Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento lavoro
Titolo: RIFORMA DEL MERCATO DEL LAVORO - Legge 28 giugno 2012, n. 92 (Aggiornata alle modifiche apportate dal D.L. 83/2012, dal D.L. 179/2012 e dalla L. 228/2012) - Schede di lettura
Riferimenti:
AC N. 5256/XVI     
Serie: Progetti di legge    Numero: 650    Progressivo: 2
Data: 10/07/2012
Descrittori:
L 2012 0092   MERCATO DEL LAVORO
Organi della Camera: XI-Lavoro pubblico e privato

 

Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

Le leggi

 

 

 

Riforma del mercato
del lavoro

Legge 28 giugno 2012, n. 92

(Aggiornata alle modifiche apportate dal D.L. 83/2012, dal D.L. 179/2012 e dalla L. 228/2012)

Schede di lettura

 

 

 

 

 

 

n. 650/2

 

 

 

 

 

8 febbraio 2013

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento lavoro

( 066760- 4884 / 066760- 4974– * s_lavoro@camera.it

 

 

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File: LA0619b.doc

 


INDICE

Indice tematico  3

I provvedimenti di attuazione previsti dalla legge  9

Schede di lettura

Articolo 1  23

§     Articolo 1, commi 1-6 (Finalità della legge e sistema di monitoraggio e valutazione) 23

§     Articolo 1, commi 7-8 (Rapporti di lavoro alle dipendenze della P.A.) 32

§     Articolo 1, commi 9-13 (Contratti a tempo determinato) 34

§     Articolo 1, commi 14 e 15 (Soppressione del contratto di inserimento) 57

§     Articolo 1, commi 16-19 (Apprendistato) 59

§     Articolo 1, comma 20 (Lavoro a tempo parziale) 69

§     Articolo 1, commi 21-22 (Lavoro intermittente) 74

§     Articolo 1, commi 23-25 (Lavoro a progetto) 82

§     Articolo 1, commi 26 e 27 (Altre prestazioni lavorative rese in regime di lavoro autonomo) 91

§     Articolo 1, commi 28-31 (Associazione in partecipazione con apporto di lavoro) 94

§     Articolo 1, commi 32 e 33 (Lavoro accessorio) 97

§     Articolo 1, commi 34-36 (Tirocini formativi) 105

§     Articolo 1, commi 37-41 (Licenziamenti individuali) 109

§     Articolo 1, commi 42-43 (Tutele del lavoratore in caso di licenziamento illegittimo) 115

§     Articolo 1, commi 44-46 (Licenziamenti collettivi) 124

§     Articolo 1, commi 47-69 (Rito speciale per le controversie in materia di licenziamenti) 135

Articolo 2  143

§     Articolo 2, commi 1-3 (Assicurazione Sociale per l’Impiego - ambito di applicazione) 143

§     Articolo 2, commi 4-5 (Assicurazione Sociale per l’Impiego - requisiti per la fruizione) 154

§     Articolo 2, commi 6-10 (Assicurazione Sociale per l’Impiego - importo e contribuzione figurativa) 155

§     Articolo 2, comma 11 (Assicurazione Sociale per l’Impiego - durata) 158

§     Articolo 2, commi 12-14 (Assicurazione Sociale per l’Impiego - procedura per l’erogazione) 159

§     Articolo 2, commi 15-19 (Tutele della nuova occupazione) 160

§     Articolo 2, commi 20-24-bis (Assicurazione sociale per l’impiego - istituzione del trattamento breve [cd. mini-ASpI]) 164

§     Articolo 2, commi 25-39 (ASpI e mini-ASpI - contributo di finanziamento) 166

§     Articolo 2, commi 40-41 (ASpI e mini-ASpI – casi di decadenza) 178

§     Articolo 2, commi 42-43 (Assicurazione Sociale per l’Impiego - contenzioso) 179

§     Articolo 2, commi 44-45 (Disposizioni transitorie relative alla durata di specifici ammortizzatori) 181

§     Articolo 2, commi 46-46bis (Disposizioni transitorie relative all’indennità di mobilità) 183

§     Articolo 2, commi 47-50 (Addizionale comunale sui diritti di imbarco dei passeggeri) 185

§     Articolo 2, commi 51-56 (Indennità una tantum per i lavoratori a progetto disoccupati) 193

§     Articolo 2, comma 57 (Aumento aliquote contributive della Gestione separata INPS di cui all’articolo 2, comma 26, della L. 335/1995) 200

§     Articolo 2, commi 58-63 (Revoca di prestazioni assistenziali e previdenziali a condannati per gravi reati) 203

§     Articolo 2, commi 64-67 (Gestione della transizione verso il nuovo assetto di ammortizzatori sociali) 205

§     Articolo 2, comma 68 (Estensione del campo di applicazione delle aliquote contributive della gestione autonoma coltivatori diretti, mezzadri e coloni) 209

§     Articolo 2, commi 69-73 (Abrogazioni e modifiche alla legge 23 luglio 1991, n.223) 213

Articolo 3  223

§     Articolo 3, comma 1 (Applicazione della disciplina in materia di integrazione salariale straordinaria a particolari settori) 223

§     Articolo 3, commi 2-3 (Indennità di mancato avviamento al lavoro per i lavoratori del settore portuale) 225

§     Articolo 3, commi 4-13 (Fondi di solidarietà bilaterali) 228

§     Articolo 3, commi 14-18 (Fondi di solidarietà bilaterali alternativi) 232

§     Articolo 3, commi 19-21 (Fondo di solidarietà residuale per l’integrazione salariale) 236

§     Articolo 3, commi 22-25 (Contributi di finanziamento ai fondi di solidarietà) 237

§     Articolo 3, commi 26-30 (Risorse finanziarie dei fondi di solidarietà) 238

§     Articolo 3, commi 31-34 (Prestazioni erogate dai fondi di solidarietà) 240

§     Articolo 3, commi 35-41 (Gestione dei fondi di solidarietà) 242

§     Articolo 3, commi 42-43 (Adeguamento dei fondi di solidarietà ex articolo 2, comma 28, della L. 662/1996) 244

§     Articolo 3, comma 44 (Adeguamento del fondo speciale per il sostegno del reddito e dell'occupazione e della riconversione e riqualificazione professionale del personale del settore del trasporto aereo) 246

§     Articolo 3, comma 45 (Adeguamento del fondo speciale per il sostegno del reddito e dell'occupazione e della riconversione e riqualificazione professionale del personale del settore del trasporto ferroviario) 248

§     Articolo 3, commi 46-47 (Abrogazioni) 250

§     Articolo 3, commi 48-49 (Fondo di solidarietà mutui prima casa) 252

Articolo 4  257

§     Articolo 4, commi 1-7 (Interventi in favore di lavoratori anziani) 257

§     Articolo 4, commi 8-11 (Incentivi all’occupazione per lavoratori anziani e donne  in aree svantaggiate) 259

§     Articolo 4, commi 12-15 (Principi generali concernenti gli incentivi alle assunzioni) 261

§     Articolo 4, commi 16-23 (Tutela della maternità e paternità e contrasto del fenomeno delle dimissioni in bianco) 265

§     Articolo 4, commi 24-26 (Sostegno alla genitorialità) 271

§     Articolo 4, comma 27 (Efficace attuazione del diritto al lavoro dei disabili) 275

§     Articolo 4, commi 28-29 (Disposizioni in tema di contrattazione di secondo livello) 285

§     Articolo 4, comma 30 (Interventi volti al contrasto del lavoro irregolare degli immigrati) 288

§     Articolo 4, comma 31 (Responsabilità solidale negli appalti) 291

§     Articolo 4, comma 32 (Modifiche all’articolo 36 del Decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 188, in materia di regolazione dei trattamenti di lavoro nelle imprese ferroviarie) 295

§     Articolo 4, comma 33 (Livelli essenziali delle prestazioni rese dai servizi per l’impiego) 298

§     Articolo 4, commi 34-37 (Sistema informativo ASpI; monitoraggio dei livelli essenziali dei servizi erogati; sistema premiale) 304

§     Articolo 4, commi 38-39 (Semplificazione delle procedure in materia di acquisizione dello stato di disoccupazione) 306

§     Articolo 4, commi 40-45 (Offerta di lavoro congrua) 310

§     Articolo 4, commi 46-47 (Abrogazioni) 315

§     Articolo 4, commi 48-50 (Delega al Governo in materia di politiche attive e servizi per l’impiego) 316

§     Articolo 4, commi 51-54 (Finalità) 320

§     Articolo 4, commi 55-57 (Reti territoriali dei servizi) 322

§     Articolo 4, commi 58-61 (Delega al Governo per l’Individuazione e la validazione degli apprendimenti non formali e informali) 324

§     Articolo 4, commi 62-63 (Delega al Governo in materia di informazione e consultazione dei lavoratori, nonché per la definizione di misure per la democrazia economica) 326

§     Articolo 4, commi 64-68 (Sistema pubblico nazionale di certificazione delle competenze) 333

§     Articolo 4, commi 69-71 (Copertura finanziaria) 335

§     Articolo 4, commi 72-76 (Misure fiscali) 338

§     Articolo 4, commi 77-79 (Riduzione delle spese di funzionamento di enti) 342

 

 


Indice tematico

 

AGEVOLAZIONI CONTRIBUTIVE

Articolo 2, commi 37, 39; Articolo 4, commi 8-15, 28-29;

 

 

AMMORTIZZATORI SOCIALI (v. anche ASpI e mini-ASpI)

Articolo 2, commi 44-45, (fase  transitoria), 64-67 (fase transitoria, ammortizzatori in deroga), 69-73 (abrogazioni); Articolo 3, commi 4-18 (fondi di solidarietà bilaterali e bilaterali alternativi);

Articolo 4, commi 33 (livelli essenziali), 35 (banca dati), 47 (abrogazioni);

 

 

APPALTI

Articolo 2, comma 34;

Articolo 4, comma 31 (responsabilità solidale);

 

 

APPRENDIMENTO PERMANENTE

Articolo 4, commi 51-54 (Finalità), 55-57 (Reti territoriali), 58-61 (Delega), 64-68 (Certificazione competenze);

 

 

APPRENDISTATO

Articolo 1, commi 16-19; Articolo 2, commi 2, 8, 20, 29, 32, 36-37;

Articolo 4, comma 52;

 

 

ASSICURAZIONE SOCIALE PER L’IMPIEGO (ASpI)

Articolo 2, commi 1-3 (applicazione), 4-5 (requisiti), 6-10 (importo e modalità di calcolo), 11 (durata), 12-14 (erogazione), 15-18 (sospensione), 19 (liquidazione mensilità non ancora percepite), 1, 25, 38 (soci di società cooperative di lavoro), 25-39 (contributi di finanziamento); 40-41 (decadenza) 42-43 (contenzioso amministrativo);

Articolo 3, comma 17;  Articolo 4, commi 34-37 (sistema informativo, monitoraggio, premialità), 38-39 (semplificazione procedure), 40-45 (offerta lavoro congrua);

 

 

ASSOCIAZIONE IN PARTECIPAZIONE

Articolo 1, commi 28-31;

 

 

CASSA INTEGRAZIONE GUADAGNI ORDINARIA (CIG)

Articolo 1, comma 71 (edilizia); Articolo 2, commi 64, 66-67; Articolo 3, commi 4, 18, 19;

 

 

CASSA INTERAZIONE GUADAGNI STRAORDINARIA (CIGS)

Articolo 2, commi 70, 72; Articolo 3, commi 1, 3, 4, 19, 46-47;

Articolo 4, commi 40-46;

 

 

CONTRATTAZIONE COLLETTIVA

Articolo 1, commi 9, 17, 20, 23, 42, 45;

Articolo 2, commi 29, 34;

Articolo 3, commi 4, 12-15, 36, 42-45;

Articolo 4, commi 1, 12, 17, 28-29, 31-32, 62;

 

 

CONTRATTI A TERMINE

Articolo 1, commi 9-13;

 

 

CONTRATTO DI INSERIMENTO

Articolo 1, commi 14-15;

Articolo 4, comma 27;

 

 

CONTRIBUTI FIGURATIVI

Articolo 2, comma 10;

 

 

CONTRIBUTO DI FINANZIAMENTO

Articolo 2, commi 25-39 (ASpI e Mini- ASpI);

Articolo 3, commi 22-25 (Fondo di solidarietà bilaterale e Fondo di solidarietà residuale per l’integrazione salariale);

 

 

DIMISSIONI

Articolo 2, comma 5;

Articolo 3, commi 46-48;

Articolo 4, commi 16-23 (dimissioni in bianco), 30;

 

 

DISOCCUPAZIONE (STATO DI)

Articolo 2, commi 4, 22; Articolo 4, 38-39;

 

 

FINANZIAMENTO DELLA RIFORMA

Articolo 1, comma 32;

Articolo 2, commi 19, 25-39 (contributi finanziamento ASPI e mini-ASPI), commi 47-50, 57, 65;

Articolo 3, commi 12, 15, 17; 23-25, 48-49;

Articolo 4, commi 24, 69-79;

 

 

FONDI DI SOLIDARIETA’ BILATERALI

Articolo 3, commi 4-13 (istituzione, finalità, prestazioni), 22-25 (contributi di finanziamento), 9, 14-18, 19-21, (rapporto con fondi alternativi), 35-41 (gestione); 26-30 (risorse finanziarie), 31-34 (prestazioni), 35-37 (comitato amministratore), 38 (presidente), 41 (sospensione decisioni comitato) e 47;

 

 

FONDI DI SOLIDARIETÀ BILATERALI ALTERNATIVI

Articolo 3, commi 14-18;

 

 

FONDI DI SOLIDARIETÀ EX ARTICOLO 2, COMMA 28, DELLA L. 662/1996

Articolo 3, commi 42-43;

 

 

FONDI INTERPROFESSIONALI PER LA FORMAZIONE CONTINUA

Articolo 2, comma 27;

Articolo 3, comma 13;

 

 

FONDO DI SOLIDARIETÀ RESIDUALE PER L’INTEGRAZIONE SALARIALE

Articolo 3, commi 19-21, 22-25 (contributi di finanziamento), 26-30 (risorse finanziarie), 33-34 (prestazioni);

 

 

FONDO DI SOLIDARIETA’ PER I MUTUI PER L’ACQUISTO DELLA PRIMA CASA

Articolo 3, commi 48-49;

 

 

FONDO SOCIALE PER OCCUPAZIONE E FORMAZIONE

Articolo 2, commi 64-65;

 

 

FORMAZIONE PROFESSIONALE (RIQUALIFICAZIONE)

Articolo 2, comma 66;

Articolo 4, commi 33, 40-45, 47, 55;

 

 

GENITORIALITÀ (SOSTEGNO ALLA)

Articolo 4, commi 24-26;

 

 

GESTIONE SEPARATA INPS

Articolo 1, comma 26;

Articolo 2, comma 57

 

 

INCENTIVI ALLE ASSUNZIONI

Articolo 4, commi 8-15, 27, 39;

 

 

INDENNITA’ DI DISOCCUPAZIONE SPECIALE EDILE

Articolo 2, comma 1;

 

 

INDENNITA’ DI DISOCCUPAZIONE NON AGRICOLA CON REQUISITI NORMALI

Articolo 2, commi 1, 44-45, 58, 69-70;

Articolo 4, comma 46;

 

 

INDENNITA’ DI DISOCCUPAZIONE NON AGRICOLA CON REQUISITI RIDOTTI

Articolo 2, comma 1, 24, 69-70;

 

 

INDENNITA’ DI MOBILITA’

Articolo 1, comma 44;

Articolo 2, commi 1, 33, 46, 64, 66-67, 70-73;

Articolo 3, commi 1, 12, 46-47;

Articolo 4, commi 39, 41, 46-47;

 

 

INFORMAZIONE E CONSULTAZIONE DEI LAVORATORI

Articolo 4, commi 62-63;

 

 

LAVORATORI ANZIANI

Articolo 1, commi 1, 21, 32; Articolo 2, commi 11, 45, 46; Articolo 4, commi 1-8, 55;

 

 

LAVORATORI DEL SETTORE DEL TRASPORTO FERROVIARIO

Articolo 3, commi 45, 47; Articolo 4, comma 32;

 

 

LAVORATORI DEL SETTORE PORTUALE

Articolo 3, commi 2-3;

 

 

LAVORATORI DEL SETTORE AEROPORTUALE

Articolo 2, commi 47-50; Articolo 3, commi 1, 44, 46-47;

 

 

LAVORATORI IMMIGRATI

Articolo 1, comma 32;

Articolo 4, comma 30;

 

 

LAVORO A PROGETTO

Articolo 1, commi 23-27; Articolo 2, commi 51-56, 70;

 

 

LAVORO A TEMPO PARZIALE (part time)

Articolo 1, comma 20;

 

 

LAVORO ACCESSORIO

Articolo 1, commi 32-33;

 

 

LAVORO AGRICOLO

Articolo 1, commi 2, 32; Articolo 2, commi 3, 68;

 

 

LAVORO AUTONOMO

Articolo 1, commi 26-27; Articolo 2, commi 18-19;

 

 

LAVORO DEI DISABILI

Articolo 4, comma 27

 

 

LAVORO FEMMINILE

Articolo 1, commi 1, 3; Articolo 4, comma 11;

 

 

LAVORO GIOVANILE

Articolo 1, commi 1, 2, 32, 33; Articolo 4, commi 33, 48, 55;

 

 

LAVORO INTERMITTENTE

Articolo 1, commi 21-22;

 

 

LAVORO PUBBLICO

Articolo 1, commi 7-8, 32; Articolo 2, comma 2, 29;

 

 

LICENZIAMENTI COLLETTIVI

Articolo 1, commi 44-46; Articolo 2, commi 35, 71; Articolo 4, comma 14;

 

 

LICENZIAMENTI INDIVIDUALI

Articolo 1, commi 11-13, 37-43;

Articolo 2, comma 31, 34-35, 73;

Articolo 3, commi 46-48, Articolo 4, commi 12, 14;

 

 

MINI-ASpI

Articolo 2, commi 20 (applicazione); 21 (corresponsione); 22 (importo, erogazione, modalità di calcolo), 23 (sospensione); 24 (sostituzione indennità disoccupazione con requisiti ridotti); commi 25-39 (contributi di finanziamento), 40-41 (decadenza), 56;

 

 

MONITORAGGIO DELLA RIFORMA

Articolo 1, commi 2-5;

Articolo 4, comma 70;

 

 

PREVIDENZA

Articolo 1, commi 26, 32; Articolo 2, commi 47, 58-63;

 

 

PROCEDURE DI CONCILIAZIONE

Articolo 1, comma 40;

Articolo 2, commi 42-43;

 

 

PROCESSO DEL LAVORO

Articolo 1, commi 12-13, 47-69;

 

 

SERVIZI PER L’IMPIEGO

Articolo 4, commi 27; 33-37; 44; 48-50;

 

 

SOMMINISTRAZIONE DI LAVORO

Articolo 1, commi 9-10, 16; Articolo 2, comma 39;

Articolo 4, commi 13, 27;

 

 

TIROCINI

Articolo 1, commi 34-36;

 


I provvedimenti di attuazione previsti dalla legge

 

 

 

Disposizione

 

 

Attuazione

 

Termine

 

Articolo 1, comma 9, lettera f)

Lavoro a tempo determinato

Obbligo di comunicazione del datore di lavoro al Centro per l’impiego della prosecuzione del rapporto di lavoro

Decreto di natura non regolamentare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali

Definizione delle modalità della comunicazione

1 mese dall’entrata in vigore della disposizione

 

 

Articolo 1, comma 21, lettera b)

Lavoro intermittente

Obbligo di comunicazione preventiva del datore di lavoro alla Direzione territoriale competente del ricorso alla prestazione lavorativa

Decreto di natura non regolamentare del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro della pubblica amministrazione e semplificazione

Definizione delle modalità applicative

Non indicato

Articolo 1, comma 26

Prestazioni in regime di lavoro autonomo

Presunzione che alcune prestazioni di titolari di partite IVA siano da considerarsi collaborazioni a progetto in presenza di specifici presupposti (nuovo art. 69-bis del D.Lgs. 276/2003)

Decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali

Ricognizione delle attività per le quali non opera la richiamata presunzione

3 mesi dall’entrata in vigore della disposizione

 

 

 

 

Articolo 1, comma 32, lettera c)

Lavoro accessorio

Nuovo campo di applicazione del lavoro accessorio (nuovo articolo 70 del D.Lgs. 276/2003)

Decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze

Rideterminazione della percentuale relativa al versamento dei contributi previdenziali nei carnet di buoni con i quali vengono erogati i compensi per i lavoratori (mod. ad articolo 72, comma 4, del D.Lgs. 276/2003)

Non indicato

Articolo 1, comma 34

Tirocini formativi

Accordo tra Governo e Regioni per la definizione di linee-guida in materia

Accordo in sede di Conferenza Stato-Regioni

Linee-guida condivise in materia di tirocini formativi e di orientamento sulla base di specifici criteri

180 giorni dalla data di entrata in vigore della disposizione

Articolo 2, comma 19

ASPI

Facoltà per lavoratore interessato di richiedere la liquidazione delle mensilità non ancora percepite per intraprendere attività di lavoro autonomo, auto impresa, micro impresa o per associarsi in cooperativa

Decreto non regolamentare del Ministro del lavoro e politiche sociali di concerto Ministro dell’economia e delle finanze

Definizione dei limiti, delle condizioni e delle modalità

180 giorni dall’entrata in vigore della disposizione

Articolo 2, comma 27

Contributo di finanziamento per l’ASPI e la mini-ASPI

Decurtazione del contributo per determinate categorie di lavoratori, allineamento graduale delle aliquote ASPI per i lavoratori ai quali la decurtazione sia stata già applicata

Decreto del Ministro del lavoro e politiche sociali di concerto Ministro dell’economia e delle finanze

Rideterminazione annuale delle prestazioni (modalità di calcolo, importi, contribuzione) inerenti l’ASPI e la mini-ASPI

31 dicembre di ogni anno precedente l’anno di riferimento

Articolo 2, comma 66

Ammortizzatori sociali in deroga

Proroga, nell’ambito delle risorse finanziarie destinate alla concessione di ammortizzatori sociali in deroga, di specifici istituti di sostegno al reddito

Decreto del Ministro del lavoro e politiche sociali di concerto Ministro dell’economia e delle finanze

Proroga dei trattamenti di integrazione salariale e di mobilità sulla base di specifici accordi governativi e per periodi non superiori a 12 mesi

Non indicato

Articolo 3, comma 4

Fondi di solidarietà bilaterali

Obbligo di costituzione dei fondi di solidarietà bilaterali

Accordi e contratti collettivi, anche intersettoriali

Stipulazione degli accordi tra organizzazioni sindacali e imprenditoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale

6 mesi dall’entrata in vigore della disposizione

Articolo 3, comma 5

Fondi di solidarietà bilaterali

Istituzione dei fondi di solidarietà bilaterali

Decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze

Istituzione presso l’INPS dei fondi

3 mesi dalla stipulazione degli accordi

Articolo 3, comma 5

Fondi di solidarietà bilaterali

Aliquote di contribuzione al fine di garantire la precostituzione di risorse continuative adeguate sia per l’avvio dell’attività sia per la situazione a regime

Decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze

Determinazione delle aliquote di contribuzione

3 mesi dalla stipulazione degli accordi

Articolo 3, comma 5

Fondi di solidarietà bilaterali

Contributo addizionale per il datore di lavoro che sia ricorso alla sospensione o riduzione dell’attività lavorativa

Decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze
Calcolo del contributo in rapporto alle retribuzioni perse (comunque non inferiore all’1,5%)e

3 mesi dalla stipulazione degli accordi

 

 

Articolo 3, comma 6

Fondi di solidarietà bilaterali

Possibilità di modificare gli atti costitutivi dei fondi

Decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze

Modifiche agli atti costitutivi dei fondi

3 mesi dalla stipulazione degli accordi

Articolo 3, comma 6

Fondi di solidarietà bilaterali

Aliquote di contribuzione al fine di garantire la precostituzione di risorse continuative adeguate sia per l’avvio dell’attività sia per la situazione a regime

Decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze

Determinazione delle aliquote di contribuzione

3 mesi dalla stipulazione degli accordi

Articolo 3, comma 6

Fondi di solidarietà bilaterali

Contributo addizionale per il datore di lavoro che sia ricorso alla sospensione o riduzione dell’attività lavorativa

Decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze

Calcolo del contributo in rapporto alle retribuzioni perse (comunque non inferiore all’1,5%)

3 mesi dalla stipulazione degli accordi

Articolo 3, comma 7

Fondi di solidarietà bilaterali

Ambito di applicazione

Decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze

Determinazione dell’ambito di applicazione dei fondi con riferimento al settore di attività alla natura giuridica ed alla classe di ampiezza dei datori di lavoro

3 mesi dalla stipulazione degli accordi

 

 

 

 

Articolo 3, comma 7

Fondi di solidarietà bilaterali

Aliquote di contribuzione al fine di garantire la precostituzione di risorse continuative adeguate sia per l’avvio dell’attività sia per la situazione a regime

Decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze
Determinazione delle aliquote di contribuzione

3 mesi dalla stipulazione degli accordi

Articolo 3, comma 7

Fondi di solidarietà bilaterali

Contributo addizionale per il datore di lavoro che sia ricorso alla sospensione o riduzione dell’attività lavorativa

Decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze
Calcolo del contributo in rapporto alle retribuzioni perse (comunque non inferiore all’1,5%)

3 mesi dalla stipulazione degli accordi

Articolo 3, comma 12

Fondi di solidarietà bilaterali

Istituzione di fondi in settori e classi di ampiezza già coperti dalla normativa in materia di integrazioni salariali

Accordi e contratti collettivi, anche intersettoriali

Stipulazione degli accordi tra organizzazioni sindacali e imprenditoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale

6 mesi dall’entrata in vigore della disposizione

Articolo 3, comma 13

Fondi di solidarietà bilaterali

Possibilità di far confluire nei fondi anche l’eventuale fondo interprofessionale istituito ai sensi dell’articolo 118 della L. 388/2000

Accordi e contratti collettivi, anche intersettoriali

Stipulazione degli accordi tra organizzazioni sindacali e imprenditoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale

6 mesi dall’entrata in vigore della disposizione

Articolo 3, comma 14

Fondi di solidarietà bilaterali alternativi
Facoltà di adeguare le fonti istitutive di fondi già operanti in settori non coperti dalla normativa in materia di integrazione salariale e per esigenze peculiari dei settori stessi

Accordi e contratti collettivi, anche intersettoriali
Stipulazione degli accordi tra organizzazioni sindacali e imprenditoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale

6 mesi dall’entrata in vigore della disposizione

 

 

 

Articolo 3, comma 16

Fondi di solidarietà bilaterali alternativi

Determinazione di specifici parametri dei fondi alternativi,

Decreto di natura non regolamentare del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze

Determinazione dei requisiti di onorabilità e professionalità dei gestori, dei criteri e requisiti per la contabilità, delle modalità per rafforzare la funzione di controllo sulla corretta gestione

Non indicato

Articolo 3, comma 19

Fondo di solidarietà residuale per l’integrazione salariale

Istituzione del fondo per i settori, tipologie di datori di lavoro e classi dimensionali superiori a 15 dipendenti non coperti dalla normativa in materia di integrazione salariale per i quali non siano stati stipulati entro il 31 marzo 2013 accordi per la costituzione dei fondi di solidarietà bilaterali

Decreto di natura non regolamentare del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze

Istituzione del Fondo di solidarietà residuale per l’integrazione salariale

Non indicato

Articolo 3, comma 22

Fondo di solidarietà residuale per l’integrazione salariale

Aliquote di contribuzione al fine di garantire la precostituzione di risorse continuative adeguate sia per l’avvio dell’attività sia per la situazione a regime

Decreto di natura non regolamentare del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze

Determinazione delle aliquote di contribuzione

Non indicato

 

 

 

 

 

Articolo 3, comma 23

Fondi di solidarietà residuale per l’integrazione salariale

Contributo addizionale per il datore di lavoro che sia ricorso alla sospensione o riduzione dell’attività lavorativa

Decreto direttoriale del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze

Calcolo del contributo in rapporto alle retribuzioni perse (comunque non inferiore all’1,5%)

Non indicato

Articolo 3, comma 29

Risorse finanziarie dei fondi di solidarietà bilaterali e del fondo di solidarietà residuale

Possibilità di modificare l’importo delle prestazioni o la misura dell’aliquota di contribuzione su proposta del comitato amministratore

Decreto direttoriale dei Ministeri del lavoro e delle politiche sociali e dell’economia e delle finanze

Adozione, anche in corso d’anno, delle modifiche alle risorse finanziarie

Non indicato

Articolo 3, comma 30

Risorse finanziarie dei fondi di solidarietà bilaterali e del fondo di solidarietà residuale

Possibilità di modificare l’aliquota contributiva per esigenze di bilancio, anche senza proposta del comitato amministratore

Decreto direttoriale dei Ministeri del lavoro e delle politiche sociali e dell’economia e delle finanze

Non indicato

Articolo 3, comma 34

Contribuzione ai fondi di solidarietà bilaterali e al fondo di solidarietà residuale

Possibilità che l’obbligo di versamento della contribuzione correlata alla gestione del lavoratore interessato sia previsto in relazione alle prestazioni erogate dai fondi

Decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e Decreto direttoriale del Ministero del lavoro di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze

 

3 mesi dall’entrata in vigore della disposizione (decreti del Ministro);

termine non indicato (decreti direttoriali)

 

 

 

Articolo 3, comma 37

Fondi di solidarietà bilaterali

Comitato amministratore

Decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali

Nomina del comitato amministratore

Non indicato

Articolo 3, comma 42

Fondi di solidarietà ex articolo 2, comma 28, della L. 662/1996

Adeguamento di tali fondi alle disposizioni della presente legge

Decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali

Adeguamento dei fondi ex art. 2 comma 28 della L. 662/1996 sulla base di accordi collettivi e contratti collettivi  da stipulare entro il 30 giugno 2013

Non indicato

Articolo 3, comma 44

Fondo di sostegno al reddito per il trasporto aereo

Adeguamento della disciplina di tale fondo a specifiche disposizioni della presente legge

Decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze

Adeguamento della disciplina del richiamato fondo sulla base di accordi collettivi e contratti collettivi stipulati entro il 30 giugno 2013

Non indicato

Articolo 3, comma 45

Fondo di sostegno al reddito per il trasporto ferriovario

Adeguamento della disciplina di tale fondo a specifiche disposizioni della presente legge

Decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze

Adeguamento della disciplina del richiamato fondo sulla base di accordi collettivi e contratti collettivi stipulati entro il 30 giugno 2013

Non indicato

 

 

 

 

 

 

 

Articolo 4, comma 11

Assunzione di categorie deboli

Assunzioni di donne di qualsiasi età prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno 6 mesi

Decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze

Individuazione annuale delle aree o settori caratterizzati da un tasso di disparità uomo-donna che superi almeno del 25% la disparità media uomo-donna in tutti i settori economici

Non indicato

Articolo 4, comma 18

Dimissioni volontarie

Procedura alternativa alla convalida delle dimissioni volontarie presso la Direzione territoriale o il Centro per l’impiego competenti, ovvero presso le sedi individuate dalla contrattazione collettiva

Decreto non regolamentare del Ministro del lavoro e delle politiche sociali

Individuazione di ulteriori modalità semplificate ai fini dell’accertamento della veridicità della data e dell’autenticità della manifestazione di volontà dei lavoratori

Non indicato

Articolo 4, comma 25

Sostegno della maternità e paternità

Introduzione di misure sperimentali a sostegno della maternità e paternità (astensione obbligatoria del padre lavoratore dipendente per un giorno entro i 5 mesi dalla nascita del figlio; corresponsione di un voucher alla madre lavoratrice per servizi di baby-sitting ovvero per far fronte alla rete pubblica dei servizi per l’infanzia o dei servizi privati accreditati))

Decreto non regolamentare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze

Definizione dei criteri di accesso e delle modalità di utilizzo delle misure sperimentali e definizione del numero e dell’importo dei voucher da corrispondere in alternativa al congedo parentale ex art. 32 co. 1 lett. a) del D.Lgs. 151/2001

1 mese dall’entrata in vigore della disposizione

 

 

 

Articolo 4, comma 26

Sostegno della maternità e paternità

Introduzione di misure sperimentali nel triennio 2013-2015 a sostegno della maternità e paternità (astensione obbligatoria del padre lavoratore dipendente per un giorno entro i 5 mesi dalla nascita del figlio, nonché di ulteriori 2 giorni previo accordo con la madre in relazione al periodo di astensione obbligatoria ad essa spettante con conseguente corresponsione di una specifica indennità; corresponsione di un voucher alla madre lavoratrice per servizi di baby-sitting ovvero per far fronte alla rete pubblica dei servizi per l’infanzia o dei servizi privati accreditati)

Decreto non regolamentare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze

Determinazione, per il voucher per servizi di baby-sitting o per i servizi per l’infanzia, della quota di risorse del Fondo per il finanziamento di interventi a favore dell’incremento in termini quantitativi e qualitativi dell’occupazione giovanile e delle donne, nel limite della quale è riconosciuto il beneficio

1 mese dall’entrata in vigore della disposizione

Articolo 4, comma 27, lettera c)

Diritto al lavoro dei disabili

Esoneri parziali dagli obblighi di assunzione (nuovo articolo 5, comma 8-quinquies, della L. 68/1999)

Decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentita la Conferenza unificata

Definizione dei procedimenti relativi agli esoneri, criteri e modalità per la loro concessione potenziamento attività di controllo

2 mesi dall’entrata in vigore della disposizione

Articolo 4, comma 34

Politiche attive del lavoro e servizi per l’impiego

Sistema di premialità per la ripartizione delle risorse del FSE legato alla prestazione di politiche attive e servizi per l’impiego

Accordo in sede di Conferenza unificata

Definizione del sistema di premialità

Non indicato

 

 

Articolo 4, comma 35

Sistema informativo ASpI

banca dati telematica beneficiari ammortizzatori sociali

Accordo in Conferenza Unificata D.lgs. 281/1997

 

banca dati telematica beneficiari di ammortizzatori sociali allestita dall’INPS e messa a disposizione dei Centri per l’impiego

30 giugno 2013

Articolo 4, comma 49

Servizi per l’impiego

Delega (non ancora esercitata) per il riordino della normativa in materia di servizi per l’impiego ex articolo 1, comma 30, alinea, della L. 247/2007

Decreto legislativo

Differimento del termine per l’esercizio della delega (termine attuale 24 novembre 2012)

6 mesi dalla data di entrata in vigore della disposizione

Articolo 4, comma 58

Delega al Governo l’Individuazione e la validazione degli apprendimenti non formali e informali

 

Uno o più decreti legislativi

proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, sentito il Ministro dello sviluppo economico, d’intesa con la Conferenza unificata

norme generali e livelli essenziali delle prestazioni, riferiti negli ambiti di competenza dello Stato e delle regioni, per l’individuazione e la validazione degli apprendimenti non formali e informali, con riferimento al sistema nazionale di certificazione delle competenze

Sei mesi dall’ entrata in vigore della legge

 

 

 

Articolo 4, comma 62

Delega al Governo in materia di informazione e consultazione dei lavoratori, nonché per la definizione di misure per la democrazia economica

 

Uno o più decreti legislativi

proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali

finalizzazione: organicità e sistematicità alle norme in materia di informazione e consultazione dei lavoratori, nonché di partecipazione dei dipendenti agli utili e al capitale.

Nove mesi dall’ entrata in vigore della legge

 

 

 

 

 

 

 


Schede di lettura

 


 

Articolo 1

Articolo 1, commi 1-6
(
Finalità della legge e sistema di monitoraggio e valutazione)

 

I commi da 1 a 6 enunciano le finalità dell’intervento di riforma e istituiscono un sistema permanente di monitoraggio e valutazione dello stato di attuazione degli interventi.

 

Il comma 1 individua gli obiettivi generali dell’intervento di riforma, consistenti nella realizzazione di un mercato del lavoro inclusivo e dinamico, in grado di contribuire alla creazione di occupazione, in quantità e qualità, alla crescita sociale ed economica e alla riduzione permanente del tasso di disoccupazione. Le finalità del provvedimento vengono perseguite attraverso:

·     l'instaurazione di rapporti di lavoro più stabili, con il rilievo prioritario del lavoro subordinato a tempo indeterminato;

·     la valorizzazione dell'apprendistato;

·     la ridistribuzione in modo più equo delle tutele dell’impiego, da un lato, contrastando l’uso improprio e strumentale degli elementi di flessibilità relativi alle tipologie contrattuali e, dall’altro, adeguando la disciplina del licenziamento;

·     la revisione dell'assetto degli ammortizzatori sociali e delle politiche attive;

·     il contrasto di usi degli istituti contrattuali esistenti volti ad eludere obblighi contributivi e fiscali;

·     la promozione di una maggiore inclusione delle donne nella vita economica e di nuove opportunità di impiego o di tutela del reddito per i lavoratori ultracinquantenni;

·     la promozione di modalità partecipative di relazioni industriali in conformità agli indirizzi assunti in sede europea.

 

I commi 2, 3, 4, 5 e 6 prevedono l’istituzione (senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica) di un sistema permanente di monitoraggio e valutazione, basato su dati forniti dall'Istituto nazionale di statistica (Istat) e da altri soggetti del Sistema statistico nazionale (Sistan), volto a verificare lo stato di attuazione degli interventi e a valutarne gli effetti sull’efficienza del mercato del lavoro, sull’occupabilità dei cittadini e sulle modalità di entrata e di uscita nell’impiego.

Al sistema di monitoraggio e valutazione, istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali in collaborazione con le altre Istituzioni competenti, concorrono le parti sociali (attraverso le organizzazioni maggiormente rappresentative a livello nazionale dei lavoratori e dei datori di lavoro), nonché l’INPS e l’ISTAT, chiamati ad organizzare una banche dati informatizzate anonime (contenente i dati individuali anonimi, relativi ad età, genere, area di residenza, periodi di fruizione degli ammortizzatori sociali con relativa durata ed importi corrisposti, periodi lavorativi e retribuzione spettante, stato di disoccupazione, politiche attive e di attivazione ricevute), aperta ad enti di ricerca e università.

Il sistema permanente di monitoraggio e valutazione è chiamato a produrre rapporti annuali sullo stato di attuazione delle singole misure, da cui potranno essere desunti elementi per successivi interventi di implementazione o correzione delle norme introdotte.

 

Merita in questa sede ricordare che l’articolo 17 del D.Lgs. 276/2003 (Legge Biagi) già prevedeva un sistema di monitoraggio statistico e valutazione delle politiche del lavoro. Il sistema faceva capo ad una Commissione di esperti, da costituire presso Ministero del lavoro, composta da rappresentanti delle regioni e delle province, degli Enti previdenziali, dell'ISTAT, dell'ISFOL e dei Ministeri dell'economia e delle finanze e del lavoro e delle politiche sociali. La Commissione, integrata con rappresentanti delle parti sociali, era inoltre incaricata di definire, entro sei mesi, una serie di indicatori di monitoraggio finanziario, fisico e procedurale dei diversi interventi di riforma contenuti nel decreto legislativo n.276 del 2003. Tali indicatori, previo esame ed approvazione da parte della Conferenza unificata, avrebbero dovuto costituire linee guida per le attività di monitoraggio e valutazione condotte dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nonché dalle regioni e dalle province per i rispettivi ambiti territoriali di riferimento. In particolare, sulla base di tali strumenti di informazione e tenuto conto delle linee guida, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, avvalendosi di proprie strutture tecniche e col supporto dell'ISFOL, avrebbe dovuto predisporre un Rapporto annuale al Parlamento (e alla Conferenza unificata), volto a fornire una rendicontazione dettagliata e complessiva delle politiche del lavoro alla luce della riforma, sulla base di schemi statistico-contabili oggettivi e internazionalmente comparabili, in grado di fornire elementi conoscitivi di supporto alla valutazione delle politiche che il Ministero del lavoro, le regioni e le province avessero inteso portare avanti.

Il sistema di monitoraggio statistico e valutazione delle politiche del lavoro previsto dall’articolo 17 del D.Lgs. 276/2003, tuttavia, è rimasto del tutto inattuato e nessun Rapporto annuale è mai stato presentato al Parlamento.

 

 

Documenti all’esame dell’UE

Per quanto concerne l’attività a livello europeo, si fa presente in primo luogo che il Consiglio europeo dell’1-2 marzo 2012 ha stabilito priorità per l’UE e gli Stati membri nell’ambito della procedura del semestre europeo 2012 per il coordinamento delle politiche economiche e tra queste in particolare la lotta contro la disoccupazione e le conseguenze sociali della crisi.

Il Consiglio europeo ha invitato, in particolare, gli Stati membri  a modernizzare le politiche del lavoro, nel rispetto del ruolo delle parti sociali e dei sistemi nazionali di formazione dei salari, provvedendo a:

·        rendere le assunzioni più agevoli per i datori di lavoro, se necessario attraverso il miglioramento dei meccanismi di determinazione dei salari;

·        eliminare gli ostacoli alla creazione di nuovi posti di lavoro;

·        attuare politiche attive del mercato del lavoro, indirizzate in particolare ai giovani, alle donne e ai lavoratori anziani.

·        progredire nel rafforzamento del riconoscimento reciproco delle qualifiche professionali, riducendo il numero delle professioni regolamentate ed eliminando gli ostacoli regolamentari ingiustificati.

 

La Commissione europea ha presentato il 18 aprile 2012 una comunicazione intitolata “Verso una ripresa fonte di occupazione” (COM (2012) 173)[1] (c.d. Pacchetto occupazione) nella quale delinea una strategia complessiva volta a rilanciare l’occupazione in Europea attraverso un serie di azioni basate su tre assi:

·        promuovere la creazione di posti di lavoro;

·        riformare i mercati del lavoro;

·        migliorare la governance dell’UE nel settore dell’occupazione.

 

Promuovere la creazione di posti di lavoro

Al fine di promuovere la creazione di posti di lavoro, la Commissione europea individua i seguenti strumenti:

·        orientare i sussidi all'assunzione verso nuove assunzioni, indirizzandole a categorie vulnerabili, come i giovani o i disoccupati di lungo periodo;

·        ridurre il cuneo fiscale che grava sul lavoro orientandosi verso imposte ambientali, fondiarie o sui consumi;

·        promuovere il lavoro autonomo, le imprese sociali e la creazione di nuove imprese, anche attraverso una maggiore disponibilità di servizi di microfinanziamento all'avviamento di imprese e regimi che convertano le indennità di disoccupazione in contributi per nuove imprese;

·        trasformare il lavoro informale o non dichiarato in occupazione regolare, in particolare mediante la piena attuazione della direttiva 2009/52/CE sulle sanzioni e sui lavoratori irregolari;

·        incrementare la retribuzione netta e modernizzare i sistemi di fissazione dei salari per allineare i salari all'andamento della produttività e stimolare la creazione di posti di lavoro;

·        sfruttare il potenziale di creazione di posti di lavoro in alcuni settori chiave quali: l’economia verde, l'assistenza sociale e sanitaria; le tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC);

·        mobilitare i fondi UE per la creazione di posti di lavoro.

 

In tale contesto la Commissione europea intende assumere le seguenti iniziative:

·         una serie di interventi in materia di occupazione per l'economia verde; un piano d'azione per l'occupazione nell'assistenza sanitaria; una serie di interventi chiave a favore dell'occupazione nel settore delle TIC;

·         una consultazione sulle possibilità di creazione di posti di lavoro di qualità nei servizi per la persona e la famiglia;

·         una consultazione sulla creazione di una piattaforma a livello UE tra gli ispettorati del lavoro e altri organismi preposti all'applicazione della normativa per combattere il lavoro sommerso, volta a migliorare la cooperazione, condividere le migliori pratiche e individuare principi comuni in materia di ispezione entro la fine del 2012.

·         Invitare gli Stati membri, in particolare, ad adottare politiche per la creazione di posti di lavoro nei rispettivi piani nazionali per l’occupazione, all’interno dei programmi nazionali di riforma.

 

Riforma dei mercati del lavoro

La Commissione ritiene che le prossime tappe delle riforme strutturali del mercato del lavoro a livello europeo dovrebbero riguardare in particolare i seguenti aspetti:

·        utilizzo della flessibilità interna per ridurre l'insicurezza e i costi di bilancio. Il ricorso alla capitalizzazione delle ore di lavoro o a banche delle ore, a regimi di disoccupazione parziale (short-time working arrangements o STWA) e a clausole di deroga nei contratti collettivi per alcune condizioni di lavoro hanno contribuito a salvare posti di lavoro e a preservare la competitività delle imprese. Tuttavia, poiché il margine di bilancio destinato a finanziare tali regimi è attualmente più ridotto, la Commissione sottolinea come il dialogo sociale nelle imprese diventi più importante al fine di trovare le soluzioni ottimali in materia di flessibilità interna;

·        garantire salari dignitosi e sostenibili evitando le trappole dei bassi salari. Fissare salari minimi di livello adeguato può contribuire ad evitare l'aumento della povertà lavorativa ed è un fattore importante per garantire la qualità e la dignità dei posti di lavoro;

·        fare in modo che le transizioni sul mercato del lavoro risultino proficue. La Commissione ritiene che occorra prestare particolare attenzione per: la transizione dei giovani dallo studio al lavoro; l'integrazione delle donne nel mercato del lavoro, stabilendo la parità di retribuzione, fornendo servizi adeguati di custodia dei bambini, eliminando ogni forma di discriminazione e i disincentivi fiscali che scoraggiano la partecipazione femminile, e ottimizzando la durata del congedo di maternità e del congedo parentale; le transizioni dei lavoratori più anziani nel contesto della modernizzazione dei sistemi pensionistici e del prolungamento della vita lavorativa, per le quali occorrono misure come incentivi fiscali, l'accesso all'apprendimento permanente attraverso l'orientamento professionale e la formazione ed orari di lavoro flessibili;

·        garantire disposizioni contrattuali adeguate per contrastare la segmentazione del mercato del lavoro. Occorrono riforme equilibrate della legislazione in materia di tutela del lavoro allo scopo di correggere la segmentazione o di frenare l'eccessivo ricorso a contratti atipici e l'abuso del falso lavoro autonomo. Più in generale, tutti i tipi di accordi contrattuali dovrebbero garantire ai lavoratori un insieme di diritti di base (compresi i diritti alla pensione) fra cui l'accesso all'apprendimento lungo tutto l'arco della vita, la protezione sociale e la protezione economica in caso di risoluzione del rapporto di lavoro senza colpa da parte del lavoratore;

·        sviluppare l'apprendimento permanente per i lavoratori e per i disoccupati. A tale riguardo, diventa essenziale l'impegno dei datori di lavoro a formare i loro dipendenti, in particolare i lavoratori poco qualificati e i lavoratori anziani;

·        rafforzare il dialogo sociale. Occorre stabilire un processo condiviso di riforme che determinino le condizioni necessarie affinché in futuro si possano creare posti di lavoro sostenibili e di qualità e coinvolgere attivamente le parti sociali, a tutti i livelli, nell'elaborazione e nella realizzazione di tali riforme;

·        ridefinire i servizi primari ed essenziali dei servizi pubblici per l'impiego (SPI), che devono diventare "agenzie per la gestione delle transizioni" a sostengo di transizioni sostenibili durante tutta la vita professionale dei lavoratori.

 

In tale contesto la Commissione europea intende assumere le seguenti iniziative:

·         presentare una proposta di raccomandazione del Consiglio su un quadro di qualità per i tirocini entro la fine del 2012, sulla base di una consultazione dei servizi della Commissione;

·         presentare una proposta di raccomandazione del Consiglio sulle garanzie per i giovani entro la fine del 2012;

·         intraprendere ulteriori azioni per diffondere le buone pratiche e promuovere il dibattito sugli accordi aziendali transnazionali;

·         elaborare entro il 2012, in collaborazione con la rete europea dei servizi pubblici per l'impiego, un piano d'azione europeo per la prestazione di servizi per l'occupazione efficaci;

 

La Commissione rileva come la mancata corrispondenza tra le competenze disponibili e le esigenze dei mercati del lavoro interessino se pur in maniera diversa tutti gli Stati membri e considera che l’azione a livello europeo si debba sviluppare secondo i seguenti assi:

·        il monitoraggio del fabbisogno di competenze;

·        il riconoscimento delle competenze e delle qualifiche;

·        la sinergia tra il mondo dell'istruzione e quello del lavoro.

 

In tale contesto la Commissione europea intende assumere le seguenti iniziative:

·      adoperarsi, in collaborazione con gli Stati membri e le parti sociali, affinché il Cedefop (Centro europeo per lo sviluppo della formazione professionale) e Eurofound (Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e
lavoro) integrino la loro esperienza a livello settoriale e dell'UE con maggiori conoscenze specifiche per paese e per far sì che la collaborazione tra le due istituzioni sia rafforzata;

·       lanciare, entro la fine del 2012, una panoramica europea delle competenze, basata in particolare sull'osservatorio europeo dei posti di lavoro vacanti;

·      avviare una nuova fase nel riconoscimento delle qualifiche, grazie a orientamenti per indicare in modo sistematico i livelli del quadro europeo delle qualifiche in tutti i nuovi titoli che saranno rilasciati nell'UE;

·      garantire, a partire dal 2013, che almeno un quarto dei titoli rilasciati ogni anno contenga un riferimento al livello di qualifica europeo corrispondente

·      introdurre il passaporto europeo delle competenze entro la fine del 2012;

·      favorire la creazione di una rete di rappresentanti del mondo del lavoro e dell'istruzione a sostegno della gestione delle competenze.

 

Al fine di creare un mercato europeo del lavoro, la Commissione individua i seguenti obiettivi:

·        eliminare gli ostacoli giuridici e pratici alla libera circolazione dei lavoratori;

·        migliorare l'abbinamento fra offerta e domanda di lavoro al di là delle frontiere;

·        prendere in considerazione gli effetti dell’immigrazione nell’Unione e dell’emigrazione dall’Unione.

 

In tale contesto, la Commissione europea intende assumere le seguenti iniziative:

·         presentare una proposta legislativa entro la fine del 2012 al fine di sostenere i lavoratori mobili nell'esercizio dei diritti derivanti dal trattato e dal regolamento n. 492/2011 relativo alla libera circolazione dei lavoratori all'interno dell'Unione;

·         dare un nuovo impulso, nel 2012, ai lavori relativi alla direttiva sulla trasferibilità dei diritti a pensione, che stabilisce norme minime per l'acquisizione e la salvaguardia dei diritti a pensione complementare;

·         continuare a migliorare il portale "La tua Europa" per offrire uno sportello unico di informazione sui diritti nell'UE e un facile accesso a servizi di assistenza personalizzata;

·         esaminare possibili misure fiscali per i lavoratori transfrontalieri al fine di proporre provvedimenti volti a eliminare gli ostacoli fiscali incontrati dai lavoratori dipendenti, ma anche dai lavoratori autonomi e dai pensionati;

·         riformare la rete EURES[2], facendone uno strumento europeo di collocamento e assunzione basato sulla domanda, che risponda ai bisogni economici ma soddisfi anche l'obbligo giuridico di garantire la trasparenza delle offerte di lavoro mediante strumenti innovativi on line di adeguamento tra domanda e offerta di lavoro;

·         introdurre a partire dal 2013 "Match and Map", una funzione innovativa on line, per fornire in tempo reale agli utenti una chiara mappa geografica delle offerte di lavoro a livello europeo corrispondenti ai loro profili;

·         che gli Stati membri facciano un migliore e sistematico uso della rete EURES;

·         di avviare una consultazione, entro la fine del 2012, sulle opportunità offerte dalla migrazione economica.

 

Migliorare la Governance dell’Unione

La Commissione europea ritiene che sia necessario associare alla nuova governance economica un coordinamento rafforzato delle politiche sociali ed occupazionali.

 

In tale contesto la Commissione europea intende:

·         potenziare il coordinamento e la sorveglianza multilaterale nel settore delle politiche per l'occupazione, pubblicando un sistema di analisi comparativa fondato su indicatori selezionati di occupazione, in cooperazione con gli Stati membri ed elaborando entro il 2012 un "quadro di valutazione" per monitorare i progressi compiuti da quest’ultimi nell'attuazione dei piani nazionali per l'occupazione, nell'ambito dei programmi nazionali di riforma; il primo quadro dovrebbe essere realizzato nel contesto dell'analisi annuale della crescita per il 2013;

·         rafforzare il coinvolgimento delle parti sociali europee nel semestre europeo;

·         rafforzare il legame tra le politiche per l'occupazione e gli strumenti finanziari pertinenti.

 

 

Da ultimo, si segnala che il 30 maggio 2012 la Commissione europea ha presentato, nell'ambito della procedura del semestre europeo, raccomandazioni specifiche per ciascun Paese sui piani nazionali di riforma (PNR) e pareri sui rispettivi programmi di stabilità.

Le raccomandazioni della Commissione saranno approvate dal Consiglio europeo del 28-29 giugno prossimi e successivamente adottate formalmente entro il mese di luglio 2012.

La Commissione e gli Stati membri sorveglieranno l’attuazione delle raccomandazioni nel quadro di un processo di “valutazione tra pari”.

La Commissione valuterà i progressi realizzati a livello dell’UE nella prossima analisi annuale della crescita, che sarà pubblicata nel gennaio 2013.

Per quanto riguarda l’occupazione n particolare, la Commissione invita a:

·      approvare in via definitiva la riforma del mercato del lavoro proposta nell’aprile 2012 per combattere la segmentazione del mercato del lavoro stesso e istituire un sistema integrato di sostegno alla disoccupazione;

·      assumere ulteriori iniziative per affrontare la disoccupazione giovanile, incluse misure per promuovere la formazione orientata al lavoro, attraverso incentivi per lo start up delle nuove imprese e per le assunzioni;

·      promuovere la mobilità del lavoro anche attraverso la generalizzazione del sistema di riconoscimento delle qualifiche professionali;

·      prendere misure ulteriori per incentivare la partecipazione delle donne al lavoro (che è pari in Italia al 46,5% rispetto ad una media UE a 27 del 58,5%), in particolare fornendo adeguati servizi all’infanzia e agli anziani;

·      per promuovere la competitività in termini di costi, ancorare i salari alla produttività, in linea con le prassi nazionali e consultando le parti sociali.

 

 

 

 

 


 

Articolo 1, commi 7-8
(Rapporti di lavoro alle dipendenze della P.A.)

 

I commi 7 e 8 prevedono che le disposizioni della legge costituiscono principi e criteri per la regolazione dei rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni.

 

Il comma 7 prevede che le disposizioni di cui al presente provvedimento, per quanto da esse non espressamente previsto, costituiscano principi e criteri per la regolazione dei rapporti di lavoro dei dipendenti pubblici (con esclusione del personale in regime di diritto pubblico), in coerenza con quanto disposto all’articolo 2, comma 2, del decreto legislativo n.165 del 2001.

Il comma 8 dispone che, ai fini dell’applicazione del comma 7, il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche, individui e definisca, anche mediante iniziative normative, gli ambiti, le modalità ed i tempi di armonizzazione della disciplina relativa ai dipendenti pubblici[3].

 

L’articolo 2, comma 2, del D.Lgs. 165/2001, prevede che i rapporti di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche sono disciplinati dalle disposizioni del capo I, titolo II, del libro V del codice civile e dalle legge sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa, fatte salve le diverse disposizioni contenute nel medesimo D.Lgs. 165, che costituiscono disposizioni a carattere imperativo. Eventuali disposizioni di legge, regolamento o statuto, che introducano discipline dei rapporti di lavoro la cui applicabilità sia limitata ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche, o a categorie di essi, possono essere derogate da successivi contratti o accordi collettivi e, per la parte derogata, non sono ulteriormente applicabili, solo qualora ciò sia espressamente previsto dalla legge.

L’articolo 3 del D.Lgs. 165/2001 prevede, in deroga all’articolo 2, che il personale in regime di diritto pubblico è disciplinato dai rispettivi ordinamenti. Tale personale è costituito dalle seguenti categorie:

          magistrati ordinari, amministrativi e contabili, avvocati e procuratori dello Stato;

          personale militare e Forze di polizia di Stato;

          personale volontario di leva;

          personale della carriera diplomatica;

          personale della carriera prefettizia;

          personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco;

          personale della carriera dirigenziale penitenziaria;

          professori e ricercatori universitari.

Tale articolo richiama, inoltre, i dipendenti degli enti che svolgono la loro attività nelle materie contemplate dall'articolo 1 del D.L.C.P.S. 691/1947, e dalle leggi 4 giugno 1985, n. 281 e 10 ottobre 1990, n. 287. Tali materie sono, rispettivamente:

-        l’esercizio della funzione creditizia e la materia valutaria;

-        l'ordinamento della Commissione nazionale per le società e la borsa, l'identificazione dei soci delle società con azioni quotate in borsa e delle società per azioni esercenti il credito, l’attuazione delle direttive CEE in materia di mercato dei valori mobiliari e la tutela del risparmio;

-        la tutela della concorrenza e del mercato.

In queste materie operano la Banca d’Italia, la Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB) e l’Autorità garante per la concorrenza e il mercato (Antitrust).

 

Si segnala, infine, che l’11 maggio 2012 Il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, le Regioni, le Province e i Comuni, le Organizzazioni sindacali, hanno siglato il Protocollo “Migliorare La pubblica amministrazione”, che definisce un percorso volto a realizzare un nuovo modello di relazioni sindacali, a razionalizzare e semplificare i sistemi di misurazione, valutazione e premialità, ad introdurre nuove regole per il mercato del lavoro, la formazione professionale e la dirigenza nel settore pubblico.

 


 

Articolo 1, commi 9-13
(
Contratti a tempo determinato)

 

I commi da 9 a 13 modificano la disciplina del contratto a tempo determinato (c.d. contratto a termine) e del contratto di somministrazione.

 

Il comma 9 modifica in più parti il decreto legislativo n. 368/2001, che disciplina il contratto di lavoro a tempo determinato.

 

La disposizione, in particolare, prevede:

·     l’esclusione del requisito della sussistenza di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo (riferibili anche all'ordinaria attività del datore di lavoro) (c.d. acausalità) ai fini della stipulazione di un primo contratto di lavoro a termine, purché esso sia di durata non superiore a 1 anno; in tali casi il contratto non può comunque essere oggetto di proroga. Una ulteriore ipotesi di esclusione del requisito della sussistenza di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, opera nei casi, previsti dalla contrattazione collettiva (a livello interconfederale o di categoria ovvero, in via delegata, ai livelli decentrati), in cui l’assunzione avvenga nell’ambito di particolari processi produttivi (determinati dall’avvio di una nuova attività, dal lancio di un prodotto o di un servizio innovativo; dall’implementazione di un rilevante cambiamento tecnologico; dalla fase supplementare di un significativo progetto di ricerca e sviluppo; dal rinnovo o dalla proroga di una commessa consistente);

·     l’esclusione del requisito della sussistenza di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo (riferibili anche all'ordinaria attività del datore di lavoro), ai fini della prima missione di un lavoratore nell'ambito di un contratto di somministrazione a tempo determinato;

·     il prolungamento dei limiti temporali di prosecuzione del rapporto di lavoro oltre i quali il contratto a termine si considera a tempo indeterminato (dai 20 giorni attualmente previsti a 30 giorni in caso di contratti di durata inferiore a 6 mesi; dai 30 giorni attualmente previsti a 50 giorni in caso di contratti di durata superiore), con l’introduzione dell’obbligo per il datore di lavoro di comunicare al Centro per l'impiego territorialmente competente (secondo modalità definite con decreto del Ministro della lavoro e delle politiche sociali da adottare entro un mese dalla data di entrata in vigore della legge), entro la scadenza della durata del rapporto prevista dal contratto, che il rapporto continuerà, indicando anche la durata della prosecuzione;

·     il prolungamento dell’intervallo di tempo oltre il quale la stipula di un nuovo contratto a termine dopo la scadenza del precedente si considera come assunzione a tempo indeterminato (dai 10 giorni precedentemente previsti a 60 giorni in caso di contratti di durata inferiore a 6 mesi; dai 20 giorni in precedenza previsti a 90 giorni in caso di contratti di durata superiore); peraltro, nell’ambito di particolari processi produttivi (determinati dall’avvio di una nuova attività, dal lancio di un prodotto o di un servizio innovativo; dall’implementazione di un rilevante cambiamento tecnologico; dalla fase supplementare di un significativo progetto di ricerca e sviluppo; dal rinnovo o dalla proroga di una commessa consistente), i contratti collettivi possono prevedere, stabilendone le condizioni, la riduzione di tali intervalli di tempo (fino a 20 giorni in caso di contratti di durata inferiore a 6 mesi; fino a 30 giorni in caso di contratti di durata superiore). In assenza dell’intervento della contrattazione collettiva entro il 19 dicembre 2012, a stabilire le suddette condizioni provvede (sentite le OO.SS. più rappresentative sul piano nazionale) Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Le richiamate riduzioni si applicano alle attività stagionali ed in ogni altro caso previsto, ad ogni livello, dalla contrattazione collettiva[4];

·     che ai fini del calcolo del limite complessivo di 36 mesi (superato il quale, anche per effetto di proroghe o rinnovi di contratti a termine per lo svolgimento di mansioni equivalenti, il rapporto a termine si considera comunque a tempo indeterminato) si tenga conto anche dei periodi di missione nell'ambito di contratti di somministrazione (a tempo determinato o indeterminato) aventi ad oggetto mansioni equivalenti e svolti tra gli stessi soggetti.

 

Il contratto di lavoro a tempo determinato è disciplinato dal D.Lgs. 368/2001 (adottato in attuazione della direttiva 1999/70/CE).

L’articolo 1 consente l'apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili alla ordinaria attività del datore di lavoro. L'apposizione del termine è priva di effetto se non risulta, direttamente o indirettamente, da atto scritto nel quale sono specificate le ragioni.

L'articolo 3 vieta l’apposizione del termine alla durata di un contratto di lavoro subordinato per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero; presso unità produttive nelle quali si sia proceduto, entro i sei mesi precedenti, a licenziamenti collettivi che abbiano riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro a tempo determinato, salvo che tale contratto sia concluso per provvedere a sostituzione di lavoratori assenti; presso unità produttive nelle quali sia operante una sospensione dei rapporti o una riduzione dell'orario, con diritto al trattamento di integrazione salariale, che interessino lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto a termine; da parte delle imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi.

L’articolo 4 prevede che il termine del contratto a tempo determinato può essere, con il consenso del lavoratore, prorogato solo quando la durata iniziale del contratto sia inferiore a tre anni. In questi casi la proroga è ammessa una sola volta e a condizione che sia richiesta da ragioni oggettive e si riferisca alla stessa attività lavorativa per la quale il contratto è stato stipulato a tempo determinato. Con esclusivo riferimento a tale ipotesi la durata complessiva del rapporto a termine non potrà essere superiore ai tre anni.

L’articolo 5 prevede che se il rapporto di lavoro continua dopo la scadenza del termine inizialmente fissato o successivamente prorogato ai sensi dell'articolo 4, il datore di lavoro è tenuto a corrispondere al lavoratore una maggiorazione della retribuzione per ogni giorno di continuazione del rapporto pari al venti per cento fino al decimo giorno successivo, al quaranta per cento per ciascun giorno ulteriore. Se il rapporto di lavoro continua oltre il ventesimo giorno in caso di contratto di durata inferiore a sei mesi  ovvero oltre il trentesimo giorno negli altri casi, il contratto si considera a tempo indeterminato dalla scadenza dei predetti termini. Qualora il lavoratore venga riassunto a termine, ai sensi dell'articolo 1, entro dieci giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata fino a sei mesi, ovvero entro venti giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata superiore ai sei mesi, il secondo contratto si considera a tempo indeterminato. Quando si tratta di due assunzioni successive a termine, intendendosi per tali quelle effettuate senza alcuna soluzione di continuità, il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato dalla data di stipulazione del primo contratto.

Il comma 4-bis dell’articolo 5[5] prevede poi che, ferma restando la disciplina della successione di contratti di cui ai commi precedenti e fatte salve diverse disposizioni di contratti collettivi stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, qualora per effetto di successione di contratti a termine per lo svolgimento di mansioni equivalenti il rapporto di lavoro fra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore abbia complessivamente superato i trentasei mesi comprensivi di proroghe e rinnovi, indipendentemente dai periodi di interruzione che intercorrono tra un contratto e l’altro, il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato. In deroga a quanto disposto dalla sopracitata disposizione, tuttavia, un ulteriore successivo contratto a termine fra gli stessi soggetti può essere stipulato per una sola volta, a condizione che la stipula avvenga presso la direzione provinciale del lavoro competente per territorio e con l’assistenza di un rappresentante di una delle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale cui il lavoratore sia iscritto o conferisca mandato. Le organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale stabiliscono con avvisi comuni la durata del predetto ulteriore contratto. In caso di mancato rispetto della descritta procedura, nonché nel caso di superamento del termine stabilito nel medesimo contratto, il nuovo contratto si considera a tempo indeterminato.

Il comma 4-quater dell’articolo 5[6] dispone che lavoratore il quale, nell’esecuzione di uno o più contratti a termine presso la stessa azienda, abbia prestato attività lavorativa per un periodo superiore a sei mesi ha (fatte salve diverse disposizioni di contratti collettivi stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale) diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato effettuate dal datore di lavoro entro i successivi dodici mesi con riferimento alle mansioni già espletate in esecuzione dei rapporti a termine.

 

Il comma 10 modifica ulteriormente (ossia oltre a quanto già previsto al comma 9) la disciplina della somministrazione di lavoro (di cui agli articoli 20-28 del decreto legislativo n. 276/2003).

 

Nel nostro ordinamento la fornitura di lavoro temporaneo (cd. lavoro interinale) è stata introdotta dagli articoli 1-11 della L. 24 giugno 1996, n. 197 (cd. legge Treu), i quali hanno disciplinato la fattispecie sotto il profilo contrattuale, retributivo e previdenziale, innovando profondamente la previgente normativa, che addirittura sanzionava penalmente e civilmente l'attività delle agenzie fornitrici di manodopera (articoli 11 e 27 della L. 29 aprile 1949, n. 264, sul collocamento) e vietava, in generale, di affidare a un soggetto terzo l'esecuzione di mere prestazioni di lavoro da svolgersi da parte di personale assunto e retribuito dal terzo intermediario (articolo 1 della L. 23 ottobre 1960, n. 1369).

Si ricorda che nel lavoro interinale viene individuato un rapporto trilaterale (tra impresa fornitrice, lavoratore temporaneo e impresa utilizzatrice) fondato su due diversi contratti:

·     il contratto di fornitura di lavoro temporaneo (stipulato tra impresa fornitrice e impresa utilizzatrice);

·     il contratto di natura lavoristica tra impresa fornitrice e lavoratore temporaneo, (denominato "contratto per prestazioni di lavoro temporaneo") che deve indicare anche l'impresa utilizzatrice, ma in cui il rapporto tra quest'ultima e il lavoratore non assume una autonoma veste contrattuale.

Successivamente, il D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276 (c.d. decreto-Biagi), di recente modificato dal D.Lgs. 2 marzo 2012, n. 24[7], ha introdotto la fattispecie del contratto di somministrazione di lavoro (articoli 20 e ss.), che può essere concluso da ogni soggetto (utilizzatore) che si rivolga ad altro soggetto (somministratore) a ciò autorizzato dal Ministero del lavoro.

Tale contratto in sostanza sostituisce il contratto di fornitura di lavoro interinale (la cui disciplina è stata contestualmente abrogata). Pertanto le agenzie di somministrazione hanno preso il posto delle vecchie agenzie di lavoro temporaneo.

La normativa originaria prevedeva che il contratto di somministrazione potesse essere concluso a termine o a tempo indeterminato (staff leasing). Successivamente, l’articolo 1, comma 46, della L. 24 dicembre 2007, n. 247 (“Norme di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e competitività per favorire l'equità e la crescita sostenibili, nonché ulteriori norme in materia di lavoro e previdenza sociale”) è intervenuto in materia, abolendo la fattispecie della somministrazione a tempo indeterminato. Successivamente, l’articolo 1, commi 142-143 della L. 23 dicembre 2009, n. 191 (legge finanziaria per il 2010) ha reintrodotto la fattispecie della somministrazione a tempo indeterminato.

 

Oltre all'introduzione di una norma di coordinamento con le novelle di cui al precedente comma 9, la disposizione in esame sopprime il comma 2 dell’articolo 23 del d.lgs. n. 276/2003.

 

L’articolo 23, comma 1, del D.Lgs. 276/2003, prevede, in via generale, che per tutta la durata della missione presso un utilizzatore, i lavoratori dipendenti dal somministratore hanno diritto a condizioni di base di lavoro e d'occupazione complessivamente non inferiori a quelle dei dipendenti di pari livello dell'utilizzatore, a parità di mansioni svolte. Un’eccezione è tale regola è prevista al comma 2 (che la disposizione in esame intende, per l’appunto, sopprimere), ove si prevede che “La disposizione di cui al comma 1 non trova applicazione con riferimento ai contratti di somministrazione conclusi da soggetti privati autorizzati nell'àmbito di specifici programmi di formazione, inserimento e riqualificazione professionale erogati, a favore dei lavoratori svantaggiati, in concorso con Regioni, Province ed enti locali ai sensi e nei limiti di cui all'articolo 13”[8]

 

I commi 11 e 12 ampliano i termini per l'impugnazione (anche extragiudiziale) e per il successivo ricorso giudiziale (o per la comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato), nel contenzioso relativo alla nullità del termine apposto al contratto di lavoro. Il primo termine è elevato da 60 a 120 giorni (decorrenti dalla cessazione del contratto), mentre il secondo termine è ridotto da 270 a 180 giorni (decorrenti dalla precedente impugnazione).

I nuovi termini si applicano con riferimento alle cessazioni di contratti a tempo determinato verificatesi a decorrere dal 1° gennaio 2013.

 

Il comma 13 reca una norma di interpretazione autentica dell’articolo 32, comma 5, della legge n. 183/2010[9] (cd, collegato lavoro), relativamente al risarcimento del danno subìto dal lavoratore nelle ipotesi di conversione del contratto a termine in rapporto a tempo indeterminato.

 

L’articolo 32, comma 5, della legge n.183 del 2010 prevede che nei casi di conversione del contratto a tempo determinato, il giudice condanna il datore di lavoro al risarcimento del lavoratore stabilendo un’indennità onnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo ai criteri indicati nell’articolo 8 della L. 15 luglio 1966, n. 604[10].

 

La norma di interpretazione autentica (avente, quindi, effetto retroattivo) è volta a chiarire che l'indennità onnicomprensiva costituisce l'unico risarcimento spettante al lavoratore, anche in relazione alle conseguenze retributive e contributive, concernenti il periodo compreso fra la scadenza del termine e la pronuncia del provvedimento giudiziale di conversione del rapporto di lavoro[11].

 

Procedure di contenzioso

Si segnalano alcune procedure di infrazione relative ad alcune disposizioni sui contratti a tempo determinato.

La Commissione europea ha aperto una procedura di infrazione (proc. n. 2010/2045), con l’invio il 30 settembre 2009 di una lettera di messa in mora per la non corretta trasposizione della direttiva 1999/70/CE relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato.

La Commissione europea ritiene che l’articolo 8 del D.lgs. 368/2001, li dove prevede una durata contrattuale minima di 9 mesi sotto la quale il lavoratore a tempo determinato è escluso dal conteggio ai fini delle soglie per la costituzione degli organi di rappresentanza dei lavoratori, non sia conforme con i requisiti previsti dalla clausola 7 dell’Accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/Ce relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, che prevede che i lavoratori a tempo determinato debbano essere computati a prescindere dalla durata del contratto a termine. La Commissione europea ritiene, inoltre, che l’Italia abbia attuato in modo incorretto l’art. 2, par. 2., della direttiva 94/45/CE, riguardante l'istituzione di un comitato aziendale europeo o di una procedura per l'informazione e la consultazione dei lavoratori nelle imprese e nei gruppi di imprese di dimensioni comunitarie, nonché l’art. 3 della direttiva 2002/14/CE, che istituisce un quadro generale relativo all'informazione e alla consultazione dei lavoratori, nella misura in cui la normativa italiana di recepimento (D.lgs. 74/2002 e D.lgs 25/2007) impone limiti per l’inclusione dei lavoratori con contratto a tempo determinato nel conteggio del personale.

La Commissione europea ha aperto, con l’invio di una lettera di messa in mora il 14 marzo 2011, una procedura di infrazione (proc. 2010/2124) nei confronti dell’Italia per il non corretto recepimento della direttiva 1999/70/CE relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato.

In particolare, la Commissione ritiene che la prassi di impiegare personale ausiliario tecnico amministrativo nella scuola pubblica per mezzo di una successione di contratti a tempo determinato, senza misure atte a prevenirne l’abuso, non ottempera gli obblighi della clausola 5 dell’Accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE. Il 24 maggio 2011, il Governo italiano ha trasmesso alla Commissione europea delle note di risposta predisposte dalle Amministrazioni interessate, nelle quali si comunicava che al fine di fornire riscontro alle censure formulate dalla Commissione europea è stato predisposto un nuovo quadro legislativo, attraverso due interventi normativi specifici inseriti nel Decreto legge n. 70 del 2011: l’art. 9, comma 8 relativo ad una deroga all’applicazione della direttiva 1999/70/CE per i contratti a tempo determinato nella scuola; l’art. 9, comma 17 recante attuazione del piano triennale di assunzioni a tempo indeterminato di personale docente, educativo ed ATA per ridurre il fenomeno del precariato.

Secondo informazioni raccolte dalla Rappresentanza permanente dell’Italia presso l’UE, i servizi della Commissione europea si appresterebbero a proporre al collegio dei Commissari, nel corso del mese di giugno 2012 l’adozione di una lettera di messa in mora complementare, poiché si riterrebbe che il problema non sia più circoscritto al solo personale ausiliario tecnico-amministrativo, bensì a tutto il personale della scuola.

 

 

Decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368
Attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall'UNICE, dal CEEP e dal CES

Testo previgente

Testo ex L. 92/2012

 

 

Articolo 1
(Apposizione del termine)

 

 

 

01. Il contratto di lavoro subordinato è stipulato di regola a tempo indeterminato.

01. Il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato costituisce la forma comune di rapporto di lavoro.

1. È’ consentita l'apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili alla ordinaria attività del datore di lavoro.

 

 

«1-bis. Il requisito di cui al comma 1 non è richiesto nell’ipotesi del primo rapporto a tempo determinato, di durata non superiore a dodici mesi, concluso fra un datore di lavoro o utilizzatore e un lavoratore per lo svolgimento di qualunque tipo di mansione, sia nella forma del contratto a tempo determinato, sia nel caso di prima missione di un lavoratore nell’ambito di un contratto di somministrazione a tempo determinato ai sensi del comma 4 dell’articolo 20 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276. I contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale possono prevedere, in via diretta a livello interconfederale o di categoria ovvero in via delegata ai livelli decentrati, che in luogo dell’ipotesi di cui al precedente periodo il requisito di cui al comma 1 non sia richiesto nei casi in cui l’assunzione a tempo determinato o la missione nell’ambito del contratto di somministrazione a tempo determinato avvenga nell’ambito di un processo organizzativo determinato dalle ragioni di cui all’articolo 5, comma 3, nel limite complessivo del 6 per cento del totale dei lavoratori occupati nell’ambito dell’unità produttiva»;

2. L'apposizione del termine è priva di effetto se non risulta, direttamente o indirettamente, da atto scritto nel quale sono specificate le ragioni di cui al comma 1.

2. L'apposizione del termine è priva di effetto se non risulta, direttamente o indirettamente, da atto scritto nel quale sono specificate le ragioni di cui al comma 1, fatto salvo quanto previsto dal comma 1-bis relativamente alla non operatività del requisito della sussistenza di ragioni di carattere tecnico, organizzativo, produttivo o sostitutivo;

3. Copia dell'atto scritto deve essere consegnata dal datore di lavoro al lavoratore entro cinque giorni lavorativi dall'inizio della prestazione.

 

4. La scrittura non è tuttavia necessaria quando la durata del rapporto di lavoro, puramente occasionale, non sia superiore a dodici giorni.

 

 

 

Articolo 4
(Disciplina della proroga)

 

 

 

1. Il termine del contratto a tempo determinato può essere, con il consenso del lavoratore, prorogato solo quando la durata iniziale del contratto sia inferiore a tre anni. In questi casi la proroga è ammessa una sola volta e a condizione che sia richiesta da ragioni oggettive e si riferisca alla stessa attività lavorativa per la quale il contratto è stato stipulato a tempo determinato. Con esclusivo riferimento a tale ipotesi la durata complessiva del rapporto a termine non potrà essere superiore ai tre anni.

 

2. L'onere della prova relativa all'obiettiva esistenza delle ragioni che giustificano l'eventuale proroga del termine stesso è a carico del datore di lavoro.

 

 

2-bis. Il contratto a tempo determinato di cui all’articolo 1, comma 1-bis, non può essere oggetto di proroga.

 

 

Articolo 5
(Scadenza del termine e sanzioni. Successione dei contratti)

 

 

 

1. Se il rapporto di lavoro continua dopo la scadenza del termine inizialmente fissato o successivamente prorogato ai sensi dell'articolo 4, il datore di lavoro è tenuto a corrispondere al lavoratore una maggiorazione della retribuzione per ogni giorno di continuazione del rapporto pari al venti per cento fino al decimo giorno successivo, al quaranta per cento per ciascun giorno ulteriore.

 

2. Se il rapporto di lavoro continua oltre il ventesimo giorno in caso di contratto di durata inferiore a sei mesi, nonché decorso il periodo complessivo di cui al comma 4-bis, ovvero oltre il trentesimo giorno negli altri casi, il contratto si considera a tempo indeterminato dalla scadenza dei predetti termini.

2. Se il rapporto di lavoro continua oltre il trentesimo giorno in caso di contratto di durata inferiore a sei mesi, nonché decorso il periodo complessivo di cui al comma 4-bis, ovvero oltre il cinquantesimo giorno negli altri casi, il contratto si considera a tempo indeterminato dalla scadenza dei predetti termini.

 

2-bis. Nelle ipotesi di cui al comma 2, il datore di lavoro ha l’onere di comunicare al Centro per l’impiego territorialmente competente, entro la scadenza del termine inizialmente fissato, che il rapporto continuerà oltre tale termine, indicando altresì la durata della prosecuzione. Le modalità di comunicazione sono fissate con decreto di natura non regolamentare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali da adottare entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente disposizione.

3. Qualora il lavoratore venga riassunto a termine, ai sensi dell'articolo 1, entro un periodo di dieci giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata fino a sei mesi, ovvero venti giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata superiore ai sei mesi, il secondo contratto si considera a tempo indeterminato.

3. Qualora il lavoratore venga riassunto a termine, ai sensi dell'articolo 1, entro un periodo di sessanta giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata fino a sei mesi, ovvero novanta giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata superiore ai sei mesi, il secondo contratto si considera a tempo indeterminato. I contratti collettivi di cui all’articolo 1, comma 1-bis, possono prevedere, stabilendone le condizioni, la riduzione dei predetti periodi, rispettivamente, fino a venti giorni e trenta giorni nei casi in cui l’assunzione a termine avvenga nell’ambito di un processo organizzativo determinato: dall’avvio di una nuova attività; dal lancio di un prodotto o di un servizio innovativo; dall’implementazione di un rilevante cambiamento tecnologico; dalla fase supplementare di un significativo progetto di ricerca e sviluppo; dal rinnovo o dalla proroga di una commessa consistente. In mancanza di un intervento della contrattazione collettiva, ai sensi del precedente periodo, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, decorsi dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sentite le organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, provvede a individuare le specifiche condizioni in cui, ai sensi del periodo precedente, operano le riduzioni ivi previste. I termini ridotti di cui al primo periodo trovano applicazione per le attività di cui al comma 4-ter e in ogni altro caso previsto dai contratti collettivi stipulati ad ogni livello dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale

4. Quando si tratta di due assunzioni successive a termine, intendendosi per tali quelle effettuate senza alcuna soluzione di continuità, il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato dalla data di stipulazione del primo contratto.

 

4-bis. Ferma restando la disciplina della successione di contratti di cui ai commi precedenti e fatte salve diverse disposizioni di contratti collettivi stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale qualora per effetto di successione di contratti a termine per lo svolgimento di mansioni equivalenti il rapporto di lavoro fra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore abbia complessivamente superato i trentasei mesi comprensivi di proroghe e rinnovi, indipendentemente dai periodi di interruzione che intercorrono tra un contratto e l’altro, il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato ai sensi del comma 2. In deroga a quanto disposto dal primo periodo del presente comma, un ulteriore successivo contratto a termine fra gli stessi soggetti può essere stipulato per una sola volta, a condizione che la stipula avvenga presso la direzione provinciale del lavoro competente per territorio e con l’assistenza di un rappresentante di una delle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale cui il lavoratore sia iscritto o conferisca mandato. Le organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale stabiliscono con avvisi comuni la durata del predetto ulteriore contratto. In caso di mancato rispetto della descritta procedura, nonché nel caso di superamento del termine stabilito nel medesimo contratto, il nuovo contratto si considera a tempo indeterminato.

4-bis. Ferma restando la disciplina della successione di contratti di cui ai commi precedenti e fatte salve diverse disposizioni di contratti collettivi stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale qualora per effetto di successione di contratti a termine per lo svolgimento di mansioni equivalenti il rapporto di lavoro fra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore abbia complessivamente superato i trentasei mesi comprensivi di proroghe e rinnovi, indipendentemente dai periodi di interruzione che intercorrono tra un contratto e l’altro, il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato ai sensi del comma 2. In deroga a quanto disposto dal primo periodo del presente comma, un ulteriore successivo contratto a termine fra gli stessi soggetti può essere stipulato per una sola volta, a condizione che la stipula avvenga presso la direzione provinciale del lavoro competente per territorio e con l’assistenza di un rappresentante di una delle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale cui il lavoratore sia iscritto o conferisca mandato. Le organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale stabiliscono con avvisi comuni la durata del predetto ulteriore contratto. In caso di mancato rispetto della descritta procedura, nonché nel caso di superamento del termine stabilito nel medesimo contratto, il nuovo contratto si considera a tempo indeterminato; ai fini del computo del periodo massimo di trentasei mesi si tiene altresì conto dei periodi di missione aventi ad oggetto mansioni equivalenti, svolti fra i medesimi soggetti, ai sensi del comma 1-bis dell’articolo 1 del presente decreto e del comma 4 dell’articolo 20 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, inerente alla somministrazione di lavoro a tempo determinato.

4-ter. Le disposizioni di cui al comma 4-bis non trovano applicazione nei confronti delle attività stagionali definite dal decreto del Presidente della Repubblica 7 ottobre 1963, n. 1525, e successive modifiche e integrazioni, nonchè di quelle che saranno individuate dagli avvisi comuni e dai contratti collettivi nazionali stipulati dalle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative.

 

4-quater. Il lavoratore che, nell’esecuzione di uno o più contratti a termine presso la stessa azienda, abbia prestato attività lavorativa per un periodo superiore a sei mesi ha diritto di precedenza, fatte salve diverse disposizioni di contratti collettivi stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, nelle assunzioni a tempo indeterminato effettuate dal datore di lavoro entro i successivi dodici mesi con riferimento alle mansioni già espletate in esecuzione dei rapporti a termine.

 

4-quinquies. Il lavoratore assunto a termine per lo svolgimento di attività stagionali ha diritto di precedenza, rispetto a nuove assunzioni a termine da parte dello stesso datore di lavoro per le medesime attività stagionali.

 

4-sexies. Il diritto di precedenza di cui ai commi 4-quater e 4-quinquies può essere esercitato a condizione che il lavoratore manifesti in tal senso la propria volontà al datore di lavoro entro rispettivamente sei mesi e tre mesi dalla data di cessazione del rapporto stesso e si estingue entro un anno dalla data di cessazione del rapporto di lavoro.

 

 

 

Decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276
Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30

Testo previgente

Testo ex L. 92/2012

 

 

Articolo 13
(Misure di incentivazione del raccordo pubblico e privato)

 

 

 

1. Al fine di garantire l'inserimento o il reinserimento nel mercato del lavoro dei lavoratori svantaggiati, attraverso politiche attive e di workfare, alle agenzie autorizzate alla somministrazione di lavoro è consentito:

 

a) operare in deroga al regime generale della somministrazione di lavoro, ai sensi del comma 2 dell'articolo 23, ma solo in presenza di un piano individuale di inserimento o reinserimento nel mercato del lavoro, con interventi formativi idonei e il coinvolgimento di un tutore con adeguate competenze e professionalità, e a fronte della assunzione del lavoratore, da parte delle agenzie autorizzate alla somministrazione, con contratto di durata non inferiore a sei mesi;

a) operare solo in presenza di un piano individuale di inserimento o reinserimento nel mercato del lavoro, con interventi formativi idonei e il coinvolgimento di un tutore con adeguate competenze e professionalità, e a fronte della assunzione del lavoratore, da parte delle agenzie autorizzate alla somministrazione, con contratto di durata non inferiore a sei mesi;

b) determinare altresì, per un periodo massimo di dodici mesi e solo in caso di contratti di durata non inferiore a nove mesi, il trattamento retributivo del lavoratore, detraendo dal compenso dovuto quanto eventualmente percepito dal lavoratore medesimo a titolo di indennità di mobilità, indennità di disoccupazione ordinaria o speciale, o altra indennità o sussidio la cui corresponsione è collegata allo stato di disoccupazione o inoccupazione, e detraendo dai contributi dovuti per l'attività lavorativa l'ammontare dei contributi figurativi nel caso di trattamenti di mobilità e di indennità di disoccupazione ordinaria o speciale.

 

2. Il lavoratore destinatario delle attività di cui al comma 1 decade dai trattamenti di mobilità, qualora l'iscrizione nelle relative liste sia finalizzata esclusivamente al reimpiego, di disoccupazione ordinaria o speciale, o da altra indennità o sussidio la cui corresponsione è collegata allo stato di disoccupazione o inoccupazione, quando:

 

a) rifiuti di essere avviato a un progetto individuale di reinserimento nel mercato del lavoro ovvero rifiuti di essere avviato a un corso di formazione professionale autorizzato dalla regione o non lo frequenti regolarmente, fatti salvi i casi di impossibilità derivante da forza maggiore;

 

b) non accetti l'offerta di un lavoro inquadrato in un livello retributivo non inferiore del 20 per cento rispetto a quello delle mansioni di provenienza;

 

c) non abbia provveduto a dare preventiva comunicazione alla competente sede I.N.P.S. del lavoro prestato ai sensi dell'articolo 8, commi 4 e 5 del decreto-legge 21 marzo 1988, n. 86, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 maggio 1988, n. 160.

 

3. Le disposizioni di cui al comma 2 si applicano quando le attività lavorative o di formazione offerte al lavoratore siano congrue rispetto alle competenze e alle qualifiche del lavoratore stesso e si svolgano in un luogo raggiungibile in 80 minuti con mezzi pubblici da quello della sua residenza. Le disposizioni di cui al comma 2, lettere b) e c) non si applicano ai lavoratori inoccupati.

 

4. Nei casi di cui al comma 2, i responsabili della attività formativa ovvero le agenzie di somministrazione di lavoro comunicano direttamente all'I.N.P.S., e al servizio per l'impiego territorialmente competente ai fini della cancellazione dalle liste di mobilità, i nominativi dei soggetti che possono essere ritenuti decaduti dai trattamenti previdenziali. A seguito di detta comunicazione, l'I.N.P.S. sospende cautelativamente l'erogazione del trattamento medesimo, dandone comunicazione agli interessati.

 

5. Avverso gli atti di cui al comma 4 è ammesso ricorso entro trenta giorni alle direzioni provinciali del lavoro territorialmente competenti che decidono, in via definitiva, nei venti giorni successivi alla data di presentazione del ricorso. La decisione del ricorso è comunicata al competente servizio per l'impiego ed all'I.N.P.S.

 

5-bis. La previsione di cui al comma 1, lettera a), trova applicazione solo in presenza di una convenzione stipulata tra una o più agenzie autorizzate alla somministrazione di lavoro con i comuni, le province, le regioni ovvero con le agenzie tecniche strumentali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

 

6. [Fino alla data di entrata in vigore di norme regionali che disciplinino la materia, le disposizioni di cui al comma 1 si applicano solo in presenza di una convenzione tra una o più agenzie autorizzate alla somministrazione di lavoro, anche attraverso le associazioni di rappresentanza e con l'ausilio delle agenzie tecniche strumentali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, e i comuni, le province o le regioni stesse].

 

7. Le disposizioni di cui ai commi da 1 a 5 si applicano anche con riferimento ad appositi soggetti giuridici costituiti ai sensi delle normative regionali in convenzione con le agenzie autorizzate alla somministrazione di lavoro, previo accreditamento ai sensi dell'articolo 7.

 

8. Nella ipotesi di cui al comma 7, le agenzie autorizzate alla somministrazione di lavoro si assumono gli oneri delle spese per la costituzione e il funzionamento della agenzia stessa. Le regioni, i centri per l'impiego e gli enti locali possono concorrere alle spese di costituzione e funzionamento nei limiti delle proprie disponibilità finanziarie.

 

 

 

Articolo 20
(Condizioni di liceità)

 

 

 

1. Il contratto di somministrazione di lavoro può essere concluso da ogni soggetto, di seguito denominato utilizzatore, che si rivolga ad altro soggetto, di seguito denominato somministratore, a ciò autorizzato ai sensi delle disposizioni di cui agli articoli 4 e 5.

 

2. Per tutta la durata della missione i lavoratori svolgono la propria attività nell'interesse nonché sotto la direzione e il controllo dell'utilizzatore. Nell'ipotesi in cui i lavoratori vengano assunti con contratto di lavoro a tempo indeterminato essi rimangono a disposizione del somministratore per i periodi in cui non sono in missione presso un utilizzatore, salvo che esista una giusta causa o un giustificato motivo di risoluzione del contratto di lavoro.

 

3. Il contratto di somministrazione di lavoro può essere concluso a termine o a tempo indeterminato. La somministrazione di lavoro a tempo indeterminato è ammessa:

 

a) per servizi di consulenza e assistenza nel settore informatico, compresa la progettazione e manutenzione di reti intranet e extranet, siti internet, sistemi informatici, sviluppo di software applicativo, caricamento dati;

 

b) per servizi di pulizia, custodia, portineria;

 

c) per servizi, da e per lo stabilimento, di trasporto di persone e di trasporto e movimentazione di macchinari e merci;

 

d) per la gestione di biblioteche, parchi, musei, archivi, magazzini, nonché servizi di economato;

 

e) per attività di consulenza direzionale, assistenza alla certificazione, programmazione delle risorse, sviluppo organizzativo e cambiamento, gestione del personale, ricerca e selezione del personale;

 

f) per attività di marketing, analisi di mercato, organizzazione della funzione commerciale;

 

g) per la gestione di call-center, nonché per l'avvio di nuove iniziative imprenditoriali nelle aree Obiettivo 1 di cui al regolamento (CE) n. 1260/1999 del 21 giugno 1999 del Consiglio, recante disposizioni generali sui Fondi strutturali;

 

h) per costruzioni edilizie all'interno degli stabilimenti, per installazioni o smontaggio di impianti e macchinari, per particolari attività produttive, con specifico riferimento all'edilizia e alla cantieristica navale, le quali richiedano più fasi successive di lavorazione, l'impiego di manodopera diversa per specializzazione da quella normalmente impiegata nell'impresa;

 

i) in tutti gli altri casi previsti dai contratti collettivi di lavoro nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative;

 

i-bis) in tutti i settori produttivi, pubblici e privati, per l’esecuzione di servizi di cura e assistenza alla persona e di sostegno alla famiglia.

 

 

i-ter) in tutti i settori produttivi, in caso di utilizzo da parte del somministratore di uno o più lavoratori assunti con contratto di apprendistato.

4. La somministrazione di lavoro a tempo determinato è ammessa a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili all'ordinaria attività dell'utilizzatore. La individuazione, anche in misura non uniforme, di limiti quantitativi di utilizzazione della somministrazione a tempo determinato è affidata ai contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati da sindacati comparativamente più rappresentativi in conformità alla disciplina di cui all'articolo 10 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368.

4. La somministrazione di lavoro a tempo determinato è ammessa a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili all'ordinaria attività dell'utilizzatore. La individuazione, anche in misura non uniforme, di limiti quantitativi di utilizzazione della somministrazione a tempo determinato è affidata ai contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati da sindacati comparativamente più rappresentativi in conformità alla disciplina di cui all'articolo 10 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368. È fatta salva la previsione di cui al comma 1-bis dell’articolo 1 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368.

 

 

Articolo 23
(Tutela del prestatore di lavoro esercizio del potere disciplinare e regime della solidarietà)

 

 

 

1. Per tutta la durata della missione presso un utilizzatore, i lavoratori dipendenti dal somministratore hanno diritto a condizioni di base di lavoro e d'occupazione complessivamente non inferiori a quelle dei dipendenti di pari livello dell'utilizzatore, a parità di mansioni svolte. Restano in ogni caso salve le clausole dei contratti collettivi nazionali di lavoro stipulate ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge 24 giugno 1997, n. 196.

 

2. La disposizione di cui al comma 1 non trova applicazione con riferimento ai contratti di somministrazione conclusi da soggetti privati autorizzati nell'ambito di specifici programmi di formazione, inserimento e riqualificazione professionale erogati, a favore dei lavoratori svantaggiati, in concorso con Regioni, Province ed enti locali ai sensi e nei limiti di cui all'articolo 13.

Soppresso

 

Legge 4 novembre 2010, n. 183
Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l'impiego, di incentivi all'occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro

Testo previgente

Testo ex L. 92/2012

 

 

Articolo 32
(Decadenze e disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo determinato)

 

 

 

1. Il primo e il secondo comma dell’articolo 6 della legge 15 luglio 1966, n. 604, sono sostituiti dai seguenti:

«Il licenziamento deve essere impugnato a pena di decadenza entro sessanta giorni dalla ricezione della sua comunicazione in forma scritta, ovvero dalla comunicazione, anch’essa in forma scritta, dei motivi, ove non contestuale, con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore anche attraverso l’intervento dell’organizzazione sindacale diretto ad impugnare il licenziamento stesso.

L’impugnazione è inefficace se non è seguita, entro il successivo termine di duecentosettanta giorni, dal deposito del ricorso nella cancelleria del tribunale in funzione di giudice del lavoro o dalla comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato, ferma restando la possibilità di produrre nuovi documenti formatisi dopo il deposito del ricorso. Qualora la conciliazione o l’arbitrato richiesti siano rifiutati o non sia raggiunto l’accordo necessario al relativo espletamento, il ricorso al giudice deve essere depositato a pena di decadenza entro sessanta giorni dal rifiuto o dal mancato accordo».

 

1-bis. In sede di prima applicazione, le disposizioni di cui all’ articolo 6, primo comma, della legge 15 luglio 1966, n. 604, come modificato dal comma 1 del presente articolo, relative al termine di sessanta giorni per l’impugnazione del licenziamento, acquistano efficacia a decorrere dal 31 dicembre 2011.

 

2. Le disposizioni di cui all’ articolo 6 della legge 15 luglio 1966, n. 604, come modificato dal comma 1 del presente articolo, si applicano anche a tutti i casi di invalidità del licenziamento.

