Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento giustizia
Titolo: Modifiche alla disciplina sulle misure cautelari personali A.C. 255, 1846 e 4616 - Elementi per l'istruttoria legislativa
Riferimenti:
AC N. 255/XVI   AC N. 1846/XVI
AC N. 4616/XVI     
Serie: Progetti di legge    Numero: 649
Data: 30/05/2012
Descrittori:
MISURE CAUTELARI E LIBERTA' PERSONALE DELL' IMPUTATO     

 

30 maggio 2012

 

n. 649/0

 

Modifiche alla disciplina sulle misure cautelari personali

A.C. 255, 1846 e 4616

Elementi per l’istruttoria legislativa

 

 

Numeri dei progetti di legge

255

1846

4616

Titolo

Modifiche all'articolo 303 del codice di procedura penale, per la riduzione dei termini di durata massima della custodia cautelare, e all'articolo 54 della legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di semplificazione delle procedure per la liberazione anticipata

Modifiche all'articolo 275 del codice di procedura penale e all'articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di custodia cautelare e di concessione di benefìci penitenziari nei riguardi di soggetti già condannati per determinati delitti

Modifiche agli articoli 274, 275, 284 e 308 del codice di procedura penale, in materia di misure cautelari personali

Iniziativa

Parlamentare

Parlamentare

Parlamentare

Iter al Senato

No

No

No

Numero di articoli

2

2

3

Date:

 

 

 

presentazione alla Camera

29 aprile 2012

29 ottobre 2008

14 settembre 2011

assegnazione

22 maggio 2012

19 dicembre 2008

10 ottobre 2011

Commissione competente

II Commissione (Giustizia)

II Commissione (Giustizia)

II Commissione (Giustizia)

Sede

Referente

Referente

Referente

Pareri previsti

I Commissione (Affari costituzionali)

I Commissione (Affari costituzionali)

I Commissione (Affari costituzionali)

 


Contenuto

Le tre proposte di legge in esame introducono modifiche alla disciplina sulle misure cautelari personali prevista dal codice di procedura penale. Le p.d.l. C. 255 e C. 4616 novellano inoltre il regime dei benefici penitenziari previsti dal relativo ordinamento (L. 354/1975).

Di seguito viene sinteticamente dato conto del contenuto dei tre provvedimenti.

AC 255 (Bernardini ed altri)

La proposta, che si compone di due articoli, dimezza i termini della custodia cautelare, rende automatica la detrazione dei giorni di pena per la liberazione anticipata, aumentando il numero dei giorni detratti per ogni semestre.

L’articolo 1 modifica l’art. 303 c.p.p. che detta i termini di durata massima della custodia cautelare.

Il vigente art. 303 c.p.p. decreta la perdita di efficacia della misura della custodia cautelare alla scadenza di determinati termini decorrenti dall’inizio della sua esecuzione. Il codice non prevede termini unici di durata massima delle misure, ma termini variabili a seconda della gravità o meno del delitto per cui si procede. Ad un termine totale complessivo (2, 4 o 6 anni, in relazione all’entità della pena per il delitto per cui si procede), il cui decorso (art. 303, comma 4) comporta comunque la scarcerazione dell’imputato indipendentemente dalla scadenza o meno dei termini “interni”, si affiancano i termini di fase (o termini interni), rapportati alla progressione dell’iter processuale, che limitano la durata della custodia in relazione ad ogni segmento del procedimento: indagini preliminari, giudizio di primo grado, di appello e di cassazione; al decorso anche di un solo termine di fase, in mancanza dell’adozione di uno specifico provvedimento (rinvio a giudizio, sentenza di primo grado, di appello, ecc.) consegue la perdita di efficacia della misura e la scarcerazione dell’imputato (art. 303, commi 1, 2 e 3).

L’articolo 1 riduce della metà tutti i termini di custodia cautelare previsti dall’art. 303 c.p.p. (sono dimezzati sia i termini di fase che quelli complessivi).

