazionali allegato al TFUE, determineranno insieme l’organizzazione e la promozione di una conferenza dei presidenti delle Commissioni competenti dei parlamenti nazionali e delle competenti Commissioni del PE.

L’ultima formulazione dell’articolo riprende in parte gli emendamenti della Commissione e del Parlamento europeo, i quali avevano proposto di porre i rappresentanti del Parlamento europeo sullo stesso piano dei rappresentanti dei Parlamenti nazionali, ed effettuare un rinvio al citato Protocollo sul ruolo dei Parlamenti nazionali allegato al TFUE, relativo alla cooperazione interparlamentare[16].

La versione originaria del progetto prevedeva la partecipazione agli incontri in questione di rappresentanti delle Commissioni competenti in materia economica e finanziaria; la versione del 5 gennaio conteneva invece il riferimento alle Commissioni “competenti” del parlamenti nazionali. Nella versione del 19 gennaio si era tornati alla indicazione dei rappresentanti delle Commissioni bilancio.

La formulazione dell’articolo nella versione definitiva riproduce sostanzialmente i contenuti della vigente disciplina generale, di cui al citato Protocollo, in materia di cooperazione interparlamentare tra PE e parlamenti nazionali.

I. 13. Titolo VI: disposizioni generali e finali

L’articolo 14 stabilisce che il trattato sia ratificato dalle Parti contraenti in conformità delle rispettive norme costituzionali. Gli strumenti di ratifica saranno depositati presso il Segretariato Generale del Consiglio dell’UE.

Il trattato entrerà in vigore il primo giorno del mese successivo al deposito del dodicesimo strumento di ratifica di una Parte contraente la cui moneta è l’euro.

La bozza di trattato del 15 dicembre prevedeva una soglia inferiore di ratifiche necessarie per l’entrata in vigore (9 Stati membri), quella del 5 gennaio (recependo un emendamento presentato dal Governo tedesco) prevedeva la soglia di 15. Il PE proponeva di fissare la soglia a 14.

Come già ricordato in premessa, alla data del 12 luglio 2012, il Fiscal Compact è stato ratificato da 9 Paesi mentre in due 2 Stati è stato completato l’iter parlamentare della ratifica ma i relativi strumenti non sono stati ancora firmati dal Presidente della Repubblica vedi tabella allegata).

 

In base all’art. 15, il trattato è aperto all’adesione di altri Stati membri dell’UE che non siano le Parti contraenti.

 

L’art. 16 stabilisce che entro cinque anni dall’entrata in vigore, sulla base di una valutazione della sua attuazione, verranno fatti i passi necessari, in conformità con le disposizioni dei Trattati UE, allo scopo di incorporare le norme del trattato intergovernativo nella cornice giuridica dell’UE.

 

Tale ultimo articolo recepisce un emendamento presentato sia dalla Commissione europea che dal PE.

 

 


II. - Il Meccanismo europeo di stabilità e la modifica
dell’art. 136 del TFUE


 

L’istituzione di un meccanismo permanente di stabilità (MES, spesso citato con l’acronimo inglese ESM, European Stability Mechanism,) dell’area euro, consentita da una apposita modifica all’articolo 136 del Trattato sul funzionamento dell’UE (TFUE, vedi infra) costituisce uno dei pilastri del nuovo sistema di governance economica europea.

Il MES è destinato prima ad affiancare a poi a sostituire gli strumenti transitoriodi stabilizzazione finanziaria (European financial stabilisation mechanism, EFSM, e European financial stability facility, EFSF) istituiti originariamente per 3 anni (fino al 31 dicembre 2012), e poi prorogati fino al 30 giugno 2013.

II. 1. La modifica dell’art. 136 del TFUE

La modifica all’articolo 136 del Trattato sul funzionamento dell’UE (TFUE) è stata approvata con decisione del Consiglio europeo del 24-25 marzo 2011, secondo la procedura semplificata di revisione dei trattati[17], ed è in corso di ratifica presso i 27 Stati membri (cfr. la tabella allegata).

L’art. 136 reca alcune disposizioni riguardanti specificamente gli Stati membri dell’area euro, volte a rafforzare il coordinamento delle politiche di bilancio e ad elaborare comuni orientamenti di politica economica.

La decisione prevede l’aggiunta all’art. 136 del seguente paragrafo:“Gli Stati membri la cui moneta è l'euro possono istituire un meccanismo di stabilità da attivare ove indispensabile per salvaguardare la stabilità della zona euro nel suo insieme. La concessione di qualsiasi assistenza finanziaria necessaria nell'ambito del meccanismo sarà soggetta a una rigorosa condizionalità."

 

La proposta di adottare tale modifica del Trattato sul funzionamento dell’UE era stata avanzata dalla relazione finale della Task force sulla governance economica, presieduta dal Presidente del Consiglio europeo Van Rompuy,[18] accogliendo una richiesta del Governo tedesco.

La Germania aveva segnalato l’esigenza – anche alla luce del suo assetto costituzionale e, soprattutto, dei principi enunciati dalla sentenza del Tribunale costituzionale tedesco del 30 giugno 2009 sulla ratifica del Trattato di Lisbona – di introdurre un’apposita base giuridica nei trattati per consentire agli Stati membri di assumere in via permanente l’impegno a contribuire alla stabilità finanziaria dell’area euro.

La base giuridica così introdotta autorizza gli Stati membri ad istituire un meccanismo di stabilità su base interamente intergovernativa. Non è previsto, infatti, alcun potere di proposta e/o di consultazione per la Commissione europea e per il Parlamento europeo. Inoltre, non è previsto alcun intervento diretto del bilancio dell’UE, risolvendosi l’assistenza finanziaria in contributi degli Stati membri interessati sotto forma di prestiti e garanzie.

Il procedimento di ratifica della modifica dell’art. 136 del TFUE si è perfezionato in 12 Stati membri (Cipro, Danimarca, Grecia, Francia, Ungheria, Lituania, Lussemburgo, Lettonia, Portogallo, Romania, Slovenia e Svezia), mentre in altri 9 Paesi (Austria, Repubblica ceca, Germania, Spagna, Finlandia, Irlanda, Paesi Bassi, Polonia e Slovacchia) è intervenuta l’approvazione in sede parlamentare, senza tutta via che la relativa legge sia entrata in vigore.

Il Consiglio europeo aveva inizialmente chiesto il rapido avvio delle procedure nazionali di approvazione, affinché la modifica potesse entrare in vigore il 1º gennaio 2013 (prima della scadenza dell’attuale meccanismo transitorio di stabilizzazione). Alla luce del perdurare della crisi del debito pubblico di alcuni Stati membri dell’area euro, il Consiglio europeo del 9 dicembre 2011 ha auspicato una accelerazione dell'entrata in vigore della modifica dell’art. 136 e del trattato che istituisce il meccanismo europeo di stabilità, concordando che quest’ultimo entri in vigore non appena gli Stati membri che rappresentano il 90% degli impegni di capitale lo avranno ratificato.

L’obiettivo è quello di rendere operativo il MES già nel luglio 2012, in modo da cumularne la capacità di intervento con quella dell’EFSF nella seconda metà del 2012 (con una capacità di prestito combinata pari a 700 miliardi di euro).

 

II. 2. Gli strumenti transitori di stabilizzazione finanziaria

Gli strumenti transitori di stabilizzazione finanziaria sono stati istituiti in base all’accordo raggiunto dal Consiglio ECOFIN del 9 maggio 2010 in seguito alla crisi finanziaria della Grecia (che aveva già beneficiato di un apposito prestito) e alla luce delle condizioni critiche di Irlanda, Portogallo e di altri Paesi dell’area euro.

Tali strumenti, che consentono di mobilizzare risorse di ammontare complessivo massimo pari a 500 miliardi di euro, consistono in:

·           un fondo di stabilizzazione (European financial stabilisation mechanism, EFSM) con una dotazione massima di 60 miliardi di euro – è disciplinato dal Regolamento UE 407/2010 ed è gestito dalla Commissione europea. L’attivazione del fondo è soggetta a termini e condizioni simili a quelle dell'assistenza finanziaria erogata dal Fondo monetario internazionale (FMI). Il fondo

·           una Società veicolo speciale (EFSF), garantita dagli Stati dell’area euro fino a 780 miliardi sulla base delle quote nel capitale della BCE (corretta in base ad un’apposita chiave di conversione). La società veicolo può mettere a disposizione, mediante emissioni obbligazionarie, fino a 440 miliardi di euro; è prevista la partecipazione del Fondo monetario internazionale (FMI) con una quota pari ad almeno la metà del contributo europeo (quindi intorno ai 220 miliardi di euro).

Il meccanismo di stabilizzazione finanziaria è stato attivato per la prima volta nel maggio 2010, nell’ambito di un programma di aiuti alla Grecia di 110 miliardi di euro complessivi (80 dell’UE e 30 del FMI);  successivamente, il 28 novembre 2010 è stata deliberata la concessione di un prestito all’Irlanda di 85 miliardi (23 a carico del FMI), e il 16 maggio 2011, un prestito al Portogallo di 78 miliardi (26 a carico del FMI).

Da ultimo, il 28 febbraio 2012 è stato concesso un secondo prestito alla Grecia di 130 miliardi di euro (28 a carico del FMI).

Ciascuno Stato membro dell’Eurozona contribuisce all’EFSF in base alla quota di sottoscrizione del capitale della BCE, modificata secondo una chiave di conversione fissata dall’accordo istitutivo dell’EFSF e successivamente emendata.  

I dati relativi sono riportati nella seguente tabella:

 

 

Paese

Quota capitale BCE

Chiave di conversione (emendata) [19]

Belgio

2,42%

3,72%

Germania

18,9%

29,07%

Estonia

0,17%

0,27%

Irlanda

1,11%

0 %

Grecia

1,96%

0 %

Spagna

8,30%

11,90%

Francia

14,22%

21,83%

Italia

12,49%

19,18%

Cipro

0,13%

0,21%

Lussemburgo

0,17%

0,27%

Malta

0,06%

0,1%

Paesi Bassi

3,98%

6,12%

Austria

1,94%

2,99%

Portogallo

1,75%

0 %

Slovenia

0,32%

0,51%

Slovacchia

0,69%

1,06%

Finlandia

1,25%

1,92%

 

Secondo i dati del Documento di economia e finanza (DEF) 2012, le emissioni di debito EFSF, per la quota italiana, dal 2010 al 2014, ammontano a 45,9 miliardi di euro, così suddivisi:

 

2010

2011

2012

2013

2014

3,9 miliardi

6,2 miliardi

29,5 miliardi

5,2 miliardi

1,1 miliardi

 

Con la decisione Eurostat del 27 gennaio 2011, si è chiarito che il fondo EFSF non è una “unità istituzionale” a sé stante e quindi è trattato come un'emanazione degli Stati che vi partecipano con le loro garanzie. Il debito emesso dall'EFSF viene dunque distribuito tra i Paesi interessati, secondo le quote di partecipazione. Conseguentemente, il debito pubblico italiano comprende le passività emesse dal fondo per la quota spettante al nostro Paese.

 

Con una dichiarazione approvata il 9 dicembre 2011, i Capi di Stato e di Governo dell’area euro hanno disposto il potenziamento dell’EFSF mediante:

-            il ricorso a certificati di protezione parziale che forniscono una protezione dal 20 al 30 per cento del valore capitale di una nuova obbligazione emessa dagli Stati membri beneficiari;

-            la costituzione fondi di coinvestimento - con combinazione di finanziamenti pubblici e privati - per acquistare obbligazioni degli Stati membri beneficiari sui mercati primari e/o secondari;

-            l’attribuzione alla BCE della funzione di agente per l’EFSF nelle sue operazioni di mercato (non avendo, a causa dell’opposizione della Germania, l’EFSF licenza bancaria).