 

3. Le disposizioni di cui all’ articolo 6 della legge 15 luglio 1966, n. 604, come modificato dal comma 1 del presente articolo, si applicano inoltre:

 

a) ai licenziamenti che presuppongono la risoluzione di questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro ovvero alla legittimità del termine apposto al contratto;

a) ai licenziamenti che presuppongono la risoluzione di questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro ovvero alla nullità del termine apposto al contratto di lavoro, ai sensi degli articoli 1, 2 e 4 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, e successive modificazioni. Laddove si faccia questione della nullità del termine apposto al contratto, il termine di cui al primo comma del predetto articolo 6, che decorre dalla cessazione del medesimo contratto, è fissato in centoventi giorni, mentre il termine di cui al primo periodo del secondo comma del medesimo articolo 6 è fissato in centottanta giorni;

b) al recesso del committente nei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, anche nella modalità a progetto, di cui all’articolo 409, numero 3), del codice di procedura civile;

 

c) al trasferimento ai sensi dell’articolo 2103 del codice civile, con termine decorrente dalla data di ricezione della comunicazione di trasferimento;

 

d) all’azione di nullità del termine apposto al contratto di lavoro, ai sensi degli articoli 1, 2 e 4 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, e successive modificazioni, con termine decorrente dalla scadenza del medesimo;

Soppressa

4. Le disposizioni di cui all’ articolo 6 della legge 15 luglio 1966, n. 604, come modificato dal comma 1 del presente articolo, si applicano anche:

 

a) ai contratti di lavoro a termine stipulati ai sensi degli articoli 1, 2 e 4 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, in corso di esecuzione alla data di entrata in vigore della presente legge, con decorrenza dalla scadenza del termine;

 

b) ai contratti di lavoro a termine, stipulati anche in applicazione di disposizioni di legge previgenti al decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, e già conclusi alla data di entrata in vigore della presente legge, con decorrenza dalla medesima data di entrata in vigore della presente legge;

 

c) alla cessione di contratto di lavoro avvenuta ai sensi dell’articolo 2112 del codice civile con termine decorrente dalla data del trasferimento;

 

d) in ogni altro caso in cui, compresa l’ipotesi prevista dall’ articolo 27 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, si chieda la costituzione o l’accertamento di un rapporto di lavoro in capo a un soggetto diverso dal titolare del contratto.

 

5. Nei casi di conversione del contratto a tempo determinato, il giudice condanna il datore di lavoro al risarcimento del lavoratore stabilendo un’indennità onnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo ai criteri indicati nell’ articolo 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604.

 

6. In presenza di contratti ovvero accordi collettivi nazionali, territoriali o aziendali, stipulati con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, che prevedano l’assunzione, anche a tempo indeterminato, di lavoratori già occupati con contratto a termine nell’ambito di specifiche graduatorie, il limite massimo dell’indennità fissata dal comma 5 è ridotto alla metà.

 

7. Le disposizioni di cui ai commi 5 e 6 trovano applicazione per tutti i giudizi, ivi compresi quelli pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge. Con riferimento a tali ultimi giudizi, ove necessario, ai soli fini della determinazione della indennità di cui ai commi 5 e 6, il giudice fissa alle parti un termine per l’eventuale integrazione della domanda e delle relative eccezioni ed esercita i poteri istruttori ai sensi dell’articolo 421 del codice di procedura civile.

 

 

 

 

 


 

Articolo 1, commi 14 e 15
(Soppressione del contratto di inserimento)

 

I commi 14 e 15 sopprimono il contratto di inserimento.

 

I commi 14 e 15 sopprimono il contratto di inserimento, attraverso l’abrogazione degli articoli 54-59 del decreto legislativo n. 276/2003 che attualmente ne dettano la disciplina. La disciplina previgente continua tuttavia a trovare applicazione per le assunzioni effettuate fino al 31 dicembre 2012.

 

La relazione illustrativa del disegno di legge osserva che la soppressione dell'istituto è connessa all'introduzione (all’articolo 4, commi 8-11) di un nuovo ed organico sistema di incentivi all’occupazione per i lavoratori anziani e le donne nelle aree svantaggiate (a decorrere dal 2013).

 

Il contratto di inserimento, di cui agli articoli 54-59 del decreto legislativo 276/2003, mira a inserire (o reinserire) nel mercato del lavoro alcune categorie di persone, attraverso un progetto individuale di adattamento delle competenze professionali del singolo a un determinato contesto lavorativo. Momento centrale del contratto è la redazione del piano di inserimento lavorativo, che deve garantire l'acquisizione di competenze professionali attraverso la formazione on the job. Il contratto di inserimento sostituisce il contratto di formazione e lavoro (CFL) nel settore privato.

Il contratto di inserimento riguarda:

o     persone di età compresa tra 18 e 29 anni;

o     disoccupati di tra 29 e 32 anni; lavoratori con più di 50 anni privi del posto di lavoro;

o     lavoratori che intendono riprendere un'attività e che non hanno lavorato per almeno due anni;

o     donne di qualsiasi età che risiedono in aree geografiche in cui il tasso di occupazione femminile sia inferiore almeno del 20% a quello maschile (oppure quello di disoccupazione superiore del 10%). Le richiamate aree nonché quelle con riferimento alle quali trovano applicazione gli incentivi economici di cui all'articolo 59, comma 3, nel rispetto del regolamento (CE) n. 800/2008 della Commissione, del 6 agosto 2008 (aiuti de minimis), vengono individuate con specifico decreto interministeriale da adottare entro il 31 dicembre di ogni anno, con riferimento all'anno successivo;

o     persone riconosciute affette da un grave handicap fisico, mentale o psichico.

 

Datori di lavoro possono essere enti pubblici economici, imprese e loro consorzi, gruppi di imprese, associazioni professionali, socio-culturali e sportive, fondazioni, enti di ricerca pubblici e privati, organizzazioni e associazioni di categoria

Non è prevista una percentuale massima di lavoratori che possono essere assunti con contratto di inserimento (anche se questa potrà essere stabilita dai contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali).

Il datore di lavoro, per poter assumere con questo contratto, deve aver mantenuto in servizio almeno il 60% dei lavoratori il cui contratto di inserimento sia scaduto nei 18 mesi precedenti.

Il contratto di inserimento va da 9 a 18 mesi, (fino a 36 mesi per gli assunti con grave handicap fisico, mentale o psichico). Non può essere rinnovato tra le stesse parti (ma si può stipulare un nuovo contratto di inserimento con un diverso datore di lavoro) e le eventuali proroghe devono comunque aversi nei limiti stabiliti (18 o 36 mesi).

Il contratto di inserimento deve avere forma scritta e contenere l'indicazione precisa del progetto individuale di inserimento. La mancanza di forma scritta comporta la nullità del contratto e la trasformazione in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato. La definizione del progetto individuale di inserimento deve avvenire con il consenso del lavoratore e nel rispetto di quanto stabilito dai contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali, oppure all'interno di enti bilaterali.

Per quanto concerne il trattamento economico e normativo, al contratto di inserimento si applicano per quanto compatibili le previsioni relative ai contratti di lavoro subordinato a tempo determinato. Il lavoratore assunto con contratto di inserimento può essere "sotto inquadrato", ovvero essere inquadrato con uno o due livelli (al massimo) inferiori rispetto ad un lavoratore già qualificato a parità di mansioni svolte. Il sotto inquadramento non può essere applicato nel caso di assunzione di donne residenti in particolari aree geografiche (in cui il tasso di occupazione femminile sia inferiore almeno del 20% a quello maschile oppure quello di disoccupazione superiore del 10%), salvo che ciò non sia previsto dal contratto collettivo nazionale o territoriale.

Al datore di lavoro spettano inoltre degli sgravi economici e contributivi per l'assunzione di lavoratori con contratto di inserimento.

Le modalità di definizione del piano di inserimento, in particolare per quanto riguarda la realizzazione del progetto, devono essere stabilite dai contratti collettivi nazionali e territoriali e dai contratti aziendali.

 


 

Articolo 1, commi 16-19
(Apprendistato)

 

I commi da 16 a 19 modificano la disciplina generale del contratto di apprendistato.

 

I commi da 16 a 19 intervengono sull’articolo 2 del decreto legislativo n.167 del 2011, al fine di modificare la disciplina generale dell’apprendistato.

 

Le modifiche previste dai commi da 16 a 19 dispongono quanto segue:

·     si richiede che la disciplina posta dagli accordi interconfederali o dai contratti collettivi nazionali preveda una durata minima del rapporto di apprendistato non inferiore a sei mesi (fatte salve le attività stagionali);

·     si specifica che, nel caso di recesso al termine del periodo formativo, durante il periodo di preavviso (che decorre dal medesimo termine) continua a trovare applicazione la disciplina del contratto di apprendistato;

·     si prevede che la somministrazione di lavoro a tempo indeterminato sia ammessa in tutti i settori produttivi in caso di utilizzo da parte del somministratore di lavoratori assunti con contratto di apprendistato[12];

·     con riferimento alle assunzioni a decorrere dal 1° gennaio 2013, si incrementa il numero massimo di apprendisti che possono essere (contemporaneamente) alle dipendenze di un medesimo datore di lavoro (direttamente o mediante ricorso alla somministrazione di lavoro). Mentre la normativa previgente (che continua ad operare per le assunzioni effettuate entro il 31 dicembre 2012) fissava un unico limite massimo, pari al 100% per cento rispetto alle maestranze specializzate e qualificate in servizio in servizio presso il medesimo datore di lavoro (ossia un rapporto di 1 a 1), la disposizione in esame prevede:

-        che il suddetto limite massimo, pari al 100% rispetto alle  maestranze specializzate e qualificate in servizio in servizio presso il medesimo datore di lavoro, si applica esclusivamente ai datori di lavoro che occupano fino a 10 dipendenti;

-        che negli altri casi il numero di apprendisti che un medesimo datore di lavoro può assumere non può superare il rapporto di 3 a 2;

-        che è in ogni caso esclusa la possibilità di assumere in somministrazione apprendisti con contratto di somministrazione a tempo determinato.

·     si prevede che, per i datori di lavoro che occupano almeno 10 dipendenti, l'assunzione di nuovi apprendisti è subordinata alla prosecuzione del rapporto di lavoro, al termine del periodo di apprendistato, nei 36 mesi precedenti la nuova assunzione, di almeno il 50 per cento degli apprendisti dipendenti dallo stesso datore di lavoro (la percentuale è tuttavia stabilita al 30 per cento nei primi 36 mesi successivi all'entrata in vigore della legge). Dal computo della percentuale sono esclusi i rapporti cessati per recesso durante il periodo di prova, per dimissioni o per licenziamento per giusta causa. Qualora non sia rispettata la predetta percentuale, è consentita l’assunzione di un ulteriore apprendista rispetto a quelli già confermati, ovvero di un apprendista in caso di totale mancata conferma degli apprendisti pregressi. Gli apprendisti assunti in violazione dei suddetti limiti sono considerati lavoratori subordinati a tempo indeterminato, sin dalla data di costituzione del rapporto.

 

Con il decreto legislativo n.167 del 2011 è stato approvato il Testo unico dell’apprendistato.

Il provvedimento definisce l’apprendistato come un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato finalizzato alla formazione e all’occupazione dei giovani, articolato in tre diverse tipologie contrattuali: apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale; apprendistato professionalizzante o contratto di mestiere e apprendistato di alta formazione e ricerca.

Il provvedimento, inoltre, unifica all’interno di una sola disposizione (articolo 2) la regolamentazione normativa, economica e previdenziale del contratto, garantendo la semplificazione dell’istituto e l’uniformità di disciplina a livello nazionale.

In particolare, la disciplina del contratto è rimessa totalmente alle parti sociali, attraverso il rinvio alla disciplina attuativa recata da appositi accordi interconfederali o da contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale dai sindacati comparativamente più rappresentativi sul piano nazionale, nel rispetto di una serie di principi:

a)   forma scritta del contratto, del patto di prova e del relativo piano formativo individuale da definire, anche sulla base di moduli e formulari stabiliti dalla contrattazione collettiva o dagli enti bilaterali, entro 30 giorni dalla stipulazione del contratto;

b)   divieto di retribuzione a cottimo;

c)   possibilità di inquadrare il lavoratore fino a 2 livelli inferiori rispetto alla categoria spettante, in applicazione del CCNL, ai lavoratori addetti a mansioni o funzioni che richiedono qualificazioni corrispondenti a quelle al conseguimento delle quali è finalizzato il contratto ovvero, in alternativa, di stabilire la retribuzione dell'apprendista in misura percentuale e in modo graduale all'anzianità di servizio;

d)   presenza di un tutore o referente aziendale;

e)   possibilità di finanziare i percorsi formativi aziendali degli apprendisti per il tramite dei fondi paritetici interprofessionali (articolo 118 della L. 388/2000 e articolo 12 del D.Lgs. 276/2003) anche attraverso accordi con le Regioni;

f)    possibilità del riconoscimento della qualifica professionale ai fini contrattuali e delle competenze acquisite ai fini del proseguimento degli studi nonché nei percorsi di istruzione degli adulti;

g)   registrazione della formazione effettuata e della qualifica professionale a fini contrattuali;

h)   possibilità di prolungare il periodo di apprendistato in caso di malattia, infortunio o altra causa di sospensione involontaria del rapporto, superiore a trenta giorni, secondo quanto previsto dai contratti collettivi;

i)     possibilità di forme e modalità per la conferma in servizio, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, al termine del percorso formativo, al fine di ulteriori assunzioni in apprendistato;

j)     divieto per le parti di recedere dal contratto durante il periodo di formazione in assenza di una giusta causa o di un giustificato motivo. In caso di licenziamento privo di giustificazione trovano applicazione le sanzioni previste dalla normativa vigente;

k)   possibilità per le parti di recedere dal contratto con preavviso decorrente dal termine del periodo di formazione ai sensi di quanto disposto dall'articolo 2118 c.c.. Se nessuna delle parti esercita la facoltà di recesso al termine del periodo di formazione, il rapporto prosegue come ordinario rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

Per gli apprendisti è prevista l’estensione a specifiche forme[13] delle norme sulla previdenza e assistenza sociale obbligatoria (comma 2).

Infine, si conferma che il numero complessivo di apprendisti che un datore di lavoro può assumere con contratto di apprendistato, direttamente o indirettamente, non possa superare il 100% (rapporto di 1 a 1) delle maestranze specializzate e qualificate in servizio presso il datore di lavoro stesso. Specifiche disposizioni inoltre sono previste per i datori alle cui dipendenze non ci siano lavoratori qualificati o specializzati, e per le imprese artigiane (comma 3).

L’articolo 3 disciplina l’apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale. Tale contratto è inteso alla stregua di un titolo di studio del secondo ciclo di istruzione e formazione (così come definito dal D.Lgs. 226/2005), la cui regolamentazione dei profili formativi è rimessa alle Regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano, previo accordo in Conferenza Stato-Regioni (comma 2). Possono essere assunti con tale contratto i soggetti con un età compresa tra 15 e 25 anni. La durata massima del contratto è di 3 anni, elevabili a 4 nel caso di diploma quadriennale regionale (comma 1).

L’articolo 4 disciplina l’apprendistato professionalizzante (o contratto di mestiere). Tale istituto si applica si applica ai settori di attività pubblici e privati (comma 1). Possono essere assunti con tale contratto i soggetti di età compresa tra i 18 e i 29 anni (a partire dai 17 anni per i soggetti in possesso di una qualifica professionale). La durata e le modalità di erogazione della formazione per l'acquisizione delle competenze tecnico-professionali e specialistiche sono stabiliti dagli accordi interconfederali e i contratti collettivi, in ragione dell'età dell'apprendista e del tipo di qualificazione contrattuale da conseguire, nonché in funzione dei profili professionali stabiliti nei sistemi di classificazione e inquadramento del personale. Agli stessi accordi e contratti è rimandata la durata, anche minima, del contratto che, per la sua componente formativa, non può comunque essere superiore a 3 anni ovvero 5 per le figure professionali dell'artigianato individuate dalla contrattazione collettiva di riferimento (comma 2). E’ inoltre prevista l’integrazione della formazione di tipo professionalizzante e di mestiere, svolta sotto la responsabilità della azienda, da parte della offerta formativa pubblica (comma 3), nonché la possibilità, per le Regioni e i sindacati dei datori di lavoro, di definire le modalità per il riconoscimento della qualifica di maestro artigiano o di mestiere (comma 4). Infine, sono previste specifiche modalità di svolgimento dell’apprendistato per le lavorazioni in cicli stagionali (comma 5).

L’articolo 5 disciplina l’apprendistato di alta formazione e ricerca. Possono essere assunti (comma 1) in tutti i settori di attività, pubblici o privati, con tale contratto (compresi i dottorati di ricerca, per la specializzazione tecnica superiore di cui all'articolo 69 della L. 144/1999, con particolare riferimento ai diplomi relativi ai percorsi di specializzazione tecnologica degli istituti tecnici superiori di nonché il praticantato per l'accesso alle professioni ordinistiche o per esperienze professionali) i soggetti di età compresa tra i 18 ed i 29 anni (a partire dai 17 anni per i soggetti in possesso di una qualifica professionale). La regolamentazione e la durata dell’istituto è rimessa alle Regioni, per i soli profili che attengono alla formazione, in accordo anche con altre istituzioni di ricerca (comma 2).  In assenza di regolamentazioni regionali l'attivazione dell'istituto è rimessa ad apposite convenzioni stipulate dai singoli datori di lavoro o dalle loro associazioni con le Università, gli istituti tecnici e professionali e le istituzioni formative o di ricerca, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica (comma 3).

L’articolo 6 disciplina le procedure di definizione degli standard formativi e professionali. In particolare, tali standard sono definiti mediante un apposito decreto interministeriale da emanare entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento, nel rispetto delle competenze delle Regioni e delle Province autonome e di quanto stabilito nella richiamata intesa Stato-regioni del 17 febbraio 2010. Gli standard professionali sono definiti nei contratti collettivi nazionali di categoria o, in mancanza, attraverso intese specifiche da sottoscrivere a livello nazionale o interconfederale. Viene altresì specificato che ai fini della verifica dei percorsi formativi in apprendistato professionalizzante e in apprendistato di ricerca, i profili di riferimento debbano essere legati a quelli definiti nei contratti collettivi (commi 1 e 2). Al fine di armonizzare le diverse qualifiche professionali acquisite, inoltre, si prevede che il repertorio delle professioni (già istituito) presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, sia predisposto sulla base dei sistemi di classificazione del personale previsti nei contratti collettivi di lavoro e (in coerenza con quanto previsto nella richiamata intesa del 17 febbraio 2010) da un apposito organismo tecnico, composto dal MIUR, dai sindacati comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e dai rappresentanti della Conferenza Stato-regioni (comma 3). Infine, si stabilisce che la certificazione delle competenze acquisite dall’apprendista venga effettuata secondo specifiche modalità definite dalle Regioni e dalle Province autonome (comma 4).

L’articolo 7 detta una serie di disposizioni finali.

In primo luogo, è presente un apposito apparato ispettivo e sanzionatorio (commi 1 e 2), operante in caso di inadempimento nella erogazione della formazione di cui sia esclusivamente responsabile il datore di lavoro e che sia tale da impedire la realizzazione delle finalità di cui ai precedenti articoli 3, 4 e 5. In tali casi il datore di lavoro è tenuto a versare la differenza tra la contribuzione versata e quella dovuta con riferimento al livello di inquadramento contrattuale superiore che sarebbe stato raggiunto dal lavoratore al termine del periodo di apprendistato, maggiorata del 100%, con esclusione di qualsiasi altra sanzione per omessa contribuzione. Ulteriori disposizioni concernono gli inadempimenti nella erogazione della formazione prevista nel piano formativo individuale e le violazioni delle disposizioni contrattuali collettive attuative dei principi di cui all'articolo 2, comma 1, lettere a), b), c) e d) (vedi supra).

Tranne specifiche eccezioni, i lavoratori assunti con contratto di apprendistato sono esclusi dal computo dei limiti numerici previsti da leggi e contratti collettivi per l'applicazione di particolari normative e istituti (comma 3).

Si dispone inoltre la possibilità di assumere come apprendisti i lavoratori in mobilità (comma 4). Per tali soggetti trovano applicazione le disposizioni in materia di licenziamenti individuali (di cui alla L. 15 luglio 1966, n. 604), nonché il regime contributivo agevolato di cui all’articolo 25, comma 9, della L. 23 luglio 1991, n. 223 (aliquota contributiva agevolata del 10% per i primi 18 mesi) e l’incentivo di cui all’articolo 8, comma 4, della stessa L. 223/1991 (concessione di un contributo mensile, a favore del datore di lavoro che assume a tempo pieno e indeterminato i lavoratori iscritti nella lista di mobilità, pari al 50% dell’indennità di mobilità che sarebbe stata corrisposta al lavoratore). 


 

 

Decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 167
Testo unico dell'apprendistato, a norma dell'articolo 1, comma 30, della legge 24 dicembre 2007, n. 247

Testo previgente

Testo ex L. 92/2012

 

 

Art. 2
(Disciplina generale)

 

 

 

1. La disciplina del contratto di apprendistato è rimessa ad appositi accordi interconfederali ovvero ai contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale nel rispetto dei seguenti principi:

 

a) forma scritta del contratto, del patto di prova e del relativo piano formativo individuale da definire, anche sulla base di moduli e formulari stabiliti dalla contrattazione collettiva o dagli enti bilaterali, entro trenta giorni dalla stipulazione del contratto;

 

 

a-bis) previsione di una durata minima del contratto non inferiore a sei mesi, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 4, comma 5;

b) divieto di retribuzione a cottimo;

 

c) possibilità di inquadrare il lavoratore fino a due livelli inferiori rispetto alla categoria spettante, in applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro, ai lavoratori addetti a mansioni o funzioni che richiedono qualificazioni corrispondenti a quelle al conseguimento delle quali è finalizzato il contratto ovvero, in alternativa, di stabilire la retribuzione dell'apprendista in misura percentuale e in modo graduale all'anzianità di servizio;

 

d) presenza di un tutore o referente aziendale;

 

e) possibilità di finanziare i percorsi formativi aziendali degli apprendisti per il tramite dei fondi paritetici interprofessionali di cui all'articolo 118 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 e all'articolo 12 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 e successive modificazioni anche attraverso accordi con le Regioni;

 

f) possibilità del riconoscimento, sulla base dei risultati conseguiti all'interno del percorso di formazione, esterna e interna alla impresa, della qualifica professionale ai fini contrattuali e delle competenze acquisite ai fini del proseguimento degli studi nonché nei percorsi di istruzione degli adulti;

 

g) registrazione della formazione effettuata e della qualifica professionale a fini contrattuali eventualmente acquisita nel libretto formativo del cittadino di cui all'articolo 2, comma 1, lettera i), del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276;

 

h) possibilità di prolungare il periodo di apprendistato in caso di malattia, infortunio o altra causa di sospensione involontaria del rapporto, superiore a trenta giorni, secondo quanto previsto dai contratti collettivi;

 

i) possibilità di forme e modalità per la conferma in servizio, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, al termine del percorso formativo, al fine di ulteriori assunzioni in apprendistato, fermo restando quanto previsto dal comma 3 del presente articolo;

 

l) divieto per le parti di recedere dal contratto durante il periodo di formazione in assenza di una giusta causa o di un giustificato motivo. In caso di licenziamento privo di giustificazione trovano applicazione le sanzioni previste dalla normativa vigente;

 

m) possibilità per le parti di recedere dal contratto con preavviso decorrente dal termine del periodo di formazione ai sensi di quanto disposto dall'articolo 2118 del codice civile. Se nessuna delle parti esercita la facoltà di recesso al termine del periodo di formazione, il rapporto prosegue come ordinario rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

m) possibilità per le parti di recedere dal contratto con preavviso decorrente dal termine del periodo di formazione ai sensi di quanto disposto dall'articolo 2118 del codice civile; nel periodo di preavviso continua a trovare applicazione la disciplina del contratto di apprendistato. Se nessuna delle parti esercita la facoltà di recesso al termine del periodo di formazione, il rapporto prosegue come ordinario rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

2. Per gli apprendisti l'applicazione delle norme sulla previdenza e assistenza sociale obbligatoria si estende alle seguenti forme:

 

a)    assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali;

 

b)    assicurazione contro le malattie;

 

c)    assicurazione contro l'invalidità e vecchiaia;

 

d)    maternità;

 

e) assegno familiare.

 

3. Il numero complessivo di apprendisti che un datore di lavoro può assumere con contratto di apprendistato, direttamente o indirettamente per il tramite delle agenzie di somministrazione di lavoro ai sensi dell'articolo 20, comma 3, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, non può superare il 100 per cento delle maestranze specializzate e qualificate in servizio presso il datore di lavoro stesso. Il datore di lavoro che non abbia alle proprie dipendenze lavoratori qualificati o specializzati, o che comunque ne abbia in numero inferiore a tre, può assumere apprendisti in numero non superiore a tre. La disposizione di cui al presente comma non si applicano alle imprese artigiane per le quali trovano applicazione le disposizioni di cui all'articolo 4 della legge 8 agosto 1985, n. 443

3. Il numero complessivo di apprendisti che un datore di lavoro può assumere, direttamente o indirettamente per il tramite delle agenzie di somministrazione di lavoro ai sensi dell’articolo 20 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, non può superare il rapporto di 3 a 2 rispetto alle maestranze specializzate e qualificate in servizio presso il medesimo datore di lavoro; tale rapporto non può superare il 100 per cento per i datori di lavoro che occupano un numero di lavoratori inferiore a dieci unità. È in ogni caso esclusa la possibilità di assumere in somministrazione apprendisti con contratto di somministrazione a tempo determinato di cui all’articolo 20, comma 4, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276. Il datore di lavoro che non abbia alle proprie dipendenze lavoratori qualificati o specializzati, o che comunque ne abbia in numero inferiore a tre, può assumere apprendisti in numero non superiore a tre. Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano alle imprese artigiane per le quali trovano applicazione le disposizioni di cui all’articolo 4 della legge 8 agosto 1985, n. 443;

 

3-bis. L’assunzione di nuovi apprendisti è subordinata alla prosecuzione del rapporto di lavoro al termine del periodo di apprendistato, nei trentasei mesi precedenti la nuova assunzione, di almeno il 50 per cento degli apprendisti dipendenti dallo stesso datore di lavoro. Dal computo della predetta percentuale sono esclusi i rapporti cessati per recesso durante il periodo di prova, per dimissioni o per licenziamento per giusta causa. Qualora non sia rispettata la predetta percentuale, è consentita l’assunzione di un ulteriore apprendista rispetto a quelli già confermati, ovvero di un apprendista in caso di totale mancata conferma degli apprendisti pregressi. Gli apprendisti assunti in violazione dei limiti di cui al presente comma sono considerati lavoratori subordinati a tempo indeterminato, al di fuori delle previsioni del presente decreto, sin dalla data di costituzione del rapporto.

 

3-ter. Le disposizioni di cui al comma 3-bis non si applicano nei confronti dei datori di lavoro che occupano alle loro dipendenze un numero di lavoratori inferiore a dieci unità.

Articolo 4
(Apprendistato professionalizzante o contratto di mestiere)

 

 

 

1. Possono essere assunti in tutti i settori di attività, pubblici o privati, con contratto di apprendistato professionalizzante o di mestiere per il conseguimento di una qualifica professionale a fini contrattuali i soggetti di età compresa tra i diciotto anni e i ventinove anni. Per i soggetti in possesso di una qualifica professionale, conseguita ai sensi del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, il contratto di apprendistato professionalizzante o di mestiere può essere stipulato a partire dal diciassettesimo anno di età.

 

2. Gli accordi interconfederali e i contratti collettivi stabiliscono, in ragione dell'età dell'apprendista e del tipo di qualificazione contrattuale da conseguire, la durata e le modalità di erogazione della formazione per l'acquisizione delle competenze tecnico-professionali e specialistiche in funzione dei profili professionali stabiliti nei sistemi di classificazione e inquadramento del personale, nonché la durata, anche minima, del contratto che, per la sua componente formativa, non può comunque essere superiore a tre anni ovvero cinque per le figure professionali dell'artigianato individuate dalla contrattazione collettiva di riferimento.

2. Gli accordi interconfederali e i contratti collettivi stabiliscono, in ragione dell'età dell'apprendista e del tipo di qualificazione contrattuale da conseguire, la durata e le modalità di erogazione della formazione per l'acquisizione delle competenze tecnico-professionali e specialistiche in funzione dei profili professionali stabiliti nei sistemi di classificazione e inquadramento del personale, nonché la durata, anche minima, del contratto che, per la sua componente formativa, non può comunque essere superiore a tre anni ovvero cinque per i profili professionali caratterizzanti la figura dell’artigiano individuati dalla contrattazione collettiva di riferimento.

3. La formazione di tipo professionalizzante e di mestiere, svolta sotto la responsabilità della azienda, è integrata, nei limiti delle risorse annualmente disponibili, dalla offerta formativa pubblica, interna o esterna alla azienda, finalizzata alla acquisizione di competenze di base e trasversali per un monte complessivo non superiore a centoventi ore per la durata del triennio e disciplinata dalle Regioni sentite le parti sociali e tenuto conto dell'età, del titolo di studio e delle competenze dell'apprendista.

 

4. Le Regioni e le associazioni di categoria dei datori di lavoro possono definire, anche nell'ambito della bilateralità, le modalità per il riconoscimento della qualifica di maestro artigiano o di mestiere.

 

5. Per i datori di lavoro che svolgono la propria attività in cicli stagionali i contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale possono prevedere specifiche modalità di svolgimento del contratto di apprendistato, anche a tempo determinato.

 

 

 

 


 

Articolo 1, comma 20
(Lavoro a tempo parziale)

 

Il comma 20 è volto a rafforzare gli strumenti di tutela del lavoratore che abbia concordato con il datore di lavoro “clausole flessibili od elastiche” nell’ambito di un contratto di lavoro a tempo parziale (part-time).

 

Il comma 20 modifica l’articolo 3, commi 7 e 9, del decreto legislativo n. 61 del 2000, che disciplina le "clausole flessibili o elastiche" inserite nell’ambito di un contratto di lavoro a tempo parziale (part-time).

 

La disposizione prevede, in particolare, che:

·     i contratti collettivi stabiliscano altresì “condizioni e modalità che consentano al lavoratore di richiedere l'eliminazione o la modifica delle clausole flessibili ed elastiche;

·     al lavoratore è riconosciuta la facoltà in determinati casi di revocare il consenso prestato all’inserimento di clausole flessibili od elastiche, ossia:

-  convivenza con figli di età non superiore agli anni tredici, di presenza di patologie oncologiche, per i quali sussista una ridotta capacità lavorativa, o di patologie oncologiche riguardanti il coniuge, i figli o i genitori del lavoratore, o di convivenza con familiari portatori di handicap (art.12-bis del d.lgs. n.61/2000);

-  lavoratori studenti (intendendosi per tali, ai sensi del richiamato articolo 10, comma 1, della legge n.300/1970, gli "iscritti e frequentanti corsi regolari di studio in scuole di istruzione primaria, secondaria e di qualificazione professionale, statali, pareggiate o legalmente riconosciute o comunque abilitate al rilascio di titoli di studio legali").

 

L’articolo 3 del D.Lgs. 61/2000, prevede (comma 7) che le parti del contratto di lavoro a tempo parziale possono concordare clausole flessibili relative alla variazione della collocazione temporale della prestazione stessa. Nei rapporti di lavoro a tempo parziale di tipo verticale o misto possono essere stabilite anche clausole elastiche relative alla variazione in aumento della durata della prestazione lavorativa. I contratti collettivi stabiliscono: condizioni e modalità in relazione alle quali il datore di lavoro può modificare la collocazione temporale della prestazione lavorativa; condizioni e modalità in relazioni alle quali il datore di lavoro può variare in aumento la durata della prestazione lavorativa; i limiti massimi di variabilità in aumento della durata della prestazione lavorativa.

Il comma 8 prevede che l'esercizio da parte del datore di lavoro del potere di variare in aumento la durata della prestazione lavorativa, nonché di modificarne la collocazione temporale, comporta in favore del prestatore di lavoro un preavviso, fatte salve le intese tra le parti, di almeno due giorni lavorativi, nonché il diritto a specifiche compensazioni, nella misura e nelle forme fissate dai contratti collettivi.

Il comma 9 prevede che la disponibilità allo svolgimento del rapporto di lavoro a tempo parziale ai sensi del comma 7 richiede il consenso del lavoratore formalizzato attraverso uno specifico patto scritto, anche contestuale al contratto di lavoro, reso, su richiesta del lavoratore, con l'assistenza di un componente della rappresentanza sindacale aziendale indicato dal lavoratore medesimo. L'eventuale rifiuto del lavoratore non integra gli estremi del giustificato motivo di licenziamento.

 

 

Decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 61
Attuazione della direttiva 97/81/CE relativa all'accordo-quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall'UNICE, dal CEEP e dalla CES

Testo previgente

Testo ex L.  92/2012

 

 

Art. 3
(Modalità del rapporto di lavoro a tempo parziale. Lavoro supplementare, lavoro
straordinario clausole elastiche
)

 

 

 

1. Nelle ipotesi di lavoro a tempo parziale di tipo orizzontale, anche a tempo determinato ai sensi dell'articolo 1 del decreto legislativo 9 ottobre 2001, n. 368, il datore di lavoro ha facoltà di richiedere lo svolgimento di prestazioni supplementari rispetto a quelle concordate con il lavoratore ai sensi dell'articolo 2, comma 2, nel rispetto di quanto previsto dai commi 2, 3 e 4.

 

2. I contratti collettivi stipulati dai soggetti indicati nell'articolo 1, comma 3, stabiliscono il numero massimo delle ore di lavoro supplementare effettuabili e le relative causali in relazione alle quali si consente di richiedere ad un lavoratore a tempo parziale lo svolgimento di lavoro supplementare, nonché le conseguenze del superamento delle ore di lavoro supplementare consentite dai contratti collettivi stessi.

 

3. L'effettuazione di prestazioni di lavoro supplementare richiede il consenso del lavoratore interessato ove non prevista e regolamentata dal contratto collettivo. Il rifiuto da parte del lavoratore non può integrare in nessun caso gli estremi del giustificato motivo di licenziamento.

 

4. I contratti collettivi di cui al comma 2 possono prevedere una percentuale di maggiorazione sull'importo della retribuzione oraria globale di fatto, dovuta in relazione al lavoro supplementare. In alternativa a quanto previsto in proposito dall'articolo 4, comma 2, lettera a), i contratti collettivi di cui al comma 2 possono anche stabilire che l'incidenza della retribuzione delle ore supplementari sugli istituti retributivi indiretti e differiti sia determinata convenzionalmente  mediante l'applicazione di una maggiorazione forfettaria sulla retribuzione dovuta per la singola ora di lavoro supplementare.

 

5. Nel rapporto di lavoro a tempo parziale verticale o misto, anche a tempo determinato, è consentito lo svolgimento di prestazioni lavorative straordinarie. A tali prestazioni si applica la disciplina legale e contrattuale vigente ed eventuali successive modifiche ed integrazioni in materia di lavoro straordinario nei rapporti a tempo pieno.

 

6. [Comma abrogato dall'art. 46, D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 2 76].

 

7. Fermo restando quanto disposto dall'articolo 2, comma 2, le parti del contratto di lavoro a tempo parziale possono, nel rispetto di quanto previsto dal presente comma e dai commi 8 e 9, concordare clausole flessibili relative alla variazione della collocazione temporale della prestazione stessa. Nei rapporti di lavoro a tempo parziale di tipo verticale o misto possono essere stabilite anche clausole elastiche relative alla variazione in aumento della durata della prestazione lavorativa. I contratti collettivi, stipulati dai soggetti indicati nell'articolo 1, comma 3, stabiliscono:

 

1) condizioni e modalità in relazione alle quali il datore di lavoro può modificare la collocazione temporale della prestazione lavorativa;

 

2) condizioni e modalità in relazioni alle quali il datore di lavoro può variare in aumento la durata della prestazione lavorativa;

 

3) i limiti massimi di variabilità in aumento della durata della prestazione lavorativa.

 

 

3-bis) condizioni e modalità che consentono al lavoratore di richiedere l’eliminazione ovvero la modifica delle clausole flessibili e delle clausole elastiche stabilite ai sensi del presente comma.

8. L'esercizio da parte del datore di lavoro del potere di variare in aumento la durata della prestazione lavorativa, nonché di modificare la collocazione temporale della stessa comporta in favore del prestatore di lavoro un preavviso, fatte salve le intese tra le parti, di almeno due giorni lavorativi, nonché il diritto a specifiche compensazioni, nella misura ovvero nelle forme fissate dai contratti collettivi di cui all'articolo 1, comma 3.

 

9. La disponibilità allo svolgimento del rapporto di lavoro a tempo parziale ai sensi del comma 7 richiede il consenso del lavoratore formalizzato attraverso uno specifico patto scritto, anche contestuale al contratto di lavoro, reso, su richiesta del lavoratore, con l'assistenza di un componente della rappresentanza sindacale aziendale indicato dal lavoratore medesimo. L'eventuale rifiuto del lavoratore non integra gli estremi del giustificato motivo di licenziamento.

9. La disponibilità allo svolgimento del rapporto di lavoro a tempo parziale ai sensi del comma 7 richiede il consenso del lavoratore formalizzato attraverso uno specifico patto scritto, anche contestuale al contratto di lavoro, reso, su richiesta del lavoratore, con l'assistenza di un componente della rappresentanza sindacale aziendale indicato dal lavoratore medesimo. L'eventuale rifiuto del lavoratore non integra gli estremi del giustificato motivo di licenziamento. Ferme restando le ulteriori condizioni individuate dai contratti collettivi ai sensi del comma 7, al lavoratore che si trovi nelle condizioni di cui all’articolo 12-bis del presente decreto ovvero in quelle di cui all’articolo 10, primo comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300, è riconosciuta la facoltà di revocare il predetto consenso.

 

 


 

Articolo 1, commi 21-22
(Lavoro intermittente)

 

I commi 21 e 22 modificano la disciplina del lavoro intermittente (c.d. lavoro a chiamata)

 

I commi 21 e 22 intervengono sulla disciplina del lavoro intermittente (c.d. lavoro a chiamata o job on call), di cui agli articoli 33-40 del D.Lgs. 276/2003.

 

Il comma 21, in particolare:

·     modifica i limiti di età del lavoratore entro i quali il contratto di lavoro intermittente può sempre essere concluso (a prescindere, cioè, dal fatto che si tratti di ipotesi individuate dalla contrattazione collettiva); in particolare, il limite minimo viene abbassato da 25 anni (come precedentemente previsto) a 24 anni (ma a condizione che le prestazioni vengano svolte entro il venticinquesimo anno di età), mentre il limite massimo viene innalzato da 45 anni (come attualmente previsto) a 55 anni;

·     si introduce l'obbligo di comunicazione preventiva del datore di lavoro, con modalità semplificate[14], alla Direzione territoriale del lavoro competente, del ricorso ad una prestazione lavorativa, di durata superiore a 30 giorni, sulla base di un contratto di lavoro intermittente. In caso di inadempimento di tale obbligo è prevista una sanzione amministrativa pecuniaria[15].

·     si sopprime l’articolo 37, il quale dispone che nel caso di lavoro intermittente per prestazioni da rendersi il fine settimana, nonché nei periodi delle ferie estive o delle vacanze natalizie e pasquali l'indennità di disponibilità (di cui all'articolo 36) è corrisposta al prestatore di lavoro solo in caso di effettiva chiamata da parte del datore di lavoro. La disposizione prevede, poi, che ulteriori periodi predeterminati possono esser previsti dai contratti collettivi stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale

Il comma 22 detta una disciplina transitoria, prevedendo che i contratti di lavoro intermittente già sottoscritti alla data di entrata in vigore della legge, che non siano compatibili con le nuove norme, cessano di produrre effetti decorsi dodici mesi da tale data.

 

Il D.Lgs. 276/2003 (Legge Biagi) ha introdotto il nuovo istituto del lavoro intermittente (o a chiamata), definito (dall’articolo 33) come il contratto di lavoro (anche a tempo determinato) mediante il quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione lavorativa secondo determinate modalità e in determinati limiti (stabiliti dal successivo articolo 34).

Il lavoro a chiamata è una formula contrattuale nota nei mercati del lavoro anglosassoni (job on call). In Italia, già prima dell’introduzione della relativa disciplina da parte del D.Lgs. 276/2003, era stato effettuato senza successo – da parte di una importante industria – un tentativo di introdurlo attraverso un accordo ad hoc con le organizzazioni sindacali[16].

Tale fattispecie contrattuale è stata dapprima abrogata dall’articolo 1, comma 45, della L. 24 dicembre 2007, n. 247, ma è stata successivamente reintrodotta dall’articolo 39, comma 11, del D.L. 112 del 2008.

Ai sensi dell’articolo 34, i casi nei quali possono essere stipulati contratti di lavoro intermittente sono individuati dai contratti collettivi stipulati dalle associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale individuare.

Si prevede tuttavia che il contratto di lavoro intermittente possa essere in ogni caso utilizzato nel caso di lavoratori con meno di 25 anni di età ovvero con più di 45 anni di età, anche se pensionati.

Il comma 3 elenca una serie di fattispecie nelle quali non può utilizzarsi il lavoro intermittente:

§     nel caso di sostituzione di lavoratori in sciopero;

§     salva diversa previsione dei contratti collettivi, nel caso di unità produttive che nei sei mesi precedenti avessero effettuato licenziamenti collettivi o presso cui fosse operante una sospensione dei rapporti o una riduzione di orario, con diritto al trattamento di integrazione salariale, che interessassero lavoratori con analoghe mansioni;

§     nel caso di aziende che non avessero effettuato la valutazione dei rischi ai sensi della normativa in materia di sicurezza sul lavoro (ora, l’articolo 29 del decreto legislativo n.81 del 2008).

 

L’articolo 35 si occupa della forma del contratto e delle comunicazioni. Il contratto, da redigere in forma scritta ad probationem, deve contenere i seguenti elementi:

§     indicazione della durata e delle ipotesi, oggettive o soggettive, previste dall’articolo 34 che consentono la stipulazione del contratto[17];

§     luogo e la modalità della disponibilità, eventualmente garantita dal lavoratore, e del relativo preavviso di chiamata del lavoratore che in ogni caso non può essere inferiore a un giorno lavorativo;

§     il trattamento economico e normativo spettante al lavoratore per la prestazione eseguita e la relativa indennità di disponibilità, ove prevista, nei limiti di cui al successivo articolo 36;

§     indicazione delle forme e modalità, con cui il datore di lavoro è legittimato a richiedere l’esecuzione della prestazione di lavoro, nonché delle modalità di rilevazione della prestazione;

§     i tempi e le modalità di pagamento della retribuzione e della indennità di disponibilità;

§     le eventuali misure di sicurezza specifiche necessarie in relazione al tipo di attività dedotta in contratto.

Nell’indicare gli elementi di cui sopra, le parti dovevano naturalmente attenersi alle previsioni dei contratti collettivi (comma 2).

Inoltre il datore di lavoro è tenuto ad informare annualmente (a meno che i contratti collettivi non contenessero “previsioni più favorevoli”) le rappresentanze sindacali aziendali, ove presenti, sull’andamento del ricorso al lavoro intermittente (comma 3)[18].

 

L’articolo 36 disciplina specificamente il caso in cui sia espressamente garantita, da parte del lavoratore, la disponibilità allo svolgimento di prestazioni di carattere intermittente su richiesta del datore di lavoro. In tal caso nel contratto di lavoro deve essere prevista la misura della indennità mensile di disponibilità, stabilita dai contratti collettivi. Viene in ogni caso previsto un limite minimo, stabilito con decreto del Ministro del lavoro, sentite le associazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative (comma 1). In attuazione di tale disposizione è stato emanato il D.M. 10 marzo 2004[19], il quale prevede che la misura dell'indennità mensile di disponibilità, divisibile in quote orarie, corrisposta al lavoratore per i periodi nei quali lo stesso garantisce la disponibilità al datore di lavoro in attesa di utilizzazione, sia determinata nel 20% della retribuzione prevista dal CCNL applicato.

L’articolo 36 del D.Lgs. 276/2003 prevede, inoltre, che sull’indennità di disponibilità i contributi previdenziali siano versati per l’effettivo ammontare, senza considerare eventuali minimali contributivi (comma 2) e che l’indennità sia esclusa dal computo di ogni istituto di legge o di contratto collettivo (indennità di disoccupazione, trattamento di fine rapporto, ecc.) (comma 3).

Nel caso di malattia o altro impedimento alla chiamata, il lavoratore deve informare tempestivamente il datore di lavoro, specificando la durata dell’impedimento. In tale periodo di temporanea impossibilità non spetta l’indennità di disponibilità (comma 4).

Nel caso in cui il lavoratore non si sia attivato tempestivamente, perde il diritto all’indennità di disponibilità per quindici giorni, salva diversa previsione del contratto individuale di lavoro (comma 5).

Il rifiuto ingiustificato di rispondere alla chiamata del datore di lavoro può determinare la risoluzione del contratto, la perdita dell’indennità di disponibilità riferita al periodo successivo al rifiuto, nonché il risarcimento del danno (comma 6).

 

L’articolo 37 si occupa del lavoro intermittente per particolari periodi predeterminati nell’arco della settimana, del mese o dell’anno. In particolare si prevede che in tali casi l’indennità di disponibilità sia corrisposta al prestatore di lavoro solo in caso di effettiva chiamata da parte del datore di lavoro.

 

L’articolo 38 delinea lo status economico-giuridico del lavoratore intermittente. In particolare:

§     al lavoratore viene garantito, per i periodi lavorati, un trattamento economico e normativo non inferiore rispetto a quello dei lavoratori subordinati, a parità di mansioni;

§     è prevista la ridefinizione del trattamento economico-giuridico, in ragione della prestazione lavorativa effettivamente eseguita;

§     per tutto il periodo in cui il lavoratore resta disponibile a rispondere alla chiamata del datore di lavoro, non è titolare di alcun diritto riconosciuto ai lavoratori subordinati (malattia, anzianità, trattamento di fine rapporto), a parte l’indennità di disponibilità.

 

L’articolo 39 precisa che il prestatore di lavoro intermittente non è computato nell’organico dell’impresa ai fini dell’applicazione di disposizioni di legge o di contratto collettivo, fatta eccezione per quelle relative alla materia dell’igiene e della sicurezza sul lavoro. In sostanza con tale disposizione si vuole evitare che l’utilizzo di tale forma di lavoro potesse essere disincentivata dal computo del lavoratore intermittente nell’organico dell’impresa, con il conseguente superamento del limite numerico di dipendenti da cui deriva l’applicazione di una serie di istituti lavoristici e previdenziali.

 

Infine, l’articolo 40 è volto a rendere possibile la concreta utilizzazione dello schema contrattuale del lavoro intermittente anche nel caso in cui la contrattazione collettiva non intervenga a determinare i casi e i limiti di utilizzabilità di tale schema contrattuale. In tale caso era previsto che, decorsi cinque mesi dall’entrata in vigore del decreto legislativo, il Ministro del lavoro, su richiesta delle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative o delle associazioni datoriali firmatarie dei contratti collettivi nazionali di lavoro, individui in via provvisoria, con decreto, i casi di ammissibilità del lavoro intermittente.

In attuazione di tale disposizione, in via transitoria, in attesa delle regolamentazioni contenute nei contratti collettivi, è stato emanato il D.M. 23 ottobre 2004[20]. Tale decreto ammette la stipulazione di contratti di lavoro intermittente con riferimento alle tipologie di attività indicate nella tabella allegata al R.D. 2657/1923[21].

Le indicazioni amministrative, nonché le modalità applicative, sono contenute nella circolare n. 4 del 3 febbraio 2005 del Ministero del lavoro.

 


 

Decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276
Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30

Testo previgente

Testo ex L.  92/2012

 

 

Art. 34
(Casi di ricorso al lavoro intermittente)

 

 

 

1. Il contratto di lavoro intermittente può essere concluso per lo svolgimento di prestazioni di carattere discontinuo o intermittente, secondo le esigenze individuate dai contratti collettivi stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale ovvero per periodi predeterminati nell'arco della settimana, del mese o dell'anno ai sensi dell'articolo 37.

1. Il contratto di lavoro intermittente può essere concluso per lo svolgimento di prestazioni di carattere discontinuo o intermittente, secondo le esigenze individuate dai contratti collettivi stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale ovvero per periodi predeterminati nell'arco della settimana, del mese o dell'anno.

2. Il contratto di lavoro intermittente può in ogni caso essere concluso con riferimento a prestazioni rese da soggetti con meno di venticinque anni di età ovvero da lavoratori con più di quarantacinque anni di età, anche pensionati.

2. Il contratto di lavoro intermittente può in ogni caso essere concluso con soggetti con più di cinquantacinque anni di età e con soggetti con meno di ventiquattro anni di età, fermo restando in tale caso che le prestazioni contrattuali devono essere svolte entro il venticinquesimo anno di età.

3. È vietato il ricorso al lavoro intermittente:

 

a) per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;

 

b) salva diversa disposizione degli accordi sindacali, presso unità produttive nelle quali si sia proceduto, entro i sei mesi precedenti, a licenziamenti collettivi ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, che abbiano riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro intermittente ovvero presso unità produttive nelle quali sia operante una sospensione dei rapporti o una riduzione dell'orario, con diritto al trattamento di integrazione salariale, che interessino lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro intermittente;

 

c) da parte delle imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni.

 

 

 

Art. 35
(Forma e comunicazioni)

 

1. Il contratto di lavoro intermittente è stipulato in forma scritta ai fini della prova dei seguenti elementi:

 

a) indicazione della durata e delle ipotesi, oggettive o soggettive, previste dall'articolo 34 che consentono la stipulazione del contratto;

 

b) luogo e la modalità della disponibilità, eventualmente garantita dal lavoratore, e del relativo preavviso di chiamata del lavoratore che in ogni caso non può essere inferiore a un giorno lavorativo;

 

c) il trattamento economico e normativo spettante al lavoratore per la prestazione eseguita e la relativa indennità di disponibilità, ove prevista, nei limiti di cui al successivo articolo 36;

 

d) indicazione delle forme e modalità, con cui il datore di lavoro è legittimato a richiedere l'esecuzione della prestazione di lavoro, nonché delle modalità di rilevazione della prestazione;

 

e) i tempi e le modalità di pagamento della retribuzione e della indennità di disponibilità;

 

f) le eventuali misure di sicurezza specifiche necessarie in relazione al tipo di attività dedotta in contratto.

 

2. Nell'indicare gli elementi di cui al comma 1, le parti devono recepire le indicazioni contenute nei contratti collettivi ove previste.

 

3. Fatte salve previsioni più favorevoli dei contratti collettivi, il datore di lavoro è altresì tenuto a informare con cadenza annuale le rappresentanze sindacali aziendali, ove esistenti, sull'andamento del ricorso al contratto di lavoro intermittente.

 

 

«3-bis. Prima dell’inizio della prestazione lavorativa o di un ciclo integrato di prestazioni di durata non superiore a trenta giorni, il datore di lavoro è tenuto a comunicarne la durata con modalità semplificate alla Direzione territoriale del lavoro competente per territorio, mediante sms, o posta elettronica. Con decreto di natura non regolamentare del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, possono essere individuate modalità applicative della disposizione di cui al precedente periodo, nonché ulteriori modalità di comunicazione in funzione dello sviluppo delle tecnologie. In caso di violazione degli obblighi di cui al presente comma si applica la sanzione amministrativa da euro 400 ad euro 2.400 in relazione a ciascun lavoratore per cui è stata omessa la comunicazione. Non si applica la procedura di diffida di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124»;

 

 

Art. 37
(Lavoro intermittente per periodi predeterminati nell'arco della settimana, del mese o dell'anno)

Abrogato

1. Nel caso di lavoro intermittente per prestazioni da rendersi il fine settimana, nonché nei periodi delle ferie estive o delle vacanze natalizie e pasquali l'indennità di disponibilità di cui all'articolo 36 è corrisposta al prestatore di lavoro solo in caso di effettiva chiamata da parte del datore di lavoro.

 

2. Ulteriori periodi predeterminati possono esser previsti dai contratti collettivi stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale.

 

 

 


 

Articolo 1, commi 23-25
(Lavoro a progetto)

 

I commi 23-25 modificano la disciplina del lavoro a progetto.

 

I commi 23-25 intervengono sulla disciplina del lavoro a progetto, di cui agli articoli 61-69 del decreto legislativo n.276 del 2003.

 

Il comma 23 introduce una serie di modifiche alla disciplina del lavoro a progetto. In particolare:

·     si consente che il contratto di lavoro a progetto sia riconducibile unicamente a progetti specifici (e non più anche a “programmi di lavoro o a fasi di questi ultimi”, come previsto dalla normativa previgente) e si esclude che il progetto possa consistere in una mera riproposizione dell’oggetto sociale del committente o nello svolgimento di compiti meramente esecutivi o ripetitivi (questi ultimi possono essere individuati dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale) (lettere a), d) ed f));

·     si prevede tra gli elementi essenziali da indicare in forma scritta debba esservi anche “il risultato finale che si intende conseguire” attraverso il contratto di lavoro a progetto (lettera b));

·     si interviene poi sulla disciplina del corrispettivo, sostituendo l’articolo 63 del decreto legislativo n. 276 del 2003 (il quale, nella formulazione previgente, si limitava a richiedere che “Il compenso corrisposto ai collaboratori a progetto deve essere proporzionato alla quantità e qualità del lavoro eseguito, e deve tenere conto dei compensi normalmente corrisposti per analoghe prestazioni di lavoro autonomo nel luogo di esecuzione del rapporto”). In particolare, si prevede che il corrispettivo non può essere inferiore ai minimi stabiliti per ciascun settore di attività (eventualmente articolati per i relativi profili professionali tipici e in ogni caso sulla base dei minimi salariali applicati nel settore medesimo alle mansioni equiparabili svolte dai lavoratori subordinati), dai contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale a livello interconfederale o di categoria ovvero, su loro delega, ai livelli decentrati. In assenza di contrattazione collettiva specifica, il compenso non può essere inferiore, a parità di estensione temporale dell'attività oggetto della prestazione, alle retribuzioni minime previste dai contratti collettivi nazionali di categoria applicati nel settore di riferimento alle figure professionali il cui profilo di competenza e di esperienza sia analogo a quello del collaboratore a progetto (lettera c));

·     si introduce la facoltà per il committente di recedere prima della scadenza del termine qualora siano emersi oggettivi profili di inidoneità professionale del collaboratore tali da rendere impossibile la realizzazione del progetto (lettera e));

·     si dispone che i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, anche a progetto, siano considerati rapporti di lavoro subordinato, sin dalla data di costituzione del rapporto, nel caso in cui l’attività del collaboratore sia svolta con modalità analoghe rispetto a quella svolta dai lavoratori dipendenti (dell’impresa committente), fatte salve la prova contraria a carico del committente, nonché le prestazioni di elevata professionalità (le quali possono essere individuate dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale) (lettera g)).

 

Il comma 24 detta una norma di interpretazione autentica (con effetto, quindi, retroattivo) dell’articolo 69, comma 1, del decreto legislativo n. 276 del 2003, volta a chiarire che tale disposizione si interpreta nel senso che l’individuazione di uno specifico progetto costituisce elemento essenziale di validità del rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, la cui mancanza determina la costituzione di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

 

Il comma 25, infine, stabilisce che la nuova disciplina si applica ai contratti di collaborazione stipulati successivamente alla data di entrata in vigore della legge.

 

Gli articoli 61-69 del D.Lgs. 276/2003 hanno introdotto una specifica disciplina delle collaborazioni coordinate e continuative, il lavoro a progetto, applicabile al solo settore lavorativo privato, finalizzata a superare gli abusi che hanno condotto all’uso talvolta improprio di tale strumento contrattuale, per eludere la disciplina del rapporto di lavoro subordinato.

Si tratta, secondo anche le intenzioni del “Libro Bianco”, di una reazione a prassi affermatesi negli anni precedenti, allorquando il ricorso alla collaborazione coordinata e continuativa spesso ha nascosto rapporti di lavoro subordinato, al fine di eludere i conseguenti costi e le garanzie ad esso connesse.

L’intenzione del legislatore non è stata solamente quella di proteggere il lavoratore, ma anche quella di limitare la distorsione della concorrenza tra imprese che sono determinate dall’utilizzo improprio delle collaborazioni e di garantire un incremento del gettito contributivo per l’I.N.P.S., a seguito dell’emersione del lavoro falsamente atipico.

Con la nuova fattispecie del lavoro a progetto è stato previsto l’obbligo (articolo 61 del D.Lgs. 276/2003) di ricondurre i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa ad uno o più progetti specifici o programmi di lavoro o fasi di esso, determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore in funzione del risultato, nel rispetto del coordinamento con l’organizzazione del committente e indipendentemente dal tempo impiegato per l’esecuzione dell’attività lavorativa.

I rapporti di collaborazione coordinata e continuativa instaurati senza l'individuazione di uno specifico progetto, programma di lavoro o fase di esso sono considerati rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dalla data di costituzione del rapporto.

Da tale previsione sono escluse le prestazioni meramente occasionali, cioè i rapporti di durata complessiva non superiore a trenta giorni nel corso dell'anno solare ovvero, nell’ambito dei servizi di cura e assistenza alla persona, non superiore a 240 ore, con lo stesso committente, salvo che il compenso complessivamente percepito nel medesimo anno solare sia superiore a 5.000 euro (articolo 61, comma 2), i quali sono regolamentati dall’apposita disciplina contenuta nello stesso provvedimento. Pertanto vengono fissati due criteri alternativi, uno correlato alla durata della prestazione nei confronti dello stesso committente, l’altro correlato all’ammontare del corrispettivo, che servono a distinguere le prestazioni meramente occasionali dalle collaborazioni coordinate e continuative vere e proprie, che vengono disciplinate dalle disposizioni sul lavoro a progetto.

Sono altresì escluse dal campo di applicazione della disciplina del lavoro a progetto anche le professioni intellettuali per l’esercizio delle quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi.

Nel caso in cui i richiamati rapporti siano instaurati senza individuare uno specifico progetto, programma di lavoro o fase di esso, vengono considerati rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato fin dalla data di costituzione del rapporto (articolo 69, comma 1).

La determinazione del progetto e di tutti gli elementi accessori è lasciata alla contrattazione. Il contratto, infatti, che deve essere redatto in forma scritta ad probationem, deve contenere, tra gli altri, l’indicazione della durata della prestazione lavorativa e del progetto, o programma di lavoro o delle fasi di esso, nonché il corrispettivo e le relative modalità di pagamento e le forme di coordinamento del lavoratore, che in ogni caso non devono essere tali da pregiudicare l’autonomia del collaboratore stesso. Lo stesso contratto, infine, deve prevedere forme di tutela e di sicurezza della salute del collaboratore di progetto (articolo 62).

I contratti si risolvono al momento della realizzazione del progetto o del programma o fase di esso che ne costituisce l’oggetto. E’ comunque prevista la possibilità, per le parti contraenti, di recedere prima della scadenza del termine per giusta causa ovvero in seguito a quanto disposto nel contratto (articolo 67).

Il compenso è proporzionato alla quantità e qualità del lavoro, e deve tenere conto dei compensi normalmente corrisposti per analoghe prestazioni di lavoro autonomo nel luogo di esecuzione del rapporto (articolo 63).

E’ stata prevista la possibilità, per il collaboratore a progetto, di svolgere l’attività nei riguardi di più committenti, anche se lo stesso non può svolgere attività concorrenziale nei confronti dei committenti stessi né può venire meno all’obbligo di riservatezza (articolo 64).

Lo stesso D.Lgs. 276 ha individuato (articoli 65 e 66) alcuni diritti del collaboratore a progetto.

In particolare (articolo 65), il collaboratore ha il diritto ad essere riconosciuto autore dell’invenzione eventualmente fatta nello svolgimento del rapporto. In ogni caso, i diritti e gli obblighi delle parti sono regolati da leggi speciali, comprese le disposizioni di cui all’articolo 12-bis della L. 633/1941 .

Il successivo articolo 66 disciplina ulteriori diritti del collaboratore a progetto.

In particolare, si stabilisce che:

·     la gravidanza, malattia ed infortunio non comportano estinzione del rapporto contrattuale, che rimane sospeso, senza erogazione del corrispettivo. In caso di gravidanza, inoltre, la durata del rapporto è prorogata di 180 giorni, salvo previsione contrattuale più favorevole;

·     in caso di infortunio o malattia, salva diversa previsione contrattuale, la sospensione del rapporto non comporta una proroga della durata del contratto, che si estingue alla scadenza. Il contratto si intende comunque risolto se la sospensione si protrae per un periodo superiore ad un sesto della durata stabilita nel contratto, se determinata, ovvero superiore a 30 giorni per i contratti a durata determinabile;

·     infine, ai rapporti che rientrano nel campo di applicazione del capo in esame si applicano specifiche norme, tra le quali si ricordano quelle sul processo del lavoro , quelle sulla tutela della maternità per le lavoratrici iscritte alla gestione separata INPS, le norme sulla sicurezza e igiene del lavoro, attualmente regolate dal recente D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 , nonché le norme di tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali e le norme di cui all’articolo 51, comma 1, della L. 488/1999 (finanziaria 2002) .

E’ stato previsto, infine, che nella riconduzione a un progetto, programma di lavoro o fase di esso delle collaborazioni coordinate e continuative, i diritti derivanti da un rapporto di lavoro già in essere possono essere oggetto di rinunzie o transazioni (articolo 68, così come modificato dal richiamato D.Lgs. 251/2004) tra le parti in sede di certificazione del rapporto di lavoro anche in deroga alle disposizioni sulle rinunce e transazioni che hanno per oggetto diritti del prestatore di lavoro derivanti da disposizioni inderogabili della legge e dei contratti o accordi collettivi concernenti le controversie individuali di lavoro, di cui all’articolo 2113 del codice civile.

 

Si ricorda che ulteriori disposizioni in materia di lavoro a progetto sono contenute nell’articolo 2, commi 51-56, alla cui scheda si rimanda.


 

Decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276
Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14febbraio 2003, n. 30

Testo previgente

Testo ex L.  92/2012

 

 

Art. 61
(Definizione e campo di applicazione)

 

 

 

1. Ferma restando la disciplina per gli agenti e i rappresentanti di commercio, i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, prevalentemente personale e senza vincolo di subordinazione, di cui all'articolo 409, n. 3, del codice di procedura civile devono essere riconducibili a uno o più progetti specifici o programmi di lavoro o fasi di esso determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore in funzione del risultato, nel rispetto del coordinamento con la organizzazione del committente e indipendentemente dal tempo impiegato per l'esecuzione della attività lavorativa.

1. Ferma restando la disciplina degli agenti e rappresentanti di commercio, i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa prevalentemente personale e senza vincolo di subordinazione, di cui all’articolo 409, numero 3), del codice di procedura civile, devono essere riconducibili a uno o più progetti specifici determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore. Il progetto deve essere funzionalmente collegato a un determinato risultato finale e non può consistere in una mera riproposizione dell’oggetto sociale del committente, avuto riguardo al coordinamento con l’organizzazione del committente e indipendentemente dal tempo impiegato per l’esecuzione dell’attività lavorativa. Il progetto non può comportare lo svolgimento di compiti meramente esecutivi o ripetitivi, che possono essere individuati dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

2. Dalla disposizione di cui al comma 1 sono escluse le prestazioni occasionali, intendendosi per tali i rapporti di durata complessiva non superiore a trenta giorni nel corso dell'anno solare ovvero, nell’ambito dei servizi di cura e assistenza alla persona, non superiore a 240 ore, con lo stesso committente, salvo che il compenso complessivamente percepito nel medesimo anno solare sia superiore a 5 mila euro, nel qual caso trovano applicazione le disposizioni contenute nel presente capo.

 

3. Sono escluse dal campo di applicazione del presente capo le professioni intellettuali per l'esercizio delle quali è necessaria l'iscrizione in appositi albi professionali, esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, nonché i rapporti e le attività di collaborazione coordinata e continuativa comunque rese e utilizzate a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciute dal C.O.N.I., come individuate e disciplinate dall'articolo 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289. Sono altresì esclusi dal campo di applicazione del presente capo i componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società e i partecipanti a collegi e commissioni, nonché coloro che percepiscono la pensione di vecchiaia.

 

4. Le disposizioni contenute nel presente capo non pregiudicano l'applicazione di clausole di contratto individuale o di accordo collettivo più favorevoli per il collaboratore a progetto.

 

 

 

Art. 62
(Forma)

 

1. Il contratto di lavoro a progetto è stipulato in forma scritta e deve contenere, ai fini della prova, i seguenti elementi:

 

a) indicazione della durata, determinata o determinabile, della prestazione di lavoro;

 

b) indicazione del progetto o programma di lavoro, o fasi di esso, individuata nel suo contenuto caratterizzante, che viene dedotto in contratto;

b) descrizione del progetto, con individuazione del suo contenuto caratterizzante e del risultato finale che si intende conseguire.

c) il corrispettivo e i criteri per la sua determinazione, nonché i tempi e le modalità di pagamento e la disciplina dei rimborsi spese;

 

d) le forme di coordinamento  del lavoratore a progetto al committente sulla esecuzione, anche temporale, della prestazione lavorativa, che in ogni caso non possono essere tali da pregiudicarne l'autonomia nella esecuzione dell'obbligazione lavorativa;

 

e) le eventuali misure per la tutela della salute e sicurezza del collaboratore a progetto, fermo restando quanto disposto dall’articolo 66, comma 4.

 

 

 

Articolo 63
(Corrispettivo)

 

1. Il compenso corrisposto ai collaboratori a progetto deve essere proporzionato alla quantità e qualità del lavoro eseguito, e deve tenere conto dei compensi normalmente corrisposti per analoghe prestazioni di lavoro autonomo nel luogo di esecuzione del rapporto.

1. Il compenso corrisposto ai collaboratori a progetto deve essere proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro eseguito e, in relazione a ciò nonché alla particolare natura della prestazione e del contratto che la regola, non può essere inferiore ai minimi stabiliti in modo specifico per ciascun settore di attività, eventualmente articolati per i relativi profili professionali tipici e in ogni caso sulla base dei minimi salariali applicati nel settore medesimo alle mansioni equiparabili svolte dai lavoratori subordinati, dai contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale a livello interconfederale o di categoria ovvero, su loro delega, ai livelli decentrati.

 

2. In assenza di contrattazione collettiva specifica, il compenso non può essere inferiore, a parità di estensione temporale dell’attività oggetto della prestazione, alle retribuzioni minime previste dai contratti collettivi nazionali di categoria applicati nel settore di riferimento alle figure professionali il cui profilo di competenza e di esperienza sia analogo a quello del collaboratore a progetto.

 

 

Art. 67
(Estinzione del contratto e preavviso)

 

1. I contratti di lavoro di cui al presente capo si risolvono al momento della realizzazione del progetto o del programma o della fase di esso che ne costituisce l'oggetto.

1. I contratti di lavoro di cui al presente capo si risolvono al momento della realizzazione del progetto che ne costituisce l'oggetto.

2. Le parti possono recedere prima della scadenza del termine per giusta causa ovvero secondo le diverse causali o modalità, incluso il preavviso, stabilite dalle parti nel contratto di lavoro individuale.

2. Le parti possono recedere prima della scadenza del termine per giusta causa. Il committente può altresì recedere prima della scadenza del termine qualora siano emersi oggettivi profili di inidoneità professionale del collaboratore tali da rendere impossibile la realizzazione del progetto. Il collaboratore può recedere prima della scadenza del termine, dandone preavviso, nel caso in cui tale facoltà sia prevista nel contratto individuale di lavoro.

 

 

Art. 68
(Rinunzie e transazioni)

 

1. Nella riconduzione a un progetto, programma di lavoro o fase di esso dei contratti di cui all'articolo 61, comma 1, i diritti derivanti da un rapporto di lavoro già in essere possono essere oggetto di rinunzie o transazioni tra le parti in sede di certificazione del rapporto di lavoro di cui al Titolo VIII secondo lo schema dell'articolo 2113 del codice civile.

1. Nella riconduzione a un progetto dei contratti di cui all'articolo 61, comma 1, i diritti derivanti da un rapporto di lavoro già in essere possono essere oggetto di rinunzie o transazioni tra le parti in sede di certificazione del rapporto di lavoro di cui al Titolo VIII secondo lo schema dell'articolo 2113 del codice civile.

 

 

Art. 69
(Divieto di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa atipici e conversione del contratto)

 

1. I rapporti di collaborazione coordinata e continuativa instaurati senza l'individuazione di uno specifico progetto, programma di lavoro o fase di esso ai sensi dell'articolo 61, comma 1, sono considerati rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dalla data di costituzione del rapporto.

1. I rapporti di collaborazione coordinata e continuativa instaurati senza l'individuazione di uno specifico progetto ai sensi dell'articolo 61, comma 1, sono considerati rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dalla data di costituzione del rapporto.

2. Qualora venga accertato dal giudice che il rapporto instaurato ai sensi dell'articolo 61 sia venuto a configurare un rapporto di lavoro subordinato, esso si trasforma in un rapporto di lavoro subordinato corrispondente alla tipologia negoziale di fatto realizzatasi tra le parti.

2. Qualora venga accertato dal giudice che il rapporto instaurato ai sensi dell'articolo 61 sia venuto a configurare un rapporto di lavoro subordinato, esso si trasforma in un rapporto di lavoro subordinato corrispondente alla tipologia negoziale di fatto realizzatasi tra le parti. Salvo prova contraria a carico del committente, i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, anche a progetto, sono considerati rapporti di lavoro subordinato sin dalla data di costituzione del rapporto, nel caso in cui l’attività del collaboratore sia svolta con modalità analoghe a quella svolta dai lavoratori dipendenti dell’impresa committente, fatte salve le prestazioni di elevata professionalità che possono essere individuate dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

3. Ai fini del giudizio di cui al comma 2, il controllo giudiziale è limitato esclusivamente, in conformità ai princìpi generali dell'ordinamento, all'accertamento della esistenza del progetto, programma di lavoro o fase di esso e non può essere esteso fino al punto di sindacare nel merito valutazioni e scelte tecniche, organizzative o produttive che spettano al committente.

3. Ai fini del giudizio di cui al comma 2, il controllo giudiziale è limitato esclusivamente, in conformità ai princìpi generali dell'ordinamento, all'accertamento della esistenza del progetto e non può essere esteso fino al punto di sindacare nel merito valutazioni e scelte tecniche, organizzative o produttive che spettano al committente.

 

 


 

Articolo 1, commi 26 e 27
(
Altre prestazioni lavorative rese in regime di lavoro autonomo)

I commi 26 e 27 sono volti a razionalizzare il ricorso alle collaborazioni rese da titolari di partita IVA, introducendo la presunzione che tali prestazioni siano da considerarsi rapporti di collaborazione coordinata e continuativa qualora ricorrano determinati presupposti.

 

I commi 26 e 27 introducono l’articolo 69-bis del D.Lgs. 276/2003, al fine di razionalizzare il ricorso alle collaborazioni rese da titolari di partita IVA.

 

Il comma 26 introduce la presunzione che prestazioni rese da titolari di partita IVA sono da considerarsi rapporti di collaborazione coordinata e continuativa qualora ricorrano almeno due dei seguenti presupposti:

·     che la durata della collaborazione sia superiore a 8 mesi nell’arco di due anni solari[22];

·     che il ricavo dei corrispettivi percepiti dal collaboratore nell’arco dello stesso anno solare superi la misura dell’80 per cento dei corrispettivi complessivamente percepiti dal collaboratore nell’arco di due anni solari consecutivi[23];

·     che il prestatore abbia la disponibilità di una postazione fissa di lavoro presso il committente.

 

La configurazione del rapporto come collaborazione coordinata e continuativa implica l’applicazione di tutte le norme che disciplinano tale contratto, incluse quelle relative al regime previdenziale e all’eventuale trasformazione della collaborazione in un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato qualora sia stata instaurata senza l’individuazione di uno specifico progetto[24].

Si prevede, inoltre, che le nuove disposizioni introdotte si applichino solo ai rapporti instaurati successivamente all’entrata in vigore della riforma; per quelli in corso le disposizioni trovano applicazione decorsi 12 mesi dalla data di entrata in vigore della legge.

 

Si prevede, poi, che la suddetta presunzione non operi:

·     qualora la prestazione lavorativa sia connotata da competenze teoriche di grado elevato acquisite attraverso significativi percorsi formativi, ovvero da capacità tecnico-pratiche acquisite attraverso rilevanti esperienze maturate nell'esercizio concreto di attività, e sia svolta da soggetto titolare di un reddito annuo da lavoro autonomo non inferiore a 1,25 volte il livello minimo imponibile ai fini del versamento dei contributi previdenziali di cui all'articolo 1, comma 3, della L. 2 agosto 1990, n. 233[25], relativo alla gestione dei commercianti.;

Si ricorda che il richiamato articolo 1, comma 3, ha stabilito uno specifico livello minimo imponibile ai fini del versamento dei contributi previdenziali dovuti alle gestioni degli artigiani e dei commercianti da ciascun assicurato, fissato nella misura del minimale annuo di retribuzione che si ottiene moltiplicando per 312 il minimale giornaliero stabilito, al 1° gennaio dell'anno cui si riferiscono i contributi, per gli operai del settore artigianato e commercio.

Più specificamente, è stato definito un reddito minimo (minimale di reddito), comunque dovuto anche nel caso in cui quello effettivo accertato ai fini fiscali si mantenga al di sotto di tale soglia (inferiore o negativo). Tale reddito viene utilizzato come base di riferimento per il pagamento dei contributi previdenziali (c.d. contributo minimo obbligatorio). Il reddito minimo varia di anno in anno, e si ottiene moltiplicando per 312 il minimale giornaliero di retribuzione da utilizzare per il calcolo dei contributi in favore degli operai dei settori artigianato e commercio ed aggiungendo al prodotto l’importo di € 671,39 ai sensi dell’articolo 6 della L. 415/1991.L’importo dei contributi da versare si calcola sulla totalità dei redditi d'impresa, compresi quelli percepiti per attività che non danno titolo all’iscrizione, denunciati ai fini IRPEF nell’anno considerato.

Per il 2012 il reddito minimo annuo da prendere in considerazione ai fini del calcolo del contributo IVS dovuto dagli artigiani e commercianti è (circolare INPS n. 14 del 3 febbraio 2012) di € 14.930,00, con un contributo sul minimale di reddito pari, rispettivamente: ad euro 3.187,53 (artigiani titolari di qualunque età e coadiuvanti / coadiutori di età superiore ai 21 anni); euro 2.739,63 (artigiani coadiuvanti / coadiutori di età non superiore ai 21 anni); euro 3.200,96 (commercianti titolari di qualunque età e coadiuvanti / coadiutori di età superiore ai 21 anni) ed euro 2.753,07 (commercianti coadiuvanti / coadiutori di età non superiore ai 21 anni).

 

Le aliquote per il 2012 (ai sensi dell’articolo 24, comma 22, del D.L. 201/2011) sono le seguenti:

o   titolari di qualunque età e coadiuvanti/ coadiutori di età superiore a 21 anni, artigiani: 21,30 %; commercianti: 21,39 %

o   coadiuvanti/coadiutori di età non superiore a 21 anni: artigiani: 18,30%; commercianti: 18,39 %

 

Per quanto attiene alla contribuzione sul reddito eccedente il minimale, il contributo per il 2012 è dovuto sui redditi d’impresa prodotti nel 2011 per la quota eccedente il minimale di € 14.930,00, in base alle citate aliquote e fino al limite della prima fascia di retribuzione annua pensionabile pari a € 44.204,00. Per i redditi superiori resta confermato l’aumento dell’aliquota di un punto percentuale.

Più in dettaglio, le aliquote sono le seguenti:

o Titolari di qualunque età e coadiuvanti/ coadiutori di età superiore a 21 anni:

§     scaglione di reddito fino a € 44.204,00: artigiani: 21,30%; commercianti: 21,39%;

§     da € 44.204,01: artigiani: 22,30%; commercianti: 22,39 %.

o Coadiuvanti/coadiutori di età non superiore a 21 anni:

§     scaglione di reddito fino a € 44.204,00: artigiani: 18,30%; commercianti: 18,39%;

§     da € 44.204,01: artigiani: 19,30%; commercianti: 19,39%.

Il massimale di reddito annuo entro il quale sono dovuti i contributi è € 73.673,00.

 

·     con riferimento alle prestazioni lavorative svolte nell'esercizio di attività professionali per le quali l'ordinamento richiede l'iscrizione ad un ordine professionale, ovvero ad appositi registri, albi, ruoli o elenchi professionali qualificati e detta specifici requisiti e condizioni. La ricognizione delle predette attività è demandata a un decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, da emanarsi, in fase di prima applicazione, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentite le parti sociali.

 

Il comma 27, infine, reca una norma di interpretazione autentica (con effetto, quindi, retroattivo) dell’articolo 61, comma 3, del decreto legislativo n. 276 del 2003, volta a chiarire che le norme che disciplinano il lavoro a progetto e il lavoro occasionale non si applicano alle sole prestazioni professionali riconducibili alle attività per l’esercizio delle quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi, ferma restando la possibilità per i professionisti abilitati di svolgere, sotto forma di collaborazione coordinata e continuativa, attività diverse da quelle per le quali è necessaria l’iscrizione.

 

 


 

Articolo 1, commi 28-31
(Associazione in partecipazione con apporto di lavoro)

 

I commi da 28 a 31 intervengono sulla disciplina dell'associazione in partecipazione con apporto di lavoro.

 

I commi da 28 a 31 intervengono sulla normativa in materia di associazione in partecipazione con apporto di lavoro, al fine di rafforzarne la disciplina antielusiva.

Ai sensi dell’articolo 2549 del Codice civile, il contratto di associazione in partecipazione è il contratto in base al quale l'associante attribuisce all'associato una partecipazione agli utili della sua impresa o di uno o più affari verso il corrispettivo di un determinato apporto.

Al fine di evitare elusioni o abusi, l’articolo 86, comma 2, del D.Lgs. 276/2003, prevede che in caso di rapporti di associazione in partecipazione resi senza una effettiva partecipazione e adeguate erogazioni a chi lavora, il lavoratore ha diritto ai trattamenti contributivi, economici e normativi stabiliti dalla legge e dai contratti collettivi per il lavoro subordinato svolto nella posizione corrispondente del medesimo settore di attività, o in mancanza di contratto collettivo, in una corrispondente posizione secondo il contratto di settore analogo, a meno che il datore di lavoro, o committente, o altrimenti utilizzatore non comprovi, con idonee attestazioni o documentazioni, che la prestazione rientra in una delle tipologie di lavoro disciplinate nel presente decreto ovvero in un contratto di lavoro subordinato speciale o con particolare disciplina, o in un contratto nominato di lavoro autonomo, o in altro contratto espressamente previsto nell'ordinamento.

 

Il comma 28 integra l’articolo 2549 del Codice civile al fine di prevedere che, qualora il conferimento dell’associato consista anche in una prestazione di lavoro, il numero degli associati impegnati in una medesima attività non possa essere superiore a tre, indipendentemente dal numero degli associanti (a meno che gli associati siano legati da rapporto coniugale, di parentela entro il terzo grado o di affinità entro il secondo). In caso di violazione del divieto in esame, il rapporto con tutti gli associati si considera rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

 

Il comma 29 fa salvi, fino alla loro cessazione, i contratti in essere che, alla data di entrata in vigore della presente legge, siano stati certificati ai sensi dell'articolo 75 e seguenti del D.Lgs. 276/2003.

 

Il D.Lgs. 276/2003 ha previsto, in seguito all’introduzione delle tipologie contrattuali flessibili, un’apposita procedura di certificazione volontaria del contratto stipulato tra le parti, al fine di ridurre il contenzioso in materia di individuazione della tipologia di specifici contratti flessibili. Tale procedura, che sulla base delle modifiche apportate dal successivo D.Lgs. 6 ottobre 2004, n. 251[26], trova applicazione nei confronti di tutti i contratti e si attiva presso specifiche Commissioni di certificazione, sostanzialmente attribuisce piena forza legale al contratto, escludendo la possibilità di ricorso in giudizio se non in caso di incompetenza, eccesso di potere o violazioni di legge che ledono interessi legittimi.

In particolare, possono svolgere la procedura di certificazione (articolo 78) le Commissioni di certificazione istituite presso specifici enti ed organismi, quali, tra gli altri, le Direzioni provinciali del lavoro, le Università, pubbliche e private – queste esclusivamente nell’ambito di rapporti di collaborazione e consulenza, a condizione di registrarsi in un apposito albo, istituito presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale e la Direzione generale della tutela delle condizioni di lavoro del Ministero del lavoro, anche se solamente in particolari casi[27].

Gli effetti della certificazione del contratto di lavoro permangono, anche verso i terzi, fino al momento dell’accoglimento, con sentenza di merito, di uno dei ricorsi giurisdizionali esperibili, fatti salvi i provvedimenti cautelari. Nei confronti dell’atto di certificazione le parti e i terzi interessati dagli effetti dello stesso possono proporre ricorso, presso il tribunale con funzioni del giudice del lavoro, per vizi del consenso, erronea qualificazione del contratto, oppure difformità tra il programma negoziale certificato e la sua attuazione. Tuttavia, chiunque intenda presentare ricorso giurisdizionale contro la certificazione, deve obbligatoriamente rivolgersi alla commissione di certificazione che ha adottato l’atto di certificazione per espletare un tentativo di obbligatorio di conciliazione, ai sensi dell’articolo 410 c.p.c. (articolo 80).

Pertanto, una volta effettuata validamente la procedura di certificazione, gli organi ispettivi sarebbero vincolati dalla stessa, dovendo necessariamente ricorrere al giudice per far accertare la difformità tra il contratto oggetto di certificazione e il concreto atteggiarsi del rapporto. In sostanza, l’organo amministrativo che voglia discostarsi dalla certificazione relativamente alla qualificazione del rapporto di lavoro, non potrà contare esclusivamente sui propri poteri amministrativi, ma dovrà necessariamente investire della questione il giudice al fine di ottenere una sentenza che dimostri che nel caso concreto è configurabile un rapporto di lavoro diverso da quello certificato.

Infine, gli effetti dell’accertamento dell’organo preposto alla certificazione, nel caso di contratti in corso di esecuzione, si producono dal momento di inizio del contratto, qualora la commissione abbia appurato che l’attuazione del contratto stesso sia stata, anche nel periodo precedente alla propria attività istruttoria, coerente con quanto appurato in tale sede. In caso di contratti non ancora sottoscritti dalle parti, gli effetti si producono soltanto ove e nel momento in cui queste ultime provvedano a sottoscriverli, con le eventuali integrazioni e modifiche suggerite dalla commissione adita (articolo 79, comma 2).

 

Il comma 30 introduce una più efficace disciplina antielusiva, disponendo che i rapporti di associazione in partecipazione con apporto di lavoro, instaurati o attuati senza che vi sia stata un'effettiva partecipazione dell’associato agli utili dell’impresa o dell’affare, ovvero senza consegna del rendiconto (previsto dall’articolo 2552 del codice civile), si presumono, salva prova contraria, rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato (il previgente articolo 86 del D.lgs. n. 276 del 2003, di cui il comma 31 dispone conseguentemente l’abrogazione, si limitava invece a prevedere che il rapporto di lavoro si considera come di “lavoro subordinato”, ma non a tempo indeterminato, e non fa riferimento al caso di mancata consegna del rendiconto). Infine, si precisa che tale presunzione opera nel caso in cui l'apporto di lavoro non presenti i requisiti di cui all'articolo 69-bis, comma 1-bis, lettera a), del decreto legislativo n. 276 del 2003, come introdotto dall'articolo 1, comma 26, della legge in esame (alla cui scheda di lettura nel presente dossier si fa rinvio).

 


 

Articolo 1, commi 32 e 33
(Lavoro accessorio)

 

I commi 32 e 33 intervengono sulla disciplina del lavoro accessorio, al fine di restringere il campo di operatività dell’istituto.

 

Il commi 32 e 33 intervengono sugli articoli 70 e 72 del decreto legislativo n. 276 del 2003, al fine di restringere il campo di operatività dell’istituto del lavoro accessorio.

 

Il comma 32 sostituisce interamente l’articolo 70 del decreto legislativo n. 276 del 2003, che definisce il campo di applicazione del lavoro accessorio. In particolare:

·     si ridefiniscono i limiti di applicazione dell’istituto sulla base del solo criterio dei compensi (e non già, come previsto dalla normativa previgente, anche con riferimento a specifici settori economici) prevedendo che il loro importo complessivo non può essere superiore a 5.000 euro nel corso di un anno solare, con riferimento alla totalità dei committenti;

·     si dispone, per il solo 2013, che i percettori di prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito possano svolgere prestazioni di lavoro accessorio in tutti i settori produttivi (compresi gli enti locali, fermi restando i vincoli vigenti in materia di contenimento delle spese di personale) nel limite massimo di 3.000 euro di corrispettivo per anno solare (lettera d)). L’INPS provvede a sottrarre dalla contribuzione figurativa, relativa alle prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito, gli accrediti contributivi derivanti dalle prestazioni di lavoro accessorio[28];

·     per quanto concerne le prestazioni rese nei confronti di imprenditori commerciali o professionisti, fermo restando il limite dei compensi fissato in linea generale a 5.000 euro annui, si prevede che le attività svolte a favore di ciascun committente non possono comunque superare i 2.000 euro annui;

·     per quanto concerne le attività agricole, la normativa previgente viene sostanzialmente confermata con alcune limitazioni:

-        si escludono le casalinghe dal novero dei soggetti abilitati (restano confermati, invece, i pensionati e giovani con meno di venticinque anni di età, se regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso un istituto scolastico di qualsiasi ordine e grado, compatibilmente con gli impegni scolastici, ovvero in qualunque periodo dell’anno se regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso l’università);

-        si specifica che le attività agricole svolte a favore dei soggetti di cui all’articolo 34, comma 6, del decreto del DPR n.633 del 1972 (ossia produttori agricoli con volume d’affari annuo non superiore a 7.000) non possono comunque essere svolte da soggetti iscritti l’anno precedente negli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli.

·     viene soppressa la norma che attualmente consente alle imprese familiari di ricorrere al lavoro accessorio per un importo complessivo, in ciascun anno fiscale, fino a 10.000 euro;

·     vengono soppresse le discipline sperimentali (previste dalla normativa previgente fino al 31 dicembre 2012) che attualmente consentono prestazioni di lavoro accessorio da parte di titolari di contratti di lavoro a tempo parziale e di percettori di prestazioni integrative del salario o sostegno al reddito;

·     al fine di favorire l’integrazione dei lavoratori stranieri, si prevede che i compensi percepiti nell’ambito del lavoro accessorio rilevino nel calcolo del reddito necessario per il rilascio o rinnovo del permesso di soggiorno.

 

Attraverso l’integrazione dell’articolo 72, comma 1, del decreto legislativo n. 276 del 2003, si interviene sui buoni (voucher), specificando che:

·     i buoni devono essere orari, numerati progressivamente e datati;

·     in sede di adozione del decreto ministeriale che aggiorna periodicamente  il valore nominale dei buoni, si deve tener conto delle “risultanze istruttorie del confronto con le parti sociali”.

 

Attraverso l’integrazione dell’articolo 72, comma 4, del decreto legislativo n. 276 del 2003, si dispone invece l’adeguamento delle aliquote dei contributi previdenziali rispetto a quelle previste per gli iscritti alla Gestione separata dell’INPS, da rideterminare con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.

 

Il comma 33 detta la disciplina transitoria, prevedendo che resta comunque ferma, fino al 31 maggio 2013, la normativa vigente con riferimento ai buoni già richiesti al momento dell'entrata in vigore della legge.

 

Il lavoro accessorio è disciplinato dagli articoli 70-74 del D.Lgs. 276/2003.

Ai sensi dell’articolo 70, comma 1, primo periodo, del D.Lgs. 276/2003, per prestazioni di lavoro accessorio si intendono attività lavorative di natura occasionale rese nell'ambito di una serie di settori economici:

·     di lavori domestici (lettera a);

·     di lavori di giardinaggio, pulizia e manutenzione di edifici, strade, parchi e monumenti (lettera b);

·     dell'insegnamento privato supplementare (lettera c);

·     di manifestazioni sportive, culturali, fieristiche o caritatevoli e di lavori di emergenza o di solidarietà anche in caso di committente pubblico (lettera d);

·     di qualsiasi settore produttivo, compresi gli enti locali, le scuole e le università, il sabato e la domenica e durante i periodi di vacanza da parte di giovani con meno di venticinque anni di età se regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso un istituto scolastico di qualsiasi ordine e grado, compatibilmente con gli impegni scolastici, ovvero in qualunque periodo dell’anno se regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso l’università (lettera e);

·     di attività agricole di carattere stagionale effettuate da pensionati, da casalinghe e da giovani di cui alla lettera e), ovvero delle attività agricole svolte a favore dei produttori agricoli con volume d’affari annuo non superiore a 7.000 euro (lettera f);

·     dell'impresa familiare di cui all'articolo 230-bis c.c, (lettera g);

·     della consegna porta a porta e della vendita ambulante di stampa quotidiana e periodica (lettera h);

·     di qualsiasi settore produttivo, compresi gli enti locali da parte di pensionati (lettera h-bis);

·     di attività di lavoro svolte nei maneggi e nelle scuderie (lettera h-ter).

Tali attività, anche se svolte a favore di più beneficiari, configurano rapporti di natura meramente occasionale e accessoria, nel caso in cui diano complessivamente luogo, con riferimento al medesimo committente, a compensi non superiori a 5.000 euro nel corso di un anno solare.

Le imprese familiari possono utilizzare prestazioni di lavoro accessorio per un importo complessivo non superiore, nel corso di ciascun anno fiscale, a 10.000 euro.

Infine, il ricorso a prestazioni di lavoro accessorio da parte di un committente pubblico e degli enti locali è consentito nel rispetto dei vincoli previsti dalla vigente disciplina in materia di contenimento delle spese di personale e ove previsto dal patto di stabilità interno.

Il secondo periodo del richiamato comma 1 ha previsto, in via sperimentale per l’anno 2010 (termine prorogato, da ultimo, fino al 31 dicembre 2012 dall’articolo 6, comma 2, del D.L. 216/2011), che per prestazioni di lavoro accessorio si intendano anche le attività lavorative di natura occasionale rese nell’ambito di qualsiasi settore produttivo da parte di prestatori di lavoro titolari di contratti di lavoro a tempo parziale, con esclusione della possibilità di utilizzare i buoni lavoro presso il datore di lavoro titolare del contratto a tempo parziale.

Il successivo comma 1-bis ha disposto, in via sperimentale per gli anni 2009 e 2010 (termine anche in questo caso prorogato fino al 31 dicembre 2012 dall’articolo 6, comma 2, del D.L. 216/2011), che prestazioni di lavoro accessorio possano essere svolte, in tutti i settori produttivi, anche dai percettori di prestazioni integrative del salario o sostegno al reddito, a condizione che:

·     si rispetti un limite massimo degli emolumenti ricevuti, pari a 3.000 euro per anno solare[29];

·     che tali prestazioni siano comunque compatibili con quanto disposto dall’articolo 19, comma 10, del D.L. 185/2008[30], il quale subordina il diritto a percepire qualsiasi trattamento di sostegno al reddito previsto dalla legislazione vigente in materia di ammortizzatori sociali, alla dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro o a un percorso di riqualificazione professionale.

 

L’articolo 72 disciplina le modalità di assolvimento dell’obbligo retributivo e contributivo connesso alle prestazioni, prevedendo che esso avviene attraverso l’acquisto presso le rivendite autorizzate, da parte dei datori di lavoro, di uno o più carnet di buoni per prestazioni di lavoro accessorio da consegnare al prestatore di lavoro accessorio. Il valore nominale dei buoni è fissato con specifico decreto[31], ed è stabilito tenendo conto della media delle retribuzioni rilevate per le attività lavorative affini a quelle richiamate in precedenza, nonché del costo di gestione del servizio (articolo 72).

Il prestatore di lavoro accessorio percepisce il proprio compenso presso il concessionario[32], all'atto della restituzione dei buoni ricevuti dal beneficiario della prestazione di lavoro accessorio. Tale compenso è esente da qualsiasi imposizione fiscale e non incide sullo stato di disoccupato o inoccupato del prestatore di lavoro accessorio.

Spetta al concessionario provvedere al pagamento delle spettanze alla persona che presenta i buoni, registrandone i dati anagrafici e il codice fiscale, nonché effettuare il versamento per suo conto dei contributi per fini previdenziali alla Gestione separata INPS (in misura pari al 13% del valore nominale del buono, e per fini assicurativi contro gli infortuni all'INAIL (in misura pari al 7% del valore nominale del buono), trattenendo l'importo autorizzato dal decreto a titolo di rimborso spese.

 


 

Decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276
Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14febbraio 2003, n. 30

Testo previgente

Testo ex L. 92/2012

 

 

Art. 70
(Definizione e campo di applicazione)

 

1. Per prestazioni di lavoro accessorio si intendono attività lavorative di natura occasionale rese nell'ambito: a) di lavori domestici; b) di lavori di giardinaggio, pulizia e manutenzione di edifici, strade, parchi e monumenti, anche nel caso in cui il committente sia un ente locale; c) dell'insegnamento privato supplementare; d) di manifestazioni sportive, culturali, fieristiche o caritatevoli e di lavori di emergenza o di solidarietà anche in caso di committente pubblico; e) di qualsiasi settore produttivo, compresi gli enti locali, le scuole e le università, il sabato e la domenica e durante i periodi di vacanza da parte di giovani con meno di venticinque anni di età se regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso un istituto scolastico di qualsiasi ordine e grado, compatibilmente con gli impegni scolastici, ovvero in qualunque periodo dell’anno se regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso l’università; f) di attività agricole di carattere stagionale effettuate da pensionati, da casalinghe e da giovani di cui alla lettera e), ovvero delle attività agricole svolte a favore dei soggetti di cui all’articolo 34, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633; g) dell'impresa familiare di cui all'articolo 230-bis del codice civile; h) della consegna porta a porta e della vendita ambulante di stampa quotidiana e periodica; h-bis) di qualsiasi settore produttivo, compresi gli enti locali da parte di pensionati; h-ter) di attività di lavoro svolte nei maneggi e nelle scuderie. In via sperimentale per l’anno 2010, per prestazioni di lavoro accessorio si intendono anche le attività lavorative di natura occasionale rese nell’ambito di qualsiasi settore produttivo da parte di prestatori di lavoro titolari di contratti di lavoro a tempo parziale, con esclusione della possibilità di utilizzare i buoni lavoro presso il datore di lavoro titolare del contratto a tempo parziale.

1. Per prestazioni di lavoro accessorio si intendono attività lavorative di natura meramente occasionale che non danno luogo, con riferimento alla totalità dei committenti, a compensi superiori a 5.000 euro nel corso di un anno solare, annualmente rivalutati sulla base della variazione dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati intercorsa nell’anno precedente. Fermo restando il limite complessivo di 5.000 euro nel corso di un anno solare, nei confronti dei committenti imprenditori commerciali o professionisti, le attività lavorative di cui al presente comma possono essere svolte a favore di ciascun singolo committente per compensi non superiori a 2.000 euro, rivalutati annualmente ai sensi del presente comma. Per l'anno 2013, prestazioni di lavoro accessorio possono essere altresì rese, in tutti i settori produttivi, compresi gli enti locali, fermo restando quanto previsto dal comma 3 e nel limite massimo di 3.000 euro di corrispettivo per anno solare, da percettori di prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito. L'INPS provvede a sottrarre dalla contribuzione figurativa relativa alle prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito gli accrediti contributivi derivanti dalle prestazioni di lavoro accessorio.

