Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento affari comunitari | ||||
Titolo: | Focus settimanale - La crisi politica in Libia e negli altri paesi del Nord Africa e del Medio Oriente - Aggiornamento al 26 aprile 2011 - Documenti ufficiali, interpretazioni ed analisi | ||||
Serie: | Documentazione e ricerche Numero: 208 Progressivo: 6 | ||||
Data: | 27/04/2011 | ||||
Descrittori: |
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Organi della Camera: |
III-Affari esteri e comunitari
IV-Difesa | ||||
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Camera dei deputati |
XVI LEGISLATURA |
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Documentazione e ricerche |
Focus settimanale
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Aggiornamento al 26 aprile 2011 |
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n. 208/6 |
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27 aprile 2011 |
Servizio responsabile: |
Dipartimento Affari esteri ( 066760-4172 – * st_affari_esteri@camera.it
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File: es0709f.doc |
INDICE
Gli sviluppi della crisi libica (19 – 26 aprile)
Gli altri contesti di crisi in Medio Oriente e Nord Africa
Documenti ufficiali
§ Comunicato della Presidenza del Consiglio dei Ministri ‘Libia: colloquio telefonico Obama – Berlusconi’, 25 aprile 2011,
§ Comunicato della Presidenza del Consiglio dei Ministri ‘Berlusconi: tra Italia e Francia ‘forte convergenza su tutti i temi affrontati’, 26 aprile 2011,
§ Vertice italo-francese ‘Dichiarazione su Libia e Mediterraneo’, 26 aprile 2011
§ Lettera del Presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica italiana e del Presidente della Repubblica francese al Presidente del Consiglio Europeo Erman Van Rompuy e al Presidente della Commissione Europea José Manuel Barroso, 26 aprile 2011
§ Intervento del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, all’incontro con gli esponenti delle Associazioni combattentistiche e partigiane e le associazioni d’Arma, 26 aprile 2011
Documenti di organizzazioni non governative
§ Human Rights Watch ‘Bahrain: Attack on Rights Defender’s Home’, dal sito http://www.hrw.org, 18 aprile 2011
§ Human Rights Watch ‘African Union: Press Libya to Obey African Courts, Order’, dal sito http://www.hrw.org, 19 aprile 2011
§ Human Rights Watch ‘Syria: Rein in Security Services’, dal sito http://www.hrw.org, 21 aprile 2011
§ Human Rights Watch ‘United Arab Emirates; Government Dissolves Rights Group’s Board’, dal sito http://www.hrw.org, 22 aprile 2011
§ Human Rights Watch ‘Syria: World Should Impose Sanctions on Leadership’, dal sito http://www.hrw.org, 24 aprile 2011
Profili generali
§ European Union Institute for Security Studies (ISS) ‘The Arab democratic wave – How the EU can seize the moment’, marzo 2011 (estratti)
§ F. Chabrol ‘Un printemps démocratique en Afrique subsaharienne?’, dal sito http://www.affaires-strategiques.info, 18 aprile 2011
§ R. Hanau Santini - E. Alessandri ‘Iran and Turkey after Egypt: Time for Regional Re-alignments?’, Center on the United States and Europe at Brookings 19 aprile 2011
§ L. Ozzano ‘Internet, la religione e il battito della farfalla’, dal sito http://www..aspeninstitute.it/aspenia-online, 19 aprile 2011
§ J. S. Mongrenier ‘The improbable Paris-Berlin-London triumvirate’, in: ISPI Commentary, 19 aprile 2011