Secondo la novella, la custodia cautelare perde efficacia quando:

·   a) dall'inizio della sua esecuzione sono decorsi i seguenti termini senza che sia stato emesso il provvedimento di rinvio a giudizio o l'ordinanza che dispone il giudizio abbreviato ovvero senza che sia stata pronunciata la sentenza di patteggiamento:

-     1) quarantacinque giorni (anziché tre mesi), quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non superiore nel massimo a sei anni;

-     2) tre mesi (anziché sei mesi) quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a sei anni, salvo quanto previsto dal numero 3,

-     3) sei mesi (anziché un anno), quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o la pena della reclusione non inferiore nel massimo a venti anni ovvero per uno dei delitti indicati nell'articolo 407, comma 2, lettera a), sempre che per lo stesso la legge preveda la pena della reclusione superiore nel massimo a sei anni;

·   b) dall'emissione del provvedimento che dispone il giudizio o dalla sopravvenuta esecuzione della custodia sono decorsi i seguenti termini senza che sia stata pronunciata sentenza di condanna di primo grado:

-     1) tre mesi (anziché sei mesi), quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non superiore nel massimo a sei anni;

-     2) sei mesi (anziché un anno), quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non superiore nel massimo a venti anni, salvo quanto previsto dal numero 1);

-     3) nove mesi (anziché un anno e sei mesi), quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o la pena della reclusione superiore nel massimo a venti anni.

-     3-bis) qualora si proceda per i delitti di cui all'articolo 407, comma 2, lettera a), i termini di cui ai numeri 1), 2) e 3) sono aumentati fino a sei mesi. Tale termine è imputato a quello della fase precedente ove non completamente utilizzato, ovvero ai termini di cui alla lettera d) per la parte eventualmente residua. In quest'ultimo caso i termini di cui alla lettera d) sono proporzionalmente ridotti;

·   b-bis) dall'emissione dell'ordinanza con cui il giudice dispone il giudizio abbreviato o dalla sopravvenuta esecuzione della custodia sono decorsi i seguenti termini senza che sia stata pronunciata sentenza di condanna ai sensi dell'articolo 442:

-     1) quarantacinque giorni (anziché tre mesi), quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non superiore nel massimo a sei anni;

-     2) tre mesi (anziché sei mesi), quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non superiore nel massimo a venti anni, salvo quanto previsto nel numero 1;

-     3) centotrentacinque giorni (anziché nove mesi), quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o la pena della reclusione superiore nel massimo a venti anni.

·   c) dalla pronuncia della sentenza di condanna di primo grado o dalla sopravvenuta esecuzione della custodia sono decorsi i seguenti termini senza che sia stata pronunciata sentenza di condanna in grado di appello:

-     1) centotrentacinque giorni (anziché nove mesi), se vi è stata condanna alla pena della reclusione non superiore a tre anni;

-     2) sei mesi (anziché un anno), se vi è stata condanna alla pena della reclusione non superiore a dieci anni;

-     3) nove mesi (anziché un anno e sei mesi), se vi è stata condanna alla pena dell'ergastolo o della reclusione superiore a dieci anni

·   d) dalla pronuncia della sentenza di condanna in grado di appello o dalla sopravvenuta esecuzione della custodia sono decorsi gli stessi termini previsti dalla lettera c) senza che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile di condanna, salve le ipotesi di cui alla lettera b), numero 3-bis). Tuttavia, se vi è stata condanna in primo grado, ovvero se la impugnazione è stata proposta esclusivamente dal pubblico ministero, si applica soltanto la disposizione del comma 4.

Il dimezzamento dei termini previsto dalla p.d.l. riguarda anche i termini complessivi previsti dal comma 4 dell’art. 303. Quindi, la durata complessiva della custodia cautelare, considerate anche le proroghe previste dall'articolo 305, non può superare i seguenti termini:

-           a) un anno (anziché due anni), quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non superiore nel massimo a sei anni;

-           b) due anni (anziché quattro anni), quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non superiore nel massimo a venti anni, salvo quanto previsto dalla lettera a);

-           c) tre anni (anziché sei anni), quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a venti anni.

L’articolo 2 della proposta di legge interviene sulla disciplina della liberazione anticipata, novellando l’art. 54 della legge n. 354/1975 sull’ordinamento penitenziario.

