Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento giustizia
Titolo: Disposizioni in materia di sicurezza pubblica - A.C. 2180 - Iter al Senato - esame in Assemblea
Riferimenti:
AC N. 2180/XVI     
Serie: Progetti di legge    Numero: 128    Progressivo: 2
Data: 05/03/2009
Descrittori:
ESPULSIONE DI STRANIERI   IMMIGRAZIONE
ORDINE PUBBLICO     
Organi della Camera: I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni
II-Giustizia
Altri riferimenti:
AS N. 733/XVI   AS N. 242/XVI
AS N. 391/XVI   AS N. 451/XVI
AS N. 583/XVI   AS N. 617/XVI

 

 

Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

Disposizioni in materia di sicurezza pubblica

A.C. 2180

Iter al Senato – esame in Assemblea

 

 

 

 

 

 

n. 128/2

 

parte seconda

 

 

5 marzo 2009

 


 

 

 

Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimenti Istituzioni e Giustizia

SIWEB

 

Hanno partecipato alla redazione del dossier i seguenti Servizi e Uffici:

Servizio Studi – Dipartimenti Finanze, Ambiente e Trasporti

Segreteria Generale – Ufficio Rapporti con l’Unione europea

SIWEB

 

§         La nota di sintesi e le schede di lettura sono state redatte dal Servizio Studi.

§         Le parti relative ai documenti all’esame delle istituzioni dell’Unione europea e alle procedure di contenzioso sono state curate dall'Ufficio rapporti con l'Unione europea.

.

 

Per l’esame congiunto presso le Commissioni I (Affari costituzionali) e II (Giustizia) dell’A.C. 2180 “Disposizioni in materia di sicurezza pubblica”, sono stati predisposti i seguenti dossier:

n. 128 (Schede di lettura)

n. 128/0 (Elementi per l’istruttoria legislativa)

n. 128/1 (Riferimenti normativi)

n. 128/2, parte I e II (Iter al Senato)

I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

File:GI0101b1.doc

 

 


INDICE

Esame in Assemblea

Seduta dell’11 novembre 2008  3

Seduta del 12 novembre 2008  11

Seduta del 12 novembre 2008 (pomeridiana)33

Seduta del 18 novembre 2008 (pomeridiana)59

Seduta del 19 novembre 2008  87

Seduta del 13 gennaio 2009  121

Seduta del 14 gennaio 2009  127

Seduta del 14 gennaio 2009 (pomeridiana)207

Seduta del 15 gennaio 2009  267

Seduta del 4 febbraio 2009  347

Seduta del 4 febbraio 2009 (pomeridiana)407

Seduta del 5 febbraio 2009  477

 

 


 

Esame in Assemblea

 


 

 

 

 

 

Senato della Repubblica

XVI LEGISLATURA

 

Assemblea

 

 

 

RESOCONTO SOMMARIO

RESOCONTO STENOGRAFICO

ALLEGATI

 

 

ASSEMBLEA

 

88a seduta pubblica

 

 

martedì11 novembre 2008

 

 

Presidenza della vice presidente MAURO,

indi del presidente SCHIFANI

 


 

(omissis)

Discussione del disegno di legge:

(733) Disposizioni in materia di sicurezza pubblica (ore 17,05)

 

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 733.

La relazione è stata già stampata e distribuita. Ha chiesto di parlare per integrare la relazione scritta il relatore, senatore Vizzini. Ne ha facoltà.

 

VIZZINI, relatore. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, onorevoli senatori, il disegno di legge n. 733 rappresenta un passo importantissimo nella direzione di un più efficace contrasto alla criminalità diffusa e a quella organizzata, dopo le misure urgenti già state adottate con il decreto-legge n. 9 del 2008. Voglio anzi, a questo proposito, ricordare o far presente ai colleghi senatori che, grazie ad una norma introdotta nel decreto-legge n. 9 del 2008, la scorsa settimana è stato possibile in Sicilia effettuare un sequestro patrimoniale di 100 milioni di euro in capo agli eredi di un mafioso che era deceduto, sequestro che non sarebbe mai potuto avvenire senza le norme varate dal Parlamento con il decreto approvato.

La ratio cui si ispira l'intervento del disegno di legge n. 733 è diretta da un lato a colpire in maniera più efficace reati di gravità anche molto diversa tra di loro, che contribuiscono al disfacimento del tessuto sociale ed alla diffusione di un sentimento di insicurezza collettiva, specie tra gli stati sociali più deboli della collettività nazionale, e dall'altro a promuovere la riconquista del controllo del territorio da parte dello Stato nelle aree in cui è più pervasiva la presenza della criminalità organizzata.

Voglio ricordare, per correttezza di informazione, che in una prima ampia fase dell'iter presso le Commissioni riunite il provvedimento al nostro esame è stato esaminato congiuntamente ad altri disegni di legge di analogo contenuto. Tra questi, desidero riferirmi in particolare al disegno di legge n. 583, recante «Disposizioni in materia di reati di grave allarme sociale e di certezza della pena», d'iniziativa del senatore Li Gotti e di altri senatori, anche perché il disegno di legge governativo presentato successivamente ne ha ripreso in molte parti i contenuti.

Nella seduta del 28 ottobre, su iniziativa degli stessi presentatori, il disegno di legge n. 583, come anche gli altri disegni di legge collegati, sono stati disgiunti. L'iter successivo ha quindi riguardato esclusivamente il disegno di legge n. 733.

Il testo è stato oggetto nelle Commissioni riunite di un approfondito esame, nel corso del quale è stata anche svolta una lunga serie di audizioni informali. Il risultato di tale lavoro è stata l'approvazione di un gran numero di modifiche di iniziativa sia governativa sia parlamentare, di maggioranza e di opposizione, dirette ad ampliare e a rendere più incisivo l'intervento legislativo, pur sempre seguendo la traccia della filosofia prima richiamata.

Certo, l'ampiezza degli interventi e il fatto che le Commissioni riunite abbiano dovuto svolgere la parte conclusiva dell'esame con la discussione e l'approvazione degli emendamenti in tempi ristretti e prossimi alla discussione in Assemblea ha determinato l'approvazione di un testo per il quale sarà necessaria, sia pur esclusivamente sul piano formale, un'accurata attività di coordinamento finale.

Nel limitarmi a riferire di alcuni aspetti, intendo soffermarmi su alcuni interventi di particolare rilievo che hanno avuto nel dibattito politico ed anche nell'opinione pubblica un'ampia eco.

Innanzitutto, ritengo particolarmente significative le disposizioni in materia di lotta alla criminalità organizzata. Gli interventi hanno riguardato diversi aspetti del fenomeno. Mi preme in primo luogo richiamare l'articolo 34, che modifica la normativa contenuta nell'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario. Esso è il risultato di una serie di emendamenti proposti in Commissione sia dai relatori che da altri esponenti della maggioranza e dell'opposizione.

Dando seguito a un'esigenza espressa da più parti, si ripristina l'originario rigore del regime di detenzione, rendendo particolarmente difficile ai detenuti, in particolare ai condannati per il reato di associazione mafiosa, la possibilità di mantenere collegamenti con le associazioni criminali di appartenenza. Ritengo particolarmente significativo il regime introdotto per quanto concerne le proroghe dei provvedimenti e le restrizioni riguardanti i rapporti tra il detenuto e la sua famiglia, nonché tra il detenuto e il suo difensore. Vengono ridotti i colloqui sia personali sia telefonici e sono previste restrizioni per quanto riguarda la durata della permanenza all'aperto al fine di evitare che detenuti appartenenti a diversi gruppi di associazioni mafiose possano comunicare. È inoltre prevista, in materia di reclami dei detenuti, la competenza funzionale in capo al tribunale di sorveglianza Roma al fine di evitare l'eccessiva eterogeneità degli orientamenti giurisprudenziali che si possono configurare nei diversi tribunali.

Strettamente collegato alla previsione dell'articolo 34 è l'articolo 35, che introduce un'autonoma fattispecie di reato e che punisce con la reclusione da uno a quattro anni chiunque consenta ad un detenuto sottoposto al regime dell'articolo 41-bis di comunicare con gli altri. È inserita anche un'aggravante nell'ipotesi in cui il fatto sia commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato del pubblico servizio o da un soggetto che esercita la professione forense.

Sempre ai fini di lotta alla criminalità organizzata, ricordo l'articolo 2, con cui si è intervenuti in primo luogo sull'articolo 117 del codice di procedura penale, consentendo al procuratore nazionale antimafia di avere accesso ai registri istituiti presso le segreterie dei tribunali per le annotazioni relative ai procedimenti di prevenzione.

Di notevole impatto in materia di lotta alla mafia è l'articolo 20, che amplia i poteri di accesso e di accertamento del prefetto per l'espletamento delle funzioni volte a prevenire infiltrazioni mafiose nei pubblici appalti. È ormai noto, infatti, come le mafie, trasformate in moderne organizzazioni mafiose degli affari, sono capaci di alterare i processi economico-produttivi intervenendo anche sulle procedure di appalto su cui, purtroppo, grava una pesante ipoteca rappresentata dal grave fenomeno delle connivenze tra le organizzazioni criminali e le autorità amministrative e, talvolta, anche la politica. Il prefetto può accedere direttamente ai cantieri per poter effettuare gli accertamenti necessari al fine di prevenire le gravi ipotesi collusive che consentono alla mafia di acquisire illecitamente notevoli introiti.

All'apprestamento di misure efficaci nei confronti della criminalità organizzata si ispira poi una serie di disposizioni introdotte dagli emendamenti approvati dalle Commissioni riunite quali, in particolare, quelle contenute nell'articolo 23, che modifica l'articolo 275 del codice di procedura penale in tema di condizioni per disporre la custodia cautelare in carcere, e quelle contenute negli articoli seguenti.

Di grandissima importanza sono poi le norme introdotte con gli articoli 37 e 38 del testo approvato dalle Commissioni riunite. Si tratta di disposizioni che inaspriscono ulteriormente la normativa in materia di lotta alle operazioni di riciclaggio. In particolare, l'articolo 37 reprime l'utilizzazione delle agenzie per il trasferimento di fondi e per la movimentazione di risorse appartenenti alla criminalità organizzata e alle organizzazioni di carattere terroristico. Si tratta del fenomeno noto come "money transfer", per usare un termine non italiano. L'intervento era già contenuto nel testo presentato dal Governo, ma è stato modificato dalle Commissioni riunite anche alla luce di quanto emerso dalle audizioni del Governatore della Banca d'Italia e del procuratore nazionale antimafia.

Non si può trascurare, infine, la disposizione contenuta nell'articolo 52, che introduce un regime più cogente di responsabilità nei casi di scioglimento dei consigli comunali e provinciali per infiltrazione mafiosa. La modifica più significativa è rappresentata dal fatto che la responsabilità non è esclusivamente limitata al politico, ma si estende anche opportunamente ai dirigenti e ai dipendenti dell'amministrazione comunale interessata. Sono stati, infatti, numerosi i casi di connivenze tra mafia e apparati amministrativi degli enti locali, i quali, non essendo soggetti a rinnovo come i politici, possono assicurare un maggior grado di affidabilità e una continuità nel rapporto con le associazioni criminali.

Vi è poi un secondo tipo di interventi, condivisi dall'opinione pubblica, relativi alla sicurezza. Il disegno di legge si muove su più fronti. Con una prima serie di interventi si introducono nuove fattispecie di reato, si aggravano reati già esistenti e si introducono ulteriori aggravanti speciali per reati che destano particolare allarme sociale; altri, invece, si muovono in una direzione più strettamente amministrativa, attraverso un ampliamento dei poteri delle forze dell'ordine e delle autorità di pubblica sicurezza al fine di assicurare un più diffuso controllo del territorio e monitorare in maniera più efficace i fenomeni criminali, nonché tutto il delicatissimo settore dell'immigrazione clandestina.

In ordine a tutti questi molteplici interventi rinvio alla relazione scritta, nella impossibilità di poter riferire puntualmente su ogni singola disposizione.

Vorrei però esprimere alcune osservazioni sull'articolo 46, che autorizza gli enti locali ad avvalersi della collaborazione di associazioni volontarie tra cittadini sia per segnalare agli organi di polizia locale eventi che possano arrecare danno alla sicurezza urbana, sia per cooperare all'attività di presidio del territorio.

Al riguardo, ritengo che le critiche mosse da più parti sull'utilizzazione dei cittadini nella difesa del territorio abbiano voluto portare ad una ratio dell'intervento diversa da quella che lo contraddistingue. Esso ha essenzialmente una finalità di educazione alla legalità. I cittadini, indotti a cooperare con le forze dell'ordine, possono essere più opportunamente sensibilizzati alla prevenzione e al rispetto della legalità, presupposti indispensabili per una coesistenza pacifica ed ordinata. Altro che ronde o come le si vuole definire!

Si tratta di stabilire se preferiamo il cittadino che collabora con le forze dell'ordine o l'omertà di cui è pervasa una parte importante di alcune regioni del nostro Paese, dove nessuno vede mai niente, nessuno sente mai niente, nessuno vede mai compiere i crimini, neanche quando i fatti si svolgono davanti agli occhi di tutti! (Applausi dal Gruppo PdL e della senatrice Boldi). Nessuno di noi pensa che vi possano essere ronde di cittadini, ma a coloro che vogliono collaborare con le forze dell'ordine diamo grande preferenza rispetto agli omertosi che non vedono, non sentono, non comunicano e consentono alla criminalità di radicarsi sempre di più nel nostro territorio. Questo è lo spirito con cui è stata inserita la norma in esame.

Vi sono poi altri articoli nel provvedimento che sono stati biasimati, ma che riteniamo rappresentino un modo per favorire l'integrazione degli immigrati nel nostro Paese con comportamenti virtuosi, che possano essere premiati se sono positivi; al contrario, rappresenterà un dato negativo ai fini della valutazione della permanenza nel Paese se l'illegalità e l'illegittimità diventeranno un'abitudine.

Con un'ultima serie di proposte emendative si intendono introdurre nuove aggravanti per reati che destano allarme sociale. In primo luogo si prevede, come aggravante generica all'articolo 61 del codice penale, l'aver commesso il fatto a danno di minori all'interno o nelle immediate vicinanze degli istituti di istruzione. A tutela dei minori le Commissioni riunite hanno inoltre introdotto aggravanti speciali per il reato di atti osceni e per il reato di violenza sessuale, anche in questo caso qualora il fatto sia commesso nei luoghi frequentati dai minori. È stato inoltre introdotto un minimo edittale di pena per il reato di violazione di domicilio, di cui all'articolo 614 del codice penale. Le Commissioni riunite hanno altresì integrato ed ampliato le ipotesi per le quali il codice di procedura penale, agli articoli 380 e 381, prevede rispettivamente l'arresto obbligatorio e l'arresto facoltativo in flagranza. Sono state inoltre introdotte nuove aggravanti per il reato di furto, rapina e truffa, nel caso in cui gli illeciti siano compiuti in luoghi particolarmente frequentati dai cittadini ovvero abusando delle condizioni di debolezza della persona offesa.

Lo scopo è in definitiva quello di creare delle zone di sicurezza nelle quali determinati comportamenti, già di per sé penalmente rilevanti, assumono una particolare gravità per il contesto nel quale vengono compiuti e per il fatto che le potenziali vittime sono minori e, più in generale, soggetti deboli.

Signora Presidente, onorevoli senatori, queste osservazioni iniziali si aggiungono alla relazione scritta. Mi riservo di completare, alla luce degli interventi che saranno svolti in discussione generale, nella sede di replica le mie valutazioni su un provvedimento che ritengo destinato a portare maggiore sicurezza ai cittadini e maggiore forza nella lotta alla criminalità organizzata, oltre che a favorire processi di integrazione punendo invece chi sbaglia quando vuole vivere nel nostro Stato senza assoggettarsi alle regole che debbono disciplinare l'ordinata vita della nostra comunità nazionale. (Applausi dai Gruppi PdL e LNP).

 

PRESIDENTE: Ha chiesto di parlare per integrare la relazione scritta il relatore, senatore Berselli. Ne ha facoltà.

BERSELLI, relatore. Signora Presidente, onorevoli colleghi senatori, ricollegandomi alla relazione scritta che ho presentato insieme al senatore Vizzini e senza voler minimamente ripetere quanto l'altro relatore ha testé evidenziato, mi limito a svolgere alcune considerazioni limitatamente alle modifiche apportate dagli emendamenti introdotti dalle Commissioni riunite al testo originario, che va ad integrare, come pacchetto sicurezza, il decreto-legge n. 92 del 2008, già convertito dal Parlamento italiano nella legge n. 125 del 2008.

L'articolo 1 apporta una modifica all'articolo 61 del codice penale, nel punto in cui esso prevede la circostanza aggravante comune della cosiddetta minorata difesa, con la finalità di ampliare gli strumenti di tutela per gli anziani, che costituiscono troppo spesso un facile bersaglio per i criminali, come tutti sappiamo. Tale finalità viene perseguita precisando che l'ipotesi di «minorata difesa» può configurarsi anche nel caso in cui l'autore del reato abbia approfittato dell'età avanzata della persona che ha subito il danno. Questa previsione è stata ampliata e modificata da suggerimenti e proposte pervenuti in sede di Commissioni riunite.

L'articolo 1 modifica, inoltre, il codice penale al fine di colpire con particolare efficacia il commercio di esseri umani, estendendo l'aggravante prevista al sesto comma dall'articolo 416 in materia di associazione per delinquere alle forme più gravi di organizzazione dell'immigrazione clandestina, al fine di reprimere in maniera più severa delitti di estrema gravità, inserendo tra le circostanze aggravanti speciali che determinano la pena dell'ergastolo in caso di omicidio, di cui all'articolo 576 del codice penale, anche gli omicidi perpetrati in occasione dei reati di violenza carnale, atti sessuali con minori e violenze sessuali di gruppo, nonché al fine di disciplinare in maniera più efficace quel contrasto alle attività di riciclaggio che, com'è noto, costituisce uno degli strumenti più importanti di lotta alla criminalità organizzata. A questo riguardo devo dare atto alle opposizioni di aver svolto nelle Commissioni riunite un importante lavoro, non certo di boicottaggio o di ostruzionismo, ma collaborativo per rendere più efficaci le norme che erano state approvate dal Consiglio dei ministri.

L'articolo 6 prevede due modifiche all'articolo 635 del codice penale, in materia di delitto di danneggiamento. In primo luogo, esso estende l'aggravante di cui al secondo comma anche al caso in cui la condotta criminosa sia commessa su immobili sottoposti a risanamento edilizio o ambientale. Inoltre, esso prevede che, in tutti i casi di danneggiamento aggravato, la concessione della sospensione condizionale della pena deve essere sempre (lo sottolineo, sempre) subordinata all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, ovvero, se il condannato non si oppone, alla prestazione di attività non retribuita a favore della collettività per un tempo determinato, comunque non superiore alla durata della pena sospesa, secondo le modalità indicate dal giudice nella sentenza di condanna. Si tratta, onorevoli colleghi e senatori, di una grande, importante innovazione, che si è resa necessaria per modulare la pena da infliggere alle conseguenze del reato che è stato attivamente commesso.

L'articolo 7 modifica l'articolo 639 del codice penale, che prevede il reato di deturpamento e imbrattamento di cose altrui (di cui da tempo si stava parlando), ed è stato ampiamente modificato dalle Commissioni riunite, sia prevedendo un sistema sanzionatorio più efficace, sia introducendo la nuova fattispecie aggravata del fatto commesso su beni immobili o su mezzi di trasporto pubblici o privati. Si tratta di atti che vediamo commessi tutti i giorni e che rappresentano fattispecie che dovevano essere assolutamente rimosse. È merito delle Commissioni riunite essere riuscite ad ottenere un risultato che credo - e ne sono convinto - sia apprezzabile e venga apprezzato dalla nostra comunità nazionale.

L'articolo 10 modifica il regime delle circostanze aggravanti applicabili nel caso di concorso nel reato di cui all'articolo 112 del codice penale, prevedendo l'applicabilità dell'aggravante ivi prevista anche nei confronti delle persone maggiorenni che concorrono nel reato con un minore di anni 18 o con una persona in stato di infermità o di deficienza psichica (e dunque, non solo nei confronti di chi li determini a commettere il reato o se ne sia avvalso, come avviene attualmente). Secondo la relazione, si intende responsabilizzare ulteriormente il maggiorenne per creare una sorta di «cintura sanitaria» intorno ai minori delinquenti.

L'articolo 12 delinea il delitto di «impiego di minori nell'accattonaggio» (altra disposizione di grande importanza per sanzionare fattispecie che destano particolare allarme e disagio sociale), introducendo tra i delitti contro la personalità individuale l'articolo 600-octies del codice penale, che prevede la reclusione fino a tre anni, salvo che il fatto costituisca più grave reato, per chi si avvale per mendicare di una persona di minore di anni 14 o, comunque, non imputabile; ovvero permette che tale persona, ove sottoposta alla sua autorità o affidata alla sua custodia o vigilanza, mendichi; ovvero permette che altri se ne avvalga per mendicare. Conseguentemente all'introduzione del delitto, il disegno di legge in esame prevede - ovviamente - l'abrogazione della omonima contravvenzione di cui all'articolo 671 del codice penale.

Le Commissioni riunite hanno poi introdotto l'articolo 17, che modifica l'articolo 605 del codice penale in materia di sequestro di persona, prevedendo una specifica ipotesi aggravata nel caso in cui il sequestrato sia un minore e un ulteriore aggravamento se è minore di anni 14 o se viene condotto e trattenuto all'estero, nonché alcune disposizioni premiali in presenza di forme specifiche di ravvedimento operoso. La disposizione inserisce anche un nuovo articolo nel codice penale, l'articolo 574-bis, concernente la sottrazione e il trattenimento del minore all'estero.

L'articolo 18 modifica la legge n. 895 del 1967, recante disposizioni per il controllo delle armi, introducendo una serie di aggravanti specifiche per il porto d'armi illegale.

L'articolo 19 rappresenta una delle disposizioni più discusse recate dal disegno di legge. L'originaria formulazione, novellando il decreto legislativo n. 286 del 1998, ha introdotto nel nostro ordinamento il reato di ingresso illegale nel territorio dello Stato, che da mero illecito amministrativo - oltretutto non corredato di una specifica sanzione, dovendosi considerare l'espulsione come una disposizione amministrativa diretta alla mera cessazione della situazione irregolare - diventava un delitto punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni. Veniva altresì stabilita l'applicazione a tale reato del rito direttissimo e l'obbligatoria misura accessoria dell'espulsione.

Le Commissioni riunite hanno approvato l'emendamento del Governo, che modifica radicalmente l'impianto di tale disposizione. L'opposizione, pur votando contro questa disposizione, credo non abbia potuto non apprezzare lo sforzo del Governo e dell'attuale maggioranza per venire incontro alle stesse sollecitazioni formulate in varie sedi, anche dall'opposizione, circa l'opportunità di eliminare la sanzione penale di carattere detentivo per introdurre, secondo l'opposizione, una sanzione amministrativa, che la maggioranza invece non ha voluto introdurre, preferendo una sanzione penale di carattere pecuniario. Si prevede dunque un'ammenda da 5.000 a 10.000 euro, rispetto alla quale però il respingimento o l'espulsione dello straniero determinano il non luogo a procedere.

Onorevoli colleghi, abbiamo introdotto un reato che prevede conseguenze obiettivamente minime a carico di colui che lo ha commesso, perché l'orientamento del Governo e la volontà della maggioranza non erano di mettere in galera coloro che entrano illegalmente all'interno dello Stato o che illegalmente si trattengono, magari dopo avere avuto la possibilità di entrare nel nostro territorio con un visto turistico o di studio. La volontà del Governo e dell'attuale maggioranza è invece quella di prevedere un reato che costituisca, come accade con l'attuale previsione, il presupposto necessario per procedere all'immediata espulsione dello straniero che si introduce illegalmente nel territorio dello Stato. Voglio ricordare che anche all'estero, in tanti Paesi democratici come il Regno Unito, esiste il reato di ingresso clandestino nel territorio dello Stato e quindi, colleghi dell'opposizione, non dovete stracciarvi le vesti per l'introduzione di un reato che prevede conseguenze anche inferiori rispetto a quelle previste negli ordinamenti giuridici di tanti Paesi democratici europei.

Onorevoli colleghi, non ritengo di dovermi soffermare ulteriormente sulle altre parti del disegno di legge del Governo e sugli ulteriori emendamenti approvati dalle Commissione riunite, ripromettendomi di tornare sull'argomento in sede di replica, alla conclusione della discussione generale, rinviando comunque alla relazione scritta presentata da me e dal senatore Vizzini, presidente della Commissione affari costituzionali. (Applausi dal Gruppo PdL e dai banchi del Governo).

PRESIDENTE. Come stabilito, rinvio il seguito della discussione del disegno di legge in titolo ad altra seduta.

 


 

 

 

 

 

Senato della Repubblica

XVI LEGISLATURA

 

Assemblea

 

 

 

RESOCONTO SOMMARIO

RESOCONTO STENOGRAFICO

ALLEGATI

 

 

ASSEMBLEA

 

89a seduta pubblica (antimeridiana)

 

 

mercoledì12 novembre 2008

 

 

Presidenza del vice presidente NANIA,

indi del presidente SCHIFANI

e della vice presidente MAURO

 


 

(omissis)

Seguito della discussione del disegno di legge:

(733) Disposizioni in materia di sicurezza pubblica (ore 10,10)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge n. 733.

Ricordo che nella seduta di ieri i relatori hanno integrato la relazione scritta.

Comunico che sono state presentate alcune questioni pregiudiziali.

Ha chiesto di intervenire il senatore Casson per illustrare la questione pregiudiziale QP1. Ne ha facoltà.

CASSON (PD). Signor Presidente del Senato, signori senatori e signori del Governo, sono diverse le disposizioni del disegno di legge n. 733 che generano rilevanti perplessità sotto il profilo della legittimità costituzionale e comunitaria, nonché della compatibilità con le norme di diritto internazionale vincolanti per l'Italia. Le norme a cui faccio riferimento sono gli articoli 46, 19, 41, 39 e 44.

In particolare, l'articolo 46 del disegno di legge autorizza gli enti locali - non meglio definiti - ad avvalersi della collaborazione di associazioni tra cittadini non solo al fine di segnalare agli organi di polizia eventi che possano arrecare danno alla sicurezza urbana o situazioni di disagio, ma anche per cooperare nello svolgimento di attività di presidio del territorio. Come si evince anche dalla rubrica dell'articolo in esame, che richiama soltanto l'esigenza di «presidio del territorio», tra le finalità che legittimano gli enti locali ad avvalersi di tali associazioni assume rilievo prevalente quella del presidio del territorio che, in quanto distinta, attiene evidentemente alla gestione dell'ordine e della sicurezza pubblica. Peraltro, l'esercizio di tali funzioni, in quanto distinte ed eccedenti la mera «polizia amministrativa locale», costituisce una competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell'articolo 117, comma secondo, lettera h), della Costituzione. Questa norma, in quanto non autoapplicativa e come tale necessitante di provvedimenti esecutivi a livello regolamentare e locale, sembra configurare una delega in bianco all'ente locale, priva non solo di parametri normativi, ma anche di qualsiasi forma di controllo. La norma appare pertanto violare il riparto di competenze sancito dalla Costituzione all'articolo 117, in quanto si parla di attribuzioni tipiche della sovranità statuale, mentre tale previsione autorizza l'utilizzo di cittadini in quanto presidio anche a livello di enti locali, che non sono meglio determinati; questi potrebbero essere anche enti locali non territoriali. La norma, inoltre, ci appare in contrasto con l'articolo 13 della Costituzione nella parte in cui riserva alla sola pubblica autorità il potere legittimo di porre in essere atti limitativi della libertà personale secondo modalità, limiti e tempi previsti dallo stesso articolo 13 della Costituzione. Infine, la norma di cui all'articolo 46 non sancisce espressamente il carattere non armato e non violento di tali associazioni. Se per di più esse perseguissero anche indirettamente scopi politici (il che non è escluso dalla norma) e fossero armate, esse incorrerebbero nel divieto di cui all'articolo 18 della Costituzione.

La seconda norma che contestiamo è quella contenuta nell'articolo 19 del disegno di legge in esame che incrimina, a titolo di reato contravvenzionale, l'ingresso e il soggiorno illegali nel territorio dello Stato. La norma prevede, inoltre, quale condizione di procedibilità non rinunciabile dall'imputato la sua mancata espulsione dal territorio dello Stato, secondo un procedimento che appare incompatibile con l'articolo 24 della Costituzione, nella misura in cui impedisce allo straniero l'esercizio del diritto inviolabile alla difesa, precludendogli la possibilità di dimostrare in giudizio la propria innocenza. Inoltre, la mancata previsione di una scriminante o, comunque, di una causa di non punibilità in favore delle vittime di tratta, riduzione in schiavitù o in servitù o di altri delitti contro la personalità individuale è certamente incompatibile con quanto sancito dalla decisione quadro 2002/629/GAI e dalla direttiva 2004/81/CE, nonché dalla Convenzione ONU di Palermo sul trafficking, che recano norme a tutela delle persone offese da tali delitti. Desta, infine, perplessità rispetto ai principi di ragionevolezza, offensività e sussidiarietà del diritto penale la scelta di elevare a reato una condotta non solo priva di reale offensività a terzi, ma anche di un disvalore eccedente quello proprio del solo illecito amministrativo. Questo si dice in relazione, in particolare, alla sentenza n. 22 del 2007 della Corte costituzionale.

La terza norma che contestiamo è quella di cui all'articolo 41, che subordina il rilascio del permesso di soggiorno alla stipula di una sorta di accordo di integrazione con cui lo straniero si impegna a conseguire obiettivi di integrazione, non meglio specificati, mentre la perdita dei crediti determina l'espulsione immediata dello straniero. La norma subordina, quindi, il rilascio del permesso di soggiorno alla valutazione (necessariamente discrezionale) da parte dell'autorità amministrativa. Tale previsione appare incompatibile con la riserva di legge (peraltro rinforzata) di cui all'articolo 10, capoverso, della Costituzione, in materia di disciplina della condizione giuridica dello straniero. Questa norma appare, infine, contrastare con la protezione accordata dal diritto internazionale e dall'articolo 10 della Costituzione ai richiedenti asilo, nella misura in cui non esclude dalla possibilità di revoca o rifiuto del permesso di soggiorno i titolari di protezione umanitaria, i rifugiati e i richiedenti asilo.

La quarta norma è quella di cui all'articolo 39, che dispone l'estensione del termine massimo del trattenimento dello straniero nei centri per l'identificazione e l'espulsione dagli attuali 2 a 18 mesi, in caso di difficoltà nell'accertamento dell'identità e della nazionalità. La direttiva comunitaria sul rimpatrio, invocata dal Governo a sostegno di tale novella, prevede che il termine massimo di 18 mesi valga per i casi di resistenza (si prevede proprio così) all'identificazione, il che è evidentemente diverso dalla mera difficoltà nell'accertamento. In assenza di tali minimi correttivi, la prevista estensione della durata massima della detenzione amministrativa sino a 18 mesi rischia di contrastare non solo con il principio di ragionevolezza ma anche con la stessa direttiva, pur invocata dal Governo, a sostegno della modifica normativa.

L'ultimo articolo contestato è il 44, che istituisce, presso il Ministero dell'interno, quello che abbiamo definito il registro dei clochard, il registro cioè delle persone che non hanno fissa dimora, rimettendo a un decreto del Ministero dell'interno la disciplina di funzionamento del registro. Nella misura in cui assoggetta a una sorta di schedatura le persone per il solo fatto di essere senza fissa dimora, senza neppure specificare le finalità per cui tale registro è costituito e quale dovrebbe essere la sua funzione, la norma appare incompatibile con i principi di eguaglianza, ragionevolezza, nonché con la tutela della dignità della persona, sancita come diritto inviolabile dall'articolo 2 della Costituzione e dall'articolo 1 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. Inoltre, la norma appare violare il principio di legalità nella misura in cui rimette quasi integralmente la disciplina di un istituto (quale quello della schedatura delle persone senza fissa dimora) che incide su diritti soggettivi (in particolare sulla dignità delle persone) a un mero decreto ministeriale, senza neppure richiamare l'esigenza di conformità con la disciplina sulla tutela dei dati personali di cui al decreto legislativo n. 196 del 2003.

Per tutte queste considerazioni e in relazione alle norme del disegno di legge che abbiamo citato, si chiede che, a norma dell'articolo 93 del Regolamento, non si proceda all'esame del disegno di legge n. 733. (Applausi dal Gruppo PD).

 

PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire la senatrice Serafini Anna Maria per illustrare la questione pregiudiziale QP2. Ne ha facoltà.

SERAFINI Anna Maria (PD). Signor Presidente, il disegno di legge in esame solleva in più punti perplessità sotto il profilo della compatibilità con le norme costituzionali e comunitarie. Mi soffermo sull'articolo 5 e sull'articolo 47.

La norma di cui all'articolo 5 prevede che lo straniero che vuole contrarre matrimonio nella Repubblica deve presentare all'ufficiale dello stato civile non solo una dichiarazione dell'autorità competente del proprio Paese dalla quale risulti che nulla osta al matrimonio (come già previsto), ma anche un documento attestante la regolarità del soggiorno. Ora, subordinare l'esercizio di un diritto - quale quello al contrarre matrimonio - che è un diritto fondamentale e non di cittadinanza, riconosciuto alla persona in quanto tale e non in quanto cittadina, al possesso di un documento che attesti la regolarità del soggiorno pare in contrasto con gli articoli 3, 29, 30 e 31 della Costituzione, nonché con gli articoli 9 e 21 della Carta di Nizza, nella misura in cui priva di tale diritto fondamentale lo straniero irregolarmente soggiornante nel territorio dello Stato. Appare sul punto particolarmente significativo che l'articolo 29 della Costituzione non faccia riferimento ai soli cittadini quali titolari di tale diritto.

Per quanto riguarda il secondo punto, la norma di cui all'articolo 47 - volta a consentire il rimpatrio assistito dei minori comunitari che esercitano la prostituzione - solleva diverse perplessità relativamente alla compatibilità con il diritto comunitario e internazionale. In particolare, contrasta con il divieto di discriminazione sancito dai Trattati comunitari e dall'articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, nella misura in cui impone al minore straniero un trattamento diverso rispetto ai cittadini italiani, disponendone l'espulsione anche in assenza delle ragioni di pubblica sicurezza e pericolosità sociale, che, sole, legittimano l'allontanamento dei cittadini comunitari. Né a tal fine varrebbe invocare la previsione secondo cui il rimpatrio dovrebbe comunque corrispondere all'interesse del minore. È infatti evidente che un minore che sia stato tolto dalla sua famiglia e costretto a venire in Italia per esercitare la prostituzione non potrebbe che essere ulteriormente danneggiato qualora venisse riconsegnato all'ambiente di origine.

Inoltre, la norma contrasta in più punti con le disposizioni della direttiva 38 del 2004 sul diritto di libera circolazione e soggiorno dei cittadini comunitari e dei loro familiari. Contrasta altresì con l'articolo 28 della direttiva, che prescrive che, nei confronti del minore, l'allontanamento - sempre che risponda al suo superiore interesse - non possa essere adottato se non in presenza di motivi imperativi di pubblica sicurezza. Ed è evidente, colleghe e colleghi, che tali motivi particolarmente gravi non possono presumersi per il mero fatto dell'esercizio della prostituzione, dal momento che altrimenti si presumerebbe un'ipotesi di pericolosità sociale, come tale incostituzionale.

Le maggiori organizzazioni che si battono per i diritti per l'infanzia, come l'UNICEF e «Save the Children», hanno avuto modo anche in questi giorni in audizione presso la Commissione bicamerale per l'infanzia di esprimere la loro preoccupazione per questa norma, ritenendola in contrasto con la Convenzione del 1989. Tale norma, se approfondiamo il suo nesso con la nostra legislazione, vediamo che contrasta con le leggi sulla tratta, cui ha lavorato la presidente Finocchiaro, e con la legge contro la pedofilia e la prostituzione minorile. Allorché dieci anni fa votammo all'unanimità la legge sulla prostituzione minorile, lo facemmo consapevoli di aver fatto un salto culturale nel definire la prostituzione minorile, i diritti dell'infanzia e il ruolo degli adulti e della comunità nei loro confronti. Come relatrice di quel provvedimento riscontrai l'attenzione da parte di tutte le componenti politiche e culturali per arrivare ad un testo che facesse del nostro Paese il portabandiera della tutela dell'infanzia e dell'adolescenza più disgraziate, più sfortunate, più depredate. La novità di quel testo risiede nel non essersi accontentati di una semplice aggravante, come prevedeva la legge Merlin, la prostituzione minorile, ma di trattare quest'ultima non solo con una legge a parte, ritenuta dall'ONU una delle migliori al mondo, ma come l'attentato più grande all'integrità e al futuro dell'infanzia, e, come tale, l'abbiamo definita moderna riduzione in schiavitù, secondo una dizione della Caritas.

Spesso, i bambini e gli adolescenti costretti alla prostituzione sono senza scampo, braccati da ogni dove e da chiunque. Noi abbiamo cercato di tutelarli, anche all'estero, con il reato di turismo sessuale. La polizia postale ha fatto grandi progressi contro la pedopornografia; la legge andrebbe ulteriormente applicata nella prevenzione e nella cura e con una mano più specializzata, come quella della polizia postale, nel contrastare anche su strada lo sfruttamento dei minori. A tal proposito abbiamo delle disponibilità, ma non possiamo su queste norme non tacere la nostra grande preoccupazione.

L'Italia che vorremmo è quella che non ha paura dei bambini stranieri e soprattutto non fa loro paura. La civiltà e la forza di un Paese si misurano proprio dalla responsabilità nei confronti della crescita dei bambini, di ogni bambino, a prescindere da tutto. Proprio nella richiesta di assunzione di questa specifica responsabilità sta l'innovazione più profonda introdotta dalla Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia del 1989. Un bambino, da qualsiasi parte del mondo provenga, deve trovare in ogni Paese che ha ratificato la Carta la sua tana, il suo rifugio. Il bambino deve poter sentire che quali che siano le sofferenze che ha patito ora c'è chi si prenderà cura di lui e non lo abbandonerà. (Applausi dal Gruppo PD e del senatore Astore).

 

PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire il senatore Li Gotti per illustrare un'ulteriore questione pregiudiziale. Ne ha facoltà.

LI GOTTI (IdV). Signor Presidente, intervengo per illustrare una questione pregiudiziale a causa di un problema di costituzionalità che intendiamo sollevare riguardo al comma 5 dell'articolo 19 nel testo proposto dalle Commissioni riunite. Il suddetto comma, infatti, fa dipendere la condizione di procedibilità della sentenza di non luogo a procedere da un fatto esterno alla condotta che viene attribuita all'imputato e ricadente nella sfera e nel dominio dell'autorità amministrativa. Ciò significa che, dinanzi al medesimo comportamento, il fatto esterno, ossia la possibilità di procedere all'esecuzione in concreto dell'espulsione (attività di natura meramente amministrativa), si pone, rispetto al fatto attribuito all'imputato, come condizione scriminante qualora l'autorità amministrativa riesca ad eseguire il provvedimento di espulsione, come non scriminante qualora l'autorità amministrativa non riesca a procedere all'esecuzione in concreto di tale provvedimento. Sicché la parità dei cittadini dinanzi alla legge viene differenziata nel trattamento per un fatto afferente non alla condotta del cittadino che ha dato luogo al processo, bensì al comportamento di un organo amministrativo che può o meno eseguire un provvedimento di espulsione. Riteniamo che una previsione del genere sia in profondo contrasto con l'articolo 3 della nostra Costituzione, che pone il principio basilare secondo cui la parità dei cittadini dinanzi alla legge rispetto alle loro condotte deve essere assoluta e non può essere condizionata da un comportamento che può far rilevare un illecito, sino alla conclusione del giudizio attraverso una sentenza, non dal fatto afferente alla condotta della persona sottoposta al procedimento, bensì da un organo esterno.

C'è un altro profilo che ritengo, sia pure sommariamente, di illustrare. È chiaro che nella materia del contrasto alla criminalità organizzata l'impegno di tutto il Parlamento e della politica in senso più ampio deve essere quanto più possibile forte, determinato e non deve subire condizionamenti. Sono convintissimo delle buone scelte che possono operarsi in tale direzione perché sono altrettanto convinto che il contrasto alla criminalità organizzata richiede il nostro impegno costante, determinato e coerente. Però, le norme da approvare e da proporre nell'interesse della collettività per il contrasto alla criminalità organizzata devono, comunque, ricadere nell'alveo costituzionale.

Ora, spiace rilevare che l'articolo 34 del testo proposto dalle Commissioni riunite, al comma 1, lettera g), in cui si propone una riformulazione del comma 2-quinquies, pone un problema di costituzionalità. Stiamo parlando in materia di applicazione o di proroga dell'articolo 41-bis. I proponenti, nell'illustrare questa norma, hanno fatto riferimento alla necessità di evitare che i detenuti sottoposti al regime del 41-bis possano scegliersi il luogo di detenzione in funzione della giurisprudenza che il tribunale di sorveglianza del luogo applica. Ed allora, al fine di evitare che i condannati o gli imputati ai quali si possa applicare o si è applicato il regime del 41-bis possano scegliersi il luogo di detenzione ricadente sotto la giurisdizione di un organo giurisdizionale che ha una sua giurisprudenza nell'affrontare diversi casi, per sopperire a questo rischio, in sostanza, si è introdotta una norma che introduce la competenza esclusiva in materia di reclamo sui provvedimenti applicativi o di proroga del regime di cui al 41-bis al tribunale di sorveglianza di Roma.

Pur facendo salva la buona intenzione di noi legislatori, purtroppo tale norma è in contrasto con l'articolo 25 della Costituzione, secondo il quale nessuno può essere distolto dal giudice naturale. Nella norma si richiama l'articolo 678 del codice di procedura penale che precisa qual è il tribunale di sorveglianza competente: è il magistrato di sorveglianza competente sull'istituto penitenziario ove è ristretto il detenuto. Noi non possiamo derogare al principio costituzionale sancito dall'articolo 25, sostenendo che per alcuni imputati la regola del giudice naturale non si applica: non possiamo farlo, anche se il motivo è nobile. Si vuole evitare che i detenuti possano andare negli istituti carcerari dove il giudice o la magistratura di sorveglianza è incline ad una determinata giurisprudenza; questo, però, non si può fare! Ritengo che fare buone norme significhi comunque rispettare i canoni dello Stato di diritto, anche quando i destinatari delle norme sono i peggiori criminali. Lo Stato è forte e contro il crimine si difende lo Stato di diritto per tutti. In questo sta la forza dello Stato! Rassegno, quindi, alla sensibilità dell'Assemblea questo profilo di costituzionalità che deroga al principio costituzionale del giudice naturale. (Applausi dai Gruppi IdV e PD).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, ai sensi dell'articolo 93 del Regolamento, sulle questioni pregiudiziali presentate si svolgerà un'unica discussione, nella quale potrà intervenire un rappresentante per Gruppo, per non più di dieci minuti.

MAZZATORTA (LNP). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

MAZZATORTA (LNP). Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei svolgere una breve replica alle tre questioni di pregiudizialità illustrate dai colleghi Casson, Serafini Anna Maria e Li Gotti.

In merito all'articolo 46 del testo del disegno di legge proposto dalle Commissioni riunite, che - ricordo - consente ai Comuni di avvalersi della collaborazione di gruppi di volontari per una funzione di segnalazione degli eventi che possano arrecare danno alla sicurezza urbana o situazioni di disagio sociale, vogliamo far notare ai colleghi dell'opposizione che spesso si parla, magari a sproposito, di attuazione del principio di sussidiarietà orizzontale; in particolare, il mondo del centrosinistra è molto vivace rispetto all'attuazione dell'articolo 118, quarto comma, della Costituzione per tutti i settori e tutte le attività di interesse generale, ad esclusione - guarda caso - del settore della sicurezza urbana. Eppure nei Comuni governati dal centrosinistra, come ad esempio Bologna, il fenomeno è radicato e ben funzionante ed i sindaci non hanno alcuna intenzione di eliminarlo. Noi prevediamo finalmente una cornice normativa ad un fenomeno che oggi è affidato meramente alla prassi.

Per quanto riguarda l'articolo 19, relativo al reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato, vogliamo fare un riferimento alla storia del diritto dell'immigrazione. Siamo andati a verificare qual è stato il primo atto parlamentare che ha previsto l'introduzione del reato di immigrazione clandestina. Ebbene, penserete che sono atti a firma di qualche deputato o senatore della Lega o di Alleanza Nazionale, ma purtroppo non è così. L'atto parlamentare che per primo introdusse - o meglio avrebbe voluto introdurre - nel nostro ordinamento il reato di immigrazione clandestina fu il disegno di legge 3 gennaio 1986, n. 3641, d'iniziativa del Governo, presentato dall'allora ministro dell'interno Oscar Luigi Scalfaro, di concerto con il ministro degli esteri Andreotti ed il ministro di grazia e giustizia Martinazzoli. Il disegno di legge, presentato alla Camera dei deputati il 2 aprile 1986, prevedeva il reato di immigrazione clandestina in questi termini: «Chiunque si introduce nel territorio dello Stato, in violazione delle disposizioni relative all'ingresso degli stranieri di cui al comma 1 dell'articolo 1», e parla di tutti gli stranieri, «è punito con la reclusione fino ad un anno e con la multa da 200.000 lire a 1 milione. Chiunque si trattiene nel territorio dello Stato, in violazione delle prescrizioni sul permesso di soggiorno, è punito con l'arresto fino a tre mesi e con l'ammenda fino a 400.000 lire». Quindi, cari colleghi dell'opposizione, se c'è stato un atto eversivo dal punto di vista costituzionale, imputatelo al presidente Oscar Luigi Scalfaro, presentatore allora di questo disegno di legge che, approvato dalla Camera dei deputati, purtroppo decadde per le elezioni anticipate del 1987. Credo di non dover insistere ulteriormente su questo punto per farvi capire come la questione da voi sollevata sia meramente strumentale.

Quanto alla norma contenuta nell'articolo 41 del disegno di legge in esame, relativa all'accordo di integrazione, anche in questo caso vi invitiamo a guardarvi attorno, a guardare all'Europa, ad esempio all'accordo di integrazione repubblicana previsto dalla legge francese, molto ma molto più rigoroso rispetto alla nostra proposta. Non c'è alcuna violazione di norme costituzionali e facciamo fatica anche a capire quale sia il parametro costituzionale che in questo caso ritenete violato, ma certamente l'accordo di integrazione va nel senso di responsabilizzare lo straniero che si presenta alle nostre frontiere e chiede di essere ammesso nel nostro territorio.

Per quanto riguarda il termine massimo del trattenimento dello straniero nei centri per l'identificazione e l'espulsione, potrei citare anche in questo caso l'esempio di altri Paesi europei, quali la Germania, in cui dal 1992 è previsto un termine massimo di 18 mesi, o l'Inghilterra, dove addirittura non c'è nemmeno un termine massimo e la permanenza può essere anche di alcuni anni. Ricordo che nella stessa Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali del 1950 è già prevista la possibilità per gli Stati aderenti di prevedere, leggo testualmente: «(...) misure custodiali provvisorie straordinarie, preordinate all'esecuzione del provvedimento di espulsione di stranieri». Quindi, già nel 1950 qualcuno aveva previsto la possibilità di utilizzare questi strumenti per rendere celeri le procedure di espulsione.

Mi soffermo, infine, sulla norma contenuta all'articolo 5 del disegno di legge in esame, presentata come una norma che violerebbe una serie di articoli della Costituzione (3, 29, 30 e 31). Essa si riferisce al fenomeno scandaloso - questo sì! - dei matrimoni tra clandestini e cittadine italiane o neocomunitarie, spesso e volentieri ragazze allo sbando (si tratta soprattutto di giovani e tossicodipendenti). Dovete sapere - e noi come amministratori locali lo sappiamo bene - che esiste ormai un vero e proprio tariffario. Infatti, chiedere la pubblicazione, procedere alla celebrazione del matrimonio di fronte all'ufficiale di stato civile di un Comune e presentare il giorno dopo domanda di permesso di soggiorno per motivi familiari rappresenta ormai una procedura surrettizia di sanatoria della clandestinità, e i clandestini lo hanno capito. Ovviamente chiedono la pubblicazione degli atti matrimoniali con un nubendo che non conoscono assolutamente, ma nei cui confronti provvedono a versare una tariffa che va dai 3.000 ai 4.000 euro, c'è ormai anche un tariffario ben indicato. (Commenti dei senatori Perduca e Baio). Si tratta di un mercimonio dell'istituto matrimoniale, finalizzato a sanare situazioni di clandestinità che noi non possiamo accettare. (Applausi dai Gruppi LNP e PdL). Tutti i Comuni, compresi quelli governati dal centrosinistra, non accettano questa situazione e ci chiedono di cambiare rispetto ad una norma, l'articolo 116 del codice civile, scritta nel 1940, in un'epoca storica in cui non erano ammessi matrimoni tra clandestini e cittadini italiani o neocomunitari.

Per questi motivi voteremo ovviamente contro le questioni pregiudiziali proposte. (Applausi dai Gruppi LNP e PdL. Congratulazioni).

CECCANTI (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CECCANTI (PD). Signor Presidente, in tre punti su sette, segnalati dai colleghi del mio Gruppo intervenuti precedentemente, il senatore Casson e la senatrice Serafini, siamo in presenza di violazioni dell'articolo 117 della Costituzione che, com'è noto, nella nuova formulazione del Titolo V recita: «La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché» - questo è il punto che vorrei sottolineare - «dei vincoli derivanti dell'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali». Da quando è entrata in vigore la nuova formulazione dell'articolo 117, la violazione di direttive comunitarie, in particolare, significa violazione della Costituzione, poiché le direttive sono norme interposte rispetto al controllo di costituzionalità.

Tale questione si pone in primo luogo in riferimento all'articolo 19 del testo proposto, che prevede l'incriminazione a titolo di reato contravvenzionale dell'ingresso e soggiorno illegali, quantomeno perché non si prevedono delle eccezioni per le vittime di tratta, protette dalla direttiva n. 81 del 2004 dell'Unione europea.

Un ulteriore problema è posto dall'articolo 39, sull'estensione del termine massimo del trattenimento dello straniero da 2 a 18 mesi. Anche in questo caso le direttive comunitarie sul rimpatrio configurano questi termini in maniera del tutto diversa, ossia per i casi di resistenza all'identificazione e per il solo tempo strettamente necessario all'espletamento diligente della modalità di rimpatrio. Siamo quindi in presenza di una violazione della Costituzione per via interposta attraverso la violazione di direttive.

Lo stesso discorso si pone anche per la norma di cui all'articolo 47, segnalata in primis dalla senatrice Serafini, sul rimpatrio assistito dei minori comunitari che esercitano la prostituzione, che vìola palesemente la direttiva n. 38 del 2004 sul diritto di libera circolazione.

Per quanto riguarda le ulteriori quattro norme, vorrei sottolineare, in relazione a quella di cui ha parlato il precedente oratore, il senatore Mazzatorta, sul diritto matrimoniale, che un conto è la repressione dei falsi matrimoni, mentre un altro è, in nome di tale repressione, andare a violare il diritto matrimoniale, che è un diritto non del cittadino, ma dell'uomo, come risulta peraltro anche dalla formulazione della nostra Costituzione, all'articolo 29, dove si parla di «società naturale fondata sul matrimonio», che mira esattamente a proteggere il cittadino da un eccesso di interventi illegittimi da parte dello Stato. C'è quindi un eccesso di zelo che va decisamente oltre misura.

Quanto all'articolo 46, relativo alla collaborazione con alcune associazioni - mi riferisco al tema delle cosiddette ronde - al di là del problema posto dal modo in cui è scritta la norma, che evidenzia anche dei nodi relativi all'articolo 18, comma 2, della Costituzione e quindi al divieto di associazioni militari e paramilitari, trasporre l'idea del principio di sussidiarietà verticale e orizzontale in questa materia risulta improponibile. Questo non lo affermo soltanto io: vorrei infatti segnalare l'editoriale del professor Carlo Cardia pubblicato sul quotidiano «Avvenire», normalmente abbastanza sensibile nei confronti del principio di sussidiarietà. Leggo testualmente ciò che ha scritto il professor Cardia su «Avvenire»: «L'ambiguo avallo che si vuole dare alla partecipazione dei cittadini alla tutela e sicurezza del territorio legittimando associazioni dei cittadini per la sorveglianza può provocare lo spostamento di un caposaldo storico dello Stato di diritto per il quale sicurezza e uso degli strumenti coercitivi appartengono allo Stato, non ai privati o a gruppi di persone. I pericoli a cui si va incontro avviandosi su questa strada sono diversi. I responsabili dell'ordine pubblico» - continua il professor Cardia - «vedono messa in discussione la propria autorità, mentre si chiede loro una difficile valutazione di iniziative private che possono sfuggire ad ogni controllo. Ai cittadini si lancia un messaggio distorto, perché si fa intravedere una facoltà di intervento autonomo rispetto agli organi dello Stato e maturare la convinzione che è possibile farsi giustizia da sé di fronte ai fatti ed eventi delittuosi. Infine, un Governo che vede nella tutela dell'ordine pubblico un punto d'onore del proprio programma quasi riconosce in questo modo che lo Stato non è in grado di assolvere un suo compito primario». Questo è ciò che scrive il professor Cardia su «Avvenire».

Per quanto riguarda il cosiddetto patto di cittadinanza, che è lasciato del tutto indistinto dalle norme, l'articolo 10 della Costituzione prevede invece una riserva di legge rinforzata in maniera assolutamente garantistica. Tale articolo prevede infatti: «La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme dei trattati internazionali». Qui, invece, la legge abdica al suo ruolo.

Per finire, sulla questione della dignità delle persone senza fissa dimora, per le quali è prevista una schedatura in evidente contrasto con il principio della dignità umana, deducibile dall'articolo 2 della Costituzione, vorrei richiamarmi alla conclusione dell'articolo del professor Carlo Cardia, anche in questo caso piuttosto tranchant. Dice il professore Cardia: «Anche l'idea di procedere ad una sorta di schedatura degli immigrati senza dimora si presenta potenzialmente lesiva dei diritti individuali, oltre ad essere del tutto inutile. In assenza di un progetto politico di respiro che riporti al centro la questione dell'integrazione degli immigrati è necessario ripartire da principi e valori che caratterizzano la nostra identità civile. Gli immigrati non sono gente da tenere a bada, ma persone con diritti che vanno riconosciuti e garantiti e con doveri di cui si deve chiedere l'assolvimento. Se si perde di vista questo presupposto», conclude il professor Cardia, «cristiano e culturale prima che giuridico, o si dimentica che le leggi nazionali e quelle internazionali si fondano sul rispetto della dignità umana e dei diritti fondamentali, che spettano a chiunque, si intraprende una strada sbagliata che può provocare disagi e proteste, che può giungere ad un risultato opposto a quello invocato dai teorici della securitate. C'è tempo e modo per rimediare ad errori come quelli di oggi, ma non si deve dimenticare che già su altre questioni il Governo ha potuto sperimentare i danni che derivano da scelte improvvisate e settoriali non condivise».

Se non volete ascoltare noi, ascoltate per lo meno il professor Cardia. (Applausi dai Gruppi PD e IdV).

PASTORE (PdL). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

PASTORE (PdL). Signor Presidente, se si dovesse replicare a tutte le obiezioni sollevate dai colleghi dell'opposizione certamente non basterebbero i minuti assegnati e abuserei anche della pazienza dei colleghi senatori. Credo che tutte le obiezioni che abbiamo ascoltato siano di merito, non di costituzionalità, e le obiezioni di merito si possono anche ascoltare, recepire, approfondire, ma certamente non possono costituire oggetto di pregiudiziali quali quelle presentate dai colleghi. Infatti, ad ogni questione da loro contestata vi è una replica, che verrà fatta sicuramente in dettaglio in sede di esposizione del testo e dell'articolato come pervenuto dalla Commissione e anche in sede di illustrazione e di voto dei singoli emendamenti.

Voglio solo segnalare che tali questioni sono state approfondite in maniera certosina dalle Commissioni riunite 1a e 2a, che hanno ritoccato più volte il testo proprio per evitare contraddizioni e contrasti con la normativa comunitaria, perché non mi sembra che le contestazioni sollevate dai colleghi del centrosinistra in quest'Aula si riferiscano a questioni che violano in maniera palese o indiretta le disposizioni comunitarie; così come si è cercato di effettuare un'attenta lettura e traduzione delle norme per evitare che queste si applicassero in maniera discriminatoria a soggetti immigrati piuttosto che a cittadini. Molte delle norme indicate, per ultimo ricordo quella citata dal collega Ceccanti, si applicano anche ai cittadini italiani, che rappresentati da questa maggioranza sono ben disponibili a sobbarcarsi ulteriori oneri pur di contrastare fenomeni che oggi una comunità civile non può più tollerare.

Voglio infine far riferimento, in maniera molto breve, a due questioni sollevate dai colleghi dell'opposizione. La prima riguarda il rimpatrio dei minori. Se vi sono manchevolezze o questioni poco chiare nel testo della norma si possono ben correggere, ma non mi sembra che la norma sia stata formulata in danno dei minori. È stata una norma voluta per proteggere quei minori oggetto del turpe fenomeno della tratta e della riduzione in schiavitù attraverso la loro prostituzione sulle nostre strade. Quindi, se vi sono dubbi che lo Stato italiano non possa intervenire sotto il profilo umanitario nei confronti di questi soggetti - dubbi che personalmente non ho - o si dubita che lo Stato di appartenenza possa tutelare questi minori - cosa che ritengo si possa benissimo realizzare attraverso i normali canali diplomatici e consolari - allora è magari opportuna una precisazione nel testo della legge, ma certamente non vi è una obiezione di carattere costituzionale.

La seconda questione riguarda il reato di clandestinità. Credo che la Commissione abbia compiuto un lavoro molto intelligente, molto equilibrato e molto sensato ed ha spuntato le armi a quelle critiche, anche giustificate, che vedevano nell'introduzione di questo reato un rischio di intasamento delle carceri o della macchina giudiziaria. Proprio derubricando il reato da delitto a contravvenzione questi rischi sono venuti meno, ma si vuole affermare in maniera esplicita e solenne nel nostro ordinamento che la clandestinità è un reato; è un fatto antigiuridico e viene come tale riconosciuto attraverso una qualificazione, la più significativa del nostro sistema giuridico.

Tra l'altro, si è parlato di violazione dei diritti della difesa dell'immigrato clandestino. A me non sembra: se si celebra un processo non vi è nessuna norma che preveda una diminuzione della garanzia e delle tutele per il soggetto incriminato per quel tipo di reato. Si dice soltanto che se quel soggetto non è più sul territorio italiano non si procede all'accertamento del reato ritenendo che, trattandosi probabilmente di un reato continuato, ci possa essere un fatto che libera le nostre aule giudiziarie da un accertamento che tutto sommato diventerebbe inutile.

Ripeto: è una scelta equilibrata, ragionevole che dovrebbe raccogliere anche il consenso dei colleghi dell'opposizione se anche loro condividessero questo principio: cioè che la presenza, in maniera irregolare, sul territorio dello Stato è un fatto antigiuridico, che come tale bisogna anche sanzionare così come si conviene.

PINZGER (UDC-SVP-Aut). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

PINZGER (UDC-SVP-Aut). Signor Presidente, comunico che il Gruppo UDC, SVP e Autonomie, come in passato, si astiene sulla questione pregiudiziale.

PRESIDENTE. Metto ai voti la questione pregiudiziale, avanzata, con diverse motivazioni, dal senatore Casson e da altri senatori (QP1), dalla senatrice Serafini Anna Maria e da altri senatori (QP2), e dal senatore Li Gotti.

Non è approvata.

 

INCOSTANTE (PD). Chiediamo la controprova.

 

PRESIDENTE. Ordino la chiusura delle porte. Procediamo alla controprova mediante procedimento elettronico.

Proclamo il risultato della votazione mediante procedimento elettronico:

Senatori presenti

275

Senatori votanti

274

Maggioranza

138

Favorevoli

123

Contrari

148

Astenuti

3

Il Senato non approva.

Dichiaro aperta la discussione generale.

È iscritto a parlare il senatore De Sena. Ne ha facoltà.

DE SENA (PD). Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevoli rappresentanti del Governo, il provvedimento all'esame oggi dell'Assemblea impone alcune riflessioni di carattere tecnico che non possono essere disattese.

Già in sede di Commissioni riunite sono stati affrontati criticamente alcuni passaggi del disegno di legge, che tuttora permangono e confermano a mio parere la carenza di una strategia generale coerente con la costante ed altrettanto generale istanza di sicurezza da parte dei cittadini utenti. Indubbiamente è da prendere atto di un'iniziale inversione di tendenza in Commissione, in sede di dibattito-confronto, laddove alcune significative proposte delle opposizioni sono state finalmente prese in considerazione a titolo di contributo migliorativo e fanno parte di un accettato pacchetto emendativo, ma da tecnico e sulla base di una specifica, seppur modesta, ma pluriennale esperienza, devo formulare alcune riserve.

Sul piano sistemico e in generale il pacchetto sicurezza trova una configurazione che sicuramente non è aderente a quell'istanza istituzionale molto precisa e dettagliata che ci perviene dalle competenti istituzioni per quanto riguarda il contrasto alla grande criminalità mafiosa e la prevenzione generale sul nostro territorio. Sono considerazioni che non solo vanno verso la dinamica della grande criminalità organizzata, ma richiedono l'esibizione della pubblica amministrazione e di una politica più attenta nel settore della prevenzione generale, che secondo me costituisce la vera esibizione dell'intelligenza investigativa. La prevenzione generale pretende, oggi specialmente, una cura particolare da parte della politica e della pubblica amministrazione nelle sue varie componenti, politica e pubblica amministrazione che devono assolutamente recuperare la propria credibilità, offrendo una migliore configurazione del sistema sicurezza nella sua accezione più ampia. In alcune circostanze sarà allora necessario, signor Presidente, fare anche autocritica e confrontarsi su questo grande tema con le istituzioni competenti che combattono quotidianamente, specialmente in determinati territori, la criminalità mafiosa.

È assolutamente necessario, a mio modestissimo avviso, aggiornare l'asse normativo antimafia in maniera assolutamente sistemica, e qui certamente la competente Commissione costituitasi ieri potrà essere il vero volano per una nuova e moderna rivoluzione di cultura antimafia.

Sul provvedimento in titolo, quando parlo di sistema faccio specifico riferimento alla modifica proposta all'articolo 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali). Si propone una modifica sostanziale in riferimento allo scioglimento dei Consigli comunali e dei Consigli provinciali relativamente a ipotesi di infiltrazioni mafiose. Si tralascia invece quello che forse è il dato più importante e significativo nei territori ad alta densità mafiosa, riguardante lo scioglimento delle aziende sanitarie locali.

Tornando alla Commissione parlamentare antimafia costituitasi ieri, il senatore Pisanu - che è stato un prestigioso ministro dell'interno, apprezzato non solo da tutta la politica ma anche dalla struttura ministeriale, e di ciò ne sono autentico testimone come prefetto della Repubblica che ha lavorato alle sue dipendenze - nel suo brevissimo intervento di ieri, in occasione della sua elezione a Presidente della Commissione, ha fatto giustamente riferimento ad un programma da condividere per assicurare al nostro Paese una vera e propria chiara e serena quotidianità affrancata dalle mafie. Se ho ben interpretato il pensiero del presidente Pisanu, credo che egli si riferisse anche a quella fascia grigia di connivenze che alimenta l'arroganza criminale mafiosa, specialmente nei territori a più alta densità specifica.

Quando, nell'ottobre 2005, lo stesso ministro Pisanu mi chiese di lasciare l'incarico di vice capo della Polizia e di direttore centrale della Polizia criminale per assumere le funzioni di prefetto di Reggio Calabria, pochi giorni dopo l'inquietante omicidio del presidente del Consiglio regionale della Calabria, onorevole Francesco Fortugno, non ebbi alcuna esitazione e dopo poche ore ero in quel territorio. Un territorio ossessionato da una mafia violenta ed implacabile, potente, impermeabile e sanguinosa, ma anche un territorio la cui popolazione, nella maggior parte costituita da persone per bene, ma forse da troppo tempo maltrattate e quindi ormai incredule, mi poneva una sola richiesta: la libertà di essere, la libertà di lavorare.

La risposta, signor Presidente, onorevoli rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, va elaborata in quest'Aula dal Parlamento, dal Senato della Repubblica, da questa maggioranza e da questa opposizione, senza arroganze. (Applausi dai Gruppi PD e IdV).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Mugnai. Ne ha facoltà.

*MUGNAI (PdL). Signor Presidente, onorevoli rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, possiamo dire, parafrasando una frase ben più celebre, che nei mesi precedenti la campagna elettorale e nei giorni immediatamente successivi si è levato da tutto il Paese un unico, univoco, grido di dolore, un appello forte e significativo, perché venissero ripristinate su tutto il territorio nazionale condizioni di legalità e di sicurezza ormai eccessivamente compromesse e tali da avere determinato una condizione non più tollerabile.

Non potevamo, non dovevamo, rimanere indifferenti rispetto a questo grido di dolore che trasversalmente proveniva da tutte le componenti della società civile; e, per quanto ci riguarda, parlare di sicurezza significa, nel nostro ruolo parlamentare, adottare quel complesso di norme che possano garantire il più regolare, ordinato e pacifico svolgimento della vita quotidiana di una comunità, quelle condizioni che sono di fatto la base fondante di una società civile che tale possa essere definita e alle quali, ripeto, non potevamo, non dovevamo e non siamo rimasti indifferenti.

Lo abbiamo fatto nella consapevolezza di dover dare una risposta che fosse al tempo stesso concreta, chiara, efficace e soprattutto basata su una dose di sano e robusto realismo, per poter ridare ai cittadini quella fiducia verso le istituzioni che è anch'essa, colleghi, un elemento fondante, imprescindibilmente fondante, di ogni comunità nazionale. Se infatti la fiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni viene meno crolla ogni presidio di civile convivenza, e sappiamo bene quanto in certe parti del nostro Paese tutto ciò, purtroppo, si sia in larga misura verificato.

Signor Presidente, onorevoli colleghi, al di là di facili buonismi di maniera, al di là di pregiudizi ideologici, la nostra era una risposta da dare per garantire il ripristino di una legalità largamente perduta. Solo agendo con grande convinzione e con realismo noi potevamo, forse, nel futuro, evitare di vedere nuovamente spargere tante lacrime per dolorosi fatti di cronaca quotidiana criminale; lacrime che avremmo potuto ben definire lacrime di coccodrillo se non fossimo intervenuti, se fossimo rimasti alla finestra a guardare, se ci fossimo limitati a generiche dichiarazioni di intenti come troppe volte in passato è stato fatto, alla stregua quasi di sterili ed improduttive grida manzoniane.

Cosa significa realismo in questo caso? Significa comprendere che il ripristino delle condizioni di legalità nel nostro Paese non poteva prescindere da un'equazione: quella per cui il venire meno delle condizioni di legalità era fortemente connesso ad un altro fenomeno che dovevamo affrontare. Già e bene il collega Mazzatorta lo ha fatto in precedenza; già nel 1987 un soggetto assolutamente insospettabile se si guarda alla nostra parte politica, e cioè il presidente emerito Scalfaro, ebbe come uomo di governo in quel momento la sensibilità di comprenderlo.

Mi riferisco al fenomeno dell'immigrazione incontrollata, selvaggia e clandestina, che purtroppo nel nostro Paese ha raggiunto livelli tali da non poter essere più sopportata senza gravi conseguenze, anche a danno di coloro che sono venuti in Italia e hanno trovato regolari condizioni di vita.

Cari colleghi, la cultura dell'accoglienza non significa e non potrà mai significare la cultura della soccombenza, intesa come rinunzia a veder rispettate le nostre leggi, le nostre tradizioni, la nostra cultura, le nostre abitudini di vita quotidiana, i nostri valori etici e morali, le nostre convinzioni religiose. L'immigrazione clandestina ed incontrollata significa, tra l'altro, impossibilità di garantire a tutti coloro che sono venuti in Italia da aree molto più povere quelle condizioni di vita decorosa che se non sussistono fatalmente determinano una deriva di carattere criminale, ancor più pericolosa in questo momento nella misura in cui procura manovalanza a basso costo a quella criminalità organizzata transfrontaliera che ormai ha costruito i propri santuari anche all'interno del territorio nazionale, in una saldatura con la criminalità organizzata italiana.

Abbiamo agito prioritariamente in tale direzione adottando tutta una serie di norme di efficace contrasto a tutte le negative conseguenze dell'immigrazione clandestina, a partire da ciò che è in sé l'immigrazione clandestina, in perfetta sintonia con l'orientamento di altre grandi Nazioni europee, il Regno Unito tra tutte, per citare una delle Patrie del diritto. Parimenti, proprio per quei legami sempre più forti che vi sono fra la criminalità organizzata transfrontaliera e quella nostrana, abbiamo adottato una serie di provvedimenti volti a rafforzare da un lato i poteri delle autorità inquirenti, dall'altro a colpire al cuore le organizzazioni criminali aggredendole nei loro patrimoni, più efficacemente articolando quelle norme per far sì che quei patrimoni siano sottratti e restituiti alla comunità nazionale, riformando poi l'articolo 41-bis soprattutto per impedire, onorevoli colleghi, un aspetto fondamentale, ossia che i boss, come hanno fatto fino ad oggi, continuino a dirigere le loro organizzazioni dall'interno delle carceri, perché non gli sarà più possibile. Questo significa dare un altro colpo al cuore a quelle organizzazioni che oggi rappresentano - è bene dirlo - un altro Stato.

La sicurezza, signor Presidente e onorevoli colleghi, significa altre cose; significa forse anche e soprattutto garantire il sereno, pacifico e ordinato svolgimento della vita quotidiana, perché sotto il profilo del disvalore delle condotte non so se sia più grave il fenomeno della criminalità organizzata, che certamente lo è nelle sue dimensioni, nel suo complesso, nella sua portata, di quanto possa esserlo però, proprio per quella fiducia che il cittadino necessariamente deve avere verso le istituzioni, la situazione che abbiamo ereditato. Ogni giorno le cronache di qualunque quotidiano nazionale e locale purtroppo erano colme di notizie di scippi, rapine, furti, stupri, violenze sessuali, di una serie innumerevole di pianti di madri e padri per figli e figlie uccisi da ubriachi o drogati al volante, di quell'abusivismo commerciale che purtroppo indebolisce un'economia già debole come la nostra.

Su ciascuna di queste fattispecie, come quelle minori (il deturpamento, l'imbrattamento, che attengono comunque in ogni caso al civile vivere quotidiano), abbiamo previsto norme specifiche sia sotto il profilo di aggravanti, sia sotto il profilo di ulteriori sanzioni volte a colpire quelle condotte che aggrediscono proprio i più deboli e indifesi, soprattutto in quelle condizioni in cui è più facile farlo: i nostri giovani in prossimità delle scuole, i nostri anziani in prossimità dei bancomat o degli uffici postali dove vanno a ritirare la loro pensione che gli viene portata via o sui mezzi pubblici dove è ancora più facile scipparli. Questo significa parlare in termini concreti di sicurezza, perché solo se vi è fiducia nei confronti dello Stato abbiamo il diritto di pretendere di avere dei bravi cittadini, perché lo Stato non può mai essere evasore a quelli che sono i compiti che istituzionalmente gli fanno carico, primo fra tutti quello di garantire la sicurezza sia esterna che interna.

Voglio concludere facendo una breve digressione su come spesso velandosi dietro pregiudizi ideologici si strumentalizzi ciò che, in realtà, va in una direzione ben precisa. Voglio concludere con un accenno fugace al tanto dibattuto tema delle ronde che nessuno ha mai chiamato e considerato tali, se non chi forse preferisce la cultura dell'omertà alla cultura dell'impegno. (Applausi dal Gruppo LNP). Voglio citare - compiendo un'opera di plagio, che spero il presidente Vizzini mi perdonerà - una sua felice frase: noi preferiamo i nostri anziani che si impegnano davanti alle scuole per proteggere i propri e gli altrui nipoti, a chi, stando nascosto dietro una finestra, finge di non vedere quando potrebbe essere testimone prezioso di un fatto criminale che altrimenti non si può punire. (Applausi del senatore Pittoni).

Noi riteniamo che questa sia la vera cultura dell'appartenenza alla comunità nazionale che, almeno per noi, ha veramente il nome suggestivo di Patria e che ci siamo impegnati a difendere non solo dai nemici esterni, ma anche da quelli interni che, forse, sono ancora più subdoli e pericolosi.

Noi con questo provvedimento crediamo di onorare il giuramento che abbiamo fatto tutti. (Applausi dai Gruppi PdL e LNP. Congratulazioni).

 

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Magistrelli. Ne ha facoltà.

MAGISTRELLI (PD). Signor Presidente, onorevoli colleghi, il disegno di legge sul quale stiamo discutendo è pervenuto a questa Assemblea dopo che le Commissioni affari costituzionali e giustizia sono intervenute sul testo originario con significative modifiche e integrazioni. Il testo che ora abbiamo davanti è decisamente più lungo e complesso del provvedimento inizialmente varato dal Consiglio dei ministri e, dunque, richiede un esame completo, attento e anche approfondito.

La sicurezza delle nostre città, delle persone e dei beni sta a cuore a tutti. Per questo faremo la nostra parte con senso di responsabilità, perché siano approvate quelle misure che possono davvero rappresentare una risposta efficace e giusta alla domanda di sicurezza e all'esigenza di contrastare con fermezza la criminalità più pericolosa. Mi riferisco, in particolare, alle numerose norme in materia di legislazione antimafia, di misure di prevenzione, di aggressione ai patrimoni della criminalità organizzata. Mi riferisco anche alle norme che ricalcano le proposte avanzate nella scorsa legislatura da disegni di legge del Governo Prodi e che, naturalmente, ci trovano concordi. Ma saremo altrettanto attenti per tutte le altre disposizioni contenute in questo disegno di legge, perché con la copertura del generico richiamo alla sicurezza non vengano introdotte misure inique, sanzioni inutili, norme inaccettabili che violano o umiliano la dignità umana.

La critica - per ora generica, poi entrerò nel dettaglio di alcuni articoli - è all'atteggiamento, purtroppo già visto, di colpire situazioni che creano disagio solo con la criminalizzazione delle condotte o con pene più severe. Purtroppo, questo problema è sempre stato trattato in modo bipartisan perché creare nuove figure di reato o aumentare le pene è la strada più semplice per chi governa. È semplice perché basta licenziare un testo normativo; spetterà poi ad altri applicarlo.

Sappiamo bene tutti che questa strada non basta e che, anzi, non è la strada giusta. Le pene fanno paura non perché sono alte e numerose, ma solo quando sono certe, si applicano e anche rapidamente. La delinquenza non cala perché i delinquenti vanno tutti in galera, ma cala quando vengono eliminate le condizioni che spingono al reato, perché aumentano i controlli o perché la società è in grado di prevenire i reati, magari attraverso le forze dell'ordine. Ecco perché non ci piace la risposta del pugno di ferro, perché non serve, non produce effetti; vorremmo che almeno fosse accompagnata da misure che affrontino anche gli aspetti sociali e che prevedano interventi di prevenzione. E quando parlo di aspetti sociali non mi riferisco ad un generico buonismo, ma penso all'efficacia dissuasiva delle norme.

Dicevo che questo provvedimento contiene norme su cui ci può essere accordo da parte dell'opposizione. Ho già citato - e non mi ci soffermo, anche se sarà necessario un esame attento da parte dei tecnici per le delicatissime implicazioni che hanno - le misure antimafia, ma apprezzamento si deve esprimere anche per le misure in tema di sfruttamento dell'immigrazione clandestina e di tratta degli immigrati.

Personalmente mi riferisco poi a tutte quelle norme che manifestano attenzione verso le vittime e soprattutto attenzione verso i più deboli, cioè gli anziani, i minori e le persone con handicap. Sono senz'altro misure positive quelle che aggravano la pena per i reati commessi contro i soggetti deboli o quelle - come, ad esempio, la norma prevista all'articolo 10 - che aggravano la responsabilità delle persone maggiorenni che commettono reati con ragazzi minorenni. Sappiamo che nei contesti delinquenziali, mafiosi o camorristici soprattutto, la partecipazione dei minorenni ai reati è assolutamente volontaria e non più legata come una volta a condizionamenti e ordini da parte degli adulti; ma ciò non vuol dire che i ragazzi non abbiano bisogno comunque di protezione e che grande sia la responsabilità di chi in questo campo li tratta da adulti. Questa attenzione era già stata espressa dal Governo Prodi, che nel pacchetto sicurezza (l'Atto Camera n. 3278 della XV legislatura), aveva inserito questa stessa norma.

Condivido anche la preoccupazione che sta alla base degli articoli che aggravano la pena per i reati commessi nei confronti dei minori se compiuti nei luoghi da questi frequentati, cioè all'interno o nelle vicinanze di scuole o istituti di istruzione o formazione. Si tratta di reati odiosi, visto che le vittime sono deboli, se non inermi, e forse è giusto sanzionare ogni aspetto di chi approfitta di questa debolezza.

Sempre con riferimento alla tutela dei minori, comprendo la motivazione di una maggiore severità nei confronti dell'accattonaggio, che è una prassi che effettivamente degrada chi vi è costretto. Va bene, pertanto, l'articolo che prevede che la condotta configuri un reato e non più una contravvenzione, con una sanzione più significativa, previsioni peraltro già proposte nella passata legislatura. Non condivido, però, la pena accessoria della decadenza automatica dalla potestà parentale. È eccessiva e controproducente: sono assolutamente contraria. Magari si preveda l'apertura di un procedimento presso il tribunale per i minorenni, magari si parli di sospensione, si preveda pure qualche misura più grave la seconda o la terza volta in cui il fatto viene commesso, ma applicare subito la decadenza dalla potestà, alla prima occasione in cui si trova un minore a mendicare, è troppo. (Applausi della senatrice Sbarbati). Tenete conto che questo stesso disegno di legge prevede la sospensione della potestà, quindi una misura meno grave, per chi addirittura rapisce un minore. Non dimentichiamo poi, cari colleghi, che dovremo provvedere all'accoglienza e alla cura di tutti i bambini tolti in questo modo ai genitori, e questo senz'altro costa. Non so se nella relazione tecnica si è tenuto conto di tale aspetto in maniera adeguata.

Su questo punto vorrei poi aggiungere una riflessione scaturita da un articolo letto sul "Corriere della sera" di ieri che riguarda la ricerca realizzata dalla Fondazione Migrantes della Conferenza episcopale italiana da cui risulta che i nomadi sono vittime di un pesante pregiudizio anche presso molti tribunali per i minorenni, che spesso non esitano a togliere i minori alle loro famiglie, presupponendo maltrattamenti o cattivo esercizio della potestà genitoriale, per poterli poi dare in adozione a famiglie non nomadi. Non so valutare la veridicità di certi dati, ma l'autorevolezza della fonte, la CEI, mi spinge ad invitare a fare attenzione. Perseguiamo piuttosto l'integrazione delle mamme e di tutte le componenti delle grandi famiglie nomadi; favoriamo il lavoro regolare, l'inserimento sociale; non limitiamoci ad interventi drastici e contrari alla protezione dell'istituto familiare.

Non possiamo poi assolutamente condividere il giro di vite che si intende dare nei confronti degli stranieri in genere. Non parliamo solo degli stranieri irregolari o di quelli che delinquono. No. Ci sono norme in questo testo che negano ogni integrazione e accoglienza; mi riferisco, ad esempio, agli articoli 4 e 5 in materia di matrimonio degli stranieri e di acquisto della cittadinanza. Capisco che si vogliono evitare i matrimoni di comodo e che magari solo sei mesi di residenza in Italia dopo le nozze sono pochi, ma questa norma sembra tesa più che altro ad ostacolare comunque la concessione della cittadinanza italiana più che ad esigere un'effettiva ratio familiare. Si approfondiscano magari i controlli per verificare se c'è un'effettiva convivenza, ma non è giusto aggravare, per tutti e per due anni, l'inserimento a pieno titolo di una famiglia nella comunità dei cittadini. È poi assolutamente iniqua la previsione che ci sia un termine minimo, sia pure dimezzato, ovvero di un anno, quando ci sono i figli. L'esistenza di figli è essa stessa la prova che un matrimonio è vero e non è una finzione. Non ci dovrebbe essere bisogno di altri requisiti; è una norma inutile, non ha altra funzione se non quella di ritardare.

Allo stesso modo non è accettabile l'articolo 5. Si tratta di una norma che ha resistito per oltre 60 anni. La nostra Repubblica da sempre ha ammesso che uno straniero possa contrarre matrimonio nel territorio italiano e che l'unico requisito sia la dichiarazione del suo Paese che nulla osta a tale matrimonio. Naturalmente devono essere rispettate le disposizioni in materia di libertà di Stato, di parentela; nessun pericolo di introdurre la poligamia o l'incesto. Ma poi nient'altro. Non possiamo ora stravolgere l'impianto del codice civile imponendo la certificazione della regolarità del soggiorno. Questo perché il matrimonio è un istituto che prescinde dalle circostanze accidentali, perché il soggiorno può essere regolarizzato, perché mai esso è stato una condizione per la formazione di una famiglia. Non eravate voi, colleghi del centrodestra, che vi erigevate a paladini dell'istituto della famiglia?

Vorrei spendere due parole anche sui reati contro le cose. Mi riferisco al danneggiamento, al deturpamento, al furto e anche alla violazione di domicilio. In merito all'articolo 7, che colpisce chi deturpa o imbratta cose altrui, posso comprendere una certa dose di severità nei confronti di atti di vandalismo che rovinano le cose mobili e immobili altrui. Sono sicura che la giurisprudenza saprà distinguere il gesto di chi imbratta o deturpa da quello che, all'opposto, con un'opera grafica originale e colorata, addirittura migliora l'aspetto di certi manufatti grigi e tristi. È d'altra parte un fenomeno di cui si parla e si discute da tempo. Tuttavia una sanzione c'è già, anche se piuttosto lieve, e mi chiedo: quanti sono stati condannati per questo fatto? Quanti? È così che si combatte il fenomeno? Siamo sicuri che aumentando le pene otterremo dei risultati? Forse il problema è piuttosto quello di individuare i responsabili.

Lo stesso può dirsi per il furto, che viene ora aggravato nell'ipotesi che sia commesso su mezzi di trasporto (una volta si parlava di destrezza) o contro chi abbia ritirato i soldi in banca oppure alla posta o al bancomat. Capisco la ratio e sono anche d'accordo. Concordo pure sul fatto che siano reati odiosi e troppo frequenti. Ma, anche qui, si lascia tutto all'efficacia dissuasiva di una minaccia di pena severa e basta. Non credo che basti aggravare la pena: forse sarebbero necessari un po' più di controlli ed indagini accurate da parte delle forze di polizia. Sono tutte cose, però, che richiedono mezzi, organizzazione e impegno. E questo ha un costo.

Infine, l'articolo 48 del disegno di legge introduce una nuova serie di modifiche ed integrazioni alle previsioni del codice della strada. Possiamo condividere, in linea di massima, lo sforzo per rendere effettiva la tenuta di comportamenti corretti sulle strade così da evitare la lunga e drammatica lista di incidenti a cui ogni giorno assistiamo. E allora ben venga il principio che debba essere sottoposto a visita o a esame di idoneità chi dimostra di non sapersi comportare adeguatamente. Ma mi chiedo se al comma 1-ter dell'articolo 128 del codice della strada, ora introdotto, non debba farsi riferimento, piuttosto che alla patente di guida, al certificato di idoneità alla guida di ciclomotori, dal momento che la disposizione si rivolge ai minori di 18 anni che, signor Presidente, non hanno la patente.

Ancora. Si prevede che, in caso di revoca della patente per guida in stato di ebbrezza (naturalmente nei casi più gravi) o per uso di stupefacenti, la nuova patente possa essere concessa solo dopo almeno cinque anni. Forse sarebbe meglio ridurre il periodo di attesa a tre anni in modo da aiutare il soggetto al recupero, facendogli intravedere un obiettivo possibile in un arco di tempo non breve (tre anni) che, insieme al recupero psico-fisico, può portarlo a una vita normale. Insomma, tre anni potrebbero essere il tempo necessario per un efficace recupero; cinque anni, invece, potrebbero allontanare l'obiettivo. Consideriamo che questi soggetti fanno fatica a fare progetti a lungo termine. Poi, però, tali soggetti a mio parere dovrebbero essere sottoposti periodicamente a controlli. Quindi, proporrei tre anni più un periodo di controllo per verificare se vi è stata un'eventuale ricaduta. Ripeto, tre anni più controlli periodici, per essere sicuri che realmente vi è stata una modificazione dei comportamenti.

Non c'è tempo per me di esaminare e commentare tutte le numerose norme riferite al tema dell'immigrazione. Tra aumenti di pena, imposizioni di tasse patrimoniali, introduzione di test linguistici e di accordi da sottoscrivere per conseguire fantomatici obiettivi di integrazione, l'immagine complessiva è di un Paese che rifiuta l'accoglienza, che non tiene conto della disperazione di interi popoli, che non bada alle emergenze umanitarie per lasciare entrare solo chi è bravo, buono e possibilmente ricco, in grado di pagare il permesso di soggiorno, di imparare l'italiano e di vivere in una casa decorosa. Tutte condizioni che mancano in moltissimi casi italianissimi dei quartieri più difficili delle nostre grandi città. Vorrei che ci pensassimo un attimo, tutti, prima di approvare disposizioni da sbandierare come baluardi delle nostre private sicurezze e anche prima di autorizzare le ronde delle associazioni volontarie a presidio del territorio.

Mi auguro che alcune norme evidentemente inutili o eccessive possano trovare nella maggioranza l'autorizzazione necessaria per una modifica sostanziale. (Applausi dal Gruppo PD e dei senatori Pardi e Giai).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, in relazione alla cerimonia per l'intitolazione della Sala delle Conferenze stampa del Senato ai caduti di Nassiriya e agli altri caduti italiani nel corso dell'operazione «Antica Babilonia», sospendo la seduta fino alle ore 12.

 

 


Allegato A

 

DISEGNO DI LEGGE

Disposizioni in materia di sicurezza pubblica (733)

PROPOSTE DI QUESTIONE PREGIUDIZIALE

 

QP1

CASSON, FINOCCHIARO, ZANDA, LATORRE, BIANCO, INCOSTANTE, CAROFIGLIO, MARITATI, SERAFINI ANNA MARIA, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI, DE SENA, GALPERTI, ADAMO, CHIURAZZI

Respinta (*)

Il Senato,

premesso che:

diverse disposizioni del disegno di legge generano rilevanti perplessità sotto il profilo della legittimità costituzionale e comunitaria, nonché della compatibilità con le norme di diritto internazionale vincolanti per l'Italia;

in particolare, l'articolo 46 del disegno di legge autorizza gli enti locali - senza peraltro in alcun modo circoscrivere tale categoria - ad avvalersi "della collaborazione di associazioni tra cittadini al fine di segnalare agli organi di polizia locale ovvero alle forze di polizia dello Stato, eventi che possano arrecare danno alla sicurezza urbana ovvero situazioni di disagio sociale e cooperare nello svolgimento dell'attività di presidio del territorio". Come può evincersi dalla rubrica dell'articolo - che significativamente richiama solo l'esigenza del "presidio del territorio" - tra le finalità che legittimano gli enti locali ad avvalersi di tali associazioni, assume rilievo prevalente quella del presidio del territorio, che in quanto distinta, anche all'interno della disposizione, dall'esigenza di tutela della sicurezza urbana, attiene evidentemente alla gestione dell'ordine e della sicurezza pubblica. Dal momento che l'esercizio di tali funzioni, in quanto distinte ed eccedenti la mera "polizia amministrativa locale", costituisce una competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell'articolo 117 comma secondo, lettera h) Costituzione, la norma, in quanto non autoapplicativa e come tale necessitante di provvedimenti esecutivi a livello regolamentare e locale, sembra configurare una delega in bianco all'ente locale, priva non solo di parametri normativi, ma anche di alcun controllo. La norma appare pertanto violare il riparto di competenze sancito sul punto dalla Costituzione. Inoltre, assegnare a privati una contitolarità nell'esercizio di funzioni - quali quelle della gestione dell'ordine pubblico e della tutela della pubblica sicurezza - costituenti attribuzioni tipiche della sovranità statuale, sembra incompatibile con il monopolio della forza statuale, che non legittima altri se non la pubblica autorità all'utilizzo legittimo della coercizione. Qualora poi si consideri che l'attività dei cittadini (anche armati?) partecipanti a tali associazioni dovrebbe esplicarsi nei confronti di altri cittadini, appare evidente che la norma potrebbe violare anche l'articolo 13 della Costituzione, nella parte in cui riserva alla sola pubblica autorità il potere legittimo di porre in essere atti limitativi della libertà personale secondo modalità, limiti e tempi previsti dallo stesso articolo 13 della Costituzione. Né può invocarsi a contrariis la facoltà di arresto da parte di privati di cui all'articolo 383 c.p.p., in quanto essa, oltre ad essere limitata ai casi di flagranza di taluno dei delitti di cui all'articolo 380, perseguibili d'ufficio, rappresenta un'eccezione nel sistema (come tale non estensibile) e costituisce solo un momento di una fattispecie complessa, che necessita comunque di un intervento della polizia giudiziaria e in seguito dell'autorità giudiziaria. Infine, la norma di cui all'articolo 46 non sancisce espressamente il carattere non armato e non violento di tali associazioni. Se per di più esse perseguissero anche indirettamente scopi politici (il che non è escluso dalla norma) e fossero armate, esse incorrerebbero nel divieto di cui all'articolo 18 della Costituzione;

l'articolo 19 del disegno di legge in esame incrimina, a titolo di reato contravvenzionale, l'ingresso e il soggiorno illegali nel territorio dello Stato. La norma prevede inoltre, quale condizione di procedibilità non rinunciabile dall'imputato, la sua mancata espulsione dal territorio dello Stato, secondo un procedimento che appare incompatibile con l'artitolo 24 della Costituzione, nella misura in cui impedisce allo straniero l'esercizio del diritto inviolabile alla difesa, precludendogli la possibilità di dimostrare in giudizio la propria innocenza. Inoltre, la mancata previsione di una scriminante o comunque di una causa di non punibilità in favore delle vittime di tratta, riduzione in schiavitù o in servitù o di altri delitti contro la personalità individuale, è certamente incompatibile con quanto sancito dalla decisione quadro 2002/629/GAI e dalla direttiva 2004/81/CE, nonché dalla Convenzione ONU di Palermo sul traffìcking, che recano norme a tutela delle persone offese da tali delitti. In particolare, la direttiva 2004/81/CE impone agli Stati membri di assicurare un titolo di soggiorno alle vittime di tratta, così escludendo l'antigiuridicità della loro permanenza, sia pur irregolare, sul territorio degli Stati. Desta infine perplessità rispetto ai principi di ragionevolezza, offensività e sussidiarietà del diritto penale la scelta di elevare a reato una condotta non solo priva dì reale offensività a terzi, ma anche di un disvalore eccedente quello proprio del solo illecito amministrativo. Tali rilievi sono vieppiù asseverati ove si consideri che tale scelta politico-criminale contrasta radicalmente con il monito rivolto dalla Consulta al legislatore a correggere la disciplina dell'immigrazione in maniera conforme ai principi di eguaglianza e proporzionalità tra pene e reati, nonché alla stessa finalità rieducativa della pena. Con la sentenza n. 22 del 2007 infatti, la Corte costituzionale ha affermato che "occorre riconoscere che il quadro normativo in materia di sanzioni penali per l'illecito ingresso o trattenimento di stranieri nel territorio nazionale, risultante dalle modificazioni che si sono succedute negli ultimi anni, anche per interventi legislativi successivi a pronunce di questa Corte, presenta squilibri, sproporzioni e disarmonie, tali da rendere problematica la verifica di compatibilità con i principi costituzionali di uguaglianza e di proporzionalità della pena e con la finalità rieducativa della stessa;

la norma di cui all'articolo 41 subordina il rilascio del permesso di soggiorno alla stipula di un 'accordo di integrazione' con cui lo straniero si impegna a conseguire obiettivi di integrazione, non meglio specificati, mentre la 'perdita dei crediti' determina l'espulsione immediata dello straniero. La norma subordina quindi il rilascio del permesso dì soggiorno (così condizionando il diritto dello straniero all'emigrazione) alla valutazione (necessariamente discrezionale) da parte dell'autorità amministrativa, del grado di integrazione del soggetto, senza stabilire né i criteri sulla cui base tale valutazione deve condursi, né quali fatti determinano la perdita dei crediti; rinviando invece il tutto a un regolamento governativo. Tale previsione appare incompatibile con la riserva di legge (peraltro rinforzata) sancita dall'articolo 10 cpv. della Costituzione, in materia di disciplina della condizione giurìdica dello straniero. E' infatti evidente che tale riserva di legge non è soddisfatta se la disciplina effettiva della condizione dello straniero (gli atti che determinano la perdita dei crediti; i criteri di valutazione dell'integrazione, eccetera) è rimessa integralmente alla fonte regolamentare. Infine, la norma appare contrastare con la protezione accordata dal diritto internazionale e dall'articolo 10 della Costituzione ai richiedenti asilo, nella misura in cui non esclude dalla possibilità di revoca o rifiuto del permesso di soggiorno i titolari di protezione umanitaria, i rifugiati e i richiedenti asilo;

la norma di cui all'articolo 39 dispone l'estensione del termine massimo del trattenimento dello straniero nei centri per l'identificazione e l'espulsione, dagli attuali 2 a 18 mesi (un tempo pari a quello di pene detentive comminate per reati anche di una certa gravità), in caso di difficoltà nell'accertamento dell'identità e della nazionalità, ovvero nell'acquisizione dei documenti per il viaggio. La direttiva comunitaria sul rimpatrio, invocata a sostegno di tale novella, prevede che il termine massimo di 18 mesi valga per i casi di resistenza all'identificazione, il che è evidentemente diverso dalla mera difficoltà nell'accertamento, legittimando il trattenimento per il solo tempo strettamente necessario all'"espletamento diligente delle modalità di rimpatrio" (articolo 14), e sancendo comunque il carattere di extrema ratio della detenzione, da disporsi solo se "non possano essere efficacemente applicate altre misure sufficienti ma meno coercitive". In assenza di tali sia pur minimi correttivi, la prevista estensione della durata massima della detenzione amministrativa nei CIE sino a 18 mesi, motivata solo da circostanze estranee alla condotta individuale - quali sono l'indisponibilità dei documenti di viaggio o l'impossibilità di identificare lo straniero, non già la sua resistenza all'identificazione - rischia di contrastare non solo con il principio di ragionevolezza ma anche con la stessa direttiva, pur invocata dal Governo a sostegno della modifica normativa;

l'articolo 44 istituisce, presso il Ministero dell'interno, il registro delle persone che non hanno fìssa dimora, rimettendo a un decreto del Ministero dell'interno la disciplina di funzionamento del registro. Nella misura in cui assoggetta a una sorta di schedatura persone per il solo fatto di essere 'senza fissa dimora', senza neppure specificare le finalità per cui tale registro è costituito e quale dovrebbe essere la sua funzione, la norma appare incompatibile con i principi di eguaglianza, ragionevolezza, nonché con la tutela della dignità, sancita come diritto inviolabile dall'articolo 2 della Costituzione e dall'articolo 1 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. Inoltre, la norma appare violare il principio di legalità nella misura in cui rimette quasi integralmente la disciplina di un istituto (quale quello della registrazione delle persone senza fìssa dimora) incidente su diritti soggettivi (in primo luogo, sulla dignità) a un mero decreto ministeriale, senza neppure richiamare l'esigenza di conformità con la disciplina sulla tutela dei dati personali di cui al decreto legislativo n. 196 del 2003,

delibera, ai sensi dell'articolo 93 del Regolamento, di non procedere all'esame del disegno di legge n. 733.

 

 

QP2

SERAFINI ANNA MARIA, INCOSTANTE, CASSON, BIANCO, LATORRE, CAROFIGLIO, MARITATI, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI, DE SENA, GALPERTI, ADAMO, CHIURAZZI

Respinta (*)

Il Senato,

premesso che:

il disegno di legge in esame solleva in più punti perplessità sotto il profilo della compatibilità con le norme costituzionali e comunitarie;

in particolare la norma di cui all'articolo 47 - volta a consentire il rimpatrio assistito dei minori comunitari che esercitano la prostituzione - solleva diverse perplessità relativamente alla compatibilità con il diritto comunitario e internazionale (in particolare, le numerose Convenzioni, prima fra tutte quella di New York, per la tutela del minore). In particolare, contrasta con il divieto di discriminazione sancito dai Trattati comunitari e dall'articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, nella misura in cui impone al minore straniero un trattamento deteriore rispetto ai cittadini italiani, disponendone l'espulsione anche in assenza delle ragioni di pubblica sicurezza e pericolosità sociale previste dal decreto legislativo n. 30/2007, che, sole, legittimano l'allontanamento dei cittadini comunitari. Né a tal fine varrebbe invocare la previsione, secondo cui il rimpatrio dovrebbe comunque corrispondere all'interesse del minore. E' infatti evidente che un minore che sia stato dalla sua famiglia costretto a venire in Italia per esercitare la prostituzione (come avviene per i 'minori argati') non potrebbe che essere ulteriormente pregiudicato qualora venisse riconsegnato all'ambiente di origine. Inoltre, la norma contrasta in più punti con le disposizioni della direttiva 38/2004 sul diritto di libera circolazione e soggiorno dei cittadini comunitari e dei loro familiari. Contrasta in primo luogo con il carattere di extrema ratio attribuito all'allontanamento dei minori dalla direttiva, ove si precisa che "Soltanto in circostanze eccezionali, qualora vi siano motivi imperativi di pubblica sicurezza, dovrebbe essere presa una misura di allontanamento nei confronti di minori". Inoltre, l'articolo 28 della direttiva prescrive che nei confronti del minore, l'allontanamento - sempre che risponda al suo superiore interesse - non possa essere adottato se non in presenza di motivi imperativi di pubblica sicurezza. Ed è evidente che tali motivi particolarmente gravi non possono presumersi juris et de jure per il mero fatto dell'esercizio della prostituzione, dal momento che altrimenti si presumerebbe ex lege un'ipotesi di pericolosità sociale, come tale incostituzionale;

la norma di cui all'articolo 5 prevede che "Io straniero che vuole contrarre matrimonio nella Repubblica deve presentare all'ufficiale dello stato civile" non solo "una dichiarazione dell'autorità competente del proprio paese, dalla quale risulti che giusta le leggi a cui è sottoposto nulla osta al matrimonio" (come già previsto), ma anche un documento attestante la regolarità del soggiorno (art. 116 c.c., come modificato). Ora, subordinare l'esercizio di un diritto - quale quello al contrarre matrimonio - che è un diritto fondamentale e non di cittadinanza, riconosciuto alla persona in quanto tale e non in quanto cittadina, al possesso di un documento che attesti la regolarità del soggiorno, pare in contrasto con gli articoli 3, 29, 30 e 31 della Costituzione, nonché con gli articoli 9 e 21 della Carta di Nizza, nella misura in cui priva di tale diritto fondamentale lo straniero irregolarmente soggiornante nel territorio dello Stato. Appare sul punto particolarmente significativo che l'articolo 29 della Costituzione non faccia riferimento ai soli 'cittadini' quali titolari di tale diritto,

delibera, ai sensi dell'articolo 93 del Regolamento, di non procedere all'esame del disegno di legge n. 733.

________________

(*) Su tali proposte e su quella presentata in forma orale dal senatore Li Gotti è stata effettuata, ai sensi dell'articolo 93, comma 5, del Regolamento, un'unica votazione.

 


 

 

 

 

 

Senato della Repubblica

XVI LEGISLATURA

 

Assemblea

 

 

 

RESOCONTO SOMMARIO

RESOCONTO STENOGRAFICO

ALLEGATI

 

 

ASSEMBLEA

 

90a seduta pubblica (pomeridiana)

 

 

mercoledì12 novembre 2008

 

 

Presidenza del presidente SCHIFANI,

indi del vice presidente CHITI

e della vice presidente BONINO

 


 

(omissis)

Seguito della discussione del disegno di legge:

(733) Disposizioni in materia di sicurezza pubblica (ore 18,15)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge n. 733.

Ricordo che nella seduta antimeridiana è stata respinta una questione pregiudiziale ed ha avuto inizio la discussione generale.

È iscritto a parlare il senatore Carofiglio. Ne ha facoltà.

CAROFIGLIO (PD). Signora Presidente, il provvedimento in esame ha molti aspetti d'interesse, ma il principale è quello che lo riguarda nel suo insieme e che ci consente in qualche modo di considerarlo una sorta di metafora dell'approccio a questi problemi che la maggioranza pratica e che temo intenda praticare nel seguito della legislatura.

Dico che si tratta di una metafora e cercherò di spiegarlo articolando il mio pensiero su alcune delle norme più emblematiche, aventi - appunto - quasi carattere simbolico e metaforico di tale approccio. Prima fra tutte è quella di cui all'articolo 19 del disegno di legge n. 733, nel testo proposto dalle Commissioni riunite, che sanziona non più con un delitto, ma con una norma contravvenzionale - alquanto bizzarra, come vedremo tra breve - l'ingresso e il soggiorno illegale nel territorio dello Stato.

È molto interessante riflettere sulla storia di questa norma e su come nella sua prima versione fosse stata presentata come una sorta di adempimento di un contratto stipulato con gli elettori; l'adempimento di un contratto in cui, per l'appunto, la repressione cieca, irrazionale e spietata della mera situazione di clandestinità nel territorio dello Stato diventava uno dei punti fondamentali. Era una delle bandiere del provvedimento e si è dichiarato che, con questa norma, si sarebbe fatto fronte al problema dell'immigrazione realizzando un effetto di formidabile deterrenza rispetto agli ingressi illegali nel territorio dello Stato.

Non intendo fare la storia del dibattito su questa norma, né desidero sottolineare con eccessiva enfasi l'ingloriosa fine di quella norma nel momento in cui è andata a sbattere contro le indicazioni europee, dopo che erano state trascurate tutte le riflessioni da noi suggerite sulla palese incostituzionalità, oltre che sulla inciviltà e, mi sia consentito, anche sul carattere antiestetico di un provvedimento di questo genere.

Sta di fatto che, per non perdere la faccia, il reato non è stato semplicemente cancellato, come sarebbe stato segno d'intelligenza politica e d'intelligenza in generale, perché di fronte agli errori la cosa più intelligente da fare è riconoscerli e passare avanti. Quel reato originariamente era un delitto punito con la pena fino a quattro anni e, addirittura, l'arresto obbligatorio in flagranza; tutti quanti tra noi hanno un minimo di dimestichezza con il funzionamento degli uffici giudiziari avevano facilmente pronosticato che quella norma avrebbe paralizzato in maniera pressoché irreversibile il funzionamento del sistema giudiziario.

Ebbene, invece di limitarsi a cancellare questa norma e questo delitto, si è trasformato l'articolo e la fattispecie in una contravvenzione che è molto interessante per chi si diletta di mostri giuridici e in particolare per i teorici del diritto penale, i quali su questa norma possono esercitarsi a ritrovare in una unica singola concezione normativa una serie molteplice e variegata di contraddizioni con la Carta costituzionale, di profili di irrazionalità e, scendendo sul territorio che più interessa chi ha elaborato il provvedimento, di assoluta, radicale, sconfortante inutilità.

Si tratta, infatti, di una contravvenzione non oblabile,punita con l'ammenda da 5000 a 10.000 euro, che darà naturalmente luogo ad un numero enorme di fascicoli processuali, che andranno a loro volta ad intasare uffici giudiziari che, se Dio vuole, non ne avevano proprio bisogno e che non produrrà alcun effetto dissuasivo.

Voi ve lo immaginate - cogliendo l'aspetto umoristico della faccenda - il disgraziato clandestino che si spaventa del fatto che verrà condannato con un decreto penale al pagamento, ad esempio, di 8.000 euro? Se non fosse questione fin troppo seria il quadro complessivo in cui si iscrive questa norma, ci sarebbe davvero da farsi qualche sana risata.

Una cosa intelligente sarebbe semplicemente cancellarla, non già perché la norma così com'è produrrà danni diversi dal riempire gli armadi di qualche giudice di pace, ma perché sarebbe segno - ripeto - di intelligenza politica e un messaggio di resipiscenza rispetto ai modi di affrontare problemi seri, che non si possono affrontare con comportamenti e elaborazioni di norme che seri non sono affatto.

Ciò detto, il fatto che tale norma sia invece rimasta, ad onta di qualunque naturale appello alla ragionevolezza, significa qualcosa di più e si iscrive nel mosaico metaforico di cui parlavo e che cercherò di tratteggiare brevemente e terminando forse anche prima dell'esaurimento del tempo che mi è assegnato.

Un'altra norma, anch'essa metaforica, ma in grado di incidere in misura molto maggiore e sinistra sulla vita delle persone, è quella dell'articolo 39, che prevede la possibilità di trattenere fino a 18 mesi un cittadino straniero ai fini dell'identificazione.

Credo che noi per troppo tempo - e intendo soprattutto la nostra parte politica - abbiamo avuto la cattiva abitudine di tollerare le manipolazioni verbali che nascondono concetti gravi. Questi 18 mesi sono di galera. Sia ben chiaro! Il cittadino straniero non identificato, non già per sua resistenza, ma ad esempio perché non c'è collaborazione da parte dello Stato dal quale lui abbia indicato di provenire o per le più varie ragioni dipendenti dall'inefficienza degli uffici pubblici o dallo stato patologico del soggetto che non è in grado di chiarire la sua posizione, può essere trattenuto in quello che oggettivamente è un carcere, per un periodo di tempo - tanto per darvi un input della pratica degli uffici giudiziari - che equivale più o meno a quello che si trascorre in carcere per una tentata estorsione o per una tentata rapina: galera amministrativa.

Nessuno tra noi si nasconde la necessità anche di intervenire con misure dolorose, spiacevoli ma indispensabili per affrontare il fenomeno dell'immigrazione clandestina, ivi inclusa una temporanea e il più possibile ridotta nel tempo limitazione della libertà di movimento, ma il passaggio da due a 18 mesi ci lascia francamente sconcertati. Davvero dispiace sentire fare richiami a legislazioni di altri Paesi, che effettivamente prevedono questo termine in situazioni del tutto diverse. Il riferimento infatti, che opportunamente oggi il collega Ceccanti ha fatto nell'illustrazione della questione pregiudiziale di legittimità costituzionale, dovrebbe essere ad un atteggiamento di resistenza del soggetto all'identificazione.

Ebbene, su tale aspetto si può discutere, e lo si potrebbe fare veramente se ve ne fosse la disponibilità. Purtroppo, su questi temi non solo non la registriamo, ma percepiamo, nel momento in cui offriamo una disponibilità al dialogo, un atteggiamento di chiusura che rappresenta una delle componenti ideologiche più gravi contenute in questo provvedimento bandiera, provvedimento metafora, provvedimento inutile e dannoso. (Commenti dal Gruppo LNP).

Quando il Presidente mi autorizza, avrei piacere di proseguire.

Vede Presidente, i dati statistici, che sicuramente chi ha prodotto queste norme conosce (perché se non li conoscesse dovremmo davvero preoccuparci di un difetto di diligenza nella più delicata delle attività dei pubblici poteri, che è quella della produzione delle norme), ci informano di un dato altamente significativo: l'identificazione viene realizzata nei primi due mesi o, salvo casi rarissimi, non viene realizzata. Quindi, questa misura custodiale, questa galera amministrativa è inutile, dannosa, vessatoria e - non dimentichiamocelo - in un periodo in cui i tagli piombano come mannaie da tutte le parti, anche negli ambiti più delicati dell'esercizio dei poteri pubblici come la scuola, costosa, costosissima, perché questa gente in queste galere amministrative deve essere mantenuta e le stime dei costi che vengono fatte sono pressoché ridicole. Ulteriori enormi, inutili spese in situazioni in cui già sappiamo dall'analisi dei dati statistici che alla scadenza dei 18 mesi nulla sarà accaduto e si sarà semplicemente irrogata una costosa, non giurisdizionale, incivile misura detentiva. Metafora, abbiamo detto, della punizione virtuale e fantasiosa della clandestinità. Abbiamo detto di questa forma di punizione, molto meno virtuale, molto più reale, concretamente incidente sulla carne, sul sangue e - mi sia consentito - sulla pelle delle persone.

E arriviamo all'articolo 44, veramente una chicca: la schedatura dei clochard, la schedatura dei barboni, dicendolo in italiano. Dalle rilevazioni statistiche, anche queste sicuramente note a chi ha elaborato questi provvedimenti, ma singolarmente ignorate, si tratta della categoria con livello di pericolosità sociale più basso in assoluto. I barboni sono non solo innocui, ma l'anello più debole di una catena sociale che, scendendo verso il basso, diventa sempre più dolorosamente vulnerabile e rappresenta in qualche modo il senso di colpa della nostra società. I sensi di colpa si possono affrontare in molti modi: o da uomini civili, cercando di rimuovere il problema e partendo dal presupposto che (se mi è consentito fare riferimento ad un concetto religioso) siamo tutti figli dello stesso Dio e non figli minori e disgraziati alcuni e altri che, per ragioni di censo o di fortuna, hanno diritto a maggiori privilegi, oppure semplicemente eliminando il problema, spazzando via come la polvere sotto il tappeto ciò che fastidiosamente ci ricorda la tragedia della disuguaglianza.

Ache serve schedare i barboni e soprattutto schedarli presso il Ministerodell'interno? Sento dire da alcuni esponenti del centrodestra, chiacchierando nei corridoi, che questa schedatura in realtà serve per aiutare i barboni. Ottima cosa. Ma allora creiamo un registro di costoro presso il Ministero degli affari sociali e stabiliamo, nel momento in cui prevediamo una sorta di anagrafe dei barboni, anche una serie di conseguenze per loro positive dell'iscrizione in questo registro. Non ho visto conseguenze positive in questa norma. In realtà non vedo conseguenze di nessun tipo, tranne l'introduzione di una tecnologia sociale che è una tecnologia di puro controllo, anche qui metafora di una società del chiavistello.

Vedete, la maggioranza si è data il nome di Popolo della Libertà, ma il quadro fosco e inquietante che viene da queste norme è quello di un partito della galera sociale. (Vivaci commenti dal Gruppo LNP).

 

BOLDI (LNP). Viva la spocchia!

 

CAROFIGLIO (PD). Non ho problemi, signora Presidente. Lei mi sottrarrà dal tempo che mi è concesso questo spazio dovuto alle interruzioni e io parlerò. Dicevo partito della galera sociale. (Commenti dai banchi della maggioranza).

 

FERRARA (PdL). È meglio che scrivi, forse.

 

CAROFIGLIO (PD). Galera sociale.

 

PRESIDENTE. Colleghi, per favore, in quest'Aula ognuno può esprimere liberamente le proprie opinioni, com'è stato sempre consentito a tutti. (Commenti dai banchi della maggioranza).

 

TORRI (LNP). Offende!

 

PRESIDENTE. La Presidenza non ha rilevato alcuna offesa a nessuno.

 

FERRARA (PdL). Il senatore Carofiglio dovrebbe parlare rivolto alla Presidenza e non interloquire con i colleghi. Richiami lui invece di richiamare noi. Deve parlare rivolto alla Presidente e non con le mani in tasca.

 

PRESIDENTE. Vi prego, colleghi, avete tutti diritto di parlare dal momento che siete iscritti. Potrete sicuramente rispondere.

 

FERRARA (PdL). Non con le mani in tasca!

 

PRESIDENTE. Questa Presidenza ha visto di tutto da questi scranni.

 

FERRARA (PdL). Questo senatore ha visto ben altro.

 

PRESIDENTE. Prego, senatore Carofiglio, prosegua.

 

CAROFIGLIO (PD). Grazie, signora Presidente.

Ove non fossi stato abbastanza chiaro, ripeto: metafora di una galera sociale.

Cosa significa tutto questo e a cosa allude? Qui non si tratta di cattiveria o di bontà; ci può essere anche questo, ma riguarda le singole persone. Collettivamente tutto questo allude a un'idea di egoismo per la quale chi sta bene vuole che anche tutto ciò che gli sta attorno e gli ricorda che si può stare male sia rimosso o tenuto sotto controllo perché non dia fastidio. Non è un caso che nel momento in cui si evocano certi concetti si suscitano anche certe reazioni.

Proseguendo in questo quadro ricostruttivo, vorrei parlare dell'articolo 46 del disegno di legge, quello delle ronde. Ho qualche dubbio in più sul fatto che certi studi sulla psicologia dei gruppi siano noti a chi ha elaborato tale norma, ma vorrei cercare di configurare una storia possibile. Immagino un gruppo di cittadini composto di persone per bene, perchè non parto dal presupposto, come pure potrebbe accadere, che in queste ronde si infiltrino deliberatamente dei violenti per poter sfogare le loro pulsioni in situazioni in cui credono di poter essere tutelati.

Prescindo da questa ipotesi patologica - che pure potrà verificarsi - e ipotizzo invece la situazione normale di un gruppo di normali cittadini che, esausti per la situazione di difficoltà sociale che in certe zone del territorio in cui abitano si è venuta a creare, pattugliano con il benestare degli enti locali. Questi ultimi, per la verità, non sono specificati dalla norma e non si capisce quali siano, se le Province, le Regioni o i Comuni, ma questo è davvero un dettaglio tecnico. I cittadini anzidetti pattugliano e a un certo punto verificano una situazione che appare loro sospetta, come qualcuno che stia per rubare una macchina. Sono per strada da soli, non ci sono nelle vicinanze carabinieri o poliziotti, che sono professionisti deputati ad intervenire in tali circostanze; magari cominciano a inseguire la persona sospetta che, a sua volta, scappa. Forse ha compiuto davvero un reato, ma è possibile anche il contrario. L'acchiappano e questo prova a divincolarsi, anche perché quelle persone sono dei civili come lui. Che ne sa lui, magari nero di pelle, che costoro non gli stanno andando dietro non già perché sono onesti cittadini che pattugliano la loro città, ma perché sono soggetti uguali a quelli che hanno compiuto alcuni degli orribili atti di razzismo che abbiamo visto negli ultimi tempi? Che cosa ne sa lui? Scappa. Magari lo acchiappano e lui prova a difendersi, e se prova a difendersi costoro cercheranno di immobilizzarlo perchè, una volta che si innesca una colluttazione (chiunque vi si sia trovato lo sa), è molto facile cominciare, ma è molto difficile finire e soprattutto è molto difficile capire dove si andrà a finire.

Vedete, un poliziotto o un carabiniere è addestrato a fare certe cose, è addestrato anche ad un uso misurato della violenza quando questa è assolutamente indispensabile. Io non faccio l'ingegnere, né il chirurgo e se mi chiedessero di fare un intervento chirurgico adesso ovviamente rifiuterei, perché potrei causare soltanto danni.

Il lavoro del poliziotto o del carabiniere, il lavoro di chi per strada opera per garantire davvero la sicurezza è un lavoro difficile, che richiede professionalità, cosa che sembra ignorare chi ha redatto questa norma, ma che non ignorano quei tanti poliziotti, carabinieri e in generale appartenenti alle forze dell'ordine che, se andate ad interpellare adesso, sono terribilmente preoccupati per quello che può derivare dall'approvazione di una norma come questa. (Commenti del senatore Torri. Richiami della Presidente).

Presidente, non ho nessun problema: quando vengo interrotto mi fermo e aspetto che l'interruzione cessi.

 

COLLI (PdL). Siamo annoiati.

 

DE TONI (IdV). Noi invece siamo interessati.

 

PRESIDENTE. Prego, collega.

 

CAROFIGLIO (PD). Grazie, signora Presidente.

Questa norma potrà produrre soltanto il rischio di gravi danni. E non mi si venga a raccontare la storia dei nonni che vigilano davanti alle scuole, perché quelli già ci sono. Si tratta di un meccanismo del tutto diverso e, soprattutto, non si fa riferimento a quel pericolosissimo concetto di presidio del territorio che pare alludere ad un trasferimento delle potestà di polizia a gruppi di cittadini privi della competenza, dell'addestramento, dell'attitudine mentale - e prescindo dai profili morali - per esercitare il presidio del territorio, che è una delle prerogative ineludibili e fondamentali dello Stato di diritto.

Concluderò questa rassegna di norme, che - ripeto - ho estratto dal provvedimento per il loro particolare valore simbolico, con l'articolo 23. Sono dispiaciuto del fatto che non siano presenti molti senatori e, soprattutto, che non ci siano i senatori che esercitano la professione di avvocato penalista. L'articolo 23 è infatti un'altra norma incostituzionale che sottoporrà ad un aggravio di lavoro prima i giudici per sollevare le questioni di costituzionalità e poi la Corte per accoglierle.

Esso, in estrema sintesi, prevede che per tutti i reati di competenza distrettuale sia obbligatoria la custodia in carcere. Tutti sappiamo che la norma è ricalcata, o meglio è articolata sul precedente disposto del terzo comma dell'articolo 275 del codice di procedura penale, che prevede l'obbligo della custodia cautelare in carcere, laddove esistano gravi indizi, per i reati di mafia e connessi.

 

PRESIDENTE. Pur considerando le interruzioni, senatore Carofiglio, la devo invitare a concludere.

 

CAROFIGLIO (PD). Credevo di avere venti minuti a disposizione, signora Presidente. Li ho già utilizzati?

 

PRESIDENTE. Ne ha utilizzati anche di più. (Commenti dai banchi della maggioranza).

 

CAROFIGLIO (PD). Sfrutterò il minuto aggiuntivo derivante dalle interruzioni per concludere.

La norma in questione, dunque, prevede l'obbligatorietà della custodia in carcere per tutti i reati di competenza distrettuale. Tra di essi, oltre ai reati in materia di mafia e di terrorismo, per cui non si pone alcun tipo di problema, ci sono reati come, ad esempio, quelli di tipo informatico, che sono attribuiti al pubblico ministero distrettuale per pure ragioni di coordinamento investigativo e che implicheranno, ogni qual volta emergano i gravi indizi di colpevolezza, l'inevitabilità della custodia in carcere.

Vorrei chiedere, e purtroppo non posso farlo perché non sono presenti in Aula, che cosa pensano di questa norma e della filosofia, dell'ideologia che c'è dietro di essa tutti gli avvocati penalisti appartenenti alle camere penali che, in passato, giustamente, hanno fatto battaglie il cui cuore, il cui nucleo era la tutela della libertà, che in questo provvedimento in modi vari, diversi e articolati è gravemente vilipesa. (Applausi dai Gruppi PD e IdV).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Vallardi. Ne ha facoltà.

VALLARDI (LNP). Signora Presidente, mi dispiace avere solo sette minuti a disposizione, perché dopo aver ascoltato con attenzione l'intervento del collega senatore Carofiglio forse sarebbe necessario utilizzare qualche minuto in più. Cercherò comunque in questi sette minuti di esprimere le mie ragioni, essendo firmatario di alcuni emendamenti al disegno di legge n. 733 che, al contrario di quanto sostiene il collega Carofiglio, sono fiero e contento di aver sottoscritto.

Il disegno di legge n. 733 oggi in discussione, a mio parere e a parere di tutta la Lega Nord, il partito a cui appartengo, è infatti il coronamento delle innumerevoli richieste di sicurezza che giungono ormai da moltissimi anni dal territorio. Un lento, ma continuo degrado della sicurezza aveva portato il nostro Paese a situazioni aberranti: ogni giorno i nostri quotidiani erano pieni delle notizie dei nefasti delitti che avvenivano nel nostro territorio.

La Lega Nord da sempre si è battuta e si batte per questo problema. Ricordo che già nel 1995 iniziavamo a tenere, in tempi non sospetti, le prime riunioni in cui parlavamo dell'aumento indiscriminato della microcriminalità che derivava dall'ingresso degli extracomunitari nel nostro territorio. La Lega Nord - dobbiamo riconoscerlo - ha sempre spinto in questo senso, perché fin da subito, in anticipo sui tempi, abbiamo capito che dal punto di vista normativo eravamo sicuramente impreparati a fronteggiare il fenomeno dell'immigrazione, di questa forzata globalizzazione dei popoli.

Sono passati i periodi in cui si è scherzato sul problema sicurezza. E si è scherzato parecchio, cari amici della sinistra, perché emanare due decreti-legge sulla sicurezza e poi non avere né la forza, né il coraggio di convertirli in leggi significa scherzare sulla pelle dei cittadini. Fare un provvedimento come quello sull'indulto, che sicuramente il senatore Carofiglio avrà approvato, significa scherzare sulla sicurezza, sulla pelle di tutti quanti i cittadini italiani. (Applausi dal Gruppo LNP).

L'Italia tutta ha vissuto recentemente un momento storico di notevole grigiore: l'invasione dei rom e degli extracomunitari in genere, da alcuni dipinti come una risorsa per noi e per il nostro Paese, in nome di quel falso buonismo di sinistra che vuole il nostro territorio, l'Italia, un porto di mare in cui facciamo entrare tutti, senza pensare a quello che succede dopo a queste persone.

Troppo spesso, queste persone non hanno una casa, troppo spesso queste persone non hanno un lavoro, troppo spesso queste persone vengono utilizzate nei circuiti criminali e vanno a finire nelle nostre carceri, grazie tra l'altro all'ottimo lavoro delle forze dell'ordine, che contribuiscono a catturarli e a cui va il nostro sentito ringraziamento. (Applausi dal Gruppo LNP e del senatore Saltamartini). I numeri, signora Presidente, ci danno ragione: ci sono carceri in Italia in cui abbiamo il 70-80 per cento di cittadini extracomunitari, e questo sicuramente ci fa rabbrividire, ma ci fa anche pensare che abbiamo ragione nel dire quello che diciamo.

Condividiamo questo disegno di legge perché è rafforzativo del precedente decreto-legge, anch'esso sulla sicurezza, convertito nella legge n. 125 del 2008. Esso contiene regole certe che pongono limiti ai flussi migratori, regole certe per fronteggiare l'illegalità diffusa, la criminalità organizzata, per garantire la sicurezza urbana. Questo volevano i cittadini, questo hanno voluto i nostri elettori che, come sapete, cari amici della sinistra, sono tanti.

Il rapporto annuale dell'Unione europea dice che il nostro Paese detiene il record in assoluto di cittadini che non condividono una così grande percentuale di cittadini extracomunitari presenti nel nostro territorio; il sondaggio dice che il 64 per cento dei cittadini italiani ritiene che gli extracomunitari presenti nel nostro territorio sono troppi e credo che questo ci debba far riflettere per un semplice motivo, perché stiamo parlando di una cosa vera. Abbiamo zone in Italia nelle quali non è più possibile parlare di integrazione, quando si determinano situazioni come quelle di alcuni paesi o di alcune province del Nord, dove si raggiungono concentrazioni di cittadini extracomunitari ormai ingestibili. Ma non solo al Nord: basta vedere cosa accade al Sud. Non credo sia necessario commentare ulteriormente i fatti di Castel Volturno: si commentano da soli, i giornali e tutta l'opinione pubblica li hanno ampiamente commentati.

Nel disegno di legge n. 733 si parla, tra l'altro, di lotta alla mafia italiana e di lotta alla mafia straniera. La Lega Nord ha sempre voluto che la Commissione parlamentare insediata ieri (a cui colgo l'occasione per fare gli auguri di buon lavoro) si occupasse espressamente anche di mafie straniere, molte presenti al Nord e contro le quali bisogna continuare ad intervenire, non sottovalutandone gli effetti disastrosi, perché il Nord ha già pagato parecchio per quei nefandi provvedimenti che avevano mandato molti mafiosi al confino nelle nostre regioni. Noi ne abbiamo pagato le conseguenze e adesso non vorremmo pagarne di ulteriori con le mafie straniere. (Applausi dal Gruppo LNP).

Sicuramente il ministro Maroni sta seguendo con decisione una politica di aggressione e di contrasto alla mafia e ai patrimoni mafiosi, con notevoli risultati che sono stati riportati anche dagli organi di stampa e da tutti i mass media. Credo che il Ministero sia sicuramente sulla strada giusta perché li sta colpendo su quello che hanno più a cuore: il sequestro dei loro beni, quindi il denaro.

Adesso parliamo di un argomento sicuramente delicato (ne ho sentito parlare anche quest'oggi in Aula diverse volte): parliamo della possibilità data ai cittadini e ai sindaci di poter aiutare le forze dell'ordine nel controllo del territorio.

Questo, secondo me, è senso civico, cari amici di sinistra che tanto avete parlato di questo provvedimento, che, tra altro, è l'articolo 46 del disegno di legge n. 733. Questo è senso civico perché, secondo me, queste iniziative sono assunte solo ed esclusivamente da gente di buona volontà. Noi abbiamo esercitato il controllo sul territorio con i volontari. Io facevo parte integrante di un gruppo che, magari non per primo (forse per secondo o per terzo, ma non ha importanza) si era attivato per controllare il territorio con i volontari. Voi eravate al Governo e, mentre noi eravamo occupati a sorvegliare il territorio affinché non avvenissero furti, omicidi e di notte fosse tutto tranquillo come di giorno, ve ne fregavate completamente - mi conceda questo termine, con tutto il rispetto per lei, Presidente - di quello che succedeva nel territorio, ma vi preoccupavate di quello che facevamo noi.

Forse eravamo una deriva istituzionale? No, non credo. Noi stavamo facendo solamente il nostro dovere nell'interesse della sicurezza dei nostri cittadini. (Applausi dal Gruppo LNP). Credo che i cittadini, una volta approvato questo disegno di legge, potranno, coordinati dal proprio sindaco, previo parere del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, controllare meglio il proprio territorio - lo dico e lo ribadisco - come sempre abbiamo fatto a supporto delle forze dell'ordine.

Leggo la parte dell'articolo 46 che credo interessi tutti. Si parla di «associazioni tra cittadini al fine di segnalare agli organi di polizia locale, ovvero alle Forze di polizia dello Stato, eventi che possono arrecare danno alla sicurezza urbana ovvero situazioni di disagio sociale e cooperare nello svolgimento dell'attività di presidio del territorio». In queste poche righe credo non si nasconda nessuna deriva istituzionale. Non lo credo assolutamente! Aumenterà sicuramente - come ho detto prima e ho ribadito diverse volte - il senso civico e di comunità.

Se le regole vengono rispettate - credo - ne abbiamo tutti da guadagnare, anche gli extracomunitari che con l'accordo di integrazione potranno dimostrare di saper convivere civilmente nel rispetto dei valori sanciti dalla Costituzione, magari anche rispettando i nostri usi, costumi e tradizioni. Credo che questa sia la strada giusta.

A tale proposito, ritengo sia da valutare in maniera positiva anche l'emendamento che finalmente vieta l'uso di indumenti atti a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona, il famoso burqa, tanto per capirsi. Credo che se non si ha nulla da temere non si deve nascondere la propria faccia. E non si dica, cari colleghi, che queste persone lo fanno perché sono le loro tradizioni, usi e costumi perché, oltre ad una questione di sicurezza, è anche una questione di rispetto. Infatti, quando noi andiamo all'estero rispettiamo o ci fanno rispettare - come meglio credete - le regole degli altri Paesi. Quindi, non capisco e non giustifico chi difende le donne con il burqa o con il velo. I francesi lo vietano espressamente; gli inglesi sono sulla strada giusta, oggi lo vietano già nelle scuole. Dietro ad uno di questi indumenti potrebbe tranquillamente nascondersi chiunque, un delinquente o un terrorista, come è successo a Londra negli attentati del triste luglio 2005 che tutti quanti ricordiamo.

Mi sento di rivolgere in questa sede un sentito e doveroso ringraziamento agli amici del Popolo della Libertà perché ci hanno seguiti sulla strada del rafforzamento della legalità, condividendo e sottoscrivendo lo sforzo del nostro movimento, la Lega Nord, che con questo disegno di legge farà sì che i cittadini recuperino quella fiducia e quella tranquillità che negli ultimi anni era andata perduta.

Agli amici di sinistra vorrei invece rivolgere un invito sentito e sincero ad abbandonare la strada sterile e demagogica del dover essere a tutti costi sempre e contro tutti. Vi rendete conto, cari amici di sinistra, che siete contro la sicurezza dei vostri e dei nostri cittadini? I cittadini sono di tutti. I cittadini, una volta finite le elezioni, non hanno più colore politico. Oltre che contro i cittadini siete contro i vostri stessi sindaci: i sindaci di Bologna, di Torino, di Venezia, di Firenze, di Modena, il sindaco di Rozzano, un Comune vicino Milano. Tutti sindaci di centrosinistra che hanno posto in essere il controllo del territorio e stanno chiedendo a gran voce maggiore sicurezza nei loro territori. Se non volete ascoltare noi, almeno ascoltate i sindaci che sono vostra espressione politica. Abbandonate, cari amici, quel sinistro atteggiamento di negatività. La sicurezza, dicevo prima, non è di destra o di sinistra; anche i cittadini che a suo tempo vi votavano se ne sono accorti, e i risultati li avete visti.

Al senatore Carofiglio, che ho avuto il dispiacere di sentir prima dire che questo disegno di legge è un metafora inutile, dannosa, fantasiosa, addirittura una galera sociale, vorrei rispondere che lui fa tali affermazioni dai banchi tranquilli, ed anche abbastanza comodi, del Senato. Avrei piacere che il senatore Carofiglio scendesse in mezzo ai cittadini, magari quelli del Nord, che hanno subito furti, magari quelli di Gorgo al Monticano, e andasse a dirlo ai familiari di quella povera coppia di coniugi che sono stati trucidati nell'agosto dello scorso anno.

Ecco, credo sia finito il tempo della sterile demagogia; si pensi realmente a fare le cose concrete. Con il disegno di legge che stiamo approvando sicuramente faremo qualcosa di concreto. (Applausi dal Gruppo LNP, del senatore Santini e dai banchi del Governo).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Galioto. Ne ha facoltà.

GALIOTO (PdL). Signora Presidente, onorevoli colleghi. il provvedimento concernente disposizioni in materia di sicurezza pubblica è la risposta alle esigenze avvertite dalla società civile, quotidianamente sempre più colpita da atti di criminalità di varia natura, in special modo tra gli strati sociali più poveri.

Il disegno di legge n. 733 assorbe infatti altri disegni di legge presentati da altri schieramenti sul medesimo tema della sicurezza. In tutti credo vi sia l'obiettivo di aggiornare il nostro sistema giudiziario alle nuove esigenze di ordine pubblico. Infatti, il sistema così com'è non funziona. È positivo quindi che le nuove norme volte a contrastare reati legati alla criminalità organizzata e ad apprestare strumenti di tutela per gli anziani, gli handicappati ed i minori guardino anche a crimini secondari, come l'imbrattamento degli immobili (con norme che ne migliorano il contrasto), e prevedano misure per il rafforzamento delle sanzioni agli automobilisti ubriachi o sotto l'effetto di sostanze stupefacenti, con l'obbligatorietà della pena accessoria della revoca della patente di guida.

Sono tutte norme che vanno incontro ad una necessità reale ed obiettiva: quella della legalità e della percezione della legalità da parte dei cittadini italiani, ma anche di coloro i quali transitano nel nostro Paese, sia come turisti, sia come soggetti in cerca di un onesto lavoro.

Provengo da una Regione, la Sicilia, dove l'attenzione a uno di questi temi che stiamo affrontando, quello dell'immigrazione, è molto forte. Sappiamo tutti che le nostre coste contano ormai troppi sbarchi di clandestini e che i CIE (Centri di identificazione e di espulsione) in Italia, soprattutto nel periodo estivo, sono al limite della loro capacità di accoglienza. A questo occorre aggiungere l'oggettiva difficoltà da parte delle forze dell'ordine di identificare i soggetti, alcuni dei quali arrivano anche ad ustionarsi i polpastrelli per evitare il riconoscimento con le impronte digitali. Molti di essi sono persone già espulse da nostro Paese e che tentano nuovamente la strada disperata dello sbarco sulle nostre coste, mettendo a repentaglio, come sappiamo e come abbiamo visto tante volte, anche la loro stessa vita. Dobbiamo poi considerare anche coloro i quali riescono ad eludere i nostri sistemi di sorveglianza e che sono destinati quasi sempre ad una vita misera, fatta di sfruttamenti, accattonaggio, in buona sostanza di condizioni di vita non degne di un Paese come l'Italia, che li ospita.

Ma non dobbiamo pensare che l'immigrazione illegale provenga soltanto dal mare. Le cronache quotidiane dei giornali e le televisioni ci dicono che le popolazioni dei Paesi dell'Europa dell'Est (come la Romania, la Bulgaria, l'Albania) hanno colonizzato le città italiane.

Questo è un mercato del lavoro in cui persino i nostri cittadini faticano ad andare avanti e a trovare spazio. La scontata evoluzione nella vita clandestina di questi soggetti con poche risorse e alloggi di fortuna è purtroppo quasi sempre negli affari illegali, nei mille episodi che riempiono la cronaca di tutti i giorni, nell'alcol, nel baratro dei vari racket che li sfruttano e, soprattutto, in una vita fatta di non integrazione.

Tale stato di cose penalizza tutto: penalizza i cittadini italiani, sempre più impauriti e esasperati da una delinquenza anche spicciola, ma penalizza anche quelle fasce di immigrati che si sono perfettamente integrati, che lavorano, che sono utili al Paese e che cercano di avere una vita decorosa ed onesta. Questi svolgono anche dei lavori che ormai molti italiani non vogliono più fare: nelle famiglie come badanti, nelle fabbriche come operai, nelle realtà agricole come braccianti.

In questa situazione abbiamo due grosse responsabilità: la prima nei confronti dei nostri cittadini e di coloro che vivono onestamente in Italia, con il diritto che hanno e che abbiamo tutti alla sicurezza; la seconda nei confronti degli stessi clandestini, perché uno Stato democratico come il nostro deve poter garantire a tutti accoglienza, cure e assistenza nel rispetto dei diritti umani ma anche, e soprattutto, delle leggi vigenti.

Per questo motivo ritengo giusto frenare l'ingresso indiscriminato di persone che vengono in Italia in cerca di fortuna, in quanto il nostro sistema di accoglienza ormai è saturo e non consente più un'incontrollata affluenza in massa di forza lavoro. La comune coscienza democratica deve fare i conti con questa realtà (soprattutto con questa realtà), individuare il problema e porvi di conseguenza rimedio.

Proprio in questa direzione si muove l'articolo 9 del testo originario del disegno di legge al nostro esame. Esso, infatti, introduce nel nostro ordinamento il reato di ingresso illegale nel territorio dello Stato, con annesse sanzioni obbligatorie. La ratio del provvedimento è evidentemente quella di innalzare il livello di prevenzione per questo reato. Anche altri Paesi europei (come la Francia, la Gran Bretagna, la Germania) hanno nel proprio ordinamento giudiziario questa norma e sono Paesi che prima di noi hanno dovuto affrontare questi problemi.

Oggi da noi l'immigrazione clandestina è un reato punibile solo a livello amministrativo. Di fatto, vi è una non punibilità del reato stesso che ha solo alimentato le speranze di quanti affrontano viaggi disperati in mare o con mezzi di fortuna, con il miraggio di condizioni di vita migliori. Di quanti espatriano perché nel proprio Paese non hanno futuro e mirano a migliorare le condizioni di vita personali e delle proprie famiglie ormai è pieno il nostro Paese. A tutti questi noi non possiamo, non dobbiamo, offrire illusioni e alimentare speranze ingiustificate.

In Italia bisogna avere la certezza del diritto: senza avere una prospettiva di lavoro non credo possa continuare ad essere consentito neppure di entrare per acquistare la cittadinanza con un matrimonio cosiddetto combinato. Proprio per questo motivo si è provveduto a identificare e colpire chi specula su queste situazioni.

Pensiamo, ad esempio, alla modifica della disciplina del reato di agevolazione nella permanenza di stranieri irregolari oppure al reato di favoreggiamento di clandestinità.

La mancanza di punibilità, infatti, non alimenta soltanto speranze, ma anche e forse soprattutto il proliferare di affari lucrosi di quanti vivono e speculano sulla disperazione altrui. Le organizzazioni criminali transnazionali hanno trovato facile terreno nel nostro Paese in questo settore. È un'industria della malavita che organizza di tutto (dalle tratte dei clandestini, ai matrimoni a distanza, a consegne di tutti i generi) e che sposta capitali di dubbia provenienza grazie a numerosi buchi della nostra legislazione, utilizzando anche le tecnologie informatiche più avanzate.

Proprio sulle leggi vigenti bisogna porre l'attenzione. Abbiamo detto che queste non funzionano così come dovrebbero: lo dicono i fatti e lo dicono a gran voce i cittadini, che sono esausti, preoccupati e terrorizzati di vivere in una situazione di non sicurezza o di poca sicurezza. Lo dice questo Governo, del quale condividiamo l'azione, ma l'aveva riconosciuto anche il Governo precedente. Allora, è importante che la discussione ed il confronto che si svolgono in quest'Aula portino a votare una legge che vada bene, ma che vada bene soprattutto al Paese e ai cittadini italiani, di maggioranza o di minoranza, e che sia condivisibile. La sicurezza, come tutti conveniamo e abbiamo riconosciuto, infatti, non appartiene a qualcuno piuttosto che a qualcun altro, ma è un valore del Paese. (Applausi del senatore Vizzini).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Chiurazzi. Ne ha facoltà.

CHIURAZZI (PD). Signora Presidente, proverò a sintetizzare nel mio intervento tre aspetti, due dei quali apparentemente formali, che attengono all'ordinamento giudiziario del nostro Paese. Si tratta di un punto sul quale ritorno con una certa ossessiva tenacia, nei termini e nei contenuti che mi hanno visto parlare già la settimana scorsa sui provvedimenti che riguardavano pure la sicurezza. Parte del mio intervento sarà poi dedicata al merito, cioè all'efficacia e alla capacità di queste misure di conseguire almeno gli obiettivi che il provvedimento si prefigge.

Ancora una volta, anche in questa circostanza, sono preoccupato per la certezza che ho che alcune delle norme contenute in questo disegno di legge, soprattutto alcune delle norme introdotte dagli emendamenti frutto del lavoro delle Commissioni confliggano in maniera significativa con le disposizioni della Costituzione. Questa mattina i colleghi, nelle eccezioni di costituzionalità, hanno avuto modo di dimostrare che, ad esempio, nell'uso che si fa dell'istituto del matrimonio, che è di garanzia e previsione costituzionale, e dell'intreccio tra questo istituto e la cittadinanza vi sono tracce importanti di un uso disinvolto in distonia con la norma costituzionale.

Anche l'articolo 46, che prevede il concorso delle associazioni volontarie al presidio del territorio, introduce - a mio avviso - un potere che va fuori dalla definizione e dalla delimitazione dei poteri contemplati dalla Costituzione.

Vi è una tale preoccupazione - lo dico non retoricamente - perché la nostra Carta costituzionale costituisce un patrimonio che, a mio avviso, va difeso. Almeno in quella, infatti, dobbiamo riconoscerci e ritenerla come un patrimonio che tiene insieme le diverse opinioni e i diversi modi di vedere le tante questioni, le tante sofferenze e i tanti problemi del nostro Paese.

Sono poi preoccupato perché molti istituti introdotti hanno una complessità di gestione, la annunciano. Mi meraviglia che non vi sia, né vi sia stata un'analisi della gestione dei provvedimenti, sia di quelli di competenza delle forze dell'ordine e di polizia, sia da parte della magistratura. Per rispondere ad un problema complesso, con una modalità che - come dice il senatore Carofiglio - appare più tendente a rasserenare e a produrre un effetto rassicurante che non a caricarsi della soluzione del problema, introduciamo istituti più complessi di quelli che fin qui l'ordinamento giudiziario ha avuto modo di gestire, immaginandone e facendone prevedere una conduzione ancora più semplice. Invece, al di là del merito, di cui parlerò, vi sono norme che non dico sovvertono, ma rendono ancora più complesso l'ordinamento giudiziario e la gestione della giustizia nel nostro Paese.

Entrambi i temi (l'ordinamento costituzionale e l'ordinamento giudiziario) mi premono, oltre che per le ragioni culturali e politiche, per gli aspetti che attengono alle fondamenta della democrazia del nostro Paese e mi preme citarli perché quando tireremo le somme per analizzare gli effetti che questo provvedimento ha determinato non vorrei che registrassimo un risultato negativo. Ciò potrebbe determinarsi perché un giudice potrebbe far valere una eccezione di costituzionalità, o a causa di un eventuale blocco delle attività giudiziarie che imporrà al Parlamento una revisione; oppure perché alla fine ci renderemo conto di aver reso più complessa, più difficile la vita dei nostri tribunali e anche la vita e l'attività delle forze dell'ordine.

Per questi motivi credo che da qui ad uno o due anni ci renderemo conto che invece di compiere un'operazione di certezza e di chiarezza negli istituti che dovrebbero affrontare il tema generale della legalità nel nostro Paese, abbiamo provocato un dispendio di risorse in una struttura e in un'attività davvero molto delicate.

Per ciò che concerne, invece, il merito, nessuno vuole smentire che una norma e la severità dei provvedimenti che si accompagnano ad una norma possano avere una funzione deterrente. Se però immaginassimo che esclusivamente nella severità delle norme possa sintetizzarsi la soluzione al problema commetteremmo un gravissimo errore poiché la sicurezza non ci proviene dalla forza, ma dalla consapevolezza che più attività debbono concorrere a rimuovere un problema.

Questo provvedimento, i provvedimenti di severità così definiti hanno un senso se sono preceduti da forti azioni e da forti provvedimenti che attengono, in primo luogo, alle politiche sociali. Siamo in presenza non di un fenomeno marginale, non di un fenomeno speciale: parliamo di centinaia di milioni di persone. Siamo quindi in presenza di una categoria di soggetti molto vasta e diffusa (quella degli extracomunitari e degli immigrati) che non può sicuramente essere racchiusa e connotata nella definizione di una categoria che potenzialmente ha dentro di sé il germe della illegalità.

Vi è poi il tema della prevenzione, per nulla trattato, che a mio avviso, invece, ha una funzione e una rilevanza particolari. Del resto, segni relativi agli annunci diffusi della volontà di adottare forza e rigore nei provvedimenti che il Parlamento ha approvato ci sono e sono di segno negativo: gli sbarchi non sono diminuiti, come pure non è diminuita l'emigrazione verso il nostro Paese neppure dopo i provvedimenti che erano stati annunciati come decisivi, definitivi, risolutivi della questione. Anzi, noi registriamo un fenomeno addirittura contrario, cioè un incremento: i dati relativi al primo semestre del 2008 non risultano, infatti, equivalenti a quelli registrati nel primo semestre del 2007.

Quanto all'efficacia delle misure, si incrementano le pene detentive e si introducono modalità di intervento con procedure dirette ancora più frequenti. Tuttavia, se queste misure dovessero avere gli effetti sperati, avremmo un incremento dei processi in un ordinamento giudiziario che non è ancora nelle condizioni per affrontare una maggiore complessità, nonché un incremento del numero dei processi stessi. E ancora, se dovessimo avere gli effetti sperati, possiamo dire oggi che esistono le condizioni per cui, di fronte ad un incremento importante e significativo delle ipotetiche carcerazioni, sarà possibile trovare ospitalità nelle carceri del nostro Paese?

Dico qui quanto ho avuto modo di affermare anche una settimana fa: se affidassimo a queste misure una missione risolutiva e definitiva dei problemi della criminalità e dovessimo invece registrare, da qui a qualche tempo, che nessuno degli effetti sperati si è realizzato, saremmo in presenza di uno Stato che ha caricato un'aspettativa fortissima sull'ultima delle sue spiagge possibili, vale a dire la legislazione speciale (perché siamo in presenza di questo), oltre la quale non vi è altro per un Paese democratico.

È la stessa cosa che abbiamo fatto di recente con il provvedimento sull'impiego dei militari, chiamati naturalmente a compiere il loro dovere, e ai quali esprimo anch'io una profondissima gratitudine; ma quel provvedimento, così come quello che stiamo esaminando, costituisce l'ultima spiaggia di uno Stato che si espone oltremodo, affidando a strumenti eccezionali e straordinari il compito di risolvere i problemi. Se non dovessero realizzarsi, non già i risultati ordinari che ci si aspetta normalmente dalla severità delle norme messe in campo, ma quegli effetti che ci si attende dalle norme quando ad esse vengono affidate soluzioni così taumaturgiche, rischieremmo di fare una brutta figura e di dover tornare sull'argomento, seguendo allora la modalità giusta, saggia ed equilibrata da mettere in campo, ricorrendo cioè a maggiori mezzi, a maggiori strumenti ed opportunità per intervenire sul sistema.

Anche se torneremo sui singoli articoli nel corso dell'esame degli emendamenti che abbiamo presentato, l'articolo 46 del disegno di legge in esame mi preoccupa non poco. Mi chiedo che senso abbia riconoscere agli enti locali la possibilità di avvalersi della collaborazione di associazioni di cittadini per segnalare agli organi di polizia locale o alle forze di polizia eventi a danno della sicurezza urbana, o situazioni di disagio sociale. Fin qui, in verità, in qualche maniera potrebbero pure passare il dispositivo e gli effetti della norma; ma mi chiedo come possa passare un'ipotesi riferita all'attitudine e alla legittimità di tali associazioni a svolgere compiti di presidio del territorio, espressione non solo generica, ma che introduce una categoria di attività che non comprendiamo.

Di cosa si tratta? Forse è la sicurezza integrata? Su quella strada, però, il nostro Paese si era già incamminato ed aveva in qualche modo già attivato forme e procedure di integrazione tra le forze dell'ordine: molti sindaci avevano disposto protocolli d'intesa con le forze dell'ordine, adeguando e mettendo a disposizione i vigili urbani. Qualche nonno, ad esempio, si era messo a disposizione per presidiare le nostre scuole, al fine di liberare forze da poter poi dedicare a compiti diversi. Ma una cosa è la sicurezza integrata, altra cosa è elevare al grado di componenti dell'attività di ordine pubblico associazioni di cittadini che si mettono in campo per un senso civico, per un dovere civico. Inoltre, quel dovere civico della segnalazione può essere esercitato anche singolarmente e non è l'azione collettiva che ne determina la possibilità.

Concludo, signor Presidente, dicendo che in questo caso, come per quanto riguarda le forze dell'ordine, leggo un implicito giudizio di inadeguatezza di coloro che, invece, sono predisposti ai compiti di sicurezza pubblica nel nostro Paese. Le ronde e, in una fattispecie molto più delicata e complessa, l'utilizzo delle Forze armate eludono un problema particolare che, invece, dobbiamo affrontare: se la sicurezza è al centro delle questioni di questo Paese, la risposta non può essere in queste soluzioni, ma sta al centro della questione, cioè nel rafforzamento di coloro che sono naturalmente predisposti a tutelare l'ordine pubblico del nostro Paese.

La risposta, dunque, è semplice: più poliziotti, più carabinieri, più forze dell'ordine, più strumenti dedicati a loro per la prevenzione e per la repressione. Tuttavia, non si può da un lato annunciare il tema, propagandarlo, farlo anche diventare oggetto di consensi elettorali e poi registrare che nelle manovre finanziarie i fondi predisposti a chi quotidianamente con sacrificio si occupa della nostra sicurezza subiscono una decurtazione. Questa è una contraddizione difficile da spiegare e ci auguriamo venga spiegata dal Governo nella replica e anche dalla maggioranza.

Dunque, credo che torneremo su questi temi e lo faremo in una condizione diversa quando non verremo più considerati tra coloro (e saremmo noi) i quali ritengono che perseguire chi commette la violazione di reato sia un reato nel reato. Noi non apparteniamo a quella schiera; però non vogliamo neanche appartenere alla schiera di chi ritiene che i problemi complessi del Paese si risolvono con norme simbolo. Torneremo su questi temi in un tempo più sereno, con maggiore approfondimento e anche con più giudizio e più equilibrio, come era stato richiesto anche in questa circostanza; invece, il Governo e la maggioranza hanno voluto negare tutto ciò non all'opposizione e alla minoranza, ma, secondo me, al Paese intero.

 

Sull'ordine dei lavori

PRESIDENTE. Comunico che le urne per l'elezione di due senatori Segretari verranno chiuse alle ore 19,30.

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n.733 (ore 19,20)

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore D'Ambrosio. Ne ha facoltà.

D'AMBROSIO (PD). Signora Presidente, devo dire che sono piuttosto sconcertato, forse perché sono un uomo prestato alla politica e un tecnico che per 45 anni si è occupato di lotta alla criminalità, nel vedere che nei banchi della maggioranza non c'è quasi nessuno ad ascoltare, su un problema così grave, la parola di un tecnico, categoria di cui molto spesso lamentano la mancata collaborazione. Noi abbiamo dato la nostra collaborazione in Commissione, abbiamo proposto delle norme ancor prima che venisse elaborato questo disegno di legge, quando suggerivamo - e lo abbiamo fatto a gran voce - che il modo migliore per combattere la criminalità organizzata, secondo un'opinione che si sta diffondendo in tutti i Paesi occidentali, è agire invertendo l'onere della prova.

Abbiamo sempre detto che la corruzione, l'evasione fiscale e la criminalità organizzata si combattono proprio invertendo l'onere della prova con riferimento ai beni e agli arricchimenti improvvisi. Dicevamo che se si voleva efficacemente combattere questi fenomeni, che rappresentano un cancro per tutte le società, bisognava invertire l'onere della prova. Con piacere abbiamo verificato che quanto da noi sempre sostenuto viene introdotto, anche se soltanto per le misure di prevenzione.

Analogamente, come richiesto da tutti i magistrati, si è introdotta la norma secondo cui in caso di morte della persona sottoposta a misura di prevenzione non si estingue il procedimento, cosicché gli eredi non tornano in possesso di tutti i loro beni. Pertanto, rispetto agli emendamenti da noi suggeriti e che sono stati accolti, questo disegno di legge ci trova d'accordo.

Non si riesce però assolutamente a capire per quale motivo si insista nel ritenere che l'aumento delle pene e la creazione di nuove figure di reato siano fatti determinanti e quasi esclusivi per scoraggiare la criminalità. E allora non si rimane solo sorpresi, ma addirittura sgomenti.

Signora Presidente, lei sa perfettamente che oltre due secoli fa colui che ha creato il diritto penale moderno, Cesare Beccaria, diceva che non la gravità della pena scoraggia la delinquenza, ma la suaineluttabilità. Pertanto, chiedo a lei e soprattutto ai colleghi dell'opposizione, come mai nel provvedimento al nostro esame non si trovi neanche una parola diretta a diminuire i tempi dei processi penali. Del resto, come risulta anche dal suo documento, Presidente, sono ben noti i tempi dei processi penali: normalmente un processo si definisce in cinque anni, ma eccezionalmente possono occorrere anche dieci o più anni se si percorrono tutti i gradi del processo. Invece, non c'è neanche una parola in questa direzione.

È altrettanto noto poi, Presidente, che il fenomeno dell'immigrazione è estremamente difficile da contenere. Sono masse di popolo che si muovono, non tanto per andare alla ricerca della fortuna quanto piuttosto perché nel loro Paesi di origine patiscono la fame o vivono in costante pericolo di vita. E allora è davvero singolare leggere nella relazione al disegno di legge che minacciando una pena fino a quattro anni di reclusione per il reato di immigrazione clandestina si sarebbero scoraggiati gli arrivi.

Mi sembra un déjà vu, come del resto è stato anche con la legge Bossi-Fini. Da parte di chi è adesso di nuovo al Governo si diceva che sarebbe servita per fermare questo fenomeno incontenibile; la realtà ci dimostra che questo fenomeno non è stato nemmeno contenuto, che il provvedimento ha aggravato la situazione, ha aggravato il fenomeno della clandestinità. È inutile nascondersi dietro un dito. Con la legge Bossi-Fini si sono creati addirittura reati per gente che non è pericolosa, venuta in Italia e rimasta magari momentaneamente disoccupata perché non ha ottenuto il rinnovo del permesso di soggiorno perché ha arricchito industriali che ne hanno sfruttato il lavoro e che si sono rifiutati di regolarizzarli perché altrimenti avrebbero dovuto pagarli di più, rinunciando al lavoro nero. E allora costoro diventano dei clandestini, vengono espulsi, e se rientrano irregolarmente vengono puniti fino ad un anno di reclusione e se c'è recidiva addirittura per un periodo che va da uno a quattro anni. Attualmente le persone detenute nelle nostre carceri per questi reati assurdi, che non concorrono in alcun modo alla tutela dei cittadini, ma vietano soltanto l'ingresso a gente che lavora in nero in Italia, sono 2.000. Sono dati inconfutabili del DAP, il Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria. I detenuti per questi reati sono 2.000, gente che non è pericolosa.

Ma si vuole tener conto delle esperienze che hanno fatto gli altri? Ho avuto il piacere, come procuratore della Repubblica di Milano, di essere interpellato e visitato ufficialmente dal Capo dell'ufficio immigrazione degli Stati Uniti d'America. Quando è venuto ho convocato i miei sostituti e anche il rappresentante del Comune per sentire cosa suggeriva, dal momento che il fenomeno dell'immigrazione c'era e c'è attualmente. Vorrei ricordare ai colleghi della maggioranza - che rumoreggiavano tanto nei confronti del senatore Carofiglio, il quale, essendo in Parlamento, ha diritto di dire la sua anche se può essere cosa non piacevole e non grata alla maggioranza - che il Capo dell'ufficio immigrazione americano, che ha un personale più numeroso dell'ufficio dell'FBI, ci disse non solo che il modo che stiamo adottando adesso non era quello giusto per combattere l'immigrazione clandestina, ma anche che questa andava combattuta nei Paesi da cui parte, soprattutto fornendo aiuti e impedendo che questi poveri disgraziati finiscano vittime di quelli che sono veramente gli autentici colpevoli, coloro che pongono in essere una sorta di tratta degli esseri umani. (Commenti del senatore Ferrara). Noi, invece, abbiamo seguito una strada completamente diversa.

Ebbene, ancora mi sono trovato a dover affrontare la cosiddetta criminalità diffusa. Mi dispiace che i colleghi della Lega se ne siano andati perché anche loro hanno sentito...

 

FERRARA (PdL). Anche il senatore Carofiglio se ne è andato.

 

D'AMBROSIO (PD). Sì, ma il senatore Carofiglio era intervenuto, mentre in questo caso non se ne è andato solo chi ha già parlato. Comunque, senatore Ferrara, gradirei non essere interrotto. Non ho mai interrotto nessuno di voi né mi sono spostato sui banchi per dire improperi. A questo punto, educatamente, cerchiamo di discutere di questioni serie con grande serietà. Le questioni in esame, infatti, vanno discusse con serietà. Sono molto più anziano di lei e ricordo perfettamente, quando giovanissimo sono andato a fare il magistrato al Nord, i cartelli in cui si diceva «Vietato l'ingresso ai cani e ai meridionali». Eppure i meridionali hanno prodotto il boom economico, sono stati loro, quelle braccia a basso costo che venivano dal Sud che hanno reso possibile il boom economico, così come adesso molta della ricchezza prodotta al Nord nelle Regioni della Lega è stata portata proprio dagli immigrati, spesso anche sfruttati perché tenuti in condizioni di irregolarità. Questa è la sacrosanta verità.

Ma facemmo un esperimento in più: cercammo di applicare i principi fondamentali del diritto penale moderno, anche se non potevamo certamente fare anche quello che spetta al Parlamento e cioè ridurre le ipotesi penali. Queste, infatti, vanno ridotte, perché tanti dei reati che sono stati inseriti in questo disegno di legge potevano rimanere degli illeciti amministrativi e avrebbero avuto la stessa forza dissuasiva. Mi pare che spesso si dimentichi che anche l'aggravio della pena - come è ammesso diffusamente e come ha dimostrato la cosiddetta patente a punti - ha effetto limitato, perché la gente intuisce immediatamente se una norma sarà applicata o meno, se vi sono forze di polizia sufficienti per sorvegliare sulla sua applicazione perché la pena possa divenire veramente ineluttabile. La pena è inevitabile solo quando il reato viene scoperto.

Avremmo dovuto organizzare le cose in maniera diversa anche per combattere il furto. Badate che il furto, sempre secondo le statistiche del DAP, è il reato più diffuso tra gli extracomunitari, perché molto spesso è dettato dal bisogno. Tra l'altro, voi questo reato lo volete incrementare. Signora Presidente, alludo alla norma che dispone che il reato dell'impiego di minori all'accattonaggio sia trasformato da contravvenzione a delitto. Ricordo che tale reato già nel codice Zanardelli era una contravvenzione ed era punito solo con una pena fino a due mesi, successivamente portata a sei mesi e nel codice Rocco del 1930 ad un anno. Adesso quella stessa pena si vuole portare a tre anni. Prima di approvare questa norma ci penserei un istante, perché già quando si volevano rilevare le impronte ai rom e ai minori, si disse che l'Italia stava scivolando verso una china di razzismo. In quest'Aula i colleghi della Lega Nord hanno parlato di invasione dei rom, dimenticando che la maggior parte di loro è nata in Italia.

Ai colleghi della maggioranza che hanno proposto di istituire un registro presso il Ministero dell'interno per i clochard, ma anche per i rom perché anche loro sono senza fissa dimora, vorrei dire che con la norma contenuta all'articolo 46, le ronde potrebbero anche trasformarsi e potrebbe esservi chi chiama la polizia semplicemente perché ha visto una zingarella con un bambino in braccio chiedere l'elemosina. Faccio spesso il percorso che dalla sede di palazzo Madama conduce al mio ufficio, che è sito presso l'ex hotel Bologna, ed ho incontrato un'infinità di volte zingarelle con bambine in braccio di pochi mesi a chiedere l'elemosina.

Credo che non si conoscano certe cose quando si dice che si vuole mettere in galera questa gente. Badate che se si stabilisce la reclusione fino a tre anni, è previsto l'arresto facoltativo in flagranza. Quindi, dovessero esservi gruppi di persone operanti negli enti locali con il compito di vigilare sul territorio - e vorrei parlare anche del controllo del territorio prima di sentirne tante (ma forse non ne avrò il tempo) - e se uno di questi chiamasse un poliziotto in una circostanza simile, il poliziotto sarebbe tenuto ad arrestare la zingara in flagranza. Quindi, abbiamo risolto i problemi di sicurezza o li abbiamo aggravati?

Per quanto mi risulta, i rom ci sono dall'anno 1000 dopo Cristo e sono stati sempre nomadi. Un tempo, quando ero ragazzo, li si poteva vedere mentre andavano ad aggiustare o a fabbricare gli attrezzi dei contadini, che li aspettavano come il pane, perché lavoravano bene il ferro. Poi questo mestiere è andato esaurendosi; ora ci sono gli insediamenti e conosciamo bene cosa sono costretti a fare molti di loro per sfuggire alla miseria. Possiamo vedere, anche davanti al Senato, le zingarelle che tengono per mano o in braccio un bambino e vivono di elemosina. Alcuni di loro vivono frugando nei cassonetti della spazzatura - io stesso mi sono affacciato alla finestra di casa mia a Roma e ho visto una zingara frugare nell'immondizia - per raccogliere indumenti e vari oggetti da riciclare e vendere nei mercatini. Chi ha frequentato l'insediamento rom di Monte Mario lo sa perfettamente.

Poi ci sono anche i rom che, invece, si dedicano ai furti. Se noi, senza fare niente dal punto di vista dell'integrazione sociale - diciamo la verità: da questo punto di vista non ha fatto nulla né la destra né la sinistra - cominciamo a mandare in galera le donne che, con un bambino in braccio, vanno a chiedere l'elemosina e facciamo loro perdere la patria potestà, com'è stato già fatto notare, allora gli altri saranno spinti, se non si adottano contemporaneamente dei provvedimenti sociali, a diventare delinquenti. Quindi, anziché rasserenare la gente, si creeranno condizioni ancora peggiori.

Spero che qualche senatore della maggioranza abbia letto il disegno di legge a mia firma, di cui si sta discutendo in Commissione giustizia: forse il presidente Vizzini lo ha fatto, perché magari ne è stato informato dal Presidente della 2a Commissione. Dunque, in tale Commissione stiamo discutendo un disegno di legge che mira ad attuare un'esperienza che io stesso ho sperimentato durante il periodo in cui sono stato procuratore della Repubblica di Milano, volta ad ottenere un processo rapido e immediato e a far scontare le pene effettivamente e subito. Badate bene: l'informatica non deve servire solo a creare un registro presso il Ministero dell'interno, che tra l'altro sarebbe stato meglio istituire presso i Comuni, per consentir loro di conoscere in maniera più precisa le situazioni che necessitano di un aiuto sociale. Allo stesso modo, per la sicurezza, sarebbe stato molto meglio togliere alla Polizia una serie d'incombenze amministrative, quali il rinnovo dei permessi di soggiorno e affidarle ai Comuni, che conoscono meglio la situazione e sanno bene quel che devono fare. (Richiami del Presidente).

Mi avvio a concludere, signor Presidente. Attraverso questa esperienza svolta a Milano, utilizzando l'informatica per conoscere i precedenti degli arrestati, siamo riusciti a processare, in un anno, 3.000 arrestati in flagranza. Cito questa esperienza per ribadire che non è tanto la gravità della pena che scoraggia il compimento dei reati, quanto la sua ineluttabilità. Dunque, processando per direttissima tutti gli arrestati in flagranza, con l'aiuto dell'informatica che ci consentiva di conoscere i precedenti, senza bisogno di consultare il certificato penale - che spesso risultava nullo anche se il soggetto in questione aveva commesso molti reati, perché non c'era stato tempo di registrare le condanne - siamo riusciti in un anno a portare 3.000 persone a giudizio e pochissimi sono usciti dal carcere, perché il 90 per cento di costoro era recidivo. Ebbene, l'anno successivo la criminalità è diminuita del 30 per cento. Sono queste le esperienze serie di cui bisogna tenere conto e non le chiacchiere che si fanno ad esclusivo scopo di propaganda. (Applausi dal Gruppo PD).

 

(omissis)

Ripresa della discussione del disegno di legge n.733 (ore 20)

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Galperti. Ne ha facoltà.

GALPERTI (PD). Signora Presidente, avendo ascoltato attentamente il dibattito, comunque positivo, che è iniziato e si è svolto oggi al Senato sul disegno di legge in esame, credo si sia rivelato, in maniera aperta e corretta, ma inequivocabile, il tentativo del centrodestra rispetto al provvedimento che abbiamo in esame. Questo tentativo è non solo quello di approvare la legge (è inutile sottolinearlo), ma anche di affermare - e sostanzialmente rivendicare - una sorta di esclusiva sul tema della sicurezza e del controllo dei fenomeni delittuosi. Vi è l'idea, cioè, di far passare nel Paese la tesi che chi mette in atto le politiche necessarie a difendere i cittadini dalla criminalità e dalla delinquenza è il centrodestra, perché il centrosinistra - come abbiamo sentito in alcuni interventi svolti oggi - è inadeguato e ideologicamente impreparato ad affrontare tali tematiche.

E quindi, vi sono non solo la necessità e la volontà di portare a casa una legge, ma anche di affermare un dato politico relativo alla nostra contrarietà, quasi che il centrosinistra avesse nelle sue corde l'idea non di ostacolare e reprimere i fenomeni di contrasto della legge, ma addirittura in qualche maniera di colludere con essi.

Questo viene fatto anche perché le cose non stanno andando come si immaginava: è già stato ricordato qui - ma voglio farlo anch'io in maniera precisa - che gli sbarchi clandestini non solo non sono restati quelli che erano, ma sono aumentati del 60 per cento (ammontavano a 15.999 nel 2006, a 14.236 nel 2007 - e quindi vi era stata una contrazione - e a 23.604 all'11 settembre 2008). Evidentemente, non godono della stessa pubblicità che avevano durante il Governo Prodi, ma questo è un dato di grande difficoltà, rispetto agli annunci delle politiche di contenimento.

Durante la campagna elettorale (ne è stato praticamente il manifesto) è stato promesso che chi fosse entrato clandestinamente sarebbe stato preso, arrestato, processato e sbattuto in galera. Ma l'idea che da delitto sia diventato reato contravvenzionale con la previsione di un'ammenda (si immagina quindi che il clandestino sbarchi con la tessera del bancomat) segna davvero un diverso punto di vista ed anche una grande contraddizione con le promesse annunciate durante la campagna elettorale. E non mi risulta che di questo scollamento, di questo vulnus tra quanto era stato promesso e quanto viene invece previsto nel provvedimento ne sia stata data comunicazione.

Il centrodestra si è finalmente reso conto (non grazie all'Europa di cui abbiamo sentito parlare in termini inequivocabili dalle forze politiche che compongono il centrodestra) che quanto era stato annunciato avrebbe aumentato il carico giudiziario e avrebbe gonfiato ancor di più i numeri cui hanno fatto riferimento il senatore D'Ambrosio e la senatrice Della Monica nei loro interventi e che la norma sarebbe stata non solo difficilmente applicabile, ma persino dannosa.

La tesi secondo cui il centrosinistra non sosterrebbe le politiche di contenimento della criminalità è smentita da una serie di elementi che voglio brevemente ricordare perché resti a verbale. Poc'anzi si è fatto riferimento ai Sindaci. Ebbene, non si può affermare che ci sono Sindaci del centrosinistra, del Partito Democratico impegnati in periferia a difendere le loro comunità e, al tempo stesso, immaginare che tra di loro e il Gruppo che noi rappresentiamo esista una qualche differenza. Al contrario, esiste una forte solidarietà e condivisione perché, come è stato ricordato poc'anzi da un senatore della Lega, i Sindaci, i Presidenti di Provincia del centrosinistra, del Partito Democratico sono impegnati a far rispettare la legge e a far guadagnare maggiore sicurezza alle proprie comunità.

Ma è smentito anche dal riferimento al più volte evocato pacchetto Amato. Non si può da una parte denunciare che in quel contesto si determinò una frattura all'interno del centrosinistra (che davvero si verificò) e negare al contempo l'esistenza di quello stesso pacchetto. L'approvazione di quel provvedimento determinò un arretramento politico, ma è altrettanto vero - tutti lo hanno riconosciuto - che in questo provvedimento vi sono tante buone norme apprestate dal precedente Governo Prodi. Ma vi sono altri elementi.

Quello che il Senato si accinge ad approvare è il terzo decreto sicurezza e non mi sembra che da parte del Partito Democratico e dell'opposizione sia stato messo in atto alcun atteggiamento dilatorio o ostruzionistico. Anche quando la Commissione ha deciso di proseguire i propri lavori ininterrottamente per approvare tutti gli emendamenti a notte fonda non mi pare che il centrosinistra abbia espresso la volontà di porre in atto politiche ostruzionistiche. Badate bene, non commetterò l'errore di dire che l'intero provvedimento è sbagliato. Abbiamo indicato una serie di punti, a nostro avviso, critici e al riguardo le risposte (quando sono state fornite) ci sono sembrate lacunose.

Nessuno nega che vi fosse la necessità di inasprire alcune sanzioni, di occuparsi del reato di danneggiamento, piuttosto che del money transfer. Anche durante l'esame in Commissione è stata dimostrata ampia adesione, segno che vi era la volontà politica di garantire maggiore sicurezza nel nostro Paese. Sono stati accolti, ad esempio, alcuni importantissimi emendamenti presentati dal centrosinistra che vanno proprio in questa direzione; anche sul 41-bis che, come tutti sanno, riguarda la lotta alla mafia è stato approvato da tutti un emendamento su insistenza del centrosinistra. Allo stesso modo l'inasprimento delle pene relative alla tratta degli esseri umani è stato proposto con un emendamento del centrosinistra.

Vi è stato quindi un ruolo non solo di condivisione, ma di costruzione e di proposta di questi articoli. Restano non solo i punti critici che sono stati rilevati, ma resiste poi un punto di vista politico e culturale sul quale una differenza sostanziale è emersa ed emerge anche oggi: come infatti è stato detto in modo molto lampante e chiaro, vi è un approccio e si punta a mettere in campo una costruzione in termini di delinquenza, sicurezza, criminalità e immigrazione.

Questo è tanto vero che al riguardo credo si possa dire che la Lega detti ed il Popolo della Libertà scriva, perché, dalle differenze risultanti tra la stesura iniziale del testo del provvedimento e le modifiche apportate in Commissione con gli emendamenti approvati, è possibile fotografare chi indicava la linea politica e qual era l'impostazione culturale sottesa alle norme che, come diceva prima anche la senatrice Della Monica, non ci convince.

In questi giorni è stata pubblicata la 18a diciottesima edizione del dossier statistico Caritas Migrantes, un osservatorio mai confutato e degno di considerazione, da cui risulta che cos'è il fenomeno dell'immigrazione nel nostro Paese. Vorrei citare in proposito qualche dato: gli immigrati regolari in Italia sono 3,9 milioni, quindi quasi 4 milioni; le imprese costituite da stranieri sono 165.114 (nel Veneto nel 2000 vi erano 20.000 imprese straniere, che utilizzavano lavoratori stranieri; oggi sono 40.000, sono cioè raddoppiate in sette anni); il gettito fiscale nel 2007 è stato di 3,74 miliardi di euro, contro un miliardo ristornato in termini di servizi; il contributo alla formazione del PIL, secondo la stima di Unioncamere, è del 9 per cento; i minori residenti nel nostro Paese sono 767.000, di cui 457.000 nati in Italia. Potrei continuare ancora fornendo altri dati per rappresentare la situazione dell'immigrazione nel nostro Paese.

Tuttavia, con il disegno di legge in esame, e con la presentazione che ne è stata fatta, l'immigrazione entra in quest'Aula esclusivamente sotto le voci sicurezza, delinquenza e lotta alla criminalità. Credo sia un po' questo non solo il limite, ma anche l'invalicabile distanza politica tra la posizione del centrodestra e le posizioni del centrosinistra circa il provvedimento in esame. Ed allora al fenomeno dell'immigrazione non si risponde cercando di capire quanto è stato fatto o può essere fatto, quanta ricchezza esso ha prodotto o quali siano le difficoltà da superare, ma si provvede invece ad inserire misure che vanno esattamente all'opposto di quello che è il favorire l'integrazione e quindi la lotta alla clandestinità.

Non voglio qui soffermarmi su tutti i profili che sono già stati richiamati, in maniera più che esaustiva, ma quando si prevede che un immigrato per ogni permesso di soggiorno che rinnova (e quindi non si tratta di un irregolare) o per ogni documento che deve presentare per attestare la propria posizione deve pagare 200 euro, forse quelli che dicono che non vogliono mettere le mani nelle tasche dei cittadini, dovrebbero specificare «nelle tasche dei cittadini italiani», non di quelli stranieri, ma regolarmente soggiornanti nel nostro Paese.

Sono state sottolineate, anche correttamente, alcune questioni relative all'elusione e alla violazione di norme, ad esempio quella concernente i matrimoni fittizi o finti: non si può tuttavia condividere il fatto che, anziché combattere l'elusione e l'aggiramento della norma, si decide di portare in maniera indiscriminata per tutti il termine a due anni, con un'impostazione assai poco garantista per chi del garantismo ha fatto una bandiera, e credo anche giustamente.

Mi domando se il permesso di soggiorno a punti sia una norma che va nella direzione dell'integrazione, della possibilità per chi è qua di lavorare, di sistemarsi, di uscire da posizioni contrarie alla legge o piuttosto una disposizione vessatoria che complica la vita di chi è nel nostro Paese e deve cercare di lavorare, farsi una famiglia e costruirsi un futuro.

Questa è l'impostazione culturale. Non siamo contrari a tutto il disegno di legge o a tutte le proposte in esso contenute; i punti su cui abbiamo grande perplessità sono stati enunciati ed è quasi inutile che ognuno di noi li ripeta. Certo, in un Paese che non riesce a sapere dove sono i beni immobili (si consideri lo stato di abbandono in cui versa il demanio militare nelle nostre città e nelle nostre Province), che qualcuno si alzi una mattina e proponga di istituire un registro dei senza fissa dimora è una dimostrazione lampante di come la Lega detti la linea e il Popolo della Libertà la scriva. Ci troviamo di fronte a misure paradossali se non parossistiche. Questa è l'impostazione; è stato detto e legittimamente si rispetta questa posizione. Non vi è nulla in questo provvedimento che riguardi la lotta alla criminalità; vi è il tentativo di parificare molto spesso l'equazione, che ripeto ancora una volta, delinquenza-sicurezza-immigrazione.

Le risposte che vengono date, poi, sono del seguente tenore. In un provvedimento che riguarda la sicurezza, e che quindi dovrebbe prevedere la possibilità per tutti coloro che sono nel nostro Paese di costruire un recinto più confortevole alla propria esistenza e alla propria presenza sul territorio, si inseriscono norme discriminatorie che nulla hanno a che vedere con la sicurezza. A questo riguardo alcuni emendamenti, prima presentati e poi cassati, erano ancora più interessanti: basti pensare a quello che prevedeva un referendum tra i cittadini per l'apertura di luoghi di culto. Ci si muoveva, dunque, su due binari diversi e con una diseguaglianza talmente oggettiva che forse hanno indotto, almeno in quel caso, a un ripensamento.

L'impostazione è legittima, ma, per le ragioni che abbiamo detto, non può vederci in alcuna misura favorevoli e non può andare nella direzione che avremmo gradito: infatti, avremmo voluto non sprecare un'occasione importante su un tema così delicato, lasciando fuori le questioni che nulla c'entravano e concentrandoci davvero sulle emergenze e le necessità del nostro Paese. (Applausi dal Gruppo PD. Congratulazioni).

PRESIDENTE. Rinvio il seguito della discussione del disegno di legge in titolo ad altra seduta.

(omissis)


Allegato B

 

Testo integrale dell'intervento della senatrice Della Monica

nella discussione generale del disegno di legge n. 733

Il disegno di legge n. 733, che qui discutiamo, fa parte del pacchetto sicurezza emanato a maggio e approvato con la legge 24 luglio 2008, n. 125. Il testo contiene norme eterogenee, in materia di immigrazione, di controllo sociale, di contrasto al crimine organizzato, di aggravamento dei reati contro la persona, contro il patrimonio, contro il decoro urbano, la circolazione stradale, con interventi anche sul piano procedurale. Si tratta di un provvedimento complesso, di difficile lettura, che riprende proposte contenute nel cosiddetto pacchetto sicurezza del Governo Prodi, condivisibili quando non risultino stravolte e, quindi, vanificate nell'efficacia (penso alla decadenza dalla patria potestà collegata al nuovo reato in materia di accattonaggio) e che contiene altre disposizioni, introdotte durante i lavori delle Commissioni riunite affari costituzionali e giustizia. Mi riferisco a proposte costruttive del PD, accolte dalla maggioranza, in particolare in materia di criminalità organizzata, di sfruttamento della immigrazione clandestina, di tutela penale rafforzata nei confronti di soggetti vulnerabili (donne, minori): è evidente, quindi, che l'opposizione, e in particolare il PD, le sosterrà anche in Aula.

Si tratta delle uniche norme che rispondono ad una strategia di una politica tesa effettivamente alla sicurezza e al contrasto all'illegalità, nel rispetto dei diritti umani, del diritto antidiscriminatorio, dei principi costituzionali e di quelle norme comunitarie e di diritto internazionale vincolanti per l'Italia e, in quanto tali, costituzionalmente garantite.

Altre norme appaiono, invece, decisamente improponibili, perché inutilmente lesive di diritti garantiti, discriminatorie e tali da allontanare il nostro Paese dai principi costituzionali e da atteggiamenti propri di una società civile. Una pressione sempre più forte sul sistema costituzionale si rivolge, così, e pesantemente alla prima parte della Costituzione. Viene posto in discussione non solo il principio di uguaglianza ma tutto il quadro dei diritti.

A questa prospettiva tutti noi dovremmo opporci trasversalmente e se questo non avviene, è perché si sta consolidando un'abitudine culturale, una sorta di assuefazione all'idea di una comunità chiusa, che coltiva distanza e ostilità; che alimenta il conflitto tra i gruppi sociali contigui, che giustifica le "guerre tra poveri". Così si alzano barriere e si predica una tolleranza che si risolve in accettazione dell'altro, dello straniero, alla sola condizione che questi, il diverso, faccia ciò che a noi serve e che i nostri concittadini rifiutano, alle condizioni che noi imponiamo: esaurita questa funzione il diverso deve sparire, per liberarci da ogni inquietudine umana e sociale.

A questa prospettiva il PD si sta fortemente opponendo perché non solo è miope, manca infatti di una qualsiasi visione strategica del problema della sicurezza e dell'immigrazione. E questo finisce con dare vita a norme che non risolvono anzi aggravano i problemi della sicurezza e della immigrazione irregolare, spingendo gli immigrati clandestini a cercare appoggio e protezione nella criminalità organizzata.

Riprendo parole pronunziate da un esponente della maggioranza, universalmente apprezzato, il senatore Pisanu, che è stato Ministro dell'interno: «L'Italia accorda assistenza umanitaria in base alle regole internazionali a tutti coloro che fuggono da carestie e guerre. Ma contrasta l'immigrazione irregolare, avendo l'obiettivo di favorire quella regolare». Gli immigrati clandestini, sottolinea il ministro Pisanu, diventano un problema perché «inevitabilmente finiscono in mano ad affaristi o al crimine organizzato che li buttano sul mercato nero, se non addirittura nella prostituzione o nella manovalanza criminale».

Ebbene, non c'è dubbio che le organizzazioni criminali possano trovare fra i disperati dell'immigrazione clandestina un terreno di reclutamento favorevole e che queste organizzazioni possano "appaltare" segmenti delle loro attività, le più sporche e rischiose, legate al controllo del territorio come lo spaccio e la prostituzione ad immigrati irregolari, col duplice vantaggio di sviare l'attenzione e di avere un "esercito" di manovalanza ricattabile e pronto a tutto.

Eppure un percorso ad ostacoli per divenire cittadini regolari e tutti gli ostacoli posti per scoraggiare l'immigrazione e per punire gli immigrati produrranno questi effetti.

Parto dal testo emendato del disegno di legge, che introduce come contravvenzione punita con l'ammenda il reato di immigrazione irregolare, con un meccanismo che ignora le vittime di tratta e comunque i titolari di un permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale e che non appare conforme ai principi costituzionali di legalità della pena (articolo 25 della Costituzione), di obbligatorietà dell'esercizio dell'azione penale (articolo 112), di presunzione di innocenza (articolo 27), di eguaglianza di fronte alla legge ( articolo 3) e di effettività del diritto di difesa (articolo 24).

Si finisce con questa ed altre disposizioni a dare vita ad un diritto "speciale", fondato su una sostanziale sospensione di diritti e garanzie fondamentali, che riguarda le persone. Così per lo straniero si finisce col costruire un diritto che lo discrimina e punisce in quanto tale, anche per comportamenti per i quali la sanzione penale è chiaramente impropria e sproporzionata, come nel caso dell'immigrazione irregolare, ovvero è ingiustificatamente diversa da quella prevista per altri soggetti che commettono lo stesso reato. Cito per tutte l'aggravante di pena per la semplice condizione di clandestino introdotta con il decreto-legge sicurezza del 23 maggio 2008, n. 92, convertito con legge 24 luglio 2008, n. 125.

In questo modo si continua a sovraccaricare di compiti inutili il sistema investigativo e giudiziario, a danno della sicurezza dei cittadini, mentre l'unica risposta seria all'immigrazione irregolare è costituita dall'espulsione.

Ed è, invece, sotto questo profilo che servono strumenti e risorse che, nel rispetto dei diritti umani e sulla base di accordi con i Paesi di provenienza per un rimpatrio assistito (come proposto dal PD) rendano effettiva tale misura amministrativa, dando davvero impulso ad una strategia di contrasto all'immigrazione irregolare.

Inoltre appaiono difficilmente conciliabili con la tutela di diritti fondamentali, riconosciuti dalla Costituzione e da direttive comunitarie, e con una sbandierata tutela del diritto alla sicurezza dei cittadini ulteriori disposizioni del disegno di legge che introducono il cosiddetto permesso di soggiorno a punti per i cittadini stranieri (in contrasto con l'articolo 5 della direttiva 2003/109/CE, con La convenzione europea dei diritti dell'uomo e la Dichiarazione universale dei diritti umani e, quindi, con i principi della nostra Costituzione); estendono il periodo di possibile trattenimento -sotto forma di detenzione amministrativa - nei Centri di identificazione dai 2 mesi attuali a 18 mesi, se vi sono difficoltà nell'accertamento dell'identità e della nazionalità, ovvero nell'acquisizione dei documenti per il viaggio (con una irragionevole e ingiustificata limitazione della libertà personale in sostanziale deroga dell'articolo 13 della Costituzione, collegata esclusivamente ad un differimento nel tempo del problema di come effettuare l'espulsione); subordinano il diritto al riconoscimento dello status di soggiornante di lungo periodo al previo superamento di un test di lingua italiana; impediscono la celebrazione del matrimonio in Italia per gli stranieri che non esibiscano un documento attestante la regolarità del soggiorno (in violazione degli articoli 3 e 30 della Costituzione); ed estendono il ricorso al rimpatrio assistito anche dei minori comunitari che si prostituiscono e che, quindi, sono vittime di cui va favorita la integrazione e la tutela. Diversamente proprio ai minori, cui vanno fermamente affermati i diritti, viene riservato un trattamento deteriore e oltretutto in contrasto con la direttiva 38/2004, già recepita con il decreto legislativo 30/2007, che prevede che i cittadini comunitari possono essere allontanati solo per ragioni di pubblica sicurezza e di pericolosità sociale e i minori soltanto in circostanze eccezionali, qualora vi siano motivi imperativi di pubblica sicurezza.

Altrettanto preoccupanti appaiono altre norme inserite dalla maggioranza nel disegno di legge, che riguardano il controllo sociale in senso lato, prevedendo il presidio del territorio da parte delle ronde (la norma, che consente di fatto la gestione dell'ordine pubblico e della pubblica sicurezza anche a soggetti non istituzionali, è irragionevole poiché attribuisce ingiustificatamente compiti di carattere istituzionale a soggetti privati e contrasta con i principi contenuti negli articoli 3, 13 e 18 della Costituzione), il registro dei senza fissa dimora (in contrasto con il principio di eguaglianza, poiché assoggetta a una sorta di schedatura persone per il solo fatto di essere senza fissa dimora, per di più senza spiegarne la ragione).

A parte l'inammissibilità di alcune scelte, contrarie ai principi costituzionali riguardanti l'eguaglianza e la stessa dignità delle persone, siamo di fronte a norme destinate a far crescere inefficienza e a perpetuare un sistema che genera irregolarità.

Molto lavoro (spesso inutile) attende non solo le Forze di polizia e la magistratura, ma anche la Corte costituzionale. E questo - come autorevolmente sottolineano i costituzionalisti - "accade nei tempi difficili di tutte le democrazie".

Tutto questo in un Paese in cui la consistenza degli immigrati regolari in Italia si aggira tra i 3,5 milioni di residenti accertati dall'ISTAT e i 4 milioni ipotizzati dal dossier Caritas (la presentazione è di questi giorni).

Sia per l'ISTAT che per il dossier la popolazione immigrata è aumentata di diverse centinaia di migliaia, e ciò è avvenuto anche nel 2007, un anno senza regolarizzazioni e quote aggiuntive, segnato, tra l'altro, da un andamento economico negativo.

Nella presentazione del dossier Caritas, Franco Pittau sottolinea: «Questo radicamento, così forte anche in una congiuntura poco favorevole, richiama l'attenzione sulle parole che noi solitamente utilizziamo ("straniero" e "extracomunitario") e porta a concludere che le stesse iniziano ad apparire desuete e inadeguate perché si riferiscono a persone che non sono estranee alla nostra società». E ancora. Gli immigrati esercitano un'incidenza notevole perché costituiscono 1 ogni 15 residenti in Italia e 1 ogni 15 studenti a scuola, quasi 1 ogni 10 lavoratori occupati; inoltre, in un decimo dei matrimoni celebrati in Italia è coinvolto un partner straniero, così come un decimo delle nuove nascite va attribuito a entrambi i genitori stranieri.

Oltre al numero complessivo delle presenze, anche altri dati sono significativi: tra 1,5 e 2 milioni di lavoratori, quasi 800.000 minori, più di 600.000 studenti, più di 450.000 persone nate sul posto, più di 300.000 diventati cittadini italiani, più di 150.000 imprenditori ed il doppio se si tiene conto anche dei soci e delle altre cariche societarie.

Le statistiche criminali, utilizzate in maniera impropria, rischiano di trasformare un grande fatto sociale come l'immigrazione in un fenomeno delinquenziale. Il dossier ha sempre ribadito che la devianza è qualcosa di estremamente grave e che vi è implicato un numero elevato di cittadini stranieri, senza però cadere in conclusioni infondate.

L'analisi congiunta delle statistiche giudiziarie e penitenziarie relative agli anni Duemila ha portato il dossier a queste conclusioni: gli immigrati regolari, quelli della porta accanto per così dire, hanno all'incirca lo stesso tasso di devianza degli italiani; prevalgono le collettività di immigrati che solo marginalmente sono toccate dalle statistiche criminali; gli addebiti giudiziari sono più ricorrenti per gli immigrati che si trovano in situazione irregolare, senza peraltro che essi debbano essere trasformati per principio in delinquenti; la maggiore preoccupazione va riferita alle "mele marce" delle diverse collettività immigrate e alla criminalità organizzata straniera, che sta prendendo piede anche in collaborazione con le organizzazioni malavitose locali. È possibile pervenire a una situazione più soddisfacente con il potenziamento di una strategia preventiva, che insista sulla maggiore convenienza delle vie legali dell'immigrazione e sulla collaborazione delle associazioni degli immigrati, anche perché prevenire costa molto meno che reprimere e i fondi a disposizione sono limitati.

La situazione attuale è una palestra che aiuta a prepararsi al futuro, in cui italiani e immigrati sono chiamati a convivere.

Forse varrebbe la pena di riflettere su questo e mi auguro che la maggioranza lo faccia, ritirando norme inefficaci per la sicurezza e inutilmente lesive di diritti.

Sempre Pittau nella presentazione del dossier Caritas sottolinea: "Gli immigrati hanno un tasso di attività (73 per cento) di 12 punti più elevato degli italiani e tra di loro non vi sarebbero disoccupati se non perdurasse la pessima abitudine di costringerli a lavorare in nero".

A tale proposito: perché maggioranza e Governo non hanno voluto accogliere gli emendamenti presentati in materia di contrasto del grave sfruttamento del lavoro e per la tutela delle vittime? Il grave sfruttamento del lavoro rappresenta oggi una delle più preoccupanti forme che assume il neoschiavismo; quel "dominio dell'uomo sull'uomo" che priva la persona della libertà, dell'autodeterminazione e della dignità, intesa, a la Arendt, quale "diritto ad avere diritti".