La medesima dichiarazione ha inoltre precisato che l’EFSF resterà attivo, anche dopo l’entrata in vigore del MES, fino a metà 2013, per finanziare i programmi avviati (a beneficio di Grecia, Irlanda e Portogallo).

 

II. 3. Il Trattato istitutivo del MES

Una prima versione del trattato istitutivo del MES, sulla base della modifica all’articolo 136 del TFUE, è stata firmata dagli Stati membri della zona euro l’11 luglio 2011; tenuto conto della predisposizione del Fiscal Compact e dell’esigenza di rafforzare il meccanismo alla luce delle tensioni sui mercati del debito sovrano, il 2 febbraio 2012 è stato firmato un nuovo Trattato poi sottoposto a ratifica.

II. 3. 1. Natura giuridica e obiettivi

In base all’art. 1 del Trattato, il MES è costituito dalle parti contraenti quale organizzazione finanziaria internazionale (nel quadro del diritto pubblico internazionale con l’obiettivo istituzionale di “mobilizzare risorse finanziarie e fornire un sostegno alla stabilità.

A questo scopo è conferito al MES il potere di raccogliere fondi con l’emissione di strumenti finanziari o la conclusione di intese o accordi finanziari o di altro tipo con i propri membri, istituzioni finanziarie o terzi.

In base all’art. 41, il MES ha la propria sede e i propri uffici principali a Lussemburgo e può istituire un ufficio di collegamento a Bruxelles.

II. 3. 2. Governance

In base all’articolo 4 Il MES è dotato di un consiglio dei governatori e di un consiglio di amministrazione, di un direttore generale e dell'altro personale ritenuto necessario.

Il Consiglio dei governatori, composto da un componente per ciascuno degli Stati membri del MES responsabile delle finanze, nonché, in qualità di osservatori, dal Commissario europeo agli affari economici, dal Presidente e dell'Eurogruppo ed dal Presidente della BCE, assume le principali decisioni relative al meccanismo.

Il consiglio dei governatori decide o di essere presieduto dal presidente dell'Eurogruppo oppure elegge fra i suoi membri un presidente e un vicepresidente per una durata di due anni.

Il Consiglio di amministrazione svolge invece i compiti specifici delegati dal consiglio dei governatori. Ogni governatore nomina un amministratore e un supplente, tra persone dotate di elevata competenza in campo economico e finanziario. Il membro della Commissione europea responsabile degli affari economici e monetari ed il presidente della BCE possono nominare ciascuno un osservatore. Tali nomine sono revocabili in qualsiasi momento.

Il Direttore generale è nominato – per cinque anni (rinnovabili una volta) - dal consiglio dei governatori fra i candidati aventi la nazionalità di un membro del MES, dotati di esperienza internazionale pertinente e di elevato livello di competenza in campo economico e finanziario.

Il Direttore generale presiede le riunioni del consiglio di amministrazione e partecipa alle riunioni del consiglio dei governatori.

II. 3. 3. Deliberazioni

Il Consiglio dei governatori e il consiglio di amministrazione decidono "di comune accordo" (senza contare le astensioni), a maggioranza qualificata o a maggioranza semplice, conformemente alle disposizioni del trattato.

In particolare, il consiglio dei governatori delibera all’unanimità su questioni di particolare rilevanza relative a:

·      la concessione dell'assistenza finanziaria;

·      le modalità e le condizioni dell'assistenza finanziaria;

·      la capacità di prestito del MES;

·      le variazioni della gamma degli strumenti utilizzabili;

·      la delega di compiti al consiglio di amministrazione.

 

Tuttavia, in base all’articolo 4, paragrafo 4, del Trattato nei casi in cui la Commissione europea e la BCE concludano che la mancata adozione di una decisione urgente circa la concessione o l’attuazione di un’assistenza finanziaria minacci la sostenibilità economica e finanziaria della zona euro, si ricorre a una procedura di votazione d’urgenza, nell’ambito della quale è sufficiente una maggioranza qualificata pari all’85% dei voti espressi.

Secondo quanto previsto dall'art. 4, comma 7, del Trattato, ciascuno Stato membro ha un numero di diritti di voto pari alla quota di contribuzione al capitale versato.

Il comma successivo stabilisce peraltro che, in caso di mancato versamento di parte della quota di contribuzione prevista, lo Stato membro inadempiente non potrà esercitare i propri diritti di voto per tutta la durata dell'inadempimento. I diritti di voto spettanti agli altri Stati membri verranno ricalcolati di conseguenza.

II. 3. 4. Capitale

Il MES avrà un capitale sottoscritto totale di 700 miliardi di euro, di cui 80 miliardi di capitale versato dagli Stati membri della zona euro e una combinazione di capitale richiamabile impegnato e di garanzie degli Stati membri della zona euro per un importo totale di 620 miliardi di euro.

In base all’art. 41, il versamento delle quote da corrispondere in conto del capitale inizialmente sottoscritto da ciascun membro del MES dovrebbe effettuato in cinque rate annuali, ciascuna pari al 20% dell’importo totale. La prima rata è versata da ciascun membro del MES entro quindici giorni dalla data di entrata in vigore del trattato. Le restanti quattro rate sono corrisposte rispettivamente alla prima, seconda, terza e quarta data coincidenti con la data di pagamento della prima rata.

 

Tuttavia, gli Stati aderenti al MES hanno già concordato, al fine di raggiungere già nel 2014 la piena capacità di prestito, di accelerare il versamento delle rate: dopo la prima rata che sarebbe corrisposta a luglio 2012, in caso di entrata in vigore del Trattato, la  seconda rata sarebbe versata ad ottobre 2012, le terza e la quarta nel 2013 e la quinta nel 2014.

La ripartizione delle quote di ciascuno Stato membro al capitale sottoscritto totale del MES è basata, analogamente all’EFSF, sulla quota di partecipazione al capitale della BCE:

Sottoscrizioni del capitale MES

Paese

Quota capitale BCE

Chiave di conversione

Belgio

2,42%

3,47%

Germania

18,9%

27,06%

Estonia

0,17%

0,26%

Irlanda

1,11%

1,59%

Grecia

1,96%

2,81%

Spagna

8,30%

11,87%

Francia

14,22%

20,31%

Italia

12,49%

17,86%

Cipro

0,13%

0,2%

Lussemburgo

0,17%

0,25%

Malta

0,06%

0,09%

Paesi Bassi

3,98%

5,7%

Austria

1,94%

2,78%

Portogallo

1,75%

2,5%

Slovenia

0,32%

0,47%

Slovacchia

0,69%

0,99%

Finlandia

1,25%

1,79%

 

La seguente tabella riporta le sottoscrizioni del capitale in valori assoluti e la relativa percentuale sul PIL:

Sottoscrizioni del capitale MES

Paese

In miliardi di euro

Rapporto quota/Pil[20]

Germania

190,024

7,6%

Francia

142,701

7,3%

Italia

125,395

8%

Spagna

83,325

7,8%

Paesi Bassi

40,019

6,7%

Belgio

24,339

6,8%

Grecia

19,716

8,5%

Austria

19,483

6,8%

Portogallo

17,564

10,1%

Finlandia

12,581

6,9%

Irlanda

11,145

7,1%

Slovacchia

5,768

8,7%

Slovenia

2,993

8,1%

Lussemburgo

1,752

4,1%

Cipro

1,373

8%

Estonia

1,302

8,6%

Malta

0,511

8,5%

Totale

700,000

 

 

 

In base ai dati del Documento di economia e finanza 2012, entro il 2014 l’Italia verserà nel capitale del MES 14 miliardi di euro, così suddivisi:

 

2012

2013

2014

5,6 miliardi

5,6 miliardi

2,8 miliardi

 

Il versamento per la capitalizzazione del MES, a differenza dell’EFSF, è classificato nel bilancio dello Stato come “acquisizione di un'attività finanziaria”, cioè la partecipazione al capitale del fondo. Questo tipo di registrazione, come partita finanziaria, nei conti nazionali non dovrebbe determinare alcun impatto sull'indebitamento netto.

Le relative passività, comprese le emissioni di titoli per il finanziamento del MES non verrebbero quindi contabilizzate a carico del bilancio degli Stati membri, a differenza di quanto avviene per l’EFSF.

Sui profili finanziari si veda più in generale la scheda di lettura dedicata ai profili finanziari del MES.

II. 3. 5. Capacità di prestito

Il MES avrà una capacità effettiva di prestito pari a 500 miliardi di euro, soggetta a verifica periodica almeno ogni cinque anni.

Il MES potrà inoltre finanziarsi attraverso il collocamento di titoli di debito, attraverso la partecipazione del FMI alle operazioni di assistenza finanziaria.

Gli Stati membri dell’UE che non fanno parte della zona euro potranno partecipare su una base di un accordo ad hoc.

II. 4. Modalità e strumenti di assistenza finanziaria

Il Capo 4 del Trattato disciplina gli strumenti e le procedure per la concessione del sostegno del MES.

II. 4. 1. Princìpi

L’articolo 12 fissa i principi per l’assistenza ribadendo che essa può essere concessa:

·           ove indispensabile per salvaguardare la stabilità finanziaria della zona euro nel suo complesso e dei suoi Stati membri;

·           sulla base di condizioni rigorose commisurate allo strumento di assistenza finanziaria scelto, che possono spaziare da un programma di correzioni macroeconomiche al rispetto costante di condizioni di ammissibilità predefinite.

Il paragrafo 3 del medesimo articolo stabilisce, inoltre, che a partire dal 1° gennaio 2013 saranno incluse, in tutti i titoli di Stato della zona euro di nuova emissione e con scadenza superiore ad un anno, clausole d'azione collettiva (CAC)[21].

Tale previsione sembra diretta a realizzare una forma adeguata di partecipazione del settore privato.

II. 4. 2. Procedura

In base all’art. 13, uno Stato membro del MES può rivolgere una richiesta di assistenza finanziaria al presidente del consiglio dei governatori che assegna alla Commissione europea, di concerto con la BCE, il compito di valutare:

a) l’esistenza di un rischio per la stabilità finanziaria della zona euro nel suo complesso o dei suoi Stati membri, a meno che la BCE non abbia già presentato un'analisi al riguardo;

b) la sostenibilità del debito pubblico. Se opportuno e possibile, tale valutazione dovrà essere effettuata insieme al FMI;

c) le esigenze finanziarie effettive o potenziali del membro del MES interessato.

Sulla base di tale valutazione, il Consiglio dei governatori può decidere di concedere, in linea di principio, l’assistenza finanziaria affidando alla Commissione europea – di concerto con la BCE e, laddove possibile, insieme all'FMI – il compito di negoziare con il membro del MES interessato, un protocollo d’intesa che precisi le condizioni contenute nel dispositivo di assistenza finanziaria. Il contenuto del protocollo d'intesa riflette la gravità delle carenze da affrontare e lo strumento di assistenza finanziaria scelto.

La Commissione europea firma il protocollo d’intesa in nome e per conto del MES, previa approvazione del consiglio dei governatori – e monitora di concerto con la BCE e, laddove possibile, insieme al FMI il rispetto delle condizioni cui è subordinato il dispositivo di assistenza finanziaria.

I risultati del monitoraggio sono inseriti in una relazione che la Commissione Europea presenta al Consiglio di amministrazione del MES, sulla base della quale quest'ultimo decide, di comune accordo, il versamento delle rate del prestito successive alla prima.