Attualmente, al condannato a pena detentiva che ha dato prova di partecipazione all'opera di rieducazione è concessa, quale riconoscimento di tale partecipazione, e ai fini del suo più efficace reinserimento nella società, una detrazione di 45 giorni per ogni singolo semestre di pena scontata. A tal fine è valutato anche il periodo trascorso in stato di custodia cautelare o di detenzione domiciliare (comma 1). La concessione del beneficio è comunicata all'ufficio del pubblico ministero presso la corte d'appello o il tribunale che ha emesso il provvedimento di esecuzione (comma 2). La condanna per delitto non colposo commesso nel corso dell'esecuzione successivamente alla concessione del beneficio ne comporta la revoca (comma 3). Agli effetti del computo della misura di pena che occorre avere espiato per essere ammessi ai benefici dei permessi premio, della semilibertà e della liberazione condizionale, la parte di pena detratta ai sensi del comma 1 si considera come scontata. La disciplina descritta si applica anche ai condannati all'ergastolo (comma 4).

Secondo la modifica proposta al comma 1 dell’art. 54, la detrazione per ogni semestre di detenzione - aumentata da 45 a 60 giorni - è concessa automaticamente al condannato indipendentemente dalla sua partecipazione all’opera rieducativa.

L’art. 2 della p.d.l. aggiunge, tuttavia, allo stesso articolo 54 un comma 2-bis che stabilisce che per ogni singolo semestre, il beneficio della riduzione di pena può essere negato in presenza di una relazione motivata del direttore del carcere che attesti, nel periodo di riferimento, la mancata partecipazione del detenuto alla rieducazione. La relativa decisione è assunta dal tribunale di sorveglianza con la presenza delle parti.

AC 1846 (Cota e Lussana)

La proposta di legge estende le ipotesi di applicazione della custodia cautelare per alcuni gravi reati ed esclude i benefici previsti dall’ordinamento penitenziario per chi, per tali reati, abbia già riportato una condanna definitiva.

L’articolo 1 della proposta riformula il terzo comma dell’art. 275 c.p.p. relativo ai criteri di scelta delle misure cautelari.

Il vigente art. 275, terzo comma, prevede che l’applicazione della custodia cautelare in carcere può essere disposta soltanto quando ogni altra misura risulti inadeguata. La misura è applicata in presenza di gravi indizi di colpevolezza in ordine ai delitti di notevole allarme sociale di cui all'articolo 51, commi 3-bis (associazione mafiosa, riduzione in schiavitù, tratta di persone, sequestro di persona a scopo di estorsione, ecc.), 3-quater (delitti con finalità di terrorismo), nonché in ordine ai delitti di cui agli articoli 575 (omicidio), 600-bis, primo comma (induzione alla prostituzione minorile), 600-ter, (pornografia minorile, esclusa la cessione del materiale, anche gratuita) e 600-quinquies (turismo sessuale) del codice penale, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari. Analogamente, la custodia in carcere si applica in ordine ai delitti previsti dagli articoli 609-bis (violenza sessuale), 609-quater (atti sessuali con minorenne) e 609-octies (violenza sessuale di gruppo) del codice penale, salvo che ricorrano le circostanze attenuanti dagli stessi contemplate.

Dalla nuova formulazione del terzo comma:

- è espunto il primo periodo ovvero il riferimento al ricorso della custodia cautelare come extrema ratio;

 - è, inoltre, espunto il requisito della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza[1]  per i reati ivi indicati ed è, invece, introdotto come parametro per l’applicazione obbligatoria della misura la reiterazione, nei precedenti 5 anni, del reato della stessa specie per cui si procede, accertato da sentenza definitiva (salvo vi sia stata riabilitazione ex art. 178 ss. c.p.)

- è ridotto, rispetto all’attuale comma 3, il catalogo dei reati in relazione ai quali è obbligatoria l’applicazione della custodia cautelare che comprenderebbe: l’associazione mafiosa (art. 416-bis c.p.), l’omicidio (art. 575 c.p.), la riduzione in schiavitù (art. 600 c.p.), l’induzione alla prostituzione minorile (art. 600-bis, primo comma, c.p.); la pornografia minorile, nelle sole fattispecie di realizzazione di esibizioni pornografiche o produzione di materiale pornografico minorile (art 600-ter, primo e secondo comma, c.p.); la tratta di persone (art. 601 c.p.); la violenza sessuale (art. 609-bis c.p.), compresa quella di gruppo (art. 609-octies, c.p.); la rapina aggravata (art. 629, terzo comma c.p.); il sequestro di persona a scopo di estorsione (art. 630 c.p.). In tali fattispecie, l’adeguatezza della custodia in carcere risulta presunta ex lege ed il giudice non può, quindi, decidere per l’applicazione di una misura cautelare diversa, salvo siano acquisiti elementi tali dai quali risulti l’insussistenza delle esigenze cautelari.

