Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento giustizia
Titolo: Norme per la tutela delle vittime di reati per motivi di omofobia e transfobia - A.C. 2802 e A.C. 2807 Schede di lettura e riferimenti normativi
Riferimenti:
AC N. 2802/XVI   AC N. 2807/XVI
Serie: Progetti di legge    Numero: 259
Data: 09/12/2009
Descrittori:
EGUAGLIANZA   REATI CONTRO IL CORPO E L' ONORE
REATI SESSUALI   SESSO DELLE PERSONE E SESSUALITA'
Organi della Camera: II-Giustizia

 

Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

Norme per la tutela delle vittime di reati per motivi di omofobia e transfobia

A.C. 2802 e A.C. 2807

Schede di lettura e riferimenti normativi

 

 

 

 

 

 

n. 259

 

 

 

9 dicembre 2009

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento giustizia

( 066760-9148 – * st_giustizia@camera.it

Hanno partecipato alla redazione del dossier i seguenti Servizi e Uffici:

 

Servizio Biblioteca – Ufficio Legislazione Straniera

( 066760-2278 – * Ubib_segreteria@camera.itU

Segreteria Generale – Ufficio Rapporti con l’Unione europea

( 066760-2145 – * Ucdrue@camera.itU

 

 

§         La nota di sintesi e le schede di lettura sono state redatte dal Servizio Studi.

§         Le parti relative alla legislazione straniera sono state curate dal Servizio Biblioteca.

§         Le parti relative ai documenti all’esame delle istituzioni dell’Unione europea e alle procedure di contenzioso sono state curate dall'Ufficio rapporti con l'Unione europea.

 

 

 

I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

File: gi0304.doc

 


INDICE

Schede di lettura

Quadro normativo e contenuto delle proposte di legge  3

Il contrasto all’omofobia e alla transfobia a livello europeo  3

Le precedenti proposte di legge in tema di divieto di discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e l’identità di genere  5

Il contenuto dell’AC 2802 (Soro e altri)5

Il contenuto dell’AC 2807 (Di Pietro ed altri)7

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE (a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)13

Legislazione straniera (a cura del Servizio Biblioteca)15

Le disposizioni penali in materia di omofobia in Francia  15

Le disposizioni penali in materia di omofobia in Belgio e Portogallo  19

Le disposizioni penali in materia di omofobia in Germania, Regno Unito e Spagna  24

Riferimenti normativi

Normativa nazionale

Costituzione della Repubblica Italiana (artt. 3 e 25)33

Codice penale (artt. 61, 98, 575-593, 600-604, 605-609-decies, 610-613)34

L. 4 agosto 1955, n. 848. Ratifica ed esecuzione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali firmata a Roma il 4 novembre 1950 e del Protocollo addizionale alla Convenzione stessa, firmato a Parigi il 20 marzo 1952  (art. 14 della Convenzione)70

L. 20 maggio 1970 n. 300. Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento (art. 38)72

L. 13 ottobre 1975, n. 654. Ratifica ed esecuzione della convenzione internazionale sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale, aperta alla firma a New York il 7 marzo 1966.73

L. 8 marzo 1989 n. 101. Norme per la regolazione dei rapporti tra lo Stato e l'Unione delle Comunità ebraiche italiane (art. 2)85

L. 5 febbraio 1992 n. 104. Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate (art- 36)86

D.L. 26 aprile 1993, n. 122,  convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 25 giugno 1993, n. 205,  Misure urgenti in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa  87

L. 15 dicembre 1999, n. 482. Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche (art. 18-bis)93

D.Lgs. 9 luglio 2003, n. 216. Attuazione della direttiva 2000/78/CE per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro.94

D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276. Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla L. 14 febbraio 2003, n. 30 (artt. 10 e 18)100

L. 24 febbraio 2006 n. 85. Modifiche al codice penale in materia di reati di opinione (art. 13)103

L. 2 agosto 2008, n. 130. Ratifica ed esecuzione del Trattato di Lisbona che modifica il Trattato sull'Unione europea e il Trattato che istituisce la Comunità europea e alcuni atti connessi, con atto finale, protocolli e dichiarazioni, fatto a Lisbona il 13 dicembre 2007 (art. 1, co. 4, art. 2, co. 18 e 33)104

L. 15 luglio 2009, n. 94. Disposizioni in materia di sicurezza pubblica (art. 3, co. 1)107

Normativa comunitaria

Direttiva del Consiglio che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro  (Dir. 27 novembre 2000, n. 2000/78/CE)111

Giurisprudenza

Corte di Cassazione

Cass. pen., Sez. 1, Sentenza 28 febbraio – 7 giugno 2001, n. 23024  129

Documentazione

Unione Europea

Trattato sull'Unione europea del 7-2-1992  (n.d.r. Versione in vigore dal 1° dicembre 2009) (art. 3 – ex art. 2 del TUE)143

Trattato sul funzionamento dell'Unione europea del 25-3-1957  (n.d.r. Versione in vigore dal 1° dicembre 2009) (artt. 10 e 19)144

Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea adottata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo (art. 21)145

Parlamento europeo - Risoluzione sulla discriminazione dei transessuali, 12 settembre 1989  147

Parlamento europeo -  Risoluzione sull'omofobia in Europa - Strasburgo, 18 gennaio 2006  149

Parlamento europeo - Risoluzione sull’omofobia in Europa,    Strasburgo, 26 aprile 2007  153

Consiglio d’Europa

Assemblea, 29 settembre 1989, Recommendation 1117 (1989)1 on the condition of transsexuals  (in inglese)161

Camera dei Deputati

A.C. 1658-1882 A  (testo unificato della Commissione) Modifica all'articolo 61 del codice penale, concernente l'introduzione della circostanza aggravante relativa all'orientamento o alla discriminazione sessuale  165

Assemblea - seduta del 13 ottobre 2009 - Esame e votazione di una questione pregiudiziale - Seguito della discussione e reiezione del testo unificato A.C. 1658-1882-A  169

 


Schede di lettura

 


Quadro normativo e contenuto delle proposte di legge

Entrambe le proposte di legge mirano a fornire una tutela contro ogni discriminazione fondata sull’omofobia e la transfobia.

Il contrasto all’omofobia e alla transfobia a livello europeo

Provvedimenti mirati alla specifica tutela degli omosessuali e transessuali si rintracciano nell’ambito degli interventi attuati a livello comunitario per prevenire ogni discriminazione fondata sull’orientamento sessuale.

 

Il divieto di discriminazioni per motivi legati all’orientamento sessuale trova un importante riferimento normativo nell’articolo 13, n. 1 (articolo 19 a seguito dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona), della versione consolidata del Trattato 25 marzo 1957, che istituisce la Comunità europea.

Tale disposizione – frutto di una modifica introdotta dal Trattato di Amsterdam – prevede che il Consiglio, deliberando all'unanimità su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo, possa prendere i provvedimenti opportuni per combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l'origine etnica, la religione o le convinzioni personali, gli handicap, l'età o le tendenze sessuali[1]. L’espressione “tendenze sessuali” è, da ultimo, sostituita con l’espressione “orientamento sessuale” dalla recente entrata in vigore del Trattato di Lisbona.

Il Trattato di Lisbona ha, inoltre, introdotto l’articolo 10 che prevede che, nella definizione e nell'attuazione delle sue politiche e azioni, l'Unione mira a combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l'origine etnica, la religione o le convinzioni personali, la disabilità, l'età o l'orientamento sessuale.

Con riferimento alla parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, il D.Lgs. 216/2003[2], di attuazione della direttiva 2000/78/CE, stabilisce che parità implica assenza di qualsiasi discriminazione diretta o indiretta a causa della religione, delle convinzioni personali, degli handicap, dell'età o dell'orientamento sessuale (art. 2)[3].

Peraltro si osserva che anche l’ordinamento penale italiano in un’ipotesi prende in considerazione l’orientamento sessuale: il decreto legislativo n. 276 del 2003[4], in materia di occupazione e mercato del lavoro, vieta in particolare alle agenzie per il lavoro e agli altri soggetti pubblici e privati di effettuare qualsivoglia indagine sull’orientamento sessuale dei lavoratori (art. 10). La violazione di tale disposizione è punita con sanzioni penali (art. 18 che rinvia all’art. 38 dello Statuto dei lavoratori[5]).

 

In particolare, già con la Risoluzione sulla discriminazione dei transessuali del 12 settembre 1989, il Parlamento europeo invitava da una parte il Consiglio d’Europa a emanare una convenzione per la tutela dei transessuali e, dall’altra, la Commissione e il Consiglio a precisare che le direttive comunitarie sull’equiparazione di uomini e donne sul posto di lavoro vieta anche la discriminazione dei transessuali.

Pochi giorni dopo al Parlamento europeo faceva eco l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa che attraverso la Raccomandazione 1117 (1989) sulla condizione dei transessuali invitava gli Stati membri a proibire ogni forma di discriminazione dei transessuali in base all’art. 14 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo[6].

Per quanto riguarda invece l’omofobia, si ricorda che il 18 gennaio 2006 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sull'omofobia in Europa, con la quale, condannando ogni forma di omofobia, ha chiesto agli Stati membri di contrastare tali fenomeni e alla Commissione europea di far sì che la discriminazione basata sull'orientamento sessuale sia vietata in tutti i settori. Con la successiva Risoluzione del 26 aprile 2007 sull'omofobia in Europa il Parlamento europeo è tornato a chiedere alla Commissione di garantire che la discriminazione sulla base dell'orientamento sessuale in tutti i settori sia vietata completando il pacchetto legislativo contro la discriminazione basato sull'articolo 13 del trattato CE, «senza il quale lesbiche, gay, bisessuali e altre persone che si trovano a far fronte a discriminazioni multiple continuano ad essere a rischio di discriminazione».

 

Le precedenti proposte di legge in tema di divieto di discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e l’identità di genere

All’inizio della XVI legislatura la Commissione Giustizia della Camera ha avviato l’esame di due proposte di legge (AC 1658 e AC 1882) volte a fornire una tutela contro ogni discriminazione fondata sull’orientamento sessuale del singolo o sulla sua identità di genere. Entrambe le proposte novellavano la legge n. 654 del 1975, di ratifica ed esecuzione della Convenzione contro il razzismo, integrando le ipotesi di discriminazione penalmente sanzionate dall’articolo 3.

A seguito di un ampio dibattito svoltosi in Commissione, il testo risultante dall’esame in sede referente (AC 1658-1882-A) non interveniva sulla legge del 1975, ma introduceva nell’art. 61 c.p. una nuova circostanza aggravante dei delitti non colposi contro la vita e l'incolumità individuale, contro la personalità individuale, contro la libertà personale e contro la libertà morale, consistente nell'avere commesso il fatto per finalità inerenti all'orientamento o alla discriminazione sessuale della persona offesa.

Tale testo è stato respinto dall’Assemblea, a seguito dell’approvazione di una questione pregiudiziale presentata dal gruppo dell’UDC (Vietti ed altri n. 1) per motivi di costituzionalità (seduta del 13 ottobre 2009).

In particolare, in tale strumento procedurale si evidenziava, da un lato, la violazione dell’articolo 3 Cost., che sancisce il principio di uguaglianza, posto che chi subisce violenza, presumibilmente per ragioni di orientamento sessuale, riceverebbe una protezione privilegiata rispetto a chi subisce violenza tout court; dall’altro, l’indeterminatezza dell’espressione “orientamento sessuale” per violazione del principio di tassatività delle fattispecie penali di cui all’art. 25 Cost.

 

Si segnala che, nel parere espresso l’8 ottobre, anche la I Commissione, formulando una specifica condizione sul punto, aveva rilevato la necessità di definire adeguatamente la nozione di “orientamento sessuale”, anche al fine del rispetto del principio costituzionale di determinatezza della fattispecie penale.

 

Il contenuto dell’AC 2802 (Soro e altri)

La proposta di legge AC 2802 (Soro e altri), riprendendo in parte il contenuto dell’AC 1658-1882-A (v. sopra), novella l’articolo 61 del codice penale relativo alle aggravanti comuni del reato.

 

Come è noto, le circostanze aggravanti comportano un aumento della pena; le aggravanti sono distinte in:

-         comuni, previste nella parte generale del codice penale e applicabili alla generalità dei reati (art. 61 c.p.[7]);

-         speciali, previste nella parte speciale del codice (es. artt. 600-sexies, in tema di aggravanti dei reati di sfruttamento sessuale minorile; 609-ter, in tema di aggravanti dei delitti di violenza sessuale) e applicabili solo ad alcuni specifici reati.

 

La circostanza aggravante inserita non è riferibile alla generalità dei reati, ma solo a un catalogo di delitti predeterminati dal legislatore. Occorre quindi valutare se mantenere la sua collocazione nell’ambito dell’art. 61 c.p.

 

L’articolo 1 introduce una nuova aggravante (n. 11-quater), che ricorre quando l’autore del delitto ha commesso il fatto per motivi di omofobia e transfobia, che vengono così qualificati: motivi di odio e discriminazione in ragione dell’orientamento sessuale della vittima del reato

-          verso persone dello stesso sesso;

-          verso persone del sesso opposto;

-          verso persone di entrambi i sessi.

 

Con la specificazione relativa al concetto di orientamento sessuale, i proponenti intendono superare le obiezioni che erano state mosse in sede di esame delle proposte sull’orientamento sessuale (v. sopra), relative al mancato rispetto del principio costituzionale di determinatezza della fattispecie penale (cfr., in particolare, il parere espresso l’8 ottobre 2009 dalla I Commissione e la questione di pregiudizialità approvata dall’Assemblea il 13 ottobre 2009).

Questa particolare definizione del concetto di orientamento sessuale è analoga a quella contemplata nell’ordinamento del Regno Unito. Nella nota esplicativa (explanatory memorandum) alle “Equality Act (Sexual Orientation) Regulations 2007”, si fornisce, infatti, la seguente definizione di orientamento sessuale:

“Per orientamento sessuale s’intende l’orientamento sessuale di un individuo verso:

•      Persone del suo stesso sesso (omosessuali di entrambi i sessi);

•      Persone del sesso opposto (eterosessuali); oppure

•      Persone di entrambi i sessi (bisessuali)”[8].

 

Tale aggravante ha carattere speciale in quanto è applicabile solo ai seguenti delitti non colposi:

§         delitti contro la vita e l'incolumità individuale (Libro II, Titolo XII, Capo I, artt. 575-593 c.p.);

§         delitti contro la personalità individuale (Libro II, Titolo XII, Capo III, Sezione I, artt. 600-604 c.p.);

§         delitti contro la libertà personale (Libro II, Titolo XII, Capo III, Sezione II, artt. 605-609-decies c.p.);

§         delitti contro la libertà morale (Libro II, Titolo XII, Capo III, Sezione III, artt. 610-613 c.p.).

 

L’articolo 2 della proposta di legge prevede che il Governo, attraverso il Ministro per le pari opportunità, debba ogni anno (entro febbraio) presentare una relazione al Parlamento sulle azioni intraprese, gli obiettivi raggiunti e gli indirizzi seguiti contro le discriminazioni motivate da omofobia e transfobia.

 

Il contenuto dell’AC 2807 (Di Pietro ed altri)

La proposta di legge AC 2807 (Di Pietro e altri) interviene sulla legge n. 654 del 1975 e sul decreto-legge n. 122 del 1993 (c.d. Legge Mancino).

 

La legge 13 ottobre 1975, n. 654[9], di ratifica ed esecuzione della Convenzione contro il razzismo adottata dalle Nazioni Unite a New York nel 1966[10], sanziona, all’articolo 3, le condotte di apologia, istigazione e associazione finalizzate alla discriminazione. Analiticamente, l’articolo 3 punisce:

§         chiunque diffonde in qualsiasi modo idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero incita a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi (comma 1, lett. a): reclusione fino ad un anno e 6 mesi o multa fino a 6.000 euro);

§         chiunque, in qualsiasi modo, incita a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi (comma 1, lett. b): reclusione da 6 mesi a 4 anni);

§         chiunque partecipa o presta assistenza ad organizzazioni o gruppi aventi tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi (comma 3: reclusione da 6 mesi a 4 anni);

§         chiunque promuove o dirige organizzazioni o gruppi aventi tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi (comma 3: reclusione da 1 a 6 anni).

 

La proposta di legge (articolo 1) interviene su tutte le fattispecie aggiungendo alle attuali forme di discriminazione (per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi), la discriminazione fondata sull’omofobia o sulla transfobia.

 

Normativa vigente

AC 2807

Art. 3

Art. 3

1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, anche ai fini dell'attuazione della disposizione dell'articolo 4 della convenzione, è punito:

1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, anche ai fini dell'attuazione dell'articolo 4 della convenzione, è punito:

a) con la reclusione fino ad un anno e sei mesi o con la multa fino a 6.000 euro chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi;

a) con la reclusione fino a tre anni chiunque, in qualsiasi modo, diffonde idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico, ovvero incita a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali, religiosi o fondati sull'omofobia o sulla transfobia;

b) con la reclusione da sei mesi a quattro anni chi, in qualsiasi modo, istiga a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi.

b) con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, in qualsiasi modo, incita a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali, religiosi o fondati sull'omofobia o sulla transfobia.

3. È vietata ogni organizzazione, associazione, movimento o gruppo avente tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. Chi partecipa a tali organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi, o presta assistenza alla loro attività, è punito, per il solo fatto della partecipazione o dell'assistenza, con la reclusione da sei mesi a quattro anni. Coloro che promuovono o dirigono tali organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi sono puniti, per ciò solo, con la reclusione da uno a sei anni.

3. È vietata ogni organizzazione, associazione, movimento o gruppo avente tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali, religiosi o fondati sull'omofobia o sulla transfobia. Chi partecipa a tali organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi, o presta assistenza alla loro attività, è punito, per il solo fatto della partecipazione o dell'assistenza, con la reclusione da sei mesi a quattro anni. Coloro che promuovono o dirigono tali organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi sono puniti, per ciò solo, con la reclusione da uno a sei anni.

 

Si evidenzia, inoltre, che nel sostituire l’art. 3, comma 1, la proposta di legge sostituisce al concetto di “propaganda di idee” quello di “diffusione di idee” e all’”istigazione a commettere” il concetto diverso di “incitamento a commettere”.

 

Tali modifiche, come spiega la relazione illustrativa sono volte a reintrodurre il testo antecedente alla legge 85 del 2006 (che “non punendo più la diffusione delle idee discriminanti ma la propaganda, e non più l'incitamento a discriminare o a delinquere ma l'istigazione, introduce modifiche che potrebbero sembrare solo terminologiche ma che in realtà dal punto di vista della legge penale introducono fattispecie più circoscritte e riducono il numero dei comportamenti punibili”), ritenuto maggiormente aderente alla Convenzione (il cui articolo 4, lett. a), impegna gli Stati a dichiarare crimini punibili dalla legge, ogni diffusione di idee basate sulla superiorità o sull'odio razziale, ogni incitamento alla discriminazione razziale).

 

L’articolo 2 della proposta di legge interviene sul decreto-legge n. 122 del 1993 (c.d. “Decreto Mancino”) per coordinarne il contenuto con le modifiche apportate alla legge n. 654 del 1975.

 

Il decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122[11] ha provveduto ad inasprire le pene per i delitti previsti dalla legge del 1965 (v. sopra) e ha introdotto (articolo 1) sanzioni accessorie in caso di condanna (dall’obbligo di prestare un'attività non retribuita a favore della collettività all’obbligo di permanenza in casa entro orari determinati; dalla sospensione della patente di guida o del passaporto al divieto di detenzione di armi, al divieto di partecipare, in qualsiasi forma, ad attività di propaganda elettorale).

Il D.L. n. 122/1993, inoltre, facendo costante rinvio alle fattispecie di cui all’articolo 3 della legge n. 654 del 1975, all’articolo 2 ha previsto sanzioni penali per:

§         chiunque, in pubbliche riunioni, compia manifestazioni esteriori od ostenti emblemi o simboli di tipo razzista, o basati sull’odio etnico, nazionale o religioso propri o usuali delle organizzazioni di cui all’art. 3 della legge n. 654/1975 (art. 2, comma 1: reclusione fino a 3 anni e multa da 103 a 258 euro;

§         chiunque acceda ai luoghi ove si svolgono competizioni agonistiche con gli emblemi o i simboli sopra citati (art. 2, comma 2: arresto da 3 mesi ad un anno).

Infine, il decreto-legge ha introdotto (articolo 3) la circostanza aggravante della finalità di discriminazione o di odio etnico: per qualsiasi reato - ad eccezione di quelli per i quali è previsto l’ergastolo - commesso per le finalità di discriminazione di cui alla legge n. 654/75, la pena viene aumentata fino alla metà.

 

La proposta di legge modifica tanto il titolo del decreto-legge (comma 1), quanto la rubrica dell’articolo 1, relativo alle sanzioni accessorie (comma 2), quanto l’articolo 3, in tema di aggravanti (comma 3), per inserirvi un espresso riferimento alla discriminazione fondata sull’omofobia o sulla transfobia. Le novelle comportano, anche in tali casi l’applicabilità delle disposizioni speciali previste dal decreto-legge in tema di perquisizioni e sequestri (art. 5), procedibilità, arresto in flagranza e competenza (art. 6).

 

Normativa vigente

AC 2807

D.L. 26 aprile 1993, n. 122,
Misure urgenti in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa

D.L. 26 aprile 1993, n. 122,
Misure urgenti in materia di discriminazione razziale, etnica, religiosa o fondata sull'omofobia o sulla transfobia

Art. 1
Discriminazione, odio o violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi

Art. 1
Discriminazione, odio o violenza per motivi razziali, etnici, nazionali, religiosi o fondati sull'omofobia o sulla transfobia

1-bis. Con la sentenza di condanna per uno dei reati previsti dall'articolo 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654, o per uno dei reati previsti dalla legge 9 ottobre 1967, n. 962, il tribunale può altresì disporre una o più delle seguenti sanzioni accessorie:

a) obbligo di prestare un'attività non retribuita a favore della collettività per finalità sociali o di pubblica utilità, secondo le modalità stabilite ai sensi del comma 1-ter;

b) obbligo di rientrare nella propria abitazione o in altro luogo di privata dimora entro un'ora determinata e di non uscirne prima di altra ora prefissata, per un periodo non superiore ad un anno;

c) sospensione della patente di guida, del passaporto e di documenti di identificazione validi per l'espatrio per un periodo non superiore ad un anno, nonché divieto di detenzione di armi proprie di ogni genere;

d) divieto di partecipare, in qualsiasi forma, ad attività di propaganda elettorale per le elezioni politiche o amministrative successive alla condanna, e comunque per un periodo non inferiore a tre anni.

1-bis. Identico.

1-ter. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il Ministro di grazia e giustizia determina, con proprio decreto, le modalità di svolgimento dell'attività non retribuita a favore della collettività di cui al comma 1-bis, lettera a).

