Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento giustizia
Titolo: Revisione della normativa in materia di filiazione AA.C. 2519, 3184, 3247, 3915 II edizione
Riferimenti:
AC N. 3184/XVI   AC N. 3247/XVI
AC N. 3915/XVI   AC N. 2519/XVI
Serie: Progetti di legge    Numero: 276
Data: 01/02/2011
Descrittori:
FIGLI NATURALI   RICONOSCIMENTO DI FIGLI NATURALI
SUCCESSIONI     
Organi della Camera: II-Giustizia

 

Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di

Progetti di legge

Revisione della normativa in materia di filiazione

AA.C. 2519, 3184, 3247, 3915

 

 

 

 

 

 

 

n. 276

II edizione

 

 

1° febbraio 2011

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Giustizia

( 066760-9148 / 066760-9559 – * st_giustizia@camera.it

 

 

 

 

 

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File: gi0326.doc

 


INDICE

Schede di lettura

Quadro normativo: la filiazione naturale  3

Contenuto dei progetti di legge  12

§      Il disegno di legge del Governo (AC 3915)12

§      Le proposte di legge AC 2519 (Mussolini), AC 3184 (Bindi ed altri), e AC 3247 (Palomba)21

§      Raffronto tra la normativa vigente, l’AC 2519, l’AC 3184, l’AC  3247 e l’AC 3915  27

Iter alla Camera (A.C. 2514 - XV legislatura)

Progetto di legge

§      A.C. 2514, (Governo), Delega al Governo per la revisione della normativa in materia di filiazione  32

Sede referente

-       II Commissione (Giustizia)

Seduta del 17 maggio 2007  32

Seduta del 31 maggio 2007  32

Seduta del 13 giugno 2007  32

Seduta del 12 settembre 2007  32

Seduta del 20 settembre 2007  32

Seduta del 15 novembre 2007  32

Seduta del 20 dicembre 2007  32

Sede consultiva

§      Pareri resi alla II Commissione (Giustizia)

-       Comitato per la legislazione

Seduta del 21 novembre 2007  32

-       I Commissione (Affari costituzionali)

Seduta del 19 dicembre 2007  32

 


Schede di lettura

 


Quadro normativo: la filiazione naturale

L’art. 30 della Costituzione e i primi interventi della Corte costituzionale

La Costituzione, all’articolo 30, comma 1 sancisce il diritto-dovere dei genitori di mantenere, istruire ed educare i figli, «anche se nati fuori del matrimonio». Il comma 3 del medesimo articolo dispone che attraverso la legge debba essere assicurata «ai figli nati fuori dal matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima».

La Costituzione opera una piena equiparazione tra figli legittimi e figli naturali (sono definiti figli naturali i figli di genitori non sposati fra loro) per quanto riguarda l’assistenza da parte dei genitori (assicurata dal primo comma dell’art. 30) - e cioè relativamente al diritto dei figli, anche se nati fuori del matrimonio, ad essere mantenuti, istruiti ed educati, ma non nella posizione familiare.

A questo proposito occorre, peraltro, osservare che il dettato costituzionale si inseriva nel 1948, in un ordinamento giuridico civilistico che distingueva nettamente i figli illegittimi in tre categorie, prevedendo per ognuna di queste un trattamento giuridico differente, progressivamente deteriore, e in ogni caso più sfavorevole di quello riservato alla categoria dei figli legittimi.

 

Il codice civile del 1942, nella sua originaria formulazione, prevedeva, infatti, i figli naturali (e cioè i figli di genitori non coniugati fra loro né con altri), i figli adulterini (e cioè i figli di padri o madri coniugati con altre persone) ed i figli incestuosi. Lo stesso codice stabiliva pesanti limitazioni al riconoscimento volontario da parte del padre o della madre dei figli adulterini e di quelli incestuosi e vietava la dichiarazione giudiziale di paternità (limitata fortemente anche in relazione alla paternità naturale).

 

In questa fase la Corte costituzionale ha affermato che la Costituzione, rispondendo «all’esigenza di un orientamento legislativo, a favore della filiazione illegittima, inteso ad eliminare posizioni giuridicamente e socialmente deteriori, compatibilmente con i diritti dei membri della famiglia legittima» (sent. n. 7 del 1963), assimila – e cioè tendenzialmente equipara – «i figli naturali ai figli legittimi, ma soltanto laddove manchi in concreto una famiglia legittima da tutelare»[1].

 

Negli stessi anni la Corte costituzionale ha:

§      dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 593, co. 1, c.c., che limitava la quota di successione testamentaria a danno dei figli naturali non riconoscibili (sent. n. 250 del 1970);

§      ha annullato la disparità fra riserve a favore dei figli legittimi e quella a favore dei figli naturali (quando manchino i legittimi) (sent. n. 50 del 1973);

§      ha annullato la norma che imponeva il “concorso” tra figli naturali e ascendenti, sconosciuto alla successione dei figli legittimi (sent. n. 82 del 1974);

§      ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 284 c.c. nella parte in cui escludeva che la legittimazione per decreto potesse essere concessa quando il genitore avesse già figli legittimi o legittimati o loro discendenti (sent. n. 237 del 1974).

La riforma del diritto di famiglia del 1975

Con la riforma del diritto di famiglia del 1975 (L. 19 maggio 1975, n. 151) si è data attuazione all’art. 30, co. 3 della Costituzione: il criterio ispiratore del legislatore è stato quello di assimilare quanto più possibile la posizione giuridica dei figli naturali a quella dei figli legittimi.

La disciplina del riconoscimento del figlio naturale

Il riconoscimento del figlio naturale è l’atto formale mediante il quale il dichiarante assume di essere genitore del proprio figlio nato al di fuori del matrimonio.

Con la riforma del diritto di famiglia si è previsto che:

§      esso può essere effettuato dal padre e dalla madre, anche se questi, all’epoca del concepimento, erano uniti in matrimonio con altra persona;

§      l’età minima per effettuarlo è il sedicesimo anno di età;

§      il figlio che abbia compiuto il sedicesimo anno deve dare l’assenso; per i figli di età inferiore è richiesto il consenso dell’altro genitore, che non può, però, essere rifiutato ove il riconoscimento risponda all’interesse del figlio.

 

Analiticamente, ai sensi dell’art. 250 del codice civile il figlio naturale può essere riconosciuto dal padre o dalla madre, o da entrambi, anche se all'epoca del concepimento questi erano sposati con un'altra persona.

Il riconoscimento può essere effettuato nell'atto di nascita oppure con un'apposita dichiarazione posteriore al concepimento o alla nascita, rilasciata innanzi a un ufficiale di stato civile, oppure contenuta in un atto pubblico o in un testamento, redatto in qualsiasi forma (art. 254 c.c.). Valgono come riconoscimento anche la domanda di legittimazione presentata al giudice (anche se la legittimazione non abbia poi luogo) e la dichiarazione di legittimazione contenuta in un atto pubblico o in un testamento.

Il riconoscimento può essere effettuato sia congiuntamente sia separatamente; nel caso in cui debba essere riconosciuto un figlio ultrasedicenne è necessario anche il suo consenso; se il figlio è minore di 16 anni occorre invece quello del genitore che lo ha già riconosciuto e che non può negarlo ove risponda all'interesse del figlio. La legge prevede uno speciale procedimento da seguire nel caso in cui sia fatta opposizione dal genitore che per primo abbia effettuato il riconoscimento.

 

Non è riconoscibile il figlio incestuoso, cioè il figlio naturale nato da persone legato tra loro da vincolo di parentela, salvo che i genitori, al tempo del concepimento, ignorassero la parentela esistente tra loro, o da vincolo di affinità in linea retta salvo che sia stato dichiarato nullo il matrimonio da cui deriva l’affinità (art. 251 c.c.). Quando uno solo dei genitori sia stato in buona fede, il riconoscimento del figlio può essere effettuato solo da lui; in questo caso occorre l’autorizzazione del giudice.

 

L’art. 253 c.c. vieta il riconoscimento che contrasti con lo stato di figlio legittimo o legittimato; il codice ammette invece che possa essere riconosciuto anche il figlio premorto (art. 255 c.c.), in favore dei suoi discendenti legittimi e dei suoi figli naturali riconosciuti, i quali potranno così acquistare il cognome del premorto e i diritti successori e alimentari nei confronti di chi abbia effettuato il riconoscimento.

 

Il riconoscimento può essere impugnato per difetto di veridicità dall’autore, da chi è stato riconosciuto, nonché da chiunque vi abbia interesse. L’azione è imprescrittibile (art. 263 c.c.)[2].

 

Analiticamente, ai sensi dell’art. 263 c.c. lo stato di figlio naturale può essere contestato da chiunque vi abbia interesse, compreso l'autore del riconoscimento, impugnando la veridicità del riconoscimento (è competente il tribunale ordinario). Occorre, naturalmente, provare (qualsiasi mezzo di prova è ammesso) la non sussistenza del rapporto di filiazione (art. 264 c.c.). Il figlio che è stato riconosciuto non può impugnare il riconoscimento, se minore di età o interdetto. La legge prevede delle azioni dirette a contestare il titolo dello stato di figlio naturale al fine di ottenere l'annullamento del riconoscimento estorto con la violenza oppure effettuato da persona interdetta giudizialmente (artt. 265 e 266 c.c.)[3]. L'azione di annullamento è trasmissibile, nel caso in cui il suo titolare sia morto entro il termine utile per la sua proposizione senza averla esercitata, ai discendenti, agli ascendenti e agli eredi di lui (art. 267 c.c.).

 

Ai sensi dell’art. 256 c.c., il riconoscimento è irrevocabile e, quando è contenuto in un testamento, ha effetto dal giorno della morte del testatore, anche se il testamento è stato revocato.

L’azione per la dichiarazione giudiziale di maternità o paternità naturale

L’art. 269 del codice civile ammette il figlio che non sia stato riconosciuto a promuovere un'azione volta a ottenere la dichiarazione giudiziale della maternità o della paternità. L’azione è sempre esperibile[4].

 

Per dimostrare la maternità occorre provare l'identità tra colui che si pretende essere figlio e colui che fu partorito dalla donna qualificata come sua madre. La prova della paternità può essere data con qualsiasi mezzo, tenendo presente però che la sola dichiarazione della madre e la sola esistenza di rapporti tra lei e il preteso padre, all'epoca del concepimento, non costituiscono prova della paternità naturale: questa dovrà, ad es., essere dimostrata con il possesso di stato di figlio naturale, oppure tramite analisi ematologiche e genetiche, che restano la prova principale in questo tipo di giudizio.

L'azione è imprescrittibile se è il figlio a proporla; se costui muore prima di averla esercitata, spetta ai discendenti legittimi, legittimati o naturali riconosciuti esercitarla, nel termine di 2 anni dalla morte (art. 270 c.c.). Dagli stessi soggetti l'azione può essere proseguita nel caso in cui il figlio sia morto dopo averla promossa. In caso di minore di età o di persona interdetta, l'azione è esercitata, nel loro interesse, rispettivamente dal genitore che esercita la patria potestà o dal tutore, previa autorizzazione del giudice. La legge richiede il consenso del minore sedicenne per la promozione o prosecuzione dell'azione.

 

La sentenza che dichiara la filiazione naturale produce gli effetti del riconoscimento; con essa il giudice può anche dare quei provvedimenti che ritiene utili per il mantenimento, l'istruzione o per la tutela degli interessi patrimoniali del figlio (come, ad es., quelli concernenti l'affidamento del figlio e l'esercizio della potestà su di lui) (art. 277 c.c.).

Lo “status” di figlio naturale riconosciuto

L’art. 258 del codice civile afferma che il riconoscimento del figlio naturale produce effetti solo per il genitore che lo effettua, «salvo i casi previsti dalla legge» e che l’atto di riconoscimento di uno solo dei genitori non può contenere indicazioni relative all'altro genitore; queste indicazioni, qualora siano state fatte, sono senza effetto.

Dallo status di figlio naturale derivano i seguenti effetti, che si realizzano ex tunc, cioè dalla data della nascita del figlio:

§      il genitore che ha riconosciuto il figlio ha rispetto a questi gli stessi diritti e doveri che ha rispetto ai figli legittimi (art. 261 c.c.);

§      Il genitore che ha riconosciuto il figlio esercita la potestà su di lui (per il caso di riconoscimento da parte di entrambi i genitori cfr. art. 317-bis);

§      il figlio naturale assume il cognome del genitore che per primo lo ha riconosciuto; se è stato riconosciuto da entrambi i genitori simultaneamente, assume il cognome paterno (art. 262 c.c.). Qualora il riconoscimento del padre sia intervenuto successivamente a quello della madre, è data la scelta al figlio naturale di assumere il cognome del padre, aggiungendolo o sostituendolo a quello della madre. Se il figlio è minore di età, la scelta è fatta dal giudice, a seguito dell'azione promossa dal genitore che esercita la potestà, oppure, se questi è la madre, dal padre interessato a fare assumere al figlio il suo cognome;

§      il figlio naturale è equiparato ai figli legittimi per i diritti di successione mortis causa[5]; questi ultimi, però, hanno la c.d. facoltà di commutazione, cioè possono soddisfare in denaro o in beni immobili ereditari la porzione del figlio naturale, estromettendolo dalla comunione ereditaria (art. 537 c.c.). L’applicazione dell’istituto richiede il consenso del figlio naturale (in caso di opposizione interviene giudice, chiamato a valutare le circostanza personali e patrimoniali ed a decidere se la commutazione corrisponde a un interesse meritevole di tutela)[6].

Si segnala, altresì, che anche nel caso di filiazione naturale tra figlio naturale e genitori vi sono reciproci obblighi alimentari (art. 433 c.c.); sussistono invece perplessità in merito all'esistenza di un rapporto di parentela tra il figlio naturale ed i parenti del genitore che effettua il riconoscimento, anche se la legge ad essa  attribuisce rilevanza in alcuni rapporti, come accade in materia successoria con le norme sulla rappresentazione.

Per quanto riguarda, poi, l’inserimento del figlio naturale nella famiglia legittima di uno dei genitori, la legge disciplina in modo particolare tale materia ponendo alcune cautele, in considerazione da un lato dell’esigenza di evitare le situazioni di tensione che tale inserimento può determinare, e dall’altro di quella di tutelare l’altro genitore che si potrebbe vedere privato del figlio. Pertanto, l’art. 252 dispone che il giudice può autorizzare l’inserimento se non è contrario agli interessi del figlio minore e sia accertato il consenso dell’altro coniuge e dei figli legittimi, conviventi, che abbiano compiuto il sedicesimo anno, nonché dell’altro genitore naturale che abbia effettuato il riconoscimento.

La legittimazione dei figli naturali

Con la legittimazione i figli naturali acquisiscono una posizione giuridica analoga a quella dei figli legittimi (art. 280 c.c.). A differenza del riconoscimento, la legittimazione fa sorgere veri e propri rapporti di parentela con tutti i componenti della famiglia del genitore, e il figlio si trova inserito nella stessa senza bisogno di alcuna autorizzazione del giudice (come accade invece nel caso di inserimento del figlio naturale riconosciuto nella famiglia legittima)[7].

 

I figli naturali legittimati per susseguente matrimonio acquistano i diritti dei figli legittimi a decorrere dal giorno del matrimonio (art. 283 c.c.). È necessario il riconoscimento di entrambi i genitori nell'atto di matrimonio o anteriormente a esso (in questo caso la legittimazione è un effetto autentico del matrimonio); se successiva, gli effetti della legittimazione decorrono dal giorno in cui essa è stata effettuata.

La legittimazione è, altresì, accordata dal giudice con provvedimento solo quando risponda agli interessi del figlio (tale rispondenza è oggetto di una valutazione discrezionale del giudice), e in presenza delle seguenti condizioni indicate dalla legge (art. 284 c.c.):

a) che sia domandata personalmente dai genitori o da uno di essi purché non minore di 16 anni;

b) che il genitore sia impossibilitato o sussista un gravissimo ostacolo a legittimare il figlio per susseguente matrimonio[8];

c) che sussista l'assenso dell'altro coniuge, se colui che chiede il riconoscimento è già sposato e non legalmente separato;

d) che il figlio legittimando, se ha compiuto i 16 anni, dia il suo consenso; mentre se di età inferiore è necessario quello dell'altro genitore o del curatore speciale, salvo che il figlio sia già stato riconosciuto.

La legittimazione è possibile anche in presenza di figli legittimi o legittimati, che, se di età superiore ai 16 anni, dovranno essere sentiti dal presidente del tribunale. Essa è anche consentita dopo la morte dei genitori qualora costoro ne abbiano espresso l'intenzione in un testamento o in un atto pubblico; in tal caso spetterà ai figli naturali domandarla, a condizione che, mentre il genitore era ancora vivente, la legittimazione non fosse possibile o fosse impedita da un gravissimo ostacolo (art. 285 c.c.).

La legge prescrive inoltre che la domanda di legittimazione sia comunicata agli ascendenti, ai discendenti e al coniuge, oppure, in loro mancanza, a due dei prossimi parenti entro il quarto grado. È legittimato a far domanda, in caso di morte del genitore, anche uno qualsiasi dei suoi ascendenti legittimi, sempre che il genitore non abbia espresso una volontà in contrasto con quella di legittimare (art. 286 c.c.).

Per quanto riguarda la procedura da seguire in caso di legittimazione, la relativa domanda (avente la forma di un ricorso) e i documenti che la giustificano devono essere presentati al presidente del tribunale, nella cui circoscrizione il richiedente ha la residenza (art. 288 c.c.). La decisione è presa dal tribunale in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero e accertate le condizioni prescritte dalla legge. Essa è soggetta a reclamo alla Corte d'appello su istanza del pubblico ministero e di parte.

 

La sentenza che accoglie la domanda di legittimazione viene annotata in calce all'atto di nascita del figlio. Gli effetti della legittimazione decorrono dalla data della sentenza e riguardano solo il genitore nei cui confronti è stata concessa.

Le residue differenze tra la posizione giuridica del figlio legittimo e quella del figlio naturale

Le differenze che tuttora permangono tra filiazione legittima e filiazione naturale riguardano i seguenti profili:

-    modi di accertamento della filiazione: lo stato di figlio legittimo si forma d’ufficio, all’atto di nascita, mentre la formazione del corrispondente titolo di legittimazione naturale è rimessa alla volontà degli interessati attraverso il riconoscimento o la dichiarazione giudiziale;

-    rapporti di parentela: differenze sostanziali permangono per quanto riguarda la capacità espansiva della relazione di filiazione, e cioè la sua idoneità a dar vita a rapporti di parentela in linea retta o collaterale. Tale questione ha importanti conseguenze sul versante della successione legittima (v. infra).

Peraltro, la giurisprudenza della Corte costituzionale, inizialmente favorevole all’equiparazione, ma solo in assenza di famiglia legittima, sembra oggi privilegiare un’interpretazione del terzo comma dell’art. 30 che assicuri l’incondizionata applicazione del principio di eguaglianza, e sostiene che le residue disparità di trattamento dei figli nati fuori del matrimonio possono trovare una giustificazione «unicamente nel tradizionale disfavore verso la prole naturale, che pervadeva ancora il nuovo codice civile» (sent. n. 250 del 2000).

Le uniche occasioni in cui la Corte costituzionale fa ancora applicazione della clausola di compatibilità sono quelle in cui essa nega rilevanza alla c.d. “parentela naturale”, affermando che l’equiparazione fra filiazione legittima e filiazione naturale richiesta dall’art. 30, co. 3, Cost. riguarda solo il rapporto che si instaura tra il genitore e il figlio (cfr. sent. n. 363 del 1988, 184 del 1990, 377 del 1994, 532 del 2000)[9].

Il regime successorio

Le soluzioni adottate dalla legge di riforma del diritto di famiglia sono state orientate in duplice direzione:

-    verso l'affermazione del sacrificio dei diritti successori degli altri membri della famiglia legittima rispetto a quelli spettanti ai figli nati fuori del matrimonio. Questo risultato è stato raggiunto sia con la previsione dell'art. 538 c.c., che riserva a favore degli ascendenti legittimi un terzo del patrimonio - che si riduce ad un quarto nell'ipotesi di concorso con il coniuge (art. 544 c.c.) - soltanto "se chi muore non lascia figli legittimi né naturali", sia con l'art. 467 c.c., che prevede il diritto di rappresentazione per i discendenti naturali nei confronti del proprio ascendente anche in presenza di discendenti legittimi;

-    verso la parificazione della condizione giuridica dei figli legittimi e dei figli naturali nell'ambito sia della successione necessaria che della successione legittima. L’art. 537 c.c. fissa infatti nella medesima misura la quota di riserva a favore dei figli legittimi e naturali, con il sistema del dimensionamento della quota in relazione al numero dei figli. Peraltro – come detto - la stessa disposizione riconosce ai figli legittimi la facoltà di commutazione, vale a dire la possibilità di soddisfare in denaro o in beni immobili ereditari la porzione del figlio naturale, estromettendolo dalla comunione ereditaria. La riforma del 1975 ha richiesto il consenso all’istituto da parte del figlio naturale: in caso di opposizione deciderà il giudice, valutate le circostanze personali e patrimoniali (sulla legittimità costituzionale dell’istituto la Corte costituzionale si è da ultimo pronunciata con la sentenza n. 335 del 2009).

 

Nonostante la riforma del 1975, però, tra le differenze che tuttora permangono tra lo status di figlio legittimo e quello di figlio naturale vi è l’inidoneità della filiazione naturale a dar vita a rapporti di parentela in linea retta o collaterale, inidoneità che produce rilevanti conseguenze dal punto di vista della successione legittima.

Il legislatore, infatti, aveva escluso dalla successione legittima i fratelli naturali del de cuius e solo a seguito di interventi della Corte costituzionale attualmente i fratelli naturali riconosciuti o dichiarati vengono chiamati dopo tutti i parenti entro il sesto grado e prima dello Stato.

 

In particolare, con la sentenza n. 55 del 1979 la Corte ha affermato che «una minore tutela del figlio nato fuori del matrimonio in tanto può trovare una sua giustificazione costituzionale in quanto tale condizione venga a confliggere con i diritti dei membri della famiglia legittima. In assenza - come nella specie - di altri successibili ex lege ad eccezione dello Stato, tale situazione di conflittualità non si determina e quindi […] la posizione del figlio naturale va assimilata a quella del discendente legittimo, giustificandosi così la successione tra fratelli (o sorelle) naturali, purché la filiazione sia stata riconosciuta o dichiarata».

Con la successiva sentenza n. 184 del 1990 la Corte ha riaffermato che «nel caso in cui manchino successibili per diritto di coniugio e di parentela, il favore per i figli naturali non entra in conflitto col principio della successione familiare, né con l'interesse pubblico dello Stato alla continuità (comunque assicurata) dei rapporti giuridici del defunto. Pertanto, non sussistendo idonee ragioni giustificatrici, va dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 565 cod. civ., nella parte in cui, in mancanza di altri successibili all'infuori dello Stato, non prevede la successione legittima tra fratelli e sorelle naturali, dei quali sia legalmente accertato il rispettivo 'status' di filiazione nei confronti del comune genitore».

 

Si ricorda che la Corte costituzionale ha rivolto al legislatore un preciso invito a rivedere la disciplina della successione del figlio naturale con la sentenza n. 377 del 1994, con la quale ha affermato che «a distanza di vent'anni dalla riforma del diritto di famiglia e in presenza di un notevole incremento dei rapporti familiari di fatto, appare sempre meno plausibile che i fratelli e sorelle naturali del de cuius restino esclusi dalla successione ab intestato a vantaggio anche di lontani parenti legittimi fino al sesto grado»; tuttavia, la stessa Corte ha riconosciuto che «l'inserimento dei suddetti fratelli e sorelle naturali negli ordini successori dei parenti non può avvenire mediante una pronuncia additiva che attribuisca ad essi precedenza sulla vocazione dei parenti legittimi dal terzo al sesto grado in linea collaterale, bensì postula un bilanciamento di interessi che implica una valutazione complessa, eccedente i poteri della Corte». Conseguentemente, la Consulta non ha potuto far altro che invitare il legislatore a provvedere.


Contenuto dei progetti di legge

Il disegno di legge del Governo (AC 3915)

Il disegno di legge del Governo, composto di 4 articoli, novella il codice civile (art. 1), contiene una delega al Governo per la revisione della disciplina della filiazione (art. 2), modifica le norme regolamentari in materia di stato civile (articolo 3) e reca la clausola di invarianza finanziaria (articolo 4).

Esso mira ad assicurare una sostanziale equiparazione di stato tra figli legittimi e figli naturali, in attuazione dei principi sanciti dalla Costituzione (articoli 2, 3 e 30) e dagli indirizzi fissati da Trattati internazionali, come la Carta di Nizza sui diritti fondamentali dell'Unione europea (vincolante per l'Italia a seguito dell'entrata in vigore del Trattato di Lisbona) e la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo.

Il disegno di legge è frutto del lavoro della cd. Commissione Bianca, la Commissione speciale istituita presso il Dipartimento per le politiche della famiglia della Presidenza del Consiglio dei Ministri presieduta dal professore Cesare Massimo Bianca, con la partecipazione di rappresentanti dei Ministeri della Giustizia, dell'Interno e delle Pari opportunità. Esso riprende il contenuto di un disegno di legge del Governo presentato nella XV legislatura (AC 2514), esaminato in sede referente dalla Commissione giustizia, il cui iter si era concluso per la fine anticipata della legislatura. Rispetto a tale provvedimento, si segnala in particolare: l’ampliamento dell’oggetto della delega al Governo contenuta nell’articolo 2, riferito alla modifica delle disposizioni vigenti non solo in materia di filiazione e ma anche di dichiarazione dello stato di abbandono; l’espunzione del criterio direttivo relativo al riconoscimento, con l’autorizzazione del giudice, dei figli incestuosi.

Le modifiche al codice civile (articolo 1)

L’articolo 1 sostituisce integralmente l’art. 315 del codice civile (comma 2) ed aggiunge il nuovo art. 315-bis (comma 3), modificando di conseguenza la rubrica del titolo IX del libro I del codice civile (comma 1).

Come spiega la relazione illustrativa del provvedimento, la nuova rubrica (Dei diritti e dei doveri dei figli e delle relazioni tra genitori e figli) sposta il centro dell’attenzione dalla potestà dei genitori (così recita l’attuale rubrica) al più generale complesso delle relazioni che intercorrono tra i genitori ed i figli minori (comma 1).

 

La nuova formulazione dell’art. 315 c.c. è volta ad attribuire rilievo, oltre che ai doveri del figlio nei confronti del genitore, anche e soprattutto ai suoi diritti nei confronti dei genitori e dei parenti in generale.

Nello specifico, il nuovo art. 315 c.civ., rubricato Diritti e doveri dei figli, prevede espressamente il diritto del figlio:

§      al mantenimento, all’educazione, all’istruzione e all’assistenza morale da parte dei genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni (primo comma);

§      alla crescita in famiglia, al mantenimento di rapporti significativi con i parenti e, se capace di discernimento, di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano (secondo comma).

A fianco dunque dei tradizionali doveri dei genitori nei confronti dei figli - mantenimento, educazione e istruzione – già contemplati dall'articolo 30 della Costituzione e dall’art. 147 c.c.[10]. (Doveri verso i figli), il nuovo testo dell'articolo 315 c. civ. contempla anche il diritto del figlio all'assistenza morale da parte dei genitori, il diritto a crescere con la propria famiglia, il diritto ad avere rapporti con i parenti ed il diritto ad essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano.

In relazione all'”assistenza morale”, la relazione illustrativa del provvedimento precisa che tale espressione sembra “introdurre nel rapporto genitore-figli un elemento che va oltre gli obblighi materiali, divenendo dovere di prestazione personale”, mentre il diritto del figlio ad avere rapporti significativi con i parenti sembra rivolto, in particolare, ai figli riconosciuti nati fuori dal matrimonio, affinché siano assicurate anche a costoro le naturali relazioni che nascono  tra le persone che discendono da uno stesso stipite.

Si ricorda che tale principio è riconosciuto anche dall’articolo 155 del codice civile (a seguito delle modifiche apportate dalla legge sull’affido condiviso 54/2006), che sancisce espressamente il diritto del figlio minore di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale in caso di separazione personale tra i coniugi (ma il principio si estende al divorzio e ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati).

Per quanto riguarda, poi, il diritto del figlio – se capace di discernimento - di essere ascoltato nelle decisioni che lo riguardano, tale previsione è coerente con il contenuto dell’art. 12 della Convenzione di New York del 20 novembre 1989 sui diritti del fanciullo, ratificata dall’Italia con la legge 27 maggio 1991, n. 176, nonché con le più recenti tendenze della normativa in materia familiare.

Per quanto riguarda, invece, le previsioni del comma 3 dell'articolo 315 relative agli obblighi dei figli, si ribadisce il principio generale, già vigente, in base al quale il figlio deve rispettare i genitori e deve contribuire, in relazione alle proprie sostanze e al proprio reddito, al mantenimento della famiglia finché convive con essa. La formulazione della norma è integrata dall’obbligo di contribuire anche in relazione “alle proprie capacità”.

La relazione illustrativa spiega che la nuova formulazione evoca un obbligo di facere ovvero di prestazione personale e di lavoro che  mira a sancire un dovere morale e sociale del figlio adulto “nel caso di atteggiamenti volontari d’inerzia nello svolgimento di attività lavorative”.

 

Il nuovo articolo 315-bis c.c., introdotto dal comma 3 dell’articolo 1 in esame, costuisce norma cardine del disegno di legge.

La disposizione in esame, rubricata “Stato giuridico della filiazione sancisce, infatti, il principio generale della unicità dello stato giuridico di figlio;da tale principio deriva che le disposizioni in tema di filiazione si applicano a tutti i figli, senza distinzioni, salvo che siano specificamente riferite ai figli nati nel matrimonio o ai figli nati fuori del matrimonio.

La delega al Governo

Al principio dell’unicità dello stato giuridico di figlio, contenuto nel nuovo articolo 315-bis c.. si ispira la delega al Governo in materia di filiazione.

Tale delega ha ad oggetto la modifica delle disposizioni vigenti in materia di filiazione e di dichiarazione dello stato di abbandono per eliminare ogni residua discriminazione tra i figli anche adottivi (comma 1). In base al comma 2, il legislatore delegato dovrà anche procedere al coordinamento con le norme di attuazione del codice civile e, più in generale, con le altre norme vigenti in materia di filiazione.

Il termine per l’esercizio della delega è di 12 mesi (comma 1).

Per quanto riguarda la procedura, si prevede in particolare il parere delle Commissioni parlamentari competenti (da esprimere nel termine di due mesi dalla trasmissione), in mancanza del quale i decreti possono essere comunque adottati (comma 3).

La disposizione, infine, contiene la delega per l’emanazione dei provvedimenti correttivi, da esercitare nel termine di un anno dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi (comma 4).

 

A parte il riferimento ai principi contenuti nei nuovi articoli 315 e 315-bis, il comma 1 individua anche i principi e criteri direttivi della delega.

 

Ai sensi della lettera a), il Governo dovrà prevedere l'unificazione degli attuali capi I (Della filiazione legittima) e II (Della filiazione naturale e della legittimazione) del titolo VII (Della filiazione) del libro primo del codice civile, nell’ambito del medesimo titolo VII che verrà rubricato «Dello stato di figlio»; dovranno essere abrogate le disposizioni relative all'istituto della legittimazione.

In base alla nuova sistematica, la disposizione indica la nuova articolazione di capi, sezioni e paragrafi all’interno dello stesso titolo VII.

In linea con il principio di unicità dello stato giuridico di figlio espresso dal nuovo articolo 315-bis, la lettera b) prevede l’eliminazione negli articoli del codice della distinzione tra figli naturali e figli legittimi e il ricorso alla distinzione tra «filiazione nel matrimonio» e «filiazione fuori del matrimonio», solo in quanto necessario.