II. 4. 3. Strumenti

Il Trattato stabilisce che il Consiglio dei governatori possa decidere di concedere assistenza finanziaria a un membro del MES:

·       sotto forma di prestito (art. 15), secondo condizioni contenute in un programma di aggiustamento macroeconomico precisato in dettaglio nel protocollo d'intesa. Al fine di ridurre il rischio di azzardo morale, i tassi di interesse fissati per l'erogazione dei prestiti saranno pari al costo di finanziamento del MES (inclusi i costi operativi), includendovi un margine adeguato (art. 20);

·       mediante l’acquisto dei titoli emessi sul mercato primario da un membro del MES, al fine di ottimizzare l’efficienza in termini di costi dell’assistenza finanziaria, (art. 17);

·       effettuando operazioni sui mercati secondari in relazione alle obbligazioni di un membro del MES (art. 18);

·       in via precauzionale sotto forma di linea di credito condizionale precauzionale o sotto forma di una linea di credito soggetto a condizioni rafforzate;

·       ricorrendo a prestiti con l'obiettivo specifico di ricapitalizzare le istituzioni finanziarie di un membro del MES (art. 16).

II. 5. Status giuridico ed immunità

Il MES, in base all’art. 32 del Trattato, è dotato di piena personalità giuridica e capacità giuridica per acquisire e alienare beni mobili e immobili, stipulare contratti,  convenire in giudizio e concludere un accordo e/o i protocolli eventualmente necessari per garantire che il suo status giuridico e i suoi privilegi e le sue immunità siano riconosciuti e che siano efficaci.

I beni, le disponibilità e le proprietà del MES, ovunque si trovino e da chiunque siano detenute, godono dell’immunità da ogni forma di giurisdizione, salvo rinuncia espressamente in pendenza di determinati procedimenti o in forza dei termini contrattuali e non possono essere oggetto di perquisizione, sequestro, confisca, esproprio e di qualsiasi altra forma di sequestro o pignoramento derivanti da azioni esecutive, giudiziarie, amministrative o normative.

In base all’articolo 35 il presidente del consiglio dei governatori, i governatori e i governatori supplenti, gli amministratori, gli amministratori supplenti, nonché il direttore generale e gli altri membri del personale godono dell’immunità di giurisdizione per gli atti da loro compiuti nell'esercizio ufficiale delle loro funzioni e godono dell’inviolabilità per tutti gli atti scritti e documenti ufficiali redatti.

Il MES, i suoi attivi, le sue entrate, i suoi beni nonché le operazioni e transazioni autorizzate dal presente trattato sono esenti da qualsiasi imposta diretta.

II. 6. Entrata in vigore del Trattato

In base all’art. 48 il trattato istitutivo entra in vigorenon appena gli Stati membri che rappresentano il 90% degli impegni di capitale lo avranno ratificato.

Alla data del 12 luglio 2012 il Trattato istitutivo del MES è stato ratificato (vedi tabella allegata) da 6 Paesi membri (Cipro, Grecia, Francia, Lussemburgo, Portogallo e Slovenia), che rappresentano il 26,55% del capitale; in altri 9 Paesi (Austria, Belgio, Germania, Spagna, Finlandia, Irlanda, Malta, Paesi Bassi, Slovacchia) si è concluso l’iter di ratifica parlamentare e si è in attesa della firma del Capo dello Stato.

II. 7. Le decisioni del Consiglio europeo del 28 e 29 giugno 2012

Il Vertice dei Capi di Stato e di Governo della zona euro, svoltosi nella notte tra il 28 e il 29 giugno 2012, ha approvato una dichiarazione, accolta con favore nelle conclusioni del Consiglio europeo, relativa a misure per assicurare la stabilità finanziaria della zona euro, con riferimento sia al debito sovrano che alle banche.

Con riguardo al primo aspetto, la dichiarazione prevede l'utilizzo dell’EFSF (e, quando entrerà in vigore, del MES) al fine di stabilizzare i mercati del debito sovrano per gli Stati membri che rispettino le raccomandazioni specifiche ad essi rivolte e gli altri impegni previsti nell'ambito del semestre europeo, del Patto di stabilità e crescita e della procedura per gli squilibri macroeconomici eccessivi.

Le condizioni per accedere al sostegno dei due meccanismi saranno stabilite in un apposito memorandum d'intesa.

La Banca centrale europea (BCE) fungerà da agente per conto dei due fondi per condurre operazioni di mercato riconducibili agli obiettivi di stabilizzazione sopra indicati.

Per dare seguito alle decisioni del Consiglio, nel corso della riunione dell’Eurogruppo del 9 luglio, l’EFSF e la Banca centrale hanno firmato un “accordo tecnico" che prevede che la BCE sia l'agente dell'EFSF/MES per l'acquisto dei bond sul mercato secondario.

L’Eurogruppo ha altresì approvato le linee guida per le politiche di investimento del MES, che dunque potrà essere pienamente operativo al momento dell’entrata in vigore del trattato istitutivo.

Con riferimento alle banche, la dichiarazione:

·       stabilisce che il MES, una volta istituito il meccanismo di vigilanza unico del sistema creditizio[22], abbia facoltà di ricapitalizzare direttamente gli istituti bancari (attualmente il MES può erogare un sostegno diretto soltanto agli Stati membri), nel rispetto di appropriate condizionalità, tra cui l'osservanza delle regole sugli aiuti di Stato, specifiche per ciascuna banca, per ciascun settore o per l'intera economia dello Stato interessato. Tali condizionalità saranno stabilite da un apposito memorandum d'intesa;

·       chiede una rapida conclusione del memorandum d'intesa relativo al sostegno finanziario - già deciso dall'Eurogruppo del 9 giugno scorso - a favore della Spagna per la ricapitalizzazione del suo settore bancario, precisando che tale sostegno sarà fornito dall'ESFS fino a quando non sarà disponibile il MES e non avrà status preferenziale rispetto ad altri creditori.

L’Eurogruppo del 9 luglio ha raggiunto un accordo politico sulla bozza di memorandum d’intesa per la ricapitalizzazione delle banche spagnole. L’approvazione finale del piano d’aiuti dovrebbe intervenire entro il 20 luglio, quando sarà completata l’istruttoria per quantificare l’entità effettiva del sostegno da erogare.

L’Eurogruppo ha altresì stabilito che a settembre saranno avviate le discussioni tecniche per consentire al MES di ricapitalizzare direttamente gli istituti di credito, una vota istituito il sistema di vigilanza bancaria unico.

 

 


III. - I profili finanziari del Trattato sul
Meccanismo europeo di stabilità


La relazione tecnica afferma che la disposizione autorizza la contribuzione italiana finalizzata alla sottoscrizione del capitale per la partecipazione al Meccanismo europeo di stabilità (MES), in attuazione del Trattato istitutivo. La predetta partecipazione è articolata in un apporto iniziale, suddiviso in 5 rate, ciascuna quantificabile per l’Italia in circa 2,866 miliardi di euro, e in ulteriori apporti a chiamata. Le prime due rate, alla luce della decisione dei Capi di Stato e di governo dell’Area euro di anticipare al luglio 2012 l’entrata in vigore del Trattato e l’istituzione del MES, dovranno essere versate entro il 2012. In particolare, il versamento della prima rata è previsto entro il mese di luglio, mentre la seconda dovrebbe essere versata intorno a settembre-ottobre prossimi.

La relazione tecnica precisa che le risorse necessarie alle quote di contribuzione sono assicurate dal netto ricavo derivante da emissioni di titoli di Stato a medio-lungo termine, aggiuntive rispetto a quelle previste nei documenti di finanza pubblica per il triennio 2012-2014[23]. Di conseguenza tali importi non sono computati nel limite massimo di emissione di titoli di Stato stabilito dalla legge di approvazione del bilancio e nel livello massimo del ricorso al mercato stabilito dalla legge di stabilità.

La RT specifica inoltre che l’emissione dei titoli determina l’esigenza di fronteggiare un maggior fabbisogno in termini di interessi (valutabile per il 2012 prudenzialmente in circa 120 milioni di euro), che potrà essere assorbito dagli attuali stanziamenti a legislazione vigente, tenuto conto del trend dei tassi di interesse. Infatti, il miglioramento dei tassi delle emissioni collocate dall’inizio dell’anno ha già prodotto una riduzione della spesa per interessi (rispetto alle stime ufficiali di inizio dicembre 2011) di oltre 800 milioni di euro in termini di competenza economia SEC e in circa 2 miliardi di euro in termini di cassa (fabbisogno del settore statale). La relazione ricorda inoltre che, al fine di garantire una sollecita partecipazione al capitale del MES, può essere autorizzato il ricorso ad anticipazioni di tesoreria, la cui regolarizzazione potrà effettuarsi con l’emissione di ordini di pagamento sul pertinente capitolo di spesa.

In merito ai profili di quantificazione, si rileva preliminarmente che, a norma dell’articolo 8 del Trattato, lo stock di capitale autorizzato del MES, pari a 700 miliardi di euro, è costituito da “quote versate” e da “quote richiamabili”, da ripartire tra i Paesi partecipanti sulla base del modello di contribuzione (Allegato I del Trattato)[24]. Il valore nominale aggregato delle quote versate, che costituisce il capitale iniziale del Fondo, ammonta a 80 miliardi di euro, ripartito tra i Paesi partecipanti con le medesime quote previste dal modello di contribuzione.

Pertanto, la partecipazione dell’Italia al capitale del MES comporta un impegno pari a circa 125,395 miliardi di euro, pari al 17,9137% della dotazione complessiva del MES (capitale autorizzato = capitale iniziale + capitale richiamabile), con un apporto di capitale iniziale (capitale versato) pari a circa 14.330 milioni di euro. Il Trattato prevede che detto capitale sia versato in cinque rate annuali di pari importo. Tuttavia, come specificato dalla relazione tecnica, alla luce della decisione dei Capi di Stato e di governo dell’Area euro di anticipare al luglio 2012 l’entrata in vigore del Trattato e l’istituzione del MES, le prime due rate dovranno essere versate entro il 2012. Nella tabella che segue si riportano i dati relativi allo stock di capitale autorizzato del MES, al capitale iniziale versato ripartito tra i diversi Paesi partecipanti sulla base del modello di contribuzione, nonché la scansione temporale del versamento delle rate di capitale iniziale, elaborata sui dati riportati dalla relazione tecnica, dal Trattato e dal Documento di economia e finanza (DEF) 2012.

MES – Ripartizione del capitale autorizzato e del capitale versato

(Milioni di euro)

 

In risposta alle richieste di chiarimenti formulate nel corso dell’esame presso la Commissione bilancio del Senato, il Governo con nota del 18 aprile 2012[25] ha fornito alcune precisazioni, di seguito riportate.

·         Indicazione dei parametri e della metodologia adottati per il computo degli oneri attesi per interessi in relazione alle nuove emissioni di titoli del debito pubblico, pari a 120 milioni di euro annui. La RGS ha precisato che la stima dell’onere per interessi relativi all’operazione di conferimento di capitale al MES è stata elaborata sulla base degli scenari sottostanti le stime del DEF 2012. Ipotizzando che i tiraggi per i pagamenti delle due tranche avvengano a luglio e a settembre dell’anno in corso, in base alle attuali condizioni di mercato, l’impatto sulla spesa per interessi in termini di competenza economica è sostanzialmente pari a quello individuato nella RT. Diversamente l’impatto in termini di cassa potrebbe essere inferiore, dal momento che l’incremento delle emissioni, per la parte dei titoli a medio-lungo termine, ha un impatto sui pagamenti cedolari che si riversa solo in parte nell’anno in corso.  La nota tecnica specifica inoltre che la stima del fabbisogno dell’onere per interessi (accrual e cash) e del debito contenuti nel DEF 2012 tengono comunque conto degli impegni assunti dall’Italia con la partecipazione al MES.

