Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento lavoro
Titolo: Prosecuzione volontaria del rapporto di lavoro nel settore privato oltre i limiti di età per il pensionamento di vecchiaia -AA.C. 2671 e 3343 -Elementi per l'istruttoria legislativa Elementi per l'istruttoria legislativa
Riferimenti:
AC N. 3343/XVI   AC N. 2671/XVI
Serie: Progetti di legge    Numero: 352
Data: 14/06/2010
Descrittori:
ETA' DELLE PERSONE   ETA' PENSIONABILE
IMPRESE PRIVATE   LIMITI E VALORI DI RIFERIMENTO
PENSIONE DI VECCHIAIA     
Organi della Camera: XI-Lavoro pubblico e privato

14 giugno 2010

 

n.352/0

 

Prosecuzione volontaria del rapporto di lavoro nel settore privato oltre i limiti di età per il pensionamento di vecchiaia

AA.C. 2671 e 3343

Elementi per l’istruttoria legislativa

 

 

Numero del progetto di legge

2671 (Cazzola e altri)

3343 (Santagata e altri)

Titolo

Modifiche all'articolo 4 della legge 11 maggio 1990, n. 108, concernenti l'introduzione, in via sperimentale, di norme per la prosecuzione del rapporto di lavoro oltre i limiti di età per il pensionamento di vecchiaia

Disposizioni concernenti il prolungamento volontario dell'attività lavorativa oltre il termine di maturazione del diritto alla pensione

Iniziativa

Parlamentare

Iter al Senato

No

Numero di articoli

2

4

Date:

 

 

presentazione o trasmissione alla Camera

31 luglio 2009

19 marzo 2010

assegnazione

20 ottobre 2009

27 aprile 2010

Commissione competente

XI Commissione Lavoro

Sede

Referente

Pareri previsti

I, V, X

I, V, VII, X e Commissione per le questioni regionali

 


Contenuto

Le proposte di legge C. 2671 (Cazzola ed altri) e C. 3343 (Santagata ed altri) introducono norme volte a  incentivare la permanenza volontaria in servizio oltre i limiti di età per il pensionamento di vecchiaia dei lavoratori del settore privato.

 

Di seguito si fornisce una descrizione del contenuto delle due proposte, per poi evidenziarne le più significative differenze.

 

La proposta di legge C. 2671 (Cazzola e altri) introduce una disciplina di carattere sperimentale per tre anni.

L’articolo 1 novella l’articolo 4 del D.L. 108/1990, introducendovi tre nuovi commi (2-bis, 2-ter e 2-quater).

Il comma 2-bis prevede, per i lavoratori dipendenti del settore privato che maturino i requisiti per il trattamento di vecchiaia tra il 1° gennaio 2010 e il 31 dicembre 2012, la facoltà di optare per la prosecuzione del rapporto di lavoro oltre i limiti di età per il pensionamento di vecchiaia, dandone preavviso al datore di lavoro entro sei mesi dalla data prevista per il pensionamento di vecchiaia.

 

Il comma 2-ter prevede una riduzione di due terzi degli obblighi contributivi relativi all'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti, nonché alle forme sostitutive della medesima, nel corso dell’attività lavorativa prestata successivamente al raggiungimento dei requisiti anagrafici per il pensionamento di vecchiaia. Per quanto concerne il successivo trattamento pensionistico, la disposizione prevede che esso dovrà essere equivalente a quello che sarebbe spettato se non fosse stata esercitata l'opzione per la prosecuzione del rapporto, con la sola aggiunta di quanto spettante a titolo di perequazione automatica relativamente al periodo di prosecuzione del rapporto. Al lavoratore spetta, inoltre, una pensione supplementare[1] corrispondente al calcolo dei contributi ridotti versati nel periodo di prosecuzione del rapporto.