 

La lettera c) concerne la ridefinizione della disciplina del possesso di stato e della prova della filiazione

 

Si ricorda che la filiazione legittima si prova con l’atto di nascita iscritto nei registri dello stato civile (art. 236, primo comma); in mancanza, lo status di figlio legittimo può essere provato con il possesso continuo di stato, il quale deve risultare da una serie di fatti che, nel loro complesso, valgano a dimostrare le relazioni di filiazione e di parentela fra una persona e la famiglia a cui essa pretende di appartenere. Tali fatti sono indicati dall’art. 237 c.c. nei seguenti: che la persona abbia sempre portato il cognome del padre che essa pretende di avere (cd. nomen); che il padre l'abbia trattata come figlio ed abbia provveduto in questa qualità al mantenimento, alla educazione e al collocamento di essa (cd. tractatus); che sia stata costantemente considerata come tale nei rapporti sociali (cd. fama); che sia stata riconosciuta in detta qualità dalla famiglia.

 

Ai sensi della successiva lettera d), il legislatore delegato dovrà prevedere l'estensione della presunzione di paternità del marito rispetto ai figli comunque nati o concepiti durante il matrimoniononché ridefinire la disciplina del disconoscimento di paternità, con riferimento in particolare all'articolo 235, primo comma, numeri 1), 2) e 3), del codice civile, nel rispetto dei princìpi costituzionali.

 

Al riguardo, si ricorda che, attualmente, ai sensi dell’articolo 231 c. cc. il marito è padre del figlio concepito durante il matrimonio. Ai sensi del successivo articolo 232 c. civ., si presume concepito durante il matrimonio il figlio nato quando sono trascorsi centottanta giorni dalla celebrazione del matrimonio e non sono ancora trascorsi trecento giorni dalla data dell'annullamento  dello scioglimento o della cessazione degli effetti civili del matrimonio (comma 1). La presunzione non opera decorsi trecento giorni dalla pronuncia di separazione giudiziale o dalla omologazione di separazione consensuale ovvero dalla data della comparizione dei coniugi avanti al giudice quando gli stessi sono stati autorizzati a vivere separatamente nelle more del giudizio di separazione o dei giudizi previsti nel comma precedente (comma 2). Ai sensi del successivo articolo 233. il figlio nato prima che siano trascorsi centottanta giorni dalla celebrazione del matrimonio è reputato legittimo se uno dei coniugi, o il figlio stesso, non ne disconoscono la paternità

Ai sensi dell'articolo 235 c.c. l'azione per il disconoscimento di paternità del figlio concepito durante il matrimonio è consentita solo nei casi seguenti: 1) se i coniugi non hanno coabitato nel periodo compreso fra il trecentesimo ed il centottantesimo giorno prima della nascita; 2) se durante il tempo predetto il marito era affetto da impotenza, anche se soltanto di generare; 3) se nel detto periodo la moglie ha commesso adulterio o ha tenuto celata al marito la propria gravidanza e la nascita del figlio. In tali casi il marito è ammesso a provare che il figlio presenta caratteristiche genetiche o del gruppo sanguigno incompatibili con quelle del presunto padre o ogni altro fatto tendente ad escludere la paternità. In relazione a tale ultima fattispecie si osserva, altresì, che la Corte Costituzionale, con sentenza 21 giugno-6 luglio 2006, n. 266, ha dichiarato, tra l’altro, l'illegittimità del presente numero nella parte in cui, ai fini dell'azione di disconoscimento della paternità, subordina l'esame delle prove tecniche, da cui risulta «che il figlio presenta caratteristiche genetiche o del gruppo sanguigno incompatibili con quelle del presunto padre», alla previa dimostrazione dell'adulterio della moglie.

 

Si ricorda che, nella XV legislatura, con riferimento all’analoga disposizione contenuta nell’AC 2514, il Comitato per la legislazione aveva segnalato l’opportunità di specificare in che termini si intendesse intervenire sull’esperibilità dell'azione di disconoscimento della paternità, atteso che la formulazione della disposizione sembrava legittimare sia interventi estensivi che restrittivi.

 

La lettera e) affida al legislatore delegato il compito di rivedere la normativa riguardante il riconoscimento dei figli nati fuori del matrimonio, prevedendo, espressamente che:

1) il riconoscimento produca effetti anche nei confronti dei parenti del genitore che lo effettua;

 

Il criterio direttivo in esame interviene sulla delicata questione riguardante la rilevanza della c.d parentela naturale, su cui cfr. il Quadro normativo.

 

2) sia necessario l'assenso del figlio che ha compiuto i 14 anni;

 

In base all’articolo 250, comma 2, c.c. il riconoscimento del figlio che ha compiuto sedici anni non produce effetto senza il suo assenso. Ai sensi del successivo comma 3, il riconoscimento del figlio che non ha compiuto sedici anni non può avvenire senza il consenso dell’altro genitore che abbia già effettuato il riconoscimento, consenso che non può essere negato ove risponda all'interesse del figlio.

 

3) la disciplina sull’inserimento del figlio riconosciuto nella famiglia dell’uno o dell’altro genitore sia coordinata con quella sull’affidamento condiviso prevedendo, in particolare, la necessità del consenso dell'altro coniuge e l’ascolto degli altri figli conviventi;

 

Con riferimento al profilo specifico dell’inserimento del figlio riconosciuto nella famiglia dell’uno o dell’altro genitore, in base all’art. 252 c.c., il riconoscimento del figlio naturale da parte del genitore coniugato richiede l'intervento del tribunale dei minori per decidere circa l'affidamento del minore e l’adozione di altri provvedimenti a tutela del suo interesse morale e materiale; la convivenza del figlio naturale con la famiglia legittima del genitore può essere giudizialmente autorizzata se ciò non appare contrario al suo interesse e se vi acconsentono il coniuge del genitore e gli eventuali figli legittimi conviventi maggiori di 16 anni, nonché dell’altro genitore naturale che ha effettuato il riconoscimento. Tale disposizione tutela l’interesse dei membri della famiglia legittima a non subire la convivenza del figlio naturale, attribuendo rilievo anche all'interesse del figlio riconosciuto a non essere inserito in un ambiente ostile e quindi pregiudizievole per la formazione della sua personalità. In relazione all'istituto dell'affidamento condiviso, si ricorda che la legge 54/2006, novellando il codice civile, ha riformato la disciplina dell’affidamento dei figli nella separazione e nel divorzio introducendo, quale principio cardine della nuova disciplina la soluzione dell’affidamento condiviso; tale principio è applicabile anche ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati. In base al nuovo articolo 155-sexies, prima dell'emanazione, anche in via provvisoria, dei provvedimenti relativi ai figli, il giudice può assumere, ad istanza di parte o d'ufficio, mezzi di prova; il giudice dispone, inoltre, l'audizione del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento.

 

Si ricorda che, nella XV legislatura, con riferimento all’analoga disposizione contenuta nell’AC 2514, il Comitato per la legislazione aveva segnalato l’opportunità di verificare la congruità del richiamo alla normativa in materia di affidamento condiviso, atteso che nella legge n. 54 del 2006 non appaiono esservi disposizioni immediatamente riferibili all'inserimento dei figli nella famiglia.

 

4) l’estensione del principio dell’inammissibilità del riconoscimento di cui all’art. 253 c.c. alle ipotesi in cui contrasti con lo stato di figlio riconosciuto o dichiarato dal giudice.

Il richiamato articolo 253 c.c. afferma il principio in base al quale “in nessun caso è ammesso un riconoscimento in contrasto con lo stato di figlio legittimo o legittimato in cui la persona si trova".

La modifica prevista dal criterio direttivo in esame mira, quindi, ad estendere espressamente il citato divieto di riconoscimento a tutti i casi in cui esso contrasti con lo stato di filiazione già acquisito dalla persona che si vorrebbe riconoscere e ciò in ragione dell'unicità dello stato di figlio che il disegno di legge in esame intende realizzare.

 

La lettera f) concerne l’abbassamento - da 16 a 14 anni - dell’età del minore per:

-       chiedere al curatore speciale di promuovere l’azione di disconoscimento di paternità (art. 244 c.c.);

-       chiedere al giudice, in quanto figlio riconosciuto, l’autorizzazione ad impugnare il riconoscimento (art. 264 c.c.);

-       esprimere il consenso all’azione, promossa dal genitore che esercita la potestà o dal tutore, volta ad ottenere la dichiarazione giudiziale di paternità o maternità naturale (art. 273 c.c.).

Tale criterio di delega è coordinato con quello contenuto nella lettera e), che abbassa da 16 a 14 anni l'età richiesta per l'assenso del figlio ai fini del riconoscimento.

 

La lettera g) concerne la disciplina dell'impugnazione del riconoscimento.

Il legislatore delegato dovrà modificare la disciplina vigente (contenuta negli articoli 263 ss. c.c.) riconoscendo il principio della imprescrittibilità dell'azione volta ad impugnare il riconoscimento solamente in relazione al figlio mentre l’esercizio della stessa azione da parte di altri legittimati sarà sottoposta a termine.

Come si legge nella relazione illustrativa del provvedimento, l'introduzione di un limite temporale all'impugnazione del riconoscimento mira a “tutelare la stabilità di un vincolo costituito e consolidato attraverso il possesso di uno status protrattosi nel tempo”. Appare però giustificato differenziare questa situazione rispetto a quelle in cui la perpetuità dell'azione trae ragione dall'esigenza di ristabilire la verità occultata da fatti di alterazione dello stato. Tale modifica inoltre è volta a coordinare la disciplina dell’impugnazione del riconoscimento con la disciplina della dichiarazione giudiziale di paternità o maternità (art. 270 c.c.).

 

Un ulteriore principio e criterio direttivo (lettera h) prevede, in relazione alla legittimazione passiva alla dichiarazione giudiziale di maternità e di paternità (art. 276 c.c.) che, in caso di mancanza degli eredi del presunto genitore, l'azione per la dichiarazione giudiziale di maternità e di paternità possa essere proposta nei confronti degli eredi di questi ultimi.

 

Nella normativa vigente, risolvendo un contrasto giurisprudenziale, le Sezioni unite della Cassazione (21287/2005) hanno escluso la legittimazione passiva degli eredi degli eredi; a tali soggetti spetta solo la possibilità di intervenire nel procedimento ai sensi dell’articolo 276, secondo comma, c.c.

 

Ai sensi, poi, dei successivi criteri direttivi previsti dalle lettere i) ed l) il legislatore delegato dovrà prevedere l’unificazione delle disposizioni che disciplinano i diritti e i doveri dei genitori nei confronti dei figli nati nel matrimonio e fuori del matrimonio, specificando il contenuto dei diritti, dei poteri e dei doveri dei genitori con la valorizzazione del principio di responsabilità nei confronti dei figli.

 

La lettera m) conferma la previsione delle disposizioni che prevedono l’obbligo di ascolto del minore che abbia adeguata capacità di discernimento; ciò in coerenza con le convenzioni internazionali in materia di minori (a partire dalla Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 1989) che espressamente prevedono il diritto dei minori a essere sempre ascoltati in ordine alle decisioni che riguardano la loro vita.

 

A sensi del principio direttivo contenuto nella successiva lettera n), il legislatore delegato dovrà poi procedere all'adeguamento della disciplina delle successioni e delle donazioni al principio di unicità dello stato di figlio;

Sul regime successorio dei figli naturali, cfr. il Quadro normativo.

La lettera o) impone al Governo di rivedere i criteri di cui agli articoli 33, 34, 35, 36 e 39 della legge 31 maggio 1995, n. 218, concernenti l'individuazione, nell'ambito del sistema di diritto internazionale privato, della legge applicabile, anche con la determinazione di eventuali norme di applicazione necessaria in attuazione del principio di equiparazione tra figli nati nel matrimonio e figli nati fuori dal matrimonio.

I citati articoli dettano disposizioni in relazione alla filiazione (art. 33), alla legittimazione (art. 34), al riconoscimento di figlio naturale (art. 35), ai rapporti personali e patrimoniali tra genitori e figli (art. 36) e ai rapporti fra adottato e famiglia adottiva (art. 39). In particolare, ai sensi dell'articolo 33, comma 1, lo stato di figlio è determinato dalla legge nazionale del figlio al momento della nascita. Ai sensi del comma 2, è legittimo il figlio considerato tale dalla legge dello Stato di cui uno dei genitori è cittadino al momento della nascita del figlio. Il comma 3 prevede, poi, che la legge nazionale del figlio al momento della nascita regola i presupposti e gli effetti dell'accertamento e della contestazione dello stato di figlio. Lo stato di figlio legittimo, acquisito in base alla legge nazionale di uno dei genitori, non può essere contestato che alla stregua di tale legge. Ai sensi dell'articolo 34 la legittimazione - istituto questo oggetto di soppressione da parte del ddl in esame - per susseguente matrimonio è regolata dalla legge nazionale del figlio nel momento in cui essa avviene o dalla legge nazionale di uno dei genitori nel medesimo momento. Negli altri casi, il comma 2 prevede che la legittimazione venga regolata dalla legge dello Stato di cui è cittadino, al momento della domanda, il genitore nei cui confronti il figlio viene legittimato. Per la legittimazione destinata ad avere effetto dopo la morte del genitore legittimante, si tiene conto della sua cittadinanza al momento della morte. L'articolo 35, in materia di riconoscimento di figlio naturale, stabilisce, poi, che le condizioni per il riconoscimento del figlio naturale sono regolate dalla legge nazionale del figlio al momento della nascita o, se più favorevole, dalla legge nazionale del soggetto che fa il riconoscimento, nel momento in cui questo avviene. La capacità del genitore di fare il riconoscimento è regolata dalla sua legge nazionale, mentre la forma del riconoscimento è regolata dalla legge dello Stato in cui esso è fatto o da quella che ne disciplina la sostanza. In base all’articolo 36, i rapporti personali e patrimoniali tra genitori e figli, compresa la potestà dei genitori, sono regolati dalla legge nazionale del figlio. Ai sensi del articolo 39, infine, i rapporti personali e patrimoniali fra l'adottato e l'adottante o gli adottanti ed i parenti di questi sono regolati dal diritto nazionale dell'adottante o degli adottanti se comune o, in mancanza, dal diritto dello Stato nel quale gli adottanti sono entrambi residenti ovvero da quello dello Stato nel quale la loro vita matrimoniale è prevalentemente localizzata.

La successiva lettera p) prevede l'introduzione della nozione di abbandono, precisandone la sussistenza quando la mancata assistenza al minore da parte dei genitori e della famiglia “abbia comportato un'irreparabile compromissione nella crescita del minore”; confermando un principio già contenutonella legge n. 184 del 1983 in materia di adozioni (art. 1, comma 2), la disposizione precisa che le condizioni di indigenza dei genitori non possono essere di ostacolo all'esercizio del diritto del minore alla propria famiglia.

La relazione al provvedimento chiarisce che la definizione della nozione di abbandono si rende necessaria per ovviare alle differenti interpretazioni della giurisprudenza in mancanza di una norma più puntuale e tipizzatrice. Le sostanziali differenze di trattamento a livello giurisprudenziale, prosegue la relazione, “dimostrano l'esigenza di un intervento normativo volto ad assicurare una tutela più uniforme dei minori”. Si ricorda che l’articolo 8 della legge 184/1983 prevede che siano dichiarati in stato di adottabilità dal tribunale per i minorenni del distretto nel quale si trovano i minori di cui sia accertata la situazione di abbandono perché privi di assistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi, purché la mancanza di assistenza non sia dovuta a causa di forza maggiore di carattere transitorio. La situazione di abbandono sussiste, sempre che ricorrano le condizioni di cui al comma 1, anche quando i minori si trovino presso istituti di assistenza pubblici o privati o comunità di tipo familiare ovvero siano in affidamento familiare. In ogni caso, non sussiste causa di forza maggiore quando i soggetti di cui al comma 1 rifiutano le misure di sostegno offerte dai servizi sociali locali e tale rifiuto viene ritenuto ingiustificato dal giudice.

Anche in relazione a tale ultimo principio, è previsto, infine (lettera q), un obbligo di segnalazione ai comuni - da parte dei tribunali per i minorenni - delle accertate situazioni di indigenza familiare, al fine di attivare gli interventi di sostegno previsti dalla legge sull’adozione che assicurino il diritto del minore ad essere educato nell'ambito della propria famiglia.

L’art. 1 della legge 184/1983 prevede interventi di sostegno e di aiuto a favore della famiglia indigente. In particolare, lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell'ambito delle proprie competenze, sostengono, con idonei interventi, nel rispetto della loro autonomia e nei limiti delle risorse finanziarie disponibili, i nuclei familiari a rischio, al fine di prevenire l'abbandono e di consentire al minore di essere educato nell'ambito della propria famiglia.

Modifica delle norme regolamentari in materia di stato civile

L'articolo 3 del disegno di legge stabilisce che il Governo, entro sei mesi dalla data di entrata dei decreti legislativi di cui al precedente articolo 2, provveda ad apportare le conseguenti modifiche alla disciplina vigente in materia di ordinamento dello stato civile contenuta nel regolamento di cui al D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396.

A tal fine, la disposizione prevede lo strumento del regolamento di cui all'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400.

 

Ai sensi dell'articolo 17, comma 1 della legge n. 400 del 1988 con DPR, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il parere del Consiglio di Stato che deve pronunziarsi entro novanta giorni dalla richiesta, possono essere emanati regolamenti per disciplinare:

a) l'esecuzione delle leggi e dei decreti legislativi, nonché dei regolamenti comunitari;

b) l'attuazione e l'integrazione delle leggi e dei decreti legislativi recanti norme di principio, esclusi quelli relativi a materie riservate alla competenza regionale;

c) le materie in cui manchi la disciplina da parte di leggi o di atti aventi forza di legge, sempre che non si tratti di materie comunque riservate alla legge;

d) l'organizzazione ed il funzionamento delle amministrazioni pubbliche secondo le disposizioni dettate dalla legge.

 

Si ricorda che, nella XV legislatura, con riferimento all’analoga disposizione contenuta nell’AC 2514, il Comitato per la legislazione aveva segnalato l’opportunità di valutare l'idoneità del regolamento di attuazione ivi previsto – tenuto conto anche delle funzioni di mero coordinamento con la nuova disciplina ad esso attribuite – ad incidere sul decreto n. 396/2000, che ha natura di regolamento di delegificazione, adottato dunque ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988.

Le proposte di legge AC 2519 (Mussolini), AC 3184 (Bindi ed altri), e AC 3247 (Palomba)

Le proposte di legge AC 2519 (Mussolini), AC 3184 (Bindi ed altri) e AC 3247 (Palomba) novellano il codice civile con la finalità di eliminare le residue forme di discriminazione verso i figli nati fuori dal matrimonio.

La proposta di legge Mussolini, composta da 8 articoli, interviene sui soli istituti della parentela, del riconoscimento e della successione ereditaria. L’esame in Commissione del provvedimento è iniziato il 28 gennaio 2010; l’ultima seduta in cui è stato discusso è del 10 giugno 2010.

L’esame della proposta di legge Bindi è stato abbinato a quello dell’AC 2519 nella seduta del 23 febbraio 2010. Il provvedimento, composto da 63 articoli, reca una riforma organica del regime giuridico della famiglia, delle successioni e delle donazioni e contiene anche la disciplina del regime transitorio.

La relazione illustrativa spiega che, nella sua stesura, si è tenuto conto del lavoro svolto dalla Commissione costituita presso il Dipartimento delle politiche per la famiglia della Presidenza del Consiglio e presieduta dal Prof. Bianca (su cui sopra).

Anche la proposta di legge Palomba, abbinata ai fini dell’esame nella seduta del 1° febbraio, contiene una riforma organica della materia; essa è composta di 71 articoli che novellano il codice civile e, con finalità di coordinamento, le disposizioni di attuazione.

 

Tutte le proposte di legge si muovono nella prospettiva dell’unicità dello stato di figlio. La proposta di legge Palomba contiene, così come il disegno di legge del Governo (cfr. artt. 315 e 315-bis), l’affermazione esplicita di tale principio e l’elencazione dei diritti nei confronti dei genitori e dei parenti in generale.

 

In estrema sintesi, i principali profili di novità contenuti nelle tre proposte di legge possono riassumersi nei seguenti:

Ø      da un punto di vista terminologico e con la finalità di contribuire al definitivo mutamento della percezione sociale del fenomeno, le proposte Bindi e Palomba espungono dal codice civile ogni riferimento all’origine “legittima” o “naturale” della filiazione prevedendo – quale unica distinzione e solo se necessaria – quella tra figli nati all’interno o fuori dal matrimonio.

Ø      con riferimento all’istituto della parentela (novelle all’articolo 74 c.c.), le proposte di legge sanciscono la sussistenza del rapporto di parentela tra il figlio naturale e la famiglia del genitore biologico precisando che il vincolo rileva anche in relazione a chi nasce fuori dal matrimonio (proposte Bindi, Mussolini e Palomba) e con riferimento al figlio adottivo, con esclusione del caso di adozione di persone maggiori di età (proposta di legge Palomba);

Ø      la proposta di legge Bindi interviene significativamente sulla disciplina del matrimonio putativo (art. 128 c.c.), affermando in via generale il principio secondo il quale il matrimonio dichiarato nullo ha gli effetti del matrimonio valido rispetto ai figli;

Ø      con riferimento alla disciplina della filiazione, contenuta nel titolo VII del libro primo del codice civile (artt. da 231 a 290 c.c.) e che costituisce il cuore della riforma, si segnalano:

-    l’abrogazione dell’istituto della legittimazione dei figli naturali (artt. da 280 a 290 c.c.) (proposte Bindi e Palomba);

-    l’estensione della presunzione di paternità ai figli non solo concepiti ma anche nati in costanza di matrimonio e l’estensione della presunzione di concepimento durante il matrimonio con la finalità di tutelare i figli nati dopo l'annullamento o lo scioglimento del matrimonio o dopo la separazione (artt. 231 ss. c.c.) (proposta Bindi);

-    le disposizioni sul possesso di stato, sulla supposizione di parto o sulla sostituzione di neonato, nonché sui mezzi di prova consentiti in giudizio (articoli 236 ss. c.c.) (proposta Bindi); le novelle in materia di prove della filiazione si collocano nel quadro dell’unicità dello stato di figlio e nell’ottica dell’insufficienza probatoria delle risultanze dello stato civile (come della loro mancanza o distruzione) ai fini della rimozione del possesso di stato (dimostrabile in giudizio con ogni mezzo); in tale ambito il nuovo art 249-bis c.c. prevede esplicitamente, salvo eccezioni, il divieto di reclamo e di contestazione dello stato di figlio formalmente accertato. Si segnalano anche, con riferimento ai fatti costitutivi del possesso di stato, le modifiche finalizzate a sostituire ai riferimenti al padre quelli al “genitore” in attuazione del principio di uguaglianza tra i coniugi; anche la proposta Palomba interviene in materia di possesso di stato, in particolare eliminando il requisito che la persona sia stata riconosciuta come figlio dalla famiglia cui pretende di appartenere;

-    la sostanziale liberalizzazione della disciplina dell’azione di disconoscimento di paternità (nuovo art. 243-bis c.c.); tale novità è legata anche all’introduzione dalla presunzione legale di paternità per i figli nati durante il matrimonio (art. 232 c.c.) e alla giurisprudenza costituzionale (cfr sent. n. 266/2006, su cui sopra) che ha escluso la prova dell’adulterio della moglie come condizione per l’esame della prova genetica (proposta Bindi);

-    in materia di riconoscimento del figlio nato fuori dal matrimonio, l'abbassamento da 16 a 14 anni dell'età richiesta per esprimere il  consenso al riconoscimento (art. 250 c.c.) (proposte Bindi, Mussolini e Palomba);

-    in relazione alla decisione del giudice circa l’inserimento del figlio nella famiglia di uno dei genitori, l’abbassamento dell’età (da 16 a 14 anni) raggiunta la quale è necessario acquisire il consenso dei figli nati nel matrimonio (proposta Mussolini) o soltanto ascoltarli (proposta Bindi) (art. 252 c.c.); la proposta Palomba prevede che sia ascoltato sia il figlio nato fuori del matrimonio e sia gli eventuali figli nati all'interno del matrimonio che abbiano compiuto il quattordicesimo anno di età;

-    l’affermazione del principio della riconoscibilità dei figli incestuosi con l’autorizzazione del giudice, che dovrà valutare l’interesse del figlio e la necessità di evitare allo stesso qualsiasi pregiudizio (l’art. 251 c.c. attualmente consente il riconoscimento nel caso di genitori in buona fede e con l’autorizzazione del giudice) (proposte Bindi e Mussolini); la proposta di legge Palomba prevede che al compimento della maggiore età, il figlio può chiedere la dichiarazione giudiziale della paternità e maternità dei genitori naturali, nei limiti in cui ciò non contrasti con stato di figlio legittimo o legittimato in cui si trovi;

-    l’imprescrittibilità per il figlio, dell’impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità (art. 263 c.c.) (proposta Bindi); il diritto all’impugnazione rimane soggetto alla prescrizione per gli altri legittimati (autore del riconoscimento e chiunque vi abbia interesse); come esplicitato nella relazione illustrativa, finalità della novella è l’introduzione di un limite temporale all'impugnazione del riconoscimento, al fine di tutelare la stabilità di un vincolo vissuto e confermato dal possesso di stato protratto nel tempo;

-    in caso di riconoscimento da parte dei genitori non conviventi, l’attribuzione dell’esercizio della potestà secondo la disciplina contenuta negli articoli 155 ss. c.c., in materia di affido condiviso (proposta Palomba)

Ø      tutte le proposte di legge intervengono in materia di successioni (la proposte di legge Bindi e Palomba anche in materia di donazioni); le novelle sono legate oltre che al principio dell’unicità dello stato di figlio anche all’esplicita affermazione della sussistenza di un vincolo di parentela tra il figlio naturale e la famiglia del genitore biologico. Tra le principali innovazioni si segnalano:

-    l’eliminazione del diritto di commutazione, ovvero della facoltà attualmente riconosciuta ai figli legittimi sulla quota dei figli naturali di estromettere questi ultimi dalla successione soddisfacendoli in denaro o beni immobili (artt. 537, 542, 566) (proposte Bindi, Mussolini e Palomba);

-    l’inserimento - tra il coniuge e lo Stato - dei “parenti legittimi e naturali” tra i chiamati alla successione legittima (art. 565 c.c.); dal combinato disposto di questa novella con quella operata all’art. 74 del codice in tema di parentela si ricava la piena equiparazione, anche ai fini successori, della filiazione legittima alla filiazione naturale (proposta Mussolini); nella proposta Bindi scompare ogni riferimento a discendenti o ascendenti legittimi e naturali, nella proposta Palomba ai discendenti legittimi e naturali;

-    la rimozione dell’esclusione del diritto dei figli adottati maggiori di età (artt. 291 e ss., c.c.) e degli adottati in casi particolari (artt. 44 e ss., L. 184/1983) a partecipare alla successione dei parenti dell’adottante (esclusione ora prevista dall’art. 567), successione attualmente possibile per le sole adozioni ordinarie[11] (proposta Bindi);

-    la previsione di un assegno successorio (attualmente previsto in favore dei figli naturali incestuosi, non riconoscibili) in favore del figlio nel caso di inammissibilità del riconoscimento, o se non è proponibile l’azione per la dichiarazione di paternità o maternità (proponibile nei casi in cui il riconoscimento è ammesso) (art. 580 c.c).; la disposizione prevede inoltre, con norma che forse andrebbe chiarita nella formulazione, che l’assegno successorio è dovuto anche nel caso in cui il riconoscimento non vi è stato (proposta Bindi); per coordinamento, si prevede l’abrogazione dell’art. 594 c.c.

Il caso potrebbe verificarsi ad esempio, in mancanza del consenso dell’altro genitore al riconoscimento del figlio infraquattordicenne o, in mancanza di autorizzazione del giudice al riconoscimento, potrebbe continuare a riguardare i figli incestuosi.

-    la modifica della disciplina della revocazione della donazione per sopravvenienza di figli (art. 803), con l’eliminazione dei limiti attualmente previsti alla revoca delle donazioni a seguito del riconoscimento di un figlio (proposta Palomba)


Raffronto tra la normativa vigente, l’AC 2519, l’AC 3184, l’AC  3247 e l’AC 3915[12]

La tabella che segue reca un raffronto tra la normativa vigente e le tre proposte di legge, con l’indicazione, nell’ultima colonna, di eventuali elementi di raffronto con il disegno di legge del Governo.

 

 

Normativa vigente
Codice civile

A.C. 3184
(Bindi ed altri)

A.C. 2519
(Mussolini

A.C. 3247

(Palomba)

A.C. 3915
(Governo)

 

 

 

 

 

 

Libro I

“Delle persone e della famiglia”

 

 

 

 

Titolo V “Della parentela e dell’affinità”

 

 

 

 

 

[art. 1]

[art. 1]

[art. 1]

 

Art. 74
Parentela

 

 

 

 

La parentela è il vincolo tra le persone che discendono da uno stesso stipite

Identico.

La parentela è il vincolo tra le persone che discendono da uno stesso stipite, sia nel caso in cui la filiazione sia avvenuta all'interno del matrimonio, sia nel caso in cui sia avvenuta al di fuori di esso.

La parentela è il vincolo tra le persone che discendono da uno stesso stipite, sia nel caso in cui la filiazione sia avvenuta all'interno del matrimonio, sia nel caso in cui sia avvenuta al di fuori di esso, sia nel caso in cui il figlio sia adottivo. Il vincolo di parentela non sorge nei casi di adozione di persone maggiori di età, di cui agli articoli 291 e seguenti

 

 

La parentela sussiste, altresì, anche in relazione alla persona nata fuori del matrimonio.

 

 

 

 

 

 

 

 

Titolo VI
“Del matrimonio”

 

 

 

 

 

[art. 2]

 

[art. 2]

 

Art. 87
Parentela, affinità, adozione e affiliazione

 

 

 

 

Non possono contrarre matrimonio fra loro:

Identico:

 

 

 

1) gli ascendenti e i discendenti in linea retta, legittimi o naturali;

1) gli ascendenti e i discendenti in linea retta;

 

1) gli ascendenti e i discendenti in linea retta, sia che la filiazione sia avvenuta all'interno del matrimonio che fuori di esso

 

2) i fratelli e le sorelle germani, consanguinei o uterini;

2) identica;

 

 

 

3) lo zio e la nipote, la zia e il nipote;

3) identica;

 

 

 

4) gli affini in linea retta; il divieto sussiste anche nel caso in cui l'affinità deriva da matrimonio dichiarato nullo o sciolto o per il quale è stata pronunziata la cessazione degli effetti civili;

4) identica;

 

 

 

5) gli affini in linea collaterale in secondo grado;

5) identica;

 

 

 

6) l'adottante, l'adottato e i suoi discendenti;

6) identica;

 

 

 

7) i figli adottivi della stessa persona;

7) identica;

 

 

 

8) l'adottato e i figli dell'adottante;

8) identica;

 

 

 

9) l'adottato e il coniuge dell'adottante, l'adottante e il coniuge dell'adottato.

9) identica.

 

 

 

I divieti contenuti nei numeri 6), 7), 8) e 9) sono applicabili all'affiliazione.

Identico.

 

 

 

I divieti contenuti nei numeri 2) e 3) si applicano anche se il rapporto dipende da filiazione naturale.

Abrogato.

 

 

 

Il tribunale, su ricorso degli interessati, con decreto emesso in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero, può autorizzare il matrimonio nei casi indicati dai numeri 3 e 5, anche se si tratti di affiliazione o di filiazione naturale. L'autorizzazione può essere accordata anche nel caso indicato dal numero 4, quando l'affinità deriva da un matrimonio dichiarato nullo.

Il tribunale, su ricorso degli interessati, con decreto emesso in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero, può autorizzare il matrimonio nei casi indicati dai numeri 3 e 5 e se si tratti di affiliazione. L'autorizzazione può essere accordata anche nel caso indicato dal numero 4, quando l'affinità deriva da un matrimonio dichiarato nullo.

 

 

 

Il decreto è notificato agli interessati e al pubblico ministero.

Identico.

 

 

 

Si applicano le disposizioni dei commi quarto, quinto e sesto dell'articolo 84.

Identico.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

[art. 3]

 

[art. 3]

 

Art. 128
Matrimonio putativo

 

 

 

 

Se il matrimonio è dichiarato nullo, gli effetti del matrimonio valido si producono, in favore dei coniugi, fino alla sentenza che pronunzia la nullità, quando i coniugi stessi lo hanno contratto in buona fede, oppure quando il loro consenso è stato estorto con violenza o determinato da timore di eccezionale gravità derivante da cause esterne agli sposi.

