Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari esteri
Titolo: Il processo decisionale nei Parlamenti bicamerali - Schede - Conferenza dei Presidenti dei Parlamenti dei Paesi del G8 (Tokyo ' Hiroshima, 1-2 settembre 2008
Serie: Documentazione e ricerche    Numero: 12
Data: 04/08/2008
Descrittori:
CONGRESSI CONVEGNI E SEMINARI   PARLAMENTO
RELAZIONI INTERNAZIONALI     


Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

SERVIZIO STUDI

SERVIZIO BIBLIOTECA

 

Documentazione e ricerche

Il processo decisionale nei Parlamenti bicamerali

- Schede -

 

Conferenza dei Presidenti
dei Parlamenti dei Paesi del G8

(Tokyo – Hiroshima, 1-2 settembre 2008)

 

 

 

 

 

n. 12

 

 

4 agosto 2008

 


SERVIZIO STUDI

DIPARTIMENTO istituzioni

SIWEB

Ha collaborato alla redazione del dossier il Dipartimento affari esteri

SERVIZIO BIBLIOTECA
UFFICIO LEGISLAZIONE STRANIERA

SIWEB

 

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File: es0049.doc

 


INDICE

Agenda dei lavori

Hiroshima, 2 settembre 2008  3

Schede di sintesi

Bicameralismo e processi decisionali: l’esperienza del Parlamento italiano (a cura del Servizio Studi)7

§      Il quadro generale  7

§      I tentativi di riforma del bicameralismo  9

Modelli di bicameralismo nel mondo (a cura del Servizio Biblioteca)19

Bicameralismo e riforme negli altri Paesi del G8 (a cura del Servizio Biblioteca)23

§      Canada  23

§      Francia  25

§      Germania  27

§      Giappone  29

§      Regno Unito  31

§      Russia  34

§      Stati Uniti d’America  36

 

 


Agenda dei lavori

 


SETTIMA RIUNIONE DEI PRESIDENTI DELLE CAMERE

DEI PAESI ADERENTI AL G8

(7TH G8 SPEAKERS’ MEETING)

 

Hiroshima, 2 settembre 2008

AGENDA DEI LAVORI

 

 

 

 

 

Ore

10.00 – 13.00

 

Prima Sessione

(Hall “Himavari” del Centro Conferenze)

 

Primo tema: “Il ruolo dei Parlamenti per la pace e il disarmo”

§     Intervento introduttivo del Presidente dell’Assemblea nazionale francese, Bernard Accoyer.

 

§     Seguono interventi degli altri otto Presidenti partecipanti.

 

 

 

 

Ore

13.20 – 14.30

Colazione offerta dalla città di Hiroshima presso l’ANA Crowne Plaza.

 

Partecipano il sindaco di Hiroshima, Dr. Tadatoshi Akiba ed il Presidente del Consiglio municipale, Mr. Hiroyuki Fujita (la colazione è riservata al Presidente e ad un membro della delegazione)

 

 

 

 

Ore

14.50 – 16.20

 

Seconda sessione

(Hall “Himawari” del Centro Conferenze)

 

Secondo tema: “Il processo decisionale nei Parlamenti bicamerali”.

 

§     Intervento introduttivo del Presidente della Camera, Gianfranco Fini.

 

§     Seguono interventi degli altri otto Presidenti partecipanti.

 

 

Ore

16.25 – 16.40

 

 

Conferenza stampa (Entrance Hall del Centro Conferenze)

 

 


Schede di sintesi

 


Bicameralismo e processi decisionali:
l’esperienza del Parlamento italiano

(a cura del Servizio Studi)

Il quadro generale

Il Costituente italiano ha adottato un modello di bicameralismo paritario e perfetto, nel quale la differenziazione tra le due Assemblee si fonda più sulle modalità di formazione piuttosto che sulla diversità delle rispettive funzioni.

Il dibattito in Assemblea costituente

Durante la discussione presso l’Assemblea costituente si fronteggiarono due posizioni: quella dei sostenitori del sistema monocamerale, le sinistre, da un lato, e quella dei democristiani e dei partiti dell’area laica, dall’altro, propensi al mantenimento dell’assetto bicamerale con modalità diverse rispetto a quelle del periodo statutario.

L’Assemblea pervenne alla scelta di un sistema di tipo “paritario” dal punto di vista delle funzioni, ma che prevedeva un Senato eletto “su base regionale“, con alcuni ulteriori elementi di differenziazione: l’elettorato attivo e passivo, il numero dei componenti[1], tra i quali figurano anche alcuni membri di diritto e a vita, la durata (dapprima stabilita in sei anni, rispetto ai cinque della Camera ed equiparata nel 1963[2]).

L’Assemblea costituente, con l’approvazione di due ordini del giorno finalizzati ad orientare la legislazione ordinaria allo scopo di diversificare i sistemi elettorali delle Camere, aveva fissato il principio dell’elezione dei senatori “con il sistema del collegio uninominale” (ordine del giorno dell’on. Nitti), in contrapposizione alla previsione per la Camera di un sistema elettorale proporzionale (ordine del giorno dell’on. Giolitti). In realtà, la legge elettorale per il Senato approvata dall’Assemblea costituente (L. 6 febbraio 1948, n. 29) delineò un sistema sostanzialmente proporzionale, avendo previsto che per l’assegnazione dei seggi in sede di collegio uninominale fosse necessario il quorum del 65 per cento dei voti, in assenza del quale i seggi venivano attribuiti in sede regionale attraverso collegamenti tra i vari candidati.

Bicameralismo e decisione legislativa

La Costituzione stabilisce che la funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere (art. 70). Ciò significa che per divenire legge un progetto deve essere approvato nell'identico testo da Camera e Senato.

Il procedimento ordinario di formazione della legge si articola in due fasi (art. 72 Cost):

§         l’esame da parte della Commissione permanente, incaricata di svolgere una istruttoria e una valutazione preliminare e di preparare un testo per la discussione in Assemblea (e che per ciò viene detta Commissione in sede referente);

§         la discussione e la deliberazione (articolo per articolo e con votazione finale)da parte dell'Assemblea.

Accanto al procedimento ordinario (che per alcuni tipi di legge va seguito obbligatoriamente) sono previsti due procedimenti abbreviati: il primo (approvazione in Commissione in sede legislativa) comporta che il procedimento si concluda interamente all'interno di una Commissione; essa provvede insieme all'esame istruttorio e alla approvazione finale del progetto, con le stesse formalità previste per l'Aula; il secondo, di utilizzo assai limitato alla Camera, è detto in sede redigente e comporta l'approvazione in Assemblea di un progetto i cui articoli sono formulati in Commissione, senza che l'Aula possa modificarne il testo.

I progetti di legge approvati dal Senato vengono esaminati secondo la stessa procedura seguita per quelli che iniziano il proprio iter alla Camera.

Se si tratta di un progetto già approvato dalla Camera e che torna al suo esame perché il Senato vi ha apportato delle modifiche, l'esame alla Camera riguarderà le sole parti modificate.

Nel nostro sistema di bicameralismo perfetto, la navette fra Camera e Senato continua fino a quando i due rami del Parlamento non concordano nell'approvare un testo identico.

Gli aspetti critici evidenziati dalla dottrina

Alcuni autori giudicano positivamente la differenziazione delle due Camere in quanto essa consente un’istanza di riesame, configurandosi la seconda Assemblea come Camera di “raffreddamento” e di riflessione.

Ai fini della stabilità del governo, il bicameralismo – si è rilevato – può avere effetti negativi: se il governo è egualmente responsabile nei confronti di entrambe le Camere (titolari del rapporto di fiducia), la presenza di una seconda assemblea può aumentare il rischio di instabilità, soprattutto se la composizione di una di esse è diversa dall’altra.

Alcuni hanno inoltre sostenuto che ciò determina un rallentamento del procedimento legislativo dovuto alla duplicazione del procedimento, ma le lentezze, secondo altri, derivano sia dalle difficoltà politiche di ordine generale – ad esempio la presenza di differenti maggioranze in ciascuna delle Camere, dovuta alle caratteristiche del sistema elettorale – sia dalla diversità dei rispettivi regolamenti parlamentari.

Rimane da dimostrare – si è sostenuto – che il riesame delle leggi conduca sempre, o almeno di regola, ad un miglioramento tecnico-politico del prodotto legislativo. Nel senso opposto è stato più volte rilevato che l’esame bicamerale offre piuttosto l’occasione di recuperi, talora sfruttati da gruppi di pressione per la difesa di interessi settoriali che la prima Camera aveva sacrificato o ridimensionato in vista di altre primarie esigenze del Paese.

Inoltre, il bicameralismo si presta alle manovre ostruzionistiche delle opposizioni, con la conseguenza che spesso ne derivano gravi ritardi nell’approvazione di atti legislativi di centrale importanza per l’attuazione dell’indirizzo politico di maggioranza.

All’affermazione secondo cui le due Assemblee possono esaminare e approvare in pari tempo un numero di progetti di legge doppio rispetto a quello che potrebbe fare un Parlamento monocamerale, si è risposto che, per quanto riguarda le numerose proposte da approvare con urgenza per ragioni contingenti o procedurali (ad esempio le leggi di conversione dei decreti-legge, o i provvedimenti concernenti le manovre di finanza pubblica), il duplice vaglio delle Camere può comportare (se non altro dal punto di vista della maggioranza), un ritardo talvolta irrimediabile.

I tentativi di riforma del bicameralismo

La Commissione Bozzi

Negli ultimi decenni sono notevolmente aumentati i sostenitori di una revisione del bicameralismo paritario, tanto è vero che i tentativi di riforma costituzionale avviati a partire dai primi anni ’80 hanno tutti affrontato la questione.