 

Il comma 2-quater prevede che nel caso di esercizio dell’opzione e di conseguente prosecuzione dell’attività lavorativa oltre i limiti di età per il pensionamento di vecchiaia, il datore di lavoro possaprocedere comunque alla risoluzione del rapporto di lavoro, previo preavviso, mediante corresponsione al lavoratore, in aggiunta al trattamento di fine rapporto, di un'ulteriore indennità pari a un quarto di mensilità dell'ultima retribuzione lorda per ogni anno di anzianità di servizio, fino a un massimo di due mensilità. Tale indennità non è dovuta in caso di risoluzione del rapporto di lavoro dopo il compimento del secondo anno successivo alla scadenza del termine originariamente previsto per il pensionamento di vecchiaia del dipendente.

 

L’articolo 2 prevede che la nuova disciplina introdotta dall’articolo 1 abbia carattere sperimentale per tre anni. A tal fine, entro il primo trimestre di ciascun anno il Ministro del lavoro e delle politiche sociali trasmette al Parlamento una relazione sugli effetti economici e sociali derivanti dell'applicazione delle nuove norme.

 

La proposta di legge C.3343 (Santagata e altri) prevede, all’articolo 1, che i lavoratori dipendenti privati, al raggiungimento del diritto alla pensione, possano optare per una specifica forma incentivata di permanenza al lavoro. Per la prosecuzione del rapporto di lavoro e il contestuale rinvio del trattamento pensionistico è necessaria una apposita domanda, sottoscritta dal lavoratore e dal datore di lavoro, da inoltrare all'INPS entro il mese successivo alla domanda di pensione. Tale permanenza incentivata al lavoro può avere una durata massima di tre anni e non può comunque riguardare i lavori usuranti.

L’articolo 2 prevede come incentivi alla permanenza al lavoro la riduzione dei contributi previdenziali nella misura del 60% (e la loro messa a carico del datore di lavoro) e il diritto per il lavoratore a fruire di una pensione pari a quantorisultante dal calcolo pensionistico alla data di presentazione della domanda di pensione aumentata del 5% per ciascun anno aggiuntivo di permanenza al lavoro.

L’articolo 3 stabilisce che i risparmi derivanti dall'attuazione delle nuove disposizioni, accertate dagli istituti previdenziali, siano ripartite annualmente, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, d'intesa con la Conferenza unificata Stato-Regioni, tra le regioni, al fine di finanziare borse di studio per la continuazione degli studi oltre l'obbligo formativo.

 

Alla luce di quanto fin qui esposto, le principali differenze tra le due proposte di legge sono pertanto così riassumibili:

-          la disciplina prevista dall’AC 2671 ha carattere sperimentale per 3 anni, diversamente dall’AC 3343 che configura una disciplina a regime;

-          per quanto riguarda l’ambito applicativo delle disposizioni, l’AC 3343 esclude i lavori usuranti;

-          per quanto riguarda il ruolo delle parti nella decisione di proseguire nel rapporto lavorativo, l’AC 2671 configura l’opzione come scelta individuale del lavoratore (il datore di lavoro può svincolarsi attraverso il pagamento di una sorta di penale, pari al doppio dell’ultima retribuzione), mentre l’AC 3343 richiede il consenso preventivo del datore di lavoro (da questo punto di vista non innovando, pertanto, rispetto alla normativa vigente);

-          la riduzione dei contributi è di due terzi nell’AC 2671 e del 60% nell’AC 3343;

-          la prosecuzione incentivata del rapporto di lavoro è prevista per un massimo di 2 anni nell’AC 2671 e per un massimo di 3 anni nell’AC 3343;

-          per quanto riguarda il successivo trattamento pensionistico, l’AC 2671 prevede l’equivalenza con quanto sarebbe spettato in caso di normale pensionamento di vecchiaia, con l’aggiunta della perequazione automatica e di una pensione supplementare corrispondente ai contributi ridotti versati nel  corso della prosecuzione dell’attività lavorativa; l’AC 3343 prevede, invece, un aumento del trattamento pensionistico di vecchiaia pari al 5% per ciascun anno aggiuntivo di permanenza al lavoro;

-          l’AC 3343 vincola i possibili risparmi derivanti dall’applicazione della nuova disciplina al finanziamento di borse di studio per la continuazione degli studi oltre l'obbligo formativo.

