Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento affari esteri | ||||
Titolo: | Focus settimanale - La crisi politica in Libia e negli altri paesi del Nord Africa e del Medio Oriente - Aggiornamento al 2 maggio 2011 - Documenti ufficiali, interpretazioni ed analisi | ||||
Serie: | Documentazione e ricerche Numero: 208 Progressivo: 7 | ||||
Data: | 02/05/2011 | ||||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | III-Affari esteri e comunitari | ||||
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Camera dei deputati |
XVI LEGISLATURA |
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Documentazione e ricerche |
Focus settimanale
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Aggiornamento al 2 maggio 2011 |
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n. 208/7 |
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2 maggio 2011 |
Servizio responsabile: |
Dipartimento Affari esteri ( 066760-4172 – * st_affari_esteri@camera.it
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File: es0709g.doc |
INDICE
Gli sviluppi della crisi libica (27 aprile – 2 maggio)
Gli altri contesti di crisi in Medio Oriente e Nord Africa
Documenti ufficiali
§ Risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite n. 1970 del 26 febbraio 2011
§ Risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite n. 1973 del 17 marzo 2011. Approvazione della No-fly Zone sulla Libia e autorizzazione di tutte le misure per la protezione dei civili (Traduzione non ufficiale)
§ Comunicato finale del Gruppo di Contatto sulla Libia, 13 aprile 2011
§ Dichiarazione dei Ministri degli Esteri NATO sulla Libia, 14 aprile 2011
§ Vertice italo-francese di Roma, ‘Dichiarazione su Libia e Mediterraneo’, 26 aprile 2011
§ Lettera del Presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica italiana e del Presidente della Repubblica francese al Presidente del Consiglio Europeo Erman Van Rompuy ed al Presidente della Commissione Europea José Manuel Barroso, 26 aprile 2011
§ Intervento del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, all’incontro con gli esponenti delle Associazioni combattentistiche e partigiane e le associazioni d’Arma, 26 aprile 2011
§ Comunicato stampa sulla 275^ riunione del Consiglio di pace e sicurezza dell’Unione africana, 26 aprile 2011
§ Comunicato stampa sull’incontro tra il Procuratore della Corte penale internazionale ed il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite riguardante lo svolgimento delle indagini in Libia, 28 aprile 2011
§ Comunicato stampa della Presidenza della Repubblica relativo all’articolo di Valentino Parlato, ‘Articolo 11, Napolitano ci spiega’, pubblicato su Il manifesto il 28 aprile 2011, 28 aprile 2011
§ Comunicato del Quartier Generale della NATO sullo stato di avanzamento delle operazioni in Libia, 29 aprile 2011
§ Comunicato stampa del Ministero degli Affari esteri ‘Focus-Libia: l’impegno italiano si intensifica su tutti i fronti’, 29 aprile 2011
§ Dichiarazione del Segreterio generale della NATO sulle minacce rivolte da Gheddafi all’Italia, 30 aprile 2011
Profili generali
§ B. Nascimbene e A. Di Pascale, L’Unione Europea di fronte all’afflusso eccezionale di persone provenienti dal Nord Africa. Una colpevole assenza?, Documenti IAI, n. 11, 5 marzo 2011
§ W. Feichtinger, Transition in Arab States: Time for an EU-Master Plan, in: Geneva Centre for Security Policyb (GCSP) Policy Paper n. 13, aprile 2011
§ S. Carrera, E. Guild, M. Merlino e J. Parkin, A Race against Solidarity. The Schengen Regime and the Franco-Italian Affair, tratto dal sito web www.ceps.eu, aprile 2011
§ Sarkozy: alla ricerca della Grandeur perduta – Background, in ISPI dossier aprile 2011
§ J. B. Alterman, The Earthquake, tratto dal sito web www.csis.org, aprile 2011
§ R. Allani, D. Monan, N. Mueller, J. Puscas e L. Watanabe, EU and Maghreb Countries: Counterterrorism Cooperation, in: www.isn.ethz.ch, 6 aprile 2011
§ M. Comelli, Italy’s Love Affair with the EU: Between Continuity and Change, in: IAI Working Papers n. 11, 8 aprile 2011
§ S. Erlanger, French Colonial Past Casts Long Shadow Over Policy in Africa, tratto dal sito web www.nytimes.com, 17 aprile 2011