§ F. Caffio ‘Immigrazione – Come affrontare l’emergenza sbarchi’, dal sito http://www.affarinternazionali.it, 21 aprile 2011
§ S. Fagiolo ‘Le miopie di Roma e Parigi: un nuovo patto è possibile?’, in: ISPI Commentary, 21 aprile 2011
§ A. Varvelli ‘La crisi libica: guerra umanitaria o guerra di Sarkò?’, in: ISPI Commentary, 21 aprile 2011
§ I. Bilancino ’Turchia : Dopo il silenzio sulla guerra in Libia, Erdogan Mediatore’, dal sito http://www.equilibri.net/nuovo, 21 aprile 2011
§ M. Nava ‘Neogollismo: se Nizza diventa più importante di Tripoli’’, in: ISPI Commentary, 25 aprile 2011
§ H. Nabli ‘Les Révolutions arabes ont-elles lieu?’, dal sito http://www.affaires-strategiques.info
§ A. Mebtoul ‘Le Maghreb dans son environnemnt régionale t international’, in: Institut français de relations internationales (estratti), aprile 2011
§ A. Al Sharekh ‘Reform and Rebirth in the Middle East’, in: Survival, vol 53, n. 2, aprile/maggio 2011
§ E. Fakhro - E. Hokayem ‘Waking the Arabs, in: Survival, vol 53, n. 2, aprile/maggio 2011
§ S. Johnstone e S. Mazo ‘Global Warming and the Arab Spring’, in: Survival, vol 53, n. 2, aprile/maggio 2011
Egitto
§ E. el-Merghany ’Egitto: i sindacati, tra il Partito Democratico e i Fratelli Musulmani’, dal sito http://www.equilibri.net, 22 aprile 2011
§ ’Egitto: l’ora dei movimenti religiosi in politica’, dal sito http://www.aspeniainstitute.it/aspenia-online,
§ I. A. Karawan ‘Politics and the Army in Egypt’, in: Survival, vol 53, n. 2, aprile/maggio 2011,
§ M. Lyngh ‘America and Egypt After the Uprisings’, in: Survival, vol 53, n. 2, aprile/maggio 2011,
Libia
§ A. de Vasconcelos ‘Save Misrata: and help Libya set itself free’, in: European Union Institute for Security Studies Analysis, aprile 2011
§ G. Joffé ‘After Gaddafi, in: European Union Institute for Security Studies Opinion, aprile 2011
§ A. El Gomati ‘Freedom or Survival?, in: ISS (European Union Institute for Security Studies), aprile 2011
§ M. Lahmar ‘Les révoltés libyens à la croisée des chemins de Syrte’, in: European Union Institute for Security Studies, aprile 2011
§ B. Smith – A. Thorp ‘Interpretation of Security Council Resolution 1973 on Libya’, in House of Commons Library Standard Note, 6 aprile 2011
§ V. Camporini ‘Il minimalismo autolesionista dell’Italia in Libia’, dal sito http://www.affarinternazionali.it, 14 aprile 2011
§ S. Kohen ‘Libye. Un terrain de rivalités entre la France et la Turquie’, in: Courrier international, 15 aprile 2011
§ J. Bridoux ‘Why Libya Will Not Be a Second Iraq’, dal sito: http://www.opendemocracy.net, 18 aprile 2011
§ C. Taylor - B. Smith ‘Military Operations in Libya’, House of Commons Library Standard Note, 19 aprile 2011
§ M. Mondelli ‘Françafrique: fra Rupture e ingombranti eredità postcoloniali’, in ISPI Commentary, 20 aprile 2011
§ ‘War in Libya: Europe’s confused response’, IISS Strategic Comments, 18 aprile 2011
§ A. H. Cordesman ‘Libya: Will the Farce Stay With US (And France and Britain)?’, in: Center for Strategic International Studies (CSIS), 20 aprile 2011
§ M. Mercuri ‘Rivolte arabe. L’eccezione libica’, dal sito: http://www.affarinternazionali.it, 20 aprile 2011
§ ’The Libyan Battle for Misurata’, dal sito http://www.stratfor.com, 21 aprile 2011
§ ’Italy’s Strategy Reversal on Libya’, dal sito http://stratfor.com, 22 aprile 2011
§ F. Sisci ‘La Cina teme l’effetto contagio della Libia’, in: Limes, 22 aprile 2011
Altri contesti di crisi
§ B. Smith ‘Unrest spreads to Syria, in House of commons Library Standard Note, 11 aprile 2011