Identico.

 

 

 

Gli effetti del matrimonio valido si producono anche rispetto ai figli nati o concepiti durante il matrimonio dichiarato nullo, nonché rispetto ai figli nati prima del matrimonio e riconosciuti anteriormente alla sentenza che dichiara la nullità.

Il matrimonio dichiarato nullo ha gli effetti del matrimonio valido rispetto ai figli.

 

 

 

Se le condizioni indicate nel primo comma si verificano per uno solo dei coniugi, gli effetti valgono soltanto in favore di lui e dei figli.

Abrogato.

 

 

 

Il matrimonio dichiarato nullo, contratto in malafede da entrambi i coniugi, ha gli effetti del matrimonio valido rispetto ai figli nati o concepiti durante lo stesso, salvo che la nullità dipenda da bigamia o incesto.

Abrogato.

 

 

 

Nell'ipotesi di cui al comma precedente, i figli nei cui confronti non si verifichino gli effetti del matrimonio valido, hanno lo stato di figli naturali riconosciuti, nei casi in cui il riconoscimento è consentito.

Abrogato.

 

Nell'ipotesi di cui al comma precedente, i figli nei cui confronti non si verifichino gli effetti del matrimonio valido, conservano lo stato di figli, nei casi in cui il riconoscimento è consentito

 

 

 

 

 

 

Capo IV
“Dei diritti e dei doveri che nascono dal matrimonio”

 

 

 

 

 

 

 

[art. 4]

 

Art. 147
Doveri verso i figli

 

 

Art. 147
Diritti e doveri dei genitori verso i figli

 

Il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l'obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole tenendo conto delle capacità, dell'inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli

 

 

Dalla filiazione discendono il diritto e il dovere di entrambi i genitori di curare, mantenere, educare e istruire la prole, tenendo conto delle capacità, dell'inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli

 

 

 

 

 

 

 

 

 

[art. 5]

 

Art.148

Concorso negli oneri.

 

 

 

 

I coniugi devono adempiere l'obbligazione prevista nell'articolo precedente in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo. Quando i genitori non hanno mezzi sufficienti, gli altri ascendenti legittimi o naturali, in ordine di prossimità, sono tenuti a fornire ai genitori stessi i mezzi necessari affinché possano adempiere i loro doveri nei confronti dei figli

 

 

I coniugi devono adempiere l'obbligazione prevista nell'articolo precedente in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo. Quando i genitori non hanno mezzi sufficienti, gli altri ascendenti, in ordine di prossimità, sono tenuti a fornire ai genitori stessi i mezzi necessari affinché possano adempiere i loro doveri nei confronti dei figli

 

In caso di inadempimento il presidente del tribunale, su istanza di chiunque vi ha interesse, sentito l'inadempiente ed assunte informazioni, può ordinare con decreto che una quota dei redditi dell'obbligato, in proporzione agli stessi, sia versata direttamente all'altro coniuge o a chi sopporta le spese per il mantenimento, l'istruzione e l'educazione della prole.

 

 

 

 

Il decreto, notificato agli interessati ed al terzo debitore, costituisce titolo esecutivo, ma le parti ed il terzo debitore possono proporre opposizione nel termine di venti giorni dalla notifica

 

 

 

 

L'opposizione è regolata dalle norme relative all'opposizione al decreto di ingiunzione [c.p.c. 645], in quanto applicabili.

 

 

 

 

Le parti ed il terzo debitore possono sempre chiedere, con le forme del processo ordinario, la modificazione e la revoca del provvedimento

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

[art. 4]

 

[artt. 6 e 7]

 

Titolo VII

Della filiazione

Titolo VII

Della filiazione e dell’accertamento dello stato di figlio

 

identico

Titolo VII

“Dello stato di figlio

Capo I

“Della filiazione legittima”

 

 

 

V. infra, art. 315-bis

Sezione I

Dello stato di figlio legittimo

Soppressa

 

Capo I

“Dello stato di figlio

Criterio direttivo (art. 2, comma 1, lett. a)

 

 

Capo I
Della presunzione di paternità

 

Sezione I

Della presunzione di paternità

Capo I
Della presunzione di paternità

Criterio direttivo

Estensione della presunzione di paternità del marito rispetto ai figli comunque nati o concepiti durante il matrimonio (art. 2, comma 1, lett. d)

 

 

 

 

 

Art. 231
Paternità del marito

 

 

 

 

Il marito è padre del figlio concepito durante il matrimonio

Il marito è padre del figlio concepito o nato durante il matrimonio

 

 

 

 

 

 

 

 

 

[art. 6]

 

 

 

Art. 232
Presunzione di concepimento durante il matrimonio

 

 

 

 

Si presume concepito durante il matrimonio il figlio nato quando sono trascorsi centottanta giorni dalla celebrazione del matrimonio e non sono ancora trascorsi trecento giorni dalla data dell'annullamento, dello scioglimento o della cessazione degli effetti civili del matrimonio.

Si presume concepito durante il matrimonio il figlio nato quando non sono ancora trascorsi trecento giorni dalla data dell'annullamento, dello scioglimento o della cessazione degli effetti civili del matrimonio.

 

 

 

La presunzione non opera decorsi trecento giorni dalla pronuncia di separazione giudiziale, o dalla omologazione di separazione consensuale, ovvero dalla data della comparizione dei coniugi avanti al giudice quando gli stessi sono stati autorizzati a vivere separatamente nelle more del giudizio di separazione o dei giudizi previsti nel comma precedente.

Identico.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

[art. 7]

 

[art. 8]

 

Art. 233
Nascita del figlio prima dei centottanta giorni

Abrogato

 

 

 

Il figlio nato prima che siano trascorsi centottanta giorni dalla celebrazione del matrimonio è reputato legittimo se uno dei coniugi, o il figlio stesso, non ne disconoscono la paternità.

.

 

Il figlio nato prima che siano trascorsi centottanta giorni dalla celebrazione del matrimonio è reputato nato all'interno del matrimonio se uno dei coniugi, o il figlio stesso, non ne disconoscono la paternità

 

 

 

 

 

 

 

[art. 8]

 

[art. 9]

 

Art. 234
Nascita del figlio dopo i trecento giorni

 

 

 

 

Ciascuno dei coniugi e i loro eredi possono provare che il figlio, nato dopo i trecento giorni dall'annullamento, dallo scioglimento o dalla cessazione degli effetti civili del matrimonio, è stato concepito durante il matrimonio.

Identico.

 

 

 

Possono analogamente provare il concepimento durante la convivenza quando il figlio sia nato dopo i trecento giorni dalla pronuncia di separazione giudiziale, o dalla omologazione di separazione consensuale, ovvero dalla data di comparizione dei coniugi avanti al giudice quando gli stessi sono stati autorizzati a vivere separatamente nelle more del giudizio di separazione o dei giudizi previsti nel comma precedente.

I coniugi e i loro eredi possono analogamente provare il concepimento da parte dei coniugi stessi quando il figlio sia nato dopo i trecento giorni dalla pronuncia di separazione giudiziale, o dall'omologazione di separazione consensuale ovvero dalla data di comparizione dei coniugi avanti al giudice quando gli stessi sono stati autorizzati a vivere separatamente nelle more del giudizio di separazione o dei giudizi previsti nel primo comma.

 

 

 

In ogni caso il figlio può proporre azione per reclamare lo stato di legittimo.

Anche il figlio è ammesso a provare di essere stato concepito durante il matrimonio

 

Abrogato

 

 

 

 

 

 

 

[art. 9]

 

[art. 10]

 

Art. 235
Disconoscimento di paternità

Abrogato

 

 

 

L'azione per il disconoscimento di paternità del figlio concepito durante il matrimonio è consentita solo nei casi seguenti:

1) se i coniugi non hanno coabitato nel periodo compreso fra il trecentesimo ed il centottantesimo giorno prima della nascita;

2) se durante il tempo predetto il marito era affetto da impotenza, anche se soltanto di generare;

3) se nel detto periodo la moglie ha commesso adulterio o ha tenuto celata al marito la propria gravidanza e la nascita del figlio. In tali casi il marito è ammesso a provare che il figlio presenta caratteristiche genetiche o del gruppo sanguigno incompatibili con quelle del presunto padre, o ogni altro fatto tendente ad escludere la paternità.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

3) se nel detto periodo la moglie ha commesso adulterio o ha tenuto celata al marito la propria gravidanza e la nascita del figlio. In ogni caso il marito è ammesso a provare che il figlio presenta caratteristiche genetiche o del gruppo sanguigno incompatibili con quelle del presunto padre, o ogni altro fatto tendente ad escludere la paternità.

Criterio direttivo

Ridefinizione della disciplina del disconoscimento di paternità, con riferimento in particolare all’articolo 235, primo comma, numeri 1), 2) e 3), del codice civile, nel rispetto dei principi costituzionali (Art. 2, comma 1, lett. d)

La sola dichiarazione della madre non esclude la paternità.

 

 

 

 

L'azione di disconoscimento può essere esercitata anche dalla madre o dal figlio che ha raggiunto la maggiore età in tutti i casi in cui può essere esercitata dal padre.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

[art. 4]

 

[art. 11]

 

 

Sezione II
Delle prove della filiazione legittima

 

Capo II
Delle prove della filiazione

 

 

Sezione II
Delle prove della filiazione

Criterio direttivo (art. 2, comma 1, lett. a)

Capo II
Delle prove della filiazione

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Principi e criteri direttivi

Ridefinizione della disciplina del possesso di stato e della prova della filiazione (art. 2, comma 1, lett. c)

 

 

 

 

 

 

[art. 10]

 

[art. 12]

 

Art. 236
Atto di nascita e possesso di stato

 

 

 

 

La filiazione legittima si prova con l'atto di nascita iscritto nei registri dello stato civile.

La filiazione si prova con l'atto di nascita iscritto nei registri dello stato civile.

 

Il rapporto di filiazione si prova con l'atto di nascita iscritto nei registri dello stato civile per i nati all'interno del matrimonio e con il riconoscimento per i nati fuori del matrimonio

 

Basta, in mancanza di questo titolo, il possesso continuo dello stato di figlio legittimo.

Basta, in mancanza di questo titolo, il possesso continuo dello stato di figlio.

 

In mancanza dei titoli di cui al primo comma, basta il possesso continuo dello stato di figlio»

 

 

 

 

 

 

 

[art. 11]

 

[art. 13]

 

Art. 237
Fatti costitutivi del possesso di stato

 

 

 

 

Il possesso di stato risulta da una serie di fatti che nel loro complesso valgano a dimostrare le relazioni di filiazione e di parentela fra una persona e la famiglia a cui essa pretende di appartenere.

Identico.

 

Il possesso di stato risulta da una serie di fatti che, nel loro complesso, valgano a dimostrare concrete relazioni di filiazione e di parentela fra una persona e la famiglia a cui essa pretende di appartenere. In particolare, la prova della filiazione sussiste quando un soggetto, ancorché nato fuori del matrimonio:

 

In ogni caso devono concorrere i seguenti fatti:

Identico:

 

 

 

che la persona abbia sempre portato il cognome del padre che essa pretende di avere;

 

1) che la persona abbia sempre portato il cognome del genitore che essa pretende di avere;

 

1) abbia sempre portato il cognome del padre che lo stesso soggetto pretende di avere;

 

che il padre l'abbia trattata come figlio ed abbia provveduto in questa qualità al mantenimento, alla educazione e al collocamento di essa;

2) che il genitore l'abbia trattata come figlio e abbia provveduto in questa qualità al mantenimento, all'educazione e al collocamento di essa;

 

2) il padre l'abbia trattato come figlio o abbia provveduto, in questa qualità, al suo mantenimento, alla sua educazione e al suo collocamento;

 

che sia stata costantemente considerata come tale nei rapporti sociali;

3) che sia stata costantemente considerata come tale nei rapporti sociali;

 

3) sia stato costantemente considerato come figlio del padre che lo stesso soggetto pretende di avere nei rapporti sociali e dalla famiglia del padre

 

che sia stata riconosciuta in detta qualità dalla famiglia.

4) che sia stata riconosciuta in detta qualità dalla famiglia.

 

Abrogato

 

 

 

 

 

 

 

[art. 12]

 

[art. 14]

 

Art. 238
Atto di nascita conforme al possesso di stato

Abrogato

 

 

 

Salvo quanto disposto dagli articoli 128, 233, 234, 235 e 239, nessuno può reclamare uno stato contrario a quello che gli attribuiscono l'atto di nascita di figlio legittimo e il possesso di stato conforme all'atto stesso.

 

 

Salvo quanto disposto dagli articoli 128, 233, 234, 235 e 239, nessuno può reclamare uno stato contrario a quello che gli attribuiscono l'atto di nascita difiglio nato all’interno del matrimonio e il possesso di stato conforme all'atto stesso.

 

Parimenti non si può contestare la legittimità di colui il quale ha un possesso di stato conforme all'atto di nascita.

 

 

Parimenti non si può contestare il rapporto di filiazione di colui il quale ha un possesso di stato conforme all'atto di nascita.

 

 

 

 

 

 

 

[art. 13]

 

[art. 15]

 

Art. 239
Supposizione di parto o sostituzione di neonato

 

 

 

 

Qualora si tratti di supposizione di parto o di sostituzione di neonato, ancorché vi sia un atto di nascita conforme al possesso di stato, il figlio può reclamare uno stato diverso, dando la prova della filiazione anche a mezzo di testimoni nei limiti e secondo le regole dell'articolo 241.

Qualora si tratti di supposizione di parto o di sostituzione di neonato o di altri fatti di alterazione dello stato, ancorché vi sia un atto di nascita conforme al possesso di stato, il figlio può reclamare uno stato diverso.

 

 

 

Parimenti si può contestare la legittimità del figlio dando anche a mezzo di testimoni, nei limiti e secondo le regole sopra indicati, la prova della supposizione o della sostituzione predette.

Parimenti si può contestare lo stato di figlio dando, anche a mezzo di testimoni, la prova della supposizione o della sostituzione di cui al primo comma o dell'alterazione dello stato.

 

Parimenti si può contestare il rapporto di filiazione dando anche a mezzo di testimoni, nei limiti e secondo le regole sopra indicati, la prova della supposizione o della sostituzione predette.

 

 

 

 

 

 

 

[art. 14]

 

[art. 16]

 

Art. 240
Mancanza dell'atto di matrimonio

Abrogato

 

 

 

La legittimità del figlio di due persone, che hanno pubblicamente vissuto come marito e moglie e sono morte ambedue, non può essere contestata per il solo motivo che manchi la prova della celebrazione del matrimonio, qualora la stessa legittimità sia provata da un possesso di stato che non sia in opposizione con l'atto di nascita.

 

 

Al figlio di due persone, che hanno pubblicamente vissuto come marito e moglie e sono morte ambedue, non può essere contestata la nascita all'interno del matrimonio per il solo motivo che manchi la prova della celebrazione del matrimonio, qualora la stessa circostanza sia provata da un possesso di stato che non sia in opposizione con l'atto di nascita.

 

 

 

 

 

 

 

[art. 15]

 

 

 

Art. 241
Prova con testimoni

Art. 241
Prova in giudizio

 

 

 

Quando mancano l'atto di nascita e il possesso di stato, o quando il figlio fu iscritto sotto falsi nomi o come nato da genitori ignoti, la prova della filiazione può darsi col mezzo di testimoni.

Quando mancano l'atto di nascita e il possesso di stato la prova della filiazione può darsi in giudizio con ogni mezzo.

 

 

 

Questa prova non può essere ammessa che quando vi è un principio di prova per iscritto, ovvero quando le presunzioni e gli indizi sono abbastanza gravi da determinare l'ammissione della prova.

Abrogato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

[art. 16]

 

 

 

Art. 242
Principio di prova per iscritto

Abrogato.

 

 

 

Il principio di prova per iscritto risulta dai documenti di famiglia, dai registri e dalle carte private del padre o della madre, dagli atti pubblici e privati provenienti da una delle parti che sono impegnate nella controversia o da altra persona, che, se fosse in vita, avrebbe interesse nella controversia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Art. 243
Prova contraria

Abrogato.

 

 

 

La prova contraria può darsi con tutti i mezzi atti a dimostrare che il reclamante non è figlio della donna che egli pretende di avere per madre, oppure che non è figlio del marito della madre, quando risulta provata la maternità.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

[art. 4]

 

[art. 17]

 

Sezione III
Dell'azione di disconoscimento e delle azioni di contestazione e di reclamo di legittimità

Capo III
Dell'azione di disconoscimento e delle azioni di contestazione e di reclamo dello stato di figlio

 

Sezione III
Dell'azione di disconoscimento e delle azioni di contestazione e di reclamo dello stato di figlio

Criterio direttivo (art. 2, comma 1, lett. a)

Capo III
Dell'azione di disconoscimento e delle azioni di contestazione e di reclamo dello stato di figlio

 

 

 

 

 

 

[art. 17]

 

 

 

 

Art. 243-bis
Disconoscimento di paternità

 

 

 

 

L'azione di disconoscimento della presunta paternità del marito della madre, risultante dai registri dello stato civile può essere proposta dal marito medesimo, dalla madre e dal figlio che abbia raggiunto la maggiore età.

Chi esercita l'azione di cui al primo comma è ammesso a provare che il figlio presenta caratteristiche genetiche o del gruppo sanguigno incompatibili con quelle del presunto padre o ogni altro fatto tendente a escludere la paternità.

La sola dichiarazione della madre non esclude la paternità.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

[art. 18]

 

 

 

Art. 244
Termini dell'azione di disconoscimento

 

 

 

 

L'azione di disconoscimento della paternità da parte della madre deve essere proposta nel termine di sei mesi dalla nascita del figlio.

L'azione di disconoscimento della paternità da parte della madre deve essere proposta nel termine di sei mesi dalla nascita del figlio o dal giorno in cui sia venuta a conoscenza dell'impotenza di generare del marito.

 

 

 

Il marito può disconoscere il figlio nel termine di un anno che decorre dal giorno della nascita quando egli si trovava al tempo di questa nel luogo in cui è nato il figlio; dal giorno del suo ritorno nel luogo in cui è nato il figlio o in cui è la residenza familiare se egli ne era lontano. In ogni caso, se egli prova di non aver avuto notizia della nascita in detti giorni, il termine decorre dal giorno in cui ne ha avuto notizia.

Il marito può disconoscere il figlio nel termine di un anno che decorre dal giorno della nascita quando egli si trovava al tempo di questa nel luogo in cui è nato il figlio; dal giorno del suo ritorno nel luogo in cui è nato il figlio o in cui è la residenza familiare se egli ne era lontano. In ogni caso, se egli prova di non aver avuto notizia della nascita in tali giorni, il termine decorre dal giorno in cui ne ha avuto notizia; se prova di aver ignorato la propria impotenza di generare, il termine decorre dal giorno in cui ne ha avuto conoscenza.

 

 

 

L'azione di disconoscimento della paternità può essere proposta dal figlio, entro un anno dal compimento della maggiore età o dal momento in cui viene successivamente a conoscenza dei fatti che rendono ammissibile il disconoscimento.

Identico.

 

 

 

L'azione può essere altresì promossa da un curatore speciale nominato dal giudice, assunte sommarie informazioni, su istanza del figlio minore che ha compiuto i sedici anni, o del pubblico ministero quando si tratta di minore di età inferiore.

Identico.

 

 

Criterio direttivo

Abbassamento dell'età del minore dal sedicesimo al quattordicesimo anno di età(Art. 2, comma 1, lett. f);

 

 

 

 

 

 

[art. 19]

 

[art. 18]

 

Art. 248
Legittimazione all'azione di contestazione della legittimità. Imprescrittibilità

Art. 248
Legittimazione all'azione di contestazione dello stato di figlio. Imprescrittibilità

 

Art. 248
Legittimazione all'azione di contestazione dello stato di figlio nato all’interno del matrimonio

 

L'azione per contestare la legittimità spetta a chi dall'atto di nascita del figlio risulti suo genitore e a chiunque vi abbia interesse.

L'azione di contestazione dello stato di figlio nei casi di cui all'articolo 239 spetta a chi, in base all'atto di nascita del figlio, risulti suo genitore e a chiunque vi abbia interesse

 

L'azione per contestare lo stato di figlio nato all’interno del matrimonio spetta a chi dall'atto di nascita del figlio risulti suo genitore e a chiunque vi abbia interesse.

 

L'azione è imprescrittibile.

Identico.

 

 

 

Quando l'azione è proposta nei confronti di persone premorte o minori o altrimenti incapaci, si osservano le disposizioni dell'articolo precedente.

Identico.

 

 

 

Nel giudizio devono essere chiamati entrambi i genitori.

Identico.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

[art. 20]

 

[art. 19]

 

Art. 249
Reclamo della legittimità

Art. 249
Reclamo dello stato di figlio

 

Art. 249
Reclamo dello stato di figlio nato all’interno del matrimonio

 

L'azione per reclamare lo stato legittimo spetta al figlio; ma, se egli non l'ha promossa ed è morto in età minore o nei cinque anni dopo aver raggiunto la maggiore età, può essere promossa dai discendenti di lui. Essa deve essere proposta contro entrambi i genitori e, in loro mancanza, contro i loro eredi.

L'azione per reclamare lo stato di figlio nato nel matrimonio spetta al figlio medesimo; ma, se egli non l'ha promossa ed è morto in età minore o nei dieci anni dopo aver raggiunto la maggiore età, può essere promossa dai discendenti di lui. Essa deve essere proposta contro entrambi i genitori e in loro mancanza, contro i loro eredi.

 

L'azione per reclamare lo stato di figlio nato all’interno del matrimonio spetta al figlio; ma, se egli non l'ha promossa ed è morto in età minore o nei cinque anni dopo aver raggiunto la maggiore età, può essere promossa dai discendenti di lui. Essa deve essere proposta contro entrambi i genitori e, in loro mancanza, contro i loro eredi.

 

L'azione è imprescrittibile riguardo al figlio.

Identico.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

[art. 21]

 

 

 

 

Art. 249-bis
Divieto di reclamo e di contestazione dello stato di figlio formalmente accertato

 

 

 

 

Salvo quanto disposto dagli articoli 234 e 239, nessuno può reclamare uno stato contrario a quello risultante dall'atto di nascita o da riconoscimento o da sentenza.

Parimenti, salvo quanto disposto dagli articoli 243-bis, 263, 265 e 266, nessuno può contestare lo stato di figlio risultante dall'atto di nascita o da riconoscimento o da sentenza.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

[art. 4]

 

[art. 20]

 

Capo II
“Della filiazione naturale e della legittimazione”

Soppresso

 

Soppresso

Sezione I
Della filiazione naturale

§ 1
Del riconoscimento dei figli naturali

Capo IV
“Del riconoscimento”

 

Sezione IV
Del riconoscimento dei figli nati fuori del matrimonio

 

Soppresso

Criterio direttivo (art. 2, comma 1, lett. a)

Capo IV
Del riconoscimento dei figli nati fuori del matrimonio

 

 

 

 

 

 

[art. 22]

[art. 2]

[art. 21]

 

Art. 250
Riconoscimento

 

 

 

 

Il figlio naturale può essere riconosciuto, nei modi previsti dall'articolo 254, dal padre e dalla madre, anche se già uniti in matrimonio con altra persona all'epoca del concepimento. Il riconoscimento può avvenire tanto congiuntamente quanto separatamente.

Il figlio nato fuori del matrimonio può essere riconosciuto, nei modi previsti dell'articolo 254, dal padre e dalla madre, anche se già uniti in matrimonio con altra persona all'epoca del concepimento. Il riconoscimento può avvenire tanto congiuntamente quanto separatamente.

Identico.

Il figlio nato fuori del matrimonio può essere riconosciuto, nei modi previsti dell'articolo 254, dal padre e dalla madre, anche se già uniti in matrimonio con altra persona all'epoca del concepimento. Il riconoscimento può avvenire tanto congiuntamente quanto separatamente.

Criterio direttivo

Modificazione della disciplina del riconoscimento dei figli nati fuori del matrimonio con la previsione che(art. 2, comma 1, lett. e):

 

 

 

 

1) il riconoscimento produca effetti anche nei confronti dei parenti del genitore che lo effettua;

Il riconoscimento del figlio che ha compiuto i sedici anni non produce effetto senza il suo assenso.

Il riconoscimento del figlio che ha compiuto i quattordici anni non produce effetto senza il suo assenso.

Il riconoscimento del figlio che ha compiuto i quattordici anni non produce effetto senza il suo assenso.

Il riconoscimento del figlio che ha compiuto i quattordici anni non produce effetto senza il suo assenso.

2) sia necessario l'assenso del figlio che ha compiuto i quattordici anni di età;

Il riconoscimento del figlio che non ha compiuto i sedici anni non può avvenire senza il consenso dell'altro genitore che abbia già effettuato il riconoscimento.

Il riconoscimento del figlio che non ha compiuto i quattordici anni non può avvenire senza il consenso dell'altro genitore che abbia già effettuato il riconoscimento.

Il riconoscimento del figlio che non ha compiuto i quattordici anni non può avvenire senza il consenso dell'altro genitore che abbia già effettuato il riconoscimento.

Il riconoscimento del figlio che non ha compiuto i quattordici anni non può avvenire senza il consenso dell'altro genitore che abbia già effettuato il riconoscimento.

 

Il consenso non può essere rifiutato ove il riconoscimento risponda all'interesse del figlio. Se vi è opposizione, su ricorso del genitore che vuole effettuare il riconoscimento, sentito il minore in contraddittorio con il genitore che si oppone e con l'intervento del pubblico ministero, decide il tribunale con sentenza che, in caso di accoglimento della domanda, tiene luogo del consenso mancante.

Identico.

Identico.

 

 

Il riconoscimento non può essere fatto dai genitori che non abbiano compiuto il sedicesimo anno di età.

Identico.

Il riconoscimento non può essere fatto dai genitori che non abbiano compiuto il sedicesimo anno di età, salvo che il giudice li autorizzi, valutate le circostanze e avuto riguardo all'interesse del figlio.

Il riconoscimento non può essere fatto dai genitori che non abbiano compiuto il sedicesimo anno di età, salvo che il giudice li autorizzi, valutate le circostanze e avuto riguardo all'interesse del figlio

 

 

 

 

 

 

 

[art. 23]

[art. 3]

[art. 22]

 

Art. 251
Riconoscimento di figli incestuosi

Art. 251
Autorizzazione al riconoscimento

Art. 251
Riconoscimento di figli incestuosi

 

 

I figli nati da persone, tra le quali esiste un vincolo di parentela anche soltanto naturale, in linea retta all'infinito o in linea collaterale nel secondo grado, ovvero un vincolo di affinità in linea retta, non possono essere riconosciuti dai loro genitori, salvo che questi al tempo del concepimento ignorassero il vincolo esistente tra di loro o che sia stato dichiarato nullo il matrimonio da cui deriva l'affinità. Quando uno solo dei genitori è stato in buona fede, il riconoscimento del figlio può essere fatto solo da lui.

Il figlio nato da persone, tra le quali esiste un vincolo di parentela in linea retta all'infinito o in linea collaterale nel secondo grado, ovvero un vincolo di affinità in linea retta, può essere riconosciuto solo previa autorizzazione del giudice avuto riguardo all'interesse del figlio e alla necessità di evitare allo stesso qualsiasi pregiudizio.

I figli nati da persone tra le quali esiste un vincolo di parentela anche soltanto naturale, in linea retta all'infinito o in linea collaterale nel secondo grado ovvero un vincolo di affinità in linea retta, possono essere riconosciuti dai loro genitori, previa autorizzazione del giudice, avuto riguardo all'interesse del figlio e alla necessità di evitare allo stesso qualsiasi pregiudizio.

Identico

 

Il riconoscimento è autorizzato dal giudice, avuto riguardo all'interesse del figlio ed alla necessità di evitare allo stesso qualsiasi pregiudizio.

L'autorizzazione al riconoscimento di una persona minore di età è rilasciata dal tribunale per i minorenni.

Abrogato

Identico

 

 

 

 

Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 253, al compimento della maggiore età, il figlio può chiedere la dichiarazione giudiziale della paternità e maternità dei genitori naturali

 

 

 

 

 

 

 

[art. 24]

[art. 4]

[art. 23]

 

Art. 252
Affidamento del figlio naturale e suo inserimento nella famiglia legittima

Art. 252
Affidamento del figlio riconosciuto e suo inserimento nella famiglia del genitore

 

 

 

Qualora il figlio naturale di uno dei coniugi sia riconosciuto durante il matrimonio il giudice, valutate le circostanze, decide in ordine all'affidamento del minore e adotta ogni altro provvedimento a tutela del suo interesse morale e materiale.

Qualora il figlio di uno dei coniugi sia riconosciuto durante il matrimonio il giudice, valutate le circostanze, decide in ordine all'affidamento del minore e adotta ogni altro provvedimento a tutela del suo interesse morale e materiale.

Identico.

Identico

 

L'eventuale inserimento del figlio naturalenella famiglia legittima di uno dei genitori può essere autorizzato dal giudice qualora ciò non sia contrario all'interesse del minore e sia accertato il consenso dell'altro coniuge e dei figli legittimi che abbiano compiuto il sedicesimo anno di età e siano conviventi, nonché dell'altro genitore naturale che abbia effettuato il riconoscimento. In questo caso il giudice stabilisce le condizioni che il genitore cui il figlio è affidato deve osservare e quelle cui deve attenersi l'altro genitore.

L'eventuale inserimento del figlio nella famiglia di uno dei genitori può essere autorizzato dal giudice qualora ciò non sia contrario all'interesse del minore e sia acquisito il consenso dell'altro coniuge convivente. Il giudice decide previo ascolto degli altri figli che abbiano compiuto il quattordicesimo anno di età e siano conviventi, nonché dell'altro genitore che abbia effettuato il riconoscimento. In questo caso il giudice stabilisce le condizioni cui ciascun genitore deve attenersi.

L'eventuale inserimento del figlio naturale nella famiglia legittima di uno dei genitori può essere autorizzato dal giudice qualora ciò non sia contrario all'interesse del minore e sia accertato il consenso dell'altro coniuge e dei figli legittimi che abbiano compiuto il quattordicesimo anno di età e siano conviventi, nonché dell'altro genitore naturale che abbia effettuato il riconoscimento. In questo caso il giudice stabilisce le condizioni che il genitore cui il figlio è affidato deve osservare e quelle cui deve attenersi l'altro genitore.

L'eventuale inserimento del figlio nato fuori del matrimonio nella famiglia legittima di uno dei genitori può essere autorizzato dal giudice qualora ciò non sia contrario all'interesse del minore e sia accertato il consenso dell'altro coniuge nonché dell'altro genitore naturale che abbia effettuato il riconoscimento. In questo caso il giudice stabilisce le condizioni che il genitore cui il figlio è affidato deve osservare e quelle cui deve attenersi l'altro genitore. Il giudice deve sentire il figlio nato fuori del matrimonio e gli eventuali figli nati all'interno del matrimonio che abbiano compiuto il quattordicesimo anno di età.

 

 

3) la disciplina attinente all'inserimento del figlio riconosciuto nella famiglia dell'uno o dell'altro genitore sia adeguata alla disciplina in materia di affidamento condiviso, prevedendo il consenso dell'altro coniuge convivente e l'ascolto degli altri figli conviventi;

 

Qualora il figlio naturale sia riconosciuto anteriormente al matrimonio, il suo inserimento nella famiglia legittima è subordinato al consenso dell'altro coniuge, a meno che il figlio fosse già convivente con il genitore all'atto del matrimonio o l'altro coniuge conoscesse l'esistenza del figlio naturale.

Qualora il figlio sia riconosciuto anteriormente al matrimonio, il suo inserimento nella famiglia del genitore è subordinato al consenso dell'altro coniuge a meno che il figlio fosse già convivente con il genitore all'atto del matrimonio o l'altro coniuge conoscesse l'esistenza del figlio.

Identico.

Identico

 

È altresì richiesto il consenso dell'altro genitore naturale che abbia effettuato il riconoscimento.

È altresì richiesto il consenso dell'altro genitore che abbia effettuato il riconoscimento. In caso di disaccordo tra i genitori la decisione è rimessa al giudice.