1-bis. In via sperimentale per gli anni 2009 e 2010, prestazioni di lavoro accessorio possono essere rese, in tutti i settori produttivi, compresi gli enti locali e nel limite massimo di 3.000 euro per anno solare, da percettori di prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito compatibilmente con quanto stabilito dall’articolo 19, comma 10, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2. L’INPS provvede a sottrarre dalla contribuzione figurativa relativa alle prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito gli accrediti contributivi derivanti dalle prestazioni di lavoro accessorio.

 

2. Le attività lavorative di cui al comma 1, anche se svolte a favore di più beneficiari, configurano rapporti di natura meramente occasionale e accessoria, intendendosi per tali le attività che non danno complessivamente luogo, con riferimento al medesimo committente, a compensi superiori a 5.000 euro nel corso di un anno solare.

2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano in agricoltura:

a) alle attività lavorative di natura occasionale rese nell’ambito delle attività agricole di carattere stagionale effettuate da pensionati e da giovani con meno di venticinque anni di età se regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso un istituto scolastico di qualsiasi ordine e grado, compatibilmente con gli impegni scolastici, ovvero in qualunque periodo dell’anno se regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso l’università;

b) alle attività agricole svolte a favore di soggetti di cui all’articolo 34, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, che non possono, tuttavia, essere svolte da soggetti iscritti l’anno precedente negli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli.

2-bis. Le imprese familiari possono utilizzare prestazioni di lavoro accessorio per un importo complessivo non superiore, nel corso di ciascun anno fiscale, a 10.000 euro.

 

2-ter. Il ricorso a prestazioni di lavoro accessorio da parte di un committente pubblico e degli enti locali è consentito nel rispetto dei vincoli previsti dalla vigente disciplina in materia di contenimento delle spese di personale e ove previsto dal patto di stabilità interno.

3. Il ricorso a prestazioni di lavoro accessorio da parte di un committente pubblico è consentito nel rispetto dei vincoli previsti dalla vigente disciplina in materia di contenimento delle spese di personale e, ove previsto, dal patto di stabilità interno.

 

4. I compensi percepiti dal lavoratore secondo le modalità di cui all’articolo 72 sono computati ai fini della determinazione del reddito necessario per il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno.

 

 

Art. 72
(Disciplina del lavoro accessorio)

 

1. Per ricorrere a prestazioni di lavoro accessorio, i beneficiari acquistano presso le rivendite autorizzate uno o più carnet di buoni per prestazioni di lavoro accessorio il cui valore nominale è fissato con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da adottarsi entro trenta giorni e periodicamente aggiornato.

1. Per ricorrere a prestazioni di lavoro accessorio, i beneficiari acquistano presso le rivendite autorizzate uno o più carnet di buoni orari, numerati progressivamente e datati per prestazioni di lavoro accessorio il cui valore nominale è fissato con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da adottarsi entro trenta giorni e periodicamente aggiornato, tenuto conto delle risultanze istruttorie del confronto con le parti sociali.

2. Tale valore nominale è stabilito tenendo conto della media delle retribuzioni rilevate per le attività lavorative affini a quelle di cui all'articolo 70, comma 1, nonché del costo di gestione del servizio.

 

3. Il prestatore di lavoro accessorio percepisce il proprio compenso presso il concessionario, di cui al comma 5, all'atto della restituzione dei buoni ricevuti dal beneficiario della prestazione di lavoro accessorio. Tale compenso è esente da qualsiasi imposizione fiscale e non incide sullo stato di disoccupato o inoccupato del prestatore di lavoro accessorio.

 

4. Fermo restando quanto disposto dal comma 4-bis, il concessionario provvede al pagamento delle spettanze alla persona che presenta i buoni, registrandone i dati anagrafici e il codice fiscale, effettua il versamento per suo conto dei contributi per fini previdenziali all'INPS, alla gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, in misura pari al 13 per cento del valore nominale del buono, e per fini assicurativi contro gli infortuni all'INAIL, in misura pari al 7 per cento del valore nominale del buono, e trattiene l'importo autorizzato dal decreto di cui al comma 1, a titolo di rimborso spese.

4. Fermo restando quanto disposto dal comma 4-bis, il concessionario provvede al pagamento delle spettanze alla persona che presenta i buoni, registrandone i dati anagrafici e il codice fiscale, effettua il versamento per suo conto dei contributi per fini previdenziali all'INPS, alla gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, in misura pari al 13 per cento del valore nominale del buono, e per fini assicurativi contro gli infortuni all'INAIL, in misura pari al 7 per cento del valore nominale del buono, e trattiene l'importo autorizzato dal decreto di cui al comma 1, a titolo di rimborso spese. La percentuale relativa al versamento dei contributi previdenziali è rideterminata con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze in funzione degli incrementi delle aliquote contributive per gli iscritti alla gestione separata dell’INPS.

4-bis. Con riferimento all'impresa familiare di cui all'articolo 70, comma 1, lettera g), trova applicazione la normale disciplina contributiva e assicurativa del lavoro subordinato.

 

5. Il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali individua con proprio decreto il concessionario del servizio e regolamenta i criteri e le modalità per il versamento dei contributi di cui al comma 4 e delle relative coperture assicurative e previdenziali. In attesa del decreto ministeriale i concessionari del servizio sono individuati nell'I.N.P.S. e nelle agenzie per il lavoro di cui agli articoli 4, comma 1, lettere a) e c) e 6, commi 1, 2 e 3 del presente decreto.

 

 

 


 

Articolo 1, commi 34-36
(
Tirocini formativi)

 

I commi 34-36 prevedono la stipula tra Governo e Regioni, in sede di Conferenza Stato-Regioni, di un accordo per la definizione di linee-guida condivise in materia di tirocini formativi e di orientamento.

 

I commi 34-36 intervengono in materia di tirocini formativi e di orientamento.

 

Il comma 34 prevede la stipula tra Governo e Regioni, in sede di Conferenza Stato-Regioni, entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, di un accordo per la definizione di linee-guida condivise in materia di tirocini formativi e di orientamento, sulla base dei seguenti criteri:

a) revisione della disciplina dei tirocini formativi, anche in relazione alla valorizzazione di altre forme contrattuali a contenuto formativo;

b) previsione di azioni e interventi volti a prevenire e contrastare un uso distorto dell'istituto, anche attraverso la puntuale individuazione delle modalità con cui il tirocinante presta la propria attività;

c)  individuazione degli elementi qualificanti del tirocinio e degli effetti conseguenti alla loro assenza;

d) il riconoscimento di una congrua indennità, anche in forma forfettaria, in relazione alla prestazione svolta.

 

Il comma 35 dispone che la mancata corresponsione dell'indennità di cui alla lettera d) del comma 1 comporta a carico del trasgressore l'irrogazione di una sanzione amministrativa il cui ammontare è proporzionato alla gravità dell'illecito commesso, in misura variabile da un minimo di 1.000 a un massimo di 6.000 euro, conformemente alla previsioni di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689.

 

Il comma 36, infine, dispone che all'applicazione del presente articolo non possono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

 

I tirocini formativi e di orientamento rappresentano momenti di alternanza tra studio e lavoro nell'ambito dei processi formativi, anche al fine di agevolare le scelte professionali mediante la conoscenza diretta del mondo del lavoro, a favore di soggetti che abbiano già assolto l'obbligo scolastico.

Le iniziative sono promosse, anche in forma associata, da parte di vari soggetti come agenzie per l'impiego, università, provveditorati agli studi, istituzioni scolastiche statali e non statali che rilascino titoli di studio con valore legale e i centri pubblici o a partecipazione pubblica di formazione professionale e/o orientamento.

La durata dei tirocini è di:

§     quattro mesi per gli studenti della scuola secondaria,

§     sei mesi per i lavoratori inoccupati o disoccupati o gli allievi degli istituti professionali di Stato, di corsi di formazione professionale, i studenti frequentanti attività formative post-diploma o post laurea;

§     dodici mesi per gli studenti universitari o le persone svantaggiate[33];

§     ai ventiquattro mesi per i soggetti portatori di handicap.

 

Tali norme sono estese ai cittadini comunitari che effettuino esperienze professionali in Italia, anche nell'ambito di programmi comunitari, nonché ai cittadini extracomunitari secondo princìpi di reciprocità e criteri e modalità definiti dal D.M. 22 marzo 2006, recante “Normativa nazionale e regionale in materia di tirocini formativi e di orientamento per i cittadini non appartenenti all'Unione europea.

 

Sul tema è intervenuto recentemente l'articolo 11 del D.L. 138/2011[34] stabilendo che i tirocini formativi e di orientamento sono promossi unicamente da soggetti in possesso degli specifici requisiti determinati dalle regioni. Inoltre, è previsto che i tirocini formativi e di orientamento "non curriculari" abbiano una durata non superiore a sei mesi (comprese eventuali proroghe) e possono essere promossi esclusivamente a favore neodiplomati e neo-laureati, entro dodici mesi dal conseguimento del relativo titolo di studio.

Tali norme non si applicano a disabili, invalidi fisici, psichici e sensoriali, soggetti in trattamento psichiatrico, tossicodipendenti, alcolisti e ai condannati ammessi a misure alternative di detenzione.

Infine, viene specificato che in assenza di specifiche regolamentazioni regionali continua a trovare applicazione, in quanto compatibile, la disciplina statale vigente contenuta all’articolo 18 della L. 196/1997[35], e del relativo regolamento ministeriale, emanato con D.M. 25 marzo 1998, n. 142[36], contenente la definizione dei tirocini formativi e di orientamento.

Si ricorda, infine, che la sentenza della Corte costituzionale n. 50 del 13-28 gennaio 2005 ha stabilito la disciplina dei tirocini appartiene alla competenza legislativa delle regioni[37]. In seguito della sentenza della Corte, la direttiva del Ministro per la funzione pubblica n. 2 del 1° agosto 2005, ha precisato che la normativa nazionale (di cui ai citati articolo 18 della legge n. 196/1997 e al D.M. n. 142 del 1998) “troverà applicazione solo in assenza di una specifica disciplina a livello regionale”.

Attività delle istituzioni dell’Unione europea

Il 20 dicembre 2011 la Commissione ha varato l'iniziativa "Opportunità per i giovani" (COM(2011)933). Una delle principali azioni previste riguarda il sostegno della Commissione agli Stati membri per un uso più efficiente del Fondo sociale europeo, tra l'altro al fine di promuovere i tirocini come già avviene in alcuni paesi.

Nel quadro delle iniziative previste nel pacchetto occupazione del 18 aprile 2012, la Commissione europea ha presentato un documento di lavoro (SWD(2012)99) con il quale ha avviato consultazione in vista della definizione di un Quadro di qualità UE per i tirocini, con l’obiettivo di raggiungere in necessario consenso in vista di una raccomandazione del Consiglio da adottare prima della fine del 2012.

La Commissione europea specifica che l’iniziativa è rivolta espressamente al tirocinio (per il quale non esiste una definizione europea) e da essa è quindi escluso apprendistato con cui spesso è confuso[38].

Gli elementi che a giudizio della Commissione dovrebbero essere compresi nel Quadro di qualità UE dei tirocini sono i seguenti:

·     conclusione di un contratto di tirocinio: il contratto di tirocinio dovrebbe costituire la base di tutti i tirocini e indicare gli obiettivi professionali e di apprendimento, la durata e, se del caso, l'ammontare della retribuzione/del compenso;

·     definizione degli obiettivi professionali e di apprendimento e tutoraggio/orientamento: oltre alla necessità di definire chiaramente gli obiettivi professionali e di apprendimento del tirocinio, occorre che all'interno dell'organizzazione ospitante sia designato un tutor personale per ciascun tirocinante;

·     adeguato riconoscimento del tirocinio: al termine del tirocinio, dovrebbe essere consegnato al tirocinante un certificato indicante la durata e il contenuto formativo del tirocinio, le mansioni espletate, nonché le conoscenze, abilità e competenze acquisite;

·     durata ragionevole: è importante che la durata dei tirocini sia chiaramente fissata ed in generale, una durata di tre-sei mesi, in funzione del tipo di tirocinio è considerata appropriata;

·     adeguatezza della retribuzione e della tutela sociale dei tirocinanti: nel corso degli studi di un tirocinante, un tirocinio gratuito può essere accettabile purché al tirocinante sia riconosciuta una copertura di sicurezza sociale. Nel caso dei tirocini post laurea, una retribuzione è in generale raccomandata;

·     trasparenza delle informazioni sui diritti e sugli obblighi: I diritti e gli obblighi del tirocinante, del datore di lavoro e, se del caso, dell'istituto di istruzione devono essere trasparenti e chiari per tutte le parti.

 


 

Articolo 1, commi 37-41
(Licenziamenti individuali)

 

I commi 37-41 modificano la legge n. 604 del 1966, in materia di licenziamenti individuali.

 

Per una puntale analisi dei contenuti della legge n. 604 del 1966 e, più in generale, della normativa previgente in materia di licenziamenti individuali, si rinvia alla scheda relativa all’articolo 1, commi 42-43, nel presente dossier.

 

Il comma 37, modificando l’articolo 2, comma 2, della legge n. 604 del 1966, dispone che la comunicazione del licenziamento deve contenere la specificazione dei motivi (mentre la norma previgente prevede che il datore di lavoro è tenuto a comunicare i motivi solo su richiesta del lavoratore).

 

Il comma 38, modificando l’articolo 6, comma 2, della legge n. 604 del 1966, riduce (da 270 giorni) a 180 giorni il termine entro il quale deve essere depositato il ricorso nella cancelleria del tribunale in funzione di giudice del lavoro o deve essere comunicata alla controparte la richiesta del tentativo di conciliazione o arbitrato[39].

 

L’articolo 6 della L. 604/1966 prevede che il licenziamento deve essere impugnato a pena di decadenza entro sessanta giorni dalla ricezione della sua comunicazione in forma scritta, ovvero dalla comunicazione, anch’essa in forma scritta, dei motivi, ove non contestuale, con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore anche attraverso l’intervento dell’organizzazione sindacale diretto ad impugnare il licenziamento stesso. L’impugnazione è inefficace se non è seguita, entro il successivo termine di 270 giorni, dal deposito del ricorso nella cancelleria del tribunale in funzione di giudice del lavoro o dalla comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato, ferma restando la possibilità di produrre nuovi documenti formatisi dopo il deposito del ricorso. Qualora la conciliazione o l’arbitrato richiesti siano rifiutati o non sia raggiunto l’accordo necessario al relativo espletamento, il ricorso al giudice deve essere depositato a pena di decadenza entro sessanta giorni dal rifiuto o dal mancato accordo.

 

Il comma 39 prevede che il nuovo termine di cui al comma 38 si applica ai soli licenziamenti intimati dopo la data di entrata in vigore della legge.

 

Il comma 40, sostituendo l’articolo 7 della L. 604/1966, introduce una procedura di conciliazione davanti alla Commissione provinciale di conciliazione presso la Direzione territoriale del lavoro, che il datore di lavoro, avente i requisiti dimensionali previsti dal nuovo articolo 18, comma 8, della legge n.300 del 1970 (i quali restano immutati rispetto al testo attualmente in vigore[40]), deve obbligatoriamente esperire prima di intimare il licenziamento per giustificato motivo oggettivo (ossia il licenziamento determinato da ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa) e si configura, quindi, come condizione di procedibilità. È previsto che nel corso della procedura le parti possano farsi assistere da rappresentanti sindacali, avvocati o consulenti del lavoro. Il comportamento complessivo delle parti in tale sede è valutato dal giudice ai fini della determinazione dell'indennità risarcitoria e della condanna alle spese (o della compensazione, anche parziale, delle stesse).

 

Il comma 41 prevede che il licenziamento intimato all’esito del procedimento disciplinare di cui all’articolo 7 della legge 20 maggio 1970 n. 300[41], oppure all’esito del procedimento di cui all’articolo 7 della legge 15 luglio 1966 n. 604, (come sostituito dal comma 40 del presente articolo), produce effetto dal giorno della comunicazione con cui il procedimento medesimo è stato avviato, salvo l’eventuale diritto del lavoratore al preavviso o alla relativa indennità sostitutiva; è fatto salvo, in ogni caso, l’effetto sospensivo disposto dalle norme del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151[42]. Gli effetti rimangono altresì sospesi in caso di impedimento derivante da infortunio occorso sul lavoro. Il periodo di eventuale lavoro svolto in costanza della procedura si considera come preavviso lavorato.


 

Legge 15 luglio 1966, n. 604
Norme sui licenziamenti individuali

Testo previgente

Testo ex L. 92/2012

 

 

Articolo 2

 

1. Il datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, deve comunicare per iscritto il licenziamento al prestatore di lavoro.

 

2. Il prestatore di lavoro può chiedere, entro quindici giorni dalla comunicazione, i motivi che hanno determinato il recesso: in tal caso il datore di lavoro deve, nei sette giorni dalla richiesta, comunicarli per iscritto.

2. La comunicazione del licenziamento deve contenere la specificazione dei motivi che lo hanno determinato.

3. Il licenziamento intimato senza l'osservanza delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2 è inefficace.

 

4. Le disposizioni di cui al comma 1 e di cui all'articolo 9 si applicano anche ai dirigenti.

 

 

 

Articolo 6

 

Il licenziamento deve essere impugnato a pena di decadenza entro sessanta giorni dalla ricezione della sua comunicazione in forma scritta, ovvero dalla comunicazione, anch’essa in forma scritta, dei motivi, ove non contestuale, con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore anche attraverso l’intervento dell’organizzazione sindacale diretto ad impugnare il licenziamento stesso.

 

L’impugnazione è inefficace se non è seguita, entro il successivo termine di duecentosettanta giorni, dal deposito del ricorso nella cancelleria del tribunale in funzione di giudice del lavoro o dalla comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato, ferma restando la possibilità di produrre nuovi documenti formatisi dopo il deposito del ricorso. Qualora la conciliazione o l’arbitrato richiesti siano rifiutati o non sia raggiunto l’accordo necessario al relativo espletamento, il ricorso al giudice deve essere depositato a pena di decadenza entro sessanta giorni dal rifiuto o dal mancato accordo.

L’impugnazione è inefficace se non è seguita, entro il successivo termine di centottanta giorni, dal deposito del ricorso nella cancelleria del tribunale in funzione di giudice del lavoro o dalla comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato, ferma restando la possibilità di produrre nuovi documenti formatisi dopo il deposito del ricorso. Qualora la conciliazione o l’arbitrato richiesti siano rifiutati o non sia raggiunto l’accordo necessario al relativo espletamento, il ricorso al giudice deve essere depositato a pena di decadenza entro sessanta giorni dal rifiuto o dal mancato accordo.

A conoscere delle controversie derivanti dall'applicazione della presente legge è competente il pretore.

 

 

 

Articolo 7

 

Quando il prestatore di lavoro non possa avvalersi delle procedure previste dai contratti collettivi o dagli accordi sindacali, può promuovere, entro venti giorni dalla comunicazione del licenziamento ovvero dalla comunicazione dei motivi ove questa non sia contestuale a quella del licenziamento, il tentativo di conciliazione presso l'Ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione.

1. Ferma l’applicabilità, per il licenziamento per giusta causa e per giustificato motivo soggettivo, dell’articolo 7 della legge 20 maggio 1970, n. 300, il licenziamento per giustificato motivo oggettivo di cui all’articolo 3, seconda parte, della presente legge, qualora disposto da un datore di lavoro avente i requisiti dimensionali di cui all’articolo 18, ottavo comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni, deve essere preceduto da una comunicazione effettuata dal datore di lavoro alla Direzione territoriale del lavoro del luogo dove il lavoratore presta la sua opera, e trasmessa per conoscenza al lavoratore.

Le parti possono farsi assistere dalle associazioni sindacali a cui sono iscritte o alle quali conferiscono mandato.

2. Nella comunicazione di cui al comma 1, il datore di lavoro deve dichiarare l’intenzione di procedere al licenziamento per motivo oggettivo e indicare i motivi del licenziamento medesimo nonché le eventuali misure di assistenza alla ricollocazione del lavoratore interessato.

Il relativo verbale di conciliazione, in copia autenticata dal direttore dell'Ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione, acquista forza di titolo esecutivo con decreto del pretore.

3. La Direzione territoriale del lavoro trasmette la convocazione al datore di lavoro e al lavoratore nel termine perentorio di sette giorni dalla ricezione della richiesta: l’incontro si svolge dinanzi alla commissione provinciale di conciliazione di cui all’articolo 410 del codice di procedura civile.

Il termine di cui al primo comma dell'articolo precedente è sospeso dal giorno della richiesta all'Ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione fino alla data della comunicazione del deposito in cancelleria del decreto del pretore, di cui al comma precedente o, nel caso di fallimento, del tentativo di conciliazione, fino alla data del relativo verbale.

4. La comunicazione contenente l’invito si considera validamente effettuata quando è recapitata al domicilio del lavoratore indicato nel contratto di lavoro o ad altro domicilio formalmente comunicato dal lavoratore al datore di lavoro, ovvero è consegnata al lavoratore che ne sottoscrive copia per ricevuta.

In caso di esito negativo nel tentativo di conciliazione di cui al primo comma le parti possono definire consensualmente la controversia mediante arbitrato irritale.

5. Le parti possono essere assistite dalle organizzazioni di rappresentanza cui sono iscritte o conferiscono mandato oppure da un componente della rappresentanza sindacale dei lavoratori, ovvero da un avvocato o un consulente del lavoro.

 

6. La procedura di cui al presente articolo, durante la quale le parti, con la partecipazione attiva della commissione di cui al comma 3, procedono ad esaminare anche soluzioni alternative al recesso, si conclude entro venti giorni dal momento in cui la Direzione territoriale del lavoro ha trasmesso la convocazione per l’incontro, fatta salva l’ipotesi in cui le parti, di comune avviso, non ritengano di proseguire la discussione finalizzata al raggiungimento di un accordo. Se fallisce il tentativo di conciliazione e, comunque, decorso il termine di cui al comma 3, il datore di lavoro può comunicare il licenziamento al lavoratore.

 

7. Se la conciliazione ha esito positivo e prevede la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, si applicano le disposizioni in materia di Assicurazione sociale per l’impiego (ASpI) e può essere previsto, al fine di favorirne la ricollocazione professionale, l’affidamento del lavoratore ad un’agenzia di cui all’articolo 4, comma 1, lettere a) e b), del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276.

 

8. Il comportamento complessivo delle parti, desumibile anche dal verbale redatto in sede di commissione provinciale di conciliazione e dalla proposta conciliativa avanzata dalla stessa, è valutato dal giudice per la determinazione dell’indennità risarcitoria di cui all’articolo 18, settimo comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni, e per l’applicazione degli articoli 91 e 92 del codice di procedura civile.».

 

9. In caso di legittimo e documentato impedimento del lavoratore a presenziare all’incontro di cui al comma 3, la procedura può essere sospesa per un massimo di quindici giorni.

 

 


 

Articolo 1, commi 42-43
(Tutele del lavoratore in caso di licenziamento illegittimo)

 

I commi 42 e 43 modificano la disciplina relativa alla tutela del lavoratore in caso di licenziamento illegittimo, prevedendo una riduzione dell’area della tutela reale.

 

L’articolo 1, commi 42 e 43, interviene sulla disciplina relativa alla tutela del lavoratore in caso di licenziamento illegittimo.

 

La disciplina previgente sui licenziamenti individuali

Il quadro normativo previgente dei licenziamenti individuali[43] è riconducibile a una serie di norme che si sono succedute nel tempo (articoli 2118 e 2119 del Codice civile; legge n.604 del 1966; articolo 18 della legge n.300 del 1970; legge n.108 del 1990).

 

a) Regime di libera recedibilità (recesso ad nutum)

Originariamente, per i contratti a tempo indeterminato, l’articolo 2118 del Codice civile prevedeva, in linea generale, un regime di libera recedibiltà delle parti (c.d. recesso ad nutum). Attualmente (per effetto delle normative successive, che hanno dapprima introdotto la “tutela obbligatoria” con la legge n.604 del 1966 e, successivamente, la “tutela reale”  con l’articolo 18 della L. 300/1970), l’area della libera recedibilità si è fortemente ridotta, trovando applicazione unicamente nelle seguenti fattispecie:

§      dirigenti: l’applicabilità ai dirigenti del regime di libera recedibilità discende dal fatto che le leggi vigenti in materia di licenziamenti individuali si riferiscono espressamente ad operai, impiegati e quadri (cfr. articolo 10 della L. 604/1966 e, per i quadri articolo 2, comma 3, della L. 190/1985). È ammessa l'introduzione di clausole limitative del licenziamento dei dirigenti ad opera di contratti collettivi (Cassazione, Sezioni Unite, sentenza n. 7295 del 9 dicembre 1986). Il diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro (c.d. "tutela reale" ai sensi dell'articolo 18 della L. 300/1970) è esteso ai dirigenti in caso di licenziamento "discriminatorio" (cfr. articolo 3 della L. 108/1990);

§      prestatori di lavoro domestico: l'articolo 4, comma 1, della L. 108/1990 esclude l'applicazione della disciplina generale in materia di licenziamenti agli addetti ai servizi domestici;

§      sportivi professionisti: tale esclusione è disposta dall'articolo 4, settimo comma 7, della legge 23 marzo 1981, n. 91 (Norme in materia di rapporti tra società e sportivi professionisti);

§      lavoratori assunti in prova: l’articolo 10 della legge n.604 del 1966 esclude l’applicazione della “tutela reale” per i lavoratori assunti in prova, ossia fino a quando l’assunzione diviene definitiva (e, in ogni, caso per un periodo massimo di sei mesi dall'inizio del rapporto;

§      lavoratori ultrasessantenni: in possesso dei requisiti per l'accesso alla pensione, salvo che abbiano optato per la prosecuzione del rapporto di lavoro ai sensi dell'articolo 6 del decreto legge 22 dicembre 1981, n. 791[44], convertito con modificazioni dalla legge 26 febbraio 1982, n. 54[45] (cfr. legge n. 108/1990, articolo 4, comma 1).

 

b) Licenziamenti per giusta causa o giustificato motivo

Ai sensi dell’articolo 1 della legge n. 604/1966, il licenziamento nel rapporto di lavoro a tempo indeterminato può avvenire solo per giusta causa o per giustificato motivo.

La nozione di giusta causa è contenuta nell'articolo 2119 del codice civile, ai sensi del quale ciascuna delle parti del rapporto di lavoro a tempo indeterminato può recedere dal contratto, senza preavviso, qualora si verifichi una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto. L'articolo precisa che non costituisce giusta causa il fallimento dell’imprenditore o la liquidazione coatta amministrativa dell’azienda. La giusta causa ricorre allorché siano commessi fatti di particolare gravità i quali, valutati oggettivamente e soggettivamente, sono tali da configurare una grave e irrimediabile negazione degli elementi essenziali del rapporto. A differenza dei comportamenti che costituiscono giustificato motivo soggettivo, che devono essere strettamente attinenti al rapporto contrattuale, secondo giurisprudenza e dottrina i comportamenti che integrano la giusta causa possono anche essere estranei alla sfera del contratto, ma idonei a produrre riflessi negativi nell’ambiente di lavoro e a deteriorare la fiducia insita nel rapporto di lavoro stesso.

La nozione di giustificato motivo si rinviene nell'articolo 3 della legge n. 604/1966, che dispone che il licenziamento per giustificato motivo è determinato da un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore di lavoro, ovvero da ragioni inerenti all'attività produttiva, all'organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa.

Secondo dottrina e giurisprudenza, nel primo caso ("notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore di lavoro") ricorre l'ipotesi del c.d. giustificato motivo soggettivo. Poiché si parla di inadempimento, i fatti che lo configurano devono essere costituiti esclusivamente da comportamenti attinenti al rapporto di lavoro. L’inadempimento si caratterizza in questo caso per essere di minore gravità "quantitativa" rispetto a quello che costituisce giusta causa per il recesso. Peraltro, ove esso non abbia le caratteristiche per essere considerato “notevole”, potrà essere sanzionato solo da misure disciplinari.

Il giustificato motivo oggettivo, invece, è determinato da “ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa”. Secondo la costante interpretazione della giurisprudenza in tali casi spetta al datore di lavoro l’onere di provare il nesso di causalità tra il licenziamento e la riorganizzazione del lavoro; il giudice può valutare l'effettiva sussistenza di tale nesso, ma non può sindacare il merito delle scelte imprenditoriali che portano al licenziamento[46].

Alla tipizzazione delle condotte legittimanti il licenziamento per giusta causa e per giustificato motivo si provvede frequentemente nei contratti collettivi; tali previsioni tuttavia non sono vincolanti per il giudice.

 

c) Tutela reale e tutela obbligatoria

La disciplina previgente, nel caso di licenziamento senza giusta causa o giustificato motivo, distingue un'area nella quale si applica la c.d. "tutela reale" del lavoratore (prevista dall'articolo 18 della legge n.300 del 1970) ed un'area nella quale si applica invece la c.d. "tutela obbligatoria" (di cui all'articolo 8 della L. n. 604/1966). Nel primo caso, il datore di lavoro ha l'obbligo di reintegrare il lavoratore illegittimamente licenziato, salvo che il lavoratore stesso scelga di optare per una indennità sostitutiva della reintegrazione nel posto di lavoro, pari a 15 mensilità di retribuzione globale di fatto; nel secondo caso, spetta al datore di lavoro la scelta tra la reintegrazione del lavoratore e la corresponsione di una indennità pecuniaria.

Ai sensi articolo 18 dello della legge n.300 del 1970, la reintegrazione del lavoratore illegittimamente licenziato nel posto di lavoro (“tutela reale”) si applica nei confronti dei datori di lavoro che occupino più di 15 dipendenti (ovvero 5 dipendenti per gli imprenditori agricoli) in ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo nel quale ha avuto luogo il licenziamento.

Si ricorda che la normativa previgente, a parte il caso del licenziamento illegittimo per mancanza di giusta causa o giustificato motivo, prevede la tutela reale (e quindi la reintegrazione), indipendentemente dai limiti dimensionali del datore di lavoro, allorché il giudice abbia:

§     dichiarato il licenziamento inefficace per mancanza della forma scritta o della comunicazione, sempre per iscritto, dei motivi del licenziamento stesso (articolo 2 della L. 604/1966)[47];

§     dichiarato la nullità del licenziamento discriminatorio, in quanto determinato (a prescindere dalla motivazione addotta) da ragioni di credo politico o fede religiosa, dall'appartenenza ad un sindacato e dalla partecipazione ad attività sindacali, ovvero da ragioni di discriminazione razziale, di lingua o di sesso (articolo 4 della L. 604/1966 e articolo 15 della L. 300/1970).

Con la stessa sentenza con cui il giudice dispone la reintegrazione ai sensi dell’articolo 18, comma 1, della L. 300/1970 (che, ai sensi dell'articolo 18, comma 6, è provvisoriamente esecutiva), il giudice condanna il datore di lavoro al risarcimento del danno subito dal lavoratore, stabilendo un’indennità commisurata alla retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione e al versamento dei contributi assistenziali e previdenziali per il medesimo periodo. Il risarcimento non potrà essere inferiore a 5 mensilità di retribuzione globale di fatto (articolo 18, comma 4).

Fermo restando il diritto al risarcimento del danno quantificato come sopra, al prestatore di lavoro è riconosciuta la facoltà di chiedere, in luogo della reintegrazione, un’indennità pari a 15 mensilità di retribuzione globale di fatto (articolo 18, comma 5, della L. 300/1970).

 

Al di fuori del campo di applicazione dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, e quindi essenzialmente per le imprese fino a 15 dipendenti, si applica invece la tutela obbligatoria di cui all'articolo 8 della L. 604/1966. Tale articolo dispone che, ove non ricorrano gli estremi della giusta causa o del giustificato motivo di licenziamento, "il datore di lavoro è tenuto a riassumere il prestatore di lavoro entro il termine di tre giorni o, in mancanza, a risarcire il danno versandogli un'indennità di importo compreso tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 6 mensilità dell'ultima retribuzione di fatto, avuto riguardo al numero dei dipendenti occupati, alle dimensioni dell'impresa, all'anzianità di servizio del prestatore di lavoro, al comportamento e alle condizioni delle parti. La misura massima della predetta indennità può essere maggiorata fino a 10 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore a dieci anni e fino a 14 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore a venti anni, se dipendenti da datore di lavoro che occupa più di quindici prestatori di lavoro".

A prescindere dalle diverse opinioni prospettate in dottrina ed in giurisprudenza circa la configurazione, dal punto di vista teorico, del rapporto tra le due obbligazioni (riassunzione e risarcimento del danno)[48], è certo che la norma di cui sopra non consente al lavoratore di ottenere, senza il concorso della volontà del datore di lavoro, il ripristino della precedente posizione lavorativa. Per altro verso, il risarcimento previsto nel caso di mancata riassunzione (che deve intendersi comunque dovuto anche quando sia il lavoratore a non voler ripristinare il rapporto, per effetto della sentenza interpretativa di rigetto n. 194 del 28 dicembre 1970 della Corte costituzionale) è comunque inferiore a quello previsto dall'articolo 18 della legge n. 300/1970.

Sussistono poi opinioni diversificate anche in ordine alla questione se la riassunzione dia luogo ad un nuovo rapporto di lavoro (come sembra ritenere l'opinione prevalente), ovvero costituisca la prosecuzione o la rinnovata attuazione del precedente rapporto, questione la cui soluzione ha naturalmente conseguenze significative per vari profili (spettanza di ulteriori erogazioni per i periodi intermedi, anzianità aziendale, trattamento di fine rapporto).

 

d) Casi di divieto di licenziamento

In determinati casi, particolari condizioni del lavoratore comportano, anche in presenza delle cause che ordinariamente lo giustificano, la previsione di un divieto di licenziamento per un periodo limitato (c.d. "periodo di comporto"). Si evidenziano, oltre a quelle individuate dall'articolo 15 dello Statuto dei lavoratori (v. sopra), in particolare le seguenti situazioni:

§     matrimonio della lavoratrice, dal giorno della richiesta delle pubblicazioni fino ad un anno dopo la celebrazione del matrimonio (legge 9 gennaio 1963, n. 7, articolo 1);

§     stato di gravidanza e di puerperio, dall'inizio dello stato di gravidanza fino al compimento di un anno di età del neonato (articolo 54 del decreto legislativo n.151 del 2011);

§     infortunio o malattia professionale, per il periodo stabilito dalla legge o dai contratti collettivi (articolo 2110 del codice civile)[49];

§     malattia generica, che dà diritto alla conservazione del posto per un periodo (stabilito dai contratti collettivi) che varia in dipendenza dell'anzianità di servizio e della categoria di appartenenza (articolo 2110 del codice civile).

Nei predetti casi, il licenziamento può avvenire solo per giusta causa. Peraltro, nell'opinione prevalente, il licenziamento per giustificato motivo - tranne che nel caso delle lavoratrici madri - non è nullo, ma solo temporaneamente inefficace; produrrebbe cioè i propri effetti al termine del periodo "di comporto".

 

Merita ricordare, infine, che l’articolo 18 della L. 300/1970 è stato oggetto di due consultazioni referendarie.

Nel referendum svoltosi il 21 maggio 2000[50], il quesito referendario era volto all'abrogazione dell'articolo 18. Il referendum è risultato non valido, non avendo ad esso partecipato la maggioranza degli aventi diritto. Ad esso ha infatti preso parte solamente il 32,5% degli aventi diritto. Tra i votanti, 4.923.3814 (pari al 33,4%) hanno votato in senso favorevole, mentre 9.834.046 (pari al 66,6%) hanno espresso voto contrario all'abrogazione delle norme in oggetto.

Nel referendum svoltosi il 15 giungo 2003[51], il quesito referendario era volto all’abrogazione delle norme che stabiliscono limiti numerici ed esenzioni per l'applicazione dell'art. 18, con l’obiettivo di estendere l’area della tutela reale (ossia la reintegrazione giudiziale in caso di licenziamento illegittimo). Il referendum, la cui votazione è avvenuta il 15 giugno 2003, è risultato non valido, non avendo ad esso partecipato la maggioranza degli aventi diritto. Ad esso ha infatti preso parte solamente il 25,7% degli aventi diritto. Tra i votanti, 10.245.809 (pari all’87,4%) hanno votato in senso favorevole, mentre 1.483.563 (pari al 12,6%) ha espresso voto contrario all'abrogazione delle norme in oggetto.

 

Il comma 42, lettere a) e b), modifica l’articolo 18 della legge n. 300 del 1970.

La lettera a) sostituisce la rubrica dell’articolo 18 della legge n.300 del 1970, al fine di adeguarla al nuovo contenuto normativo della disposizione (“Tutela del lavoratore in caso di licenziamento illegittimo”[52]).

La lettera b) sostituisce, con 10 nuovi commi, gli attuali commi da 1 a 6 dell’articolo 18 della legge n.300 del 1970, che definiscono la tutela dei lavoratori contro i licenziamenti illegittimi.[53].

Per effetto delle modifiche introdotte, la nuova disciplina a tutela del lavoratore nel caso di licenziamento illegittimo risulta articolata nel modo che segue.

 

A) Licenziamento nullo (commi 1, 2 e 3 del nuovo articolo 18)

Nel caso di licenziamento nullo (perché discriminatorio o adottato in presenza di una causa di divieto[54]) o intimato in forma orale, viene sostanzialmente confermata la normativa previgente, che prevede la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro (tutela reale), indipendentemente dal motivo formalmente addotto e dal numero di dipendenti occupati dal datore di lavoro[55], nonchè un’indennità commisurata all’ultima retribuzione globale maturata dal momento del licenziamento all’effettiva reintegrazione (e comunque non inferiore a 5 mensilità). Resta fermo, poi, che il lavoratore può optare, in alternativa, per un’indennità pari a 15 mensilità dell’ultima retribuzione globale.

 

B) Licenziamento illegittimo per mancanza di giusta causa o di giustificato motivo soggettivo (c.d. licenziamento disciplinare) (commi 4, 5, 7, primo periodo, e 8 del nuovo articolo 18)

Nel caso di licenziamento per mancanza di giusta causa o di giustificato motivo soggettivo, rispetto alla precedente disciplina, che prevede in ogni caso l’obbligo di reintegrazione del lavoratore nelle imprese oltre i 15 dipendenti (o oltre i 5 se si tratta di imprenditore agricolo), si introduce una distinzione tra:

·     mancanza di giusta causa o di giustificato motivo connessi a insussistenza del fatto contestato ovvero a fatto che rientra tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base delle previsioni dei contratti o dei codici disciplinari: in questi casi continua a valere la reintegrazione nel posto di lavoro (tutela reale) (prevista dalla normativa previgente nelle imprese sopra i 15 dipendenti) e il giudice riconosce un’indennità risarcitoria pari a un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto (Per quanto concerne l’indennità, rispetto alla normativa previgente viene quindi fissato un tetto massimo e, allo stesso tempo, soppresso il limite minimo di 5 mensilità). Riguardo all'obbligo, a carico del datore, di versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali per il periodo intercorrente tra il licenziamento e l'effettiva reintegrazione, si specifica (e trattasi, anche in questo caso, di un elemento di novità rispetto alla precedente normativa) che dalle somme dovute si scomputino i contributi accreditati in favore del lavoratore in conseguenza di eventuali altre attività lavorative (comma 4);

·     mancanza di giusta causa o di giustificato motivo connessi a tutte le restanti ipotesi: in questi casi non opera più la reintegrazione nel posto di lavoro (tutela reale) (in precedenza prevista nelle imprese sopra i 15 dipendenti) e il giudice, dichiarando risolto il rapporto di lavoro, riconosce un’indennità determinata tra un minimo di 12 e un massimo di 24 mensilità dell’ultima retribuzione globale (in relazione all’anzianità del lavoratore e tenuto conto del numero dei dipendenti occupati, delle dimensioni dell’attività economica, del comportamento e delle condizioni delle parti, con onere di specifica motivazione a tale riguardo) (comma 5).

 

C) Licenziamento illegittimo per mancanza di giustificato motivo oggettivo (c.d. licenziamento per motivi economici) (comma 7, secondo e terzo periodo, del nuovo articolo 18)

Nel caso di licenziamento illegittimo per mancanza di giustificato motivo oggettivo, non trova più applicazione la reintegrazione nel posto di lavoro (tutela reale) (prevista dalla precedente normativa nelle imprese sopra i 15 dipendenti) e il giudice riconosce un’indennità determinata tra un minimo di 12 e un massimo di 24 mensilità dell’ultima retribuzione globale; tuttavia, il giudice, nel caso in cui accerti la manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento per giustifico motivo oggettivo, può disporre la reintegrazione nel posto di lavoro (tutela reale) e riconoscere un’indennità risarcitoria pari a un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto.

 

Si segnala che la possibilità per il lavoratore di optare, in alternativa alla reintegrazione nel posto di lavoro (tutela reale), per un’indennità pari a 15 mensilità dell’ultima retribuzione globale (che l’articolo 18, comma 4, della L. 300/1970, nella formulazione previgente, riconosce in tutti i casi in cui il giudice dispone la reintegrazione nel posto di lavoro), nel testo in esame  è prevista nel solo nel caso di reintegrazione disposta a seguito di dichiarazione di nullità del licenziamento (perché discriminatorio o adottato in presenza di una causa di divieto) e non più nel caso di licenziamento per giusta causa e giustificato motivo.

 

D) Licenziamento inefficace (comma 6 del nuovo articolo 18)

Nel caso di licenziamento inefficace per violazione del requisito di motivazione, della procedura disciplinare o della procedura di conciliazione, non trova più applicazione la reintegrazione nel posto di lavoro (tutela reale) (prevista dalla normativa previgente nelle imprese sopra i 15 dipendenti)  e il giudice riconosce al lavoratore un’indennità risarcitoria complessiva determinata tra un minimo di 6 e un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale (ai fini della determinazione in concreto dell’indennità il giudice deve tenere conto della gravità della violazione formale o procedurale commessa dal datore di lavoro, e motivare in modo specifico al riguardo).

 

Infine, una serie di disposizioni di tipo trasversale (applicabili cioè in tutte le ipotesi di licenziamenti illegittimi) che innovano la previgente normativa riguardano:

·     il fatto che nella determinazione dell’indennità spettante al lavoratore il giudice debba dedurre quanto eventualmente percepito dal lavoratore, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative (nuovo comma 2) e quanto avrebbe potuto percepire dedicandosi con diligenza alla ricerca di una nuova occupazione (nuovo comma 4), nonché valutare il comportamento delle parti nell’ambito della procedura di conciliazione (nuovo comma 7).

·     l’introduzione di una fattispecie di revoca del licenziamento (individuale) da parte del datore, in virtù della quale, qualora vi sia una revoca entro il termine di quindici giorni dalla comunicazione al datore di lavoro dell’impugnazione del medesimo licenziamento, il rapporto di lavoro si intende ripristinato senza soluzione di continuità, con diritto del lavoratore alla retribuzione maturata nel periodo precedente la revoca, sena applicazione di sanzioni o indennità (comma 10).

 

Il comma 43 integra l’articolo 30, comma 1, della legge n. 183 del 2010 (Collegato lavoro), ove si prevede che laddove disposizioni di legge in materia di lavoro contengano clausole generali ("ivi comprese le norme in tema di instaurazione di un rapporto di lavoro, esercizio dei poteri datoriali, trasferimento di azienda e recesso"), il controllo giudiziale è limitato "all’accertamento del presupposto di legittimità e non può essere esteso al sindacato di merito sulle valutazioni tecniche, organizzative e produttive che competono al datore di lavoro o al committente". La modifica è volta a specificare che l'inosservanza di tale limite costituisce motivo di impugnazione del provvedimento giudiziale per violazione di norme di diritto.

 


 

Articolo 1, commi 44-46
(Licenziamenti collettivi)

 

I commi 44-46 modificano la disciplina dei licenziamenti collettivi.

 

I commi 44-46 modificano in più parti la L. 223/1991, in tema di licenziamenti collettivi.

 

L’istituto del licenziamento collettivo è disciplinato principalmente dall’articolo 24 della L. 23 luglio 1991, n. 223[56]. Le cause che giustificano il ricorso a tale istituto risiedono nella riduzione o trasformazione dell’attività o del lavoro e nella cessazione dell’attività.

L’ipotesi di licenziamento collettivo si verifica nel caso in cui le imprese che occupano più di 15 dipendenti, in conseguenza di una riduzione o trasformazione di attività o di lavoro, intendono effettuare almeno 5 licenziamenti nell’arco temporale di 120 giorni nell’unità produttiva oppure in più unità produttive dislocate nella stessa provincia.

La normativa si applica a tutti i licenziamenti che, nel medesimo arco temporale e nello stesso territorio siano riconducibili alla medesima riduzione o trasformazione.

Qualora sia assente il requisito quantitativo o quello temporale, si applica invece la disciplina sui licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo.

E’ sempre obbligatoria la verifica della sussistenza di un nesso di causalità tra la trasformazione produttiva effettuata ed il ridimensionamento dei dipendenti[57], nonché un nesso di congruità tra gli stessi (cioè una piccola trasformazione produttiva non può comportare un rilevante numero di licenziamenti). Spetta al datore di lavoro provare l’effettività e la definitività della diminuzione del fabbisogno di forza-lavoro, attraverso la mancata sostituzione dei lavoratori licenziati o l’assenza di ulteriori assunzioni.

Si ricorda che la procedura stabilita per il licenziamento collettivo è applicata anche alle aziende in CIGS, qualora nel corso o al termine del programma si verifichi la necessità di procedere anche ad un solo licenziamento.

La procedura è contenuta nell’articolo 4 della L. 223/1991, che disciplina la procedura per la dichiarazione di mobilità (identica in caso di licenziamenti collettivi). In particolare, tale procedura può essere avviata dall'impresa che sia stata ammessa alla CIGS, qualora nel corso di attuazione del programma - che l'impresa stessa intende attuare con riferimento anche alle eventuali misure previste per fronteggiare le conseguenze sul piano sociale - ritenga di non essere in grado di garantire il reimpiego a tutti i lavoratori sospesi e di non poter ricorrere a misure alternative (comma 1).

La procedura (commi 2-13) consta in una fase cd. sindacale e in una fase cd. amministrativa, nel corso delle quali il datore di lavoro ed i sindacati tentano di trovare soluzioni alternative al licenziamento. Le imprese in primo luogo hanno l’obbligo di effettuare una comunicazione preventiva alle RSA e alle associazioni di categoria della loro intenzione di collocare i lavoratori in mobilità.

Il datore di lavoro imprenditore ha l’obbligo di versare un contributo d’ingresso (tale obbligo non sussiste per i datori di lavoro non imprenditori) e di comunicare alle RSA l’intenzione di ridurre il personale e di collocare i lavoratori in esubero in mobilità. Le RSA possono richiedere un esame congiunto della situazione con il datore di lavoro, al fine di trovare un accordo alternativo. Terminata tale fase, il datore comunica alla Direzione del lavoro competente l’esito dell’esame e i motivi dell’eventuale mancato accordo. Se l’esame sindacale non è stato fatto o non è stato trovato un accordo, la Direzione del lavoro può convocare le parti e tentare di trovare un ulteriore accordo. Se anche in questa fase non viene trovato un accordo alternativo alla messa in mobilità, il datore di lavoro può procedere al licenziamento del personale. L’inosservanza degli adempimenti procedurali comporta la violazione della procedura stessa e la conseguente inefficacia dei licenziamenti[58]. In tal caso i lavoratori hanno diritto alla reintegrazione, da far valere mediante impugnazione del recesso entro 60 giorni dal ricevimento della comunicazione, con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale. Nei casi di inefficacia dei licenziamenti, per i datori di lavoro non imprenditori si applica la disciplina della tutela obbligatoria dei licenziamenti, di cui alla L. 604/1966, e non la tutela reale di cui all’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.

Più specificamente, il comma 9 del richiamato articolo 4 dispone l'ambito di applicabilità dei licenziamenti collettivi per riduzione di personale, prescrivendo che, una volta raggiunto l'accordo sindacale sulle cause e sulla necessità di procedere in tal senso (ovvero esperita una diversa procedura presso gli uffici del lavoro), l'impresa comunichi ai destinatari l'intervenuto recesso e contestualmente ne comunichi l'elenco, ai fini del collocamento in mobilità, agli uffici territoriali competenti ed alle associazioni di categoria.

L’imprenditore è tenuto a fornire ai sindacati ed agli organi amministrativi una comunicazione relativa alle modalità con cui sono stati applicati i criteri di scelta dei lavoratori da licenziare. Al riguardo, l’articolo 5 prevede che l'individuazione dei lavoratori da collocare in mobilità deve avvenire, in relazione alle esigenze tecnico-produttive ed organizzative del complesso aziendale, nel rispetto dei criteri previsti da contratti collettivi stipulati con i sindacati, ovvero, in mancanza di contratti, nel rispetto dei seguenti criteri, in concorso tra loro: a)  carichi di famiglia; b)  anzianità; c)  esigenze tecnico-produttive ed organizzative .

Tutti i lavoratori subordinati a tempo indeterminato, il cui rapporto sia cessato in ragione di un licenziamento collettivo sono collocati in mobilità, con diritto alla corresponsione della relativa indennità in caso di possesso di determinati requisiti di anzianità.

 

I commi 44 e 45 intervengono sulla procedura sindacale che deve seguire il datore di lavoro il quale intenda intimare licenziamenti collettivi, prevedendo:

·     che la comunicazione dell’elenco dei lavoratori collocati in mobilità, che l’impresa deve effettuare nei confronti di determinati soggetti pubblici, avvenga non contestualmente (come prevede, attualmente, l’articolo 4, comma 9, della L. 223/1991), bensì entro sette giorni dalla comunicazione dei recessi a ciascuno dei lavoratori interessati (comma 1);

·     che gli eventuali vizi della comunicazione preventiva alle rappresentanze sindacali aziendali e alle rispettive associazioni di categoria (con la quale inizia la procedura di licenziamento collettivo) sono sanabili, ad ogni effetto di legge, nell’ambito di un accordo sindacale concluso nel corso della medesima procedura (comma 2).

 

Il comma 46 è volto ad adeguare le conseguenze sanzionatorie dei licenziamenti illegittimi o inefficaci, intimati ai singoli lavoratori all’esito della procedura di licenziamento collettivo, al nuovo testo dell’articolo 18 della L. 300/1970 (Statuto dei lavoratori) introdotto dalla legge in esame[59].

In particolare, si prevede che:

·     in caso di recesso intimato senza l’osservanza della forma scritta, si applica il regime sanzionatorio previsto dal nuovo testo dell’articolo 18, comma 1, della L. 300/1970 (ossia la reintegrazione nel posto di lavoro e una indennità commisurata all’ultima retribuzione globale maturata dal momento del licenziamento all’effettiva reintegrazione, comunque non inferiore a 5 mensilità);

·     in caso di recesso intimato senza il rispetto della procedura sindacale prevista dall’articolo 4, comma 12, della L. 223/1991, si applica la tutela prevista per i licenziamenti economici dal nuovo testo dell’articolo 18, comma 7, terzo periodo, della legge n.300 del 1970 (ossia indennità determinata tra un minimo di 12 e un massimo di 24 mensilità dell’ultima retribuzione globale);

·     in caso di recesso intimato violando i criteri di scelta dei lavoratori da collocare in mobilità (elencati dall’articolo 5 della L. 223/1991), si applica la tutela reale prevista dal nuovo testo dell’articolo 18, comma 4, della L. 300/1970 (ossia la reintegrazione nel posto di lavoro e una indennità commisurata all’ultima retribuzione globale maturata dal momento del licenziamento all’effettiva reintegrazione, comunque non superiore a 12 mensilità).

 

Infine, si prevede che in tali ipotesi, ai fini dell’impugnazione dei licenziamenti, trovino applicazione le disposizioni di cui all’articolo 6 della L. 604/1966.

 

L’articolo 6 della L. 604/1966 prevede che il licenziamento debba essere impugnato con qualsiasi atto scritto, anche stragiudiziale, idoneo a manifestare la volontà del lavoratore, entro 60 giorni dalla sua comunicazione per iscritto, e che nei successivi 270 giorni (180 giorni ai sensi dell’articolo 1, comma 38, della presente legge) debba essere depositato il ricorso nella cancelleria del tribunale in funzione di giudice del lavoro o debba essere comunicata alla controparte la richiesta del tentativo di conciliazione.

Procedure di contenzioso

Si segnala che la Commissione ha aperto il 25 giugno 2009 una procedura di infrazione (proc. n. 2007/4652) con l’invio di una lettera di messa in mora nei confronti dell’Italia per la non corretta attuazione della direttiva 98/59/CE del 20 luglio 1998 concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi.

La non corretta attuazione riguarda in particolare l’articolo 1, paragrafo 2 della direttiva 98/59/CE, che stabilisce in modo esaustivo le eccezioni all’applicazione della procedura sui licenziamenti collettivi. La legge n. 223 del 1991, con la quale le autorità italiane hanno comunicato di aver recepito la direttiva nel diritto interno avrebbe, infatti, esteso, ben oltre le previsioni della direttiva, l’ambito dei lavoratori esclusi dall’applicazione delle garanzie procedurali previste dalla direttiva 98/59/CE, escludendo la categoria dei dirigenti, che sarebbero conteggiati nel calcolo della forza lavoro dello stabilimento, ai fini dell’applicazione della procedura di licenziamento collettivo, ma non sarebbero considerati nel computo del numero dei lavoratori interessati dal licenziamento, con ciò escludendoli dalle garanzia procedurali previste dalla direttiva 98/59/CE.

Il Governo italiano è in attesa del riscontro dai servizi della Commissione alla nota, inoltrata il 21 dicembre 2011, con la quale il Ministero del lavoro risponde alla censura avanzate dalla Commissione europea, e che illustra il sistema complessivo di tutela previsto dall’ordinamento italiano per i dirigenti in caso di licenziamento.

 


 

Legge 23 luglio 1991, n. 223
Norme in materia di cassa integrazione, mobilità, trattamenti di disoccupazione, attuazione di direttive della Comunità europea, avviamento al lavoro ed altre disposizioni in materia di mercato del lavoro

Testo previgente

Testo ex L. 92/2012

 

 

Art. 4
(Procedura per la dichiarazione di mobilità)

 

 

 

1. L'impresa che sia stata ammessa al trattamento straordinario di integrazione salariale, qualora nel corso di attuazione del programma di cui all'articolo 1 ritenga di non essere in grado di garantire il reimpiego a tutti i lavoratori sospesi e di non poter ricorrere a misure alternative, ha facoltà di avviare le procedure di mobilità ai sensi del presente articolo.

 

2. Le imprese che intendano esercitare la facoltà di cui al comma 1 sono tenute a darne comunicazione preventiva per iscritto alle rappresentanze sindacali aziendali costituite a norma dell'art. 19, L. 20 maggio 1970, n. 300, nonché alle rispettive associazioni di categoria. In mancanza delle predette rappresentanze la comunicazione deve essere effettuata alle associazioni di categoria aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale. La comunicazione alle associazioni di categoria può essere effettuata per il tramite dell'associazione dei datori di lavoro alla quale l'impresa aderisce o conferisce mandato.

 

3. La comunicazione di cui al comma 2 deve contenere indicazione: dei motivi che determinano la situazione di eccedenza; dei motivi tecnici, organizzativi o produttivi, per i quali si ritiene di non poter adottare misure idonee a porre rimedio alla predetta situazione ed evitare, in tutto o in parte, la dichiarazione di mobilità; del numero, della collocazione aziendale e dei profili professionali del personale eccedente, nonché del personale abitualmente impiegato; dei tempi di attuazione del programma di mobilità; delle eventuali misure programmate per fronteggiare le conseguenze sul piano sociale della attuazione del programma medesimo del metodo di calcolo di tutte le attribuzioni patrimoniali diverse da quelle già previste dalla legislazione vigente e dalla contrattazione collettiva. Alla comunicazione va allegata copia della ricevuta del versamento all'INPS, a titolo di anticipazione sulla somma di cui all'articolo 5, comma 4, di una somma pari al trattamento massimo mensile di integrazione salariale moltiplicato per il numero dei lavoratori ritenuti eccedenti.

 

4. Copia della comunicazione di cui al comma 2 e della ricevuta del versamento di cui al comma 3 devono essere contestualmente inviate all'Ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione.

 

5. Entro sette giorni dalla data del ricevimento della comunicazione di cui al comma 2, a richiesta delle rappresentanze sindacali aziendali e delle rispettive associazioni si procede ad un esame congiunto tra le parti, allo scopo di esaminare le cause che hanno contribuito a determinare l'eccedenza del personale e le possibilità di utilizzazione diversa di tale personale, o di una sua parte, nell'ambito della stessa impresa, anche mediante contratti di solidarietà e forme flessibili di gestione del tempo di lavoro. Qualora non sia possibile evitare la riduzione di personale, è esaminata la possibilità di ricorrere a misure sociali di accompagnamento intese, in particolare, a facilitare la riqualificazione e la riconversione dei lavoratori licenziati. I rappresentanti sindacali dei lavoratori possono farsi assistere, ove lo ritengano opportuno, da esperti.

 

6. La procedura di cui al comma 5 deve essere esaurita entro quarantacinque giorni (24) dalla data del ricevimento della comunicazione dell'impresa. Quest'ultima dà all'Ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione comunicazione scritta sul risultato della consultazione e sui motivi del suo eventuale esito negativo. Analoga comunicazione scritta può essere inviata dalle associazioni sindacali dei lavoratori.

 

7. Qualora non sia stato raggiunto l'accordo, il direttore dell'Ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione convoca le parti al fine di un ulteriore esame delle materie di cui al comma 5, anche formulando proposte per la realizzazione di un accordo. Tale esame deve comunque esaurirsi entro trenta giorni dal ricevimento da parte dell'Ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione della comunicazione dell'impresa prevista al comma 6.

 

8. Qualora il numero dei lavoratori interessati dalla procedura di mobilità sia inferiore a dieci, i termini di cui ai commi 6 e 7 sono ridotti alla metà.

 

9. Raggiunto l'accordo sindacale ovvero esaurita la procedura di cui ai commi 6, 7 e 8, l'impresa ha facoltà di collocare in mobilità gli impiegati, gli operai e i quadri eccedenti, comunicando per iscritto a ciascuno di essi il recesso, nel rispetto dei termini di preavviso. Contestualmente, l'elenco dei lavoratori collocati in mobilità, con l'indicazione per ciascun soggetto del nominativo, del luogo di residenza, della qualifica, del livello di inquadramento, dell'età, del carico di famiglia, nonché con puntuale indicazione delle modalità con le quali sono stati applicati i criteri di scelta di cui all'articolo 5, comma 1, deve essere comunicato per iscritto all'Ufficio regionale del lavoro e della massima occupazione competente, alla Commissione regionale per l'impiego e alle associazioni di categoria di cui al comma 2.

9. Raggiunto l'accordo sindacale ovvero esaurita la procedura di cui ai commi 6, 7 e 8, l'impresa ha facoltà di collocare in mobilità gli impiegati, gli operai e i quadri eccedenti, comunicando per iscritto a ciascuno di essi il recesso, nel rispetto dei termini di preavviso. Entro sette giorni dalla comunicazione dei recessi, l'elenco dei lavoratori collocati in mobilità, con l'indicazione per ciascun soggetto del nominativo, del luogo di residenza, della qualifica, del livello di inquadramento, dell'età, del carico di famiglia, nonché con puntuale indicazione delle modalità con le quali sono stati applicati i criteri di scelta di cui all'articolo 5, comma 1, deve essere comunicato per iscritto all'Ufficio regionale del lavoro e della massima occupazione competente, alla Commissione regionale per l'impiego e alle associazioni di categoria di cui al comma 2.

10. Nel caso in cui l'impresa rinunci a collocare in mobilità i lavoratori o ne collochi un numero inferiore a quello risultante dalla comunicazione di cui al comma 2, la stessa procede al recupero delle somme pagate in eccedenza rispetto a quella  dovuta ai sensi dell'articolo 5, comma 4, mediante conguaglio con i contributi dovuti all'INPS, da effettuarsi con il primo versamento utile successivo alla data di determinazione del numero dei lavoratori posti in mobilità.

 

11. Gli accordi sindacali stipulati nel corso delle procedure di cui al presente articolo, che prevedano il riassorbimento totale o parziale dei lavoratori ritenuti eccedenti, possono stabilire, anche in deroga al secondo comma dell'articolo 2103 del codice civile, la loro assegnazione a mansioni diverse da quelle svolte.

 

12. Le comunicazioni di cui al comma 9 sono prive di efficacia ove siano state effettuate senza l'osservanza della forma scritta e delle procedure previste dal presente articolo.

12. Le comunicazioni di cui al comma 9 sono prive di efficacia ove siano state effettuate senza l'osservanza della forma scritta e delle procedure previste dal presente articolo. Gli eventuali vizi della comunicazione di cui al comma 2 del presente articolo possono essere sanati, ad ogni effetto di legge, nell’ambito di un accordo sindacale concluso nel corso della procedura di licenziamento collettivo.

13. I lavoratori ammessi al trattamento di cassa integrazione, al termine del periodo di godimento del trattamento di integrazione salariale, rientrano in azienda.

 

14. Il presente articolo non trova applicazione nel caso di eccedenze determinate da fine lavoro nelle imprese edili e nelle attività stagionali o saltuarie, nonché per i lavoratori assunti con contratto di lavoro a tempo determinato.

 

15. Nei casi in cui l'eccedenza riguardi unità produttive ubicate in diverse province della stessa regione ovvero in più regioni, la competenza a promuovere l'accordo di cui al comma 7 spetta rispettivamente al direttore dell'Ufficio regionale del lavoro e della massima occupazione ovvero al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. Agli stessi vanno inviate le comunicazioni previste dal comma 4.

 

15-bis. Gli obblighi di informazione, consultazione e comunicazione devono essere adempiuti indipendentemente dal fatto che le decisioni relative all'apertura delle procedure di cui al presente articolo siano assunte dal datore di lavoro o da un'impresa che lo controlli. Il datore di lavoro che viola tali obblighi non può eccepire a propria difesa la mancata trasmissione, da parte dell'impresa che lo controlla, delle informazioni relative alla decisione che ha determinato l'apertura delle predette procedure.

 

16. Sono abrogati gli articoli 24 e 25 della legge 12 agosto 1977, n. 675 , le disposizioni del decreto-legge 30 marzo 1978, n. 80 ,convertito, con modificazioni, dalla legge 26 maggio 1978, n. 215, ad eccezione dell'articolo 4-bis, nonché il decreto-legge 13 dicembre 1978, n. 795 , convertito, con modificazioni, dalla legge 9 febbraio 1979, n. 36.

 

 

 

Art. 5
(Criteri di scelta dei lavoratori ed oneri a carico delle imprese)

 

1. L'individuazione dei lavoratori da collocare in mobilità deve avvenire, in relazione alle esigenze tecnico- produttive ed organizzative del complesso aziendale, nel rispetto dei criteri previsti da contratti collettivi stipulati con i sindacati di cui all'articolo 4, comma 2, ovvero, in mancanza di questi contratti, nel rispetto dei seguenti criteri, in concorso tra loro:

 

a) carichi di famiglia;

 

b) anzianità: esigenze tecnico-produttive ed organizzative

 

c) esigenze tecnico-produttive ed organizzative

 

2. Nell'operare la scelta dei lavoratori da collocare in mobilità, l'impresa è tenuta al rispetto dell'articolo 9, ultimo comma, del decreto-legge 29 gennaio 1983, n. 17 ,convertito, con modificazioni, dalla legge 25 marzo 1983, n. 79. L'impresa non può altresì collocare in mobilità una percentuale di manodopera femminile superiore alla percentuale di manodopera femminile occupata con riguardo alle mansioni prese in considerazione.

 

3. Il recesso di cui all'art. 4, comma 9, è inefficace qualora sia intimato senza l'osservanza della forma scritta o in violazione delle procedure richiamate all'articolo 4, comma 12, ed è annullabile in caso di violazione dei criteri di scelta previsti dal comma 1 del presente articolo. Salvo il caso di mancata comunicazione per iscritto, il recesso può essere impugnato entro sessanta giorni dal ricevimento della comunicazione con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore anche attraverso l'intervento delle organizzazioni sindacali. Al recesso di cui all'articolo 4, comma 9, del quale sia stata dichiarata l'inefficacia o l'invalidità, si applica l'articolo 18, legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni.

3. Qualora il licenziamento sia intimato senza l’osservanza della forma scritta, si applica il regime sanzionatorio di cui all’articolo 18, primo comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni. In caso di violazione delle procedure richiamate all’articolo 4, comma 12, si applica il regime di cui al terzo periodo del settimo comma del predetto articolo 18. In caso di violazione dei criteri di scelta previsti dal comma 1, si applica il regime di cui al quarto comma del medesimo articolo 18. Ai fini dell’impugnazione del licenziamento si applicano le disposizioni di cui all’articolo 6 della legge 15 luglio 1966, n. 604, e successive modificazioni.

4. Per ciascun lavoratore posto in mobilità l'impresa è tenuta a versare alla gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali, di cui all'articolo 37, legge 9 marzo 1989, n. 88 in trenta rate mensili, una somma pari a sei volte il trattamento mensile iniziale di mobilità spettante al lavoratore. Tale somma è ridotta alla metà quando la dichiarazione di eccedenza del personale di cui all'articolo 4, comma 9, abbia formato oggetto di accordo sindacale.

 

5. L'impresa che, secondo le procedure determinate dalla Commissione regionale per l'impiego, procuri offerte di lavoro a tempo indeterminato aventi le caratteristiche di cui all'art. 9, comma 1, lettera b), non è tenuta al pagamento delle rimanenti rate relativamente ai lavoratori che perdano il diritto al trattamento di mobilità in conseguenza del rifiuto di tali offerte ovvero per tutto il periodo in cui essi, accettando le offerte procurate dalla impresa, abbiano prestato lavoro. Il predetto beneficio è escluso per le imprese che si trovano, nei confronti dell'impresa disposta ad assumere nei rapporti di cui all'art. 8, comma 4-bis.

 

6. Qualora il lavoratore venga messo in mobilità dopo la fine del dodicesimo mese successivo a quello di emanazione del decreto di cui all'articolo 2, comma 1, e la fine del dodicesimo mese successivo a quello del completamento del programma di cui all'articolo 1, comma 2, nell'unità produttiva in cui il lavoratore era occupato, la somma che l'impresa è tenuta a versare ai sensi del comma 4 del presente articolo è aumentata di cinque punti percentuali per ogni periodo di trenta giorni intercorrente tra l'inizio del tredicesimo mese e la data di completamento del programma. Nel medesimo caso non trova applicazione quanto previsto dal secondo comma dell'articolo 2 della legge 8 agosto 1972, n. 464.

 

 

 


 

Articolo 1, commi 47-69
(Rito speciale per le controversie in materia di licenziamenti)

 

I commi da 47 a 69 introducono un rito speciale per le controversie relative all’impugnativa dei licenziamenti nelle ipotesi previste dal nuovo art. 18 della legge n. 300 del 1970, nonché alle questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro.

 

La disciplina previgente

II processo del lavoro è disciplinato da un rito speciale introdotto dalla legge n. 533/1973 per la trattazione di tutte le controversie individuali relative a rapporti di lavoro ed in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie.

Tale rito, disciplinato dagli articoli 409 e seguenti del codice di procedura civile, si differenzia da quello ordinario per una maggiore celerità, per i più ampi poteri istruttori riconosciuti al giudice del lavoro e per il favor alla conciliazione della controversia. Giudice competente è il Tribunale in composizione monocratica in funzione di giudice del lavoro; la competenza per territorio si determina in relazione al luogo in cui è sorto il rapporto, o quello in cui si trova l'azienda ovvero una sua dipendenza presso la quale il rapporto ha o aveva effettivo svolgimento

La controversia - che può essere preceduta da un tentativo di conciliazione[60] (anche tramite il proprio sindacato) presso la competente commissione di conciliazione istituita presso la Direzione provinciale del lavoro - può riguardare qualsiasi aspetto del rapporto di lavoro e in particolare: l'impugnazione dei licenziamenti e dei trasferimenti; l'applicazione di sanzioni disciplinari; la violazione delle regole relative alla costituzione del rapporto; le pretese di natura retributiva (mensilità, trattamento di fine rapporto, ecc.); il risarcimento dei danni conseguenti a violazioni di regole imperative (mancata fruizione di ferie, danni da infortunio, mancato versamento dei contributi previdenziali, ecc.); l'inquadramento del lavoratore (attribuzione a mansioni superiori, demansionamento, ecc.).

In particolare, per qual che riguarda il licenziamento individuale, ai sensi dell’art. 6 della legge n. 604 del 1966 (come modificato dalla legge n. 183/2010), questo va impugnato a pena di decadenza entro 60 giorni dalla ricezione della sua comunicazione in forma scritta da parte del datore di lavoro (ovvero dalla comunicazione, anch’essa in forma scritta, dei motivi, ove non contestuale), con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore (anche attraverso l’intervento dell’organizzazione sindacale diretto ad impugnare il licenziamento stesso). L’impugnazione è inefficace se non è seguita, entro il successivo termine di 270 giorni, dal deposito del ricorso nella cancelleria del tribunale in funzione di giudice del lavoro o dalla comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato, ferma restando la possibilità di produrre nuovi documenti formatisi dopo il deposito del ricorso. Qualora la conciliazione o l’arbitrato richiesti siano rifiutati o non sia raggiunto l’accordo necessario al relativo espletamento, il ricorso al giudice deve essere depositato a pena di decadenza entro sessanta giorni dal rifiuto o dal mancato accordo

La domanda relativa alle controversie di lavoro va proposta con ricorso, il cui contenuto è dettato dall’art. 414 c.p.c. (indicazione del giudice, generalità e residenza delle parti, determinazione dell'oggetto della domanda, esposizione dei fatti e degli elementi di diritto sui quali si fonda la domanda con le relative conclusioni, indicazione specifica dei mezzi di prova di cui il ricorrente intende avvalersi e in particolare dei documenti che si offrono in comunicazione).Il giudice, entro 5 gg. dal deposito del ricorso, fissa con decreto l’udienza di discussione-comparizione.

Specifici termini procedurali sono indicati dall’art. 415; infatti:

-   tra il giorno del deposito del ricorso e l'udienza di discussione non devono decorrere più di 60 giorni;

-   il ricorso, con il decreto di fissazione dell'udienza, deve essere notificato al convenuto, a cura dell'attore, entro 10 giorni dalla data di pronuncia del decreto;

-   tra la data di notificazione al convenuto e quella dell'udienza di discussione deve intercorrere un termine non minore di 30 giorni;

-   ai sensi dell’art. 416, inoltre, il convenuto deve costituirsi almeno 10 giorni prima dell'udienza, con deposito in cancelleria di una memoria difensiva, nella quale devono essere proposte, a pena di decadenza, le eventuali domande in via riconvenzionale e le eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d'ufficio.

All’udienza di discussione (art. 420), il giudice interroga le parti sui fatti della causa, tenta la conciliazione della lite e formula una proposta transattiva. Inoltre, ammette i mezzi di prova (di solito, esaurendone l’assunzione nella stessa udienza); individua gli atti irregolari indicando un termine per sanarli; provvede, in caso di chiamata in causa del terzo, alla fissazione di una nuova udienza; dispone l’assunzione di nuovi mezzi di prova e su domanda di parte, l’accesso ai luoghi di lavoro e l’eventuale assunzione di testimoni sugli stessi luoghi. Su istanza di parte può disporre con ordinanza il pagamento di somme non contestate ovvero di una provvisionale. Al termine della discussione, ascoltate le conclusioni delle parti, il giudice pronuncia sentenza con cui definisce il giudizio; solo se lo ritiene necessario può concedere alle parti di depositare entro 10 gg. note difensive rinviando la decisione ad una prossima udienza. La sentenza è depositata in cancelleria entro 15 gg dalla pronuncia (60 gg. in caso di particolare complessità della controversia) e, se pronuncia condanna al pagamento di somme per crediti di lavoro (provvisoriamente esecutiva), il giudice deve determinare anche gli interessi legali; se il diritto è accertato ma è incerto il quantum, il giudice procede ad una liquidazione della somma per via equitativa.

La sentenza di primo grado può essere impugnata con ricorso davanti alla competente corte d’appello, in funzione di giudice del lavoro (art. 433). Il ricorso deve essere depositato nella cancelleria della corte di appello entro 30 giorni dalla notificazione della sentenza e deve contenere l'esposizione sommaria dei fatti e i motivi specifici dell'impugnazione, nonché le indicazioni prescritte dal citato articolo 414.

Il presidente della corte di appello, entro 5 giorni dalla data di deposito del ricorso, nomina il giudice relatore e fissa, non oltre 60 giorni dalla data medesima, l'udienza di discussione dinanzi al collegio Nei dieci giorni successivi al deposito del decreto, l’appellante provvede alla notifica del ricorso e del decreto all'appellato. Tra la notificazione all'appellato e l'udienza di discussione deve intercorrere un termine non minore di 25 giorni. L’appellante si costituisce almeno 10 gg. prima dell’udienza mediante deposito in cancelleria del fascicolo e di una memoria difensiva, nella quale deve essere contenuta dettagliata esposizione di tutte le sue difese. Nell'udienza di discussione non sono ammesse nuove domande ed eccezioni nè nuovi mezzi di prova, tranne il giuramento estimatorio (salvo che il collegio, anche d'ufficio, li ritenga indispensabili ai fini della decisione).

Il giudice incaricato fa la relazione orale della causa ed il collegio, sentiti i difensori delle parti, pronuncia sentenza dando lettura del dispositivo nella stessa udienza (art. 437). Il deposito della decisione va fatto entro 15 gg. dalla pronuncia.

 

Le principali novità del rito speciale

Per le controversie sull’impugnazione dei licenziamenti previsti dal nuovo art. 18 dello Statuto dei lavoratori viene introdotto dalla riforma un rito particolarmente snello che elimina tutte le formalità procedurali ritenute non essenziali al contraddittorio. Il rito può, tuttavia, articolarsi in quattro gradi di giudizio.

Il procedimento si svolge essenzialmente in due fasi.

-   una prima fase, necessaria, volta ad assicurare una tutela urgente del lavoratore e che si conclude con una rapida decisione di accoglimento o meno della domanda;

-   una seconda fase, eventuale, che prende avvio con l’opposizione tramite ricorso avverso la decisione di accoglimento o rigetto (strutturata sul giudizio di merito di primo grado davanti al giudice del lavoro, già previsto dal codice di procedura civile).

 

La fase della tutela urgente – che è quella che costituisce la maggiore novità della procedura - si apre con il ricorso al Tribunale del Lavoro, con il quale il lavoratore può opporsi alla decisione del datore di lavoro. In questo caso il giudice è tenuto a fissare l’udienza preliminare entro 40 giorni dal deposito del ricorso (attualmente il termine è di 60 gg.).

L’art. 415, commi 4 e 5, c.p.c. prevede che il ricorso, con il decreto di fissazione dell'udienza, deve essere notificato al convenuto, a cura dell'attore, entro 10 giorni dalla data di pronuncia del decreto e che tra la data di notificazione al convenuto e quella dell'udienza di discussione deve intercorrere un termine minimo di 30 giorni.

Punto centrale di questa prima fase è l’ampia discrezionalità del giudice nella gestione dell’istruttoria con l’omissione di ogni formalità che egli ritenga non essenziale al contraddittorio. Già alla prima udienza, il giudice decide con ordinanza immediatamente esecutiva.

La fase successiva - sempre davanti allo stesso Tribunale del lavoro - è quella della possibile opposizione (con ricorso) all’ordinanza di accoglimento o di rigetto del ricorso, da depositare entro 30 giorni dalla comunicazione della decisione. Il termine di fissazione dell’udienza di discussione è di 60 giorni. Al contrario che per la prima fase urgente, qui si detta un termine di 10 gg. prima dell’udienza di discussione per la costituzione dell’opposto, mediante memoria scritta.

Dopo la decisione sull’opposizione si passa ad una eventuale terza fase che è quella del reclamo davanti alla Corte d’Appello (si rileva che il reclamo è normalmente rivolto allo stesso giudice che ha emesso il provvedimento che si impugna, v. ad es., art. 18, co. 8, Statuto dei lavoratori)). Il reclamo deve essere depositato entro trenta giorni dalla comunicazione della decisione, con udienza di discussione entro 60 giorni dal reclamo-ricorso.

Infine, l’ultima istanza è quella del ricorso alla Corte di Cassazione, entro 60 giorni dalla decisione d'appello, con udienza che va fissata non oltre 6 mesi dalla proposizione del ricorso.

 

Si osserva che non è prevista, nelle disposizioni sul nuovo rito speciale d’impugnazione dei licenziamenti, una disposizione di chiusura che, al fine di  evitare lacune normative, rinvii, per quanto non previsto dalle nuove disposizioni processuali, alla sezione II del capo I del titolo IV del libro II del codice di procedura civile, relative al rito del lavoro.

 

Le disposizioni sul procedimento d’impugnazione del licenziamento

La specifica disciplina procedurale è contenuta nei commi 48 e seguenti dell’art. 1 che dettano le disposizioni sul procedimento d’impugnazione del licenziamento.

 

Viene stabilito dal comma 48 che il licenziamento va impugnato davanti al Tribunale in funzione di giudice del lavoro con ricorso avente i requisiti di cui all’articolo 125 c.p.c.; con il ricorso non possono essere proposte domande diverse da quelle di cui al comma 47 (impugnazione del licenziamento o domanda inerente la qualificazione del rapporto di lavoro) salvo che siano fondate sugli identici fatti costitutivi.

 

L'articolo 125 c.p.c. disciplina in generale il contenuto e la sottoscrizione degli atti di parte. La norma prevede che la citazione, il ricorso, la comparsa, il controricorso, il precetto debbono indicare l'ufficio giudiziario, le parti, l'oggetto, le ragioni della domanda e le conclusioni o l'istanza, e, tanto nell'originale quanto nelle copie da notificare, debbono essere sottoscritti dalla parte, se essa sta in giudizio personalmente, oppure dal difensore che indica il proprio codice fiscale. Il difensore deve, altresì, indicare l'indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine e il proprio numero di fax. La procura al difensore dell'attore può essere rilasciata in data posteriore alla notificazione dell'atto, purché anteriormente alla costituzione della parte rappresentata. La disposizione del comma precedente non si applica quando la legge richiede che la citazione sia sottoscritta dal difensore munito di mandato speciale.

A seguito della presentazione del ricorso, il giudice fissa l’udienza di comparizione delle parti non oltre 40 giorni dal deposito dello stesso ricorso, con decreto da notificarsi a cura del ricorrente, anche a mezzo di posta elettronica certificata. Sia il ricorso che il decreto vanno notificati alla controparte – a cura del ricorrente - entro un termine, assegnato dal giudice, non inferiore a 25 giorni prima dell’udienza; il resistente deve, invece, costituirsi in giudizio almeno 5 gg. prima dell’udienza.

 

Il comma 49 riguarda la decisione del giudice. Questi, sentite le parti e omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione indispensabili richiesti dalle parti o disposti d’ufficio e provvede, con ordinanza immediatamente esecutiva, all’accoglimento o al rigetto della domanda.

L'efficacia esecutiva dell’ordinanza non può essere sospesa o revocata fino alla pronuncia della sentenza con cui lo stesso tribunale, adito per l’eventuale opposizione, definisce il relativo giudizio (comma 50).

Con la modifica introdotta non risulta più differenziata la posizione del lavoratore da quella del datore di lavoro. Si ricorda, infatti, che il sesto comma dell’art. 18  dello Statuto dei lavoratori (comma soppresso dalla legge in esame) - coerentemente con l’impostazione complessiva della legge n. 300/1970 -  assicura alle decisioni favorevoli al lavoratore una maggior tutela, atteso che l’esecuzione della sentenza che annulla il licenziamento e ordina il reintegro è sempre provvisoriamente esecutiva. La stessa giurisprudenza ha ritenuto che tale decisione sia dotata ex lege di provvisoria esecutorietà e che non sia suscettibile di sospensione in applicazione dell'articolo 431 c.p.c. (Cass. Sez. Lav., sent. n. 4424 del 26-07-1984,  Cass. Sez. Lav., sent. n. 3306 del 19-05-1986).

 

Si ricorda che l’art. 431 c.p.c. prevede che le sentenze che pronunciano condanna a favore del lavoratore per crediti derivanti dai rapporti di lavoro sono provvisoriamente esecutive. All'esecuzione si può procedere con la sola copia del dispositivo, in pendenza del termine per il deposito della sentenza.

Il giudice di appello può, tuttavia, disporre con ordinanza non impugnabile che l'esecuzione sia sospesa quando dalla stessa possa derivare all'altra parte gravissimo danno. La sospensione disposta a norma del comma precedente può essere anche parziale e, in ogni caso, l'esecuzione provvisoria resta autorizzata fino alla somma di euro 258,23

Le sentenze che pronunciano condanna a favore del datore di lavoro sono provvisoriamente esecutive e sono soggette alla disciplina degli articoli 282 e 283. Il giudice di appello può disporre con ordinanza non impugnabile che l'esecuzione sia sospesa in tutto o in parte quando ricorrono gravi motivi.

Se le istanza di sospensione (sia a favore del lavoratore che del datore di lavoro) risultano inammissibili o manifestamente infondate il giudice, con ordinanza non impugnabile, può condannare la parte proponente ad una pena pecuniaria non inferiore ad euro 250 e non superiore ad euro 10.000. L'ordinanza è revocabile con la sentenza che definisce il giudizio.

 

Contro l’ordinanza di accoglimento o di rigetto (comma 51) può essere proposta opposizione con ricorso contenente i requisiti di cui all’articolo 414 del codice di procedura civile, da depositare innanzi al Tribunale che ha emesso il provvedimento opposto entro 30 giorni dalla notificazione dello stesso, o dalla comunicazione se anteriore. Con il ricorso non possono essere proposte domande diverse da quelle di cui al comma 47, salvo che siano fondate sugli identici fatti costitutivi o siano svolte nei confronti di soggetti rispetto ai quali la causa è comune o dai quali si intende essere garantiti.

 

L'articolo 414 c.p.c regola la forma della domanda nel rito del lavoro. La norma prevede che la domanda si propone con ricorso, il quale deve contenere: l'indicazione del giudice; il nome, il cognome, nonché la residenza o il domicilio eletto dal ricorrente nel comune in cui ha sede il giudice adito, il nome, il cognome e la residenza o il domicilio o la dimora del convenuto; se ricorrente o convenuto è una persona giuridica, un'associazione non riconosciuta o un comitato, il ricorso deve indicare la denominazione o ditta nonché la sede del ricorrente o del convenuto; la determinazione dell'oggetto della domanda; l'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto sui quali si fonda la domanda con le relative conclusioni; l'indicazione specifica dei mezzi di prova di cui il ricorrente intende avvalersi e in particolare dei documenti che si offrono in comunicazione.

 

Il giudice fissa con decreto l’udienza di discussione non oltre i successivi 60 giorni, assegnando all’opposto termine per costituirsi fino a 10 giorni prima dell’udienza.

Ai sensi del comma 52 il ricorso, con il decreto di fissazione dell'udienza, deve essere notificato dall’opponente all’opposto, anche tramite PEC (posta elettronica certificata), almeno 30 giorni prima della data fissata per la sua costituzione. Il comma 53 dispone quindi che l’opposto deve costituirsi mediante deposito in cancelleria di memoria difensiva, a norma e con le decadenze di cui all’articolo 416 c.p.c. Se l’opposto intende chiamare un terzo in causa deve, a pena di decadenza, farne dichiarazione nella memoria difensiva.

 

L’articolo 416 c.p.c. regola la costituzione del convenuto nel rito del lavoro. Il convenuto deve costituirsi almeno dieci giorni prima dell'udienza, dichiarando la residenza o eleggendo domicilio nel comune in cui ha sede il giudice adito. La costituzione si effettua mediante deposito in cancelleria di una memoria difensiva, nella quale devono essere proposte, a pena di decadenza, le eventuali domande in via riconvenzionale e le eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d'ufficio. Nella stessa memoria il convenuto deve prendere posizione, in maniera precisa e non limitata ad una generica contestazione, circa i fatti affermati dall'attore a fondamento della domanda, proporre tutte le sue difese in fatto e in diritto ed indicare specificamente, a pena di decadenza, i mezzi di prova dei quali intende avvalersi ed in particolare i documenti che deve contestualmente depositare.

 

Ai sensi del comma 54, nel caso di chiamata in causa a norma degli articoli 102, secondo comma (per litisconsorzio necessario), 106 e 107 (intervento su istanza di parte o per ordine del giudice) del codice di procedura civile, il giudice fissa una nuova udienza entro i successivi 60 giorni, e dispone che siano notificati al terzo, ad opera delle parti, il provvedimento nonché il ricorso introduttivo e l'atto di costituzione dell’opposto, osservati i termini di cui al comma 52.

Il comma 55 stabilisce che il terzo chiamato deve costituirsi almeno 10 giorni prima dell'udienza fissata, depositando la propria memoria in cancelleria a norma del comma 53.

Il comma 56 prevede poi che, quando la causa relativa alla domanda riconvenzionale non è fondata su fatti costitutivi identici a quelli posti a base della domanda principale, il giudice ne dispone la separazione.

Il comma 57 dispone che, all’udienza, il giudice, sentite le parti e omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione ammissibili e rilevanti richiesti dalle parti nonché disposti d'ufficio, ai sensi dall'articolo 421 del codice di procedura civile, e provvede con sentenza all'accoglimento o al rigetto della domanda, dando, ove opportuno, termine alle parti per il deposito di note difensive fino a 10 giorni prima dell’udienza di discussione. La sentenza, completa di motivazione, deve essere depositata in cancelleria entro 10 giorni dall’udienza di discussione. La sentenza è provvisoriamente esecutiva e costituisce titolo per l’iscrizione di ipoteca giudiziale.

 

I commi successivi disciplinano la fase delle impugnazioni nei confronti della sentenza che decide sul ricorso.

In particolare, il comma 58 dispone che, contro la sentenza che decide sul ricorso è ammesso reclamo davanti alla Corte d'appello entro 30 giorni dalla comunicazione o dalla notificazione se anteriore.

Il comma 59  prevede poi che, nel giudizio d'appello, non sono ammessi nuovi mezzi di prova o documenti, salvo che il collegio, anche d'ufficio, li ritenga indispensabili ai fini della decisione ovvero la parte dimostri di non aver potuto proporli in primo grado per causa ad essa non imputabile.

Ai sensi del comma 60, la Corte d'appello fissa con decreto l’udienza di discussione nei successivi 60 giorni e si applicano i termini previsti dai commi 51, 52 e 53. I termini che qui rilevano sono pertanto: il termine per la costituzione dell’opposto, fino a 10 giorni prima dell’udienza, mediante deposito in cancelleria di memoria difensiva a norma e con le decadenze dell’art. 416 c.p.c.; il termine di notifica del decreto di fissazione, almeno 30 giorni prima della data fissata per la costituzione.

Alla prima udienza, la Corte può sospendere l’efficacia della sentenza reclamata se ricorrono gravi motivi. La Corte d’appello, sentite le parti, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione ammessi e provvede con sentenza all'accoglimento o al rigetto della domanda, dando, ove opportuno, termine alle parti per il deposito di note difensive fino a dieci giorni prima dell’udienza di discussione. La sentenza d’appello, completa di motivazione, deve essere depositata in cancelleria entro 10 giorni dall’udienza di discussione.

Il comma 61 stabilisce che, in mancanza di comunicazione o notificazione della sentenza, si applica l’articolo 327 del codice di procedura civile (decadenza dal ricorso in cassazione dopo 6 mesi dalla pubblicazione della sentenza di appello).

L’art. 327 c.p.c. disciplina in generale la decadenza dall'impugnazione nel processo di cognizione. La norma prevede che, indipendentemente dalla notificazione, l'appello, il ricorso per Cassazione e la revocazione per i motivi indicati nei numeri 4 e 5 dell'articolo 395 non possono proporsi dopo decorsi sei mesi dalla pubblicazione della sentenza. Questa disposizione non si applica quando la parte contumace dimostra di non aver avuto conoscenza del processo per nullità della citazione o della notificazione di essa, e per nullità della notificazione degli atti di cui all'articolo 292.

Il comma 62 prevede l’ulteriore, eventuale fase del ricorso in cassazione contro la sentenza di appello. Il ricorso va proposto, a pena di decadenza, entro 60 giorni dalla comunicazione della stessa, o dalla notificazione se anteriore. La sospensione dell’efficacia della sentenza deve essere chiesta alla Corte d’appello, che provvede a norma del comma 60 (sospensione, per gravi motivi, dell’efficacia della sentenza reclamata).

Ai sensi del comma 63, è previsto un termine massimo di 6 mesi per la fissazione dell’udienza di discussione da parte della Cassazione; il termine decorre dalla proposizione del ricorso. Infine, il comma 64 stabilisce - analogamente a quanto previsto per la pronuncia di appello - che in mancanza di comunicazione o notificazione della sentenza si applica il disposto del già richiamato articolo 327 del codice di procedura civile (v. ante, sub comma 61).

Da ultimo il comma 65 prevede che alla trattazione delle controversie sui licenziamenti regolate dai commi da 47 a 64 devono essere riservati particolari giorni nel calendario delle udienze (sull’osservanza di tale previsione, vigilano, ai sensi del comma 66, i capi degli uffici giudiziari).

Il comma 67 reca una norma transitoria secondo la quale le disposizioni sul nuovo rito si applicano alle controversie instaurate successivamente all’entrata in vigore della legge in commento.

Il comma 68 affida, anche in tal caso, ai capi degli uffici giudiziari la vigilanza sull’osservanza della norma transitoria.

Il comma 69 prevede l’invarianza finanziaria per il bilancio dello Stato derivante dall’applicazione delle novelle introdotte dai commi da 47 a 68.

 

 


Articolo 2

Articolo 2, commi 1-3
(Assicurazione Sociale per l’Impiego - ambito di applicazione)

 

I commi da 1 a 3 dell’articolo 2, nell’ambito di una revisione complessiva del sistema degli ammortizzatori sociali, istituiscono dal 1° gennaio 2013 l”’Assicurazione Sociale per l’Impiego” (ASPI), che si concretizza nell’erogazione di un’indennità mensile ai lavoratori dipendenti del settore privato, compresi gli apprendisti ed i soci di cooperative di lavoro.

 

Il comma 1 istituisce, a decorrere dal 1º gennaio 2013 e in relazione ai nuovi eventi di disoccupazione verificatisi a decorrere dalla stessa data, presso la Gestione prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti, di cui all’articolo 24 della L. 9 marzo 1989, n. 88[61], l’Assicurazione sociale per l’impiego, che si concretizza nell’erogazione di un’indennità mensile a favore dei lavoratori che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione.

 

Secondo la relazione tecnica allegata, l’ASPI sostituisce, a regime, l’indennità di mobilità, l’indennità di disoccupazione non agricola a requisiti normali e ridotti, nonché l’indennità di disoccupazione speciale edile.

 

Ai sensi del successivo comma 2, l’ASPI si applica a tutti i lavoratori dipendenti, compresi gli apprendisti e i soci lavoratori di cooperativa che abbiano stabilito, con la propria adesione o successivamente all’instaurazione del rapporto associativo, un rapporto di lavoro in forma subordinata, ai sensi dell’articolo 1, comma 3, della L. 3 aprile 2001, n. 142.

Il richiamato comma 3 ha disposto che il socio lavoratore di cooperativa stabilisce, con la propria adesione o successivamente all'instaurazione del rapporto associativo, un ulteriore rapporto di lavoro, in forma subordinata o autonoma o in qualsiasi altra forma, compresi i rapporti di collaborazione coordinata non occasionale, con cui contribuisce comunque al raggiungimento degli scopi sociali. Dall'instaurazione dei citati rapporti associativi e di lavoro, in qualsiasi forma, derivano i relativi effetti di natura fiscale e previdenziale e tutti gli altri effetti giuridici previsti dalla stessa L. 142/2001, nonché, in quanto compatibili con la posizione del socio lavoratore, da altre leggi o da qualsiasi altra fonte.

Vengono invece esclusi dall’applicazione i dipendenti a tempo indeterminato delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 165/2001.

Rientrano quindi nell’ambito dell’applicazione dell’ASPI i dipendenti delle pubbliche amministrazioni con contratto di lavoro a tempo non indeterminato, per i quali trovava applicazione, nella disciplina previgente, l'indennità ordinaria di disoccupazione[62].

Merita ricordare, inoltre, che l’articolo 20, commi da 4 a 6, del D.L. 25 giugno 2008, n. 112[63], abrogando le disposizioni di cui all’articolo. 40, n. 2, del R.D.L. 1827/35[64] e modificando le disposizioni dell’articolo 36 del D.P.R. 818/57[65], ha, esteso, con effetto dal primo periodo di paga decorrente dal 1° gennaio 2009, l’assicurazione contro la disoccupazione involontaria e mobilità al personale dipendente da aziende pubbliche, nonché da aziende esercenti pubblici servizi e da quelle private (si tratta delle aziende operanti nel settore industria - energia elettrica, gas e acqua).

 

Infine, il comma 3 dispone la non applicazione dell’istituto nei confronti degli operai agricoli a tempo determinato o indeterminato, per i quali trovano applicazione le norme di cui all’articolo 7, comma 1, del D.L. 21 marzo 1988, n. 86[66], all’articolo 25 della L. 8 agosto 1972, n. 457[67], all’articolo 7 della L. 16 febbraio 1977, n. 37[68], e all’articolo 1 della L. 24 dicembre 2007, n. 247[69].

 

Si ricorda, in particolare, che l’articolo 1, commi da 55 a 57, della L. 247/2007 ha recato disposizioni di riforma della normativa in materia di disoccupazione agricola, al fine di rendere omogenee le discipline relative all’indennità ordinaria di disoccupazione e ai trattamenti speciali di disoccupazione per i lavoratori agricoli, con riferimento alla misura e alla durata delle provvidenze erogate.

In particolare, è stato disposto (comma 55) che per gli operai agricoli a tempo determinato e a tempo indeterminato e le figure equiparate, l’importo giornaliero dell’indennità ordinaria di disoccupazione di cui all'articolo 7, comma 1, del D.L. 86/1988, nonché dei trattamenti speciali di disoccupazione per i lavoratori agricoli di cui all’articolo 25 della L. 457/1972 e all’articolo 7 della L. 37/1977 , per quanto riguarda i trattamenti decorrenti dal 1° gennaio 2008:

·      sia stabilito nella misura del 40% della retribuzione da assumere come base per il calcolo dei contributi previdenziali ed assistenziali ai sensi dell'articolo 1, comma 1, del D.L. 338/1989, cioè la retribuzione prevista dai contratti collettivi o, se superiore, quella effettivamente spettante in base al contratto individuale di lavoro;

·      sia corrisposto per il numero di giornate di iscrizione negli elenchi nominativi.