·         In relazione ai risparmi conseguibili relativamente alla spesa per interessi, la RGS ha precisato che le stime per gli stanziamenti del bilancio di previsione per la parte interessi sui titoli di Stato includono una quota modesta di componente prudenziale e che dette stime sono state calcolate considerando un livello dei tassi di interesse superiore rispetto a quello osservato nei primi mesi del 2012, confermando l’ipotesi che nel corso del 2012 si possano realizzare risparmi rispetto alle predette stime.

·         Con riferimento all’impatto sul costo dell’approvvigionamento delle emissioni aggiuntive rispetto al programma delle emissioni già in calendario, la RGS ha rappresentato che si tratta di un importo complessivo del tutto gestibile e non in grado di avere un impatto sul mercato, in considerazione della mole complessiva delle emissioni che vengono effettuate annualmente. Sottolinea inoltre che la stima del maggior onere per interessi per le sue dimensioni non risulta essere tale da determinare sforamenti rispetto agli stanziamenti di spesa già previsti a legislazione vigente. Precisa, inoltre, che tali oneri ricadono nel secondo semestre dell’anno, caratterizzato da un minore fabbisogno, che consente quindi una più agevole gestione dei pagamenti in questione e delle relative emissioni di titoli di Stato.

·         In merito alla copertura della maggiore spesa per interessi a valere sui risparmi prevedibili per il medesimo titolo nel corso del 2012, nel corso dell’esame presso la Commissione Bilancio del Senato è stato evidenziato che dette economie di spesa divengono definitive, ai sensi della vigente normativa di contabilità, solo a seguito di “definitivo” accertamento in sede di consuntivo, oppure in sede di assestamento per l’anno in corso. La RGS ha precisato che, sotto il profilo sostanziale, la copertura per la spesa in conto interessi correlata a nuove emissioni sussiste.

·         In ordine all’eventuale utilizzo delle anticipazioni di tesoreria e ai conseguenti effetti sull’andamento del fabbisogno, la RGS ha  rappresentato che l’utilizzo del meccanismo dell’anticipazione di tesoreria normalmente avviene quando sul conto disponibilità sussistono giacenze ampiamente sufficienti a coprire il periodo tra il prelievo e la ricopertura con l’emissione di debito. Con questa prassi, precisa la RGS, non si ha nessun costo aggiuntivo in quanto non vengono effettuate emissioni a breve per coprire la sfasatura di cassa. Al riguardo, la nota ribadisce che l’anticipazione di tesoreria rappresenta una modalità tecnica di pagamento prevista per far fronte alle eventuali esigenze di rapidità dell’operazione di conferimento, che poi viene ripianata con il titolo di pagamento a carico del bilancio.

·         Quanto alla sostenibilità degli ulteriori apporti di capitale previsti dagli articoli 24 e 25 del Trattato, la RGS ha rappresentato che l’articolo 24 riguarda l’istituzione di un fondo di riserva che non è costituito da ulteriori apporti di capitale da parte degli Paesi partecipanti, bensì dai proventi rinvenienti dalle sanzioni finanziarie irrogate agli Stati membri del MES nell’ambito della sorveglianza multilaterale, della procedura per i disavanzi eccessivi e della procedura per gli squilibri macroeconomici, che andranno a confluire nel fondo insieme ai ricavi netti de MES. L’articolo 25 invece riguarda la copertura delle perdite, la cui imputazione avviene in conto al citato fondo di riserva, al capitale versato e ad un adeguato importo di capitale autorizzato non versato. La nota conclude precisando che il ricorso al capitale a chiamata configura, quindi, una fattispecie meramente eventuale.

 

Alla luce dei chiarimenti acquisiti e considerando che, sulla base di quanto affermato dalla relazione tecnica, gli effetti in termini di spesa per interessi e di debito sono già scontati nei tendenziali riportati nel DEF 2012, permangono alcuni profili, per i quali si rendono opportune ulteriori precisazioni. 

Sotto il profilo dell’inquadramento contabile dell’operazione, appare utile acquisire chiarimenti circa l’impatto della stessa e dei flussi finanziari che ad essa ineriscono sui diversi saldi di finanza pubblica e sul debito pubblico.

Per quanto attiene ai saldi, gli effetti sull’indebitamento netto della p.a. sembrano limitati all’incremento della spesa per interessi conseguente all’emissione di titoli del debito pubblico necessaria a finanziare la partecipazione al MES, atteso che la contribuzione diretta a tale meccanismo, in quanto inquadrabile tra le operazioni di natura finanziaria, non dovrebbe rilevare ai fini del conto economico della p.a. e del relativo saldo.

Viceversa sul fabbisogno della p.a. e, di conseguenza, sul debito pubblico, incidono sia la maggior spesa per interessi sia l’entità delle rate complessivamente versate.

Con specifico riferimento ai saldi del bilancio dello Stato, entrambe le poste indicate (spesa per interessi e versamenti al MES) dovrebbero avere incidenza sul saldo netto da finanziare, atteso che quest’ultimo è dato dalla differenza tra le entrate finali e le spese finali, che includono sia gli interessi (classificati come spese correnti - titolo I) sia i conferimenti, iscritti tra le spese in conto capitale (titolo II). Egualmente i medesimi importi incidono sul ricorso al mercato, dato dalla somma tra saldo netto da finanziare e spese per rimborso prestiti (titolo III.

 

A tale proposito si ricorda che l’articolo 3 del disegno di legge di ratifica dispone espressamente che gli importi delle emissioni autorizzate per il versamento delle quote di contribuzione non sono computati nel limite massimo di emissioni e nel livello massimo di ricorso al mercato stabiliti, rispettivamente, dal bilancio dello Stato e dalla legge di stabilità.

 

Appare quindi necessario acquisire l’avviso del Governo in ordine alla predetta ricostruzione. Con specifico riferimento all’impatto sul saldo netto da finanziare e sul ricorso al mercato, appare altresì opportuno che sia chiarito se ed in quale misura tali effetti risultino considerati nelle variazioni proposte con il disegno di legge di assestamento, attualmente all’esame della Camera. 

 

Complessivamente, il bilancio di assestamento 2012 prevede un miglioramento del saldo netto da finanziare, che passa da un valore negativo (-1.568 milioni di euro) a un valore positivo (3.446 milioni di euro). Tale miglioramento deriva dalla diminuzione delle spese correnti (complessivamente -1.892 milioni), in particolare di quelle sopra richiamate per interessi sul debito pubblico, e dall’incremento delle entrate finali per 3.122 milioni di euro (di cui 3.022 milioni riferiti alle entrate tributarie). Il bilancio di assestamento prevede inoltre un peggioramento del ricorso al mercato, considerato al lordo delle regolazioni contabili, da 250.513 a 260.939 milioni di euro, tenuto conto che il titolo III della spesa (Rimborso prestiti) registra un incremento di 8.191 milioni di euro riguardante rimborsi di buoni postali fruttiferi (BPF) (3.200 milioni), rimborsi di BTP e rimborsi di CCT e CTZ. Tali ultimi rimborsi conseguono alla necessità di aumentare la dotazione a disposizione per eventuali concambi e riacquisti di titoli nonché per il rimborso di prestiti internazionali.

 

Con riferimento ai profili di quantificazioni evidenziati nella RT si rileva quanto segue.

In relazione alla spesa per interessi si segnala che la relazione tecnica quantifica per il 2012 una maggiore spesa di circa 120 milioni di euro determinata dall’emissione aggiuntiva di titoli di Stato, necessaria per reperire le risorse occorrenti per il versamento delle rate di capitale iniziale del MES. Al riguardo, si evidenzia che la spesa sopra indicata sembrerebbe riferibile all’onere connesso alle emissioni di titoli necessarie per il versamento dalla prima (luglio 2012) e della seconda rata (ottobre 2012).

La relazione tecnica non fornisce la proiezione, per gli anni successivi al 2012, della spesa per interessi riferita sia alle emissioni necessarie a finanziare le prime due rate di partecipazione al capitale del MES sia a quelle necessarie per il finanziamento delle rate successive. Poiché la stessa RT afferma che, in ogni caso, la maggiore spesa per interessi risulta già compresa nelle previsioni tendenziali fornite dal DEF, risulterebbe utile acquisire un’indicazione, anche per gli esercizi successivi al 2012, circa l’entità della spesa annua per interessi scontata nei tendenziali in relazione alla partecipazione al MES. 

 

In via di approssimazione, si riportano di seguito i risultati di una simulazione volta a proiettare su base pluriennale le medesime ipotesi di spesa indicate dalla RT per il 2012.

Si rileva in proposito che la spesa per interessi fornita dalla RT risulta calcolata sulla base di un tasso di interesse annuo implicito del 5,6%: tale tasso si ottiene commisurando la spesa per il 2012 (120 mln) alle due rate di emissioni previste per tale esercizio, la prima rapportata a sei mesi e la secondo a tre mesi.

Sulla base degli elementi forniti dalla RT, si determina quindi un onere medio mensile pari a 13,3 milioni di euro a fronte di emissione di debito pari a 2.866,19 milioni di euro.

Considerando la scansione temporale dei versamenti delle successive rate di capitale e la conseguente necessità di emettere nuovi titoli di Stato, ferme restando le ipotesi assunte dalla RT circa l’andamento dei tassi di interesse, si perviene al calcolo di un incremento della spesa per interessi, pari a 120 milioni di euro nel 2012, 440 milioni nel 2013, 720 milioni nel 2014, con un onere a regime pari a 800 milioni di euro, come rappresentato nella tabella che segue.

 

Andamento della spesa per interessi connessa all’emissione di debito pubblico per il versamento delle quote di capitale del MES

(Milioni di euro)

Fonte: elaborazione sui dati riportati dalla relazione tecnica

 

La proiezione sopra riportata si basa sui parametri assunti dalla relazione tecnica e riferiti all’esercizio in corso. Variazioni di tale scenario per gli esercizi successivi determinano conseguenti modifiche delle indicazioni di spesa annua sopra riportate.

 

Si segnala che negli andamenti tendenziali stimati nel DEF 2012 la spesa per interessi era stata rivista al ribasso rispetto alle precedenti stime recate dalla Relazione al Parlamento 2011, che incorporava ipotesi più pessimistiche circa l’andamento dei mercati finanziari. Nei primi mesi del 2012 la migliore performance dei rendimenti dei titoli di Stato italiani aveva comportato con il DEF una revisione dello scenario di riferimento, determinando una netta correzione al ribasso della spesa per interessi rispetto alle precedenti stime. La dinamica della spesa per interessi tornava, pertanto, in linea con le previsioni precedenti a quella formulata nel dicembre scorso, come meglio evidenziato nel grafico che segue.

 

Spesa per interessi (%Pil): confronto tra le stime del Documento di economia e finanza 2011, della Nota di aggiornamento 2011, della Relazione al Parlamento di dicembre 2011 e il DEF 2012

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Infatti, per l’anno 2012, la spesa per interessi passava dai 94.214 milioni di euro della Relazione al Parlamento 2011 a 84.217 milioni di euro del DEF 2012 con una riduzione in valore assoluto di circa 10 miliardi di euro. In proposito andrebbe acquisita conferma che, anche a seguito dei mutamenti registrati sul mercato dei titoli del debito pubblico dopo il DEF, le stime tendenziali siano idonee a incorporare il maggior onere per interessi connesso alle nuove emissioni di titoli di Stato necessarie per i versamenti al MES.