Identico.

Identico

 

 

Il giudice dispone, inoltre, l'audizione del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

[art. 25]

[art. 5]

[art. 24]

 

Art. 253
Inammissibilità del riconoscimento

 

 

 

 

In nessun caso è ammesso un riconoscimento in contrasto con lo stato di figlio legittimo o legittimato in cui la persona si trova.

In nessun caso è ammesso un riconoscimento in contrasto con lo stato di figlio in cui la persona si trova.

In nessun caso è ammesso un riconoscimento in contrasto con lo stato di figlio in cui la persona si trova.

In nessun caso è ammesso un riconoscimento in contrasto con lo stato di figlio in cui la persona si trova.

4) il principio dell'inammissibilità del riconoscimento di cui all'articolo 253 del codice civile sia esteso a tutte le ipotesi in cui il riconoscimento medesimo è in contrasto con lo stato di figlio riconosciuto o giudizialmente dichiarato

 

 

 

 

 

 

 

[art. 26]

 

[art. 25]

 

Art. 254
Forma del riconoscimento

 

 

 

 

Il riconoscimento del figlio naturale è fatto nell'atto di nascita, oppure con una apposita dichiarazione, posteriore alla nascita o al concepimento, davanti ad un ufficiale dello stato civile o in un atto pubblico o in un testamento, qualunque sia la forma di questo.

Il riconoscimento del figlio nato fuori del matrimonio è fatto nell'atto di nascita, oppure con un'apposita dichiarazione, posteriore alla nascita o al concepimento, davanti ad un ufficiale dello stato civile o davanti al giudice tutelare o in un atto pubblico o in un testamento, qualunque sia la forma di questo.

 

Il riconoscimento del figlio nato fuori del matrimonio è fatto nell'atto di nascita, oppure con un'apposita dichiarazione, posteriore alla nascita o al concepimento, davanti ad un ufficiale dello stato civile o davanti al giudice tutelare o in un atto pubblico o in un testamento, qualunque sia la forma di questo.

 

La domanda di legittimazione di un figlio naturale presentata al giudice o la dichiarazione della volontà di legittimarlo espressa dal genitore in un atto pubblico o in un testamento importa riconoscimento, anche se la legittimazione non abbia luogo.

Abrogato.

 

Abrogato

 

 

 

 

 

 

 

[art. 27]

 

[art. 26]

 

Art. 255
Riconoscimento di un figlio premorto

 

 

 

 

Può anche aver luogo il riconoscimento del figlio premorto, in favore dei suoi discendenti legittimi e dei suoi figli naturali riconosciuti.

Può anche aver luogo il riconoscimento del figlio premorto, in favore dei suoi discendenti.

 

Può anche aver luogo il riconoscimento del figlio premorto, in favore dei suoi discendenti.

 

 

 

 

 

 

 

[art. 28]

[art. 6]

[art. 27]

 

Art. 258
Effetti del riconoscimento

 

 

 

 

Il riconoscimento non produce effetti che riguardo al genitore da cui fu fatto, salvo i casi previsti dalla legge.

Il riconoscimento non produce effetti per il genitore che non l'ha compiuto

 

Il riconoscimento instaura il rapporto di filiazione, conferisce i diritti e i doveri propri di esso e fa acquisire al figlio i vincoli di parentela di cui all'articolo 74 con i parenti del genitore che lo ha riconosciuto, in linea retta e collaterale

 

L'atto di riconoscimento di uno solo dei genitori non può contenere indicazioni relative all'altro genitore. Queste indicazioni, qualora siano state fatte, sono senza effetto.

Identico.

Identico.

Identico

 

Il pubblico ufficiale che le riceve e l'ufficiale dello stato civile che le riproduce sui registri dello stato civile sono puniti con l'ammenda da euro 20 a euro 82. Le indicazioni stesse devono essere cancellate.

Identico.

Identico.

Identico

 

 

 

 

 

 

 

[art. 29]

 

[art. 28]

 

Art. 261
Diritti e doveri derivanti al genitore dal riconoscimento

Abrogato

 

 

 

Il riconoscimento comporta da parte del genitore l'assunzione di tutti i doveri e di tutti i diritti che egli ha nei confronti dei figli legittimi.

Abrogato

 

Il riconoscimento comporta da parte del genitore l'assunzione di tutti i doveri e di tutti i diritti che egli ha nei confronti dei figli nati all’interno del matrimonio

Criterio direttivo

Unificazione delle disposizioni che disciplinano i diritti e i doveri dei genitori nei confronti dei figli nati nel matrimonio e dei figli nati fuori del matrimonio

(art. 2, comma 1, lett. i)

 

 

 

 

 

 

[art. 30]

 

[art. 29]

 

Art. 262
Cognome del figlio

 

 

 

 

Il figlio naturale assume il cognome del genitore che per primo lo ha riconosciuto. Se il riconoscimento è stato effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori il figlio naturale assume il cognome del padre.

Il figlio nato fuori del matrimonio assume il cognome del genitore che per primo lo ha riconosciuto. Se il riconoscimento è stato effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori il figlio nato fuori del matrimonio assume il cognome del padre.

 

Il figlio nato fuori del matrimonio assume il cognome del genitore che per primo lo ha riconosciuto. Se il riconoscimento è stato effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori il figlio nato fuori del matrimonio assume il cognome del padre.

 

Se la filiazione nei confronti del padre è stata accertata o riconosciuta successivamente al riconoscimento da parte della madre, il figlio naturale può assumere il cognome del padre aggiungendolo o sostituendolo a quello della madre.

Se la filiazione nei confronti del padre è stata accertata o riconosciuta successivamente al riconoscimento da parte della madre, il figlio nato fuori del matrimonio può assumere il cognome del padre aggiungendolo o sostituendolo a quello della madre.

 

Se la filiazione nei confronti del padre è stata accertata o riconosciuta successivamente al riconoscimento da parte della madre, il figlio nato fuori del matrimonio può assumere il cognome del padre aggiungendolo o sostituendolo a quello della madre.

 

Nel caso di minore età del figlio, il giudice decide circa l'assunzione del cognome del padre.

Identico..

 

Identico..

 

 

 

 

 

 

 

[art. 31]

 

[art. 30]

 

Art. 263
Impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità

 

 

 

 

Il riconoscimento può essere impugnato per difetto di veridicità dall'autore del riconoscimento, da colui che è stato riconosciuto e da chiunque vi abbia interesse.

Identico.

 

Il riconoscimento può essere impugnato per difetto di veridicità dall'autore del riconoscimento, da colui che è stato riconosciuto e da chiunque vi abbia interesse. L'azione deve essere proposta dall'autore del riconoscimento nel termine di un anno dal riconoscimento, o dal giorno in cui, successivamente, è venuto a conoscenza dei fatti che rendono ammissibile l'impugnazione

 

L'impugnazione è ammessa anche dopo la legittimazione.

L'azione è imprescrittibile riguardo al figlio.

 

Abrogato

Criterio direttivo

Modificazione della disciplina dell'impugnazione del riconoscimento con la limitazione dell'imprescrittibilità dell'azione solo per il figlio (art. 2, comma 1, lett. g)

L’azione è imprescrittibile

L'azione di impugnazione da parte degli altri soggetti legittimati deve essere promossa, a pena di decadenza, entro cinque anni dal giorno dell'annotazione del riconoscimento sull'atto di nascita.

 

L’azione è imprescrittibile

Criterio direttivo

Introduzione di un termine per l'esercizio dell'azione da parte degli altri legittimati (art. 2, comma 1, lett. g)

 

 

 

 

 

 

 

 

[art. 31]

 

Art. 264. Impugnazione da parte del riconosciuto

 

 

 

 

Colui che è stato riconosciuto non può, durante la minore età o lo stato d'interdizione per infermità di mente, impugnare il riconoscimento.

 

 

 

Il riconoscimento può essere impugnato per difetto di veridicità da colui che è stato riconosciuto entro un anno dal compimento della maggiore età o dal giorno in cui, successivamente, è venuto a conoscenza dei fatti che rendono ammissibile l'impugnazione

 

Tuttavia il giudice, con provvedimento in camera di consiglio su istanza del pubblico ministero o del tutore o dell'altro genitore che abbia validamente riconosciuto il figlio o del figlio stesso che abbia compiuto il sedicesimo anno di età, può dare l'autorizzazione per impugnare il riconoscimento, nominando un curatore speciale

 

 

Abrogato

Criterio direttivo:

Abbassamento dell'età del minore dal sedicesimo al quattordicesimo anno di età (art. 2, comma 1, lett. f);

 

 

 

 

 

 

[art. 4]

 

[art. 32]

 

§ 2
Della dichiarazione giudiziale della paternità e della maternità naturale

Capo V
Della dichiarazione giudiziale della paternità e della maternità

 

Sezione V
Della dichiarazione giudiziale della paternità e della maternità

Criterio direttivo (art. 2, comma 1, lett. a)

 

Capo V
Della dichiarazione giudiziale della paternità e della maternità

 

 

 

 

 

 

[art. 32]

 

[art. 33]

 

Art. 269
Dichiarazione giudiziale di paternità e maternità

 

 

 

 

La paternità e la maternità naturale possono essere giudizialmente dichiarate nei casi in cui il riconoscimento è ammesso.

La paternità e la maternità possono essere giudizialmente dichiarate nei casi in cui il riconoscimento è ammesso.

 

La paternità e la maternità dei figli nati fuori del matrimonio possono essere giudizialmente dichiarate nei casi in cui il riconoscimento è ammesso.

 

La prova della paternità e della maternità può essere data con ogni mezzo.

Identico.

 

Identico.

 

La maternità è dimostrata provando la identità di colui che si pretende essere figlio e di colui che fu partorito dalla donna, la quale si assume essere madre.

Identico.

 

Identico.

 

La sola dichiarazione della madre e la sola esistenza di rapporti tra la madre e il preteso padre all'epoca del concepimento non costituiscono prova della paternità naturale.

La sola dichiarazione della madre e la sola esistenza di rapporti tra la madre e il preteso padre all'epoca del concepimento non costituiscono prova della paternità.

 

La sola dichiarazione della madre e la sola esistenza di rapporti tra la madre e il preteso padre all'epoca del concepimento non costituiscono prova della paternità dei figli nati fuori del matrimonio

 

 

 

 

 

 

 

[art. 33]

 

[art. 34]

 

Art. 270
Legittimazione attiva e termine

Art. 270
Legittimazione attiva

 

 

 

L'azione per ottenere che sia dichiarata giudizialmente la paternità o la maternità naturale è imprescrittibile riguardo al figlio.

L'azione per ottenere che sia dichiarata giudizialmente la paternità o la maternità è imprescrittibile riguardo al figlio.

 

L'azione per ottenere che sia dichiarata giudizialmente la paternità o la maternità di un figlio nato fuori del matrimonio è imprescrittibile riguardo al figlio.

 

Se il figlio muore prima di avere iniziato l'azione, questa può essere promossa dai discendenti legittimi, legittimati o naturali riconosciuti, entro due anni dalla morte.

Se il figlio muore prima di aver iniziato l'azione di cui al primo comma, questa può essere promossa dai suoi discendenti.

 

Se il figlio muore prima di avere iniziato l'azione, questa può essere promossa dai discendenti nati all’interno o fuori del matrimonio

 

L'azione promossa dal figlio, se egli muore, può essere proseguita dai discendenti legittimi, legittimati o naturali riconosciuti.

L'azione promossa dal figlio, se egli muore, può essere proseguita dai suoi discendenti

 

L'azione promossa dal figlio, se egli muore, può essere proseguita dai discendenti nati all’interno o fuori del matrimonio

 

 

 

 

 

 

 

[art. 34]

 

[art. 35]

 

Art. 273
Azione nell'interesse del minore o dell'interdetto

 

 

 

 

L'azione per ottenere che sia giudizialmente dichiarata la paternità o la maternità naturale può essere promossa, nell'interesse del minore, dal genitore che esercita la potestà prevista dall'articolo 316 o dal tutore. Il tutore però deve chiedere l'autorizzazione del giudice, il quale può anche nominare un curatore speciale.

L'azione per ottenere che sia giudizialmente dichiarata la paternità o la maternità può essere promossa, nell'interesse del minore, dal genitore che esercita la responsabilità genitoriale prevista dall'articolo 316 o dal tutore. Il tutore però deve chiedere l'autorizzazione del giudice, il quale può anche nominare un curatore speciale.

 

L'azione per ottenere che sia giudizialmente dichiarata la paternità o la maternità di un figlio nato fuori del matrimonio può essere promossa, nell'interesse del minore, dal genitore che esercita la potestà prevista dall'articolo 316 o dal tutore. Il tutore però deve chiedere l'autorizzazione del giudice, il quale può anche nominare un curatore speciale.

 

Occorre il consenso del figlio per promuovere o per proseguire l'azione se egli ha compiuto l'età di sedici anni.

Identico.

 

Identico.

Criterio direttivo

Abbassamento dell'età del minore dal sedicesimo al quattordicesimo anno di età (art. 2, comma 1, lett. f);

Per l'interdetto l'azione può essere promossa dal tutore previa autorizzazione del giudice.

Identico.

 

Identico.

 

 

 

 

[art. 36]

 

Art. 274

Ammissibilità dell'azione.

 

 

 

 

L'azione per la dichiarazione giudiziale di paternità o di maternità naturale è ammessa solo quando concorrono specifiche circostanze tali da farla apparire giustificata

 

 

L'azione per la dichiarazione giudiziale di paternità o di maternità di figli nati fuori del matrimonio è ammessa solo quando concorrono specifiche circostanze tali da farla apparire giustificata

 

Sull'ammissibilità il tribunale [disp. att. c.c. 38] decide in camera di consiglio con decreto motivato [c.p.c. 737], su ricorso di chi intende promuovere l'azione, sentiti il pubblico ministero e le parti e assunte le informazioni del caso. Contro il decreto si può proporre reclamo con ricorso alla corte d'appello, che pronuncia anche essa in camera di consiglio

 

 

Identico.

 

L'inchiesta sommaria compiuta dal tribunale ha luogo senza alcuna pubblicità e deve essere mantenuta segreta. Al termine della inchiesta gli atti e i documenti della stessa sono depositati in cancelleria ed il cancelliere deve darne avviso alle parti le quali, entro quindici giorni dalla comunicazione di detto avviso, hanno facoltà di esaminarli e di depositare memorie illustrative.

 

 

Identico.

 

Il tribunale, anche prima di ammettere l'azione, può, se trattasi di minore o di altra persona incapace, nominare un curatore speciale che la rappresenti in giudizio.

 

 

Identico.

 

 

 

 

 

 

 

[art. 35]

 

[art. 37]

 

Art. 276
Legittimazione passiva

 

 

 

 

La domanda per la dichiarazione di paternità o di maternità naturale deve essere proposta nei confronti del presunto genitore o, in mancanza di lui, nei confronti dei suoi eredi.

La domanda per la dichiarazione di paternità o di maternità avvenuta fuori del matrimonio deve essere proposta nei confronti del presunto genitore o, in mancanza, nei confronti dei suoi eredi

 

La domanda per la dichiarazione di paternità o di maternità di figli nati fuori del matrimonio deve essere proposta nei confronti del presunto genitore o, in mancanza di lui, nei confronti dei suoi eredi.

Criterio direttivo

Specificazione che, in mancanza di eredi del presunto genitore, l'azione per la dichiarazione giudiziale di paternità o di maternità sia proponibile nei confronti dei loro eredi (art. 2, comma 1, lett. h)

Alla domanda può contraddire chiunque vi abbia interesse.

Identico.

 

Identico.

 

 

 

 

 

 

 

[art. 36]

 

[art. 38]

 

Art. 277
Effetti della sentenza

 

 

 

 

La sentenza che dichiara la filiazione naturale produce gli effetti del riconoscimento.

La sentenza che dichiara la filiazione produce gli effetti del riconoscimento.

 

La sentenza che dichiara la filiazione avvenuta fuori del matrimonio produce gli effetti del riconoscimento.

 

Il giudice può anche dare i provvedimenti che stima utili per il mantenimento, l'istruzione e l'educazione del figlio e per la tutela degli interessi patrimoniali di lui.

Identico.

 

Identico.

 

 

 

 

 

 

 

[art. 37]

 

 

 

Art. 278
Indagini sulla paternità o maternità

Art. 278
Autorizzazione all'azione

 

 

 

Le indagini sulla paternità o sulla maternità non sono ammesse nei casi in cui, a norma dell'articolo 251, il riconoscimento dei figli incestuosi è vietato.

Possono essere ammesse dal giudice quando vi è stato ratto o violenza carnale nel tempo che corrisponde a quello del concepimento.

Nei casi di figli nati da persone tra le quali esiste un vincolo di parentela in linea retta all'infinito o in linea collaterale nel secondo grado, ovvero un vincolo di affinità in linea retta, l'azione per ottenere che sia giudizialmente dichiarata la paternità o la maternità può essere promossa solo previa autorizzazione ai sensi dell'articolo 251.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

[art. 38]

 

[art. 39]

 

Art. 279
Responsabilità per il mantenimento e l'educazione

 

 

 

 

In ogni caso in cui non può proporsi l'azione per la dichiarazione giudiziale di paternità o di maternità, il figlio naturale può agire per ottenere il mantenimento, l'istruzione e l'educazione. Il figlio naturale se maggiorenne e in stato di bisogno può agire per ottenere gli alimenti.

In ogni caso in cui non può proporsi l'azione per la dichiarazione giudiziale di paternità o di maternità, il figlio nato fuori del matrimonio può agire per ottenere il mantenimento, l'istruzione e l'educazione. Il figlio nato fuori del matrimonio se maggiorenne e in stato di bisogno può agire per ottenere gli alimenti, se non è dovuto il mantenimento.

 

In ogni caso in cui non può proporsi l'azione per la dichiarazione giudiziale di paternità o di maternità, il figlio nato fuori del matrimonio può agire per ottenere il mantenimento, l'istruzione e l'educazione. Il figlio nato fuori del matrimonio se maggiorenne e in stato di bisogno può agire per ottenere gli alimenti.

 

L'azione è ammessa previa autorizzazione del giudice ai sensi dell'articolo 274.

L'azione è ammessa previa autorizzazione del giudice ai sensi dell'articolo 251.

 

Identico.

 

L'azione può essere promossa nell'interesse del figlio minore da un curatore speciale nominato dal giudice su richiesta del pubblico ministero o del genitore che esercita la potestà.

Identico.

 

Identico.

 

 

 

 

 

 

 

[art. 39]

 

[art. 40]

 

Sezione II
Della legittimazione dei figli naturali

Soppressa

 

Soppressa

Criterio direttivo (art. 2, comma 1, lett. a)

Abrogazione

 

 

 

 

 

Art. 280
Legittimazione

Abrogato

 

Abrogato

 

La legittimazione attribuisce a colui che è nato fuori del matrimonio la qualità di figlio legittimo.

Essa avviene per susseguente matrimonio dei genitori del figlio naturale o per provvedimento del giudice.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Art. 281
Divieto di legittimazione

Abrogato

 

Abrogato

 

Non possono essere legittimati i figli che non possono essere riconosciuti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Art. 282
Legittimazione di figli premorti

Abrogato

 

Abrogato

 

La legittimazione dei figli premorti può anche aver luogo in favore dei loro discendenti legittimi e dei loro figli naturali riconosciuti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Art. 283
Effetti e decorrenza della legittimazione per susseguente matrimonio

Abrogato

 

Abrogato

 

I figli legittimati per susseguente matrimonio acquistano i diritti dei figli legittimi dal giorno del matrimonio, se sono stati riconosciuti da entrambi i genitori nell'atto di matrimonio o anteriormente, oppure dal giorno del riconoscimento se questo è avvenuto dopo il matrimonio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Art. 284
Legittimazione per provvedimento del giudice

Abrogato

 

Abrogato

 

La legittimazione può essere concessa con provvedimento del giudice soltanto se corrisponde agli interessi del figlio ed inoltre se concorrono le seguenti condizioni:

1) che sia domandata dai genitori stessi o da uno di essi e che il genitore abbia compiuto l'età indicata nel quinto comma dell'articolo 250;

2) che per il genitore vi sia l'impossibilità o un gravissimo ostacolo a legittimare il figlio per susseguente matrimonio;

3) che vi sia l'assenso dell'altro coniuge se il richiedente è unito in matrimonio e non è legalmente separato;

4) che vi sia il consenso del figlio legittimando se ha compiuto gli anni sedici, o dell'altro genitore o del curatore speciale, se il figlio è minore degli anni sedici, salvo che il figlio sia già riconosciuto.

La legittimazione può essere chiesta anche in presenza di figli legittimi o legittimati. In tal caso il presidente del tribunale deve ascoltare i figli legittimi o legittimati, se di età superiore ai sedici anni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Art. 285
Condizioni per la legittimazione dopo la morte dei genitori

Abrogato

 

Abrogato

 

Se uno dei genitori ha espresso in un testamento o in un atto pubblico la volontà di legittimare i figli naturali, questi possono, dopo la morte di lui, domandare la legittimazione se sussisteva la condizione prevista nel numero 2) dell'articolo precedente.

In questo caso la domanda deve essere comunicata agli ascendenti, discendenti e coniuge o, in loro mancanza, a due tra i prossimi parenti del genitore entro il quarto grado.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Art. 286
Legittimazione domandata dall'ascendente

Abrogato

 

Abrogato

 

La domanda di legittimazione di un figlio naturale riconosciuto può in caso di morte del genitore essere fatta da uno degli ascendenti legittimi di lui, se il genitore non ha comunque espressa una volontà in contrasto con quella di legittimare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Art. 287
Legittimazione in base alla procura per il matrimonio

Abrogato

 

Abrogato

 

Nei casi in cui è consentito di celebrare il matrimonio per procura, quando concorrono le condizioni per la legittimazione per susseguente matrimonio la legittimazione dei figli naturali con provvedimento del giudice può essere domandata in base alla procura a contrarre il matrimonio, se questo non poté essere celebrato per la sopravvenuta morte del mandante.

Quando i figli non sono stati riconosciuti, per domandarne la legittimazione è necessario che dalla procura risulti la volontà di riconoscerli o di legittimarli.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Art. 288
Procedura

Abrogato

 

Abrogato

 

La domanda di legittimazione accompagnata dai documenti giustificativi deve essere diretta al presidente del tribunale nella cui circoscrizione il richiedente ha la residenza.

Il tribunale, sentito il pubblico ministero, accerta la sussistenza delle condizioni stabilite negli articoli precedenti e delibera, in camera di consiglio, sulla domanda di legittimazione.

Il pubblico ministero e la parte possono, entro venti giorni dalla comunicazione, proporre reclamo alla corte d'appello. Questa, richiamati gli atti dal tribunale, delibera in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero.

In ogni caso la sentenza che accoglie la domanda è annotata in calce all'atto di nascita del figlio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Art. 289
Azioni esperibili dopo la legittimazione

Abrogato

 

Abrogato

 

La legittimazione per provvedimento del giudice non impedisce l'azione ordinaria per la contestazione dello stato di figlio legittimato per la mancanza delle condizioni indicate nel numero 1) dell'articolo 284, negli articoli 285, 286, e 287, ferma restando la disposizione dell'articolo 263.

Se manca la condizione indicata nel numero 3) dell'articolo 284 la contestazione può essere promossa soltanto dal coniuge del quale è mancato l'assenso.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Art. 290
Effetti e decorrenza della legittimazione per provvedimento del giudice

Abrogato

 

Abrogato

 

La legittimazione per provvedimento del giudice produce gli stessi effetti della legittimazione per susseguente matrimonio, ma soltanto dalla data del provvedimento e nei confronti del genitore riguardo al quale la legittimazione è stata concessa.

Se il provvedimento interviene dopo la morte del genitore, gli effetti risalgono alla data della morte, purché la domanda di legittimazione non sia stata presentata dopo un anno da tale data.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Titolo IX

“Dell'adozione di persone maggiori di età”

 

 

 

 

Capo I

“Dell'adozione di persone maggiori di età e dei suoi effetti”

 

 

 

 

 

 

 

[art. 41]

 

Art. 291

Condizioni

 

 

 

 

L'adozione è permessa alle persone che non hanno discendenti legittimi o legittimati che hanno compiuto gli anni trentacinque e che superano almeno di diciotto anni l'età di coloro che essi intendono adottare

 

 

L'adozione è permessa alle persone che non hanno discendenti che hanno compiuto gli anni trentacinque e che superano almeno di diciotto anni l'età di coloro che essi intendono adottare

 

Quando eccezionali circostanze lo consigliano, il tribunale [c.c. 312] (3) può autorizzare l'adozione se l'adottante ha raggiunto almeno l'età di trenta anni, ferma restando la differenza di età di cui al comma precedente

 

 

Identico

 

 

 

 

[art. 42]

 

Art. 299

Cognome dell'adottato

 

 

 

 

L'adottato assume il cognome dell'adottante e lo antepone al proprio

 

 

Identico

 

L'adottato che sia figlio naturale non riconosciuto dai propri genitori assume solo il cognome dell'adottante. Il riconoscimento successivo all'adozione non fa assumere all'adottato il cognome del genitore che lo ha riconosciuto, salvo che l'adozione sia successivamente revocata. Il figlio naturale che sia stato riconosciuto dai propri genitori e sia successivamente adottato, assume il cognome dell'adottante

 

 

L'adottato che sia figlio nato fuori del matrimonio e non riconosciuto dai propri genitori assume solo il cognome dell'adottante. Il riconoscimento successivo all'adozione non fa assumere all'adottato il cognome del genitore che lo ha riconosciuto, salvo che l'adozione sia successivamente revocata. Il figlio nato fuori del matrimonio che sia stato riconosciuto dai propri genitori e sia successivamente adottato, assume il cognome dell'adottante

 

Se l'adozione è compiuta da coniugi l'adottato assume il cognome del marito

 

 

Identico

 

Se l'adozione è compiuta da una donna maritata, l'adottato, che non sia figlio del marito, assume il cognome della famiglia di lei

 

 

Identico

 

 

 

 

 

 

 

 

 

[art. 43]

Art. 1

Titolo IX

“Della potestà dei genitori”

 

 

Titolo IX

“Dei diritti e dei doveri dei figli e delle relazioni tra genitori”

Titolo IX

“Dei diritti e dei doveri dei figli e delle relazioni tra genitori e figli”

 

 

 

 

 

 

 

 

[art. 44]

 

Art. 315

Doveri del figlio verso i genitori.

 

 

Art. 315

Diritti e doveri dei figli.

Art. 315

Diritti e doveri dei figli.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il figlio deve rispettare i genitori e deve contribuire, in relazione alle proprie sostanze e al proprio reddito, al mantenimento della famiglia finché convive con essa

 

 

Tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico. Il figlio ha diritto a ricevere cura, mantenimento, educazione e istruzione dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni. Il figlio ha altresì diritto di crescere in famiglia, di mantenere rapporti significativi con i parenti e, se capace di discernimento, di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano. Il figlio deve rispettare i genitori e collaborare con essi ed è tenuto verso ciascuno di essi a contribuire agli oneri familiari in relazione alle proprie risorse economiche, finché convivente

 

Il figlio ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni.

 Il figlio ha altresì diritto di crescere in famiglia, di mantenere rapporti significativi con i parenti e, se capace di discernimento, di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano. Il figlio deve rispettare i genitori e deve contribuire, in relazione alle proprie capacità, alle proprie sostanze e al proprio reddito, al mantenimento della famiglia finché convive con essa».

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Art. 315-bis

Stato giuridico della filiazione

 

 

 

 

Tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico.

Le disposizioni in materia di filiazione si applicano a tutti i figli senza distinzioni, salvo che si tratti di disposizioni specificamente riferite a figli nati nel matrimonio o a figli nati fuori del matrimonio».

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Criterio direttivo: Specificazione del contenuto dei diritti, dei poteri e dei doveri dei genitori con la valorizzazione del principio di responsabilità nei confronti dei figli (art. 2, comma 1, lett. l)

 

 

 

 

[art. 45]

 

Art. 317-bis
Esercizio della potestà

 

 

 

 

Al genitore che ha riconosciuto il figlio naturale spetta la potestà su di lui

 

 

Al genitore che ha riconosciuto il figlio nato fuori dal matrimonio spetta la potestà su di lui

 

Se il riconoscimento è fatto da entrambi i genitori, l'esercizio della potestà spetta congiuntamente ad entrambi qualora siano conviventi. Si applicano le disposizioni dell'articolo 316. Se i genitori non convivono l'esercizio della potestà spetta al genitore col quale il figlio convive ovvero, se non convive con alcuno di essi, al primo che ha fatto il riconoscimento. Il giudice, nell'esclusivo interesse del figlio, può disporre diversamente; può anche escludere dall'esercizio della potestà entrambi i genitori, provvedendo alla nomina di un tutore.

 

 

Se il riconoscimento è fatto da entrambi i genitori, l'esercizio della potestà spetta congiuntamente a entrambi qualora siano conviventi. Si applicano le disposizioni dell'articolo 316. Se i genitori non convivono l'esercizio della potestà è regolato ai sensi di quanto disposto negli articoli da 155 a 155-sexies. Il giudice, nell'esclusivo interesse del figlio, può disporre diversamente; può anche escludere dall'esercizio della potestà entrambi i genitori, provvedendo alla nomina di un tutore

 

Il genitore che non esercita la potestà ha il potere di vigilare sull'istruzione, sull'educazione e sulle condizioni di vita del figlio minore

 

 

Identico

 

 

 

 

 

 

Titolo XIII
Degli alimenti

 

 

 

 

 

[art. 40]

 

[art. 46]

 

Art. 433
Persone obbligate

 

 

 

 

All'obbligo di prestare gli alimenti sono tenuti, nell'ordine:

Identico:

 

Identico

 

1) il coniuge;

1) identico;

 

1) identico

 

2) i figli legittimi o legittimati o naturali o adottivi, e, in loro mancanza, i discendenti prossimi, anche naturali;

2) i figli, anche adottivi, e, in loro mancanza, i discendenti prossimi;

 

2) i figli, compresi gli adottivi, e, in loro mancanza, i discendenti prossimi

 

3) i genitori e, in loro mancanza, gli ascendenti prossimi, anche naturali; gli adottanti;

3) i genitori e, in loro mancanza, gli ascendenti prossimi; gli adottanti;

 

3) i genitori e, in loro mancanza, gli ascendenti prossimi; gli adottanti;

 

4) i generi e le nuore;

4) identico;

 

4) identico;

 

5) il suocero e la suocera;

5) identico;

 

5) identico;

 

6) i fratelli e le sorelle germani o unilaterali, con precedenza dei germani sugli unilaterali.

6) identico.

 

6) identico

 

 

 

 

 

 

 

[art. 41]

 

[art. 47]

 

Art. 436
Obbligo tra adottante e adottato

 

 

 

 

L'adottante deve gli alimenti al figlio adottivo con precedenza sui genitori legittimi o naturali di lui.

L'adottante deve gli alimenti al figlio adottivo con precedenza sui genitori biologici del medesimo.

 

L'adottante deve gli alimenti al figlio adottivo con precedenza sui genitori di lui

 

 

 

 

 

 

Libro II
“Delle successioni”

 

 

 

 

 

 

 

 

Criterio direttivo

Adeguamento della disciplina delle successioni e delle donazioni al principio di unicità dello stato di figlio

(art. 2, comma 1, lett. n)

Titolo I
“Disposizioni generali sulle successioni”

 

 

 

 

Capo IV
Della rappresentazione

 

 

 

 

 

[art. 42]

 

[art. 48]

 

Art. 467
Nozione

 

 

 

 

La rappresentazione fa subentrare i discendenti legittimi o naturali nel luogo e nel grado del loro ascendente, in tutti i casi in cui questi non può o non vuole accettare l'eredità o il legato.

La rappresentazione fa subentrare i discendenti nel luogo e nel grado del loro ascendente, in tutti i casi in cui questi non può o non vuole accettare l'eredità o il legato.

 

La rappresentazione fa subentrare i discendenti nel luogo e nel grado del loro ascendente, in tutti i casi in cui questi non può o non vuole accettare l'eredità o il legato.