La riforma del bicameralismo è stata uno dei temi sui quali ha svolto una approfondita riflessione la prima Commissione parlamentare per le riforme istituzionali, presieduta dall’on. Bozzi. Nella relazione della Commissione, presentata nel gennaio 1985, si delinea una forma di bicameralismo differenziato, secondo cui la funzione legislativa è esercitata congiuntamente da entrambe le Camere soltanto per alcune materie di particolare rilievo politico e costituzionale (leggi costituzionali ed elettorali, di conversione di decreti legge, di ratifica dei trattati internazionali, di bilancio e tributarie, di organizzazione e funzionamento degli organi costituzionali, che prevedono sanzioni penali, di attuazione del concordato e di intese con le confessioni religiose, di determinazione dei principi fondamentali delle leggi cornice, di approvazione degli statuti regionali, ecc.). Per le altre materie, la funzione legislativa è attribuita alla sola Camera dei deputati (leggi a prevalenza Camera), con la facoltà per il Governo o per un terzo dei senatori di richiedere che il progetto sia esaminato anche dal Senato, il quale deve rinviare il progetto con le proposte di modificazione alla Camera, che si pronuncia definitivamente.

La Commissione ha anche ridisciplinato l'esercizio della funzione di controllo, concentrandola sostanzialmente nel Senato.

Al Senato spetta inoltre decidere sulle questioni di merito per contrasto di interessi nei confronti delle leggi regionali e disporre inchieste su materie di pubblico interesse.

Per quanto riguarda la costituzione e la risoluzione del rapporto fiduciario, le due Camere accordano o revocano la fiducia riunendosi in seduta comune. In caso di dimissioni non conseguenti ad un voto parlamentare di sfiducia, il Presidente del Consiglio deve dichiarare e motivare la volontà di dimettersi davanti al Parlamento in seduta comune.

Il progetto di riforma nella X legislatura

Nella X legislatura (1987-1992) le Camere hanno discusso un progetto di revisione delle norme costituzionali riguardanti il procedimento legislativo e le competenze attribuite ai due rami del Parlamento. Il progetto, approvato in prima deliberazione dal Senato e modificato dalla Commissione Affari costituzionali della Camera, non ha avuto ulteriore seguito.

Esso introduceva un principio di tendenziale specializzazione nella competenza normativa dei due rami del Parlamento (a sua volta connessa con la redistribuzione delle competenze legislative tra Stato-Regioni), temperato dalla previsione di alcune categorie di leggi necessariamente bicamerali e dalla possibilità del "richiamo" dei progetti approvati da una Camera da parte dell'altra: al Senato spettava dunque in sostanza l'esame delle leggi di principio che hanno come destinatarie le regioni, alla Camera l'esame di tutte le altri leggi dello Stato.

Per quanto riguarda le competenze legislative delle regioni, il progetto operava un capovolgimento dei criteri di competenza legislativa fino ad allora accolti dalla Costituzione: mentre erano le competenze legislative regionali ad essere tassativamente elencate dalla Costituzione (art. 117 Cost.), rimanendo le altre materie riservate alla disciplina legislativa statale, nel testo si propone di elencare invece le materie riservate alla legge dello Stato, tutte le altre intendendosi attribuite alle regioni ordinarie.

Le materie rientranti nella competenza legislativa dello Stato appartengono a grandi settori di intervento normativo individuati nell'ordinamento dello Stato, nelle relazioni internazionali, nella sicurezza esterna e interna, nel sistema dei diritti pubblici soggettivi, nel sistema delle garanzie giurisdizionali, nella finanza pubblica, nel sistema dei pubblici poteri relativi alle relazioni economiche e al governo del territorio, nelle politiche per l'alta cultura e l'istruzione superiore, nel sistema dei diritti sociali.

In tutte le altre materie, riservate alla competenza delle regioni, la legislazione statale può porre soltanto le norme di principiocui si dovranno attenere le leggi regionali ("leggi organiche", la cui approvazione è tendenzialmente riservata al Senato).

La Commissione De Mita-Iotti

La Commissione parlamentare per le riforme istituzionali costituita nella XI legislatura ("Commissione De Mita-Iotti") ha proposto un'ampia riforma del rapporto Stato-regioni con il capovolgimento del criterio di competenza accolto nel testo allora vigente della Costituzione (enumerazione tassativa delle competenze regionali e attribuzione di tutte le altre competenze allo Stato) e la definizione di nuovi istituti di garanzia per la tutela della autonomia regionale. A questa si affianca la definizione di una forma di governo "neoparlamentare" che prevede l'investitura diretta da parte del Parlamento del Primo ministro.

La Commissione non ha trovato invece un accordo su questioni che pur sono state a lungo discusse, in particolare per quanto concerne la composizione e le funzioni delle due Camere, per le quali si è proposta la riduzione a quattro anni della durata della legislatura.

La Commissione D’Alema

Nella XIII legislatura (1996-2001) è stata istituita una Commissione parlamentare per le riforme costituzionali, presieduta dall’on. D’Alema, con il compito di esaminare, in sede referente, i disegni e le proposte di legge costituzionale relativi alla parte II della Costituzione e di trasmettere alle due Assemblee uno o più progetti di revisione di tale parte. La Commissione ha presentato alle Camere, il 4 novembre 1997, un progetto di riforma,che è stato esaminato presso l’Assemblea della Camera dal 26 gennaio al 9 giugno 1998, quando l'ufficio di Presidenza della Commissione ha preso atto del venir meno delle condizioni politiche per la prosecuzione della discussione del progetto di legge di revisione costituzionale.

Le disposizioni del progetto relative al Parlamento modificano profondamente il sistema del bicameralismo paritario vigente affidando alle due Camere compiti diversi e, in particolare, ridisegnando completamente il procedimento di approvazione delle leggi.

Il testo configura uno dei due rami del Parlamento (il Senato) come “Camera delle garanzie”.

La differenziazione tra le due Camere emerge essenzialmente dalla diversa posizione nel rapporto fiduciario con il Governo, essendo riservato soltanto alla Camera dei deputati il ruolo di "Camera politica".

Il numero dei parlamentari è ridotto consistentemente: la Costituzione fissa direttamente in 200 il numero dei senatori, mentre per la Camera si prevede un numero minimo (400) e massimo (500) di componenti: entro questi limiti la determinazione del numero dei deputati è rinviata alla legge. Non è più previsto il potere del Presidente della Repubblica di nomina dei senatori a vita.

Soltanto la Camera dei deputati è titolare del rapporto fiduciario con il Governo. Le mozioni di sfiducia contro l'Esecutivo possono essere presentate unicamente presso la Camera: la mozione di fiducia iniziale non è prevista.

Conseguentemente la sola Camera dei deputati è interessata dalle conseguenze di una crisi irreversibile del rapporto fiduciario: soltanto essa può infatti essere sciolta anticipatamente dal Presidente della Repubblica. Ciò significa che la legislatura del Senato è comunque destinata a durare cinque anni, rendendo quindi alta la possibilità di termini di legislatura "sfalsati" tra le due Camere.

In quanto "Camera delle garanzie" il Senato si differenzia dalla Camera anche per questi profili:

n        nel procedimento legislativo, ad esso sono attribuiti poteri paritari a quelli della Camera soltanto per determinate materie;

n        quanto ai poteri di controllo, si è ritenuto di attribuire soltanto al Senato la facoltà di istituire commissioni d'inchiesta provviste dei poteri dell'autorità giudiziaria;

n        spettano esclusivamente al Senato anche le nomine attribuite dalla Costituzione o da leggi ordinarie ad organi parlamentari. Il Senato esprime in via esclusiva il parere sulle nomine di competenza del Governo.

Nell'ambito del procedimento legislativo ordinario, il progetto distingue tre tipi di procedimento. La distinzione è una conseguenza della decisione di individuare nella sola Camera dei deputati la Camera "politica".

Sono conservati al Senato poteri paritari nel procedimento legislativo solo per un limitato ambito di materie (quelle sostanzialmente afferenti alle questioni istituzionali e ai diritti di libertà).

Per tutte le altre materie, il procedimento legislativo si svolge e si conclude di norma alla Camera: è tuttavia data facoltà al Senato di "richiamare" i progetti approvati dalla Camera e di proporre ad essi modifiche, sulla quali tuttavia la decisione definitiva spetta alla Camera.

Per un terzo ambito di materie è infine previsto un procedimento misto: si tratta delle questioni per le quali il procedimento legislativo richiede la partecipazione dei rappresentati delle autonomie. I progetti di legge ricadenti in tale ambito sono necessariamente (senza quindi che vi sia bisogno del "richiamo") trasmessi ad approvati dal Senato, che delibera nella composizione integrata dai rappresentanti delle autonomie. Qualora tuttavia il Senato "integrato" introduca modifiche, spetta alla Camera deliberare su di esse in via definitiva.

La riforma del Titolo V

Nel 2001 è stata approvata la revisione del Titolo V della Costituzione. La riforma ha avviato un processo di trasformazione in senso federalistico dello Stato. A partire da quegli anni anche il superamento del bicameralismo viene visto come un aspetto della “chiusura” del sistema federale, necessario per individuare una sede di rappresentanza delle istanze regionali e locali a livello nazionale. Nello stesso periodo si inizia a parlare di “Camera delle Regioni”.

L’art. 11 della legge costituzionale n. 3 del 2001 prefigura una riforma del sistema bicamerale in quanto stabilisce che, fino alla revisione delle norme del Titolo I della parte seconda della Costituzione, concernenti il Parlamento, i regolamenti della Camera e del Senato possano prevedere la partecipazione di rappresentanti delle regioni, delle province autonome e degli enti locali alla Commissione parlamentare per le questioni regionali.

La legge di revisione costituzionale approvata nella XIV legislatura

Nel corso della XIV legislatura (2001-2006) il Parlamento ha approvato una legge costituzionale, originata da un progetto di iniziativa governativa, con cui si operavauna generale riscrittura della Parte II della Costituzione, concernente l’ordinamento della Repubblica.

La legge costituzionale non è tuttavia entrata in vigore, essendo stata richiesta la sottoposizione a referendum popolare, ai sensi dell’art. 138 della Costituzione. Il referendum, svoltosi il 25 e 26 giugno 2006, ha avuto esito non favorevole all’approvazione della legge costituzionale, che pertanto non è stata promulgata.

Tra le principali linee direttrici del testo di riforma costituzionale figura in primo luogo la riforma del bicameralismo la quale, abbandonando il sistema del c.d. bicameralismo “perfetto”, introduce significative differenze tra le due Camere con riguardo a composizione e funzioni.