1-ter. Identico.

1-quater. L'attività non retribuita a favore della collettività, da svolgersi al termine dell'espiazione della pena detentiva per un periodo massimo di dodici settimane, deve essere determinata dal giudice con modalità tali da non pregiudicare le esigenze lavorative, di studio o di reinserimento sociale del condannato.

1-quater. Identico.

1-quinquies. Possono costituire oggetto dell'attività non retribuita a favore della collettività: la prestazione di attività lavorativa per opere di bonifica e restauro degli edifici danneggiati con scritte, emblemi o simboli propri o usuali delle organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi di cui al comma 3 dell'art. 3, L. 13 ottobre 1975, n. 654 ; lo svolgimento di lavoro a favore di organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato, quali quelle operanti nei confronti delle persone handicappate, dei tossicodipendenti, degli anziani o degli extracomunitari; la prestazione di lavoro per finalità di protezione civile, di tutela del patrimonio ambientale e culturale, e per altre finalità pubbliche individuate con il decreto di cui al comma 1-ter.

1-quinquies. Identico.

1-sexies. L'attività può essere svolta nell'ambito e a favore di strutture pubbliche o di enti ed organizzazioni privati.

1-sexies. Identico.

 

 

Art. 3
Circostanza aggravante

Art. 3
Circostanza aggravante

1. Per i reati punibili con pena diversa da quella dell'ergastolo commessi per finalità di discriminazione o di odio etnico, nazionale, razziale o religioso, ovvero al fine di agevolare l'attività di organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi che hanno tra i loro scopi le medesime finalità, la pena è aumentata fino alla metà.

1. Per i reati punibili con pena diversa da quella dell'ergastolo commessi per motivi di discriminazione o di odio etnico, nazionale, razziale o religioso o per motivi fondati sull'omofobia o sulla transfobia, ovvero al fine di agevolare l'attività di organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi che hanno tra i loro scopi le medesime finalità, la pena è aumentata fino alla metà.

2. Le circostanze attenuanti, diverse da quella prevista dall'articolo 98 del codice penale, concorrenti con l'aggravante di cui al comma 1, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a questa e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità di pena risultante dall'aumento conseguente alla predetta aggravante.

2. Identico.

 

Si evidenzia, inoltre, che con la novella all’art. 3, comma 1, la proposta di legge sostituisce al concetto di “finalità di discriminazione” quello di “motivi di discriminazione”.

 

Tale modifica, come spiega la relazione illustrativa, è volta a evitare che «i reati commessi con motivazioni discriminatorie, quale che sia la condizione discriminata, siano considerati reati di dolo specifico che pongono notevoli problemi di accertamento, di non facile soluzione, in capo all'autorità giudicante». La questione della sostituzione dell’espressione “finalità di discriminazione” con quella di “motivi di discriminazione” era già emersa nel corso dell’esame del testo unificato delle proposte di legge AC 1658 e 1882 (seduta del 6 ottobre).

 


 

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

La lotta contro l’omofobia, utilizzando meglio gli strumenti giuridici e finanziari esistenti, costituisce una delle priorità della comunicazione della Commissione(COM(2009)262) relativa al Programma 2010-2014 sullo spazio di libertà, sicurezza e giustizia (programma di Stoccolma) presentata il10 giugno 2009.

Nella risoluzione sul programma adottata il 25 novembre scorso, il  Parlamento europeo ha sottolineato la necessità che tra le priorità del programma di Stoccolma rientrino l'impegno attivo per una maggiore sensibilizzazione alla normativa antidiscriminazione e l'uguaglianza di genere, la lotta alla povertà, alla discriminazione basata sul genere, sull'orientamento sessuale, sull'età, sulla disabilità, sull'affiliazione o credo religiosi, sul colore, sull'ascendenza, sull'origine nazionale o etnica, al razzismo, all'antisemitismo, alla xenofobia e all'omofobia, nonché la tutela dei minori e delle minoranze.

Il programma è stato esaminato da ultimo dal Consiglio giustizia e affari interni del 30 novembre-1°dicembre 2009, in vista della definitiva adozione da parte del Consiglio europeo del 10 dicembre prossimo.,Un piano d’azione dettagliato, relativo al nuovo programma, dovrebbe essere presentato dalla Commissione all’inizio del 2010 e adottato nel corso del semestre di  Presidenza spagnola dell’UE ( 1°gennaio - 30 giugno 2010.)

L'Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali (Fundamental Rights Agency, FRA) ha pubblicato nel giugno 2008 lo studio "Homophobia and Discrimination on Grounds of Sexual Orientation and Gender Identity in the EU Member States". Tra le altre cose, lo studio sottolinea che l'incitamento all'odio e alla violenza omosessuali rappresentano degli ostacoli che impediscono agli individui di esercitare i loro diritti in modo non discriminatorio, tra cui il diritto alla libertà di circolazione, e suggerisce che l'omofobia dovrebbe essere combattuta in modo più efficace utilizzando le normative comunitarie in materia penale. Conclude affermando che sono necessari una più ampia tutela giuridica, nonché maggiori poteri e risorse per gli organismi specializzati in questioni di parità, e sollecita la discussione in tal senso di nuove misure sulla non discriminazione in seno alla UE.

Un invito alla Commissione europea a proporre un atto legislativo per combattere l’omofobia mediante il diritto penale è contenuto anche nella risoluzione del Parlamento europeo del 14 gennaio 2009 sulla situazione dei diritti fondamentali nell’UE (2004-2008). Sia il Parlamento europeo che l’Agenzia UE per i diritti fondamentali hanno inoltre sottolineato la necessità di una rapida adozione della proposta di direttiva orizzontale anti-discriminazioni, all’esame delle istituzioni UE

La proposta di direttiva in questione (COM(2008)426), relativa alla parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla religione, le convinzioni personali, la disabilità, l’età o l’orientamento sessuale, anche al di fuori della sfera lavorativa, è stata presentata dalla Commissione europea il 2 luglio 2008 ed ha inteso ampliare  la normativa europea vigente, applicabile all’ambito occupazionale e alla formazione professionale (Direttiva 2000/43/CE, che attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica; direttiva 2000/78/CE, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro).

La proposta è volta a istituire un quadro normativo per il divieto della discriminazione e a stabilire un livello minimo uniforme di tutela all’interno dell’Unione europea per le persone vittime di discriminazione. Al fine di rimuovere impedimenti o ostacoli  essa interviene in alcuni aspetti positivi quali la protezione e la sicurezza sociale, l’assistenza sanitaria, le prestazioni sociali, l’istruzione e l’accesso a beni e servizi e la loro fornitura. La proposta non prevede peraltro sanzioni di carattere penale.

La presentazione della proposta è stata auspicata dal PE in due risoluzioni sull’omofobia rispettivamente del 18 gennaio 2006 e del 26 aprile 2007, nelle quali si condanna con forza ogni discriminazione fondata sull'orientamento sessuale e si chiede agli Stati membri di assicurare che le persone vengano protette da discorsi e da atti di violenza omofobici, adottando le misure che ritengano opportune.

La proposta, che segue la procedura di consultazione e sulla quale il Parlamento europeo ha adottato il proprio parere il 2 aprile 2009, è in attesa dell’adozione finale da parte del Consiglio.

 

 


Legislazione straniera
(a cura del Servizio Biblioteca)

Le disposizioni penali in materia di omofobia in Francia

Negli ultimi decenni la Francia ha conosciuto un aumento significativo di atti a carattere omofobo, caratterizzati soprattutto da aggressioni fisiche o verbali alle persone.

Per combattere tali fenomeni il legislatore ha migliorato, a partire dal 2003, i propri strumenti repressivi con l’approvazione di alcune leggi che, nel  rafforzare in generale le misure anti-discriminazione, dettano disposizioni specifiche finalizzate alla lotta all’omofobia.

In particolare la loi n°2003-239 du 18 mars 2003 pour la sécurité interieure ha creato, per alcune infrazioni penali, la circostanza aggravante per i reati o delitti commessi in ragione dell’orientamento sessuale della vittima     (il testo in vigore della legge  è consultabile all’indirizzo internet Uhttp://www.legifrance.gouv.fr/./affichTexte.do?cidTexte=JORFTEXT000000412199&fastPos=1&fastReqId=663751380&categorieLien=cid&oldAction=rechTexteU).

Per la prima volta la legge ha previsto di considerare il movente omofobo come circostanza aggravante di alcune infrazioni penali.

Anche la successiva loi n°2004-204 du 9 mars 2004 portant adaptation de la justice aux évolutions de la criminalité, apportando altre modifiche al Codice penale, ha disposto un aggravamento delle pene in caso di discriminazione ed ha esteso alle minacce, al furto e all’estorsione (Codice Penale, artt. 222-18-1, 311-4 e 312-2) le fattispecie di reato cui può essere applicata la circostanza aggravante a carattere omofobo.

La legislazione penale francese, anche alla luce di questi recenti interventi riformatori, prevede norme direttamente applicabili alla lotta contro la omofobia nel Codice penale e nella Legge sulla libertà di stampa (per una presentazione sintetica della normativa penale in materia di lotta contro le discriminazioni e, tra queste, l’omofobia si segnala il dossier Les dispositions pénales en matière de lutte contre le racisme, l’antisémitisme et les discriminations, 2004, a cura del  Ministère de la Justice  -Uhttp://www.justice.gouv.fr/art_pix/guideracisme.pdfU).

 

a) Il Codice penale

 

Il Codice penale (Parte legislativa)

 

§         Gli articoli da 225-1 a 225-4 disciplinano il reato di discriminazione (Uhttp://www.legifrance.gouv.fr/affichCode.do;jsessionid=A6378052ECDC8E9D5364F407796DF42A.tpdjo08v_3?idSectionTA=LEGISCTA000006165298&cidTexte=LEGITEXT000006070719&dateTexte=20090205U).

In particolare l’art. 225-1 stabilisce, tra le altre ipotesi, che “costituisce una discriminazione ogni distinzione operata tra persone fisiche in ragione  […] , del loro orientamento sessuale”.

L’articolo 225-2 presenta una lista di situazioni discriminatorie per le quali è prevista la pena di tre anni di detenzione e di 45.000 euro di ammenda.

Con riferimento alla discriminazione consistente nel rifiuto di erogazione di un servizio o di fornitura di un bene, la pena prevista è di cinque anni di detenzione e di 75.000 euro di ammenda.

§         L’articolo 432-7  dispone che, qualora la discriminazione consistente nel rifiutare il beneficio di un diritto accordato dalla legge o nell’ostacolare l’esercizio normale di un’attività economica sia commessa da un pubblico ufficiale, essa venga punita con cinque anni di detenzione e 75.000 euro di ammenda (Uhttp://www.legifrance.gouv.fr/affichCode.do;jsessionid=A6378052ECDC8E9D5364F407796DF42A.tpdjo08v_3?idSectionTA=LEGISCTA000006181759&cidTexte=LEGITEXT000006070719&dateTexte=20090205U).

§         L’articolo 132-77 prevede espressamente, per alcune infrazioni penali, l’applicazione di circostanze aggravanti per i reati o delitti commessi in ragione dell’orientamento sessuale della vittima (Uhttp://www.legifrance.gouv.fr/affichCodeArticle.do;jsessionid=ADB65303C2BED4A0E54583C30E27A16C.tpdjo04v_1?cidTexte=LEGITEXT000006070719&idArticle=LEGIARTI000006417502&dateTexte=20090914&categorieLien=idU).

La circostanza aggravante deve essere stabilita in maniera obiettiva ed è riscontrata nel momento in cui il reato è preceduto, accompagnato o seguito da manifestazione di intenzioni, documenti scritti, immagini, oggetti o atti che offendono l’onore e la reputazione della vittima - o di un gruppo di persone di cui fa parte la vittima - in ragione del loro orientamento sessuale vero o presunto.

Si riporta di seguito una tabella riassuntiva dei reati e delle pene, stabilite in base alla circostanza aggravante a carattere omofobo, tratta dal sito del Ministero della Giustizia:

 


 

REATI

PENE

Omicidio volontario

Ergastolo in luogo di 30 anni di reclusione

Torture e atti di barbarie

20 anni di reclusione in luogo di 15 anni

Lesioni personali che hanno provocato involontariamente la morte della vittima

20 anni di reclusione in luogo di 15 anni

Lesioni personali che hanno provocato un’invalidità permanente

15 anni di reclusione in luogo di 10 anni e 150.000 euro di ammenda

Lesioni personali che hanno provocato un’invalidità temporanea superiore a 8 giorni

5 anni di reclusione e 75.000 euro di ammenda in luogo di 3 anni e 45.000 euro di ammenda

Lesioni personali che hanno provocato un’invalidità temporanea inferiore o uguale ad 8 giorni o alcuna invalidità temporanea

3 anni di reclusione e 45.000 euro di ammenda in luogo di una contravvenzione della 5° classe  (1.500 euro di ammenda)

Stupro

20 anni di reclusione in luogo di 15 anni

Aggressioni sessuali

10 anni di reclusione e 150.000 euro di ammenda in luogo di 5 anni 75.000 euro di ammenda

Minaccia di commettere un reato contro la persona

2 anni di reclusione e 30.000 euro di ammenda in luogo di 6 mesi e 7.500 euro

Minaccia di morte

5 anni di reclusione e 75.000 euro di ammenda in luogo di 3 anni e 45.000 euro

Minaccia di commettere un reato qualora la vittima non rispetti un determinato ordine

5 anni di reclusione e 75.000 euro di ammenda in luogo di 3 anni e 45.000 euro

Minaccia di morte qualora la vittima non rispetti un determinato ordine

7 anni di reclusione e100.000 euro di ammenda in luogo di 5 anni e 75.000 euro

Furto

5 anni di reclusione e 75.000 euro di ammenda in luogo di 3 anni e 45.000 euro

Estorsione

10 anni di reclusione e 150.000 euro di ammenda in luogo di 7 anni e 100.000 euro

 

II Codice penale (Parte regolamentare)

§         L’art. R625-7 del Codice penale stabilisce che la provocazione non pubblica alla discriminazione, all’odio o alla violenza nei riguardi di una persona o di un gruppo di persone in ragione dell’orientamento sessuale sia punita con l’ammenda di 1.500 euro prevista per le contravvenzioni della 5° classe (Uhttp://www.legifrance.gouv.fr/affichCode.do;jsessionid=A6378052ECDC8E9D5364F407796DF42A.tpdjo08v_3?idSectionTA=LEGISCTA000006165460&cidTexte=LEGITEXT000006070719&dateTexte=20090205U) .

§         Gli art. R624-3 e R624-4 del Codice penale dispongono che la diffamazione e l’ingiuria non pubbliche nei confronti di una persona o un gruppo di persone in ragione dell’orientamento sessuale siano punite con l’ammenda di 750 euro prevista per le contravvenzioni della 4° classe    (Uhttp://www.legifrance.gouv.fr/affichCode.do;jsessionid=A6378052ECDC8E9D5364F407796DF42A.tpdjo08v_3?idSectionTA=LEGISCTA000006165419&cidTexte=LEGITEXT000006070719&dateTexte=20090205U).

 

b) La Loi du 29 juillet 1881 sur la liberté de la presse

 

L’art. 24 della legge sulla libertà di stampa  (il testo in vigore della legge è consultabile all’indirizzo internet Uhttp://www.legifrance.gouv.fr/affichTexte.do?cidTexte=LEGITEXT000006070722&dateTexte=20090205U) prevede, qualunque sia il supporto di comunicazione usato tra quelli previsti all’art. 23, la pena di un anno di reclusione e di 45.000 euro di ammenda per il reato di provocazione pubblica alla discriminazione, all’odio o alla violenza in ragione dell’orientamento sessuale, vero o presunto.

La stessa pena è prevista, all’art. 32 della legge, per la diffamazione a mezzo stampa (o altro strumento di comunicazione) di una persona o un gruppo di persone in ragione del loro orientamento sessuale, vero o presunto.

L’art. 33 della legge stabilisce la pena di sei mesi di reclusione e di 22.500 euro di ammenda per il reato di ingiuria a mezzo stampa (o altro strumento di comunicazione) rivolta ad una persona o un gruppo di persone per motivi omofobi.


 

Le disposizioni penali in materia di omofobia in Belgio e Portogallo

Belgio

 

Il Belgio consacra nella sua Costituzione (artt. 10 e 11) il principio di uguaglianza dei cittadini davanti alla legge e il principio di non discriminazione, pur senza menzionare espressamente le discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale.

 

Nel 1981 il legislatore belga ha introdotto disposizioni specifiche a livello federale, ma solo contro le discriminazioni fondate sul razzismo e la xenofobia (legge del 30 luglio 1981) mentre in anni più recenti (legge del 25 febbraio 2003) ha ampliato il campo delle discriminazioni condannabili, includendo anche l’orientamento sessuale tra i motivi di discriminazione illegittima.

 

Nel 2007, a seguito della sentenza n. 157 del 2004 della Cour d’arbitrage (la Corte costituzionale belga) che ha dichiarato illegittime alcune disposizioni della legge del 2003, è stato approvato un nuovo pacchetto di leggi federali anti-discriminazione. La legge del 10 maggio 2007 tendant à lutter contre certaines formes de discrimination ha riformato la normativa preesistente su alcuni tipi di discriminazione, comprese le discriminazioni a carattere omofobico.

(il testo in vigore della legge è consultabile all’indirizzo internet Uhttp://www.ejustice.just.fgov.be/loi/loi.htmU, mentre la versione pdf del testo originario è consultabile all’indirizzo internet  Uhttp://diversite.be/diversiteit/files/File//wetgeving_legislation/national/Loi%20du%2010%20mai%202007_24pg.pdfU)

La legge federale definisce “un quadro generale  per lottare contro la discriminazione fondata su… l’orientamento sessuale … “(art. 3) e prevede uno specifico “divieto di discriminazione” nei settori della vita pubblica rientranti nel campo di applicazione della legge (tra gli altri, l’accesso a beni e servizi, la protezione e la sicurezza sociale, le cure sanitarie, le relazioni di lavoro, nonché la partecipazione ad attività economiche, sociali, culturali e politiche).

La legge del 2007  non ha introdotto un generale “reato di discriminazione”, fondato sull’orientamento sessuale per i cittadini comuni, ma ha previsto la penalizzazione di taluni atti e comportamenti discriminatori di natura omofobica:

§         l’art. 21 definisce come discriminazione, ai fini della repressione penale, “ogni forma di discriminazione diretta intenzionale o indiretta intenzionale, di ingiunzione a discriminare o di molestia, fondata su uno dei criteri protetti…”, tra i quali l’orientamento sessuale;

§         l’art. 22 prevede il reato di incitazione pubblica e non pubblica alla discriminazione (ex art. 444 del Code Pénal: attentati all’onore o alla considerazione delle persone), attuato in circostanze quali riunioni o luoghi pubblici, ovvero in un luogo non pubblico ma aperto ad un certo numero di  persone con diritto di riunirsi in quel luogo o di frequentarlo, o ancora in un luogo qualsiasi davanti alla persona vittima dell’atto discriminatorio e a testimoni. E’ punibile con una pena da un mese ad un anno di carcere e/o un’ammenda da 50 a 1000 euro chiunque inciti alla discriminazione, all’odio, alla violenza o alla segregazione nei confronti di una persona, di un gruppo, di una comunità o dei loro membri, in ragione di uno dei criteri protetti;

§         l’art. 23 dispone una pena da due mesi a due anni di detenzione per il reato di discriminazione commessa da funzionario o pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni nei confronti di una persona, di un gruppo, di una comunità o dei loro membri, in ragione di uno dei criteri protetti, tra i quali l’orientamento sessuale. Se l’accusato dimostra di aver agito su ordine dei suoi  superiori, in ragione di un obbligo di obbedienza di carattere gerarchico, le pene sono appplicate solo ai superiori che abbiano dato l’ordine. Se i funzionari o gli ufficiali pubblici, accusati di aver ordinato, autorizzato o facilitato un atto discriminatorio, asseriscono che la loro firma sia stata carpita a “sorpresa” (surprise), sono tenuti a far cessare l’atto e a denunciare il colpevole, a pena di essere perseguiti personalmente; inoltre gli autori di atti discriminatori commessi in base alla firma falsa di un funzionario o ufficiale pubblico sono punibili con una pena da dieci a quindici anni di reclusione;

§         l’art. 24 prevede una pena da un mese ad un anno di carcere e/o di un’ammenda da cinquanta a mille euro per coloro che non si conformino alle pronunce o alle sentenze rese in un giudizio per cessazione di atti discriminatori (ex art. 20).

Il Titolo VII della Legge del 2007 ha inoltre modificato il Codice penale, inserendo il movente fondato sull’orientamento sessuale tra le circostanze aggravanti per alcune infrazioni penali, quali aggressione, omicidio, stupro, stalking, incendio doloso, diffamazione e calunnia, profanazione di tombe, atti di vandalismo ed altri  (Codice penale, artt. 377bis, 405quater, 422quater, 438bis, 453bis, 514bis, 525bis, 532bis, 534bis). Il Codice prevede, infatti, che quando un reato o un delitto sia commesso avendo come movente “l’odio, il disprezzo o l’ostilità nei confronti di una persona in ragione (…) del suo orientamento sessuale” le sanzioni siano aggravate (artt. 33 - 42);il minimo delle pene può essere raddoppiato se si tratta di pene correzionali e aumentato di due anni in caso di detenzione.

(il testo degli articoli del Codice penale sopracitati è consultabile all’indirizzo internet Uhttp://www.ejustice.just.fgov.be/loi/loi.htmU)

Per quanto riguarda i settori di rispettiva competenza, le tre Comunità belghe (fiamminga, francofona e germanofona) e le Regioni (Bruxelles, Fiandre e Vallonia) hanno adottato, a partire dal 2002, diversi decreti nell’intento di assicurare coerenza legislativa con l’arsenale antidiscriminazioni approvato a livello federale, pur con contenuti diversi per estensione della tutela e per intensità repressiva.

 

Portogallo

 

Il Portogallo rappresenta il primo Paese dell’Unione Europea ad aver previsto una protezione costituzionale contro la discriminazione fondata espressamente sull’orientamento sessuale.

Con la legge costituzionale n. 1/2004, entrata in vigore il 31 luglio 2004, la Costituzione portoghese è stata infatti emendata ed è stato incluso l’orientamento sessuale fra i fattori vietati di discriminazione. Il nuovo art. 13, comma 2, della Costituzione stabilisce che “Nessuno potrà essere privilegiato, beneficiato, giudicato, privato di qualsiasi diritto o esonerato da qualsiasi dovere a causa dell’origine, del sesso, della razza, della lingua, del territorio di provenienza, della religione, delle convinzioni politiche o ideologiche, dell’istruzione, della situazione economica, della condizione sociale o dell’orientamento sessuale”.