 

 


 

Mobilità

Tale istituto, disciplinato dalla L. 23 luglio 1991, n. 223, concerne in via ordinaria:

1)     le imprese ammesse al trattamento straordinario di integrazione salariale che non risultino in grado di garantire il reimpiego a tutti i lavoratori sospesi né di ricorrere a misure alternative (articolo 4 della citata L. 223);

2)     le imprese che occupino più di 15 dipendenti e che intendano procedere ad almeno 5 licenziamenti nell’arco di 120 giorni per riduzioni del personale in ciascuna unità produttiva o in più unità produttive ubicate nel territorio della stessa provincia (articolo 24 della stessa legge n. 223, modificato dal D.Lgs. 26 maggio 1997, n. 151). In tale ambito è riconosciuta l’indennità di mobilità ai dipendenti (assunti a tempo indeterminato e con un’anzianità aziendale di almeno 12 mesi), licenziati da imprese che rientrano nel campo di applicazione dell’intervento straordinario di integrazione salariale (articolo 16 della L. 223), mentre gli altri hanno diritto soltanto all’iscrizione nelle liste di mobilità, che comporta il riconoscimento di incentivi ed agevolazioni contributive per il datore di lavoro che assuma tali soggetti .

La durata di iscrizione nelle liste di mobilità, nonché dell’eventuale relativo trattamento, è pari, ai sensi dell’articolo 7 della L. 223/1991 e dell’articolo 4 del D.L. 148/1993, a 12 mesi, elevati a 24 e a 36 mesi per i lavoratori che abbiano superato rispettivamente i 40 e i 50 anni; tali periodi sono, tuttavia, aumentati nel territorio del Mezzogiorno (articolo 7, comma 2, della L. 223/1991) rispettivamente a 24, 36 e 48 mesi. Un regime particolare, cosiddetto di “mobilità lunga”, valido fino al conseguimento del diritto alla pensione, è stabilito per i lavoratori aventi determinati requisiti contributivi e anagrafici, ed appartenenti ad alcuni settori produttivi ed aree territoriali, dallo stesso articolo 7 della L. 223/1991.

L'indennità spetta (articolo 7, comma 1, della L. 223) nella seguente misura percentuale del trattamento di CIGS che hanno percepito ovvero che sarebbe loro spettato nel periodo immediatamente precedente la risoluzione del rapporto di lavoro:

·        per i primi dodici mesi: 100%;

·        dal tredicesimo al trentaseiesimo mese: 80%.

Lo stesso articolo dispone che nelle aree del Mezzogiorno, l’indennità di mobilità è corrisposta per un periodo massimo di ventiquattro mesi, elevato a trentasei per i lavoratori che hanno compiuto i quaranta anni e a quarantotto per i lavoratori che hanno compiuto i cinquanta anni. Essa spetta nella seguente misura:

·        per i primi dodici mesi: 100%;

·        dal tredicesimo al quarantottesimo mese: 80%.

Inoltre, l'indennità di mobilità è adeguata, con effetto dal 1° gennaio di ciascun anno, in misura pari all'aumento della indennità di contingenza[70] (attualmente conglobata, in molti contratti, nel minimo contrattuale) dei lavoratori dipendenti. Essa non è comunque corrisposta successivamente alla data del compimento dell'età pensionabile ovvero, se a questa data non è ancora maturato il diritto alla pensione di vecchiaia, successivamente alla data in cui tale diritto viene a maturazione (articolo 7, comma 3, della L. 223/1991).

Si ricorda, infine, che la contribuzione relativa all'istituto della mobilità - a carico delle imprese rientranti nel campo di applicazione dell'integrazione salariale straordinaria - è pari allo 0,3% della retribuzione assoggettata al contributo integrativo per l'assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria. Inoltre, per ciascun lavoratore posto in mobilità, l'impresa è tenuta a versare, in 30 rate mensili, una somma pari a 6 volte il trattamento mensile iniziale di mobilità spettante al lavoratore (tale importo è ridotto della metà qualora la dichiarazione di eccedenza del personale abbia formato oggetto di accordo sindacale (articolo 5, comma 4, della L. 223).

 

La legislazione previgente (sempre la L. 223/1991) prevedeva una apposita procedura ai fini della collocazione in mobilità dei lavoratori. Si ricorda, al riguardo, che hanno diritto all’indennità di mobilità i lavoratori (con eccezione dei dirigenti) con rapporto a tempo indeterminato licenziati da imprese in CIGS che non siano in grado di garantire il reimpiego a tutti i lavoratori sospesi, ovvero licenziati da imprese rientranti nel campo di applicazione della CIGS qualora ricorrano i presupposti del licenziamento collettivo.

Più in dettaglio, ai sensi dell’articolo 4 della citata L. 223/1991, le aziende in CIGS che nel corso o al termine del programma non possano garantire il reimpiego di tutti i lavoratori precedentemente sospesi, prima di effettuare il licenziamento anche di un solo dipendente devono seguire una particolare procedura di riduzione del personale, che si conclude con la messa in mobilità dei lavoratori licenziati.

Analoga procedura deve essere seguita, come accennato, qualora si verifichi la fattispecie del licenziamento collettivo, cioè, ai sensi dell’articolo 24 della L. 223/1991, nel caso in cui le imprese che occupano più di 15 dipendenti , in conseguenza di una riduzione o trasformazione di attività o di lavoro, intendono effettuare nell’arco temporale di 120 giorni almeno 5 licenziamenti in stabilimenti produttivi dislocati nella stessa provincia. Qualora sia assente il requisito quantitativo o quello temporale, si applica invece la disciplina sui licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo.

In entrambi i casi sopra indicati (riduzione di personale da parte di aziende in CIGS o licenziamento collettivo), ai sensi dell’articolo 4 della L. 223/1991, la procedura di riduzione del personale, preventiva rispetto al licenziamento e alla messa in mobilità, consta di una fase sindacale e di una fase amministrativa, nel corso delle quali il datore di lavoro e le organizzazioni sindacali tentano prima tra loro ed eventualmente presso la Direzione provinciale del lavoro di trovare sbocchi alternativi al licenziamento. Se le parti non dovessero raggiungere alcun accordo, allora la procedura si conclude con la messa in mobilità dei lavoratori.

Più in dettaglio, in primo luogo, è previsto che il datore di lavoro deve versare un contributo d’ingresso e deve comunicare alle RSA la propria intenzione di effettuare una riduzione di personale e di collocare i lavoratori in esubero in mobilità. Dopo aver ricevuto al comunicazione le RSA, entro 7 giorni, possono chiedere un esame congiunto della situazione di esubero con il datore di lavoro, al fine di giungere a soluzioni alternative. Dopo tale fase, il datore di lavoro comunica alla DPL competente l’esito del confronto con i sindacati e i motivi dell’eventuale mancato accordo. La DPL può tentare una mediazione ma, se anche in tale sede non si giunga ad una soluzione condivisa, il datore di lavoro può procedere al licenziamento dei lavoratori in esubero, che usufruiscono del trattamento di mobilità.

Se non vengono osservati tutti i passaggi procedurali sinteticamente descritti, può derivarne l’inefficacia dei licenziamenti, per cui i lavoratori avrebbero diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro, da far valere entro 60 giorni dal ricevimento della comunicazione di licenziamento, con qualsiasi atto scritto anche stragiudiziale.

 

Tutti i lavoratori collocati in mobilità, anche se non in possesso dei requisiti che danno diritto all’indennità di mobilità, sono iscritti nelle liste di mobilità regionali, in modo da agevolarne la ricollocazione lavorativa.

Si ricorda, al riguardo, che gli incentivi per l’assunzione di lavoratori iscritti nelle liste di mobilità, previsti dalla L. 223/1991, sono i seguenti:

·     ai sensi dell’articolo 25, comma 9, in caso di conclusione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con un lavoratore in mobilità, è concesso al datore di lavoro il beneficio della riduzione della relativa contribuzione a suo carico, che viene equiparata, per i primi 18 mesi, a quella dovuta per gli apprendisti dipendenti da aziende non artigiane;

·     ai sensi dell’articolo 8, comma 2, in caso di stipulazione di un rapporto di lavoro a tempo determinato per una durata non superiore a 12 mesi, viene riconosciuto, per l’intero periodo, il medesimo beneficio di cui alla precedente lett. a). Il beneficio è concesso per ulteriori 12 mesi qualora, nel corso del suo svolgimento, tale contratto venga trasformato a tempo indeterminato.

Si ricorda, infine, che l’articolo 7 del D.Lgs. 167/2011, recante la disciplina dell’apprendistato, ha previsto la possibilità di assumere come apprendisti i lavoratori in mobilità.

 

Indennità di disoccupazione

L'indennità ordinaria di disoccupazione è relativa, in linea di principio, a tutti i dipendenti privati. Essa ha, tuttavia, un ambito di applicazione residuale rispetto al più favorevole trattamento di mobilità. Essa è liquidata in presenza di un'anzianità assicurativa pari ad almeno 2 anni nonché di un anno di contribuzione nel biennio precedente la data di cessazione del rapporto di lavoro.

Tale istituto, istituito dal R.D.L. 1827/1935, nel corso degli anni, è stato interessato da molteplici interventi legislativi, volti soprattutto all’aumento sia della durata sia della misura del trattamento delle indennità ordinarie di disoccupazione.

L'aliquota contributiva relativa all'istituto in esame è pari, in genere, all'1,61% ed è interamente a carico del datore di lavoro.

Attualmente, la durata dell’indennità è pari a 8 mesi per i soggetti di età inferiore a 50 anni e a 12 mesi per i lavoratori di età pari o superiore a 50 anni; per quanto attiene alla misura del trattamento, l’indennità è pari al 60% per i primi 6 mesi; al 50% per i successivi due mesi; al 40% per il periodo ulteriore.

In base alle modifiche introdotte con l’articolo 19 del D.L. 185/2008, la richiamata indennità riguarda i lavoratori sospesi per crisi aziendali o occupazionali, viene erogata anche senza l’intervento integrativo del 20% a carico degli enti bilaterali previsti dalla contrattazione collettiva, compresi quelli di cui all'articolo 12 del D.Lgs. 276/2003, ha una durata massima che non può superare novanta giornate di annue indennità e non è sottoposta a specifiche limitazioni di spesa. Infine, essa non si applica ai dipendenti di aziende già destinatarie di trattamenti di integrazione salariale nonché a particolari tipologie contrattuali.

 

L’indennità ordinaria di disoccupazione con requisiti ridotti, di cui all’articolo 7, comma 3, del D.L. 21 marzo 1988, n. 86, caratterizzata appunto da un requisito contributivo inferiore a quello normale, costituisce una fattispecie particolare di indennità di disoccupazione rivolta soprattutto ai lavoratori occupati saltuariamente e ai lavoratori stagionali .

Anche tale istituto è stato interessato, nel corso degli anni, da numerosi provvedimenti, volti soprattutto a rideterminarne la percentuale di commisurazione alla retribuzione.

Hanno diritto alla richiamata indennità i lavoratori che, in assenza di 52 settimane di contribuzione nell’ultimo biennio, abbiano prestato effettivamente nell'anno precedente almeno 78 giornate di lavoro per le quali siano stati versati o siano dovuti i contributi per la assicurazione obbligatoria (fermo restando il requisito di 2 anni di anzianità assicurativa). I citati lavoratori hanno diritto alla indennità in questione per un numero di giornate pari a quelle lavorate nell'anno stesso, e comunque non superiore alla differenza tra il numero 312, diminuito delle giornate di trattamento di disoccupazione eventualmente goduto, e quello delle giornate di lavoro prestate. Attualmente, l'indennità giornaliera non può superare il 35% della retribuzione media giornaliera per i primi 120 giorni e al 40% per i successivi giorni fino a un massimo di 180 giorni, per i trattamenti di disoccupazione non agricola in pagamento dal 1° gennaio 2008, nei limiti di un importo massimo mensile lordo pari, nel 2012, di euro 906,80, elevato a 1.089,89 euro per i lavoratori che possono far valere una retribuzione lorda mensile superiore a 1.931,86 euro[71].

Sulla base delle modifiche introdotte dallo stesso articolo 19, tale indennità riguarda i lavoratori sospesi per crisi aziendali o occupazionali, può essere concessa anche senza necessità dell’intervento integrativo degli enti bilaterali, ha una durata massima che non può superare novanta giornate di indennità nell'anno solare e non è sottoposta a specifiche limitazioni di spesa. Infine, non si applica ai fini dell’erogazione dell’indennità ordinaria.

 

 

Indennità di disoccupazione speciale edile

In generale spetta, ai sensi del combinato disposto dall’articolo 9 della L. 427/1975 e dall’articolo 11 della L. 223/1991, ai lavoratori appartenenti ad imprese edili ed affini, anche artigiane, licenziati per cessazione dell’attività aziendale, per ultimazione del cantiere o delle singole fasi lavorative, per riduzione del personale, per fallimento di aziende edili ed affini, anche del settore artigiano.

Hanno diritto all’indennità i lavoratori con almeno 10 contributi mensili o 43 contributi settimanali per lavoro prestato nel settore dell'edilizia nei due anni precedenti la data della cessazione del rapporto di lavoro. Ai fini dell’erogazione rientrano anche i contributi relativi a periodi assicurativi maturati in Paesi convenzionati, purché si riferiscano a lavoro effettuato nel settore edile; inoltre l’erogazione è subordinata alla disponibilità a svolgere attività lavorativa presso i servizi per l’impiego competenti.

Per il riconoscimento del diritto al trattamento speciale non è richiesto il requisito del biennio di anzianità nell'assicurazione per la disoccupazione.

Il trattamento speciale viene corrisposto per un massimo di 90 giorni. Inoltre, nel caso in cui ricorrano i requisiti anche per il trattamento ordinario di disoccupazione, (perfezionamento del requisito delle 52 settimane anche in settori diversi dall’edilizia e del biennio di anzianità assicurativa), terminato il godimento del trattamento speciale si avrà diritto al pagamento dell'indennità ordinaria di disoccupazione per ulteriori 9 mesi (se il lavoratore, alla data di licenziamento, superi i 50 anni di età), o 5 mesi (se non superi alla data del licenziamento i 50 anni di età).

L’importo giornaliero è pari all’80% della retribuzione percepita nel periodo quadrisettimanale precedente la cessazione del rapporto di lavoro, (Il trattamento è comunque soggetto ad un limite massimo mensile fissato, per il 2012 (circolare INPS n. 20 dell’8 febbraio 2012) pari a euro 608,90, (che al netto della riduzione del 5,84% è pari ad euro 573,34).

 

Disoccupazione agricola

L’istituto dell’indennità di disoccupazione si applica anche, con alcune disposizioni particolari, al settore agricolo. Più in dettaglio, si consideri che l'articolo 1 del D.P.R. 1049/1970[72], sostituendo l’articolo 32, primo comma, lettera a), della L. 264/1949[73], ha esteso l’istituto dell’indennità ordinaria di disoccupazione agli operai agricoli, sempre che risultino iscritti negli elenchi nominativi di rilevamento da almeno un anno oltre che per quello per il quale è richiesta l'indennità ed abbiano conseguito nell'anno precedente ed in quello in corso un accredito complessivo di almeno 102 contributi giornalieri. A tal fine, l'articolo 3 dello stesso D.P.R. 1049/1970 consente il cumulo con i periodi lavorativi prestati in attività non agricole.

Per gli operai agricoli, la durata della corresponsione dell'indennità è pari alla differenza tra il numero di 270 giorni ed il numero delle giornate di effettiva occupazione prestate nell'anno, comprese quelle per attività agricole in proprio o coperte da indennità di malattia, infortunio, maternità, e sino al massimo di 180 giornate previste per la generalità dei lavoratori (articolo 32, comma 1, lettera a), della L. 264/1949, nel testo sostituito dall'articolo 1 del D.P.R. 1049/1970).

La misura dell’indennità per gli operai agricoli è pari al 30% della retribuzione di cui all'articolo 1, comma 1, del D.L. 338/1989, cioè la retribuzione prevista dai contratti collettivi o, se superiore, quella effettivamente spettante in base al contratto individuale di lavoro.

Si ricorda, al riguardo, che l’articolo 01 del D.L. 2/2006[74], ai commi 4 e 5, ha provveduto ad unificare il regime di calcolo dei contributi previdenziali e delle prestazioni temporanee per tutte le categorie dei lavoratori agricoli (quindi sia per i lavoratori a tempo determinato sia per i lavoratori a tempo determinato[75]), facendo venir meno la disciplina di cui all’articolo 4 del D.Lgs. 146/1997[76]. In particolare, l’articolo 01, commi 4 e 5, del D.L. 2/2006, dispone che, a decorrere dal 1° gennaio 2006, come base per il calcolo dei contributi previdenziali e delle prestazioni temporanee, per tutte le categorie di lavoratori agricoli, sia assunta - come previsto per la generalità dei lavoratori dall'articolo 1, comma 1, del D.L. 338/1989, n. 338 - la retribuzione effettivamente spettante in base al contratto individuale di lavoro o, se superiore, quella prevista dai contratti collettivi.

 

Per gli operai agricoli a tempo determinato è previsto anche l'istituto del trattamento speciale di disoccupazione di cui all’articolo 25 della L. 8 agosto 1972, n. 457 e all’articolo 7 della L. 16 febbraio 1977, n. 37.

In particolare, ai sensi del richiamato articolo 7 della L. 37/1977 è dovuto, a decorrere dal 1° gennaio 1977, ai lavoratori agricoli a tempo determinato che risultino iscritti negli elenchi nominativi per un numero di giornate di lavoro non inferiore a 101 e non superiore a 150 giornate di lavoro[77], un trattamento speciale di disoccupazione, pari al 40% della retribuzione prevista dai contratti collettivi o, se superiore, di quella effettivamente spettante in base al contratto individuale di lavoro[78]. Tale trattamento è erogato in luogo dell'indennità di disoccupazione loro spettante ai sensi del D.P.R. 1049/1970. Il trattamento speciale è corrisposto per il periodo massimo di 90 giorni nell'anno, osservando le norme vigenti in materia di assicurazione per la disoccupazione involontaria dei lavoratori agricoli

L’articolo 25 della citata L. 457/1972 stabilisce invece che ai lavoratori agricoli a tempo determinato, che abbiano effettuato nel corso dell'anno solare almeno 151 giornate di lavoro, è dovuto, in luogo dell'indennità di disoccupazione loro spettante per lo stesso periodo ai sensi del citato D.P.R. 1049/1970, un trattamento speciale pari al 66% della retribuzione[79] richiamata in precedenza. Anche in questo caso il trattamento speciale è corrisposto per un periodo massimo di 90 giorni nell'anno, osservando le norme vigenti in materia di assicurazione per la disoccupazione involontaria dei lavoratori agricoli.

 

 

 


 

Articolo 2, commi 4-5
(Assicurazione Sociale per l’Impiego - requisiti per la fruizione)

 

I commi 4-5 individuano i requisiti ai fini della fruizione dell’ASPI. In particolare, si richiede che il lavoratore si trovi in stato di disoccupazione involontaria e che possa far valere almeno 2 anni di assicurazione e almeno un anno di contribuzione nel biennio precedente l’inizio del periodo di disoccupazione, confermando sostanzialmente gli stessi requisiti attualmente richiesti ai fini della fruizione dell’indennità di disoccupazione ordinaria ai sensi dell’articolo 19 del R.D.L. 636/1939.

 

Ai sensi del comma 4, l’ASPI e` corrisposta ai lavoratori che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione e che:

·        siano in stato di disoccupazione ai sensi dell’articolo 1, comma 2, lettera c), del D.Lgs. 21 aprile 2000, n. 181[80] (lettera a));

Come accennato in precedenza, la richiamata lettera c) reca la definizione dello stato di disoccupazione, definendolo come la condizione del soggetto privo di lavoro, che sia immediatamente disponibile allo svolgimento ed alla ricerca di una attività lavorativa secondo modalità definite con i servizi competenti.  

·        possano far valere almeno due anni di assicurazione e almeno un anno di contribuzione nel biennio precedente l’inizio del periodo di disoccupazione (lettera b)).

 

Il successivo comma 5 esclude dalla fruizione dell’ASPI i lavoratori che siano cessati dal rapporto di lavoro per dimissioni o per risoluzione consensuale del rapporto, fatti salvi i casi in cui quest’ultima sia intervenuta nell’ambito della procedura di cui all’articolo 7 della L. 604/1966, come modificato dall’articolo 1, comma 40, del provvedimento in esame (alla cui scheda si rimanda).

 


 

Articolo 2, commi 6-10
(Assicurazione Sociale per l’Impiego - importo e contribuzione figurativa)

                                                                                 

L’articolo 2, commi 6-10, individua l’importo e le modalità di calcolo dell’ASPI, rapportandola alla retribuzione globale lorda percepita nell’ultimo biennio, comprensiva degli elementi continuativi e non continuativi e delle mensilità aggiuntive.

In ogni caso, l’ASPI è pari al 75% della retribuzione mensile nei casi in cui quest’ultima non superi, nel 2013, l’importo mensile di 1.180 euro. Nel caso in cui la retribuzione mensile sia superiore a tale importo l’indennità è pari al 75% del predetto importo incrementata di una somma pari al 25% del differenziale tra la retribuzione mensile e il predetto importo. E’ comunque stabilito un massimale erogabile, che mensilmente risulta essere pari a 1.119,32 euro.

E’ prevista, infine, una riduzione della misura dello strumento in relazione alla sua durata, pari al 15% dopo i primi 6 mesi di fruizione e di un ulteriore 15% dopo il dodicesimo mese di fruizione.

 

Il comma 6 prevede che l’importo dell’ASPI debba essere rapportato alla retribuzione imponibile ai fini previdenziali degli ultimi due anni, comprensiva degli elementi continuativi e non continuativi e delle mensilità aggiuntive, divisa per il numero di settimane di contribuzione e moltiplicata per il numero 4,33.

 

In ogni caso, l’indennità mensile viene rapportata alla retribuzione mensile ed risulta essere pari al 75% nei casi in cui la retribuzione mensile sia pari o inferiore nel 2013 all’importo di 1.180 euro mensili, annualmente rivalutato sulla base della variazione annuale dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati intercorsa nell’anno precedente (comma 7).

Le modalità di calcolo differiscono nel caso in cui la retribuzione mensile sia superiore a 1.180 euro mensili: in tal caso, l’indennità è pari al 75% del predetto importo più un ulteriore incremento pari al 25% del differenziale tra la retribuzione mensile e il predetto importo.

In ogni caso, l’indennità mensile non può superare l’importo mensile massimo di cui all’articolo unico, secondo comma, lettera b), della L. 13 agosto 1980, n. 427[81].

Il richiamato articolo unico ha disposto, nei casi di intervento straordinario della Cassa integrazione guadagni, la corresponsione, agli impiegati sospesi dal lavoro, di una integrazione salariale pari all'80% della retribuzione che sarebbe spettata per le ore di lavoro non prestate. L'importo di integrazione salariale sia per gli operai che per gli impiegati, calcolato tenendo conto dell'orario di ciascuna settimana indipendentemente dal periodo di paga, non poteva superare, secondo quanto disposto dalla lettera b) richiamata in precedenza, l'importo mensile di euro 774,69 (lire 1.500.000) quando la retribuzione di riferimento per il calcolo dell'integrazione medesima, comprensiva dei ratei di mensilità aggiuntive, è superiore a 1394,34 euro mensili (lire 2.700.000). Tale importo è aumentato nella misura dell'80% (100% a decorrere dal 2008 ai sensi dell’articolo 1, comma 27, della L. 247/2007) dell'aumento derivante dalla variazione annuale dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati.

Secondo quanto riportato nella nota di lettura del Servizio Bilancio del Senato[82], il massimale è pari a 1.119,32 euro.

 

Ai sensi del comma 8 all’ASPI non si applica il prelievo contributivo del 5,84% per gli apprendisti, di cui all’articolo 26 della L. 28 febbraio 1986, n. 41 (legge finanziaria per il 1986).

Il richiamato articolo 26 ha stabilito che per i periodi settimanali decorrenti da quello in corso al 1° gennaio 1986, le somme corrisposte ai lavoratori a titolo di integrazione salariale, nonché quelle corrisposte a titolo di prestazioni previdenziali ed assistenziali sostitutive della retribuzione, che danno luogo a trattamenti da commisurare ad una percentuale della retribuzione non inferiore all'80%, debbano essere ridotte in misura pari all'importo derivante dall'applicazione delle aliquote contributive previste a carico degli apprendisti, di cui alle lettere a) e b) del primo comma del precedente articolo 21 (assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, con una riduzione di tre punti della relativa aliquota contributiva; contribuzione per le prestazioni del S.S.N., con una riduzione di 0,50 punti della quota), pari, appunto, al 5,84%.

 

E’ inoltre prevista (comma 9) una riduzione dell’importo erogato, pari al 15%, dopo i primi sei mesi di fruizione, nonché un’ulteriore decurtazione del 15% dopo il dodicesimo mese di fruizione.

 

Infine, il comma 10 prevede il riconoscimento dei contributi figurativi, per i periodi di fruizione dell’ASPI, nella misura settimanale pari alla media delle retribuzioni imponibili ai fini previdenziali di cui al comma 1 degli ultimi due anni. I contributi figurativi sono utili ai fini del diritto e della misura dei trattamenti pensionistici ma non sono utili ai fini del conseguimento del diritto nei casi in cui la normativa richieda il computo della sola contribuzione effettivamente versata.


 

Articolo 2, comma 11
(Assicurazione Sociale per l’Impiego - durata)

 

Il comma 11 individua la durata di corresponsione dell’ASPI, in relazione all’età dei lavoratori interessati da nuovi eventi di disoccupazione involontaria verificatisi a decorrere dal 1º gennaio 2016, prevedendo un periodo massimo di fruizione pari a 12 mesi per i lavoratori con età inferiore a 55 anni e di 18 mesi per quelli con età maggiore di 55 anni.

 

Il comma 11 prevede, a decorrere dal 1º gennaio 2016 e in relazione ai nuovi eventi di disoccupazione verificatisi a decorrere dalla predetta data, che l’ASPI venga corrisposta:

·     per i lavoratori di età inferiore a 55 anni, per un periodo massimo di dodici mesi, detratti i periodi di indennità eventualmente fruiti negli ultimi dodici mesi[83], anche in relazione ai trattamenti brevi di cui al successivo articolo 28 (cd. mini-ASPI), alla cui scheda si rimanda (comma 11, lettera a));

·     per i lavoratori di età pari o superiore ai 55 anni, l’indennità e` corrisposta per un periodo massimo di diciotto mesi, nei limiti delle settimane di contribuzione negli ultimi due anni, detratti i periodi di indennità eventualmente fruiti negli ultimi diciotto mesi[84] ai sensi del precedente comma 4 (cfr. la relativa scheda) ovvero del comma 20 già richiamato in precedenza (comma 11, lettera b)).

 

Si ricorda che ulteriori disposizioni concernenti la durata massima degli istituti di sostegno al reddito per il periodo transitorio dal 1° gennaio 2013 al 31 dicembre 2015 sono contenute nel successivo comma 45 dell’articolo 2 (alla cui scheda si rimanda).

 


 

Articolo 2, commi 12-14
(Assicurazione Sociale per l’Impiego - procedura per l’erogazione)

 

L’articolo 2, commi 12-14, disciplina la procedura per l’erogazione dell’ASPI, prevedendo che essa spetti dall’ottavo giorno successivo alla data di cessazione dell’ultimo rapporto di lavoro, ovvero dal giorno successivo a quello in cui sia stata presentata la relativa domanda, a condizione che permanga la condizione di disoccupazione.

 

Il comma 12 prevede che l’ASPI possa essere liquidata a decorrere dall’ottavo giorno successivo alla data di cessazione dell’ultimo rapporto di lavoro, ovvero dal giorno successivo a quello in cui sia stata presentata la domanda.

La liquidazione dell’indennità avviene, a pena di decadenza, dietro presentazione, da parte dei lavoratori aventi diritto di un’apposita domanda, da inviare all’INPS esclusivamente in via telematica, entro due mesi dalla data di spettanza del trattamento (comma 13).

 

Infine, la fruizione dell’indennità è comunque condizionata alla permanenza dello stato di disoccupazione di cui all’articolo 1, comma 2, lettera c), del D.Lgs. 181/2000 (comma 14).

La richiamata lettera c) reca la definizione dello stato di disoccupazione, definendolo come la condizione del soggetto privo di lavoro, che sia immediatamente disponibile allo svolgimento ed alla ricerca di una attività lavorativa secondo modalità definite con i servizi competenti.

 


 

Articolo 2, commi 15-19
(Tutele della nuova occupazione)

 

L'articolo 2, commi 15-19, disciplina la sospensione d’ufficio della fruizione dell’ASPI – fino ad un massimo di sei mesi - in caso di nuovo rapporto di lavoro subordinato (nel caso in cui il periodo di sospensione sia inferiore a sei mesi, l’ASPI riprende a decorrere dal momento della sospensione), nonché la sua eventuale riduzione in caso di svolgimento di lavoro autonomo, dal quale derivi un reddito inferiore al limite stabilito ai fini della conservazione dello stato di disoccupazione (la riduzione è pari all’80% del reddito che il lavoratore prevede di percepire dalla nuova attività autonoma). In caso di sospensione i periodi di contribuzione relativi al nuovo rapporto di lavoro possono essere fatti valere ai fini di un nuovo trattamento di sostegno (per l’ASPI e per la mini-ASPI).

 

In particolare, il comma 15 prevede la sospensione dell’erogazione dell’ASPI nei confronti dei soggetti assicurati con contratto di lavoro subordinato in caso di nuova occupazione. L’erogazione, in particolare, viene sospesa d’ufficio sulla base delle comunicazioni obbligatorie di cui all’articolo 9-bis, comma 2, del D.L. 1º ottobre 1996, n. 510[85], fino ad un massimo di sei mesi. Nel caso in cui il periodo di sospensione sia di durata inferiore a sei mesi l’ASPI riprende a decorrere dal momento in cui era rimasta sospesa.

 

Gli obblighi informativi relativi all’instaurazione del rapporto di lavoro e alle successive variazioni sono contenuti in varie disposizioni[86].

In particolare, si ricorda che l’articolo 9-bis, comma 2, del D.L. 510/1996, così come di recente modificato dall’articolo 18, comma 1, del D.L. 5/2012 e dall’articolo 2, comma 13-bis, del D.L. 16/2012 (attualmente in fase di conversione) ha stabilito l’obbligo, per i datori di lavoro privati, ivi compresi quelli agricoli, gli enti pubblici economici e le pubbliche amministrazioni, in caso di instaurazione del rapporto di lavoro subordinato, nonché di lavoro autonomo in forma coordinata e continuativa, anche nella modalità a progetto, di socio lavoratore di cooperativa e di associato in partecipazione con apporto lavorativo, di comunicazione dell’instaurazione del rapporto di lavoro al Servizio competente nel cui ambito territoriale è ubicata la sede di lavoro (quindi la Direzione provinciale del lavoro) entro il giorno antecedente a quello di instaurazione dei relativi rapporti, mediante documentazione avente data certa di trasmissione (primo periodo).

La richiamata comunicazione deve indicare i dati anagrafici del lavoratore, la data di assunzione, la data di cessazione qualora il rapporto non sia a tempo indeterminato, la tipologia contrattuale, la qualifica professionale nonché il trattamento economico e normativo applicato (secondo periodo).

Il terzo periodo, in particolare, prevede una deroga degli obblighi a carico del datore di lavoro per il settore turistico, per i pubblici esercizi e per il settore agricolo, consistente nella possibilità, per il datore di lavoro che non sia in possesso di uno o più dati anagrafici inerenti il lavoratore, di integrare la comunicazione entro il terzo giorno successivo a quello dell'instaurazione del rapporto di lavoro, a condizione che dalla comunicazione preventiva risultino in maniera inequivocabile la tipologia contrattuale e l'identificazione del prestatore di lavoro.

Medesima procedura trova applicazione nei confronti dei tirocini di formazione e di orientamento e di ogni altro tipo di esperienza lavorativa ad essi assimilata. Spetta alle Agenzie di lavoro autorizzate la comunicazione, entro il ventesimo giorno del mese successivo alla data di assunzione, al Servizio competente nel cui ambito territoriale è ubicata la loro sede operativa, l'assunzione, la proroga e la cessazione dei lavoratori temporanei assunti nel mese precedente. Analogo obbligo è previsto per le pubbliche amministrazioni, tenute a comunicare, entro il ventesimo giorno del mese successivo alla data di assunzione, di proroga, di trasformazione e di cessazione, al servizio competente nel cui ambito territoriale è ubicata la sede di lavoro, l’assunzione, la proroga, la trasformazione e la cessazione dei rapporti di lavoro relativi al mese precedente.

 

Ai sensi del comma 16, nei casi di sospensione i periodi di contribuzione legati al nuovo rapporto di lavoro possono essere fatti valere ai fini di un nuovo trattamento nell’ambito dell’ASPI o della mini-ASPI di cui al successivo articolo 2, commi 20-24.

 

Il successivo comma 17 prevede, nel caso in cui il soggetto fruitore svolga un’attività lavorativa in forma autonoma, dalla quale derivi un reddito inferiore al limite utile ai fini della conservazione dello stato di disoccupazione, l’obbligo di informazione all’INPS da parte dello stesso entro un mese dall’inizio dell’attività, dichiarando contestualmente il reddito annuo che prevede di trarre dall’attività stessa.

L’INPS, qualora il reddito da lavoro autonomo sia inferiore al limite utile ai fini della conservazione dello stato di disoccupazione, provvede a ridurre il pagamento dell’ASPI di un importo pari all’80% dei proventi preventivati, rapportati al tempo intercorrente tra la data di inizio dell’attività e la data di fine dell’indennità o, se antecedente, la fine dell’anno. La riduzione viene conguagliata d’ufficio al momento della presentazione della dichiarazione dei redditi. Nel caso in cui il soggetto sia esentato dall’obbligo di presentazione della dichiarazione, è richiesta al beneficiario un’apposita autodichiarazione concernente i proventi ricavati dall’attività autonoma.

 

Infine, nei casi previsti dal comma precedente, la contribuzione relativa all’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti versata in relazione all’attività di lavoro autonomo non dà luogo ad accrediti contributivi e viene riversata alla Gestione prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti, di cui all’articolo 24 della L. 9 marzo 1989, n. 88 (comma 18).

 

Infine, il comma 19 prevede, in via sperimentale per il triennio 2013-2015, la facoltà, per il lavoratore avente diritto alla corresponsione dell’ASPI, di richiedere la liquidazione degli importi del trattamento pari al numero di mensilità non ancora percepite, nel caso in cui lo stesso intraprenda un’attività di lavoro autonomo, ovvero per avviare un’attività in forma di auto impresa o di micro impresa, o per associarsi in cooperativa.

 

 

Tale possibilità è riconosciuta nel limite massimo di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013, 2014 e 2015 a valere sull’autorizzazione di spesa inerente al Fondo per il finanziamento di interventi a favore dell’incremento in termini quantitativi e qualitativi dell’occupazione giovanile e delle donne di cui all’articolo 24, comma 27, del D.L. 201/2011, il quale è corrispondentemente ridotto.

 

Il richiamato comma 27 ha istituito, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, un Fondo per il finanziamento di interventi a favore dell'incremento in termini quantitativi e qualitativi dell'occupazione giovanile e delle donne, rinviando a decreti interministeriali (del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concento con il Ministro dell'economia e delle finanze) la definizione dei criteri e delle modalità istitutive.

Il fondo è finanziato con 200 milioni di euro per l'anno 2012, 300 milioni per ciascuno degli anni 2013 e 2014 e 240 milioni di euro per l’anno 2015.

 

I limiti, condizioni e modalità per l’attuazione delle disposizioni richiamate sono determinati, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di natura non regolamentare, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame.


 

Articolo 2, commi 20-24-bis
(Assicurazione sociale per l’impiego - istituzione del trattamento breve [cd. mini-ASpI])

 

L’articolo 2, commi 20-24, introduce un’ulteriore istituto di sostegno del reddito, denominato mini-ASPI, volto ad assicurare, dal 1° gennaio 2013, i lavoratori che non abbiano i requisiti per la fruizione dell’ASPI. La mini-ASPI va a sostituire l’indennità di disoccupazione con requisiti ridotti, condizionandola alla presenza e permanenza dello stato di disoccupazione. In particolare, la mini-ASPI può essere concessa in presenza di almeno 13 settimane di contribuzione di attività lavorativa negli ultimi dodici mesi, e consiste in un’indennità di pari importo dell’ASPI.

 

In particolare, il comma 20 introduce, a decorrere dal 1º gennaio 2013, a favore di tutti i lavoratori dipendenti, compresi gli apprendisti e i soci lavoratori di cooperativa che abbiano stabilito, con la propria adesione o successivamente all’instaurazione del rapporto associativo, un rapporto di lavoro in forma subordinata, a condizione di aver versato almeno 13 settimane di contribuzione di attività lavorativa negli ultimi dodici mesi, attività per la quale siano stati versati o siano dovuti i contributi per l’assicurazione obbligatoria, il diritto alla fruizione di una specifica indennità, di importo pari a quello dell’ASPI, denominata mini-ASPI.

La mini-ASPI è corrisposta mensilmente per un numero di settimane pari alla metà delle settimane di contribuzione nell’ultimo anno, ai fini della durata non vengono computati i periodi contributivi che hanno già dato luogo ad erogazione della prestazione[87] (comma 21).

La mini-ASPI sostituisce, ai sensi del comma 24, l’indennità di disoccupazione con requisiti ridotti, con riferimento ai periodi lavorativi del 2012, nelle prestazioni liquidate a decorrere dal 1º gennaio 2013.

 

Ai sensi del comma 22, alla mini-ASPI si applicano le disposizioni relative all’ASPI per quanto attiene all’individuazione dello stato di disoccupazione (soggetti privi di lavoro che siano immediatamente disponibili allo svolgimento ed alla ricerca di un’attività lavorativa secondo modalità definite con i servizi competenti), all’importo e alle modalità di calcolo, alle procedure per l’erogazione[88] e alla sospensione.

Allo stresso tempo alla mini-ASPI si applicano i casi di esclusione previsti per l’ASPI (operai agricoli, a tempo indeterminato e determinato, dipendenti delle pubbliche amministrazioni a tempo indeterminato, lavoratori che siano cessati dal rapporto di lavoro per dimissioni o per risoluzione consensuale del rapporto, salvo specifici casi).

 

Il successivo comma 23 prevede, analogamente a quanto previsto per l’ASPI, la sospensione d’ufficio dell’erogazione della mini-ASPI sulla base delle comunicazioni obbligatorie di cui all’articolo 9-bis, comma 2, del D.L. 510/1996 in caso di nuova occupazione del soggetto assicurato con contratto di lavoro subordinato, fino ad un massimo di cinque giorni (cfr. al riguardo la scheda relativa ai commi 15-19). Al termine del periodo di sospensione l’indennità riprende a decorrere dal momento in cui era rimasta sospesa.

 

Non sono invece previsti analoghi meccanismi a quello di cui al comma 19, in base al quale il lavoratore interessato ha la possibilità in via sperimentale, di richiedere la liquidazione delle mensilità non ancora percepite, nel caso in cui lo stesso intraprenda lavoro autonomo, ovvero per avviare un’attività di auto impresa o di micro impresa, o per associarsi in cooperativa.

 

Infine, il comma 24-bis[89] prevede che alle prestazioni liquidate dall’ASPI si applichino, per quanto non previsto dalla stessa legge 92/2012 ed in quanto applicabili, le norme già operanti in materia di indennità di disoccupazione ordinaria non agricola

 

 


 

Articolo 2, commi 25-39
(ASpI e mini-ASpI - contributo di finanziamento)

 

L’articolo 2, commi da 25 a 39, definiscono le modalità di contribuzione per il finanziamento del nuovo sistema di indennità (ASPI e mini-ASPI), in sostituzione delle aliquote oggi a carico dei datori di lavoro per gli strumenti di sostegno del reddito che verranno sostituiti a regime.

In particolare, si dispone l’applicazione di un’aliquota (pari all’1,31%) per i lavoratori a tempo indeterminato, nonché di un contributo addizionale (a carico del datore di lavoro), per ogni rapporto di lavoro subordinato diverso da quello a tempo indeterminato, pari all'1,4% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali, fatte salve specifiche eccezioni.

Inoltre, si prevede un ulteriore contributo, analogo al contributo stabilito per l’indennità di mobilità, a carico del datore di lavoro, in tutti i casi di interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato per causa diversa dalle dimissioni, intervenuti a decorrere dal 1º gennaio 2013.

 

Il comma 25 stabilisce che, con effetto sui periodi contributivi maturati a decorrere dal 1º gennaio 2013, al finanziamento dell’ASPI e della mini-ASPI concorrono i contributi integrativi dovuti per i salariati fissi e i giornalieri di campagna, di cui agli articoli 12, sesto comma, e 28, primo comma, della L. 3 giugno 1975, n. 160[90].

 

L’articolo 12, sesto comma, della L. 160/1975 ha stabilito la misura del contributo integrativo dovuto per i salariati fissi e i giornalieri di campagna, di cui al D.P.R. 13 maggio 1957, n. 853[91], a decorrere dal periodo di paga in corso alla data del 1° gennaio 1976, in misura pari allo 0,25% della retribuzione determinata ai sensi dell'articolo 28 del D.P.R. 27 aprile 1968, n. 488[92].

Il successivo articolo 28, primo comma, ha stabilito che l'obbligo del versamento dei contributi assicurativi base, di cui alle tabelle A e B allegate al D.P.R. 488/1968, si intende assolto mediante la applicazione delle seguenti aliquote sulla retribuzione imponibile:

·     0,11% delle retribuzioni dei dipendenti soggetti all'assicurazione per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti;

·     0,01% delle retribuzioni dei dipendenti soggetti all'assicurazione contro la disoccupazione involontaria;

·     0,01% delle retribuzioni dei dipendenti soggetti all'assicurazione contro la tubercolosi;

·     0,01% delle retribuzioni dei dipendenti per i quali sia dovuto il contributo a favore dell'Ente nazionale assistenza orfani dei lavoratori italiani.

 

Il comma 26 stabilisce che ad ogni modo continuano a trovare applicazione, in relazione ai contributi richiamati in precedenza, le eventuali riduzioni derivanti dai provvedimenti di riduzione del costo del lavoro operate dall’articolo 120 della L. 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria per il 2001), e dall’articolo 1, comma 361, della L. 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria per il 2006), nonché le misure compensative di cui all’articolo 8 del D.L. 30 settembre 2005, n. 203[93], relativo alla disciplina relativa alle forme di compensazione per i datori di lavoro che conferiscono il TFR maturando alle forme pensionistiche complementari.

 

L’articolo 120 della legge finanziaria per il 2001, in attuazione del programma di riduzione del costo del lavoro definito dal Patto sociale per lo sviluppo e l'occupazione, sottoscritto dal governo e dalle parti sociali il 23 dicembre 1998, ha ridotto dello 0,8%, a decorrere dal 1° febbraio 2001, i contributi per gli assegni per il nucleo familiare dovuti dai datori di lavoro alla Gestione prestazioni temporanee per i lavoratori dipendenti.

Inoltre, si prevede un’ulteriore riduzione, nella misura di 0,4 punti, fermo restando il limite complessivo di 0,8 punti, a valere su altri contributi previdenziali ed assistenziali dovuti alla suddetta Gestione prestazioni temporanee, per i datori di lavoro operanti nei settori per i quali l’aliquota contributiva per gli assegni per il nucleo familiare sia inferiore a 0,8 punti percentuali (i quali non possono quindi beneficiare integralmente della riduzione richiamata in precedenza). Tale misura aggiuntiva opera con priorità sulle aliquote relative alla maternità e alla disoccupazione.

Infine, è stato esteso ai soggetti di età inferiore a 32 anni che si iscrivono per la prima volta nell'anno 2001 alla Gestione speciale INPS degli artigiani o a quella degli esercenti attività commerciali, lo sgravio previsto per tali gestioni, che consiste in una riduzione del 50%, per i tre anni successivi all'iscrizione, dell'aliquota contributiva vigente per le gestioni predette.

 

L’articolo 1, comma 361, della legge finanziaria per il 2006, intervenendo sul c.d. “cuneo contributivo”, cioè il rapporto tra i contributi versati dal lavoratore e dal datore di lavoro ed il costo del lavoro, ha disposto, a decorrere dal 1° gennaio 2006, un esonero dal versamento dei contributi sociali alla gestione delle prestazioni temporanee presso l’INPS, di cui all’articolo 24 della L. 9 marzo 1989, n. 88, recante la ristrutturazione dell’INPS e dell’INAIL, nel limite massimo complessivo di un punto percentuale.

 

L’articolo 8 del D.L. 203/2005 ha riconosciuto, a titolo di compensazione in relazione ai maggiori oneri finanziari sostenuti dai datori di lavoro per il versamento di quote di TFR maturando alle forme pensionistiche complementari o al Fondo per l’erogazione del TFR, una riduzione, a decorrere dal 1° gennaio 2008, del versamento dei contributi di previdenza ed assistenza dovuti da parte degli stessi datori di lavoro alla “Gestione prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti” di cui all’articolo 24 della L. 88 del 1989 .

La misura della riduzione per ciascun lavoratore, prevista dalla Tabella A allegata al D.Lgs. 203/2005, è pari a 0,19 punti percentuali per il 2008 ed aumenta ogni anno fino alla percentuale, a regime, di 0,28 punti, decorrente dal 2014 . Tali riduzioni, tuttavia, non si applicano per intero, bensì nella misura percentuale del TFR maturando conferito alle forme pensionistiche complementari nonché al Fondo suddetto.

L’esonero contributivo si applica prioritariamente considerando, nell’ordine, i contributi dovuti per assegni familiari, per maternità e per disoccupazione e in ogni caso escludendo il contributo al fondo di garanzia presso l’INPS per il versamento del TFR di cui all’articolo 2 della L. 297/1982, nonché il contributo integrativo dovuto per l'assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria, di cui all’articolo 25, quarto comma, della L. 21 dicembre 1978, n. 845.

Qualora il richiamato esonero non trovi capienza con riferimento ai contributi effettivamente dovuti dal datore di lavoro, per il singolo lavoratore, alla “Gestione prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti”, l’importo differenziale deve essere trattenuto, a titolo di esonero contributivo, dal datore di lavoro sull’ammontare complessivo dei contributi dovuti all’INPS.

La disposizione valuta l’onere derivante dalla sua applicazione in 414 milioni di euro per l’anno 2008 e in 460 milioni di euro a decorrere dall’anno 2009.

 

Ai sensi del successivo comma 27, si prevede una decurtazione del contributo a favore dei lavoratori per i quali i contributi richiamati in precedenza non trovavano applicazione, e in particolare per i soci lavoratori delle cooperative di cui al D.P.R. 30 aprile 1970, n. 602. La decurtazione è pari alla quota di riduzione di cui all’articolo 120 della legge finanziaria per il 2001 (vedi supra) e all’articolo 1, comma 361, della legge finanziaria per il 2006 (vedi supra), che non sia stata ancora applicata a causa della mancata capienza delle aliquote vigenti alla data di entrata in vigore delle citate leggi finanziarie.

In particolare, è stato previsto un allineamento alla nuova aliquota ASPI, con incrementi annui pari allo 0,26% per il periodo 2013-2016 e allo 0,27% per l’anno 2017, nel caso in cui ai lavoratori di cui al periodo precedente le richiamate quote di riduzione siano state già applicate.

L’allineamento è subordinato all’adozione annuale del decreto di rideterminazione delle aliquote previsto dall’ultimo periodo del presente comma, in assenza del quale le disposizioni transitorie richiamate successivamente non trovano applicazione.

Contestualmente, si prevede l’allineamento graduale, con incrementi pari allo 0,06% annuo, dell’aliquota del contributo destinato al finanziamento dei Fondi interprofessionali per la formazione continua, ai sensi dell’articolo 25 della L. 21 dicembre 1978, n. 845[94].

 

I richiamati fondi paritetici interprofessionali, introdotti dall’articolo 118 della legge finanziaria per il 2001 (L. 388/2000) sono costituiti, sulla base di accordi interconfederali stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori e dei lavoratori “maggiormente rappresentative sul piano nazionale”, per ciascuno dei seguenti settori economici (salva la possibilità che gli stessi accordi prevedano la costituzione di fondi anche per settori diversi): industria; agricoltura; terziario; artigianato[95].

I fondi finanziano, in tutto o in parte, piani formativi aziendali, territoriali, settoriali o individuali, concordati tra le parti sociali, "nonché eventuali ulteriori iniziative propedeutiche e comunque direttamente connesse a detti piani concordate tra le parti".

I fondi - che, previo accordo tra le parti, si possono articolare su scala regionale o, in ogni caso, territoriale - sono attivati previa autorizzazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali (attualmente Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali), il quale esercita altresì la vigilanza sulla gestione. L'autorizzazione è subordinata alla verifica della conformità dei criteri di gestione, degli organi, delle strutture di funzionamento e della professionalità dei gestori rispetto alle finalità dei fondi.

Si ricorda che a decorrere dal 2001[96] la quota del gettito complessivo da destinare ai fondi è stabilita al 20% a valere sul terzo delle risorse derivanti dal contributo integrativo di cui all’articolo 25 della L. 845/1978, destinato al Fondo di cui all'articolo medesimo (fondo di rotazione per la Per favorire l'accesso al Fondo sociale europeo e al Fondo regionale europeo dei progetti di formazione professionale). Tale quota è stata poi portata al 30% per il 2002 e al 50% per il 2003.

Con riferimento ai datori che aderiscono ai medesimi fondi, le entrate derivanti dall'addizionale contributiva dello 0,30%[97] - addizionale destinata, in via generale, al finanziamento del sistema della formazione professionale - sono trasferite, da parte dell'INPS, al fondo indicato dal datore, nei seguenti termini e limiti:

§      le entrate corrispondenti alla quota - pari ad un terzo (cioè, a 0,1 punti percentuali) - dell'addizionale che spetterebbe, in via ordinaria[98], al Fondo di rotazione per la formazione professionale e per l'accesso al Fondo sociale europeo[99] sono attribuite in misura integrale al fondo indicato dal datore - in caso, ovviamente, di adesione da parte del medesimo -;

§      le entrate corrispondenti alla restante quota (cioè, ai due terzi) sono anch'esse destinate al fondo prescelto, nel limite, tuttavia, di un importo pari a circa 103,291 milioni di euro[100]. Si ricorda che tale quota spetta, in assenza di adesione - nonché, in ogni caso, per la misura eccedente il suddetto importo - al Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie[101] (ai fini del cofinanziamento degli interventi del Fondo sociale europeo).

Le suddette norme finanziarie trovano applicazione a decorrere dal 2004, mentre per il precedente triennio 2001-2003 era prevista una disciplina transitoria, che contemplava una progressiva attribuzione ai fondi delle summenzionate risorse, ai sensi dei commi 10 e 12 dell'art. 118 della L. n. 388[102].

Da ultimo, si ricorda che l’articolo 1, comma 151, della legge finanziaria per il 2005 (L. 311/2004) ha introdotto, tra gli altri, una parziale revisione della disciplina relativa ai citati fondi.

In particolare, le modifiche attengono eminentemente ai profili del finanziamento dei fondi nonché, in generale, alla destinazione del gettito proveniente dalla suddetta addizionale.

 

Lo stesso comma prevede altresì, a decorrere dal 2013 e fino al pieno allineamento alla nuova aliquota ASPI, la rideterminazione annuale delle prestazioni relative all’importo e alle modalità di calcolo dell’ASPI e della mini-ASPI, in funzione dell’aliquota effettiva di contribuzione.

La rideterminazione è effettuata con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare entro il 31 dicembre di ogni anno precedente l’anno di riferimento, tenendo presente, in via previsionale, l’andamento congiunturale del relativo settore con riferimento al ricorso agli istituti di sostegno al reddito richiamati e garantendo, in ogni caso, una riduzione della commisurazione delle prestazioni alla retribuzione proporzionalmente non inferiore alla riduzione dell’aliquota contributiva per l’anno di riferimento rispetto al livello a regime.

 

Ai sensi del comma 28, con effetto sui periodi contributivi di cui al precedente comma 1, ai rapporti di lavoro subordinato non a tempo indeterminato si applica un contributo addizionale, a carico del datore di lavoro, pari all’1,4% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali, fatte salve le esclusioni di cui al comma 5 e le ipotesi di restituzione, totale o parziale, di cui al comma 6.

 

Tale contributo addizionale, infatti, non si applica (comma 29):

a)   ai lavoratori assunti a temine in sostituzione di lavoratori assenti;

b)   ai lavoratori assunti a termine per lo svolgimento delle attività stagionali di cui al D.P.R. 7 ottobre 1963, n. 1525[103]. E’ stato inoltre previsto che il contributo addizionale non si applichi anche, per i periodi contributivi maturati dal 1º gennaio 2013 al 31 dicembre 2015, alle attività definite dagli avvisi comuni e dai contratti collettivi nazionali stipulati entro il 31 dicembre 2011 dalle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più` rappresentative.

Per la copertura degli oneri finanziari derivanti dalla non applicazione del contributo addizionale delle richiamate attività, valutati in 7 milioni di euro annui per il triennio 2013-2015, si provvede per l’anno 2013 a valere sulla dotazione del Fondo per gli interventi urgenti ed indifferibili di cui all’articolo 7-quinquies, comma 1, del D.L. 5/2009, come integrato dall’articolo 33, comma 1, della L. 183/2011, e per gli anni 2014 e 2015 sull’autorizzazione di spesa relativa al Fondo per il finanziamento di interventi a favore dell’incremento in termini quantitativi e qualitativi dell’occupazione giovanile e delle donne di cui all’articolo 24, comma 27, del D.L. 201/2011, il quale e` corrispondentemente ridotto;

Si ricorda, in proposito, che una copertura degli oneri finanziari sulla dotazione dei richiamati fondi viene disposta anche dal comma 56, lettera c), dell’articolo 2, relativamente al finanziamento ai fini dell’erogazione dell’indennità una tantum per i lavoratori a progetto, nonché dal comma 17 del successivo articolo 3, relativo all’erogazione dell’ASPI, in via sperimentale per il periodo 2013-2015, ai lavoratori sospesi per crisi aziendali o occupazionali che siano in possesso di specifici requisiti, a condizione che ci sia un intervento integrativo da parte dei fondi bilaterali di cui allo stesso articolo 3, commi 14-18, pari almeno alla misura del 20% dell’indennità stessa a carico dei fondi bilaterali.

 

Il comma 1 dell'articolo 7-quinquies del D.L. 5/2009 ha istituito nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze un fondo (cap. 3071), al fine di assicurare il finanziamento di interventi urgenti e indifferibili, con particolare riguardo ai settori dell’istruzione e agli interventi organizzativi connessi ad eventi celebrativi.

Relativamente all’anno 2012, il comma 26-ter dell’articolo 1 del D.L.  138/2011 ha incrementato la dotazione del Fondo in oggetto di 24 milioni di euro per l'anno 2012 e di 30 milioni di euro per l'anno 2013. Ai fini del riparto delle risorse del Fondo, il comma 26-ter prevede che si applichi la procedura prevista dall'articolo 1, comma 40, quinto periodo, della legge di stabilità 2011 (L. 220/2010[104]).

Successivamente, l’articolo 33, comma 1, della legge di stabilità 2012 (L. 183/2011) ha incrementato la dotazione del richiamato Fondo di 1.143 milioni di euro per l'anno 2012, prevedendone la ripartizione con appositi decreti del Presidente del Consiglio dei ministri tra le finalità indicate nell'elenco 2 allegato, che sono seguenti:

o Fondo nazionale per le politiche giovanili;

o investimenti Gruppo Ferrovie - contratto di programma con RFI;

o   professionalizzazione forze armate - rifinanziamento, per il medesimo anno, degli importi di cui agli articoli 582 e 583 del D.Lgs. 15 marzo 2010, n. 66 , recante "Codice dell'ordinamento militare";

o   partecipazione italiana a banche e fondi internazionali;

o   esigenze connesse alla celebrazione della ricorrenza del 4 novembre;

o   provvidenze alle vittime dell'uranio impoverito;

o   ulteriori esigenze dei Ministeri;

o   interventi per assicurare la gratuità dei libri di testo scolastici di cui all’articolo 27, comma 1 della L. 448/1998;

o   Unione italiana ciechi.

Il secondo periodo del comma 1 ha inoltre stabilito che una quota pari a 100 milioni di euro del richiamato Fondo venga destinata per l’anno 2012 al finanziamento di interventi urgenti di riequilibrio socio-economico e sviluppo dei territori e alla promozione di attività sportive, culturali e sociali di cui all’articolo 1, comma 40, quarto periodo della legge di stabilità 2011 (L. 220/2010).

L’articolo 24, comma 27, del D.L. 201/2011 ha istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali un Fondo per il finanziamento di interventi a favore dell'incremento in termini quantitativi e qualitativi dell'occupazione giovanile e delle donne, rinviando a specifici decreti interministeriali la definizione dei criteri e delle modalità istitutive.

Il fondo è finanziato con 200 milioni di euro per l'anno 2012, 300 milioni per ciascuno degli anni 2013 e 2014 e 240 milioni di euro per l’anno 2015.

c)   agli apprendisti;

d)   ai lavoratori dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165[105].

 

In caso di trasformazione del contratto in contratto a tempo indeterminato, è prevista (comma 30) la restituzione al datore di lavoro del contributo di cui al comma 4, nei limiti delle ultime sei mensilità, successivamente al decorso del periodo di prova. La restituzione avviene anche qualora il datore di lavoro assuma il lavoratore con contratto di lavoro a tempo indeterminato entro il termine di sei mesi dalla cessazione del precedente contratto a termine. In tale ultimo caso, la restituzione avviene detraendo dalle mensilità spettanti un numero di mensilità ragguagliato al periodo trascorso dalla cessazione del precedente rapporto di lavoro a termine.

 

Il comma 31[106] prevede un contributo di licenziamento, erogabile in tutti i casi di interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato (sono inclusi anche i rapporti di apprendistato) per cause che, indipendentemente dal requisito contributivo darebbero diritto all’ASPI, intervenuti a decorrere dal 1º gennaio 2013, a carico del datore di lavoro.

Il contributo è pari al 41% del trattamento mensile iniziale dell’ASPI per ogni dodici mesi di anzianità aziendale negli ultimi tre anni (sono quindi compresi i periodi di lavoro a termine). Nel computo dell’anzianità aziendale sono compresi i periodi di lavoro con contratto diverso da quello a tempo indeterminato, se il rapporto e` proseguito senza soluzione di continuità o se comunque si è dato luogo alla restituzione di cui al precedente comma.

 

Secondo la relazione tecnica allegata al provvedimento originario, la contribuzione in esame sostituisce le seguenti aliquote (a  carico del datore di lavoro):

·     disoccupazione involontaria (dal 1° gennaio 2013), pari all’1,31%;

·     aliquota aggiuntiva per disoccupazione nel settore edile (a regime, dal 1° gennaio 2017), pari allo 0,80%;

·     mobilità (a regime dal 1° gennaio 2017), pari allo 0,30%.

 

Il contributo di cui al precedente è dovuto (comma 32) anche per le interruzioni dei rapporti di apprendistato diverse dalle dimissioni o dal recesso del lavoratore, ivi incluso il recesso del datore di lavoro ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettera m), del D.Lgs. 14 settembre 2011, n. 167[107], ai sensi del quale è prevista, nell’ambito del contratto di apprendistato, la possibilità per le parti di recedere dal contratto con preavviso decorrente dal termine del periodo di formazione ai sensi di quanto disposto dall'articolo 2118 c.c.[108]. Si ricorda che la stessa lettera m) prevede che nel caso in cui nessuna delle parti eserciti la facoltà di recesso al termine del periodo di formazione, il rapporto prosegue come ordinario rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

Lo stesso contributo, inoltre, non è dovuto (comma 33), fino al 31 dicembre 2016, nei casi in cui sia dovuto il contributo dovuto dal datore di lavoro per ogni lavoratore messo in mobilità, di cui all’articolo 5, comma 4, della L. 23 luglio 1991, n. 223[109].

 

Tale comma ha disposto l’obbligo, per impresa, per ciascun lavoratore posto in mobilità, di versamento, alla gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali, di cui all'articolo 37 della L. 88/1989, in trenta rate mensili, di una somma pari a sei volte il trattamento mensile iniziale di mobilità spettante al lavoratore. Tale somma è ridotta alla metà quando la dichiarazione di eccedenza del personale di cui all'articolo 4, comma 9, della stessa L. 223/1991 abbia formato oggetto di accordo sindacale.

Il richiamato comma ha disposto la facoltà per l’impresa, raggiunto l'accordo sindacale ovvero esaurita la specifica procedura, di collocare in mobilità gli impiegati, gli operai e i quadri eccedenti, comunicando per iscritto a ciascuno di essi il recesso, nel rispetto dei termini di preavviso. Contestualmente, l'elenco dei lavoratori collocati in mobilità, con l'indicazione per ciascun soggetto del nominativo, del luogo di residenza, della qualifica, del livello di inquadramento, dell'età, del carico di famiglia, nonché con puntuale indicazione delle modalità con le quali sono stati applicati gli specifici criteri di scelta, deve essere comunicato per iscritto all'Ufficio regionale del lavoro e della massima occupazione competente, alla Commissione regionale per l'impiego e alle associazioni di categoria.

 

Ai sensi del successivo comma 34, il contributo di licenziamento non è inoltre dovuto, per il periodo 2013-2015, nei seguenti casi:

a)   licenziamenti effettuati in conseguenza di cambi di appalto, ai quali siano succedute assunzioni presso altri datori di lavoro, in attuazione di clausole sociali che garantiscano la continuità occupazionale prevista dai contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale;

b)  interruzione di rapporto di lavoro a tempo indeterminato, nel settore delle costruzioni edili, per completamento delle attività e chiusura del cantiere.

Alle minori entrate derivanti dal comma in esame, valutate in 12 milioni di euro per il 2013 e in 38 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015, si provvede a valere sulle risorse del Fondo per il finanziamento di interventi a favore dell’incremento in termini quantitativi e qualitativi dell’occupazione giovanile e delle donne (vedi supra).

 

Lo stesso contributo di licenziamento, inoltre, è moltiplicato per tre volte (comma 35), a decorrere dal 1º gennaio 2017, nei casi di licenziamento collettivo in cui la dichiarazione di eccedenza del personale di cui all’articolo 4, comma 9, della L. 223/1991 (vedi supra), non abbia formato oggetto di accordo sindacale.

 

Il comma 36, aggiungendo la lettera e-bis) al comma 2 dell’articolo 2 del D.Lgs. 14 settembre 2011, n. 167, T.U. in materia di apprendistato, prevede, a decorrere dal 1º gennaio 2013, che per gli apprendisti l'applicazione delle norme sulla previdenza e assistenza sociale obbligatoria venga estesa anche all’ASPI.

Il richiamato comma 2 dell’articolo 2 del D.Lgs. 167/2011 ha infatti stabilito che per gli apprendisti l'applicazione delle norme sulla previdenza e assistenza sociale obbligatoria si estenda alle seguenti forme:

a)  assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali;

b)  assicurazione contro le malattie;

c)  assicurazione contro l'invalidità e vecchiaia;

d)  maternità;

e)  assegno familiare.

 

In particolare, le richiamate norme vengono estese all’ASPI in relazione alla quale, in via aggiuntiva a quanto previsto in relazione al regime contributivo per le assicurazioni di cui alle precedenti lettere dello stesso comma 2 (vedi supra), ai sensi della disciplina di cui all’articolo 1, comma 773, della legge finanziaria per il 2007 (L. 296/2006), con effetto sui periodi contributivi maturati a decorrere dal 1º gennaio 2013 sia dovuta dai datori di lavoro per gli apprendisti artigiani e non artigiani una contribuzione pari all’1,31% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali.

Il comma 773 ha rideterminato, con effetto sui periodi contributivi maturati a decorrere dal 1° gennaio 2007, le aliquote contributive dovute dai datori di lavoro per gli apprendisti artigiani e non artigiani, nella misura complessiva del 10% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali. Al fine di rendere più graduale l’impatto dell’incremento della contribuzione per le aziende di minori dimensioni, è stato inoltre previsto che, per i datori di lavoro che occupano complessivamente meno di 10 dipendenti, la suddetta aliquota complessiva del 10% a loro carico relativa agli apprendisti sia ridotta di 8,5 punti percentuali per i contributi maturati nel primo anno di contratto e di 7 punti percentuali per i contributi maturati nel secondo anno di contratto. Resta fermo il livello di aliquota del 10% per i contributi maturati negli anni successivi al secondo.

 

Con riferimento a tale contribuzione non operano le disposizioni di cui all’articolo 22, comma 1, della L. 12 novembre 2011, n. 183.

Tale comma  ha previsto l’azzeramento, per i primi 3 anni, della quota di contribuzione a carico del datore di lavoro che occupi fino a 9 addetti, per i contratti di apprendistato stipulati negli anni 2012-2016.

A copertura dei costi è stato disposto:

o     l’incremento di 1 punto percentuale (dal 26% al 27%) dell’aliquota contributiva pensionistica corrisposta alla gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge n.335/1995, dai lavoratori non iscritti ad altre forme pensionistiche e della relativa aliquota per il computo delle prestazioni pensionistiche;

o     l’incremento di 1 punto percentuale (dal 17% al 18%) dell’aliquota contributiva pensionistica corrisposta alla medesima gestione separata dai rimanenti lavoratori e della relativa aliquota per il computo delle prestazioni pensionistiche.

 

L’aliquota contributiva di finanziamento dell’ASPI non ha effetto, ai sensi del comma 37, nei confronti delle agevolazioni che rimandano, per l’identificazione dell’aliquota applicabile, alla contribuzione nella misura prevista per gli apprendisti.

 

Il comma 38 aggiunge l’ASPI alle tipologie di assicurazioni spettanti ai lavoratori soci di società cooperative di lavoro, di cui all’articolo 1, comma 1, del D.P.R. 30 aprile 1970, n. 602[110].

 

Il comma 39, infine, riduce, sempre dal 1° gennaio 2014[111], dal 4% al 2,6% l'aliquota contributiva a carico dei soggetti autorizzati alla somministrazione di lavoro, commisurata alla retribuzione dei lavoratori assunti con contratto a tempo determinato per l'esercizio di attività di somministrazione - mentre resta immutata la corrispondente aliquota (anch'essa pari al 4%) relativa ai lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato.

Si ricorda che la contribuzione in oggetto è destinata ai fondi bilaterali costituiti dalle parti stipulanti il contratto collettivo nazionale delle imprese di somministrazione di lavoro, ai fini dello svolgimento di iniziative e dell'erogazione di interventi in favore dei lavoratori assunti per prestazioni di lavoro in somministrazione.

 


 

Articolo 2, commi 40-41
(ASpI e mini-ASpI – casi di decadenza)

 

L’articolo 2, commi 40-41, individua le cause di decadenza dalla fruizione dell’ASPI e della mini-ASPI, con obbligo di restituzione dell’indennità eventualmente percepita in assenza dei requisiti.

 

Ai sensi del comma 40, si decade dalla fruizione dell’ASP e della mini-ASPI nei seguenti casi:

o    perdita dello stato di disoccupazione (lettera a));

o    inizio di un’attività in forma autonoma senza che il lavoratore effettui la comunicazione all’INPS del reddito anno che si presume di avere dall’attività stessa, di cui al precedente articolo 2 comma 17 (lettera b));

o    raggiungimento dei requisiti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato (lettera c));

o    acquisizione del diritto all’assegno ordinario di invalidità, sempre che il lavoratore non opti per l’indennità erogata dall’ASPI (lettera d)).

 

La decadenza si realizza dal momento in cui si verifica l’evento che la determina (comma 41), con obbligo di restituzione dell’indennità che eventualmente si sia continuato a percepire.

 

 


 

Articolo 2, commi 42-43
(Assicurazione Sociale per l’Impiego - contenzioso)

 

L’articolo 2, commi 42-43, applica all’ASPI le norme sul contenzioso amministrativo, relativo alle prestazioni o alla contribuzione, già vigenti per l'indennità ordinaria di disoccupazione.

 

Il comma 42, aggiungendo la lettera d-bis) all’articolo 46, comma 1, della L. 9 marzo 1989, n. 88[112], relativo al contenzioso in materia di prestazioni, individua nel comitato provinciale dell’INPS l’organo chiamato a decidere in via definitiva i ricorsi avverso i provvedimenti dell'INPS concernenti anche le prestazioni dell’ASPI.

 

Si ricorda che il richiamato comitato, costituito presso ogni sede provinciale dell’Istituto, sempre ai sensi del richiamato articolo 46, comma 1, decide in merito:

a)   alle prestazioni dell'assicurazione obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti e le prestazioni del Fondo di garanzia per il trattamento di fine rapporto;

b)   alle prestazioni delle gestioni dei lavoratori autonomi, ivi comprese quelle relative ai trattamenti familiari di loro competenza;

c)   alle prestazioni della gestione speciale di previdenza a favore dei dipendenti da imprese esercenti miniere, cave e torbiere con lavorazione, ancorché parziale, in sotterraneo;

d)   alle prestazioni dell'assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria;

e)   alla pensione sociale;

f) alle prestazioni economiche di malattia, ivi comprese quelle dell'assicurazione obbligatoria contro la tubercolosi, e per la maternità;

g)   ai trattamenti familiari;

h)   all'assegno per congedo matrimoniale;

i) al trattamento di richiamo alle armi degli impiegati ed operai privati.

 

Il successivo comma 43 prevede che il comitato amministratore della gestione prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti possa decidere, in merito all’ASPI, in unica istanza sui ricorsi in materia di contributi dovuti alla gestione.

Trovano altresì applicazione le disposizioni concernenti il termine per ricorrere al comitato (90 giorni dalla data dell’atto impugnato), trascorso il quale si può adire l’autorità giudiziaria.

 

 


 

Articolo 2, commi 44-45
(Disposizioni transitorie relative alla durata di specifici ammortizzatori)

 

L’articolo 2, commi 44-45, disciplina la fase transitoria, in attesa dell’entrata a regime dell’ASPI, per i nuovi eventi di disoccupazione involontaria determinatisi a decorrere dal 1º gennaio 2013 e fino al 31 dicembre 2015. In particolare, vengono stabilite le prestazioni (quantificate in mesi) erogate ai soggetti interessati dagli eventi di disoccupazione in relazione alla loro età anagrafica, prevedendo che la durata di tali trattamenti aumenti in misura proporzionale all’età dei beneficiari (distinguendo tra soggetti la cui età anagrafica sia inferiore a 50 anni; sia pari o superiore a 50 anni ma inferiore a 55 anni; infine, sia pari o superiore a 55 anni).

 

Il comma 44 specifica che in relazione ai casi di cessazione dalla precedente occupazione intervenuti fino al 31 dicembre 2012, trovino applicazione le disposizioni in materia di indennità di disoccupazione ordinaria non agricola di cui all’articolo 19 del R.D.L. 14 aprile 1939, n. 636[113].

 

Ai sensi del comma 45, la durata massima legale, in relazione ai nuovi eventi di disoccupazione verificatisi a decorrere dal 1º gennaio 2013 e fino al 31 dicembre 2015, viene disciplinata nei seguenti termini:

·    per le prestazioni relative agli eventi intercorsi nel 2013 (lettera a)):

o       8 mesi per i soggetti con età anagrafica inferiore a cinquanta anni;

o       12 mesi per i soggetti con età anagrafica pari o superiore a cinquanta anni;

·    per le prestazioni relative agli eventi intercorsi nel 2014 (lettera b)):

o       8 mesi per i soggetti con età anagrafica inferiore a cinquanta anni;

o       12 mesi per i soggetti con età anagrafica pari o superiore a cinquanta anni e inferiore a cinquantacinque anni;

o       14 mesi per i soggetti con età anagrafica pari o superiore a cinquantacinque anni, nei limiti delle settimane di contribuzione negli ultimi due anni;

·    per le prestazioni relative agli eventi intercorsi nel 2015 (lettera c)):

o       10 mesi per i soggetti con età anagrafica inferiore a cinquanta anni;

o       12 mesi per i soggetti con età anagrafica pari o superiore a cinquanta anni e inferiore a cinquantacinque anni;

o       16 mesi per i soggetti con età anagrafica pari o superiore a cinquantacinque anni, nei limiti delle settimane di contribuzione negli ultimi due anni.

 

Si ricorda che la disciplina relativa alla durata dell’ASPI a decorrere dal 1° gennaio 2016 è contenuta al comma 11 dell’articolo 2, alla cui scheda si rimanda.

 


 

Articolo 2, commi 46-46bis
(Disposizioni transitorie relative all’indennità di mobilità)

 

Il comma 46 ridefinisce, con un progressivo ridimensionamento, i periodi massimi di fruizione dell'indennità di mobilità per il periodo transitorio dal 1° gennaio 2013 al 31 dicembre 2016.

 

Il comma 46 ridefinisce, con un progressivo ridimensionamento, per i lavoratori collocati in mobilità a decorrere dal 1º gennaio 2013 e fino al 31 dicembre 2016, ai sensi dell’articolo 7 della L. 223/2001[114], il periodo massimo di diritto della relativa indennità di mobilità di cui commi 1 e 2 dello stesso articolo 7, fino al pieno assorbimento nell’ambito dell’ASPI, dal 1° gennaio 2017, nei termini indicati nella seguente tabella:

 

Lavoratori in mobilità – 1° gennaio 2013-31 dicembre 2014[115] (lettera a))

Centro-nord

Meridione

Fino a 39 anni

40-49 anni

50 anni e oltre

Fino a 39 anni

40-49 anni

50 anni e oltre

12 mesi

24 mesi

36 mesi

24 mesi

36 mesi

48 mesi

Lavoratori in mobilità – 1° gennaio 2015-31 dicembre 2015 (lettera c))

Centro-nord

Meridione

Fino a 39 anni

40-49 anni

50 anni e oltre

Fino a 39 anni

40-49 anni

50 anni e oltre

12 mesi

18 mesi

24 mesi

12 mesi

24 mesi

36 mesi

Lavoratori in mobilità – 1° gennaio 2016-31 dicembre 2016 (lettera d))

Centro-nord

Meridione

Fino a 39 anni

40-49 anni

50 anni e oltre

Fino a 39 anni

40-49 anni

50 anni e oltre

12 mesi

12 mesi

18 mesi

12 mesi

18 mesi

24 mesi

 

Il successivo comma 46-bis[116] prevede, entro il 31 ottobre 2014, che il Ministro del lavoro e delle politiche sociali proceda, insieme con le associazioni dei datori di lavoro e le organizzazioni sindacali dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, ad una verifica della corrispondenza tra le prospettive economiche ed occupazionali e la disciplina transitoria sulla durata dell'indennità di mobilità, con il fine di proporre, se necessarie e compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, iniziative per perseguire la corrispondenza stessa

 

 


 

Articolo 2, commi 47-50
(Addizionale comunale sui diritti di imbarco dei passeggeri)

 

I commi da 47 a 50 dell’articolo 2 disciplinano la destinazione, la riscossione e il versamento dell’incremento dell’addizionale comunale sui diritti d’imbarco di passeggeri sugli aeromobili, disposto dall’articolo 6-quater del D.L. n. 7/2005, prevedendo che, a decorrere, dal 1° gennaio 2016, gli introiti dell’addizionale siano versati alla gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali dell’INPS.

 

L’articolo 2, comma 47, stabilisce che le maggiori somme derivanti dall’incremento dell’addizionale comunale sui diritti d’imbarco di passeggeri sugli aeromobili, previsto dall’articolo 6-quater del D.L. n. 7/2005[117], siano riversate alla gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali dell’INPS, di cui all’articolo 37 della legge n. 88/1989. Il versamento alla suddetta gestione verrà effettuato a decorrere dal 1° gennaio 2016. Fino al 31 dicembre 2015 le somme di cui al citato articolo 6-quater continuano ad essere versate al Fondo speciale per il sostegno del reddito e dell'occupazione e della riconversione e riqualificazione del personale del settore del trasporto aereo (si veda oltre il commento al comma 48, lettera a)).

Si ricorda che l’addizionale comunale sui diritti d’imbarco di passeggeri sugli aeromobili è stata istituita, nella misura di un euro, dall’articolo 2, comma 11, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria 2004)[118]. L’addizionale è stata successivamente incrementata in conseguenza dell’approvazione dei seguenti provvedimenti:

§      il citato articolo 6-quater del D.L. n. 7/2005 ha aumentato di un euro l’addizionale, portandola così a 2 euro, destinando le relative risorse Fondo speciale per il sostegno del reddito e dell'occupazione e della riconversione e riqualificazione del personale del settore del trasporto aereo, costituito ai sensi dell'articolo 1-ter del D.L. n. 249 del 2004[119], avente la finalità di favorire il mutamento o il rinnovamento delle professionalità ovvero di realizzare politiche attive di sostegno del reddito e dell'occupazione dei lavoratori del menzionato settore;

§      l’articolo 1, comma 1328, della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007), ha incrementato l’addizionale di cinquanta centesimi di euro, al fine di ridurre il costo a carico dello Stato del servizio antincendi negli aeroporti;

§      l’articolo 2, comma 5-bis, del D.L. 134/2008[120], novellando l’art. 6-quater del D.L. n. 7/2005, ha incrementato l’addizionale di due euro. L’incremento dell’addizionale previsto dall’articolo 6-quater ammonta quindi complessivamente a tre euro.

Pertanto l’addizionale è attualmente pari a 4,50 euro per ogni passeggero imbarcato. L’articolo 4, comma 75, della presente legge prevede un incremento di 2 euro a decorrere dal 1° luglio 2013 (si veda la relativa scheda di lettura).

Si segnala infine che disposizioni particolari sono dettate per l’addizionale comunale sui diritti di imbarco per i passeggeri in partenza dagli aeroporti di Roma capitale (articolo 14, comma 14, lettera a), del D.L. n. 78/2010 e articolo 12, comma 4, del D.Lgs. 61/2012) e dagli aeroporti delle città metropolitane (articolo 24, comma 4, del D.Lgs. 68/2011).

 

Per quanto riguarda la destinazione delle somme disposta dal comma in esame, si ricorda che la GIAS (Gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali) è stata istituita, presso l’INPS, dall’articolo 37 della L. 9 marzo 1989, n. 88[121], per la progressiva separazione tra previdenza e assistenza e la correlativa assunzione a carico dello Stato delle spese relative a quest'ultima. Il finanziamento della gestione è posto progressivamente a carico del bilancio dello Stato.

Ai sensi della lettera c) dell’articolo 37 della L. 88/1989, è a carico della GIAS una quota parte delle pensioni erogate dal Fondo pensioni lavoratori dipendenti (FPLD), dalla gestione dei lavoratori autonomi, dalla gestione speciale minatori e dall'ENPALS. La somma a ciò destinata è incrementata annualmente, con la legge finanziaria, in base alla variazione - maggiorata di un punto percentuale - dell'indice nazionale annuo dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati calcolato dall'ISTAT.

L’articolo 59, comma 34, della L. 449/1997 (provvedimento collegato alla manovra finanziaria per il 1998) ha previsto un ulteriore incremento dell’importo dei trasferimenti dallo Stato alle gestioni pensionistiche, di cui alla predetta lettera c). Tale incremento è assegnato esclusivamente al FPLD, alla gestione artigiani e alla gestione esercenti attività commerciali ed è a sua volta incrementato annualmente in base ai criteri previsti dalla medesima lettera c).

 

Il comma 48 novella l’articolo 6-quater del D.L. 7/2005, che, come sopra ricordato, ha disposto uno degli incrementi dell’addizionale comunale sui diritti di imbarco di passeggeri sugli aeromobili.

 

La lettera a) del comma 48 in esame stabilisce che la destinazione dell’incremento[122] dell’addizionale in oggetto, prevista dal citato articolo 6-quater del D.L. 7/2005 (Fondo speciale per il sostegno del reddito e dell'occupazione e della riconversione e riqualificazione del personale del settore del trasporto aereo), abbia termine al 31 dicembre 2015. Questa previsione si collega alla nuova destinazione disposta, dal comma 47 dell’articolo in esame, a decorrere dal 1° gennaio 2016.

 

La lettera b) del comma 48 introduce tre nuovi commi al citato articolo 6-quater.

Il nuovo comma 3-bis stabilisce che la riscossione dell’incremento dell’addizionale previsto dal più volte citato articolo 6-quater sia curata dai gestori dei servizi aeroportuali, con le modalità in uso per la riscossione dei diritti di imbarco. Le compagnie aeree devono versare gli importi di loro competenza entro tre mesi dalla fine del mese in cui sorge il relativo obbligo.

 

Il nuovo comma 3-ter dispone che i gestori di servizi aeroportuali comunichino mensilmente all’INPS, secondo modalità che saranno stabilite dall’Istituto medesimo, le somme riscosse. Tali somme sono versate all’INPS entro la fine del mese successivo a quello di riscossione, secondo le modalità previste dagli articoli 17 e seguenti del D.Lgs. n. 241/1997[123].

 

I citati articoli del D.Lgs. n. 241/1997 disciplinano il versamento unitario e la compensazione di tributi, contributi ed altre somme da pagare a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali. In linea generale e salvo specifici limiti di legge, è consentita l’eventuale compensazione dei debiti con i crediti risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche previste dall’ordinamento. La legge specifica quali sono i termini e le modalità di effettuazione dei versamenti. Il citato articolo 17 è novellato dal comma 50 dell’articolo 2 in esame (si veda oltre).

 

Alle suddetto somme si applicano le disposizioni sanzionatorie e di riscossione, previste dall’articolo 116, comma 8, lettera a), della legge n. 388/2000,[124] per i contributi previdenziali obbligatori.

 

La norma citata dispone che, per il mancato o ritardato pagamento di contributi o premi dovuti alle gestioni previdenziali ed assistenziali, si applichi una sanzione civile, in ragione d'anno, pari al tasso ufficiale di riferimento maggiorato di 5,5 punti. La sanzione civile non può essere superiore al 40% dell'importo dei contributi o premi non corrisposti entro la scadenza di legge.

 

La comunicazione mensile all’INPS costituisce accertamento del credito e dà titolo, in caso di mancato versamento, ad attivare la riscossione coattiva, secondo le modalità previste dall’articolo 30 del D.L. n. 78/2010,[125] che disciplina il potenziamento dei processi di riscossione dell'INPS (nuovo comma 3-quater).

 

Il comma 49 riconosce in favore dei gestori dei servizi aeroportuali una somma parti allo 0,25% del gettito totale, a titolo di ristoro per le spese di riscossione e comunicazione. Il mancato rispetto degli obblighi di comunicazione disposti dal nuovo comma 3-ter dell’articolo 6-quater, comporta l’applicazione di una sanzione amministrativa da 2.000 a 12.000 euro. L’accertamento delle inadempienze e l’irrogazione delle relative sanzioni è effettuato dall’INPS, con applicazione della legge n. 689/1981[126], nei limiti della sua compatibilità con la fattispecie in esame.

 

Il comma 50 infine novella il già citato articolo 17, comma 2, del D.Lgs. n. 241/1997, includendo, tra le somme che possono essere oggetto di versamento unitario e di compensazione, le somme che i gestori dei diritti aeroportuali sono tenuti a versare all’INPS, ai sensi del noto articolo 6-quater.

 

 

Decreto legge 31 gennaio 2005, n. 7
(convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005, n. 43)

Disposizioni urgenti per l'università e la ricerca, per i beni e le attività culturali, per il completamento di grandi opere strategiche, per la mobilità dei pubblici dipendenti, e per semplificare gli adempimenti relativi a imposte di bollo e tasse di concessione, nonché altre misure urgenti

Testo previgente

Testo ex L. 92/2012

 

 

Art. 6-quater
(Disposizioni in materia di diritti di imbarco di passeggeri sugli aeromobili)

Art. 6-quater
(Disposizioni in materia di diritti di imbarco di passeggeri sugli aeromobili)

 

 

1. All'articolo 2, comma 11, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, e successive modificazioni, che istituisce l'addizionale comunale sui diritti di imbarco di passeggeri sugli aeromobili, sono apportate le seguenti modificazioni:

1. Identico

a) alla lettera a), le parole: «20 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «40 per cento»;

 

b) alla lettera b), le parole: «80 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «60 per cento».

 

2. L'addizionale comunale sui diritti di imbarco è altresì incrementata di tre euro a passeggero. L'incremento dell'addizionale di cui al presente comma è destinato ad alimentare il Fondo speciale per il sostegno del reddito e dell'occupazione e della riconversione e riqualificazione del personale del settore del trasporto aereo, costituito ai sensi dell'articolo 1-ter del decreto-legge 5 ottobre 2004, n. 249, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 dicembre 2004, n. 291

2. L'addizionale comunale sui diritti di imbarco è altresì incrementata di tre euro a passeggero. L'incremento dell'addizionale di cui al presente comma è destinato fino al 31 dicembre 2015 ad alimentare il Fondo speciale per il sostegno del reddito e dell'occupazione e della riconversione e riqualificazione del personale del settore del trasporto aereo, costituito ai sensi dell'articolo 1-ter del decreto-legge 5 ottobre 2004, n. 249, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 dicembre 2004, n. 291

3. Le maggiori somme derivanti dall'incremento dell'addizionale, disposto dal comma 2, sono versate dai soggetti tenuti alla riscossione direttamente su una contabilità speciale aperta presso la Tesoreria centrale dello Stato, gestita dall'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) e intestata al Fondo speciale di cui al comma 2. L'Ente nazionale per l'aviazione civile (ENAC) provvede a comunicare semestralmente al Fondo di cui al comma 2 il numero dei passeggeri registrati all'imbarco dagli scali nazionali nel semestre precedente, suddiviso tra utenti di voli nazionali e internazionali per singolo aeroporto.

3. Identico.

 

3-bis. La riscossione dell’incremento dell’addizionale comunale di cui al comma 2 avviene a cura dei gestori di servizi aeroportuali, con le modalità in uso per la riscossione dei diritti di imbarco. Il versamento da parte delle compagnie aeree avviene entro tre mesi dalla fine del mese in cui sorge l’obbligo.

 

3-ter. Le somme riscosse sono comunicate mensilmente all’INPS da parte dei gestori di servizi aeroportuali con le modalità stabilite dall’Istituto e riversate allo stesso Istituto, entro la fine del mese successivo a quello di riscossione, secondo le modalità previste dagli articoli 17 e seguenti del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241. Alle somme di cui al predetto comma 2 si applicano le disposizioni sanzionatorie e di riscossione previste dall’articolo 116, comma 8, lettera a), della legge 23 dicembre 2000, n. 388, per i contributi previdenziali obbligatori.

 

3-quater. La comunicazione di cui al comma 3-ter costituisce accertamento del credito e dà titolo, in caso di mancato versamento, ad attivare la riscossione coattiva, secondo le modalità previste dall’articolo 30 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, e successive modificazioni.

 

Decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241
Norme di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi e dell'imposta sul valore aggiunto, nonché di modernizzazione del sistema di gestione delle dichiarazioni

Testo previgente

Testo ex L. 92/2012

 

 

Art. 17
(Oggetto)

Art. 17
(Oggetto)

 

 

1. I contribuenti eseguono versamenti unitari delle imposte, dei contributi dovuti all'INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali, con eventuale compensazione dei crediti, dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche presentate successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto. Tale compensazione deve essere effettuata entro la data di presentazione della dichiarazione successiva. La compensazione del credito annuale o relativo a periodi inferiori all'anno dell'imposta sul valore aggiunto, per importi superiori a 5.000 euro annui, può essere effettuata a partire dal giorno sedici del mese successivo a quello di presentazione della dichiarazione o dell'istanza da cui il credito emerge.

1. Identico

2. Il versamento unitario e la compensazione riguardano i crediti e i debiti relativi:

2. Identico:

a) alle imposte sui redditi, alle relative addizionali e alle ritenute alla fonte riscosse mediante versamento diretto ai sensi dell'Art. 3 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602; per le ritenute di cui al secondo comma del citato Art. 3 resta ferma la facoltà di eseguire il versamento presso la competente sezione di tesoreria provinciale dello Stato; in tal caso non è ammessa la compensazione;

a) identica;

b) all'imposta sul valore aggiunto dovuta ai sensi degli articoli 27 e 33 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e quella dovuta dai soggetti di cui all'Art. 74;

b) identica;

c) alle imposte sostitutive delle imposte sui redditi e dell'imposta sul valore aggiunto;

c) identica;

d)  all'imposta prevista dall'Art. 3, comma 143, lettera a), della legge 23 dicembre 1996, n. 662;

d) identica;

e) ai contributi previdenziali dovuti da titolari di posizione assicurativa in una delle gestioni amministrate da enti previdenziali, comprese le quote associative;

e) identica;

f) ai contributi previdenziali ed assistenziali dovuti dai datori di lavoro e dai committenti di prestazioni di collaborazione coordinata e continuativa di cui all'Art. 49, comma 2, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917;

f) identica;

g) ai premi per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dovuti ai sensi del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124;

g) identica;

h) agli interessi previsti in caso di pagamento rateale ai sensi dell'Art. 20;

h) identica;

h-bis) al saldo per il 1997 dell'imposta sul patrimonio netto delle imprese, istituita con decreto-legge 30 settembre 1992, n. 394, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 novembre 1992, n. 461, e del contributo al Servizio sanitario nazionale di cui all'Art. 31 della legge 28 febbraio 1986, n. 41, come da ultimo modificato dall'Art. 4 del decreto-legge 23 febbraio 1995, n. 41, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 marzo 1995, n. 85;

h-bis) identica;

h-ter) alle altre entrate individuate con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, e con i Ministri competenti per settore;

h-ter) identica;

h-quater) al credito d'imposta spettante agli esercenti sale cinematografiche

h-quater) identica;

 

h-quinquies) alle somme che i soggetti tenuti alla riscossione dell’incremento all’addizionale comunale debbono riversare all’INPS, ai sensi dell’articolo 6-quater del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005, n. 43, e successive modificazioni.


 

Articolo 2, commi 51-56
(Indennità una tantum per i lavoratori a progetto disoccupati)

 

L’articolo 2, commi 51-56, disciplina, a decorrere dal 2013, una specifica indennità una tantum per i collaboratori coordinati e continuativi in regime di monocomittenza, iscritti in via esclusiva alla gestione pensionistica INPS separata e non titolari anche di reddito di lavoro autonomo, in quanto esclusi, secondo quanto riportato nella relazione illustrativa al provvedimento, dall’ambito di applicazione dell’ASPI.

 

Il comma 51 prevede, a decorrere dal 2013, nei limiti delle risorse di cui all’articolo 19, comma 1, del D.L. 29 novembre 2008, n. 185[127], l’erogazione di un’indennità ai collaboratori coordinati e continuativi, di cui all’articolo 61, comma 1, del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276 (cd. lavoratori a progetto[128]), iscritti in via esclusiva alla Gestione separata presso l’INPS di cui all’articolo 2, comma 26, della L. 335/1995[129], con esclusione dei soggetti individuati dall’articolo 1, comma 212, della L. 23 dicembre 1996, n. 662, a condizione che vengano soddisfatti congiuntamente i seguenti presupposti:

o    abbiano operato, nel corso dell’anno precedente, in regime di monocommittenza (lettera a));

o    abbiano conseguito l’anno precedente un reddito lordo complessivo soggetto a imposizione fiscale non superiore al limite di 20.000 euro, annualmente rivalutato sulla base della variazione dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati intervenuta l’anno precedente (lettera b));

o    con riguardo all’anno di riferimento sia accreditato, presso la predetta Gestione separata presso l’INPS, di cui all’articolo 2, comma 26, della L. 335/1995, un numero di mensilità non inferiore a uno (lettera c));

o    abbiano avuto un periodo di disoccupazione ai sensi dell’articolo 1, comma 2, lettera c), del D.Lgs. 181/2000 (cioè soggetti privi di lavoro che siano immediatamente disponibili allo svolgimento ed alla ricerca di un’attività lavorativa), ininterrotta di almeno due mesi nell’anno precedente (lettera d));

o    risultino accreditate nell’anno precedente almeno quattro mensilità presso la predetta Gestione separata INPS (lettera e)).

 

Ai sensi del comma 52, l’indennità è pari a una somma del 5% del minimale annuo di reddito di cui all’articolo 1, comma 3, della L. 2 agosto 1990, n. 233[130], moltiplicato per il minor numero tra le mensilità accreditate l’anno precedente e quelle non coperte da contribuzione.

 

Tale somma viene liquidata (comma 53) in un’unica soluzione se di importo pari o inferiore a 1.000 euro, ovvero in importi mensili di importo pari o inferiore a 1.000 euro se superiore.

 

L’articolo 1, comma 3, della L. 233/1990 ha stabilito il livello minimo imponibile ai fini del versamento dei contributi e delle prestazioni previdenziali degli artigiani e degli esercenti attività commerciali, titolari, coadiuvanti e coadiutori, dovuti da ciascun assicurato, fissato nella misura del minimale annuo di retribuzione che si ottiene moltiplicando per 312 il minimale giornaliero stabilito, al 1° gennaio dell'anno cui si riferiscono i contributi, per gli operai del settore artigianato e commercio dall'articolo 1 del D.L. 29 luglio 1981, n. 402[131], e dalle allegate tabelle.

 

Nella relazione tecnica allegata al ddl originario si evidenzia un esempio della determinazione degli importi dell’indennità, prendendo a riferimento il valore 2012 del richiamato minimale, pari ad euro 14.930.

La tabella seguente riporta gli importi.

 

Valori in euro 2012 parametrati al minimale 2012 pari a 14.930 euro

Mesi accreditati

Compensi lordi

Misura indennità

4

4.976,67

2.896,00

5

6.220,83

3.732,50

6

7.465,00

4.479,00

7

8.709,17

3.732,50

8

9.953,33

2.986,00

9

11.197,50

2.239,50

10

12.441,67

1.493,00

11

13.685,83

746,50

12

14.930,00

-

 

Sempre secondo la relazione tecnica, dalle richiamate disposizioni “non derivano oneri aggiuntivi per la finanza pubblica, dato che la concessione dell’indennità avviene nel limite di risorse già previste a legislazione vigente e in riferimento alle quali vengono soppressi altri istituti previsti a valere sulle medesime risorse in quanto inglobati nella complessiva revisione degli ammortizzatori sociali come disciplinata dal presente disegno di legge”.

 

Il comma 54 prevede che per i soggetti che abbiano maturato il diritto alla fruizione dell’indennità previgente entro la data del 31 dicembre 2011 ai sensi dell’articolo 19, comma 2, del richiamato D.L. 185/2008, restano fermi i requisiti di accesso e la misura del trattamento vigenti entro la medesima data.

 

Infine, il comma 55 abroga, a decorrere dal 1º gennaio 2013, le lettere a), b) e c) del comma 1 dell’articolo 19 del D.L. 185/2008.

 

Il richiamato comma 1 dell’articolo 19 ha disposto che il potenziamento e l’estensione degli ammortizzatori sociali debba avvenire, in primo luogo, attraverso la previsione di una serie di interventi, nell’ambito del Fondo per l’occupazione e nei limiti di specifici stanziamenti, volti a riconoscere l’accesso a specifici istituti di tutela del reddito - comprensivi delle somme concernenti la contribuzione figurativa e gli assegni al nucleo familiare - in caso di sospensione dal lavoro dei soggetti interessati.

In particolare, la lettera a) del comma 1 ha stabilito l’accesso all’indennità ordinaria di disoccupazione non agricola con requisiti normali (per un approfondimento dell’istituto cfr. la scheda relativa all’articolo 22) per determinate categorie di lavoratori, modificando la previgente normativa di cui all’articolo 13, commi 7-12, del D.L. 35/2005, contestualmente soppressa dal successivo comma 5. In particolare, tale indennità è stata estesa ai lavoratori sospesi per crisi aziendali o occupazionali; inoltre viene erogata subordinatamente ad un intervento integrativo pari almeno alla misura del 20% dell’indennità a carico degli enti bilaterali previsti dalla contrattazione collettiva, compresi quelli di cui all'articolo 12 del D.Lgs. 276/2003 (tale indennità peraltro può essere concessa anche senza necessità dell’intervento integrativo degli enti bilaterali); ha una durata massima che non può superare novanta giornate di annue indennità e non è sottoposta a specifiche limitazioni di spesa.