Quanto alla composizione, si prevede il ridimensionamento del numero dei parlamentari: i senatori passano da 315 a 252 e i deputati da 630 a 500 (oltre a 18 deputati eletti all’estero e a tre deputati a vita nominati dal Presidente della Repubblica).

La Camera, eletta per cinque anni, può essere sciolta anticipatamente su richiesta del Primo ministro (non così il Senato). Tale differenza appare correlata a quella che vede intercorrere il rapporto fiduciario solo con la Camera. Inoltre, l’età minima per il conseguimento dell’elettorato passivo alla Camera si abbassa da 25 a 21 anni.

Trasformazioni più profonde interessano il Senato, che muta la sua denominazione in “Senato federale della Repubblica”: in tale organo si intende realizzare il raccordo, a livello nazionale, tra le potestà normative delle autonomie territoriali e quelle dello Stato. I senatori vengono eletti in ciascuna Regione contestualmente al rispettivo consiglio regionale (pertanto il Senato nel suo complesso non ha più una durata predefinita, ma è soggetto a rinnovi parziali). Se il consiglio regionale si scioglie decadono anche i senatori eletti in quella Regione. Il Senato federale non può essere sciolto anticipatamente.

Partecipano ai lavori del Senato federale, ma senza diritto di voto, rappresentanti delle Regioni e degli enti locali.

Il Senato federale è, per altro verso, integrato dai Presidenti delle Giunte delle Regioni e delle province autonome in occasione dell’elezione di quattro giudici della Corte costituzionale.

I rapporti tra Senato federale ed autonomie territoriali sono definiti anche attraverso un apposito nuovo articolo, dedicato al coordinamento interistituzionale da parte del Senato, ed emergono in varie altre disposizioni. In particolare, il quorum di validità per le deliberazioni del Senato federale è modificato rispetto all’attuale, in quanto occorre che siano presenti i senatori espressi da almeno un terzo delle Regioni.

La riforma del bicameralismo ed il superamento dell’attuale “bicameralismo perfetto” – in virtù del quale ciascun progetto di legge deve essere approvato, in eguale testo, da entrambi i rami del Parlamento – si esprime anche in rilevanti modifiche del procedimento legislativo.

Essenzialmente, viene introdotto un criterio generale in base al quale il procedimento legislativo è, di norma e in prevalenza, “monocamerale”.

La Camera dei deputati esamina i progetti di legge nelle materie (espressamente elencate nella Costituzione) sulle quali lo Stato ha competenza legislativa esclusiva, mentre il Senato federale quelli concernenti la determinazione dei princìpi fondamentali nelle materie (anche queste indicate dalla Costituzione) di competenza legislativa concorrente tra Stato e Regioni. L’altro ramo del Parlamento può proporre modifiche al progetto di legge, ma la decisione definitiva spetta alla Camera competente in via principale.

Per alcune materie di particolare rilievo resta fermo il procedimento bicamerale, ma in caso di disaccordo l’elaborazione del testo può essere affidata dai Presidenti delle Camere a una commissione composta da 30 deputati e 30 senatori, ferma restando la votazione finale da parte di entrambe le Camere.

Per eventuali questioni di competenza che possano sorgere tra le due Camere, si prevede che la soluzione sia rimessa ai rispettivi Presidenti, i quali, d’intesa tra loro, possono deferire la questione ad un Comitato paritetico: la decisione adottata “non è sindacabile in alcuna sede”.

Non si prevede più, come attualmente, che ciascuna Camera si esprima con un voto di fiducia su ogni nuovo Governo; in luogo di ciò, il Primo ministro illustra il programma di legislatura e la composizione del Governo: il programma è sottoposto al voto della sola Camera dei deputati (gli effetti del voto non sono precisati).

La Camera può votare la sfiducia al Governo, ma ciò comporta il suo scioglimento. Essa può tuttavia sostituire il Primo ministro ricorrendo a una mozione di “sfiducia costruttiva”, che può essere presentata e approvata solo dai deputati appartenenti alla maggioranza espressa dalle elezioni.

È prevista e disciplinata sia la “questione di fiducia” sia la possibilità per il Governo di chiedere, alla Camera dei deputati, il “voto bloccato” (sugli articoli e finale) su un provvedimento nel testo da esso proposto o fatto proprio (qualora sia decorso il termine fissato per il relativo esame).

Il Presidente del Consiglio dei ministri, denominato “Primo ministro” può determinare lo scioglimento della Camera: il relativo decreto presidenziale è adottato “su richiesta del Primo Ministro, che ne assume l’esclusiva responsabilità”. Non così invece per il Senato federale, al quale, come accennato, non è più legato dal rapporto di fiducia.

Il progetto di riforma esaminato nella XV legislatura

L’esito negativo del referendum sulla legge costituzionale di riforma della Parte II della Costituzione, anche alla luce delle passate esperienze (in particolare di quella della Commissione parlamentare per le riforme istituzionali che ha svolto la sua attività nella XIII legislatura), ha inciso sul dibattito politico-parlamentare in materia di riforme istituzionali, ritenendosi da più parti che non fosse opportuno insistere sul modello della “Grande Riforma”, e che si dovesse invece perseguire il più ampio consenso possibile intorno a quegli interventi costituzionali, di portata più circoscritta, che apparissero urgenti e maturi.

L’attenzione si è focalizzata sui temi della riduzione del numero dei parlamentari; del superamento del bicameralismo perfetto; del rafforzamento dell'esecutivo in Parlamento; di una miglior definizione del rapporto Stato-autonomie territoriali.

Seguendo questa linea, nella XV legislatura (2006-2008) la Commissione Affari costituzionali della Camera dei deputati ha approvato un testo unificato di alcune proposte di legge costituzionale di iniziativa parlamentare recanti modifiche a diversi articoli della Parte II della Costituzione. L’Assemblea ha discusso soltanto gli articoli 2 e 3 del progetto; l’iter non è proseguito a causa della fine anticipata della legislatura.

Il testo della Commissione, approvato con il voto favorevole dei gruppi di maggioranza e l’astensione dei gruppi di opposizione, interviene principalmente sui due profili del bicameralismo e della forma di governo.

Il progetto di riforma costituzionale sostituisce il Senato della Repubblica previsto dalla Costituzione vigente con un “Senato federale della Repubblica”.

Due caratteristiche fondamentali connotano il nuovo organo parlamentare:

§         l’abbandono della legittimazione universale e diretta in favore delle elezione di secondo grado ad opera dei “poteri locali”, delle cui istanze il Senato, denominato per l’appunto federale, diviene “rappresentante”, principalmente nel procedimento di formazione delle leggi;

§         l’abbandono del bicameralismo paritario, in favore della distinzione delle funzioni delle due Camere e della riconduzione unitaria alla Camera dei deputati della responsabilità politica generale (rapporto di fiducia).

Congiuntamente, i nuovi artt. 57 e 70 della Costituzione disegnano un Senato che ha natura e funzioni di Camera federale, alla quale i senatori sono eletti dai Consigli regionali e dai Consigli delle autonomie locali tra i rappresentanti regionali e locali, e nella quale i senatori partecipano alla formazione delle leggi istituzionali e di quelle che incidono sulle potestà e sulle risorse finanziarie delle autonomie regionali e locali, ma non conferiscono la fiducia al Governo e, pertanto, non ne condizionano durata e poteri.

Il Senato federale della Repubblica risulta composto da 186 senatori (con una notevole riduzione rispetto ai 315 attuali), dei quali 180 eletti nel territorio nazionale (144 tra i consiglieri regionali e 36 tra i componenti di consigli comunali, provinciali o di città metropolitane) e 6 eletti nella Circoscrizione estero, secondo la disciplina per essi oggi vigente.

Alla elezione dei senatori si procede entro trenta giorni dalla prima riunione (successiva alla sua elezione) del Consiglio regionale o delle Province autonome di Trento e Bolzano. Questa scelta fa del Senato federale un organo permanente, soggetto a rinnovi parziali dei suoi membri in concomitanza con il rinnovo dei Consigli delle rispettive regioni o province autonome.

Anche il numero dei deputati viene ridotto, da 630 a 512; inoltre, con l’obiettivo di consentire una maggiore rappresentanza delle giovani generazioni alla Camera dei deputati, l’età minima per poter essere candidati è portata da 25 anni a 18 anni. Del resto, l’elezione indiretta del Senato da parte dei Consigli regionali e dei Consigli delle autonomie locali che eleggono i senatori al proprio interno (i primi) e tra i consiglieri degli enti locali (i secondi), apre di fatto l’elettorato passivo ai diciottenni per questo ramo del Parlamento.

Il progetto di riforma costituzionale mira al superamento del “bicameralismo perfetto”, in virtù del quale ciascun progetto di legge deve essere approvato, in eguale testo, da entrambi i rami del Parlamento.

La nuova configurazione del procedimento di formazione delle leggi dello Stato risponde tra l’altro al dichiarato intendimento di semplificare e velocizzare il procedimento legislativo definendo, nei limiti del possibile, i tempi di esame e limitando le ipotesi di navette tra le due Camere.

L’art. 70 della Costituzione, nella nuova formulazione, configura tre diversi procedimenti per l’esercizio della funzione legislativa dello Stato; essi trovano applicazione con riguardo a distinte categorie di leggi, in ragione delle quali comportano gradi e modalità diverse di partecipazione delle due Camere:

§         un procedimento bicamerale a carattere paritario, nel quale, non diversamente da oggi, Camera e Senato federale esercitano collettivamente la funzione legislativa: tale procedimento trova applicazione soltanto per un limitato numero di provvedimenti (leggi di revisione costituzionale; leggi elettorali; leggi che disciplinano gli organi di governo e le funzioni fondamentali degli enti territoriali, ecc.;

§         un procedimento bicamerale in cui il ruolo della Camera dei deputati appare prevalente, ad essa spettando sia l’esame del testo in prima lettura, sia la deliberazione definitiva sulle modifiche eventualmente apportate dal Senato federale, che può esaminare il testo approvato dalla Camera soltanto su richiesta di almeno un quinto dei suoi componenti: questa viene ad essere la modalità più frequente di esame e di approvazione delle leggi;

§         un terzo procedimento, anch’esso bicamerale, nel quale è invece riservato al Senato l’esame del progetto di legge in prima lettura, spettando tuttavia sempre alla Camera l’approvazione definitiva; esso è riservato unicamente alle leggi statali “che hanno lo scopo di determinare i princìpi fondamentali” nelle materie rientranti nella competenza legislativa concorrente tra Stato e Regioni, ai sensi dell’art. 117, comma 3°, della Costituzione.