(Il testo dell’articolo è consultabile all’indirizzo internet: Uhttp://www.parlamento.pt/LEGISLACAO/Paginas/ConstituicaoRepublicaPortuguesa.aspx#art13U)

 

Prima del Portogallo, altri Paesi hanno introdotto questa specifica clausola antidiscriminatoria nel dettato costituzionale: il primo Paese ad agire in tal senso è stato il Sudafrica (1993), seguito dalle isole Fiji (1997), dall’Ecuador (1998) e quindi dalla Svizzera (1999).

 

La Costituzione portoghese, accanto alle disposizioni previste nell’art. 13, stabilisce anche altre misure che assicurano il rispetto del principio di eguaglianza e non discriminazione in diversi campi della vita economica, sociale e politica dei cittadini. In particolare, si rileva l’art. 26, comma 1, della Costituzione, emendato nel 1997, con cui si dispone che: “A tutti sono riconosciuti i diritti all’ identità personale, allo sviluppo della personalità, alla capacità civile, alla cittadinanza, al buon nome e alla reputazione, all'immagine, alla parola, all’ intimità della vita privata e familiare e alla protezione giuridica contro qualsiasi forma di discriminazione

(Il testo dell’articolo è consultabile all’indirizzo internet: Uhttp://www.parlamento.pt/LEGISLACAO/Paginas/ConstituicaoRepublicaPortuguesa.aspx#art26U)

 

Nell’ambito del diritto penale, con l’approvazione della legge n. 57/2007 – che ha ampiamente riformato il Codice penale – il legislatore portoghese ha recentemente introdotto alcune misure che rafforzano l’arsenale repressivo per combattere il fenomeno dell’omofobia.

In particolare, il nuovo art. 240 del Codice penale disciplina il reato di incitamento alla discriminazione, all’odio e alla violenza verso persone fisiche, in ragione della loro razza, colore, origine etnica o nazionale, religione, sesso o orientamento sessuale.

La nuova legislazione penale stabilisce inoltre che l’intento dell’omofobia sia considerato come una circostanza aggravante per alcuni reati.

L’art. 132 del Codice penale, relativo all’ “omicidio aggravato”, dispone al riguardo che, tra le circostanze che rivelino “speciale rimproverabilità o perversione”, rientra quella per cui il soggetto autore del reato sia stato spinto da odio razziale, religioso o politico, o per il colore, l’origine etnica o nazionale, ovvero in ragione del sesso o dell’orientamento sessuale della vittima. Tale reato è sanzionato con la pena della reclusione da dodici a venticinque anni. La pena della detenzione per semplice “omicidio” è invece da otto a sedici anni (art. 131 del Codice penale).

L’art. 145 del Codice penale, che disciplina “l’offesa aggravata all’integrità fisica”, stabilisce inoltre che, qualora le offese che ledono il corpo o la salute di un’altra persona siano prodotte in circostanze che rivelino “speciale rimproverabilità o perversione”, tra cui quelle previste all’art. 132, comma 2 (che, come già evidenziato, comprendono il movente omofobico), sono previste pene specifiche: fino a quattro anni di reclusione, se è stato commesso il reato di “offesa semplice all’integrità fisica”; da tre a dodici anni di reclusione, nel caso di “offesa aggravata all’integrità fisica”.

I reati di “offesa semplice all’integrità fisica” e di “offesa aggravata all’integrità fisica” della vittima, senza l’aggiunta della circostanza aggravante, sono invece puniti, rispettivamente, con la pena della reclusione fino a tre anni o con la pena della multa (art. 143 del Codice penale) e con la pena della reclusione da due a dieci anni (art. 144 del Codice penale).

(Il testo degli articoli del Codice penale sopracitati è consultabile all’indirizzo internet:Uhttp://www.aspp-psp.pt/images/aspp/codpenal.pdfU)

 


Le disposizioni penali in materia di omofobia in Germania, Regno Unito e Spagna

 

Germania

L’articolo 130, comma 1, del Codice penale tedesco (Strafgesetzbuch - StGB) dispone che chi, in maniera tale da disturbare la pace pubblica, incita all’odio o alla violenza contro elementi della popolazione o lede la dignità di altre persone attraverso insulti o offese è punito con una pena detentiva da tre mesi a cinque anni. Il comma 2 dell’articolo 130 prevede una pena detentiva fino a tre anni o una pena pecuniaria per chi commette gli stessi illeciti attraverso la diffusione di opere scritte. Nella definizione data all’articolo 130 rientra anche la discriminazione effettuata in ragione dell’orientamento sessuale, sebbene la norma non faccia un esplicito riferimento al background omofobico di colui che perpetra il reato.

Anche nell’articolo 46 del codice penale, dedicato alle circostanze attenuanti e aggravanti che devono essere valutate dal giudice nel formulare una sentenza, non vi è una esplicita previsione rispetto all’omofobia, ma un generico richiamo alle motivazioni e finalità dell’atto oltre che alle convinzioni e agli intenti del reo.

Il testo aggiornato del Codice penale è consultabile, in lingua originale, al seguente indirizzo internet: Uhttp://bundesrecht.juris.de/stgb/U. E’ disponibile, altresì, la versione in inglese del Codice, aggiornata al 2008, alla pagina web: Uhttp://www.gesetze-im-internet.de/englisch_stgb/index.htmlU

 

Al fine di tutelare le vittime di reati motivati dall’orientamento sessuale, i Länder Brandeburgo, Maclemburgo – Pomerania occidentale e Sassonia-Anhalt hanno depositato al Bundesrat, nell’agosto del 2007, alcune proposte di modifica del Codice penale tedesco, in particolare per quanto riguarda l’articolo 46, al fine prevedere come circostanza aggravante il fatto di commettere un reato in ragione dell’orientamento sessuale della vittima (sexuelle Orientierung des Opfers). Il progetto di legge del Bundesrat è stato trasmesso al Bundestag nel mese di agosto 2008, ma non è stato più esaminato nel corso della XVI legislatura. Il testo è reperibile all’indirizzo internet: Uhttp://dip21.bundestag.de/dip21/brd/2007/0572-07.pdfU

 


 

Regno Unito

Nel Regno Unito non è vigente, allo stato attuale, una specifica definizione legislativa dell’omofobia; il fenomeno ha tuttavia rilevanza penale nel quadro più generale della repressione dei reati connotati dall’odio razziale o religioso verso le vittime, così come dalla discriminazione del loro orientamento sessuale (hate crime).

A questo riguardo, il Crime and Disorder Act 1998 ha introdotto figure di reato connotate dall’odio diretto verso determinate caratteristiche della vittima, sue opinioni od inclinazioni personali (il testo della legge è consultabile al seguente indirizzo di rete: Uhttp://www.opsi.gov.uk/acts/acts1998/ukpga_19980037_en_1U).

Il Criminal Justice Act 2003 ha introdotto (all’art. 146) alcune aggravanti per i reati suddetti, prevedendo un incremento di pena qualora l’atto criminoso sia ispirato dall’ostilità verso l’orientamento sessuale (anche solamente presunto) della persona offesa, al pari dell’odio razziale, etnico, religioso o riferito alla eventuale condizione di disabilità della vittima (Uhttp://www.opsi.gov.uk/acts/acts2003/ukpga_20030044_en_1U).

Più di recente, il Criminal Justice and Immigration Act 2008 ha introdotto (modificando il Public Order Act 1986 mediante l’inserimento di due nuovi articoli) l’aggravante dell’odio fondato sull’orientamento sessuale, equiparando i relativi reati a quelli ispirati dall’odio religioso o razziale. La stessa legge, tuttavia, a tutela della libertà di espressione esclude dalla nozione di hatred on the ground of sexual orientation la formulazione di opinioni critiche riferite a determinate condotte o pratiche sessuali, oppure le esortazioni a modificare o a non porre in essere tali condotte o pratiche (il testo della legge del 2008, di cui rilevano l’art. 74 e lo Schedule 16, è consultabile all’indirizzo: Uhttp://www.opsi.gov.uk/acts/acts2008/ukpga_20080004_en_1U).

Applicando i criteri derivati da questa legislazione, una definizione dell’omofobia è stata formulata dall’organo giudiziario titolare dell’esercizio dell’azione penale – il Crown Prosecution Service, CPS –, che nel 2007 ha aggiornato un documento di indirizzo per l’esame giudiziario dei casi relativi a reati connotati da omofobia (CPS, Policy for prosecuting cases of homophobic and transphobic crime, all’indirizzo di rete: Uhttp://www.cps.gov.uk/publications/docs/htc_policy.pdfU). L’elemento omofobico ricorre, secondo il CPS, ogni volta che esso sia percepito come tale, indifferentemente, dal reo o dalla vittima – in ragione del suo presunto orientamento sessuale – oppure da terzi.

Lo stesso organo ha altresì pubblicato, nel 2007, una guida specifica per l’azione giudiziaria concernente i reati a connotazione omofobica (CPS, Guidance on prosecuting cases of homophobic and transphobic crime, consultabile all’indirizzo Internet: Uhttp://www.cps.gov.uk/Publications/docs/htc_guidance.pdfU).

Alcune iniziative in tema di omofobia sono state recentemente adottate dal Governo nel quadro dei programmi concernenti la prevenzione e la repressione dei reati istigati dall’odio. L’omofobia, in tale contesto, è presa in considerazione sia come movente del reato (hate crime), sia come ragione ispiratrice di comportamenti non penalmente rilevanti ma suscettibili di diffondere forme di odio e di pregiudizio verso determinati gruppi sociali (hate incident). Vengono in rilievo, a questo riguardo, il documento dedicato ai “retai omofobici” dal Ministero dell’Interno nel 2006 (Home Office, Tackling Hate Crime: Homophobic Crime, consultabile all’indirizzo di rete: Uhttp://www.crimereduction.homeoffice.gov.uk/sexual028.pdfU) e il piano d’azione inter-ministeriale pubblicato dal Governo nel settembre 2009 (Hate Crime – The Cross -Government Action Plan (Uhttp://www.homeoffice.gov.uk/documents/hate-crime-action-plan/hate-crime-action-plan.pdf?view=BinaryU).

 

Spagna

Il Codice penale spagnolo contiene disposizioni riguardanti la discriminazione in base all’orientamento sessuale e considera il movente omofobico come circostanza aggravante di alcune infrazioni penali (il testo del nuovo Código Penal, approvato con la Legge organica 10/1995, è consultabile all’indirizzo internet Uhttp://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/lo10-1995.htmlU. Il testo è disponibile in traduzione italiana nel volume Il Codice penale spagnolo, Cedam, 1997 (posseduto dalla Biblioteca della Camera dei deputati).

In particolare il Capitolo IV del Codice, sezione De los delitos cometidos con ocasión del ejercicio de los derechos fundamentales Y de las libertades públicas garantizados por la constitución, artt. 510-521, individua alcune fattispecie di reato connesse alla discriminazione per motivi omofobici (Uhttp://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/lo10-1995.l2t21.html#c4s1U).

§         l’art. 510 prevede una pena da uno a tre anni di carcere e da sei a dodici mesi di "multa" (días-multa) per il reato di incitazione all’odio e alla violenza contro gruppi e associazioni, anche in ragione delle tendenze sessuali dei loro membri. La stessa pena è prevista per coloro che diffondono consapevolmente informazioni false e ingiuriose su gruppi e associazioni, anche in ragione delle tendenze sessuali dei loro membri (art. 510 (2)).

§         L’art. 511 punisce la discriminazione commessa da un incaricato di pubblico servizio e consistente nel rifiuto ad uno o più individui del beneficio di un diritto accordato dalla legge sulla base delle loro tendenze sessuali. È prevista una pena da sei mesi a due anni di prigione ed una "multa" (días-multa) da dodici a ventiquattro mesi oltre ad una speciale interdizione dal pubblico impiego o posizione per un periodo da uno a tre anni. Le stesse sanzioni sono applicabili nel caso di fatti commessi contro associazioni, fondazioni, società o contro i loro membri per motivi omofobici. Se l’autore della discriminazione è un pubblico ufficiale, il reato sarà punito con un più alto ammontare della multa per ogni giorno di días-multa (vedi infra) e con l’interdizione dal pubblico impiego per un periodo da due a quattro anni.

§         L’art. 512 punisce anche il rifiuto da parte di privati nell’esercizio delle loro attività professionali o manageriali di fornire le loro prestazioni per motivi legati, tra l’altro, alle tendenze sessuali a soggetti che ne abbiano diritto. La sanzione consiste nell’interdizione dall’esercizio della professione, occupazione, impresa o commercio, per un periodo da uno a quattro anni.

§         Inoltre l’art. 515 (5), considera illegali le associazioni “ che promuovano o ispirino discriminazione, odio o violenza contro persone, gruppi o associazioni sulla base … dell’orientamento sessuale”. L’art. 517 stabilisce le pene applicabili: per i fondatori, direttori e presidenti delle associazioni incriminate è prevista una pena detentiva da due a quattro anni e la speciale interdizione dai pubblici impieghi per un periodo da sei a dodici anni ; per i membri attivi una pena da uno a tre anni di detenzione ed una sanzione pecuniaria da 12 a 24 mesi di "giorni di multa" (días-multa). Gli articoli successivi stabiliscono ulteriori sanzioni, fino allo scioglimento dell’associazione illegale per via giudiziaria.

 

Con riguardo alle sanzioni pecuniarie indicate negli articoli citati, si segnala che il nuovo codice penale ha introdotto il sistema dei "giorni di multa" (días-multa): ogni giorno di multa può variare da un ammontare minimo di 2 ad un massimo di 400 euro e l'estensione della pena può oscillare da un minimo di 10 giorni ad un massimo di 2 anni; ciascun “mese” di multa si intende composto di 30 giorni ed un “anno” si considera formato da 360 giorni. Spetta al giudice fissare l'importo giornaliero all'interno dei limiti sopra indicati, valutando le circostanze del reato e tenendo conto della situazione economica del condannato, nonché determinare tempi e modi di pagamento.

 

Il Codice penale spagnolo considera il movente omofobico come circostanza aggravante di alcune infrazioni penali (art. 22(4) consultabile all’indirizzo internet Uhttp://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/lo10-1995.l1t1.html#c4U) .

 

Inoltre la legge 49/2007 che ha stabilito il regime di infrazioni e sanzioni in materia di pari opportunità, non discriminazione ed accessibilità universale per le persone disabili, considera tra le “infrazioni molto gravi” i comportamenti gravi (conductas calificadas como graves) generati da odio o disprezzo per motivi omofobici (art. 16 (4), lett. e, consultabile all’indirizzo internet Uhttp://noticias.juridicas.com/base_datos/Admin/l49-2007.t2.html#a16U). Sono previste sanzioni pecuniarie che variano da 90.001 a 300.000 euro per il grado minimo, da 300.001 a 600.000 euro per il grado medio, da 600.000 a 1.000.000 di euro per il grado massimo dell’infrazione (art. 17, lett. c, consultabile all’indirizzo internet Uhttp://noticias.juridicas.com/base_datos/Admin/l49-2007.t2.html#a17U).

 

Il Codice detta infine disposizioni sulla discriminazione dei lavoratori in base, tra l’altro, alle loro “tendenze sessuali”. Nel caso di mancato ripristino della situazione di uguaglianza e risarcimento dei danni economici derivati, è prevista per l’autore della discriminazione una pena detentiva da sei mesi a due anni ed una multa da 12 a 24 mesi di dias-multa (Codice penale, art. 314, consultabile all’indirizzo internet Uhttp://noticias.juridicas.com/base_datos/Penal/lo10-1995.l2t15.htmlU).

 


SIWEB

Giurisprudenza

 


 

Corte di Cassazione

 


 

Cass. pen., Sez. 1, Sentenza 28 febbraio – 7 giugno 2001, n. 23024

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE I PENALE

 

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TERESI RENATO - Presidente -

1. Dott. LA GIOIA VITO - Consigliere -

2. Dott. CAMPO STEFANO - Consigliere -

3. Dott. GIORDANO UMBERTO - Consigliere -

4. Dott. GIRONI EMILIO - Consigliere -

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

sul ricorso proposto da:                                             

1) A. S. N. IL GG.MM.AAAA                                           

2) B. M. N. IL GG.MM.AAAA                                           

3) B. M. N. IL GG.MM.AAAA                                           

4) C. D. N. IL GG.MM.AAAA                                           

5) C. M. N. IL GG.MM.AAAA                                           

6) C. F. N. IL GG.MM.AAAA                                           

7) C. G. N. IL GG.MM.AAAA                                            

8) DE F. V. N. IL GG.MM.AAAA                                        

9) F. F. N. IL GG.MM.AAAA                                           

10) P. P. N. IL GG.MM.AAAA                                          

11) P. P. N. IL GG.MM.AAAA                                           

12) R. A. N. IL GG.MM.AAAA                                          

13) R. A. M. N. IL GG.MM.AAAA                                       

14) S. A. N. IL GG.MM.AAAA                                          

15) S. R. N. IL GG.MM.AAAA                                          

16) S. C. N. IL GG.MM.AAAA                                          

17) S. N. N. IL GG.MM.AAAA                                          

18) S. S. N. IL GG.MM.AAAA                                           

19) T. C. N. IL GG.MM.AAAA                                          

20) T. A. N. IL GG.MM.AAAA                                          

21) T. F. N. IL GG.MM.AAAA                                          

22) T. A. N. IL GG.MM.AAAA                                          

23) F. G. N. IL GG.MM.AAAA                                          

24) F. F. N. IL GG.MM.AAAA                                          

25) G. D. G. N. IL GG.MM.AAAA                                       

26) L. N. M. N. IL GG.MM.AAAA                                       

27) LOSI A. N. IL GG.MM.AAAA                                        

28) M. A. N. IL GG.MM.AAAA                                          

29) M. S. N. IL GG.MM.AAAA                                           

30) P. W. N. IL GG.MM.AAAA                                          

 

avverso SENTENZA del 28/10/1998 CORTE APPELLO  di  MILANO  visti  gli

atti, la sentenza denunziata ed il ricorso

udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dott. LA

GIOIA VITO

sentito il P.G. in persona del Dr. G. Galati il quale ha concluso per

la inammissibilità dei ricorsi.

 

Svolgimento del processo

1 - Gli attuali ricorrenti, insieme ad altri soggetti, sono stati giudicati per una serie di reati connessi con la attività di una associazione, denominata "B. A." ed articolata in altri gruppi e movimenti, operante in Milano ed altre città italiane, avente lo scopo di difendere la razza bianca ed ariana e di contrastare l'ingresso in Italia di persone appartenenti ad altre razze.

I reati contestati, che ancora interessano avendo formato oggetto di condanna, sono quelli indicati nei capi sotto elencati:

A - reato previsto dall'art. 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654 (Ratifica della convenzione internazionale di New York per la eliminazione delle forme di discriminazione razziale), sotto due profili:

1 - aver diffuso, tramite volantini, periodici, libri, interviste e trasmissioni televisive, idee fondate sulla diversità e superiorità della razza ariana nei confronti di quella ebrea e di colore, incitando altresì alla discriminazione nei confronti delle persone delle razze suddette, nonché esaltando tematiche naziste, in particolare proponendo la lotta alla società multirazziale e l'espulsione dal territorio di persone immigrate di colore e commettendo atti di provocazione alla violenza ai danni delle suddette e di persone di razza ebrea;

2 - aver promosso, diretto ovvero partecipato ad una associazione denominata "S. H. d." o "A. S.", operante in Milano ed avente tra i suoi scopi quello di incitare all'odio o alla discriminazione razziale, caratterizzata da una strutturazione gerarchica e paramilitare, tramite l'acquisto e la disponibilità di armi improprie, l'effettuazione di esercitazioni e la propensione allo scontro fisico con persone di diverse ideologie politico sociali;

reato commesso in Milano e altrove e tuttora permanente;

C - reato previsto dall'art. 4 della legge 8 giugno 1952, n. 645 (norme contro la riorganizzazione del partito fascista), per avere pubblicamente esaltato esponenti, principi, fatti o metodi del fascismo ed idee o metodi razzisti, in particolare scandendo "slogans" contro l'immigrazione ed inneggianti il fascismo, la segregazione razziale, R. H., il Ku Klux Klan e frasi quali "Lavoro agli italiani, botte agli africani" "Violentano le donne, massacrano i bambini, Stato di Israele, banda di assassini", "Duce, Duce", "Sieg heil", ed esibendo il saluto romano;

reato commesso in Milano il 1.2.1992;

G - detenzione illegale di tre bombolette spray contenenti gas tossico - irritanti ed una pistola ad aria compressa priva di matricola;

reato commesso in Milano il 21.1.1993;

I - reato previsto dall'art. 697 C.p. per aver detenuto un pugnale a doppia lama, in Milano il 21.1.1993;

L - reato previsto dall'art. 5 della legge 645/52 per aver compiuto manifestazioni usuali del disciolto partito fascista, indossando giubbotti neri, inquadrandosi militarmente ed effettuando il saluto romano;

reato commesso nel Cimitero Maggiore di Milano il 25.4.1993;

N - reato previsto dall'art. 697 C.p. per aver detenuto un pugnale a doppia lama, in Milano il 4.5.1993;

P - illegale detenzione di una pistola ad aria compressa priva di matricola, in Milano il 4.5.1993;

Q - illegale detenzione di una bomba a mano tipo "ananas" costituente parte di arma da guerra, in Cinisello Balsamo il 4.5.1993;

V - detenzione illegale di una penna lanciarazzi, in Milano il 7.7.1993;

Y - illegale detenzione di una pistola ad aria compressa, reato accertato in Vittuone il 7.7.1993.

2 - La sentenza di primo grado pronunziata dal Tribunale di Milano il 26.2.1997 ha ritenuto sussistente il reato di cui all'art. 3 legge 654/75, sotto entrambi i profili dei capi A.1 e A.2, ed ha disatteso la eccezione di illegittimità costituzionale in relazione all'art. 21 Cost. Sul punto ha osservato che il diritto di libera manifestazione del pensiero non può dilatarsi sino a comprendere la diffusione di idee ed altre condotte che neghino la personalità e la dignità dell'uomo, valori questi che sono affermati dalla Costituzione come principi fondamentali e non tollerano alcuna forma di gerarchia fondata sull'appartenenza ad un gruppo etnico, nazionalità o razza. Il Tribunale ha anche precisato che la norma deve essere applicata nel suo testo originario perché le modifiche apportate con la legge 25.6.1993, n. 205, hanno introdotto nuove figure criminose ed hanno inasprito le pene, sicché la primitiva formulazione è più favorevole agli imputati.

In punto di fatto la sentenza del Tribunale ha attribuito importanza fondamentale alle dichiarazioni testimoniali del dr. C. M., Commissario presso la DIGOS di Milano, dalle quali è emersa la formale costituzione delle associazioni "A. S." e "A. degli S." in Milano, nonché il contenuto dei rispettivi statuti. Sono stati inoltre descritti i vari episodi indicati nei capi di imputazione.