La successiva lettera b) ha altresì stabilito l’accesso all’indennità ordinaria di disoccupazione non agricola con requisiti ridotti, disponendo, tra l’altro, che la stessa riguarda i lavoratori sospesi per crisi aziendali o occupazionali; che fino all’entrata in vigore di uno specifico decreto attuativo (previsto dal successivo comma 3). Tale indennità, inoltre, può essere concessa anche senza necessità dell’intervento integrativo degli enti bilaterali; che ha una durata massima che non può superare novanta giornate di indennità nell'anno solare; e che non è sottoposta a specifiche limitazioni di spesa.

Infine, la lettera c) concerne il trattamento sperimentale integrativo per i lavoratori assunti con la qualifica di apprendista, previsto in via sperimentale per il periodo 2009-2012 e subordinatamente a un intervento integrativo pari almeno alla misura del 20% a carico degli enti bilaterali previsti dalla contrattazione collettiva, in caso di sospensione per crisi aziendali o occupazionali ovvero in caso di licenziamento. Tale trattamento è pari all'indennità ordinaria di disoccupazione con requisiti normali per i lavoratori assunti con la qualifica di apprendista alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame e con almeno tre mesi di servizio presso l'azienda interessata da trattamento, per una durata massima di novanta giornate nell'intero periodo di vigenza del contratto di apprendista.

 

L’articolo 19, comma 2, del D.L. 185/2008 ha introdotto, in via sperimentale per il quadriennio 2009-2012, nei limiti di specifiche risorse, il riconoscimento di una somma liquidata in un'unica soluzione pari al 30% del reddito percepito l'anno precedente, ai lavoratori a progetto - ad esclusione dei soggetti titolari di redditi di lavoro autonomo di cui all’articolo 53 del TUIR - possessori dei seguenti requisiti:

-      operare in regime di monocommittenza;

-      conseguimento di un reddito lordo nell’anno precedente non superiore a 20.000 euro e non inferiore a 5.000 euro

-      accreditamento presso la predetta Gestione separata nell’anno di riferimento di un numero di mensilità non inferiore a uno;

-      devono risultare senza contratto di lavoro da almeno due mesi;

-      accreditamento, nell’anno precedente a quello di riferimento, presso la predetta Gestione separata, di un numero di mensilità non inferiore a tre.

 

Ai sensi del comma 56, in via transitoria per il triennio 2013-2015:

a)   il requisito minimo di almeno quattro mensilità di contribuzione nell’anno precedente alla gestione separata INPS, ai fini della fruizione dell’indennità una tantum, di cui al precedente comma 1, lettera e), è ridotto a tre mesi;

b)   l’indennità viene elevata dal 5% al 7% del minimale annuo di reddito richiamato in precedenza;

c)   vengono integrate le risorse finanziarie a copertura della concessione della richiamata indennità nella misura di 60 milioni annui di euro per il citato triennio a valere, per l’anno 2013, sulla dotazione del Fondo per gli interventi urgenti ed indifferibili di cui all’articolo 7-quinquies, comma 1, del D.L. 5/2009, come integrato dall’articolo 33, comma 1, della L. 183/2011 e, per gli anni 2014 e 2015, sull’autorizzazione di spesa relativa al Fondo per il finanziamento di interventi a favore dell’incremento in termini quantitativi e qualitativi dell’occupazione giovanile e delle donne di cui all’articolo 24, comma 27, del D.L. 201/2011.

     Si ricorda, in proposito, che una copertura degli oneri finanziari sulla dotazione dei richiamati fondi viene disposta anche dal comma 29, lettera b), del precedente articolo 2, relativamente al finanziamento dei casi in cui non trova applicazione il contributo addizionale di finanziamento dell’ASPI, nonché dal comma 17 del successivo articolo 3, relativo all’erogazione dell’ASPI, in via sperimentale per il periodo 2013-2015, ai lavoratori sospesi per crisi aziendali o occupazionali che siano in possesso di specifici requisiti, a condizione che ci sia un intervento integrativo da parte dei fondi bilaterali di cui ai commi 14-18 dello stesso articolo 3, pari almeno alla misura del 20% dell’indennità stessa a carico dei fondi bilaterali.

 

Il comma 1 dell'articolo 7-quinquies del D.L. 5/2009 ha istituito nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze un fondo (cap. 3071), al fine di assicurare il finanziamento di interventi urgenti e indifferibili, con particolare riguardo ai settori dell’istruzione e agli interventi organizzativi connessi ad eventi celebrativi.

Relativamente all’anno 2012, il comma 26-ter dell’articolo 1 del D.L. 138/2011 ha incrementato la dotazione del Fondo in oggetto di 24 milioni di euro per l'anno 2012 e di 30 milioni di euro per l'anno 2013. Ai fini del riparto delle risorse del Fondo, il comma 26-ter prevede che si applichi la procedura prevista dall'articolo 1, comma 40, quinto periodo, della legge di stabilità 2011 (L. 220/2010[132]).

Successivamente, l’articolo 33, comma 1, della legge di stabilità 2012 (L. 183/2011) ha incrementato la dotazione del richiamato Fondo di 1.143 milioni di euro per l'anno 2012, prevedendone la ripartizione con appositi decreti del Presidente del Consiglio dei ministri tra le finalità indicate nell'elenco 2 allegato, che sono seguenti:

o     Fondo nazionale per le politiche giovanili;

o     investimenti Gruppo Ferrovie - contratto di programma con RFI;

o     professionalizzazione forze armate - rifinanziamento, per il medesimo anno, degli importi di cui agli articoli 582 e 583 del D.Lgs. 15 marzo 2010, n. 66 , recante "Codice dell'ordinamento militare";

o     partecipazione italiana a banche e fondi internazionali;

o     esigenze connesse alla celebrazione della ricorrenza del 4 novembre;

o     provvidenze alle vittime dell'uranio impoverito;

o     ulteriori esigenze dei Ministeri;

o     interventi per assicurare la gratuità dei libri di testo scolastici di cui all’articolo 27, comma 1 della L. 448/1998;

o     Unione italiana ciechi.

Il secondo periodo del comma 1 ha inoltre stabilito che una quota pari a 100 milioni di euro del richiamato Fondo venga destinata per l’anno 2012 al finanziamento di interventi urgenti di riequilibrio socio-economico e sviluppo dei territori e alla promozione di attività sportive, culturali e sociali di cui all’articolo 1, comma 40, quarto periodo della legge di stabilità 2011 (L. 220/2010).

L’articolo 24, comma 27, del D.L. 201/2011 ha istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali un Fondo per il finanziamento di interventi a favore dell'incremento in termini quantitativi e qualitativi dell'occupazione giovanile e delle donne, rinviando a specifici decreti interministeriali la definizione dei criteri e delle modalità istitutive.

Il fondo è finanziato con 200 milioni di euro per l'anno 2012, 300 milioni per ciascuno degli anni 2013 e 2014 e 240 milioni di euro per l’anno 2015.

 

Infine, nel corso del periodo transitorio, in sede di monitoraggio dello stato di attuazione degli interventi e delle misure del provvedimento in esame, con particolare riferimento alle misure recate per specifiche fattispecie contrattuali, si provvede a verificare la rispondenza dell’indennità in oggetto alle finalità di tutela, considerate le caratteristiche della tipologia contrattuale, per verificare corrispondenza della portata effettiva dell’onere alle previsioni iniziali, nonché per valutare, ai sensi dell’effettivo conseguimento delle finalità, eventuali correzioni della misura stessa, quali la sua sostituzione con le diverse tipologie di intervento previste, quali la mini-ASPI.

 

L’articolo 19, comma 1, del D.L. 185/2008 ha disposto che il potenziamento e l’estensione degli ammortizzatori sociali avviene, in primo luogo, attraverso la previsione di una serie di interventi, nell’ambito del Fondo per l’occupazione e nei limiti di specifici stanziamenti, volti a riconoscere l’accesso a specifici istituti di tutela del reddito - comprensivi delle somme concernenti la contribuzione figurativa e gli assegni al nucleo familiare - in caso di sospensione dal lavoro dei soggetti interessati. Allo scopo, nell’ambito del suddetto Fondo, sono state preordinate le somme di 289 milioni di euro per l'anno 2009, di 304 milioni di euro per ciascuno degli anni 2010 e 2011 e di 54 milioni di euro a decorrere dall'anno 2012.

Nei limiti delle risorse suddette, è riconosciuto l’accesso ad una serie di istituti di tutela del reddito, secondo modalità e criteri di priorità stabiliti, ai sensi del comma 3, con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame.

In particolare, è riconosciuto l’accesso, per specifiche categorie di lavoratori, modificando analoghe disposizioni contenute in precedenti disposizioni, che vengono contestualmente soppresse:

- all’indennità ordinaria di disoccupazione non agricola con requisiti normali, di cui all’articolo 19, primo comma, del R.D.L. 14 aprile 1939, n. 636, convertito dalla L. 6 luglio 1939, n. 1272 (comma 1, lettera a));

- all'indennità ordinaria di disoccupazione non agricola con requisiti ridotti, per i lavoratori sospesi per crisi aziendali o occupazionali che siano in possesso dei requisiti richiesti dalla relativa disciplina, e subordinatamente ad un intervento integrativo pari almeno alla misura del 20% dell'indennità stessa a carico degli enti bilaterali previsti dalla contrattazione collettiva compresi quelli di cui all'articolo 12 del D.Lgs. 276/2003. Il trattamento non può superare novanta giornate annue di indennità, inoltre le richiamate disposizioni non si applicano ai lavoratori dipendenti da aziende destinatarie di trattamenti di integrazione salariale, nonché nei casi di contratti di lavoro a tempo indeterminato con previsione di sospensioni lavorative programmate e di contratti di lavoro a tempo parziale verticale;

- ad un trattamento, in via sperimentale, per il triennio 2009-2012, subordinatamente a un intervento integrativo pari almeno alla misura del 20% dell'indennità stessa a carico degli enti bilaterali previsti dalla contrattazione collettiva un trattamento, in caso di sospensione per crisi aziendali o occupazionali ovvero in caso di licenziamento, pari all'indennità ordinaria di disoccupazione con requisiti normali per i lavoratori assunti con la qualifica di apprendista.

 

Si ricorda che ulteriori disposizioni in materia di lavoro a progetto sono contenute nell’articolo 1, commi 23-25, alla cui scheda si rimanda.

 


 

Articolo 2, comma 57
(Aumento aliquote contributive della Gestione separata INPS di cui all’articolo 2, comma 26, della L. 335/1995)

 

Il comma 57 prevede un incremento dell'aliquota contributiva pensionistica per gli iscritti alla gestione separata INPS e della corrispondente aliquota per il computo delle prestazioni pensionistiche (nella gestione separata si applica il sistema contributivo integrale ai fini del riconoscimento e del calcolo del trattamento pensionistico). In particolare, si prevede un incremento progressivo delle due aliquote, a decorrere dal 2013, fino al conseguimento di aliquote pari, rispettivamente, al 33% (dal 27% attuale) e al 24% (dal 18% attuale) - per i casi in cui il soggetto sia iscritto anche ad altra forma pensionistica obbligatoria o sia già titolare di un trattamento pensionistico - a regime dal 2018.

 

Il comma 57, modificando l’articolo 1, comma 79, della L. 24 dicembre 2007, n. 247[133], incrementa le aliquote contributi dei soggetti iscritti alla gestione separata INPS di cui all’articolo 2, comma 26, della L. 335/1995.

 

Si ricorda che sono iscritti obbligatoriamente alla Gestione separata INPS i seguenti soggetti:

§      professionisti: si tratta dei soggetti che percepiscono redditi che derivano, come disposto dall'articolo 53, comma 1, del T.U.I.R., dall'esercizio per professione abituale, anche se non esclusiva, di attività di lavoro autonomo. L'attività di cui trattasi non deve, comunque, essere condotta in forma di impresa commerciale. Rientrano, pertanto, in tale categoria e sono tenuti al pagamento del contributo previdenziale:

-      professionisti iscritti in albi senza cassa di previdenza ma titolari di partita IVA;

-      professionisti iscritti in albi con cassa di previdenza ma non iscritti a quest'ultima;

-      professionisti iscritti in albi con cassa di previdenza, in relazione ai redditi professionali non assoggettati a contribuzione presso la cassa stessa;

-      professionisti senza albo e senza cassa (si pensi alle professioni di consulente di informatica, esperto in marketing, traduttori o interpreti, ecc.);

§      collaboratori coordinati e continuativi: secondo quanto disposto dall'articolo 53, comma 2, del citato T.U.I.R., si considerano rapporti di collaborazione coordinata e continuativa quei rapporti aventi per oggetto la prestazione di attività, non rientranti nell'oggetto dell'arte o della professione esercitata dal contribuente ai sensi del comma 1 dello stesso articolo, che, pur avendo contenuto intrinsecamente artistico o professionale, vengono svolte a favore di un soggetto, senza vincolo di subordinazione, e sono inserite in un rapporto unitario e continuativo, con retribuzione periodica prestabilita.

Rientrano, ad esempio, in tale categoria le seguenti figure:

-      amministratori, sindaci o revisori di società, associazioni ed altri enti;

-      membri di commissione e collegi;

-      soggetti che collaborano a giornali, riviste, enciclopedie e simili, tranne i casi in cui si rientri nel diritto d'autore;

-      amministratori di condominio;

§      venditori porta a porta: sono i soggetti incaricati delle vendite a domicilio (come definiti dall'articolo 36 della L. 11 giugno 1971, n. 426, recante la disciplina del commercio). Per effetto dell'articolo 44, comma 2, del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, dal 1° gennaio 2004 devono essere iscritti alla Gestione separata, come pure gli esercenti attività di lavoro autonomo occasionale, solo qualora il reddito annuo sia superiore a € 5.000;

§      titolari di borse di studio: per la frequenza ai corsi di dottorato di ricerca (L. 3 agosto 1998, n. 315, articolo 1); per il sostegno della mobilità internazionale degli studenti ed assegni per attività di tutorato o didattico-integrative, propedeutiche o di recupero (D.L. 105 del 2003, convertito dalla L. 170 del 2003);

§      pensionati: coloro che, pur in quiescenza, svolgono le attività sopradescritte; sono tenuti alla contribuzione alla Gestione separata in relazione ai soli redditi percepiti a seguito dell'esercizio di dette attività[134];

§      lavoratori dipendenti: sono naturalmente soggetti alla contribuzione in questione anche i lavoratori dipendenti, sia privati che pubblici, che percepiscono compensi che non sono già assoggettati a contribuzione previdenziale obbligatoria.

§      associati in partecipazione: per effetto del comma 157 dell'articolo 1 della L. 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005).

 

In particolare l’articolo 1, comma 79, della L. 247/2007 ha disposto un incremento al 24% per il 2008, al 25% per il 2009 e al 26% a decorrere dal 2010 dell’aliquota contributiva pensionistica versata dagli iscritti che non siano assicurati presso altre forme pensionistiche obbligatorie; nonché l’incremento al 17% a decorrere dal 1° gennaio 2008 dell’aliquota contributiva pensionistica corrisposta dai rimanenti iscritti rispetto a quelli di cui sopra (cioè dai soggetti già titolari di pensione o dai soggetti già assicurati presso altre forme pensionistiche obbligatorie). Contestualmente è stata incrementata la relativa aliquota contributiva per il computo delle prestazioni pensionistiche.

Successivamente l’articolo 22, comma 1, della legge di stabilità 2012 (L. 183/2011) ha aumentato di un punto percentuale, con effetto dal 1° gennaio 2012, l'aliquota contributiva pensionistica per tutti gli iscritti e la relativa aliquota contributiva per il computo delle prestazioni pensionistiche.

 

La nuova disposizione prevede un incremento progressivo delle aliquote dovute dagli assicurati non iscritti ad altre forme pensionistiche fino all’aliquota a regime del 33% nel 2018, e più specificamente[135]:

o   26% per il biennio 2010 e 2011;

o   27% per il biennio 2012-2013;

o   28% per il 2014;

o   30% per il 2015;

o   31% per il 2016;

o   32% per il 2017;

o   33% a decorrere dal 2018.

 

Per i soggetti iscritti ad altre forme pensionistiche, l’incremento è determinato nel seguente modo:

o   17% per gli anni 2008-2011;

o   18% per il 2012;

o   20% per il 2013;

o   21% per il 2014;

o   22% per il 2015;

o   24% a decorrere dal 2016.

 


 

Articolo 2, commi 58-63
(Revoca di prestazioni assistenziali e previdenziali a condannati per gravi reati)

 

I commi 58-63 prevedono la revoca di prestazioni assistenziali e previdenziali di cui siano titolari soggetti condannati per reati di particolare allarme sociale.

 

Il comma 58 prevede che, in caso di sentenza di condanna per una serie di reati di particolare allarme sociale previsti dal codice penale - associazione con finalità di terrorismo (art. 270-bis), attentato per finalità terroristiche o di eversione (art. 280), sequestro di persona a scopo di terrorismo o di eversione (art. 289-bis), associazione di tipo mafioso (art. 416-bis) e delitti commessi per agevolare l’attività della stessa o avvalendosi delle condizioni di intimidazione derivanti dall’appartenenza all’associazione; scambio elettorale politico-mafioso (art. 416-ter), strage (art. 422), il giudice disponga la sanzione accessoria della revoca di una serie di prestazioni assistenziali di cui il condannato risulti titolare: indennità di disoccupazione, assegno sociale, pensione sociale e pensione di invalidità civile. Con la sentenza di condanna, il giudice dispone l’ulteriore revoca dei trattamenti previdenziali erogati al condannato qualora una precedente sentenza abbia accertato che questi trattamenti derivino, anche parzialmente, “da un rapporto di lavoro fittizio a copertura di attività illecite” connesse ai suddetti reati.

Della sanzione accessoria applicata è data notizia entro 15 giorni, per l’immediata esecuzione, agli enti titolari dei trattamenti assistenziali e previdenziali in favore del condannato (comma 60).

Entro 3 mesi dall’entrata in vigore del provvedimento in esame, a cura del Ministro della giustizia (d’intesa con quello del lavoro e delle politiche sociali) è trasmesso agli enti titolari dei trattamenti - ai fini della revoca - l’elenco dei condannati in via definitiva per alcuno dei reati sopracitati (comma 61).

Al termine delle indagini preliminari, in sede di richiesta di rinvio a giudizio per l’esercizio dell’azione penale, il pubblico ministero che nel corso delle indagini abbia acquisito elementi che facciano ritenere irregolarmente percepita una prestazione assistenziale o previdenziale, ne informa la competente amministrazione ai fini dei necessari accertamenti (comma 62).

Se ne ricorrano i presupposti giuridici, i condannati cui siano state revocate le prestazioni assistenziali - a pena eseguita - possono tuttavia beneficiare delle prestazioni previste dalla vigente disciplina (comma 59).

Le risorse derivanti dai provvedimenti di revoca sono versate dagli enti erogatori delle prestazioni all’entrata del bilancio dello Stato per essere poi riassegnate al Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, della richieste estorsive e dell’usura e agli interventi in favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata (comma 63).

 

 

 


 

Articolo 2, commi 64-67
(
Gestione della transizione verso il nuovo assetto di ammortizzatori sociali)

 

L'articolo 2, commi 64-67, consente, per il periodo transitorio 2013-2016, la concessione di ammortizzatori sociali in deroga, in termini analoghi a quelli posti, per gli anni precedenti, da numerose disposizioni transitorie.

 

Il comma 64 prevede, al fine di garantire la graduale transizione verso il regime delineato dalla riforma degli ammortizzatori sociali nel provvedimento in esame, assicurando la gestione delle situazioni derivanti dal perdurare dello stato di debolezza dei livelli produttivi del Paese, che per gli anni 2013-2016 il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, possa disporre, sulla base di specifici accordi governativi e per periodi non superiori a dodici mesi, in deroga alla normativa vigente, la concessione, anche senza soluzione di continuità, di trattamenti di integrazione salariale e di mobilità.

Tali trattamenti sono concessi, anche con riferimento a settori produttivi e ad aree regionali, nei limiti delle risorse finanziarie a tal fine destinate nell’ambito del Fondo sociale per occupazione e formazione, di cui all’articolo 18, comma 1, lettera a), del D.L. 29 novembre 2008, n. 185[136], così come incrementato ai sensi del successivo comma 65 (1.000 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014, 700 milioni di euro per il 2015 e 400 milioni di euro per il 2016)[137].

 

L’articolo 18, comma 1, del D.L. 185/2008 prevede che il CIPE, presieduto dal Presidente del Consiglio, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze - nonché di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti per quanto attiene le risorse destinate alle infrastrutture – provveda ad assegnare, in coerenza con gli indirizzi assunti in sede europea, una quota delle risorse nazionali disponibili del Fondo aree sottoutilizzate ad una serie di fondi[138]. Alla lettera a) del comma 1 viene indicato tra i beneficiari di tali risorse il Fondo sociale per occupazione e formazione, che viene appositamente istituito nello stato di previsione del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali. In tale Fondo affluiscono anche le risorse del Fondo per l'occupazione nonché ogni altra risorsa comunque destinata al finanziamento degli ammortizzatori sociali, concessi in deroga alla normativa vigente, e quelle destinate in via ordinaria dal CIPE alla formazione.

Si ricorda, che nell’articolo 18, del D.L. 185/2008 si è inteso, più in generale, perseguire l’obiettivo di concentrare le risorse che risultino disponibili sul Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS) su obiettivi che, in considerazione della eccezionale crisi economica internazionale attuale, siano da considerarsi prioritari per il rilancio dell’economia italiana, quali le opere pubbliche e l’emergenza occupazionale.

 

Il comma 66 prevede la proroga, nell’ambito delle risorse finanziarie destinate alla concessione, in deroga alla normativa vigente, anche senza soluzione di continuità, di trattamenti di integrazione salariale e di mobilità, dei trattamenti concessi ai sensi dell’articolo 33, comma 21, della L. 183/2011, nonché ai sensi del precedente comma. Anche in questo caso, tali trattamenti possono essere prorogati sulla base di specifici accordi governativi e per periodi non superiori a dodici mesi, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.

In ogni caso, la misura dei trattamenti di cui al periodo precedente è ridotta:

o        del 10 per cento nel caso di prima proroga;

o        del 30 per cento nel caso di seconda proroga;

o        del 40 per cento nel caso di proroghe successive.

I trattamenti di sostegno del reddito, nel caso di proroghe successive alla seconda, possono essere erogati esclusivamente nel caso di frequenza di specifici programmi di reimpiego, anche miranti alla riqualificazione professionale. Tali corsi possono essere organizzati da più soggetti.

 

Viene infine confermata  la relazione bimestrale sull’andamento degli impegni delle risorse destinate agli ammortizzatori in deroga  da inviare, da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, al Ministero dell’economia e delle finanze.

 

L’articolo 33, comma 21, della legge di stabilità 2012 (L. 183/2011) prevede, in attesa della riforma degli ammortizzatori sociali ed in attuazione dell’intesa Stato-Regioni del 20 aprile 2011[139], la concessione, per l’anno 2012, di trattamenti di cassa integrazione guadagni, di mobilità e di disoccupazione speciale, anche senza soluzione di continuità e con riferimento a settori produttivi e ad aree regionali. Gli interventi vengono disposti, nel limite delle risorse indicate appunto al successivo comma 24, con provvedimento del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, in deroga alla normativa vigente, sulla base di specifici accordi governativi e per periodi non superiori a dodici mesi.

La norma dispone, poi, la proroga dei trattamenti concessi ai sensi dell'articolo 2, comma 130, della L. 220/2010[140], sempre sulla base di specifici accordi governativi e per periodi non superiori a dodici mesi, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Tale proroga avviene nell'ambito delle risorse finanziarie destinate alla concessione, in deroga alla normativa vigente, anche senza soluzione di continuità, di trattamenti di cassa integrazione guadagni, di mobilità e di disoccupazione speciale.

La misura di tali trattamenti è stata ridotta progressivamente: del 10% nel caso di prima proroga, del 30% nel caso di seconda proroga e del 40% nel caso di proroghe successive. In tali casi l’erogazione avviene esclusivamente sulla base della frequenza di specifici programmi di reimpiego, anche miranti alla riqualificazione professionale, organizzati dalla regione.

 

Infine, il comma 67 dispone l’applicazione, al fine di garantire criteri omogenei di accesso a tutte le forme di integrazione del reddito, delle disposizioni di cui all’articolo 8, comma 3, del D.L. 21 marzo 1988, n. 86[141] e di cui all’articolo 16, comma 1, della L. 23 luglio 1991, n. 223[142], anche ai lavoratori destinatari dei trattamenti di integrazione salariale in deroga e di mobilità in deroga.

 

L'articolo 8, comma 3, del D.L. 86/1988 ha previsto la subordinazione dell’ammissione del lavoratore ai trattamenti di integrazione salariale straordinaria al conseguimento di una anzianità lavorativa presso l'impresa di almeno 90 giorni alla data della richiesta del trattamento.

L’articolo 16, comma 1, della L. 223/1991 ha riconosciuto, in caso di disoccupazione derivante da licenziamento collettivo da parte delle imprese, diverse da quelle edili, rientranti nel campo di applicazione della disciplina della CIGS, il diritto del lavoratore, operaio, impiegato o quadro, qualora possa far valere una anzianità aziendale di almeno 12 mesi, di cui almeno 6 di lavoro effettivamente prestato (compresi i periodi di sospensione del lavoro derivanti da ferie, festività e infortuni), con un rapporto di lavoro a carattere continuativo e comunque non a termine, a percepire l’indennità di mobilità.'

 


 

Articolo 2, comma 68
(Estensione del campo di applicazione delle aliquote contributive della gestione autonoma coltivatori diretti, mezzadri e coloni)

 

L'articolo 2, comma 68, estende, dal 1° gennaio 2013, gli incrementi delle aliquote contributive pensionistiche e di quelle di computo, concernenti gli iscritti alla gestione dei coltivatori diretti, mezzadri e coloni dell'INPS, posti in essere dall’articolo 24, comma 23, del D.L. 201/2011, agli imprenditori agricoli professionali.

 

Il comma 68 estende l’applicazione, con effetto dal 1º gennaio 2013, delle aliquote contributive pensionistiche di finanziamento e di computo di cui alle tabelle B e C dell’allegato n. 1 del D.L. 201/2011, ai lavoratori iscritti alla gestione autonoma coltivatori diretti, mezzadri e coloni dell’INPS che non fossero già interessati dalla richiamata disposizione incrementale, cioè gli imprenditori agricoli professionali. Tali aliquote di finanziamento sono comprensive del contributo addizionale del 2% previsto dall’articolo 12, comma 4, della L. 2 agosto 1990, n. 233[143], concernente l’obbligo, per gli assicurati alla gestione in oggetto deceduti antecedentemente al 2 maggio 1969, del versamento di tale contributo addizionale ai fini dell’erogazione delle pensioni ai superstiti.

L’articolo 24, comma 23, del D.L. 201/2011 ha previsto, a partire dal 1° gennaio 2012, la rideterminazione delle aliquote contributive pensionistiche di finanziamento e di computo dei lavoratori coltivatori diretti, mezzadri e coloni iscritti alla relativa gestione autonoma dell’INPS, secondo le Tabelle B e C di cui all’allegato n. 1 del provvedimento medesimo.

Tabella B – Aliquota di finanziamento

 

Zona normale

Zona svantaggiata

 

Maggiore di 21 anni

Minore di 21 anni

Maggiore di 21anni

Minore di 21 anni

Anno 2011

20,3%

17,8%

17,3%

12,8%

2012

21,6%

19,4%

18,7%

15,0%

2013

22,0%

20,2%

19,6%

16,5%

2014

22,4%

21,0%

20,5%

18,0%

2015

22,8%

21,8%

21,4%

19,5%

2016

23,2%

22,6%

22,3%

21,0%

2017

23,6%

23,4%

23,2%

22,5%

Dal 2018

24,0%

24,0%

24,0%

24,0%

 

Tabella C – Aliquota di computo

Anni

Aliquota di computo

2012

21,6%

2013

22,0%

2014

22,4%

2015

22,8%

2016

23,2%

2017

23,6%

dal 2018

24,0%

 

 

Relativamente all’anno 2011 va fatto riferimento alla circolare INPS n. 76 del 23 maggio 2011 che ha stabilito che, ai fini del calcolo dei contributi I.V.S., dovuti dai coltivatori diretti, coloni, mezzadri ed imprenditori agricoli professionali (IAS), al reddito delle aziende agricole classificato in quattro fasce di reddito convenzionale, per l’anno 2011, vengano applicate le seguenti aliquote:

-      per i maggiori di 21 anni, in ragione del 20,30%, per le zone normali, e del 17,30%,per i territori montani e le zone svantaggiate;

-      per i minori di 21 anni, in ragione del 17,80%, per le zone normali, e del 12,80%, per i territori montani e le zone svantaggiate[144].

 

In merito alle figure soggettive che hanno titolo per usufruire dei benefici va richiamato l’articolo 1 del D.Lgs. 99/2004[145], successivamente modificato dal D.Lgs. 101/05[146], che ha introdotto in via generale nell’ordinamento nazionale, in luogo di quella di imprenditore agricolo a titolo principale (IATP), la nuova figura dell’imprenditore agricolo professionale (IAP), adeguandola alle nuove norme approvate con il regolamento CE n.1257/1999. La norma prevede che la qualifica di IAP venga riconosciuta a chi, in possesso di specifiche conoscenze e competenze professionali, dedichi alle attività agricole almeno il 50% del proprio tempo di lavoro complessivo e che ricavi da tali attività almeno il 50% del proprio reddito globale. Per i soggetti che operino nelle zone svantaggiate i requisiti suddetti sono ridotti al 25%[147]. La qualifica di IAP può essere riconosciuta, a determinate condizioni, differenziate a seconda delle forme societarie, anche alle società che abbiano come unico oggetto sociale l’esercizio di attività agricole.

Per la definizione di coltivatore diretto va invece richiamata la legge n.203 del 1982 che prevede che siano coltivatori diretti coloro che coltivano il fondo con il lavoro proprio e della propria famiglia, sempreché tale forza lavorativa costituisca almeno un terzo di quella occorrente per le normali necessità di coltivazione del fondo, tenuto conto, agli effetti del computo delle giornate necessarie per la coltivazione del fondo stesso, anche dell'impiego delle macchine agricole.

 


 

Articolo 2, commi 69-73
(Abrogazioni e modifiche alla legge 23 luglio 1991, n.223)

 

I commi 69-73 recano una serie di abrogazioni e modifiche al fine di coordinamento con la nuova disciplina sugli ammortizzatori sociali recata dal provvedimento in esame. In particolare, il comma 70 sopprime, a decorrere dal 1° gennaio 2016, la CIGS nei casi di fallimento, di liquidazione coatta amministrativa, di amministrazione straordinaria e di omologazione del concordato preventivo con cessione dei beni, nonché nei casi di aziende sottoposte (ai sensi della disciplina contro le organizzazioni criminali di tipo mafioso) a sequestro o confisca.

 

I commi da 69-73 recano l’abrogazione e la modifica di determinate disposizioni, a fini di coordinamento con la nuova disciplina sugli ammortizzatori sociali recata dal provvedimento in esame.

 

Il comma 69 dispone, a decorrere dal 1º gennaio 2013, l’abrogazione delle seguenti disposizioni:

o    articolo 19, commi 1-bis, 1-ter, 2 e 2-bis, del D.L. 29 novembre 2008, n. 185[148], (lettera a));

Si tratta di interventi concernenti l’indennità di disoccupazione non agricola con requisiti normali e ridotti nonché del trattamento sperimentale di sostegno al reddito per i lavoratori a progetto, e le modalità per la loro fruizione.

 

Il comma 1-bis del D.L. 185/2008 ha stabilito l’obbligo, con riferimento ai lavoratori di cui alle lettere da a) a c) del precedente comma 1 (cfr. al riguardo la scheda relativa all’articolo 36) nei confronti del datore di lavoro di comunicare, con apposita dichiarazione da inviare ai servizi competenti e alla sede dell'INPS territorialmente competente, la sospensione della attività lavorativa e le relative motivazioni, nonché i nominativi dei lavoratori interessati, che, per beneficiare del trattamento sperimentale di sostegno al reddito, devono rendere dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro o a un percorso di riqualificazione professionale all'atto della presentazione della domanda per l'indennità di disoccupazione. In caso di assenza dell’intervento integrativo, i periodi di tutela si considerano esauriti e i lavoratori accedono ai trattamenti in deroga ai sensi della disciplina vigente. Il successivo comma 1-ter ha disposto l’utilizzo, in via transitoria, e per il solo quadriennio 2009-2012, delle risorse finanziarie dedicate alla copertura finanziaria del trattamento sperimentale anche a garanzia per i lavoratori beneficiari delle misure di cui al medesimo comma 1, lettere a), b) e c), un trattamento equivalente a quello per le altre tipologie contrattuali tutelate.

 

L’articolo 19, comma 2, ha introdotto, in via sperimentale per il quadriennio 2009-2012, nei limiti di specifiche risorse, il riconoscimento di una somma liquidata in un'unica soluzione pari al 30% del reddito percepito l'anno precedente, ai lavoratori a progetto - ad esclusione dei soggetti titolari di redditi di lavoro autonomo di cui all’articolo 53 del TUIR - possessori dei seguenti requisiti:

-      operare in regime di monocommittenza;

-      conseguimento di un reddito lordo nell’anno precedente non superiore a 20.000 euro e non inferiore a 5.000 euro

-      accreditamento presso la predetta Gestione separata nell’anno di riferimento di un numero di mensilità non inferiore a uno;

-      devono risultare senza contratto di lavoro da almeno due mesi;

-      accreditamento, nell’anno precedente a quello di riferimento, presso la predetta Gestione separata, di un numero di mensilità non inferiore a tre.

Il successivo comma 2-bis ha aumentato, per il 2009, la somma liquidata in unica soluzione portandola al 20%, con susseguente aumento delle risorse, pari a 100 milioni di euro, a valere sul Fondo di rotazione per la formazione, introdotto, dall’articolo 25 della L. 845/1978, per favorire l'accesso al Fondo sociale europeo e al Fondo regionale europeo dei progetti realizzati dalle Regioni.

 

o    articolo 7, comma 3, del D.L. 21 marzo 1988, n. 86[149] (lettera b));

Tale comma concerne sempre l’indennità di disoccupazione.

 

o    articolo 40 del R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827, (lettera c)).

Tale articolo stabilisce che non sono soggetti all'assicurazione obbligatoria per la disoccupazione involontaria:

o       i lavoratori agricoli, salvo quelle categorie che siano dichiarate soggette all'obbligo dell'assicurazione;

o       i lavoratori a domicilio;

o       i domestici i portieri e le persone addette in genere sotto qualsiasi denominazione, ai servizi familiari;

o       il personale artistico, teatrale e cinematografico;

o       coloro che prestano la loro opera alla dipendenza di persona tenuta verso di essi alla somministrazione degli alimenti secondo le disposizioni del codice civile;

o       coloro la cui retribuzione consiste esclusivamente nella partecipazione agli utili o al prodotto dell'azienda;

o       coloro che solo occasionalmente prestano l'opera loro alle dipendenze altrui;

o       coloro che siano occupati esclusivamente in lavorazioni che si compiano annualmente in determinati periodi di durata inferiore ai sei mesi

 

Il successivo comma 70 abroga, a decorrere dal 1º gennaio 2016, l’articolo 3 della L. 23 luglio 1991, n. 223[150], che concerne l’erogazione della CIGS per le aziende sottoposte a procedure concorsuali nonché nei casi di aziende sottoposte (ai sensi della disciplina contro le organizzazioni criminali di tipo mafioso) a sequestro o confisca, precisando[151] che l’erogazione dello strumento di tutela del reddito sia previsto solamente quando sussistano prospettive di continuazione o di ripresa dell’attività e di salvaguardia, anche parziale, dei livelli di occupazione, da valutare in base a parametri oggettivi definiti con specifico decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.

 

La Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria è riservata, in via generale, ai sensi degli articoli 1 e 2 della L. 23 luglio 1991, n. 223, alle imprese industriali che abbiano occupato mediamente più di 15 lavoratori nel semestre precedente la domanda nonché alle imprese commerciali con più di 200 dipendenti (secondo lo stesso criterio di computo); le imprese artigiane, ai fini dell'applicazione dell'istituto in esame, sono equiparate a quelle industriali nel caso in cui un'altra impresa, che eserciti un "influsso gestionale prevalente" (determinato secondo i termini posti dall'articolo 12 della L. 223) si avvalga a sua volta dell'intervento di integrazione straordinaria; anche per le imprese artigiane valgono i requisiti dimensionali stabiliti per le imprese industriali. Possono inoltre beneficiare della CIGS anche le società cooperative di produzione e lavoro.

Si ricorda che gli interventi di integrazione salariale straordinaria sono o sono stati estesi - spesso con provvedimenti a termine - ad altri settori imprenditoriali.

Le fattispecie nelle quali è possibile il ricorso alla CIGS sono le seguenti:

§      ristrutturazione, riorganizzazione o conversione aziendale (per un periodo massimo pari, in linea ordinaria, a 24 mesi);

§      crisi aziendale (per un periodo massimo, pari, in linea ordinaria, a 12 mesi);

§      casi di fallimento, di liquidazione coatta amministrativa, di amministrazione straordinaria e di omologazione del concordato preventivo con cessione dei beni, qualora la continuazione dell'attività non sia stata disposta o sia cessata (per un periodo massimo, pari, in linea ordinaria, a 12 mesi).

 

L'importo del trattamento è eguale all’80% della retribuzione che sarebbe spettata, fino ad un determinato limite massimo stabilito annualmente.

Hanno diritto alla CIGS (L. 464/1972, L. 164/1975, art. 1) gli operai, impiegati, intermedi e i quadri con un’anzianità di servizio di almeno 90 giorni alla data della richiesta. Tale diritto, inoltre, è riconosciuto ai soci lavoratori di cooperative di produzione e lavoro.

In linea di massima, ai sensi dell’articolo 1 della L. 223/1991, i limiti di durata del trattamento di integrazione salariale straordinaria sono pari a 2 anni (se concessa per ristrutturazione, riorganizzazione o conversione aziendale) o a 1 anno (se riconosciuta per crisi aziendale; in questo caso, un nuovo intervento, per la medesima causale, non può essere disposto prima che sia decorso un periodo pari a due terzi di quello relativo alla precedente concessione). Inoltre i trattamenti relativi alla medesima unità produttiva non possono avere una durata superiore a 36 mesi nell’arco di un quinquennio (il quale decorre dal mese iniziale del primo dei trattamenti in considerazione); nel computo sono inclusi anche i periodi di integrazione salariale ordinaria relativa a situazioni temporanee di mercato.

Il finanziamento degli interventi straordinari è ripartito tra:

§      contributi a carico delle imprese che rientrano nell'ambito di applicazione dell'istituto e a carico dei relativi lavoratori. Tali contributi, previsti dall'articolo 9 della L. 407/1990[152], sono pari rispettivamente allo 0,6% e allo 0,3% della retribuzione;

§      contributi addizionali a carico delle imprese quando si avvalgano dell'intervento straordinario, pari al 4,5% dell'integrazione salariale corrisposta ai propri dipendenti, ridotti al 3% per le imprese fino a 50 dipendenti[153]; il contributo, ai sensi dell'articolo 1, comma 4, della L. 223/1991, è dovuto in misura doppia a partire dal primo giorno del venticinquesimo mese successivo alla data di decorrenza del trattamento;

§      contributi a carico dello Stato.

 

Per quanto attiene agli aspetti procedurali, in primo luogo sussiste il principio di rotazione dei lavoratori (L. 223/1991, art. 1, comma 8), in base alla quale il datore di lavoro ha l’obbligo di alternare tra loro i lavoratori sospesi o ad orario ridotto.

Il datore di lavoro che ricorre alla CIGS direttamente o tramite le organizzazioni datoriali, deve dare tempestiva comunicazione alle rappresentanze aziendali, o, in mancanza di queste, alle organizzazione sindacali di categoria dei lavoratori comparativamente più rappresentative operanti nella provincia.

Entro 3 giorni dalla comunicazione, il datore o i rappresentanti dei lavoratori devono presentare la domanda di esame congiunto della situazione aziendale all’ufficio competente della regione nel cui territorio sono ubicate le unità aziendali interessate, o al Ministero del lavoro se queste ultime sono ubicate in più regioni.

La procedura termina con il decreto di concessione emanato dal ministero del lavoro.

L’articolo 3, in particolare, disciplina l’erogazione della CIGS e della mobilità nelle aziende sottoposte alle procedure concorsuali.

Più specificamente, la CIGS può essere concessa nei casi di fallimento, liquidazione coatta amministrativa, amministrazione straordinaria, qualora la continuazione dell’attività non sia stata disposta o sia cessata, nonché concordato preventivo. E’ inoltre prevista nel caso di ristrutturazione del debito.

In questi casi il limite massimo di durata è di 12 mesi dal provvedimento di ammissione alla procedura concorsuale. Possono essere concesse specifiche proroghe per un periodo non superiore a 6 mesi se sussistono fondate prospettive di continuazione o ripresa dell’attività e di salvaguardia, anche parziale, dei livelli di occupazione tramite cessione d’azienda.

Il limite massimo di fruizione di 36 mesi nell’arco di un quinquennio può, inoltre, essere superato nelle singole unità aziendali in cui siano in corso procedure concorsuali, a condizione che:

o     l’attività produttiva sia iniziata almeno 24 mesi prima dell’avvio degli interventi di integrazione salariale , protrattisi per il periodo di riferimento;

o     l’attività sia continuata fino ai dodici mesi antecedenti l’ammissione alla procedura concorsuale.

La deroga, in ogni caso, deve essere espressamente richiesta nella domanda del trattamento di CIGS.

I lavoratori interessati dal procedimento di amministrazione straordinaria di grandi imprese in crisi, posso usufruire della CIGS dalla data che dichiara lo stato di insolvenza fino alla dichiarazione della procedura cui viene assoggettata la società (amministrazione straordinaria o fallimento).

In caso di accordo di ristrutturazione del debito il trattamento di CIGS decorre dalla data di pubblicazione dell’accordo nel registro delle imprese , non essendo necessario il decreto di omologa. In caso di mancata omologa il trattamento concesso viene interrotto.

Lo stesso articolo stabilisce inoltre che le disposizioni in materia di mobilità ed il trattamento relativo si applicano anche al personale il cui rapporto sia disciplinato dal regio decreto 8 gennaio 1931, n. 148, che sia stato licenziato da imprese dichiarate fallite, o poste in liquidazione, successivamente alla data del 1° gennaio 1993. Per i lavoratori che si trovino nelle indicate condizioni e che maturino, nel corso del trattamento di mobilità, il diritto alla pensione, la retribuzione da prendere a base per il calcolo della pensione deve intendersi quella dei dodici mesi di lavoro precedenti l'inizio del trattamento di mobilità.

Nei casi di fallimento, di concordato preventivo, di amministrazione controllata e di procedure di liquidazione, le norme in materia di mobilità e del relativo trattamento trovano applicazione anche nei confronti delle aziende di trasporto pubblico che hanno alle proprie dipendenze personale iscritto al Fondo per la previdenza del personale addetto ai pubblici servizi di trasporto. Per tali lavoratori che maturino, nel corso del trattamento di mobilità, il diritto alla pensione, la retribuzione da prendere a base per il calcolo della pensione deve intendersi quella del periodo di lavoro precedente l'inizio del trattamento di mobilità

Infine, fino ad uno specifico massimale di spesa, previo parere motivato del prefetto fondato su ragioni di sicurezza e di ordine pubblico, i due istituti richiamati si applicano anche ai lavoratori delle aziende sottoposte a sequestro o confisca ai sensi della L. 575/1965.

 

Il comma 70-bis[154] prevede che i contratti e gli accordi collettivi di gestione di crisi aziendali che contemplino il ricorso agli ammortizzatori sociali debbano essere depositati presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, secondo modalità indicate con specifico decreto direttoriale e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica

 

Il comma 71 abroga, a decorrere dal 1º gennaio 2017, le seguenti disposizioni:

o         articolo 5, commi 4, 5 e 6, della L. 23 luglio 1991, n. 223[155] (lettera a));

I richiamati commi disciplinano l’obbligo, a carico dell’impresa, di versare, per ciascun lavoratore posto in mobilità, alla gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali, di cui all'articolo 37 della L. 88/1989, n. 88, in trenta rate mensili, una somma pari a 6 volte il trattamento mensile iniziale di mobilità spettante al lavoratore. Tale somma è ridotta alla metà quando la dichiarazione di eccedenza del personale nell’ambito della procedura per la dichiarazione di mobilità abbia formato oggetto di accordo sindacale.

Inoltre, l'impresa che procuri offerte di lavoro a tempo indeterminato aventi le caratteristiche di omogeneità, anche intercategoriale, con un livello retributivo non inferiore del dieci per cento rispetto a quello delle mansioni di provenienza, non è tenuta al pagamento delle rimanenti rate relativamente ai lavoratori che perdano il diritto al trattamento di mobilità in conseguenza del rifiuto di tali offerte ovvero per tutto il periodo in cui essi, accettando le offerte procurate dalla impresa, abbiano prestato lavoro. Tale beneficio è escluso per le imprese che si trovano, nei confronti dell'impresa disposta ad assumere, nello stesso o diverso settore di attività che, al momento del licenziamento, con assetti proprietari sostanzialmente coincidenti con quelli dell'impresa che assume, ovvero risulti con quest'ultima in rapporto di collegamento o controllo.

Infine, si dispone un aumento della richiamata somma, pari a cinque punti percentuali per ogni periodo di trenta giorni intercorrente tra l'inizio del tredicesimo mese e la data di completamento del programma che l'impresa intende attuare con riferimento anche alle eventuali misure previste per fronteggiare le conseguenze sul piano sociale in caso di richiesta di CIGS, nel caso in cui il lavoratore venga messo in mobilità dopo la fine del dodicesimo mese successivo a quello di emanazione del decreto di concessione della CIGS e la fine del dodicesimo mese successivo a quello del completamento del programma in precedenza richiamato nell'unità produttiva in cui il lavoratore era occupato;

o         articoli da 6 a 9 della L. 223/1991 (lettera b));

Tali articoli attengono, rispettivamente, alla lista di mobilità e ai compiti della Commissione regionale per l'impiego, all’indennità di mobilità, al collocamento dei lavoratori in mobilità ed alla cancellazione dei lavoratori dalla lista di mobilità;

o       articolo 11, comma 2, della L. 223/1991 (lettera c))[156];

L’articolo 11 della richiamata L. 223 reca disposizioni in materia di trattamento speciale di disoccupazione per i lavoratori licenziati da imprese edili ed affini. In particolare, il comma 2 ha disposto che nelle aree nelle quali venga accertata dal CIPI la sussistenza di uno stato di grave crisi dell'occupazione conseguente al previsto completamento di impianti industriali o di opere pubbliche di grandi dimensioni, il trattamento speciale di disoccupazione venga corrisposto nella misura del 100% per i primi 12 mesi e dell’80% per il restante periodo, e per un periodo non superiore a 18 mesi, elevabile a 27 nelle aree del Mezzogiorno, ai lavoratori edili che siano stati impegnati, in tali aree e nelle predette attività, per un periodo di lavoro effettivo non inferiore a diciotto mesi e siano stati licenziati, dopo che l'avanzamento dei lavori edili abbia superato il 70%. I trattamenti di cui al presente articolo rientrano nella sfera di applicazione dell'articolo 37 della L. 88/1989;

o         articolo 16, commi da 1 a 3, della L. 223/1991 (lettera d));

Tali commi dispongono, nel caso di disoccupazione derivante da licenziamento collettivo per riduzione di personale da parte delle imprese, diverse da quelle edili, rientranti nel campo di applicazione della disciplina della CIGS, il lavoratore, operaio, impiegato o quadro, qualora possa far valere una anzianità aziendale di almeno 12 mesi, di cui almeno 6 di lavoro effettivamente prestato, compresi i periodi di sospensione del lavoro derivanti da ferie, festività e infortuni, con un rapporto di lavoro a carattere continuativo e comunque non a termine, ha diritto alla indennità di mobilità.

In tal caso i datori di lavoro sono tenuti al versamento di un contributo nella misura dello 0,30% delle retribuzioni che costituiscono imponibile contributivo, nonché al versamento della somma di cui al precedente articolo 5, comma 4 (vedi supra). E’ infine previsto che per i giornalisti l’Ente deputato all’erogazione di tale indennità sia l’ENPALS (attualmente l’INPS, in seguito alla soppressione dell’ENPALS ai sensi dell’articolo 21, comma 1, del D.L. 201/2011);

o         articolo 25, comma 9, della L. 223/1991 (lettera e));

Nell’ambito della riforma delle procedure di avviamento al lavoro, il richiamato comma 9 stabilisce che per ciascun lavoratore iscritto nella lista di mobilità assunto a tempo indeterminato, la quota di contribuzione a carico del datore di lavoro è, per i primi 18 mesi, quella prevista per gli apprendisti (10% per aziende oltre 9 dipendenti, con aliquota ridotta, rispettivamente, dell’1,5% e del 3% per il primo e secondo anno di contratto per le aziende fino a 9 dipendenti.

o         articolo 3, commi 3 e 4, del D.L. 16 maggio 1994, n. 299[157] (lettera f));

Tali commi riconoscono, nel caso di attuazione di programma di CIGS, ai lavoratori edili licenziati ai sensi dell'art. 4, L. 223/1991 (vedi supra) con anzianità aziendale di almeno 36 mesi, di cui almeno 24 di lavoro effettivamente prestato (compresi i periodi di sospensione del lavoro derivanti da ferie, festività ed infortuni), il diritto al trattamento di disoccupazione speciale previsto dall'articolo 11, comma 2, della citata L. 223. Per tali lavoratori, nonché per i lavoratori edili, aventi gli stessi requisiti, impegnati aree nelle quali sia stata accertata la sussistenza di uno stato di grave crisi dell'occupazione conseguente al previsto completamento di impianti industriali o di opere pubbliche di grandi dimensioni, trovano applicazione specifiche disposizioni concernenti l’indennità di mobilità, anche al di là dei limiti territoriali ivi previsti;

o         articoli da 9 a 19, della L. 6 agosto 1975, n. 427[158] (lettera g)).

Tali articoli disciplinano il trattamento speciale di disoccupazione per i lavoratori licenziati da imprese edili ed affini (cfr. scheda articolo 22).

 

Al comma 72 vengono apportate alcune modifiche all’articolo 4 della L. 223/1991.

Tale articolo disciplina la procedura (che è comunque identica in caso di licenziamenti collettivi) per la dichiarazione di mobilità. In particolare, tale procedura può essere avviata dall'impresa che sia stata ammessa alla CIGS, qualora nel corso di attuazione del programma - che l'impresa stessa intende attuare con riferimento anche alle eventuali misure previste per fronteggiare le conseguenze sul piano sociale - ritenga di non essere in grado di garantire il reimpiego a tutti i lavoratori sospesi e di non poter ricorrere a misure alternative (comma 1).

La procedura (commi 2-13) consta in una fase cd. sindacale e in una cd. amministrativa, nel corso delle quali il datore di lavoro ed i sindacati tentano di trovare soluzioni alternative al licenziamento. Le imprese in primo luogo hanno l’obbligo di effettuare una comunicazione preventiva alle RSA e alle associazioni di categoria della loro intenzione di collocare i lavoratori in mobilità.

Il datore di lavoro imprenditore ha l’obbligo di versare un contributo d’ingresso (tale obbligo non sussiste per i datori di lavoro non imprenditori) e di comunicare alle RSA l’intenzione di ridurre il personale e di collocare i lavoratori in esubero in mobilità. Le RSA possono richiedere un esame congiunto della situazione con il datore di lavoro, al fine di trovare un accordo alternativo. Terminata tale fase, il datore comunica alla Direzione del lavoro competente l’esito dell’esame e i motivi dell’eventuale mancato accordo. Se l’esame sindacale non è stato fatto o non è stato trovato un accordo, la Direzione del lavoro può convocare le parti e tentare di trovare un ulteriore accordo. Se anche in questa fase non viene trovato un accordo alternativo alla messa in mobilità, il datore di lavoro può procedere al licenziamento del personale. L’inosservanza degli adempimenti procedurali comporta la violazione della procedura stessa e la conseguente inefficacia dei licenziamenti[159]. In tal caso i lavoratori hanno diritto alla reintegrazione, da far valere mediante impugnazione del recesso entro 60 giorni dal ricevimento della comunicazione, con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale. Nei casi di inefficacia dei licenziamenti, per i datori di lavoro non imprenditori si applica la disciplina della tutela obbligatoria dei licenziamenti, di cui alla L. 604/1966, e non la tutela reale di cui all’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.

 

Le modifiche apportate dal comma in esame hanno lo scopo di coordinare la disciplina della procedura con la soppressione dell’istituto della mobilità, prevedendo infatti:

o    che l’impresa ammessa alla CIGS, nel caso in cui non riesca a reimpiegare i lavoratori sospesi, possa attuare la procedura ai fini del licenziamento collettivo e non del collocamento in mobilità (lettera a));

o    che le imprese, nella comunicazione alle RSA debbano far riferimento non più, rispettivamente, alla dichiarazione di mobilità ed al programma di mobilità, bensì alla dichiarazione di licenziamento collettivo ed al programma di riduzione del personale (lettera b));

o    la riduzione dei termini della procedura nel caso in cui i lavoratori interessati siano inferiori a 10 va riferita non più alla mobilità ma al licenziamento collettivo (lettera c));

o   una volta esperita l procedura o raggiunto l’accordo sindacale l’impresa quindi ha facoltà di licenziare i lavoratori eccedenti (invece di collocarli in mobilità), allo stesso tempo l’impresa ha l’obbligo di comunicare all’ufficio del lavoro competente l’elenco dei lavoratori licenziati (e non quelli posti in mobilità (lettera d));

o    infine, l’impresa può recuperare le somme versate (vedi supra) nel caso in cui non licenzi (e non più metta in mobilità) più oppure licenzi un numero inferiore di lavoratori di quanti indicati nella comunicazione preventiva richiamata in precedenza (lettera e)).

 

Il comma 73, infine, modificando i commi 1 e 2 dell’articolo 5 della più volte richiamata L. 223/1991 dispone, nell’ambito dei criteri di scelta dei lavoratori da collocare in mobilità e dei rispettivi oneri a carico delle imprese, fa rapportare tali criteri, anche in relazione ai lavoratori disabili, sulla base delle disposizioni precedentemente illustrate, non più al collocamento in mobilità degli stessi bensì al loro licenziamento.

 

L’articolo 5, comma 1, della L. 223/1991 ha stabilito che l'individuazione dei lavoratori da collocare in mobilità deve avvenire, in relazione alle esigenze tecnico-produttive ed organizzative del complesso aziendale, nel rispetto dei specifici criteri previsti da contratti collettivi stipulati con i sindacati, ovvero, in mancanza di questi contratti, nel rispetto dei seguenti criteri, in concorso tra loro:

a)     carichi di famiglia;

b)     anzianità;

c)     esigenze tecnico-produttive ed organizzative.

Il successivo comma 2 ha previsto che, nell'operare la scelta dei lavoratori da collocare in mobilità, l'impresa ha l’obbligo di rispettare le disposizioni concernenti il collocamento obbligatorio dei disabili. L'impresa non può altresì collocare in mobilità una percentuale di manodopera femminile superiore alla percentuale di manodopera femminile occupata con riguardo alle mansioni prese in considerazione.

 


 

Articolo 3

Articolo 3, comma 1
(Applicazione della disciplina in materia di integrazione salariale straordinaria a particolari settori)

 

L'articolo 3, comma 1 estende, a decorrere dal 1° gennaio 2013, l'ambito di applicazione della CIGS ad alcuni settori già interessati da estensioni del medesimo istituto mediante norme transitorie o modalità particolari, che con tale norma vengono quindi tutelati a regime.

 

Il comma 1 aggiungendo il comma 3-bis all’articolo 12 della più volte richiamata L. 223/1991, prevede l’estensione, a decorrere dal 1º gennaio 2013, delle disposizioni in materia di trattamento straordinario di integrazione salariale e dei relativi obblighi contributivi alle seguenti imprese:

a)       imprese esercenti attività commerciali con più di cinquanta dipendenti;

b)       agenzie di viaggio e turismo, compresi gli operatori turistici, con più di cinquanta dipendenti;

c)       imprese di vigilanza con più di quindici dipendenti;

d)       imprese del trasporto aereo a prescindere dal numero di dipendenti;

e)       imprese del sistema aeroportuale a prescindere dal numero di dipendenti.

 

Sostanzialmente, l’articolo in esame provvede a disciplinare a regime alcuni interventi di sostegno al reddito già previsti, per il 2009, dall’articolo 19 del D.L. 185/2008[160], nonché dall’articolo 2, comma 37, della legge finanziaria 2009 (L. 203/2008) e dall’articolo 2, commi 1-3, del D.L. 28 agosto 2008, n. 134[161].

Si tratta:

§      dell’articolo 19, comma 11, del D.L. 185/2008, che ha consentito che, in attesa della riforma degli ammortizzatori sociali e, in ogni caso, non oltre il 31 dicembre 2009, siano concessi trattamenti di integrazione salariale straordinaria e di mobilità ai dipendenti delle imprese esercenti attività commerciali con più di 50 dipendenti, delle agenzie di viaggio e turismo, compresi gli operatori turistici, con più di 50 dipendenti e delle imprese di vigilanza con più di15 dipendenti;

§      dell’articolo 2, comma 37, della L. 203/2008, che ha previsto, a decorrere dal 1° gennaio 2009, la concessione, in deroga alla normativa vigente, dei trattamenti di cassa integrazione guadagni straordinaria, per una durata massima di ventiquattro mesi, e di mobilità, a favore del personale dipendente dalle società di gestione aeroportuale e dalle società derivate da queste ultime;

§      dell’articolo 2, commi 1-3, del D.L. 134/2008[162], che ha disposto l’erogazione del trattamento di integrazione salariale straordinaria fino a 48 mesi e il trattamento di mobilità fino a 36 mesi per il personale dei vettori aerei e delle società derivate da questi ultimi, sulla base di specifici accordi in sede governativa. Tali limiti massimi sono ammessi indipendentemente dall'età anagrafica dei lavoratori e dall'area geografica di riferimento.

 


 

Articolo 3, commi 2-3
(Indennità di mancato avviamento al lavoro per i lavoratori
del settore portuale)

 

I commi 2 e 3 dell’articolo 3 prevedono l’erogazione a regime, a decorrere dal 2013, di uno specifico strumento di sostegno al reddito introdotto, dall’articolo 19, comma 12, del D.L. 185/2008, e successivamente prorogato più volte, a favore di specifiche categorie di lavoratori del settore portuale, in termini identici a quelli stabiliti da discipline transitorie per gli anni precedenti.

 

Il comma 2 prevede l’erogazione a regime, a decorrere dal 1º gennaio 2013, di uno specifico strumento di sostegno al reddito:

§      agli addetti alle prestazioni di lavoro temporaneo occupati con contratto di lavoro a tempo indeterminato nelle imprese e agenzie di cui all’articolo 17, commi 2 e 5, della L. 28 gennaio 1994, n. 84[163];

L’articolo 17 disciplina la fornitura del lavoro portuale temporaneo. In particolare, il comma 2 stabilisce che le autorità portuali o, laddove non istituite, le autorità marittime, debbano autorizzare l'erogazione delle prestazioni di lavoro temporaneo da parte di una impresa, che deve essere dotata di adeguato personale e risorse proprie con specifica caratterizzazione di professionalità nell'esecuzione delle operazioni portuali. L’attività della richiamata impresa deve essere esclusivamente rivolta alla fornitura di lavoro temporaneo per l'esecuzione delle operazioni e dei servizi portuali, da individuare secondo una procedura accessibile ad imprese italiane e comunitarie. Il successivo comma 5 dispone che nel caso in cui non si realizzi quanto previsto in precedenza circa l’istituzione e l’autorizzazione all’esercizio della richiamata impresa, le prestazioni di lavoro portuale temporaneo vengano erogate da agenzie promosse dalle autorità portuali o, laddove non istituite, dalle autorità marittime e soggette al controllo delle stesse e la cui gestione è affidata ad un organo direttivo composto da rappresentanti delle imprese operanti in operazioni portuali (carico, scarico, trasbordo, deposito, movimento in genere delle merci e di ogni altro materiale, svolti nell'ambito portuale), in fornitura di lavoro portuale temporaneo e nella gestione di opere attinenti alle attività marittime e portuali;

§      ai lavoratori delle società derivate dalla trasformazione delle compagnie portuali, ai sensi dell’articolo 21, comma 1, lettera b), della medesima L. 84.

Si tratta, nell’ambito della trasformazione in società delle compagnie e gruppi portuali, dell’obbligo, appunto, di trasformazione, da parte di queste ultime, in una società o una cooperativa secondo i tipi previsti nel libro quinto, titoli V e VI, del codice civile, per la fornitura di servizi, nonché, fino al 31 dicembre 1996, di mere prestazioni di lavoro in deroga all'articolo 1 della L. 23 ottobre 1960, n. 1369[164] (quale, ad esempio, il divieto di appaltare o subappaltare le prestazioni lavorative, oppure di servirsi di lavoratori a cottimo).

 

L’indennità, introdotta dall’articolo 19, comma 12[165], del D.L. 185/2008, nell’ambito di uno specifico limite complessivo di spesa, è pari a un ventiseiesimo del trattamento massimo mensile d’integrazione salariale straordinaria previsto dalle vigenti disposizioni, nonché la relativa contribuzione figurativa e gli assegni per il nucleo familiare:

§      per ogni giornata di mancato avviamento al lavoro;

§      per le giornate di mancato avviamento al lavoro che coincidano, in base al programma, con le giornate definite festive, durante le quali il lavoratore sia risultato disponibile.

Tale indennità spetta quindi per un numero di giornate di mancato avviamento al lavoro pari alla differenza tra il numero massimo di 26 giornate mensili erogabili e il numero delle giornate effettivamente lavorate in ogni mese, incrementato dal numero delle giornate di ferie, malattia, infortunio, permesso e indisponibilità.

L’effettività di tale istituto è stata prorogata più volte, da ultimo, per il 2012, dall’articolo 33, comma 23, della legge di stabilità 2012 – L. 183/2011).

 

L’erogazione dei trattamenti richiamati da parte dell’INPS è subordinata all’acquisizione degli elenchi recanti il numero, distinto per ciascuna impresa o agenzia, delle giornate di mancato avviamento al lavoro, predisposti dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in base agli accertamenti effettuati in sede locale dalle competenti autorità portuali o, laddove non istituite, dalle autorità marittime

 

La nuova disciplina, essendo a regime, non pone un limite di spesa (per il 2012, la norma in precedenza citata della legge finanziaria aveva fissato un limite di 15 milioni di euro),

 

Il successivo comma 3 prevede altresì che ai datori di lavoro e ai dipendenti, potenziali beneficiari dell'intervento in oggetto, vengano estese le misure di contribuzione previste per la CIGS, pari, rispettivamente, allo 0,6% e allo 0,3%, di cui all’articolo 9 della L. 29 dicembre 1990, n. 407[166].

Tale articolo ha stabilito, a decorrere dal periodo di paga in corso al 1° gennaio 1991, per le imprese operanti nei settori industriali e dell’edilizia e affini, che sospendano gli operai da loro occupati o che introducano un orario ridotto di lavoro, in dipendenza di crisi economiche settoriali o locali delle attività industriali o nei casi di ristrutturazione e riorganizzazione aziendale, incluse quelle alle quali l'intervento è stato esteso, un contributo, in via permanente, pari a 0,6 punti percentuali e a 0,3 punti percentuali della retribuzione da considerare ai fini del calcolo dei contributi per gli assegni familiari, rispettivamente a carico dei datori di lavoro e dei lavoratori interessati, con esclusione delle imprese industriali di cui all'articolo 2, L. 27 luglio 1979, n. 301[167].

 


 

Articolo 3, commi 4-13
(Fondi di solidarietà bilaterali)

 

L’articolo 3, commi 4-13, istituisce fondi di solidarietà bilaterali per i settori non coperti dalla normativa in materia di integrazione salariale (ordinaria o straordinaria), al fine di assicurare ai lavoratori interessati una tutela nei casi di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa per le cause previste dalla normativa in materia di integrazione salariale ordinaria o straordinaria.

 

Il comma 4, al fine di assicurare la definizione, entro l’anno 2013, di un sistema inteso ad assicurare adeguate forme di sostegno per i lavoratori dei diversi comparti, prevede l’obbligo, per le organizzazioni sindacali e imprenditoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di stipulare, entro dodici mesi[168] dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, accordi collettivi e contratti collettivi, anche intersettoriali, aventi ad oggetto la costituzione di fondi di solidarietà bilaterali (di seguito fondi) per i settori non coperti dalla normativa in materia di integrazione salariale. Tali fondi hanno lo scopo di assicurare ai lavoratori una tutela, in costanza di rapporto di lavoro, nei casi di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa per cause previste dalla normativa in materia di integrazione salariale ordinaria o straordinaria.

 

Si ricorda che l'art. 2, comma 28, della L. 23 dicembre 1996, n. 662, e il relativo D.M. di attuazione 27 novembre 1997, n. 477, hanno posto una disciplina-quadro ai fini della definizione di un sistema di ammortizzatori sociali per gli enti ed aziende (pubblici e privati) erogatori di servizi di pubblica utilità nonché per le altre categorie e settori di imprese sprovvisti; la concreta definizione degli strumenti è ivi demandata a singoli regolamenti - emanati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze -, adottati a séguito del deposito, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di contratti collettivi nazionali, concernenti tale materia e stipulati dalle organizzazioni sindacali (dei datori e dei dipendenti) maggiormente rappresentative.

 

Tali fondi devono essere costituiti presso l’INPS, con apposito decreto ministeriale, ai sensi del comma 5, entro i successivi tre mesi. Ai sensi del successivo comma 8, i fondi non hanno personalità giuridica e costituiscono gestioni dell’INPS, inoltre (comma 9) gli oneri di amministrazione di ciascun fondo sono determinati secondo i criteri definiti dal regolamento di contabilità dell’INPS.

 

Il comma 6 prevede la possibilità di apportare, con le medesime modalità richiamate in precedenza, modifiche agli atti istitutivi di ciascun fondo. In particolare, la norma prevede che le modifiche aventi ad oggetto la disciplina delle prestazioni o la misura delle aliquote siano adottate con decreto direttoriale dei Ministeri del lavoro e delle politiche sociali e dell’economia e delle finanze, sulla base di una proposta del comitato amministratore cui è demandata la gestione di ciascun fondo (vedi al riguardo la scheda relativa all’articolo 49).

 

I decreti di costituzione dei fondi presso l’INPS determinano (comma 7), sulla base degli accordi, anche l’ambito di applicazione dei fondi stessi, con riferimento al settore di attività, alla natura giuridica dei datori di lavoro ed alla classe di ampiezza dei datori di lavoro. Il superamento dell’eventuale soglia dimensionale fissata per la partecipazione al fondo si verifica mensilmente con riferimento alla media del semestre precedente.

 

L’istituzione dei fondi è obbligatoria (comma 10) per tutti i settori non coperti dalla normativa in materia di integrazione salariale in relazione alle imprese che occupino mediamente più di 15 dipendenti. Le prestazioni e i relativi obblighi contributivi non si applicano al personale dirigente se non espressamente previsto.

 

I fondi possono perseguire ulteriori finalità in aggiunta a quelle espressamente individuate in precedenza (comma 11) e precisamente possono:

·     assicurare ai lavoratori una tutela in caso di cessazione dal rapporto di lavoro, integrativa rispetto all’assicurazione sociale per l’impiego (lettera a));

·     prevedere assegni straordinari per il sostegno al reddito, riconosciuti nel quadro dei processi di agevolazione all’esodo, a lavoratori che raggiungano i requisiti previsti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato nei successivi cinque anni (lettera b));

·     contribuire al finanziamento di programmi formativi di riconversione o riqualificazione professionale, anche in concorso con gli appositi fondi nazionali o dell’Unione europea (lettera c)).

 

Per tali finalità, i fondi possono essere istituiti, con le medesime modalità richiamate per l’istituzione obbligatoria, anche in relazione a settori e classi di ampiezza già coperti dalla normativa in materia di integrazioni salariali (comma 12). Per le imprese nei confronti delle quali trova applicazione la disciplina in materia di mobilità, gli accordi e contratti collettivi con le modalità di cui al comma 1 possono prevedere che il fondo di solidarietà sia finanziato, a decorrere dal 1º gennaio 2017, con un’aliquota contributiva pari allo 0,30% delle retribuzioni imponibili ai fini previdenziali.

 

Infine, gli accordi ed i contratti istitutivi dei fondi possono prevedere (comma 13) la confluenza nel fondo dell’eventuale fondo interprofessionale istituito ai sensi dell’articolo 118 della legge finanziaria per il 2001 (L. 388/2000). In tal caso, al fondo affluisce anche il gettito del contributo integrativo[169] stabilito dall’articolo 25, quarto comma, della L. 21 dicembre 1978, n. 845[170], con riferimento ai datori di lavoro cui si applica il fondo, inoltre le prestazioni derivanti dalla confluenza dei fondi interprofessionali nei fondi sono riconosciute nel limite di tale gettito.

 

I Fondi Paritetici Interprofessionali nazionali per la formazione continua sono organismi di natura associativa promossi dalle Parti Sociali attraverso specifici Accordi Interconfederali stipulati con le organizzazioni sindacali.

Istituiti dall’articolo 118 della L. 388/2000 (legge finanziaria per il 2001) con tali organismi sostanzialmente si consente alle imprese di destinare la quota dello 0,30% dei contributi versati all’INPS (cioè il contributo obbligatorio per la disoccupazione involontaria) alla formazione dei propri dipendenti.

I datori di lavoro possono infatti chiedere all’INPS di trasferire il contributo ad uno dei Fondi, che provvede a finanziare le attività formative per i lavoratori delle imprese aderenti.

Tra i Fondi fino a oggi costituiti e autorizzati si ricordano:

§     Fondo Artigianato Formazione – Fondo per la formazione continua nelle imprese artigiane;

§     Fon.Coop – Fondo per la formazione continua nelle imprese cooperative;

§     FONDIR. – Fondo per la formazione continua dei dirigenti del terziario (Confcommercio);

§     FOR.TE. – Fondo per la formazione continua del terziario (Confcommercio);

§     FON.TER. – Fondo per la formazione continua dei lavoratori dipendenti nelle imprese del settore terziario: comparti turismo e distribuzione servizi (Confesercenti).

I Fondi finanziano piani formativi aziendali, settoriali e territoriali, che le imprese in forma singola o associata possono decidere di realizzare per i propri dipendenti. Oltre a finanziare, in tutto o in parte, i piani formativi aziendali, settoriali e territoriali, i Fondi possono finanziare anche piani formativi individuali, nonché ulteriori attività propedeutiche o comunque connesse alle iniziative formative.

 


Articolo 3, commi 14-18
(Fondi di solidarietà bilaterali alternativi)

 

I commi da 14 a 18 dell’articolo 3 introducono un modello di costituzione dei fondi di solidarietà alternativo a quello dei fondi di solidarietà bilaterali previsto dai precedenti commi 4-13.

Inoltre, è riconosciuta, in via sperimentale per il periodo 2013-2015, l’erogazione dell’ASPI (per un periodo massimo di 90 giorni da computare in un biennio mobile) ai lavoratori sospesi per crisi aziendali o occupazionali che siano in possesso di specifici requisiti, a condizione che ci sia un intervento integrativo da parte dei fondi bilaterali disciplinati dall’articolo medesimo (o dei fondi di solidarietà bilaterali) pari almeno alla misura del 20% dell’indennità stessa.

 

I commi da 14 18 introducono un modello di costituzione dei fondi di solidarietà alternativo a quello dei fondi di solidarietà bilaterali previsto dai precedenti commi 4-13.

Più specificamente, il comma 14 prevede la facoltà, per le organizzazioni sindacali e imprenditoriali, nei settori non coperti dalla normativa in materia di integrazione salariale, nei quali siano operanti, alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, consolidati sistemi di bilateralità nonché in considerazione delle peculiari esigenze dei predetti settori, quale quello dell’artigianato, di adeguare le fonti istitutive dei rispettivi fondi bilaterali alle finalità perseguite dai precedenti commi 4-13, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame.

L’adeguamento deve in ogni caso prevedere misure intese ad assicurare ai lavoratori una tutela reddituale in costanza di rapporto di lavoro, in caso di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa, correlate alle caratteristiche delle attività produttive interessate.

 

E’ demandata agli accordi e ai contratti collettivi, per le finalità in precedenza richiamate, la definizione (comma 15):

o       di un’aliquota complessiva di contribuzione ordinaria di finanziamento non inferiore allo 0,20 per cento (lettera a));

o       delle tipologie di prestazioni in funzione delle disponibilità del fondo di solidarietà bilaterale (lettera b));

o       dell’adeguamento dell’aliquota in funzione dell’andamento della gestione, ovvero la rideterminazione delle prestazioni in relazione alle erogazioni, anche in considerazione degli andamenti del relativo settore in relazione anche a quello più generale dell’economia, nonché l’esigenza dell’equilibrio finanziario del fondo medesimo (lettera c));

o       della possibilità di far confluire al fondo di solidarietà quota parte del contributo previsto per l’eventuale fondo interprofessionale di cui all’articolo 43, comma 10 (lettera d));

o       criteri e requisiti per la gestione dei fondi (lettera e)).

 

Il successivo comma 16 demanda ad un apposito decreto, di natura non regolamentare, del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentite le parti sociali istitutive dei rispettivi fondi bilaterali, la determinazione di specifici parametri relativi ai fondi, quali i requisiti di professionalità e onorabilità dei soggetti preposti alla gestione dei fondi medesimi, i criteri e requisiti per la contabilità dei fondi nonché le modalità volte a rafforzare la funzione di controllo sulla loro corretta gestione e di monitoraggio sull’andamento delle prestazioni, anche attraverso la determinazione di standard e parametri omogenei.

 

Il comma 17 riconosce, in via sperimentale per il periodo 2013-2015 l’erogazione dell’ASPI ai lavoratori sospesi per crisi aziendali o occupazionali che siano in possesso dei requisiti previsti dall’articolo 2, commi 4-5[171], a condizione che ci sia un intervento integrativo pari almeno alla misura del 20 per cento dell’indennità stessa a carico dei fondi bilaterali di cui ai commi in esame, ovvero a carico dei fondi di solidarietà bilaterali.

La durata massima del trattamento, in ogni caso, non può superare novanta giornate da computare in un biennio mobile.

 

Il trattamento è riconosciuto nel limite delle risorse non superiore a 20 milioni di euro annui per il periodo 2013-2015; al relativo onere si provvede per l’anno 2013 sulla dotazione del Fondo per gli interventi urgenti ed indifferibili di cui all’articolo 7-quinquies, comma 1, del D.L. 5/2009, come integrato dall’articolo 33, comma 1, della legge di stabilità 2012 (L. 183/2011), e per il biennio 2014-2015 mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa relativa al Fondo per il finanziamento di interventi a favore dell'incremento in termini quantitativi e qualitativi dell'occupazione giovanile e delle donne, di cui all’articolo 24, comma 27, del D.L. 201/2011. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

Si ricorda, in proposito, che una copertura degli oneri finanziari sulla dotazione dei richiamati fondi viene disposta anche dal comma 29, lettera b), del precedente articolo 2, relativamente al finanziamento dei casi in cui non trova applicazione il contributo addizionale di finanziamento dell’ASPI, nonché dal comma 56, lettera c), dello stesso articolo 2, relativamente al finanziamento ai fini dell’erogazione dell’indennità una tantum per i lavoratori a progetto.

 

Il comma 1 dell'articolo 7-quinquies del D.L. 5/2009 ha istituito nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze un fondo (cap. 3071), al fine di assicurare il finanziamento di interventi urgenti e indifferibili, con particolare riguardo ai settori dell’istruzione e agli interventi organizzativi connessi ad eventi celebrativi.

Relativamente all’anno 2012, il comma 26-ter dell’articolo 1 del D.L. 138/2011 ha incrementato la dotazione del Fondo in oggetto di 24 milioni di euro per l'anno 2012 e di 30 milioni di euro per l'anno 2013. Ai fini del riparto delle risorse del Fondo, il comma 26-ter prevede che si applichi la procedura prevista dall'articolo 1, comma 40, quinto periodo, della legge di stabilità 2011 (L. 220/2010[172]).

Successivamente, l’articolo 33, comma 1, della legge di stabilità 2012 (L. 183/2011) ha incrementato la dotazione del richiamato Fondo di 1.143 milioni di euro per l'anno 2012, prevedendone la ripartizione con appositi decreti del Presidente del Consiglio dei ministri tra le finalità indicate nell'elenco 2 allegato, che sono seguenti:

§         Fondo nazionale per le politiche giovanili;

§         investimenti Gruppo Ferrovie - contratto di programma con RFI;

§         professionalizzazione forze armate - rifinanziamento, per il medesimo anno, degli importi di cui agli articoli 582 e 583 del D.Lgs. 15 marzo 2010, n. 66 , recante "Codice dell'ordinamento militare";

§         partecipazione italiana a banche e fondi internazionali;

§         esigenze connesse alla celebrazione della ricorrenza del 4 novembre;

§         provvidenze alle vittime dell'uranio impoverito;

§         ulteriori esigenze dei Ministeri;

§     interventi per assicurare la gratuità dei libri di testo scolastici di cui all’articolo 27, comma 1 della L. 448/1998;

§     Unione italiana ciechi.

Il secondo periodo del comma 1 ha inoltre stabilito che una quota pari a 100 milioni di euro del richiamato Fondo venga destinata per l’anno 2012 al finanziamento di interventi urgenti di riequilibrio socio-economico e sviluppo dei territori e alla promozione di attività sportive, culturali e sociali di cui all’articolo 1, comma 40, quarto periodo della legge di stabilità 2011 (L. 220/2010).

L’articolo 24, comma 27, del D.L. 201/2011 ha istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali un Fondo per il finanziamento di interventi a favore dell'incremento in termini quantitativi e qualitativi dell'occupazione giovanile e delle donne, rinviando a specifici decreti interministeriali la definizione dei criteri e delle modalità istitutive.

Il fondo è finanziato con 200 milioni di euro per l'anno 2012, 300 milioni per ciascuno degli anni 2013 e 2014 e 240 milioni di euro per l’anno 2015.

 

Infine, le disposizioni di cui al precedente comma non trovano applicazione nei confronti dei lavoratori dipendenti da aziende destinatarie di trattamenti di integrazione salariale, nonché nei casi di contratti di lavoro a tempo indeterminato con previsione di sospensioni lavorative programmate e di contratti di lavoro a tempo parziale verticale (comma 18).

 


 

Articolo 3, commi 19-21
(
Fondo di solidarietà residuale per l’integrazione salariale)

 

L’articolo 3, commi 19-21, prevede l’istituzione di un fondo di solidarietà residuale, con apposito decreto non regolamentare interministeriale, per i settori in cui non siano stati attivati, entro il 31 marzo 2013, i fondi di solidarietà bilaterali.

 

Il comma 19 prevede l’obbligo, per i settori, tipologie di datori di lavoro e classi dimensionali comunque superiori ai 15 dipendenti, non coperti dalla normativa in materia di integrazione salariale, di istituire un fondo di solidarietà residuale, nel caso in cui in tali settori, tipologie di datori di lavoro e classi dimensionali non siano stipulati, entro il 31 marzo 2013, accordi collettivi volti all’attivazione di fondi di solidarietà bilaterali. Tale fondo è istituito, con decreto non regolamentare del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, e ad esso contribuiscono i datori di lavoro dei settori identificati.

 

Il fondo di solidarietà residuale, finanziato con i contributi dei datori di lavoro e dei lavoratori dei settori coperti, secondo le aliquote definite con gli stessi decreti di istituzione dei fondi di solidarietà bilaterali e del fondo residuale stesso, deve comunque garantire le stesse prestazioni dei fondi di solidarietà bilaterali (cfr. al riguardo la scheda relativa all’articolo 3, commi 22-25), per una durata non superiore a un ottavo delle ore complessivamente lavorabili da computare in un biennio mobile, in relazione alle causali di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa previste dalla normativa in materia di cassa integrazione guadagni ordinaria e straordinaria (comma 20).

 

Alla gestione di tale fondo (comma 21) provvede un apposito comitato amministratore, avente gli stessi compiti del comitato amministratore dei fondi di solidarietà bilaterali (cfr. al riguardo la scheda relativa all’articolo 3, commi 26-30).

Tale comitato è composto da esperti designati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative a livello nazionale, nonché da due funzionari, con qualifica di dirigente, in rappresentanza, rispettivamente, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e del Ministero dell’economia e delle finanze. Le funzioni di membro del comitato sono incompatibili con quelle connesse a cariche nell’ambito delle organizzazioni sindacali. La partecipazione al comitato è gratuita e non dà diritto ad alcun compenso né ad alcun rimborso spese.

 


 

Articolo 3, commi 22-25
(Contributi di finanziamento ai fondi di solidarietà)

 

L’articolo 3, commi 22-25, individua i criteri di ripartizione dei contributi di finanziamento dei fondi di solidarietà bilaterali e del fondo di solidarietà residuale. In particolare viene prevista la contribuzione a carico del datore di lavoro nella misura di 2/3 e a carico dei lavoratori nella misura di 1/3. Sono altresì previsti specifici contributi addizionali a carico del datore di lavoro in caso di erogazione degli assegni ordinari e straordinari di sostegno al reddito da parte dei fondi stessi, da calcolarsi in relazione alla misura delle prestazioni erogate.

 

I decreti istitutivi dei fondi di solidarietà bilaterali e del fondo di solidarietà residuale determinano anche, ai sensi del comma 22 le aliquote di contribuzione ordinaria, ripartita tra datori di lavoro e lavoratori nella misura, rispettivamente, di due terzi e di un terzo, in maniera tale da garantire la precostituzione di risorse continuative adeguate sia per l’avvio dell’attività sia per la situazione di regime, da verificare anche sulla base dei bilanci di previsione di cui al successivo comma 28.

 

Qualora sia prevista l’erogazione di un assegno ordinario di importo pari all’integrazione salariale (per approfondimenti su tale prestazione cfr. la scheda relativa all’articolo 3, commi 31-34, è previsto, a carico del datore di lavoro che ricorra alla sospensione o riduzione dell’attività lavorativa, un contributo addizionale, calcolato in rapporto alle retribuzioni perse, nella misura prevista dai richiamati decreti e comunque non inferiore all’1,5% (comma 23).

 

Per sostenere l’erogazione degli assegni straordinari per il sostegno al reddito[173] è inoltre dovuto, da parte del datore di lavoro, un contributo straordinario di importo corrispondente al fabbisogno di copertura degli assegni straordinari erogabili e della contribuzione correlata (comma 24).

 

Ai contributi di finanziamento richiamati, si applicano le disposizioni vigenti in materia di contribuzione previdenziale obbligatoria, ad eccezione di quelle relative agli sgravi contributivi (comma 25).

 


 

Articolo 3, commi 26-30
(Risorse finanziarie dei fondi di solidarietà)

 

L’articolo 3, commi 26-30, detta la disciplina finanziaria dei fondi, prevedendo, in particolare, l’obbligo del pareggio di pareggio; la impossibilità di erogare prestazioni in carenza di disponibilità finanziarie; l’obbligo di presentare bilanci di previsione a 8 anni basati sullo scenario macroeconomico definito dal Ministero dell’economia e delle finanze. Viene inoltre prevista la possibilità di modificare il regolamento del fondo in relazione all’importo delle prestazioni o alla misura dell’aliquota, anche in corso d’anno, con decreto direttoriale interministeriale, sulla base di una proposta del comitato amministratore. E’ prevista, infine, la possibilità di adeguamento dell’aliquota in caso di necessità di assicurare il pareggio di bilancio ovvero di far fronte a prestazioni già deliberate o da deliberare.

 

I fondi di solidarietà bilaterali e il fondo di solidarietà residuale hanno obbligo di bilancio in pareggio e non possono erogare prestazioni in carenza di disponibilità finanziarie (comma 26), inoltre gli interventi a carico degli stessi sono concessi previa costituzione di specifiche riserve finanziarie ed entro i limiti delle risorse già acquisite (comma 27).

 

Ulteriore obbligo a carico dei richiamati fondi è di presentare, sin dalla loro costituzione, bilanci di previsione a otto anni basati sullo scenario macroeconomico coerente con il più recente Documento di economia e finanza e la relativa Nota di aggiornamento (comma 28).

 

Sulla base di tali bilanci di previsione, il comitato amministratore di gestione dei fondi, di cui ai successivi commi 35-37, ha facoltà di proporre modifiche in relazione all’importo delle prestazioni o alla misura dell’aliquota di finanziamento (comma 29).

Tali modifiche sono adottate, anche in corso d’anno, con decreto direttoriale dei Ministeri del lavoro e delle politiche sociali e dell’economia e delle finanze, verificate le compatibilità finanziarie interne al fondo, sulla base della proposta del comitato amministratore.

 

Infine, ai sensi del comma 30, in caso di necessità di assicurare il pareggio di bilancio ovvero di far fronte, a prestazioni già deliberate o da deliberare ovvero di inadempienza del comitato amministratore in relazione alla potenziale modifica delle aliquote contributive, l’aliquota contributiva può essere modificata con decreto direttoriale dei Ministeri del lavoro e delle politiche sociali e dell’economia e delle finanze, anche in mancanza di proposta del comitato amministratore. In ogni caso, in assenza del citato adeguamento contributivo, l’INPS è tenuto a non erogare le prestazioni in eccedenza.

 


 

Articolo 3, commi 31-34
(Prestazioni erogate dai fondi di solidarietà)

 

L’articolo 3, commi 31-34, indica espressamente le prestazioni erogate dai fondi di solidarietà bilaterali. Tali prestazioni consistono, in primo luogo, in un assegno ordinario di importo pari alla integrazione salariale, di durata non superiore a 1/8 delle ore complessivamente lavorabili nell’ambito di un biennio (mobile), in relazione alle causali previste dalla normativa in materia di CIG e CIGS. Sono altresì stabilite ulteriori tipologie di prestazione che possono essere erogate dai fondi, quali prestazioni integrative (per importi o durate) rispetto all’ASPI; assegni straordinari di sostegno al reddito in favore di lavoratori che raggiungono i requisiti per il pensionamento nei successivi cinque anni e che siano interessati da processi di agevolazione all’esodo.

 

I fondi di solidarietà bilaterali hanno l’obbligo di assicurare, ai sensi del comma 31[174], in relazione alle causali previste dalla normativa in materia di cassa integrazione ordinaria o straordinaria, la prestazione di un assegno ordinario di importo almeno pari all'integrazione salariale, la cui durata massima sia non inferiore a un ottavo delle ore complessivamente lavorabili da computare in un biennio mobile, e comunque non superiore alle durate massime previste dall’articolo 6, commi primo, terzo e quarto della L. 20 maggio 1975, n. 164[175], anche con riferimento ai limiti all’utilizzo in via continuativa dell’istituto dell’integrazione salariale.

 

Il primo comma del richiamato articolo 6 dispone che l'integrazione salariale prevista per i casi di contrazione o sospensione dell'attività produttiva sia corrisposta fino ad un periodo massimo di 3 mesi continuativi; in casi eccezionali detto periodo può essere prorogato trimestralmente fino ad un massimo complessivo di 12 mesi. Il terzo comma dispone altresì che nel caso in cui l’impresa abbia fruito di 12 mesi consecutivi di integrazione salariale, una nuova domanda può essere proposta per la medesima unità produttiva per la quale l'integrazione è stata concessa, quando sia trascorso un periodo di almeno 52 settimane di normale attività lavorativa. Infine, il quarto comma stabilisce che l'integrazione salariale relativa a più periodi non consecutivi non possa superare complessivamente la durata di 12 mesi in un biennio.

E’ inoltre facoltà dei richiamati fondi di erogare le seguenti tipologie di prestazioni (comma 32):

o    prestazioni integrative, in termini di importi o durate, rispetto alle prestazioni pubbliche previste in caso di cessazione dal rapporto di lavoro ovvero prestazioni integrative, in termini di importo, in relazione alle integrazioni salariali[176] (lettera a));

o    assegni straordinari per il sostegno al reddito, riconosciuti nel quadro dei processi di agevolazione all’esodo, a lavoratori che raggiungano i requisiti previsti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato nei successivi cinque anni (lettera b));

o    contributi al finanziamento di programmi formativi di riconversione o riqualificazione professionale, anche in concorso con gli appositi fondi nazionali o dell’Unione europea (lettera c)).

 

Nei casi di erogazione dell’assegno ordinario, i fondi di solidarietà bilaterali ed il fondo di solidarietà residuale hanno altresì l’obbligo (comma 33) di versare la contribuzione correlata alla prestazione alla gestione di iscrizione del lavoratore interessato. Tale contribuzione è computata in base a quanto previsto dall’articolo 40 della L. 4 novembre 2010, n. 183 (cd. collegato lavoro).

Tale obbligo invece non grava sui fondi bilaterali alternativi di cui all’articolo 44.

Si ricorda che tale articolo ha modificato i criteri di calcolo della retribuzione per i periodi riconosciuti figurativamente, ai fini previdenziali, con riferimento all'anzianità contributiva successiva al 31 dicembre 2004. Il nuovo criterio[177] si basa sull'importo della normale retribuzione che sarebbe spettata al lavoratore nel mese in cui si colloca l'evento, determinata dal datore di lavoro sulla base degli elementi retributivi ricorrenti e continuativi.

 

Tale contribuzione correlata può altresì essere prevista, dai decreti istitutivi, in relazione alle prestazioni facoltative in precedenza richiamate (comma 34). In tal caso, i fondi di solidarietà bilaterali hanno l’obbligo di versare la contribuzione correlata alla prestazione alla gestione di iscrizione del lavoratore interessato.

 


 

Articolo 3, commi 35-41
(Gestione dei fondi di solidarietà)

 

L’articolo 3, commi 35-41, disciplina le modalità di gestione dei fondi di solidarietà bilaterali, cui provvede un comitato amministratore per ciascun fondo.

 

Alla gestione di ciascun fondo di solidarietà bilaterale provvede un comitato amministratore, nominato, ai sensi del comma 37, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e in carica per quattro anni o per la diversa durata prevista dal decreto istitutivo, con i seguenti compiti (comma 35):

o    predisposizione, sulla base dei criteri stabiliti dal consiglio di indirizzo e vigilanza dell’INPS, dei bilanci annuali, preventivo e consuntivo, della gestione, corredati da una propria relazione, e deliberare sui bilanci tecnici relativi alla gestione stessa (lettera a));

o    deliberazioni in ordine alla concessione degli interventi e dei trattamenti e compiere ogni altro atto richiesto per la gestione degli istituti previsti dal regolamento (lettera b));

o    proposte in materia di contributi, interventi e trattamenti (lettera c));

o    vigilanza sull’affluenza dei contributi, sull’ammissione agli interventi e sull’erogazione dei trattamenti, nonché sull’andamento della gestione (lettera d));

o    decisioni in unica istanza sui ricorsi in ordine alle materie di competenza (lettera e));

o    assolvimento di ogni altro compito ad esso demandato da leggi o regolamenti (lettera f)).

 

Il comma 36 regolamenta la composizione del comitato amministratore, composto da esperti designati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori stipulanti l’accordo o il contratto collettivo, in numero complessivamente non superiore a dieci, nonché da due funzionari, con qualifica di dirigente, in rappresentanza, rispettivamente, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e del Ministero dell’economia e delle finanze.

Lo stesso comma definisce l’incompatibilità tra le funzioni di membro del comitato e quelle connesse a cariche nell’ambito delle organizzazioni sindacali. Ai componenti del comitato non spetta alcun emolumento, indennità o rimborso spese.

 

Il presidente del comitato amministratore, ai sensi del comma 38, è eletto dal comitato stesso tra i propri membri.

 

Le deliberazioni del comitato amministratore vengono assunte a maggioranza e, in caso di parità nelle votazioni, prevale il voto del presidente (comma 39).

 

Ai sensi del comma 40, alle riunioni del comitato amministratore del fondo partecipa il collegio sindacale dell’INPS, nonché il direttore generale del medesimo Istituto o un suo delegato, con voto consultivo.

 

Infine, il comma 41 dispone la possibilità, da parte del direttore generale dell’INPS, di sospendere l’esecuzione delle decisioni adottate dal comitato amministratore, ove si evidenzino profili di illegittimità.

Il provvedimento di sospensione deve essere adottato nel termine di cinque giorni ed essere sottoposto, con l’indicazione della norma che si ritiene violata, al presidente dell’INPS nell’ambito delle funzioni spettanti al Consiglio di amministrazione dell’Istituto, ai sensi all’articolo 3, comma 5, del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 479[178]. Spetta al presidente dell’INPS stabilire, entro tre mesi (si intende dalla data del provvedimento di sospensione) se dare ulteriore corso alla decisione o se annullarla. Trascorso tale termine la decisione diviene esecutiva.

Ai sensi del richiamato comma 5 dell’articolo 3 della L. 479/1994, il consiglio di amministrazione:

o     predispone i piani pluriennali, i criteri generali dei piani di investimento e disinvestimento, il bilancio preventivo ed il conto consuntivo;

o     approva i piani annuali nell'ambito della programmazione;

o     delibera i piani d'impiego dei fondi disponibili e gli atti individuati nel regolamento interno di organizzazione e funzionamento;

o     delibera il regolamento organico del personale, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative del personale, nonché l'ordinamento dei servizi, la dotazione organica e i regolamenti concernenti l'amministrazione e la contabilità, e i regolamenti di cui all'art. 10, L. 29 febbraio 1988, n. 48;

o     trasmette trimestralmente al consiglio di indirizzo e vigilanza una relazione sull'attività svolta con particolare riferimento al processo produttivo ed al profilo finanziario, nonché qualsiasi altra relazione che venga richiesta dal consiglio di indirizzo e vigilanza.

Il consiglio esercita inoltre ogni altra funzione che non sia compresa nella sfera di competenza degli altri organi dell'ente.

 


 

Articolo 3, commi 42-43
(Adeguamento dei fondi di solidarietà ex articolo 2, comma 28,
della L. 662/1996)

 

L’articolo 3, commi 42-43, adegua, mediante appositi decreti, la disciplina dei fondi di solidarietà già istituiti ai sensi dell’articolo 2, comma 28, della L. 662/1996, a specifiche disposizioni contenute nel provvedimento in esame, sulla base di accordi e contratti collettivi da stipularsi entro il 30 giugno 2013.

 

Il comma 42 stabilisce l’adeguamento della disciplina dei fondi di solidarietà istituiti ai sensi dell’articolo 2, comma 28, della L. 23 dicembre 1996, n. 662, alle norme previste dall’articolo 3, nonché dall’articolo 2 e dall’articolo 4, commi 4-15, del provvedimento in esame, con un apposito decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sulla base di accordi collettivi e contratti collettivi, da stipulare tra le organizzazioni comparativamente più rappresentative a livello nazionale entro il 30 giugno 2013.