Un ulteriore cenno alle ronde. Oltre ai profili di costituzionalità e all'inquietudine che la proposta fa nascere, vorrei chiedere seriamente: davvero pensiamo di doverci difendere solo all'esterno e con tutti i mezzi (legittimi o meno) e non nelle mura domestiche (italiane)?

Ancora: nella logica della sicurezza, perché continuate a non volere approvare norme che riguardano la violenza contro donne e minori, proposte come emendamenti e che - contrariamente a quanto dite - non sono in discussione alla Camera?

 


 

 

 

 

Senato della Repubblica

XVI LEGISLATURA

 

Assemblea

 

 

 

RESOCONTO SOMMARIO

RESOCONTO STENOGRAFICO

ALLEGATI

 

 

ASSEMBLEA

 

94a seduta pubblica (pomeridiana)

 

 

martedì18 novembre 2008

 

Presidenza della vice presidente MAURO,

indi del presidente SCHIFANI

e del vice presidente CHITI

 


 

(omissis)

Seguito della discussione del disegno di legge:

(733) Disposizioni in materia di sicurezza pubblica (ore 19,38)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge n. 733.

Ricordo che nella seduta pomeridiana del 12 novembre è proseguita la discussione generale.

È iscritto a parlare il senatore Maritati. Ne ha facoltà.

MARITATI (PD). Signor Presidente, ho avuto modo di ascoltare uno dei pochissimi interventi degli esponenti di maggioranza in merito al disegno di legge sulla sicurezza che ci occupa, il quale ne ha proposto una strana versione politica. In sintesi, l'oratore così si è espresso: già nel corso della campagna elettorale, ed ancor più dopo la vittoria elettorale, il popolo italiano avrebbe chiesto con trepidazione ed urgenza di intervenire nel settore dell'ordine pubblico, perché la situazione d'insicurezza e di paura è tale da non avere precedenti nella storia del Paese. Eccoci qui, proseguiva l'oratore: questa maggioranza fa il proprio dovere, soddisfacendo le legittime attese e pretese degli italiani.

Penso che questo sia uno strano e furbo modo di porre la questione, innanzi tutto, come se la vittoria di una campagna elettorale legittimasse la maggioranza a fare di tutto, anche qualcosa che non corrisponde alle reali esigenze del Paese. Intanto, non abbiamo mai messo in dubbio la necessità che lo Stato sia sempre più presente, anche nel dare ai cittadini sicurezza e protezione. Ciò che ci divide dalla maggioranza, in questo momento, anche in questo settore, è il metodo che intende seguire, è la cultura che sottende a gran parte dei provvedimenti adottati, è il metodo scelto per assolvere a questo compito.

Non ci siamo mai opposti in maniera pregiudizievole alla trattazione dei vari decreti e dei testi di legge; non l'abbiamo mai fatto in modo ideologico, rispetto a quelli che sin dall'inizio della legislatura voi della maggioranza avete imposto e state imponendo all'esame della Commissione, quindi dell'Aula, senza una riflessione ed un confronto approfondito.

Quello che contestiamo è l'utilità e l'efficacia di buona parte dei provvedimenti che vi accingete ancora una volta a varare, forti solo della preponderanza numerica, senza confronto e riflessione, né una reale intenzione di affrontare il fenomeno sicurezza con serietà ed efficacia.

Per ragioni di tempo formulerò alcune brevi riflessioni soltanto su alcuni degli istituti che intendete introdurre, anche perché il testo al nostro esame si presenta quanto mai eterogeneo, interessandosi di circolazione stradale, di norme sull'immigrazione, prevedendo disposizioni sul contrasto al crimine organizzato ed intervenendo altresì sul cosiddetto regime speciale del carcere, previsto dall'articolo 41-bis, per gli appartenenti alle organizzazioni criminali di tipo mafioso. Si tratta di una sorta di zibaldone troppo variegato per essere particolarmente efficace.

L'articolo 46 prevede il «Concorso delle associazioni volontarie al presidio del territorio». Nell'ipotesi normativa si prevede un'inutile possibilità che associazioni di volontari possano segnalare all'autorità di polizia eventi pericolosi per la sicurezza urbana ovvero situazioni di disagio sociale. Sottolineo che tale previsione è assolutamente inutile perché non è inibito ad alcuno segnalare o denunciare fatti e circostanze ritenute pericolose o situazioni di disagio sociale. Non vedo la ragione, al di là di una deprecabile azione politica di mera propaganda, per inserire in una norma ciò che è che già possibile e legittimo fare da parte di singoli o di associazioni.

La seconda parte della norma in esame prevede invece qualcosa di assolutamente illegittimo e pericoloso: l'istituzionalizzazione delle cosiddette ronde, gruppi di cittadini chiamati formalmente da parte degli enti locali (territoriali o no? A questa domanda sarebbe opportuno che il Governo fornisse una risposta chiara e immediata) a cooperare nello svolgimento dell'attività di presidio del territorio.

Il provvedimento, se varato, sarebbe, come è stato in precedenza illustrato da altri colleghi del mio partito, contrario al dettato costituzionale, perché è demandato per legge alla competenza esclusiva delle forze dell'ordine il presidio del territorio, e sarebbe altresì pericoloso, proprio per la stessa sicurezza e per l'ordine pubblico. Il presidio del territorio, colleghi della maggioranza, è un compito così delicato e serio che in alcuni casi si è deciso, anche di recente, di impegnare persino l'Esercito, con tutte le incognite e le perplessità che hanno caratterizzato tale impiego. Si tratta ad ogni modo di un compito di esclusiva competenza delle forze dell'ordine, che devono svolgerlo con la consueta serietà e professionalità, requisiti che talvolta addirittura mancano persino nelle forze dell'ordine: so che sono casi eccezionali, ma è difficile avere serietà e professionalità da parte di chi è demandato a controllare il territorio.

L'impiego in tale settore di ronde private, oltre ad essere certamente illegittimo si profila pericoloso, in quanto porrebbe un problema di status di compiti e di poteri delle persone impiegate e degli effetti che i loro atti produrrebbero anche nei confronti di terzi. Si richiama, a sostegno dell'istituto che si vuole varare, un altro istituto già noto da tempo al nostro codice penale, ossia l'arresto in flagrante di reato ad opera di privati, dimenticando l'eccezionalità di un simile istituto, che resta nella sua validità per ipotesi isolate ed eccezionali, in cui il privato che dovesse essere vittima o testimone di un reato grave o gravissimo possa trattenere il presunto autore del delitto per il tempo strettamente necessario a far intervenire la forza pubblica.

Appare del tutto anomalo ed errato servirsi e utilizzare la forza privata di un numero indefinito di associazioni come strumento stabile di collaborazione con compiti e poteri che resterebbero affidati solo alla fantasia di sindaci sceriffi o alla volontà di farsi giustizia da sé. Non stona rammentare, ad esempio, che proprio in questi giorni alcuni colleghi hanno presentato un'importante interrogazione sul modo in cui il Comune di Milano sta assegnando incarichi ad associazioni proprio in questo serio e delicato settore del presidio del territorio.

In un momento in cui si profila peraltro la possibilità, anch'essa imposta dalla maggioranza, di reintrodurre il delitto di oltraggio al pubblico ufficiale, non si può fare a meno di chiederci chi sono questi collaboratori per il presidio del territorio e come verranno strutturati, inquadrati ed organizzati. Quale sarà il loro status giuridico? Saranno esercenti di un'attività di pubblico interesse o addirittura pubblici ufficiali? E con quali conseguenze in un momento in cui verranno a contatto con altri cittadini, reali o presunti autori di reato, verso i quali potranno usare anche la forza? Entro quali limiti? Tutto questo non è detto nel disegno di legge.

Penso che il problema dell'ordine e della sicurezza pubblica e, quindi, del contrasto ad ogni forma di illegalità sia un fatto tanto serio da non consentire, amici della maggioranza, interventi errati e pericolosi come questo che state proponendo.

Nel testo di legge in esame si reitera ancora una volta la cultura della repressione, tutta e solo basata sull'uso della forza, la repressione fisica, intesa non come l'extrema ratio di una necessità assoluta ed urgente di rispondere ad atti aggressivi e pericolosi non altrimenti neutralizzabili, ma come terapia sempre più generalizzata ed abusata.

Lo stesso criterio viene seguito nei confronti del fenomeno migratorio, quanto mai complesso, alla cui base vi sono atti di ingiustizia e di violenza, alcuni dei quali, giova ricordarlo in questa sede, si sono sedimentati nell'arco di secoli a danno di intere popolazioni e continenti, che oggi stanno esplodendo in modo clamoroso, con un numero sempre crescente di persone che fuggono dalla loro terra per salvaguardare la vita propria e quella dei loro cari a cagione di una situazione di fame e di violenza che si pone talvolta come la conseguenza storica di errori e violenze perpetrate dai popoli privilegiati a danno dei più sfruttati e poveri.

Eppure, a fronte di tale fenomeno, l'attuale maggioranza non sa offrire altra risposta al di fuori di una sterile ed inutile politica della repressione. Prima si inventa un delitto di immigrazione clandestina che, se varato, avrebbe imposto la celebrazione di decine di migliaia di processi e relative incarcerazioni, con conseguente ulteriore paralisi del sistema già compromesso della nostra giustizia. Ora si tira fuori una contravvenzione penale, che comunque imporrebbe l'esercizio dell'azione penale, da ritenersi estinta o interrotta solo nell'ipotesi di eseguita espulsione. Quando passeremo all'esame degli emendamenti approfondiremo questo aspetto e vedremo di che natura è l'intervento punitivo o l'oblazione, o la non oblazione, di questa contravvenzione.

Anche in tal modo appare tutta l'approssimazione e l'inutilità dei sistemi prospettati nel disegno di legge; strumenti inutili e dannosi per gli effetti devastanti sul già provato e quasi paralizzato sistema giudiziario; decine di migliaia - tanti sono - di processi da attivare dinanzi ai giudici di pace con una duplice, inutile conclusione: o il processo si concluderà, e con quali tempi non è possibile prevedere, ovvero interverrà l'espulsione, con la conseguente estinzione delle procedure. E se di estinzione si potrà tecnicamente parlare, lo vedremo. In entrambi i casi, chiedo ai colleghi della maggioranza quale sarebbe il risultato, quale sarebbe il vantaggio per la nostra società.

Trattandosi di una moltitudine di disperati, il più delle volte in possesso solo di laceri indumenti, quali possibilità vi sono, in realtà, che paghino l'ammenda? Ma se non pagassero si dovrebbe procedere alla conversione della pena pecuniaria in detentiva! E se invece il soggetto verrà realmente espulso, quale necessità vi è stata di ingolfare le aule di giustizia, già fin troppo congestionate, con un mare di inutili procedure?

Sin dal primo decreto sulla sicurezza che avete varato, abbiamo tentato, inutilmente, di contribuire ad una più utile e corretta impostazione delle norme proposte, consigliando l'introduzione, ad esempio, dell'istituto del rimpatrio assistito, che nel nostro Paese ha già trovato una proficua attuazione al tempo della guerra del Kosovo. L'attuazione di un simile istituto varrebbe certamente ad evitare abusi e vessazioni verso chi di violenze e di ingiustizie ne ha già subite troppe e anche ad utilizzare le risorse pubbliche con maggiore parsimonia e proficuità. Ricordo infatti che il trattenimento nei centri di identificazione e di espulsione costa più del sostegno per un rimpatrio assistito.

Il persistente diniego della maggioranza non trova alcuna giustificazione se non la pervicace, sterile volontà di mostrare i muscoli anche quando appare chiaramente come lo strumento meno idoneo a risolvere il problema.

La politica dei muscoli, della cosiddetta tolleranza zero, riappare ancora una volta, dopo l'esperienza dei campi rom, anche - sembra impossibile crederlo - nei riguardi dei senza fissa dimora. Si tratta di una categoria di cittadini, di persone tra le più povere e certamente escluse dai più elementari servizi essenziali che la società moderna offre, persone che vivono per strada, che portano con sé tutto il loro misero patrimonio. Nei confronti di tale persone, certamente sfortunate e deboli, sarebbe stato auspicabile ed apprezzabile un'iniziativa del Governo diretta alla conoscenza del fenomeno per definirne le cause e l'entità dello stesso, cercando i possibili rimedi.

Nulla di tutto ciò, perché il «Governo forte» di centrodestra, quello che dice di farsi rispettare e di tolleranza zero, decide di dare vita ad un registro in cui tutti i pericolosi clochard - i barboni - dovrebbero essere inseriti: un registro da tenere presso il Ministero dell'interno e non degli interventi sociali, una vera e propria schedatura che non si comprende a quale fine, con quali risultati e per la sicurezza di chi! Non risulta infatti - almeno le cronache non lo hanno mai evidenziato - che uno o più persone di questa categoria si siano resi responsabili di crimini o reati di ogni genere. Si ha al contrario notizia di veri e propri roghi umani che queste persone hanno subìto. Quindi, continuiamo a chiederci la ragione di un simile atteggiamento repressivo anche quando non serve o addirittura si concretizza con provvedimenti disumani. Non piani di sostegno ma interventi repressivi.

Ed ancora un'ultima perla. Secondo la stessa concezione, si prevede il test di lingua italiana come condizione per il rilascio del permesso di soggiorno di lunga durata: ad una moltitudine di disperati, assai spesso privi di una cultura di base anche del loro Paese e nella loro lingua, imponiamo, come requisito necessario per ottenere il permesso di soggiorno a lunga scadenza, la conoscenza della lingua italiana; e non pensiamo invece ad organizzare sistemi che favoriscano l'apprendimento della lingua, ma non traducendo questo mancato superamento del test come causa di espulsione o di diniego del permesso di soggiorno. Questa è una politica che non potrà mai trovarci d'accordo.

Siamo aperti ad una collaborazione vera, siamo disponibili a fornire tutto il nostro sostengo per interventi, per istituti che servano all'obiettivo di regolare in maniera civile il processo di immigrazione, di impedire o contenere le violazioni di legge, soprattutto quelle dei criminali, ma con istituti che non tocchino la dignità dell'uomo, che non facciano ridere l'intera Europa. È questo che chiediamo. Quindi, almeno in Aula, apritevi alla riflessione, al confronto e al contributo attivo che siamo ancora disposti a fornire. (Applausi dal Gruppo PD).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Rizzi. Ne ha facoltà.

RIZZI (LNP). Signor Presidente, onorevoli colleghi, partirò dall'intervento del collega Maritati per chiedergli fondamentalmente in quale Paese surreale vive e quale Paese surreale ci sta dipingendo. Credo che sia finita l'epoca di pensare ad una immigrazione controllata e controllabile e che non vi sia davvero un'emergenza legata all'immigrazione clandestina.

Il discorso delle ronde a cui il collega alludeva prima non nasce da una volontà della Lega scollegata dalla realtà, ma da una precisa esigenza il territorio. È il Paese che ci chiede e ci urla un bisogno di sicurezza, che non è più garantita nelle nostre strade ma nemmeno nelle nostre case. Questo è quanto ci viene chiesto e questo è quello che abbiamo tentato di fare con l'emendamento sulle ronde e con tanti altri, atti a limitare l'ingresso incontrollato ed incontrollabile di una immigrazione che ci sta veramente mettendo in ginocchio, soprattutto dal punto di vista della sicurezza, perché l'immigrazione incontrollata e incontrollabile, alla fine, si traduce in una impossibilità da parte di questi cittadini extracomunitari di venire nel nostro Paese a crearsi in esso un futuro e quindi nell'essere assolutamente spinti progressivamente ad entrare nel giro della delinquenza.

Questo è il significato di tutta una serie di emendamenti che abbiamo voluto fortemente portare avanti per potenziare in senso ancora più restrittivo un «decreto sicurezza» che già apprezziamo profondamente e di cui il Paese sentiva veramente bisogno.

Ma abbiamo voluto fare ancora qualcosa di più. Un altro nodo dibattuto in Commissione ma anche sulla stampa è quello del permesso a punti e ancora di più lo è quello dell'obbligo di denuncia nei pronto soccorso dei cittadini extracomunitari clandestini, conseguente all'introduzione del reato di clandestinità, che ritengo assolutamente sacrosanto. E non è dimostrazione di razzismo o di menefreghismo nei confronti del cittadino sofferente il fatto di andarlo a denunciare: sono due cose distinte e separate. Un conto è il diritto alla salute, che non viene negato assolutamente a nessuno: nei nostri pronto soccorso tutti i cittadini, siano essi italiani o extracomunitari, ricevono le cure più premurose e le migliori possibili in quel momento, le vite umane vengono salvaguardate, le malattie vengono curate; ma se quello della salvaguardia della salute è un diritto, è altrettanto un diritto da parte nostra, dei cittadini di questo Paese, che la legalità venga comunque rispettata.

La clandestinità è di per sé aberrante; fortunatamente con questo decreto diventerà un reato. I reati perseguibili per legge vanno denunciati all'autorità giudiziaria e qualsiasi pubblico ufficiale (in questo caso il medico che opera nel pronto soccorso) che venga a conoscenza dell'esistenza di un reato ha l'obbligo morale, civile e civico di segnalarlo all'autorità giudiziaria perché vengano presi tutti i provvedimenti necessari per provvedere ad una rapida e duratura espulsione dal nostro Paese di individui che evidentemente sono qui solo ed esclusivamente per compiere reati.

Volevo solo puntualizzare questo piccolo particolare per fugare ogni dubbio e separare, una volta per tutte, la necessità di venire incontro ad un bisogno sanitario, dalla necessità, sacrosanta e sancita, di venire incontro al bisogno di sicurezza e alla limitazione di questa immigrazione, che ormai sta diventando selvaggia. Siamo alla resa dei conti: o riusciamo a fermarla adesso o non avremo una seconda occasione. (Applausi dal Gruppo PdL. Congratulazioni).

 

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Adamo. Ne ha facoltà.

ADAMO (PD). Signor Presidente, l'intervento che mi ha preceduto mi permette di entrare più rapidamente in tema, perché, come abbiamo sentito dal collega, la clandestinità è delinquenza. Quindi, tutte le badanti che sono nelle nostre case, tutti i muratori che lavorano nei nostri cantieri ed i pizzaioli, che sappiamo essere clandestini perché con la Fini-Bossi sono anni che non riescono a regolarizzarsi, sono delinquenti.

Sono 700.000, caro collega: lei pensa di fare 700.000 accompagnamenti forzati o di metterli in carcere? Perché il punto di tutto il ragionamento che abbiamo fatto fino adesso è questo: cosa vogliamo fare dei 700.000 clandestini che abbiamo nel nostro Paese. Questo è un provvedimento che per la quarta volta viene inserito in disegni di legge diversi ed in decreti che trattano materie che non c'entrano niente; affrontiamo questi temi cercando di nascondere sotto il tappeto il problema dei problemi: la Fini-Bossi è fallita.

Non c'è problema, posso anche dire che la Turco-Napolitano è fallita, dal punto di vista del tentativo di definire quote e blocchi di ingresso e di regolare. Dobbiamo allora sederci intorno ad un tavolo; se c'è un problema bipartisan dovrebbe essere questo, perché è il problema del nostro futuro e del futuro dell'Europa. È un problema che riguarda tutte le società occidentali. Possiamo far finta di affrontarlo come se ci fosse capitato un accidente a cui cerchiamo di porre mano? Siamo già ai bimbi della seconda generazione, siamo già ai matrimoni misti, ad un'evoluzione della popolazione; dobbiamo affrontare questa tematica guardandola in faccia, per quella che è, cercando di evitare l'immigrazione non regolata ma dando il massimo di opportunità di integrazione e di cittadinanza a chi è qui per lavorare.

Vede, le sue parole, senatore Rizzi, ci fanno capire quanto siano - mi perdoni - poco sincere tutte le espressioni, non sue, ma di molti suoi colleghi, che quando sentono le nostre critiche ci dicono: «Per chi viene qui a lavorare onestamente, braccia aperte; sono i delinquenti che devono andare in galera». E tutti dicono: «Giusto, i delinquenti devono andare in galera e se sono stranieri devono essere espulsi e tornare a casa loro». Ma poi sentiamo dalle sue parole e leggiamo dai testi di legge che vengono qui proposti che non sono solo i delinquenti: tutti coloro che sono clandestini sono potenzialmente delinquenti.

Questo è un errore culturale molto grave, perché ogni volta che viene avviata un'indagine o un'inchiesta lei scoprirà che tanti delinquenti stranieri - lasciamo perdere gli italiani, in questo momento - hanno tanto di permesso di soggiorno e di timbri in tasca, laddove molti clandestini sono bravissime persone che - come ho detto - lavorano nelle nostre case. Non è lì il discrimine ed è un grave errore concettuale: additare alla gente la clandestinità come delinquenza è profondamente sbagliato. Poi è inutile piangere quando avvengono certi episodi di razzismo e di violenza razzista, se addirittura nei testi di legge si lascia capire che questa è l'opinione del legislatore. In questo modo si legittimano certi comportamenti.

Vorrei ringraziare il collega Maritati che è intervenuto prima e mi rivolgo al rappresentante del Governo, il sottosegretario Caliendo, che non mi pare mi stia ascoltando con passione, piuttosto mi sembra che stia leggendo. Mi rivolgo al relatore: il collega Maritati ha richiamato prima un'interrogazione. Ho proprio bisogno dell'attenzione del rappresentante del Governo. Signor Presidente, potrebbe richiamare l'attenzione del sottosegretario Caliendo?

 

PRESIDENTE. Sottosegretario Caliendo, la senatrice Adamo la sta chiamando in causa.

 

CALIENDO, sottosegretario di Stato per la giustizia. La stavo ascoltando, senatrice Adamo.

 

ADAMO (PD). La ringrazio. Ne approfitto per chiederle se il Governo intenda rispondere ad una mia interrogazione che purtroppo è del luglio scorso, atto n. 4-00254, a firma mia e della collega Della Monica, in merito ad un bando sul controllo del territorio emesso dal Comune di Milano. Ho l'onore di venire da una città che anticipa molto. Questo bando per il controllo del territorio in collaborazione con le forze dell'ordine è stato vinto da due associazioni: una si chiama «Blue Berets» e il suo presidente appartiene ad un noto gruppo di estrema destra; l'altra è un'associazione di ex poliziotti il cui presidente è un nostro collega consigliere comunale di Forza Italia.

Al di là del fatto che la gara - in quanto tale - è stata piuttosto strana, dal momento che hanno vinto due organizzazioni che dovrebbero occupare il territorio e che sono di matrice politica, vorrei chiedere al Ministero dell'interno se è così che pensano di interpretare quell'articolo: i Comuni pubblicano un bando di gara cui partecipano associazioni di varia provenienza e i vincitori ottengono una delega ad esercitare il controllo del territorio che spetta alle forze dell'ordine? Ma stiamo scherzando? Vorrei ottenere prima o poi una risposta alla mia interrogazione, perché ormai sono passati cinque mesi e mi interessa sapere che cosa pensi il Governo di bandi simili, oltre che naturalmente di soggetti di questo tipo che vincono.

Tornando al provvedimento in esame, non voglio richiamare in questo intervento quegli articoli - su cui c'è stato un lavoro comune vero e che riguardano serissime questioni (dall'antimafia ad altri gravi problemi) - a cui non solo abbiamo contribuito, ma che sono eredità di un'elaborazione passata, grazie al fatto che in Commissione la maggioranza ha saputo recuperare l'elaborazione che era stata fatta dal Partito Democratico e l'opposizione ha saputo collaborare. Di questo si è già parlato e non ho problemi ad esprimere apprezzamenti. Tuttavia, se a leggere questo testo fosse il famoso marziano che non sa niente delle nostre vicende locali, esso sembra scritto da due mani diverse e da due parlamenti diversi.

Al di là delle questioni che ho già cercato di sottolineare, vorrei riprendere solo un punto: ho provato a rileggere tutti gli articoli che parlano degli stranieri e non quelli che parlano di delinquenza, anche se ci sono fenomeni di delinquenza connessi all'immigrazione, come sempre quando ci sono grandi movimenti migratori (e noi italiani ne sappiamo qualcosa); in questo testo di legge ci sono quindi articoli sacrosanti che centrano problematiche riguardanti reati connessi alla tratta e a tutti i fenomeni che, purtroppo, in molte situazioni accompagnano i grandi fenomeni migratori.

Mi riferisco però agli altri, a quelli che non c'entrano niente. Perché le modalità per avere il permesso di soggiorno devono trovare spazio in un provvedimento sulla sicurezza? Perché le condizioni igienico-sanitarie necessarie per avere l'iscrizione anagrafica devono trovare collocazione in un provvedimento sulla sicurezza? Perché l'opportunità che gli stranieri imparino la lingua italiana, eccetera, deve trovare tale collocazione, se non per una logica del tutto sicuritaria, in base alla quale problematiche sociali e culturali serie e pesanti, che andrebbero affrontate per perseguire delle politiche sull'immigrazione serie, vengono da noi risolte come fossero questioni sicuritarie che, dunque, hanno a che fare con la sicurezza. È un grave errore culturale di cui paghiamo e pagheremo il prezzo.

È un argomento triste colleghi, ma ho provato a capire come fa un cittadino straniero ad avere un permesso di soggiorno mettendo insieme le nostre ultime disposizioni: ebbene, sembra un gioco dell'oca (torna a via dei giardini, tenta ancora). Quella che viene proposta è una corsa ad ostacoli continua. Il brutto però - ed è questo che mi preoccupa, voglio essere molto sincera - è tutto ciò che c'è dietro, il fatto cio che si sta cominciando a delineare una specie di doppio diritto. Sono molto fiera di vivere nel mondo occidentale e semmai dovessi poter vantare degli elementi di superiorità culturale - parola che non mi piace usare - li riferisco alla concezione democratica dello Stato liberale. Mi domando quindi: possiamo noi avviarci a divenire una società di doppio diritto, dove ci sono delle persone che, pur vivendo qui regolarmente, rischiano di perdere i diritti da un momento all'altro?

Questi provvedimenti spingono verso la clandestinità persino chi ha già un permesso di soggiorno, non aiutano a uscirne. Abbiamo registrato l'appello della CGIL, il ministro Maroni si è detto disposto a parlarne, ma non se ne è più saputo niente. Se si restringe lo spazio di tempo che intercorre tra la perdita del lavoro e la perdita del permesso di soggiorno in una fase di crisi economica come questa, come si gestirà la situazione? Abbiamo infatti 700.000 clandestini e, restringendo tale periodo, rischiamo di procurarcene di più con le nostre mani. Sono queste le contraddizioni che, muovendo da un pregiudizio di tipo culturale da sradicare, rischiano di farci commettere degli errori.

Tralasciamo le questioni etiche su cui ognuno può avere opinioni diverse; capisco anche la paura di larghi strati di società; non mi riferisco però a problematiche inerenti la sicurezza (tutti hanno paura o meno a seconda delle proprie posizioni), ma alla paura di affrontare una trasformazione sociale che va verso quel meticciato di cui, piaccia o non piaccia, il nuovo Presidente degli Stati Uniti è lampante protagonista e che è un futuro a cui dobbiamo guardare. Possiamo anche pensare di chiuderci in casa, di sprangare porte e finestre, di andare al bel tempo antico; temo però che il mondo vada da quella parte e noi dobbiamo affrontare tutto ciò con coraggio e intelligenza, con tutte le cautele del caso, sapendo che larghi strati di popolazione possono aver paura ad affrontare questo futuro. Ma il compito di una classe dirigente è accompagnare verso il futuro, non tornare indietro verso il Medioevo, negando a strati di nostri cittadini, che lavorano qui da anni, che hanno qui la loro famiglia e i loro figli, i diritti che teniamo per noi.

Mi viene in mente - tanto siamo qui praticamente tra amici, per cui possiamo anche lasciarci andare - l'antica Sparta. Io non voglio vivere in una società che assomiglia a Sparta, con gli spartiati che hanno tutti i diritti, gli iloti liberi, ma senza diritti civili, e una moltitudine di schiavi. La metafora è chiara. Naturalmente noi non parliamo di schiavismo, ma va da sé che queste norme, finché non ci diciamo cosa ne facciamo di queste 700.000 persone, aumentano la clandestinità.

Se non ci fosse la nostra collega leghista siciliana che tutti i lunedì viene ad aggiornarci sull'entità dei nuovi sbarchi di clandestini, noi non conosceremmo più tale fenomeno, perché la stampa, da quando non c'è più il Governo Prodi, non ne parla. Quei disgraziati che sbarcano, cosa volete che sappiano delle nostre norme? Continueranno a sbarcare, se non c'è un governo internazionale di certi fenomeni. È quello il tema di cui dobbiamo occuparci.

Concludo con un appello, se possibile. Signor Sottosegretario, Governo, amici della maggioranza, è possibile svolgere una sessione sulla situazione dell'immigrazione in Italia e in Europa, con i dati alla mano, vedendo quali sono i fenomeni? Al collega della Lega - che è andato via - ovviamente danno molto fastidio i colorati; non so se si sta rendendo conto che ormai il 50 per cento degli immigrati è comunitario, che il 50 per cento dei processi migratori sono guidati da donne, non più da uomini. I dati indicano una trasformazione. A Milano vi sono scuole con il 30 o il 40 per cento di stranieri e qualcuno vuole fare le classi separate. Il 25 per cento delle piccole nuove aziende ha per titolare un immigrato, nel Nord produttivo che tira il Paese.

Vogliamo confrontarci con questi fenomeni? Vogliamo decidere che a quelli che lavorano qui, che hanno il permesso di soggiorno, che hanno tutti i santi crismi e sono onesti concederemo la cittadinanza e il diritto di voto, favorendo i ricongiungimenti? O pensiamo di spingere anche loro in una sorta di precarietà?

Io ho letto un signore che si chiamava Carlo Marx (lo abbiamo letto in pochi), il quale parlava di esercito di riserva. Dobbiamo ritrovarci lì? Con dei lavoratori in una fascia grigia che teniamo come esercito di riserva e che hanno dei diritti solo se noi siamo così ricchi da non aver bisogno, ma che siamo pronti a buttare a mare appena abbiamo un momento di crisi economica? Così non si può governare. Io, almeno, non voglio vivere in un Paese così. (Applausi dal Gruppo PD. Congratulazioni).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Giuliano. Ne ha facoltà.

GIULIANO (PdL). Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, mi preme innanzitutto esprimere il mio consenso e il mio appoggio all'impianto generale del disegno di legge all'esame, che forse per la prima volta, in maniera adeguata e secondo le necessità, offre strumenti necessari per garantire ai cittadini tranquillità, serenità e la possibilità di vivere nella legalità.

Mi preme poi in maniera particolare, signor Presidente, signori relatori, signor rappresentante del Governo, illustrare un emendamento a firma mia e di altri senatori che vivono nel territorio di tutte e cinque le Province campane: i senatori Coronella, Sarro, Vetrella, Compagna, Sibilia, Esposito, Izzo e Calabrò. Si tratta dell'emendamento 48.0.107, che sostanzialmente riassume un mio vecchio disegno di legge, che approdò anche all'Aula due legislature fa e che ho riassunto sotto forma di emendamento perché fosse esaminato in questo contesto.

Chiedo perciò all'Assemblea e, in modo particolare, al rappresentante del Governo di dedicare a questo emendamento una particolare attenzione, perché credo che, se approvato, signori relatori, possa rappresentare uno strumento agevole, peraltro di trascurabile impegno finanziario, ma di straordinaria efficacia nella lotta alla criminalità organizzata.

Voi tutti avrete sicuramente seguito le vicende relative all'ultima, recente strage di camorra avvenuta sul litorale domizio, nel Comune di Castel Volturno, e le drastiche misure che sono state immediatamente adottate per fronteggiare in maniera efficace, nell'area della Provincia di Caserta, la tragica, sanguinosa, crudele ed inammissibile avanzata della criminalità organizzata.

In quel territorio, onorevoli colleghi, come saprete, lo Stato e le stesse istituzioni democratiche sono quotidianamente aggredite e spesso calpestate ed umiliate da clan camorristici, tra i quali tristemente primeggia, per ferocia, capacità e forza intimidatorie, quello tristemente noto come clan dei Casalesi.

La Direzione distrettuale antimafia, la Direzione investigativa antimafia di Napoli ed i tutori dell'ordine da tempo sono impegnati per combattere quelle forze del male e non di rado riescono ad ottenere, con grandi sacrifici e con encomiabile impegno, risultati a volte insperati.

Tutto ciò però non è ancora sufficiente, perché la criminalità camorristica è tuttora forte, pressante ed incombente su una popolazione che avverte questa presenza e che spesso, impotente ed impaurita, rimane annichilita, soffrendo l'angoscia quotidiana di rimanere vittima di atti di violenza e di sopraffazione.

Le ultime, recenti misure hanno sicuramente stretto la morsa intorno alla vasta area delinquenziale, tant'è che hanno portato all'arresto di molti latitanti e alla individuazione dei responsabili di numerose gesta criminali. Ma non basta, perché la straordinarietà dell'intervento è purtroppo destinata ad essere limitata nel tempo, anche se ci auguriamo che le forze dell'ordine lascino quel territorio dopo che avranno ristabilito in maniera accettabile e duratura la legalità.

Bisogna allora pensare anche a riforme strutturali che migliorino il sistema e lo rafforzino. Bisogna pensare, in particolare, ad un sistema giudiziario con una consistente e significativa presenza territoriale, che riesca ad intervenire ed a mettersi in moto in tempi rapidi, dando risposte pronte ed eliminando allo stesso tempo sprechi di risorse umane e finanziarie, oltre a difficoltà strutturali ed organizzative.

Onorevoli colleghi, attualmente i reati di matrice camorristica sono di competenza della Direzione distrettuale antimafia di Napoli che ha giurisdizione su tutto il distretto della corte di appello di Napoli, su una popolazione cioè che comprende le Province di Napoli, Caserta, Salerno, Benevento ed Avellino: vale a dire circa 5 milioni di abitanti. Una corte che ha quindi dimensioni mastodontiche, di gran lunga superiore all'optimum generalmente indicato dagli esperti di organizzazione giudiziaria.

A ciò si aggiunga, ai fini della condivisibilità e sostenibilità dell'emendamento 48.0.107 (per la cui approvazione io mi rivolgo a tutta l'Aula, indipendentemente dalle barriere o barricate politiche che possono essere alzate), che ben il 40 per cento dei reati di camorra, signor rappresentante del Governo, vengono purtroppo consumati sul territorio casertano e che una pari percentuale di imputati vive e delinque in Provincia di Caserta.

Attualmente, pertanto, tra l'altro, accade che magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Napoli istruiscono processi per i quali, al momento del dibattimento, quasi sempre, in maniera sistematica, direi, vengono poi delegati, per sostenere l'accusa, magistrati del tribunale di Santa Maria Capua Vetere. Il che significa che il magistrato delegato, quello appunto di Santa Maria Capua Vetere, oltre ad essere sottratto al suo non lieve lavoro ordinario, deve leggere e studiare gli atti, sempre ponderosi, complessi e impegnativi, che già aveva formato, letto e studiato il suo collega della Direzione distrettuale antimafia: insomma, una inutile, faticosa e dispendiosa reiterazione che appesantisce ancora di più quella elefantiaca e lentissima macchina che è diventata la giustizia.

E ciò senza considerare che non di rado i magistrati della procura di Santa Maria Capua Vetere vengono delegati anche per attività di indagini, specie per quelle relative a processi di competenza della Direzione distrettuale antimafia ma iniziati o promossi dai pubblici ministeri sammaritani.

Con l'emendamento 48.0.107 in discussione si costituisce una nuova corte di appello in Caserta (che - faccio notare - è l'unico capoluogo di Provincia a non essere sede di tribunale: un fatto unico che si perpetua ormai nei decenni), e quindi, tra gli altri uffici che accompagnano questa istituenda corte di appello, vi sarebbe anche una Direzione distrettuale antimafia, con giurisdizione sui tribunali di Santa Maria Capua Vetere, Ariano Irpino e Nola, vale a dire su una popolazione di un milione di abitanti, che è un numero di persone che potremmo definire governabile.

Si tratterebbe perciò di un ufficio di dimensioni ottimali, rispetto alla effettiva domanda di giustizia di quella comunità, tenuto conto delle condizioni socio-economiche, del flusso dei procedimenti, del tasso di criminalità comune ed organizzata e, soprattutto, di alcune peculiarità locali che, ritenute straordinarie fino a pochi anni or sono (tant'è che per molti anni si è parlato di "fenomeno" della criminalità organizzata, a sottolineare la sua specificità, la sua straordinarietà), sono purtroppo diventate ordinarie.

La istituzione della nuova corte di appello, inoltre, rafforzerebbe, proprio in maniera fisica, la presenza dello Stato e rappresenterebbe un altro visibile e prestigioso simbolo della legalità.

Le popolazioni interessate e gli operatori del settore, signor rappresentante del Governo e signori relatori, ora stanno seguendo con viva apprensione questo momento ed attendono con straordinaria ed encomiabile fiducia che il Parlamento non li trascuri, anzi li aiuti a continuare a credere nello Stato, nella legalità e a coltivar l'ormai arida pianta della speranza.

Onorevoli senatori, da casertano e soprattutto da chi in quell'area ha operato come magistrato per moltissimi anni e sempre in territori difficili, sono fermamente convinto e vi assicuro che l'innovazione che caldeggio e che insieme a me sostengono anche i senatori che prima ho nominato (che fra l'altro alleggerirà in maniera consistente l'enorme mole di lavoro della corte di appello di Napoli) rappresenti uno strumento particolarmente duttile ed efficace per fronteggiare e combattere la criminalità organizzata.

Questa mia ferma convinzione, unitamente ai voti di una popolazione che attende con fiducia che lo Stato mostri il suo interesse e la sua partecipazione verso la straordinarietà di una situazione divenuta angosciante, mi induce a chiedervi in maniera veramente accorata il sostegno di tutti.

Invito pertanto tutti i colleghi a guardare con attenzione a questo caso. È un momento forse unico per la Provincia di Caserta perché possa essere offerto a quel territorio uno strumento di poco impegno finanziario, se non pressoché nullo, ma di straordinaria efficacia, in una lotta che è difficile, che vede spesso i cittadini ritirarsi perché intimoriti, perché hanno perso speranza e fiducia. Sta a noi restituire con questo gesto, che ha una simbolicità unica, un valore pregnante di incredibile visibilità, fiducia e speranza.

Chiedo quindi a tutti i componenti dei Gruppi di appoggiare questo emendamento in particolare e di contribuire in tal modo alla rinascita della fiducia e della speranza in quel territorio. (Applausi dal Gruppo PdL. Congratulazioni).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Ceccanti. Ne ha facoltà.

CECCANTI (PD). Signor Presidente, vorrei proporre in dieci flash le preoccupazioni su questo provvedimento.

Il collega Rizzi della Lega diceva prima che c'è una domanda sociale prorompente in termini di sicurezza. Nessuno nega che ci siano giustamente preoccupazioni di tenuta sociale, rispetto a questo tema, e paure da far scomparire con un'azione credibile dei pubblici poteri, però c'è modo e modo di farlo: non ogni modo può essere giustificato, in particolare non ogni modo corrisponde con gli intenti e con i valori della Costituzione, con i fondamenti culturali della nostra civiltà.

Procedo con ordine. Ci sono cinque profili che ledono pesantemente le caratteristiche di dignità umana delle persone, tutelate nel nostro ordinamento.

L'articolo 39 del disegno di legge, che subordina il rilascio di tutti gli atti di stato civile (compresi quelli relativi alla filiazione, ma anche al matrimonio) alla titolarità del permesso di soggiorno, pone limiti fortissimi alla tutela dei diritti civili primari e lede, come ho già ricordato l'altro giorno, quel particolare primato della famiglia fondata sul matrimonio, che l'articolo 29 della Costituzione configura a difesa di forme troppo forti di invadenza dello Stato. È un punto chiave rispetto a questa normativa.

In secondo luogo, l'articolo 47 del provvedimento, sul rimpatrio dei minori comunitari che esercitano la prostituzione, è irragionevole dal punto di vista della logica della norma, perché costoro sono nel nostro Paese proprio con il consenso delle famiglie di origine, per cui riportiamo questi minori nelle famiglie che li hanno indotti a prostituirsi. Per di più, ciò lede la direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, che prevede misure del genere «soltanto in circostanze eccezionali, qualora vi siano motivi imperativi di pubblica sicurezza», come recita la direttiva, e quindi stiamo andando ad una violazione mediata dell'articolo 117 della Costituzione, secondo il quale le direttive sono norme interposte nel giudizio di costituzionalità.

Il terzo aspetto è quello del permesso di soggiorno a punti dell'articolo 41, il cosiddetto «accordo di integrazione» tra lo straniero e lo Stato: si rinvia il tutto ad un regolamento governativo per queste misure e ciò comporta una palese violazione dell'articolo 10 della Costituzione, che sancisce una riserva di legge, peraltro rinforzata, in materia di disciplina della condizione giuridica dello straniero. Per di più, non si escludono dalla possibilità di espulsione i titolari di protezione umanitaria, i rifugiati e gli asilanti, in chiara violazione del diritto internazionale e del diritto comunitario.

Il quarto aspetto, il trattenimento dello straniero nei centri di identificazione e di espulsione (articolo 39, comma 1, lettera l) viola palesemente la direttiva della Comunità europea «Migration Policy», che invece si invoca a sostegno, la quale prevede che il termine massimo di diciotto mesi valga solo per i casi di resistenza all'identificazione, non per la mera difficoltà dell'accertamento.

Inoltre, quinto ed ultimo rispetto a come il testo viola il principio della dignità umana, l'articolo 44 sulla schedatura dei clochard pone dei problemi molto seri, perché si rinvia tutto ad un mero decreto ministeriale, quando invece qui si tratta di dignità della persona e anche di tutela del dritto alla privacy.

Ci sono altri due aspetti nel testo vigente che violano invece la credibilità delle istituzioni. Vorrei insistere in particolar modo sulla questione delle cosiddette ronde di cui all'articolo 46, su cui anche oggi il periodico «Famiglia Cristiana» ha insistito in particolare per criticare questa legge, perché, vedete, quando noi creiamo un sistema in cui teorizziamo che, in nome del principio di sussidiarietà, delle realtà private entrino così in contatto sulla funzione di ordine pubblico e sicurezza, andiamo a colpire la credibilità di una risposta dello Stato e la logica stessa dello Stato, cioè il monopolio legittimo dell'uso della forza. Con questo articolo è come se lo Stato si volesse spossessare di questo primato legittimo dell'uso della forza e ricorresse ad attività di privati per il presidio del territorio, in violazione dell'articolo 13 della Costituzione, che sancisce una riserva di legge rispetto all'adozione di provvedimenti limitativi della libertà personale che potrebbero derivare da questo concerto; e, per di più, qui c'è il problema dei limiti alla libertà di associazione e al divieto di associazioni paramilitari che viene in luce.

L'altro aspetto (settimo punto), il secondo che va a colpire la credibilità dello Stato, è la norma-manifesto sull'immigrazione irregolare, che passa da reato penale, com'era nella prima versione, a reato amministrativo, ma in sostanza aggraverà il contenzioso giudiziario con l'unico effetto, uguale ad oggi, che ne conseguirà il provvedimento amministrativo dell'espulsione.

Gli ultimi tre punti, invece, sono relativi agli emendamenti in particolar modo dei colleghi della Lega, tre emendamenti decisamente preoccupanti. L'emendamento 39.305, del senatore Bricolo ed altri, prevede, rispetto alle prestazioni sanitarie, che in caso di rifiuto del richiedente alla corresponsione di quanto dovuto, le strutture sanitarie ne trasmettano segnalazione all'autorità competente, quindi praticamente vincola il diritto alle condizioni economiche e fa una norma-fotografia della condizione di povertà, fondamentalmente di extracomunitari, per spingerli a non usufruire del diritto alla salute, nel timore di possibili conseguenze rispetto alle segnalazioni all'autorità competente. C'erano state versioni ancora più preoccupanti, rispetto al diritto all'assistenza sanitaria, ma questa resta profondamente incostituzionale e, direi, antiumana.

Lo stesso dicasi per quanto riguarda l'idea dell'emendamento 41.300, del senatore Bricolo ed altri, in cui praticamente si applica retroattivamente la cosiddetta disciplina dell'accordo di integrazione, che poi è il permesso di soggiorno a punti, anche agli stranieri che sono già in possesso del permesso di soggiorno e quindi con una deminutio dei loro diritti. Qui si incorre nel noto principio, rispetto alla tutela dei diritti civili e sociali, del divieto di reformatio in peius, cioè una volta conseguito un determinato standard di godimento dei vari diritti non si può recedere da questo livello, pena una profonda violazione del senso profondo della nostra Costituzione.

Non meglio si può dire dell'emendamento 54.0.301 del collega Bricolo, in cui si vogliono, in sostanza, proibire forme di velo islamico; si procede in questo senso in una maniera tale che è persino peggiorativa rispetto al vecchio Testo unico di pubblica sicurezza vigente in periodi non particolarmente esaltanti della nostra storia. È scritto in un modo tale infatti che è obiettivamente pericoloso per molte persone.

In particolare, si afferma che: «È vietato in luogo pubblico o aperto al pubblico l'uso di indumenti o di qualunque altro mezzo atti a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona». Sarebbe comprensibile se si parlasse di impossibile riconoscimento della persona - che, peraltro, è una normativa già vigente - ma con l'espressione "difficoltoso" in connessione al riconoscimento della persona noi affidiamo all'interprete di questa legge la possibilità di colpire le persone più varie.

Ciò vale anche per il comma 2 dello stesso emendamento dove si legge: «Gli indumenti imposti da motivi religiosi sono parte integrante degli indumenti abituali e concorrono nel loro insieme ad identificare chi li indossa, purché portati in modo tale da rendere i tratti del viso ben riconoscibili». La dicitura non è «riconoscibili», ma «ben riconoscibili». Riusciamo ad immaginarci quali margini di limitazione alla libertà di espressione offre all'interprete la locuzione «ben riconoscibili» rispetto a cittadini che magari non conoscono bene la lingua e che avranno difficoltà a difendersi dall'accusa di non essere ben riconoscibili?

In conclusione, vorrei dire questo: i colleghi della Lega da cui derivano parte di queste iniziative hanno insistito, quando abbiamo esaminato il Trattato di Lisbona, con vari ordini del giorno sulle radici cristiane dell'Unione europea. Ora, sul termine radici cristiane si possono dire molte cose, dubito però che si possa parlare delle radici cristiane dell'Europa prescindendo dai criteri del giudizio finale di cui al capitolo 25 del Vangelo di Matteo.

Com'è noto, nei criteri del giudizio finale descritti nel capitolo 25 del Vangelo di Matteo si dice: «Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato». A me non sembra che questa logica dell'«ero forestiero e mi avete ospitato» stia in varie parti di questo testo e, in particolare modo, negli emendamenti della Lega. È sempre pericoloso fare citazioni evangeliche prese a sé stanti, ma ricordo, anche in termini di realismo cristiano, quello che dice il paragrafo 298 del compendio della dottrina sociale della Chiesa: «La regolamentazione dei flussi migratori secondo criteri di equità e di equilibrio è una delle condizioni indispensabili per ottenere che gli inserimenti avvengano con le garanzie richieste dalla dignità della persona umana. Gli immigrati devono essere accolti in quanto persone e aiutati, insieme alle loro famiglie, ad integrarsi nella vita sociale. In tale prospettiva va rispettato e promosso il diritto al ricongiungimento familiare».

Ecco, se sostenete questi emendamenti, se sostenete queste norme che limitano il diritto di contrarre matrimonio, che limitano il diritto di indossare abiti che segnalano la propria religione con pericolose tendenze a una limitazione dei diritti personali, non fate poi la retorica delle radici cristiane dell'Europa perché, oltre che violare la Costituzione, violate questi principi che ci provengono da questa tradizione e di cui la Costituzione è una delle forme più elevate di secolarizzazione. (Applausi dal Gruppo PD).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Marino Mauro Maria. Ne ha facoltà.

MARINO Mauro Maria (PD). Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, penso che, nonostante si sia in pochi, abbia senso intervenire in questo dibattito, se non altro affinché vengano messi a verbale alcuni aspetti che temo si riveleranno estremamente reali e concreti, fra non molto tempo, quando si paleseranno nei loro effetti e usciranno dalla dimensione meramente mass-mediatica, per andarsi, invece, a confrontare con la vita quotidiana di tutti i cittadini.

Il disegno di legge n. 733 reca disposizioni in materia di sicurezza pubblica e contiene una normativa svariata, in parte assolutamente nuova e in parte innestata su leggi esistenti, con modifiche che in alcuni punti - bisogna riconoscerlo - rispondono alle sfide di evidenti criticità e ad oggettive esigenze sociali di ordine e giustizia e che pertanto sono da considerare condivisibili sotto il profilo della lotta al crimine, nella misura in cui non debordano da questo ben definito ambito.

Il testo in esame, purtroppo, però, risulta viziato - e, si potrebbe aggiungere, intenzionalmente inquinato - dall'impropria e illegittima intrusione di disposizioni di ben altra natura, portatrici di intolleranza e xenofobia, concernenti in particolare il fenomeno dell'immigrazione, sia regolare, sia illegale: una materia che non dovrebbe essere assimilabile alla codificazione dei delitti di pena applicabili a reati di gravità infinitamente maggiore, quali quelli commessi dalle mafie, che quasi quotidianamente soffocano, e qualche volta insanguinano, tante parti del Paese. Su questo aspetto, però, tornerò dopo, con una considerazione di carattere più generale.

Il provvedimento in esame fa infatti parte del cosiddetto pacchetto sicurezza, emanato a maggio, che prevedeva un decreto-legge, che - com'è normale - è già passato all'esame di questa Camera, e un disegno di legge: un pacchetto completo, quindi.

Il decreto-legge fu varato in fretta, tanto che addirittura lo si è già dovuto correggere con un altro decreto-legge: questo ci fa pensare al significato dell'uso e dell'abuso della decretazione d'urgenza. Lo si è corretto per la parte che riguardava la presenza dei soldati ed il numero del contingente dei soldati sulle strade. Esso, però, prevedeva anche alcuni contenuti assolutamente condivisibili, che si rifacevano a norme già presenti nel decreto Amato. Conteneva, inoltre, una serie di norme manifesto - permettetemi di definirle così, poi tornerò un attimo su questo concetto - che servivano per colpire fondamentalmente l'opinione pubblica e - come ha ammesso anche uno dei due relatori - a dare il senso dell'immediatezza della risposta del Governo alle promesse elargite durante la campagna elettorale. Forse, però, ciò è stato fatto non con quell'adeguata e coerente attenzione che sarebbe necessaria quando, usciti dalla fase della campagna elettorale, invece, si incide realmente sulla qualità della vita dei cittadini.

Da ultimo, nel decreto-legge, venivano anticipati anche alcuni contenuti del disegno di legge: si creavano, cioè, le condizioni prodromiche perché questo potesse avvenire. Veniva introdotta come aggravante l'ipotesi dell'immigrazione clandestina e i centri di permanenza temporanea venivano trasformati nella loro denominazione - questo aspetto è paradossale, perché contenuto all'interno di un decreto-legge - in centri di identificazione e di espulsione.

Devo dire che allora criticai molto l'uso del decreto-legge, in parte per gli aspetto cui ho appena accennato, ma anche per la carenza di quei requisiti di necessità, urgenza ed omogeneità della materia che dovrebbero essere elementi fondamentali per la sussistenza del decreto-legge.

Oggi, però, faccio pubblica ammenda, alla luce di quanto è successo, su quella mia critica relativa all'abuso dello strumento del decreto-legge: seguire l'iter normale, infatti, ha fatto sì che questo disegno di legge, dopo l'esame delle Commissioni riunite 1ª e 2ª, risulti assolutamente peggiore, dal mio punto di vista, addirittura del testo proposto dal Governo.

Cos'è successo? Semplicemente che le politiche della sicurezza sono state riscritte da una decina di emendamenti presentati dalla Lega Nord. Questi, più che badare alla sostanza, intesa come effettività e come possibilità di raggiungere il risultato, come attenzione - tante volte proclamata all'interno di quest'Aula - alla qualità della vita dei cittadini, sembravano invece dare più peso all'impatto che questa norma avrebbe potuto produrre, nel suo effetto annuncio, soprattutto sulle popolazioni del Nord Italia, con conseguenze concretamente paganti (come anche recentemente si è visto, nelle elezioni ultime del Trentino) rispetto a una parte, ma penso che non lo siano per il bene del Paese.

Già in precedenza avevo avanzato in Aula una serie di riflessioni sul significato dell'uso scientifico che veniva fatto di queste norme manifesto. In questo caso siamo persino arrivati a un livello ulteriore. Non solo si prescinde dalla sostanza, ma si cerca di fatto di creare una specie di circolo vizioso in cui prima si alimenta la paura, spesso si strumentalizzano i dati che riguardano la sicurezza dei cittadini (non ritorno su quanto avevo già dichiarato la scorsa volta, ma lo studio inviatoci da ASTRID faceva capire la differenza, man mano che ci si allontana dal proprio territorio, nella percezione della sicurezza da parte dei cittadini) e, dopo che si è messo in moto questo processo, contemporaneamente si fa finta di dare risposte.

Tuttavia, nella profonda discrasia che c'è fra la paura alimentata e la risposta a effetto immagine data, in quello spazio si va ad annidare l'insicurezza potenziale dei cittadini e il peggioramento conseguente della qualità della vita degli stessi. In questo alternarsi tra paura e speranza si apre un baratro che finirà per allontanare i cittadini dalle istituzioni, perché si creerà un meccanismo di aspettativa a cui non saremo in grado di venire incontro e alla fine rischieremo di perdere veramente tutti. Nello scollamento tra l'insicurezza reale e quella percepita lo spazio sarà quello del vuoto delle istituzioni.

Noi stiamo affrontando un disegno di legge che si occupa di sicurezza, ma al suo interno, al di là delle amenità che abbiamo visto sull'utilizzo dei soldati (parlo di amenità non con mancanza di rispetto, ma con riferimento all'impossibilità di ottenere gli obiettivi posti), troviamo una sola norma che preveda l'aumento della retribuzione delle forze dell'ordine? Troviamo una sola norma che rappresenti un'inversione di tendenza rispetto al DPEF, in cui è prevista la diminuzione di 8.000 uomini nell'arco di tre anni? Troviamo una sola norma che dia il senso della possibilità di aumentare la capacità di intervento delle forze dell'ordine sul territorio? No, non c'è assolutamente nulla, ma c'è la capacità di impattare sull'esterno il fatto che ci si occupa dei cittadini del Nord. Ho fatto questo cenno per sottolineare come la possibilità di vedere riscritte queste norme ha tragicamente prodotto un effetto negativo.

Devo ad ogni modo precisare che il provvedimento contiene alcuni contenuti condivisibili. In particolare, ci sono alcune norme introdotte in Commissione (anche su proposta del mio Gruppo), specialmente in materia di criminalità organizzata, di tutela penale rafforzata nei confronti di donne e minori stranieri vittime di sfruttamento e dell'immigrazione clandestina, e altre norme riprese dall'articolato dei quattro disegni di legge presentati nella scorsa legislatura dal ministro dell'interno Amato, che sicuramente hanno elementi di positività.

Tuttavia, a fronte di ciò, permettetemi di sottolineare che ci sono molte norme che sono innanzitutto disposizioni di dubbia legittimità costituzionale, che però colpiscono e fanno rumore; il rischio tuttavia è che facciano molto più rumore nelle chiacchiere da bar che non all'interno delle aule dei tribunali. Molte di queste incongruenze sono state evidenziate da altri miei colleghi che sono intervenuti prima di me e che hanno illustrato i limiti di questi norme, quindi non ci tornerò.

 

Mi soffermerò ancora qualche istante su un tema, quello dell'immigrazione, sul quale, come avevo già accennato all'inizio del mio intervento, si è perso il senso delle proporzioni. Di cosa si tratta? Si tratta di assecondare le paure più ingiustificate ed eccessive, i pregiudizi più vieti e incivili? Si tratta di dare in testa all'immigrato, al diverso di lingua e cultura, ai più sfortunati, deboli e diseredati? Si tratta di questo? Con quale criterio, con quale logica - dobbiamo infatti chiederci - si affastellano nello stesso testo di legge, si gettano come in un frullatore, elementi fra i più disparati ed eterogenei, estranei gli uni agli altri, quali il delitto di mafia e il diritto al matrimonio dell'immigrato, i guadagni della criminalità organizzata e il permesso di soggiorno a punteggio per lo straniero, la condanna del criminale incallito e l'espulsione dell'innocuo clandestino o minore straniero già vittimizzato dai nuovi schiavisti, la videosorveglianza dei luoghi pubblici e il test di lingua italiana o la stipula di un accordo di integrazione per il permesso di soggiorno dello straniero? Non potevano, o non potrebbero ancora, gli elementi attinenti all'ambito dell'immigrazione e della cittadinanza costituire un dispositivo a sé stante, venire stralciati da questo farraginoso disegno di legge dove c'entrano solo per rispondere ad esigenze, come dicevo prima, di immagine? Un disegno di legge che, come recita il titolo ufficiale, dovrebbe essenzialmente garantire la sicurezza pubblica dagli attacchi della micro e macrocriminalità. Ce lo possiamo o no dire che ciò cui bisognerebbe porre mano, come diceva giustamente la collega Adamo, è la legge Bossi-Fini, quella stessa legge la cui potenziale riforma era stata prevista dopo un periodo di adattamento? E invece no, si interviene a spot, in maniera non articolata, non approfondita, non organica, senza una visione globale di insieme, andando a colpire fondamentalmente i più deboli.

Cosa ha a che fare la repressione di elementari diritti umani degli immigrati, regolari e clandestini, con la repressione della criminalità organizzata? Assolutamente nulla. Ed è tale distorsione della realtà e della verità, tale forzatura, tale violenza al comune buon senso ed alle migliori regole della civiltà giuridica, paradosso dell'improprio connubio fra immigrazione e criminalità, ad inficiare un disegno di legge che, come ripeto, pur presenta aspetti di opportunità, urgenza e condivisibilità.

Ma un criterio, una logica e una strategia in questo guazzabuglio concettuale di criminalità e immigrazione sono ravvisabili. Purtroppo, ci sono. Sono il criterio, la logica e la strategia del pregiudizio; il disegno politico di accostare, fino ad identificare, l'immagine dell'immigrato, dello straniero, con l'immagine del criminale, del nemico.

Solo coloro che hanno conosciuto, come anche alcuni colleghi in quest'Aula - penso, ad esempio, al collega Randazzo - per esperienza diretta sulla loro pelle, le prove e i traumi, prima dello sradicamento e poi del riadattamento, prima dell'emigrazione e poi dell'immigrazione, le gioie dell'accettazione e della solidarietà e i dolori del rigetto, le vittorie e le sconfitte del multiculturalismo in distanti angoli della terra, solo costoro possono capire quanta insensibilità e, sotto certi aspetti, anche quanta disumanità vi sia in alcune delle nuove norme sull'immigrazione contenute in questo disegno di legge, ai cui punti salienti accenno molto brevemente.

Penso al test di lingua italiana per l'accettazione formale e definitiva dei nuovi arrivati. Quanti milioni di italiani, di ogni epoca, di ogni età, di ogni condizione sociale e di ogni grado di scolarizzazione o di analfabetismo, che hanno raggiunto svariati livelli di prosperità sotto i cieli stranieri sarebbero stati respinti se i grandi Paesi d'immigrazione che li hanno ospitati avessero imposto loro l'obbligo della conoscenza preventiva delle lingue locali? Problema che comunque non si risolve con il sistema delle classi differenziate, con l'emarginazione, con l'esclusione del diverso.

Si contempla poi il permesso di soggiorno a punti, che possono conquistare come voti scolastici fino alla lode e al premio, oppure perdere fino al castigo e all'espulsione; al contempo, si ipotizza l'astrusa norma di un contratto d'integrazione come condizione del permesso di soggiorno.

 

C'è ancora il reato di immigrazione clandestina di cui il relatore ha lamentato la derubricazione da delitto da codice penale a contravvenzione punibile con ammenda da cinquemila a diecimila euro. Ma non poteva che essere così. I motivi sono stati spiegati nei vari interventi in Commissione. Diversamente sarebbe stata soltanto la paralisi del sistema giudiziario e delle carceri.

Altre violazioni di diritti umani e di norme internazionali, e persino di princìpi sanciti dalla nostra Costituzione, si ravvisano nell'estensione del termine massimo di detenzione, perché di questo si tratta, dello straniero nei centri di identificazione ed espulsione dagli attuali 60 giorni a 18 mesi, snaturando contemporaneamente e creando le condizioni per un ruolo diverso dei vecchi centri di permanenza temporanea, e soprattutto - permettetemi - nella subordinazione del diritto di matrimonio, che fa parte delle libertà fondamentali degli esseri umani, alla cittadinanza.

Quando ancora a tutto questo si aggiungono le discriminanti disposizioni per un registro dei senza fissa dimora, e per l'istituzione di ronde civiche, di vigilantes, s'intuisce perfettamente che nelle categorie più deboli, indifese ed emarginate della società che si vogliono in particolare colpire ci sono proprio al primo posto, fra i più esposti e vulnerabili, tanti immigrati, l'anello debole della catena di un ordine razziale ancora da purificare secondo i canoni di una certa teologia pagana e padana.

Sia chiaro a tutti che nulla al mondo, nessuna legge, anche la più draconiana, nessuno sbarramento di cemento o filo spinato, nessuna potenza navale, potrà bloccare il fenomeno degli arrivi dei clandestini, perché ci sarà sempre una parte di sventurati che un varco lo troverà ad ogni costo, anche a costo della vita, come avviene in quella tomba d'acqua che è diventato ormai il Canale di Sicilia. Il rischio della morte non può far paura a chi ogni giorno contempla con i propri occhi la morte dalla fame o dalla guerra o dal genocidio.

Se non si apre la porta a chi bussa, chi bussa avrà la tentazione o la necessità di

sfondare la porta. Con questa legge, impietosa, voluta ed imposta soprattutto dalla Lega Nord, ci troviamo di fronte ad una prospettiva di discriminazione istituzionalizzata elevata a sistema, l'ipocrisia senza fine! In un'Italia che continua a definirsi solidale e cristiana, dove molti dei politici promotori di questo disegno di legge quando ne hanno convenienza si ergono a paladini dei valori della Chiesa, la macabra realtà è che non si ha vergogna a difendere e diffondere una guerra alle minoranze.

Sono questi i motivi che ci devono indurre ad una profonda riflessione, che ci portano a mettere a verbale queste considerazioni, sperando che un giorno non si possano e non si debbano realizzare e non si debba affermare: lo avevamo detto!

Penso che, alla luce di tutto questo, l'unica amara considerazione conclusiva è che all'atto della sua probabile approvazione il disegno di legge n. 733 sarà una legge da farci arrossire, agli occhi dell'Europa e del resto del mondo civile, senza contribuire significativamente a risolvere i reali problemi collegati alla sicurezza dei cittadini italiani. (Applausi dal Gruppo PD. Congratulazioni).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Li Gotti. Ne ha facoltà.

LI GOTTI (IdV). Signor Presidente, il Gruppo dell'Italia dei Valori condivide molte norme del testo proposto dalle Commissioni. Infatti, come è stato ricordato anche dal presidente Vizzini, il disegno di legge governativo ha ripreso in molte parti i contenuti dei disegni di legge nn. 583 e 617, presentati dall'Italia dei Valori.

Quindi, su molte norme ci ritroviamo e le condividiamo; ciò che sicuramente manca a questo provvedimento è il completamento. Ossia, nel momento in cui si interviene modificando norme, inasprendo sanzioni, inserendo nuovi tipi di reati, ancor più marcato appare il vuoto, che tuttora persiste, derivante dall'assenza di iniziative da parte del Governo in materia di modifica del processo. Parliamo di sicurezza, di necessità di rispondere alle esigenze dei cittadini secondo le nostre diverse angolazioni e prospettazioni - è chiaro che ognuno di noi può avere proprie convinzioni - ma ciò che manca e che ci accomuna nel giudizio è che tutto quello che andiamo a fare cade in un settore malato della giustizia, quello del processo: il grande malato del sistema.

Obiettivamente, fa sensazione rileggere quanto è venuto a riferirci in Commissione giustizia il Procuratore nazionale antimafia, che ha affermato che i punti deboli della lotta alla mafia, che sicuramente esistono, sono i punti deboli di tutto il sistema; per una strana correlazione, infatti, l'azione antimafia viene bloccata dalla lentezza dei processi. Egli si chiedeva anche, nel documento depositato agli atti della Commissione, come si concilia l'esigenza di accelerare il corso della giustizia con la circolare del Ministero della giustizia che invita comunque a ridurre le spese ed a far funzionare al minimo gli uffici.

Questo è quanto scritto nel documento che ci è stato consegnato. Su questo fronte c'è allora un totale vuoto. Continuiamo a muoverci nella direzione dell'inasprimento, intervenendo sulla parte sostanziale del diritto, e ad essere totalmente assenti sulla parte processuale, cioè sulla macchina che poi deve consentire la celebrazione dei processi, l'effettività della pena e l'ineluttabilità delle decisioni.

Quando nella scorsa legislatura - i cui testi in questa materia sono stati ripresi anche dal Governo - affrontammo tale problema lo facemmo nella contestualità della proposta di riforma dei codici. Non pensammo ad un intervento che potesse avere una sua efficacia in assenza di un contemporaneo intervento sui codici processuali, tant'è vero che il Governo si mosse prospettando soluzioni processuali che riguardavano la possibilità di celebrare i processi. La fine della legislatura ha impedito questo percorso, ma era una visione di insieme, era armonica: si interveniva sul piano sostanziale e sul piano processuale.

Invece ciò cui noi stiamo assistendo è che si interviene dal punto di vista sostanziale inasprendo le pene o individuando nuovi reati, però non si interviene sul processo. Si tagliano le risorse (e vale sempre ricordare che, nell'arco di un triennio, le risorse per la giustizia verranno defalcate del 40,5 per cento) e si taglia il personale del 10 per cento. Si incide quindi su quella macchina che dovrebbe fornire le risposte a quanto viene scritto sulla carta.

Ci sarà occasione, nel prosieguo dell'esame del disegno di legge, di intervenire in maniera più specifica sui singoli articoli, ma su due in particolare, che sono devianti rispetto a quello che era comunque uno spirito costruttivo, vorrei rassegnare già questa sera qualche breve riflessione. Vorrei spiegare in primo luogo perché questo è un provvedimento che contiene una norma di mera propaganda.

Con l'articolo 19 si introduce il reato di ingresso e di permanenza irregolare sul territorio dello Stato. Già appare singolare il fatto che, sino alle ore 23 del 4 novembre scorso, presso le Commissioni riunite affari costituzionali e giustizia, il testo proposto dal Governo prevedeva che il reato di ingresso irregolare fosse punito con una pena da sei mesi a quattro anni. Alla fine di quella stessa sera, in fase di votazione degli emendamenti, il Governo ha presentato un altro emendamento con il quale proponeva per il medesimo reato che non vi fosse più una pena da sei mesi a quattro anni, il processo per direttissima e l'arresto obbligatorio (questa era la norma al nostro esame fino alle ore 23 del 4 novembre), bensì che esso non fosse più un delitto, ma una contravvenzione: non più arresto obbligatorio, né processo per direttissima, ma semplicemente ammenda da 5.000 a 10.000 euro con applicazione in riferimento specifico alla normativa del giudice di pace.

Pensate veramente che l'immigrato irregolare paghi l'ammenda di 5.000 euro? Non credo che voi lo pensiate, anche perché sapete benissimo che il giudice di pace, nel momento in cui il condannato è insolvente, può e deve applicare altri tipi di pene. Quali sono le altre pene che dovrà applicare?

 

PRESIDENTE. La invito a concludere, senatore Li Gotti.

 

LI GOTTI (IdV). Ancora due minuti, Presidente.

 

PRESIDENTE. Le ho già concesso due minuti in più, perché non c'è un contingentamento. Prego, senatore Li Gotti, concluda.

LI GOTTI (IdV). Il giudice di pace che cosa potrà fare? Qualora il condannato lo richieda, deve sostituire l'ammenda con un lavoro di pubblica utilità per sei mesi. Sennonché sappiamo che questo non è possibile, perché se non si è regolari non si può svolgere un lavoro di pubblica utilità per le Regioni, le Province, i Comuni e altri enti, dal momento che occorre aprire una posizione assicurativa, previdenziale e assistenziale.

Quindi, questa soluzione è impraticabile. Allora, il giudice di pace dovrà convertire la pena pecuniaria con l'obbligo di permanenza domiciliare il sabato e la domenica: questa è la legge. Ossia, l'immigrato irregolare, condannato a 5.000 o a 6.000 euro, essendo insolvente e non potendo pagare l'ammenda, otterrà la conversione di quella pena in obbligo di residenza nel proprio domicilio il sabato e la domenica. Difficilmente, però, l'irregolare che sbarca nel nostro Paese ha un domicilio; pertanto, la normativa è inapplicabile e quindi mi chiedo a cosa serva.

Non avete invece riflettuto sufficientemente sulle conseguenze enormi che questo provvedimento produrrà sul nostro sistema, perché prevedendo la punizione sia dell'irregolare che fa ingresso (reato istantaneo), sia dell'irregolare che si trattiene nel nostro Paese (reato permanente), fermo il principio dell'obbligatorietà dell'azione penale, la platea dei destinatari dei processi è costituita da centinaia di migliaia di persone, vale a dire che tutti gli irregolari nel nostro Paese devono essere processati.

Il Ministero ha anche calcolato quanto potrà costare quest'operazione; fece questo conto esclusivamente quando la norma riguardava gli irregolari che attraversavano il confine, stimandoli in 49.050 (ora, con questa fattispecie, diventano centinaia di migliaia e non più circa 49000); fu stimato, inoltre, un costo di 650 euro a testa per il gratuito patrocinio. Moltiplicando 650 euro - calcolo effettuato dal Ministero nella scheda tecnica allegata al disegno di legge - per centinaia di migliaia di posizioni, si evince quale risultato economico produrrà la norma in esame: verranno spesi centinaia di milioni per svolgere processi che non produrranno nessuna utilità. Mi domando allora se c'era bisogno di mettere in moto questa macchina giudiziaria, già in affanno, appesantendola di centinaia di migliaia di processi, con un esborso di alcune centinaia di milioni; a quale risultato si intendeva arrivare?

L'articolo 13 del decreto legislativo n. 286 del 1998 prevede già l'espulsione amministrativa con accompagnamento alla frontiera. Se, modificando l'articolo 16 del suddetto provvedimento, prevedete la sanzione penale dell'espulsione, che viene eseguita con le modalità di cui al comma 4 dell'articolo 13 (ossia quelle dell'espulsione amministrativa) si poteva e si può arrivare ad applicare l'espulsione amministrativa, che è disposta proprio nel caso in cui lo straniero è entrato nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera e non è stato respinto. La procedura dell'espulsione, inoltre, è sempre eseguita dal questore con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica.

Mi chiedo allora per quali ragioni non seguiate questa via. Il problema è che non si riesce a farlo. Visto che la soluzione è sempre l'espulsione (cioè voi prevedete comunque l'applicazione dell'articolo 13, comma 4, del decreto legislativo n. 286 del 1998), quindi si deve arrivare comunque a questo risultato, che bisogno c'era di passare attraverso questo pesante aggravio per il sistema giustizia in affanno, celebrando processi inutili con sanzioni inutili e con costi enormi?

Questa al nostro esame è chiaramente una norma manifesto, perché non ha risultati pratici se non un danno enorme per l'Erario; non ci sono aspetti concreti perché l'espulsione amministrativa è già prevista dal nostro sistema e ha già superato il vaglio di costituzionalità con una sentenza della Corte costituzionale del 2004: perché non applicate quella norma? La difficoltà di applicazione della norma non viene risolta dal passaggio attraverso la celebrazione di centinaia di migliaia di processi.

L'altra norma che rappresenta sicuramente qualcosa di veramente grave è l'inserimento, nell'articolo 46, del concorso delle associazioni tra cittadini al presidio del territorio. Cosa significa? Gli enti locali (non sappiamo quali essi siano), previo parere del comitato provinciale (non è un parere vincolante, è un semplice parere), sono legittimati ad avvalersi delle associazioni tra cittadini (non sappiamo cosa siano tali associazioni, come si costituiscano e attraverso quali modalità, chi ne possa far parte e una serie di altre cose), ma non ai fini della denunzia.

Presidente Vizzini, quando lei dice che dobbiamo scegliere tra l'omertà e la collaborazione, lei usa un'espressione un po' propagandistica. Il cittadino può denunziare quando vuole i reati; questa norma non ha una funzione pedagogica, nel senso che non si sta dicendo ai cittadini di denunziare i reati. Si sta dicendo che gli enti locali possono avvalersi delle associazioni di cittadini per cooperare nello svolgimento dell'attività di presidio del territorio, cioè di un'attività che devono svolgere le forze di polizia. Presidio del territorio vuol dire presenza sul territorio. E come lo faranno? Armati? Presidio del territorio per contrastare la criminalità significa anche potersi difendere dall'attacco di un criminale e quindi, anche al solo scopo difensivo, si dovrà consentire che le associazioni di cittadini che devono presidiare il territorio possano essere armate. Anche a scopi difensivi.

Ma cosa stiamo facendo nel nostro Paese? Veramente stiamo perdendo il senso della misura? Noi stiamo introducendo una polizia parallela, affidata agli enti locali, che dovranno munirsi di un parere non vincolante e che potranno, a titolo oneroso (non c'è scritto a titolo gratuito), avvalersi di associazioni tra cittadini. Li pagheranno e faranno svolgere loro un servizio di polizia che spetta invece allo Stato, che è un compito primario dello Stato, al quale noi non intendiamo rinunziare, perché appartiene ai principi dello Stato di diritto.

La sicurezza pubblica e l'ordine pubblico sono compito dello Stato, oppure anche delle istituzioni locali, che siano però inquadrate in organi istituzionalmente riconosciuti. Non è compito delle associazioni di cittadini.

Questa, secondo me, è una violazione pesante del nostro Stato di diritto. Mi riferisco alla rinunzia ad una concezione dello Stato alla quale penso che una parte della maggioranza sia sicuramente affezionata: vedere lo Stato come titolare di determinati poteri e non sottrarre allo Stato questi poteri, ma al contrario potenziare lo Stato nell'esercizio del suo potere, per la tutela e la sicurezza dei cittadini. Voi state così rinunziando a qualcosa che dovrebbe far parte della cultura, anche politica, di una parte di questa maggioranza.

Io rimango veramente sorpreso di come si possa, attraverso questa ulteriore norma manifesto, chiaramente incostituzionale, prospettare e far pensare agli italiani che abbiamo risolto il problema dell'ordine pubblico, perché ogni Comune potrà munirsi di gruppi di volontari che potranno girare la notte armati per tutelare la tranquillità dei cittadini che sono nelle loro case, sottraendo alla polizia quello che è il compito primario della polizia stessa e dello Stato.

Sono queste due norme in modo particolare - sulle altre interverremo poi in sede di esame dei singoli articoli - che fanno apparire questo disegno di legge assolutamente una norma manifesto, contraria allo spirito che dovrebbe animare chi pone al centro degli interessi la tutela del cittadino, la propria sicurezza e il contrasto al crimine. (Applausi dal Gruppo IdV).

PRESIDENTE. Colleghi, ho visto alcuni sguardi interrogativi rivolti alla Presidenza da parte di alcuni senatori. Il problema è che, non essendoci contingentamento dei tempi, ciascun senatore iscritto a parlare ha a disposizione 20 minuti. Poi, ognuno può autolimitarsi e alcuni hanno dato indicazioni di tempi che sono minori; se però durante l'intervento essi non vogliono più attenervisi per qualsiasi motivo, in quel caso la Presidenza può far rispettare soltanto il limite dei 20 minuti.

È iscritto a parlare il senatore Carrara. Ne ha facoltà.

CARRARA (PdL). Signor Presidente, onorevole rappresentante del Governo, colleghe e colleghi, l'articolo 19 del testo originario del disegno di legge in esame è dedicato ad un aspetto della sicurezza molto specifico: quello, ahimè, della sicurezza stradale.

Dico ahimè perché i dati allarmanti circa la mortalità sulle strade, nonché i troppi frequenti fatti di cronaca che, soprattutto il lunedì, ci impongono il triste rito della conta dei morti e feriti del weekend hanno imposto un giusto e opportuno intervento nel senso dell'inasprimento delle sanzioni per chi viene sorpreso alla guida in stato di ebbrezza.

Proprio questo aspetto così specifico della sicurezza, come più in generale trattata nel testo legislativo, ci rimanda ad un fenomeno molto diffuso, ma purtroppo sottovalutato: quello dell'uso e dell'abuso di sostanze alcoliche, ma non solo.

Signor Presidente, onorevoli colleghi, alcuni dati devono farci riflettere sulla dimensione più generale di questa che rappresenta una vera e propria emergenza, non solo sociale ma anche sanitaria. Ogni anno nell'Unione europea 195.000 persone muoiono per cause riconducibili all'alcol. Una recente stima, condotta per l'Italia con metodologie adottate dall'OMS, indica in 24.000 il numero delle morti annuali causate dall'alcol fra i soggetti in età superiore ai 20 anni, 7.000 delle quali riguardano le sole donne. Secondo dati ISTAT, nel 2006 si sono verificati più di 6.000 incidenti stradali causati dallo stato psicofisico alterato del conducente; di questi il 71 per cento, pari a più di 4.200 casi, è stato causato da guida in stato di ebbrezza da alcol e da altre droghe.

È sulla base di questi dati, a mio avviso particolarmente preoccupanti, che voglio sviluppare una serie di considerazioni e raccomandazioni, che rivolgo al Governo, volte a rendere ancora più efficace il provvedimento legislativo in discussione. Infatti, signor Presidente, il semplice inasprimento delle sanzioni previsto per chi viene sorpreso a guidare sotto l'effetto dell'alcol potrebbe indurre a ritenere che questa drammatica emergenza sociale possa essere risolta solo attraverso la criminalizzazione della sostanza o, peggio ancora, dei suoi consumatori. Questi, in realtà, costituiscono una categoria estremamente eterogenea di persone nella quale possiamo e dobbiamo riconoscere chi fa un uso moderato dell'alcool, chi ne abusa occasionalmente e chi è affetto da una vera e propria dipendenza.

Ne consegue che l'accertamento, pur non prescindendo dall'applicazione della sanzione, può diventare l'occasione per un'operazione di informazione e di maggiore sensibilizzazione verso il problema degli effetti dell'alcol alla guida dell'automezzo. Nel caso della dipendenza e/o uso patologico dell'alcol, la sanzione può e deve essere accompagnata dall'avvio di un intervento terapeutico e riabilitativo, se vuole essere veramente efficace. Questo consentirà, a medio termine, una maggiore sicurezza sociale, un risparmio di vite umane e, naturalmente, di risorse economiche per effetto degli interventi di prevenzione delle recidive, su cui la semplice sanzione non ha alcun effetto. E questo è un dato che è stato dimostrato nel tempo.

Signor Presidente, onorevoli colleghi, è bene riconoscere nel soggetto alcol-dipendente, laddove individuato, l'esistenza di un vero e proprio disturbo che travalica il vero ambito sociale per interessare anche quello clinico e riabilitativo. Il soggetto che abitualmente abusa di sostanze alcoliche non è, troppo semplicisticamente, affetto da un vizio, ma da una malattia dalle complesse sfaccettature cliniche.

L'abuso di alcol rappresenta oggi una vera e propria emergenza sociale, destinata ad aggravarsi se non si avvia subito un processo di ricollocazione del problema anche all'interno di una prospettiva clinico-terapeutica che, come tale, deve essere caratterizzata da opportuni percorsi di cura, riabilitazione e reinserimento.

In conclusione, cari colleghi, il tema della sicurezza non può non tener conto delle strategiche necessità che questi fenomeni emergenziali impongono. L'alcolismo e le tossicodipendenze debbono rappresentare un momento qualificante dell'agenda del Governo, integrando gli interventi sanzionatori con un coinvolgimento in rete di varie istituzioni, quali università, servizi ospedalieri e servizi territoriali. Questo allo scopo, in prima istanza, di individuare e gestire strategie preventive che possano così diventare appropriatamente efficaci.

Cerchiamo, cari colleghi, di non colpevolizzare tutti quelli che occasionalmente, a cena, vogliono assaporare un buon bicchiere di vino italiano. (Applausi dal Gruppo PdL e dai banchi del Governo. Congratulazioni).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Livi Bacci. Ne ha facoltà.

LIVI BACCI (PD). Signor Presidente, colleghi senatori e colleghe senatrici, tutti condividono il principio che la sicurezza dei cittadini e di tutti coloro che vivono o visitano il nostro Paese, a qualsiasi titolo lo facciano, è un bene primario, da assicurare e custodire. Ma su come questo bene primario venga conseguito e rafforzato le opinioni divergono.

Per quanto riguarda il disegno di legge in esame, specialmente nella parte attinente all'immigrazione, le divergenze sono ampie e profonde, perché il testo voluto dalla maggioranza contiene norme in alcuni casi inefficaci, in altri lesive dei diritti individuali, in altri ancora intrusive nella normale vita di italiani e stranieri.

Sotto il falso pretesto di frenare l'irregolarità - un principio sul quale, in astratto, tutti sono d'accordo - passa invece una sola logica: rendere difficile la vita agli immigrati, europei e non europei, regolari e irregolari e, in qualche caso, anche agli italiani.

Già il decreto-legge approvato nel luglio scorso conteneva il chiaro annuncio: l'aggravante della pena pari ad un terzo per i reati compiuti dall'immigrato irregolare, anche per colui - per intendersi - cui fosse scaduto il permesso di soggiorno il giorno prima. Una norma iniqua, che considera l'irregolarità come un'aggravante comune, come l'avere agito per abietti motivi o con crudeltà.

Sotto la pressione della Comunità europea, poi, il Ministro dell'interno ha dovuto ritirare un decreto legislativo che imponeva forti restrizioni alla libera circolazione dei cittadini europei, mediante l'allontanamento di chi fosse sprovvisto di adeguati requisiti di reddito. Una disposizione chiaramente contraria ai princìpi comunitari della libera circolazione nello spazio europeo.

Sulla questione dei rom e della loro schedatura-censimento, purtroppo avvenuta all'ombra della Croce Rossa, solo alcune acrobazie hanno impedito le censure comunitarie, ma non certo quelle dell'opinione pubblica e di molte istituzioni internazionali.

La mozione approvata alla Camera sulle cosiddette classi ponte, o differenziate, mostra poi il chiaro intento di orientare la politica scolastica verso la segmentazione, anziché verso la comunanza, degli allievi a seconda dell'origine etnico-linguistica.

Con il disegno di legge in questione, la maggioranza, ostaggio della Lega, sta facendo di peggio. Non illuda il fatto che il Governo abbia innestato una clamorosa marcia indietro sul reato di immigrazione clandestina, che avrebbe comportato l'arresto, il processo, l'espulsione di tutti gli irregolari, comprese le centinaia di migliaia di collaboratrici familiari. Una norma tanto proterva quanto inattuabile e ritirata più per la sua manifesta dannosità e impraticabilità (sistema carcerario che scoppia, tribunali intasati, costo delle espulsioni) che per le diffuse proteste dell'opinione pubblica, laica e religiosa.

Con la nuova formulazione dell'articolo 9, l'irregolarità continua ad essere un reato, derubricato da delitto a contravvenzione, ed è punibile con un'ammenda. La denuncia comporta l'espulsione; se questa è eseguita, il giudice dichiara non esservi luogo a procedere.

Questa formulazione più blanda - che ha aspetti giuridici assai controversi - non eviterà l'intasamento degli uffici giudiziari né le difficoltà logistiche per decine o centinaia di migliaia di espulsioni. Occorre ricordare che il numero degli irregolari sul nostro territorio è sconosciuto e variamente indicato da fonti responsabili in cifre comprese tra mezzo milione e un milione. Una massa di individui - quasi tutti operose lavoratrici e lavoratori - la cui sorte non può essere regolata da espulsioni di massa.

Occorre poi segnalare che il Governo non tiene conto delle indicazioni della direttiva europea, in corso di approvazione, che prevede che all'immigrato irregolare che non sia un pericolo per la sicurezza e l'ordine pubblico (cioè la stragrande maggioranza) debba essere concesso un periodo compreso tra i sette e i trenta giorni per ottemperare volontariamente all'ordine di rimpatrio, periodo prorogabile in circostanze particolari quali l'esistenza di figli a scuola, i legami familiari, la durata del soggiorno.

Il fatto è che l'irregolarità affonda le radici nelle vaste dimensioni dell'economia sommersa e si alimenta per le regole di ammissione contenute nella legge Bossi-Fini che rendono difficile l'ingresso legale all'immigrato che cerca un posto di lavoro, anche quando il posto esiste: solo prosciugando la prima e riformando le seconde si può pensare di riportare a maggiore legalità l'immigrazione.

Si dirà che sono politiche troppo impegnative perché l'attuale Governo le voglia perseguire; oppure che un certo elettorato non vuole sentir parlare di sconfessione della Bossi-Fini (anche se ha sortito effetti disastrosi). Eppure si tratterebbe solo di prendere atto con realismo della realtà, e cioè che il datore di lavoro artigiano o piccolo imprenditore o famiglia non è attrezzato per reperire all'estero, alla cieca, senza un incontro effettivo, il lavoratore che necessita. Così la legge viene aggirata: si arriva regolarmente, si cerca lavoro, si trova e si entra nell'irregolarità. È questa la ragione per la quale il serbatoio dell'irregolarità continua ad alimentarsi, ed a richiedere - stando alla lettera delle legge - un numero crescente di espulsioni.

Ma il Governo è anche sordo nei riguardi di altre proposte di buon senso quale quella, per esempio, di incentivare il ritorno volontario dell'irregolare, evitando quello coatto, che è molto costoso e che dovrebbe essere l'eccezione e non la regola. Oppure quella di dare permessi di soggiorno premiali agli irregolari che abbiano un lavoro, o che lo ricerchino, o che abbiano legami familiari, o siano da tempo nel nostro Paese e bene inseriti nella società, caratteristiche proprie di larga parte dei migranti non in regola oggi presenti in Italia.

Il florilegio delle misure che tendono a restringere i diritti e a disseminare difficoltà nella vita degli immigrati, come in quella degli italiani, è ampio e variato. Non ho tempo per passarlo in rassegna e mi limito a cogliere i fiori più amari.

Non era passato in Commissione l'emendamento della Lega che tendeva a limitare l'accesso alle cure sanitarie degli irregolari, con gravi pericoli per la sanità pubblica, (ma poi è stato ripresentato qui in Aula), ma è passata la norma che autorizza gli enti locali ad avvalersi di ronde di cittadini per cooperare nell'attività di presidio del territorio, con un'inaccettabile intrusione del privato nel mantenimento dell'ordine pubblico. Uno strumento che, se manovrato irresponsabilmente, può creare gravissimi problemi di conflitto sociale.

Si istituisce presso il Ministero dell'interno un registro dei senza fissa dimora italiani e stranieri le cui finalità non sono precisate, ma che suona minaccioso come le ronde e che rischia di bollare con un marchio assurdo individui in gravi condizioni di disagio, debolezza e vulnerabilità, col rischio di cadere nel ridicolo (sì, nel ridicolo): si può essere senza fissa dimora oggi e non domani; si può esserlo in un Comune e non in un altro. Chi e come e con quali criteri curerà l'iscrizione e la cancellazione dal registro? E, soprattutto, a che serve il registro?

Si burocratizza la spedizione di denaro all'estero mediante money transfer, veicolo semplice e poco costoso per trasferire le rimesse, col rischio di deviarle verso canali illegali e più rischiosi.

Effetti devastanti - mi soffermo velocemente su questo aspetto - avrà poi sulla tenuta delle anagrafi (che sono uno strumento essenziale di governo e di amministrazione, la base per le liste elettorali, il fondamento delle rilevazioni e delle indagini statistiche) la norma che subordina l'iscrizione anagrafica (vuoi per lo straniero regolare, vuoi per l'italiano) alla verifica dell'idoneità sanitaria dell'abitazione. In linea di diritto questa norma potrebbe portare alla cancellazione dalle anagrafi di milioni di famiglie che vivono in abitazioni degradate e antigieniche. Essa renderebbe insicura e incompleta l'iscrizione degli stranieri regolari in anagrafe, atto che determina l'ingresso nel sistema statistico informativo della popolazione.

La norma potrebbe essere facilmente aggirata segnalando abitazioni di comodo come residenza. È una norma che sarebbe sicuramente interpretata in maniera diseguale sul territorio, alterando il grado di completezza e di copertura dell'anagrafe. Essa, infine, non è a costo zero: agli uffici di anagrafe non spetta per legge la verifica delle condizioni delle abitazioni; altri uffici tecnici dovrebbe eseguirla, con costi elevatissimi.

Con un'altra norma si impedisce il matrimonio (diritto umano fondamentale) all'irregolare (così come facevano alcuni padroni di schiavi nelle piantagioni). Al regolare si preclude la carta di lungo-soggiornante (si badi: non il diritto di voto o la cittadinanza) se non viene superato un esame di italiano. Si propone un permesso di soggiorno a punti legato al processo di integrazione, del quale non vengono precisate né le tappe, né le modalità, né i contenuti. Al rinnovo del permesso, per chi non ha compiuto il percorso assegnato (a giudizio discrezionale delle autorità) si procede all'espulsione. Se non fossimo sbalorditi dal contenuto di questa norma improvvisata, saremmo curiosi di sapere in che modo si pensi di attuarla. Si introduce una tassa di 200 euro per ogni permesso di soggiorno concesso o rinnovato: un balzello odioso e pesante, la cui destinazione non è specificata. Almeno fosse indirizzato, questo prelievo, a rendere efficaci e veloci le procedure di rilascio e rinnovo dei permessi.

Quanto sopra ho detto tiene conto del testo proposto dalle Commissioni 1a e 2a, ma non degli ulteriori emendamenti presentati in Aula, tra i quali si distinguono quelli della Lega, espressione delle posizioni più retrive e più miopi in tema di immigrazione. L'idea di far pagare agli irregolari gli interventi di pronto soccorso e di comunicare l'identità di chi non può farlo alle autorità di pubblica sicurezza è contraria ad ogni principio umanitario. Essa può venire in mente solo ad un movimento politico che - quando fa comodo - invoca la strenua difesa dei principi della dottrina cristiana e cattolica, ma che, nella versione "padanica" (non dico nemmeno padania) su temi migratori, è rappresentata dalla croce celtica più che dalla croce di Cristo.

Il blocco di due anni dell'immigrazione non sta in piedi per mille e una ragione: la crisi morderà in alcune attività, ma non in altre; i ricongiungimenti familiari non potranno essere sospesi e via enumerando; assai meglio sarebbe prolungare da sei mesi a dodici la validità del permesso di soggiorno per ricerca di un nuovo lavoro ed evitare che la crisi non spinga immediatamente nell'illegalità i lavoratori stranieri che restano disoccupati.

La realtà è, cari colleghi della maggioranza, che non esprimete una politica dell'immigrazione - il fenomeno sociale più rilevante di questo inizio di secolo - e affidate la soluzione di ogni problema ad una normativa che impone solo divieti, controlli, limitazioni, come quella contenuta nei vari involucri incartati nel pacchetto sicurezza, il vostro regalo di Natale per gli immigrati. È un regalo che contiene un messaggio articolato in disposizioni inattuabili, con formulazioni pasticciate, e condito dal disprezzo dei diritti umani, con un chiaro avvertimento: la vita dell'immigrato sia difficile, la sua cacciata facile. (Applausi dai Gruppi PD e IdV).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Pardi. Ne ha facoltà.

PARDI (IdV). Signor Presidente, il mio intervento viene dopo quelli di molti colleghi che hanno sviscerato con acume e precisione numerosi aspetti interni del provvedimento che stiamo esaminando. Tra gli ultimi, l'intervento del senatore Li Gotti per disciplina giuridica e l'intervento del senatore Livi Bacci per larga conoscenza dei fatti sociali mi permettono di prendermi una libertà e di intervenire più sul contesto e sulla filosofia di questo provvedimento.

Il contesto, che è anche quello di altri provvedimenti, è presto detto: è il contesto della creazione sistematica della paura tramite la potenza di una propaganda martellante. Non c'è ovviamente un rapporto diretto tra la costruzione della paura e l'ossatura giuridica del provvedimento che stiamo esaminando, però, c'è una relazione larga.

Queste leggi vengono fuori perché in Italia c'è chi ha i mezzi, la voglia, la potenza per esercitare tale propaganda profonda, pervasiva, che entra in tutte le case e che ripete con monotona serietà e continua capacità intimidatoria questa realtà plumbea: l'Italia versa in una situazione in cui la criminalità non è più sotto controllo, dobbiamo temere ed essere paurosi.

La cosa curiosa e il risvolto ironico di questa faccenda sono che la potenza del mezzo propagandistico talvolta si esercita a rovescio. Ricordo, ad esempio, che durante il primo Governo Berlusconi vi fu un momento di involontaria ironia, in cui i mezzi di comunicazione del Presidente del Consiglio diffondevano la notizia che gli arrivi di immigrati clandestini via mare erano diminuiti di più del 200 per cento. Si potevano immaginare, cioè, senza fatica gli italiani che emigravano verso l'Albania, perché il rapporto ormai era completamente rovesciato grazie alle virtù salvifiche del Governo.

Dunque, la paura. Dall'imposizione della paura nasce qualcosa che alcuni esperti di diritto hanno definito populismo penale. Luigi Ferrajoli, grande giurista dei nostri giorni, che ha appena licenziato tre volumi di «Principia iuris», ricorda in un suo scritto questa espressione, attribuita a Denis Salas e Eduardo Jorge Prats. Che cosa è il populismo penale? È il modo per ottenere per via demagogica - cito testualmente - il consenso popolare rispondendo alla paura generata nella popolazione dalla criminalità di strada. Ma non c'è solo la paura, c'è l'immanenza della propaganda della paura, perché forse, se ci fosse solo la criminalità di strada, non basterebbe.

Dunque, il populismo penale si configura come una sorta di uso congiunturale del diritto penale, che va direttamente in senso soltanto repressivo, antigarantista e, oltretutto, nella sua essenza appare inefficace a promuovere davvero la prevenzione del crimine.

Siamo nel regno della tolleranza zero (che non abbiamo inventato noi, bensì un sindaco nuovayorkese), la quale ha contaminato rapidamente diversi territori, attraversando i mari e gli oceani, dilagando con una formula, anche questa, di salvezza. La tolleranza zero è, nella sua stringatezza, un'utopia reazionaria: è l'idea che si possano eliminare i delitti, e questa possibilità di eliminare il delitto presuppone un'involuzione totalitaria del sistema politico.

Ciò fa venire in mente il titolo dell'opera di un grande storico e filosofo morto qualche decennio fa, Michel Foucault, «Sorvegliare e punire». L'autore aveva articolato la sua trattazione basandosi nell'analisi della storia giuridica e penale dell'Europa sulla diffusione del panopticum, un tipo di prigione dove il secondino, il controllore, dal centro di uno spazio circolare può sorvegliare in tutte le direzioni della rosa dei venti i vari bracci del carcere. Panopticum, infatti, significa guardare dappertutto, ovunque. E la struttura del panopticum è la perfetta realizzazione di un'ideologia repressiva.

La tolleranza zero si accoppia ad una sorta di visione di un panopticum mondiale, un panopticum sociale, quest'idea che si possa sorvegliare e punire in tutte le direzioni. La tolleranza zero è vacua, perché naufraga, si interrompe contro qualsiasi evento che la mette in discussione. Il crimine di per sé non è eliminabile; il delitto di per sé non è eliminabile, nemmeno con la tolleranza zero, nemmeno con il panopticum. Anzi, un eccesso di attenzione repressiva può essere addirittura il meccanismo che scatena un vieppiù, una crescita della possibilità di crimine.

Da tale atmosfera ci si difende con l'invocazione ai nostri valori. Con una ripetizione oramai quasi ossessiva nella nostra cultura si sente rivolgere un appello ai nostri valori tradizionali. Tuttavia non sappiamo più che cosa siano i nostri valori tradizionali, il nostro stesso popolo li viola in continuazione. C'è un appello ai valori, alle tradizioni e alle radici, ma non abbiamo più radici. Non sappiamo più nemmeno che cosa sono le radici, ma ci richiamiamo ad esse in maniera retorica e oramai falsa, come se ci potessero salvare e come se potessimo aggrapparci ad esse sull'orlo del baratro.

Vi è poi un elemento stridente: la tolleranza zero si accoppia alla tolleranza totale. Si assiste, infatti, con una certa facilità, ad una sorta di duplicazione del diritto penale; un diritto penale che, da una parte, si configura come esercizio della legge potente nei confronti - in generale - dei deboli o dei prepotenti di basso grado sociale oppure degli immigrati, degli estranei e dei nemici e, dall'altra, è blando, permissivo, lassista nei confronti dei delitti di quelli che una volta chiamavamo i ceti forti, le classi dominanti, i potenti.

In realtà, esiste uno stretto rapporto logico tra il provvedimento in discussione e il cosiddetto lodo Alfano: da una parte, c'è l'invenzione di un diritto permissivo, che permette cioè a chi ha i mezzi e a chi ne ha la potestà di sciogliere se stesso dal vincolo delle leggi, mentre invece tale vincolo viene imposto, con una forza sempre più stringente e con un'intenzione sempre più repressiva, a chi non si può difendere e a chi spesso non ha nemmeno compiuto reati, ma è solo colpevole di una condizione.

Qui si verifica un'altra lesione del principio di legalità: il divieto penale associato alla pena rivolta verso una pura e semplice condizione, un modo di essere. Nel provvedimento in esame - e ne hanno già parlato in modo molto illuminante coloro che mi hanno proceduto - si prevede un atteggiamento di repressione e di pena nei confronti di chi è semplicemente l'attore di una condizione spesso involontaria. Ciò determina, nel concreto, fenomeni repellenti di esposizione alla violenza omicida.

Non ritorno su fatti noti, ma abbiamo avuto casi simili ai linciaggi di un tempo, che abbiamo esecrato nella letteratura americana, nel cinema e nella storia di un Occidente lontano. Ritornano le aggressioni contro i giovani neri colpevoli soltanto di essere tali, le esecuzioni per strada, gli incendi dei campi rom. È degno d'interesse dare uno sguardo ai soggetti di questo tipo di comportamenti. Non ci sono infatti soltanto le forze dell'ordine che, in un certo senso, sono i depositari dell'uso legale della violenza, ma ci sono anche i cittadini che da sé prendono l'iniziativa. Questi sono fenomeni terribili. Abbiamo creato una situazione in cui il cittadino, a un certo punto, si arroga il diritto di essere esso stesso l'attore della legge, di farsi legge e determinare una situazione per cui si può andare ad incendiare i campi rom e poi o si scompare oppure si riceve persino la colpevole solidarietà pelosa di organi di stampa, di vicini, di prossimi.

Si tratta di un'atmosfera molto pericolosa, che mi fa giudicare ulteriormente più pericolosa l'idea che si possa ricorrere, nell'esercitare il controllo sociale su fenomeni che sono di per sé slabbrati, magmatici e policentrici, alle ronde. Queste ultime sono un fenomeno di straordinario pericolo sociale. Ne ha già parlato il senatore Livi Bacci, ma vorrei tornare sull'idea che il cittadino possa prendere su di sé il carico dell'azione e formare una sorta di organizzazione che ha qualcosa di paramilitare (spesso poi si travestono da militari). Basta andarli a vedere, questi fenomeni, per constatare che dentro questo tipo di processo esiste una malattia militare.

Questa è una cosa che ci costringe quasi ad esagerare nella controproposta. Dobbiamo guardare a questi fenomeni non pensando alla prevenzione come l'esercizio di un'azione penale. La vera prevenzione, voglio esagerare, è pre-penale. La vera prevenzione viene prima di tutto il grande carico del grande macchinismo, dell'iniziativa giudiziaria, di polizia, e così via. La vera prevenzione è saper guardare con occhi sereni la realtà sociale, che non è poi così disastrosa, perché la situazione italiana è tutt'altro che catastrofica dal punto di vista dell'ordine sociale. Non ci sono fenomeni così terribili da costringerci a sovramisure di emergenza. Bisognerebbe esercitare lo sviluppo del senso civico, l'idea della promozione di una solidarietà sociale.

So bene che dire queste cose comporta l'accusa di indulgere in una sorta di retorica dolciastra (siamo troppo buoni, si pretende di esercitare la bontà coatta). Non penso che sia soltanto retorica dolciastra. Penso che nei confronti di queste dinamiche sociali di difficilissimo governo dovremmo recuperare quel senso di critica dell'individualismo esasperato. È piuttosto l'individualismo esasperato un'autentica modificazione della condizione umana. Nessuno di noi si è fatto da sé, neanche quelli che pensano di essere gli autori di se stessi. Noi siamo i figli, il frutto delle infinite persone che abbiano incontrato e che ci hanno influenzato, dei buoni e dei cattivi maestri, di chi ci ha insegnato qualcosa di importante e di chi invece ci ha fatto capire che si può anche insegnare in modo malvagio. E tuttavia questa è una relazione.

Noi siamo i figli delle esperienze degli altri; siamo i figli dei libri che abbiamo letto e persino di quelli che non abbiamo letto, che sappiamo che esistono e a cui facciamo riferimento; siamo figli delle bibliografie e delle memorie degli altri uomini. Non si può pensare di esercitare un'azione sociale dimenticando questo fenomeno fondamentale della specie umana.

Lévinas, un filosofo poco conosciuto, un omino piccolo piccolo, molto modesto, che nel dicembre del 1989 ricevette il premio Balzan per la filosofia a Berna, ha scritto due o tre libretti, esili, piccolissimi, e ha fatto dell'esame della condizione umana, considerata (strano per un filosofo) sotto un profilo quasi antropologico-fisico, il centro della sua filosofia. Dove si riconosce l'uomo o la donna? Si riconosce nel colloquio dei volti, nel fatto che un volto guarda l'altro volto, nel fatto che uno sguardo incontra un altro sguardo. Non c'è il solipsismo dell'uomo. L'uomo solipsista non esiste. È un dato che non c'è. La cosa fondamentale è questo incontro dell'altro, lo specchiarsi nell'altro, l'interrogarsi nell'altro.

Penso che una legislazione capace di recuperare questo senso profondo dell'umanità potrebbe forse produrre delle leggi migliori. (Applausi dal Gruppo IdV. Congratulazioni).

PRESIDENTE. Data l'ora, rinvio il seguito della discussione del disegno di legge in titolo ad altra seduta.

 


 

 

 

 

 

Senato della Repubblica

XVI LEGISLATURA

 

Assemblea

 

 

 

RESOCONTO SOMMARIO

RESOCONTO STENOGRAFICO

ALLEGATI

 

 

ASSEMBLEA

 

95a seduta pubblica

 

mercoledì19 novembre 2008

 

Presidenza del vice presidente NANIA,

indi della vice presidente MAURO

 

 


 

(omissis)

Seguito della discussione del disegno di legge:

(733) Disposizioni in materia di sicurezza pubblica (ore 9,40)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge n. 733.

Ricordo che nella seduta pomeridiana di ieri è proseguita la discussione generale.

È iscritto a parlare il senatore Valli. Ne ha facoltà.

VALLI (LNP). Signor Presidente, colleghi, il provvedimento al nostro esame rappresenta, sotto diversi profili, il coronamento delle battaglie politiche da tempo perseguite dalla Lega Nord in tema di prevenzione e contrasto dell'immigrazione clandestina e di politica della sicurezza.

Le importanti innovazioni che questa Assemblea si accinge ad approvare rappresentano, infatti, la maturazione di un percorso pluriennale, iniziato nella XIV legislatura parlamentare con la riforma Bossi-Fini, che solo oggi - alla luce dell'attuale contesto socio-economico - sembra trovare pieno compimento.

È innegabile l'importanza del lavoro svolto nelle ultime settimane in Commissione, che ha arricchito il testo con proposte di primario interesse, in larga misura anche grazie all'accoglimento delle sollecitazioni provenienti dal Gruppo della Lega Nord. Va ribadito che le proposte della Lega recepiscono le richieste provenienti da ampie fasce della popolazione residente nelle aree maggiormente interessate dall'emergenza sicurezza, legata al fenomeno migratorio, che sono appunto quelle del Nord.

I principi chiave che hanno orientato l'attività emendativa del nostro Gruppo in Commissione possono riassumersi, da un lato, nell'obiettivo della massima integrazione per gli stranieri regolari, che partecipano attivamente alla vita economica e sociale del Paese e, dall'altro lato, nell'esigenza di un assoluto rigore nel contrasto dell'immigrazione clandestina. Tali finalità potranno essere perseguite solo attraverso la cooperazione di tutti i livelli territoriali a vario titolo interessati, a partire dai sindaci, veri e propri protagonisti della sicurezza pubblica ed urbana a livello locale.

In linea con tali obiettivi, un primo gruppo di emendamenti della Lega Nord approvati in Commissione ha inteso adeguare al nuovo reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio, di cui all'articolo 19, le disposizioni del testo unico dell'immigrazione. In questa prospettiva, si è inteso rendere obbligatoria l'esibizione, da parte dello straniero, di un titolo di soggiorno valido sia ai fini dell'accesso agli atti di stato civile e ai servizi pubblici essenziali, sia - a richiesta dell'autorità giudiziaria - per fini identificativi. L'obiettivo di tali interventi è di introdurre effettivi strumenti di contrasto al soggiorno illegale, superando l'attuale situazione di implicita connivenza con la clandestinità, nella prospettiva di rendere più efficienti i servizi per tutti i cittadini, stranieri e non, che effettivamente contribuiscono all'interesse collettivo.

In linea con il progetto di integrazione perseguito dalla Lega, siamo inoltre intervenuti anche sui requisiti per il rilascio dei titoli che comportino un legame permanente tra lo straniero e lo Stato. Il riferimento è, in primo luogo, al rilascio della carta di soggiorno, subordinato al superamento di un test di lingua e cultura generale. L'obiettivo di tale emendamento è quello di promuovere un'effettiva integrazione anche sul piano culturale degli stranieri che intendano fissare definitivamente la loro residenza sul nostro territorio. È noto, infatti, che alcune comunità diffuse sul nostro territorio, prima tra tutte quella cinese, rivelano persistenti difficoltà ad integrarsi anche sotto il profilo linguistico con la comunità autoctona, creando ghettizzazioni che sicuramente non aiutano la convivenza pacifica.

Analogamente, anche sul tema dei cosiddetti matrimoni di comodo abbiamo cercato di evitare che l'istituto del matrimonio venga utilizzato a scopi utilitaristici per legittimare a posteriori la permanenza nel nostro Paese di stranieri irregolari; in questa prospettiva, si richiede che gli stranieri presentino prova della presenza regolare sul territorio ai fini della contrazione del matrimonio. Conseguenza indiretta dell'emendamento è anche la salvaguardia di un istituto - quello matrimoniale - che rappresenta l'atto costitutivo delle famiglie su cui si fonda la nostra società; non vi potrà infatti mai essere vera integrazione se gli stranieri non saranno compartecipi dell'importanza - e quindi del rispetto - del legame familiare.

Un ulteriore gruppo di emendamenti è intervenuto sulla questione dei ricongiungimenti familiari che, come noto, incide in maniera determinante sul numero delle presenze straniere nel nostro Paese. In particolare, abbiamo ritenuto fondamentale introdurre una nuova procedura sulla verifica delle condizioni igienico-sanitarie degli alloggi ove il ricongiunto intenda fissare la propria residenza, affidando agli uffici comunali le relative competenze. Vivere in una casa degna di questo nome è, infatti, prerequisito essenziale della predisposizione all'integrazione.

In secondo luogo, abbiamo ribadito l'estraneità totale al nostro ordinamento della pratica della bigamia e poligamia, escludendo la possibilità di ottenere il ricongiungimento per più di un coniuge.

Infine, abbiamo escluso che l'assenso al ricongiungimento, proprio per la complessità delle relative verifiche amministrative, possa essere rilasciato attraverso silenzio-assenso, rendendo necessario un provvedimento esplicito dell'amministrazione.

Da ultimo, il modello di integrazione perseguito dalla Lega Nord si esprime in maniera emblematica negli emendamenti approvati in Commissione che hanno introdotto una tassa di 200 euro sulle istanze relative alla cittadinanza e un'analoga tassa (il cui importo sarà determinato con un successivo provvedimento ministeriale) sulle domande di rilascio o rinnovo del permesso di soggiorno. Tali proposte intendono, infatti, da un lato responsabilizzare gli stranieri sui costi non solo amministrativi connessi alla loro integrazione nel nostro Paese e, dall'altro, vincolare risorse certe a progetti di cooperazione internazionale finalizzati a promuovere lo sviluppo dei Paesi terzi maggiormente interessati dal fenomeno migratorio, nonché alle politiche di contrasto alla clandestinità che si esprimono nei rimpatri. Il modello perseguito è chiaramente quello dell'"aiuto in casa loro", per cui il contrasto all'immigrazione clandestina muove innanzitutto da una politica efficace di prevenzione, che sicuramente si fonda sugli accordi bilaterali, ma che necessita anche di concreti strumenti di intervento.

Nel complesso, la ragione delle proposte emendative della Lega si ispira al principio tradizionale europeo dell'ospitalità, che è tale solo quando vi sono le condizioni per far sentire l'ospite a casa propria. In altre parole, è sbagliato ragionare genericamente sull'immigrazione in termini di assistenzialismo, come se il nostro Paese avesse un obbligo morale di accettare tutti indistintamente. Al contrario, la convivenza pacifica è subordinata all'accettazione anche da parte degli stranieri delle regole, dei costumi e anche dei valori che da sempre hanno informato la nostra società. (Applausi dal Gruppo LNP e della senatrice Rizzotti. Congratulazioni).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Procacci. Ne ha facoltà.

PROCACCI (PD). Signor Presidente, ormai le discussioni generali rischiano di essere un momento molto autoreferenziale, in cui non c'è dialogo, non c'è ascolto, ma rendono comunque possibile - unica cosa positiva - una interlocuzione con i rappresentanti del Governo.

Non voglio contestare il disegno di legge né ripetere le critiche, che condivido quasi per intero, mosse dai colleghi. Voglio solo concentrarmi su un aspetto che in qualche modo ho tentato di sottolineare in occasione del dibattito sul decreto Gelmini e che è stato anche oggetto di un emendamento, naturalmente respinto. Su questo dobbiamo essere molto sinceri, perché sul decreto Gelmini non è stata posta una fiducia di natura formale, ma nella sostanza (e questa è la presa in giro che noi oggi continuiamo a portare avanti e ad accettare), il decreto è arrivato in Aula blindato (il che significa fiducia politica), non consentendo al Governo di accettare anche le critiche e le proposte sagge e condivise che venivano dall'opposizione.

Vorrei soffermarmi - e vedo che il sottosegretario Caliendo pone attenzione alle mie parole - sul tema della prevenzione, che è stato affrontato anche da un collega poc'anzi e nei cui confronti trovo scarsissima considerazione. E se poi c'è qualcosa, le relative misure riguardano soltanto gli extracomunitari.

Abbiamo un problema importante da affrontare, quello della dispersione scolastica e della devianza minorile. Ma non c'è un rigo, né nell'originario decreto né nel disegno di legge che lo converte, su questo problema. Caro Sottosegretario, il problema non attiene alla competenza della pubblica istruzione, ma alle competenze della sicurezza e un decreto sulla sicurezza non può ignorare questo aspetto. Ripeto, non c'è un rigo sulla prevenzione e sulla possibilità e la capacità dello Stato di prevenire, soprattutto curando la formazione dei giovani.

Noi abbiamo un appuntamento con tutti i giovani che poi magari cadono nella devianza: questo appuntamento è la scuola. Il Ministero dell'interno, o comunque chi pensa alla sicurezza in questo Governo, non lo può ignorare. Noi abbiamo un appuntamento con tutti, ma molti sfuggono passandoci tra le mani. C'è una certa attenzione alla dispersione scolastica, ma una volta ottenuta la presenza dei bambini, dei ragazzi, dei giovani nelle nostre aule, noi, lo Stato, che cosa offriamo?

L'esperienza francese è utile. Proprio quella esperienza, a cui dobbiamo guardare, mi porta a sollecitare il Governo a porre attenzione ad un problema che occorre affrontare. Avrei potuto tranquillamente proporre un disegno di legge, ma sappiamo che ormai il Parlamento è ridotto a trasformare in legge i decreti e che tutte le iniziative legislative che i parlamentari assumono finiscono per costituire l'elenco di un blasone personale e non già un contributo concreto alla vita del Paese.

Qual è la proposta? Abbiamo già una mappa delle zone a rischio in Italia, che è stata disegnata congiuntamente dal Ministero dell'istruzione e dal Ministero dell'interno. In queste zone si accede, per quanto riguarda i docenti, con le normali regole di trasferimento. Pertanto, nelle zone a rischio dove vi sono ragazzi che avrebbero bisogno di una fortissima terapia d'urto sul piano delle preparazioni psicologica, didattica, in una parola, formativa, noi offriamo insegnanti che sono presenti in quella scuola casualmente o perché interessati a lavorare in quel territorio. In Francia hanno previsto le cosiddette teste di cuoio della formazione: nelle zone a rischio possono insegnare, nelle classi particolari o nelle zone dove il fenomeno della devianza minorile è fortemente radicato, solo docenti che hanno svolto egregiamente un corso di eccellenza di uno o due anni e quindi sono nelle condizioni di affrontare e formare i giovani difficili.

Può sembrare una proposta qualunque, ma per me è centrale perché non abbiamo altro strumento per combattere la devianza minorile. È chiaro che questi docenti vanno pagati adeguatamente, non devono svolgere lo stesso orario di lavoro di tutti gli altri e devono dedicarsi. Pensate cosa accadrebbe nel nostro Paese se, dalla scuola elementare alla scuola media inferiore e superiore, dessimoai giovani questa opportunità di recupero. Non si tratta soltanto di aiutare i giovani, ma si tratta di aiutare la società intera, perché lavoreremmo sulla prevenzione e non di uno, due o tre casi, ma di decine di migliaia di giovani.

Mi rendo conto che questa azione non ha una ricaduta immediata, ma voi sapete bene che il tema della sicurezza non può essere affrontato con la logica dell'immediatezza, come è avvenuto con la presenza dell'esercito nelle strade. Peraltro, affermo molto pacatamente che la presenza dell'esercito nelle strade produce solo tenerezza: la mattina mi capita di osservare, davanti alle stazioni delle metropolitane, questi giovani vicini ad un carabiniere che non sanno cosa fare e non hanno alcun ruolo, se non quello di esibire la divisa.

Certamente la repressione è necessaria ed è assolutamente indispensabile che i fenomeni mafiosi e criminali in genere vengano repressi; tuttavia, se non decideremo di realizzare la prevenzione, anche attraverso le agenzie di formazione a cominciare dalla scuola, avremo sempre questo problema.

Vorrei chiedere al Governo: qual è l'alternativa antropologica, umana, il modello di comportamento che possiamo dare ai giovani di Napoli o delle zone a rischio della Puglia o della Sicilia? Pensiamo di lottare contro la camorra soltanto con la repressione? Certamente non si risolve la questione in pochi mesi, ma se non cominciamo oggi ciò non avverrà mai.

Per tale motivo, chiedo al Governo un pensiero lungo su questo tema. Magari il Ministro dell'interno ritiene che non sia un suo compito; altrettanto pensa il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca; il Ministro della gioventù dice che interverrebbe qualora ciò esistesse e qualora operasse. Alla fine, nessuno sente su di sé la responsabilità di un tema fondamentale.

Se osservo i risultati ottenuti in Francia, devo riconoscere che è stata percorsa una strada giusta. Si tratta di docenti che guadagnano quasi il doppio rispetto agli altri e che, a seguito di questo corso di formazione di uno o due anni promosso dal Ministero dell'interno e da quello della pubblica istruzione, acquistano un'altissima capacità di formazione di ragazzi difficili. Naturalmente, se si pensa a quanti fondi vengono spesi per combattere le devianze, ci si rende conto che la spesa da sopportare è assolutamente esigua, ma un inizio è comunque necessario.

Signor Sottosegretario, non mi sono soffermato su tante critiche che sono state rivolte in precedenza, ad esempio su come viene visto il fenomeno dell'immigrazione. Si tratta, infatti, di aspetti che sono stati approfonditi e sviscerati sia in Commissione sia in Aula. Mi sono posto il problema di porre all'attenzione questo tema e soprattutto questa strada.

Ora, non le chiedo di darmi una risposta nell'immediato, anche se so bene quanto lei sia attento e presente ai lavori d'Aula a differenza di tanti suoi colleghi che brillano per le assenze, però il tema in discussione sta sicuramente a cuore anche voi. Sarebbe una piccola rivoluzione non soltanto per un debito umano nei confronti dei giovani, ma perché è uno strumento concreto di cambiamento dell'attuale situazione. Altrimenti, lei converrà, come è accaduto per decenni, chissà per quanto altro tempo continueremo a lamentarci dei giovani che vengono assoldati dalla mafia, dalla camorra, dalla 'ndrangheta. Con gli strumenti disponibili siamo impotenti di fronte a tale fenomeno.

Pertanto, chiedo che su questo tema sia posta un'attenzione particolare e che, quando ci si sarà liberati da questo ingorgo di decreti-legge che sta rendendo la vita del Senato e della Camera poco ordinaria, considerato che c'è bisogno anche di approfondire, conoscere e studiare certi fenomeni, si trovi il modo di affrontare concretamente questo tema. Quando si è tentato di farlo attraverso il decreto-legge Gelmini ci si è trovati di fronte soltanto ad un'imbarazzante e devastante silenzio perché maiora premunt, come si suol dire.

A regime, signor Sottosegretario, spero che nell'anno nuovo si trovi la possibilità di discutere intorno a questa proposta; essa è certamente da affinare ed approfondire, da dettagliare e circostanziare, ma è un'idea forte che, anche se non potrà dare risultati nell'immediato, sicuramente potrà darne nel tempo, ma soprattutto potrà coinvolgere le comunità scolastiche. Non sarà possibile combattere i fenomeni delinquenziali e mafiosi senza il concorso di tutta la società. Non sono parole al vento, come quelle usate normalmente nei comizi, ma è una proposta concreta, operativa.

Naturalmente si tratta di costruire un ruolo diverso da quello di docente ordinario, sia ben chiaro. Non si tratta di operare come accade per gli insegnanti di sostegno, perché molti scelgono quella strada in quanto gli è preclusa l'altra. Si utilizza questo metodo per risolvere un problema occupazionale, cosa ben diversa. Si potrebbe addirittura prevedere che, nell'ambito dei docenti titolari, coloro che vogliono impegnarsi e offrirsi dedicandosi in maniera preponderante a questo aspetto, possano farlo frequentando per uno o due anni un corso di eccellenza che li abiliti concretamente all'insegnamento in quelle zone. E quando il Ministero o la direzione regionale dovranno operare trasferimenti, dovranno fare riferimento proprio a quella graduatoria per le zone a rischio. Avremo così una task force di insegnanti capaci di affrontare decisamente il tema.

Basta fare l'esempio di cosa accade nelle zone a rischio, come nel caso di Napoli o Bari. Con riguardo ai trasferimenti in quelle zone si dà sempre la precedenza a chi già lavora nello stesso Comune. Molti docenti si fanno trasferire nelle zone periferiche, che sono a rischio, per poter poi chiedere il trasferimento in una scuola centrale della città. Naturalmente, le lascio immaginare che cosa producono: dopo quindici giorni sono esauriti, si mettono in aspettativa, chiedono permessi per motivi di salute, non vedono l'ora di andarsene, sono profondamente demotivati. Ne consegue, pertanto, che lo Stato nelle zone a rischio offre una proposta formativa assolutamente squalificata e squalificante. Chiudere gli occhi su questa realtà significa non voler affrontare dalle fondamenta il tema della devianza minorile, che alla fine è l'humus dentro cui trova radice la grande delinquenza del nostro Paese.

Come vede, signor Sottosegretario, rappresentanti del Governo, ho colto l'occasione di questa discussione generale sul disegno di legge sulla sicurezza per proporre qualcosa, appunto sulla sicurezza, che non trovo. Sulla prevenzione dei reati commessi da minori, infatti, si soffermano a malapena gli articoli 6 e 8 del disegno di legge in esame, ma nulla a che vedere con la prevenzione reale, che noi possiamo mettere in atto partendo in modo organico e strutturato da una riforma profonda dell'offerta formativa.

Ringrazio il sottosegretario Caliendo dell'attenzione, nonché il Presidente del tempo concessomi. Spero, signor Sottosegretario, appellandomi alla sua sensibilità, che questo tema possa essere affrontato nelle circostanze che lei riterrà. Ne parlerò, se possibile, anche con i Ministri dell'interno, della giustizia e della pubblica istruzione, o con i Presidenti delle Commissioni, ma è importante cercare di mettere a fuoco un'idea che serve al Paese e che dovremmo concretizzare nell'interesse della nostra Italia. (Applausi dal Gruppo PD).

 

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Baio. Ne ha facoltà.

BAIO (PD). Signor Presidente, il disegno di legge al nostro esame si prefigge di contrastare l'immigrazione irregolare e lo fa, purtroppo, solo in termini di sicurezza pubblica. Per cercare di offrire un contributo alla discussione credo che il fenomeno migratorio vada analizzato in tutti i suoi aspetti: l'incidenza che esso ha all'interno della nostra società, qual è la risposta che il Governo e la sua maggioranza oggi danno e come invece dovrebbe essere affrontato.

Non svilupperò gli aspetti penali e punitivi del provvedimento, perché altri colleghi prima e meglio di me l'hanno fatto e lo faranno in seguito.

La prima osservazione d'insieme che mi sento di esprimere al Governo e alla maggioranza è che questo provvedimento, così come è stato costruito, appare come un altro appuntamento sprecato, un appuntamento perso, purtroppo. I termini che, a nostro giudizio, devono contraddistinguere un'efficace politica di governo del fenomeno migratorio sono sostanzialmente tre: accoglienza, integrazione e sicurezza. Affrontare invece il tema dell'immigrazione solo in termini di sicurezza è, a nostro modo di vedere, sbagliato e controproducente. Affrontare il tema della sicurezza vuol dire sostanzialmente leggere il fenomeno non solo e non tanto come questione afferente alla prevenzione e alla repressione di polizia, all'inasprimento di pena o all'introduzione di nuovi reati, ma come questione alla qualità della vita, a migliori servizi, a programmi di risanamento del degrado urbano, a nuove prospettive di educazione e promozione sociale (lo faceva prima anche il collega Procacci), al contenimento dell'emarginazione sociale e al potenzialmente di forme di inclusione e di integrazione.

Secondo i dati ISTAT, i cittadini stranieri residenti, dopo un aumento annuale di circa mezzo milione di unità, all'inizio del 2008 sono quasi 3.433.000, inclusi i comunitari: il 62,5 per cento nel Nord, il 25 per cento nel Centro e il 12,5 per cento nel Mezzogiorno. Le Regioni che hanno una maggiore incidenza di immigrati stranieri sono la Lombardia e il Lazio.

Caritas e Migrantes - due istituzioni all'interno del nostro Paese dei cui dati si avvale anche il Ministero dell'interno - accreditano un numero superiore di immigrati regolarmente presenti, che oscilla tra i 3.800.000 e i 4.000.000, su una popolazione complessiva di 59.619.290 cittadini, con una incidenza del 6,7 per cento (leggermente al di sopra della media dell'Unione europea, che è stata, nel 2006, del 6 per cento e che va gradualmente crescendo). Queste due fonti, anche se differenti, non sono in contrasto perché si riferiscono a distinte categorie di immigrati. Il dossier della Caritas tiene conto anche di quanti, arrivati più di recente, non hanno ancora acquisito la residenza, per il cui ottenimento si richiede, spesso, più di un anno.

È una sintetica fotografia dalla quale emerge, però, un dato interessante per capire quale politica di governo è utile e necessario mettere in campo. Da essa emerge una crescita costante e continuativa dell'ingresso di cittadini extracomunitari sul nostro territorio. Una fotografia dai colori nitidi nella sua componente regolare; una chiarezza che è ormai evidente, oggettiva e accettata anche all'interno del nostro Paese. Invece, è una fotografia in bianco e nero e sfocata per quanto riguarda i cittadini che vengono definiti clandestini. Questo dato lo conosciamo ed è nostro compito rimuovere proprio le zone d'ombra, sicuramente al fine di non negare il rispetto dei diritti umani (perché si tratta non di numeri, ma di persone umane), ma anche per rendere nitide quelle zone d'ombra che contraddistinguono la nostra economia e il mercato del lavoro. Infatti, è enormemente diffuso il mercato del lavoro nero, non solo e non tanto presso le famiglie, ma anche nel mondo produttivo del nostro Paese, con un'ampiezza sconosciuta negli altri Paesi industrializzati. Se vogliamo essere europei dobbiamo tenere conto anche di questo. La massima concentrazione di lavoratori immigrati, pari ai due terzi del totale, si rileva al Nord. A Brescia, per esempio, è nato all'estero un lavoratore ogni cinque occupati; a Mantova, Lodi e Bergamo uno su sei; a Milano uno su sette; sempre a Brescia, è nato all'estero un nuovo assunto ogni tre e a Milano uno ogni quattro, mentre in tutta la Lombardia i nuovi assunti, quasi per la metà (il 45,6 per cento) sono nati all'estero. Questi dati non sono numeri, come ho detto poc'anzi. Sono persone convinte di trovare in Italia soluzione a situazioni esistenziali insostenibili. Sono donne e uomini che cercano un riscatto sociale, culturale ed economico.

La clandestinità - uso un'espressione forte e mi rendo conto che è tale - è spesso una necessità. L'irregolarità è spesso l'unica soluzione alla sopravvivenza. Sta al legislatore, sta a noi, sta alla maggioranza, possibilmente d'accordo anche con l'opposizione (anche se per il momento non lo sta facendo), trovare una soluzione che salvaguardi i diritti umani, perché di questo si tratta e di questo si ha bisogno per la sicurezza del Paese. Gli immigrati che sbarcano sulle nostre coste non sappiamo dove siano e che fine faranno. Non hanno tutela giuridica, sanitaria e previdenziale, e sembra che con questo provvedimento il Governo li voglia etichettare e chiudere nella sfera della clandestinità, senza affrontare il vero problema.

Ripercorriamo la storia degli ultimi anni per capire come queste norme avrebbero condizionato la vita di tante famiglie italiane e il mercato del lavoro. Intendo affrontare il rapporto immigrazione-mercato del lavoro. Ritorniamo indietro, quindi, di qualche anno. Siamo nel 2002. La legge della vostra linea dura ha partorito la sanatoria più generosa nella storia di questo Paese. I dati ci dicono che sono stati regolarizzati 690.968 cittadini stranieri che arrivavano da altri Paesi, che vivevano e lavoravano qui, nel nostro territorio. Ebbene, queste persone (le badanti, le colf) sono utili ed indispensabili. Lo erano nella sanatoria più generosa e lo sono ancora oggi. Quindi non serve l'ipocrisia per generare regolarità, un'economia che emerga dal sommerso, ed anche legalità all'interno del nostro Paese. Sono quindi utili alle nostre famiglie ed al nostro mercato.

Vorrei che provassimo a chiedere insieme ad una famiglia che ha regolarizzato una badante con la stessa sanatoria generosa, se quella persona aveva commesso un reato proprio perché lavorava per loro. Credo che anche l'enfasi del tono di voce che sto usando sta a dimostrare che non aveva commesso un reato. Ebbene, quella persona è stata regolarizzata perché serviva e viveva all'interno della nostra società. Quindi non è possibile ipotizzare. È scorretto dal punto di vista antropologico, sociologico, umano, psicologico ed economico individuare un reato.

Il fenomeno dell'immigrazione è complesso, difficile ed in continua evoluzione, va affrontato attraverso politiche di lungo periodo, in grado di governare le trasformazioni sociali e le implicazioni economiche che esso porta con sé. Il Governo deve con l'autorevolezza, la tenacia e la perseveranza portare a termine quegli accordi bilaterali con i Paesi di origine dei cittadini extracomunitari che giungono nel nostro territorio, in armonia con le politiche europee, per poter costruire una rete di legalità. Qualche numero ci permette, proprio sugli accordi bilaterali, di capire come stanno andando le cose all'interno del nostro Paese. Secondo i dati forniti dal Ministero dell'interno, non quindi reperiti da altre fonti, 17 sono gli accordi bilaterali di riammissione con i Paesi extra Schengen, raggiunti nel primo Governo Prodi, e uno nel secondo Governo Prodi, durato due anni; quindi 17 più 1, mentre il Governo Berlusconi nella XIV legislatura, durata cinque anni, dal 2001 al 2006, è riuscito a stipularne solo 7. Siamo 18 a 7! Se non si fanno gli accordi con i Paesi extra Schengen, è difficile creare legalità, sia qui sia là, sia nei loro Paesi d'origine sia all'interno del nostro Paese.

Voglio dire che abbiamo bisogno di buon senso e di conoscere quindi bene ed a fondo, razionalmente, senza usare mezzi termini, il fenomeno dell'immigrazione, di poterlo governare, coniugando sicurezza, integrazione, flussi migratori e ricongiungimenti familiari. Già, perché un tema che ricorre sempre è quello della famiglia, grande assente in tutte le politiche di questo Governo. Le politiche familiari sono una strada necessaria da intraprendere, perché non solo stabilizzano, ma sono fondamentali perché si abbia una vera integrazione. La chiave di volta dei ricongiungimenti familiari è scomoda per chi crede che il pugno duro sia la forza della civiltà. Infatti, nel provvedimento in esame, si legge che non sarà più possibile richiedere il visto d'ingresso se il nulla osta non verrà rilasciato dopo 180 giorni dal perfezionamento della pratica. Svanisce così anche l'unica possibilità di garanzia del diritto all'unità familiare, prevista per far fronte alle lentezze burocratiche. Non solo, l'estensione del diritto ad ottenere la carta di soggiorno ai familiari dei titolari della stessa potrà avvenire solo se questi sono soggiornanti già da 5 anni e solo dopo il superamento di un test di lingua italiana. Sul test siamo tutti d'accordo.

Vorrei riportare alcune testimonianze di coloro che ogni giorno si confrontano con l'immigrazione. Secondo Caritas e Migrantes sono le politiche di integrazione il vero banco di prova degli interventi governativi in questo settore. Lo dice anche oggi, ed è riportato dai giornali, la vice presidente di Confindustria Federica Guidi, quindi non una comunista, né una cattocomunista come magari chi vi parla, né una persona di sinistra: è una donna che dall'alto della sua carica economica all'interno del nostro Paese afferma senza mezzi termini che ne abbiamo bisogno.

Lo dice chi studia il fenomeno, come il professor Ambrosini dell'università Cattolica, che nel presentare il dossier 2008 ha spiegato che «o si cambia qualcosa nei modelli di sviluppo e di assistenza, pagandone i prezzi, oppure si proseguirà nell'attuale ipocrisia: dicendo di non poter accogliere, si sta realizzando una società divisa in caste, tra chi ha diritti e chi ne ha meno, o non ne ha affatto». Lo dice anche il presidente della CEI, il cardinal Bagnasco, quando afferma che l'immigrazione «resta uno degli ambiti più critici della nostra vita nazionale. Vogliamo credere che non si tratti già di una regressione culturale in atto, ma motivi di preoccupazione ce ne sono, e talora anche allarmi». Il cardinal Bagnasco è preoccupato anche per 1'incessante arrivo di nuovi irregolari, sempre nostri fratelli, di fronte al quale chiede risposte civili, accordi di cooperazione per portare alla legalità situazioni irregolari, integrazione sociale e accoglienza delle domande di ricongiunzione familiare. Proprio il presidente della CEI rileva anche che «nell'ultimo periodo stanno emergendo qua e là dei segnali di contrapposizione anche violenta, che sarà bene da parte della collettività ai vari livelli non sottovalutare». E noi li ricordiamo proprio perché non li vogliamo sottovalutare.

Questo Governo ha pensato bene che la risposta fosse l'introduzione del reato di immigrazione clandestina; in principio pensavate di punirlo con la reclusione e, in seconda battuta, con l'ammenda fino a 10.000 euro, mentre occorreva superare l'approccio restrittivo ed economicistico che già era in parte presente nella legge Bossi-Fini e che qui trova un compimento. Chi ne farà le spese non saranno le associazioni criminali ma i cittadini stranieri più fragili, quelli che accettano di lavorare in nero pur di avere un'esistenza per lo meno dignitosa; quelli che mandano i soldi guadagnati nei Paesi di origine per alleviare le condizioni economiche delle proprie famiglie; quelli che, pur laureati, fanno gli operai, le colf ed i lavori più umili per sfuggire alla criminalità organizzata. Sono quei cittadini stranieri che abbiamo il dovere di tutelare e con loro avremmo dovuto costruire politiche di legalità: regolarizzare gli irregolari, far emergere il lavoro nero, far sì che le aziende si prendano le loro responsabilità, attraverso misure fiscali e previdenziali.

E non è certo attraverso l'aumento del numero di anni di convivenza post matrimoniale per ottenere la cittadinanza italiana, previsto all'articolo 4, che si può eliminare il fenomeno della strumentalizzazione dell'istituto del matrimonio, che ultimamente è stato più volte all'attenzione della cronaca. La pensa come me non solo la mia Presidente di Gruppo o il segretario del mio partito, ma anche il Presidente della Camera, che fino a prova contraria rappresenta una forza politica fra quelle che oggi governano il nostro Paese. Infatti, in Italia si sta registrando un aumento vertiginoso di matrimoni contratti tra anziani e giovani straniere, per lo più badanti. Calcolati negli oltre 300.000 matrimoni misti che si celebrano ogni anno nel nostro Paese, negli ultimi dieci anni sono stati oltre 30.000 i matrimoni tra uomini della terza età, cioè tra i 70 e gli 85 anni, single, vedovi o già divorziati, e giovanissime straniere. A questo fenomeno si aggiunge quello, molto più ampio nelle proporzioni, dei mariti anziani che lasciano le mogli. Sappiamo benissimo che questo fenomeno c'è, però non è con la soluzione che voi prevedete che esso si risolve e si affronta anche perché daremo la possibilità a chi contrae un matrimonio falso di poterlo fare più liberamente; non c'è più neanche bisogno della convivenza.

Sul tema dell'immigrazione non si può ironizzare; questo provvedimento risulta a metà tra un'opera buffa e un melodramma e non si smentisce nemmeno quando istituisce presso il Ministero dell'interno un registro per la schedatura dei cosiddetti clochard. I senza fissa dimora sono per antonomasia coloro che hanno deciso di sfuggire ad ogni regola, e nelle parole "apposito registro" sembra nascondersi l'intenzione di schedare delle persone che hanno fatto scelte diverse di vita. Qualcuno è anche morto nei giorni scorsi nel nostro Paese e credo che il fenomeno non possa essere affrontato in questo modo.

Ci sorprende anche la formulazione del cosiddetto permesso a punti, con l'obbligo di sottoscrivere un «accordo di integrazione», la tassa di 200 euro per ottenerlo, analoga tassa per la richiesta di cittadinanza e il test sulla conoscenza della lingua italiana per ottenere il permesso di soggiorno CE.

E se non bastasse il provvedimento così come concepito, la Lega ha presentato in Aula degli emendamenti singolari, che offendono il senso civile anche di noi italiani, quali il blocco dei flussi di ingresso per 2 anni, il pagamento delle prestazioni sanitarie pubbliche, l'obbligo per i medici di segnalazione alle autorità degli irregolari che si rivolgono a loro per essere curati. Lo stesso presidente della Camera, onorevole Gianfranco Fini, ha ritenuto il blocco dei flussi - cito testualmente - «non soltanto paradossale, perché alimenterebbe la clandestinità e il lavoro nero, ma sarebbe sbagliato». La Lega ritiene di affrontare la crisi economica e lo stato di recessione che ha investito il nostro Paese attraverso il pugno duro che, come sappiamo, ha sempre sortito un effetto opposto e ha condizionato la maggioranza in negativo.

Come dicevo all'inizio, questo provvedimento è un'altra occasione persa. L'immigrazione continua ad essere vista come un fenomeno che non ci appartiene, anche se è nelle nostre case e nelle nostre strade. L'italianità è qualcosa di più del colore della pelle: il nostro DNA è fatto di fratellanza, di civiltà, di doveri e di diritti, che ci appartengono nella stessa misura in cui riusciamo ad integrare nella nostra cultura anche chi è portatore di una cultura diversa.

Concludo ricordando le parole del Presidente della Repubblica, che è la massima autorità all'interno del nostro Paese: «Debbono cadere vecchi pregiudizi, occorre un clima di apertura e apprezzamento verso gli stranieri che si fanno italiani. In un clima siffatto possono avere successo le politiche volte a stabilire regole e a rendere possibile non solo la più feconda e pacifica convivenza con gli stranieri, ma anche l'accoglimento di un numero crescente di nuovi cittadini».

Mi auguro che queste parole vengano ascoltate e che il provvedimento non sia radicalmente stravolto, ma che almeno vengano modificate le aberrazioni che esso contiene. (Applausi dal Gruppo PD).

 

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Poretti. Ne ha facoltà.

PORETTI (PD). Signor Presidente, onorevoli senatori, il disegno di legge in esame in realtà rappresenta una risposta ad una insicurezza generata più dai media che da altro. In esso troviamo un inasprimento di pene, nuove figure di reato, aggravanti, pene crudeli, ronde, registri, schedature e quant'altro. Norme di maggiore impatto sociale riguardano il tema dell'immigrazione, che viene comunque affrontato in maniera disomogenea, confusa e contraddittoria.

Il contrasto all'immigrazione clandestina si può perseguire in vari modi: innanzi tutto, con l'esercizio dell'azione penale, vale a dire mediante la previsione di pene gravi irrogate in tempi rapidissimi ed effettivamente scontate. Il presupposto per il raggiungimento di questo obiettivo è dato, però, dall'esistenza di un sistema giudiziario e carcerario efficiente che nella realtà italiana è ancora a livello di utopia. Un'altra modalità per combattere l'immigrazione clandestina è quella imperniata esclusivamente sul fronte amministrativo, con l'emanazione e l'esecuzione per così dire a vista dei provvedimenti di espulsione. La strada percorsa dal disegno di legge approvato in Commissione è un ibrido che non risolve il problema dell'immigrazione clandestina, aggrava enormemente il sistema giudiziario e carcerario già al collasso ed è del tutto privo di profili solidaristici ed umanitari, al punto di vietare il matrimonio allo straniero che non è in possesso del permesso di soggiorno o di imporre una nuova tassa sui permessi di soggiorno. Dunque, norme vaghe, spesso inapplicabili, contraddittorie. Penso ad alcuni Comuni: ne cito uno, quello di Firenze, che prevede perfino dei tariffari per gli stranieri che si sposano nel proprio Comune, ma credo che considerazioni analoghe valgano anche per molte altre città storiche e turistiche.

È un evidente controsenso pensare di punire con pene pecuniarie gli stranieri che abbandonano il proprio Paese con la speranza di potersi costruire un'esistenza migliore; ed è tanto più assurdo se si considera che l'ammenda da infliggere per l'ingresso e il soggiorno illegale dello straniero ha carattere penale, non amministrativo, con il risultato che si viene a scaricare sugli organi giudiziari una valanga di processi inutili, con un aggravio enorme di spese per lo Stato, che, oltre a sopportare il costo dei processi, dovrà attivare un ulteriore procedimento per l'esecuzione delle sentenze, nella consapevolezza anticipata di non poter mai ricavare alcun utile.

Ma le disposizioni che maggiormente destano preoccupazione sono quelle che prevedono un farraginoso quanto umiliante meccanismo di integrazione dello straniero, «articolato per crediti», il cui azzeramento determina l'espulsione: una sorta di patente a punti che penalizza lo straniero che non paga le tasse e che premia colui che supera un corso di integrazione sociale e culturale. Vi è poi la norma sulle ronde che prevede il concorso di associazioni di cittadini per cooperare con le forze di polizie all'attività di presidio del territorio, con inevitabili conseguenze in termini di incremento dei fenomeni di intolleranza e razzismo e di intralcio all'attività delle forze di polizia. Ancora, vi è la norma che istituisce il registro dei senza fissa dimora. A che cosa serva non è scritto e non è dato sapere che funzioni abbia. Tra l'altro, se non ne vengono chiarite le funzioni, tale registro appare null'altro che quello per cui è stato pensato: una schedatura. Viene da ripensare al Settecento quando si perseguivano i vagabondi.

A queste disposizioni, che non si può esitare a definire insensate, se ne sono aggiunte altre introdotte con emendamenti che sono stati approvati nelle Commissioni di merito. Vorrei richiamare l'attenzione, in particolare, sulla norma che prevede la sospensione per due anni dell'adozione dei decreti che determinano i flussi di ingresso. Evidentemente i proponenti ancora non hanno chiaro il concetto che gli extracomunitari non clandestini costituiscono una ricchezza per il nostro Paese, rappresentando una insostituibile forza lavoro di cui non possiamo in alcun modo privarci, senza determinare forti contraccolpi in alcuni settori: basti pensare all'edilizia.

Un conto è la verifica della capacità recettiva del Paese, che costituisce presupposto indispensabile per la determinazione dei flussi; altro è la sospensione tout court per due anni del decreto, che viene giustificata «in funzione dell'attuazione del regolamento CE 862/2007 e in armonia con gli impegni assunti nel Patto europeo sull'immigrazione e l'asilo adottato dal Consiglio europeo del 15-16 ottobre 2008». Si tratta ovviamente di un alibi. Il regolamento, peraltro in vigore dà un anno, non fa che stabilire dei criteri uniformi per le rilevazioni statistiche, applicabili già a partire dall'anno 2008; sicché non si vede quale sia la necessità di arrestare l'ingresso in funzione del regolamento, perché non c'è questa necessità. Né migliore fortuna ha il richiamo al Patto europeo sull'immigrazione e l'asilo, che sancisce l'impegno dell'Unione europea e degli Stati membri ad attuare una politica giusta, efficace e coerente a fronte delle sfide e delle opportunità rappresentate dalle migrazioni. Il Patto costituisce ormai per l'Unione e i suoi Stati membri il fondamento di una politica comune dell'immigrazione e dell'asilo, ispirata ad uno spirito di solidarietà tra gli Stati membri e di cooperazione con i Paesi terzi. Tale politica comune si fonda anche su una gestione adeguata dei flussi migratori, nell'interesse non solo dei Paesi di accoglienza, ma anche dei Paesi d'origine e del migrante stesso, ma non autorizza, né tantomeno richiede l'adozione di misure così gravi come quella della sospensione dei flussi per due anni: sono misure autolesioniste.

Oltre alla pericolosità intrinseca della portata di molte norme contenute nel provvedimento, non bisogna nemmeno sottovalutare il clima in cui si apre il dibattito: dopo mesi di martellante campagna elettorale incentrata sui problemi della sicurezza, la risposta del Governo, benché a parole sia ispirata dalla volontà di favorire l'integrazione della popolazione immigrata, sembra concepita appositamente per raggiungere l'obiettivo opposto. Questo è un dato preoccupante, specie alla luce dell'escalation degli episodi di intolleranza nei confronti degli immigrati, dei rom e dei senzatetto che si è registrata in questi giorni. Con questo provvedimento il Governo rischia di contribuire all'inasprimento di un clima di insofferenza che già da mesi serpeggia nel Paese (grazie anche ad una campagna elettorale scellerata) e di fomentare improbabili cacce alle streghe, senza aver fatto il minimo passo avanti in materia di sicurezza. Ma, soprattutto, esistono davvero queste streghe? O sono streghe create unicamente dai mezzi di informazione, che hanno ampliato a dismisura la portata delle notizie dedicate alla cronaca nera? Si è creata mediaticamente un'emergenza; la politica risponde non su dati reali concreti, ma su questa emergenza creata.

Io intervengo qui in Aula anche per iniziare a parlare di quello che poi sarà il lavoro che faremo, attraverso gli emendamenti, come opposizione e come delegazione radicale nel Gruppo del Partito Democratico. Parlo della delegazione radicale (e quindi della senatrice Emma Bonino e del senatore Marco Perduca) perché, se su molti emendamenti faremo battaglia comune con il Gruppo del Partito Democratico, su due emendamenti - di cui già inizio a parlare - probabilmente non saremo compatti. Mi riferisco agli articoli 34 e 35, che sono stati inseriti dalle Commissioni riunite tramite emendamentibipartisan, che recano la firma dei due Capigruppo, Anna Finocchiaro e Maurizio Gasparri, e dei Capigruppo nelle rispettive Commissioni affari costituzionali e giustizia. Fanno riferimento all'articolo 41-bis, al carcere duro, all'inasprimento di tale regime carcerario: se ne raddoppia la durata, si dimezzano le ore d'aria, si dimezzano i colloqui con i parenti e con gli avvocati. Per quanto ci riguarda, noi proporremo l'abrogazione. Tengo a ricordare la nostra posizione: secondo noi, si tratta di emendamenti incostituzionali. Proprio poche settimane fa, il Comitato europeo per la prevenzione della tortura è venuto in visita in Italia per accertare le condizioni di detenzione dei reclusi sottoposti al regime di cui all'articolo 41-bis.

In questa norma uscita dalle Commissioni, come ricordavo, si vuole allungare il regime duro sino a quattro anni, prorogabili all'infinito, si prevede la riapertura di carceri quali l'Asinara e Pianosa, chiuse, anche per i costi enormi, da Governi di centrosinistra e che rischiano di riaprire grazie a Governi di centrodestra, supportati anche - mi auguro che così non sia - dal sostegno del centrosinistra. Si intende poi invertire l'onere della prova della pericolosità, facendola gravare sul detenuto (la cosiddetta probatio diabolica), e ridurre il diritto alla difesa (vengono contingentati i colloqui con i difensori, e, se ne scappa uno in più, lo stesso avvocato difensore rischia il carcere), dando la competenza sui reclami al solo tribunale di sorveglianza di Roma, in palese violazione del principio costituzionale del giudice naturale precostituito per legge. Alcuni mesi fa era intervenuto un giudice californiano, Sitgraves, per dirci che in Italia c'è il rischio di tortura a causa del tanto venerato 41-bis.

Il 41-bis è un regime penitenziario pesantissimo, che, proprio a causa della sua estrema durezza, la Corte costituzionale ha affermato debba essere necessariamente temporaneo. L'isolamento prolungato a cui i detenuti sono sottoposti produce effetti irreversibili di desocializzazione e delocalizzazione, facendo venire meno il principio della pena e del reinserimento del detenuto, come previsto dalla nostra Costituzione. Alcuni anni fa è stato scritto un libro da Maurizio Turco, attualmente deputato radicale nel Gruppo del PD, e da Sergio D'Elia, segretario dell'associazione «Nessuno tocchi Caino», nel quale il regime del 41-bis era stato definito appunto come tortura democratica.

Concludo ricordando un ulteriore emendamento che proporremo e che la delegazione radicale ha già depositato agli atti, per introdurre finalmente in Italia il reato di tortura, al fine di rispettare anche le convenzioni dell'ONU sui diritti umani. Su questo punto mi auguro che possa esserci davvero un'unità del Parlamento, per superare la mancanza del reato di tortura nel nostro codice penale. (Applausi della senatrice Marinaro).

 

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Marinaro. Ne ha facoltà.

MARINARO (PD). Signor Presidente, onorevoli colleghi e rappresentante del Governo, il provvedimento che siamo chiamati a discutere fa parte del pacchetto sicurezza emanato a maggio più per una preoccupazione mediatica che non per guardare in profondità ai problemi che abbiamo di fronte oggi in materia di sicurezza. È un provvedimento che ha un contenuto molto eterogeneo e contiene, accanto a norme condivisibili in materia di lotta alla criminalità organizzata e alla tratta delle persone, altre disposizioni che, come è già stato rilevato in altri interventi, sono di dubbia legittimità democratica, soprattutto in materia di immigrazione e di controllo sociale.

Sul tema immigratorio, è importante ancora una volta sottolineare la necessità di sviluppare una coscienza più forte dell'importanza dell'Europa e delle politiche comunitarie, al cui processo decisionale noi tra l'altro partecipiamo. Dobbiamo farlo non solo perché l'integrazione degli ordinamenti nazionale e comunitario penetri nel tessuto sociale nazionale, ma anche per non incorrere continuamente in cattive figure e nocive marce indietro, come è stato fatto per l'espulsione dei cittadini rumeni, che sono comunitari, o nel caso delle impronte digitali dei minori rom, oppure per non incorrere inutilmente in procedure di infrazione al diritto comunitario, che sono a totale detrimento del ruolo e dell'immagine dell'Italia in Europa e nel mondo.

Il pacchetto di direttive che regola diritti e doveri degli immigrati negli Stati membri ha visto la partecipazione viva ed attiva di autorevoli membri di questo Governo. Mi riferisco nello specifico alle dichiarazioni del ministro Frattini, che fino a pochi mesi fa era commissario europeo, il quale ha sottolineato più volte come, per combattere l'immigrazione illegale, bisogna dotarsi di "un approccio che abbraccia diversi aspetti dell'articolato fenomeno migratorio: politiche di contrasto all'immigrazione illegale; politiche di cooperazione con i Paesi terzi; politiche che permettano agli immigrati di accedere al mercato del lavoro europeo, dove tante professionalità sono già perdute o in via di estinzione, politiche di integrazione, naturalmente. Di tutti questi segmenti, quello della migrazione legale, in particolare, ha bisogno di una risposta politica». Su questo impianto, sembrerebbe esserci un accordo largamente condiviso, così come sul Patto europeo sull'immigrazione e l'asilo.

Allora, cari colleghi, non si capisce perché introdurre il reato di immigrazione clandestina, che - benché derubricato da reato a contravvenzione non oblabile - continua a sottolineare l'esigenza di incriminare l'immigrazione irregolare, quando la sola misura applicabile resta quella dell'espulsione, la cui esecuzione impedisce peraltro la prosecuzione dell'azione penale. Contrasta con il principio di legalità della pena prevedere che l'adempimento ad un mero provvedimento amministrativo, l'espulsione, possa impedire lo svolgimento del processo, l'accertamento del fatto e della colpevolezza.

Contrasta anche con la presunzione di innocenza e con il diritto alla difesa; è incompatibile con il principio di ragionevolezza dell'articolo 3 della Costituzione nella parte in cui si prevede la sospensione del procedimento penale nei confronti di chi abbia fatto richiesta di un permesso di soggiorno per motivi di protezione internazionale, ma non invece per motivi di protezione sociale (come può avvenire, per esempio, per le vittime della tratta). Sarebbe, anzi, opportuno prevedere una causa di non punibilità per le vittime della tratta che permangono sia pur illegalmente sul territorio nazionale; questa norma risponderebbe a quelle internazionali previste dalla Convenzione di Varsavia del Consiglio d'Europa, ma soprattutto corrisponderebbe alle indicazioni contenute nella direttiva europea n. 81 del 2004 che impone l'accoglienza delle vittime della tratta, anche se sono soggiornanti irregolari.

Questo attiene al piano giuridico; quanto al piano dell'efficacia, a parte l'aggravio del contenzioso giudiziario che la norma determinerà, non muta in nulla la strategia di contrasto all'immigrazione irregolare. Infatti, gli immigrati irregolari saranno colpiti come oggi dal provvedimento amministrativo dell'espulsione.

Voglio segnalare, inoltre, anche l'incriminazione della permanenza illegale; ciò è dovuto - come ha dichiarato anche il prefetto Manganelli nell'audizione delle Commissioni 1a e 2a del Senato - alla considerazione secondo cui il 70 per cento di clandestini sono entrati legalmente in Italia e poi diventati irregolari perché privi di permesso di soggiorno valido (un esempio è rappresentato da un permesso scaduto e non rinnovato). Ricordo a questo fine che al contrario di altri Paesi europei abbiamo una legislazione in materia di ingressi e soggiorno, la cosiddetta Bossi-Fini, che genera all'origine clandestinità e irregolarità. Quando ci sono, infatti, milioni di persone che avendo il permesso di soggiorno sono costrette a rinnovarlo ogni anno e la burocrazia non fa in tempo a provvedervi entro i venti giorni previsti dalla legge, oppure brevi periodi di disoccupazione che coincidono con il rinnovo del permesso di soggiorno, il lavoratore precipita nell'irregolarità.

Siamo di fronte ad una legge che favorisce, inoltre, la clandestinità in ingresso perché impedisce l'incontro regolare tra domanda e offerta di lavoro. Si tratta, infatti, di norme che rompono l'unitarietà del mercato del lavoro, che spingono l'immigrato verso il lavoro in nero e che rendono il lavoratore immigrato invisibile, senza diritti ed in preda allo sfruttamento più bieco. Abbiamo, inoltre, un mercato del lavoro che assorbe una quantità importante di lavoro immigrato in nero. Siamo, quindi, in presenza di dati di fondo che non sono imputabili alla volontà dell'immigrato, ma che sono dovuti a carenze della nostra legislazione in materia di inserimento e di tutele.

Ecco, quindi, il grande problema sociale da affrontare e risolvere che non può essere tutto giocato e risolto sul terreno dell'ordine pubblico o del permesso a punti. C'è un urgente bisogno di sanare, di far emergere, di introdurre nuovi canali di ingressi legali; c'è bisogno urgente di tutelare la dignità delle persone.

Non si risponda, per cortesia, come è stato fatto di recente in questo dibattito, alla richiesta dei sindacati di congelare la Bossi-Fini, che non si può perché è vietato dall'Europa perché ciò non corrisponde al vero. La Commissione e il Consiglio europeo, come ribadito anche nel Patto per l'immigrazione, convengono sulla necessità di regolarizzazione non generale, ma caso per caso, nel quadro delle legislazioni nazionali, per motivi umanitari o economici. Non è forse questo il caso dell'Italia che ha una sacca enorme di irregolari e clandestini dovuta anche ad una programmazione degli ingressi sicuramente da rendere più adeguata ed efficiente, ma certo da non congelare o sospendere come proposto dal Governo?

In questo contesto vale la pena segnalare, inoltre, che considerare il permesso di soggiorno requisito necessario per il rilascio di atti amministrativi quali, per esempio, il poter contrarre matrimonio o fruire di prestazioni sanitarie è in contrasto aperto con la Costituzione italiana e con il diritto comunitario giacché si tratta di diritto fondamentale e non di diritto di cittadinanza.

Anche la norma che consente il rimpatrio assistito dei minori che esercitino la prostituzione solleva perplessità rispetto al diritto comunitario e internazionale per la tutela del minore. E' di tutta evidenza che un minore costretto dalla sua famiglia a venire in Italia per esercitare la prostituzione non potrebbe che essere ulteriormente pregiudicato qualora venisse riconsegnato ai suoi. Inoltre la norma contrasta in più punti con la direttiva n. 38 del 2004 sull'allontanamento dei cittadini comunitari.

E così anche per il test di lingua italiana, in aperto contrasto con la direttiva n. 109 del 2003. Favorire la conoscenza della lingua italiana nel mondo, cari colleghi, lo ricordo anche a noi, significa prima di tutto investire, non solo in politiche mirate, ma anche in termini finanziari e di relazioni più strette con i Paesi terzi; significa fare una convinta battaglia per la difesa della lingua e per la diffusione della nostra cultura nel mondo, a partire dalle nostre comunità all'estero, che hanno registrato significativi tagli soprattutto in questo settore.

Sempre in merito alla direttiva n. 109 del 2003, si evidenzia l'incompatibilità tra il suo articolo 5 e l'introduzione del permesso di soggiorno a punti. Inutile continuare allora con la disanima dei singoli articoli ed emendamenti. Inviterei il Governo, soprattutto il Ministero dell'interno, ad essere più attento e a fare questa disamina prima di incorrere in disdicevoli rapporti con la Commissione europea.

Analoghe considerazioni possono essere svolte relativamente alle norme che fanno parte del cosiddetto controllo sociale, a cominciare dall'istituzione di un registro di persone senza fissa dimora, senza che si possa conoscere né la finalità per cui tale registro è costituito, né quale dovrebbe essere la sua funzione. Una norma siffatta viola il principio di legalità nella misura in cui rimette quasi integralmente la disciplina di un istituto incidente su diritti soggettivi a un mero decreto ministeriale, cioè a un provvedimento amministrativo, che non ha nemmeno lo status di norma regolamentare di rango secondario. Voglio ricordare che non sono neppure disciplinate le modalità di tutela dei dati personali.

Avere la residenza anagrafica, cioè essere registrati negli archivi del comune, là dove realmente si vive, è un diritto della persona, anche se è un "senza tetto", cioè senza una casa "normale", che sia giuridicamente utilizzabile come civile abitazione. Un diritto da cui ne derivano molti altri: il diritto alle cure del Servizio sanitario nazionale, il rilascio della carta di identità, il diritto all'assistenza sociale, l'iscrizione alle liste per l'assegnazione degli alloggi che il comune ha a disposizione, il diritto di voto nelle elezioni politiche e amministrative (quest'ultimo solo per i cittadini italiani o comunitari). Non solo i senzatetto, ma anche le persone senza fissa dimora hanno diritto ad avere una residenza anagrafica.

Se una persona gira l'Italia senza mai fermarsi, perché è un venditore ambulante o perché riceve ospitalità due mesi in un dormitorio di Roma, altri due mesi a Milano e così di seguito per tutto l'anno, e non ha già una residenza anagrafica nel Comune dove è nato o dove ha vissuto in precedenza, ha diritto a stabilire in uno dei Comuni che frequenta la propria residenza anagrafica nella sua qualità di persona senza fissa dimora.

Molti grandi Comuni italiani si sono attrezzati per andare incontro alle esigenze di una minoranza particolarmente disagiata. Ora di questo si tratta e non di altro: non si tratta, insomma, di un diritto di carta da sottovalutare, ma della premessa necessaria per fare delle città società inclusive, non delimitate dal censo, ma davvero universali.

Perciò, a tale proposito, ripetiamoci ancora una volta che più di ogni altro fenomeno della moderna globalizzazione l'immigrazione mette alla prova Stati e Governi. Tale fenomeno potrebbe essere definito un misuratore della qualità delle nostre democrazie e del modello di società. Una politica aperta, inclusiva e rigorosa, capace di conciliare legalità e solidarietà, che parta da un patto di cittadinanza basato su diritti e responsabilità, sarà in grado di proiettarsi nel futuro con maggiori risorse, energie e dinamismo. Politiche difensive e di chiusura invece condannerebbero alla staticità, all'invecchiamento, all'impoverimento ed al declino delle nostre società.

Nell'attuale maggioranza di Governo prevale l'atteggiamento difensivo con la motivazione che occorre cogliere il sentire diffuso nell'opinione pubblica di angoscia ed insicurezza. L'immigrazione diventa così una sorta di scarico a terra di tensioni e malcontenti che, in realtà, hanno origine dall'incapacità di dare risposte credibili ai veri e grandi problemi che riguardano il modello di sviluppo economico, il modello di stato sociale, le politiche di distribuzione del reddito, di protezione, di coesione sociale e di cooperazione con il resto del mondo.

Le politiche difensive e di chiusura hanno un costo enorme per la collettività, in termini finanziari, culturali e di relazioni con i Paesi di provenienza, come stiamo già sperimentando con le vostre politiche di tagli già previsti nella finanziaria in materia di cooperazione allo sviluppo, di promozione della lingua italiana nel mondo, di politiche sociali e sanitarie.

Cosa si può fare, allora, per cambiare questa logica perversa? Lavorare insieme, cari colleghi, per individuare le migliori soluzioni per il nostro Paese, senza calpestare i capisaldi su cui poggia sia la nostra democrazia che l'Europa.

Così intendiamo il Patto europeo sull'immigrazione e l'asilo, voluto e proposto dalla Presidenza di turno del Consiglio europeo; un patto che riprende l'approccio globale in materia di migrazione, adottato nel dicembre 2005. Tale approccio ribadisce la convinzione che le questioni migratorie, oggi più che mai, costituiscono parte integrante delle relazioni esterne dell'Unione e che una gestione armoniosa ed efficace deve essere globale e deve fondarsi sull'organizzazione della migrazione legale e la lotta contro la migrazione illegale con mezzi capaci di favorire le sinergie tra migrazione e sviluppo.

Si tratta di un approccio che mette l'accento sullo stretto legame tra Paesi d'origine, di transito e di destinazione, rimanendo ancorato alle norme del diritto internazionale e, in particolare, a quelle relative ai diritti fondamentali dell'uomo, alla dignità della persona umana, all'accoglienza dei rifugiati senza se e senza ma. In questo contesto, si afferma che l'immigrazione debba essere il risultato di una duplice volontà, quella del migrante e quella del Paese ospitante, per garantire un reciproco vantaggio ed assicurare un'armoniosa convivenza.

Si sottolinea, perciò, l'importanza di adottare una politica immigratoria in Europa che consenta un equo trattamento e l'integrazione nella società del Paese di accoglienza. Le vostre proposte, invece, calcano la mano solo sulla parte repressiva, minando così il processo di integrazione già in atto nella parte più significativa, sana ed operosa dell'immigrazione nel nostro Paese. È banale affermare che proprio per questo è necessario intraprendere una nuova strada per arginare il clima di paura ed insicurezza che ha determinato un aumento del livello di xenofobia e favorito la rappresentazione negativa dell'immigrazione nel nostro Paese, anche alimentato da una parte dei media e da alcuni esponenti pubblici.

Per tale motivo, proponiamo iniziative non soltanto tese a migliorare la situazione economico-sociale del nostro Paese, ma anche volte ad incidere sul necessario cambiamento culturale, modificando il clima generale che stiamo vivendo; proponiamo di avviare una campagna nazionale lungimirante e solidale per favorire quella presa di coscienza che porta a non identificare nella disgrazia altrui la soluzione della propria; proponiamo la promozione di un discorso pubblico sull'immigrazione più equilibrato, meno legato ai temi della sicurezza e agli interessi politici ed elettorali dei partiti; proponiamo di contribuire alla continuità di un fenomeno così ricco di conseguenze politiche, economiche, sociali e culturali a prescindere dalle maggioranze per assicurare una civile convivenza, il riconoscimento dei diritti civili, sociali e politici; proponiamo un'efficace lotta alla criminalità e alla tratta di persone.

Cari colleghi, anche noi - forse più di voi - vogliamo offrire maggiore sicurezza e serenità ai cittadini italiani. Riteniamo, infatti, che la sicurezza in quanto bene universale sia il presupposto essenziale per un rafforzamento del senso civico, ma soprattutto dell'appartenenza al territorio, alla Nazione e all'Europa, dell'appartenenza ad un insieme di valori e principi che sono il cemento della democrazia partecipata ed inclusiva.

Siamo altresì consapevoli del fatto che il grado di maturità e responsabilità di un Paese moderno, nonché il suo grado di civiltà, si misura nella sua capacità di confrontarsi con la diversità. È uno dei terreni su cui si gioca il futuro dell'Europa e degli Stati che la compongono. Questo è quindi il Patto italiano sull'immigrazione e l'asilo che vi proponiamo per il bene dell'Italia e dell'Europa.

E come dice Confucio: «Non conta il colore del gatto, conta che acchiappi il topo». (Applausi dal Gruppo PD. Congratulazioni).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Lumia. Ne ha facoltà.

LUMIA (PD). Signor Presidente, colleghi, la sicurezza è una sfida per la politica, una sfida seria, vera, profonda e a buona ragione sentita dai cittadini. Certo, come tutte le sfide nuove trascina con sé incertezze, approssimazioni, per alcuni versi anche delle ambiguità, aspetti non piacevoli, ma in un certo senso inevitabili.

È una sfida che comporta un dovere della politica. La politica se ne deve occupare con rigore e progettualità. La cosa che la politica deve sicuramente evitare è la strumentalizzazione o farne un uso non di una nobile competizione, ma di una bassa battaglia politica: per tutta la politica è una sfida, per tutta la politica è un dovere. Penso che la sicurezza sia così importante che andrebbe considerata alla stregua di un diritto di nuova generazione, che vale la pena trattare come se fosse un diritto di rilievo costituzionale.

Per il Partito Democratico si fa sempre più strada una consapevolezza di tale solennità, anche se non mancano resistenze spesso per un'antica e per allora fondata paura che la sicurezza possa restringere spazi di libertà ed autonomia dei cittadini e possa enfatizzare il carattere repressivo dello Stato, una preoccupazione che in altri Paesi è fatta propria anche da culture politiche moderate e liberali.

In Italia il centrodestra vive, a differenza di noi, una doppia contraddizione, una di fondo e l'altra pratica, anzi oserei dire molto pratica.

Per la destra italiana, con riferimento a quella di fondo, la sicurezza viene declinata in modo riduttivo, tutta giocata interamente contro le fasce marginali, con in testa l'ossessione sugli immigrati. Appena si sale di grado e si assume la sicurezza come un diritto di tutti ma anche un dovere per tutti, anche per le fasce alte della società - per semplificare, i cosiddetti potenti - allora emerge l'approccio garantista-strumentale, spesso ipergarantista o semplicemente strumentalmente garantista. I reati finanziari contro la pubblica amministrazione, la corruzione, la concussione, le tangenti, l'ambiente devastato, sono la palestra per riscoprire i valori liberali e i valori garantisti.

Per le fasce marginali siete giustizialisti e spietati repressori preferendo enfatizzare la legittima paura dei cittadini piuttosto che curarla con risposte vere ed efficaci. In questo provvedimento tale contraddizione è evidente, esplicita, al punto tale che ci costringe ad assumere un voto contrario.

Mi riferisco agli emendamenti xenofobi e discriminatori che avete approvato sugli immigrati e che sono qui stati contestati bene da parte di molti nostri colleghi con puntualità e con proposte seriamente alternative. Per noi, che non vogliamo sfuggire ad un certo legame che esiste, e che non va negato, tra sicurezza e immigrati, l'approccio è diverso, radicalmente diverso dal vostro. Gli immigrati sono una risorsa, le mafie sono il problema: le mafie albanese, cinese, slava, nigeriana. Le mafie degli immigrati sono realmente un problema.

State ripercorrendo lo stesso tragico errore fatto sulla pelle dei nostri emigrati italiani quando si recavano all'estero, per esempio negli Stati Uniti, alla fine dell'Ottocento e nei primi del Novecento. Siciliani, calabresi, napoletani furono considerati un problema, le mafie no. Il risultato fu paradossale: gli emigrati discriminati, emarginati, i mafiosi accolti e riveriti. Questo approccio trascina con sé un altro risultato negativo: gli emigrati italiani non isolarono a sufficienza le mafie perché comunque ne rappresentavano, in terra lontana, per alcuni versi diversissima nella cultura, nelle tradizioni, una certa e sicura protettiva appartenenza. Le mafie così potevano alimentarsi e integrarsi senza problemi, a suon di denaro, potere e violenza. Esponenti della Lega e del PdL, rischiate di percorrere la stessa, rovinosa strada.

L'immigrato - ripeto - è una risorsa, per il lavoro che viene a svolgere, per la cultura che porta con sé, anche perché costringe a rivedere le nostre assopite identità culturali, territoriali e religiose; per riscoprirle e rimetterle in gioco, per innovarle e saperle integrare. Certo, una risorsa, quella degli immigrati, da regolare, con fermezza e senza falsi e sterili solidarismi. Regole chiare, integrazione rispettosa della nostra Costituzione e della nostra realtà culturale e democratica.

La maggioranza, il vostro Governo, considera gli immigrati ancora un problema, e le mafie no; esse non sono considerate un problema, come lo era Cosa nostra americana, ad esempio. Dobbiamo essere chiari, non dobbiamo avere titubanze ad aggredire le mafie costruite e organizzate dagli immigrati. Sì, lì possiamo tirare fuori i muscoli, fare vedere tutta la necessaria forza, anche repressiva e severa della democrazia.

Pensiamo alla mafia albanese, che nel nostro Paese organizza droga, prostituzione e comincia ad infiltrarsi nel sistema dei subappalti; alla mafia russa, che sta spiccando per la sua forza dirompente nel sistema del riciclaggio, anche nel nostro Paese; alla mafia slava, con i suoi furti, rapine e prostituzione; alla mafia nigeriana, prostituzione e droga in quantità impressionanti; alla mafia cinese, che non solo riduce spesso in schiavitù i propri connazionali, ma si esercita in quel traffico della contraffazione, che mette a serio rischio ampi settori della nostra economia e delle nostre produzioni. Spezzare il meccanismo tra le mafie e gli immigrati è la sfida vera che abbiamo; dobbiamo considerare gli immigrati una risorsa e le mafie un problema: isolare le mafie e integrare gli immigrati e fare in modo che le mafie diventino un problema per gli stessi immigrati, per gli stessi cinesi, albanesi, nigeriani e slavi.

Così possiamo vincere questa battaglia, così possiamo fare tesoro della storia che abbiamo alle nostre spalle; così possiamo, a testa alta, considerarci un Paese moderno, avanzato, in grado di affrontare il tema della sicurezza con una visione ampia, qualificata e capace.

Dicevo che accanto a questa contraddizione di fondo ce n'è un'altra di tipo pratico‑operativa: mi riferisco al tema delle risorse. Proclamate la sicurezza, ne fate una bandiera e al tempo stesso avete fatto delle scelte, a partire dalla finanziaria estiva, che hanno colpito pesantemente il sistema della sicurezza in tutti i settori.

Il sistema della sicurezza è stato colpito sul piano delle risorse finanziarie (oltre un miliardo di euro) e del personale. Abbiamo già una carenza attuale di organico nelle forze di polizia pari a circa 10.000 unità e voi prevedete, al 2012, un'ulteriore riduzione pari a 15.719 unità.

Vi sono carenze di organico che rischiano di compromettere la capacità operativa, la stupenda qualità professionale delle nostre forze di polizia. Ma in realtà state mettendo anche in serio pericolo la banale e quotidiana operatività delle macchine, la possibilità di pagare gli straordinari, di mettere in condizione le forze di polizia di esercitare quel controllo del territorio, quello intelligente, attraverso la polizia di prossimità e attraverso la capacità repressiva immediata, che i cittadini ci chiedono e che tutti spesso indichiamo come un fatto operativo indispensabile e necessario.

Ecco perché questa contraddizione rischia di scaricarsi sulle spalle del Paese, di fare danni. Prima avete negato questi tagli. E dopo che si è scatenato contro di voi tutto il mondo degli operatori della sicurezza, comprese tutte le organizzazioni sindacali delle forze di polizia, avete promesso che avreste recuperato successivamente, con altri provvedimenti. In questo, che si riferisce esplicitamente alla sicurezza, non vi è traccia di recupero delle risorse.

Se la sicurezza è una sfida che la politica deve trattare con rigore e progettualità, allora è importante cambiare passo, diventare più coerenti, aprire un confronto più serio, capace realmente di fare della politica uno strumento nobile, intelligente, moderno, operativo, qualificato. E se la sicurezza è un diritto fondamentale, allora bisogna investire in intelligenza, in strumenti e in risorse, con vere e concrete risorse finanziarie. Provate ad investire un miliardo di euro sulla sicurezza. Provate ad innovare gli apparati tecnologici, gli strumenti operativi delle forze di polizia e vedrete che la sicurezza comincerà a diventare un cammino serio.

In Parlamento - lo riconosco senza nessuna difficoltà - su alcune parti del disegno di legge si è avuta la capacità di fare meglio. A parte le questioni riguardanti gli immigrati dove, invece, si è fatto peggio. Perché quando si pensa di realizzare l'integrazione con quei meccanismi burocratici che avete previsto, cioè imponendo esami e instaurando un sistema di punteggi, è chiaro che non si ha l'idea di che cosa significhi la vera integrazione. Così come è chiaro che quando mettete in pista le ronde non avete idea di che cosa significhi, invece, controllo democratico partecipato e condiviso del territorio.

Ma su altre norme, come ho detto, si è avuta realmente la capacità di fare meglio delle proposte del Governo. Abbiamo collaborato, avanzato proposte. Vi è stato un confronto serio nelle Commissioni ed i risultati si sono avuti soprattutto sulle norme riguardanti la lotta alle organizzazioni mafiose.

Per noi era importante ottenere risultati sul 41-bis. Abbiamo messo a confronto le nostre migliori proposte e negli articoli 34 e 35 del disegno di legge al nostro esame finalmente il 41-bis ha trovato cittadinanza. Siamo riusciti a fare delle cose molto importanti. Finalmente il 41-bis diventa una priorità della politica e del Parlamento. È noto che questo regime è stato pensato dal giudice Falcone per bloccare la capacità delle mafie di continuare a comunicare con l'esterno, di determinare quale appalto truccare, quali forme di estorsione mettere in pista, quali istituzioni condizionare e - perché no? - quale politico votare. E così l'organizzazione mafiosa anche dentro le carceri riesce a strutturarsi. Così il boss, anche ristretto nel regime carcerario, riesce a mantenere una posizione strategica all'interno dell'organizzazione, anzi, in alcune occasioni, il carcere si trasforma in una porzione di territorio dove instaurare un dominio, un controllo gerarchico, una forza di intimidazione pari alla violenza che le organizzazioni mafiose hanno saputo dimostrare - ahimè! - nel nostro Paese.

Ecco perché questa risposta è importante. Ecco perché è stato importante inserire, per quanto riguarda la durata del provvedimento, quattro anni e fare modo che la proroga fosse pari almeno a due anni. Ecco perché è stato importante costruire un sistema di proroga che viene disposto quando risulta che la capacità di mantenere i collegamenti con l'associazione criminale, terroristica o eversiva, non è venuta meno, tenuto conto anche del profilo criminale e della posizione rivestita dal soggetto in seno all'associazione, della perdurante operatività del sodalizio criminale, della sopravvivenza di nuove incriminazioni non precedentemente valutate, degli esiti del trattamento penitenziario e del tenore di vita dei familiari del sottoposto.

Il mero decorso del tempo non costituisce di per sé elemento sufficiente per escludere la capacità di mantenere collegamenti con l'associazione o dimostrare il venir meno dell'operatività della stessa. Si tratta di una grande e positiva innovazione e ritengo che, insieme alle altre innovazioni che vanno segnalate, quelle appunto di videoregistrare i colloqui, laddove spesso sono passati i più terribili messaggi e comandi di violenza da esercitare all'esterno, si persegue lo scopo di garantire un controllo più serio, più rigoroso dei momenti di socializzazione, che spesso si trasformano, invece, in momenti di integrazione criminale e non di recupero educativo e di vera socializzazione; così anche la possibilità di impedire che ci possano essere all'interno, punendoli, forme di collusione e di complicità, prevedendo esplicitamente un reato che va a colpire quelle forme di complicità che si sono instaurate all'interno ed all'esterno per aggirare il 41-bis.

Ma vi è un aspetto che mi preme sottolineare, su cui sfideremo il Governo ad entrare in una fase operativa, che è quella di riapertura delle carceri che si trovano in aree insulari. Penso che Pianosa vada riaperta; è stato un errore chiudere carceri di questo tipo anche perché delle carceri per detenuti comuni nelle isole ci sono. Guarda caso, si sono chiuse solo quelle per il 41-bis. È stato un errore clamoroso perché sappiamo che in gioco non sono i diritti umani, ma solo la possibilità di negare la comunicazione con l'esterno. Nessun capello deve essere torto anche ai più terribili criminali mafiosi! Bisogna impedire loro di poter continuare ad esercitare un dominio verso la società, che è insopportabile per le vite umane, per i diritti democratici, per la libertà della nostra società. Ecco perché queste misure sono importanti e noi le abbiamo proposte e le abbiamo integrate con altre vostre proposte, con un risultato che, oggi, può rappresentare sicuramente un passo in avanti, su cui il Governo, nella fase applicativa, deve dimostrare coerenza e rigore.

Ci sono anche altre norme importanti, in particolare sui poteri del Procuratore nazionale antimafia che per noi sono poteri rilevanti, che andavano migliorati e qualificati, soprattutto per colpire i patrimoni e il sistema del riciclaggio e per sostenere anche - come il relatore ha dimostrato nella sua introduzione - il ruolo dei prefetti, per quanto riguarda il sistema degli appalti: più controllo nel sistema degli appalti. Una capacità di controllare direttamente i cantieri, dove spesso la sovranità delle mafie prende il sopravvento. E così un altro aspetto importante è stato quello di predisporre un sistema di custodia cautelare migliore, più qualificato e, ancora, la capacità di intervenire su quel tipo di riciclaggio che, attraverso il sistema di money transfer, ha garantito alle organizzazioni mafiose di trasferire all'estero ingenti quantità di risorse finanziarie.

È stato anche positivo l'accoglimento della proposta sullo scioglimento dei Consigli comunali.

Sono tutte proposte sulle quali nella Commissione parlamentare antimafia da anni si sono elaborate norme, date delle indicazioni contenute anche nel disegno di legge del passato Governo. Oggi trovano finalmente in Parlamento, qui in Aula, con un confronto serio rispettoso ed intelligente, delle prime soluzioni.

Vorrei ora rivolgermi ai relatori ed al Governo in merito alle norme che non si è avuto il coraggio di approvare in Commissione e che, mi auguro, in Aula trovino spazio. Ci sono infatti ancora delle norme che sono lì, davanti a noi, che hanno bisogno di essere approvate. Innanzi tutto, vogliamo confrontarci in Aula sul tema dell'obbligo della denuncia per le imprese e per gli operatori economici sottoposti ad estorsioni.

Senatore Vizzini, lei sa, perché l'abbiamo condiviso in diverse occasioni, che il tema dell'antiracket è importante e decisivo e noi qui in Parlamento sappiamo che il sistema delle imprese ha fatto dei passi in avanti senza precedenti. Le associazioni antiracket, guidate da Tano Grasso e la Confindustria siciliana con Lo Bello e Montante hanno dato segnali senza precedenti. Non pensa, relatore, che sia giunto il momento di rendere obbligatoria la denuncia attraverso delle penalità, non penali - lo sottolineo - ma amministrative, ed incentivi di tipo fiscale per gli operatori economici che resistono e che rendano vantaggiosa oggi, in questo momento, una scelta diffusa e capillare in grado di spazzare via le organizzazioni mafiose sul tema del racket, che per loro costituisce un risorsa essenziale sia di mantenimento dell'organizzazione sia di controllo del territorio? Perché non fare questo passo in avanti? Perché in Aula non convergere su questo tema? Perché, relatore, non accettare la nostra proposta, attraverso un confronto, un'integrazione, e magari sottoscrivendo un emendamento in comune, come abbiamo fatto per il 41-bis, sul conto dedicato, quel conto specifico che le imprese che vincono un appalto devono aprire per poter garantire la trasparenza del flusso del denaro pubblico - per fare una scuola, una strada, un ospedale, un'importante infrastruttura - e per garantirne le tracciabilità?

Non è questa una misura antiriciclaggio intelligente, condivisa dalle imprese migliori che vogliono risultare vincitrici nel sistema delle opere pubbliche per la qualità della loro capacità imprenditoriale e professionale? È una sfida che vi lanceremo in Aula e su cui vorremmo poter integrare e convergere, come abbiamo fatto per il 41-bis. E perché non fare lo stesso per quanto riguarda l'agenzia per la gestione dei beni confiscati? Alcune norme le abbiamo già approvate; si potrebbe pervenire alla creazione di un'agenzia per la gestione dei beni confiscati, snella, efficace, in grado di far diventare i beni confiscati una risorsa occupazionale, di promozione dei diritti, di trasformazione positiva del territorio. Occorre però stare attenti, relatore, perché lei sa bene che non si può accettare quella proposta, forse un po' buttata lì e non molto pensata del ministro La Russa, di vendere tali beni: lei sa benissimo infatti, come abbiamo potuto verificare in Commissione antimafia, che i beni messi in vendita facilmente possono ritornare patrimonio delle organizzazioni mafiose.

Ecco, questo è un altro terreno, che non è in contraddizione con il potenziamento dei prefetti per la gestione dei beni confiscati che abbiamo introdotto, perché questa agenzia, nella nostra proposta, si struttura sul territorio attraverso le prefetture, lasciando in essere quella proposta che si è elaborata in Commissione e che è diventata realtà.

Infine, sui testimoni di giustizia, tema molto delicato, dico subito, che spesso si fa una confusione orribile: si identificano i testimoni di giustizia con i collaboratori di giustizia. No, i testimoni di giustizia sono cittadini onesti che denunciano e una parte di essi oggi vive in condizioni precarie e di vera e propria emarginazione. Testimoni di giustizia che hanno avuto il coraggio di abbattere il muro dell'omertà, di denunciare, di andare nei processi, di puntare il dito contro boss mafiosi oggi si ritrovano in condizioni di vera e propria emarginazione.

C'è un emendamento - il nostro - che non è esclusivamente nostro ma è patrimonio del lavoro della Commissione parlamentare antimafia di appena pochi mesi fa. Mi riferisco ad una relazione approvata nel febbraio 2008, relatrice un'esponente del centrodestra, dove si identificava nel percorso dei testimoni di giustizia la possibilità per parte di essi, invece di lasciarli a casa in località protette, in condizioni di precariato, di mantenimento e di assistenzialismo, di essere introdotti nella pubblica amministrazione e quindi di avere un lavoro - quel lavoro che avevano e che, per via della loro testimonianza, hanno perduto - potendosi così mantenere, riacquistare dignità, ritornare ad essere cittadini piuttosto che, come è oggi, essere dei mantenuti, emarginati e discriminati, paradossalmente, da parte dello Stato. È una proposta che abbiamo avanzato sulla quale, anche in questo caso, mi auguro vi sia una convergenza, anche perché nell'elaborazione di questa proposta tale convergenza vi è stata: la Commissione parlamentare antimafia ha approvato infatti all'unanimità la relazione di cui l'onorevole Napoli era relatrice.

In conclusione, vi sono ancora una serie di punti che vi sottoporremo in Aula, perché, almeno su questa parte del disegno di legge sulla sicurezza, la sicurezza si prenda sul serio e diventi una sfida che nobiliti la politica e renda il nostro Paese ancora più avanzato e capace di dimostrare che anche sulla sicurezza è in grado di dare risposte efficaci e coerenti con la nostra Carta costituzionale. ((Applausi dal Gruppo PD. Congratulazioni).

PRESIDENTE. La ringrazio, senatore Lumia, anche per la concretezza delle proposte che ha avanzato e che mi auguro saranno prese in considerazione dal relatore e dall'Assemblea.

È iscritta a parlare la senatrice Colli. Ne ha facoltà.

COLLI (PdL). Signor Presidente, basterebbe fare una passeggiata in viale Zara o al Gratosoglio, alla periferia di Milano, per capire quanto sia necessario approvare in fretta il pacchetto sicurezza. Cito Milano perché è la città che conosco meglio; ma temo che un giro tra Tor Bella Monaca e Magliana qui a Roma non darebbe esiti più confortanti.

L'emergenza sicurezza non se l'è inventata il centrodestra per far cadere il Governo Prodi, non è uno slogan o un polverone mediatico: è la realtà nella quale vivono tutti i cittadini che non si possono permettere l'attico a Trastevere o il loft in corso Como.

Non credo di dover ricordare a nessuno in quest'Aula lo spettacolo al quale abbiamo assistito quando il Governo Prodi ha tentato di far approvare alcuni provvedimenti sulla sicurezza dopo l'atroce delitto Reggiani. Vi ricordate gli annunci, le smentite, il disegno di legge che diventa decreto e poi ritorna ad essere una bozza? Uno stato di agitazione permanente all'interno della maggioranza di allora, che non produsse alcuna legge sulla sicurezza.

Dal suo insediamento questo Governo ha deciso di utilizzare l'Esercito per pattugliare le periferie più a rischio, ha fatto sentire il fiato sul collo alla camorra e oggi presenta questo disegno di legge che prova a combattere anche l'illegalità diffusa, il vandalismo ed il degrado urbano. Mi riferisco all'articolo del disegno di legge che aumenta la pena per il reato di danneggiamento e, soprattutto, impone che la sospensione condizionale della pena sia subordinata alla riparazione del danno. In sostanza, chi rompe paga e chi sporca pulisce.

Sembra scontato, ma le norme che abbiamo oggi prevedono la reclusione fino ad un anno e una multa di soli 300 euro per chi spacca una cabina telefonica. Calcolando che finire in carcere per un vandalo incensurato è un'eventualità remota, non si può pensare che basti rinunciare ad un paio di jeans o a degli occhiali da sole per continuare a deturpare case, treni, mezzi pubblici o addirittura monumenti.

Stesso discorso per le occupazioni abusive: il ripristino dello stato dei luoghi avverrà a spese dell'occupante e non della collettività. Semplice, direi banale, eppure nessuno ci aveva pensato prima.

Ancora più importante è l'articolo che prevede l'introduzione del reato di impiego di minori nell'accattonaggio. Possibile che non si possa fare nulla contro i genitori, gli zii o gli sconosciuti che usano i bambini per chiedere la carità in metropolitana? Dovremmo alzare le mani e arrenderci di fronte a questo horror show quotidiano? Spero che nessuno provi a dipingere questa misura come razzista o discriminatoria nei confronti dei poveri. Me lo auguro davvero. Sarebbe come giocare sulla pelle di questi bambini - di solito rom - costretti a passare ore intere con la mano tesa, invece di studiare italiano o matematica. Sono diventati dei bancomat in miniatura per genitori senza scrupoli e il buonismo o la tolleranza potrebbero solo essere per loro la più crudele delle punizioni. (Applausi della senatrice Boldi).

Esorto a non mugugnare sulla rinuncia da parte dello stesso Governo alle misure detentive per chi entra illegalmente nel territorio italiano. Non è possibile mettere in carcere per quattro anni i 50.000 clandestini che ogni anno attraversano la frontiera e, probabilmente, non sarebbe nemmeno giusto. Non sono tutti delinquenti. Quello che dobbiamo fare è rendere effettive le espulsioni: più che mantenere in carcere un clandestino dobbiamo rispedirlo a casa nel giro di pochi giorni. Niente fogli di via e pacche sulle spalle. Bisogna riaccompagnarli, nel più breve tempo possibile, il che - è inutile nasconderlo - comporta una spesa piuttosto elevata.

Dobbiamo anche ridimensionare lo Stato sociale a favore degli immigrati regolari. Gli operai, i pensionati e i disoccupati italiani non tollereranno a lungo che le case popolari vengano assegnate solo agli immigrati. Prima che diventino razzisti sul serio è meglio limitare il diritto alla casa popolare o agli assegni sociali per gli stranieri. Chi è nato in Italia e ha lavorato una vita intera per una pensione, perlopiù misera, ha diritto ad una casa popolare e ha diritto di passare avanti in graduatoria agli immigrati che lavorano da noi da qualche anno.

A quanti sono contrari all'approvazione di questa legge consiglio di fare una passeggiata tra le casi popolari delle periferie, dove l'afflusso incontrollato di clandestini genera tensioni per la casa, gare al ribasso sugli stipendi e nuova manovalanza per lo spaccio di droga; o nel quartiere Pigneto, a Roma, dove alcuni cittadini sono andati a vendicarsi dei furti spaccando i negozi degli immigrati; o - peggio ancora - a Napoli, dove (lo abbiamo forse già dimenticato) la camorra vuole risolvere la questione rom lanciando le molotov.

