Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari esteri
Titolo: La situazione dei diritti umani in Corea del Nord
Serie: Note di politica internazionale    Numero: 48
Data: 24/05/2010
Organi della Camera: III-Affari esteri e comunitari

Casella di testo: Note di politica internazionalen. 4824 maggio 2010

La situazione dei diritti umani in Corea del Nord

 


 

Il quadro della situazione dei diritti umani della nella Repubblica democratica popolare di Corea (DPRK), come delineato nel Rapporto Annuale 2009 di Amnesty international[1], descrive una popolazione che ha dovuto affrontare una gravissima carestia alimentare che ha costretto migliaia di individui ad attraversare il confine con la Cina alla ricerca di cibo e di sollievo economico. Sempre secondo il rapporto, coloro che, arrestati, venivano rimpatriati forzatamente sono stati sottoposti a lavoro forzato, tortura e altri maltrattamenti nei campi di prigionia. Sono proseguite anche nel 2009, sottolinea Amnesty, diffuse e sistematiche violazioni dei diritti umani, quali il ricorso a detenzioni ed esecuzioni per motivi politici e gravi restrizioni alle libertà di espressione e di movimento; agli organismi indipendenti di monitoraggio sui diritti umani (tra i quali la stessa Amnesty International) le autorità di Pyongyang hanno continuato a negare l'accesso al Paese.

In particolare, il Rapporto individua sei nodi di criticità:

Diritto al cibo. Uno studio[2] condotto da WFP (World Food Programme) e dalla FAO (Food and Agriculture Organization), pubblicato nel dicembre 2008, sottolinea che almeno tre quarti delle famiglie nord coreane hanno ridotto il proprio regime alimentare. Nonostante il livello di criticità raggiunto dalla carestia alimentare, il governo, sottolinea il rapporto, non ha provveduto ad assicurare i livelli minimi essenziali di cibo, né ha chiesto assistenza alla Corea del Sud, tra i principali donatori di riso e fertilizzante degli ultimi anni, a causa delle tensioni nelle relazioni bilaterali[3].

Migranti, rifugiati e richiedenti asilo. Il Rapporto di Amnesty evidenzia una certa parte delle donne nord coreane, che con migliaia di altri individui hanno attraversato il confine con la Cina alla ricerca di cibo e di opportunità economiche, ha contratto matrimonio con agricoltori cinesi, non infrequentemente in condizioni di abuso e di tratta. Il report sottolinea che la quasi totalità dei cittadini nordcoreani che sono stati forzatamente rimpatriati dalla Cina hanno scontato pene detentive, della durata anche di tre anni, in campi di prigionia dove sono stati sottoposti a lavoro forzato, tortura e altri maltrattamenti. Centinaia di nordcoreani, inoltre, attraverso la Cina hanno raggiunto la Thailandia, dove si sono stabiliti, e molti sono riusciti a raggiungere la Corea del Sud.

Condizioni carcerarie. Amnesty riferisce che i  prigionieri dei campi e dei centri di detenzione sono stati costretti a prestare lavori fisicamente estenuanti e sottoposti a forme di punizione umilianti.
Pena di morte. Il rapporto sottolinea che la Corea del Nord, dove prosegue l’esercizio della pena capitale per impiccagione o fucilazione, ha espresso voto contrario alle risoluzioni dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite per una moratoria mondiale sulle esecuzioni[4].

Sparizioni forzate. Nel Rapporto di Amnesty si legge  che la politica delle sparizioni forzate, risalente ai tempi della Guerra di Corea (1950-1953), è proseguita anche nel corso del 2009, nonostante le autorità si rifiutino di ammetterlo[5]. Familiari nordcoreani di presunti dissidenti, si legge nel report, sono scomparsi in base al principio della “colpa per associazione”.

Quanto, infine, alla libertà di espressione viene sottolineato il rigido controllo esercitato sui media nonché la severa limitazione alla pratica religiosa.

 

Dopo la risoluzione[6] approvata il 18 dicembre 2009 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (99 voti a favore, 20 contrari e 63 astenuti), nella quale si ribadisce la seria preoccupazione dell’Onu circa la persistenza di sistematiche e gravi violazioni dei diritti civili, politici, sociali e culturali nella Corea del Nord e per l’inerzia del Governo nell’adottare misure risolutive della situazione vigente, il quadro più ampio della situazione dei diritti umani nella Repubblica Democratica Popolare di Corea è stato delineato in occasione della Revisione universale periodica (UPR) alla quale il Paese è stato sottoposto nello stesso torno di tempo (7 dicembre 2009)[7].

Il report rilasciato il 4 gennaio 2010 dal Consiglio dei dirittti umani contiene 117 raccomandazioni cui la Repubblica democratica popolare di Corea si è impegnata a dare risposta e 50 raccomandazioni non condivise dalle autorità di Pyongyang.