 

L’articolo 2, comma 28, della L. 662/1996, in attesa di un'organica riforma del sistema degli ammortizzatori sociali, ha definito, con appositi decreti interministeriali, da emanarsi entro 180 dalla data di entrata in vigore della legge stessa, sentite le organizzazioni sindacali ed acquisito il parere delle competenti Commissioni parlamentari, in via sperimentale, misure per il perseguimento di politiche attive di sostegno del reddito e dell'occupazione nell'ambito dei processi di ristrutturazione aziendali e per fronteggiare situazioni di crisi di enti ed aziende pubblici e privati erogatori di servizi di pubblica utilità, nonché delle categorie e settori di impresa sprovvisti del sistema di ammortizzatori sociali. Tali decreti si attengono ai seguenti principi e criteri direttivi:

o     costituzione da parte della contrattazione collettiva nazionale di appositi fondi finanziati mediante un contributo sulla retribuzione non inferiore allo 0,50%;

o     definizione da parte della contrattazione medesima di specifici trattamenti e dei relativi criteri, entità, modalità concessivi, entro i limiti delle risorse costituite, con determinazione dei trattamenti al lordo dei correlati contributi figurativi;

o     eventuale partecipazione dei lavoratori al finanziamento con una quota non superiore al 25% del contributo;

o     in caso di ricorso ai trattamenti, previsione della obbligatorietà della contribuzione con applicazione di una misura addizionale non superiore a tre volte quella della contribuzione stessa;

o     istituzione presso l'INPS dei fondi, gestiti con il concorso delle parti sociali;

o     conseguimento, limitatamente all'anno 1997, di maggiori entrate contributive nette complessivamente pari a lire 150 miliardi (77.468.534,86 euro).

 

Con il D.M. 27 novembre 1997, n. 477[179], sono state emanante le modalità di istituzione dei richiamati fondi sperimentali.

Infine, il sistema dei fondi sperimentali è stata estesa a Poste Italiane S.p.A. dall’articolo 40 del provvedimento collegato alla manovra finanziaria per il 1999 (L. 448/1998) ed al settore del trasporto pubblico locale dall’articolo 1, comma 303, della legge finanziaria per 2008 (L. 244/2007).

 

L’entrata in vigore dei richiamati decreti determina, ai sensi del comma 43, l’abrogazione del decreto ministeriale recante il regolamento del relativo fondo di solidarietà ex L. 662.

 


 

Articolo 3, comma 44
(Adeguamento del fondo speciale per il sostegno del reddito e dell'occupazione e della riconversione e riqualificazione professionale del personale del settore del trasporto aereo)

 

L'articolo 3, comma 44, prevede l'adeguamento della disciplina del fondo speciale per il sostegno del reddito e dell'occupazione e della riconversione e riqualificazione professionale del personale del settore del trasporto aereo a specifiche disposizioni del provvedimento in esame.

 

Il comma 44 adegua la disciplina del fondo per il sostegno del reddito e dell'occupazione e della riconversione e riqualificazione professionale del personale del settore del trasporto aereo, di cui all’articolo 1-ter del D.L. 5 ottobre 2004, n. 249[180], alle norme previste dall’articolo 3 nonché dall’articolo 2 e dall’articolo 4, commi 1-15, del provvedimento in esame, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sulla base di accordi collettivi e contratti collettivi, anche intersettoriali, stipulati entro il 30 giugno 2013 dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative a livello nazionale nel settore del trasporto aereo e del sistema aeroportuale.

 

L’articolo 1-ter del D.L. 249/2004 ha istituito, presso l'INPS un fondo speciale per il sostegno del reddito e dell'occupazione e della riconversione e riqualificazione professionale del personale del settore del trasporto aereo.

Tale fondo ha lo scopo di favorire il mutamento, ovvero il rinnovamento, delle professionalità ovvero di realizzare politiche attive di sostegno del reddito e dell'occupazione dei lavoratori del settore, mediante:

o     il finanziamento di programmi formativi di riconversione o riqualificazione professionale anche in concorso con gli appositi fondi nazionali, territoriali, regionali o comunitari;

o     l’erogazione di specifici trattamenti a favore dei lavoratori interessati da riduzioni dell'orario di lavoro, ivi compresi i contratti di solidarietà, da sospensioni temporanee dell'attività lavorativa o da processi di mobilità secondo modalità da concordare tra azienda ed organizzazioni sindacali.

Il fondo speciale è finanziato da un contributo sulle retribuzioni a carico dei datori di lavoro di tutto il settore del trasporto aereo, pari allo 0,375% e da un contributo a carico dei lavoratori pari allo 0,125%. Il fondo è inoltre alimentato da contributi del sistema aeroportuale che gli operatori stessi converranno direttamente tra di loro per garantire la piena operatività del fondo e la stabilità del sistema stesso.

I criteri e le modalità di gestione del fondo, le cui prestazioni sono erogate nei limiti delle risorse derivanti dalle modalità di finanziamento, sono definiti dagli operatori del settore del trasporto aereo con le organizzazioni sindacali nazionali e di categoria comparativamente più rappresentative.

Si ricorda che i precedenti commi 42 e 43 hanno esteso, a decorrere dal 2013, alle imprese del trasporto aereo l'istituto dell'intervento di integrazione salariale straordinaria a prescindere dal numero di dipendenti[181].

 


 

Articolo 3, comma 45
(Adeguamento del fondo speciale per il sostegno del reddito e dell'occupazione e della riconversione e riqualificazione professionale del personale del settore del trasporto ferroviario)

 

L'articolo 3, comma 45, prevede l'adeguamento della disciplina del fondo speciale per il sostegno del reddito e dell'occupazione e della riconversione e riqualificazione professionale del personale del settore del trasporto ferroviario a specifiche disposizioni del provvedimento in esame.

 

Il comma 45 adegua la disciplina del fondo di gestione bilaterale per la ristrutturazione del sistema di trasporto ferroviario, di cui all’articolo 59, comma 6, della L. 27 dicembre 1997, n. 449[182], alle norme previste dall’articolo 3 nonché dall’articolo 2 e dall’articolo 4, commi 1-15, del provvedimento in esame, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sulla base di accordi collettivi e contratti collettivi, anche intersettoriali, stipulati entro il 30 giugno 2013 dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative a livello nazionale nel settore del trasporto ferroviario.

 

Gli ultimi periodi del richiamato comma 6 dell’articolo 59 hanno disposto, al fine di favorire la riorganizzazione ed il risanamento delle Ferrovie S.p.A., per la ristrutturazione del sistema di trasporto ferroviario, sulla base di un accordo collettivo da stipulare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della medesima L. 449 con le organizzazioni di categoria, l’istituzione di un fondo a gestione bilaterale, ai sensi dell’articolo 2, comma 28, della L. 662/1996 (cfr. al riguardo la scheda relativa all’articolo 48).

 

E’ prevista inoltre, decorso un anno dall’entrata in vigore della L. 449 e poi con cadenza annuale, una verifica degli effetti occupazionali degli interventi attuati a carico del suddetto fondo, istituito in particolare per il sostegno al reddito del personale eccedentario, da individuare sulla base di criteri di anzianità contributiva o anagrafica. Per il pensionamento di tale personale troveranno applicazione, per non oltre quattro anni dalla data di entrata in vigore della L. 449, i requisiti previgenti alla legge medesima.

 

Si ricorda che il precedenti commi 42 e 43 hanno esteso, a decorrere dal 2013, alle imprese del trasporto aereo l'istituto dell'intervento di integrazione salariale straordinaria a prescindere dal numero di dipendenti[183].

 


 

Articolo 3, commi 46-47
(Abrogazioni)

 

L’articolo 3, commi 46-47, reca una serie di abrogazioni, con diverse decorrenze, in relazione agli interventi normativi di cui ai commi 1-45 dell’articolo 3, con i quali viene ridefinito un quadro di tutele per i lavoratori in costanza di rapporto di lavoro.

 

Il comma 46 abroga, a decorrere dal 1º gennaio 2013, le seguenti disposizioni:

 

o   articolo 1-bis del D.L. 5 ottobre 2004, n. 249[184] (lettera a));

Il richiamato articolo ha previsto misure volte a fronteggiare la crisi occupazionale nel settore del trasporto aereo, ed in particolare quella riguardante il personale Alitalia.

In particolare, è stato stabilito, a decorrere dal 1° gennaio 2005, che il Ministro del lavoro possa concedere la CIGS al personale, anche navigante, dei vettori aerei e delle società che dovessero derivare da questi a seguito di processi di riorganizzazione o di trasformazione societaria. Il trattamento ha la durata di 24 mesi. Successivamente, l’articolo 2, comma 1, del D.L. 134/2008 ha disposto la possibilità di concessione del trattamento per periodi massimi pari, rispettivamente, a 48 mesi e 36 mesi indipendentemente dalla età anagrafica e dall'area geografica di riferimento. Presupposto di tale concessione sono la stipula di specifici accordi in sede di governativa in caso di crisi occupazionale, ristrutturazione aziendale, riduzione o trasformazione di attività.

Con la medesima decorrenza (1° gennaio 2005) è esteso ai medesimi lavoratori il trattamento di mobilità.

In conseguenza delle misure adottate, i vettori aerei e le società da questi derivanti, devono corrispondere – sempre a decorrere dal 1° gennaio 2005 - i contributi previsti per i trattamenti CIGS e di mobilità “ivi compreso quanto previsto all’art. 7, commi 1, 2 e 3 della legge 23 luglio 1991, n. 223”.

Inoltre, ai datori di lavoro che assumono i lavoratori del settore del trasporto aereo, interessati dalle misure di cassa integrazione e di mobilità sopra descritte, entro il limite di 10 milioni di euro, sono stati estesi i benefici previsti:

o       dall’articolo 8, comma 4, della L. 223/91, che riconosce al datore di lavoro, in caso di assunzione a tempo pieno e indeterminato, un contributo mensile pari al 50 per cento dell’indennità di mobilità che sarebbe spettata al lavoratore; il contributo viene erogato per un numero di mesi non superiore a 12 ovvero a 24 ed a 36 mesi, rispettivamente per i lavoratori di età superiore a 50 anni e per quelli appartenenti alle aree suddette del Mezzogiorno o in quelle in cui il rapporto tra gli iscritti alla prima classe delle liste di collocamento e la popolazione residente in età di lavoro è superiore alla media nazionale;

o       dall’articolo 25, comma 9, della L. 223/91, che, in caso di assunzione a tempo indeterminato, riduce la contribuzione a carico dei datori di lavoro, che viene equiparata, per i primi 18 mesi, a quella dovuta per gli apprendisti.

 

o   articolo 2, comma 37, della L. 22 dicembre 2008, n. 203 (lettera b)).

Il richiamato comma 37 ha previsto, a decorrere dal 1° gennaio 2009, la concessione, in deroga alla normativa vigente, dei trattamenti di cassa integrazione guadagni straordinaria, per una durata massima di ventiquattro mesi, e di mobilità, a favore del personale dipendente dalle società di gestione aeroportuale e dalle società derivate da queste ultime. Lo stesso comma ha disposto altresì l’obbligo, per le richiamate imprese, del pagamento, sempre a decorrere dal 1° gennaio 2009, dei contributi previsti in materia di CIGS e di mobilità, compreso quanto previsto dall’articolo 7, commi 1, 2 e 3, della L. 223/1991.

 

Il successivo comma 47 abroga, a decorrere dal 1º gennaio 2014, le seguenti disposizioni:

o    l’articolo 2, comma 28, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (lettera a)), relativo all’istituzione dei fondi bilaterali istituiti per il perseguimento di politiche attive di sostegno del reddito e dell'occupazione nell'ambito dei processi di ristrutturazione aziendali e per fronteggiare situazioni di crisi di enti ed aziende pubblici e privati erogatori di servizi di pubblica utilità;

o    il regolamento di cui al decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 27 novembre 1997, n. 477, recante norme in materia di ammortizzatori per le aree non coperte da cassa integrazione guadagni.  (lettera b));

o    articolo 1-ter del decreto-legge 5 ottobre 2004, n. 249, che ha istituito presso l’INPS un fondo speciale per il sostegno del reddito e dell'occupazione e della riconversione e riqualificazione professionale del personale del settore del trasporto aereo (lettera c));

o    articolo 59, comma 6, quarto, quinto e sesto periodo, della L. 27 dicembre 1997, n. 449, che hanno istituito un fondo avente le medesime finalità dei fondi di cui all’articolo 2, comma 28, della l. 662/1996, al fine di favorire la riorganizzazione ed il risanamento della Società Ferrovie dello Stato S.p.A. in considerazione del processo di ristrutturazione e sviluppo del sistema di trasporto ferroviario (lettera d)).

 


 

Articolo 3, commi 48-49
(
Fondo di solidarietà mutui prima casa)

 

I commi 48 e 49 dell’articolo 3 novellano le disposizioni riguardanti il Fondo di solidarietà per i mutui per l’acquisto della prima casa. A tal fine è ampliata la casistica nella quale opera la sospensione del pagamento delle rate; sono precisate, articolandole, le condizioni alle quali non opera detta sospensione; sono modificate le spese delle quali si farà carico il Fondo di solidarietà, che - in luogo dei costi delle procedure bancarie e notarili correlati alla sospensione - sosterrà gli oneri finanziari pari agli interessi maturati sul debito residuo durante il periodo di sospensione, calcolato secondo specifiche modalità; è inoltre codificato in norma primaria l’insieme di condizioni per l’accesso ai benefici di legge.

 

I commi in esame novellano le disposizioni riguardanti il Fondo di solidarietà per i mutui per l’acquisto della prima casa, istituito e disciplinato dall’articolo 2, ai commi da 475 a 480, della legge finanziaria 2008 (legge 24 dicembre 2007, n. 244).

 

Scopo del Fondo è di consentire ai mutuatari, per i contratti di mutuo relativi all’acquisto di immobili da adibire a prima casa di abitazione, di chiedere in determinate fattispecie la sospensione del pagamento delle rate (per non più di due volte e per un periodo massimo complessivo non superiore a diciotto mesi nel corso dell’esecuzione del contratto). Il Fondo interviene provvedendo al pagamento dei costi delle procedure bancarie e degli onorari notarili necessari per il perfezionamento degli atti di sospensione dei pagamenti.

La durata del contratto di mutuo e quella delle garanzie per esso prestate è prorogata di un periodo eguale alla durata della sospensione. Al termine della sospensione, il pagamento delle rate riprende secondo gli importi e con la periodicità originariamente previsti dal contratto, salvo diverso patto eventualmente intervenuto fra le parti per la rinegoziazione delle condizioni del mutuo.

Per accedere al Fondo, il mutuatario deve dimostrare di non essere in grado di provvedere al pagamento delle rate del mutuo, per le quali chiede la sospensione, e degli oneri delle procedure bancarie e degli onorari notarili necessari per il perfezionamento degli atti di sospensione dei pagamenti. Le norme di attuazione sono state stabilite con regolamento emanato con decreto del Ministro dell’economia n. 132 del 21 giugno 2010.

 

Si ricorda che, da ultimo, l’articolo 13, comma 20 del D.L. 201 del 2011 ha incrementato la dotazione del Fondo di solidarietà per i mutui per l’acquisto della prima casa di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2012 e 2013.

La dotazione iniziale del Fondo, ai sensi della citata legge finanziaria 2008, era di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009.

 

In primo luogo, la lettera a) del comma 48 – aggiungendo un periodo al  comma 475 - precisa che il Fondo opera nei limiti delle risorse disponibili e sino ad esaurimento delle stesse.

La lettera b) aggiunge un periodo al comma 476, allo scopo di precisare che la sospensione del pagamento delle rate del mutuo non comporta l'applicazione di alcuna commissione o spesa di istruttoria ed avviene senza richiesta di garanzie aggiuntive.

 

La lettera c) del comma 48 aggiunge il comma 476-bis, al fine di estendere la possibilità di sospensione delle rate anche ai mutui:

a)   oggetto di operazioni di emissione di obbligazioni bancarie garantite, ovvero cartolarizzati ai sensi della legge 30 aprile 1999, n. 130 (che disciplina la cartolarizzazione dei crediti);

b)   erogati per portabilità tramite surroga, ai sensi delle norme che disciplinano la portabilità dei mutui (in particolare, l'articolo 120-quater del Testo Unico Bancario, D.Lgs. 385/1993), che costituiscono “mutui di nuova erogazione” alla data di perfezionamento dell'operazione di surroga;

c)   che hanno già fruito di altre misure di sospensione, purché tali misure non determinino complessivamente una sospensione dell'ammortamento superiore a 18 mesi.

In merito si ricorda che l’ABI e le Associazioni dei consumatori il 18 dicembre 2009 hanno firmato l’Accordo per una misura straordinaria di sostegno alle famiglie in difficoltà, a seguito della crisi. Esso prevede la sospensione del rimborso delle rate di mutuo per almeno 12 mesi per i mutui di importo fino a 150.000 euro accesi per l'acquisto, costruzione o ristrutturazione dell'abitazione principale, anche oggetto di operazioni di cartolarizzazione; si attiva nei confronti dei clienti con un reddito imponibile fino a 40.000 euro annui che abbiano eventi particolarmente negativi (morte, perdita dell'occupazione, insorgenza di condizioni di non autosufficienza, ingresso in cassa integrazione), nonché nei confronti dei clienti che presentino ritardi nei pagamenti fino a 180 giorni consecutivi. La misura è stata oggetto di successive proroghe nel tempo: da ultimo, il termine di presentazione delle domande per la sospensione delle rate dei mutui è stato prorogato al 31 luglio 2012.

 

La lettera d) del comma 48 sostituisce integralmente il comma 477, che nel testo previgente non consentiva la sospensione prevista dopo che sia iniziato il procedimento esecutivo per l’escussione delle garanzie a tutela del credito.

 

In particolare, per effetto delle disposizioni in commento sono precisate, articolandole, le condizioni alle quali non opera la sospensione del pagamento. Più in dettaglio, la sospensione non può essere richiesta per i mutui che presentano almeno una delle seguenti caratteristiche:

§     presentino un ritardo nei pagamenti superiore a 90 giorni consecutivi al momento della presentazione della domanda da parte del mutuatario, ovvero per i quali sia intervenuta la decadenza dal beneficio del termine o la risoluzione del contratto stesso, anche tramite notifica dell'atto di precetto o sia stata avviata da terzi una procedura esecutiva sull'immobile ipotecato;

§     che fruiscono di agevolazioni pubbliche;

§     per i quali sia stata stipulata un'assicurazione a copertura del rischio che si verifichino gli eventi straordinari di cui al successivo comma 479 – come novellato dalle norme in commento, cfr. infra - , purché tale assicurazione garantisca il rimborso almeno degli importi delle rate oggetto della sospensione e sia efficace nel periodo di sospensione stesso.

 

La lettera e) novella il comma 478, al fine di precisare che il Fondo si farà carico, in luogo dei costi delle procedure bancarie e degli onorari notarili necessari alla sospensione, degli oneri finanziari pari agli interessi maturati sul debito residuo durante il periodo di sospensione, corrispondente esclusivamente al parametro di riferimento del tasso di interesse applicato ai mutui e, pertanto, al netto della componente di maggiorazione sommato a tale parametro.

 

L’articolo 3 del citato Regolamento 132/2010 prevede che, a fronte della sospensione del pagamento delle rate di mutuo, sono rimborsati dal Fondo alle banche:

§     i costi sostenuti dal beneficiario per eventuali onorari notarili anticipati dalla banca;

§     gli oneri finanziari pari alla quota interessi delle rate per le quali ha effetto la sospensione del pagamento da parte del mutuatario, corrispondente esclusivamente al parametro di riferimento del tasso di interesse applicato ai mutui e, pertanto, al netto della componente di maggiorazione (spread) sommata a tale parametro.

 

La lettera f) sostituisce integralmente il comma 479 che, nella formulazione previgente, subordinava l’accesso al beneficio della sospensione alla dimostrazione, da parte del mutuatario, di non essere in grado di provvedere al pagamento delle rate del mutuo e degli oneri bancari e notarili necessari alla sospensione, nelle forme previste dal citato regolamento di attuazione n. 132 del 2010.

 

L’articolo 2 del richiamato Regolamento prevede che, per accedere alle agevolazioni del Fondo, i beneficiari devono essere in possesso, alla data di presentazione della domanda, dei seguenti requisiti soggettivi:

§     titolo di proprietà sull'immobile oggetto del contratto di mutuo;

§     titolarità di un mutuo di importo erogato non superiore a 250.000 euro, in ammortamento da almeno un anno;

§     indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) non superiore a 30 mila euro.

Inoltre l'immobile non deve rientrare nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9, non deve avere le caratteristiche di lusso indicate nel decreto del Ministero dei lavori pubblici in data 2 agosto 1969 e deve costituire l'abitazione principale del beneficiario alla data di presentazione della domanda.

Inoltre l'ammissione al beneficio è subordinata all'accadimento di almeno uno dei seguenti eventi, successivi alla data di stipula del contratto di mutuo e tali da determinare la temporanea impossibilità del beneficiario a provvedere al pagamento delle rate alla loro scadenza naturale:

§     perdita del posto di lavoro dipendente a tempo indeterminato o termine del contratto di lavoro parasubordinato o assimilato, con assenza non inferiore a tre mesi di un nuovo rapporto di lavoro;

§     morte o insorgenza di condizioni di non autosufficienza di uno dei componenti il nucleo familiare, nel caso in cui questi sia percettore di reddito per almeno il 30 per cento del reddito imponibile complessivo del nucleo familiare domiciliato nell'abitazione del beneficiario;

§     pagamento di spese mediche o di assistenza domiciliare documentate per un importo non inferiore a 5 mila euro annui;

§     spese di manutenzione straordinaria, di ristrutturazione o di adeguamento funzionale dell'immobile oggetto del mutuo, sostenute per opere necessarie e indifferibili per un importo, direttamente gravante sul nucleo familiare domiciliato nell'abitazione del beneficiario, non inferiore a 5 mila euro;

§     aumento della rata del mutuo, regolato a tasso variabile, rispetto alla scadenza immediatamente precedente, direttamente derivante dalle fluttuazioni dei tassi di interesse, di almeno il 25 per cento in caso di rate semestrali e di almeno il 20 per cento in caso di rate mensili.

 

Per effetto delle norme in esame, le condizioni alle quali si accede ai benefici della sospensione e dell’intervento del Fondo sono codificate nella disciplina primaria.

In dettaglio, l'ammissione al beneficio è subordinata esclusivamente all'accadimento di almeno uno dei seguenti eventi, intervenuti successivamente alla stipula del contratto di mutuo e verificatesi nei 3 anni antecedenti alla richiesta di ammissione al beneficio:

§     cessazione del rapporto di lavoro subordinato, ad eccezione delle ipotesi di risoluzione consensuale, di risoluzione per limiti di età con diritto a pensione di vecchiaia o di anzianità, di licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo, di dimissioni del lavoratore non per giusta causa;

§     cessazione dei rapporti di lavoro di agenzia, di rappresentanza commerciale ed altri rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato (ai sensi dell'articolo 409, n. 3, del codice di procedura civile) ad eccezione delle ipotesi di risoluzione consensuale, di recesso datoriale per giusta causa, di recesso del lavoratore non per giusta causa;

§     morte o riconoscimento di handicap grave: minorazione, singola o plurima, che abbia ridotto l'autonomia personale, correlata all'età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione, la situazione assume connotazione di gravità, ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge n. 104 del 1992, ovvero di invalidità civile non inferiore all'80 per cento.

 

Il comma 49 specifica che le norme introdotte ai novellati commi 475-479 si applicano esclusivamente alle domande di accesso al Fondo di solidarietà presentate alla data di entrata in vigore della legge in esame.

 

 

 


 

Articolo 4

Articolo 4, commi 1-7
(Interventi in favore di lavoratori anziani)

 

L’articolo 4, commi 1-7, prevede, in caso di eccedenza del personale, la possibilità che con appositi accordi, stipulati tra datori di lavoro che impieghino mediamente più di 15 dipendenti e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello aziendale, venga posto a carico del datore di lavoro l’erogazione di una prestazione, di importo pari alla pensione che spetterebbe a legislazione vigente, in favore dei lavoratori maggiormente anziani, al fine di incentivarne l’esodo. In tale ipotesi, il datore di lavoro è inoltre tenuto a corrispondere all’INPS la contribuzione fino al raggiungimento dei requisiti minimi per il pensionamento dei lavoratori interessati. L'accordo può concernere esclusivamente lavoratori in grado di raggiungere i requisiti per il pensionamento entro quattro anni dalla cessazione del rapporto di lavoro.

 

Il comma 1 prevede, nei casi di eccedenza di personale, che con specifici accordi tra datori di lavoro che impieghino mediamente più di 15 dipendenti e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello aziendale, la possibilità che venga posto a carico del datore di lavoro una prestazione di importo pari al trattamento di pensione che spetterebbe in base alle regole vigenti, al fine di incentivare l’esodo dei lavoratori più anziani. Il datore di lavoro ha altresì l’obbligo di corrispondere all’INPS la contribuzione fino al raggiungimento dei requisiti minimi per il pensionamento. La stessa prestazione, inoltre, può essere oggetto[185] di accordi sindacali nell'ambito delle procedure ex articoli 4 e 24 della L. 223/1991, ovvero nell'ambito di processi di riduzione di personale dirigente conclusi con accordo firmato da associazione sindacale stipulante il contratto collettivo di lavoro della categoria

 

Ai sensi del comma 2, i lavoratori possono essere coinvolti nel programma di esodo a condizione che raggiungano i requisiti minimi per il pensionamento, di vecchiaia o anticipato, nei quattro anni successivi alla cessazione dal rapporto di lavoro.

Gli accordi richiamati devono essere validati dall’INPS che effettua l’istruttoria in ordine alla presenza dei requisiti in capo al lavoratore ed al datore di lavoro (comma 4), a tale scopo il datore di lavoro interessato presenta apposita domanda all’INPS, accompagnata dalla presentazione di una fidejussione bancaria a garanzia della solvibilità in relazione agli obblighi (comma 3).

A seguito dell’accettazione dell’accordo 1 il datore di lavoro è obbligato (comma 5) a versare mensilmente all’INPS la provvista per la prestazione e per la contribuzione figurativa. In ogni caso, in assenza del versamento mensile di cui al presente comma, l’Inps è tenuto a non erogare le prestazioni.

In caso di mancato versamento l’INPS procede (comma 6) a notificare un avviso di pagamento; decorsi 180 giorni dalla notifica senza l’avvenuto pagamento l’INPS procede alla escussione della fidejussione.

Infine, il pagamento della prestazione (comma 7) avviene da parte dell’INPS, con le modalità previste per il pagamento delle pensioni. L’Istituto provvede contestualmente all’accredito della relativa contribuzione figurativa.

Le disposizioni richiamate trovano applicazione anche nel caso in cui la prestazione (e anche la connessa retribuzione) spetterebbe a carico di forme sostitutive dell’assicurazione generale obbligatoria (comma 7-bis[186]).

 

Nel caso di accordi il datore di lavoro (comma 7-ter[187]):

§      procede al recupero delle somme pagate ai sensi dell’articolo 5, comma 4, della L. 223/1991[188] relativamente ai lavoratori interessati (mediante conguaglio con i contributi dovuti all’Inps);

§      non è comunque tenuto a pagare il contributo di licenziamento di cui all’articolo 2, comma 31, della L. 92/2012[189];

§      può effettuare nuove assunzioni in deroga al diritto di precedenza di cui all’articolo 8 della L. 223/1991[190].

 


 

Articolo 4, commi 8-11
(Incentivi all’occupazione per lavoratori anziani e donne
in aree svantaggiate)

 

L'articolo 4, commi 8-11 introduce, a decorrere dal 2013, una nuova tipologia di incentivi all'occupazione consistenti nella riduzione, nella misura del 50%, dei contributi di previdenza ed assistenza sociale a carico del datore di lavoro a favore di determinate categorie di lavoratori.

La riduzione è modulata, per quanto riguarda la durata, all’età dei lavoratori, al loro status lavorativo e alla tipologia contrattuale applicata.

Il beneficio contributivo di dodici mesi è riconosciuto anche per i lavoratori utilizzati in regime di somministrazione a tempo determinato.

All'introduzione di tale tipologia di incentivi è connessa, ai sensi del precedente articolo 1, commi 14-15, la contestuale soppressione dell'istituto del contratto di inserimento.

 

Il comma 8 prevede un’agevolazione contributiva, consistente nella riduzione del 50% dei contributi a carico del datore di lavoro, e di durata pari a dodici mesi, per le assunzioni effettuate, a decorrere dal 1º gennaio 2013, con contratto di lavoro dipendente, a tempo determinato anche in somministrazione, in relazione a lavoratori di età non inferiore a cinquanta anni, disoccupati da oltre dodici mesi.

 

In tali casi, se il contratto viene trasformato a tempo indeterminato, la riduzione dei contributi si prolunga fino al diciottesimo mese dalla data di assunzione con il contratto a tempo determinato, anche in somministrazione (comma 9), mentre se l’assunzione viene effettuata con contratto di lavoro a tempo indeterminato, la riduzione dei contributi spetta per un periodo di diciotto mesi dalla data di assunzione (comma 10).

 

Ai sensi del comma 11, le disposizioni dell’articolo in esame trovano applicazione nel rispetto del regolamento (CE) n. 800/2008 della Commissione, del 6 agosto 2008, sugli aiuti di Stato, anche in relazione alle assunzioni di donne di qualsiasi età, prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi residenti in regioni ammissibili ai finanziamenti nell’ambito dei fondi strutturali dell’Unione europea e nelle aree di cui all’articolo 2, punto 18), lettera e), del citato regolamento (sono i lavoratori occupati in professioni o settori caratterizzati da un tasso di disparità uomo-donna che supera almeno del 25% la disparità media uomo-donna in tutti i settori economici dello Stato membro interessato se il lavoratore interessato appartiene al genere sottorappresentato), annualmente individuate con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, nonché in relazione alle assunzioni di donne di qualsiasi età prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno ventiquattro mesi, ovunque residenti.

 


 

Articolo 4, commi 12-15
(Principi generali concernenti gli incentivi alle assunzioni)

 

L'articolo 4, commi 12-15, pone alcune norme, relative all'applicazione di tutti gli istituti di incentivo all'occupazione, definendo, al contempo, determinate fattispecie di esclusione del riconoscimento degli incentivi stessi. Si precisa, inoltre, che ai fini della determinazione del diritto agli incentivi e della loro durata, si cumulano i periodi in cui il lavoratore abbia prestato l'attività, in favore dello stesso soggetto, a titolo di lavoro subordinato o somministrato. Inoltre, viene modificata la norma che esclude il riconoscimento di specifici incentivi (sgravi contributivi in caso di assunzione, con contratto di lavoro dipendente a tempo indeterminato, di lavoratori che da almeno 24 mesi siano o disoccupati o sospesi dal lavoro e beneficiari di CIGS) nel caso in cui l'assunzione sia effettuata in sostituzione di lavoratori dipendenti licenziati per giustificato motivo oggettivo o per riduzione del personale o sospesi.

 

Il comma 12 stabilisce principi generali concernenti gli incentivi alle assunzioni, anche al fine di garantire una omogenea applicazione delle misure già previste a legislazione vigente, compresi quelli previsti dall’articolo 8, comma 9, della L. 29 dicembre 1990, n. 407[191], e dagli articoli 8, commi 2 e 4, e 25, comma 9, della L. 223/1991.

Il comma 9 dell’articolo 8 ha disposto, a decorrere dal 1° gennaio 1991 nei confronti di specifiche categorie di datori di lavoro, in caso di assunzioni con contratto a tempo indeterminato di lavoratori disoccupati da almeno ventiquattro mesi o sospesi dal lavoro e beneficiari di trattamento straordinario di integrazione salariale da un periodo uguale a quello suddetto, quando esse non siano effettuate in sostituzione di lavoratori dipendenti dalle stesse imprese per qualsiasi causa licenziati o sospesi, una beneficio contributivo consistente nell’applicazione nella misura del 50% dei contributi previdenziali ed assistenziali. Nel caso in cui le assunzioni siano effettuate da imprese operanti nei territori del Mezzogiorno, ovvero da imprese artigiane, non sono dovuti i contributi previdenziali e assistenziali per un periodo di trentasei mesi.

 

In questa prospettiva sono definiti i seguenti principi:

o    gli incentivi non spettano se l’assunzione costituisce attuazione di un obbligo preesistente, stabilito da norme di legge o della contrattazione collettiva; gli incentivi sono esclusi anche nel caso in cui il lavoratore avente diritto all’assunzione viene utilizzato mediante contratto di somministrazione (lettera a));

o    gli incentivi non spettano se l'assunzione viola il diritto di precedenza, stabilito dalla legge o dal contratto collettivo, alla riassunzione di un altro lavoratore licenziato da un rapporto a tempo indeterminato o cessato da un rapporto a termine; gli incentivi sono esclusi anche nel caso in cui, prima dell'utilizzo di un lavoratore mediante contratto di somministrazione, l'utilizzatore non abbia preventivamente offerto la riassunzione al lavoratore titolare di un diritto di precedenza per essere stato precedentemente licenziato da un rapporto a tempo indeterminato o cessato da un rapporto a termine (lettera b);

o    gli incentivi non spettano se il datore di lavoro o l’utilizzatore con contratto di somministrazione abbiano in atto sospensioni dal lavoro connesse ad una crisi o riorganizzazione aziendale, salvi i casi in cui l’assunzione, la trasformazione o la somministrazione siano finalizzate all’acquisizione di professionalità sostanzialmente diverse da quelle dei lavoratori sospesi oppure sia effettuata presso una diversa unità produttiva (lettera c));

o    gli incentivi non spettano con riferimento a quei lavoratori che siano stati licenziati, nei sei mesi precedenti, da parte di un datore di lavoro che, al momento del licenziamento, presenti assetti proprietari sostanzialmente coincidenti con quelli del datore di lavoro che assume ovvero risulti con quest’ultimo in rapporto di collegamento o controllo; in caso di somministrazione tale condizione si applica anche all’utilizzatore (lettera d)).

 

Il comma 12-bis[192] prevede che resta confermato, in materia di incentivi per l’incremento in termini quantitativi e qualitativi dell’occupazione giovanile e delle donne, quanto disposto da decreto del D.M. interministeriale del 5 ottobre 2012, che resta pertanto convalidato in ogni sua disposizione.

 

Il decreto interministeriale del 5 ottobre 2012, attuando quanto disposto dall’articolo 24, comma 27, del D.L. 201/2011, ha istituito il Fondo per il finanziamento di interventi a favore dell'incremento in termini quantitativi e qualitativi dell'occupazione giovanile e delle donne, individuando in particolare i seguenti interventi (nel limite di spesa di euro 196.108.953 per l'anno 2012 e di euro 36.000.000 per l'anno 2013):

§      incentivi alla trasformazione dei contratti a tempo determinato di giovani e di donne, in contratti a tempo indeterminato, nonché all'incentivazione delle stabilizzazioni, con contratto a tempo indeterminato, di giovani e di donne, con contratto di collaborazione coordinata e continuativa, anche nella modalità di progetto, o delle associazioni in partecipazione con apporto di lavoro. Per tale incentivo L'I.N.P.S. corrisponde un incentivo del valore di 12.000 euro per ogni trasformazione o stabilizzazione, che è riconosciuto, nei limiti delle risorse indicate per i contratti stipulati con giovani di età fino a 29 anni e con donne, indipendentemente dall'età anagrafica, fino ad un massimo di dieci contratti per ciascun datore di lavoro;

§      incentivi per ogni assunzione a tempo determinato di giovani e di donne con orario normale di lavoro di cui al D.Lgs. 66/2003, con incremento della base occupazionale. Per tale incentivo di durata non inferiore a 12 mesi, di giovani fino a 29 anni e di donne, indipendentemente dall'età anagrafica, fino ad un massimo di dieci contratti per ciascun datore di lavoro, l'INPS corrisponde, nei limiti delle risorse richiamate, un incentivo del valore di 3.000 euro. Il contributo è elevato a 4.000 euro, se la durata del contratto a tempo determinato supera i 18 mesi, per le assunzioni a tempo determinato avvenute a partire dal 17 ottobre 2012 (data di pubblicazione del D.M. sulla G.U.) e sino al 31 marzo 2013; oppure a 6.000 euro, se la durata del contratto a tempo determinato supera i 24 mesi, per le assunzioni a tempo determinato sempre avvenute a partire dal 17 ottobre 2012 e sino al 31 marzo 2013

 

Ai sensi del comma 13, ai fini della determinazione del diritto agli incentivi e della loro durata, si cumulano i periodi in cui il lavoratore ha prestato l’attività in favore dello stesso soggetto, a titolo di lavoro subordinato o somministrato; non si cumulano le prestazioni in somministrazione effettuate dallo stesso lavoratore nei confronti di diversi utilizzatori, anche se fornite dalla medesima agenzia di somministrazione di lavoro, di cui all’articolo 4, comma 1, lettere a) e b), del D.Lgs. 276/2003, salvo che tra gli utilizzatori ricorrano assetti proprietari sostanzialmente coincidenti ovvero intercorrano rapporti di collegamento o controllo.

 

Sono le agenzie di somministrazione di lavoro abilitate allo svolgimento di tutte le attività di cui all'articolo 20, nonché le agenzie di somministrazione di lavoro a tempo indeterminato abilitate a svolgere esclusivamente una delle attività specifiche di cui all'articolo 20, comma 3, lettere da a) a h), dello stesso D.Lgs. 276.

Le attività sono le seguenti: servizi di consulenza e assistenza nel settore informatico, compresa la progettazione e manutenzione di reti intranet e extranet, siti internet, sistemi informatici, sviluppo di software applicativo, caricamento dati; servizi di pulizia, custodia, portineria; servizi, da e per lo stabilimento, di trasporto di persone e di trasporto e movimentazione di macchinari e merci; gestione di biblioteche, parchi, musei, archivi, magazzini, nonché servizi di economato; attività di consulenza direzionale, assistenza alla certificazione, programmazione delle risorse, sviluppo organizzativo e cambiamento, gestione del personale, ricerca e selezione del personale; attività di marketing, analisi di mercato, organizzazione della funzione commerciale; gestione di call-center, nonché l'avvio di nuove iniziative imprenditoriali nelle aree Obiettivo 1 di cui al regolamento (CE) n. 1260/1999 del 21 giugno 1999 del Consiglio, recante disposizioni generali sui Fondi strutturali; costruzioni edilizie all'interno degli stabilimenti, per installazioni o smontaggio di impianti e macchinari, per particolari attività produttive, con specifico riferimento all'edilizia e alla cantieristica navale, le quali richiedano più fasi successive di lavorazione, l'impiego di manodopera diversa per specializzazione da quella normalmente impiegata nell'impresa.

 

Il comma 14 apporta alcune modifiche al richiamato articolo 8, comma 9 della richiamata L. 407/1990, a fini di coordinamento con le modifiche apportate dal provvedimento in esame alla disciplina sui licenziamenti, di cui al precedente articolo 1, commi 37-46.

In particolare, si prevede l’applicazione della richiamata agevolazione contributiva (vedi supra) nel caso in cui le assunzioni non siano effettuate in sostituzione di lavoratori dipendenti dalle stesse imprese licenziati o sospesi non più per qualsiasi causa (come attualmente previsto) bensì licenziati per giustificato motivo oggettivo o per riduzione del personale o sospesi.

 

Infine, l’inoltro tardivo delle comunicazioni telematiche obbligatorie inerenti l’instaurazione e la modifica di un rapporto di lavoro o di somministrazione producono la perdita di quella parte dell’incentivo relativa al periodo compreso tra la decorrenza del rapporto agevolato e la data della tardiva comunicazione (comma 15).

 


 

Articolo 4, commi 16-23
(Tutela della maternità e paternità e contrasto del fenomeno delle dimissioni in bianco)

 

L’articolo 4, commi 16-23, modifica la disciplina sulla preventiva convalida delle dimissioni presentate dalla lavoratrice o dal lavoratore in alcune circostanze, con l’obiettivo di contrastare il fenomeno delle c.d. dimissioni in bianco.

 

I commi 16-23 modificano la disciplina sulla preventiva convalida delle dimissioni presentate dalla lavoratrice o dal lavoratore in alcune circostanze, con l’obiettivo di contrastare il fenomeno delle c.d. dimissioni in bianco.

 

Nella relazione illustrativa del disegno di legge si sottolinea come tali norme siano dirette "a contrastare il fenomeno delle dimissioni in bianco", con l’introduzione di modalità semplificate. La volontà è quella di tutelare sia la libertà negoziale del lavoratore, sia il legittimo affidamento del datore di lavoro derivante dal comportamento del prestatore di lavoro. In tal senso, per garantire la corrispondenza tra la dichiarazione di volontà del lavoratore e l’intento risolutorio, viene rafforzato il regime della convalida, che diviene condizione sospensiva della risoluzione del rapporto di lavoro e viene aumentato il periodo di tempo entro cui la convalida può avvenire.

 

Il comma 16 sostituisce il comma 4 dell’articolo 55 del decreto legislativo n. 151 del 2001, che prevede la preventiva convalida, da parte del servizio ispettivo del Ministero del lavoro competente per territorio, delle dimissioni volontarie presentate nel periodo di  gravidanza o entro il primo anno di vita del bambino (nonché di accoglienza del minore adottato o in affidamento).

 

Gli articoli 54-56 del D.Lgs. 151/2001 dettano una articolata disciplina a tutela delle lavoratrici madri.

L’articolo 54 dispone che le lavoratrici non possono essere licenziate dall'inizio del periodo di gravidanza fino al compimento di un anno di età del bambino. Il divieto di licenziamento opera in connessione con lo stato oggettivo di gravidanza, e la lavoratrice, licenziata nel corso del periodo in cui opera il divieto, è tenuta a presentare al datore di lavoro idonea certificazione dalla quale risulti l'esistenza all'epoca del licenziamento, delle condizioni che lo vietavano. Il divieto di licenziamento non si applica nel caso di colpa grave da parte della lavoratrice, costituente giusta causa per la risoluzione del rapporto di lavoro; di cessazione dell'attività dell'azienda cui essa è addetta; di ultimazione della prestazione per la quale la lavoratrice è stata assunta o di risoluzione del rapporto di lavoro per la scadenza del termine; di esito negativo della prova. Durante il periodo nel quale opera il divieto di licenziamento, la lavoratrice non può essere sospesa dal lavoro, salvo il caso che sia sospesa l'attività dell'azienda o del reparto cui essa è addetta, sempreché il reparto stesso abbia autonomia funzionale. La lavoratrice non può altresì essere collocata in mobilità a seguito di licenziamento collettivo (salva l'ipotesi di collocamento in mobilità a seguito della cessazione dell'attività dell'azienda). Il licenziamento intimato alla lavoratrice in violazione di tali divieti è nullo. Le disposizioni sul divieto di licenziamento si applicano anche in caso di adozione e di affidamento. Il divieto di licenziamento si applica fino ad un anno dall'ingresso del minore nel nucleo familiare. In caso di adozione internazionale, il divieto opera dal momento della comunicazione della proposta di incontro con il minore adottando, ovvero della comunicazione dell'invito a recarsi all'estero per ricevere la proposta di abbinamento.

L’articolo 55 prevede che in caso di dimissioni volontarie presentate durante il periodo per cui è previsto, a norma dell'articolo 54, il divieto di licenziamento, la lavoratrice ha diritto alle indennità previste da disposizioni di legge e contrattuali per il caso di licenziamento. Tale previsione riguarda anche padre lavoratore che ha fruito del congedo di paternità e si applica anche nel caso di adozione e di affidamento, entro un anno dall'ingresso del minore nel nucleo familiare. Il comma 4, (su cui interviene la modifica in esame), in particolare, prevede che la richiesta di dimissioni presentata dalla lavoratrice, durante il periodo di gravidanza, e dalla lavoratrice o dal lavoratore durante il primo anno di vita del bambino o nel primo anno di accoglienza del minore adottato o in affidamento, deve essere convalidata dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro, competente per territorio. La convalida costituisce condizione per la risoluzione del rapporto di lavoro. Per tali dimissioni non è dovuto il preavviso.

L’articolo 56 disciplina, infine, il diritto al rientro e alla conservazione del posto, prevedendo, in particolare, che le lavoratrici hanno diritto di conservare il posto di lavoro e, salvo che espressamente vi rinuncino, di rientrare nella stessa unità produttiva ove erano occupate all'inizio del periodo di gravidanza o in altra ubicata nel medesimo comune, e di permanervi fino al compimento di un anno di età del bambino; hanno altresì diritto di essere adibite alle mansioni da ultimo svolte o a mansioni equivalenti, nonché di beneficiare di eventuali miglioramenti delle condizioni di lavoro, previsti dai contratti collettivi ovvero in via legislativa o regolamentare, che sarebbero loro spettati durante l'assenza. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche in caso di adozione e di affidamento, fino a un anno dall'ingresso del minore nel nucleo familiare.

 

Per completezza espositiva si ricorda, infine, che l’articolo 35, comma 4, del D.Lgs. 198/2006[193] stabilisce la nullità delle dimissioni presentate dalla lavoratrice nel periodo intercorrente dal giorno della richiesta delle pubblicazioni di matrimonio, purché segua la celebrazione, ad un anno dopo la celebrazione stessa, salvo che siano dalla lavoratrice medesima confermate entro un mese alla Direzione provinciale del lavoro.

 

Il comma 16 in esame, in particolare:

·     estende (da uno) ai primi tre anni di vita del bambino la durata del periodo in cui opera l’obbligo di convalida delle dimissioni volontarie;

·     estende (da uno) ai primi tre anni di accoglienza del  minore adottato o in affidamento la durata del periodo in cui opera l’obbligo di convalida delle dimissioni volontarie (specificando che in caso di adozione internazionale i tre anni decorrono dal momento della comunicazione della proposta di incontro con il minore adottando ovvero della comunicazione dell'invito a recarsi all'estero per ricevere la proposta di abbinamento);

·     nei casi sopra indicati, estende l’istituto del convalida anche al caso di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro;

·     nei casi sopra indicati, specifica che la convalida costituisce condizione sospensiva per l'efficacia della cessazione del rapporto di lavoro (la normativa previgente già la pone come condizione, ma senza specificarne la natura sospensiva).

 

I commi 17 e 18 prevedono modalità alternative di convalida (rispetto a quelle di cui al comma 16), al rispetto delle quali viene subordinata l’efficacia delle dimissioni o della risoluzione consensuale del rapporto:

§        fuori dalle ipotesi descritte al comma 16, l’efficacia delle dimissioni o della risoluzione consensuale del rapporto è sospensivamente condizionata alla convalida effettuata presso la Direzione territoriale del lavoro o il Centro per l’impiego territorialmente competenti, ovvero presso le sedi individuate dalla contrattazione collettiva (comma 17);

§        in alternativa alla procedura di cui al comma 17, l’efficacia delle dimissioni o della risoluzione consensuale del rapporto è sospensivamente condizionata alla sottoscrizione di apposita dichiarazione apposta in calce alla ricevuta di trasmissione della comunicazione di cessazione del rapporto di lavoro di cui all’articolo 21 della legge 264/1949[194]. Si rinvia, quindi, a un decreto ministeriale di natura non regolamentare per l’individuazione di ulteriori modalità semplificate di accertamento della veridicità della data e della autenticità della dichiarazione del lavoratore, in funzione dello sviluppo dei sistemi informatici e della evoluzione della disciplina in materia di comunicazioni obbligatorie (comma 18);

 

Il comma 19 prevede che, laddove non si proceda alla convalida di cui al comma 17 o alla sottoscrizione di cui al comma 18, il rapporto di lavoro si intende risolto, per il verificarsi della condizione sospensiva, qualora la lavoratrice o il lavoratore non aderiscano, entro il termine di sette giorni dalla ricezione:

§        all’invito a presentarsi presso la Direzione territoriale del lavoro o il Centro per l’impiego territorialmente competenti, ovvero presso le sedi individuate dalla contrattazione collettiva;

§        all’invito ad apporre la predetta sottoscrizione, trasmesso dal datore di lavoro tramite comunicazione scritta,

§        all’effettuazione della revoca di cui al successivo comma 21.

 

Il comma 20 precisa che la comunicazione contenente l’invito, cui allegare copia della ricevuta di trasmissione di cui al comma 18, si considera validamente effettuata quando recapitata al domicilio della lavoratrice o del lavoratore indicato nel contratto di lavoro o comunicato al datore di lavoro, ovvero consegnata alla lavoratrice o al lavoratore che ne sottoscrive copia per ricevuta.

 

Il comma 21 prevede nel termine dei sette giorni dalla ricezione (di cui al comma 19), sovrapponibili al periodo di preavviso lavorato, la lavoratrice o il lavoratore hanno facoltà di revocare le dimissioni e la risoluzione consensuale, offrendo le proprie prestazioni al datore di lavoro. La revoca può essere comunicata in forma scritta. Il contratto di lavoro, se interrotto per effetto del recesso, torna ad avere corso normale dal giorno successivo alla comunicazione della revoca. Per il periodo intercorso tra il recesso e la revoca, qualora la prestazione lavorativa non si sia svolta, il prestatore non matura alcun diritto retributivo. Alla revoca del recesso consegue la cessazione di ogni effetto delle eventuali pattuizioni a esso connesse e l'obbligo in capo al lavoratore di restituire tutto quanto eventualmente percepito in forza di esse.

 

Il comma 22 prevede l’inefficacia delle dimissioni qualora, in mancanza della convalida ovvero della sottoscrizione di cui al comma 18, il datore di lavoro non trasmette alla lavoratrice o al lavoratore la comunicazione contenente l’invito entro il termine di trenta giorni dalla data delle dimissioni e della risoluzione consensuale.

 

Infine, il comma 23 reca una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 5.000 ad euro 30.000 nelle ipotesi in cui il datore di lavoro abusi del foglio firmato in bianco dalla lavoratrice o dal lavoratore al fine di simularne le dimissioni o la risoluzione consensuale del rapporto, salvo che il fatto costituisca reato. L’accertamento e l’irrogazione della sanzione sono di competenza delle Direzioni territoriali del lavoro, con applicazione, in quanto compatibili, le disposizioni della legge 689/1981[195].

 

Attività delle istituzioni dell’Unione europea

Nell’ottobre 2008 la Commissione europea ha presentato una  proposta di direttiva (COM(2008)637) concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento.

In particolare, la proposta della Commissione  estende la durata minima del congedo di maternità da 14 a 18 settimane e, per quanto riguarda l'indennità corrisposta durante il congedo di maternità, stabilisce che essa possa essere ritenuta adeguata se assicura un reddito equivalente all'ultima retribuzione mensile percepita o a una retribuzione mensile media, entro il limite di un eventuale massimale stabilito dalle legislazioni nazionali. Tale massimale non potrà essere inferiore all'indennità che le lavoratrici percepiscono nel caso di un'interruzione delle loro attività per motivi connessi allo stato di salute.

Il 20 ottobre 2010 il Parlamento europeo ha concluso l’esame del testo in prima lettura. La risoluzione legislativa approvata dal Parlamento europeo ha previsto  alcuni emendamenti volti a: estendere il congedo di maternità minimo a 20 settimane (andando cosi oltre la proposta della Commissione di 18 settimane); prevedere, durante il congedo di maternità una remunerazione al 100% dell'ultima retribuzione mensile o della retribuzione mensile media; garantire ai padri il diritto a un congedo di paternità remunerato di almeno due settimane, durante il periodo di congedo di maternità; proibire il licenziamento delle donne dall'inizio della gravidanza fino a almeno il sesto mese dopo la fine del congedo di maternità.

L’iter di approvazione della proposta risulta bloccato da oltre un anno in seno al Consiglio poiché la maggioranza delle delegazioni ha ritenuto eccessivi gli emendamenti proposti dal Parlamento europeo in materia di durata e retribuzione dei congedi e di congedo di paternità.

 

Decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151
Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell'articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n.53

Testo previgente

Testo ex L. 92/2012

 

 

Art. 55
(Dimissioni)

 

 

 

1. In caso di dimissioni volontarie presentate durante il periodo per cui è previsto, a norma dell'articolo 54, il divieto di licenziamento, la lavoratrice ha diritto alle indennità previste da disposizioni di legge e contrattuali per il caso di licenziamento.

 

2. La disposizione di cui al comma 1 si applica al padre lavoratore che ha fruito del congedo di paternità.

 

3. La disposizione di cui al comma 1 si applica anche nel caso di adozione e di affidamento, entro un anno dall'ingresso del minore nel nucleo familiare.

 

4. La richiesta di dimissioni presentata dalla lavoratrice, durante il periodo di gravidanza, e dalla lavoratrice o dal lavoratore durante il primo anno di vita del bambino o nel primo anno di accoglienza del minore adottato o in affidamento, deve essere convalidata dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro, competente per territorio. A detta convalida è condizionata la risoluzione del rapporto di lavoro.

16. La risoluzione consensuale del rapporto o la richiesta di dimissioni presentate dalla lavoratrice, durante il periodo di gravidanza, e dalla lavoratrice o dal lavoratore durante i primi tre anni di vita del bambino o nei primi tre anni di accoglienza del minore adottato o in affidamento, o, in caso di adozione internazionale, nei primi tre anni decorrenti dalle comunicazioni di cui all’articolo 54, comma 9, devono essere convalidate dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali competente per territorio. A detta convalida è sospensivamente condizionata l’efficacia della risoluzione del rapporto di lavoro.

5. Nel caso di dimissioni di cui al presente articolo, la lavoratrice o il lavoratore non sono tenuti al preavviso.

 

 


 

Articolo 4, commi 24-26
(Sostegno alla genitorialità)

 

L'articolo 4, commi 24-26, prevede due misure sperimentali in materia di maternità e paternità per gli anni 2013-2015.

 

I commi 24-26 prevedono due misure sperimentali, in materia di maternità e paternità, per gli anni 2013-2015, con l’obiettivo di dare sostegno alla genitorialità, promuovendo “una cultura di maggiore condivisione dei compiti di cura dei figli all’interno della coppia e per favorire la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro”.

Il comma 24, lettera a), prevede una prima misura sperimentale consistente nell'obbligo per il padre lavoratore dipendente, entro i cinque mesi dalla nascita del figlio, di astenersi dal lavoro per un periodo di un giorno. Entro il medesimo periodo, il padre lavoratore dipendente può astenersi per ulteriori due giorni, anche continuativi, previo accordo con la madre e in sua sostituzione in relazione al periodo di astensione obbligatoria spettante a quest’ultima.

Per questi giorni di astensione viene riconosciuta:

§     un’indennità giornaliera a carico dell’INPS pari al 100 per cento della retribuzione per il periodo di due giorni goduto in sostituzione della madre;

§     un’indennità pari al 100 per cento della retribuzione per il giorno di astensione obbligatorio sopra indicato.

 

Il padre lavoratore deve dare preventiva comunicazione in forma scritta al datore di lavoro dei giorni prescelti per astenersi dal lavoro con un preavviso di almeno quindici giorni.

Non appare chiaro se il suddetto ambito temporale sperimentale (2013-2015) faccia riferimento all'evento della nascita del figlio o a quello della richiesta di astensione del genitore e se l'indennità sia accompagnata dalla contribuzione figurativa (a carico dell'ente pensionistico di appartenenza, come sembrerebbe desumersi dalla relazione tecnica).

 

All’onere derivante dall’introduzione di tale misura, valutato in 78 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013, 2014 e 2015, si provvede nei termini seguenti:

§        quanto a 65 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013, 2014 e 2015, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 24, comma 27, del D.L. 201/2011[196];

L’articolo 24, comma 27 del D.L. n. 201/2011 istituisce presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali un Fondo per il finanziamento di interventi a favore dell'incremento in termini quantitativi e qualitativi dell'occupazione giovanile e delle donne, rinviando a decreti interministeriali (del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concento con il Ministro dell'economia e delle finanze) la definizione dei criteri e delle modalità istitutive. Tali decreti non sono stati ancora adottati.

Il fondo è finanziato con 200 milioni di euro per l'anno 2012, 300 milioni per ciascuno degli anni 2013 e 2014 e 240 milioni di euro per l’anno 2015.

§        quanto a 13 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013-2015 ai sensi del comma 69 della presente articolo in esame (alla cui scheda si rinvia).

 

Il comma 24, lettera b), prevede una seconda misura sperimentale, consistente nella corresponsione di voucher alla madre lavoratrice per l’acquisto di servizi di baby-sitting ovvero per fare fronte agli oneri della rete pubblica dei servizi per l'infanzia o dei servizi privati accreditati, di cui usufruire al termine del periodo di congedo di maternità e per gli undici mesi successivi, in alternativa al congedo parentale[197].

 

Non appare chiaro se l'alternativa al congedo parentale sia necessariamente totale.

 

Il comma 25 prevede che la definizione dei criteri di accesso e le modalità di utilizzo delle misure sperimentali sopra descritte, nonché del numero e dell’importo dei voucher, tenendo conto anche dell’ISEE (della situazione economica equivalente) del nucleo familiare di appartenenza, sia rimessa ad un decreto ministeriale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, da adottare entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge in esame.

 

L’Indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE) è stato introdotto nel nostro ordinamento dall’art.1 del D.Lgs. 109/1998[198] allo scopo di individuare criteri unificati di valutazione della situazione economica di coloro che richiedono prestazioni o servizi sociali o assistenziali non destinati alla generalità dei soggetti o comunque collegati, nella misura o nel costo, a determinate situazioni economiche . L’ISEE è determinato su una componente reddituale (Indicatore della Situazione Reddituale, ISR[199]) e su una componente patrimoniale (Indicatore della Situazione Patrimoniale, ISP[200]) ed è reso confrontabile per famiglie di diversa numerosità e caratteristiche mediante l’uso di una scala di equivalenza (SE). Al momento di avvio del sistema, l’ISEE è stato utilizzato soprattutto a livello nazionale[201] per le prestazioni previste dalla normativa di settore, successivamente le amministrazioni locali lo hanno utilizzato in virtù delle capacità selettive e della semplicità di utilizzazione[202]. La platea dei beneficiari delle prestazioni erogate attraverso l’ISEE non può essere esclusivamente identificata con le famiglie in condizione di bisogno economico: l’ISEE è infatti utilizzato anche per stabilire la compartecipazione al costo di servizi a destinazione generale (prestazioni per il diritto allo studio universitario e per gli asili nido). D’altra parte, alcune prestazioni destinate alle persone in povertà, come gli assegni sociali, sono tuttora escluse dall’ambito di applicazione dell’ISEE, mentre altre, come la Carta Acquisti, vi rientrano.

Si ricorda che l’articolo 5 del D.L. 201/2011 ha demandato ad un decreto interministeriale, da emanare entro il 31 maggio 2012, la revisione delle modalità di determinazione e i campi di applicazione dell’ISEE. I criteri di revisione prevedono di rafforzare la rilevanza degli elementi collegati alla ricchezza patrimoniale della famiglia e ai trasferimenti monetari, anche se esenti da imposizione fiscale. Il previsto decreto ha inoltre il compito di individuare le agevolazioni fiscali e tariffarie, nonché le provvidenze di natura assistenziale che, a decorrere dal 1° gennaio 2013, non potranno essere più riconosciute ai soggetti in possesso di un ISEE superiore alla soglia individuata dallo stesso decreto. Un ulteriore decreto interministeriale dovrà inoltre definire le modalità con cui rafforzare il sistema dei controlli dell’ISEE, anche attraverso la condivisione degli archivi cui accedono la PA e gli enti pubblici, ma soprattutto dovrà fornire le specifiche necessarie alla costituzione di una banca dati delle prestazioni sociali agevolate, condizionate all’ISEE, attraverso l’invio telematico all’Inps, da parte degli enti erogatori, delle informazioni sui beneficiari e sulle prestazioni concesse. Tale previsione è stata ripresa e rafforzata da quanto disposto dall’articolo 16, comma 1, del D.L. 5/2012[203] che prevede che gli enti erogatori di interventi e servizi sociali debbano inviare all’INPS le informazioni sui beneficiari unitamente a quelle sulle prestazioni concesse, raccordando i flussi informativi del Sistema informativo servizi sociali (SIS), del Casellario dell’assistenza nonché dei dati relativi alle prestazioni sociali agevolate e dei dati sui controlli ISEE.

 

Il comma 26, infine, prevede che il decreto sopra citato determini, per il numero e l’importo dei voucher, la quota di risorse del Fondo di cui all’articolo 24, comma 27 del D.L. 201/2011, per il triennio 2013-2015, nel limite della quale è riconosciuto il beneficio.

 


 

Articolo 4, comma 27
(Efficace attuazione del diritto al lavoro dei disabili)

 

Articolo 4, comma 27, interviene su alcune disposizioni della legge 68/1999 in materia di diritto al lavoro dei disabili.

 

L’articolo 4, comma 27, modifica alcune disposizioni della legge 68/1999[204], con la finalità di favorire maggiormente l’inserimento e l’integrazione nel mondo del lavoro delle persone con disabilità.

In primo luogo, vengono modificati i criteri, previsti all’articolo 4, comma 1 della legge n. 68/1999, per l'applicazione degli obblighi di assunzione delle categorie protette prevedendo che vengano inseriti nella base di computo aziendale tutti i lavoratori con contratto di lavoro subordinato.

Restano, comunque, esclusi dalla base di computo, i lavoratori disabili già occupati, i lavoratori occupati con contratto a tempo determinato di durata fino a 6 mesi[205], i soci di cooperative di produzione e lavoro e i dirigenti, secondo quanto già previsto dall’articolo 4, comma 1 della legge n. 68/1999, i lavoratori assunti per attività da svolgersi all’estero (per la durata di tale attività), i c.d. lavoratori socialmente utili assunti in base all’articolo 7 del D.lgs. 81/2000[206], i lavoratori a domicilio e i lavoratori che aderiscono al programma di emersione, di cui all’articolo 1, comma 4-bis della legge n. 383/2001[207], i lavoratori con contratto di inserimento e, infine, quelli occupati con contratto di somministrazione presso l’utilizzatore (ai sensi dell’articolo 22, comma 5, del D.lgs. 276/2003[208]) (lettera a)).

 

La legge 12 marzo 1999, n. 68, ha introdotto una nuova disciplina per il diritto al lavoro dei disabili i quali, considerata la comprovata difficoltà di rendersi “appetibili” sul mercato del lavoro, usufruiscono di uno speciale regime di collocamento obbligatorio, in base al quale ai datori di lavoro viene imposto di assumere un certo numero di lavoratori disabili, i quali devono tuttavia possedere una (anche solo minima) capacità lavorativa residua.

Le principali categorie di lavoratori disabili coinvolti dal collocamento obbligatorio sono:

§      gli invalidi civili in età lavorativa affetti da minorazioni fisiche o psichiche che comportino una riduzione della capacità lavorativa sopra il 45%;

§      gli invalidi del lavoro che abbiano una riduzione della capacità lavorativa sopra il 33%;

§      le persone non vedenti o sordomute;

§      persone invalide di guerra, invalide civili di guerra e invalide per servizio con minorazioni ascritte dalla prima all'ottava categoria.

 

Le condizioni di disabilità vengono accertate attraverso apposita visita medica effettuata da commissioni mediche istituite presso le ASL.

I datori di lavoro, pubblici e privati, hanno l’obbligo di impiegare un certo numero o una certa quota di lavoratori disabili (quote di riserva):

§      per i datori di lavoro che occupano più di 50 dipendenti, il 7% della forza lavoro deve essere costituita da disabili;

§      i datori che occupano da 36 a 50 dipendenti devono assumere almeno 2 disabili;

§      i datori di lavoro che occupano da 15 a 35 dipendenti devono assumere almeno un disabile;

§      i datori di lavoro che occupano meno di 16 dipendenti sono invece esentati dal collocamento obbligatorio.

 

L’articolo 4, comma 1, in particolare, prevede l’esclusione di alcune categorie di lavoratori per la determinazione del numero di soggetti disabili da assumere: i disabili già in forza, occupati ai sensi della legge 68/1999 o con contratto a tempo determinato di durata non superiore a nove mesi, i soci di cooperative di produzione e lavoro e i dirigenti. Per i lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato parziale si applicano le norme contenute nell’articolo 18, comma secondo della legge 300/1970[209].

 

In secondo luogo, si modifica l'articolo 5, comma 2 della legge n. 68/1999, prevedendo che ai fini dell’esonero dagli obblighi di assunzione si ricomprende nel personale di cantiere del settore edile anche quello direttamente operante nei montaggi industriali o impiantistici e nelle relative opere di manutenzione svolte in cantiere, indipendentemente dall'inquadramento previdenziale dei lavoratori (lettera b)).

L’articolo 5, comma 2, della legge n. 68/1999, prevede attualmente l’esclusione dagli obblighi inerenti i lavoratori disabili per i datori di lavoro:

§     pubblici e privati operanti nel settore del trasporto aereo, marittimo e terrestre, per quanto concerne il personale viaggiante e navigante;

§     del settore edile, per il personale di cantiere e gli addetti al trasporto;

§     pubblici e privati del settore degli impianti a fune, in relazione al personale direttamente adibito alle aree operative di esercizio e regolarità dell'attività di trasporto;

§     del comparto dell'autotrasporto nazionale, per quanto concerne il personale viaggiante, al fine di evolvere verso modalità di servizio più evolute e competitive e per favorire un maggiore grado di sicurezza nella circolazione stradale di mezzi, ai sensi del comma 1 dell’articolo 1 della legge 454/1997.

Fermo restando l’obbligo del versamento del contributo esonerativo al Fondo regionale per l’occupazione dei disabili per ciascuna unità non assunta, per le aziende che occupano addetti impegnati in lavorazioni che comportano il pagamento di un tasso di premio ai fini INAIL pari o superiore al 60 per cento, la procedura di esonero prevista dall’articolo 5 è sostituita da un’autocertificazione del datore di lavoro che attesta l’esclusione dei lavoratori interessati dalla base di computo.

 

In terzo luogo, si introduce il comma 8-quinquies all'articolo 5 della legge n. 68/1999, con il quale la disciplina sui procedimenti relativi agli esoneri parziali (dagli obblighi di assunzione), sui criteri e le modalità per la loro concessione e la definizione di norme volte al potenziamento delle attività di controllo, viene rimessa ad un regolamento ministeriale finalizzato ad evitare abusi nel ricorso all’istituto dell’esonero e a garantire il rispetto delle quote di riserva. Il provvedimento è adottato con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del D.lgs. 281/1997[210] da emanare, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 400/1988[211], entro due mesi dalla data di entrata in vigore della legge in esame (lettera c)).

 

Si ricorda che l'attuale disciplina sui procedimenti relativi agli esoneri parziali e sui criteri e le modalità per la concessione degli stessi è contenuta nel regolamento di cui al D.M. 7 luglio 2000, n. 357[212].

 

Infine, si interviene sul comma 1 dell’articolo 6 della legge n. 68/1999, prevedendo che gli uffici competenti dei servizi regionali per l'impiego comunichino, anche in via telematica, con cadenza almeno mensile, alla competente Direzione territoriale del lavoro, il mancato rispetto delle norme sulle assunzioni obbligatorie, nonché il ricorso agli esoneri, ai fini dell'attivazione degli eventuali accertamenti (lettera d)).

Procedure di contenzioso

Si segnala che la Commissione europea ha presentato nel luglio 2011 ricorso alla Corte di giustizia per il non corretto recepimento  della direttiva 2000/78/CE che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e condizioni di lavoro, in seguito alla procedura di infrazione che era stata avviata il 12 dicembre 2006 (proc. n. 2006/2441).

Tale direttiva è stata recepita dall’ordinamento giuridico italiano con il decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216. Tuttavia, secondo la Commissione, restano irrisolte le seguenti questioni:

·     l’articolo 5 della direttiva impone ai datori di lavoro l’obbligo generale di prevedere soluzioni ragionevoli per tutti i disabili; la normativa italiana invece prevede solo disposizioni miranti a facilitare il lavoro di talune categorie di disabili;

·     l’articolo 10 della direttiva, onde facilitare la difesa del disabile che lamenti comportamenti discriminatori, stabilisce il principio dell’inversione dell’onere della prova a favore del disabile e in pregiudizio del datore di lavoro. La normativa italiana, in particolare le legge n. 101 del 2008 pone invece a carico disabile l’obbligo di addurre fatti gravi ed avrebbe lasciato alla discrezione dell’organo giudicante di imporre o meno l’onere della prova al datore.

 

Legge 12 marzo 1999, n. 68
Norme per il diritto al lavoro dei disabili

Testo previgente

Testo ex L. 92/2012

 

 

Art. 4
(Criteri di computo della quota di riserva)

 

 

 

1. Agli effetti della determinazione del numero di soggetti disabili da assumere, non sono computabili tra i dipendenti i lavoratori occupati ai sensi della presente legge ovvero con contratto a tempo determinato di durata non superiore a nove mesi, i soci di cooperative di produzione e lavoro, nonché i dirigenti. Per i lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato parziale si applicano le norme contenute nell'articolo 18, comma secondo, della legge 20 maggio 1970, n. 300, come sostituito dall'articolo 1 della legge 11 maggio 1990,n.108.

1. Agli effetti della determinazione del numero di soggetti disabili da assumere, sono computati di norma tra i dipendenti tutti i lavoratori assunti con contratto di lavoro subordinato. Ai medesimi effetti, non sono computabili: i lavoratori occupati ai sensi della presente legge, i soci di cooperative di produzione e lavoro, i dirigenti, i lavoratori assunti con contratto di inserimento, i lavoratori occupati con contratto di somministrazione presso l’utilizzatore, i lavoratori assunti per attività da svolgersi all’estero per la durata di tale attività, i soggetti impegnati in lavori socialmente utili assunti ai sensi dell’articolo 7 del decreto legislativo 28 febbraio 2000, n. 81, i lavoratori a domicilio, i lavoratori che aderiscono al programma di emersione, ai sensi dell’articolo 1, comma 4-bis, della legge 18 ottobre 2001, n. 383, e successive modificazioni. Restano salve le ulteriori esclusioni previste dalle discipline di settore.

 

 

Art. 5
(Esclusioni, esoneri parziali e contributi esonerativi)

 

1. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare entro centoventi giorni dalla data di cui all'articolo 23, comma 1, sentite le Commissioni parlamentari competenti per materia, che esprimono il parere entro trenta giorni dalla data di trasmissione dello schema di decreto, e la Conferenza unificata, sono individuate le mansioni che, in relazione all'attività svolta dalle amministrazioni pubbliche e dagli enti pubblici non economici, non consentono l'occupazione di lavoratori disabili o la consentono in misura ridotta. Il predetto decreto determina altresì la misura della eventuale riduzione.

 

2. I datori di lavoro pubblici e privati che operano nel settore del trasporto aereo, marittimo e terrestre non sono tenuti, per quanto concerne il personale viaggiante e navigante, all'osservanza dell'obbligo di cui all'articolo 3. Non sono inoltre tenuti all’osservanza dell’obbligo di cui all’articolo 3 i datori di lavoro del settore edile per quanto concerne il personale di cantiere e gli addetti al trasporto del settore. Sono altresì esentati dal predetto obbligo i datori di lavoro pubblici e privati del solo settore degli impianti a fune, in relazione al personale direttamente adibito alle aree operative di esercizio e regolarità dell'attività di trasporto. Per consentire al comparto dell'autotrasporto nazionale di evolvere verso modalità di servizio più evolute e competitive e per favorire un maggiore grado di sicurezza nella circolazione stradale di mezzi, ai sensi del comma 1 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 1997, n. 454, i datori di lavoro pubblici e privati che operano nel settore dell'autotrasporto non sono tenuti, per quanto concerne il personale viaggiante, all'osservanza dell'obbligo di cui all'articolo 3. Fermo restando l’obbligo del versamento del contributo di cui al comma 3 al Fondo regionale per l’occupazione dei disabili, per le aziende che occupano addetti impegnati in lavorazioni che comportano il pagamento di un tasso di premio ai fini INAIL pari o superiore al 60 per cento, la procedura di esonero prevista dal presente articolo è sostituita da un’autocertificazione del datore di lavoro che attesta l’esclusione dei lavoratori interessati dalla base di computo.

2. I datori di lavoro pubblici e privati che operano nel settore del trasporto aereo, marittimo e terrestre non sono tenuti, per quanto concerne il personale viaggiante e navigante, all'osservanza dell'obbligo di cui all'articolo 3. Non sono inoltre tenuti all’osservanza dell’obbligo di cui all’articolo 3 i datori di lavoro del settore edile per quanto concerne il personale di cantiere e gli addetti al trasporto del settore. Indipendentemente dall’inquadramento previdenziale dei lavoratori è considerato personale di cantiere anche quello direttamente operante nei montaggi industriali o impiantistici e nelle relative opere di manutenzione svolte in cantiere. Sono altresì esentati dal predetto obbligo i datori di lavoro pubblici e privati del solo settore degli impianti a fune, in relazione al personale direttamente adibito alle aree operative di esercizio e regolarità dell'attività di trasporto. Per consentire al comparto dell'autotrasporto nazionale di evolvere verso modalità di servizio più evolute e competitive e per favorire un maggiore grado di sicurezza nella circolazione stradale di mezzi, ai sensi del comma 1 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 1997, n. 454, i datori di lavoro pubblici e privati che operano nel settore dell'autotrasporto non sono tenuti, per quanto concerne il personale viaggiante, all'osservanza dell'obbligo di cui all'articolo 3. Fermo restando l’obbligo del versamento del contributo di cui al comma 3 al Fondo regionale per l’occupazione dei disabili, per le aziende che occupano addetti impegnati in lavorazioni che comportano il pagamento di un tasso di premio ai fini INAIL pari o superiore al 60 per cento, la procedura di esonero prevista dal presente articolo è sostituita da un’autocertificazione del datore di lavoro che attesta l’esclusione dei lavoratori interessati dalla base di computo.

3. I datori di lavoro privati e gli enti pubblici economici che, per le speciali condizioni della loro attività, non possono occupare l'intera percentuale dei disabili, possono, a domanda, essere parzialmente esonerati dall'obbligo dell'assunzione, alla condizione che versino al Fondo regionale per l'occupazione dei disabili di cui all'articolo 14 un contributo esonerativo per ciascuna unità non assunta, nella misura di euro 30,64 per ogni giorno lavorativo per ciascun lavoratore disabile non occupato.

 

4. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, da emanare entro centoventi giorni dalla data di cui all'articolo 23, comma 1, sentita la Conferenza unificata e sentite altresì le Commissioni parlamentari competenti per materia, che esprimono il loro parere con le modalità di cui al comma 1, sono disciplinati i procedimenti relativi agli esoneri parziali dagli obblighi occupazionali, nonché i criteri e le modalità per la loro concessione, che avviene solo in presenza di adeguata motivazione.

 

5. In caso di omissione totale o parziale del versamento dei contributi di cui al presente articolo, la somma dovuta può essere maggiorata, a titolo di sanzione amministrativa, dal 5 per cento al 24 per cento su base annua. La riscossione è disciplinata secondo i criteri previsti al comma 7.

 

6. Gli importi dei contributi e della maggiorazione di cui al presente articolo sono adeguati ogni cinque anni con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentita la Conferenza unificata.

 

7. Le regioni, entro centoventi giorni dalla data di cui all'articolo 23, comma 1, determinano i criteri e le modalità relativi al pagamento, alla riscossione e al versamento, al Fondo regionale per l'occupazione dei disabili di cui all'articolo 14, delle somme di cui al presente articolo.

 

8. Gli obblighi di cui agli articoli 3 e 18 devono essere rispettati a livello nazionale. Ai fini del rispetto degli obblighi ivi previsti, i datori di lavoro privati che occupano personale in diverse unità produttive e i datori di lavoro privati di imprese che sono parte di un gruppo ai sensi dell'articolo 31 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 possono assumere in una unità produttiva o, ferme restando le aliquote d'obbligo di ciascuna impresa, in una impresa del gruppo avente sede in Italia, un numero di lavoratori aventi diritto al collocamento mirato superiore a quello prescritto, portando in via automatica le eccedenze a compenso del minor numero di lavoratori assunti nelle altre unità produttive o nelle altre imprese del gruppo aventi sede in Italia.

 

8-bis. I datori di lavoro privati che si avvalgono della facoltà di cui al comma 8 trasmettono in via telematica a ciascuno dei servizi competenti delle province in cui insistono le unità produttive della stessa azienda e le sedi delle diverse imprese del gruppo di cui all'articolo 31 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, il prospetto di cui all'articolo 9, comma 6, dal quale risulta l'adempimento dell'obbligo a livello nazionale sulla base dei dati riferiti a ciascuna unità produttiva ovvero a ciascuna impresa appartenente al gruppo.

 

8-ter. I datori            di lavoro pubblici possono essere autorizzati, su loro motivata richiesta, ad assumere in una unità produttiva un numero di lavoratori aventi diritto al collocamento obbligatorio superiore a quello prescritto, portando le eccedenze a compenso del minor numero di lavoratori assunti in altre unità produttive della medesima regione.

 

8-quater. Sono o restano abrogate tutte le norme incompatibili con le disposizioni di cui ai commi 8, 8-bis e 8-ter.

 

 

8-quinquies. Al fine di evitare abusi nel ricorso all’istituto dell’esonero dagli obblighi di cui all’articolo 3 e di garantire il rispetto delle quote di riserva, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, da emanare, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono ridefiniti i procedimenti relativi agli esoneri, i criteri e le modalità per la loro concessione e sono stabilite norme volte al potenziamento delle attività di controllo.

 

 

Art. 6
(Servizi per l'inserimento lavorativo dei disabili e modifiche al decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469)

 

1. Gli organismi individuati dalle regioni ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, di seguito denominati «uffici competenti», provvedono, in raccordo con i servizi sociali, sanitari, educativi e formativi del territorio, secondo le specifiche competenze loro attribuite, alla programmazione, all'attuazione, alla verifica degli interventi volti a favorire l'inserimento dei soggetti di cui alla presente legge nonché all'avviamento lavorativo, alla tenuta delle liste, al rilascio delle autorizzazioni, degli esoneri e delle compensazioni territoriali, alla stipula delle convenzioni e all'attuazione del collocamento mirato.

1. Gli organismi individuati dalle regioni ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, di seguito denominati «uffici competenti», provvedono, in raccordo con i servizi sociali, sanitari, educativi e formativi del territorio, secondo le specifiche competenze loro attribuite, alla programmazione, all'attuazione, alla verifica degli interventi volti a favorire l'inserimento dei soggetti di cui alla presente legge nonché all'avviamento lavorativo, alla tenuta delle liste, al rilascio delle autorizzazioni, degli esoneri e delle compensazioni territoriali, alla stipula delle convenzioni e all'attuazione del collocamento mirato. I medesimi organismi sono tenuti a comunicare, anche in via telematica, con cadenza almeno mensile, alla competente Direzione territoriale del lavoro, il mancato rispetto degli obblighi di cui all’articolo 3, nonché il ricorso agli esoneri, ai fini della attivazione degli eventuali accertamenti.

 

 


 

Articolo 4, commi 28-29
(Disposizioni in tema di contrattazione di secondo livello)

 

L’articolo 4, commi 28 e 29, disciplinano i benefici contributivi previsti per la contrattazione collettiva di secondo livello.

 

L’articolo 4, commi 28 e 29, intervengono sugli sgravi contributivi per la contrattazione di secondo livello.

 

Il comma 28 prevede in primo luogo la messa a regime dello sgravio contributivo previsto all’articolo unico, commi 67 e 68, della L. 247/2007[213], rimuovendo il riferimento al carattere sperimentale da esso previsto. Inoltre, viene semplificata la procedura di concessione dello sgravio contributivo, (sopprimendo l’apposito Osservatorio istituito presso il Ministero del lavoro e la procedura che richiedeva una procedura annuale di conferma), prevedendo che lo sgravio è concesso a valere sulle risorse, pari a 650 milioni di euro, già presenti nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, relative al Fondo per il finanziamento di sgravi contributivi per incentivare la contrattazione di secondo livello. A fini di coordinamento normativo, poi, la norma dispone l’abrogazione del comma 14 dell'articolo 33 della legge 183/2011[214].

 

Il comma 29 autorizza per l’anno 2011 il Ministro del lavoro e delle politiche sociali ad utilizzare le risorse iscritte nei capitoli del proprio stato di previsione già impegnate per gli sgravi contributivi di cui all'articolo 1, comma 47, quarto periodo, della legge 220/2010[215].

 

Lo sgravio contributivo dei contratti di produttività è previsto dall’articolo 1, commi 67 e 68 della legge 247/2007, in via sperimentale, con effetto dal 1° gennaio 2008, e poi prorogato al 2011 dall’articolo 1, comma 47 della legge 220/2010[216].

In particolare, il comma 67[217] prevede la concessione di uno sgravio contributivo relativo alla quota di retribuzione imponibile di cui all'articolo 12, terzo comma, della L. 153/1969[218], costituita dalle erogazioni previste dai contratti collettivi aziendali e territoriali, ovvero di secondo livello, caratterizzate da incertezza della corresponsione o dell'ammontare e correlazione, stabilita dal contratto medesimo, tra la struttura della quota di retribuzione e la misurazione di incrementi di produttività, qualità, nonché altri elementi di competitività, assunti come indicatori dell'andamento economico dell'impresa e dei suoi risultati.

Tale sgravio, fruibile su domanda delle imprese, è concesso sulla base dei seguenti criteri:

§      importo annuo complessivo delle erogazioni in oggetto ammesse allo sgravio entro il limite massimo del 5% della retribuzione contrattuale percepita (comma 67, lettera a));

§      determinazione dello sgravio, con riferimento alla quota di erogazioni di cui alla precedente lettera a), nella misura di 25 punti percentuali (comma 67, lettera b));

§      determinazione dello sgravio, sempre con riferimento alla quota di erogazioni di cui alla predente lettera a), in misura pari ai contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro sulla stessa quota di erogazioni di cui alla lettera a) (comma 67, lettera c)).

Il comma 68 rinvia ad un decreto del Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro dell’economia, la disciplina delle modalità di attuazione dello sgravio sopra descritto anche con riferimento all’individuazione dei criteri di priorità sulla base dei quali debba essere concessa, nel rigoroso rispetto dei limiti finanziari previsti, l’ammissione al beneficio contributivo, e con particolare riguardo al monitoraggio dell’attuazione, al controllo del flusso di erogazioni e al rispetto dei tetti di spesa[219].

Lo stesso comma 68, inoltre, istituisce un Osservatorio, presso il Ministero del lavoro, con la partecipazione delle parti sociali, ai fini del monitoraggio e della verifica di coerenza dell’attuazione del comma 67 con gli obiettivi definiti nel “Protocollo sul welfare” del 23 luglio 2007, nonché delle caratteristiche della contrattazione di secondo livello aziendale e territoriale, senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica.

 

L’articolo 33, comma 14 della legge 183/2011 prevede che lo sgravio contributivo di cui all’articolo 26 del D.L. 98/2011[220], sia concesso, per il 2012, con i criteri e le modalità di cui all’articolo 1, commi 67 e 68, della L. 247/2007, nei limiti delle risorse stanziate a tal fine per il medesimo anno 2012 ai sensi del quarto periodo dell’articolo 1, comma 68, della citata legge n. 247/2007.

 

 

 

Merita in questa sede ricordare che un ulteriore filone normativo riguarda la tassazione agevolata dei contratti di produttività, stata introdotta dall’articolo 2, comma 1, lettera c), del decreto-legge n.93/2008[221], originariamente in via transitoria e con carattere sperimentale.

 Il beneficio fiscale consiste nell’applicazione, sulle remunerazioni oggetto di agevolazione, di una imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle relative addizionali fissata in misura pari al 10%[222]. A tale regime sono soggette, tra l’altro, le remunerazioni derivanti da incrementi di produttività, innovazione ed efficienza organizzativa, nonché ad altri elementi di competitività e redditività legati all’andamento economico dell’impresa. In sostanza, si tratta della quota di retribuzione caratteristica del secondo livello di contrattazione collettiva legata alla produttività aziendale.

La misura della tassazione agevolata dei contratti di produttività è stata successivamente prorogata al 2011 dall’articolo 1, comma 47, della legge n.220 del 2010 in favore dei lavoratori dipendenti del settore privato con reddito annuo per lavoro dipendente fino a 40.000 euro e, successivamente, al 2012 dall’articolo 33, comma 12 della legge 183/2011[223], che ha rimesso a un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri la determinazione dell’importo massimo assoggettabile all’imposta sostitutiva e del limite massimo di reddito annuo entro il quale usufruire dell’agevolazione. In particolare, l’articolo 33, comma 12, si pone espressamente come attuativo dell’articolo 26 del D.L. n. 98/2011 (vedi supra).

 

Da ultimo, in attuazione del sopracitato articolo 33, comma 12, della legge n.183/2011, è intervenuto il  D.P.C.M. 23 marzo 2012[224], che ha previsto per il periodo dal 1° gennaio 2012 al 31 dicembre 2012 la proroga delle misure sperimentali per l'incremento della produttività del lavoro (previste dall'articolo 2, comma 1, lettera c) del D.L. 93/2008). Tali misure trovano applicazione entro il limite complessivo di 2.500 euro lordi con esclusivo riferimento al settore privato e per i titolari di reddito di lavoro dipendente non superiore, nell'anno 2011, a 30.000 euro al lordo delle somme assoggettate nel medesimo anno 2011 all'imposta sostitutiva di cui all'articolo 2 del citato D.L. 93/2008. Si fa presente, al riguardo, che i precedenti limiti, fissati dall’articolo 53 del DL n.78 del 2010 per l’anno 2011 erano, rispettivamente, di 6.000 e 40.000 euro.


 

Articolo 4, comma 30
(Interventi volti al contrasto del lavoro irregolare degli immigrati)

 

L'articolo 4, comma 30, modifica la disciplina relativa al prolungamento del soggiorno dello straniero extracomunitario nell'ipotesi di perdita del posto di lavoro, elevando a un anno il periodo minimo di iscrizione nelle liste di collocamento per il periodo di residua validità del permesso e prevedendo che il permesso per attesa occupazione sia valido per tutto il periodo di durata della prestazione di sostegno al reddito percepita.

 

L'articolo 4, comma 30, modifica la norma sulla legittimità del prolungamento del soggiorno dello straniero extracomunitario, avente permesso di soggiorno per lavoro subordinato, nell'ipotesi di perdita del posto di lavoro, anche per dimissioni.

 

L’art. 22, comma 11, del Testo unico immigrazione (D.Lgs. 25 luglio 1998, n.286) prevede, in primo luogo, che la perdita del posto di lavoro non costituisce motivo di revoca del permesso di soggiorno al lavoratore extracomunitario ed ai suoi familiari legalmente soggiornanti; il lavoratore straniero in possesso del permesso di soggiorno per lavoro subordinato che perde il posto di lavoro, anche per dimissioni, può essere iscritto nelle liste di collocamento per il periodo di residua validità del permesso, e comunque, salvo che si tratti di permesso di soggiorno per lavoro stagionale, per un periodo non inferiore a sei mesi.

 

La novella eleva la durata minima prevista ex lege da sei mesi ad un anno prevedendo che il permesso per attesa occupazione è valido per tutto il periodo di durata della prestazione di sostegno al reddito percepita (qualora da tale norma derivi una durata superiore della validità). La novella specifica altresì che, decorso il periodo di validità del suddetto permesso, trovano applicazione i requisiti reddituali stabiliti per lo straniero che intenda richiedere il ricongiungimento dei familiari.

 

Con particolare riferimento al permesso per attesa occupazione, si ricorda che l'ingresso in Italia dei cittadini extracomunitari per svolgere un'attività lavorativa è sottoposto al vincolo delle quote ex art. 21 T.U. immigrazione (Determinazione dei flussi di ingresso) e che il permesso di soggiorno per lavoro subordinato è rilasciato al cittadino straniero che abbia fatto ingresso in Italia con il visto di cui all'art. 22 T.U. immigrazione (Lavoro subordinato a tempo determinato e indeterminato). Al termine della relativa procedura, instaurata su iniziativa del potenziale datore di lavoro attraverso il deposito presso lo Sportello Unico per l'Immigrazione della proposta di contratto di soggiorno (il cui esito finale si traduce nel rilascio del nulla osta al lavoro), al potenziale lavoratore viene rilasciato un visto di ingresso per lavoro subordinato da parte della nostra Rappresentanza Consolare. Nel caso in cui il lavoratore abbia fatto ingresso in Italia con un visto per lavoro subordinato, e al momento di richiedere il rilascio del permesso di soggiorno e sottoscrivere il contratto venga a conoscenza del fatto che il datore di lavoro non è più disponibile all'assunzione, secondo la circolare del Ministero dell'Interno del 18 agosto 2007[225], deve trovare applicazione la disciplina dell'art, 22, comma 11, T.U. immigrazione e quindi deve essergli rilasciato un permesso per attesa occupazione non costituendo, la perdita del posto di lavoro, un motivo di revoca del permesso di soggiorno del lavoratore ed ai suoi familiari regolarmente soggiornanti.

Si ricorda, altresì, che l’art. 29 del T.U. immigrazione, concernente il ricongiungimento familiare, come modificato dall'art. 1del D.Lgs. n. 160/2008[226], al comma 3 stabilisce che lo straniero richiedente il ricongiungimento deve dimostrare, tra l’altro, la disponibilità di un reddito minimo annuo derivante da fonti lecite non inferiore all'importo annuo dell'assegno sociale aumentato della metà dell'importo dell'assegno sociale per ogni familiare da ricongiungere (per il ricongiungimento di due o più figli di età inferiore agli anni quattordici ovvero per il ricongiungimento di due o più familiari dei titolari dello status di protezione sussidiaria è richiesto, in ogni caso, un reddito non inferiore al doppio dell'importo annuo dell'assegno sociale); ai fini della determinazione del reddito si tiene conto anche del reddito annuo complessivo dei familiari conviventi con il richiedente.

 

Procedure di contenzioso

Si segnala che il 30 settembre 2011 la Commissione europea ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora (procedura d'infrazione n. 2011/1073) per mancato recepimento, entro il termine previsto del 20 luglio 2011, della direttiva 2009/52/CE che introduce norme minime relative a sanzioni e a provvedimenti nei confronti di datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare.

Lo schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva in questione (atto del governo n. 466) è stato trasmesso il 17 aprile 2012 dal Governo al Parlamento. Il 24 maggio scorso, le Commissioni riunite I Affari costituzionali e II Giustizia hanno approvato un parere favorevole con condizioni e osservazioni.

 

Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286

Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero

Testo previgente

Testo ex L. 92/2012

 

 

Art. 22
(Lavoro subordinato a tempo determinato e indeterminato)

Art.

 

 

11. La perdita del posto di lavoro non costituisce motivo di revoca del permesso di soggiorno al lavoratore extracomunitario ed ai suoi familiari legalmente soggiornanti. Il lavoratore straniero in possesso del permesso di soggiorno per lavoro subordinato che perde il posto di lavoro, anche per dimissioni, può essere iscritto nelle liste di collocamento per il periodo di residua validità del permesso di soggiorno, e comunque, salvo che si tratti di permesso di soggiorno per lavoro stagionale, per un periodo non inferiore a sei mesi. Il regolamento di attuazione stabilisce le modalità di comunicazione ai centri per l'impiego, anche ai fini dell'iscrizione del lavoratore straniero nelle liste di collocamento con priorità rispetto a nuovi lavoratori extracomunitari.

11. La perdita del posto di lavoro non costituisce motivo di revoca del permesso di soggiorno al lavoratore extracomunitario ed ai suoi familiari legalmente soggiornanti. Il lavoratore straniero in possesso del permesso di soggiorno per lavoro subordinato che perde il posto di lavoro, anche per dimissioni, può essere iscritto nelle liste di collocamento per il periodo di residua validità del permesso di soggiorno, e comunque, salvo che si tratti di permesso di soggiorno per lavoro stagionale, per un periodo non inferiore ad un anno ovvero per tutto il periodo di durata della prestazione di sostegno al reddito percepita dal lavoratore straniero, qualora superiore. Decorso il termine di cui al primo periodo, trovano applicazione i requisiti reddituali di cui all’articolo 29, comma 3, lettera b). Il regolamento di attuazione stabilisce le modalità di comunicazione ai centri per l'impiego, anche ai fini dell'iscrizione del lavoratore straniero nelle liste di collocamento con priorità rispetto a nuovi lavoratori extracomunitari.

 

 


 

Articolo 4, comma 31
(
Responsabilità solidale negli appalti)

 

L'articolo 4, comma 31, interviene sulla responsabilità solidale tra committente e appaltatore negli appalti di opere o di servizi per quanto attiene ai trattamenti retributivi e previdenziali dei lavoratori.

 

Il comma 31, modifica l’articolo 29, comma 2, del D.Lgs. 276/2003[227], in materia di responsabilità negli appalti di opere o di servizi per quanto attiene ai trattamenti retributivi e previdenziali dei lavoratori.

 

In primo luogo, con riferimento alla responsabilità solidale di committente e appaltatore negli appalti di opere e servizi, si specifica che essa rimane ferma salva diversa previsione delle norme della contrattazione collettiva che possano individuare metodi e procedure di controllo e di verifica della regolarità complessiva degli appalti (lettera a)).

 

In secondo luogo (lettera b)), si interviene sui rapporti di responsabilità tra committente e appaltatore in sede di giudizio. Rispetto alla formulazione previgente si prevede che:

·     il committente imprenditore o datore di lavoro è sempre convenuto in giudizio unitamente all’appaltatore;

·     l’eccezione di preventiva escussione esercitata da parte del committente può riguardare non solo il patrimonio dell’appaltatore (come attualmente previsto) ma anche quello di eventuali subappaltatori; in ogni caso il committente non è tenuto (come attualmente previsto) ad indicare i beni del patrimonio dell'appaltatore sui quali il lavoratore può agevolmente soddisfarsi.

·     l’azione esecutiva può essere intentata nei confronti del committente non solo dopo l’infruttuosa escussione del patrimonio dell’appaltatore (come attualmente previsto) ma anche dopo l’infruttuosa escussione di quello di eventuali subappaltatori.

 

Resta invece immutata la possibilità per il committente che ha eseguito il pagamento di esercitare l’azione di regresso nei confronti del coobbligato secondo le regole generali.

 

In materia di responsabilità solidale negli appalti di opere o servizi, l’articolo 29 del decreto legislativo n.276 del 2003 (recentemente modificato dall’articolo 21, comma 1, del D.L.5/2012[228]), distingue il contratto di appalto, stipulato e regolamentato ai sensi dell'articolo 1655 c.c., dalla somministrazione di lavoro per la organizzazione dei mezzi necessari da parte dell'appaltatore, che può anche risultare, in relazione alle esigenze dell'opera o del servizio dedotti in contratto, dall'esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell'appalto, nonché per la assunzione, da parte del medesimo appaltatore, del rischio d'impresa (comma 1).

Il successivo comma 2 stabilisce l’obbligazione solidale, in caso di appalto di opere o di servizi, tra il committente imprenditore o datore di lavoro e l'appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali ulteriori subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell'appalto, consistente nella corresponsione, ai lavoratori: dei trattamenti retributivi, comprensive delle quote di trattamento di fine rapporto, nonché dei contributi previdenziali dovuti e dei premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto, escludendo dalla corresponsione qualsiasi obbligo per le sanzioni civili di cui risponde solo il responsabile dell'inadempimento.

Se convenuto in giudizio per il pagamento unitamente all'appaltatore, il committente imprenditore o datore di lavoro può eccepire, nella prima difesa, il beneficio della preventiva escussione del patrimonio dell'appaltatore medesimo. In tal caso il giudice accerta la responsabilità solidale di entrambi gli obbligati, ma l'azione esecutiva può essere intentata nei confronti del committente imprenditore o datore di lavoro solo dopo l'infruttuosa escussione del patrimonio dell'appaltatore.