§ S. Rabia ‘Algérie. Les décevantes annonces du président Bouteflika’, in: Courrier international, 26 aprile 2011
§ L. Kamel - D. Huber ‘The hopes for an Arab Spring in Palestine’, dal sito http://www.aspeniinstitute.it/aspenia-online, 19 aprile 2011
§ M. Al-Rasheed ‘The Saudi Complex: Power vs Rights’, dal sito: http://www.opendemocracy.net, 21 aprile 2011
§ A. H. Cordesman, A. A. Burke ‘Saudi Stability in a Time of Change’, in: Center for Strategic & International Studies (CSIS), 21 aprile 2011
§ N. Bouabid ‘Tunisie. Les réfugiés libyens affluent en masse’, in: Courrier international, 22 aprile 2011
Nella seduta delle Commissioni Affari esteri e Difesa riunite delle due Camere del 19 aprile 2011 il ninistro degli Affari esteri Frattini ha aggiornato il Parlamento sui più recenti sviluppi della crisi in Libia. Il Ministro, che in mattinata aveva ricevuto il Presidente del Consiglio nazionale transitorio (CNT) di Bengasi, Mustafa Jalil, si è detto convinto che la collaborazione piena tra Italia e Libia sancita nel recente Trattato di amicizia bilaterale, attualmente sospeso, riprenderà in tutti i suoi aspetti - inclusi quelli economici -, non appena la situazione libica avrà trovato una sua positiva composizione con la fine del regime di Gheddafi, rispetto alla quale il capo della diplomazia italiana ha sostenuto non potervi essere ripensamenti pur in presenza di una situazione di stallo militare.
In tal senso si sarebbe espresso con piena fiducia lo stesso Jalil, che avrebbe anche rassicurato il ministro Frattini circa l’esistenza di una serie di importanti collegamenti che gli insorti di Bengasi possono vantare anche in Tripolitania, che risultano essenziali per preservare l'unità territoriale del paese. Il Ministro ha peraltro riconosciuto che, nonostante segnali espliciti di disagio arrecato al regime di Gheddafi dall'applicazione delle sanzioni internazionali, il rais libico è ancora in possesso di notevoli risorse economiche e militari.
Per controbilanciare tutto ciò, il Ministro si è impegnato a portare presso la sede del Comitato sanzioni delle Nazioni Unite la questione della vendita del petrolio della Cirenaica, in funzione di sostegno alle esigenze finanziarie degli insorti. La centralità del rapporto con il CNT di Bengasi è stata poi rivendicata dall’on. Frattini sia ricordando la tempestività italiana nello stabilire i primi contatti, sia, nella prospettiva più volte ribadita della liquidazione del regime di Gheddafi, in vista di una rinnovata collaborazione economica e nel controllo dei flussi migratori con le autorità della nuova Libia.
Per quanto invece concerne la possibilità di fornire veri e propri armamenti agli insorti, il Ministro ha avanzato dubbi, confinando tale ipotesi al rango di extrema ratio. Infine, sul piano più prettamente diplomatico, il ministro Frattini ha anticipato che la riunione del Gruppo di contatto sulla Libia prevista per la prima settimana di maggio a Roma si porrà nell'ottica di dare impulso al coordinamento di tutte le iniziative mirate alla ricerca di una soluzione politica della crisi libica, al di fuori di ogni ipotesi di negoziato con il regime di Gheddafi.
Lo stesso Jalil non ha mancato di esortare ulteriormente le autorità italiane a un'intensificazione delle operazioni militari contro le truppe di Gheddafi, vista l’efficacia solo parziale dei bombardamenti della NATO sino ad allora effettuati.