§ M. Yacoubian, Impact of Arab Uprisings, tratto dal sito web www.usip.org, 18 aprile 2011
§ A. Vannucci, Permessi temporanei e rimpatri. La partita tra Lampedusa, Roma e Bruxelles, in: www.federalismi.it, 20 aprile 2011
§ C. Rausch, J. Gluck, V. O’Connor e S. Worden, Traveling toward the Rule of Law in the Middle East and North Africa: Avenues and Obstacles, in: www.usip.org, 20 aprile 2011
§ Intelligence Guidance: Week of April 24,2011, tratto dal sito web www.stratfor.com, 25 aprile 2011
§ D. Perrella, Medio Oriente e Maghreb: alti e bassi del debito pubblico, tratto dal sito web www.equilibri.net, 26 aprile 2011
§ M. Dassù, La geopolitica del risveglio arabo: tesi a confronto, in: www.aspeninstitute.it, 26 aprile 2011
§ The Middle East in Long-Term Flux, in: www.stratfor.com, 27 aprile 2011
§ R. M. Perito, Internal Security Agencies in North Africa, in: www.usip.org, 28 aprile 2011
§ S. Schwartz, Youth and the Arab Spring, in: www.usip.org, 28 aprile 2011
§ De Tito Boeri, Schengen à l’épreuve des revolutions arabes, in: www. Telos-eu.com
§ S. Hamid, The Struggle for Middle East Democracy, in: www.brookings.edu, 29 aprile 2011
§ N. Ronzitti, Il conflitto in Libia e il ruolo del parlamento, in: www.affarinternazionali.it, 2 maggio 2011
Libia
§ B. Smith – A. Thorp ‘Interpretation of Security Council Resolution 1973 on Libya’, in House of Commons Library Standard Note, 6 aprile 2011
§ C. Taylor, In Brief: Parliamentary Approval for Deploying the Armed Forces, House of Commons Library, 7 aprile 2011
§ P. Hughes, Military Action in Libya, tratto dal sito web www.usip.org, 20 aprile 2011
§ A. Williams, The United Nations in Libya, tratto dal sito web www.usip.org, 21 aprile 2011
§ The Libyan Battle for Misurata, tratto dal sito web www.stratfor.com, 21 aprile 2011
§ J. Rosen, Wither the King of Kings? How Qaddafi’s Battle for Libya Will Impact Africa, tratto dal sito web www.isn.ethz.ch, 26 aprile 2011
§ L. Caracciolo, Il presidente Zelig, in: Limes, 27 aprile 2011
§ P. Rogers, Libya: The View from the Bunker, tratto dal sito web www.isn.ethz.ch, 28 aprile 2011
§ N. Locatelli, La Germania sulla Libia sta con la Merkel. Intervista a David Bosold, in: Limes, 28 aprile 2011
Altri contesti di crisi
§ D. Cristiani e R. Fabiani, Al Qaeda in the Islamic Maghreb (AQIM): Implications for Algeria’s Regional and International Relations, in: IAI Working Papers, n. 11, 7 aprile 2011
§ T.C. Jones, Counterrevolution in the Gulf, tratto dal sito web www.usip.org, 15 aprile 2011
§ R. Bhalla, Islamist Militancy in a Pre- and Post- Saleh Yemen, tratto dal sito web www. stratfor. com, 21 aprile 2011
§ Raw Intelligence Report: A View from Syria, tratto dal sito web www. stratfor. com, 25 aprile 2011
§ Pitfalls for Yemen’s Power-Transfer Plan, tratto dal sito web www. stratfor. com, 26 aprile 2011
§ R. Iannuzzi, L’audace equilibrismo del Qatar, tratto dal sito web www.affarinternazionali.it, 27 aprile 2011
§ M.G. Enardu, Il Grande Malato d’Arabia, in: www.affarinternazionali.it, 28 aprile 2011
§ A. Safira, I blogger egiziani visti dal Qatar, in: Limes, 28 aprile 2011
§ International Crisis Group, Soulevements populaires en Afrique du Nord e tau Moyen-Orient (IV): la voie tunisienne, Rapport Moyen-Orient/Afrique du Nord n. 106, 28 aprile 2011
§ Egypt’s Changing Foreing Policy Attitudes, tratto dal sito web www. stratfor. com, 29 aprile 2011
Allegato
§ International Institute for Strategic Studies, Forze impegnate nelle operazioni in Libia (cartina), 18 aprile 2011
La settimana trascorsa ha visto sul fronte del conflitto libico l'inizio del contributo italiano alle missioni NATO di attacco aereo, la prosecuzione dell'assedio di Misurata da parte delle forze pro-Gheddafi, e l'estensione del conflitto anche alla zona occidentale e meridionale della Libia – vi sono però anche segnali di un indebolimento del rais. Intanto sempre più grave appare la situazione siriana, in un avvitamento di dura repressione e nuova mobilitazione di piazza contro il regime di Assad. In Egitto pare di cogliere sviluppi suscettibili di porre in causa gli equilibri della regione.