 

Relazioni allegate

Alle proposte è allegata la relazione illustrativa.

Necessità dell’intervento con legge

L’intervento con legge è necessario in quanto la materia è attualmente regolata da fonti di rango primario (V. oltre “Quadro della normativa vigente”).

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Le norme introdotte dai provvedimenti in esame, in quanto intervengono sulla disciplina del rapporto di lavoro, possono essere ricondotte alle materie di legislazione esclusiva stataleordinamento civile”, di cui all’articolo 117, comma 2, lettera l), Cost. e “previdenza sociale”, di cui all’articolo 117, comma 2, lettera o), Cost.

Incidenza sull’ordinamento giuridico

Attribuzione di poteri normativi

L’articolo 3 della proposta di legge C. 3343 (Santagata e altri) stabilisce che i risparmi derivanti dalla legge, accertati dagli istituti previdenziali, siano ripartiti annualmente, con DM del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, d'intesa con la Conferenza unificata Stato-Regioni, tra le regioni, al fine di finanziare borse di studio per la continuazione degli studi oltre l'obbligo formativo.

Coordinamento con la normativa vigente

Nell’AC 2671 (Cazzola e altri) il coordinamento con la normativa vigente è efficacemente assicurato dal ricorso alla tecnica della novella della legge 108/90.

Formulazione del testo

In entrambe le proposte di legge andrebbe chiarito se lo sgravio contributivo riguarda i contributi a carico del lavoratore e/o i contributi a carico del datore di lavoro.

Con riferimento alla proposta di legge C. 3343 (Santagata e altri) si osserva, inoltre, che:

-          all’articolo 1, comma 1, andrebbe chiarito che per “diritto alla pensione” si intende la pensione di vecchiaia;

-          all’articolo 1, comma 2, andrebbe chiarito se l’opzione si configura come un diritto del lavoratore o se il consenso del datore di lavoro è requisito essenziale ai fini della prosecuzione del rapporto;

-          all’articolo 2, commi 1 e 2, non appare chiaro in che modo operi l’agevolazione contributiva, essendo previsto che la riduzione del 60 per cento “è posta a totale carico del datore di lavoro”;

-          all’articolo 4 andrebbe valutato se dalle nuove norme non derivino effettivamente nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello stato, ove si consideri che l’articolo 2, comma 3, dispone un incremento del trattamento pensionistico del 5% per ogni anno di prosecuzione del rapporto di lavoro oltre i limiti di età (diversamente dall’AC 2671, che prevede l’equivalenza con quanto sarebbe spettato in caso di normale pensionamento di vecchiaia, con l’aggiunta della perequazione automatica e di una pensione supplementare corrispondente ai contributi ridotti versati nel  corso della prosecuzione dell’attività lavorativa).

 

QUADRO DELLA NORMATIVA VIGENTE

 

Pensionamento di vecchiaia e prosecuzione dell’attività lavorativa nel settore pubblico.

 

Per i dipendenti civili dello Stato e degli enti pubblici non economici il limite anagrafico per il collocamento a riposo è attualmente fissato al compimento dei 65 anni per gli uomini e dei 60 anni per le donne (ai sensi del combinato disposto dagli articoli 1 e 16, comma 1, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503).

Per quanto concerne le donne, l’articolo 22-ter del D.L. 1° luglio 2009, n. 78, al fine di dare  la sentenza della Corte di Giustizia delle comunità europee del 13 novembre 2008 (causa 46/07), emessa a seguito della procedura di infrazione avviata nel luglio 2005 dalla Commissione europea, ha peraltro disposto l’incremento di un anno dei requisiti anagrafici a decorrere dal 2010, di un anno a decorrere dal 1° gennaio 2012 e di un ulteriore anno per ogni biennio successivo, fino al raggiungimento, a regime, dei 65 anni nel 2018.

