Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento lavoro
Titolo: Diritti e prerogative sindacali di particolari categorie di personale del Ministero degli affari esteri - A.C. 717 - Elementi per l'istruttoria legislativa
Riferimenti:
AC N. 717/XVI     
Serie: Progetti di legge    Numero: 109
Data: 03/02/2009
Descrittori:
CONTRATTI COLLETTIVI DI LAVORO   RAPPRESENTANTI SINDACALI
RAPPRESENTANZE DIPLOMATICHE E CONSOLARI     
Organi della Camera: XI-Lavoro pubblico e privato

Casella di testo: Progetti di legge3 febbraio 2009                                                                                                                               n. 109/0

Diritti e prerogative sindacali di particolari categorie del Ministero degli affari esteri

A.C. 717

Elementi per l’istruttoria legislativa

SIWEB

 

Numero del progetto di legge

717

Titolo

Modifiche al decreto legislativo 30 marco 2001, n. 165, in materia di diritti e prerogative sindacali di particolari categorie di personale del Ministero degli affari esteri

Iniziativa

Parlamentare

Iter al Senato

No

Numero di articoli

2

Date:

 

presentazione o trasmissione alla Camera

5 maggio 2008

assegnazione

9 ottobre 2008

Commissione competente

XI (Lavoro)

Sede

Referente

Pareri previsti

I (Affari costituzionali), III (Affari esteri), V (Bilancio) e VII (Cultura)

 

 


Contenuto

La proposta di legge 717 (Fedi ed altri) reca modifiche al D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, riconoscendo specifici diritti e prerogative sindacali a determinate categorie di personale dipendente del Ministero degli affari esteri.

 

L’articolo 1 aggiunge il comma 3-bis all’articolo 42 del D.Lgs. 165/2001, al fine di garantire la partecipazione del personale in servizio presso le sedi diplomatiche e consolari, nonché presso gli istituti italiani di cultura all'estero, ancorché assunto con contratto regolato dalla legge locale, ai fini della costituzione delle rappresentanze sindacali unitarie (RSU).

 

L’articolo 2 aggiunge l’articolo 50-bis al D.Lgs. 165/2001. Tale nuovo articolo stabilisce l’applicazione delle disposizioni del Titolo III del D.Lgs. 165/2001, in materia di contrattazione collettiva e rappresentatività sindacale (articoli da 40 a 50), anche nei confronti del personale in servizio presso le sedi diplomatiche e consolari nonché presso gli istituti italiani di cultura all'estero, ancorché assunto con contratto regolato dalla legge locale.

 

Si ricorda che il richiamato Titolo III del D.Lgs. 165/2001 disciplina, oltre alle fattispecie relative ai diritti e prerogative sindacali nei luoghi di lavoro e alla rappresentatività sindacale ai fini della contrattazione collettiva, ulteriori fattispecie, tra le quali si segnalano  il riconoscimento dei contratti collettivi nazionali e integrativi (articolo 40), le forme di partecipazione delle rappresentanze del personale ai fini dell'organizzazione del lavoro nelle amministrazioni pubbliche (articolo 44), la definizione contrattuale del trattamento economico (articolo 45), le funzioni dell’ARAN e i poteri di indirizzo nei confronti dello stesso da aperte delle pubbliche amministrazioni (articoli 41 e 46), il procedimento di contrattazione collettiva (articolo 47) e l’interpretazione autentica dei contratti collettivi (articolo 49).

 

Relazioni allegate

Al progetto di legge è allegata la relazione illustrativa.

 

Secondo quanto riportato nella relazione illustrativa, circa 1.200 lavoratori del Ministero degli affari esteri non hanno la facoltà di esercitare liberamente i loro diritti sindacali - in particolare non partecipando all’elezione delle rappresentanze sindacali unitarie (RSU) – dal momento che L'ARAN ha determinato che solo i destinatari del contratto collettivo nazionale di lavoro abbiano la facoltà di partecipare alle elezioni delle RSU. Ciò esclude dal diritto di voto gli impiegati in possesso di un contratto regolato dalla legge locale. “Tale grave discriminazione”, continua la relazione, “in stridente contrasto con i principi costituzionali - articolo 3 della Costituzione - e con i principi comunitari, non tiene conto dello spirito, prima, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 e, ora, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, con il quale il legislatore aveva e ha inteso garantire  la partecipazione di tutti i lavoratori alle consultazioni per le RSU, e del dettato dell'articolo 93 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18, come sostituito dall'articolo 11 della legge 23 aprile 2003, n. 109, il quale recita: «Il personale dell'Amministrazione degli affari esteri è costituito (...) dal personale delle aree funzionali come definiti e disciplinati dalla normativa vigente, nonché dagli impiegati a contratto in servizio presso le rappresentanze diplomatiche, gli uffici consolari e gli istituti italiani di cultura»”.