In Libia, mentre è proseguito lo stallo nella situazione di Misurata, e mentre rimaneva chiuso anche l'accesso via mare alla città, vi è stato da parte dei filogovernativi il 27 aprile un pesante bombardamento con razzi della città di Zenten, nella parte occidentale della Libia, che ha spinto decine di persone a lasciare le proprie case e dirigersi verso il confine tunisino. Nella stessa giornata un documento redatto già il 12 aprile è stato reso noto a Parigi: in esso rappresentanti delle tribù libiche affermano la volontà di dar vita, dopo la fine del regime di Gheddafi, a una Libia libera, democratica e unita.
Sul fronte occidentale il 28 aprile lo scontro è sconfinato apertamente in territorio tunisino, come risultato di una battaglia per il controllo del posto di frontiera di Dehiba, da alcuni giorni nelle mani degli insorti. Una decina di missili sarebbero caduti in territorio tunisino e vicino ad un centro abitato. In una nota diplomatica la Tunisia espresso alla Libia la sua “estrema indignazione” per l'accaduto. Nella parte sudorientale della Libia si è aperto il fronte per il controllo dell’oasi di Kufra, che sarebbe stata presa dai filogovernativi. A Misurata intanto si è riusciti a far partire una nave dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni, che ha evacuato un migliaio di stranieri e persone ferite, mentre sono proseguiti i bombardamenti della città, e una decina di ribelli sarebbero stati uccisi per errore a seguito di un raid della NATO.
Il 28 aprile ha visto anche l'inizio delle missioni di attacco aereo dei velivoli italiani, sulle quali peraltro il Ministro della Difesa La Russa ha rinviato al comando NATO per ogni informazione che riterrà di fornire. Nella stessa giornata sono giunti a Bengasi i previsti dieci istruttori militari italiani a sostegno del comando operativo del Consiglio nazionale transitorio, in via di costituzione.
Il 29 aprile ha visto crescere la tensione tra Libia e Tunisia, nel cui territorio vi è stato lo sconfinamento di decine di soldati libici impegnati nel tentativo di riconquistare il posto di frontiera di Dehiba: dopo un conflitto a fuoco con le forze di sicurezza tunisine i libici sono stati disarmati, interrogati e successivamente rimpatriati.
Nonostante le scuse formali di Tripoli, il Ministero degli affari esteri tunisino ha convocato l'ambasciatore a Tunisi, ed in una nota ha messo in risalto la pericolosità della condotta dei militari libici in un'area densamente popolata e in violazione della sovranità tunisina.
Sul fronte di Misurata le forze pro-Gheddafi hanno annunciato di aver ripreso il controllo del porto, minacciando di attaccare qualsiasi imbarcazione avesse tentato di attraccare. È stata inoltre offerta agli insorti un'amnistia qualora depongano le armi entro il 3 maggio. È proseguito inoltre l'attacco per via di terra su diversi fronti della città, con l'uso di carri armati, razzi e mortai. La NATO è tornata ad accusare le truppe filogovernative di utilizzare bombe a grappolo contro la popolazione civile: inoltre, unità navali dell'Alleanza atlantica hanno intercettato imbarcazioni filogovernative che tentavano di minare il porto di Misurata. Sul fronte occidentale, una nuova offensiva è stata lanciata dai filogovernativi su Zenten, provocando l'intervento di caccia della NATO, che avrebbero lanciato cinque missili contro le forze lealiste disposte intorno alla città.