Nel secondo e nel terzo procedimento la Camera è chiamata a deliberare, in determinate ipotesi, a maggioranza assoluta dei componenti.

In linea di massima, e salvo alcune eccezioni, la ratio che sembra ricavabile da tale tripartizione vede l’apporto del Senato federale alla decisione legislativa pieno e del tutto parificato a quello della Camera nei casi in cui la materia trattata attiene alle scelte “di sistema”, che direttamente incidono sull’assetto costituzionale della Repubblica o che definiscono il quadro delle regole generali che presiedono ai rapporti tra lo Stato e gli altri enti che, ai sensi dell’art. 114 della Costituzione “costituiscono” la Repubblica (le Regioni, le Province, i Comuni, le Città metropolitane).

Si tratta di scelte la cui definizione si ritiene debba essere sottratta alla piena disponibilità della sola maggioranza di Governo, richiedendo auspicabilmente un consenso più ampio, che includa la rappresentanza politica delle realtà territoriali. È infatti appena il caso di ricordare che, nel sistema delineato dal progetto di riforma, il Governo gode solo alla Camera dei deputati del sostegno della “sua” maggioranza politica e non ha la possibilità di indirizzare il voto del Senato federale utilizzando lo strumento della questione di fiducia.

Con riguardo alla restante attività legislativa, nella quale ordinariamente si attua l’indirizzo politico del Governo e della sua maggioranza, l’apporto del Senato federale resta presente, ma le sue deliberazioni non sono mai in grado di trasformarsi in un veto non superabile dalla Camera dei deputati, onde evitare che ciò paralizzi l’iter legislativo e impedisca l’attuazione del programma sul quale il Presidente del Consiglio ha ottenuto la fiducia della Camera. Il peso istituzionale delle deliberazioni del Senato federale risulta peraltro rafforzato quando l’iter legislativo abbia ad oggetto materie che più da vicino incidono sul rapporto Stato-autonomie territoriali.

Per quanto riguarda il rapporto Parlamento-Governo, il progetto prevede che la fiducia è accordata o revocata non più da entrambe le Camere, bensì dalla sola Camera dei deputati. Tale significativa innovazione si inserisce nel quadro del più complessivo disegno volto al superamento del bicameralismo “paritario”, che costituisce uno dei tratti unificanti della riforma.

Infine, in stretta correlazione con tale scelta si pone la modifica apportata al primo comma dell’art. 88 della Costituzione, con la quale si è limitato alla sola Camera dei deputati il potere di scioglimento attribuito al Presidente della Repubblica.

 

 


Modelli di bicameralismo nel mondo
(a cura del Servizio Biblioteca)

L’Unione Interparlamentare, organizzazione internazionale che riunisce i rappresentanti dei parlamenti degli stati sovrani del mondo, presenta, all’interno del suo database sulla struttura dei parlamenti nel mondo,[3] un censimento delle assemblee legislative in base alla struttura monocamerale o bicamerale dell’organo.

Il dato complessivo presentato, in particolare, evidenzia l’esistenza di 77 parlamenti bicamerali, pari al 40,31% del totale, e di 114 parlamenti monocamerali, pari al 59,69 del totale dei paesi considerati.

 

Nonostante tale dato e nonostante, a partire dalla Rivoluzione francese, molti autori abbiano dato un fondamento teorico e storico alla corrispondenza tra il principio della sovranità popolare e l’esistenza di un’unica camera, identificata come espressione migliore dell’idea democratica, la maggioranza degli stati democratici e liberali del mondo ha una struttura parlamentare bicamerale.

Numerose sono le ragioni della prevalenza del bicameralismo, anch’esse di natura teorica, storica ed istituzionale, riconducibili all’influenza del modello bicamerale inglese sul costituzionalismo degli Stati liberali nel XIX secolo, alle quali si affiancano altre motivazioni politiche, collegabili originariamente alla funzione moderatrice della Camera alta nei confronti della Camera bassa, eletta a suffragio allargato e poi universale.

 

L’evoluzione successiva del modello bicamerale attesta inoltre un’importante relazione con la forma di Stato del paese, mostrando una forte corrispondenza tra sistemi federali ed adozione del bicameralismo. L’esistenza di una seconda camera[4] con funzioni di rappresentanza delle diverse istanze territoriali subnazionali (statali, regionali e locali) costituisce quindi un tratto distintivo del modello bicamerale attuale.

In tale prospettiva, gli elementi fondamentali, considerati dalla letteratura esistente sui modelli di bicameralismo, sono generalmente riferiti a due aspetti: la modalità di composizione delle Camere alte e la distribuzione dei poteri e delle competenze tra le due camere.

Per quanto riguarda la composizione delle Camere alte, stante l’universale formazione di tutte le Camere basse mediante il suffragio universale e diretto, sono generalmente adottate le seguenti suddivisioni, le quali prendono come termine di riferimento il diverso grado di rappresentatività delle autonomie territoriali nelle seconde camere, al di là delle modalità di elezione adottate (elezione diretta dal corpo elettorale, elezione indiretta da parte dei parlamenti degli stati della federazione o delle regioni, nomina, sistema misto, …):

·           rappresentanza paritaria delle istanze territoriali;

·           rappresentanza proporzionale rispetto alla popolazione;

·           rappresentanza mista.

 

La rappresentanza paritaria, o tendenzialmente paritaria, delle autonomie territoriali tende a sovrarappresentare le unità più piccole di una federazione.

Sono abitualmente inseriti in tale ambito, come esempi particolarmente significativi, paesi come gli Stati Uniti d’America, dove i 100 senatori sono eletti nel numero di 2 per ciascuno dei 50 stati della federazione, prescindendo dalla popolazione degli stati, e la Svizzera, dove i 46 membri della seconda camera sono formati da 2 rappresentanti per ognuno dei 20 cantoni principali e da 1 rappresentante per ciascuno dei 6 cantoni nati dalla divisione di due cantoni originali (“mezzi cantoni”). Ad essi vengono aggiunti, tra gli altri, l’Argentina, l’Australia, il Brasile, la Russia, il Sudafrica e il Venezuela.

 

La rappresentanza proporzionale, anche se non identica a quella delle camere basse, mira a favorire invece una composizione tendenzialmente proporzionale alla popolazione interna alle diverse entità territoriali.

Diversi gradi di proporzionalità sono stati individuati, su tale versante, dalla dottrina, che considera generalmente l’Austria tra gli esempi di maggior proporzionalismo (elezione dei membri del Bundesrat da parte dei parlamenti dei Laender, con numero dei seggi variabile in proporzione alla popolazione), seguita dall’India, mentre la Germania (elezione dei membri del Bundesrat da parte dei governi dei Laender secondo un criterio ponderato e crescente, ma in modo inversamente proporzionale alla popolazione) e la Francia, come esempio di Camera alta “non federale”, sono collocate tra i casi di minore proporzionalità.

 

Criteri misti, con forme di rappresentanza territoriale assieme ad altre modalità di scelta, sono infine adottati in altri paesi federali.

Esperienze europee di rilievo, a tale proposito, sono considerate quelle del Belgio (una parte dei senatori è eletta a suffragio universale, un’altra parte è designata dai consigli delle Comunità ed una terza quota è cooptata dai senatori stessi) e della Spagna (una parte dei senatori è eletta direttamente all’interno delle province, mentre un’altra parte è designata dalle assemblee delle Comunità autonome).

 

Con riguardo alla distribuzione dei poteri e delle competenze tra le due camere, il modello assolutamente prevalente è quello che dota i due rami del Parlamento di funzioni differenziate (bicameralismo asimmetrico), in cui si verifica che le competenze della Camera alta sono recessive rispetto a quelle della Camera bassa. Tra i pochi esempi di bicameralismo completamente paritario o perfetto, oltre all’Italia, è annoverato il caso della Romania. Prendendo in esame l’aspetto maggiormente qualificante le assemblee parlamentari, la funzione legislativa, il principio della pari partecipazione delle camere è presente anche in qualche altra esperienza.

Le stesse competenze in materia legislativa sono assegnate alle due camere dalla Costituzione della Svizzera (in un sistema connotato dall’ampio ricorso allo strumento del referendum) così come, con limitate eccezioni, dalla Costituzione degli Stati Uniti d’America (in un sistema presidenziale dove un ruolo decisivo appartiene al Presidente, dotato del potere di veto sui progetti approvati dal Congresso). Modelli tendenzialmente paritari, con qualche eccezione, sono rinvenibili nelle costituzioni di altri paesi a struttura federale come Argentina,, Australia, Brasile, Canada e Messico.

 

La maggioranza delle costituzioni prevede invece procedure di partecipazione non paritaria all’attività legislativa.

Oltre alle significative esperienze di poteri asimmetrici tra le due camere dei parlamenti di Francia e Gran Bretagna, anche nei paesi a struttura federale la partecipazione differenziata all’attività legislativa è ampiamente rappresentata. Di particolare rilievo i casi della Germania dove, anche a seguito delle recenti riforme costituzionali, il potere di codecisione del Bundesrat è stato ridotto, del Belgio (con indicazione di alcune materie per le quali il Senato partecipa su un piano di uguaglianza, mentre nelle restanti l’iter si conclude con il voto prevalente della Camera dei Rappresentanti), della Spagna (con il Senato che interviene in seconda lettura ed il Congresso dei Deputati che, anche in caso di apposizione di veto sospensivo, approva sempre, in via definitiva, i progetti di legge in terza lettura) e dell’Austria (dove i poteri di veto sospensivo del Bundesrat sono scarsamente esercitati). Al di fuori dell’Europa, egualmente asimmetrici sono i poteri delle camere in Giappone, India, Russia e Sudafrica.