 

Necessità dell’intervento con legge

L’intervento con legge si rende necessario in quanto la materia oggetto del provvedimento è regolata da fonti primarie.

 

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

La disciplina oggetto del provvedimento appare riconducibile alla materia di potestà legislativa concorrente Stato-Regioni “Tutela e sicurezza del lavoro”, ai sensi dell’articolo 117, comma 3, della Costituzione. Peraltro, attese le finalità dell’intervento normativo, appare possibile fare riferimento anche alla potestà esclusiva statale “Determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”, ai sensi dell’articolo 117, comma 2, lettera m), della Costituzione.

 

Incidenza sull’ordinamento giuridico

Coordinamento con la normativa vigente

Il collegamento con la normativa vigente appare efficacemente assicurato dal ricorso alla tecnica della novella del decreto legislativo n.165/2001.

 

Collegamento con lavori legislativi in corso

Non vi sono lavori legislativi in corso sulla materia.

 

Impatto sui destinatari delle norme

Secondo quanto si desume dalla relazione illustrativa, il provvedimento consentirà a circa 1.200 lavoratori del Ministero degli esteri di esercitare i propri diritti sindacali.

 

 

Quadro della normativa vigente

I diritti sindacali nel pubblico impiego (cenni)

 

Nelle pubbliche amministrazioni, i diritti e le prerogative sindacali nei luoghi di lavoro sono regolati, in primo luogo, dagli articoli 42 e 43 del D.Lgs. 165/2001.

In particolare, le disposizioni dell’articolo 42, oltre a svolgere una specifica funzione all’interno del meccanismo per il riconoscimento della rappresentatività sindacale ai fini della contrattazione collettiva di comparto di cui al successivo articolo 43, (consistente, ai sensi del comma 8 dello stesso articolo 42, nel fatto che le RSU possono essere costituite in ogni amministrazione , ente o struttura amministrativa che occupi più di 15 dipendenti, salvo specifiche eccezioni[1]), introduce una regolamentazione della rappresentanza sindacale di base, succedendo ad una disciplina che era sostanzialmente pattizia e disomogenea.

Più specificamente, il comma 1 dell’articolo 42 stabilisce che nelle pubbliche amministrazioni la libertà e l'attività sindacale sono tutelate nelle forme previste dalle disposizioni della L. 20 maggio 1970, n. 300 (cd. Statuto dei lavoratori)[2]. Lo stesso comma, inoltre, dispone che, fino all’emanazione di norme di carattere generale sulla rappresentatività sindacale che sostituiscano o modifichino tali disposizioni, le pubbliche amministrazioni sono tenute ad osservare le disposizioni dello stesso articolo in materia di rappresentatività delle organizzazioni sindacali, ai fini dell'attribuzione dei diritti e delle prerogative sindacali nei luoghi di lavoro e dell'esercizio della contrattazione collettiva.

 

Ai sensi del successivo comma 2, in ciascuna amministrazione, ente o struttura amministrativa di comparto, le organizzazioni sindacali ammesse dall’ARAN alle trattative per la sottoscrizione dei contratti collettivi ai sensi del successivo articolo 43, possono costituire rappresentanze sindacali aziendali ai sensi dell'articolo 19 e ss. della L. 300/1970. Tale facoltà, quindi, viene esclusivamente riconosciuta alle organizzazioni sindacali che abbiano superato i requisiti richiesti dall’articolo 43, e cioè che abbiano una rappresentatività pari o superiore al 5% quale media ponderata tra seguito associativo e consenso elettorale. Si ricorda, invece, che lo Statuto collega il potere di costituzione delle RSA al requisito della costituzione del contratto collettivo applicato nell’impresa.

Altro notevole elemento di diversità è, nell’ambito in oggetto, la mancanza del riferimento all’iniziativa dei lavoratori. Le richiamate differenze conducono ad una diversa concezione della rappresentatività sindacale nell’ambito pubblico, non identificata in base al riconoscimento negoziale[3], bensì configurata in relazione ad indici individuati a prescindere dallo stesso riconoscimento negoziale, quale, in primo luogo, il sostegno della dimensione sovraziendale. Alle organizzazioni sindacali riconosciute spettano, in proporzione alla rappresentatività, le garanzie previste dagli articoli 23, 24 e 30 della medesima L. 300, nonché le migliori condizioni derivanti dai contratti collettivi.

Il nucleo centrale dell’articolo 42 (commi 3-7) è dedicato agli organismi di rappresentanza unitaria del personale. I principi fondamentali, e al tempo stesso innovativi, sono la costituzione di tali organismi mediante un sistema elettivo con sistema proporzionale, con iniziativa, anche disgiunta, delle organizzazioni sindacali in precedenza richiamate (comma 3), il loro carattere unitario, nonché l’attribuzione di poteri negoziali diretti.