 

Si rileva che il disegno di legge per l’assestamento del bilancio dello Stato per il 2012 apporta una variazione alla spesa per interessi rispetto a quanto indicato nel bilancio di previsione per il medesimo esercizio.

La relazione illustrativa al bilancio di assestamento 2012 precisa che il decremento totale della spesa per interessi (-2.042 milioni di euro) è legato ad una previsione più aggiornata, rispetto a quella iniziale, della dinamica dei tassi di interesse sui CCT e sui CTZ. In particolare, per i primi, in fase iniziale si era programmata un’emissione più frequente (mensile anziché trimestrale).

Si ricorda in proposito che la variazione indicata in assestamento è riferita al bilancio dello Stato ed è espressa in soli termini di contabilità finanziaria (competenza giuridica e cassa), anziché in termini di contabilità SEC, utilizzata per i dati e le previsioni presentate in sede europea.

 

In relazione all’impatto sullo stock di debito pubblico  si evidenzia che nel DEF 2012 veniva riportato l’andamento del rapporto debito/PIL al lordo e al netto delle misure di sostegno all’Area euro, come evidenziato nella tabella che segue.

 

 

 

Con particolare riguardo all’impatto della partecipazione dell’Italia al MES sullo stock di debito pubblico, si evidenzia che le nuove emissioni di titoli di Stato pesano sulla dinamica del debito nella misura di 0,36 punti percentuali di Pil[26] nel 2012, 0,70 nel 2013 e di 0,86 nel 2014, come riportato nella tabella seguente.

 

 

Si segnala una lieve differenza tra quanto riportato nella relazione tecnica, che indica un importo delle rate da versare, per ciascuno degli anni 2012 e 2013, di 5,732 miliardi, ed il DEF 2012 che, presumibilmente per effetto di operazioni di arrotondamento, indica un importo pari a 5,6 miliardi di euro.

 

Un ulteriore chiarimento appare opportuno in merito ai riflessi sugli equilibri di finanza pubblica riconducibili all’aumento delle prestazioni di garanzia da parte dello Stato Italiano, che si riconnettono al provvedimento in esame. Si segnala infatti che il trattato prevede diverse fattispecie in cui si configura la possibilità di intervento obbligatorio e inderogabile dei singoli Stati a supporto ed integrazione delle risorse finanziarie del Fondo.

Si segnalano in particolare le disposizioni di cui:

-               all’articolo 8, comma 4, che prevede che i membri del MES si impegnino irrevocabilmente e incondizionatamente a versare la propria quota di capitale autorizzato;

-               all’articolo 9 comma 1, che prevede la possibilità per il consiglio dei governatori di richiedere il versamento del capitale autorizzato non versato in qualsiasi momento, fissando un congruo termine per il relativo pagamento; in proposito l’articolo 10 prevede che il consiglio dei governatori riesamini periodicamente, almeno ogni 5 anni, la capacità massima erogabile e l’adeguatezza del capitale autorizzato del MES e possa decidere di rideterminare il capitale autorizzato e di modificare di conseguenza l’ammontare delle quote versate e di quelle richiamabili.

-               all’articolo 9, commi 2 e 3, che prevedono che il consiglio di amministrazione possa richiedere il versamento del capitale autorizzato non versato al fine:

o        di ripristinare il livello del capitale versato ove quest’ultimo, per effetto dell’assorbimento di perdite, si sia ridotto (comma 2);

o        di evitare che il MES risulti inadempiente rispetto ai previsti obblighi di pagamento nei confronti dei propri creditori. In tal caso i membri del MES sono tenuti, incondizionatamente e irrevocabilmente, a versare il capitale richiesto dal direttore generale entro sette giorni dal ricevimento della richiesta (comma 3);

-               all’articolo 24, comma 2, che prevede che se un membro del MES non procede al pagamento da esso dovuto nell’ambito di una richiesta di capitale, gli altri membri del MES saranno comunque tenuti a integrare i propri versamenti al fine di garantire che il MES riceva l’importo totale del capitale versato necessario. Resta salvo il diritto a ottenere il rimborso dell’eccedenza di capitale versato dai singoli stati membri al momento in cui lo stato membro debitore saldi il proprio debito.

Si segnala in proposito che il disegno di legge di ratifica non prevede alcuna procedura in merito alla modalità con cui far fronte, anche in fase transitoria, ai descritti obblighi conseguenti all’eventuale richiamo delle quote di capitale autorizzate e non versate. Pur trattandosi di impegni finanziari potenziali, cui può riconnettersi un carattere eventuale, andrebbe chiarito quali siano i meccanismi attivabili in prima istanza al fine di consentire l’erogazione finanziaria richiesta con la necessaria celerità.

Considerata infatti la ristretta tempistica prevista in relazione a talune fattispecie di intervento finanziario richiesto ai singoli Stati (cfr. in particolare il citato articolo 9, comma 3, che prevede che i versamenti debbano essere erogati entro sette giorni dal ricevimento della richiesta) potrebbe risultare prudenziale l’individuazione di un meccanismo operativo attivabile rapidamente al fine di consentire l’erogazione finanziaria dovuta con la richiesta celerità.

 Andrebbe altresì valutato se si ritenga opportuno, in relazione all’adozione di un criterio di maggiore prudenzialità, un adeguamento dei fondi esistenti in bilancio attivabili in prima istanza a fronte della potenziale escussione delle garanzie sottoscritte dallo Stato. Ciò al fine di mantenere un criterio di proporzionalità tra l’ammontare delle garanzie stesse e quello delle risorse con cui farvi fronte.

 


IV. - La nuova disciplina europea sul debito

IV. 1. La regola per la riduzione dell’eccedenza di debito pubblico

Per quanto attiene al debito, il nuovo Trattato (art. 4), in linea con la riforma del Patto di Stabilità e Crescita, ha disciplinato una regola per la riduzione dell’eccedenza di debito pubblico, in base alla quale quando il suddetto rapporto supera il valore di riferimento del 60%, il paese interessato è chiamato a ridurlo a un ritmo medio di 1/20 dell’eccedenza, registrata nel corso degli ultimi tre anni, rispetto alla soglia del 60%, come previsto dall'articolo 2 del Regolamento (CE) n. 1467/97, modificato dal regolamento (UE) n. 1177/2011

Il nuovo quadro di riforma della governance economica dell'UE, adottato formalmente lo scorso novembre e richiamato nel Fiscal Compact, prevede dunque la seguente regola numerica che ciascun Stato si impegnerà a rispettare:

 

 

dove dt-i indica il livello del debito in percentuale del PIL nell'anno t-i, con i compreso tra 0 e 3. La formula è scomponibile in due parti. Da un lato, il livello di debito di lungo periodo, ossia il 60 per cento del PIL. Dall'altro, la quota in eccesso rispetto a tale soglia, definita da una media geometrica sul triennio precedente. Tale formula tende a dare un maggiore peso al debito registrato negli anni più recenti, per via dell'esponente i incorporato nel peso 0,95i, che diminuisce all'aumentare della distanza temporale rispetto all'anno di riferimento.

La scelta di un orizzonte temporale di tre anni ha lo scopo di trovare un compromesso tra gli sviluppi di lungo periodo e quelli più recenti. Una formula basata su un orizzonte temporale di lungo periodo permette di controllare se un paese stia seguendo un percorso di riduzione del debito stabile, dando la possibilità di regolare i tempi di correzione con  maggiore flessibilità. Tuttavia, un orizzonte di lungo periodo tende ad essere influenzato da qualunque tipo di sviluppo non in linea con il valore di riferimento (compresi i picchi del rapporto debito/PIL non imputabili a scelte di politica economica). Questo renderebbe il rispetto della regola praticamente irrealizzabile nei casi più estremi.

Al contrario, un orizzonte temporale di un anno è soggetto a movimenti erratici del debito, che imporrebbero una immediata correzione da parte dell'esecutivo, facendo sorgere due ordini di problemi. Da un lato, il livello del debito in un certo anno è facilmente influenzato da operazioni finanziarie, costruite al fine di dimostrare la conformità con l'obiettivo. Dall'altro lato, in presenza di picchi del debito fuori dal controllo del governo (come una forte contrazione dell'attività economica dovuta a qualche shock esogeno) la regola verrebbe immediatamente violata, portando ad una accentuata, e difficilmente realizzabile, riduzione del livello del debito nell'anno successivo.

 

Qualora venisse rispettato il ritmo di riduzione imposto dalla regola a partire dal 2015[27], il debito raggiungerebbe l'80% del PIL intorno al 2030, per poi scendere più lentamente verso l'obiettivo del 60%. Appare evidente che il ritmo di abbattimento del debito imposto dalla regola tende ad essere elevato per livelli alti di debito, mentre rallenta all'avvicinarsi del valore soglia del 60 per cento.

 

Grafico 3

Evoluzione del rapporto debito/PIL in base alla nuova regola europea

 

Fonte: Elaborazioni DEF 2012

 

IV. 2. La regola sul pareggio di bilancio strutturale

Una regola sul debito che non tiene in considerazione gli andamenti ciclici potrebbe portare a risultati incoerenti con la regola sul saldo strutturale, che è depurato dagli effetti degli stabilizzatori automatici. Per tale ragione la Commissione verificherà l'effettivo rispetto della regola sulla base di una misurazione del debito aggiustato per il ciclo, in quanto quest'ultimo influenza la dinamica del debito sia attraverso l'andamento del saldo di bilancio (che incide sul numeratore) sia attraverso l'andamento del PIL (denominatore)[28]. In assenza di un simile correttivo, la regola sul debito rischierebbe di essere fortemente pro-ciclica, ossia tenderebbe a penalizzare un deterioramento delle finanze pubbliche ascrivibile all'attivarsi degli stabilizzatori automatici e non a fattori strutturali.

Più precisamente, la regola di benchmark del debito verrà affiancata da un'altra formula  che misura il debito aggiustato per l'andamento ciclico.  In fasi negative del ciclo, il rapporto debito/PIL aggiustato risulterà inferiore rispetto a quello effettivo, in quanto il debito verrà depurato per l'effetto degli stabilizzatori automatici e il PIL nei tre anni precedenti viene fatto variare al tasso di crescita del PIL potenziale. E' da notare che tale formula – che qui non si riporta - - non verrà utilizzata dalla Commissione nelle fasi positive del ciclo, nelle quali il debito aggiustato risulterebbe superiore rispetto a quello effettivo, facendo si che, in sostanza, ai paesi non verrà chiesto, in relazione al debito, uno sforzo aggiuntivo nei "tempi buoni".

In conclusione, la prima formula fornirà il livello di debito in percentuale sul PIL da perseguire, che qualora raggiunto esime il paese da ulteriori sforzi; la seconda formula servirà, invece,a valutare - qualora l'applicazione del primo algoritmo evidenziasse un mancato rispetto della regola - se la regola possa essere considerata comunque effettivamente rispettata, tenuto conto della possibilità di scontare gli andamenti ciclici.

La nuova regola per la riduzione del debito pubblico prevede che anche nel caso in cui il rapporto debito/PIL risulti più elevato del benchmark si tengano comunque in considerazione due aspetti, ossia: se, sulla base delle previsioni a politiche invariate della Commissione è prevista una correzione nei due anni successivi; se vi sono effetti attribuibili al ciclo economico.