Ecco, questo è lo scenario che ci aspetta se lasciamo le cose così come sono adesso. Il Governo ha presentato un disegno di legge, non un decreto: credo sia un segnale di buona volontà, di dialogo e apertura anche nei confronti dell'opposizione. Non confondiamo questa scelta con l'autorizzazione ad allungare i tempi con mille emendamenti. Risolviamo il problema sicurezza oggi, in quest'Aula, prima che le periferie trovino una soluzione per conto loro. (Applausi dai Gruppi PdL e LNP. Congratulazioni).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Pittoni. Ne ha facoltà.

PITTONI (LNP). Signor Presidente, colleghi senatori, i flussi d'ingresso in Italia sono definiti dal Consiglio dei ministri, che individua le quote massime di stranieri da ammettere nel territorio dello Stato per lavoro. E i visti d'ingresso per lavoro subordinato, stagionale e autonomo sono rilasciati entro il limite delle quote predette. Se uno straniero è irregolare significa quindi che non ha seguito la procedura stabilita dallo Stato e già questo meriterebbe un approfondimento, visto che a decidere le regole per stare nel Paese dovrebbe essere il Paese stesso e non i trafficanti internazionali di carne umana.

Ma andiamo avanti. Attualmente lo straniero irregolare che si presenta in qualsiasi struttura sanitaria non viene segnalato all'autorità, gli vengono assicurate cure urgenti e - prevede la norma - «essenziali ancorché continuative», cioè ha diritto a qualsiasi cura sanitaria. Se poi con una semplice autodichiarazione sostiene che è privo di risorse economiche, le cure sono gratuite.

Le modifiche richieste dalla Lega Nord sono: sopprimere la dicitura «l'irregolare non viene segnalato all'autorità» e poi richiedere il «pagamento delle prestazioni erogate a parità dei cittadini italiani. In caso di rifiuto del richiedente alla corresponsione di quanto dovuto, le strutture sanitarie ne trasmettono segnalazione all'autorità competente». Sarà rispettato il codice deontologico professionale e il dovere di «prestare assistenza d'urgenza a qualsiasi infermo che ne abbisogni». Va tenuto presente che le prestazioni urgenti, maternità, cure a età inferiore a 6 anni, compresa tra 6 e 18 anni e superiore a 65 anni vengono garantite in base a trattati e accordi internazionali; medici e sanitari continueranno a prestare tutte le cure del caso a tutti i tipi di pazienti, come hanno sempre fatto.

Le generalità del paziente e il pagamento sono infatti competenze più amministrative che sanitarie. È quindi la politica che deve mostrare gli attributi, visto anche il degrado al quale ci ha portato la filosofia buonista della sinistra, che ha messo di fatto fuori controllo il fenomeno immigratorio. Per capirsi: non può essere la paura che i clandestini non si curino a far arretrare lo Stato dalle proprie responsabilità. Non possono essere i clandestini a decidere la politica dello Stato. Le regole ci devono essere e ci si deve impegnare a farle rispettare. Dove vengono rispettate, come a Treviso e a Verona, anche a costo della facile e impropria accusa di razzismo e xenofobia (che peraltro vuol dire solo paura del diverso), rivolta agli amministratori della Lega Nord, le cose funzionano e gli immigrati si integrano.

Vogliamo vedere come si comportano su questo tema gli altri Paesi europei? C'è già la segnalazione all'autorità giudiziaria quando si ricorre a cure mediche presso strutture pubbliche in Germania, Grecia, Repubblica Ceca, Repubblica Slovacca e Ungheria. In Francia i controlli amministrativi vengono prima della cura; i medici devono verificare i documenti e le prove del loro ingresso e residenza legale in Francia da almeno 3 mesi. Viene garantita l'emergenza, ma non possono usufruire dell'assistenza sanitaria, in Austria, Grecia, Ungheria, Repubblica Slovacca, Paesi Bassi, Irlanda, Danimarca, Polonia, Svezia e Cipro.

La Lega Nord chiede che "irregolare" non si traduca in "privilegiato". Grazie dell'attenzione. (Applausi dal Gruppo LNP).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Bianco. Ne ha facoltà.

BIANCO (PD). Signor Presidente, onorevole rappresentante del Governo, colleghi relatori, i senatori delle forze di opposizione che sono intervenuti (i colleghi dell'Italia dei Valori, dell'UDC e, in particolare, i colleghi del Partito Democratico) nel corso dei numerosi interventi hanno prospettato all'attenzione dell'Aula critiche puntuali al disegno di legge che stiamo esaminando.

Altre critiche, molto aspre, sono venute in questi giorni da ambienti non sospettabili di alcuna parzialità. Voglio ricordare le critiche e le osservazioni che sono state prospettate, in particolare sul tema dell'immigrazione, da parte di ambienti autorevolissimi del mondo della Chiesa. Non mi riferisco solo alle tradizionali posizioni del volontariato cattolico, di cui si è fatta portavoce in questi giorni «Famiglia Cristiana», ma anche a quelle che vengono piuttosto dal mondo ufficiale della Chiesa, dalla Conferenza episcopale italiana e dall'organo che implicitamente ne è espressione, cioè il quotidiano «Avvenire».

È stata puntualmente prospettata all'attenzione delle autorità di Governo e del Parlamento la necessità di correggere rigorosamente la rotta, rispetto ad un'impostazione che non presenta i caratteri del rispetto della persona umana che appartengono alla grande tradizione del cristianesimo.

Ma il mio intervento, signor Presidente, anche sulla base dell'esperienza che ho maturato negli anni del mio impegno prima come sindaco di una grande città, poi come presidente dell'ANCI e come Ministro dell'interno, è volto a sottolineare un aspetto in particolare, in aggiunta alle critiche puntuali che - ripeto - sono già state prospettate all'Aula. Quello che voglio segnalare all'attenzione dell'Assemblea è il fatto che, nell'approccio che è stato seguito dal Governo prima con il decreto-legge e poi con il disegno di legge, manca del tutto una strategia seria, vera per affrontare una questione che è reale e della quale tutti insieme, noi forze dell'opposizione, la maggioranza e il Governo, dovremmo farci carico.

La questione della sicurezza è maledettamente seria e non c'è dubbio alcuno che è uno dei problemi più avvertiti tra i bisogni dell'opinione pubblica.

Ricordo anche l'uso un po' spregiudicato che avete fatto, colleghi della maggioranza, del tema della sicurezza: avete cavalcato l'onda e questa è stata certamente una delle ragioni del vostro successo elettorale. Ora avete il dovere, come noi del resto, di dare sul tema della sicurezza una risposta seria, non fondata sostanzialmente sulla mera apparenza.

Non vi è una strategia, dicevo poco fa, vi è un'accozzaglia di norme sulle questioni più disparate, senza una logica.

Presidenza della vice presidente MAURO(ore 11,39)

 

(Segue BIANCO). Pochissime delle norme che avete inserito sono condivisibili e, tra queste, alcune hanno ricevuto un contributo costruttivo dall'opposizione. È qui accanto a me il collega Lumia, che è intervenuto qualche attimo fa. Insieme, abbiamo presentato in Commissione emendamenti in alcune materie, come quelle del contrasto alla criminalità organizzata e del regime del 41-bis, la cui efficacia purtroppo si è notevolmente smarrita nel corso del tempo. Abbiamo perciò contribuito a migliorare alcune delle previsioni normative contenute nel disegno di legge al nostro esame. Avremmo voluto e probabilmente potuto fare molto di più e molto meglio, ma sicuramente - occorre essere obiettivi - è stata inserita qualche misura positiva in questa materia.

Ringrazio perciò i Presidenti delle Commissioni, in particolare il collega Vizzini, per la parte relativa alla competenza della 1a Commissione, per avere contribuito a trovare una soluzione su alcuni degli aspetti a cui ho fatto riferimento, e naturalmente il collega Berselli, per la parte relativa alla giustizia.

Altre norme che sono contenute nel provvedimento (ma non solo, mi riferisco al complesso degli interventi posti in essere in materia di sicurezza) sono assolutamente e straordinariamente inefficaci. E tuttavia sono quelle su cui avete puntato con maggiore forza per dare la percezione agli italiani che volevate affrontare in modo efficace la questione relativa alla sicurezza.

Cito un esempio per tutti: la previsione della presenza dei militari a sostegno delle forze di polizia. Questo è il più classico degli esempi di misure assolutamente inutili ed inefficaci. Basta guardare ciò che avviene per le strade delle nostre città. Nella mia città, a Catania, vedo sistematicamente passeggiare per la centrale via Etnea un poliziotto o un carabiniere che praticamente porta a spasso (la percezione è questa) due militari, a piedi, non si capisce bene per quale motivo, se non quello di farsi vedere. Lo stesso avviene in molte altre città.

Altre previsioni sono sbagliate, nel senso che non solo sono inefficaci, ma rischiano di produrre risultati estremamente negativi, anche in materia di immigrazione.

Ci sono infine alcune norme che sono invece veramente molto pericolose e potrebbero avere un effetto grave nei confronti del vivere civile. Ad esempio, ricordo la previsione delle cosiddette ronde, una misura che dà un segnale clamorosamente sbagliato, perché è come se lo Stato non fosse in grado, con le sue forze di polizia, di garantire la sicurezza e come se il problema della difesa potesse essere affrontato in modo privatistico, con un ritorno all'antico, ad un clima da far west che sinceramente è inaccettabile e incomprensibile.

Manca - dicevo qualche attimo fa - una strategia seria per governare un problema che è complesso anche sul terreno dell'immigrazione. Voglio dire ai colleghi della Lega, che insistono su questo punto, che il tema dell'immigrazione, una delle grandi questioni della società contemporanea, non riguarda l'Italia e i Governi di centrosinistra. È una ricostruzione che può andare bene quando si fa un comizio in un piccolo paese di una valle della Lombardia o del Veneto, ma quando si discute in Parlamento dare di un problema complesso come quello dell'immigrazione una rappresentazione di questo tipo è un atteggiamento quasi caricaturale.

I fenomeni degli spostamenti e dei flussi migratori sono vecchi quanto la civiltà dell'uomo e non si può affrontare una questione come questa se non vi è la consapevolezza che stiamo trattando un problema complesso che riguarda tutti i Paesi, anche quelli che hanno adottato politiche molto dure sul versante del contrasto all'immigrazione clandestina. Cito un esempio per tutti: gli Stati Uniti d'America che vivono questa situazione in maniera particolare sul versante della frontiera con il Messico. Basta vedere la composizione delle città degli Stati del sud, dove ormai la lingua prevalente è lo spagnolo se non lo spanglish, la lingua cocktail che ha dato vita a un'altra civiltà. Ci sono, quindi, fenomeni complessi che vanno certamente affrontati e governati, ma con strategie di medio e lungo periodo, non dettate soltanto da spinte e logiche emotive.

Il più clamoroso dei vizi del vostro modo di impostare la questione dell'immigrazione consiste nel ritenere che un problema come questo si governa o si affronta con la logica degli annunci. Colleghi, avete detto più volte che una delle cose più importanti è mostrare i muscoli, far capire sulla base degli annunci, in questa specie di tam tam che ci sarebbe nelle popolazioni dei Paesi da cui vengono i flussi migratori, quali sono gli atteggiamenti rigorosi o meno che vengono posti in essere dai Paesi. Ebbene, il vostro annuncio appena siete andati al Governo del Paese all'indomani delle elezioni è stato molto forte; avete usato espressioni molto dure. A distanza di qualche settimana, però, l'Italia è stata invasa da flussi di immigrazione clandestina a livelli che non si registravano da tempo. È quindi evidente che l'effetto annuncio non basta per governare e per affrontare questi problemi.

Avete affermato che la politica degli annunci ha riportato grandi successi. L'unico successo che in materia di sicurezza si registra è il fatto che effettivamente una parte dei reati è diminuita, ma non nella realtà: è diminuita nell'annuncio e nello spazio che le reti televisive, in particolare quelle Mediaset, danno al tema della sicurezza. All'indomani delle elezioni del sindaco di Roma magicamente questa pressione mediatica formidabile che ingenerava e creava insicurezza si è praticamente allentata, a fronte di un andamento del numero di reati commessi che ovviamente prescinde da questi elementi.

Avete approcciato le questioni della sicurezza e dell'immigrazione con la logica dell'apparire anziché con quella dell'essere. Risponde - dicevo poco fa - a questa logica l'idea dell'uso dell'esercito "a sostegno" delle forze di polizia. Normalmente inefficace, l'uso delle Forze armate si è giustificato pienamente nel nostro Paese in una condizione drammatica come quella che visse la Sicilia all'inizio degli anni Novanta, quando fu posta in essere l'operazione Vespri siciliani e quando - il collega Lumia lo ricorderà perfettamente - si trattò di inviare in Sicilia 20.000 appartenenti all'esercito per riappropriarsi di un territorio in modo adeguato. Oggi è un'operazione di esclusiva apparenza.

Sempre in una logica di apparenza rientra la misura relativa alle ronde, con la quale si vuole dare una certa percezione al cittadino. Ma il rischio che corriamo - lo voglio dire con un paradosso, che poi tale non è - è che noi sottrarremo ulteriori risorse umane alle forze di polizia, in quanto i poliziotti e i carabinieri dovranno, la mattina, accompagnare a spasso, in passeggiata per il centro della città i soldati e, il pomeriggio e la notte, vigilare che le ronde non commettano disastri, che qualche volta potrebbero anche commettere. Così, anziché utilizzare il loro tempo per fare presidio e prevenzione o cercare chi ha commesso un reato, dovranno dedicarsi ad altro. Addirittura si prevede una sottrazione di risorse. Si prevede una riduzione dell'organico al 2012 (quindi tra meno di quattro anni) di 15.719 appartenenti alle forze di polizia. Il nostro primo problema oggi dovrebbe essere - ed è questa la logica che manca - fare in modo che si individuino risorse effettive, reali per migliorare la capacità di presenza delle forze di polizia. Una buona dislocazione sul territorio delle forze di polizia significa avere capacità di prevenzione. Quella dà sicurezza ai cittadini!

Allora dovremmo lavorare, oggi, anche nella logica dell'emergenza. Se le risorse che sono state individuate per utilizzare i militari a sostegno delle forze di polizia fossero state destinate a detassare o a pagare nuovo straordinario agli appartenenti alle forze di polizia, all'acquisto di benzina per le macchine della Polizia di Stato o dell'Arma dei carabinieri, alla manutenzione dei mezzi, all'aumento del numero delle volanti e delle gazzelle in giro, avremmo dato un segnale concreto e reale. Ma tanto questo a molti di voi, colleghi, non interessa.

Qualche anno fa trasformaste un'idea intelligente e positiva di un modello organizzativo quale era quello della polizia di prossimità nella banalità del poliziotto di quartiere. Ne avete visto l'effetto: una passeggiatina con la divisa. Sostanzialmente quello strumento è finito, perché si è capito che non era efficace. Era mera apparenza.

La logica è quella di affrontare la questione della sicurezza non con la serietà e il rigore con cui dovrebbe essere trattata, ma con la logica dell'apparire. Invece dovremo mettere mano seriamente, lo dico già qui, ad una riforma dell'ordinamento della pubblica sicurezza in Italia, perché ci sono sprechi, ci sono cattive organizzazioni che sostanzialmente penalizzano un Paese che destina risorse adeguate alla sicurezza e che ha, nel suo complesso, tra le sei e le sette forze di polizia, un numero di appartenenti adeguato.

Quanto alla duplicazione, alla triplicazione o alla quadruplicazione, più volte ho fatto l'esempio del mare: a garantire la sicurezza nel mare sono contemporaneamente presenti pattuglie della Polizia di Stato, dell'Arma dei carabinieri, della Guardia di finanza, delle Capitanerie di porto, della Marina militare, del Corpo forestale dello Stato e della Polizia penitenziaria. Un modo serio di affrontare il problema della sicurezza è quello di promuovere una specializzazione, una semplificazione, una crescita di responsabilità del ruolo e delle competenze del Ministro dell'interno. Quanti uomini in più potremmo mettere sul territorio per un'efficace azione di prevenzione pagandoli meglio, consentendogli di fare più seriamente il loro lavoro, facendo crescere la loro professionalità? Tutto questo francamente manca.

La stessa cosa vale per il tema dell'immigrazione. In passato ci trovammo ad affrontare una vera, drammatica emergenza sul fronte del contrasto all'immigrazione clandestina. Voglio ricordare che nel 1996-1997, quando il Ministro dell'interno si chiamava Giorgio Napolitano, in Italia ci fu un'ondata davvero drammatica di immigrazione clandestina, sia dal versante dell'Albania sia dal versante della Tunisia e del Marocco. Grazie all'azione intelligente del Ministro dell'interno di allora, che poi è stata seguita successivamente anche da altri Ministri, tra i quali il sottoscritto, è stato posto un argine vero a quei flussi di immigrazione clandestina. Come? Investendo in Albania, riorganizzando le forze di polizia di quel Paese. Allo stesso modo, abbiamo aiutato la Tunisia e il Marocco a fronteggiare e a fermare, prima che partissero, le ondate di immigrazione clandestina.

Pertanto può e deve essere svolta un'azione efficace di contrasto all'immigrazione clandestina, che si rende necessaria per un Paese che vuole affrontare seriamente il problema dell'immigrazione. Tutto ciò va realizzato, però, con politiche adeguate, come ad esempio prevedendo i flussi di immigrazione di cui il Paese ha bisogno. L'idea di eliminare completamente per due anni ogni possibilità di ingresso produrrà immediatamente nuovi clandestini. L'industria italiana, infatti, ha bisogno di manodopera che non trova nel nostro Paese, così come le famiglie hanno bisogno di queste persone. Si verificherà il solito problema: preferiamo l'immigrazione illegale, magari a più basso costo e correndo il rischio di avere un'area che sia toccata dalla criminalità, anziché affrontare seriamente la questione, prevedendo i flussi e seguendo la politica delle quote riconosciute. Noi abbiamo posto in essere tale politica con i Paesi che collaborano con l'Italia, come ad esempio la Tunisia; a questo Paese abbiamo riconosciuto ogni anno un certa quota di immigrazione legale, gestita sostanzialmente al suo interno.

Dunque, è necessario avviare un'azione seria, fatta di accordi internazionali e di cooperazione: quando ci sono queste premesse i flussi si riducono. Naturalmente servono provvedimenti seri che, sul versante dell'immigrazione clandestina, sono costituiti da azioni amministrative. Infatti, i provvedimenti amministrativi sono molto più efficaci e rapidi per arrivare all'espulsione, non comportano i rischi di intasamento delle aule giudiziarie e non creano degenerazioni. Ho notato le esitazioni del Governo, che inizialmente era partito lancia in resta per istituire il reato di immigrazione clandestina, ma poi ha fatto marcia indietro.

Signora Presidente, onorevoli colleghi, il riordino della pubblica sicurezza, le politiche di lungo periodo per l'immigrazione, l'effettività della pena e la riduzione dei tempi dei processi sul versante della giustizia sono misure di un'azione seria che noi intendiamo contrapporre alla vostra, che è una politica degli annunci.

Per tali ragioni abbiamo presentato e sosterremo un complesso di emendamenti per trasformare radicalmente quello che oggi è, a nostro avviso, un testo inefficace e pericoloso. (Applausi dai Gruppi PD e IdV).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Saltamartini. Ne ha facoltà.

*SALTAMARTINI (PdL). Signora Presidente, signori del Governo, onorevoli colleghi, il provvedimento in esame, che giunge a conclusione dopo un iter abbastanza breve, rappresenta in concreto la politica dei fatti nei riguardi di fenomeni che costituiscono un pericolo per la nostra democrazia.

Prima di iniziare un'analisi del provvedimento in titolo, credo sia giusto ringraziare i relatori, i senatori Berselli e Vizzini, e anche il sottosegretario Caliendo.

Onorevoli colleghi dell'opposizione, non siamo in presenza di un fenomeno, come quello delineato, rappresentato dalla percezione di insicurezza. Nel nostro Paese si pone un problema piuttosto concreto relativo alla criminalità. Lo scorso anno sono stati denunciati 2.700.000 reati e metà della popolazione carceraria è composta da cittadini extracomunitari. Dai dati degli ultimi dieci anni delle denunce e dei processi emerge che il 50 per cento degli omicidi viene commesso da cittadini extracomunitari, che in Italia costituiscono il 5 per cento della popolazione; oltre il 75 per cento dei reati in materia di spaccio di stupefacenti è commesso da cittadini extracomunitari; la prostituzione è in mano a bande straniere; un numero elevatissimo di scippi (reato che crea un notevole allarme sociale) è realizzato da cittadini stranieri.

Dobbiamo, dunque, introdurre misure di sicurezza che siano in linea con i princìpi fondamentali di un Paese civile ed avanzato. Partendo da un antesignano, cioè da Thomas Hobbes, autore del "Leviatano", possiamo affermare che lo Stato nasce proprio per difendere i cittadini e la cessione di sovranità e delle libertà naturali avviene - appunto - nel momento in cui si conforma lo Stato moderno.

Credo che con alcuni provvedimenti, dal decreto-legge n. 92 del 2008 fino ad oggi, abbiamo realizzato una concreta politica della sicurezza e lo abbiamo fatto seguendo i filoni degli studi più avanzati, che tendono ad affrontare i fenomeni connessi con la criminalità con pene miti ma che possano effettivamente colpirli e frenarli.

Vedete, un grande illuminista come Cesare Beccaria, non a caso il padre della moderna scienza criminologica, molti secoli fa aveva scritto che i processi devono essere immediati e le pene lievi. Con questo provvedimento ci si comincia ad incamminare in questa direzione. All'interno del provvedimento si allarga la platea dei reati per cui si deve procedere all'arresto in flagranza di reato, tra cui i furti commessi da persone travisate o che portano armi pur senza farne uso oppure le violazioni del domicilio, in questo specifico caso una misura preventiva rispetto all'elevatissimo numero di rapine in villa che negli ultimi mesi hanno funestato la libertà, la proprietà e i diritti dei cittadini di molte Regioni del Nord. Nel precedente decreto-legge abbiamo introdotto il procedimento per direttissima per questi specifici casi. Quindi, arresto in flagranza, prove evidenti e procedimento per direttissima costituiscono gli epigoni di questa politica del diritto e della tutela dell'ordine pubblico.

Mi permetto ora di sottolineare a beneficio del sottosegretario Caliendo che la norma che esclude l'obbligo di procedere per direttissima, per esigenze di ordine cautelare del pubblico ministero, implichi che queste ultime debbano essere motivate e che un giudice debba controllare se effettivamente l'elusione del principio del procedimento per direttissima sia effettivamente radicato nelle esigenze investigative.

Continuando poi in questa disamina, è altresì noto che i moderni studi di criminologia hanno dimostrato in modo inconfutabile, di fronte a studi molto interessanti fatti nel nostro Paese da Barbagli e Gatti, che la sanzione penale continua ad essere un efficace deterrente rispetto all'aumento di questi reati. Dunque, ci siamo già incamminati in questa direzione prevedendo un aggravamento di pene, a seguito di tutta una serie di circostanze aggravanti, per fatti compiuti contro persone handicappate, contro minori, nel concorso di reati in presenza di minori e anche e soprattutto per reati commessi in prossimità delle scuole.

Credo, sempre facendo riferimento a tale questione, che i prossimi interventi normativi dovranno anche intraprendere la via di un aumento delle sanzioni minime dei reati perché queste ultime, per come sono state delineate nel minimo dal codice Rocco del 1931, sono in questomomento frustrate da una prassi giudiziaria che tende a partire dalle pene minime, poi diminuite in considerazione della generalizzata prassi di riconoscere la prevalenza di tutte le circostanze generiche e un terzo di sconto con il giudizio abbreviato. Ciò determina che in realtà la sanzione criminale è uno spauracchio virtuale per molti reati, ma non costituisce un efficace elemento di deterrenza.

E veniamo poi ad un ulteriore elemento che si connota e si radica nei princìpi del liberalismo democratico occidentale. Quando nel secolo scorso, nel 1831, Alexis de Tocqueville si recò in viaggio negli Stati Uniti per studiare la detenzione carceraria cellulare, una volta tornato in Europa pubblicò il famoso studio «La democrazia in America», in cui si pone in luce che alcuni istituti riabilitativi di quel Paese, i cosiddetti probation and parole, possono essere concessi solo a condizione che l'autore di reati abbia ripagato la vittima e riparato i danni del suo agire criminale.

Anche in quest'ottica abbiamo reintrodotto per due reati lo stesso principio. Per il reato di danneggiamento e di deturpamento di cose altrui, infatti, non solo si esclude l'applicazione della sospensione condizionale della pena, ma gli autori stessi sono obbligati a riparare il danno o ad effettuare prestazioni sociali. Anche in merito all'altro reato della contravvenzione per chi entra illegalmente sul territorio nazionale o ivi si trattiene senza regolare permesso di soggiorno, viene esclusa la punibilità per coloro i quali sono espulsi. Il dibattito in quest'Aula ha invece posto in luce un feticcio ideologico.

Vedete, le norme sull'immigrazione prescrivono già che lo straniero che entra nel territorio nazionale dopo otto giorni debba rendere la dichiarazione di soggiorno. Quella norma è imperfetta perché accanto al principio non prevede sanzione alcuna rispetto al comportamento adottato. Quella è una norma che costituisce un'antinomia, perché accanto ad un precetto non c'è la sanzione prevista per questo tipo di comportamento.

Prima dell'introduzione di questa sanzione si interveniva con l'articolo 650 del codice penale, con la sanzione per l'omesso adempimento ad ordini legalmente impartiti dall'autorità di polizia. Ebbene, con l'introduzione della contravvenzione, noi seguiamo perfettamente il sistema delineato dal codice Rocco, in forza del quale l'inadempimento di ordine amministrativo di polizia è sanzionato con una contravvenzione.

C'è di più. Non si tratta solo di una incongruenza dal punto di vista giuridico, perché una norma sprovvista di sanzione non è una norma ma un consiglio (semmai una norma etica), ma tale previsione nasce sin delle prime leggi dell'unità d'Italia, sin dal primo testo organico delle leggi di pubblica sicurezza del 1865, e già il codice Zanardelli del 1889, che venne approvato insieme al testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, prevedeva questa sistematica. Noi non facciamo altro che reintrodurre una norma, l'articolo 142, che il testo unico delle leggi di pubblica sicurezza del 1931, ancora in vigore, prevedeva.

Ne consegue che tutte le censure che sono state esplicitate in quest'Aula del Parlamento, in forza delle quali la norma sarebbe irragionevole dal punto di vista di costituzionalità, pongono in luce il difetto gravissimo di argomentazioni ideologiche, che non hanno davvero alcun fondamento.

Chi in quest'Aula del Senato può immaginare o pensare che la sovranità del Parlamento può essere limitata da un ricorso recettizio e ripetuto alle sentenze della Corte costituzionale? Io credo che noi abbiamo il dovere di fare delle buone leggi, che la Corte costituzionale ha il dovere di essere il guardiano della Costituzione, ma che maggioranza e minoranza debbano cooperare e partecipare per realizzare delle norme penali incriminatrici che abbiano effettivamente la capacità di costituire un deterrente per questi gravissimi fenomeni criminali è un dovere per tutti.

Infine, vorrei soffermarmi sull'intervento preciso e puntuale riguardo alla criminalità organizzata. Voglio ripetere in quest'Aula che il primo decreto‑legge con cui siamo intervenuti sulla materia è il decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92. Il 23 maggio del 1992 ci fu la strage di Capaci, con l'assassinio di Giovanni Falcone, della moglie e della loro scorta. Ebbene, esattamente nella stessa data, dopo 16 anni, noi realizziamo un intervento specifico contro la mafia e la criminalità organizzata, prevedendo un aggravamento preciso delle condizioni del 41-bis, introducendo un reato specifico per l'elusione alle prescrizioni del 41-bis. Interveniamo in materia di misure di prevenzione antimafia (legge n. 1426 del 1956) con tutta una serie di misure interdittive nei riguardi della criminalità organizzata.

Reintroduciamo nel codice di procedura penale l'obbligo della custodia cautelare in carcere di persone nei cui riguardi ci siano sufficienti elementi di responsabilità e colpevolezza in merito ai reati di associazione mafiosa, anche di associazioni criminali straniere. Interveniamo in materia di confisca dei beni di provenienza illecita.

Vedete, cari colleghi, sta proprio qui la differenza che c'è tra un'esposizione ideologica e una trattazione concreta di questi temi. Ripercorrendo quanto detto all'inizio di questo mio intervento, è necessario aggiungere che gli interventi in una società aperta - per usare la descrizione che fa Karl Popper delle società moderne - descrivono la necessità e l'obbligo dei Paesi avanzati e democratici di intervenire appunto sulle libertà positive, che richiedono l'intervento fattivo dello Stato.

Tale intervento dello Stato per limitare e contrastare la criminalità trova oggi gli epigoni più importanti e significativi anche da parte della moderna sociologia e psicologia criminale. In particolare, lo stesso John Rawls, ha sostenuto che molti reati sono causa del differente trattamento di ricchezza tra i cittadini, ebbene anche questo famosissimo studioso americano sostiene che non vi è libertà, non vi è democrazia e non vi è sviluppo economico senza sicurezza.

La differenza tra noi e voi, colleghi dell'opposizione, è che noi siamo passati dalla logica della propaganda a quella dei fatti, perché i 13 milioni di cittadini che hanno votato il PdL ci hanno affidato il dovere e la responsabilità di avviare l'Italia verso i suoi più alti e immancabili destini. (Applausi dal Gruppo PdL).

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione generale.

Rinvio il seguito della discussione del disegno di legge in titolo ad altra seduta.

CASSON (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CASSON (PD). Signora Presidente, come Partito Democratico intendiamo presentare una richiesta ai sensi dell'articolo 113, commi 2 e 4, del Regolamento del Senato; in particolare, verrà depositata anche per iscritto una richiesta di votazione a scrutinio segreto, sottoscritta da oltre venti senatori. Riteniamo che questo sia il momento più opportuno in quanto il Regolamento recita: «deve essere presentata dopo la chiusura della discussione e prima che il Presidente abbia invitato il Senato a votare». Pensiamo sia più corretto informare i senatori ed il Governo della presentazione di tale richiesta in modo tale che quando si arriverà al momento dell'illustrazione e della votazione degli emendamenti tutti siano in grado di rendersi conto delle richieste, molto dettagliate, formulate con la nota scritta.

Si fa riferimento, in particolare, a 48 emendamenti concernenti 33 articoli, per violazione degli articoli 13, 14, 15, 18, 19, 22, 24, 25, 27, 29, 30, 31 e 32 della Carta costituzionale. Si tratta di articoli riguardanti i rapporti civili, i diritti e i doveri dei cittadini, le libertà e i doveri fondamentali, in particolare le questioni relative alla libertà personale, all'inviolabilità del domicilio, della corrispondenza, al diritto di associazione, alla libera professione di fede religiosa. Si tratta, inoltre, degli articoli concernenti l'educazione e l'istruzione dei minori e la tutela della salute di tutte le persone.

La nota scritta contiene - come ho detto - le firme di oltre venti senatori del Partito Democratico. Sono indicati in maniera dettagliata gli emendamenti che vengono contestati sotto il profilo della legittimità costituzionale e, accanto ad ognuno di essi, sono segnalati gli articoli della Costituzione che si ritengono violati. Nella seconda parte vengono indicati anche gli articoli specifici del disegno di legge che, secondo i medesimi criteri, si ritengono contestabili; nell'ultima parte, si segnala che per quanto concerne in particolare l'articolo 19, comma 3, si richiede il voto per parti separate, ai sensi dell'articolo 113, comma 6, del Regolamento del Senato, in quanto non potrebbe essere sottoposto a scrutinio segreto, diversamente dai restanti commi che attengono all'articolo 13 della Costituzione poiché, attribuendo nuove competenze ai giudici di pace, comporta un aumento di spesa e sappiamo che su questo non è possibile richiedere il voto segreto.

Per tutti gli altri emendamenti e articoli - ripeto - avanziamo questa richiesta che consegnerò per iscritto alla Presidenza del Senato.

PRESIDENTE. La ringrazio, senatore Casson. La Presidenza ne prende atto e valuterà le singole richieste quando si passerà all'esame degli articoli.

LI GOTTI (IdV). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

LI GOTTI (IdV). Signora Presidente, intendo far presente che nel disegno di legge originario, in relazione all'articolo 9, cioè quello che introduceva il reato di ingresso illegale nel territorio dello Stato, il Governo aveva previsto che tale norma fosse suscettibile di produrre nuovi e maggiori oneri, tanto è vero che allegava una relazione tecnica sui nuovi e maggiori oneri derivanti dall'introduzione del reato, così come proposto.

In sede di presentazione degli emendamenti, il Governo ha sostituito l'articolo 9 con l'articolo 19, che modifica la materia suscettibile di provocare nuovi e maggiori oneri. Purtroppo però questo emendamento non è stato accompagnato dalla relazione tecnica aggiornata alla nuova realtà, per cui la invito, signora Presidente, a far presente al Governo la necessità di produrla, con riferimento appunto al nuovo articolo 19.

PRESIDENTE. Senatore Li Gotti, la questione è all'attenzione della Commissione bilancio.

ADAMO (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

ADAMO (PD). Signora Presidente, intervengo sulle segnalazioni riguardanti il testo, visto che è terminata la discussione generale. Resta solamente ai relatori ed al Governo l'eventualità di produrre degli emendamenti, anche sulla scorta, per esempio, dell'intervento del collega Li Gotti.

Al di là della segnalazione già fatta sull'articolo 19, comma 3, laddove vi è l'impegno del Governo a produrre un emendamento perché il testo fa riferimenti legislativi ad una legislazione inesistente, vuoto piuttosto serio, mi permetto di segnalare un punto. Non va bene che le nostre leggi - in un momento in cui il Ministro della pubblica istruzione richiama tanto gli studenti e gli insegnanti alla preparazione e alla serietà - escano con un anacoluto grande come una casa. Mi permetto di segnalarvi l'articolo 41, comma 1, nel testo proposto dalle Commissioni riunite, laddove è scritto: «Art. 4-bis.- (Accordo di integrazione) 1. Ai fini di cui al presente testo unico, si intende con integrazione quel processo finalizzato a promuovere la convivenza dei cittadini italiani e di quelli stranieri, nel rispetto dei valori sanciti dalla Costituzione italiana, impegnandosi reciprocamente (...)». Se il relatore o il Governo si degnano di mettere un soggetto a questo testo ci evitano di produrre un testo di legge con un errore di sintassi.

PRESIDENTE. Va bene, senatrice Adamo. Prendiamo atto di questo intervento.

 


 

 

 

 

 

Senato della Repubblica

XVI LEGISLATURA

 

Assemblea

 

 

 

RESOCONTO SOMMARIO

RESOCONTO STENOGRAFICO

ALLEGATI

 

 

ASSEMBLEA

 

122a seduta pubblica

 

 

martedì13 gennaio 2009

 

 

Presidenza del presidente SCHIFANI,

indi del vice presidente CHITI

 

 


 

(omissis)

Seguito della discussione del disegno di legge:

(733) Disposizioni in materia di sicurezza pubblica (ore 17,47)

 

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge n. 733.

Ricordo che nella seduta antimeridiana del 19 novembre 2008 si è conclusa la discussione generale.

Ha facoltà di parlare il relatore, senatore Vizzini.

VIZZINI, relatore. Signor Presidente, a conclusione di un dibattito che si è svolto alcune settimane fa e che ha riguardato un disegno di legge che lungo la strada è cresciuto nel numero degli articoli e nelle materie, credo di poter cogliere che tra i vari filoni che riguardano la sicurezza ve ne sono alcuni sui quali si è lavorato con una buona intesa tra le forze politiche. Ad esempio, tutta la prima parte, che affronta il tema della sicurezza in senso lato, con aggravanti di pena per reati commessi in determinate circostanze e che tengono conto dei luoghi in cui avvengono determinati reati (furto, rapina o scippo in prossimità di istituti di credito o di sportelli bancomat) hanno visto maggioranza e opposizione impegnate in un dialogo intenso, positivo e propositivo, che ha portato a migliorare il testo all'esame dell'Aula. Allo stesso modo, nella parte che riguarda la lotta alla criminalità organizzata abbiamo raggiunto un'intesa in materia di provvedimenti che renderanno sempre più intensa e forte la possibilità di combattere le mafie.

Mi dispiace dover sottolineare ciò in una giornata nella quale le agenzie di stampa hanno annunciato che il tribunale di sorveglianza di Roma ha revocato il 41-bis al boss Domenico Ganci, condannato all'ergastolo per le stragi degli anni Novanta. Si tratta di un mafioso che ha commesso oltre 40 delitti, ma che ad avviso del tribunale di sorveglianza di Roma non è più un mafioso pericoloso e che ha potuto trascorrere tranquillamente il Capodanno a regime ordinario insieme a tutti gli altri carcerati per reati minori, probabilmente ricominciando da lì a intrattenere rapporti con il territorio per dimostrare che la mafia riesce a comandare anche quando è detenuta nelle patrie galere.

Non è un caso che nel provvedimento al nostro esame vi sia un articolo che si occupa proprio del carcere duro, per inasprirne le condizioni, per cercare di rendere molto più difficile la revoca, per creare un centro unico che prenda le decisioni, ma anche per regolamentare in modo diverso tutti i permessi carcerari, i comportamenti in carcere, le cose che i detenuti possono fare, assegnando pene molto più aspre di quelle attuali per i reati connessi alla comunicazione esterna.

Vi è poi una parte che riguarda il codice della strada; anch'essa è stata oggetto di arricchimento nel dibattito in Commissione e negli emendamenti che sono presentati all'attenzione dell'Assemblea.

Vi è infine la parte che è stata più contrastata nel dibattito - questo sì aspro - che riguarda l'immigrazione, per la quale credo dovremmo confrontarci anche in Aula senza infingimenti. Ognuno di noi proviene da campagne elettorali nelle quali ha assunto impegni con gli elettori: quello che noi stiamo facendo è cercare di mantenere gli impegni assunti con gli elettori nel corso della campagna elettorale. Nessuno di noi si sogna un Paese chiuso ad esperienze che soggetti meno fortunati di altre Nazioni vogliono venire a fare in Italia, a patto che essi entrino avendo la possibilità di trovare un lavoro e non dovendosi procurare da vivere non lavorando e quindi delinquendo. (Brusìo).

PRESIDENTE. Scusi, senatore Vizzini, siccome lei sta svolgendo un interessante intervento, che però non è ascoltato dall'Assemblea, pregherei i colleghi che non sono interessati all'ascolto di lasciare l'Aula. Chi è interessato rimanga in Aula. Vorrei assistere alla fine di questo bisbiglio fastidiosissimo e poco riguardoso nei suoi confronti e nei confronti dell'Assemblea. Chi deve lasciare l'Aula è pregato cortesemente di farlo. Prego, presidente Vizzini.

VIZZINI, relatore. Grazie, signor Presidente. Forse vi era stato un fraintendimento: anch'io, come molti altri, non avevo capito che le repliche si sarebbero svolte oggi e i colleghi avevano cominciato ad uscire dall'Aula. Io stesso, come vede, sto replicando a braccio, dal momento che avevo lasciato l'intervento in ufficio pensando di doverlo fare domani mattina. Sono cose che capitano, ma l'importante è potervi fare fronte.

Sulla parte che riguarda l'immigrazione ci sono certamente contrasti ampi, ma dobbiamo venirne fuori in un dibattito sereno, con tesi diverse perché diversi sono gli impegni che abbiamo assunto con i nostri elettori, ma soprattutto - io credo - con la convinzione che nel nostro Paese si possa e si debba entrare, ma si debba anche poter dimostrare come ci si vuole sostentare: avere un lavoro e non essere costretti poi a delinquere per vivere poiché si è entrati senza alcuna speranza di lavorare. Chi vuole entrare nel nostro Paese deve sapere che dovrà rispettare le regole di convivenza civile, le leggi di questo Stato ed essere cittadino tra i cittadini, assoggettandosi a diritti e doveri e non pensando di poter reclamare soltanto diritti. Su questo il dibattito è aperto; ci sono visioni diverse ed emendamenti su cui i Gruppi si confronteranno.

Debbo dire che la discussione generale, che ho riletto proprio in questi giorni visto il tempo trascorso da quando si è svolta, ha dimostrato come il dibattito sia stato proficuo, come siano emerse una serie di indicazioni che possono essere sicuramente prese in considerazione e come anche il confronto tra maggioranza e Governo sia stato dialettico, consentendo anche a noi di apportare modifiche al provvedimento.

Con queste considerazioni termino questa breve replica, avendo affidato la relazione ad un testo scritto che fa parte integrante del disegno di legge. Mi auguro che dall'esame dei molti emendamenti - circa 200 da esaminare - possa venire non un confronto su posizioni di maniera o solo per dimostrare che qualcuno ha presentato richieste di modifiche, ma un confronto di merito per cui se ci sono modifiche che possono essere accolte per migliorare il provvedimento, così come fatto in Commissione, lo si possa fare in Aula.

Presidenza del vice presidente CHITI(ore 17,54)

 

(Segue VIZZINI, relatore). Con l'approvazione di questo provvedimento completiamo il pacchetto unico con il decreto-legge convertito prima dell'estate dal Parlamento; completiamo cioè un disegno più complessivo per fronteggiare i problemi dell'ordine e della sicurezza dei cittadini, impegno prioritario di questo Governo e della maggioranza: con questo passaggio stiamo onorando quest'impegno politico. (Applausi dal Gruppo PdL).

 

PRESIDENTE: Ha facoltà di parlare il relatore, senatore Berselli.

BERSELLI, relatore. Signor Presidente, la discussione generale svoltasi nel mese di novembre ha sostanzialmente confermato la necessità avvertita dal Governo e dalla maggioranza di dare anche sul piano normativo una risposta efficace al problema della sicurezza pubblica e della criminalità, tanto di quella diffusa e apparentemente minore quanto di quella organizzata, che non può essere ridotto ad una mera questione di percezione da parte dell'opinione pubblica.

Gran parte degli interventi, tanto di maggioranza quanto di opposizione, hanno infatti convenuto sulla necessità di un maggiore impegno dello Stato su questi fronti. Va osservato che anche nei diversi interventi dei colleghi dell'opposizione vi è stato un sostanziale riconoscimento della condivisibilità, almeno in linea generale, dell'approccio recato dal disegno di legge, che da un lato ha tenuto conto anche di proposte prefigurate da un analogo intervento normativo a suo tempo predisposto dal Governo Prodi e, nel corso del dibattito in Commissione, di indicazioni e di suggerimenti provenienti dalla stessa opposizione.

Ciò nondimeno, in alcuni interventi dei colleghi dell'opposizione sono state riproposte talune critiche su punti qualificanti del nuovo impianto normativo o sulla sua stessa filosofia complessiva, che vanno indubbiamente respinte. In particolare non può essere in alcun modo condivisa l'osservazione, sicuramente ingenerosa anche rispetto al testo originario proposto dal Governo ed ancor di più dopo le modifiche introdotte dalle Commissioni riunite affari costituzionali e giustizia, in particolare in materia di estensione del regime di reclusione previsto all'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario a cui ha fatto prima riferimento il presidente Vizzini, secondo la quale il disegno di legge in titolo avrebbe espresso una filosofia della tutela della sicurezza pubblica eccessivamente sbilanciata nel senso della repressione della criminalità diffusa, definita come minore, rispetto all'impegno di un severo contrasto alla criminalità organizzata.

Al contrario, occorre ribadire che il disegno di legge rappresenta senz'altro uno dei più significativi ed innovativi interventi degli ultimi anni in materia di elaborazione di strumenti giuridici utili a contrastare la criminalità organizzata e la sua infiltrazione nell'economia legale. Peraltro, anche gli interventi diretti a contrastare la criminalità cosiddetta minore vanno letti in un quadro organico, diretto a ripristinare l'autorità dello Stato e la sua capacità di presidiare tutti gli ambiti della vita associata. Ciò che non deve essere visto, come ha fatto ad esempio nel suo intervento il collega senatore Carofiglio, come l'espressione di una politica criminale cosiddetta di classe, diretta cioè a tutelare gli interessi dei gruppi sociali privilegiati nei confronti di quelli marginali, ma al contrario come il frutto della consapevolezza che sono i cittadini più poveri e deboli, (anziani, disabili, abitanti delle periferie) i più esposti alla criminalità diffusa, che proprio per la sua pervasività ed impunità finisce per contribuire in maniera significativa all'insicurezza e al degrado della vita di ampi strati della società italiana, così da non potere essere assolutamente qualificata come criminalità minore.

Gli sforzi per ricondurre ad un organico e ordinato governo il fenomeno dell'immigrazione (contrastando la criminalità e quindi, per converso, anche la clandestinità), il tentativo di far emergere fenomeni per loro natura sfuggenti (quale quello del vagabondaggio) in maniera da metterli sotto il controllo dell'autorità pubblica, il contrasto a forme di sfruttamento odioso dei minori (come quelle legate al fenomeno dell'accattonaggio) e perfino la maggiore severità con cui si propone di affrontare l'imbrattamento ed il danneggiamento delle strade e dei palazzi delle nostre città non sono dunque fini a se stessi, ma sono diretti a restituire ai cittadini, in particolare proprio a quelli più deboli, il loro ambiente di vita e la possibilità quotidiana di poterlo vivere in serenità e sicurezza.

In conclusione, pur nella consapevolezza che dal dibattito sugli emendamenti potranno venire ulteriori miglioramenti e perfezionamenti dell'articolato (ed a questo proposito Governo e maggioranza sono disponibili ad accettare proposte migliorative), riteniamo che tale provvedimento debba essere comunque, nel suo complesso, ampiamente condiviso. Riteniamo inoltre che la sua approvazione, pur non esaurendo la politica di contrasto alla criminalità e di sviluppo della sicurezza che il Governo sta perseguendo fin dall'inizio della legislatura, rappresenti certamente un momento importante per il ripristino nella società italiana di un clima di serenità e sicurezza, sempre auspicabile e che appare particolarmente necessario in un momento storico caratterizzato da una gravissima congiuntura economica mondiale, cui si potrà far fronte solo in un contesto di fiducia diffusa e di garanzia della sicurezza pubblica. Attendiamo su questi punti il contributo fattivo delle opposizioni. (Applausi dal Gruppo PdL).

 

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, solo poche parole perché gli interventi dei relatori in sede di replica hanno dato conto della completezza e dell'articolazione del dibattito, che interviene su uno degli aspetti fondamentali del complesso pacchetto sicurezza, che finora si è sviluppato con la conversione in legge da parte del Parlamento di due decreti-legge, con l'espressione del parere su due decreti legislativi - e si tratta di norme tutte operanti - e con le numerose disposizioni di questo disegno di legge, che sarebbe un vero peccato se fosse banalizzato con le polemiche che si leggono anche nella giornata di oggi sui lanci di agenzia.

Vorrei soffermarmi soltanto per sottolineare il peso che le disposizioni del disegno di legge hanno nel settore della prevenzione e del contrasto alla criminalità di tipo mafioso. In esso sono contenute delle novità estremamente significative. C'è, per esempio, la previsione del potere di accesso del prefetto in chiave di prevenzione antimafia nei cantieri; quindi, non soltanto quando già esistono rischi di infiltrazione mafiosa che si sono concretizzati, ma quando c'è il timore che si manifestino.

Vi è poi una più incisiva possibilità di intervento sulle misure di prevenzione, soprattutto quelle patrimoniali, sancendo definitivamente la scissione tra la pericolosità personale e la provenienza mafiosa del bene. C'è inoltre una chiarezza ed una trasparenza della figura dell'amministratore giudiziario dei beni sequestrati e poi confiscati, con la previsione di un albo nazionale cui si accede con precisi requisiti di competenza e di affidabilità personale.

Vi è inoltre una riscrittura della disposizione dell'articolo 143 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, che prevede lo scioglimento dei consigli comunali quando vi è una conclamata infiltrazione di tipo mafioso. L'articolo 143 viene riscritto non soltanto prevedendo clausole più chiare e precise, con ciò limitando quindifortemente la possibilità dell'impugnativa in sede di giustizia amministrativa ma anche integrando l'intervento dello Stato su una fascia che finora era rimasta esente dalla prevenzione antimafia, vale a dire non quella degli amministratori eletti ma quella della burocrazia degli enti territoriali. Infatti, finora si è colpito il sindaco, l'assessore e il consigliere comunale ma non il tecnico comunale o il segretario generale, che in certi casi, in certe aree e in certi municipi, rappresentano l'elemento di continuità non della buona amministrazione ma della collusione con la criminalità mafiosa presente nella zona.

La norma più importante di questo complesso di disposizioni, che segna un mutamento non soltanto sul piano giuridico e politico ma anche su quello culturale in senso lato, è quella che sanziona l'inottemperanza all'obbligo di denuncia, raccogliendo l'esortazione che è stata rivolta da varie associazioni e dalla parte più avanzata di Confindustria, mi riferisco a Confindustria siciliana, quando si ritiene che l'imprenditore che omette di denunciare la richiesta estorsiva alle forze di polizia e all'autorità giudiziaria compie un'attività che si avvicina maggiormente a quella di chi gli rivolge la richiesta estorsiva che non a quella di una persona che vuole contrastare la mafia.

Si è circoscritto il campo per evitare velleitarismi, colpendo lì dove effettivamente necessario, rispetto agli imprenditori aggiudicatari di una gara per l'esecuzione di lavori pubblici. In questo caso il meccanismo previsto è che al termine delle indagini il pubblico ministero che riscontra che vi è stata una richiesta estorsiva e che quest'ultima non è stata denunciata, rivolge una segnalazione all'autorità garante che a sua volta pubblica la segnalazione stessa sul sito; da ciò deriva un'interdizione dal poter ottenere appalti in futuro, oltre che una decadenza nell'appalto in corso.

Ricordo poi le disposizioni richiamate dal presidente Vizzini, molto più rigorose in tema di regime carcerario dell'articolo 41-bis per i mafiosi, ed anche quelle relative al controllo del cosiddetto money transfer, che permettono di disporre di elementi in più per ricostruire flussi finanziari che finora sono rimasti nelle nebbie e che si muovono nell'area dell'illecito.

Anche il Governo auspica, a fronte del testo proposto e degli emendamenti in discussione, un confronto nel merito il più ampio, serrato e costruttivo possibile; tuttavia, già da adesso intende ringraziare l'Aula per l'impegno profuso fino a questo momento e, prima ancora, le Commissioni e i Presidenti relatori.

PRESIDENTE. Come precedentemente convenuto, rinvio il seguito della discussione del disegno di legge in titolo ad altra seduta.

 

 


 

 

 

 

 

Senato della Repubblica

XVI LEGISLATURA

 

Assemblea

 

 

RESOCONTO SOMMARIO

RESOCONTO STENOGRAFICO

ALLEGATI

 

 

ASSEMBLEA

 

123a seduta pubblica

 

 

mercoledì14 gennaio 2009

 

 

Presidenza della vice presidente MAURO,

indi del vice presidente NANIA

 

 


(omissis)

 

Seguito della discussione del disegno di legge:

(733) Disposizioni in materia di sicurezza pubblica (ore 10,07)

 

Stralcio dei commi 4 e 5 dell'articolo 1 del testo proposto dalle Commissioni riunite (733-bis)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge n. 733.

Ricordo che nella seduta di ieri hanno avuto luogo le repliche dei relatori e del rappresentante del Governo.

Invito il senatore Segretario a dare lettura del parere espresso dalla 5a Commissione permanente sul disegno di legge in esame e sugli emendamenti.

MALAN, segretario. «La Commissione programmazione economica, bilancio, esaminato il disegno di legge in titolo, esprime, per quanto di propria competenza, parere non ostativo, con le seguenti condizioni, rese ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione:

- che l'articolo 30, comma 1, sia soppresso e che venga approvato 1'emendamento 30.500 (testo 2), sul quale il parere è condizionato, ai sensi della medesima norma costituzionale, alla soppressione del comma 4-ter;

- che all'articolo 30, comma 3, dopo la parola "istituito" siano aggiunte le seguenti: "senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato";

- che all'articolo 44, comma 1, dopo la parola "istituito" siano aggiunte le seguenti: "senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato";

- che all'articolo 46 siano aggiunte, in fine, le seguenti parole: "Dalla presente disposizione non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica";

- che l'articolo 55 sia sostituito dal seguente:

"1. Agli oneri recati dall'articolo 19, valutati in euro 25.298.325 per l'anno 2009 e in euro 33.731.100 a decorrere dall'anno 2010, e dall'articolo 39, valutati in euro 52.000.000 per l'anno 2009, in euro 98.357.680 per l'anno 2010, in euro 53.474.880 per l'anno 2011 e in euro 77.031.400 a decorrere dall'anno 2012, di cui euro 52.000.000 per l'anno 2009, euro 92.000.000 per l'anno 2010 ed euro 11.160.000 per l'anno 2011 destinati alla costruzione e ristrutturazione dei centri di identificazione ed espulsione, si provvede:

a) quanto a 48.401.000 euro per l'anno 2009, 64.976.000 euro per l'anno 2010 e 56.886.000 euro a decorrere dall'anno 2011, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2009-2011, nell'ambito del programma "Fondi di riserva e speciali" della missione "Fondi da ripartire" dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2009, allo scopo parzialmente utilizzando gli accantonamenti di cui alla tabella 1;

b) quanto a euro 3.580.000 per l'anno 2010, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di conto capitale iscritto, ai fini del bilancio triennale 2009-2011, nell'ambito del programma "Fondi di riserva e speciali" della missione "Fondi da ripartire" dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2009, allo scopo parzialmente utilizzando gli accantonamenti di cui alla tabella 2;

c) quanto a euro 28.897.325 per l'anno 2009, euro 32.712.780 per l'anno 2010, euro 30.319.980 per l'anno 2011 e euro 53.876.500 a decorrere dall'anno 2012, mediante corrispondente riduzione della dotazione del Fondo per interventi strutturali di politica economica di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307;

d) quanto a euro 31.000.000 per l'anno 2010, mediante riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 5, comma 4, del decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126, come integrato dal decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.

2. Il Ministro dell'economia e delle finanze provvede al monitoraggio degli oneri di cui agli articoli 19 e 39, anche ai fini dell'adozione di provvedimenti correttivi di cui all'articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni. Gli eventuali decreti emanati ai sensi dell'articolo 7, secondo comma, numero 2), della citata legge n. 468 del 1978, prima della data di entrata in vigore dei provvedimenti di cui al presente comma, sono tempestivamente trasmessi alle Camere, corredati da apposite relazioni illustrative.

3. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio";

- che la tabella n. 1 sia sostituita dalla seguente:

Tabella 1
(art. 55, comma 1, lettera a)

 

 

2009

2010

2011

Ministero dell'economia e delle finanze

7.742.000

3.403.000

3.403.000

Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali

35.401.000

30.028.000

23.374.000

Ministero della giustizia

911.000

-

805.000

Ministero degli affari esteri

3.300.000

26.455.000

24.455.000

Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca

499.000

2.417.000

2.388.000

Ministero delle infrastrutture e dei trasporti

22.000

521.000

514.000

Ministero per i beni e le attività culturali

526.000

1.971.000

1.947.000

TOTALE

48.401.000

64.795.000

56.886.000

 

Esprime parere di semplice contrarietà in ordine all'articolo 51.

Il parere è altresì reso con il seguente presupposto:

- che alle attività di cui all'articolo 30, commi 2, 3, 4 e 5, in relazione alla tenuta dell'Albo ivi indicato, possa farsi fronte con le risorse umane, strumentali e finanziarie già previste a legislazione vigente.

Sugli emendamenti esprime parere contrario, ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, sulle proposte 8.0.300, 8.0.301, 24.0.100, 31.100, 33.102, 33.101 (testo 2), 33.103 (testo 2), 33.300, 33.106, 33.0.100, 33.0.101 (testo 2), 48.0.107, 52.0.101, 54.0.302 e 55.500, nonché parere di semplice contrarietà sulle proposte 4.101, 4.100, 4.103, 4.104, 4.0.600 (e sui relativi subemendamenti), 48.305, 48.0.300. Esprime infine parere non ostativo sui restanti emendamenti, ad eccezione delle seguenti proposte sulle quali il parere non ostativo è reso ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione alle condizioni che seguono:

- che alle proposte 12.0.100 e 12.0.300, le parole: "per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010" siano sostituite dalle altre: "a decorrere dal 2009" e che le parole: "24 dicembre 2007, n. 244, per l'anno 2008" siano sostituite dalle altre: "22 dicembre 2008, n. 203";

- che all'emendamento 32.0.100 (testo 2) siano soppressi i commi 10 e 13;

- che alle proposte 33.0.102 e 39.0.100 la parola: "2008" sia sostituita dall'altra: "2009" e che le parole: "24 dicembre 2007, n. 244, per l'anno 2008" siano sostituite dalle altre: "22 dicembre 2008, n. 203";

- che all'emendamento 39.106 il numero 4) della lettera l) venga soppresso.

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno, che si intendono illustrati e su cui invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi.

BERSELLI, relatore. Signora Presidente, ci rimettiamo al parere del Governo.

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Il parere è favorevole sull'ordine del giorno G100, nonché sul G101, che si può ritenere assorbito dal precedente; quindi o accolto, o assorbito.

Il parere, inoltre, è contrario sull'ordine del giorno G102, mentre per quanto riguarda l'ordine del giorno G103 ne propongo una riformulazione abbastanza articolata, il cui testo consegno alla Presidenza chiedendo che ne venga data lettura.

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a dare lettura della riformulazione testé presentata.

MALAN, segretario.

«II Senato della Repubblica,

considerato che:

l'ONG di assistenza e aiuto sanitario, Medici Senza Frontiere (MSF), conosciuta in tutto il mondo per il suo impegno umanitario, il 31 ottobre 2008 ha terminato la propria attività sull'isola di Lampedusa, per scadenza del protocollo di intesa stipulato con il Ministero dell'interno;

MSF ha garantito dal 2002 visite mediche d'emergenza gratuite per i migranti che arrivano sull'isola dopo aver attraversato un drammatico viaggio in mare. Dal 2005 fino ad oggi il team di MSF ha visitato 4.550 migranti, 1.420 solo fra gennaio e ottobre del 2008;

l'assistenza sanitaria e di primo intervento di MSF ha consentito in questi anni un supporto importante, necessario e utile al servizio sanitario regionale;

nei primi dieci mesi del 2008 le persone sbarcate sulle coste dell'isola di Lampedusa sono state più di 25.000;

negli ultimi anni tra i migranti sbarcati a Lampedusa vi è stato un incremento di patologie dovute alle condizioni dei viaggi in mare (traumi, ipotermia, ustioni etc.);

rispetto agli anni scorsi la popolazione migrante è cambiata, dal momento che sempre più persone provengono da zone di guerra o Paesi colpiti da carestie, come Somalia, Eritrea, Sudan ed Etiopia (30 per cento);

un dato rilevante è costituito dall'incremento del numero delle donne (12 per cento) e dei minori (8 per cento), con un aumento delle donne in gravidanza (151 dall'inizio dell'anno);

impegna il Governo:

ad assicurare l'assistenza sanitaria alle popolazioni migranti anche attraverso la stipula di intese con le componenti medico-sanitarie presenti sull'isola di Lampedusa, ivi compresi Medici Senza Frontiere».

PRESIDENTE. Senatrice Poretti, accoglie la riformulazione dell'ordine del giorno G103 testé proposta?

PORETTI (PD). Signora Presidente, posso accettare la riformulazione proposta. L'importante è che si prenda atto, e di questo ringrazio il Governo, della problematica legata al mancato rinnovo del protocollo d'intesa con Medici Senza Frontiere, da cui era scaturito l'ordine del giorno, il cui senso è quello di tenere presente la necessità di fornire un'assistenza sanitaria alle persone che sbarcano sull'isola, attraverso Medici Senza Frontiere o altro tipo di assistenza. L'importante è che ci sia questa disponibilità e anche il riconoscimento da parte del Governo del servizio svolto da Medici Senza Frontiere. In tal senso, accolgo la riformulazione.

STIFFONI (LNP). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

STIFFONI (LNP). Signora Presidente, non ho inteso bene la riformulazione dell'ordine del giorno G103. Il testo riformulato dal sottosegretario Mantovano insiste nel dire che Medici Senza Frontiere effettua prestazioni mediche d'emergenza gratuite: non sono propriamente gratuite, nel senso che essendovi un protocollo d'intesa sono pagate al momento della stipula di tale protocollo. Lo sottolineo soltanto per una questione logica.

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Signora Presidente, la riformulazione dell'ordine del giorno va nel senso di sottolineare che l'azione di Medici Senza Frontiere è importante, ma non è l'unica che viene svolta sul fronte sanitario a Lampedusa. Il senatore Stiffoni si riferisce ad una parte dell'ordine del giorno che non è stata modificata dal Governo, su cui sinceramente in questo momento non sono in grado di rispondere e mi riservo di fornire delucidazioni dopo aver acquisito informazioni.

La riformulazione comunque punta a riconoscere il ruolo di Medici Senza Frontiere e a ricordare che non è l'unica realtà che opera su questo fronte.

 

STIFFONI (LNP). L'importante è che sia omesso il termine «gratuite», perché non è vero.

PRESIDENTE. Essendo stati accolti dal Governo, gli ordini del giorno G100, G101 e G103 (testo 2) non verranno posti in votazione.

Metto ai voti l'ordine del giorno G102, presentato dalla senatrice Poretti e da altri senatori.

Non è approvato.

 

Onorevoli colleghi, prima di passare all'esame degli emendamenti, avverto che, da parte del senatore Bianco e di altri senatori, è stata presentata la richiesta di sottoporre a scrutinio segreto diversi emendamenti ed articoli del disegno di legge all'ordine del giorno. Tale richiesta è stata annunciata ed illustrata dal senatore Casson nella seduta antimeridiana del 19 novembre 2008, a conclusione della discussione generale.

La Presidenza, dopo avere attentamente valutato le richieste di votazioni a scrutinio segreto alla luce delle disposizioni di cui all'articolo 113, commi 4 e 6, del Regolamento, precisa che le relative votazioni sono state ritenute ammissibili per gli emendamenti o gli articoli che introducono nuove fattispecie di reato ovvero operano modifiche alla disciplina di reati già previsti dall'ordinamento o disciplinano circostanze aggravanti o attenuanti (articoli 13, 25 e 27 della Costituzione); prevedono disposizioni concernenti la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi (articolo 24 della Costituzione); recano modifiche al sistema delle misure di sicurezza e prevenzione, purché si traducano in restrizioni della libertà personale (articoli 13 e 25, terzo comma, della Costituzione); attengono al principio che la «responsabilità penale è personale» (articolo 27, primo comma, della Costituzione); riguardano i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio (articolo 29 della Costituzione); incidono sulla tutela dell'infanzia e della gioventù (articolo 31 della Costituzione).

La richiesta di voto segreto non è stata invece ritenuta ammissibile, per estraneità ai criteri sopra richiamati, sugli articoli 4 (acquisizione della cittadinanza), 5 (requisito della regolarità del soggiorno per il matrimonio dello straniero), 41 (accordo di integrazione per il permesso di soggiorno), 46 (concorso delle associazioni volontarie al presidio del territorio) e relativi emendamenti; nonché sugli emendamenti 18.0.300 e 18.0.301, concernenti le caratteristiche tecniche delle «bombolette» per difesa personale, 39.102, 39.800/1 e 39.118, sul pagamento di contributi per il permesso di soggiorno, 39.104 e 39.305, in materia di accesso alle prestazioni sanitarie, 39.306, sulla segnalazione all'autorità giudiziaria degli stranieri non in regola che accedono a prestazioni sanitarie.

L'elenco degli emendamenti e degli articoli ammessi al voto segreto, nonché di quelli non ammessi, con le relative motivazioni, sarà distribuito ai Gruppi.

La Presidenza ricorderà di volta in volta gli emendamenti e gli articoli sui quali è consentito lo scrutinio segreto, fermo restando che in ciascun caso la richiesta dovrà risultare sostenuta dal prescritto numero di senatori, ai sensi dell'articolo 113, comma 2, del Regolamento.

Infine, sono improponibili per estraneità alla materia trattata dal disegno di legge, ai sensi dell'articolo 97, comma 1, del Regolamento, gli emendamenti 01.101 (abrogazione della legge n. 124 del 2008 sulla sospensione del processo penale nei confronti delle alte cariche dello Stato), 13.0.300 (modifica alla legge n. 499 del 1929, disposizioni relative ai libri fondiari nei territori delle nuove Province) e 13.0.301 (modifica all'articolo 2630 del codice civile, in materia di sanzioni per mancate comunicazioni al registro delle imprese).

Passiamo all'esame degli articoli, nel testo proposto dalle Commissioni riunite.

Essendo improponibile l'emendamento 01.101, procediamo all'esame dell'articolo 1, su cui sono stati presentati emendamenti e una proposta di stralcio che invito i presentatori ad illustrare.

LI GOTTI (IdV). Signor Presidente, l'emendamento 1.101 a nostro modo di vedere assume un grande rilievo. Si parla della materia della sospensione della pena, ossia del beneficio che il giudice può concedere in caso di condanna dell'imputato ad una pena contenuta nel limite previsto dall'articolo 164 del codice penale. L'attuale normativa prevede che il giudice nel valutare la possibilità di concessione del beneficio debba considerare gli elementi indicati all'articolo 133 del codice penale, ossia la condotta del reo, la reiterazione di condotte disdicevoli, il comportamento processuale, cioè una serie di parametri. Noi riteniamo che l'istituto della sospensione della pena vada irrigidito; troppo frequentemente, infatti, il giudice che emette una sentenza di condanna concede la sospensione della pena senza la possibilità di valutare altri elementi che a nostro modo di vedere, invece, sono essenziali.

Riteniamo, pertanto, che tra i criteri di valutazione dell'articolo 164, cui il giudice ricorre per concedere il beneficio della sospensione sul presupposto che il condannato si asterrà dal commettere ulteriori reati - così stabilisce il primo comma dell'articolo 164 - debba rientrare anche il riferimento alle risultanze desumibili. Non si devono valutare soltanto, quindi, il certificato penale, il certificato del casellario giudiziario e dei carichi pendenti, ma anche le risultanze desumibili dal servizio informatico previsto dall'articolo 97 delle norme di attuazione del codice di procedura penale. L'articolo non è altro che la previsione dell'inserimento dei provvedimenti con i quali si dispongono misure cautelari, emesse ed eseguite, nei confronti di un imputato. Questo archivio informatico, previsto dall'articolo 97 delle norme di attuazione, consente cioè di sapere se una persona sottoposta ad un processo è colpita da un'altra misura cautelare per altro reato, e se quella misura cautelare sia stata eseguita o meno. Sicché il giudice, nel valutare la meritevolezza del beneficio della sospensione, dovrà tener conto anche di questi dati espressamente previsti dal nostro codice processuale nelle norme di attuazione.

È una banca dati, quella prevista all'articolo 97 delle norme di attuazione, nella quale confluiscono tutte le misure cautelari adottate ed eseguite; non riusciamo a capire perché, nel concedere un beneficio che ha come presupposto il fatto che il condannato si asterrà dal commettere ulteriori reati, il giudice non possa valutare anche questo elemento, ossia l'esistenza di altre misure cautelari per altri reati commessi. In questo modo, riteniamo che l'istituto della sospensione, che contiene un beneficio elargito più che concesso, rientri nei confini normali, ossia che ne possono beneficiare soltanto condannati per i quali la prognosi possa essere veramente positiva e, perché questa possa essere definita tale, devono potersi valutare tutti gli elementi.

Per tali motivi riteniamo che questo emendamento irrigidisca un istituto che comunque da più parti, ad esempio dai Gruppi di Alleanza Nazionale e della Lega Nord, è già stato messo in discussione. La nostra proposta non è di eliminare l'istituto, ma quantomeno di irrigidirne l'applicazione, perché si eviti che possa essere concesso come un atto dovuto ad ogni condannato cui sia stata inflitta una pena limitata. Insisto per l'accoglimento e per la votazione favorevole sull'emendamento 1.101. (Applausi della senatrice Carlino).

LUMIA (PD). Signora Presidente, desidero richiamare l'attenzione dei relatori sull'emendamento 1.105, che prevede la possibilità di disciplinare il reato della falsa testimonianza, perché attualmente, quando la dichiarazione viene ritrattata e si dice il vero non oltre la chiusura del dibattimento, non si procede e quindi non c'è colpevolezza. Vorremmo estendere questa possibilità al reato di favoreggiamento, perché in molti casi di estorsione vi sono due fasi: nella prima spesso gli imprenditori nascondono il fatto che hanno pagato il pizzo e continuano a tacere di fronte all'autorità giudiziaria e in molti interrogatori; nella seconda fase, nel corso del processo, di fronte a dati oggettivi ed anche a seguito di un processo di maturazione che spesso avviene grazie anche al supporto delle associazioni antiracket, si ha invece la possibilità di dire il vero. Bisogna prevedere che anche nel favoreggiamento decada la possibilità di procedere in caso di ritrattazione, così come avviene per la falsa testimonianza: avremmo così uno strumento più chiaro, perché anche se allo stato attuale spesso si arriva a questa stessa conclusione, non c'è una norma di legge esplicita che lo preveda.

Sarebbe importante avere questa copertura normativa chiara ed esplicita che dà uno strumento in più all'autorità giudiziaria per richiamare alla responsabilità gli imprenditori quando pagano il pizzo, affinché possano, anche in fase successiva alla prima, affermare il vero senza incorrere nel reato di favoreggiamento.

ADAMO (PD). Chiedo in particolare l'attenzione e la sensibilità delle colleghe presenti in Aula che hanno seguito questo testo di legge per i suoi tanti aspetti.

Inizio ad illustrare l'emendamento 1.108, concernente i maltrattamenti contro i familiari ed i conviventi, primo di un elenco di emendamenti di cui è prima firmataria la collega Della Monica, seguita dalle senatrici Vittoria Franco, Anna Serafini e tante altre colleghe del nostro Gruppo, che affronta una delle questioni che riteniamo debba vedere il Parlamento, a partire da questa Camera, cominciare a dare una risposta chiara: mi riferisco alle questioni dei maltrattamenti, delle molestie e dello stalking.

Chiunque di noi abbia seguito, anche durante queste vacanze, le cronache quotidiane ha visto quanti episodi ci sono di donne che finiscono in ospedale, quando non direttamente uccise, e il colpevole nel 90 per cento dei casi è il convivente o il fidanzato. Siamo di fronte a questa tipologia allarmante e nuova, che ci richiede anche uno sforzo normativo per cogliere la specificità della situazione di separati, divorziati, allontanati anche con provvedimento giudiziario, che hanno il divieto di avvicinare l'ex coniuge o l'ex convivente e che arrivano fino all'omicidio.

Su questo non disponiamo di una legislazione ancora sufficiente tale da permettere all'attività della polizia e della magistratura di prevenire da un lato e di colpire seriamente dove necessario, e nemmeno di mettere in atto tutte quelle iniziative di riabilitazione e di intervento che possono contribuire ad evitare situazioni del genere. Come si diceva, si tratta di emendamenti che anticipano il nostro progetto di legge.

La legge sulla sicurezza ha in sé la revisione di parti della legge sull'immigrazione, la revisione di parti consistenti del codice penale. Si affronta, cioè, in un unico testo di legge un insieme di partite molto vaste, ciascuna delle quali avrebbe richiesto, a nostro avviso, una riflessione separata ed organica. Ci chiediamo allora, come ci siamo già chiesti quando abbiamo svolto il dibattito sul decreto sulla sicurezza - mi rivolgo al Governo - perché dobbiamo anticipare tutto in un provvedimento e non occuparci di una questione che riguarda la vita delle donne, il 52 per cento delle cittadine di questo Paese, non del patrimonio o del borsellino!

La ministra Carfagna ha presentato un suo testo, che non è tra le priorità di questo Governo. Diamo allora un segno alle donne italiane e cominciamo, a partire da questo emendamento, ad occuparci anche di tale questione perché la sicurezza delle donne italiane è un bene prezioso tanto quanto il patrimonio degli italiani. (Applausi dal Gruppo PD).

 

PRESIDENTE. I restanti emendamenti e la proposta di stralcio si intendono illustrati.

Invito i relatori ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti e sulla proposta di stralcio in esame.

BERSELLI, relatore. Signora Presidente, esprimo parere contrario all'emendamento 1.100 e favorevole all'emendamento 1.700.

Esprimo parere contrario agli emendamenti 1.101, 1.600/1 e 1.600/2.

Esprimo poi parere favorevole all'emendamento 1.600 e contrario agli emendamenti 1.103 e 1.102.

Per quanto riguarda l'emendamento 1.104, relativo alla reintroduzione del reato di oltraggio, i relatori hanno predisposto la seguente riformulazione: «Chiunque, in luogo pubblico o aperto al pubblico e in presenza di più persone offende l'onore ed il prestigio di un pubblico ufficiale mentre compie un atto d'ufficio ed a causa o nell'esercizio delle sue funzioni, è punito con la reclusione fino a tre anni. La pena è aumentata se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato. Se la verità del fatto è provata o se per esso l'ufficiale o l'agente a cui il fatto è attribuito è condannato dopo l'attribuzione del fatto medesimo, l'autore dell'imputazione non è punibile. Si applica la disposizione dell'articolo 4 del decreto legislativo luogotenenziale 14 settembre 1944, n. 288». Conseguentemente, invito il senatore Saltamartini a ritirare l'emendamento 1.200.

Per quanto riguarda l'emendamento 1.105 i relatori si rimettono all'Aula.

L'emendamento 1.107 (testo corretto) dei relatori è ritirato.

Invito a ritirare l'emendamento 1.108 della senatrice Della Monica relativo ai maltrattamenti contro familiari e conviventi, in quanto alla Camera esiste un disegno di legge sulla materia.

Invito al ritiro anche per l'emendamento 1.109.

VIZZINI, relatore. Signora Presidente, il parere sulla proposta di stralcio S1.100 è favorevole e ne illustro le ragioni. Le modifiche dell'articolo 648-bis del codice penale introdurrebbero per la prima volta nel nostro ordinamento positivo la figura del reato del cosiddetto autoriciclaggio. Tali proposte, inserite dalle Commissioni nel testo oggetto dell'odierna discussione, dovrebbero essere più opportunamente trattate in una sede apposita, per ragioni che in sintesi espongo.

Una norma incriminatrice del cosiddetto autoriciclaggio necessita di approfondimenti per armonizzarla con la disciplina dettata in sede comunitaria. L'intera normativa sul riciclaggio, ridisegnata compiutamente con il disegno di legge n. 231 del 2007, impone infatti l'individuazione di strumenti volti a perseguire le attività illecite di investimento anche all'estero e nel rispetto dei principi basilari programmatici imposti dalla convenzione di Strasburgo dell'8 novembre 1990 sul riciclaggio.

Inoltre, lo stralcio si rende opportuno per problemi di coordinamento di diritto interno, ovvero per rendere coerenti le possibilità di modifiche normative in materia con l'intero sistema sanzionatorio penale di settore, in particolare con la normativa sulla circolazione del denaro contante, sulla segnalazione delle operazioni sospette e sui pagamenti con moneta elettronica, che imporrebbero l'adozione, auspicata anche dal governatore della Banca d'Italia lo scorso anno, di un codice unico della normativa antiriciclaggio, attualmente frammentaria e disorganica.

Per queste ragioni propongo lo stralcio ed il ritorno all'esame delle Commissioni permanenti dei commi 4 e 5 dell'articolo 1.

INCOSTANTE (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

INCOSTANTE (PD). Signora Presidente, poiché il relatore, senatore Berselli, ha riformulato l'emendamento 1.104, si vorrebbe poter esaminare il suddetto testo, particolarmente complesso, per le valutazioni del caso.

CASSON (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CASSON (PD). Signora Presidente, intervengo sull'emendamento illustrato dal senatore Vizzini, analogo all'emendamento 1.110 da noi presentato, relativo alla soppressione dei commi 4 e 5 dell'articolo 1.

Presso le Commissioni riunite avevamo già chiesto la soppressione di entrambi i commi, che ci sembravano in primo luogo non confacenti al testo del disegno di legge governativo a suo tempo presentato. Peraltro, il motivo specifico di questa soppressione concerne il fatto che con un tratto di penna lineare e non adeguatamente motivato, veniva proposta dal Governo una modifica molto profonda della normativa concernente il riciclaggio e l'impiego di denaro, beni e utilità di provenienza illecita, così come formulata all'interno del codice penale. Con un semplice tratto di penna si trattava di cancellare alcune biblioteche riferite ad una normativa concernente reati molto gravi, come quelli del riciclaggio anche a livello internazionale, considerato che la formulazione proposta nel disegno di legge in esame non ci sembrava adeguatamente motivata.

Prendiamo dunque atto con soddisfazione dell'adesione, anche se parziale, alla proposta avanzata in Commissione, ritenendosi più semplice la soppressione dei due commi e una riproposizione ex novo. Comunque, anche la proposta di stralcio del senatore Vizzini, con conseguente riesame presso le Commissioni riunite delle questioni inerenti gli articoli 648-bis e 648-ter in tema di riciclaggio, ci trova consenzienti.

 

PRESIDENTE. Invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi sui restanti emendamenti.

BERSELLI, relatore. Invito i presentatori al ritiro dell'emendamento 1.110.

Conriferimento all'emendamento 1.0.100, concernente modifiche ai codici penale e di procedura penale in materia di atti persecutori, invito i presentatori al ritiro dal momento che presso la Camera dei deputati è all'esame un disegno di legge su analoga materia.

Esprimo, infine, parere contrario sull'emendamento 1.0.300.

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Signora Presidente, esprimo parere pienamente conforme a quello dei relatori, pur con un paio di precisazioni.

Inprimo luogo, tutti i pareri contrari espressi dal Governo sono preceduti da un invito al ritiro nei confronti dei proponenti.

In secondo luogo, con particolare riferimentoagli emendamenti 1.108 e 1.0.100, sottolineo che non vi è alcuna ostilità ad affrontare nel merito le questioni, magari con l'approfondimento e la decisione che tematiche così delicate richiedono. In ogni caso, rilevo un problema di forma, che poi è anche di sostanza. Come già ricordato dai relatori, presso la II Commissione della Camera dei deputati è all'esame una proposta di legge, Atto Camera n. 952, che affronta esattamente tali tematiche. Credo che nel rispetto necessario tra i due rami del Parlamento non sia il caso di sovrapporsi ad una materia che già in questo momento è istruita ed approfondita presso la Camera di deputati.

Con riferimento invece agli atti persecutori - lo ricordava in precedenza la senatrice Adamo - ricordo che, sempre presso l'altro ramo del Parlamento, è all'esame l'Atto Camera n. 1440 relativo ad un progetto di legge d'iniziativa del Governo.

In conclusione, il Governo ha particolare interesse ad un esame di questa materia che possa tradursi in un testo di legge, pur ritenendo che l'esame debba svolgersi nella sede propria. C'è una profonda differenza tra questa materia e quella dell'immigrazione o del contrasto alla criminalità mafiosa, che non comportano in questo momento una sovrapposizione rispetto a quanto esaminato presso l'altro ramo del Parlamento. Le questioni relative agli atti persecutori, il cosiddetto stalking, presentano invece questo problema. È l'unica ragione per la quale il Governo non esprime un parere contrario, ma invita in maniera convinta al ritiro nella certezza che al momento opportuno, cosa che già sta accadendo alla Camera, si potrà fare un importante lavoro comune.

Con riferimento, infine, all'emendamento 1.105, anche il Governo si rimette all'Aula.

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 1.100, presentato dal senatore D'Alia.

Non è approvato.

 

Metto ai voti l'emendamento 1.700, presentato dal Governo.

È approvato.

 

Metto ai voti l'emendamento 1.101, presentato dal senatore Li Gotti e da altri senatori.

Non è approvato.

 

Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.600/1.

CASSON (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CASSON (PD). Signora Presidente, il mio intervento in dichiarazione di voto riguarda sia il subemendamento 1.600/1, che il subemendamento 1.600/2, in relazione al successivo emendamento governativo 1.600.

Ricordo che l'emendamento presentato dal Governo è una pura norma di coordinamento che sposta la disciplina dell'esecuzione dell'espulsione o dell'allontanamento dei cittadini stranieri, rispettivamente non comunitari e comunitari, a titolo di misura di sicurezza dal codice penale alle norme di attuazione del codice di rito processuale penale.

I nostri subemendamenti mirano a correggere la rubrica dell'articolo 183-ter nella misura in cui non richiama quali destinatari dell'allontanamento in questione anche i familiari dei cittadini dell'Unione europea.

Non mi sembra una norma particolarmente grave per il Governo e per la maggioranza. Il contenuto dei nostri subemendamenti ci sembra piuttosto un adeguamento alla disciplina contenuta nella direttiva dell'Unione europea 2004/38/CE sulla libera circolazione dei cittadini dell'Unione europea e, come prevede la direttiva, dei loro familiari. È un semplice adeguamento che credo non creerebbe nessun problema se fosse approvato.

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 1.600/1, presentato dal senatore Casson e da altri senatori.

Non è approvato.

 

Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.600/2.

INCOSTANTE (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

INCOSTANTE (PD). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico pregando i relatori ed il rappresentante del Governo di prestare particolare attenzione ai contenuti del subemendamento da noi presentato. Ci sembra, infatti, davvero poco comprensibile la ragione per cui il Governo abbia espresso un parere negativo in quanto accompagna all'allontanamento della persona anche quello dei familiari. Non comprendiamo davvero.

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 1.600/2, presentato dal senatore Casson e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.600.

INCOSTANTE (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

INCOSTANTE (PD). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 1.600, presentato dal Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 1.103, presentato dalla senatrice Bugnano.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 1.102, presentato dalla senatrice Bugnano.

Non è approvato.

 

Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.104 (testo 2).

BENEDETTI VALENTINI (PdL). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

BENEDETTI VALENTINI (PdL). Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, è di grande attualità, come abbiamo sentito anche in inizio di seduta, il dibattito tutto politico sul ruolo del Parlamento rispetto alle iniziative e alle proposte del Governo e viceversa.

Vorrei rilevare che questo è un esempio, non dei principalissimi e tuttavia non irrilevante, della positività della collaborazione tra Parlamento e Governo nell'arrivare a un punto di incontro di tipo normativo che, a mio parere, sintetizza abbastanza felicemente le varie istanze che possono essere proposte.

In 1ª Commissione permanente si è svolto un dibattito di un certo interesse su questo aspetto e non vi nascondo che tale emendamento sarà destinato a far parlare. Non ignoro infatti che diversi colleghi, anche autorevolissimi giuristi, non sono di principio favorevoli alla reintroduzione di questo reato di oltraggio, per argomenti in verità tutt'altro che ignobili, anzi significativi; tuttavia, ve ne sono di notevoli, anche nuovi, che militano invece a favore della reintroduzione di un simile reato.

Debbo ricordare però che la collaborazione tra Governo e parlamentari (in particolare ne debbo dare atto al collega Saltamartini che si è fatto promotore di varie proposte al riguardo, poi vi sono stati alcuni miei modesti interventi in Commissione ed altri contributi) ha portato ad una formulazione decisamente accettabile, perché torna al reato di oltraggio ma lo focalizza, lo circoscrive e lo circostanzia dal punto di vista soggettivo ed oggettivo. In altre parole, essa prevede nell'economia del reato, perché esso si possa concretizzare, il requisito del luogo pubblico o aperto al pubblico, (circostanza oggettiva), la presenza di più persone (anch'essa circostanza oggettiva), l'offesa dell'onore e del prestigio del pubblico ufficiale mentre compie un atto d'ufficio ed a causa o nell'esercizio delle sue funzioni (circostanza temporale oggettiva ed anche soggettiva), dunque della persona non solo in quanto tale, ma in quanto sta esercitando le sue funzioni, e che riceva l'offesa all'onore e al prestigio in quanto ed a causa delle sue funzioni.

Vi è quindi una focalizzazione notevole rispetto all'originaria formulazione, il che incide - permettetemi di ricordarlo in particolare a chi ha pratica forense - sull'onere della prova, sul fatto di non rimettere all'indiscriminata, ancorché pregevole asserzione del pubblico ufficiale che si asserisce offeso. La presenza di più persone, infatti, di per se stessa comporta la possibilità di una prova in termini di intervento testimoniale di soggetti che possano avere assistito al fatto oltraggioso. Mi sembra che la riformulazione, che nasce - lo ripeto - dalla collaborazione tra Governo e Parlamento nei suoi vari settori, sia un esempio classico di positiva collaborazione tra esecutivo e legislativo, che può portare a mio parere - tutte le norme sono criticabili, per carità - a un equilibrio delle esigenze rappresentate dalla norma e dei beni tutelabili decisamente apprezzabile.

Con tutto il rispetto di principio per coloro che non condividono la sussistenza del reato come tale in via generale, milito a favore della positività di questa soluzione e mi esprimerò con voto favorevole alla formulazione sottopostaci dagli onorevoli relatori. (Applausi del senatore Baldassarri).

SALTAMARTINI (PdL). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

SALTAMARTINI (PdL). Signora Presidente, intervengo per aderire alla richiesta formulata dal relatore per il ritiro dell'emendamento 1.200 a mia firma, ma soprattutto per sottolineare l'importanza e la svolta storica che oggi, con questa votazione, il Parlamento della Repubblica compie in merito alla tutela istituzionale delle forze di polizia.

Avevamo inserito nel programma di Governo una più efficace tutela dell'azione delle forze dell'ordine e l'abbiamo realizzata con il decreto-legge n. 92 del 2008, reintroducendo il reato di ergastolo per l'omicidio di appartenenti alle forze dell'ordine. Con tale emendamento reintroduciamo il reato di oltraggio nei riguardi della funzione degli operatori delle forze dell'ordine e credo che in tal modo compiamo una svolta culturale sul piano giuridico e di politica del diritto una volta per tutte, comprendendo che la tutela della dignità delle funzioni delle forze dell'ordine e delle istituzioni nel nostro Paese meriti la protezione di norme penali incriminatrici.

Signora Presidente, onorevoli colleghi, sono davvero onorato, essendo stato per 32 anni un appartenente alle forze dell'ordine, di aver presentato questo emendamento, che spero entrerà a fare parte del corpus iuris del nostro Paese, sia pur nel testo formulato dai due relatori, gli onorevoli Vizzini e Berselli, che ringrazio. Sono davvero orgoglioso che in sette mesi siamo riusciti ad inserire e ad approvare la pena dell'ergastolo per il reato di omicidio di appartenenti alle forze dell'ordine, nonché il reato di oltraggio nei riguardi delle forze di polizia. Dalla politica delle chiacchiere, dalla richiesta della Commissione d'indagine sui fatti di Genova contro le polizie ad una politica del diritto di tutela delle istituzioni dello Stato. (Applausi dal Gruppo PdL).

 

MARITATI (PD). Ma quali chiacchiere?

SERRA (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

SERRA (PD). Signora Presidente, senza rispondere alle polemiche sollevate dal collega Saltamartini, preannuncio il mio voto favorevole sull'emendamento 1.104 (Testo 2) perché, avendo vissuto la strada, la piazza, so quante offese e vituperie vengono riversate sulle forze dell'ordine. Ciò non è assolutamente concepibile, per cui ritengo di dover votare a favore di questo emendamento.

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 1.104 (testo 2), presentato dai relatori.

È approvato.

 

Ricordo che l'emendamento 1.200 è stato ritirato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.105.

CASSON (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CASSON (PD). Signora Presidente, intervengo per rilevare, per quanto possa essere utile all'Aula, la positiva indicazione formulata dai relatori con riferimento all'emendamento 1.105, avente come primo firmatario il senatore Lumia, che ha illustrato in maniera molto approfondita ed ampia questa norma. È un segnale sicuramente positivo che ci viene dalla maggioranza e che credo debba essere accolto, perché frutto del lavoro che abbiamo svolto all'interno delle Commissioni riunite 1a e 2 a, con l'accordo tra senatori di maggioranza e di opposizione.

Ricordo semplicemente che il riferimento è alla norma di cui all'articolo 376 del codice penale, che riguarda la possibilità di considerare non punibile una persona che ritratta relativamente a tutta una serie di reati. In questo caso, in particolare, si prevede un allargamento alle ipotesi di favoreggiamento e di estorsione, previsto quest'ultimo dall'articolo 629 del codice penale. Come bene ha ricordato il senatore Lumia, questa norma aiuterebbe in maniera considerevole la lotta contro la criminalità, ed in particolare contro i casi di estorsione.

Credo quindi che le indicazioni dei Presidenti delle Commissioni riunite, così come era maturata l'idea all'interno delle Commissioni stesse, possano essere un segnale positivo di un Parlamento e di un Senato, in particolare, che congiuntamente vota una norma a sostegno della lotta contro la criminalità, con specifico riferimento al reato di estorsione.

VALENTINO (PdL). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

VALENTINO (PdL). Signora Presidente, è lodevole l'intento che è stato rappresentato dal primo firmatario dell'emendamento 1.105, tuttavia, a mio avviso, si profila un elemento di incostituzionalità. Infatti, se è vero che taluni reati, che afferiscono proprio al ruolo del testimone nel processo, ove mai subiscano una rivisitazione da parte degli autori possono essere dichiarati non punibili, estendere la gamma di queste possibilità, e limitarla nello stesso tempo, crea un disagio costituzionale di tutta evidenza. Capisco che per ogni reato, parlo in linea teorica, chiunque abbia rassegnato delle falsità agli inquirenti possa ritrattare ed essere dichiarato non punibile, ma per talune vicende particolari, se è certamente commendevole il principio - per l'amor del cielo, nessuno discute l'apprezzabilità delle ragioni - il dato costituzionale, Presidente, a mio avviso è ineludibile.

Per questa ragione credo che l'Aula dovrebbe riconsiderare le argomentazioni dottamente introdotte dai colleghi che mi hanno preceduto sul tema e cercare di non vulnerare il sistema esprimendo un voto contrario.

LUMIA (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà, ma solo per un minuto, perché per il suo Gruppo è già intervenuto il senatore Casson.

 

LUMIA (PD). Intervengo molto brevemente per tranquillizzarla, senatore Valentino, perché la Corte costituzionale, a onor del vero, è già intervenuta con la sentenza n. 101 del 1999, depositata il 30 marzo 1999, di cui la prego di prendere nota, che di fatto prevede la possibilità di estendere all'ipotesi del favoreggiamento quanto previsto per la falsa testimonianza. Pertanto, la sua preoccupazione, che in teoria potrebbe essere legittima, è già stata fugata dalla Corte costituzionale e quindi l'Assemblea è nelle migliori condizioni per poterla approvare e fare un passo in avanti nella lotta alla mafia: le assicuro che, nel rapporto con gli imprenditori che pagano il pizzo ed effettuano denunce, costituirebbe uno strumento preziosissimo e insostituibile.

INCOSTANTE (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

INCOSTANTE (PD). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

Nell'avanzare tale richiesta, visto che il Governo e il relatore si sono rimessi all'Aula e siccome l'emendamento 1.105 produce elementi positivi nella lotta contro l'estorsione, invito davvero tutti i colleghi ad interrogarsi su queste particolari problematiche e ad esprimere un voto in piena coscienza. Pertanto, nel richiedere la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, ringraziamo il Governo per essersi rimesso all'Assemblea.

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 1.105, presentato dal senatore Lumia e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

PERDUCA (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

PERDUCA (PD). Signor Presidente, finora ero un po' distratto dalle carte ma è probabile che qualcuno abbia allungato delle mani laddove non vi è presenza di senatori dietro la propria scheda. Chiedo quindi se fosse possibile effettuare un rapido controllo.

PRESIDENTE. La ringrazio, senatore; invito i senatori Segretari a controllare.

L'emendamento 1.107 è stato ritirato.

Sull'emendamento 1.108 è stato formulato un invito al ritiro. Chiedo ai presentatori se intendono accoglierlo.

FRANCO Vittoria (PD). Signor Presidente, siamo un po' sorpresi dai pareri del relatore e del Governo sugli emendamenti 1.108 e 1.109, come se queste materie non fossero attinenti al provvedimento che stiamo discutendo; mi chiedo cosa ci sia di più attinente del contrasto alla violenza sulle donne che si esercita in luoghi pubblici, oltre che in famiglia. Con l'emendamento 1.108 proponiamo un inasprimento delle pene per i maltrattamenti contro familiari e conviventi; con l'emendamento 1.109 proponiamo che venga introdotta la inescusabilità dell'ignoranza dell'età della persona offesa.

È vero che alla Camera sono già all'ordine del giorno misure come quella inerente lo stalking e il provvedimento sulla violenza sessuale, ma è anche vero che su questa seconda iniziativa la discussione è molto indietro. Pertanto, come diceva la senatrice Adamo presentando gli emendamenti, questo è un modo per accelerare misure che sono quanto mai necessarie e urgenti, visto che secondo dati degli ultimi giorni del Ministero dell'interno la violenza contro le donne è purtroppo in drammatico aumento. Allora, quale responsabilità è più grande di dare oggi in quest'Aula segnali chiari, evidenti e trasparenti di misure per il contrasto alla violenza sulle donne?

Invito pertanto l'Aula a votare a favore degli emendamenti 1.108 e 1.109, dando così un segnale di fiducia e di speranza alle donne vittime di violenza, che spesso non trovano solidarietà e sostegno nel territorio e nelle istituzioni. Si tratterebbe di un atto di riguardo verso la dignità e la libertà delle donne.

ZANDA (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

ZANDA (PD). Signor Presidente, desidero aggiungere la mia firma agli emendamenti 1.108 e 1.109.

BONFRISCO (PdL). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

BONFRISCO (PdL). Signora Presidente, so bene che le questioni poste dalle senatrici Adamo e Franco Vittoria hanno una grande rilevanza e non credo che l'abbiano solo per le parlamentari donne. Penso che oramai sia evidente l'acuirsi di questo fenomeno, registrato non solo dai mezzi di comunicazione, ma ancora più puntualmente dai dati del Ministero dell'interno appena ricordati dalla collega Franco, che segnala un'evidente crisi in termini di sicurezza nei rapporti interpersonali.

C'è sempre un provvedimento più avanti, più urgente, più rapido, e questo è uno di quelli, ma ritengo che la sede più propria che possa ricomprendere in un testo di legge articolato, ampio, approfondito e certamente condiviso tra maggioranza e opposizione questi temi sia il famoso disegno di legge sullo stalking, attualmente all'esame della Camera. E credo che, anche per una sorta di riguardo nei confronti dei deputati di maggioranza e di opposizione che in quella sede stanno lavorando molto alacremente e con grande impegno, in quel testo si debbano ricomprendere tutte le norme che certamente condivideremo volte ad impedire o stroncare - se ci riusceremo - la crescita esponenziale di questo fenomeno agghiacciante. Mi riferisco alle violenze che, nonostante le denunce e le condanne, vengono reiterate nei confronti delle donne spesso da parte di familiari o di persone che hanno vissuto accanto a loro.

Invito, pertanto, le colleghe a far convergere lì tutti i nostri sforzi nella consapevolezza che, quando il testo perverrà all'esame del Senato, potrà essere arricchito del nostro contributo. (Applausi dal Gruppo PdL).

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.108.

INCOSTANTE (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

INCOSTANTE (PD). Come annunciato, chiedo la votazione a scrutinio segreto.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione a scrutinio segreto, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione a scrutinio segreto

 

PRESIDENTE. Indìco, ai sensi dell'articolo 113, comma 4, del Regolamento, la votazione a scrutinio segreto, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 1.108, presentato dalla senatrice Della Monica e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.109.

BIANCO (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

BIANCO (PD). Come annunciato, chiediamo la votazione a scrutinio segreto.

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione a scrutinio segreto, avanzata dal senatore Bianco, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione a scrutinio segreto

 

PRESIDENTE. Indìco, ai sensi dell'articolo 113, comma 4, del Regolamento, la votazione a scrutinio segreto, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 1.109, presentato dalla senatrice Della Monica e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione della proposta di stralcio S1.100.

LI GOTTI (IdV). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

LI GOTTI (IdV). Signora Presidente, la proposta presentata dai relatori riguarda una questione di particolare rilievo. Si tratta di una norma che avevamo inserito nel nostro disegno di legge n. 583, che era frutto di precise indicazioni che provenivano dal Governatore della Banca d'Italia, nonché dal Fondo monetario internazionale. Il Governatore della Banca d'Italia, infatti, sentito dalla Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata il 14 giugno 2007, aveva rimarcato i risultati positivi ottenuti dagli ordinamenti che puniscono anche il cosiddetto autoriciclaggio. Tali considerazioni erano state successivamente confortate dalle dichiarazioni del procuratore nazionale antimafia, dottor Grasso, nella seduta delle Commissioni dell'Ufficio di Presidenza riunite 1a e 2a del 24 luglio 2008; egli ha detto che finalmente si accoglierebbero i rilievi formulati dal Fondo monetario internazionale del 2005, suggerendo un intervento legislativo in tal senso, anche alla luce dei risultati positivi raggiunti dagli ordinamenti di altri Paesi, come la Repubblica federale tedesca e il Regno Unito.

Ciò per dire che c'era un orientamento favorevole in tal senso, tanto è vero che i relatori proposero di emendare il testo presentato dal Governo con la previsione di punizione delll'autoriciclaggio. Non capisco ora questa marcia indietro rispetto ad un qualcosa che si faceva nell'interesse condiviso da parte di tutti; non capisco la necessità di collocare questa norma in un ampio testo diverso. Quale è questo testo? Stiamo parlando di riciclaggio e autoriciclaggio, di una norma che ci era stata suggerita dal Fondo monetario internazionale, dal Governatore della Banca d'Italia, dal procuratore nazionale antimafia, proposta da noi dell'opposizione, proposta dalla Commissione antimafia all'unanimità nella scorsa legislatura, fatta propria dai relatori e presentata dai relatori stessi. Ora si dice di no. Perché? Perché dobbiamo rinunciare a questo strumento di contrasto all'autoriciclaggio, che è un fenomeno particolarmente grave e impeditivo di accertamenti?

Si dice che ce ne occuperemo in un altro momento. Ebbene, dato che non esistono ragioni valide per rimandare ad un altro momento, che non si capisce bene quale possa essere, ritengo di poter esprimere convintamente il voto contrario alla proposta di stralcio presentata dai relatori. (Applausi dal Gruppo IdV).

BOSCETTO (PdL). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

BOSCETTO (PdL). Signora Presidente, colleghi, in dissenso dal mio Gruppo vorrei esprimere il mio voto in quanto le considerazioni del collega Li Gotti sono anche le mie considerazioni. Il reato di autoriciclaggio è estremamente importante e viene richiesto ai più diversi livelli, da quelli altissimi, menzionati dal senatore Li Gotti, a quelli delle forze dell'ordine in generale, per risolvere problemi che vedono non punita un'attività di riciclaggio da parte dell'autore del reato. Ciò fa sì che si creino delle zone d'ombra che non permettono di perseguire i colpevoli sotto diversi profili, non solo penali ma anche di conseguenze penali del reato, quali sequestri o confische.

Conosco l'obiezione di parte della dottrina che è stata pubblicata anche recentemente su «Il Sole 24 ORE». In sostanza, questa dottrina dice che con la norma sull'autoriciclaggio, per come è stata scritta dalle Commissioni riunite, si va a fare eccezione al principio consolidato del diritto penale secondo il quale il post factum non è punibile. L'autore del reato, quindi, è punibile solo del reato presupposto e non di questo autoriciclaggio che verrebbe da tale dottrina considerato post factum. Ritengo, invece, che per come é strutturata la norma si debba prescindere da questo aspetto dogmatico e che i due commi di cui si propone lo stralcio debbano, quindi, essere introdotti proprio per la fondamentale utilità della quale ho brevemente parlato in questo mio ragionamento.

CASSON (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CASSON (PD). Signor Presidente, l'intervento del senatore Boscetto illustra il motivo per il quale riteniamo indispensabile un ritorno in Commissione della normativa che riguarda l'autoriciclaggio.

Noi siamo fortemente e convintamente favorevoli a una riformulazione delle norme di cui agli articoli 648-bis e 648-ter del codice penale proprio nell'ottica segnalata dai relatori e anche dai senatori Boscetto e Li Gotti. Il problema è squisitamente di natura tecnica; non esistono soltanto gli articoli de «Il Sole 24 Ore», ma intere biblioteche che riguardano interventi sia della giurisprudenza che della dottrina per una riformulazione di queste norme che, per come sono proposte, sono difficili da interpretare e soprattutto da applicare. Si riteneva opportuno, quindi, come abbiamo già segnalato all'interno delle Commissioni riunite, un approfondimento tecnico specifico. Abbiamo riproposto in questa sede una soppressione dei commi 4 e 5, ma proprio per dare la nostra convinta idea che sosteniamo la necessità di affrontare il tema del post factum, come giustamente diceva il senatore Boscetto, voteremo a favore della proposta di stralcio e fin da ora annuncio che ritiriamo l'emendamento successivo 1.110 presentato dal Partito Democratico che, invece, riportava la soppressione pura e semplice.

PRESIDENTE. Metto ai voti la proposta di stralcio S1.100, presentata dai relatori.

È approvata.

 

Per effetto dell'approvazione della proposta di stralcio le disposizioni dell'articolo 1, commi 4 e 5, del disegno di legge n. 733, nel testo proposto dalle Commissioni riunite, costituiranno un autonomo disegno di legge (733-bis) dal titolo «Modifiche degli articoli 648-bis e 648-ter del codice penale». Tale disegno di legge sarà assegnato alle competenti Commissioni parlamentari.

Ricordo che l'emendamento 1.110 è stato ritirato.

Passiamo alla votazione dell'articolo 1, nel testo emendato.

LI GOTTI (IdV). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

LI GOTTI (IdV). Signor Presidente, richiamo l'attenzione del Governo e dei relatori su qualcosa che non riesco a capire. Lo scorso luglio approvammo la legge n. 125 di conversione del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92.

In quel decreto, con il nostro voto contrario, la maggioranza aveva modificato gli articoli 235 e 312 del codice penale, prevedendo la reclusione da sei mesi a quattro anni nel caso in cui il destinatario (straniero o cittadino comunitario) dell'ordine di espulsione avesse trasgredito al suddetto ordine. Non riesco a capire per quale motivo venga tenuta ferma questa previsione con riferimento all'articolo 235 e, invece, sia stata abrogata, attraverso l'approvazione di apposito emendamento, la medesima norma contenuta nell'articolo 312 modificato.

L'articolo 312, come era stato modificato con la previsione di sanzioni da sei mesi a quattro anni per il trasgressore all'ordine di espulsione, si riferiva ai condannati stranieri per i reati di cospirazione politica, di banda armata, di assistenza ai partecipi di cospirazione o di banda armata, cioè una serie di reati gravi: per quale motivo per questo tipo di reato la maggioranza ritiene improvvisamente che debba essere abrogato il comma 2 dell'articolo 312, che era stato inserito nel luglio 2008?

Di fronte a questa schizofrenica scelta, per noi incomprensibile, di fronte alla chiusura sulla modifica che si riteneva opportuna ed è condivisa, ossia irrigidire lo strumento di concessione del beneficio di sospensione della pena, rispetto al rifiuto di prendere in considerazione la nuova ipotesi di reato di autoriciclaggio, richiesta da anni, per tutti questi motivi fondamentali il nostro voto all'articolo 1 non può che essere contrario.

GASPARRI (PdL). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

GASPARRI (PdL). Signora Presidente, dichiarando il voto convintamente favorevole all'articolo 1 di questo importante disegno di legge, che sarà uno dei capisaldi dell'attività legislativa in questa legislatura, desidero sottolineare la particolare soddisfazione del Gruppo del Popolo della Libertà per il ripristino del reato di oltraggio, che tutela l'azione delle forze dell'ordine e l'attività della polizia giudiziaria.

Già gli interventi del senatore Benedetti Valentini e del senatore Saltamartini hanno sottolineato questo fatto, che ha una valenza giuridica per le sanzioni che sono connesse all'oltraggio nei confronti degli operatori della sicurezza, ma anche una valenza di ordine morale. Dedichiamo pertanto a tutti coloro che operano per la nostra sicurezza il voto favorevole all'articolo 1 del disegno di legge al nostro esame, dando anche un valore morale alla scelta che oggi compie il Senato. (Applausi dal Gruppo PdL).

INCOSTANTE (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

INCOSTANTE (PD). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'articolo 1, nel testo emendato.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. È stato chiesto il ritiro dell'emendamento 1.0.100. Chiedo pertanto ai presentatori se intendono accogliere tale richiesta.

ADAMO (PD). Signora Presidente, mantengo l'emendamento e approfitto del pochissimo tempo in sede di dichiarazione di voto anche per rispondere all'intervento che ho seguito con grande attenzione della collega Bonfrisco perché è propriamente questo l'articolo che si riferisce esattamente allo stalking. Quelli precedenti concernono, invece, aggravamenti di pena per chi compie maltrattamenti all'interno della famiglia o, comunque, su persone affidate - prevalentemente minori - alla custodia, alle cure di altre persone responsabili. Peraltro, non capisco perché su tali emendamenti sia stato espresso il voto contrario: pazienza!

Sul ragionamento fin qui fatto, vorrei ricordare sia alla collega Bonfrisco che al sottosegretario Mantovano quanto sto per dire.

Sottosegretario Mantovano, la prego di ascoltare dato che lei è stato così cortese a rivolgersi prima a me: non può rifarmi per la terza volta lo stesso discorso! Abbiamo posto questo tema in uno dei primi progetti di legge che abbiamo presentato perché le leggi hanno una storia: era già arrivato quasi al voto finale nella precedente legislatura: lo abbiamo ripresentato per primi; abbiamo chiesto a questa Camera di occuparsene: poiché non riuscivamo ad avere la priorità sul testo di legge abbiamo cominciato a presentare emendamenti ai decreti sulla sicurezza.

Presidenza del vice presidente NANIA(ore 11,35)

 

(Segue ADAMO). Tutte le volte ci siamo sentiti dire - questa è la terza - che ce ne saremmo occupati in un provvedimento più organico. Mi auguro la massima velocità nel lavoro alla Camera, però non capisco i motivi. Tra le tante materie qui affrontate che richiederebbero provvedimenti organici che speriamo di riuscire a fare ne cito una per tutti: non c'è chi non veda - e l'ultimo emendamento presentato dal Governo va in tal senso - che ci vuole una revisione della Fini-Bossi. Ci vuole una revisione della Fini-Bossi perché tutto il marchingegno non funziona. Ciononostante, si vuole dare un segnale e si mettono dentro articoli, che non razionalizzano tutta la materia, ma si vuole dare un segnale a fette di popolazione. Non l'ultimo: al Capogruppo interessa evidentemente di più salvare l'onore delle forze dell'ordine senza dare una lira piuttosto difendere invece la salute e la vita delle donne.

Detto questo, chiediamo il voto elettronico: vogliamo capire, quando arriverà un testo di legge che conterrà le stesse cose i motivi per cui l'Aula voterà a favore. È inutile parlare di atteggiamento non ideologico e di rapporto con l'opposizione e così via: voi non accogliete le proposte dell'opposizione, le più ragionevoli, le più vicine agli interessi dei cittadini. (Applausi dal Gruppo PD).

PRESIDENTE. Passiamo dunque alla votazione dell'emendamento 1.0.100.

BONFRISCO (PdL). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

BONFRISCO (PdL). Signor Presidente, con grande convinzione rispondo alla senatrice Adamo che, condividendo nel merito tutti gli emendamenti presentati che sono parte integrante del disegno di legge sullo stalking in esame alla Camera, confermo e ribadisco la nostra volontà di ritrovarci su posizioni condivise quando quel disegno di legge arriverà - molto presto - in Senato.

Auguriamoci che abbia una corsia preferenziale vista l'emergenza alla quale si riferisce ed invitiamo il Governo a sostenere questo percorso parlamentare, tutto legislativo, e quindi tutto nostro. Dipende solo dalla nostra volontà politica poter votare molto rapidamente in Aula il testo che la Camera ci invierà, sul quale sono certa che maggioranza e opposizione si ritroveranno.

Nel frattempo, è evidente - e questo lo dico ovviamente solo a titolo personale - che su questo emendamento che si riferisce allo stalking è molto forte il nostro convincimento di sostenere gli sforzi che anche il Governo sta compiendo, e cioè il ministro Carfagna. Annuncio pertanto il mio voto favorevole a tale emendamento, che anticipa nei fatti il disegno di legge Carfagna, che ci auguriamo possa presto arrivare in questa Aula. (Applausi dal Gruppo PD).

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, temo di non essermi spiegato nell'espressione del precedente parere. Il Governo non ha nessuna preclusione ad affrontare anche oggi alla Camera il merito della questione ed a concluderla e portarla in Aula, per quanto di propria competenza, nei tempi più rapidi e nel pieno rispetto della sovranità del Parlamento. Esso ritiene però scorretto che, nel momento in cui un ramo del Parlamento sta affrontando una questione, l'altro ramo si sovrapponga con un emendamento che passa senza l'approfondimento che l'altra Camera sta dedicando alla materia. (Applausi dal Gruppo PdL).

Il problema da porsi non è allora se siamo o meno contrari alla violenza sessuale (penso sia offensivo per tutti anche semplicemente porre tale questione), ma se riteniamo che ogni Camera debba svolgere il suo lavoro per ciò che è iscritto all'ordine del giorno. Quindi, si deve dare risposta al quesito: la Camera sta affrontando o no l'argomento? Se lo sta affrontando bisogna lasciarle la possibilità di approfondirlo e di portarlo a compimento.

Per tale ragione ribadisco l'invito al ritiro di tale emendamento (Applausi dal Gruppo PdL).

CASSON (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CASSON (PD). Signor Presidente, solo una precisazione in merito all'intervento del rappresentante del Governo, che ha accusato di scorrettezza chi ha presentato questo emendamento.

 

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Non è così.

 

CASSON (PD). Vorrei solo precisare che c'è una coincidenza sostanziale del nostro emendamento con il disegno di legge Carfagna. Ricordo al Governo che quel testo ha letteralmente ricopiato di sana pianta il nostro disegno di legge presentato qui in Senato. (Applausi dal Gruppo PD). Ad onor del vero, credo che ciò debba essere detto. In più, ritengo che a questo punto, di fronte alle dichiarazioni di disponibilità della maggioranza e del Governo, sarebbe opportuno che quest'ultimo segnalasse all'altro ramo del Parlamento questo disegno di legge come priorità da affrontare, visto che c'è un amplissimo consenso. (Applausi dal Gruppo PD).

CINTOLA (UDC-SVP-Aut). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CINTOLA (UDC-SVP-Aut). Signor Presidente, vorrei anzitutto precisare che prima ho votato a favore dell'articolo 1 e non ho avuto la possibilità di annunciarlo ufficialmente all'Assemblea.

Intendo poi apporre la mia firma all'emendamento 1.0.100, presentato dalla collega Della Monica e da altri senatori.

PRESIDENTE. I presentatori insistono per la votazione dell'emendamento 1.0.100?

INCOSTANTE (PD). Sì, Signor Presidente, e chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 1.0.100, presentato dalla senatrice Della Monica e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Proclamo il risultato della votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico:

Senatori presenti

253

Senatori votanti

252

Maggioranza

127

Favorevoli

118

Contrari

134

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.0.300.

 

INCOSTANTE (PD). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 1.0.300, presentato dalla senatrice Della Monica e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Proclamo il risultato della votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico:

Senatori presenti

256

Senatori votanti

254

Maggioranza

128

Favorevoli

113

Contrari

141

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 2 e degli emendamenti volti ad inserire articoli aggiuntivi dopo tale articolo, che invito i presentatori ad illustrare.

INCOSTANTE (PD). Signor Presidente, si insiste in modo particolare sulle norme indicate all'emendamento 2.0.100 nella convinzione che non siano solo importanti, ma addirittura vitali per molte donne. Si tenga infatti conto che, mentre si discute in questa sede di tali questioni, alcune persone nel frattempo vengono offese, molestate e anche uccise, come risulta dalle statistiche.

Spesso la politica, come tante volte è accaduto anche a questo Governo, si rende conto che ad alcune urgenze non ci si può sottrarre. Per questo motivo in taluni provvedimenti si inseriscono norme rispetto alle quali si cerca di convincere la propria maggioranza ed il Parlamento sulla base di una motivazione d'urgenza. In questo caso è nostra intenzione convincervi del fatto che queste norme, che nel frattempo possono essere riorganizzate in un'altra sede, sono particolarmente urgenti perché magari è possibile evitare che alcune donne siano uccise o molestate.

Si vorrebbe, infine, chiedere di prevedere una corsia privilegiata a questo tema, considerato che quando si vuole si procede con la massima urgenza. Vi chiedo dunque di procedere in tal senso anche sul tema della violenza alle donne. (Applausi dal Gruppo PD).

CASSON (PD). Signor Presidente, intervengo sull'emendamento 2.0.101 che fa riferimento all'articolo 444 del codice di procedura penale che concerne,in particolare, il patteggiamento della pena.

Ora, siamo tutti a conoscenza del fatto che spesso, specialmente per i reati di minore gravità, si accede al patteggiamento della pena, di intesa tra pubblico ministero e persona offesa, e il giudice emette la sentenza.

Con l'emendamento in esame si chiede che il giudice possa subordinare la concessione della sospensione condizionale della pena all'eliminazione del danno ovvero al risarcimento del danno. Si crede che sia un principio fondamentale di giustizia e di equità, anche sociale, pensare anche alla tutela delle vittime del reato.

In particolare, con riferimento ai reati considerati, a mio parere a torto, di microcriminalità, come nel caso dei furti, degli scippi o degli incidenti stradali, si irroga una pena che è sicuramente inferiore al limite della sospensione condizionale. Peraltro, la vittima del reato oltre al danno spesso rischia anche la beffa perché non ottiene concretamente il risarcimento del danno subito. Per questi casi, se il Parlamento volesse veramente assicurare una tutela completa in favore della vittima, bisognerebbe subordinare la sospensione condizionale in particolare al risarcimento del danno.

Ricordo alcuni dei reati che rientrerebbero in tali fattispecie: intanto le truffe, che con riferimento agli anziani sono particolarmente evidenti, ma anche i furti, gli scippi e gli incidenti stradali rispetto ai quali, a volte, si verificano danni molto gravi, ciò nonostante chi subisce un danno non ha neanche la soddisfazione di ottenere un risarcimento.

Da ultimo, ricordo gli incidenti sul lavoro e le malattie professionali. Quando vengono irrogate sanzioni penali di condanna, che nella maggior parte dei casi sono di molto inferiori al limite della sospensione condizionale della pena, prima di arrivare ad un risarcimento del danno reale per i lavoratori e le vittime, bisogna aspettare moltissimi anni e talvolta addirittura l'instaurazione di un processo civile.

Si tratta di una norma di civiltà, di equità sociale, rispetto alla quale si chiede che il Parlamento intervenga congiuntamente a tutela delle vittime del reato.

BENEDETTI VALENTINI (PdL). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

BENEDETTI VALENTINI (PdL). Signor Presidente, in ordine a questo importante emendamento, il 2.0.101, io aderisco pienamente alla tesi or ora illustrata che si debba introdurre il principio del risarcimento del danno o la eliminazione delle sue conseguenze come condizione per la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena. Infatti, nel momento, nella stagione politica, sociale e giuridica attuale mi sembra di poter cogliere il principio che, prima ancora dell'aspetto sanzionatorio della norma, pur importante e insostituibile, si ponga l'esigenza della riparazione o del ristoro del danno, del suo risarcimento. È quello che oggi, specialmente di fronte alle pastoie, alle lungaggini, alla causidicità della nostra giustizia, il cittadino chiede. Prima sono stati fatti alcuni esempi di fattispecie di reato, ma ne potremmo fare molti altri. Quindi, questo principio riparatorio o restitutorio, immediato e comunque posto come condizione per la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, è un principio al quale aderisco assolutamente sia in via dottrinaria sia in via pratica.

Il problema qual è? Che si va ad introdurre un principio generale nel nostro ordinamento e poiché il Governo ci annuncia - ed è vivo il dibattito politico al riguardo - un pacchetto giustizia complessivo che andrebbe ad incidere sul processo penale e, addirittura, sul diritto penale sostanziale, riconosco che in effetti questo principio si va ad iscrivere nelle norme di sistema (userei proprio la esse maiuscola per questa parola). Quindi con assoluto spirito di attesa e di impazienza quasi, nell'aderire al principio che anche il collega Casson ha illustrato, mi sembrerebbe corretto, dal punto di vista dell'intervento legislativo, attendere questa riforma complessiva di procedura, ma più ancora di diritto penale nel merito per introdurre questo principio generale.

Con questo cosa voglio dire? Che vedrei con favore in questa sede anche un ritiro dell'emendamento, auspicato - mi pare - dagli onorevoli relatori, ma con qualcosa di più dell'abituale rito parlamentare del ritiro, e cioè un'indicazione al Governo, al nostro Governo - di cui mi permetto di richiamare l'onorevole attenzione - perché non manchi di introdurre nella riforma del diritto penale, il cui pacchetto ci viene annunciato come imminente, questo principio giuridico, e cioè che per ogni beneficio di legge - sono ormai molti, oltre alla sospensione condizionale della pena, previsti per il reo riconosciuto tale - sia inserito in via generale il sacrosanto principio della condizione dell'avvenuta restituzione o ristoro del danno o della eliminazione dei suoi effetti nei confronti della parte offesa.

Quindi, aderisco alla metodologia della richiesta di ritiro in questa sede, aderendo invece nel merito alla bontà del principio, ma lo trasformo e lo enfatizzo come un preciso invito - perlomeno a titolo personale, non so se di tutta l'Assemblea, non mi prendo la libertà di dirlo - all'Esecutivo affinché nel pacchetto giustizia la riforma del penale sostanziale preveda questo sacrosanto principio atteso da ogni cittadino perbene.

BATTAGLIA (PdL). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

BATTAGLIA (PdL). Signor Presidente, intendevo intervenire, ma mi riservo di farlo successivamente in dichiarazione di voto per annunciare la condivisione di questo emendamento. Preannuncio, quindi, che chiederò la parola per la dichiarazione di voto sull'emendamento.

 

PRESIDENTE. Invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti aggiuntivi.

BERSELLI, relatore. Signor Presidente, con riferimento all'emendamento 2.0.100, di cui è prima firmataria la senatrice Della Monica e che ha come oggetto la tutela della vittima di delitti a sfondo sessuale, così come per l'altro emendamento, chiedo ai presentatori di ritirarlo perché alla Camera è già incardinato un disegno di legge sul medesimo tema.

Per quanto riguarda l'emendamento 2.0.101, concernente la sospensione condizionale della pena, rifacendomi a quanto già anticipato dal senatore Benedetti Valentini vorrei ricordare che per la riforma del codice di procedura penale in Senato vi sono due disegni di legge, rispettivamente dei senatori Casson e Li Gotti, e che il Governo, per bocca del Ministro della giustizia, ha annunciato che nel Consiglio dei ministri del 23 gennaio prossimo verrà approvato il testo concernente la riforma del processo penale. Senza entrare nel merito (ma potremmo anche entrarci perché apprezzo il contenuto di tale emendamento), prego i presentatori dell'emendamento di ritirarlo in quanto già al Senato, in Commissione giustizia, abbiamo incardinato dei disegni di legge sul medesimo tema, nel senso della riforma del processo penale, in cui rientra chiaramente la modifica dell'articolo 444 del codice di procedura penale, ma soprattutto in attesa della già annunciata presentazione da parte del Governo, e in questo caso del Ministro della giustizia, di un organico disegno di legge di riforma del processo penale.

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Esprimo parere conforme a quello del relatore.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'articolo 2.

 

INCOSTANTE (PD). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'articolo 2.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Proclamo il risultato della votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico:

Senatori presenti

258

Senatori votanti

256

Maggioranza

129

Favorevoli

144

Contrari

112

 

Il Senato approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Sull'emendamento 2.0.100 c'è un invito al ritiro. I presentatori lo accolgono?

 

INCOSTANTE (PD). No, signor Presidente, e chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 2.0.100, presentato dalla senatrice Della Monica e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Proclamo il risultato della votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico:

Senatori presenti

258

Senatori votanti

257

Maggioranza

129

Favorevoli

113

Contrari

144

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Anche sull'emendamento 2.0.101 c'è un invito al ritiro. È accolto?

 

INCOSTANTE (PD). No, non è accolto e, come annunciato, chiedo il voto segreto.

BATTAGLIA (PdL). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

BATTAGLIA (PdL). Signor Presidente, desidero aderire alla proposizione del suddetto emendamento perché ne condivido il contenuto, al li là del fatto che in Commissione giustizia sia pronto un disegno di legge che modifica l'assetto del codice di procedura penale per quanto riguarda alcuni articoli. Ritengo che bisogna mettere mano all'articolo 444 del codice di procedura penale partendo da una vecchia concezione giuridica secondo cui tale articolo è un'applicazione di pena e non è un'assunzione di responsabilità. Ne condivido il contenuto anche per il fatto che non è possibile che la parte lesa debba poi aderire e fare una causa civile per avere riconosciuto il danno. Questo è il motivo per il quale, al di là del fatto che ci sia in itinere la trattazione della modifica del codice di procedura penale, voterò favorevolmente sull'emendamento in esame. (Applausi del senatore Bianco).

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione a scrutinio segreto, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione a scrutinio segreto

 

PRESIDENTE. Indìco, ai sensi dell'articolo 113, comma 4, del Regolamento, la votazione a scrutinio segreto, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 2.0.101, presentato dalla senatrice Della Monica e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Proclamo il risultato della votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico:

Senatori presenti

253

Senatori votanti

252

Maggioranza

127

Favorevoli

121

Contrari

128

Astenuti

3

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 3, sul quale è stato presentato un emendamento che si intende illustrato e su cui invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi.

BERSELLI, relatore. Esprimo parere contrario sull'emendamento 3.100.

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Il parere del Governo è conforme a quello del relatore.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 3.100.

INCOSTANTE (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

INCOSTANTE (PD). Signor Presidente, vorrei richiamare davvero l'attenzione di tutti i colleghi sul fatto che il Governo nega la possibilità di sostituire, così come prevede l'emendamento in esame, alla parola "handicappata", la dicitura «portatrice di minorazione fisica, psichica, o sensoriale». È una posizione che non comprendiamo ed invito tutti a far funzionare un po' l'intelligenza, se è così, e se ho ben capito. Si tratta della sostituzione di una dicitura, ed invito tutti a ragionare, perché non siamo qui solo per premere un bottone; ogni tanto possiamo fare anche qualcosa di ragionevole, invitando ad esempio anche i relatori a riflettere un attimo, e può darsi che ci riusciamo. (Applausi dal Gruppo PD).

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, apprezzo la passione della senatrice Incostante, ma si tratta semplicemente di un problema di equilibrio formale all'interno della famosa legge n. 104 del 1992. Infatti, modificando solo questa espressione, come indicato nell'emendamento, si avrebbe nello stesso testo di legge un utilizzo di differenti espressioni per definire lo stesso tipo di menomazione. È quindi soltanto un problema di ordine formale: non c'è niente di più, né niente di meno.

GIAMBRONE (IdV). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

GIAMBRONE (IdV). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Giambrone, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 3.100, presentato dal senatore Li Gotti e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Proclamo il risultato della votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico:

Senatori presenti

255

Senatori votanti

253

Maggioranza

127

Favorevoli

115

Contrari

138

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'articolo 3.

 

INCOSTANTE (PD). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'articolo 3.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Proclamo il risultato della votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico:

Senatori presenti

255

Senatori votanti

254

Maggioranza

128

Favorevoli

250

Contrari

4

 

Il Senato approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 4, sul quale sono stati presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.

Comunico che gli emendamenti 4.100 e 4.103 saranno votati successivamente.

CAROFIGLIO (PD). Signor Presidente, intervengo brevemente per ricordare all'Assemblea che l'emendamento 4.104 ha una storia relativamente remota. Esso infatti è parte dell'originario disegno di legge unificato (e lo sottolineo), elaborato nella precedente legislatura, in cui erano previste le restrizioni, contenute in questo disegno di legge, all'acquisizione della cittadinanza attraverso il matrimonio, ciò allo scopo di contrastare il fenomeno delle unioni di comodo. Tuttavia, per un'adeguata armonia e bilanciamento legislativo, erano altresì previste norme, e segnatamente quella oggetto del presente emendamento, che introducevano, seppur in maniera assai mite e temperata, una prima forma di ius soli nella disciplina dell'acquisizione della cittadinanza italiana.

È bene sottolineare che quel disegno di legge, come questo emendamento, sono il frutto di una riflessione congiunta di cui parte importante, se non fondamentale, è l'Associazione nazionale dei Comuni d'Italia che, come ognuno sa, non è parte del centrosinistra o del Partito Democratico, ma è organizzazione che nella sua collettività tende a proporre nell'arena politica generale il punto di vista delle amministrazioni locali, di chi cioè ha la percezione più concreta di come le istanze, soprattutto nel tema delicatissimo del rapporto tra integrazione e repressione dei comportamenti devianti, si atteggino sul territorio.

La storia dell'emendamento 4.104 è questa; la mia sollecitazione si inserisce nella prospettiva di definire una normativa e un quadro legislativo più equilibrato in materia di acquisizione della cittadinanza. Invito quindi a votare a favore di questo emendamento. (Applausi dal Gruppo PD).

PERDUCA (PD). Signor Presidente, con la modifica al comma 1 che si propone con l'emendamento 4.101 intendiamo ristabilire un principio di diritto fondamentale nei rapporti con la pubblica amministrazione, vale a dire la certezza dei tempi di ottenimento del decreto di cui all'articolo 7 della legge n. 91 del 1992 e delle conseguenze che ne derivino. La proposta del Governo infatti stabilisce che per l'esito positivo dell'istanza di concessione di cittadinanza non sia intervenuta separazione personale o divorzio, scioglimento o annullamento del matrimonio alla data di emissione del decreto stesso.

Come visto, i casi di ritardo dell'amministrazione sono a volte eclatanti e non vi sono, si sa, rimedi giudiziali adeguati per spingere il Ministero a pronunciarsi nei termini di legge. Il ricorso al TAR per il silenzio-inadempimento della pubblica amministrazione in materia di cittadinanza, un provvedimento discrezionale della pubblica amministrazione, non rappresenta nei fatti che un ennesimo e costoso tassello per il cittadino straniero. Dunque, ancorare la situazione di fatto utile per la concessione della cittadinanza al momento dell'emissione del decreto significa esporre l'istante alla mercé dei tempi e delle inefficienze del Ministero e, comunque, rendere del tutto incerti, contrariamente a qualunque principio del diritto, il se e il quando dell'istanza a tempi futuri.

BIANCO (PD). Signor Presidente, l'emendamento 4.108 a firma mia e dei colleghi del Gruppo del Partito Democratico intende sopprimere i commi 3 e 4 del capoverso «Art. 5» dell'articolo 4, quindi interviene per sopprimere la cosiddetta tassa sugli immigrati, di cui abbiamo sentito parlare in questi giorni e sulla quale si è manifestata una rilevante incertezza all'interno della maggioranza e del Governo.

Ritengo che su una materia così seria e delicata occorrerebbe procedere senza improvvisazioni, ma poiché sulla stessa tematica il Governo è intervenuto con un nuovo emendamento all'articolo 39 che riguarda sostanzialmente questa fattispecie, chiedo al relatore di esprimere il suo parere su un accantonamento dell'emendamento soppressivo 4.108, in modo tale che si possa trattare della delicata questione in un unico momento, quando esamineremo la materia su cui interviene l'emendamento del Governo che certamente, anche se non identica, è affine.

Pertanto, chiedo che l'emendamento 4.108 venga accantonato affinché si esamini la questione nel momento in cui verrà trattato l'emendamento del Governo.

PRESIDENTE. I restanti emendamenti si intendono illustrati.

Invito i relatori ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti in esame.

BERSELLI, relatore. Signor Presidente, sulle richieste di chiarimenti interverrà il presidente Vizzini.

Per quanto riguarda i pareri, gli emendamenti 4.100 e 4.0.600, presentato dal Governo, sono emendamenti che attengono alla problematica relativa alla cittadinanza di figli di genitori provenienti dalla disciolta federazione della ex Jugoslavia. Presso la Camera dei deputati è già incardinato un disegno di legge concernente la cittadinanza e pertanto, invito il Governo a ritirare l'emendamento 4.0.600, così come i presentatori degli altri emendamenti che vertono sullo stesso argomento, precisamente il 4.100, 4.103, 4.0.600/1 e 4.0.600/2.

Per quanto riguarda l'emendamento 4.104, esso non attiene alla questione dei figli nati da genitori provenienti dalla della ex Jugoslavia, bensì a quella della cittadinanza. Pertanto invito il senatore Carofiglio, primo presentatore, a ritirarlo.

Esprimo, inoltre, parere contrario sugli emendamenti 4.102, 4.101, 4.107, 4.108, 4.109 e 4.110. Invito a ritirare l'emendamento 4.105. Esprimo parere contrario sull'emendamento 4.106. Per quanto riguarda l'emendamento 4.0.601/1, formulo un invito al ritiro. Esprimo poi parere contrario sull'emendamento 4.0.601/2 mentre il parere è favorevole sull'emendamento 4.0.601 del Governo.

VIZZINI, relatore. Signor Presidente, in ordine alla richiesta del senatore Bianco circa l'accantonamento dell'emendamento 4.108, il parere dei relatori è contrario giacché quest'ultimo si occupa di materia diversa da quella che verrà poi trattata dagli emendamenti del Governo all'articolo 39, trattandosi nel primo caso delle istanze di cittadinanza e nell'ipotesi dell'articolo 39 di permesso di soggiorno. Sono due questioni diverse.

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, il Governo si era fatto carico di una sintesi rispetto ai vari emendamenti presentati in ordine alla situazione dei minori della ex Jugoslavia, ma accetta l'invito del relatore Berselli a ritirare l'emendamento 4.0.600 perché effettivamente il disegno di legge ha per oggetto la sicurezza e l'articolo 4 nell'attuale formulazione punta ad evitare gli aggiramenti delle norme sulla cittadinanza e gli abusi relativi all'applicazione delle disposizioni che incidono sulla sicurezza. La materia a regime viene in questo momento considerata e approfondita dalla Camera e quindi, in coerenza con la linea seguita anche per altre materie delicate, è giusto che se ne occupi la Camera. Di conseguenza, accolgo l'invito e ritiro l'emendamento 4.0.600.

Per gli altri emendamenti il parere è conforme a quello dei relatori, segnalando peraltro, a proposito dell'emendamento 4.108, che si tratta di questioni assolutamente diverse, perché mentre il permesso di soggiorno è soggetto poi, qualora dovesse essere confermata l'ipotesi passata già in Commissione, ad un periodico versamento dell'importo così come sarà determinato ad ogni rinnovo, in questo caso l'importo è versato una sola volta, nel momento in cui viene chiesta la cittadinanza. Peraltro, la richiesta di cittadinanza in base alla legislazione vigente, come noto, cade almeno dieci anni dopo l'ottenimento del primo permesso di soggiorno, in una situazione del tutto diversa rispetto a quella dell'immigrato regolare che per la prima volta riceve il titolo giustificativo della sua presenza.

PRESIDENTE. Come già comunicato, gli emendamenti 4.100 e 4.103 saranno posti in votazione successivamente.

Sull'emendamento 4.104 è stato avanzato un invito al ritiro. I presentatori intendono accoglierlo?

 

INCOSTANTE (PD). Signor Presidente, insistiamo sull'emendamento e chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 4.104, presentato dal senatore Carofiglio e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Proclamo il risultato della votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico:

Senatori presenti

252

Senatori votanti

251

Maggioranza

126

Favorevoli

111

Contrari

139

Astenuti

1

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 4.102, presentato dal senatore D'Alia.

Non è approvato.

 

Metto ai voti l'emendamento 4.101, presentato dalla senatrice Poretti e da altri senatori.

Non è approvato.

 

Sugli emendamenti 4.107 e 4.108, fra loro identici, è stato formulato un invito al ritiro. I presentatori intendono accoglierlo?

BIANCO (PD). Signor Presidente, noi manteniamo l'emendamento 4.108 e ci dispiace che il rappresentante del Governo ed il relatore non abbiano accettato la nostra richiesta di accantonarlo. È ovvio che si tratta di materia diversa: una cosa è la cittadinanza e altra cosa è il permesso di lavoro. Tuttavia, è ovvio anche che sono questioni strettamente connesse e nessuno può negare che siamo nell'ambito della stessa impostazione culturale, cioè si ritiene che il cittadino che acquisisce la cittadinanza italiana sulla base di un soggiorno nel nostro Paese, protratto per dieci anni o per il tempo richiesto dalla legge, a differenza di chi diventa cittadino italiano per altre ragioni debba pagare allo Stato una sorta di tassa.

Non si tratta di una cifra particolarmente consistente ed è certamente una tantum, ma è comunque, dal punto di vista culturale, cosa che non rientra nella nostra concezione: a qualunque titolo un cittadino entri e divenga cittadino italiano deve avere parità di trattamento.

Ecco la ragione per la quale chiediamo la soppressione dei commi 3 e 4 al comma 1, capoverso «Art. 5», e voteremo a favore dell'emendamento 4.108.

PRESIDENTE. Passiamo dunque alla votazione dell'emendamento 4.107, identico all'emendamento 4.108.

INCOSTANTE (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

INCOSTANTE (PD). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 4.107, presentato dal senatore Li Gotti e da altri senatori, identico all'emendamento 4.108, presentato dal senatore Bianco e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Proclamo il risultato della votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico:

Senatori presenti

255

Senatori votanti

253

Maggioranza

127

Favorevoli

114

Contrari

138

Astenuti

1

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 4.109, presentato dalla senatrice Poretti e da altri senatori.

Non è approvato.

 

Metto ai voti l'emendamento 4.110, presentato dalla senatrice Poretti e da altri senatori.

Non è approvato.

 

Sull'emendamento 4.105 è stato formulato un invito al ritiro. I presentatori intendono accoglierlo?

PERDUCA (PD). Signor Presidente, la senatrice Poretti, che è prima firmataria dell'emendamento in esame, sta tenendo una conferenza stampa perché tra gli emendamenti che abbiamo proposto ce n'è anche uno che vuole introdurre il reato di tortura in Italia, dopo anni che si porta avanti un dibattito in proposito.

Non ritiriamo questo emendamento, perché i tempi legali del procedimento amministrativo, ai sensi della legge n. 241 del 1990, di concessione di cittadinanza, previsti all'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 364 del 1994, ossia il regolamento che attua le procedure della legge n. 91 del 1992, sono di due anni, cioè di 730 giorni. Non solo, ma dal sito dell'Associazione per i diritti degli utenti e consumatori (ADUC), che haaperto una sezione particolare relativamente all'immigrazione, abbiamo raccolto tutta una serie di testimonianze secondo le quali le procedure di fatto durano molto più tempo rispetto ai due anni previsti, arrivando a quattro o più anni, senza che sia stata fornita alcuna giustificazione relativamente al ritardo.

Riteniamo quindi che due anni, senza che venga fornita una dettagliata istruttoria di ciò che va portando avanti l'amministrazione pubblica, costituiscano un tempo troppo lungo per questo tipo di procedure. Per tale ragione, con il nostro emendamento 4.105 cogliamo l'occasione per modificare il termine spostandolo a 365 giorni.

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 4.105, presentato dalla senatrice Poretti e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 4.106, presentato dal senatore Casson e da altri senatori.

Non è approvato.

 

Passiamo alla votazione dell'articolo 4.

 

INCOSTANTE (PD). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'articolo 4.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Proclamo il risultato della votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico:

Senatori presenti

259

Senatori votanti

257

Maggioranza

129

Favorevoli

139

Contrari

118

 

Il Senato approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Sull'emendamento 4.100 c'è un invito al ritiro. I presentatori lo accolgono?

 

OLIVA (Misto-MPA). Sì, Presidente, ritiriamo l'emendamento.

 

PRESIDENTE. Anche sull'emendamento 4.103 è stato avanzato un invito al ritiro. Lo accoglie, senatore Casson?

CASSON (PD). Signor Presidente, intervengo sull'emendamento 4.103 e sui successivi, collegati alla questione dei genitori provenienti della disciolta Federazione della ex Jugoslavia, segnalando che concordiamo con l'invito al ritiro che è stato avanzato, così come il Governo ha ritirato il proprio emendamento, visto che si tratta di una fattispecie molto specifica e piuttosto combattuta. Ci sono sicuramente situazioni di profughi degne di essere considerate perché riguardano in particolare i minorenni.

Così come sono stati formulati, i nostri emendamenti possono destare alcune perplessità per l'estensione eccessivamente ampia, e in effetti l'emendamento del Governo era intervenuto in maniera più corretta - bisogna riconoscerlo - a restringere il limite della portata del nostro emendamento. Peraltro, condividiamo la valutazione della necessità di rivedere completamente l'assetto concernente anche i cittadini provenienti dalla disciolta Federazione della ex Jugoslavia.

PRESIDENTE. L'emendamento 4.0.600 è stato ritirato, così come il 4.0.600/1 e 4.0.600/2.

Sull'emendamento 4.0.601/1 c'è un invito al ritiro. Lo accoglie, senatore Pistorio?

 

PISTORIO (Misto-MPA). Sì, Presidente, ritiro l'emendamento.

 

PRESIDENTE. Un analogo invito al ritiro è stato avanzato in riferimento all'emendamento 4.0.601/2.

 

CASSON (PD). Lo ritiro, Presidente.

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 4.0.601, presentato dal Governo.

È approvato.

Passiamo all'esame dell'articolo 5, su cui è stato presentato un emendamento che invito i presentatori ad illustrare.

GALPERTI (PD). Signor Presidente, la nostra proposta di soppressione dell'articolo 5 è legata alla circostanza che a nostro avviso il matrimonio dello straniero nella nostra Repubblica è già ben disciplinato in maniera organica e completa dell'articolo 116 del codice civile, sia per quanto riguarda il nulla osta che è richiesto all'autorità dello Stato straniero, sia per quanto riguarda gli atti di controllo e di verifica che sono in capo alle autorità che presiedono agli uffici dello stato civile nel nostro Paese.

Questo istituto, del resto, è disciplinato da tempo, non è certo un fenomeno nuovo. Si fa, quindi, fatica a capire le intenzioni e la ratio di questa proposta di innovazione normativa se non rifacendosi alla circostanza registrata in altre occasioni di voler introdurre norme che rappresentano nuove forme di controllo, di severità e rigore. I fatti, però, come dimostrano anche gli innumerevoli sbarchi clandestini che abbiamo registrato in questo periodo, ci fanno dire che tra la quantità di parole e l'effettiva produzione di fatti vi sia un rapporto inversamente proporzionale.

Per questi motivi chiediamo la soppressione dell'articolo 5. (Applausi dal Gruppo PD).

PRESIDENTE. Non essendo stati presentati sull'articolo 5 altri emendamenti oltre quello soppressivo 5.100, presentato dalla senatrice Della Monica e da altri senatori, passiamo alla votazione del mantenimento dell'articolo stesso.

 

INCOSTANTE (PD). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, del mantenimento dell'articolo 5.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Proclamo il risultato della votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico:

Senatori presenti

255

Senatori votanti

248

Maggioranza

125

Favorevoli

136

Contrari

112

 

Il Senato approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 6, sul quale è stato presentato un emendamento che si intende illustrato e su cui invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi.

BERSELLI, relatore. Signor Presidente, esprimo parere contrario sull'emendamento 6.100.

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Esprimo parere conforme a quello del relatore.

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 6.100, presentato dal senatore D'Alia.

Non è approvato.

 

Metto ai voti l'articolo 6.

È approvato.

 

Passiamo all'esame dell'articolo 7, su cui sono stati presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.

VIZZINI, relatore. Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

VIZZINI, relatore. Signor Presidente, chiedo l'accantonamento dell'articolo 7 perché abbiamo delle questioni da risolvere sugli emendamenti e sul testo approvato dalla Commissione.

INCOSTANTE (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

INCOSTANTE (PD). Signor Presidente, chiedo al relatore Vizzini una maggiore chiarificazione - visto che facciamo tutti parte di quest'Assemblea e abbiamo lavorato anche in Commissione - su quali sono le "questioni" per le quali si chiede l'accantonamento dell'articolo 7.

PRESIDENTE. Senatore Vizzini, risponda solo se lo ritiene.

 

VIZZINI, relatore. Credo sia un diritto chiedere un chiarimento.

 

PRESIDENTE. Senatrice Incostante, lei può essere favorevole o meno all'accantonamento, ma non può obbligare il relatore a chiarirne i motivi.

L'articolo 7 e i relativi emendamenti sono accantonati.

Passiamo all'esame dell'articolo 8.

Lo metto ai voti.

È approvato.

 

Passiamo all'esame degli emendamenti tendenti ad inserire articoli aggiuntivi dopo l'articolo 8, che invito il presentatore ad illustrare.

SALTAMARTINI (PdL). Signor Presidente, gli emendamenti 8.0.300 e 8.0.301 comportano un intervento sul piano ordinamentale per poter corrispondere le retribuzioni mensili al personale delle forze di polizia. Data l'importanza di questo provvedimento, che potrebbe comportare un ritardo nei meccanismi di pagamento degli emolumenti, chiedo che il Governo sostenga questi emendamenti.

 

PRESIDENTE. Invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti in esame.

BERSELLI, relatore. Signor Presidente, la Commissione bilancio ha espresso parere contrario su entrambi gli emendamenti, pertanto, senza entrare nel merito, chiediamo al senatore Saltamartini di ritirarli.

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, proporrei l'accantonamento di questi due emendamenti perché prevedibilmente - così do anche risposta alla senatrice Incostante, se ha la bontà di ascoltarmi - ci sarà ancora qualche ora per la trattazione dell'intero provvedimento e confido nella possibilità di un esame ancora più analitico del sostegno finanziario che finora non è stato ritenuto congruo ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione da parte della 5a Commissione.

SERRA (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

SERRA (PD). Signor Presidente, desidero preannunciare il mio voto favorevole sugli emendamenti 8.0.300 e 8.0.301.

BIANCO (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

BIANCO (PD). Signor Presidente, poiché le richieste di accantonamento non sono questioni personali, immagino che se il senatore Vizzini richiede un accantonamento per una discussione politica, l'Assemblea, e in particolare i colleghi della Commissione che hanno lavorato con lui in modo molto serio, abbiano il diritto di essere informati sulle ragioni politiche per affrontarle e possibilmente dare un contributo per risolverle. Tra l'altro, capisco il suo richiamo all'opportunità signor Presidente, ma qualche volta il richiamo può essere anche un suggerimento e credo non sia nel suo stile suggerire quello che va fatto.

Nella fattispecie, ascoltate le motivazioni della richiesta di accantonamento, ovviamente siamo favorevoli: gli emendamenti presentati dal senatore Saltamartini vanno nel senso di trovare delle risorse vere e non chiacchiere e pacche sulle spalle per le forze di polizia e se c'è la possibilità concreta di trovare le risorse necessarie, saremo particolarmente lieti. Accogliamo pertanto la richiesta di accantonamento e speriamo che questa ricerca affannosa di trovare risorse reali possa andare nel senso da noi desiderato.

PRESIDENTE. Dispongo l'accantonamento degli emendamenti 8.0.300 e 8.0.301.

Passiamo all'esame dell'articolo 9.

Lo metto ai voti.

È approvato.

 

Passiamo alla votazione dell'articolo 10.

 

INCOSTANTE (PD). Signor Presidente, come annunciato, chiedo la votazione a scrutinio segreto.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione a scrutinio segreto, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione a scrutinio segreto

 

PRESIDENTE. Indìco, ai sensi dell'articolo 113, comma 4, del Regolamento, la votazione a scrutinio segreto, mediante procedimento elettronico, dell'articolo 10.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Proclamo il risultato della votazione mediante procedimento elettronico:

Senatori presenti

250

Senatori votanti

248

Maggioranza

125

Favorevoli

132

Contrari

114

Astenuti

2

 

Il Senato approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 11, su cui sono stati presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.

FIORONI (PD). Signor Presidente, gli emendamenti 11.100 e 11.101, riferiti all'articolo 11, concernente disposizioni in tema di occupazione di suolo pubblico, hanno il seguente scopo. Il primo, quello di differenziare una sanzione che deriva dalla violazione delle previsioni in materia tra coloro che occupano in effetti abusivamente il suolo stradale senza avere mai ottenuto una concessione e gli esercenti che sono in possesso, invece, di una concessione ma non ottemperano alle prescrizioni, travalicando i confini degli spazi assegnati. La differenza ha una sua ratio anche nella previsione dell'articolo 20 del codice della strada: infatti, per entrambi i casi, vi è una sanzione amministrativa che permette una gradazione, consentendo la possibilità di modificare la sanzione a seconda della gravità dell'infrazione.

Il secondo emendamento, invece, è volto ad evitare che vi sia confusione in materia di sanzioni che hanno a che fare con l'occupazione abusiva di suolo pubblico, perché molti regolamenti comunali già prevedono il ripristino dello stato dei luoghi. Quindi si dice che le disposizioni di cui all'articolo 11 non si applicano nel caso in cui i regolamenti comunali già si occupino della materia. (Applausi dal Gruppo PD).

MARINO Mauro Maria (PD). Signor Presidente, il fine dell'emendamento 11.0.100 è quello di chiedere l'applicazione delle misure di prevenzione nei confronti dei parcheggiatori abusivi, ritenendo che il comportamento di questa persone incide oltremodo in maniera negativa nei confronti della qualità della vita delle persone, rientrando nella cosiddetta microcriminalità. È una proposta nata all'interno del tavolo sulla sicurezza creato in Piemonte, nella fattispecie a Torino.

Questo emendamento intende offrire uno strumento di più pregnante efficacia nell'azione di contrasto al fenomeno dei parcheggiatori abusivi, la cui attività è spesso caratterizzata da comportamenti sia aggressivi sia intimidatori, quando non direttamente estorsivi.

Poiché questo fenomeno viene rilevato come elemento di particolare pericolosità o che incide particolarmente sulla vita della cittadinanza, e poiché gli attuali strumenti di contrasto sono di natura eminentemente contravvenzionale, sono di fatto totalmente inapplicabili e si mostrano totalmente inefficaci a debellare questo fenomeno, si ritiene opportuno che ci sia la possibilità di estendere invece a tale attività la definizione di comportamento pericoloso per la sicurezza pubblica e, di conseguenza, l'applicazione delle misure preventive previste nella vigente legislazione.

 

PRESIDENTE. Invito il relatore ed il rappresentate del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti in esame.

BERSELLI, relatore. Signor Presidente, esprimo parere contrario sugli emendamenti 11.100, 11.101 e 11.0.100.

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Esprimo parere conforme a quello del relatore, signor Presidente.

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 11.100, presentato dai senatori Fioroni e Marino Mauro Maria.

Non è approvato.

 

Metto ai voti l'emendamento 11.101, presentato dai senatori Fioroni e Marino Mauro Maria.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'articolo 11.

 

Verifica del numero legale

 

PEGORER (PD). Signor Presidente, prima che venga votato l'articolo chiedo a dodici colleghi il sostegno per la verifica del numero legale.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale).

Il Senato è in numero legale.

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'articolo 11.

È approvato.

Metto ai voti l'emendamento 11.0.100, presentato dal senatore Marino Mauro Maria.

Non è approvato.

 

Passiamo all'esame dell'articolo 12, sul quale sono stati presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.

PERDUCA (PD). Signor Presidente, riteniamo con l'emendamento 12.100 che questo articolo vada soppresso, perché l'impiego dei minori nell'accattonaggio non si risolve mettendo in galera tutta le comunità Rom e Sinti che si trovano in Italia. Questo articolo modifica l'inquadramento della fattispecie dell'impiego di minori nell'accattonaggio, che, da semplice contravvenzione, diviene vero e proprio delitto. Secondo noi le misure necessarie per affrontare tale fenomeno (che naturalmente esiste, nessuno vuole negarne l'evidenza) debbono essere di tipo completamente diverso e mirare molto di più all'estensione dei diritti di cittadinanza alle suddette comunità presenti in Italia ed eventualmente a politiche di integrazione sociale e culturale, nonché economica. (Applausi del senatore Della Seta).

MARITATI (PD). Signor Presidente, con gli emendamenti 12.101 e 12.103 esprimiamo la necessità di sanzionare in modo adeguato l'impiego dei minori nell'accattonaggio e parimenti anche la necessità di irrogare, in linea di massima, la pena accessoria della perdita della potestà genitoriale. Abbiamo dinanzi un quadro di sfruttamento che riguarda comportamenti di genitori irresponsabili e, sotto certi aspetti, diretti a non tutelare la persona del figlio, che è posta sotto il loro diretto controllo.

Vi è un aspetto però di questo delicato problema e di questa delicata pena accessoria che attiene non alla persona del genitore ma soprattutto agli effetti che si riverberano sul minore: la complessità delle situazioni familiari, che vedo sfociare anche in questo comportamento sanzionato, è tale da imporre una valutazione complessiva molto attenta. Bisogna valutare la posizione del minore e il suo interesse superiore a non perdere talvolta il contatto con i genitori.

Per questo prevediamo un ascolto, cioè una decisione del tribunale dei minorenni, al fine di non perdere il contatto e la relazione con i genitori, che, sebbene rei di fatti illeciti, potrebbe essere necessaria, se non indispensabile, per lo sviluppo della vita e soprattutto dell'equilibrio del minore.

Questa è la ragione fondamentale dell'esistenza nel nostro ordinamento di tutto il sistema civile e penale affidato alla giurisdizione in favore dei minorenni. Pertanto, prima di irrogare una sanzione che vada ad incidere non tanto e non solo sulla persona del reo ma soprattutto sulla persona del minore, pensiamo sia indispensabile nell'interesse superiore del minore che il tribunale per i minorenni si esprima preventivamente in merito.

Quindi, al di là di questioni relative ad un'attenuazione di pena, principale o accessoria che sia, ci preoccupano piuttosto e non poco gli effetti che l'irrogazione della pena accessoria può produrre sulla vita e lo sviluppo del minore. Per questa ragione chiediamo un'attenta valutazione da parte dell'Aula affinché sia approvato l'emendamento 12.103, che nulla toglie alla censura e alla repressione di questa forma di illecito, cose che noi condividiamo, ma che mira esclusivamente a salvaguardare l'equilibrio e l'interesse superiore del minore. (Applausi della senatrice Adamo).

SERAFINI Anna Maria (PD). Signor Presidente, colleghe e colleghi, gli emendamenti 12.0.100 e 12.0.300 tendono ad introdurre l'assistenza pediatrica per i bambini immigrati i cui genitori non siano in regola con il permesso di soggiorno. Sono emendamenti che modificano l'assistenza sanitaria nel senso di dare stabilità e continuità al diritto alla salute dei bambini.

Oggi questi bambini seguono il destino dei loro genitori senza aver scelto come, dove e quando emigrare. I bambini di genitori non in regola con il permesso di soggiorno ricevono cure soltanto rivolgendosi ai pronto soccorso. È evidente che una vaccinazione o qualsiasi altro intervento di carattere curativo non può passare esclusivamente attraverso tali strutture: è una cosa priva di senso sia dal punto di vista economico, sia soprattutto rispetto al diritto di questi bambini (che hanno particolari problemi rispetto agli altri) ad essere curati come avviene per tutti i bambini italiani e ad avere un'assistenza pediatrica che consenta di prevenire e curare con continuità la loro salute oltre che garantirne l'accoglienza.

Dopo aver parlato con molti colleghi e colleghe dell'argomento e conoscendo proprio la sensibilità del sottosegretario Mantovano su tale questione, ritengo che l'approvazione di tali emendamenti garantirebbe la possibilità di continuare in quell'azione di tutela dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza che ha reso questo Parlamento molto sensibile su certi temi: ricordo i temi dell'adozione internazionale, della lotta contro i reati di pedofilia o di tratta degli immigrati.

Siamo pienamente convinti della necessità di garantire un sostegno ai bambini che possa consentire loro di vivere all'interno delle rispettive famiglie, ma quando queste ultime non sono in grado di garantire loro un sostegno e la tutela di elementari diritti o comunque condizioni di vita più sicure e serene, devono essere altri, in questo caso il legislatore, ad assumersi una responsabilità genitoriale nei loro confronti.

Sono convinta che insieme sia possibile approvare questa mattina in Aula questi emendamenti, auspicati non solo da tutte le organizzazioni internazionali riconosciute dall'ONU, ma anche nei congressi più recenti da tutti i pediatri, a prescindere dal loro orientamento politico. Sono convinta che il mio appello possa essere accolto perché si condivide nel profondo la responsabilità verso bambini più sfortunati di altri. (Applausi dal Gruppo PD).

 

PRESIDENTE. Il restante emendamento si intende illustrato.

Invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti in esame.

BERSELLI, relatore. Signor Presidente, esprimo parere contrario sugli emendamenti 12.100, 12.101, 12.102 e 12.103. Esprimo poi parere favorevole sull'emendamento 12.104.

Con riferimento agli emendamenti 12.0.100 e 12.0.300 mi rimetto al Governo. Infine, esprimo parere contrario sull'emendamento 12.0.101.

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, il Governo esprime parere conforme a quello del relatore.

Con riferimento agli emendamenti di cui è prima firmataria la senatrice Serafini, vorrei provare ad esprimere alcune perplessità, che non vanno intese come contrarietà nel merito quanto piuttosto come un tentativo di riflessione comune sulla questione. L'articolo 35 del testo unico sull'immigrazione al comma 3 prevede che per i cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale, non in posizione regolare, siano previste una serie di cure essenziali. Tra queste cure essenziali, al capoverso b) si parla anche della tutela della salute del minore in esecuzione della Convenzione sui diritti del fanciullo.

Anche se la 5a Commissione non ha segnalato problemi di copertura - perché non ce ne sono in quanto la voce di bilancio è una voce di carattere generale - tuttavia la copertura dei compiti precisi previsti dagli emendamenti rischia di incidere sulla minima operatività degli enti e degli istituti che sono annualmente finanziati con queste risorse.

Per tutte queste ragioni mi permetto di formulare un invito al ritiro e ad affrontare, con tutta la disponibilità possibile da parte del Governo, la questione in Commissione sanità per comprenderla meglio dopo un approfondimento specifico, che evidentemente le condizioni della discussione e l'assenza di dati quantitativi sull'entità delle risorse preclude di svolgere in questa sede. Quella potrebbe essere, invece, la sede più opportuna per dare una risposta adeguata ai problemi che vengono sollevati e per vedere se dipendono da una legislazione nazionale o da linee di indirizzo delle Regioni che, come si sa, hanno competenza pressoché esclusiva in materia. Non si tratta, quindi, di un parere contrario nel merito, ma di un invito ad un approfondimento più specifico in una materia così delicata.

 

PRESIDENTE. Senatrice Serafini, accoglie l'invito del Governo?

SERAFINI Anna Maria (PD). Signor Presidente, se è possibile - come controproposta che tenga conto delle osservazioni espresse dal Sottosegretario ‑ potremmo accantonare questi emendamenti per studiare una riformulazione che tenga presenti le sue obiezioni. Secondo me, questo sarebbe un segnale.

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Sono d'accordo, signor Presidente.

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 12.100, presentato dalla senatrice Poretti e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 12.101.

 

INCOSTANTE (PD). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 12.101, presentato dal senatore Maritati e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Proclamo il risultato della votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico:

Senatori presenti

243

Senatori votanti

242

Maggioranza

122

Favorevoli

108

Contrari

131

Astenuti

3

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 12.102.

D'ALIA (UDC-SVP-Aut). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

D'ALIA (UDC-SVP-Aut). Signor Presidente, intervengo in dichiarazione di voto per dire che non solo siamo favorevoli alla sanzione e all'inasprimento della sanzione per chi utilizza i minori nell'accattonaggio, ma con questo emendamento chiediamo di introdurre un'ipotesi aggravata per chi utilizzi minori di tre anni (una delle ipotesi più ricorrenti nello sfruttamento dei minori in questo campo). Ci sono bambini addirittura di due anni o di un anno e mezzo che vengono utilizzati per questo.

Con l'occasione, per economia dei lavori, annuncio di voler sottoscrivere gli emendamenti illustrati poc'anzi dalla collega Serafini rappresentando al sottosegretario Mantovano, che conosce bene la situazione dei centri che oggi si chiamano centri di identificazione e in particolare quello di Lampedusa, che vi sono minori stranieri segregati in questi centri. E poiché il nostro ordinamento, in ossequio alle Convenzioni internazionali, prevede che i minori stranieri irregolari non solo siano inespellibili, ma devono essere trattati dal nostro ordinamento alla stregua dei minori italiani che si trovano in condizioni di disagio e quindi avviati presso centri e strutture adeguati che siano nelle condizioni di poterli assistere, è evidente che, ad esempio, il caso dei 150 giovani minorenni segregati a Lampedusa (parte dei quali sembrerebbe siano stati già trasferiti) è un caso che non fa onore al nostro Paese.

Credo che gli interventi che vanno nel senso di rafforzare la tutela dei minori irregolari che arrivano nel nostro Paese e che si trovano, soprattutto se non accompagnati, in condizioni di assoluto disagio e solitudine debbano essere accolti.

Ritengo che non possa neanche far velo l'eventuale reperimento di una copertura diversa, perché gli emendamenti che la collega Serafini propone prevedono un utilizzo di 12,5 milioni di euro annui per tre anni, quindi le risorse certamente ci sono e, come ha rappresentato anche la Commissione bilancio, possono essere reperite.

Ritengo che uno sforzo in questa materia debba essere fatto, perché l'unico strumento reale di integrazione che esiste nel nostro Paese è quello di partire dai minori. Se partiamo dai minori, garantendo loro quei diritti fondamentali che cerchiamo di garantire ai minori italiani, forse facciamo un lavoro migliore ed evitiamo alcune passerelle indecenti come quella di Lampedusa. (Applausi dai Gruppi UDC-SVP-Aut e PD).

CINTOLA (UDC-SVP-Aut). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CINTOLA (UDC-SVP-Aut). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Cintola, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 12.102, presentato dal senatore D'Alia.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Proclamo il risultato della votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico:

Senatori presenti

246

Senatori votanti

245

Maggioranza

123

Favorevoli

117

Contrari

127

Astenuti

1

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 12.103.

 

INCOSTANTE (PD). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 12.103, presentato dal senatore Maritati e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Proclamo il risultato della votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico:

Senatori presenti

240

Senatori votanti

239

Maggioranza

120

Favorevoli

106

Contrari

130

Astenuti

3

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

CAROFIGLIO (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CAROFIGLIO (PD). Signor Presidente, sono addirittura avvilito a dover tornare su questo tema, ma ci sono dei casi plateali di voto per senatori che non sono presenti in Aula. Invito vivamente a fare... (Commenti dai banchi della maggioranza). È ulteriormente avvilente subire ogni volta questa reazione, a fronte di una richiesta di rispetto della legalità. È mai possibile reagire in questo modo di fronte a una richiesta di rispetto della legalità? (Applausi dai Gruppi PD e IdV).

PRESIDENTE. La ringrazio, collega, per il suo invito. Chiedo ai senatori Segretari di controllare ed eventualmente di ritirare le tessere.

Metto ai voti l'emendamento 12.104, presentato dal senatore D'Alia.

È approvato.

 

Passiamo alla votazione dell'articolo 12.

 

Verifica del numero legale

PEGORER (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

PEGORER (PD). Chiediamo la verifica del numero legale.

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale).

 

Il Senato non è in numero legale.

Apprezzate le circostanze, tolgo la seduta e rinvio il seguito della discussione del disegno di legge in titolo ad altra seduta.

 

 


Allegato A

 

DISEGNO DI LEGGE

Disposizioni in materia di sicurezza pubblica (733)

 

ORDINI DEL GIORNO

G100

VALLARDI

Non posto in votazione (*)

Il Senato della Repubblica,

considerate le nuove funzioni di competenza statale attribuite ai sindaci dall'articolo 54 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, come modificato dall'articolo 6 del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, convertito dalla legge 24 luglio 2008, n. 125, con particolare riferimento alla sicurezza urbana, nonché la prevista collaborazione della polizia municipale nell'ambito dei piani coordinati di controllo del territorio, anche ai sensi dell'articolo 7 del medesimo decreto-legge,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di avviare in tempi brevi un confronto tra le autorità provinciali di pubblica sicurezza e i comuni capoluoghi di provincia, al fine di individuare e sperimentare modalità operative volte a fornire con tempestività agli agenti di polizia municipale in possesso della qualifica di agente di polizia giudiziaria tutte le informazioni di polizia necessarie allo svolgimento dei propri compiti istituzionali, anche al fine di estenderle successivamente alle altre realtà locali, nonché al fine di realizzare tali obbiettivi anche attraverso l'attuazione delle modalità di collaborazione della polizia municipale con le forze di polizia dello Stato, ai sensi del decreto interministeriale previsto dall'articolo 7 del decreto-legge n. 92 del 2008, richiamato in premessa.

________________

(*) Accolto dal Governo

G101

MURA

Non posto in votazione (*)

Il Senato della Repubblica,

in sede di esame dell'AS 733, recante disposizioni in materia dì sicurezza pubblica;

considerato che il provvedimento, in linea con quanto già previsto dal decreto-legge n.92 del 2008, contiene alcune disposizioni finalizzate ad ampliare i poteri dei Sindaci nell'espletamento delle funzioni attinenti alla sicurezza pubblica ed alla sicurezza urbana;

appurato che per l'ottimale esercizio di tali funzioni, è necessario riconoscere ai Sindaci, attraverso la polizia locale, la possibilità di accedere ai dati e alle informazioni del Centro elaborazione dati di cui al primo comma dell'articolo 9 della legge 1º aprile 1981, n.121, attraverso la mediazione delle questure;

valutata l'opportunità di prevedere un percorso sperimentale volto a dare attuazione a tali obiettivi, attraverso la realizzazione di progetti pilota;

impegna il Governo:

a valutare positivamente l'opportunità di avviare progetti sperimentali volti a consentire, attraverso la questura locale, l'accesso degli ufficiali e agenti della polizia municipale al Centro elaborazione dati del Ministero dell'interno di cui all'articolo 9 della legge 1º aprile 1981, n.121, «Nuovo ordinamento dell'Amministrazione della pubblica sicurezza».

________________

(*) Accolto dal Governo

G102

PORETTI, PERDUCA, BONINO

Respinto

Il Senato della Repubblica,

Premesso che:

nel mese di settembre 2008, una ragazza ghanese di 20 anni, immigrata irregolare e senza fissa dimora, dopo un intervento abortivo in un ospedale pubblico, riconosciuta dai funzionari di Polizia in servizio presso la struttura, è stata arrestata per violazione della legge «Bossi-Fini» sull'immigrazione;

il provvedimento è stato convalidato dalla magistratura, che ha emesso un ordine di allontanamento dal territorio italiano,

considerato che:

come anche sottolineato dal servizio Immigrazione dell'Aduc (associazione per i diritti degli utenti e consumatori);

questo provvedimento potrebbe rivelarsi un precedente pericoloso in quanto:

le donne immigrate irregolari saranno motivate ad abortire clandestinamente, con grave pregiudizio della propria salute individuale e di quella pubblica: le statistiche ufficiali non a caso ci indicano in aumento il fenomeno degli aborti clandestini fra le immigrate irregolari rispetto ad un trend generale di diminuzione degli aborti;

anche nel caso un immigrato clandestino fosse affetto da una malattia infettiva, per paura di essere identificato presso una struttura sanitaria pubblica ed espulso, sarà spinto a non curarsi comportando il rischio concreto di trasmettere a sua volta a terzi, anche non clandestini e non immigrati, la medesima infezione;

in altri Paesi, opportune misure sono state adottate al fine di non ostacolare l'accesso degli immigrati irregolari presso le strutture sanitarie, come ad esempio negli Stati Uniti d'America dove è vietato dalla legge l'ingresso dei funzionari dell'immigrazione negli ospedali,

impegna il Governo:

ad adottare appositi provvedimenti al fine di garantire agli utenti delle strutture sanitarie nel territorio nazionale la non imputabilità per reati contro le leggi sull'immigrazione.

G103

PORETTI, PERDUCA, BONINO

V. testo 2

Il Senato della Repubblica,

considerato che:

l'ong di assistenza e aiuto sanitario, Medici Senza Frontiere (MSF), conosciuta in tutto il mondo per il suo impegno umanitario, il 31 ottobre 2008 è stata costretta a chiudere le sue attività sull'Isola di Lampedusa, dopo sei anni, a causa del diniego del Ministero degli Interni a firmare un nuovo Protocollo d'Intesa e a rilasciare il permesso necessario affinché MSF continui ad operare adeguatamente;

MSF ha garantito dal 2002 visite mediche d'emergenza gratuite per i migranti che arrivano sull'isola dopo aver attraversato un drammatico viaggio in mare. Dal 2005 fino ad oggi il team di MSF ha visitato 4.550 migranti, 1.420 solo fra gennaio e ottobre del 2008;

l'assistenza sanitaria e di primo intervento di MSF ha consentito in questi anni un supporto importante, necessario e utile al servizio sanitario regionale che non riesce, viste le continue gravi emergenze, a far fronte autonomamente all'assistenza di migliaia di persone che necessitano di primo soccorso;

nei primi dieci mesi del 2008 le persone sbarcate sulle coste dell'Isola di Lampedusa sono state più di 25.000;

negli ultimi anni tra i migranti sbarcati a Lampedusa vi è stato un incremento di patologie dovute alle condizioni dei viaggi in mare (traumi, ipotermia, ustioni etc.);

rispetto agli anni scorsi la popolazione migrante è cambiata, dal momento che sempre più persone provengono da zone di guerra o paesi colpiti da carestie, come Somalia, Eritrea, Sudan ed Etiopia (30 per cento);

un dato rilevante è costituito dall'incremento del numero delle donne (12 per cento) e dei minori (8 per cento), con un aumento delle donne in gravidanza (151 dall'inizio dell'anno);

il mancato rinnovo delle necessarie autorizzazioni e dell'intesa tra lo Stato italiano e MSF per l'espletamento dei servizi sanitari alla popolazione migrante sull'isola di Lampedusa, rischia di configurare una violazione delle disposizioni nazionali e internazionali sul rispetto dei diritti umani sottoscritte dall'Italia,

impegna il Governo:

a rinnovare il Protocollo d'Intesa e i permessi necessari alla Ong Medici Senza Frontiere per l'assistenza sanitaria alle popolazioni migranti sull'Isola di Lampedusa.

G103 (testo 2)

PORETTI, PERDUCA, BONINO

Non posto in votazione (*)

Il Senato della Repubblica,

considerato che:

l'ONG di assistenza e aiuto sanitario, Medici Senza Frontiere (MSF), conosciuta in tutto il mondo per il suo impegno umanitario, il 31 ottobre 2008 ha terminato la propria attività sull'isola di Lampedusa, per scadenza del protocollo di intesa stipulato con il Ministero dell'interno;

MSF ha garantito dal 2002 visite mediche d'emergenza gratuite per i migranti che arrivano sull'isola dopo aver attraversato un drammatico viaggio in mare. Dal 2005 fino ad oggi il team di MSF ha visitato 4.550 migranti, 1.420 solo fra gennaio e ottobre del 2008;

l'assistenza sanitaria e di primo intervento di MSF ha consentito in questi anni un supporto importante, necessario e utile al servizio sanitario regionale;

nei primi dieci mesi del 2008 le persone sbarcate sulle coste dell'isola di Lampedusa sono state più di 25.000;

negli ultimi anni tra i migranti sbarcati a Lampedusa vi è stato un incremento di patologie dovute alle condizioni dei viaggi in mare (traumi, ipotermia, ustioni, eccetera);

rispetto agli anni scorsi la popolazione migrante è cambiata, dal momento che sempre più persone provengono da zone di guerra o Paesi colpiti da carestie, come Somalia, Eritrea, Sudan ed Etiopia (30 per cento);

un dato rilevante è costituito dall'incremento del numero delle donne (12 per cento) e dei minori (8 per cento), con un aumento delle donne in gravidanza (151 dall'inizio dell'anno),

impegna il Governo ad assicurare l'assistenza sanitaria alle popolazioni migranti anche attraverso la stipula di intese con le componenti medico-sanitarie presenti sull'isola di Lampedusa, ivi compresi Medici Senza Frontiere.

________________

(*) Accolto dal Governo

EMENDAMENTO TENDENTE A PREMETTERE UN ARTICOLO ALL'ARTICOLO 1

01.101

BELISARIO, PARDI, LI GOTTI, GIAMBRONE, CARLINO, ASTORE, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA, RUSSO

Improponibile

All'articolo 1, premettere il seguente:

«Art. 01.

La legge 23 luglio 2008, n.124 è abrogata».

ARTICOLO 1 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE

Art. 1.

Approvato nel testo emendato

(Modifiche al codice penale)

1. All'articolo 61, primo comma, del codice penale, il numero 5) è sostituito dal seguente:

«5) l'avere profittato di circostanze di tempo, di luogo o di persona, anche in riferimento all'età avanzata, tali da ostacolare la pubblica o privata difesa;».

2. All'articolo 416, sesto comma, del codice penale, le parole: «600, 601 e 602» sono sostituite dalle seguenti: «600, 601 e 602, nonché all'articolo 12, comma 3-bis, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n.286,».

3. All'articolo 576, primo comma, del codice penale, il numero 5) è sostituito dal seguente:

«5) in occasione della commissione di taluno dei delitti previsti dagli articoli 609-bis, 609-quater e 609-octies».

4. All'articolo 648-bis del codice penale:

a) al primo comma, le parole: «Fuori dei casi di concorso nel reato,» sono soppresse;

b) dopo il quarto comma è aggiunto il seguente:

«Le disposizioni di cui ai commi che precedono si applicano anche nei confronti della persona che ha concorso nel reato presupposto, salvo che per gli atti di godimento che non eccedano l'uso dei beni secondo la loro naturale destinazione ovvero in caso di utilizzo del denaro, dei beni o delle altre utilità provento del reato presupposto per finalità non speculative, imprenditoriali o commerciali».

5. All'articolo 648-ter, primo comma, del codice penale, le parole: «dei casi di concorso nel reato e» sono soppresse.

EMENDAMENTI

1.100

D'ALIA

Respinto

Al comma 1, le parole: «anche in riferimento all'età avanzata» sono soppresse.

1.700

IL GOVERNO

Approvato

Dopo il comma 1, è aggiunto il seguente:

«1-bis. La disposizione di cui all'articolo 61, comma 1, numero 11-bis, del codice penale si intende riferita ai cittadini di Paesi non appartenenti all'Unione europea e agli apolidi».

1.101

LI GOTTI, BELISARIO, PARDI, GIAMBRONE, CARLINO, ASTORE, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA, RUSSO

Respinto

Dopo il comma 1, inserire il seguente:

«1-bis. All'articolo 164, primo comma, dopo le parole: "nell'articolo 133," sono inserite le seguenti: "nonché alle risultanze desumibili dal servizio informatico previsto dall'articolo 97 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n.271,"».

1.600/1

CASSON, MARITATI, LATORRE, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, GALPERTI

Respinto

All'emendamento 1.600, al capoverso «Articolo 183-ter», dopo le parole: «dell'Unione europea» inserire le seguenti: «ovvero di un suo familiare».

1.600/2

CASSON, MARITATI, LATORRE, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, GALPERTI

Respinto

All'emendamento 1.600, al capoverso «Articolo 183-ter», alla rubrica, dopo le parole: «dell'Unione europea» aggiungere, in fine, le seguenti: «o di un suo familiare».

1.600

IL GOVERNO

Approvato

Dopo il comma 1, sono aggiunti i seguenti:

1-bis. All'articolo 235 del codice penale è abrogato il secondo comma;

1-ter. All'articolo 312 del codice penale è abrogato il secondo comma;

1-quater. Dopo l'articolo 183 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, sono inseriti i seguenti:

"Articolo 183-bis. - (Esecuzione della misura di sicurezza dell'espulsione del cittadino di uno Stato non appartenente all'Unione europea e dell'apolide). - 1. L'espulsione del cittadino di uno Stato non appartenente all'Unione europea e dell'apolide dal territorio dello Stato è eseguita dal questore secondo le modalità di cui all'articolo 13, comma 4, del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.

Articolo 183-ter - (Esecuzione della misura di sicurezza dell'allontanamento del cittadino di uno Stato membro dell'Unione europea). - 1. L'allontanamento del cittadino di uno Stato membro dell'Unione europea è disposto in conformità ai criteri e con le modalità fissati dall'articolo 20 del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30"».

Conseguentemente, la rubrica dell'articolo è sostituita dalla seguente: (Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale).

1.103

BUGNANO

Respinto

Dopo il comma 1 inserire il seguente:

«1-bis. All'articolo 337 del codice penale sostituire le parole "sei mesi" con "un anno"».

1.102

BUGNANO

Respinto

Dopo il comma 1 inserire il seguente:

«1-bis. All'articolo 337 del codice penale, dopo il primo comma è aggiunto il seguente: "Si applica la pena della reclusione da tre a sei anni se il fatto di cui al primo comma è commesso in danno di agenti e ufficiali di polizia giudiziaria, di agenti e ufficiali di pubblica sicurezza o di appartenenti alla forza pubblica nello svolgimento dell'attività a tutela dell'ordine pubblico e della pubblica sicurezza"».

1.104 (testo 2)

I RELATORI

Approvato

Dopo il comma 3 è aggiunto il seguente:

«3-bis. Dopo l'articolo 341 del codice penale è aggiunto il seguente:

"341-bis. - (Oltraggio a pubblico ufficiale). Chiunque, in luogo pubblico o aperto al pubblico e in presenza di più persone, offende l'onore ed il prestigio di un pubblico ufficiale mentre compie un atto d'ufficio ed a causa o nell'esercizio delle sue funzioni, è punito con la reclusione fino a tre anni.

La pena è aumentata se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato. Se la verità del fatto è provata o se per esso l'ufficiale a cui il fatto è attribuito è condannato dopo l'attribuzione del fatto medesimo, l'autore dell'imputazione non è punibile».

«3-ter. All'articolo 4 del decreto legislativo luogotenenziale 14 settembre 1944, n.288, la parola "341" è sostituita dalla seguente: "341-bis"».

1.200

SALTAMARTINI

Ritirato

Dopo il comma 1, inserire il seguente:

«1-bis. Dopo l'articolo 340 del codice penale è inserito il seguente:

"Art. 341. (Oltraggio ad ufficiali ed agenti di pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria). - Chiunque offende l'onore o il prestigio di un ufficiale o agente di pubblica sicurezza o di polizia giudiziaria, in presenza di più persone e a causa o nell'esercizio delle sue funzioni, è punito con la reclusione da sei mesi a due anni. La stessa pena si applica a chi commette il fatto mediante comunicazioni telegrafiche, telematiche o telefoniche, o con scritto o disegno o altri mezzi di comunicazione.

La pena è della reclusione da uno a tre anni e si procede d'ufficio quando il fatto è commesso con violenza o minaccia, ovvero nel corso di manifestazioni pubbliche o in occasione di servizi per la sicurezza delle manifestazioni sportive.

È sempre ammessa la prova della verità del fatto medesimo nel procedimento penale e, ove raggiunta, determina la non punibilità dell'autore se il fatto attribuito si riferisce all'esercizio delle funzioni pubbliche esercitate"».

1.105

LUMIA, DE SENA, CASSON, BIANCO, INCOSTANTE, LATORRE, CAROFIGLIO, MARITATI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, GALPERTI, ADAMO, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI, GARRAFFA (*)

Approvato

Dopo il comma 1 inserire il seguente:

«1-bis. All'articolo 376, primo comma, del codice penale dopo le parole: "e 373" sono inserite le seguenti. ", nonché dall'articolo 378, limitatamente ai casi in cui la condotta si riferisce al delitto di cui all'articolo 629 del codice penale"».

________________

(*) Firma aggiunta in corso di seduta

1.107 (testo corretto)

I RELATORI

Ritirato

Sostituire il comma 2 con il seguente:

«2. Al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n.286, all'articolo 12, dopo il comma 3-bis, è inserito il seguente:

"3-bis.1. - Ai delitti di cui al comma precedente si applica l'articolo 416, sesto comma, del codice penale."».

Conseguentemente, alla rubrica aggiungere le seguenti parole: «,nonchè al decreto legislativo 25 luglio 1998, n.286».

1.108

DELLA MONICA, FRANCO VITTORIA, SERAFINI ANNA MARIA, INCOSTANTE, BIANCO, CAROFIGLIO, LATORRE, MARITATI, CASSON, GALPERTI, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI, DE SENA, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, ADAMO, ZANDA (*), LUSI (*)

Respinto

Dopo il comma 2 inserire il seguente:

«2-bis. L'articolo 572 è sostituito dal seguente:

"Art. 572. - (Maltrattamenti contro familiari e conviventi). - Chiunque, fuori dei casi indicati nell'articolo precedente, maltratta una persona della famiglia o comunque convivente, o una persona sottoposta alla sua autorità, o a lui affidata per ragione di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l'esercizio di una professione o di un'arte, è punito con la reclusione da due a sei anni.

La pena è aumentata se il fatto è commesso in danno di persona minore degli anni quattordici.

Se dal fatto deriva una lesione personale grave, si applica la reclusione da quattro a nove anni; se ne deriva una lesione gravissima, la reclusione da sette a quindici anni; se ne deriva la morte, la reclusione da dodici a venti anni."».

________________

(*) Firma aggiunta in corso di seduta

1.109

DELLA MONICA, FRANCO VITTORIA, SERAFINI ANNA MARIA, INCOSTANTE, BIANCO, CAROFIGLIO, LATORRE, MARITATI, CASSON, GALPERTI, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI, DE SENA, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, ADAMO, ZANDA (*), LUSI (*)

Respinto

Dopo il comma 3 inserire il seguente:

«3-bis. Dopo l'articolo 604 sono inseriti i seguenti:

«Art. 604-bis. - (Ignoranza dell'età della persona offesa). - Quando i delitti previsti negli articoli 600, 600-bis, 600-ter, 601 e 602 sono commessi in danno di persona minore di anni sedici, il colpevole non può invocare, a propria scusa, l'ignoranza dell'età della persona, salvo che si tratti di errore o ignoranza inevitabili».

3-ter. All'articolo 609-ter, primo comma, dopo il numero 5 sono inseriti i seguenti:

"5-bis) nei confronti di persona della quale il colpevole sia il coniuge, il convivente o comunque la persona che sia o sia stata legata da stabile relazione affettiva anche senza convivenza;

5-ter) nei confronti di donna in stato di gravidanza."».

________________

(*) Firma aggiunta in corso di seduta

PROPOSTA DI STRALCIO

S1.100

I RELATORI

Approvata

Stralciare i commi 4 e 5.

EMENDAMENTO

1.110

CASSON, BIANCO, INCOSTANTE, DE SENA, DELLA MONICA, LATORRE, CAROFIGLIO, MARITATI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, ADAMO, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI

Ritirato

Sopprimere i commi 4 e 5.

EMENDAMENTI TENDENTI AD INSERIRE ARTICOLI AGGIUNTIVI DOPO L'ARTICOLO 1

1.0.100

DELLA MONICA, FRANCO VITTORIA, SERAFINI ANNA MARIA, INCOSTANTE, BIANCO, CAROFIGLIO, LATORRE, MARITATI, CASSON, GALPERTI, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI, DE SENA, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, ADAMO, CINTOLA (*)

Respinto

Dopo l'articolo inserire il seguente:

«Art. 1-bis.

(Modifiche ai codici penale e di procedura penale in materia di atti persecutori)

1. Dopo l'articolo 612 del codice penale è inserito il seguente:

«612-bis. - (Atti persecutori). - Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque ripetutamente minaccia o molesta tal uno in modo tale da turbare le sue normali condizioni di vita ovvero da porre lo stesso in uno stato di soggezione o grave disagio fisico o psichico, ovvero tali da determinare un giustificato timore per la sicurezza personale propria o di persona a sé legata da stabile relazione affettiva, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione da sei mesi a quattro anni.

La pena è aumentata se il fatto è commesso nei confronti del coniuge divorziato, del coniuge separato anche non legalmente o nei confronti di persona che sia o sia stata legata da stabile relazione affettiva anche senza convivenza.

La pena è aumentata fino alla metà e si procede d'ufficio se il fatto è commesso in danno di persona minore ovvero se ricorre una delle condizioni previste dall'articolo 339.

Si procede altresì d'ufficio se il fatto è commesso con minacce gravi ovvero nei casi in cui il fatto è connesso con altro delitto per il quale è prevista la procedibilità d'ufficio».

2. Al codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 266, comma 1, lettera f), dopo la parola: «minaccia,» sono inserite le seguenti: «atti persecutori,»;

b) all'articolo 282-bis, dopo il comma 6 è inserito il seguente:

"7. I provvedimenti di cui ai commi 1 e 2 sono comunicati all'autorità di pubblica sicurezza competente, ai fini dell'eventuale adozione dei provvedimenti in materia di armi e munizioni, e ai servizi socio-assistenziali del territorio.";

c) dopo l'articolo 282-bis è aggiunto il seguente:

"Art. 282-ter. - (Divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa). - 1. Con il provvedimento che dispone il divieto di avvicinamento il giudice prescrive all'imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati dalla persona offesa.

2. Qualora sussistano ulteriori esigenze di tutela, il giudice può prescrivere all'imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati da prossimi congiunti della persona offesa o da persone con questa conviventi o comunque legate da stabile relazione affettiva.

3. Quando la frequentazione di tali luoghi sia necessaria per motivi di lavoro, il giudice prescrive le relative modalità e può imporre limitazioni.

4. Con il provvedimento che dispone il divieto di comunicazione con determinate persone il giudice impone limiti o divieti alla facoltà dell'imputato di comunicare con il mezzo del telefono ovvero con ogni altro strumento di comunicazione anche telematico.

5. Il provvedimento è comunicato all'autorità di pubblica sicurezza competente, ai fini dell'eventuale adozione dei provvedimenti in materia di armi e munizioni, e ai servizi socio assistenziali del territorio.".

d) all'articolo 293, comma 3, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «dell'imputato e all'eventuale già nominato difensore della persona offesa dal reato»;

e) dopo l'articolo 384 è inserito il seguente:

"Art. 384-bis. - (Divieto provvisorio di avvicinamento). - 1. Anche fuori dai casi di flagranza, quando sussistono specifici elementi che fanno ritenere imminente un pericolo per la incolumità della persona offesa, il pubblico ministero dispone con decreto motivato l'applicazione provvisoria delle prescrizioni previste dall'articolo 282-ter del codice di procedura penale nei confronti della persona gravemente indiziata del delitto previsto dall'articolo 612-bis del codice penale.

2. Entro 48 ore dall'emissione del provvedimento, il pubblico ministero richiede la convalida al Giudice competente in relazione al luogo di esecuzione.

3. Il Giudice entro 5 giorni successivi fissa l'udienza di convalida dandone avviso, senza ritardo, al pubblico ministero, all'indiziato ed al difensore.

4. Quando risulta che il provvedimento è stato legittimamente eseguito, provvede alla convalida con ordinanza contro la quale il pubblico ministero e l'indiziato possono proporre ricorso per Cassazione.

5. Quando non provvede a norma del comma che precede, il Giudice dispone con ordinanza la revoca del provvedimento.

6. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui ai commi 3 e 3-bis dell'articolo 390 e dell'articolo 391".

f) all'articolo 392, il comma 1-bis è sostituito dal seguente:

"1-bis. Nei procedimenti per i delitti di cui agli articoli 572, 600, 600-bis, 600-ter, anche se relativo al materiale pornografico di cui all'articolo 600-quater, 600-quinquies, 601, 602, 609-bis, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies, e 612-bis del codice penale il pubblico ministero, anche su richiesta della persona offesa, o la persona sottoposta alle indagini possono chiedere che si proceda con incidente probatorio all'assunzione della testimonianza di persona minorenne ovvero della persona offesa maggiorenne, anche al di fuori delle ipotesi previste dal comma 1.";

g) l'articolo 395 è sostituito dal seguente:

"1. La richiesta di incidente probatorio è depositata nella cancelleria del giudice per le indagini preliminari, unitamente ai soli atti e documenti indispensabili per l'espletamento del mezzo di prova, ed è notificata a cura di chi l'ha proposta, secondo i casi, al pubblico ministero e alle persone indicate nell'articolo 393 comma 1 lettera b). La prova della notificazione è depositata in cancelleria";

h) all'articolo 396, comma 1, sono apportate le seguenti modificazioni:

1) dopo le parole: «il pubblico ministero» sono inserite le seguenti: «, la persona offesa dal reato»;

2) dopo le parole: «fondatezza della richiesta,» sono inserite le seguenti: «le modalità di assunzione per il provvedimento di cui all'articolo 398 comma 5-bis,»;

i) all'articolo 396, comma 2, primo periodo, dopo le parole: «dalla persona sottoposta alle indagini» sono inserite le seguenti: «o dalla persona offesa dal reato»;

1) all'articolo 396, comma 2, secondo periodo, dopo le parole: «La persona sottoposta alle indagini» sono inserite le seguenti: «o la persona offesa dal reato»;

m) all'articolo 398, comma 5-bis, sono apportate le seguenti modificazioni:

1) prima della parola: «600» è inserita «572,»;

2) le parole: «e 609-octies» sono sostituite da: «609-quinquies, 609-octies, e 612-bis»;

3) le parole: «vi siano minori di anni sedici,» sono sostituite da: «vi siano minori ovvero persone offese anche maggiorenni,»;

4) le parole «quando le esigenze del minore» sono sostituite da «quando le esigenze di tutela delle persone»;

5) le parole «abitazione dello stesso minore» sono sostituite dalle seguenti «abitazione persona interessata all'assunzione della prova».

________________

(*) Firma aggiunta in corso di seduta

1.0.300

DELLA MONICA, CASSON, BIANCO, INCOSTANTE, DE SENA, LATORRE, CAROFIGLIO, MARITATI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, ADAMO, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI

Respinto

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 1-bis.

(Intervento nel giudizio penale)

1. Nei procedimenti per i delitti previsti dagli articoli 572, 609-bis, 609-quater, e 609-octies del codice penale, l'ente locale impegnato, direttamente o tramite servizi per l'assistenza della persona offesa e il centro antiviolenza che presta assistenza alla persona offesa possono intervenire in giudizio ai sensi degli articoli 91 e seguenti del codice di procedura penale.