 

Si ha rappresentazione nella successione testamentaria quando il testatore non ha provveduto per il caso in cui l'istituto non possa o non voglia accettare l'eredità o il legato, e sempre che non si tratti di legato di usufrutto o di altro diritto di natura personale.

Identico.

 

Identico.

 

 

 

 

 

 

 

[art. 43]

 

[art. 49]

 

Art. 468
Soggetti

 

 

 

 

La rappresentazione ha luogo, nella linea retta, a favore dei discendenti dei figli legittimi, legittimati e adottivi, nonché dei discendenti dei figli naturali del defunto, e, nella linea collaterale, a favore dei discendenti dei fratelli e delle sorelle del defunto.

La rappresentazione ha luogo, nella linea retta, in favore dei discendenti dei figli, anche adottivi, del defunto e, nella linea collaterale, in favore dei discendenti dei fratelli e delle sorelle del defunto.

 

La rappresentazione ha luogo, nella linea retta, a favore dei discendenti dei figli, compresi gli adottivi, del defunto e, nella linea collaterale, a favore dei discendenti dei fratelli e delle sorelle del defunto.

 

I discendenti possono succedere per rappresentazione anche se hanno rinunziato all'eredità della persona in luogo della quale subentrano, o sono incapaci o indegni di succedere rispetto a questa.

Identico.

 

Identico

 

 

 

 

 

 

 

[art. 44]

 

[art. 50]

 

Capo X
“Dei legittimari”

 

 

 

 

Art. 536
Legittimari

 

 

 

 

Le persone a favore delle quali la legge riserva una quota di eredità o altri diritti nella successione sono: il coniuge, i figli legittimi, i figli naturali, gli ascendenti legittimi.

Le persone in favore delle quali la legge riserva una quota di eredità o altri diritti nella successione sono il coniuge, i figli e gli ascendenti.

 

Le persone a favore delle quali la legge riserva una quota di eredità o altri diritti nella successione sono: il coniuge, i figli, compresi gli adottivi, e gli ascendenti.

 

Ai figli legittimi sono equiparati i legittimati e gli adottivi.

Ai figli sono equiparati gli adottivi.

 

Ai figli nati all’interno del matrimonio sono equiparati gli adottivi.

 

A favore dei discendenti dei figli legittimi o naturali, i quali vengono alla successione in luogo di questi, la legge riserva gli stessi diritti che sono riservati ai figli legittimi o naturali.

In favore dei discendenti dei figli, anche adottivi, i quali vengono alla successione in luogo di questi, la legge riserva gli stessi diritti che sono riservati ai figli.

 

A favore dei discendenti dei figli, i quali vengono alla successione in luogo di questi, la legge riserva gli stessi diritti che sono riservati ai figli.

 

 

 

 

 

 

 

[art. 45]

[art. 8]

[art. 51]

 

Art. 537
Riserva a favore dei figli legittimi e naturali

Art. 537
Riserva in favore dei figli

 

Art. 537
Riserva in favore dei figli

 

Salvo quanto disposto dall'articolo 542, se il genitore lascia un figlio solo, legittimo o naturale, a questi è riservata la metà del patrimonio.

Salvo quanto disposto dall'articolo 542, se il genitore lascia un figlio solo, a questo è riservata la metà del patrimonio.

Identico.

Salvo quanto disposto dall'articolo 542, se il genitore lascia un figlio solo, a questo è riservata la metà del patrimonio.

 

Se i figli sono più, è loro riservata la quota dei due terzi, da dividersi in parti uguali tra tutti i figli, legittimi e naturali.

Se i figli sono più, è loro riservata la quota dei due terzi, da dividersi in parti uguali tra tutti i figli.

Identico.

Se i figli sono più, è loro riservata la quota dei due terzi, da dividersi in parti uguali tra tutti i figli.

 

I figli legittimi possono soddisfare in denaro o in beni immobili ereditari la porzione spettante ai figli naturali che non vi si oppongano. Nel caso di opposizione decide il giudice, valutate le circostanze personali e patrimoniali.

Abrogato.

Abrogato.

Si applicano, in ipotesi di divisione del patrimonio, le norme di cui all'articolo 732.

 

 

 

 

 

 

 

[art. 46]

 

 

 

Art. 538
Riserva a favore degli ascendenti legittimi

Art. 538
Riserva in favore degli ascendenti

 

 

 

Se chi muore non lascia figli legittimi né naturali, ma ascendenti legittimi, a favore di questi è riservato un terzo del patrimonio, salvo quanto disposto dall'articolo 544.

Se chi muore non lascia figli ma ascendenti, in favore di questi è riservato un terzo del patrimonio, salvo quanto disposto dall'articolo 544.

 

 

 

In caso di pluralità di ascendenti, la riserva è ripartita tra i medesimi secondo i criteri previsti dall'articolo 569.

Identico.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

[art. 47]

[art. 8]

[art. 52]

 

Art. 542
Concorso di coniuge e figli

 

 

 

 

Se chi muore lascia, oltre al coniuge, un solo figlio, legittimo o naturale, a quest'ultimo è riservato un terzo del patrimonio ed un altro terzo spetta al coniuge.

Se chi muore lascia, oltre al coniuge, un solo figlio, a quest'ultimo è riservato un terzo del patrimonio ed un altro terzo spetta al coniuge.

Identico.

Se chi muore lascia, oltre al coniuge, un solo figlio, a quest'ultimo è riservato un terzo del patrimonio ed un altro terzo spetta al coniuge.

 

Quando i figli, legittimi o naturali, sono più di uno, ad essi è complessivamente riservata la metà del patrimonio e al coniuge spetta un quarto del patrimonio del defunto. La divisione tra tutti i figli, legittimi e naturali, è effettuata in parti uguali.

Quando i figli sono più di uno, ad essi è complessivamente riservata la metà del patrimonio e al coniuge spetta un quarto del patrimonio del defunto. La divisione tra tutti i figli è effettuata in parti uguali.

Identico.

Quando i figli sono più di uno, ad essi è complessivamente riservata la metà del patrimonio e al coniuge spetta un quarto del patrimonio del defunto. La divisione tra tutti i figli è effettuata in parti uguali.

 

Si applica il terzo comma dell'articolo 537.

Abrogato

Abrogato.

Identico

 

 

 

 

 

 

 

[art. 48]

 

[art. 53]

 

Art. 544
Concorso di ascendenti legittimi e coniuge

Art. 544
Concorso di ascendenti e coniuge

 

Art. 544
Concorso degli ascendenti e del coniuge

 

Quando chi muore non lascia né figli legittimi né figli naturali, ma ascendenti legittimi e il coniuge, a quest'ultimo è riservata la metà del patrimonio, ed agli ascendenti un quarto.

Quando chi muore non lascia figli ma ascendenti e il coniuge, a quest'ultimo è riservata la metà del patrimonio ed agli ascendenti un quarto.

 

Quando chi muore non lascia figli ma ascendenti e il coniuge, a quest'ultimo è riservata la metà del patrimonio ed agli ascendenti un quarto.

 

In caso di pluralità di ascendenti, la quota di riserva ad essi attribuita ai sensi del precedente comma è ripartita tra i medesimi secondo i criteri previsti dall'articolo 569.

Abrogato

 

Identico

 

 

 

 

 

 

Titolo II
“Delle successioni legittime”

 

 

 

 

 

[art. 49]

[art. 7]

[art. 54]

 

Art. 565
Categorie dei successibili

 

 

 

 

Nella successione legittima l'eredità si devolve al coniuge, ai discendenti legittimi e naturali, agli ascendenti legittimi, ai collaterali, agli altri parenti e allo Stato, nell'ordine e secondo le regole stabilite nel presente titolo.

Nella successione legittima l'eredità si devolve al coniuge, ai discendenti, agli ascendenti, ai collaterali, agli altri parenti e allo Stato, nell'ordine e secondo le regole stabilite nel presente titolo.

Nella successione legittima l'eredità si devolve al coniuge, ai parenti legittimi e naturali e allo Stato, nell'ordine e secondo le regole stabilite nel presente titolo.

Nella successione legittima l'eredità si devolve al coniuge, ai discendenti, agli ascendenti legittimi, ai collaterali, agli altri parenti e allo Stato, nell'ordine e secondo le regole stabilite nel presente titolo.

 

 

 

 

 

 

 

[art. 50]

[art. 8]

[art. 55]

 

Art. 566
Successione dei figli legittimi e naturali

Art. 566
Successione dei figli

 

Art. 566
Successione dei figli

 

Al padre ed alla madre succedono i figli legittimi e naturali, in parti uguali.

Al padre ed alla madre succedono i figli, anche adottivi, in parti uguali.

Identico.

Al padre ed alla madre succedono i figli, anche adottivi, in parti uguali.

 

Si applica il terzo comma dell'articolo 537.

I figli adottivi partecipano alla successione dei parenti dell'adottante, ad eccezione dei casi previsti dalla legge.

Abrogato.

Identico

 

 

 

 

 

 

 

[art. 51]

 

[art. 56]

 

Art. 567
Successione dei figli legittimati e adottivi

Abrogato

 

Art. 567
Successione dei figli adottivi

 

Ai figli legittimi sono equiparati i legittimati e gli adottivi.

.

 

 

Abrogato

 

I figli adottivi sono estranei alla successione dei parenti dell'adottante

 

 

Identico

 

 

 

 

[art. 57]

 

Art. 573
Successione dei figli naturali

Abrogato

 

Art. 573
Successione dei figli nati fuori del matrimonio

 

Le disposizioni relative alla successione dei figli naturali si applicano quando la filiazione è stata riconosciuta o giudizialmente dichiarata, salvo quanto è disposto dall'articolo 580.

 

 

Le disposizioni relative alla successione dei figli nati fuori del matrimonio si applicano quando la filiazione è stata riconosciuta o giudizialmente dichiarata, salvo quanto è disposto dall'articolo 580.

 

 

 

[art. 8]

[art. 58]

 

Art. 578
Successione dei genitori al figlio naturale

Abrogato

Abrogato

Abrogato

 

Se il figlio naturale muore senza lasciar prole né coniuge, la sua eredità è devoluta a quello dei genitori che lo ha riconosciuto o del quale è stato dichiarato figlio.

Se è stato riconosciuto o dichiarato figlio di entrambi i genitori, l'eredità spetta per metà a ciascuno di essi.

Se uno solo dei genitori ha legittimato il figlio, l'altro è escluso dalla successione.

.

 

 

 

 

 

[art. 8]

 

 

Art. 579
Concorso del coniuge e dei genitori

Abrogato

Abrogato

Abrogato

 

Se al figlio naturale morto senza lasciar prole, né genitori, sopravvive il coniuge, l'eredità si devolve per intero al medesimo.

Se vi sono genitori, l'eredità è devoluta per due terzi al coniuge e per l'altro terzo ai genitori.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

[art. 52]

 

[art. 59]

 

Art. 580
Diritti dei figli naturali non riconoscibili

Art. 580
Assegno successorio

 

Art. 580
Diritti dei figli nati fuori del matrimonio non riconoscibili

 

Ai figli naturali aventi diritto al mantenimento, all'istruzione e alla educazione, a norma dell'articolo 279, spetta un assegno vitalizio pari all'ammontare della rendita della quota di eredità alla quale avrebbero diritto, se la filiazione fosse stata dichiarata o riconosciuta.

Quando non è ammesso o non vi è stato il riconoscimento ovvero non è proponibile l'azione per la dichiarazione di paternità o di maternità al figlio spetta un assegno vitalizio pari all'ammontare della rendita della quota di riserva alla quale avrebbe diritto se la filiazione fosse stata dichiarata o riconosciuta.

 

Ai figli nati fuori del matrimonio  aventi diritto al mantenimento, all'istruzione e alla educazione, a norma dell'articolo 279, spetta un assegno vitalizio pari all'ammontare della rendita della quota di eredità alla quale avrebbero diritto, se la filiazione fosse stata dichiarata o riconosciuta.

 

V. art. 594

 

 

 

I figli naturali hanno diritto di ottenere su loro richiesta la capitalizzazione dell'assegno loro spettante a norma del comma precedente, in denaro, ovvero, a scelta degli eredi legittimi, in beni ereditari.

L'assegno è posto a carico degli eredi, legatari e donatari in proporzione a quanto da essi ricevuto.

Il figlio ha diritto di ottenere su sua richiesta la capitalizzazione dell'assegno spettantegli a norma dei commi precedenti, in denaro, ovvero, a scelta degli eredi legittimi, in beni ereditari.

 

Abrogato

 

 

 

 

 

 

 

[art. 53]

 

[art. 60]

 

Capo Secondo
“Della successione del coniuge”

 

 

 

 

Art. 581
Concorso del coniuge con i figli

 

 

 

 

Quando con il coniuge concorrono figli legittimi o figli naturali, o figli legittimi e naturali, il coniuge ha diritto alla metà dell'eredità, se alla successione concorre un solo figlio, e ad un terzo negli altri casi.

Quando con il coniuge concorrono figli, il coniuge ha diritto alla metà dell'eredità, se alla successione concorre un solo figlio, e ad un terzo negli altri casi.

 

 

Quando con il coniuge concorrono figli, il coniuge ha diritto alla metà dell'eredità, se alla successione concorre un solo figlio, e ad un terzo negli altri casi.

 

 

 

 

 

 

 

[art. 54]

 

[art. 61]

 

Art. 582
Concorso del coniuge con ascendenti legittimi, fratelli e sorelle

Art. 582
Concorso del coniuge con ascendenti, fratelli e sorelle

 

Art. 582
Concorso del coniuge con ascendenti per filiazione avvenuta all’interno del matrimonio, fratelli e sorelle

 

Al coniuge sono devoluti i due terzi dell'eredità se egli concorre con ascendenti legittimi o con fratelli e sorelle anche se unilaterali, ovvero con gli uni e con gli altri. In quest'ultimo caso la parte residua è devoluta agli ascendenti, ai fratelli e alle sorelle, secondo le disposizioni dell'articolo 571, salvo in ogni caso agli ascendenti il diritto a un quarto dell'eredità.

Al coniuge sono devoluti i due terzi dell'eredità se egli concorre con ascendenti o con fratelli e sorelle anche se unilaterali, ovvero con gli uni e con gli altri. In quest'ultimo caso la parte residua è devoluta agli ascendenti, ai fratelli e alle sorelle, secondo le disposizioni dell'articolo 571, salvo in ogni caso agli ascendenti il diritto a un quarto dell'eredità.

 

Al coniuge sono devoluti i due terzi dell'eredità se egli concorre con ascendenti per filiazione avvenuta all’interno del matrimonio o con fratelli e sorelle anche se unilaterali, ovvero con gli uni e con gli altri. In quest'ultimo caso la parte residua è devoluta agli ascendenti, ai fratelli e alle sorelle, secondo le disposizioni dell'articolo 571, salvo in ogni caso agli ascendenti il diritto a un quarto dell'eredità.

 

 

 

 

 

 

 

[art. 55]

 

[art. 62]

 

Art. 583
Successione del solo coniuge

 

 

 

 

In mancanza di figli legittimi o naturali, di ascendenti, di fratelli o sorelle, al coniuge si devolve tutta l'eredità.

In mancanza di figli, di ascendenti, di fratelli o sorelle, al coniuge si devolve tutta l'eredità.

 

In mancanza di figli, di ascendenti, di fratelli o sorelle, al coniuge si devolve tutta l'eredità.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Titolo III
“Delle successioni testamentarie”

 

 

 

 

Capo III
“Della capacità di ricevere per testamento”

 

 

 

 

 

 

 

[art. 63]

 

Art. 592
Figli naturali riconosciuti o riconoscibili.

 

 

Art. 592
Figli riconosciuti o riconoscibili.

 

Se vi sono discendenti legittimi, i figli naturali, quando la filiazione è stata riconosciuta o dichiarata, non possono ricevere per testamento più di quanto avrebbero ricevuto se la successione si fosse devoluta in base alla legge

 

 

Se vi sono discendenti legittimi, i figli, quando la filiazione è stata riconosciuta o dichiarata, non possono ricevere per testamento più di quanto avrebbero ricevuto se la successione si fosse devoluta in base alla legge

 

I figli naturali riconoscibili, quando la filiazione risulta nei modi indicati dall'articolo 279, non possono ricevere più di quanto, secondo la disposizione del comma precedente, potrebbero conseguire se la filiazione fosse stata riconosciuta o dichiarata

 

 

I figli riconoscibili, quando la filiazione risulta nei modi indicati dall'articolo 279, non possono ricevere più di quanto, secondo la disposizione del comma precedente, potrebbero conseguire se la filiazione fosse stata riconosciuta o dichiarata

 

 

 

 

 

 

 

[art. 56]

 

[art. 64]

 

Art. 594
Assegno ai figli naturali non riconoscibili

Abrogato

 

Art. 594
Assegno ai figli non riconoscibili

 

Gli eredi, i legatari e i donatari sono tenuti, in proporzione a quanto hanno ricevuto, a corrispondere ai figli naturali di cui all'articolo 279 un assegno vitalizio nei limiti stabiliti dall'articolo 580, se il genitore non ha disposto per donazione o testamento in favore dei figli medesimi. Se il genitore ha disposto in loro favore, essi possono rinunziare alla disposizione e chiedere l'assegno.

Abrogato

 

Gli eredi, i legatari e i donatari sono tenuti, in proporzione a quanto hanno ricevuto, a corrispondere un assegno vitalizio nei limiti stabiliti dall'articolo 580, se il genitore non ha disposto per donazione o testamento in favore dei figli medesimi. Se il genitore ha disposto in loro favore, essi possono rinunziare alla disposizione e chiedere l'assegno.

Abrogato

 

 

 

 

 

Capo V “Dell’istituzione di erede e dei legati”

 

 

 

 

 

[art. 57]

 

 

 

Art. 643
Amministrazione in caso di eredi nascituri

 

 

 

 

Le disposizioni dei due precedenti articoli si applicano anche nel caso in cui sia chiamato a succedere un non concepito, figlio di una determinata persona vivente. A questa spetta la rappresentanza del nascituro, per la tutela dei suoi diritti successori, anche quando l'amministratore dell'eredità è una persona diversa.

Identico.

 

 

 

Se è chiamato un concepito, l'amministrazione spetta al padre e, in mancanza di questo, alla madre.

Se è chiamato un concepito, l'amministrazione spetta al padre e alla madre.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

[art. 58]

 

[art. 65]

 

Art. 687
Revocazione per sopravvenienza di figli

 

 

 

 

Le disposizioni a titolo universale o particolare, fatte da chi al tempo del testamento non aveva o ignorava di aver figli o discendenti, sono revocate di diritto per l'esistenza o la sopravvenienza di un figlio o discendente legittimo del testatore, benché postumo, o legittimato o adottivo, ovvero per il riconoscimento di un figlio naturale.

Le disposizioni a titolo universale o particolare, fatte da chi al tempo del testamento non aveva o ignorava di avere figli o discendenti, sono revocate di diritto per l'esistenza o la sopravvenienza di un figlio o discendente del testatore, benché postumo, o adottivo, ovvero per il riconoscimento di un figlio.

 

Le disposizioni a titolo universale o particolare, fatte da chi al tempo del testamento non aveva o ignorava di aver figli o discendenti, sono revocate di diritto per l'esistenza o la sopravvenienza di un figlio o discendente del testatore, benché postumo o adottivo, ovvero per il riconoscimento di un figlio nato fuori del matrimonio.

 

La revocazione ha luogo anche se il figlio è stato concepito al tempo del testamento, e, trattandosi di figlio naturale legittimato, anche se è già stato riconosciuto dal testatore prima del testamento e soltanto in seguito legittimato.

La revocazione ha luogo anche se il figlio è stato concepito al tempo del testamento.

 

La revocazione ha luogo anche se il figlio è stato concepito al tempo del testamento, e, trattandosi di figlio nato fuori del matrimonio, anche se è già stato riconosciuto dal testatore prima del testamento.

 

La revocazione non ha invece luogo qualora il testatore abbia provveduto al caso che esistessero o sopravvenissero figli o discendenti da essi.

Identico.

 

Identico.

 

Se i figli o discendenti non vengono alla successione e non si fa luogo a rappresentazione, la disposizione ha il suo effetto.

Identico.

 

Identico.

 

 

 

 

 

 

Titolo Quarto
“Della divisione”

 

 

 

 

Capo I
“Disposizioni generali”

 

 

 

 

 

 

 

[art. 66]

 

Art. 715
Casi d'impedimento alla divisione

 

 

 

 

Se tra i chiamati alla successione vi è un concepito, la divisione non può aver luogo prima della nascita del medesimo. Parimenti la divisione non può aver luogo durante la pendenza di un giudizio sulla legittimità o sulla filiazione naturale di colui che, in caso di esito favorevole del giudizio, sarebbe chiamato a succedere, né può aver luogo durante lo svolgimento della procedura amministrativa per l'ammissione del riconoscimento previsto dal quarto comma dell'art. 252 o per il riconoscimento dell'ente istituito erede

 

 

Se tra i chiamati alla successione vi è un concepito, la divisione non può aver luogo prima della nascita del medesimo. Parimenti la divisione non può aver luogo durante la pendenza di un accertamento sulle modalità di filiazione di colui che, in caso di esito favorevole del giudizio, sarebbe chiamato a succedere, né può aver luogo durante lo svolgimento della procedura amministrativa per l'ammissione del riconoscimento previsto dal quarto comma dell'art. 252 o per il riconoscimento dell'ente istituito erede

 

L'autorità giudiziaria può tuttavia autorizzare la divisione, fissando le opportune cautele

 

 

Identico.

 

La disposizione del comma precedente si applica anche se tra i chiamati alla successione vi sono nascituri non concepiti

 

 

Identico.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Capo II
“Della collazione”

 

 

 

 

 

[art. 59]

 

[art. 67]

 

Art. 737
Soggetti tenuti alla collazione

 

 

 

 

I figli legittimi e naturali e i loro discendenti legittimi e naturali ed il coniuge che concorrono alla successione devono conferire ai coeredi tutto ciò che hanno ricevuto dal defunto per donazione direttamente o indirettamente, salvo che il defunto non li abbia da ciò dispensati.

I figli e i loro discendenti ed il coniuge che concorrono alla successione devono conferire ai coeredi tutto ciò che hanno ricevuto dal defunto per donazione direttamente o indirettamente, salvo che il defunto non li abbia da ciò dispensati.

 

I figli, i loro discendenti ed il coniuge che concorrono alla successione devono conferire ai coeredi tutto ciò che hanno ricevuto dal defunto per donazione direttamente o indirettamente, salvo che il defunto non li abbia da ciò dispensati.

 

La dispensa da collazione non produce effetto se non nei limiti della quota disponibile.

Identico.

 

Identico.

 

 

 

 

 

 

Titolo V
“Delle donazioni

 

 

 

 

Capo IV
“Della revocazione delle donazioni”

 

 

 

 

 

[art. 60]

 

[art. 68]

 

Art. 803
Revocazione per sopravvenienza di figli

 

 

 

 

Le donazioni, fatte da chi non aveva o ignorava di avere figli o discendenti legittimi al tempo della donazione, possono essere revocate per la sopravvenienza o l'esistenza di un figlio o discendente legittimo del donante Possono inoltre essere revocate per il riconoscimento di un figlio naturale, fatto entro due anni dalla donazione, salvo che si provi che al tempo della donazione il donante aveva notizia dell'esistenza del figlio.

Le donazioni, fatte da chi non aveva o ignorava di avere figli o discendenti al tempo della donazione, possono essere revocate per la sopravvenienza o l'esistenza di un figlio o discendente del donante. Possono inoltre essere revocate per il riconoscimento di un figlio, fatto entro due anni dalla donazione, salvo che si provi che al tempo della donazione il donante aveva notizia dell'esistenza del figlio.

 

Le donazioni, fatte da chi non aveva o ignorava di avere figli o discendenti al tempo della donazione, possono essere revocate per la sopravvenienza o l'esistenza di un figlio o discendente del donante. Possono inoltre essere revocate per il riconoscimento di un figlio nato fuori del matrimonio.

 

La revocazione può essere domandata anche se il figlio del donante era già concepito al tempo della donazione.

Identico.

 

Identico.

 

 

 

 

 

 

 

[art. 61]

 

[art. 69]

 

Art. 804
Termine per l'azione

 

 

 

 

L'azione di revocazione per sopravvenienza di figli deve essere proposta entro cinque anni dal giorno della nascita dell'ultimo figlio o discendente legittimo ovvero della notizia dell'esistenza del figlio o discendente, ovvero dell'avvenuto riconoscimento del figlio naturale.

L'azione di revocazione per sopravvenienza di figli deve essere proposta entro cinque anni dal giorno della nascita dell'ultimo figlio o discendente ovvero della notizia dell'esistenza del figlio o discendente, ovvero dell'avvenuto riconoscimento del figlio.

 

L'azione di revocazione per sopravvenienza di figli deve essere proposta entro cinque anni dal giorno della nascita dell'ultimo figlio o discendente, ovvero della notizia dell'esistenza del figlio o discendente, ovvero dell'avvenuto riconoscimento del figlio nato fuori del matrimonio.

 

Il donante non può proporre o proseguire l'azione dopo la morte del figlio o del discendente.

Identico.

 

Identico.

 

 

 


 

Normativa vigente
“Disposizioni di attuazione del codice civile”

A.C. 3184
(Bindi e altri)

A.C. 2519
(Mussolini

A.C. 3247
(Palomba e Borghesi

 

 

 

 

 

[art. 62]

 

[art. 70]

Art. 34

 

 

 

Sulla domanda del figlio naturale per ottenere il mantenimento, l'istruzione e l'educazione di cui all'articolo 279, primo comma, del codice provvede il tribunale per i minorenni

 

 

Sulla domanda del figlio nato fuori del matrimonio per ottenere il mantenimento, l'istruzione e l'educazione di cui all'articolo 279, primo comma, del codice provvede il tribunale per i minorenni

 

 

 

 

 

 

 

[art. 71]

Art. 35

 

 

 

Il riconoscimento di cui al secondo comma dell'articolo 251 del codice è autorizzato dal tribunale per i minorenni se il figlio da riconoscere è minore.

Identico.

 

Il riconoscimento di cui all'articolo 251 del codice è autorizzato dal tribunale per i minorenni se il figlio da riconoscere è minore.

Sulla domanda di legittimazione, di adozione e di revoca della adozione di minore di età provvede il tribunale per i minorenni.

Sulla domanda di adozione e di revoca della adozione di minore di età provvede il tribunale per i minorenni.

 

Sulla domanda di adozione e di revoca della adozione di minore di età provvede il tribunale per i minorenni.

 


Iter alla Camera
(A.C. 2514 - XV legislatura
)


Progetto di legge

 


N. 2514

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

______________________________

DISEGNO DI LEGGE

 

presentato dal ministro delle politiche per la famiglia

(BINDI)

dal ministro della giustizia

(MASTELLA)

e dal ministro per i diritti e le pari opportunità

(POLLASTRINI)

di concerto con il ministro dell'interno

(AMATO)

e con il ministro della solidarietà sociale

(FERRERO)

¾

 

Delega al Governo per la revisione della normativa in materia di filiazione

 

¾¾¾¾¾¾¾¾

Presentata il 12 aprile 2007

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Onorevoli Deputati! - La persona umana è al primo posto nella gerarchia di valori fatta propria dalla Costituzione. Il valore «persona umana» costituisce la parte caratterizzante l'ordinamento giuridico, tanto da garantirne l'armonia e l'unitarietà d'intenti, e la famiglia nel suo aspetto sociale e nel suo riflesso giuridico si lega inscindibilmente all'esistenza, alla dignità e alla personalità di ciascuno dei suoi componenti.

Tale premessa è necessaria per dare ragione dei princìpi implicati da un obiettivo di modificazione che si propone di portare a compimento il disegno - già assai ben delineato fin dalla precedente legge di riforma del diritto di famiglia, la legge 19 maggio 1975, n. 151 - di parificare ogni forma di filiazione, nel rispetto dell'articolo 30, terzo comma, della Costituzione.

Da tempo, nei vari Paesi dell'Unione europea, la tendenza è verso una completa equiparazione tra tutti i figli senza ulteriori qualificazioni: in Spagna già dal 1978, in Germania e negli altri Paesi del nord Europa ancora prima, in Francia molto più di recente, con una legge che unifica la normativa in materia in un solo capo dedicato allo stato di figlio senza ulteriori aggettivi. E convenzioni europee sui diritti dell'uomo e del fanciullo, raccomandazioni comunitarie, interventi in tale materia della Corte europea dei diritti dell'uomo si susseguono senza sosta, disegnando un unico quadro rispetto al quale l'Italia presenta alcuni tratti divergenti.

Come è noto, anche nella Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 e resa esecutiva dalla legge n. 848 del 1955, sono previste due disposizioni delle quali la famiglia costituisce l'oggetto di tutela: l'articolo 8, che riconosce il diritto al rispetto della vita familiare, e, ancora più importante, l'articolo 12, a norma del quale «Uomini e donne in età adatta hanno diritto di sposarsi e di formare una famiglia secondo le leggi nazionali regolanti l'esercizio di tale diritto», ripercorrendo la via tracciata dall'articolo 16 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 10 dicembre 1948.

Le decisioni della Corte europea dei diritti dell'uomo tratteggiano la famiglia come organismo che presuppone lo sviluppo della personalità dei suoi componenti, sulla base dei princìpi di pari dignità, di libertà, di eguaglianza e di solidarietà.

Da qui discende una serie di corollari, tra i quali si possono sicuramente menzionare quelli relativi alla tutela dei figli per se stessi, cioè in quanto individui nati, e alla pari dignità dei figli naturali rispetto ai figli legittimi.

Non minore importanza può assumere, anche per quanto attiene al nostro ordinamento, la posizione della Corte europea dei diritti dell'uomo in ordine alla parentela naturale. Relativamente ai rapporti tra i figli naturali, è noto come la nostra Corte costituzionale, intervenendo a margine della parziale incostituzionalità dell'articolo 565 del codice civile, abbia dichiarato doversi considerare nella categoria dei chiamati alla successione legittima, in mancanza di altri successibili, e prima dello Stato, i fratelli e le sorelle naturali, riconosciuti o dichiarati.

Numerose sono le disposizioni relative alla famiglia che, tramite la «Carta di Nizza» (i cui contenuti sono confluiti nella parte II della Costituzione per l'Europa), l'Europa mostra di voler costituzionalizzare: l'articolo II-67 della Costituzione per l'Europa fa riferimento al rispetto della vita privata e della vita familiare, l'articolo II-83 sancisce il diritto alla parità tra uomini e donne, l'articolo II-84 i diritti del minore, l'articolo II-85 i diritti degli anziani, l'articolo II-86 i diritti delle persone con disabilità, mentre l'articolo II-93 enuncia il principio generale in base al quale «è garantita la protezione della famiglia sul piano giuridico, economico e sociale».

Nel nostro ordinamento, l'articolo 2 della Costituzione appresta la chiave di lettura del fondamento che la Costituzione stessa offre alla famiglia attraverso gli articoli 29, 30 e 31. Gli interessi della famiglia che l'ordinamento garantisce si coniugano con i valori della persona, sia sotto il profilo statico dell'integrità e della dignità, sia sotto quello dinamico dell'armonico sviluppo della personalità. La prospettiva solidaristica impone la ricerca di un criterio di contemperamento dell'esercizio dei diritti fondamentali, o meglio la ricerca dell'«equilibrio delle libertà». In caso di conflitto tra interessi tutti degni di garanzia, a livello costituzionale, la scelta di quello da privilegiare o da sacrificare deve avvenire secondo la precisa gerarchia dei valori dettata dalla Costituzione stessa. Nella famiglia, il principio di solidarietà, che si specifica nella solidarietà familiare, prescrive ancora con maggiore forza di subordinare le categorie dell'avere a quelle dell'essere, ovvero di considerare le situazioni patrimoniali come strumentali alla realizzazione di quelle di natura esistenziale.