Qualora il rapporto debito/PIL fosse più alto del  benchmark anche dopo l’aggiustamento per il ciclo, la Commissione sarà chiamata a redigere un rapporto ex art. 126(3) TFUE (Trattato sul funzionamento dell’Unione europea), nel quale al benchmark numerico si aggiungono valutazioni relative a un certo insieme di “altri fattori rilevanti”. L’analisi di tali fattori rappresenta, quindi, un passo obbligato nelle valutazioni che inducono ad avviare una procedura per disavanzi eccessivi a causa di una mancata riduzione del debito ad un “ritmo adeguato”. Questi fattori sono :

-            gli andamenti della pozione debitoria a medio termine del Paese;

-            le operazioni di aggiustamento stock-flow del debito;

-            le riserve accantonate e le altre voci del’attivo del bilancio pubblico;

-            le garanzie, specie quelle legate al settore finanziario;

-            le passività, sia esplicite che implicite, connesse all’invecchiamento della popolazione; 

-            il livello del debito privato, nella misura in cui rappresenti una passività implicita potenziale per il settore pubblico.

Con riferimento alla regola del debito introdotta nel nuovo Patto di stabilità e crescita e riportata anche nel Trattato, il Programma di Stabilità contenuto nella prima sezione del Documento di economia e finanza 2012, presentato dal Governo nell’aprile scorso, nell’evidenziare come la prima valutazione della Commissione e del Consiglio Europeo sulla conformità alla suddetta regola debba avvenire nel 2016 - ossia tre anni dopo la chiusura della procedura del deficit eccessivo prevista per l’Italia nel 2012 – rileva altresì come in base all’applicazione della formula di calcolo concordata a livello europeo, il benchmark del debito italiano risulta essere pari al 112,3 per cento del PIL nel 2016, 109,6 per cento nel 2017 e 107,0 per cento del PIL nel 2018.

Sulla scorta delle ipotesi di finanza pubblica indicate nel DEF 2012, le proiezioni del rapporto debito/PIL indicano dei valori in netta discesa e comunque inferiori al parametro di riferimento; l’Italia risulterebbe dunque in grado di rispettare il benchmark imposto dalla regola nel corso del periodo 2016-2018.

 


V. - Le regole nazionali per la stabilizzazione finanziaria

V. 1. I nuovi criteri di prudenzialità nella gestione finanziaria

     In riferimento ai vincoli che si determinano sul versante della spesa ai fini dell’obiettivo di medio termine (MTO) considerato nell’articolo 3 del Trattato, va segnalato come l’ Italia, in concomitanza con l’avvio della definizione del nuovo sistema di governance economica dell’UE, ha introdotto rilevanti modifiche al proprio ordinamento contabile, che oltre a incidere, come si è visto, sul complessivo processo di programmazione economica di medio termine, prefigurano anche nuovi criteri di prudenzialità della gestione finanziaria, finalizzati ad agevolare il controllo degli andamenti di finanza pubblica ed il perseguimento dei relativi obiettivi fissati in sede europea.

In questa logica di prudenza fiscale si collocano, ad esempio, le modifiche apportate alla legge di contabilità e finanza pubblica nel 2011, in base alle quali l’utilizzo del risparmio pubblico a copertura degli oneri correnti della legge di stabilità è ora consentito unicamente per finanziare riduzioni entrata e solo a condizione che sia assicurato un valore positivo del risparmio pubblico[29].

In coerenza con le richieste dell’Unione europea di destinare alla riduzione del deficit e del debito le eventuali maggiori entrate non previste a legislazione vigente, s’inscrive, inoltre, il nuovo comma 1-bis dell’articolo 17 della legge di contabilità, il quale ha introdotto reca il divieto di utilizzare le maggiori entrate rispetto a quelle iscritte nel bilancio di previsione derivanti da variazioni degli andamenti a legislazione vigente per la copertura finanziaria di nuove o maggiori spese o riduzioni di entrate, con l’espressa previsione che l’eventuale “extra gettito” debba essere finalizzato al miglioramento dei saldi di finanza pubblica.

Un’altra innovazione, volta a rafforzare la disciplina fiscale in conformità a uno schema di programmazione e di bilancio ispirato a procedure e regole di tipo “top down”, consiste nella previsione, introdotta nell’ambito della delega al Governo per il completamento della riforma del bilancio dello Stato – non ancora esercitata, di cui all’art. 40, comma 2, lett. h), della legge n.196/09 - di un principio direttivo volto a definire criteri e modalità per la fissazione di limiti per le spese del bilancio dello Stato, ossia “tetti” di spesa riferiti all’intero aggregato delle risorse iscritte nel bilancio, ivi comprese pertanto anche le spese non rimodulabili (per stipendi, pensioni, oneri contrattuali, ecc…), in relazione alle quali la norma specifica che occorrerà comunque tenere conto della loro peculiarità. Tali limiti, in base a quanto disposto dalla delega, dovranno essere individuati in via di massima nel DEF e adottati con la successiva legge di bilancio, in coerenza con la programmazione triennale delle risorse.

Con riferimento ai limiti di spesa, va altresì segnalato come la legge costituzionale n. 1 del 2012,che ha introdotto nella Carta costituzionale il principio del pareggio di bilancio, abbia previsto che con una legge quadro di contabilità da approvare entro il 28 febbraio 2013, sia disciplinata, per il complesso delle pubbliche amministrazioni, l’introduzione di regole sulla spesa volte a conseguire la duplice finalità di salvaguardare gli equilibri di bilancio e la riduzione del rapporto tra debito pubblico e PIL nel lungo periodo, in coerenza con gli obiettivi di finanza pubblica .

Sul versante della spesa, si ricorda come per valutare i progressi degli Stati membri verso l’obiettivo di medio termine (MTO), cui fa riferimento l’articolo 3 del Trattato - ossia, per l’Italia, il pareggio di bilancio in termini strutturali nel 2013 - il nuovoPatto di Stabilità e Crescita introduca, il concetto di spesa di riferimento (expenditure benchmark) 

Com’è noto, in base alla disciplina comunitaria il percorso verso l’MTO deve procedere tramite riduzioni del saldo strutturale di bilancio pari ad almeno 0,5 punti percentuali ogni anno. Al fine di rafforzare tale vincolo e qualificare ulteriormente la convergenza verso l’obiettivo di medio periodo, la nuova regola di spesa introdotta in sede europea prevede, per ciascun paese, la definizione di un aggregato di spesa di riferimento.

Tale aggregato è dato, in ciascun anno, dal totale delle spese della P.A. a politiche invariate, al netto della spesa per interessi, delle spese finanziate con fondi comunitari e della variazione delle spese non discrezionali per indennità di disoccupazione, tenendo altresì conto della variazione della spesa per investimenti rispetto a un aggregato medio.

Per i paesi che hanno conseguito il proprio MTO, l’aggregato di spesa di riferimento, espresso in termini reali, può evolversi in linea con il tasso di crescita di medio periodo del PIL potenziale. Per i paesi lontani dall’MTO, la crescita dell’aggregato di spesa deve essere invece ridotta rispetto al tasso di crescita potenziale di medio termine di un ammontare che, comunque, garantisca una riduzione del saldo strutturale di bilancio di almeno 0,5 punti percentuali ogni anno. La regola prevede, altresì, che eventuali sforamenti nella crescita dell’aggregato di spesa rispetto al tasso di riferimento del prodotto potenziale debbano essere prontamente compensati da aumenti delle entrate discrezionali di uguale ammontare.

Il limite massimo per la crescita dell’aggregato di spesa che si applica all’Italia per il prossimo triennio, definito in sede europea, è pari, rispettivamente, a -0,8 per cento l’anno nel caso di non raggiungimento dell’MTO e di 0,3 per cento nel caso di conseguimento dello stesso.

Sulla base di questi parametri, il DEF 2012 evidenzia come il quadro di finanza pubblica nazionale risulti in linea con le disposizioni della regola di spesa.

Nel 2013 l’Italia dovrebbe oltrepassare con un ampio margine l’obiettivo di medio termine, registrando un surplus strutturale pari allo 0,6 del prodotto, e il livello della spesa nei due anni successivi dovrebbe essere in linea con la media del tasso di crescita del PIL potenziale (0,3%). Il DEF rileva, tuttavia, che il rispetto della regola della spesa negli anni a venire è significativamente subordinato al permanere di condizioni di finanza pubblica stringenti che prevedano il mantenimento di saldi strutturali ambiziosi e almeno in linea con l’obiettivo di medio termine nel periodo finale di previsione.

In via generale, si rammenta, da ultimo,  che nella sezione relativa al Programma di Stabilità contenuta nel DEF 2012, il Governo, nel richiamare le recenti innovazioni alla disciplina contabile, sottolinea come nel quadro di fiscal governance italiano le principali regole fiscali a garanzia della disciplina di bilancio siano rinvenibili:

§       nel Patto di stabilità interno, finalizzato a individuare le modalità attraverso cui gli Enti locali e le Regioni concorrono al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, attraverso la definizione di vincoli specifici che gli enti sono tenuti a rispettare congiuntamente a obblighi di informazione, comunicazione e certificazione nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze, e a un sistema sanzionatorio in caso di inadempienza. Il Patto dispone, in particolare, una regola definita in termini di saldo di bilancio per i Comuni e le Province e un vincolo alla crescita nominale della spesa finale per le Regioni;

§       nel Patto per la salute, volto a conseguire una corretta programmazione della spesa sanitaria pubblica, esclusa dalla disciplina del Patto di stabilità interno, attraverso la fissazione a monte dell’ammontare delle risorse statali da destinare al Servizio sanitario nazionale e la definizione di regole per migliorare la qualità dei servizi e delle prestazioni, sulla base di un modello di “governo condiviso” tra amministrazione centrale e locale;

§       nella previsione di meccanismi di controllo (“tetti”) della crescita della spesa farmaceutica rispetto alla spesa sanitaria.

 


VI - Il pareggio di bilancio in Costituzione

VI. 1. La legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1

     L’esigenza di costituzionalizzare la “regola aurea” del pareggio di bilancio negli ordinamenti nazionali, formulata in origine quale impegno non giuridicamente vincolante nell’ambito del Patto euro plus, è contenuta anche nel Trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance nell’Unione economica e monetaria.

Analogamente a quanto previsto o a quanto si accingono a fare altri ordinamenti europei, anche l’Italia, oltre a ridisegnare la propria disciplina contabile ordinaria - attraverso la legge n.196/09 e successive modificazioni – ha inteso introdurre nella Carta costituzionale il principio del pareggio di bilancio, correlandolo a un vincolo di sostenibilità del debito di tutte le pubbliche amministrazioni, nel rispetto delle regole in materia economico-finanziaria derivanti dall’ordinamento europeo.

In particolare, la riforma, disposta con la legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1, novella gli articoli 81, 97, 117 e 119 Cost., incidendo sulla disciplina di bilancio dell’intero aggregato delle pubbliche amministrazioni, compresi gli enti territoriali.

Le novelle all’art. 81 della Costituzione, che detta regole sulla finanza pubblica e sulla formazione del bilancio, sanciscono il principio del "pareggio di bilancio", in base al quale lo Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle diverse fasi - avverse o favorevoli - del ciclo economico.

Alla regola generale del pareggio di bilancio è possibile derogare, facendo dunque ricorso all’indebitamento, solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e al verificarsi di eventi eccezionali, che possono consistere in gravi recessioni economiche; crisi finanziarie e gravi calamità naturali.

Per circoscrivere e rendere effettivamente straordinario il ricorso all'indebitamento connesso a eventi eccezionali, si prevede che esso sia autorizzato con deliberazioni conformi delle due Camere sulla base di una procedura aggravata, che prevede un voto a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti.

La definizione del contenuto della legge di bilancio, delle norme fondamentali e dei criteri volti ad assicurare l’equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci e la sostenibilità del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni sono demandati a una apposita “legge quadro di contabilità”, che nel rispetto dei principi definiti con la legge costituzionale dovrà essere approvata a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera entro il termine del 28 febbraio 2013.