Il comma 4 prescrive alcuni principi relativi alle modalità di costituzione della RSU, rappresentando una sorta di “cornice” inderogabile, nonché il riconoscimento del diritto alla presentazione delle liste elettorali da parte di tutte le organizzazioni sindacali, anche non rappresentative ai sensi dell’articolo 43, a condizione che si tratti di organizzazioni con regolare statuto e che aderiscano al contenuto degli accordi collettivi.

Occorre comunque precisare che ai sensi del precedente comma 3, l’iniziativa di costituzione delle RSU spetterebbe di diritto alle organizzazioni sindacali già titolate a costituire RSA nei propri luoghi di lavoro, e cioè alle associazioni rappresentative ai sensi dell’articolo 43, comma 3, ammesse al tavolo negoziale di comparto. In proposito, il rinvio alla contrattazione collettiva, attuato con la stipula dell’Accordo collettivo del 7 agosto 1998, il quale detta un corpus normativo che si integra con le fonti normative, prevede, all’articolo 2, comma 1, l’abilitazione per la costituzione delle rappresentanze per le associazioni rappresentative ex articolo 43 del D.Lgs. 165/2001, le quali abbiano sottoscritto o abbiano formalmente aderito al contenuto dell’accordo stesso. In questo senso, però, tale difformità dovrebbe essere superata in quanto si tratterebbe di norme destinate a disciplinare la prima costituzione delle RSU.

 

Si fa presente, in particolare, che l’Accordo collettivo (articolo 2) ha stabilito che “le associazioni sindacali rappresentative che abbiano sottoscritto o abbiano formalmente aderito al presente accordo possono promuovere la costituzione di rappresentanze sindacali unitarie nelle Amministrazioni che occupino più di 15 dipendenti. Nel caso di amministrazioni con pluralità di sedi o strutture periferiche, i predetti organismi possono, altresì, essere promossi dalle stesse associazioni anche presso le sedi individuate dai contratti o accordi collettivi nazionali come livelli di contrattazione collettiva integrativa” Lo stesso articolo ha altresì disposto che oltre alle associazioni sindacali richiamate, possano presentare liste per l’elezione delle RSU anche altre organizzazioni sindacali, purché costituite in associazione con proprio statuto e aderenti all’accordo medesimo.

Inoltre, l’articolo 3 della Parte seconda dello stesso Accordo[4], così come modificato dall’articolo 1 dell’Accordo di integrazione del richiamato articolo 3, del 24 settembre 2007, ha stabilito il diritto al voto (comma 1) per tutti i lavoratori dipendenti con rapporto di lavoro a tempo indeterminato in forza nell’amministrazione alla data delle elezioni, ivi compresi quelli provenienti da altre amministrazioni che vi prestano servizio in posizione di comando e fuori ruolo.

Inoltre, nei comparti di contrattazione, con esclusione del comparto Scuola[5], il secondo periodo del comma 1 dispone riconosce il diritto di voto ai dipendenti in servizio con contratto di lavoro a tempo determinato, il cui rapporto di lavoro è, anche a seguito di atto formale dell’amministrazione, prorogato ai sensi di legge e/o inserito nelle procedure di stabilizzazione alla data di inizio delle procedure elettorali.

Sono invece eleggibili i lavoratori che, candidati nelle liste presentate da determinate associazioni sindacali, di cui al successivo articolo 4, siano dipendenti con contratto di lavoro a tempo indeterminato, sia a tempo pieno che parziale. Sono altresì eleggibili i dipendenti di cui al secondo periodo del comma 1.

Infine (comma 3), viene riconosciuto il diritto al solo elettorato attivo senza conseguenze su tutte le procedure attivate, compreso il calcolo dei componenti della RSU, il cui numero rimane invariato a favore dei dipendenti che, nel periodo intercorrente tra la data di inizio delle procedure elettorali e quello delle votazioni, acquisiscano i requisiti di cui al comma 1.

 

I successivi commi 6 e 7 focalizzano i diritti e le prerogative delle RSU. In particolare, ai sensi del comma 6, i componenti della RSU sono equiparati ai dirigenti delle RSA. Lo stesso comma dispone altresì che gli accordi o contratti collettivi che regolano l'elezione e il funzionamento dell'organismo, stabiliscono i criteri e le modalità con cui sono trasferite ai componenti eletti della rappresentanza unitaria del personale le garanzie spettanti alle rappresentanze sindacali aziendali delle organizzazioni sindacali di cui al precedente comma 2 che li abbiano sottoscritti o vi aderiscano, nonché (comma 7) i poteri negoziali della RSU e delle associazioni sindacali stipulanti il contratto collettivo di comparto.

 

 

La disciplina del personale a contratto del Ministero degli affari esteri e degli istituti di cultura all’estero.