3 - Con sentenza di secondo grado pronunziata il 28.10.1998 la Corte di Appello di Milano ha sostanzialmente confermato l'impostazione della decisione di primo grado.

Premesso che i fatti storici possono considerarsi pienamente accertati e che non è contestata l'esistenza della A. "A. S." e la sua operatività negli anni dal 1991 al 1994, la sentenza ha esaminato in particolare la natura degli scopi perseguiti dai sodalizio e la partecipazione effettiva dei singoli imputati. A tal fine ha esaminato da un lato i documenti rinvenuti nella sede sociale, dall'altro lato le attività effettivamente svolte.

Ha così accertato che tra gli scopi dell'A. rientrava certamente quello di incitamento all'odio e alla discriminazione razziale, scopo dimostrato chiaramente dal programma, dall'attività svolta dal sodalizio, dalle condotte degli aderenti. Sui concetti di "razza" e "razzismo" la sentenza ha richiamato la decisione di questa Sezione del 30.9.1993 sul ricorso F., ricordando anche le recenti acquisizioni dei genetisti secondo cui la teoria di una differenza biologica tra le varie razze non avrebbe una B. scientifica. Ha anche esaminato i rapporti tra razzismo e nazismo ed ha condiviso la affermazione del Tribunale nel senso che, pur non potendo essere equiparato il nazismo al razzismo, è tuttavia certo che nell'ambito del nazismo si sono attuati comportamenti chiaramente razzisti. Il regime nazional socialista avrebbe infatti "teorizzato" il razzismo additando negli ebrei in quanto razza (non in quanto professanti la religione ebraica) la causa di ogni male e disagio, e sarebbe poi passato scientificamente dalla teoria alla prassi, prima favorendo ogni sorta di violenza e di discriminazione, poi annientando fisicamente oltre agli ebrei anche altri esseri ritenuti inferiori come, gli zingari.

Dopo queste premesse, la sentenza di appello ha valutato il contenuto degli articoli editoriali pubblicati sul periodico "A. S." nelle parti in cui esaltano il regime nazista, criticano l'atteggiamento di tolleranza verso gli immigrati e il conseguente pericolo di imbastardimento della razza, rivalutano il principio "sangue e suolo" come giustificazione della politica razzista ed antisemita del nazismo.

Particolare attenzione è stata anche dedicata al testo dei manifesti e volantini distribuiti durante le manifestazioni pubbliche, nonché all'atteggiamento tenuto nel corso di manifestazioni e riunioni, escludendo la rilevanza di alcuni fatti considerati come lecita manifestazione del pensiero.

In conclusione, per quello che ora interessa, con la sentenza di secondo grado sono state inflitte le pene della reclusione e della multa nelle seguenti misure per gli imputati che hanno ora proposto ricorso:

- A. S. mesi 5 per il capo A.2;

- B. M. mesi 9 gg.20 per i capi A. 1 e A.2;

- C. D. anni 1 gg.5 per i capi A.2, C, G ed L;

- C. M. mesi 6 gg. 15 per i capi A.2 ed Y;

- C. F. mesi 6 per i capi A.1 e A.2;

- C. G. anni 1 mesi 3 per i capi A.1, A.2 e C;

- P. P. mesi 6, 400.000 per i capi C e Q;

- P. P. mesi 5 per il capo C;

- R. A. mesi 9 gg.20 per i capi A.1 e A.2;

- S. A. mesi 5, 300.000 per il capo C;

- S. R. mesi 6 gg.15 per i capi A.2 e C;

- S. C. mesi 5 per il capo A.2;

- S. N. mesi 5 per il capo A.2;

- S. S. mesi 11 per i capi A.1, A.2 e C;

- T. C. mesi 6 per i capi A. 1 e A.2;

- T. A. anni 1 mesi 1 per i capi A.1 e A.2;

- T. F. anni 1 mesi 2 per i capi A.1, A.2 e C;

- T. A. mesi 6 per i capi A. 1 e A.2;

- F. G. mesi 5 per il capo A.2;

- F. F. mesi 8 per i capi A.1, A.2, C ed N;

- L. N. M. anni 1 mesi 4 per i capi A.1, A.2 e C;

- Losi A. mesi 5 per il capo A.2;

- M. S. mesi 5 per il capo A.2;

- P. W. anni 1 per i capi A.1, A.2, C e P.

Tutte le pene suddette sono state sospese condizionai mente. Nel dispositivo della sentenza manca la pronunzia sulle richieste della parte civile e nella motivazione si dà atto che la omissione deriva da "mera dimenticanza".

4 - Contro la sentenza di appello sono stati proposti i seguenti ricorsi per cassazione.

L'avv. Gabriele Leccisi, con unico atto, per gli imputati del reato di cui al capo A, ha denunziato la erronea applicazione della legge in quanto sarebbe stata criminalizzata la semplice manifestazione del pensiero. Ha anche affermato che molti episodi di intolleranza razziale sono stati commessi da persone rimaste ignote e che in primo grado sono stati assolti i teorici e gli ispiratori del movimento degli Skinheads. Il ricorso è stato proposto nell'interesse dei seguenti imputati nominativamente indicati:

- A. S.;

- B. M.;

- C. D.;

- C. M.;

- C. F.;

- C. G.;

- De F. V.;

- F. F.;

- P. P.;

- R. A.;

- R. A. M.;

- S. A.;

- S. R.;

- S. C.;

- S. N.;

- S. S.;

- T. C.;

- T. A.;

- T. F.;

- T. A.;

- F. G.;

- F. F.;

- G. D. G.;

- L. N. M.;

- Losi A.;

- M. A.;

- M. S.;

- P. W..

Di essi tuttavia De F., F., R. A., G. e M. sono stati assolti, con formule varie, nel giudizio di appello.

L'avv. Adriano Bazzoni nell'interesse di B. M. e T. C. con cinque motivi ha dedotto nell'ordine:

1 - la erronea applicazione dell'art. 3 legge n. 654/75 in relazione alla asserita sussistenza dello scopo di incitare all'odio ed alla discriminazione razziale mentre nelle condotte contestate agli imputati sarebbero ravvisabili soltanto manifestazioni di pensiero, come la stigmatizzazione di una società multirazziale, la presa d'atto di un flusso migratorio pacifico, la esposizione e valorizzazione delle tesi revisioniste;

2 - la erronea applicazione del detto art. 3 con riferimento alla esistenza della A. ed alla qualifica di capo attribuita al B., anche per mancanza di motivazione;

3 - la erronea applicazione del detto art. 3 in relazione alla affermata partecipazione ed adesione alla A. dei due imputati i quali avevano già lasciato il movimento prima dell'inizio del processo;

4 - la erronea applicazione dell'art. 2 C.p. con riferimento alla applicazione della nuova normativa introdotta con la legge n. 205/93, ritenuta più favorevole agli imputati rispetto alla precedente formulazione dell'art. 3 che prevedeva la qualifica di capo come aggravante soggetta al giudizio di comparazione con le attenuanti generiche che sono state concesse;

5 - la prescrizione del reato in quanto l'ultima condotta significativa risalirebbe al 15.1.1993 o al 1.2.1993. C. F., con motivi redatti personalmente, ha dedotto la erronea applicazione dell'art. 3 legge n. 654/75, mancanza e illogicità della motivazione in ordine alla affermata esistenza della A. ed alla illiceità degli scopi perseguiti, essendosi trattato in realtà di un dibattito culturale su temi sociali e politici come le differenze razziali, la natura del nazismo, i crimini commessi dagli americani contro i prigionieri giapponesi, i caduti nelle foibe, e così via.

P. P. ha censurato, con due motivi:

1 - la erronea applicazione dell'art. 4 co. 2 legge n. 654/52 (capo C) in quanto la manifestazione di via Torino in Milano del 1.2.1992 non integra gli estremi del reato di apologia del fascismo ma costituisce una libera manifestazione del pensiero;

2 - la illogicità della motivazione con riferimento alla affermata partecipazione a detta manifestazione non potendo essere ritenuta sufficiente la sola testimonianza del commissario M. il quale non conosceva di persona l'imputato e non lo ha formalmente identificato.

L'avv. Gianni Correggiari, nell'interesse di C. D. e S. C., ha dedotto, con cinque motivi:

1 - la erronea applicazione dell'art. 3 legge n. 654/75 e la illogicità della motivazione; in particolare la Convenzione internazionale di New York, alla quale la legge suddetta ha dato esecuzione, definisce come "discriminazione razziale" solo quella posta in essere in danno dei cittadini e non anche degli stranieri; inoltre il principio "sangue e suolo" non sarebbe proprio esclusivamente del nazismo, essendo già prima presente nel pensiero di F.;

2 - la prescrizione per i capi A e C;

3 - la mera apparenza della motivazione relativa al capo G (detenzione della pistola ad aria compressa) in quanto non sarebbe stata valutata né la efficienza dell'arma né la sua attitudine a recare offesa alla persona;

4 - la manifesta illogicità della motivazione relativa alla partecipazione dello S. alla A., non avendo egli partecipato ad alcuna manifestazione ed essendo stato assolto dal capo A-1.

5 - la nullità dei capi civili della sentenza in quanto nelle conclusioni scritte il Comune di Milano non avrebbe quantificato l'ammontare del danno.

La parte civile costituita, Comune di Milano, ha presentato una memoria scritta ed ha chiesto il rigetto di tutti i ricorsi e specialmente di quelli proposti nell'interesse di C. e di S. nella parte in cui, con il motivo n. 5, hanno eccepito la nullità dei capi civili della sentenza.

Motivi della decisione

1 - Tutti i ricorrenti, ad eccezione del P., il quale non è stato condannato per il reato di cui al capo A, hanno riproposto la questione, già ampiamente trattata nel giudizio di merito, concernente la interpretazione ed applicazione della disciplina della discriminazione razziale contenuta nell'art. 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654, con le successive modifiche, in ordine alle pene, introdotte con la legge 25 giugno 1993, n. 205.

Sotto vari profili è stato sostenuto che la semplice manifestazione del pensiero in materia di razza, differenze razziali, superiorità di una razza rispetto alle altre, e così via, non può essere sanzionata penalmente in quanto rientrante in una elaborazione culturale di temi sociali e politici, già presenti nel pensiero di F. e poi fatti propri dal nazismo. In sostanza gli imputati si sarebbero limitati ad esporre e propagandare le loro idee approfondendo, di volta in volta, gli aspetti controversi dell'olocausto ed alla luce del cosiddetto "revisionismo storico" (avv. Leccisi), la stigmatizzazione della società multirazziale, la presa d'atto di un flusso migratorio pacifico, la valorizzazione delle tesi revisioniste (avv. Bazzoni), le differenze razziali, la natura del nazismo, i crimini commessi dagli americani contro i prigionieri giapponesi nella seconda guerra mondiale, i caduti nelle foibe (C.), la evoluzione del principio "sangue e suolo" già presente nel pensiero di F. e poi elaborato dal nazismo (avv. Correggiari).

Sul punto questa Corte ricorda che già con sentenza 16 marzo 1994, n. 556, P.M. in processo F., sono state affrontate le problematiche relative alla interpretazione ed applicazione delle norme contro la discriminazione razziale introdotte con la legge 13 ottobre 1975, n. 654, in adempimento degli obblighi internazionali assunti con la ratifica della convenzione di New York del 17 marzo 1966. Tra l'altro è stato chiarito che le condotte incriminate confliggono con il principio costituzionale di uguaglianza e perciè è giustificata la repressione della diffusione di idee o comportamenti contrari ai valori tutelati dalla Costituzione. Inoltre è stato precisato che le organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi aventi tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi, sono vietati indipendentemente dalla sussistenza della ulteriore eventuale finalità di eversione dell'ordine democratico, finalità quest'ultima che può costituire aggravante a sensi dell'art. 1 co. 1 della legge 6 febbraio 1980, n. 15, ma non è richiesta per la sussistenza del reato.

In questa occasione deve essere ribadito che il diritto alla libera manifestazione del pensiero, tutelato dall'art. 21 della Costituzione, non può essere esteso fino alla giustificazione di atti o comportamenti che, pur estrinsecandosi in una esternazione delle proprie convinzioni, ledano tuttavia altri principi di rilevanza costituzionale ed i valori tutelati dall'ordinamento giuridico interno ed internazionale.

Le norme in tema di repressione delle forme di discriminazione razziale, oltre a dare attuazione ed esecuzione agli obblighi assunti verso la comunità internazionale con l'adesione alla convenzione di New York, costituiscono anche applicazione del fondamentale principio di uguaglianza indicato nell'art. 3 della Costituzione, sicchè è ampiamente giustificato il sacrificio del diritto di libera manifestazione del pensiero.

Pertanto le censure mosse in via generale contro la interpretazione e applicazione delle norme incriminatrici contenute nell'art. 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654, sono manifestamente infondate. Peraltro la sentenza di appello ha puntualmente esaminato e valutato il complesso degli elementi di fatto costituiti dal contenuto dei volantini distribuiti nel corso delle manifestazioni pubbliche o rinvenuti nelle sedi della A., dagli accertamenti di polizia in ordine alle persone che hanno partecipato alle varie manifestazioni, dal testo dell'atto costitutivo e dello statuto della A.. Sicché la motivazione sullo svolgimento della attività di incitamento alla discriminazione ed all'odio razziale, sulla partecipazione degli imputati, sulla esistenza, natura e fini della A. e sulla appartenenza ad essa dei singoli imputati è completa e logica.

Invece le censure relative ai singoli imputati in ordine ai fatti, a ciascuno contestati con riferimento alla diffusione di idee razziste o alla partecipazione ad A. avente come scopo l'incitamento all'odio o alla discriminazione razziale, nonché alla qualità di capo o di promotore attribuita ad alcuni, attengono tutte ad elementi di fatto e propongono inammissibili rivalutazioni dell'accertamento riservato al giudice di merito e da questi eseguito, nel caso concreto, senza vizi logici.

Così l'avv. Leccisi, nell'interesse dei numerosi ricorrenti da lui difesi, ha criticato la contraddizione tra la condanna dei suoi assistiti e la assoluzione, sin dal primo grado, dei teorici e degli ispiratori del movimento degli Skinheads. Ha inoltre affermato che molti degli episodi di intolleranza razziale sono stati commesse da persone rimaste ignote. A sua volta l'avv. Bazzoni, nell'interesse di B. M. e di T. C., ha contestato la partecipazione alla A. di entrambi gli imputati, i quali avrebbero lasciato il movimento già prima dell'inizio del processo, nonché la qualifica di capo attribuita al solo B.. Infine l'avv. Correggiari, nell'interesse di S. C., ha contestato la appartenenza alla A. del suo assistito il quale non avrebbe partecipato ad alcuna manifestazione e sarebbe stato assolto dal reato di cui al capo A-1. Sono tutte censure in punto di fatto che non possono essere esaminate in questa sede.

2 - Manifestamente infondata è anche la censura proposta dall'avv. Correggiari e relativa al trattamento sanzionatorio applicato per il reato di cui all'art. 3 della legge n. 654/75 nella ipotesi di aggravamento della pena per la qualità di capo. La censura si riferisce particolarmente alla posizione del B. nei confronti del quale è stata ritenuta tale qualifica.

Il ricorrente afferma che è erronea la interpretazione del giudice di appello nella parte in cui, confrontando le pene edittali previste dal testo originario della legge con quelle previste dopo la modifica apportata con la legge 25 giugno 1993, n. 205, ha ritenuto che la nuova disciplina è più favorevole all'imputato e perciò la ha applicata anche ai reati commessi anteriormente, a sensi dell'art. 2 C.p.. Il ricorrente fa rilevare che la nuova disciplina, pur prevedendo in astratto una pena edittale inferiore, in concreto ha indicato una pena A. e non più una circostanza aggravante per la qualità di capo e con ciò ha reso impossibile il giudizio di comparazione con le attenuanti generiche, sicché in definitiva il nuovo trattamento sanzionatorio sarebbe più grave rispetto al precedente.

La censura, pur astrattamente fondata nella ipotesi in cui ad una circostanza aggravante venga sostituita la previsione di una figura A. di reato, avrebbe rilevanza solo con riferimento alla applicazione pena massima prevista. In questo caso, infatti, la pena fissata dal nuovo testo della legge sarebbe superiore a quella che potrebbe essere inflitta, secondo la precedente normativa, a seguito del giudizio di prevalenza delle attenuanti generiche sulla circostanza aggravante costituita dalla qualità di capo. Nel caso concreto invece, essendo stata la pena determinata con riferimento al minimo edittale, la censura è manifestamente infondata in quanto la pena minima prevista nel testo originario dell'art. 3 era di un anno per il semplice partecipe alla A. ed era aumentata fino a un terzo per li promotore o capo. Il nuovo testo ha previsto invece per l'ipotesi aggravata la pena minima di un anno. È evidente perciò che il nuovo trattamento sanzionatorio è, con riferimento alla pena minima che ora rileva, in ogni caso più favorevole all'imputato. Infatti, anche nella ipotesi in cui siano concesse le attenuanti generiche con giudizio di prevalenza, la pena minima prevista dalla nuova legge è uguale a quella precedentemente applicabile, mentre in tutte le altre ipotesi è decisamente inferiore.

Nel caso concreto la Corte di Appello ha concesso le attenuanti generiche e poi, applicando la nuova disciplina, ha determinato la pena in mesi nove giorni venti con riferimento alla nuova misura del minimo ed ha escluso la aggravante prima prevista.

3 - Sempre con riferimento all'art. 3 della legge 654/75, è anche manifestamente infondata la questione di carattere generale, sollevata dall'avv. Correggiari per C. D. e S. C. con riferimento alla configurabilità del reato nell'ipotesi in cui l'incitamento ala discriminazione razziale sia compiuto in danno di stranieri. Secondo il ricorrente la Convenzione di New York definisce come discriminazione razziale solo quella commessa verso i cittadini dello Stato e non anche verso gli stranieri, sicché la legge italiana di ratifica ed esecuzione di detta convenzione dovrebbe anch'essa essere interpretata nel senso che non sono punibili le eventuali istigazioni ad attuare un trattamento preferenziale dei cittadini rispetto agli stranieri.

La tesi contrasta con il chiaro dettato dell'art. 3 che vieta gli atti di discriminazione razziale, nazionale o religiosa indipendentemente dallo Stato di appartenenza delle persone eventualmente discriminate. Del resto, essendo inesistenti in Italia conflitti di natura etnica o razziale tra cittadini, è evidente che eventuali atti di discriminazione possono essere commessi soltanto nei confronti degli stranieri. Perciò la legge che ha dato attuazione alla convenzione internazionale e la ha inserita nel complessivo sistema giuridico retto dalla Costituzione repubblicana, ha equiparato la tutela dello straniero a quella del cittadino in omaggio al fondamentale principio di uguaglianza indicato dall'art. 3 della carta costituzionale.

Già con la sentenza 29 ottobre 1993, n. 3791, F., questa Corte ha precisato che la nozione di razzismo, rilevante ai fini della applicazione delle norme contro la discriminazione razziale così come di quelle che vietano la riorganizzazione del partito fascista (l. 20 giugno 1952, n. 645) indica tutte le dottrine che postulano l'esistenza di razze diverse superiori ed inferiori, le prime destinate al comando, le seconde alla sottomissione. Perciò la lettera e la "ratio" delle due leggi si identificano e le comuni proibizioni sono dirette ad impedire che le ideologie contenenti il germe della sopraffazione o teorie quali il primato delle razze superiori, la purezza della razza, conducano ad aberranti discriminazioni e ne derivi il pericolo di odio, violenza, persecuzione.

Non è perciò dubitabile che le ipotesi delittuose di incitamento all'odio razziale e di partecipazione ad A. che abbiano come scopo tale incitamento, tutelano non solo i cittadini ma anche e soprattutto gli stranieri.

4 - Le rimanenti censure, relative alle posizioni di singoli ricorrenti, hanno tutte ad oggetto questioni di fatto e sono inammissibili per tale motivo.

Per quanto riguarda i numerosi ricorrenti difesi dall'avv. Leccisi, imputati del reato di cui al capo A, è stato già sopra chiarito, sub 1), che le censure di contraddittorietà o illogicità della decisione nella parte in cui avrebbe affermato la responsabilità solo di alcuni imputati e avrebbe invece assolto i teorici ed ispiratori del movimento degli Skinheads, costituiscono una inammissibile rivalutazione delle circostanze di fatto accertate dai giudici di merito e da essi logicamente interpretate. Altrettanto va detto per i ricorrenti B. e T., assistiti dall'avv. Bazzoni, con riferimento alla loro partecipazione alle manifestazioni nel corso delle quali sono state usate espressioni di incitamento all'odio ed alla discriminazione razziale, o alla partecipazione alla A. nella quale il B. ha assunto la qualità di capo. Le censure su questi punti, come già sopra precisato sub 1), sono tutte inammissibili perché contengono soltanto critiche alla valutazione dei fatti compiuta dal giudice del merito.

Anche C. F. e P. P., nei motivi redatti personalmente, hanno contestato, in punto di fatto, la esistenza della A. e la illiceità degli scopi perseguiti, o la partecipazione ad alcune singole manifestazioni. In particolare il P. ha messo in dubbio la attendibilità della testimonianza del commissario M. nella parte in cui lo ha indicato come partecipante alla manifestazione di via Torino in Milano. Sono all'evidenza tutte censure in punto di fatto.

L'avv. Correggiari, nell'interesse di C. e di S., ha lamentato, con riferimento al reato di detenzione di una pistola ad aria compressa di cui al capo G, la mancata valutazione della efficienza dell'arma e della sua attitudine a recare offesa alla persona. La censura è manifestamente infondata nella parte in cui denunzia la mera apparenza della motivazione, essendo stati invece adeguatamente e logicamente indicati i motivi per i quali la pistola in questione deve essere considerata un'arma da sparo. Peraltro l'accertamento della natura ed efficienza dell'arma rientra nella competenza esclusiva del giudice di merito.

Sono infine manifestamente infondate le eccezioni di prescrizione sollevate dagli avv.ti Bazzoni e Correggiari. La prescrizione infatti, secondo l'assunto difensivo, sarebbe maturata successivamente alla pronunzia della sentenza di appello. Essa pertanto non si è verificata perché, come sopra precisato con riferimento agli altri motivi, tutti i ricorsi sono originariamente inammissibili per la manifesta infondatezza dei motivi o per il loro carattere di censura in punto di fatto. Questa considerazione è sufficiente per non rilevare di ufficio eventuali prescrizioni che sarebbero maturate nel periodo successivo alla pronunzia della sentenza di appello.