2. Nei procedimenti per i delitti previsti dall'articolo 3 della legge 20 febbraio 1958, n. 75, e per i delitti previsti dall'articolo 380, lettera d), del codice di procedura penale, nei quali la persona offesa sia stata destinataria di programma di assistenza ed integrazione sociale ai sensi dell'articolo 18 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, ovvero di programma speciale ai sensi dell'articolo 13 della legge 11 agosto 2003, n. 228, l'ente locale o il soggetto privato che ha prestato assistenza alla persona offesa nell'ambito dei suddetti programmi può intervenire in giudizio ai sensi degli articoli 91 e seguenti del codice di procedura penale».

ARTICOLO 2 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE

Art. 2.

Approvato

(Modifiche agli articoli 117 e 371-bis del codice di procedura penale)

1. All'articolo 117, comma 2-bis, del codice di procedura penale, dopo le parole: «notizie di reato» sono inserite le seguenti: «, ai registri di cui all'articolo 34 della legge 19 marzo 1990, n. 55,».

2. All'articolo 371-bis, comma 1, primo periodo, del codice di procedura penale, dopo le parole: «e in relazione ai procedimenti di prevenzione antimafia» sono aggiunte le seguenti: «avviati a seguito della proposta avanzata dai procuratori distrettuali».

EMENDAMENTI TENDENTI AD INSERIRE ARTICOLI AGGIUNTIVI DOPO L'ARTICOLO 2

2.0.100

DELLA MONICA, FRANCO VITTORIA, SERAFINI ANNA MARIA, INCOSTANTE, BIANCO, CAROFIGLIO, LATORRE, MARITATI, CASSON, GALPERTI, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI, DE SENA, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, ADAMO

Respinto

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 2-bis.

(Modifiche al codice di procedura penale in materia di tutela della vittima di delitti a sfondo sessuale)

1. Al codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 392, il comma 1-bis è sostituito dal seguente:

"1-bis. Nei procedimenti per i delitti di cui agli articoli 572, 600, 600-bis, 600-ter, anche se relativo al materiale pornografico di cui all'articolo 600-quater, 600-quinquies, 601, 602, 609-bis, 609-quater, 609-quinquies e 609-octies del codice penale il pubblico ministero, anche su richiesta della persona offesa, o la persona sottoposta alle indagini possono chiedere che si proceda con incidente probatorio all'assunzione della testimonianza di persona minorenne ovvero della persona offesa maggiorenne, anche al di fuori delle ipotesi previste dal comma 1.";

b) l'articolo 395 è sostituito dal seguente:

"1. La richiesta di incidente probatorio è depositata nella cancelleria del giudice per le indagini preliminari, unitamente ai soli atti e documenti indispensabili per l'espletamento del mezzo di prova, ed è notificata a cura di chi l'ha proposta, secondo i casi, al pubblico ministero e alle persone indicate nell'articolo 393 comma 1 lettera b). La prova della notificazione è depositata in cancelleria";

c) all'articolo 396, comma 1, sono apportate le seguenti modificazioni:

1) dopo le parole: "il pubblico ministero" sono inserite le seguenti: ", la persona offesa dal reato";

2) dopo le parole: "fondatezza della richiesta," sono inserite le seguenti: "le modalità di assunzione per il provvedimento di cui all'articolo 398 comma 5-bis,";

d) all'articolo 396, comma 2, primo periodo, dopo le parole: "dalla persona sottoposta alle indagini" sono inserite le seguenti: "o dalla persona offesa dal reato";

e) all'articolo 396, comma 2, secondo periodo, dopo le parole: "La persona sottoposta alle indagini" sono inserite le seguenti: "o la persona offesa dal reato";

f) all'articolo 398, comma 5-bis, sono apportate le seguenti modificazioni:

1) prima della parola: "600" è inserita "572,";

2) le parole: "e 609-octies" sono sostituite da: "609-quinquies e 609-octies";

3) le parole: "vi siano minori di anni sedici," sono sostituite da "vi siano minori ovvero persone offese anche maggiorenni,";

4) le parole "quando le esigenze del minore" sono sostituite da "quando le esigenze di tutela delle persone";

5) le parole "abitazione dello stesso minore" sono sostituite dalle seguenti "abitazione persona interessata all'assunzione della prova"».

2.0.101

DELLA MONICA, FRANCO VITTORIA, SERAFINI ANNA MARIA, INCOSTANTE, BIANCO, CAROFIGLIO, LATORRE, MARITATI, CASSON, GALPERTI, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI, DE SENA, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, ADAMO

Respinto

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 2-bis.

(Modifiche al codice di procedura penale in materia di applicazione della pena su richiesta)

1. All'articolo 444 del codice di procedura penale, dopo il comma 3, è inserito il seguente:

"3-bis. Il giudice, anche su richiesta del pubblico ministero o della persona offesa, può subordinare la concessione della sospensione condizionale della pena all'eliminazione del danno ovvero al risarcimento del danno"».

ARTICOLO 3 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE

Art. 3.

Approvato

(Modifica alla legge 5 febbraio 1992, n.104)

1. All'articolo 36 della legge 5 febbraio 1992, n.104, il comma 1 è sostituito dal seguente:

«1. Quando i reati di cui all'articolo 527 del codice penale, i delitti non colposi di cui ai titoli XII e XIII del libro II del codice penale, nonché i reati di cui alla legge 20 febbraio 1958, n.75, sono commessi in danno di persona portatrice di minorazione fisica, psichica o sensoriale, la pena è aumentata da un terzo alla metà».

EMENDAMENTO

3.100

LI GOTTI, BELISARIO, PARDI, GIAMBRONE, CARLINO, ASTORE, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA, RUSSO

Respinto

Al comma 1, dopo la parola: «sensoriale,» inserire le seguenti: «ai sensi dell'articolo 3, comma 1».

Conseguentemente, all'articolo 36 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, al comma 2, sostituire la parola: «handicappata» con le seguenti: «portatrice di minorazione fisica, psichica o sensoriale, ai sensi dell'articolo 3, comma 1,».

ARTICOLO 4 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE

Art. 4.

Approvato

(Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n.91)

1. L'articolo 5 della legge 5 febbraio 1992, n.91 è sostituito dal seguente:

«Art. 5. - 1. Il coniuge, straniero o apolide, di cittadino italiano può acquistare la cittadinanza italiana quando, dopo il matrimonio, risieda legalmente da almeno due anni nel territorio della Repubblica, oppure dopo tre anni dalla data del matrimonio se residente all'estero, qualora, al momento dell'adozione del decreto di cui all'articolo 7, comma 1, non sia intervenuto lo scioglimento, l'annullamento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio e non sussista la separazione personale dei coniugi.

2. I termini di cui al comma 1 sono ridotti della metà in presenza di figli nati dai coniugi.»

3. Le istanze o dichiarazioni di elezione, acquisto, riacquisto, rinuncia o concessione della cittadinanza di cui all'articolo 9 sono soggette al pagamento di una tassa di importo pari ad euro 200.

4. Il gettito derivante dalla tassa di cui al comma 3 è attribuito allo stato di previsione del Ministero dell'interno che lo destina per la metà al finanziamento di progetti del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione diretti alla collaborazione internazionale e alla cooperazione ed assistenza ai Paesi terzi in materia di immigrazione anche attraverso la partecipazione a programmi finanziati dall'Unione europea».

2. Dopo l'articolo 9 della legge 5 febbraio 1992, n. 91, è inserito il seguente:

«Art. 9-bis. - 1. Ai fini dell'elezione, acquisto, riacquisto, rinuncia o concessione della cittadinanza, all'istanza o dichiarazione dell'interessato deve essere comunque allegata la certificazione comprovante il possesso dei requisiti richiesti per legge».

EMENDAMENTI

4.100

PISTORIO, OLIVA

Ritirato

AI comma 1, premettere il seguente:

«01. Dopo l'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 91 aggiungere il seguente:

"Art. 3-bis. - 1. Il figlio, anche maggiorenne, nato nel territorio della Repubblica da genitori provenienti dalla disciolta Federazione della Ex-Yugoslavia che siano giunti in Italia entro il 21 novembre 1995 (accordi di Dayton), qualora non abbia già acquistato la cittadinanza italiana ai sensi dell'articolo 1, comma 1, lettera b), della presente legge, è comunque considerato cittadino italiano per nascita, ove sia comprovata la presenza non occasionale dell'interessato e, se minorenne, di almeno uno dei genitori, nel territorio nazionale alla data di entrata in vigore della presente legge.

2. Le disposizioni del comma 1 si applicano anche a chi è nato nel territorio della Repubblica successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge, ove sussistano gli altri requisiti prescritti dal medesimo comma 1 e sia comprovato che almeno uno dei genitori del minore, oltre a dimorare già nel territorio nazionale alla data di entrata in vigore della presente legge abbia continuato a dimorarvi senza interruzioni fino alla nascita del medesimo.

3. Chi ha acquistato la cittadinanza ai sensi dei commi 1 e 2 la perde qualora, durante la minore età, acquisti la cittadinanza di un altro Stato"».

4.103

CASSON, BIANCO, D'AMBROSIO, LATORRE, DELLA MONICA, GALPERTI, ADAMO, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI, DE SENA, INCOSTANTE, CAROFIGLIO, MARITATI, CHIURAZZI

Ritirato

Al comma 1, premettere i seguenti:

«01. Anche in deroga ad ogni altra disposizione di legge, il figlio, anche maggiorenne, nato nel territorio della Repubblica da genitori provenienti dalla disciolta Federazione della Ex-Yugoslavia che siano giunti in Italia entro il 21 novembre 1995, che non abbia già acquistato la cittadinanza italiana ai sensi dell'articolo 1, comma 1, lettera b), della legge 5 febbraio 1992, n.91, è comunque considerato cittadino italiano per nascita, qualora sia comprovata la presenza non occasionale dell'interessato e, se minorenne, di almeno uno dei genitori, nel territorio nazionale, alla data di entrata in vigore della presente legge.

02. Le disposizioni del comma 01 si applicano anche a chi è nato nel territorio della Repubblica successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge, ove sussistano gli altri requisiti di cui al comma 01 e sia comprovato che almeno uno dei genitori del minore, oltre a dimorare già nel territorio nazionale alla data di entrata in vigore della presente legge, abbia continuato a dimorarvi senza interruzioni fino alla nascita del medesimo.

03. Chi ha acquisito la cittadinanza ai sensi dei commi 01 e 02 la perde se, durante la minore età, acquista la cittadinanza di un altro Stato».

4.104

CAROFIGLIO, BIANCO, INCOSTANTE, LATORRE, DELLA MONICA, CASSON, D'AMBROSIO, GALPERTI, ADAMO, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI, DE SENA, MARITATI, CHIURAZZI

Respinto

Al comma 1, premettere il seguente:

«01. L'articolo 1 della legge 5 febbraio 1992, n. 91 è sostituito dal seguente:

"Articolo 1. - 1. È cittadino per nascita:

a) il figlio di padre o di madre cittadini;

b) chi è nato nel territorio della Repubblica se entrambi i genitori sono ignoti o apolidi, ovvero se il figlio non segue la cittadinanza dei genitori secondo la legge dello Stato al quale questi appartengono;

c) chi è nato nel territorio della Repubblica da genitori stranieri di cui almeno uno sia residente legalmente in Italia, senza interruzioni, da almeno tre anni;

d) chi è nato nel territorio della Repubblica da genitori stranieri di cui almeno uno sia nato in Italia e ivi legalmente risieda.

2. Nei casi di cui alle lettere c) e d) del comma 1, entro un anno dal raggiungimento della maggiore età, il soggetto può rinunciare, se in possesso di altra cittadinanza, alla cittadinanza italiana.

3. È considerato cittadino per nascita il figlio di ignoti trovato nel territorio della Repubblica, se non venga provato il possesso di altra cittadinanza"».

4.102

D'ALIA

Respinto

Al comma 1, sostituire le parole: «risieda legalmente da almeno due anni nel territorio della Repubblica, oppure dopo tre anni dalla data del matrimonio» con le seguenti: «risieda legalmente da almeno tre anni nel territorio della Repubblica, oppure dopo sei anni dalla data del matrimonio».

4.101

PORETTI, PERDUCA, BONINO

Respinto

Al comma 1, dopo le parole: «comma 1», inserire le seguenti: «e comunque non oltre un anno dalla presentazione dell'istanza».

4.107

LI GOTTI, BELISARIO, PARDI, GIAMBRONE, CARLINO, ASTORE, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA, RUSSO

Respinto

Al comma 1, capoverso «Art. 5», sopprimere i commi 3 e 4.

4.108

BIANCO, CASSON, DE SENA, INCOSTANTE, LATORRE, CAROFIGLIO, DELLA MONICA, MARITATI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, ADAMO, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI

Id. em. 4.107

Al comma 1, capoverso «Art. 5», sopprimere i commi 3 e 4.

4.109

PORETTI, PERDUCA, BONINO

Respinto

Al comma 1, capoverso «Art. 5», sopprimere il comma 3.

4.110

PORETTI, PERDUCA, BONINO

Respinto

Al comma 1, capoverso «Art. 5», sopprimere il comma 4.

4.105

PORETTI, PERDUCA, BONINO

Respinto

Dopo il comma 1, aggiungere il seguente:

«2. L'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 364 del 1994 è sostituito dal seguente:

"Art. 3. - 1. Per quanto previsto dagli articoli 2 e 4 della legge 7 agosto 1990, n. 241, il termine per la definizione dei procedimenti di cui al presente regolamento è di trecentosessantacinque giorni dalla data di presentazione della domanda».

4.106

CASSON, BIANCO, INCOSTANTE, DE SENA, LATORRE, DELLA MONICA, CAROFIGLIO, MARITATI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, ADAMO, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI

Respinto

Al comma 2, capoverso «Art. 9-bis», alle parole: «Ai fini dell'elezione», premettere le seguenti: «Fermo quanto previsto dall'articolo 18, comma 2, della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni,».

EMENDAMENTI TENDENTI AD INSERIRE ARTICOLI AGGIUNTIVI DOPO L'ARTICOLO 4

4.0.600/1

PISTORIO, OLIVA

Ritirato

All'emendamento 4.0.600, sostituire i commi 1 e 2 con i seguenti:

«1. Il figlio, anche maggiorenne, nato nel territorio della Repubblica da genitori provenienti dalla disciolta Repubblica federativa di Jugoslavia che siano giunti in Italia entro il 1º gennaio 1996, qualora non abbia già acquistato la cittadinanza italiana ai sensi dell'articolo 1, comma 1, lettera b), della presente legge, è comunque considerato cittadino italiano per nascita, ove sia comprovata la presenza non occasionale dell'interessato e, se minorenne, di almeno uno dei genitori, nel territorio nazionale alla data di entrata in vigore della presente legge.

2. Le disposizioni del comma 1 si applicano anche a chi è nato nel territorio della Repubblica successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge, ove sussistano gli altri requisiti prescritti dal medesimo comma 1 e sia comprovato che, al momento della nascita, almeno uno dei genitori del minore sia presente in Italia non occasionalmente sin dal 1º gennaio 1996».

4.0.600/2

CASSON, MARITATI, LATORRE, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, GALPERTI

Ritirato

All'emendamento 4.0.600, al comma 1, sostituire le parole da: «Il minore» sino a: «Jugoslavia» con le seguenti: «Anche in deroga ad ogni altra disposizione di legge, il figlio, anche maggiorenne, nato nel territorio della Repubblica da genitori provenienti dalla disciolta Federazione della Ex-Jugoslavia che siano giunti in Italia entro il 1º gennaio 1996,».

Conseguentemente:

Al comma 1, sostituire le parole: «di almeno uno dei genitori da una data anteriore al 1º gennaio 1996» con le seguenti: «dell'interessato e, se minorenne, di almeno uno dei genitori, alla data di entrata in vigore della presente legge.».

Al comma 2, sostituire le parole da: «oltre» sino a: «1996», con le seguenti: «oltre a dimorare già nel territorio nazionale alla data di entrata in vigore della presente legge».

4.0.600

IL GOVERNO

Ritirato

Dopo l'articolo 4,è inserito il seguente:

«Art. 4-bis.

(Minori nati in Italia da genitori già cittadini della Repubblica federativa di Jugoslavia)

1. Il minore nato nel territorio della Repubblica, da genitori entrambi privi di cittadinanza in conseguenza della dissoluzione della Repubblica federativa di Jugoslavia, qualora non abbia già acquistato la cittadinanza italiana ai sensi dell'articolo 1, comma 1, lettera b), della legge 5 febbraio 1992, n. 91, è considerato comunque cittadino italiano per nascita, ove sia comprovata la presenza nel territorio nazionale di almeno uno dei genitori da una data anteriore al 1º gennaio 1996.

2. Le disposizioni del comma 1 si applicano anche a chi è nato nel territorio della Repubblica successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge, ove sussistano i requisiti prescritti dal medesimo comma 1 e sia comprovato che almeno uno dei genitori del minore, oltre ad essere presente nel territorio nazionale da una data anteriore al 1º gennaio 1996, abbia continuato a dimorarvi senza interruzioni fino alla nascita del medesimo.

3. Chi ha acquistato la cittadinanza ai sensi dei commi 1 e 2 la perde se, durante la minore età, acquista la cittadinanza di un altro Stato».

4.0.601/1

PISTORIO, OLIVA

Ritirato

All'emendamento 4.0.601, alla lettera b), apportare le seguenti modificazioni:

1) Al comma 9, sostituire il secondo periodo con il seguente: «La Commissione interessata può depositare con un anticipo di cinque giorni dalla data della prima udienza utile tutti gli atti e la documentazione che ritiene necessari ai fini dell'istruttoria»;

2) al comma 11 sostituire le parole: «10 giorni dalla notificazione o comunicazione della sentenza» con le seguenti: «30 giorni dalla notificazione della sentenza».

4.0.601/2

CASSON, MARITATI, LATORRE, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, GALPERTI

Ritirato

All'emendamento 4.0.601, al comma 1, lettera b), numero 11, sopprimere le parole: «, il Ministero dell'interno».

4.0.601

IL GOVERNO

Approvato

Dopo l'articolo 4,è aggiunto il seguente:

«Art. 4-bis.

(Modifiche al decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25)

1. All'articolo 35 del decreto legislativo 28 gennaio 2008 n. 25, sono apportate le seguenti modifiche:

a) il comma 5 è sostituito dal seguente:

"5. Entro cinque giorni dal deposito del ricorso, il tribunale, con decreto apposto in calce allo stesso, fissa l'udienza in camera di consiglio. Il ricorso e il decreto di fissazione dell'udienza sono notificati all'interessato e al Ministero dell'Interno, presso la Commissione nazionale ovvero presso la competente Commissione territoriale, e sono comunicati al pubblico ministero.";

b) i commi 9, 10 e 11 sono sostituiti dai seguenti:

"9. Il Ministero dell'Interno, limitatamente al giudizio di primo grado, può stare in giudizio avvalendosi direttamente di un rappresentante designato dalla Commissione nazionale o territoriale che ha adottato l'atto impugnato. La Commissione interessata può in ogni caso depositare alla prima udienza utile tutti gli atti e la documentazione che ritiene necessari ai fini dell'istruttoria. Si applica, in quanto compatibile, l'art. 4l7-bis, secondo comma, del codice di procedura civile.

10. Il tribunale, sentite le parti e assunti tutti i mezzi di prova necessari, decide con sentenza entro tre mesi dalla presentazione del ricorso, con cui rigetta il ricorso ovvero riconosce al ricorrente lo status di rifugiato o di persona cui è accordata la protezione sussidiaria; la sentenza viene notificata al ricorrente e al Ministero dell'Interno, presso la Commissione nazionale ovvero presso la competente Commissione territoriale, ed è comunicata al pubblico ministero.

11. Avverso la sentenza pronunciata ai sensi del comma 10 il ricorrente, il Ministero dell''Interno e il pubblico ministero possono proporre reclamo alla corte d'appello, con ricorso da depositarsi nella cancelleria della corte d'appello, a pena di decadenza, entro dieci giorni dalla notificazione o comunicazione della sentenza".

c) il comma 14 è sostituito dal seguente:

"14. Avverso la sentenza pronunciata dalla corte d'appello può essere proposto ricorso per cassazione. Il ricorso deve essere proposto, a pena di decadenza, entro trenta giorni dalla notificazione della sentenza. Esso viene notificato alle parti assieme al decreto di fissazione dell'udienza in camera di consiglio, a cura della cancelleria. La Corte di cassazione si pronuncia in camera di consiglio ai sensi dell'articolo 375 del codice di procedura civile."».

 

 

ARTICOLO 5 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE

Art. 5.

Approvato

(Modifica all'articolo 116 del codice civile)

1. All'articolo 116, primo comma, del codice civile, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «nonché un documento attestante la regolarità del soggiorno nel territorio italiano».

EMENDAMENTO

5.100

DELLA MONICA, CASSON, BIANCO, INCOSTANTE, DE SENA, LATORRE, CAROFIGLIO, MARITATI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, ADAMO, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI

Non posto in votazione (*)

Sopprimere l'articolo.

________________

(*) Approvato il mantenimento dell'articolo

ARTICOLO 6 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE

Art. 6.

Approvato

(Disposizioni concernenti il reato di danneggiamento)

1. All'articolo 635 del codice penale, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al secondo comma, dopo il numero 3), è inserito il seguente:

«3-bis) su immobili sottoposti a risanamento edilizio o ambientale;»;

b) dopo il secondo comma è aggiunto il seguente:

«Per i reati di cui al secondo comma, la sospensione condizionale della pena è sempre subordinata all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, ovvero, se il condannato non si oppone, alla prestazione di attività non retribuita a favore della collettività per un tempo determinato, comunque non superiore alla durata della pena sospesa, secondo le modalità indicate dal giudice nella sentenza di condanna».

EMENDAMENTO

6.100

D'ALIA

Respinto

Al comma 1, lettera b), sopprimere le parole da:«ovvero» fino a: «condanna».

 

 

ARTICOLO 7 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE

Art. 7.

Accantonato

(Disposizioni concernenti il reato di deturpamento e imbrattamento di cose altrui)

1. All'articolo 639 del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al primo comma, le parole: «o immobili» sono soppresse;

b) il secondo comma è sostituito dal seguente:

«Se il fatto è commesso su beni immobili o su mezzi di trasporto pubblici o privati, si applica la pena della reclusione da uno a sei mesi e della multa da 300 a 1000 euro. Se il fatto è commesso su cose di interesse storico o artistico, si applica la pena della reclusione da tre mesi a un anno e della multa da 1.000 a 3.000 euro»;

c) dopo il secondo comma, sono aggiunti i seguenti:

«Nei casi di recidiva per le ipotesi di cui al secondo comma si applica la pena della reclusione da tre mesi fino a due anni e della multa fino a 10.000 euro.

Nei casi previsti dal secondo comma si procede d'ufficio».

EMENDAMENTI

7.300

BRICOLO, MAURO, BODEGA, MAZZATORTA, VALLARDI

Accantonato

Sopprimere l'articolo.

7.301

BRICOLO, MAURO, BODEGA, MAZZATORTA, VALLARDI

Accantonato

Al comma 1, lettera b), sopprimere il primo periodo.

7.302

BRICOLO, MAURO, BODEGA, MAZZATORTA, VALLARDI

Accantonato

Al comma 1, lettera b), primo periodo, sopprimere le seguenti parole: «pena della reclusione da uno a sei mesi e della».

Conseguentemente, al comma 1, lettera b), secondo periodo, sopprimere le seguenti parole: «pena della reclusione da tre mesi a un anno e della» e sostituire la parola: «3.000» con «1.500».

Conseguentemente al comma 1, lettera c), sopprimere le seguenti parole: «pena della reclusione di tre mesi fino a due anni e della» e sostituire la parola: «10.000» con la seguente: «2.500».

Conseguentemente, sopprimere l'ultimo periodo del comma 1.

7.650 (testo corretto)

IL GOVERNO

Accantonato

Al comma 1 capoverso, sostituire il primo periodo con il seguente: «c) in caso di reiterazione del reato di cui al secondo comma, secondo periodo, si applica la pena della reclusione da sei mesi a due anni e della multa da 1.500 a 10.000 euro».

7.303

VALDITARA, BALBONI, SALTAMARTINI, DI STEFANO, DE ECCHER, SCOTTI, ASCIUTTI

Accantonato

Dopo il comma 1, aggiungere il seguente:

«1-bis. Chiunque vende bombolette spray contenenti vernici non biodegradabili ai minori di 18 anni, è punito con la sanzione amministrativa fino a 1.000 euro».

7.304

VALDITARA, BALBONI, SALTAMARTINI, DI STEFANO, DE ECCHER, SCOTTI, ASCIUTTI

Accantonato

Dopo il comma 1, aggiungere il seguente:

«1-bis. All'articolo 4, primo comma, lettera a) del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, dopo il numero "639", sono inserite le seguenti parole: "primo comma"».

 

ARTICOLO 8 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE

Art. 8.

Approvato

(Decoro delle pubbliche vie)

1. Le sanzioni amministrative previste dai regolamenti ed ordinanze comunali per chiunque insozzi le pubbliche vie non possono essere inferiori all'importo di euro 500.

EMENDAMENTI TENDENTI AD INSERIRE ARTICOLI AGGIUNTIVI DOPO L'ARTICOLO 8

8.0.300

SALTAMARTINI

Accantonato

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 8-bis.

(Disposizioni relative al pagamento degli stipendi del personale della Polizia di Stato)

1. La disposizione di cui all'articolo 1, comma 446, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, non si applica per il pagamento degli stipendi del personale della Polizia di Stato.

2. Il Ministero dell'interno assicura l'invio dei dati mensili di pagamento relativi alle competenze fisse e accessorie del personale della Polizia di Stato per missioni e programmi al Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato mediante protocolli di colloquio tra sistemi informativi da definire ai sensi e per le finalità di cui al Titolo V del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.

3. All'onere derivante dall'attuazione della disposizione di cui al comma 1, valutato in euro 5,1 milioni per l'anno 2009 e 12 milioni di euro a decorrere dall'anno 2010, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2009-2011, nell'ambito del programma "Fondi di riserva speciali" della missione "Fondi da ripartire" dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2009, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell'interno».

8.0.301

SALTAMARTINI

Accantonato

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 8-bis.

(Disposizioni relative al personale del Nucleo operativo di sicurezza NOCS)

1. Al personale del Nucleo operativo centrale di sicurezza (NOCS) della Polizia di Stato in possesso della qualifica di operatore NOCS, che ha superato la verifica periodica d'idoneità per l'impiego nel settore operativo dello stesso Nucleo, è attribuita, a decorrere dal 1º gennaio 2009, con le stesse modalità, l'indennità supplementare mensile, di cui all'articolo 9, comma 2, della legge 23 marzo 1983, n. 78, e successive modificazioni. Al restante personale del medesimo Nucleo, addetto a compiti di supporto e sanitari, la stessa indennità è corrisposta, con la medesima decorrenza, limitatamente ai giorni di effettiva partecipazione ad operazioni ed esercitazioni.

2. All'onere derivante dall'attuazione della disposizione di cui al comma 1, valutato in euro 596.000, a decorrere dall'anno 2009, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2009-2011, nell'ambito del programma "Fondi di riserva speciali" della missione "Fondi da ripartire" dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2009, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell'interno».

 

 

ARTICOLI 9, 10 E 11 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE

Art. 9.

Approvato

(Introduzione dell'articolo 34-bis nel nuovo codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n.285)

1. Nel titolo II, capo I del nuovo codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, dopo l'articolo 34, è inserito il seguente:

«Art. 34-bis. - (Decoro delle strade). - 1. Chiunque insozza le pubbliche strade gettando rifiuti od oggetti dai veicoli in movimento o in sosta, è punito con la sanzione amministrativa da euro 500 a euro 1.000».

Art. 10.

Approvato

(Responsabilità delle persone maggiorenni nei delitti commessi dai minori)

1. All'articolo 112 del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al primo comma, numero 4), dopo le parole: «avvalso degli stessi» sono inserite le seguenti: «o con gli stessi ha partecipato»;

b) al secondo comma, dopo le parole: «si è avvalso di persona non imputabile o non punibile, a cagione di una condizione o qualità personale,» sono inserite le seguenti: «o con la stessa ha partecipato»;

c) al terzo comma, dopo le parole: «Se chi ha determinato altri a commettere il reato o si è avvalso di altri» sono inserite le seguenti: «o con questi ha partecipato».

Art. 11.

Approvato

(Disposizioni in tema di occupazione di suolo pubblico)

1. Fatti salvi i provvedimenti dell'autorità per motivi di ordine pubblico, nei casi di indebita occupazione di suolo pubblico previsti dall'articolo 633 del codice penale e dall'articolo 20 del nuovo codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n.285, e successive modificazioni, il sindaco, per le strade urbane, e il prefetto, per quelle extraurbane o, quando ricorrono motivi di sicurezza pubblica, per ogni luogo, possono ordinare l'immediato ripristino dello stato dei luoghi a spese degli occupanti e, se si tratta di occupazione a fine di commercio, la chiusura dell'esercizio fino al pieno adempimento dell'ordine e del pagamento delle spese o della prestazione di idonea garanzia e, comunque, per un periodo non inferiore a cinque giorni.

2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche nel caso in cui l'esercente ometta di adempiere agli obblighi inerenti alla pulizia e al decoro degli spazi pubblici antistanti l'esercizio.

3. Se si tratta di occupazione a fine di commercio, copia del relativo verbale di accertamento è trasmessa, a cura dell'ufficio accertatore, al comando della Guardia di finanza competente per territorio, ai sensi dell'articolo 36, ultimo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n.600.

EMENDAMENTI

11.100

FIORONI, MARINO MAURO MARIA

Respinto

Dopo il comma 3 aggiungere il seguente:

«3-bis. Chiunque, a fini di commercio, occupa abusivamente una porzione di suolo stradale superiore a quella prevista nella concessione di cui sia in possesso, è soggetto alla chiusura dell'esercizio per un periodo non superiore a due giorni.».

11.101

FIORONI, MARINO MAURO MARIA

Respinto

Dopo il comma 3, aggiungere il seguente:

«3-bis. Le disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3 non si applicano nelle ipotesi in cui i regolamenti comunali in materia di occupazione di suolo pubblico già prevedano disposizioni specifiche applicabili alle suddette ipotesi.».

 

EMENDAMENTO TENDENTE AD INSERIRE UN ARTICOLO AGGIUNTIVO DOPO L'ARTICOLO 11

11.0.100

MARINO MAURO MARIA

Respinto

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 11-bis.

(Applicabilità delle misure di prevenzione nei confronti dei parcheggiatori abusivi)

1. All'articolo 7, comma 15-bis, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, dopo le parole: "secondo le norme del Capo I, sezione II, del titolo VI", è inserito il seguente periodo: "Quando lo stesso soggetto sia incorso, in un periodo di due anni, in una delle violazioni di cui al presente comma per almeno due volte, all'ultima infrazione consegue l'applicazione dei provvedimenti di cui alla legge 27 dicembre 1956, n. 1423, recante misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità"».

 

ARTICOLO 12 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE

Art. 12.

(Contrasto all'impiego dei minori nell'accattonaggio)

1. Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) dopo l'articolo 600-septies è inserito il seguente:

«Art. 600-octies. - (Impiego di minori nell'accattonaggio). - Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque si avvale per mendicare di una persona minore degli anni quattordici o, comunque, non imputabile, ovvero permette che tale persona, ove sottoposta alla sua autorità o affidata alla sua custodia o vigilanza, mendichi, o che altri se ne avvalga per mendicare, è punito con la reclusione fino a tre anni»;

b) dopo l'articolo 602 è inserito il seguente:

«Art. 602-bis. - (Pene accessorie). - La condanna per i reati di cui agli articoli 600, 601 e 602 comporta, qualora i fatti previsti dai citati articoli siano commessi dal genitore o dal tutore, rispettivamente:

1) la decadenza dall'esercizio della potestà del genitore;

2) l'interdizione perpetua da qualsiasi ufficio attinente all'amministrazione di sostegno, alla tutela e alla cura»;

c) l'articolo 671 è abrogato.

EMENDAMENTI

12.100

PORETTI, PERDUCA, BONINO

Respinto

Sopprimere l'articolo.

12.101

MARITATI, BIANCO, CAROFIGLIO, LATORRE, INCOSTANTE, DELLA MONICA, CASSON, GALPERTI, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI, DE SENA, CHIURAZZI, ADAMO

Respinto

Al comma 1, sostituire la lettera a) con la seguente:

«a) Dopo l'articolo 610 del codice penale è inserito il seguente:

"Art. 610-bis. - (Impiego di minori nell'accattonaggio). - Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque si avvale per mendicare di una persona minore degli anni quattordici o, comunque, non imputabile, ovvero permette che tale persona, ove sottoposta alla sua autorità o affidata alla sua custodia o vigilanza, mendichi, o che altri se ne avvalga per mendicare, è punito con la reclusione fino a tre anni.

La pena è della reclusione fino a due anni nei casi in cui la persona offesa ha un'età compresa tra i quattordici e i diciotto anni"».

12.102

D'ALIA

Respinto

Al comma 1, lettera a), all'articolo 600-octies richiamato, aggiungere, in fine, il seguente periodo: «Nel caso di impiego di minori sotto i tre anni, la pena è della reclusione da uno a cinque anni».

12.103

MARITATI, SERAFINI ANNA MARIA, DELLA MONICA, MAGISTRELLI, CAROFIGLIO, BIANCO, LATORRE, INCOSTANTE, CASSON, GALPERTI, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI, DE SENA, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, ADAMO

Respinto

Al comma 1, lettera b), capoverso «Art. 602-bis», al numero 1, dopo le parole: «del genitore», aggiungere, in fine, le seguenti: «, previa valutazione del Tribunale dei minorenni in ordine alla compatibilità di tale pena con il superiore interesse del minore».

12.104

D'ALIA

Approvato

Al comma 1, dopo la lettera c) aggiungere la seguente:

«d) all'articolo 609-decies, dopo le parole: "600-quinquies," sono aggiunte le seguenti: "600-octies,"».

EMENDAMENTI TENDENTI AD INSERIRE ARTICOLI AGGIUNTIVI DOPO L'ARTICOLO 12

12.0.100

SERAFINI ANNA MARIA, MARITATI, BIANCO, CAROFIGLIO, LATORRE, INCOSTANTE, DELLA MONICA, CASSON, GALPERTI, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI, DE SENA, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, ADAMO, D'ALIA (*)

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 12-bis.

(Tutela della salute del minore straniero)

1. Dopo l'articolo 35 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, è inserito il seguente:

"Art. 35-bis. - (Diritto del minore alla salute). - 1. Fermo quanto previsto dagli articoli 34 e 35, il minore straniero presente sul territorio nazionale ha diritto di usufruire delle prestazioni mediche pediatriche a prescindere dalla condizione di regolarità del soggiorno e dall'iscrizione al Servizio sanitario nazionale».

2. Agli oneri derivanti dall'attuazione del presente articolo, valutati in euro 12.500.000 per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010, si provvede mediante corrispondente riduzione, in maniera lineare, degli stanziamenti di parte corrente relativi alle autorizzazioni di spesa come determinate dalla tabella C della legge 24 dicembre 2007, n. 244, per l'anno 2008. Il Ministro dell'economia è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.».

________________

(*) Firma aggiunta in corso di seduta.

12.0.300

SERAFINI ANNA MARIA, MARITATI, SBARBATI, BIANCO, CAROFIGLIO, LATORRE, INCOSTANTE, DELLA MONICA, CASSON, GALPERTI, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI, DE SENA, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, ADAMO, BAIO, CERUTI, GHEDINI, GUSTAVINO, PORETTI, D'ALIA (*)

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 12-bis.

(Tutela della salute del minore straniero)

1. Dopo l'articolo 35 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, è inserito il seguente:

"Art. 35-bis. - (Diritto del minore alla salute) - 1. Fermo quanto previsto dagli articoli 34 e 35 , il minore straniero presente sul territorio nazionale ha diritto di usufruire, a parità con i minori italiani e in conformità con quanto disposto dalla Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176, delle prestazioni mediche pediatriche, urgenti e continuative, in ospedale e sul territorio, nei consultori, anche attraverso la continuità delle cure garantita dall'assistenza pediatrica di base, con l'iscrizione in deroga ai Pediatri di Famiglia e a prescindere dalla condizione di regolarità del soggiorno, dalla residenza anagrafica e dall'iscrizione al Servizio sanitario nazionale".

2. Agli oneri derivanti dall'attuazione del presente articolo, valutati in euro 12.500.000 per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010, si provvede mediante corrispondente riduzione in maniera lineare, degli stanziamenti di parte corrente relativi alle autorizzazioni di spesa come determinate dalla tabella C della legge 24 dicembre 2007, n. 244, per l'anno 2008. Il Ministro dell'economia è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio».

________________

(*) Firma aggiunta in corso di seduta.

12.0.101

PORETTI, PERDUCA, BONINO

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 12-bis.

È abrogato il comma 11-bis dell'articolo 61 del codice penale.»

 


 

 

 

 

 

Senato della Repubblica

XVI LEGISLATURA

 

Assemblea

 

 

 

 

RESOCONTO SOMMARIO

RESOCONTO STENOGRAFICO

ALLEGATI

 

 

ASSEMBLEA

 

124a seduta pubblica (pomeridiana)

 

 

mercoledì14 gennaio 2009

 

 

Presidenza del Presidente SCHIFANI

 

 

 


(omissis)

Seguito della discussione del disegno di legge:

(733) Disposizioni in materia di sicurezza pubblica (ore 17,17)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge n. 733.

Riprendiamo l'esame degli articoli, nel testo proposto dalle Commissioni riunite.

Ricordo che nella seduta antimeridiana si è conclusa la votazione degli emendamenti riferiti all'articolo 12 e sono stati accantonati l'articolo 7 e i relativi emendamenti, nonché gli emendamenti tendenti ad inserire articoli aggiuntivi dopo l'articolo 8.

Passiamo alla votazione dell'articolo 12, nel testo emendato.

 

Verifica del numero legale

 

PEGORER (PD). Chiediamo la verifica del numero legale.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale).

 

È la prima votazione, quindi la Presidenza sarà tollerante. Prego i colleghi di stare ciascuno al proprio posto. (Proteste dai banchi del PD). Stiamo facendo accuratissime verifiche.

Invito tutti i colleghi a prendere posto accanto alla loro scheda. Quelle non corrispondenti a senatori seduti verranno ritirate.

Senatore Cantoni, nel suo banco ci sono due tessere, ma vi è seduto soltanto lei. Può sfilare l'altra? (Il senatore Amoruso si siede vicino al senatore Cantoni).

Avevo pregato i colleghi di stare seduti al proprio posto. Ve lo chiedo per cortesia.

Il Senato è in numero legale.

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'articolo 12, nel testo emendato.

È approvato.

 

Gli emendamenti 12.0.100 (testo 2) e 12.0.300 (testo 2) sono accantonati, mentre l'emendamento 12.0.101 è precluso dall'approvazione dell'emendamento 1.700.

Passiamo all'esame dell'articolo 13, su cui sono stati presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.

PERDUCA (PD). Signor Presidente, con l'emendamento 13.100, proponiamo di sopprimere i commi 2 e 3 dell'articolo 13. Riteniamo infatti che la norma sia vaga e indeterminata, come invece non deve essere una norma penale. Prevedere un aumento di pena per i fatti commessi nelle immediate vicinanze di luoghi abitualmente frequentati da minori significa stabilire che vi sarà sempre un aumento di pena, dal momento che tutti i casi possono rientrare in questo tipo di descrizione, trattandosi di scuole o di case al cui interno non si sa chi vi abiti.

Non si capisce poi l'aggravante che viene introdotta dal comma 3 per il delitto di violenza sessuale se il fatto è commesso all'interno o nelle immediate vicinanze della scuola frequentata dalla persona offesa. (Applausi dal Gruppo PD).

LI GOTTI (IdV). Signor Presidente, illustrerò gli emendamenti 13.101 e 13.102.

Il testo che stiamo esaminando già prevede aggravanti per i reati sessuali. Con l'emendamento 13.101, proponiamo che l'aggravante introdotta per il reato di cui all'articolo 609-ter sia estesa anche al fatto commesso in condizioni di sfruttamento della comune abitazione da parte del soggetto e della vittima, quindi quando vi siano condizioni particolarmente insidiose per la commissione del reato.

Con l'emendamento 13.102, chiediamo di introdurre una nuova figura di reato che è molto diffusa, su cui purtroppo vi è una zona d'ombra nel nostro sistema. Mi riferisco al reato di adescamento di minorenni attraverso la utilizzazione della rete Internet o di altre reti o mezzi di comunicazione. Sono condotte che attualmente sfuggono ad una giusta repressione, pur essendo particolarmente diffuse. Si tratta di tutelare i minori esposti a questa particolare insidia che viene loro portata attraverso la rete Internet.

Pertanto, sollecito sia il Governo che l'Aula nel suo insieme ad esprimersi con un voto favorevole sui due emendamenti testè illustrati.

PRESIDENTE. Comunico che gli emendamenti 13.0.300 e 13.0.301 sono stati ritirati.

Invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti in esame.

Prego i colleghi di prestare maggiore attenzione ai lavori dell'Assemblea. Chi non è interessato è pregato di uscire dall'Aula.

BERSELLI, relatore. Signor Presidente, esprimo parere contrario sull'emendamento 13.100. Invito i presentatori al ritiro degli emendamenti 13.101 e 13.102, in considerazione del fatto che un provvedimento relativo alla violenza sessuale è già all'esame dell'altro ramo del Parlamento.

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, esprimo parere conforme a quello del relatore.

Colgo l'occasione per esprimere tutta la gratitudine del Governo nei confronti delle forze di polizia e dell'autorità giudiziaria per la cattura, avvenuta qualche ora fa, di Giuseppe Setola. (Vivi, generali applausi).

Esprimo gratitudine per l'impegno attualmente in atto nel territorio campano, in particolare nella provincia di Caserta, che rappresenta non un punto di arrivo, ma comunque una tappa importante.

PRESIDENTE. La Presidenza segnala all'Aula che un'ora fa ha avuto modo di chiamare personalmente il Comandante generale dell'Arma dei carabinieri, generale Siazzu, per manifestargli, a nome proprio e dell'intera Assemblea, il compiacimento per la prodigiosa estrategica operazione di cattura realizzata dall'Arma.

Metto ai voti l'emendamento 13.100, presentato dalla senatrice Poretti e da altri senatori.

Non è approvato.

Sull'emendamento 13.101 è stato avanzato un invito al ritiro. I presentatori accolgono tale invito?

 

GIAMBRONE (IdV). Signor Presidente, insistiamo per la votazione dell'emendamento 13.101 e ne chiediamo la votazione elettronica.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Giambrone, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 13.101, presentato dal senatore Li Gotti e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Per cortesia, colleghi, state al vostro posto, altrimenti faccio ritirare le schede.

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Anche sull'emendamento 13.102 è stato avanzato un invito al ritiro. I presentatori accolgono tale invito?

 

GIAMBRONE (IdV). Signor Presidente, insistiamo per la votazione dell'emendamento 13.102 e ne chiediamo la votazione elettronica.

 

PRESIDENTE. Passiamo dunque alla votazione dell'emendamento 13.102.

INCOSTANTE (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

INCOSTANTE (PD). Signor Presidente, annuncio il voto favorevole del Gruppo del Partito Democratico su questo emendamento.

Voglio ancora una volta sottolineare che si sta esaminando una norma che non si comprende perché il Governo non voglia introdurre in questo disegno di legge. Si fa riferimento all'adescamento di minorenni attraverso l'utilizzazione della rete Internet. Si continua a rispondere che un provvedimento in materia è all'esame dell'altro ramo del Parlamento, ma nel frattempo i minorenni navigano su Internet, trovano delle trappole, possono essere adescati. Poiché sono state inserite nel provvedimento tante norme di rilievo, non comprendo perché non si possa prevedere anche quest'ultima.

Pertanto, invito ancora una volta i colleghi a riflettere e a pesare quello che facciamo rispetto agli interessi dei ragazzi e delle loro famiglie.

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Giambrone, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 13.102, presentato dal senatore Li Gotti e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'articolo 13.

 

INCOSTANTE (PD). Come annunciato, chiediamo la votazione a scrutinio segreto.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione a scrutinio segreto, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione a scrutinio segreto

 

PRESIDENTE. Indìco, ai sensi dell'articolo 113, comma 4, del Regolamento, la votazione a scrutinio segreto, mediante procedimento elettronico, dell'articolo 13.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Ricordo che gli emendamenti 13.0.300 e 13.0.301 sono stati ritirati.

Passiamo all'esame dell'articolo 14, su cui è stato presentato un emendamento del Governo che si dà per illustrato e su cui invito il relatore a pronunziarsi.

BERSELLI, relatore. Esprimo parere favorevole.

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 14.650, presentato dal Governo.

È approvato.

 

Passiamo alla votazione dell'articolo 14, nel testo emendato.

MAZZATORTA (LNP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

MAZZATORTA (LNP). Signor Presidente, onorevoli colleghi, questo articolo è stato introdotto in sede di Commissioni riunite su una nostra proposta, dettata dall'esigenza per noi fondamentale di garantire l'assoluta inviolabilità del domicilio. La nostra abitazione deve essere sacra. È scritto anche nella Costituzione che il domicilio è inviolabile e pertanto la propria abitazione non può essere assoggettata a furti, aggressioni, rapine e ad ogni tipo di violazione di domicilio.

Per questo motivo siamo intervenuti su questo reato di violazione di domicilio introducendo un minimo edittale di sei mesi (prima non era previsto un minimo edittale) e introducendo l'arresto obbligatorio in flagranza per le ipotesi di furto con travisamento e con armi (anche se non usate), ipotesi di furto che sono tipiche nelle nostre abitazioni. Finalmente, abbiamo introdotto anche l'arresto facoltativo in flagranza per la violazione di domicilio.

Tutte queste norme rispondono, se volete, al principio del «sicuri a casa nostra» perché dobbiamo assolutamente tutelare l'incolumità fisica delle nostre abitazioni e di chi in quelle vive. (Applausi dal Gruppo LNP).

PRESIDENTE. Metto ai voti l'articolo 14, nel testo emendato.

È approvato.

 

Passiamo all'esame dell'articolo 15, su cui sono stati presentati emendamenti che si intendono illustrati e sui quali invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi.

BERSELLI, relatore. Esprimo parere contrario su entrambi gli emendamenti.

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Esprimo parere conforme a quello del relatore.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 15.100.

 

INCOSTANTE (PD). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 15.100, presentato dal senatore Casson e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 15.101.

 

INCOSTANTE (PD). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 15.101, presentato dal senatore Casson e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'articolo 15.

È approvato.

 

Passiamo all'esame dell'articolo 16.

Lo metto ai voti.

È approvato.

 

Passiamo all'esame dell'articolo 17, sul quale è stato presentato un emendamento, che invito i presentatori ad illustrare.

CASSON (PD). Signor Presidente, la norma introdotta col disegno di legge all'articolo 17 concerne il sequestro di persona e la sottrazione di persone incapaci.

L'emendamento 17.100 fa riferimento ai casi di ravvedimento nel senso che l'ultimo comma dell'articolo 605 del codice penale come modificato parla di pene diminuite per chi si adopera concretamente affinché il minore riacquisti la propria libertà oppure si adopera perché l'attività delittuosa non venga portata ad ulteriori conseguenze e nei casi di aiuto all'autorità di polizia o all'autorità giudiziaria; e nella parte finale si segnala che la pena viene diminuita anche per i casi in cui si eviti la commissione di ulteriori fatti di sequestro di minore.

Ci sembrerebbe idoneo introdurre un allargamento nel senso che, nei casi di ravvedimento e quindi di concreto aiuto da parte della persona alla polizia o alla magistratura per impedire sequestri di qualsiasi persona, che sia minore o non, credo sarebbe un risultato positivo e che anche da parte del Governo e della maggioranza non dovrebbe esserci nulla in contrario. Riguarda - lo ripeto - l'aiuto per evitare sequestri di persona, sia minorenne che maggiorenne.

 

PRESIDENTE. Invito il relatore ed il rappresentane del Governo a pronunziarsi sull'emendamento in esame.

BERSELLI, relatore. Esprimo parere contrario sull'emendamento 17.100.

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Esprimo parere conforme a quello del relatore.

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 17.100.

 

INCOSTANTE (PD). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 17.100, presentato dal senatore Casson e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'articolo 17.

 

INCOSTANTE (PD). Come annunciato, chiediamo la votazione a scrutinio segreto.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione a scrutinio segreto

 

PRESIDENTE. Indìco, ai sensi dell'articolo 113, comma 4 del Regolamento, la votazione a scrutinio segreto, mediante procedimento elettronico, dell'articolo 17.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 18, su cui sono stati presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.

*BONFRISCO (PdL). Signor Presidente, cercherò di rubare poco tempo all'Assemblea, ma ho la necessità di illustrare con un po' di precisione questo emendamento che si propone, introducendo una norma attuativa alla legge 18 aprile 1975, n. 110, che unitamente al testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, disciplina il controllo delle armi e delle munizioni, di regolamentare in modo chiaro e trasparente la vendita e l'uso dei dispositivi di autodifesa di oleoresin capsicum nei cui riguardi il Ministero dell'interno si è già espresso, definendolo infatti privo di «attitudine a recare offesa alla persona».

I problemi relativi alla legittimità di tali strumenti sono, infatti, determinati dalla complessità della legge n. 110 del 1975 e dalla confusione generata dalle sue successive modifiche e integrazioni, succedutesi nel tempo, nonché dalle decine di circolari interpretative emanate dal Ministero dell'interno.

In realtà, il Ministero dell'interno ha già autorizzato la libera commercializzazione di due prodotti contenenti il principio in questione, in quanto non classificabili armi comuni, ai sensi dell'articolo 2 della legge n. 110 del 1975, e tale autorizzazione è stata rilasciata con una circolare del 9 gennaio 1998 e con la comunicazione del 25 giugno 1998, del Dipartimento della pubblica sicurezza-direzione centrale degli affari generali-divisione armi ed esplosivi, condividendo il parere positivo espresso dalla commissione consultiva centrale per il controllo delle armi, istituita ai sensi dell'articolo 6 della legge n. 110 del 1975. Va messo in evidenza che tale commissione è l'unico soggetto qualificato per esprimere una valutazione sulle caratteristiche delle armi e sulla loro attitudine a recare offesa alla persona.

La confusione riguardo la legittimità della vendita e del porto degli spray per autodifesa nasce negli anni Novanta, quando in Italia, ma soprattutto in Europa, vengono immesse sul mercato due tipologie di prodotti: gli spray contenenti aggressivi chimici, comunemente conosciuti come "CS", con effetti lacrimogeni, utilizzati dalle forze di polizia; gli spray contenenti una sostanza organica composta da un olio estratto dal peperoncino (oleoresin capsicum) comunemente conosciuti come "OC". In realtà, lo spray contenente "CS", cioè quello molto diffuso in Europa, poiché contenente un aggressivo chimico è sempre stato considerato assolutamente illegale in Italia in quanto rientrante tra le armi da guerra di cui all'articolo 1 della legge n. 110 del 1975. Questa sostanza rientra, infatti, nell'elenco dei materiali d'armamento del decreto del Ministero della difesa del 13 giugno 2003, in quanto destinata al caricamento di armi chimiche. Tuttavia, tale prodotto viene liberamente venduto negli altri paesi dell'Unione europea, persino nelle tabaccherie, e sarebbe comunque, a prescindere dalla normativa italiana, di facile reperibilità per i soggetti malintenzionati.

Purtroppo, molti organi di polizia, confondendo i due prodotti, hanno avviato procedimenti anche nei confronti di soggetti che commercializzano e portano il prodotto contenente il principio dell'oleoresin capsicum che, invece, essendo un prodotto organico, non è classificabile come aggressivo chimico e come tale è stato valutato positivamente dalla commissione consultiva centrale per il controllo delle armi. Inoltre, la giurisprudenza amministrativa e penale ha sancito la differenza tra le due sostanze, emettendo sentenze di assoluzione nel caso specifico dell'oleoresin capsicum. È comunque evidente che per l'ordinamento penale italiano un uso dello spray finalizzato a commettere reati comporterebbe la sua considerazione come arma impropria, con tutte le conseguenze già previste dalla legge, come per qualsiasi altro oggetto che venisse utilizzato come strumento di aggressione.

L'intervento normativo si rende quindi necessario affinché sia emanato dal Ministero dell'interno uno specifico regolamento, ispirato a criteri di trasparenza, per l'immissione sul mercato di dispositivi di autodifesa che nebulizzano il principio attivo naturale a base di oleoresin capsicum e che non abbiano l'attitudine a recare offesa alla persona, sulla base di quanto già valutato come idoneo dal Ministero stesso.

L'emendamento da noi presentato e che valutiamo in quest'Aula introduce una norma di attuazione che integra quanto previsto dall'articolo 2 della legge 18 aprile 1975, n. 110, così come prima sostituito dall'articolo 1 della legge n. 36 del 21 febbraio 1990.

E fin qui la parte tecnica, signor Presidente. Ma non sfugge a nessuno che la preoccupante crescita di fenomeni di violenza, in special modo contro le donne, e l'agghiacciante lista di morti annunciate o di violenze che esplodono imprevedibili pongono alla nostra attenzione cosa fare, tra le tante cose da fare, nell'ambito di una migliore organizzazione della sicurezza del nostro Paese, anche da parte nostra.

Sappiamo bene che, nonostante gli sforzi di questo Governo e le risorse messe in campo, non ci può essere un poliziotto in ogni angolo di strada. Ha fatto bene a ricordarlo il senatore Bianco, quando, qualche giorno fa, in una dichiarazione, a proposito dell'esame di questo provvedimento, ha ricordato e sostenuto con forza la necessità di un migliore utilizzo e di un'organizzazione più efficiente delle forze di polizia sul territorio. Infatti, sono sempre troppi, anche a nostro avviso, i rappresentanti delle forze di polizia costretti a stare negli uffici a espletare attività burocratiche, che non possono dedicare il loro tempo sulle strade a favore dei cittadini italiani.

Penso però che in questo momento sia chiaro a tutti noi, anche da questo punto di vista, che dobbiamo poter fare le nostra parte, puntando ad una migliore normativa. E ringrazio il Governo per aver voluto ascoltare le ragioni che tante donne e associazioni femminili hanno posto alla nostra attenzione, sostenendo con forza l'emendamento che sto illustrando, che è il semplice atto rappresentativo della volontà di provare anche noi a difenderci, in situazioni di particolare crisi o tensione, avendo il tempo di riuscire a scappare, chiamare la polizia (che non può essere ovunque) e denunciare chi ci vuole aggredire.

Attraverso un migliore utilizzo di questo spray di difesa personale, però, ciascuno di noi - in modo particolare, le donne italiane - potrà girare per le strade sapendo di essere al sicuro da un'emergenza, in quanto avrà il tempo di attirare l'attenzione e riuscire a denunciare l'aggressore.

Certo, ciò si unisce a tutti gli altri sforzi che questo Parlamento e questo Governo stanno compiendo (come la citata legge sullo stalking o gli altri emendamenti che abbiamo esaminato stamattina a proposito di sicurezza per le donne), che devono portare le cittadine italiane ad avere la certezza di non essere sempre considerate così deboli da non potersi mai difendere.

Questo, signor Presidente, è un emendamento che - ne sono certa - con l'accoglimento da parte di questo Governo aiuterà le donne a vivere più serenamente la loro vita quotidiana. (Applausi dal Gruppo PdL).

SALTAMARTINI (PdL). Signor Presidente, vorrei brevissimamente illustrare il mio emendamento 18.0.301, che segue la ratio di quello presentato dalla senatrice Bonfrisco. Il problema è essenzialmente il seguente: nel nostro Paese sono consentiti il porto e la vendita di bombolette spray per autodifesa e vi è un conflitto giurisprudenziale nell'applicazione delle normative che riguardano il settore. Vi sono sentenze che considerano questi strumenti ad emissione di gas come armi da guerra, con un conseguente pesante trattamento sanzionatorio; ve ne sono altre che li ritengono armi comuni da sparo ed ulteriori ancora che ne consentono il porto in modo lecito. La disciplina della materia risale al 1975, con la legge n. 110, e la dottrina migliore e una parte della giurisprudenza ne hanno invocato una rideterminazione sul piano della tassatività della norma penale.

L'emendamento in discussione, quindi, si prefigge stabilire una volta per tutte la natura giuridica di queste bombolette, rimandando ad una fonte secondaria - un regolamento del Governo - l'individuazione del loro contenuto lecito. Credo quindi che questo intervento emendativo tenda essenzialmente a garantire un principio fondamentale, la certezza dei rapporti giuridici e, in particolare, la tassatività delle norme penali incriminatrici, evidentemente oggetto di una tutela sottolineata da parte della Costituzione della Repubblica. È quindi un fine politico che il Popolo della Libertà persegue anche attraverso tale intervento normativo. (Applausi dal Gruppo PdL).

 

PRESIDENTE. Invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti in esame. Comunico che gli emendamenti 18.800 e 18.801 sono stati ritirati.

BERSELLI, relatore. Esprimo parere favorevole sull'emendamento 18.650 e sull'emendamento 18.0.300, a firma della senatrice Bonfrisco, con conseguente invito al ritiro sull'emendamento 18.0.301, a firma del senatore Saltamartini, recante sostanzialmente il medesimo oggetto.

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, esprimo parere conforme a quello del relatore, ma con la richiesta alla senatrice Bonfrisco di espungere dall'emendamento 18.0.300, la frase iniziale: «Al fine di pervenire alla armonizzazione della normativa nazionale con quella vigente negli altri paesi comunitari». Pertanto, l'emendamento, che il Governo accoglie, inizierebbe direttamente con le parole «Il Ministro dell'interno definisce con regolamento...».

 

PRESIDENTE. Senatrice Bonfrisco, accetta la proposta del Governo?

BONFRISCO (PdL). Accetto la riformulazione che propone il Governo e, con il suo consenso, signor Presidente, ringrazio il ministro Maroni e il sottosegretario Mantovano per l'attenzione posta nei confronti di questo emendamento.

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 18.650, presentato dal Governo, interamente sostitutivo dell'articolo 18.

È approvato.

 

Metto ai voti l'emendamento 18.0.300 (testo 2), presentato dalla senatrice Bonfrisco e da altri senatori.

È approvato.

Sull'emendamento 18.0.301 è stato formulato un invito al ritiro. Senatore Saltamartini, accetta tale invito?

 

SALTAMARTINI (PdL). Sì, signor Presidente.

 

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 19, su cui sono stati presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.

D'ALIA (UDC-SVP-Aut). Signor Presidente, credo che siamo arrivati al primo punto controverso del provvedimento, perché l'articolo 19 introduce il reato di immigrazione clandestina. Devo dire che la formulazione del testo non è migliorata rispetto alla stesura originaria dell'articolo 9: la nuova formulazione dell'ipotesi di ingresso e soggiorno illegale è - se mi si passa il termine - giuridicamente e politicamente più ipocrita, ma sotto il profilo politico e dell'impatto è parimenti grave. Infatti, signor Presidente, abbiamo già sollevato in Commissione diverse volte il tema dell'incostituzionalità di questa norma e soprattutto della sua inutilità.

Mi rendo conto che ci sia l'esigenza di fare norme manifesto, ma quando trattiamo un tema così delicato e complesso come quello dell'immigrazione dobbiamo anche avere l'accortezza, nel momento in cui interveniamo profondamente sotto il profilo delle norme penali e sanzionatorie, di capire quale impatto queste abbiano e se siano oggettivamente utili e funzionali a contrastare il problema.

Nel caso che ci riguarda, ci troviamo di fronte all'ipotesi di una sanzione dell'ammenda da 5.000 a 10.000 euro e all'introduzione come ipotesi di reato della fattispecie dell'ingresso e del soggiorno illegale nel territorio dello Stato. È stato già ricordato, quindi per brevità mi attengo solo ad alcuni aspetti della proposta di eliminare questa norma dal testo, che tale disposizione viola il principio di eguaglianza e soprattutto che nella migliore delle ipotesi è inutile e nella peggiore molto pericolosa, anche per come tecnicamente è stata scritta. La norma, infatti, è costruita come un'ipotesi di reato istantaneo con effetti permanenti che si realizza nel momento dell'ingresso nel territorio dello Stato e con la formulazione «ipocrita» che è stata licenziata dalla Commissione - non me ne vogliano i colleghi - con l'aggiunta del soggiorno e quindi del mantenimento della presenza fisica dell'extracomunitario all'interno del territorio dello Stato.

È noto a tutti il principio di irretroattività della norma penale, per cui la prima questione è come si possa accertare se l'ipotesi dell'ingresso o della permanenza illegale nel territorio dello Stato sia cronologicamente anteriore o successiva all'entrata in vigore della nuova norma incriminatoria. Vorrei ricordare che già l'allora minoranza di centrodestra polemizzò sulle regolarizzazioni che i Governi di centrosinistra avevano permesso con il famoso scontrino e giustamente anche noi abbiamo sostenuto questa posizione e non la smentisco oggi per ragioni di coerenza. Ma, proprio invocando quel principio in forza del quale non vi è la possibilità di un accertamento reale della condizione per la quale scatta la sanzione penale, non si può scaricare sul giudice di pace quest'altro aspetto particolare della disposizione, cioè la responsabilità di accertare se l'ingresso e la permanenza nel territorio dello Stato sia antecedente o meno all'entrata in vigore della norma.

Poiché questa norma, correttamente, non si applica alla condizione diversa, cioè al respingimento alla frontiera, perché in tal caso non sussiste la condizione prevista, non essendoci appunto l'ingresso, è chiaro ed evidente che questa fattispecie è circoscritta all'ipotesi in cui il soggetto o lo si sorprende in flagranza mentre entra nel territorio dello Stato (quindi, per intenderci, non ci si riferisce agli sbarchi per i quali l'altra ipotesi formulata dal Governo, che però non è nelle condizioni di applicarla, è quella del respingimento) oppure se lo si scopre una volta che è entrato senza avere alcun titolo valido e, in quest'ultimo caso, bisogna accertare, ai fini della normativa da applicare, se l'ingresso nel territorio dello Stato sia antecedente o successivo all'entrata in vigore della norma.

Tutto questo dovrebbe farlo il giudice di pace, mentre nel frattempo il questore può comunque eseguire il provvedimento di espulsione, perché il comma 4 della nuova versione dell'articolo 19 prevede che ai fini dell'esecuzione dell'espulsione dello straniero, denunciato ai sensi del comma 1, non è richiesto il nulla osta dell'autorità giudiziaria di cui al comma 3 dell'articolo 13 del testo unico della legge sull'immigrazione e quindi a prescindere dalla valutazione dell'autorità giudiziaria competente chiamata a verificare l'esistenza del reato di ingresso e soggiorno clandestino: la semplice denuncia determina quindi il presupposto giuridico in forza del quale si procede all'espulsione del clandestino.

Tradotto in termini molto semplici questo significa che la norma è ipocrita e più pericolosa di quella precedente, perché consente l'espulsione anche di soggetti la cui condizione di irregolarità è controversa in ragione del fatto che la valutazione in ordine alla regolarità o meno del titolo di soggiorno, in questa fase, non viene all'apprezzamento del giudice. Per cui vi possono essere numerosi casi di permessi di soggiorno scaduti o in fase di rinnovo soggetti a contenzioso, in quanto è noto il principio in forza del quale il cittadino extracomunitario che chiede il rinnovo del permesso di soggiorno, nel periodo di tempo che intercorre tra l'istanza e l'autorizzazione si trova comunque legittimamente nel territorio dello Stato.

Non credo però che questa materia sia conosciuta in modo approfondito dal giudice di pace, con la conseguenza che si procede ad una sorta di giustizia "tanto al chilo" e ad una forma di esecuzione in violazione della Costituzione e di quelle pronunce che nelle passate legislature ci hanno portato a dover prevedere altre forme di controllo giurisdizionale anche sui provvedimenti di espulsione, senza ottenere alcun risultato se non quello di aumentare il livello del contenzioso intasando gli uffici giudiziari, di rendere ancora più difficile il compito delle forze dell'ordine rispetto a questo tema e di utilizzare la condizione di irregolarità per un fine diverso, che non è quello di una sanzione penale. Il giudice, nel momento in cui viene eseguito il provvedimento di espulsione, emette una sentenza di non luogo a procedere e quindi, a prescindere dalla valutazione sulla regolarità o meno, intanto si espelle il soggetto, se è clandestino o meno poco importa.

Credo che tutto ciò sia in violazione assoluta dei principi e delle norme costituzionali di uguaglianza, ma sia soprattutto inutile perché aggrava il procedimento, introduce una norma ipocrita ed odiosa che non serve a contrastare l'immigrazione clandestina ma solo a mettere l'ennesima bandierina populista e demagogica su un tema che invece è epocale, drammatico e necessita di interventi diversi. La norma, pertanto, non ci può trovare consenzienti, perché credo che questo non sia un modo serio, decoroso e dignitoso di affrontare il tema dell'immigrazione.

Per queste ragioni chiediamo che la norma in questione venga strappata, in quanto non può essere applicata e se lo sarà verrà fatto in maniera del tutto errata. Quindi, onde evitare che la Corte costituzionale la dichiari illegittima per difetto di costituzionalità, sarebbe cosa buona e giusta toglierla dal testo del provvedimento. (Applausi dal Gruppo UDC-SVP-Aut e dei senatori Pardi e Poretti).

LI GOTTI (IdV). Signor Presidente, desidero porre innanzi tutto un problema di natura regolamentare. L'articolo 19, come proposto a quest'Aula e licenziato dalla Commissione, contiene un riferimento a norme che non esistono nel nostro ordinamento. Infatti il comma 3 del suddetto articolo fa riferimento alla procedura che si applica ai processi penali; si richiamano gli articoli 20-bis, 20-ter e 32-bis del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274. Sennonché questi articoli non esistono.

La Commissione quindi ha approvato una norma facendo riferimento ad articoli che non esistono. Il Governo, che se ne è accorto dopo che sui giornali l'ex procuratore aggiunto di Torino, Bruno Tinti, aveva ironizzato su questo infortunio, ha presentato un emendamento volto ad introdurre l'articolo 19-bis, con cui per la prima volta si propone di inserire gli articoli 20-bis, 20-ter e 32-bis.

Signor Presidente, ma se noi non abbiamo ancora introdotto nel nostro ordinamento gli articoli 20-bis, 20-ter e 32-bis perché contenuti nell'articolo aggiuntivo 19-bis, introdotto dall'emendamento 19.0.800 (testo 2) non ancora votato, come facciamo a votare prima l'articolo 19 che fa quindi riferimento ad articoli inesistenti? Qualora poi il 19-bis non fosse approvato da quest'Aula, noi ci troveremmo davanti ad una legge che farebbe ridere l'Italia, oltre che il mondo intero, perché in un'ampia discussione abbiamo citato norme inesistenti.

Questo primo mio richiamo è proprio al Regolamento. Mi dica lei, signor Presidente, se devo proseguire o se l'articolo 19 viene accantonato al fine di esaminare prima l'emendamento 19.0.800 (testo 2) che introduce l'articolo 19-bis.

 

PRESIDENTE. Senatore Li Gotti, lei può comunque illustrare nel merito l'emendamento da lei presentato. Verificheremo in seguito l'aspetto procedurale che lei ha opportunamente sollevato.

 

LI GOTTI (IdV). Signor Presidente, sappiamo che il disegno di legge originario prevedeva il reato d'ingresso illegale nel territorio dello Stato, sanzionandolo con la reclusione da sei mesi a quattro anni. La scelta dura di sanzionare in maniera così pesante l'ingresso illegale è stata poi modificata dopo diversi giorni di discussione in Commissione, quando nella seduta notturna del 5 novembre, in cui si è concluso l'esame del disegno di legge in sede referente, un emendamento del Governo ha trasformato la condotta di ingresso illegale da delitto in reato contravvenzionale. Non solo, veniva anche modificata la sanzione, prevedendosi non più la reclusione da sei mesi a quattro anni bensì un'ammenda da 5.000 a 10.000 euro. Inoltre, veniva ampliata la tipologia dei fatti, sanzionando non più solo l'ingresso illegale ma anche il soggiorno illegale.

Nella Relazione tecnica del Governo si esaminano anche i costi che la norma produce. Il Governo, però, ovviamente ha presentato la relazione tecnica sull'ipotesi di ingresso illegale presumendo, nello sviluppo del conto dei costi, che gli ingressi illegali fossero annualmente 49.050, dato statistico peraltro approssimativo. Il Governo sostiene che il processo per 49.050 ingressi illegali costa 650 euro per il gratuito patrocinio, pervenendo così a più di 31 milioni di euro.

Ora, però, l'ipotesi di reato non è più soltanto relativa all'ingresso illegale ma fa riferimento anche al soggiorno illegale nel Paese. Secondo il Servizio studi del Senato, in Italia gli irregolari ai quali si applicherebbe questa norma, che verserebbero cioè in una condizione di reità, alla data del luglio 2007 sono 760.000.

Ciò significa che la platea dei processandi non è più di 49.000 persone con un costo di 31 milioni di euro, bensì di 600.000 o 700.000 persone tra quelle che entrano e quelle che soggiornano illegalmente, con un costo di 650 euro per il gratuito patrocinio che - secondo i parametri indicati dal Governo - va moltiplicato non più per 49.000 processi ma per 700.000 processi. Sapete cosa significa fare 700.000 processi pagando un costo stimato dal Governo in 650 euro a processo? Significa che ci stiamo accollando un costo di 400 milioni di euro per fare dei processi totalmente inutili. Applicandosi la normativa e quindi le disposizioni e le sanzioni che può adottare il giudice di pace, poiché la sanzione dell'ammenda da 5.000 a 10.000 euro è francamente impensabile (è soltanto risibile pensare che colui che faccia ingresso illegalmente in Italia paghi l'ammenda di 10.000 euro per farsi espellere), allora questa sanzione chiaramente non potrà essere applicata.

Cosa potrà fare a quel punto il giudice di pace? La legge stabilisce che qualora l'ammenda non possa essere applicata o comunque non venga pagata, il giudice di pace deve convertire questa pena. In cosa può convertirla? In lavoro socialmente utile. L'irregolare però non può svolgere un lavoro socialmente utile perché non ha neanche una posizione assicurativa previdenziale. Allora cosa prevede la legge? Che qualora non si paghi l'ammenda e non si possa fare la conversione nel lavoro socialmente utile, il giudice di pace potrà fare soltanto una cosa: potrà ordinare - articolo 53 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 - la pena della permanenza domiciliare, ossia l'obbligo di rimanere presso la propria abitazione nei giorni di sabato e domenica. Ma voi riuscite ad immaginare l'irregolare che viene condannato a rimanere nella propria abitazione nei giorni di sabato e domenica! Stiamo facendo tutto questo, spendendo 400 milioni, per fare questo ridicolo intervento? Colui che sbarca senza dimora lo processiamo e lo condanniamo a rimanere in una dimora, che non ha, nei giorni di sabato e domenica, perché gli altri giorni è libero! Questo può fare il giudice di pace.

A cosa serve? Non esiste più l'espulsione amministrativa? Non si applica agli irregolari che soggiornano nel nostro Paese l'espulsione amministrativa? Non è stato detto anche recentemente dal ministro Maroni che coloro che stavano sbarcando a Lampedusa sarebbero stati subito rimpatriati? Allora si può fare? Per quale motivo dobbiamo fare questo ridicolo processo, con questi enormi costi, per arrivare al risultato dell'espulsione che posso già oggi applicare attraverso la norma che già esiste.

Ecco perché riteniamo che se aveva un senso fare una battaglia che prevedeva un delitto punibile con una pena da sei mesi a quattro anni, avrebbe avuto un senso; noi eravamo contro, ma almeno proponevate qualcosa. Questa disposizione è una presa in giro per tutti. Ragionate su quello che proponete? Ragionate su quanto costerà alle tasche degli italiani e a cosa servirà? Vi rendete conto del ridicolo a cui costringete con questo intervento? Vi sembra una misura per contrastare l'ingresso illegale?

Ecco perché insistiamo e sollecitiamo, signor Presidente, attraverso i suoi poteri, anche la Commissione bilancio a non fidarsi dei numeri collegati alla Relazione tecnica, perché i numeri, essendo cambiato il reato, sono diversi. La Commissione deve verificare l'impatto della norma, non solo sugli ingressi illegali ma anche sulle permanenze illegali; deve verificare l'impatto della norma sulla platea dei processandi, una platea che così passa da 49.000 a 700.000. Quella è la valutazione che deve fare la Commissione bilancio, non quella che è stata fatta sulla base dei conteggi come se la norma fosse quella originariamente prevista.

Ecco perché concludiamo sostenendo l'emendamento 19.101, che mira alla soppressione di questo articolo. (Applausi dal Gruppo IdV e del senatore D'Alia).

D'AMBROSIO (PD). Signor Presidente, devo dire che coloro che mi hanno preceduto nell'illustrare gli emendamenti soppressivi dell'articolo 19 hanno esaurito quasi tutti gli argomenti.

In sede di Commissione, quando fu proposto l'originario testo di questo reato, che allora veniva punito con una pena che andava da sei mesi a quattro anni, illustrai cosa sarebbe successo, soprattutto alla magistratura, con un delitto così grave per cui era previsto il giudizio direttissimo. Si sarebbero dovuti processare circa 50.000 ingressi abusivi, per cui la magistratura sarebbe stata bloccata con i processi per direttissima esclusivamente su questo reato.

Il Ministro della giustizia mi seguì con grande attenzione, anche perché oltre a tutti questi processi e alla paralisi della magistratura, che invece si deve occupare di altre sicurezze per i cittadini, quali la criminalità diffusa e la criminalità organizzata, c'era dell'altro. Per la verità mi ero anche compiaciuto sotto questo profilo quando poi si è cominciato a parlare di eliminare questo reato. Non so se mi devo compiacere con le osservazioni che furono fatte in sede di Commissione in quella occasione, perché non c'erano solo i processi da compiere, ma ci sarebbero state anche le carceri da costruire - visto che si sarebbero dovute detenere 50.000 persone in più rispetto alle quasi 58.000 già detenute - a meno che non si fosse scelta la via di costruire dei campi di concentramento.

Illustrai la mia posizione, anche facendo tesoro delle mie precedenti esperienze e di quello che era stato detto dal Capo dell'ufficio immigrazione americano, secondo il quale non era questo il modo di combattere l'immigrazione clandestina. Al contrario, si devono presidiare i punti da cui i migranti partono. Ne abbiamo avuto un esempio all'epoca dell'esodo dall'Albania: non c'era verso di fermare quei flussi così imponenti; per la verità, non c'è mai verso quando è il bisogno che spinge ad emigrare. L'unico modo per fermarli, quando si trattò dell'Albania, fu di costituire dei nostri presidi nei porti di partenza, stabilendo delle convenzioni internazionali, avvertendo che avremmo mandato i nostri uomini e le nostre navi per impedire la partenza dei migranti.

Così si sarebbe dovuto fare anche in questo caso: gli sbarchi clandestini che ci sono stati a Lampedusa negli ultimi tempi dimostrano che se non si ferma il flusso dal punto di partenza - abbiamo riconosciuto alla Libia il risarcimento per i danni dell'età coloniale e abbiamo promesso di costruire un'autostrada, ma non siamo stati in condizione di chiedere di poter presidiare i punti di partenza o di farli presidiare adeguatamente - il fenomeno non si interrompe.

E allora va detto che ha ragione il senatore Li Gotti a proposito delle spese. Non so se si celebrerà un numero così elevato di processi, però se anche si processassero solamente coloro che vengono in Italia durante l'anno e che sono (secondo quanto si legge nella relazione) circa 55.000, ai costi previsti nella relazione bisognerà aggiungere anche quelli per i giudici di pace. Trattandosi infatti di una contravvenzione di competenza del giudice di pace, che è retribuito a sentenza, si dovrà corrispondere un compenso ai giudici di pace per 55.000 sentenze. Infatti, anche nel caso che il clandestino dovesse essere espulso, il giudice di pace comunque dovrà pronunciare sentenza di non doversi procedere e quindi a lui spetterà il dovuto compenso. Analogamente, dovranno essere retribuiti i pubblici ministeri, che rappresentano l'accusa.

Che cosa facciamo, paghiamo questi giudici con i soldi della condanna? Non è possibile, a meno che non vogliamo prevedere che quando l'immigrato arriva in Italia gli si debba chiedere per prima cosa se ha la carta di credito per pagare l'eventuale contravvenzione a cui verrà condannato. Ci troviamo quindi di fronte a uno di quei reati assolutamente inutili sotto ogni profilo. A cosa serve fare questi processi, quando poi, come ha spiegato il collega Li Gotti, non saranno mai eseguite le relative sentenze? È chiaro, infatti, che queste persone non avranno i soldi, né le sanzioni potranno essere pagate in maniera diversa con lo svolgimento di un lavoro.

Allora, perché stabilire un reato quando ciò non accade neanche negli Stati Uniti d'America, che è la Nazione che ha fatto maggiori esperienze sull'immigrazione clandestina? Ricordo che quando uno dei miei colleghi chiese al Capo dell'Ufficio immigrazione se le persone entrate clandestinamente venissero messe in galera (e noi facciamo proprio questo, perché è prevista la reclusione da uno a quattro anni e, in caso di recidiva, addirittura fino a cinque anni), egli rispose che non sono pazzi, perché tenere le persone in galera costa molto. E mantenere un detenuto in carcere costa non 30 euro al giorno, come è scritto nella Relazione tecnica, bensì 3.500 euro al mese. Allora, sarebbe più giusto scegliere di usare le somme che sono state stanziate per bloccare l'immigrazione clandestina, per stabilire convenzioni internazionali con i Paesi da cui queste persone migrano e per aiutarle a rimanere nei luoghi da cui provengono.

Questo è un ragionamento sotto il profilo generale. Va anche detto, signor Presidente, che stiamo sostenendo (questa volta concordemente) la necessità di ridurre i tempi dei processi; ma per raggiungere questo obiettivo (e anche su questo ci siamo espressi tutti in modo concorde) occorre ridurre il numero dei reati. Per la verità, non mi pare che con il testo al nostro esame si riduca il numero dei reati, né mi sembra che si alleggerisca il compito della polizia. Infatti, gli immigrati clandestini tenuti nei centri di accoglienza dovranno essere portati in giudizio, per essere processati. Chi ce li accompagna? Oppure si può lasciarli andare, imponendogli di presentarsi al giudice e poi di rientrare nel centro di accoglienza; ma come ci comportiamo, se non lo fanno? Li espelliamo?

Allora, visto che anche il giudice può ordinare l'espulsione, in alternativa al patteggiamento, perché non mantenere solo la misura amministrativa dell'espulsione e risparmiare i soldi per organizzare molto meglio la lotta alla immigrazione clandestina?

Abbiamo già previsto la pena di tre anni di reclusione per la zingarella che va in giro con un bambino in braccio: stamattina abbiamo approvato appunto una norma di questo tipo. Prevedere tre anni di reclusione significa consentire l'arresto in flagranza e quindi impegnare la magistratura nella convalida dell'arresto.

Ebbene, ci si deve rendere conto che più si appesantisce la magistratura con questi reati, meno sarà efficiente la giustizia. Noi siamo meno efficienti degli altri perché abbiamo un numero di reati spropositato e un numero di reati di qualità veramente difficile da perseguire, quali quelli compiuti dalla criminalità organizzata.

Ora, se si vogliono esaminare seriamente tutti i problemi non bisogna stabilire dei reati inutili, assolutamente inutili, che distolgono sia le forze di polizia che la magistratura dai veri compiti ai quali adempiere per assicurare sicurezza ai cittadini. (Applausi dal Gruppo PD e del senatore Pardi).

PORETTI (PD). Signor Presidente, colleghi senatori, tanto è stato detto sull'articolo 19 e sulla necessità e utilità di abrogarlo completamente. È bene ricordare che si è partiti dall'articolo 9 di un disegno di legge del Governo in cui si prevedeva addirittura la reclusione da sei mesi a quattro anni. Poi, a seguito di un iniziale dibattito svoltosi al riguardo e al richiamo rivoltoci dall'Unione europea, si è giunti a trasformare questo reato penale, punito con una reclusione in carcere, in una sanzione pecuniaria di importo variabile dai 5.000 ai 10.000 euro. Questa è la sanzione comminata ad una persona che si trovi ad entrare o a soggiornare in maniera illegale sul territorio nazionale. L'inutilità, anzi, peggio, la dannosità, di una norma del genere è altrettanto evidente, come è già stato sottolineato negli interventi dei colleghi che mi hanno preceduto.

L'inutilità è data dalla difficoltà di riscuotere una cifra di questo rilievo di un immigrato che si trova a soggiornare clandestinamente sul nostro territorio; la dannosità sta nella creazione di un ingolfamento, come già indicato più volte, rispetto al lavoro dei nostri uffici giudiziari. Questo carico di lavoro inutile non garantirebbe affatto una maggiore tutela della sicurezza dei cittadini, motivo cardine della predisposizione di questo disegno di legge, ma rappresenterebbe soltanto una mole di lavoro in più per le procure e i giudici, con ciò distogliendo energie importanti rispetto ad un lavoro che invece dovrebbe essere svolto proprio a tutela della sicurezza dei cittadini.

È una norma ideologica, di difficile applicazione. Questo è il dato di fatto, anche se in quest'Aula si va avanti con un gioco delle parti al quale si è assistito sin dall'inizio della legislatura. Del resto, questo è il secondo disegno di legge che viene esaminato dal Parlamento, considerato che finora si sono stati esaminati in prevalenza decreti-legge. Il gioco delle parti era dunque già scritto. Mi auguro soltanto che esaminando un disegno di legge questo gioco delle parti si possa in qualche modo attenuare e al Parlamento venga restituito quel minimo di dignità di cui avrebbe bisogno, di modo che sia possibile valutare gli emendamenti proposti dai senatori dell'opposizione non soltanto come un intralcio, ma come una possibilità concreta di miglioramento del testo.

È in questo senso che intervengo nel preannunciare l'emendamento 34.0.100 che esamineremo a breve, relativamente alla possibilità di introdurre nel nostro codice penale il reato di tortura. Mi rendo conto che il fatto di introdurre un nuovo reato, considerato che siamo proprio noi i primi a volere un diritto penale minimo, potrebbe sembrare quasi un paradosso, ma in realtà è proprio il volere un diritto penale minimo che ci dovrebbe tutelare dall'evitare una sovrabbondanza di reati e di figure di reati inutili concentrandosi piuttosto su quelli utili.

Poco fa abbiamo dato in dono al senatore Andreotti, in occasione del festeggiamento dei suoi 90 anni, e a tutti i senatori la possibilità e l'opportunità di sottoscrivere questo emendamento che introduce il reato di tortura. Mi auguro che, oltre ad ascoltarmi, il sottosegretario Mantovano faccia anche tesoro di questo emendamento che gli porgiamo in dono con spirito di generosità politica. Questo è un disegno di legge che non condividiamo ma potrebbe essere, quantomeno, l'occasione per introdurre un reato che l'Italia aspetta da oltre vent'anni, cioè da quando abbiamo sottoscritto la Convenzione internazionale contro la tortura.

L'emendamento 34.0.100 per il momento ha già una trentina di sottoscrittori e questa mattina lo abbiamo anche illustrato nel corso di una conferenza stampa con associazioni che si occupano di diritti umani, come «Nessuno tocchi Caino» e «Antigone». Anche Amnesty International, del resto, si è più volte appellata direttamente al Presidente del Consiglio, quello stesso presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, che nel 1994 si appellò perché in Italia fosse introdotto il reato di tortura. Allora, perché non cogliere l'occasione di questo disegno di legge e di questo emendamento, che con generosità vi abbiamo proposto e sul quale chiediamo al Governo di esprimere un parere positivo o, quantomeno, di rimettersi all'Aula nel rispetto di un Parlamento che potrebbe colmare quel vuoto legislativo come la Convenzione dell'ONU ci chiedeva?

Noi abbiamo fedelmente trascritto l'articolo 1 della Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura del 1984, ratificata oltre vent'anni fa dell'Italia, in cui si definisce tortura ogni atto mediante il quale siano inflitti intenzionalmente ad una persona dolori o sofferenze gravi, sia fisici che mentali, allo scopo di ottenere da essa o da una terza persona informazioni o confessioni, di punirla per un atto che essa o una terza persona ha commesso o è sospettata di avere commesso, di intimidirla o sottoporla a coercizione o di intimidire e sottoporre a coercizione un'altra persona o per qualunque altro motivo fondato su ragioni di discriminazione di qualsiasi tipo, a condizione che la sofferenza o il dolore siano inflitti da o su istigazione o con il consenso o l'acquiescenza di un pubblico ufficiale o altra persona che svolga una funzione ufficiale. Il pubblico ufficiale non dovrebbe farlo ma purtroppo, in alcuni casi, compie il reato di tortura.

Signor Presidente, io termino qui e so che, in parte, posso essere andata fuori dall'ambito di competenza degli emendamenti all'articolo 19, però, visto che parliamo anche di come trattare gli immigrati, di come sanzionarli, di come punirli e di come mandarli ipoteticamente anche nelle nostre carceri, che sono in una situazione di degrado e di sovraffollamento, inviterei a fare attenzione ad introdurre nuovi reati ma ad introdurre, casomai, quelli che servono o che servirebbero anche all'Italia. (Applausi dal Gruppo PD).

CAROFIGLIO (PD). Signor Presidente, illustrerò l'emendamento 19.108, di cui è prima firmataria la senatrice Incostante. Si tratta di un emendamento che, come tutti vediamo, mira a realizzare un minimo di ortopedia normativa a fronte di una disposizione, quella di cui si sono occupati finora i colleghi con ricchezza di argomenti, che francamente suscita - volendo utilizzare un'espressione eufemistica - una straordinaria perplessità.

Signor Presidente, la norma precedente, anch'essa già citata più volte e che prevedeva l'ingresso abusivo nel territorio dello Stato come un delitto, era norma, a nostro modo di vedere, esecrabile ma munita di senso.

Con il disposto penalistico e processual-penalistico, infatti, costruito intorno alla fattispecie, la prospettiva che potesse trattarsi di una sorta di presidio dissuasivo al fine di ridurre l'impatto delle entrate illegali nel nostro territorio sembrava una tesi astrattamente sostenibile (dal nostro punto di vista assolutamente priva di qualsiasi prospettiva pratica per una serie di ragioni su cui non tornerò per non appesantire inutilmente l'intervento) nel quadro di una dialettica tra posizioni molto diverse.

Ciò che è accaduto nel corso della storia parlamentare di questa norma lascia francamente - lo dico con molta serenità - esterrefatti quanto allo strumentario tecnico-giuridico che assiste questo tipo di interventi. È stato già detto - ma voglio ripeterlo, evidenziando qualche altro piccolo dettaglio particolarmente tecnico che ha che fare con questa norma - che si tratta di una contravvenzione, punita con una pena pecuniaria ridicola, se si ha riferimento ai destinatari della norma, cioè soggetti nella stragrande maggioranza dei casi nullatenenti. Si tratta di una norma, gioiello di dottrina penalistica, non oblabile. Chiunque abbia dimestichezza con il processo penale e con le sue fumisterie sa che le contravvenzioni sono normalmente, salvo casi eccezionali, oblabili perché ciò risponde, in presenza di condotte ritenute comunque devianti, all'esigenza di accelerare il funzionamento della macchina processuale. In questo caso abbiamo una norma che, come bene ha detto il senatore D'Alia, qualificandola ipocrita e odiosa, caricherà in modo clamoroso gli uffici giudiziari. E questo tema è stato riccamente illustrato anche dai colleghi Li Gotti e D'Ambrosio.

Vorrei far riflettere l'Assemblea e la maggioranza - so bene che si tratta di un esercizio accademico, ma ciò nondimeno voglio dedicarmici - sul tempo-lavoro e quindi denaro che questa norma costerà alle forze di polizia. Pochi sono dentro ai meccanismi tecnici del lavoro degli uffici giudiziari e di polizia, ma vorrei ricordare che un funzionario, un ispettore, un agente o un maresciallo dei Carabinieri o della Guardia di finanza rediga una informativa per un reato che non verrà mai di fatto realmente accertato in un processo e, laddove lo fosse, non vedrebbe mai lo sbocco sanzionatorio della sua vita, impiega mediamente - si tratta di dati statistici che è possibile ricostruire anche ad opera di chi di queste cose si occupa - da una a due ore di lavoro, che potrebbero essere utilizzate presidiando il territorio, intervenendo nei confronti dell'autentica devianza sociale, anche quella posta in essere dagli immigrati - che esistono, nessuno lo nega, e a quelli dovremmo dedicarci - che commettono reati.

Avremo invece forze di polizia - il sottosegretario Mantovano lo sa molto bene poiché egli stesso è all'interno della sequenza che ci porta ad approvare una norma-manifesto che non è soltanto ipocrita ed odiosa, ma che, soprattutto in certi uffici, renderà difficile o paralizzerà ulteriormente il lavoro delle forze di polizia. Avremo uffici di polizia nei quali ci sono funzionari e sottufficiali abitualmente dediti al lavoro ed alla produttività (la maggioranza) che vedranno decurtato il proprio monteore ed il proprio monte energia lavorativa per redigere questo tipo di informativa; avremo altri uffici di polizia (la minoranza), in cui qualche funzionario non particolarmente incline all'attività investigativa o all'autentica repressione dei fenomeni di devianza troverà un facile rifugio statistico nella redazione di decine e decine di queste ridicole informative, per questo ridicolo e inutile reato che rimane in questa legge soltanto come emblema di un preconcetto ideologico, con una prospettiva vagamente e forse non troppo vagamente discriminatoria, e di cui francamente non sentivamo il bisogno. (Applausi dal Gruppo PD).

DE SENA (PD). Signor Presidente, l'emendamento 19.110 che proponiamo è in linea con l'indicazione che ci perviene dal contenuto del disegno di legge ed è anche una sollecitazione per una collaborazione in tema di immigrazione illegale. In effetti, esso ripercorre quella sintonia con l'immigrazione clandestina collaborativa che lo stesso disegno di legge si propone e che può suscitare effetti positivi per quanto riguarda la conoscenza di un fenomeno allarmante e difficilmente arginabile, se non con un'attività di prevenzione generale.

Con questa proposta vogliamo sottolineare la valenza di un'attività di questo tipo, specialmente in riferimento ad alcune Regioni e ad alcuni territori dell'Italia meridionale, a rischio notevolissimo proprio per quanto riguarda l'aspetto dell'immigrazione e dell'integrazione. In un editoriale di tempo fa apparso sul "Corriere della Sera", si parlava di integrazione in quelle aree a grande tasso di criminalità mafiosa, un'integrazione che non sarebbe più sociale ma tipicamente mafiosa. L'emendamento 19.110 si rivolge quindi proprio ad un'attività di prevenzione generale e vuole sollecitare una collaborazione con i servizi di polizia giudiziaria e con le autorità giudiziarie di quei territori, per evitare effetti e conseguenze ancora più gravi. (Applausi dal Gruppo PD. Congratulazioni).

PRESIDENTE. I restanti emendamenti si intendono illustrati.

Secondo l'opportuno suggerimento del senatore Li Gotti, la Presidenza procederà alla votazione partendo dai subemendamenti presentati all'emendamento 19.0.800 (testo 2), che introduce le nuove norme.

Invito il relatore e il rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti in esame.

BERSELLI, relatore. Signor Presidente, esprimo parere contrario agli emendamenti 19.100, 19.101, 19.102, 19.103, 19.104, 19.105, 19.106 e 19.108.

Invito i presentatori a ritirare l'emendamento 19.107.

Esprimo parere contrario agli emendamenti 19.111, 19.113 e 19.109.

Invito i presentatori a ritirare gli emendamenti 19.114, 19.110 e 19.112, in funzione dell'emendamento 19.800 del Governo.

Esprimo parere favorevole all'emendamento 19.800 e contrario all'emendamento 19.115.

Mi rimetto, infine, al Governo per quanto riguarda gli emendamenti 19.0.800 (testo 2)/1 e 19.0.800 (testo 2)/2.

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, esprimo parere conforme a quello espresso dal relatore, mentre nei casi in cui egli si è rimesso al Governo, il mio parere è contrario e la ragione è abbastanza chiara, poiché si desume anche dalla riformulazione dell'originale testo del Governo: si tratta, cioè, di far fare alle forze di polizia l'attività loro propria e non quella di ufficiali giudiziari.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 19.0.800 (testo 2)/1.

 

INCOSTANTE (PD). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 19.0.800 (testo 2)/1, presentato dal senatore Casson e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 19.0.800 (testo 2)/2.

 

INCOSTANTE (PD). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 19.0.800 (testo 2)/2, presentato dal senatore Casson e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 19.0.800 (testo 2).

 

Verifica del numero legale

 

PEGORER (PD). Chiediamo la verifica del numero legale.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale).

 

Il Senato è in numero legale.

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 19.0.800 (testo 2), presentato dal Governo.

È approvato.

 

Passiamo alla votazione dell'emendamento 19.100, identico agli emendamenti 19.101, 19.102 e 19.103.

INCOSTANTE (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

INCOSTANTE (PD). Come annunciato, chiedo la votazione a scrutinio segreto.

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione a scrutinio segreto, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

PERDUCA (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

PERDUCA (PD). Signor Presidente, siccome poco fa si è raggiunto il numero legale probabilmente per un paio di unità e dal momento che vi sono ancora schede disattese davanti a posti vuoti, prima di effettuare un voto segreto sarebbe utile svolgere un'ultima ricognizione, togliendo tutte le schede disattese.

PRESIDENTE. Senatore Perduca, lo faremo non appena verrà richiesto di verificare il numero legale, perché ora è stata appoggiata la richiesta di votazione segreta, in occasione della quale le assicuro che la Presidenza sarà molto vigile.

 

Votazione a scrutinio segreto

 

PRESIDENTE. Indìco, ai sensi dell'articolo 113, comma 4, del Regolamento, la votazione a scrutinio segreto, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 19.100, presentato dal senatore D'Alia, identico agli emendamenti 19.101, presentato dal senatore Li Gotti e da altri senatori, 19.102, presentato dal senatore Casson e da altri senatori, e 19.103, presentato dal senatore Perduca e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione. Brusìo).

 

Colleghi, seduti ognuno al vostro posto, per cortesia. (Commenti del senatore Morando). Se vi sono anomalie, segnalatele ai senatori segretari.

 

GARRAFFA (PD). Signor Presidente, vi è una scheda disattesa vicino alla senatrice Colli.

 

PRESIDENTE. Il senatore Piccone - che mi è stato indicato come presente, mentre prima si dava per assente - è accanto al senatore Izzo.

 

MORANDO (PD). O l'uno o l'altro, signor Presidente.

 

PRESIDENTE. Lì vi sono due luci accese, quella del senatore Piccone e quella del senatore Izzo, anche se non sono seduti ai loro posti. Ci sono, quindi, due luci davanti e una dietro e in tutto ci sono tre senatori, quindi il numero mi pare che coincida, colleghi.

Dichiaro chiusa la votazione.

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 19.104, presentato dalla senatrice Incostante e da altri senatori.

Non è approvato.

 

Passiamo alla votazione dell'emendamento 19.105.

 

INCOSTANTE (PD). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 19.105, presentato dal senatore Casson e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 19.106.

 

INCOSTANTE (PD). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 19.106, presentato dal senatore Casson e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 19.108.

INCOSTANTE (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

INCOSTANTE (PD). Come annunciato, chiedo la votazione a scrutinio segreto.

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione a scrutinio segreto, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione a scrutinio segreto

 

PRESIDENTE. Indìco, ai sensi dell'articolo 113, comma 4, del Regolamento, la votazione a scrutinio segreto, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 19.108, presentato dalla senatrice Incostante e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, mi segnalano l'assenza del senatore Gentile che continuerebbe a votare. Faremo una verifica. (Proteste dai banchi della maggioranza). Me la segnala il senatore Segretario e devo prenderne atto. Quindi, se dovesse risultare dai tabulati un voto del senatore Gentile, sarò costretto a far ripetere la votazione.

Passiamo all'emendamento 19.107, sul quale è stato formulato un invito al ritiro. I presentatori accolgono tale invito?

 

PISTORIO (Misto-MPA). Sì, signor Presidente.

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 19.111.

 

INCOSTANTE (PD). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 19.111, presentato dal senatore Casson e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 19.113, presentato dal senatore Casson e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 19.109.

 

INCOSTANTE (PD). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 19.109, presentato dal senatore Casson e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Passiamo all'emendamento 19.114, sul quale è stato formulato un invito al ritiro. I presentatori lo accolgono?

 

CASSON (PD). Signor Presidente, manteniamo l'emendamento e ne chiediamo la votazione elettronica.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Casson, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 19.114, presentato dal senatore Bianco e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Passiamo all'emendamento 19.110, sul quale è stato formulato un invito al ritiro. I presentatori lo accolgono?

 

DE SENA (PD). No, signor Presidente, e ne chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore De Sena, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 19.110, presentato dal senatore De Sena e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Passiamo all'emendamento 19.112, sul quale è stato formulato un invito al ritiro. I presentatori lo accolgono?

 

CASSON (PD). No, signor Presidente, e ne chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Casson, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 19.112, presentato dalla senatrice Della Monica e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

PERDUCA (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

PERDUCA (PD). Signor Presidente, se dobbiamo fare i nomi degli assenti, posso certificare che il senatore Caligiuri da due ore non è in Aula eppure continua a votare. Se vuole controllare i tabulati, sicuramente scoprirà che è stato votato più volte per il senatore Caligiuri. Quindi, si dovranno eliminare tutti quei voti in cui probabilmente è apparso il voto di un senatore che non è presente in Aula, ivi comprese la verifica del numero legale e le votazioni a scrutinio segreto, visto e considerato che sta diminuendo il numero dei voti a favore dell'espressione contraria o favorevole in linea con il Governo.

 

PRESIDENTE. Faremo una verifica in occasione di queste votazioni e se il senatore Caligiuri, che non vedo, tra l'altro, dovesse risultare presente ripeteremo la votazione.

 

GRAMAZIO (PdL). Il senatore Caligiuri c'era fino ad ora.

 

PRESIDENTE. È stato presente, ma in questo momento non lo è. Non lo vedo, non so se c'è stato o meno, ma da quando ho iniziato a presiedere non l'ho visto. (Applausi dal Gruppo PD).

Passiamo alla votazione dell'emendamento 19.800.

 

Verifica del numero legale

 

PEGORER (PD). Chiediamo la verifica del numero legale.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico. Per cortesia, colleghi, ognuno al proprio posto.

(Segue la verifica del numero legale).

 

Il Senato è in numero legale.

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 19.800, presentato dal Governo.

E' approvato.

 

Metto ai voti l'emendamento 19.115, presentato dalla senatrice Della Monica e da altri senatori.

Non è approvato.

 

Passiamo alla votazione dell'articolo 19, nel testo emendato.

MAZZATORTA (LNP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

MAZZATORTA (LNP). Signor Presidente, onorevoli colleghi, noi esprimeremo un voto favorevole sull'articolo 19 e su questa nuova fattispecie di reato su ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato. Per noi è una norma fondamentale nel sistema di lotta all'immigrazione clandestina e illegale. Finalmente compiamo un passaggio importantissimo anche dal punto di vista culturale.

Come sapete, colleghi, un dossier dell'Ufficio Studi del Senato, pochi mesi fa, ci ha fatto scoprire che Francia, Germania e Inghilterra considerano già l'immigrazione clandestina un reato e lo perseguono in maniera molto più pesante di quello che ci accingiamo a fare noi. L'unico Paese che non ha una fattispecie di rilievo penale è la Spagna che considera, però, l'immigrazione clandestina una violazione amministrativa gravissima, punita con una sanzione pecuniaria ben superiore a quella che noi introduciamo sotto forma di ammenda senza oblazione.

Quindi, non si tratta di una norma razzista o antidemocratica o di una norma manifesto, come ho sentito dire, bensì di una norma fondamentale per porsi in linea con gli altri Paesi europei nella lotta all'immigrazione clandestina se la si vuole fare davvero, e noi intendiamo farla davvero. (Applausi dal Gruppo LNP).

LIVI BACCI (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

LIVI BACCI (PD). Signor Presidente, mi scuso per la voce perché sono quasi afono, ma spero che sia sufficiente per dire che il nostro Gruppo intende votare ovviamente contro questa norma ma anche per fare alcune considerazioni. Questa, come ha riconosciuto l'onorevole Mazzatorta, è una norma cardine nella lotta all'immigrazione clandestina. Benissimo, partiamo da qui: innanzitutto occorre finirla con la storiella che il Partito Democratico avrebbe un atteggiamento molle verso l'immigrazione clandestina e irregolare, perché non è così. Il Partito Democratico crede che l'immigrazione debba essere regolare, e debba avvenire secondo i principi della legge, questa è la premessa.

Occorrerebbe però che l'onorevole Mazzatorta, i colleghi della Lega e molti altri senatori si domandassero perché il nostro Paese ha tra il mezzo milione e un milione di immigrati che lavorano regolarmente nel nostro Paese, quasi senza eccezione, che sono in posizione di irregolarità. Dovrebbero mettersi una mano sulla coscienza - l'onorevole Mantovano del resto è del mestiere perché è stato per cinque anni, e lo è di nuovo, in un posto cruciale al Ministero dell'interno - e riconoscere che è la stessa legge Bossi-Fini e i suoi meccanismi che determinano l'alto livello di irregolarità nel nostro Paese.

D'altronde, i modi di ammissione legale nel nostro Paese non consentono l'incontro tra offerta e domanda di manodopera e quindi è vantaggioso per tutti, a cominciare dai datori di lavoro, che un immigrato arrivi regolarmente ma che permanga irregolarmente nel nostro territorio. Se non si riconosce questo, continueremo ad inasprire le sanzioni contro l'irregolarità, ma nello stesso tempo a non chiudere il rubinetto dell'irregolarità.

Voglio ricordare poi la clamorosa marcia indietro del Governo rispetto alla proposta iniziale, che prevedeva una condanna penale con la reclusione per coloro che si macchiavano di questo gravissimo reato; marcia indietro assolutamente clamorosa dovuta al fatto che la norma era inapplicabile e che quasi tutti i centri di opinione che contano in questo Paese (gli imprenditori, l'opinione pubblica, la Chiesa, le altre comunità religiose) si erano schierati nettamente contro quella norma. Il Governo ha quindi ripiegato sulla più blanda norma attuale, delle cui difficoltà giuridiche hanno ampiamente parlato i collegi D'Alia, Li Gotti, D'Ambrosio e Carofiglio e su cui pertanto non insisterò.

Vorrei tuttavia ricordare un paio di cose. La prima è che stiamo andando contro una direttiva europea di prossima emanazione che prevede che quando si accerta una irregolarità e prima di procedere all'espulsione si debbono esperire vari tentativi. Anzitutto, all'immigrato irregolare che non sia un pericolo per la sicurezza e l'ordine pubblico - per inciso, mi domando quante centinaia di migliaia di badanti o di lavoratori irregolari siano effettivamente una minaccia per l'ordine pubblico - quindi la stragrande maggioranza, deve essere concesso un periodo compreso tra i 7 e i 30 giorni per ottemperare volontariamente all'ordine di rimpatrio. Quindi, non espulsione di massa, che è inattuabile e che l'Unione europea non ci permetterebbe di fare, ma graduata, che tenga conto delle circostanze e venga quindi moderata da una eventuale regolarizzazione per coloro che sono ben inseriti nel nostro territorio e nella nostra società, che abbiano figli, famiglia e lavoro. Mi sembrerebbe più che naturale che ciò avvenisse. Invece il nostro Governo propone il pugno duro contro la stragrande maggioranza dei nostri irregolari.

La direttiva poi, per coloro che fossero o dessero luogo al sospetto di essere pericolosi per l'ordine pubblico e per la nostra sicurezza, prevede che durante il periodo di tregua si possa pretendere una garanzia finanziaria prima che l'espulsione venga eseguita. Insomma, la direttiva europea propone una serie di vie alternative all'espulsione immediata dell'irregolare.

Detto questo, credo vi sia poco da aggiungere. La norma in esame fa molti più danni dei vantaggi che pensa di poter arrecare alla nostra società. Gran parte degli irregolari presenti nel nostro territorio sono persone in regola con la propria coscienza, nei rapporti sociali e nelle loro famiglie, e l'idea che tutti debbano essere soggetti ad espulsione è davvero peregrina.

Spero che questo Senato abbia un sussulto. Spero, ma non ci credo. Credo che per affrontare l'irregolarità il Governo debba tirare fuori altre armi diverse da quella dell'inasprimento delle pene e spero che prima o poi questa idea saggia si faccia strada.

Ribadisco, quindi, il voto contrario sull'articolo 19 da parte del Gruppo del Partito Democratico. (Applausi del Gruppo PD).

D'ALIA (UDC-SVP-Aut). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

D'ALIA (UDC-SVP-Aut). Signor Presidente, annuncio il voto contrario del mio Gruppo sull'articolo 19.

Non intendo ripetere quanto già dichiarato nel corso dell'esame degli emendamenti presentati sull'articolo 19, ma vorrei comunque sottolineare l'apprezzamento per l'onestà intellettuale e politica dei colleghi della Lega. Il senatore Mazzatorta ha infatti affermato con grande chiarezza che per loro l'introduzione del reato di immigrazione clandestina è un fatto culturale e, sul piano culturale, l'introduzione di tale reato, così come abbiamo detto essere stato previsto, si associa alla tassa sul permesso di soggiorno ed al prolungamento fino a 18 mesi della permanenza temporanea nei centri.

Ricordo a me stesso che, se non sbaglio, analogo trattamento in termini di custodia cautelare non si riserva né ai criminali comuni né ai criminali mafiosi. Il reato di immigrazione clandestina si associa ancora alla fideiussione bancaria e/o assicurativa per l'esercizio di un'attività imprenditoriale e alla omologazione, sotto il profilo del trattamento, dei cittadini comunitari stranieri agli extracomunitari.

Qual è allora la questione, cari colleghi moderati del Popolo della Libertà? Voi state pagando un prezzo politico alla Lega, legittimo - onore al merito della Lega - ma che è lontano mille miglia dalla nostra posizione politica e credo anche da quella della stragrande maggioranza dei cittadini di buon senso che non la pensano come la Lega, che ha altri elettori di buon senso (per carità, non è un giudizio sulle persone).

È però chiaro ed evidente che voi state assecondando l'introduzione di una norma odiosa, ipocrita ed inutile. Odiosa perché è un modo clandestino, questo sì, di reintrodurre, in violazione delle sentenze della Corte costituzionale, il principio e l'esecuzione immediata dell'espulsione per la sola denuncia, senza alcun accertamento giudiziario, della condizione di illiceità della permanenza nel territorio dello Stato, illiceità che, per quanto riguarda i fatti antecedenti all'entrata in vigore della norma, non è dimostrabile.

State dicendo che tutto ciò lo può fare, con tutto il rispetto, il giudice di pace. State dicendo che intanto il clandestino, sia regolare che irregolare, se ne va, poi se ne parlerà. Nulla però fate per disciplinare il contratto di lavoro degli extracomunitari rispetto alla legge Biagi, la quale prevede oltre 30 tipologie di rapporti di lavoro che non sono sussumibili nelle ipotesi previste dalla legge Bossi-Fini circa il contratto a tempo determinato e quello a tempo indeterminato. E questo disallineamento nella disciplina dell'incontro fra la domanda e l'offerta di lavoro extracomunitario determina contenzioso sull'accertamento della titolarità e della legittimità della permanenza all'interno del territorio dello Stato. Voi state dicendo, in altri termini, che anche il cittadino e lavoratore extracomunitario regolare, che paga le tasse e che, quindi, contribuisce con le proprie risorse a pagare il servizio che l'amministrazione statale offre, debba pagare il rilascio ed il rinnovo del permesso di soggiorno.

Capisco la logica che era frutto anche dei precedenti Governi ed è qui presente il senatore Pisanu che può essere testimone diretto dell'ipotesi sperimentale del permesso di soggiorno elettronico che, pur avendo costi elevati ma una certezza sui tempi di esame e di rilascio, prevedeva l'introduzione di un costo aggiuntivo, così come ipotizzato sempre in via sperimentale per la carta d'identità elettronica.

Ma cosa c'entra tutto questo con la condizione di regolarità dell'extracomunitario?

Allora, quando per un fatto culturale asseverate questo tipo di scelte, non fate altro che prestare il fianco a quella polemica che non fa solo la Chiesa legittimamente, ma che fanno tutte le persone di buon senso che sostengono che bisogna distinguere l'immigrazione legale e regolare da quella irregolare. Questo non è un modo per distinguerla; questo è un modo ed un approccio culturale che assimila, che omologa fattispecie diverse e che quindi fa di tutta l'erba un fascio e non aiuta a risolvere i problemi del contrasto all'immigrazione clandestina.

Queste sono le ragioni politiche per le quali votiamo contro l'articolo 19 e spero che qualche senatore del Gruppo del Popolo della Libertà faccia lo stesso. (Applausi dai Gruppi UDC-SVP-Aut e PD).

SALTAMARTINI (PdL). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

SALTAMARTINI (PdL). Signor Presidente, è piuttosto pittoresco il contesto di questo dibattito dal momento che si sostiene in quest'Aula la possibile esistenza dell'ipotesi per cui i cittadini italiani dovrebbero rispettare le norme giuridiche dello Stato di diritto e questo stesso obbligo non dovrebbe essere ascritto ai cittadini extracomunitari che entrano nel nostro Paese.

Signor Presidente, onorevoli colleghi, i cittadini stranieri che entrano nel territorio nazionale hanno il dovere di conformarsi alle leggi vigenti del nostro Paese secondo il principio antico dello Stato di diritto, sia che questo si coniughi nell'espressione tedesca del Rechtsstaat o dello Stato di diritto francese o italiano, l'État de droit, o dello Stato di diritto inglese, the Rule of law. Voglio anche aggiungere che una recente legge approvata nel Regno Unito, la Human rights act, concede a quel Paese la possibilità di intervenire su questa materia con dei limiti che sicuramente non sarebbero compatibili con i princìpi della nostra Costituzione, in particolare con l'articolo 13.

Allora, il dilemma che dovremmo sciogliere in quest'Aula è il seguente: dovremmo capovolgere tutti i postulati dei più antichi padri del diritto moderno dello Stato di diritto, a cominciare da Hans Kelsen, cioè dovremmo sostenere la tesi che, di fronte ad un precetto che impone agli stranieri di regolarizzare il permesso di soggiorno nel nostro Paese e di renderlo entro otto giorni, poi in violazione di questo presupposto non ci dovrebbe essere una sanzione. Noi reintroduciamo, a seguito di un precetto, una sanzione che è perfettamente coerente con l'ordinamento giuridico del nostro Paese.

Non abbiamo cambiato idea sull'illecito perché ci sono state queste pressioni; coerentemente, con la sistematica del codice Rocco del 1931, abbiamo applicato una sanzione di natura contravvenzionale alla violazione di obblighi amministrativi. Questa è la ragione giuridica che è conforme al principio di ragionevolezza delle leggi, per cui abbiamo introdotto l'ipotesi contravvenzionale.

D'altra parte, la norma che introduciamo era già prevista nell'articolo 142 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, il regio decreto 18 giugno 1931, n. 733, quindi trova conferma, ragionevolezza e sopratutto coerenza con il sistema giuridico del nostro Paese, ma in particolare con le sentenze della Corte costituzionale in materia.

Quindi, signor Presidente e onorevoli colleghi, credo che rendiamo ragionevolezza a princìpi di diritto del nostro Paese e diciamo sostanzialmente agli stranieri che vengono in Italia che è un obbligo etico e morale, ma soprattutto civile, in primo luogo rispettare le leggi dell'ordinamento di un Paese civile e avanzato come l'Italia e poi richiedere quelle misure di solidarietà che all'interno di queste leggi approviamo. (Applausi dal Gruppo PdL).

Pertanto, lontani dalla vostra demagogia, affrontiamo questo problema perché nei due anni precedenti a questa legislatura, nel 2006 e nel 2007, sono entrati illegalmente in Italia 600.000 cittadini stranieri e c'è un problema serio di ordine pubblico e soprattutto di garanzia dei livelli di sicurezza del nostro Paese.

Noi non abbiamo compresso i diritti fondamentali di libertà, che invece tentiamo di garantire, perché evidentemente esiste un prius rispetto a queste misure, che è la necessità di garantire i diritti fondamentali dei cittadini di questo Paese.

Poco fa il senatore Mazzatorta, parlando della misura relativa alla tutela e alla protezione del domicilio, diceva che quella misura si riferisce alla protezione fisica del domicilio. Non è così: il domicilio e la libertà personale sono espressione di tutela della libertà e della dignità delle persone. Noi attraverso queste misure garantiamo questo diritto fondamentale, che è di tutti i cittadini e che, soprattutto, si radica nella storia costituzionale d'Europa e nelle politiche che in Europa fa uno dei più grandi partiti, che è il Partito Popolare Europeo, al quale il nostro partito è iscritto. La nostra è una politica europea, è una politica di libertà, è una politica di civiltà. (Applausi dai Gruppi PdL e LNP. Congratulazioni).

LI GOTTI (IdV). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LI GOTTI (IdV). Signor Presidente, il voto dell'Italia dei Valori sarà ovviamente contrario.

La situazione oggi, con riguardo agli stranieri che entrano nel nostro Paese illegalmente, è disciplinata da una legge, la n. 40 del 1998, che prevede l'espulsione amministrativa eseguita dal questore con accompagnamento alla frontiera. In particolare, l'articolo 11 parla di straniero «che è entrato nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera» e di straniero «che si è trattenuto nel territorio dello Stato senza avere richiesto il permesso di soggiorno nel termine prescritto». Quindi c'è lo strumento per intervenire.

Voi oggi parlate in termini di rivoluzione culturale e dite che no, deve essere reato. La vostra rivoluzione culturale per questa ipotesi di reato, nel testo del Governo quando la pena era da sei mesi a quattro anni, prevedeva nella relazione tecnica (pagina 109 del disegno di legge governativo) la seguente conseguenza: «Considerato l'effetto dissuasivo connesso all'introduzione del reato di ingresso illegale nel territorio dello Stato, è possibile stimare nella misura del 10 per cento la riduzione del flusso annuo di immigrati clandestini». Sicché voi assegnate, non a questa norma, che volete applicare e che prevede l'ammenda, ma alla vecchia norma, che prevedeva invece la reclusione da sei mesi a quattro anni, una capacità di effetto dissuasivo nella misura del 10 per cento. Quindi, nessuna rivoluzione culturale.

Noi immettiamo nel nostro sistema centinaia di migliaia di processi che riguarderanno le badanti. Questa norma si applicherà infatti proprio a quelle persone che versano in una situazione di irregolarità e che verranno processate perché nel nostro Paese l'azione penale è obbligatoria; non sarà nemmeno discrezionale: dovranno essere ricercate e processate. E coloro che daranno loro lavoro saranno sanzionabili per favoreggiamento reale (articolo 379 del codice penale), perché vuol dire che avranno assicurato il profitto di un reato, ossia l'ingresso clandestino dell'irregolare dandogli lavoro. Sicché noi faremo centinaia di migliaia di processi a carico di persone che versano in situazione irregolare e dei loro datori di lavoro: centinaia di migliaia di persone. Penso che qualcuno ci sarà anche in quest'Aula. Cominciasse subito a preoccuparsi, perché il reato a lui ascrivibile prevede una condanna fino a cinque anni di reclusione, ex articolo 379 del codice penale: il reato commesso dall'immigrato clandestino diventa reato anche per il datore di lavoro che lo impiega, a quel punto colpevole di favoreggiamento. Questa è la conseguenza.

Ci saranno centinaia di migliaia di processi per il nulla, altro che bandiere, altro che principi e svolta culturale! State facendo qualcosa che non serve al Paese, che diffonderà disorientamento, che avrà un connotato totalmente devastante per il nostro sistema giudiziario, perché saranno processabili gli immigrati clandestini e gli italiani che sono i loro datori di lavoro. Saranno coinvolti anche coloro che impiegano queste persone come collaboratori domestici o come badanti. Sapete bene che sono centinaia di migliaia di persone: ebbene, tutte quante ricadranno sotto la disciplina dell'articolo 19 del disegno di legge in esame.

Sapete benissimo che questa non è una norma contro l'immigrazione. La norma contro l'immigrazione è quella che prevede l'applicazione della possibilità di espulsione. E l'espulsione è possibile esclusivamente concludendo accordi con i Paesi da cui provengono gli immigrati. L'espulsione, infatti, è resa difficile dal fatto che la stragrande maggioranza di queste persone non è identificabile, sicché non si sa quali siano i Paesi d'origine e questi, quindi, non le riprendono. Se non si fanno gli accordi internazionali, non si potranno rispedire a casa queste persone. Così si risolve il problema, non con le chiacchiere!

In questo modo voi state facendo un danno al Paese, che ci costerà centinaia di milioni di euro e creerà terrorismo nella gente, perché ognuno dovrà liberarsi della persona che presta aiuto in casa. Inoltre, si dovrà perseguire obbligatoriamente - così prevede la legge - la massa di soggiornanti irregolari, celebrando i processi con i costi che vi ho elencato, senza ottenere alcun effetto.

Ci pentiremo, il Senato si pentirà di ciò che sta votando questa sera! (Applausi dai Gruppi IdV e PD. Congratulazioni).

PRESIDENTE. Colleghi, in occasione della votazione a scrutinio segreto dell'emendamento 19.108, era stata segnalata alla Presidenza, a votazione conclusa, l'assenza di un parlamentare. La Presidenza, attraverso l'ausilio dei senatori Segretari, ha effettuato accertamenti ed ha verificato che quella denunzia era fondata, per cui intende procedere ad una nuova votazione a scrutinio segreto dell'emendamento 19.108. Questo per una questione squisitamente formale, in quanto la differenza di voti era ininfluente, ma per una questione di principio e di rispetto della regolarità del voto, questa Presidenza dispone che si torni a votare l'emendamento 19.108 a scrutinio segreto. (Applausi dai Gruppi PD e IdV).

Procediamo dunque nuovamente alla votazione dell'emendamento 19.108, su cui era stata avanzata una richiesta di votazione a scrutinio segreto.

 

INCOSTANTE (PD). Ribadisco tale richiesta.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione a scrutinio segreto, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione a scrutinio segreto

 

PRESIDENTE. Indìco, ai sensi dell'articolo 113, comma 4, del Regolamento, la votazione a scrutinio segreto, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 19.108, presentato dalla senatrice Incostante e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. A questo punto, procediamo alla votazione dell'articolo 19, nel testo emendato.

 

Verifica del numero legale

 

PEGORER (PD). Chiediamo la verifica del numero legale.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale).

 

LEGNINI (PD). Signor Presidente, la prego di verificare la luce accesa accanto ai senatori Azzollini e Mazzaracchio. (Il senatore Mazzaracchio estrae la scheda inserita nel banco alla sua destra)

Il Senato è in numero legale.

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'articolo 19, nel testo emendato.

È approvato.

Passiamo all'esame degli articoli successivi.

Metto ai voti l'articolo 20.

È approvato.

 

Metto ai voti l'articolo 21.

È approvato.

 

Passiamo all'esame e alla votazione dell'articolo 22.

VALLARDI (LNP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

VALLARDI (LNP). Signor Presidente, l'articolo 22, che affronta temi simili a quelli trattati nei precedenti articoli 20 e 21, fa riferimento in particolare al fenomeno delle mafie straniere che in quest'ultimo periodo ha fortemente influenzato l'economia del Nord. La Lega Nord ha fortemente voluto che questo articolo fosse modificato, non solo facendo riferimento alle mafie in generale, ma a quelle straniere in particolare.

Questo fenomeno ha avuto un grandissimo sviluppo sul nostro territorio, a partire dal momento in cui le nostre frontiere sono state aperte ed il valore della nostra economia ha rappresentato un elemento di forte attrazione per gli investimenti della mafia sul nostro territorio.

Considerato il momento particolarmente difficile che sta attraversando la nostra economia, va rafforzata in modo particolare la lotta alla mafia e gli emendamenti da noi presentati in questa sede vanno proprio in tale direzione.

La mafia rappresenta un freno a mano per l'economia del nostro territorio e dunque va combattuta con forza, anche in considerazione del fatto che ne deriverebbe un passo avanti nella direzione di un rilancio dell'economia.

Approfitto dell'occasione per fare i complimenti miei e di tutti i colleghi del Gruppo Lega Nord alle forze dell'ordine, in particolare all'Arma dei carabinieri, per l'operazione di successo grazie alla quale si è arrivati all'arresto di Giuseppe Setola.

È un notevole successo anche per il nostro Ministro dell'interno che ha dimostrato in quest'ultimo periodo un grandissimo decisionismo, cosa che ci fa ben sperare anche per il futuro. (Applausi dal Gruppo LNP).

PRESIDENTE. Metto ai voti l'articolo 22.

È approvato.

 

Passiamo all'esame dell'articolo 23, su cui sono stati presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.

LI GOTTI (IdV). Signor Presidente, gli emendamenti di cui sono primo firmatario vanno nella direzione di un rafforzamento del testo che noi condividiamo. Si sta indubbiamente votando una norma di particolare rilievo.

Sono perfettamente consapevole che non si tratta di una norma che incontra il favore dell'avvocatura, considerato che si stabilisce che l'unica misura applicabile nei confronti degli accusati di determinati reati è quella della custodia cautelare in carcere.

Il nostro sistema processuale è impostato nel senso di ritenere la misura cautelare in carcere una misura residuale rispetto alle altre. Con la modifica che si propone, invece, si capovolge questo principio: la misura cautelare diventa la misura principale e le altre misure diventano misure residuali.

Attualmente questo era possibile esclusivamente per i reati di mafia, mentre oggi si estende a una gran quantità di reati. Indubbiamente è una scelta difficile quella che ci apprestiamo a fare, me ne rendo conto, perché è un problema dibattuto da tantissimi anni. Però, penso che la situazione del nostro Paese, senza che questa voglia apparire una norma eccezionale, vada nella direzione di ritenere che la misura cautelare per determinati reati, non solo per quelli connotati da mafiosità o, per meglio dire, per reati di associazione mafiosa come nel caso del 416-bis, sia quella custodiale in carcere, certo nella speranza che le misure vengano adottate sulla base di elementi ponderati, valutati, verificati.

La sfida di questa norma che si vuole introdurre, di questo capovolgimento del sistema sta proprio in questo. Noi ci crediamo ma riteniamo che questa previsione debba estendersi ad altri elementi di valutazione, dove per valutazione mi riferisco a quei criteri che il giudice deve adottare nell'applicare la misura. Noi riteniamo che, tra gli elementi da valutarsi nell'applicare la misura, debba essere presa in considerazione anche la banca dati prevista dall'articolo 97 delle norme di attuazione, ossia la banca dati delle misure cautelari eseguite, ossia già pendenti ed eseguite nei confronti di un soggetto nuovo destinatario della misura. Ciò è quanto si propone con l'emendamento 23.100.

Per alcuni sarà un passo indietro di decenni ma l'emendamento 23.104 estende questa innovazione, che privilegia la misura cautelare in carcere come misura prioritaria, a determinati reati per noi ugualmente gravi e non presi in considerazione.

Si tratta di estendere questa misura al furto in abitazione perché noi riteniamo che per il reato aggravato di furto in abitazione, di cui al 624-bis del codice penale, l'unica misura applicabile sia la custodia in carcere; allo stesso modo riteniamo che anche per la rapina debba applicarsi la misura cautelare in carcere.

Lo stesso discorso vale per l'avvelenamento delle acque e per l'incendio boschivo doloso. Voi ricordate quanto si è verificato nel nostro Paese alcuni anni fa e che peraltro continua a verificarsi? Tre anni fa si parlò in modo particolare del fenomeno degli incendi dolosi che provocarono anche vittime. Non è pensabile che per un tipo di reato di questa gravità non possa essere prevista la misura cautelare in carcere.

Per queste ragioni noi crediamo in questa norma che ci è stata proposta e vogliamo anzi rafforzarla attraverso i nostri emendamenti.

Non illustro l'emendamento 23.0.100 perché è un emendamento particolarmente tecnico. In ogni modo, nella sostanza, esso prevede che il ricorso in Cassazione dell'imputato avverso la decisione con la quale il tribunale, accogliendo l'appello del pubblico ministero, dispone una misura cautelare non abbia effetti sospensivi, nel senso che, qualora l'appello venga accolto, la misura cautelare deve essere eseguita.

Le altre norme sono particolarmente tecniche e, pertanto, mi riporto al testo che i colleghi potranno leggere. (Applausi dal Gruppo IdV).

CASSON (PD). Signor Presidente, faccio riferimento all'emendamento 23.103 perché forse, nella stesura del testo, il redattore del disegno di legge è incorso in un lapsus calami o in una svista nel coordinamento delle norme. Ricordo che qui si tratta sostanzialmente dell'articolo 275 del codice di procedura penale, che fa riferimento alla custodia cautelare in carcere obbligatoria, quindi nella sostanza a quella che una volta si chiamava il mandato di cattura obbligatorio.

Questa situazione era ed è soprattutto prevista con le norme vigenti per i delitti distrettuali, realmente espressivi di una pericolosità sociale. In particolare quelli di terrorismo, sequestro di persona, traffico di stupefacenti, sfruttamento sessuale del minore ed altri ancora. Vengono esclusi con la normativa vigente quei reati che sono di minore rilevanza e gravità sociale, quali ad esempio quelli di natura informatica.

Con la norma che si intende e che si vorrebbe introdurre e approvare in questo momento diventerebbe obbligatoria la custodia cautelare in carcere anche per quei reati che sicuramente non sono gravi da destare un particolare allarme sociale, come i reati di natura informatica. Va rilevato che per questi reati, che non sono espressivi di una particolare pericolosità sociale, si ritiene irragionevole estendere l'istituto dell'obbligatorietà della custodia cautelare.

Ricordo come siano intervenute in materia sia la Corte costituzionale che la Corte europea dei diritti dell'uomo per sostenere che l'obbligatorietà della misura cautelare va limitata soltanto ai delitti che destano un grave allarme sociale e, in particolare, vengono citati i delitti di mafia. È evidente che estendere la custodia cautelare obbligatoria anche a reati quali quelli informatici, attribuiti alle procure distrettuali, non certo per la gravità ma per mere esigenze di coordinamento delle indagini, contrasta con gli articoli 3, 24 e 111 della Costituzione, nonché con l'articolo 6 della Corte europea dei diritti dell'uomo sul giusto e corretto processo.

Sarebbe pertanto censurata una tale norma certamente sia dalla Corte costituzionale italiana che dalla Corte di Strasburgo. Pertanto se ne propone la modifica con questo emendamento.

 

PRESIDENTE I restanti emendamenti si intendono illustrati.

Invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti in esame.

BERSELLI, relatore. Esprimo parere contrario a tutti gli emendamenti.

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Esprimo parere conforme a quello del relatore.

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 23.101, presentato dalla senatrice Poretti e da altri senatori.

Non è approvato.

 

Passiamo alla votazione dell'emendamento 23.100.

 

GIAMBRONE (IdV). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Giambrone, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 23.100, presentato dal senatore Li Gotti e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 23.104.

 

 

Verifica del numero legale

PEGORER (PD). Chiediamo la verifica del numero legale.

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale).

 

Il Senato non è in numero legale.

Apprezzate le circostanze, rinvio il seguito della discussione del disegno di legge in titolo ad altra seduta.

 

 


 

Allegato A

 

DISEGNO DI LEGGE

Disposizioni in materia di sicurezza pubblica (733)

 

ARTICOLO 12 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE

Art. 12.

Approvato nel testo emendato. Cfr. seduta n. 123.

(Contrasto all'impiego dei minori nell'accattonaggio)

1. Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) dopo l'articolo 600-septies è inserito il seguente:

«Art. 600-octies. - (Impiego di minori nell'accattonaggio). - Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque si avvale per mendicare di una persona minore degli anni quattordici o, comunque, non imputabile, ovvero permette che tale persona, ove sottoposta alla sua autorità o affidata alla sua custodia o vigilanza, mendichi, o che altri se ne avvalga per mendicare, è punito con la reclusione fino a tre anni»;

b) dopo l'articolo 602 è inserito il seguente:

«Art. 602-bis. - (Pene accessorie). - La condanna per i reati di cui agli articoli 600, 601 e 602 comporta, qualora i fatti previsti dai citati articoli siano commessi dal genitore o dal tutore, rispettivamente:

1) la decadenza dall'esercizio della potestà del genitore;

2) l'interdizione perpetua da qualsiasi ufficio attinente all'amministrazione di sostegno, alla tutela e alla cura»;

c) l'articolo 671 è abrogato.

EMENDAMENTI TENDENTI AD INSERIRE ARTICOLI AGGIUNTIVI DOPO L'ARTICOLO 12

12.0.100 (testo 2)

SERAFINI ANNA MARIA, MARITATI, BIANCO, CAROFIGLIO, LATORRE, INCOSTANTE, DELLA MONICA, CASSON, GALPERTI, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI, DE SENA, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, ADAMO, D'ALIA

Accantonato

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 12-bis.

(Tutela della salute del minore straniero)

1. Dopo l'articolo 35 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, è inserito il seguente:

"Art. 35-bis. - (Diritto del minore alla salute). - 1. Fermo quanto previsto dagli articoli 34 e 35, il minore straniero presente sul territorio nazionale ha diritto di usufruire delle prestazioni mediche pediatriche a prescindere dalla condizione di regolarità del soggiorno e dall'iscrizione al Servizio sanitario nazionale».

2. Agli oneri derivanti dall'attuazione del presente articolo, valutati in euro 12.500.000 a decorrere dal 2009, si provvede mediante corrispondente riduzione, in maniera lineare, degli stanziamenti di parte corrente relativi alle autorizzazioni di spesa come determinate dalla tabella C della legge 22 dicembre 2008, n. 203. Il Ministro dell'economia è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.».

12.0.300 (testo 2)

SERAFINI ANNA MARIA, MARITATI, SBARBATI, BIANCO, CAROFIGLIO, LATORRE, INCOSTANTE, DELLA MONICA, CASSON, GALPERTI, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI, DE SENA, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, ADAMO, BAIO, CERUTI, GHEDINI, GUSTAVINO, PORETTI, D'ALIA

Accantonato

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 12-bis.

(Tutela della salute del minore straniero)

1. Dopo l'articolo 35 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, è inserito il seguente:

"Art. 35-bis. - (Diritto del minore alla salute) - 1. Fermo quanto previsto dagli articoli 34 e 35 , il minore straniero presente sul territorio nazionale ha diritto di usufruire, a parità con i minori italiani e in conformità con quanto disposto dalla Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176, delle prestazioni mediche pediatriche, urgenti e continuative, in ospedale e sul territorio, nei consultori, anche attraverso la continuità delle cure garantita dall'assistenza pediatrica di base, con l'iscrizione in deroga ai Pediatri di Famiglia e a prescindere dalla condizione di regolarità del soggiorno, dalla residenza anagrafica e dall'iscrizione al Servizio sanitario nazionale".

2. Agli oneri derivanti dall'attuazione del presente articolo, valutati in euro 12.500.000 a decorrere dal 2009, si provvede mediante corrispondente riduzione in maniera lineare, degli stanziamenti di parte corrente relativi alle autorizzazioni di spesa come determinate dalla tabella C della legge 22 dicembre 2008, n. 203. Il Ministro dell'economia è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio».

12.0.101

PORETTI, PERDUCA, BONINO

Precluso dall'approvazione dell'em. 1.700. Cfr. seduta n. 123.

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 12-bis.

È abrogato il comma 11-bis dell'articolo 61 del codice penale.»

ARTICOLO 13 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE

Art. 13.

Approvato

(Ulteriori modifiche al codice penale)

1. All'articolo 61, primo comma, del codice penale, dopo il numero 11-bis), è aggiunto il seguente:

«11-ter) l'aver commesso il fatto ai danni di soggetti minori all'interno o nelle immediate vicinanze di scuole per l'infanzia e istituti di istruzione e formazione di ogni ordine e grado».

2. All'articolo 527 del codice penale, dopo il primo comma è inserito il seguente:

«La pena è aumentata da un terzo alla metà, se il fatto è commesso all'interno o nelle immediate vicinanze di luoghi abitualmente frequentati da minori e se da ciò deriva il pericolo che essi vi assistano».

3. All'articolo 609-ter, primo comma, del codice penale, dopo il numero 5) è aggiunto il seguente:

«5-bis) all'interno o nelle immediate vicinanze di istituto d'istruzione o di formazione frequentato dalla persona offesa».

EMENDAMENTI

13.100

PORETTI, PERDUCA, BONINO

Respinto

Sopprimere i commi 2 e 3.

13.101

LI GOTTI, BELISARIO, PARDI, GIAMBRONE, CARLINO, ASTORE, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA, RUSSO

Respinto

Al comma 3, aggiungere, in fine, il seguente numero:

«5-ter) nei confronti della persona della quale il colpevole sia il coniuge, il convivente o comunque la persona che sia o sia stata legata da stabile relazione affettiva anche senza convivenza».

13.102

LI GOTTI, BELISARIO, PARDI, GIAMBRONE, CARLINO, ASTORE, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA, RUSSO

Respinto

Dopo il comma 3, aggiungere il seguente:

«3-bis. Dopo l'articolo 609-decies è aggiunto il seguente:

"Art. 609-undecies. - (Adescamento di minorenni). - Chiunque, allo scopo di abusare o sfruttare sessualmente un minore di anni sedici, intrattiene con lui, anche attraverso l'utilizzazione della rete internet o di altre reti o mezzi di comunicazione, una relazione tale da sedurlo, ingannarlo e comunque carpirne la fiducia, è punito con la reclusione da uno a tre anni"».

EMENDAMENTI TENDENTI AD INSERIRE ARTICOLI AGGIUNTIVI DOPO L'ARTICOLO 13

13.0.300

THALER AUSSERHOFER, PINZGER, PETERLINI

Ritirato

Dopo l'articolo 13,inserire il seguente:

«Art. 13-bis.

1. All'articolo 13, comma 1, del regio decreto 28 marzo 1929, n.499 recante "Disposizioni relative ai libri fondiari nei territori delle nuove province" dopo le parole: "sottoscrizione autenticata" sono inserite le seguenti: "secondo le modalità di cui al comma 2, dell'articolo 21 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445"».

13.0.301

THALER AUSSERHOFER, PINZGER, PETERLINI

Ritirato

Dopo l'articolo 13,inserire il seguente:

«Art. 13-bis.

1. L'articolo 2630 del codice civile è sostituito dal seguente:

"Art. 2630.

Ogni organo di società o consorzio che, in relazione alle funzioni attribuite per legge o per statuto, ometta di eseguire, nei termini prescritti, denunce, comunicazioni o depositi presso il registro delle imprese e'tenuto al pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria da 206 euro a 2.065 euro.

In caso di adempimento tardivo, ossia non superiore a trenta giorni rispetto ai termini prescritti, la pena pecuniaria e'ridotta di un terzo. Se si tratta di omesso deposito dei bilanci, la sanzione amministrativa pecuniaria è aumentata di un terzo"».

ARTICOLO 14 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE

Art. 14.

Approvato nel testo emendato.

Modifiche all'articolo 614 del codice penale e agli articoli 380 e 381del codice di procedura penale)

1. All'articolo 614, primo comma, del codice penale, le parole «fino a tre anni» sono sostituite dalle seguenti: «da sei mesi a tre anni».

2. Al codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 380, comma 2, la lettera e) è sostituita dalla seguente:

«e) delitto di furto quando ricorre la circostanza aggravante prevista dall'articolo 4 della legge 8 agosto 1977, n.533, o taluna delle circostanze aggravanti previste dall'articolo 625, primo comma, numeri 2), prima ipotesi, 3) e 5), del codice penale, salvo che ricorra, in questi ultimi casi, la circostanza attenuante di cui all'articolo 62, primo comma, numero 4), del codice penale»;

b) all'articolo 381, comma 2, dopo la lettera f) è inserita la seguente:

«f-bis) violazione di domicilio prevista dall'articolo 614, primo comma, del codice penale».

EMENDAMENTO

14.650

IL GOVERNO

Approvato

Al comma 2, lettera b), sostituire la lettera f-bis) con la seguente:

«f-bis) violazione di domicilio prevista dall'articolo 614, primo e secondo comma, del codice penale».

ARTICOLO 15 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE

Art. 15.

Approvato

(Modifiche agli articoli 625 e 628 del codice penale)

1. All'articolo 625, primo comma, del codice penale, dopo il numero 8) sono aggiunti i seguenti:

«8-bis) se il fatto è commesso all'interno di mezzi di pubblico trasporto;

8-ter) se il fatto è commesso nei confronti di persona che si trovi nell'atto di fruire ovvero che abbia appena fruito dei servizi di istituti di credito, uffici postali o sportelli automatici adibiti al prelievo di denaro».

2. All'articolo 628, terzo comma, del codice penale, dopo il numero 3) sono aggiunti i seguenti:

«3-bis) se il fatto è commesso nei luoghi di cui all'articolo 624-bis;

3-ter) se il fatto è commesso all'interno di mezzi di pubblico trasporto;

3-quater) se il fatto è commesso nei confronti di persona che si trovi nell'atto di fruire ovvero che abbia appena fruito dei servizi di istituti di credito, uffici postali o sportelli automatici adibiti al prelievo di denaro».

EMENDAMENTI

15.100

CASSON, BIANCO, INCOSTANTE, DE SENA, DELLA MONICA, LATORRE, CAROFIGLIO, MARITATI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, ADAMO, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI

Respinto

Al comma 1, capoverso «8-ter», sostituire le parole da: «che si trovi» fino a: «fruito dei» con le seguenti: «che abbia prelevato denaro usufruendo di».

15.101

CASSON, BIANCO, INCOSTANTE, DE SENA, DELLA MONICA, LATORRE, CAROFIGLIO, MARITATI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, ADAMO, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI

Respinto

Al comma 2, capoverso «3-quater», sostituire le parole da: «che si trovi» fino a: «fruito dei» con le seguenti: «che abbia prelevato denaro usufruendo di».

ARTICOLI 16 E 17 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE

Art. 16.

Approvato

(Modifica all'articolo 640 del codice penale)

1. All'articolo 640, secondo comma, del codice penale, dopo il numero 2) è aggiunto il seguente:

«2-bis) se il fatto è commesso in presenza della circostanza di cui all'articolo 61, primo comma, numero 5)».

Art. 17.

Approvato

(Modifiche al codice penale in materia di sequestro di persona e sottrazione di persone incapaci)

1. Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 605, dopo il secondo comma sono aggiunti i seguenti:

«Se il fatto di cui al primo comma è commesso in danno di un minore, si applica la pena della reclusione da tre a dodici anni. Se il fatto è commesso in presenza di taluna delle circostanze di cui al secondo comma, ovvero in danno di minore di anni quattordici o se il minore sequestrato è condotto o trattenuto all'estero, si applica la pena della reclusione da tre a quindici anni.

Le pene previste dal terzo comma sono altresì diminuite fino alla metà nei confronti dell'imputato che si adopera concretamente:

1) affinché il minore riacquisti la propria libertà;

2) per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, aiutando concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella raccolta di elementi di prova decisivi per la ricostruzione dei fatti, per l'individuazione o la cattura di uno o più autori di reati;

3) per evitare la commissione di ulteriori fatti di sequestro di minore»;

b) nel libro II, titolo IX, capo IV, dopo l'articolo 574 è inserito il seguente:

«Art. 574-bis. - (Sottrazione e trattenimento di minore all'estero). - Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque sottrae un minore al genitore esercente la potestà dei genitori o al tutore, conducendolo o trattenendolo all'estero contro la volontà del medesimo genitore o tutore, impedendo in tutto o in parte allo stesso l'esercizio della potestà genitoriale, è punito con la reclusione da uno a quattro anni.

Se il fatto di cui al primo comma è commesso nei confronti di un minore che abbia compiuto gli anni quattordici e con il suo consenso, si applica la pena della reclusione da sei mesi a tre anni.

Se i fatti di cui al primo e secondo comma sono commessi da un genitore in danno del figlio minore, la condanna comporta la sospensione dall'esercizio della potestà dei genitori».

EMENDAMENTO

17.100

CASSON, BIANCO, INCOSTANTE, DE SENA, DELLA MONICA, LATORRE, CAROFIGLIO, MARITATI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, ADAMO, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI

Respinto

Al comma 1, lettera a), al numero 3) del comma quarto dell'articolo 605, ivi richiamato, aggiungere, in fine, le seguenti parole:«o comunque di altra persona».

ARTICOLO 18 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE

Art. 18.

Non posto in votazione (*)

(Modifiche alla legge 2 ottobre 1967, n. 895, e alla legge 18 aprile 1975, n.110)

1. All'articolo 4 della legge 2 ottobre 1967, n. 895, il secondo comma è sostituito dal seguente:

«La pena prevista dal primo comma è raddoppiata, se le armi sono utilizzate per commettere un reato:

a) quando il fatto è commesso da persone travisate o da più persone riunite;

b) quando il fatto è commesso nei luoghi di cui all'articolo 61, primo comma, numero 11-ter), del codice penale;

c) quando il fatto è commesso di notte in luogo abitato, nelle immediate vicinanze di istituti di credito, uffici postali o sportelli automatici adibiti al prelievo di denaro, parchi e giardini pubblici o aperti al pubblico, stazioni ferroviarie, anche metropolitane, e luoghi destinati alla sosta o alla fermata di mezzi di pubblico trasporto».

2. All'articolo 4 della legge 18 aprile 1975, n. 110, l'ultimo comma è sostituito dal seguente:

«La pena prevista dal primo comma è raddoppiata quando ricorre la circostanza prevista dall'articolo 4 della legge 2 ottobre 1967, n. 895».

________________

(*) Approvato l'emendamento 18.650, interamente sostitutivo dell'articolo.

EMENDAMENTI

18.650

IL GOVERNO

Approvato

Sostituire l'articolo con il seguente:

«Art. 18. - (Modifiche alla legge 2 ottobre 1967, n. 895, e alla legge 18 aprile 1975, n. 110). - 1. All'articolo 4 della legge 2 ottobre 1967, n.895, il secondo comma è sostituito dal seguente: "Salvo che il porto d'arma costituisca elemento costitutivo o circostanza aggravante specifica per il reato commesso, la pena prevista dal primo comma è aumentata da un terzo alla metà:

a) quando il fatto è commesso da persone travisate o da più persone riunite;

b) quando il fatto è commesso nei luoghi di cui all'articolo 61, primo comma, numero 11-ter del codice penale;

c) quando il fatto è commesso di notte in luogo abitato, nella immediate vicinanze di istituti di credito, uffici postali o sportelli automatici adibiti al prelievo di denaro, parchi e giardini pubblici o aperti al pubblico, stazioni ferroviarie, anche metropolitane, e luoghi destinati alla sosta o alla fermata di mezzi di pubblico trasporto".

2. All'articolo 4 della legge 18 aprile 1975, n. 110, il sesto comma è sostituito dal seguente:

"La pena prevista dal terzo comma è raddoppiata quando ricorre la circostanza prevista dall'articolo 4, secondo comma, della legge 2 ottobre 1967, n. 895, salvo che l'uso costituisca elemento costitutivo o circostanza aggravante specifica per il reato commesso"».

18.800

IL GOVERNO

Ritirato

Al comma 1, capoverso, articolo 4, secondo comma, della legge 2 ottobre 1967, n.895, sopprimere le parole: «se le armi sono utilizzate per commettere un reato».

18.801

IL GOVERNO

Ritirato

Il comma 2 è sostituito dal seguente:

«Alla legge 18 aprile 1975, n.110, all'articolo 4, sesto comma dopo le parole: «compiere reati» aggiungere le seguenti: «ovvero ricorre una delle circostanze previste dall'articolo 4, secondo comma, della legge 2 ottobre 1967, n.895».

EMENDAMENTI TENDENTI AD INSERIRE ARTICOLI AGGIUNTIVI DOPO L'ARTICOLO 18

18.0.300 (già 15.0.300 testo corretto)

BONFRISCO, CARRARA, CASOLI, BIANCONI, SALTAMARTINI

V. testo 2

Dopo l'articolo 15, aggiungere il seguente:

«Art. 15-bis.

(Norme di attuazione dell'articolo 2 della legge 18 aprile 1975, n. 110 in materia di controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi)

1. Al fine di pervenire alla armonizzazione della normativa nazionale con quella vigente negli altri paesi comunitari, il Ministro dell'interno definisce con regolamento, di concerto con il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, da emanare nel termine di 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, le caratteristiche tecniche degli strumenti di autodifesa, di cui all'articolo 2, terzo comma della legge 18 aprile 1975, n.110, che nebulizzano un principio attivo naturale a base di oleoresin capsicum, e che non abbiano l'attitudine a recare offesa alla persona».

18.0.300 (già 15.0.300 testo corretto) (testo 2)

BONFRISCO, CARRARA, CASOLI, BIANCONI, SALTAMARTINI

Approvato

Dopo l'articolo 15, aggiungere il seguente:

«Art. 15-bis.

(Norme di attuazione dell'articolo 2 della legge 18 aprile 1975, n. 110 in materia di controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi)

1. Il Ministro dell'interno definisce con regolamento, di concerto con il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, da emanare nel termine di 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, le caratteristiche tecniche degli strumenti di autodifesa, di cui all'articolo 2, terzo comma della legge 18 aprile 1975, n.110, che nebulizzano un principio attivo naturale a base di oleoresin capsicum, e che non abbiano l'attitudine a recare offesa alla persona».

18.0.301 (già 15.0.301)

SALTAMARTINI, BONFRISCO

Ritirato

Dopo l'articolo 15, aggiungere il seguente:

«Art. 15-bis.

1. Dopo l'articolo 4, della legge 18 aprile 1975, n. 110, è inserito il seguente:

"Art. 4-bis.

(Bombolette a gas per difesa personale).

1. Non sono considerate armi ai fini delle disposizioni penali della presente legge, i dispositivi e le bombolette che emettono gas per difesa personale.

Si applicano le disposizioni di cui all'articolo 2 delle presente legge e sono considerati armi, i dispositivi di cui al presente articolo, ove siano utilizzati per la commissione di reati".

2. Le caratteristiche tecniche e il contenuto dei dispositivi di autodifesa, di cui al comma precedente, che debbono essere innocui e non invasivi per la salute umana, sono disciplinati con regolamento del Ministro dell'interno di concerto con il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, da emanarsi nel termine di 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge"».

ARTICOLO 19 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE

Art. 19.

Approvato nel testo emendato.

(Ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato)

1. Al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) dopo l'articolo 10 è inserito il seguente:

«Art. 10-bis. - (Ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato). - 1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, lo straniero che fa ingresso, ovvero si trattiene nel territorio dello Stato, in violazione delle disposizioni del presente testo unico nonché di quelle di cui all'articolo 1 della legge 28 maggio 2007, n. 68, è punito con l'ammenda da 5.000 a 10.000 euro. Al reato di cui al presente comma non si applica l'articolo 162 del codice penale.

2. Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano allo straniero destinatario del provvedimento di respingimento ai sensi dell'articolo 10, comma 1.

3. Al procedimento penale per il reato di cui al comma 1 si applicano le disposizioni di cui agli articoli 20-bis, 20-ter e 32-bis del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274.

4. Ai fini dell'esecuzione dell'espulsione dello straniero denunciato ai sensi del comma 1 non è richiesto il rilascio del nulla osta di cui all'articolo 13, comma 3, da parte dell'autorità giudiziaria competente all'accertamento del medesimo reato. Il questore comunica l'avvenuta esecuzione dell'espulsione ovvero del respingimento di cui all'articolo 10, comma 2, all'autorità giudiziaria competente all'accertamento del reato.

5. Il giudice, acquisita la notizia dell'esecuzione dell'espulsione o del respingimento ai sensi dell'articolo 10, comma 2, pronuncia sentenza di non luogo a procedere. Se lo straniero rientra illegalmente nel territorio dello Stato prima del termine previsto dall'articolo 13, comma 14, si applica l'articolo 345 del codice di procedura penale.

6. Nel caso di presentazione di una domanda di protezione internazionale di cui al decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251, il procedimento è sospeso. Acquisita la comunicazione del riconoscimento della protezione internazionale di cui al decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251, ovvero del rilascio del permesso di soggiorno nelle ipotesi di cui all'articolo 5, comma 6, del presente testo unico, il giudice pronuncia sentenza di non luogo a procedere»;

b) all'articolo 16, comma 1, le parole: «sentenza di condanna per un reato non colposo» sono sostituite dalle seguenti: «sentenza di condanna per il reato di cui all'articolo 10-bis ovvero sentenza di condanna per un reato non colposo».

EMENDAMENTI

19.100

D'ALIA

Respinto

Sopprimere l'articolo.

19.101

LI GOTTI, BELISARIO, PARDI, GIAMBRONE, CARLINO, ASTORE, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA, RUSSO

Id. em. 19.100

Sopprimere l'articolo.

19.102

CASSON, BIANCO, INCOSTANTE, DE SENA, DELLA MONICA, LATORRE, CAROFIGLIO, MARITATI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, ADAMO, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI

Id. em. 19.100

Sopprimere l'articolo.

19.103

PERDUCA, PORETTI, BONINO

Id. em. 19.100

Sopprimere l'articolo.

19.104

INCOSTANTE, CASSON, BIANCO, MARITATI, CAROFIGLIO, DELLA MONICA, GALPERTI, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI, DE SENA, D'AMBROSIO, LATORRE, ADAMO, CHIURAZZI

Respinto

Sostituire l'articolo con il seguente:

«Art. 19. - (Fondo per il finanziamento dei premi di produttività alle forze dell'ordine). - 1. Presso il Ministero dell'interno è istituito il «Fondo a sostegno del finanziamento dei premi di produttività alle forze dell'ordine», destinato a finanziare, con le risorse previste dall'articolo 55, i premi di produttività per le forze dell'ordine impegnate in operazioni e attività di prevenzione e contrasto della criminalità organizzata.

2. Il Ministro dell'interno è autorizzare ad emanare, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, un regolamento per l'attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo, recante anche la disciplina di riparto delle risorse appositamente stanziate».

19.105

CASSON, BIANCO, INCOSTANTE, MARITATI, CAROFIGLIO, DELLA MONICA, GALPERTI, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI, DE SENA, D'AMBROSIO, LATORRE, ADAMO, CHIURAZZI

Respinto

Sostituire l'articolo con il seguente:

«Art. 19. - (Fondo a sostegno del finanziamento dei premi di produttività alle forze dell'ordine). - 1. Presso il Ministero dell'interno è istituito il »Fondo a sostegno del finanziamento dei premi di produttività alle forze dell'ordine«, destinato a finanziare, con le risorse previste dall'articolo 55, i premi di produttività per le forze dell'ordine.

2. Il Ministro dell'interno è autorizzare ad emanare, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, un regolamento per l'attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo, recante anche la disciplina di riparto delle risorse appositamente stanziate».

19.106

CASSON, BIANCO, D'AMBROSIO, LATORRE, DELLA MONICA, GALPERTI, ADAMO, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI, DE SENA, INCOSTANTE, CAROFIGLIO, MARITATI, CHIURAZZI

Respinto

Sostituire l'articolo con il seguente:

«Art. 19. - (Fondo per le indagini in materia di criminalità organizzata). - 1. Presso il Ministero dell'interno è istituito il "Fondo per le indagini in materia di criminalità organizzata", destinato all'acquisto di risorse e mezzi per l'espletamento di indagini di polizia giudiziaria in materia di criminalità organizzata.

2. Il Ministro dell'interno è autorizzare ad emanare, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, un regolamento per l'attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo».

19.108

INCOSTANTE, BIANCO, CASSON, DELLA MONICA, GALPERTI, ADAMO, BASTICO, CECCANTI, LATORRE, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI, DE SENA, CAROFIGLIO, MARITATI, CHIURAZZI

Respinto

Al comma 1, lettera a), capoverso «Art. 10-bis», al comma 1, sostituire le parole: «in violazione delle disposizioni del presente testo unico nonché di» con le seguenti: «violando intenzionalmente le disposizioni del presente testo unico, nonché».

19.107

PISTORIO, OLIVA

Ritirato

Al comma 1, lettera a), capoverso «Art. 10-bis», al primo periodo, aggiungere, in fine, le seguenti parole: «quando l'ingresso non avvenga in presenza delle condizioni previste dall'art. 19, comma 1, o comunque per un giustificato motivo. In ogni caso il respingimento esclude la sussistenza del reato».

19.111

CASSON, BIANCO, INCOSTANTE, DE SENA, DELLA MONICA, LATORRE, CAROFIGLIO, MARITATI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, ADAMO, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI

Respinto

Al comma 1, lettera a),capoverso «Art. 10-bis», al comma 2, dopo le parole: «ai sensi dell'articolo 10, comma 1», aggiungere, in fine, il seguente periodo: «Non è punibile lo straniero che sia stato costretto o indotto con artifici o raggiri, ovvero con abuso di autorità o approfittamento di una situazione di inferiorità fisica o psichica o di una situazione di necessità, a commettere il fatto di cui al comma 1».

19.113

CASSON, BIANCO, INCOSTANTE, DE SENA, DELLA MONICA, LATORRE, CAROFIGLIO, MARITATI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, ADAMO, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI

Respinto

Al comma 1, lettera a), capoverso «Art. 10-bis», sopprimere il comma 3.

19.109

CASSON, BIANCO, MARITATI, INCOSTANTE, CAROFIGLIO, DELLA MONICA, GALPERTI, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI, DE SENA, LATORRE, ADAMO, CHIURAZZI

Respinto

Al comma 1, lettera a), al capoverso «Art. 10-bis», sostituire i commi 3, 4 e 5 con i seguenti:

«3. Fermo quanto disposto dagli articoli 13, comma 2-bis e 19, il giudice, nel pronunciare sentenza di condanna o nell'applicare la pena su richiesta ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale per il delitto di cui al comma l, quando non ricorrono le condizioni per ordinare la sospensione condizionale della pena ai sensi dell'articolo 163 del codice penale, può sostituire la pena con la misura dell'espulsione con divieto di reingresso nel territorio dello Stato, per un periodo compreso tra cinque e dieci anni.

4. L'espulsione di cui al comma 3 è eseguita dal questore anche se la sentenza non è irrevocabile, secondo le modalità di cui all'articolo 13, comma 4.

5. Se lo straniero espulso a norma del comma 3 rientra illegalmente nel territorio dello Stato prima del termine previsto dal comma 3, la sanzione sostitutiva è revocata dal giudice competente».

Conseguentemente, sopprimere la lettera b).

19.114

BIANCO, CASSON, INCOSTANTE, DE SENA, DELLA MONICA, LATORRE, CAROFIGLIO, MARITATI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, ADAMO, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI

Respinto

Al comma 1, lettera a),capoverso «Art. 10-bis», al comma 3, sostituire le parole: «di cui agli articoli 20-bis, 20-ter e 32-bis», con le seguenti: «di cui all'articolo 20».

Conseguentemente, dopo la lettera b), aggiungere, in fine, la seguente:

«b-bis). All'articolo 4, comma 2, del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, dopo la lettera s), aggiungere, in fine, la seguente:

«s-bis) articolo 10-bis del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni».

19.110

DE SENA, CASSON, BIANCO, INCOSTANTE, DELLA MONICA, LATORRE, CAROFIGLIO, MARITATI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, ADAMO, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI

Respinto

Al comma 1, lettera a),capoverso «Art. 10-bis», sostituire i commi 4 e 5 con i seguenti:

«4. Nei confronti dello straniero denunciato ai sensi del comma 1 è disposta l'espulsione con decreto motivato immediatamente esecutivo e non è richiesto il rilascio del nulla osta di cui all'articolo 13, comma 3, da parte dell'autorità giudiziaria competente all'accertamento del medesimo reato. Il consenso e la collaborazione all'esecuzione del provvedimento di espulsione ovvero del respingimento di cui all'articolo 10, comma 2, prestati dalla persona denunciata per il reato di cui al comma 1, determina la sospensione del procedimento penale. Trascorsi cinque anni dalla sospensione il giudice dichiara l'estinzione del reato. Il questore comunica l'avvenuta esecuzione dell'espulsione ovvero del respingimento di cui all'articolo 10, comma 2, all'autorità giudiziaria competente all'accertamento del reato.

5. Se lo straniero espulso ai sensi del comma 4 rientra illegalmente nel territorio dello Stato durante il termine di cinque anni previsto dal medesimo comma, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 345 del codice di procedura penale e la pena prevista dal comma 1 è aumentata sino alla metà.

5-bis. La commissione del reato di cui al comma 1 da parte dello straniero che abbia già beneficiato dell'estinzione di cui al comma 4 è punita con la reclusione da 2 a 6 anni».

19.112

DELLA MONICA, CASSON, BIANCO, INCOSTANTE, DE SENA, LATORRE, CAROFIGLIO, MARITATI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, ADAMO, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI

Respinto

Al comma 1, lettera a), capoverso «Art. 10-bis», al primo periodo del comma 6, dopo le parole: «di cui al decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251», inserire le seguenti:«,ovvero di istanza o proposta di rilascio di permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale ai sensi dell'articolo 18 del presente testo unico».

Conseguentemente, alla lettera a), al secondo periodo del comma 6, sostituire le parole: «all'articolo 5, comma 6» con le seguenti: «agli articoli 5, comma 6 o 18».

19.800

IL GOVERNO

Approvato

Al comma 1, la lettera b), è sostituita dalla seguente:

«b)all'articolo 16, comma 1, le parole: "né le cause ostative" sono sostituite dalle seguenti: "ovvero nel pronunciare sentenza di condanna per il reato di cui all'articolo 10-bis, qualora non ricorrano le cause ostative».

19.115

DELLA MONICA, CASSON, BIANCO, INCOSTANTE, DE SENA, LATORRE, CAROFIGLIO, MARITATI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, ADAMO, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI

Respinto

Al comma 1, dopo la lettera b), aggiungere la seguente:

«b-bis) al comma 1 dell'articolo 18 alle parole: "per taluno dei delitti di cui all'articolo 3 della legge 20 febbraio 1958, n. 75", sono preposte le seguenti: "per tal uno dei delitti previsti dalla Sezione I del Capo III del Titolo XII del codice penale ovvero dagli articoli 572, 581, 582, 583-bis, e da 609-bis a 609-octies del medesimo codice, ovvero" e dopo le parole: "per effetto dei tentativi di sottrarsi" sono inserite le seguenti "alla violenza o agli abusi, ovvero"».

EMENDAMENTI TENDENTI AD INSERIRE ARTICOLI AGGIUNTIVI DOPO L'ARTICOLO 19

19.0.800 testo 2/1

CASSON, MARITATI, LATORRE, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, GALPERTI

Respinto

All'emendamento 19.0.800 (testo 2), capoverso «Articolo 20-bis», al comma 4, dopo le parole: «L'ufficiale giudiziario» inserire le seguenti: «ovvero di polizia giudiziaria».

19.0.800 testo 2/2

CASSON, MARITATI, LATORRE, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, GALPERTI

Respinto

All'emendamento 19.0.800 (testo 2), capoverso «Articolo 32-bis», sostituire il comma 2, con il seguente:

"2. La persona offesa e i testimoni possono essere citati, anche oralmente da un ufficiale giudiziario o da un agente di polizia giudiziaria"».

19.0.800 (testo 2)

IL GOVERNO

Approvato

Dopo l'articolo 19,inserire il seguente:

«Art. 19-bis.

(Modifiche al decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274)

1. Al decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 4, comma 2, dopo la lettera s), inserire la seguente:

"s-bis) articolo 10-bis del decreto legislativo 25 luglio 1998, n.286, recante 'Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione giuridica dello straniero'".;

b) dopo l'articolo 20, sono inseriti i seguenti:

"Articolo 20-bis. - (Presentazione immediata a giudizio dell'imputato in casi particolari) - 1. Per i reati procedibili d'ufficio, in caso di flagranza di reato ovvero quando la prova è evidente, la polizia giudiziaria chiede al pubblico ministero l'autorizzazione a presentare immediatamente l'imputato a giudizio dinanzi al giudice di pace.

2. La richiesta di cui al comma 1, depositata presso la segreteria del pubblico ministero, contiene:

a) le generalità dell'imputato e del suo difensore, ove nominato;

b) l'indicazione delle persone offese dal reato;

c) la descrizione, in forma chiara e precisa, del fatto che si addebita all'imputato, con l'indicazione degli articoli di legge che si assumono violati;

d) l'indicazione delle fonti di prova a sostegno della richiesta, nonché le generalità dei testimoni e dei consulenti tecnici, con espressa indicazione delle circostanze su cui deve vertere l'esame;

e) la richiesta di fissazione dell'udienza per procedere nei confronti delle persone citate a giudizio.

3. Salvo che ritenga di richiedere l'archiviazione, il pubblico ministero autorizza la presentazione immediata nei quindici giorni successivi, indicando la data e l'ora del giudizio dinanzi al giudice di pace e nominando un difensore d'ufficio all'imputato che ne è privo. Se non ritiene sussistere i presupposti per la presentazione immediata o se ritiene la richiesta manifestamente infondata ovvero presentata dinanzi ad un giudice di pace incompetente per territorio, il pubblico ministero provvede ai sensi dell'articolo 25, comma 2.

4. L'ufficiale giudiziario, notifica senza ritardo all'imputato e al suo difensore copia della richiesta di cui al comma 2 e dell'autorizzazione del pubblico ministero.

"Articolo 20-ter. - (Citazione contestuale dell'imputato in udienza in casi particolari). - 1. Nei casi previsti dall'articolo 20-bis, comma 1, quando ricorrono gravi e comprovate ragioni di urgenza che non consentono di attendere la fissazione dell'udienza ai sensi del comma 3 del medesimo articolo, ovvero se l'imputato si trova a qualsiasi titolo sottoposto a misure di limitazione o privazione della libertà personale, la polizia giudiziaria formula altresì richiesta di citazione contestuale per l'udienza.

2. Se ritiene sussistere i presupposti di cui al comma 1, il pubblico ministero rinvia l'imputato direttamente dinanzi al giudice di pace con citazione per l'udienza contestuale all'autorizzazione di cui all'articolo 20-bis, comma 3, altrimenti provvede ai sensi del comma 3 del medesimo articolo.

3. Quando il pubblico ministero dispone la citazione ai sensi del comma 2, la polizia giudiziaria conduce l'imputato che si trova a qualsiasi titolo sottoposto a misure di limitazione o privazione della libertà personale direttamente dinanzi al giudice di pace per la trattazione del procedimento, salvo che egli espressamente rinunzi a partecipare all'udienza. Se l'imputato non si trova sottoposto a misure di limitazione o privazione della libertà personale, la polizia giudiziaria notifica immediatamente allo stesso la richiesta di cui al comma 1 e il provvedimento del pubblico ministero. Copia della richiesta e del provvedimento del pubblico ministero sono altresì comunicati immediatamente al difensore".

c) dopo l'articolo 32, è inserito il seguente:

"Articolo 32-bis. - (Svolgimento del giudizio a presentazione immediata). - 1. Nel corso del giudizio a presentazione immediata di cui agli articoli 20-bis e 20-ter si osservano le posizioni dell'articolo 32.

2. La persona offesa e i testimoni possono essere citati anche oralmente dall'ufficiale giudiziario nel corso del giudizio a presentazione immediata di cui all'articolo 20-bis. Nel corso del giudizio a citazione contestuale di cui all'articolo 20-ter la persona offesa e i testimoni possono essere citati anche oralmente dall'ufficiale giudiziario ovvero dalla polizia giudiziaria.

3. Il pubblico ministero, l'imputato e la parte civile presentano direttamente a dibattimento i propri testimoni e consulenti tecnici.

4. Il pubblico ministero contesta l'imputazione all'imputato presente.

5. L'imputato è avvisato della facoltà di chiedere un termine a difesa non superiore a sette giorni. Quando l'imputato si avvale di tale facoltà, il dibattimento è sospeso fino all'udienza immediatamente successiva alla scadenza del termine. Nel caso previsto dall'articolo 20-ter, il termine non può essere superiore a quarantotto ore".

d) dopo l'articolo 62, è inserito il seguente:

"Articolo 62-bis. - (Espulsione a titolo di sanzione sostitutiva). - Nei casi stabiliti dalla legge, il giudice di pace applica la misura sostitutiva di cui all'articolo 16 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n.286, recante 'Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione giuridica dello straniero'"».

ARTICOLI 20, 21, 22 E 23 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE

Art. 20.

Approvato

(Poteri di accesso e accertamento del prefetto)

1. Al decreto legislativo 8 agosto 1994, n.490, recante: «Disposizioni attuative della legge 17 gennaio 1994, n. 47, in materia di comunicazioni e certificazioni previste dalla normativa antimafia», sono apportate le seguenti modificazioni:

a) nel titolo sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, nonché disposizioni concernenti i poteri del prefetto in materia di contrasto alla criminalità organizzata»;

b) dopo l'articolo 5 è inserito il seguente:

«Art. 5-bis. - (Poteri di accesso e accertamento del prefetto). - 1. Per l'espletamento delle funzioni volte a prevenire infiltrazioni mafiose nei pubblici appalti, il prefetto può disporre accessi ed accertamenti nei cantieri delle imprese interessate all'esecuzione di lavori pubblici, avvalendosi, a tal fine, dei gruppi interforze di cui all'articolo 5, comma 3, del decreto del Ministro dell'interno 14 marzo 2003, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.54 del 5 marzo 2004.

2. Con regolamento, da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, di concerto con il Ministro dell'interno, il Ministro della giustizia ed il Ministro dello sviluppo economico, sono definite, nel quadro delle norme previste dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1998, n. 252, le modalità di rilascio delle comunicazioni e delle informazioni riguardanti gli accessi e gli accertamenti effettuati presso i cantieri di cui al comma 1».

Art. 21.

Approvato

(Modifica al decreto-legge 6 giugno 1982, n.629, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 ottobre 1982, n. 726)

1. Al quarto comma dell'articolo 1 del decreto-legge 6 giugno 1982, n. 629, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 ottobre 1982, n. 726, le parole: «banche, istituti di credito pubblici e privati, società fiduciarie e presso ogni altro istituto o società che esercita la raccolta del risparmio o l'intermediazione finanziaria» sono sostituite dalle seguenti: «e i soggetti di cui al capo III del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231».

Art. 22.

Approvato

(Modifiche all'articolo 1 e al titolo della legge 31 maggio 1965, n. 575)

1. All'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «ovvero del delitto di cui all'articolo 12-quinquies, comma 1, del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356».

2. Il titolo della legge 31 maggio 1965, n.575, è sostituito dal seguente: «Disposizioni contro le organizzazioni criminali di tipo mafioso, anche straniere».

Art. 23.

(Modifica alle disposizioni del codice di procedura penale in tema di misure cautelari personali)

1. All'articolo 275, comma 3, del codice di procedura penale, le parole: «all'articolo 416-bis del codice penale o ai delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo 416-bis ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo» sono sostituite dalle seguenti: «all'articolo 51, commi 3-bis, 3-quater e 3-quinquies».

EMENDAMENTI

23.100

LI GOTTI, BELISARIO, PARDI, GIAMBRONE, CARLINO, ASTORE, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA, RUSSO

Respinto

Al comma 1, premettere il seguente:

01. Al codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 274, comma 1, lettera c), dopo le parole: «o dai suoi precedenti penali» sono inserite le seguenti: «o giudiziari, ovvero dalle risultanze desumibili dal servizio informatico previsto dall'articolo 97 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del presente codice di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271 », e dopo le parole: «sussiste il concreto pericolo che questi commetta», sono inserite le seguenti: «uno dei delitti di cui all'articolo 380, ovvero altri»;

b) all'articolo 275, il comma 1-bis è sostituito dal seguente:

«1-bis. Contestualmente ad una sentenza di condanna, le misure cautelari personali sono sempre disposte quando, anche tenendo conto degli elementi sopravvenuti, risultano sussistere le esigenze cautelari previste dall'articolo 274, la condanna riguarda uno dei delitti previsti dall'articolo 380, e questo risulta commesso da soggetto condannato nei cinque anni precedenti per delitti della stessa indole»;

c) all'articolo 275, il comma 2-ter è abrogato.

23.101

PORETTI, PERDUCA, BONINO

Respinto

Sopprimere l'articolo.

23.104

LI GOTTI, BELISARIO, PARDI, GIAMBRONE, CARLINO, ASTORE, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA, RUSSO

Al comma 1, aggiungere, in fine, le seguenti parole: «, all'articolo 407, comma 2 lettera a), agli articoli 423-bis, primo, terzo e quarto comma, 439, 440, 624-bis e 628 del codice penale, all'articolo 12, commi 3-bis e 3-ter, del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n.286, e successive modificazioni, e all'articolo 260, commi 1 e 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152;».

23.103

CASSON, BIANCO, INCOSTANTE, DE SENA, DELLA MONICA, LATORRE, CAROFIGLIO, MARITATI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, ADAMO, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI

Al comma 1, dopo le parole: «e 3-quinquies» aggiungere, in fine, le seguenti: «, limitatamente alle fattispecie previste dagli articoli 600-bis, 600-ter e 600-quinquies del codice penale».

EMENDAMENTI TENDENTI AD INSERIRE ARTICOLI AGGIUNTIVI DOPO L'ARTICOLO 23

23.0.100

LI GOTTI, BELISARIO, PARDI, GIAMBRONE, CARLINO, ASTORE, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA, RUSSO

Dopo l'articolo 23,aggiungere il seguente:

«Art. 23-bis.

(Ulteriori modificazioni al codice di procedura penale)

1. Al codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 310, il comma 3 è abrogato;

b) all'articolo 311, dopo il comma 5, è aggiunto il seguente:

"5-bis. Il ricorso per cassazione avverso la decisione con la quale il tribunale, accogliendo l'appello del pubblico ministero, dispone una misura cautelare non ha effetto sospensivo";

c) all'articolo 392 il comma 1-bis è sostituito dal seguente:

"1-bis. Nei procedimenti per i delitti. di cui agli articoli 572, 600, 600-bis, 600-ter, anche se relativo al materiale pornografico di cui all'articolo 600-quater, 600-quinquies, 601, 602, 609-bis, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies e 609-undecies del codice penale il pubblico ministero, anche su richiesta della persona offesa, o la persona sottoposta alle indagini possono chiedere che si proceda con incidente probatorio all'assunzione della testimonianza di persona minorenne ovvero della persona offesa maggiorenne, anche al di fuori delle ipotesi previste dal comma 1"».

23.0.101

PORETTI, PERDUCA, BONINO

Dopo l'articolo 23,inserire il seguente:

«Art. 23-bis.

È abrogata la legge 13 febbraio 2006, n.59».

 

 


 

 

 

 

 

Senato della Repubblica

XVI LEGISLATURA

 

Assemblea

 

 

 

RESOCONTO SOMMARIO

RESOCONTO STENOGRAFICO

ALLEGATI

 

 

ASSEMBLEA

 

125a seduta pubblica

 

 

giovedì15 gennaio 2009

 

 

Presidenza della vice presidente MAURO,

indi del presidente SCHIFANI

e del vice presidente NANIA

 


(omissis)

 

Sulla copertura finanziaria del disegno di legge n. 733

LI GOTTI (IdV). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

LI GOTTI (IdV). Signor Presidente, intendo intervenire sull'ordine dei lavori e ritengo di farlo in questo momento e non quando si dovrà esaminare l'ultimo emendamento presentato sul disegno di legge in esame, ben conoscendo il suo rigore nell'applicazione dell'articolo 8 del Regolamento del Senato nella parte relativa alla concreta gestione dei lavori d'Aula. (Brusìo).

 

PRESIDENTE. Colleghi, vi pregherei di prestare maggiore attenzione agli interventi dei senatori. Il senatore Li Gotti sta ponendo un problema sull'ordine dei lavori attinente all'argomento in trattazione in Aula. Pertanto, merita attenzione e diritto di parola.

 

LI GOTTI (IdV). Ben conoscendo l'estremo rigore con cui lei, signor Presidente, ha dimostrato di saper bene interpretare ed applicare l'articolo 8 del Regolamento relativo all'esercizio dei suoi poteri, mi appello proprio a questa sua scrupolosa attenzione e sensibilità per porre un problema ora e non quando verrà esaminato l'ultimo emendamento presentato sul disegno di legge in titolo, proprio per consentire che la Commissione bilancio - mi riferisco ad una puntuale applicazione dell'articolo 81 della Costituzione - possa più congruamente rispondere e fornire un parere ulteriore rispetto a quello espresso ieri.

Infatti, la copertura finanziaria del disegno di legge in esame è stata quantificata con l'articolo 20 del testo originario tenendo in considerazione quanto prescritto nell'articolo 9, sempre del testo presentato dal Governo, quindi sulla base del costo dei processi che si sarebbero celebrati. Il costo indicato si rinviene nella relazione tecnica allegata al disegno di legge e viene rapportato al numero degli ingressi irregolari dell'ultimo anno ed all'effetto dissuasivo della norma che viene introdotta, pari ad un 10 per cento, per cui viene stimato che il numero degli ingressi irregolari si riduca a 49.050 unità.

La copertura finanziaria è quindi calcolata dal Governo sulla base di questi numeri: tanti ingressi illegali stimati, tanti i costi. Sennonché il reato è stato modificato, come sappiamo, prevedendosi non solo il reato d'ingresso illegale ma anche quello di soggiorno illegale e questo cambia notevolmente i numeri della platea dei destinatari dell'intervento.

Il Servizio del bilancio del Senato aveva sollevato questo problema, ponendo l'enorme differenza tra i due numeri (49.000 in un caso, 700.000 nell'altro), però ha valutato sulla base dei 49.000, perché quella era la platea interessata dall'articolo 9. Ora però la platea è cambiata, quindi torniamo a quei numeri diversi.

L'emendamento presentato dal Governo ha modificato la norma sulla copertura finanziaria, non nelle cifre, che sono rimaste identiche e parametrate all'articolo 9, ma nel cambio dell'articolo di riferimento, non più l'articolo 9, bensì l'articolo 19. Però le cifre restano le stesse. Noi sappiamo invece che le cifre non possono essere le stesse.

Sulla base di questa difettosa comunicazione, perché non bastava cambiare il numero dell'articolo, ma occorreva modificare la copertura finanziaria sul nuovo articolo e sulla nuova fattispecie di reato, la Commissione bilancio ha espresso un parere, sia pure intervenendo con piccole modifiche, di recepimento delle indicazioni di copertura finanziaria: 33.354.000 euro previsti nel disegno di legge; 33.731.000 euro proposti dalla Commissione bilancio. È la medesima somma, in sostanza.

Il problema che io pongo non è di lieve entità. Calcolare il costo dei processi per 49.000 persone porta ad un risultato; calcolare il costo dei processi per 500.000 persone, quanto è la platea dei destinatari di questa norma, significa moltiplicare per dieci la copertura prevista. Significa cioè passare da una copertura di 33 milioni di euro, solo per i processi, ad una copertura che sfiora i 400 milioni di euro.

Se noi manteniamo e prevediamo la copertura così come era originariamente prevista creiamo un grosso problema, perché poi dovremo pagare gli interpreti e gli avvocati per il gratuito patrocinio. Tutti quei costi, stimati per singolo processo in 650 euro dal Ministero, dovremo dunque moltiplicarli e trovare la copertura per pagare questi oneri.

Signor Presidente, solleciterei la sua sensibilità, che so molto particolare su questi temi, affinché inviti il presidente Azzollini e la 5a Commissione, quando ne avranno il tempo, visto che attualmente si stanno occupando di altri argomenti - ma il tempo c'è, ecco perché pongo ora questo problema e non aspetto l'ultimo momento - a congruamente valutare la corretta applicazione dell'articolo 81 della nostra Costituzione, ossia la concreta copertura finanziaria di questa legge. La ringrazio per avermi concesso la parola.

PRESIDENTE. Grazie a lei, senatore Li Gotti, anche perché ha portato in questo dibattito delle motivazioni estremamente articolate, importanti ed interessanti, che hanno una base logica e anche finanziaria.

Ho preso atto del suo intervento. Invito la Commissione bilancio, compatibilmente con i tempi che si è data sul federalismo fiscale, ma credo che, da quelle che sono le mie notizie, da qui a qualche ora dovrebbe concludere l'attività in proposito, a confrontarsi al proprio interno per motivare meglio le sue decisioni in relazione a quello che lei ha prospettato.

Lei sostiene, giustamente, dagli atti, che cambia la platea, con un emendamento aggiuntivo al testo iniziale, dei soggetti destinatari di sanzioni penali e quindi di procedimenti penali, per cui evidentemente aumentano i costi che saranno sostenuti dall'apparato giudiziario in funzione di questa innovazione; presenta quindi un problema di compatibilità tra la vecchia copertura ed una nuova ipotetica copertura in relazione all'ampliamento della platea. È un'obiezione estremamente strategica e fondata. Invito pertanto la Commissione a ritornare sul tema affinché la prossima volta che tratteremo l'argomento - sapete che lo faremo ai primi di febbraio - possa esaustivamente riferire in Aula.

Spero che il presidente Azzollini e i componenti della Commissione bilancio siano presenti e abbiano ascoltato le mie parole in relazione all'intervento del senatore Li Gotti.

 

Seguito della discussione del disegno di legge:

(733) Disposizioni in materia di sicurezza pubblica (ore 10,23)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge n. 733.

Riprendiamo l'esame degli articoli, nel testo proposto dalle Commissioni riunite.

Ricordo che nella seduta pomeridiana di ieri ha avuto inizio la votazione degli emendamenti riferiti all'articolo 23.

Prima di procedere con le votazioni, ha chiesto di intervenire il sottosegretario Mantovano.

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Presidente, intervengo solo per fare una correzione rispetto al parere espresso ieri sull'emendamento 23.103. Il parere è favorevole.

 

PRESIDENTE. Il relatore è conforme?

BERSELLI, relatore. Sì, Presidente, esprimo parere conforme a quello del Governo.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 23.104.

 

GIAMBRONE (IdV). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Giambrone, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Colleghi, in attesa che decorra il termine di venti minuti dal preavviso di cui all'articolo 119, comma 1, del Regolamento, sospendo la seduta fino alle ore 10,32.

 

(La seduta, sospesa alle ore 10,25, è ripresa alle ore 10,38).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 23.104, presentato dal senatore Li Gotti e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 23.103, presentato dal senatore Casson e da altri senatori.

È approvato.

Passiamo alla votazione dell'articolo 23, nel testo emendato.

 

INCOSTANTE (PD). Come annunciato, chiediamo la votazione a scrutinio segreto.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione a scrutinio segreto, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione a scrutinio segreto

 

PRESIDENTE. Indìco, ai sensi dell'articolo 113, comma 4, del Regolamento, la votazione a scrutinio segreto, mediante procedimento elettronico, dell'articolo 23, nel testo emendato.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 23.0.100.

 

GIAMBRONE (IdV). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Giambrone, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 23.0.100, presentato dal senatore Li Gotti e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 23.0.101, presentato dalla senatrice Poretti e da altri senatori.

Non è approvato.

 

Passiamo all'esame dell'articolo 24, su cui sono stati presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Do per illustrato l'emendamento 24.800.

PORETTI (PD). Signor Presidente, onorevoli colleghi, con l'emendamento 24.0.100 si intende introdurre un articolo aggiuntivo dopo l'articolo 24 che recita: «L'amministrazione penitenziaria deve organizzare corsi di preparazione al rilascio per i condannati che devono scontare meno di sei mesi di pena residua. Essi vanno organizzati in concorso con gli enti locali e con le organizzazioni private. A tal fine deve favorire la presenza di questi detenuti in appositi istituti omogenei».

Si ritiene utile, considerato che si parla di sicurezza e che si vorrebbe dare piena attuazione a quanto previsto dalla Costituzione, considerare la pena non solo in un'ottica punitiva ma anche riabilitativa e di reinserimento sociale del condannato.

Forse potrebbe anche essere utile se tale emendamento venisse riportato nel disegno di legge in materia di sicurezza pubblica: se si vuole impedire che il carcere sia semplicemente una scuola per la criminalità, un luogo in cui nascondere tutto ciò che non va bene, una sorta di pattumiera della società, ebbene bisogna immaginare anche il reinserimento dei detenuti. Sappiamo quanto nelle carceri italiane manchi tutto quello che dovrebbe portare alla pena come rieducazione e riabilitazione: mancano gli assistenti sociali, il lavoro (che invece dovrebbe essere garantito all'interno delle carceri) e tutte le altre attività. Con l'emendamento 24.0.100 cerchiamo di inserire tutto questo per evitare che, una volta scontata la pena, il detenuto si ritrovi sbattuto fuori, senza lavoro e senza altro, e spesso reintrodotto in un mondo criminale che può indurlo anche a commettere nuovi reati.

Per tali ragioni, chiediamo che l'emendamento venga sostenuto e colgo l'occasione per ricordare anche al sottosegretario Mantovano e agli altri componenti del Governo, nel caso in cui si votasse questa mattina, l'emendamento 34.0.100 volto all'introduzione del reato di tortura. Credo che tale proposta emendativa rappresenti l'occasione per rendere questo disegno di legge realmente un provvedimento sulla sicurezza. Si introdurrebbe finalmente un reato che l'Italia aspetta da oltre 20 anni e peraltro si creerebbe l'occasione per adeguare, il prossimo 26 giugno (che è la Giornata internazionale per le vittime della tortura), l'Italia alla normativa, traducendo l'articolo 1 della Convenzione ONU contro la tortura che risale al 1984. (Applausi dal Gruppo PD).

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 24.800, presentato dal Governo, interamente sostitutivo dell'articolo 24.

È approvato.

 

Passiamo all'emendamento 24.0.100, su cui la 5a Commissione ha espresso parere contrario ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione.

 

INCOSTANTE (PD). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo
(art. 102-bis Reg.)

 

PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 24.0.100, presentato dalla senatrice Poretti e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Passiamo all'esame e alla votazione dell'articolo 25.

D'AMBROSIO (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

D'AMBROSIO (PD). Signor Presidente, dichiaro il voto contrario sull'articolo 25 perché è stato soppresso l'originario articolo 11 del disegno di legge governativo, che comportava effettivamente una svolta epocale nella lotta alla criminalità organizzata. Sappiamo che è sempre più difficile combattere la criminalità organizzata perché c'è una rincorsa tra i mezzi di investigazione e le cautele prese dalla criminalità organizzata per evitare che si possano trovare prove a suo carico. Sappiamo anche che uno degli interventi più efficaci per combattere la criminalità organizzata è rappresentato dal sequestro dei beni frutto delle attività illecite.

Nell'articolo 11 del testo di iniziativa del Governo, la cui intestazione era «Confisca di beni di provenienza illecita», si prevedeva di sostituire all'articolo 2-ter, terzo comma, della legge 31 maggio 1965, n. 575, il primo periodo con il seguente: «Con l'applicazione della misura di prevenzione, il tribunale dispone la confisca dei beni sequestrati di cui la persona, nei cui confronti è instaurato il procedimento, non possa giustificare la legittima provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulti essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica».

Quindi, con quell'articolo 11 si introduceva un elemento di innovazione oggetto di auspicio forte da parte della stessa comunità internazionale per la lotta alla criminalità organizzata. Si riconosceva la difficoltà di trovare delle prove nei confronti della stessa e tutti noi sappiamo che a volte la Polizia ha dovuto fare intercettazioni ambientali in campi aperti dove, a seguito di faticosi pedinamenti, riusciva a vedere il luogo in cui gli appartenenti alla criminalità organizzata andavano a parlare. Sappiamo anche che l'enorme numero di intercettazioni telefoniche effettuate e le relative spese derivano dal fatto che ormai la criminalità organizzata non fa più di una telefonata dallo stesso cellulare e poi lo butta via, gettando non solo la scheda, come faceva una volta, ma l'intero telefono perché ha saputo, attraverso il deposito degli atti, che la Polizia riusciva a risalire allo stesso apparecchio telefonico attraverso l'uso della scheda.

Si capisce quindi la grande difficoltà che esiste nel condurre la lotta alla criminalità organizzata, tant'è che in sede internazionale, quando si è iniziato ad affrontare questi problemi - ormai la criminalità organizzata non riguarda soltanto il nostro Paese ma anche gli altri, non essendo solo di origine italiana ma anche russa, kosovara, albanese e così via - si è pensato che l'unico strumento veramente efficace nei confronti della criminalità organizzata fosse invertire l'onere della prova sulle ricchezze improvvise.

Con grande gioia, quando ho letto l'articolo 11 del testo di iniziativa del Governo, mi sono detto che finalmente anche in Italia si cominciava a condurre la lotta alla criminalità organizzata molto seriamente introducendo un'inversione dell'onere della prova, quanto meno nei confronti delle persone imputate di associazione per delinquere di stampo mafioso. Era una grande conquista.

Ora, invece, nel testo proposto dalle Commissioni riunite l'articolo 11 del testo d'iniziativa del Governo viene soppresso. Mi chiedo la ragione per cui ciò avviene. Viene soppresso perché si ha paura che attraverso quella norma si possa arrivare anche ad individuare l'evasione fiscale? Questa è la domanda che angosciosamente mi pongo, posto che tutti quanti noi sappiamo che una delle cose che sta affliggendo l'Italia è l'enorme evasione fiscale che non permette, anche in questo momento di grande crisi economica, di trovare le risorse per dare una risposta efficace al problema.

Concludo dichiarando il mio voto contrario all'articolo 25, e non perché siano stati attribuiti altri poteri ma perché con esso si è soppresso un articolo che poteva rappresentare una svolta epocale nella lotta alla criminalità organizzata. (Applausi dal Gruppo PD e del senatore Pardi).

INCOSTANTE (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

INCOSTANTE (PD). Signor Presidente, pur rendendomi conto che l'articolo è stato completamente riformulato, dal momento che le obiezioni poste dal senatore D'Ambrosio si riferiscono ad una dizione molto specifica in cui si fa riferimento a chiunque non possa giustificare il motivo del suo patrimonio, quando eccessivo, mentre nel testo d'iniziativa del Governo veniva usata l'espressione «anche per interposta persona fisica o giuridica», volevo chiedere al Governo se può riformulare l'articolo inserendo la questione del non giustificato motivo di un patrimonio ingente. Si tratta infatti di un elemento di maggiore precisione cui si riferivano le osservazioni del senatore D'Ambrosio.

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, stiamo votando l'articolo 25 che riguarda tutt'altra cosa, cioè la risistemazione dei poteri di iniziativa e di seguito nel procedimento di prevenzione del procuratore della Repubblica ordinario e del procuratore distrettuale antimafia.

L'articolo 11 è già stato soppresso in Commissione perché le disposizioni in esso contenute si trovano in altre norme del sistema della prevenzione. Quindi, le preoccupazioni manifestate dal senatore D'Ambrosio trovano risposta nel complesso delle altre disposizioni, mentre quelle relative all'articolo 25 riguardano tutt'altra cosa, cioè la ridefinizione dei poteri di iniziativa della magistratura inquirente in materia di prevenzione.

PRESIDENTE. Metto ai voti l'articolo 25.

È approvato.

 

Passiamo all'esame degli articoli successivi.

Metto ai voti l'articolo 26.