Il 20 aprile Jalil si è recato a Parigi, preceduto peraltro da un'intensa campagna della stampa francese volta a mostrare come gli attuali capi dell'insurrezione di Bengasi, a partire dallo stesso Jalil, siano stati fino a non molto tempo fa stretti collaboratori del rais libico: Jalil, ad esempio, nel 2007 divenne ministro della Giustizia e fu proprio in questa veste che per due volte firmò la condanna a morte delle cinque infermiere bulgare, accusate di aver trasmesso intenzionalmente l’AIDS a centinaia di bambini e ragazzi libici (la vicenda si risolse, com’è noto, con la liberazione delle infermiere).
Il capo militare dell’attuale opposizione libica, Abdel Younes, è stato a sua volta il numero due del regime libico, ed ha ricoperto la carica di ministro dell'interno, mentre Mahmud Jibril, responsabile esteri del Consiglio nazionale transitorio, è stato a suo tempo responsabile dell'ente per lo sviluppo economico nazionale.
Nei giorni successivi, perdurando il problema dell'assedio della città di Misurata da parte delle truppe filogovernative, è cresciuta la volontà di sostegno al Consiglio nazionale di transizione da parte di diversi paesi, tra i quali il nostro. Il 20 aprile ha destato particolare scalpore l'uccisione a Misurata di due reporters stranieri, l’inglese Tim Hetherington e l'americano Chris Hondros, colpiti da un proiettile di mortaio sulla principale arteria della città.
L’Italia si è detta pronta ad inviare dieci istruttori militari nel paese, e allo stesso modo si è pronunciato il Regno Unito, mentre Parigi prometteva un'intensificazione degli attacchi aerei.
L’Amministrazione statunitense, temporaneamente defilatasi dalle operazioni dirette di attacco, hanno comunque salutato con favore questi orientamenti, e hanno annunciato l'invio di aiuti per un totale di circa 25 milioni di dollari agli insorti di Bengasi, sotto forma di veicoli, ambulanze, equipaggiamento medico, giubbotti antiproiettile, attrezzature per la visione a distanza e le telecomunicazioni. Subito dopo è giunta da Washington la notizia dell’imminente impiego americano di droni armati nelle operazioni di attacco aereo in Libia.
La politica dell'Amministrazione USA è peraltro oggetto di un aspro dibattito negli Stati Uniti, ove diversi esponenti repubblicani hanno lanciato al presidente Obama pesanti accuse di errori strategici: l'ex ambasciatore USA presso le Nazioni Unite, John Bolton, ha colto ad esempio una grave contraddizione nella prospettiva, che Obama sostiene, di un cambio di regime a Tripoli, cui farebbe da contrappunto un impegno militare troppo “leggero”, che potrebbe risolversi a tutto vantaggio di Gheddafi.
Lo sfidante repubblicano nella campagna per le presidenziali del 2008, John McCain, si è recato il 22 aprile a Bengasi, ove ha incontrato esponenti del Consiglio nazionale di transizione, sostenendone la richiesta di ricevere armamenti, nonché quella di una intensificazione delle missioni aeree della NATO. McCain ha inoltre argomentato che di tutti gli scenari possibili sul terreno dello scontro libico, quello di un prolungato stallo sarebbe il più favorevole ad Al Qaida.
Nella difficile situazione sul terreno, gli insorti libici hanno lasciato cadere la precedente posizione di contrarietà all'intervento di truppe di terra straniere - peraltro non previsto direttamente nella risoluzione 1973 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Il governo di Tripoli ha reagito con durezza al rinnovato impegno internazionale a favore degli insorti: lo stesso Gheddafi, in due interventi televisivi, ha minacciato di pesanti conseguenze i paesi interessati, che potrebbero trovarsi a fronteggiare larghi strati di popolazione civile armata dal regime.