Rispetto alla vigente formulazione dell’art. 275, terzo comma, rimarrebbero pertanto esclusi dall’automatica applicazione della misura introdotta dal comma 3, i reati commessi avvalendosi delle condizioni previste dall’art. 416-bis, i reati associativi finalizzati al traffico di stupefacenti e al contrabbando di tabacchi lavorati esteri, i delitti con finalità di terrorismo, la contraffazione di marchi e brevetti, l’introduzione nel Paese di prodotti con segni falsi, l’acquisto e alienazione di schiavi. Per tali reati verrebbe quindi meno anche la vigente disciplina più severa in ordine all’applicazione della custodia cautelare.

Sulla questione dell’automatismo dell’applicazione della custodia carceraria, si segnala come la Corte di cassazione (Sezione III penale, sentenza 1° febbraio 2011, n. 4377) abbia affermato che, anche per reati gravi come quelli di natura sessuale (nella specie, si trattava di una violenza di gruppo, anche su minore), è possibile considerare misure alternative alla custodia in carcere. La Corte ha così fornito un'interpretazione estensiva di quanto già affermato dalla Corte Costituzionale con la sentenza 265 del 2010 che aveva dichiarato l’incostituzionalità dell'automatismo della custodia in carcere per i reati sessuali, confermandolo solo per i reati di criminalità organizzata. Secondo la Corte, il principio del minor sacrificio possibile della libertà personale esclude qualunque automatismo e presunzione assoluti, ma lascia al giudice il compito di valutare i singoli casi in cui possono essere applicate misure cautelari diverse dalla custodia in carcere.

L’articolo 2 della p.d.l. aggiunge un comma all’art. 4-bis dell’ordinamento penitenziario (L. n. 354/1975)

Il comma 1 dell’art. 4-bis esclude dall’applicazione dei benefici penitenziari (assegnazione al lavoro esterno, permessi premio e misure alternative alla detenzione, esclusa la liberazione anticipata) i detenuti condannati per reati di particolare gravità ove non collaborino con la giustizia.

La disposizione introdotta dall’art. 2 esclude, in ogni caso, il godimento dei benefici penitenziari per chi è stato in precedenza già condannato per i reati previsti dal nuovo terzo comma dell’art. 275 c.p.p. (cfr. art. 1 p.d.l.).

AC 4616 (Bernardini ed altri)

I tre articoli della proposta di legge, con lo scopo di limitare la discrezionalità nell’applicazione delle misure cautelari personali e in particolare della custodia cautelare in carcere, rafforzare le prescrizioni relative agli arresti domiciliari e innalzare la durata delle misure cautelari interdittive.

L’articolo 1 modifica l’art. 274 c.p.p. relativo alle condizioni di applicabilità delle misure cautelari.

Tali condizioni, individuate dall’art. 274, sono il pericolo di inquinamento delle prove (comma 1, lett. a); il pericolo di fuga (comma 2, lett. b) e il pericolo di reiterazione dei reati (comma 3, lett. c).

In particolare, il comma 1, lett. c) dell’art. 274 prevede che le misure cautelari sono disposte quando, per specifiche modalità e circostanze del fatto e per la personalità della persona sottoposta alle indagini o dell'imputato, desunta da comportamenti o atti concreti o dai suoi precedenti penali, sussiste il concreto pericolo che questi commetta gravi delitti con uso di armi o di altri mezzi di violenza personale o diretti contro l'ordine costituzionale ovvero delitti di criminalità organizzata o della stessa specie di quello per cui si procede. Se il pericolo riguarda la commissione di delitti della stessa specie di quello per cui si procede, le misure di custodia cautelare sono disposte soltanto se trattasi di delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni

Per limitare la discrezionalità del giudice nella valutazione del rischio di reiterazione del reato, il comma 1, lett. c) dell’art. 274 è modificato con l’aggiunta della previsione dell’obbligo dell’”attualitàdel pericolo di commissione dei reati.