È approvato.

 

Metto ai voti l'articolo 27.

È approvato.

 

Passiamo all'esame dell'articolo 28, su cui sono stati presentati emendamenti che si intendono illustrati e su cui invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi.

VIZZINI, relatore. Esprimo parere contrario sull'emendamento 28.800/1 e favorevole al 28.800.

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Esprimo parere conforme a quello del relatore.

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 28.800/1, presentato dal senatore Casson e da altri senatori.

Non è approvato.

 

Metto ai voti l'emendamento 28.800, presentato dal Governo.

È approvato.

 

Metto ai voti l'articolo 28, nel testo emendato.

È approvato.

 

Passiamo all'esame dell'articolo 29.

Lo metto ai voti.

È approvato.

 

Passiamo all'esame dell'articolo 30, su cui sono stati presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.

LI GOTTI (IdV). Signor Presidente, con l'emendamento 30.100 si vogliono rendere simmetriche norme simili. L'Assemblea poc'anzi ha approvato l'articolo 29 che individua i beni sequestrabili collegati ad una persona imputata di un reato, cioè il sequestro preventivo relativo ai reati. Vengono inseriti, nel caso dell'articolo 29, cioè del sequestro preventivo, le azioni, le quote sociali e i beni finanziari dematerializzati. Abbiamo approvato questo un minuto fa.

Ora stiamo votando i sequestri preventivi collegati alle misure di prevenzione. Per una simmetria di sistema, così come avviene per il sequestro preventivo collegato ai reati, l'elenco deve essere il medesimo anche su azioni, quote sociali e strumenti finanziari dematerializzati. Non capisco perché nei procedimenti di prevenzione antimafia si possano sequestrare certi beni e non altri mentre nei processi normali si possono sequestrare preventivamente anche le azioni, le quote sociali e i beni finanziari dematerializzati. È un problema di simmetria e non capisco il motivo del disaccordo ad inserire la previsione di beni attinti dai provvedimenti di sequestro nei procedimenti di prevenzione antimafia.

Non riesco a capirne la ragione. Ecco perché insisto in un voto favorevole di questo emendamento.

VIZZINI, relatore. Signor Presidente, volevo chiarire il senso dell'emendamento 30.500 (testo 2), che ho presentato insieme al collega Berselli.

Quando un'azienda o una società viene sequestrata la questione che si pone è come far funzionare un'impresa dove lavorano tanti soggetti dimostrando che lo Stato, quando sequestra un'impresa alla mafia, non la fa fallire e non fa perdere occupazione, poiché i lavoratori di tali aziende non hanno nessuna responsabilità del fatto che il loro titolare si sia macchiato di reati.

Per questi motivi abbiamo presentato l'emendamento, che prevede la sospensione delle procedure esecutive degli atti di pignoramento e i provvedimenti cautelari in corso da parte di Equitalia, per non aggravare la situazione di queste aziende; contemporaneamente, abbiamo previsto la sospensione dei termini di prescrizione, in modo tale da non pregiudicare gli interessi dello Stato e i crediti erariali che esso può vantare nei confronti di tali aziende. Fin qui la Commissione bilancio ha trovato l'emendamento equilibrato dal punto di vista finanziario.

Abbiamo poi aggiunto al comma 4-ter che, nell'ipotesi di confisca dei beni, aziende o società sequestrati, e cioè quando questi beni diventano dello Stato, i crediti erariali si estinguono per confusione ai sensi dell'articolo 1253 del codice civile, poiché lo Stato acquisisce un patrimonio e diventa creditore di se stesso. La Commissione bilancio ha espresso un parere negativo su tale comma, esprimendo quindi un parere favorevole al resto dell'emendamento a condizione che sia eliminata questa ultima parte. Per quanto mi riguarda, non voglio oppormi a quanto deciso dalla Commissione bilancio. Posso ipotizzare che ci sia un motivo di natura contabile, perché lo Stato acquisisce un patrimonio ma perde un credito, ma francamente l'idea che lo Stato diventi creditore di se stesso e che debba continuare ad iscriversi un debito-credito dello Stato nei confronti di se stesso non mi convince molto. Comunque, per andare avanti nei lavori e non accantonare altre questioni, accetto la decisione.

PRESIDENTE. Presidente Vizzini, questa parte dell'emendamento 30.500, se l'Aula è d'accordo, la potremmo accantonare al fine di effettuare un approfondimento. La Presidenza è orientata ad accettare eventuali proposte di accantonamento su questo ultimo comma. In effetti, preferirei un approfondimento in Commissione bilancio, anche se non mi permetto di entrare nel merito.

VIZZINI, relatore. Signor Presidente, accetto il suo suggerimento e pertanto propongo un accantonamento del comma. Sono favorevole a votare, per il momento, solo la prima parte dell'emendamento 30.500 (testo 2), fino alle parole «termini di prescrizione». (Brusìo).

PRESIDENTE. Colleghi, scusate, stiamo discutendo di temi estremamente delicati. Il rappresentante del Governo intende intervenire in merito all'emendamento 30.500?

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, il Governo non comprende la ragione del parere espresso dalla Commissione bilancio sul comma 4-ter; quindi intervengo a sostegno e a sottolineare la fondatezza di quanto appena notato dal presidente Vizzini. La questione è stata già spiegata con estrema chiarezza: in fase di sequestro è irrazionale che un credito erariale possa essere portato a compimento, dal momento che l'azienda - qui stiamo parlando soprattutto di aziende - che viene sottratta alla disponibilità dell'associazione mafiosa evidentemente risente di alcuni contraccolpi; per esempio, non può fruire cash di flussi finanziari assolutamente leciti.

Se a ciò si aggiungesse anche la necessità di pagare immediatamente le tasse si avrebbe la certa decozione dell'impresa stessa. La prima parte di questa disposizione prevede la sospensione dei crediti erariali, che non pregiudica in alcun modo le entrate dello Stato, perché se l'azienda dovesse essere restituita, in quanto in sede definitiva non si ritiene fondata la misura di prevenzione, allora a questo punto rivivrebbero i termini per poter riscuotere i crediti erariali.

Ciò che veramente non si capisce è la contrarietà della Commissione bilancio su una norma di assoluto buonsenso: nella fase conclusiva del procedimento di prevenzione patrimoniale, l'azienda è confiscata e a questo punto è irrazionale che lo Stato incameri un bene gravato di imposte che provengono dallo Stato stesso.

A conferma di tutto questo, se mi è permesso, vorrei citare alcuni dati che provengono dall'ufficio del commissario straordinario per la gestione dei beni confiscati, aggiornati al 30 novembre 2008. A questa data, risultavano censite, come esito di confisca, 1.130 aziende sottratte alla criminalità mafiosa. Di queste, 315 sono state liquidate; 271 sono state chiuse per motivi previsti dalla normativa societaria, soprattutto per la cancellazione ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 247 del 2004; 175 sono state dichiarate fallite. È un bilancio terrificante, che rischia di far dire ai dipendenti di queste aziende: «stavamo meglio quando stavamo peggio».

Ovviamente, non è che il credito erariale è l'unica causa del fallimento della liquidazione, ma almeno eliminiamo un ostacolo rispetto al quale lo Stato non riporta alcun danno; mi permetto quindi di sostenere l'emendamento presentato dai relatori nella sua completezza, compresa la norma prevista dal comma 4-ter.

PRESIDENTE. A questo punto, per esigenze procedurali, dobbiamo accantonare non solo l'emendamento in questione ma l'intero articolo, pregando la 5a Commissione (è la seconda preghiera che le rivolgiamo oggi) di tornare sul tema con un approfondimento.

Passiamo all'esame dell'articolo 31, sul quale sono stati presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.

LI GOTTI (IdV). Faccio presente, signor Presidente, che gli emendamenti che abbiamo presentato su questa materia (ciò vale anche per i successivi) sono stati mutuati testualmente e integralmente dalle proposte sviluppate e articolate dalla procura nazionale antimafia e dagli uffici legislativi del Ministero, consegnateci in Commissione giustizia. Si tratta cioè di modulazioni della gestione dei beni e di una serie di altre questioni.

Mi permetto quindi di sottolineare l'origine documentale dei testi degli emendamenti da noi proposti, nel senso che sono a nostra firma, ma sono la testuale riproposizione di quegli interventi che sono stati indicati come necessari, in Commissione, da parte del procuratore nazionale antimafia e - come io stesso ben ricordo - dell'ufficio legislativo del Ministero, sino al maggio dello scorso anno.

LUMIA (PD). Signor Presidente, penso che l'emendamento 31.0.101 possa essere valutato positivamente e possa trovare il consenso anche da parte della maggioranza e del Governo, poiché mette le forze di polizia in condizioni di utilizzare per attività antimafia «i beni mobili iscritti in pubblici registri, le navi, le imbarcazioni, i natanti e gli aeromobili sequestrati nel corso di operazioni di polizia giudiziaria» sul fronte della lotta alle mafie.

È un modo per potenziare i mezzi dell'autorità giudiziaria impegnata in questo campo, utilizzando quei beni che spesso sono lasciati marcire e per la cui custodia vengono sostenute anche delle spese, senza poterli utilizzare proficuamente. Penso pertanto che questo sia un emendamento di buonsenso, tanto atteso, su cui potrebbe essere espresso un consenso generale.

 

PRESIDENTE. Invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti in esame.

BERSELLI, relatore. Esprimo parere contrario sull'emendamento 31.100, su cui vi è anche il parere negativo della 5a Commissione, e sull'emendamento 31.0.101.

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, esprimo parere conforme al relatore, ma vorrei far presente che le preoccupazioni che alimentano i due emendamenti presentati all'articolo 31 in realtà trovano già risposta nel testo dell'articolo, così com'è stato integrato dal lavoro delle Commissioni. Infatti, l'articolo 31 dice testualmente che i beni mobili sequestrati, soprattutto quelli iscritti in pubblici registri, «sono affidati» dall'autorità giudiziaria - quindi non «possono essere affidati» agli organi di polizia genericamente - anche per le esigenze di polizia giudiziaria e che le finalità possono essere anche di giustizia, di protezione civile e di tutela ambientale. È quindi ricompresa nella possibilità di utilizzazione di questi beni tutta quella gamma di ipotesi contenute - in modo certamente più diffuso, ma qui c'è una maggiore sintesi - nei due emendamenti a firma dei senatori Li Gotti e Lumia.

Ne consegue che più che un parere contrario sui due emendamenti il mio è un invito al ritiro, perché a nostro avviso le richieste in essi contenute sono già soddisfatte. (Brusìo).

PRESIDENTE. Colleghi, stiamo trattando temi estremamente sensibili e delicati attinenti all'utilizzabilità di beni mobili iscritti in pubblici registri, messi sotto sequestro da parte delle forze dell'ordine e da chi combatte la criminalità organizzata. Vi è un emendamento del senatore Lumia, su cui il Governo si è espresso sostenendo che quanto proposto nell'emendamento è già contenuto nell'articolo. Ora vorrei ridare la parola al senatore Lumia. È un tema estremamente delicato. Senatore Giuliano, la prego di prestare attenzione.

LUMIA (PD). Signor Presidente, in effetti nell'articolo 31 si definisce una disciplina che amplia la possibilità di utilizzare questi beni mobili per scopi finalmente utili all'attività della polizia giudiziaria. L'emendamento a mia firma rivolge una specifica attenzione a quei beni mobili che sono sequestrati in attività giudiziarie collegate al perseguimento di reati di mafia. Si poneva quel vincolo solo per i beni sequestrati in collegamento ad attività antimafia e relative a taluno dei delitti di cui all'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale, per poterli utilizzare - mi segua, Presidente - in attività di polizia giudiziaria nella medesima materia. Quindi, i beni sequestrati in attività antimafia possono essere riassegnati dall'autorità giudiziaria - che si occupa sempre della materia - e riutilizzati in attività antimafia.

Ecco perché il Governo potrebbe accogliere questo emendamento, che riformulato può incastrarsi bene nell'articolo 31 inserendo questa specificazione. Faremmo un utile lavoro, sia in generale per tutti i beni sequestrati, sia in particolare per quelli sequestrati - ripeto - in operazioni antimafia.

PRESIDENTE. Senatore Lumia, ho ascoltato attentamente le sue considerazioni.

Mi permetterei di suggerire al Governo di invitare il senatore Lumia a convertire il suo emendamento in un ordine del giorno che impegni il Governo ad attuare questa sorta di sinallagma di destinazione: beni mobili sequestrati in operazioni antimafia da destinare ad operazioni antimafia. É possibile definire questa connessione?

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, è possibile come indicazione di massima, perché lei ben comprende la complessità di gestire eventuali settori separati. Accolgo il suo suggerimento ed invito il senatore Lumia a trasformare il suo emendamento in un ordine del giorno.

PRESIDENTE. Chiedo al senatore Lumia se condivide la proposta della Presidenza e l'invito del Governo a trasformare il suo emendamento in un ordine del giorno, che però dia un indirizzo non ingessato. Infatti, si possono incontrare obiettive difficoltà che rischierebbero di produrre l'effetto contrario: potrebbe verificarsi un'eccessiva disponibilità di beni mobili registrati confiscati in operazioni antimafia e la loro non utilizzabilità in quanto non necessari. Gli stessi beni rimarrebbero bloccati ed in tal caso la norma si presterebbe ad un effetto contrario.

Quindi, se il senatore Lumia accoglie l'invito a ritirare l'emendamento 31.0.101 e a trasformarlo in un ordine giorno, questo verrebbe accolto dal Governo e la vicenda sarebbe risolta.

 

LUMIA (PD). Va bene, signor Presidente, lo trasformo in ordine del giorno.

 

PRESIDENTE. La invito a far pervenire il testo alla Presidenza.

Passiamo all'emendamento 31.100, su cui la 5a Commissione ha espresso parere contrario ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione.

 

GIAMBRONE (IdV). Ne chiediamo la votazione.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Giambrone, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

CASSON (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CASSON (PD). Signor Presidente, il Gruppo del Partito Democratico voterà a favore dell'emendamento 31.100, perché in una materia così delicata che concerne sequestro e confisca di beni mobili ed immobili registrati la norma che ci viene proposta dal Governo presenta sicuramente degli aspetti positivi, ma riteniamo di dover votare a favore dell'emendamento in esame perché con la sua approvazione la disposizione ci sembra più completa, in quanto riguarderebbe tutte le fattispecie relative alla destinazione delle somme ricavate dalla vendita dei beni mobili ed immobili registrati.

In particolare, rappresento come si faccia riferimento innanzitutto alle somme di denaro confiscate ed alla loro destinazione e poi alla gestione ed alla destinazione dei beni immobili che devono essere mantenuti al patrimonio dello Stato per finalità di giustizia o di ordine pubblico o di protezione civile, o che devono essere trasferiti per finalità istituzionali o sociali al patrimonio, in particolare - lo sottolineo - del comune ove l'immobile è situato, o al patrimonio della Provincia o della Regione. Questo è un aspetto particolarmente importante anche nell'ottica complessiva - mi limito ad accennarlo - dell'impostazione federalista, materia che stiamo affrontando in questo momento in altra sede. Inoltre, per quanto riguarda i beni aziendali, in particolare si prevedono una manutenzione ed una destinazione con provvedimento del prefetto secondo modalità molto dettagliate che possono essere sicuramente più positive.

Non viene assolutamente eliminata l'impostazione del Governo, perché la parte finale dell'emendamento riproduce sostanzialmente, anzi quasi alla lettera, la norma proposta dal Governo e dalla maggioranza; quindi, complessivamente, verrebbe ribadito ciò che chiede il Governo ma verrebbe meglio gestita l'amministrazione e la destinazione di tutti i beni mobili ed immobili registrati sottratti alla criminalità, oggetto di un sequestro o di una confisca.

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo
(art. 102-bis Reg.)

PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 31.100, presentato dal senatore Li Gotti e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'articolo 31.

È approvato.

 

Essendo stato accolto dal Governo, l'ordine dle giorno 31.0.101 non verrà posto in votazione.

Passiamo all'esame dell'articolo 32, sul quale sono stati presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.

CASSON (PD). Signor Presidente, l'emendamento 32.100 prevede alcune modifiche al codice degli appalti di cui al decreto legislativo n. 163 del 2006. Riguarda, in particolare, la materia della prevenzione di infiltrazioni mafiose in appalti pubblici, tali da introdurre l'obbligo di denuncia di tentativi di estorsione o condizionamento fra i requisiti di ordine generale. Ne consegue il correlativo adeguamento del regolamento e dei capitolati di lavori pubblici, servizi e forniture.

Con l'emendamento 32.100 si introducono altresì misure tese a garantire che tutti i pagamenti o le transazioni finanziarie relative ad affidamenti e subaffidamenti siano effettuati tramite intermediari autorizzati, in modo che ne sia garantita la tracciabilità sulla base di idonea documentazione, con esclusione di cessioni del credito o del debito a terzi sotto qualsiasi forma e di pagamenti con assegni liberi, nonché di pagamenti in contanti per somme superiori ad euro 2.000, con divieto di frazionare i pagamenti di operazioni unitarie. In caso di inosservanza, si dispone l'esclusione dell'aggiudicatario dalla successiva ammissione a procedure ristrette della medesima stazione appaltante, potendosi anche richiedere, quale sanzione di natura civilistica, la risoluzione dei contratti di affidamento e di subaffidamento. È del tutto evidente che l'approvazione di una norma di questo genere consentirebbe una maggiore trasparenza negli appalti, soprattutto nei settori a rischio di infiltrazione della grande criminalità organizzata.

LI GOTTI (IdV). Signor Presidente, gli emendamenti da noi presentati sono finalizzati a rafforzare la tutela degli appalti dalle infiltrazioni mafiose. Con molto senso di realismo mi rendo conto, avendo trovato delle difficoltà già in Commissione, che quando la discussione si trasferisce in Aula le difficoltà aumentano. Quindi devo solo fare affidamento sul prosieguo dei lavori che riguardano il testo unico delle misure di prevenzione antimafia, ossia sul nostro disegno di legge che già pende in Commissione giustizia. Riproporremo in quella sede, sperando di ottenere ascolto anche dalla maggioranza, dei temi estremamente caldi, che riguardano l'infiltrazione mafiosa nel sistema degli appalti. Comunque, insisto per l'accoglimento degli emendamenti.

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, credo sia opportuno illustrare l'emendamento 32.800, che in realtà è una semplice riformulazione di una norma già approvata da parte delle Commissioni, perché ad avviso del Governo prevede una norma che segna una svolta non soltanto dal punto di vista giuridico, ma anche, se mi è permesso, dal punto di vista politico e culturale nel modo di affrontare un tema che è stato sollevato negli ultimi mesi da svariati addetti ai lavori. Penso, per esempio, alle prese di posizione di Confindustria siciliana. Il tema è quello della sanzionabilità dell'inottemperanza ad un obbligo di denuncia di fronte a richieste estorsive quando queste si inseriscono in un contesto mafioso.

Come Governo ci siamo posti il problema di come dare seguito alle preoccupazioni sollevate, non soltanto da queste fasce coraggiose di industriali presenti in zone a rischio, ma anche dall'associazionismo antiracket e dall'autorità giudiziaria maggiormente impegnata su questo fronte. Abbiamo cercato di evitare una norma che fosse soltanto velleitaria e quindi colpisse in modo indiscriminato tutti gli operatori economici, rappresentando in questo modo una bandierina senza esiti concreti apprezzabili. Abbiamo altresì cercato di evitare l'inserimento di un'ulteriore norma penale, che sarebbe andata incontro alle difficoltà dei vari gradi di giudizio e quindi avrebbe avuto un esito a distanza di molti anni rispetto all'accadimento.

Per questo si è immaginato di circoscrivere l'area di interesse a quella degli imprenditori che vincono una gara di appalto per l'esecuzione di lavori pubblici. Costoro hanno un obbligo in più, a nostro avviso, di lealtà nei confronti dello Stato e delle istituzioni. Per questo viene richiesto loro, non un atto di eroismo ma un seguito concreto di questa lealtà, posto che non denunciare richieste estorsive che si inseriscono in un contesto mafioso li farebbe passare dalla posizione di vittime alla posizione di collusi, data la rilevanza degli interessi in gioco.

Si è immaginato perciò il seguente intervento, inserito nel codice degli appalti: nel caso in cui, alla conclusione di indagini, il pubblico ministero contesti, nei confronti di altri evidentemente, un reato di estorsione o di concussione con l'aggravante mafiosa (articolo 7 del decreto-legge n. 152 del 1991), se dagli atti che sostengono la citazione a giudizio si riscontra che questa richiesta di estorsione non è stata denunciata dall'aggiudicatario di un appalto pubblico, parte una segnalazione all'autorità degli appalti, la quale la pubblica sul sito del proprio osservatorio. Dalla pubblicazione sul sito deriva come conseguenza l'interdizione fino a tre anni dal conseguire nuovi appalti pubblici; il che significa - lo ripeto - evitare lungaggini giudiziarie, intervenendo sulla parte più sensibile per chiunque, (quindi anche per l'imprenditore che vince gare pubbliche) ovvero il portafoglio; significa anche dare un seguito concreto e operativo a quel gesto di coraggio a cui le istituzioni, in questo caso il Parlamento a cui il Governo affida questa norma, non possono certamente fare mancare una risposta altrettanto concreta e operativa.

Proprio perché riteniamo che questa disposizione sia tutto sommato un punto di equilibrio rispetto alle esigenze sollevate e alla necessità di non gravare ulteriormente sull'autorità giudiziaria, mi permetto, anticipando il parere, di invitare i colleghi senatori al ritiro degli emendamenti che vanno nella stessa direzione.

LUMIA (PD). Signor Presidente, questo al nostro esame è uno dei temi cruciali che stiamo affrontando stamattina e che dovrebbe impegnare il Parlamento ad una svolta nel prendere in esame la storia e i risultati che si sono ottenuti in questi anni sul versante dell'antiracket con il contributo preziosissimo e insostituibile da parte delle associazioni antiracket.

Da più parti ci è stata chiesta una svolta; da più parti ci è stato chiesto un gesto finalmente di grande maturità da parte del Parlamento: fare in modo che di fronte alla richiesta estorsiva dell'organizzazione mafiosa non ci sia più la sola volontà soggettiva, discrezionale e per molti versi fragile degli imprenditori nel dire no, ma ci sia un supporto normativo. Il conflitto tra l'imprenditore che non vuole pagare e l'organizzazione mafiosa con tutta la sua forza e con tutta la sua capacità intimidatrice potrà così far leva sul dato normativo, che fa emergere il dato oggettivo: l'imprenditore non paga perché altrimenti va incontro a penalità che mettono in serio pericolo la sua attività economica.

Per la prima volta nella storia del nostro Paese, quindi, mettiamo in conflitto interessi forti da parte del mondo dell'impresa, che non solo ha una motivazione ideale nella libertà di mercato di non pagare o una motivazione nella propria dignità di imprenditori, ma anche un interesse forte, consistente nel dire no e resistere grazie alle norme adottate nei confronti dell'organizzazione mafiosa.

Il Governo ha preso un indirizzo che a nostro avviso sicuramente va nella direzione degli emendamenti che abbiamo proposto, ma nello stesso tempo però non fa il salto di qualità fino in fondo; una sorta di paura. Le proposte che noi avanziamo, Presidente, non sono quelle di dire semplicemente che chi paga il pizzo va incontro a penalità - benché le nostre siano solo penalità amministrative, niente sanzioni penali - ma con l'emendamento in titolo prevediamo anche vantaggi fiscali e contributivi: chi paga viene penalizzato, chi non paga viene sostenuto. Questa nostra scelta, signor Presidente, aggiunge un ingrediente potentissimo per disarticolare non più semplicemente in nicchie la denuncia e il rifiuto di pagare il pizzo, ma mette una vasta platea di imprenditori nelle condizioni di fare la scelta e di essere accompagnati in questa decisione da un interesse dello Stato. Li mette nella condizione di non subire conseguenze; anzi, resistendo e denunciando, possono ottenere vantaggi. Sul tema dei vantaggi il Governo si è bloccato e questo è un limite.

Inoltre, signor Presidente, rispetto a quella necessità avanzata dal Governo di circoscrivere la proposta alle opere pubbliche, noi compiamo una scelta diversa: inseriamo l'obbligo di denuncia per tutti gli operatori economici. Le penalità - sempre di carattere amministrativo - vanno in capo al rapporto che gli operatori economici hanno con l'ente pubblico, sia nella stipula dei contratti nell'esercizio di opere pubbliche. Un'altra penalità prevista nella nostra proposta emendativa concerne l'esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi che lo Stato pone al servizio delle imprese. È chiaro, infatti, che se un'impresa utilizza una risorsa pubblica per sostenere la propria attività non può deviare tali risorse verso il pagamento del pizzo.

Ecco perché noi guardiamo alla platea generale, prevedendo anche degli incentivi che, invece, nella proposta del Governo non ci sono, e prevediamo delle penalità amministrative in capo al legame che tutti gli operatori economici hanno con la pubblica amministrazione. Vi è quindi una convergenza tra la proposta del Governo e la nostra, ma è evidente che quest'ultima conferisce maggiore forza ed energia. In sostanza, ci vorrebbe più coraggio: è il momento per dare un segnale più capillare e dirompente.

Ed ecco perché, alla richiesta di invito al ritiro, signor Presidente, potrebbe subentrare una soluzione che integri tutte queste previsioni, affinché dal Parlamento unitariamente possa scaturire una norma in grado di raccogliere le istanze indicate dal Governo e, al contempo, grazie anche al contributo dell'opposizione, di far compiere un salto di qualità ancora più consistente e utile. Ciò al fine di dare un segnale a quegli imprenditori siciliani che, come lei sa, signor Presidente, hanno compiuto una scelta anche senza la norma. Loro - ripeto, senza la norma - obbligano tutti i loro aderenti a esporre denuncia. Signor Presidente, rischiamo che il dettato legislativo sia un po' al di sotto della loro scelta. Credo che invece dovremmo essere almeno in grado di camminare in parallelo con loro, se non addirittura - come dovrebbe accadere in uno Stato avanzato e maturo - esserne la guida: dovremmo trovarci un po' più avanti nel rapporto con il mondo delle imprese.

In conclusione, ritengo che con l'integrazione di cui ho parlato il Senato potrebbe varare in maniera unitaria una norma che faccia scrivere una bella pagina nella lotta alla mafia. (Applausi dal Gruppo PD).

GARRAFFA (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

GARRAFFA (PD). Signor Presidente, in ordine a questa vicenda credo che lei sia perfettamente a conoscenza di ciò che è accaduto in questo periodo nella nostra terra. Ci sono stati risultati positivi, ma nonostante ciò non vi è ancora una presa di coscienza che possa determinare una svolta. Credo, pertanto, che questo provvedimento, come anche questo emendamento, vadano in questa direzione. Le cito un esempio: dopo gli arresti dei grandi boss e le ultime retate, l'elenco degli imprenditori che pagano il pizzo aumenta sempre di più, non diminuisce. Ma non sono molti quegli imprenditori che decidono di confermare quanto scritto nei libri mastri della mafia.

Ebbene, questo emendamento e questa scelta potrebbero determinare una svolta, che consiste nel fatto che l'imprenditore non deve scegliere la convenienza, ma deve scegliere lo Stato contro la criminalità, la democrazia economica contro la mafia, la via della giustizia contro la criminalità organizzata. In tal senso, credo si debba dare un contributo a quanti, in questi giorni e in questi anni, grazie anche al lavoro svolto dalle organizzazioni antiracket e da quelle di categoria, si stanno rendendo protagonisti di una svolta determinante nel nostro territorio. Ciò al fine di consentire una fase di risveglio economico che non soggiaccia più ai voleri della criminalità organizzata. Questo è un modo per dare un contributo forte anche dal punto di vista culturale ad una scelta che in questo momento gli imprenditori spesso non fanno perché sono ricattati ed hanno paura.

Basta leggere i giornali di oggi per capire che le tariffe sono scontate, ma nonostante tutto ancora sulle estorsioni prospera la cassa della criminalità organizzata, le casse e i conti correnti dei criminali. Ecco perché in questo momento è importante, proprio adesso, dare un segnale unico da questo Parlamento. (Applausi dal Gruppo PD).

 

PRESIDENTE. Invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti in esame.

BERSELLI, relatore. Signor Presidente, esprimo parere contrario sugli emendamenti 32.100 e 32.101.

Sono favorevole all'emendamento 32.800 nel testo corretto.

Il parere è contrario sugli emendamenti 32.0.500, 32.0.501 e 32.0.100 (testo 2 corretto).

 

PRESIDENTE. Ricordo che su quest'ultimo emendamento vi era già il parere contrario della 5a Commissione, con riferimento ai commi 10 e 13, ma ciò non attiene al merito.

 

BERSELLI, relatore. Infine, esprimo parere contrario sugli emendamenti 32.0.101 e 32.0.102.

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, il Governo conferma l'invito al ritiro di tutti gli emendamenti diversi dal proprio. Se mi è permesso, continuo ad essere convinto che la soluzione che viene proposta e che già è stata condivisa dalle Commissioni sia quella di maggiore equilibrio.

Ho letto ancora una volta, in particolare, l'emendamento presentato dal senatore Lumia, che reca anche tante altre firme. Nel disegno del Governo si fa stato, per procedere poi all'intervento sanzionatorio, su un accertamento giudiziario che abbia un carattere di plausibilità e quindi la conclusione dell'indagine nel momento in cui il pubblico ministero si appresta a chiedere la citazione in giudizio; invece nell'emendamento del senatore Lumia si fa riferimento ad un accertamento del prefetto, che si muove nella fase iniziale della denuncia e potrebbe dare conseguenze immediate, così come previsto nell'articolazione dell'emendamento, originando però un conflitto qualora l'accertamento giudiziario andasse in una direzione diversa.

Alla stessa maniera, se il nostro ordinamento prevede, come è giusto che sia, un intervento risarcitorio dello Stato quando colui che denuncia il racket subisce danni anche «semplicemente» da intimidazione ambientale, non ci sentiamo come Governo di condividere una sorta di premio per l'adempimento di un dovere civico che dovrebbe interessare tutti i cittadini, quale l'obbligo di denunciare l'intimidazione di tipo mafioso, anche perché un'ipotesi di questo tipo si presterebbe inevitabilmente ad usi strumentali, come accade già adesso per alcuni istituti di carattere risarcitorio.

 

GARRAFFA (PD). Queste di cui parla sono le eccezioni.

 

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Quindi, non vi è certamente un rifiuto ad approfondire ulteriormente la materia, considerato che siamo in una fase di elaborazione delle norme. Ciò nonostante, poiché si deve comunque valutarne l'applicazione, si ritiene che il testo dell'emendamento del Governo sia quello che obiettivamente dà garanzie, per ciò che al momento è possibile prevedere, di minore problematicità applicativa.

Pertanto, confermo l'invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, su tutti gli altri emendamenti.

BIANCO (PD). Domando di parlare .

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

BIANCO (PD). Signor Presidente, mi dispiace sinceramente che il rappresentante del Governo e i relatori abbiano espresso parere contrario su questo emendamento, considerato che talvolta hanno mostrato attenzione alle considerazioni da noi espresse.

L'emendamento in esame, volto a sostituire l'articolo 32, fa riferimento alla delicatissima materia degli appalti pubblici, a cui (bisogna dirlo con grande franchezza) occorre mettere mano, signor Sottosegretario. Basta pensare al tema della certificazione antimafia, che invece non è stato affrontato.

Colgo l'occasione per ribadire al rappresentante del Governo ma anche al presidente della Commissione, senatore Berselli, la necessità di una riflessione su tale argomento. Oggi la certificazione antimafia, così come è strutturata, finisce per essere un peso insopportabile per le aziende che non hanno alcun rapporto mafioso e, al contrario, per essere aggirata assai facilmente dalle imprese che invece hanno rapporti con la mafia. Nell'anno passato il FORMEZ ha svolto su questo argomento una ricerca molto seria e approfondita, tra l'altro con il pieno coinvolgimento delle prefetture di Roma, Napoli, Palermo e Catania, giungendo alla conclusione che occorre mettere mano alla certificazione antimafia per renderla uno strumento realmente efficace (con ciò assumendosi anche il rischio di dare maggiore discrezionalità alle prefetture) ed evitare quanto accade oggi in cui ci si limita a chiedere il certificato penale degli amministratori: è ovvio che le imprese mafiose aggirano il problema facendo risultare degli amministratori con la fedina penale pulita.

Con questo emendamento si mette mano anche al codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (il cosiddetto codice degli appalti), prevedendo una serie di interventi che sono assolutamente comprensibili. Ad esempio, sottosegretario Mantovano, chiediamo che del Comitato interministeriale che vigila sulla materia faccia parte, oltre al Ministro dell'economia e delle finanze, un rappresentante del Ministero dell'interno, proprio per finalizzare la nostra iniziativa nell'ottica che sto illustrando.

Pertanto, se fosse possibile e poiché non vi sono controindicazioni specifiche su tale argomento, raccomanderei una rivalutazione del parere contrario o anche, se necessario, un accantonamento, considerato che questa mattina non sarà possibile completarne l'esame. Si tratta in ogni caso di una questione centrale, atteso che oggi il mondo degli appalti pubblici è tornato ad essere uno dei settori privilegiati in cui la mafia e le organizzazioni criminali concentrano i loro interessi.

LUMIA (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

LUMIA (PD). Signor Presidente, dal momento che le argomentazioni del senatore Bianco sono condivisibili ed hanno spiegato bene il senso della nostra proposta, voglio soltanto sottolineare quanto segue.

Più volte è stato detto che il tema della lotta alla mafia è unitario, tanto che giustamente lo si ribadisce in ogni occasione. Ora, di fronte a proposte che potrebbero integrarsi con esiti alla fine positivi ed unitari per il Parlamento, mi domando perché su questo argomento, che riguarda sia il sistema degli appalti che quello delle denunce dell'antiracket, non è possibile immaginare un accantonamento per approvare un testo unitario in modo da scrivere una pagina molto bella per il Parlamento ed evitare contestualmente che l'appello all'unità sia puramente retorico non trovandosi soluzioni quando si è realmente alla prova dei fatti.

BERSELLI, relatore. Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

BERSELLI, relatore. Signor Presidente, le argomentazioni dei colleghi dell'opposizione - ad avviso dei relatori - meritano una pausa di riflessione. Pertanto, la richiesta di accantonamento ci trova d'accordo.

PRESIDENTE. Vorrei capire bene: se si accantona questo emendamento, si sospende il dibattito sull'intero articolo 32 e su tutti gli emendamenti ad esso presentati, compresi gli aggiuntivi.

Invito il rappresentante del Governo a pronunciarsi sulla proposta di accantonamento.

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, il Governo si rimette all'Assemblea. Non può, però, non esprimere tutto il rammarico possibile su una norma che ritiene fondamentale.

PRESIDENTE. Sottosegretario Mantovano, stia tranquillo perché, prima o poi, la voteremo.

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Ricordate semplicemente che l'ottimo è nemico del bene.

PRESIDENTE. Va bene, sottosegretario Mantovano, ma l'accantonamento rappresenta soltanto un'esigenza di riflessione per trovare il massimo della convergenza. Poi l'Assemblea sicuramente deciderà alla ripresa dell'esame di questo testo.

Poiché non vi sono osservazioni, accantoniamo l'articolo 32 e tutti gli emendamenti ad esso presentati.

Passiamo all'esame dell'articolo 33, sul quale sono stati presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.

LUMIA (PD). Signor Presidente, ricordo che sull'emendamento 33.101 (testo 2) è stato rivolto un invito al ritiro da parte del Governo - del quale vorrei avere conferma - per favorire la presentazione di un ordine del giorno sulla materia. Si tratta della questione relativa alle misure di prevenzione, che in parte abbiamo già affrontato.

Vorrei avere una conferma in proposito, affinché io possa motivare la nostra risposta al riguardo.

 

PRESIDENTE. Il rappresentante del Governo conferma?

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Sì, signor Presidente, c'è una disponibilità ad accogliere un ordine del giorno e a riesaminare l'intera materia delle misure di prevenzione.

LUMIA (PD). Signor Presidente, accolgo tale richiesta e vorrei rapidamente motivarne le ragioni.

Sulle misure di prevenzione patrimoniale la Commissione parlamentare antimafia ha svolto un lavoro molto importante alcuni mesi fa (e, quindi, ancora attualissimo), nel quale sono contenute indicazioni assai preziose. Vorrei che il Governo tenesse conto del lavoro unanime svolto dalla Commissione parlamentare antimafia quando, successivamente, presenterà in Parlamento una proposta di testo unico sulle misure di prevenzione patrimoniale, dove poter affrontare alcuni nodi molto importanti sia sul versante dell'aggressione sia su quello decisivo della migliore gestione sociale e produttiva dei beni. Vorrei, pertanto, che l'indicazione al lavoro unanime svolto dalla Commissione parlamentare antimafia venisse contenuta anche nell'ordine del giorno.

Saluto ad una scolaresca dell'istituto "Emanuela Loi" di Nettuno

PRESIDENTE. Saluto, anche a nome dell'Assemblea, gli alunni dell'istituto "Emanuela Loi", di Nettuno: una scuola che evoca il nome di una vittima della mafia, componente della scorta del compianto giudice Borsellino. (Generali applausi).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n.733 (ore 11,45)

PRESIDENTE. Riprendiamo l'illustrazione degli emendamenti presentati all'articolo 33.

D'ALIA (UDC-SVP-Aut). Signor Presidente, apprezzo e condivido la richiesta di accantonamento dell'articolo 32 e dei relativi emendamenti, in precedenza accolta dai relatori. Al riguardo vorrei svolgere un ragionamento anche con il sottosegretario Mantovano.

PRESIDENTE. Senatore D'Alia, le chiedo una cortesia perché, prima che prosegua il suo intervento, vorrei fare una riflessione insieme a tutti i componenti dell'Aula.

Onorevoli colleghi, vi prego di prestare qualche secondo di attenzione: abbiamo deciso di concludere i lavori dell'Assemblea per le ore 13; ora stiamo esaminando l'articolo 33 del provvedimento ed il successivo articolo 34 tratta un argomento estremamente delicato, che è strategico per la lotta alla criminalità organizzata. A mio avviso, sarebbe un bellissimo segnale se l'Assemblea del Senato, entro le ore 13, terminasse i lavori quanto meno con l'approvazione dell'articolo 34.

Poiché i tempi non sono contingentati, mi rimetto alla disciplina dei Gruppi e alla volontà dei singoli parlamentari.

D'ALIA (UDC-SVP-Aut). Signor Presidente, mi riferivo proprio a questo. Abbiamo rinviato l'esame e l'approvazione di una serie di norme antimafia al più organico pacchetto sicurezza non inserendole, se non per alcuni aspetti, nel decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92 (che è stato convertito), proprio per costruire in questo provvedimento un corpus organico di norme che acceleri sotto ogni aspetto le modalità di aggressione alla criminalità organizzata. Quindi, l'accantonamento degli emendamenti all'articolo 32 ha un senso.

Ora, invece, con i nostri emendamenti stiamo esaminando - e volevo capire l'orientamento dei relatori e del Governo anche in ragione del fatto che si tratta di un tema centrale in ordine al cambio delle modalità di assegnazione dei beni confiscati, che attualmente non funziona - l'utilizzo dell'Agenzia del demanio e dell'Agenzia delle entrate per l'assegnazione dei suddetti beni. Il dato di fondo è che questo sistema non funziona perché mancano le professionalità tecniche e giuridiche adeguate per gestire non tanto e non solo i beni mobili ed immobili confiscati alla mafia quanto soprattutto i complessi aziendali che hanno bisogno, per definizione e per struttura, di una gestione adeguata. Quando si confisca un'impresa mafiosa non si può immaginare che questa attività possa essere gestita con sistemi improvvisati o tipici della pubblica amministrazione.

Proponiamo pertanto, con questi emendamenti, un cambio di rotta sostanziale che riguarda la gestione dei beni confiscati ed una disciplina di dettaglio che si riferisce ai beni mobili, ai titoli, ai valori e ai beni immobili e, soprattutto, alle aziende mafiose, punto critico della questione sotto il profilo giuridico e sociale. Quando si confisca un'azienda o un'impresa e non si garantisce la continuità manageriale in termini di efficienza di quella stessa impresa ma se ne dichiara il fallimento in via anticipata, creando crisi di livello occupazionale, si inserisce un corto circuito nel rapporto con la società. Infatti, a fronte di un'impresa mafiosa confiscata, i suoi lavoratori, in buona fede, che diventano disoccupati, sono indotti a pensare che sia meglio tenersi un'impresa mafiosa anziché un'impresa fallita che non è in condizione di offrirgli un lavoro o un'alternativa.

Questo è il senso delle proposte avanzate non solo nel mio emendamento ma anche in quelli dei colleghi degli altri Gruppi di opposizione. La richiesta di chiarimento preventivo, proprio per arrivare alle conclusioni di cui lei ha parlato, signor Presidente, è finalizzata a capire se anche sul tema della gestione dei beni confiscati, dove, come ricordava il senatore Lumia precedentemente, abbiamo fatto una sintesi del lavoro svolto nelle diverse Commissioni antimafia, c'è un orientamento del Governo e della maggioranza a discuterne. Vorrei capire se lo si vuole accantonare o si ritiene debba esservi una diversa sede in cui discuterne, purché si tratti di una sede rapida per affrontare questo tema centrale. Possiamo costruire, e lo stiamo facendo bene insieme, il maggior numero di norme per l'aggressione alla mafia e alla criminalità organizzata, ma se non diamo allo Stato gli strumenti per poter aggredire in maniera più efficiente i patrimoni mafiosi non andiamo da nessuna parte. Questo era il senso della mia richiesta.

LI GOTTI (IdV). Signor Presidente, l'emendamento 33.100 coincide con gli emendamenti presentati e illustrati poc'anzi dal senatore D'Alia e con altri presentati dall'opposizione; ciò che cambia è l'ottica con cui si affronta il problema. Il Governo continua a mantenere una funzione centrale all'Agenzia del demanio, mentre noi riteniamo che il problema della gestione dei beni confiscati debba essere affidato al territorio e quindi attribuire la gestione centrale ai prefetti. È un problema che si pone in questi termini: ha senso, come propone il Governo, mantenere ferma la competenza dell'Agenzia del demanio mentre la destinazione dei beni è disposta dal prefetto? In questo modo si creano conflitti tra le due autorità. Si ritiene infatti che la competenza sui beni è del demanio, ma per la destinazione è competente il prefetto: è chiaro che arriveranno a litigare, perché la proposta deve provenire dall'Agenzia del demanio.

Riteniamo che i nostri emendamenti portino ad una maggiore chiarificazione: l'Agenzia del demanio può, a nostro parere, svolgere fondamentali funzioni istituzionali, ma in questo settore è opportuno riprendere il controllo dei beni perché la gestione dei beni confiscati ai mafiosi è stata purtroppo deficitaria. Serve l'intervento del territorio, che può essere assicurato esclusivamente dando centralità alle prefetture, sulla gestione e destinazione dei beni.

CASSON (PD). Signor Presidente, come Partito Democratico abbiamo presentato una serie di emendamenti riguardanti: il riordino della disciplina in materia di misure di prevenzione (il 33.101, testo 2); l'assegnazione dei beni confiscati alle associazioni a delinquere di tipo mafioso (il 33.103, testo 2); l'istituzione del fondo di garanzia e ricostituzione per gli assegnatari di beni immobili o aziendali confiscati alle mafie, operanti nel settore agricolo (il 33.0.101, testo 2, prima firmataria la senatrice Ghedini).

Ci sono una serie di altri emendamenti. Peraltro, di fronte ad una materia così delicata e, soprattutto, tecnicamente complessa ci è stato proposto in data di ieri dal rappresentante del Governo un ordine del giorno, al quale saremmo intenzionati ad aderire, ritirando gli emendamenti, però con l'impegno preciso di tenere conto del lavoro svolto unanimemente dalla Commissione parlamentare antimafia nella precedente legislatura, che mi sembra aver prodotto anche una relazione finale. Quel testo andrebbe anche bene con la precisazione, prima del dispositivo, delle seguenti parole: «tenuto conto del lavoro unanime svolto e concluso in tal senso dalla precedente Commissione parlamentare antimafia». In questo senso siamo disponibili a votare l'ordine del giorno, ritirando i nostri emendamenti allo stato.

GHEDINI (PD). Signor Presidente, aggiungo una specificazione a quanto già detto dal senatore Casson. Mi associo alla disponibilità, espressa in questo momento dal collega Casson al ritiro degli emendamenti in questione, a ritirare anche l'emendamento che mi vede prima firmataria, in presenza di una trasformazione in ordine del giorno e di un accoglimento dell'impegno da parte del Governo a promuovere in tempi brevi una disciplina complessiva sul tema dell'assegnazione e della gestione dei beni confiscati.

L'emendamento 33.0.101 (testo 2) interviene in particolare sulla fase di gestione disponendo la costituzione di un fondo a supporto delle imprese interessate in qualità di assegnatarie sui beni confiscati. Per le ragioni questa mattina più volte richiamate, queste imprese si trovano il più delle volte ad intervenire su beni in grave stato di deterioramento che richiedono ingenti investimenti perché, nelle more dell'assegnazione, queste aziende non sono gestite, di fatto, e quindi il loro patrimonio si deteriora.

I soggetti assegnatari si trovano spesso nella difficoltà di reperire fondi per realizzare gli investimenti necessari a far ripartire la produzione e quindi la costituzione di un fondo a garanzia di questi investimenti, purtroppo spesso necessari in presenza di interventi delittuosi che realizzano danneggiamenti dolosi nei confronti delle produzioni di tali imprese, è misura indispensabile per far sì che il recupero all'economia legale di questi territori e di queste attività sia effettivo e non meramente nominale.

Per questo l'invito al Governo ad intervenire presto ed efficacemente su questa materia è davvero caloroso.

MARITATI (PD). Signor Presidente, l'emendamento 33.106, com'è evidente, affronta un argomento di particolare interesse e molto delicato. Ferma restando la richiesta del collega Casson, mi limiterò in poche battute ad esprimere un punto di vista sulla delicata materia dei beni confiscati alla criminalità organizzata.

In questo settore, secondo me, persiste uno stato di confusione: ci sono diversi organi che se ne stanno occupando da tempo, oltre alla magistratura, ma con risultati spesso scarsi e talvolta inconsistenti. Riteniamo sia giunto il momento di porre chiarezza, dando consistenza all'organizzazione di un patrimonio che sta diventando sempre più vasto e quindi particolarmente interessante ed utile per il contrasto al crimine organizzato.

Siamo del parere che in questo settore vada data vita ad un organismo di vertice, sotto il controllo politico della Presidenza del Consiglio dei ministri, che dovrà provvedere, entro novanta giorni, con decreto. In parte condivido le osservazioni del collega Li Gotti, ma c'è bisogno di un organismo centrale, un organismo che abbia la possibilità, non di gestire direttamente, ma di svolgere un'attività di coordinamento e di cognizione sistematica e complessiva che non potrà che essere di sua competenza, sotto la direzione ma soprattutto la responsabilità politica della Presidenza del Consiglio dei ministri, e utilizzando quelle risorse enormi ed affidabili che fanno capo soprattutto alle prefetture. Quindi, non c'è un contrasto, c'è però l'esigenza profonda di un organo centrale cui sia attribuito il coordinamento.

A tale proposito, ricordo che, per iniziativa del Ministero, è stata data vita negli ultimi anni ad una banca dati dei beni confiscati, che è operativa e di eccezionale importanza; essa costituisce un tassello del sistema integrato giudiziario informatizzato che abbiamo cercato di varare con l'ultimo Governo e che stiamo cercando di far varare a quello attuale (anche se ancora, da parte della maggioranza, a mio giudizio, non c'è quell'attenzione che meriterebbe una riforma di tal genere nel settore giudiziario). Questa banca dati, che, ripeto, è una risorsa esistente e funzionante, dovrà essere posta anche a disposizione di tale organismo e, attraverso una cognizione sistematica, si potranno evitare tutte quelle disfunzioni, quegli errori inutili e dannosi che riguardano il settore del patrimonio confiscato alla criminalità organizzata.

Quindi, in sintesi, un organismo centrale sotto la responsabilità politica della Presidenza del Consiglio dei ministri, che si avvarrà sul territorio delle risorse che fanno capo alle prefetture, con l'utilizzo importante della base informatica che già esiste e che va posta al servizio di tale organismo. (Applausi dal Gruppo PD).

PRESIDENTE. I restanti emendamenti si intendono illustrati.

Sottosegretario Mantovano, vi è la disponibilità del Governo ad accogliere l'ordine del giorno G33.101?

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Sì, Presidente. Proporrei solo, per rispetto della Commissione parlamentare antimafia, di modificare la premessa, sostituendo le parole «precedente Commissione parlamentare antimafia», con le altre «Commissione parlamentare antimafia». Non ritengo si debba far riferimento solo alla precedente Commissione, trattandosi di un organo che ha una sua continuità istituzionale.

 

PRESIDENTE. Invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti in esame.

BERSELLI, relatore. Signor Presidente, esprimo parere contrario agli emendamenti 33.102 e 33.100.

Invito i presentatori a ritirare l'emendamento 33.103 (testo 2), altrimenti il mio parere sarà contrario.

Esprimo parere contrario all'emendamento 33.104 e favorevole all'emendamento 33.105.

Sull'emendamento 33.300, il parere sarebbe favorevole con riferimento al merito della proposta, però sono costretto ad invitare il presentatore a ritirarlo, poiché su di esso la 5a Commissione ha espresso parere contrario.

Esprimo parere contrario sull'emendamento 33.106.

Riguardo all'emendamento 33.0.100, su cui c'è un parere contrario della 5a Commissione, passo la parola al senatore Vizzini.

VIZZINI, relatore. Signor Presidente, poiché già in Commissione il Governo ci aveva invitato a ritirare questo emendamento e a trasformarlo in ordine del giorno (essendo stato espresso su di esso un parere contrario dalla Commissione bilancio), così abbiamo fatto. Ho già pronto un testo che consegno alla Presidenza.

 

PRESIDENTE. Va bene. Prego, senatore Berselli, prosegua.

BERSELLI, relatore. Esprimiamo parere contrario sugli emendamenti 33.0.101 (testo 2) e 33.0.500 e favorevole sugli emendamenti 33.0.601 e 33.0.602 (testo corretto).

Per quanto riguarda l'emendamento 33.0.102, invitiamo i presentatori a trasformarlo in ordine del giorno.

Esprimiamo inoltre parere contrario sui subemendamenti da 33.0.600/1 a 33.0.600/8, in quanto siamo a favore dell'emendamento 33.0.600 presentato dal Governo.

Esprimiamo parere contrario sull'emendamento 33.0.103. (Brusìo).

 

PRESIDENTE. Colleghi, vi prego di limitare questo chiacchiericcio, perché stiamo lavorando.

CASSON (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CASSON (PD). Signor Presidente, volevo fare due segnalazioni.

Innanzitutto, per quanto riguarda i subemendamenti all'emendamento 33.0.600 del Governo, con cui si propone di inserire un articolo aggiuntivo dopo l'articolo 33, poiché non siamo intervenuti per spiegare di cosa si tratta forse sarebbe opportuno attenderne l'illustrazione, prima che il relatore si pronunzi su di essi.

Inoltre, in relazione agli emendamenti 33.300 del senatore Saltamartini e 33.106, di cui sono primo firmatario, ma che è stato illustrato dal senatore Maritati, mi è incomprensibile il motivo per cui è stato dato parere favorevole all'emendamento della maggioranza e parere contrario al nostro, considerato che gli emendamenti sono sostanzialmente identici. Le uniche differenze sono date dal fatto che, nella prima frase, nell'emendamento 33.300 si usa il verbo «garantisce», mentre nell'emendamento 33.106 il verbo è «assicura» e che il primo parla di «organizzazione della struttura», mentre il secondo parla di «definizione funzionale, organizzativa, organica e strumentale della struttura».

PRESIDENTE. Sull'emendamento 33.300 c'è un invito al ritiro del relatore per il parere contrario della 5a Commissione.

 

CASSON (PD). Ma il relatore Berselli ha espresso un giudizio favorevole nel merito.

 

PRESIDENTE. Forse c'è stata un'incomprensione, perché il relatore ha condiviso il merito ma ha preso atto del parere contrario della 5a Commissione.

 

BERSELLI, relatore. È esattamente così, Presidente.

 

PRESIDENTE. Invito il rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti in esame.

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, l'emendamento 33.101 (testo 2) è stato trasformato in ordine del giorno già accolto dal Governo.

Esprimo parere contrario sugli emendamenti 33.102, 33.100, 33.103 (testo 2) e 33.104 e parere favorevole sull'emendamento 33.105.

Anch'io, signor Presidente, vorrei conoscere le motivazioni del parere contrario della Commissione bilancio, ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, sugli emendamenti sostanzialmente identici 33.300 e 33.106; infatti, entrambi descrivono un organismo che è già operante, il commissario straordinario per la gestione dei beni confiscati, soltanto per farlo diventare ordinario. Questa figura di commissario attualmente ha oneri di funzionamento che sono posti a carico della Presidenza del Consiglio, nell'ambito delle sue dotazioni ordinarie, così com'è chiarito nell'articolo 3-quater di ciascuno dei suddetti emendamenti. Perciò, se ci sono altre motivazioni sarebbe interessante conoscerle, ma sulla base del tenore letterale di queste disposizioni risulta difficile capire perché vi sia il parere contrario della 5a Commissione.

Circa l'emendamento 33.0.100, il Governo accoglie l'ordine del giorno derivante dalla sua trasformazione.

Sull'emendamento 33.0.101 (testo 2), senatrice Ghedini, non ho capito se insiste per la votazione o se, com'è emerso dalla sua illustrazione, vi è la disponibilità a trasformarlo in un ordine del giorno.

 

GHEDINI (PD). Avevo dichiarato la disponibilità a trasformarlo in un ordine del giorno.

 

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Senatrice Ghedini, quando sarà depositato l'ordine del giorno lo esaminerò ed esprimerò il mio parere.

Sull'emendamento 33.0.500 esprimo parere contrario.

Il parere ovviamente è favorevole sugli emendamenti 33.0.601 e 33.0.602 (testo corretto), presentati dal Governo.

Sull'emendamento 33.0.102 avanzo un invito al ritiro altrimenti il parere è contrario, ma vorrei spendervi qualche parola in più per motivarlo. Signor Presidente, mi dica quand'è il caso che intervenga su questo argomento.

 

PRESIDENTE. In fase di dichiarazione di voto.

 

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Sugli emendamenti 33.0.600/1, 33.0.600/2 e 33.0.600/6 esprimo parere favorevole, mentre esprimo parere contrario sugli emendamenti 33.0.600/3, 33.0.600/4, 33.0.600/5, 33.0.600/7 e 33.0.600/8.

 

PRESIDENTE. Il suo parere su questi ultimi emendamenti è difforme da quello del relatore.

 

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Sull'emendamento 33.0.600 del Governo esprimo parere favorevole.

Infine, esprimo parere contrario sull'emendamento 33.0.103.

PRESIDENTE. Mi spiace che, in presenza di una condivisione nel merito, sia del relatore che del Governo, e di entrambi i presentatori, di maggioranza e di opposizione, l'emendamento 33.300, sostanzialmente identico all'emendamento 33.106, purtroppo sconti il parere contrario della 5ª Commissione.

BERSELLI, relatore. Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

BERSELLI, relatore. Signor Presidente, sugli emendamenti 33.0.600/1, 33.0.600/2 e 33.0.600/6 - ai quali precedentemente mi ero dichiarato contrario - mi uniformo al parere favorevole del Governo.

PRESIDENTE. Colleghi, stavo ribadendo che la contrarietà della 5a Commissione su un emendamento circa il quale, nel merito, vi è piena condivisione postulerebbe o un approfondimento oppure una sua messa in votazione. Approfondire significa accantonare e accantonare l'intero articolo sarebbe un ulteriore accantonamento che appesantirebbe ancora di più l'iter dell'intero disegno di legge.

La Presidenza in questa occasione non se la sente di suggerire tale ipotesi, avendo già accantonato un altro articolo. Andiamo quindi avanti con le votazioni.

D'ALIA (UDC-SVP-Aut). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

D'ALIA (UDC-SVP-Aut). Signor Presidente, vorrei chiedere, se è possibile, un chiarimento al sottosegretario Mantovano in merito all'emendamento 33.0.600 presentato dal Governo, perché vorrei capire a cosa è funzionale la norma, in modo da mettere noi colleghi in condizione di esprimerci di conseguenza, trattandosi di una disposizione molto delicata anche sotto il profilo della compressione dei diritti di libertà.

L'articolo 33-bis che il Governo intende introdurre con l'emendamento in questione prevede un'ipotesi di sospensione cautelativa e, quindi, di scioglimento con atto amministrativo di associazioni qualora si proceda per un delitto consumato o tentato con finalità di terrorismo, ovvero per uno dei reati aggravati già previsti dalla normativa in vigore. Poiché la procedura di sospensione dell'associazione e della sua attività si attiva solo sulla scorta della comunicazione del pubblico ministero, ci troviamo di fronte, ovviamente, alla compressione di un diritto costituzionalmente garantito quale quello della libertà di riunione.

Mi domando pertanto se si tratta di una norma funzionale ad un obiettivo specifico, quale può essere il contrasto al terrorismo, nel qual caso, però, così come è avvenuto con altre norme che sono state introdotte nell'ordinamento, verosimilmente dovrebbe avere una sua dimensione eccezionale e temporanea. Vorrei capire dal sottosegretario Mantovano qual è la finalità concreta dell'articolo 33-bis in questione, in quanto la discrezionalità in capo al Ministro dell'interno nell'attività di scioglimento di associazioni è abbastanza ampia. Credo sia una norma che vada esaminata con attenzione. Se le finalità sono emergenziali se ne comprende il senso; a regime qualche perplessità potrebbe sussistere.

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, ringrazio il senatore D'Alia per aver fornito questa occasione di chiarimento.

La norma che si intende introdurre su iniziativa del Governo parte da una situazione di fatto che è emersa in numerosi procedimenti penali in corso e che ha avuto anche una rilevanza nelle cronache. Mi riferisco alla facilità con la quale soggetti che si muovono nell'area del terrorismo, soprattutto quello di matrice islamica (è cronaca delle ultime settimane), si occultano all'ombra di ONG o, comunque, di sigle associative apparentemente neutre.

La struttura presa in considerazione è quella della legge n. 205 del 1993, la cosiddetta legge Mancino, al cui interno vi è una disposizione, contenuta nell'articolo 7, che prevede esattamente la stessa dinamica contemplata nell'articolo 33-bis in questione, cioè la possibilità di sospendere l'attività dell'associazione in presenza di una comprovata discriminazione razziale determinata da odio etnico o altro, che si muove utilizzando le strutture associative, salvo poi, all'esito di un giudizio in cui ciò risulti dimostrato, arrivare, se ne sussistono i requisiti, allo scioglimento della medesima associazione. Anche per la legge Mancino è sufficiente che vi sia un procedimento penale in corso. Ovviamente al Ministro dell'interno, che è autorità nazionale di sicurezza, questo procedimento deve essere comunicato: da ciò la previsione di una comunicazione da parte del pubblico ministero.

L'unico elemento procedurale differente rispetto alla legge Mancino è che il potere di sospensione viene individuato nella titolarità del Ministro dell'interno al fine di consentire un intervento più tempestivo e, soprattutto, di garantire alla sua persona di avere il quadro complessivo dell'attività di terrorismo sul piano nazionale, il che può permettere di evitare il pregiudizio di altre indagini o di altra attività di prevenzione in corso. Quindi, l'obiettivo di questa norma è quello di potenziare lo sforzo di prevenzione da parte delle autorità di sicurezza utilizzando una struttura che è già patrimonio del nostro ordinamento da oltre quindici anni.

CASSON (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CASSON (PD). Signor Presidente, mi ero riservato di intervenire su questa norma, che è molto particolare e sulla quale credo bisognerebbe porre un po' più di attenzione.

L'articolo 33 del disegno di legge riguarda la lotta alla criminalità organizzata di stampo mafioso. Ora viene introdotto questo articolo aggiuntivo che fa riferimento a tutt'altra fattispecie, cioè il terrorismo. Peraltro, in proposito abbiamo presentato un emendamento per aggiungere le parole "anche internazionale". Dicevo, bisogna porre attenzione, per le conseguenze che ne possono derivare, sia da un punto di vista giuridico-istituzionale sia da un punto di vista politico-sociale.

Il rappresentante del Governo ha detto poco fa che è stata adottata la struttura della legge Mancino. Ritengo che non sia esattamente così, perché quella struttura è stata adottata soltanto inizialmente. La legge Mancino è stata in realtà stravolta, perché l'intervento della magistratura, del tribunale, su diritti fondamentali di qualsiasi per persona, viene sostituito con l'intervento del Ministro dell'interno come intervento di polizia. Non voglio ora dire che da uno Stato di diritto si arrivi ad uno Stato di polizia, però voglio invitare a riflettere. In particolare, credo che la struttura del legge Mancino, se la si vuole considerare in questa situazione, debba essere adottata integralmente, perché si toccano diritti fondamentali che riguardano la libertà della persona, la libertà di riunione, i diritti di difesa.

Quindi, va benissimo che ci sia un'attività da parte delle forze di polizia in fase preventiva, in fase di sicurezza, e che queste segnalazioni arrivino al pubblico ministero, però la legge Mancino dice che dopo deve intervenire, a seguito di richiesta del procuratore, il tribunale, anche in sede cautelare, in tempi molto rapidi per disporre la sospensione. Credo che questa cautela che abbiamo inserito nel nostro ordinamento fin dal 1982 debba essere mantenuta.

Sulla preoccupazione nei confronti del terrorismo espressa dal Governo siamo d'accordo. Non siamo d'accordo sui mezzi che vengono indicati. Per questo abbiamo proposto una serie di emendamenti. Alcuni hanno ricevuto un parere favorevole. Altri però, non a caso quelli fondamentali, cioè quelli che tendono a portare il controllo e far disporre la sospensione di queste attività in capo all'autorità giudiziaria, del tribunale, hanno ricevuto un parere negativo. Così come sugli elementi che devono essere utilizzati per arrivare a questa decisione. Chiediamo di pensarci e di adottare integralmente la struttura della legge Mancino.

PRESIDENTE. L'emendamento 33.101 (testo 2) è stato trasformato in un ordine del giorno. Invito il rappresentante del Governo a pronunziarsi in proposito.

 

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, il Governo lo accoglie.

PRESIDENTE. Essendo stato accolto dal Governo, l'ordine del giorno G33.101 non verrà posto in votazione.

L'emendamento 33.102...

D'ALIA (UDC-SVP-Aut). Lo abbiamo ritirato e abbiamo poi sottoscritto l'ordine del giorno G33.101.

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 33.100, presentato dal senatore Li Gotti e da altri senatori.

Non è approvato.

 

Sull'emendamento 33.103 (testo 2 corretto) è stato espresso un invito al ritiro. In alternativa, parere contrario. Senatore Casson, aderisce all'invito?

CASSON (PD). Signor Presidente, lo ritiro e confluisco nell'ordine del giorno G33.101.

PRESIDENTE. L'emendamento 33.104 è stato ritirato.

Metto ai voti l'emendamento 33.105, presentato dai relatori.

È approvato.

 

Sull'emendamento 33.300, su cui la 5a Commissione ha espresso parere contrario ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, di contenuto analogo al successivo 33.106, c'è un invito al ritiro.

INCOSTANTE (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

INCOSTANTE (PD). Signor Presidente, per le motivazioni che ha espresso il senatore Casson nell'individuare una quasi totale identità tra l'emendamento 33.300 e l'emendamento 33.106 e quindi un difforme parere e dopo anche quello che ha detto il Governo, ne chiediamo la votazione.

PRESIDENTE. Senatore Saltamartini, accetta l'invito al ritiro?

 

SALTAMARTINI (PdL). Sì, Presidente, ritiro l'emendamento 33.300.

 

PRESIDENTE. Passiamo dunque all'emendamento 33.106, su cui la 5a Commissione ha espresso parere contrario ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione.

 

INCOSTANTE (PD). Mi sembra che il Sottosegretario avesse detto qualcosa anche al senatore Saltamartini rispetto al parere.

 

PRESIDENTE. Senatrice Incostante, stiamo parlando dell'emendamento 33.106, sul quale è stato espresso un parere contrario da parte della 5a Commissione. Ora ho bisogno di conoscere formalmente il parere del relatore e del rappresentante del Governo.

 

BERSELLI, relatore. Esprimo parere contrario.

 

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Il Governo ribadisce il parere favorevole all'introduzione di questa struttura. (Applausi dal Gruppo PD).

 

BERSELLI, relatore. Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

BERSELLI, relatore. C'è un parere contrario della Commissione bilancio. Il senatore Saltamartini ha ritirato l'emendamento.

VIZZINI, relatore. Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

VIZZINI, relatore. Signor Presidente, il senatore Saltamartini aveva aderito all'invito al ritiro prima ancora che il Sottosegretario si dicesse favorevole all'emendamento, al pari di quello che aveva fatto il senatore Casson. A questo punto, se vi è una posizione favorevole da parte del Governo all'emendamento 33.106, ovviamente vale anche per l'emendamento a firma Saltamartini, che in buona fede l'aveva ritirato non essendo a conoscenza di questo parere.

 

PRESIDENTE. Presidente Azzollini, ha qualcosa da dire rispetto al parere contrario espresso dalla 5a Commissione?

AZZOLLINI (PdL). Presidente, ho davanti i due emendamenti e ricordo perfettamente che abbiamo dato un parere contrario ad entrambi ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione: d'altra parte si vede nettamente che ci sono nuovi oneri di funzionamento della struttura. È difficile che nuovi oneri di funzionamento non comportino spese, pertanto rimane il parere che era stato formulato in sede di Commissione.

PRESIDENTE. In effetti, quando l'emendamento recita: «Gli oneri di funzionamento della struttura non devono comportare aumento di spesa e sono posti a carico della Presidenza del Consiglio dei ministri», è una frase molto retorica.

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, forse il presidente Azzollini era fuori dall'Aula quando abbiamo iniziato la discussione su questa vicenda. Parliamo di una struttura che già esiste nell'ambito della Presidenza del Consiglio e che viene finanziata con le dotazioni ordinarie della stessa Presidenza, sia pure come figura di commissario straordinario. Siamo già al primo rinnovo; quindi si tratta di rendere ordinario ciò che è straordinario finora, ma con le medesime dotazioni.

AZZOLLINI (PdL). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

AZZOLLINI (PdL). Signor Presidente, premesso che ovviamente non posso modificare il parere della Commissione, sento tuttavia di confermarlo. Sottosegretario Mantovano, nulla contro la sua persona, per la quale nutro grande affetto, ma proprio gli emendamenti dicono il contrario: l'emendamento 33.106 recita infatti: «La definizione funzionale, organizzativa, organica e strumentale della struttura è stabilita con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri». In sostanza, l'emendamento parla di una nuova struttura e difficilmente le nuove strutture non costano. Mi pare molto difficile.

 

INCOSTANTE (PD). No, non è così.

MORANDO (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

MORANDO (PD). Signor Presidente, francamente durante la discussione in Commissione bilancio abbiamo approfondito l'argomento e anche il Ministero dell'economia, che come lei sa è sempre rappresentato quando diamo i pareri, ha condiviso e sollecitato un parere contrario ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione in funzione del fatto che è patente l'introduzione di una struttura che determina oneri.

Soltanto una relazione tecnica predisposta adeguatamente, che mostrasse che la vecchia struttura si trasforma (probabilmente modificandone la base legislativa o almeno regolamentare) in funzione del conferimento delle risorse che oggi finanziano la vecchia per finanziare la nuova avrebbe indotto un altro argomento. Ma così stando l'emendamento, sulla base del parere del Ministero dell'economia non vedo come potessimo dare un parere diverso da quello che abbiamo espresso.

PRESIDENTE. Senatore Morando, intendo richiamare l'attenzione dell'Aula su un aspetto. Stiamo lavorando proficuamente, in un ottimo clima, su un testo che tratta una materia delicatissima sulla quale vedo consumarsi un confronto estremamente interessante e costruttivo tra maggioranza e opposizione. Vi sono delle idee diverse, ma sostanzialmente si condivide con grande senso di responsabilità l'esigenza di occuparsi di questo tema anche con la dovuta speditezza.

Il timore della Presidenza è che approvare un emendamento con il parere contrario ex articolo 81 possa non soltanto determinare modifiche da parte della Camera, che avrà il sacrosanto diritto di intervenire nel merito, ma eventualmente anche rilievi da parte del Quirinale, trattandosi appunto di un voto con il parere contrario ex articolo 81 della Costituzione.

E poiché si tratta del tema della sicurezza vorrei proprio sin da ora evitare che nel testo trasmesso al secondo ramo del Parlamento possano esserci norme che, sì, potrebbero essere soppresse dalla Camera ma, ove mantenute, potrebbero costituire motivo di rinvio alle Camere da parte del Quirinale. Si tratta di un testo che riguarda temi delicatissimi quali quello della sicurezza, del contrasto alla criminalità, della criminalità mafiosa, del 41-bis (che dovremmo affrontare tra poco).

Questa è la riflessione che la Presidenza affida all'Aula e che riguarda l'opportunità o meno di approvare un emendamento che, seppur condiviso nel merito, ha formalmente un parere contrario ex articolo 81 - di cui devo prendere atto - condiviso all'interno della Commissione dalla Presidenza, da un autorevolissimo esponente dell'opposizione e dal Governo, nella persona del rappresentante del Ministero dell'economia.

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, mi sembra che ci si stia avviando verso un accantonamento. L'importante è che non sia accantonato anche l'articolo 33, dal momento che si tratta di una voce che può essere tranquillamente trattata a parte.

PRESIDENTE. Si potrebbero invitare - la Presidenza se ne assume la responsabilità - i proponenti Saltamartini e Casson a trasformare gli emendamenti in aggiuntivi, che verrebbero accantonati, in modo tale da poter votare l'articolo 33.

Poiché i proponenti concordano, dispongo l'accantonamento degli emendamenti 33.300 e 33.106.

Metto ai voti l'articolo 33.

È approvato.

 

L'emendamento 33.0.100 è stato trasformato nell'ordine del giorno G33.0.100, che essendo stato accolto dal Governo non verrà posto in votazione.

Sull'emendamento 33.0.101 (testo 2) è stato espresso un parere contrario, ma vi era una disponibilità a trasformarlo in ordine del giorno.

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. La senatrice Ghedini era già soddisfatta dall'ordine del giorno G33.101, che comprende anche questa materia.

 

PRESIDENTE. L'emendamento 33.0.101 (testo 2) dunque è ritirato e confluisce nell'ordine del giorno G33.101.

 

GHEDINI (PD). Sì, confermo.

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 33.0.500, presentato dal senatore D'Alia.

Non è approvato.

 

Metto ai voti l'emendamento 33.0.601, presentato dal Governo.

È approvato.

 

Metto ai voti l'emendamento 33.0.602 (testo corretto), presentato dal Governo.

È approvato.

 

Sull'emendamento 33.0.102 è stato espresso un invito a trasformarlo in ordine del giorno. Chiedo al senatore Lumia se intende accettare tale invito.

LUMIA (PD). Signor Presidente, l'emendamento in esame tratta un argomento delicatissimo, ossia i testimoni di giustizia, che sono cosa ben diversa dai collaboratori di giustizia. Colleghi, i testimoni di giustizia sono cittadini onesti, lontani dall'organizzazione mafiosa, che rifiutano la cultura dell'omertà, denunciano, vanno nelle aule dei tribunali a compiere il loro dovere di cittadini e da quel giorno, ahimè, per molti di loro inizia una vita a dir poco infernale. Vorrei quindi ci fosse la massima attenzione su questo tema dei testimoni di giustizia.

Presidente, lei sa che molti di loro le hanno scritto: vi sono stati diversi appelli di tanti testimoni di giustizia. A dire il vero, non sono molti, non è una platea ampia: sono circa una settantina. Alcuni di questi testimoni di giustizia oggi vivono in condizioni disperate. Infatti, una volta che per loro finisce il programma a carico dello Stato, che li protegge e mantiene, dopo aver passato mesi ed anni in un rapporto assistenziale con lo Stato non sono in grado di reinserirsi nella società e nel mercato del lavoro attraverso una attività autonoma, anche perché molti di questi non sono imprenditori. Ritengo limitato e forse anche sbagliato l'atteggiamento dello Stato, che stipula un patto con i testimoni di giustizia e, dopo alcuni anni che dà loro un sostegno al reddito e alcune provvidenze, li fa uscire dal programma e lascia che si arrangino.

Questo atteggiamento è sbagliato perché, se alla fine di questo cammino c'è un fallimento, esso riguarda anche noi, lo Stato e la lotta alla mafia. E perché, signor Presidente, il più delle volte c'è un fallimento? Perché queste persone sono sradicate dai loro posti e portate in località lontane (si immagini, Presidente, cosa questo significhi e cosa comporti per la moglie e i bambini); sono tenuti in strutture lontane, spesso a non fare niente; dopo anni e anni che sono chiusi nei loro appartamenti in condizioni difficilissime (devono cambiare generalità e vivono con il terrore), senza essere stati nel frattempo inseriti nel mercato del lavoro, alcuni vivono un disagio psicologico drammatico e molti non ce la fanno più.

Signor Presidente,penso sia necessario integrare la normativa sui testimoni di giustizia dando la possibilità allo Stato di avere un'arma in più, non obbligatoria e non per tutti ma dove è necessaria e utile, prevedendo il loro inserimento nella pubblica amministrazione (sono pochi casi) e garantendo loro dignità. Lo Stato riconoscerebbe il loro valore di testimoni di giustizia, non darebbe loro solo un reddito passivo, ma un lavoro; si alzerebbero la mattina, uscirebbero di casa e si guadagnerebbero con la loro onestà e il loro lavoro il proprio reddito e si interromperebbe quel meccanismo, che diventa perverso, di mantenimento e assistenza che produce risultati fallimentari sul piano non solo della lotta alla mafia, ma anche sul piano esistenziale e umano.

Perché non si può accogliere uno strumento di questo tipo? Come detto, è una norma che integra le opportunità che abbiamo nel trattare e nel reinserire i testimoni di giustizia. Possiamo farlo: è una norma che abbiamo già cambiato, perché l'abbiamo già discussa in altri momenti qui in Aula e che è stata corretta alla luce delle indicazioni fornite. Se il Governo vuole apportare ulteriori modifiche direttamente in Aula lo può fare in modo da poter dare sui testimoni di giustizia la risposta che ci si attende dal Parlamento e dal Governo.

Ecco perché, così come riformulato - un termine improprio - l'emendamento 33.0.102 fa riferimento ad un testo discusso all'interno di altri provvedimenti, in particolare nel decreto-legge n. 92 del 2008 in tema di sicurezza.

In questo disegno di legge potrebbe invece trovare finalmente una collocazione corretta e quindi risolvere quei casi che per tutti noi sono importanti, come unanimemente riconosciuto dalla Commissione parlamentare antimafia che appena un anno fa ha approvato una relazione presentata dall'onorevole Napoli - oggi rappresentante di maggioranza - che, tra le indicazioni, forniva anche questoatto di indirizzo.

Pertanto, non solo ne chiedo l'approvazione al rappresentante del Governo, magari prevedendo ulteriori modifiche, ma anche ai colleghi. Chiedo loro di sottoscriverlo unanimemente perché non è un emendamento di una parte, e sui testimoni di giustizia deve esserci l'impegno corale da parte di tutti.

PRESIDENTE. Le segnalo che il parere non ostativo della Commissione bilancio su tale emendamento è condizionato all'eventuale modifica, ove lei dovesse accettare, volta a trasformare l'anno 2008 in 2009 e a sostituire le parole «24 dicembre 2007, n. 244» con le altre «22 dicembre 2008, n. 203». Senatore Lumia, lei concorda?

 

LUMIA (PD). Sì, signor Presidente. Riformulo l'emendamento nel senso indicato dalla Commissione bilancio.

D'ALIA (UDC-SVP-Aut). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

D'ALIA (UDC-SVP-Aut). Signor Presidente, in primo luogo le chiedo che sia aggiunta la mia firma all'emendamento proposto dal senatore Lumia.

In questa sede si è già svolta una discussione con riferimento al decreto-legge in materia di sicurezza. Ora, non si sta parlando di collaboratori di giustizia ma di persone incensurate, perbene, comuni cittadini che si trovano coinvolti come soggetti che possono dare un contributo positivo ad un'indagine antimafia e di fronte alla scelta di collaborare con lo Stato, pur non avendone alcuna convenienza. Infatti, non si tratta di pentiti che possono ottenere un beneficio in termini di sconti di pena o di altro genere, ma di cittadini normali che vogliono dare un contributo allo Stato, ma che si trovano di fronte all'alternativa di non poterlo fare in quanto condannati a vivere una condizione di clandestinità.

Considerato ciò, lo Stato deve fornire un'alternativa rispetto alla gestione di questa clandestinità. Ora, poiché il numero dei testimoni di giustizia rischia di assottigliarsi per questa ragione, non essendo previsto alcun incentivo reale, concreto, credibile, serio da parte dello Stato, credo che l'idea di prevedere un accesso privilegiato - lo sottolineo - nell'ambito della pubblica amministrazione, con tutte le garanzie che in occasione dell'esame del provvedimento governativo in Senato il sottosegretario Mantovano aveva espresso in Aula, vale a dire in termini di segretezza e della circostanza che ciò avvenga senza che si incida in alcun modo sulla genuinità dell'acquisizione testimoniale e quant'altro - tutte osservazioni corrette e condivise - possa essere recepita nel testo al nostroesame. Ritengo sia opportuno dare questa ulteriore occasione ai testimoni di giustizia e che ciò possa avvenire adesso in modo da rendere più agevole il compito della collaborazione dei cittadini perbene nella alla lotta alla mafia.

Pur sottolineando l'importanza di avvalersi della collaborazione dei pentiti, la collaborazione dei testimoni di giustizia, che in sostanza sono cittadini testimoni di fatti criminosi, credo che sotto il profilo culturale e sociale rappresenterebbe un dato positivo. Sulla base di queste considerazioni, ritengo che oggi vi siano tutte le condizioni per votare congiuntamente a favore di questo emendamento.

LI GOTTI (IdV). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

LI GOTTI (IdV). Signor Presidente, come noto, la testimonianza è un dovere dei cittadini, ma in alcune parti del nostro Paese, prima di essere un dovere, deve essere ancora riconosciuto come diritto. Infatti, in alcune zone italiane non esiste il diritto a testimoniare: figuriamoci, quindi, se la testimonianza può diventare un dovere.

Il diritto a testimoniare significa poter testimoniare senza avere conseguenze. Non stiamo parlando di atteggiamenti premiali da parte dello Stato (che riguardano la collaborazione degli ex appartenenti alle organizzazioni criminali); stiamo facendo riferimento a persone che non devono essere premiate dallo Stato, ma che devono essere garantite nella loro sicurezza e nel loro futuro. Rendere testimonianza in favore della giustizia non può essere una iattura! Noi dobbiamo porci in quest'ottica.

Obiettivamente, da anni (il problema non riguarda soltanto l'attuale Governo perché si tratta di un'antica questione), si avverte un'insofferenza verso il testimone di giustizia, quasi fosse uno status. Dietro quella parola vi è una valutazione giuridica: si ha accesso alle misure previste dal provvedimento del 2001 soltanto qualora vi sia un comportamento rilevante in ordine alle conoscenze che si hanno, se cioè lo Stato riceve un grande beneficio. Devono verificarsi, dunque, due condizioni: vi deve essere un comportamento rilevante ed un pericolo incombente.

Lo Stato non può preferire l'opzione di dare un po' di denaro purché il testimone esca dalla scena: purtroppo, da anni si cerca di realizzare proprio questo, provando cioè a «far sparire» il testimone! Queste persone, però, non possono sparire perché hanno diritto ad avere una dignità; non possono nascondersi per tutta la loro esistenza. (Applausi dal Gruppo IdV).

Con l'emendamento 33.0.102 (testo 2) si chiede almeno che lo Stato, riconoscendo le loro professionalità (qualora le abbiano), quanto meno le inserisca nell'ambito dell'amministrazione. Si chiede almeno questo!

Pertanto, condivido e sottoscrivo, a nome delle mio Gruppo, l'emendamento 33.0.102 (testo 2). (Applausi dal Gruppo IdV).

PISANU (PdL). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

PISANU (PdL). Signor Presidente, pregherei il Governo di considerare con la massima attenzione l'emendamento 33.0.102 (testo 2), tenendo conto del fatto che nella discussione generale appena conclusasi presso la Commissione parlamentare antimafia il tema della tutela dei testimoni di giustizia ha trovato unanime convergenza sulla necessità di accordare maggiori tutele a persone che, per rendere un servizio alla giustizia, hanno già accettato lo sconvolgimento della loro vita personale e familiare e restano esposti al pericolo di vita.

Intuisco che vi sono problemi, che peraltro non mi sembrano insuperabili, di copertura finanziaria; tuttavia credo che, per l'estrema delicatezza del tema e per il valore emblematico che avrebbe una decisione unanime del Parlamento in questa materia, si tratterebbe di un contributo morale importante nella lotta - ancora aspra e difficile - ai fenomeni mafiosi che tormentano l'intero Paese e condizionano pesantemente lo sviluppo del Mezzogiorno d'Italia. (Applausi dai Gruppi PdL, PD e IdV).

FINOCCHIARO (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

FINOCCHIARO (PD). Signor Presidente, desidero soltanto aggiungere una considerazione alle molte che condivido che sono state fatte ed anche annunciare che, insieme al senatore Zanda, appongo la mia firma all'emendamento 33.0.102.

Abbiamo la grande fortuna di discutere di questo argomento davanti al sottosegretario Mantovano, che della materia si occupa molto bene da anni (sono almeno tre o quattro legislature che il sottosegretario Mantovano se ne occupa anche da deputato). Abbiamo ora la necessità di mettere la parola fine a tale questione, che tante volte e con successive modifiche abbiamo affrontato, non solo per le considerazioni fatte, e molto bene, dal presidente Pisanu e dai senatori Lumia, Li Gotti e D'Alia, ma anche per un'altra ragione che in qualche modo alimenta una preoccupazione non detta che tuttavia pesa sulla soluzione del problema.

Vedete, persone che spesso per dieci anni, data la lunghezza dei processi e la necessità di affrontarne i diversi gradi, si trovano ad essere testimoni di giustizia in una situazione non solo di straordinaria difficoltà ma anche di incredibile precarietà circa il futuro - possibilità di mantenere la propria famiglia, nonché un ruolo e una dignità legate al fatto di esercitare una professione o svolgere un lavoro - possono incontrare disagi che talvolta pesano non soltanto sulla vita delle persone stesse, ma anche sulle relazioni che intrattengono con le istituzioni che le seguono. Credo sia davvero opportuna una soluzione di questo genere, che assicura la dignità di un lavoro, una certezza rispetto alle prospettive e che celebra e premia: questo dobbiamo fare.

In tante zone del nostro Paese il dovere civico della collaborazione e della testimonianza viene avvertito così difficile per le condizioni di pericolo nelle quali ci si muove. È una soluzione dignitosa, da Paese moderno, che spazza via non soltanto le preoccupazioni di queste persone, ma anche la preoccupazione non detta che talvolta può serpeggiare al di sotto della nostra discussione. (Applausi dal Gruppo PD).

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, l'intenzione alla base dell'emendamento in esame è certamente lodevole, anche se il quadro tratteggiato dal senatore Lumia per sostenerlo si riferisce probabilmente a dieci anni fa. Su questo, prima di dedicare un cenno all'esame dell'emendamento, vorrei fare una premessa doverosa. Trovo singolare che a scadenze ricorrenti si parli della gestione dei testimoni di giustizia, che certamente ha mille limiti, senza sentire mai il dovere di ascoltare chi questa gestione esercita. Spesso le valutazioni fornite a tutti i livelli, anche mediatici, sono fatte sulla base di denunce di persone che magari non sono mai entrate nel programma di protezione o che ne sono state estromesse sulla base di valutazioni, magari anch'esse discutibili, che oggi sono all'esame della giustizia amministrativa.

Una premessa doverosa e non di stile è che il Governo è disponibile e pronto in qualsiasi circostanza, con le dovute garanzie di riservatezza che la Commissione parlamentare antimafia, oggi presieduta dal senatore Pisanu, è senz'altro in grado di dare, a rendere conto della gestione dei testimoni di giustizia con documenti ed atti, anche relativamente a singole posizioni. Peccato che ciò ordinariamente non avvenga.

Fatta questa premessa, come tutti voi sapete - avendo alcuni concorso in modo qualificato all'elaborazione e all'approvazione della nuova normativa - nel 2001 la disciplina è cambiata totalmente ed è stato introdotto un vero e proprio statuto dei testimoni di giustizia che rende la posizione di costoro assolutamente diversa, com'è giusto che sia, rispetto a quella dei collaboratori. Questo ha comportato che la gran parte dei problemi incontrati si riferissero alla fase antecedente, non tanto per anomalie strutturali nella gestione, ma nella configurazione giuridica che non tratteggiava questa linea di confine, sicché si scambiava una persona onesta per un delinquente pluriomicida che, in una logica premiale, aveva scelto di collaborare con lo Stato.

Ma dal 2001, anche per coloro che sono entrati prima, vi è una totale diversità quanto ad assegno di mantenimento, alloggio e prospettive di reinserimento, quanto alla possibilità - che non hanno i collaboratori ma i testimoni di giustizia - di chiedere l'acquisto da parte dello Stato a prezzo di mercato di immobili che sono costretti a lasciare nella località di origine; se lo chiedono ovviamente, è una loro facoltà. Vi è inoltre da anni uno sforzo che ha raggiunto dei risultati importanti di mantenere il testimone il più possibile, se vi è la richiesta dell'interessato, nel luogo di residenza, proprio perché non è giusto sradicarlo. È giusto che lo Stato si impegni nella sua tutela in loco anche perché questo, al di là delle scelte dell'interessato, rappresenta una vittoria per lo Stato, che non costringe le persone oneste a trasferirsi.

Sono disponibile in qualsiasi momento a rendere conto dettagliato e nominativo di questa situazione con tutte le garanzie di riservatezza, avendo presieduto la Commissione sui programmi di protezione dal 2001 al 2006 e presiedendola di nuovo dal giugno dello scorso anno.

In questa veste posso testimoniare non soltanto dello sforzo, in larga parte dei casi giunto a compimento, di reinserimento lavorativo di tanti testimoni di giustizia ma anche, in certi casi, quanto è stato richiesto e quando praticabile, dello sforzo di permettere ad alcuni testimoni di giustizia, che non fossero operatori economici, la cui attività quindi non fosse ricostruibile in altra sede o non fosse tutelabile nel luogo d'origine, per inserire testimoni di giustizia, per esempio, in aziende che lavorano a stretto contatto con la pubblica prestazione. Naturalmente non dirò neanche sotto tortura i nomi di costoro, perché l'esigenza fondamentale, nel momento in cui il programma va a compimento, è che quella persona non sia riconoscibile. Se viene meno infatti l'intento di mimetizzazione, abbiamo distrutto il programma anche nella sua fase conclusiva.

Con riferimento al punto specifico, cioè una sorta di canale privilegiato, di corsia preferenziale per entrare nella pubblica amministrazione: questo significa concretamente individuare, sia pure per pochi numeri, una categoria a sé di ingresso alla pubblica amministrazione in deroga al concorso.

Questa categoria a sé avrebbe come effetto immediato l'individuazione dei soggetti. Voglio capire come si spiega l'accesso in un ufficio pubblico, non in una azienda, dove si può dire ad una sola persona con mille cautele, ma in un ufficio pubblico: come si fa a garantire un accesso che non sia svelabile perlomeno nei termini generali. (Applausi dal Gruppo PdL e dei senatori Perduca, Poretti e Sbarbati).

Quindi, l'arma in più in questo caso - non è un argomento polemico ma per esprimere nel modo più chiaro - la si dà alla criminalità mafiosa che quel testimone ha contribuito a disarticolare, nel momento in cui lo si indica come colui che lavora in un certo posto.

Proprio perché l'argomento è delicato ogni automatismo è deleterio. Il Governo ribadisce in questa sede il proprio impegno massimo alla ripresa di un'attività lavorativa da parte di ogni testimone di giustizia, anche in continuità con quanto fatto finora, quando non vi è un'attività economica a monte che possa essere ripresa (per esempio, quindi, come è accaduto, in aziende che hanno a che fare con la pubblica amministrazione) ed è disponibile ad accogliere un ordine del giorno che, riformulando e riprendendo i temi alla base di questo emendamento, imponga al Governo, con periodicità che stabilirete, di rendere conto dell'attuazione di tale impegno nelle sedi più opportune, a cominciare dalla Commissione parlamentare antimafia.

Credo che, per onestà, si debba dire con estrema chiarezza che il rimedio proposto, che ha intenzioni lodevolissime, ad avviso del Governo (per carità, discutibilissimo e contrastabilissimo) appare peggiore del male. Per tale ragione confermo la disponibilità nei termini prima enunciati. (Applausi dai Gruppi PdL e LNP e della senatrice Sbarbati).

PRESIDENTE. Colleghi, il tema è estremamente delicato. Ci sono stati vari interventi che hanno evidenziato la centralità della tematica della tutela, non solo a breve ma anche a lungo termine, del testimone di giustizia, per una sua normalità di esistenza. Il Governo ha posto delle motivazioni che anch'esse confluiscono sull'esigenza di una tutela, laddove il testimone di giustizia dovesse essere assunto in maniera diretta, seppur riservata, nell'ambito della pubblica amministrazione.

È intento della Presidenza concludere quantomeno gli emendamenti volti ad inserire articoli aggiuntivi dopo l'articolo 33 (sono pochissime votazioni), anche se mi dolgo molto, ma non è responsabilità di nessuno, di non poter passare all'articolo 34, che, come sapete, tocca il tema delicatissimo dell'articolo 41‑bis dell'ordinamento penitenziario, che tratteremo alla ripresa dei lavori.

Alla luce delle motivazioni, condivisibili o meno, ma sostanziali, del Governo sulla proposta emendativa 33.0.102 del senatore Lumia e della disponibilità del Governo ad accettare la trasformazione di tale emendamento in un ordine del giorno, da concordare bene tra Governo e firmatari, volevo poi valutare se accantonare l'esame di tale proposta e quindi innescare un rapporto tra il Governo e i firmatari per arrivare ad un ordine del giorno che faccia propri gli orientamenti del senatore Lumia e del Governo, entrambi favorevoli all'esigenza di assicurare una collocazione lavorativa al testimone di giustizia. Senatore Lumia, il problema, come dice il Governo, riguarda l'ambito; in alcuni ambiti si potrebbe infatti esporre a dei rischi il testimone di giustizia. Quindi, se siete d'accordo, sospenderei l'esame di tale emendamento, in modo da vedere se si può trovare, non una norma ma un ordine del giorno che possa rispondere alle esigenze di tutela poste sia dal senatore Lumia che dal Governo.

Proseguiamo dunque con la votazione dei restanti emendamenti volti ad introdurre articoli aggiuntivi dopo l'articolo 33.

CASSON (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CASSON (PD). Signor Presidente, le chiedo scusa, però l'emendamento 33.0.600 del Governo in materia di terrorismo penso abbia bisogno di una meditazione e di un approfondimento. Avrei intenzione su alcuni nostri emendamenti di intervenire in maniera dettagliata; su alcuni c'è già un parere favorevole del Governo.

PRESIDENTE. A questo punto, rinvio il seguito della discussione del disegno di legge in titolo ad altra seduta.

 

 


 

Allegato A

 

DISEGNO DI LEGGE

Disposizioni in materia di sicurezza pubblica (733)

 

ARTICOLO 23 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE

Art. 23.

Approvato nel testo emendato

(Modifica alle disposizioni del codice di procedura penale in tema di misure cautelari personali)

1. All'articolo 275, comma 3, del codice di procedura penale, le parole: «all'articolo 416-bis del codice penale o ai delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo 416-bis ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo» sono sostituite dalle seguenti: «all'articolo 51, commi 3-bis, 3-quater e 3-quinquies».

EMENDAMENTI

23.104

LI GOTTI, BELISARIO, PARDI, GIAMBRONE, CARLINO, ASTORE, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA, RUSSO

Respinto

Al comma 1, aggiungere, in fine, le seguenti parole: «, all'articolo 407, comma 2 lettera a), agli articoli 423-bis, primo, terzo e quarto comma, 439, 440, 624-bis e 628 del codice penale, all'articolo 12, commi 3-bis e 3-ter, del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n.286, e successive modificazioni, e all'articolo 260, commi 1 e 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152;».

23.103

CASSON, BIANCO, INCOSTANTE, DE SENA, DELLA MONICA, LATORRE, CAROFIGLIO, MARITATI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, ADAMO, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI

Approvato

Al comma 1, dopo le parole: «e 3-quinquies» aggiungere, in fine, le seguenti: «, limitatamente alle fattispecie previste dagli articoli 600-bis, 600-ter e 600-quinquies del codice penale».

EMENDAMENTI TENDENTI AD INSERIRE ARTICOLI AGGIUNTIVI DOPO L'ARTICOLO 23

23.0.100

LI GOTTI, BELISARIO, PARDI, GIAMBRONE, CARLINO, ASTORE, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA, RUSSO

Respinto

Dopo l'articolo 23,aggiungere il seguente:

«Art. 23-bis.

(Ulteriori modificazioni al codice di procedura penale)

1. Al codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 310, il comma 3 è abrogato;

b) all'articolo 311, dopo il comma 5, è aggiunto il seguente:

"5-bis. Il ricorso per cassazione avverso la decisione con la quale il tribunale, accogliendo l'appello del pubblico ministero, dispone una misura cautelare non ha effetto sospensivo";

c) all'articolo 392 il comma 1-bis è sostituito dal seguente:

"1-bis. Nei procedimenti per i delitti. di cui agli articoli 572, 600, 600-bis, 600-ter, anche se relativo al materiale pornografico di cui all'articolo 600-quater, 600-quinquies, 601, 602, 609-bis, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies e 609-undecies del codice penale il pubblico ministero, anche su richiesta della persona offesa, o la persona sottoposta alle indagini possono chiedere che si proceda con incidente probatorio all'assunzione della testimonianza di persona minorenne ovvero della persona offesa maggiorenne, anche al di fuori delle ipotesi previste dal comma 1"».

23.0.101

PORETTI, PERDUCA, BONINO

Respinto

Dopo l'articolo 23,inserire il seguente:

«Art. 23-bis.

È abrogata la legge 13 febbraio 2006, n.59».

ARTICOLO 24 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE

Art. 24.

Non posto in votazione (*)

(Modifica alla legge 27 dicembre 1956, n. 1423)

1. All'articolo 4 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, al quarto comma, dopo le parole: «sottrarsi ai controlli di polizia,» sono inserite le seguenti: «armi a modesta capacità offensiva, riproduzioni di armi di qualsiasi tipo, compresi i giocattoli riproducenti armi, altre armi o strumenti comunque denominati in grado di emettere scariche elettriche, tra i quali gli storditori, ovvero di nebulizzare liquidi o miscele irritanti, prodotti pirotecnici di qualsiasi tipo,».

________________

(*) Approvato l'emendamento 24.800, interamente sostitutivo dell'articolo.

EMENDAMENTO

24.800

IL GOVERNO

Approvato

Sostituire l'articolo 24, con il seguente:

«Art. 24.

(Modifiche alla legge 27 dicembre 1956, n. 1423)

All'articolo 4 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, al quarto comma, dopo le parole: "sottrarsi ai controlli di polizia," sono inserite le seguenti: "armi a modesta capacità offensiva, riproduzioni di armi di qualsiasi tipo, compresi i giocattoli riproducenti armi, altre armi o strumenti, in libera vendita, in grado di nebulizzare liquidi o miscele irritanti non idonei ad arrecare offesa alle persone, prodotti pirotecnici di qualsiasi tipo, nonché sostanze infiammabili e altri mezzi comunque idonei a provocare lo sprigionarsi delle fiamme,"».

EMENDAMENTO TENDENTE AD INSERIRE UN ARTICOLO AGGIUNTIVO DOPO L'ARTICOLO 24

24.0.100

PORETTI, PERDUCA, BONINO

Respinto

Dopo l'articolo 24,inserire il seguente:

«Art. 24-bis.

L'amministrazione penitenziaria deve organizzare corsi di preparazione al rilascio per i condannati che devono scontare meno di sei mesi di pena residua. Essi vanno organizzati in concorso con gli enti locali e con le organizzazioni private. A tal fine deve favorire la presenza di questi detenuti in appositi istituti omogenei"».

ARTICOLI 25, 26, 27 E 28 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE

Art. 25.

Approvato

(Modifiche alla legge 31 maggio 1965 n. 575)

1. Alla legge 31 maggio 1965, n.575, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 2, comma 2, le parole: «con la notificazione della proposta» sono soppresse;

b) all'articolo 2-bis:

1) al comma 1, dopo le parole: «Il procuratore della Repubblica» sono inserite le seguenti: «di cui all'articolo 2, comma 1»;

2) al comma 4, dopo le parole: «il procuratore della Repubblica» sono inserite le seguenti: «, il direttore della Direzione investigativa antimafia»;

3) al comma 6, dopo le parole: «Il procuratore della Repubblica» sono inserite le seguenti: «, il direttore della Direzione investigativa antimafia»;

c) all'articolo 2-ter, commi secondo, sesto e settimo, dopo le parole: «del procuratore della Repubblica» sono inserite le seguenti: «di cui all'articolo 2, comma 1»;

d) all'articolo 3-bis, settimo comma, dopo le parole: «su richiesta del procuratore della Repubblica» sono inserite le seguenti: «di cui all'articolo 2, comma 1»;

e) all'articolo 10-quater, secondo comma, dopo le parole: «su richiesta del procuratore della Repubblica» sono inserite le seguenti: «di cui all'articolo 2, comma 1».

Art. 26.

Approvato

(Modifica all'articolo 12-sexies, comma 2-ter, del decreto-legge 8 giugno 1992, n.306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n.356)

1. All'articolo 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n.356, il comma 2-ter è sostituito dal seguente:

«2-ter. Nel caso previsto dal comma 2, quando non è possibile procedere alla confisca del denaro, dei beni e delle altre utilità di cui al comma 1, il giudice ordina la confisca di altre somme di denaro, di beni e altre utilità per un valore equivalente, delle quali il reo ha la disponibilità, anche per interposta persona».

 

Art. 27.

Approvato

(Modifica all'articolo 12-sexies, comma 4-bis, del decreto-legge 8 giugno 1992, n.306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n.356)

1. All'articolo 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, al comma 4-bis, le parole: «dalla legge 31 maggio 1965, n.575, e successive modificazioni» sono sostituite dalle seguenti: «dagli articoli 2-quater, 2-sexies, 2-septies, 2-octies, 2-nonies, 2-decies, 2-undecies e 2-duodecies della legge 31 maggio 1965, n.575, e successive modificazioni».

 

Art. 28.

Approvato nel testo emendato

(Modifiche all'articolo 34 della legge 19 marzo 1990, n.55)

1. Al comma 1 dell'articolo 34 della legge 19 marzo 1990, n. 55, primo periodo, dopo le parole: «appositi registri» sono inserite le seguenti: «, anche informatici,» e dopo le parole: «procedimenti di prevenzione.» sono inseriti i seguenti periodi: «Nei registri viene curata l'immediata annotazione nominativa delle persone fisiche e giuridiche nei cui confronti sono disposti gli accertamenti personali o patrimoniali da parte dei soggetti titolari del potere di proposta. Il questore territorialmente competente e il direttore della Direzione investigativa antimafia provvedono a dare immediata comunicazione alla procura della Repubblica competente per territorio degli accertamenti disposti ai fini dell'esercizio del potere di proposta di misura personale e patrimoniale loro spettante».

EMENDAMENTI

28.800/1

CASSON, BIANCO, LATORRE, INCOSTANTE, MARITATI, CAROFIGLIO, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI, DE SENA, GALPERTI, ADAMO, CHIURAZZI

Respinto

All'emendamento 28.800, sostituire le parole: «della proposta di misura personale e patrimoniale da presentare al Tribunale competente» con le seguenti: «degli accertamenti disposti ai fini dell'esercizio del potere di proposta di misura personale e patrimoniale loro spettante, nonchè della proposta di misura personale e patrimoniale da presentare al Tribunale competente».

28.800

IL GOVERNO

Approvato

Al comma 1, ultimo periodo le parole: «degli accertamenti disposti ai fini dell'esercizio del potere di proposta di misura personale e patrimoniale loro spettante» sono sostituite dalle seguenti: «della proposta di misura personale e patrimoni aIe da presentare al Tribunale competente'».

 

ARTICOLI 29 E 30 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE

Art. 29.

Approvato

(Sequestri)

1. Alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, sono apportate le seguenti modificazioni:

«Art. 104. - (Esecuzione del sequestro preventivo). - 1. Il sequestro preventivo è eseguito:

a) sui mobili e sui crediti, secondo le forme prescritte dal codice di procedura civile per il pignoramento presso il debitore o presso il terzo in quanto applicabili;

b) sugli immobili o mobili registrati con la trascrizione del provvedimento presso i competenti uffici;

c) sui beni aziendali organizzati per l'esercizio di un'impresa, oltre che con le modalità previste per i singoli beni sequestrati, con l'immissione in possesso dell'amministratore, con l'iscrizione del provvedimento nel registro delle imprese presso il quale è iscritta l'impresa;

d) sulle azioni e sulle quote sociali, con l'annotazione nei libri sociali e con l'iscrizione nel registro delle imprese;

e) sugli strumenti finanziari dematerializzati, ivi compresi i titoli del debito pubblico, con la registrazione nell'apposito conto tenuto dall'intermediario ai sensi dell'articolo 34 del decreto legislativo 24 giugno 1998, n. 213. Si applica l'articolo 10, comma 3, del decreto legislativo 21 maggio 2004, n. 170.

2. Si applica altresì la disposizione dell'articolo 92.»;

b) nel capo VII, dopo l'articolo 104 è inserito il seguente:

«Art. 104-bis. - (Amministrazione dei beni sottoposti a sequestro preventivo). - 1. Nel caso in cui il sequestro preventivo abbia per oggetto aziende, società ovvero beni di cui sia necessario assicurare l'amministrazione, esclusi quelli destinati ad affluire nel Fondo unico giustizia, di cui all'articolo 61, comma 23, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, l'autorità giudiziaria nomina un amministratore giudiziario scelto nell'Albo di cui all'articolo 2-sexies, comma 3, della legge 31 maggio 1965, n. 575. Con decreto motivato dell'autorità giudiziaria la custodia dei beni suddetti può tuttavia essere affidata a soggetti diversi da quelli indicati al periodo precedente».

Art. 30.

Accantonato

(Conservazione e amministrazione dei beni sequestrati)

1. All'articolo 2-septies della legge 31 maggio 1965, n. 575, dopo il comma 4, sono aggiunti i seguenti:

«4-bis. Nelle ipotesi di sequestro o confisca di beni, aziende o società disposto ai sensi della presente legge con nomina di un amministratore giudiziario, nessuna azione esecutiva esattoriale sui beni in sequestro o confisca può essere intrapresa o proseguita da parte di Equitalia S.p.A. o di altri concessionari di riscossione, per tutta la durata della misura di prevenzione o del procedimento penale.

4-ter. Nelle ipotesi di confisca dei beni, aziende o società sequestrati i crediti erariali si estinguono per confusione ai sensi dell'articolo 1253 del codice civile.

4-quater. Le procedure esecutive, gli atti di pignoramento nonché i provvedimenti cautelari già intrapresi da Equitalia S.p.A. o da altri concessionari di riscossione tributi alla data di entrata in vigore delle disposizioni recate dal comma 4-bis sono sospesi in caso di sequestro e si estinguono in caso di confisca, perdendo efficacia fin dall'origine».

2. All'articolo 2-sexies, comma 3, della legge 31 maggio 1965, n. 575, le parole: «negli albi degli avvocati, dei procuratori legali, dei dottori commercialisti e dei ragionieri del distretto nonché tra persone che, pur non munite delle suddette qualifiche professionali, abbiano comprovata competenza nell'amministrazione di beni del genere di quelli sequestrati» sono sostituite dalle seguenti: «nell'Albo nazionale degli amministratori giudiziari».

3. L'Albo di cui all'articolo 2-sexies, comma 3, della legge 31 maggio 1965, n. 575, come modificato dal comma 2 del presente articolo, tenuto presso il Ministero della giustizia, è istituito con decreto legislativo da adottare entro il 30 novembre 2008, su proposta del Ministro della giustizia, di concerto con i Ministri dell'interno, dell'economia e delle finanze e dello sviluppo economico. Con il decreto legislativo sono definiti:

a) i titoli che costituiscono requisiti necessari per l'iscrizione all'Albo;

b) l'ambito delle attività oggetto della professione;

c) le norme transitorie che disciplinano l'inserimento nell'Albo degli attuali iscritti nell'albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili e nell'albo degli avvocati, ovvero di coloro che, pur non muniti delle suddette qualifiche professionali, abbiano comprovata competenza nell'amministrazione di beni del genere di quelli sequestrati;

d) i criteri di liquidazione dei compensi professionali degli amministratori giudiziari, senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato, tenuto conto anche della natura dei beni, del valore commerciale del patrimonio da amministrare, dell'impegno richiesto per la gestione dell'attività, delle tariffe professionali o locali e degli usi.

4. Lo schema del decreto legislativo di cui al comma 3 è trasmesso alle Camere ai fini dell'espressione dei pareri da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia, che sono resi entro trenta giorni dalla data di trasmissione del medesimo schema di decreto. Decorso il termine senza che le Commissioni abbiano espresso i pareri di rispettiva competenza il decreto legislativo può essere comunque adottato.

5. Con decreto del Ministro della giustizia, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo di cui al comma 3, sono stabilite le modalità di tenuta e pubblicazione dell'Albo nazionale degli amministratori giudiziari, nonché i rapporti con le autorità giudiziarie che procedono alla nomina.

6. All'articolo 2-octies, comma 1, della legge 31 maggio 1965, n. 575, dopo le parole: «a qualunque titolo» sono aggiunte le seguenti: «ovvero sequestrate o comunque nella disponibilità del procedimento».

7. Al comma 1 dell'articolo 48-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «La presente disposizione non si applica alle aziende o società per le quali sia stato disposto il sequestro o la confisca ai sensi dell'articolo 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, ovvero della legge 31 maggio 1965, n. 575».

EMENDAMENTI

30.100

LI GOTTI, BELISARIO, PARDI, GIAMBRONE, CARLINO, ASTORE, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA, RUSSO

Accantonato

Al comma 1 premettere il seguente:

01. All'Articolo 2-quater della legge 31 marzo 1965, n. 575 dopo la lettera c), sono aggiunte le seguenti:

«c-bis) su azioni e quote sociali, oltre che secondo le forme del pignoramento presso il debitore o presso il terzo, con l'annotazione nei libri sociali e l'iscrizione nel registro delle imprese.

c-ter) su strumenti finanziari dematerializzati, ivi compresi i titoli del debito pubblico, con la registrazione nell'apposito conto tenuto dall'intermediario ai sensi dell'articolo 34 del decreto legislativo 24 giugno 1998, n. 213, applicando l'articolo 9, comma 2, del decreto legislativo 12 aprile 2001 n. 210».

30.500 (testo 2)

I RELATORI

Accantonato

Sostituire il comma 1, con il seguente:

«1. All'articolo 2-septies della legge 31 maggio 1965, n. 575, dopo il comma 4, sono aggiunti i seguenti:

"4-bis. Le procedure esecutive, gli atti di pignoramento e i provvedimenti cautelari in corso da parte di Equitalia S.p.A. o di altri concessionari di riscossione pubblica sono sospesi nelle ipotesi di sequestro di aziende o società disposto ai sensi della presente legge con nomina di un amministratore giudiziario. È conseguentemente sospesa la decorrenza dei relativi termini di prescrizione.

4-ter. Nelle ipotesi di confisca dei beni, aziende o società sequestrati i crediti erariali si estinguono per confusione ai sensi dell'articolo 1253 del codice civile"».

30.501

I RELATORI

Accantonato

Al comma 3, dopo la parola: «istituito» aggiungere le seguenti: «senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato».

30.650 (testo corretto)

IL GOVERNO

Accantonato

Al comma 3, sostituire le parole: «entro il 30 novembre 2008», con le seguenti: «entro centottanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge».

30.101

CASSON, BIANCO, D'AMBROSIO, LATORRE, DELLA MONICA, GALPERTI, ADAMO, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI, DE SENA, INCOSTANTE, CAROFIGLIO, MARITATI, CHIURAZZI

Accantonato

Al comma 3, sostituire le parole: «30 novembre 2008» con le seguenti: «30 gennaio 2009».

 

ARTICOLO 31 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE

Art. 31.

Approvato

(Custodia di beni mobili registrati)

1. All'articolo 2-undecies della legge 31 maggio 1965, n. 575, dopo il comma 3 è inserito il seguente:

«3-bis. I beni mobili iscritti in pubblici registri, le navi, le imbarcazioni, i natanti e gli aeromobili sequestrati, sono affidati dall'autorità giudiziaria in custodia giudiziale agli organi di polizia, anche per le esigenze di polizia giudiziaria, i quali ne facciano richiesta per l'impiego in attività di polizia, ovvero possono essere affidati ad altri organi dello Stato o ad altri enti pubblici non economici, per finalità di giustizia, di protezione civile o di tutela ambientale. Se è stato nominato l'amministratore giudiziario di cui all'articolo 2-sexies, l'affidamento non può essere disposto senza il previo parere favorevole di quest'ultimo».

EMENDAMENTO

31.100

LI GOTTI, BELISARIO, PARDI, GIAMBRONE, CARLINO, ASTORE, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA, RUSSO

Respinto

Sostituire l'articolo con il seguente:

«Art. 31.

(Custodia di beni immobili e mobili registrati)

1. L'articolo 2-undecies della legge 31 maggio 1965, n. 575, è sostituito dal seguente:

Art. 2-undecies.

(Destinazione delle somme e dei beni immobili)

1. Dopo la confisca l'amministratore versa nel Fondo di cui al comma 5:

a) le somme di denaro confiscate;

b) le somme ricavate dalla vendita dei beni mobili non costituiti in azienda, ivi compresi quelli registrati e i titoli. Se la procedura di vendita risulta antieconomica, con provvedimento del prefetto è disposta la cessione gratuita ad associazioni di beneficenza e assistenza di rilievo nazionale o internazionale, ovvero la distruzione del bene da parte dell'amministratore;

c) le somme derivanti dal recupero dei crediti personali. Se la procedura di recupero risulta antieconomica, ovvero, dopo accertamenti sulla solvibilità del debitore svolti dal competente ufficio dell'Agenzia delle Entrate, avvalendosi anche degli organi di polizia tributaria, il debitore risulti insolvibile, il credito è annullato con provvedimento del prefetto, comunicato al Fondo di cui al comma 5.

2. I beni immobili sono:

a) mantenuti al patrimonio dello Stato per finalità di giustizia, di ordine pubblico e di protezione civile, e, ove idonei, anche per altri usi governativi o pubblici connessi allo svolgimento delle attività istituzionali;

b) trasferiti per fmalità istituzionali o sociali in via prioritaria al patrimonio del comune ove l'immobile è sito ovvero al patrimonio della provincia o della regione. Gli enti territoriali possono amministrare direttamente il bene o assegnarlo in concessione a titolo gratuito a comunità, enti, associazioni maggiormente rappresentative degli enti locali e organizzazioni di volontariato di cui alla legge 11 agosto 1991, n. 266, e successive modificazioni, a cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, o a comunità terapeutiche e centri di recupero e cura di tossicodipendenti di cui al testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, nonché alle associazioni ambientaliste riconosciute ai sensi dell'articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349. Se entro un anno dal trasferimento l'ente non ha provveduto alla destinazione del bene, il prefetto revoca il provvedimento di trasferimento del bene.

3. I beni aziendali sono mantenuti al patrimonio dello Stato e destinati con provvedimento del prefetto:

a) all'affitto a titolo oneroso, quando vi siano fondate prospettive di continuazione o di ripresa dell'attività produttiva, previa valutazione del competente ufficio dell'Agenzia del demanio, a società e ad imprese pubbliche o private, ovvero a titolo gratuito, senza oneri a carico dello Stato, a cooperative di lavoratori dipendenti dell'impresa confiscata, sempre che non sussista il pericolo che l'azienda possa tornare, anche per interposta persona, nella disponibilità del proposto, di taluna delle associazioni di cui all'articolo 4 o dei suoi appartenenti. Nella scelta dell'affittuario sono privilegiate le soluzioni che garantiscono il mantenimento dei livelli occupazionali. I beni non possono essere destinati all'affitto alle cooperative di lavoratori dipendenti dell'impresa confiscata se taluno dei relativi soci è parente, coniuge, affine o convivente con il destinatario della confisca, ovvero nel caso in cui nei suoi confronti sia stato adottato taluno dei provvedimenti indicati nell'articolo 15, comma 1, della legge 19 marzo 1990, n. 55, e successive modificazioni;

b) alla vendita, per un corrispettivo non inferiore a quello determinato dalla stima dell'amministratore ovvero del competente ufficio dell'Agenzia del demanio, a soggetti che ne abbiano fatto richiesta, qualora vi sia una maggiore utilità per l'interesse pubblico e sempre che non sussista il pericolo che l'azienda possa tornare, anche per interposta persona, nella disponibilità del proposto, di taluna delle associazioni di cui all'articolo 4 o dei suoi appartenenti. Nel caso di vendita disposta alla scadenza del contratto di affitto dei beni, l'affittuario può esercitare il diritto di prelazione entro trenta giorni dalla comunicazione della vendita del bene da parte del prefetto;

c) alla liquidazione, qualora vi sia una maggiore utilità per l'interesse pubblico.

4. Alle operazioni di cui al comma 3 provvede il prefetto, che può affidarle all'amministratore, entro sei mesi dalla data di emanazione del provvedimento di destinazione.

5. I proventi derivanti dall'affitto, dalla vendita o dalla liquidazione dei beni di cui al comma 3 sono versati all'entrata del bilancio dello stato per essere riassegnati in apposito Fondo e destinati:

a) alla gestione degli altri beni confiscati, nonché ai pagamenti in favore dei terzi che vantino diritti sui beni confiscati;

b) al risarcimento delle vittime dei reati, nei casi e nei modi previsti dalla legge;

c) al Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive e per le vittime dell'usura;

d) risanamento di quartieri urbani degradati;

e) al risanamento delle aziende confiscate in crisi, di cui non siano stati disposti la liquidazione o il fallimento;

j) promozione di cultura imprenditoriale e di attività imprenditoriale per giovani disoccupati;

g) al finanziamento degli interventi per l'edilizia scolastica;

h) all'informatizzazione del processo.

6. Con decreto del Presidente del consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della giustizia e dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per la solidarietà sociale e con il Ministro per le politiche regionali, sono determinate le percentuali di destinazione delle somme affluite al Fondo di cui al comma 5 in favore dei beneficiari ivi indicati.

7. Nella scelta del cessionario o dell'affittuario dei beni aziendali il prefetto procede mediante licitazione privata ovvero, qualora ragioni di necessità o di convenienza, specificatamente indicate e motivate, lo richiedano, mediante trattativa privata. Sui relativi contratti è richiesto il parere di organi consultivi solo per importi eccedenti 1.033.000 euro nel caso di licitazione privata e 516.000 euro nel caso di trattativa privata. I contratti per i quali non è richiesto il parere del Consiglio di Stato sono approvati dal dirigente del competente ufficio dell'Agenzia del demanio, sentito il direttore generale dell'agenzia stessa.

8. I provvedimenti emanati a norma del presente articolo sono immediatamente esecutivi. Il prefetto per la destinazione dei beni confiscati può disporre lo sgombero degli immobili abusivamente occupati mediante l'ausilio della forza pubblica. Ove il rilascio dell'immobile non sia avvenuto spontaneamente, il prefetto procede allo sgombero decorsi novanta giorni dalla comunicazione del provvedimento definitivo di confisca al titolare del diritto reale o personale di godimento.

9. In caso di confisca di beni in comunione, se il bene è indivisibile ai condomini in buona fede è concesso diritto di prelazione per l'acquisto della quota confiscata al valore di mercato, salvo che sussista la possibilità che il bene, in ragione del livello di infùtrazione criminale, possa tornare anche per interposta persona nella disponibilità del sottoposto.

10. Se i soggetti di cui al comma 9 non esercitano il diritto di prelazione o non si possa procedere alla vendita, il bene è acquisito per intero al patrimonio dello Stato e i condomini hanno diritto alla corresponsione di una somma equivalente al valore attuale della propria quota di proprietà.

11. Per i beni appartenenti al demanio culturale, ai sensi degli articoli 53 e seguenti del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, la vendita non può essere disposta senza previa autorizzazione del Ministero per i beni e le attività culturali.

12. I beni mobili iscritti in pubblici registri, le navi, le imbarcazioni, i natanti e gli aeromobili sequestrati, sono affidati dall'autorità giudiziaria in custodia giudizi aIe agli organi di polizia, anche per le esigenze di polizia giudiziaria, i quali ne facciano richiesta per l'impiego in attività di polizia, ovvero possono essere affidati ad altri organi dello Stato o ad altri enti pubblici non economici, per finalità di giustizia, di protezione civile o di tutela ambientale. Se è stato nominato l'amministratore giudiziario di cui all'articolo 2-sexies, l'affidamento non può essere disposto senza il previo parere favorevole di quest'ultimo».

 

EMENDAMENTO TENDENTE AD INSERIRE UN ARTICOLO AGGIUNTIVO DOPO L'ARTICOLO 31

31.0.101

LUMIA, BIANCO, CAROFIGLIO, DE SENA, CASSON, INCOSTANTE, LATORRE, MARITATI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, GALPERTI, ADAMO, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI

Ritirato e trasformato nell'odg G31.0.101

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 31-bis.

(Potenziamento delle risorse destinate alle operazioni di polizia giudiziaria in materia di criminalità organizzata)

1. I beni mobili iscritti in pubblici registri, le navi, le imbarcazioni, i natanti e gli aeromobili sequestrati nel corso di operazioni di polizia giudiziaria relative a taluno dei delitti di cui all'articolo 51, comma 3-bis del codice di procedura penale possono essere affidati dall'autorità giudiziaria procedente in custodia giudiziale agli organi di polizia che ne facciano richiesta per l'impiego in attività di polizia giudiziaria nella medesima materia; se vi ostano esigenze processuali, l'autorità giudiziaria rigetta l'istanza con decreto motivato.

2. Se risulta che i beni appartengono a terzi, i proprietari sono convocati dall'autorità giudiziaria procedente per svolgere, anche con l'assistenza di un difensore, le loro deduzioni e per chiedere l'acquisizione di elementi utili ai fini della restituzione. Si applicano, in quanto compatibili, le norme del codice di procedura penale.

3. Gli oneri relativi alla gestione dei beni e all'assicurazione obbligatoria dei veicoli, dei natanti e degli aeromobili sono a carico dell'ufficio o comando usuario».

 

 

ORDINE DEL GIORNO

G31.0.101 (già em. 31.0.101)

LUMIA, BIANCO, CAROFIGLIO, DE SENA, CASSON, INCOSTANTE, LATORRE, MARITATI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, GALPERTI, ADAMO, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI

Non posto in votazione (*)

Il Senato,

in sede di esame del disegno di legge n. 733,

impegna il Governo ad affrontare e risolvere le problematiche di cui all'emendamento 31.0.101.

________________

(*) Accolto dal Governo

 

 

ARTICOLO 32 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE

Art. 32.

Accantonato

(Modifiche all'articolo 38 del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n.163)

1. All'articolo 38 del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, dopo la lettera m-bis) è aggiunta la seguente:

«m-ter) di cui alla precedente lettera b) che, pur essendo stati vittime dei reati previsti dagli articoli 317 e 629 del codice penale aggravati ai sensi dell'articolo 7 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, non risultino aver denunciato i fatti alla autorità giudiziaria. Tale circostanza deve emergere dagli indizi a base della richiesta di rinvio a giudizio formulata nei confronti dell'imputato nei tre anni antecedenti alla pubblicazione del bando. All'uopo il procuratore della Repubblica procedente comunica la avvenuta richiesta di rinvio a giudizio alla Autorità di cui all'articolo 6, la quale cura la pubblicazione della comunicazione sul sito dell'Osservatorio»;

b) dopo il comma 1 è inserito il seguente:

«1-bis. I casi di esclusione previsti dal presente articolo non si applicano alle aziende o società sottoposte a sequestro o confisca ai sensi dell'articolo 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, o della legge 31 maggio 1965, n. 575, ed affidate ad un custode o amministratore giudiziario o finanziario».

 

EMENDAMENTI

32.100

CASSON, LUMIA, DE SENA, BIANCO, INCOSTANTE, LATORRE, CAROFIGLIO, MARITATI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, GALPERTI, ADAMO, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI

Accantonato

Sostituire l'articolo con il seguente:

«Art. 32. - (Modifiche al codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, in materia di prevenzione di infiltrazioni mafiose in appalti pubblici) - 1. Al codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 2, comma 2, dopo le parole: "dell'ambiente" sono inserite le seguenti: ", alla prevenzione del rischio di infiltrazioni mafiose";

b) all'articolo 5 sono apportate le seguenti modificazioni:

1) al comma 4, dopo le parole: "dell'economia e delle finanze" sono inserite le seguenti: "e dell'interno";

2) al comma 5, dopo la lettera s-bis), è aggiunta, in fine, la seguente:

"s-ter) la prevenzione del rischio di infiltrazioni mafiose, anche mediante l'obbligo di denuncia di ogni tentativo di estorsione o di ingerenza criminale nell'esecuzione delle prestazioni e la collaborazione alle relative indagini";

c) all'articolo 38, comma 1, dopo la lettera) è inserita la seguente:

"1-bis) che, secondo motivata valutazione della stazione appaltante, non hanno denunciato ogni tentativo di estorsione e di infiltrazione mafiosa, fornendo all'autorità giudiziaria ovvero ad altra autorità che a quella abbia obbligo di riferire tutte le informazioni e le notizie possedute, in relazione agli eventi lesivi specifici, nonché ad eventuali antefatti e circostanze rilevanti ai fini delle indagini, accertati con qualsiasi mezzo di prova da parte della stazione appaltante. L'esclusione ed il divieto operano secondo le condizioni indicate nella lettera c), in quanto compatibili";

d) all'articolo 135, comma 1, dopo le parole: "passata in giudicato" sono inserite le seguenti: "per reati di corruzione, concussione, associazione a delinquere, associazione a delinquere di tipo mafioso, scambio elettorale politico-mafioso, ricettazione, riciclaggio, impiego di denaro, beni od utilità di provenienza illecita, usura, estorsione, sequestro di persona a scopo di estorsione, truffa aggravata per il perseguimento di erogazioni pubbliche e trasferimento fraudolento di valori, nonché";

e) all'articolo 136, dopo il comma 3, è inserito il seguente:

d-bis). Le disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3 si applicano anche quando la prevenzione del rischio di infiltrazioni mafiose è stata ostacolata dalla inosservanza degli obblighi di cui all'articolo 5, lettera s-ter);

j) all'articolo 176, comma 3, la lettera e) è sostituita dalle seguenti:

"e) alla stipulazione di appositi accordi con gli organi competenti in materia di sicurezza nonché di prevenzione e repressione della criminalità, finalizzati alla verifica preventiva del programma di esecuzione dei lavori in vista del successivo monitoraggio di tutte le fasi di esecuzione delle opere e dei soggetti che le realizzano. I contenuti di tali accordi sono definiti dal CIPE sulla base delle linee guida indicate dal Comitato di coordinamento per l'alta sorveglianza delle grandi opere, istituito ai sensi dell'articolo 180 del codice e del decreto del Ministro dell'interno in data 14 marzo 2003, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 54 del 5 marzo 2004 con la possibilità di valutare il comportamento dell'aggiudicatario ai fini della successiva ammissione a procedure ristrette della medesima stazione appaltante in caso di mancata osservanza di tali prescrizioni. Le prescrizioni del CIPE a cui si uniformano gli accordi di sicurezza sono vincolanti per i soggetti aggiudicatori e per l'impresa aggiudicataria, che è tenuta a trasferire i relativi obblighi a carico delle imprese interessate a qualunque titolo alla realizzazione dei lavori. Le misure di monitoraggio per la prevenzione e repressione di tentativi di infiltrazione mafiosa comprendono il controllo dei flussi finanziari connessi alla realizzazione dell'opera, inclusi quelli concernenti risorse totalmente o parzialmente a carico dei promotori ai sensi dell'articolo 175 e quelli derivanti dalla attuazione di ogni altra modalità di finanza di progetto. Il CIPE definisce, altresì, lo schema di articolazione del monitoraggio finanziario, indicando i soggetti sottoposti a tale forma di controllo, le modalità attraverso le quali esercitare il monitoraggio, nonché le soglie di valore delle transazioni finanziarie oggetto del monitoraggio stesso, potendo anche indicare, a tal fine, limiti inferiori a quello previsto ai sensi dell'articolo 49, comma 1, del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, e successive modificazioni. Gli oneri connessi al monitoraggio finanziario sono ricompresi nell'aliquota forfettaria di cui al comma 20. In ogni caso, l'impresa aggiudicataria e le imprese interessate a qualunque titolo nell'esecuzione dei lavori hanno l'obbligo di denunciare ogni tentativo di estorsione e di infiltrazione mafiosa, fornendo all'autorità giudiziaria ovvero ad altra autorità che a quella abbia obbligo di riferire tutte le informazioni e le notizie possedute, in relazione agli eventi lesivi specifici, nonché ad eventuali antefatti e circostanze rilevanti ai fini delle indagini. In caso di inosservanza, l'aggiudicatario è escluso dalla successiva ammissione a procedure ristrette della medesima stazione appaltante e può essere richiesta la risoluzione dei contratti di affidamento e di sub affidamento. Salva l'azione erariale di risarcimento danni, il contratto di appalto, ad invarianza delle condizioni di aggiudicazione, può essere portato eseguito in forma specifica, su richiesta della stazione appaltante, quando si tratta di lavori indifferibili od urgenti, ovvero di forniture di beni o servizi la cui interruzione pregiudica interessi rilevanti della collettività;

e-bis) ad assicurare che tutti i pagamenti o le transazioni finanziarie relative ad affidamenti e sub-affidamenti siano effettuate tramite intermediari autorizzati, in modo che ne sia garantita la tracci abilità sulla base di idonea documentazione, con esclusione di cessioni del credito o del debito a terzi, sotto qualsivoglia forma, e di pagamenti con assegni liberi, nonché di pagamenti in contanti per somme superiori a 2.000 euro, con divieto di frazionare i pagamenti di operazioni unitarie. In caso di inosservanza, l'aggiudicatario è escluso dalla successiva ammissione a procedure ristrette della medesima stazione appai tante e può essere richiesta la risoluzione dei contratti di affidamento i sub affidamento"».

32.101

LI GOTTI, BELISARIO, PARDI, GIAMBRONE, CARLINO, ASTORE, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA, RUSSO

Accantonato

Al comma 1, lettera a)premettere la seguente:

0a) al comma 1, dopo la lettera f) aggiungere la seguente:

«f-bis) che, secondo motivata valutazione della stazione appaltante, non hanno denunciato ogni tentativo di estorsione e di infIltrazione mafiosa fornendo all'autorità giudiziaria ovvero ad altra autorità che a quella abbia obbligo di riferire tutte le informazioni e le notizie possedute, non solo in relazione agli eventi lesivi specifici, ma anche in ordine ad eventuali antefatti e circostanze rilevanti ai fini delle indagini, accertato con qualsiasi mezzo di prova da parte della stazione appaltante. L'esclusione ed il divieto operano secondo le condizioni indicate nella lettera c), in quanto compatibili».

32.800 (testo corretto)

IL GOVERNO

Accantonato

Al comma 1, sostituire la lettera a) con la seguente:

«a) al comma 1, dopo la lettera m-bis) è aggiunta la seguente:

"m-ter) di cui alla precedente letto b) che, anche in assenza nei loro confronti di un procedimento per l'applicazione di una misura di prevenzione o di una causa ostativa ivi previste, pur essendo stati vittime dei reati previsti e puniti dagli articoli 317 e 629 del codice penale aggravati ai sensi dell'articolo 7 del decreto-legge 13 maggio 1991 n.152 convertito, con modificazioni, nella legge 12 luglio 1991 n.203, non risultino aver denunciato i fatti alla autorità giudiziaria. Tale circostanza deve emergere dagli indizi a base della richiesta di rinvio a giudizio formulata nei confronti dell'imputato nei tre anni antecedenti alla pubblicazione del bando e deve essere comunicata, unitamente alle generalità del soggetto che ha omesso la predetta denuncia, dal procuratore della Repubblica procedente alla Autorità di cui all'articolo 6, la quale cura la pubblicazione della comunicazione sul sito dell'Osservatorio"».

 

EMENDAMENTI TENDENTI AD INSERIRE ARTICOLI AGGIUNTIVI DOPO L'ARTICOLO 32

32.0.500 (già 48.0.100)

D'ALIA

Accantonato

Dopo l'articolo 48,inserire il seguente:

«Art. 48-bis.

(Modifiche al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163)

1. Al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 2, comma 2, dopo le parole: "dell'ambiente" sono inserite le seguenti: ", alla prevenzione del rischio di infiltrazioni mafiose";

a) all'articolo 5, comma 4, dopo le parole: "dell'economia e delle finanze," sono inserite le seguenti: "dell'interno";

b) all'articolo 5, comma 5, dopo la lettera s-bis), è inserita la seguente:

"s-ter) la prevenzione del rischio di infiltrazioni mafiose, anche mediante l'obbligo di denuncia di ogni tentativo di estorsione o di ingerenza criminale nell'esecuzione delle prestazioni e la collaborazione alle relative indagini;";

d) all'articolo 38, comma 1, dopo la lettera f) è inserita la seguente:

"f-bis) che, secondo motivata valutazione della stazione appaltante, non hanno denunciato ogni tentativo di estorsione e di infiltrazione mafiosa, fornendo all'autorità giudiziaria ovvero ad altra autorità che a quella abbia obbligo di riferire tutte le informazioni e le notizie possedute, non solo in relazione agli eventi lesivi specifici, ma anche in ordine ad eventuali antefatti e circostanze rilevanti ai fini delle indagini, accertato con qualsiasi mezzo di prova da parte della stazione appaltante. L'esclusione ed il divieto operano secondo le condizioni indicate nella lettera c), in quanto compatibili;";

e) all'articolo 135, comma 1, dopo le parole "passata in giudicato" sono inserite le seguenti: "per uno o più reati di partecipazione a un'organizzazione criminale, corruzione, riciclaggio, quali definiti dagli atti comunitari citati all'articolo 45, paragrafo 1, direttiva CE/2004/18, nonché";

j) all'articolo 136, dopo il comma 3, è inserito il seguente:

"3-bis. Le disposizioni di cui ai precedenti commi si applicano anche quando la prevenzione del rischio di infiltrazioni mafiose è stata ostacolata dalla inosservanza degli obblighi di cui all'articolo 5, lettera s-ter)".;

g) all'articolo 176, comma 3, la lettera e) è sostituita dalla seguente:

"e) alla stipulazione di appositi accordi con gli organi competenti in materia di sicurezza nonché di prevenzione e repressione della criminalità, finalizzati alla verifica preventiva del programma di esecuzione dei lavori in vista del successivo monitoraggio di tutte le fasi di esecuzione delle opere e dei soggetti che le realizzano. I contenuti di tali accordi sono definiti dal CIPE sulla base delle linee guida indicate dal Comitato di coordinamento per l'alta sorveglianza delle grandi opere, istituito ai sensi dell'articolo 180 del codice e del decreto dell'interno in data 14 marzo 2003, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 54 del 5 marzo 2004 con la possibilità di valutare il comportamento dell'aggiudicatario ai fini della successiva ammissione a procedure ristrette della medesima stazione appaltante in caso di mancata osservanza di tali prescrizioni. Le prescrizioni del CIPE a cui si uniformano gli accordi di sicurezza sono vincolanti per i soggetti aggiudicatori e per l'impresa aggiudicataria, che è tenuta a trasferire i relativi obblighi a carico delle imprese interessate a qualunque titolo alla realizzazione dei lavori. Le misure di monitoraggio per la prevenzione e repressione di tentativi di infiltrazione mafiosa comprendono il controllo dei flussi finanziari connessi alla realizzazione dell'opera, inclusi quelli concernenti risorse totalmente o parzialmente a carico dei promotori ai sensi dell'articolo 175 e quelli derivanti dalla attuazione di ogni altra modalità di finanza di progetto. Il CIPE definisce, altresì, lo schema di articolazione del monitoraggio finanziario, indicando i soggetti sottoposti a tale forma di controllo, le modalità attraverso le quali esercitare il monitoraggio, nonché le soglie di valore delle transazioni finanziarie oggetto del monitoraggio stesso, potendo anche indicare, a tal fine, limiti inferiori a quello previsto ai sensi dell'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 3 maggio 1991, n.143, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 luglio 1991, n. 197. Gli oneri connessi al monitoraggio finanziario sono ricompresi nell'aliquota forfettaria di cui al comma 20. In ogni caso, l'impresa aggiudicataria e le imprese interessate a qualunque titolo nell'esecuzione dei lavori hanno l'obbligo di denunciare ogni tentativo di estorsione e di infiltrazione mafiosa, fornendo all'autorità giudiziaria ovvero ad altra autorità che a quella abbia obbligo di riferire tutte le informazioni e le notizie possedute, non solo in relazione agli eventi lesivi specifici, ma anche in ordine ad eventuali antefatti e circostanze rilevanti ai fini delle indagini. In caso di inosservanza, l'aggiudicatario è escluso dalla successiva ammissione a procedure ristrette della medesima stazione appaltante e può essere richiesta la risoluzione dei contratti di affidamento e di sub affidamento. Salva l'azione erariale di risarcimento danni, il contratto di appalto, ad invarianza delle condizioni di aggiudicazione, può essere portato ad esecuzione in forma specifica, su richiesta della stazione appaltante, quando si tratta di lavori, indifferibili od urgenti, ovvero di forniture di beni o servizi la cui interruzione pregiudica interessi rilevanti della collettività.";

h) all'articolo 176, comma 3, dopo la lettera e) è inserita la seguente:

"e-bis) ad assicurare che tutti i pagamenti o le transazioni finanziarie relative ad affidamenti e subaffidamenti siano effettuate tramite intermediari autorizzati, in modo che ne sia garantita la tracciabilità sulla base di idonea documentazione, con esclusione di cessioni del credito o del debito a terzi, sotto qualsivoglia forma, e di pagamenti con assegni liberi, nonché di pagamenti in contanti per somme superiori a 2000 euro, con divieto di frazionare i pagamenti di operazioni unitarie. In caso di inosservanza, l'aggiudicatario è escluso dalla successiva ammissione a procedure ristrette della medesima stazione appaltante e può essere richiesta la risoluzione dei contratti di affidamento e di sub affidamento"».

32.0.501 (già 31.0.100)

LI GOTTI, BELISARIO, PARDI, GIAMBRONE, CARLINO, ASTORE, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA, RUSSO

Accantonato

Dopo l'articolo 31,aggiungere il seguente:

«Art. 31-bis.

(Norme per il contrasto e la prevenzione delle infìltrazioni criminali nel settore degli appalti)

1. Al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 2, comma 4, dopo le parole: "dell'ambiente" aggiungere le seguenti: ", alla prevenzione del rischio di infùtrazioni mafiose";

b) all'articolo 5, comma 5, dopo le parole: "dell'economia e delle finanze" inserire le seguenti: "dell'interno";

c) all'articolo 5, comma 5, dopo la lettera s-bis), aggiungere la seguente:

"s-ter) la prevenzione del rischio di infùtrazioni mafiose, anche mediante l'obbligo di denuncia di ogni tentativo di estorsione o di ingerenza criminale nell'esecuzione delle prestazioni e la collaborazione alle relative indagini"».

32.0.100 (testo 2 corretto)

LUMIA, CAROFIGLIO, DE SENA, CASSON, BIANCO, INCOSTANTE, LATORRE, MARITATI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, GALPERTI, ADAMO, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI, GARRAFFA (*)

Accantonato

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 32-bis.

(Obbligo di denuncia del reato di estorsione per gli operatori economici e nell'ambito del sistema degli appalti)

1. L'esercente un'attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o comunque economica, ovvero una libera arte o professione, che, avendo subito una estorsione, anche tentata, non ne fa immediatamente denuncia nelle forme e con i modi di cui all'articolo 333 del codice di procedura penale, è sottoposto per un periodo non inferiore a tre mesi e non superiore a tre anni ad una o più delle seguenti sanzioni amministrative:

a) divieto di concludere contratti e relativi subcontratti con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere prestazioni di un pubblico servizio, e risoluzione di diritto dei contratti in corso di esecuzione;

b) esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l'eventuale revoca di quelli già concessi.

2. Accertati i fatti di cui al comma 1, gli organi di polizia procedono alla contestazione immediata, se possibile, e riferiscono senza ritardo, e comunque entro dieci giorni, al Prefetto del luogo dove si svolge l'attività economica.

3. Entro il termine di trenta giorni dalla ricezione della segnalazione, il Prefetto, se ritiene fondato l'accertamento adotta apposita ordinanza convocando, anche a mezzo degli organi di polizia, dinanzi a sè o a un suo delegato, la persona segnalata per valutare, a seguito di colloquio, le sanzioni amministrative da irrogare e la loro durata. Nel caso in cui l'interessato si avvalga delle facoltà previste dall'articolo 18 della legge 24 novembre 1981, n. 689, e successive modificazioni, e non venga emessa ordinanza motivata di archivi azione degli atti, da comunicare integralmente all'organo che ha effettuato la segnalazione, contestualmente all'ordinanza con cui viene ritenuto fondato l'accertamento, da adottare entro 120 giorni dalla ricezione degli scritti difensivi ovvero dallo svolgimento dell'audizione ove richiesta, il prefetto convoca la persona segnalata ai fini e con le modalità indicate nel presente comma. La mancata presentazione al colloquio comporta l'irrogazione delle sanzioni di cui al comma 1.

4. Degli accertamenti e degli atti di cui ai commi precedenti può essere fatto uso soltanto ai fini dell'applicazione delle misure e delle sanzioni previste nel presente articolo, salva l'ipotesi in cui costituiscano reato.

5. L'interessato può chiedere di prendere visione e di ottenere copia degli atti di cui al presente articolo che riguardino esclusivamente la sua persona nel caso in cui gli atti riguardino più persone, l'interessato può ottenere il rilascio di estratti delle parti relative alla sua posizione.

6. Al decreto con il quale il prefetto irroga le sanzioni di cui al comma 1, che ha effetto dal momento della notifica all'interessato, può essere fatta opposizione entro il termine di dieci giorni dalla notifica stessa, davanti al tribunale. Copia del decreto è contestualmente inviata al questore.

7. Se per il fatto previsto dal comma 1 ricorrono elementi tali da far presumere che la persona si asterrà, per il futuro, dal commetterlo nuovamente, in luogo della sanzione, e limitatamente alla prima volta, il prefetto può definire il procedimento con il formale invito all'interessato ad adottare un comportamento conforme alla legge, avvertendo lo delle conseguenze a suo danno.

8. Le sanzioni di cui al comma 1 si applicano anche in caso di condanna per il reato di favoreggiamento.

9. La denuncia di cui al comma 1 inibisce per cinque anni da essa, salve le disposizioni del codice penale e del codice di procedura penale e limitatamente alle attività di impresa e di lavoro autonomo, l'esercizio dei poteri di cui agli articoli 32, 33, 38, 39 e 40 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e dei poteri di cui agli articoli 51, 52, 54 e 55 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, ed esclude l'applicabilità delle presunzioni di cessioni e di acquisti di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1997, n. 441.

10. Ai soggetti di cui al comma 1 che denunciano fatti di estorsione subita è riconosciuta, per tre anni, la esenzione totale dell'IRAP, dell'ICI sugli immobili utilizzati per l'attività di impresa e di tutte le imposte comunali e la sospensione dei ruoli esattoriali.

11. I contratti di appalto si intendono risolti di diritto nel caso in cui nel corso dell'esecuzione si accerti che l'impresa sia stata vittima di estorsioni, o di imposizione di mezzi, uomini ed attrezzature da parte della criminalità, senza avere denunciato tali fatti alla magistratura o alle forze dell'ordine.

12. Nelle gare di appalto regolamentate dal decreto legislativo n. 163 del 12 aprile 2006, la ditta aggiudicataria è obbligata ad aprire un apposito conto corrente dedicato esclusivamente all'appalto, in cui confluiranno tutti i mandati in favore dell'impresa e i pagamenti effettuati dalla stessa durante tutta la fase di esecuzione dell'appalto. Nel caso in cui la ditta aggiudicataria rimarrà inadempiente in relazione al predetto obbligo, il contratto si intenderà risolto di diritto.

13. All'onere derivante dall'attuazione del comma 10, si provvede, nel limite massimo di euro 5.000.000 per ciascuno degli anni 2009, 2010 e 2011, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2009-2011, nell'ambito del programma "Fondi di riserva speciali" della missione "Fondi da ripartire" dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2009, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. Il Ministro dell'interno disciplina con proprio decreto, da emanarsi entro novanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, le modalità di accesso ai benefici di cui al comma 10».

________________

(*) Firma aggiunta in corso di seduta

32.0.101

CASSON, LUMIA, DE SENA, BIANCO, INCOSTANTE, LATORRE, CAROFIGLIO, MARITATI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, GALPERTI, ADAMO, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI

Accantonato

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 32-bis.

(Modifiche al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, in materia di prevenzione delle infiltrazioni mafiose nel settore del commercio)

1. Al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 5, comma 2, la lettera c) è sostituita dalla seguente:

"c) coloro che hanno riportato una condanna a pena detentiva, accertata con sentenza passata in giudicato, per uno dei delitti di cui ai titoli II e VIII del Libro II del codice penale, ovvero di ricettazione, riciclaggio, impiego di denaro, beni od utilità di provenienza illecita, favoreggiamento reale, insolvenza fraudolenta, appropriazione indebita, bancarotta fraudolenta, usura, usura impropria, estorsione, sequestro di persona a scopo di estorsione, furto, rapina, truffa aggravata per il perseguimento di erogazioni pubbliche e trasferimento fraudolento di valori, nonché, se la condotta si riferisce alla commissione di taluno dei delitti sopra indicati, di calunnia, auto calunnia, falsa testimonianza, intralcio alla giustizia e favoreggiamento personale";

b) all'articolo 22, dopo il comma 2 sono inseriti i seguenti:

«2-bis. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche se il titolare dell'attività commerciale non denuncia eventuali tentativi di estorsione e di infiltrazione mafiosa, fornendo all'autorità giudiziaria ovvero ad altra autorità che a quella abbia obbligo di riferire tutte le informazioni e le notizie possedute, in relazione agli eventi offensivi specifici, nonché ad eventuali antefatti e circostanze rilevanti ai fini delle indagini. In ogni caso è disposta la sospensione dell'attività di vendita per un periodo non inferiore a dieci giorni e non superiore a quaranta.

2-ter. Ai fini dell'applicazione delle disposizioni di cui al comma 2-bis, il sindaco può ottenere dall'autorità giudiziaria competente copia di atti di procedimenti penali e informazioni scritte sul loro contenuto, anche in deroga al divieto stabilito dall'articolo 329 del codice di procedura penale. L'autorità giudiziaria provvede senza ritardo e può rigettare la richiesta con decreto motivato. L'autorità giudizi aria può trasmettere le copie e le informazioni anche di propria iniziativa»;

c) all'articolo 29, dopo il comma 3 è inserito il seguente:

d-bis). Le disposizioni di cui all'articolo 22, commi 2-bis e 2-ter, si applicano anche, nei casi ivi previsti, al titolare di taluna delle attività commerciali disciplinate dal presente Titolo».

32.0.102

LI GOTTI, BELISARIO, PARDI, GIAMBRONE, CARLINO, ASTORE, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA, RUSSO

Accantonato

Dopo l'articolo 32 aggiungere il seguente:

«Art. 32-bis.

(Ulteriori modifiche al decreto legislativo 12 aprile 2006, n.163)

1. Al decreto legislativo 12 aprile 2006, n.163, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 135, comma 1, dopo le parole: "passata in giudicato" inserire le seguenti: "per uno o più reati di partecipazione ad una organizzazione criminale, corruzione, riciclaggio, quali definiti dagli atti comunitari citati all'articolo 45, paragrafo 1, della direttiva 2004/18/ Ce, nonché";

b) all'articolo 136, dopo il comma 3, aggiungere il seguente:

«3-bis. Le disposizioni di cui ai precedenti commi si applicano anche quando la prevenzione del rischio di inf1ltrazioni mafiose è stata ostacolata dalla inosservanza degli obblighi di cui all'articolo 5, lettera s-ter).";

c) all'articolo 176, comma 3, lettera e) aggiungere, in fine, i seguenti periodi: "In ogni caso, l'impresa aggiudicataria e le imprese interessate a qualunque titolo nell'esecuzione dei lavori hanno l'obbligo di denunciare ogni tentativo di estorsione e di infùtrazione mafiosa, fornendo all'autorità giudiziaria ovvero ad altra autorità che a quella abbia obbligo di riferire tutte le informazioni e le notizie possedute, non solo in relazione agli eventi lesivi specifici, ma anche in ordine a eventuali antefatti e circostanze rilevanti ai fini delle indagini. In caso di inosservanza, l'aggiudicatario è escluso dalla successiva ammissione a procedure ristrette della medesima stazione appaltante e può essere richiesta la risoluzione dei contratti di affidamento e di subaffidamento. Salva l'azione erariale di risarcimento danni, il contratto di appalto, ad invarianza delle condizioni di aggiudicazione, può essere portato ad esecuzione in forma specifica, su richiesta della stazione appaltante, quando si tratta di lavori indifferibili o urgenti, ovvero di forniture di beni o servizi la cui interruzione pregiudica interessi rilevanti della collettività";

d) all'articolo 176, comma 3, dopo la lettera e) aggiungere la seguente:

"e-bis) ad assicurare che tutti i pagamenti o le transazioni finanziarie relative ad affidamenti e sub affidamenti siano effettuate tramite intermediari autorizzati, in modo che ne sia garantita la tracciabilità sulla base di idonea documentazione, con esclusione di cessioni del credito o del debito a terzi, sotto qualsivoglia forma, e di pagamenti con assegni liberi, nonché di pagamenti in contanti per somme superiori ad euro 2000, con divieto di frazionare i pagamenti di operazioni unitarie. In caso di inosservanza, l'aggiudicatario è escluso dalla successiva ammissione a procedure ristrette della medesima stazione appaltante e può essere richiesta la risoluzione dei contratti di affidamento e di subaffidamento"».

 

ARTICOLO 33 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE

Art. 33.

Approvato nel testo emendato

(Assegnazione dei beni confiscati alle organizzazioni criminali mafiose)

1. L'articolo 2-decies della legge 31 maggio 1965, n.575, è sostituito dal seguente:

«Art. 2-decies. - 1. Ferma la competenza dell'Agenzia del demanio per la gestione dei beni confiscati alle organizzazioni criminali di cui agli articoli 2-nonies, 2-decies e 2-undecies della presente legge e 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n.306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n.356, la destinazione dei beni immobili e dei beni aziendali è effettuata con provvedimento del prefetto dell'ufficio territoriale di Governo ove si trovano i beni o ha sede l'azienda, su proposta non vincolante del dirigente regionale dell'Agenzia del demanio, sulla base della stima del valore risultante dagli atti giudiziari, salvo che sia ritenuta necessaria dal prefetto una nuova stima, sentite le amministrazioni di cui all'articolo 2-undecies della presente legge interessate, eventualmente in sede di conferenza di servizi, nonché i soggetti di cui è devoluta la gestione dei beni.

2. Il prefetto procede d'iniziativa se la proposta di cui al comma 1 non è formulata dall'Agenzia del demanio entro novanta giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al comma 1 dell'articolo 2-nonies.

3. Il provvedimento del prefetto è emanato entro novanta giorni dalla proposta di cui al comma 1 o dal decorso del termine di cui al comma 2, prorogabili di ulteriori novanta giorni in caso di operazioni particolarmente complesse. Anche prima dell'emanazione del provvedimento di destinazione, per la tutela dei beni confiscati si applica il secondo comma dell'articolo 823 del codice civile».

EMENDAMENTI

33.101 (testo 2)

LUMIA, BIANCO, CAROFIGLIO, DE SENA, CASSON, INCOSTANTE, LATORRE, MARITATI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, GALPERTI, ADAMO, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI

Ritirato (*)

Sostituire l'articolo con il seguente:

«Art. 33. - (Delega al Governo per il riordino della disciplina in materia di misure di prevenzione). - 1. Il Governo e'delegato ad adottare, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge e secondo i principi e criteri direttivi di cui al comma 2, uno o più decreti legislativi che hanno ad oggetto:

a) la modifica e il riordino della disciplina vigente in materia di custodia e di gestione dei beni sequestrati o confiscati ad organizzazioni criminali, espressamente favorendo la destinazione e il riutilizzo sociali di essi, nonché, esclusivamente nei casi eccezionali espressamente previsti da disposizioni di legge, la loro distruzione;

b) l'istituzione, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, di un'Agenzia nazionale per la gestione e la destinazione dei beni sequestrati o confiscati a organizzazioni criminali, di seguito denominata "Agenzia nazionale";

c) l'istituzione, presso ciascuna prefettura - ufficio territoriale del Governo, su iniziativa del prefetto, di un'agenzia provinciale per la gestione e la destinazione dei beni sequestrati o confiscati a organizzazioni criminali, di seguito denominata "agenzia provinciale", presieduta del prefetto o da un suo delegato e composta dal questore, dai comandanti provinciali dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza, dal direttore dell'Agenzia del demanio, dal presidente della sezione per le misure di prevenzione del tribunale, dal procuratore distrettuale antimafia, dal presidente dell'Ordine dei dottori commercialisti, da un rappresentante delle organizzazioni maggiormente rappresentative in sede provinciale dell'associazionismo e della cooperazione sociali impegnate nella promozione della lotta sociale alla mafia e possibili destinatarie dei citati beni; e'previsto che alle riunioni dell'agenzia provinciale possono partecipare i sindaci dei comuni interessati, individuati dal prefetto. Ai fini dello svolgimento delle proprie attività, ciascuna agenzia provinciale può ricorrere a personale dell'Agenzia del demanio ovvero di altre amministrazioni pubbliche;

d) l'individuazione delle strutture organizzative dell'Agenzia nazionale e delle agenzie provinciali, in relazione ai compiti ad esse assegnati dalla legge;

e) l'attribuzione all'Agenzia nazionale dei seguenti compiti:

1) osservazione e analisi in merito alle attività e ai beni sequestrati o confiscati a organizzazioni criminali, al fine di elaborare e di proporre strategie di contrasto all'accumulazione illegale di ricchezza da parte delle organizzazioni criminali;

2) indirizzo in ordine a compendi patrimoniali o aziendali che sono situati sul territorio di diverse province;

3) coordinamento delle attività delle agenzie provinciali e impulso in materia di assegnazione e di destinazione dei beni; valutazione delle proposte di distruzione di tali beni avanzate in sede provinciale al fine di indicare soluzioni alternative di destinazione socialmente utile;

4) programmazione su scala nazionale dell'inserimento dei beni confiscati, immobili e aziendali, all'interno delle politiche del sistema degli incentivi e dei piani di sviluppo economico e sociale del Paese, in particolare del Mezzogiorno d'Italia;

5) individuazione e pianificazione delle possibili forme di finanziamento dei progetti, su indicazione delle agenzie provinciali;

6) garanzia della piena funzionalità e operatività delle banche dati e degli strumenti informatici necessari per le finalita'di cui al numero 1), assicurando anche tramite tali banche e strumenti la massima trasparenza delle procedure di assegnazione dei beni e la piena possibilita'di accesso alle associazioni e ai soggetti interessati alla gestione di tali beni.

2. I decreti legislativi concernenti la modifica e il riordino della disciplina vigente in materia di custodia, gestione e destinazione delle attività e dei beni sequestrati o confiscati a organizzazioni criminali, adottati ai sensi del comma l, si ispirano ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) la custodia, l'amministrazione, la gestione e la destinazione dei beni sequestrati o confiscati a organizzazioni criminali sono affidate all'agenzia provinciale la quale, per l'adempimento dei compiti ad essa attribuiti dalla legge, si avvale di amministratori indicati dall'autorita'giudiziaria e scelti tra i soggetti di comprovata capacità tecnica di cui all'articolo 2-sexies, comma 3, della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni, che, ove ritenuto necessario dall'agenzia, rimangono in carica anche dopo la confisca e fino alla destinazione del bene;

b) l'azione dell'agenzia provinciale si conforma a criteri di efficienza, economicità ed efficacia e al perseguimento delle finalità pubbliche; la gestione delle attività e dei beni è ispirata a criteri di imprenditorialità e tende, ove possibile, all'incremento della loro redditività;

c) l'agenzia provinciale invia all'Agenzia nazionale una relazione semestrale sullo stato delle attività e dei beni sequestrati o confiscati a organizzazioni criminali, nonché sull'andamento e sui problemi della gestione e della destinazione degli stessi;

d) l'Agenzia provinciale, anche attraverso apposite deleghe agli amministratori giudiziari:

1) è responsabile della custodia, dell'amministrazione, della gestione e della destinazione delle attività e dei beni sequestrati o confiscati a organizzazioni criminali;

2) provvede alle attività relative ai compiti di cui al numero 1) anche mediante gli amministratori dei beni indicati dall'autorità giudiziaria;

3) formula proposte e valutazioni all'autorità giudiziaria procedente relativamente alle attività degli amministratori giudiziari che hanno rapporti diretti con la medesima autorità e che mantengono obblighi di informazione e di rendiconto anche verso l'agenzia provinciale; successivamente al sequestro, le relazioni degli amministratori giudiziari sono trasmesse anche al procuratore distrettuale antimafia;

4) provvede agli adempimenti fiscali relativi ai beni sequestrati a organizzazioni criminali, compresi quelli contabili e quelli a carico del sostituto d'imposta:

e) l'agenzia provinciale, attraverso l'amministratore e previa autorizzazione dell'autorità giudiziaria procedente, può compiere tutti gli atti di ordinaria e straordinaria amministrazione, con espressa previsione del potere di:

1) proporre al prefetto competente la modifica della destinazione urbanistica o d'uso del bene sequestrato o confiscato, anche in deroga agli strumenti urbanistici vigenti, in funzione della valorizzazione dello stesso o del suo uso per scopi di ordine pubblico, sicurezza, altre utilità pubbliche o sociali, tutela dell'ambiente, dell'eco sistema e dei beni culturali, garantendo altresl'la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, sempre che le opere non siano state realizzate su aree assoggettate, da leggi statali, regionali o da altre norme urbanistiche vigenti, a vincolo di inedificabilità; a tale fine il prefetto convoca la conferenza di servizi, ai sensi degli articoli da 14 a 14-quater della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni;

2) proseguire, riattivare o riconvertire attività imprenditoriali, sempre che le stesse non versino in situazione di dissesto irreversibile;

3) attivare iniziative e procedure finalizzate allo scioglimento, nell'esercizio di attività imprenditoriali, dalle obbligazioni contrattuali anche ad esecuzione continuata o periodica, ancora ineseguite o non interamente eseguite da entrambe le parti alla data di assunzione dell'incarico, salvi i casi di contratti di lavoro subordinato o di locazione di immobili, nel caso in cui il bene sia sequestrato o confiscato al locatore ed i contratti medesimi non risultino simulati o illecitamente stipulati a tutela dei terzi in buona fede;

4) impugnare, nel caso di sequestro di quote di societa'in percentuale non inferiore ad una determinata soglia dell'intero capitale, le delibere societarie di trasferimento della sede sociale, di trasformazione, fusione o estinzione della società, nonché di ogni altra modifica dello statuto che possa recare pregiudizio agli interessi della custodia giudiziale;

5) proporre all'Agenzia nazionale, illustrando ne le ragioni, la distruzione del bene sequestrato o confiscato nei casi eccezionali previsti dalla legge, con obbligo di motivare la mancanza di alternative;

6) ottenere, nel caso di sequestro o di confisca di beni in comunione, che l'amministratore di cui alla lettera d), numero 2), sia nominato amministratore giudiziale dal giudice civile, con procedura in camera di consiglio, sentite le parti; fare salva, comunque, la possibilità di indennizzo per gli altri comproprietari, ove abbiano ricevuto pregiudizio dalla gestione del bene in comunione e sempre che sia accertata la loro buona fede;

7) chiedere per l'impresa gestita l'ammissione alle procedure esecutive concorsuali, attivando procedure al fine di accertare che i beni aziendali sequestrati posti in fallimento non ritornino alle organizzazioni criminali o a loro prestanomi, attraverso la vendita degli stessi;

f) per i beni sequestrati e per quelli confiscati fino a quando la confisca non sia divenuta definitiva, gli atti di straordinaria amministrazione sono compiuti previa autorizzazione dell'autorita'giudiziaria, che verifica se dal compimento dell'atto derivi pregiudizio per il procedimento in corso o per i creditori ed i terzi; l'autorizzazione è recalmabile;

g) l'amministratore di cui alla lettera a) riveste la qualifica di pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni, provvede alla gestione dei beni secondo le direttive dell'autorità giudiziaria procedente e fornisce i rendiconti della sua attivita'all'agenzia provinciale, che forma le proprie valutazioni e richieste all'autorità giudizi aria procedente; l'amministratore esprime la propria valutazione in ordine alla possibilità di prosecuzione o di ripresa dell'attività produttiva e può essere affiancato da ausiliari di comprovata onorabilità e dotati di specifiche competenze professionali; la procedura di nomina è sottoposta alle condizioni di cui alla citata letteraa);

h) per la gestione delle imprese, per la riattivazione e il completamento di impianti, immobili e attrezzature industriali, nonché per la loro manutenzione ordinaria e straordinaria, lo Stato garantisce i debiti contratti con le istituzioni creditizie ed i relativi crediti sono soddisfatti in prededuzione ai sensi dell'articolo 111, primo comma, numero 1), del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni. Per i beni immobili non aziendali, affidati ai soggetti previsti dagli articoli 2-sexies, comma 3, e da 2-octies a 2-undecies della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni, è istituito un apposito fondo di garanzia e di frnanziamento per la ristrutturazione, l'avvio e la gestione delle attività e dei servizi attivati, alimentato anche da finanziamenti pubblici o dai proventi in denaro o di altri beni o titoli finanziari sottoposti a sequestro o a confisca. Al fine dell'accesso al sistema creditizio, sono individuati adeguati titoli giuridici di attribuzione dei beni agli stessi soggetti;

i) per le imprese sequestrate sono individuate procedure di ristrutturazione economica e finanziaria, adattando a tale fine gli strumenti previsti dal decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 2004, n. 39, e successive modificazioni;

l) la tassazione dei redditi derivanti dai beni sequestrati e'disciplinata secondo i seguenti criteri:

1) è effettuata con riferimento alle categorie reddituali previste dal testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni;

2) è effettuata in via provvisoria, in attesa dell'individuazione del soggetto passivo d'imposta a seguito della confisca o della revoca del sequestro;

3) sui redditi soggetti a ritenuta alla fonte derivanti dai beni sequestrati, il sostituto d'imposta applica l'aliquota stabilita dalle disposizioni vigenti per le persone fisiche;

m) sono in ogni caso fatte salve le norme di tutela e le procedure previste dalla legge per i beni di interesse culturale, ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni.

3. Il Governo è altresì delegato ad adottare, con gli stessi decreti legislativi di cui al comma 1 disposizioni di integrazione e di modifica della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni, e delle norme ad essa collegate, in base ai seguenti principi e criteri direttivi:

a) individuazione di criteri e di rapide procedure di assegnazione o destinazione dei beni confiscati, per finalità istituzionali o sociali, allo Stato, ad enti pubblici non economici, a regioni, a enti locali e loro consorzi, nonchè agli altri soggetti di cui all'articolo 2-undecies, comma 2, lettera b), della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni, ferme restando le priorità in favore delle vittime dei reati di tipo mafioso e delle vittime di richieste estorsive e dell'usura, prevedendo, in particolare:

1) l'adozione dell'atto di assegnazione o destinazione da parte dell'agenzia provinciale;

2) adeguate forme di pubblicità delle informazioni relative alla consistenza e alla natura dei beni presenti nel territorio provinciale, la cui attuazione e'demandata all'agenzia provinciale, la quale assicura la trasparenza delle procedure di assegnazione mediante appositi regolamenti;

3) il riconoscimento, negli atti di assegnazione dei beni confiscati, ai soggetti di cui agli articoli 2-sexies, comma 3, e da 2-octies a 2-undecies della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni, del corrispettivo per gli interventi migliorativi del bene;

4) l'individuazione, oltre ai soggetti previsti dall'articolo 2-undecies, comma 2, lettera b), della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni, di altri soggetti cui assegnare i beni confiscati, comprendendo i soggetti del privato sociale e, in particolare, le organizzazioni non lucrative di utilità sociale e le associazioni di promozione sociale;

5) la competenza dell'agenzia provinciale a disporre la revoca dell'assegnazione o della destinazione dei beni, in relazione alloro mancato uso da parte dell'assegnatario o alla loro utilizzazione in modo non conforme alle finalita'indicate nell'atto di assegnazione, dopo la contestazione degli addebiti e l'acquisizione delle osservazioni degli assegnatari del bene. È previsto, altresì, che avverso la revoca è ammesso il ricorso all'Agenzia nazionale e sono stabiliti appositi criteri, modalità e procedure per effettuare la revoca e per la relativa impugnazione;

6) il divieto assoluto e generalizzato di vendita dei beni immobili confiscati definitivamente. È previsto altresì, nei casi espressamente individuati per la tutela del compendio aziendale, che la decisione e'subordinata alla valutazione dell'Agenzia nazionale, cui spetta il diritto di prelazione, che i provvedimenti di sequestro e di confisca dei beni sono opponibili ai terzi di buona fede con trascrizione anteriore a quella del provvedimento ablativo e che la tutela dei terzi di buona fede è assicurata dal riconoscimento del risarcimento del danno e da una congrua indennità;

7) la possibilità di distruggere o demolire i beni confiscati, secondo le procedure indicate nei decreti legislativi, nei soli casi eccezionali previsti dalle norme vigenti in materia di tutela ambientale e di sicurezza e negli altri casi previsti dalla legislazione vigente, a condizione che non sia possibile un loro uso e previa valutazione dell'Agenzia nazionale che può dispone l'acquisizione e una diversa destinazione;

8) ulteriori procedure sull'impiego della forza pubblica al fine di garantire l'efficacia delle azioni dell'Agenzia del demanio nonché la sicurezza dei beni sequestrati o confiscati sul territorio, previa decisione dell'agenzia provinciale;

q) l'istituzione di un albo nazionale degli amministratori dei beni sequestrati e confiscati, tenuto dall'Agenzia nazionale e articolato in sezioni provinciali tenute dall'agenzia provinciale competente, cui sono affidate funzioni di vigilanza sugli amministratori. Sono previste, altresì, apposite norme per il funzionamento dell'albo, per l'iscrizione ad esso e per l'esercizio dell'attivita'di amministratore, nonché sanzioni di ordine penale, amministrativo e civile per le violazioni dei doveri stabiliti dalla legislazione vigente in materia a carico degli amministratori.

4. Agli oneri derivanti dall'attuazione dei commi da 1 a 3, si provvede, nel limite massimo di euro 1.500.000 per ciascuno degli anni 2009, 2010 e 2011, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2009-2011, nell'ambito del programma «Fondi di riserva speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2009, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero. Il Ministro dell'economia è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio».

________________

(*) Trasformato, congiuntamente agli emendamenti 33.103 (testo 2 corretto), 33.0.101 (testo 2) e 33.102, nell'ordine del giorno G33.101.

33.102

D'ALIA

Ritirato (*)

Sostituire l'articolo con il seguente:

«Art. 33. - (Assegnazione dei beni confiscati alle organizzazioni criminali mafiose). - 1. Alla legge 31 maggio 1965, n. 575, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) sostituire l'articolo 2-decies con il seguente:

"Art. 2-decies. - (Procedimento per la destinazione dei beni confiscati). - 1. Alla destinazione dei beni confiscati provvede il prefetto della provincia in cui si trova il bene confiscato.

2. Ricevuta la comunicazione del provvedimento definitivo di confisca, il Prefetto comunica immediatamente alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, al Presidente della regione e della provincia, nonché al sindaco del comune ove si trova il bene, l'avvenuta acquisizione al patrimonio dello Stato del bene confiscato. Dell'acquisizione viene altresì data notizia sul sito internet dell'Agenzia del Demanio e del Ministero dell'interno. I soggetti di cui al primo periodo del presente comma possono, nei trenta giorni successivi alla comunicazione, presentare istanza di assegnazione dei beni.

3. Entro novanta giorni dal ricevimento della comunicazione, il prefetto adotta il provvedimento di destinazione dei beni confiscati, acquisiti i pareri dell'Agenzia del Demanio, del sindaco del comune ove si trova il bene, del procuratore distrettuale antimafia, del procuratore nazionale antimafia e sentito, ove necessario, l'amministratore del bene, sulla base della stima del valore dei beni quale risultante dal rendiconto di gestione dell'amministratore giudiziario ovvero sulla base di stima effettuata dall'Agenzia del Demanio. Tale termine può essere prorogato per una sola volta per non più di tre mesi in caso di oggettiva difficoltà a determinare il valore dei beni ovvero in presenza di compendi confiscati di particolare rilevanza. Ai pareri si applica l'articolo 16, commi 1 e 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241.

4. Ai fini di una pronta adozione del provvedimento di destinazione, il prefetto può convocare la conferenza di servizi ai sensi degli articoli 14 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241.

5. Anche prima dell'emanazione del provvedimento di destinazione, per la tutela dei beni confiscati si applica il secondo comma dell'articolo 823 del codice civile.";

b) sostituire l'articolo 2-undecies con il seguente:

«Art. 2-undecies. - (Destinazione delle somme e dei beni immobili). - 1. Dopo la confisca l'amministratore versa nel Fondo di cui al comma 5:

a) le somme di denaro confiscate;

b) le somme ricavate dalla vendita dei beni mobili non costituiti in azienda, ivi compresi quelli registrati e i titoli. Se la procedura di vendita risulta antieconomica, con provvedimento del prefetto è disposta la cessione gratuita ad associazioni di beneficenza e assistenza di rilievo nazionale o internazionale, ovvero la distruzione del bene da parte dell'amministratore;

c) le somme derivanti dal recupero dei crediti personali. Se la procedura di recupero risulta antieconomica, ovvero, dopo accertamenti sulla solvibilità del debitore svolti dal competente ufficio dell'Agenzia delle Entrate, avvalendosi anche degli organi di polizia tributaria, il debitore risulti insolvibile, il credito è annullato con provvedimento del prefetto, comunicato al Fondo di cui al comma 5.

2. I beni immobili sono:

a) mantenuti al patrimonio dello Stato per finalità di giustizia, di ordine pubblico e di protezione civile e, ove idonei, anche per altri usi governativi o pubblici connessi allo svolgimento delle attività istituzionali;

b) trasferiti per finalità istituzionali o sociali in via prioritaria al patrimonio del comune ove l'immobile è sito ovvero al patrimonio della provincia o della regione. Gli enti territoriali possono amministrare direttamente il bene o assegnarlo in concessione a titolo gratuito a comunità, enti, associazioni maggiormente rappresentative degli enti locali e organizzazioni di volontariato di cui alla legge 11 agosto 1991, n. 266, e successive modificazioni, a cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, o a comunità terapeutiche e centri di recupero e cura di tossicodipendenti di cui al testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossico dipendenze, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, nonché alle associazioni ambientaliste riconosciute ai sensi dell'articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349. Se entro un anno dal trasferimento l'ente non ha provveduto alla destinazione del bene, il prefetto revoca il provvedimento di trasferimento del bene.

3. I beni aziendali sono mantenuti al patrimonio dello Stato e destinati con provvedimento del prefetto:

a) all'affitto a titolo oneroso, quando vi siano fondate prospettive di continuazione o di ripresa dell'attività produttiva, previa valutazione del competente ufficio dell'Agenzia del demanio, a società e ad imprese pubbliche o private, ovvero a titolo gratuito, senza oneri a carico dello Stato, a cooperative di lavoratori dipendenti dell'impresa confiscata, sempre che non sussista il pericolo che l'azienda possa tornare, anche per interposta persona, nella disponibilità del proposto, di tal una delle associazioni di cui all'articolo 4 o dei suoi appartenenti. Nella scelta dell'affittuario sono privilegiate le soluzioni che garantiscono il mantenimento dei livelli occupazionali. I beni non possono essere destinati all'affitto alle cooperative di lavoratori dipendenti dell'impresa confiscata se tal uno dei relativi soci è parente, coniuge, affine o convivente con il destinatario della confisca, ovvero nel caso in cui nei suoi confronti sia stato adottato taluno dei provvedimenti indicati nell'articolo 15, comma 1, della legge 19 marzo 1990, n. 55, e successive modificazioni;

b) alla vendita, per un corrispettivo non inferiore a quello determinato dalla stima dell'amministratore ovvero del competente ufficio dell'Agenzia del demanio, a soggetti che ne abbiano fatto richiesta, qualora vi sia una maggiore utilità per l'interesse pubblico e sempre che non sussista il pericolo che l'azienda possa tornare, anche per interposta persona, nella disponibilità del proposto, di taluna delle associazioni di cui all'articolo 4 o dei suoi appartenenti. Nel caso di vendita disposta alla scadenza del contratto di affitto dei beni, l'affittuario può esercitare il diritto di prelazione entro trenta giorni dalla comunicazione della vendita del bene da parte del prefetto;

c) alla liquidazione, qualora vi sia una maggiore utilità per l'interesse pubblico.

4. Alle operazioni di cui al comma 3 provvede il prefetto, che può affidarle all'amministratore, entro sei mesi dalla data di emanazione del provvedimento di destinazione.

5. I proventi derivanti dall'affitto, dalla vendita o dalla liquidazione dei beni di cui al comma 3 sono versati all'entrata del bilancio dello stato per essere riassegnati in apposito Fondo e destinati:

a) alla gestione degli altri beni confiscati, nonché ai pagamenti in favore dei terzi che vantino diritti sui beni confiscati;

b) al risarcimento delle vittime dei reati, nei casi e nei modi previsti dalla legge;

c) al Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive e per le vittime dell'usura;

d) risanamento di quartieri urbani degradati;

e) al risanamento delle aziende confiscate in crisi, di cui non siano stati disposti la liquidazione o il fallimento;

f) promozione di cultura imprenditoriale e di attività imprenditoriale per giovani disoccupati;

g) al finanziamento degli interventi per l'edilizia scolastica;

h) all'informatizzazione del processo.

6. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della giustizia e dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro, salute, politiche sociali e con il Ministro per i rapporti con le Regioni, sono determinate le percentuali di destinazione delle somme affluite al Fondo di cui al comma 5 in favore dei beneficiari ivi indicati.

7. Nella scelta del cessionario o dell'affittuario dei beni aziendali il prefetto procede mediante licitazione privata ovvero, qualora ragioni di necessità o di convenienze, specificatamente indicate e motivate, lo richiedano, mediante trattativa privata. Sui relativi contratti è richiesto il parere di organi consulti vi solo per importi eccedenti 1.033.000 euro nel caso di licitazione privata e 516.000 euro nel caso di trattativa privata. I contratti per i quali non è richiesto il parere del Consiglio di Stato sono approvati dal dirigente del competente ufficio dell'Agenzia del demanio, sentito il direttore generale dell'agenzia stessa.

8. I provvedimenti emanati a norma del presente articolo sono immediatamente esecutivi. Il prefetto per la destinazione dei beni confiscati può disporre lo sgombero degli immobili abusivamente occupati mediante l'ausilio della forza pubblica. Ove il rilascio dell'immobile non sia avvenuto spontaneamente, il prefetto procede allo sgombero decorsi novanta giorni dalla comunicazione del provvedimento definitivo di confisca al titolare del diritto reale o personale di godimento.

9. In caso di confisca di beni in comunione, se il bene è indivisibile ai condomini in buona fede è concesso diritto di prelazione per l'acquisto della quota confiscata al valore di mercato, salvo che sussista la possibilità che il bene, in ragione del livello di infiltrazione criminale, possa tornare anche per interposta persona nella disponibilità del sottoposto.

10. Se i soggetti di cui al comma 9 non esercitano il diritto di prelazione o non si possa procedere alla vendita, il bene è acquisito per intero al patrimonio dello Stato e i condomini hanno diritto alla corresponsione di una somma equivalente al valore attuale della propria quota di proprietà.

11. Per i beni appartenenti al demanio culturale, ai sensi degli articoli 53 e seguenti del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, la vendita non può essere disposta senza previa autorizzazione del Ministero per i beni e le attività culturali.";

c) all'articolo 2-nonies, al comma 1, sostituire le parole: "all'ufficio del territorio del Ministero delle finanze che ha sede nella provincia ove si trovano i beni o ha sede l'azienda confiscata" con le seguenti: "all'Agenzia del Demanio";

d) all'articolo 2-nonies, al comma 2, sostituire le parole: "ufficio del territorio del Ministero delle finanze" con le seguenti: "ufficio dell'Agenzia del Demanio"».

________________

(*) Trasformato, congiuntamente agli emendamenti 33.101 (testo 2), 33.103 (testo 2 corretto) e 33.0.101 (testo 2), nell'ordine del giorno G33.101.

33.100

LI GOTTI, BELISARIO, PARDI, GIAMBRONE, CARLINO, ASTORE, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA, RUSSO

Respinto

Sostituire l'articolo col seguente:

«Art. 33. - (Assegnazione dei beni confiscati alle organizzazioni criminali mafiose). - 1-bis. Alla legge 31 maggio 1965, n.575, l'articolo 2-decies è sostituito dal seguente:

"Art. 2-decies. - (Procedimento per la destinazione dei beni confiscati). - 1. Alla destinazione dei beni confiscati provvede il prefetto della provincia in cui si trova il bene confiscato.

2. Ricevuta la comunicazione del provvedimento definitivo di confisca, il Prefetto comunica immediatamente alla Presidenza del Consiglio dei ministri, al Presidente della regione e della provincia, nonché al sindaco del comune ove si trova il bene, l'avvenuta acquisizione al patrimonio dello Stato del bene confiscato. Dell'acquisizione viene altresì data notizia sul sito internet dell'Agenzia del Demanio e del Ministero dell'Interno. I soggetti di cui al primo periodo del presente comma possono, nei trenta giorni successivi alla comunicazione, presentare istanza di assegnazione dei beni.

3. Entro novanta giorni dal ricevimento della comunicazione, il prefetto adotta il provvedimento di destinazione dei beni confiscati, acquisiti i pareri dell'Agenzia del Demanio, del sindaco del comune ove si trova il bene, del procuratore distrettuale antimafia, del procuratore nazionale antimafia, e sentito, ove necessario, l'amministratore del bene, sulla base della stima del valore dei beni quale risultante dal rendiconto di gestione dell'amministratore giudiziario ovvero sulla base di stima effettuata dall'Agenzia del Demanio. Tale termine può essere prorogato per una sola volta per non più di tre mesi in caso di oggettiva difficoltà a determinare il valore dei beni ovvero in presenza di compendi confiscati di particolare rilevanza. Ai pareri si applica l'articolo 16, commi 1 e 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241.

4. Ai fini di una pronta adozione del provvedimento di destinazione, il prefetto può convocare la conferenza di servizi ai sensi degli articoli 14 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241.

5. Anche prima dell'emanazione del provvedimento di destinazione, per la tutela dei beni confiscati si applica il secondo comma dell'articolo 823 del codice civile"».

33.103 (testo 2 corretto)

CASSON, LUMIA, CAROFIGLIO, DE SENA, BIANCO, INCOSTANTE, LATORRE, MARITATI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, GALPERTI, ADAMO, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI

Ritirato (*)

Sostituire l'articolo con il seguente:

«Art. 33. - (Assegnazione dei beni confiscati alle associazioni a delinquere di tipo mafioso). - L'articolo 2-decies della legge 31 maggio 1965, n. 575 e successive modificazioni è sostituito dal seguente:

"Art. 2-decies. - 1. Ferma la competenza del Ministero delle Finanze (Agenzia del demanio) per la gestione dei beni confiscati alle organizzazioni criminali di cui agli articoli 2-novies e 2-undecies della presente legge, nonché di cui all'articolo 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, la destinazione dei beni immobili e dei beni aziendali è effettuata con provvedimento del prefetto dell'Ufficio Territoriale di Governo ove si trovano i beni o ha sede l'azienda, su proposta non vincolante del dirigente regionale dell'Agenzia del demanio, sulla base della stima del valore risultante dagli atti giudiziari, salvo che sia ritenuta necessaria dal prefetto una nuova stima, sentite le amministrazioni di cui all'articolo 2-udecies interessate, eventualmente in sede di conferenza di servizi, nonché i soggetti di cui è devoluta la gestione dei beni.

2. Il prefetto procede d'iniziativa se la proposta di cui al primo comma non è formulata dall'Agenzia del demanio entro novanta giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al comma 1 dell'articolo 2-nonies.

3. Il provvedimento del prefetto è emanato entro novanta giorni dalla proposta di cui al comma 1 o dai decorso del termine di cui al comma 2, prorogabili di ulteriori novanta in caso di operazioni particolarmente complesse. Anche prima dell'emanazione del provvedimento di destinazione, per la tutela dei beni confiscati si applica il secondo comma dell'articolo 823 del codice civile.

4. La Presidenza del Consiglio dei Ministri assicura il coordinamento delle amministrazioni interessate alla gestione, destinazione e utilizzo dei beni confiscati alla criminalità, con compiti di impulso, ispettivi e sostitutivi nonché di raccordo con le autorità giudiziarie e con le Autonomie Regionali e territoriali. Con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da emanarsi entro 90 giorni dall'entrata in vigore della presente legge, sono definite le modalità di realizzazione del coordinamento di cui al periodo precedente, da effettuarsi nell'ambito della dotazione organica degli uffici della medesima Presidenza del Consiglio dei ministri.

5. Il Presidente del Consiglio dei Ministri riferisce annualmente al Parlamento sullo stato di attuazione della disciplina di destinazione e utilizzo dei beni confiscati alla criminalità.

6. Gli oneri di funzionamento non devono comportare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e sono posti a carico della Presidenza del Consiglio dei ministri, nell'ambito degli ordinari stazionamenti di bilancio"».

________________

(*) Trasformato, congiuntamente agli emendamenti 33.101 (testo 2), 33.0.101 (testo 2) e 33.102, nell'ordine del giorno G33.101.

33.104

D'ALIA

Ritirato

Sostituire l'articolo con il seguente:

«Art. 33. - (Assegnazione dei beni confiscati alle organizzazioni criminali mafiose). - 1. In deroga ad ogni altra disposizione di legge, alla destinazione dei beni di cui all'articolo 2-decies della legge 31 maggio 1965, n. 575, provvede il prefetto della provincia in cui si trova il bene confiscato, sentiti il beneficiario e l'amministratore di cui all'articolo 2-sexies. A tal fine, il prefetto può avvalersi dell'ausilio dell'Agenzia del demanio e di ogni altra pubblica amministrazione».

33.105

I RELATORI

Approvato

Al comma 1 sostituire le parole: «di cui agli articoli 2-nonies, 2-decies e 2-undecies» con le altre: «di cui agli articoli 2-nonies e 2-undecies».

33.300

SALTAMARTINI

V. em. 33.0.305

Al comma 1, capoverso «Art. 2-decies», dopo il comma 3, aggiungere, in fine, i seguenti:

«3-bis. La Presidenza del Consiglio dei Ministri garantisce il coordinamento delle amministrazioni interessate alla gestione, destinazione e utilizzo dei beni confiscati alla criminalità, con funzioni di impulso, ispettive e sostitutive nonché di raccordo con le autorità giudiziarie e con le Autonomie Regionali e territoriali. Il Presidente del Consiglio dei Ministri con apposito decreto, da emanarsi entro 90 giorni dall'entrata in vigore della presente legge, definisce le modalità di organizzazione della struttura.

3-ter. Il Presidente del Consiglio dei Ministri riferisce annualmente al Parlamento sullo stato di attuazione della disciplina di destinazione e utilizzo dei beni confiscati alla criminalità.

3-quater. Gli oneri di funzionamento della struttura non devono comportare aumento di spesa e sono posti a carico della Presidenza del Consiglio dei ministri, nell'ambito degli ordinari stazionamenti di bilancio.».

33.106

CASSON, LUMIA, DE SENA, BIANCO, INCOSTANTE, LATORRE, CAROFIGLIO, MARITATI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, GALPERTI, ADAMO, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI

V. em. 33.0.306

Dopo il comma 3 dell'articolo 2-decies, ivi richiamato, aggiungere, in fine, i seguenti:

«3-bis. La Presidenza del Consiglio dei Ministri assicura il coordinamento delle amministrazioni interessate alla gestione, destinazione e utilizzo dei beni confiscati alla criminalità, con compiti di impulso, ispettivi e sostitutivi nonché di raccordo con le autorità giudiziarie e con le Autonomie Regionali e territoriali. La definizione funzionale, organizzativa, organica e strumentale della struttura è stabilita con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da emanarsi entro 90 giorni dall'entrata in vigore della presente legge.

3-ter. Il Presidente del Consiglio dei Ministri riferisce annualmente al Parlamento sullo stato di attuazione della disciplina di destinazione e utilizzo dei beni confiscati alla criminalità.

3-quater. Gli oneri di funzionamento della struttura non devono comportare aumento di spesa e sono posti a carico della Presidenza del Consiglio dei ministri, nell'ambito degli ordinari stazionamenti di bilancio.».

EMENDAMENTI TENDENTI AD INSERIRE ARTICOLI AGGIUNTIVI DOPO L'ARTICOLO 33

33.0.100

I RELATORI

Ritirato e trasformato nell'odg G33.0.100

Dopo l'articolo 33,inserire il seguente:

«Art. 33-bis.

(Trasferimento dei beni confiscati alla criminalità organizzata)

1. Entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Prefetto trasferisce al patrimonio del Comune, della Provincia e della Regione, i singoli beni immobili rispettivamente utilizzati da tali enti per fini istituzionali o sociali, oggetto di confisca disposta ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni.

2. Il Prefetto, a fronte del pagamento di eventuali rate di mutuo gravanti sui singoli immobili inclusi nel patrimonio aziendale, ne determina gli oneri a carico di ogni singolo cespite in proporzione al valore dell'unità immobiliare da trasferire e delle rate di mutuo residue.

3. Agli oneri derivanti dall'applicazione del presente articolo si provvede con le risorse del fondo istituito presso le Prefetture ai sensi dell'articolo 2-duodecies, comma 1, della legge 31 maggio 1965, n. 575».

33.0.101 (testo 2)

GHEDINI, LUMIA, BIANCO, CAROFIGLIO, DE SENA, CASSON, INCOSTANTE, LATORRE, MARITATI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, GALPERTI, ADAMO, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI

Ritirato (*)

Dopo l'articolo inserire il seguente:

«Art. 33-bis.

(Istituzione del Fondo di garanzia e ricostituzione per gli assegnatari di beni immobili o aziendali confiscati alle mafie, operanti nel settore agricolo)

"1. È istituito presso il Ministero dell'interno un Fondo operante a favore dei soggetti assegnatari di beni immobili o aziendali confiscati alle mafie ai sensi della legge n.109 del 1996, operanti in agricoltura. Il Fondo ha lo scopo di fornire garanzie nell'interesse dei soggetti assegnatari per l'effettuazione di investimenti produttivi sui beni assegnati a seguito di confisca, nonché quello di risarcire i soggetti assegnatari stessi dei danni arrecati ai beni e alle colture e animali a seguito di azioni criminali da essi subite. Le predette finalità sono perseguite attraverso due distinte sezioni del Fondo. Il Fondo ha la durata di 50 anni ed opera con le modalità che saranno definite da parte dell'organo di gestione di cui al comma. 5, secondo i criteri stabiliti dal presente articolo e dal Regolamento di cui al comma 7.

2. La sezione garanzia rilascia garanzie ad integrale copertura del costo di ricostruzione degli investimenti realizzati dai soggetti affidatari dei beni confiscati. Sono ammissibili alla garanzia gli investimenti finalizzati alla realizzazione di migliorie dei beni stessi ovvero alla realizzazione di impianti produttivi accessori o strumentali all'utilizzo aziendale dei beni stessi. Le garanzie possono essere prestate direttamente dal Fondo ovvero attraverso Consorzi fidi di cui al comma 6.

3. La sezione ricostituzione eroga indennizzi in misura pari al 100% dei danni arrecati ai beni aziendali (ivi comprese le colture e gli animali) gestiti dai soggetti assegnatari a seguito di azioni criminali da essi subite. L'indennizzo comprende la perdita subita e il mancato guadagno, al netto della quota eventualmente coperta da assicurazione, e può essere riconosciuto fino all'importo massimo di 2 milioni di euro. Esso è erogato a seguito di domanda presentata dal legale rappresentante dell'ente assegnatario danneggiato, corredata da denuncia del medesimo all'autorità giudiziaria dei danneggiamenti subiti. Nella domanda dovrà essere valutato il danno arrecato ai beni mediante dichiarazione del legale rappresentante, sottoscritta nella forma di atto notorio. La denuncia, che deve essere presentata entro 7 giorni dal fatto, dovrà indicare i beni danneggiati e l'importo dei relativi danni in modo distinto per ì beni di proprietà pubblica e per quelli di proprietà dell'ente assegnatario ovvero di proprietà di terzi di cui l'ente assegnatario abbia la disponibilità. L'erogazione dell'indennizzo deve avvenire entro 30 giorni dalla data della domanda di cui al comma precedente. La fruizione dell'indennizzo è esente dal pagamento delle imposte sul reddito delle persone fisiche e delle persone giuridiche.

4. Possono partecipare alle sezioni del Fondo di cui al comma 2, con contributi volontari, enti pubblici e privati, ivi compresi i Fondi mutualistici per la promozione cooperativa di cui all'articolo 11 della legge 31 gennaio 1992, n. 59. I contributi di cui al precedente periodo si intendono effettuati in conto capitale e potranno essere restituiti agli enti erogatori soltanto alla scadenza del Fondo, in misura proporzionale alla consistenza dello stesso alla data di scioglimento. I soggetti partecipanti possono vincolare i rispettivi contributi al perseguimento di specifiche finalità del Fondo.