La parificazione di tutte le forme di filiazione, quale che sia la fonte di costituzione del legame giuridico, è conseguenza diretta dell'impianto costituzionale. Del resto, l'articolo 30 della Costituzione si esprime assai chiaramente in proposito, quando discorre di diritti e doveri dei genitori: qui non vi è spazio per alcuna forma di discriminazione. Va tenuto sempre presente che l'articolo 30, terzo comma, della Costituzione assicura ogni tutela ai figli nati fuori del matrimonio, purché compatibile con la garanzia della famiglia legittima. Questa norma fa parte della trama del Costituente e in essa rinviene il suo vero valore. Il conflitto può sorgere tra coloro che fanno parte della famiglia ristretta, coniuge e figli, poiché questi sono titolari di interessi proporzionali. E il conflitto può riguardare situazioni paritarie, cioè che ricevono eguale protezione dall'ordinamento costituzionale. Il criterio della compatibilità non può tuttavia comportare il sacrificio dei diritti inviolabili della persona: se c'è conflitto, occorre trovare il punto di equilibrio. Cadono in questa prospettiva le giustificazioni di quelle differenze che ancora si possono rinvenire a livello codicistico o di legislazione ordinaria. Del resto, la differenza di status rileva ancora in poche e scarne norme, che spesso svolgono una duplice funzione di tutela sia per i figli nati nel matrimonio sia per quelli che tali non sono.

È il caso, ad esempio, delle disposizioni che regolano l'ingresso del figlio riconosciuto nella famiglia preesistente di uno dei genitori. Qui la ragione è di non perturbare la coesione di quella specifica famiglia o di non pregiudicare la serenità e lo sviluppo dei figli minori che ne fanno parte: sia quelli già conviventi, sia quelli che si apprestano a entrare nella quotidiana esistenza di quella concreta famiglia. Da ciò, la necessità dei consensi e del controllo del giudice. Non hanno più senso invece le altre differenze legate a una visione ormai da tempo superata di conservazione del patrimonio familiare, che si rinvengono nel regime successorio.

In una prospettiva che, sulla scorta dell'articolo 30 della Costituzione, tutela la filiazione come valore in sé, originale e non dipendente, nessuna differenza, se non quelle necessarie a regolarne l'accertamento, può derivare dalla fonte del rapporto: un atto volontario, come il matrimonio o il riconoscimento, o autoritativo, come l'accertamento della paternità o della maternità. Anzi, la prospettiva tende al riconoscimento di un unico status filiationis, fondato sui due aspetti della verità biologica e dell'assunzione della responsabilità rispetto al figlio, aspetti entrambi necessariamente presenti a fondare la ratio della disciplina. Ne consegue l'inutilità dell'istituto della legittimazione per susseguente matrimonio o per provvedimento del giudice, di cui si propone l'abrogazione.

Di più, si ritiene maturo il momento per abbattere l'ultima odiosa mortificante discriminazione nei riguardi dei figli incestuosi, la cui posizione giuridica, in caso di matrimonio putativo, non si può far dipendere dalla buona o mala fede dei genitori. Non così quando si vuole riconoscere un figlio incestuoso consapevolmente generato: qui si giustifica il controllo del giudice sia per la protezione del figlio, sia per la riprovazione sociale di una simile condotta.

Doveroso appare poi riformare l'istituto della parentela, facendo cadere ogni aggancio all'opinione che ancora si ostina, anche a livello giurisprudenziale, a non ritenere esistente il legame di parentela tra il figlio riconosciuto nato al di fuori del matrimonio e i parenti del genitore. Sotto questo aspetto, il distacco tra il comune sentire e la norma giuridica non potrebbe essere più evidente. Del resto, indici normativi della rilevanza della parentela «naturale» - e l'espressione è ben strana, quasi che ogni forma di parentela non fosse, per l'appunto, «naturale» - sono già presenti nel codice civile e assai significativi: l'articolo 148 non distingue tra i figli quando chiama i nonni a contribuire al loro mantenimento, se i genitori non hanno sufficienti mezzi; né le regole dell'obbligazione alimentare fanno differenze di tal fatta tra ascendenti e discendenti, per fondare i doveri di solidarietà.

Se unico è lo stato di figlio, fondato sulla verità e sulla responsabilità, medesima è l'esigenza di superare l'ostacolo dell'assenza o della distruzione delle registrazioni anagrafiche: da qui la proposta di regolare anche per i figli nati fuori del matrimonio la prova fondata sul possesso di stato.

L'elemento della responsabilità, anche qui senza differenze, si accentua nella disciplina della potestà dei genitori, quando si regola la «cura» del figlio. Il dovere principale rimane quello di dare al figlio assistenza materiale, ma anche amore, attenzione e rispetto. E se nessun legislatore può imporre i sentimenti, però il rispetto si può imporre. E ciò si fa quando si dà spazio all'autodeterminazione del minore dotato di capacità di discernimento in tutte quelle decisioni che, più di altre, influiscono sulla sua persona e sulla sua personalità: frequentazioni, salute, professione religiosa, formazione professionale, ma anche consenso al riconoscimento, al mutamento del cognome e via via enumerando. Ma il rispetto significa anche prevedere come necessario e doveroso l'ascolto del minore in tutte le questioni e i procedimenti che lo riguardano. Le convenzioni internazionali in materia di minori enfatizzano il loro diritto a essere sempre ascoltati in ordine alle decisioni che riguardano la loro vita: il presente disegno di legge si propone di dare piena attuazione a tale previsione e di fare sì che il minore, per quanto possibile, diventi protagonista della propria vita, assumendo sempre più il genitore il compito di sostenerlo in una crescita che sviluppi le sue potenzialità e inclinazioni. Di qui anche la scelta di precisare il significato del termine «potestà», che per la sua derivazione romanistica induce chi lo utilizza a pensare più all'aspetto del potere e della correlativa soggezione che non all'aspetto della responsabilità e della correlativa fiducia.

Infine, può sembrare di poco momento preoccuparsi di espungere dall'ordinamento ogni riferimento all'origine «legittima» o «naturale», riferimento tradizionalmente carico di significati disdicevoli: e invece questo pare non solo una modesta ma doverosa riparazione di secoli e secoli di discriminazione, ma altresì un'iniziativa ricca di conseguenze promozionali per il definitivo cambio della percezione sociale del fenomeno.

Il cammino di riforma degli istituti che disciplinano la famiglia, iniziato con il codice del 1942 e giunto a maturazione con la riforma del 1975, non è ancora completo: permangono nella disciplina codicistica antinomie, residui del passato, disposizioni del tutto superate dall'evoluzione dei tempi, la cui esistenza è spesso ignorata dalle persone comuni, il cui sentire diverge in modo assoluto dalla previsione di legge. Il presente disegno di legge ha dunque per fine la piena attuazione dell'articolo 30, primo e terzo comma, della Costituzione, eliminando definitivamente dall'ordinamento ogni traccia, anche lessicale, di ingiustificata difformità di trattamento tra i figli nati nel matrimonio e quelli nati fuori del matrimonio.

Resta, naturalmente, la distinzione dell'origine, in quanto questa è prevista espressamente dalla Costituzione, che promuove e tutela in maniera peculiare la famiglia fondata sul matrimonio e che subordina la tutela dei figli nati fuori del matrimonio a un giudizio di compatibilità con i diritti dei membri di tale famiglia. Tale origine era un tempo segnata dalla distinzione tra figli legittimi e illegittimi, distinzione ormai da tempo sostituita da quella tra figli legittimi e figli naturali, che il disegno di legge si propone di mutare in quella tra «figli nati nel matrimonio» e «figli nati fuori del matrimonio», utilizzando la definizione scelta dalla Costituzione. Una distinzione che assume rilevanza ogniqualvolta dalla nascita nel matrimonio possano discendere effetti, sia pure esclusivamente morali, ovvero ogniqualvolta serva a far comprendere che una certa persona può essere figlio solo di determinate persone, in quanto venuto al mondo in costanza del loro matrimonio.

Tutto ciò premesso, è evidente come, accanto all'intervento immediatamente possibile e programmaticamente significativo sul codice civile, la scelta della delega sia quasi imposta dalla considerazione della miriade di disposizioni che si dovranno toccare, magari anche solo formalmente, compito che renderebbe estremamente difficoltoso il cammino di un disegno di legge che le volesse prevedere tutte.

L'esame dei singoli articoli del presente disegno di legge è utile per chiarire la portata dell'intervento.

L'articolo 1 interviene, come anticipato, direttamente sul codice civile, in particolare sostituendo la rubrica del titolo IX del libro primo e spostando il centro dell'attenzione dall'aspetto della potestà dei genitori a quello dei diritti dei figli nell'ambito di quella particolarissima relazione giuridica che lega il genitore al figlio minorenne.

In conseguenza di tale diverso approccio, viene sostituito l'articolo 315 del codice civile, con la specificazione non più solo dei doveri del figlio, ma, prima ancora, dei suoi diritti nell'ambito della relazione con i genitori e con i parenti in generale.

A fianco dunque dei doveri classici dei genitori - mantenimento, educazione e istruzione - il nuovo testo dell'articolo 315 pone poi anche l'assistenza morale, affermando il diritto del figlio a crescere con la propria famiglia, quello di avere rapporti con i parenti e quello di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano. Si tratta di modifiche rilevanti, anche se in larga misura anticipate dalla realtà sociale, dai princìpi stabiliti dalla legge 4 maggio 1983, n. 184, recante «Diritto del minore ad una famiglia» come, significativamente, l'intitolazione originaria è stata sostituita dalla legge 28 marzo 2001, n. 149.

Il fatto che provvedere alle necessità materiali e di istruzione del figlio non sia sufficiente a soddisfare l'obbligo del genitore e il diritto del figlio è cosa che la pedagogia, la sociologia e la stessa società hanno compreso da molto tempo; fino ad oggi il legislatore non aveva però avuto il coraggio di introdurre l'altro obbligo, quello morale, quello affettivo, nascondendosi dietro l'obiezione, pur fondata, che l'affetto non può imporsi per legge. La formula «assistenza morale», richiamandosi più all'azione che al sentimento, sembra poter ovviare a tale obiezione, pur riuscendo a introdurre nel rapporto genitori-figli un elemento che va oltre gli obblighi materiali, divenendo dovere di prestazione personale.

Il medesimo articolo 315 si occupa poi del diritto del figlio a esprimersi e ad essere ascoltato nelle questioni e nelle procedure che lo riguardano: si tratta di un esplicito richiamo ai princìpi sanciti da atti internazionali quali la Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989 e resa esecutiva dalla legge 27 maggio 1991, n. 176, il cui articolo 12 impone agli Stati Parti di garantire al fanciullo capace di discernimento il diritto di esprimere liberamente la sua opinione su ogni questione che lo interessa, e il conseguente diritto a che le sue opinioni siano debitamente prese in considerazione, tenendo conto della sua età e del suo grado di maturità.

Il nuovo articolo 315-bis del codice civile chiarisce che lo stato giuridico di tutti i figli è il medesimo e che le disposizioni in tema di filiazione si applicano a tutti i figli, senza distinzioni, a meno che vi siano ragioni per distinguere i figli nati nel matrimonio da quelli nati fuori del matrimonio.

L'articolo 2 contiene la delega al Governo a intervenire nella materia della filiazione per eliminare ogni residua ingiustificata disparità di trattamento tra i figli nati nel matrimonio e i figli nati fuori del matrimonio o da matrimonio putativo, nel rispetto di quanto previsto nella Carta costituzionale, dei princìpi enunciati all'articolo 1 e da quelli di seguito elencati nel medesimo articolo 2, comma 1.

La prima conseguenza è individuata dalla lettera a) del comma 1 dell'articolo 2, che prevede l'unificazione dei capi I e II del titolo VII del libro primo del codice civile in un unico titolo rubricato «Dello stato di figlio». L'asse dell'interesse della normativa si sposta dunque dall'acquisto della qualità di figlio legittimo o naturale a quello dello stato di figlio. La distinzione, come si è già detto nella parte generale, resterà soltanto nei casi in cui l'indicazione dell'origine assuma un significato; scompare in tutti gli altri.

La medesima lettera a) prevede l'abrogazione dell'istituto della legittimazione per susseguente matrimonio o per provvedimento del giudice, stante la sopravvenuta inutilità di tale istituto.

La lettera b) del citato comma 1 dell'articolo 2 obbliga il legislatore delegato a fare una ricognizione puntuale di tutte le disposizioni vigenti nelle quali compaiano le espressioni «figlio legittimo» o «filiazione legittima» e «figlio naturale» o «filiazione naturale», con la conseguente necessità di sostituirle, rispettivamente, con quelle di «figlio nato nel matrimonio» e «filiazione nel matrimonio» ovvero di «figlio nato fuori del matrimonio» e «filiazione fuori del matrimonio». È del tutto evidente che si tratta solo di una modifica lessicale, ma è noto che spesso i cambiamenti culturali nascono proprio dai termini che si usano.

La disposizione sulla ridefinizione della disciplina del possesso di stato [lettera c) del medesimo comma 1 dell'articolo 2] è la conseguenza della sancita unicità dello stato giuridico di figlio. Tale unicità si riflette infatti nell'eguale efficacia probatoria del possesso di stato, anche relativamente alle persone nate fuori del matrimonio. Questa efficacia manifesta la sua piena rilevanza nelle ipotesi di mancanza o distruzione degli atti dello stato civile. Quando poi si tratta di persone che non sono state riconosciute, il possesso di stato supplisce alla mancanza di un formale atto di riconoscimento, in quanto il «fatto» del possesso di stato attesta obiettivamente la reciproca volontà del genitore e del figlio di accettare il rapporto di filiazione. Se, invece, il possesso di stato contrasta con lo stato risultante dagli atti dello stato civile, esso solo non può prevalere su quello stato. La rimozione dello stato formale di filiazione può infatti avere luogo solo a seguito dell'esperimento di un'azione di stato. L'efficacia probatoria del possesso di stato potrà allora essere valutata secondo la regola generale, dando ingresso, se del caso, alla prova genetica.

La disposizione sulla presunzione di paternità, di cui alla lettera d) del citato comma 1 dell'articolo 2, intende eliminare le incongruenze dell'attuale disciplina codicistica in ordine all'azione di disconoscimento.

Una volta ammessa la presunzione di paternità con riguardo ai figli nati in costanza di matrimonio (così l'articolo 233 del codice civile), appare ingiustificato differenziarne l'operatività a seconda del momento della nascita. Nell'attuale formulazione del codice civile, il momento della nascita incide sull'esperibilità dell'azione, in quanto questa è ammessa in ogni caso se il figlio è nato nei primi sei mesi dal matrimonio, mentre è limitata se il figlio è nato in un tempo successivo (articolo 235).

Questa differenziazione ha peraltro perduto la sua primitiva ragion d'essere a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 266 del 21 giugno-6 luglio 2006, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 235, primo comma, numero 3), del codice civile, nella parte in cui, ai fini dell'azione di disconoscimento della paternità, subordina l'esame delle prove genetiche o ematologiche alla previa dimostrazione dell'adulterio della moglie. Questa sentenza ha reso irrilevante l'anteriore accertamento dell'infedeltà coniugale e ha aperto la via all'azione di disconoscimento sulla sola base delle prove genetiche o emobiologiche. La sostanziale liberalizzazione dell'azione rende ragionevole la sua generalizzata esperibilità (ancorché subordinata a requisiti di ammissibilità relativi all'esistenza di un principio di prova) nei confronti del figlio che sia comunque nato durante il matrimonio.

La disposizione sugli effetti del riconoscimento, di cui alla lettera e) del medesimo comma 1 dell'articolo 2, intende ordinare e modificare tali effetti in conformità al principio dell'identità dello stato giuridico di figlio.

Va osservato, in primo luogo, che l'acquisizione di questo stato rende il figlio partecipe della famiglia del genitore che lo ha riconosciuto. È questa partecipazione che occorre prevedere espressamente, sancendo il principio che il figlio riconosciuto è senz'altro parente dei parenti del suo genitore [numero 1)].

Richiedere l'assenso al riconoscimento da parte del riconoscendo che abbia compiuto quattordici anni - così abbassando il limite d'età ora fissato dall'articolo 250, secondo comma, del codice civile ai sedici anni - risponde all'esigenza di dare spazio all'autonomia del minore, che la legge riconosce già sufficientemente maturo per dare il consenso alla propria adozione, cioè per prendere una decisione non meno importante per la sua vita [numero 2)].

Il numero 3) prevede un intervento del legislatore delegato in tema di riconoscimento del figlio nato da una relazione incestuosa, sulla linea già tracciata dalla sentenza della Corte costituzionale n. 494 del 20-28 novembre 2002 a proposito di dichiarazione giudiziale della paternità o della maternità relativa al figlio nato da una relazione adulterina. Si prevede come necessaria l'autorizzazione giudiziale, quale forma di tutela del figlio stesso nei confronti di un'iniziativa che potrebbe essergli pregiudizievole, esponendolo al pericolo di un grave disagio familiare e sociale. La maggiore età non esclude la necessità dell'autorizzazione giudiziale in considerazione del grave pregiudizio che dal riconoscimento potrebbe derivare ai congiunti della persona riconosciuta.

Gli effetti del riconoscimento, per quanto attiene all'inserimento del figlio nella famiglia del genitore che lo ha riconosciuto [numero 4)] vanno coordinati con il principio, sancito dalla legge 8 febbraio 2006, n. 54, che indica come prioritaria la soluzione dell'affidamento condiviso e richiede che i provvedimenti relativi alla prole siano adottati con esclusivo riferimento all'interesse morale e materiale di essa. Proprio l'interesse del figlio riconosciuto esige che si tenga conto anche dell'interesse del nucleo familiare del genitore con il quale il figlio dovrebbe convivere: interesse del nucleo familiare inevitabilmente correlato all'interesse del figlio, il quale sarebbe pregiudicato dall'inserimento in una famiglia che non lo voglia accogliere. Questi reciproci interessi devono essere salvaguardati quale che sia la natura del nucleo familiare nel quale il genitore vorrebbe inserire il figlio. Da ciò consegue la necessità del consenso dell'altro coniuge o convivente e l'ascolto degli altri figli conviventi, nei termini già esplicitati illustrando il nuovo testo dell'articolo 315, secondo comma, del codice civile.

In ragione dell'identità dello stato di figlio il divieto di riconoscimento va esteso espressamente a tutti i casi in cui esso contrasti con lo stato di filiazione già acquisito dalla persona che si vorrebbe riconoscere [numero 5)]. Se lo stato di filiazione dipende da un precedente riconoscimento, è necessario che il nuovo riconoscimento sia preceduto dall'impugnazione del primo riconoscimento e il precedente stato sia quindi rimosso mediante sentenza.

La disposizione di cui alla lettera f) del comma 1 dell'articolo 2 intende introdurre un limite temporale all'impugnazione del riconoscimento, al fine di tutelare la stabilità di un vincolo vissuto e confermato dal possesso di stato protratto nel tempo. Appare però giustificato differenziare questa situazione rispetto a quelle in cui la perpetuità dell'azione trae ragione dall'esigenza di ristabilire la verità occultata da fatti di alterazione dello stato.

Le disposizioni di cui alle lettere g) e h) del comma 1 dell'articolo 2 sono intese a una ridefinizione delle conseguenze della filiazione, tale da mettere in evidenza l'identità dei diritti e dei doveri dei genitori nei confronti dei figli. L'ufficio in cui si compendiano diritti e doveri dei genitori è per antica tradizione denominato «potestà». Tale denominazione, di origine romana, è stata conservata dal codice civile nella formula della patria potestà, convertita con la riforma del 1975 in potestà dei genitori. Essa evoca l'idea di un istituto incentrato sull'aspetto del potere e della correlativa soggezione. Occorre però prendere atto che il termine «potestà» non corrisponde più alla realtà di un rapporto in cui il momento prevalente è divenuto quello dei doveri genitoriali, rispetto ai quali i poteri hanno carattere strumentale: si ha il potere educativo per adempiere l'obbligo di educare il figlio; si ha il potere di amministrare i beni del figlio per adempiere l'obbligo di gestire diligentemente il suo patrimonio e così via.

Altri ordinamenti hanno sostituito l'antico termine con espressioni più idonee a esprimere l'idea di una posizione attribuita in ragione dell'interesse prioritario del figlio. In Germania, ad esempio, la potestà è divenuta cura (Sorge), mentre il regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio, del 27 novembre 2003, ha adottato la locuzione «responsabilità genitoriale».

Non è dato tuttavia prevedere se gli Stati membri si adegueranno all'indicazione proveniente dalla terminologia del citato regolamento. La Francia, ad esempio, ha voluto mantenere il termine «autorité», in Spagna resta la «patria potestad»: anche nel nostro ordinamento non sembra necessario adottare un nuovo termine, che nel comune linguaggio sarebbe difficilmente recepito e che potrebbe ingenerare l'idea di una delegittimazione del ruolo genitoriale. Appare piuttosto opportuno che il legislatore indichi con chiarezza il contenuto della potestà e ne precisi il significato di ufficio nell'interesse dei figli mettendone in evidenza l'aspetto della responsabilità.

La disposizione sull'ascolto del minore, di cui alla lettera i) del comma 1 dell'articolo 2, intende richiamare la necessità di reimpostare le procedure attinenti alle materie trattate nel rispetto del principio, stabilito dal nuovo testo dell'articolo 315, secondo comma, del codice civile, dell'ascolto del minore capace di discernimento.

La disposizione sull'adeguamento della disciplina delle successioni [lettera l) del comma 1 dell'articolo 2] muove dal rilievo che l'identità dello stato di figlio, pur se nato fuori del matrimonio, e la sua partecipazione alla famiglia del genitore reclamano l'eliminazione di ogni discriminazione anche nel campo della successione a causa di morte. L'adeguamento deve rispondere all'idea che la parentela intercorrente tra il figlio nato fuori del matrimonio e i suoi parenti è senz'altro titolo per la successione legittima. Va eliminato anche il diritto che, pur dopo la riforma del 1975, il codice attribuisce ai figli «legittimi» consentendo loro di estromettere dalla comunione ereditaria i figli «naturali». In quanto eguale diritto non sussiste nei confronti dei coeredi estranei, si evidenzia la discriminazione in tal modo sancita a carico dei figli nati fuori del matrimonio.

Del pari, in tema di donazioni, la norma sulla revoca per sopravvenienza di figli richiede solo un adeguamento terminologico, analogo a quello richiesto per la norma sulla revoca del testamento.

La lettera m) del comma 1 dell'articolo 2 prevede l'adeguamento e il riordino dei criteri di collegamento che la legge 31 maggio 1995, n. 218, stabilisce a proposito della legge regolatrice della filiazione (articolo 33), legittimazione (articolo 34), riconoscimento di figlio naturale (articolo 35) e rapporti fra adottato e famiglia adottiva (articolo 39), tenendosi presente che la configurazione dei diritti del figlio - quali diritti della persona - richiede un attento vaglio alla luce dei princìpi dell'ordine pubblico internazionale (articolo 16) e dell'eventuale individuazione di norme di applicazione necessaria (articolo 17).

L'articolo 2, comma 2, completa il quadro degli interventi che il legislatore delegato dovrà operare, innanzitutto con riferimento alle norme per l'attuazione del codice civile, e quindi con riferimento alle altre norme vigenti, quale disposizione di chiusura.

L'articolo 2, commi 3 e 4, indica la procedura con cui il decreto o i decreti legislativi dovranno essere elaborati, approvati, emanati ed eventualmente corretti. Dalla concorrenza delle competenze di più Ministeri deriva la previsione della coproponenza da parte del Ministro delle politiche per la famiglia, del Ministro della giustizia e del Ministro per i diritti e le pari opportunità.

Infine, l'articolo 3 prevede l'emanazione di un regolamento volto ad apportare le modifiche necessarie, conseguenti alla nuova impostazione del regime della filiazione, al regolamento per la revisione e la semplificazione dell'ordinamento dello stato civile, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396.

Il disegno di legge in esame non comporta nuovi oneri per il bilancio dello Stato. Le modifiche introdotte direttamente al codice civile, infatti, e i princìpi e criteri direttivi dettati in sede di delega non hanno conseguenze di natura finanziaria.


ANALISI TECNICO-NORMATIVA

 

1. Aspetti tenico-normativi in senso stretto.

A) Necessità dell'intervento normativo.

L'intervento è reso necessario dall'opportunità di eliminare ogni residua discriminazione in materia di filiazione. È altresì reso necessario dalla ratifica da parte dell'Italia di importanti accordi internazionali (quali la Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e la Convenzione europea sull'esercizio dei diritti dei fanciulli, fatta a Strasburgo il 25 gennaio 1996 e resa esecutiva dalla legge n. 77 del 2003) nonché dalla partecipazione dell'Italia alla produzione normativa europea (in particolare con riferimento al regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio, del 27 novembre 2003, relativo alla competenza, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale).

B) Analisi del quadro normativo.

La disciplina della filiazione è contenuta prevalentemente nel codice civile, al titolo VII del libro primo. Norme connesse sono quelle contenute nelle disposizioni di attuazione del codice civile, quelle in tema di adozione (legge 4 maggio 1983, n. 184), di diritto internazionale privato (legge 31 maggio 1995, n. 218), di separazione dei genitori e affidamento condiviso (legge 8 febbraio 2006, n. 54), di ordinamento dello stato civile (regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396).

C)Incidenza delle norme proposte sulle norme e i regolamenti vigenti.

Il disegno di legge interviene sulla disciplina del codice civile in tema di filiazione, in particolare prevedendo la sostituzione dell'articolo 315 e l'introduzione dell'articolo 315-bis e dettando i criteri di delega per la modifica delle norme di cui al titolo VII del libro primo del codice civile, nonché delle disposizioni ad esse connesse.

D)Analisi della compatibilità con le competenze delle regioni ordinarie ed a statuto speciale.

La materia riguarda l'ordinamento civile ed è pertanto di competenza esclusiva statale, ai sensi dell'articolo 117, primo comma, lettera l), della Costituzione.

 

E)Verifica della coerenza con le fonti legislative primarie che dispongono il trasferimento di funzioni alle regioni ed agli enti locali.

Si rinvia a quanto esposto alla lettera D).

F)Verifica dell'assenza di rilegificazioni e della piena utilizzazione della possibilità di delegificazione.

Non risultano rilegificazioni in materia e non si opera nell'ambito di delegificazione.

2. Elementi di drafting e linguaggio normativo.

 

A)Individuazione delle nuove definizioni normative introdotte nel testo, della loro necessità, della coerenza con quelle già in uso.

Il testo contiene due nuove definizioni in tema di filiazione: quelle di «figli nati nel matrimonio» e di «figli nati fuori del matrimonio», al posto delle vigenti definizioni di «figli legittimi» e di «figli naturali». Le definizioni predette attengono anche all'espressione «filiazione». Le nuove definizioni sono più coerenti con il dettato costituzionale (articolo 30) e con il principio di eguaglianza dei figli che si vuole introdurre. In particolare, si vuole abbandonare la definizione di figli (e filiazione) «legittimi» che, pur con l'abolizione della contrapposta definizione di «illegittimi», richiama ancora un giudizio di disvalore sociale che non sussiste più nel comune sentire e che soprattutto non può essere collegato allo stato di figlio.

 

B)Verifica della correttezza dei riferimenti normativi contenuti nel progetto, con particolare riguardo alle successive modificazioni ed integrazioni subite dal medesimo.

I riferimenti normativi sono corretti.

C)Ricorso alla tecnica della novella legislativa per introdurre modificazioni ed integrazioni a disposizioni vigenti.

La tecnica della novella legislativa è direttamente utilizzata, all'articolo 1, per la sostituzione della rubrica del titolo IX del libro primo e del testo dell'articolo 315 del codice civile, nonché per l'introduzione dell'articolo 315-bis del medesimo codice. A tale tecnica si farà poi ampio ricorso nei decreti legislativi attuativi dell'articolo 2.

D)Individuazione di effetti abrogativi impliciti di disposizioni dell'atto normativo e loro traduzione in norme abrogative espresse nel testo normativo.

I decreti legislativi delegati dovranno prevedere le espresse abrogazioni normative.

 

3. Ulteriori elementi.

A)Indicazione delle linee prevalenti della giurisprudenza ovvero della pendenza di giudizi di costituzionalità sul medesimo o su analogo oggetto.

La giurisprudenza di merito e di legittimità ha da tempo e in maniera unanime applicato il principio della sostanziale equiparazione dei figli naturali a quelli legittimi, a meno che espresse disposizioni non prevedessero specifiche differenziazioni: proprio queste ultime sono state modificate al fine di eliminare ogni residua discriminazione. In ordine alla giurisprudenza costituzionale sono da segnalare la sentenza n. 266 del 2006, relativa alla rilevanza della prova genetica in tema di azione di disconoscimento di paternità, nonché la sentenza n. 494 del 2002, sulla possibilità di azione per la dichiarazione giudiziale della paternità e della maternità e delle relative indagini nei casi in cui il riconoscimento dei figli incestuosi è vietato.

B)Verifica dell'esistenza di progetti di legge vertenti su materia analoga all'esame del Parlamento e relativo stato dell'iter.

Vertono su materia analoga: a) al Senato della Repubblica: l'atto Senato n. 28, del senatore Roberto Manzione, recante «Modifiche al codice civile in materia di facoltà di commutazione dei figli legittimi nella spartizione dell'eredità»; l'atto Senato n. 1090, dei senatori Olimpia Vano e altri, recante «Modifiche al codice civile in materia di eguaglianza dei diritti successori dei figli naturali e dei figli legittimi», entrambi assegnati alle competenti Commissioni parlamentari ma di cui non è ancora iniziato l'esame; b) alla Camera dei deputati: l'atto Camera n. 1108, dell'onorevole Cesare Campa, recante «Ratifica ed esecuzione della Convenzione europea sullo stato giuridico dei figli nati fuori dal matrimonio, fatta a Strasburgo il 15 ottobre 1975»; l'atto Camera n. 1613, dell'onorevole Donatella Poretti, recante «Modifiche al codice civile in materia di figli legittimi e naturali», entrambi assegnati alle competenti Commissioni parlamentari ma di cui non è ancora iniziato l'esame.

Tutti i progetti di legge citati sono stati presi in considerazione ai fini della predisposizione del presente disegno di legge e molte delle proposte ivi contenute sono state in esso riprese.

 


ANALISI DELL'IMPATTO DELLA REGOLAMENTAZIONE (AIR)

A)Ambito dell'intervento; destinatari diretti e indiretti.

Destinatario diretto dell'intervento è il Governo, delegato ad adottare uno o più decreti legislativi. Destinatari indiretti sono tutti i soggetti privati, genitori e figli.

B) Obiettivi e risultati attesi.

Eliminare ogni residua discriminazione tra figli nati nel matrimonio e figli nati fuori del matrimonio, a partire dalla distinzione terminologica (che sostituisce quelle di «figli legittimi» e di «figli naturali»), compatibilmente con il dettato costituzionale.

C)Impatto diretto e indiretto sull'organizzazione e sulle attività delle pubbliche amministrazioni.

Le modifiche normative che si introducono direttamente e che si introdurranno con i decreti legislativi delegati non avranno alcun impatto sull'organizzazione e sulle attività delle pubbliche amministrazioni.

D)Impatto sui destinatari indiretti, stima degli effetti immediati e differiti della nuova normativa sulle varie categorie di soggetti interessati.

Con il tempo le nuove disposizioni dovrebbero condurre a una sostanziale equiparazione tra figli nati nel matrimonio e figli nati fuori del matrimonio.

E) Aree di criticità.

Non si evidenziano aree di criticità.

F)Opzioni alternative alla regolazione ed opzioni regolatorie, valutazione delle opzioni regolatorie possibili.

L'opzione regolatoria alternativa sarebbe la predisposizione di un disegno di legge articolato con disposizioni che modifichino direttamente le norme del codice civile, delle disposizioni per l'attuazione dello stesso codice, della legge sul diritto internazionale privato e le altre norme contenute in leggi vigenti in materia di filiazione. Si è ritenuto preferibile procedere con una delega in considerazione del numero delle disposizioni da modificare e della delicatezza della materia.



 


disegno di legge

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Art. 1.

(Diritti e doveri dei figli).

1. La rubrica del titolo IX del libro primo del codice civile è sostituita dalla seguente: «Dei diritti e dei doveri dei figli e delle relazioni tra genitori e figli».

2. L'articolo 315 del codice civile è sostituito dal seguente:

«Art. 315. - (Diritti e doveri dei figli). - Il figlio ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni.