La situazione di scontro in Libia ha interessato marginalmente anche la Tunisia: infatti combattimenti sono divampati anche in prossimità del confine occidentale della Libia, ed un gruppo di ufficiali fedeli a Gheddafi, dopo un vittorioso attacco degli insorti, è sconfinato nel paese vicino, per essere arrestato da truppe tunisine. Il governo di Tunisi ha inoltre inviato una nota ufficiale di protesta a Tripoli dopo la caduta nel suo territorio di proiettili di artiglieria di provenienza libica.
Il 23 aprile le truppe fedeli al regime hanno iniziato quello che sembrava un ritiro dal teatro di combattimento di Misurata, suscitando l'entusiasmo degli insorti: il Viceministro degli esteri libico ha spiegato che la manovra è stata determinata con la necessità di delegare alle tribù locali la soluzione del problema dei rapporti con gli insorti. Il giorno dopo, tuttavia, sono ripresi i bombardamenti su Misurata, per di più da una distanza maggiore e quindi con maggiore casualità, colpendo in diverse occasioni i quartieri residenziali. Inoltre sarebbero apparsi numerosi combattenti pro Gheddafi, chiaramente appartenenti a milizie tribali. E’ pervenuta, in pari data, la notizia molto positiva della liberazione del rimorchiatore italiano - l’”Asso 22”- sequestrato da militari libici un mese fa, che il 23 aprile ha potuto riprendere il mare in direzione della Sicilia, con l'equipaggio di undici uomini, tra cui otto nostri connazionali, in buona salute.
Il 25 aprile l’Alleanza atlantica ha risposto ai rinnovati bombardamenti su Misurata con un attacco di precisione nel centro di Tripoli, che ha portato alla distruzione di alcuni uffici direttamente utilizzati da Gheddafi nel suo quartier generale: un portavoce del regime ha accusato l’Alleanza atlantica di aver mirato direttamente alla persona del rais libico, mentre la NATO ha replicato di aver colpito un nodo di telecomunicazioni utilizzato per coordinare gli attacchi contro i civili.
Si è inoltre avuta notizia di una nuova iniziativa diplomatica dell'Unione africana ad Addis Abeba, con colloqui separati da un lato con il ministro degli esteri libico Obeidi e dall'altro con rappresentanti degli insorti.
Nella stessa giornata del 25 aprile, dopo un colloquio telefonico con il presidente americano Obama, il presidente del Consiglio Berlusconi ha dato il via libera ad “azioni aeree mirate” del nostro Paese in Libia, in risposta ai numerosi appelli lanciati dall’Alleanza atlantica e soprattutto dai dirigenti del Consiglio nazionale transitorio di Bengasi.
Il ministro della Difesa La Russa ha puntualizzato che non si tratterà di bombardamenti indiscriminati, ma d’interventi con missili di precisione su specifici obiettivi, evitando ogni rischio per la popolazione civile.
Parallelamente al forte apprezzamento statunitense per la decisione italiana, il Governo si è detto pronto a informare le Camere in merito al nuovo livello dell'impegno italiano in Libia, anche se una nota della Presidenza del Consiglio ha attestato la piena continuità delle azioni di attacco aereo ora progettate con quanto il Parlamento ha già autorizzato con gli specifici atti di indirizzo volti all'attuazione della risoluzione 1973 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. I Ministri Frattini e La Russa hanno altresì precisato che la decisione italiana è strettamente legata al peggioramento gravissimo della situazione di Misurata e si pone anche in coerenza con le richieste degli insorti, specialmente dopo il riconoscimento ufficiale del Consiglio nazionale transitorio da parte dell'Italia.