 

Ai sensi dell’articolo 93 del D.P.R. 5 gennaio 1967, n. 18[6], il personale del Ministero degli affari esteri è costituito dalla carriera diplomatica, disciplinata dal proprio ordinamento di settore, dalla dirigenza e dal personale delle aree funzionali come definiti e disciplinati dalla normativa vigente, nonché dagli impiegati a contratto in servizio presso le rappresentanze diplomatiche, gli uffici consolari e gli istituti italiani di cultura.

La disciplina relativa agli impiegati assunti a contratto dalle rappresentanze diplomatiche, dagli uffici consolari e dagli istituti di cultura è contenuta nel Titolo VI (articoli da 152 a 167)[7] della Parte II (relativa al personale) dello stesso D.P.R. 18/1967. In particolare, l’articolo 152 dispone che tali organismi possano assumere personale a contratto per le proprie esigenze di servizio, previa autorizzazione dell'Amministrazione centrale, nel limite di un determinato contingente[8]. Gli impiegati a contratto svolgono le mansioni previste nei contratti individuali, tenuto conto dell'organizzazione del lavoro esistente negli uffici all'estero. Il contratto di assunzione è stipulato a tempo indeterminato, con un periodo di prova di nove mesi, alla scadenza del quale, sulla base di una relazione del capo dell'ufficio, si provvede a disporre la conferma o la risoluzione del contratto.

Ai sensi del successivo articolo 154, i contratti sono regolati dalla legge locale, tranne per quanto non espressamente disciplinato dallo stesso Titolo VI.

Il compito di accertare la compatibilità del contratto con le norme locali a carattere imperativo spetta alle rappresentanze diplomatiche, o, in assenza, agli uffici consolari di prima classe, sentite anche le rappresentanze sindacali in sede. Gli stessi organismi, inoltre, hanno l’obbligo di assicurare, in ogni caso, l'applicazione delle norme locali più favorevoli al lavoratore in luogo delle disposizioni di cui allo stesso Titolo VI. Le condizioni contrattuali devono comunque essere adeguate a garantire l'assunzione degli elementi più qualificati.

Per quanto concerne, infine, il trattamento previdenziale ed assistenziale, l’articolo 158 assicura la tutela previdenziale nelle forme previste dalla normativa locale, ivi comprese le convenzioni e gli accordi internazionali in vigore. Nel caso in cui la normativa locale non preveda alcuna forma di tutela previdenziale, o statuisca in modo manifestamente insufficiente, è previsto che gli impiegati a contratto possano, su richiesta, essere assicurati presso enti assicurativi italiani o stranieri. In ogni caso, gli impiegati a contratto di cittadinanza italiana possono optare per l'applicazione della legislazione previdenziale italiana, e, allo stesso tempo, possono (articolo 158-bis), sempre su richiesta, essere assicurati contro gli infortuni e le malattie professionali ai sensi della legislazione italiana.



[1]    Fatta salva cioè la diversa disciplina pattizia nonché il principio, delineato nella seconda parte dello stesso comma 8, secondo il quale la RSU può essere costituita autonomamente nell’ambito di sedi o strutture periferiche che costituiscano un livello decentrato di contrattazione, in base alle disposizioni del contratto collettivo di comparto.

[2]    In realtà, il richiamo alla cornice dello Statuto appare, così come rilevato in dottrina, alquanto ridimensionato, dato che l’operatività della disciplina del Titolo III dello stesso Statuto in relazione ai diritti collettivi non sembra potersi ricondurre alla disciplina di cui ai richiamati articoli 42 e 43, i quali detterebbero una disciplina autonoma e, anzi, in più punti inconciliabile con quella dello Statuto (ad es. Scarponi, ”Rappresentanze nei luoghi di lavoro”, in: “Lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”, commentario diretto da Carinci e D’Antona, Giuffré, 2000.

[3]    Campanella, ”Rappresentatività sindacale: fattispecie ed effetti”, Giuffré, 2000.

[4]    Recante il Regolamento per la disciplina deIl'elezione della RSU.

[5]    Nel comparto Scuola hanno diritto a votare i dipendenti a tempo determinato con incarico annuale.

[6]    “Ordinamento dell'Amministrazione degli affari esteri”.

[7]    Si ricorda che l’intero Titolo VI è stato interamente sostituito dall’articolo 1 del D.Lgs. 7 aprile 2000, n. 123, recante la disciplina del personale assunto localmente dalle rappresentanze diplomatiche, dagli uffici consolari e dagli istituti italiani di cultura all'estero, a norma dell'articolo 4 della L. 28 luglio 1999, n. 266.

[8]    Il limite complessivo è pari a 2.277 unità, incrementato di non più di 65 unità ai sensi dell’articolo 1, comma 1317, della legge finanziaria per il 2007 (L. 296/2006).