Infine deve essere esaminata la censura contenuta nell'ultimo motivo del ricorso proposto dall'avv. Correggiari nell'interesse di C. e di S., relativa ai capi civili della sentenza. Essa si riferisce evidentemente alla sentenza di primo grado, non essendovi alcuna pronunzia civile nel dispositivo della sentenza di appello, mentre nella motivazione è spiegato che la omissione è derivata da mera dimenticanza. Così intesa la censura è inammissibile perché con l'appello non è stata proposta alcuna censura alla legittimazione della parte civile Comune di Milano.

Alla dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna solidale dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Appare inoltre giusto condannare i singoli ricorrenti al versamento della somma di lire un milione ciascuno alla Cassa delle Ammende.

(Torna su   ) P.Q.M.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento in solido delle spese processuali e ciascuno al versamento della somma di lire un milione alla Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 28 febbraio 2001.

DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 7 GIU. 2001

 


 

SIWEB

                       Documentazione

 


Unione Europea

 


 

Trattato sull'Unione europea del 7-2-1992
(n.d.r. Versione in vigore dal 1° dicembre 2009)
(art. 3 – ex art. 2 del TUE)

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Pubblicato nella G.U.U.E. 9 maggio 2008, n. C 115.

 

Articolo 3

(ex articolo 2 del TUE)

1.  L'Unione si prefigge di promuovere la pace, i suoi valori e il benessere dei suoi popoli.

2.  L'Unione offre ai suoi cittadini uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia senza frontiere interne, in cui sia assicurata la libera circolazione delle persone insieme a misure appropriate per quanto concerne i controlli alle frontiere esterne, l'asilo, l'immigrazione, la prevenzione della criminalità e la lotta contro quest'ultima.

3.  L'Unione instaura un mercato interno. Si adopera per lo sviluppo sostenibile dell'Europa, basato su una crescita economica equilibrata e sulla stabilità dei prezzi, su un'economia sociale di mercato fortemente competitiva, che mira alla piena occupazione e al progresso sociale, e su un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell'ambiente. Essa promuove il progresso scientifico e tecnologico.

L'Unione combatte l'esclusione sociale e le discriminazioni e promuove la giustizia e la protezione sociali, la parità tra donne e uomini, la solidarietà tra le generazioni e la tutela dei diritti del minore.

Essa promuove la coesione economica, sociale e territoriale, e la solidarietà tra gli Stati membri.

Essa rispetta la ricchezza della sua diversità culturale e linguistica e vigila sulla salvaguardia e sullo sviluppo del patrimonio culturale europeo.

4.  L'Unione istituisce un'unione economica e monetaria la cui moneta è l'euro.

5.  Nelle relazioni con il resto del mondo l'Unione afferma e promuove i suoi valori e interessi, contribuendo alla protezione dei suoi cittadini. Contribuisce alla pace, alla sicurezza, allo sviluppo sostenibile della Terra, alla solidarietà e al rispetto reciproco tra i popoli, al commercio libero ed equo, all'eliminazione della povertà e alla tutela dei diritti umani, in particolare dei diritti del minore, e alla rigorosa osservanza e allo sviluppo del diritto internazionale, in particolare al rispetto dei principi della Carta delle Nazioni Unite.

6.  L'Unione persegue i suoi obiettivi con i mezzi appropriati, in ragione delle competenze che le sono attribuite nei trattati.

 


 

 

 

Trattato sul funzionamento dell'Unione europea del 25-3-1957
(n.d.r. Versione in vigore dal 1° dicembre 2009)
(artt. 10 e 19)

 

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Pubblicato nella G.U.U.E. 9 maggio 2008, n. C 115.

 

Articolo 10

 

Nella definizione e nell'attuazione delle sue politiche e azioni, l'Unione mira a combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l'origine etnica, la religione o le convinzioni personali, la disabilità, l'età o l'orientamento sessuale.

 

Articolo 19  

(ex articolo 13 del TCE)

 

1.  Fatte salve le altre disposizioni dei trattati e nell'ambito delle competenze da essi conferite all'Unione, il Consiglio, deliberando all'unanimità secondo una procedura legislativa speciale e previa approvazione del Parlamento europeo, può prendere i provvedimenti opportuni per combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l'origine etnica, la religione o le convinzioni personali, la disabilità, l'età o l'orientamento sessuale.

 

2.  In deroga al paragrafo 1, il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, possono adottare i principi di base delle misure di incentivazione dell'Unione, ad esclusione di qualsiasi armonizzazione delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri, destinate ad appoggiare le azioni degli Stati membri volte a contribuire alla realizzazione degli obiettivi di cui al paragrafo 1.

 

 


 

Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea
adottata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo
(art. 21)

 

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Pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea del 14 dicembre 2007.

 

Il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione proclamano solennemente quale Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea il testo riportato in appresso:

 

Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea (4)

Preambolo

 

I popoli d'Europa, nel creare tra loro un'unione sempre più stretta, hanno deciso di condividere un futuro di pace fondato su valori comuni.

Consapevole del suo patrimonio spirituale e morale, l'Unione si fonda sui valori indivisibili e universali della dignità umana, della libertà, dell'uguaglianza e della solidarietà; essa si basa sul principio della democrazia e sul principio dello Stato di diritto. Pone la persona al centro della sua azione istituendo la cittadinanza dell'Unione e creando uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia.

L'Unione contribuisce alla salvaguardia e allo sviluppo di questi valori comuni nel rispetto della diversità delle culture e delle tradizioni dei popoli d'Europa, nonché dell'identità nazionale degli Stati membri e dell'ordinamento dei loro pubblici poteri a livello nazionale, regionale e locale; essa si sforza di promuovere uno sviluppo equilibrato e sostenibile e assicura la libera circolazione delle persone, dei servizi, delle merci e dei capitali, nonché la libertà di stabilimento.

A tal fine è necessario rafforzare la tutela dei diritti fondamentali, alla luce dell'evoluzione della società, del progresso sociale e degli sviluppi scientifici e tecnologici, rendendo tali diritti più visibili in una Carta.

La presente Carta riafferma, nel rispetto delle competenze e dei compiti dell'Unione e del principio di sussidiarietà, i diritti derivanti in particolare dalle tradizioni costituzionali e dagli obblighi internazionali comuni agli Stati membri, dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle Libertà fondamentali, dalle carte sociali adottate dall'Unione e dal Consiglio d'Europa, nonché dalla giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea e da quella della Corte europea dei diritti dell'uomo. In tale contesto, la Carta sarà interpretata dai giudici dell'Unione e degli Stati membri tenendo in debito conto le spiegazioni elaborate sotto l'autorità del praesidium della Convenzione che ha redatto la Carta e aggiornate sotto la responsabilità del praesidium della Convenzione europea.

Il godimento di questi diritti fa sorgere responsabilità e doveri nei confronti degli altri come pure della comunità umana e delle generazioni future.

Pertanto, l'Unione riconosce i diritti, le libertà e i principi enunciati in appresso.

 

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(4) Il presente testo riprende, adattandola, la Carta proclamata il 7 dicembre 2000 e la sostituirà a decorrere dall'entrata in vigore del trattato di Lisbona.

(omissis)

 

Articolo 21

Non discriminazione

 

1.  E' vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l'origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l'appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, la disabilità, l'età o l'orientamento sessuale.

2.  Nell'ambito d'applicazione dei trattati e fatte salve disposizioni specifiche in essi contenute, è vietata qualsiasi discriminazione in base alla nazionalità.

 


 

Parlamento europeo -
Risoluzione sulla discriminazione dei transessuali,
12 settembre 1989

 

IL PARLAMENTO EUROPEO

 

-      viste le petizioni n. 12/84 e n. 229/87;

-      vista la Dichiarazione comune del Parlamento Europeo, del Consiglio e della Commissione sui diritti umani del 24/04/1977;

-      visto il preambolo dell'Atto unico Europeo con il quale si impegna a sostenere i diritti fondamentali sanciti dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e dalla Carta sociale europea, in particolare la libertà, l'uguaglianza e la giustizia sociale;

-      vista la sua risoluzione del 29/10/1982 sul miglioramento della salvaguardia dei diritti fondamentali nella CEE mediante misure legislative;

-      vista la risoluzione sulle discriminazioni sessuali sul luogo di lavoro;

-      vista la risoluzione sulla violenza conto le donne;

-      vista la relazione della commissione per le petizioni (doc. A 3 – 16/89)

 

A. considerando che la procedura relativa al cambiamento di sesso dei transessuali non è ancora avviata e regolamentata in tutti gli Stati membri della Comunità o che i relativi costi non vengono assunti dall'assicurazione contro le malattie,

B. considerando che i transessuali vengono tuttora ovunque discriminati, emarginati e, a volte, addirittura criminalizzati,

C. consapevole che il tasso di disoccupazione fra i transessuali è del 60-80% durante la fase del cambiamento di sesso,

D. constatando che la transessualità costituisce un problema psicologico e medico, ma è anche un problema della società che non sa affrontare un cambiamento dei ruoli condizionati dal sesso e fissati dalle tradizioni culturali,

 

1. è convinto che la dignità umana e il diritto della personalità debbono comprendere anche il diritto di condurre una vita rispondente alla propria identità sessuale;

2. invita gli Stati membri ad emanare disposizioni che regolino il diritto dei transessuali al cambiamento di sesso, sotto l'aspetto endocrinologico, chirurgico-plastico ed estetico e le relative procedure e vietino la loro discriminazione;

considera che tale procedura dovrebbe garantire almeno le seguenti possibilità:

a) diagnosi differenziale, sotto l'aspetto psichiatrico/psicoterapeutico del transessualismo per favorire l'autodiagnosi;

b) periodo di consulenza: accompagnamento e sostegno psicoterapeutico, chiarimenti sul cambiamento di sesso, visite mediche;

c) trattamento ormonale/test del quotidiano, vale a dire vivere nel nuovo ruolo sessuale per almeno un anno;

d) intervento chirurgico, previa autorizzazione da parte di un organismo specifico composto da un medico specialista, uno/a psicoterapeuta ed eventualmente da un/a rappresentante nominato/a dall'interessato/a;

e) riconoscimento giuridico: cambiamento del nome, rettifica del dato riguardante il sesso sul certificato di nascita e sui documenti d'identità;

f) assistenza medica e psicoterapeutica dopo l'intervento;

3. invita il Consiglio d'Europa ad emanare una convenzione per la tutela dei transessuali;

4. invita gli Stati membri a prendere le opportune misure affinché i costi del trattamento psicologico, endocrinologico, chirurgico-plastico ed estetico dei transessuali vengano rimborsati dall'assicurazione contro le malattie;

5. invita gli Stati membri ad istituire consultori per i transessuali che, a causa dell'adeguamento dei caratteri sessuali, hanno perso senza colpa il lavoro e/o l'abitazione;

6. invita gli Stati membri ad istituire consultori per i transessuali ed a sostenere finanziariamente le loro organizzazioni;

7. invita gli Stati membri a fare opera di informazione sui problemi dei transessuali, in particolare presso gli addetti ai servizi sociali, la polizia, l'anagrafe, l'amministrazione militare e le carceri;

8. invita la Commissione ed il Consiglio a precisare che le direttive comunitarie sull'equiparazione di uomini e donne sul posto di lavoro vieta anche la discriminazione dei transessuali;

9. invita la Commissione, il Consiglio e gli Stati membri a predisporre documenti di identità sui quali potrebbe essere, su richiesta, indicata l'eventuale transessualità del titolare durante il periodo dell'adeguamento dei caratteri sessuali, documenti che sarebbero riconosciuti in tutta la Comunità;

10. invita il Consiglio e gli Stati membri a riconoscere, nel quadro dell'armonizzazione del diritto d'asilo, le persecuzioni a causa della transessualità come motivo per la concessione dello stesso;

11. invita la Commissione a mettere a disposizione, nel quadro dei suoi programmi di intervento, stanziamenti destinati alle ricerche sulla transessualità ed alla diffusione delle attuali conoscenze mediche in materia;

12. invita la Commissione ad intervenire presso gli Stati membri affinché essi prevedano speciali misure per facilitare il collocamento al lavoro dei transessuali;

13. chiede di segnalare un ufficio presso la Commissione, al quale possano essere denunciati i casi di discriminazione;

14. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente Risoluzione al Consiglio, alla Commissione, ai Governi ed ai Parlamenti degli Stati membri nonché al Consiglio d'Europa.

 


 

 

Parlamento europeo -
Risoluzione sull'omofobia in Europa -
Strasburgo, 18 gennaio 2006

 

Il Parlamento europeo,

 

– visti gli obblighi internazionali ed europei in materia di diritti umani, quali quelli contenuti nelle convenzioni delle Nazioni Unite sui diritti dell'uomo e nella Convenzione europea sui diritti dell'uomo e le libertà fondamentali,

 

– viste le disposizioni della legislazione dell'Unione europea sui diritti umani, in particolare la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea(1), nonché gli articoli 6 e 7 del trattato sull'Unione europea,

 

– visto l'articolo 13 del trattato che istituisce la Comunità europea, che assegna alla Comunità il potere di adottare misure finalizzate alla lotta alle discriminazioni basate, tra l'altro, sull'orientamento sessuale e di promuovere il principio dell'uguaglianza,

 

– viste la direttiva 2000/43/CE del Consiglio, del 29 giugno 2000, che attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica(2), e la direttiva 2000/78/CE, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro(3), che proibiscono le discriminazioni dirette o indirette basate sull'origine razziale o etnica, la religione o le convinzioni personali, gli handicap, l'età o l'orientamento sessuale,

 

– visto il paragrafo 1 dell'articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali, che vieta "qualsiasi forma di discriminazione fondata sul sesso, la razza, il colore della pelle, l'origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l'appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l'età o le tendenze sessuali",

 

– visto l'articolo 103, paragrafo 4, del suo regolamento,

 

A. considerando che l'omofobia può essere definita come una paura e un'avversione irrazionale nei confronti dell'omosessualità e di gay, lesbiche, bisessuali e transessuali (GLBT), basata sul pregiudizio e analoga al razzismo, alla xenofobia, all'antisemitismo e al sessismo,

 

B. considerando che l'omofobia si manifesta nella sfera pubblica e privata sotto forme diverse, quali discorsi intrisi di odio e istigazioni alla discriminazione, dileggio, violenza verbale, psicologica e fisica, persecuzioni e omicidio, discriminazioni in violazione del principio di uguaglianza, limitazioni arbitrarie e irragionevoli dei diritti, spesso giustificate con motivi di ordine pubblico, libertà religiosa e diritto all'obiezione di coscienza,

 

C. considerando i recenti eventi preoccupanti verificatisi in vari Stati membri, ampiamente segnalati dalla stampa e dalle ONG, che vanno dal divieto di tenere marce per l'orgoglio gay o per l'uguaglianza all'uso di un linguaggio incendiario, carico di odio o minaccioso da parte di esponenti politici di primo piano e capi religiosi, la mancata protezione e, addirittura, la dispersione di dimostrazioni pacifiche da parte della polizia, le manifestazioni violente di gruppi omofobi e l'introduzione di modifiche costituzionali espressamente mirate a impedire le unioni tra persone dello stesso sesso,

 

D. considerando, nel contempo, che in taluni casi si sono registrate reazioni positive, democratiche e tolleranti da parte della popolazione, della società civile e delle autorità locali e regionali che hanno manifestato contro l'omofobia, nonché da parte della magistratura che ha preso provvedimenti contro le discriminazioni più sensazionali e illegali,

 

E. considerando che in alcuni Stati membri i partner dello stesso sesso non godono di tutti i diritti e le protezioni riservati ai partner sposati di sesso opposto, subendo di conseguenza discriminazioni e svantaggi;

 

F. considerando, al tempo stesso, che in un numero crescente di paesi europei si stanno adottando iniziative intese a garantire pari opportunità, integrazione e rispetto e ad offrire protezione contro la discriminazione basata sull'orientamento sessuale, l'espressione di genere e l'identità di genere, nonché ad assicurare il riconoscimento delle famiglie omosessuali,

 

G. considerando che la Commissione ha dichiarato il suo impegno ad assicurare il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali nell'UE ed ha istituito un gruppo di Commissari responsabili in materia di diritti umani;

 

H. considerando che non tutti gli Stati membri hanno introdotto nei loro ordinamenti misure atte a tutelare le persone GLBT, come invece richiesto dalle direttive 2000/43/CE e 2000/78/CE, e che non tutti gli Stati membri stanno combattendo le discriminazioni basate sull'orientamento sessuale e promuovendo l'uguaglianza,

 

I. considerando che occorrono ulteriori azioni a livello dell'UE e degli Stati membri per eradicare l'omofobia e promuovere una cultura della libertà, della tolleranza e dell'uguaglianza tra i cittadini e negli ordinamenti giuridici,

 

 

 

1. condanna con forza ogni discriminazione fondata sull'orientamento sessuale;

 

2. chiede agli Stati membri di assicurare che le persone GLBT vengano protette da discorsi omofobici intrisi d'odio e da atti di violenza omofobici e di garantire che i partner dello stesso sesso godano del rispetto, della dignità e della protezione riconosciuti al resto della società;

 

3. invita con insistenza gli Stati membri e la Commissione a condannare con fermezza i discorsi omofobici carichi di odio o le istigazioni all'odio e alla violenza e a garantire l'effettivo rispetto della libertà di manifestazione, garantita da tutte le convenzioni in materia di diritti umani;

 

4. chiede alla Commissione di far sì che la discriminazione basata sull'orientamento sessuale sia vietata in tutti i settori, completando il pacchetto antidiscriminazione fondato sull'articolo 13 del trattato, mediante la proposta di nuove direttive o di un quadro generale che si estendano a tutti i motivi di discriminazione e a tutti i settori;

 

5. sollecita vivamente gli Stati membri e la Commissione a intensificare la lotta all'omofobia mediante un'azione pedagogica, ad esempio attraverso campagne contro l'omofobia condotte nelle scuole, le università e i mezzi d'informazione, e anche per via amministrativa, giudiziaria e legislativa;

 

6. reitera la sua posizione relativa alla proposta di decisione che istituisce l'Anno europeo delle pari opportunità per tutti, secondo la quale la Commissione deve garantire che tutte le forme di discriminazione di cui all'articolo 13 del trattato e all'articolo 2 della proposta siano considerate e trattate in maniera equilibrata, come indicato nella posizione del Parlamento sulla proposta(4), e ricorda alla Commissione la sua promessa di seguire da vicino questa materia e di riferire in merito al Parlamento;

 

7. esorta vivamente la Commissione a garantire che tutti gli Stati membri abbiano recepito e stiano correttamente applicando la direttiva 2000/78/CE e ad avviare procedimenti d'infrazione contro gli Stati membri inadempienti; chiede inoltre alla Commissione di assicurare che la relazione annuale sulla tutela dei diritti fondamentali nell'UE comprenda informazioni complete ed esaustive sull'incidenza di atti criminosi e violenze a carattere omofobico negli Stati membri;

 

8. insiste affinché la Commissione presenti una proposta di direttiva riguardante la protezione contro tutte le discriminazioni per i motivi menzionati nell'articolo 13 del trattato, con lo tesso campo di applicazione della direttiva 2000/43/CE;

 

9. esorta la Commissione a prendere in considerazione il ricorso alle sanzioni penali per i casi di violazione delle direttive basate sull'articolo 13 del trattato;

 

10. chiede agli Stati membri di adottare qualsiasi altra misura che ritengano opportuna nella lotta all'omofobia e alla discriminazione basata sull'orientamento sessuale e di promuovere e adottare il principio dell'uguaglianza nelle loro società e nei loro ordinamenti giuridici;

 

11. sollecita gli Stati membri ad adottare disposizioni legislative volte a porre fine alle discriminazioni subite dalle coppie dello stesso sesso in materia di successione, proprietà, locazione, pensioni, fiscalità, sicurezza sociale ecc.;

 

12. plaude alle iniziative recentemente intraprese in numerosi Stati membri volte a migliorare la posizione delle persone GLBT e decide di organizzare il 17 maggio 2006 (Giornata internazionale contro l'omofobia) un seminario finalizzato allo scambio delle buone pratiche;

 

13. reitera la sua richiesta avanzata alla Commissione di presentare proposte che garantiscano la libertà di circolazione dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari nonché del partner registrato di qualunque sesso, come indicato nella raccomandazione del Parlamento del 14 ottobre 2004 sul futuro dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia(5);

 

14. chiede agli Stati membri interessati di riconoscere finalmente che gli omosessuali sono stati tra i bersagli e le vittime del regime nazista;

 

15. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione alla Commissione e ai governi degli Stati membri e dei paesi in via di adesione e candidati.

 

 

-------------------------

(1) GU C 364 del 18.12.2000, pag. 1.

(2) GU L 180 del 19.7.2000, pag. 22.

(3) GU L 303 del 2.12.2000, pag. 16.

(4) Testi approvati, P6_TA(2005)0489.

(5) GU C 166 E del 7.7.2005, pag. 58.