Il figlio ha altresì diritto di crescere in famiglia, di mantenere rapporti significativi con i parenti e, se capace di discernimento, di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano.

Il figlio deve rispettare i genitori e deve contribuire, in relazione alle proprie sostanze e al proprio reddito, al mantenimento della famiglia finché convive con essa».

3. Dopo l'articolo 315 del codice civile è inserito il seguente:

«Art. 315-bis. - (Stato giuridico della filiazione). - Tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico.

Le disposizioni in tema di filiazione si applicano a tutti i figli senza distinzioni, salvo che si tratti di disposizioni specificamente riferite ai figli nati nel matrimonio o a quelli nati fuori del matrimonio».

Art. 2.

(Delega al Governo per la revisione delle disposizioni vigenti in materia di filiazione).

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi di modifica delle disposizioni vigenti in materia di filiazione per eliminare ogni residua discriminazione tra i figli nati nel matrimonio e i figli nati fuori del matrimonio o da matrimonio putativo, nel rispetto di quanto previsto nell'articolo 30 della Costituzione, osservando, oltre che i princìpi di cui agli articoli 315 e 315-bis del codice civile, come rispettivamente sostituito e introdotto dall'articolo 1 della presente legge, i seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) unificazione dei capi I e II del titolo VII del libro primo del codice civile, con la sostituzione della rubrica del medesimo titolo VII con la seguente: «Dello stato di figlio» e apportando ad esso tutte le modificazioni conseguenti, tra cui, in particolare: trasposizione dei contenuti della sezione I del capo I in un nuovo capo I, avente la seguente rubrica: «Della presunzione di paternità»; trasposizione dei contenuti della sezione II del capo I in un nuovo capo II, avente la seguente rubrica: «Delle prove della filiazione»; trasposizione dei contenuti della sezione III del capo I in un nuovo capo III, avente la seguente rubrica: «Dell'azione di disconoscimento e delle azioni di contestazione e di reclamo dello stato di figlio»; trasposizione dei contenuti del paragrafo 1 della sezione I del capo II in un nuovo capo IV, avente la seguente rubrica: «Del riconoscimento dei figli nati fuori del matrimonio»; trasposizione dei contenuti del paragrafo 2 della sezione I del capo II in un nuovo capo V, avente la seguente rubrica: «Della dichiarazione giudiziale della paternità e della maternità»; abrogazione della sezione II del capo II. Nell'esercizio della delega si provvede altresì all'abrogazione delle altre disposizioni che fanno riferimento alla legittimazione;

b) sostituzione, in tutta la legislazione vigente, dei riferimenti ai «figli legittimi» e ai «figli naturali» con riferimenti ai «figli nati nel matrimonio» e ai «figli nati fuori del matrimonio» e dei riferimenti alla «filiazione legittima» e alla «filiazione naturale» con riferimenti alla «filiazione nel matrimonio» e alla «filiazione fuori del matrimonio», nei casi in cui la distinzione assume rilevanza; eliminazione di ogni distinzione non necessaria;

c) ridefinizione della disciplina del possesso di stato, della prova della filiazione e degli effetti anche verso i figli nati fuori del matrimonio;

d) estensione della presunzione di paternità del marito rispetto ai figli comunque nati o concepiti durante il matrimonio e ridefinizione della disciplina del disconoscimento di paternità, con riferimento in particolare all'articolo 235, primo comma, numeri 1), 2) e 3), del codice civile, nel rispetto dei princìpi costituzionali;

e) modificazione della disciplina del riconoscimento dei figli nati fuori del matrimonio, con la previsione che:

1) il riconoscimento produca effetti anche nei confronti dei parenti del genitore che lo effettua;

2) sia necessario l'assenso del figlio che ha compiuto i quattordici anni di età;

3) il riconoscimento dei figli nati da persone tra le quali esiste un vincolo di parentela in linea retta, all'infinito, o in linea collaterale nel secondo grado, ovvero un vincolo di affinità in linea retta, sia consentito solo previa autorizzazione del giudice, avuto riguardo all'interesse del figlio e alla necessità di evitare allo stesso qualsiasi pregiudizio, e che la disciplina della dichiarazione giudiziale di paternità e di maternità e quella del riconoscimento siano anche in tali casi adeguate ai princìpi costituzionali;

4) la disciplina attinente all'inserimento del figlio riconosciuto nella famiglia dell'uno o dell'altro genitore sia adeguata alla disciplina in materia di affidamento condiviso, prevedendo il consenso dell'altro coniuge e l'ascolto degli altri figli conviventi;

5) il principio dell'inammissibilità del riconoscimento di cui all'articolo 253 del codice civile sia esteso a tutte le ipotesi in cui il riconoscimento medesimo è in contrasto con lo stato di figlio riconosciuto o dichiarato da un'altra persona;

f) modificazione della disciplina dell'impugnazione del riconoscimento con la limitazione dell'imprescrittibilità dell'azione solo per il figlio e con l'introduzione di un termine per l'esercizio dell'azione da parte degli altri legittimati;

g) unificazione delle disposizioni che disciplinano i diritti e i doveri dei genitori nei confronti dei figli nati nel matrimonio e fuori del matrimonio;

h) specificazione del contenuto dei diritti, dei poteri e dei doveri dei genitori con la valorizzazione del principio di responsabilità nei confronti dei figli;

i) conferma della previsione dell'ascolto del minore che abbia adeguata capacità di discernimento nelle procedure previste dalla presente legge;

l) adeguamento della disciplina delle successioni e delle donazioni al principio di equiparazione tra figli nati nel matrimonio e figli nati fuori del matrimonio;

m) adattamento e riordino dei criteri di cui agli articoli 33, 34, 35 e 39 della legge 31 maggio 1995, n. 218, concernenti l'individuazione, nell'ambito del sistema di diritto internazionale privato, della legge applicabile, anche con la determinazione di eventuali norme di applicazione necessaria in attuazione dei princìpi della presente legge e di quelli affermati nella giurisprudenza civile e costituzionale.

2. Il decreto o i decreti legislativi di cui al comma 1 provvedono, altresì, ad effettuare il necessario coordinamento con le disposizioni da essi recate delle norme per l'attuazione del codice civile e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 30 marzo 1942, n. 318, e delle altre norme vigenti in materia, in modo da assicurare il rispetto dei princìpi e criteri direttivi di cui al comma 1.

3. Il decreto o i decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Ministro delle politiche per la famiglia, del Ministro della giustizia e del Ministro per i diritti e le pari opportunità. Sugli schemi approvati dal Consiglio dei ministri esprimono il loro parere le Commissioni parlamentari competenti entro due mesi dalla loro trasmissione alle Camere. Decorso tale termine, i decreti legislativi sono emanati anche in mancanza dei pareri. Qualora il termine per l'espressione dei pareri parlamentari di cui al presente comma scada nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine previsto dal comma 1 o successivamente, quest'ultimo termine è prorogato di sei mesi.

4. Entro un anno dalla data di entrata in vigore di ciascun decreto legislativo adottato ai sensi del comma 1 il Governo può adottare decreti correttivi, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi di cui ai commi 1 e 2 e con la procedura prevista dal comma 3.

Art. 3.

(Modifiche alle norme regolamentari in materia di stato civile).

1. Con regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del decreto o dei decreti legislativi di cui all'articolo 2 della presente legge sono apportate le necessarie e conseguenti modifiche alla disciplina dettata in materia di ordinamento dello stato civile dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396, e successive modificazioni.

 

 


Sede referente

 


II COMMISSIONE PERMANENTE

(Giustizia)

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SEDE REFERENTE

Giovedì 17 maggio 2007. - Presidenza del presidente Pino PISICCHIO. - Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Luigi Scotti.

La seduta comincia alle 10.30.

Delega al Governo per la revisione della normativa in materia di filiazione.

C. 2514 Governo.

(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Pino PISICCHIO, presidente e relatore, Il disegno di legge in esame di iniziativa governativa, composto da tre articoli, contiene disposizioni in materia di filiazione.

L'intervento normativo del Governo si colloca nell'alveo dell'articolo 30 della Costituzione che, al comma 1, sancisce il diritto-dovere dei genitori di mantenere, istruire ed educare i figli, «anche se nati fuori del matrimonio». Il comma 3 del medesimo articolo dispone che attraverso la legge debba essere assicurata «ai figli nati fuori dal matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima». La Costituzione opera dunque una piena equiparazione tra figli legittimi e figli naturali per quanto riguarda l'assistenza da parte dei genitori. Anche se nati fuori del matrimonio, i figli hanno comunque diritto ad essere mantenuti, istruiti ed educati, ma non nella posizione familiare.

Solo con la riforma del diritto di famiglia del 1975 si è data attuazione ai predetti principi costituzionali, assimilando quanto più possibile la posizione giuridica dei figli naturali a quella dei figli legittimi. Il provvedimento in esame si colloca in tale prospettiva, ponendosi come obiettivo proprio l'assoluta parificazione tra figli legittimi e naturali.

Passando all'articolato, si rileva che l'articolo 1 sostituisce la rubrica del titolo IX del primo libro del codice civile, dettando una nuova formulazione dell'articolo 315 del codice civile ed aggiungendo, infine, il nuovo articolo 315-bis.

Come si legge nella relazione illustrativa del provvedimento, la nuova rubrica del citato titolo IX (Dei diritti e dei doveri dei figli e delle relazioni tra genitori e figli) sposta il centro dell'attenzione dalla «potestà dei genitori « (così recita l'attuale rubrica) al più generale complesso delle relazioni che intercorrono tra i genitori ed i figli minori (comma 1). La nuova formulazione dell'articolo 315 risponde, conseguentemente, a questa diversa impostazione volta ad attribuire massimo rilievo non solo ai doveri del figlio nei confronti del genitore, ma anche e soprattutto ai suoi diritti nei confronti dei genitori e dei parenti in generale.

Nello specifico, il nuovo articolo 315, prevede espressamente il diritto del figlio al mantenimento, all'educazione, all'istruzione e all'assistenza morale da parte dei genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni nonché alla crescita in famiglia, al mantenimento di rapporti significativi con i parenti e, se capace di discernimento, di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano.

A fianco dunque dei tradizionali doveri dei genitori nei confronti dei figli - mantenimento, educazione e istruzione - già contemplati dall'articolo 30 della Costituzione e dall'articolo 147 del codice civile, il nuovo testo dell'articolo 315 contempla anche il diritto del figlio all'assistenza morale da parte dei genitori, il diritto a crescere con la propria famiglia, il diritto ad avere rapporti con i parenti ed il diritto ad essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano. In relazione all' «assistenza morale», la relazione illustrativa del provvedimento precisa che tale espressione sembra «introdurre nel rapporto genitore-figli un elemento che va oltre gli obblighi materiali, divenendo dovere di prestazione personale», mentre il diritto del figlio ad avere rapporti significativi con i parenti sembra rivolto, in particolare, ai figli riconosciuti nati fuori dal matrimonio, affinché siano assicurate anche a costoro le naturali relazioni che nascono tra le persone che discendono da uno stesso stipite. Per quanto riguarda, poi, il diritto del figlio - se capace di discernimento - di essere ascoltato nelle decisioni che lo riguardano, tale previsione è coerente con il contenuto dell'articolo 12 della Convenzione di New  York del 20 novembre 1989 sui diritti del fanciullo, ratificata dall'Italia con la legge 27 maggio 1991, n. 176, nonchè con le più recenti tendenze della normativa in materia familiare.

Per quanto riguarda, invece, le previsioni dell'articolo 315 relative agli obblighi dei figli, il comma 3 di tale articolo ribadisce il principio generale, già contemplato nell'attuale formulazione di tale norma, in base al quale il figlio deve rispettare i genitori e deve contribuire, in relazione alle proprie sostanze e al proprio reddito, al mantenimento della famiglia finché convive con essa.

Il comma 4 dell'articolo 1 in esame aggiunge, infine, al codice civile il nuovo articolo 315-bis, norma cardine del disegno di legge in esame.

La disposizione in esame, rubricata «Stato giuridico della filiazione» sancisce, infatti, il principio generale della unicità dello stato giuridico di figlio, per effetto del quale le disposizioni in tema di filiazione si applicano a tutti i figli, senza distinzioni, salvi i casi in cui vi siano ragioni per distinguere i figli nati nel matrimonio da quelli nati fuori del matrimonio. A tale principio si ispirano numerose disposizioni del successivo articolo 2 del disegno di legge del Governo contenente la delega al Governo per la modifica delle norme di cui al titolo VII del libro primo del codice civile, nonché delle disposizioni ad esse connesse.

L'articolo 2 contiene la delega al Governo in materia di filiazione e ciò al fine di eliminare, come si legge nella relazione illustrativa del provvedimento, ogni residua ingiustificata disparità di trattamento tra i figli nati nel matrimonio e i figli nati fuori del matrimonio o da matrimonio putativo.

In relazione a tale finalità, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge, il Governo dovrà emanare uno o più decreti legislativi volti a modificare le attuali disposizioni previste in materia di filiazione, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 30 della Costituzione, dagli articoli 315 e 315-bis del codice civile, come rispettivamente, sostituito il primo ed introdotto il secondo dall'articolo 1 della presente legge.

Il citato comma 1 dell'articolo 2 del disegno di legge in esame individua, poi, i undici principi e criteri direttivi.

Ai sensi della lettera a), il Governo dovrà prevedere l'unificazione degli attuali capi I (Della filiazione legittima) e II (Della filiazione naturale e della legittimazione) del titolo VII (Della filiazione) del libro primo (Delle persone e della famiglia) del codice civile in un unico titolo rubricato «Dello stato di figlio», abrogando, altresì le disposizioni relative all'istituto della legittimazione. Tale soppressione, si legge nella relazione illustrativa del provvedimento, è giustificata dalla sopravvenuta inutilità di tale istituto in relazione alle nuove disposizioni previste dal disegno di legge volte a spostare l'asse dell'interesse della normativa dall'acquisto della qualità di figlio legittimo o naturale a quello dello stato di figlio.

Ai sensi della successiva lettera b) del citato comma 1 dell'articolo 2 il Governo dovrà, poi, procedere ad una ricognizione puntuale di tutte le disposizioni vigenti nelle quali compaiano le espressioni «figlio legittimo» o «filiazione legittima» e «figlio naturale» o «filiazione naturale», sostituendole, rispettivamente, con quelle di «figlio nato nel matrimonio» e «filiazione nel matrimonio» ovvero di «figlio nato fuori del matrimonio» e «filiazione fuori del matrimonio». La lettera c) concerne, a sua volta, la disciplina del possesso di stato, della prova della filiazione e degli effetti anche verso i figli nati fuori dal matrimonio che dovrà essere rivista dal Governo in sede di attuazione della delega. Ai sensi, poi, della successiva lettera d), il legislatore delegato dovrà prevedere l'estensione della presunzione di paternità del marito rispetto ai figli comunque nati o concepiti durante il matrimonio e ridefinire la disciplina del disconoscimento di paternità, con riferimento in particolare all'articolo 235, primo comma, numeri 1), 2) e 3), del codice civile, nel rispetto dei princìpi costituzionali.

La lettera e) del medesimo comma 1 dell'articolo 2 affida al legislatore delegato il compito di rivedere la normativa riguardante il riconoscimento dei figli nati fuori del matrimonio, prevedendo, espressamente che: 1) il riconoscimento produca effetti anche nei confronti dei parenti del genitore che lo effettua; 2) sia necessario l'assenso del figlio che ha compiuto i quattordici anni di età; 3) il riconoscimento dei figli nati da persone tra le quali esiste un vincolo di parentela in linea retta, all'infinito, o in linea collaterale nel secondo grado, ovvero un vincolo di affinità in linea retta, sia consentito solo previa autorizzazione del giudice, avuto riguardo all'interesse del figlio e alla necessità di evitare allo stesso qualsiasi pregiudizio, e che la disciplina della dichiarazione giudiziale di paternità e di maternità e quella del riconoscimento siano anche in tali casi adeguate ai princìpi costituzionali; 4) la disciplina attinente all'inserimento del figlio riconosciuto nella famiglia dell'uno o dell'altro genitore sia adeguata alla disciplina in materia di affidamento condiviso, prevedendo il consenso dell'altro coniuge e l'ascolto degli altri figli conviventi; 5) il principio dell'inammissibilità del riconoscimento di cui all'articolo 253 del codice civile sia esteso a tutte le ipotesi in cui il riconoscimento medesimo è in contrasto con lo stato di figlio riconosciuto o dichiarato da un'altra persona.

La lettera f) concerne la disciplina dell'impugnazione del riconoscimento. Al riguardo, in base al criterio direttivo contenuto in tale lettera, il legislatore delegato dovrà modificare la disciplina vigente riconoscendo il principio della imprescrittibilità dell'azione volta ad impugnare il riconoscimento solamente in relazione al figlio e con l'introduzione di un termine per l'esercizio dell'azione nei confronti degli altri legittimati.

Ai sensi, poi, dei successivi criteri direttivi previsti dalle lettere g) ed h) il legislatore delegato dovrà prevedere l'unificazione delle disposizioni che disciplinano i diritti e i doveri dei genitori nei confronti dei figli nati nel matrimonio e fuori del matrimonio, specificando il contenuto dei diritti, dei poteri e dei doveri dei genitori con la valorizzazione del principio di responsabilità nei confronti dei figli.

La lettera i) conferma, poi la previsione delle disposizioni che prevedono l'obbligo di ascolto del minore che abbia adeguata capacità di discernimento nelle procedure previste dalla presente legge, mentre ai sensi del principio direttivo contenuto nella successiva lettera l), il legislatore delegato dovrà procedere all'adeguamento della disciplina delle successioni e delle donazioni al principio di equiparazione tra figli nati nel matrimonio e figli nati fuori del matrimonio.

Da ultimo, la lettera m) del citato comma 1 dell'articolo 2 del disegno di legge in esame impone al Governo di rivedere i criteri di cui agli articoli 33, 34, 35 e 39 della legge 31 maggio 1995, n. 218, concernenti l'individuazione, nell'ambito del sistema di diritto internazionale privato, della legge applicabile, anche con la determinazione di eventuali norme di applicazione necessaria in attuazione dei princìpi della presente legge e di quelli affermati nella giurisprudenza civile e costituzionale.

L'articolo 2, comma 2, completa il quadro degli interventi che il legislatore delegato dovrà operare, innanzitutto con riferimento alla necessità di coordinamento con le norme di attuazione del codice civile e, più in generale, con le altre norme vigenti.

I successivi commi 3 e 4 indicano, poi, la procedura con cui il decreto o i decreti legislativi dovranno essere elaborati, approvati, emanati ed eventualmente corretti. Al riguardo, si prevede che i citati decreti legislativi vengano adottati su proposta del Ministro delle politiche per la famiglia, del Ministro della giustizia e del Ministro per i diritti e le pari opportunità (comma 3).

Ai sensi dell'articolo 3, il Governo, entro sei mesi dalla data di entrata del decreto o dei decreti legislativi di cui al precedente articolo 2 del provvedimento in esame, provvede ad apportate le necessarie  modifiche alla disciplina vigente in materia di ordinamento dello stato civile attualmente contenuta nel regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396, e successive modificazioni.

A tal fine lo strumento previsto è il regolamento di cui all'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni.

Nessuno chiedendo di intervenire rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.


 


II COMMISSIONE PERMANENTE

(Giustizia)

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SEDE REFERENTE

Giovedì 31 maggio 2007. - Presidenza del presidente Pino PISICCHIO. - Interviene il sottosegretario di Stato per i trasporti Andrea Annunziata.

La seduta comincia alle 9.40.

(omissis)

Delega al Governo per la revisione della normativa in materia di filiazione.

C. 2514 Governo.

(Seguito esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 17 maggio 2007.

Pino PISICCHIO, presidente e relatore, riassume brevemente il contenuto del provvedimento in esame, richiamando l'attenzione della Commissione sulla particolare complessità e delicatezza dello stesso. Nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.


 


II COMMISSIONE PERMANENTE

(Giustizia)

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SEDE REFERENTE

Mercoledì 13 giugno 2007. - Presidenza del presidente Pino PISICCHIO. - Intervengono il Ministro delle politiche per la famiglia Rosy Bindi ed il sottosegretario per la giustizia Luigi Li Gotti.

La seduta comincia alle 14.10.

Delega al Governo per la revisione della normativa in materia di filiazione.

C. 2514 Governo.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 31 maggio 2007.

Pino PISICCHIO, presidente e relatore, avverte che è stato chiesto che la pubblicità della seduta sia assicurata anche tramite la trasmissione attraverso l'impianto televisivo a circuito chiuso. Non essendovi obiezioni, dispone l'attivazione del circuito.

Il Ministro delle politiche per la famiglia Rosy BINDI rileva come il disegno di legge in esame sia il frutto di un lavoro e di una analisi molto ponderati e come lo stesso di collochi nel contesto di un progetto più ampio volto al superamento di qualsiasi discriminazione all'interno della famiglia. Il disegno di legge in esame, in particolare, ha lo scopo di parificare ogni forma di filiazione nel rispetto dell'articolo 30, terzo comma, della Costituzione. Tale parificazione, che ha una forte connotazione  di tipo culturale, deve avvenire anche sotto il profilo lessicale, tramite il superamento della la distinzione tra figlio legittimo e figlio naturale, con l'adozione di quella tra figli nati all'interno del matrimonio e figli nati fuori dal matrimonio.

Lo scopo principale del disegno di legge è quindi quello di pervenire ad una unificazione della normativa per i figli, a prescindere dal fatto che siano nati all'interno o fuori dal matrimonio. Sottolinea quindi come i figli nato fuori del matrimonio, in base all'attuale normativa, siano sostanzialmente privi di famiglia fino al momento del riconoscimento da parte dei genitori e, comunque, non abbiano nessuna relazione di parentela giuridicamente rilevante con i con i parenti dei genitori che hanno effettuato il riconoscimento. Dare quindi una famiglia ai figli nati fuori del matrimonio costituisce, pertanto, l'aspetto più rilevante del disegno di legge in esame, il quale, significativamente, appare in grado di raccogliere la più ampia convergenza dei gruppi parlamentari. Sottolinea inoltre che il Governo ha scelto lo strumento della delega legislativa in considerazione della particolare complessità tecnica della materia. Auspica, conclusivamente, in tale clima di concordia e condivisione, sia possibile giungere rapidamente all'approvazione di una normativa tanto attesa dal Paese.

Gaetano PECORELLA (FI) ringrazia il ministro per avere illustrato la ratio del provvedimento. Con riserva di approfondire ulteriormente, osserva tuttavia che la delega, vertendo in materia di diritti fondamentali, dovrebbe essere meno ampia. A titolo esemplificativo, sottolinea la necessità di stabilire principi e criteri direttivi più specifici con riferimento all'articolo 2, comma 1, lettere c) e d).

Edmondo CIRIELLI (AN) valuta positivamente l'iniziativa del Governo e, dal punto di vista tecnico, concorda sull'opportunità di meglio definire taluni principi e criteri direttivi previsti nella delega. Auspica quindi che il dibattito in Commissione sia proficuo e il clima di generale condivisione consenta di apportare al provvedimento i miglioramenti eventualmente necessari, sottolineando come a tal fine potrebbe essere utile l'audizione di tecnici ed esperti.

Giancarlo LAURINI (FI) rileva che il disegno di legge in esame si propone, tra l'altro, di adeguare la disciplina delle successioni e delle donazioni al principio della parificazione di ogni forma di filiazione. Chiede quindi se il Governo intenda modificare anche la disciplina della successione necessaria e, quindi l'istituto della quota di riserva.

Lanfranco TENAGLIA (Ulivo) esprime apprezzamento per il disegno di legge, che costituisce un importante passo avanti non solo giuridico ma anche culturale. Ritiene quindi che il dibattito possa svolgersi in una condizione di massima condivisione, sottolineando come tale clima possa contribuire anche ad individuare eventuali miglioramenti da apportare al testo della delega. Condivide il quesito posto dall'onorevole Laurini in merito alla disciplina delle successioni e donazioni, che a suo parere dovrebbe essere totalmente adeguata al principio della parità tra ogni forma di filiazione, evidenziando l'opportunità di affrontare anche ulteriori temi, strettamente connessi all'oggetto del disegno di legge, come quello dell'istituzione del tribunale della famiglia.

Katia BELLILLO (Com.It) esprime un giudizio estremamente positivo sul disegno di legge in esame, che ha lo scopo di rimuovere una forma di discriminazione assolutamente ingiustificata e comunque non più corrispondente alla struttura della nostra società. Sottolinea quindi come vari Paesi dell'Unione europea abbiano già adeguato la propria legislazione in tal senso. Condivide anche la scelta dello strumento della delega legislativa e le ragioni, illustrate dal ministro, che ne sono alla base. Non ritiene peraltro che il disegno di legge richieda particolari integrazioni o modifiche. Auspica, quindi, che la Commissione possa approvare celermente il disegno di legge, in un clima di unità di intenti, e che  ciò possa consentire di inserire quanto prima il provvedimento nel calendario dei lavori dell'Assemblea.

Federico PALOMBA (IdV) esprime una valutazione di forte apprezzamento nei confronti del disegno di legge del Governo, sottolineando, peraltro, l'opportunità di verificare se sussistano ulteriori tematiche ad esso strettamente connesse che potrebbero essere eventualmente introdotte in via emendativa nel corpus del provvedimento.

Paolo GAMBESCIA (Ulivo) si associa ai giudizi positivi sinora espressi sul disegno di legge in esame, che viene sostanzialmente a sanare situazioni di fatto molto diffuse e fondati su equilibri estremamente complessi. Sottolinea, quindi, come il clima di generale condivisione sul provvedimento debba costituire uno stimolo per la Commissione a migliorare il testo quanto più possibile, affrontando tutti i problemi connessi, compreso quello di una più puntuale definizione dei diritti dei genitori che effettuano il riconoscimento dei propri figli nati fuori dal matrimonio.

Carlo LEONI (Ulivo) sottolinea l'apprezzamento generale raccolto dal provvedimento in esame, al quale si associa, e concorda con le osservazioni dell'onorevole Gambescia. Condivide altresì la scelta di ricorrere alla delegazione legislativa, ma ricorda che tale strumento deve essere utilizzato con parsimonia, chiarendo quanto più possibile ciò che viene delegato al Governo.

Gaetano PECORELLA (FI) rileva che l'articolo 1, comma 3, introduce nel codice civile il nuovo articolo 315-bis che, tuttavia, appare formulato in maniera contraddittoria perché al tempo stesso sembra riconoscere e negare che tutti i figli abbiano lo stesso stato giuridico.

Pino PISICCHIO, presidente e relatore, sottolinea che il nuovo articolo 315-bis del codice civile appare formulato conformemente all'articolo 30, comma 3, della Costituzione.

Il Ministro delle politiche per la famiglia Rosy BINDI manifesta la propria assoluta disponibilità ad ogni approfondimento che possa condurre a miglioramenti ed integrazioni del testo in esame, al superamento di qualsiasi eventuale contraddizione, nonché ad una formulazione più dettagliata, ove necessaria, dei principi e criteri direttivi della delega. Ritiene, infatti, che il clima di generale condivisione costituisca una importante occasione per lavorare in piena concordia e licenziare il miglior testo possibile. Con particolare riferimento al tema delle successioni, osserva che i principi affermati nel disegno di legge, anche sotto questo profilo, si muovono nella direzione della completa equiparazione dello stato giuridico dei figli. Ribadisce, infine, l'auspicio che la Commissione possa approvare il testo in tempi ragionevolmente brevi.

Pino PISICCHIO, presidente e relatore, ritiene che i lavori della Commissione possano essere organizzati in modo da consentire l'iscrizione del provvedimento nel calendario dei lavori dell'Assemblea prima della pausa estiva. Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Sospende quindi la seduta sino al termine dell'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi.

La seduta, sospesa alle 14.40, riprende alle 15.10.


 

 


II COMMISSIONE PERMANENTE

(Giustizia)

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SEDE REFERENTE

Mercoledì 12 settembre 2007. - Presidenza del presidente Pino PISICCHIO. - Intervengono i sottosegretari di Stato per la giustizia Luigi Li Gotti e Luigi Scotti, il sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali Andrea Marcucci e il sottosegretario di Stato per l'interno Marcella Lucidi.

La seduta comincia alle 10.

(omissis)

Delega al Governo per la revisione della normativa in materia di filiazione.

C. 2514 Governo.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 13 giugno 2007.

Pino PISICCHIO, presidente e relatore, nel sottolineare la rilevanza del provvedimento in esame, sollecita i componenti della Commissione ad intervenire per integrare il dibattito, ove lo ritenessero necessario, al fine di concludere l'esame dello stesso in tempi ragionevoli.

Il sottosegretario Luigi SCOTTI ricorda che nelle precedenti sedute sono state sollevate obiezioni relative alla genericità dei principi di delega contenuti nel provvedimento. Sottolinea quindi, sempre che siano condivise dalla Commissione le scelte di politica legislativa sottese al provvedimento, la sua piena disponibilità a rafforzare e, in taluni casi, a riesaminare la formulazione dei principi di delega, anche sulla base delle precise indicazioni contenute nella relazione governativa allegata al provvedimento.

Pino PISICCHIO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 10.25.


 

 

 


II COMMISSIONE PERMANENTE

(Giustizia)

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SEDE REFERENTE

Giovedì 20 settembre 2007. - Presidenza del presidente Pino PISICCHIO. - Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Luigi Li Gotti ed il sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali Andrea Marcucci.

La seduta comincia alle 13.10.

(omissis)

Delega al Governo per la revisione della normativa in materia di filiazione.

C. 2514 Governo.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 12 settembre 2007.

Pino PISICCHIO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, dichiara concluso l'esame preliminare e fissa il termine per la presentazione degli emendamenti alle ore 16 di martedì 2 ottobre 2007. Rinvia, quindi, il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 14.15.


 

 


II COMMISSIONE PERMANENTE

(Giustizia)

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SEDE REFERENTE

Giovedì 15 novembre 2007. - Presidenza del presidente Pino PISICCHIO. - Intervengono il ministro delle politiche per la famiglia Rosy Bindi e il sottosegretario di Stato per la giustizia Luigi Li Gotti.

La seduta comincia alle 9.40.

Delega al Governo per la revisione della normativa in materia di filiazione.

C. 2514 Governo.

(Seguito esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 20 settembre 2007.

Pino PISICCHIO, presidente e relatore, avverte che sono stati emendamenti al disegno di legge C. 2154 (vedi allegato). Invita quindi il Ministro Bindi ad esprimere il parere di competenza.

Il Ministro delle politiche per la famiglia Rosy BINDI esprime parere contrario su tutti gli emendamenti presentati, fatta eccezione per l'emendamento 2.6 Grillini per il quale si rimette alla Commissione

Pino PISICCHIO, presidente e relatore, esprime parere conforme a quello del Ministro.

Manlio CONTENTO (AN) raccomanda l'approvazione dell'emendamento 1.3 Germontani, del quale è cofirmatario, volto a sostituire l'articolo 2, comma 2, del provvedimento, con una formulazione che appare più conforme al dettato dell'articolo 30 della Costituzione.

La Commissione, con distinte votazioni, respinge gli emendamenti 1.3, 1.1 e 1.2 Germontani.

Daniele FARINA (RC-SE) dichiara di fare propri gli emendamenti 1.4, 2.5, 2.8 e 2.7 Grillini e 2.10 Leoni.

Gaetano PECORELLA (FI) preannuncia il proprio voto contrario all'emendamento 1.4 Grillini, che appare superfluo. D'altra parte rileva che non tutte le differenziazioni di disciplina tra figli nati nel matrimonio e figli nati fuori del matrimonio sono discriminatorie e inopportune.

Manlio CONTENTO (AN) concorda con l'onorevole Pecorella.

La Commissione respinge l'emendamento 1.4 Grillini.

Giancarlo LAURINI (FI) richiamandosi alle argomentazioni testè espresse dall'onorevole Pecorella, esprime la propria contrarietà all'emendamento 2.5 Grillini.

La Commissione, con distinte votazioni, respinge gli emendamenti 2.5 e 2.8 Grillini.