5. La gestione del Fondo è affidata ad un Comitato di gestione formato da un rappresentante indicato dal Ministero dell'interno; da un rappresentante indicato dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali; da un rappresentante indicato dal Ministero dell'economia e delle finanze; da quattro membri nominati dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali su indicazione delle Associazioni cooperative riconosciute, nonché da tre membri nominati dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali su indicazione degli enti pubblici e privati che abbiano sottoscritto e versato contributi volontari. Ai membri del Comitato di gestione non spetta alcun compenso.

6. I Consorzi fidi di cui all'articolo 13 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, operanti a livello regionale, possono costituire speciali fondi, separati dai fondi rischi ordinari e destinati alle finalità di cui al comma 1-ter. Agli stessi Consorzi fidi possono essere attribuite risorse patrimoniali, nelle forme previste dai rispettivi statuti, a valere sulla dotazione della presente legge. L'ammontare delle risorse del Fondo che saranno attribuite ai Consorzi fidi, le relative modalità di utilizzo, l'individuazione dei beneficiari e le regole di rendicontazione, sono stabilite dal Comitato di gestione del Fondo in conformità con il Regolamento previsto dal comma 1-octies.

7. La prima dotazione del Fondo di cui al comma 1 è pari all'importo di 3.000.000 di euro. Entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministero dell'interno di concerto con il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, sentite le Associazioni cooperative riconosciute, predispone uno schema di Regolamento, recante le modalità di funzionamento del Fondo, da sottoporre all'approvazione del Consiglio dei Ministri, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400.

8. All'onere derivante dall'attuazione del comma 7 si provvede, nel limite massimo di euro 5.000.000 per ciascuno degli anni 2009, 2010 e 2011, mediante corrispondente riduzione, dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2009-2011, nell'ambito del programma «Fondi di riserva speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2009, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero. Il Ministro dell'economia è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio».

________________

(*) Trasformato, congiuntamente agli emendamenti 33.101 (testo 2), 33.103 (testo 2 corretto) e 33.102, nell'ordine del giorno G33.101.

33.0.500 (già 48.0.101)

D'ALIA

Respinto

Dopo l'articolo 48,inserire il seguente:

«Art. 48-bis.

(Modifiche al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 e al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271)

1. Al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 5, comma 2, la lettera c) è sostituita dalla seguente:

"c) coloro che hanno riportato una condanna a pena detentiva, accertata con sentenza passata in giudicato, per uno dei delitti di cui al titolo II e VIII del Libro II del codice penale, ovvero di ricettazione, riciclaggio, impiego di denaro, beni od utilità di provenienza illecita, favoreggiamento reale, insolvenza fraudolenta, appropriazione indebita, bancarotta fraudolenta, usura, usura impropria, estorsione, sequestro di persona a scopo di estorsione, furto, rapina, truffa aggravata per il perseguimento di erogazioni pubbliche e trasferimento fraudolento di valori, nonché, se la condotta si riferisce alla commissione di taluno dei delitti sopra indicati, di calunnia, autocalunnia, falsa testimonianza, intralcio alla giustizia e favoreggiamento personale.»;

b) all'articolo 22, dopo il comma 2, sono inseriti i seguenti:

"2-bis. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche se il titolare dell'attività commerciale non denuncia eventuali tentativi di estorsione e di infiltrazione mafiosa, fornendo all'autorità giudiziaria ovvero ad altra autorità che a quella abbia obbligo di riferire tutte le informazioni e le notizie possedute, non solo in relazione agli eventi offensivi specifici, ma anche in ordine ad eventuali antefatti e circostanze rilevanti ai fini delle indagini. In ogni caso è disposta la sospensione dell'attività di vendita per un periodo non inferiore a dieci giorni e non superiore a quaranta.

2-ter. Ai fini dell'applicazione della disposizioni di cui al comma 2-bis, il sindaco può ottenere dall'autorità giudiziaria competente copia di atti di procedimenti penali e informazioni scritte sul loro contenuto, anche in deroga al divieto stabilito dall'articolo 329 del codice di procedura penale. L'autorità giudiziaria provvede senza ritardo e può rigettare la richiesta con decreto motivato. L'autorità giudiziaria può trasmettere le copie e le informazioni anche di propria iniziativa.";

c) all'articolo 29, dopo il comma 3, è inserito il seguente:

"3-bis. Si applicano le disposizioni di cui all'articolo 22, commi 2-bis e 2-ter.".

2. Al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 129, dopo il comma 3, è inserito il seguente:

"3-bis. Quando esercita l'azione penale per i delitti di cui agli articoli 629, 644 e 644-bis del codice penale, nonché per i delitti di cui agli articoli 368, 369, 372, 377, 378, 379 del codice penale, se la condotta è riferita alla commissione di delitti di estorsione, anche tentata, e di usura in danno di esercenti attività commerciali, il pubblico ministero ne dà comunicazione alla polizia tributaria ed all'Agenzia delle Entrate"».

33.0.601

IL GOVERNO

Approvato

Dopo l'articolo 33, aggiungere il seguente:

«Art. 33-bis.

(Modifica al decreto-legge 2 ottobre 2008 n. 151 convertito, con modificazioni, dalla legge 28 novembre 2008 n. 186)

1. All'art. 2-quinquies comma 1, lettera a) del decreto-legge 2 ottobre 2008 n.151 convertito, con modificazioni, dalla legge 28 novembre 2008, n. 186, le parole: "affine o convivente" sono sostituite dalle seguenti: "convivente, parente o affine entro il quarto grado"».

33.0.602 (testo corretto)

IL GOVERNO

Approvato

Dopo l'articolo 33, aggiungere il seguente:

«Art. 33-bis.

(Modifica alla legge 22 dicembre 1999, n. 512)

1. Al comma 1, alinea, dell'articolo 4 della legge 22 dicembre 1999, n. 512, le parole: "e gli Enti" sono soppresse e la parola: "costituiti" è sostituita dalla seguente: "costituite". Dopo il medesimo comma 1, è inserito il seguente:

"1-bis. Gli Enti costituiti parte civile nelle forme previste dal codice di procedura penale hanno diritto di accesso al Fondo, entro i limiti delle disponibilità finanziarie annuali dello stesso, limitatamente al rimborso delle spese processuali".

2. Al comma 2 dell'articolo 4 della legge 22 dicembre 1999, n. 512, le parole: "e gli Enti" sono soppresse, e la parola: "costituiti" è sostituita dalla seguente: "costituite". Dopo il medesimo comma 2, è inserito il seguente:

"2-bis. Gli Enti costituiti in un giudizio civile, nelle forme previste dal codice di procedura civile, hanno diritto di accesso al Fondo, entro i limiti delle disponibilità finanziarie annuali dello stesso, limitatamente al rimborso delle spese processuali"».

33.0.102

LUMIA, CAROFIGLIO, DE SENA, CASSON, BIANCO, INCOSTANTE, LATORRE, MARITATI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, GALPERTI, ADAMO, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI, GARRAFFA (*), D'ALIA (*), LI GOTTI (*), FINOCCHIARO (*), ZANDA (*)

V. testo 2

Dopo l'articolo 33, inserire il seguente:

«Art. 33-bis.

(Assunzione dei testimoni di giustizia nella pubblica amministrazione)

1. All'articolo 16-ter del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito con modificazioni nella legge 15 marzo 1991, n. 82, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, dopo la lettera e), è inserita la seguente:

"e-bis) i testimoni hanno accesso ad un programma di assunzione in una pubblica amministrazione, con qualifica e funzioni corrispondenti al titolo di studio ed alle professionalità possedute;";

b) dopo il comma 2, è inserito il seguente:

"1-bis. Alle eventuali assunzioni di cui al comma 1, lettera e-bis), si provvede per chiamata diretta nominativa, nell'ambito dei rapporti di lavoro di cui all'articolo 2, commi 2 e 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, e degli stanziamenti all'uopo disponibili, anche in deroga a disposizioni di legge concernenti le assunzioni nella pubblica amministrazione, fatte salve quelle che richiedono il possesso di specifici requisiti, sulla base delle intese conseguite fra il Ministero dell'interno e l'Amministrazione interessata. Con apposito decreto da emanarsi a norma del comma 1 dell'articolo 17-bis, sono stabilite le occorrenti modalità di attuazione, anche al fine di garantire la sicurezza delle persone interessate".

2. Agli oneri derivanti dall'attuazione del presente articolo, si provvede, nel limite massimo di euro 6.928.608 a decorrere dall'anno 2008, mediante corrispondente riduzione in maniera lineare, degli stanziamenti di parte corrente relativi alle autorizzazioni di spesa come determinate dalla tabella C della legge 24 dicembre 2007, n. 244, per l'anno 2008. Il Ministro dell'economia è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.».

________________

(*) Firma aggiunta in corso di seduta

33.0.102 (testo 2)

LUMIA, CAROFIGLIO, DE SENA, CASSON, BIANCO, INCOSTANTE, LATORRE, MARITATI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, GALPERTI, ADAMO, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI, GARRAFFA, D'ALIA, LI GOTTI, FINOCCHIARO, ZANDA

Dopo l'articolo 33, inserire il seguente:

«Art. 33-bis.

(Assunzione dei testimoni di giustizia nella pubblica amministrazione)

1. All'articolo 16-ter del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito con modificazioni nella legge 15 marzo 1991, n. 82, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, dopo la lettera e), è inserita la seguente:

"e-bis) i testimoni hanno accesso ad un programma di assunzione in una pubblica amministrazione, con qualifica e funzioni corrispondenti al titolo di studio ed alle professionalità possedute;";

b) dopo il comma 2, è inserito il seguente:

"1-bis. Alle eventuali assunzioni di cui al comma 1, lettera e-bis), si provvede per chiamata diretta nominativa, nell'ambito dei rapporti di lavoro di cui all'articolo 2, commi 2 e 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, e degli stanziamenti all'uopo disponibili, anche in deroga a disposizioni di legge concernenti le assunzioni nella pubblica amministrazione, fatte salve quelle che richiedono il possesso di specifici requisiti, sulla base delle intese conseguite fra il Ministero dell'interno e l'Amministrazione interessata. Con apposito decreto da emanarsi a norma del comma 1 dell'articolo 17-bis, sono stabilite le occorrenti modalità di attuazione, anche al fine di garantire la sicurezza delle persone interessate".

2. Agli oneri derivanti dall'attuazione del presente articolo, si provvede, nel limite massimo di euro 6.928.608 a decorrere dall'anno 2009, mediante corrispondente riduzione in maniera lineare, degli stanziamenti di parte corrente relativi alle autorizzazioni di spesa come determinate dalla tabella C della legge 22 dicembre 2008, n. 203, per l'anno 2009. Il Ministro dell'economia è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.».

33.0.600/1

CASSON, MARITATI, LATORRE, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, GALPERTI

All'emendamento 33.0.600, al comma 1, dopo le parole: «di terrorismo» inserire le seguenti: «anche internazionale».

33.0.600/2

CASSON, MARITATI, LATORRE, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, GALPERTI

All'emendamento 33.0.600, al comma 1, dopo la parola: «concreti» inserire le seguenti: «e specifici».

33.0.600/3

CASSON, MARITATI, LATORRE, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, GALPERTI

All'emendamento 33.0.600, al comma 1, dopo la parola: «favorisca» inserire le seguenti: «, in ragione di collegamenti con l'imputato o con la persona sottoposta alle indagini, ovvero con l'associazione terroristica o eversiva cui questi appartengano».

33.0.600/4

CASSON, MARITATI, LATORRE, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, GALPERTI

All'emendamento 33.0.600, al comma 1, sostituire le parole: «la commissione dei medesimi reati» con le seguenti: «l'attività delle associazioni per cui si procede».

33.0.600/5

CASSON, MARITATI, LATORRE, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, GALPERTI

All'emendamento 33.0.600, al comma 1, sostituire le parole da: «il Ministro dell'interno» sino alla fine del comma, con le seguenti: «può essere disposta cautelativamente, ai sensi dell'articolo 3 della legge 25 gennaio 1982, n. 17, la sospensione di ogni attività associativa. La richiesta è presentata al giudice competente per il giudizio in ordine ai predetti reati. Avverso il provvedimento è ammesso ricorso ai sensi del quinto comma del medesimo articolo 3 della legge n. 17 del 1982.».

33.0.600/6

CASSON, MARITATI, LATORRE, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, GALPERTI

All'emendamento 33.0.600, al comma 3, alla parola: «reati» premettere le seguenti: «taluno dei».

33.0.600/7

CASSON, MARITATI, LATORRE, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, GALPERTI

All'emendamento 33.0.600, al comma 3, dopo le parole: «Ministro dell'interno» inserire le seguenti: «, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, ».

33.0.600/8

CASSON, MARITATI, LATORRE, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, GALPERTI

All'emendamento 33.0.600, al comma 3, dopo le parole: «in sentenza.» aggiungere, in fine, le seguenti: «Il provvedimento è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.».

33.0.600

IL GOVERNO

Dopo l'articolo 33,inserire il seguente:

«Art. 33-bis.

(Sospensione cautelativa e scioglimento)

1. Quando si procede per un delitto consumato o tentato con finalità di terrorismo ovvero per un reato aggravato ai sensi dell'articolo 1 del decreto-legge 15 dicembre 1979, n. 625, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 febbraio 1980, n. 15 e successive modificazioni, e sussistono concreti elementi che consentano di ritenere che l'attività di organizzazioni, di associazioni, movimenti o gruppi favorisca la commissione dei medesimi reati, il Ministro dell'interno, in seguito a comunicazione dell'autorità giudiziaria, può disporre con proprio decreto, cautelativamente, la sospensione di ogni attività associativa secondo le procedure e le modalità di cui all'articolo 7, comma 1, del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, in quanto applicabili.

2. Il provvedimento di cui al comma 1 è revocato in ogni momento quando vengano meno i presupposti indicati nel medesimo comma.

3. Quando con sentenza irrevocabile sia accertato che l'attività di organizzazioni, di associazioni, movimenti o gruppi abbia favorito la commissione di reati di cui al comma 1, il Ministro dell'interno ordina con decreto lo scioglimento dell'organizzazione, associazione, movimento o gruppo e dispone la confisca dei beni, ove non sia già disposta in sentenza».

33.0.103

LI GOTTI, BELISARIO, PARDI, GIAMBRONE, CARLINO, ASTORE, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA, RUSSO

Dopo l'articolo 33, aggiungere il seguente:

Art. 33-bis.

(Attribuzione al procuratore antimafia di funzioni in materia di terrorismo)

1. A far data dal 1 marzo 2009, al procuratore nazionale antimafia e ai procuratori distrettuali sono attribuite le funzioni in relazione ai procedimenti per i delitti consumati o tentati con fmalità di terrorismo e di prevenzione del crimine orgamzzato.

2. All'articolo 371-bis del codice di procedura penale, nel primo comma, sostituire le parole «nell'articolo 51 comma 3-bis» con le seguenti: «negli articoli 51 commi 3-bis e 3-quater».

3. Dal 1º marzo 2009, la Direzione Nazionale Antimafia assume la denominazione di Direzione Nazionale Criminalità Organizzata.

33.0.305 (già 33.300)

SALTAMARTINI

Dopo l'articolo 33, aggiungere il seguente:

«Art. 33-bis.

(Misure di coordinamento delle amministrazioni interessate alla gestione, destinazione e utilizzo dei beni confiscati alla criminalità)

1. La Presidenza del Consiglio dei ministri garantisce il coordinamento delle amministrazioni interessate alla gestione, destinazione e utilizzo dei beni confiscati alla criminalità, con funzioni di impulso, ispettive e sostitutive nonché di raccordo con le autorità giudiziarie e con le Autonomie Regionali e territoriali. Il Presidente del Consiglio dei ministri con apposito decreto, da emanarsi entro 90 giorni dall'entrata in vigore della presente legge, definisce le modalità di organizzazione della struttura.

2. Il Presidente del Consiglio dei ministri riferisce annualmente al Parlamento sullo stato di attuazione della disciplina di destinazione e utilizzo dei beni confiscati alla criminalità.

3. Gli oneri di funzionamento della struttura non devono comportare aumento di spesa e sono posti a carico della Presidenza del Consiglio dei ministri, nell'ambito degli ordinari stanziamenti di bilancio.».

33.0.306 (già 33.106)

CASSON, LUMIA, DE SENA, BIANCO, INCOSTANTE, LATORRE, CAROFIGLIO, MARITATI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, GALPERTI, ADAMO, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI

Dopo l'articolo 33, aggiungere il seguente:

«Art. 33-bis.

(Misure di coordinamento delle amministrazioni interessate alla gestione, destinazione e utilizzo dei beni confiscati alla criminalità)

1. La Presidenza del Consiglio dei ministri assicura il coordinamento delle amministrazioni interessate alla gestione, destinazione e utilizzo dei beni confiscati alla criminalità, con compiti di impulso, ispettivi e sostitutivi nonché di raccordo con le autorità giudiziarie e con le Autonomie Regionali e territoriali. La definizione funzionale, organizzativa, organica e strumentale della struttura è stabilita con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanarsi entro 90 giorni dall'entrata in vigore della presente legge.

2. Il Presidente del Consiglio dei ministri riferisce annualmente al Parlamento sullo stato di attuazione della disciplina di destinazione e utilizzo dei beni confiscati alla criminalità.

3. Gli oneri di funzionamento della struttura non devono comportare aumento di spesa e sono posti a carico della Presidenza del Consiglio dei ministri, nell'ambito degli ordinari stanziamenti di bilancio.».

ORDINI DEL GIORNO

G33.101

LUMIA (*)

Non posto in votazione (**)

Il Senato,

premesso che:

il corpus normativo in materia di misure di prevenzione costituisce oggi il frutto di una cinquantennale stratificazione normativa essendo le due leggi fondamentali sulle misure di prevenzione personali - legge n. 1423 del 1956 - e patrimoniali - legge n. 575 del 1965 - assai risalenti nel tempo;

considerato che le leggi suddette hanno subito nel tempo numerosi interventi modificativi anche ad opera di leggi speciali emanate in situazioni di emergenza che, ai fini di rendere più efficace la lotta contro il fenomeno mafioso, hanno introdotto rilevanti correttivi soprattutto in tema di ambito e procedimento di applicazione delle misure di prevenzione, di gestione dei beni confiscati e in materia di poteri e attribuzioni dei diversi organi e autorità coinvolti nel procedimento;

considerato che anche il presente disegno di legge contiene ulteriori integrazioni e modifiche alla normativa di cui sopra, che si aggiungono e completano quelle già recate dal recente decreto-legge n. 92 del 2008, convertito dalla legge n. 125 del 2008, e che si rende pertanto opportuno un intervento volto a sistemare in modo organico l'intera materia;

tenuto conto del lavoro unanime svolto e concluso, in tal senso, dalla Commissione parlamentare antimafia,

impegna il Governoa porre in essere una iniziativa volta a riordinare la disciplina vigente in tema di misure di prevenzione personali e patrimoniali attraverso la redazione di un testo unico che riorganizzi l'intera materia.

________________

(*) L'ordine del giorno è sottoscritto da tutti i firmatari degli emendamenti 33.101 (testo 2), 33.103 (testo 2 corretto), 33.0.101 (testo 2) e 33.102.

(**) Accolto dal Governo

G33.0.100 (già em. 33.0.100)

I RELATORI

Non posto in votazione (*)

Il Senato,

considerato che:

la riforma del procedimento di destinazione dei beni confiscati si rende necessaria a causa delle perduranti difficoltà applicative della disciplina concernente la gestione, la destinazione e l'utilizzo dei beni confiscati alle organizzazioni criminali;

è necessario razionalizzare la materia e soprattutto migliorare le procedure di destinazione dei beni, definitivamente acquisiti al patrimonio dello Stato, in modo da consentire, nell'ambito di una complessiva valutazione del contesto socioeconomico ove sono situati i beni da destinare, una più ponderata considerazione dei diversi interessi anche delle Regioni e degli enti territoriali ai fini di un effettivo utilizzo pubblico, sociale e produttivo dei beni stessi,

impegna il Governo:

a promuovere le opportune iniziative affinché nella destinazione dei beni confiscati alle organizzazioni criminali si tengano in debita considerazione le esigenze degli Enti territoriali e locali;

ad attivare il graduale trasferimento al patrimonio del Comune, della Provincia e della Regione, dei singoli beni immobili rispettivamente utilizzati da tali enti per fini istituzionali o sociali, oggetto di confisca disposta ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni.

________________

(*) Accolto dal Governo

 

 


 

 

 

 

Senato della Repubblica

XVI LEGISLATURA

 

Assemblea

 

 

 

RESOCONTO SOMMARIO

RESOCONTO STENOGRAFICO

ALLEGATI

 

 

ASSEMBLEA

 

141a seduta pubblica (antimeridiana):

 

 

mercoledì4 febbraio 2009

 

 

Presidenza del vice presidente CHITI,

indi della vice presidente MAURO

e del presidente SCHIFANI

 

 


Seguito della discussione del disegno di legge:

(733) Disposizioni in materia di sicurezza pubblica (ore 10)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge n. 733. (Brusìo). Prego i colleghi di seguire in modo ordinato e attento i lavori.

Riprendiamo l'esame degli articoli, nel testo proposto dalle Commissioni riunite.

Ricordo che nella seduta del 15 gennaio ha avuto inizio la votazione degli emendamenti volti ad introdurre articoli aggiuntivi dopo l'articolo 33.

Restano peraltro accantonati gli emendamenti agli articoli 7, 30, 32, nonché gli aggiuntivi agli articoli 8 e 12 riportati nel fascicolo 4. (Brusìo).

Colleghi, o si prende posto e si cessa questo brusìo e questa disattenzione quando si deve riferire sui pareri delle Commissioni oppure, se vogliamo procedere su un tema così importante a successivi rinvii e a successive sospensioni della seduta, basta mettersi d'accordo. Senatore Ghigo, per favore.

Invito il senatore Segretario a dare lettura degli ulteriori pareri espressi dalla 5a Commissione permanente sugli emendamenti rinviati in Commissione dall'Assemblea, ai sensi dell'articolo 100, comma 11, del Regolamento, nella seduta del 15 gennaio, sugli articoli 30 e 55, e sugli ulteriori emendamenti riferiti al disegno di legge in titolo.

BAIO, segretario. «La Commissione programmazione economica, bilancio, esaminati gli articoli 30 e 55 rinviati dall'Assemblea in Commissione, ribadisce il parere espresso in data 14 gennaio 2009. Ritiene pertanto necessaria, ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, l'approvazione dell'emendamento 30.500 (testo 2), dal quale deve essere espunto il comma 4-ter - su cui si ribadisce la contrarietà, ai sensi della medesima norma costituzionale - e dell'emendamento 55.500 (testo 3), interamente sostitutivo dell'articolo di copertura».

«La Commissione programmazione economica, bilancio, esaminati gli ulteriori emendamenti relativi al disegno di legge in titolo, esprime, per quanto di proprio competenza, parere contrario, ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, sulle proposte 35.0.800/2, 35.0.800/6, 35.0.800/7 e 35.0.800/8. In ordine alla proposta 35.0.800 il parere è non ostativo, a condizione, ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, che siano inserite, in fine, la parole: "Agli oneri derivanti dall'attuazione del presente articolo si provvede con gli ordinari stanziamenti di bilancio". Esprime parere non ostativo sulle restanti proposte emendative».

LI GOTTI (IdV). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

LI GOTTI (IdV). Signor Presidente, in una scorsa seduta avevo sollevato dei problemi di copertura in relazione al fatto che l'articolo 19, così come votato dall'Assemblea, che aveva sostituito l'originario articolo 9 del disegno di legge, introduce un duplice profilo di reato: il reato di ingresso illegale e il reato di soggiorno illegale nel territorio dello Stato.

Segnalai che la copertura finanziaria per la modifica delle ipotesi di reità, che aveva aumentato la platea dei destinatari dei processi penali, non poteva più essere quella riguardante l'originario articolo 9 - che introduceva esclusivamente il reato di ingresso illegale - e doveva essere adeguata all'ulteriore fattispecie del reato di soggiorno illegale.

PRESIDENTE. Senatore Li Gotti, faccio solo una considerazione. Non voglio assolutamente togliere la parola a nessuno su questo argomento, ma le chiederei, per dare ordine alla discussione, di fare il suo intervento sull'articolo 55, che prevede la copertura finanziaria ed è quello specifico che riguarda i problemi che sta sollevando, in modo che in quel momento possa aprirsi questo confronto e questa discussione, che non interessa solo lei.

 

LI GOTTI (IdV). Signor Presidente, raccolgo il suo suggerimento. Mi ero permesso, così come la volta scorsa, di anticipare l'intervento proprio per consentire, nelle more, il lavoro della 5a Commissione permanente.

 

PRESIDENTE. Questo obiettivo lo ha raggiunto. Il senatore Li Gotti ha posto una questione - lo dico per tutti i senatori, per il Governo e per la 5a Commissione - che riguarda la copertura finanziaria che, a suo giudizio, nell'ampliarsi degli interventi previsti dalla legge, non è più sufficiente; da qui a quando arriveremo all'articolo 55 c'è il tempo e la necessità di compiere questo approfondimento, fermo restando che il suo intervento specifico potrà farlo su questo aspetto.

 

LI GOTTI (IdV). Quindi devo sviluppare le osservazioni o no?

 

PRESIDENTE. Direi di no, senatore. Lei ha posto la questione, quindi ha ottenuto l'intento costruttivo che muoveva il suo intervento, dopodiché l'affronteremo quando arriveremo all'esame dell'articolo 55. La Commissione e il Governo, se lo riterranno opportuno, avranno tempo per fare delle valutazioni in merito.

LEGNINI (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

LEGNINI (PD). Signor Presidente, lei, correttamente, per ragioni legate all'economia del nostro lavoro, ha rinviato l'esame di questo tema all'articolo 55. Tuttavia, siamo in presenza di un rilievo, quello del senatore Li Gotti, già formulato diffusamente in una precedente seduta e che ha già avuto un suo iter. Il Presidente del Senato, infatti, allorquando il senatore Li Gotti sollevò un serio problema di copertura relativamente all'articolo 19, ebbe ad accantonare tale articolo, rinviando la questione in Commissione bilancio e sollecitando un riesame dei profili di copertura.

La Commissione bilancio in data di ieri ha esaminato nuovamente tale questione e a maggioranza ha ritenuto di dover confermare il parere favorevole. I Gruppi di opposizione in quella sede hanno formulato pesanti rilievi su questo punto; io adesso non voglio affrontare il merito, però il tema che si pone è se la Commissione bilancio, ma soprattutto il Governo, vogliano nuovamente esaminare o meno la questione che - le assicuro - è di estremo e fondato rilievo.

Parliamo infatti di profili di copertura, legati all'introduzione di questa nuova fattispecie di reato, che si basano su un dato fornito dalla Ragioneria generale dello Stato palesemente falso. Non esito a fare quest'affermazione perché ciò è riscontrabilissimo: la Ragioneria generale dello Stato ha scritto alla Commissione bilancio che in Italia ci sarebbero immigrati che soggiornano illegalmente in numero pari a 3.660, e sottolineo tale cifra. Poiché il dato è chiaramente sottostimato, si pone un problema serio e quindi, nell'accogliere la sua decisione, signor Presidente, le proporrei però di integrarla, nel senso di invitare il Governo a fornire all'Assemblea e alla Commissione un chiarimento preciso su questo punto, altrimenti si rischia di dover bloccare i lavori nel momento in cui si arriverà all'esame dell'ultimo articolo del provvedimento al nostro esame.

PRESIDENTE. Senatore Legnini, il punto del mio intervento, rispondendo al senatore Li Gotti, era proprio questo. Il presidente Schifani aveva già rinviato tale aspetto alla Commissione e proprio questa mattina è stato letto il parere della Commissione, a cui lei faceva riferimento, che ribadisce la giustezza della copertura. Tale aspetto riguarda l'articolo 55 e il confronto che a quel punto si avrà. Dopodiché, ho detto che il senatore Li Gotti - l'ho ringraziato dell'intento costruttivo e adesso lo dico a lei - ha posto delle questioni di non convinzione nel merito della risposta che ieri la 5a Commissione ha fornito.

Ho quindi detto - la Presidenza del Senato non può fare altro - che soprattutto il Governo ha il tempo, da qui a quando si arriverà alla trattazione dell'articolo 55, di valutare i rilievi avanzati e, se li riterrà fondati, di intervenire per richiedere un lavoro di ulteriore approfondimento da parte della 5a Commissione in modo che, allorquando si arriverà all'ultimo articolo del provvedimento, il problema sia superato.

Oltre a questa sottolineatura la Presidenza non può fare, in aggiunta a quello che già è stato fatto.

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, preso atto del dibattito che c'è stato fino ad ora, vorrei far presente, ai fini di una eventuale riflessione da parte della Commissione bilancio, quanto segue: l'emendamento accantonato 8.0.301, a firma del senatore Saltamartini, riguarda le indennità da attribuire ai NOCS della Polizia di Stato; indennità per le quali, a seguito dei contatti intercorsi tra i vari Ministeri, soprattutto con quello dell'economia, è stata prevista una nuova copertura finanziaria e, di conseguenza, l'emendamento deve essere riformulato.

Pertanto per non ostacolare i lavori nel momento in cui si riprenderà con l'esame degli emendamenti accantonati, vorrei depositare la proposta di riformulazione per dare il tempo alla Commissione bilancio, quando lo riterrà opportuno, di poterla esaminare.

 

PRESIDENTE. Prendiamo atto dell'intervento del sottosegretario Mantovano e di questo approfondimento che il Governo mette a disposizione della Commissione bilancio.

Riprendiamo l'esame degli emendamenti aggiuntivi all'articolo 33.

Alla luce del dibattito svoltosi nella seduta del 15 gennaio, invito il relatore ed il rappresentante del Governo ad esprimere nuovamente il parere sugli emendamenti aggiuntivi all'articolo 33. (Brusìo).

Onorevoli senatori, chiedo davvero a sinistra, a destra, al centro, a tutta l'Aula di fare silenzio perché si sta discutendo di un provvedimento importante, che riguarda il Paese. Il relatore ed il rappresentante del Governo devono esprimere il parere sugli emendamenti e mi sembra che andrebbero ascoltati. Non vorrei arrivare a dover sospendere la seduta per cinque minuti per via del rumore che impedisce l'ascolto.

 

VIZZINI, relatore. Signor Presidente, per quanto riguarda l'emendamento 33.0.102 (testo 2) c'era la remissione al parere del Governo ed era stato formulato il suggerimento di trasformarlo in un ordine del giorno.

Sugli emendamenti 33.0.600/1, 33.0.600/2, 33.0.600/3, 33.0.600/4, 33.0.600/6, 33.0.600/7, 33.0.600/8 e 33.0.103 il parere è contrario.

È favorevole invece sugli emendamenti 33.0.600/5 e 33.0.600.

Sugli emendamenti 33.0.305 e 33.0.306 la 5a Commissione ha espresso parere contrario, al quale mi uniformo.

 

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, sull'emendamento 33.0.102 (testo 2) il parere è contrario, ma rivolgo un invito al ritiro e alla presentazione di un ordine del giorno che confermi gli impegni assunti dal Governo nella precedente seduta sul punto specifico.

Esprimo invece parere favorevole sugli emendamenti 33.0.600/1 e 33.0.600/2 e contrario sugli emendamenti 33.0.600/3 e 33.0.600/4.

Per quanto riguarda l'emendamento 33.0.600/5, il parere è favorevole, ma chiedo ai presentatori, in particolare al senatore Casson, primo firmatario, di inserire, dopo la frase: «La richiesta è presentata al giudice competente per il giudizio in ordine ai predetti reati», la seguente: «, il quale decide entro dieci giorni». Infine, per uniformare la norma alle previsioni della legge Mancino a cui ci si richiama, chiedo di inserire alla fine dell'emendamento la frase: «Il ricorso non sospende l'esecuzione del provvedimento impugnato».

Esprimo parere favorevole sull'emendamento 33.0.600/6; contrario sugli emendamenti 33.0.600/7, 33.0.600/8 e 33.0.103, nonché, ovviamente, favorevole al 33.0.600.

Infine, in presenza del parere contrario della 5a Commissione, invito a ritirare gli emendamenti 33.0.305 e 33.0.306.

VIZZINI, relatore. Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

VIZZINI, relatore. Signor Presidente, poiché il Governo ha espresso parere favorevole sugli emendamenti 33.0.600/6, 33.0.600/1 e 33.0.600/2 ne prendo atto e mi uniformo.

PRESIDENTE. Riassumendo, il parere del relatore e del Governo è quindi favorevole agli emendamenti 33.0.600/1, 33.0.600/2 e 33.0.600/6.

Chiedo al primo firmatario, senatore Lumia, se intende trasformare il suo emendamento 33.0.102 (testo 2) in ordine del giorno, pena parere contrario del relatore e del rappresentante del Governo.

LUMIA (PD). Signor Presidente, nella seduta in cui abbiamo trattato il tema dei testimoni di giustizia abbiamo affrontato un argomento molto delicato ed abbiamo avanzato una proposta circa quella esigua parte dei testimoni di giustizia (che, lo ripeto, non sono i collaboratori di giustizia) che deve essere inserita nel mercato del lavoro senza avere la qualifica o l'abilità di imprenditore o la competenza ad esserlo.

Abbiamo quindi avanzato la proposta di valutare la possibilità - lo sottolineo - di utilizzare l'inserimento, ad alcune condizioni, nella pubblica amministrazione. È stato sollevato dal Governo il problema serio della sicurezza; è un tema che non deve essere trascurato e con cui naturalmente dobbiamo fare i conti.

Ecco perché abbiamo proposto, nella discussione svolta in questi giorni, di fare una ulteriore correzione al testo che prevedeva l'assunzione nella pubblica amministrazione, così come formulato da parte del Partito Democratico. Abbiamo pensato che quella legittima preoccupazione sulla sicurezza potesse essere recepita, prevedendo la possibilità - e non quindi un diritto soggettivo - di un inserimento, tenuto conto del cambio di generalità che può soddisfare le esigenze di riservatezza e di protezione del testimone, nella pubblica amministrazione, presso il Ministero dell'interno ed i suoi organi periferici, dove è possibile organizzare con un decreto apposito il tema della sicurezza e garantire quindi questo aspetto. È una preoccupazione comune e condivisa.

Ecco perché invitiamo il Governo ad accettare questa riformulazione in modo da poter così condividere un percorso tanto atteso, che ci mette nelle condizioni di risolvere casi che stanno diventando molto preoccupanti e, nello stesso tempo, di non violare quel principio di sicurezza a cui il Governo si rifà. Chiedo al Governo di valutare questa opportunità. Diversamente, il nostro Gruppo insisterà per la votazione dell'emendamento 33.0.102 (testo 2) sui testimoni di giustizia, non accettando la trasformazione in ordine del giorno.

 

PRESIDENTE. Passiamo dunque alla votazione dell'emendamento 33.0.102 (testo 2).

 

INCOSTANTE (PD). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 33.0.102 (testo 2), presentato dal senatore Lumia e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 33.0.600/1.

 

CASSON (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CASSON (PD). Signor Presidente, vorrei intervenire in dichiarazione di voto sull'emendamento 33.0.600 e sull'insieme dei subemendamenti ad esso riferiti. Vorrei segnalare all'Aula, affinché rimanga agli atti, che si tratta di una materia molto delicata concernente l'attività di organizzazioni, associazioni o movimenti con finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine democratico.

L'impostazione preannunciata e seguita dal Governo nella passata seduta concerneva il riferimento alla legge n. 205 del 1993, la cosiddetta legge Mancino, della quale veniva ripercorsa la struttura. Ricordo che la legge Mancino, in particolare all'articolo 3, prevedeva che dopo una sentenza irrevocabile di accertamento della natura terroristica o eversiva dell'associazione o del movimento potesse intervenire un provvedimento del Ministro dell'interno per stabilirne lo scioglimento.

La legge Mancino prevedeva su questa linea che nei casi particolarmente gravi, in via cautelativa, potesse essere segnalato alla magistratura dagli organi del Ministero dell'interno, e dal Ministro dell'interno in particolare, la necessità o l'opportunità di sciogliere queste organizzazioni eversive; allo scopo sarebbe dovuto intervenire il giudice competente entro dieci giorni ed entro dieci giorni sarebbe stato possibile presentare ricorso in Cassazione. L'impostazione originaria dell'emendamento 33.0.600 invertiva in questo secondo caso l'ordine degli interventi, nel senso che sarebbe stata la magistratura a segnalare al Ministro, anche in via cautelare e preventiva, tale esigenza; quindi doveva essere un provvedimento del Ministro a decidere della questione.

Questa pausa è stata sicuramente utile per una riflessione da parte di tutti noi, sia nelle Commissioni che anche con il Governo, per fare in modo che venga riprodotta tale e quale in questo testo e nei subemendamenti la struttura della legge Mancino, a favore della quale, ricordo, nel 1993 votò, quasi all'unanimità, tutto il Parlamento, cioè sia la Camera che il Senato.

Riteniamo quindi di dover ribadire tale impostazione, assolutamente rispettosa dei princìpi e degli interessi costituzionalmente protetti cui fa riferimento.

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 33.0.600/1, presentato dal senatore Casson e da altri senatori.

È approvato.

Metto ai voti l'emendamento 33.0.600/2, presentato dal senatore Casson e da altri senatori.

È approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 33.0.600/3.

 

INCOSTANTE (PD). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 33.0.600/3, presentato dal senatore Casson e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 33.0.600/4.

 

Verifica del numero legale

PEGORER (PD). Chiediamo la verifica del numero legale.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale).

 

Il Senato non è in numero legale.

 

Saluto ad una rappresentanza di studenti

dell'istituto professionale «Don Tonino Bello» di Molfetta

 

PRESIDENTE. Sono presenti in tribuna e assistono ai nostri lavori gli studenti dell'istituto professionale «Don Tonino Bello» di Molfetta, in provincia di Bari. A loro, alle studentesse, agli studenti e agli insegnanti, rivolgiamo il nostro saluto e gli auguri per le loro attività di studio. (Applausi).

Sospendo la seduta per venti minuti.

 

(La seduta, sospesa alle ore 10,25, è ripresa alle ore 10,45).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n.733 (ore 10,45)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 33.0.600/4.

 

INCOSTANTE (PD). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 33.0.600/4, presentato dal senatore Casson e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Senatore Casson, sull'emendamento 33.0.600/5 il sottosegretario Mantovano ha espresso parere positivo, chiedendo però di accettare due modifiche, o meglio due inserimenti. È d'accordo sulle variazioni proposte?

 

CASSON (PD). Sì, Presidente, sono d'accordo perché si tratta di modifiche che ripercorrono la struttura della citata legge n. 17 del 1982, quindi corrispondono esattamente alla nostra impostazione.

 

PRESIDENTE. L'emendamento 33.0.600/5 è quindi riformulato con le aggiunte richieste dal sottosegretario Mantovano, che il senatore Casson ha accettato.

Metto ai voti l'emendamento 33.0.600/5 (testo 2), presentato dal senatore Casson e da altri senatori.

È approvato.

Metto ai voti l'emendamento 33.0.600/6, presentato dal senatore Casson e da altri senatori.

È approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 33.0.600/7.

 

INCOSTANTE (PD). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 33.0.600/7, presentato dal senatore Casson e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 33.0.600/8, presentato dal senatore Casson e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 33.0.600.

 

D'AMBROSIO (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

D'AMBROSIO (PD). Signor Presidente, volevo far notare al signor Sottosegretario che la materia su cui verte l'emendamento 33.0.600 era già trattata ampiamente dal decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito poi nella legge n. 205 del 1993. In questa disciplina si stabiliva che la sospensione cautelativa di queste associazioni, anche su istanza del Ministero, venisse decisa dall'autorità giudiziaria. Inoltre si stabiliva che il provvedimento dell'autorità giudiziaria, cioè del tribunale competente per i reati per cui si procedeva, fosse sottoposto a ricorso in Cassazione. Adesso, con l'emendamento 33.0.600, la competenza sulla disposizione della sospensione cautelativa viene sottratta alla magistratura e trasferita al Ministero.

Vorrei sapere per quale ragione, ancora una volta, si toglie potere alla magistratura per darlo al Ministero, tenendo presente che comunque, quando c'è una sentenza passata in giudicato, già prima si prevedeva che fosse il Ministero a stabilire lo scioglimento definitivo dell'associazione. Trattandosi di un provvedimento cautelativo e trattandosi di indagini della magistratura, credo che sarebbe stato più corretto affidare il potere cautelativo di sospensione prima alla magistratura anziché direttamente al Ministero, anche perché esiste il diritto fondamentale di associazione, tutelato dalla Costituzione, che può essere certamente posto in discussione da un provvedimento della magistratura per ragioni naturalmente ben precise e garantite, mentre così si affida esclusivamente al Ministero tale potestà sospensiva e di scioglimento.

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Intervengo soltanto per informare il senatore D'Ambrosio che, pochi minuti fa, il Senato ha approvato un emendamento, che reca anche la sua firma, che va esattamente nella direzione dell'intervento da lui testé pronunciato.

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 33.0.600, presentato dal Governo, nel testo emendato.

È approvato.

 

Passiamo alla votazione dell'emendamento 33.0.103.

 

LI GOTTI (IdV). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

LI GOTTI (IdV). Signor Presidente, con l'emendamento 33.0.103 si intende fornire risposta ad un'esigenza massimamente avvertita. Tradizionalmente i fenomeni criminali riferibili al crimine organizzato e quelli riferibili al terrorismo sono differenti tra loro. Sempre più frequentemente, però, i gruppi terroristici ricorrono, per il proprio finanziamento, a metodi tipici della criminalità organizzata e alcune indagini hanno portato proprio in questa direzione: basti pensare all'indagine sulla 'ndrangheta e sui rapporti che essa aveva con i cartelli colombiani del narcotraffico. A livello europeo, è ormai totalmente acquisito il fatto che nell'ampia accezione di crimine organizzato si intendano sia la criminalità organizzata tipica sia il terrorismo. Vi sono diversi provvedimenti delle autorità europee che vanno in questa direzione.

Allo stesso modo, diversi organi e strumenti a livello europeo hanno dato vita ad un modello europeo che comprende in modo indistinto i fenomeni criminali di terrorismo e quelli riferibili alla criminalità organizzata. Rispetto a questa comune accezione di trattamento di fenomeni criminali congiunti, è rimasto soltanto il nostro Paese ad avere un organo centralizzato per la criminalità organizzata rappresentato dalla Direzione nazionale antimafia e dalla Procura nazionale antimafia, cosa che invece non esiste per i reati di terrorismo. Ciò crea grandi problemi.

In questo senso, la Commissione giustizia ha discusso e recepito un documento presentato dalla Procura nazionale antimafia nel quale viene segnalata la difficoltà di indagine e di rapporto con gli altri Paesi europei quando si tratta di fenomeni così strettamente connessi.

Con l'emendamento 33.0.103 proponiamo dunque che la Procura nazionale antimafia e quindi la Direzione nazionale antimafia - con il cambio di denominazione da noi proposto - diventino organo centrale di investigazione anche sui fenomeni terroristici. Questo intervento è totalmente a costo zero in quanto si tratta di sfruttare competenze, conoscenze e strutturazioni già esistenti nel nostro Paese. In tal modo, quindi, si dota l'Italia di un organo centrale, così come avviene per i fenomeni di criminalità organizzata, affidato al medesimo organo che già cura questi affari, anche se in modo estremamente complesso. Basti pensare che nel momento in cui ci si rapporta con l'Europa per i problemi di terrorismo non esiste un unico interlocutore italiano, ma esistono 26 procure distrettuali.

Di qui la necessità, invece, di un accorpamento in un unico organismo che faciliterebbe il lavoro e metterebbe l'Italia in linea con gli altri Paesi. Ecco perché sollecito sull'emendamento una valutazione favorevole da parte dell'Assemblea.

GIAMBRONE (IdV). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

GIAMBRONE (IdV). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE.Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Giambrone, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 33.0.103, presentato dal senatore Li Gotti e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Stante il parere contrario espresso dalla 5a Commissione ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, gli emendamenti 33.0.305 e 33.0.306, sostanzialmente identici, sono improcedibili.

Passiamo all'esame dell'articolo 34, su cui sono stati presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.

 

PERDUCA (PD). Signor Presidente, l'emendamento 34.100 da noi presentato è volto a sopprimere l'articolo 34. La norma proposta, infatti, vuole modificare l'impianto dell'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario e, a nostro avviso, tale modifica è palesemente incostituzionale.

Poche settimane fa, nel 2008, il Comitato europeo per la prevenzione della tortura è venuto in Italia per accertare le condizioni di detenzione dei reclusi sottoposti al regime di cui all'articolo 41-bis. La modifica che ci è stata proposta dalle Commissioni vuole allungare il regime duro sino a quattro anni, prorogabili all'infinito; riaprire carceri quali l'Asinara e Pianosa, chiuse tra l'altro per gli enormi costi di gestione; invertire l'onere della prova della pericolosità, facendola gravare sul detenuto. Essa inoltre riduce il diritto alla difesa: vengono infatti contingentati i colloqui con i difensori, dando la competenza sui reclami al solo tribunale di sorveglianza di Roma, violando con ciò palesemente il principio costituzionale del giudice naturale precostituito per legge.

Alcuni mesi fa un giudice americano della California, Sitgraves, era intervenuto per dire che in Italia vi è un rischio di tortura a causa del tanto venerato articolo 41-bis. Quello del 41-bis è un regime penitenziario pesantissimo e proprio a causa della sua estrema durezza la Corte costituzionale ha affermato che esso deve essere necessariamente temporaneo. L'isolamento prolungato cui i detenuti sono sottoposti produce infatti effetti irreversibili di desocializzazione e delocalizzazione; i vetri divisori ai colloqui, la negazione di ogni forma di socialità, la chiusura di ogni rapporto con l'esterno, sono giuridicamente e costituzionalmente tollerabili solo se limitati nel tempo. Eppure, purtroppo, tanto nel centrodestra quanto nel centrosinistra ci si indigna quando dopo 16 anni di regime un detenuto viene derubricato - questa è la terminologia carceraria utilizzata - a detenuto "Alta sicurezza" (AS): un regime poco meno duro del 41-bis. Pare quindi che il 41-bis sia l'unica arma del diritto a disposizione delle forze investigative contro la mafia.

Agli inizi degli anni Novanta, cioè a pochi anni dalla sua introduzione, un funzionario dell'amministrazione penitenziaria italiana nel rispondere agli ispettori del Comitato europeo per la prevenzione della tortura di Strasburgo affermava che il regime del 41-bis serviva a far parlare i detenuti; una pratica che assomigliava, disse, alla tortura, una tortura che però in Italia non è reato.

Siccome non ci sono i tempi contingentati e mi pare che quella che stiamo trattando sia una questione piuttosto grave, poiché nelle scorse ore sono state fatte affermazioni particolarmente lesive della dignità di alcuni politici italiani che si sono recati in carcere non già per dare solidarietà a chi ha commesso un crimine, ma per far emergere la realtà delle nostre carceri italiane, avvalendosi della prerogativa di effettuare visite ispettive che abbiamo noi parlamentari, vorrei riprendere quanto è stato scritto ormai sette anni fa nella prefazione di un libro, scritto dall'ex deputato della Rosa nel Pugno Sergio D'Elia e dall'attuale deputato radicale nella delegazione del Partito Democratico alla Camera Maurizio Turco, intitolato «Tortura democratica» e sottotitolato «Inchiesta su "la comunità del 41bis reale"».

La prefazione è stata scritta da Marco Pannella, che nella scorsa legislatura non ha potuto essere proclamato senatore, mentre sono convinto che sicuramente avrebbe recuperato molti degli argomenti che include nella prefazione a questo libro, pubblicato nel 2002.

Cito da tale prefazione: «(...) Le dure condizioni di detenzione rispondono solo ad una logica di rivalsa e a un primordiale senso di vindice giustizia. Si è risposto con Pianosa e l'Asinara alle stragi di Capaci e via D'Amelio. Il dolore dei parenti delle vittime contro le vessazioni nei confronti dei detenuti. Questo è stato messo a confronto! (...) È giunto il momento» - ed eravamo nel 2002 - «di chiedersi che cosa è avvenuto in questi ultimi dieci anni e cosa continua ad accadere. A questo punto, non si tratta di chiedersi se le norme vigenti siano state rispettate o no, se le procedure siano più o meno corrette; si tratta di chiedersi che cosa Antimafia e Mafia stiano mutualmente facendosi fra di loro e, attraverso quella che è definita una guerra, a noi tutti. È incredibile che nessuno si preoccupi che nei confronti di, ormai vecchi, "mafiosi" i magistrati continuino a usare l'arma della tortura, dell'infamia che colpisce non solo i "mafiosi" ma sta schiacciando tutto e tutti verso la demagogia e il conformismo politico e sociale. Nessuno che consideri la gravità del fatto che i magistrati, spesso per propria impostazione ma anche per investitura pubblica e politica, più che reati di mafia, stiano perseguendo la Mafia-istituzione, sicché invece di investigare reati specifici, produrre prove e fare i processi, stiano in realtà producendo (assieme alla mafia, com'era naturale prevedere) pentiti e offrendo esempi alla pubblica riprovazione.

Il conformismo dell'Antimafia, quella parlamentare e quella della cosiddetta "società civile", sta facendo strame di stato e di diritto, di legalità e di umanità, di società e di persone. Eppure, il 41 bis non si discute. Chi ne tocca i fili, le corde cui si impiccano detenuti così come la legalità, muore? Questa estate,» - nell'estate del 2002, appunto - «nei giorni della loro "protesta pacifica e civile",» - e forse alcuni di voi ricorderanno cosa avvenne quell'anno all'interno di molte carceri italiane - «i detenuti in 41 bis si sono rivolti alle più alte cariche dello Stato, in questi termini:» e qui cito un documento che fu fatto circolare allora: «"Stiamo mettendo in atto un Satyagraha che non mira certo alla abolizione del regime del "carcere duro" (compito questo, in una società democratica, di esclusiva competenza del Legislatore), bensì al rispetto delle regole, delle norme vigenti, nonché al rispetto della dignità umana che quotidianamente viene calpestata e umiliata". Loro, i fuorilegge, hanno manifestato nelle carceri per il rispetto della legalità; nel frattempo, nessun tutore della legge si è manifestato contro fuorvianti applicazioni, nessun legislatore si è levato in Parlamento per dire che il "41 bis reale" è una barbarie e che questa - non chissà quale altra - si vuole eternizzare. In Commissione giustizia al Senato» per l'appunto in quella estate «la sua stabilizzazione è stata approvata all'unanimità!».

L'iniziativa dei carcerati citata da Pannella non riguardava, in effetti, esclusivamente le condizioni delle carceri, ma qualcosa che il Parlamento non aveva voluto, potuto o saputo affrontare, e cioè il fatto che gli eletti di 11 o 12 seggi non erano mai stati proclamati. Solo dopo una lunga lotta non violenta, condotta con uno sciopero della sete di 7 giorni di Pannella e uno sciopero della fame di centinaia di detenuti che, con le parole che ho appena citato, lo sostenevano, si arrivò ad una decisione adottata dalla Camera dei deputati in cui si prese atto dell'impossibilità di ratificare l'elezione di 12 parlamentari della Repubblica.

Concludo l'illustrazione del perché riteniamo che non si debba insistere non soltanto con il 41-bis, ma sicuramente nel proporre come misura di lotta alla mafia l'indurimento di un qualcosa che negli ultimi anni non ha dato i risultati sperati, con quest'ultima citazione, sempre dalla menzionata prefazione al libro: «L'opera, l'inchiesta, la fatica e la tenacia di Maurizio Turco e di Sergio D'Elia» - che all'epoca non erano parlamentari - «costituiscono un evento, approdo e sintesi di uno dei percorsi radicali nelle caienne delle istituzioni e della società italiana.

Ora ciascuno» questo libro può essere scaricato dal sito nessunotocchicaino.it, perché non è più stato ristampato «potrà meglio intendere la continuità, l'intimità profonda e attualissima della "comunità reale del 41 bis reale" con i luoghi, che si ritenevano e ritengono scomparsi, delle "deportazioni" di veri o presunti criminali, condannati alla "morte (per intanto) civile"». (Applausi della senatrice Poretti).

 

LI GOTTI (IdV). Signor Presidente, l'emendamento 34.101 è sostitutivo dell'articolo approvato in sede di Commissioni riunite che ha inasprito il regime di cui all'articolo 41-bis. Non siamo pregiudizialmente contrari al testo licenziato dalle Commissioni. Il testo che abbiamo ritenuto di proporre con il nostro emendamento ricalca alla lettera quello elaborato dagli uffici della Procura nazionale antimafia così come ci è stato consegnato in Commissione giustizia, in cui vengono affrontati i punti critici dell'attuale sistema. Il testo che ci è stato affidato per la valutazione dalla Procura nazionale è stato certamente preso in considerazione prima dalla Commissione giustizia e poi dalle Commissioni ed è stato ulteriormente inasprito.

Mi permetto di fare due osservazioni critiche. È certo che il nostro Paese non può non dotarsi di un sistema rigido di applicazione dell'articolo 41-bis, anche se sappiamo perfettamente, per le conoscenze che nel corso degli anni si sono accumulate, che esiste una mafia dietro le sbarre che soffre per il 41-bis ed esiste una mafia fuori dal carcere che tifa per l'irrigidimento del 41-bis, perché la mafia libera vuole avere maggiore agibilità e non essere subalterna ai mafiosi in carcere. È sempre stato così, vi è sempre stata questa insofferenza della mafia libera che gradisce una maggiore durezza nei confronti dei mafiosi in carcere.

Il testo licenziato dalle Commissioni è sicuramente nella direzione di una maggiore durezza: ben venga; però il rischio che corriamo è che quando si vuole essere troppo duri si commettano poi degli errori. L'articolo 25 della Costituzione fissa un principio insuperabile qual è quello del giudice naturale. L'ordinamento penitenziario, che prevede l'articolo 41-bis, individua anche il giudice competente a decidere sui provvedimenti applicativi e sulle proroghe. Il giudice competente è individuato nel tribunale di sorveglianza che ha giurisdizione sull'istituto al quale il detenuto internato è assegnato. Questo nel rispetto dell'articolo 25 della Costituzione.

Nel testo proposto, che noi vorremo sostituire con il nostro emendamento, si dice invece che la competenza per decidere sul particolare regime e, quindi, sui reclami avverso i provvedimenti applicativi - che sono presentati nel termine di 20 giorni - è del tribunale di sorveglianza di Roma. Questo significa che con questa norma, in deroga al principio di cui all'articolo 25 della Costituzione, si attribuisce una competenza esclusiva per il regime dell'articolo 41-bis al tribunale di sorveglianza di Roma.

È vero che per altre fattispecie vi è una norma analoga. Per esempio, per i collaboratori di giustizia in materia di benefici penitenziari la competenza esclusiva è del tribunale di Roma, ma quella deroga all'articolo 25 ha una ratio derivante dalla segretezza del luogo di detenzione del collaboratore di giustizia, determinata dalla pericolosità della rilevazione del luogo di detenzione e dal fatto che i collaboratori di giustizia per legge hanno il loro domicilio in Roma. Questo prevede la normativa sui collaboratori di giustizia.

Estendere, invece, anche per l'applicazione e per il reclamo avverso il regime del 41-bis, ad un unico giudice derogando al principio costituzionale dell'articolo 25 espone la norma così proposta a profili di radicale incostituzionalità. Noi dobbiamo essere attenti: essere duri e rigorosi è una cosa, essere rispettosi del nostro ordinamento è un'altra, perché essere troppo duri significa inserire un vulnus nell'articolo 41-bis che potrebbe essere dichiarato incostituzionale per violazione dell'articolo 25 della Costituzione.

Io richiamo alla delicatezza di questo passaggio. Facciamo le norme dure, ma evitiamo che le stesse possano incorrere in una violazione di un precetto costituzionale perché, diversamente, dall'esistenza di una norma ci troveremmo con un vuoto normativo. Ecco perché abbiamo sollecitato quel nostro testo, pur apprezzando il testo licenziato dalle Commissioni, anche se non per la parte che assegna ad un unico giudice, ossia a quello di Roma, tutta la competenza per i reclami provenienti da qualsiasi parte d'Italia.

Sollecito, quindi, una riflessione del Governo e dei proponenti di quel testo perché riteniamo valide le intenzioni, ma pericolosi gli effetti della norma così come proposta. Insistiamo, quindi, per l'accoglimento del nostro emendamento sostitutivo o comunque, qualora il signor Presidente dovesse cogliere segnali in questo senso, per la possibilità di arrivare ad un testo condiviso che rimedi ai rischi di incostituzionalità. (Applausi dal Gruppo IdV).

 

D'ALIA (UDC-SVP-Aut). Signor Presidente, anche noi abbiamo proposto un'ipotesi di sostituzione del testo dell'attuale articolo 41-bis, che ovviamente è in sintonia con quanto detto in precedenza dal collega Li Gotti e che tiene conto del confronto che si è avuto in Commissione con tutti i soggetti che si occupano di prevenzione e contrasto al crimine organizzato e, in modo particolare, con la Procura nazionale antimafia.

La proposta che noi facciamo, e sulla quale insistiamo, tende sostanzialmente a correggere gli effetti negativi che sono stati monitorati in questi anni e che sono legati a quella giusta decisione che il Parlamento assunse di stabilizzare il regime carcerario del 41-bis. Quindi, il tema da affrontare oggi è come sia possibile, e in che termini sia possibile, rendere più efficace questo regime carcerario. Infatti, è efficace se e in quanto elimina ogni forma di collegamento tra il detenuto mafioso e le organizzazioni criminali sul territorio: se non produce questo effetto determina un'inutile compressione dei diritti di libertà e, quindi, espone ad un rischio di incostituzionalità superiore una norma che oggettivamente prevede un regime di sicurezza molto stretto. Pertanto, noi dobbiamo farci carico dell'esigenza di contemperare l'interesse generale a che questo regime restrittivo sia funzionale a estirpare ogni tipo di collegamento, di leadership interna alle carceri nei confronti delle organizzazioni criminali.

Allo stesso modo, dobbiamo verificare come ciò in concreto sia avvenuto in questi anni e quali possono essere i correttivi. Tra questi ne abbiamo segnalato alcuni, faccio qualche esempio perché non voglio ripetere cose già dette che condivido: anzitutto rafforzare il ruolo della Procura nazionale antimafia, perché è chiaro che non è sufficiente il compito di coordinamento e di conoscenza che la Procura ha nell'attività di contrasto alla criminalità organizzata. Si avverte la necessità di un intervento più efficace e penetrante anche nel potere di iniziativa, di proposta e di verifica del regime carcerario, così come la necessità di intervenire nella fase che riguarda l'interpretazione delle disposizioni. Vi è infatti un contrasto tra l'orientamento della Corte di cassazione su questa materia e l'orientamento che, viceversa, hanno diversi tribunali di sorveglianza, con la inevitabile ulteriore conseguenza negativa dell'applicazione di una giurisdizione diversa a seconda del tribunale di sorveglianza competente per quel determinato carcere o detenuto.

Vi è poi la necessità di intervenire anche sul sistema di controllo del detenuto e sulla valutazione del pericolo del collegamento. Il riferimento che viene fatto alla cosiddetta capacità di mantenere i contatti ha prodotto dei risultati anche sotto il profilo di alcune decisioni dei tribunali di sorveglianza, che sono in controtendenza rispetto allo spirito della norma. La necessità che si pone, viceversa, è quella di verificare costantemente se sussista in concreto il pericolo di possibili collegamenti tra il detenuto e le associazioni criminali. Queste sono alcune delle ragioni che ci portano, pur apprezzando lo sforzo che è stato fatto in Commissione per migliorare il testo, a chiedere anche noi un voto favorevole ai nostri emendamenti, che vanno nella direzione di fornire agli organi preposti alla prevenzione, al contrasto e al controllo maggiori strumenti e di rendere più effettiva, a fronte di una grande compressione dei diritti di libertà che impone il regime carcerario del 41-bis, la norma sotto il profilo della deterrenza e delle interruzioni dei rapporti tra chi sta in carcere e le organizzazioni criminali che operano sul territorio. Insistiamo pertanto per l'accoglimento dei nostri emendamenti. (Applausi dal Gruppo UDC-SVP-Aut).

 

LUMIA (PD). Signor Presidente, affrontiamo adesso con il 41-bis un punto prezioso e delicato della lotta alle mafie. Il 41-bis - i colleghi lo sanno - è stata una grande intuizione di Giovanni Falcone, una grande intuizione su cui non penso possa valere quella infausta distinzione che in altri anni abbiamo utilizzato nella lotta al terrorismo, cioè il principio dell'equidistanza, mafia - in questo caso - e antimafia, perché in un Paese democratico come il nostro non può esserci un'impostazione equidistante.

Il Partito Democratico sta con tutte le formazioni politiche democratiche nell'antimafia e il 41-bis è una grande risorsa della nostra democrazia, così come lo pensò Falcone e come poi è stato attuato. E' una grande risorsa della nostra democrazia perché le organizzazioni mafiose sono le uniche organizzazioni criminali in grado di esercitare il loro dominio, le loro attività, anche le più terribili, drammatiche e violente, anche quando i loro boss si trovano all'interno del sistema carcerario.

Lo intuì Falcone: i boss mafiosi considerano il carcere una porzione del loro territorio da controllare, su cui esercitare il loro dominio e in cui imporre una gerarchia di comando nell'ambito della quale essi devono prevalere. Inoltre, signor Presidente, i boss mafiosi sono sempre riusciti, dal carcere, a non sospendere mai la loro attività criminale, a stabilire chi bisogna uccidere, a partecipare alle scelte sulle stragi da compiere, a stabilire quale operatore economico estorcere, quale appalto o subappalto truccare e - perché no - quale politico votare.

Questo perché la mafia è l'unica organizzazione che non sospende mai la propria gerarchia, la propria linea di comando - se così possiamo definirla - anche quando i boss stanno in carcere. Tanto è vero che le organizzazioni mafiose non mettono in sospensione il capo, il boss, quando viene catturato. Egli rimane in testa a quell'organizzazione (alla famiglia se è Cosa nostra, alla 'ndrina o alla famiglia camorrista) e viene sostituito temporaneamente da reggenti. In sostanza, dal carcere essi continuano a esercitare la loro funzione di comando e quando poi escono immediatamente riprendono, anche formalmente, la funzione di vertice dell'organizzazione mafiosa.

Falcone intuì queste due dimensioni: le organizzazioni mafiose considerano il carcere una porzione del loro territorio su cui imporre il loro dominio e, dal carcere, continuano ad esercitare la loro violenta e drammatica funzione di comando verso l'esterno. Ecco perché l'intuizione del 41-bis è una grande risorsa: perché non lede nessun diritto umano, non torce un capello ai detenuti ed impedisce solo la comunicazione e la possibilità di esercitare dal carcere, la funzione di boss.

In Commissione è stata raggiunta una buona intesa ed il Partito Democratico si ritrova in quell'intesa. Le nostre proposte vanno nella direzione di dare più rigore al 41-bis, in coerenza con l'intuizione che ebbe Falcone, con le pronunce della Corte costituzionale, che mai sono state contro il 41-bis, e con la necessità, che ci viene dall'esperienza di questi anni, di impedire che questo articolo così normato venga aggirato. Infatti, onorevoli colleghi, dobbiamo intervenire proprio per questo: il 41-bis così come è organizzato viene violato costantemente. Pensate, onorevoli colleghi, che questi uomini anche quando si trovano di fronte ai propri figli, anziché utilizzare i minuti di colloquio per conoscere le loro condizioni di vita o, ad esempio, come vanno a scuola, li usano per trasmettere un comando verso l'esterno.

Ecco perché, colleghi, vi è bisogno di intervenire e di rendere più rigoroso il 41-bis. Le proposte che abbiano avanzato vanno in questa direzione e la sintesi che è stata trovata in Commissione va in tale direzione.

Abbiamo proposto un periodo di tempo più lungo proprio perché l'appartenenza è totale e l'organizzazione non sospende mai la propria attività.

Abbiamo proposto anche di utilizzare delle particolari carceri che non sono speciali. Pensate un po', colleghi: nelle isole minori ci sono delle carceri per detenuti comuni. Perché non debbono esserci per quelli sottoposti al 41-bis, per i boss mafiosi? È una contraddizione stridente, quasi a significare che bisogna essere più accondiscendenti, più remissivi nei confronti dei detenuti sottoposti al regime del 41-bis, più rigorosi e più rigidi nei confronti dei detenuti comuni.

Ecco perché nella proposta si avanza l'ipotesi di riaprire Pianosa e l'Asinara dove i costi sono inferiori e dove la funzione rieducativa prevista dalla nostra Costituzione può diventare realtà, dove naturalmente è più semplice per lo Stato impedire la comunicazione devastante verso l'esterno.

Vi è un punto, cari colleghi, accanto all'insieme di norme che rendono più rigorosa la norma, alla luce delle violazioni costanti e continue che le organizzazioni mafiose esercitano all'interno delle carceri, ed è quello relativo al giudice del reclamo, argomento ripreso dal senatore Li Gotti. Nella nostra proposta, che per il 90 per cento è stata fatta propria dalla Commissione, prevedevamo un'altra soluzione, quella del giudice della misura di prevenzione personale nel distretto in cui è stato giudicato il boss mafioso, perché coerente con l'impostazione che abbiamo dato della misura di prevenzione, coerente con l'inversione dell'onere della prova, con la conoscenza che quel giudice ha del boss mafioso, della sua caratura e della sua permanente attività di collegamento verso il territorio.

Il Governo ha fatto un'altra scelta: ha pensato di indicare il giudice di sorveglianza del tribunale di Roma. Abbiamo segnalato più volte al Governo che questa scelta potrebbe incorrere in alcuni problemi - è vero - anche di rilievo costituzionale, anche di tipo funzionale, anche di efficacia di gestione del 41-bis. Abbiamo invitato il Governo in questi giorni a rivedere questo aspetto; il Governo lo ha mantenuto. Comunque, è un'ipotesi che non va demonizzata, con cui ci dobbiamo confrontare. Naturalmente, nell'insieme della sintesi trovata in Commissione, prevalgono - lo ripeto - per il 90 per cento gli aspetti positivi, che sono il frutto della nostra proposta e di quelle che i relatori hanno avanzato in Commissione e che ci mettono in condizione di avere finalmente, intorno al 41-bis, una soluzione efficace e seria, duratura, in grado di superare quel limite che abbiamo riscontrato in questi anni nell'attuazione del 41-bis.

Colleghi, è un momento questo molto importante. Bisogna avere il coraggio di colpire al cuore le organizzazioni mafiose, di non limitarsi a contenere la loro portata criminale, ma di provare a dotarci nella nostra democrazia, con le regole e le garanzie previste nella Costituzione e nelle norme della nostra democrazia, ad eliminare le organizzazioni mafiose e cancellarle come tali. Ed il sistema del 41-bis, anche se non l'unico, è uno strumento importante, visto che, come non è mai accaduto nella storia del nostro Paese, oggi abbiamo, grazie a Dio, un numero elevato di boss con sentenze passate in giudicato.

Semmai, cari colleghi, ci dovremmo interrogare sulla durata delle pene, che oggi sono estremamente al di sotto della portata della minaccia delle organizzazioni mafiose. Avanzeremo a tal proposito delle proposte in modo tale da evitare quello che tutte le indagini di mafia ci dicono, cioè che dopo pochi anni - cinque, sei anni di detenzione - appena escono, a conferma dell'utilità del 41-bis nel periodo carcerario, ritornano, anche formalmente, ai vertici dell'organizzazione mafiosa.

Ecco perché su questo punto ci siamo: dobbiamo apprezzare la scelta che in Commissione è stata compiuta, la convergenza che è stata realizzata. Ne siamo fieri, perché siamo in sintonia, tranne per quanto riguarda la misura concernente il giudice del tribunale di sorveglianza, ed in coerenza con le nostre proposte. Ne avanzeremo altre, sia nel corso dell'esame di questo testo che successivamente, affinché nel nostro Paese non ci sia equidistanza, ma si compia una scelta chiara e netta, forte e qualificata dello Stato contro le mafie, per eliminare le mafie, per cancellarle ed evitare che possano continuare a costituire una minaccia per la società, la democrazia e molti territori del nostro Paese. (Applausi dal Gruppo PD).

 

Saluto ad una rappresentanza di studenti dell'istituto tecnico commerciale
«San Giuseppe» di Grottaferrata

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, sono presenti ad assistere ai lavori del Senato ragazze e ragazzi che frequentano l'istituto tecnico commerciale «San Giuseppe» di Grottaferrata. Rivolgiamo il nostro saluto, insieme agli auguri, ad essi ed ai loro insegnanti, per la loro attività. (Applausi).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n.733 (ore 11,33)

PORETTI (PD). Signor Presidente, illustro l'emendamento 34.0.100, sottoscritto da moltissimi senatori di cui poi leggerò i nomi, perché penso sia utile lasciarne traccia, non soltanto nel Resoconto stenografico ma anche nella registrazione audio (non so se in questo momento siamo in onda su «Radio Radicale» o se ci andremo in un secondo momento).

Questo emendamento intende introdurre un articolo aggiuntivo che prevede un nuovo reato nel nostro codice penale. Può sembrare singolare il fatto che dei radicali propongano un nuovo reato, ma credo sarebbe utile disporre di un codice penale minimo, ma chiaro, con pochi e chiari reati, che dovrebbero essere utili all'esercizio del diritto ed anche, quindi, alla magistratura. La norma introduce appunto il crimine di tortura. Si tratta di una norma che dovrebbe creare maggiore sicurezza per le persone arrestate o comunque detenute.

Intendo ora leggere una citazione di Antonio Cassese, contenuta nelle sue memorie di presidente del Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o dei trattamenti inumani o degradanti. È una dichiarazione che dovrebbe spiegare cosa si intenda anzitutto per tortura e perché c'è la necessità di introdurre questo reato in Italia: «È stato facile stabilire un primo punto fermo, cosa debba intendersi per tortura. Su questo punto ci soccorrevano la storia, gli scritti dei grandi illuministi (Verri, Beccaria, Voltaire, Manzoni), le letture recenti (ad esempio, "La Question" di Henri Alleg, sulla guerra di Algeria o "La Confessione" di Artur London, in cui il dirigente politico cecoslovacco descrive gli orribili metodi con cui i servizi di sicurezza del suo Paese torturavano i dissidenti politici negli anni Cinquanta); ci sono state di grande aiuto anche le sentenze della Corte europea sui diritti dell'uomo (ad esempio quelle sulle cosiddetti tecniche di aiuto all'interrogatorio, usate dagli inglesi nell'Irlanda del Nord) o il rapporto della Commissione europea sui diritti dell'uomo nella Grecia dei colonnelli. Senza nemmeno discuterne tra noi, ci è sembrato evidente che la tortura fosse qualunque violenza o coercizione, fisica o psichica, esercitata su una persona per estorcerle una confessione o informazioni, o per umiliarla, punirla o intimidirla. Nella tortura la disumanità è deliberata: una persona compie volontariamente contro un'altra atti che non solo feriscono questa ultima nel corpo o nell'anima, ma ne offendono la dignità umana. Nella tortura c'è insomma l'intenzione di umiliare, offendere e degradare l'altro, di ridurlo a cosa...». Così si esprimeva Antonio Cassese.

Ebbene, l'articolo 1 della Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura, del 1984, ha definito chiaramente cosa si debba intendere per tortura, ovvero: ogni atto mediante il quale sono intenzionalmente inflitti ad una persona dolore o sofferenze gravi, fisiche o mentali, allo scopo di ottenere da essa informazioni o confessioni, di punirla per un atto che ha commesso o è sospettata aver commesso, di intimidirla o sottoporla a coercizione, per qualunque ragione basata su una discriminazione di qualsiasi tipo, a condizione che il dolore o la sofferenza siano inflitti da un pubblico ufficiale o da altra persona che svolga una funzione ufficiale, o su sua istigazione, oppure con il suo consenso o con la sua acquiescenza.

Presidenza della vice presidente MAURO(ore 11,37)

 

(Segue PORETTI) La tortura viene ancora praticata nel mondo e sono migliaia gli uomini che continuano ad esercitarla. Secondo stime di Amnesty International negli ultimi tre anni, in oltre 150 Paesi le Forze di polizia locali hanno commesso torture e maltrattamenti e, in più di 80 casi, tali pratiche hanno provocato decessi. In 50 Paesi nel mondo vengono torturati minori e non deve sorprendere che la tortura avvenga anche laddove vige la democrazia. Essa è praticata nelle carceri così come nelle abitazioni private e colpisce persone di tutte le estrazioni sociali.

Ebbene, dal 1984, da quando cioè la Convenzione delle Nazioni Unite ha stabilito che cos'è la tortura, in Italia si aspetta di introdurre nel codice penale il reato di tortura. Dunque, anche grazie al sostegno e al supporto di associazioni che si occupano di diritti umani, quali "Antigone" e "Nessuno tocchi Caino", abbiamo tradotto nell'emendamento in esame l'articolo 1 della Convenzione delle Nazioni Unite e abbiamo ripreso il lavoro compiuto nelle scorse legislature da Camera dei deputati e Senato, attraverso il quale però non si è mai riusciti da parte del Parlamento ad introdurre in via definitiva questo reato nel codice penale.

Abbiamo trasformato questo lavoro in un emendamento al disegno di legge sulla sicurezza, con cui davvero tanto si interviene per creare nuovi articoli del codice penale, ma che guarda caso non si occupa di tale reato. Considerate dunque questo emendamento come una sorta di nostro contributo, di nostro regalo ad un disegno di legge sulla sicurezza che non ci piace: a noi radicali non piace neanche la modifica dell'articolo 41 bis, di cui parleremo nuovamente dopo. Speriamo che il Governo accetti con spirito costruttivo il regalo che stiamo offrendo. Abbiamo pensato infatti che, attraverso un emendamento, si sarebbe forse riusciti a risolvere un questione che si dibatte da oltre 20 anni nelle Aula parlamentari e nelle Commissioni, senza che si sia mai riusciti ad approdare ad un voto definitivo.

Sono molti i senatori che hanno sottoscritto l'emendamento: leggo i nomi dei firmatari anche a beneficio dei rappresentanti del Governo, che dovranno esprimere un parere, che mi auguro sia positivo. L'emendamento traduce infatti, lo ripeto, l'articolo 1 della Convenzione delle Nazioni Unite e quei testi che erano già stati valutati nelle scorse legislature e anche in parte approvati in alcune Commissioni: non si potrebbe davvero comprendere, dunque, l'espressione di un parere non positivo, anche considerato che sono molto i senatori che lo hanno sottoscritto.

Alla prima firma, che è la mia, si aggiungono quelle degli altri senatori radicali, Marco Perduca ed Emma Bonino. Vi do lettura degli altri firmatari, in ordine alfabetico: Marilena Adamo, Benedetto Adragna, Silvana Amati, Alfonso Andria, Giuseppe Astore, Fiorenza Bassoli, Dorina Bianchi, Enzo Bianco, Tamara Blazina, Emanuela Baio, Daniele Bosone, Anna Maria Carloni, Gianrico Carofiglio, Felice Casson, Franca Chiaromonte, Vannino Chiti, Ombretta Colli, Gerardo D'Ambrosio, Silvia Della Monica... (Commenti e brusìo dai banchi della maggioranza).

Colleghi, mi sembra davvero terribile che stiate facendo la "ola". (Richiami del Presidente). Non so che luoghi frequentiate il sabato e la domenica, ma se andate allo stadio siete ben liberi di fare la "ola" da stadio. Se considerate l'argomento della tortura come un argomento da stadio e da tifoseria e non di confronto tra maggioranza ed opposizione - tra l'altro sto leggendo nomi anche della maggioranza - davvero si potrebbe anche chiudere baracca e burattini! Ognuno poi dal lunedì alla domenica è libero di andare allo stadio piuttosto che parlare di questioni altre, forse troppo elevate considerate le reazioni.

Continuo a dar lettura dell'elenco dei senatori che hanno sottoscritto l'emendamento: Roberto Della Seta, Vincenzo De Luca, Mauro Del Vecchio, Luigi De Sena, Roberto Di Giovan Paolo, Cecilia Donaggio, Lucio D'Ubaldo, Giuseppe Esposito, Anna Finocchiaro, Anna Rita Fioroni, Salvo Fleres, Maria Pia Garavaglia, Rita Ghedini, Mirella Giai, Manuela Granaiola, Claudio Gustavino, Pietro Ichino, Maria Fortuna Incostante, Maria Leddi, Massimo Livi Bacci, Franco Marini, Pietro Marcenaro, Andrea Marcucci, Francesca Maria Marinaro, Ignazio Marino, Alberto Maritati, Daniela Mazzuconi, Rita Levi-Montalcini, Claudio Micheloni, Colomba Mongiello, Fabrizio Morri, Magda Negri, Francesco Pardi, Achille Passoni, Stefano Pedica, Carlo Pegorer, Oskar Peterlini, Roberta Pinotti, Nino Randazzo, Francesco Rutelli, Gian Carlo Sangalli, Luciana Sbarbati, Anna Maria Serafini, Achille Serra, Silvio Sircana, Albertina Soliani, Luigi Vimercati, Vincenzo Vita e Luigi Zanda. (Il senatore Musso si avvicina al banco in cui siede la senatrice Porettti). Da ultimo, il senatore Enrico Musso, che ringrazio per l'adesione.

Rivolgo un ultimo appello al Governo affinché tenga conto dei tanti senatori che chiedono che sia espresso un parere favorevole su questo emendamento. (Applausi dal Gruppo PD).

 

PRESIDENTE. Invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti in esame.

 

VIZZINI, relatore. Esprimo parere contrario sugli emendamenti 34.100, 34.101, 34.200, 34.20 e 34.102 per le circostanze che passo ad illustrare.

Signora Presidente, il testo al nostro esame, relativo all'articolo 34 nella formulazione delle Commissioni riunite, è il frutto di un lavoro svoltosi in quella sede che ha tratto spunto da alcuni emendamenti dei relatori e di altri Gruppi parlamentari fino ad arrivare all'attuale stesura del testo in esame.

Anch'io vorrei cercare di dare una spiegazione del lavoro che si sta facendo, poiché si tratta di un inasprimento del carcere duro per i reati di mafia e terrorismo. Tale lavoro ha visto impegnato nel tempo il Gruppo al quale appartengo, con iniziative assunte sin dalla fine degli anni Novanta dall'attuale presidente del Gruppo, senatore Maurizio Gasparri, e che ha visto alcuni di noi impegnati anche in Commissione parlamentare antimafia. Con ciò intendo dire che nessuno pensa di torturare chicchessia, né lo Stato pensa che la carcerazione sia una vendetta, ma siamo di fronte ad un fenomeno che è ormai chiaro a tutti, che risulta da atti investigativi e da processi in corso.

Vi sono soggetti che, reclusi secondo il regime del 41-bis, trasformano la loro sottoposizione al carcere duro in dimostrazione di potenza, continuando a colloquiare con l'esterno e soprattutto ad impartire ordini sul territorio ai loro accoliti di cosa nostra, della camorra, della 'ndrangheta. Il problema di fondo, quindi, è impedire una beffa enorme allo Stato che da un lato cattura i mafiosi e dall'altro si trova spesso di fronte alla circostanza che costoro continuino a mantenere il controllo del territorio. È uno sforzo necessario non soltanto per chi si trova in carcere adesso, ma per tutti i latitanti o i mafiosi in senso lato ancora in attività che, prima o poi, saranno ospitati nelle patrie galere e sottoposti al carcere duro che, ripeto, sarà comminato a tutti i mafiosi che saranno arrestati e per i quali ne ricorreranno le condizioni.

Lo sforzo che abbiamo compiuto non serve solo a punire il singolo soggetto, ma deve dare la certezza che dalle carceri non si comanda perché nelle carceri comanda lo Stato e chi è stato condannato, se vuole evitare il carcere duro, ha un altro strumento: non fare più il mafioso e collaborare con lo Stato, dare il proprio contributo a far sì che il cancro terribile delle mafie, che ancora affligge il nostro territorio, venga finalmente sgominato. Questa è la battaglia che proponiamo, il segnale che vogliamo mandare all'esterno.

Vedete, colleghi senatori, in queste settimane talvolta le cronache ci hanno consegnato un'immagine distorta di superlatitanti arrestati; mi riferisco, ad esempio, al boss Bernardo Provenzano, che starebbe nella sua celletta del 41-bis con la Bibbia in mano quasi in atteggiamento ascetico. Di fronte a queste presentazioni probabilmente qualcuno dimentica che questa è gente che ha sciolto altri uomini nell'acido, che ha le mani grondanti di sangue per avere ucciso poliziotti, magistrati, politici come Piersanti Mattarella e Pio La Torre. (Applausi dal Gruppo PdL e dei senatori Bianco e Garraffa). Questa gente ha cercato di portare un attacco frontale alle nostre istituzioni, sino alla stagione delle stragi, che vide saltare in aria, con metodi da commando terroristico, magistrati come Falcone e Borsellino. E, ancora, si tratta di soggetti che hanno partecipato alle stragi di recente sono stati graziati dall'applicazione del 41-bis e consegnati alla detenzione ordinaria. Qualcuno di loro, prima che il ministro Alfano firmasse per confermare il regime del 41-bis, ha passato il Capodanno insieme agli altri detenuti!

Quando i colloqui con i propri congiunti e con i propri avvocati non servono né per difendersi né per abbracciare o baciare un figlio, ma esclusivamente per portare ordini all'esterno, lo Stato ha il dovere di intervenire perché questa usanza cessi. Questo ci stiamo proponendo di fare, con gli errori che fa chi può legiferare, ma con la buona fede e la voglia di liberare il Paese da una ferita terribile per la democrazia.

Mi sarei aspettato dal collega radicale che, invece di parlare della tortura inflitta ai mafiosi, oggi avesse voluto ricordare che un consigliere comunale di Castellammare di Stabia ieri è stato barbaramente assassinato dalla camorra. (Applausi dal Gruppo PdL).

 

SBARBATI (PD). Che cosa c'entrano i mafiosi?

 

VIZZINI, relatore. Di fronte ad avvenimenti come questo bisogna reagire. Probabilmente chi ha compiuto quel delitto cammina libero e tranquillo, perché tanto l'omertà continua a permeare pezzi importanti del territorio.

Questo, dunque, è lo sforzo che abbiamo voluto fare, trovando un'intesa la più larga possibile e riconoscendo che, accanto alla nostra iniziativa, c'è stata quella importante dell'opposizione e che si è potuto lavorare senza pregiudiziali rispetto al raggiungimento di un obiettivo che diventa oggi una vittoria del nostro Parlamento, una vittoria dello Stato contro la criminalità organizzata.

Per queste ragioni il mio parere è contrario sugli emendamenti presentati. Invito tutti a votare il testo che è stato presentato e preparato nelle Commissioni riunite. Per quanto riguarda l'emendamento sulla tortura testé illustrato dalla senatrice Poretti, invito la collega a ritirarlo e a trasformarlo in un ordine del giorno che consenta al Governo di assumere un impegno di fronte all'Aula, in modo tale che venga premiato anche lo sforzo legislativo che è stato fatto.

In conclusione, l'approvazione dell'articolo 34 rappresenta, secondo me, per l'attività del nostro Parlamento, un fatto da salutare come una vittoria perché ci consente di dare al Paese uno strumento migliore per tenere le persone al loro posto, non per tenerle isolate dai loro affetti, ma isolate dal crimine. Badate bene che per vincere questa battaglia possiamo fare due cose: non farli più comunicare con l'esterno e sequestrare e confiscare - a loro e ai loro eredi - tutte le sostanze illecitamente accumulate con i delitti mafiosi. (Applausi dal Gruppo PdL). Quando lo avremo fatto vinceremo con facilità questa battaglia! (Applausi dai Gruppi PdL e PD).

 

CALIENDO, sottosegretario di Stato per la giustizia. Signora Presidente, esprimo parere conforme a quello del relatore, anche se invito i senatori Lumia e D'Alia a ritirare gli emendamenti a loro firma. Infatti, in Commissione il Governo non ha ritenuto di apportare modifiche, ma ha favorito un'intesa tra tutti i Gruppi sulla base degli emendamenti presentati dai senatori Vizzini, Berselli, D'Alia e Lumia, al fine di verificare la possibilità di un accordo complessivo del Parlamento su una serie di norme che completano l'azione di contrasto dello Stato nei confronti della mafia, inserite nel cosiddetto decreto sicurezza e nel disegno di legge oggi al nostro esame. Credo che sarebbe veramente un peccato non compiere uno sforzo complessivo per mantenere quell'unità di azione che ha caratterizzato la formazione dell'articolo 34 nelle Commissioni riunite e avere un unico testo che si concretizzi in una effettiva azione di contrasto nei confronti della mafia. Ciò significherebbe tentare di rompere definitivamente qualsiasi collegamento tra il mafioso, il capomafia, ed il mondo esterno. Questa è la realtà!

Al senatore Li Gotti, a proposito della precostituzione del giudice prevista dalla legge nel tribunale di Roma, sottolineo che tale disposizione non contrasta con l'articolo 25 della Costituzione.

Per tale motivo ribadisco il parere conforme a quello del relatore e l'invito ai senatori D'Alia e Lumia a ritirare i propri emendamenti. (Applausi dei senatori Ferrara e Pastore).

 

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Signora Presidente, vorrei aggiungere il parere sull'emendamento 34.0.100, presentato dalla senatrice Poretti e da altri senatori.

IlGoverno, che è certamente sensibile alla materia, si permette di ricordare che nel nostro ordinamento non mancano le norme incriminatrici di comportamenti di pubblici ufficiali o di incaricati di pubblici servizi lesivi dei diritti delle persone (dalle percosse alle lesioni variamente aggravate, dalla violenza privata alla minaccia); anzi, vi è anche - mi sembra, però, quasi offensivo ricordarlo in quest'Aula - un'aggravante derivante dall'avere questa posizione.

Vi è certamente una convenzione delle Nazioni Unite, ma si deve verificare se e fino a che punto questo atto pattizio trovi puntuale e coerente riscontro all'interno del nostro ordinamento. Allora, la proposta che mi sento di rivolgere ai presentatori così numerosi è quella di ritirare l'emendamento 34.0.100 e presentare un ordine del giorno che vada nella direzione di verificare quanto la tutela a cui punta l'emendamento 34.0.100 sia già contenuta nell'ordinamento e colmare le eventuali lacune che possono sussistere.

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 34.100.

 

BIANCO (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

BIANCO (PD). Signora Presidente, onorevoli colleghi, i senatori del Gruppo del Partito Democratico esprimeranno un voto contrario sull'emendamento 34.100, soppressivo del nuovo articolo 34, così come approvato con voto unanime dalle Commissioni riunite affari costituzionali e giustizia.

Comprendiamo le ragioni che hanno spinto i colleghi radicali a presentare tale emendamento. Del resto, la loro posizione fa seguito ad una tradizione di impegno del Partito radicale sulle tematiche della giustizia anche in Sicilia: nel passato, quando si sono trovati a scegliere tra l'esigenza di rafforzare l'azione dello Stato nel contrasto alla criminalità organizzata mafiosa e quella di mantenere fede ad una tradizionale posizione ipergarantista, i colleghi radicali non hanno mai avuto dubbi ed hanno scelto la seconda strada. Ciò naturalmente ha dato loro una grande visibilità, anche in quella terra.

Vorrei ricordare però ai colleghi che il fenomeno mafioso in Sicilia è tutt'altro che sconfitto. Ancora in queste ultime settimane, nonostante i segnali positivi ed importanti che si registrano (vorrei ricordare, tra tutti, la posizione coraggiosa assunta da molti imprenditori siciliani e segnatamente da quelli aderenti alla Confindustria siciliana in una battaglia di prima linea contro il pizzo e le estorsioni), sentiamo che il rischio mafioso è tuttora molto forte.

Questa battaglia si vince e si combatte sulla base di segnali importanti. Il primo e il più importante di essi consiste nel dare alla coscienza civile dei siciliani la sensazione che lo Stato vuole combattere in modo serio la sua battaglia contro la mafia. Troppe volte abbiamo dato segnali in senso contrario: da un canto leggi ed interventi legislativi che andavano in quella direzione, dall'altro comportamenti di fatto che hanno consentito alla mafia di farla franca nel momento in cui controllavano il territorio, a partire dal presupposto fondamentale, che cioè dava la sensazione della capacità di comando anche alla fine, mentre i mafiosi erano in carcere. Sono troppo frequenti - lo hanno ricordato assai opportunamente poco fa i colleghi Vizzini e Lumia - i casi in cui dalle carceri, anche in regime di 41-bis, sono partiti in questi anni ordini per il compimento di azioni delittuose. Tutt'altro, quindi, che una situazione di isolamento totale o addirittura di tortura, come qualcuno vorrebbe far credere. Noi vogliamo, allora, che la normativa che è stata varata dalle Commissioni sia accolta e che sia respinto l'emendamento soppressivo. Chiediamo, anzi, che vi sia un'azione efficace nell'interpretazione quotidiana che consenta di evitare quello che oggi è un fenomeno assolutamente inaccettabile.

Per queste ragioni, ricordando anche qui l'insegnamento molto forte che Giovanni Falcone consegnò a chi ebbe la ventura di conoscerlo e di stargli vicino, cioè che occorre che i segnali siano fermi e incontrovertibili, voteremo contro l'emendamento 34.100 dei colleghi Perduca, Poretti, Bonino e Amati. (Applausi dal Gruppo PD).

LI GOTTI (IdV). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

LI GOTTI (IdV). Signora Presidente, intervengo per esprimere il voto contrario all'emendamento 34.100 e per ritirare l'emendamento 34.101, presentato dal Gruppo dell'IdV, di cui sono primo firmatario. Pur permanendo le nostre perplessità sul testo proposto dalle Commissioni, riteniamo che in un momento così delicato e su un tema così importante i distinguo particolarmente tecnici e di puro diritto possano essere male interpretati. Anche noi, quindi, converremo sul testo dell'articolo 34 proposto dalle Commissioni.

 

D'ALIA (UDC-SVP-Aut). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

D'ALIA (UDC-SVP-Aut). Signora Presidente, intervengo sia per dichiarare il nostro voto contrario all'emendamento soppressivo sia per accogliere l'invito formulato dal Governo a ritirare i nostri emendamenti. Lo facciamo per due ragioni fondamentali: in primo luogo, perché intendiamo, con il ritiro degli emendamenti e il voto favorevole sul testo così come licenziato dalle Commissioni, sottolineare l'unità delle forze politiche nel contrasto alla criminalità organizzata, in particolar modo in un ambito controverso ma strategico, quale è quello del regime carcerario del 41-bis. In secondo luogo, perché abbiamo inteso non polemizzare sul testo licenziato dalle Commissioni, alla cui stesura abbiamo concorso, ma sottolineare comunque l'importanza del dibattito su questa materia, in particolare sulle competenze della Procura nazionale antimafia e sulla necessità di rendere sempre più stretto il rapporto tra il contrasto alla criminalità organizzata e il contrasto al terrorismo.

Si tratta di due fenomeni che hanno sempre più punti di connessione e di affari in comune; mi riferisco soprattutto al traffico degli immigranti e all'immigrazione clandestina. Segnalare la necessità di avere una centrale unica, in capo alla Procura nazionale, che si occupi anche della materia della prevenzione, della conoscenza e del contrasto al terrorismo è il senso della nostra proposta sul 41-bis.

Abbiamo inteso segnalare questo tema e riteniamo che il dibattito debba proseguire con lo stesso spirito. Per queste ragioni non intendiamo essere rigidi su alcune proposte, perché riteniamo che già quello approvato in Commissione sia un testo utile ed efficace. Per questo ringraziamo i Presidenti delle Commissioni, relatori sul provvedimento.

CENTARO (PdL). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CENTARO (PdL). Signora Presidente, colleghi, a me piacerebbe vivere in un Paese senza 41-bis, senza 416-bis, perché questo significherebbe vivere in un Paese senza mafia, senza organizzazioni criminali radicate nel territorio, con forti capacità militari. Purtroppo non è così: proprio ieri un consigliere comunale del Partito Democratico ha perso la vita e la lista delle vittime della mafia e del terrorismo mafioso è veramente lunga.

Allora la politica non deve guardare solo all'utopia, ma anche alla realtà su cui incide. Da presidente della Commissione antimafia fui promotore della stabilizzazione nell'ordinamento penitenziario del regime previsto dall'articolo 41-bis, affidando al collega senatore Maritati la relazione in quella sede, nella certezza che questa normativa dovesse far parte stabilmente del nostro ordinamento giuridico in relazione a quella che era ed è, purtroppo, ancora pesantemente la realtà del nostro Paese.

Nessuna forma di tortura e, per cortesia, non citate Paesi dell'Unione europea che hanno un sistema penitenziario che vede il nostro paragonabile ad un albergo a cinque stelle! (Applausi dal Gruppo PdL. Commenti dei senatori Perduca e Poretti).

 

PERDUCA (PD). Ma quando?

 

CENTARO (PdL). E, per cortesia, non citate gli Stati Uniti, che hanno in Guantanamo una vicenda veramente deprecabile e priva di possibilità di criticare il nostro sistema!

Abbiamo pensato ad una norma che, nel solco delle decisioni pronunciate dalla Corte costituzionale, riuscisse a contemperare la possibilità di una detenzione rispettosa della dignità umana con quello che era un imperativo categorico, perché la realtà ci ha parlato di omicidi commissionati dal carcere e di organizzazioni criminali che continuavano ad essere dirette in maniera assolutamente esclusiva e totale dal carcere. La realtà ci ha parlato di una caduta verticale di tutto ciò dopo l'introduzione dell'articolo 41-bis e dico anche, ai colleghi che parlano della possibilità oggi di comunicare comunque dal carcere, che in ogni caso vi sono clausole di salvaguardia che consentono le registrazioni dei colloqui e danno la possibilità di seguire il percorso dei messaggi e tante operazioni delle procure distrettuali antimafia sono state realizzate attraverso questi meccanismi.

Allora, oggi il 41-bis è e non può che essere una norma assolutamente presente nel nostro ordinamento. Le modifiche, che sono state realizzate in maniera assolutamente bipartisan con un dibattito costruttivo, mirano anche a far sì che non vi siano giurisprudenze alternative tra i diversi tribunali di sorveglianza italiani e ad avere pertanto una giurisprudenza univoca, che possa far diminuire sensibilità diverse che hanno condotto a pronunce perlomeno sconcertanti.

Èchiaro che ogni norma è perfettibile e può essere migliorata: si verificheranno sul campo i perfezionamenti introdotti in questa occasione. Tuttavia parliamo di una norma che oggi, purtroppo, continuaad essere indispensabile e che dovrebbe anche essere esportata in altri Paesi dell'Unione europea, infettati anch'essi dalle organizzazioni mafiose, ma che continuano a non voler adottare strumenti in grado di recidere i legami tra detenuti e organizzazioni che rimangono all'esterno e a non voler adottare una legislazione antimafia italiana, frutto delle intuizioni di Giovanni Falcone, che è all'avanguardia nel panorama mondiale.

Il Partito della Libertà voterà convintamente contro l'emendamento in esame. (Applausi dal Gruppo PdL, dai banchi del Governo e del senatore D'Ambrosio).

 

PERDUCA (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.

 

PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.

 

PERDUCA (PD). Signora Presidente, preannuncio che voterò a favore dell'emendamento 34.100. Ringrazio il presidente Bianco per la sua onestà intellettuale e per aver ricordato ciò che i radicali hanno sempre fatto anche in terra di Sicilia portando Leonardo Sciascia in Parlamento.

Non so quali alberghi a cinque stelle frequenti il senatore Centaro; di certo capisco da quel che ha detto che non è mai stato in un carcere in Italia, altrimenti si renderebbe conto che non ci sarebbe neanche mezza stella.

Non vorrei però che chi si oppone all'inasprimento del regime dell'articolo 41-bis o semplicemente all'articolo 41-bis venisse considerato privo di preoccupazioni relativamente alla mafia o alla criminalità organizzata, tant'è vero che da sempre i radicali parlano di partitocrazia, consociativismo, corrotti e corruttori.

È stato detto che si vuole colpire al cuore la mafia. Benissimo: non si può colpire al cuore qualcosa con uno strumento che - dite voi - ha dimostrato la sua inefficacia. Iniziamo con legalizzare le droghe, legalizzare e regolamentare la prostituzione, modificare le nostre leggi relativamente all'immigrazione, di modo da dare un colpo al traffico di esseri umani. Tutto questo va contro la vostra visione- che purtroppo è condivisa anche da molti colleghi del Partito Democratico - di punizionismo e panpenalismo. Ciò che occorre è regolamentare fenomeni enormi per non far diventare le nostre proibizioni qualcosa di criminogeno. (Applausi dei senatori Poretti, Di Giovan Paolo e Granaiola).

 

PORETTI (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.

 

PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.

 

PORETTI (PD). Signora Presidente, l'articolo 27 della Costituzione recita: «Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità».

L'articolo 41-bis - da quello che ho capito - viene utilizzato per allontanare il detenuto condannato per reati mafiosi dall'organizzazione criminale. Allora mi dovete spiegare per quale motivo la modifica dell'articolo 41-bis prevede che le ore d'aria per un detenuto sottoposto a tale regime devono passare da quattro a due. Che cosa c'entra? Che cos'è questo se non un andare contro l'articolo 27 della Costituzione: «Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità»? Per quale motivo riducete le ore d'aria da quattro a due?

FLERES (PdL). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.

 

PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.

 

FLERES (PdL). Signora Presidente, desidero esprimere il mio voto di astensione rispetto a tutti gli emendamenti presentati all'articolo 34 e vorrei brevemente argomentare tale mia posizione.

Gli sforzi che bisogna compiere per dare certezza alla pena non possono mai travalicare la dignità della persona. Gli sforzi che le Commissioni hanno compiuto per scrivere una norma che contemperasse il diritto di alcuni con il diritto di tutti sono notevoli e apprezzabili, ma certamente sul regime di cui all'articolo 41-bis bisognerà molto discutere. Gli sforzi compiuti dai firmatari degli emendamenti in questo senso sono altrettanto apprezzabili ed importanti, ma nessuno - né nel caso della formulazione del testo dell'articolo, né nel caso della formulazione del testo degli emendamenti - ha tenuto conto di un dettaglio, che non riguarda i diritti o i doveri di quanti sono sottoposti al regime del 41-bis, ma chi - familiari, figli, mogli - ha il diritto di avere un padre, una madre, un fratello, una sorella.

Presidenza del presidente SCHIFANI(ore 12,12)

 

(Segue FLERES). Intendo dire che la problematica è assai complessa. Probabilmente meriterebbe un'attenzione e uno studio specifico, ma in questo momento non c'è dubbio che dobbiamo far prevalere i diritti di tutti prima di far prevalere i diritti di qualcuno.

In questo momento, pertanto, pur non volendo esprimermi in maniera ostile nell'uno o nell'altro senso, mi astengo sugli emendamenti riferiti all'articolo in questione; voterò a favore, invece, dell'articolo 34 e dell'emendamento 34.0.100, che prevede l'introduzione del reato di tortura. Infatti, sono primo firmatario di un analogo disegno di legge, che si rifà al testo sottoscritto dal Governo italiano già più di venti anni fa.

Credo che la tortura non sia solo quella fisica e che lo Stato non debba mai avere paura di se stesso. Credo che lo Stato non possa permettere a qualche deficiente o delinquente, che esiste in divisa come con il camice o con la toga, di far prevalere le sue ragioni rispetto alle ragioni del diritto, soprattutto quando questo diritto è contenuto in un trattato internazionale. (Applausi dei senatori Perduca, Poretti e Sbarbati).

AMATI (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.

 

PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.

 

AMATI (PD). Signor Presidente, ho sottoscritto l'emendamento 34.100 e lo voterò come quello sulla tortura. Anch'io sono presentatrice di un disegno di legge sulla tortura; sottoscrivo le dichiarazioni sia della collega Poretti che del collega Fleres.

Credo che questa tematica complessa e delicata debba tener conto del ruolo dello Stato al di sopra delle questioni e dovrebbe tener conto di una serie di problematiche che toccano l'aspetto umano che non è solo proprio della persona carcerata, ma dei familiari e di altri. (Applausi della senatrice Poretti).

LIVI BACCI (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.

 

PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.

 

LIVI BACCI (PD). Signor Presidente, vorrei dire che mi riconosco al 100 per cento nelle dichiarazioni che ha fatto il senatore Fleres e, diciamo, all'80 per cento nelle dichiarazioni che hanno fatto i colleghi radicali Poretti e Perduca. Pertanto, il mio voto è di astensione.

 

DI GIOVAN PAOLO (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.

 

PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.

 

DI GIOVAN PAOLO (PD). Signor Presidente, intervengo brevemente per dire che condivido le cose che hanno detto i colleghi Livi Bacci e Fleres. Ritengo che debba arrivare il momento, pur condividendo ora il modo in cui si voterà, di porci il problema della fine dell'emergenza, così come accadde per il terrorismo. Lo Stato deve avere la forza di trovare il modo di contemperare le sue esigenze di sicurezza con una civiltà più alta di quella di questi criminali. (Applausi dei senatori Perduca e Poretti).

Ritengo che sulla questione della tortura possa pure essere presentato un ordine del giorno, ma poi bisogna essere operativi perché non si può avere solo la forza di trovare la soluzione della punizione e della sanzione e poi non trovare quella per garantire i detenuti e i diritti delle famiglie estranee ai reati commessi. La forza dimostrata quando abbiamo battuto il terrorismo e quando siamo stati capaci di dire «no» alle persone come Battisti si registra nel fatto che, dopo la fine dell'emergenza, questo Stato ha trovato nuovamente le condizioni di civiltà. Noi siamo più forti di Battisti e di quelli che la pensano come lui per queste condizioni di civiltà e dobbiamo e possiamo esserlo anche contro la mafia e le criminalità. (Applausi dei senatori Perduca e Poretti).

 

MARITATI (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.

 

PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.

 

MARITATI (PD). Signor Presidente, ho dedicato gran parte della mia vita, anche dal punto di vista professionale, alla lotta e al contrasto al crimine organizzato. Continuerò a farlo fino alla fine dei miei giorni.

Il collega Centaro ha ricordato che sono stato relatore nella Commissione antimafia sulle questioni emerse in sede di applicazione dell'articolo 41-bis. Non ho nessun pentimento e nessuna esitazione sull'articolo 41-bis, che è uno strumento indispensabile e che va applicato, ovviamente nel rispetto delle norme. Il suo rigore deve essere contemperato rispetto alle esigenze reali.

Ferma restando tutta l'impostazione, nella quale mi ritrovo, non posso però condividere la modifica della competenza perché non solo non serve, ma rischia di incidere negativamente sul sistema democratico del giudice naturale. Non possiamo dire - proprio la motivazione del collega Centaro mi ha messo ulteriormente in allarme - che, poiché c'è il pericolo di sentenze diverse e diversificate (ovvero la pluralità e la diversità delle motivazioni), concentriamo tutto sul tribunale di Roma. Questo è un vulnus e può costituire un precedente gravissimo.

Inoltre, non posso accettare la riduzione dalle quattro alle due ore d'aria, perché questo non serve assolutamente a difenderci dal crimine organizzato nei confronti del quale poniamo tutti i paletti possibili.

 

PORETTI (PD). È vero, non serve.

 

MARITATI (PD). Per queste ragioni io mi asterrò. (Applausi dei senatori Perduca e Poretti).

 

D'AMBROSIO (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

D'AMBROSIO (PD). Signor Presidente, prendo la parola perché sono uno dei sottoscrittori dell'emendamento 34.0.100, volto all'introduzione del reato di tortura, che - lo voglio dire - non ha nulla a che fare con il 41-bis. Vorrei precisare che da parte nostra siamo perfettamente d'accordo e abbiamo anche condiviso quasi interamente il testo proposto in Commissione per il 41-bis e lo condividiamo con le tutte le forze, perché siamo assolutamente convinti che la mafia va combattuta senza alcuna esitazione. Soprattutto essa va combattuta in tutte le sue forme e il 41-bis si è rivelato uno degli elementi fondamentali per la lotta.

Siamo però anche particolarmente convinti che non ci sarà mai la possibilità da parte del Sud di riprendere una propria vitalità e di dare il proprio contributo alla rinascita economica del nostro Paese se prima non si intraprende una lotta seria, decisiva e determinante nei confronti di tutte le forme di criminalità organizzata. Ben venga quindi tutto ciò che serve alla lotta alla criminalità organizzata. E noi siamo felici di votare in questo senso.

Per quanto riguarda la tortura, vorrei dire al senatore Mantovano che questo reato, così com'è stato individuato in questo emendamento, proprio perché c'era stato un invito da parte delle Nazioni Unite, era stato già preso in considerazione nella scorsa legislatura; il relativo provvedimento era stato già approvato in sede di Commissione al Senato e il relatore allora era il senatore Buccico, che appartiene non certo al centrosinistra ma al centrodestra. Noi abbiamo preso in considerazione, e molto seriamente, il fatto che già fossero puniti tali atteggiamenti - così come lei, signor Sottosegretario, ha accennato - nei confronti di chiunque. Anche il senatore Centaro ricorderà, perché fu oggetto di una discussione di tono molto elevato in sede di Commissione, che tutti fummo concordi nel dire che se era vero che... (Il microfono si disattiva automaticamente).

 

PRESIDENTE. Senatore D'Ambrosio, la invito a concludere.

 

D'AMBROSIO (PD). Dicevo che fummo concordi nel dire che era opportuno stabilire un reato tipico per dare un segnale forte e preciso. A tale proposito vorrei ricordare che in sede di Commissione questa previsione, così come è stata anche in questa occasione formulata, fu votata all'unanimità. Non vi fu nessun voto contrario. Tenevo a fare queste precisazioni, Presidente, e la ringrazio per avermi dato la parola. (Applausi dal Gruppo PD).

 

PRESIDENTE. È un suo sacrosanto diritto, senatore.

 

SBARBATI (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.

 

PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.

 

SBARBATI (PD). Signor Presidente, anche a nome della collega Chiaromonte, esprimo voto contrario rispetto a quanto già dichiarato dal senatore Bianco per il Gruppo.

A tale proposito vorrei riprendere le parole pronunciate poco fa dal collega D'Ambrosio: siamo disponibili a che si faccia tutto ciò che serve per il contrasto alla criminalità organizzata e alla mafia, ma certamente, come ha già detto qualcuno, ciò che non serve dovrebbe comunque essere cancellato. E ciò che non serve è l'abuso dei mezzi di costrizione fatto nel momento in cui si è già rilevato che lo stesso 41-bis non ha dato i risultati sperati.

Al senatore Centaro faccio rilevare che l'emendamento 34.0.100, di cui sono anch'io firmataria, non ha nulla a che vedere con la lotta alla mafia e alla criminalità organizzata. Il delitto di tortura che con questo emendamento si vuole introdurre è effettivamente una conquista di tutte le democrazie più avanzate e fa riferimento a testi internazionali riguardanti la tutela dei diritti umani, contro la loro violazione.

Ritengo che per una parte politica che si vanta di puntare e credere in uno Stato liberale e in uno Stato di diritto l'aver reintrodotto poco tempo fa il reato di oltraggio al pubblico ufficiale rappresenti una presa di posizione antistorica rispetto alle conquiste del diritto e all'evoluzione che, in materia, la giurisprudenza aveva raggiunto. Peraltro, votare oggi contro la previsione del reato di tortura, che tutti i Paesi civili hanno introdotto, mi sembra sia una contraddizione veramente grave, che mette in discussione la nobiltà di intenti politici liberali o liberistici che il Popolo della Libertà o il centrodestra stanno contrabbandando nel Paese.

Volete uno Stato liberale o volete uno Stato di polizia? Volete uno Stato liberale che garantisca i diritti civili e umani e pene adeguate in linea con una giustizia severa e giusta o volete un inasprimento tanto per far bella la faccia di chi pretende di difendere la giustizia e i cittadini attraverso comportamenti veramente offensivi e lesivi della dignità umana e dei diritti di ciascuno? (Applausi dei senatori D'Ambrosio, Marinaro e Poretti).

 

DELLA SETA (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.

 

PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.

 

DELLA SETA (PD). Signor Presidente, in dissenso dal mio Gruppo mi asterrò sia sulla votazione dell'articolo 34 che sull'emendamento 34.100, presentato dai colleghi radicali.

Condivido l'ispirazione e le finalità del 41-bis e condivido l'opinione espressa poc'anzi dal senatore D'Ambrosio, cioè che il 41-bis non abbia nulla a che fare con il tema della tortura. Ma per quanti sforzi faccia non riesco a trovare accettabile e giustificabile, per come intendo uno Stato di diritto, alcune disposizioni contenute nell'articolo 34, a cominciare dalla previsione del dimezzamento delle ore d'aria. Ritengo, inoltre, inaccettabile il riferimento alla possibilità di riaprire istituti penitenziari speciali nelle piccole isole, a Pianosa come all'Asinara. Per queste ragioni mi asterrò. (Applausi della senatrice Poretti).

VALDITARA (PdL). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. In dissenso, senatore Valditara?

 

VALDITARA (PdL). Signor Presidente, vorrei solo anticipare che voterò contro l'emendamento 34.0.100, che istituisce il reato di tortura.

 

SALTAMARTINI (PdL). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

SALTAMARTINI (PdL). Signor Presidente, intervengo per annunciare la mia astensione dal voto perché trovo davvero pittoresco che nel momento in cui nel Paese c'è un grande allarme per la criminalità vi sia un numero così elevato di parlamentari che avvertono l'esigenza di introdurre un reato proprio nei riguardi delle Forze di polizia: il reato di tortura.

 

INCOSTANTE (PD). È un altro emendamento!

 

PRESIDENTE. Non stiamo parlando di questo, stiamo parlando del regime del 41-bis.

 

SALTAMARTINI (PdL). Io sto parlando dell'emendamento 34.0.100.

 

PRESIDENTE. Per ora stiamo parlando dell'emendamento 34.100, volto a sopprimere la proposta delle Commissioni sul 41-bis. Interverrà, quindi, al momento opportuno.

 

SALTAMARTINI (PdL). D'accordo, signor Presidente.

 

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, ci sono stati parecchi interventi in dissenso. Mi sembra si sia giunti al momento del voto.

Procediamo dunque alla votazione dell'emendamento 34.100.

 

PORETTI (PD). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice Poretti, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 34.100, presentato dal senatore Perduca e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Ricordo che gli emendamenti 34.101, 34.200 e 34.20 sono stati ritirati.

Comunico che da parte del senatore Lumia è stato ritirato l'emendamento 34.102.

Passiamo alla votazione dell'articolo 34.

 

PERDUCA (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

PERDUCA (PD). Signor Presidente, intervengo in dissenso dal Gruppo, anche a nome della senatrice Poretti.

L'argomento centrale che ci ha portati a proporre l'emendamento soppressivo dell'articolo 34, che non è il sostegno alla criminalità organizzata, che non è una denuncia sull'operato delle forze dell'ordine, ma che è il tentativo di recuperare un minimo di dignità, di civiltà e di speranza nella possibilità che, attraverso lo Stato di diritto, si possa sconfiggere la criminalità e non attraverso la punizione sistematica.

Dall'inizio di questa legislatura ci sono state proposte esclusivamente delle misure che vanno nella direzione dell'inasprimento della pena per qualsiasi cosa, in un contesto in cui la certezza del diritto è denunciata quotidianamente dalla Corte di Strasburgo dei diritti umani.

Tutto questo, secondo noi, non è il modo con cui si può combattere la criminalità organizzata tant'è vero che dopo 17 anni di 41-bis ci è stato detto da più parti che non si è riusciti ad arrivare al cuore della mafia.

Concludo ricordando ai compagni del Gruppo del Partito Democratico che nella scorsa legislatura si era tentato di chiudere le due carceri minori nelle isole con tutta una serie di motivazioni che andavano dall'economico al civile fino all'ambientalista. Ecco, con questo articolo, voi le farete riaprire. Quindi, il voto è contrario. (Applausi della senatrice Poretti). (Brusìo).

 

PRESIDENTE. Richiamerei l'Assemblea alla dovuta attenzione.

 

PERDUCA (PD). Si vede che non interessa!

 

PRESIDENTE. Mi auguro che non sia così, senatore Perduca. Vorrei richiamare l'attenzione dell'Assemblea sulla significatività di questa votazione. Stiamo votando delle sostanziali e direi importanti modifiche del regime di carcere duro: se siano valutabili in senso positivo o negativo, questo sta alla libera coscienza di molti interventi, ma personalmente ritengo strategiche tali modifiche.

Inviterei quindi l'Assemblea ad un momento di maggiore concentrazione sulla delicatezza e sull'assunzione di responsabilità di questo voto, al quale la Presidenza riconosce grande importanza ai fini del contrasto contro la criminalità organizzata.

 

INCOSTANTE (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

INCOSTANTE (PD). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'articolo 34.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Proclamo il risultato della votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico:

Senatori presenti

269

Senatori votanti

268

Maggioranza

135

Favorevoli

249

Contrari

5

Astenuti

14

 

Il Senato approva. (v. Allegato B). (Applausi dai Gruppi PdL e PD e del senatore D'Alia).

 

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Credo che con questo voto il Parlamento abbia dato un fortissimo segnale al Paese di come il contrasto alla mafia e alla criminalità organizzata postuli l'esigenza di una convergenza di tutte le forze politiche o, quantomeno, di una stragrande maggioranza di forze politiche. La Presidenza non può che compiacersi della quasi unanimità di tale voto. (Applausi dai Gruppi PdL, LNP e PD).

In merito all'emendamento 34.0.100 vi è una richiesta di trasformazione in ordine del giorno. Senatrice Poretti, cosa intende fare?

 

PORETTI (PD). Signor Presidente, vorrei anzitutto capire che tipo di ordine del giorno proporrebbe il sottosegretario Mantovano, visto che, come ha ricordato il senatore D'Ambrosio, la materia è stata sviscerata nel corso di più legislature.

Se il sottosegretario Mantovano mi chiede di impegnare il Governo a portare a termine il processo di ratifica del protocollo opzionale alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura entro un brevissimo tempo (potremmo, ad esempio, stabilire la data della Giornata internazionale contro la tortura, il 26 giugno 2009, per introdurre in Italia il reato di tortura), allora si potrebbe anche pensare, dopo averne letto il testo, a trasformare tale emendamento in ordine del giorno.

Ho però capito che il Sottosegretario chiede di impegnare il Governo a valutare se c'è o meno bisogno in Italia di introdurre il reato di tortura: non capisco allora di cosa stiamo parlando, perché questa materia, come ricordava bene prima il senatore D'Ambrosio, è già stata sviscerata; è già stato approvato all'unanimità dalla maggioranza di allora e dall'opposizione di allora (oggi a parti invertite) esattamente quell'articolo del codice penale che prevede l'introduzione del reato di tortura.

Quindi, vorrei chiedere anzitutto lumi al Sottosegretario.

 

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, ripetendo quanto già riferito in precedenza, la posizione del Governo è la seguente. Il Governo ritiene che il protocollo aggiuntivo alla Convenzione ONU sulla tortura trovi già ampia attuazione nell'ordinamento italiano. Non si tratta di una sola norma che reprime fatti qualificabili come tortura, ma di uno spettro di norme che vanno, come prima si ricordava, dalle lesioni personali alle minacce, alle violenze private, per le quali, se commesse dal pubblico ufficiale o dall'incaricato di pubblico, è prevista anche una specifica aggravante.

L'ordine del giorno (che non chiedo, evidentemente: invito chi ha formulato questo emendamento, se lo ritiene, a presentarlo in sua vece) va nella direzione di verificare - e il Governo si impegna attraverso i propri uffici a farlo - se nelle maglie dell'ordinamento c'è qualche sezione che ancora non è coperta dalle norme vigenti in termini di repressione degli abusi dei pubblici ufficiali o degli incaricati di pubblico servizio.

 

DI GIOVAN PAOLO (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

DI GIOVAN PAOLO (PD). Signor Presidente, su tale questione, vorrei aiutare il ragionamento del sottosegretario Mantovano, ma anche quello, che immagino, del collega Saltamartini, perché è evidente che la preoccupazione riguarda la circostanza che tale reato venga immaginato solo come relativo al pubblico ufficiale. Voi sapete che nelle proposte che sono state avanzate in merito all'introduzione del reato di tortura sono presenti due orientamenti: il primo si collega solo al discorso del pubblico ufficiale, o dell'incaricato di pubblico servizio, e l'altro, contenuto in alcune proposte (ve ne fu una alla Camera dell'onorevole Pisicchio), che si collegava all'introduzione di un articolo successivo al 613 del codice penale, che invitava a prendere in considerazione chiunque commettesse tale reato, quindi non immaginando che questo dovesse solo riguardare chi è pubblico ufficiale, perché il reato di tortura può essere commesso da chiunque.

Penso allora che, se vi fosse un ordine del giorno che prevedesse un termine preciso e l'indicazione che il reato di tortura non riguarda il pubblico ufficiale ma chiunque lo commetta, questo sarebbe un modo per garantire che non c'è un'indicazione specifica e che è la tortura che vogliamo estirpare e non semplicemente colpire chi eventualmente sbaglia in un settore.

 

MARCENARO (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

MARCENARO (PD). Signor Presidente, vorrei solo dire al Governo, in particolare al sottosegretario Mantovano, che stiamo discutendo di un atto dovuto: la ratifica di un Trattato internazionale è un atto il cui rispetto è dovuto per il Governo. (Applausi dal Gruppo PD).

Considero che l'introduzione del reato di tortura avvenga, in primo luogo, in difesa delle Forze di polizia. Chi teme l'introduzione di tale reato e la considera come un'aggressione alle Forze di polizia ha una concezione aberrante, insultante in primo luogo per gli agenti di pubblica sicurezza ed i Carabinieri che sono fedeli alla Costituzione e alle leggi dello Stato. (Applausi dai Gruppi PD e IdV).

Per questo, a mio parere, rifiutare l'introduzione di questo reato e la ratifica di questo Protocollo opzionale è una cosa molto seria: non c'è argomentazione che tenga. È grave che ci sia una responsabilità del Governo attuale e di quelli che lo hanno preceduto. Il fatto che i diversi Governi che si sono alternati non abbiano avuto la responsabilità di portare alla ratifica parlamentare un atto così importante è un segno che, secondo me, indebolisce il valore della nostra istituzione (Applausi dai Gruppi PD e IdV. Congratulazioni).

 

SALTAMARTINI (PdL). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

SALTAMARTINI (PdL). Signor Presidente, vorrei intervenire con grande pacatezza per portare i presentatori di questo emendamento ad un ragionamento che sia anche logico e razionale. Dobbiamo rammentare che prima della Convenzione dell'ONU furono i Padri costituenti ad inserire nell'articolo 13 della Costituzione un comma secondo cui: «È punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà». Il nostro Paese vanta cioè delle tradizioni di civiltà giuridica tali per cui sicuramente non aveva bisogno di aspettare il Trattato dell'ONU.

In seconda analisi, ritengo che costruire un reato proprio per autori che siano appartenenti alle Forze di polizia, in un momento in cui nel nostro Paese registriamo la commissione di gravissimi reati, sia non solo ingiusto e improprio, ma gravemente indicativo di una cultura che va contro le Forze di polizia e che una parte politica del nostro Paese ha sempre avuto. Lo sottolineo: contro le Forze di polizia e non per la giustizia e la legalità! (Applausi dai Gruppi PdL e LNP).

 

GRAMAZIO (PdL). Bravo!

 

SALTAMARTINI (PdL). Questo emendamento sottintende una grande demagogia, perché si prevede la punizione con delle pene irrisorie anche fatti gravissimi. Oggi l'abuso contro le persone arrestate, quello che voi chiamate tortura, è punito con sanzioni severissime, per reati che vanno dal sequestro di persona, alle lesioni, all'abuso di ufficio: altro che quattro anni! Voi fate demagogia, attaccando le Forze di polizia come se fossero responsabili di gravissimi reati e prevedete delle pena irrisorie. Fate demagogia, perché se la persona arrestata viene uccisa, la pena in quel caso deve essere massima. (Proteste dai banchi dell'opposizione).

 

PORETTI (PD). Sei tu che fai demagogia! (Vivaci commenti dai banchi della maggioranza. Richiami del Presidente).

 

SALTAMARTINI (PdL). E soprattutto lanciate nei confronti delle Forze di polizia delle accuse che sono assolutamente ingiuste!

 

PORETTI (PD). Sei tu che fai demagogia!

 

GRAMAZIO (PdL). Basta!

 

BERSELLI (PdL). Lascialo parlare!

 

SALTAMARTINI (PdL). Cari colleghi della sinistra, noi approviamo delle norme contro la criminalità, perché abbiamo fiducia negli uomini delle Forze di polizia, che hanno sconfitto il terrorismo, la mafia e la criminalità organizzata. (Applausi dal Gruppo PdL).

 

CIARRAPICO (PdL). Bravo!

 

PORETTI (PD). Fai demagogia!

 

SALTAMARTINI (PdL). Se vi sarà la possibilità daremo corso alla Convenzione dell'ONU, integrando il codice penale, verificando la congruenza del Trattato con il nostro sistema giuridico e penale. Però deve essere chiaro a tutti che il precetto secondo cui è bandita ogni violenza fisica e morale contro le persone arrestate è nella nostra Costituzione e noi onoriamo la Costituzione del nostro Paese, cari colleghi. (Applausi dai Gruppi PdL e LNP).

 

D'ALIA (UDC-SVP-Aut). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

D'ALIA (UDC-SVP-Aut). Signor Presidente, ci asterremo sulla votazione di questo emendamento: credo che sarebbe il caso, poiché stiamo affrontando un tema particolarmente delicato, che implica anche impegni internazionali del nostro Paese, dimostrare buonsenso.

A tale proposito, ritengo che l'intervento introduttivo del sottosegretario Mantovano rappresenti un buon viatico. Non sopporto però che si trasformi il dibattito su un tema serio come quello della tortura. Essa non riguarda, come diceva correttamente il collega Di Giovan Paolo, solo una categoria di soggetti: tra l'altro, per tali soggetti l'ordinamento già prevede alcune forme di sanzione. Lo testimonia - così evitiamo di girare attorno alla questione - la vicenda del G8 di Genova, per cui singole persone sono state oggetto di condanna per delitti che hanno commesso abusando della loro funzione di pubblico ufficiale. Ciò che non è consentito è trasformare responsabilità individuali in un ragionamento più generale che si traduca in un processo alle Forze di polizia, alle quali però non si rende un buon servizio quando si pensa che qualsiasi tema debba essere affrontato al di sopra delle righe. E qui mi fermo.

Credo che la formulazione dell'emendamento proposto dai colleghi Poretti ed altri sia sbagliata tecnicamente e nel merito. Credo sia opportuno che tale tema sia affrontato invece facendo una ricognizione preventiva di ciò che l'ordinamento penale già prevede nel nostro Paese per predisporre una norma che sia equilibrata e che persegua il fine per il quale è stata proposta. La formulazione al nostro esame rischia invece, dal punto di vista soggettivo, di colpire solo ed esclusivamente alcune categorie di soggetti e, dal punto di vista oggettivo, di non essere in equilibrio all'interno dell'ordinamento.

Per queste ragioni riteniamo che sarebbe opportuno un ritiro dell'emendamento 34.0.100 ed un riesame dell'intera questione in Commissione con la presentazione di una proposta ad hoc. Qualora i colleghi insistessero nella votazione dell'emendamento, il voto del nostro Gruppo sarà ovviamente di astensione, proprio in considerazione del fatto che il tema è serio e i colleghi hanno fatto bene a porlo.

Credo che non sia il caso di alzare il livello del confronto oltre il limite di ciò che il confronto stesso merita solo per rivendicare paternità o maternità che in questo caso ci portano lontano da una discussione sul merito della questione alla quale dovremmo tutti strettamente e con serietà attenerci.

 

PRESIDENTE. Poiché ancora altri senatori hanno chiesto di parlare, per una questione di economia dei lavori dell'Aula invito tutti i colleghi a mantenersi nell'ambito di due minuti rispetto ai loro interventi e comunque a moderare i tempi, anche in considerazione del fatto che la maggior parte di coloro che hanno chiesto la parola appartiene al Gruppo del Partito Democratico e che già molti componenti del suddetto Gruppo hanno parlato.

 

MARITATI (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

MARITATI (PD). Signor Presidente, due minuti sono sufficienti perché mi limito a dire all'Aula che mi ribello alla sola idea che passi un messaggio che sarebbe devastante quanto falso secondo cui chi vota in favore di questo emendamento e vuole introdurre il delitto di tortura sarebbe contro le Forze di polizia. (Applausi dal Gruppo PD). Questo è un assurdo logico. È come dire che, avendo votato il legislatore ed introdotto il delitto di atti di corruzione giudiziaria, si è voluto andare contro i magistrati. Quindi, mettiamo da parte questo argomento.

Votare a favore dell'introduzione di questo delitto significa far fare al Paese un passo avanti in termini di civiltà, fermi restando l'utilità e il rispetto totale verso le Forze di polizia. Non è un emendamento che va contro le Forze di polizia, ma contro coloro i quali, nell'ambito delle Forze di polizia o fuori, dovessero commettere siffatti delitti. Saranno proprio i poliziotti onesti a procedere contro i poliziotti disonesti. (E spero che ve ne siano sempre di meno nel nostro Paese). (Applausi dal Gruppo PD).

 

LI GOTTI (IdV). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

LI GOTTI (IdV). Signor Presidente, vorrei rammentare che nella scorsa legislatura la Camera lavorò molto su questa ratifica ed il recepimento della Convenzione di New York. All'epoca, nella scorsa legislatura, la Camera ritenne di individuare il reato di tortura colmando un cono d'ombra presente nel nostro sistema penale, che non prevede il reato di tortura.

Nella scorsa legislatura si ritenne che il reato di tortura fosse un reato comune, aggravato se commesso da pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio. Rammento che esiste un gran numero di episodi ascrivibili a tutti coloro che nel nostro Paese commettono reati di tortura e che, per questa condotta ulteriore rispetto ad altri fatti, non vengono sanzionati.

Poi, il Senato, sempre nella scorsa legislatura, ritenne invece, anche se la discussione alla fine si arenò, di tornare al testo originario previsto nella Convenzione di New York, che riguardava espressamente il reato di tortura commesso dall'incaricato di pubblico servizio o dal pubblico ufficiale.

La norma così proposta colma un vuoto che esiste nel nostro ordinamento e non c'entrano nulla le considerazioni del collega Saltamartini. (Applausi dal Gruppo PD).

Voglio soltanto richiamare l'attenzione dei colleghi sull'ultimo incipit della norma proposta: «Qualora il fatto costituisca oggetto di obbligo legale l'autore non è punibile». Questa è la manifestazione più evidente che la norma è fatta a tutela delle nostre forze dell'ordine e contro coloro che, approfittando della divisa e del ruolo si allontanano dalla Costituzione. (Applausi dai Gruppi IdV e PD).

 

PERDUCA (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

PERDUCA (PD). Signor Presidente, siccome è stata avanzata una richiesta di ritirare l'emendamento per trasformarlo in ordine del giorno che ha suscitato ampio, diffuso e approfondito dibattito, chiederei di accantonare la questione, se fosse possibile, perché dovremmo formulare un ordine del giorno che non mi pare sia emerso in tutto il suo contorno a seguito del dibattito.

 

PRESIDENTE. Senatore Perduca, alla Presidenza appare molto chiaro lo stato della situazione su questo delicatissimo argomento. Ritengo di dover prendere atto del fatto che non avete accettato di trasformare l'emendamento in ordine del giorno e dunque si insiste sulla votazione dell'emendamento, anche perché dal dibattito emerge l'opportunità di un voto, sul quale mi pare sia già stato chiesto il voto segreto.

Passiamo dunque alla votazione dell'emendamento 34.0.100.

 

INCOSTANTE (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

INCOSTANTE (PD). Signor Presidente, dato il numero dei firmatari, dato l'orientamento che si è creato in Aula nel corso della discussione e anche ascoltato il suo intervento, sembra che emerga un orientamento per il voto. Come annunciato, chiediamo la votazione a scrutinio segreto, perché credo che l'argomento trattato sia davvero molto importante e su di esso c'è tanta demagogia che va forse eliminata.

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione a scrutinio segreto, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione a scrutinio segreto

 

PRESIDENTE. Indìco, ai sensi dell'articolo 113, comma 4, del Regolamento, la votazione a scrutinio segreto, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 34.0.100, presentato dalla senatrice Poretti e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Proclamo il risultato della votazione a scrutinio segreto, mediante procedimento elettronico:

Senatori presenti

268

Senatori votanti

267

Maggioranza

134

Favorevoli

123

Contrari

129

Astenuti

15

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 35.

Lo metto ai voti.

È approvato.

 

Passiamo all'esame degli emendamenti tendenti ad inserire articoli aggiuntivi dopo l'articolo 35, che invito i presentatori ad illustrare.

 

PORETTI (PD). Signor Presidente, onorevoli senatori, vorrei ripartire nuovamente dall'articolo 27 della Costituzione: «Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato». È sulla rieducazione del condannato che ci siamo concentrati nel proporre questo articolo aggiuntivo che tratta dell'interdizione dai pubblici uffici.

Crediamo che la sicurezza richieda politiche di integrazione. I diritti civili e politici sono universali. Fra i diritti politici, in primo luogo vi è il diritto all'elettorato attivo. L'esclusione di coloro che sono in esecuzione penale, a volte anche dopo molti anni dal fine pena, ossia sino a che non interviene la riabilitazione, configura un'ingiustificata preclusione all'esercizio di uno dei diritti fondamentali dell'individuo.

L'emendamento 35.0.100 prevede l'eliminazione della privazione del diritto di elettorato attivo dall'elenco delle pene accessorie. La complessiva serie di effetti che consegue alla condanna continua a rispecchiare un'ottica di esclusione dal contesto sociale e democratico e comunque non di aiuto al recupero sociale della persona che, pur avendo sbagliato e scontato la sua pena, si trova privata di importanti diritti quali, ad esempio, quello dell'elettorato attivo. Tale limitazione non può che costituire uno scoglio insormontabile ai fini di un effettivo reinserimento sociale. Per tale motivo, dunque, è auspicabile l'intervento legislativo con l'approvazione di questo emendamento in un campo che da tempo non subisce modifiche migliorative e che invece registrerebbe effetti positivi proprio nell'ottica di quanto previsto dalla terzo comma dell'articolo 27 della Costituzione.

L'emendamento in esame, dunque, tende ad eliminare la privazione del diritto di elettorato attivo dal novero delle pene accessorie e, in particolare, dalle limitazioni attualmente riconducibili all'interdizione dai pubblici uffici previste all'articolo 28 del codice penale.

A margine, devo registrare che purtroppo alcune dichiarazioni, rese anche in quest'Aula, in realtà tenderebbero davvero a distruggere l'articolo 27 della Costituzione: secondo alcuni componenti di questa istituzione, le persone che hanno pagato il conto con la giustizia, che hanno scontato la pena non dovrebbero fare più nulla, neppure partecipare alla vita sociale. Mi auguro, invece, che l'approvazione dell'emendamento 35.0.100 rimetta questo punto in discussione dando così maggiore attuazione all'articolo 27 della Costituzione. (Applausi del senatore Perduca).

 

CASSON (PD). Signor Presidente, desidero illustrare in sintesi la serie di subemendamenti che riguardano l'emendamento 35.0.800, presentato dai relatori. Tale emendamento concerne il patrocinio delle vittime dei reati di violenza sessuale, che è posto - come preannunciato anche pubblicamente sulla stampa - a carico dello Stato. Noi abbiamo predisposto una serie di subemendamenti analizzando la questione sotto un duplice profilo, il primo dei quali riguarda il fatto che le fattispecie di reato che concernono la violenza sessuale, in particolare a danno delle donne e dei minori, non sono complete.

Inoltre, l'emendamento 35.0.800/7 (che illustrerò un po' più diffusamente) riguarda il patrocinio delle vittime di reati molto particolari, cioè dei morti a causa di infortunio sul lavoro e per malattia professionale: si tratta di una piaga sociale che tutti i giorni colpisce il nostro Paese. Riteniamo sarebbe un segnale estremamente positivo se tutta l'Assemblea del Senato volesse intervenire, per la prima volta in modo concreto e tangibile, a favore delle vittime e di coloro che muoiono a causa del lavoro per infortunio o per malattia professionale, come ad esempio per l'amianto. Al riguardo rappresento in particolare il fatto che le vittime di questi reati, per la grandissima parte e forse anche per la totalità, sono sicuramente persone a basso reddito, lavoratori, e quando si tratta di morti da amianto sono addirittura pensionati o comunque persone al di fuori del mondo del lavoro. Credo quindi che il gesto del Parlamento, e del Senato in particolare, sarebbe un segnale molto forte.

Concludo segnalando che di questo emendamento in particolare ho già parlato con rappresentanti della maggioranza e, in particolare, con i Presidenti della Commissione lavoro e previdenza sociale e della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro con particolare riguardo alle cosiddette "morti bianche", e quindi con il presidente Giuliano e il presidente Tofani, e penso sia possibile arrivare al consenso, quanto meno su questa parte che concerne i morti a causa del lavoro. (Applausi dei senatori Pegorer e Biondelli).

 

ADAMO (PD). Signor Presidente, illustrerò l'emendamento 35.0.800/2, che fa parte dei subemendamenti che, come già evidenziato dal collega Casson, si riferiscono all'emendamento 35.0.800 dei relatori, volto ad introdurre il pubblico patrocinio per una serie di reati, tra cui quelli di violenza sessuale, cosa che credo in queste giornate non debba che vederci tutti assolutamente favorevoli.

Non vorrei riaprire la polemica con il sottosegretario Mantovano, ma va da sé che l'ultima volta... (Brusìo). Però, Presidente, faccio fatica ad ascoltarmi io, si figuri un po'! Il Sottosegretario non ascolta, il relatore non ascolta.

 

PRESIDENTE. Su questo lei ha pienamente ragione.

Colleghi, la senatrice Adamo ha il diritto di poter esprimere le sue opinioni ed illustrare le sue proposte di modifica in un'Assemblea che sia quanto meno attenta. Chi non è attento è invitato a lasciare l'Aula. Prego, senatrice.

 

ADAMO (PD). Grazie, Presidente. Come dicevo, non vorrei approfittare per riaprire la polemica con il sottosegretario Mantovano; però, come abbiamo visto, positivamente, è stato bensì approvato il provvedimento sullo stalking, che aspettiamo di esaminare in Senato e sul quale sicuramente riprenderemo l'atteggiamento costruttivo e unitario che ha caratterizzato i lavori della Camera, ma in sede di esame di quel provvedimento il Governo ha respinto, influenzando naturalmente l'orientamento della maggioranza, anche le norme che avevamo proposto con i nostri emendamenti sulla violenza sessuale. Se, per una volta, il Governo ci avesse dato ascolto, oggi staremmo per varare una legge che anche su questi argomenti darebbe immediatamente risposta alle attese della popolazione.

Detto questo, e chiudendo la polemica, l'emendamento 35.0.800 dei relatori non può che vedere il nostro favore, però, visto che affrontiamo una casistica particolare, mi permetto, con il subemendamento 35.0.800/2, di fare riferimento anche all'articolo 600-bis del codice penale, relativo alla prostituzione minorile. Potremmo ritenere tale emendamento assorbito dal subemendamento 35.0.800/1, cioè nella fattispecie della riduzione in schiavitù, ma non sempre la prostituzione minorile è in modo eclatante riduzione in schiavitù. Peraltro, poiché l'obiettivo del pubblico patrocinio è quello di avere qualcuno che non solo paga, ma prende le difese della vittima e ne tutela il diritto non solo alla giustizia, ma anche a risarcimenti, al reinserimento, all'aiuto ad uscire dalla situazione in cui si è venuta a trovare a causa del colpevole, gli altri nostri subemendamenti cercano di inserire altri reati i quali, sia che si riferiscano alle donne, sia che si riferiscano ai minori, hanno la stessa caratteristica dell'emendamento del relatore, che si riferisce solo ed esclusivamente al reato di violenza sessuale. Vi sono altri reati in cui il pubblico patrocinio per la vittima è garanzia non solo di possibilità economiche, ovviamente, e quindi diritto a tutti gli effetti ad esercitare l'accusa e quant'altro (ci capiamo), ma anche a godere di tutta una serie di interventi di sostegno perché questo suo diritto non sia solo formale ma venga esercitato a pieno.

Ci sono altri subemendamenti analoghi che illustrerò successivamente. (Applausi dal Gruppo PD).

INCOSTANTE (PD). Signor Presidente, intervengo per illustrare l'emendamento 35.0.800/3, relativo al tema del gratuito patrocinio delle vittime della tratta. Il fenomeno della tratta è molto forte nel suo complesso ed è legato alle organizzazioni criminali. Si tratta di un fenomeno relativamente al quale forme e misure di prevenzione sono importantissime, quanto anche forme di sostegno soprattutto a chi decide di denunciare.

Pertanto, il gratuito patrocinio ci sembra un elemento importante e fondamentale che può servire ad incoraggiare e a sostenere tutte le persone che decidono, eventualmente siano incorse in questo tipo di legami o in questo tipo di fenomeni dal punto di vista dell'abuso delle organizzazioni criminali rispetto alla tratta di esseri umani, di denunciare. Sappiamo anche quale sia la debolezza dei soggetti coinvolti. Tante misure come quelle che furono attuate per l'articolo 18 andrebbero fortemente finanziate e riguardano anche i programmi di prevenzione e protezione per chi denuncia gli sfruttatori e i soggetti che fanno uso di questo reato, cioè della tratta degli esseri umani, in particolare praticata sulle donne e sui bambini. Sono forme di prevenzione importantissime perché consentono anche di proteggere le vittime che denunciano e quindi permettono anche di incentivare la collaborazione nei confronti dello Stato.

Un'altra incentivazione importante è rappresentata dal gratuito patrocinio. Per questo motivo ci permettiamo di insistere sull'emendamento in esame ritenendolo anche di valore simbolico. Comprendiamo il tema economico, ma non crediamo peraltro che questo emendamento richieda un apporto molto rilevante di risorse economiche. Ci troveremmo di fronte ad una collaborazione molto forte da parte di questi soggetti e in tal caso forse varrebbe la pena appostare delle risorse consistenti. Per il momento non ci sembra che queste risorse siano così consistenti da impedire, con parere contrario da parte del Governo, l'approvazione dell'emendamento che abbiamo proposto.

 

ADAMO (PD). Signor Presidente, considerazioni analoghe a quelle svolte da me in precedenza sull'emendamento 35.0.800/2 e dalla collega Incostante sull'emendamento 35.0.800/3 possono essere svolte anche a proposito dell'emendamento 35.0.800/4, di cui è prima firmataria la senatrice Della Monica, che fa riferimento all'articolo 602 del codice penale, ossia allo schiavismo non nel senso dell'emendamento che si riferiva all'articolo 600, ma specificatamente all'acquisto e alla vendita di esseri umani.

Non possiamo fingere che queste realtà, che pensavamo remote, isolate in qualche parte del mondo e che non ci toccassero minimamente, non siano presenti anche nel nostro territorio, sia perché connesse ad alcuni fenomeni migratori di cui non abbiamo tempo di sviluppare in questa sede le caratteristiche, sia perché comunque sopravvivenze orribili di pratiche mai completamente sradicate anche nel nostro territorio nazionale e tra cittadini italiani. Il fenomeno più massicciamente vistoso da questo punto di vista è quello relativo alla tratta degli esseri umani collegato o alla prostituzione minorile e non, o alla produzione pornografica e soprattutto pedopornografica.

Sappiamo che la persona che viene aiutata a uscire da questo giro in questi casi si ritrova in un vero e proprio incubo. Non ci sono distinguo, come in altre situazioni, perché parliamo dell'acquisto e della vendita di esseri umani, dai neonati, nella zona grigio-nera delle adozioni internazionali, fino ai fenomeni di cui parlavo prima.

Quando ci si trova di fronte a questi fenomeni e quando la vittima é stata individuata dalle forze dell'ordine e, a seconda dell'età, è in grado personalmente o tramite un tutore (il sindaco o qualunque altra persona) di costituirsi parte civile in un procedimento, questa fattispecie deve essere, a nostro avviso, compresa tra quelle previste dall'emendamento del relatore. (Applausi dal Gruppo PD).

 

CHIURAZZI (PD). Signor Presidente, il subemendamento 35.0.800/8 all'emendamento 35.0.800 dei relatori estende il patrocinio a carico dello Stato alle vittime per i reati di cui all'articolo 630 del codice penale che disciplina la fattispecie del sequestro di persona a scopo di rapina e di estorsione.

La ragione di questo emendamento sta nelle considerazioni che il collega Casson e gli altri hanno presentato per tutti gli altri emendamenti. Nel caso specifico si comprenderà come questo sia un reato fortemente limitativo della libertà della persona; quindi, per questa ragione, ne individueremmo una forma di sostegno alla vittima attraverso il patrocinio gratuito.

 

MAURO (LNP). Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, desidero illustrare l'emendamento 35.0.800/9, che si intende riferito al nuovo testo dell'emendamento 35.0.800 che i relatori presenteranno.

Purtroppo la cronaca quotidiana riporta notizie di violenze sessuali soprattutto nei confronti delle donne. Basta guardare i dati per rendersi conto che si tratta di un fenomeno che anziché diminuire continua giorno dopo giorno a crescere. Non ultimo, in questi due giorni, si sono verificate altre violenze sessuali.

Come già ricordavo la settimana scorsa, in occasione del mio intervento sul fenomeno della violenza contro le donne, secondo il rapporto ISTAT del 2006, erano 6.743.000 le donne dai 16 ai 70 anni ad aver dichiarato di essere rimaste vittime di molestie o violenze fisiche, psichiche o sessuali nel corso della propria vita. Di queste circa un milione ha subito stupri o tentati stupri. Purtroppo, nella quasi totalità dei casi le violenze non sono denunciate. Ciò che possiamo definire come il sommerso è tuttora elevatissimo. La violenza sessuale e gli atti sessuali con minorenni, la violenza sessuale di gruppo sono reati aberranti che scuotono le coscienze personali e provocano un senso diffuso di paura e di insicurezza nella cittadinanza.

Si tratta di reati che, se pure da un lato violano la sfera più personale ed intima, dall'altro lato colpiscono in modo indiscriminato l'intera comunità cittadina, provocando sdegno e un sentimento diffuso di ingiustizia.

Nel momento in cui un balordo violenta una donna o un bambino, o peggio ancora un gruppo di sciacalli si accanisce su una vittima indifesa violandola o provocandole ferite, che soltanto Dio sa come e quando potranno essere riemarginate, qualunque pena appare lieve e sproporzionata al reato.

Gli ultimi fatti di cronaca confermano quindi che la violenza fisica e sessuale rappresenta ancora oggi una delle forme di violazione dei diritti umani più grave e diffusa nel mondo e nel nostro Paese, che produce effetti devastanti sulla vita di tutti. Spetta quindi a tutti i Governi nazionali adottare misure rigorose per arginare tale fenomeno e per tutelare i diritti degli individui, come chiede anche la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo. La gravità del fatto e il rispetto della dignità delle vittime impongono interventi sanzionatori capaci di restituire all'intera società credibilità nella giustizia.

Noi politici abbiamo il dovere di dare una risposta concreta; non possiamo e non dobbiamo limitarci esclusivamente a criticare l'operato della magistratura che, seppur nell'esercizio discrezionale, è obbligata al rispetto della legge. Se di fatto la normativa vigente permette di concedere la custodia cautelare agli arresti domiciliari ad un reo confesso di violenza sessuale, che trova come uniche giustificazioni e scusanti quelle di avere agito sotto l'effetto di alcool, droga o quanto altro, noi legislatori non possiamo fare altro che apportare le giuste modifiche anche perché tanti colleghi, sia di maggioranza sia di opposizione, hanno dichiarato che non bisogna concedere la libertà provvisoria o forme di detenzione alternativa nei casi di gravi reati come la violenza sessuale. Inoltre, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha dichiarato ieri che lo stupro è un delitto imperdonabile ed esecrabile e scarcerare gli autori, come deciso dal GIP di Roma e Guidonia, è da considerarsi un errore.

Qualche giorno fa gli stessi magistrati hanno ritenuto di prevedere la custodia cautelare agli arresti domiciliari per Davide Franceschini, indagato nella inchiesta sullo stupro, avvenuto nella notte di Capodanno a Roma; hanno dichiarato che quando il legislatore restringerà il potere del giudice questi agirà di conseguenza.

La nostra proposta emendativa, nella nuova formulazione, va in questo senso, onorevoli rappresentanti del Governo, mirando ad escludere la violenza sessuale, gli atti sessuali con minorenni e la violenza sessuale di gruppo dalle fattispecie di reati per i quali agli imputati possono essere concesse misure alternative alla detenzione.

Inoltre, la nostra proposta prevede che per i reati di violenza sessuale sia sempre applicata la misura della custodia cautelare in carcere, in tal modo eliminando lo scandalo degli arresti domiciliari per gli imputati di tali gravissimi fatti. (Applausi dal Gruppo LNP e del senatore Saltamartini). Infine, con la nostra proposta prevediamo l'arresto obbligatorio in flagranza per i reati di violenza sessuale.

Signor Presidente, rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, credo che questa non sia una soluzione, però penso che abbiamo il dovere, una volta tanto, di essere vicini a tutte le donne, a tutti i bambini, a tutte le famiglie colpite da questi gravi fatti non solo moralmente, con le parole e con la demagogia delle dichiarazioni e delle trasmissioni televisive che si fanno su questi argomenti, bensì intervenendo con la legge in modo che anche la magistratura non possa dire che sono i legislatori a dover intervenire. Noi lo chiediamo con forza. (Applausi dai Gruppi LNP e PdL).

 

PRESIDENTE. Vorrei informare l'Assemblea, ai fini dell'economia della gestione dei lavori, che, essendoci altri interventi di illustrazione degli emendamenti, sicuramente entro le ore 13,30 non avrà luogo alcuna votazione.

 

BERSELLI, relatore. Signor Presidente, tutti i subemendamenti fin qui illustrati, dal 35.0.800/1 al 35.0.800/9, si riferiscono all'emendamento 35.0.800 dei relatori. Si tratta di un emendamento di grandissima attualità che credo possa trovare la condivisione dell'intera Aula del Senato. Con questo emendamento i relatori propongono che i soggetti vittime dei reati di violenza sessuale, di atti sessuali con minorenni e di violenza sessuale di gruppo possano sempre chiedere l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, anche qualora i propri redditi superino le soglie previste dalla legislazione vigente, in considerazione della particolare efferatezza delle fattispecie criminose in oggetto e della evidente influenza nel tessuto sociale delle relative condotte lesive a cui ogni giorno la carta stampata e la televisioni danno ampio risalto.

Questo nostro emendamento viene riformulato dai relatori (e, conseguentemente, tutti i subemendamenti dovranno essere ricollocati sulla nuova riformulazione) per esigenze di copertura finanziaria. L'emendamento 35.0.800 dei relatori si intende così riformulato: «1. Dopo l'articolo 76, comma 4-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, è inserito il seguente: "4-ter. La persona offesa dai reati di cui agli articoli 609-bis, 609-quater e 609-octies del codice penale può essere ammessa al patrocinio anche in deroga ai limiti di reddito previsti dal presente decreto."» L'aggiunta che proponiamo in un emendamento più asciutto rispetto a quello precedente è la seguente: «2. Agli oneri derivanti dalle disposizioni del presente articolo si provvede con gli ordinari stanziamenti di bilancio». Ciò - ripeto - in riferimento solo agli articoli 609-bis, 609-quater e 609-octies. Conseguentemente, ripeto, tutti i subemendamenti presentati alla precedente formulazione devono ragionevolmente essere riportati al nuovo testo che ho appena esposto e che, mi auguro, trovi la più ampia condivisione da parte dell'Aula.

Presidenza della vice presidente MAURO(ore 13,18)

 

TOFANI (PdL). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

TOFANI (PdL). Signora Presidente, condivido il contenuto dell'emendamento 35.0.800/7 e, se il primo firmatario, senatore Casson, lo consente, desidero sottoscriverlo. Esso estende il pubblico patrocinio anche a quei fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro e sulle malattie professionali. Mi auguro che l'Aula voglia accogliere l'emendamento e spero che il mio auspicio si trasformi presto nei fatti.

Sono convinto che l'intera Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro con particolare riguardo alle cosiddette "morti bianche" sosterrà questa iniziativa, che è un atto di grande civiltà e di vicinanza soprattutto nei confronti di quelle persone che, tragicamente, muoiono in un momento in cui la vita dovrebbe essere invocata, cioè quando si recano al lavoro per svolgere la loro puntuale attività e per dare risposte a sé stessi e alle loro famiglie.

 

BONFRISCO (PdL). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

BONFRISCO (PdL). Signora Presidente, il tema che lei stessa ha sollevato qualche minuto fa con tanta forza credo che obblighi ciascuno di noi ad una riflessione nella doppia veste di cittadini e di legislatori, ma forse ancor di più di genitori, di fratelli, di sorelle, di figli di donne che possono trovarsi nella drammatica situazione di subire una violenza spesso inaudita. A questo fenomeno assistiamo, purtroppo inermi, da troppo tempo ma è innegabile che l'allarme sociale che si sta determinando nel Paese riguardo a questo tipo di reati ci obbliga ad una riflessione tempestiva. Non voglio entrare necessariamente nell'ambito difficile, complesso e sottile del diritto perché le discussioni sarebbero lunghe. Il presidente Berselli prima ci ha intrattenuto in modo assai interessante su alcune sue considerazioni.

Chiedo ai colleghi per un momento di mettersi una mano sulla coscienza e di rispondere da legislatori, cittadini, genitori, figli, fratelli, sorelle a questa emergenza che si va determinando nel Paese per due motivi fondamentali, a mio modesto avviso: innanzitutto, una cattiva interpretazione del ruolo della magistratura in queste vicende che mette in luce, insieme ad altri aspetti, il fallimento del nostro sistema giudiziario, perché là sta il vero e grande problema. Ormai il tema della giustizia è una vera e propria emergenza nel Paese, sia che esso riguardi la giustizia civile come quella penale e tutti lo vivono sulla propria pelle, dai cittadini innanzitutto alle imprese ed alle istituzioni. Quanti enti locali sono bloccati e rallentati nei processi civili ed amministrativi? Quante imprese subiscono danni da una giustizia civile che non funziona e, ahimè, quanti cittadini pagano sulla propria pelle una giustizia che ormai in questo Paese è diventata un sepolcro imbiancato?

Il secondo aspetto che a me interessa mettere in evidenza, forse ancora di più nell'ambito di questa discussione, è che c'è dietro questo fenomeno una preoccupante deriva culturale, che deve farci interrogare sui vuoti che abbiamo contribuito a determinare nel sistema dei valori, nella trasmissione dei nostri valori alle giovani generazioni, a quelli che poi improvvisamente conosciamo come dei ragazzi normali ed improvvisamente scopriamo essere un branco o dare vita ad un branco.

C'è un grande lavoro che tutti noi dobbiamo poter fare a partire da qui, senza aspettare che lo facciano altri, senza aspettare che altri cerchino di difendere come possono ciò che hanno e soprattutto facendo in modo che non si ingeneri nella coscienza civile di questo Paese la certezza che lo Stato non dà certezza, e non solo della pena, ma nemmeno dell'intervento, e la certezza ancor più pericolosa per tutti noi che ci dobbiamo arrangiare e farci giustizia da soli.

Le reazioni che in questi giorni abbiamo visto verificarsi in alcune situazioni (Guidonia per esempio, ma ve ne sono molte altre che non cito e che non è così importante citare) segnalano però che i cittadini sono stanchi di sopportare mille vessazioni, di non veder riconosciuti i propri fondamentali diritti - e la sicurezza è un fondamentale diritto dei cittadini che si uniscono in una società, in uno Stato, in una comunità - e sono ormai determinati a farsi giustizia da soli.

Se non vogliamo da domani dover affrontare anche altri drammatici problemi, abbiamo l'obbligo, senza necessariamente rincorrere l'emotività suscitata dai mass media, di sapere, di conoscere che questo fenomeno sta determinando un allarme vero, culturale e sociale, nel nostro Paese. Se noi siamo legislatori responsabili, abbiamo il dovere di anticipare per una volta e non di rincorrere sempre: l'inasprimento delle pene rispetto a questo tipo di violenze ormai non è più rinviabile.

Così come non è più rinviabile una discussione approfondita, non solo da parte nostra ma di tutti i protagonisti di questa società, sempre più malata e che necessita di un intervento culturale prima ancora che normativo, rispetto al dialogo con i genitori e con la scuola, con gli attori protagonisti che sono alla base della vicenda umana della nostra società.

Se ci dimentichiamo questo allora le nostre leggi, le nostre norme, anche se buonissime, resteranno scritte sulla carta e basta. Faremo ottime leggi per la carta. La realtà non sta però nella carta, sta fuori di qui: e fuori di qui, questo Paese non vive più bene. Non vivono più bene le donne di questo Paese, costrette a fare i conti con un problema di sicurezza che condiziona pesantemente la loro vita, e ancora troppo spesso costrette a fare i conti con un'arretratezza culturale che ci ha portato finora a sottovalutare in modo colpevole (voglio dire criminale) tale dramma, che pensiamo sempre appartenga ad altri. Ormai i dati statistici ci dimostrano però che gli altri cominciamo ad essere noi e che in ogni nostra famiglia può verificarsi un evento così drammatico, dentro e fuori le mura domestiche.

L'appello alla coscienza di tutti noi forse servirà oggi a farci votare non una norma in più, non solo un inasprimento, ma una svolta culturale in tema di rispetto delle donne, che non costituisca solo una stigmatizzazione di quel segnale che ci viene richiesto di forte punizione di chi mette in discussione la sacralità del corpo e dell'animo femminile. (Applausi dal Gruppo PdL e del senatore Zavoli).

 

CASSON (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CASSON (PD). Signora Presidente, mi corre l'obbligo, vista la riformulazione che è stata fatta dai relatori dell'emendamento 35.0.800, di indicare che tutti i subemendamenti presentati all'emendamento 35.0.800, a firma dei senatori del Partito Democratico, quindi dall'emendamento 35.800/1 fino al 35.800/8, vengono riformulati nel senso di proporre l'inserimento, all'emendamento 35.0.800 (testo 2), dopo le parole «4-ter. La persona offesa dai reati di cui agli articoli 609-bis, 609-quater e 609-octies», di tutti i riferimenti alle altre norme del codice penale in essi originariamente previsti.

 

CALIENDO, sottosegretario di Stato per la giustizia. È la stessa cosa.

 

PRESIDENTE. Va bene, senatore Casson.

Data l'ora, rinvio il seguito della discussione del disegno di legge in titolo ad altra seduta

 

 

 

 


 

Allegato A

DISEGNO DI LEGGE

Disposizioni in materia di sicurezza pubblica (733)

 

 

EMENDAMENTO 33.0.102 (TESTO 2) E SEGUENTI TENDENTI AD INSERIRE ARTICOLI AGGIUNTIVI DOPO L'ARTICOLO 33

33.0.102 (testo 2)

LUMIA, CAROFIGLIO, DE SENA, CASSON, BIANCO, INCOSTANTE, LATORRE, MARITATI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, GALPERTI, ADAMO, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI, GARRAFFA

Respinto

Dopo l'articolo 33, inserire il seguente:

«Art. 33-bis.

(Assunzione dei testimoni di giustizia nella pubblica amministrazione)

1. All'articolo 16-ter del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito con modificazioni nella legge 15 marzo 1991, n. 82, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, dopo la lettera e), è inserita la seguente:

"e-bis) i testimoni hanno accesso ad un programma di assunzione in una pubblica amministrazione, con qualifica e funzioni corrispondenti al titolo di studio ed alle professionalità possedute;";

b) dopo il comma 2, è inserito il seguente:

"1-bis. Alle eventuali assunzioni di cui al comma 1, lettera e-bis), si provvede per chiamata diretta nominativa, nell'ambito dei rapporti di lavoro di cui all'articolo 2, commi 2 e 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, e degli stanziamenti all'uopo disponibili, anche in deroga a disposizioni di legge concernenti le assunzioni nella pubblica amministrazione, fatte salve quelle che richiedono il possesso di specifici requisiti, sulla base delle intese conseguite fra il Ministero dell'interno e l'Amministrazione interessata. Con apposito decreto da emanarsi a norma del comma 1 dell'articolo 17-bis, sono stabilite le occorrenti modalità di attuazione, anche al fine di garantire la sicurezza delle persone interessate".

2. Agli oneri derivanti dall'attuazione del presente articolo, si provvede, nel limite massimo di euro 6.928.608 a decorrere dall'anno 2009, mediante corrispondente riduzione in maniera lineare, degli stanziamenti di parte corrente relativi alle autorizzazioni di spesa come determinate dalla tabella C della legge 22 dicembre 2008, n. 203. Il Ministro dell'economia è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.».

33.0.600/1

CASSON, MARITATI, LATORRE, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, GALPERTI

Approvato

All'emendamento 33.0.600, al comma 1, dopo le parole: «di terrorismo» inserire le seguenti: «anche internazionale».

33.0.600/2

CASSON, MARITATI, LATORRE, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, GALPERTI

Approvato

All'emendamento 33.0.600, al comma 1, dopo la parola: «concreti» inserire le seguenti: «e specifici».

33.0.600/3

CASSON, MARITATI, LATORRE, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, GALPERTI

Respinto

All'emendamento 33.0.600, al comma 1, dopo la parola: «favorisca» inserire le seguenti: «, in ragione di collegamenti con l'imputato o con la persona sottoposta alle indagini, ovvero con l'associazione terroristica o eversiva cui questi appartengano».

33.0.600/4

CASSON, MARITATI, LATORRE, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, GALPERTI

Respinto

All'emendamento 33.0.600, al comma 1, sostituire le parole: «la commissione dei medesimi reati» con le seguenti: «l'attività delle associazioni per cui si procede».

33.0.600/5

CASSON, MARITATI, LATORRE, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, GALPERTI

V. testo 2

All'emendamento 33.0.600, al comma 1, sostituire le parole da: «il Ministro dell'interno» sino alla fine del comma, con le seguenti: «può essere disposta cautelativamente, ai sensi dell'articolo 3 della legge 25 gennaio 1982, n. 17, la sospensione di ogni attività associativa. La richiesta è presentata al giudice competente per il giudizio in ordine ai predetti reati. Avverso il provvedimento è ammesso ricorso ai sensi del quinto comma del medesimo articolo 3 della legge n. 17 del 1982.».

33.0.600/5 (testo 2)

CASSON, MARITATI, LATORRE, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, GALPERTI

Approvato

All'emendamento 33.0.600, al comma 1, sostituire le parole da: «il Ministro dell'interno» sino alla fine del comma, con le seguenti: «può essere disposta cautelativamente, ai sensi dell'articolo 3 della legge 25 gennaio 1982, n. 17, la sospensione di ogni attività associativa. La richiesta è presentata al giudice competente per il giudizio in ordine ai predetti reati, il quale decide entro dieci giorni. Avverso il provvedimento è ammesso ricorso ai sensi del quinto comma del medesimo articolo 3 della legge n. 17 del 1982. Il ricorso non sospende l'esecuzione del provvedimento impugnato.».

33.0.600/6

CASSON, MARITATI, LATORRE, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, GALPERTI

Approvato

All'emendamento 33.0.600, al comma 3, alla parola: «reati» premettere le seguenti: «taluno dei».

33.0.600/7

CASSON, MARITATI, LATORRE, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, GALPERTI

Respinto

All'emendamento 33.0.600, al comma 3, dopo le parole: «Ministro dell'interno» inserire le seguenti: «, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, ».

33.0.600/8

CASSON, MARITATI, LATORRE, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, GALPERTI

Respinto

All'emendamento 33.0.600, al comma 3, dopo le parole: «in sentenza.» aggiungere, in fine, le seguenti: «Il provvedimento è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.».

33.0.600

IL GOVERNO

Approvato nel testo emendato

Dopo l'articolo 33,inserire il seguente:

«Art. 33-bis.

(Sospensione cautelativa e scioglimento)

1. Quando si procede per un delitto consumato o tentato con finalità di terrorismo ovvero per un reato aggravato ai sensi dell'articolo 1 del decreto-legge 15 dicembre 1979, n. 625, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 febbraio 1980, n. 15 e successive modificazioni, e sussistono concreti elementi che consentano di ritenere che l'attività di organizzazioni, di associazioni, movimenti o gruppi favorisca la commissione dei medesimi reati, il Ministro dell'interno, in seguito a comunicazione dell'autorità giudiziaria, può disporre con proprio decreto, cautelativamente, la sospensione di ogni attività associativa secondo le procedure e le modalità di cui all'articolo 7, comma 1, del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, in quanto applicabili.

2. Il provvedimento di cui al comma 1 è revocato in ogni momento quando vengano meno i presupposti indicati nel medesimo comma.

3. Quando con sentenza irrevocabile sia accertato che l'attività di organizzazioni, di associazioni, movimenti o gruppi abbia favorito la commissione di reati di cui al comma 1, il Ministro dell'interno ordina con decreto lo scioglimento dell'organizzazione, associazione, movimento o gruppo e dispone la confisca dei beni, ove non sia già disposta in sentenza».

33.0.103

LI GOTTI, BELISARIO, PARDI, GIAMBRONE, CARLINO, ASTORE, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA, RUSSO

Respinto

Dopo l'articolo 33, aggiungere il seguente:

Art. 33-bis.

(Attribuzione al procuratore antimafia di funzioni in materia di terrorismo)

1. A far data dal 1 marzo 2009, al procuratore nazionale antimafia e ai procuratori distrettuali sono attribuite le funzioni in relazione ai procedimenti per i delitti consumati o tentati con fmalità di terrorismo e di prevenzione del crimine orgamzzato.

2. All'articolo 371-bis del codice di procedura penale, nel primo comma, sostituire le parole «nell'articolo 51 comma 3-bis» con le seguenti: «negli articoli 51 commi 3-bis e 3-quater».

3. Dal 1º marzo 2009, la Direzione Nazionale Antimafia assume la denominazione di Direzione Nazionale Criminalità Organizzata.

33.0.305 (già 33.300)

SALTAMARTINI

Improcedibile

Dopo l'articolo 33, inserire il seguente:

«Art. 33-bis.

(Misure di coordinamento delle amministrazioni interessate alla gestione, destinazione e utilizzo dei beni confiscati alla criminalità)

1. La Presidenza del Consiglio dei Ministri garantisce il coordinamento delle amministrazioni interessate alla gestione, destinazione e utilizzo dei beni confiscati alla criminalità, con funzioni di impulso, ispettive e sostitutive nonché di raccordo con le autorità giudiziarie e con le Autonomie Regionali e territoriali. Il Presidente del Consiglio dei Ministri con apposito decreto, da emanarsi entro 90 giorni dall'entrata in vigore della presente legge, definisce le modalità di organizzazione della struttura.

2. Il Presidente del Consiglio dei Ministri riferisce annualmente al Parlamento sullo stato di attuazione della disciplina di destinazione e utilizzo dei beni confiscati alla criminalità.

3. Gli oneri di funzionamento della struttura non devono comportare aumento di spesa e sono posti a carico della Presidenza del Consiglio dei ministri, nell'ambito degli ordinari stazionamenti di bilancio.».

33.0.306 (già 33.106)

CASSON, LUMIA, DE SENA, BIANCO, INCOSTANTE, LATORRE, CAROFIGLIO, MARITATI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, GALPERTI, ADAMO, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI

Improcedibile

Dopo l'articolo 33, inserire il seguente:

«Art. 33-bis.

(Misure di coordinamento delle amministrazioni interessate alla gestione, destinazione e utilizzo dei beni confiscati alla criminalità)

1. La Presidenza del Consiglio dei Ministri assicura il coordinamento delle amministrazioni interessate alla gestione, destinazione e utilizzo dei beni confiscati alla criminalità, con compiti di impulso, ispettivi e sostitutivi nonché di raccordo con le autorità giudizi arie e con le Autonomie Regionali e territoriali. La definizione funzionale, organizzati va, organica e strumentale della struttura è stabilita con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da emanarsi entro 90 giorni dall'entrata in vigore della presente legge.

2. Il Presidente del Consiglio dei Ministri riferisce annualmente al Parlamento sullo stato di attuazione della disciplina di destinazione e utilizzo dei beni confiscati alla criminalità.

3. Gli oneri di funzionamento della struttura non devono comportare aumento di spesa e sono posti a carico della Presidenza del Consiglio dei ministri, nell'ambito degli ordinari stazionamenti di bilancio.».

ARTICOLO 34 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE

Art. 34.

Approvato

(Modifiche all'articolo 41-bis della legge 26 luglio 1975, n.354)

1. All'articolo 41-bis della legge 26 luglio 1975, n.354, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) comma 1, le parole: «il Ministro di grazia e giustizia» sono sostituite dalle seguenti: «il Ministro della giustizia»;

b) al comma 2, primo periodo, dopo la parola: «4-bis» sono inserite le seguenti: «o comunque per un delitto che sia stato commesso avvalendosi delle condizioni o al fine di agevolare l'associazione di tipo mafioso»;

c) al comma 2, dopo il primo periodo, è aggiunto il seguente: «In caso di unificazione di pene concorrenti o di concorrenza di più titoli di custodia cautelare, la sospensione può essere disposta anche quando sia stata espiata la parte di pena o di misura cautelare relativa ai delitti indicati nell'articolo 4-bis.»;

d) il comma 2-bis è sostituito dal seguente:

«2-bis. Il provvedimento emesso ai sensi del comma 2 è adottato con decreto motivato del Ministro della giustizia, anche su richiesta del Ministro dell'interno, sentito l'ufficio del pubblico ministero che procede alle indagini preliminari ovvero quello presso il giudice procedente e acquisita ogni altra necessaria informazione presso la Direzione nazionale antimafia, gli organi di polizia centrali e quelli specializzati nell'azione di contrasto alla criminalità organizzata, terroristica o eversiva, nell'ambito delle rispettive competenze. Il provvedimento medesimo ha durata pari a quattro anni ed è prorogabile nelle stesse forme per successivi periodi, ciascuno pari a due anni. La proroga è disposta quando risulta che la capacità di mantenere collegamenti con l'associazione criminale, terroristica o eversiva non è venuta meno, tenuto conto anche del profilo criminale e della posizione rivestita dal soggetto in seno all'associazione, della perdurante operatività del sodalizio criminale, della sopravvenienza di nuove incriminazioni non precedentemente valutate, degli esiti del trattamento penitenziario e del tenore di vita dei familiari del sottoposto. Il mero decorso del tempo non costituisce, di per sé, elemento sufficiente per escludere la capacità di mantenere i collegamenti con l'associazione o dimostrare il venir meno dell'operatività della stessa.»;

e) il comma 2-ter è abrogato;

f) al comma 2-quater:

1) all'alinea, al primo periodo è premesso il seguente: «I detenuti sottoposti al regime speciale di detenzione devono essere ristretti all'interno di istituti a loro esclusivamente dedicati, collocati preferibilmente in aree insulari, ovvero comunque all'interno di sezioni speciali e logisticamente separate dal resto dell'istituto e custoditi da reparti specializzati della polizia penitenziaria» e nel primo periodo le parole: «può comportare» sono sostituite dalla seguente: «prevede»;

2) alla lettera b):

2.1) nel primo periodo, le parole: «in un numero non inferiore a uno e non superiore a due» sono sostituite dalle seguenti: «nel numero di uno»;

2.2) nel terzo periodo le parole: «I colloqui possono essere» sono sostituite dalle seguenti: «I colloqui vengono» e alle parole: «può essere autorizzato» sono premesse le seguenti: «solo per coloro che non effettuano colloqui»;

2.3) dopo il terzo periodo è inserito il seguente: «I colloqui sono comunque videoregistrati»;

2.4) all'ultimo periodo, dopo le parole: «non si applicano ai colloqui con i difensori» sono aggiunte le seguenti: «con i quali potrà effettuarsi, fino ad un massimo di tre volte alla settimana, una telefonata o un colloquio della stessa durata di quelli previsti con i familiari»;

3) nella lettera f), le parole: «cinque persone» sono sostituite dalle seguenti: «quattro persone», le parole: «quattro ore» sono sostituite dalle seguenti: «due ore» ed è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Saranno inoltre adottate tutte le necessarie misure di sicurezza anche attraverso accorgimenti di natura logistica sui locali di detenzione, volte a garantire che sia assicurata la assoluta impossibilità di comunicare tra detenuti appartenenti a diversi gruppi di socialità, scambiare oggetti e cuocere cibi»;

g) il comma 2-quinquies è sostituito dal seguente:

«2-quinquies. Il detenuto o l'internato nei confronti del quale è stata disposta o prorogata l'applicazione del regime di cui al comma 2, ovvero il difensore, possono proporre reclamo avverso il procedimento applicativo. Il reclamo è presentato nel termine di venti giorni dalla comunicazione del provvedimento e su di esso è competente a decidere il tribunale di sorveglianza di Roma. Il reclamo non sospende l'esecuzione del provvedimento»;

h) il comma 2-sexies è sostituito dal seguente:

«2-sexies. Il tribunale, entro dieci giorni dal ricevimento del reclamo di cui al comma 2-quinquies, decide in camera di consiglio, nelle forme previste dagli articoli 666 e 678 del codice di procedura penale, sulla sussistenza dei presupposti per l'adozione del provvedimento. All'udienza le funzioni di pubblico ministero possono essere altresì svolte da un rappresentante dell'ufficio del procuratore della Repubblica di cui al comma 2-bis o del Procuratore nazionale antimafia. Il procuratore nazionale antimafia, il procuratore di cui al comma 2-bis, il procuratore generale presso la corte d'appello, il detenuto, l'internato o il difensore possono proporre, entro dieci giorni dalla sua comunicazione, ricorso per cassazione avverso l'ordinanza del tribunale per violazione di legge. Il ricorso non sospende l'esecuzione del provvedimento ed è trasmesso senza ritardo alla Corte di cassazione. Se il reclamo viene accolto, il Ministro della giustizia, ove intenda disporre un nuovo provvedimento ai sensi del comma 2, deve, tenendo conto della decisione del tribunale di sorveglianza, evidenziare elementi nuovi o non valutati in sede di reclamo»;

i) dopo il comma 2-sexies è aggiunto il seguente:

«2-septies. Per la partecipazione del detenuto o dell'internato all'udienza si applicano le disposizioni di cui all'articolo 146-bis delle norme di attuazione, di cordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n.271».

EMENDAMENTI

34.100

PERDUCA, PORETTI, BONINO, AMATI

Respinto

Sopprimere l'articolo.

34.101

LI GOTTI, BELISARIO, PARDI, GIAMBRONE, CARLINO, ASTORE, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA, RUSSO

Ritirato

Sostituire l'articolo con il seguente:

«Art. 34.

(Modifiche all'articolo 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354)

1. All'articolo 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, le parole: "il Ministro di grazia e giustizia", sono sostituite dalle seguenti: "il Ministro della giustizia";

b) al comma 2, le parole: "al primo periodo del comma 1 dell'articolo 4-bis,", sono sostituite dalle seguenti: "all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale, anche se non costituiscono titolo di attuale detenzione", e le parole: "associazione criminale, terroristica o eversiva", sono sostituite dalle seguenti: "associazione a delinquere di tipo mafioso, terroristico o eversivo";

c) il comma 2-bis è sostituito dal seguente:

"2-bis. Il provvedimento di cui al comma 2 è adottato con decreto motivato del Ministro della giustizia, d'ufficio o su richiesta del Ministro dell'Interno ovvero del procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo di distretto competente in ordine a taluno dei reati di cui al comma 2, ovvero del Procuratore Nazionale Antimafia quando il provvedimento è richiesto in ordine a taluno dei delitti di cui all'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale. Ai fini dell'emissione del provvedimento il Ministro della giustizia assume presso la polizia penitenziaria, la Direzione Investigativa antimafia, le forze di polizia, le procure distrettuali antimafia e la Direzione Nazionale Antimafia tutte le informazioni necessarie, che non siano coperte da segreto istruttorio. Il provvedimento medesimo ha durata pari a tre anni ed è prorogabile nelle stesse forme per successivi periodi, ciascuno pari a due anni. La proroga viene disposta quando vi è necessità di impedire la ripresa dei collegamenti in relazione alla perdurante operatività dell'associazione criminale di appartenenza. Il mero decorso del tempo non costituisce prova della rescissione dei legami con l'associazione o del venir meno dell'operatività della stessa";

d) al comma 2-sexies, primo periodo, le parole: "e sulla congruità del contenuto dello stesso rispetto alle esigenze di cui al comma 2", sono soppresse;

e) al comma 2-sexies, dopo il primo periodo è inserito il seguente: "All'udienza, le funzioni di pubblico ministero possono essere altresì svolte da un rappresentante dell'ufficio del procuratore della Repubblica di cui al comma 2-bis o del Procuratore Nazionale Antimafia";

f) al comma 2-sexies, il secondo periodo è sostituito dal seguente: "Il procuratore nazionale, il procuratore distrettuale, il procuratore generale presso la corte d'appello il detenuto, l'internato o il difensore possono proporre, entro dieci giorni dalla sua comunicazione, ricorso per cassazione avverso l'ordinanza del tribunale per violazione di legge".

g) al comma 2-sexies, l'ultimo periodo è sostituito dal seguente: "Per la partecipazione del detenuto o dell'internato all'udienza si applicano le disposizioni di cui all'articolo 146-bis del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271";

2. Dopo l'articolo 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, è inserito il seguente:

«Art. 41-ter. - (Agevolazione ai detenuti e internati sottoposti alle restrizioni di cui all'articolo 41-bis). Chiunque compie atti idonei a consentire ai detenuti sottoposti al regime previsto dall'articolo 41-bis di comunicare con l'esterno, eludendo le prescrizioni all'uopo previste, ovvero a stabilire o mantenere collegamenti con associazioni a delinquere di tipo mafioso, terroristico o eversivo, è punito con la reclusione da uno a quattro anni.

Se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale, da un incaricato di pubblico servizio ovvero da un soggetto che esercita la professione forense si applica la pena della reclusione da due a cinque anni».

34.200 (già 34.0.500)

D'ALIA

Ritirato

Sostituire l'articolo con il seguente:

«Art. 34.

(Modifiche all'articolo 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354)

1. All'articolo 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, le parole: "il Ministro di grazia e giustizia", sono sostituite dalle seguenti: "il Ministro della giustizia";

b) al comma 2, le parole: "al primo periodo del comma 1 dell'articolo 4-bis," sono sostituite dalle seguenti: "all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale, anche se non costituiscono titolo di attuale detenzione", e le parole: "associazione criminale, terroristica o eversiva", sono sostituite dalle seguenti: "associazione a delinquere di tipo mafioso, terroristico o eversivo";

c) il comma 2-bis è sostituito dai seguente:

"2-bis. il provvedimento di cui al comma 2 è adottato con decreto motivato dei Ministro della giustizia, d'ufficio o su richiesta del Ministro dell'interno ovvero del procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo di distretto competente in ordine a tal uno del reati di cui al comma 2, ovvero dei Procuratore Nazionale Antimafia quando il provvedimento è richiesto in ordine a taluno dei delitti di cui all'articolo 51, comma 3-bis, dei codice di procedura penale. Ai fini dell'emissione del provvedimento il Ministro della giustizia assume presso la polizia penitenziaria, la Direzione Investigativa antimafia, le forze di polizia, le procure distrettuali antimafia e la Direzione Nazionale Antimafia tutte le informazioni necessarie, che non siano coperte da segreto istruttorio. Il provvedimento medesimo ha durata pari a tre anni ed è prorogabile nelle stesse forme per successivi periodi, ciascuno pari a due anni. La proroga viene disposta quando vi è necessità di impedire la ripresa dei collegamenti in relazione alla perdurante operatività dell'associazione criminale di appartenenza. Il mero decorso del tempo non costituisce prova della rescissione dei legami con l'associazione o del venir meno dell'operatività della stessa";

d) al comma 2-sexies, primo periodo, le parole: "e sulla congruità del contenuto dello stesso rispetto alle esigenze di cui ai comma 2" sono soppresse;

e) al comma 2-sexies, dopo il primo periodo è inserito il seguente: "All'udienza, le funzioni di pubblico ministero possono essere altresì svolte da un rappresentante dell'ufficio del procuratore della Repubblica di cui al comma 2-bis o del Procuratore Nazionale Antimafia.";

j) al comma 2-sexies, il secondo periodo è sostituito dal seguente: "Il procuratore nazionale, il procuratore distrettuale, il procuratore generale presso la corte d'appello, il detenuto, l'internato o il difensore possono proporre, entro dieci giorni dalla sua comunicazione, ricorso per cassazione avverso l'ordinanza del tribunale per violazione di legge.";

g) al comma 2-sexies, l'ultimo periodo è sostituito dal seguente: "Per la partecipazione del detenuto o dell'internato all'udienza si applicano le disposizioni di cui all'articolo 146-bis del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271.";

2. Dopo l'articolo 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, è inserito il seguente:

"Art. 41-ter. - (Agevolazione ai detenuti e internati sottoposti alle restrizioni di cui all'articolo 41-bis). - 1. Chiunque compie atti idonei a consentire ai detenuti sottoposti al regime previsto dall'articolo 41-bis di comunicare con l'esterno, eludendo le prescrizioni all'uopo previste, ovvero a stabilire o mantenere collegamenti con associazioni a delinquere di tipo mafioso, terroristico o eversivo, è punito con la reclusione da uno a quattro anni. Se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale, da un incaricato di pubblico servizio ovvero da un soggetto che esercita la professione forense si applica la pena della reclusione da due a cinque anni."».

34.20 (già 34.0.501)

D'ALIA

Ritirato

Sostituire l'articolo con il seguente:

«Art. 34.

(Modifiche all'articolo 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354)

1. All'articolo 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 2 è sostituito dal seguente:

«Quando ricorrano gravi motivi di ordine e di sicurezza pubblica, il Ministro della giustizia, anche a richiesta del Ministro dell'interno e del procuratore nazionale antimafia, ha altresì la facoltà di sospendere, in tutto o in parte, nei confronti dei detenuti o internati per taluno dei delitti di cui al primo periodo del comma 1 dell'articolo 4-bis, in relazione ai quali vi siano elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con un'associazione criminale, terroristica o eversiva, l'applicazione delle regole di trattamento e degli istituti previsti dalla presente legge che possano porsi in concreto contrasto con le esigenze di ordine e di sicurezza. La sospensione comporta le restrizioni necessarie per il soddisfacimento delle predette esigenze e per impedire i collegamenti con l'associazione di cui al periodo precedente. Ai fini dell'esercizio delle facoltà previste dal presente comma, il procuratore nazionale antimafia riceve periodicamente segnaI azioni dai procuratori distrettuali antimafia ed assume le necessarie informazioni dalla Direzione nazionale antimafia, dagli organi di polizia centrali e da quelli specializzati nell'azione di contrasto alla criminalità organizzata, terroristica o eversiva.»;

b) il comma 2-bis è sostituito dal seguente:

"2-bis. I provvedimenti emessi ai sensi del comma 2 sono adottati con decreto motivato del Ministro della giustizia, sentiti nell'ambito delle rispettive competenze il procuratore nazionale antimafia, il procuratore distrettuale che procede alle indagini, la Direzione nazionale antimafia, gli organi di polizia centrali e quelli specializzati nell'azione di contrasto alla criminalità organizzata, terroristica o eversiva, ed il capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria. I provvedimenti medesimi hanno durata non inferiore ad un anno e non superiore a tre e sono prorogabili per periodi successivi entro i medesimi limiti temporali, purché non risultino cessate in concreto le esigenze di prevenzione e venuto meno il concreto pericolo che il detenuto o l'internato mantenga contatti con associazioni criminali, terroristiche o eversive. Il mero decorso del tempo non può essere valutato ai fini della dichiarazione di cessazione delle esigenze di prevenzione.";

c) al comma 2-quater sono apportate le seguenti modifiche:

1) alla lettera a) è aggiunto, in fine, il seguente periodo: "a tal fine, i detenuti sottoposti al regime speciale di detenzione di cui al presente articolo sono ristretti all'interno di istituti penitenziari a loro esclusivamente dedicati ovvero, in mancanza o in caso di insufficienza di dette strutture, comunque all'interno di sezioni speciali degli ordinari istituti, e sono sempre custoditi da reparti specializzati della polizia penitenziaria";

2) alla lettera f) le parole: "cinque persone" sono sostituite dalle seguenti: "tre persone", le parole: "quattro ore" sono sostituite dalle seguenti: "due ore";

d) al comma 2-sexies, le parole: "entro dieci giorni" sono sostituite dalle seguenti: "entro sessanta giorni";

e) dopo il comma 2-sexies, è aggiunto il seguente comma:

"2-septies. Quando il detenuto o l'internato stia scontando una pena relativa anche a delitti diversi da quelli dì cui all'articolo 4-bis, la completa espiazione della parte di pena relativa ai reati indicati nell'articolo 4-bis non comporta l'inapplicabilità del presente articolo in relazione alla residua parte di pena da scontare per delitti diversi, ove sussistano tutti gli altri presupposti di applicazione dei provvedimenti previsti dal presente articolo."».

34.102

LUMIA

Ritirato

Al comma 1, lettera d), sostituire il comma 2-bis con il seguente:

«2-bis. I provvedimenti emessi ai sensi del comma 2 sono adottati con decreto motivato del Ministro della Giustizia sentiti sempre il procuratore distrettuale ed il procuratore nazionale antimafia. È onere degli organi di polizia centrali e di quelli specializzati nell'azione di contrasto alla criminalità organizzata, fornire le necessarie informazioni utili all'istruttoria, anche attraverso uffici interforze appositamente costituiti con la partecipazione della polizia penitenziaria. I provvedimenti medesimi hanno vigore fino a quattro anni e sono prorogabili per periodi successivi pari a due, salvo che non siano cessate le esigenze di prevenzione ovvero non risulti, da concreti elementi, che il detenuto abbia interrotto i rapporti con l'organizzazione o che la stessa abbia cessato di esistere senza confluenze in altre compagini criminali. Il decorso del tempo non può considerarsi elemento da cui desumere l'interruzione o la cessazione».

EMENDAMENTO TENDENTE AD INSERIRE UN ARTICOLO AGGIUNTIVO DOPO L'ARTICOLO 34

34.0.100

PORETTI, PERDUCA, BONINO, DELLA SETA, GRANAIOLA, VITA, MARINARO, DELLA MONICA, D'AMBROSIO, SIRCANA, GARAVAGLIA MARIAPIA, BIANCO, INCOSTANTE, MARITATI, MONGIELLO, CHIAROMONTE, SBARBATI, GHEDINI, PETERLINI, ZANDA, SERRA, DE SENA, FINOCCHIARO, CAROFIGLIO, DI GIOVAN PAOLO, MARINO IGNAZIO, MICHELONI, DEL VECCHIO, GIAI, PINOTTI, GUSTAVINO, FLERES, ADRAGNA, PEGORER, ICHINO, PASSONI, MARCUCCI, CHITI, D'UBALDO, BLAZINA, CARLONI, SERAFINI ANNA MARIA, CASSON, PARDI, COLLI, ESPOSITO, RUTELLI, SANGALLI, FIORONI, DE LUCA, MORRI, ADAMO, BOSONE, DONAGGIO, MARINI, AMATI, ASTORE, BASSOLI, BIANCHI, BAIO, MARCENARO, LIVI BACCI, MAZZUCONI, LEVI-MONTALCINI, NEGRI, RANDAZZO, PEDICA, SOLIANI, VIMERCATI

Respinto

Dopo l'articolo 34inserire il seguente:

«Art. 34-bis.

Dopo l'articolo 593 del codice penale é inserito il seguente:

"Art. 593-bis. - (Tortura) - Il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che infligge ad una persona, con qualsiasi atto, lesioni o sofferenze, fisiche o mentali, al fine di ottenere segnatamente da essa o da una terza persona informazioni o confessioni, di punirla per un atto che essa o una terza persona ha commesso o è sospettata di aver commesso, di intimorirla o di far pressione su di lei o su di una terza persona, o per qualsiasi altro motivo fondato su ragioni di discriminazione, è punito con la reclusione da quattro a dieci anni. La pena è aumentata se ne deriva una lesione personale. È raddoppiata se ne deriva la morte. Alla stessa pena soggiace il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che istiga altri alla commissione del fatto, o che si sottrae volontariamente all'impedimento del fatto, o che vi acconsente tacitamente. Qualora il fatto costituisca oggetto di obbligo legale l'autore non è punibile"».

ARTICOLO 35 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE

Art. 35.

Approvato

(Introduzione dell'articolo 391-bis del codice penale)

1. Nel libro II, titolo III, capo II, del codice penale, dopo l'articolo 391 è inserito il seguente:

«Art. 391-bis. - (Agevolazione ai detenuti e internati sottoposti a particolari restrizioni delle regole di trattamento e degli istituti previsti dall'ordinamento penitenziario). - Chiunque consente a un detenuto, sottoposto alle restrizioni di cui all'articolo 41-bis della legge 26 luglio 1975, n.354, di comunicare con altri in elusione delle prescrizioni all'uopo imposte, è punito con la reclusione da uno a quattro anni.

Se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale, da un incaricato di pubblico servizio ovvero da un soggetto che esercita la professione forense si applica la pena della reclusione da due a cinque anni».

EMENDAMENTI TENDENTI AD INSERIRE ARTICOLI AGGIUNTIVI DOPO L'ARTICOLO 35

35.0.100

PORETTI, PERDUCA, BONINO

Dopo l'articolo 35inserire il seguente:

«Art. 35-bis.

L'articolo 28 del codice penale è sostituito dal seguente:

"Art. 28. - (Interdizione dai pubblici uffici). - L'interdizione dai pubblici uffici è perpetua o temporanea. L'interdizione perpetua dai pubblici uffici, salvo che dalla legge sia altrimenti disposto, priva il condannato:

1) del diritto di elettorato passivo o di eleggibilità in qualsiasi comizio elettorale;

2) di ogni pubblico ufficio, di ogni incarico non obbligatorio di pubblico servizio, e della qualità ad essi inerente di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio;

3) dell'ufficio di tutore o di curatore, anche provvisorio, e di ogni altro ufficio attinente alla tutela o alla cura;

4) dei gradi e delle dignità accademiche, dei titoli, delle decorazioni o di altre pubbliche insegne onorifiche;

5) degli stipendi, delle pensioni e degli assegni che siano a carico dello Stato o di un altro ente pubblico;

6) di ogni diritto onorifico, inerente a qualunque ufficio, servizio, grado, o titolo e delle qualità, dignità e decorazioni indicati nei numeri precedenti;

7) della capacità di assumere o di acquistare qualsiasi diritto, ufficio, servizio, qualità, grado, titolo, dignità, decorazione e insegna onorifica, indicati nei numeri precedenti.

L'interdizione temporanea priva il condannato della capacità di acquistare o di esercitare o di godere, durante l'interdizione, i predetti diritti, uffici, servizi, qualità , gradi, titoli e onorificenze.