 


 

Parlamento europeo -
Risoluzione sull’omofobia in Europa,  
 Strasburgo, 26 aprile 2007

 

Il Parlamento europeo,

 

-      visti gli strumenti internazionali che garantiscono i diritti dell'uomo e le libertà fondamentali e vietano la discriminazione, in particolare la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU),

-      visti gli articoli 6 e 7 del trattato sull'Unione europea e l'articolo 13 del trattato che istituisce la Comunità europea, che impegnano l'Unione europea e la Comunità, rispettivamente, nonché gli Stati membri a tutelare i diritti dell'uomo e le libertà fondamentali e prevedono strumenti a livello europeo di lotta contro la discriminazione e le violazioni dei diritti dell'uomo,

-      vista la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, in particolare l'articolo 21, che vieta la discriminazione fondata sull'orientamento sessuale,

-      viste le iniziative della Comunità europea di lotta contro l'omofobia e la discriminazione fondata sull'orientamento sessuale, in particolare la direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro[12] e la decisione n. 771/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 maggio 2006, che istituisce l'anno europeo delle pari opportunità per tutti (2007) - verso una società giusta[13],

-      viste le sue precedenti risoluzioni sull'omofobia, la tutela delle minoranze e le politiche di lotta contro le discriminazioni e, in particolare, le sue risoluzioni del 18 gennaio 2006 sull'omofobia in Europa[14]e del 15 giugno 2006 sull'intensificarsi della violenza razzista e omofoba in Europa[15],

-      visto l'articolo 103, paragrafo 4, del suo regolamento,

 

A. considerando che il Parlamento ha osservato il proliferare di discorsi di incitamento all'odio nei confronti della comunità lesbica, gay, bisessuale e transgender (LGBT) in numerosi paesi europei,

B. considerando che le dichiarazioni e le azioni dei dirigenti politici e religiosi hanno un impatto considerevole sull’opinione pubblica e che quindi essi hanno l’importante responsabilità di contribuire in modo positivo a un clima di tolleranza e parità,

C. considerando che la presente risoluzione, come le summenzionate risoluzioni, è stata motivata dalla proliferazione di discorsi di odio e da altri eventi preoccupanti, quali il divieto da parte delle autorità locali allo svolgimento di marce per l'uguaglianza e di marce dell'orgoglio omosessuale (Gay Pride), il ricorso, da parte di personaggi politici di rilievo e di leader religiosi, a un linguaggio aggressivo o minaccioso o a discorsi improntati all'odio, e l'omissione da parte della polizia di fornire protezione adeguata nei confronti di manifestazioni violente di gruppi omofobi, disperdendo invece manifestazioni pacifiche,

D. considerando che diverse marce per l'uguaglianza e marce dell'orgoglio omosessuale sono pianificate in tutta Europa e nel mondo nei prossimi mesi e che i loro partecipanti e organizzatori rischiano di essere vittime di attacchi fisici violenti, malgrado abbiano il diritto fondamentale alla libertà di espressione e di riunione, come ricordato anche dal Commissario per i diritti dell'uomo del Consiglio d'Europa,

E. considerando che un sedicenne italiano di nome Matteo, abitante a Torino, si è recentemente suicidato lasciando dietro di sé due lettere in cui adduce a motivo del suo gesto il bullismo di cui è stato vittima a causa del suo orientamento sessuale; considerando che organizzazioni della società civile nel Regno Unito hanno segnalato un proliferare dei casi di bullismo omofobico nelle scuole secondarie in tutto il paese; considerando che un uomo omosessuale è stato ucciso a randellate nei Paesi Bassi unicamente per il suo orientamento sessuale e il suo aspetto femminile,

F. considerando che il Parlamento ha ripetutamente chiesto il completamento del pacchetto legislativo contro la discriminazione sulla base dell'articolo 13 del trattato CE, invitando periodicamente la Commissione a proporre una direttiva che vieti la discriminazione fondata sull'orientamento sessuale in tutti i settori,

G. considerando che il Parlamento aveva già espresso, nella sua summenzionata risoluzione del 15 giugno 2006, la sua grave preoccupazione per la situazione in Europa e, in particolare, in Polonia, condannando le dichiarazioni incitanti all'odio e alla violenza pronunciate dai dirigenti del partito della Lega delle famiglie polacche e, in particolare, del vice primo ministro nonché ministro della pubblica istruzione,

H. considerando che nel marzo 2007 il vice primo ministro nonché ministro della pubblica istruzione polacco ha annunciato un progetto di legge destinato a punire la "propaganda omosessuale" nelle scuole, le cui disposizioni prevedono il licenziamento, l’imposizione di sanzioni o la detenzione per i responsabili di istituti scolastici, gli insegnanti e gli alunni implicati in casi di "attivismo" a favore dei diritti LGBT nelle scuole,

I. considerando che il vice ministro della pubblica istruzione polacco ha confermato che l'amministrazione sta elaborando un progetto di legge in tale senso e ha dichiarato che “gli insegnanti che renderanno pubblica la propria omosessualità saranno licenziati”; considerando che vari membri del governo polacco hanno reagito in modi diversi, dal che non risulta chiaro se la legislazione verrà di fatto proposta,

J. considerando che il vice primo ministro nonché ministro della pubblica istruzione polacco ha espresso il desiderio di promuovere l'adozione di leggi analoghe a livello europeo,

K. considerando che la legislazione proposta ha ottenuto il sostegno del primo ministro polacco, il quale ha dichiarato che “promuovere uno stile di vita omosessuale tra i giovani nelle scuole quale alternativa a una vita normale supera il limite” e che “occorre porre fine ad iniziative di questo tipo nelle scuole”, presentando in tal modo un’interpretazione distorta dell’educazione e della tolleranza,

L. considerando che il difensore civico per l'infanzia polacco ha dichiarato di essere impegnata nella compilazione di un elenco di impieghi per i quali gli omosessuali non sono idonei,

M. considerando che nel giugno 2006 l'Ufficio del procuratore di Stato ha ordinato l’esecuzione di controlli dei fondi delle organizzazioni LGBT in relazione a “movimenti criminali” e alla loro presenza nelle scuole al fine di trovare tracce di attività criminale, senza risultato alcuno,

N. considerando che l'8 giugno 2006 il governo polacco ha licenziato il direttore del Centro per la formazione degli insegnanti e ha vietato la distribuzione di un manuale ufficiale del Consiglio d'Europa contro la discriminazione e considerando che il nuovo direttore del Centro ha dichiarato, il 9 ottobre 2006, che "le scuole non devono proporre modelli di comportamento indecenti, perché l'obiettivo della scuola è spiegare la differenza tra il bene il male, tra ciò che è bello e ciò che è brutto … la scuola deve spiegare che le pratiche omosessuali portano a situazioni drammatiche, al vuoto e alla depravazione",

O. considerando che Terry Davis, Segretario generale del Consiglio d'Europa, ha reagito a questi eventi dichiarando che "il governo polacco è libero di decidere se vuole utilizzare il materiale del Consiglio d'Europa per la formazione in materia di diritti umani, ma se il materiale didattico è opzionale, i valori e i principi in esso contenuti certamente non lo sono" e ha espresso preoccupazione in merito al fatto che "il governo polacco accetta politiche che promuovono l'omofobia (…) e comportamenti omofobi",

P. considerando che il governo polacco ha anche respinto il finanziamento di progetti patrocinati da organizzazioni LGBT nel quadro del programma europeo Gioventù, motivando tale decisione in una lettera a tali organizzazioni in cui afferma che "la politica ministeriale non appoggia azioni volte a propagare comportamenti omosessuali e analoghi atteggiamenti tra i giovani ... [e] il ruolo del ministro non è quello di sostenere la cooperazione con organizzazioni omosessuali",

Q. considerando che si possono notare anche evoluzioni positive, quali la riuscita dell’evento Gay Pride a Varsavia nel giugno 2006, la dimostrazione di massa a favore della tolleranza e della democrazia a Varsavia nel novembre 2006 dopo il divieto di una manifestazione per la tolleranza a Poznan, la marcia per la protezione dei diritti gay a Cracovia nell’aprile 2007 e il fatto che le marce dell’orgoglio omosessuale non siano più sistematicamente vietate,

R. considerando che il Parlamento ha dato mandato all'Osservatorio europeo dei fenomeni di razzismo e xenofobia di svolgere un'indagine sull'emergente atmosfera di intolleranza razzista, xenofoba e omofoba in Polonia e ha invitato la Commissione a verificare se le azioni e le dichiarazioni del ministro polacco della pubblica istruzione siano conformi all'articolo 6 del trattato UE, ricordando le eventuali sanzioni in caso di violazione, e che queste richieste non hanno ancora avuto seguito,

1. sottolinea che l'Unione europea è innanzitutto una comunità di valori, in cui il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali, la democrazia e lo Stato di diritto, l'uguaglianza e la non discriminazione sono fra i valori che più contano;

2. afferma che le istituzioni e gli Stati membri dell'Unione europea hanno il dovere di garantire che i diritti delle persone che vivono in Europa siano rispettati, tutelati e promossi, come prevedono la Convenzione europea sulla salvaguardia dei diritti dell'uomo, la Carta europea dei diritti fondamentali, l'articolo 6 del trattato UE, la direttiva 2000/43/CE del Consiglio, del 29 giugno 2000, che attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica [16]e la direttiva 2000/78/CE del Consiglio;

 

3. ribadisce la propria richiesta alla Commissione di garantire che la discriminazione sulla base dell'orientamento sessuale in tutti i settori sia vietata completando il pacchetto legislativo contro la discriminazione basato sull'articolo 13 del trattato CE, senza il quale lesbiche, gay, bisessuali e altre persone che si trovano a far fronte a discriminazioni multiple continuano ad essere a rischio di discriminazione; chiede la depenalizzazione mondiale dell'omosessualità;

 

4. indice il 17 maggio di ogni anno quale Giornata internazionale contro l'omofobia;

 

5. sollecita la Commissione ad accelerare la verifica della messa in atto delle direttive antidiscriminazione e a istituire procedimenti contro gli Stati membri in caso di violazione dei loro obblighi a norma del diritto comunitario;

 

6. ricorda a tutti gli Stati membri che, secondo la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, il diritto alla libertà di riunione può essere esercitato anche quando le opinioni di coloro che esercitano tale diritto sfidano le opinioni della maggioranza e che di conseguenza la proibizione discriminatoria delle marce dell’orgoglio e il fatto di non fornire adeguata protezione a quanti vi partecipano contravvengono ai principi tutelati dalla CEDU; invita tutte le autorità competenti, tra cui quelle locali, ad autorizzare le marce e a proteggere adeguatamente i partecipanti;

 

7. condanna i commenti discriminatori formulati da dirigenti politici e religiosi nei confronti degli omosessuali, in quanto alimentano l'odio e la violenza, anche se ritirati in un secondo tempo, e chiede alle gerarchie delle rispettive organizzazioni di condannarli;

 

8. ribadisce il suo invito a tutti gli Stati membri a proporre leggi che superino le discriminazioni subite da coppie dello stesso sesso e chiede alla Commissione di presentare proposte per garantire che il principio del riconoscimento reciproco sia applicato anche in questo settore al fine di garantire la libertà di circolazione per tutte le persone nell'Unione europea senza discriminazioni;

 

9. esprime la propria solidarietà e il proprio appoggio agli attivisti dei diritti fondamentali e ai difensori della parità di diritti per i membri della comunità LGBT;

 

10. sollecita le competenti autorità polacche ad astenersi dal proporre o dall'adottare una legislazione quale quella descritta dal vice primo ministro nonché ministro della pubblica istruzione polacco, o dal porre in atto misure intimidatorie nei confronti delle organizzazioni LGTB;

 

11. invita le competenti autorità polacche a condannare pubblicamente e a prendere misure contro le dichiarazioni rilasciate da leader pubblici incitanti alla discriminazione e all'odio sulla base dell'orientamento sessuale; è del parere che qualsiasi altro comportamento costituirebbe una violazione dell'articolo 6 del trattato UE;

 

12. chiede alle autorità polacche di facilitare la realizzazione dell’Anno delle pari opportunità per tutti 2007 e chiede alla Commissione di controllare lo svolgimento di tale anno, in particolare la clausola secondo cui i fondi sono erogati a condizione che tutti i motivi di discriminazione siano stati affrontati equamente in tutti i programmi nazionali;

 

13. chiede alla Conferenza dei presidenti di autorizzare l'invio di una delegazione in Polonia per una missione di accertamento dei fatti al fine di avere un quadro esatto della situazione e avviare un dialogo con tutte le parti interessate;

 

14. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione, nonché ai governi degli Stati membri, e dei paesi candidati e al Consiglio d’Europa.

 

 


Consiglio d’Europa

 


 

Assemblea, 29 settembre 1989,
Recommendation 1117 (1989)1 on the condition of transsexuals
(in inglese)

 

The Assembly,

 

1. Considering that transsexualism is a syndrome characterised by a dual personality, one physical, the other psychological, together with such a profound conviction of belonging to the other sex that the transsexual person is prompted to ask for the corresponding bodily ‘‘correction'' to be made ;

2. Considering that modern medical progress, and in particular recourse to sexual conversion surgery, enable transsexuals to be given the appearance and, to a great extent, the characteristics of the sex opposite to that which appears on their birth certificate ;

3. Observing that this treatment is of a nature to bring the physical sex and the psychological sex into harmony with one another, and so give such persons a sexual identity which, moreover, constitutes a decisive feature of their personality ;

4. Believing that account of the changes brought about should be taken in the transsexual's civil status records by adding such details to the original record so as to update the data concerning sex in the birth certificate and identity papers, and by authorising a subsequent change of forename ;

5. Considering that a refusal of such amendment of the civil status papers exposes persons in this situation to the risk of being obliged to reveal to numerous people the reasons for the discrepancy between their physical appearance and legal status ;

6. Noting that transsexualism raises relatively new and complex questions to which states are called upon to find answers compatible with respect for human rights ;

7. Observing that, in the absence of specific rules, transsexuals are often the victims of discrimination and violation of their private life ;

8. Considering, furthermore, that the legislation of many member states is seriously deficient in this area and does not permit transsexuals, particularly those who have undergone an operation, to have civil status amendments made to take account of their appearance, external morphology, psychology and social behaviour ;

9. Considering the case-law of the European Commission and Court of Human Rights ;

10. Referring to the resolution which the European Parliament adopted on 12 September 1989, in which, among other things, it called on the Council of Europe to enact a convention for the protection of transsexuals,

11. Recommends that the Committee of Ministers draw up a recommendation inviting member states to introduce legislation whereby, in the case of irreversible transsexualism:

a. the reference to the sex of the person concerned is to be rectified in the register of births and in the identity papers ;

 

b. a change of forename is to be authorised ;

 

c.  the person's private life is to be protected ;

 

d. all discrimination in the enjoyment of fundamental rights and freedoms is prohibited in accordance with Article 14 of the European Convention on Human Rights.

 

__________________

1. Assembly debate on 29 September 1989 (21st Sitting) (see Doc. 6100, report of the Legal Affairs Committee, Rapporteur : Mr Rodotà).

 

   Text adopted by the Assembly on 29 September 1989 (21st Sitting)

 

 

 

 

 

 

 


 

Camera dei Deputati

 


N. 1658-1882 A

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

______________________________

PROPOSTE DI LEGGE

 

n. 1658, d'iniziativa dei deputati

CONCIA, ROSSOMANDO, FERRANTI, CAPANO

 

Modifiche alla legge 13 ottobre 1975, n. 654, e al decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, in materia di reati commessi per finalità di discriminazione o di odio fondati sull'orientamento sessuale o sull'identità di genere

 

Presentata il 17 settembre 2008

 

e

 

n. 1882, d'iniziativa dei deputati

DI PIETRO, PALOMBA

 

Modifica all'articolo 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654, per la repressione delle discriminazioni per motivi razziali, di orientamento sessuale o di identità di genere

 

Presentata il 7 novembre 2008

 

(Relatore: CONCIA)

 

 

 


NOTA: La II Commissione permanente (Giustizia), l'8 ottobre 2009, ha deliberato di riferire favorevolmente sul testo unificato dei progetti di legge nn. 1658 e 1882. In pari data, la Commissione ha chiesto di essere autorizzata a riferire oralmente. Per il testo dei progetti di legge si vedano i relativi stampati.

 


 

PARERE DELLA I COMMISSIONE PERMANENTE

(Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni)

        Il comitato permanente per i pareri della I Commissione,

            esaminato il testo unificato delle proposte di legge n. 1658 Concia e n. 1882 Di Pietro, recante «Introduzione nel codice penale della circostanza aggravante inerente all'orientamento o alla discriminazione sessuale»;

        premesso che:

            sotto il profilo del riparto di competenza legislativa tra lo Stato e le regioni, le disposizioni recate dal testo sono riconducibili alla materia «giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa», che la lettera l) del secondo comma dell'articolo 117 della Costituzione attribuisce alla competenza legislativa esclusiva dello Stato;

            l'ambito di applicabilità della circostanza aggravante prevista dal testo risulta circoscritto ai soli delitti non colposi contro la vita e l'incolumità individuale, contro la personalità individuale, contro la libertà personale e contro la libertà morale, il che dovrebbe essere valutato sotto il profilo della ragionevolezza, alla luce del principio di eguaglianza di cui all'articolo 3 della Costituzione;

            pur prendendo atto che la locuzione «orientamento sessuale» ricorre in fonti di diritto internazionale e comunitario, nonché di ordinamenti stranieri, si ritiene che, nel momento in cui tale nozione è immessa nella legislazione penale italiana, essa debba essere adeguatamente definita, anche al fine di garantire il rispetto del principio costituzionale di determinatezza della fattispecie penale;

            andrebbe altresì chiarita la nozione di «finalità» (inerenti all'orientamento o alla discriminazione sessuale della persona offesa);

            in ogni caso, dopo la parola «orientamento» andrebbe introdotto l'aggettivo «sessuale» o, in alternativa, si dovrebbe parlare di orientamento e discriminazione «sessuali» (al plurale);

esprime

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti condizioni:

        al fine di garantire il pieno rispetto dell'articolo 25 della Costituzione, sotto il profilo della determinatezza della fattispecie penale:

            1) si definisca la nozione di «orientamento sessuale»;
            2) si specifichi che per «orientamento» si intende l'orientamento sessuale;

e con le seguenti osservazioni:

                  a) sarebbe opportuno valutare se l'aver circoscritto l'ambito di applicabilità della nuova circostanza aggravante ai soli delitti non colposi contro la vita e l'incolumità individuale, contro la personalità individuale, contro la libertà personale e contro la libertà morale sia pienamente rispondente, sotto il profilo della ragionevolezza, al principio di eguaglianza di cui all'articolo 3 della Costituzione;

                  b) sarebbe opportuno chiarire la nozione di «finalità» inerenti all'orientamento o alla discriminazione sessuale della persona offesa.


 


 

TESTO UNIFICATO

della Commissione

¾¾¾

 

Modifica all'articolo 61 del codice penale, concernente l'introduzione della circostanza aggravante relativa all'orientamento o alla discriminazione sessuale.

 

Art. 1.

      1. All'articolo 61 del codice penale è aggiunto, in fine, il seguente numero:

          «11-quater) l'avere, nei delitti non colposi contro la vita e l'incolumità individuale, contro la personalità individuale, contro la libertà personale e contro la libertà morale, commesso il fatto per finalità inerenti all'orientamento o alla discriminazione sessuale della persona offesa dal reato».

 

 


 

 

RESOCONTO STENOGRAFICO

_________

_________    _________

_________

 

 

231.

 

Seduta di martedi’ 13 ottobre 2009

 

presidenza del vicepresidente ANTONIO LEONE

 

 

(omissis)


Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge: Concia ed altri; Di Pietro e Palomba: Modifica all'articolo 61 del codice penale, concernente l'introduzione della circostanza aggravante relativa all'orientamento o alla discriminazione sessuale (1658-1882-A) (ore 16,55).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge di iniziativa dei deputati Concia ed altri; Di Pietro e Palomba: Modifica all'articolo 61 del codice penale, concernente l'introduzione della circostanza aggravante relativa all'orientamento o alla discriminazione sessuale.

Ricordo che nella seduta di ieri si è conclusa la discussione sulle linee generali ed hanno avuto luogo le repliche della relatrice e del Governo.

Ha chiesto di parlare il presidente della Commissione giustizia, onorevole Bongiorno. Ne ha facoltà.

GIULIA BONGIORNO, Presidente della II Commissione. Signor Presidente, volevo fare presente innanzitutto che - chi ha partecipato ai lavori dell'Aula certamente lo saprà - ieri è mi è pervenuta una lettera dal Ministro Carfagna, il quale mi ha rappresentato l'opportunità di un ulteriore approfondimento in Commissione, al fine di dare vita ad un testo più ampio in tema di aggravanti, che facesse riferimento ai reati commessi per finalità di discriminazione, recependo l'articolo 19 del Trattato di Lisbona. Il Ministro ha richiamato quelle discriminazioni che la normativa italiana non prevede come aggravanti, come quelle fondate sull'età, sulla disabilità, sul sesso e sulle convinzioni personali, che si dovrebbero pertanto aggiungere a quelle relative all'orientamento sessuale già previsto dal testo unificato. Nella lettera del Ministro si fa anche riferimento all'importanza di prevedere una tutela penale per i transessuali, che non è prevista dal testo unificato in esame.

Si è riunito oggi il Comitato dei nove e vorrei fare presente che è stato chiesto il rinvio in Commissione, anche alla luce del parere della I Commissione, da parte del PdL, della Lega e dell'UdC. Il PD e l'Italia dei Valori invece hanno espresso parere contrario al rinvio in Commissione. Il PD però ha fatto riferimento al fatto che potrebbe essere favorevole al rinvio in Commissione qualora vi fosse una nuova ed immediata calendarizzazione. Pertanto, all'esito di queste articolate posizioni, sottopongo la questione all'Assemblea.

PRESIDENTE. Sulla proposta di rinvio del testo in Commissione testé avanzata dal presidente della Commissione giustizia, vista anche la rilevanza dell'argomento, ai sensi degli articoli 41 e 45 del Regolamento darò la parola ad un oratore per gruppo.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, mi rivolgo al centrodestra per chiedere: perché avete fatto questo voltafaccia? Abbiamo lavorato un anno in Commissione per pervenire ad un testo minimale, scritto a quattro mani, due delle quali appartenenti ad Enrico Costa per il Popolo della Libertà ed a nome della Lega. Noi dell'Italia dei Valori avremmo voluto un testo più severo, con l'estensione all'omofobia ed alla transfobia delle sanzioni previste dalla legge Mancino per le espressioni di odio razziale. Lo volevamo perché la matrice è la stessa: è quella di chi massacrava i negri e gli ebrei ed oggi è xenofoba ed aggredisce i diversi, gli omosessuali ed i transessuali, in nome di un tragico odio che contraddice il rispetto della diversità e del valore originario di ogni persona umana. Tutto questo accade a Roma più ancora che altrove. Ma dove è andata a finire la sbandierata sicurezza del sindaco Alemanno?

Signor Presidente, non stiamo decidendo, in questa sede, cosa è bene e cosa è male tra omo ed eterosessualità. Non stiamo indicando come preferibile uno stile di vita. Stiamo solo chiedendo che il Parlamento punisca più severamente i reati ispirati dall'omo e dalla transfobia, perché più vergognosi e più gravi degli altri, in quanto ispirati dall'odio, che genera sofferenza e sopraffazione. Amici del centrodestra, oggi, battete, poco dignitosamente, in precipitosa ritirata. Volete rinviare il provvedimento in Commissione solo per affossarlo, neanche per stravolgerlo, perché meno di così non si può. Noi dell'Italia dei Valori non crediamo che lo ripresentereste in Aula, perché la lobby omofoba è sempre in agguato e vi soffocherebbe. Oggi vi rimangiate la vostra stessa creatura e battete in una ritirata poco dignitosa.

Volete rinviare il provvedimento in Commissione non certo per migliorarlo o per trasformarlo. Infatti, la Ministra Carfagna - che oggi si è associata alla proposta di rinvio in Commissione - aveva tutto il tempo per presentare i propri emendamenti e le proprie proposte di modifica - e ce l'ha ancora - ma qui in Aula, e non rinviando il provvedimento in Commissione. È qui, di fronte all'opinione pubblica e alla società civile italiana che ci guarda e che vi guarda, che dovete avere il coraggio delle vostre azioni e delle vostre opinioni.

Non so - e non sappiamo - come faranno i cattolici del centrodestra a prestarsi ad una simile operazione, che contraddice il valore originario della persona umana e che si oppone ad ogni messaggio di civiltà ispirato dal rispetto del valore di ogni persona umana. Come faranno i cattolici del centrodestra, quelli che dovrebbero ispirarsi all'umanesimo integrale di Jacques Maritain e al personalismo di Emmanuel Mounier, se non, infine, alla legge evangelica dell'amore? Come faranno i liberali del centrodestra a prestarsi ad un'operazione così illiberale?