A seguito delle risultanze dell’UPR il Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani il 25 marzo 2010 ha approvato con 28 voti a favore, 5 contrari (Cina, Cuba, Egitto, Russia e Indonesia) e 13 astensioni su un totale di 47 Paesi membri (un assente) una risoluzione[8] che condanna le ''gravi, sistematiche e generalizzate'' violazioni dei diritti dell'uomo in Corea del Nord. La risoluzione, inoltre, estende di un anno il mandato dello Special Rapporteur on the situation of human rights in the DPRK, il thailandese Vitit Muntarbhorn, che avrebbe dovuto cessare dalla carica nel 2010 e chiede con forza al Governo nord coreano di cooperare con il Rapporteur consentendogli libero accesso al Paese e alle informazioni necessarie allo svolgimento del suo mandato. Accesso al territorio nord coreano viene richiesto altresì per le associazioni di assistenza umanitaria.

Nel più recente dei report[9] rilasciati dal Rapporteur (17 febbraio 2010), ricognitivo di un’attività sviluppatasi lungo tutti e sei gli anni del mandato (la nomina di Vitit Muntarbhorn risale, infatti, al 2004) e destinato, prima della proroga disposta dalla ricordata risoluzione del Consiglio per i diritti umani, ad essere l’ultimo, si evidenzia che la Corea del Nord dovrebbe prendere, tra le altre, le seguenti misure da intraprendere a breve e medio termine:

-         assicurare disponibilità e accesso al cibo e agli altri generi di prima necessità;

-         modificare la rete di distribuzione del cibo;

-         cooperare con le agenzie Onu e gli altri attori umanitari;

-         sostenere le attività economiche della popolazione volte alla soddisfazione dei bisogni di base e al miglioramento delle condizioni di vita “without State interference;

-         adottare una moratoria sulle esecuzioni capitali e porre fine alle esecuzioni pubbliche, agli abusi contro la sicurezza delle persone e alle altre violazioni dei diritti e delle libertà;

-         porre fine alle punizioni dei richiedenti asilo all’estero che vengono rimpatriati;

-         fornire effettiva cooperazione nel risolvere la questione degli stranieri scomparsi nel Paese.

Tra gli interventi al lungo termine indicati nel documento si segnalano:

-    la necessità di modernizzare il sistema nazionale con riforme di democratizzazione, coerenti con gli standard internazionali di tutela dei diritti umani;

-    l’efficace riallocazione delle risorse finanziarie nazionali, comprese quelle destinate alla spesa militare, a favore del settore sociale;

-    l’adesione ai trattati di tutela dei diritti umani e delle convenzioni ILO (International Labour Organization).

 

Alla Comunità internazionale, invece, chiamata ad un’azione più sinergica e concertata, il Rapporteur raccomanda innanzitutto di affrontare il problema dei diritti umani nella Corea del Nord  con un approccio integrato, che consideri unitariamente la prevenzione delle violazioni, l’effettiva protezione dei diritti umani, la fornitura di sostegno ed assistenza alla popolazione con modalità accessibili e controllabili, la partecipazione dei cittadini nord coreani al godimento dei propri diritti e delle libertà, per assicurare un contesto democratico allo sviluppo del Paese. 

 

Forte preoccupazione per la situazione dei cittadini nord coreani sottoposti ad abusi e violenze dal parte delle autorità di Pyongyang è stata espressa di recente anche dai deputati del Parlamento europeo in occasione di un’audizione del Rapporteur Vitit Muntarbhorn svolta all’inizio di aprile.

 


 



[1]http://www.amnesty.org/en/region/north-korea/report-2009

[2] Special report Fao/Wfp crop and food security assessment mission to the Democratic People's Republic of Korea (http://www.fao.org/docrep/011/ai475e/ai475e00.htm#15)

[3]    Come è noto, la politica del presidente sud coreano LEE Myung-bak, in carica dal febbraio 2008, si caratterizza per un maggior grado di assertività, rispetto alla sunshine policy” del predecessore, il defunto Kim Dae-jung (premio Nobel per la pace nel 2000), che aveva prodotto un moderato rilassamento delle relazioni bilaterali.

[4]   Come è noto, il 18 dicembre 2007 la 62a sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha approvato - con 104 voti a favore, 54 contrari e 29 astenuti - la risoluzione A/RES/62/149 per la moratoria universale sulla pena di morte. Il 18 dicembre 2008 l’Assemblea generale ha approvato una nuova risoluzione per la moratoria universale della pena di morte (A/RES/63/168); il risultato del voto ha delineato un panorama parzialmente modificato rispetto all’anno precedente e caratterizzato da due nuove adesioni al fronte abolizionista (i voti favorevoli sono passati da 104 a 106) mentre l’aumento degli astenuti (passati da 29 a 34) ha ridotto il numero dei Paesi contrari alla moratoria (scesi da 54 a 46).

[5]   Nel rapporto si rammenta, peraltro, che nel mese di agosto, funzionari nordcoreani hanno acconsentito a riaprire le indagini per far luce sulla sorte di diversi cittadini giapponesi che risultavano scomparsi dagli anni Settanta.

 

[6]  A/RES/64/175

[7]  Si tratta, come è noto, del procedimento al quale sono tenuti a sottoporsi a turno tutti i paesi membri delle Nazioni Unite e che consiste nell'esame del rispetto degli obblighi assunti in tema di diritti fondamentali dell’uomo da parte del Paese esaminato.

[8]  A/HRC/13/L.13

[9]  A/HRC/13/47 (disponibile nel testo in inglese).