Nel dibattito degli studiosi è sovente considerata, in relazione al profilo dell’attività legislativa, anche la questione della qualità della legislazione, con i fautori del bicameralismo i quali sostengono che l’esame dei progetti di legge in due camere, con partecipazione incisiva di entrambi i rami del Parlamento, produca una legislazione più ragionata, equilibrata e, quindi, di livello qualitativo migliore; all’opposto i sostenitori dell’unicameralismo o, in ogni caso, di un bicameralismo differenziato con riguardo all’attività legislativa, pongono l’accento sulla maggiore lentezza del processo decisionale e sulla necessità di dover tener conto di diverse istanze rappresentate, raggiungendo posizioni di compromesso che determinano spesso esiti contraddittori nella legislazione. Infine, vi è anche chi assume una posizione terza, asserendo che la qualità della legislazione deriva ormai da altri fattori di natura tecnica (esistenza di direttive sul drafting, valutazione sulla fattibilità delle leggi, analisi preventiva di impatto della regolazione, …).

 

In conclusione, al di fuori dell’attività legislativa, la dottrina evidenzia, in genere, il ruolo di controllo e di garanzia che assumono le seconde camere, come tratto distintivo che caratterizza maggiormente gli esempi di bicameralismo forte. Tale ruolo non implica necessariamente il rapporto di fiducia, che anzi è più spesso riservato esclusivamente alla Camera bassa e che, assieme al ruolo prevalente di questa nel procedimento legislativo ordinario, tende ad assicurare la governabilità e la capacità del Parlamento di assumere decisioni certe entro tempi definiti.

La camera rappresentativa delle autonomie territoriali o di altri interessi non riconducibili direttamente alla maggioranza di governo, è chiamata a svolgere compiti di garanzia del sistema costituzionale e di tutela degli interessi generali, partecipando soprattutto, in posizione di parità con l’altra camera, alla definizione delle regole attuata mediante il procedimento di revisione costituzionale. Un’altra fondamentale funzione di garanzia delle seconde camere consisterebbe nella elezione dei giudici costituzionali o supremi e di quegli altri soggetti collocati in posizione indipendente rispetto agli organi di governo.

Tale vocazione della Camera alta è garantita spesso attraverso la differenziazione dei termini di mandato delle due camere, che prevede una maggiore durata della seconda camera oppure, al fine di rimarcarne il ruolo di garante della continuità e della tenuta del sistema, mediante la previsione di elezioni a rotazione con rinnovi parziali dell’organo, senza scioglimento dello stesso. 

Un’ultima annotazione, presente nella letteratura sul bicameralismo, non manca infine di prendere in esame un’altra variabile costituita dalla forma di governo esistente nel paese e dai complessi rapporti che si stabiliscono tra il potere esecutivo ed il potere legislativo, inquadrando il diverso ruolo di contrappeso che possono assumere le camere alte in relazione, tra l’altro, alle diverse funzioni svolte dal Capo dello Stato in un regime presidenziale o parlamentare.


Bicameralismo e riforme negli altri Paesi del G8
(a cura del Servizio Biblioteca)

Canada

L’art. 17 del Constitution Act (1867) stabilisce che il Parlamento canadese sia composto da due camere, la Camera dei Comuni e il Senato, e dalla Regina. La Camera dei Comuni, composta su base elettiva, è formata da un numero variabile di membri, perché i seggi sono ripartiti tra le province sulla base della loro popolazione. Attualmente la House of Commons è composta da 305 membri. In conformità con la tradizione britannica, tale camera presenta una divisione dei deputati in due grandi blocchi: “i membri del governo” (deputati che appartengono al partito che ha formato il cabinet ) e “i membri dell’opposizione”, tra i quali figurano i componenti del cosiddetto “governo ombra”.  Il governo gode di un ampio potere all’interno della Camera: stabilisce la durata delle sessioni (che può variare da un minimo di uno ad un massimo di quattro anni); ha sostanzialmente il monopolio dell’iniziativa legislativa; può stabilire la chiusura di una discussione sui provvedimenti all’esame dell’assemblea.

Il Senato è un’assemblea a nomina interamente governativa. I suoi 105 membri  sono infatti nominati dal “Governatore generale” (organo che opera nominalmente per conto della Regina), ma sostanzialmente scelti dal Primo Ministro. I senatori sono generalmente nominati tra gli appartenenti al partito di governo, ma questa camera alta non si è configurata nei fatti come una longa manus dell’esecutivo, bensì come un organo a tendenza spesso anti-governativa. L’art. 29 del Constitution Act stabilisce che i senatori restino in carica fino al compimento dei 75 anni.  Come ogni camera alta propria di uno Stato federale, il Senato canadese costituisce un organo rappresentativo degli enti federati. L’art. 22 del Constitution Act definisce infatti esplicitamente i senatori come rappresentanti delle province. Tuttavia è stato sottolineato in dottrina che tale organo non possa dirsi propriamente una camera federale per diverse ragioni. In primo luogo si tratta di una camera nominata secondo un procedimento che esclude completamente gli enti federati. In secondo luogo il criterio di riparto dei seggi tra le diverse province genera una situazione di non corretta rappresentazione degli enti federati perché alcune province si vedono assegnati più senatori di altre con popolazione maggiore. In terzo luogo il Senato non è mai riuscito a funzionare come vero luogo di rappresentanza degli interessi provinciali, che sono stati invece più tutelati in forme di relazioni intergovernative, secondo il modello dell’executive federalism, perfezionato di recente con la creazione del Consiglio della Federazione (2003). Sotto il profilo del procedimento legislativo, il Canada appartiene alla categoria dei Paesi a bicameralismo paritario. Il Senato ha infatti per questo aspetto gli stessi poteri della Camera dei comuni, con l’eccezione però del fatto che il rigetto di un progetto di revisione costituzionale da parte della camera alta può costituire solo un veto sospensivo di sei mesi e che i progetti in materia tributaria e di spesa (money bills) possono essere originati solo nella camera bassa. Sotto il profilo del rapporto fiduciario con il governo, il Canada rientra invece nei Paesi a bicameralismo non-paritario. Malgrado la Costituzione non formalizzi la questione, è infatti prassi costituzionale che la sola camera che rientri nel circuito fiduciario sia quella elettiva.

Con riferimento alle iniziative di riforma delle assemblee parlamentari va sottolineato che fin dal 1867sono stati presentatiprogetti di rinnovamento del Senato canadese. Sono attualmenteall’esame della Camera dei Comuni due progetti di legge di matrice governativa riguardanti proposte di modifica della durata del mandato e della nomina dei senatori. Il primo, bill C-19, dispone che i senatori siano nominati per un solo mandato di otto anni. Il secondo, bill C-20, prevede che i senatori, pur restando nominati dal “Governatore generale”, siano indicati dalle varie province mediante elezioni popolari dirette.


Francia

Il Parlamento francese è composto dall’Assemblea nazionale e dal Senato la cui specificità risiede nel ruolo di rappresentanza delle collettività territoriali e dei francesi residenti all’estero.

I senatori sono eletti a suffragio universale indiretto, in ogni dipartimento,  da un collegio ristretto di  “grandi elettori”, composto da deputati, consiglieri regionali, consiglieri dipartimentali e delegati di consigli comunali. Sono previsti due modi di scrutinio: per i dipartimenti di piccole dimensioni il sistema maggioritario a due turni; per i dipartimenti più estesi il sistema proporzionale a lista bloccata.

Dopo la riforma introdotta dalla legge organica 2003-696, il Senato aumenterà in modo graduale la propria composizione  dagli attuali 321 senatori ai 346 senatori del 2010 (12 dei quali rappresentanti dei francesi all’estero).

Il mandato dei senatori ha una durata di 6 anni. Un rinnovo parziale avviene ogni 3 anni e riguarda ciascuna volta la metà dei seggi.

A seguito della riforma del 2003, l’età minima per l’elezione a senatore è stata ridotta da 35 a 30 anni.

A differenza dell’Assemblea nazionale, il Senato non può essere sciolto anticipatamente.

Al Senato sono attribuite sostanzialmente le medesime funzioni legislative dell’Assemblea nazionale .

L’iniziativa legislativa spetta al Primo ministro e ai membri del Parlamento.

I disegni di legge finanziaria e di legge di finanziamento della sicurezza sociale sono presentati in prima istanza all’Assemblea nazionale.

I disegni di legge che hanno ad oggetto principale l’organizzazione delle collettività territoriali o le istanze rappresentative dei francesi stabiliti all’estero sono presentati in prima istanza al Senato.

Per essere approvato in via definitiva, qualunque disegno o proposta deve essere votato da entrambe le camere nello stesso testo.

Se ciò non avviene dopo due letture da parte di ciascuna camera, o se il Governo ha dichiarato l’urgenza dopo una sola lettura da parte di ciascuna camera, il Primo ministro può chiedere la riunione di una commissione bicamerale paritaria incaricata di proporre un testo sulle disposizioni controverse.

Se, dopo una ulteriore lettura da parte di ciascuna camera, manca ancora l’accordo, il Governo può chiedere all’Assemblea nazionale di deliberare in via definitiva. E’ questa la principale differenza rispetto ad un sistema di bicameralismo perfetto.

Questa deliberazione deve avvenire a maggioranza assoluta dei membri, se si tratta di un disegno di legge organica. Le leggi organiche relative al Senato devono invece essere votate da entrambe le camere nello stesso testo.

Il Presidente del Senato, come quello dell’Assemblea nazionale, o 60 senatori, come anche 60 deputati, possono adire il Consiglio costituzionale prima della promulgazione di una legge. Lo stesso potere hanno il Presidente della Repubblica e il Primo ministro.

In materia di controllo sull’azione del Governo il Senato ha gli stessi poteri dell’Assemblea nazionale per ciò che riguarda i dibattiti sulle dichiarazioni del Governo, gli atti di sindacato ispettivo, la creazione di commissioni di inchiesta e le indagini conoscitive. La sostanziale differenza tra le due camere è data dal fatto che la responsabilità politica del Governo può essere messa in causa soltanto davanti all’Assemblea nazionale, sia in occasione di una dichiarazione di politica generale su cui il Primo ministro pone la fiducia, sia in occasione del voto di una mozione di sfiducia presentata da un decimo dei deputati.  Ciò non esclude la possibilità che il Governo si rivolga al Senato per ottenere l’approvazione di una dichiarazione di politica generale che però, ove fosse negata, non avrebbe conseguenze giuridiche.