 

Per alcune categorie di dipendenti pubblici, come i magistrati e i docenti universitari, è peraltro prevista la possibilità di proseguire nell'attività lavorativa più a lungo. Per quanto riguarda i professori universitari (ordinari e associati), l'articolo 1, comma 17, della legge 4 novembre 2005, n. 230, abolendo il collocamento fuori ruolo per limiti di età, ha stabilito che «il limite massimo di età per il collocamento a riposo è determinato al termine dell'anno accademico nel quale si è compiuto il settantesimo anno di età». Per quanto riguarda i magistrati, il termine per il collocamento a riposo, inizialmente fissato al compimento del settantesimo anno di età dall'articolo 5 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, è stato successivamente innalzato a 75 anni di età dal citato articolo 16, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 503 del 1992, introdotto dall'articolo 34, comma 12, della legge 27 dicembre 2002, n. 289.

 

L’articolo 16, comma 1, del decreto legislativo n.503 del 1992, ha riconosciuto la possibilità, per i dipendenti civili dello Stato e degli enti pubblici non economici, di permanere in servizio (cd. trattenimento in servizio) per un biennio oltre i limiti di età per il collocamento a riposo. La domanda di trattenimento va presentata all’amministrazione di appartenenza dai 24 ai 12 mesi precedenti il compimento del limite di età per il collocamento a riposo previsto dal proprio ordinamento. Tale possibilità era sostanzialmente configurata come un diritto soggettivo, in quanto la scelta era rimessa all’esclusiva volontà del dipendente e l’amministrazione non poteva opporsi.

Successivamente è tuttavia intervenuto l’articolo 72, commi 7-10, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, che ha rimesso alla valutazione dell’amministrazione di appartenenza, in base alle proprie esigenze organizzative e funzionali, l’accoglimento della richiesta in relazione alla particolare esperienza acquisita dal richiedente in determinati o specifici ambiti ed in funzione dell'efficiente andamento dei servizi.

Sulla materia è intervenuto, da ultimo, l’articolo 9, comma 31, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (in corso di esame parlamentare), il quale prevede che i trattenimenti in servizio possano essere disposti, da parte delle amministrazioni interessate, esclusivamente nell'ambito delle facoltà assunzionali consentite dalla legislazione vigente in base alle cessazioni del personale e con il rispetto delle relative procedure autorizzative. Inoltre, è previsto che le risorse destinabili a nuove assunzioni in base alle predette cessazioni siano ridotte in misura pari all'importo del trattamento retributivo derivante dai trattenimenti in servizio. Infine, è stata disposta la salvaguardia dei trattenimenti in servizio aventi decorrenza anteriore al 1° gennaio 2011, disposti prima dell'entrata in vigore del decreto-legge 78/2010, mentre sono stati considerati privi di effetti i trattenimenti in servizio aventi decorrenza successiva al 1° gennaio 2011, disposti prima dell'entrata in vigore dello stesso decreto-legge 78/2010.

 

Pensionamento di vecchiaia e prosecuzione dell’attività lavorativa nel settore privato.

 