Il 30 aprile alcuni osservatori hanno registrato un indebolimento dello schieramento del Rais, pur nella pericolosità residua delle sue truppe su tutto il territorio libico: Gheddafi ha minacciato, in un discorso alla televisione di Stato, di portare la guerra in Italia, dicendosi particolarmente adirato per il “tradimento” che il nostro Paese avrebbe perpetrato nei confronti di Tripoli - la Farnesina non ha commentato le dichiarazioni di Gheddafi, mentre fonti di intelligence italiane hanno giudicato al momento remota la possibilità di azioni terroristiche sul nostro territorio.
Nel contempo Gheddafi ha avanzato all’Alleanza atlantica la richiesta di negoziati per giungere a un cessate il fuoco, che l'Alleanza atlantica ha respinto con nettezza, per di più condannando le minacce contro l'Italia o qualsiasi altro paese alleato, proprio per bocca del segretario generale Rasmussen.
Anche il capo degli insorti Jalil ha definito impossibile qualsiasi trattativa con un Gheddafi che continua a combattere su tutti i fronti. La precarietà crescente delle condizioni di Gheddafi è stata resa plasticamente da un massiccio bombardamento che ha investito proprio il quartiere di Tripoli dove si trovano gli studi televisivi e contemporaneamente alla trasmissione, che è stata più volte disturbata. La capitale è stata poi colpita da altri bombardamenti proprio nei pressi del quartiere generale di Gheddafi.
I raid della NATO sulla capitale libica sono poi giunti in nottata a sfiorare lo stesso Gheddafi, scampato al bombardamento della casa del figlio minore Saif al Arab, rimasto invece vittima dell'attacco aereo insieme a tre nipoti del Gheddafi. L'Alleanza atlantica, che ha confermato il raid, ha sostenuto che esso mirava a colpire un centro di controllo militare. Nella questione è intervenuta la Russia, denunciando un uso sproporzionato della forza da parte della NATO, e mettendo in dubbio la versione dell'Alleanza atlantica di non avere come obiettivo l'eliminazione fisica di Gheddafi.
Il 1° maggio vi è stato l’assalto a diverse missioni diplomatiche straniere nella capitale, incluse quelle dell’ONU, che ha annunciato il ritiro di tutto il proprio personale da Tripoli. Anche l’edificio dell’Ambasciata italiana è stata oggetto di atti vandalici: il Ministero degli Esteri ha replicato che tali azioni ''non indeboliranno la determinazione dell'Italia a continuare la propria azione, insieme agli altri partner, a difesa della popolazione civile libica in ottemperanza alla risoluzione 1973 delle Nazioni Unite''. Analoga dichiarazione è venuta dal Foregn Office a seguito della devastazione dell’Ambasciata britannica: l’Ambasciatore libico a Londra è stato espulso.
Per quanto riguarda la Siria, il 27 aprile, con un'azione coordinata vi è stata la convocazione degli ambasciatori di Damasco a Parigi, Roma, Londra, Madrid e Berlino, per esprimere loro una forte condanna delle violenze e delle repressioni in atto nel paese: nello stesso tempo, la propensione dei paesi europei a imporre sanzioni contro la Siria si è mostrata crescente, con particolare riferimento ad Italia e Francia, che avevano espresso questo orientamento già nel vertice bilaterale del 26 aprile.
Nella stessa giornata vi sono state le prime significative crepe nel regime di Damasco, con le dimissioni di circa 230 membri del partito Baath al potere, motivate con la violenza della repressione scatenata dal regime contro le proteste popolari. Nonostante tutto ciò la città di Daraa, iniziale centro della protesta, è rimasta a tutti gli effetti in stato di assedio, priva di elettricità, acqua corrente e telecomunicazioni, con un inizio di penuria di generi alimentari e numerosi episodi di saccheggio di negozi e abitazioni.
D'altra parte, il regime ha proseguito nel presentare la mobilitazione in atto nel paese come opera di cellule terroriste estremiste, pubblicando anche foto di armi e munizioni sequestrate e trasmettendo alla tv di Stato la confessione di un presunto capo della cellula terrorista di Daraa. Il regime ha inoltre dato molto risalto ai funerali di sei membri delle forze di sicurezza. Sul fronte delle Nazioni Unite, frattanto, non si è potuta tenere una seduta a porte aperte del Consiglio di sicurezza sulla situazione siriana, per l'opposizione di Pechino e Mosca.