Il 23 aprile 2008 è stato presentato dal Governo un progetto di legge costituzionalevolto a riformare profondamente il sistema istituzionale francese e il provvedimento è attualmente in discussione al Senato in seconda lettura.

La riforma in particolare intende rivalorizzare il ruolo del Parlamento attraverso l’attribuzione alle camere di una maggiore influenza sulla definizione dell’ordine del giorno, la limitazione dei casi di ricorso all’articolo 49, comma 3, della Costituzione, che consente al Governo di ottenere l’adozione di un provvedimento senza voto, la ridefinizione del diritto di emendamento e la rivalorizzazione dell’attività legislativa delle commissioni, in particolare adottando come testo base, per la discussione in aula dei progetti di legge, quello risultante dal dibattito in commissione e non quello iniziale del Governo.

Per quanto riguarda, in particolare, la composizione e il ruolo del Senato, nel progetto viene prevista la ridefinizione dei collegi elettorali senatoriali con l’obiettivo di raggiungere un maggiore equilibrio in termini demografici tra piccoli, medi e grandi comuni, considerando che attualmente sono maggiormente rappresentati gli enti locali di piccole dimensioni e le zone rurali. Inoltre, in base ad un emendamento presentato al Senato in prima lettura, si propone di fissare il numero massimo dei senatori a 348.

 

Germania

L’ordinamento costituzionale della Repubblica federale tedesca, delineato dalla Legge fondamentale (Grundgesetz – GG) del 1949 è un ordinamento federale senza alternativa. La forma federale è infatti garantita dalla cosiddetta “clausola di eternità” contenuta nell’articolo 79, comma 3, della GG stessa secondo cui non è consentita alcuna modifica alla Legge fondamentale che riguardi l'articolazione della Federazione in Länder o il principio della partecipazione dei Länder alla legislazione.

Le due camere di cui si compone il Parlamento tedesco (il Bundestag e il Bundesrat) si differenziano per molti aspetti al punto tale che la dottrina prevalente ritiene più appropriata la definizione di sistema “camerale” e non “bicamerale”. Si tratta di un bicameralismo ineguale, differenziato o asimmetrico in primo luogo perché solo il Bundestag è eletto direttamente dal popolo e la Legge fondamentale stabilisce che il Governo è politicamente responsabile solo davanti al Bundestag e dunque il rapporto fiduciario col cancelliere vige solo nei confronti di tale camera.

Il Bundesrat, la camera federale, è l’organo di rappresentanza degli interessi dei Länder a livello federale la cui principale funzione è la mediazione tra il Governo centrale e i singoli governi regionali. Esula dal tipico modello di “seconda Camera” (espressione che è stata ritenuta scorretta anche da parte del Tribunale costituzionale federale con la sentenza del 1984 BVerfGE 37, 363 del 1984) presente in altri ordinamenti per assumere il ruolo più specifico di “Camera delle regioni” (Länderkammer). Il Bundestag rappresenta invece tutta la popolazione.

Per quanto riguarda la composizione in base alla Legge fondamentale nessuno può far parte contemporaneamente delle due Camere. Il Bundestag è composto da 656 deputati eletti dal popolo a suffragio universale e diretto mentre il Bundesrat è composto da 69 delegati dei governi dei 16 Länder che costituiscono la Repubblica federale cioè da Capi del governo e Ministri dei Länder e da borgomastri e senatori delle città-stato di Berlino, Ambrugo e Brema che non agiscono per proprio conto ma devono conformarsi alle direttive dei governi dei Länder che rappresentano. Il Bundesrat è dunque una assemblea legislativa atipica, un ibrido che si pone quasi in contrapposizione con il tradizionale principio della separazione dei poteri dello Stato, poiché un organo che concorre all’esercizio di funzioni legislative risulta composto da rappresentanti del potere esecutivo.

I componenti del Bundestag godono di una serie di prerogative fra cui l’insindacabilità delle opinioni e dei voti espressi all’interno della camera che non si applicano ai membri del Bundesrat.

Per quanto riguarda la durata mentre il Bundesrat è un organismo permanente, nel senso che si rinnova (e solo parzialmente) solo in occasione di modifiche nella composizione dei Governi dei Länder, il Bundestag si rinnova per intero ogni 4 anni, salvo anticipazioni, alla scadenza della legislatura. L’attività del Bundesrat pertanto non è organizzata in periodi di legislatura in quanto la sua composizione è determinata dalla elezioni regionali che si svolgono nei vari Länder a scadenze temporali diverse.

La Legge fondamentale delinea, per le due camere, un diverso grado di partecipazione al procedimento legislativo. L’art. 77 della GG attribuisce al Bundestag l’esclusiva titolarità della funzione legislativa federale (“Le leggi federali sono adottate dal Bundestag. Dopo la loro approvazione, il Presidente del Bundestag le trasmette senza indugio al Bundesrat). Per quanto riguarda invece il ruolo della Camera federale, l’art. 50 GG specifica soltanto che “Attraverso il Bundesrat i Länder collaborano alla legislazione e all’amministrazione della Federazione e degli affari dell’Unione europea”. Dunque mentre la legislazione è sempre adottata dal Bundestag quello del Bundesrat è principalmente un ruolo di collaborazione volto a favorire l’integrazione e il contemperamento tra interessi federali e regionali. E’ la stessa costituzione a stabilire in modo esplicito e tassativo quali siano le leggi che, essendo di particolare interesse per i Länder richiedono necessariamente l’approvazione del Bundesrat (Zustimmungsgesetze).

Il 1° settembre 2006 è entrata in vigore la più ampia revisione costituzionale della Legge fondamentale tedesca finora mai realizzata. L’idea ispiratrice della riforma è stata quella della semplificazione nel tentativo di sciogliere, o almeno di mitigare, l’intreccio tra potere centrale e potere dei Länder. La competenza dei Länder è aumentata e maggiore spazio è stato dato alla collaborazione e agli accordi tra i Länder. In questo contesto il Bundesrat è divenuto uno strumento di cooperazione meno intenso rispetto alla collaborazione diretta tra i Länder stessi. Tale istanza ha avuto, sul piano del bicameralismo, evidenti ricadute nel senso della riduzione del peso del Bundesrat nel procedimento legislativo e di maggiore autonomia al Bundestag.

In tal senso è interpretabile la riduzione del numero delle leggi federali che devono essere sottoposte all’approvazione del Bundesrat ai sensi dell’articolo 84 GG, passando dal precedente 60-65 per cento a circa il 35-40 per cento del totale delle leggi approvate con conseguente snellimento e riduzione dei tempi dell’attività legislativa. Sempre nel segno della semplificazione, con l’abrogazione dell’art. 75 della GG, è stata eliminata la legislazione quadro (Rahmengesetzgebung) ritenuta inutilmente complessa e di difficile applicazione. Le materie che ricadevano in tale competenza sono state trasferite in parte alla legislazione esclusiva dei Länder, in parte alla Federazione e in parte alla legislazione concorrente. Inoltre, oltre la metà delle materie attribuite alla legislazione concorrente (art. 72 GG) sono state sottratte alla clausola di necessità; ciò vuol dire che la Federazione potrà legiferare senza l’onere di dimostrare che una disposizione sia necessaria per realizzare condizioni di vita equivalenti nel territorio federale.

Giappone

La Dieta nazionale - Kokkai è l’organo legislativo del Giappone (art. 41 della Costituzione) ed  è composta da due Camere: la Camera dei Rappresentanti e la Camera dei Consiglieri.

Entrambe le Camere della Dieta sono elette con un sistema di voto parallelo.

La Camera dei Rappresentanti - Shūgiin (Camera bassa) ha 480 membri, eletti ogni quattro anni; 300 Rappresentanti sono eletti in circoscrizioni uninominali con sistema maggioritario e 180 in undici collegi elettorali plurinominali con sistema proporzionale.

La Camera dei Consiglieri - Sangiin (Camera alta) è composta da 242 membri eletti con un mandato di sei anni; 144 Consiglieri sono eletti nei distretti delle prefetture per mezzo del voto singolo non trasferibile, mentre gli altri 98 membri sono eletti con un sistema proporzionale su base nazionale; ogni tre anni vengono indette nuove elezioni per rinnovare la metà dei Consiglieri.

Le due Camere tendono a coincidere nell’esercizio della funzione legislativa (quattro tipi di procedure, due tipi di emendamento, frequenza di discussione dei progetti di legge) ma hanno differenze significative. I tempi e le modalità di elezione comportano differenti maggioranze, le due camere hanno differenti commissioni che rispondono a criteri diversi nell’assegnazione dei progetti di legge (alla Camera dei Rappresentanti le commissioni competenti per l’esame dei progetti di legge corrispondono ai ministeri mentre alla Camera alta i progetti vengono assegnati per policy contents) e possono avere differenti presidenze delle commissioni (nella divisione tra maggioranza e opposizione) con un diverso esercizio dell’agenda setting power. Le tre differenze appena enunciate possono portare a deliberazioni diverse sui progetti di legge.

La Camera dei Rappresentanti ha maggiori poteri e una superiore “autorità” nei confronti della Camera dei Consiglieri. In materia di Trattati internazionali e di bilancio e per quanto riguarda la scelta del Primo Ministro prevale la Camera dei Rappresentanti in caso di disaccordo tra i due rami della Dieta; la Camera dei Consiglieri può solo ritardare i diversi passaggi. Inoltre il Primo Ministro, una volta in carica, dipende dalla “fiducia” della Camera dei Rappresentanti, unico organo del parlamento che può presentare (almeno 50 membri) una “mozione di sfiducia” all’approvazione della Dieta. Anche per quanto riguarda le altre materie prevale la Camera dei Rappresentanti: se la Camera dei Consiglieri respinge o emenda o non esamina un progetto di legge approvato dalla Camera dei Rappresentanti, quest’ultima può comunque superare la decisione negativa dell’altra Camera con una nuova votazione a maggioranza dei due terzi dei presenti.

La Camera dei Rappresentanti può essere sciolta prima della fine del suo mandato se il Primo Ministro o gli stessi membri della Camera decidono di indire elezioni anticipate prima del termine della legislatura.