Il 26 aprile,il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in occasione dell'incontro con gli esponenti delle associazioni combattentistiche e partigiane e delle associazioni d'Arma, ha dichiarato che "non potevamo restare indifferenti alla sanguinaria reazione del colonnello Gheddafi in Libia : di qui l'adesione dell'Italia al giudizio e alle indicazioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e quindi al piano di interventi della coalizione postasi sotto la guida della NATO. L'ulteriore impegno dell'Italia in Libia - annunciato ieri sera dal Presidente del Consiglio Berlusconi - costituisce il naturale sviluppo della scelta compiuta dall'Italia a metà marzo, secondo la linea fissata nel Consiglio Supremo di Difesa da me presieduto e quindi confortata da ampio consenso in Parlamento.[…] Naturalmente sappiamo bene come ai problemi di fondo che si pongono nei paesi dell'area africana e mediorientale lo strumento militare non può dare l'insieme delle risposte necessarie. Si richiede - da parte delle organizzazioni internazionali, dei paesi più avanzati e in modo particolare dall'Europa - uno sforzo consapevole, concreto e conseguente per concorrere alla crescita economica e al riscatto sociale cui aspirano i popoli dell'intera regione mediterranea.”
Lo stesso giorno si è svolto a Roma l'atteso incontro al vertice tra il Presidente del Consiglio Berlusconi e il presidente francese Sarkozy, che ha registrato un'ampia convergenza di posizioni tra Italia e Francia sia sulla situazione in Libia e più in generale nel Mediterraneo, sia per quanto concerne i profili dell'immigrazione nella difficile contingenza attuale.
È stato lanciato un forte appello alle autorità siriane affinché pongano fine alla repressione violenta di pacifiche manifestazioni dei cittadini. Per quanto concerne la questione dell'applicazione del sistema Schengen, che aveva agitato indubbiamente i rapporti italo-francesi nei giorni precedenti, entrambi i leader politici hanno concordato sulla necessità di alcune riforme proprio come presupposto necessario della prosecuzione dell'efficacia del Trattato e della Convenzione applicativa di Schengen.
In particolare, in un documento congiunto indirizzato ai Presidenti del Consiglio europeo e della Commissione, l'Italia e la Francia hanno proposto una serie di modifiche puntuali alla disciplina vigente in materia ed hanno prospettato l’esigenza di un maggior raccordo operativo tra le autorità comunitarie e gli Stati membri investiti da eccezionali ondate di immigrazione, avanzando l’ipotesi di ripristinare a titolo provvisorio i controlli alle frontiere interne in casi determinati e precisi che potranno presentarsi in futuro, contestualmente ad un rafforzamento dell'Agenzia di controllo delle frontiere esterne dell'Unione europea (FRONTEX).
Nel corso del vertice è stata altresì ribadita la comune posizione, conforme Il alle decisioni del Consiglio Europeo, di impedire che il regime di Gheddafi abbia accesso alle risorse petrolifere e di gas che finanziano il suo sforzo bellico contro il popolo libico e si è rivolto un appello a tutti i Paesi e a tutti gli operatori del mercato petrolifero affinchè rifiutino qualsiasi operazione di commercializzazione o di trasporto di idrocarburi da cui possa trarre vantaggio il regime di Gheddafi, così come qualsiasi consegna di prodotti petroliferi, grezzi o raffinati, che possano contribuire agli attacchi contro la popolazione.
Dopo la Libia, il teatro di maggiore gravità è rimasto nella settimana trascorsa la Siria, dove sono proseguite le uccisioni indiscriminate di manifestanti da parte delle forze sicurezza del regime di Assad.
Tutto ciò, come già nelle settimane passate, è stato accompagnato da segnali del tutto opposti di apertura del regime, come quando il 19 aprile è stata annunciata l'approvazione da parte del nuovo governo di Damasco di tre progetti di legge che dovrebbero attenuare il rigore del regime di sicurezza nel paese.
I progetti riguardano rispettivamente la concessione del diritto di manifestazione previa autorizzazione del ministero degli interni, l'abolizione della Corte suprema per la sicurezza dello Stato e l’abolizione dello stato d'emergenza in senso proprio, che in Siria è rimasto ininterrottamente in vigore dal marzo 1963.