Manlio CONTENTO (AN) evidenzia come l'articolo 2, comma 1, lettera d) contenga un criterio di delega generico, che non è chiaro se sia volto alla soppressione delle presunzioni di paternità di cui agli articolo 232 e 233 del codice penale. Ritiene opportuno riformulare la disposizione. Nel caso in cui ciò non sia possibile, raccomanda l'approvazione del suo emendamento 2.2, soppressivo della predetta lettera d).

Gaetano PECORELLA (FI) ritiene che lo strumento della delega legislativa non sia mai il più appropriato a disciplinare materie che vertono in tema di diritti fondamentali della persona, specie se i principi e criteri direttivi non sono sufficientemente determinati.

Il Ministro delle politiche per la famiglia Rosy BINDI non ritiene opportuna la soppressione dell'articolo 2, comma 1, lettera d). Tuttavia si impegna a presentare nel corso dell'esame in Assemblea un emendamento correttivo, che precisi meglio i principi e criteri direttivi.

La Commissione respinge l'emendamento 2.2 Contento.

Manlio CONTENTO (AN) sottolinea come l'articolo 2, comma 1, lettera e) intervenga sulla delicata questione riguardante la rilevanza della parentela naturale. Raccomanda l'approvazione del suo emendamento 2.1, volto a sopprimere il criterio di delega di cui al n. 1) che, facendo riferimento al concetto di «parentela» senza ulteriori specificazioni, appare troppo generico.

Gaetano PECORELLA (FI) concorda sulla necessità di una più precisa definizione dell'area della parentela interessata dagli effetti del riconoscimento del figlio nato fuori del matrimonio.

Rosa SUPPA (Ulivo) osserva che si potrebbe fare anche implicitamente riferimento ai criteri già disciplinati dal codice civile, che limitano gli effetti del riconoscimento per gradi di parentela.

La Commissione respinge l'emendamento 2.1 Contento.

Giancarlo LAURINI (FI) preannuncia il proprio voto contrario sull'emendamento 2.10 Leoni, poiché volto a sopprimere una parte dell'articolo 2, comma 1, lettera e), numero 4), che invece appare ragionevole. Più difficile è comprendere le ragioni del riferimento, nella medesima disposizione, alla disciplina in materia di affidamento condiviso.

Gaetano PECORELLA (FI) esprime forti perplessità sull'opportunità di fare riferimento, in una norma che dovrebbe contenere principi di delega per disciplinare l'inserimento del figlio riconosciuto nella famiglia dell'uno o dell'altro genitore, alla disciplina in materia di affidamento condiviso.

Federico PALOMBA (IdV) condivide il riferimento alla disciplina dell'affidamento condiviso, soprattutto per quanto concerne gli aspetti connessi al consenso del coniuge del genitore che ha effettuato il riconoscimento. È invece contrario all'emendamento 2.10.

Gaetano PECORELLA (FI) ritiene che se i coniugi sono separati e non convivono più, non ha senso richiedere il consenso dell'altro coniuge, ovvero del coniuge del genitore che ha riconosciuto il figlio, per procedere all'inserimento di quest'ultimo in una famiglia che ormai non è più unita.

Il Ministro delle politiche per la famiglia Rosy BINDI precisa che il riferimento alla disciplina in materia di affidamento condiviso vuole essere un richiamo ai principi alla base di questo istituto, e in particolare al principio dell'accoglienza del minore nella famiglia del genitore. Il riferimento a tali principi consentirà di effettuare un più equo bilanciamento fra l'interesse prioritario del minore e gli interessi della famiglia.

Rosa SUPPA (PD-U) condivide il richiamo ai principi dell'affidamento condiviso, perché l'inserimento del minore deve avvenire con tutte le cautele.

Luigi COGODI (RC-SE) si dichiara favorevole all'emendamento 2.10, perché volto ad eliminare dall'articolo 2, comma 1, lettera e), n. 4, una parte che può essere ritenuta o superflua o contraddittoria.

Pino PISICCHIO, presidente e relatore, ritiene che la disciplina attinente all'inserimento del figlio riconosciuto nella famiglia dell'uno o dell'altro genitore possa essere senz'altro adattata ai principi alla base dell'istituto dell'affidamento condiviso, purchè si abbia riguardo alle particolarità del caso di specie.

Daniele FARINA (RC-SE) sottolinea come l'aspetto problematico della disposizione in esame sia il consenso dell'altro coniuge. Ritiene opportuno accantonare l'esame della disposizione e riflettere attentamente su tutte le possibili implicazioni.

Federico PALOMBA (IdV) ricorda che in materia di inserimento del figlio riconosciuto nella famiglia legittima di uno dei genitori il consenso dell'altro coniuge e dei figli legittimi è considerato un limite invalicabile di costituzionalità.

Marilina INTRIERI (PD-U) ritiene che la disposizione in esame non debba essere modificata.

Manlio CONTENTO (AN) manifesta forti perplessità sulla complessiva formulazione dell'articolo 2, comma 1, lettera e), punto 4), perché ritiene che non sia adeguatamente tenuto in considerazione né l'interesse del minore che deve essere inserito nella famiglia, né quello degli altri figli, che debbono essere semplicemente ascoltati.

Gaetano PECORELLA (FI) ritiene inaccettabile che il consenso del coniuge separato possa condizionare l'inserimento del minore nella famiglia dell'altro coniuge. Occorre quindi riflettere molto attentamente sul punto.

Il Ministro delle politiche per la famiglia Rosy BINDI rileva che i gruppi di opposizione hanno sollevato obiezioni contraddittorie. Da un lato, infatti, l'onorevole Contento vorrebbe rafforzare la tutela della famiglia legittima, limitando così le possibilità di inserimento del figlio nato fuori dal matrimonio; dall'altro l'onorevole Pecorella vorrebbe che fosse consentito un inserimento pressoché illimitato. Il provvedimento in esame, invece, cerca di trovare un giusto punto di equilibrio e la delega legislativa è volta a garantire il rispetto dell'interesse del minore, che deve essere accolto in un clima condiviso e con atteggiamento di accoglienza.

Giancarlo LAURINI (FI) ritiene che sia necessario avere il tempo di approfondire ulteriormente le questioni connesse all'inserimento del figlio nato fuori dal matrimonio nella famiglia legittima.

Pino PISICCHIO, presidente e relatore, ritenendo che il tema che sia stato adeguatamente dibattuto e che comunque ciascun membro della Commissione abbia la possibilità di presentare proposte emendative nel corso dell'esame del provvedimento in Assemblea, pone in votazione l'emendamento 2.10 Leoni.

La Commissione respinge l'emendamento 2.10 Leoni.

Gaetano PECORELLA (FI) condivide l'emendamento 2.7 Grillini, poiché ritiene scontato che il coniuge, se convivente, debba dare il proprio consenso all'inserimento del figlio riconosciuto dall'altro coniuge. Ribadisce che la questione diventa estremamente più delicata quando i coniugi non convivono.

Rosa SUPPA (PD-U) ritiene che la convivenza del coniuge sia presupposta necessariamente dalla disposizione in esame.

Manlio CONTENTO (AN) condivide le osservazioni dell'onorevole Pecorella, poiché ritiene opportuno specificare che il termine «conviventi» si riferisce non solo ai figli, ma anche al coniuge.

Marilena SAMPERI (PD-U) ritiene che si debba essere attenti a non indebolire troppo la posizione del minore se il coniuge è separato. Fuori dal sistema di convivenza e quindi nel caso di separazione fra coniugi, che spesso è caratterizzata da un alto livello di conflittualità, può apparire problematico richiedere il consenso del coniuge all'inserimento del figlio riconosciuto nella famiglia.

La Commissione approva l'emendamento 2.7 Grillini.

Pino PISICCHIO, presidente, per consentire lo svolgimento della seduta delle Commissioni riunite II e III, convocata alle ore 10.30, sospende la seduta.

La seduta, sospesa alle 11, riprende alle 11.40.

Manlio CONTENTO (AN) raccomanda l'approvazione del proprio emendamento 2.4 volto a sopprimere la lettera g) del comma 1 dell'articolo 2, che reca principi di delega eccessivamente generici.

La Commissione respinge l'emendamento 2.4 Contento.

Luigi COGODI (RC-SE) dichiara di fare proprio l'emendamento 2.6 Grillini, volto a meglio precisare il concetto di responsabilità genitoriale.

Gaetano PECORELLA (FI) non condivide l'emendamento 2.6, che è volto a definire il concetto di responsabilità genitoriale quale un istituto strettamente funzionalizzato all'interesse del minore, mentre tale istituto è posto anche nell'interesse generale.

La Commissione respinge l'emendamento 2.6 Grillini.

Giancarlo LAURINI (FI) raccomanda l'approvazione del suo emendamento 2.9 volto ad attenuare gli effetti e la portata dell'azione di riduzione delle disposizioni lesive delle quote riservate ai figli nati nel e fuori del matrimonio ed agli altri legittimari. Si vuole porre, in sostanza, una limitazione al divieto dei patti successori analoga a quella prevista per le aziende dalla legge n. 35 del 2005.

Rosa SUPPA (PD-U) manifesta talune perplessità sull'emendamento 2.9 che potrebbe apparire non in linea con la filosofia che ispira i provvedimento in esame. D'altra parte la legge n. 35 del 2005, riferendosi alle aziende, ha una ratio che difficilmente si adatta al tema della filiazione.

La Commissione respinge l'emendamento 2.9 Laurini.

Manlio CONTENTO (AN) esprime forti perplessità sulla formulazione dell'articolo 2, comma 1, lettera m), con particolare riferimento al richiamo all'articolo 39 della legge n. 218 del 1995, che disciplina, nell'ambito delle norme di diritto internazionale privato, il diritto che deve regolare i rapporti tra adottato e famiglia adottiva. Poiché il provvedimento in esame non contiene nessuna norma attinente alle adozioni, sarebbe opportuno espungere dalla disposizione il riferimento al predetto articolo 39. Ove ciò non sia possibile, raccomanda l'approvazione  del suo emendamento 2.3, soppressivo dell'intera lettera m).

Gaetano PECORELLA (FI) concorda con l'onorevole Contento e condivide l'emendamento 2.3. Più in generale, sottolinea che nel provvedimento in esame non è dato riscontrare principi di delega sufficientemente determinati. Addirittura nell'articolo 2, comma 1, lettera m), i principi affermati dalla giurisprudenza civile e costituzionale sono erroneamente considerati alla stregua di un valido criterio o principio direttivo. Ricorda, infine, che sussiste la possibilità della dichiarazione di incostituzionalità di una norma delegata se non vi è un principio di delega determinato.

Il Ministro delle politiche per la famiglia Rosy BINDI propone all'onorevole Contento di riformulare il suo emendamento 2.3 nel senso di prevedere la soppressione del solo riferimento all'articolo 39 della legge n. 218 del 1995. Quanto alle osservazioni dell'onorevole Pecorella, sottolinea come il provvedimento sia ispirato ad una serie di principi piuttosto chiari e determinati.

Manlio CONTENTO (AN) accoglie la proposta di riformulazione del ministro Bindi, ma ricorda che permangono tutte le perplessità sulla costituzionalità della parte restante dell'articolo 2, comma 1, lettera m), per genericità della delega.

La Commissione approva l'emendamento 2.3 Contento (nuova formulazione).

Pino PISICCHIO, presidente e relatore, avverte che il testo risultante dagli emendamenti approvati sarà trasmesso alla Commissione Affari costituzionali per l'espressione del parer di competenza. Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 12.30.



ALLEGATO

Delega al Governo per la revisione della normativa in materia di filiazione. C. 2514 Governo.

EMENDAMENTI

 

 


ART. 1.

Sostituire il comma 2 con il seguente:

2. L'articolo 315 del codice civile è sostituito dal seguente:

«Art. 315 - (Diritti e doveri i figli). - Il figlio ha diritto di essere educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni e di essere mantenuto, in rapporto alle condizioni economiche della famiglia, per un tempo che ne consenta una ragionevole possibilità di realizzazione e comunque non oltre il trentesimo anno di età.

Il figlio ha altresì diritto di crescere in famiglia, di mantenere rapporti significativi con i parenti e, se capace di discernimento, di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano. Il figlio deve rispettare i genitori e deve contribuire, in relazione alle proprie sostanze e al proprio reddito, al mantenimento della famiglia finché convive con essa».

1. 3.Germontani, Contenuto, Consolo.

Sostituire il comma 2 con il seguente:

2. L'articolo 315 del codice civile è sostituito dal seguente:

«Art. 15. - (Diritti e doveri dei figli). - Il figlio ha diritto di essere educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni e di essere mantenuto in rapporto alle condizioni economiche della famiglia.

Il figlio ha altresì diritto di crescere in famiglia, di mantenere rapporti significativi con i parenti e, se capace di discernimento, di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano. Il figlio deve rispettare i genitori e deve contribuire, in relazione alle proprie sostanze e al proprio reddito, al mantenimento della famiglia finché convive con essa».

1. 1.Germontani, Contento, Consolo.

Sostituire il comma 2 con il seguente:

2. L'articolo 315 del codice civile è sostituito dal seguente:

«Art. 315. - (Diritti e doveri dei figli). - Il figlio ha diritto di essere educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni e di essere mantenuto, in rapporto alle condizioni economiche della famiglia, per un tempo che ne consenta una ragionevole possibilità di realizzazione.

Il figlio ha altresì diritto di crescere in famiglia, di mantenere rapporti significativi con i parenti e, se capace di discernimento, di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano.

Il figlio deve rispettare i genitori e deve contribuire, in relazione alle proprie sostanze e al proprio reddito, al mantenimento della famiglia finché convive con essa».

1. 2.Germontani, Contento, Consolo.

Al comma 3, sopprimere le parole da: salvo a fuori del matrimonio.

1. 4.Grillini, Leoni.

ART. 2.

Al comma 1, sostituire la lettera b) con la seguente:

b) eliminazione, in tutta la legislazione vigente, dei riferimenti ai «figli legittimi» e ai «figli naturali» e dei riferimenti alla «filiazione legittima» e alla «filiazione naturale». Nei casi in cui sia presente nella legge una distinzione tra figli nati nel matrimonio e figli nati fuori del matrimonio e tale distinzione rappresenti una non equiparazione sostanziale tra le due fattispecie, che non costituisca un tratto discriminatorio incompatibile con il rispetto del principio di uguaglianza e che non sia eliminabile, i riferimenti ai «figli legittimi» e ai «figli naturali» sono sostituiti con riferimenti a «figli nati nel matrimonio» e «figli nati fuori del matrimonio» e i riferimenti alla «filiazione legittima» e alla «filiazione naturale» sono sostituiti con riferimenti alla «filiazione nel matrimonio» e alla «filiazione fuori del matrimonio».

2. 5.Grillini, Leoni.

Al comma 1, alla lettera c), alla parola: ridefinzione premettere le parole: estensione e e sostituire la parola: verso con la parola: ai.

2. 8.Grillini, Leoni.

Al comma 1, sopprimere la lettera d).

2. 2.Contento.

Al comma 1, lettera e) sopprimere il numero 1.

2. 1.Contento.

Al comma 1, lettera e), numero 4 sopprimere le parole da: prevedendo alla parola: conviventi.

2. 10.Leoni.

Al comma 1, lettera e), numero 4 dopo la parola: coniuge aggiungere la parola: convivente.

2. 7.Grillini, Leoni.

Al comma 1, sopprimere la lettera g).

2. 4.Contento.

Al comma 1, sostituire la lettera h) con la seguente:

h) specificazione della responsabilità genitoriale, indicandone il contenuto di diritti e doveri, nonché la potestà attribuita, intesa nel significato di istituto strettamente funzionalizzato all'interesse del minore e alla formazione della sua personalità.

2. 6.Grillini, Leoni.

Al comma 1, lettera l) dopo le parole: fuori del matrimonio, aggiungere le seguenti:

, tenendo conto della necessità di limitare gli effetti dell'azione di riduzione delle disposizioni lesive delle quote riservate ai figli nati nel e fuori del matrimonio ed agli altri legittimari, prevedendo la possibilità per gli stessi di rinunciarvi formalmente anche durante la vita del donante, al fine di salvaguardare i diritti dei terzi aventi  causa a titolo oneroso dal donatario e sopprimendo in tutto o in parte, nella salvaguardia dei diritti dei legittimari, il divieto dei patti successori previsto dall'articolo 458 codice civile.

2. 9. Laurini, Pecorella, Gelmini, Vitali, Costa, Azzolini, Carfagna.

Al comma 1, sopprimere la lettera m).

2. 3.Contento.

Al comma 1, lettera m), sostituire le parole: , 35 e 39 con le seguenti: e 35.

2. 3.Contento. (Nuova formulazione).


 


II COMMISSIONE PERMANENTE

(Giustizia)

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SEDE REFERENTE

Giovedì 20 dicembre 2007. - Presidenza del presidente Pino PISICCHIO. - Intervengono i sottosegretari di Stato per la giustizia Luigi Li Gotti e Luigi Scotti.

La seduta comincia alle 12.

Delega al Governo per la revisione della normativa in materia di filiazione.

C. 2514 Governo.

(Seguito esame e conclusione).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 15 novembre 2007.

Pino PISICCHIO, presidente e relatore, avverte che la Commissione Affari Costituzionali ha trasmesso il parere sul provvedimento, che è favorevole con una condizione. La I Commissione in particolare rileva che l'articolo 2, comma 1, lettera m) contiene un principio di delega generico, laddove si riferisce ai «principi affermati dalla giurisprudenza civile e costituzionale».

Dopo avere ricordato come tale condivisibile rilievo sia stato invero evidenziato, anche nel corso del dibattito tenutosi presso la Commissione giustizia, dall'onorevole Contento e dal sottosegretario Luigi Scotti, al fine di conformare il testo al parere della I Commissione, presenta l'emendamento 2.200, con il quale si precisa che il principio di delega di cui all'articolo 2, comma 1, lettera m) è rappresentato dal principio di equiparazione tra figli nati nel matrimonio e figli nati fuori dal matrimonio (vedi allegato).

Il sottosegretario Luigi SCOTTI esprime parere favorevole sull'emendamento 2.200 del Relatore.

La Commissione approva l'emendamento 2.200 del relatore. Delibera quindi di conferire il mandato al relatore di riferire in senso favorevole all'Assemblea sul provvedimento in esame. Delibera altresì di chiedere l'autorizzazione a riferire oralmente.

Pino PISICCHIO, presidente, si riserva di designare i componenti del Comitato dei nove sulla base delle indicazioni dei gruppi.

La seduta termina alle 12.10.


 


ALLEGATO

Delega al Governo per la revisione della normativa in materia di filiazione.

C. 2514 Governo.

EMENDAMENTO

 

 


ART. 2.

Al comma 1, lettera m), sostituire le parole da: dei principi, fino alla fine del periodo, con le seguenti: del principio di equiparazione tra figli nati nel matrimonio e figli nati fuori del matrimonio.

2. 200. Il Relatore.


 

 


Sede consultiva

 


Comitato per la legislazione

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ESAME AI SENSI DELL'ARTICOLO 16-BIS, COMMA 6-BIS, DEL REGOLAMENTO

Mercoledì 21 novembre 2007. - Presidenza del presidente Gaspare GIUDICE.

La seduta comincia alle 14.50.

(omissis)

Delega al Governo per la revisione della normativa in materia di filiazione.

NT C. 2514, Governo.

(Parere alla II Commissione).

(Esame e conclusione - Parere con osservazioni).

Il Comitato inizia l'esame del provvedimento in titolo.

Gianluca GALLETTI, relatore, ricorda che il provvedimento in esame si propone di portare a compimento il disegno - già assai ben delineato fin dalla precedente legge di riforma del diritto di famiglia - di parificare ogni forma di filiazione, nel rispetto dell'articolo 30, terzo comma, della Costituzione. Ciò anche attraverso l'attribuzione al Governo di una specifica delega legislativa, recante tuttavia taluni principi e criteri direttivi che, a suo avviso, andrebbero precisati. Si riferisce, in particolare, alle disposizioni dell'articolo 2, comma 1, lettere d) ed e) che, per i motivi indicati nella sua proposta di parere, richiedono un'ulteriore valutazione da parte della Commissione di merito.

Formula, dunque, la seguente proposta di parere:

«Il Comitato per la legislazione,

esaminato il disegno di legge n. 2514, nel testo trasmesso dalla Commissione come risultante dagli emendamenti approvati, e rilevato che:

esso reca una delega legislativa al Governo per la modifica delle norme di cui al titolo VII del libro primo del codice civile, nonché delle disposizioni ad esse connesse, al fine di eliminare disparità di trattamento tra i figli nati nel matrimonio e i figli nati fuori del matrimonio o da matrimonio putativo; a tale delega si connette (all'articolo 3) l'autorizzazione al Governo a modificare il regolamento di delegificazione in materia di ordinamento dello stato civile (decreto del Presidente della Repubblica n. 396 del 2000);

è corredato della relazione sull'analisi tecnico-normativa (ATN);

è corredato della relazione sull'analisi di impatto della regolamentazione (AIR);

alla luce dei parametri stabiliti dall'articolo 16-bis del Regolamento osserva quanto segue:

sotto il profilo dell'efficacia del testo per la semplificazione e il riordinamento della legislazione vigente:

all'articolo 2, comma 1, lettera d) - che indica tra i principi e criteri direttivi quello della "estensione della presunzione di paternità del marito rispetto ai figli comunque nati o concepiti durante il matrimonio", cui si connette quello della "ridefinizione della disciplina del disconoscimento di paternità" - dovrebbe valutarsi l'opportunità di specificare in che termini si intenda intervenire sulla esperibilità dell'azione di disconoscimento della paternità, atteso che la formulazione della disposizione sembra legittimare sia interventi estensivi che restrittivi;

al medesimo articolo 2, comma 1, lettera e), n. 3 - ove si indica tra i principi e criteri direttivi la previsione dell'autorizzazione giudiziale ai fini del riconoscimento del figlio incestuoso definendone i presupposti - dovrebbe valutarsi l'opportunità di verificare i profili innovativi del principio di delega in esame rispetto alla disciplina vigente, atteso che la medesima prescrizione è già contenuta nell'articolo 251 del codice civile;

all'articolo 3, ove si autorizza il Governo ad apportare le necessarie e conseguenti modifiche al regolamento n. 396 del 2000, in materia di ordinamento dello  stato civile "con regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge n. 400 del 1988, e successive modificazioni", dovrebbe valutarsi l'idoneità del regolamento di attuazione ivi previsto - tenuto conto anche delle funzioni di mero coordinamento con la nuova disciplina ad esso attribuite - ad incidere sul citato decreto n. 396, che ha natura di regolamento di delegificazione, adottato dunque ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988;

sotto il profilo della chiarezza e della proprietà della formulazione:

all'articolo 2, comma 1, lettera e), n. 4 - ove si indica tra i principi e criteri direttivi della delega l'adeguamento della "disciplina attinente all'inserimento del figlio riconosciuto nella famiglia dell'uno o dell'altro genitore (...) alla disciplina in materia di affidamento condiviso, prevedendo il consenso dell'altro coniuge e l'ascolto degli altri figli conviventi" - dovrebbe verificarsi la congruità del richiamo alla normativa in materia di affidamento condiviso, atteso che nella legge n. 54 del 2006, recante "disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli" non appaiono esservi disposizioni immediatamente riferibili all'inserimento dei figli nella famiglia».

Il Comitato approva la proposta di parere.

La seduta termina alle 15.30.


 

 

 

 


I COMMISSIONE PERMANENTE

(Affari costituzionali)

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COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

Mercoledì 19 dicembre 2007. - Presidenza del presidente Riccardo MARONE. - Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Luigi Li Gotti.

La seduta comincia alle 14.

(omissis)

Delega al Governo per la revisione della normativa in materia di filiazione.

Nuovo testo C. 2514 Governo.

(Parere alla II Commissione).

(Esame e conclusione - Parere favorevole con condizioni).

Riccardo MARONE (PD-U), presidente, sostituendo il relatore, illustra il contenuto del provvedimento e formula una proposta di parere favorevole con una condizione (vedi allegato 2).

Marco BOATO (Verdi) dichiara il proprio voto favorevole sulla proposta di parere del relatore.

Nessun altro chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del relatore.

La seduta termina alle 14.40.



ALLEGATO 2

Delega al Governo per la revisione della normativa in materia di filiazione (Nuovo testo C. 2514 Governo).

 

PARERE APPROVATO

 

 

 


Il Comitato permanente per i pareri,

esaminato il nuovo testo della proposta di legge C. 2514 Governo recante «Delega al Governo per la revisione della normativa in materia di filiazione», come risultante dall'esame degli emendamenti in Commissione di merito;

rilevato che le disposizioni da esso recate sono riconducibili, prevalentemente, alla materia «ordinamento civile e penale», che l'articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione attribuisce rientra alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, ed alla materia «tutela della salute», che l'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, attribuisce alla legislazione concorrente tra lo Stato e le regioni;

rilevato che l'articolo 2 reca una delega legislativa al Governo per la modifica della vigente disciplina in materia di filiazione nel senso del superamento di ogni residua discriminazione tra i figli nati nel matrimonio ed i figli nati fuori del matrimonio o da matrimonio putativo;

osservato che, tra i principi e criteri direttivi cui il Governo è tenuto ad attenersi nell'esercizio della delega legislativa, il provvedimento prevede, tra l'altro - alla lettera m) del comma 1 dell'articolo 2 - l'adattamento e il riordino dei criteri di cui agli articoli 33, 34 e 35 della legge 31 maggio 1995, n. 218, concernenti l'individuazione, nell'ambito del sistema di diritto internazionale privato, della legge applicabile, anche con la determinazione di eventuali norme di applicazione necessarie in attuazione, oltre che dei principi dettati dalla legge di delega, di quelli affermati nella giurisprudenza civile e costituzionale;

ritenuto che la disposizione di cui alla predetta lettera m) del comma 1 dell'articolo 2 sia in contrasto con l'articolo 76 della Costituzione nella parte in cui si limita, genericamente, a richiamare i principi «affermati nella giurisprudenza civile e costituzionale», senza specificarne il contenuto;

esprime

PARERE FAVOREVOLE

con la seguente condizione:

la lettera m) del comma 1 dell'articolo 2 sia riformulata individuando espressamente i principi e criteri direttivi cui il Governo è tenuto ad attenersi nell'esercizio della delega legislativa.


 



[1]    Cfr. Corte costituzionale, sent. n. 79 del 1969, ma anche sentt. n. 50 del 1973, n. 82 del 1974, e poi n. 55 del 1979 e n. 167 del 1992.

[2]    L’art. 74 della legge n. 184 del 1983 ha previsto il potere del Tribunale per i minorenni di promuovere d’ufficio l’impugnazione del riconoscimento.

[3]    Il termine (di decadenza) per impugnare il riconoscimento estorto con violenza è di 1 anno dal giorno in cui la violenza è cessata; se l'autore del riconoscimento è un minore, il suddetto termine decorre dal compimento del diciottesimo anno di età. Se il riconoscimento viene annullato per violenza, nulla impedisce che possa nuovamente essere effettuato, questa volta validamente. In caso di riconoscimento effettuato dall'interdetto giudiziale spetta al suo rappresentante proporre l'azione di annullamento, oppure allo stesso autore del risarcimento, decorso 1 anno dalla revoca dell'interdizione.

[4]    L’art. 278, infatti, in base al quale «le indagini sulla paternità o sulla maternità non sono ammesse nei casi in cui, a norma dell’art. 251, il riconoscimento dei figli incestuosi è vietato» è stato dichiarato incostituzionale (Corte cost., sent. n. 494 del 2002).

Peraltro, l’art. 274 c.c. – che prevedeva che, prima di procedere al giudizio, si svolgesse una fase preliminare in cui il tribunale esaminava la domanda in camera di consiglio per ammetterla eventualmente solo quando, sulla base di specifiche circostanze (non quindi necessariamente vere e proprie prove, ma anche soltanto presunzioni), la stessa appariva giustificata - è stato dichiarato costituzionalmente illegittima dalla Corte con la recente sentenza n. 50 del 2006.

[5]    Sul piano del regime successorio, le soluzioni adottate dalla legge di riforma sono state orientate in duplice direzione: verso l'affermazione del sacrificio dei diritti successori degli altri membri della famiglia legittima rispetto a quelli spettanti ai figli nati fuori del matrimonio e verso la totale parificazione della condizione giuridica dei figli legittimi e dei figli naturali nell'ambito sia della successione necessaria che della successione legittima. Il primo risultato è stato raggiunto: sia con la previsione dell'art. 538 c.c., che riserva a favore degli ascendenti legittimi un terzo del patrimonio - che si riduce ad un quarto nell'ipotesi di concorso con il coniuge (art. 544 c.c.) - soltanto "se chi muore non lascia figli legittimi né naturali", sia con l'art. 467 c.c., che prevede il diritto di rappresentazione per i discendenti naturali nei confronti del proprio ascendente anche in presenza di discendenti legittimi. La parificazione della posizione giuridica dei figli legittimi e dei figli naturali nell'ambito della successione dei legittimari è disposta dall'art. 537 c.c., che fissa nella medesima misura la quota di riserva a favore dei figli legittimi e naturali, con il sistema del dimensionamento della quota in relazione al numero dei figli.

[6]    Dal legislatore del '42 questo istituto era configurato come diritto dei figli legittimi di escludere dalla comunione ereditaria i figli naturali, le cui ragioni potevano essere soddisfatte mediante il pagamento di somme di denaro o in beni immobili ereditari, facenti parte dell'asse ereditario e identificati in modo che il loro valore corrispondesse esattamente all'importo della loro quota. La legge di riforma, nella sua diversa ratio, ha modificato questa disciplina, attribuendo ai figli naturali la possibilità di opporsi all'esercizio della commutazione: sull'opposizione decide il giudice, valutate le circostanze personali e patrimoniali.

[7]    La legge, in ogni caso, vieta la legittimazione dei figli che non possono essere riconosciuti, mentre ammette quella dei figli premorti in favore dei loro discendenti legittimi e dei loro figli naturali riconosciuti.

[8]    Sussiste l'impossibilità, ad es., quando uno dei genitori sia deceduto, interdetto o scomparso, oppure abbia contratto un matrimonio diverso; il gravissimo ostacolo può essere rappresentato, ad es., da impedimento di carattere fisico, da una grave malattia contagiosa, o da motivi di carattere morale (ad es., nel caso in cui il padre naturale sia un ministro di culto cattolico).

[9]    Da ultimo, cfr. anche Corte di Cassazione (C. 19011/2007), che ha affermato che la categoria degli eredi legittimi di cui all'art. 565 non comprende tutti i parenti naturali, e in particolare non include tra gli altri parenti di cui all'art. 572 i parenti in linea collaterale di quinto grado, mancando nel nostro ordinamento un'organica normativa che, partendo dal riconoscimento di un unico status filiationis, fornisca una definizione dell'istituto della parentela riferibile a tutte le persone che discendono da uno stesso stipite.

[10]   Il citato art. 147 stabilisce, infatti, che il vincolo del matrimonio “impone ad ambedue i coniugi l'obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole tenendo conto delle capacità, dell'inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli”.

[11]   Infatti, già ai sensi dell’art. 27 della legge quadro n. 184 del 1983, per effetto dell'adozione l'adottato acquista lo stato di figlio legittimo degli adottanti, risultando pienamente equiparato agli altri figli anche sul piano successorio.

[12]   Con riferimento all’AC 3915, si riportano nella tabella sia le novelle recate al codice civile sia i singoli principi e criteri direttivi. Si segnala, preliminarmente che il ddl del Governo prevede il seguente principio di portata generale: sostituzione, in tutta la legislazione vigente, dei riferimenti ai «figli legittimi» e ai «figli naturali» con riferimenti ai «figli», salvo l'utilizzo delle denominazioni di «figli nati nel matrimonio» o di «figli nati fuori del matrimonio» quando si tratta di disposizioni a essi specificamente relative (art. 2, comma 1, lett. b). Si segnala, altresì, il criterio direttivo della conferma della dell’ascolto del minore che abbia adeguata capacità di discernimento (art. 2, comma 1, lett. m). Non sono, infine, riportati i criteri direttivi contenuti nelle lettere o), p) e q) che non incidono direttamente sul codice civile, ma intervengono in materia di diritto internazionale privato (legge n. 218 del 1995) e di adozioni.