La Camera dei Consiglieri non può essere sciolta, in ragione del suo continuo rinnovo parziale ad ogni elezione triennale.

I fautori del sistema bicamerale ritengono che la Camera dei Consiglieri operi un “bilanciamento” (check and balance) rispetto all’altra Camera e che il diverso sistema elettorale, il diverso tipo di composizione, le diverse regole e prassi della Camera alta comportino un importante ruolo di “camera di riconsiderazione”. I critici del sistema sostengono l’abolizione della Camera alta in quanto inutile “fotocopia” della Camera dei Rappresentanti. Sono stati approvati diversi “Piani di riforma” della Camera dei Consiglieri (nel 1971 nel 1992 e nel 1999) che hanno proposto alcuni “aggiustamenti” solo in parte attuati. Nel 2000 sono state istituite presso le due Camere due “Commissioni di studio sulla Costituzione” che hanno terminato i loro lavori nell’aprile 2005 proponendo un pacchetto di riforme[5]. La Commissione di studio della Camera dei Consiglieri, nel suo rapporto conclusivo, si è espressa a favore del sistema bicamerale pur sostenendo la necessità di una riforma della Camera alta e del relativo sistema elettorale per differenziare in modo più chiaro i due rami del parlamento. Il dibattito è ancora in corso[6].

 


Regno Unito

Le due camere del Parlamento (House of Commons e House of Lords) hanno composizione e funzioni differenziate in ragione dell’origine non elettiva dei componenti della Camera Alta, e del primato tradizionalmente attribuito alla Camera bassa nel procedimento di approvazione delle leggi.

La funzione legislativa è, in linea di principio, identica attribuzione di ciascuna Camera, ed ogni progetto di legge deve essere approvato nel medesimo testo da entrambi i rami del Parlamento. Il canone del bicameralismo perfetto può riscontrarsi, tuttavia, unicamente con riguardo alla categoria residuale dei private bills, atti legislativi la cui portata applicativa si limita a determinati gruppi o comunità; nel caso della legislazione di rilevanza generale, rappresentata dai public bills, le Camere hanno invece distinto, nell’evoluzione storica, i rispettivi ruoli.

Le caratteristiche di fondo del sistema bicamerale britannico sono da individuare, in primo luogo, nella convenzione costituzionale (nota come Salisbury convention) in base alla quale la Camera Alta, in cui prevale tradizionalmente un orientamento politico conservatore, non si oppone alla realizzazione del programma legislativo presentato dal Governo che, avendo vinto le elezioni, ha ricevuto la legittimazione dell’elettorato. Egualmente radicate nella prassi sono, in relazione alla natura non elettiva della Camera Alta, la sua esclusione dalla competenza legislativa in materia finanziaria e tributaria, e la tradizionale riserva di competenza (c.d. privilegio finanziario) a favore della Camera dei Comuni. Tale riserva non preclude iniziative da parte dei Lord, ma la decisione finale spetta comunque ai Comuni.

Una formalizzazione dei rapporti tra le due Camere, coerente con questa tradizione, si è avuta con i Parliamentary Acts del 1911 e del 1949, da cui è stato espressamente limitato l’intervento dei Lord nel procedimento legislativo, e stabilito che i disegni di legge qualificati dallo Speaker dei Comuni come Money bills, ossia relativi al bilancio e alla materia fiscale, una volta approvati dai Comuni non necessitano anche dell’approvazione dell’altra Camera. Ne consegue che un Money bill approvato dai Comuni, qualora non sia approvato senza sostanziali emendamenti dalla Camera Alta entro un mese dalla sua trasmissione, può fare a meno di tale approvazione ed essere sottoposto all’assenso regio (Royal Assent). La regola, tuttavia, è ritenuta generalmente applicabile (ed è stata di fatto applicata in quattro occasioni soltanto dal 1949 ad oggi) con riferimento ad ogni disegno di legge indipendentemente dal suo oggetto (public bill), qualora i Lord, una volta che i Comuni l’abbiano approvato in due successive sessioni parlamentari (facendo trascorrere almeno un anno tra la seconda lettura nella prima sessione e l’approvazione in quella successiva), non provvedano a loro volta ad approvarlo, entro un mese dalla trasmissione e senza emendamenti sostanziali.

Nel procedimento legislativo, originato dalla preponderante iniziativa del Governo e solitamente incardinato ai Comuni, l’altra Camera si configura perciò come sede di decantazione, potendo disporre la revisione delle misure proposte ed eventualmente la dilazione nel tempo della loro entrata in vigore. In caso di grave e prolungato disaccordo, i Lord possono infatti determinare, attraverso il loro veto sospensivo, un rinvio dell’approvazione finale dei disegni di legge fino alla sessione successiva a quella in cui sono stati presentati per la prima volta, per un periodo di almeno 13 mesi a decorrere dalla seconda lettura da parte dei Comuni nella prima di due consecutive sessioni parlamentari.

Oltre alle competenze legislative, la Camera dei Lord esercita funzioni ispettive e di controllo sull’attività del Governo attraverso le sue Commissioni permanenti, in particolare con riguardo alla legislazione delegata (Statutory Instruments). Per quanto concerne la materia comunitaria, attraverso la Commissione per l’Unione europea i Lord esaminano le iniziative relative agli atti comunitari e formulano apposite relazioni concernenti le questioni comunitarie.

Ancora in relazione alla sfera di attribuzioni delle Camere, sono infine da ricordare le funzioni giurisdizionali esercitate dalla Camera dei Lord in qualità di suprema corte d’appello del Regno Unito in materia civile e penale; per effetto della riforma costituzionale avviata dal Constitutional Reform Act del 2005, a decorrere dal 2009 le medesime funzioni saranno esercitate dalla Supreme Court, istituita da questa legge.

La Camera dei Comuni è composta attualmente da 644 membri, eletti in collegi uninominali con sistema a turno unico; la Camera dei Lord è tradizionalmente formata da Pari ereditari e da membri vitalizi. Questa peculiare modalità di composizione della seconda Camera ha però subito modifiche negli ultimi cinquant’anni e, in particolare nell’ultimo decennio, ha rappresentato il tema principale delle riforme costituzionali già portate a compimento o in fase di avanzata elaborazione.

Queste riforme, sebbene ispirate a ridimensionare la Camera Alta, sono valse in realtà a rinvigorirne il ruolo nei decenni successivi comportando tra l’altro, nella prassi, una tendenziale ripartizione del lavoro legislativo, che vede generalmente iniziare ai Comuni l’iter dei disegni di legge di maggiore rilievo politico, e presso i Lord quelli che implicano più complesse questioni tecniche o giuridiche. 

Ciò non ha tuttavia fatto venir meno l’esigenza – avvertita segnatamente dai più recenti Governi laburisti - di una riorganizzazione costituzionale. Tale proposito è stato perseguito con l’approvazione, nel 1999, lo House of Lords Act, primo capitolo di una riforma da realizzare in più fasi, finalizzata a ridurre la componente degli hereditary Peers e ad abrogare la trasmissione ereditaria del titolo. 

Nell’attuale quadro di transizione costituzionale, la Camera dei Lord è composta da: (a) 615 Lord vitalizi (Life Peers nominati dal Sovrano: fino al 2001, su diretta indicazione del Primo Ministro previa consultazione con i capi degli altri due maggiori partiti in modo da assicurare l’equilibrio della rappresentanza politica. A partire dal 2001, la nomina dei Lord vitalizi ha luogo su raccomandazione di un’autorità indipendente dal Governo, la House of Lords Appointment Commission, che a ciò provvede su impulso del Primo Ministro e sulla base di appositi  criteri di valutazione dei candidati  alla nomina. (b) 92 Lord ereditari; l’attuale numero è stato fissato (in luogo dei precedenti 700) a seguito della riforma della Camera dei Lord introdotta nel 1999, in attesa di portare a compimento la progettata abrogazione della carica ereditaria. (c) 12 Lord giudiziari (Law Lords); dopo i 70 anni di età essi cessano dalle funzioni giurisdizionali e acquisiscono uno status identico a quello dei Lord vitalizi. A partire dall’ottobre del 2009 è previsto il trasferimento delle competenze giudiziali dei Law Lords alla Supreme Court, istituita con il Constitutional Reform Act del 2005; i Law Lords saranno i primi giudici della Corte. (d) 26 ecclesiastici (Vescovi ed Arcivescovi della Chiesa Anglicana).

Nell’attuale quadro di transizione costituzionale, deve segnalarsi il più recente “Libro bianco” del Governo[7], in cui sono delineate le ulteriori linee di riforma della Camera dei Lord.

Il documento afferma la necessità di una integrale applicazione nel Regno Unito del principio democratico e, di conseguenza, di una composizione elettiva della seconda Camera. In questa prospettiva il Governo ha fatto proprie le decisioni adottate a larga maggioranza dalla Camera dei Comuni, che esaminando lo scorso anno la serie di opzioni formulate da una commissione mista istituita dai Lords nel 2006 (formata da Crossbenchers, ossia da membri senza affiliazione partitica, e dai Bishops che siedono in quella Camera), ha selezionato quelle relative ad una seconda Camera a base interamente elettiva o, alternativamente, formata per l’80% da membri elettivi. Per contro, la Camera dei Lord, nelle proprie votazioni del 2007, si è pronunciata in favore della diversa opzione di una Camera Alta interamente composta da membri designati attraverso procedimenti di nomina, nel presupposto che il mantenimento di differenziate modalità di composizione delle due Camere sia funzionale agli equilibri costituzionali.

Lo scrupolo del Governo di armonizzare le proprie proposte con il ruolo fino ad oggi rivestito dalla seconda Camera può cogliersi nelle linee di riforma esposte nel documento. Al fine di assicurare una diversa base rappresentativa e di preservare la sua indipendenza, la Camera Alta dovrebbe essere rinnovata per un terzo in occasione di ciascuna elezione politica per i Comuni, e i suoi membri dovrebbero essere eletti, con mandato non rinnovabile, in ampie circoscrizioni e durare in carica per 12-15 anni, ovvero per tre cicli elettorali. Nell’ipotesi di una componente non elettiva della Camera, il procedimento di nomina dovrebbe essere gestito da un’apposita Commissione in base a criteri prestabiliti.