Essa non può avere una durata inferiore a un anno, né superiore a cinque.

La legge determina i casi nei quali l'interdizione dai pubblici uffici è limitata ad alcuni di questi."».

35.0.800/1

CASSON, ADAMO, INCOSTANTE, MARITATI, LATORRE, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, GALPERTI

All'emendamento 35.0.800, al capoverso «Art. 35-bis», al comma 1, dopo le parole: «di cui agli articoli» aggiungere le seguenti: «600».

35.0.800/2

ADAMO, CASSON, INCOSTANTE, MARITATI, LATORRE, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, GALPERTI

All'emendamento 35.0.800, al capoverso «Art. 35-bis», al comma 1, dopo le parole: «di cui agli articoli» aggiungere le seguenti: «600-bis».

35.0.800/3

INCOSTANTE, CASSON, ADAMO, MARITATI, LATORRE, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, GALPERTI

All'emendamento 35.0.800, al capoverso «Art. 35-bis», al comma 1, dopo le parole: «di cui agli articoli» aggiungere le seguenti: «601».

35.0.800/4

DELLA MONICA, CASSON, ADAMO, INCOSTANTE, MARITATI, LATORRE, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI

All'emendamento 35.0.800, al capoverso «Art. 35-bis», al comma 1, dopo le parole: «di cui agli articoli» aggiungere le seguenti: «602».

35.0.800/5

CASSON, ADAMO, INCOSTANTE, MARITATI, LATORRE, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, GALPERTI

All'emendamento 35.0.800, al capoverso «Art. 35-bis», al comma 1, dopo le parole: «di cui agli articoli» aggiungere le seguenti: «600-ter, comma 1».

35.0.800/6

GALPERTI, CASSON, ADAMO, INCOSTANTE, MARITATI, LATORRE, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, DELLA MONICA

All'emendamento 35.0.800, al capoverso «Art. 35-bis», al comma 1, dopo le parole: «di cui agli articoli» aggiungere le seguenti: «575».

35.0.800/7

CASSON, PEGORER, ROILO, ADAMO, INCOSTANTE, MARITATI, LATORRE, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, GALPERTI

All'emendamento 35.0.800, al capoverso «Art. 35-bis», al comma 1, dopo le parole: «di cui agli articoli» aggiungere le seguenti: «589 comma 2, se il fatto è commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro e sulle malattie professionali, e 3».

35.0.800/8

CHIURAZZI, CASSON, ADAMO, INCOSTANTE, MARITATI, LATORRE, CAROFIGLIO, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, GALPERTI

All'emendamento 35.0.800, al capoverso «Art. 35-bis», al comma 1, dopo le parole: «609-octiesi» aggiungere le seguenti: «630».

35.0.800/9

MAURO, BRICOLO, ADERENTI, BODEGA, BOLDI, CAGNIN, DIVINA, FILIPPI ALBERTO, FRANCO PAOLO, GARAVAGLIA MASSIMO, LEONI, MARAVENTANO, MAZZATORTA, MONTANI, MONTI, MURA, PITTONI, RIZZI, STIFFONI, TORRI, VACCARI, VALLARDI, VALLI

V. testo 2

All'emendamento 35.0.800, dopo il comma 3, inserire i seguenti:

«3-bis. All'articolo 275 del codice di procedura penale, dopo il comma 3, inserire il seguente:

"3-bis. È sempre disposta la custodia cautelare, in presenza delle esigenze cautelari di cui all'articolo 274, quando si proceda nei confronti di persona sottoposta ad indagini o imputata per i reati di cui al comma 1".

4-bis. I condannati per i reati di cui al comma 1 sono esclusi dalla concessione delle misure alternative alla detenzione di cui agli articoli 47, 47-bis, 47-ter, 48 e 54 della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni».

35.0.800 testo 2/9

MAURO, BRICOLO, ADERENTI, BODEGA, BOLDI, CAGNIN, DIVINA, FILIPPI ALBERTO, FRANCO PAOLO, GARAVAGLIA MASSIMO, LEONI, MARAVENTANO, MAZZATORTA, MONTANI, MONTI, MURA, PITTONI, RIZZI, STIFFONI, TORRI, VACCARI, VALLARDI, VALLI

Dopo il comma 3, inserire i seguenti:

«3-bis. All'articolo 275, comma 3, del codice di procedura penale, come modificato dall'articolo 23 della presente legge, dopo le parole: "all'articolo 51, comma 3-bis, 3-quater e 3-quinquies, limitatamente alle fattispecie previste dagli articoli 600-bis, 600-ter e 600-quinquies del codice penale" sono aggiunte le seguenti: "nonché in ordine ai delitti di cui all'articolo 609-bis, escluso il caso previsto dal terzo comma, 609-quater, secondo comma e 609-octies del codice penale";

3-ter. All'articolo 380, comma 2, dopo la lettera d) è inserita la seguente: "d-bis) delitto di violenza sessuale previsto dall'articolo 609-bis, escluso il caso previsto dal terzo comma, e delitto di violenza sessuale di gruppo, previsto dall'articolo 609-octies del codice penale".

3-quater. Al comma 1 dell'articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, sono apportate le seguenti modificazioni:

 a) al primo periodo, dopo la parola: "600", sono inserite le seguenti: "600-bis, primo comma, 600-ter, primo e secondo comma", e dopo le parole: "602", sono inserite le seguenti: "609-bis, escluso il caso previsto dal terzo comma, 609-ter, 609-quater, primo comma e 609-octies del codice penale";

 b) al quarto periodo, le parole: "600-bis, primo comma, 600-ter, primo e secondo comma, 600-quinquies, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-octies", sono sostituite dalle seguenti: "600-bis, secondo e terzo comma, 600-ter, terzo comma, 600-quinquies, 609-bis, fuori dai casi previsti dal primo periodo, e 609-quater, secondo comma".

35.0.800

I RELATORI

V. testo 2

Dopo l'articolo 35inserire il seguente:

«Art. 35-bis.

1. Il patrocinio delle vittime dei reati di cui agli articoli 609-bis, 609-quater, 609-octies del codice penale, è posto, indipendentemente dalle condizioni di reddito, a carico dello Stato, ai sensi degli articoli 74 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115.

2. L'onorario e le spese spettanti al difensore per i delitti di cui al comma 1 sono liquidati dall'autorità giudiziaria con decreto di pagamento, osservando la tariffa professionale relativa ad onorari, diritti ed indennità, tenuto conto della natura dell'impegno professionale, in relazione all'incidenza degli atti assunti rispetto alla posizione processuale della persona difesa. Il decreto di pagamento è comunicato al beneficiario e alle parti, compreso il pubblico ministero.

3. Il Governo adotta, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, il regolamento di attuazione del presente articolo entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge».

35.0.800 (testo 2)

I RELATORI

Dopo l'articolo 35inserire il seguente:

«Art. 35-bis.

(Modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, recante il testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia)

1. Dopo l'articolo 76, comma 4 bis, del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, è inserito il seguente:

«4-ter. La persona offesa dai reati di cui agli articoli 609-bis, 609-quater e 609-octies del codice penale può essere ammessa al patrocinio anche in deroga ai limiti di reddito previsti dal presente decreto».

2. Agli oneri derivanti dalle disposizioni del presente articolo si provvede con gli ordinari stanziamenti di bilancio.

 

 


 

 

 

 

Senato della Repubblica

XVI LEGISLATURA

 

Assemblea

 

 

 

RESOCONTO SOMMARIO

RESOCONTO STENOGRAFICO

ALLEGATI

 

 

ASSEMBLEA

 

141a seduta pubblica (pomeridiana):

 

 

mercoledì4 febbraio 2009

 

Presidenza della vice presidente BONINO,

indi della vice presidente MAURO

e del presidente SCHIFANI

 


RESOCONTO STENOGRAFICO

Presidenza della vice presidente BONINO

PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 16,32).

Si dia lettura del processo verbale.

 

BAIO, segretario, dà lettura del processo verbale della seduta pomeridiana del giorno precedente.

 

PRESIDENTE. Non essendovi osservazioni, il processo verbale è approvato.

 

Comunicazioni della Presidenza

PRESIDENTE. L'elenco dei senatori in congedo e assenti per incarico ricevuto dal Senato, nonché ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.

 

Preannunzio di votazioni mediante procedimento elettronico

PRESIDENTE. Avverto che nel corso della seduta odierna potranno essere effettuate votazioni qualificate mediante il procedimento elettronico.

Pertanto decorre da questo momento il termine di venti minuti dal preavviso previsto dall'articolo 119, comma 1, del Regolamento (ore 16,35).

 

Seguito della discussione del disegno di legge:

(733) Disposizioni in materia di sicurezza pubblica (ore 16,35)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge n. 733.

Riprendiamo l'esame degli articoli, nel testo proposto dalle Commissioni riunite.

Ricordo che nella seduta antimeridiana ha avuto luogo l'illustrazione degli emendamenti tendenti ad inserire articoli aggiuntivi dopo l'articolo 35.

Invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi su di essi.

VIZZINI, relatore. Signora Presidente, esprimo parere contrario sugli emendamenti 35.0.100, 35.0.800 (testo 2)/1, 35.0.800 (testo 2)/2, 35.0.800 (testo 2)/3, 35.0.800 (testo 2)/4, 35.0.800 (testo 2)/5, 35.0.800 (testo 2)/6 e 35.0.800 (testo 2)/8. Invito i presentatori a ritirare e a trasformare in ordine del giorno l'emendamento 35.0.800 (testo 2)/7.

Esprimo, infine, parere favorevole sugli emendamenti 35.0.800 (testo 2)/9 e 35.0.800 (testo 2). (Brusìo).

 

PRESIDENTE. Onorevoli senatori, la Presidenza non è in grado di seguire i lavori se non abbassate i toni.

CALIENDO, sottosegretario di Stato per la giustizia. Signora Presidente, esprimo anzitutto parere favorevole sull'emendamento 35.0.800 (testo 2), presentato dai relatori; la nuova formulazione dell'emendamento, infatti, tiene conto dei problemi di copertura che erano sorti con la prima formulazione. Allo stesso modo si erano posti problemidi copertura finanziaria anche per l'emendamento predisposto dai ministri Alfano e Carfagna, che quindi, per tale ragione, non è più pervenuto. Una volta individuata la copertura nei termini di stanziamenti ordinari, non si può esprimere parere favorevole sugli emendamenti 35.0.800 (testo 2)/1, 35.0.800 (testo 2)/2, 35.0.800 (testo 2)/3, 35.0.800 (testo 2)/4, 35.0.800 (testo 2)/5, 35.0.800 (testo 2)/6 e 35.0.800 (testo 2)/8, perché privi di copertura finanziaria.

Per quanto riguarda l'emendamento 35.0.800 (testo 2)/7, presentato dal senatore Casson e da altri senatori, il Governo ritiene che, se non vi fossero immediati problemi di copertura finanziaria, esso sarebbe da accogliere perché l'esigenza in esso rappresentata è condivisa. Per tale ragione chiedo che tale emendamento venga ritirato e trasformato in un ordine del giorno, con l'impegno a verificare la possibilità di una copertura finanziaria.

Il Governo esprime, infine, parere contrario sull'emendamento 35.0.100 e parere favorevole sull'emendamento 35.0.800 (testo 2)/9; infatti, con la nuova formulazione si inserisce la modifica dell'articolo 275, comma 3, del codice di procedura penale per quanto riguarda l'obbligo della custodia in carcere, si introduce l'arresto obbligatorio in flagranza per alcuni reati di violenza sessuale e vengono ridotti alcuni benefìci previsti dalla cosiddetta legge Gozzini in molto più preciso rispetto al precedente testo.

Il Governo, pertanto, esprime parere favorevole sulla nuova formulazione dell'emendamento 35.0.800 (testo 2)/9.

CASSON (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CASSON (PD). Signora Presidente, vorrei sapere se è disponibile il testo dell'emendamento 35.0.800 (testo 2)/9, per poterlo leggere.

PRESIDENTE. Senatore Casson, lo può trovare nell'annesso III, in distribuzione.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 35.0.100.

 

PERDUCA (PD). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Perduca, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Non essendo ancora decorso il termine di venti minuti dal preavviso previsto dall'articolo 119, comma 1, del Regolamento, sospendo la seduta fino alle ore 16,55.

 

(La seduta, sospesa alle ore 16,43, è ripresa alle ore 16,55).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 35.0.100, presentato dalla senatrice Poretti e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Colleghi, per favore, invito ognuno di voi a votare solo per sé, possibilmente.

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 35.0.800 (testo 2)/1.

 

INCOSTANTE (PD). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 35.0.800 (testo 2)/1, presentato dal senatore Casson e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Stante il parere contrario espresso dalla 5a Commissione ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, l'emendamento 35.0.800 (testo 2)/2 è improcedibile.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 35.0.800 (testo 2)/3.

 

PEGORER (PD). Chiediamo la verifica del numero legale.

 

Verifica del numero legale

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale).

Il Senato è in numero legale.

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 35.0.800 (testo 2)/3, presentato dalla senatrice Incostante e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 35.0.800 (testo 2)/4.

 

INCOSTANTE (PD). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 35.0.800 (testo 2)/4, presentato dalla senatrice Della Monica e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 35.0.800 (testo 2)/5, presentato dal senatore Casson e da altri senatori.

Non è approvato.

Stante il parere contrario espresso dalla 5a Commissione ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, l'emendamento 35.0.800 (testo 2)/6 è improcedibile.

Sull'emendamento 35.0.800 (testo 2)/7, su cui la 5a Commissione ha espresso parere contrario ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, il relatore e il Governo hanno rivolto ai proponenti un invito al ritiro e alla trasformazione in ordine del giorno. Senatore Casson, accoglie tale richiesta?

CASSON (PD). Signora Presidente, l'emendamento interviene in favore delle vittime degli infortuni sul lavoro e di quanti sono colpiti da malattie professionali a causa del lavoro. Conosco e prendo atto della decisione della Commissione bilancio e peraltro apprezzo anche l'indicazione e l'esigenza condivisa segnalata dal rappresentante del Governo su questo emendamento che interviene a favore degli operai e delle vittime sul lavoro.

Non posso accogliere l'invito alla trasformazione dell'emendamento in ordine del giorno proprio per la delicatezza e la gravità della materia. Tutti i giorni in Italia si piangono morti sul lavoro e ogni giorno, pur manifestandosi questa necessità, si continuano a fare tante promesse di intervento in favore dei lavoratori e delle vittime sul lavoro.

Credo che sarebbe un segnale estremamente importante e positivo se il Senato potesse superare questo ostacolo di ordine burocratico e votare in favore delle vittime sul lavoro. Questa mattina si è già espresso in favore dell'approvazione di questo emendamento il presidente della Commissione infortuni sul lavoro, senatore Tofani, e lo stesso hanno fatto alcuni colleghi della maggioranza. Credo che, proprio a favore di quanti muoiono sul lavoro, il Senato possa adottare una scelta conforme all'indicazione contenuta in questo emendamento.

Per questo motivo non accolgo l'invito del Governo a ritirare l'emendamento e chiedo a 15 senatori di appoggiare la mia richiesta di votazione.

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione, avanzata dal senatore Casson, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

BUGNANO (IdV). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

BUGNANO (IdV). Signora Presidente, a nome del Gruppo dell'Italia dei Valori, visto che abbiamo la possibilità di passare al voto, voglio dire che voteremo a favore di questo emendamento perché credo che i familiari delle vittime degli infortuni sul lavoro, o le vittime stesse nel caso in cui non sia sopravvenuta la morte, meritino un'assistenza, una tutela e una difesa adeguate anche attraverso lo strumento del gratuito patrocinio.

L'auspicio e la preghiera che rivolgo ai rappresentanti del Governo che sono presenti oggi in Aula è che il Ministero della giustizia trovi il più in fretta possibile i fondi per sostenere non solo il gratuito patrocinio per le vittime degli infortuni sul lavoro, ma il gratuito patrocinio in generale perché non so se tutti i colleghi che sono presenti in Aula sanno che gli avvocati che prestano il loro ufficio attraverso il gratuito patrocinio vengono pagati a distanza anche di due anni. È evidente che uno strumento come questo, che è molto importante, risulta sminuito e molto meno utilizzato perché sussistono simili problemi economici.

Invito quindi in modo forte il Ministero a trovare risorse per questo strumento che è molto, molto importante.

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo
(art. 102-bis Reg.)

PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 35.0.800 (testo 2)/7, presentato dal senatore Casson e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Stante il parere contrario espresso dalla 5a Commissione ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, l'emendamento 35.0.800 (testo 2)/8 è improcedibile.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 35.0.800 (testo 2)/9.

FINOCCHIARO (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

FINOCCHIARO (PD). Signora Presidente, onorevoli colleghi, signori rappresentanti del Governo, intervengo su questo emendamento presentato dalla Lega - lasciatemelo dire - forte della mia insospettabilità di alcuna clemenza nei confronti degli autori dei fatti di stupro, essendo io stata la materiale redattrice di una legge che, costruita insieme a colleghe di tutti gli schieramenti, finalmente vide l'approvazione qualche legislatura fa alla Camera e al Senato: una tappa fondamentale, attesa vent'anni dalle donne di questo Paese.

Vorrei riflettere su tre ordini di problemi che l'emendamento solleva. In primo luogo, le questioni che l'emendamento pone sono attualmente in discussione alla Camera dei deputati in Commissione giustizia, sia sotto il versante della custodia cautelare obbligatoria in carcere, sia sotto il versante dell'applicazione della legge Gozzini. (Brusìo).

 

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego di fare silenzio, stiamo trattando un tema piuttosto delicato.

 

FINOCCHIARO (PD). Non è escluso neanche il versante della particolare gravità del reato, così avvertito, potrei dire finalmente, dalla coscienza collettiva, tale da condurre la Camera dei deputati, con proposte di legge presentate da tutti i Gruppi parlamentari e dal Governo, addirittura ad un inasprimento della pena che pure poteva essere considerata già congrua.

Sono tutti profili sui quali il Parlamento torna a discutere in un inquadramento sistematico - mi permetto di usare questo termine - della partita che, appunto, guarda alla maggiore gravità del reato e agli aspetti da normare innovando rispetto a una disciplina ormai certo usurata dal tempo con un punto di vista complessivo.

L'avere anticipato a questa sede un emendamento riguardante l'aspetto della custodia cautelare obbligatoria in carcere e della non applicabilità di parti della legge Gozzini è, a mio avviso, un modo di legiferare disordinato e non coerente con la qualità della riflessione che il Parlamento deve dedicare a questa materia.

Capisco bene che possa esserci un'esigenza di natura squisitamente politica, che è - lasciatemi usare questa espressione - un'esigenza di risposta ai fatti di cronaca che oggi occupano le pagine dei giornali. Sono fatti gravissimi ma, francamente, credo che quando ci troviamo nelle Aule del Senato e della Camera dovremmo recuperare quel profilo di razionalità del legislatore che è l'unica a garantirci contro legislazioni incoerenti e poco ordinate (adopero questa parola per non adoperare un termine dispregiativo). Visto che peraltro il Governo è molto attento e visto che più volte, anche di recente, il sottosegretario Mantovano ha sollevato questioni analoghe, chiederei di discutere la partita alla Camera dei deputati e non in questo testo.

Dirò brevemente di altri due profili che, secondo me, inquinano la razionalità della nostra discussione. Il primo profilo riguarda l'approvazione dell'articolo 23 del disegno di legge, con il quale, innovando rispetto alla riforma del 1995, si prevede la custodia cautelare in carcere obbligatoria per tutta una serie di reati, ovviamente ricorrendo i presupposti di cui all'articolo 274 del codice di procedura penale, cioè i gravi indizi di colpevolezza.

Originariamente questi reati erano solo quelli di criminalità organizzata e i reati ad essi collegati mentre, con l'articolo 23, la misura della custodia cautelare viene estesa ad una gamma di reati molto più ampia. Certo, capisco che spesso gioca l'impressione che i fatti di cronaca determinano nel legislatore: se noi dovessimo guardare l'elenco di reati, vedremmo che esso comprende la custodia cautelare in carcere obbligatoria per lo stupro, che è reato gravissimo, ma non per il delitto di strage quando questo non sia connesso all'attività di associazioni criminali o di associazioni terroristiche. Lo dico perché, appunto, mi pare questo un sintomo del modo un po' emotivo con il quale legiferiamo.

Vorrei aggiungere un profilo ancora, squisitamente politico, e così concludo. È di qualche giorno fa un'affermazione del Presidente del Consiglio che non collabora a diradare l'emotività ma, anzi, sull'emotività fortemente punta per accrescere la propria popolarità. A proposito degli arresti domiciliari concessi ai presunti stupratori di Guidonia (provvedimento del giudice che ciascuno di noi è libero di criticare come vuole), egli ha invocato la certezza della pena. Stiamo attenti, poiché noi siamo legislatori razionali, attenti ed equilibrati, a non scambiare la custodia preventiva (chiamiamola così per capirci, anche per i non addetti ai lavori), che è misura prevista dalla riforma del 1995, fortemente voluta da una Forza Italia garantista e da un PDS fortemente garantista, con quella pena che deve essere certa, intervenire in tempi brevi ed essere efficace, che è la pena che arriva alla fine del processo.

Può fare molta impressione mettere insieme l'espressione certezza della pena con l'obbligatorietà di una custodia cautelare scontata in carcere, una misura che ha i limiti di una custodia cautelare e che ha ben altri presupposti che non una sentenza di definitiva di condanna: è un modo per salvarsi la coscienza. Direi che sarebbe molto più opportuno legiferare in maniera assai più razionale.

E' chiaro che voi avete scelto la strada dell'articolo 23, che noi oggi non possiamo contestare discutendo dell'articolo 35 del provvedimento. Tuttavia, non dobbiamo venir meno alla nostra responsabilità, che non è quella di mettere gli imputati alla custodia cautelare in carcere perché è l'unico pezzo di carcere che si faranno, ma è di lavorare perché la celerità dei processi, l'efficienza dei tribunali, la buona qualità dell'organizzazione della giustizia e le risorse a questo destinate siano messe in campo il prima possibile. Altrimenti rischiamo di prendercela con quelli che riusciamo a mettere in carcere, non con quelli che possono essere responsabili di fatti di altrettanta o addirittura maggiore gravità.

Affermo ciò pensando che lo stupro per chi lo subisce - e per noi legislatori così dovrebbe essere inteso - sia un reato che somiglia davvero molto all'omicidio. (Applausi dal Gruppo PD).

D'ALIA (UDC-SVP-Aut). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

D'ALIA (UDC-SVP-Aut). Signora Presidente, concordo con le considerazioni svolte dalla collega Finocchiaro alle quali mi permetto di aggiungere, se possibile, un quesito che ritengo corretto. Poiché nel corso dell'iter legislativo al Senato, abbiamo approvato l'articolo 23 del pacchetto sicurezza, che già prevede l'estensione ad una serie di reati dell'obbligo della custodia cautelare in carcere senza la preventiva valutazione della sussistenza delle esigenze cautelari, e dal momento che è stato respinto un emendamento precedente dei colleghi del Partito Democratico, che prevedeva l'applicazione della misura della custodia cautelare in carcere automatica - lo dico in senso atecnico - per il reato di omicidio, vorrei capire se il reato di omicidio rientra appunto tra le ipotesi contemplate.

Credo infatti che quando esaminiamo i problemi posti dobbiamo comprendere se alla fine dimentichiamo o omettiamo di valutare le diverse condotte in ragione della loro gravità. Credo che sia parimenti, se non più grave, l'ipotesi dell'omicidio, perché non c'è altro tipo di condotta che abbia un disvalore superiore a quello che priva una persona della vita. Quindi, mi chiedo se tale ipotesi sia contemplata tra quelle che consentono l'applicazione della custodia cautelare in carcere automatica, a prescindere dalla valutazione discrezionale del magistrato sulla sussistenza delle esigenze cautelari. Se così non fosse, credo che a maggior ragione le considerazioni della collega Finocchiaro dovrebbero essere oggetto di una maggiore ponderazione da parte di tutti. Infatti, da qui a quando finiremo di esaminare questo provvedimento, se dovessimo legiferare in ragione dell'emozione, di questo o di quel reato che quel determinato giorno si consuma, non avremmo un codice penale degno di questo nome ma uno zibaldone.

Poiché, infine, vi è anche un problema di credibilità delle istituzioni parlamentari, chiedo al sottosegretario Caliendo se può cortesemente chiarire questo aspetto e far capire ai non addetti ai lavori se per il reato di omicidio è previsto l'obbligo, da parte del magistrato, dell'applicazione della misura cautelare in carcere, oppure resta l'attuale previsione del codice penale che stabilisce la valutazione della sussistenza delle esigenze cautelari, mentre per altre ipotesi di reato di minore gravità, ancorché pesanti e disdicevoli, si applica una sanzione più grave. (Applausi del senatore Fosson).

BERSELLI, relatore. Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

BERSELLI, relatore. Signora Presidente, ho deciso di intervenire per portare qualche elemento di chiarezza e per rispondere al senatore D'Alia che chiede se il reato di violenza sessuale è più o meno grave rispetto al reato di omicidio. Faccio presente al senatore D'Alia che stiamo parlando di subemendamenti ad un emendamento dei relatori, il quale non atteneva alla misura cautelare in carcere, ma soltanto al gratuito patrocinio assicurato alle vittime dei reati di violenza sessuale, di violenza di gruppo o altri reati di questo genere.

Non si parlava, quindi, di custodia cautelare, ma soltanto di gratuito patrocinio. Tutti i subemendamenti erano relativi a quell'emendamento. Quando abbiamo trattato il subemendamento 35.0.800 (testo 2)/6, riguardante l'omicidio, questo non era in riferimento al subemendamento 35.0.800 (testo 2)/9, che concerne la custodia cautelare, bensì all'emendamento dei relatori che tratta invece del gratuito patrocinio. Penso che questo chiarimento sia sufficiente.

Alla senatrice Finocchiaro rivolgo alcune considerazioni: l'emendamento presentato dai relatori è stato riformulato perché abbiamo ritenuto di inserirlo in maniera più organica. La riformulazione dell'emendamento presentato dai relatori oggi è sostanzialmente diversa, perché interveniamo sull'articolo 275 del codice di procedura penale, così come modificato dall'articolo 23, prevedendo che qualora sussistano gravi indizi di colpevolezza è applicata la custodia cautelare in carcere per coloro che si sono macchiati o che si suppone si siano macchiati di gravissimi reati, come quello di violenza sessuale, di atti sessuali con minorenni e di violenza sessuale di gruppo.

Lei, senatrice Finocchiaro, lamenta che quest'Aula starebbe per dare una risposta politica, ma anche con lo stalking è stata data nell'altro ramo del Parlamento una risposta politica che ha trovato l'adesione pure delle forze dell'opposizione. Del resto, noi siamo qui per dare risposte politiche alle attese del Paese. Il Paese era preoccupato per la propria sicurezza e noi abbiamo presentato il decreto-legge, poi convertito in legge, sulla sicurezza. Stiamo discutendo di un disegno di legge sulla sicurezza poiché quotidianamente, come lei ricorda, senatrice Finocchiaro, accadono nel nostro Paese gravissimi reati come quelli che noi purtroppo registriamo continuamente di violenza sessuale. Anche le massime cariche dello Stato hanno colto la sensibilità di intervenire in questa materia in maniera dura, drastica, intransigente per coloro che si sono macchiati di questi reati. (Applausi dal Gruppo LNP). Quindi, non c'è da stupirsi che si sia estesa la normativa prevista dall'articolo 23 per le associazioni di stampo mafioso a coloro che si sono macchiati dei reati di violenza sessuale.

Mi sarei aspettato ben altra accoglienza dall'opposizione di fronte a questa nostra sacrosanta iniziativa! (Applausi dai Gruppi PdL e LNP). È inaccettabile che un'opposizione che dovrebbe essere sensibile alle sofferenze, ai disagi, alla disperazione delle donne vittime di queste violenze, non condivida una risposta adeguata da parte dello Stato.

Su suggerimento dei relatori e del Governo questo emendamento è stato modificato, laddove si è introdotto, cosa che non c'era prima, l'arresto obbligatorio in flagranza che è una misura indispensabile, e lo abbiamo introdotto, colleghi, non soltanto per i reati di violenza sessuale e violenza di gruppo, ma anche per altri reati che sono parimenti particolarmente gravi. Poi siamo intervenuti sulla legge Gozzini. Abbiamo presentato un disegno di legge per ridurre i benefìci della Gozzini. Ebbene, credo che prima o poi dovremo affrontare questo tema delicato.

Con questo subemendamento prevediamo che la concessione dei benefici previsti dalla legge Gozzini non si applichi ai reati di violenza sessuale e abbiamo aggiunto, a quanto previsto dai relatori, anche la prostituzione minorile e la pornografia minorile. Abbiamo previsto inoltre che tra i benefici che non possono e non debbono essere concessi per questi gravissimi reati rientrino i permessi-premio, che invece nell'emendamento dei relatori potevano sembrare concedibili, le licenze e l'assegnazione al lavoro esterno. Non si vede perché coloro che sono stati condannati con sentenza passata in giudicato debbano avere l'assegnazione al lavoro esterno. Devono rimanere in galera! (Applausi dai Gruppi PdL e LNP).

Per questi motivi, signora Presidente, ho cercato di dare un contributo per una migliore comprensione dell'emendamento 35.0.800 (testo 2)/9, che ci trova, come maggioranza, assolutamente d'accordo. (Applausi dai Gruppi PdL e LNP).

LI GOTTI (IdV). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

LI GOTTI (IdV). Signora Presidente, è del tutto evidente che stiamo trasformando il diritto penale ordinario in diritto penale speciale. (Applausi del senatore Perduca). È una scelta che si sta compiendo. Stiamo creando un altro sistema. Ci dimentichiamo dell'articolo 27, terzo comma, della Costituzione, e stiamo prevedendo una serie di corsie preferenziali per alcuni reati rispetto ad altri, indipendentemente dalla loro gravità, ma esclusivamente sulla base dell'emozione suscitata dall'ultimo avvenimento accaduto. Se si fosse trattato di un episodio di omicidio particolarmente efferato avremmo introdotto questa norma per l'omicidio; visto però che l'ultimo reato in ordine di tempo è quello della violenza sessuale, introduciamo questa norma per la violenza sessuale. Non possiamo operare in questo modo, non possiamo allontanarci da un sistema. È chiaro che esistono particolari fenomeni di criminalità, ed è giusto che il legislatore se ne faccia carico e li affronti con decisione, ma non al punto da smontare un sistema e creare tanti diritti penali speciali.

Detto questo, voi gridate contro la criminalità nel nome della pura ipocrisia, ma noi gridiamo più forte contro la criminalità, contro tutta la criminalità, quella di strada e quella dei colletti bianchi! (Applausi dai Gruppi IdV e PD). Voteremo in senso favorevole a questa norma. Vogliamo tutti in galera, anche i corruttori, non soltanto i violentatori! (Applausi dai Gruppi IdV e PD. Commenti dal Gruppo PdL).

 

PRESIDENTE. Colleghi, per favore.

CALIENDO, sottosegretario di Stato per la giustizia. Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CALIENDO, sottosegretario di Stato per la giustizia. Signora Presidente, non vedo la ragione di alterarsi, dal momento che l'emendamento 35.0.800 (testo 2)/9, di cui chiedo una correzione, per quanto concerne l'ultima parte, dove le parole «609-bis, fuori dai casi previsti dal primo periodo», andrebbero così modificate: «609-bis, terzo comma»... (Brusìo).

 

PRESIDENTE. Signor Sottosegretario, da qui non abbiamo capito, né sentito, qual è la modifica che lei chiede. Prego i colleghi di fare un attimo di silenzio.

 

CALIENDO, sottosegretario di Stato per la giustizia. Se devo alzare la voce sono capace anch'io.

 

PRESIDENTE. No, sono gli altri che la devono abbassare.

 

CALIENDO, sottosegretario di Stato per la giustizia. Dicevo che all'emendamento 35.0.800 (testo 2)/9, all'ultimo periodo, penultimo rigo, le parole «609-bis, fuori dai casi previsti dal primo periodo» andrebbero così modificate (nel qual caso il Governo esprimerebbe parere favorevole): «609-bis, terzo comma».

Non vedo poi, senatore Li Gotti, la necessità di arrabbiarsi. Devo dire, anche avendo apprezzato le osservazioni della senatrice Finocchiaro, che questo è un testo che ha trovato l'accordo di tutti i Gruppi alla Camera dei deputati (ieri era all'esame della Commissione giustizia anche di quel ramo del Parlamento); anzi, si voleva introdurre qualche aggravamento ulteriore, come avrete letto dai giornali di oggi. Ora, è stato introdotto in questa sede l'argomento del gratuito patrocinio, anche se non c'entra; badate, l'omicidio e tutti gli altri reati sono reati gravi; garantire il gratuito patrocinio alle donne vittime delle violenze sessuali è una situazione ben diversa. Il gratuito patrocinio, infatti, con i limiti di reddito previsti, è ancora valido per tutti i reati e viene attualmente applicato per tutti i reati.

Se tutti concordiamo sul fatto che il reato di violenza sessuale rappresenta un atto esecrabile, dobbiamo anche ragionare sulla opportunità che il Parlamento in proposito risponda con misure che richiamino una forte attenzione. Forse non vi è la possibilità di farlo ora, ma nel corso dell'esame del provvedimento relativo ai nuovi ordinamenti professionali iniziato oggi presso la Commissione giustizia del Senato, non mi parrebbe inappropriato che fossero individuati degli specifici avvocati in grado di instaurare un rapporto con la donna che subisce la violenza e che necessita del sostegno di una persona in grado di dialogare con lei e di convincerla a denunciare il fatto, cosa che oggi in molti casi non accade.

Credo allora che i due emendamenti, con le correzioni apportate, possano trovare accoglimento in questa sede, visto che all'esame della Camera dei deputati resta il disegno di legge sulla violenza sessuale, in cui si trattano invece argomenti come l'aumento della pena ed altro ancora. Le misure contenute negli emendamenti in questione sono diverse rispetto al disegno di legge in esame alla Camera che, ricordo, non giungerà all'esame dell'Aula della Camera prima del prossimo mese di marzo.

PRESIDENTE. Colleghi, ricapitolando, nel suo intervento il rappresentante del Governo ha proposto una modifica al subemendamento 35.0.800 (testo 2)/9, che consiste nel sostituire le parole: «609-bis, fuori dai casi previsti dal primo periodo» con le altre «609-bis terzo comma».

È corretto, onorevole Sottosegretario?

 

CALIENDO, sottosegretario di Stato per la giustizia. Esatto, signora Presidente.

 

PRESIDENTE. Grazie, l'emendamento si intende, dunque, così corretto.

D'ALIA (UDC-SVP-Aut). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

D'ALIA (UDC-SVP-Aut). Signora Presidente, apprezzo lo sforzo del relatore, del presidente Berselli e del Governo, però forse non ho avuto il pregio di farmi comprendere. Premetto che siamo d'accordo sull'articolo 35-bis così come modificato e proposto dai relatori: siamo per il gratuito patrocinio per le vittime di violenza sessuale e per l'inasprimento delle pene. Non è su questo che stiamo discutendo.

In sede di approvazione dell'articolo 23 di questo disegno di legge è stata introdotta una modifica all'articolo 275 del codice di procedura penale, prevedendo l'ampliamento delle ipotesi per cui le esigenze cautelari sono presunte. Dunque, non lo sono soltanto per il 416-bis, cioè per l'associazione mafiosa o per il favoreggiamento dell'associazione mafiosa; oltre a queste ipotesi, i gravi indizi di colpevolezza sono il presupposto per l'applicazione della misura cautelare in carcere anche per le seguenti ipotesi di reato: riduzione e mantenimento in schiavitù o servitù, tratta di persone, acquisto o alienazione di schiavi, associazione a delinquere di stampo mafioso, sequestro di persona a scopo di estorsione, associazione a delinquere finalizzata allo spaccio, eccetera. In tutte queste ipotesi di reato, a seguito dell'approvazione due settimane fa in questa Aula dell'articolo 23, il giudice ha l'obbligo - se intende applicare la misura cautelare - di farlo con la restrizione in carcere. E fin qui siamo d'accordo.

A seguito dell'emendamento che i relatori, molto opportunamente, hanno presentato e che prevede la estensione del gratuito patrocinio alle vittime di violenze sessuali e ad altre ipotesi, viene agganciato un subemendamento dei colleghi della Lega, nel merito del quale non discuto perché in linea di principio sono d'accordo. E cosa dicono i colleghi della Lega? I colleghi della Lega dicono che con riferimento, non al gratuito patrocinio ma agli articoli 274 e 275 del codice di procedura penale, per tutte le ipotesi di reato per le quali è stato esteso il gratuito patrocinio (quindi la violenza sessuale e quant'altro) è esteso anche l'obbligo della custodia cautelare in carcere. Quindi, ciò che già era previsto dall'articolo 23 da noi approvato è esteso anche a questa ipotesi.

Da una ricognizione sistematica delle ipotesi di reato, approvate ed in fase di approvazione, per le quali il giudice è obbligato a disporre la misura cautelare in carcere sembrerebbe essere escluso il reato di omicidio. Mi chiedo se sia veramente così e, quindi, se il giudice, quando procede per omicidio, non abbia l'obbligo di applicare la misura cautelare in carcere. Se dalla lettura di queste norme risulta una simile disposizione, credo che stiamo operando male creando uno zibaldone e varando delle norme fra di loro illogiche e contraddittorie. Se non è così, noi siamo pronti a votare a favore dell'emendamento.

Questo è il senso della mia richiesta di chiarimento, collega Berselli. Io condivido le sue parole, ma i colleghi del PD hanno presentato un emendamento con riferimento non al gratuito patrocinio, ma all'applicazione obbligatoria della misura cautelare in carcere nell'ipotesi di reato di omicidio. Il fatto che tale emendamento sia stato respinto significa che per il reato di omicidio il giudice ha facoltà di verificare, qualora ritenga di applicare le misure cautelari, che il soggetto possa essere ristretto agli arresti domiciliari anziché in carcere? Dalla lettura combinata di queste disposizioni sembrerebbe che è così. Ci rendiamo conto che questo sarebbe un risultato finale peggiore del rimedio che si vuole introdurre. Ripeto, questo è il senso della mia richiesta di chiarimento.

Se è così, e ritengo che sia così, sarebbe opportuno riflettere ulteriormente sull'emendamento 35.0.800/9, non al fine di non introdurre la misura obbligatoria, ma per fare in modo che questa sia inquadrata in un contesto sistematico di norme contenute nel codice di procedura penale affinché sia applicabile in maniera dignitosa e credibile. (Applausi dal Gruppo UDC-SVP-Aut e del senatore Lannutti).

PRESIDENTE. Senatore D'Alia, mi auguro che il relatore o il rappresentante del Governo vogliano chiarire se, in base al combinato disposto degli articoli 23 e 35 del disegno di legge, il reato di omicidio rientri fra quei reati per i quali è previsto l'obbligo di custodia cautelare in carcere.

Senatore Berselli, la prego di chiarire questo aspetto.

BERSELLI, relatore. Signora Presidente, avevo già risposto al senatore D'Alia quando aveva fatto riferimento all'emendamento 35.0.800 (testo 2)/6, che prevedeva di inserire l'omicidio tra i reati per i quali era stato da noi previsto il gratuito patrocinio. Poiché il senatore D'Alia ha chiesto un chiarimento su questo punto, ho voluto ribadire il principio.

Ora, però, il senatore D'Alia pone una questione diversa, in riferimento non all'emendamento 35.0.800 (testo 2)/6 rispetto al gratuito patrocinio, ma all'emendamento 35.0.800 (testo 2)/9 (testo corretto).

 

D'ALIA (UDC-SVP-Aut). Sì, è così.

 

BERSELLI, relatore. In questo caso, dalla lettura della norma è evidente che si è voluto fare riferimento solo al reato di violenza sessuale. Quindi, il reato di omicidio e tutti gli altri reati attualmente non compresi nella normativa di cui all'articolo 23 sono esclusi.

PRESIDENTE. Quindi, il reato di omicidio non rientra tra le fattispecie su cui stiamo votando relative alla obbligatorietà della custodia cautelare in carcere.

D'AMBROSIO (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

D'AMBROSIO (PD). Signora Presidente, poiché anche il relatore ha affermato che è stabilito l'arresto obbligatorio in flagranza di reato di violenza sessuale e di violenza di gruppo, vorrei ricordare che già il comma 1 dell'articolo 380 del codice di procedura penale che stabilisce l'obbligatorietà dell'arresto in flagranza.

Quindi, è una ripetizione. Se un reato è punito con una pena nel minimo non inferiore a cinque anni, l'arresto in flagranza è obbligatorio. Evidentemente, si vuole proclamare che nell'elenco viene compresa anche la violenza sessuale, ma lo si fa tanto per dirlo, non perché sia necessario. Già è così adesso: se un reato è punito con la pena nel minimo non inferiore a cinque anni, l'arresto è obbligatorio.

Per la violenza sessuale, il minimo è cinque anni: non essendo la pena nel minimo inferiore a cinque anni, l'arresto è già obbligatorio. Lo stesso discorso vale per la violenza di gruppo, per la quale il minimo della pena è addirittura sei anni. Vorrei capire allora perché vengono inserite queste disposizioni: per fare il proclama, visto che c'è stato un episodio di violenza sessuale in cui per l'imputato di tale reato sono stati disposti gli arresti domiciliari?

Vogliamo commettere un errore tecnico? Facciamolo, però prima esaminiamo tutti gli aspetti con serietà. (Applausi dal Gruppo PD).

BERSELLI, relatore. Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

BERSELLI, relatore. Colleghi, bisogna intenderci. Nel provvedimento di indulto, approvato dal Parlamento, si prevedeva chiaramente che dell'indulto non avrebbero potuto beneficiare i condannati per reati di violenza sessuale, mentre avrebbero potuto beneficiarne - e ne hanno beneficiato - i condannati per omicidio.

 

GARRAFFA (PD). E questo che cosa significa? (Commenti dal Gruppo PD).

PRESIDENTE. Colleghi, ognuno si assume la responsabilità della propria posizione. Il relatore si è assunto la responsabilità della sua versione.

CALIENDO, sottosegretario di Stato per la giustizia. Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CALIENDO, sottosegretario di Stato per la giustizia. Credo che l'emendamento risenta del dibattito. Innanzitutto, sotto il profilo della coerenza di sistema, il reato di omicidio è punito con una pena per cui, tenuto conto della disciplina di cui all'articolo 275 del codice di procedura penale, nessun magistrato si è mai sognato di concedere gli arresti domiciliari immediatamente dopo l'arresto.

 

CASSON (PD). Non è vero!

 

CALIENDO, sottosegretario di Stato per la giustizia. Dobbiamo renderci conto che i reati di violenza sessuale, diciamocelo, in questo Paese non sono mai stati considerati molto gravi, indipendentemente dalle pene. La logica per cui questa norma viene inserita, che era stata individuata alla Camera dei deputati, è che vi sia anche la crescita di una cultura all'interno del Paese su questo argomento. È questa la ragione per cui credo che la norma possa essere approvata così com'è.

PRESIDENTE. Il relatore ed il Governo hanno dato le relative spiegazioni, che possono risultare più o meno convincenti, per cui ora possiamo procedere alla votazione.

CENTARO (PdL). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CENTARO (PdL). Presidente, intervengo per chiedere ai relatori e al Governo di inserire anche il delitto di omicidio nell'elencazione di cui si è detto. (Applausi del senatore D'Alia). Non è vero che nessun magistrato abbia mai dato gli arresti domiciliari per un omicidio, perché questi vengono concessi, se ve ne sono i presupposti.

Se vogliamo introdurre una norma di particolare severità per lo stupro e la violenza carnale, d'accordo, ma dobbiamo anche considerare che il bene della vita è il massimo che possa essere tutelato, quindi anche per esso va applicato un regime di estrema severità, come quello che applichiamo per la violenza carnale. (Applausi dal Gruppo PD e del senatore D'Alia).

ADAMO (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.

 

PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.

 

ADAMO (PD). Signora Presidente, intervengo per motivare il fatto che non parteciperò alla votazione del subemendamento 35.0.800 (testo 2)/9 (testo corretto), presentato dalla senatrice Mauro e da altri senatori. Si tratta di una ragione particolare visto che sono totalmente d'accordo con il voto che verrà espresso dal mio Gruppo (che mi sembra di capire sarà favorevole, giacché non è stata approvata la proposta di stralcio); tuttavia, non posso dimenticare - mi rivolgo al relatore e al sottosegretario Mantovano che al riguardo hanno assunto una posizione precisa - che la maggioranza di questa Assemblea ha espresso un voto contrario sugli emendamenti 1.108, 1.109, 1.0.100, 1.0.300, 2.0.100 e 2.0.101, da me illustrati perché la senatrice Della Monica, prima firmataria, era malata.

Questi emendamenti eliminavano le attenuanti, inserivano le aggravanti ed erano tutti rivolti ai reati a sfondo sessuale, alla violenza sessuale, allo stalking e alla tutela dei minori. Avete affrontato lo stalking, ma non avete fatto le modifiche relative alla violenza sessuale.

 

PRESIDENTE. Senatrice Adamo, la prego di concludere.

 

ADAMO (PD). Concludo, signora Presidente.Il sottosegretario Mantovano, per respingere i miei emendamenti, ha usato le stesse parole circa la necessità di predisporre una legge organica e di non procedere in modo disordinato. Si pone, dunque, un altro problema oltre a quello sul merito: per la maggioranza gli emendamenti presentati dalla Lega vanno bene; viceversa, quando si tratta di proposte emendative presentate dal mio Gruppo, diventa necessaria una legge organica. Questo non è un modo di lavorare serio e da legislatori!

CASSON (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CASSON (PD). Signora Presidente, il senatore Centaro ha avanzato una proposta al Governo per l'inserimento dell'articolo 575 del codice penale, relativo all'omicidio, tra i reati previsti. Sempre su questa scia, considerato il modo di procedere del Governo, suggerisco di non dimenticare l'articolo 422 del codice penale, relativo alla strage (che è ancora più grave), per il quale in origine era prevista addirittura la pena di morte e adesso l'ergastolo.

Invito, pertanto, il Governo a razionalizzare la norma e a specificare come intende intervenire, proprio perché credo che da entrambe le parti, maggioranza e opposizione, non si sa materialmente cosa fare.

PRESIDENTE. La ringrazio, senatore Casson. Evidentemente il Governo si assumerà le proprie responsabilità dopo aver sentito anche le sue considerazioni.

INCOSTANTE (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.

 

PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.

 

INCOSTANTE (PD). Signora Presidente, annuncio la mia non partecipazione al voto sull'emendamento 35.0.800 (testo 2)/9(testo corretto). Ritengo, infatti, che in quest'Aula stia avvenendo un'operazione molto furbesca e anche poco positiva, che un legislatore non dovrebbe fare, dovendo essere razionale, serio, non emotivo e pensare davvero ai tanti problemi gravi del Paese, come - appunto - quelli dello stupro e della violenza.

Abbiamo proposto per mesi modifiche sulle norme relative alla violenza, ma ci è stato risposto che era in preparazione il provvedimento a firma del ministro Carfagna; adesso invece si fa qualcosa, che forse andrebbe un po' più meditato, al di fuori di quel provvedimento. Quindi, la politica va bene, senatore Berselli, ma le strumentalizzazioni sul corpo, sulla pelle e sulle battaglie delle donne non le consentiamo a nessuno! Pertanto, non parteciperò al voto perché questa non è serietà! (Applausi dal Gruppo PD e del senatore Astore).

PARDI (IdV). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

PARDI (IdV). Signora Presidente, il dibattito che si è tenuto in quest'Aula testimonia, oltre ogni ragionevole dubbio, che il principio della severità della legge si appresta ad essere applicato in misura diversa per reati diversi. Ha ragione il collega che mi sta accanto, Luigi Li Gotti, nell'affermare che ci si appresta a creare una varietà di diritti speciali. Voglio testimoniare la mia contrarietà assoluta a questo tipo di prassi, che a sua volta è sovrastata da una stravaganza. Il Presidente del Consiglio ha affermato - è stata qui richiamata la sua frase - che è necessario garantire la certezza della pena.

È veramente stravagante che una persona che si è fatta salvare dai suoi processi modificando le leggi e modificando, con diversi artifici, vari procedimenti penali nei suoi confronti, per portarli all'assoluzione o alla prescrizione, si permetta di sostenere, da quella posizione, che è necessaria la certezza della pena! (Commenti dei senatori Gramazio e Berselli). La sua condizione materiale è la negazione della certezza della pena! (Applausi dai Gruppi IdV e PD).

MARITATI (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal Gruppo.

 

PRESIDENTE. Ne prendo atto e ne ha facoltà.

 

MARITATI (PD). Signora Presidente, ogni volta che affrontiamo situazioni delicate non c'è tempo per farlo: secondo me questa situazione è delicatissima. Stiamo giocando con i principi fondamentali della civiltà giuridica, stiamo facendo una gara a chi è più forte nel punire, a chi vuole irrogare pene più immediate e rapide. Io vorrei pene rapide e immediate, ma a seguito di processi rapidi.

Qui stiamo parlando, come ha detto prima la senatrice Finocchiaro in modo incisivo, di custodia cautelare. Voi colleghi del centrodestra avete gridato tantissime volte, e sotto certi punti di vista ragionevolmente, che non si può mettere in vincoli una persona e lasciarla così, se non si ha la certezza della sua responsabilità. Questo vale e deve valere per gli autori di tutti i tipi di reato. (Applausi dei senatori Perduca, Poretti e Biondelli).

Dobbiamo puntare insieme a dare al Paese processi rapidi, garantisti e immediati, perché le persone scontino le pene e non la custodia cautelare, per cui non c'è garanzia della responsabilità. È inutile, come ha detto giustamente la senatrice Incostante, giocare sulla pelle delle donne: non facciamo vedere sulla piazza chi di noi è più forte contro gli stupratori. Facciamo in modo, piuttosto, che gli stupratori siano processati in maniera garantista, condannati e non escano dal carcere.

In Italia vediamo pene irrogate senza processo e scarcerazioni a seguito di processi conclusi con una sentenza di condanna. Su questo dobbiamo lavorare insieme, presidente Berselli, ministro Alfano, colleghi della maggioranza: mettiamoci insieme e diamo al Paese una giustizia rapida, immediata e giusta e non interventi schizofrenici che ledono i principi fondamentali della nostra civiltà giuridica. (Applausi dal Gruppo PD e del senatore Pardi).

FINOCCHIARO (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

FINOCCHIARO (PD). Signora Presidente, tutto questo era già nelle premesse: era ovvio cioè che, infilandoci in una questione come quella proposta nell'emendamento, si finisse per aggiungere oggi l'omicidio e poi magari per rendersi conto di aver dimenticato il reato di strage o un altro reato altrettanto grave. Per questo vi ho pregato di discutere questa partita nel suo contesto proprio: quello del disegno di legge sulla violenza sessuale.

A questo punto mi permetto di dire al Governo una parola di buon senso. Se l'emendamento rimane, lo voteremo: il male è stato già fatto con l'articolo 23 del disegno di legge e dunque, a questo punto, non si potrà fare altrimenti proprio perché crediamo nella gravità del delitto di stupro. Apprezziamo una cosa vera detta dal sottosegretario Caliendo, ovvero che c'è l'esigenza di rappresentare lo stupro per quello che è, ad una società che ancora non lo coglie fino in fondo come reato gravissimo.

Ma la cosa che volevo dire è questa: pregherei il Governo di non mettere una pezza sul buco, creando un danno maggiore. Ora, ammettiamo l'omicidio e magari lasciamo fuori tanti altri reati: ci vorrebbe una ricognizione razionale, non un legislatore emotivo nei pochi minuti di questa votazione per maneggiare una materia così delicata, che comunque attiene alla libertà personale.

Quindi, lasciatelo com'è, l'emendamento: lo voterà, probabilmente, tutta l'Aula. Lasciamo perdere l'omicidio: il Governo, la maggioranza e l'opposizione torneranno sull'articolo 275, valuteranno se dobbiamo rendere obbligatoria la custodia in carcere, per quali reati, rispetto a quale valutazione, se dobbiamo capovolgere la riforma del 1995 oppure no. Ma non introduciamo ora, sulla base dell'emotività dell'Aula, un'ulteriore innovazione che può essere rischiosa e che, come diceva il senatore Maritati, potrebbe frantumare ulteriormente un sistema già fortemente danneggiato dall'articolo 23 che avete approvato prima. (Applausi dal Gruppo PD).

MARCENARO (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.

 

PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.

 

MARCENARO (PD). Signora Presidente, è la prima volta che mi capita e mi dispiace. Spero che l'invito della senatrice Finocchiaro sia raccolto, perché quando ci si accorge - come voi vi state accorgendo - che si sta commettendo un errore un Parlamento si può fermare. Non è obbligatorio andare avanti, non c'è un meccanismo che ci costringe ad una coerenza ossessiva e priva di ragioni.

Se non vi fermate, però, esprimerò voto contrario, perché non può vincere la demagogia su questioni così importanti e delicate. Darla vinta al populismo e alla demagogia per il timore di assumersi una responsabilità difficile su una cosa del genere, per quanto mi riguarda, è una questione inaccettabile.

Vi prego, ritornate su questa decisione: sapete meglio di noi che state commettendo un errore. Non c'è bisogno di andare fino in fondo. (Applausi dal Gruppo PD).

D'ALIA (UDC-SVP-Aut). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

D'ALIA (UDC-SVP-Aut). Signora Presidente, ci asterremo dal voto sul subemendamento 35.0.800 (testo 2)/9 (testo corretto), proposto dalla Lega, perché siamo favorevoli al fatto che chi si macchia di reati di violenza sessuale debba essere recluso, cioè che debba essere applicata nei suoi confronti la misura della custodia cautelare in carcere a tutela della vittima del reato e della possibilità che questo soggetto interferisca rispetto all'azione giudiziaria portata avanti dalla vittima stessa.

Ci asteniamo, però, anche per un altro motivo: la collega Finocchiaro ha ricordato l'ipotesi della strage; noi abbiamo ricordato - come ha sottolineato il collega Centaro, già Presidente della Commissione antimafia - i reati di omicidio e rapina aggravata (per il quale sono previsti vent'anni, cari colleghi della Lega): sono ipotesi per le quali al magistrato resta una discrezionalità nel valutare se applicare o meno la misura cautelare e in che termini. E questo non è giusto e non è corretto: non è il modo di affrontare le questioni.

È vero quanto ha sostenuto lei, sottosegretario Caliendo: nella casistica, quando si procede nei confronti di un soggetto indagato per omicidio, il più delle volte il magistrato applica la misura della custodia cautelare in carcere. Con il modo, però, di procedere che è stato inaugurato da un po', ossia secondo uno Zibaldone demagogico delle norme, se domani mattina un soggetto viene arrestato per omicidio e un magistrato, anziché metterlo in carcere perché ha deciso di applicare la misura della custodia cautelare, lo tiene a casa agli arresti domiciliari, vi sarà un articolo di giornale sul tema, per cui è evidente che saremo chiamati nuovamente a intervenire.

Speriamo che questo provvedimento sul pacchetto sicurezza duri a lungo, così la stampa e l'opinione pubblica ci diranno quali sono le ipotesi che dobbiamo modificare nel codice penale e in quello di procedura penale.

Ci rendiamo conto che non è serio? Ci rendiamo conto che così creiamo squilibri che, alla fine, pagheremo come istituzioni? Non è un problema di questa o di quella maggioranza: ci vuole serietà quando si affrontano questi argomenti.

Per le ragioni che ho detto in precedenza, sull'emendamento 35.0.800 (testo 2)/9 (testo corretto) ci asterremo e voteremo a favore dell'emendamento 35.0.800 (testo 2), presentato dai relatori, che prevede il gratuito patrocinio.

Così ho fatto un'unica dichiarazione di voto, signora Presidente, e siamo tutti contenti.

PERDUCA (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.

 

PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.

 

PERDUCA (PD). Signora Presidente, annuncio, anche a nome della senatrice Poretti, un voto contrario sul subemendamento presentato dalla Lega, proprio perché si tratta di questioni serie, come del resto avrebbero dovuto esserlo tutte quelle affrontate da questo disegno di legge.

Le varie questioni sono state invece affrontate utilizzando gli aspetti mediatici al fine di selezionare alcuni crimini rispetto ad altri, senza presentare proposte di legge organiche, com'è stato ricordato dai colleghi del Partito Democratico che si sono espressi in dissenso dall'orientamento del Gruppo.

Pertanto, proprio perché intendiamo raccogliere l'appello alla serietà testé formulato dal senatore D'Alia, annuncio un voto contrario e non di astensione. (Applausi della senatrice Poretti).

DELLA MONICA (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.

 

PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.

 

DELLA MONICA (PD). Signora Presidente, intervengo brevemente anche perché chiamata in causa in relazione ad emendamenti da me presentati ma che, per ragioni di salute, purtroppo non ho potuto sostenere.

A questo punto vorrei anch'io dichiarare, con grande dispiacere, che intendo votare in difformità dal Gruppo, non soltanto perché ritengo che la materia della custodia cautelare sia di estremo rilievo e costituzionalmente garantita e debba dunque essere affrontata in maniera organica e unitaria e non emotivamente, ma anche perché ritengo che proprio per i reati che riteniamo particolarmente gravi, quali lo stupro, sono stati respinti alcuni emendamenti che almeno giustificavano la possibilità di applicare una custodia obbligatoria prevedendo l'aumento della pena, le aggravanti, la possibilità di evitare il bilanciamento.

Pertanto, di fronte ad una situazione del genere, che dimostra un'irrazionalità complessiva nella valutazione della materia della libertà personale costituzionalmente garantita e degli interessi delle vittime oltre che degli stessi indagati, per cui di fatto vengono sostanzialmente violati principi costituzionali, ritengo che non si possa partecipare al voto su questo emendamento a meno che il Governo e i relatori, con un atto di responsabilità, invitino a ritirare questo emendamento.

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 35.0.800 (testo 2)/9 (testo corretto), presentato dalla senatrice Mauro e da altri senatori.

È approvato. (Applausi dal Gruppo LNP e della senatrice Bonfrisco).

 

Passiamo alla votazione dell'emendamento 35.0.800 (testo 2), nel testo emendato.

DELLA MONICA (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

DELLA MONICA (PD). Signora Presidente, preannuncio sin d'ora, a nome del Gruppo al quale appartengo, il voto favorevole sull'emendamento 35.0.800 (testo 2) nella convinzione che si possa finalmente aprire una falla nel nostro ordinamento giuridico e che si voglia dare un rilievo alle vittime dei reati. Del resto, l'Italia protegge molto poco le vittime dei reati ed è stata più volte condannata a tal riguardo dalla Corte di Strasburgo.

Trovo molte incongruenze rispetto a questo emendamento. Ad esempio, lo stupro perpetrato per strada prevede la possibilità di un gratuito patrocinio per chiunque, abbiente o non abbiente, cittadino italiano o straniero. Naturalmente ciò dovrebbe essere garantito anche per lo stupro tra le mura domestiche. Mi chiedo, pertanto, per quale motivo non si debba dare il gratuito patrocinio anche a coloro che sono vittime di tale forma di violenza, considerato che i dati allarmanti che la senatrice Mauro ha letto questa mattina, che fanno parte di una ricerca ISTAT da me commissionata nella mia veste di capo del dipartimento per i diritti e le pari opportunità, sono ancora più allarmanti per i casi di violenza domestica.

Inviterei dunque il Governo ad integrare il gratuito patrocinio per il reato di cui all'articolo 572 del codice penale, cosa che non ho visto fare. Non si rischia in alcun modo di introdurre una disorganicità se si considera che rispetto al reato di maltrattamento in famiglia, malgrado tutti gli sforzi compiuti, non è mai stato possibile ottenere né un emendamento né un disegno di legge governativo ad hoc.

Ciò nonostante, è talmente importante dare un segnale per mostrare che questo Paese si occupa delle vittime dei reati, e quindi in particolare in questo momento delle donne, che, pur con tutte le incongruenze che ci sono e malgrado i nostri emendamenti (alcuni dei quali proprio a favore delle donne, e penso alle vittime del traffico di esseri umani che sono prevalentemente donne e minori o alle vittime degli infortuni sul lavoro, che è materia che si collega alla sicurezza) siano stati rigettati, io ritengo che il nostro voto debba essere favorevole. (Applausi dal Gruppo PD).

BASSOLI (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

BASSOLI (PD). Mi scusi, Presidente, lei nella precedente votazione non ha chiesto chi si asteneva dal voto. Io vorrei fosse messo a verbale che nella precedente votazione mi sono astenuta.

PRESIDENTE. Lo metteremo a verbale, senatrice Bassoli, ma la precedente votazione non era mediante procedimento elettronico per cui non risulteranno né i voti contrari né gli astenuti.

Metto ai voti l'emendamento 35.0.800 (testo 2), presentato dai relatori, nel testo emendato.

E' approvato. (Commenti dai Gruppi PdL e PD).

 

Invito ora la senatrice Segretario a dar lettura del parere espresso dalla 5a Commissione permanente sugli ulteriori emendamenti presentati al disegno di legge in titolo.

BAIO, segretario. «La Commissione programmazione economica, bilancio, esaminati gli ulteriori emendamenti relativi al disegno di legge in titolo, esprime, per quanto di propria competenza, parere contrario ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, sulla proposta 8.0.301 (testo 2). Esprime altresì parere non ostativo sulle restanti proposte».

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 36, sul quale sono stati presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.

LIVI BACCI (PD). Signora Presidente, l'articolo 36, del quale chiediamo la soppressione, stabilisce che l'iscrizione e la richiesta di variazione anagrafica sono subordinate alla verifica, da parte dei competenti uffici comunali, delle condizioni igienico-sanitarie dell'immobile, nemmeno dall'abitazione ma dell'immobile, in cui il richiedente intende fissare la propria residenza.

Forse non ci si rende conto che questo articolo rovina un bene comune che è quello del sistema statistico nazionale. Vi prego di prestare brevemente attenzione a questo fatto. Sulla correttezza e affidabilità delle anagrafi si basa una gran quantità di azioni importanti. Dall'anagrafe dipende, per esempio, la formazione delle liste elettorali; con una buona anagrafe si fa un buon censimento; sulle anagrafi sono basate tutte le indagini campionarie della nostra statistica ufficiale. Allora, questo è un bene comune che serve a governare. Rovinare l'anagrafe significa deteriorare un sistema, un metodo, uno strumento di Governo.

Vorrei spiegare brevemente la ragione di questa affermazione. Ricordiamoci che ogni anno si iscrivono o si cancellano dalle anagrafi italiane due milioni di persone, solo una piccola parte delle quali è composta da stranieri.

Questa è una premessa. Subordinare l'iscrizione anagrafica, o anche la variazione dell'iscrizione anagrafica, alla verifica delle condizioni igieniche dell'abitazione significa, tra l'altro, che una grande quantità di cittadini italiani non potrebbe avere riconosciuto il diritto di spostare la residenza perché l'abitazione nella quale vanno a vivere ha condizioni igieniche deteriorate. Gran parte della popolazione italiana vive in abitazioni con condizioni igieniche deteriorate, non consone e non rispettose dei parametri ufficiali.

Ciò premesso, ricordo anche che l'iscrizione di uno straniero all'anagrafe determina la sua apparizione nel sistema statistico nazionale, circostanza importantissima se noi vogliamo governare l'immigrazione, signori della maggioranza e signori dell'opposizione. Se io subordino l'iscrizione all'anagrafe ad una verifica delle condizioni igieniche ottengo delle conseguenze molto negative.

La prima conseguenza è il ritardo dell'iscrizione, perché si ritarderà l'iscrizione a causa della paura che l'abitazione nella quale si va a vivere venga verificata non consona rispetto alle norme igieniche; oppure, si rinuncia all'iscrizione e con questo lo straniero o l'italiano possono scomparire dal sistema statistico nazionale. Ancora si sceglierà un'abitazione di comodo perché si troverà sempre il connazionale, italiano o straniero, che permetterà alla persona di stabilire la sua fantomatica residenza in un'abitazione che invece è igienicamente buona.

Sappiamo poi per esperienza che i piccoli Comuni possono agevolmente, ma con qualche costo, compiere le verifiche sulle caratteristiche dell'abitazione ma non così possono fare i grandi e i grandissimi Comuni, dove queste verifiche non vengono compiute mai o molto raramente. In tal modo, si determina anche una distorsione della distribuzione degli italiani secondo la zona di residenza.

Tutte queste considerazioni, assieme anche all'eventuale arbitrio con cui le varie entità comunali potrebbero valutare la corrispondenza dell'abitazione alle norme igieniche, possono determinare un discostarsi progressivo della distribuzione dei nostri residenti italiani rispetto alla realtà. Questo deteriora il sistema statistico nazionale e sul sistema statistico nazionale è basato il buon governo.

Allora, io prego la maggioranza e l'opposizione di volere accogliere questo emendamento. Del resto, la soppressione dell'articolo 36 è richiesta dall'ISTAT, dall'ANCI e da tutte le istituzioni che hanno a che fare con il sistema statistico nazionale. È una di quelle proposte che possono essere provocatorie, se si vuole, ma che hanno come conseguenza di rovinare uno strumento che adesso funziona discretamente.

Vogliamo questo? Io ritengo che nessuno di noi lo voglia e ritengo molto opportuno sopprimere l'articolo in questione, così come previsto dal nostro emendamento 36.300. (Applausi dal Gruppo PD e del senatore Pardi).

 

PRESIDENTE. I restanti emendamenti si intendono illustrati.

Invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti in esame.

BERSELLI, relatore. Invito i presentatori al ritiro dell'emendamento 36.100, diversamente esprimo parere contrario; lo stesso dicasi per l'emendamento 36.300. Esprimo quindi parere contrario all'emendamento 36.102.

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Esprimo parere conforme a quello del relatore.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 36.100, identico all'emendamento 36.300.

D'ALIA (UDC-SVP-Aut). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

D'ALIA (UDC-SVP-Aut). Signora Presidente, voteremo a favore degli emendamenti soppressivi presentati dai colleghi perché, nonostante una parziale modifica della disposizione sulle variazioni di iscrizione anagrafica e di residenza, la norma è inutile, intasa gli uffici comunali e non risolve il problema per il quale era stata introdotta o si pensava di introdurla: avere un controllo nelle variazioni anagrafiche degli stranieri. Poiché ciò, per un principio costituzionale, non si poteva realizzare solo per gli extracomunitari, ma si può fare per tutti coloro i quali risiedono, cittadini italiani e stranieri, nel territorio italiano, avete pensato, in modo geniale, di aggravare le procedure per l'iscrizione e per il cambio di residenza per tutti i cittadini italiani.

È vero che in Commissione è stata introdotta una modifica che attraverso il sistema del silenzio-assenso consente l'iscrizione con riserva, ferma restando la verifica, e quindi in qualche modo avete cercato di contenere il danno delle sciocchezze commesse. Tuttavia, ci vogliamo rendere conto che oggi i Comuni non riescono neanche ad assolvere, per insufficienza di personale e di vigili urbani, all'obbligo di accertamento delle variazioni di residenza dei cittadini esistenti in un Comune? Carichiamo gli uffici comunali di ulteriori, inutili incombenze che, peraltro, dovrebbero essere oggetto di una specifica attenzione sotto il profilo della disciplina edilizia ed urbanistica. Infatti, quando si parla delle condizioni igienico-sanitarie di un immobile, il collegamento non è con la residenza ma con la conformità di quel determinato immobile alle regole urbanistiche ed edilizie generali e a quelle previste in quel determinato Comune.

L'accanimento terapeutico inutile, insito in questa norma, la dice lunga sul modo in cui volete affrontare il problema della sicurezza. Volete realizzare tante norme manifesto, che non possono essere applicate e che complicano la situazione, per pulirvi la coscienza e dire domani, in diretta televisiva, che avete fatto qualcosa per la sicurezza. Questo è un modo sbagliato di agire, che non funziona. Almeno queste cose, che suonano ridicole, cerchiamo di cancellarle e di risparmiarci qualche inutile orpello ideologico superiore al livello di tolleranza dell'italiano medio. (Applausi del senatore Peterlini).

PARDI (IdV). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

PARDI (IdV). Signora Presidente, siamo favorevoli agli emendamenti soppressivi proposti e in particolare all'emendamento 36.300, a firma dei senatori Livi Bacci e Della Monica. Vorrei rimarcare qualcosa che richiede l'attenzione del sottosegretario Mantovano, chiedendo alla persona che al momento lo sta distraendo di soprassedere. Non so se il sottosegretario Mantovano si è accorto della leggerezza nella quale è incorso quando ha proposto il ritiro di questo emendamento. Il senatore Livi Bacci si è prodigato in una spiegazione analitica, estremamente suggestiva, dei motivi dell'esistenza di questo emendamento. Trovo veramente strano che il Governo, di fronte ad una spiegazione di questo tipo, si limiti ad un invito al ritiro. Un Governo serio dovrebbe perlomeno motivare la sua decisione. (Applausi dai Gruppi IdV e PD).

DELLA MONICA (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

DELLA MONICA (PD). Sono firmataria dell'emendamento 36.300 insieme al senatore Livi Bacci, ma in questo momento esprimo il parere di tutto il Gruppo. Il voto naturalmente per noi è di sostegno dell'emendamento non soltanto per i motivi che ha già espresso egregiamente il senatore Livi Bacci, ma anche per motivi di carattere sostanziale. Credo infatti che dobbiamo praticare un principio di buona efficienza e di serietà della pubblica amministrazione, principio anche questo costituzionalmente garantito.

La verità per cui noi votiamo contro questo articolo è che in realtà la norma era discriminatoria esclusivamente nei confronti dei cittadini stranieri. Ebbene, il diritto antidiscriminatorio non è opzionale, ma fa ormai parte del nostro ordinamento giuridico. Ricordo che nel precedente Governo, quando si partecipava al Consiglio dei ministri ed ai preconsigli dei ministri, le questioni antidiscriminatorie - signora Presidente, lo ricordo a lei che faceva parte di quel Governo - venivano immediatamente valutate e non superavano nemmeno lo sbarramento del Consiglio dei ministri.

Evidentemente tutto questo oggi non avviene e con grande superficialità si affrontano i problemi, ivi compreso quello della sicurezza. Sicché, nel momento in cui una norma assume la caratteristica di norma manifesto, finisce per incidere negativamente sulle condizioni di vita dei cittadini stranieri, rende più difficoltose le condizioni di vita dei cittadini italiani. Tutti gli enti preposti a questa materia, ivi compreso l'ISTAT, come ha messo chiaramente in luce il senatore Livi Bacci, sono contrari e non si comprende il motivo per cui si voglia mantenere a tutti i costi una norma che non ha significato.

Per questo voto contro il mantenimento dell'articolo 36.

INCOSTANTE (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

INCOSTANTE (PD). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 36.100, presentato dai senatori Pistorio e Oliva, identico all'emendamento 36.300, presentato dai senatori Livi Bacci e Della Monica.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 36.102.

 

INCOSTANTE (PD). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 36.102, presentato dal senatore Bianco e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'articolo 36.

 

PEGORER (PD). Chiediamo la verifica del numero legale.

 

Verifica del numero legale

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata). (Vivaci commenti dei senatori Casson e Incostante).

Chiudete le porte, per favore!

 

FERRARA (PdL). Ma non è una controprova! Ma cosa sta facendo, Presidente?

 

PRESIDENTE. Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

Dichiaro aperta la verifica.

(Segue la verifica del numero legale).

Dichiaro chiusa la verifica. Colleghi, il nervosismo prende tutti, però è stata chiesta la verifica del numero legale e la Presidenza si è comportata in base a tutte le norme regolamentari.

Il Senato non è in numero legale. (Applausi dai banchi dell'opposizione).

 

FERRARA (PdL). Non ha funzionato il dispositivo di alcuni senatori!

 

MALAN (PdL). Non mi ha funzionato il dispositivo!

 

GARRAFFA (PD). Senatrice Baio, guardi in quei banchi!

 

BUTTI, segretario. Presidente, le stanno segnalando che in quelle postazioni non ha funzionato il dispositivo.

 

PRESIDENTE. Un momento, colleghi. A quanti non ha funzionato il dispositivo?

La Presidente ha uno schermo ed è tenuta a riferirvi quanto appare.

 

GASPARRI (PdL). Presidente, non fanno entrare i senatori. Deve ripetere la votazione. Mi hanno impedito di entrare in Aula. Io sono il Capogruppo ed entro in Aula.

 

PRESIDENTE. Ma certo!

Onorevoli colleghi, la Presidenza è stata informata che è successo un incidente sgradevole e che è stato impedito ad alcuni senatori di entrare in Aula. Questo non è francamente accettabile.

Se lei insiste sulla richiesta del numero legale, senatore Pegorer, ripetiamo la votazione.

 

PEGORER (PD). Insisto, Presidente.

 

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, esistono incidenti che non si possono tollerare. Vi chiedo di sedervi e di farlo in modo ordinato. Ricominciamo in modo ordinato, possibilmente senza incidenti.

Verifichiamo l'appoggio, con calma. (Vivaci commenti dai banchi del centrodestra).

Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

Onorevoli colleghi, stiamo ripetendo la votazione, vi prego di sedervi. È aperta la votazione per la verifica. Ognuno voti per sé.

(Segue la verifica del numero legale). (Vivaci commenti dei senatori Barbolini, Pegorer e Ferrara).

 

Senatore Ferrara, per favore, vada a votare.

 

GARRAFFA (PD). Senatrice Baio, guardi il banco dei relatori.

 

PRESIDENTE. Il Senato non è in numero legale. (Applausi dai Gruppi PD e IdV. Commenti dai banchi del centrodestra).

Colleghi, questo sta scritto sul monitor della Presidenza, non mi sembra ci siano problemi tecnologici da verificare.

PICHETTO FRATIN (PdL). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

PICHETTO FRATIN (PdL). Signora Presidente, volevo far presente alla Presidenza, che la richiesta di appoggio per il numero legale è stata fatta una prima volta...

 

PRESIDENTE. Anche la seconda, senatore, ed è apparso sul tabellone.

 

PICHETTO FRATIN (PdL). La seconda volta molti di noi hanno ritenuto che non si trattasse più di appoggiare la richiesta di verifica del numero legale, ma che si trattasse della verifica vera e propria. (Commenti dei senatori Barbolini e Garraffa).

 

PRESIDENTE. Mi dispiace, la Presidenza ha fatto ripetere anche la votazione. Vi prego di credermi.

 

PICHETTO FRATIN (PdL). Ne prendo atto, ma non è corretto.

PRESIDENTE. Più di così non è possibile.

Sospendo la seduta per venti minuti.

 

(La seduta, sospesa alle ore 18,25, è ripresa alle ore 18,49).

Presidenza della vice presidente MAURO

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n.733 (ore 18,49)

PRESIDENTE. La seduta è ripresa.

Passiamo nuovamente alla votazione dell'articolo 36.

 

PEGORER (PD). Chiediamo la verifica del numero legale.

 

Verifica del numero legale

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale). (Proteste dal Gruppo PD).

 

Colleghi, non cominciamo a urlare. Ci sono i senatori Segretari che hanno il compito di controllare. La collega Baio sta andando a verificare fra i banchi. (Proteste dal Gruppo PD). Credo che la senatrice riesca a vedere benissimo, anche senza suggerimenti, visto che sta girando tra i banchi.

Il Senato è in numero legale. (Applausi dal Gruppo PdL).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'articolo 36.

È approvato.

 

Passiamo all'esame dell'articolo 37, sul quale sono stati presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.

PORETTI (PD). L'articolo 37, che con l'emendamento 37.100 proponiamo di sopprimere, si riferisce all'attività del money transfer e specifica che coloro che svolgono questo tipo di attività, cioè prestano servizi di pagamento nella forma dell'incasso e trasferimento di fondi, debbono acquisire e conservare per dieci anni copia del titolo di soggiorno, se il soggetto che ordina l'operazione è cittadino extracomunitario. In questo modo, già si presuppone che, trattandosi di extracomunitario, quel soggetto non è in regola, perciò si deve fornire il titolo di soggiorno semplicemente per compiere un trasferimento di fondi.

Inoltre, oltre alla presunzione di colpevolezza, si prescrive che la conservazione del documento, che deve avvenire secondo le modalità previste con il decreto-legge n. 144 del 2005, debba essere direttamente a carico dei soggetti che effettuano tali operazioni. Tale norma, sostanzialmente, impone agli operatori privati, che prestano questi servizi di pagamento, di conservare il titolo di soggiorno dell'immigrato che vuole fare un versamento internazionale.

Di conseguenza, gli irregolari non potranno inviare soldi alle loro famiglie e, soprattutto, gli operatori finanziari diventeranno tanti piccoli o grandi delatori, e non è questo un loro compito, visto che espletano tutt'altra funzione. Una cosa del genere non si è mai vista in un Paese democratico, se non nella Germania nazista o nell'Unione Sovietica. (Commenti dal Gruppo PdL). Del resto, sembrate davvero specializzati nel riprendere operazioni e modo di agire politico dell'Unione Sovietica. Questo è solo uno dei tanti esempi. E infatti, per gli operatori che non faranno i delatori, prevedete la cancellazione dall'elenco degli agenti in attività finanziaria.

Credo che questa norma costringerà all'illegalità e alla clandestinità moltissimi operatori. Una norma di questo tipo non può che essere definita criminogena. Chiediamo pertanto la soppressione dell'articolo 37.

D'ALIA (UDC-SVP-Aut). Signora Presidente, siamo favorevoli all'introduzione di questa norma, che estende la normativa e il controllo antiriciclaggio anche alle operazioni di money transfer, tuttavia, se si vuole introdurla, è necessario che ciò sia fatto in maniera sistematicamente corretta.

La norma, quindi, dovrebbe essere collocata direttamente nel decreto legislativo n. 231 del 2007, estendendo la disposizione che riguarda l'obbligo di acquisizione del titolo di soggiorno dei cittadini extracomunitari non solo ai soggetti che svolgono l'attività di money transfer, ma a tutti i soggetti obbligati agli adempimenti antiriciclaggio, per evitare che, a fronte dell'obbligo di un'adeguata verifica generalizzato per tutti i soggetti tenuti ad una collaborazione attiva, nel sistema siano compresenti intermediari nei cui confronti tale adempimento non è operativo ed altri tenuti a detto ulteriore obbligo.

In altri termini, l'emendamento 37.101, da noi presentato, serve ad eliminare l'assurdo in forza del quale agli extracomunitari viene richiesto il permesso di soggiorno soltanto per il money transfer e non anche per l'esercizio di altre attività di intermediazione finanziaria e creditizia. Credo, dunque, sarebbe opportuno precisare, proprio nella logica di dare piena attuazione alla disposizione, il fatto che l'obbligo riguarda non solo quel tipo di operazioni e quei soggetti che li svolgono, ma tutti coloro i quali operano nel settore dell'intermediazione finanziaria; infatti, la norma è volta non tanto al controllo degli extracomunitari, quanto al controllo dei movimenti sospetti di danaro che possono essere fatti anche da soggetti extracomunitari e che possono essere finalizzati al finanziamento del terrorismo internazionale di matrice fondamentalista o meno.

Poiché credo che questo sia lo spirito con cui è stata introdotta la disposizione, non sarebbe male renderla completa e compiuta prendendo spunto anche dai suggerimenti avanzati dalla Banca d'Italia.

INCOSTANTE (PD). Signora Presidente, desidero illustrare l'emendamento 37.200 sottolineando che l'articolo 37 fa riferimento - come è stato già evidenziato anche nell'intervento del senatore D'Alia - ad alcune particolari prescrizioni che attengono al money transfer. Mi convincono molto le argomentazioni del senatore D'Alia che osserva il fenomeno in modo più generale. Siamo di nuovo allo stesso punto: forse non dobbiamo tanto partire dal controllo degli immigrati quanto dal fenomeno che può indurre, anche per quanto riguarda alcune questioni legate all'immigrazione, azioni ed attività delittuose. Sappiamo, infatti, che in moltissime città sono stati aperti questi negozi, che ormai quindi sono assai diffusi, nei quali avviene il trasferimento di denaro in altri Paesi attraverso un'operazione semplice e rapida che peraltro, a mio avviso, viene compiuta senza l'effettuazione di quei controlli puntuali che invece dovrebbero essere fatti anche sotto il profilo autorizzativo.

Il governatore della Banca d'Italia Draghi, nel corso di un'audizione svolta dinanzi alla Commissione parlamentare antimafia nella precedente legislatura ha parlato molto del fenomeno, dei numerosi centri che sono sorti per queste fattispecie di operazioni ed anche delle finanziarie «fai da te» che molto spesso esibiscono requisiti formali, ma che in realtà non vengono mai controllate dalle autorità preposte ai controlli. Tutti questi soggetti maneggiano e movimentano denaro e naturalmente sono quelli più penetrabili dal punto di vista dell'attività del riciclaggio. Sappiamo che questi denari si spostano con molta facilità e che, teoricamente, gli immigrati possono essere preda delle attività delittuose, soprattutto quelli clandestini, i quali possono essere addirittura ricattati o persuasi - per così dire - a prestarsi alle movimentazioni di denaro.

Possiamo immaginare che le organizzazioni criminali, potendo agire su una massa molto spesso enorme di persone su cui esercitano questo tipo di pressione, possano movimentare molto denaro e naturalmente svolgere anche una funzione di riciclaggio. Non secondo una mia valutazione, ma dalle dichiarazioni rese da personalità del campo economico-finanziario, che hanno parlato del fenomeno in sedi pubbliche, come ad esempio la Commissione antimafia, dovremmo essere molto attenti a tutto ciò. Pertanto mi convince molto di più l'atteggiamento complessivo proposto dal senatore D'Alia rispetto a questo fenomeno e naturalmente invito ad una riflessione sul mio emendamento.

Si tratta di un emendamento molto parziale, che chiede di inviare tutti questi dati alla Procura nazionale antimafia per una valutazione e un monitoraggio. Può sembrare un dettaglio, ma disporre di questi dati in modo periodico ed avere un sistema di banche dati per verificare, ad esempio, perché da un certo territorio partono determinate operazioni - magari sempre da uno specifico territorio, o sempre a nome di certe persone - può essere un elemento che può consentire ulteriori analisi alla Procura nazionale antimafia. Per questo non vedo perché si dovrebbe essere contrari ad inviare questi dati per un monitoraggio e ad un'eventuale costituzione di banche dati su questo fenomeno.

 

PRESIDENTE. I restanti emendamenti si intendono illustrati.

Invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti in esame.

VIZZINI, relatore. Esprimo parere contrario sugli emendamenti 37.100, 37.101.

Invito al ritiro degli emendamenti 37.102, e 37.300.

 

PRESIDENTE. L'emendamento 37.300 è stato ritirato.

 

VIZZINI, relatore. Il parere è inoltre contrario sugli emendamenti 37.105, 37.200 e 37.0.100.

Signora Presidente, dopo avere espresso il parere sugli emendamenti, vorrei dire, anche in relazione agli interventi che ho ascoltato, che la norma in oggetto è stata esaminata in Commissione, nel corso di un'audizione svoltasi durante la discussione generale del disegno di legge, dal Governatore della Banca d'Italia che ha suggerito cambiamenti e aggiustamenti, che la Commissione ha ritenuto di apportare. La stessa norma è stata valutata insieme al Procuratore nazionale antimafia, che ricordo non ha competenza né per il terrorismo né per il reato di riciclaggio, ove esso non sia collegato a reati di mafia; ricordo comunque che c'è l'obbligo di una relazione semestrale.

Il punto di fondo - lo dico agli amici che pensano che stiamo parlando solo di poveracci che devono spedire le rimesse a casa - è che i clandestini rischiano di diventare manovalanza per effettuare il riciclaggio, proprio per il fatto che sono clandestini e che non devono lasciare il documento. Ricordo anche che non tutti gli immigrati sono persone che mandano somme alle loro famiglie: una gran parte lo fa e a costoro non succederà niente. Se vogliamo cominciare a mettere un punto sulla questione del riciclaggio, non possiamo pensare di fermarci fino a quando non avremo pronta una normativa globale su un fenomeno difficile e complesso, sul quale certamente dobbiamo ammodernare la normativa in vigore.

Partiamo così con norme che sono state valutate dal Parlamento, dal Governatore della Banca d'Italia e dal Procuratore nazionale antimafia e facciamo finalmente un primo passo in una materia in cui abbiamo molto da fare e molto da aggiornare.

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Signora Presidente, il parere è conforme a quello del relatore anche nelle ragioni a fondamento del parere stesso. Il Governo invita però al ritiro dell'emendamento del senatore D'Alia, perché è impropria o comunque limitativa, a nostro avviso, la collocazione di questa norma nella legge sul terrorismo in quanto, lo spiegava prima molto bene il presidente Vizzini, c'è tutta un'attività di riciclaggio collegata ad esempio alla contraffazione, ai clan criminali di varie etnie, soprattutto cinesi, che con il terrorismo non ha nulla a che fare, ma che ha molto a che fare con il crimine diffuso e organizzato.

Da ciò, la correttezza dell'impostazione di quest'articolo, che peraltro, a differenza di quanto è scritto nell'emendamento sostitutivo presentato dal senatore D'Alia, contiene anche una norma che rinvia di un mese l'entrata in vigore, per consentire alle forze di polizia di essere pienamente adempienti a quanto viene prescritto.

 

PRESIDENTE. Senatore D'Alia, intende accettare l'invito del Governo al ritiro dell'emendamento che ha presentato?

D'ALIA (UDC-SVP-Aut). Signora Presidente, non ho alcuna difficoltà a ritirare l'emendamento 37.101. Vorrei però segnalare al sottosegretario Mantovano e al presidente Vizzini che il contenuto del comma 1 dell'emendamento è identico al testo licenziato dalla Commissione: c'è solo una modifica di inquadramento sistematico. Quindi, poiché sul piano sostanziale siamo d'accordo, il problema non si pone.

Pregavo, però, di soffermarsi sul comma 2 dell'emendamento, che prevede la modifica degli articoli 18 e 55 del decreto legislativo n. 231 del 2007, e che amplia anche ad altre ipotesi; prevede inoltre un sistema di controlli e interviene su una normativa, il Testo unico che disciplina la materia del riciclaggio, delle operazioni bancarie e quant'altro, con riferimento sia agli obblighi di adeguata verifica della clientela sia al regime della disciplina sanzionatoria.

Volevamo cioè segnalare, signor Sottosegretario, solo la necessità di fare in modo che questa attività di controllo, verifica e sanzione sia complessiva, cioè che riguardi tutte le attività, proprio in linea con le esigenze poste dal testo.

Se ritenete superfluo modificare anche queste due norme, per carità; però, una riflessione - anche eventualmente per l'esame in seconda lettura alla Camera - la farei.

Con questo spirito, non ho alcuna difficoltà ad accogliere l'invito del sottosegretario Mantovano a ritirare l'emendamento, sottolineando però l'importanza di questi due aspetti.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 37.100.

PERDUCA (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

PERDUCA (PD). Signora Presidente, abbiamo proposto di cancellare quest'articolo, perché - oltre a quanto già argomentato dalla senatrice Poretti in fase di illustrazione - riteniamo piuttosto pericoloso esternalizzare funzioni di polizia a privati, che non si riesce a capire poi come e su che cosa possano essere controllati nella gestione dei dati che sono chiamati a raccogliere e conservare per dieci anni.

A parte il lato relativo ai costi imputabili a questo tipo di operazione e a parte la privacy, qual è la garanzia che viene data circa il fatto che questi dati non rientrino in tutta una serie di commerci di dati sensibili, come quelli anagrafici, che ancora una volta sono al centro delle iniziative delle organizzazioni criminali?

Tutto ciò, secondo noi, dovrebbe sollecitare anche chi ha deciso di accettare questo pessimo articolo a ripensarci e votare a favore dell'emendamento in discorso.

LIVI BACCI (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà, ma soltanto per un minuto, in quanto ha già parlato un collega del suo Gruppo.

 

LIVI BACCI (PD). Signora Presidente, vorrei spendere poche parole a sostegno della proposta di soppressione dell'articolo.

Ogni anno vi sono milioni e milioni di trasferimenti di denaro. Se si vuole combattere il riciclaggio di denaro, per esempio quello operato in negozi messi su dalla mafia con denaro sporco, non si vanno a controllare i clienti, ma i negozianti: questo è quanto si deve fare.

Così è per i money transfer: ce ne sono decine e decine di milioni, nella stragrande maggioranza dei casi di modeste dimensioni ed entità. Questi dovrebbero richiedere agli stranieri regolari l'esibizione di un permesso di soggiorno che alle volte non è rinnovato in tempo, perché magari non c'è la documentazione in quanto gli uffici non sono arrivati a produrla; in tal modo, quindi, vessiamo gli immigrati regolari nel nostro Paese oltre agli italiani che fanno i money transfer verso destinazioni estere.

Per queste ragioni, esprimo il mio voto favorevole sull'emendamento in esame volto a sopprimere l'articolo. (Applausi dei senatori Perduca e Poretti)

PERDUCA (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

PERDUCA (PD). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Perduca, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 37.100, presentato dalla senatrice Poretti e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Ricordo che l'emendamento 37.101 è stato ritirato.

Chiedo ai presentatori se accolgono l'invito al ritiro dell'emendamento 37.102.

 

OLIVA (Misto-MPA). Signora Presidente, lo mantengo.

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 37.102, presentato dai senatori Pistorio e Oliva.

Non è approvato.

L'emendamento 37.300 è stato ritirato.

Metto ai voti l'emendamento 37.105, presentato dal senatore Li Gotti e da altri senatori.

Non è approvato.

 

Passiamo alla votazione dell'emendamento 37.200.

 

INCOSTANTE (PD). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 37.200, presentato dalla senatrice Incostante e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'articolo 37.

STIFFONI (LNP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

STIFFONI (LNP). Signora Presidente, con il presente articolo si intende rafforzare ulteriormente le misure relative agli obblighi di identificazione e di adeguata verifica della clientela relativi all'attività di trasferimento di fondi, cosiddetti money transfer, già previste nel decreto legislativo n. 231 del 2007 che ha recepito nell'ordinamento italiano la direttiva 2005/60/CE del Parlamento e del Consiglio del 26 ottobre 2005, relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento al terrorismo.

L'esigenza di regolamentare i servizi di trasferimento di fondi, operati al di fuori dei canali bancari tradizionali, nasce dal maggiore controllo pubblico effettuato sulle istituzioni finanziarie tradizionali, che ha indotto le organizzazioni criminali a ricercare settori meno vigilati nell'ambito dei quali è quasi nullo il rischio che il fine illecito dei movimenti finanziari possa essere scoperto. L'attività di money transfer rientra, infatti, tra i sistemi alternativi o informali di trasferimento di fondi, quei sistemi cioè che operano al di fuori del sistema finanziario regolamentato e, pur essendo da tempo osservato come un potenziale veicolo per riciclare denaro sporco e finanziare il terrorismo internazionale, non aveva mai ricevuto una specifica regolamentazione.

Solo dopo gli attentati dell'11 settembre 2001, si è avuta la piena consapevolezza che la lotta al terrorismo dovesse fondarsi sul congiunto sforzo non solo di autorità giudiziarie ed investigative, ma anche e soprattutto di istituzioni finanziarie.

Vorrei ricordare che l'Italia è il secondo mercato nel mondo, dopo gli Stati Uniti, con circa 1.400 milioni di euro l'anno di transazioni finanziarie trattate. Nel marzo del 2007 un'indagine effettuata dalla procura di Ancona e dalla Direzione distrettuale antimafia, estesa a tutta Italia, ha messo in luce oltre 280.000 trasferimenti irregolari, per un valore di 88 milioni di euro, e che il 30 per cento dei 25.000 punti di raccolta di denaro contante era abusivo o irregolare.

In particolare, la procura di Ancona, insieme alla Direzione nazionale antimafia, ha ordinato il sequestro di 400 agenzie abusive che operavano soprattutto per conto di immigrati. Le agenzie, sparse in tutta Italia, erano tutte riconducibili a tre società mandatarie di Roma, Milano e Verona. Un vero e proprio sistema bancario parallelo. Le agenzie di money transfer, utilizzate soprattutto dagli immigrati per le loro rimesse in patria, sono ormai diffuse capillarmente e in tutte le loro forme, soprattutto nelle grandi città, e ciò fa ulteriormente ritenere che una rete così complessa di agenzie specializzate nel trasferimento di denaro non risponda soltanto alla esigenze degli immigrati, ma piuttosto che funzioni come canale privilegiato oltre che del riciclaggio di danaro sporco anche e soprattutto per il finanziamento del terrorismo internazionale.

Signora Presidente, sostanzialmente è una questione di regole e la politica deve dare regole sia in relazione alla crisi che devasta ultimamente la nostra economia che, come nel caso in specie, per incanalare nei corretti schemi un così strano modo di fare banca. Con vari Esecutivi, negli anni passati, abbiamo tentato di porre paletti, ma siamo stati inascoltati. Abbiamo dovuto aspettare che a reggere il ministero dell'interno fosse il ministro Maroni per iniziare ad inserire regole più stringenti. La Lega Nord voterà convintamente a favore di questo emendamento. (Applausi dal Gruppo LNP).

MARCENARO (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

MARCENARO (PD). Signora Presidente, volevo chiedere al Governo e al relatore una piccola cosa che non cambia il giudizio e non cambia la sostanza ma che, a mio parere, sarebbe un esempio di civiltà giuridica. Vorrei sapere se è possibile cambiare l'espressione posta alla fine del primo periodo: «cittadino extracomunitario», con quella di «cittadino appartenente ad un Paese non membro dell'Unione europea» perché mi pare che sia una questione di proprietà di linguaggio.

 

PRESIDENTE. Senatore Marcenaro, siamo già in fase di votazione.

LUMIA (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

LUMIA (PD). Signora Presidente, il Partito Democratico considera questa proposta naturalmente molto parziale e riduttiva, non è una grande innovazione, ma comunque non è dannosa ed è un piccolo passo in avanti che, però, sarebbe sbagliato e contraddittorio se lasciasse la responsabilità di rendere trasparenti i flussi finanziari solo a carico degli immigrati. Se invece è un'occasione per chiamare tutti gli operatori alle proprie responsabilità, come le direttive europee internazionali ci chiedono, per fare un passo in avanti nella trasparenza e tracciabilità dei flussi finanziari, soprattutto a livello internazionale, allora il Partito Democratico sarà pronto con le sue proposte e con le sue iniziative ad andare in tale direzione.

Presidenza del presidente SCHIFANI(ore 19,23)

 

(Segue LUMIA). I motivi per cui la proposta è parziale e riduttiva sono nel fatto che è sbagliata l'idea di fondo del Governo che considera l'immigrato di per se un problema, mentre per noi l'immigrazione, questa sfida epocale, può essere una risorsa. Il problema vero su cui dobbiamo invece convergere, perché ancora non lo facciamo a sufficienza, è quello delle mafie, che riducono in schiavitù, che umiliano, che mettono spesso sia l'immigrato sia i flussi di denaro che gli immigrati tentano di trasferire in condizioni di irregolarità, di devianza e spesso anche di strumentalizzazione criminale.

Ecco perché chiediamo che la maggioranza apra gli occhi e capisca che sui temi del riciclaggio e della tracciabilità dovremo rendere trasparente tutto il sistema finanziario, anche il nostro sistema finanziario, e fare in modo che l'immigrato trovi nella democrazia un ancoraggio forte. Le varie mafie, invece, le organizzazioni mafiose internazionali su base etnica, da quella albanese a quella cinese, da quella slava alla nigeriana, dovrebbero essere viste come un problema da colpire e non come gruppi da accogliere nei nostri salotti finanziari e nei circuiti finanziari italiani e internazionali solo perché hanno il permesso di soggiorno in regola.

Ecco perché voteremo a favore di quest'articolo ma vi sfideremo ad una maggiore coerenza, a non essere parziali e riduttivi e a fare della lotta al riciclaggio una vera attività moderna e trasparente, innovativa e coerente, come ci è chiesto dalla Direzione nazionale antimafia e come ci è chiesto dalle direttive nazionali provenienti dagli organismi europei, comunitari e dall'ONU.

Vedremo, nelle altre occasioni, di misurare la vostra disponibilità e coerenza. Oggi registriamo questo piccolo passo in avanti, seppur parziale e riduttivo, e voteremo a favore.

 

Organizzazione della discussione del disegno di legge n. 733

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, alla luce degli accordi intercorsi questa mattina tra i Capigruppo, tendenti a fare iniziare le dichiarazioni di voto finali sul disegno di legge in esame a partire dalle ore 12 di domani, con trasmissione diretta televisiva, si rende necessario procedere all'armonizzazione dei tempi per il seguito delle votazioni previste sugli emendamenti e sugli articoli. Allo stato della discussione e degli orari delle sedute già previsti, residuano da questo momento, fino alle ore 12 di domani, 3 ore e 30 minuti, così ripartite, escluse le dichiarazioni di voto:

Relatori

 

15'

Governo

 

15'

Gruppi 3 ore, di cui:

 

 

PdL

 

56'

PD

 

48'

LNP

 

22'

IdV

 

19'

UDC-SVP-Aut

 

18'

Misto

 

17'

Dissenzienti

 

5'

 

Come sempre, saranno possibili eventuali compensazioni tra minuti nella disponibilità della maggioranza che potranno essere ceduti all'opposizione, previe intese tra i Gruppi, ma nel mantenimento del totale complessivo di 3 ore e 30 minuti.

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n.733 (ore 19,24)

LI GOTTI (IdV). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

LI GOTTI (IdV). Signor Presidente, il Gruppo dell'Italia dei Valori voterà favorevolmente all'articolo 37. Anche noi, comunque, riteniamo che l'intervento non sia obiettivamente in grado di risolvere i grandi problemi.

Di certo, nel nostro Paese vi è una situazione allarmante. L'Italia è il secondo Paese, dopo gli Stati Uniti, per volume di transazioni. Nel 2007 abbiamo raggiunto un livello di 6.000 miliardi di euro ed abbiamo una quantità di agenti e di intermediari nazionali pari a 1200 soggetti; abbiamo poi 160.000 subagenti senza nessun controllo dal momento che la qualità di subagente si acquisisce attraverso il silenzio-assenso in virtù della legge del 1999.

Su questo terreno dovremo intervenire, perché questo è un primo passo di regolamentazione e di controllo di questa materia ma, se non interveniamo sul sistema urgentemente, non riusciremo a compiere un'opera che è appena avviata. Comunque, il nostro voto è favorevole.

PRESIDENTE. Metto ai voti l'articolo 37.

È approvato.

 

Metto ai voti l'emendamento 37.0.100, presentato dalla senatrice Incostante e da altri senatori.

Non è approvato.

 

Passiamo all'esame dell'articolo 38, sul quale è stato presentato un emendamento che si dà per illustrato e su cui invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi.

BERSELLI, relatore. Esprimo parere contrario.

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Esprimo parere conforme al relatore.

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 38.100, presentato dal senatore Li Gotti e da altri senatori.

Non è approvato.

 

Metto ai voti l'articolo 38.

È approvato.

 

Passiamo all'esame dell'articolo 39, sul quale sono stati presentati emendamenti e un ordine del giorno che invito i presentatori ad illustrare.

PERDUCA (PD). Signor Presidente, anche in questo caso, il nostro primo emendamento propone la soppressione dell'articolo. Vi sono poi altri emendamenti che cercano in qualche modo di ridurre i danni che questa nuova norma comporterebbe, anzi, visti i risultati di tutte le altre votazioni, comporterà.

Abbiamo proposto una serie di modifiche perché con questo articolo viene stabilita una tassa di 200 euro anche per chi chiede il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno. Per noi questa misura è iniqua e illiberale. È inaccettabile, altresì, prevedere per il rilascio del permesso di soggiorno un test di conoscenza della lingua italiana per i soggiornanti di lungo periodo. Riteniamo che non si possa introdurre una norma di questo tipo senza specificare cosa si intende per test di conoscenza della lingua, vale a dire se uno deve saper leggere e anche scrivere e, soprattutto, se deve comprendere talmente bene la lingua da poter leggere il codice civile, il codice penale e la Costituzione.

Ricordo che l'Italia è un Paese che ha dato al mondo milioni e milioni di emigranti. Sarebbe interessante consultare alcune delle associazioni, che ancora oggi esistono, delle persone che all'inizio del secolo scorso sono emigrate verso le Americhe per farci raccontare che tipo di misure hanno trovato, se le hanno trovate. Certo, non sempre sono stati trattati bene, ma sicuramente non credo sarebbero stati contenti di dover acquisire nel giro di una settimana competenze linguistiche come quelle richieste.

Vi è anche l'estensione del periodo di permanenza in un centro di identificazione per immigrati dagli attuali 60 giorni fino a un massimo di 18 mesi, che costituisce, secondo noi (parlo anche a nome della senatrice Poretti), un vulnus ai diritti fondamentali della persona. Teniamo conto che si tratta di uomini, donne e bambini (che non sono esclusi da questa norma) innocenti.

Inoltre, alla lettera l), si prevede anche l'arresto obbligatorio nel caso di inottemperanza all'ordine di espulsione. Con quest'ultima norma siamo fuori dall'Europa in quanto, comunque, si inserisce surrettiziamente il reato di clandestinità. Sono previste poi ancora più tasse. In qualche modo si cerca di stigmatizzare sempre più l'immigrato come qualcuno da rimandare da dove è venuto.

Colgo l'occasione, poi ci tornerò sopra, per segnalare anche che tra gli emendamenti previsti all'articolo 39 ve n'è uno presentato dalla Lega, l'emendamento 39.306, volto a sopprimere il comma 5 dell'articolo 35 del decreto legislativo n. 286 del 1998, che sancisce il divieto di segnalazione alle autorità per il personale sanitario. Il comma 5 attualmente prevede che l'accesso alle strutture sanitarie, sia ospedaliere che territoriali, da parte dello straniero non in regola con le norme sul permesso di soggiorno non può comportare alcun tipo di segnalazione alle autorità, salvo i casi in cui sia obbligatorio il referto, a parità di condizioni con il cittadino italiano. In casella tutti i senatori avranno trovato una lettera di Medici senza frontiere. Ritorneremo su tale questione perché è sicuramente gravissima. (Applausi della senatrice Poretti).

D'AMBROSIO (PD). Signor Presidente, credo che bisognerebbe elaborare norme che non incrementino la clandestinità, ma favoriscano l'inserimento degli extracomunitari che lavorano. Imporre una tassa di 200 euro non solo per il rilascio, ma anche per il rinnovo del permesso di soggiorno, secondo me, spinge gli immigrati a diventare clandestini. Attenzione ad inserire tale previsione, perché, una volta che spingiamo queste persone a diventare clandestini, s'innesca una spirale perversa, sia perché conviene a chi ha come dipendente un clandestino che questo non si regolarizzi o non rinnovi il permesso di soggiorno (perché in tal modo, facendolo lavorare in nero, risparmia sul pagamento dei contributi, delle assicurazioni e via dicendo), sia soprattutto perché si innesca anche il meccanismo perverso dell'espulsione. Quando verrà fermato dalla polizia per una qualsiasi ragione un clandestino in queste condizioni verrà espulso. Non se ne andrà perché naturalmente ha un lavoro e continua quindi a rimanere in Italia; e siccome non se ne è andato, si instaurerà un procedimento penale.

Si è inaugurato da poco l'anno giudiziario ed abbiamo visto che vi è un numero di procedimenti penali estremamente elevato. Ebbene, incrementiamo ancora di più tali procedimenti per i quali è richiesto in alcuni casi anche il rito direttissimo. Non solo: mettiamo in grave difficoltà le carceri. Lo sanno tutti gli addetti ai lavori e ce lo hanno riferito i direttori generali del DAP e i direttori delle carceri: c'è un turnover enorme nelle carceri perché le persone arrestate e processate non rimangono più di 4 o 5 giorni, cioè il tempo per il rito direttissimo, e poi tornano in circolazione.

Chiedo pertanto che si esamini attentamente tale norma, che non produce nessun reddito e che, specie in un periodo di recessione come questo, in cui coppie di stranieri possono avere bisogno di risparmiare i 200 euro perché uno dei due coniugi è rimasto senza soldi, rischia di gettare nella disperazione queste persone e di incrementare ancora di più il lavoro nero e clandestino.

MARITATI (PD). Il problema dell'immigrazione resta uno dei più delicati e complessi. Il Partito Democratico non si è mai posto in posizione di opposizione decisa; abbiamo soltanto contribuito, e vorremmo farlo fino in fondo, perché il problema sia affrontato in termini civili ed incisivi. In tale complessità una delle questioni più delicate ed irrisolvibili al momento è quella delle espulsioni. Non si riesce ad espellere in maniera regolare ed efficace perché ci sono molte ragioni che riguardano i rapporti internazionali, ma riguardano in particolare la difficoltà dell'identificazione, difficoltà che ha portato questa maggioranza e il Governo addirittura a varare una norma che ha trasformato i centri di permanenza temporanea in centri di identificazione ed espulsione, con la possibilità, al limite dell'assurdo, di una detenzione amministrativa di un anno e mezzo.

Pensiamo allora, colleghi della maggioranza, e ragioniamo in termini numerici su quanto costa il mantenimento di una persona in questi centri e su quali problemi scaturiscono e si collegano a questa situazione: processi, violazione di legge, fughe, atti di violenza, interventi in ospedali più o meno controllati e così via.

Noi proponiamo l'utilizzazione di uno strumento di alta civiltà oltre che di incisività. È un istituto che già esiste nel nostro sistema giuridico ed è quello dell'espatrio assistito, dell'espulsione assistita. Ha funzionato nel passato e potrebbe funzionare. Conviene da un punto di vista di civiltà perché abbiamo a che fare non con soggetti da scacciare o da punire o da inviare in centri di permanenza addirittura di altri Stati, dove non abbiamo la possibilità di controllare che fine faranno. Non ci dibattiamo in una difficoltà estenuante ed oltretutto difficilissima e costosissima.

Con l'espulsione e l'accompagnamento assistito risparmiamo e possiamo acquisire dei meriti rispetto alla civiltà che viene sistematicamente violata da sistemi che diventano sempre più brutali. Perché non volete accettare questo strumento? Io al momento vedo solo una ragione, quella che ha espresso il vostro Ministro dell'interno, e cioè che verso costoro, cattivi, brutti e sporchi, noi dobbiamo essere cattivi.

DELLA MONICA (PD). Signor Presidente, sarò brevissima. Rispetto all'emendamento 39.104 vorrei richiamare l'articolo 32 della Costituzione. I trattamenti sanitari devono essere assicurati, e nel rispetto dei diritti umani, a tutte le persone residenti o presenti nel territorio dello Stato. Subordinare un trattamento sanitario all'esibizione di un permesso di soggiorno, al pagamento di una tassa ovvero ad un requisito di identificazione significa violare la Costituzione, violare quindi non soltanto un diritto antidiscriminatorio, ma la Carta costituzionale dello Stato.

Per tale ragione, preannuncio che sugli emendamenti che toccano in particolare l'esercizio di diritti fondamentali chiederò il sostegno dei colleghi affinché siano votati a scrutinio simultaneo mediante procedimento elettronico.

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, il Governo dà per illustrati gli emendamenti a sua firma, riservandosi qualche precisazione in sede di espressione dei pareri.

 

PRESIDENTE. I restanti emendamenti si intendono illustrati.

Invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti e sull'ordine del giorno in esame.

BERSELLI, relatore. Signor Presidente esprimo parere contrario all'emendamento 39.100. Invito poi i presentatori a ritirare l'emendamento 39.300, altrimenti il parere sarà contrario.

Esprimo parere contrario agli emendamenti 39.301, 39.101, 39.102 e 39.103.

L'emendamento 39.800/1 è stato ritirato.

Esprimo altresì parere contrario all'emendamento 39.800/2 e favorevole all'emendamento 39.800 (testo 2) del Governo.

Esprimo parere contrario agli emendamenti 39.104, 39.105, 39.350, 39.160 e 39.351.

L'emendamento 39.106 è stato ritirato.

Esprimo parere contrario anche agli emendamenti 39.107, 39.109 e 39.111 ed invito a ritirare l'emendamento 39.108, del senatore Pistorio, altrimenti il mio parere sarà contrario.

Esprimo quindi parere contrario agli emendamenti 39.112, 39.110, 39.113, 39.114 e 39.115.

Esprimo parere favorevole all'emendamento 39.600 del Governo e parere contrario agli emendamenti 39.116 e 39.601/1.

Esprimo quindi parere favorevole all'emendamento 39.601 del Governo ed invito i presentatori a trasformare l'emendamento 39.302 in ordine del giorno.

Esprimo parere favorevole all'emendamento 39.801 e parere contrario all'emendamento 39.117.

Invito poi a ritirare gli emendamenti identici 39.118 e 39.352, in quanto la soppressione della lettera r) è già compresa nell'emendamento 39.800 (testo 2) del Governo, su cui ho espresso parere favorevole, che pertanto assorbe tali proposte.

Esprimo quindi parere contrario agli emendamenti 39.303 e 39.304 ed invito a ritirare l'emendamento 39.305, altrimenti il mio parere sarà contrario.

Esprimo parere favorevole all'emendamento 39.306.

Mi rimetto, infine, al Governo sull'ordine del giorno G39.100 ed invito a ritirare l'emendamento 39.0.100, tendente ad inserire un articolo aggiuntivo dopo l'articolo 39.

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, esprimo parere contrario all'emendamento 39.100, mentre invito a trasformare l'emendamento 39.300 in un ordine del giorno con il quale si intensifichino i controlli a campione.

Esprimo poi parere contrario agli emendamenti 39.301, 39.101, 39.102 e 39.103.

Quanto all'emendamento 39.800/2, ne propongo una riformulazione che ho sottoposto all'attenzione del senatore Maritati e che riguarda, condividendo l'utilizzo dei fondi dell'Unione europea, l'opportunità di destinarli agli oneri connessi alle attività e alle strutture inerenti il rilascio e il rinnovo del permesso di soggiorno. Metto a disposizione della Presidenza il testo della riformulazione.

Per quanto riguarda poi l'emendamento 39.800 (testo 2), signor Presidente, anche alla luce della discussione svoltasi fino a questo momento, il Governo si è posto il problema di modulare l'entità del contributo con un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno. Per dare un margine minimo e massimo che consenta di tracciare la strada all'Esecutivo, pertanto, al secondo rigo del comma 2-ter dell'emendamento, dopo le parole: «il cui importo è fissato», si potrebbero inserire le altre: «fra un minimo di 80 e un massimo di 200 euro», proseguendo poi con il testo già distribuito.

Esprimo parere contrario sugli emendamenti 39.104, 39.105, 39.350, 39.160, 39.351, 39.107, 39.109, 39.111, 39.108, 39.112, 39.110, 39.113, 39.114 e 39.115.

Il parere è naturalmente favorevole all'emendamento 39.600, presentato dal Governo.

Esprimo parere contrario all'emendamento 39.116, mentre, per quanto riguarda l'emendamento 39.601/1, propongo al presentatore, senatore Casson, una riformulazione poiché, in realtà, quanto previsto nella lettera q) è già contenuto nel testo in vigore. Infatti, è già prevista l'esclusione per i giornalisti, che sono richiamati dalla lettera q). Propongo quindi di cancellare la lettera q), mantenendo invece le lettere a), c) e g).

Esprimo ovviamente parere favorevole all'emendamento 39.601 del Governo.

Invito, invece, a ritirare l'emendamento 39.302 e a trasformarlo in un ordine del giorno.

Il parere è favorevole all'emendamento 39.801.

Esprimo, invece, parere contrario agli emendamenti 39.117, 39.118, 39.352, 39.303 e 39.304, mentre invito a ritirare l'emendamento 39.305 rendendomi disponibile ad accogliere un ordine del giorno del medesimo tenore.

Il parere è favorevole poi all'emendamento 39.306.

Infine, l'ordine del giorno G39.100 è accolto, mentre sul 39.0.100 c'è un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario.

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 39.100, presentato dal senatore Perduca e da altri senatori.

Non è approvato.

 

Sull'emendamento 39.300 c'è un invito al ritiro e a trasformarlo in un ordine del giorno. Senatrice Germontani, intende accogliere l'invito del Governo?

 

GERMONTANI (PdL). Sì, signor Presidente, ritiro l'emendamento e lo trasformo in un ordine del giorno.

 

PRESIDENTE. Essendo stato accolto dal Governo, l'ordine del giorno G39.300 non verrà posto in votazione.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 39.301.

PROCACCI (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

PROCACCI (PD). Signor Presidente, l'emendamento 39.301 raccoglie sinteticamente tutti gli altri che seguono e interloquisce anche con l'emendamento 39.800 (testo 2), presentato dal Governo. In questo articolo, infatti, come sottolineava la collega Della Monica, sono contenute scelte che contrastano con i valori più profondi della dignità della persona. Ad esempio, la tassa di soggiorno è prevista anche in caso di ricongiungimento del coniuge o di un familiare. Nel momento in cui si vogliono agevolare la famiglia e il suo ruolo in questo Paese, noi applichiamo provvedimenti di questo genere.

Ancora, in merito alle spese sanitarie, il presidente Berselli ha chiesto di ritirare l'emendamento 39.305 che stabilisce specificamente che anche chi fra gli immigrati non possiede un euro deve comunque pagare le prestazioni. Certi emendamenti non dovrebbero nemmeno essere presentati nel Parlamento di un Paese che si basa su una Costituzione come la nostra. (Applausi dal Gruppo PD).

Signor Presidente, io non parlo molto, ma lei è il mio interlocutore ed io ho diritto alla sua interlocuzione, perché noi ci rivolgiamo tutti alla Presidenza. È stato espresso un parere favorevole, sconcertante, sull'emendamento 39.306, con il quale si abolisce la norma che fa esplicito divieto ai medici del pronto soccorso di denunciare l'immigrato clandestino. Il presidente Vizzini potrà dire - e lo dirà - che i medici non sono obbligati, ma hanno facoltà di denunciare, ma l'immigrato che ha bisogno urgente di cure non sa se il medico chiamato a visitarlo lo denuncerà e potremmo trovarci di fronte alla situazione in cui immigrati che hanno bisogno di cure, anche urgenti e per casi gravi, non si facciano curare. (Applausi del senatore Astore).

Signor Presidente, ora lei mi deve dire se queste norme hanno a che fare con la dignità della persona umana! (Applausi dai Gruppi PD e IdV).

Senatore Gasparri, volevo ricordarle la campagna pubblicitaria, a mio avviso non giusta, sugli autobus di Genova. In quel caso c'è stata una reazione forte dei cosiddetti cristiani riformisti; conservo anche dei ritagli di giornale. Io non ho mai pronunciato in quest'Aula la parola "cristiano" perché ritengo che la politica, anche per i credenti, debba essere vissuta con spirito di sana laicità, ma voi che vi fate sempre paladini dei valori cristiani - sottolineo "sempre" - ora, davanti a queste norme, con estrema disinvoltura, calpestando anche gli appelli del mondo cattolico, dei vescovi, dei medici, andate come un treno. Ci sarebbe tanto da dire.

Mi dispiace che non sia presente il presidente Pera, che fra pochi giorni presenterà il suo libro «Perché non possiamo non dirci cristiani», ricordando la celebre frase di Benedetto Croce. Io, però, in conclusione di questo mio intervento - i miei amici non mi concedono molto tempo - voglio rivolgere un appello alle vostre coscienze, ricordando anche a me stesso, la frase di un grande uomo di fede, il quale diceva: "È molto meglio non apparire cristiani, ma esserlo piuttosto che apparirlo, ma non esserlo". (Applausi del senatore Perduca). È su questo che vorrei si riflettesse.

Facciamo le crociate per i valori cristiani, ma quando siamo chiamati a metterli in atto li calpestiamo nel modo più violento! (Applausi dai Gruppi Pd e IdV. Congratulazioni).

 

ASTORE (IdV). Bravo!

D'ALIA (UDC-SVP-Aut). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

D'ALIA (UDC-SVP-Aut). Signor Presidente, stiamo esaminando l'articolo 39 di questo testo, che è stato modificato per una parte sostanziale in Commissione e che poi, a seguito dell'approvazione di alcuni emendamenti, alcuni dei quali particolarmente esilaranti, verrà totalmente innestato sulla riorganizzazione del testo unico delle leggi sull'immigrazione.

Credo che il tema dell'immigrazione sia di centrale importanza, rispetto al quale nessuno può fare finta di nulla, e che debba essere oggetto di un confronto serio, approfondito, soggetto alle logiche solide della contrapposizione politica. Invece, cari colleghi, voi avete commesso l'errore di non voler discutere su questo argomento.

La cosiddetta legge Bossi-Fini, che anch'io ho votato e della quale continuo a condividere tantissime norme, e tutte le leggi sull'immigrazione, per definizione, non possono essere eterne, hanno bisogno di essere adeguate alle circostanze. Lo abbiamo detto in più occasioni, ad esempio per quanto riguarda il contratto di lavoro dei lavoratori extracomunitari, la normativa sui flussi e sulle quote o la circostanza che gli Uffici provinciali del lavoro non toccano palla sulla realtà del fabbisogno delle imprese di manodopera più o meno specializzata. In sostanza, questi uffici non hanno idea di quali siano i bisogni reali di un determinato territorio, anche e soprattutto, cari colleghi della Lega, in momenti di crisi congiunturale e globale come quella che viviamo. Se voi che siete al Governo chiedeste la ricognizione del fabbisogno di manodopera straniera necessaria nel Nord-Est, gli Uffici provinciali del lavoro del Veneto o di un'altra importante Regione del Nord vi fornirebbero una stima burocratica che non ha nulla a che vedere con la realtà che ciascuno di noi e di voi vive.

Il 24 dicembre dello scorso anno, sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea, è stata pubblicata la direttiva sui rimpatri, che prevede norme e procedure comuni a tutti gli Stati membri per il rimpatrio dei cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare. Per la prima volta l'Unione europea ha affrontato il tema del contrasto congiunto, cioè realizzato insieme da tutti i Paesi dell'Unione, all'immigrazione clandestina e della regolamentazione della materia.

Allora, anziché ritrovarci ogni settimana a discutere di questo argomento e ad imbucare una normetta perché vi siete ricordati che c'è un problema da risolvere a Vicenza o a Verona (Applausi del senatore Fosson), cioè a seconda di ciò che vi conviene, dal momento che si tratta di una questione troppo seria, avremmo dovuto e dovremmo aprire un confronto in Parlamento sul recepimento della normativa comunitaria.

Peraltro, con questo articolo 39, state commettendo un errore, prevedendo una norma che non è degna di un Paese civile. Avete infatti portato a 18 mesi la durata massima complessiva della permanenza nei centri di identificazione. Ebbene, questo termine non è previsto come limite massimo neanche per la custodia cautelare nei casi di omicidio. In sostanza, voi trattate l'irregolare peggio di un mafioso, per il quale, in assenza di un processo, è appunto previsto - se non ricordo male - un termine per la custodia cautelare sino a 18 mesi.

La norma comunitaria che voi affermate, mentendo, di voler recepire stabilisce un'altra cosa, cioè che il tempo di permanenza è di sei mesi e che per poter arrivare ad una proroga di ulteriori 12 mesi è necessario recepire le procedure integrali che l'Unione europea vuole vengano approvate negli Stati membri. Nella stessa logica è prevista (vi suggerisco, cari colleghi della Lega, di leggervi la direttiva comunitaria) la possibilità di riutilizzare eventuali strutture carcerarie dismesse. Se voleste fare un ragionamento serio e non da campagna elettorale (anche se la campagna elettorale è finita e quella nuova ancora deve iniziare), sapreste che avremmo dovuto fare uno stralcio dal "pacchetto insicurezza", come ormai lo dobbiamo battezzare, visto che avete approvato la norma per la quale chi è indagato per omicidio non viene custodito in carcere in via preliminare, se non per valutazione discrezionale del giudice. Ci ritroviamo, invece, ad avere una previsione di 18 mesi di permanenza nei centri di permanenza temporanea (CPT), ora denominati centri di identificazione ed espulsione (CIE), del soggetto che si trova in condizioni di irregolarità.

Ma fate anche di più: nel testo stabilite l'obbligo - che poi viene un po' edulcorato nell'emendamento 39.800 (testo 3), presentato dal Governo - della tassa per il rilascio del permesso di soggiorno. In sostanza, chiedete a quelli che vengono in Italia a lavorare regolarmente, che rispettano le nostre leggi, la nostra cultura, la nostra lingua, la nostra tradizione e che hanno un contratto di lavoro di pagare un pizzo di 200 euro.

TORRI (LNP). Ma quale pizzo, senatore D'Alia!

D'ALIA (UDC-SVP-Aut). Così si chiama: pizzo! Caro collega, se voi aveste portato avanti le procedure per il rilascio del permesso di soggiorno elettronico e tutto ciò che era connesso allo sportello unico per l'immigrazione (che non funziona perché le pratiche per il rilascio ed il rinnovo dei permessi soggiorno sono in arretrato di due anni), anche con la rilevazione delle impronte digitali e quant'altro necessario, allora sarebbe stato giusto immaginare non 200 euro, ma comunque la copertura con una tassa. Ciò non è possibile, però, per un permesso di soggiorno cartaceo che non viene rinnovato nei tempi previsti dall'ordinamento, tant'è vero che si va sempre in giro con un bigliettino perché si è in fase di rinnovo, determinando anche un contenzioso sulla condizione di irregolarità.

Cari colleghi, a ciò si deve aggiungere che quando in questo testo, in questa sorta di zibaldone di norme, prevedete l'obbligo, anche se camuffato, della denuncia da parte del medico della struttura sanitaria pubblica nei confronti dell'irregolare, state dicendo che gli stranieri irregolari non dovranno essere più assistiti dalle strutture sanitarie. È evidente infatti che nessuno vi si recherà.

Faccio un ragionamento che può apparire anche un po' sgradevole: poiché il Servizio sanitario nazionale serve anche per le cosiddette profilassi, e quindi ad avere un controllo delle malattie che possono essere importate da Paesi stranieri, in questo modo scoraggiate il controllo sanitario sul nostro territorio. State raggiungendo livelli di irragionevolezza, di illogicità e di violazione di ogni norma di buonsenso - lasciamo stare le norme costituzionali, quelle ormai le avete violate tutte! - che non vi fanno onore e che non produrranno un risultato positivo nel contrasto all'immigrazione clandestina.

Signor Presidente, parlo ora ed eviterò così, per non disturbare i colleghi della Lega che si innervosiscono (e lo capisco), di intervenire in seguito sui singoli emendamenti.

Voglio sottolineare che le disposizioni previste dall'articolo 39 sono una vergogna, così come scritte, e vanno eliminate dall'ordinamento! (Applausi dai Gruppi UDC-SVP-Aut, PD e IdV). Esse servono soltanto a produrre ulteriore criminalità ed irregolarità nel nostro territorio e fanno vergogna a quella cosiddetta e presunta componente moderata del Popolo della Libertà che si fa riconoscere solo per l'assordante silenzio. (Applausi dai Gruppi UDC-SVP-Aut e PD. Congratulazioni).

BRICOLO (LNP). Domando di parlare per dichiarazione di voto. (Brusìo).

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà. Prima, però, invito i colleghi a fare silenzio perché non è possibile lavorare in questo modo.

 

BRICOLO (LNP). Signor Presidente, vorrei rispondere alle critiche che ci sono state mosse dai colleghi dell'opposizione, in particolare dai senatori D'Alia e Procacci, soprattutto per il contributo richiesto agli extracomunitari per il rinnovo e il rilascio dei permessi di soggiorno. Faccio presente - visto che i Gruppi parlamentari del PD e dell'UDC-SVP-Aut hanno applaudito l'intervento del senatore Procacci - che emendamento analogo è stato presentato proprio dal Gruppo del Partito Democratico. Mi riferisco all'emendamento 39.106 (pubblicato a pagina 41 del fascicolo n. 4), che poi è stato ritirato.

Tale emendamento prevedeva l'istituzione presso il Ministero dell'interno del Fondo nazionale rimpatri, destinato al finanziamento dei programmi di rimpatrio (pagina 42). Il Fondo avrebbe dovuto essere alimentato da un contributo, determinato ai sensi del comma 3, degli stranieri richiedenti il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno. Questo emendamento lo avete proposto voi, identico al nostro, poi lo avete ritirato. È vero che la settimana scorsa c'è stata una polemica molto forte sui giornali e l'opinione pubblica si è espressa. (Commenti dai banchi dell'opposizione).

 

LUSI (PD). È stato ritirato!

 

BRICOLO (LNP). È stato ritirato, ma dopo le polemiche suscitate. Ricordo che l'emendamento è sottoscritto dai seguenti colleghi: Maritati, Casson, Bianco, Latorre, Incostante, Carofiglio, D'Ambrosio, Della Monica, Bastico, Ceccanti, Mauro Marino, Procacci, Sanna, Vitali, De Sena, Galperti, Adamo, Chiurazzi. (Applausi dai Gruppi LNP e PdL). Lo avete fatto voi!

Allora, è giusto criticare, ma ancora una volta, purtroppo, dobbiamo confrontarci con vere e proprie strumentalizzazioni. Credo che la nostra proposta sia coerente con l'esperienza degli altri Paesi europei: la tassa c'è in Spagna, in Portogallo, in Germania, in Francia e in Gran Bretagna arriva addirittura a 1.000 euro. È semplicemente una proposta di buonsenso. Si chiede anche a loro - che sono persone che si trovano in questo Paese e se hanno un permesso di soggiorno è perché hanno un posto di lavoro regolare e dunque uno stipendio - di contribuire alle spese per l'immigrazione, che non devono essere solo a carico dei cittadini che già si devono sobbarcare tasse, balzelli, ticket e che dunque devono sempre pagare.

È semplicemente questo: non c'è nulla di razzista, ci siamo adeguati alle altre normative europee. Prendiamo però atto che in quest'Aula si vogliono comunque fare critiche strumentali anche quando si è «correi» nella stessa operazione. (Applausi dai Gruppi LNP e PdL).

CASSON (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CASSON (PD). Signor Presidente, vorrei fare una precisazione in merito alla segnalazione fatta dal Capogruppo della Lega Nord, presidente Bricolo. È vero che c'è stata la presentazione dell'emendamento 39.106, ma, dopo aver meditato sulla questione, abbiamo ritenuto che fosse grave e dunque abbiamo pensato di ritirare la proposta.

Invitiamo dunque il senatore Bricolo a fare altrettanto. La situazione, tra l'altro, è completamente diversa, perché l'emendamento in questione riguardava il rimpatrio assistito. (Applausi ironici dal Gruppo LNP).

 

STIFFONI (LNP). Si arrampica sugli specchi!

INCOSTANTE (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

INCOSTANTE (PD). Come annunciato, chiediamo la votazione a scrutinio segreto.

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione a scrutinio segreto, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione a scrutinio segreto

 

PRESIDENTE. Indìco, ai sensi dell'articolo 113, comma 4, del Regolamento, la votazione a scrutinio segreto, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 39.301, presentato dal senatore Casson e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

MORANDO (PD). Signor Presidente, guardi il tabellone. La votazione non è segreta!

 

PRESIDENTE. Sì, certo, annullo la votazione.

Colleghi, per esigenze del sistema, occorre nuovamente l'appoggio.

Invito pertanto nuovamente il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione a scrutinio segreto, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Indìco, ai sensi dell'articolo 113, comma 4, del Regolamento, la votazione a scrutinio segreto, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 39.301, presentato dal senatore Casson e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Proclamo il risultato della votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico:

Senatori presenti

262

Senatori votanti

261

Maggioranza

131

Favorevoli

129

Contrari

129

Astenuti

3

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B). (Commenti dai banchi dell'opposizione).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

MORANDO (PD). Presidente, si faccia attenzione ai banchi della maggioranza.

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 39.101, presentato dal senatore Casson e da altri senatori.

Non è approvato.

 

Metto ai voti l'emendamento 39.102, presentato dalla senatrice Della Monica e da altri senatori, identico all'emendamento 39.103, presentato dalla senatrice Poretti e da altri senatori.

Non è approvato.

 

L'emendamento 39.800/1 è stato ritirato.

Sull'emendamento 39.800 (testo 3)/2 vi è una proposta di riformulazione del Governo. La accetta, senatore Maritati?

 

MARITATI (PD). Sì, signor Presidente.

INCOSTANTE (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

INCOSTANTE (PD). Signor Presidente, le chiedo un chiarimento, perché è un momento di confusione: vorrei sapere se questo è uno degli emendamenti su cui è possibile effettuare il voto segreto.

PRESIDENTE. No, senatrice Incostante, tra l'altro c'è il parere favorevole del Governo.

Metto ai voti l'emendamento 39.800 (testo 3)/2, presentato dal senatore Maritati e da altri senatori.

È approvato.

 

Metto ai voti l'emendamento 39.800 (testo 3), presentato dal Governo, nel testo emendato.

È approvato.

 

Passiamo alla votazione dell'emendamento 39.104.

 

INCOSTANTE (PD). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 39.104, presentato dalla senatrice Della Monica e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 39.105, identico all'emendamento 39.350.

 

INCOSTANTE (PD). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 39.105, presentato dal senatore Casson e da altri senatori, identico all'emendamento 39.350, presentato dalla senatrice Poretti e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 39.160.

 

INCOSTANTE (PD). Signor Presidente, come annunciato, chiediamo la votazione a scrutinio segreto.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione a scrutinio segreto, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione a scrutinio segreto

 

PRESIDENTE. Indìco, ai sensi dell'articolo 113, comma 4, del Regolamento, la votazione a scrutinio segreto, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 39.160, presentato dal senatore Bianco e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

INCOSTANTE (PD). Signor Presidente, nella quarta fila (indicando i banchi della maggioranza)! È lo stesso voto per il quale prima è stato respinto l'emendamento.

 

PERDUCA (PD). Voto segreto sì, ma non doppio!

 

PRESIDENTE. Colleghi, un attimo di pazienza, così che la senatrice Segretario possa segnalarmi eventuali irregolarità.

 

Il Senato approva. (v. Allegato B). (Applausi dai Gruppi PD, IdV e UDC-SVP-Aut).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 39.351, presentato dalla senatrice Poretti e da altri senatori.

Non è approvato.

 

L'emendamento 39.106 è stato ritirato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 39.107.

 

INCOSTANTE (PD). Signor Presidente, come annunciato, chiediamo la votazione a scrutinio segreto.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione a scrutinio segreto, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione a scrutinio segreto

 

PRESIDENTE. Indìco, ai sensi dell'articolo 113, comma 4, del Regolamento, la votazione a scrutinio segreto, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 39.107, presentato dal senatore Casson e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato approva. (v. Allegato B). (Applausi dai Gruppi PD, IdV e UDC-SVP-Aut).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 39.109.

 

INCOSTANTE (PD). Come annunciato, chiediamo la votazione a scrutinio segreto.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione a scrutinio segreto, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione a scrutinio segreto

 

PRESIDENTE. Indico, ai sensi dell'articolo 113, comma 4, del Regolamento, la votazione a scrutinio segreto, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 39.109, presentato dal senatore Carofiglio e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 39.111, presentato dal senatore Carofiglio e da altri senatori.

Non è approvato.

 

Chiedo ai presentatori se accolgono l'invito a ritirare l'emendamento 39.108.

 

OLIVA (Misto-MPA). Signor Presidente, lo mantengo.

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 39.108, presentato dai senatori Pistorio e Oliva.

Non è approvato.

 

Passiamo alla votazione dell'emendamento 39.112.

 

INCOSTANTE (PD). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indico pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 39.112, presentato dal senatore D'Ambrosio e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 39.110.

 

INCOSTANTE (PD). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indico pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 39.110, presentato dal senatore D'Ambrosio e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 39.113.

 

INCOSTANTE (PD). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indico pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 39.113, presentato dalla senatrice Adamo e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 39.114.

 

INCOSTANTE (PD). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indico pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 39.114, presentato dalla senatrice Adamo e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

PERDUCA (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

PERDUCA (PD). Signor Presidente, nella penultima fila del quadrante equivalente al mio dall'altra parte dell'Aula qualcuno sistematicamente vota per un assente. Chiedo la cortesia di far scendere il collega al banco sottostante per consentire a tutti di votare con maggiore tranquillità.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 39.115.

 

INCOSTANTE (PD). Come annunciato, chiediamo la votazione a scrutinio segreto.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione a scrutinio segreto, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione a scrutinio segreto

 

PRESIDENTE. Indico, ai sensi dell'articolo 113, comma 4, del Regolamento, la votazione a scrutinio segreto, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 39.115, presentato dal senatore Bianco e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 39.600, presentato dal Governo.

È approvato.

 

Passiamo alla votazione dell'emendamento 39.116.

 

INCOSTANTE (PD). Come annunciato, chiediamo la votazione a scrutinio segreto.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione a scrutinio segreto, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta non risulta appoggiata).

 

Poiché l'appoggio non è stato registrato dal sistema elettronico, chiedo al senatore Segretario di effettuare nuovamente tale verifica.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione a scrutinio segreto

 

PRESIDENTE. Indico, ai sensi dell'articolo 113, comma 4, del Regolamento, la votazione a scrutinio segreto, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 39.116, presentato dal senatore Bianco e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato approva. (v. Allegato B).

 

(Applausi dai Gruppi PD, IdV e UDC-SVP-Aut).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Sull'emendamento 39.601/1 vi è una proposta di riformulazione del Governo. La accetta, senatore Casson?

 

CASSON (PD). Sì, Presidente, considerato il parere favorevole su tutto il resto.

 

LIVI BACCI (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

LIVI BACCI (PD). Signor Presidente, la pregherei di far sedere i senatori al momento del voto, perché un terzo dei senatori resta in piedi.

 

PRESIDENTE. Mi consenta di non essere d'accordo con lei, senatore Livi Bacci; quando si vota cerco di far stare tutti seduti, un terzo mi sembra una percentuale piuttosto elevata.

Metto ai voti l'emendamento 39.601/1 (testo 2), presentato dal senatore Casson e da altri senatori.

E' approvato.

 

Metto ai voti l'emendamento 39.601, presentato dal Governo, nel testo emendato.

E' approvato.

 

Sull'emendamento 39.302 il relatore e il Governo hanno rivolto un invito al ritiro e alla trasformazione in ordine del giorno. Chiedo ai presentatori se accettano tale richiesta.

MAZZATORTA (LNP). Signor Presidente, abbiamo presentato un ordine del giorno in sostituzione dell'emendamento 39.302. Il tema è quello dei ricongiungimenti familiari nei casi di matrimoni che non rispondano ai canoni della nostra legislazione sulla famiglia o sull'istituto del matrimonio. Ci riferiamo a casi frequenti: per esempio è fresca nella nostra memoria la recente sentenza di un tribunale di questo Paese che ha riconosciuto valido, ai fini del ricongiungimento familiare, un matrimonio tra due pachistani stipulato per telefono. In Pakistan, infatti, si può celebrare un matrimonio attraverso la cornetta telefonica.

È chiaro che un minimo di dignità verso le regole di questo Paese dovrebbe impedire il riconoscimento di un matrimonio di questo genere ai fini del ricongiungimento familiare. Su questo istituto occorre riflettere attentamente, perché attraverso di esso possono anche verificarsi delle distorsioni e degli abusi. Questo caso, che è stato pubblicato sulle riviste di giurisprudenza e quindi lo potete verificare direttamente, è un esempio di abuso dell'istituto del ricongiungimento familiare.

Noi chiediamo quindi che l'istituto matrimoniale, ai fini dell'applicazione dell'istituto del ricongiungimento familiare, sia il più possibile vicino al nostro modello matrimoniale. Non possiamo accettare che due persone, due extracomunitari che si sposano per telefono, poi chiedano il ricongiungimento familiare nel nostro territorio. Sono principi e regole che valgono anche negli altri Paesi europei.

Prima ho ascoltato il dibattito sul tema dell'idoneità dell'alloggio ai fini del ricongiungimento familiare e mi veniva da sorridere perché nel Patto europeo sull'immigrazione dell'ottobre 2008, che qualcuno di voi ha già dimenticato, si dice testualmente che occorre meglio regolare l'immigrazione familiare, e a tal fine si invitava ciascuno Stato membro a prendere in considerazione nella legislazione nazionale le sue capacità di accoglienza e le sue capacità di integrazione delle famiglie, valutate - queste capacità - in base alle loro risorse e condizioni di alloggio nel Paese di destinazione, nonché, ad esempio, in base alla conoscenza della lingua di tale Paese. Credo che il Consiglio dell'Unione europea sia molto più rigoroso di molti esponenti dell'opposizione, che spesso si riempiono la bocca di temi europei e della necessità di far riferimento all'Unione europea e alla legislazione europea.

Sono convinto che quest'ordine del giorno ci consenta davvero di poter applicare, con tutta sicurezza, l'istituto del ricongiungimento familiare che, come sapete, è diventato il canale di accesso più importante, in termini numerici, nel nostro Paese. Ormai, abbiamo una popolazione immigrata che supera i quattro milioni di stranieri; se anche solo un milione di questi quattro milioni di stranieri chiedesse il ricongiungimento di un unico familiare, in pochi mesi potremmo superare questa soglia già eccessiva. Quindi, vi chiediamo di riflettere su questo nostro ordine del giorno.

Peraltro, l'emendamento del Governo 39.801 va nella stessa direzione, perché evita che si possa chiedere il ricongiungimento anche in ipotesi di matrimonio poligamico. Anche questo, infatti, è successo nel nostro Paese: il matrimonio poligamico è stato ritenuto valido ai fini del ricongiungimento familiare. Poi, però, non si riesce a capire con quale dei coniugi avvenga il ricongiungimento: quando ve ne è più di uno, infatti, quale ammettiamo? La proposta del Governo, che ovviamente noi condividiamo, è di ammettere un solo coniuge anche in caso di matrimonio poligamico. In questo Paese, come dicevamo prima, esiste una civiltà millenaria che non ammette il matrimonio con più di un coniuge. La nostra Costituzione ammette il matrimonio con un solo coniuge. In questa direzione vanno sia il nostro ordine del giorno, sia che la proposta del Governo. (Applausi dal Gruppo LNP).

PRESIDENTE. Colleghi, ai fini della gestione dell'Aula, comunico che hanno chiesto di intervenire almeno tre senatori: il senatore Compagna, il senatore D'Alia e il relatore Vizzini. Quindi, poiché la conclusione dei nostri lavori è fissata alle ore 20,30, non si effettueranno più votazioni. Do la parola a questi tre colleghi, cui seguiranno degli iscritti a parlare sull'ordine dei lavori.

Senatore Compagna, ha facoltà di parlare.

COMPAGNA (PdL). Signor Presidente, intervengo per esprimere da parte del mio Gruppo il pieno consenso all'ordine del giorno presentato dai colleghi della Lega Nord. Devo dire che l'emendamento originario era già formulato in modo molto intelligente. Sullo sfondo del problema evocato, cioè la leggerezza e la superficialità anche al di là del caso atipico dei due pachistani con cui l'istituto del ricongiungimento familiare è stato in questi anni cinicamente strumentalizzato.

I colleghi della Lega Nord hanno avuto la sensibilità di presentare un ordine del giorno per richiamare più in generale l'amministrazione degli Interni sul grande tema delle disattenzioni alla poligamia e, da questo punto di vista, l'onorevole Mantovano ha esperienza anche di precedenti legislature: la Conferenza per l'Islam in Italia, che fu indetta dal ministro Pisanu nella XIV Legislatura, si è rivelata uno strumento deludente. Di qui origina il nostro apprezzamento per l'ordine del giorno presentato dai colleghi della Lega. (Applausi dal Gruppo PdL).

D'ALIA (UDC-SVP-Aut). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

D'ALIA (UDC-SVP-Aut). Signor Presidente, considerata l'ora e considerati i franchi tiratori della maggioranza, è meglio prenderla a ridere.

Questo è un ordine del giorno in virtù del quale un cittadino americano che si sposa a Las Vegas non può ottenere il ricongiungimento familiare, visto che esistono forme matrimoniali, disciplinate nei vari Stati degli Stati Uniti, che non hanno quei requisiti di sostanza e di forma previsti dal nostro ordinamento per legittimare l'eventuale ricongiungimento.

Io credo che ci stiamo veramente coprendo di ridicolo. (Applausi del senatore Peterlini).

VIZZINI, relatore. Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

VIZZINI, relatore. Signor Presidente, vorrei esprimere un parere pienamente favorevole sull'ordine del giorno presentato dalla Lega in sostituzione dell'emendamento 39.302, che tocca un tema molto delicato. Ciò che viene chiesto nell'emendamento, e di conseguenza nell'ordine del giorno, è la validità del matrimonio contratto all'estero, a condizione che sia conforme ai principi della normativa italiana sull'attestazione della validità del vincolo.

È noto a tutti che esistono ormai sistemi per cui si contraggono addirittura matrimoni al telefono per consentire a qualcuno di venire nel nostro Paese senza avere un valido titolo, che poi invece viene confermato. D'altronde, nella storia giuridica del nostro Paese è anche capitato che un magistrato, tanto tempo fa, quando ancora in Italia non c'era il divorzio, delibasse sentenze di divorzio introducendolo in modo surrettizio nel nostro ordinamento quando esso era assolutamente proibito.

Abbiamo prove del passato che ci fanno pensare che forme anomale di matrimonio, che non hanno alcun valore ai sensi della legge italiana, vengano stipulate pur di poter entrare nel nostro Paese.

Per queste ragioni, credo che l'ordine del giorno G39.302 debba impegnare davvero il Governo a studiare e a formulare vincoli che non consentano siffatte irregolarità nel nostro Paese.

PRESIDENTE. Essendo stato accolto dal Governo, l'ordine del giorno G39.302 non verrà posto in votazione.

Rinvio il seguito della discussione del disegno di legge in titolo ad altra seduta.

 

 

 

 


 

Allegato A

DISEGNO DI LEGGE

Disposizioni in materia di sicurezza pubblica (733)

 

EMENDAMENTI TENDENTI AD INSERIRE ARTICOLI AGGIUNTIVI DOPO L'ARTICOLO 35

35.0.100

PORETTI, PERDUCA, BONINO

Respinto

Dopo l'articolo 35inserire il seguente:

«Art. 35-bis.

L'articolo 28 del codice penale è sostituito dal seguente:

"Art. 28. - (Interdizione dai pubblici uffici). - L'interdizione dai pubblici uffici è perpetua o temporanea. L'interdizione perpetua dai pubblici uffici, salvo che dalla legge sia altrimenti disposto, priva il condannato:

1) del diritto di elettorato passivo o di eleggibilità in qualsiasi comizio elettorale;

2) di ogni pubblico ufficio, di ogni incarico non obbligatorio di pubblico servizio, e della qualità ad essi inerente di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio;

3) dell'ufficio di tutore o di curatore, anche provvisorio, e di ogni altro ufficio attinente alla tutela o alla cura;

4) dei gradi e delle dignità accademiche, dei titoli, delle decorazioni o di altre pubbliche insegne onorifiche;

5) degli stipendi, delle pensioni e degli assegni che siano a carico dello Stato o di un altro ente pubblico;

6) di ogni diritto onorifico, inerente a qualunque ufficio, servizio, grado, o titolo e delle qualità, dignità e decorazioni indicati nei numeri precedenti;

7) della capacità di assumere o di acquistare qualsiasi diritto, ufficio, servizio, qualità, grado, titolo, dignità, decorazione e insegna onorifica, indicati nei numeri precedenti.

L'interdizione temporanea priva il condannato della capacità di acquistare o di esercitare o di godere, durante l'interdizione, i predetti diritti, uffici, servizi, qualità , gradi, titoli e onorificenze.

Essa non può avere una durata inferiore a un anno, né superiore a cinque.

La legge determina i casi nei quali l'interdizione dai pubblici uffici è limitata ad alcuni di questi."».

35.0.800 testo 2/1

CASSON, ADAMO, INCOSTANTE, MARITATI, LATORRE, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, GALPERTI

Respinto

All'emendamento 35.0.800, al capoverso «Art. 35-bis», al comma 1, dopo le parole: «di cui agli articoli» aggiungere le seguenti: «600».

35.0.800 testo 2/2

ADAMO, CASSON, INCOSTANTE, MARITATI, LATORRE, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, GALPERTI

Improcedibile

All'emendamento 35.0.800, al capoverso «Art. 35-bis», al comma 1, dopo le parole: «di cui agli articoli» aggiungere le seguenti: «600-bis».

35.0.800 testo 2/3

INCOSTANTE, CASSON, ADAMO, MARITATI, LATORRE, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, GALPERTI

Respinto

All'emendamento 35.0.800, al capoverso «Art. 35-bis», al comma 1, dopo le parole: «di cui agli articoli» aggiungere le seguenti: «601».

35.0.800 testo 2/4

DELLA MONICA, CASSON, ADAMO, INCOSTANTE, MARITATI, LATORRE, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI

Respinto

All'emendamento 35.0.800, al capoverso «Art. 35-bis», al comma 1, dopo le parole: «di cui agli articoli» aggiungere le seguenti: «602».

35.0.800 testo 2/5

CASSON, ADAMO, INCOSTANTE, MARITATI, LATORRE, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, GALPERTI

Respinto

All'emendamento 35.0.800, al capoverso «Art. 35-bis», al comma 1, dopo le parole: «di cui agli articoli» aggiungere le seguenti: «600-ter, comma 1».

35.0.800 testo 2/6

GALPERTI, CASSON, ADAMO, INCOSTANTE, MARITATI, LATORRE, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, DELLA MONICA

Improcedibile

All'emendamento 35.0.800, al capoverso «Art. 35-bis», al comma 1, dopo le parole: «di cui agli articoli» aggiungere le seguenti: «575».

35.0.800 testo 2/7

CASSON, PEGORER, ROILO, ADAMO, INCOSTANTE, MARITATI, LATORRE, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, GALPERTI, TOFANI

Respinto

All'emendamento 35.0.800, al capoverso «Art. 35-bis», al comma 1, dopo le parole: «di cui agli articoli» aggiungere le seguenti: «589 comma 2, se il fatto è commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro e sulle malattie professionali, e 3».

35.0.800 testo 2/8

CHIURAZZI, CASSON, ADAMO, INCOSTANTE, MARITATI, LATORRE, CAROFIGLIO, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, GALPERTI

Improcedibile

All'emendamento 35.0.800, al capoverso «Art. 35-bis», al comma 1, dopo le parole: «609-octiesi» aggiungere le seguenti: «630».

35.0.800 testo 2/9

MAURO, BRICOLO, ADERENTI, BODEGA, BOLDI, CAGNIN, DIVINA, FILIPPI ALBERTO, FRANCO PAOLO, GARAVAGLIA MASSIMO, LEONI, MARAVENTANO, MAZZATORTA, MONTANI, MONTI, MURA, PITTONI, RIZZI, STIFFONI, TORRI, VACCARI, VALLARDI, VALLI

V. testo corretto

Dopo il comma 2, inserire i seguenti:

«3-bis. All'articolo 275, comma 3, del codice di procedura penale, come modificato dall'articolo 23 della presente legge, dopo le parole: "all'articolo 51, comma 3-bis, 3-quater e 3-quinquies, limitatamente alla fatti specie previste dagli articoli 600-bis, 600-ter e 600-quinquies del codice penale" sono aggiunte le seguenti: "nonché in ordine ai delitti di cui all'articolo 609-bis, escluso il caso previsto dal terzo comma, 609-quater, secondo comma e 609-octies del codice penale";

3-ter. All'articolo 380, comma 2, dopo la lettera d) è inserita la seguente:

"d-bis) delitto di violenza sessuale previsto dall'articolo 609-bis, escluso il caso previsto dal terzo comma, e delitto di violenza sessuale di gruppo, previsto dall'articolo 609-octies del codice penale".

3-quater. Al comma 1 dell'articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n.354, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al primo periodo, dopo la parola: "600" sono inserite le seguenti: "600-bis, primo comma, 600-ter, primo e secondo comma", e dopo le parole: "602", sono inserite le seguenti: "609-bis, escluso il caso previsto dal terzo comma, 609-ter, 609-quater, primo comma e 609-octies del codice penale";

b) al quarto periodo, le parole: "600-bis, primo comma, 600-ter, primo e secondo comma, 600-quinquies, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-octies", sono sostituite dalle seguenti: "600-bis, secondo e terzo comma, 600-ter, terzo comma 600-quinquis, 609-bis, fuori dai casi previsti dal primo periodo, e 609-quater, secondo comma"».

35.0.800 testo 2/9 (testo corretto)

MAURO, BRICOLO, ADERENTI, BODEGA, BOLDI, CAGNIN, DIVINA, FILIPPI ALBERTO, FRANCO PAOLO, GARAVAGLIA MASSIMO, LEONI, MARAVENTANO, MAZZATORTA, MONTANI, MONTI, MURA, PITTONI, RIZZI, STIFFONI, TORRI, VACCARI, VALLARDI, VALLI

Approvato

Dopo il comma 2, inserire i seguenti:

«3-bis. All'articolo 275, comma 3, del codice di procedura penale, come modificato dall'articolo 23 della presente legge, dopo le parole: "all'articolo 51, comma 3-bis, 3-quater e 3-quinquies, limitatamente alla fatti specie previste dagli articoli 600-bis, 600-ter e 600-quinquies del codice penale" sono aggiunte le seguenti: "nonché in ordine ai delitti di cui all'articolo 609-bis, escluso il caso previsto dal terzo comma, 609-quater, secondo comma e 609-octies del codice penale";

3-ter. All'articolo 380, comma 2, dopo la lettera d) è inserita la seguente:

"d-bis) delitto di violenza sessuale previsto dall'articolo 609-bis, escluso il caso previsto dal terzo comma, e delitto di violenza sessuale di gruppo, previsto dall'articolo 609-octies ".

3-quater. Al comma 1 dell'articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n.354, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al primo periodo, dopo la parola: "600" sono inserite le seguenti: "600-bis, primo comma, 600-ter, primo e secondo comma", e dopo le parole: "602", sono inserite le seguenti: "609-bis, escluso il caso previsto dal terzo comma, 609-ter, 609-quater, primo comma e 609-octies del codice penale";

b) al quarto periodo, le parole: "600-bis, primo comma, 600-ter, primo e secondo comma, 600-quinquies, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-octies", sono sostituite dalle seguenti: "600-bis, secondo e terzo comma, 600-ter, terzo comma 600-quinquis, 609-bis, terzo comma, e 609-quater, secondo comma"».

35.0.800 (testo 2)

I RELATORI

Approvato nel testo emendato

Dopo l'articolo 35, inserire il seguente:

«Art. 35-bis.

(Modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n.115, recante il testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia)

1. Dopo l'articolo 76, comma 4-bis. del decreto del Presidenle della Repubblica 30 maggio 2002, n.115. è inserito il seguente:

"4-ter. La persona offesa dai reati di cui agli articoli 609-bis, 609-quater e 609-octies del codice penale può essere ammessa al patrocinio anche in deroga ai limiti di reddito previsti dal presente decreto".

2. Agli oneri derivanti dalle disposizioni del presente articolo si provvede con gli ordinari stanziamenti di bilancio».

ARTICOLO 36 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE

Art. 36.

Approvato

(Modifiche alla legge 24 dicembre 1954, n.1228 e al testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n.286)

1. All'articolo 1 della legge 24 dicembre 1954, n.1228, dopo il primo comma è inserito il seguente:

«1-bis. L'iscrizione e la richiesta di variazione anagrafica sono subordinate alla verifica, da parte dei competenti uffici comunali, delle condizioni igienico-sanitarie dell'immobile in cui il richiedente intende fissare la propria residenza, ai sensi delle vigenti norme sanitarie. Se la verifica delle condizioni igienico-sanitarie non è compiuta nel termine di trenta giorni dalla richiesta di iscrizione, quest'ultima è effettuata con riserva di verifica, fatta salva la facoltà di successiva cancellazione in caso di verifica con esito negativo».

2. All'articolo 29, comma 3, del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n.286, la lettera a) è sostituita dalla seguente:

«a) di un alloggio conforme ai requisiti igienico-sanitari, nonché di idoneità abitativa, accertati dai competenti uffici comunali. Nel caso di un figlio di età inferiore agli anni quattordici al seguito di uno dei genitori, è sufficiente il consenso del titolare dell'alloggio nel quale il minore effettivamente dimorerà».

EMENDAMENTI

36.100

PISTORIO, OLIVA

Respinto

Sopprimere l'articolo.

36.300

LIVI BACCI, DELLA MONICA

Id. em. 36.100

Sopprimere l'articolo.

36.102

BIANCO, CASSON, DE SENA, INCOSTANTE, LATORRE, CAROFIGLIO, MARITATI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, GALPERTI, ADAMO, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI

Respinto

Sopprimere il comma 2.

ARTICOLO 37 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE

Art. 37.

Approvato

(Attività di trasferimento di fondi «Money transfer»)

1. Fermo restando quanto previsto dal decreto legislativo 21 novembre 2007, n.231, gli agenti in attività finanziaria che prestano servizi di pagamento nella forma dell'incasso e trasferimento di fondi (money transfer) acquisiscono e conservano per dieci anni copia del titolo di soggiorno se il soggetto che ordina l'operazione è un cittadino extracomunitario. Il documento è conservato con le modalità previste con decreto del Ministro dell'interno emanato ai sensi dell'articolo 7, comma 4, del decreto-legge 27 luglio 2005, n.144, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n.155. In mancanza del titolo gli agenti effettuano, entro dodici ore, apposita segnalazione all'autorità locale di pubblica sicurezza, trasmettendo i dati identificativi del soggetto. Il mancato rispetto di tale disposizione è sanzionato con la cancellazione dall'elenco degli agenti in attività finanziaria ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 25 settembre 1999, n.374.

2. Le disposizioni di cui al comma 1 hanno efficacia decorsi trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

EMENDAMENTI

37.100

PORETTI, PERDUCA, BONINO

Respinto

Sopprimere l'articolo.

37.101

D'ALIA

Ritirato

Sostituire l'articolo con il seguente:

«Art. 37.

(Modifica al decreto legge 28 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155 e al decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231)

1. All'articolo 7 del decreto legge 28 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155, dopo il comma 5 è aggiunto, in fine, il seguente:

"5-bis. Fermo restando quanto previsto dal decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, gli agenti in attività finanziaria che prestano servizi di pagamento nella forma dell'incasso e trasferimento di fondi acquisiscono e conservano per dieci anni copia del titolo di soggiorno qualora il soggetto che ordina l'operazione è un cittadino extracomunitario. Il documento è conservato con le modalità previste con decreto del Ministro dell'interno emanato ai sensi dell'articolo 7, comma 4 del decreto legge 27 luglio 2005, n. 144, convertito con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155. In mancanza del titolo, gli agenti in attività finanziaria effettuano entro dodici ore apposita segnalazione all'autorità locale di pubblica sicurezza, trasmettendo i dati identificativi del soggetto. Il mancato rispetto di tale disposizione è sanzionato con la cancellazione dall'elenco degli agenti in attività finanziaria.";

2. Al decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 18, comma 1, dopo la lettera d) è inserita la seguente:

b) all'articolo 18, comma 1, dopo la lettera d) è inserita la seguente:

"d-bis) acquisire copia del titolo di soggiorno dei cittadini extracomunitari";

c) all'articolo 55, dopo il comma 6 è inserito il seguente:

"6-bis. Nel caso di mancato rispetto della disposizione contenuta nell'articolo 18, lettera d-bis) si applica la sanzione di cui al comma 6."».

37.102

PISTORIO, OLIVA

Respinto

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole da: «titolo di soggiorno» fino alla fine del comma con le seguenti: «documento di identità. La copia del suddetto documento, comunque deve essere registrata, conservata e resa disponibile a ogni richiesta dell'autorità di pubblica sicurezza».

37.300

STIFFONI, BRICOLO, MAURO, BODEGA, MAZZATORTA, VALLARDI

Ritirato

Al comma 1, ultimo periodo, dopo le parole: «Il mancato rispetto di tale disposizione» introdurre le seguenti: «,salvo che il fatto non costituisca più grave reato,».

37.105

LI GOTTI, BELISARIO, PARDI, GIAMBRONE, CARLINO, ASTORE, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA, RUSSO

Respinto

Dopo il comma 1, aggiungere il seguente:

«1-bis. Al fine di agevolare le procedure di controllo e contrasto a fenomeni di riciclaggio connesso all'uso del money transfer, le richieste di dati, notizie e documenti relativi a qualsiasi operazione effettuata, nonché le relative risposte, intercorrenti tra i prestatori dei servizi di cui al presente comma agenti in attività finanziaria e il nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di finanza, sono sempre svolte per via telematica».

37.200

INCOSTANTE, BIANCO, CAROFIGLIO, DELLA MONICA, GALPERTI, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, CASSON, PROCACCI, SANNA, VITALI, DE SENA, D'AMBROSIO, LATORRE, ADAMO, CHIURAZZI, MARITATI

Respinto

Dopo il comma 2 aggiungere, in fine, il seguente:

«2-bis. L'autorità di pubblica sicurezza effettua un monitoraggio complessivo sulle segnalazioni effettuate ai sensi del comma 1, inviando con cadenza semestrale i risultati di tale attività di controllo alla Direzionale nazionale antimafia».

EMENDAMENTO TENDENTE AD INSERIRE UN ARTICOLO AGGIUNTIVO DOPO L'ARTICOLO 37

37.0.100

INCOSTANTE, BIANCO, CAROFIGLIO, DELLA MONICA, GALPERTI, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, CASSON, PROCACCI, SANNA, VITALI, DE SENA, D'AMBROSIO, LATORRE, ADAMO, CHIURAZZI, MARITATI

Respinto

Dopo l'articolo 37inserire il seguente:

«Art. 37-bis.

(Modifica al decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356)

1. Al comma 1 dell'articolo 12-quinquies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356 e successive modificazioni, dopo le parole: "o di contrabbando", sono inserite le seguenti: ", nonché di esibizioni di documenti al fine di erogare o usufruire di servizi volti al trasferimento di danaro"».

ARTICOLO 38 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE

Art. 38.

Approvato

(Modifiche al decreto legislativo 21 novembre 2007, n.231)

1. Al decreto legislativo 21 novembre 2007, n.231, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 6 è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«7-bis. Alla UIF e al personale addetto si applica l'articolo 24, comma 6-bis, della legge 28 dicembre 2005, n.262»;

b) all'articolo 48, il comma 1 è sostituito dal seguente:

«1. L'avvenuta archiviazione della segnalazione è comunicata dalla UIF al segnalante direttamente, ovvero tramite gli ordini professionali di cui all'articolo 43, comma 2»;

c) all'articolo 56, comma 1, dopo le parole: «ai sensi degli articoli 7, comma 2,» sono inserite le seguenti: «37, commi 7 e 8,»;

d) all'articolo 56, il comma 2 è sostituito dal seguente:

«2. L'autorità di vigilanza di settore dei soggetti indicati dall'articolo 11, commi 1, lettera m), e 3, lettere c) e d), attiva i procedimenti di cancellazione dai relativi elenchi per gravi violazioni degli obblighi imposti dal presente decreto».

EMENDAMENTO

38.100

LI GOTTI, BELISARIO, PARDI, GIAMBRONE, CARLINO, ASTORE, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA, RUSSO

Respinto

Dopo la lettera a) aggiungere la seguente:

«a-bis) all'articolo 18, dopo la lettera d) è aggiunta la seguente:

"d-bis) acquisire copia del titolo di soggiorno dei cittadini extracomunitari";

Conseguentemente, dopo la lettera b) aggiungere la seguente:

c) all'articolo 55, dopo il comma 6 è inserito il seguente:

«6-bis. Nel caso di mancato rispetto della disposizione di cui all'articolo 18, lettera d-bis) si applica la sanzione di cui al comma 6».

ARTICOLO 39 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE

Art. 39.

(Modifiche al testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n.286)

1. Al citato testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n.286, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 4, comma 3:

1) nel terzo periodo, dopo le parole: «o che risulti condannato, anche» sono inserite le seguenti: «con sentenza non definitiva, compresa quella adottata»;

2) dopo il terzo periodo, è inserito il seguente: «Impedisce l'ingresso dello straniero in Italia anche la condanna, con sentenza irrevocabile per uno dei reati previsti dalle disposizioni del titolo III, capo III, sezione II, della legge 22 aprile 1941, n.633, relativi alla tutela del diritto di autore, e degli articoli 473 e 474 del codice penale»;

b) all'articolo 5, dopo il comma 2-bis è aggiunto il seguente:

«2-ter. La richiesta di rilascio e di rinnovo del permesso di soggiorno è sottoposta al pagamento di una tassa, il cui importo è fissato in 200 euro.»;

c) all'articolo 5, comma 5-bis, le parole: «per i reati previsti dall'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale,» sono sostituite dalle seguenti: «per i reati previsti dagli articoli 380, commi 1 e 2, e 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale,»;

d) all'articolo 5, dopo il comma 5-bis è inserito il seguente:

«5-ter. Il permesso di soggiorno è rifiutato o revocato quando si accerti la violazione del divieto di cui all'articolo 29, comma 1-ter»;

e) all'articolo 5, comma 8-bis, dopo le parole: «ovvero contraffà o altera documenti al fine di determinare il rilascio di un visto d'ingresso o di reingresso, di un permesso di soggiorno, di un contratto di soggiorno o di una carta di soggiorno» sono inserite le seguenti: «oppure utilizza uno di tali documenti contraffatti o alterati»;

f) all'articolo 6, comma 2, le parole: «e per quelli inerenti agli atti di stato civile o all'accesso a pubblici servizi» sono sostituite dalle seguenti: «e per quelli inerenti all'accesso alle prestazioni sanitarie di cui all'articolo 35»;

g) all'articolo 6, il comma 3 è sostituito dal seguente:

«3. Lo straniero che, a richiesta degli ufficiali e agenti di pubblica sicurezza, non ottempera, senza giustificato motivo, all'ordine di esibizione del passaporto o di altro documento di identificazione e del permesso di soggiorno o di altro documento attestante la regolare presenza nel territorio dello Stato è punito con l'arresto fino ad un anno e con l'ammenda fino ad euro 2.000».

h) all'articolo 9, dopo il comma 2 è inserito il seguente:

«2-bis Il rilascio del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo è subordinato al superamento, da parte del richiedente, di un test di conoscenza della lingua italiana, le cui modalità di svolgimento sono determinate con decreto del Ministro dell'interno di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca».

i) all'articolo 9, comma 5, dopo il primo periodo, è aggiunto il seguente: «Nel caso di richiesta relativa ai familiari di cui al comma 1, il questore rilascia il titolo di soggiorno quando i medesimi familiari sono regolarmente soggiornanti nel territorio dello Stato ininterrottamente da almeno cinque anni, salvo quanto previsto dal comma 6.»;

l) all'articolo 14 sono apportate le seguenti modificazioni:

1) il comma 5 è sostituito dal seguente:

«5. La convalida comporta la permanenza nel centro per un periodo di complessivi sessanta giorni. Qualora l'accertamento dell'identità e della nazionalità, ovvero l'acquisizione di documenti per il viaggio presenti difficoltà, il giudice, su richiesta del questore, può prorogare il termine di ulteriori sessanta giorni. Anche prima di tale termine, il questore esegue l'espulsione o il respingimento, dandone comunicazione senza ritardo al giudice. Decorso il suddetto termine, qualora il soggetto trattenuto non abbia fornito senza giustificato motivo elementi utili alla sua identificazione, il questore può chiedere al giudice la proroga del periodo di trattenimento nel centro per ulteriori periodi di sessanta giorni. La durata complessiva della permanenza nel centro non può, in ogni caso, essere superiore a diciotto mesi.»;

2) i commi 5-bis, 5-ter, 5-quater e 5-quinquies sono sostituiti dai seguenti:

«5-bis. Quando non sia stato possibile trattenere lo straniero presso un centro di identificazione ed espulsione, ovvero la permanenza in tale struttura non abbia consentito l'esecuzione con l'accompagnamento alla frontiera dell'espulsione o del respingimento, il questore ordina allo straniero di lasciare il territorio dello Stato entro il termine di cinque giorni. L'ordine è dato con provvedimento scritto, recante l'indicazione delle conseguenze sanzionatorie della permanenza illegale, anche reiterata, nel territorio dello Stato. L'ordine del questore può essere accompagnato dalla consegna all'interessato della documentazione necessaria per raggiungere gli uffici della rappresentanza diplomatica del suo Paese in Italia, anche se onoraria, nonché per rientrare nello Stato di appartenenza ovvero, quando ciò non sia possibile, nello Stato di provenienza.

5-ter. Lo straniero che senza giustificato motivo permane illegalmente nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine impartito dal questore ai sensi del comma 5-bis, è punito con la reclusione da uno a quattro anni se l'espulsione o il respingimento sono stati disposti per ingresso illegale nel territorio nazionale ai sensi dell'articolo 13, comma 2, lettere a) e c), ovvero per non aver richiesto il permesso di soggiorno o non aver dichiarato la propria presenza nel territorio dello Stato nel termine prescritto in assenza di cause di forza maggiore, ovvero per essere stato il permesso revocato o annullato. Si applica la pena della reclusione da sei mesi ad un anno se l'espulsione è stata disposta perché il permesso di soggiorno è scaduto da più di sessanta giorni e non ne è stato richiesto il rinnovo, ovvero se la richiesta del titolo di soggiorno è stata rifiutata, ovvero se lo straniero si è trattenuto nel territorio dello Stato in violazione dell'articolo 1, comma 3, della legge 28 maggio 2007, n.68. In ogni caso, salvo che lo straniero si trovi in stato di detenzione in carcere, si procede all'adozione di un nuovo provvedimento di espulsione con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica per violazione all'ordine di allontanamento adottato dal questore ai sensi del comma 5-bis. Qualora non sia possibile procedere all'accompagnamento alla frontiera, si applicano le disposizioni di cui ai commi 1 e 5-bis del presente articolo nonché, ricorrendone i presupposti, quelle di cui all'articolo 13, comma 3.

5-quater. Lo straniero destinatario del provvedimento di espulsione di cui al comma 5-ter e di un nuovo ordine di allontanamento di cui al comma 5-bis, che continua a permanere illegalmente nel territorio dello Stato, è punito con la reclusione da uno a cinque anni. Si applicano, in ogni caso, le disposizioni di cui al comma 5-ter, terzo e ultimo periodo.

5-quinquies. Per i reati previsti ai commi 5-ter, primo periodo, e 5-quater si procede con rito direttissimo ed è obbligatorio l'arresto dell'autore del fatto»;

m) all'articolo 16, comma 1, dopo le parole: «né le cause ostative indicate nell'articolo 14, comma 1, del presente testo unico,» sono inserite le seguenti: «che impediscono l'esecuzione immediata dell'espulsione con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica,»;

n) all'articolo 26, comma 7-bis:

1) dopo le parole: «del permesso di soggiorno rilasciato allo straniero» sono inserite le seguenti: «, anche se per motivi diversi dal lavoro autonomo,»;

2) è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Si applicano le disposizioni di cui all'articolo 13, comma 3, e all'articolo 14.»;

o) all'articolo 29, dopo il comma 1-bis è inserito il seguente:

«1-ter. Non è consentito il ricongiungimento dei familiari di cui alle lettere a) e d) del comma 1, quando il familiare di cui si chiede il ricongiungimento è coniugato con un cittadino straniero regolarmente soggiornante nel territorio nazionale che abbia altro coniuge;

p) all'articolo 29, il comma 5 è sostituito dal seguente:

«5. Salvo quanto disposto dall'articolo 4, comma 6, è consentito l'ingresso per ricongiungimento al figlio minore, già regolarmente soggiornante in Italia con l'altro genitore, del genitore naturale che dimostri il possesso dei requisiti di disponibilità di alloggio e di reddito di cui al comma 3. Ai fini della sussistenza di tali requisiti si tiene conto del possesso di tali requisiti da parte dell'altro genitore.»;

q) all'articolo 29, il comma 8 è sostituito dal seguente:

«8. Il nulla osta al ricongiungimento familiare è rilasciato entro centottanta giorni dalla richiesta»;

r) all'articolo 30, dopo il comma 1-bis sono inseriti i seguenti:

«1-ter. La richiesta di rilascio e di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi familiari è sottoposta al pagamento di una tassa, il cui importo è fissato in 200 euro.

1-quater. Il gettito derivante dalle tasse di cui all'articolo 5, comma 2-ter, e al comma 1-ter del presente articolo è attribuito allo stato di previsione del Ministero dell'interno che lo destina per la metà al finanziamento di progetti del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione diretti alla collaborazione internazionale e alla cooperazione ed assistenza ai Paesi terzi in materia di immigrazione anche attraverso la partecipazione a programmi finanziati dall'Unione europea.»;

s) all'articolo 32:

1) al comma 1, le parole: «e ai minori comunque affidati» sono sostituite dalle seguenti: «e, fermo restando quanto previsto dal comma 1-bis, ai minori che sono stati affidati»;

2) al comma 1-bis, dopo le parole: «ai minori stranieri non accompagnati» sono inserite le seguenti: «, affidati ai sensi dell'articolo 2 della legge 4 maggio 1983, n.184, ovvero sottoposti a tutela,».

EMENDAMENTI

39.100

PERDUCA, PORETTI, BONINO

Respinto

Sopprimere l'articolo.

39.300

GERMONTANI

Ritirato e trasformato nell'odg G39.300

Al comma 1, lettera a), premettere la seguente:

«0a) All'articolo 4, comma 2, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, alla fine del primo periodo aggiungere il seguente: "Per soggiorni inferiori ai tre mesi, contestualmente al visto di ingresso le autorità diplomatiche o consolari italiane consegneranno al cittadino straniero una copia cartacea del visto di ingresso.

La predetta copia dovrà essere riconsegnata dal cittadino straniero alla autorità diplomatica o consolare italiana che ha emesso il visto di ingresso entro quindici giorni dal suo rientro nel Paese d'origine.

In caso di non riconsegna della copia cartacea del visto di ingresso entro i termini previsti, l'autorità consolare italiana dovrà informare le competenti autorità di polizia italiane"».

39.301

CASSON, BIANCO, DE SENA, INCOSTANTE, LATORRE, CAROFIGLIO, MARITATI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, ADAMO, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI

Respinto

Al comma 1, sopprimere le lettere b), f), h), i), l) limitatamente al numero 1), m), n), q), r), s).

39.101

CASSON, BIANCO, DE SENA, INCOSTANTE, LATORRE, CAROFIGLIO, MARITATI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, GALPERTI, ADAMO, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI

Respinto

Al comma 1, sopprimere le lettere b), f), h), i), l) limitatamente al numero 1), m), n), q), r).

39.102

DELLA MONICA, BIANCO, CASSON, DE SENA, INCOSTANTE, LATORRE, CAROFIGLIO, MARITATI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, ADAMO, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI

Respinto

Al comma 1, sopprimere la lettera b).

39.103

PORETTI, PERDUCA, BONINO

Id. em. 39.102

Al comma 1, sopprimere la lettera b).

39.800/1

BRICOLO, MAURO, BODEGA, MAZZATORTA, VALLARDI

Ritirato

All'emendamento 39.0.800, alla lettera b), come sostituita dall'articolo 1, lettera a), dopo le parole: «per lavoro subordinato a tempo indeterminato», aggiungere le seguenti: «ovvero per motivi familiari».

39.800/2

MARITATI, CASSON, BIANCO, LATORRE, INCOSTANTE, CAROFIGLIO, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI, DE SENA, GALPERTI, ADAMO, CHIURAZZI

V. testo 3/2

All'emendamento 39.0.800, alla lettera b), capoverso «Art. 14-bis», al comma 2, al primo periodo, dopo le parole: «di cui all'articolo 5, comma 2-ter», aggiungere, in fine, le seguenti: «,nonchè i contributi eventualmente disposti dall'Unione Europea per le finalità del Fondo».

39.800 testo 3/2

MARITATI, CASSON, BIANCO, LATORRE, INCOSTANTE, CAROFIGLIO, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI, DE SENA, GALPERTI, ADAMO, CHIURAZZI

Approvato

All'emendamento 39.800 (testo 3), alla lettera b), capoverso «art. 14-bis», il comma 2 è sostituito dal seguente: "2. Nel Fondo di cui al comma 1 confluisce la metà del gettito conseguito attraverso la riscossione del contributo di cui all'articolo 5, comma 2-ter nonché i contributi eventualmente disposti dall'Unione europea per le finalità del Fondo medesimo. La quota residua del gettito del contributo di cui all'articolo 5, comma 2-ter è assegnata allo stato di previsione del Ministero dell'interno, per gli oneri connessi alle attività istruttorie inerenti il rilascio e il rinnovo del permesso di soggiorno.".

39.800 (testo 2)

IL GOVERNO

V. testo 3

Al comma 1, apportare le seguenti modificazioni:

a) sostituire la lettera b) con la seguente:

«b) all'articolo 5, dopo il comma 2-bis è aggiunto il seguente:

"2-ter. La richiesta di rilascio e di rinnovo del permesso di soggiorno è sottoposta al versamento di un contributo, il cui importo è fissato con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno, che stabilisce altresì le modalità del versamento nonché di attuazione della disposizione di cui all'articolo 14-bis, comma 2. Non è richiesto il versamento del contributo per il rilascio ed il rinnovo del permesso di soggiorno per asilo, per richiesta asilo, per protezione sussidiaria, per motivi umanitari".

b) dopo la lettera l), è inserita la seguente:

"l-bis) dopo l'articolo 14, è inserito il seguente:

'Art. 14-bis. - (Fondo rimpatri) - 1. È istituito, presso il Ministero dell'interno, un Fondo rimpatri finalizzato a finanziare le spese per il rimpatrio degli stranieri verso i Paesi di origine ovvero di provenienza.

2. Nel Fondo di cui al comma 1 confluisce la metà del gettito conseguito attraverso la riscossione del contributo di cui all'articolo 5, comma 2-ter. La quota residua del gettito del medesimo contributo è assegnata allo stato di previsione del Ministero dell'interno, per gli oneri connessi alle attività istruttorie inerenti il rilascio e il rinnovo del permesso di soggiorno'"».

Conseguentemente, sopprimere la lettera r).

39.800 (testo 3)

IL GOVERNO

Approvato nel testo emendato

Al comma 1, apportare le seguenti modificazioni:

a) sostituire la lettera b) con la seguente:

«b) all'articolo 5, dopo il comma 2-bis è aggiunto il seguente:

"2-ter. La richiesta di rilascio e di rinnovo del permesso di soggiorno è sottoposta al versamento di un contributo, il cui importo è fissato fra un minimo di 80 e un massimo di 200 euro con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno, che stabilisce altresì le modalità del versamento nonché di attuazione della disposizione di cui all'articolo 14-bis, comma 2. Non è richiesto il versamento del contributo per il rilascio ed il rinnovo del permesso di soggiorno per asilo, per richiesta asilo, per protezione sussidiaria, per motivi umanitari".

b) dopo la lettera l), è inserita la seguente:

"l-bis) dopo l'articolo 14, è inserito il seguente:

'Art. 14-bis. - (Fondo rimpatri) - 1. È istituito, presso il Ministero dell'interno, un Fondo rimpatri finalizzato a finanziare le spese per il rimpatrio degli stranieri verso i Paesi di origine ovvero di provenienza.

2. Nel Fondo di cui al comma 1 confluisce la metà del gettito conseguito attraverso la riscossione del contributo di cui all'articolo 5, comma 2-ter. La quota residua del gettito del medesimo contributo è assegnata allo stato di previsione del Ministero dell'interno, per gli oneri connessi alle attività istruttorie inerenti il rilascio e il rinnovo del permesso di soggiorno'"».

Conseguentemente, sopprimere la lettera r).

39.104

DELLA MONICA, BIANCO, CASSON, DE SENA, INCOSTANTE, LATORRE, CAROFIGLIO, MARITATI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, ADAMO, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI

Respinto

Al comma 1, sopprimere la lettera f).

39.105

CASSON, BIANCO, DE SENA, INCOSTANTE, LATORRE, CAROFIGLIO, MARITATI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, GALPERTI, ADAMO, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI

Respinto

Al comma 1, sopprimere la lettera h).

39.350

PORETTI, PERDUCA, BONINO

Id. em. 39.105

Al comma 1, sopprimere la lettera h).

39.160

BIANCO, CASSON, DE SENA, INCOSTANTE, LATORRE, CAROFIGLIO, MARITATI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, GALPERTI, ADAMO, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI

Approvato

Al comma 1, sopprimere la lettera i).

39.351

PORETTI, PERDUCA, BONINO

Respinto

Al comma, sopprimere la lettera l).

39.106

MARITATI, CASSON, BIANCO, LATORRE, INCOSTANTE, CAROFIGLIO, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI, DE SENA, GALPERTI, ADAMO, CHIURAZZI

Ritirato

Al comma 1, sostituire la lettera l) con la seguente:

«l) Al testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modifiche:

1) All'articolo 13 sono apportate le seguenti modificazioni:

a) i commi 4 e 5 sono sostituiti dai seguenti:

"4. Nei casi previsti dal comma 2, lettere a) e b), il decreto di espulsione contiene l'intimazione a lasciare il territorio nazionale entro quindici giorni, salvo che il prefetto rilevi, sulla base di elementi obiettivi, il concreto pericolo che lo straniero si sottragga all'esecuzione del provvedimento. Nei casi previsti dal presente comma, nel decreto è indicata la possibilità per lo straniero di avvalersi dei programmi di rimpatrio volontario e assistito di cui all'articolo 16-bis.

5. L'espulsione è eseguita con le modalità previste dal comma 3, qualora lo straniero si sia trattenuto, senza giustificato motivo, nel territorio dello Stato oltre il termine fissato con l'intimazione".

b) il comma 14 è sostituito dal seguente:

"14. Il divieto di reingresso di cui al comma 13 decorre dall'effettivo allontanamento dal territorio nazionale e opera per un periodo di dieci anni nei casi previsti dal comma 1 e dall'articolo 3, comma 1, del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, convertito dalla legge 31 luglio 2005, n. 155. Negli altri casi il termine è di cinque anni ed è ridotto ad un anno, in caso di ottemperanza all'intimazione a lasciare il territorio nazionale, ed a due anni, in caso di rimpatrio volontario ed assistito di cui all'articolo 16-bis.";

2) all'articolo 14 sono apportate le seguenti modificazioni:

a) dopo il comma 2 è inserito il seguente:

"2-bis. Lo straniero trattenuto può chiedere di partecipare ai programmi di rimpatrio volontario e assistito, di cui all'articolo 16-bis, collaborando fattivamente alle procedure di identificazione per l'acquisizione di un documento valido per l'espatrio";

b) il comma 5-quater è sostituito dal seguente:

«5-quater. Lo straniero di cui al comma 5-ter che non sia stato possibile accompagnare alla frontiera o trattenere ai sensi del comma 1 o per il quale è decorso il termine di trattenimento e che non ha eseguito l'ordine di lasciare il territorio dello Stato utilizzando, nel caso di indisponibilità economica, il biglietto di trasporto nel paese di origine o provenienza messo a sua disposizione tramite i programmi di cui all'articolo 16 bis e continua a trattenersi, senza giustificato motivo, nel territorio dello Stato, è punito con la reclusione fino a tre anni";

3) Dopo il comma 1-bis dell'articolo 15 è aggiunto, in fine, il seguente:

"1-ter. Con decreto del Ministero dell'interno, di concerto con il Ministro della giustizia, da adottarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le procedure amministrative idonee a identificare gli stranieri durante l'esecuzione di misure limitative della libertà personale, finalizzate a escludere la necessità di un successivo trattenimento a tale fine";

4) dopo l'articolo 16 è inserito il seguente:

"Art. 16-bis.

(Fondo nazionale rimpatri)

1. È istituito presso il Ministero dell'interno il Fondo nazionale rimpatri, destinato al finanziamento dei programmi di rimpatrio volontario ed assistito, comprensivi di interventi di sostegno al reinserimento nel Paese di origine, predisposti dal Ministero dell'Interno in convenzione con enti e associazioni nazionali o internazionali a carattere umanitario.

2. Il Fondo è alimentato da:

a) un contributo, determinato ai sensi del comma 3, a carico dei datori di lavoro di cui all'articolo 22, e degli stranieri richiedenti il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno;

b) i contributi eventualmente disposti dall'Unione Europea per le finalità del Fondo.

3. Con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono determinati l'importo e le forme di versamento al competente capitolo di bilancio del Ministero dell'interno del contributo di cui al comma 1, le modalità di gestione e di funzionamento del Fondo, nonché le modalità di impiego del fondo per le spese sostenute dall'amministrazione per le procedure di rimpatrio.

4. I programmi di cui al comma 1 sono destinati al rimpatrio di:

a) stranieri regolarmente soggiornanti, privi dei necessari mezzi economici, per il ritorno nel paese di origine o di provenienza;

b) stranieri muniti di decreto di espulsione ai sensi dell'articolo 13.

5. Per poter accedere al programma di rimpatrio volontario ed assistito lo straniero deve essere in possesso del passaporto o documento equipollente in corso di validità o collaborare fattivamente alle procedure di identificazione.

6. Lo straniero che ha usufruito del programma di rimpatrio assistito e compie un nuovo ingresso irregolare sul territorio nazionale è punito con la reclusione fino a tre anni e non può accedere ad un nuovo programma"».

39.107

CASSON, BIANCO, DE SENA, INCOSTANTE, LATORRE, CAROFIGLIO, MARITATI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, GALPERTI, ADAMO, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI

Approvato

Al comma l, sopprimere il numero 1) della lettera l).

39.109

CAROFIGLIO, BIANCO, MARITATI, DELLA MONICA, CASSON, INCOSTANTE, GALPERTI, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI, DE SENA, D'AMBROSIO, LATORRE, ADAMO, CHIURAZZI

Respinto

Al comma 1, lettera l), capoverso, sostituire il comma 5 con il seguente:

«5. La convalida comporta la permanenza nel centro per un periodo di complessivi trenta giorni. Qualora l'accertamento dell'identità e della nazionalità, ovvero l'acquisizione di documenti per il viaggio presenti difficoltà, il giudice, su richiesta del questore, può prorogare il termine di ulteriori trenta giorni. Anche prima di tale termine, il questore esegue l'espulsione o il respingimento, dando ne comunicazione senza ritardo al giudice. Decorso il suddetto termine, qualora il soggetto trattenuto non abbia fornito senza giustificato motivo elementi utili alla sua identificazione, il questore può chiedere al giudice la proroga del periodo di trattenimento nel centro per ulteriori periodi di trenta giorni. La durata complessiva della permanenza nel centro non può, in ogni caso, essere superiore a nove mesi».

39.111

CAROFIGLIO, MARITATI, BIANCO, INCOSTANTE, LATORRE, DELLA MONICA, CASSON, D'AMBROSIO, GALPERTI, ADAMO, BASTICO, CECCANTI, CHIURAZZI, PROCACCI, SANNA, VITALI, DE SENA, MARINO MAURO MARIA

Respinto

Al comma 1, lettera l), al secondo periodo del comma 5, ivi richiamato, dopo la parola: «difficoltà», inserire le seguenti: «, nonostante il diligente espletamento, da parte delle autorità competenti, delle operazioni a tal fine necessarie».

39.108

PISTORIO, OLIVA

Respinto

Al comma 1, lettera l), capoverso, nel comma 5, sostituire il quarto e quinto periodo con i seguenti: «Decorso il suddetto termine, qualora il soggetto trattenuto non abbia dichiarato le proprie generalità e il paese di cui è cittadino, oppure abbia fornito false dichiarazioni al riguardo, entro il sessantesimo giorno, il questore può chiedere al giudice il trattenimento per un periodo non superiore di altri due mesi, durante il quale al soggetto trattenuto può essere rilasciato un permesso di soggiorno lavorativo temporaneo in presenza di un regolare contratto di lavoro. Il permesso temporaneo è legato temporalmente al periodo del contratto di lavoro ed è prorogabile, senza soluzione di continuità, in presenza di nuovo contratto di lavoro o del rinnovo di quello già sottoscritto».

39.112

D'AMBROSIO, ADAMO, BIANCO, LATORRE, CAROFIGLIO, DELLA MONICA, MARITATI, CASSON, GALPERTI, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI, DE SENA, CHIURAZZI, INCOSTANTE

Respinto

Al comma 1, lettera l), capoverso, nel comma 5, al quarto periodo, sostituire le parole da: «decorso» fino a: «identificazione» con le seguenti: «Decorso il suddetto termine, qualora il soggetto trattenuto non abbia dichiarato le proprie generalità ed il paese di cui è cittadino oppure abbia fornito dichiarazioni false al riguardo».

39.110

D'AMBROSIO, ADAMO, BIANCO, LATORRE, CAROFIGLIO, DELLA MONICA, MARITATI, CASSON, GALPERTI, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI, DE SENA, CHIURAZZI, INCOSTANTE

Respinto

Al comma 1, lettera l), capoverso, nel comma 5, dopo le parole: «non può, in ogni caso, essere superiore a diciotto mesi», aggiungere, in fine, le seguenti: «Qualora risulti accertata, al termine del periodo di trattenimento, l'impossibilità di effettuare l'espulsione, allo straniero viene rilasciato un titolo di soggiorno temporaneo e rinnovabile con autorizzazione allo svolgimento dell'attività lavorativa.».

39.113

ADAMO, CAROFIGLIO, BIANCO, MARITATI, DELLA MONICA, CASSON, INCOSTANTE, GALPERTI, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI, DE SENA, D'AMBROSIO, LATORRE, CHIURAZZI

Respinto

Al comma 1, lettera l), capoverso, all'ultimo periodo del comma 5, sostituire la parola: «diciotto» con la seguente: «nove».

39.114

ADAMO, MARITATI, BIANCO, CASSON, INCOSTANTE, BASTICO, CECCANTI, DE SENA, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI, LATORRE, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, GALPERTI

Respinto

Al comma 1, lettera l), capoverso, al comma 5 aggiungere, in fine, il seguente periodo: «In ogni caso, quando risulta, anche prima del decorso del termine di cui al periodo precedente, che non esiste più alcuna prospettiva ragionevole di esecuzione dell'espulsione, anche per l'impossibilità di accertare l'identità o la nazionalità dello straniero, ovvero per l'impossibilità di acquisire i documenti per il viaggio, la persona interessata è immediatamente liberata».

39.115

BIANCO, CASSON, DE SENA, INCOSTANTE, LATORRE, CAROFIGLIO, MARITATI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, GALPERTI, ADAMO, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI

Respinto

Al comma 1, sopprimere la lettera m).

39.600

IL GOVERNO

Approvato

Al comma 1, dopo la lettera m) è inserita la seguente:

«m-bis) all'articolo 22, dopo il comma 11 è inserito il seguente:

"11-bis. Lo straniero che ha conseguito in Italia il dottorato o il master universitario di secondo livello, alla scadenza del permesso di soggiorno per motivi di studio, può essere iscritto nell'elenco anagrafico previsto dall'articolo 4 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 7 luglio 2000, n. 442, per un periodo non superiore a dodici mesi, ovvero, in presenza dei requisiti previsti dal presente testo unico, può chiedere la conversione in permesso di soggiorno per motivi di lavoro"».