Noi vi chiediamo di affrontare la realtà a viso aperto. Abbiate il coraggio delle vostre azioni: rispondete qui, in Aula, alle attese dell'opinione pubblica e non rinviate il testo in oggetto in Commissione per consegnarlo all'oblio o al buio.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, mi avvio alla conclusione. Non possiamo sottrarci al dovere di dire che il Parlamento italiano respinge e rifiuta ogni ipotesi di odio e di sopraffazione, che genera sofferenza e disgregazione sociale.

PRESIDENTE. Deve concludere.

FEDERICO PALOMBA. Pertanto, faccio appello alla coscienza degli amici del centrodestra: scrutatela, guardatela ed ascoltatela e, se saprete ascoltarla, vi accorgerete che da qui dobbiamo mandare un segnale fortissimo di rispetto della persona umana, del diverso, perché ha diritto ad esprimersi come crede, perché è uguale a noi (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, come giustamente ha sottolineato l'onorevole Palomba, stiamo discutendo di una questione la cui delicatezza e la cui importanza sono del tutto ed assolutamente evidenti. Riteniamo che il dibattito che si è svolto in quest'Aula ieri sia stato vero e sincero, e che non vi siano secondi fini da parte di chicchessia.

La questione che abbiamo davanti è estremamente delicata: mi chiedo se stiamo discutendo di un problema che può essere ulteriormente e meglio specificato con una breve riflessione da parte della Commissione.

Noi siamo d'accordo se breve riflessione sarà, e se questo provvedimento ritornerà in Aula inserito nel calendario dei lavori per il mese di novembre. Questa è la condizione che poniamo ed è una condizione assoluta, perché si possa discutere seriamente di questo problema. Se tale garanzia non ci fosse, il nostro atteggiamento non potrebbe che essere conseguente, chiederemmo, cioè, di discutere immediatamente il provvedimento, ma riteniamo che quest'Assemblea abbia a cuore quanto è stato detto nel dibattito di ieri e che abbia ragionevolezza e senso di responsabilità affinché questo lo stesso possa diventare, finalmente, una legge della Repubblica (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Vietti. Ne ha facoltà.

MICHELE GIUSEPPE VIETTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'Unione di Centro ha tenuto in questa vicenda un comportamento di assoluta coerenza, come credo debbano dare atto i colleghi delle altre parti politiche. Eravamo contrari a costruire sull'omofobia un reato autonomo: prendiamo atto con soddisfazione che tutti hanno convenuto che questa non era una strada percorribile. Eravamo contrari a prevedere nella norma, come formula di aggravante, il riferimento all'identità di genere: prendiamo atto con soddisfazione che l'identità di genere è stata abbandonata strada facendo.

Abbiamo chiesto anche di eliminare dalla formula dell'aggravante il riferimento all'orientamento sessuale, perché riteniamo che l'espressione sia incostituzionale e comunque pericolosa: rileviamo con soddisfazione che la I Commissione (Affari costituzionali) ha dato un parere in cui condiziona il suo giudizio positivo a una migliore determinazione della fattispecie, che dunque viene giudicata, come noi sostenevamo, indeterminata. Siamo preoccupati perché un generico riferimento all'orientamento sessuale come aggravante rischia, cari colleghi, di ricomprendere in sé anche l'orientamento eterosessuale. Fino a prova contraria, infatti, orientamento sessuale non è soltanto quello omosessuale, ma è anche quello è eterosessuale, anzi, continuo a immaginare che sia quello prevalente. Allora, cosa vorremmo fare, immaginare che ci sia l'aggravante anche quando la vittima è un eterosessuale? Mi sembra francamente una cosa stravagante che forse va anche al di là delle intenzioni degli stessi autori della proposta.

Inoltre, questa condizione che si chiede di mettere come aggravante è una condizione totalmente soggettiva, a differenza di tutte le altre aggravanti che il nostro codice penale conosce, da quelle che riguardano i pubblici ufficiali, i ministri di culto, gli ambasciatori e i diplomatici, fino alle stesse aggravanti previste dalla cosiddetta «legge Mancino», tutte oggettivate, mentre qui introdurremo una previsione che si affida a una totale valutazione soggettiva che affidiamo alla interiorità del soggetto offeso.

Infine, prendiamo atto con soddisfazione che il Ministro Carfagna rileva che nella formulazione che era giunta all'esame della Camera si trascurano altre categorie di soggetti deboli rispetto alle quali si dovrebbero prevedere aggravanti: gli anziani, i malati, i disabili. Perché questa discriminazione, che poi diventa una violazione dell'articolo 3 della Costituzione sul principio di uguaglianza per cui privilegeremo soltanto l'inclinamento sessuale rispetto a queste altre fattispecie?

Dunque, l'Unione di Centro è favorevole al ritorno del provvedimento in Commissione; ovviamente è un ritorno che non può essere condizionato, come il collega Bressa sa bene, perché l'Assemblea è chiamata a votare sul ritorno in Commissione o meno, mentre la decisione sul prosieguo dei lavori è affidata alla Conferenza dei Presidenti di gruppo, che in sede autonoma deciderà come ricalendarizzare questo provvedimento. Diversamente, è qui pendente oggi la questione pregiudiziale di costituzionalità presentata dal nostro gruppo, su cui abbiamo chiesto il voto segreto dell'Assemblea, affinché i parlamentari possano in assoluta libertà manifestare il proprio parere su una questione di tale rilevanza (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Saluto gli studenti e i docenti del Liceo scientifico «Pascal» di Pompei, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).

Ha chiesto di parlare l'onorevole Costa. Ne ha facoltà.

ENRICO COSTA. Signor Presidente, ci troviamo di fronte a un argomento importante, delicato che tocca le sensibilità di molti.

Proprio di fronte a questo tema la Commissione giustizia ha lavorato intensamente cercando di affrontare in modo molto approfondito gli aspetti che toccavano una semplice norma, un testo di legge molto breve ma con una serie di riflessi di una fortissima intensità dal punto di vista giuridico e sociale.

Siamo partiti da un testo, quello dell'onorevole Concia, che prevedeva una fattispecie autonoma di reato unita ad un'aggravante comune; per questa aggravante era prevista la non bilanciabilità con le attenuanti che potessero essere presenti. Il dibattito in Commissione ha portato ad una posizione diversa anche da parte del relatore: il testo che è emerso dall'esame effettuato da parte dei gruppi prevede una semplice attenuante. Inoltre si tiene anche conto delle considerazioni emerse sui reati ai quali dovrebbe andare ad attagliarsi: quindi non è prevista per tutti i reati, bensì solo per una serie di reati contro la persona.

Il lavoro svolto è stato proficuo, tuttavia noi riteniamo che sia necessaria ancora una riflessione ulteriore che si è determinata alla luce del parere della Commissione Affari costituzionali che ha toccato un punto nevralgico, il cuore del provvedimento: il concetto di «orientamento sessuale», evidenziando dei rischi di incostituzionalità perché questa norma non rispetterebbe il principio di tassatività o rischierebbe di non rispettarlo in quanto troppo vaga e troppo generica. Le norme penali, infatti, non devono essere affidate all'interpretazione discrezionale, ma devono dire al cittadino in modo chiaro ciò che è consentito e ciò che non lo è. La Commissione Affari costituzionali, con un parere molto complesso e completo, ha fornito alla Commissione giustizia un percorso da seguire che riteniamo utile svolgere in Commissione, in modo sereno e riflessivo.

Il Ministro Carfagna ha portato il suo contributo in sede di discussione sulle linee generali evidenziando anche l'opportunità di valutare l'articolo 19 del Trattato di Lisbona che di questo tema si occupa associandolo ad altri profili di discriminazione. Ebbene non disperdiamo il lavoro svolto. Il gruppo del Popolo della Libertà ha sempre fornito al relatore, alla Commissione e a tutti coloro che vogliono arrivare ad un testo condiviso il suo contributo. Riteniamo di poterlo ancora fare nel prosieguo dei lavori in Commissione e per questo motivo siamo favorevoli ad una sospensione dell'esame in Aula del provvedimento per un maggior approfondimento nella Commissione giustizia.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Nicola Molteni. Ne ha facoltà.

NICOLA MOLTENI. Signor Presidente, proprio perché il tema è importante e particolarmente delicato il gruppo della Lega ritiene opportuno che su questo provvedimento ci possa essere la massima riflessione, la massima analisi per produrre un elaborato giuridico coerente che possa avere un'efficacia permanente nel tempo. Devo dire che il gruppo della Lega all'interno della Commissione giustizia ha sempre tenuto una posizione estremamente chiara, non condividendo sin da subito l'impostazione iniziale di questo provvedimento. Come diceva il collega Costa l'impostazione iniziale del provvedimento prevedeva una fattispecie di reato autonomo che andava ad incidere sulla cosiddetta «legge Mancino», una legge che da sempre la Lega ha avversato perché rischiava e rischia tutt'oggi di andare a punire delle condotte semplicemente legate a delle manifestazioni del pensiero.

Quindi la Lega fin dall'inizio ha tentato da subito di smontare la proposta iniziale, di opporsi e di manifestare in maniera chiara e non contraddittoria la propria contrarietà nei confronti della stessa.

Grazie alla posizione della Lega e grazie alla posizione dei colleghi del PdL è stata formulata una nuova proposta che prevede questa aggravante comune, in merito alla quale noi, sin dall'inizio, pur condividendo e pur apprezzando il lavoro svolto in Commissione dalla relatrice, la collega Concia, abbiamo manifestato alcune perplessità giuridiche, in merito a definizioni che rischiavano di creare una confusione giuridica ulteriore. In particolare, in merito alla definizione di orientamento sessuale si rischiava di creare una posizione tale per cui poi non risultasse chiaro e definito quale fosse questa nozione, violando anche il principio della tassatività della fattispecie penale. Mancava una nozione definita e vi era una indeterminatezza totale riguardo a tale concetto ed è per questo che il gruppo della Lega ha sin dall'inizio invitato ad una migliore definizione. Ciò poi è avvenuto anche grazie ad un parere importante, pesante, autorevole che, proprio in quanto tale, non può non essere tenuto in considerazione, ovvero il parere della I Commissione che, in maniera chiara, ponendo una condizione al suo parere, ha chiesto una migliore definizione del concetto di orientamento sessuale.

Quindi, proprio per questo, per dare una formulazione giuridica più attinente e più consona, il gruppo della Lega, concordemente agli amici e ai colleghi del PdL, ha chiesto che questo provvedimento potesse ritornare in Commissione per poter svolgere quegli approfondimenti necessari e utili. Dunque, confermiamo tutto quello che abbiamo sostenuto all'interno della Commissione giustizia; chiediamo quindi che il provvedimento possa tornare in Commissione, dove si faranno tutti gli approfondimenti utili e necessari e solo qualora ci sarà una definizione e una formulazione chiara della fattispecie si potrà finalmente portare il testo in Aula.

Se così non sarà, ritengo che la Commissione dovrà lavorare fin quando questa formulazione non assumerà i connotati di chiarezza tali da poter esaminare un provvedimento serio che non venga lasciato ad una valutazione discrezionale da parte di altri soggetti. Quindi confermiamo quanto espresso in Commissione, ovvero la volontà di riportare il provvedimento all'intero dalla Commissione stessa (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Non vi sono altri colleghi che intendono parlare.

Passiamo, dunque, ai voti.

Pongo in votazione, mediante procedimento elettronico senza registrazione di nomi, la proposta di rinvio in Commissione del testo unificato delle proposte di legge nn. 1658-1882-A formulata dal presidente della Commissione giustizia.

Prego i colleghi di prendere posto. Onorevole Trappolino, onorevole Lo Presti, onorevole Osvaldo Napoli, onorevole Lolli, onorevole Oliviero...

Colleghi, si sta votando la proposta di rinvio o meno in Commissione del provvedimento. Onorevole Laura Molteni... (Commenti). Colleghi, chiedo scusa, qual è il problema? Chiedo scusa, qual è il problema? Colleghi se fate un attimo di attenzione...

C'è stata una richiesta di rinvio in Commissione del provvedimento da parte del presidente della Commissione giustizia. Ci sono stati gli interventi a favore o meno da parte dei rappresentanti dei gruppi e ora stiamo votando sulla proposta di rinvio.

 (La Camera respinge - Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

(Esame di una questione pregiudiziale - A.C. 1658-1882-A)

PRESIDENTE. Ricordo che è stata presentata la questione pregiudiziale di costituzionalità Vietti ed altri n.1 (vedi allegato A - A.C. 1658-1882-A), non preannunciato in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo.

Ricordo altresì che i tempi per l'esame delle questioni pregiudiziali sono computati nell'ambito del contingentamento relativo alla discussione sulle linee generali.

A norma del comma 3, dell'articolo 40 del Regolamento la questione pregiudiziale può essere illustrata per non più di dieci minuti da uno solo dei proponenti. Potrà, altresì, intervenire un deputato per ognuno degli altri gruppi per non più di cinque minuti.

Da parte del presidente del gruppo dell'UdC è stata avanzata richiesta di votazione a scrutinio segreto. Ricordo preliminarmente che il voto sulle questioni pregiudiziali, potendo determinare la reiezione dell'intero provvedimento e avendo in tal caso natura di deliberazione definitiva sul merito, deve essere effettuato con le stesse modalità adottabili per la votazione finale del progetto di legge. Quanto alla richiesta di scrutinio segreto, essa può essere accolta. Il testo è volto, infatti, ad introdurre nel codice penale, novellando l'articolo 61, una nuova circostanza aggravante comune consistente nell'aver commesso il fatto per finalità inerenti l'orientamento con la discriminazione sessuale della persona offesa.

Il provvedimento, pertanto, incide, nel senso chiarito dalla Giunta per il Regolamento nelle sedute del 7 febbraio e del 7 marzo 2002, sul principio di legalità di cui all'articolo 25 della Costituzione, richiamato dall'articolo 49 del Regolamento tra le materie sottoponibili a scrutinio segreto. Tale decisione è, pertanto, conforme ai precedenti.

L'onorevole Vietti ha facoltà di illustrare la sua questione pregiudiziale n. 1.

MICHELE GIUSEPPE VIETTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, se posso chiedere la sua collaborazione, Presidente...

PRESIDENTE. L'unico modo è sospendere la seduta perché non vedo come possa fare.

MICHELE GIUSEPPE VIETTI. Non esageriamo, mi pare che abbiano già fatto abbastanza confusione.

PRESIDENTE. Colleghi, vi prego di fare silenzio.

MICHELE GIUSEPPE VIETTI. Ho rivendicato prima la coerenza del comportamento del gruppo dell'UdC sia in Commissione, sia in Aula su questo provvedimento. Rispetto all'intervento precedente mi permetto di aggiungere che la nostra coerenza è confermata dal voto che abbiamo appena effettuato. Infatti, siamo l'unico gruppo che ha dichiarato che votava a favore del rinvio in Commissione e lo ha fatto (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro). Dopo di che abbiamo preso atto che tutti gli altri...chiedo scusa, anche gli amici della Lega hanno votato a favore del ritorno in Commissione del provvedimento. PdL e PD avevano detto che avrebbero votato a favore del rinvio in Commissione, invece hanno votato il contrario. Non ho capito questo strano gioco delle parti che poi li ha visti uniti.

Presidente, dovrei in gran parte ripetere ciò che ho detto nell'intervento precedente, quindi non lo farò perché tutti i colleghi lo hanno sentito. Mi limito a richiamare le ragioni di incostituzionalità che, a nostro parere, sono insite in questa proposta di legge. La prima sta nel parere reso dalla Commissione Affari costituzionali, la quale ha detto che era necessario specificare (Commenti)...

PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia. È veramente impraticabile l'Aula in questo modo.

MICHELE GIUSEPPE VIETTI. La Commissione Affari costituzionali ha detto che era impossibile formulare una previsione legislativa in cui si parlasse genericamente di orientamento sessuale senza chiarire quale era la nozione che mettevamo dentro questa espressione.

Come è noto, le fattispecie penali devono rispondere al principio di tassatività a tutela di tutti i cittadini; chi viola una legge deve sapere perché e come la viola, dunque non è ammesso dalla nostra Costituzione formulare incriminazioni attraverso l'uso di espressioni generiche e che non facciano riferimento a comportamenti percepibili nella loro determinatezza dalla generalità dei consociati.

In secondo luogo, ammettere che esista una aggravante in connessione a finalità inerenti l'orientamento sessuale della vittima è un'espressione che porta ad un risultato paradossale, dal momento che l'orientamento sessuale, come è noto, può essere diverso - e non ce ne scandalizziamo -, ma chiediamo che si dia atto che, almeno fino a ieri, quello considerato prevalente era l'orientamento eterosessuale e dunque se si ammette che è aggravato il fatto commesso per finalità inerenti all'orientamento sessuale, se il mio orientamento sessuale di vittima è quello eterosessuale io cado egualmente nella previsione di tale fattispecie, tanto quanto ci cade l'omosessuale, o il pedofilo, o il sadico, o il necrofilo e così via. Pertanto, ritengo che le intenzioni del legislatore siano modellare l'aggravante secondo l'orientamento sessuale purché sia di qualunque soggetto vittima del reato. Cerchiamo di ragionare, altrimenti si rischia di creare norme in preda all'emotività o sull'onda di singoli casi enfatizzati dalla stampa, senza espletare il nostro dovere di legislatore che deve scrivere regole generali ed astratte.

In terzo luogo, ritengo che la previsione di tale aggravante legata alle finalità sia assolutamente rimessa alla valutazione soggettiva di chi ne usufruisce poiché, se chi riceve l'atto offensivo crede che quell'atto sia motivato da ragioni che attengono alla sua inclinazione sessuale, che magari non è nota alla gente, ma è percepita come offensiva solo dal destinatario, in questo caso si innesca un circolo perverso per cui nei tribunali si andrà a discutere se chi ha fatto l'atto poteva o non poteva prevedere che il soggetto destinatario aveva delle caratteristiche sessuali tali da percepire quell'atto come aggravato, cioè come suggerito da una motivazione particolarmente negativa.

In ultimo mi domando perché non si prevedano altre condizioni soggettive. Lo ha suggerito anche il Ministro Carfagna e credo abbia ragione, non possiamo creare una legge monca. La Convenzione di Lisbona ci chiede di tener conto di altre categorie di soggetti a rischio: degli anziani, cioè della discriminante dell'età, dei malati, cioè della discriminante della salute, dei disabili, cioè della discriminante di chi non è egualmente abile. Allora, se il provvedimento si deve prevedere in un quadro di rispetto delle normative europee, si prevedano tutte queste categorie. Diversamente, non vedo perché non dovremmo prevedere a questo punto che qualcuno di noi si senta offeso da un reato di cui è destinatario, magari perché ritiene di appartenere alla religione cattolica e la gente non lo sapeva, ma poiché è un reato commesso ai miei danni, voglio che sia aggravato perché sono cattolico. È un ragionamento paradossale, ma ritengo che questo provvedimento si ponga su quella strada. Dunque, la palese incostituzionalità di tale provvedimento, peraltro sancita implicitamente dal parere della Commissione affari costituzionali, merita un voto favorevole alla nostra questione pregiudiziale.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, ci accingiamo ad esprimere una valutazione su una pregiudiziale di costituzionalità che noi riteniamo francamente impraticabile e neanche adeguata al livello giuridico di chi l'ha proposta. Ci accingiamo a discuterne, dopo una sorpresa in Aula, che ha visto il Popolo della Libertà, che in Commissione aveva chiesto il rinvio del provvedimento, smentire clamorosamente se stesso, insieme alla Lega Nord, e anche smentire clamorosamente la presidente stessa della Commissione. Se questa è coerenza siamo profondamente confusi, così come confusa è la pregiudiziale di costituzionalità. È paradossale il primo dei punti posti a fondamento, cioè l'articolo 3 della Costituzione, ossia il principio di eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge, senza distinzione di sesso e di condizioni personali. Questa è proprio la norma sulla quale noi abbiamo fondato un provvedimento di punizione dei comportamenti ispirati all'omofobia e alla transfobia. Francamente, i funambolismi rivolti a dire che l'articolo 3 direbbe qualcosa di diverso da quello che in realtà dice si commentano da sé. Vorrei, invece, soffermarmi di più sul secondo dei punti posti a fondamento della pregiudiziale, cioè quello relativo all'articolo 25, che riguarderebbe una pretesa indeterminatezza della fattispecie penale. Noi non siamo d'accordo sotto diversi profili. In primo luogo, esiste già un decreto legislativo che sanziona penalmente i comportamenti dei datori di lavoro che ispirano la loro azione a discriminazioni fondate sull'orientamento sessuale. L'orientamento sessuale è già una categoria giuridica che esiste nel nostro ordinamento e che è posta a fondamento di una sanzione penale, quindi non comprendiamo per quali ragioni questa dizione, già contenuta in un provvedimento normativo, non possa invece essere contenuta in quest'altro provvedimento normativo.

Ma noi abbiamo un'altra obiezione da fare: l'Italia dei Valori ha presentato un emendamento che è volto a sostituire l'espressione orientamento sessuale con omofobia e transfobia. In questo modo, noi abbiamo pensato che, accogliendo il nostro emendamento, si potrebbe ovviare a due difficoltà, a due problemi e a due criticità di questo provvedimento. Il primo problema consiste nel fatto di non aver previsto, accanto all'omofobia, anche la transfobia. La transessualità è una condizione personale che pone i soggetti in una condizione ancora più pesante di quella che riguarda i soggetti omosessuali.

Il secondo risultato che avremo ottenuto sarebbe stato quello di sostituire un'accezione che taluno vuole indeterminata, ma che in altro provvedimento normativo approvato da questo Parlamento è invece considerata determinata, conferendo una maggiore determinatezza, prevedendo insieme omofobia e transfobia.

Quindi, noi consideriamo questa pregiudiziale di costituzionalità assolutamente strumentale e non vorremmo che questa si prestasse ad operazioni di tipo trasversale, nel senso che possa, a voto segreto, trovare il consenso di diverse parti degli schieramenti. Noi ci rivolgiamo, invece, allo schieramento di centrodestra, invitandolo a respingere questa pregiudiziale, facendo riferimento alle diverse culture che hanno ispirato la Costituzione e che qui sono presenti: la cultura cattolica e la cultura liberale.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Ferranti. Ne ha facoltà.

DONATELLA FERRANTI. Signor Presidente, questo provvedimento ha avuto effettivamente un andamento che lascia sconcertati, perché basta rileggere l'iter dei lavori in Commissione e vediamo come la maggioranza si sia convogliata, con il parere del capogruppo in Commissione giustizia sia del Popolo della Libertà sia della Lega Nord Padania, oltre, ovviamente, che del Partito Democratico e dell'Italia dei Valori, per una determinatezza della fattispecie che potesse consentire di fare la sintesi delle varie sensibilità.