La riforma conferma la disciplina dei rapporti costituzionali fra Governo e Parlamento e le loro relative attribuzioni in ordine alla decisione di bilancio, ribadendo i principi della annualità del bilancio e della sua decisione parlamentare, dell'obbligo di rendicontazione, della unità ed unitarietà del bilancio, nonché il principio della esclusività della competenza del Governo in relazione alla predisposizione ed alla presentazione alle Camere del disegno di legge di bilancio.

L'obbligo di assicurare l’equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico viene esteso, con apposita novella all'art. 97 della Costituzione, a tutte le amministrazioni pubbliche, in conformità con l’ordinamento dell'Unione Europea, cui la norma costituzionale espressamente rinvia.

VI. 2. I nuovi princìpi costituzionali sulla disciplina di contabilità dello Stato degli enti territoriali e sul controllo parlamentare della finanza pubblica

     Per quanto concerne la disciplina di bilancio degli enti territoriali, viene modificato l'articolo 119 della Costituzione, al fine di specificare che l'autonomia finanziaria di Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni, è assicurata nel rispetto dell’equilibrio dei relativi bilanci; viene inoltre costituzionalizzato il principio del concorso di tali enti all’adempimento dei vincoli economici e finanziari derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea, nonché precisato che il ricorso all'indebitamento - che la disciplina vigente consente esclusivamente per finanziare spese di investimento - è subordinato alla contestuale definizione di piani di ammortamento e alla condizione che per il complesso degli enti di ciascuna Regione sia rispettato l’equilibrio di bilancio.

Ulteriori disposizioni del testo della riforma costituzionale dettano i principi cui dovrà attenersi la suddetta "legge quadro di contabilità" oggetto di approvazione a maggioranza qualificata, la quale dovrà disciplinare, tra l'altro:

§       l’introduzione di verifiche preventive e consuntive sugli andamenti di finanza pubblica;

§       l’adozione di misure correttive in caso di scostamento negativo dalle previsioni;

§       la definizione puntuale degli eventi eccezionali (gravi recessioni economiche, crisi finanziarie e gravi calamità naturali), al verificarsi dei quali sono consentiti il ricorso all’indebitamento per il bilancio dello Stato;

§       l’introduzione di regole fiscali sulla spesa a salvaguardia degli equilibri di bilancio e per assicurare la riduzione del rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo nel lungo periodo;

§       l'istituzione presso le Camere, nel rispetto della relativa autonomia costituzionale, di un organismo indipendente, al quale attribuire compiti di analisi e verifica degli andamenti di finanza pubblica e di valutazione dell’osservanza delle regole di bilancio.

Si prevede, infine, che alle Camere siaaffidata la funzione di controllo sulla finanza pubblica - con particolare riferimento all'equilibrio tra entrate e spese, nonché alla qualità e all’efficacia della spesa delle pubbliche amministrazioni - da esercitare secondo modalità da definire con i rispettivi regolamenti.

Le nuove disposizioni costituzionali troveranno applicazione a decorrere dall’esercizio finanziario relativo all’anno 2014.

 


VII. - Lo stato delle ratifiche della modifica all’articolo 136 TFUE, del Fiscal Compact e del MES
 

I dati, forniti dal Parlamento europeo, sono  aggiornati al 12 luglio 2012

 

____=Stati non membri dell’Eurozona (pertanto non aderisce al MES)        ____=Stati che non hanno firmato il Fiscal Compact

 

Alla data del 12 luglio 2012:

 

·         il procedimento di ratifica della modifica dell’art. 136 del TFUE si è perfezionato in 12 Stati membri (Cipro, Danimarca, Grecia, Francia, Ungheria, Lituania, Lussemburgo, Lettonia, Portogallo, Romania, Slovenia e Svezia), mentre in altri 9 Paesi (Austria, Repubblica ceca, Germania, Spagna, Finlandia, Irlanda, Paesi Bassi, Polonia e Slovacchia) è intervenuta l’approvazione in sede parlamentare, senza tutta via che la relativa legge sia entrata in vigore;

·         il procedimento di ratifica del Fiscal Compact si è perfezionato in 9 Paesi (Cipro, Danimarca, Grecia, Irlanda, Lituania, Lettonia, Portogallo, Romania e Slovenia), mentre in altri 2 Stati (Austria e Germania) è intervenuta l’approvazione in sede parlamentare, senza tutta via che la relativa legge sia entrata in vigore;

·         il procedimento di ratifica del Trattato istitutivo del MES si è perfezionato in 6 Paesi membri (Cipro, Grecia, Francia, Lussemburgo, Portogallo e Slovenia), mentre in altri 9 Paesi (Austria, Belgio, Germania, Spagna, Finlandia, Irlanda, Malta, Paesi Bassi, Slovacchia) è intervenuta l’approvazione in sede parlamentare, senza tutta via che la relativa legge sia entrata in vigore.

     I dettagli sulle procedure di ratifica sono illustrati nella tabella che segue:

 


 

 

 

Art. 136 TFUE

Fiscal Compact

Trattato MES

Scadenze previste

Procedura di ratifica

Scadenze previste

Procedura di ratifica

Scadenze previste

Procedura di ratifica

Austria

Approvato dal Nationalrat il 4 luglio e dal Bundesrat il 6 luglio 2012

Maggioranza di 2/3 in entrambe le Camere

Approvato dal Nationalrat il 4 luglio e dal Bundesrat il 6 luglio 2012

Maggioranza semplice in entrambe le Camere

Approvato dal Nationalrat il 4 luglio e dal Bundesrat il 6 luglio 2012

Maggioranza semplice in entrambe le Camere

Belgio

Approvato dalla Camera dei rappresentanti e dal Senato – all’esame dei Parlamenti regionali

Maggioranza semplice in entrambe le Camere (e approvazione dei  7 Parlamenti regionali)

Sarà sottoposto all’esame del Senato il 21 luglio 2012

Maggioranza semplice in entrambe le Camere (e approvazione dei  7 Parlamenti regionali)

Approvato dal Senato il 7 giugno e dalla Camera dei rappresentanti il 14 giungo 2012

Maggioranza semplice in entrambe le Camere

Bulgaria

All’esame delle commissioni parlamentari dal 18 giugno 2012

Maggioranza qualificata (2/3), doppia lettura

Nessuna informazione

Maggioranza qualificata (2/3), doppia lettura

 

 

Cipro

Ratificato il 22 giugno 2012

Maggioranza semplice

Ratificato il 6 luglio 2012

Non è richiesta l’approvazione parlamentare

Ratificato il 22 giugno 2012

Maggioranza semplice

Rep. ceca

Approvato dal Senato il 25 aprile e dalla Camera dei deputati il 5 giungo 2012

Maggioranza qualificata (3/5)

 

 

 

 

Danimarca

Ratificato il 23 febbraio 2012

Maggioranza semplice

Ratificato il 31 maggio 2012

Maggioranza semplice

 

 

Estonia

All’esame delle commissioni parlamentari dal 28 maggio 2012

Maggioranza semplice

All’esame delle commissioni parlamentari dall’11 giugno 2012

Maggioranza assoluta

Sottoposto all’esame della Corte costituzionale

Maggioranza assoluta

Finlandia

Approvato dal Parlamento il 9 maggio 2012

Maggioranza semplice

Ratifica prevista per l’autunno 2012

Maggioranza semplice

Approvato dal Parlamento il 21 giugno 2012

Maggioranza semplice

Francia

Ratificato l’8 marzo 2012

Maggioranza semplice in entrambe le Camere

Nessuna informazione

In caso di modifiche costituzionali, referendum o maggioranza qualificata di 3/5

Ratificato l’8 marzo 2012

Maggioranza semplice in entrambe le Camere

Germania

Approvato dal Bundestag e dal Bundesrat il 29 giugno 2012.

All’esame del Tribunale costituzionale federale

Maggioranza di 2/3 in entrambe le Camere

Approvato dal Bundestag e dal Bundesrat il 29 giugno 2012.

All’esame del Tribunale costituzionale federale

Maggioranza di 2/3 in entrambe le Camere

Approvato dal Bundestag e dal Bundesrat il 29 giugno 2012.

All’esame del Tribunale costituzionale federale

Maggioranza di 2/3 in entrambe le Camere

Grecia

Ratificato il 30 marzo 2012

Maggioranza semplice

 

Ratificato il 30 marzo 2012

Maggioranza semplice

 

Ratificato il 30 marzo 2012

Maggioranza semplice

 

Ungheria

Ratificato il 6 marzo 2012

 

Maggioranza qualificata di 2/3

Nessuna informazione

La Corte costituzionale deve decidere se maggioranza semplice o qualificata di 2/3

 

 

Irlanda

Approvato dalle due Camere il 27 giugno 2012

Maggioranza semplice in entrambe le Camere

Ratificato il 28 giugno 2012

Maggioranza semplice in entrambe le Camere (a seguito del  referendum)

Approvato dalle due Camere il 27 giugno 2012

Maggioranza semplice in entrambe le Camere

Italia

Procedura di ratifica in corso

(A.S. 2914)

Maggioranza semplice in entrambe le Camere

Procedura di ratifica in corso

(A.S. 3239)

Maggioranza semplice in entrambe le Camere

Procedura di ratifica in corso

(A.S. 3240)

Maggioranza semplice in entrambe le Camere

Lettonia

Ratificato il 9 maggio 2012

Maggioranza semplice

Ratificato il 13 giugno 2012

Maggioranza semplice

 

 

Lituania

Ratificato il 21 giugno 2012

Maggioranza semplice

Ratificato il 4 luglio 2012

Maggioranza semplice

 

 

Lussemburgo

Ratificato il 5 luglio 2012

Maggioranza qualificata

Esame parlamentare non ancora inziato

Maggioranza semplice

Ratificato il 5 luglio 2012

Maggioranza qualificata

Malta

Esame parlamentare in corso

Maggioranza semplice

Nessuna informazione

Nessuna informazione

Approvato dalla Camera dei rappresentanti il 6 luglio 2012

Maggioranza semplice

Paesi Bassi

Approvato dalla Camera dei rappresentanti il 24 maggio e dal Senato il 3 luglio 2012

 

Maggioranza semplice in entrambe le Camere

Procedura di ratifica in corso

 

Maggioranza semplice in entrambe le Camere

Approvato dalla Camera dei rappresentanti il 24 maggio e dal Senato il 3 luglio 2012

 

Maggioranza semplice in entrambe le Camere

Polonia

Approvato dal Sejm (Camera) l’11 maggio e dal Senato il 30 maggio 2012

 

Maggioranza semplice in entrambe le Camere

Procedura di ratifica in corso

Maggioranza qualificata di 2/3 in entrambe le Camere qualora decidano che il Trattato comporti un trasferimento di sovranità

 

 

Portogallo

Ratificato il 2 febbraio 2012

Maggioranza semplice

Ratificato il 3 luglio 2012

Maggioranza semplice

Ratificato il 19 giugno 2012

Maggioranza semplice

Romania

Ratificato il 22 giugno 2012

 

Maggioranza qualificata di 2/3

Ratificato il 20 giugno 2012

Maggioranza semplice

 

 

Slovacchia

Approvato dal Parlamento il 15 maggio 2012

Maggioranza assoluta

Nessuna informazione

Maggioranza assoluta

Approvato dal Parlamento il 22 maggio 2012

Maggioranza assoluta

Slovenia

Ratificato il 22 agosto 2011

Maggioranza semplice

Ratificato il 14 maggio 2012

Maggioranza semplice

Ratificato il 14 maggio 2012

Maggioranza semplice

Spagna

Approvato da entrambe le Camere (Congreso e Senado) rispettivamente il 17 maggio e il 6 giugno 2012