Il 29 aprile il previsto “venerdì della collera” ha registrato una nuova massiccia mobilitazione delle proteste in tutto il paese, alla quale il regime ha risposto in modo sanguinoso, provocando una sessantina di morti, soprattutto a Daraa, ancora una volta epicentro dei sommovimenti antigovernativi, che ha contato da sola 35 vittime. Il regime ha presentato le informazioni sulla repressione come frutto di una campagna mediatica di istigazione contro il paese, volta ad incoraggiare la violenza e ad estendere i disordini.
Ciononostante, nella stessa giornata l'Amministrazione statunitense ha imposto sanzioni economiche contro due esponenti del regime siriano, un fratello e un cugino del presidente Assad, per violazioni dei diritti umani. Ben più pesanti sono state le sanzioni decise poche ore dopo a seguito di una riunione del Comitato politico e di sicurezza dell'Unione europea - che, si ricorda, è attualmente il maggior partner commerciale e donatore nei confronti della Siria. I 27 si sono accordati per l'applicazione rapida dell'embargo sulla fornitura di armi alla Siria, incluse le attrezzature utilizzabili in azioni di repressione contro i manifestanti. È stata inoltre avviata la procedura per la redazione di un elenco di esponenti politici da sottoporre a misure restrittive, come il divieto di concessione del visto e il congelamento dei beni eventualmente detenuti all'estero. L'Unione europea ha inoltre reso noto di considerare congelata la procedura relativa all'Accordo di associazione, che dall'ottobre 2009 attende la firma, e di essere intenzionata a procedere alla revisione della cooperazione bilaterale con Damasco, che nel periodo 2011-2013 prevede per la Siria un contributo europeo di circa 130 milioni di euro.
Il 30 aprile, mentre si celebravano i funerali di alcune vittime del giorno precedente, altre sei persone sono rimaste uccise a Daraa sotto il fuoco delle forze di sicurezza: il numero totale delle vittime della mobilitazione siriana avrebbe raggiunto dall'inizio il numero di circa 560. Vi è stato inoltre anche l'arresto di due noti oppositori e di una decina di donne radunatesi insieme a molte altre in silenzio davanti al Parlamento della capitale siriana. Il governo di Damasco non ha reagito in modo particolare alla notizia delle sanzioni americane ed europee, alle quali peraltro si è aggiunta la decisione del Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (UNDP), che ha sospeso un progetto quinquennale di aiuti alla Siria. Il nuovo premier siriano ha però preannunciato un piano completo per l'attuazione di riforme politiche, economiche e giudiziarie.
Nella stessa giornata le forze siriane hanno arrestato due oppositori curdi nella città di Qamishli, nel nord est del paese, i quali nei giorni precedenti avevano svolto un ruolo importante nelle proteste in corso nella regione.
In Egitto, mentre è rimasta priva di nuovi sviluppi la situazione interna, alcune mosse delle nuove autorità hanno destato particolare preoccupazione nel vicino stato d'Israele. Va anzitutto sottolineato che il tema della revisione del trattato di pace di Camp David del 1978 appare progressivamente al centro della campagna elettorale per le presidenziali, che è alle prime battute.
Il candidato Amr Mussa, in uscita dalla carica di segretario generale della Lega araba, ha affermato doversi sospendere il trattato di pace con Israele fintantoché Tel Aviv non riconoscerà il diritto dei palestinesi alla creazione di un proprio Stato e non abbandonerà la politica di colonizzazione dei territori occupati a seguito della Guerra dei sei giorni del 1967.