Poi, a un certo punto, vi è stato un parere della Commissione affari costituzionali che ha individuato delle perplessità riferite al fatto che il termine «orientamento sessuale», pur determinato attraverso fonti internazionali e comunitarie di immediata efficacia, sarebbe stato per la prima volta presente nel nostro sistema ordinamentale, e quindi, per la prima volta, avrebbe costituito una fattispecie penale.

Di qui si aggancia una strumentale e non condivisibile questione pregiudiziale presentata dall'UdC che vorrebbe che si dichiarasse non conforme alla Costituzione per indeterminatezza della fattispecie una circostanza aggravante che non è un'autonoma fattispecie di reato, una circostanza aggravante che ha in sé tutte le caratteristiche di determinatezza. È una strumentalizzazione perché questa fattispecie, questa circostanza, questa espressione «orientamento sessuale» la troviamo in atti che sono immediatamente efficaci nel nostro ordinamento.

Non è vero e nessuno si è mai sognato di porre la questione pregiudiziale di costituzionalità quando abbiamo aderito e ratificato il famoso Trattato di Lisbona, che, proprio all'articolo 19, si esprime e fa riferimento al Parlamento affinché utilizzi tutti gli strumenti per combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza, l'origine etnica, la religione, l'età e l'orientamento sessuale. Ma, ugualmente, troviamo la stessa espressione "orientamento sessuale" già nel nostro ordinamento. In esso esiste una norma, introdotta nel 2003, quindi di recente, da un decreto legislativo che riguarda la materia del lavoro, che vieta alle agenzie per il lavoro discriminazioni non soltanto per condizioni politiche, religione e credo, ma anche per l'orientamento sessuale.

Infatti, questo decreto legislativo vieta alle agenzie per il lavoro e agli altri soggetti pubblici e privati indagini sulle opinioni, tra l'altro, sull'orientamento sessuale. E cosa fa questo testo? Impone una sanzione penale ai sensi dell'articolo 38 della legge n. 300 del 1970, lo Statuto dei lavoratori, e punisce, e quindi incrimina, il comportamento che discrimina e crea una situazione di sbarramento con riferimento all'orientamento sessuale.

Allora, che fondamento può avere una questione pregiudiziale di costituzionalità che fa riferimento all'indeterminatezza della fattispecie? Sappiamo che non può esistere una questione pregiudiziale che non riguarda il cuore del provvedimento, l'essenza di questo testo normativo, ma che riguarda soltanto un'espressione...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

DONATELLA FERRANTI. ...che deve e può essere riempita di contenuto attraverso l'interpretazione, attraverso l'affermazione del principio costituzionale di uguaglianza, che non è soltanto l'uguaglianza sostanziale, ma è anche, e soprattutto, quell'uguaglianza che deve prevedere tutte le attività di promozione rivolte a superare le differenze, la posizione dei disuguali.

Questa è la lezione di vita quotidiana che dobbiamo trarre, e questo è il contesto sociale all'interno del quale valutare la questione pregiudiziale in esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Lussana. Ne ha facoltà.

CAROLINA LUSSANA. Signor Presidente, prendo la parola per esprimere, in merito al provvedimento in esame, la posizione tenuta dalla Lega Nord. Noi siamo stati coerenti fin dall'inizio della discussione in Commissione della proposta di legge: abbiamo detto un «no» deciso alla proposta iniziale, che prevedeva l'introduzione nel nostro ordinamento di un nuovo reato, di un reato ad hoc, l'omofobia, che tra l'altro andava ad incidere fortemente sui principi di libertà e di espressione delle persone, perché nel testo originario si ritoccava la legge Mancino, sulla quale anche nelle passate legislature la Lega Nord aveva fatto delle forti battaglie, proprio perché è una legge che, purtroppo, lascia ancora nel nostro Paese la possibilità di prevedere un reato di opinione, e ciò non è conforme ai nostri principi costituzionali.

Abbiamo comunque lavorato insieme a tutti i gruppi, dobbiamo dirlo; dobbiamo anche ringraziare la relatrice per lo sforzo per addivenire ad un testo diverso, che potesse tenere conto di alcune delle considerazioni che erano condivise anche da noi in Commissione. Si è arrivati alla formulazione nel testo di un'aggravante; non ci convinceva completamente, l'abbiamo detto più volte, l'ha detto anche nell'intervento precedente il collega Molteni: abbiamo sempre manifestato perplessità sul termine «orientamento». Perché? Perché vedevamo l'indeterminatezza di questo termine sotto il profilo giuridico, è difficile andare ad accertare il profilo soggettivo, tanto più poi quando si parla di un'aggravante. Il termine «orientamento», che non esiste ad esempio nella nostra Costituzione, dove si parla sì di discriminazioni, ma non quelle fondate sull'orientamento, potrebbe anche prestarsi a interpretazioni fuorvianti.

Noi, dagli atti della nostra Commissione, dalle intenzioni dei proponenti leggiamo nel termine «orientamento» la tendenza sessuale, eterosessuale o omosessuale, ma non avete voluto scriverlo esplicitamente; e nel termine «tendenza sessuale», come è stata evidenziato da alcuni colleghi, potrebbe rientrare anche l'amore per i bambini, la pedofilia! Queste non sono delle nostre invenzioni: abbiamo già visto, l'esperienza europea ce lo insegna, come si tenta anche di giustificare giuridicamente tali forme di amore diverso, di tendenza sessuale.

Oggi abbiamo tenuto, come sempre, un atteggiamento coerente: avevamo votato per il ritorno in Commissione del provvedimento, accogliendo anche un'indicazione pervenuta dal Ministro Carfagna, della quale fra l'altro ci eravamo già fatti portavoce in Commissione, perché ad esempio aveva voluto inserire il termine, non solo di discriminazione per orientamento, ma di discriminazione sessuale, di discriminazione basata sul sesso. Ma nonostante questo, il testo che oggi viene propinato è per noi inaccettabile, perché crea comunque una discriminazione a contrario: discrimina fra chi subisce forme di violenza, perché vi è una tutela rafforzata in base appunto al motivo, all'odio che si viene a definire come omofobia, rispetto invece a chi subisce altre forme di violenza e ciò sicuramente è inaccettabile, visto che viola palesemente l'articolo 3 della nostra Costituzione, e quindi il principio di uguaglianza.

Visto dunque che non vi è stata la maggioranza per riportare il provvedimento in Commissione, per riaprire eventualmente delle questioni e riesaminare i punti sui quali noi abbiamo avanzato qualche perplessità (tant'è che abbiamo presentato sia l'emendamento soppressivo dell'intera ipotesi di aggravante, sia emendamenti soppressivi della parola orientamento), con chiarezza diciamo che noi, relativamente a tale aggravante, siamo contrari, per cui la Lega Nord voterà a favore della pregiudiziale di costituzionalità presentata dall'UdC (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania e di deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bocchino. Ne ha facoltà.

ITALO BOCCHINO. Signor Presidente, comincio col dire che - come si è notato anche ieri nel lavorio politico che c'è stato prima dell'appuntamento di oggi - sono d'accordo al 100 per cento sulla necessità di introdurre all'interno della normativa italiana un'aggravante nei confronti di coloro che commettono reati sulla base di una discriminazione nei confronti di gay, lesbiche e transessuali. Dico questo perché mi sembra una cosa giusta che, se una persona, fuori da un locale frequentato da gay, viene aggredita per quella ragione e in quel momento gli viene detto «sporco omosessuale», sia prevista un'aggravante, così come è prevista dalla legge Mancino un'aggravante se lo stesso episodio è commesso ai danni di una persona di colore o con una discriminazione di tipo religioso. Premetto questo proprio perché noi siamo d'accordo nel merito, così come il Governo, che lo ha ribadito ieri con l'intervento del Ministro Carfagna.

Qual è il punto però? Mentre siamo d'accordo sul principio riteniamo questo testo al momento carente, innanzitutto perché, come ha detto il collega Vietti, elaborare una norma per combattere una sola discriminazione non è razionale da parte del Parlamento. Le discriminazioni sono tante, qualcuno ci ha anche indicato quali sono quelle da combattere con maggiore efficacia. L'articolo 19 del Trattato di Lisbona elenca sei fattori discriminanti da colpire con delle aggravanti: tre di questi fattori sono già previsti dalla nostra normativa con la legge Mancino, tre non sono ancora previsti.

Ieri, il Ministro Carfagna ha detto che, nel momento in cui andiamo a prevedere delle aggravanti, possiamo farlo per questo tipo di reati ma anche, come dice il Trattato di Lisbona, per discriminazioni dovute all'età (cioè nel caso qualcuno picchi un minore perché è piccolo o un anziano chiamandolo «sporco vecchio») ovvero alla disabilità (se una persona fa violenza nei confronti di un portatore di handicap dicendogli «sporco handicappato, cosa stai a fare qui, ti do un pugno in testa»). Dunque siamo favorevoli ad affrontare tali questioni e ieri il Ministro e noi, deputati della maggioranza, abbiamo convenuto di rinviare il testo in Commissione per rivedere tutto.

L'UdC ha posto una questione che non è di poco conto: è vero che il Trattato di Lisbona parla di orientamento sessuale ma le lingue ufficiali sono l'inglese e il francese e, purtroppo, non l'italiano. Gli orientamenti sessuali sono due: omosessualità ed eterosessualità. Significa che prevedere un'aggravante sull'orientamento sessuale è come non prevederla, perché nella vita o si è omosessuali o si è eterosessuali e, quindi, prevedere l'aggravante è irrilevante perché non si va a colpire chi commette reati nei confronti di una categoria più debole. Troviamo allora la formula - i giuristi possono indicarcela - da scrivere all'interno del provvedimento.

Detto questo, se volevamo il rinvio in Commissione perché abbiamo votato contro? La ragione è semplicissima: questo provvedimento è all'ordine del giorno dell'Assemblea su richiesta del gruppo del Partito Democratico, nella quota prevista a tutela dell'opposizione. Non è giusto che la maggioranza, solo con i propri voti, privi l'opposizione di un suo diritto che è sancito dal nostro Regolamento. Eravamo d'accordo sul rinvio in Commissione ma nel momento in cui l'opposizione ovvero il Partito Democratico non è d'accordo, non capisco quale sia la ragione per la quale la maggioranza debba coartare la volontà dei proponenti, per poi, domani, farvi scrivere sui giornali che noi volevamo affossare il provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ITALO BOCCHINO. Allora, se volete affrontare la normativa, andiamo avanti, c'è un parere della I Commissione che pone dei problemi. I deputati singolarmente, come è opportuno rispetto al voto segreto, prenderanno la loro decisione sulla questione pregiudiziale.

Ma noi riteniamo che, nel caso in cui l'iter del provvedimento non vada avanti, il Governo si debba far carico di un disegno di legge che adegui la nostra normativa a tutto ciò che è previsto dal Trattato di Lisbona, in modo che si possa procedere, magari in futuro, ad approvare una legge fatta bene, evitando di fare una legge contro le discriminazioni, discriminando noi per primi gli anziani o i disabili e favorendo un soggetto debole rispetto ad un altro.

Questa è la ragione per cui adesso ci troviamo in questa situazione: ci dispiace; se voi foste stati più attenti e con noi aveste votato il rinvio in Commissione, probabilmente in poco tempo avremmo portato all'attenzione dell'Aula un testo condivisibile da tutta l'Assemblea in grado di essere approvato e diventare legge, e non una bandiera politica come voi volevate fare (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e di deputati della Lega Nord Padania).

PIER FERDINANDO CASINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. A che titolo?

PIER FERDINANDO CASINI. Sull'ordine dei lavori, per una questione procedurale.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIER FERDINANDO CASINI. Signor Presidente, il mio gruppo si è intestato la richiesta di scrutinio segreto, ma poiché riteniamo che questo rischi di essere un «valzer degli equivoci» e pensiamo che la trasparenza sia la prima questione che dovrebbe stare a cuore a ciascuno di noi (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro e di deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Partito Democratico e Lega Nord Padania), noi che abbiamo assunto una posizione chiara e trasparente a favore della questione pregiudiziale di costituzionalità ritiriamo la richiesta del voto segreto (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro e di deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Partito Democratico e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Prendiamo atto della rinuncia da parte del gruppo dell'UdC alla richiesta di votazione segreta.

Nessun altro chiedendo di parlare, passiamo ai voti. Colleghi, vi chiedo solo un momento perché è necessario riconvertire il sistema di votazione.

FABIO EVANGELISTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. A che titolo? Siamo in fase di votazione, andiamo avanti (Commenti dei deputati del gruppo Italia dei Valori)...

ANTONIO DI PIETRO. No!

PRESIDENTE. Non è lei che decide se è «sì» o «no»!

Passiamo dunque ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla questione pregiudiziale di costituzionalità Vietti ed altri n. 1.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevole Coscia... onorevole Lupi... onorevole Bruno... onorevole Barani... onorevole Osvaldo Napoli... onorevole Vico... onorevole Coscia... hanno votato tutti?

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione:

Presenti 520

Votanti 507

Astenuti 13

Maggioranza 254

Hanno votato 285

Hanno votato no 222

(La Camera approva - Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania - Vedi votazioni).

Il testo unificato delle proposte di legge si intende pertanto respinto.

Prendo atto che il deputato Romele ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.


 


Allegato A

 

 

TESTO UNIFICATO DELLE PROPOSTE DI LEGGE: CONCIA ED ALTRI; DI PIETRO E PALOMBA: MODIFICA ALL'ARTICOLO 61 DEL CODICE PENALE, CONCERNENTE L'INTRODUZIONE DELLA CIRCOSTANZA AGGRAVANTE RELATIVA ALL'ORIENTAMENTO O ALLA DISCRIMINAZIONE SESSUALE (A.C. 1658-1882-A)

 

A.C. 1658-1882-A - Questione pregiudiziale

 

QUESTIONE PREGIUDIZIALE DI COSTITUZIONALITÀ

 

La Camera,

premesso che:

il testo unificato delle proposte di legge n. 1658 e 1882, recante l'introduzione nel codice penale della circostanza aggravante inerente all'orientamento o alla discriminazione sessuale, presenta profili di violazione della Carta costituzionale;

1. (violazione dell'articolo 3 della Costituzione) - la disposizione viola il principio di uguaglianza sancito dall'articolo 3 della Costituzione con riferimento al canone della ragionevolezza in quanto:

l'inserimento tra le circostanze aggravanti comuni previste dall'articolo 61 del codice penale della circostanza di aver commesso il fatto per finalità inerenti all'orientamento sessuale ricomprende qualunque orientamento ivi compresi incesto, pedofilia, zoofilia, sadismo, necrofilia, masochismo eccetera;

non essendo possibile accertare nell'interiorità dell'animo l'autentico movente che spinge alla violenza, ne conseguirebbe che chi subisce violenza, presumibilmente per ragioni di orientamento sessuale, riceverebbe una protezione privilegiata rispetto a chi subisce violenza tout court. Si introdurrebbe quindi un trattamento diverso nella commissione di delitti non colposi senza alcuna ragionevole giustificazione;

2. (violazione dell'articolo 25 della Costituzione) - la norma si pone in contrasto con l'articolo 25 della Costituzione in quanto, in assenza di una nozione di orientamento sessuale, la circostanza aggravante, nella parte in cui dà rilevanza all'orientamento sessuale, viola il principio di tassatività della fattispecie penale, a tal fine si evidenzia come dell'espressione «orientamento sessuale» non sia data una definizione, né sia rinvenibile nell'ordinamento penale. L'espressione è estremamente generica in quanto può indicare fenomeni specifici come l'omosessualità oppure, più in generale, ogni «tendenza sessuale» comprendendo anche incesto, pedofilia, zoofilia, sadismo, masochismo e qualsiasi altro genere di scelta sessuale, che nulla ha a che vedere con l'omosessualità;

inoltre l'indeterminatezza concettuale dell'espressione orientamento sessuale non consente di individuare le fattispecie meritorie di una particolare tutela. Nel caso di specie la norma prevede come circostanza aggravante di reato una posizione soggettiva della persona offesa che non sempre appare meritevole di una tutela differenziata. Per comprendere appieno la censura di costituzionalità si osservi che ad oggi con riferimento alle particolari condizioni delle persone offese sono previste aggravanti unicamente per fatti commessi contro pubblici ufficiali, persone incaricate di pubblico servizio, persone rivestite della qualità di ministro del culto cattolico o di un culto ammesso nello Stato, ovvero contro un agente diplomatico o consolare di uno Stato estero nell'atto o a causa dell'adempimento delle funzioni o del servizio. Orbene, è di tutta evidenza che a differenza della disposizione in esame nei casi citati si tratta sempre di posizioni oggettive: la particolare qualità della persona offesa giustifica ictu oculi un aggravio di tutela in relazione alla particolarità delle funzioni svolte. Anche nelle ipotesi, pur presenti nell'ordinamento e derivanti dall'adempimento di obblighi internazionali, di aggravanti che si applicano quando il fatto è commesso per finalità di discriminazione o di odio etnico, nazionale, razziale o religioso, si fa sempre riferimento a circostanze oggettive circa le condizioni della persona offesa,

 

delibera

 

di non procedere all'esame del testo unificato delle proposte di legge n. 1658-1882-A.

n. 1. Vietti, Buttiglione, Rao, Capitanio Santolini, Volontè, Ciccanti, Compagnon, Naro.

 

 


 



[1]    Analogo divieto di discriminazioni è contenuto nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea del 2000 (c.d. Carta di Nizza) che, all’art. 21 vieta «qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l'origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l'appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l'età o le tendenze sessuali».

[2]     D.Lgs. 9 luglio 2003, n. 216, Attuazione della direttiva 2000/78/CE per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro.

[3]    La disposizione specifica che si ha discriminazione diretta o indiretta:

§          quando una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un’altra in una situazione analoga (discriminazione diretta);

§          quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri possono mettere le persone in una situazione di particolare svantaggio rispetto ad altre persone (discriminazione indiretta);

§          quando vengono perpetrate molestie o comportamenti indesiderati che hanno lo scopo o l’effetto di violare la dignità di una persona e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante od offensivo.

[4]    D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla L. 14 febbraio 2003, n. 30.

[5]    Legge 20 maggio 1970, n. 300, Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento.

[6]    L’art. 14 della Convenzione (ratificata dall’Italia con la legge 4 agosto 1955, n. 848), rubricato “Divieto di discriminazione”, dispone che «Il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti nella presente Convenzione deve essere garantito, senza alcuna distinzione, fondata soprattutto sul sesso, la razza, il colore, la lingua, la religione, le opinioni politiche o altre opinioni, l’origine nazionale o sociale, l’appartenenza ad una minoranza nazionale, sui beni di fortuna, nascita o ogni altra condizione”.

[7]    Attualmente, a seguito dell’ultima novella apportata dalla c.d. legge sicurezza n. 94 del 2009, le aggravanti comuni sono le seguenti:

1. l'avere agito per motivi abietti o futili;

2. l'aver commesso il reato per eseguirne od occultarne un altro, ovvero per conseguire o assicurare a sé o ad altri il prodotto o il profitto o il prezzo ovvero la impunità di un altro reato;

3. l'avere, nei delitti colposi, agito nonostante la previsione dell'evento;

4. l'avere adoperato sevizie, o l'aver agito con crudeltà verso le persone;

5. l’avere profittato di circostanze di tempo, di luogo o di persona, anche in riferimento all’età, tali da ostacolare la pubblica o privata difesa;

6. l'avere il colpevole commesso il reato durante il tempo, in cui si è sottratto volontariamente alla esecuzione di un mandato o di un ordine di arresto o di cattura o di carcerazione, spedito per un precedente reato;

7. l'avere, nei delitti contro il patrimonio o che comunque offendono il patrimonio, ovvero nei delitti determinati da motivi di lucro, cagionato alla persona offesa dal reato un danno patrimoniale di rilevante gravità;

8. l'avere aggravato o tentato di aggravare le conseguenze del delitto commesso;

9. l'avere commesso il fatto con abuso dei poteri, o con violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione o a un pubblico servizio, ovvero alla qualità di ministro di un culto;

10. l'avere commesso il fatto contro un pubblico ufficiale o una persona incaricata di un pubblico servizio, o rivestita della qualità di ministro del culto cattolico o di un culto ammesso nello Stato, ovvero contro un agente diplomatico o consolare di uno Stato estero, nell'atto o a causa dell'adempimento delle funzioni o del servizio;

11. l'avere commesso il fatto con abuso di autorità o di relazioni domestiche, ovvero con abuso di relazioni di ufficio, di prestazione d'opera, di coabitazione, o di ospitalità;

11-bis. l'avere il colpevole commesso il fatto mentre si trova illegalmente sul territorio nazionale;

11-ter. l’aver commesso un delitto contro la persona ai danni di un soggetto minore all’interno o nelle adiacenze di istituti di istruzione o di formazione.

Tale ultima aggravante in realtà non si applica alla generalità dei reati, ma riguarda esclusivamente i delitti contro la persona.

[8]    Tale definizione è contenuta nel solo memorandum e non nel testo vero e proprio del provvedimento, ma va comunque considerato che la nota esplicativa è a tutti gli effetti un documento ufficiale, essendo parte integrante di ogni progetto di legge presentato in Parlamento.

[9]    L. 13 ottobre 1975, n. 654, Ratifica ed esecuzione della convenzione internazionale sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale, aperta alla firma a New York il 7 marzo 1966.

[10]   La Convenzione condanna qualsiasi forma di discriminazione razziale, ed in particolare le forme più estreme quali la segregazione razziale e l’apartheid. Gli Stati contraenti si impegnano da un lato, a non porre in essere pratiche di discriminazione razziale e, dall’altro, ad adottare provvedimenti volti ad eliminare tali pratiche, ove esistano. In particolare, si prevede che ciascuno degli Stati che aderiscono alla Convenzione modifichi la propria legislazione penale nel senso di prevedere i delitti di propaganda e di violenza razziale e si impegni ad adoperarsi per garantire – senza distinzione di razza o nazionalità – una serie di diritti fondamentali quali il diritto all’eguaglianza davanti alla legge, il diritto alla sicurezza e all’integrità personale, i diritti politici ed altri diritti civili (tra i quali il diritto di circolazione, alla libertà di pensiero, di religione, di associazione, diritto al lavoro, alla sanità, all’educazione).

[11]    D.L. 26 aprile 1993, n. 122, conv. con mod. in L. 25 giugno 1993, n. 205, Misure urgenti in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa.

[12]  GU L 303 del 2.12.2000, pag. 16.

[13]  GU L 146 del 31.5.2006, pag. 1

[14]  GU C 287 E del 24.11.2006, pag. 179

[15]  Testi approvati, P6_TA(2006)0273.

 

[16]  GU L 180 del 19.7.2000, pag. 22.