L'eccezione può essere sollevata anche se l'appaltatore non è stato convenuto in giudizio, ma in tal caso il committente imprenditore o datore di lavoro deve indicare i beni del patrimonio dell'appaltatore sui quali il lavoratore può agevolmente soddisfarsi. Il committente imprenditore o datore di lavoro che ha eseguito il pagamento può esercitare l'azione di regresso nei confronti del coobbligato secondo le regole generali.

 


 

Decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276
Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla L.14 febbraio 2003, n.30

Testo previgente

Testo ex L. 92/2012

 

 

Art. 29
(Appalto)

 

 

 

2. In caso di appalto di opere o di servizi, il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l'appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell'appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonché i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto, restando escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni civili di cui risponde solo il responsabile dell'inadempimento.

2. Salvo diversa disposizione dei contratti collettivi nazionali sottoscritti da associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative del settore che possono individuare metodi e procedure di controllo e di verifica della regolarità complessiva degli appalti, in caso di appalto di opere o di servizi, il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l'appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell'appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonché i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto, restando escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni civili di cui risponde solo il responsabile dell'inadempimento.

Ove convenuto in giudizio per il pagamento unitamente all'appaltatore, il committente imprenditore o datore di lavoro può eccepire, nella prima difesa, il beneficio della preventiva escussione del patrimonio dell'appaltatore medesimo.

Il committente imprenditore o datore di lavoro è convenuto in giudizio per il pagamento unitamente all’appaltatore e con gli eventuali ulteriori subappaltatori. Il committente imprenditore o datore di lavoro può eccepire, nella prima difesa, il beneficio della preventiva escussione del patrimonio dell’appaltatore medesimo e degli eventuali subappaltatori.

In tal caso il giudice accerta la responsabilità solidale di entrambi gli obbligati, ma l'azione esecutiva può essere intentata nei confronti del committente imprenditore o datore di lavoro solo dopo l'infruttuosa escussione del patrimonio dell'appaltatore.

In tal caso il giudice accerta la responsabilità solidale di tutti gli obbligati, ma l’azione esecutiva può essere intentata nei confronti del committente imprenditore o datore di lavoro solo dopo l’infruttuosa escussione del patrimonio dell’appaltatore e degli eventuali subappaltatori.

L'eccezione può essere sollevata anche se l'appaltatore non è stato convenuto in giudizio, ma in tal caso il committente imprenditore o datore di lavoro deve indicare i beni del patrimonio dell'appaltatore sui quali il lavoratore può agevolmente soddisfarsi.

 

Il committente imprenditore o datore di lavoro che ha eseguito il pagamento può esercitare l'azione di regresso nei confronti del coobbligato secondo le regole generali.

Il committente che ha eseguito il pagamento può esercitare l’azione di regresso nei confronti del coobbligato secondo le regole generali.

 

 


 

Articolo 4, comma 32
(
Modifiche all’articolo 36 del Decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 188, in materia di regolazione dei trattamenti di lavoro nelle imprese ferroviarie)

 

L'articolo 4, comma 32, nell’ambito della regolazione dei trattamenti di lavoro nelle imprese ferroviarie, prevede che tali trattamenti possano essere definiti non solo dalla contrattazione collettiva nazionale (come attualmente previsto), ma anche, in via delegata, dalla contrattazione decentrata.

 

Il comma 32 modifica l’articolo 36, del D.Lgs 188/2003[229], in tema di trattamenti di lavoro nelle imprese ferroviarie (di recente modificato dall’articolo 8, comma 3-bis del D.L. 138/2011[230] e successivamente dall’articolo 37 del D.L. 1/2012[231]), al fine di prevedere che la regolazione dei trattamenti di lavoro del personale in tale ambito possa essere definita non solo dalla contrattazione collettiva nazionale (come attualmente previsto) ma anche, in via delegata, dalla contrattazione decentrata.

 

In particolare, il richiamato comma 3-bis dell’articolo 8 del D.L. 138/2011 aveva previsto, novellando l’articolo 36 del D.Lgs. 188/2003, che le imprese ferroviarie e le associazioni internazionali di imprese ferroviarie svolgenti servizi di trasporto di merci o di persone sulla rete ferroviaria nazionale, fossero tenute a rispettare i contratti collettivi nazionali di settore, anche con riferimento alle condizioni di lavoro del personale. In sostanza, la disposizione inseriva il riferimento alla contrattazione collettiva tra gli obblighi da osservare accanto a quelli relativi alla legislazione nazionale, regionale, alla normativa regolamentare (compatibili con la legislazione comunitaria ed applicati in modo non discriminatorio), nonché il riferimento alle “condizioni di lavoro” (nuova lettera b-bis del comma 1 dell’articolo 36) tra gli standard e prescrizioni di cui tener conto[232].

 

Successivamente, il comma 2 dell’articolo 37 del D.L. 1/2012 modificava la norma, specificando che le imprese ferroviarie devono rispettare le prescrizioni relative alla regolazione dei trattamenti di lavoro definiti dalla contrattazione collettiva svolta a livello nazionale dalle organizzazioni più rappresentative a livello nazionale.

 

Occorre ricordare che il comma 3-bis dell’articolo 8 del D.L. 138/2011 aveva destato perplessità in ordine ad una potenziale restrizione del processo concorrenziale nel settore ferroviario. Tale problematica era stata già evidenziata in una segnalazione dell’Antitrust[233] e ribadita successivamente dal Presidente dell’Antitrust in una audizione presso la Camera dei deputati[234].

In particolare, gli effetti restrittivi sulla concorrenza si sarebbero potuti determinare, secondo il presidente dell’Antitrust, “se la norma venisse interpretata nel senso di imporre la convergenza verso il contratto di lavoro stipulato dall’ex-monopolista, tutt’ora impresa dominante, il gruppo FS”, anche e soprattutto alla luce dell’ingresso nel settore di nuovi soggetti.

Tra l’altro, nella stessa audizione il presidente aveva rilevato come “potrebbe in astratto ritenersi che la norma consenta alle imprese presenti nel settore di conservare la propria disciplina contrattuale del rapporto di lavoro con i propri dipendenti. Ove ciò fosse vero la norma non avrebbe alcun effetto: sarebbe quindi inutiliter data e rispetto a questa eventualità qualsiasi giudice (e soprattutto il giudice del lavoro) dovrebbe obbedire al principio di conservazione del valore normativo e applicare alla fattispecie controversa il contratto FS o, tutt’al più, quello degli autoferrotranviari, anche se l’impresa adotta un diverso contratto collettivo, con pregiudizio per la concorrenza.”

 


 

Decreto legislativo 8 luglio 2003 n. 188
Attuazione della direttiva 2001/12/CE, della direttiva 2001/13/CE e della direttiva 2001/14/CE in materia ferroviaria.

Testo previgente

Testo ex L. 92/2012

 

 

Art. 36
(Ulteriori obblighi delle imprese ferroviarie e delle associazioni internazionali di imprese ferroviarie.)

 

 

 

1. Le imprese ferroviarie e le associazioni internazionali di imprese ferroviarie che espletano sull'infrastruttura ferroviaria nazionale servizi di trasporto di merci o di persone osservano, oltre ai requisiti stabiliti dal presente decreto, anche la legislazione nazionale, regionale, la normativa regolamentare, compatibili con la legislazione comunitaria, ed applicate e in modo non discriminatorio, con particolare riguardo agli standard definiti e alle prescrizioni in materia di:

 

a) requisiti tecnici ed operativi specifici per i servizi ferroviari;

 

b) requisiti di sicurezza applicabili al personale, al materiale rotabile e all'organizzazione interna delle imprese ferroviarie;

 

b-bis) regolazione dei trattamenti di lavoro del personale definiti dalla contrattazione collettiva svolta dalle organizzazioni più rappresentative a livello nazionale (58);

b-bis) regolazione dei trattamenti di lavoro del personale definiti dalla contrattazione collettiva nazionale svolta dalle organizzazioni più rappresentative a livello nazionale o, in via delegata, dalla contrattazione a livelli decentrati;

c) salute, sicurezza, condizioni sociali e diritti dei lavoratori e degli utenti;

 

d) requisiti applicabili a tutte le imprese nel pertinente settore ferroviario destinate a offrire vantaggi o protezione agli utenti.

 

 

 


 

Articolo 4, comma 33
(Livelli essenziali delle prestazioni rese dai servizi per l’impiego)

 

L'articolo 4, comma 33 modifica alcune disposizioni del decreto legislativo n. 181 del 2000, al fine di definire livelli essenziali delle prestazioni rese dai servizi per l’impiego nei confronti di beneficiari di ammortizzatori sociali e di strumenti di integrazione salariale.

 

L'articolo 4, comma 33, modifica gli articoli 3 e 4 del decreto legislativo n. 181 del 2000, al fine di definire i livelli essenziali delle prestazioni rese dai servizi per l’impiego nei confronti di beneficiari di ammortizzatori sociali o di strumenti di integrazione salariale.

 

Il decreto legislativo n. 181 del 2000 detta norme per agevolare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro.

L’articolo 3 affida alle Regioni il compito di definire gli obiettivi e gli indirizzi operativi delle azioni che i centri per l'impiego sono tenuti a svolgere per favorire l'incontro tra domanda e offerta di lavoro e contrastare la disoccupazione di lunga durata. La disposizione definisce alcuni tipi di interventi che devono comunque essere attivati:

a)   colloquio di orientamento per tutti entro tre mesi dall’inizio dello stato di disoccupazione;

b)   proposta di adesione ad iniziative non soltanto di inserimento lavorativo o di formazione e/o riqualificazione professionale o altre misure volte a favorire l’integrazione professionale nei confronti dei seguenti soggetti:

1.    gli adolescenti, i giovani e le donne in cerca di reinserimento lavorativo, non oltre quattro mesi dall’inizio dello stato di disoccupazione;

2.    gli altri soggetti a rischio di disoccupazione di lunga durata, non oltre sei mesi dall’inizio dello stato di disoccupazione.

 

L’articolo 4 determina i principi in base ai quali le Regioni devono stabilire i criteri per l’adozione da parte dei centri per l’impiego di procedure uniformi in materia di accertamento dello stato di disoccupazione nei seguenti termini:

§        lo stato di disoccupazione si mantiene anche a seguito di svolgimento di attività lavorativa tale da assicurare un reddito annuale non superiore al reddito minimo personale escluso da imposizione[235]. Tale soglia di reddito non si applica ai soggetti indicati all'articolo 8 commi 2 e 3 del D.Lgs. 468/1997[236] (dove si fa riferimento ai lavoratori iscritti nelle liste di mobilità e percettori dell'indennità di mobilità o di altro trattamento speciale di disoccupazione, ai lavoratori che godono del trattamento straordinario di integrazione salariale sospesi a zero ore e ai lavoratori titolari di assegno per i lavori socialmente utili (lettera a));

§        lo stato di disoccupazione viene meno nel caso di mancata presentazione senza giustificato motivo alla convocazione del servizio competente nell’ambito delle misure di prevenzione di cui all’articolo 3 (lettera b)), o anche nel caso di rifiuto senza giustificato motivo di una congrua offerta di lavoro a tempo pieno ed indeterminato o determinato o di lavoro temporaneo, con durata del contratto a termine o, rispettivamente, della missione, in entrambi i casi superiore almeno a otto mesi, ovvero a quattro mesi se si tratta di giovani, nell'ambito dei bacini stabiliti dalle Regioni in relazione alla distanza dal domicilio ed ai tempi di trasporto con mezzi pubblici(lettera c));

§        la sospensione dello stato di disoccupazione in caso di accettazione di un’offerta di lavoro a tempo determinato o di lavoro temporaneo di durata inferiore a otto mesi, ovvero di quattro mesi se si tratta di giovani (lettera d)).

 

In primo luogo (lettera a)) si fissano alcuni livelli minimi delle offerte e delle prestazioni che devono essere svolte dai servizi regionali per l'impiego nei confronti dei beneficiari di ammortizzatori sociali per i quali lo stato di disoccupazione o di inoccupazione costituisca requisito. In particolare si prevede:

§        un colloquio di orientamento entro i tre mesi dall’inizio dello stato di disoccupazione;

§        azioni di orientamento collettive fra i tre e i sei mesi dall’inizio dello stato di disoccupazione;

§        una formazione della durata complessiva di almeno due settimane tra i sei e i dodici mesi dall’inizio dello stato di disoccupazione;

§        proposta di adesione ad iniziative di inserimento lavorativo entro il termine del periodo del trattamento di sostegno del reddito.

 

In secondo luogo, per i beneficiari di integrazione salariale o altre prestazioni in costanza di rapporto di lavoro, che comportino la sospensione dall’attività lavorativa per un periodo superiore ai sei mesi, si prevede almeno l’offerta di formazione professionale della durata complessiva di almeno due settimane, adeguata alle competenze professionali del disoccupato.

 

Tale previsione appare connessa con la disciplina sulla decadenza dai medesimi ammortizzatori sociali, disciplina ora riformulata dall'articolo 4, commi da 40 a 45.

 

La lettera b) sostituisce la rubrica dell’articolo 3 del D.lgs. 181/2000, al fine di adeguarla al nuovo contenuto normativo della disposizione, (“Livelli essenziali delle prestazioni concernenti i servizi per l’impiego”[237]).

 

Infine (lettera c)), si modifica l’articolo 4, comma 1, del decreto legislativo. n. 181/2000, disponendo:

§        l’abrogazione della lettera a), che prevede la possibilità di conservazione dello stato di disoccupazione nel caso di svolgimento di qualsiasi attività lavorativa con un reddito annuale non superiore al reddito minimo personale escluso da imposizione (numero 1));

 

La norma sembrerebbe sopprimere la possibilità di conservazione dello stato di disoccupazione nel caso di svolgimento di qualsiasi attività lavorativa, anche autonoma. Tale novella appare di difficile coordinamento con il precedente articolo 2, commi 17 e 18, dove si fa riferimento allo svolgimento di attività lavorativa in forma autonoma, dalla quale derivi un reddito inferiore al limite utile ai fini della conservazione dello stato di disoccupazione: in tal caso il soggetto beneficiario informa l’INPS dichiarando il reddito annuo che prevede di trarre da tale attività e l’Istituto provvede, se il reddito è inferiore al limite, a ridurre il pagamento dell’indennità di un importo pari all’80 per cento dei proventi preventivati.

 

§        la modifica della lettera c), per cui si prevede l'effetto della perdita dello stato di disoccupazione nelle ipotesi di rifiuto (senza giustificato motivo) di una congrua offerta di lavoro a tempo pieno (mentre nella normativa previgente tale effetto viene esteso al rifiuto riguardante un contratto di lavoro a termine di durata pari o inferiore ad otto mesi, ovvero a quattro mesi nel caso di giovani) (numero 2));

§        la modifica della lettera d), per cui si determina la sospensione dello stato di disoccupazione in caso di accettazione di un'offerta di lavoro a tempo determinato o di lavoro subordinato di durata inferiore a sei mesi (mentre nella normativa in vigore la sospensione si ha in caso di accettazione di un'offerta di lavoro a tempo determinato o di lavoro temporaneo di durata inferiore a otto mesi, ovvero di quattro mesi se si tratta di giovani) (numero 3)).

 

decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181
Disposizioni per agevolare l'incontro fra domanda ed offerta di lavoro, in attuazione dell'articolo 45, comma 1, lettera a), della legge 17 maggio 1999, n.144

Testo previgente

Testo ex L. 92/2012

 

 

Art. 3
(Indirizzi generali ai servizi competenti ai fini della prevenzione della disoccupazione di lunga durata)

Art. 3
(Livelli essenziali delle prestazioni concernenti i servizi per l’impiego)

 

 

1. Le Regioni definiscono gli obiettivi e gli indirizzi operativi delle azioni che i servizi competenti, di cui all'articolo 1, comma 2, lettera g), effettuano al fine di favorire l'incontro tra domanda e offerta di lavoro e contrastare la disoccupazione di lunga durata, sottoponendo i soggetti di cui all'articolo 1, comma 2, ad interviste periodiche e ad altre misure di politica attiva secondo le modalità definite ed offrendo almeno i seguenti interventi:

 

a) colloquio di orientamento entro tre mesi dall'inizio dello stato di disoccupazione;

 

b) proposta di adesione ad iniziative di inserimento lavorativo o di formazione o di riqualificazione professionale od altra misura che favorisca l'integrazione professionale:

 

1) nei confronti degli adolescenti, dei giovani e delle donne in cerca di reinserimento lavorativo, non oltre quattro mesi dall'inizio dello stato di disoccupazione;

 

2) nei confronti degli altri soggetti a rischio di disoccupazione di lunga durata, non oltre sei mesi dall'inizio dello stato di disoccupazione.

 

 

1-bis. Nei confronti dei beneficiari di ammortizzatori sociali per i quali lo stato di disoccupazione costituisca requisito, gli obiettivi e gli indirizzi operativi di cui al comma 1 devono prevedere almeno l’offerta delle seguenti azioni:

 

a) colloquio di orientamento entro i tre mesi dall’inizio dello stato di disoccupazione;

 

b) azioni di orientamento collettive fra i tre e i sei mesi dall’inizio dello stato di disoccupazione, con formazione sulle modalità più efficaci di ricerca di occupazione adeguate al contesto produttivo territoriale;

 

c) formazione della durata complessiva non inferiore a due settimane tra i sei e i dodici mesi dall’inizio dello stato di disoccupazione, adeguata alle competenze professionali del disoccupato e alla domanda di lavoro dell’area territoriale di residenza;

 

d) proposta di adesione ad iniziative di inserimento lavorativo entro la scadenza del periodo di percezione del trattamento di sostegno del reddito.

 

1-ter. Nei confronti dei beneficiari di integrazione salariale o di altre prestazioni in costanza di rapporto di lavoro, che comportino la sospensione dall’attività lavorativa per un periodo superiore ai sei mesi, gli obiettivi e gli indirizzi operativi di cui al comma 1 devono prevedere almeno l’offerta di formazione professionale della durata complessiva non inferiore a due settimane adeguata alle competenze professionali del disoccupato.

 

 

 

 

 

 

 

Art. 4
(Perdita dello stato di disoccupazione)

 

1. Le Regioni stabiliscono i criteri per l'adozione da parte dei servizi competenti di procedure uniformi in materia di accertamento dello stato di disoccupazione sulla base dei seguenti princìpi:

 

a) conservazione dello stato di disoccupazione a seguito di svolgimento di attività lavorativa tale da assicurare un reddito annuale non superiore al reddito minimo personale escluso da imposizione. Tale soglia di reddito non si applica ai soggetti di cui all'articolo 8, commi 2 e 3, del decreto legislativo 1° dicembre 1997, n. 468;

Soppressa

b) perdita dello stato di disoccupazione in caso di mancata presentazione senza giustificato motivo alla convocazione del servizio competente nell'àmbito delle misure di prevenzione di cui all'articolo 3;

 

c) perdita dello stato di disoccupazione in caso di rifiuto senza giustificato motivo di una congrua offerta di lavoro a tempo pieno ed indeterminato o determinato o di lavoro temporaneo ai sensi della legge 24 giugno 1997, n. 196, con durata del contratto a termine o, rispettivamente, della missione, in entrambi i casi superiore almeno a otto mesi, ovvero a quattro mesi se si tratta di giovani, nell'àmbito dei bacini, distanza dal domicilio e tempi di trasporto con mezzi pubblici, stabiliti dalle Regioni;

c) perdita dello stato di disoccupazione in caso di rifiuto senza giustificato motivo di una congrua offerta di lavoro a tempo pieno ed indeterminato o determinato o di lavoro temporaneo ai sensi della legge 24 giugno 1997, n. 196, nell'àmbito dei bacini, distanza dal domicilio e tempi di trasporto con mezzi pubblici, stabiliti dalle Regioni;

d) sospensione dello stato di disoccupazione in caso di accettazione di un'offerta di lavoro a tempo determinato o di lavoro temporaneo di durata inferiore a otto mesi, ovvero di quattro mesi se si tratta di giovani.

d) sospensione dello stato di disoccupazione in caso di lavoro subordinato di durata inferiore a sei mesi.

 

 


 

Articolo 4, commi 34-37
(Sistema informativo ASpI; monitoraggio dei livelli essenziali dei servizi erogati; sistema premiale)

 

L’articolo 4, commi 34-37, prevede la definizione di un sistema di premialità per la ripartizione delle risorse del Fondo sociale europeo, legato alla prestazione di politiche attive e servizi per l’impiego.

 

All’articolo 4, comma 34 si prevede che, con accordo sancito in sede di Conferenza unificata ed in coerenza con i documenti di programmazione degli interventi cofinanziati con fondi strutturali europei, sia definito un sistema di premialità per la ripartizione delle risorse del fondo sociale europeo, legato alla prestazione di politiche attive e servizi per l’impiego.

 

Il quadro normativo comunitario che definisce gli obiettivi per il ciclo di programmazione 2007-2013 e gli strumenti finanziari di intervento della politica di coesione ad essi destinati è definito dal Regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio dell’11 luglio 2006, recante le disposizioni generali sui Fondi strutturali, che ha abrogato le norme che regolavano la disciplina della precedente programmazione 2000-2006 (Regolamento (CE) n. 1260 del 1999).

Nel quadro comunitario a sostegno dell'Agenda di Lisbona, i fondi che intervengono nell’ambito della politica di coesione sono limitati a tre: Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR), Fondo Sociale Europeo (FSE) e Fondo di Coesione[238].

La disciplina relativa ai singoli Fondi è contenuta nei Regolamenti n. 1080/2006 relativo al Fondo Europeo di sviluppo regionale (FESR), n. 1081/2006 relativo al Fondo Sociale Europeo (FSE) e n. 1084/2006 relativo al Fondo di coesione.

Ai sensi dell’articolo 3 del Regolamento n. 1083/2006, le risorse dei Fondi strutturali e del Fondo di coesione sono concentrate su tre obiettivi, costituiti dalla «Convergenza», dalla «Competitività e occupazione regionale» e dalla «Cooperazione territoriale».

Al conseguimento degli obiettivi i Fondi contribuiscono, ciascuno in base alla propria specifica disciplina, secondo lo schema seguente:

a) obiettivo «Convergenza»: FESR, FSE e Fondo di coesione;

b) obiettivo «Competitività regionale e occupazione»: FESR e FSE;

c) obiettivo «Cooperazione territoriale europea»: FESR.

Per quanto concerne la dotazione finanziaria, si ricorda che per il periodo di programmazione 2007-2013 le risorse dei Fondi strutturali FESR e FSE assegnate all’Italia sono pari, per l’obiettivo «Convergenza» a complessivi 21,6 miliardi di euro, di cui 3,7 miliardi di euro provenienti dal FSE e 17,9 miliardi dal FESR, per l’obiettivo «Competitività» a complessivi 6,3 miliardi di euro, di cui 3,2 miliardi provenienti dal FSE e circa 3,1 miliardi dal FESR.

In base al Regolamento n. 1081/2006, i compiti del FSE consistono nel contribuire al rafforzamento della coesione economica e sociale attraverso il miglioramento delle possibilità di occupazione e di impiego. A tal fine il Fondo sostiene le politiche degli Stati membri intese a conseguire la piena occupazione e la qualità e la produttività sul lavoro, promuovere l'inclusione sociale, compreso l'accesso all'occupazione delle persone svantaggiate, e ridurre le disparità occupazionali a livello nazionale, regionale e locale.

Il Fondo fornisce inoltre sostegno alle misure prese dagli Stati membri sulla base degli orientamenti della strategia europea per l'occupazione e delle raccomandazioni che li accompagnano (articolo 2, Regolamento 1081/2006).

In particolare, il FSE finanzia le azioni volte a conseguire le seguenti priorità:

§      accrescere l’adattabilità dei lavoratori, delle imprese e degli imprenditori per ottimizzare ed anticipare i cambiamenti economici;

§      migliorare l'accesso all’occupazione, prevenire la disoccupazione, incoraggiare l'invecchiamento attivo e prolungare la vita lavorativa;

§      potenziare l’inclusione sociale delle persone svantaggiate, favorendone l’integrazione nel mondo del lavoro e combattendo ogni forma di discriminazione;

§      potenziare il capitale umano attraverso un'istruzione e una formazione qualitativamente adeguate e coerenti con le richieste del mercato del lavoro;

§      promuovere partenariati, patti e iniziative a livello transnazionale, regionale e locale per favorire riforme nei settori dell’occupazione e dell’integrazione nel mercato del lavoro (articolo 3).

 

Il comma 35 prevede che l’INPS, entro il 30 giugno 2013, allestisce e mette a disposizione dei Centri per l’impiego (e degli altri organismi autorizzati o accreditati a svolgere le medesime funzioni, in conformità delle norme regionali)[239], una banca dati telematica, contenente i dati individuali dei beneficiari di ammortizzatori sociali, con indicazione dei dati anagrafici, di residenza e domicilio, e dei dati essenziali relativi al tipo di ammortizzatore sociale di cui beneficia.

Il comma 36 prevede che ai fini della verifica del rispetto dei livelli essenziali di cui all’articolo 3 del D.lgs. 181/2000[240], i centri per l’impiego hanno l’obbligo di inserire nella banca dati i dati essenziali concernenti le azioni di politica attiva e di attivazione svolte nei confronti dei beneficiari di ammortizzatori sociali.

Il comma 37 reca la clausola di invarianza degli oneri di finanza pubblica.


 

Articolo 4, commi 38-39
(Semplificazione delle procedure in materia di acquisizione dello stato di disoccupazione)

 

L’articolo 4, commi 38-39, reca misure di semplificazione in materia di acquisizione dello stato di disoccupazione.

 

Il comma 38 prevede che ai fini della presentazione di una domanda di indennità nell’ambito dell’ASpI, la dichiarazione dell'interessato volta ad attestare l'attività lavorativa precedentemente svolta e l'immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa (di cui all’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo n.181 del 2000) possa essere resa all’INPS, che la trasmette al servizio regionale per l'impiego competente per territorio, mediante il sistema informativo di cui al precedente comma 35 del presente articolo.

 

L’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo n.181 del 2000, disciplina lo “Stato di disoccupazione” come condizione del soggetto privo di lavoro, che sia immediatamente disponibile allo svolgimento ed alla ricerca di una attività lavorativa secondo modalità definite con i servizi competenti. Tale condizione deve essere comprovata dalla presentazione dell'interessato presso il servizio competente del suo domicilio, accompagnata da una dichiarazione che attesti l'eventuale attività lavorativa precedentemente svolta, nonché l'immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa.

 

Il comma 39 prevede, a fini di semplificazione degli adempimenti per il riconoscimento degli incentivi all’assunzione, che le Regioni e le Province mettano a disposizione dell’INPS, secondo modalità dallo stesso indicate, le informazioni di propria competenza necessarie per il riconoscimento degli incentivi all’assunzione, comprese le informazioni relative:

 

§     all’iscrizione nelle liste di mobilità (di cui all’articolo 6 della legge 223/1991);

L’articolo 6 della legge n. 223 del 1990[241] prevede che, nell’ambito delle misure finalizzate ad agevolare il reimpiego o a sostenere il reddito dei lavoratori licenziati, al termine delle procedure per la riduzione del personale, l’impresa comunica alla direzione regionale del lavoro l’elenco dei lavoratori in esubero.

I lavoratori sono poi inseriti nelle liste dei lavoratori in mobilità, di cui all’articolo 6 sopra citato, compilate dall’Ufficio regionale del lavoro e della massima occupazione, sulla base di schede contenenti tutte le informazioni utili per individuare la professionalità, la preferenza per una mansione diversa da quella originaria, la disponibilità al trasferimento sul territorio. La compilazione avviene sulla base delle direttive impartite dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale, sentita la Commissione centrale per l'impiego, dopo un'analisi tecnica da parte dell'Agenzia per l'impiego.

La Commissione regionale per l'impiego approva le liste e assume ogni iniziativa per il reimpiego dei lavoratori iscritti nella lista di mobilità, in collaborazione con l'Agenzia per l'impiego, anche con l'organizzazione, da parte delle Regioni, di corsi di qualificazione e di riqualificazione professionale.

 

§     al possesso dello stato di disoccupazione e alla sua durata, ai sensi del decreto legislativo 181/2000.

 

L’articolo 4 del decreto legislativo n.181 del 2000 determina i principi in base ai quali le Regioni devono stabilire i criteri per l’adozione da parte dei centri per l’impiego di procedure uniformi in materia di accertamento dello stato di disoccupazione nei seguenti termini:

§      lo stato di disoccupazione si mantiene anche a seguito di svolgimento di attività lavorativa tale da assicurare un reddito annuale non superiore al reddito minimo personale escluso da imposizione[242]. Tale soglia di reddito non si applica ai soggetti indicati all'articolo 8 commi 2 e 3 del D.Lgs. 468/1997[243] (dove si fa riferimento ai lavoratori iscritti nelle liste di mobilità e percettori dell'indennità di mobilità o di altro trattamento speciale di disoccupazione, ai lavoratori che godono del trattamento straordinario di integrazione salariale sospesi a zero ore e ai lavoratori titolari di assegno per i lavori socialmente utili (lettera a));

§      lo stato di disoccupazione viene meno nel caso di mancata presentazione senza giustificato motivo alla convocazione del servizio competente nell’ambito delle misure di prevenzione di cui all’articolo 3 (lettera b)), o anche nel caso di rifiuto senza giustificato motivo di una congrua offerta di lavoro a tempo pieno ed indeterminato o determinato o di lavoro temporaneo, con durata del contratto a termine o, rispettivamente, della missione, in entrambi i casi superiore almeno a otto mesi, ovvero a quattro mesi se si tratta di giovani, nell'ambito dei bacini stabiliti dalle Regioni in relazione alla distanza dal domicilio ed ai tempi di trasporto con mezzi pubblici(lettera c));

§      la sospensione dello stato di disoccupazione in caso di accettazione di un’offerta di lavoro a tempo determinato o di lavoro temporaneo di durata inferiore a otto mesi, ovvero di quattro mesi se si tratta di giovani (lettera d)).

 

Tali informazioni sono altresì messe a disposizione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali per la pubblicazione nella Borsa continua nazionale del lavoro di cui all’articolo 15 del D.lgs. 276/2003.

 

L’articolo 15 del D.Lgs. 276/2003 ha istituito la Borsa continua del lavoro, portale su rete telematica diretto a facilitare l'incontro tra domanda e offerta, finalizzato a favorire la maggior efficienza e trasparenza del mercato del lavoro. Gli operatori autorizzati o accreditati, pubblici o privati, hanno l'obbligo di conferire a tale archivio elettronico i dati acquisiti dalle persone in cerca di lavoro, in base alle indicazioni rese dai lavoratori stessi e a quelle fornite dalle imprese che offrono impiego.

La borsa continua opera a:

§     livello nazionale, per la definizione degli standard tecnici nazionali e dei flussi informativi di scambio, l’interoperabilità dei sistemi regionali e la definizione dell’insieme delle informazioni che permettano la massima efficacia e trasparenza del processo di incontro tra domanda e offerta di lavoro (comma 4, lettera a));

§     livello regionale, per la realizzazione dell’integrazione dei sistemi pubblici e privati presenti sul territorio, la definizione e la realizzazione del modello di servizi al lavoro e la cooperazione alla definizione degli standard nazionali di intercomunicazione (comma 4, lettera b)).

 

La definizione degli standard tecnici e dei flussi informativi di scambio è contenuta nel D.M. 13 ottobre 2011, recante “Offerte lavoro pubblico su clic lavoro”, emanato dal Ministro del lavoro di concerto con il Ministro dell’innovazione e della tecnologia, previa intesa con le regioni.

Il coordinamento tra il livello nazionale e quello regionale deve in ogni caso garantire, nel rispetto degli articoli 4 e 120 della Costituzione, la piena operatività della borsa continua nazionale del lavoro in àmbito nazionale e comunitario. A tal fine il Ministero del lavoro e delle politiche sociali rende disponibile l'offerta degli strumenti tecnici alle regioni e alle province autonome che ne facciano richiesta nell'àmbito dell'esercizio delle loro competenze: in questo senso, il D.M. 13 ottobre 2004[244], prevede, tra l’altro, una Commissione per il raccordo ed il coordinamento della borsa continua del lavoro.

 


 

Articolo 4, commi 40-45
(
Offerta di lavoro congrua)

 

L'articolo 4, commi 40-45 regola alcune ipotesi di decadenza dai trattamenti di integrazione salariale legate al rifiuto di un’offerta di lavoro congrua o di partecipazione ad attività formative.

 

Al fine di incentivare comportamenti virtuosi e di responsabilizzare i lavoratori che beneficiano di prestazioni di sostegno del reddito, l'articolo 4, commi 40-45, disciplina alcune ipotesi di decadenza dalle prestazioni di sostegno al reddito in costanza di rapporto di lavoro (ai sensi dell’articolo 3 della presente legge) per i lavoratori che rifiutino di partecipare ad un corso di formazione o riqualificazione ovvero non lo frequentino con regolarità senza un giustificato motivo (comma 40).

 

Il comma 41 dispone la decadenza dall’indennità di mobilità o di altra indennità o sussidio per i lavoratori che:

§     rifiutino di partecipare a iniziative di politiche attive proposte dai centri per l’impiego o non vi partecipino regolarmente senza un giustificato motivo;

§     non accettino un’offerta di lavoro con inquadramento in un livello retributivo superiore almeno del 20 per cento rispetto all’importo lordo dell’indennità cui hanno diritto.

 

Ai fini dell’applicazione delle sanzioni prevista ai commi 40 e 41, si fa riferimento a una distanza fra il luogo di svolgimento dell’attività di formazione o lavoro e la residenza del lavoratore non superiore a 50 chilometri o comunque percorribile con mezzi pubblici in 80 minuti (comma 42).

 

Il comma 43 precisa che nei casi sopra citati, ferma restando la perdita del diritto alla prestazione nelle ipotesi sopra elencate, rimangono salvi i diritti già maturati.

 

I centri per l’impiego comunicano tempestivamente gli eventi sopra descritti all’INPS che dispone il provvedimento di decadenza (comma 44).

 

Infine, è prevista l’impugnazione del provvedimento di decadenza davanti ai comitati provinciali costituiti presso l’INPS, disciplinati all’articolo 34 del D.P.R. 639/1970[245] (comma 45).

 

Si fa presente che la disciplina introdotta dalla norma in esame conferma in larga misura quella previgente, recata all’articolo 1-quinquies del D.L. 249/2004[246] e all'articolo 19, comma 10, del D.L. 185/2008[247] (disposizioni che vengono poi abrogate dal successivo articolo 4, commi 46 e 47, della legge in commento).

Tra le modifiche apportate alla normativa previgente, si segnala che la base di calcolo - ai fini della valutazione della congruità dell'offerta di lavoro - è costituita dall'importo lordo dell'indennità a cui si ha diritto (mentre in precedenza si faceva riferimento al livello retributivo delle mansioni di provenienza) e che è prevista la possibilità di impugnare il provvedimento di decadenza dal beneficio senza indicare termini di decadenza (mentre nella disciplina previgente si ammette il ricorso nei termini di quaranta giorni alle direzioni provinciali del lavoro territorialmente competenti che decidono, in via definitiva, nei trenta giorni successivi alla data di presentazione del ricorso[248]).

 

Riguardo ad altre ipotesi di decadenza dal trattamento ASpI (o mini-ASpI), si veda il precedente articolo 2, commi 40 e 41.

 

L’articolo 1-quinquies del D.L. 249/2004 reca una disciplina di carattere generale in tema di decadenza dai trattamenti di CIGS, di mobilità e di disoccupazione. Al comma 1 si prevede la decadenza del lavoratore dal trattamento di integrazione salariale straordinaria concessi:

§     alle imprese nei casi di ristrutturazione, riorganizzazione o conversione aziendale e crisi aziendale (articolo 1, legge n. 223/1991[249]);

§     alle imprese nei casi di procedure concorsuali (articolo 1, legge n. 223/1991);

§     ai vettori aerei ed alle società da essi derivanti (articolo 1-bis, comma 1, primo periodo del D.L. 249/2004).

 

La decadenza si ha nei casi di rifiuto ad essere avviato ad un corso di formazione o di riqualificazione ovvero di frequenza irregolare al corso.

Il secondo periodo del comma 1 prevede invece la decadenza dei lavoratori dai:

§     trattamenti di mobilità;

§     trattamenti di disoccupazione speciale o da indennità o sussidi erogati a fronte dello stato disoccupazione o inoccupazione;

§     trattamenti di CIGS per crisi aziendale prorogati ai sensi dell’articolo 1, comma 1, del provvedimento in esame (trattasi dei casi di proroga della CIGS concessa per crisi aziendale);

§     trattamenti comunque concessi o prorogati ai sensi di normative speciali, anche in deroga all’ordinamento vigente.

 

Tale ultimo tipo di decadenza si verifica in caso di:

§     rifiuto ad essere avviato ad un progetto individuale di inserimento nel mercato del lavoro, ovvero ad un corso di formazione o di riqualificazione, ovvero in caso di frequenza irregolare al corso;

§     mancata accettazione di un lavoro con inquadramento in un livello retributivo non inferiore del 20% rispetto a quello delle mansioni di provenienza.

 

In tutti i casi, l’attività lavorativa o di formazione o riqualificazione deve svolgersi in un luogo distante al massimo 50 km dalla residenza del lavoratore o comunque raggiungibile in 80 minuti con i mezzi pubblici.

I responsabili della attività formativa, le agenzie per il lavoro ovvero i datori di lavoro comunicano direttamente all'INPS e, in caso di mobilità, al servizio per l'impiego territorialmente competente ai fini della cancellazione dalle liste, i nominativi dei soggetti responsabili ai fini del provvedimento di decadenza che vien disposto dall’Istituto.

Avverso a tali provvedimenti è ammesso ricorso entro quaranta giorni alle direzioni provinciali del lavoro territorialmente competenti che decidono, in via definitiva, nei trenta giorni successivi alla data di presentazione del ricorso. La decisione del ricorso è comunicata all'INPS e, nel caso della mobilità, al competente servizio per l'impiego.

 

L’articolo 19, comma 10, del D.L. 185/2008 subordina il diritto a percepire qualsiasi trattamento di sostegno al reddito previsto dalla legislazione vigente in materia di ammortizzatori sociali, alla dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro o a un percorso di riqualificazione professionale, secondo quanto precisato dal D.M. 19 maggio 2009, n. 46441, recante “Accesso all'indennità di disoccupazione per sospensioni dell'attività lavorativa”[250], dove sono definite:

-      le modalità applicative dell’articolo 19 in esame;

-      le procedure di comunicazione all'INPS, anche ai fini del monitoraggio dei provvedimenti autorizzativi dei benefici posto in essere dal medesimo Istituto;

-      l’effettuazione della ripartizione del limite di spesa di cui al comma 1 del presente articolo in limiti di spesa specifici per ciascuna tipologia di intervento di cui alle lettere da a) a c) del comma 1 nonché del comma 2 del presente articolo.

 

Lo stesso comma 10 stabilisce, inoltre, che in caso di rifiuto di rifiuto di sottoscrivere la dichiarazione ovvero, una volta sottoscritta, in caso di rifiuto di un percorso di riqualificazione professionale o di un lavoro congruo ai sensi dell’articolo 1-quinquies del D.L. 249/2004, il lavoratore destinatario dei trattamenti di sostegno del reddito perde il diritto a qualsiasi erogazione di carattere retributivo e previdenziale, anche a carico del datore di lavoro, fatti salvi i diritti già maturati.

 

Si ricorda che l’articolo 1-quinquies sopra descritto contiene norme già presenti nell’ordinamento.

In particolare, riproduce il contenuto dei periodi settimo, ottavo, nono e decimo del comma 137 dell’articolo 3 della legge 350/2003[251] i quali prevedono la decadenza dal diritto agli ammortizzatori sociali in favore dei lavoratori qualora si verifichino le seguenti fattispecie:

a)           perdita del trattamento di mobilità (settimo periodo) in caso di:

-          rifiuto ad essere avviato ad un progetto individuale di reinserimento nel mercato del lavoro o ad un corso di formazione professionale autorizzato dalla regione, ovvero in caso di frequenza irregolare al corso;

-          mancata accettazione di un lavoro il cui livello retributivo non sia inferiore del 20% rispetto a quello originario;

b)           perdita del trattamento di cassa integrazione straordinaria in caso di rifiuto ad essere avviato ad un corso di formazione professionale, ovvero irregolare frequenza del corso (ottavo periodo);

c)           perdita del trattamento di cassa integrazione straordinaria, di mobilità, di disoccupazione ordinaria o speciale, ovvero altra indennità o sussidio in caso di mancata accettazione ad essere impiegato in opere o servizi di pubblica utilità (nono periodo).

 

Il decimo periodo del comma 137 prevede che in caso di decadenza dal godimento del trattamento di cassa integrazione straordinaria, il lavoratore perde anche il diritto alle erogazioni di carattere retributivo e previdenziale a carico del datore di lavoro, ad eccezione dei diritti già maturati.

Infine, si precisa che le penalizzazioni sopra indicate sono applicate solo nel caso in cui le attività di formazione o quelle lavorative siano effettuate in una località distante più di 50 km dal luogo di residenza del lavoratore, ovvero siano raggiungibili in 80 minuti con i mezzi di trasporti pubblici.

 

Per quanto concerne i lavoratori svantaggiati, l'articolo 13 del D.lgs. n. 276/2003[252], relativo alla decadenza dai trattamenti di sostegno al reddito dei lavoratori svantaggiati destinatari di attività volte all’inserimento o al reinserimento nel mercato del lavoro. La disposizione richiamata prevede che il lavoratore svantaggiato, destinatario delle attività di inserimento o reinserimento nel mercato del lavoro promosse dalle agenzie autorizzate alla somministrazione di lavoro, decade dai trattamenti di mobilità - qualora l'iscrizione nelle relative liste sia finalizzata esclusivamente al reimpiego - di disoccupazione ordinaria o speciale, o da altra indennità o sussidio la cui corresponsione è collegata allo stato di disoccupazione o in occupazione, quando:

a) rifiuti di essere avviato ad un progetto individuale di reinserimento nel mercato del lavoro ovvero rifiuti di essere avviato ad un corso di formazione professionale autorizzato dalla regione o non lo frequenti regolarmente, fatti salvi i casi di impossibilità derivante da forza maggiore;

b) non accetti l'offerta di un lavoro inquadrato in un livello retributivo non inferiore del 20 per cento rispetto a quello delle mansioni di provenienza;

c) non abbia provveduto a dare preventiva comunicazione alla competente sede I.N.P.S. del lavoro prestato. Anche in tal caso è previsto che le attività lavorative e formative si svolgano in una località raggiungibile, dal luogo di residenza, in 80 minuti con i mezzi pubblici.

 

Tali disposizioni si applicano quando le attività lavorative o di formazione offerte al lavoratore siano congrue rispetto alle competenze e alle qualifiche del lavoratore stesso e si svolgano in un luogo raggiungibile in 80 minuti con mezzi pubblici da quello della sua residenza, mentre quelle previste alle lettere b) e c) non si applicano ai lavoratori inoccupati.

In tali casi i responsabili della attività formativa ovvero le agenzie di somministrazione di lavoro comunicano all'I.N.P.S., e al servizio per l'impiego territorialmente competente nei casi degli iscritti alle liste di mobilità, i nominativi dei soggetti che possono essere ritenuti decaduti dai trattamenti previdenziali ai fini della sospensione cautelativa dell'erogazione del trattamento medesimo da parte dell’INPS che ne da comunicazione agli interessati. Avverso gli atti di decadenza è ammesso ricorso entro trenta giorni alle DPL competenti che decidono, in via definitiva, nei venti giorni successivi alla data di presentazione del ricorso, comunicando al competente servizio per l'impiego ed all’INPS.

 


 

Articolo 4, commi 46-47
(
Abrogazioni)

 

L’articolo 4, commi 46 e 47 abroga alcune disposizioni in materia di decadenza dai trattamenti di sostegno del reddito (a seguito dell’introduzione di una nuova disciplina della materia ai commi 40-45 dell’articolo 4).

 

L’articolo 4, commi 46-47, abroga,rispettivamente, le seguenti disposizioni:

§     l’articolo 1-quinquies del D.L. 249/2004[253] (recante una disciplina di carattere generale in tema di decadenza dai trattamenti di CIGS, di mobilità e di disoccupazione) (comma 46);

§     l’articolo 19, comma 10, del D.L. n. 185/2008[254] (che subordina il diritto a percepire i trattamenti di sostegno al reddito in materia di ammortizzatori sociali alla dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro o a un percorso di riqualificazione professionale) (comma 47).

 

L’abrogazione va messa in relazione all’introduzione di una nuova disciplina della materia ai commi 40-45 dell’articolo 4 della legge in esame.

 


 

Articolo 4, commi 48-50
(Delega al Governo in materia di politiche attive e servizi per l’impiego)

 

L'articolo 4, commi 48-50, modifica la delega già conferita al Governo (e non ancora esercitata) in materia di servizi per l'impiego, differendone il termine, estendendone l'ambito alle politiche attive, prevedendo l’intesa con la Conferenza Stato-Regioni e aggiungendo altri principi e criteri direttivi.

 

L'articolo 4, commi 48-50, interviene sulla delega già conferita al Governo dall’articolo 1, commi 30 legge 247/2007[255] (e non ancora esercitata) in materia di servizi per l'impiego.

 

L’articolo 1, commi 30 e 31, della legge 24 dicembre 2007, n. 247[256], ha attribuito al Governo la delega ad adottare, entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della norma, uno o più decreti legislativi finalizzati al riordino anche della normativa in materia di servizi per l’impiego, incentivi all’occupazione e apprendistato[257].

Successivamente, l’articolo 46 della L. 4 novembre 2010, n. 183 (cd. collegato lavoro) ha riaperto i termini temporali per l'esercizio di alcune deleghe contenute nella L. 247, tra le quali anche quella richiamata in precedenza. La nuova formulazione ha fissato il nuovo termine per l’esercizio delle richiamate deleghe a ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della L. 183/2010 (quindi al 24 novembre 2012).

Tali deleghe legislative devono essere esercitate in conformità all’art. 117 della Costituzione e agli Statuti delle regioni a Statuto speciale, garantendo l’uniformità della tutela dei lavoratori sull’intero territorio nazionale attraverso il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, anche in considerazione delle differenze di genere e delle condizioni degli immigrati, finalizzate al riordino della normativa in materia di servizi per l’impiego, di incentivi all’occupazione, di apprendistato.

I principi e criteri direttivi a cui il Governo deve attenersi per l’esercizio della delega in materia di servizi per l’impiego sono individuati :

-       Il potenziamento dei sistemi informativi e di monitoraggio per una maggiore rapidità e semplificazione dei dati utili per la gestione complessiva del mercato del lavoro;

-       valorizzazione delle sinergie tra collocamento pubblico e collocamento privato, tenuto conto della centralità dei servizi pubblici, al fine di rafforzare le capacità d’incontro tra domanda e offerta di lavoro, individuando a tal fine i criteri per l’accreditamento e l’autorizzazione dei soggetti operanti sul mercato del lavoro nonché i livelli essenziali delle prestazioni nei servizi pubblici per l’impiego;

-       programmazione delle misure relative all’incentivazione dell’invecchiamento attivo verso i lavoratori e le aziende, valorizzando il momento formativo;

-       promozione del patto di servizio come strumento adottato dai servizi per l’impiego per interventi di politica attiva del lavoro;

-       revisione e semplificazione delle procedure amministrative.

 

Le modifiche della delega riguardano:

·     la previsione che i decreti legislativi debbano essere adottati mediante intesa in sede di Conferenza Stato-regioni (ai sensi dell’articolo 3 del D.lgs. 281/1997[258] (comma 48, lettera a));

·     l’estensione dell’ambito della delega alle politiche attive (comma 48, lettera b));

·     l’introduzione di ulteriori principi e criteri direttivi, quali (comma 48, lettera c)):

-      attivazione del soggetto che cerca lavoro, in quanto mai occupato, espulso o beneficiario di ammortizzatori sociali, al fine di incentivarne la ricerca attiva di una nuova occupazione (lettera e-bis);

-      qualificazione professionale dei giovani che entrano nel mercato del lavoro (lettera e-ter);

-      formazione nel continuo dei lavoratori (lettera e-quater);

-      riqualificazione degli espulsi, per efficace e tempestivo ricollocamento (lettera e-quinquies);

-      collocamento di soggetti in difficile condizione rispetto alla loro occupabilità (lettera e-sexies);

·     il differimento del termine per l’esercizio della delega a 6 mesi dalla data di entrata in vigore della L. 92[259], e cioè al 18 gennaio 2013 (comma 49).

 

Infine, al comma 50 si prevede che l’esercizio della delega sopra indicata debba essere armonizzata con le disposizioni di cui ai commi da 33 a 49 dell’articolo 4 della legge in esame.

 

Legge 24 dicembre 2007, n. 247
Norme di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e competitività per favorire l'equità e la crescita sostenibili, nonché ulteriori norme in materia di lavoro e previdenza sociale.

Testo previgente

Testo ex L. 92/2012

 

 

Art. 1

 

 

 

30. Il Governo è delegato ad adottare, entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, in conformità all’articolo 117 della Costituzione e agli statuti delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, e alle relative norme di attuazione, e garantendo l’uniformità della tutela dei lavoratori sul territorio nazionale attraverso il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, anche con riguardo alle differenze di genere e alla condizione delle lavoratrici e dei lavoratori immigrati, uno o più decreti legislativi finalizzati al riordino della normativa in materia di:

30. Il Governo è delegato ad adottare, entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, mediante intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, ai sensi dell’articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 e garantendo l’uniformità della tutela dei lavoratori sul territorio nazionale attraverso il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, anche con riguardo alle differenze di genere e alla condizione delle lavoratrici e dei lavoratori immigrati, uno o più decreti legislativi finalizzati al riordino della normativa in materia di:

a) servizi per l’impiego;

a) servizi per l’impiego e politiche attive;

b) incentivi all’occupazione;

 

c) apprendistato.

 

31. Nell’esercizio della delega di cui al comma 30, lettera a), il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

 

a) potenziamento dei sistemi informativi e di monitoraggio per una velocizzazione e semplificazione dei dati utili per la gestione complessiva del mercato del lavoro;

 

b) valorizzazione delle sinergie tra servizi pubblici e agenzie private, tenuto conto della centralità dei servizi pubblici, al fine di rafforzare le capacità d’incontro tra domanda e offerta di lavoro, prevedendo, a tal fine, la definizione dei criteri per l’accreditamento e l’autorizzazione dei soggetti che operano sul mercato del lavoro e la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni nei servizi pubblici per l’impiego;

 

c) programmazione e pianificazione delle misure relative alla promozione dell’invecchiamento attivo verso i lavoratori e le imprese, valorizzando il momento formativo;

 

d) promozione del patto di servizio come strumento di gestione adottato dai servizi per l’impiego per interventi di politica attiva del lavoro;

 

e) revisione e semplificazione delle procedure amministrative.

 

 

e-bis) attivazione del soggetto che cerca lavoro, in quanto mai occupato, espulso o beneficiario di ammortizzatori sociali, al fine di incentivarne la ricerca attiva di una nuova occupazione;

 

e-ter) qualificazione professionale dei giovani che entrano nel mercato del lavoro;

 

e-quater) formazione nel continuo dei lavoratori;

 

e-quinquies) riqualificazione di coloro che sono espulsi, per un loro efficace e tempestivo ricollocamento;

 

e-sexies) collocamento di soggetti in difficile condizione rispetto alla loro occupabilità.

 

 


 

Articolo 4, commi 51-54
(Finalità)

 

L’articolo 4, commi 51-54 definisce gli aspetti essenziali delle politiche in materia di apprendimento permanente, da determinare a livello nazionale in sede Conferenza unificata.

 

L’articolo 4, comma 51, definisce l’apprendimento permanente, in linea con le indicazioni dell’Unione europea, come qualsiasi attività di apprendimento intrapresa dalle persone in modo formale, non formale e informale, nelle varie fasi della vita, al fine di migliorare le conoscenze, le capacità e le competenze, in una prospettiva personale, civica, sociale e occupazionale.

Le relative politiche sono determinate a livello nazionale, con intesa in Conferenza unificata, su proposta del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca e del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentito il Ministro dello sviluppo economico e sentite le parti sociali, a partire dalla individuazione e riconoscimento del patrimonio culturale e professionale comunque accumulato dai cittadini e dai lavoratori nella loro storia personale e professionale, da documentare attraverso la realizzazione di una “dorsale informativa unica”, mediante l’interoperabilità delle banche dati centrali e territoriali esistenti.

 

Il comma 52 stabilisce che per apprendimento formale si intende quello che viene realizzato tramite il sistema nazionale di istruzione e formazione, le università e le istituzioni di alta formazione e che si conclude con il conseguimento di un titolo di studio, di una qualifica/diploma professionale conseguiti anche in apprendistato a norma del D.Lgs. 167/2011[260] o di una certificazione riconosciuta.

 

Il comma 53 definisce apprendimento non formale quello scaturente da una scelta consapevole della persona, avviata fuori dai canali indicati al comma 2, anche del volontariato, del servizio civile nazionale, del privato sociale e nelle imprese.

 

Infine, l’apprendimento informale è definito al comma 54 come quello che si realizza nell’attività quotidiana, tramite il sistema di relazioni personali e professionali, anche a prescindere da una scelta intenzionale della persona.

 


 

Articolo 4, commi 55-57
(
Reti territoriali dei servizi)

 

L'articolo 4, commi 55-57 disciplina l’istituzione di reti territoriali di servizi di istruzione, formazione e lavoro, indicando alcune azioni prioritarie.

 

All'articolo 4, comma 55, si prevede, con intesa in sede di Conferenza Unificata, sentite le parti sociali, la definizione di indirizzi per l’individuazione di criteri generali e priorità per la realizzazione di reti territoriali comprendenti i servizi di istruzione, formazione e lavoro collegati organicamente alle strategie per la crescita economica, l’accesso al lavoro dei giovani, la riforma del welfare, l’invecchiamento attivo e l’esercizio della cittadinanza attiva, anche da parte degli immigrati.

 

In tali contesto, vengono considerate prioritarie le azioni riguardanti:

§     il sostegno alla costruzione, da parte delle persone, dei propri percorsi di apprendimento formale, non formale ed informale (descritti al precedente articolo 4, commi 51-54) ivi compresi quelli di lavoro, facendo emergere ed individuando i fabbisogni di competenza in relazione alle necessità dei sistemi produttivi e dei territori di riferimento, specie per le competenze linguistiche e digitali (lettera a));

§     il riconoscimento di crediti formativi e la certificazione degli apprendimenti acquisiti (lettera b));

§     la fruizione di servizi di orientamento per tutta la vita (lettera c)).

 

Il comma 56 prevede che per la realizzazione e lo sviluppo delle reti territoriali dei servizi in esame concorrano anche altri soggetti:

§     le università, attraverso l’inclusione dell’apprendimento permanente nelle loro strategie istituzionali, un’offerta formativa flessibile e di qualità, che comprende anche la formazione a distanza, per una popolazione studentesca diversificata, idonei servizi di orientamento e consulenza e partenariati nazionali, europei e internazionali a sostegno della mobilità delle persone e dello sviluppo sociale ed economico (lettera a);

§     le imprese, attraverso rappresentanze datoriali e sindacali (lettera b);

§     le CCIAA nell’erogare i servizi destinati alla crescita del sistema imprenditoriale e del territorio comprendenti come la formazione, l’apprendimento e la valorizzazione dell’esperienza professionale acquisita dalle persone (lettera c);

§     l’Osservatorio sulla migrazione interna nell’ambito del territorio nazionale[261] e le strutture territoriali degli enti pubblici di ricerca (lettera d).

 

Infine il comma 57 contiene una clausola di invarianza finanziaria per cui dall’attuazione di quanto previsto nella disposizione in esame non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, in quanto le amministrazioni interessate provvedono con le risorse finanziarie, umane e strumentali previste a legislazione vigente.

 


 

Articolo 4, commi 58-61
(Delega al Governo per l’
Individuazione e la validazione degli apprendimenti non formali e informali)

 

L'articolo 4, commi 58-61, delega il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per la definizione delle norme generali e dei livelli essenziali delle prestazioni per l’individuazione e la validazione degli apprendimenti non formali ed informali, con riferimento al sistema nazionale di certificazione delle competenze.

 

L’articolo 4, al comma 58 delega il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per la definizione di norme generali e livelli essenziali delle prestazioni, riferiti negli ambiti di competenza dello Stato e delle regioni, per l’individuazione e la validazione degli apprendimenti non formali e informali, con riferimento al sistema nazionale di certificazione delle competenze di cui al successivo comma 64.

I provvedimenti devono essere adottati nel termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, sentito il Ministro dello sviluppo economico, d’intesa con la Conferenza unificata, nel rispetto dell’autonomia delle istituzioni scolastiche e formative, delle università e degli istituti di alta formazione artistica, musicale e coreutica e sentite le parti sociali.

Il decreto viene adottato sulla base dei seguenti principi e criteri direttivi:

§        individuazione e validazione degli apprendimenti non formali ed informali, acquisiti dalla persona finalizzate a valorizzare il suo patrimonio culturale e professionale e la consistenza e correlabilità dello stesso in relazione alle competenze certificabili e ai crediti formativi riconoscibili ai sensi comma 64 (lettera a));

§        individuazione e validazione dell’apprendimento non formale e informale effettuate attraverso un omogeneo processo di servizio alla persona e sulla base di idonei riscontri e prove, nel rispetto delle scelte e dei diritti individuali e delle pari opportunità; (lettera b));

§        il riconoscimento delle esperienze di lavoro come parte essenziale del percorso educativo, formativo e professionale della persona (lettera c));

§        definizione dei livelli essenziali delle prestazioni per l’erogazione dei servizi di apprendimento da parte dei soggetti istituzionalmente competenti in materia di istruzione, formazione e lavoro, ivi incluse le imprese e loro rappresentanze nonché le CCIAA (lettera d));

§        possibilità di riconoscimento degli apprendimenti non formali e informali convalidati come crediti formativi in relazione ai titoli di istruzione e formazione e alle qualificazioni compresi nel repertorio nazionale di cui al comma 67 (lettera e));

§       procedure di convalida dell’apprendimento non formale ed informale e di riconoscimento dei crediti (da parte dei soggetti indicati alla lettera d) ispirate a princìpi di semplicità, trasparenza, rispondenza ai sistemi di garanzia della qualità e valorizzazione del patrimonio culturale e professionale accumulato nel tempo dalla persona (lettera f));

§        riscontri e prove di cui alla lettera b), effettuati sulla base di quadri di riferimento e regole definiti a livello nazionale, in relazione ai livelli e ai sistemi di referenziazione dell’Unione europea e in modo da assicurare, anche a garanzia dell’equità e del pari trattamento delle persone, la comparabilità delle competenze certificate sull’intero territorio nazionale (lettera g)).

 

Nell’esercizio della delega in esame, il comma 59, con riferimento alle certificazioni di competenza, prevede sia considerato anche il ruolo svolto dagli organismi di certificazione accreditati dall’organismo unico nazionale di accreditamento ai sensi del Regolamento (CE) n. 765/2008[262].

 

Il comma 60 prevede la possibilità di adottare disposizioni integrative e correttive, con le medesime modalità e nel rispetto dei medesimi principi e criteri direttivi sopra esposti, entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi.

 

Infine, il comma 61 contiene la clausola di invarianza finanziaria, per cui dall’adozione dei decreti legislativi in esame non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, ferma restando la facoltà per le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano di stabilire la quota dei costi a carico della persona che chiede la convalida dell’apprendimento e la relativa certificazione delle competenze.

 


 

Articolo 4, commi 62-63
(
Delega al Governo in materia di informazione e consultazione dei lavoratori, nonché per la definizione di misure per la democrazia economica)

 

L'articolo 4, commi 62 e 63, attribuisce una delega al Governo per l’adozione di uno o più decreti legislativi in materia di informazione e consultazione dei lavoratori, nonché di partecipazione dei dipendenti agli utili e al capitale, finalizzati a promuovere il coinvolgimento dei lavoratori nell’impresa.

 

L'articolo 4, commi 62 e 63, attribuisce una delega ad adottare uno o più decreti legislativi finalizzati a conferire organicità e sistematicità alle norme in materia di informazione e consultazione dei lavoratori, nonché di partecipazione dei dipendenti agli utili e al capitale.

I provvedimenti sono adottati su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, nel termine di nove mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, al fine di favorire forme di coinvolgimento dei lavoratori nell’impresa, attivate attraverso la stipulazione di un contratto collettivo aziendale, sulla base dei seguenti principi e criteri direttivi:

obblighi di informazione, consultazione o negoziazione a carico dell'impresa nei confronti delle organizzazioni sindacali, dei lavoratori, nel rispetto dei livelli minimi fissati dal D.lgs. 25/2007[263], di recepimento della direttiva europea 2002/14/CE sull'informazione e consultazione dei lavoratori (lettera a));

§        procedure di verifica dell'applicazione e degli esiti di piani o decisioni concordate, anche attraverso organismi congiunti, paritetici o comunque misti (lettera b));

§        organismi congiunti, paritetici o comunque misti, competenti sulla sicurezza dei luoghi di lavoro e la salute dei lavoratori, l'organizzazione del lavoro, la formazione professionale, pari opportunità, forme di remunerazione legate al risultato, servizi sociali per i lavoratori e le loro famiglie, forme di welfare aziendale, responsabilità sociale dell'impresa (lettera c));

§        controllo sull'andamento o su determinate scelte di gestione aziendali, con l’elezione di lavoratori o designazione dalle organizzazioni sindacali negli organi di sorveglianza (lettera d));

§        partecipazione dei lavoratori agli utili dell'impresa e all'attuazione e al risultato di piani industriali, con istituzione di forme di accesso dei rappresentanti sindacali alle informazioni sull'andamento dei piani medesimi (lettera e));

§        previsione che nelle imprese esercitate in forma di s.p.a. o società europea[264], a norma del regolamento n. 2157/2001[265], che occupino complessivamente più di 300 lavoratori e dove è previsto dallo statuto l’esercizio dell'amministrazione e del controllo da un Consiglio di gestione e da un Consiglio di sorveglianza (secondo gli articoli 2409-octies e 2409-quaterdecies del c.c.)[266], possa essere prevista la partecipazione di rappresentanti dei lavoratori nel consiglio di sorveglianza come membri a pieno titolo di tale organo, con gli stessi diritti e gli stessi obblighi dei membri rappresentanti gli azionisti, compreso il diritto di voto (lettera f));

§        accesso privilegiato dei lavoratori dipendenti al possesso di azioni, quote del capitale dell'impresa, o diritti di opzione sulle stesse, direttamente o mediante la costituzione di fondazioni, enti in forma di società di investimento a capitale variabile o di associazioni di lavoratori, con lo scopo di un utilizzo non speculativo delle partecipazioni e l'esercizio della rappresentanza collettiva nel governo dell'impresa (lettera g)).

 

§        Il comma 63 precisa che per l’adozione dei decreti legislativi sopra indicati si applicano le disposizioni di cui al comma 90 dell’articolo 1 della legge 247/2007[267], in quanto compatibili.

L’articolo 1, comma 90, della legge n. 247 del 2007 dispone che gli schemi di decreti legislativi, ciascuno dei quali corredato da apposita relazione tecnica sugli effetti finanziari, vengano deliberati preliminarmente dal Consiglio dei ministri, sentite le organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro maggiormente rappresentative a livello nazionale.

Sugli schemi così deliberati è previsto il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano sulle materie di competenza.

A questo punto gli schemi vengono trasmessi alle Camere per l'espressione dei pareri da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per le conseguenze di carattere finanziario, da rendere entro 30 giorni dall’assegnazione. Le Commissioni parlamentari possono chiedere una proroga di 20 giorni per l'espressione del parere, qualora ciò si renda necessario per la complessità della materia o per il numero degli schemi trasmessi nello stesso periodo all'esame delle stesse Commissioni.

Qualora i termini per l'espressione del parere delle Commissioni parlamentari scadano nei 30 giorni che precedono la scadenza del termine per l'esercizio della delega, o successivamente, quest'ultimo è prorogato di sessanta giorni. Tale termine viene invece prorogato di 20 giorni nel caso in cui sia concessa la proroga del termine per l'espressione del parere.

Decorso il termine stabilito ai fini dell’espressione del parere (30 giorni dall’assegnazione), ovvero quello eventualmente prorogato (30 giorni dall’assegnazione più ulteriori 20 giorni), senza l’espressione del parere da parte delle Commissioni, i decreti legislativi possono essere comunque emanati.

Entro i trenta giorni successivi all’espressione dei pareri, il Governo, ove non intenda conformarsi alle condizioni ivi eventualmente formulate con riferimento all’esigenza di garantire il rispetto dell’articolo 81, quarto comma, della Costituzione, (relativo alla copertura finanziaria dei provvedimenti legislativi), ritrasmette alle Camere i testi, corredati dei necessari elementi integrativi di informazione, per i pareri definitivi delle Commissioni competenti, che sono espressi entro trenta giorni dalla data di trasmissione.

 

Infine, viene prevista la clausola di invarianza finanziaria, per cui dai decreti legislativi adottati non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Si precisa, peraltro, che il decreto legislativo indicato alla lettera e) (sulla partecipazione dei lavoratori agli utili dell'impresa e all'attuazione e al risultato di piani industriali) potrà essere adottato solo dopo che la legge di stabilità relativa all’esercizio in corso al momento della sua adozione avrà disposto le risorse necessarie per far fronte agli oneri derivanti dal decreto legislativo stesso.

Procedure di contenzioso

Si segnala che la Commissione europea ha inviato il 24 novembre 2011 un parere motivato per mancato recepimento della direttiva 2009/38/CE relativa all'istituzione di un comitato aziendale europeo o di una procedura di informazione e consultazione dei lavoratori nelle imprese di dimensioni comunitarie. Il termine di recepimento della direttiva è scaduto il 6 giugno 2011.

Lo schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva in questione (atto del governo n. 465) è stato trasmesso il 16 aprile 2012 dal Governo al Parlamento. Il 23 maggio scorso, la Commissione XI Lavoro ha approvato un parere favorevole con osservazioni e la Commissione XIV Politiche dell’Unione europea un parere favorevole con condizione.

 

La Commissione europea ha inoltre aperto una procedura di infrazione (proc. n. 2010/2045), con l’invio il 30 settembre 2009 di una lettera di messa in mora per la non corretta trasposizione della direttiva 1999/70/CE relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato.

La Commissione europea ritiene che l’articolo 8 del D.lgs. 368/2001, li dove prevede una durata contrattuale minima di 9 mesi sotto la quale il lavoratore a tempo determinato è escluso dal conteggio ai fini delle soglie per la costituzione degli organi di rappresentanza dei lavoratori, non sia conforme con i requisiti previsti dalla clausola 7 dell’Accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/Ce relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, che prevede che i lavoratori a tempo determinato debbano essere computati a prescindere dalla durata del contratto a termine. La Commissione europea ritiene, inoltre, che l’Italia abbia attuato in modo incorretto l’art. 2, par. 2., della direttiva 94/45/CE, riguardante l'istituzione di un comitato aziendale europeo o di una procedura per l'informazione e la consultazione dei lavoratori nelle imprese e nei gruppi di imprese di dimensioni comunitarie, nonché l’art. 3 della direttiva 2002/14/CE, che istituisce un quadro generale relativo all'informazione e alla consultazione dei lavoratori, nella misura in cui la normativa italiana di recepimento (D.lgs. 74/2002 e D.lgs 25/2007) impone limiti per l’inclusione dei lavoratori con contratto a tempo determinato nel conteggio del personale.

 


 

Articolo 4, commi 64-68
(Sistema pubblico nazionale di certificazione delle competenze)

 

L’articolo 4, commi 64-68, prevede un sistema pubblico nazionale di certificazione delle competenze basato su standard minimi di servizio omogenei su tutto il territorio nazionale, raccolti in repertori codificati a livello nazionale o regionale che fanno riferimento a un repertorio nazionale dei titoli di istruzione e formazione e delle qualificazioni professionali.

 

L’articolo 4, comma 64, prevede un sistema pubblico nazionale di certificazione delle competenze basato su standard minimi di servizio omogenei su tutto il territorio nazionale nel rispetto dei principi di accessibilità, riservatezza, trasparenza, oggettività e tracciabilità.

 

Secondo il comma 65, la certificazione delle competenze acquisite nei contesti formali, non formali ed informali è un atto pubblico che garantisce la trasparenza e il riconoscimento degli apprendimenti, in coerenza con gli indirizzi dell’Unione europea. In tal senso, viene rilasciato un certificato, un diploma o un titolo che documenta l’accertamento e la convalida effettuati da un ente pubblico o da un soggetto accreditato o autorizzato.

Le procedure di certificazione sono ispirate a criteri di semplificazione, tracciabilità e accessibilità della documentazione e dei servizi, soprattutto attraverso la dorsale informativa unica di cui al precedente comma 51 nel rispetto delle norme di accesso agli atti amministrativi e di tutela della privacy.

 

Il comma 66 definisce la competenza certificabile come un insieme strutturato di conoscenze e di abilità, acquisite nei contesti di cui ai commi da 51 a 54 e riconoscibili anche come crediti formativi, previa apposita procedura di validazione nel caso degli apprendimenti non formali e informali.

 

Nel comma 67 tutti gli standard delle qualificazioni e competenze certificabili ai sensi del sistema pubblico di certificazione sono raccolti in repertori codificati a livello nazionale o regionale, pubblicamente riconosciuti e accessibili in un repertorio nazionale dei titoli di istruzione e formazione e delle qualificazioni professionali. La previsione di tale repertorio si è ritenuta necessaria ai fini di una reale portabilità delle certificazione.

 

Infine, al comma 68 si prevede che con lo stesso decreto legislativo di cui al comma 58 (finalizzato all’individuazione e la validazione degli apprendimenti non formali ed informali del sistema nazionale di certificazione) sono definiti i seguenti aspetti:

§        gli standard di certificazione delle competenze e dei relativi servizi, rispondenti ai principi di cui al comma 64, per la riconoscibilità e la ampia spendibilità delle certificazioni in ambito regionale, nazionale ed europeo (lettera a));

§        i criteri per la definizione e l’aggiornamento, con cadenza almeno triennale, del repertorio nazionale dei titoli di istruzione e formazione e delle qualificazioni professionali (lettera b));

§        le modalità di registrazione delle competenze certificate, anche con riferimento al libretto formativo ed alle anagrafi del cittadino (lettera c)).

 

Nella relazione illustrativa si evidenzia come si sia voluto, al fine di semplificare il processo attuativo del Capo VII del presente disegno di legge, prevedere che la materia fosse regolata dal medesimo atto di cui al comma 58 piuttosto che prevedere ulteriori linee guida da definire con intesa in sede di Conferenza unificata, che potrebbe determinare concreti problemi e differimenti in fase di attuazione del provvedimento.

 

 


 

Articolo 4, commi 69-71
(Copertura finanziaria)

 

I commi 69-71 recano la norma di copertura finanziaria degli oneri recati dal provvedimento e la relativa clausola di salvaguardia finanziaria, prevedendo a tal fine, nel caso in cui si verifichino o siano in procinto di verificarsi scostamenti rispetto alle previsioni di spesa, che il Ministro dell’economia provveda, a decorrere dall’anno 2013, alla riduzione lineare delle dotazioni finanziarie disponibili, iscritte a legislazione vigente, nell’ambito delle spese rimodulabili di parte corrente delle missioni di spesa di ciascun Ministero.

 

Il comma 69 reca la norma di copertura finanziaria degli oneri recati dal provvedimento, stimati complessivamente in 1.719 milioni di euro per l’anno 2013, 2.921 milioni di euro per l’anno 2014, 2.501 milioni di euro per l’anno 2015, 2.482 milioni di euro per l’anno 2016, 2.038 milioni di euro per l’anno 2017, 2.142 milioni di euro per l’anno 2018, 2.148 milioni di euro per l’anno 2019, 2.195 milioni di euro per l’anno 2020 e 2.225 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2021.

 

A tali oneri la norma prevede che si provveda nel seguente modo:

a) quanto a quanto a 1.138 milioni di euro per l’anno 2013, 2.014 milioni di euro per l’anno 2014 e 1.716 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2015, mediante utilizzo delle maggiori entrate e dei risparmi di spesa derivanti, rispettivamente, dalle misure in tema di deducibilità dal reddito fiscale imponibile e di razionalizzazione organizzativa dell’INPS, dell’INAIL e dell’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato, introdotte ai commi da 72 a 79 del provvedimento;

b) quanto a 581 milioni di euro per l’anno 2013, 907 milioni di euro per l’anno 2014, 785 milioni di euro per l’anno 2015, 766 milioni di euro per l’anno 2016, 322 milioni di euro per l’anno 2017, 426 milioni di euro per l’anno 2018, 432 milioni di euro per l’anno 2019, 479 milioni di euro per l’anno 2020 e 509 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2021, mediante una corrispondente riduzione delle dotazioni finanziarie del Programma di spesa «Regolazioni contabili, restituzioni e rimborsi di imposta» nell’ambito della Missione «Politiche economico-finanziarie e di bilancio» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze.

 

Il comma 70 reca la clausola di salvaguardia finanziaria degli oneri recati dal provvedimento, demandando al Ministro dell’economia e finanze il compito di provvedere al monitoraggio degli effetti finanziari derivanti dalle disposizioni introdotte dal provvedimento.

Con riferimento alla clausola di salvaguardia finanziaria, si ricorda che l’articolo 17, comma 1 della legge di contabilità pubblica, legge n. 196/2009 prevede che ciascuna legge recante nuovi o maggiori oneri deve indicare espressamente, per ciascun anno e per ogni intervento previsto, la spesa autorizzata, che si intende come limite massimo di spesa; ovvero le relative previsioni di spesa, definendo, in tal caso, una specifica clausola di salvaguardia.

Il medesimo articolo 17, al comma 12, stabilisce che le clausole di salvaguardia devono essere effettive ed automatiche, dovendo indicare le misure di riduzione delle spese o di aumento dell’entrata, con esclusione del ricorso ai fondi di riserva, da adottare nel caso in cui si verifichino o siano in procinto di verificarsi scostamenti rispetto alle previsioni di spesa.

In tali casi, sulla base di un apposito monitoraggio, il Ministro dell’economia e delle finanze adotta le misure indicate dalla clausola di salvaguardia e riferisce alle Camere con apposita relazione, che dovrà indicare le cause degli scostamenti, anche ai fini della revisione dei dati e dei metodi utilizzati per al quantificazione degli oneri autorizzati.

 

Nel caso in cui si verifichino o siano in procinto di verificarsi scostamenti rispetto alle previsioni di spesa, il comma 70 dispone, quale clausola di salvaguardia finanziaria, che il Ministro dell’economia provveda, a decorrere dall’anno 2013, con proprio decreto, alla riduzione lineare delle dotazioni finanziarie disponibili, iscritte a legislazione vigente, nell’ambito delle spese rimodulabili di parte corrente delle missioni di spesa di ciascun Ministero, come definite dall'articolo 21, comma 5, lettera b), della legge di contabilità n. 196 del 2009, nella misura necessaria alla copertura finanziaria.

E’ fatta comunque salva l’adozione di provvedimenti correttivi degli effetti finanziari prodotti dagli scostamenti, da effettuarsi in sede di legge di stabilità, ai sensi di quanto previsto dall’articolo 11, comma 3, lettera l), della citata legge.

Ai sensi dell'articolo 21, comma 5, della legge n. 196/2009, concernente il bilancio di previsione dello Stato, gli stanziamenti di spesa di ciascun programma, si ripartiscono in:

a) spese non rimodulabili;

b)  spese rimodulabili.

In base alla legge di contabilità, le spese rimodulabili sono individuate:

a)  nelle spese derivanti da fattori legislativi, intendendo come tali quelle autorizzate da espressa disposizione legislativa che ne determina l'importo, considerato quale limite massimo di spesa, e il periodo di iscrizione in bilancio;

b)  nelle spese di adeguamento al fabbisogno, ossia spese non predeterminate legislativamente ma quantificate tenendo conto delle esigenze delle amministrazioni.

Le spese non rimodulabili sono, invece, secondo la definizione contenuta nella legge di contabilità, quelle “per le quali l'amministrazione non ha la possibilità di esercitare un effettivo controllo, in via amministrativa, sulle variabili che concorrono alla loro formazione, allocazione e quantificazione”. Esse corrispondono alle spese definite come “oneri inderogabili”, tra i quali vi rientrano le cosiddette spese obbligatorie (ossia le spese relative al pagamento di stipendi, assegni, pensioni e altre spese fisse, le spese per interessi passivi, le spese derivanti da obblighi comunitari e internazionali, le spese per ammortamento di mutui, nonché quelle vincolate a particolari meccanismi o parametri, determinati da leggi che regolano la loro evoluzione).

Si ricorda, infine, che l’articolo 11, comma 3, lettera l), della medesima legge indica, tra i contenuti della legge di stabilità, le norme recanti misure correttive degli effetti finanziari delle leggi la cui attuazione reca pregiudizio al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica.

 

Dalle riduzioni sono esclusi:

§     gli stanziamenti relativi al cinque per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche;

§     gli stanziamenti relativi alle spese per la tutela dell'ordine e la sicurezza pubblica, nonché per il soccorso pubblico.

 

Infine, il comma 70 autorizza inoltre il Ministro dell’economia e finanze ad accantonare e rendere indisponibili le predette somme, sulle quali le amministrazioni potranno proporre variazioni compensative, anche relative a missioni diverse, tra gli accantonamenti interessati, nel rispetto dell'invarianza dei saldi di finanza pubblica, ai fini delle successive riduzioni.

 

Il comma 71 autorizza il Ministro dell’economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 


 

Articolo 4, commi 72-76
(Misure fiscali)

 

I commi da 72 a 76 dell’articolo 4 recano disposizioni volte a reperire maggiori entrate, destinate a confluire nella copertura degli oneri della legge (ai sensi dell’articolo 4, comma 69).

Più in dettaglio, viene ridotta la percentuale deducibile, ai fini delle imposte dirette, delle spese e degli altri componenti negativi relativi a specifici mezzi di trasporto a motore impiegati nell'esercizio di imprese, arti e professioni; viene rideterminata la modalità di calcolo del reddito dei fabbricati imponibile ai fini IRPEF (abbassando dal 15 al 5 per cento la riduzione applicabile ai canoni dei fabbricati locati); è incrementata di due euro, a decorrere dal 1º luglio 2013, l’addizionale comunale sui diritti di imbarco di passeggeri sugli aeromobili;è  limita la percentuale di deducibilità del contributo relativo ai premi delle assicurazioni per la responsabilità civile per i danni causati dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti.

 

I commi 72 e 73 dell'articolo 4 riducono la percentuale deducibile, ai fini delle imposte dirette, delle spese e degli altri componenti negativi (perdite, oneri fiscali/contributivi, etc.) relativi a specifici mezzi di trasporto a motore impiegati nell'esercizio di imprese, arti e professioni.

In particolare:

§      viene ridotta al 20 per cento[268] la quota di deducibilità delle spese e degli altri componenti negativi relativi alle autovetture, agli autocaravan, ai ciclomotori ed ai motocicli (lettera a) del comma 1, che modifica l’articolo 164, comma 1, lettera b) del TUIR), che non sono utilizzati esclusivamente come beni strumentali.

Resta ferma l’elevazione della deducibilità all’80 per cento per i veicoli utilizzati dai soggetti esercenti attività di agenzia o di rappresentanza di commercio. Nel caso di esercizio di arti e professioni in forma individuale, la deducibilità è ammessa, nella modificata misura del 27, 5 per cento, limitatamente ad un solo veicolo; se l'attività è svolta da società semplici e da associazioni, la deducibilità è consentita soltanto per un veicolo per ogni socio o associato. La legge specifica di quali componenti dei costi e dei canoni non si deve tener conto ai fini del calcolo della deduzione, modulando tale limitazioni anche in base alla forma giuridica dell’impresa;

§      b) viene ridotta dal 90 al 70 per cento (lettera b) del comma 1, che modifica l’articolo 164, comma 1, lettera b-bis) del TUIR) la quota deducibile di costi relativi ai veicoli dati in uso promiscuo ai dipendenti per la maggior parte del periodo d’imposta (cd. fringe benefit);

L’Agenzia delle Entrate ha chiarito che (circolare 1/E del 19 gennaio 2007) ai sensi della nuova lettera b-bis), l'impresa potrà unicamente dedurre dal proprio reddito l'importo corrispondente al fringe benefit portato a tassazione in capo al dipendente. Nel caso in cui il dipendente corrisponda delle somme a fronte dell'utilizzo del veicolo per rimborsare in tutto o in parte il relativo costo  sostenuto dall'impresa, dette somme vanno a decurtare il reddito di lavoro dipendente. In tal caso, considerato che le somme rimborsate dal dipendente  concorrono a formare il reddito dell'impresa, l’Agenzia ha chiarito che i costi effettivamente sostenuti dall'impresa, per un ammontare corrispondente a dette spese, possano essere portati in deduzione dal reddito in quanto strettamente correlati al componente positivo tassato. In ogni caso l'importo complessivamente deducibile dall'impresa, a titolo di fringe benefit e di altri  costi, non può eccedere quello delle spese sostenute per l'autoveicolo dato in uso promiscuo.

 

Ai sensi del comma 73, le introdotte modifiche hanno effetto a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della legge in commento. Ai fini della determinazione degli acconti dovuti per il periodo di imposta di prima applicazione dovrà assumersi, quale imposta del periodo precedente, quella che sarebbe derivata dall'applicazione delle nuove norme in esame (queste ultime, come osserva la relazione tecnica, hanno di conseguenza efficacia anche sulla determinazione degli acconti dovuti per il periodo di imposta di prima applicazione).

 

Il comma 74 ridetermina le modalità di calcolo del reddito dei fabbricati imponibile ai fini IRPEF, a tal fine novellando l’articolo 37, comma 4-bis del TUIR.

In particolare, dal 2013 è diminuita dal 15 al 5 per cento la riduzione applicabile ai canoni dei fabbricati concessi in locazione, utile ai fini della determinazione del reddito imponibile IRPEF.

Ai sensi della normativa previgente, la determinazione dei redditi dei fabbricati avviene mediante l'applicazione delle tariffe catastali ovvero, per i fabbricati a destinazione speciale o particolare, mediante stima diretta; tuttavia, ove l’immobile sia locato e il canone risultante dal relativo contratto, ridotto forfettariamente di una percentuale specificata dalla legge, sia superiore al reddito come sopra determinato, la base imponibile è costituita dal medesimo canone, al netto della riduzione forfettaria. Per effetto delle modifiche apportate dalla norma in commento, la suddetta percentuale è ridotta dal 15 al 5 per cento a decorrere dal 2013.

Da ultimo, l’articolo 4, commi 5-quinquies e 5-sexies del D.L. n. 16 del 2012 hanno fissato al 35 per cento la riduzione applicabile per determinare il reddito da locazione imponibile a fini IRPEF e IRES degli immobili aventi interesse storico o artistico; tali norme si applicano a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2011.

 

Il comma 75 incrementa, a decorrere dal 1º luglio 2013, di due euro a passeggero imbarcato l’addizionale comunale sui diritti di imbarco di passeggeri sugli aeromobili

La predetta addizionale, istituita dall'articolo 2, comma 11, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 - legge finanziaria 2004 - e incrementata nel tempo fino a raggiungere l’attuale misura di 4,5 euro, passerebbe a 6,5 euro dal 1° luglio 2013 (salvo quanto disposto per la città di Roma, cfr. infra).

 

La disposizione in esame mantiene fermo quanto previsto dall’articolo 2, comma 48 del DDL in esame, che dal 1° gennaio 2016 modifica la destinazione delle maggiori somme che derivano dall’incremento dell’addizionale disposto dall’articolo 6-quater, comma 2, del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7 (pari a tre euro; cfr. infra sulla misura dell’addizionale).

Si rimanda alla relativa scheda di lettura per approfondimenti.

 

L’addizionale era stata originariamente fissata nella misura di un euro dalla norma istitutiva (citato articolo 2, comma 11, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, legge finanziaria 2004). Successivamente, il comma 2 dell’articolo 6-quater del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7 ha previsto un incremento dell’addizionale di un euro a passeggero imbarcato (portandola a 2 euro); un ulteriore incremento di cinquanta centesimi è stato poi disposto dalla legge finanziaria 2007 (articolo 1, comma 1328 della legge n.296 del 2006), per effetto della quale l’addizionale era stata dunque elevata a 2,5 euro.

Da ultimo, l’articolo 2, comma 5-bis del D. L. 134 del 2008 ha novellato il predetto articolo 6-quater, innalzando da uno a tre euro la misura dell’incremento ivi previsto (senza incidere sulla misura di base, pari a 1 euro); di conseguenza, l’addizionale è stata portata all’attuale misura di 4,5 euro (salva l’addizionale commissariale che vige per la città di Roma, cfr. infra).

L’aumento di tre euro recato dal summenzionato articolo 2, comma 5-bis del D. L. 134 del 2008 è attualmente destinato ad alimentare il Fondo speciale per il sostegno del reddito e dell'occupazione e della riconversione e riqualificazione del personale del settore del trasporto aereo. Per effetto delle modifiche apportate dall’articolo 2, comma 48 del DDL in esame:

-   l’incremento di tre euro verrebbe destinato ad alimentare il Fondo speciale per il sostegno del reddito e dell'occupazione e della riconversione e riqualificazione del personale del settore del trasporto aereo fino al 31 dicembre 2015;

-   a decorrere dal 1º gennaio 2016, le maggiori somme derivanti dal citato intervento verrebbero destinate alla Gestione INPS degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali.

 

Per quanto riguarda la città di Roma, l’articolo 14, comma 14 del Decreto Legge 31 maggio 2010, n. 78, ha istituito l’addizionale commissariale sui diritti di imbarco dei passeggeri sugli aeromobili in partenza dagli aeroporti, nella misura massima di 1,00 Euro; tale è l’ammontare deliberato dalla giunta capitolina il 27 ottobre 2010 (delibera n. 36 del 2010).

Si ricorda infine che l’articolo 12, comma 4 del D.Lgs. 18 aprile 2012 (recante ulteriori disposizioni di attuazione dell'articolo 24 della legge 5 maggio 2009, n. 42, in materia di ordinamento di Roma Capitale) consente di istituire, per l'esclusivo finanziamento degli investimenti in interventi infrastrutturali nel territorio di Roma capitale e limitatamente al periodo di ammortamento delle opere, un'ulteriore addizionale comunale sui diritti di imbarco dei passeggeri sugli aeromobili in partenza dagli aeroporti della città di Roma, fino ad un massimo di 1 euro per passeggero.

 

La disposizione rimanda, in ordine alle modalità di versamento all’INPS delle maggiori somme derivanti dal predetto incremento dell’addizionale, alle norme dell’articolo 2, comma 48 della legge in esame, con l’applicazione delle disposizioni di cui ai commi 49 e 50 del medesimo articolo 2 (cfr. relativa scheda di lettura): in estrema sintesi, si affida ai gestori di servizi aeroportuali la riscossione dell’incremento dell’addizionale, con le modalità in uso per la riscossione dei diritti di imbarco. Il versamento da parte delle compagnie aeree avviene entro tre mesi dalla fine del mese in cui sorge l’obbligo. I gestori comunicano mensilmente all’INPS le somme riscosse e le riversano allo stesso Istituto entro la fine del mese successivo a quello di riscossione.

 

Il comma 76 limita la percentuale di deducibilità del contributo sanitario obbligatorio relativo ai premi delle assicurazioni per la responsabilità civile per i danni causati dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti.

 

Tale contributo (articolo 334 del Codice delle assicurazioni private, di cui al D. Lgs. n. 209 del 2005) si applica sui premi delle assicurazioni per la responsabilità civile per i danni causati dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti ed è sostitutivo delle azioni spettanti alle Regioni e agli altri enti che erogano prestazioni a carico del Servizio sanitario nazionale, nei confronti dell'impresa di assicurazione, del responsabile del sinistro o dell'impresa designata, per il rimborso delle prestazioni erogate ai danneggiati dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti. Esso ha un’aliquota del 10,5 per cento e si applica sui premi incassati; deve essere distintamente indicato in polizza e nelle quietanze. L'impresa di assicurazione ha diritto di rivalersi nei confronti del contraente per l'importo del contributo.

L’articolo 10, comma 1, lettera e) del TUIR dispone la deducibilità integrale ai fini IRPEF del contributo, qualora l'impresa di assicurazione abbia esercitato il diritto di rivalsa nei confronti del contribuente (per l'importo del contributo medesimo).

Per effetto della novella in commento, la deducibilità verrebbe limitata alla quota di contributo eccedente l'importo di 40 euro, a decorrere dal 2012.


 

 

Articolo 4, commi 77-79
(
Riduzione delle spese di funzionamento di enti)

 

L'articolo 4, commi 77-79 dispone per alcuni enti (INPS, INAIL e Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato) l'adozione, a decorrere dal 2013, di misure di razionalizzazione organizzativa aggiuntive rispetto a quelle previste dalla normativa vigente, volte alla riduzione delle spese di funzionamento.

 

L'articolo 4, comma 77 dispone per alcuni enti l'adozione, a decorrere dal 2013, nell'ambito della propria autonomia, di misure di razionalizzazione organizzativa volte a ridurre le proprie spese di funzionamento.

Tali misure sono aggiuntive rispetto a quelle già previste dall’articolo 4, comma 66, della legge 183/2011[269] e dall’articolo 21, commi da 1 a 9, del D.L. 201/2011[270] e devono consentire una riduzione complessiva di spese in misura pari a 90 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2013.

 

Allo scopo di concorrere al raggiungimento degli obiettivi programmati di finanza pubblica per gli anni 2012 e successivi, l’articolo 4 comma 66, della legge n. 183/2011, ha previsto, l’obbligo, per l’INPS, l’INPDAP e INAIL, nell’ambito della propria autonomia, di adottare specifiche misure di razionalizzazione organizzativa, al fine di ridurre le proprie spese di funzionamento in misura non inferiore all’importo complessivo, in termini di saldo netto, di 60 milioni di euro per l’anno 2012, 10 milioni di euro per l’anno 2013 e 16,5 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2014[271].

Il riparto delle somme tra gli enti richiamati in precedenza, per la definizione delle riduzioni delle spese di funzionamento a carico di ciascun Ente, è rimesso ad un decreto interministeriale, che fissa anche la data entro cui effettuare il versamento annuale, ad apposito capitolo dell’entrata del bilancio dello Stato, delle somme provenienti dalle richiamate riduzioni di spesa.

In attuazione di quanto previsto è stato adottato il D.M. 3 aprile 2012, recante il “Riparto tra l'INPS, congiuntamente al soppresso INPDAP e l'INAIL, dell'importo dei risparmi di spesa previsti dall’articolo 4, comma 66, della legge 12 novembre 2011, n. 183”. Nel provvedimento viene indicata la percentuale di riparto dell'importo delle riduzioni di spesa sopra previste (per gli anni 2012 e 2013 ed a decorrere dall'anno 2014) nei termini del 20 per cento a carico dell'INAIL e dell'8 per cento a carico dell'INPS, con riferimento alle categorie indicate nelle premesse riferite ai bilanci di previsione 2012. Le somme provenienti dalle riduzioni di spesa sono versate, a cura degli enti per quanto di competenza, entro il 31 ottobre di ciascun anno[272].

Si ricorda che l’articolo 13, comma 1-bis del D.L. 16/2012 ha previsto per l’INPS e l’INAIL, nell'ambito della propria autonomia, l’adozione di misure di razionalizzazione organizzativa, aggiuntive rispetto a quelle previste dagli articoli 4, comma 66, della legge 183/2011 e 21, commi da 1 a 9, del D.L. 201/2011, volte a ridurre le proprie spese di funzionamento, in misura pari a 60 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2012. Le riduzioni sono quantificate, rispettivamente, in 12 milioni di euro annui per l'INAIL e in 48 milioni di euro per l'INPS, sulla base di quanto stabilito con il D.M. del 3 aprile 2012, sopra indicato. Le somme derivanti da tali riduzioni di spesa sono versate entro il 30 settembre ad apposito capitolo dello stato di previsione dell'entrata del bilancio dello Stato.

 

Con l’articolo 21, commi da 1 a 9 del D.L. 201/2011 è stata disposta soppressione di INPDAP ed ENPALS e il conseguente trasferimento delle funzioni all’INPS.

Si è previsto che la soppressione degli enti avvenga nel quadro di convergenza ed armonizzazione del sistema pensionistico attraverso l’applicazione del metodo contributivo e al fine di migliorare l’efficacia e l’efficienza amministrativa nel settore previdenziale e assistenziale. Le funzioni degli enti soppressi sono trasferite all’INPS, che succede in tutti i rapporti attivi e passivi degli Enti soppressi (comma 1). La soppressione avviene a decorrere dal 1° gennaio 2012 e fino al 31 dicembre 2011 INPDAP ed ENPALS possano svolgere solo atti di ordinaria amministrazione.

Con decreti di natura non regolamentare del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, da emanarsi entro 60 giorni dall'approvazione dei bilanci di chiusura delle relative gestioni degli Enti soppressi e sulla base delle risultanze dei bilanci medesimi, da deliberare entro il 31 marzo 2012, le risorse strumentali, umane e finanziarie degli Enti soppressi sono trasferite all'INPS. Conseguentemente, la dotazione organica dell'INPS è incrementata di un numero di posti corrispondente alle unità di personale di ruolo in servizio presso gli enti soppressi alla data di entrata in vigore del presente decreto. I dipendenti trasferiti mantengono l'inquadramento previdenziale di provenienza. Il trasferimento non riguarda le posizioni soprannumerarie rispetto alla dotazione organica vigente degli enti soppressi (incluse quelle di cui all'articolo 43, comma 19 della legge 388/2000[273]), che costituiscono eccedenze ai sensi dell'articolo 33 del D.lgs. 165/2001[274].

Resta ferma la previsione dell’articolo 1, comma 3 del D.L. 138/2011 concernente le amministrazioni dello Stato anche ad ordinamento, gli enti pubblici non economici, gli enti di ricerca e gli enti pubblici di cui all'articolo 70, comma 4, del D.lgs. 165/2001, in ordine a una riduzione, entro il 31 marzo 2012, degli uffici dirigenziali di livello non generale, nonché della rideterminazione delle dotazioni organiche del personale non dirigenziale, ad esclusione di quelle degli enti di ricerca, ulteriore rispetto a quanto già previsto dall'applicazione dell'articolo 2, comma 8-bis, del D.L. 194/2009[275] (comma 2).

Inoltre, i due posti di direttore generale degli Enti soppressi sono trasformati in altrettanti posti di livello dirigenziale generale dell'INPS, con conseguente aumento della sua dotazione organica, mentre i dipendenti trasferiti mantengono l’inquadramento previdenziale di provenienza.

In attesa dell’emanazione dei decreti sopra citati, le strutture centrali e periferiche degli enti soppressi continuano ad espletare le attività connesse ai compiti istituzionali degli stessi. A tale scopo l’INPS, nei giudizi incardinati o da incardinare, relativi alle attività degli enti soppressi, è rappresentato e difeso in giudizio dai professionisti già inseriti nella pianta organica delle consulenze legali dell’INPDAP e dell’ENPALS (comma 2-bis).

L’INPS subentra anche nella titolarità dei rapporti di lavoro diversi da quelli di cui al comma 2, per la loro residua durata (comma 3).

Gli organi degli enti soppressi[276] possono compiere solo gli adempimenti connessi alla definizione dei bilanci di chiusura e cessano alla data di approvazione dei medesimi, e comunque non oltre il 1° aprile 2012 (comma 4).