Nello stessa disposizione è, poi, soppresso il secondo periodo che, come recita la relazione alla p.d.l., è stato riformulato e ricollocato – per esigenze sistematiche – in un comma 3-bis aggiunto all’art. 275 (relativo ai criteri di scelta delle misure cautelari).

In base al nuovo comma 3-bis, ove l’esigenza cautelare concerna “esclusivamente” il pericolo di commissione di delitti della stessa specie di quello per cui si procede, la custodia cautelare in carcere è disposta soltanto se trattasi di delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni e solo nei confronti dei delinquenti abituali, professionali o per tendenza. Accanto al parametro oggettivo, di natura edittale, ne è, quindi, introdotto un secondo, di natura soggettiva – sintomo di pericolosità sociale - che riduce la discrezionalità del giudice. La nuova disposizione fa comunque salvo quanto previsto dal comma 3 del medesimo art. 275 c.p.p., sul ricorso alla custodia cautelare in carcere soltanto quando ogni altra misura risulti inadeguata.

La custodia in carcere è comunque disposta se non è possibile il ricorso agli arresti domiciliari per mancanza di un domicilio privato o nell’ipotesi aggiunta dall’art. 2 della proposta di legge (v. ultra, novella all’art. 284 c.p.p.,) cioè se l’indagato coabiti con la persona offesa.

L’articolo 2 introduce una doppia modifica all’art. 284 c.p.p. relativo agli arresti domiciliari.

L’attuale art. 284 c.p.p. stabilisce (comma 1) che con il provvedimento che dispone gli arresti domiciliari, il giudice prescrive all'imputato di non allontanarsi dalla propria abitazione o da altro luogo di privata dimora ovvero da un luogo pubblico di cura o di assistenza ovvero, ove istituita, da una casa famiglia protetta.

Quando è necessario, il giudice impone limiti o divieti alla facoltà dell'imputato di comunicare con persone diverse da quelle che con lui coabitano o che lo assistono (comma 2).

Una prima novella riguarda il comma 2, con un rafforzamento delle limitazioni cui è soggetto l’arrestato; diventa, infatti, regola generale il divieto di comunicazione con persone diverse da chi coabita con lui o da chi lo assiste, salvo che il giudice disponga diversamente in base a specifiche esigenze.

Come accennato in precedenza, è aggiunto un periodo al comma 5-bis dell’art. 284 che prevede l’impossibilità di concessione degli arresti domiciliari se l’indagato o l’imputato coabiti con la persona offesa dal reato per cui si procede.

L’articolo 3 della proposta di legge, infine, modifica il termine di durata massima delle misure cautelari interdittive (sospensione dall'esercizio della potestà dei genitori, sospensione dall'esercizio di un pubblico ufficio o servizio, divieto temporaneo di esercitare determinate attività professionali o imprenditoriali). L’attuale termine di due mesi (dall’inizio della loro esecuzione) è aumentato a sei mesi. Analogamente, si prevede che, in caso siano disposte per esigenze probatorie, le misure interdittive possano essere rinnovate dal giudice oltre sei mesi, anziché gli attuali due.

La finalità dell’intervento – secondo la relazione alla proposta di legge - deriva dalla necessità di affiancare alle misure custodiali un più efficace strumento cautelare, che la pratica ha rivelato di particolare efficacia per evitare il pericolo di reiterazione di determinate tipologie di reato.

Relazioni allegate

Le proposte, d’iniziativa parlamentare, sono accompagnate dalla sola relazione illustrativa.

Necessità dell’intervento con legge

Tutte le proposte di legge recano interventi di natura penale e dunque intervengono su materia coperta da riserva di legge.

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Il contenuto delle proposte di legge è riconducibile alla materia di competenza esclusiva dello Stato di cui all’articolo 117, secondo comma, lett. l), con riguardo a giurisdizione e norme processuali e ordinamento penale.

Incidenza sull’ordinamento giuridico

Coordinamento con la normativa vigente

Il coordinamento con la normativa vigente è effettuato attraverso la tecnica della novellazione.



 

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[1] Parametro che conserva una sua validità generale per l’applicazione della misura ai sensi dell’art. 273, primo comma.