Un altro candidato, il vicepresidente della Corte di cassazione el Bestawi, si è detto contrario alla parte degli accordi di pace con Israele che prevedono la permanente smilitarizzazione del Sinai - che proprio grazie a quegli accordi tornò sotto sovranità egiziana. Anche il ruolo dell'Egitto nel raggiungimento dell'accordo di riconciliazione tra le fazioni palestinesi di Hamas e Fatah, che sarà siglato il 4 maggio proprio al Cairo, ha destato disappunto in Israele: infatti l'Egitto, per favorire l’intesa tra palestinesi, ha previsto la rimozione graduale del blocco nei confronti della Striscia di Gaza, con la riapertura del valico di Rafah, che l'anno scorso l'Egitto di Mubarak aveva provveduto a chiudere con l'erezione di una barriera di acciaio lungo tutto il confine con la Striscia, allo scopo di prevenire l’afflusso di armi a Gaza. Il nuovo sabotaggio in territorio egiziano del gasdotto del Sinai settentrionale ha pure allarmato gli israeliani, soprattutto in considerazione del fatto che le forniture di gas a Israele sono molto criticate nel paese vicino e sono attualmente oggetto di un'inchiesta giudiziaria per malversazioni ad esse collegate, nei confronti dell'ex ministro del petrolio di Mubarak e dei due figli dell'ex rais egiziano.
Nello Yemen, mentre prosegue la repressione sanguinosa delle manifestazioni - il 27 aprile vi sono stati non meno di 12 morti e circa 130 feriti nella capitale - si assiste anche uno scollamento tra il movimento di piazza e lo schieramento delle opposizioni, attorno alla questione del piano messo a punto dai mediatori inviati dal Consiglio di cooperazione del Golfo, e sostenuto dai governi di Italia e Francia, per il quale il presidente Saleh dovrebbe firmare un accordo con l'opposizione e lasciare la presidenza entro un mese in cambio dell'immunità, tutto ciò in vista della formazione di un nuovo governo di unità nazionale.
I manifestanti, a differenza delle opposizioni “legali”, non accettano assolutamente la clausola di immunità per il presidente in carica, e le proteste divampano in tutto il paese. All'atteggiamento del movimento di protesta fa da pendant quello del presidente Saleh, che rifiuta di firmare il piano del Consiglio di cooperazione del Golfo. Intanto vi sono stati due episodi di attacco alle forze di sicurezza yemenite da parte di Al Qaida, con la morte di tre soldati il 27 aprile e di altri tre il 1º maggio: entrambi gli episodi si sono verificati nella provincia meridionale di Abyan.
Anche il Marocco, finora piuttosto immune dalla propagazione della protesta che ha investito il Nordafrica, ha registrato il 28 aprile il più grave attentato negli ultimi otto anni - dopo le bombe del 16 maggio 2003, che provocarono quarantacinque vittime e sessanta feriti -: un'esplosione ha distrutto tutto il primo piano del caffè Argana di Marrakech, che domina la piazza Jemaa el Fna, dichiarata patrimonio dell'umanità dall'UNESCO, provocando almeno 15 morti e una ventina di feriti.
Logicamente imputabile ad elementi di Al Qaida del Maghreb, la cui attività si è intensificata negli ultimi anni con con il proliferare di cellule jihadiste, l'attentato sembra mirato a creare difficoltà al paese proprio nel cruciale settore del turismo. Va ricordato che alcune minacce erano state rivolte da esponenti di Al Qaida del Maghreb per recenti arresti di integralisti nel paese.
Infine, sul fronte dell’emigrazione, si è verificata una nuova ondata di sbarchi a Lampedusa, con tutta probabilità provenienti dalla Libia, appena poche ore dopo l'inizio delle operazioni italiane di attacco aereo: quattro barconi con più di un migliaio di profughi sono stati avvistati il 29 aprile, dopo dieci giorni nei quali non si era verificato alcuno sbarco.
L'elevato numero di profughi ha provocato nuovamente a Lampedusa la saturazione delle strutture di accoglienza. Per quanto riguarda la Francia, va sottolineato che anche dopo il vertice bilaterale del 26 aprile a Roma è proseguito il filtro delle autorità transalpine nei confronti di decine di migranti tunisini giunti dall'Italia, che sono stati fermati e in alcuni casi respinti alla frontiera.
Il ministro dell'interno francese, Claude Guéant, è tornato a sottolineare che i migranti devono avere, oltre ai documenti di viaggio e al permesso di soggiorno, anche la possibilità di dimostrare la disponibilità di risorse sufficienti, in mancanza delle quali saranno rinviati al paese d'origine o riammessi in Italia, se in possesso di un titolo di viaggio per cittadini extracomunitari rilasciato dalle autorità italiane.