Russia

Il Parlamento della Federazione Russa (Assemblea Federale) è l’organo legislativo e rappresentativo. Si compone di due Camere: il Consiglio della Federazione (Camera alta), rappresentativo delle entità territoriali (Soggetti) in cui si suddivide la Federazione medesima, e la Duma di Stato (Camera bassa), rappresentativa dall’intera popolazione.

Il Consiglio della Federazione è composto da due rappresentanti di ciascun soggetto della Federazione (178 membri): uno viene eletto dall’organo legislativo (rappresentativo), l’altro è nominato dal capo dell’organo esecutivo supremo del potere statale. La durata del mandato dei membri del Consiglio della Federazione è determinata dalla durata dell’incarico degli organi che li hanno eletti o nominati. Il mandato potrebbe essere revocato prima del tempo da parte delle stesse autorità sopra menzionate. Il Consiglio della Federazione è un organo permanente.

Può essere eletto o nominato membro del Consiglio della Federazione qualsiasi cittadino russo che abbia compiuto i trenta anni di età e goda del diritto costituzionale di eleggere e di essere eletto negli organi del potere statale.

La Duma di Stato è composta da 450 deputati ed è eletta, per un periodo di quattro anni, a suffragio universale diretto, attraverso un sistema elettorale interamente proporzionale che prevede una soglia di sbarramento al 7 per cento. E’ eleggibile a deputato ogni cittadino della Federazione Russa che abbia compiuto i ventuno anni di età e goda del diritto di partecipare alle elezioni.

Nel sistema parlamentare della Federazione Russa si adotta, quindi, un modello bicamerale ineguale con riferimento non solo alla rappresentanza (politica e territoriale), ma anche ai poteri e alle competenze attribuiti alle singole Camere dalla Costituzione. Spetta al Consiglio della Federazione la ratifica del decreto del Presidente federale sulla dichiarazione dello stato di guerra e di emergenza e la nomina dei giudici delle supreme corti federali. La Duma di Stato, oltre ad esercitare il potere di nomina del Presidente della Banca centrale e della Corte dei Conti, a concedere l’amnistia e a mettere in stato di accusa il Presidente della Federazione Russa ai fini della sua destituzione (la destituzione definitiva è prerogativa della Camera alta), è autorizzata ad esprimere il consenso in merito alla nomina del Primo Ministro da parte del Presidente della Federazione Russa e la sfiducia nei confronti del Governo federale. Nel caso in cui la Duma di Stato respinga la proposta di candidatura del Presidente del Governo o esprima un voto di sfiducia nei confronti dello stesso, il Presidente della Federazione Russa può decidere lo scioglimento della Camera bassa. Si tratta di una facoltà piutosto controversa nel diritto costituzionale russo, poiché attesta la forza del Presidente federale e del suo Governo e la debolezza della Camera bassa, sebbene la Duma di Stato sia fondata su scala nazionale e sui principi della rappresentanza partitica.

Anche nell’ambito del procedimento legislativo si rilevano le diversità delle due Camere. I progetti di legge vengono presentati alla Duma di Stato che li esamina e li approva con la maggioranza assoluta. Le leggi, quindi, vengono sottoposte entro cinque giorni all’esame del Consiglio della federazione che può approvarle o respingerle. In quest’ultimo caso, le Camere possono creare una commissione di conciliazione al fine di superare le divergenze insorte e procedere ad un secondo esame da parte della Duma di Stato. La Camera bassa può in ogni modo riesaminare una legge respinta dal Consiglio della Federazione e riapprovarla senza il suo consenso con una maggioranza qualificata (almeno due terzi del numero complessivo dei deputati della Duma di Stato). L’articolo 106 della Costituzione elenca i casi in cui è obbligatorio da parte del Consiglio della Federazione l’esame delle leggi federali approvate dalla Duma.

Le Camere si riuniscono separatamente. Possono riunirsi in seduta comune solo per ascoltare messaggi del Presidente della Federazione Russa e della Corte Costituzionale federale e gli interventi di esponenti di governo di stati esteri. Ogni Camera ha un proprio ordine del giorno e se la medesima questione è posta all’ordine del giorno di entrambe le Camere, le stesse tratteranno l’argomento separatamente. Il Consiglio della Federazione e la Duma di Stato possono lavorare contemporaneamente o in periodi diversi: esercitando poteri distinti e rispettando gli impegni inseriti nelle rispettive agende, non si ostacolano reciprocamente. Infine, le Camere non creano organi permanenti congiunti, ad eccezione della commissione conciliatoiria, sopra menzionata, che viene istituita temporaneamente.

Per quanto concerne le future prospettive del Parlamento bicamerale, la questione più radicale ha riguardato il sistema federale e, quindi, il ruolo della Camera alta.

I fautori dell’unificazione della Russia e di un parlamento unicamerale si contrappongono alle forze politiche e sociali che credono nella natura federale dello Stato e, conseguentemente, nel ruolo della seconda Camera, ove si consideri la forza del fattore nazionale. I sostenitori del federalismo ritengono, infatti, che tale sistema sia utile per mantenere rapporti efficienti tra il centro e i soggetti della Federazione, senza correre il rischio che gli stessi diventino territori indipendenti con propri poteri.

 


Stati Uniti d’America

La Camera (House of Representatives) è composta da 435 deputati, eletti in numero proporzionale alla popolazione di ciascuno Stato, in carica per 2 anni. Il District of Columbia e i “territori non incorporati” (ad es. Porto Rico, Virgin Islands, Guam) eleggono 5 delegati non votanti. Le elezioni si svolgono contemporaneamente a quelle per il Presidente e due anni dopo (mid-term). Per poter essere eletti occorre aver compiuto 25 anni, essere cittadino statunitense da almeno 7 e risiedere nello Stato che si intende rappresentare. I deputati vengono eletti col sistema maggioritario uninominale a turno unico nell’ambito di circoscrizioni ritagliate (talvolta anche in modo poco onesto, il cosiddetto gerrymandering, censurato dalla Corte Suprema) nel territorio di ciascuno Stato.  Il Presidente (Speaker) viene eletto dai deputati (di regola è il capogruppo di maggioranza) e ha poteri notevoli riguardo all’organizzazione dei lavori e all’assegnazione degli affari alle Commissioni.

Il Senato (Senate) è composto da 100 senatori, 2 per ciascuno Stato, in carica per 6 anni (viene rinnovato per 1/3 ogni 2 anni, nello stesso giorno delle elezioni della Camera). Originariamente ciascuno stato nominava i suoi due senatori, col 17° emendamento del 1913 si è stabilito di far eleggere direttamente i senatori dai cittadini. Il District of Columbia e i “territori non incorporati” non hanno diritto ad eleggere senatori.  Per essere eletti occorre avere almeno 30 anni, essere cittadino statunitense da almeno 9 e risiedere nello stato che si intende rappresentare. I senatori vengono eletti col sistema maggioritario uninominale a turno unico dalla popolazione dell’intero Stato. La carica di Presidente è attribuita al Vicepresidente degli Stati Uniti, ma ha poteri limitati. La maggior parte delle decisioni viene presa con l’accordo dei capigruppo di maggioranza e opposizione (unanimous consent).

Il potere legislativo è condiviso dalle due camere in modo quasi paritario, le altre competenze sono attribuite diversamente.

Camera: ha potere esclusivo di iniziativa in materia finanziaria; elegge il Presidente USA se l’Assemblea dei grandi elettori non ci riesce; promuove la procedura di impeachment a carico di Presidente, Vicepresidente, magistrati e funzionari federali.

Senato: (art.I sez.3 cost.) può emendare o bloccare le proposte della Camera in materia finanziaria; ha il potere di advise and consent sui trattati internazionali e sulla nomina dei più alti funzionari federali (a partire dai ministri) e dei giudici della Corte Suprema; è organo giudicante nella procedura di impeachment (presieduto dal Presidente della Corte Suprema, se l’accusato è il Presidente).

Le competenze esclusive attribuite dalla Costituzione al Senato fanno sì che il bicameralismo statunitense venga definito come bicameralismo ineguale. Il Senato infatti è preminente tra le due camere per il potere di advise and consent che lo fa partecipare alla funzione esecutiva presidenziale.

Le più rilevanti e ricorrenti proposte di riforma del bicameralismo riguardano la possibilità di abrogare il 17° emendamento, tornando così alla situazione iniziale nella quale erano gli Stati a nominare direttamente i propri senatori[8].

 



[1]    Inizialmente non era previsto, come ora, un numero fisso di senatori, essendo invece stabilita la composizione in rapporto al numero di abitanti.

[2]     Per le prime due legislature si ricorse allo scioglimento anticipato del Senato per farne coincidere la durata con quella della Camera.

[3]Parliaments at a glance:  Structure”, all’indirizzo Internet http://www.ipu.org/parline-e/ParliamentsStructure.asp?REGION=All&LANG=ENG.

[4]    In tale sede si fa riferimento alle “seconde camere” o alla “camere alte” per qualificare gli organi assimilabili al nostro Senato della Repubblica.

[5]     House of Representatives - Research Commission on the Constitution,  “Final Report”, 2005 (disponibile sul sito Internet

http://www.shugiin.go.jp/index.nsf/html/index_e_kenpou.htm).

House of Councillors - Research Commission on the Constitution, “Handbook on the Research Report on the Constitution of Japan”,  2005

(disponibile sul sito http://www.sangiin.go.jp/eng/report/index.htm)

[6]    La Dieta ha approvato, il 14 maggio 2007, la legge che disciplina il referendum nazionale previsto per la revisione della Costituzione giapponese. La nuova legge entrerà in vigore a maggio 2010.

[7]    Ministry of Justice, An Elected Second Chamber: Further reform of the House of Lords, July 2008.

[8]    La posizione, ripresa nel 2004 dal Sen. Zell Miller nel suo discorso di commiato, viene presentata nel volume Federalism, the Supreme Court, and the Seventeenth Amendment: The Irony of Constitutional Democracy di R. A. Rossum (Lexington Books, 2001) come una forma di tutela del federalismo statunitense.