Dei sette componenti del Collegio dei sindaci dell’INPDAP, due vanno ad integrare il Collegio dei sindaci dell’INPS e cinque sono trasformati in posizioni dirigenziali di livello generale (per esigenze di consulenza, studio e ricerca) della ragioneria generale dello Stato (comma 5).

Per far fronte all’incremento dell’attività dell’INPS a seguito della soppressione degli enti e per assicurare la rappresentanza degli interessi cui corrispondevano le funzioni istituzionali di ciascuno degli enti soppressi, il Consiglio di indirizzo e vigilanza dell'INPS è integrato di sei rappresentanti secondo criteri definiti con decreto, non regolamentare, del Ministro del lavoro e delle politiche sociali. (comma 6).

Entro sei mesi dall'emanazione dei decreti di cui al comma 2, l'INPS provvede al riassetto organizzativo e funzionale, operando una razionalizzazione dell'organizzazione e delle procedure (comma 7).

La riorganizzazione deve comportare una riduzione dei costi complessivi di funzionamento non inferiore a 20 milioni di euro nel 2012, 50 milioni di euro per l'anno 2013 e 100 milioni di euro a decorrere dal 2014. I relativi risparmi sono versati all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati al Fondo ammortamento titoli di Stato. Resta in ogni caso fermo il conseguimento dei risparmi, e il correlato versamento all'entrata del bilancio statale, derivante dall'attuazione delle misure di razionalizzazione organizzativa degli enti di previdenza già previste dall'articolo 4, comma 66, della legge 183/2011 (comma 8).

Infine, il comma 9 prevede che il Presidente dell’INPS[277] – la cui durata in carica è differita al 31 dicembre 2014 -, per verificare il conseguimento degli obiettivi,  promuove le più adeguate iniziative, ne verifica l'attuazione e predispone rapporti con cadenza quadrimestrale da presentare al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell'economia e delle finanze, nonché una relazione conclusiva alla fine del mandato, che attesti i risultati conseguiti.

 

Le disposizione in esame quantifica le riduzioni, rispettivamente, in 18 milioni di euro annui per l’INAIL e 72 milioni di euro per l’INPS.

A tal fine, si prevede l’adozione di un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, emanato in applicazione dell’articolo 4, comma 66, della legge 183/2011 (sopra richiamato).

 

La norma precisa che le somme derivanti da tali riduzioni di spesa sono versate entro il 30 giugno di ciascun anno ad apposito capitolo dell’entrata del bilancio dello Stato.

 

Il successivo comma 78 prevede l’adozione di misure di razionalizzazione organizzativa volte a ridurre le proprie spese di funzionamento per l’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato, aggiuntive rispetto a quelle previste dall’articolo 4, comma 38, della legge 183/2011, quantificate in misura pari a euro 10 milioni a decorrere dall’esercizio 2013. I risparmi conseguiti sono conseguentemente versati entro il 30 giugno di ciascun anno ad apposito capitolo dello stato di previsione dell’entrata.

L’articolo 4, comma 38 della legge n. 138/2011 ha previsto l’adozione da parte dell’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato, nell’ambito della propria autonomia, di misure di razionalizzazione organizzativa dirette a ridurre le spese di funzionamento, nell’ambito della propria autonomia, in misura non inferiore a 50 milioni di euro, a decorrere dall’esercizio 2012. Dalla suddetta riduzione restano escluse le spese di natura obbligatoria e per il personale. Le somme corrispondenti a tali risparmi di spesa devono essere versate ogni anno ad apposito capitolo dello stato di previsione dell’entrata.

 

Infine, il comma 79 prevede per i Ministeri vigilanti la verifica dell’attuazione degli adempimenti sopra indicati, comprese le misure correttive previste dalle disposizioni vigenti richiamate nella norma in esame, anche con riferimento alla effettiva riduzione delle spese di funzionamento degli enti interessati.

 

 

 

 

 

 



[1]     La comunicazione è accompagnata dai seguenti documenti di lavoro dei servizi della Commissione: Labour market trends and challenges SWD(2012)90; Exploiting the employment potential of green growth SWD(2012)92; An action plan for the EU healthcare workforce SWD(2012)93; Exploiting the employment potential of the personal and household services SWD(2012)95; Exploiting the employment potential of ICTs SWD(2012)96; Open, dynamic and inclusive labour markets SWD(2012)97; Implementing the Youth Opportunities Initiative: first steps taken SWD(2012)98; A quality framework for traineeships SWD(2012)99; Reforming EURES to meet the goals of Europe 2020 (2012)100.

[2] EURES (European Employment Services - Servizi europei per l’impiego) è la rete per il lavoro e la formazione in Europa, coordinata dalla Commissione europea. Dal 1993 fornisce gratuitamente servizi a chi cerca o offre lavoro in Europa, nonché a tutti coloro che vogliono avvalersi del principio della libera circolazione delle persone fra i Paesi dell’Unione Europea. E’ formata dai servizi pubblici per l’impiego, a cui partecipano anche i sindacati e le organizzazioni dei datori di lavoro.

 

[3]     Si ricorda che l’articolo 1, comma 400, della L. 228/2012 ha autorizzato le pubbliche amministrazioni, nelle more dell’attuazione del richiamato comma 8, fermi restando i vincoli finanziari previsti dalla normativa vigente e fatti salvi gli accordi decentrati eventualmente già sottoscritti, a prorogare i contratti di lavoro subordinato a tempo determinato, in essere al 30 novembre 2012, che superino il limite di 36 mesi comprensivi di proroghe e rinnovi (o il diverso termine previsto dai contratti collettivi nazionali di comparto), fino al 31 luglio 2013, previo accordo decentrato con le organizzazioni sindacali.

[4]     Ai sensi delle modifiche apportate dall’articolo 46-bis, comma 1, lettera a), del D.L. 83/2012.

[5]     Introdotto dall’articolo 40 della L. 24 dicembre 2007, n. 247, “Norme di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e competitività per favorire l'equità e la crescita sostenibili, nonché ulteriori norme in materia di lavoro e previdenza sociale”.

[6]     Anch’esso introdotto dal comma 40, dell’articolo 1 della L. 247/2007.

[7]     “Attuazione della direttiva 2008/104/CE, relativa al lavoro tramite agenzia interinale”.

[8]     Il richiamato articolo 13 prevede che “ll fine di garantire l'inserimento o il reinserimento nel mercato del lavoro dei lavoratori svantaggiati, attraverso politiche attive e di workfare, alle agenzie autorizzate alla somministrazione di lavoro è consentito: a) operare in deroga al regime generale della somministrazione di lavoro, ai sensi del comma 2 dell'articolo 23, ma solo in presenza di un piano individuale di inserimento o reinserimento nel mercato del lavoro, con interventi formativi idonei e il coinvolgimento di un tutore con adeguate competenze e professionalità, e a fronte della assunzione del lavoratore, da parte delle agenzie autorizzate alla somministrazione, con contratto di durata non inferiore a sei mesi; b) determinare altresì, per un periodo massimo di dodici mesi e solo in caso di contratti di durata non inferiore a nove mesi, il trattamento retributivo del lavoratore, detraendo dal compenso dovuto quanto eventualmente percepito dal lavoratore medesimo a titolo di indennità di mobilità, indennità di disoccupazione ordinaria o speciale, o altra indennità o sussidio la cui corresponsione è collegata allo stato di disoccupazione o inoccupazione, e detraendo dai contributi dovuti per l'attività lavorativa l'ammontare dei contributi figurativi nel caso di trattamenti di mobilità e di indennità di disoccupazione ordinaria o speciale.

[9] L. 4 novembre 2010, n. 183, “Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l'impiego, di incentivi all'occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro”.

[10]   L’articolo 8 della legge n.604 del 1966 (come sostituito dall'art. 2 della L. 11 maggio 1990, n. 108) prevede che il giudice, nell’applicare la sanzione, deve avere riguardo al numero dei dipendenti occupati, alle dimensioni dell'impresa, all'anzianità di servizio del prestatore di lavoro, al comportamento e alle condizioni delle parti. La misura massima della predetta indennità può essere maggiorata fino a 10 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai dieci anni e fino a 14 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai venti anni, se dipendenti da datore di lavoro che occupa più di quindici prestatori di lavoro.

[11]   La norma di interpretazione autentica in esame si pone in linea con quanto affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n.303/2011. In tale sentenza la Corte ritiene, in primo luogo, che “in termini generali, la norma scrutinata non si limita a forfetizzare il risarcimento del danno dovuto al lavoratore illegittimamente assunto a termine, ma, innanzitutto, assicura a quest’ultimo l’instaurazione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Difatti, l’indennità prevista dall’art. 32, commi 5 e 6, della legge n. 183 del 2010 va chiaramente ad integrare la garanzia della conversione del contratto di lavoro a termine in un contratto di lavoro a tempo indeterminato. E la stabilizzazione del rapporto è la protezione più intensa che possa essere riconosciuta ad un lavoratore precario”. La Corte prosegue, poi, affermando che “l’indennità onnicomprensiva prevista dall’art. 32, commi 5 e 6, della legge n.183/2010, non è ipotizzabile come “aggiuntiva al risarcimento dovuto secondo le regole di diritto comune” e pertanto “assorbe l’intero pregiudizio subìto dal lavoratore a causa dell’illegittima apposizione del termine al contratto di lavoro, dal giorno dell’interruzione del rapporto fino al momento dell’effettiva riammissione in servizio”.

 

[12] Per effetto delle modifiche apportate dall’articolo 46-bis, comma 1, lettera b), del D.L. 83/2012.

[13]   Le forme sono le seguenti: assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali; assicurazione contro le malattie; assicurazione contro l'invalidità e vecchiaia; maternità; assegno familiare.

[14]   La richiamata comunicazione deve essere inoltrata mediante sms, posta elettronica o fax, successivamente l’articolo 34, comma 54, lettera a), del D.L. 179/2012 ha soppresso quest’ultima modalità.

[15]   La disposizione prevede, poi, che non trovi applicazione la procedura di diffida di cui all’articolo 13 del decreto legislativo n.124/2004. Tale disposizione prevede, in particolare, che in caso di constatata inosservanza delle norme di legge o del contratto collettivo in materia di lavoro e legislazione sociale e qualora il personale ispettivo rilevi inadempimenti dai quali derivino sanzioni amministrative, questi provvede a diffidare il trasgressore (e l’eventuale obbligato in solido) alla regolarizzazione delle inosservanze comunque materialmente sanabili, entro il termine di trenta giorni dalla data di notificazione del verbale.

[16]    Il tentativo è stato effettuato dalla Zanussi. L'azienda e alcune organizzazioni sindacali (con l’esclusione della Cgil) fecero un accordo ad hoc per introdurre in fabbrica il lavoro a chiamata, o job on call. Furono i lavoratori a bocciare quell'intesa rifiutando la sperimentazione. Cfr. “Il Sole 24ore” del 30/07/2002: Debutta il contratto a chiamata.

[17]   L’istituto potrebbe inoltre esplicare la propria efficacia non solo in quei settori nei quali è già stato utilizzato (turismo, commercio, pubblici esercizi) ma anche in altre nuove attività come quella degli steward nelle attività delle squadre di calcio i quali, secondo il DM. 8 agosto 2007 del Ministro dell’Interno, debbono essere direttamente gestiti dalle società o alle dipendenze di istituti di vigilanza privata

[18]    Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 19 della L. 300/1970 (Statuto dei lavoratori) le rappresentanze sindacali aziendali possono essere costituite ad iniziativa dei lavoratori, nell’ambito delle associazioni sindacali che siano firmatarie di contratti collettivi applicati nell’unità produttiva. Caratteristica essenziale dell’articolo 19 è che esso non dà una definizione di r.s.a, né prevede una struttura rigida della stessa, ma tipizza piuttosto una categoria, nella quale possono rifluire una molteplicità di strutture associative di lavoratori.

[19]   “Indennità mensile di disponibilità da corrispondere al lavoratore nell'àmbito del contratto di lavoro intermittente, ai sensi dell'articolo 36 del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276.”

[20]    “Individuazione, in via provvisoriamente sostitutiva, della contrattazione collettiva dei casi di ricorso al lavoro intermittente, ai sensi dell'articolo 40 del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276.”

[21]   R.D. 6 dicembre 1923, n. 2657, “Approvazione della tabella indicante le occupazioni che richiedono un lavoro discontinuo o di semplice attesa o custodia alle quali non è applicabile la limitazione dell'orario sancita dall'articolo 1° del decreto-legge 15 marzo 1923, n. 692”.

[22]   In base alle modifiche recate dall’articolo 46-bis, comma 1, lettera c), del D.L. 83/2012.

[23]   In base alle modifiche recate dall’articolo 46-bis, comma 1, lettera c), del D.L. 83/2012.

[24]   Per quanto riguarda la normativa sul lavoro a progetto si rinvia alla scheda relativa all’articolo 1, commi 23-25, del presente dossier.

[25]   “Riforma dei trattamenti pensionistici dei lavoratori autonomi”.

[26]   “Disposizioni correttive del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, in materia di occupazione e mercato del lavoro”.

[27]   Cioè esclusivamente nei casi in cui il datore di lavoro abbia le sedi di lavoro in almeno due province anche di regioni diverse, ovvero con unica sede di lavoro associati ad organizzazioni imprenditoriali che abbiano predisposto a livello nazionale schemi di convenzioni certificati dalla commissione di certificazione istituita presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale

[28]   Per effetto delle modificazioni ex articolo 46-bis, comma 1, lettera d), del D.L. 83/2012.

[29]   Limite minore rispetto al limite di 5.000 euro per anno solare stabilito ai fini dell’individuazione delle prestazioni occasionali, vedi supra.

[30]   Nella disposizione citata si avverte che, in caso di rifiuto di sottoscrivere la dichiarazione di immediata disponibilità ovvero, una volta sottoscritta la dichiarazione, in caso di rifiuto di un percorso di riqualificazione professionale o di un lavoro congruo ai sensi dell’articolo 1-quinquies del D.L. 249/2004, il lavoratore destinatario dei trattamenti di sostegno del reddito perde il diritto a qualsiasi erogazione di carattere retributivo e previdenziale, anche a carico del datore di lavoro, fatti salvi i diritti già maturati.

[31]   Con il D.M. 12 marzo 2008 è stata stabilita la sperimentazione per l'anno 2008 delle prestazioni occasionali di tipo accessorio nel settore delle vendemmie, con un valore del buono pari a 10 euro.

[32]   Tale soggetto è individuato dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali con apposito decreto, con il quale sono anche regolamentati i criteri e le modalità per il versamento dei contributi e delle relative coperture assicurative e previdenziali.

[33]   Ai sensi del comma 1 dell'articolo 4 della legge 8 novembre 1991 n. 381, “Disciplina delle cooperative sociali”.

[34]   D.L. 13 agosto 2011, n. 138, “Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo”, convertito in legge, con modificazioni, dall’articolo 1, comma 1, L. 14 settembre 2011, n. 148.

[35]   L. 24 giugno 1997, n. 196, “Norme in materia di promozione dell'occupazione”.

[36]   Regolamento recante norme di attuazione dei principi e dei criteri di cui all'articolo 18 della L. 24 giugno 1997, n. 196, sui tirocini formativi e di orientamento.

[37]   La sentenza richiamata ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 60 del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276 (Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro), che aveva introdotto una disciplina specifica sui tirocini estivi di orientamento.

[38]   Per tirocinio la Commissione europea intende “un'esperienza lavorativa comprendente una componente educativa (nel quadro di un curriculum di studio o no) di durata limitata. Scopo di tali tirocini è agevolare la transizione dei tirocinanti dall'istruzione al lavoro, fornendo loro l'esperienza pratica, le conoscenze e le competenze idonee a completare la loro istruzione teorica”.

[39]   Si ricorda che, in base alla novella di cui al successivo articolo 1 comma 46, tale termine si applica anche per i licenziamenti collettivi.

[40]   Ossia i datori di lavoro che occupino più di 15 dipendenti (ovvero 5 dipendenti per gli imprenditori agricoli) in ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo nel quale ha avuto luogo il licenziamento.

[41]   L’articolo 7 della legge n.300 del 1970 prevede che salvo analoghe procedure previste dai contratti collettivi di lavoro e ferma restando la facoltà di adire l'autorità giudiziaria, il lavoratore al quale sia stata applicata una sanzione disciplinare può promuovere, nei venti giorni successivi, anche per mezzo dell'associazione alla quale sia iscritto ovvero conferisca mandato, la costituzione, tramite l'ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione, di un collegio di conciliazione ed arbitrato, composto da un rappresentante di ciascuna delle parti e da un terzo membro scelto di comune accordo o, in difetto di accordo, nominato dal direttore dell'ufficio del lavoro. La sanzione disciplinare resta sospesa fino alla pronuncia da parte del Collegio.

[42]   Per un esame della normativa relativa al divieto di licenziamento delle lavoratrici madri  di cui al decreto legislativo n.151 del 2001 si rinvia alla scheda di lettura dell’articolo 4, commi 16-23.

[43]   Materia diversa è quella dei licenziamenti collettivi, disciplinati dalla L. 23 luglio 1991, n. 223 (articolo 24), che sono quelli effettuati dalle imprese con un numero di dipendenti superiore a 15 nei confronti di almeno 5 dipendenti nell'arco di 120 giorni, in conseguenza di una riduzione o trasformazione di attività o di lavoro, o per cessazione dell'attività.

[44]   Tale disposizione riconosce il diritto alla prosecuzione dell’attività lavorativa fino al conseguimento dell’anzianità contributiva massima prevista dall’ordinamento pensionistico  di appartenenza.

[45]   A seguito dell’elevazione a 67 anni dell’età per la pensione di vecchiaia, la norma dovrebbe essere ormai riferita ai lavoratori ultrasessantasettenni in possesso dei requisiti per l’accesso alla pensione.

[46]   Sulla nozione di “giustificato motivo oggettivo” si è nel tempo stratificata una ampia elaborazione giurisprudenziale che, in linea generale, tende a intendere i tre motivi di legittimità del licenziamento (ossia "attività produttiva”, “regolare funzionamento di essa” e “all’organizzazione del lavoro”) come tre profili di un unico parametro di valutazione. Relativamente ai profili di congruità e opportunità delle scelte del datore di lavoro e alla loro insindacabilità, l’orientamento prevalente si è consolidato  intorno alla difesa della discrezionalità e autonomia organizzativa derivante dall’articolo 41 della Costituzione (Cassazione 16 dicembre 2000, n.15894; Cassazione 7 gennaio 2002, n.88; Cassazione 16 maggio 2003, n.7717; Cassazione 7 gennaio 2004, n.28; Cassazione 17 gennaio 2008, n.811; Cassazione 27 ottobre 2009, n.22648).  Nell’ambito delle ragioni inerenti all’attività produttiva rientra anche l’ipotesi di riassetto organizzativo per la più economica gestione dell’impresa (Cassazione 27 ottobre 2009, n.22648). Secondo una lettura di matrice economica, il licenziamento per giustificato motivo oggettivo va valutato sotto il profilo della perdita attesa (costo-opportunità) che il datore subirebbe dal mantenimento in essere di un determinato rapporto di lavoro (teoria del firing cost). Altri osservano che ragionare in termini di perdità attesa (costo-opportunità) comporterebbe comunque l’attribuzione al giudice del potere di valutare se quel costo supera o meno la soglia ritenuta ragionevole. Un importante principio elaborato dalla giurisprudenza (che nel tempo ne ha definito contenuto e limiti) è quello del repechage, in base al quale il datore di lavoro è tenuto a trovare una occupazione alternativa nell’ambito della stessa impresa per evitare il licenziamento (che viene quindi relegato a extrema ratio). Più precisamente, l’onere probatorio a carico del datore relativamente alla stretta necessità del licenziamento dovrebbe essere assolto mediante fatti positivi (e non semplici presunzioni), quali la piena occupazione di altri posti di lavoro con mansioni equivalenti,  la non assunzione di altri lavoratori per la medesima qualifica per un periodo di tempo congruo, la contrazione del mercato di riferimento (per una ricognizione delle pronunce in materia di repechage v. Cassazione 7 agosto 1998, n.7755; nel senso della limitazione del repechage a mansioni compatibili o equivalenti con la qualifica del lavoratore che si intende licenziare v. Cassazione 18 marzo 2009, n.6552; nel senso dell’estensione del principio di repechage anche a mansioni inferiori v. Cassazione 3 maggio 2005, n.9122 e 13 agosto 2008, n.21579).

[47]   Al riguardo si ricorda che l’articolo 1, commi 37-41, della legge in esame modifica l’articolo 2 della legge n. 604 del 1966, al fine di prevedere l’obbligo di comunicare sempre e contestualmente i motivi del licenziamento (cfr. scheda relativa all’articolo 1, commi 37-41 nel presente dossier).

[48]   Si è ipotizzata al riguardo l'applicabilità dello schema normativo delle obbligazioni alternative (articolo 1285 e ss. del codice civile), con scelta spettante al debitore, ovvero di quello della obbligazione facoltativa , identificando l'obbligazione principale in quella di riassunzione: le due ipotesi hanno conseguenze diverse nel caso di sopravvenuta impossibilità di una delle due forme di adempimento.

[49]   L’articolo 4, comma 4, della legge n.68 del 1999 stabilisce, in particolare, che nel caso di lavoratori che divengono inabili allo svolgimento delle proprie mansioni in conseguenza di infortunio o malattia, l'infortunio o la malattia non costituiscono giustificato motivo di licenziamento nel caso in cui essi possano essere adibiti a mansioni equivalenti ovvero, in mancanza, a mansioni inferiori. Nel caso di destinazione a mansioni inferiori essi hanno diritto alla conservazione del più favorevole trattamento corrispondente alle mansioni di provenienza. Qualora non sia possibile l'assegnazione a mansioni equivalenti o inferiori, i lavoratori vengono avviati, dagli uffici competenti, presso altra azienda, in attività compatibili con le residue capacità lavorative. Il successivo articolo 10, comma 3, prevede, infine, che Il rapporto di lavoro può essere risolto nel caso in cui, anche attuando i possibili adattamenti dell'organizzazione del lavoro, si accerti che il disabile già assunto nell’ambito di quote di riserva, a seguito del peggiorare delle proprie condizioni di salute, dopo un periodo di sospensione dal lavoro non possa comunque essere utilmente reinserito all'interno dell'azienda.

[50]   Promosso dal Partito della Rifondazione comunista.

[51]   Promosso da Radicali, PRI e Forza Italia

[52]   L’attuale rubrica dell’articolo 18 della legge n.300 del 1970 è “Reintegrazione nel posto di lavoro”.

[53]   Restano invece immutati i successivi commi 7-11 dell’articolo 18, che apprestano una tutela per i licenziamenti dei dirigenti delle rappresentanza sindacali unitarie (RSA).

[54]   Con esclusione dei soli casi di licenziamenti disposti a seguito di malattia o invalidità (ai sensi dell’articolo 2110 c.c. e degli articoli 4, comma 4 e 10, comma 3, della legge n.68 del 1999, per i quali si applica quanto previsto per i licenziamenti illegittimi dal comma 4 del nuovo articolo 18 (v. infra “Licenziamento disciplinare”).

[55]   Quindi anche nel caso di datori di lavoro che occupino, come attualmente previsto, meno di 15 dipendenti.

[56]   “Norme in materia di cassa integrazione, mobilità, trattamenti di disoccupazione, attuazione di direttive della Comunità europea, avviamento al lavoro ed altre disposizioni in materia di mercato del lavoro”.

[57]   Cass., 4 dicembre 1998, n. 12297.

[58]   Cass., 22 marzo 1999, n. 2701.,

[59]   Si rinvia, al riguardo, alle schede relative all’articolo 1, commi 42 e 43, del presente dossier.

[60]   Il tentativo di conciliazione, imposto come obbligatorio dalla legge n. 604/1966, è stato reso facoltativo dalla legge n. 183/ 2010.

[61]   “Ristrutturazione dell'Istituto nazionale della previdenza sociale e dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro”.

[62]   Tale istituto opera anche in riferimento del personale del comparto scuola in virtù dell’apposita convenzione del 5 agosto del 2009. Cfr. al riguardo la Circolare INPS n. 125 del 16 dicembre 2009 ad oggetto "Convenzione 5 agosto 2009 fra INPS, MIUR e Ministero del Lavoro della Salute e delle Politiche sociali. Per il personale docente e amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA)".

[63]   “Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria”.

[64]   R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827, “Perfezionamento e coordinamento legislativo della previdenza sociale”.

[65]   D.P.R. 26 aprile 1957, n. 818, “Norme di attuazione e di coordinamento della L. 4 aprile 1952, n. 218, sul riordinamento delle pensioni dell'assicurazione obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti”.

[66]   “Norme in materia previdenziale, di occupazione giovanile e di mercato del lavoro, nonché per il potenziamento del sistema informatico del Ministero del lavoro e della previdenza sociale”.

[67]   “Miglioramenti ai trattamenti previdenziali ed assistenziali nonché disposizioni per la integrazione del salario in favore dei lavoratori agricoli”.

[68]   “Ulteriori miglioramenti delle prestazioni previdenziali nel settore agricolo”.

[69]   “Norme di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e competitività per favorire l'equità e la crescita sostenibili, nonché ulteriori norme in materia di lavoro e previdenza sociale”.

[70]   Si ricorda che tale indennità rappresentava l’aumento retributivo periodicamente corrisposto in conseguenza dell’aumento del costo della vita. Il suo "congelamento" è stato disposto dall’Accordo stipulato il 31 luglio 1992 tra Governo, Organizzazioni Sindacali e Associazioni industriali, recante il Protocollo concernente la politica dei redditi, la lotta all'inflazione e il costo del lavoro.

[71]   Circolare INPS n. 8 del 20 febbraio 2012, che ha confermato i massimali indicati nella precedente circolare n. 25 del 4 febbraio 2011.

[72]   D.P.R. 3 dicembre 1970, n. 1049, “Norme in materia di assicurazione per la disoccupazione involontaria dei lavoratori agricoli”.

[73]   L. 29 aprile 1949, n. 264, “Provvedimenti in materia di avviamento al lavoro e di assistenza dei lavoratori involontariamente disoccupati”.

[74]   D.L. 10 gennaio 2006, n. 2, “Interventi urgenti per i settori dell'agricoltura, dell'agroindustria, della pesca, nonché in materia di fiscalità d'impresa”, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 marzo 2006, n. 81

[75]   Al riguardo si consideri che l’articolo 12 del D.Lgs. 11 agosto 1993, n. 375, ha individuato, ai fini previdenziali, due categorie di operai agricoli:

-      i lavoratori a tempo indeterminato (OTI), nella quale sono compresi coloro che abbiano svolto, entro i 12 mesi dall’assunzione, almeno 180 giornate di effettivo lavoro con diritto alla trasformazione del rapporto a tempo indeterminato;

-      i lavoratori a tempo determinato (OTD), assunti per l’esecuzione di lavori di breve durata, stagionali o saltuari, oppure per fasi lavorative o per la sostituzione di operai assenti con diritto alla conservazione del posto.

[76]   D.Lgs. 16 aprile 1997, n. 146, “Attuazione della delega conferita dall'articolo 2, comma 24, della L. 8 agosto 1995, n. 335, in materia di previdenza agricola”. Prima della disciplina introdotta dal citato articolo 01, era prevista una distinta disciplina, nel settore agricolo, per i lavoratori a tempo indeterminato (OTI) e per i lavoratori a tempo determinato (OTD) .

In base a tale precedente disciplina, già era previsto che per i lavoratori a tempo indeterminato (OTI) la retribuzione da assumere ai fini contributivi era quella individuata secondo le modalità ordinarie valide per tutti i lavoratori dipendenti, corrispondente alla retribuzione effettivamente spettante in base ai contratti collettivi od individuali, ai sensi dell'articolo 1, comma 1, del D.L. 338/1989.

Invece per i lavoratori a tempo determinato (OTD) la precedente disciplina prevedeva un sistema di calcolo dei contributi e delle prestazioni temporanee basato su valori imponibili giornalieri convenzionali. Si consideri tuttavia che, già prima dell’uniformazione disposta dall’articolo 01 del D.L. 2/2006, l’articolo 4 del D.Lgs. 146/1997 aveva previsto, nella prospettiva di un graduale superamento di tale sistema, che, a decorrere dal 1° gennaio 1998, il salario medio convenzionale determinato per il 1996 con D.M. 1° luglio 1996 sulla base delle rilevazioni relative al 1995, restasse cristallizzato, ai fini della contribuzione e delle prestazioni temporanee (malattia, maternità, indennità antinfortunistiche), fino a quando il suo importo non fosse superato, per le singole qualifiche, da quello spettante nelle singole province in applicazione dei contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni maggiormente rappresentative. Da tale momento la retribuzione imponibile ai fini contributivi sarebbe stata determinata secondo le modalità ordinarie per tutti i lavoratori dipendenti, ovvero, come sopra detto, in base alla retribuzione effettiva, come previsto dall'articolo 1, comma 1, del D.L. 338/1989.

[77]   Ai sensi della Circolare INPS 10 marzo 1958, n. 458, il requisito deve essere raggiunto con le sole giornate agricole.

[78]   Si ricorda che, per i lavoratori a tempo determinato (OTD), la precedente disciplina prevedeva un sistema di calcolo dei contributi e delle prestazioni temporanee basato su valori imponibili giornalieri convenzionali. Tale disciplina è stata abolita, a decorrere dal 1° gennaio 2006, dall’articolo 01, commi 4 e 5, del D.L. 2/2006.

[79]   Misura così incrementata dall’articolo 6 della L. 37/1977. Originariamente il richiamato articolo 25 prevedeva una misura pari al 60% della retribuzione.

[80]   “Disposizioni per agevolare l'incontro fra domanda ed offerta di lavoro, in attuazione dell'articolo 45, comma 1, lettera a), della L. 17 maggio 1999, n. 144”.

[81]   “Modifica della disciplina dell'integrazione salariale straordinaria relativa alle categorie operaie e impiegatizie”.

[82]   Nota di lettura n. 125 di aprile 2012, pagina 27.

[83]   Secondo quanto disposto dall’articolo 1, comma 250, lettera a), della L. 228/2012.

[84]   Secondo quanto disposto dall’articolo 1, comma 250, lettera b), della L. 228/2012.

[85]   “Disposizioni urgenti in materia di lavori socialmente utili, di interventi a sostegno del reddito e nel settore previdenziale”.

[86]   Si ricorda, inoltre, che l’articolo 4-bis, comma 2, del D.Lgs. L. 21 aprile 2000, n. 181, recante disposizioni per agevolare l'incontro fra domanda ed offerta di lavoro, ha disposto l’obbligo, per i datori di lavoro pubblici e privati, all'atto della assunzione, prima dell'inizio della attività di lavoro, di consegnare ai lavoratori una copia della comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro di cui al richiamato articolo 9-bis, comma 2, del D.L. 510/1996. Tale adempimento è valido altresì per la contestuale osservanza dell’obbligo del datore di lavoro di informare il lavoratore delle condizioni applicabili al contratto o al rapporto di lavoro, di cui al D.Lgs. 26 maggio 1997, n. 152, recante l’attuazione della direttiva 91/533/CEE concernente l'obbligo del datore di lavoro di informare il lavoratore delle condizioni applicabili al contratto o al rapporto di lavoro. L'obbligo si intende assolto nel caso in cui il datore di lavoro consegni al lavoratore, prima dell'inizio della attività lavorativa, copia del contratto individuale di lavoro che contenga anche tutte le informazioni previste dal richiamato D.Lgs. 152. Tale disposizione non si applica per il personale della P.A. in regime di diritto pubblico, di cui all’articolo 3 del D.Lgs. 165/2001.

Il successivo comma 5 dello stesso articolo 4-bis ha inoltre previsto l’obbligo di comunicazione, per i datori di lavoro privati, gli enti pubblici economici e le pubbliche amministrazioni, per quanto di competenza, anche in caso di trasformazione da rapporto di tirocinio e di altra esperienza professionale a rapporto di lavoro subordinato, di determinate variazioni del rapporto di lavoro entro cinque giorni dal loro verificarsi, al servizio competente nel cui ambito territoriale è ubicata la sede di lavoro (le variazioni sono le seguenti: proroga del termine inizialmente fissato; trasformazione da tempo determinato a tempo indeterminato; trasformazione da tempo parziale a tempo pieno; trasformazione da contratto di apprendistato a contratto a tempo indeterminato; trasformazione da contratto di formazione e lavoro a contratto a tempo indeterminato; trasferimento del lavoratore; distacco del lavoratore; modifica della ragione sociale del datore di lavoro; trasferimento d'azienda o di ramo di essa).

[87]   Per effetto delle modifiche introdotte dall’articolo 1, comma 250, lettera c), della L. 228/2012.

[88]   L’articolo 1, comma 250, lettera d), della L. 228/2012 h soppresso il riferimento al comma 15 dell’articolo 2 della L. 92, in relazione a ciò per la mini-ASPI non trovano applicazione le disposizioni concernenti la sospensione dell’erogazione dell’istituto nei confronti dei soggetti assicurati con contratto di lavoro subordinato in caso di nuova occupazione.

[89]   Introdotto dall’articolo 1, comma 250, lettera e), della L. 228/2012.

[90]   “Norme per il miglioramento dei trattamenti pensionistici e per il collegamento alla dinamica salariale”.

[91]   “Determinazione dei contributi unificati in agricoltura per l'anno 1957”.

[92]   “Aumento e nuovo sistema di calcolo delle pensioni a carico dell'assicurazione generale obbligatoria”. L’articolo 28, a decorrere dal 1° agosto 1968 e fino al 31 dicembre 1970, ha specificato che i contributi base dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, sono dovuti nelle misure stabilite dalla tabella A allegata al medesimo decreto per la categoria dei salariati fissi a contratto annuo ed assimilati e nelle misure stabilite dalla successiva tabella B, divise per sei, per le categorie dei giornalieri di campagna ed assimilati, in rapporto alle retribuzioni medie da determinarsi annualmente per provincia.

[93]   “Misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria”.

[94]   “Legge-quadro in materia di formazione professionale”.

[95]   I fondi relativi ai dirigenti possono essere costituiti mediante accordi stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori e dei dirigenti comparativamente più rappresentative oppure come apposita sezione all'interno dei fondi interprofessionali nazionali.

[96]   Articolo 25, comma 10, della L. 845/1978.

[97]   L'addizionale è posta con riferimento ai contributi per l'assicurazione contro la disoccupazione.

[98]   Per la disciplina in materia, cfr. - oltre al citato art. 118 della L. n. 388, e successive modificazioni - l'art. 9, comma 5, del D.L. 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, nella L. 19 luglio 1993, n. 236, e l'art. 1, comma 72, della L. 28 dicembre 1995, n. 549.

[99]   Tale Fondo è istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

[100]  Tale limite è previsto dal combinato disposto dei commi 3 e 10 del suddetto art. 118 della L. n. 388, e successive modificazioni.

[101]  Tale Fondo è istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze.

[102]  In attuazione dei suddetti commi è stato emanato il D.M. 23 aprile 2003.

[103] “Elenco che determina le attività a carattere stagionale di cui all'art. 1, comma secondo, lettera a), della legge 18 aprile 1962, n. 230, sulla disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato”. Il presente provvedimento era stato abrogato dall’Allegato A al D.L. 25 giugno 2008, n. 112, ai sensi di quanto disposto e con la decorrenza indicata nell’articolo 24 dello stesso decreto. L’abrogazione non è più prevista dalla nuova formulazione del citato allegato dopo la conversione in legge del suddetto decreto.

[104]  Per completare la ricostruzione delle disponibilità del Fondo per le esigenze urgenti e indifferibili, si ricorda che l’art. 3, comma 2-bis, del D.L. n. 40/2010 ha previsto che le risorse del Fondo vengano annualmente integrate attraverso il versamento delle maggiori entrate derivanti dal pagamento del contributo per l’estinzione delle controversie tributarie pendenti innanzi alla Corte di cassazione (pari al 5 per cento del valore della controversia), da accertarsi annualmente con decreto del Ministro dell’economia. Tali ulteriori risorse devono essere destinate al finanziamento delle missioni internazionali di pace.

[105] “Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”.

[106] Il comma è stato interamente sostituito dall’articolo 1, comma 250, lettera f), della L. 228/2012. Il testo originario prevedeva una somma pari al 50% del massimale mensile ASPI erogabile per le cause diverse dalle dimissioni, compresi i periodi di lavoro con contratto diverso da quello a tempo determinato.

[107] “Testo unico dell'apprendistato, a norma dell'articolo 1, comma 30, della legge 24 dicembre 2007, n. 247”.

[108] Tale articolo disciplina il recesso dal contratto a tempo indeterminato, disponendo che ciascuno dei contraenti può recedere da tale contratto dando il preavviso nel termine e nei modi stabiliti [dagli usi o secondo equità. In mancanza di preavviso, il recedente è tenuto verso l'altra parte a un'indennità equivalente all'importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso. La stessa indennità, inoltre, è dovuta dal datore di lavoro nel caso di cessazione del rapporto per morte del prestatore di lavoro.

[109] “Norme in materia di cassa integrazione, mobilità, trattamenti di disoccupazione, attuazione di direttive della Comunità europea, avviamento al lavoro ed altre disposizioni in materia di mercato del lavoro”.

[110] “Riassetto previdenziale ed assistenziale di particolari categorie di lavoratori soci di società e di enti cooperativi, anche di fatto, che prestino la loro attività per conto delle società ed enti medesimi”.

[111] Termine prorogato dall’articolo 1, comma 250, lettera g), della L. 228/2012. Il termine originario era il 31 dicembre 2013.

[112] “Ristrutturazione dell'Istituto nazionale della previdenza sociale e dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro”.

[113] “Modificazioni delle disposizioni sulle assicurazioni obbligatorie per l'invalidità e la vecchiaia, per la tubercolosi e per la disoccupazione involontaria, e sostituzione dell'assicurazione per la maternità con l'assicurazione obbligatoria per la nuzialità e la natalità”. Per una disamina dell’istituto si rimanda alla scheda relativa all’articolo 22.

[114] Cfr. scheda sull’articolo 2, commi 1-3, per una ricostruzione normativa dell’istituto della mobilità.

[115] Tali termini sono stati prorogati al 31 dicembre 2014 dall’articolo 46-bis, comma 1, lettera e), del D.L. 83/2012, che contestualmente ha anche abrogato la lettera b) relativa ai lavoratori collocati in mobilità per il periodo 1° gennaio -31 dicembre 2014. Si riporta di seguito la tabella relativa alla lettera abrogata.

Centro-nord

Meridione

Fino a 39 anni

40-49 anni

50 anni e oltre

Fino a 39 anni

40-49 anni

50 anni e oltre

12 mesi

24 mesi

30 mesi

18 mesi

30 mesi

42 mesi

 

 

[116] Introdotto dall’articolo 46-bis, comma 1, lettera f), del D.L. 83/2012.

[117]  D.L. 31 gennaio 2005, n. 7, recante “Disposizioni urgenti per l'università e la ricerca, per i beni e le attività culturali, per il completamento di grandi opere strategiche, per la mobilità dei pubblici dipendenti, e per semplificare gli adempimenti relativi a imposte di bollo e tasse di concessione, nonché altre misure urgenti”, e convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005, n. 43.

[118]  La legge istitutiva ha previsto la seguente assegnazione delle entrate derivanti dall’addizionale:

-     30 milioni di euro: versate in un apposito fondo istituito presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti al fine di compensare l’ENAV dei costi sostenuti per garantire la sicurezza ai propri impianti e per garantire la sicurezza operativa;

-     per la parte eccedente 30 milioni di euro: versamento in un apposito fondo istituito presso il Ministero dell’interno, che viene ripartito sulla base del rispettivo traffico aeroportuale:

     per il 40 per cento a favore di comuni nel cui territorio ricade il sedime aeroportuale, ovvero il cui territorio confina con esso, in base a determinati criteri;

     per l’60 per cento per il finanziamento di misure volte alla prevenzione e al contrasto della criminalità e al potenziamento della sicurezza nelle strutture aeroportuali e nelle principali stazioni ferroviarie.

 

[120]  D.L. 28 agosto 2008, n. 134, recante “Disposizioni urgenti in materia di ristrutturazione di grandi imprese in crisi”, e convertito, con modificazioni, dalla legge 27 ottobre 2008, n. 166.

[121]  Recante “Ristrutturazione dell'Istituto nazionale della previdenza sociale e dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro”

[122]  Pari attualmente a tre euro e a cinque euro a decorrere dal 1° luglio 2013, secondo quanto previsto dall’articolo 4, comma 75, della legge in esame.

[123]  D.Lgs. 9 luglio 1997, 241, recante “Norme di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi e dell'imposta sul valore aggiunto, nonché di modernizzazione del sistema di gestione delle dichiarazioni”.

[124]  Legge 23 dicembre 2000, n. 388, recante “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2001)”.

[125]  D.L. 31 maggio 2010, n. 78, recante “Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica”, e convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.

[126]  Legge 24 novembre 1981, n. 689, recante “Modifiche al sistema penale”, e che regola, in generale, il procedimento per l’irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie.

[127] “Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale”. Cfr. box in fondo alla presente scheda.

[128] Per una disamina dell’istituto cfr. la scheda relativa all’articolo 1, commi 23-25

[129] Per una disamina più approfondita della Gestione cfr. la scheda relativa all’articolo 36.

[130] “Riforma dei trattamenti pensionistici dei lavoratori autonomi.”.

[131] “Contenimento della spesa previdenziale e adeguamento delle contribuzioni”.

[132]  Per completare la ricostruzione delle disponibilità del Fondo per le esigenze urgenti e indifferibili, si ricorda che l’art. 3, comma 2-bis, del D.L. n. 40/2010 ha previsto che le risorse del Fondo vengano annualmente integrate attraverso il versamento delle maggiori entrate derivanti dal pagamento del contributo per l’estinzione delle controversie tributarie pendenti innanzi alla Corte di cassazione (pari al 5 per cento del valore della controversia), da accertarsi annualmente con decreto del Ministro dell’economia. Tali ulteriori risorse devono essere destinate al finanziamento delle missioni internazionali di pace.

[133] Norme di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e competitività per favorire l'equità e la crescita sostenibili, nonché ulteriori norme in materia di lavoro e previdenza sociale”.

[134]   Nei confronti dei soggetti pensionati ultrasessantacinquenni che svolgono attività rientranti tra quelle per le quali è previsto il versamento del contributo in parola, vige la sola facoltà e non l'obbligo di versamento. L'obbligo sussiste, invece, per coloro che hanno un'età compresa fra i 60 e i 65 anni, i quali possono, comunque, chiedere il rimborso dei contributi versati, qualora, al compimento del 65° anno di età, non abbiano maturato il diritto ad alcuna prestazione pensionistica (D.M. 2 maggio 1996, n. 282, articolo 4).

[135] Le aliquote sono state rimodulate dall’articolo 46-bis, comma 1, lettera g), del D.L. 83/2012.

[136] “Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale”.

[137] Merita segnalare che l’articolo 1, comma 254, della L. 228/2012 ha incrementato il Fondo sociale per l’occupazione e formazione di 200 milioni di euro per il 2013, in considerazione del perdurare della crisi occupazionale e dell’esigenza di assicurare adeguate risorse per gli interventi di ammortizzatori sociali in deroga a tutela del reddito dei lavoratori, in una logica di condivisione solidale fra istituzioni centrali, territoriali e parti sociali, in aggiunta a quanto previsto dal richiamato comma 65.

[138]  Gli altri fondi indicati nella norma sono il Fondo infrastrutture, di cui all’articolo 6-quinquies del D.L. 112/2008, anche per la messa in sicurezza delle scuole, per le opere di risanamento ambientale, per l'edilizia carceraria, per le infrastrutture museali ed archeologiche, per l'innovazione tecnologica e le infrastrutture strategiche per la mobilità e il Fondo strategico per il Paese a sostegno dell’economia reale, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.

[139]  L'Accordo Stato-Regioni del 20 aprile 2011 ha disposto la proroga per il biennio 2011-2012 del precedente Accordo del 12 febbraio 2009, in vigore per il biennio 2009-2010. L'accordo si arricchisce anche di una sezione specifica dedicata alle misure di politica attiva per un più rapido e mirato ricollocamento dei lavoratori e per evitare il formarsi di bacini di disoccupazione di lunga durata. Viene confermata ed estesa al 2011-2012 l’intesa del 17 febbraio 2010 sulle linee guida per la formazione. L'Accordo conferma lo stanziamento previsto dalla legge di stabilità di 1 miliardo di euro per gli interventi a sostegno del reddito, a cui si aggiungono 600 milioni di residui del biennio 2009-2010. Le Regioni concorrono con la parte non utilizzata dello stanziamento di 2,2 miliardi di euro, fino al suo esaurimento. La proporzione di utilizzo delle risorse tra politiche passive e attive viene modificata da 70-30 a 60-40. L'Accordo, inoltre, prevede l'attribuzione di un ruolo precipuo ai Servizi per l’impiego nei processi di riqualificazione e di ricollocazione dei lavoratori; il ricorso ai Fondi Interprofessionali e agli enti bilaterali nelle politiche attive, nella formazione e nelle azioni di sostegno al redditi; misure per assicurare l'utilizzo più rigoroso degli strumenti di sostegno al reddito, per evitare situazioni di cronica dipendenza ed usi impropri degli stessi; il sostegno offerto dalle risorse del Fondo sociale europeo.

[140]  L. 13 dicembre 2010, n. 220, “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2011)”. L’articolo 2, comma 130 aveva dettato norme sugli ammortizzatori sociali in deroga, al fine di consentire l’intervento in settori scoperti dalla normativa vigente e di prorogare per l’anno 2011 gli interventi in deroga già disposti per il 2010.

In primo luogo, per l’anno 2011, era stato previsto che il Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, potesse disporre, nei limiti di specifiche risorse, sulla base di specifici accordi governativi per periodi non superiori a 12 mesi, in deroga alla normativa vigente, la concessione, anche senza soluzione di continuità, di trattamenti di CIG, di mobilità e di disoccupazione speciale, anche con riferimento a settori produttivi e ad aree regionali. In secondo luogo, si prevedeva che nell’ambito delle risorse finanziarie destinate per il 2011 agli interventi in deroga, i trattamenti in deroga già previsti per il 2010 indicati all’articolo 2, comma 138, della L. 191/2009, fossero prorogati al 2011, con la riduzione del 10% nel caso di prima proroga, del 30% nel caso di seconda proroga e del 40% nel caso di proroghe successive. Nel caso di proroghe successive alla seconda, i trattamenti erano erogati esclusivamente nel caso di frequenza di specifici programmi di reimpiego, anche miranti alla riqualificazione professionale, organizzati dalla regione.

[141] “Norme in materia previdenziale, di occupazione giovanile e di mercato del lavoro, nonché per il potenziamento del sistema informatico del Ministero del lavoro e della previdenza sociale”.

[142] “Norme in materia di cassa integrazione, mobilità, trattamenti di disoccupazione, attuazione di direttive della Comunità europea, avviamento al lavoro ed altre disposizioni in materia di mercato del lavoro”.

[143] “Riforma dei trattamenti pensionistici dei lavoratori autonomi”.

[144]  In tal senso, la Circolare INPS n. 76 del 23 maggio 2011. In particolare, le aliquote sono così risultanti dall’aggiunta del contributo addizionale del 2% previsto dall’articolo 12, ultimo comma, della legge 2 agosto 1990 n. 233, recante Riforma dei trattamenti pensionistici dei lavoratori autonomi.

[145]  D.Lgs. 29 marzo 2004, n. 99 Disposizioni in materia di soggetti e attività, integrità aziendale e semplificazione amministrativa in agricoltura, a norma dell'articolo 1, comma 2, lettere d), f), g), l), ee), della L. 7 marzo 2003, n. 38.

[146]  Ulteriori disposizioni per la modernizzazione dei settori dell'agricoltura e delle foreste, a norma dell'articolo 1, comma 2, della L. 7 marzo 2003, n. 38.

[147]  Tali aree sono da intendersi (v. art. 17, reg. 1257/99) non solo come zone di montagna, ma anche come zone nelle quali si riveli necessario mantenere una attività agricola con funzione di presidio e tutela del territorio, e nel contempo soffrano di fenomeni di spopolamento, o nelle quali ricorrano altri svantaggi specifici.

[148] “Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale”.

[149] “Norme in materia previdenziale, di occupazione giovanile e di mercato del lavoro, nonché per il potenziamento del sistema informatico del Ministero del lavoro e della previdenza sociale”.

[150] “Norme in materia di cassa integrazione, mobilità, trattamenti di disoccupazione, attuazione di direttive della Comunità europea, avviamento al lavoro ed altre disposizioni in materia di mercato del lavoro”.

[151] Secondo quanto disposto dall’articolo 46-bis, comma 1, lettera h), del D.L. 83/2012.

[152]  L. 29 dicembre 1990, n. 407, Disposizioni diverse per l'attuazione della manovra di finanza pubblica 1991-1993.

[153]  Articolo 8 del D.L. 21 marzo 1988, n. 86, “Norme in materia previdenziale, di occupazione giovanile e di mercato del lavoro, nonché per il potenziamento del sistema informatico del Ministero del lavoro e della previdenza sociale”, convertito, con modificazioni, dalla L. 20 maggio 1988, n. 160.

[154] Introdotto dall’articolo 46-bis, comma 1, lettera i), del D.L. 83/2012.

[155] “Norme in materia di cassa integrazione, mobilità, trattamenti di disoccupazione, attuazione di direttive della Comunità europea, avviamento al lavoro ed altre disposizioni in materia di mercato del lavoro”.

[156] Secondo quanto disposto dall’articolo 1, comma 250, lettera h), della L. 228/2012. Il testo originario disponeva l’abrogazione dell’articolo 10, comma 2, della L. 223/1991, in materia di integrazione salariale per i lavoratori del settore dell'edilizia. In particolare, il richiamato comma ha stabilito che nei casi di sospensione dal lavoro derivante da eventi, non imputabili al datore di lavoro o al lavoratore, connessi al mancato rispetto dei termini previsti nei contratti di appalto per la realizzazione di opere pubbliche di grandi dimensioni , alle varianti di carattere necessario apportate ai progetti originari delle predette opere, nonché ai provvedimenti dell'autorità giudiziaria emanati contro le organizzazioni criminali di tipo mafioso, anche straniere, il trattamento ordinario di integrazione salariale venga concesso, per ciascuna opera, per un periodo complessivamente non superiore a 3 mesi a favore dei lavoratori per i quali siano stati versati o siano dovuti per il lavoro prestato nel settore dell'edilizia, almeno sei contributi mensili o ventisei contributi settimanali nel biennio precedente alla decorrenza del trattamento medesimo.

[157] “Disposizioni urgenti in materia di occupazione e di fiscalizzazione degli oneri sociali”.

[158] “Norme in materia di garanzia del salario e di disoccupazione speciale in favore dei lavoratori dell'edilizia e affini”.

[159] Cass., 22 marzo 1999, n. 2701.,

[160] E già prorogati, per il 2011, dall’articolo 1, comma 32, della legge di stabilità 2011 (L. 220/2010) e per il 2012, dall’articolo 33, comma 23, della legge di stabilità 2012 (L. 183/2011).

[161] “Disposizioni urgenti in materia di ristrutturazione di grandi imprese in crisi”.

[162] Tale norma ha esteso i limiti massimi di durata dei trattamenti di integrazione salariale straordinaria e di mobilità per il personale in oggetto, modificando la disciplina prevista dall’articolo 1-bis del D.L. 5 ottobre 2004, n. 249.

[163]  Riordino della legislazione in materia portuale”.

[164]  “Divieto di intermediazione ed interposizione nelle prestazioni di lavoro e nuova disciplina dell'impiego di mano d'opera negli appalti di opere e di servizi”. Si ricorda che tale legge è stata abrogata dall’articolo 85 del D.Lgs. 276/2003, che ha contestualmente regolamentato le ipotesi di appalto di prestazioni lavorative (articolo 29).

[165] Si ricorda che il meccanismo previsto dal comma 12 in esame e già contenuto all’articolo 1, commi 85 e 86, della L. 24 dicembre 2007, n. 247. In particolare, con il comma 85 è stato stabilito, per l’anno 2008, l’adozione del meccanismo di sostegno del reddito sopra esposto per i lavoratori portuali addetti alle prestazioni di lavoro temporaneo occupati con contratto a tempo indeterminato nelle imprese o agenzie di fornitura di lavoro temporaneo, mentre nel successivo comma 86 si disciplinava la copertura finanziaria dei relativi oneri, precisando che ad essi si provvedeva utilizzando le risorse destinate dalla legge finanziaria per il 2008 alla proroga degli strumenti per il sostegno del reddito dei lavoratori - ammortizzatori sociali, nel limite massimo di 12 milioni di euro per l’anno 2008.

[166] “Disposizioni diverse per l'attuazione della manovra di finanza pubblica 1991-1993”.

[167] “Conversione in legge del decreto-legge 26 maggio 1979, n. 159, concernente norme in materia di integrazione salariale a favore dei lavoratori delle aree del Mezzogiorno”.

[168] Termine elevato dall’articolo 1, comma 251, lettera a), della L. 228/2012. Il termine originario era pari a 6 mesi.

[169] Tale contributo è pari allo 0,30% in aggiunta all’aliquota contributiva dovuta per FPLD, e serve per finanziare il fondo di rotazione istituito per favorire l'accesso al Fondo sociale europeo e al Fondo regionale europeo dei progetti di formazione.

[170] “Legge-quadro in materia di formazione professionale”.

[171] Tali lavoratori devono essere in stato di disoccupazione ai sensi dell’articolo 1, comma 2, lettera c), del D.Lgs. 21 aprile 2000, n. 181 (cioè soggetti privi di lavoro, che siano immediatamente disponibili allo svolgimento ed alla ricerca di una attività lavorativa secondo modalità definite con i servizi competenti) e devono poter far valere almeno due anni di assicurazione e almeno un anno di contribuzione nel biennio precedente l’inizio del periodo di disoccupazione.

[172]  Per completare la ricostruzione delle disponibilità del Fondo per le esigenze urgenti e indifferibili, si ricorda che l’art. 3, comma 2-bis, del D.L. n. 40/2010 ha previsto che le risorse del Fondo vengano annualmente integrate attraverso il versamento delle maggiori entrate derivanti dal pagamento del contributo per l’estinzione delle controversie tributarie pendenti innanzi alla Corte di cassazione (pari al 5 per cento del valore della controversia), da accertarsi annualmente con decreto del Ministro dell’economia. Tali ulteriori risorse devono essere destinate al finanziamento delle missioni internazionali di pace.

[173] Di cui all’articolo 46, comma 1, lettera b), del provvedimento in esame.

[174] Comma interamente sostituito dall’articolo 1, comma 251, lettera b), della L. 228/2012. Il testo originario prevedeva l’obbligo di assicurare almeno la prestazione di un assegno ordinario di importo pari all’integrazione salariale, di durata non superiore a un ottavo delle ore complessivamente lavorabili da computare in un biennio mobile, in relazione alle causali previste dalla normativa in materia di cassa integrazione ordinaria o straordinaria

[175]  “Provvedimenti per la garanzia del salario”.

[176] Lettera modificata dall’articolo 1, comma 251, lettera c), della L. 228/2012. Il testo originario disponeva l’rogazione di prestazioni integrative rispetto a quanto garantito dall’ASPI.

[177] Nella normativa previgente, contenuta nell’articolo 8 della L. 23 aprile 1981, n. 155, per il calcolo della retribuzione annua pensionabile, il valore retributivo da attribuire per ciascuna settimana ai periodi riconosciuti figurativamente per gli eventi previsti dalla legislazione in vigore era determinato sulla media delle retribuzioni settimanali percepite in costanza di lavoro nell'anno solare in cui si collocavano i predetti periodi o, nell'anno di decorrenza della pensione, nel periodo compreso sino alla data di decorrenza della pensione stessa. Dal calcolo suddetto venivano escluse le retribuzioni settimanali percepite in misura ridotta per uno degli eventi che, in base alle disposizioni vigenti, davano diritto all'accredito di contribuzione figurativa o per i trattamenti di integrazione salariale.

[178] “Attuazione della delega conferita dall'art. 1, comma 32, della L. 24 dicembre 1993, n. 537, in materia di riordino e soppressione di enti pubblici di previdenza e assistenza”.

[179] “Regolamento recante norme in materia di ammortizzatori per le aree non coperte da cassa integrazione guadagni”.

[180] “Interventi urgenti in materia di politiche del lavoro e sociali”.

[181] Nella normativa vigente, i termini di applicazione dell'istituto alle imprese del trasporto aereo sono disciplinati dall'art. 1-bis del D.L. 5 ottobre 2004, n. 249, convertito, con modificazioni, dalla L. 3 dicembre 2004, n. 291, e successive modificazioni

[182] Provvedimento collegato alla manovra finanziaria per il 1998.

[183] Nella normativa vigente, i termini di applicazione dell'istituto alle imprese del trasporto aereo sono disciplinati dall'art. 1-bis del D.L. 5 ottobre 2004, n. 249, convertito, con modificazioni, dalla L. 3 dicembre 2004, n. 291, e successive modificazioni

[184] “Interventi urgenti in materia di politiche del lavoro e sociali”. Legge finanziaria per il 2009.

[185] Secondo quanto disposto dall’articolo 34, comma 54, lettera b), del D.L. 179/2012.

[186] Introdotto dall’articolo 34, comma 54, lettera c), del D.L. 179/2012.

[187] Introdotto dall’articolo 34, comma 54, lettera c), del D.L. 179/2012.

[188]  L’articolo 5, comma 4, della legge n. 223 del 1991 prevede che per ciascun lavoratore posto in mobilità l'impresa è tenuta a versare alla gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali, in trenta rate mensili, una somma pari a sei volte il trattamento mensile iniziale di mobilità spettante al lavoratore. Tale somma è ridotta alla metà quando la dichiarazione di eccedenza del personale abbia formato oggetto di accordo sindacale.

[189]  L’articolo 2, comma 31, della legge n. 92/2012 prevede un contributo di licenziamento, erogabile in tutti i casi di interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato (sono inclusi, ai sensi del successivo comma 8, anche i rapporti di apprendistato) appunto per cause diverse dalle dimissioni, intervenuti a decorrere dal 1º gennaio 2013, a carico del datore di lavoro. Il contributo è pari al 50% del trattamento mensile iniziale dell’ASPI per ogni dodici mesi di anzianità aziendale negli ultimi tre anni (sono quindi compresi i periodi di lavoro a termine).

[190]  L’articolo 8 della legge n. 223 del 1991 prevede che I lavoratori licenziati da un'azienda per riduzione di personale hanno la precedenza nella riassunzione presso la medesima azienda entro sei mesi.

[191] “Disposizioni diverse per l'attuazione della manovra di finanza pubblica 1991-1993”.

[192] Comma introdotto dall’articolo 1, comma 252, della L. 228/2012.

[193] D.Lgs. 11 aprile 2006, n. 198, “Codice delle pari opportunità tra uomo e donna, a norma dell’articolo 6 della legge 28 novembre 2005, n. 246”.

[194] L. 29 aprile 1949, n. 264, “Provvedimenti in materia di avviamento al lavoro e di assistenza dei lavoratori involontariamente disoccupati”. L’articolo 21 prevede che I datori di lavoro sono tenuti altresì a comunicare la cessazione dei rapporti di lavoro, entro i cinque giorni successivi, quando trattasi di rapporti a tempo indeterminato ovvero nei casi in cui la cessazione sia avvenuta in data diversa da quella comunicata all'atto dell'assunzione.

[195] L. 24 novembre 1981, n. 689, “Modifiche al sistema penale”.

[196] D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, “Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici”, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.

[197] Nella norma in commento si fa riferimento al congedo parentale, di cui all’articolo 32, comma 1, lettera a) del D.lgs. 151/2001, per cui per ogni bambino, nei primi suoi otto anni di vita, ciascun genitore ha diritto di astenersi dal lavoro, per un limite, complessivo, massimo di dieci mesi. In particolare, nell'ambito di tale limite, il diritto di astenersi dal lavoro compete, secondo la lettera a) citata, alla madre lavoratrice, trascorso il periodo di congedo di maternità, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a sei mesi.

[198]  D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 109, Definizioni di criteri unificati di valutazione della situazione economica dei soggetti che richiedono prestazioni sociali agevolate, a norma dell'articolo 59, comma 51, della L. 27 dicembre 1997, n. 449.

[199] L’ISR è composto dal reddito complessivo di tutti i componenti il nucleo familiare e da un reddito nozionale derivante dal patrimonio mobiliare, al netto delle spese per l’affitto (fino a un massimo di 5.164 euro).

[200] L’ISP, che entra solo per il 20% nella formazione dell’ISEE, è dato dalla somma del patrimonio immobiliare (considerato al valore ICI) del nucleo familiare, al netto della casa di abitazione se di proprietà (fino a un massimo di 51.646 euro), e del patrimonio mobiliare, al netto di una franchigia di 15.494 euro.

[201]  A livello nazionale fra le prestazioni nazionali erogate sulla base dell’ISEE si ricordano: social card, assegno per nuclei familiari con almeno tre figli, assegni di maternità per madri prive di altra garanzia assicurativa, fornitura gratuita o semigratuita di libri di testo, erogazione borse di studio, tariffa sociale per il servizio di distribuzione o vendita dell’energia elettrica, agevolazioni per il canone telefonico.

[202]  A livello locale fra le prestazioni nazionali erogate sulla base dell’ISEE si ricordano:asili nidi e altri servizi per l’infanzia, mense scolastiche, servizi sociosanitari diurni e residenziali, altre prestazioni assistenziali.

[203] D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 4 aprile 2012, n. 35.

[204] L. 12 marzo 1999, n. 68, “Norme per il diritto al lavoro dei disabili”.

[205] ,        Categoria inserita dall’articolo 46-bis, comma 1, lettera l), del D.L. 83/2012.

[206] D.Lgs. 28 febbraio 2000, n. 81, “Integrazioni e modifiche della disciplina dei lavori socialmente utili, a norma dell'articolo 45, comma 2, della L. 17 maggio 1999, n. 144. Nell’articolo 7 sopra richiamato, al fine di incentivare l’assunzione dei soggetti impegnati in progetti di lavori socialmente utili, si prevede che ai datori di lavoro privati e agli enti pubblici economici che assumono a tempo pieno e indeterminato tali soggetti viene riconosciuto un contributo pari a lire 18 milioni (a carico del Fondo per l'occupazione) per ciascun soggetto assunto. L’incentivo è previsto anche per gli enti locali e gli enti pubblici dotati di autonomia finanziaria che effettuano le assunzioni ai sensi dell’articolo 12, comma 4, del D.Lgs. 1 dicembre 1997 n. 468, “Revisione della disciplina sui lavori socialmente utili, a norma dell'articolo 22 della L. 24 giugno 1997, n. 196”. La disposizione si applica anche nei confronti delle cooperative o dei consorzi tra cooperative relativamente ai soggetti impegnati in qualità di soci lavoratori.

[207] L. 18 ottobre 2001 n. 383, “Primi interventi per il rilancio dell'economia”. Nella disposizione citata si prevede per i lavoratori che aderiscono al programma di emersione e che non risultano già dipendenti dell'imprenditore l’esclusione, per il periodo antecedente nonché per il triennio di emersione, l’esclusione dal computo dei limiti numerici di unità di personale previsti da leggi e contratti collettivi di lavoro ai fini dell'applicazione di specifiche normative ed istituti, ad eccezione delle disposizioni in materia di licenziamenti individuali e collettivi.

L'adesione da parte del lavoratore al programma di emersione, tramite sottoscrizione di specifico atto di conciliazione nel quale sia indicato il livello di inquadramento attribuito al lavoratore, come specificato dal contratto collettivo nazionale di lavoro di riferimento, ha efficacia novativa del rapporto di lavoro emerso con effetto dalla data di presentazione della dichiarazione di emersione e produce, relativamente ai diritti di natura retributiva e risarcitoria per il periodo pregresso, gli effetti conciliativi ai sensi degli articoli 410 e 411 cpc. Dalla stessa data si applicano gli istituti economici e normativi previsti dai contratti collettivi nazionali di lavoro di riferimento.

[208] D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, “Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla L. 14 febbraio 2003, n. 30”.Nella norma citata, i lavoratori occupati con contratto di somministrazione vengono comunque computati nell'organico dell'utilizzatore per le normative in materia di igiene e sicurezza sul lavoro.

[209] L. 20 maggio 1970 n. 300, “Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento”. Nella disposizione richiamata si fa presente che ai fini del computo del numero di quindici lavoratori dell’azienda necessario per l’applicabilità della norma sul reintegro, si tiene conto anche dei lavoratori assunti con contratto di formazione e lavoro, dei lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato parziale per la quota di orario effettivamente svolto, tenendo conto, a tale proposito, che il computo delle unità lavorative fa riferimento all'orario previsto dalla contrattazione collettiva del settore. Non si computano il coniuge ed i parenti del datore di lavoro entro il secondo grado in linea diretta e in linea collaterale.

[210] D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281, “Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali”.

[211] L. 23 agosto 1988 n. 400, “Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri”. Nella norma richiamata si prevede che con decreto ministeriale possono essere adottati regolamenti nelle materie di competenza del ministro o di autorità sottordinate al ministro, quando la legge espressamente conferisca tale potere. Tali regolamenti, per materie di competenza di più ministri, possono essere adottati con decreti interministeriali, ferma restando la necessità di apposita autorizzazione da parte della legge. I regolamenti ministeriali ed interministeriali non possono dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti emanati dal Governo. Essi debbono essere comunicati al Presidente del Consiglio dei ministri prima della loro emanazione.

[212] D.M. 7 luglio 2000, n. 357, “Regolamento recante: «Disciplina dei procedimenti relativi agli esoneri parziali dagli obblighi occupazionali di cui alla L. 12 marzo 1999, n. 68.

[213] L. 24 dicembre 2007, n. 247, “Norme di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e competitività per favorire l'equità e la crescita sostenibili, nonchè ulteriori norme in materia di lavoro e previdenza sociale”.

[214] L. 12 novembre 2011, n. 183, “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato. (Legge di stabilità 2012)”.

[215] L. 13 dicembre 2010, n. 220, “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2011)”.

[216]  Si ricorda che tali misure sperimentali sono state dapprima prorogate al 2010 dall’articolo 5, comma 1, del D.L. 29 novembre 2008, n. 185.

[217]  A tal fine viene istituito il Fondo per il finanziamento di sgravi contributivi per incentivare la contrattazione di secondo livello, nello stato di previsione del Ministero del lavoro e della previdenza sociale.

[218]  L. 30 aprile 1969, n. 153, “Revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in materia di sicurezza sociale”.

[219]  In attuazione della previsione del comma 68 è stato adottato, per il 2010, il DM 3 agosto 2011.

[220] D.L. 6 luglio 2011, n. 98, “Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria”, convertito in legge, con modificazioni, dall’articolo 1, comma 1, L. 15 luglio 2011, n. 111.

[221] D.L. 27 maggio 2008, n. 93, “Disposizioni urgenti per salvaguardare il potere di acquisto delle famiglie”, convertito in legge, con modificazioni, dall’articolo 1, comma 1, L. 24 luglio 2008 n. 126.

[222]  Al lavoratore, in ogni caso, è concessa la facoltà di optare per l’applicazione del regime di tassazione ordinaria.

[223] L. 12 novembre 2011, n. 183, “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato. (Legge di stabilità 2012)”.

[224] D.P.C.M. 23 marzo 2012, Individuazione dell'importo massimo assoggettabile all'imposta sostitutiva prevista dall'articolo 2, comma 1, lettera c) del decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126, nonché del limite massimo di reddito annuo oltre il quale il titolare non può usufruire della tassazione sostitutiva.

[225] La menzionata circolare si riferisce unicamente alle ipotesi di ingresso in Italia di lavoratore straniero nell'ambito dei flussi di ingresso per lavoro subordinato non stagionale e non è in alcun modo applicabile alla procedura di emersione dal lavoro irregolare.

[226] Il D.Lgs. 160/2008, Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 8 gennaio 2007, n. 5, recante attuazione della direttiva 2003/86/CE relativa al diritto di ricongiungimento familiare, ha modificato l’istituto del ricongiungimento familiare eliminando alcune condizioni limitative all’esercizio del diritto all’unità familiare, tra cui la condizione di familiari a carico per i figli minori.

 

[227] D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, “Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla L. 14 febbraio 2003, n. 30”.

[228] D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, “Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo”,  Convertito in legge, con modificazioni, dall’articolo 1, comma 1, L. 4 aprile 2012, n. 35.

[229]  Decreto Legislativo, 8 luglio 2003, n. 188, “Attuazione della direttiva 2001/12/CE, della direttiva 2001/13/CE e della direttiva 2001/14/CE in materia ferroviaria”.

[230] D.L. 13 agosto 2011, n. 138, “Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo”, convertito in legge, con modificazioni, dall’articolo 1, comma 1, L. 14 settembre 2011, n. 148.

[231] D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, “Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività”, convertito in legge, con modificazioni, dall’articolo 1, comma 1, L. 24 marzo 2012, n. 27.

[232]  Gli altri standard, esclusa la lettera b-bis), sono:

-      i requisiti tecnici ed operativi specifici per i servizi ferroviari (lettera a)),

-      i requisiti di sicurezza applicabili al personale, al materiale rotabile e all'organizzazione interna delle imprese ferroviarie (lettera b))

-      la salute, sicurezza, le condizioni sociali e i diritti dei lavoratori e degli utenti (lettera c));

-      i requisiti applicabili a tutte le imprese nel pertinente settore ferroviario destinate a offrire vantaggi o protezione agli utenti (lettera d)).

[233]  Segnalazione del 14 settembre 2011, n. 1339.

[234]  Audizione del Presidente dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato Antonio Catricalà presso la IX Commissione Trasporti, Poste e Telecomunicazioni della Camera dei deputati del 26 ottobre 2011.

[235] Allo stato attuale, la legislazione vigente non determina un reddito minimo personale escluso da imposizione. In via di fatto, per i soggetti percettori di redditi bassi, il concorso dell’applicazione della più bassa aliquota di tassazione (commisurata al più basso scaglione di reddito) con la possibilità di apportare detrazioni  determina un’esenzione dalla imposizione.

Si vedano in particolare gli articoli 11, 12 e 13, commi 1 e 3, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della  Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

L’Irpef non è dovuta dai contribuenti il cui reddito complessivo è composto da:

     redditi di pensione fino a 7.500 euro  o 7.750 euro per i contribuenti di età pari o superiore a 75 anni, goduti per l’intero anno;

     redditi di lavoro dipendente o assimilato fino a 8.000 euro;

    redditi di pensione fino a 7.500 euro, goduti per l’intero anno, redditi di terreni per un importo non superiore a 185,92 euro e reddito dell’unità immobiliare adibita ad abitazione principale e delle relative pertinenze;

     redditi di terreni per un importo non superiore a 185,92 euro;

    rendita catastale dell’unità immobiliare adibita ad abitazione principale e delle relative pertinenze;

    redditi dominicali dei terreni, redditi agrari e redditi dei fabbricati per un importo complessivo non superiore a 500 euro;

     compensi derivanti da attività sportive dilettantistiche fino 7.500 euro

    assegni periodici corrisposti dal coniuge fino a 7.500 euro;

    redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente o altri redditi per i quali la detrazione prevista non è rapportata al periodo di lavoro, fino a 4.800 euro.

[236] D.Lgs. 1 dicembre 1997, n. 468, “Revisione della disciplina sui lavori socialmente utili, a norma dell'articolo 22 della L. 24 giugno 1997, n. 196”.

[237]  L’attuale rubrica dell’articolo 3 del D.lgs. 181/2000 è “Indirizzi generali ai servizi competenti ai fini della prevenzione della disoccupazione di lunga durata”.

[238]  Si sottolinea che solo il FESR e il FSE rientrano nella definizione di fondi strutturali, mentre il Fondo di coesione è integrato nella programmazione dell’assistenza strutturale ai fini di una maggiore coerenza nell’intervento dei diversi Fondi.

[239] Di cui all’articolo 1, comma 2, lettera g) del D.lgs. 181/2000.

[240]  Si ricorda che l’articolo 3 del decreto legislativo n.181 del 2000 affida alle Regioni il compito di definire gli obiettivi e gli indirizzi operativi delle azioni che i centri per l'impiego sono tenuti a svolgere per favorire l'incontro tra domanda e offerta di lavoro e contrastare la disoccupazione di lunga durata. La disposizione definisce alcuni tipi di interventi che devono comunque essere attivati: un colloquio di orientamento per tutti (entro tre mesi dall’inizio dello stato di disoccupazione) e una proposta di adesione ad iniziative di inserimento lavorativo o di formazione e/o riqualificazione professionale o altre misure volte a favorire l’integrazione professionale dei lavoratori.

 

[241] L. 23 luglio 1991, n. 223, “Norme in materia di cassa integrazione, mobilità, trattamenti di disoccupazione, attuazione di direttive della Comunità europea, avviamento al lavoro ed altre disposizioni in materia di mercato del lavoro”.

[242] Allo stato attuale, la legislazione vigente non determina un reddito minimo personale escluso da imposizione. In via di fatto, per i soggetti percettori di redditi bassi, il concorso dell’applicazione della più bassa aliquota di tassazione (commisurata al più basso scaglione di reddito) con la possibilità di apportare detrazioni  determina un’esenzione dalla imposizione.

Si vedano in particolare gli articoli 11, 12 e 13, commi 1 e 3, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della  Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

L’Irpef non è dovuta dai contribuenti il cui reddito complessivo è composto da:

    redditi di pensione fino a 7.500 euro  o 7.750 euro per i contribuenti di età pari o superiore a 75 anni, goduti per l’intero anno;

    redditi di lavoro dipendente o assimilato fino a 8.000 euro;

    redditi di pensione fino a 7.500 euro, goduti per l’intero anno, redditi di terreni per un importo non superiore a 185,92 euro e reddito dell’unità immobiliare adibita ad abitazione principale e delle relative pertinenze;

    redditi di terreni per un importo non superiore a 185,92 euro;

    rendita catastale dell’unità immobiliare adibita ad abitazione principale e delle relative pertinenze;

    redditi dominicali dei terreni, redditi agrari e redditi dei fabbricati per un importo complessivo non superiore a 500 euro;

    compensi derivanti da attività sportive dilettantistiche fino 7.500 euro

    assegni periodici corrisposti dal coniuge fino a 7.500 euro;

    redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente o altri redditi per i quali la detrazione prevista non è rapportata al periodo di lavoro, fino a 4.800 euro.

[243] D.Lgs. 1° dicembre 1997, n. 468, “Revisione della disciplina sui lavori socialmente utili, a norma dell'articolo 22 della L. 24 giugno 1997, n. 196”.

[244] D.M. 13 ottobre 2004, “Borsa nazionale continua del lavoro», di cui agli articoli 15 e 16 del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, di attuazione della L. 14 febbraio 2003, n. 30”. Il provvedimento sopra citato dispone norme anche in tema di flussi informativi e standard tecnici della borsa continua nazionale del lavoro.

[245] D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, “Attuazione delle deleghe conferite al Governo con gli articoli 27 e 29 della L. 30 aprile 1969, n. 153, concernente revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in materia di sicurezza sociale”.

[246] D.L. 5 ottobre 2004, n. 249, “Interventi urgenti in materia di politiche del lavoro e sociali”, convertito in legge, con modificazioni, dall’articolo 1, L. 3 dicembre 2004, n. 291.

[247] D.L. 29 novembre 2008 n. 185, “Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale”, convertito in legge, con modificazioni, dall’articolo 1, L. 28 gennaio 2009, n. 2.

[248] Termini per l’impugnazione degli atti di decadenza sono previsti anche all’articolo 13 del D.lgs. 276/2003 (su cui infra).

[249] L. 23 luglio 1991, n. 223, “Norme in materia di cassa integrazione, mobilità, trattamenti di disoccupazione, attuazione di direttive della Comunità europea, avviamento al lavoro ed altre disposizioni in materia di mercato del lavoro”.

[250] Di cui al precedente comma 3 dell’articolo 19 del D.L. n. 185, adottato dal Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.

[251] Legge 24 dicembre 2003, n. 350, “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2004)”. Tali periodi, a loro volta, riprendono in sostanza l'articolo 1, comma 2, del D.L. 24 novembre 2003, n. 328, recante “Interventi urgenti in materia di ammortizzatori sociali e di formazione professionale”, pubblicato nella Gazz. Uff. 25 novembre 2003, n. 274 e successivamente decaduto per decorrenza dei termini.

[252] D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, “Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla L. 14 febbraio 2003, n. 30”.

[253] D.L. 5 ottobre 2004, n. 249, “Interventi urgenti in materia di politiche del lavoro e sociali”, convertito in legge, con modificazioni, dall’articolo 1, L. 3 dicembre 2004, n. 291.

[254] D.L. 29 novembre 2008 n. 185, “Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale”, convertito in legge, con modificazioni, dall’articolo 1, L. 28 gennaio 2009, n. 2.

[255] L. 24 dicembre 2007, n. 247, “Norme di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e competitività per favorire l'equità e la crescita sostenibili, nonché ulteriori norme in materia di lavoro e previdenza sociale”.

[256] “Norme di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e competitività per favorire l'equità e la crescita sostenibili, nonché ulteriori norme in materia di lavoro e previdenza sociale”.

[257] In attuazione della delega prevista dal presente comma vedi, per l'apprendistato, il D.Lgs. 14 settembre 2011, n. 167, recante “Testo unico dell'apprendistato, a norma dell’articolo 1, comma 30, della legge 24 dicembre 2007, n. 247”.

[258] La modifica è volta a riconoscere il più adeguato coinvolgimento istituzionale delle Regioni e delle province autonome in sede di adozione dei decreti legislativi in materia di politiche attive e servizi per l’impiego. L’articolo 3 del D.lgs. 281/1997, in tema di Intese, si applica a tutti i procedimenti in cui la legislazione vigente prevede un'intesa nella Conferenza Stato-regioni. Tali intese si perfezionano con l'espressione dell'assenso del Governo e dei presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano.

Quando un'intesa espressamente prevista dalla legge non è raggiunta entro trenta giorni dalla prima seduta della Conferenza Stato-regioni in cui l'oggetto è posto all'ordine del giorno, il Consiglio dei Ministri provvede con deliberazione motivata.

In caso di motivata urgenza il Consiglio dei Ministri può provvedere senza osservare le dell’articolo 3 e i provvedimenti adottati sono sottoposti all'esame della Conferenza Stato-regioni nei successivi quindici giorni. Il Consiglio dei Ministri è tenuto ad esaminare le osservazioni della Conferenza Stato-regioni ai fini di eventuali deliberazioni successive.

[259] La data di entrata in vigore della L. 92 è infatti il 18 luglio 2012.

[260] D.Lgs. 14 settembre 2011, n. 167, “Testo unico dell'apprendistato, a norma dell’articolo 1, comma 30, della legge 24 dicembre 2007, n. 247”. Per un quadro della normativa vigente in materia di apprendistato si rinvia alla scheda relativa all’articolo 1, commi 16-19 del presente dossier.

 

[261] Istituito con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 11 dicembre 2009 (G.U. n. 65 del 13 marzo 2010).

[262] Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, (CE) 9 luglio 2008, n. 765/2008, che pone norme in materia di accreditamento e vigilanza del mercato per quanto riguarda la commercializzazione dei prodotti e che abroga il regolamento (CEE) n. 339/93. All’articolo 2, l’accreditamento viene attestato da parte di un organismo nazionale di accreditamento che certifica che un determinato organismo di valutazione della conformità soddisfi i criteri stabiliti da norme armonizzate e, ove appropriato, ogni altro requisito supplementare, compresi quelli definiti nei rilevanti programmi settoriali, per svolgere una specifica attività di valutazione della conformità.

[263] D.Lgs. 6 febbraio 2007, n. 25, “Attuazione della direttiva 2002/14/CE che istituisce un quadro generale relativo all'informazione e alla consultazione dei lavoratori. Secondo la disciplina richiamata, che si applica alle imprese con più di 50 dipendenti, le modalità di informazione e consultazione sono stabilite dalla contrattazione collettiva in modo da rendere effettivo il contemperamento degli interessi dell’impresa con quelli dei lavoratori e la collaborazione tra datore di lavoro e rappresentanti dei lavoratori, nel rispetto dei reciproci diritti ed obblighi. L’informazione e la consultazione devono riguardare almeno le seguenti tematiche:

§        l’andamento dell’attività e la situazione economica dell’impresa;

§        la situazione e l’andamento prevedibile dell’occupazione nell’impresa e in particolare, nel caso di situazioni critiche per l’occupazione, le misure di contrasto preventivate;

§        le decisioni sul piano gestionale e organizzativo che possano comportare notevoli cambiamenti sul piano dell’organizzazione del lavoro, dei rapporti di lavoro, anche nelle ipotesi di licenziamenti collettivi e di trasferimento di azienda o ramo d’azienda.

La consultazione deve avvenire secondo modalità appropriate allo scopo, tra livelli pertinenti di direzione aziendale e rappresentanza dei lavoratori a seconda della materia trattata. Inoltre, i rappresentanti dei lavoratori devono poter formulare eventuali pareri sulle questioni trattate per avere dal datore di lavoro una risposta motivata e cercare di raggiungere un accordo sulle decisioni da prendere.

[264]  La società europea è disciplinata dal Regolamento N. 2157/2001 del Consiglio dell'8 ottobre 2001.

Il Titolo I del Regolamento reca le disposizioni generali relative alla Società europea.

Il regolamento consente di costituire, nel territorio dell’Unione, una società europea (Società europea, o “SE”), nella forma di società di capitali per azioni avente personalità giuridica (articolo 1).

Il Regolamento (articolo 4) stabilisce che tale società abbia un capitale minimo di 120.000 euro, il quale garantisce che dette società dispongano di un patrimonio sufficiente, senza ostacolare peraltro la costituzione di SE da parte delle piccole e medie imprese.

Ove la legge di uno Stato membro prescriva la sottoscrizione di un capitale più elevato per le società che esercitano determinati tipi di attività, tale legislazione si applica alle SE che hanno la sede sociale in tale Stato membro.

Fatti salvi i requisiti minimi quantitativi, la disciplina del capitale della SE, la sua salvaguardia, le sue modificazioni, nonché le azioni, le obbligazioni e gli altri titoli assimilabili della SE sono disciplinati dalle disposizioni che si applicherebbero ad una società per azioni con sede nello Stato membro in cui la società è iscritta.

La sede sociale (articolo 7) della SE deve essere situata all'interno della Comunità, nello stesso Stato membro dell'amministrazione centrale. Uno Stato membro può inoltre imporre alle SE registrate nel suo territorio l'obbligo di far coincidere l'ubicazione dell'amministrazione centrale con quella della sede sociale. E’ consentito il trasferimento della sede sociale in un altro Stato membro, conformemente al Regolamento (articolo 8).

Per quanto riguarda la denominazione (articolo 11) la società europea deve obbligatoriamente inserirvi la sigla “SE”.

L’articolo 12 obbliga la SE ad iscriversi in apposito registro tenuto nello Stato membro della sede sociale. Tale iscrizione è consentita solo previa conclusione di un accordo sulle modalità di coinvolgimento dei lavoratori nell’attività di impresa, sensi dell'articolo 4 della direttiva 2001/86/CE (Direttiva del Consiglio che completa lo statuto della società europea per quanto riguarda il coinvolgimento dei lavoratori), ovvero soltanto previa decisione da parte degli organi competenti di non aprire negoziati / di porre termine a negoziati in corso, avvalendosi delle norme in materia di informazione e consultazione dei lavoratori che vigono negli Stati membri in cui la SE annovera lavoratori, oppure se, trascorso il periodo previsto per i negoziati dalla citata direttiva 2001/86/CE,  non è stato concluso un accordo.

Inoltre, lo statuto della SE non deve mai essere in conflitto con le modalità relative al coinvolgimento dei lavoratori così stabilite. Ove tali nuove modalità stabilite ai sensi della direttiva 2001/86/CE siano in contrasto con lo statuto esistente, questo è modificato per quanto necessario. In questo caso uno Stato membro può prevedere che l'organo di direzione o di amministrazione della SE sia autorizzato ad apportare modifiche allo statuto senza ulteriori decisioni dell'assemblea generale degli azionisti.

Il Titolo II disciplina invece la costituzione della Società europea (anche tramite società affiliate e trasformazione di una società esistente in Società europea).

Il Titolo III disciplina la struttura della società, che comprende:

§      un'assemblea generale degli azionisti e

§      un organo di direzione affiancato da un organo di vigilanza (sistema dualistico) o un organo di amministrazione (sistema monistico) a seconda della scelta adottata dallo statuto.

Il Titolo IV si occupa dei conti annuali e consolidati della società; il Titolo V disciplina la crisi societaria, ovvero lo scioglimento, la liquidazione, l’insolvenza e la cessazione dei pagamenti; ai Titoli VI e VII sono invece recate, rispettivamente, le disposizioni complementari e transitorie e le disposizioni finali.

Sul tema si ricorda, inoltre, il D.Lgs. 19 agosto 2005 n. 188, recante attuazione alla direttiva 2001/86/CE dell’8 ottobre 2001, che completa lo Statuto della società per azioni europea (SE), istituito dal regolamento CE n. 2157/2001 del Consiglio, che ha introdotto una nuova forma di società per azioni a cui possono far ricorso, a determinate condizioni, le imprese europee di medio/grandi dimensioni.

Nel decreto citato si disciplina sia l'informazione che la consultazione dei rappresentanti dei lavoratori sulle questioni riguardanti la SE, riprendendo essenzialmente le disposizioni già previste per il Comitato aziendale europeo, mentre la sostanziale novità risiede nella partecipazione dei lavoratori, inerente non solo a generiche relazioni di lavoro collaborative, ma anche all’influenza dei lavoratori sulle decisioni d’impresa attraverso la presenza di loro rappresentanti negli organi societari.

Allo scopo di raggiungere un accordo sulle modalità del coinvolgimento dei lavoratori nella SE, vengono instaurati negoziati tra gli organi di direzione e di amministrazione delle società partecipanti e una delegazione speciale di negoziazione (DSN), composta da lavoratori eletti o nominati direttamente all’interno delle singole strutture nazionali.

Il contenuto dell’accordo è lasciato sostanzialmente alla libera determinazione delle parti, potendo determinare in concreto la natura e il livello dei diritti di informazione, consultazione e in certi casi partecipazione dei rappresentanti dei lavoratori. La durata dei negoziati è stabilita in sei mesi prorogabili ad un anno su comune accordo delle parti, mentre la legge applicabile alla procedura di negoziazione è quella dello Stato membro in cui è situata la sede sociale dell’istituenda società.

Il provvedimento contiene in allegato le disposizioni di riferimento per l'informazione e la consultazione e per la partecipazione applicabili in via subordinata secondo l’articolo 7. Infine, si prevede il divieto di rivelare a terzi notizie ricevute in via riservata dai rappresentanti dei lavoratori durante la negoziazione o le procedure di informazione e consultazione, prevedendo anche le modalità di soluzione di eventuali controversie (articolo 8) e l’applicazione, nel caso di violazioni o inadempimenti, di sanzioni amministrative pecuniarie (articolo 12).

[265] Regolamento (CE) 8 ottobre 2001, n. 2157/2001, del Consiglio relativo allo statuto della Società europea (SE).

[266]  Gli articoli da 2409-octies a 2409-quaterdecies del codice civile disciplinano il sistema di amministrazione e controllo societario “dualistico”, previsto in alternativa alla modalità in origine codificata nel diritto civile tradizionale italiano, (conservato dalla riforma del 2003 e tuttora vigente per le società per azioni) ove lo statuto non preveda espressamente l'adozione del modello “monistico”.

Tale sistema è stato mutuato dalla disciplina tedesca e dalla società europea.

Il dualismo del sistema è tale per la contemporanea presenta di due organi, l’uno – il consiglio di gestione – col compito di decidere la governance della società e l’altro - consiglio di sorveglianza - deputato al controllo dell'attività del primo organo.

La gestione dell'impresa spetta esclusivamente al consiglio di gestione, che compie le operazioni necessarie per l'attuazione dell'oggetto social (articolo 2409-nonies) ed è costituito da un numero di componenti, anche non soci, non inferiore a due. Fatta eccezione per i primi componenti, che sono nominati nell'atto costitutivo, e salve specifiche ipotesi (ad esempio, nelle società con partecipazione dello stato o di enti pubblici e negli altri casi in cui lo statuto o la legge lo prevedano), in genere la nomina dei componenti il consiglio di gestione spetta al consiglio di sorveglianza, previa determinazione del loro numero nei limiti stabiliti dallo statuto. Vi è incompatibilità tra la funzione di componente del consiglio di gestione e membro del consiglio di sorveglianza. Il consiglio di gestione resta in carica per un periodo non superiore a tre esercizi, con scadenza alla data della riunione del consiglio di sorveglianza convocato per l'approvazione del bilancio relativo all'ultimo esercizio della loro carica. I componenti del consiglio di gestione sono rieleggibili, salvo diversa disposizione dello statuto, e sono revocabili dal consiglio di sorveglianza in qualunque tempo, anche se nominati nell'atto costitutivo, salvo il diritto al risarcimento dei danni se la revoca avviene senza giusta causa. L’articolo 2409-decies consente di promuovere l'azione di responsabilità contro i consiglieri di gestione alla società ed ai soci; può anche essere proposta a seguito di deliberazione del consiglio di sorveglianza. L’articolo 2409-undecies fa espresso rinvio, per la normativa applicabile al consiglio di gestione, a specifiche disposizioni concernenti gli amministratori della società per azioni.

Il consiglio di sorveglianza (articolo 2409-duodecies) è formato, salvo diverse disposizioni statutarie, da almeno tre componenti,anche non soci.

Fatta eccezione per i primi componenti che sono nominati nell'atto costitutivo e salve specifiche situazioni (analogamente a quanto previsto per il consiglio di gestione, tra tali casi vi è l’ipotesi di partecipazione pubblica) la nomina dei componenti il consiglio di sorveglianza spetta all'assemblea. Anche i componenti del consiglio di sorveglianza restano in carica per tre esercizi; almeno un componente effettivo del consiglio di sorveglianza deve essere scelto tra i revisori legali iscritti nell’apposito registro .I componenti del consiglio di sorveglianza sono rieleggibili e revocabili dall'assemblea in qualunque tempo.

Lo statuto, fatto salvo quanto previsto da leggi speciali in relazione all'esercizio di particolari attività, può subordinare l'assunzione della carica al possesso di particolari requisiti di onorabilità, professionalità e indipendenza.

Il presidente del consiglio di sorveglianza è eletto dall'assemblea, coi poteri determinati dallo statuto determina i poteri del presidente del consiglio di sorveglianza.

Costituisce causa d'ineleggibilità e, dopo l'eventuale nomina, d'incompatibilità, la contemporanea appartenenza del consigliere al consiglio di sorveglianza e a quello di gestione. Non possono altresì essere eletti (e se già eletti, decadono) gli interdetti, i falliti, gli inabilitati e i condannati a pena che comporta l’interdizione ad esercitare, anche temporaneamente, pubblici uffici o l’incapacità ad esercitare, anche temporaneamente, uffici direttivi, nonché i soggetti legati alla società - o alle controllate, o a quelle sottoposte a comune controllo - da un rapporto di lavoro, da un rapporto continuativo di consulenza o di prestazione d'opera retribuita che ne compromettano l'indipendenza. Lo statuto può prevedere altre cause di ineleggibilità o decadenza, nonché cause di incompatibilità e limiti e criteri per il cumulo degli incarichi.

I compiti del consiglio di sorveglianza (articolo 2409-terdecies) sono:

a)         nomina e revoca dei componenti del consiglio di gestione e determinazione del compenso, salvo che la relativa competenza sia attribuita dallo statuto all'assemblea;

b)         approvazione del bilancio di esercizio e, ove redatto, del bilancio consolidato;

c)         vigilanza sull'osservanza della legge e dello statuto, sul rispetto dei princìpi di corretta amministrazione ed in particolare sull'adeguatezza dell'assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla società e sul suo concreto funzionamento;

d)         promozione dell’esercizio dell'azione di responsabilità nei confronti dei componenti del consiglio di gestione;

e)         presentazione di denunzia al tribunale, ove vi sia fondato sospetto che gli amministratori, in violazione dei loro doveri, abbiano compiuto gravi irregolarità nella gestione che possono arrecare danno alla società o a una o più società controllate;

f)          obbligo di riferire per iscritto almeno una volta all'anno all'assemblea sull'attività di vigilanza svolta, sulle omissioni e sui fatti censurabili rilevati;

f-bis)    se previsto dallo statuto, deliberazione in ordine alle operazioni strategiche e ai piani industriali e finanziari della società predisposti dal consiglio di gestione, ferma in ogni caso la responsabilità di questo per gli atti compiuti.

Lo statuto può prevedere che in caso di mancata approvazione del bilancio o qualora lo richieda almeno un terzo dei componenti del consiglio di gestione o del consiglio di sorveglianza la competenza per l'approvazione del bilancio di esercizio sia attribuita all'assemblea. I componenti del consiglio di sorveglianza devono adempiere i loro doveri con la diligenza richiesta dalla natura dell'incarico. Sono responsabili solidalmente con i componenti del consiglio di gestione per i fatti o le omissioni di questi quando il danno non si sarebbe prodotto se avessero vigilato in conformità degli obblighi della loro carica.I componenti del consiglio di sorveglianza possono assistere alle adunanze del consiglio di gestione e devono partecipare alle assemblee.

L’articolo 2409-quaterdecies infine fa rinvio a specifiche disposizioni in materia di collegio sindacale.

[267] L. 24 dicembre 2007, n. 247, “Norme di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e competitività per favorire l'equità e la crescita sostenibili, nonché ulteriori norme in materia di lavoro e previdenza sociale”.

[268] L’attuale percentuale è stata così definita dall’articolo 1, comma 501, della L. 228/2012. Il testo originario prevedeva una riduzione dal 40% al 27,5%.

[269] L. 12 novembre 2011, n. 183, “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato. (Legge di stabilità 2012)”.

[270] D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, “Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici”, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.

[271] Il precedente comma 65 precisa che le disposizioni del comma 66 concorrono al raggiungimento degli obiettivi di riduzione della spesa del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, relativamente alle spese non rimodulabili, ai sensi dei D.L. n. 98 e 138 del 2011.

[272] La norma richiamata precisa che il versamento debba avvenire sul capitolo 3670, Capo 27, dello stato di previsione dell'entrata del bilancio dello Stato, denominato "Entrate eventuali e diverse concernenti il Ministero del lavoro e delle politiche sociali".

[273] L. 23 dicembre 2000, n. 388, “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato” (legge finanziaria 2001).

[274] D.Lgs. 30 marzo 2001 n. 165, “Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”.

[275] D.L. 30 dicembre 2009, n. 194, “Proroga di termini previsti da disposizioni legislative”, convertito in legge, con modificazioni, dall’articolo 1, comma 1, L. 26 febbraio 2010, n. 25.

[276] Vale a dire il presidente, il consiglio di indirizzo e vigilanza, il collegio dei sindaci e il direttore generale, di cui all'articolo 3, comma 2, del D.lgs. 30 giugno 1994, n. 479, “Attuazione della delega conferita dall'art. 1, comma 32, della L. 24 dicembre 1993, n. 537, in materia di riordino e soppressione di enti pubblici di previdenza e assistenza”.

[277] Si ricorda che l’attuale Presidente dell’INPS, dott. Antonio Mastrapasqua, è stato nominato, per la durata di un quadriennio, con decreto del Presidente della Repubblica 30 luglio 2008.