Maggioranza assoluta in entrambe le Camere

Approvato dal  Congreso il 21 giugno 2012. In attesa dell’esame del Senado

Maggioranza assoluta in entrambe le Camere

Approvato da entrambe le Camere (Congreso e Senado) rispettivamente il il 17 maggio e il 6 giugno 2012

Maggioranza assoluta in entrambe le Camere

Svezia

Ratificato il 19 giugno 2012

Maggioranza semplice

Il Governo dovrebbe presentare il ddl di ratifica a novembre 2012

Da definire (molto probabilmente, maggioranza semplice)

 

 

 

Regno Unito

Approvato dall’House of Lords il 4 luglio 2012; all’esame dell’House of  Commons

Maggioranza semplice in entrambe le Camere

 

 

 

 

 

 

 


 



[1] Si tratta di sei atti legislativi che, da un lato, rafforzano il Patto di stabilità e crescita, dall’altro rafforzano le norme relative ai quadri di bilancio nazionali e la sorveglianza in materia di squilibri macroeconomici. In particolare, il pacchetto comprende: il Regolamento (UE) n. 1173/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 novembre 2011, relativo all’effettiva esecuzione della sorveglianza di bilancio nella zona euro ed il Regolamento (UE) n. 1174/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 novembre 2011, sulle misure esecutive per la correzione degli squilibri macroeconomici eccessivi nella zona euro. Regolamento (UE) n. 1175/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 novembre 2011, che modifica il regolamento (CE) n. 1466/97 del Consiglio per il rafforzamento della sorveglianza delle posizioni di bilancio nonché della sorveglianza e del coordinamento delle politiche economiche; il Regolamento (UE) n. 1176/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 novembre 2011, sulla prevenzione e la correzione degli squilibri macroeconomici; il Regolamento (UE) n. 1177/2011 del Consiglio, dell'8 novembre 2011, che modifica il regolamento (CE) n. 1467/97 per l’accelerazione e il chiarimento delle modalità di attuazione della procedura per i disavanzi eccessivi; la Direttiva 2011/85/UE del Consiglio, dell’8 novembre 2011, relativa ai requisiti per i quadri di bilancio degli Stati membri. Cfr. il dossier RUE “La riforma della governance economica dell’UE”, n. 189 del 23 novembre 2011.

[2] Si tratta di una proposta di regolamento sul rafforzamento della sorveglianza economica e di bilancio degli Stati membri che affrontano o sono minacciati da serie difficoltà per la propria stabilità finanziaria nell’eurozona (COM(2011)819) e di una proposta di regolamento recante disposizioni comuni per il monitoraggio e la valutazione dei progetti di bilancio e per assicurare la correzione dei disavanzi eccessivi degli Stati membri nell’eurozona (COM(2011)821). V. il dossier RUE “Nuove proposte in materia di governance economica dell’UE - Audizione di Olli Rehn, Commissario per gli affari economici e monetari” n. 20 del 25 novembre 2011.

[3] Vedi il bollettino RUE “Il Consiglio europeo dell’8-9 dicembre 2011”, n. 201 del 12 dicembre 2011.

[4] Vedi il dossier RUE “Verso un’Unione economica più forte - Rapporto del Presidente Van Rompuy al Consiglio europeo”, n. 199 del 7 dicembre 2011.

[5]        L’art 48 del Trattato sull’Unione europea disciplina la procedura di modifica dei trattati, che può avvenire con procedura ordinaria (obbligatoria nel caso di modifiche che accrescono o riducono le competenze attribuite all’UE) o semplificata. La procedura ordinaria prevede la convocazione una convenzione composta da rappresentanti dei parlamenti nazionali, dei Capi di Stato o di governo degli Stati membri, del Parlamento europeo e della Commissione, che esamina la proposta di modifica e adotta per consenso una raccomandazione indirizzata alla conferenza intergovernativa, cui è demandata l’approvazione definitiva delle modifiche. Esse entrano in vigore dopo essere state ratificata da tutti gli Stati membri conformemente alle rispettive norme costituzionali.       La procedura semplificata prevede invece l’esame e l’approvazione da parte dei Capi di Stato e di governo riuniti nel Consiglio europeo, previa consultazione del Parlamento europeo, e le successive ratifiche da parte dei Paesi membri.

[6] Alle riunioni ciascun Paese era rappresentato dal rappresentante permanente presso l’UE, da un funzionario del ministero dell’economia e da un esperto giuridico.

[7]     In base all’art. 4, par. 3, del trattato UE, “In virtù del principio di leale cooperazione, l'Unione e gli Stati membri si rispettano e si assistono reciprocamente nell'adempimento dei compiti derivanti dai trattati. Gli Stati membri adottano ogni misura di carattere generale o particolare atta ad assicurare l'esecuzione degli obblighi derivanti dai trattati o conseguenti agli atti delle istituzioni dell'Unione. Gli Stati membri facilitano all'Unione l'adempimento dei suoi compiti e si astengono da qualsiasi misura che rischi di mettere in pericolo la realizzazione degli obiettivi dell'Unione”.

[8]     Inteso come disavanzo annuale aggiustato per il ciclo e calcolato al netto delle misure temporanee di correzione.

[9]    In particolare, l'articolo 2-bis del regolamento (CE) n. 1466/97, come modificato dal regolamento (UE) n. 1175/2011 stabilisce che ciascuno Stato membro ha uno specifico obiettivo a medio termine calcolato sulla base della propria posizione di bilancio che può divergere dal requisito di un saldo prossimo al pareggio o in attivo, offrendo al tempo stesso un margine di sicurezza rispetto al rapporto tra disavanzo pubblico e PIL del 3%». Per l'Italia l'obiettivo di medio termine, fissato dal programma di stabilità e riportato nella raccomandazione del Consiglio del 10 luglio 2012 (adottata in esito all’esame del programma di stabilità e del programma nazionale di riforma) è un bilancio in pareggio in termini strutturali entro il 2013.

[10] Sul punto v. più avanti, all’interno di questo dossier, la scheda di lettura sulla costituzionalizzazione del principio del pareggio di bilancio.

[11] All’art. 4 della proposta si prevede infatti che gli Stati membri dispongono di regole di bilancio numeriche sul saldo di bilancio che, applicate ai processi di bilancio nazionali conseguono l'obiettivo di bilancio a medio termine. Tali regole interessano l'insieme delle pubbliche amministrazioni e sono vincolanti, preferibilmente di natura costituzionale.

[12]   Il contenuto di tali emendamenti è stato trasposto nelle proposte di modifica del Parlamento europeo alla proposta di regolamento recante disposizioni comuni per il monitoraggio e la valutazione dei progetti di bilancio e per assicurare la correzione dei disavanzi eccessivi degli Stati membri nell’eurozona (COM(2011)821). La proposta è ora all’esame del Consiglio dell’UE.

[13]    L’art. 273 del TFUE stabilisce che la Corte di giustizia è competente a conoscere di qualsiasi controversia tra Stati membri in connessione con l'oggetto dei trattati, quando tale controversia le venga sottoposta in virtù di un compromesso.

[14] Comunicazione della Commissione europea “Fase pilota per l’iniziativa Prestiti obbligazionari Europa 2020 per il finanziamento di progetti” (COM(2011)660), vedi dossier RUE “Gli strumenti finanziari innovativi nel quadro finanziario pluriennale dell’Unione europea 2014-2020”, n. 108 del 23 novembre 2011).

[15] Proposta di direttiva concernente un sistema comune d’imposta sulle transazioni finanziarie e recante modifica della direttiva 2008/7/CE (COM(2011)594), vedi bollettino RUE “Sistema comune d’imposta sulle transazioni finanziarie”, n. 106 del 7 novembre 2011).

[16] In particolare, l’art. 9 del Protocollo stabilisce che Il Parlamento europeo e i parlamenti nazionali definiscono insieme l'organizzazione e la promozione di una cooperazione interparlamentare efficace e regolare in seno all'Unione. L’art. 10 prevede che una conferenza degli organi parlamentari specializzati per gli affari dell'Unione può sottoporre all'attenzione del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione i contributi che ritiene utili. La conferenza promuove inoltre lo scambio di informazioni e buone prassi tra i parlamenti nazionali e il Parlamento europeo, e tra le loro commissioni specializzate. Può altresì organizzare conferenze interparlamentari su temi specifici, in particolare per discutere su argomenti che rientrano nella politica estera e di sicurezza comune, compresa la politica di sicurezza e di difesa comune. I contributi della conferenza non vincolano i parlamenti nazionali e non pregiudicano la loro posizione.

[17]    La procedura semplificata di revisione dei trattati, di cui all’articolo 48, paragrafo 6 del TUE, richiede, ai fini della entrata in vigore della decisione del Consiglio europeo, la previa approvazione da parte di tutti gli Stati membri conformemente alle rispettive norme costituzionali.

[18]  LaTask force, presieduta dal Presidente del Consiglio europeo, Van Rompuy, e costituita daiMinistri dell’economia dei Paesi membri dell’UE, dal Presidente dell’Eurogruppo, Juncker, dal Commissario per gli affari economici e monetari, Rehn, e dal Presidente della Banca centrale europea, Trichet, ha presentato la sua relazione finale al Consiglio europeo del 28-29 ottobre.

[19]   Grecia, Irlanda e Portogallo hanno una chiave di conversione pari a 0 poiché, essendo beneficiari dei programmi di sostegno finanziario dell’EFSF, hanno chiesto – e ottenuto dagli altri partner – di sospendere il proprio impegno nell’EFSF.

[20] Fonte Eurostat: i dati sono riferiti al PIL 2010.

[21]   Tali clausole evitano che le minoranze dei creditori privati possano bloccare il processo di ristrutturazione del debito pubblico e scoraggiano il ricorso alle azioni legali. Ottenendo il consenso della maggioranza qualificata (di solito il 75%) dei creditori privati, uno Stato può imporre l'allungamento delle scadenze, il taglio delle cedole, lo scambio tra bond con perdita del capitale e haircut a tutti i sottoscrittori dei propri titoli di debito.

[22]   La Commissione europea dovrebbe presentare una proposta relativa al meccanismo di vigilanza centralizzato del sistema bancario entro settembre 2012.

[23]   Le predette informazioni riportate nella relazione tecnica non tengono conto di quanto indicato nel DEF 2012, presentato successivamente, che dà conto delle previsioni di debito al lordo e al netto delle misure di sostegno finanziario adottate nell’Area euro.

[24]   Il modello di contribuzione per la sottoscrizione del capitale autorizzato del MES è basato sul modello di sottoscrizione del capitale della BCE da parte delle banche centrali nazionali.

[25]   Nota tecnica del 18 aprile 2012 depositata nel corso dell’esame presso la Commissione bilancio del Senato nella seduta del 19 aprile 2012.

[26]   Si precisa che per la valutazione dell’impatto sul debito in termini di Pil, sono state considerate le stime tendenziali del Pil nominale contenute del DEF 2012.

[27]   In base alle indicazioni europee, la regola viene applicata dopo la chiusura delle procedure per disavanzo eccessivo, che per l'Italia avverrà nel 2012. Tenuto conto che occorre che siano disponibili tre esercizi ai fini dell'applicazione della formula, questa diventerà pienamente attiva per l'Italia a partire dal 2016.

[28]    Questo in coerenza con la definizione degli Obiettivi di Medio Termine, che sono espressi in termini strutturali (e quindi corretti per il ciclo).

[29]    Cfr. l’articolo 3 della legge n. 39/2011, che ha modificato l’art. 11, comma 6, della legge n. 196 del 2009.