La prosecuzione dell'attività lavorativa è disciplinata in termini in parte diversi nel settore privato rispetto al settore pubblico. Al raggiungimento dell'età per il collocamento al riposo il rapporto di lavoro non cessa automaticamente, in quanto il lavoratore può, con il consenso del datore di lavoro e fino a quando esso permane, proseguire nella propria attività. Il datore di lavoro, infatti, ai sensi di quanto previsto dall'articolo 4 della legge 11 maggio 1990, n. 108, può – al raggiungimento dei limiti di età per il pensionamento di vecchiaia - avvalersi della possibilità di recedere ad nutum (ossia senza giusta causa o giustificato motivo e, quindi, senza le tutele previste dall'articolo 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300, cosiddetto «Statuto dei lavoratori») dal rapporto di lavoro. Diversamente dal settore pubblico, tuttavia, il rapporto di lavoro può proseguire anche oltre un biennio. In altri termini, se nel settore pubblico (escludendo magistrati e professori universitari) non è in nessun caso consentito prolungare l'attività lavorativa oltre il compimento del 67° anno di età, nel settore privato è possibile prolungare l'attività lavorativa senza limiti di età, fermo restando il consenso del datore di lavoro.

 

Merita in questa sede ricordare che in tempi recenti interventi per incentivare il posticipo del pensionamento dei lavoratori privati (c.d. bonus previdenziale) erano stati previsti dall’articolo 1, commi 12-17, della legge n.243/ 2004.

Il bonus si profilava come un particolare beneficio di natura economica per i lavoratori dipendenti del settore privato, iscritti all’A.G.O. o alle forme sostitutive della medesima, in possesso dei requisiti anagrafici e contributivi richiesti per l’accesso alla pensione di anzianità previsti dalla normativa vigente  che decidevano di rinviare il pensionamento. La norma dava facoltà di rinunciare agli accrediti dei contributi previdenziali e percepire direttamente ed integralmente la somma corrispondente a detti accrediti. I lavoratori potevano comunque optare per l’accreditamento della contribuzione, al fine di garantirsi una pensione di importo maggiore in futuro. La maggiorazione retributiva conseguente all’accredito dei contributi non concorreva a formare reddito da lavoro dipendente ai fini IRPEF, ed era pertanto esente da imposizione fiscale.L’ammontare del bonus veniva in ogni caso calcolato sui contributi da versare effettivamente, e quindi doveva essere decurtato degli eventuali sgravi di cui era beneficiaria l’azienda e delle eventuali contribuzioni figurative.L’esercizio dell’opzione incideva sulla determinazione della misura della pensione che il lavoratore avrebbe percepito al momento della cessazione del rapporto di lavoro: il trattamento era in sostanza pari a quello che il lavoratore avrebbe percepito qualora, anziché esercitare l’opzione, avesse deciso di accedere al pensionamento di anzianità alla prima scadenza utile per il pensionamento. Era comunque fatta salva l'attribuzione degli adeguamenti dovuti per la rivalutazione automatica al costo della vita maturati durante il periodo per il quale si era posticipato l'accesso al trattamento pensionistico. La norma prevedeva una verifica governativa sui risultati delle norme da effettuare entro il 30 giungo 2007, sulla base dei dati forniti dal Nucleo di valutazione della spesa previdenziale e previa consultazione con le parti sociali. A seguito dei risultati finanziari non positivi evidenziati dal Nucleo (il quale spiegava che il bonus non aveva modificato in modo apprezzabile le leve di pensionamento previste a legislazione vigente, anche perché vi avevano aderito soprattutto lavoratori che, a prescindere da esso, avrebbero comunque optato per il posticipo del pensionamento oltre i requisiti minimi di accesso) il Governo lasciò decadere la misura al termine dell’anno 2007.

 


 

 

 

 

 

 

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[1] Introdotta dall’articolo 5 della L. 12 agosto 1962, n. 1338, la pensione supplementare, così definita a causa della sua natura accessoria (cioè in aggiunta o supplemento ad un’altra pensione e per differenziarla da quella che viene liquidata in base al requisito autonomo), è fruibile dall’assicurato iscritto all’AGO, anche in mancanza dei requisiti di assicurazione e di contributi ordinari, purché lo stesso sia titolare di una pensione a carico di una delle forme di previdenza alternativa (sostitutiva, esclusiva o esonerativa, - cioè Stato, INPDAP, Fondi Pensioni integrativi e sostitutivi, ecc.) all’AGO stessa.