Al proposito il noto dissidente al Maleh è tornato a sostenere che la cancellazione dello stato di emergenza non richiede alcuna legge, essendo stato a suo tempo incardinato mediante decreto presidenziale. In ogni modo, nel clima nel quale il governo parla di un complotto straniero attuato da cellule armate di estremisti islamici - il che appare in buona parte un tentativo di gettare discredito sul movimento di protesta pacifica -nella stessa giornata del 19 aprile vi sarebbero state almeno quattro vittime per mano delle forze di sicurezza.
Il doppio binario su cui sembrano muoversi le autorità di Damasco è stato confermato il 20 aprile quando, nel mentre si ribadiva la fine dello stato di emergenza - senza peraltro chiarire quali leggi andranno a sostituire la precedente normativa - veniva arrestato il dissidente Mahmud Issa nella sua città di Homs, interessata da manifestazioni che negli ultimi giorni hanno visto l'uccisione di circa 20 dimostranti.
Di fronte all'impossibilità di porre fine al moto di protesta nelle piazze siriane, che nella città di Banias avrebbe provocato il 20 aprile altre otto vittime, il governo ha ordinato la rimozione del responsabile della polizia segreta locale. Gli ambienti della dissidenza siriana hanno comunque manifestato sfiducia nella reale volontà di riforma delle autorità, le quali restano in grado di controllare la magistratura, e per di più in presenza di leggi che conferiscono loro l'immunità giudiziaria.
L'abolizione del Tribunale speciale non elimina il fatto che vi siano ancora tremila detenuti politici, in carcere per condanne da esso pronunciate, e il diritto di manifestazione, com'è chiaro, sarà sempre subordinato al parere del ministero degli interni, cui andrà preventivamente comunicato persino il tenore degli slogan che si prevede di scandire durante la manifestazione.
Il 21 aprile sono tornati a manifestare anche migliaia di curdi della regione nord-orientale siriana, contravvenendo persino alle direttive impartite dai partiti curdi legali.
Il 22 aprile la situazione è chiaramente sfuggita di mano all'autorità siriane: in occasione delle preghiere del venerdì, seguite dalle ormai consuete proteste, si è toccato il terribile numero di oltre cento vittime, abbattute dalle forze sicurezza in diverse città del paese, con il pretesto in alcuni casi del mancato rispetto del preavviso di cinque giorni da presentare al ministero degli interni per poter manifestare, ai sensi della nuova normativa.
Il 23 aprile la repressione è giunta al punto di colpire i cortei funebri delle vittime del giorno precedente, provocando almeno altre dieci vittime: due deputati eletti nel distretto di Daraa, la città da cui hanno avuto origine le proteste, nonché il muftì locale, un'autorità sunnita di nomina governativa, hanno annunciato le proprie dimissioni per il comportamento delle forze di sicurezza governative. Il 24 aprile vi sono state 13 vittime del porto nord-occidentale di Jabla, dove le forze sicurezza sono intervenute contro dimostranti sunniti.
Il 25 aprile il regime ha lanciato una massiccia operazione militare contro la protesta, che non a caso ha colpito con particolare forza proprio Daraa, investita addirittura da carri armati, anche in questo caso con più di venti vittime. Nella stessa giornata è circolato un documento firmato da 102 giornalisti e intellettuali siriani, tra i quali molti appartenenti alla minoranza alawita, la stessa della cerchia del presidente Assad, nel quale si denunciano le violenze del regime contro i manifestanti e persino contro i partecipanti ai funerali delle vittime della protesta. Il 26 aprile, mentre gli Stati Uniti hanno disposto il ritiro del personale diplomatico non essenziale e relative famiglie dalla Siria, a Daraa ha le forze di sicurezza hanno isolato l'abitazione del muftì che aveva aspramente criticato il governo e presentato le proprie dimissioni.