39.116

BIANCO, CASSON, DE SENA, INCOSTANTE, LATORRE, CAROFIGLIO, MARITATI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, GALPERTI, ADAMO, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI

Approvato

Al comma 1, sopprimere la lettera n).

39.601/1

CASSON, MARITATI, LATORRE, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, GALPERTI

V. testo 2

All'emendamento 39.601, al capoverso «1-ter», al primo periodo, sostituire le parole: «comma 1, lettere a) e c)», con le seguenti: «comma 1, lettere a), c), g), q)».

39.601/1 (testo 2)

CASSON, MARITATI, LATORRE, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, GALPERTI

Approvato

All'emendamento 39.601, al capoverso «1-ter», al primo periodo, sostituire le parole: «comma 1, lettere a) e c)», con le seguenti: «comma 1, lettere a), c), g)».

39.601

IL GOVERNO

Approvato nel testo emendato

Al comma 1, dopo la lettera n), è inserita la seguente:

«n-bis) all'articolo 27, dopo il comma 1-bis, sono inseriti i seguenti:

"1-ter. Il nulla osta al lavoro per gli stranieri indicati al comma 1, lettere a) e c) è sostituito da una comunicazione da parte del datore di lavoro della proposta di contratto di soggiorno per lavoro subordinato, previsto dall'articolo 5-bis. La comunicazione è presentata con modalità informatiche allo sportello unico per l'immigrazione della prefettura-ufficio territoriale del Governo. Lo sportello unico trasmette la comunicazione al questore per la verifica della insussistenza di motivi ostativi all'ingresso dello straniero ai sensi dell'art. 31, comma 1, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n.394, e, ove nulla osti da parte del questore, la invia, con le medesime modalità informatiche, alla rappresentanza diplomatica o consolare per il rilascio del visto di ingresso. Entro otto giorni dall'ingresso in Italia lo straniero si reca presso lo sportello unico per l'immigrazione, unitamente al datore di lavoro, per la sottoscrizione del contratto di soggiorno e per la richiesta del permesso di soggiorno.

1-quater. Le disposizioni di cui al comma 1-ter si applicano ai datori di lavoro che hanno sottoscritto con il Ministero dell'interno, sentito il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, un apposito protocollo di intesa, con cui i medesimi datori di lavoro garantiscono la capacità economica richiesta e l'osservanza delle prescrizioni del contratto collettivo di lavoro di categoria"».

Conseguentemente dopo il comma 1, è aggiunto il seguente:

«1-bis. Dall'attuazione delle disposizioni di cui alla lettera n-bis) del comma 1, non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato. Le Amministrazioni interessate provvedono alle attività ivi previste con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente».

39.302

BRICOLO, MAURO, BODEGA, MAZZATORTA, VALLARDI

Ritirato e trasformato nell'odg G39.302

Alla lettera o), sostituire le parole: «è inserito il seguente» con le seguenti: «sono inseriti i seguenti».

Conseguentemente, è aggiunto, in fine, il seguente periodo:

«1-quater. Ai fini del ricongiungimenti dei familiari di cui alla lettera a) del comma 1, è ritenuto valido il matrimonio contratto all'estero a condizione che sia conforme ai princìpi della normativa italiana sull'attestazione della validità del vincolo».

39.801

IL GOVERNO

Al comma 1, alla lettera o), capoverso 1-ter, le parole: «nel territorio nazionale che abbia altro coniuge» sono sostituite dalle seguenti: «con altro coniuge nel territorio nazionale».

39.117

BIANCO, CASSON, DE SENA, INCOSTANTE, LATORRE, CAROFIGLIO, MARITATI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, GALPERTI, ADAMO, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI

Al comma 1, sopprimere la lettera q).

39.118

DELLA MONICA, BIANCO, CASSON, DE SENA, INCOSTANTE, LATORRE, CAROFIGLIO, MARITATI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, ADAMO, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI

Al comma 1, sopprimere la lettera r).

39.352

PORETTI, PERDUCA, BONINO

Al comma, sopprimere la lettera r).

39.303

SERAFINI ANNA MARIA, DELLA MONICA, CASSON, BIANCO, INCOSTANTE, DE SENA, LATORRE, CAROFIGLIO, MARITATI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, ADAMO, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI

Sopprimere la lettera s).

39.304

SERAFINI ANNA MARIA, DELLA MONICA, CASSON, BIANCO, INCOSTANTE, DE SENA, LATORRE, CAROFIGLIO, MARITATI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, ADAMO, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI

Al comma 1, la lettera s) è sostituita dalla seguente:

«s)al comma 1 dell'articolo 32, dopo le parole: «dell'articolo 2 della legge 4 maggio 1983, n.184», sono inserite le seguenti: «,ovvero sottoposti a tutela».

39.305

BRICOLO, RIZZI, MAURO, BODEGA, MAZZATORTA, VALLARDI

All'articolo 39, dopo la lettera s), inserire la seguente:

«s-bis) all'articolo 35, il comma 4 è sostituito dal seguente:

"Le prestazioni di cui al comma 3 sono erogate previo pagamento della relativa tariffa ovvero delle quote di compartecipazione alla spesa a parità con i cittadini italiani qualora i richiedenti risultino privi di risorse economiche. Nel caso in cui la prestazione da erogare sia classificata urgente e non differibile, il pagamento della tariffa o della quota di compartecipazione è posticipato. In caso di rifiuto del richiedente alla corresponsione di quanto dovuto ai sensi del presente comma, le strutture sanitarie ne trasmettono segnalazione all'autorità competente"».

39.306

BRICOLO, RIZZI, MAURO, BODEGA, MAZZATORTA, VALLARDI

Dopo la lettera s), inserire la seguente:

«s-bis)all'articolo 35, il comma 5 dell'articolo è soppresso».

ORDINI DEL GIORNO

G39.100

PARDI, LI GOTTI, BELISARIO, GIAMBRONE, CARLINO, ASTORE, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA, RUSSO

Il Senato, in sede di esame dell'AS 733

impegna il Governo:

a predisporre, in sede di attuazione di quanto previsto dalla disposizione di cui all'articolo 39 del disegno di legge in esame e dalle altre norme che regolano le procedure di asilo, le necessarie misure affInché i richiedenti asilo che ne abbiano diritto non possano essere destinatari di provvedimento di respingimento o di espulsione prima di essere stati posti in condizione di presentare, secondo la normativa vigente, domanda di protezione internazionale, assicurando tutte le informazioni ed i servizi di interpretariato a tal fine necessari;

ad assicurare e favorire l'accesso nei centri alle associazioni umanitarie e di soccorso sanitario, anche internazionali;

ad assicurare l'apprestamento di idonee risorse, in termini di personale specializzato e di funzionalità delle strutture, al fIne di garantire l'adeguata assistenza sanitaria alle persone trattenute nei centri di assistenza ed identificazione.

G39.300 (già em. 39.300)

GERMONTANI

Non posto in votazione (*)

Il Senato,

in sede di esame del disegno di legge n. 733,

impegna il Governo ad affrontare e risolvere le problematiche di cui all'emendamento 39.300.

________________

(*) Accolto dal Governo

G39.302 (già em. 39.302)

BRICOLO, MAURO, BODEGA, MAZZATORTA, VALLARDI

Non posto in votazione (*)

Il Senato della Repubblica,

premesso che:

la legislazione italiana subordina l'esercizio del diritto al ricongiungimento familiare all'accertamento dell'autenticità, da parte dell'autorità consolare italiana, della documentazione comprovante i presupposti di parentela;

la disciplina civilistica in vigore in alcuni paesi stranieri riconosce la possibilità di contrarre matrimonio con requisiti formali in parte diversi da quelli richiesti dal nostro ordinamento;

considerato che l'attestazione dei requisiti formali di validità del vincolo matrimoniale contratto all'estero è importante ai fini del ricongiungimento familiare del coniuge,

impegna il Governo, ai fini del ricongiungimento familiare, a vigilare sulla validità del matrimonio contratto all'estero, facendo sì che si avvicini ai principi della normativa italiana sull'attestazione della validità del vincolo.

________________

(*) Accolto dal Governo

EMENDAMENTO TENDENTE AD INSERIRE UN ARTICOLO AGGIUNTIVO DOPO L'ARTICOLO 39

39.0.100

DELLA MONICA, INCOSTANTE, BIANCO, CAROFIGLIO, LATORRE, MARITATI, CASSON, GALPERTI, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI, DE SENA, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, ADAMO

Dopo l'articolo 39, inserire il seguente:

«Art. 39-bis.

(Disciplina del grave sfruttamento del lavoro)

1. Dopo l'articolo 603 del codice penale sono inseriti i seguenti:

"603-bis. - (Grave sfruttamento del lavoro). - Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque induce tal uno, mediante violenza, minaccia o intimidazione ovvero approfittamento di una situazione di inferiorità o di necessità, a prestare attività lavorativa caratterizzata da grave sfruttamento, connesso a violazioni di norme contrattuali o di legge ovvero a un trattamento personale degradante, è punito con la reclusione da uno a quattro anni e con la multa da 1.000 a 2.000 euro per ogni lavoratore.

Ai fini del primo comma, costituiscono indici di grave sfruttamento:

a) la sistematica retribuzione dei lavoratori in modo palesemente difforme dai contratti collettivi nazionali e comunque sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato, la grave, sistematica violazione della normativa relativa all'orario di lavoro, al riposo settimanale, all'aspettativa obbligatoria, alle ferie;

b) la sussistenza di gravi o reiterate violazioni della normativa in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro, tale da esporre il lavoratore a pericolo per la salute, la sicurezza o l'incolumità personale;

c) la sottoposizione del lavoratore a condizioni di lavoro, metodi di sorveglianza, o a situazioni alloggiative particolarmente degradanti.

La pena per il fatto di cui al primo comma è della reclusione da due a sei anni e della multa da 1.500 a 3.000 euro per ogni lavoratore se tra le persone soggette a grave sfruttamento vi sono minori in età non lavorative o cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea o apolidi irregolarmente soggiornanti nel territorio dello Stato, in numero superiore a quattro".

"603-ter. - (Pene accessorie). - La condanna per i delitti di cui agli articoli 600, limitatamente ai casi in cui lo sfruttamento ha ad oggetto prestazioni lavorative, e 603-bis, importa l'interdizione dagli uffici diretti vi delle persone giuridiche o delle imprese, nonché il divieto di concludere contratti di appalto, di cottimo fiduciario, di forni tura di opere, beni o servizi riguardanti la pubblica amministrazione, e relativi subcontratti.

La condanna per i delitti di cui al primo comma importa altresì, quando il fatto è commesso da soggetto recidivo ai sensi dell'articolo 99, secondo comma, numeri 1) e 3), l'esclusione per un periodo di cinque anni da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi da parte dello Stato o di altri enti pubblici, anche dell'Unione europea, relativi al settore di attività in cui ha avuto luogo lo sfruttamento".

2. All'articolo 22 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modifiche:

a) il comma 12 è sostituito dal seguente:

"12. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, il dato re di lavoro che occupa alle proprie dipendenze lavoratori stranieri irregolarmente soggiornanti è punito con l'arresto da tre mesi ad un anno, nonché con l'ammenda di 5.000 euro per ogni lavoratore impiegato. Al datore di lavoro domestico non organizzato in forma di impresa, nei casi di cui al primo periodo, si applica la sola ammenda da 3.000 a 5.000 euro, qualora siano impiegati contestualmente non più di due lavoratori";

b) dopo il comma 12 è inserito il seguente:

12-bis). Salvo che il fatto costituisca più grave reato, il datore di lavoro che occupa alle proprie dipendenze lavoratori stranieri irregolarmente soggiornanti, usufruendo dell'intermediazione non autorizzata di cui agli articoli 4, lettera c) e 18, comma 1, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa di 7.000 euro per ogni lavoratore impiegato".

3. La condanna per il delitto di cui all'articolo 22, comma 12-bis), del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, comporta le pene accessorie di cui all'articolo 603-bis, commi quarto e quinto, del codice penale.

4. All'articolo 25-septies, comma 3, del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, e successive modificazioni, al primo periodo, dopo le parole: "sicurezza sul lavoro", sono inserite le seguenti: ", nonché al delitto di cui all'articolo 603-bis del medesimo codice" e, al secondo periodo, le parole: "condanna per il delitto" sono sostituite dalle seguenti: "condanna per i delitti".

5. All'articolo 18, comma 1, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n.286, e successive modificazioni, dopo le parole: "legge 20 febbraio 1958, n.75," sono inserite le seguenti: "603-bis, terzo comma, del codice penale".

6. All'onere derivante dall'attuazione del comma 5, valutato nel limite massimo di 5 milioni di euro a decorrere dall'anno 2008, si provvede mediante corrispondente riduzione in maniera lineare, degli stanziamenti di parte corrente relativi alle autorizzazioni di spesa come determinate dalla tabella C della legge 24 dicembre 2007, n. 244, per l'anno 2008. Il Ministro dell'economia è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.».

 


 

Senato della Repubblica

XVI LEGISLATURA

 

Assemblea

 

 

 

 

RESOCONTO SOMMARIO

RESOCONTO STENOGRAFICO

ALLEGATI

 

 

 

ASSEMBLEA

 

144a seduta pubblica (pomeridiana):

 

 

giovedì5 febbraio 2009

 

Presidenza della vice presidente BONINO

 

 


Seguito della discussione e approvazione, con modificazioni, del disegno di legge:

(733) Disposizioni in materia di sicurezza pubblica (ore 9,39)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge n. 733.

Riprendiamo l'esame degli articoli, nel testo proposto dalle Commissioni riunite.

Ricordo che nella seduta pomeridiana di ieri ha avuto inizio la votazione degli emendamenti riferiti all'articolo 39 fino all'emendamento 39.302, che è stato trasformato ed accolto come ordine del giorno.

Come anticipato nella seduta pomeridiana di ieri, la Presidenza ha armonizzato i tempi al fine di consentire l'inizio delle dichiarazioni di voto, in diretta televisiva, a partire dalle ore 12. Pertanto, in attesa del decorso dei venti minuti prescritto dal Regolamento, passiamo all'illustrazione degli emendamenti presentati ai successivi articoli e non alle votazioni a partire dall'emendamento 39.801.

Passiamo dunque all'esame dell'articolo 40, sul quale sono stati presentati emendamenti e un ordine del giorno, che si intendono tutti illustrati.

Procediamo quindi all'esame dell'articolo 41, sul quale sono stati presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.

CASSON (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CASSON (PD). Signor Presidente, intendo intervenire sull'ordine dei lavori.

Siccome stiamo completando l'esame dell'articolo 39, che è particolarmente delicato ed importante, procedere con l'esame dei successivi articoli mi sembra...

 

PRESIDENTE. Mi scusi, senatore Casson.

 

CASSON (PD). Possiamo chiedere la votazione sui precedenti emendamenti?

PRESIDENTE. Senatore Casson, probabilmente lei non ha inteso quello che ho detto: cerchiamo di ascoltare le comunicazioni della Presidenza.

Per poter arrivare alle dichiarazioni di voto finale, in diretta televisiva, alle ore 12, la Conferenza dei Capigruppo, per utilizzare i 20 minuti di preavviso previsto dal nostro Regolamento - perché in presenza di richieste di voto elettronico avremmo dovuto sospendere la seduta per 20 minuti - ha deciso di procedere con l'illustrazione degli emendamenti riferiti ai successivi articoli e con i relativi pareri del relatore e del rappresentante del Governo. Anzi, ho commesso un errore, quindi tornerò all'esame degli emendamenti presentati all'articolo 40.

Una volta trascorsi i 20 minuti, riprenderemo l'esame degli emendamenti all'articolo 39 ed è ovvio che procederemo al voto degli emendamenti e degli articoli.

Invito dunque il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti e sull'ordine del giorno presentati all'articolo 40.

BERSELLI, relatore. La ringrazio, signor Presidente, le stavo appunto chiedendo di poter esprimere il parere.

 

PRESIDENTE. Per la fretta stavo procedendo oltre.

 

BERSELLI, relatore. Esprimo parere favorevole all'emendamento 40.800 e contrario agli emendamenti 40.100 e 40.101.

 

PRESIDENTE. La prego di esprimere il parere anche sull'ordine del giorno G40.100.

CASSON (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CASSON (PD). Signor Presidente, mi scuso per il mio fraintendimento. Per quanto riguarda l'emendamento 39.0.100, che è particolarmente delicato e sul quale poi svolgerà una dichiarazione di voto la senatrice Della Monica, vorrei illustrarlo perché riguarda i casi di grave sfruttamento del lavoro. Dico che è particolarmente delicato perché in una materia come questa...

 

PRESIDENTE. Senatore Casson,quale emendamento vuole illustrare?

 

CASSON (PD). Vorrei illustrare l'emendamento 39.0.100, tendente ad inserire un articolo aggiuntivo dopo l'articolo 39. Ho chiesto scusa perché non avevo capito che eravamo passati oltre. Chiedo, comunque, di poterlo rapidamente illustrare.

BERSELLI, relatore. Signor Presidente, io avevo capito che il senatore Casson dovesse illustrare l'ordine del giorno G40.100, su cui il rappresentante del Governo ed io dobbiamo ancora esprimere il parere.

PRESIDENTE. Senatore Casson, la fase dell'illustrazione degli emendamenti presentati all'articolo 39 è ormai conclusa. Eravamo già alla fase del voto, che però abbiamo rinviato. Lei potrà svolgere su quell'emendamento, tra breve, una dichiarazione di voto.

CASSON (PD). D'accordo, signor Presidente. Voglio segnalare soltanto il fatto che riguarda i casi di grave sfruttamento del lavoro.

 

PRESIDENTE. Invito dunque il relatore a pronunziarsi sull'ordine del giorno G40.100.

BERSELLI, relatore. Signor Presidente, sull'ordine del giorno G40.100 mi rimetto al Governo.

 

PRESIDENTE. Invito il rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti e sull'ordine del giorno in esame.

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, il Governo esprime parere conforme a quello del relatore sugli emendamenti presentati all'articolo 40 ed accoglie l'ordine del giorno G40.100.

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 41, sul quale sono stati presentati emendamenti che si intendono illustrati e su cui invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi.

BERSELLI, relatore. Signor Presidente, devo ancora esprimere il parere sull'emendamento 40.0.100, tendente ad inserire un articolo aggiuntivo dopo l'articolo 40. Su tale proposta emendativa esprimo parere contrario.

Esprimo altresì parere contrario sugli emendamenti 41.100, 41.101 e 41.102 e favorevole sugli emendamenti 41.400 e 41.800.

Per quanto riguarda gli emendamenti 41.300 e 41.0.300, mi rimetto al parere del Governo.

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, esprimo parere conforme a quello del relatore sull'emendamento 40.0.100 e sugli emendamenti 41.100, 41.101, 41.102, 41.400 e 41.800. Invito i presentatori a ritirare gli emendamenti 41.300 e 41.0.300 e a trasformarli in ordini del giorno (i testi sono stati di massima concordati con i proponenti gli emendamenti).

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'ordine del giorno G43.100, che si intende illustrato e sul quale invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi.

BERSELLI, relatore. Sull'ordine del giorno G43.100 mi rimetto al Governo.

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Il Governo esprime parere contrario sull'ordine del giorno G43.100.

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 44, su cui sono stati presentati emendamenti che si intendono illustrati e su cui invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi.

BERSELLI, relatore. Esprimo parere contrario sugli emendamenti 44.100, 44.101 e 44.102. Sull'emendamento 44.300 ci rimettiamo al Governo, che proporrà una riformulazione. Esprimo invece parere favorevole sugli emendamenti 44.500 e 44.800.

Anticipo il mio parere contrario sull'emendamento 45.100.

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Esprimo parere conforme a quello del relatore. Sull'emendamento 44.300 c'è una proposta di riformulazione che i proponenti hanno già esaminato e il cui testo metto a disposizione.

Presidenza del presidente SCHIFANI(ore 9,49)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 45, sul quale è stato presentato un emendamento, su cui il relatore e il rappresentante del Governo hanno espresso il loro parere, e un ordine del giorno, che si intende illustrato.

Passiamo quindi all'esame dell'articolo 46, sul quale sono stati presentati emendamenti, che invito i presentatori ad illustrare.

LI GOTTI (IdV). Signor Presidente, l'emendamento soppressivo proposto... (Brusìo).

 

PRESIDENTE. Colleghi, stiamo lavorando. Il senatore Li Gotti ha iniziato ad illustrare l'emendamento 46.100. Tra cinque minuti inizieremo a votare. Pregherei i colleghi di fare silenzio, altrimenti sospendo la seduta.

 

LI GOTTI (IdV). Si tratta di un emendamento soppressivo dell'articolo 46. Questo articolo, proposto dalla Commissione, introduce nel nostro ordinamento una norma di particolare delicatezza, che prevede che gli enti locali possano avvalersi di associazioni di volontari ai fini della segnalazione di reati e di fatti che possono arrecare danno alla sicurezza urbana. Fin qui si tratta di una norma inutile, in quanto la possibilità per i cittadini di denunziare reati e segnalare danni per la sicurezza urbana è già prevista dal nostro ordinamento. L'aspetto estremamente significativo, sul quale invito alla riflessione, è contenuto nell'ultimo inciso, laddove si dice che le associazioni di volontari possono cooperare nello svolgimento dell'attività di presidio del territorio. Quest'ultima è un'attività di ordine pubblico, non di denuncia di un fatto ma di controllo del territorio; una funzione tipicamente affidata dallo Stato alle forze di polizia. (Brusìo).

Le associazionivolontarie, peraltro non sono ben definite e regolamentate, e il loro ruolo non viene previsto attraverso una disciplina che riguardi anche i requisiti e le modalità di iscrizione nelle associazioni volontarie stesse. (Brusìo).

 

PRESIDENTE. Colleghi, se non termina questo brusìo sospendo la seduta. Senatore Li Gotti, le chiedo scusa a nome dell'Assemblea.

 

LI GOTTI (IdV). Peraltro, prevedere una forma di svolgimento dell'attività di presidio del territorio significa, inevitabilmente, consentire alle associazioni volontarie - ovvero a questo qualcosa di non meglio definito - di esercitare, anche a fini difensivi, alcune forme di coazione nei confronti di criminali che possono agire sul territorio. Ebbene, se i Comuni, o meglio gli enti locali, possono avvalersi, per il presidio del territorio, del contributo fornito dalle associazioni volontarie, è inevitabile pensare che non si possa rifiutare che i componenti delle stesse possano fare ricorso, sia pure a scopo difensivo o dissuasivo, alle armi.

E allora mi chiedo se lo Stato possa delegare una funzione primaria, quale è la gestione dell'ordine pubblico, alle associazione volontarie. Rendiamoci conto di ciò che stiamo introducendo nel nostro ordinamento. Noi vogliamo che l'ordine pubblico venga gestito e tutelato da chi è preposto a farlo e non da associazioni volontarie non ben definite. Siamo un Paese di grandi tradizioni democratiche, crediamo nelle nostre forze dell'ordine e desideriamo il loro potenziamento, ma non possiamo ricorrere a queste forme di surroga attraverso i volontari. (Brusìo).

 

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, sto per sospendere la seduta.

 

LI GOTTI (IdV). Invito pertanto l'Assemblea a riflettere sulla grande delicatezza di ciò che viene proposto e sottoposto al voto affinché si recuperino il senso dello Stato e la dignità delle nostre forze di polizia, che devono essere messe in grado di tutelare i cittadini senza dover ricorrere ad alleati sul territorio che dovrebbero svolgere gli stessi compiti in maniera non regolamentata e in forma incontrollata, quindi rischiosa per gli stessi volontari.

Ecco perché insisto per un sussulto di ragionevolezza e chiedo un voto favorevole sul nostro emendamento soppressivo dell'articolo 46.

ADAMO (PD). Signor Presidente, nel mio breve intervento intendo ribadire che siamo assolutamente favorevoli a tutte quelle forme di partecipazione democratica che hanno a che vedere con il riappropriarsi del territorio da parte dei cittadini. Da questo punto di vista vantiamo ottime esperienze in quei patti per la sicurezza organizzati insieme da sindaci, volontariato, forze dell'ordine, direzioni scolastiche e così via, cioè tutto quello che aiuta a far sentire la comunità padrona del proprio territorio.

Ciò che, invece, ci preoccupa vivamente è il fatto di delegare funzioni proprie delle forze dell'ordine ad altri. (Brusìo).

Signor Presidente, io parlo solo per mezzo minuto, ma vorrei che in questo mezzo minuto il relatore o il Sottosegretario mi ascoltassero.

PRESIDENTE. Senatrice Adamo, le chiedo scusa.

Colleghi, questa mattina non si può lavorare. Mi state costringendo a sospendere la seduta. (Brusìo).

Sospendo la seduta per cinque minuti.

 

(La seduta, sospesa alle ore 9,58 è ripresa alle ore 10,04).

 

Riprendiamo i nostri lavori.

Onorevoli colleghi, la Presidenza non intende proseguire i lavori d'Aula se non ci sarà silenzio ed è molto amareggiata per aver dovuto interrompere la seduta a causa del brusìo eccessivo che non consentiva ad una collega di intervenire liberamente, serenamente e correttamente.

Inoltre, è sacrosanto diritto di ogni parlamentare quello di poter ascoltare gli interventi dei senatori. Questa possibilità viene impedita da colleghi che si occupano di altro. Chi non è interessato ai lavori è pregato di non sostare in Aula e di non avvicinarsi ai banchi del Governo.

Ricordo all'Assemblea che vi è un impegno dei Capigruppo a finire i lavori entro le ore 12, in tempo per la prevista diretta televisiva, ma continuando così ho forti perplessità sulla possibilità di poter mantenere tale impegno. (Commenti del senatore Astore).

Prego, senatrice Adamo, può proseguire il suo intervento.

ADAMO (PD). Signor Presidente, non riprendo le considerazioni già svolte prima. Stavo dicendo che siamo favorevoli a tutte le forme di partecipazione popolare e democratica delle comunità alla gestione dei problemi del proprio territorio, mentre invece abbiamo forti perplessità sull'introduzione di quelle che in gergo vengono chiamate le ronde, novità che ci preoccupa fortemente.

A questo proposito, prima ho richiamato l'attenzione del Sottosegretario perché sono in attesa della risposta ad un'interrogazione su un bando del Comune di Milano in questo senso. Volevo sapere, infatti, se il Comune, senza una legge di sostegno, potesse devolvere le proprie funzioni, in questo caso quelle della polizia municipale, ad associazioni private. Nell'interrogazione si segnala anche il fatto che il bando non conteneva criteri particolari e che, casualmente, avevano vinto due associazioni. Il presidente della prima associazione era un membro di Forza Nuova mentre l'altra è un'associazione di ex poliziotti il cui presidente è uno stimatissimo collega, esponente del Popolo della Libertà in Consiglio comunale, peraltro poliziotto ancora servizio.

Queste commistioni e queste confusioni ci preoccupano sia dal punto di vista dei ruoli che della garanzia della terzietà di chi compie queste azioni.

DE SENA (PD). Signor Presidente, intendo illustrare l'emendamento 46.101, identico all'emendamento 46.100, presentato dal senatore Li Gotti e da altri senatori. Condivido assolutamente la sottolineatura che la questione è di particolare complessità e delicatezza in quanto già il comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica è interprete delle esigenze, anche su istanza di tutti i cittadini, convocando all'uopo gli amministratori locali interessati. Su queste istanze, in modo sempre condiviso e tecnicamente ineccepibile, in sede di riunione di coordinamento delle forze di polizia, il comitato ha sempre disposto il riorientamento del piano coordinato di controllo del territorio proprio per adempiere alle istanze di sicurezza presentate dai cittadini. Il piano infatti ha una caratteristica particolare che è quella della flessibilità, che offre quindi la pratica attuazione di misure correttive a fronte di fenomeni di criminalità diffusa.

Inoltre, per me è arduo condividere lo spirito di tale innovazione sulla base di queste brevi considerazioni. Non si apprezza la caratteristica del "previo parere" che non solo dovrebbe essere obbligatorio ma anche vincolante. La stessa cooperazione attiva nell'ambito del presidio del territorio potrebbe condurre a valutazioni emotive o quantomeno non obiettive su episodi che si dovessero verificare nel corso dell'attività di cooperazione prevista. Conseguenzialmente si rileva il rischio per l'incolumità personale degli stessi membri di queste associazioni di volontari specialmente in contesti territoriali a notevole tasso di criminalità organizzata; rischio ancor più evidente se gli stessi partecipanti sono armati, seppure legittimamente.

In tale ultima direzione va l'emendamento 46.103 che è stato illustrato dalla collega Adamo, il quale, qualora non condiviso l'emendamento 46.101, è auspicabile possa essere accettato dal relatore e dal Governo in base ad una valutazione esperienziale che esige l'abbattimento delle esasperazioni e la coerenza della risposta alle legittime istanze della popolazione.

Pertanto ritengo che la norma sia assolutamente superflua e peraltro molto pericolosa. (Applausi dal Gruppo PD e dei senatori Li Gotti e Pardi).

PRESIDENTE. Ricordo che sull'emendamento 45.100 il relatore e il Governo hanno espresso parere contrario.

Invito il rappresentante del Governo a pronunziarsi sull'ordine del giorno G45.100.

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, il parere del Governo è favorevole con una precisazione. Alla lettera c) della premessa, ai punti 2) e 3), le dizioni "illeciti amministrativi" e "illeciti tributari" dovrebbero essere precedute entrambe dalla parola "gravi", quindi tali punti reciterebbero: «2) gravi illeciti amministrativi» e «3) gravi illeciti tributari». In questi termini il Governo accoglie l'ordine del giorno in esame.

 

PRESIDENTE. Senatore Mazzatorta, accetta la modifica proposta?

MAZZATORTA (LNP). Sì, signor Presidente.

Faccio inoltre presente che ritiriamo l'emendamento 41.300, il cui contenuto viene inserito nel dispositivo dell'ordine del giorno G45.100 (testo 2).

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 47, su cui è stato presentato un emendamento che si intende illustrato.

Invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti presentati agli articoli 46 e 47.

VIZZINI, relatore. Signor Presidente, esprimo parere contrario sugli emendamenti 46.100, 46.101 e 46.102 e parere favorevole sugli emendamenti 46.103 e 46.500.

Infine, il mio parere è contrario sull'emendamento 47.101.

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, esprimo parere conforme a quello del relatore.

PRESIDENTE. Riprendiamo la votazione degli articoli e degli emendamenti precedentemente illustrati, su cui il relatore ed il rappresentante del Governo hanno già espresso il parere.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 39.801.

 

INCOSTANTE (PD). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 39.801, presentato dal Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 39.117.

 

CASSON (PD). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Casson, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 39.117, presentato dal senatore Bianco a da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Sull'emendamento 39.118, identico all'emendamento 39.352, chiedo ai proponenti se accolgono l'invito al ritiro.

 

DELLA MONICA (PD). Signor Presidente, non posso accogliere tale invito.

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 39.118, identico all'emendamento 39.352.

INCOSTANTE (PD). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 39.118, presentato dalla senatrice Della Monica e da altri senatori, identico all'emendamento 39.352, presentato dalla senatrice Poretti e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 39.303.

SERAFINI Anna Maria (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

SERAFINI Anna Maria (PD). Signor Presidente, colleghi, abbiamo necessità assoluta di intervenire in modo organico sul tema della tutela dei minori stranieri e in particolare su quelli non accompagnati, con genitori irregolari e vittime di tratta e sfruttamento. Noi non sottovalutiamo il problema. I dati recenti sottolineano che l'87 per cento dei minori che sbarcano sono non accompagnati.

Il ministro Maroni in questi giorni ha affermato che nel 2008, secondo i dati del Viminale, su 1.320 minori approdati a Lampedusa, circa 400 sono spariti senza lasciare traccia. Egli sostiene, per quanto riguarda la situazione dei bambini migranti, che vi è evidenza di traffici di organi di minori sul territorio. La collega Sbarbati ha presentato un'interrogazione per chiedere al Ministro di venire in Aula a riferire al riguardo.

La questione fondamentale però - e vorrei richiamare le colleghe e i colleghi in tal senso - è che non si può mettere in contraddizione la sicurezza del Paese con quella dei diritti dei bambini; anzi, solo tenendole insieme si può fare in modo che la loro tutela sia anche uno strumento contro l'immigrazione clandestina. I bambini non possono essere considerati irregolari quanto piuttosto solo bambini invisibili.

È bene non guardare a responsabilità del passato ma cerchiamo di condividere il problema. Manca un piano di azione nazionale sull'infanzia, mancano i fondi e un piano nazionale, con normative certe e procedure standardizzate, per accertare l'età e fare una distinzione tra prima e seconda accoglienza, per verificare i criteri di comunità dell'alloggio e i diritti e i doveri dei bambini.

Il comitato stranieri non ha alcuna possibilità. La Commissione bicamerale per l'infanzia ha lavorato in questi mesi; noi siamo pronti per una mozione unitaria (Camera e Senato) perché ci sia una normativa organica per tutti i bambini stranieri, che ricomprenda le competenze, sostenga le Regioni e gli enti locali, preveda procedure e atti amministrativi chiari e si avvalga dei fondi europei.

Anche l'assessore per la famiglia della Regione Sicilia ha dichiarato che loro non ce la fanno più, sia dal punto vista economico che in termini di certezza.

La nostra via maestra deve essere quella di dare più sicurezza ai bambini per rendere più sicuro il Paese, altrimenti rimarranno contraddizioni infinite.

I nostri emendamenti entrano nel merito di violazioni gravi della normativa europea, internazionale ed italiana. Basta ricordare com'è andata a finire con la questione delle impronte digitali, cioè con la risoluzione dell'Unione europea secondo cui le impronte digitali non devono essere prese ai minori di dodici anni.

La mia dichiarazione di voto attiene anche all'emendamento riferito all'articolo 47 e a quelli presentati all'articolo 12, precedentemente accantonati, in materia sanitaria.

L'emendamento 39.303 fa riferimento ad una disparità certa di trattamento tra minori stranieri. Infatti, se non si rilascia il permesso di soggiorno ai minori stranieri che compiono diciotto anni, anche se iscritti a scuola o con un contratto di lavoro regolare, solo perché dopo i quindici anni, anche se affidati o sottoposti a tutela, non possono dimostrare un progetto di integrazione di almeno due anni, non soltanto si violano delle regole ma soprattutto, se si espellono a diciotto anni, si consegue una maggiore clandestinità e aumenterà il loro sfruttamento in attività illegali.

Quindi, non avremo una riduzione di minori non accompagnati ma, semmai un abbassamento dell'età media dei nuovi arrivi.

La seconda questione riguarda l'articolo 47, relativo al rimpatrio assistito dei minori comunitari, ragazzi e ragazze, coinvolti nella prostituzione.

Dobbiamo avere chiara la finalità del rimpatrio: esso è a tutela del minore per ricongiungerlo in luogo protetto alla sua famiglia. Questa norma è una violazione grave alle norme comunitarie: perché solo i minori comunitari? E perché solo un rientro assistito per coloro che sono coinvolti nella prostituzione e che sono vittime e non, ad esempio, per i minori coinvolti in attività di reato? Nel caso in cui non ci siano gravi violazioni dell'ordine pubblico, un minore che viene rimpatriato viola tutte le regole comunitarie sulla libera circolazione. Dei cittadini italiani, anche in assenza di ragioni di ordine pubblico e pericolosità sociale, non è possibile decretare l'espulsione: perché allora ciò vale per i cittadini comunitari?

Se non teniamo presente la finalità del rimpatrio, quale ricongiungimento e maggiore tutela, non avremo un criterio prioritario del rientro, quale è proprio il ricongiungimento del nucleo familiare. Colleghe e colleghi, parliamo di tratta di organi, ma non abbiamo norme che prevedano le modalità del rimpatrio, i criteri di esecuzione, norme che tengano conto della situazione del minore in Italia e della famiglia in cui dovrebbero i minori entrare e per cui è previsto il rimpatrio. Cosa succede? Se, per esempio, una famiglia è minacciata dal racket della prostituzione, essa va sostenuta; oppure, se il minore deve andare presso una famiglia che lo ha consegnato ad organizzazioni criminali, dobbiamo verificarlo. Su queste norme occorre avere delle certezze a tutela dei minori.

Così come non c'è nessun piano sulla identificazione e presa in carico dei minori. Chi identifica e come? Chi prende in carico il minore? Come, quando e fino a quando? E le risorse? Chi le ha? C'è un fondo? Gli enti locali secondo quale logica devono intervenire sia sui fondi sia sui criteri per cui i minori rimangono nella comunità? E se i minori se ne vanno, chi li trattiene? Quale processo di integrazione c'è?

Se noi siamo preoccupati che i minori possano cadere nella rete del traffico di organi o dello sfruttamento, dobbiamo avere chiaro quando il minore entra, accertarne l'età, dove va, stabilire come consentiamo a questo minore di andare magari in affidamento (eventualmente con la riforma dell'affidamento, come abbiamo previsto nella mozione). Dobbiamo sapere, da quando entra a quando ha diciotto anni, cosa fa questo minore. Questo è il punto principale.

Sulla salute, infine, l'emendamento è accantonato, ma saremmo disponibili anche ad uno stralcio di questo emendamento e a non votarlo perché, come si è detto, un minore non è mai irregolare per legge. Il decreto legislativo n. 286 del 1998 dice che il minore ha diritto alla migliore salute possibile, ma poi, anche per colpa nostra, certamente, non è intervenuta nessuna disposizione normativa o amministrativa per esercitare tale tutela.

Abbiamo già parlato della salute dei bambini. Il pediatra di famiglia consentirebbe vaccinazioni, anche tenendo conto delle epidemie ambientali dei Paesi di provenienza, a maggior tutela della salute dei bambini non accompagnati, di quelli i cui genitori non hanno in regola il permesso di soggiorno; ma questo vale anche per i bambini italiani, nel senso che comunque spendiamo per cure emergenziali solo quando scatta la malattia e non facciamo niente per la prevenzione. Lo chiedono tutti i pediatri italiani a maggiore tutela dei bambini italiani e non.

Concludo proponendo lo stralcio dell'emendamento. Non vogliamo un voto, se possibile. Per questo mi rivolgo al Governo e alla sensibilità del sottosegretario Mantovano e dei relatori che mi sono sembrati sensibili sull'argomento, anche parlandone con i colleghi. Stralciamo queste parti che riguardano i minori; facciamo un testo unico. Siamo disponibili a lavorarci insieme.

Vi propongo lo stralcio perché, vedete, non ci sono bambini irregolari: semmai potrebbero esserci bambini invisibili alla tutela, ma visibili alle organizzazioni criminali. Allora dobbiamo fare appello ad ognuno di noi perché tutti insieme riusciamo non solo a mostrare civiltà, ma a tenere insieme la sicurezza dei bambini e la sicurezza del Paese. (Applausi dal Gruppo PD e dei senatori D'Alia, Pardi e Peterlini).

ALLEGRINI (PdL). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

ALLEGRINI (PdL). Signor Presidente, vorrei brevemente rispondere alla senatrice Serafini. Quanto da lei evidenziato è il risultato di un'indagine conoscitiva che la Commissione bicamerale sull'infanzia sta svolgendo sul tema dei minori non accompagnati. In particolare, il Presidente del comitato dei minori stranieri presso il Ministero della salute e delle politiche sociali ha evidenziato come, degli oltre 8.000 minori non accompagnati ne siano stati identificati solo 2.400. Quindi, il vero problema è quello dell'identificazione; questo la dice lunga sulla scelta del Governo a proposito della necessità di identificare i bambini.

Lei sa che su molti argomenti da lei posti nel suo intervento noi siamo assolutamente d'accordo. Lei sa che, proprio in considerazione di quanto il ministro Maroni ha affermato recentemente, stiamo lavorando insieme ad una risoluzione che sarà esaminata nella Commissione bicamerale la prossima settimana e che verrà poi presentata in quest'Aula.

La Commissione bicamerale per l'infanzia ha svolto anche delle missioni ad Agrigento, dove abbiamo audito anche il prefetto, ed a Lampedusa. Siamo coscienti della possibilità, non di una sparizione, ma, ad un certo punto della procedura, di un abbandono dei centri di accoglienza da parte dei minori. Un commissario che siede qui in Senato (di cui non faccio il nome) ha anche avanzato l'ipotesi che, poiché il contributo per l'accoglienza è una tantum, una volta che i minori passano in carico ai Comuni se ne perdano le tracce. Peraltro, è un problema molto acuto in Sicilia: l'assessore alle politiche sociali ci ha parlato di circa 50 milioni di euro di deficit causati appunto da questa forte spesa. Ci vorrebbe quindi un sostegno da parte del Governo.

Lei sa, senatrice Serafini, che personalmente sono assolutamente favorevole all'assistenza pediatrica per i minori stranieri, in quanto ritengo che tale diritto derivi dall'essere bambini, e quindi dalla Convenzione ONU, non dall'essere cittadini. Lei converrà però con me che ci sono problemi generali di sforzo finanziario in questo momento.

Quindi, condivido la sua ipotesi di stralcio, lei sa bene quanto la Commissione bicamerale per l'infanzia sia impegnata in tale attività e come anche il Ministero dell'interno si stia adoperando in tale direzione. (Applausi dal Gruppo PdL).

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, il Governo ovviamente non può che valutare positivamente l'ipotesi di uno stralcio degli emendamenti già accantonati; d'altra parte, aveva rivolto un invito all'accantonamento proprio per una considerazione di insieme della questione.

Vorrei precisare in merito all'emendamento specifico, perché ci sia piena contezza di ciò di cui stiamo parlando, che la norma che esso intende abrogare, cioè la modifica dell'articolo 32 del decreto legislativo n. 286 del 1998, non riguarda i bambini, ma i minorenni che si approssimano alla maggiore età e, ovviamente, non riguarda neanche i minorenni già inseriti in un contesto familiare, ma minori per i quali tale disposizione prevede il permesso di soggiorno, se è documentata la permanenza in Italia da almeno tre anni (lo ricordava correttamente la senatrice Serafini), ovvero se stiano seguendo un percorso di integrazione sociale da almeno due anni.

Credo tutti condividiamo, il Governo per primo, l'intento di contrastare il traffico e lo sfruttamento dei minori. Questa disposizione va nella direzione di impedire fasce di clandestinità (ma più che impedire di prevenire), che portano a spingere nei confini italiani minori che si approssimano alla maggiore età, confidando su maglie troppo strette della legislazione attuale.

Condivido per intero l'esigenza di una ricognizione d'insieme di tutte le competenze e le disposizioni che riguardano i minori non accompagnati, che sono troppe e troppo sparse e necessitano di una visione organica.

Il Ministero dell'interno ha già avviato, per la parte di propria competenza, un lavoro di questo genere e intende confrontarsi con il Parlamento, e in particolare con la Commissione infanzia. Rinvierei, però, l'esame di tutte le questioni che interessano i minori non accompagnati a quel momento, lasciandoci la possibilità oggi di avere una minuscola norma che ci consenta di realizzare una fascia, sia pur ristretta, di prevenzione.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, onorevole rappresentante del Governo, vorrei far presente, senatrice Serafini, che non è percorribile l'ipotesi dello stralcio di un emendamento, che o si vota o si ritira o si trasforma in ordine del giorno.

Lo stralcio è ipotizzabile per gli articoli dell'impianto legislativo, giammai per gli emendamenti: lo dico a lei e anche al sottosegretario Mantovano, che aveva manifestato interesse per l'ipotesi di stralcio, che però tecnicamente non è ammissibile.

INCOSTANTE (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

INCOSTANTE (PD). Come annunciato, sull'emendamento 39.303 chiediamo la votazione a scrutinio segreto.

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione a scrutinio segreto, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione a scrutinio segreto

 

PRESIDENTE. Indìco, ai sensi dell'articolo 113, comma 4, del Regolamento, la votazione a scrutinio segreto, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 39.303, presentato dalla senatrice Serafini Anna Maria e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 39.304.

 

INCOSTANTE (PD). Come annunciato, chiediamo la votazione a scrutinio segreto.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione a scrutinio segreto, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione a scrutinio segreto

 

PRESIDENTE. Indìco, ai sensi dell'articolo 113, comma 4, del Regolamento, la votazione a scrutinio segreto, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 39.304, presentato dalla senatrice Serafini Anna Maria e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. L'emendamento 39.305 è stato ritirato e trasformato nell'ordine del giorno G39.305 che, essendo stato accolto dal Governo, non verrà posto in votazione.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 39.306.

PROCACCI (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

PROCACCI (PD). Signor Presidente, desidero intervenire sull'ordine dei lavori, perché la dichiarazione di voto su questo emendamento la farà il senatore Bosone.

Vorrei appellarmi alla sua disponibilità all'ascolto per chiedere il voce segreto su questo emendamento. Il comma 4 dell'articolo 113 del Regolamento del Senato prevede che l'articolo 32 della Costituzione sia fra quelli che possano consentire a venti senatori di richiedere il voto segreto. Adesso il Segretario generale le dirà che deve ricorrere la fattispecie di cui al secondo comma del suddetto articolo, non è vero? L'avevo capito, infatti.

Faccio appello, però, all'ultimo capoverso del secondo comma dell'articolo 32 della Costituzione, che lei sicuramente manda a memoria, ma che io mi permetto di rileggere brevemente: «La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana». Lei comprende bene che si tratta, di fatto, di negare le cure ad alcuni immigrati che potrebbero temere una denunzia da parte del medico. (Applausi del senatore Perduca).

Mi appello pertanto alla sua saggezza istituzionale per consentire il voto segreto. Guardi, signor Presidente, non è per una possibile imboscata, ma per consentire a quest'Aula di esprimersi su una questione così delicata in piena libertà di coscienza. (Applausi dal Gruppo PD).

PRESIDENTE. Senatore Procacci, ho ascoltato con attenzione il suo intervento. È stato da tempo distribuito ai Gruppi, come saprà, l'elenco degli emendamenti che sarebbero stati ammessi dalla Presidenza al voto segreto. Tra questi non vi è l'emendamento 39.306, perché - come ha anticipato lei - la richiesta di voto segreto è ammissibile, secondo il nostro Regolamento, solo per la seconda parte dell'articolo 32.

Sembrerebbe dal suo intervento che questo emendamento tocchi un aspetto relativo al rispetto per la persona umana. Queste sono valutazioni che sfuggono alla Presidenza, per il semplice motivo che è opinabile. Non sta alla Presidenza valutare se questa norma rispetti o meno la persona umana, perché così facendo anche altre proposte emendative che possono riguardare i diritti della persona, la capacità giuridica o di agire potrebbero essere considerate inerenti i diritti e il rispetto della persona umana.

Quindi, così come avevamo anticipato, se questo emendamento violasse, inibisse o impedisse la possibilità di accedere al Servizio sanitario nazionale in capo a qualunque soggetto che dovesse transitare nel nostro territorio, certamente creerebbe una limitazione e un mancato rispetto della persona umana. Questa norma però non impedisce allo straniero di accedere al Servizio sanitario nazionale.

Ecco perché la Presidenza, pur con il massimo degli sforzi, non può ammettere il voto segreto.

BOSONE (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

BOSONE (PD). Signor Presidente, mi dispiace per l'interpretazione che viene fornita, perché, se c'è un articolo che tocca la dignità e il rispetto dell'uomo è proprio questo, a meno che non consideriamo che ci siano delle persone di serie A e altre di serie B. (Applausi dai Gruppi PD e IdV e del senatore Peterlini). Penso che questo sia comunque inaccettabile e bisogna assumersene la responsabilità.

Infatti, ci troviamo di fronte ad un emendamento che è forse tra i più controversi di questa legge, come lo è, in particolar modo, l'articolo 39. È un emendamento proposto dalla Lega Nord che è controverso non solo in ambito politico, ma anche nella società, e ha visto schierarsi in modo assolutamente contrario tutta la Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi, proprio perché lede la dignità dell'uomo e la dignità professionale del medico e cozza con la deontologia medica. (Applausi dai Gruppi PD e UDC-SVP-Aut e del senatore De Toni). D'altra parte, l'emendamento 39.306 ha visto schierarsi contro anche associazioni umanitarie di ogni tendenza culturale, cattoliche e non cattoliche, perché è chiaro che con tale previsione si creano le condizioni evidenti dell'abbandono di una parte dell'umanità che approda clandestinamente nel nostro Paese, ma non per questo deve essere trattata come un oggetto da posizionare, dimenticare o scotomizzare all'interno del nostro contesto sociale.

Capisco che la Lega Nord, essendo un movimento prevalentemente ideologico, agisca suscitando emozioni nel Paese, ma non è detto che le implicazioni pratiche di queste emozioni le debbano sopportare tutti, perché talvolta la politica che procede suscitando emozioni provoca molti danni nell'applicazione pratica. Penso che ora ci troviamo in questa fattispecie.

Sappiamo che l'emendamento 39.306 della Lega Nord vuole sopprimere il comma 5 dell'articolo 35 del decreto legislativo n. 286 del 1998, che sollevava il medico dall'obbligo di denuncia del paziente immigrato illegale, eccetto nei casi in cui era previsto l'obbligo di referto. Ciò crea una situazione - badate - di incredibile incertezza, perché chiaramente l'immigrato clandestino non si rivolgerà più al pronto soccorso (perché non saprà se sarà denunciato o meno) e, tra l'altro, questo pone anche il medico in una condizione di estremo imbarazzo, nel momento in cui si troverà di fronte un paziente che ha commesso un reato. È una situazione assolutamente imbarazzante da tutti i punti di vista.

Inoltre, la soppressione del comma di questo articolo cozza oltretutto chiaramente anche con il secondo comma dell'articolo 365 del codice penale che tutela al massimo l'assistito anche se ha commesso reato. Siamo in aperta contraddizione con il codice penale e, per di più, anche con la Costituzione. È stato ricordato che l'articolo 32 della Costituzione garantisce l'universalità delle cure. Un sistema sanitario come il nostro affonda le sue radici nell'articolo 32 della Costituzione: le cure devono essere solidali, garantite a tutti i cittadini, in qualsiasi condizione essi si trovino. Altro che incostituzionalità, qui siamo veramente contro i princìpi di umanità, oltre che di costituzionalità!

Per quanto riguarda poi il problema deontologico cui ho accennato, secondo il codice di Ippocrate il medico - ed io sono un medico - deve garantire la cura a tutti i pazienti e i cittadini che a lui si presentano, non deve discriminare un cittadino di un tipo rispetto ad un altro. Dobbiamo, insomma, garantire la cura.

Oltretutto si rischierebbe di trasformare il medico zelante in una specie di medico delatore. Ecco, questa è una delle critiche che la Federazione dei medici ha portato avanti rispetto a questo emendamento.

Ma, al di là del codice penale, della Costituzione, del codice deontologico, questo emendamento cozza proprio con il buon senso, colleghi. Rivolgo davvero un appello a tutti, anche ai colleghi della Lega che, al di là delle posizioni ideologiche - li conosco - sono persone di buon senso, pratiche. Rischiamo di creare una sanità parallela, illegale: questo è evidente a tutti; nel momento in cui un immigrato ha paura a rivolgersi al pronto soccorso o alla medicina ufficiale si creerà una medicina illegale, una medicina che determinerà una nuova forma di criminalità ed illegalità nel nostro Paese. (Applausi dai Gruppi PD, IdV e UDC-SVP-Aut). Altro che sicurezza, colleghi! Avremo gli egiziani che andranno dal medico egiziano e così via, sappiamo che si determineranno situazioni di questo tipo che già parzialmente esistono. Vogliamo incentivarle? E facciamo un decreto sulla sicurezza?

Per non parlare dei problemi di profilassi igienico-sanitaria. Noi poniamo fuori dal sistema sanitario un gruppo di persone che potrebbero essere potenzialmente a rischio, ma non a rischio per se stessi ma per tutta la popolazione. Esiste un problema di igiene e profilassi nel nostro Paese e lo dobbiamo considerare, colleghi. (Applausi dal Gruppo PD).

Insomma, penso che questo emendamento tocchi aspetti molto delicati che riguardano le persone e, in particolare, il loro diritto alla cura ed una materia così sensibile avrebbe sicuramente meritato, signor Presidente, il voto segreto.

Noi voteremo contro, ma facciamo davvero appello alla sensibilità dei colleghi, alla sensibilità umana ma anche al loro senso di responsabilità pratico rispetto al Paese affinché questo emendamento venga ritirato, colleghi della Lega, oppure ci sia un voto contrario, perché è chiaramente un emendamento disumano e contrario al buon senso.

Cari colleghi, non facciamo pagare a questo Paese lo scotto di un populismo fine a se stesso: qui non può esistere, perché stiamo parlando non di ideologia ma del bene del Paese. (Vivi, prolungati applausi dai Gruppi PD, IdV e UDC-SVP-Aut. Congratulazioni).

TOMASSINI (PdL). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

TOMASSINI (PdL). Signor Presidente, onorevoli rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, intendo fare una dichiarazione di voto perché ho sentito molti interventi e molte dichiarazioni fuorvianti su questo tema che si sono riferite a precedenti formulazioni, che qualche volta sono apparse nella stampa, ma che non sono l'oggetto dell'emendamento che noi ci accingiamo a votare.

In questo emendamento non è in discussione il diritto di cura, il diritto alla salute e le relative tutele che sono sancite dall'articolo 32 della nostra Costituzione, ... (Applausi dai Gruppi PdL e LNP).

 

MARITATI (PD). Che ipocrisia!

 

TOMASSINI (PdL). ...ribadite nel nostro Servizio sanitario nazionale (che rimane solidaristico e universalitistico) e contenute nel codice deontologico di Ippocrate (e che sicuramente, nell'ambito di questo emendamento, non attengono neanche all'esenzione di referto, così come previsto e nei casi di chi è sottoposto ad azione penale). Queste garanzie fanno parte non solo - ovviamente - delle regole, ma soprattutto della mia essenza di medico.

Qui è in discussione il divieto di denuncia, che è altra cosa. Voglio ricordare che l'obbligo di denuncia è stato in vigore fino al 1999 ed è stato eliminato, con l'assoluta contrarietà di tutti quelli che adesso fanno parte del Popolo della Libertà, perché allora vi era l'assunto teorico che, così protetti, i cittadini e i clandestini avrebbero ricevuto cure migliori. All'epoca sostenevamo e sosteniamo ancora - come d'altra parte è emerso nel precedente emendamento, testé votato, quando è intervenuta la collega Allegrini - che, viceversa, il divieto di denuncia provoca molti più problemi di salute: innanzi tutto, tale divieto espone proprio alla mancanza di cure i soggetti più deboli, visto che possono andare dal Servizio sanitario nazionale come vogliono, con i neonati e le persone più deboli e meno tutelate; inoltre, caro collega Bosone, espone ad una difficoltà di continuità di cure e a gravi problemi igienico-sanitari per tutte le malattie infettive ed epidemiologicamente diffusive. (Applausi dai Gruppi PdL e LNP).

Riteniamo dunque importante eliminare il divieto di denuncia e riaffidare alla scienza e coscienza del medico la decisione. (Vivi applausi dai Gruppi PdL e LNP. Congratulazioni).

LANNUTTI (IdV). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

LANNUTTI (IdV). Signor Presidente, io non sono un medico però faccio notare agli amici della Lega che si perde il senso della ragione (Commenti dai banchi del Gruppo LNP). Giancarlo Galan, governatore del Veneto, in un'intervista pubblicata oggi su «la Repubblica», ha affermato: «Medici contro i clandestini? Rischio di catastrofe sanitaria». Non aggiungo altro! (Applausi dai Gruppi IdV, PD e UDC-SVP-Aut).

RIZZI (LNP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

RIZZI (LNP). Signor Presidente, intervengo per dichiarazione di voto, ma soprattutto per fare un po' di chiarezza sull'emendamento 39.306, che mi vede cofirmatario insieme al presidente Bricolo e ad altri senatori, e che noi riteniamo estremamente importante.

Ringraziando il senatore Tomassini per l'accorato intervento, vorrei rafforzare alcuni concetti contenuti nella proposta emendativa in esame. Innanzi tutto, l'emendamento 39.306 deve essere interpretato come un atto dovuto. Infatti, visto che stiamo discutendo dell'introduzione del reato di clandestinità, nel momento in cui un individuo, a maggior ragione se pubblico ufficiale, viene a conoscenza dell'esistenza di un reato, ha l'obbligo, non professionale, ma civile e civico di segnalare il reato all'autorità giudiziaria.

Mi rivolgo direttamente al senatore Bosone per sottolineare che non è logico avere l'imbarazzo - noi non ne abbiamo alcuno - del rischio di ledere alcuni diritti dell'uomo o dell'individuo. Infatti, ribadisco quanto evidenziato dal collega Tomassini perché non viene minimamente negata l'assistenza sanitaria che individualmente, come medico, ma anche come Lega Nord, interpretando il pensiero del Gruppo che rappresento, ritengo essere un diritto assoluto di ogni individuo nel nome del principio indelebile che l'individuo sofferente deve essere assistito e curato nel migliore dei modi, come normalmente avviene grazie all'opera dei nostri medici e dei nostri infermieri in tutti gli ospedali d'Italia. (Applausi dal Gruppo LNP).

 

MARITATI (PD). Come siete buoni!

RIZZI (LNP). Credo sia veramente doveroso sottolineare che l'emendamento in esame è finalizzato ad eliminare un vincolo che il medico ha nella propria coscienza. Come è già stato ricordato, tale vincolo è stato posto a tutela dei cittadini extracomunitari. Sono d'accordo con i senatori Bosone ed Adamo quando parlano di cittadini di serie A e di serie B: ciò è assolutamente vero, ma noi vogliamo evitare che, come al solito, vengano considerati di serie A e protetti in tutti i modi possibili ed immaginabili i clandestini (Applausi dal Gruppo LNP), mentre noi italiani, se andiamo alpronto soccorso con il sospetto di reato veniamo subito segnalati! Questa è vera e propria discriminazione, non quella che proponiamo con l'emendamento 39.306!

 

PRESIDENTE. Colleghi, abbiamo tempi abbastanza stringenti. Senatore Rizzi, la invito a concludere.

 

RIZZI (LNP). Del resto, non dimentichiamo che in tutta Europa, soprattutto nei Paesi più civilizzati ed avanzati a cui facciamo riferimento, ad esempio la Germania e la Francia, c'è una disciplina più rigorosa. Con questo emendamento lasciamo ai medici libertà di coscienza nel decidere se segnalare o meno il reato: i medici tedeschi, invece, sono obbligati alla segnalazione; i medici francesi sono obbligati a non prestare le cure in ospedale ai clandestini. (Applausi dal Gruppo LNP).

Colleghi, come Lega Nord, proponiamo un voto convinto per evitare la discriminazione nei nostri confronti da parte degli altri. È un emendamento che non lede minimamente il diritto alla salute, ma libera la coscienza dei medici che possono, da un lato, compiere il proprio ruolo assistenziale ma, dall'altro, possono essere considerati cittadini a tutti gli effetti, dando corso al loro senso civico con la possibilità di denunciare un reato in libertà di coscienza. (Applausi dai Gruppi LNP e PdL).

 

MARINO Ignazio (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Su cosa, senatore Marino?

 

MARINO Ignazio (PD). Vorrei intervenire dopo quello che ha detto il senatore Rizzi.

 

PRESIDENTE. No, senatore Marino, è già intervenuto il senatore Bosone in dichiarazione di voto per il suo Gruppo.

INCOSTANTE (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

INCOSTANTE (PD). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 39.306, presentato dal senatore Bricolo e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato approva. (v. Allegato B). (Applausi dai Gruppi PdL e LNP).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

GARAVAGLIA Mariapia (PD). Mi viene da piangere vedendo che il Paese è così!

 

PRESIDENTE. Essendo stato accolto dal Governo, l'ordine del giorno G39.100 non verrà posto in votazione.

Passiamo alla votazione dell'articolo 39, nel testo emendato.

FINOCCHIARO (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

FINOCCHIARO (PD). Signor Presidente, onorevoli colleghi... (Brusìo).

 

PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia, abbiamo meno di un'ora per concludere i lavori. Prego, senatrice Finocchiaro.

 

FINOCCHIARO (PD). Non si è ancora spenta l'eco delle parole pronunciate dal collega leghista - di cui non ricordo il nome, chiedo scusa - che ha introdotto nella nostra discussione sull'articolo 39 il tema della serie A e della serie B, e mi viene in mente il titolo di un libro famoso e caro alla nostra generazione e alla nostra cultura politica: «Se questo è un uomo».

L'articolo 39 attiene all'umano, e questo forse vale a spiegare in parte, comprendendone ovviamente anche le ragioni politiche di coalizione e di primazia, i motivi per cui nel voto segreto di ieri la maggioranza per tre volte è andata sotto. Tuttavia non attiene all'umano in una declinazione che troppe volte, in maniera grottesca, è stata rappresentata dai colleghi della maggioranza, della Lega e talvolta anche del Governo, come quel molliccio buonismo che non è capace di badare agli interessi del Paese, ma all'umano in una declinazione un po' più rigorosa e credo condivisa.

Abbiamo discusso di rapporti familiari, di bambini, di figli, di diritto alla salute. Ciò che mi stupisce è che non si colga subito, esaminando l'articolo 39 e in particolare ragionando sull'ultimo emendamento che abbiamo testé votato, che davvero si è superato il passo. Su una legislazione rigorosa, attenta, chiara, efficace infatti avremmo potuto trovarci, ma voi avete valicato il passo; quel passo sottile, quel crinale talvolta indistinguibile che distingue il rigore della legge dalla persecuzione. Credo che sia questo il punto. (Applausi dal Gruppo PD).

 

NESSA (PdL). Smettiamola!

 

FINOCCHIARO (PD). E lo dico perché proprio nella previsione che il medico non abbia più il divieto di denunciare sta quel germe della paura che spingerà a non andare a partorire in ospedale, a non portarvi i figli malati, a nascondere una malattia grave che magari si porta dal Paese d'origine. (Applausi dal Gruppo PD). E lì non è più il rigore della legge: è la persecuzione, il timore di essere perseguitati. E lo dico con la consapevolezza e con l'assunzione di responsabilità piena sulla necessità di una regolamentazione, perché non possiamo lasciare senza limite e senza strategia la regolazione del fenomeno immigratorio. Non dobbiamo però far entrare nella nostra legislazione quel germe, che purtroppo prolifera non soltanto discutendo qui, al Senato della Repubblica, ovvero nella sede più alta delle istituzioni, del disegno di legge sulla sicurezza - norma transeunte, come sono tutte le norme - ma nel Paese. Penso, ad esempio, che posso ritrovarlo - lasciatemelo dire - nell'espressione infelice, che probabilmente voleva dire altro, del ministro Maroni, che ha avuto ripercussioni sull'l'Italia. Il sottosegretario Mantovano l'ha tradotta bene; il ministro Maroni non voleva dire "cattivo", voleva dire "duro", "severo", "rigido", però quella parola ha, ancora una volta, dato ragione al timore che sto esprimendo in quest'Aula. E magari viene da chiedersi se sono abbastanza cattivi i ragazzi che hanno ridotto in fin di vita, dandogli fuoco, l'indiano sulla panchina di Nettuno. (Applausi dal Gruppo PD e del senatore Peterlini). Perché il ministro Maroni ha la razionalità per usare questo "rigore", come lo chiama il sottosegretario Mantovano, ma ha dato in pasto quella parola, fomentando lo spirito, l'istinto e la bestialità della persecuzione.

È per tutte queste ragioni che ancora più convinta, nonostante i risultati raggiunti ieri con il voto segreto, voteremo decisamente contro l'articolo 39. (Applausi dai Gruppi PD, IdV e UDC-SVP-Aut. Congratulazioni).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi informo che dopo questo intervento il Partito Democratico ha esaurito i suoi tempi, per cui la Presidenza si appella al senso di responsabilità di tutti i colleghi per fare in modo di concludere i lavori entro le ore 12.

D'ALIA (UDC-SVP-Aut). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

D'ALIA (UDC-SVP-Aut). Signor Presidente, voteremo contro l'articolo 39 e l'approvazione da parte della maggioranza di questo articolo è la causa principale del nostro voto contrario sul provvedimento.

Onorevoli colleghi, state facendo, non so se consapevolmente o meno, una grande confusione tra i diritti di cittadinanza e i diritti della persona umana. I primi hanno un loro rilievo nella Carta costituzionale, i secondi ne hanno un altro e sono più generali: riguardano le persone che sono cittadine italiane e quelle che non lo sono. Quando immaginate di stravolgere questa linea che ha sempre contraddistinto la storia e la civiltà del nostro Paese commettete un errore grave, che non vi porta da nessuna parte.

L'altro giorno il ministro Maroni ha detto che bisogna essere cattivi con i clandestini. Credo che un Ministro, un Governo, una maggioranza, non debbano essere né buoni né cattivi con nessuno. Devono piuttosto essere giusti e devono introdurre norme efficaci e utili al contrasto all'immigrazione clandestina e alla criminalità; devono farlo con equilibrio e sapendo che quelle disposizioni hanno un senso, un significato e un'utilità collettiva. Quando questo non avviene - e con quest'articolo 39 non avviene - si scade nella barbarie e le norme contenute in questo articolo 39 sono la quintessenza della barbarie! (Applausi dai Gruppi UDC-SVP-Aut, PD e IdV). Lo sono perché trasudano intolleranza, una intolleranza che voi vivete come una scorciatoia ai problemi della sicurezza. Poiché, sino ad oggi, non siete riusciti a dare una - dicasi una - risposta concreta al bisogno di sicurezza dei cittadini italiani, voi date sfogo all'istinto, date sfogo alla pancia e non alla testa degli italiani.

Signor Presidente, oggi ho anche letto qualche commento che certamente non è rispettoso del Parlamento. È il commento di chi ha parlato dei cosiddetti franchi tiratori come di persone opache, trasversali e - pensate un po' - democristiani. Quei colleghi, che hanno votato contro alcune barbarie riferite all'articolo 39, sono delle persone perbene che meritano rispetto da parte di tutti! Questo è il dato. (Applausi dai Gruppi UDC-SVP-Aut, PD e IdV).

Quando finirà questa truffa che organizzate nei confronti dell'Italia e dei cittadini e quando finirà questo modo di stimolare le sensazioni, le pulsioni e gli istinti, allora il Paese vi darà carico della responsabilità che vi state assumendo approvando norme incivili come questa. (Applausi dai Gruppi UDC-SVP-Aut, PD e IdV).

PARDI (IdV). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

PARDI (IdV). Signor Presidente, noi dell'Italia dei Valori voteremo contro questo articolo per un motivo già ben illustrato da molti colleghi intervenuti, che hanno dimostrato come la sequenza degli elementi contenuti nell'articolo (la tassa di ingresso, la difficoltà di acceso alla sanità, l'arresto e l'ammenda per presenza irregolare, la durata insensata della permanenza nei centri di identificazione, la sanzione spropositata per la permanenza illegale, la difficoltà di ricongiungimento familiare) concorre a determinare una configurazione precisa dello stesso.

Questo articolo è assolutamente poco influente nei confronti degli immigrati che praticano le varie forme di illegalità volontaria di tipo delinquenziale ed è, invece, vessatorio nei confronti degli immigrati che sono richiamati dalla domanda di lavoro. Questi, per di più, sono richiamati proprio nei territori del Nord, che sono i più significativi dal punto di vista economico. Di fronte a questa domanda di lavoro, questo articolo e questa legge costringono il lavoro degli immigrati a una illegalità funzionale. Si tratta di un'illegalità funzionale in senso perverso nell'economia, perché indebolisce l'offerta e la mantiene nell'illegalità.

Dopo quanto detto dal senatore Rizzi, può sembrare qui intempestivo fare un appello allo spirito della Lega. Invece, io voglio sforzarmi di non sentire quanto detto dal collega Rizzi perché penso che nella Lega vi siano delle anime che possono affrontare l'argomento in una maniera diversa. La Lega ha una classe dirigente più giovane, è anche sperimentata ed ha una sua validità nell'amministrazione. La Lega ha una responsabilità maggiore nei suoi territori, perché è lei che ha la potestà per riuscire a dare un indirizzo diverso nel senso di una scelta politica di tipo più maturo. Gli imprenditori dei territori del Nord Est hanno un bisogno strutturale del lavoro degli immigrati e non si può determinare una situazione in cui questo lavoro sia costretto ad una illegalità funzionale obbligata.

Occorre saper distinguere, e sta a loro, sta soprattutto alla classe dirigente della Lega in quei territori, saper distinguere tra l'illegalità involontaria e coatta e l'illegalità volontaria e delinquenziale. Sta a loro perché sono lì perché è lì il problema di riuscire a costruire una dialettica sociale positiva.

Sono costretto a lasciare aperto il tema dell'alternativa tra il sistema francese dell'integrazione e il sistema inglese dell'autonomia culturale perché è troppo ampio. Voglio dire ai colleghi della Lega, che parlano continuamente delle loro radici culturali e dell'urto che l'immigrato determina nei confronti delle loro radici, che io voglio pescare nelle loro radici e, cercando in esse, trovo uno dei più grandi scrittori di quei territori, Giovanni Comisso, che rappresenta l'animo mite del popolo Veneto.

Io dico ai colleghi della Lega che se Giovanni Comisso potesse leggere l'articolo 39 di questo disegno di legge non ci si potrebbe ritrovare e avrebbe gravi difficoltà a ritrovarci il senso del popolo che è nato e vissuto nella dolce campagna veneta. (Applausi dai Gruppi IdV e PD).

*QUAGLIARIELLO (PdL). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

QUAGLIARIELLO (PdL). Signor Presidente, signori del Governo, siamo assolutamente coscienti di trovarci di fronte ad un problema epocale, uno di quelli che nel XXI secolo è destinato a sconvolgere le nozioni più tipiche della politica, anche quelle di sinistra e di destra. Siamo assolutamente coscienti, come ha accennato ora il senatore Pardi, che ci troviamo di fronte al fallimento dei modelli che su questo tema hanno segnato il secolo che abbiamo alle spalle.

L'integrazionismo francese e il multiculturalismo inglese sono sistemi tragicamente falliti. Siamo anche coscienti che ci troviamo di fronte ad un problema globale per il quale non è possibile avere un approccio che consenta di lasciare soli, davanti a questo dramma, i Paesi di frontiera come l'Italia, laddove negli altri si pensa di poter risolvere il problema scaricandolo sugli "anelli deboli". (Applausi dal Gruppo PdL).

Noi siamo anche coscienti, collega Finocchiaro, che su questo tema vengono suscitate tante paure, quelle paure che sono molto spesso il motore dell'agire umano. Non si tratta solo delle paure dei clandestini, ma anche di quelle dei tanti cittadini onesti che pagano le tasse, vivono nelle banlieues delle grandi città e la sera non sanno come tornare a casa o temono per il destino dei loro figli. Anche queste paure vanno considerate e governate.

 

INCOSTANTE (PD). Non mandando all'ospedale la gente!

 

QUAGLIARIELLO (PdL). Di fronte a queste paure quello che non si deve fare è reagire, per l'appunto, con la pancia, come molto spesso, troppo spesso, fa l'opposizione. (Commenti dal Gruppo PD. Applausi dal Gruppo PdL).

L'opposizione ci rimprovera - colleghi, leggete le vostre dichiarazioni sui giornali - ogni volta che avviene un episodio che vede i clandestini protagonisti di qualche azione negativa nei confronti dei cittadini del nostro Paese, di non essere in grado di agire; e poi dopo, nel momento in cui ipotizziamo una risposta, ci dà un contributo che è solamente di rifiuto ideologico e che non considera il problema. (Applausi dal Gruppo PdL).

Noi non vogliamo fare questo. Noi ci poniamo il problema di governare paure contrapposte. Sappiamo che non è facile, ma sappiamo anche che per riuscirci dobbiamo battere un costume radicato nella cultura di questo Paese: quello di ritenere, cioè, che esistono i diritti e i diritti soli che si autoriproducono senza un limite, e che a questi diritti non corrispondono dei doveri. Noi dobbiamo ripristinare un collegamento tra i diritti e i doveri. (Applausi dal Gruppo PdL).

Questi devono valere per tutti i cittadini italiani e anche per chi viene ospitato dal nostro Paese.

Su questa linea di ricerca non abbiamo soluzioni. Sappiamo che dobbiamo procedere con un metodo empirico ed approssimativo, e che questo articolo è anche il frutto di discussioni profonde al nostro interno. Sappiamo che non possiamo procedere con il criterio dei buoni e dei cattivi. Collega D'Alia, siamo stati troppo spesso catalogati tra i cattivi per non saperlo, e non abbiamo bisogno di chi difenda le forme di dissenso al nostro interno, perché è la nostra tolleranza, innanzitutto all'interno dei nostri ranghi, che ci porta ad avere rispetto e a considerare le forme di dissenso, comunque esse si esprimano. (Applausi dai Gruppi PdL e LNP).

L'articolo in esame è un tentativo di ripristinare il nesso indissolubile tra diritti e doveri, per fare in modo che non siano le paure contrapposte, le paure di chi vorrebbe essere buono e le paure di chi viene catalogato come cattivo, a prendere il sopravvento. È un tentativo serio ed equilibrato e per questo motivo il Popolo della Libertà voterà a favore dell'articolo 39. (Applausi dai Gruppi PdL e LNP. Congratulazioni).

MICHELONI (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.

 

PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola per un minuto, senatore Micheloni. Dovrebbe dire come vota.

 

INCOSTANTE (PD). Il voto è segreto, non si può dichiarare. (Commenti del senatore Garraffa).

 

MICHELONI (PD). Sono senatore del Gruppo del Partito Democratico, dunque penso che posso parlare, sono anche adulto e vaccinato.

Sono in dissenso dal mio Gruppo, che voterà contro l'articolo 39 - e di questo lo ringrazio - perché il voto contrario lo ritengo insufficiente. Infatti, credo che non dovremmo essere presenti in quest'Aula quando si voterà l'articolo 39 perché le discussioni che sono state fatte in questa sede mi hanno fatto rivivere anni neri e bui, quando noi accompagnavamo i nostri emigrati negli ospedali per farli curare e quando accompagnavamo i nostri bimbi nelle scuole!(Applausi dal Gruppo PD). Questo lavoro ha fatto anche la ricchezza del Nord-Est. (Commenti dal Gruppo LNP).

L'articolo in esame è una pura vergogna, è qualcosa che offende la nostra storia. (Vivi, prolungati applausi dai Gruppi PD, IdV e UDC-SVP-Aut. Congratulazioni. Commenti dal Gruppo LNP).

INCOSTANTE (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

INCOSTANTE (PD). Signor Presidente, come annunciato, chiediamo la votazione a scrutinio segreto.

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione a scrutinio segreto risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione a scrutinio segreto

 

PRESIDENTE. Indìco, ai sensi dell'articolo 113, comma 4, del Regolamento, la votazione a scrutinio segreto, mediante procedimento elettronico, dell'articolo 39, nel testo emendato.

Dichiaro aperta la votazione.

Si vota l'approvazione dell'articolo 39.

(Segue la votazione). (Brusìo).

 

MARITATI (PD). Presidente, sarebbe più corretto che lei dicesse che si vota l'articolo, non l'approvazione dell'articolo.

 

PRESIDENTE. Si vota l'approvazione o meno dell'articolo. Non do indicazioni su come votare. Ha ragione.

 

Proclamo il risultato della votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico:

Senatori presenti

291

Senatori votanti

290

Maggioranza

146

Favorevoli

154

Contrari

135

Astenuti

1

 

 

Il Senato approva. (v. Allegato B). (Applausi dai Gruppi PdL e LNP).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Colleghi, ho delle fondate perplessità, per quanto riguarda il prosieguo dei lavori, che si possa completare l'iter entro le ore 12 per la diretta televisiva.

Siccome a me sta a cuore il regolare svolgimento dei lavori d'Aula, la cui conclusione era prevista per le ore 14 (i tempi a disposizione sono quasi esauriti, ma non so se riusciremo a mantenere tale orario), l'orientamento della Presidenza è di consentire un regolare svolgimento dei lavori nel rispetto dei tempi contingentati. Ove dovessimo concludere, vi sarà la diretta; ove non dovessimo concludere, salterà la diretta televisiva e si andrà avanti per concludere entro le ore 13 o le ore 14. A me sta cuore il regolare svolgimento dei lavori dell'Assemblea, non tanto la diretta televisiva. (Applausi).

Sull'emendamento 39.0.100 c'è un invito al ritiro. Cosa intendono fare i presentatori?

DELLA MONICA (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

DELLA MONICA (PD). Signor Presidente, non posso accogliere l'invito al ritiro. Vorrei richiamare i colleghi ad evitare proprio quelle contrapposizioni e guerre tra poveri che si scatenano nel nostro Paese. Durante l'esame del provvedimento in Commissione, la maggioranza ha accolto l'emendamento da me proposto insieme ad altri colleghi del Gruppo Partito Democratico diretto a contrastare il favoreggiamento e lo sfruttamento dell'immigrazione clandestina.

Abbiamo sacrificato un disegno di legge proprio al fine di agire in maniera costruttiva. Ora, si sta parlando del contrasto allo sfruttamento del lavoro irregolare, con ciò andando a colmare una lacuna legislativa, considerato che notoriamente le norme riferite al caporalato ed altre non coprono assolutamente questa fattispecie. È altrettanto noto che i limiti posti dalla norma all'ipotesi di grave sfruttamento del lavoro, consentono di ottenere una valutazione da parte del giudice molto rigorosa e non ancorata a parametri discrezionali. Il grave sfruttamento del lavoro è ragione di contrapposizione e quindi di insicurezza pubblica dal momento che i cittadini italiani del Nord dichiarano che i lavoratori stranieri sottraggono loro il lavoro perché accettano lavori irregolari.

Se si vuole superare questa contrapposizione bisogna approvare una norma del genere. Per questo motivo chiedo che sia posto in votazione l'emendamento 39.0.100. Per superare il parere condizionato della Commissione bilancio ritiro i commi 5 e 6.

Chiedo alla Presidenza di valutare la possibilità di procedere al voto segreto sull'emendamento testé riformulato.

 

PRESIDENTE. Senatrice Della Monica, in questa fattispecie non è ammissibile il voto segreto.

CASSON (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CASSON (PD). Signor Presidente, mi era stato segnalato che il voto segreto è ammissibile a patto che si fosse rinunciato ai commi 5 e 6. Poiché la senatrice Della Monica ha espunto i suddetti commi, relativi alla copertura, insistiamo per il voto segreto sul testo modificato dell'emendamento in esame.

 

PRESIDENTE. Con il ritiro dei commi relativi alla copertura tale richiesta può essere accolta.

BOLDI (LNP). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

BOLDI (LNP). Signor Presidente, non ho ben compreso quale testo dell'emendamento viene posto in votazione.

PRESIDENTE. La senatrice Della Monica ha ritirato la parte dell'emendamento relativa alla copertura, che era stata censurata dalla Commissione bilancio.

Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione a scrutinio segreto, avanzata dalla senatrice Della Monica, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione a scrutinio segreto

 

PRESIDENTE. Indìco, ai sensi dell'articolo 113, comma 4, del Regolamento, la votazione a scrutinio segreto, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 39.0.100 (testo 2), presentato dalla senatrice Della Monica e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 40.800 (testo corretto), presentato dal Governo.

È approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 40.100.

 

INCOSTANTE (PD). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 40.100, presentato dal senatore Casson e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 40.101, presentato dal senatore Casson e da altri senatori.

Non è approvato.

Essendo stato accolto dal Governo, l'ordine del giorno G40.100 non verrà posto in votazione.

Metto ai voti l'articolo 40, nel testo emendato.

È approvato.

Metto ai voti l'emendamento 40.0.100, presentato dalla senatrice Poretti e da altri senatori.

Non è approvato.

 

Metto ai voti l'emendamento 41.100, presentato dal senatore Casson e da altri senatori, identico agli emendamenti 41.101, presentato dal senatore Li Gotti e da altri senatori, e 41.102, presentato dalla senatrice Poretti e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 41.400, presentato dai relatori.

È approvato.

 

Metto ai voti l'emendamento 41.800 (testo corretto), presentato dal Governo.

È approvato.

 

L'emendamento 41.300 è stato ritirato.

Metto ai voti l'articolo 41, nel testo emendato.

È approvato.

Sull'emendamento 41.0.300 c'è un invito al ritiro.

 

MAZZATORTA (LNP). Lo ritiro e lo trasformo in ordine del giorno.

 

PRESIDENTE. Essendo stato accolto dal Governo, l'ordine del giorno G41.0.300 non verrà posto in votazione.

Metto ai voti l'articolo 42.

È approvato.

Metto ai voti l'ordine del giorno G43.100, presentato dal senatore Li Gotti e da altri senatori.

Non è approvato.

 

Metto ai voti l'articolo 43.

È approvato.

Metto ai voti l'emendamento 44.100, presentato dal senatore Li Gotti e da altri senatori, identico agli emendamenti 44.101, presentato dal senatore Casson e da altri senatori, e 44.102, presentato dal senatore Perduca e d altri senatori.

Non è approvato.

 

L'emendamento 44.300 è stato riformulato. Invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi sulla riformulazione.

 

BERSELLI, relatore. Mi rimetto al Governo.

 

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Esprimo parere favorevole.

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 44.300 (testo 2), presentato dal senatore Bricolo e da altri senatori.

È approvato.

Metto ai voti l'emendamento 44.500, presentato dai relatori.

È approvato.

 

Metto ai voti l'emendamento 44.800, presentato dal Governo.

È approvato.

Passiamo alla votazione dell'articolo 44, nel testo emendato.

CASSON (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CASSON (PD). Signor Presidente, comprendo le esigenze televisive, ma ritengo che vada segnalato all'Assemblea che l'articolo 44 riguarda il registro dei cosiddetti clochards. Sarebbe fin troppo facile fare della ironia su tale assurda istituzione di un registro nei confronti di persone che non hanno fissa dimora e, tra l'altro, negli emendamenti proposti dalla maggioranza e dal Governo vi è una confusione anche tecnica sulle valutazioni (residenza, domicilio e dimora).

Si tratta ancora una volta di una misura persecutoria nei confronti di persone che non creano assolutamente problemi, sia che abbiano scelto questa condizione sia perché costrette a questa vita. Che rimanga agli atti che contro l'istituzione del registro dei clochards voteremo decisamente contro. (Applausi dal Gruppo PD).

PRESIDENTE. Metto ai voti l'articolo 44, nel testo emendato.

È approvato.

Essendo stato accolto dal Governo, l'ordine del giorno G45.100 (testo 2) non verrà posto in votazione.

Non essendo stati presentati all'articolo 45 altri emendamenti, oltre quello soppresso 45.100, presentato dal senatore Bianco e da altri senatori, metto ai voti il mantenimento dell'articolo 45.

È approvato.

 

Metto ai voti l'emendamento 46.100, presentato dal senatore Li Gotti e da altri senatori, identico agli emendamenti 46.101, presentato dal senatore Casson e da altri senatori, e 46.102, presentato dal senatore Perduca e da altri senatori.

Non è approvato.

 

Metto ai voti l'emendamento 46.103, presentato dal senatore Casson e da altri senatori.

È approvato.

 

Metto ai voti l'emendamento 46.500, presentato dai relatori.

È approvato.

 

Passiamo alla votazione dell'articolo 46, nel testo emendato.

SERRA (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà, anche se le faccio presente che sono esauriti i tempi a disposizione del suo Gruppo.

 

SERRA (PD). Il Partito Democratico voterà contro l'articolo 46, per due motivi: esso - richiamo l'attenzione di tutta l'Assemblea - prevede che gli enti locali, previo parere obbligatorio ma non vincolante (quindi anche negativo), coinvolgano associazioni di cittadini. Ma chi sono i cittadini che fanno parte di queste associazioni? Vorrei sapere chi sono, considerato che è sotto gli occhi di tutti quello che sta avvenendo nel nostro Paese.

È allora necessario che almeno il Comitato per l'ordine e la sicurezza esprima un parere favorevole. Se la parola "vincolante" è stata omessa per dimenticanza, credo, e mi appello al sottosegretario Mantovano, si possa fare una riflessione in merito; se invece è voluta, richiamo l'attenzione di tutta Aula sulle insidie che tale articolo potrebbe comportare. (Applausi dal Gruppo PD. Commenti ironici dai banchi della maggioranza).

PRESIDENTE. Metto ai voti l'articolo 46, nel testo emendato.

È approvato.

 

Non essendo stati presentati all'articolo 47 altri emendamenti oltre quello soppressivo 47.101, presentato dalla senatrice Della Monica e da altri senatori, metto ai voti il mantenimento dell'articolo 47.

È approvato.

 

Passiamo all'esame dell'articolo 48, sul quale sono stati presentati emendamenti, che si intendono illustrati e su cui invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi.

BERSELLI, relatore. Signor Presidente, esprimo parere contrario all'emendamento 48.100 e favorevole all'emendamento 48.800.

Esprimo poi parere contrario agli emendamenti 48.303 e 48.304 e parere favorevole all'emendamento 48.801 del Governo.

Mi rimetto al Governo per quanto riguarda gli emendamenti 48.305 e 48.306.

Esprimo poi parere contrario all'emendamento 48.0.600 (testo 3)/1 e parere favorevole all'emendamento 48.0.600 (testo 3 corretto) del Governo.

Esprimo parere contrario all'emendamento 48.0.601/1(testo2) e parere favorevole all'emendamento 48.0.601 (testo2 ).

Invito quindi a trasformare in ordine del giorno l'emendamento 48.0.300, del senatore Fluttero e mi rimetto al Governo per quanto riguarda l'emendamento 48.0.108.

Esprimo poi parere contrario all'emendamento 48.0.105, così come agli emendamenti 48.0.400/1, 48.0.400/2 e 48.0.400/3.

Esprimo quindi parere favorevole all'emendamento 48.0.400 e invito a trasformare in ordine del giorno l'emendamento 48.0.107.

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, esprimo parere contrario all'emendamento 48.100, nonché agli emendamenti 48.303 e 48.304. Il parere è ovviamente favorevole sugli emendamenti del Governo.

Invito i presentatori a ritirare l'emendamento 48.305.

Per quanto riguarda l'emendamento 48.306, il Governo propone un esame per parti separate, distinguendo tra il primo capoverso, quello che inizia con la lettera "b)", ed il secondo, quello che inizia con la lettera "c)", invitando i presentatori a ritirare il primo capoverso ed esprimendo un parere favorevole sul secondo capoverso.

Esprimo poi parere contrario sull'emendamento 4.8.0.600 (testo 3)/1.

Esprimo parere favorevole all'emendamento 48.0.601 (testo 2)/1.

 

PRESIDENTE. Su tale emendamento il relatore si era espresso in senso contrario.

BERSELLI, relatore. Mi adeguo al parere del Governo, Presidente, ed esprimo pertanto parere favorevole all'emendamento 48.0.601/1 (testo 2)/1.

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Poi vi sono l'emendamento 48.0.601 (testo 2), che è del Governo, ed il 48.0.300, a prima firma Fluttero, sul quale formulo un invito al ritiro e alla trasformazione in ordine del giorno.

Sull'emendamento 48.0.108, signor Presidente, vorrei motivare il mio invito al ritiro e alla trasformazione in un ordine del giorno. Parliamo di una questione abbastanza controversa, ma molto sentita; l'opinione del Governo è che le norme intervenute sul punto negli anni, e soprattutto negli ultimi mesi, abbiano necessità di essere pienamente applicate, perché se ne possa fare un bilancio compiuto. E allora, pur apprezzando certamente il contenuto di questo emendamento e la sollecitazione che ne viene, invito comunque il presentatore a ritirarlo per poter effettuare una riflessione specifica sul punto, che porti ad elaborare una proposta organica, senza procedere per strappi. Non è una contrarietà al merito della proposta emendativa, ma un invito ad approfondirla meglio ed in modo più completo.

Esprimo poi parere contrario sugli emendamenti 48.0.105, 48.0.400/1, 48.0.400/2 e 48.0.400/3. L'emendamento 48.0.400 è del Governo e sull'ultimo, il 48.0.107, lascio la parola al collega Caliendo.

CALIENDO, sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, per quanto concerne l'emendamento 48.0.107, il Governo invita il presentatore a ritirarlo e riformularlo in un ordine del giorno. Ancorché sia stato sollecitato all'approvazione di questo emendamento da parte di senatori di tutti i Gruppi, anche con una lettera al Ministro della giustizia, il Governo non ritiene, allo stato, di poter adottare un provvedimento favorevole, per due ordini di ragioni.

La prima ragione è che vi è stata, negli ultimi provvedimenti legislativi, una serie di accentramenti di competenze sulla procura del capoluogo del distretto. La seconda è che intervengono sempre interessi campanilistici: mentre le ragioni che sostengono questo emendamento sono condivise dal Governo per i problemi della criminalità presenti nell'area casertana, non è possibile accoglierne il testo perché il provvedimento diventerebbe isolato e legittimerebbe quegli interessi campanilistici che sono già stati sollecitati. Ulteriori modifiche andrebbero viste in un contesto generale e il Governo si impegna a valutare la possibilità di una revisione delle circoscrizioni.

Mi auguro che si possa verificare quell'accordo che abbiamo trovato sull'articolo 41-bis anche in materia di revisione delle circoscrizioni, con accorpamento di uffici giudiziari, superando interessi campanilistici e tenendo presenti, invece, esigenze obiettive, come quelle rappresentate dall'emendamento.

Per tali ragioni, ribadisco l'invito ai presentatori a ritirare l'emendamento in esame e a trasformarlo in ordine del giorno.

PRESIDENTE. Senatore Giuliano, intende accogliere l'invito del Governo a ritirare l'emendamento 48.0.107 e a trasformarlo in un ordine del giorno?

GIULIANO (PdL). Signor Presidente, prendo atto con una certa amarezza delle dichiarazioni del relatore e del rappresentante del Governo. Le motivazioni che sostenevano il mio emendamento, che intendeva istituire una corte d'appello con giurisdizione sulla provincia di Caserta, erano condivise da parte di moltissimi senatori che l'hanno sottoscritto e anche di settori dell'opposizione.

Queste ragioni, appunto, sono state illustrate: una corte d'appello mastodontica come quella di Napoli, che ha giurisdizione sulle province di Napoli, Caserta, Benevento e Avellino, con una popolazione di circa 5 milioni di abitanti, sicuramente non riesce a fronteggiare in maniera adeguata il fenomeno camorristico che ha un'altissima, massiccia presenza nella provincia di Caserta.

Eppure, questo emendamento prende corpo e spunto da un vecchio disegno di legge e non è legato a ragioni campanilistiche, ma esclusivamente di emergenza nazionale. Avere sul posto una presenza istituzionale così forte, che possa intervenire con immediatezza e combattere frontalmente la criminalità organizzata, ci era sembrato un motivo più che sufficiente per sostenere l'emendamento. Del resto, sia il Governo, sia i Capigruppo, sia i relatori in un primo momento erano stati favorevoli; c'è stata poi forse una reazione scomposta da parte di alcuni settori, seppur minimi, della magistratura, mentre vi è stato un silenzio composto da parte di quella di Santa Maria Capua Vetere.

Ad ogni modo, la disciplina di partito è un valore assolutamente irrinunciabile. Prendo atto della richiesta del Governo e del relatore e, sia a nome mio personale, sia di quanti hanno sottoscritto l'emendamento, dichiaro che non possiamo non accettare di trasformarlo nel seguente ordine del giorno: «Il Senato, preso atto delle particolari e pressanti esigenze degli uffici giudiziari di Santa Maria Capua Vetere che hanno giurisdizione su un territorio dove vi è una più che massiccia presenza della criminalità organizzata; tenuto conto del preannunziato accorpamento e razionalizzazione degli uffici giudiziari, impegna il Governo ad esaminare, con assoluta priorità, tali esigenze per l'istituzione di una sezione distaccata della corte di appello in provincia di Caserta». (Applausi dal Gruppo PdL).

TOFANI (PdL). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

TOFANI (PdL). Signor Presidente, sarò telegrafico. Desidero solo sottolineare un passaggio dell'intervento del sottosegretario Caliendo. Vede, signor Sottosegretario, non vi sono richieste campanilistiche ed esigenze: vi sono esigenze. Quindi, la inviterei a rispettare anche altre realtà, come il Lazio, dove vi è una sola corte di appello e dove non ci sono esigenze campanilistiche, perché vi è la paralisi di alcune attività amministrative. Mi auguro che al più presto si voglia rivedere l'intera divisione delle circoscrizioni e riorganizzare questa attività.

D'ALIA (UDC-SVP-Aut). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

D'ALIA (UDC-SVP-Aut). Signor Presidente, chiedo di aggiungere la firma all'ordine del giorno G48.0.107, a firma del collega Giuliano. Capisco che può sembrare strana una simile richiesta, ma vorrei segnalare che a fronte di un'eccezionalità della situazione campana che, peraltro, ha portato il Governo ad intervenire e stabilire una giurisdizione - per così dire - domestica per quanto riguarda alcuni reati e illeciti che occupano il territorio campano, mi sembra una proposta di buonsenso.

Vorrei quindi aggiungere la firma all'ordine del giorno G48.0.107. (Applausi dei senatori Giuliano e Coronella).

PRESIDENTE. La Presidenza ne prende atto.

Colleghi, vorrei ora fare il punto della situazione: abbiamo ancora 66 votazioni da effettuare. Si tratta di un testo impegnativo e delicatissimo. È orientamento di questa Presidenza - ma voglio ascoltare il parere dei Capigruppo sia di maggioranza che di opposizione - concedere all'Aula un iter di lavori composto, attento e riflessivo, pur avendo quasi esaurito tutto il tempo a nostra disposizione.

Tuttavia, procedere con la tagliola delle ore 12 non consente né a questa Presidenza, né all'Assemblea quella dignità che dovremmo avere per riflettere attentamente ed evitare di lavorare male. Sottopongo a tutti i Capigruppo l'opportunità di annullare la diretta televisiva e di concludere i lavori rispettando l'orario predefinito dal calendario. (Applausi dai Gruppi PDL, LNP e del senatore Astore).

Non mi piace lavorare con la preoccupazione di commettere errori: lo faccio nell'interesse delle istituzioni e di quest'Aula.

FINOCCHIARO (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

FINOCCHIARO (PD). Presidente Schifani, vorrei segnalare che, proprio avvertiti dalla sua preoccupazione, ci siamo astenuti, ad eccezione dell'intervento di un minuto concesso al senatore Serra.

 

PRESIDENTE. Ma non è una questione di Gruppo.

 

FINOCCHIARO (PD). Ci siamo astenuti dall'intervenire anche su voti delicati e sul voto segreto, in ragione del fatto che ritenevamo, essendo esauriti i termini, di non appesantire la discussione e arrivare alle ore 12 (orario concordato tra maggioranza e opposizione) alla diretta televisiva.

Lo dico perché credo che nella decisione finale si possa e si debba tenere conto, Presidente, del sacrificio che il mio Gruppo ha ritenuto di affrontare per garantire non soltanto il migliore svolgimento dei lavori, ma anche la diretta televisiva e, quindi, una maggiore trasparenza sulla posizione di tutti i Gruppi parlamentari su questo provvedimento così importante.

PRESIDENTE. Senatrice Finocchiaro, prendo atto delle sue considerazioni. È mio dovere mantenermi al di fuori delle posizioni dei singoli Gruppi. Ho però il dovere di prendere atto, senatrice Finocchiaro, che mancano venti minuti alle ore 12 e che vi sono ancora più di 60 votazioni da effettuare. Le responsabilità saranno poi oggetto di dibattito politico, ma non di quello parlamentare.

Credo che in questo momento l'interesse superiore della Presidenza e dell'Aula dovrebbe essere quello di lavorare con una certa celerità, ma evitando di lavorare male.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 48.100.

 

INCOSTANTE (PD). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 48.100, presentato dalla senatrice Thaler Ausserhofer e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Gli emendamenti 48.301 e 48.302 sono stati ritirati.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 48.800.

 

INCOSTANTE (PD). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 48.800, presentato dal Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Risultano pertanto preclusi gli emendamenti 48.303 e 48.304.

Metto ai voti l'emendamento 48.801, presentato dal Governo.

È approvato.

Sull'emendamento 48.305 vi è un invito al ritiro. Senatore Bricolo, intende accoglierlo?

 

BRICOLO (LNP). Sì, signor Presidente.

 

PRESIDENTE. Sul 48.306 è stato formulato un invito a ritirare la prima parte, mentre il parere è favorevole alla seconda parte dell'emendamento.

Senatore Bricolo, cosa intende fare?

 

BRICOLO (LNP). Ritiro la prima parte, signor Presidente.

 

PRESIDENTE. Passiamo quindi alla votazione dell'emendamento 48.306 (testo 2).

 

INCOSTANTE (PD). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 48.306 (testo 2), presentato dal senatore Bricolo e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 48.900, presentato dai relatori.

È approvato.

 

Passiamo alla votazione dell'articolo 48, nel testo emendato.

 

INCOSTANTE (PD). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'articolo 48, nel testo emendato.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, informo l'Aula che da intese congiunte dei Gruppi si è addivenuti alla decisione di iniziare le dichiarazioni di voto in diretta televisiva alle ore 13. Avremo quindi modo di salvare la compostezza e la serenità dei lavori d'Aula e il diritto di informazione politica attraverso la trasmissione televisione.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 48.0.600 (testo 3)/1.

CASSON (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CASSON (PD). Signor Presidente, forse ho inteso male il parere del relatore sull'emendamento 48.0.600 (testo 3)/1. Mi sembrava di aver capito che il parere del Governo fosse favorevole e che il relatore si fosse rimesso al Governo.

 

PRESIDENTE. Chiediamo subito la conferma al relatore.

 

BERSELLI, relatore. Sull'emendamento 48.0.600 (testo 3)/1 il parere è contrario.

 

PRESIDENTE. Ce n'è un altro su cui è stato espresso il parere favorevole, ma non è questo. Il parere favorevole è stato espresso sull'emendamento 48.0.601 (testo 2)/1.

Metto ai voti l'emendamento 48.0.600 (testo 3)/1, presentato dal senatore Casson e da altri senatori.

Non è approvato.

 

Metto ai voti l'emendamento 48.0.600 (testo 3 corretto), presentato dal Governo.

È approvato.

 

Metto ai voti l'emendamento 48.0.601 (testo 2)/1, presentato dal senatore Casson e da altri senatori.

È approvato.

Metto ai voti l'emendamento 48.0.601 (testo 2), presentato dal Governo, nel testo emendato.

È approvato.

 

È stato avanzato un invito a ritirare e a trasformare in un ordine del giorno l'emendamento 48.0.300. Senatore Fluttero, accoglie tale invito?

 

FLUTTERO (PdL). Sì, signor Presidente.

INCOSTANTE (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

INCOSTANTE (PD). Signor Presidente, vorrei rapidamente intervenire su questo emendamento rispetto al quale il rappresentante Governo ha avanzato un invito al ritiro. Infatti, come rappresentante del territorio e anche per le motivazioni addotte dalla stessa magistratura, mi sembra abbastanza evidente che vi sia una grande connessione nei fenomeni criminali.

Signor Presidente, mi scuso, ma credo di aver sbagliato emendamento. Chiedo, comunque, che il mio intervento venga considerato rispetto all'emendamento 48.0.107, su cui è intervenuto anche il sottosegretario Caliendo. Ritengo che sia stato molto utile e saggio avanzare un invito al ritiro. Se l'emendamento venisse posto in votazione, non esprimeremmo un voto favorevole, così come non siamo favorevoli al contenuto dell'ordine del giorno.

Lo affermo perché desidero che ciò rimanga agli atti. Credo, infatti, che le motivazioni siano molte serie, vista la connessione dei fenomeni criminali sul territorio e la possibilità che, indagando su un territorio, si scoprano connessioni ad un altro territorio. Per tale motivo, siamo sulla giusta linea della concentrazione su cui il rappresentante del Governo si è espresso.

PRESIDENTE. Essendo stato accolto dal Governo, l'ordine del giorno G48.0.300 non verrà posto in votazione.

È stato avanzato un invito a ritirare e a trasformare in un ordine del giorno anche l'emendamento 48.0.108. Senatore Compagna, accoglie tale invito?

COMPAGNA (PdL). Signor Presidente, non posso che accettare la sollecitazione del Governo, anche perché sono molto affezionato e speranzoso nell'ulteriore corso del provvedimento. Il mio emendamento risale a prima dell'estate e riguarda le cosiddette stragi del sabato sera. Da allora sono stati raggiunti livelli ancora più preoccupanti. Non sono un massimalista e non sono un proibizionista; non sono neanche un persecutore delle discoteche. Ho notato, però, che nell'ambito della legislazione pattizia, da quando se ne occupava il collega Giovanardi con i gestori di discoteche della Romagna, la via pattizia, patteggiata e patteggiabile alla legalità non ha portato a nulla.

Lo Stato, nelle sue esigenze di autorità, è incalzato dai provvedimenti e dalle ordinanze assunti sul territorio dai sindaci. Lo Stato giungerebbe irrimediabilmente in ritardo se non inserisse - spero già in occasione dell'esame alla Camera dei deputati - questa modifica del codice con tutti i crismi di statualità che attengono alla disciplina codicistica, perché quella delle vite umane e dei ping-pong di umanità non sia soltanto retorica. Da qui nascono la mia gratitudine e la mia fiducia nella sensibilità del sottosegretario Mantovano.

PRESIDENTE. Essendo stato accolto dal Governo, l'ordine del giorno G48.0.108 non verrà posto in votazione.

Metto ai voti l'emendamento 48.0.105, presentato dal senatore Pinzger e da altri senatori.

Non è approvato.

 

Metto ai voti l'emendamento 48.0.400/1, presentato dal senatore Casson e da altri senatori.

Non è approvato.

 

Metto ai voti l'emendamento 48.0.400/2, presentato dal senatore Casson e da altri senatori.

Non è approvato.

 

Metto ai voti l'emendamento 48.0.400/3, presentato dal senatore Casson e da altri senatori.

Non è approvato.

 

Metto ai voti l'emendamento 48.0.400, presentato dal Governo.

È approvato.

Ricordo che l'emendamento 48.0.107 (testo 2) è stato ritirato e trasformato nell'ordine del giorno G48.0.107 che, essendo stato accolto dal Governo, non verrà posto in votazione.

Passiamo all'esame dell'articolo 49, sul quale sono stati presentati emendamenti che si intendono illustrati e su cui invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi. (Brusìo).

Onorevoli colleghi, siamo ormai in fase di conclusione: vi chiedo di darci una migliore organizzazione.

BERSELLI, relatore. Signor Presidente, esprimo parere favorevole sull'emendamento 49.650 e parere contrario sugli emendamenti 49.100, 49.0.500, 49.0.550 e 49.0.551.

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Esprimo parere conforme al relatore.

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 49.650, presentato dal Governo, interamente sostitutivo dell'articolo 49.

È approvato.

 

Risulta pertanto precluso l'emendamento 49.100.

Metto ai voti l'emendamento 49.0.500, presentato dalla senatrice Poretti e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 49.0.550, presentato dal senatore D'Alia.

Non è approvato.

L'emendamento 49.0.551 risulta assorbito dall'approvazione dell'emendamento 49.650.

Passiamo all'esame dell'articolo 50.

Lo metto ai voti.

È approvato.

 

Passiamo all'esame degli emendamenti tendenti ad inserire articoli aggiuntivi dopo l'articolo 50, che si intendono illustrati e su cui invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi.

Comunico che gli emendamenti 50.0.100/1 e 50.0.100/2 sono stati ritirati.

BERSELLI, relatore. Mi rimetto al parere del Governo.

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Sull'emendamento 50.0.100 del senatore D'Alia, il Governo aveva proposto al presentatore una riformulazione che mi pare sia stata accolta. Pertanto, il parere è favorevole.

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 50.0.100 (testo 3), presentato dal senatore D'Alia.

È approvato.

Passiamo all'esame dell'articolo 51.

Lo metto ai voti.

E' approvato.

Passiamo all'esame dell'articolo 52, sul quale sono stati presentati emendamenti, che si intendono illustrati e su cui invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi.

BERSELLI, relatore. Esprimo parere contrario sull'emendamento 52.100. L'emendamento 52.0.101 (testo corretto) risulta ritirato.

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Esprimo parere conforme al relatore.

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 52.100, presentato dal senatore De Sena e da altri senatori.

Non è approvato.

 

Metto ai voti l'articolo 52.

È approvato.

 

L'emendamento 52.0.101 (testo corretto) è ritirato.

Passiamo all'esame dell'articolo 53, sul quale sono stati presentati due emendamenti dal Governo, che si intendono illustrati e su cui invito il relatore a pronunziarsi.

BERSELLI, relatore. Esprimo parere favorevole su entrambi gli emendamenti.

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 53.800, presentato dal Governo.

È approvato.

 

Metto ai voti l'emendamento 53.801, presentato dal Governo.

È approvato.

 

Metto ai voti l'articolo 53, nel testo emendato.

È approvato.

 

Passiamo all'esame dell'articolo 54, sul quale sono stati presentati emendamenti, che si intendono illustrati e su cui invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi.

BERSELLI, relatore. Esprimo parere favorevole sull'emendamento 54.650, del Governo. Il parere è invece contrario sull'emendamento 54.100. La riformulazione dell'emendamento 54.0.300 da parte della presentatrice, senatrice Allegrini, mi trova favorevole. Invito i presentatori dell'emendamento 54.0.301 a trasformarlo in un ordine del giorno. Sull'emendamento 54.0.302 esprimo parere contrario. Sull'emendamento 54.0.303 mi rimetto al Governo.

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Esprimo parere conforme al relatore. Sull'emendamento 54.0.301 è stata concordata con i presentatori la trasformazione in un ordine del giorno.

Con riferimento all'emendamento 54.0.302, su cui la 5a Commissione ha manifestato la propria contrarietà, intendo sottolineare l'attenzione e l'impegno del Governo per Lampedusa, non soltanto per le attività di accoglienza e di contrasto, ma anche per tutto ciò che va a favore degli abitanti dell'isola, in senso reale e non demagogico, come proponeva la senatrice Maraventano.

Per quanto riguarda l'emendamento 54.0.303 è stata proposta una riformulazione che mi sembra sia stata accettata dai proponenti.

PRESIDENTE. La riformulazione dell'emendamento 54.0.303 non è ancora pervenuta agli uffici della Presidenza e pertanto lo accantoniamo momentaneamente.

Metto ai voti l'emendamento 54.650, presentato dal Governo, interamente sostitutivo dell'articolo 54.

È approvato.

Risulta pertanto precluso l'emendamento 54.100.

Metto ai voti l'emendamento 54.0.300 (testo 2 corretto) presentato dalle senatrici Allegrini e Gallone.

È approvato.

 

Sull'emendamento 54.0.301 è stato avanzato un invito al ritiro e a trasformarlo in ordine del giorno ed il Governo si era dichiarato disponibile ad accoglierlo.

È d'accordo, senatore Bricolo?

 

BRICOLO (LNP). Sì.

 

PRESIDENTE. Essendo stato accolto dal Governo, l'ordine del giorno G54.0.301 non verrà posto in votazione.

Stante il parere contrario espresso dalla 5a Commissione ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, l'emendamento 54.0.302 è improcedibile.

Avendo temporaneamente accantonato l'emendamento 54.0.303, passiamo all'esame dell'articolo 55, sul quale è stato presentato un emendamento dei relatori, che si intende illustrato.

LI GOTTI (IdV). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

LI GOTTI (IdV). Signor Presidente, il problema è stato da me già in precedenza esaminato e lei lo conosce benissimo. A seguito delle osservazioni che abbiamo avanzato sulla copertura finanziaria, determinate dal fatto che quella prevista riguardava il reato di ingresso illegale e non quello di soggiorno illegale, lei stesso, rilevando il diverso impatto che la norma contenuta nell'articolo 19 avrebbe avuto sulla platea dei destinatari, aveva invitato la 5a Commissione a rivedere la propria valutazione. E ciò che appare francamente sconcertante è il parere formulato dalla stessa. Sulla base dei dati forniti dal Ministero dell'interno, essa ha ritenuto che la platea dei destinatari del processo per il reato di soggiorno illegale nel territorio dello Stato ammonti a 3.660 persone. Sappiamo - perché il Governo ha fornito questi dati in altre occasioni - che gli irregolari presenti nel nostro territorio alla data del 1° luglio 2006 erano 760.000, come risulta dalla relazione sul Primo rapporto sugli immigrati in Italia.

Non riesco a capire, rispetto a questi numeri, come sia possibile che il Ministero dell'interno abbia fornito il dato di 3660 irregolari destinatari del processo; è chiaramente un dato inesatto. La 5a Commissione dice che questo non è il numero degli irregolari ma è il numero dei prevedibili processi. Io non riesco comprendere quale sia la ratio, né il Governo ha fornito chiarimenti.

L'unico dato di cui noi disponiamo è la relazione tecnica che il Governo ha fornito, nella quale si dice che i soggiorni illegali sono 3660. I dati relativi al numero di ingessi illegali, che sono 54.000, nonché quelli relativi al numero dei soggiorni irregolari sono stati comunicati dal Ministero dell'interno: ossia, si fa riferimento ai dati relativi ai soggiorni irregolari. Ora, tra la cifra di 760.000 soggiorni e quella di 3660 vi è un abisso. Se si dice che i soggiorni irregolari sono 3660, la copertura finanziaria è di 33 milioni di euro; se la platea dei processandi diventa di 500.000 persone, la copertura finanziaria deve essere moltiplicata almeno per dieci: ossia, servono oltre 400 milioni di euro per rispettare l'articolo 81 della Costituzione.

Signor Presidente, lei è una persona estremamente rigorosa e pone attenzione a questo profilo. Lei stesso si rese conto del problema ritenendolo fondato. Non è pensabile che l'articolo 81 della Costituzione possa essere raggirato in questi termini. Non è pensabile ritenere che gli irregolari improvvisamente diventino 3.660 persone: lo sappiamo che questo dato è falso! Come pensiamo di potere ritenere congrua una copertura finanziaria che asserisca questo dato? Ma come si è permesso il Governo di fornire al Parlamento questo dato, dal momento che ne aveva fornito un altro che indicava in 760.000 gli irregolari soggiornanti nel nostro Paese? È un problema di responsabilità che noi dobbiamo assumerci.

Signor Presidente, io mi appello al suo rigore, al rispetto puntuale dell'articolo 81 e al senso di responsabilità di quest'Aula. Si trovi la copertura finanziaria ma non si inganni fornendo dati che sono palesemente falsi. (Applausi dai Gruppi IdV e PD ).

AZZOLLINI (PdL). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

AZZOLLINI (PdL). Signor Presidente, il senatore Li Gotti già un'altra volta aveva posto tale questione. Naturalmente, la Commissione bilancio l'ha presa in esame in maniera approfondita, così come l'obiezione avanzata dal senatore Li Gotti meritava.

Devo dire che in questo caso il lavoro parte da una circostanza molto precisa, perché tale questione è corredata da una regolare relazione tecnica con un conteggio assolutamente preciso. Quanto il senatore Li Gotti sostiene è che i dati della relazione tecnica non sono quelli corrispondenti al nuovo testo normativo. La Commissione bilancio, naturalmente, si attiene ai dati di fatto e questi dati concreti non possono che essere quelli forniti dal Governo e, in questo caso, il Governo ce li ha forniti con dovizia di particolari. Posso assicurare che il processo è stato non soltanto regolare, come al solito, ma anche particolarmente approfondito.

Posso fare un'ulteriore considerazione per tentare di chiarire quello che il senatore Li Gotti dice: egli parla, lo cito testualmente, di una platea di processandi. Il costo non si riferisce alla platea dei processandi, bensì a coloro che subiscono concretamente il processo e che per questo, naturalmente, causano un onere per la finanza pubblica, un onere che nella relazione tecnica viene puntualmente analizzato con il costo unitario e con il costo complessivo.

Quindi, siccome la stima non è relativa alla platea che il senatore Li Gotti ritiene forse 200 volte superiore a quella analizzata, è chiaro che non è questo il parametro di base che la Commissione bilancio deve considerare. Tale parametro è quello fornito dal Governo, corredato naturalmente della relazione tecnica, sulla base di un principio: i costi devono essere quelli che si stima saranno effettivamente sostenuti. Forse questo chiarisce perché non si può parlare di platea di processandi: la platea è una cosa, i processati sono un'altra. Evidentemente il Governo ha preso in esame esattamente questo parametro.

Ovviamente tutto quello che ho detto è stato adeguatamente diffuso e comunque posso assicurarle, senatore Li Gotti, che abbiamo seguito il processo che regolarmente avviene in Commissione bilancio. In questo caso, inoltre, sono state approfondite, come è giusto che sia, anche le sue osservazioni. La mia considerazione forse può aiutare a risolvere i problemi. È evidente che, se sulla scorta dei processi effettivamente sostenuti per il soggiorno illegale si dovesse arrivare a cifre assolutamente superiori, il bilancio dello Stato ne terrà conto negli anni successivi.

LEGNINI (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

LEGNINI (PD). Signor Presidente, la questione posta dal senatore Li Gotti è molto seria. I chiarimenti forniti dal presidente Azzollini non sono affatto sufficienti e li abbiamo già ampiamente confutati in Commissione bilancio.

Vorrei riepilogare molto sinteticamente, sollecitando l'attenzione del Governo, che cosa è accaduto nel dibattito sull'articolo 19. La formulazione originaria dell'articolo prevedeva una nuova fattispecie di reato, quella di ingresso illegale nel territorio dello Stato. A fronte di questa previsione, l'articolo 55 recava una copertura finanziaria di 16 milioni di euro circa per il 2008 e di 33 a partire dal 2009. Attenzione, la copertura è stata costruita non sulla base di una previsione dei processi, perché è noto l'orientamento della Commissione bilancio e della Ragioneria in base al quale non occorre una preventiva e certa copertura nel caso dell'introduzione di un nuovo reato, perché i magistrati restano quelli in attività, così come le cancellerie e quant'altro.

La copertura finanziaria è costruita per effetto della necessità di garantire ai cittadini extracomunitari il gratuito patrocinio; cioè vi sarà un esborso da parte dello Stato a fronte di nuovi processi, per il gratuito patrocinio. A seguito della modifica introdotta dalle Commissioni al testo dell'articolo 19, mediante l'introduzione dell'ulteriore fattispecie del soggiorno illegale, si rendeva necessario integrare la copertura finanziaria così che lei, molto opportunamente, chiamò la Commissione bilancio a riesaminare la questione. In realtà, presidente Azzollini, in Commissione la questione noi l'abbiamo affrontata e risolta (anzi non risolta) sbrigativamente, poiché il Governo non ha affatto integrato la propria relazione tecnica, non ha fornito chiarimenti e non ha fornito elementi ulteriori.

Sta accadendo che confermiamo sulla scorta di una formale relazione tecnica, nel senso che diceva il presidente Azzollini, e noi non vogliamo confermarlo ma vogliamo che il Governo ci spieghi come stanno le cose. È una questione che non attiene solo al dato contabile formalistico della copertura, ma al funzionamento del nostro ordinamento giuridico. (Richiami del Presidente).

Presidente, ho concluso. Non ce ne siamo occupati perché non è vero - mi dispiace affermarlo - quello che il presidente Azzollini ha detto poco fa, cioè che la copertura è stata costruita sulla base non dei processandi ma dei processati, perché la relazione tecnica, caro presidente Azzollini, parla invece di platea di 3.660...

AZZOLLINI (PdL). Platea di cosa?

LEGNINI (PD). Si legge testualmente che la norma comporta oneri connessi al patrocinio a spese dello Stato quantificabili in relazione alla platea degli imputati astrattamente interessati.

AZZOLLINI (PdL). Si parla di platea degli imputati.

LEGNINI (PD). Gli imputati astrattamente interessati sono 700.000, non 3.660.

 

AZZOLLINI (PdL). Ma cosa dice? Come possono essere 700.000 imputati? È assurdo!

 

LEGNINI (PD). Presidente Azzollini, non io, non l'opposizione, ma il Governo stima presenze illegali nel nostro Paese pari a 500.000 più 124.000. Altrimenti per quale motivo avete previsto questa norma? Per quale motivo avete introdotto questo reato? Per 3.000 persone? Ma stiamo scherzando?(Applausi dal Gruppo PD).

È una questione molto seria, Presidente. Siamo in presenza di una palese violazione dell'articolo 81 della Costituzione, che mina l'intero provvedimento. Quindi la prego di invitare il Governo a provvedere integrando la copertura. (Applausi dal Gruppo PD).

BELISARIO (IdV). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

BELISARIO (IdV). Signor Presidente, colleghi, il gioco delle tre carte è notoriamente un gioco d'azzardo ed è vietato, quindi nessuno lo può fare, da nessuna parte. Se il presidente Azzollini mi segue, cercherò di spiegarlo anche a lui. (Commenti dal Gruppo PdL).

 

PRESIDENTE. Colleghi, vi informo che, continuando di questo passo, salta anche la diretta televisiva delle ore 13. Ma andiamo avanti e si chiude intorno alle ore 14. Prego, senatore Belisario, garantisco all'Aula il diritto di dibattito. (Commenti del senatore Astore).

BELISARIO (IdV). Il dato 760.000, ridotto al 10 per cento, fa 76.000; ridotto all'1 per cento fa 7.600. Qualcuno ci vuol dire che gli eventuali sotto processo sarebbero soltanto lo 0,5 per cento. Questi sono i numeri e questa è una truffa, un inganno ai danni degli italiani! (Applausi dal Gruppo IdV. Commenti dai Gruppi PdL e LNP).

Allora, posto che la norma è questa, chiediamo a gran voce - e lo segnaleremo agli organi che poi esamineranno questa norma - una copertura reale, non delle fantasie, perché oggi sono delle fantasie, cioè si approva una norma per espellere 3.660 persone. Questo è un trucco che dobbiamo smontare; oppure insieme, noi come Parlamento la approviamo e voi come Governo trovate la copertura integrale dei costi che questa legge comporterà allo Stato. (Applausi dal Gruppo IdV).

PRESIDENTE. Colleghi, ho ascoltato il dibattito. La Presidenza aveva chiesto una rivisitazione della copertura dell'articolo 55 su sollecitazione del Gruppo Italia dei Valori e non può che prendere atto del fatto che la 5a Commissione ha riesaminato il proprio parere e ne ha confermato il contenuto. Nella seduta del 3 febbraio ha ribadito il parere espresso in data 14 gennaio.

Queste sono le valutazioni espresse dalla Commissione bilancio, di cui la Presidenza non può che prendere atto.

LI GOTTI (IdV). Signor Presidente, considerato che il rappresentante del Governo è in Aula, non gli si può chiedere di darci chiarimenti al riguardo?

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, sono disponibile a dare tutti i chiarimenti che l'Aula chiede leggendo la relazione tecnica che è stata depositata presso la Commissione bilancio, che dà conto dettagliatamente di tutti i problemi sollevati. Faccio presente che si tratta di una relazione comprendente più pagine la cui mera lettura, e non il commento, sarebbe poco compatibile con i tempi celeri che la Presidenza ha imposto al provvedimento in esame. (Applausi dal Gruppo LNP).

Faccio soltanto presente nelle linee generali che la stima di extracomunitari non in regola con il permesso di soggiorno non coincide con quella di extracomunitari che saranno sottoposti a giudizio. Come la semplice lettura dell'articolo 39 permette di rilevare, il numero di coloro che incorrono nel reato di ingresso o permanenza nella clandestinità va determinato al netto dei richiedenti asilo, di coloro cui andrà riconosciuta la protezione umanitaria, dei ricongiungimenti familiari che sono avvenuti per vie traverse e non consuete.

La relazione agli atti della Commissione bilancio è stata redatta con particolare scrupolo dal Presidente e dai componenti della Commissione bilancio dando conto addirittura nei centesimi delle spese relative al gratuito patrocinio. Il rinvio alla lettura di questa relazione, che sono comunque disponibile a fare in questa sede se mi viene richiesto dal Presidente, consente, anche alla luce di quelle considerazioni generali, di dissipare qualsiasi dubbio.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 55.500 (testo 3).

 

INCOSTANTE (PD). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 55.500 (testo 3), presentato dai relatori, interamente sostitutivo dell'articolo 55.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Avverto che l'emendamento 54.0.303 è stato ritirato e trasformato in un ordine del giorno. Il Governo intende accoglierlo?

 

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Sì, signor Presidente.

 

PRESIDENTE. Pertanto, essendo stato accolto dal Governo, l'ordine del giorno G54.0.303 non verrà posto in votazione.

Riprendiamo l'esame degli articoli e degli emendamenti precedentemente accantonati, motivo del fatto per cui non è stato materialmente possibile concludere entro le ore 12.

Passiamo all'esame dell'articolo 7, su cui sono stati presentati emendamenti, che si intendono illustrati e su cui invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi.

VIZZINI, relatore. Invito i presentatori al ritiro degli emendamenti 7.300 e 7.301. Esprimo parere favorevole sull'emendamento 7.302 (testo 2). L'emendamento 7.650 è stato ritirato. Esprimo parere favorevole sugli emendamenti 7.303 e 7.304.

CALIENDO, sottosegretario di Stato per la giustizia. Esprimo parere conforme a quello del relatore.

 

PRESIDENTE. I presentatori, accettano l'invito a ritirare gli emendamenti 7. 300 e 7.301?

MAZZATORTA (LNP). Sì, li ritiriamo.

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 7.302 (testo 2), presentato dal senatore Bricolo e da altri senatori.

È approvato.

L'emendamento 7.650 (testo corretto) è stato ritirato.

Metto ai voti l'emendamento 7.303, presentato dal senatore Valditara e da altri senatori.

È approvato.

Metto ai voti l'emendamento 7.304, presentato dal senatore Valditara e da altri senatori.

È approvato.

Metto ai voti l'articolo 7, nel testo emendato.

È approvato.

Passiamo all'esame degli emendamenti volti ad inserire articoli aggiuntivi dopo l'articolo 8, che si intendono illustrati e su cui invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi.

VIZZINI, relatore. Invito i presentatori al ritiro dell'emendamento 8.0.300. Mi rimetto al Governo sull'emendamento 8.0.301 (testo 2).

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Esprimo parere conforme al relatore. Sull'emendamento 8.0.301 (testo 2) vi è bisogno di un ulteriore approfondimento dato che non riusciamo ad intenderci. Lo faremo nel seguito dell'iter del disegno di legge. Quindi, con un certo rammarico, invito al ritiro.

PRESIDENTE. Chiedo al presentatore se intende ritirare gli emendamenti 8.0.300 e 8.0.301 (testo 2).

 

SALTAMARTINI (PdL). Signor Presidente, li ritiro.

 

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli emendamenti volti ad inserire articoli aggiuntivi dopo l'articolo 12, che si intendono illustrati e su cui invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi.

VIZZINI, relatore. Esprimo parere contrario sugli emendamenti 12.0.100 (testo 2) e 12.0.300 (testo 2).

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Esprimo parere conforme al relatore, con tutte le precisazioni fornite a suo tempo. Se mi ricordo bene, la senatrice Serafini ne aveva chiesto lo stralcio.

PRESIDENTE. Un emendamento non può essere stralciato, come avevo già chiarito all'Assemblea e alla senatrice Serafini.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 12.0.100 (testo 2).

SERAFINI Anna Maria (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

SERAFINI Anna Maria (PD). Non so se vi rendete conto di quello che avete fatto con l'articolo 39 e quali saranno le conseguenze sui bambini.

 

LONGO (PdL). Sì, sì.

 

SERAFINI Anna Maria (PD). Se ne rende conto, collega? Non credo se ne renda conto perché in questo emendamento noi parlavamo dei bambini che hanno bisogno di cure pediatriche e distinguevamo i bambini dai loro genitori e dal permesso di soggiorno. I bambini non potranno più andare al pronto soccorso, non avranno più cure pediatriche.

Vedo chi sorride sui banchi della Lega: che differenza c'è tra noi e quelli che bruciano l'indiano? Ci si rifà coi deboli, si travolge ogni diritto. Ma che conseguenze si saranno per questi bambini?

Il ministro Maroni ha parlato per due giorni sui media del traffico d'organi. Nel momento in cui i bambini non sono assicurati alla salute dove andranno? (Commenti dai banchi della maggioranza). Dove andranno? Non hanno nessuna possibilità di scelta. Non scelgono di venire nel nostro Paese, non scelgono di avere un permesso di soggiorno. Dipendono dai genitori che non andranno per loro e non porteranno i loro bambini. Quindi non solo non avremo le cure psichiatriche ma si andrà verso un peggioramento sostanziale.

Il nostro lavoro è serio. Abbiamo a che fare con la vita della gente. Vi è l'antipolitica, ma sappiamo che la politica è seria perché contribuisce alla vita della gente. Questo dicono i pediatri! Essi li volevano nei reparti pediatrici e non nel pronto soccorso perché il ritardo diagnostico e terapeutico pregiudica in modo irreversibile la loro salute e ne mette a rischio la vita. Stiamo parlando di questo!

Colleghe della Commissione bicamerale: non si può pensare di fare una risoluzione che dica che la salute dei bambini è a rischio. Abbiamo la possibilità di intervenire oggi sulla salute dei bambini. Oggi dobbiamo intervenire. (Commenti dal Gruppo PdL).

Altrimenti ci assumiamo una responsabilità grave, gravissima. Noi distinguiamo ciò che è degli adulti da ciò che è dei bambini. Le nostre leggi dicono che quando i genitori non sono in grado, o perché irregolari o perché in carcere, di pensare alla salute dei bambini, le leggi italiane devono pensarci perché abbiamo ratificato la Convenzione del 1989 sui diritti del fanciullo. Noi la violiamo e, se permettete, violiamo la stessa umana pietà. Qui non c'è neanche una responsabilità minima nei confronti dei minori. Chiedo al Governo di ripensarci. Il mio non è un ragionamento che tende alla demagogia. Vi invito a stabilire una responsabilità: noi abbiamo una responsabilità giuridica e umana nei confronti di questi bambini. Altrimenti non sapremo mai se e come vengono curati. (Applausi dal Gruppo PD e del senatore Astore).

RUTELLI (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà, anche se è già intervenuta la senatrice Serafini.

 

RUTELLI (PD). Signor Presidente, intervengo sul successivo emendamento 12.0.300 (testo 2). Invito il Senato ad una riflessione su quello che stiamo votando poiché abbiamo già - ricorda bene il senatore Mantovano - accantonato questa materia tre settimane fa quando la senatrice Serafini aveva illustrato questo emendamento.

Vorrei invitare i colleghi ad esaminare molto seriamente la materia che ha almeno due connessioni (considerati i tempi ristrettissimi di cui dispongo, richiamo solo i principi) con questo articolato di legge. In primo luogo, il Senato ha convenuto che si debba togliere la potestà genitoriale a quei genitori i quali riducano in schiavitù, o in ogni caso sfruttino in modo indecente, i loro figli. Sono personalmente favorevole a tale scelta. Allo stesso tempo dico però ai colleghi del Senato che dobbiamo dare a quei bambini l'assistenza indispensabile. Stiamo accantonando il problema di questi emendamenti, ma nel momento in cui si consente che il medico possa denunciare clandestini che hanno dei figli, si toglie alla tutela sanitaria ...

 

PRESIDENTE. Senatore Rutelli, la prego di concludere.

 

RUTELLI (PD). Presidente, mi faccia concludere. (Commenti dai banchi del centrodestra).

 

PRESIDENTE. La sto pregando di concludere.

 

RUTELLI (PD). Avrei già finito.

 

PRESIDENTE. Senatore Rutelli, ci mancherebbe, ho il massimo rispetto, il problema che conoscete è quello delle ore 13. Non negherò la parola a nessun collega di questo emiciclo.

 

RUTELLI (PD). Mi faccia terminare.

Sto segnalando al Governo che noi togliamo la patria potestà - ed è giusto - ai genitori che sfruttano i loro figli, ma quei bambini hanno il diritto-dovere di essere seguiti dal punto di vista delle loro condizioni di salute e psicologiche, di essere seguiti e assistiti, come ha detto la senatrice Serafini.

Invito quindi il Governo e l'Assemblea, nell'esame di questo disegno di legge, ad assumersi la responsabilità di trovare, evitando rinvii ad altri provvedimenti, una soluzione decente dal punto di vista della sicurezza, umanitario e del rispetto dei diritti fondamentali dei bambini nel nostro Paese. (Applausi del Gruppo PD e del senatore Astore).

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, vorrei evidenziare, perché ci sia il massimo della chiarezza, che il Governo non ha espresso parere contrario agli emendamenti 12.0.100 (testo 2) e 12.0.300 (testo 2), ma ne ha chiesto il ritiro per una serie di ragioni, non ultima la necessità che quanto viene proposto sia poi effettivamente introdotto.

La copertura indicata da questi emendamenti, 12,5 milioni di euro, viene infatti ad incidere sulla riduzione (stiamo parlando di bambini, quindi c'è disagio ad esprimersi in termini tecnici, ma penso tutti noi vogliamo un risultato) di stanziamenti di spesa corrente della tabella C, le cui risorse sono già impegnate e comporterebbero una compressione delle esigenze di enti e istituti che si muovono su questo piano e che hanno già delle previsioni di spesa.

Il rinvio serve allora ad approfondire questa materia ed a pervenire ad una formulazione, non soltanto conforme alle intenzioni, ma anche in grado di reggere e di avere efficacia concreta. (Applausi dai Gruppi PdL e LNP).

INCOSTANTE (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

INCOSTANTE (PD). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 12.0.100 (testo 2), presentato dalla senatrice Serafini Anna Maria e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 12.0.300 (testo 2).

 

INCOSTANTE (PD). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 12.0.300 (testo 2), presentato dalla senatrice Serafini Anna Maria e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 30, su cui sono stati presentati emendamenti, che si intendono illustrati e su cui invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi.

VIZZINI, relatore. Signor Presidente, sull'emendamento 30.100 esprimo parere contrario, mentre sull'emendamento 30.500 (testo 2) esprimo parere favorevole.

 

PRESIDENTE. Sul comma 4-ter di questa proposta emendativa vi è un parere contrario della 5ª Commissione.

 

VIZZINI, relatore. Sì, signor Presidente, dobbiamo sopprimere questo comma.

Sugli emendamenti 30.501 e 30.650 esprimo parere favorevole, mentre esprimo parere contrario sull'emendamento 30.101.

 

PRESIDENTE. Quest'ultimo, senatore Vizzini, sarebbe precluso dall'eventuale approvazione dell'emendamento 30.650.

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, esprimo parere conforme al quello espresso dal relatore, con una sola precisazione.

Il Governo chiede che l'emendamento dei relatori 30.500 (testo 2) sia votato nella sua interezza, incluso il comma 4-ter, a proposito del quale, pur manifestando tutto il rispetto nei confronti dei lavori che ha svolto, continuo però a non capire la decisione della 5a Commissione.

Desidero quindi illustrare per pochi secondi la materia seguente, signor Presidente. Un bene o un'azienda viene sequestrato alla criminalità mafiosa: l'interesse di tutte le persone oneste è che - se non è soltanto una centrale per il riciclaggio - continui a produrre, nei limiti del possibile, e si mantenga il più possibile il livello occupazionale.

Questo spiega perché, durante la fase del sequestro, i crediti erariali vengono sospesi, ed è giusto che sia così, perché il sequestro potrebbe non portare alla confisca: in tal caso, l'erario riprenderebbe a vantare i propri crediti. Nel momento in cui, però, si realizza la confisca, il bene va nella disponibilità dello Stato e, in modo particolare, del Ministero dell'economia, cioè della stessa articolazione istituzionale che provvede a imporre i tributi.

Allora, la proposta contenuta nell'emendamento dei relatori è che, una volta che si vada alla confisca, vi sia l'applicazione di quell'istituto del codice civile che si chiama confusione, in base al quale i debiti si estinguono rispetto al bene che va nella disponibilità di chi vantava i corrispondenti crediti.

Questo, per evitare quella che, a mio avviso, è una follia, ossia che lo Stato confischi aziende che entrano nel proprio patrimonio gravate di tributi erariali, il che non comporta nulla di più in termini di entrate allo Stato stesso, ma comporta che quell'azienda, se è riuscita per miracolo a sopravvivere fino a quel momento, certamente venga precipitata dalla presenza di questi tributi.

Il ragionamento, che mi permetto di definire formalistico, è che non si quantifica il meno che entra allo Stato: ma che cosa deve entrare, nel momento in cui entra il bene, se non un debito, che porta semplicemente a rendere più gravosa - fino ai limiti dell'impossibilità - la gestione di quel bene?

Signor Presidente, mi permetto pertanto di sollecitare, con gli strumenti che il Regolamento del Senato mette a disposizione (non so se anche del Governo), un parere ed un voto favorevole all'intero emendamento, perché la soppressione della sua ultima parte - probabilmente per limiti soggettivi - sfugge a qualsiasi comprensione. (Applausi dal Gruppo PdL).

VIZZINI, relatore. Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

VIZZINI, relatore. Signor Presidente, le osservazioni mosse dal sottosegretario Mantovano sono esattamente quelle che io stesso avevo formulato e rappresentano il motivo per cui l'emendamento 30.500 (testo 2) era stato accantonato.

Tuttavia, avendo la massima stima del sottosegretario Mantovano, che considero persona preparata, debbo rilevare che - a seguito dell'accantonamento - la Commissione bilancio ha confermato il parere negativo, supportata non dalla propria scienza infusa, ma dalla presenza di un altro pezzo del Governo, che sostiene una tesi differente.

Quindi, ci troviamo in questa situazione perché il Governo, da un lato, ci dice che questa cosa va fatta così e ci invita a votarla, mentre la Commissione, dall'altro, ci dà un parere negativo, perché un altro rappresentante del Governo esprime opinioni diverse.

Non saprei più che cosa suggerire, pertanto, rispetto a questo punto.

 

PRESIDENTE. Senatore Vizzini, adesso vediamo cosa accadrà.

CENTARO (PdL). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CENTARO (PdL). Signor Presidente, accedendo alla tesi fin troppo ovvia e naturale espressa dal Sottosegretario, chiedo a quindici colleghi di supportare la mia richiesta di voto elettronico, ai sensi del Regolamento.

 

PRESIDENTE. Sull'intero emendamento 30.500 (testo 2)?

 

CENTARO (PdL). Sì.

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 30.100, presentato dal senatore Li Gotti e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 30.500 (testo 2), sul cui ultimo capoverso - che introduce il comma 4-ter - è stato espresso il parere contrario della 5ª Commissione, ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione. È stata formulata dal senatore Centaro una richiesta di voto elettronico sull'intero emendamento.

Invito pertanto il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Centaro, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo
(art. 102-bis Reg.)

 

PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 30.500 (testo 2), presentato dai relatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 30.501, presentato dai relatori.

È approvato.

 

Metto ai voti l'emendamento 30.650, presentato dal Governo.

È approvato.

Risulta pertanto precluso l'emendamento 30.101.

Metto ai voti l'articolo 30, nel testo emendato.

È approvato.

 

Passiamo all'esame dell'articolo 32, su cui sono stati presentati emendamenti, che si intendono illustrati e su cui invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi.

VIZZINI, relatore. Esprimo parere contrario su tutti gli emendamenti all'articolo 32 precedentemente accantonati, ad eccezione dell'emendamento 32.800 (testo corretto) sul quale esprimo parere favorevole. Esprimo parere contrario anche su tutti gli emendamenti tendenti ad inserire articoli aggiuntivi dopo l'articolo 32.

MANTOVANO, sottosegretario di Stato per l'interno. Esprimo parere conforme a quello del relatore.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione della prima parte dell'emendamento 32.100.

INCOSTANTE (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

INCOSTANTE (PD). Signor Presidente, trattandosi di misure in materia di infiltrazioni della criminalità organizzata in appalti pubblici, ci sembra molto importante richiamare l'attenzione dell'Assemblea su questo voto.

Pertanto, chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, della prima parte dell'emendamento 32.100, presentato dal senatore Casson e da altri senatori, fino alle parole «in quanto compatibili».

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Risultano pertanto preclusi la restante parte dell'emendamento 32.100 e l'emendamento 32.500.

CARLONI (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CARLONI (PD). Signor Presidente, vorrei che restasse a verbale che ho sbagliato a votare nell'ultima votazione e che il mio voto era favorevole e non contrario.

PRESIDENTE. La Presidenza ne prende atto.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 32.101.

 

GIAMBRONE (IdV). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Giambrone, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 32.101, presentato dal senatore Li Gotti e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 733

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 32.800 (testo corretto), presentato dal Governo.

È approvato.

Metto ai voti l'articolo 32, nel testo emendato.

È approvato.

 

Metto ai voti l'emendamento 32.0.102, presentato dal senatore Li Gotti e da altri senatori.

Non è approvato.

 

Metto ai voti l'emendamento 32.0.501, presentato dal senatore Li Gotti e da altri senatori.

Non è approvato.

 

Essendo stato espresso parere contrario dalla 5a Commissione, ai sensi dell'articolo 81 della Costituizione, l'emendamento 32.0.100 (testo 2 corretto) è improcedibile.

Metto ai voti l'emendamento 32.0.101, presentato dal senatore Casson e da altri senatori.

Non è approvato.

 

Colleghi, abbiamo così concluso le votazioni degli articoli e degli emendamenti.

VALDITARA (PdL). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

VALDITARA (PdL). Signor Presidente, avrei voluto intervenire in occasione della votazione dell'articolo 7 per chiedere alla Presidenza di poter allegare agli atti la mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Senatore Valditara, la Presidenza l'autorizza in tal senso.

Colleghi, la seduta è sospesa e riprenderà alle ore 13 per la diretta televisiva.

 

(La seduta, sospesa alle ore 12,38, è ripresa alle ore 13,01).

 

Riprendiamo i nostri lavori.

Passiamo alla votazione finale.

PISTORIO (Misto-MPA). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

PISTORIO (Misto-MPA). Signor Presidente, signori del Governo, onorevoli colleghi, l'approvazione del provvedimento in esame costituisce l'adempimento puntuale di uno dei punti fondamentali del programma della coalizione (se non ricordo male, il punto 3). Si tratta, quindi, di un passaggio che qualifica l'azione dell'Esecutivo e della sua maggioranza parlamentare perché mantiene un impegno assunto con gli elettori su una parte fondamentale dell'iniziativa politica del centrodestra, che ha avuto grande riscontro nel Paese.

A me piacerebbe che il Governo rivolgesse la stessa puntualità negli adempimenti programmatici a tutti i punti di quel programma. In particolare, il sottosegretario Mantovano, uomo del Mezzogiorno, impegnato in quel territorio nella sfida alla criminalità anche per la sua competenza professionale, sa quanto possa essere importante il tema dello sviluppo di quelle Regioni per liberare le stesse dall'ipoteca della criminalità organizzata.

Quindi, nell'apprezzamento per l'azione del Governo e per la coesione della maggioranza parlamentare a sostegno di questo punto, utilizzo la mia dichiarazione di voto per ricordare che altri punti vanno evasi con la stessa sollecitudine, perché se c'è un pezzo del programma oggi disatteso è proprio quello a cui io sono molto legato, non solo personalmente, ma anche come Movimento per l'Autonomia, e che riguarda lo sviluppo del Sud (punto 5 di quel programma).

Vorrei ricordare al Governo, chiamando comprensibilmente in causa il senatore Mantovano, che oggi in Aula lo rappresenta, che la nostra coalizione in quelle aree ha conquistato un consenso straordinario perché ha ottenuto la fiducia dei cittadini. Ma non dobbiamo considerare quel consenso come una conquista stabile, duratura e garantita a prescindere da quale che sia l'azione del Governo. Quel consenso va rispettato, mantenuto e rafforzato, definendo politiche importanti che inneschino processi virtuosi di sviluppo.

In questo senso, signor Presidente del Senato, il già utile lavoro del Parlamento in questa occasione è stato utilissimo, perché il provvedimento nella sua stesura originaria, per come proveniva dal Governo, aveva una calibratura diversa, era meno ricco, meno consistente, portatore di una interpretazione che potrei definire limitata, perché metteva al centro della politica di sicurezza la sensazione che il fronte più caldo fosse quello del contrasto all'immigrazione clandestina, soprattutto per la sensibilità di alcune aree del Paese nei confronti di questo tema, perché in quell'ambito si sviluppano molti reati contro la persona e contro il patrimonio. Una questione certamente fondata, che in questi ultimi giorni è ancor di più all'attenzione, anche perché il circuito mediatico ne sviluppa la percezione nell'opinione pubblica. Anche se fosse rimasto tale, io avrei votato il provvedimento in modo disciplinato, così come fatto con tutti gli altri provvedimenti del Governo, perché lo ritenevo un modo per ottemperare correttamente al programma, che definiva le politiche di sicurezza con questo particolare punto di attacco.

Apprezzabilmente però il lavoro parlamentare, qualche volta anche in modo - come si dice - bipartisan, ha sviluppato in modo fortissimo, d'accordo con il Governo, che è stato aperto e sensibile nell'interpretare questo bisogno, le misure finalizzate al contrasto alla criminalità organizzata e al recupero di legalità in alcuni territori. Non perché la criminalità organizzata sia patrimonio esclusivo del Sud del Paese, visto che innerva anche altre zone, ma perché da noi, nel Mezzogiorno, esprime un'invasività ed un'aggressività intollerabili per la nostra convivenza civile.

È per questo che siamo convintamente favorevoli al provvedimento in esame, perché ha compreso la necessità di ben calibrare la misura dell'intervento rispondendo ad un'esigenza, ad un bisogno e ad una domanda di legalità che fortissimamente cresce nel Sud del Paese.

Ed io con un artifizio - ma mi serve di tutto per giustificare il mio consenso convinto al Governo - considero questo arricchimento del provvedimento in discussione una sorta di anticipazione sul perseguimento degli obiettivi relativi al Mezzogiorno. Infatti, per iniziativa del Movimento per l'Autonomia - ho contribuito alla stesura di quel pezzo del programma di coalizione - noi nelle politiche di sviluppo del Mezzogiorno al punto 5 abbiamo inserito il contrasto alla criminalità organizzata e un piano di emergenza per la sicurezza e legalità nel Sud. Questo perché riteniamo inscindibili le politiche di sicurezza e di contrasto nel Mezzogiorno e la possibilità di un processo di sviluppo autenticamente trasparente nelle sue iniziative economiche.

Consideriamo l'invasività della criminalità organizzata un pericolo, anzi un problema molteplice, perché essa intimidisce, deprime le attività economiche, dissuade chi ha voglia di intraprendere, sia che si tratti di ambienti imprenditoriali locali che di ambienti imprenditoriali che vogliono dall'esterno investire nel Mezzogiorno. Ma vi è un ulteriore pericolo: che l'invasività non si limiti all'attività di intimidazione e di estorsione, ma che essa infiltri direttamente l'attività economica, creando meccanismi distorsivi della concorrenza che uccidono il mercato.

Per queste ragioni, chiediamo al Governo di continuare su questa strada definendo ancora di più misure a sostegno degli imprenditori coraggiosi che denunciano le estorsioni attraverso benefici fiscali - il Governo su questo terreno è stato poco sensibile - e di tutoraggio.

Il tema del tutoraggio, del sostegno mirato a chi ha il coraggio civile di denunciare l'aggressione mafiosa è il meccanismo attivo attraverso cui si incoraggia questo processo. Sappiamo, signor Presidente, che nella nostra Regione questo fenomeno comincia a lievitare anche per l'iniziativa importante di Confindustria Sicilia che ha segnato un passo significativo di rottura con la cultura della omissione e del silenzio. Questo processo va accompagnato.

Per questa ragione il provvedimento ci convince. Per questa sua calibratura che lo ha arricchito e che ha guardato a tutto il Paese, non soltanto ad un'emergenza percepita in modo chiaro nel Nord e di cui si fanno legittimamente interpreti i colleghi della Lega che hanno una grande capacità di porre le questioni relative al loro territorio al Governo e al Parlamento. Li invidio e spero un giorno di essere capace come loro di porre le questioni del mio territorio con la stessa energia, la stessa autorevolezza e lo stesso grado di consenso. Perché il consenso in democrazia è indispensabile.

Ma talvolta anche l'essere in pochi, se si dicono cose giuste, può consentire ad un ambiente attento di cogliere delle opportunità. In questo senso, ho da far valere una piccola lamentela. Sul tema della destinazione dei beni confiscati alla criminalità, vi era una proposta di destinare tali beni anche agli enti locali che vengono aggrediti dalla mafia affinché non si realizzasse un doppio impoverimento. Vi era stato anche un incontro tra il ministro Maroni e il presidente della Regione siciliana, Lombardo, per definire la misura di tale destinazione ed era stato presentato anche un emendamento dei relatori, il 30.0.100. Ho dovuto prendere atto che anche quell'emendamento è venuto meno poiché è stato sostituito da un ordine del giorno dal contenuto molto generico. Me ne rammarico. Questo non toglie nulla al mio convincimento circa il voto favorevole sul provvedimento, ma mi lascia un po' di amarezza perché un'altra delle nostre proposte è stata disattesa. (Applausi dal Gruppo Misto-MPA).

D'ALIA (UDC-SVP-Aut). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

D'ALIA (UDC-SVP-Aut). Signor Presidente, voteremo contro questo provvedimento e lo faremo con amarezza e profondo rammarico. Sei mesi fa, infatti, abbiamo aperto un confronto in Parlamento sul tema della sicurezza senza pregiudizi e, come è noto, sul decreto-legge che ha anticipato alcuni provvedimenti ci siamo astenuti. Ci saremmo aspettati in questo periodo un confronto serio, approfondito e soprattutto efficace su cosa fare per la sicurezza dei cittadini. Invece, ci siamo trovati di fronte ad una lunga serie di annunci, alla spicciola propaganda, a veri e propri spot elettorali. E tutto ciò proprio mentre è cresciuta l'emergenza clandestini, con il moltiplicarsi degli sbarchi e degli ingressi illegali, e numerosi ed intollerabili reati di violenza sessuale si sono moltiplicati, occupando incessantemente le pagine dei giornali.

Certamente, signor Presidente, non tutto è da buttare. In questo provvedimento vi sono norme che abbiamo votato, condiviso e concorso a scrivere. Vi sono tante nuove fattispecie di reato e tanti nuovi inasprimenti di sanzioni: le norme contro la mafia, l'inasprimento del carcere duro per i mafiosi, l'inasprimento delle sanzioni per l'associazione a delinquere di stampo mafioso, un regime più efficace per la confisca dei beni e dei patrimoni mafiosi e, ancora, le norme contro lo stupro.

Anche in questo caso, però, le norme approvate anche con il nostro concorso e che prevedono il carcere preventivo obbligatorio per una serie di reati sono state approvate in maniera disorganica e demagogica. Oggi, infatti, in base al testo che voi voterete, un soggetto indagato per frode informatica deve essere arrestato con la reclusione in carcere al pari di un soggetto indagato per stupro; invece, per un soggetto indagato per omicidio, per rapina aggravata o per strage la detenzione preventiva in carcere è affidata al libero apprezzamento del giudice. Non si legifera così perché, alla fine, questo crea un sistema penale disorganico che va contro gli interessi dei cittadini.

Ancora, mi riferisco alle norme che ha seguito in maniera particolare il sottosegretario Mantovano, che ringraziamo insieme a lei, signor Presidente. Non sono solo norme riguardanti la prevenzione sull'associazionismo contiguo ai fenomeni di terrorismo, ma anche quelle riguardanti forme di propaganda e di apologia sui nuovi mezzi di comunicazione, come Internet e come quei social network dove ancora oggi si inneggia in maniera volgare e violenta a Riina, a Provenzano, alle Brigate Rosse, a coloro i quali hanno compiuto stupri collettivi.

Riguardo a queste norme, che anche noi abbiamo concorso a scrivere e che sono importanti, non possiamo non dare atto al Governo e alla maggioranza di averle sostenute anche su nostra proposta. Tuttavia, signor Presidente, questo Governo e questa maggioranza hanno trasformato un tema fondamentale per la vita degli italiani, cioè la sicurezza, in un pasticcio demagogico e pericoloso. Per brevità, faccio solo qualche esempio.

Per quanto riguarda l'uso e l'impiego dei militari, cito testualmente: Roma, 24 gennaio, il presidente Berlusconi: 30.000 militari per combattere l'esercito del male; Roma, 24 gennaio, ministro La Russa: bene Berlusconi su aumento militari; Lodi, 26 gennaio, ministro Maroni: militari? Ne parleremo giovedì con Napolitano; Roma, 26 gennaio, ministro La Russa: cauto, non facile impiegare altri 30.000 soldati; Roma, 26 gennaio, Lega: no a 30.000 soldati. Bastano 6.000; Roma, 3 febbraio, ministro La Russa: prorogato impiego 3.000 militari fino a luglio. Allo studio ipotesi aumento uomini senza variare risorse; Roma, 4 febbraio, ministro La Russa: 30.000 soldati? Nelle città al massimo 10.000, ma solo se i militari vengono affiancati da altri corpi dello Stato.

Insomma, qual è la posizione del Governo su questa vicenda? Possiamo continuare a dare i numeri alle spalle dei cittadini? La verità sui militari, cari colleghi, è che questi costano di più di Polizia e Carabinieri e possono fare meno, perché non hanno le funzioni di polizia giudiziaria e non possono arrestare o fare fermi di polizia senza avere gli insegnanti di sostegno, che sono i poliziotti e i carabinieri che li affiancano quotidianamente nel pattugliamento. Questi militari costano più dei poliziotti e dei carabinieri e fanno di meno. Percepiscono un'indennità aggiuntiva di 26 euro al giorno contro i 6 euro di Polizia e Carabinieri.

Ma è possibile immaginare una strategia sulla sicurezza fatta solo di annunci, di chiacchiere, di numeri dati in libertà? Credo che ciò non sia più tollerabile nell'interesse dei cittadini. Sappiamo tutti bene che non si può parlare di 30.000 militari nelle strade perché, per il grado che hanno i militari, 30.000 sono tutti quelli a disposizione del Ministero della difesa. Sappiamo anche che nel triennio 2009-2011 è previsto un taglio alle risorse del comparto sicurezza di tre miliardi di euro. Sappiamo bene che è stato bloccato quasi del tutto il turnover delle forze di polizia e che è previsto che su 100 poliziotti che andranno in pensione solo 20 potranno essere rimpiazzati, dal 2012 addirittura solo 10 su 100. Io credo che sia finito il tempo degli annunci.

Vorrei fare un altro esempio, signor Presidente, cioè quello di Lampedusa. Cito testualmente: Roma, 8 gennaio, «Maroni: a Lampedusa solo turisti e niente più barconi»; Arzachena, 24 gennaio, «Berlusconi: a Lampedusa situazione sotto controllo»; Varese, 25 gennaio, «Bossi: a giorni una nave per le espulsioni»; Lampedusa, 3 febbraio, «Il sindaco di Lampedusa: contro di noi accanimento di Maroni». Con due voli, oggi, sono stati trasferiti a Roma 120 tunisini. Il primo volo ha portato all'aeroporto di Fiumicino 44 immigrati scortati da 40 poliziotti, mentre con il secondo volo, partito da Lampedusa alle ore 17,40 sempre per Fiumicino, ne sono stati trasferiti 75 con una scorta di 47 poliziotti. Poiché la matematica non è un'opinione, vorremmo sapere, e rivolgiamo la domanda al ministro Maroni, i 1.200 tunisini quando torneranno tutti nel loro Paese di origine? È una semplice operazione matematica.

Inoltre, signor Presidente, in tutto questo contesto, voi avete dato in venti anni, con il Trattato italo-libico, 4 miliardi di euro, pagati con l'aumento delle tasse ai cittadini italiani, al colonnello Gheddafi per far si che il nostro personale di polizia o militare potesse andare in Libia non a formare i poliziotti libici per il contrasto all'immigrazione clandestina ma a pattugliare al posto dei libici le frontiere con il deserto. Anche questo è un modo sbagliato di contrastare l'immigrazione clandestina.

Avete introdotto, in maniera odiosa ed inutile, il reato di immigrazione clandestina. È inutile, signor Presidente, perché servirà solo a rompere le scatole - mi si passi il termine - alle famiglie italiane con le colf e le badanti, diciamolo con chiarezza, e in aggiunta a questo servirà solo ad intasare gli uffici dei giudici di pace perché è noto che, siccome è un nuovo reato ed è difficile capire chi è entrato prima o dopo l'entrata in vigore della legge, il giudice di pace non potrà applicare questa norma, dunque intaseremo soltanto gli uffici giudiziari utilizzando personale in maniera impropria.

Avevate un'occasione, signor Presidente, lo abbiamo detto, vi abbiamo scongiurato di farlo e non avete voluto. Il 28 dicembre dello scorso anno l'Unione europea ha fatto entrare in vigore la direttiva rimpatri che disciplina, per la prima volta in tutto il territorio dell'Unione in maniera uniforme, la lotta all'immigrazione clandestina e all'irregolarità: quella era ed è la sede in cui confrontarsi per trovare soluzioni positive ai problemi dei cittadini italiani e ai problemi dell'immigrazione, non questo zibaldone di norme che servono solo a soddisfare la pancia degli italiani.

 

PRESIDENTE. Senatore D'Alia, la invito a concludere.

D'ALIA (UDC-SVP-Aut). Voglio aggiungere solo che con il voto di ieri sull'immigrazione, il Parlamento ha voluto dire che il Governo non deve essere né cattivo, come dice Maroni, né buono ma semplicemente giusto. Questo è lo stato di diritto, il resto è barbarie. Il contrasto alla criminalità è un impegno troppo grande per essere affrontato con approssimazione.

La verità, signor Presidente, è che la Lega è la vera padrona del Governo, ogni giorno stringe il suo cappio al collo della maggioranza e dopo il far west fiscale sul federalismo vi impone anche questo che dovremmo definire pacchetto insicurezza.

Questo mi porta a dire che gli operai italiani che lavorano onestamente in Inghilterra rubano il lavoro agli inglesi, per giustificare la vostra repulsione contro gli stranieri che lavorano in Italia. Siete come quel marito che per fare dispetto alla moglie si toglie la virilità. Noi votiamo no. Quando ci porterete provvedimenti seri saremo qui a confrontarci. (Applausi dai Gruppi UDC-SVP-Aut, PD e IdV).

LI GOTTI (IdV). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

LI GOTTI (IdV). Signor Presidente, sin dalla discussione generale del 18 novembre 2008, l'Italia dei Valori aveva espresso condivisione per alcune delle norme contenute nel testo licenziato dalla Commissione, che recepivano i contenuti dei nostri disegni di legge nn. 583 e 617. La condivisione di singole norme non significa però un voto favorevole sull'intero provvedimento.

La maggioranza e il Governo hanno voluto caratterizzare il disegno di legge in esame come di difesa dall'immigrazione irregolare intesa quale equivalente della criminalità diffusa e così rispondendo alla preoccupazione diffusa e certamente stimolata dei cittadini. È bene che i cittadini sappiano che ciò che si vuole contrastare è l'immigrazione degli stranieri, ma nessuna di queste norme che noi abbiamo votato riguarda i cittadini europei che vengono a delinquere nel nostro Paese.

Convivono nel provvedimento in esame l'inasprimento dell'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario per i mafiosi, modifica non concepita dal Governo ma espressione di accordo in sede parlamentare, con il reato di ingresso e soggiorno illegale degli immigrati, reato concepito dal Governo e voluto dalla maggioranza e punito con l'obbligo della residenza nella propria dimora nei giorni di sabato e domenica, per un complessivo numero di giorni non superiore a 45, ossia per un massimo di 20 week-end, peraltro neanche consecutivi (articolo 53 del decreto legislativo n. 274 del 2000). È una ridicola norma da applicare a coloro che sbarcano ad esempio a Lampedusa e alle badanti irregolari.

Oggi il Governo ci è venuto a dire che i soggiorni irregolari nel nostro Paese rappresentano una platea di processabili di 3.660 persone, così riducendo il tetto di 760.000, dato effettivamente confermato dal Governo in altre comunicazioni. È un trucco contabile e finanziario che noi denunziamo perché con questo trucco si è violato l'articolo 81 della Costituzione.

Tale ridicola cosa, ossia centinaia di migliaia di processi, costerà agli italiani almeno 1.000 miliardi di vecchie lire ed io vi sfido a dimostrare il contrario. Voi sprecherete il denaro dei cittadini mentre in un provvedimento che si intitola «Disposizioni in materia di sicurezza pubblica» non si prevede l'assunzione di un solo poliziotto, l'acquisto di una sola autovettura, la possibilità dello straordinario per i poliziotti o un solo litro di benzina in più per le macchine di servizio e di controllo del territorio. (Applausi dal Gruppo IdV).

Con il decreto-legge n. 112 del 2008 avete ridotto le risorse del comparto sicurezza e del comparto giustizia del 40 per cento, avete mortificato la polizia e la sicurezza, avete mortificato il ruolo primario dello Stato, ma avreste voluto che le ronde di volontari girassero armate e vegliassero su di noi.

Voi avete una scarsa dimestichezza con la concezione democratica e costituzionale dello Stato. Voi vorreste i bravi di don Rodrigo; noi vogliamo sicurezza, uomini in divisa, automezzi, Polizia e Carabinieri in una cornice democratica dello Stato. (Applausi dai Gruppi IdV e PD). Voi volete che, per accedere al pronto soccorso, si esibisca il permesso di soggiorno e poi siete indulgenti verso il modello sanità Angelucci. Questa è la verità della sanità che voi volete! (Applausi dai Gruppi IdV e PD). Voi negate la sanità ai bambini ma consentite, e consentirete attraverso quello che state approvando alla Camera dei deputati, nella riforma delle intercettazioni telefoniche, che non si perseguano e non si scoprano i reati tipo il modello Angelucci per la sanità: questo è quello che volete! (Applausi dai Gruppi IdV e PD).

Voi fate bassa propaganda; i cittadini chiedono sicurezza. L'Italia purtroppo si accorgerà dei vostri imbrogli politici e degli inutili, feroci vostri comizi. Toglietevi la grottesca maschera del feroce Saladino e da neofiti dell'antimafia: la sicurezza e la legalità sono cose serie! (Applausi dai Gruppi IdV, PD e UDC-SVP-Aut. Congratulazioni).

BRICOLO (LNP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

BRICOLO (LNP). Signor Presidente, dopo l'approvazione due settimane fa del provvedimento sul federalismo fiscale, oggi quest'Aula vota il disegno di legge sulla sicurezza.

È grande, dunque, la soddisfazione per essere riusciti, dopo solo pochi mesi dall'inizio di questa legislatura, ad ottenere due così grandi risultati. Due grandi successi per la Lega Nord, per Umberto Bossi e - è giusto ricordarlo, anche a nome di tutti i senatori del mio Gruppo - per i tanti nostri militanti della Lega (Applausi dal Gruppo LNP), che da anni si battono quotidianamente sul territorio a difesa degli interessi della nostra gente. Questo provvedimento lo dedichiamo a loro.

Da oggi sulla sicurezza si cambia finalmente rotta. Abbandoneremo per sempre il buonismo del passato: d'ora in poi sarà lotta dura all'immigrazione clandestina e alla criminalità.

Lapriorità deve essere quella di aiutare la nostra gente, i nostri lavoratori, le famiglie che sempre con più difficoltà arrivano alla fine del mese. Dunque - voglio essere chiaro fin dall'inizio - non siamo più disposti ad accogliere tutti, a soccorrere tutti, ad aiutare tutti, a pagare per tutti. Sono finalmente finiti, onorevoli colleghi, i tempi in cui l'opinione pubblica subiva in silenzio, senza opporsi, le scelte del palazzo in materia di immigrazione. La gente oggi ci ferma per strada e ci dice che sono troppi gli stranieri presenti nel nostro Paese; ci chiedono di non farne entrare più; vogliono e pretendono regole e leggi più severe. È quello che faremo! (Applausi dal Gruppo LNP).

La base di partenza delle nostre proposte deriva da questo concetto: chi entra a casa nostra, finché non ottiene la cittadinanza, è un ospite. Gli ospiti vanno rispettati, ma anche loro devono fare altrettanto con noi. Chiediamo dunque loro il rispetto delle nostre regole, della nostra storia, della nostra cultura, delle nostre tradizioni, del nostro modo di vivere. Non ci sarà più posto, in questo Paese, per gli immigrati che non rispettano le nostre leggi, che non si vogliono integrare e che vivono di criminalità. Siamo convinti che solo così si può arrivare alla vera integrazione, che deve avere comunque come presupposto la possibilità di garantire agli stranieri presenti sul nostro territorio un lavoro regolare, uno stipendio dignitoso, un tetto sotto cui vivere.

Ha sbagliato clamorosamente chi, in passato, ha fatto entrare tutti lasciandoli poi vivere sotto i ponti, di stenti, costringendoli per sopravvivere ad entrare nel mondo della criminalità. Hanno sbagliato clamorosamente i tanti e troppi Governi buonisti del passato; e la dimostrazione è che purtroppo oggi questi disagi ricadono sulle spalle di tanti cittadini e famiglie costretti a vivere nel disagio delle periferie delle nostre città.

Bene, dunque, l'introduzione del reato di immigrazione clandestina: in questo modo, andremo ad espellere dalle nostre città i tanti e troppi clandestini che vivono di criminalità, di spaccio di droga, di sfruttamento della prostituzione, di furti, di rapine.

Allo stesso tempo, abbiamo voluto regolare anche la presenza degli stranieri che hanno un permesso di soggiorno. Grazie ad un emendamento della Lega abbiamo introdotto il permesso di soggiorno a punti, che si basa sul modello della patente a punti: l'immigrato avrà dei crediti; chi viola le leggi li perderà e chi le rispetta li aumenterà; quando i crediti si azzereranno sarà ritirato il permesso di soggiorno e lo straniero sarà espulso. L'obiettivo è quello di identificare gli stranieri che non si vogliono integrare da quelli che invece lo vogliono: mentre questi ultimi non avranno nulla da temere, ma soltanto vantaggi, la norma servirà a colpire chi non ha alcuna intenzione di integrarsi.

Sempre con un emendamento della Lega abbiamo introdotto una tassa fino a 200 euro per il rinnovo ed il rilascio del permesso di soggiorno. Al Nord, in Padania, ma credo in tutto il Paese, la gente è stanca di dover pagare tasse, ticket, bolli e di vedere che invece per gli stranieri tutto è dovuto e gratis. Sono sempre loro i primi nelle graduatorie delle assegnazioni degli alloggi pubblici, per gli asili-nido, per i tanti servizi che sono stati da loro monopolizzati. (Applausi dal Gruppo LNP). I costi dell'immigrazione devono essere sostenuti anche dagli extracomunitari.

Abbiamo introdotto anche norme che daranno più potere agli uffici comunali di controllo sulle condizioni igienico-sanitarie degli alloggi e degli immobili. Andremo ad evitare così i casi in cui si affittano appartamenti di pochi metri quadri ad un numero spropositato di persone, cosa che ha creato non pochi disagi in molti quartieri delle nostre città.

Per il rilascio della carta di soggiorno sarà obbligatorio, d'ora in poi, sostenere un test di lingua e cultura generale per verificare l'effettivo grado di integrazione dello straniero richiedente; cosa che peraltro avviene già in molti Paesi europei.

È stato introdotto anche il divieto di chiedere il ricongiungimento familiare per più di un coniuge. Sembra incredibile ma anche questo era possibile nel nostro Paese. Gli islamici capiranno così che da noi la poligamia non è accettata. (Applausi dal Gruppo LNP e del senatore Caselli).

Siamo intervenuti anche sulle norme di accesso degli stranieri al pronto soccorso. Abbiamo tolto il divieto di segnalazione dei clandestini. Questo servirà a migliorare il servizio sanitario nei nostri pronto soccorso, ma anche a capire chi entra e chi viene curato nei nostri ospedali. A noi chiedono il tesserino sanitario e ci fanno pagare il ticket; a loro tutto gratis senza nessuna registrazione.

Sono stati accolti anche due ordini del giorno presentati dal nostro Gruppo. Il primo prevede il divieto assoluto di indossare abiti collegati a tradizioni religiose che vanno a nascondere il viso delle persone: in poche parole, non si vedranno più donne vestite con il burqa nelle nostre strade. Il secondo, molto importante, impegna il Governo a monitorare gli effetti che la crisi economica sta portando nel nostro Paese, collegati soprattutto alla perdita di posti di lavoro e di conseguenza bloccare il decreto flussi per i prossimi due anni, impedendo così l'entrata di nuovi lavoratori stranieri. (Applausi dal Gruppo LNP). Non è una richiesta razzista, come è stato detto dalla sinistra, ma una norma che già la Spagna ha adottato e servirà a tutelare il posto di lavoro della nostra gente. Noi, colleghi del Partito Democratico, dell'Italia dei Valori, dell'UDC, vogliamo difendere il posto di lavoro della gente che vive a casa nostra e non vogliamo creare nuovi disoccupati. Questo deve essere chiaro a tutti. (Applausi dal Gruppo LNP).

Siamo intervenuti non solo sull'immigrazione ma anche sul contrasto alla criminalità. È stato approvato un emendamento della Lega che permette le ronde, dunque permetterà ai Comuni di avvalersi di associazioni di cittadini con il compito di segnalare alle forze dell'ordine eventuali reati.

Sempre attraverso una nostra proposta siamo andati ad innalzare le sanzioni per le rapine e i furti negli appartamenti. Oggi la gente ha paura di uscire di casa ma anche a restare fra le mura domestiche, e questo, per quanto ci riguarda, è inaccettabile! (Applausi dai Gruppi LNP e PdL). Nelle nostre case ci si entra dalla porta principale e con il consenso del proprietario. La finiremo così di vedere i responsabili di questi furti arrestati dalla polizia, rilasciati dopo poche ore dai magistrati per poi ricominciare indisturbati la loro attività criminosa.

Altro importante punto qualificante di questo provvedimento che abbiamo ottenuto attraverso l'approvazione di un emendamento della Lega Nord è quello di inasprire le pene per gli stupratori. Il nostro emendamento, votato dall'Assemblea, impedirà d'ora in poi ai magistrati di concedere gli arresti domiciliari a chi si macchia di questo vergognoso crimine.(Applausi dal Gruppo LNP). Chi stupra sconterà in galera tutta la pena, fino all'ultimo giorno.

 

LUSI (PD). Magari!

 

BRICOLO (LNP). Un grande lavoro è stato fatto. Questa legge, colleghi, la sentiamo nostra. E - lo voglio dire molto chiaramente - non ci sfiorano le critiche dell'opposizione; non ci sfiorano le vostre critiche: potete dire quello che volete; ci siamo abituati su questi temi, per giunta, ci fanno solo guadagnare consensi.

Ma una cosa la voglio dire: non siamo noi i razzisti, cari colleghi dell'opposizione; voi siete i razzisti. Siete voi che vi schierate, sempre e comunque, solo dalla parte degli stranieri: per voi, prima loro e poi i cittadini onesti che lavorano, pagano le tasse, chiedono rispetto e sicurezza. (Applausi dal Gruppo LNP e del senatore Caselli). E votando contro questo provvedimento lo dimostrerete ancora una volta. (Applausi dai Gruppi LNP e PdL. Molte congratulazioni).

LATORRE (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

LATORRE (PD). Siamo ben consapevoli, caro Presidente, signori del Governo, colleghi, di quanto forte sia la domanda di sicurezza che c'è nel nostro Paese, ancor più in presenza delle tante incertezze che portano con sé, inesorabilmente, un aumento del numero e delle entità delle paure nelle nostre società; è la ragione per cui, anche nella discussione che oggi si conclude, il nostro Gruppo ha seguito la rotta di chi vuole corrispondere nel modo più adeguato a questa domanda. Abbiamo avanzato le nostre proposte, i nostri emendamenti sempre in questo spirito e devo dire che le proposte che hanno registrato il consenso della maggioranza di quest'Aula rendono certamente più adeguati gli strumenti di lotta contro la criminalità organizzata, meglio definendo l'articolo 41‑bis dell'ordinamento penitenziario e più netta la lotta contro il terrorismo, pur nel rispetto dei diritti fondamentali.

Il giudizio che qui sentiamo di dare sul provvedimento che stiamo discutendo è però, senza alcun dubbio, fortemente negativo. Vedete, si sente riecheggiare spesso nel dibattito pubblico, lo abbiamo ascoltato anche in quest'Aula, che la sicurezza non è un tema di destra o di sinistra; in effetti, la sicurezza è un grande tema del Paese: il dovere di garantire la sicurezza dei cittadini va ben oltre gli schieramenti politici. Ma la vostra gestione di questi mesi e il contenuto di questo provvedimento, dimostra in realtà che ci sono molti modi, e molto diversi, nell'affrontare il problema, e il vostro si sta rivelando tanto inefficace quanto pericoloso.

Nove mesi sono sufficienti per trarre un primo bilancio sulle politiche della sicurezza da voi condotte. Il primo dato che emerge con grande forza è che cavalcare le paure può far vincere le elezioni, ma la propaganda mal si concilia con una politica seria ed efficace contro il crimine.

Questi mesi, in cui avete ostentato facce feroci, avete detto cose talvolta persino imbarazzanti, avete rilasciato proclami (in una spirale di chi la sparava più grossa) ci consegnano, nei fatti, più fenomeni di razzismo, più atti di violenza, più paure e soprattutto un aumento impressionante degli sbarchi degli immigrati clandestini. (Applausi dal Gruppo PD e dei senatori Astore e Giai).

Ed è inutile che cercate di mettere la polvere sotto il tappeto, come avete fatto a Lampedusa con quel gigantesco sequestro di qualche migliaio di immigrati e di un'intera popolazione, un doppio sequestro per scaricare su una parte del Paese un problema che è di tutto il Paese, tra l'altro non perdendo l'occasione per dimostrare, ancora una volta, un disprezzo per il Mezzogiorno e per quella parte d'Italia. (Applausi dal Gruppo PD. Commenti della senatrice Maraventano).

Sotto quel tappeto state cercando di nascondere il fallimento di una legge, la Bossi-Fini (Applausi dal Gruppo PD), che persino il suo promotore, oggi Presidente della Camera, ritiene sia giunto il momento di superare.

 

VOCE DAI BANCHI DELLA LEGA-NORD. E l'abbiamo superata!

 

LATORRE (PD). Del resto, non può che essere quello l'esito se si continua ad affrontare l'immigrazione esclusivamente come un tema di ordine pubblico.

Chiedo a me e a voi, sinceramente: cosa c'entrano con la lotta contro tutti i delinquenti (italiani e non), contro i quali bisogna essere durissimi, le misure contenute in questo disegno di legge, nel quale fate di tutta un'erba un fascio? Le migliaia di badanti e colf, che tanto aiuto e amore portano nelle nostre famiglie, cosa c'entrano con quei criminali che trafficano esseri umani e delinquono sul nostro territorio? Voi state contrastando l'integrazione e aumentando e incoraggiando la criminalità: questo è il saldo del vostro lavoro. (Applausi dal Gruppo PD. Commenti della senatrice Maraventano).

Cosa c'entra la lotta al crimine con quella norma contenuta nell'articolo 39, che sopprime il divieto di denunciare l'irregolare che chiede cure? Su questo punto, molti colleghi sono intervenuti autorevolmente, perciò voglio solo aggiungere che il diritto alla salute per noi è pieno, incondizionato e della persona in sé: proprio per questo, è di tutte le persone presenti sul territorio, siano esse cittadini italiani, siano esse immigrati.

Negando di fatto questo diritto, con una norma che non esito a definire malvagia, si nega la medesima condizione di umanità, che tanto più deve essere presente e preservata dalla malattia e dal dolore. Tra l'altro, non vorrei si dimenticasse che quella norma, fino a quando è stata in vigore, ha consentito di portare molti immigrati a far emergere la loro condizione di irregolarità. (Reiterati commenti della senatrice Maraventano). Sottraendo una fetta consistente di popolazione che c'è sul nostro territorio ad ogni tutela sanitaria, si avranno ripercussioni sulla sicurezza collettiva del Paese. (Applausi dal Gruppo PD). Ma come si può solo pensare di schedare le persone per il solo fatto che non abbiano una fissa dimora, senza neanche specificare le ragioni di queste schedature?

Grazie al voto di quest'Aula, abbiamo cancellato altre norme inaccettabili. È emerso, come si è detto, un certo malessere nella maggioranza. A me non interessa ragionare qui in termini politici, tanto più quando si parla di cose così delicate. Quello che emerge è che, quando sono in gioco valori fondamentali, che hanno ispirato le culture costituzionali e fatto grande questo Paese (valori come la dignità, la centralità dell'uomo, la solidarietà), proprio questi possono piegare le barriere imposte da discipline di schieramento, soprattutto quando il voto è libero, come lo è stato quello effettuato a scrutinio segreto.

Vorrei dire al ministro Maroni - che ha talmente assunto la cattiveria come categoria dell'azione che in questi giorni la sta esercitando soprattutto contro qualche suo predecessore e i suoi alleati - di non insistere con il ricatto per ripristinare norme che non sono in sintonia con l'umore profondo della società italiana. (Proteste della senatrice Maraventano). È un appello che gli rivolgiamo: non saremo mai più sicuri nell'odio, nella diffidenza, nel rifiuto degli altri; saremo più sicuri nella legalità, nel rispetto delle regole e dei diritti, nell'accoglienza verso chi ha bisogno e nella fermezza contro chi delinque.(Applausi dal Gruppo PD). Questo è lo spirito che ispira la nostra idea di sicurezza.

Colleghi, l'estate scorsa, quando in quest'Aula abbiamo discusso del decreto sulla sicurezza, abbiamo insistito perché venissero prese in considerazione norme per tutelare le donne e i bambini dai fenomeni di violenza. Ci sono voluti gli stupri di questi mesi per costringervi a discutere di queste cose. (Vivi applausi dal Gruppo PD). E attenzione, perché non si deve confondere la custodia cautelare con le pene effettive. Quello che conta - non dimentichiamolo - è che, accertato il reato, dobbiamo fare in modo che quel reato venga scontato in maniera effettiva e non che, una volta spenti i riflettori, quelle canaglie la facciano franca e le vittime di quella violenze restino con il segno indelebile di quella violenza. (Applausi dai Gruppi PD e IDV).

PRESIDENTE. Si avvii a concludere, senatore Latorre.

 

LATORRE (PD). Noi voteremo contro perché bisogna smetterla con gli spot, come quelli sui militari: i militari fanno onore a questo Paese per le funzioni alle quali sono preposti. (Applausi dei senatori Pegorer e Serra). Noi li stiamo utilizzando in funzioni che non spettano loro e nello stesso tempo tagliamo i fondi per la sicurezza, non consentendo alle forze dell'ordine di essere l'unico, vero presidio sul territorio e di contrasto alla criminalità.

La verità è che - come al solito - in una straordinaria commedia degli equivoci si scambiano i ruoli, come quelli di quei sindaci che si preoccupano più di appuntarsi le stelle di sceriffo che di illuminare le periferie.

 

PRESIDENTE. Senatore Latorre, la prego di concludere.

 

LATORRE (PD). Infatti, anche così si combatte la criminalità.

Per queste ragioni voteremo contro questo provvedimento, sapendo di essere in coscienza convinti di fare qualcosa di utile per il nostro Paese e per la sua sicurezza. (Applausi dai Gruppi PD e IdV e della senatrice Giai. Congratulazioni. Commenti dal Gruppo LNP).

GASPARRI (PdL). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

GASPARRI (PdL). Signor Presidente, onorevoli colleghi, signori del Governo, voglio in primo luogo ringraziare anch'io i membri del Governo che hanno dato un contributo decisivo: i Ministri, i sottosegretari Caliendo e Mantovano, i relatori Berselli e Vizzini e tutti i colleghi delle Commissioni (Applausi dai Gruppi PdL e LNP).

Voglio anche ringraziare il Presidente del Senato che in alcuni passaggi importanti non ha mancato di sottolineare, come ad esempio nel caso della norma contro gli stupri, la sensibilità e l'impegno del Parlamento. Già ieri anche i senatori Berselli e Vizzini hanno sottolineato questi aspetti.

Cari colleghi, parliamo ai cittadini attraverso il Parlamento e anche attraverso le opportunità mediatiche, ma dobbiamo ricordare dei fatti: questa è una legge che prevede molte innovazioni importanti. Le potrei elencare, ma lo farò solo per titoli: si rendono più severe le norme sul codice delle strada; si tutela di più il decoro urbano e il patrimonio pubblico; si danno maggiori poteri ai sindaci per stroncare le occupazioni abusive; si inaspriscono le pene pecuniarie previste per tutta una serie di reati; si tutelano i minori, arrivando a proporre come delitto il loro impiego nell'accattonaggio e togliendo la patria potestà a chi invece di mandare i bambini a scuola li alleva al crimine e all'accattonaggio. (Applausi dal Gruppo PdL).

Questa è tutela dei minori: volerli nelle scuole e non delle strade, con l'impegno dello Stato, delle istituzioni e degli enti locali. Sono previste anche aggravanti in questa legge per chi commette reati nei confronti dei minori in prossimità di scuola e nei luoghi dove l'infanzia ha il diritto di crescere serena e non di essere molestata o minacciata.

Si introducono pene più severe per la violazione di domicilio; si prevede l'arresto obbligatorio per il furto aggravato; sono introdotte ulteriori aggravanti per i reati della criminalità predatoria; si colpiscono più severamente la truffa, il sequestro, e il porto abusivo di armi; si arriva a colpire con maggiore severità il terrorismo e i connessi reati associativi. Si introducono quindi misure che riguardano a 360 gradi la lotta all'illegalità: la criminalità organizzata, la criminalità comune e ‑ come ho detto prima ‑ anche quei reati che hanno creato un grave allarme.

Abbiamo introdotto molte norme importanti contro la criminalità organizzata. Questa è una legge che si occupa molto della lotta all'immigrazione clandestina, ma è una legge che si occupa - come non mai - della lotta alla mafia. Dovreste vergognarvi di non votare una legge che è un caposaldo della lotta alla mafia. (Applausi dal Gruppo PdL). Dovrete spiegarlo alle vittime, ai loro parenti e a chi subisce il pizzo.

In questa legge ci si occupa dei beni sequestrati e si introducono nuove misure che riguardano l'utilizzo di questi beni. Vi ricordo che per le forze dell'ordine e la giustizia con il decreto di luglio abbiamo creato un fondo che finalmente consente l'utilizzazione del patrimonio delle cosche per dare quei soldi ai Carabinieri, alla Polizia, alla magistratura. Questo noi lo abbiamo già fatto.

Abbiamo introdotto norme contro il riciclaggio, contro la criminalità finanziaria, abbiamo dato maggiori poteri alle autorità di garanzia nel campo dell'economia per stroncare reati finanziari che spesso proprio la criminalità organizzato ha imparato a compiere. Abbiamo introdotto, cari colleghi, altre norme che riguardano il potere dei prefetti per controllare i lavori pubblici, per l'accesso ai cantieri, per prevenire le infiltrazioni mafiose; si esaltano con misure specifiche, misure di prevenzione antimafia, il coordinamento della lotta alle cosche.

C'è anche la riforma del 41-bis, questa l'abbiamo condivisa. Ma siete un po' lenti perché, vedete, - l'ho già ricordato in quest'Aula - c'è una legge Gasparri che non vi piace, ma la prima legge Gasparri è stata approvata nel 1999 e fu la proroga del 41-bis che io dall'opposizione imposi all'approvazione del Governo D'Alema, che si era dimenticato di prorogare il 41-bis. Sono molto orgoglioso di quella legge; anche l'altra è ottima, ma quella ha un valore in termini morali e di contrasto alla mafia.

In questa legislatura con il collega Vizzini abbiamo per primi, e poi in una condivisione generale (di questo ve ne do atto), voluto rafforzare il 41-bis. Noi abbiamo rispetto per la magistratura, ma siamo rimasti sconcertati di fronte alla facilità con cui il carcere duro è stato revocato nei confronti di boss pericolosi. Le norme che portiamo all'approvazione riducono quel margine di discrezionalità e impediranno ai boss di poter proseguire dal carcere la loro attività criminale. Dall'Aula di Palazzo Madama viene un monito forte contro le mafie che con questo provvedimento avranno un carcere duro, ancor più duro, e di questo siamo orgogliosi. (Applausi dal Gruppo PdL).

Tutela dei minori, lotta alla criminalità diffusa, lotta alle mafie. Come vedete gli argomenti sono tanti e anche sulla questione delle ronde che è stata sollevata nel provvedimento è contenuta una norma. In quest'Aula qualche prefetto ha chiesto chi le autorizza. Ed io rispondo: le prefetture, il Comitato dell'ordine e della sicurezza - c'è scritto nella legge - presieduto dal prefetto. Stamattina ho sentito un prefetto che forse ha svolto male quel ruolo e non ricorda le sue competenze. (Applausi dal Gruppo PdL). A voi tutti devo dire che, quando la mattina accompagno mia figlia a scuola, preferisco trovare un anziano con un giubbetto colorato che uno spacciatore di droga. Ecco cosa intendiamo noi per maggiore vigilanza sui territorio! (Applausi dal Gruppo PdL).

 

SERRA (PD). Pagliaccio! Buffone!

 

GASPARRI (PdL). E già ci sono nei Comuni - di questo si tratta - e poi la Polizia, e poi i Carabinieri, e poi la Polizia municipale.

Mi dispiace, collega Latorre, che nelle sue parole sia quasi risuonata una sottovalutazione dell'impegno che, accanto alle forze dell'ordine, stanno profondendo i militari nelle città. Noi ringraziamo le Forze armate che aiutano le forze dell'ordine alla vigilanza, alla sicurezza, alla protezione delle nostre città - ringraziateli, invece di fare i causidici! - accettando un sacrificio ed un onere ulteriore, oltre quello che le nostre Forze armate in Patria e all'estero hanno sempre offerto. (Applausi dal Gruppo PdL).

E poi c'è l'immigrazione, sì. Non è la legge della Lega che è stata imposta al PdL o di quelli che nel PdL ... (Commenti dai banchi del centrosinistra). Noi siamo convinti tutti che occorre dare precedenza ai diritti degli italiani. Di questo siamo fermamente convinti tutti, in questa parte dell'emiciclo. Vengono prima gli italiani, certo! (Applausi dal Gruppo PdL).

Dopo di che noi siamo una Nazione di grande accoglienza; milioni di stranieri vivono nel nostro Paese, contribuiscono alla vita delle nostre famiglie, delle nostre industrie, sono nelle scuole accanto ai nostri figli e noi li consideriamo persone che vivono in pienezza di diritti nel nostro Paese.

È contro la illegalità, è contro la clandestinità, è contro il traffico di schiavi che questa legge si posiziona in maniera molto chiara e non si capisce perché voi non abbiate votato le norme contro il traffico di schiavi, che poi si collega allo sfruttamento della prostituzione e a vicende eclatanti. Nessun razzismo! (Applausi dai Gruppi PdL e LNP).

Il razzismo è quello di certi sindaci progressisti che hanno lasciato prosperare favelas dove i bambini muoiono di notte se c'è un incendio in una tenda e in una baracca. Quegli insediamenti devono cessare. Devono cessare! (Applausi dai Gruppi PdL e LNP). Chi ha diritto di restare resti in condizioni civili, chi non ha diritto di restare non può essere abbandonato sotto i ponti o a rubare nelle metropolitane anche a 4 o 5 anni.

Quello è razzismo: l'indifferenza di chi, sotto la coltre di un'ipocrita tolleranza, abbandona migliaia di persone deboli e minori al loro drammatico destino. Quello è il vero razzismo che noi denunciamo!

Abbiamo introdotto il reato di immigrazione clandestina e abbiamo introdotto norme per cui il permesso di soggiorno si paga. I cittadini italiani pagano per ogni pratica; uno straniero che utilizza i nostri uffici paghi dunque un piccolo obolo per i costi che lo Stato affronta per le sue pratiche! Questo è quello che abbiamo detto! (Applausi dal Gruppo PdL).

Cari amici e cari colleghi, abbiamo fatto qualcosa di utile e saremo pronti a verificare sul campo le norme che funzioneranno e quelle da migliorare. Non c'è alcuna indulgenza a razzismi e ad intolleranze. C'è piena coesione nell'impegno per la legalità ed anche per le forze dell'ordine: abbiamo reintrodotto il reato di oltraggio a pubblico ufficiale per la salvaguardia morale delle forze dell'ordine che, cari colleghi, quando agiscono, devono essere rispettate per il lavoro che svolgono! (Applausi dal Gruppo PdL). Leggete questo provvedimento: avete ancora qualche minuto di tempo, prima che io finisca il mio intervento e si passi alla votazione finale.

Signor Presidente, il provvedimento in esame costituisce uno dei punti principali del programma della coalizione di Governo, del Popolo della Libertà, della Lega Nord e delle altre formazioni che sostengono l'Esecutivo. Non sono soltanto annunci, ma sono fatti. Per tale motivo, affermiamo che con questo provvedimento arriva il tempo dei fatti, il tempo della sicurezza ed il tempo della legalità! (Vivi, prolungati applausi dai Gruppi PdL e LNP. Molte congratulazioni).

 

PRESIDENTE. Passiamo all'esame della proposta di coordinamento C1, presentata dai relatori, che si intende illustrata.

La metto ai voti.

È approvata.

 

Procediamo ora alla votazione finale.

 

INCOSTANTE (PD). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, del disegno di legge, nel suo complesso, nel testo emendato, con l'intesa che la Presidenza si intende autorizzata ad effettuare i coordinamenti che si rendessero necessari.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Proclamo il risultato della votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico:

Senatori presenti

271

Senatori votanti

268

Maggioranza

135

Favorevoli

154

Contrari

114

 

Il Senato approva. (v. Allegato B). (Vivi, prolungati applausi dai Gruppi PdL, LNP e dai banchi del Governo).

 

 

 

 


 

Allegato A

 

DISEGNO DI LEGGE

Disposizioni in materia di sicurezza pubblica (733)

 

ARTICOLO 7 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE

Art. 7.

Approvato nel testo emendato

(Disposizioni concernenti il reato di deturpamento e imbrattamento di cose altrui)

1. All'articolo 639 del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al primo comma, le parole: «o immobili» sono soppresse;

b) il secondo comma è sostituito dal seguente:

«Se il fatto è commesso su beni immobili o su mezzi di trasporto pubblici o privati, si applica la pena della reclusione da uno a sei mesi e della multa da 300 a 1000 euro. Se il fatto è commesso su cose di interesse storico o artistico, si applica la pena della reclusione da tre mesi a un anno e della multa da 1.000 a 3.000 euro»;

c) dopo il secondo comma, sono aggiunti i seguenti:

«Nei casi di recidiva per le ipotesi di cui al secondo comma si applica la pena della reclusione da tre mesi fino a due anni e della multa fino a 10.000 euro.

Nei casi previsti dal secondo comma si procede d'ufficio».

EMENDAMENTI

7.300

BRICOLO, MAURO, BODEGA, MAZZATORTA, VALLARDI

Ritirato

Sopprimere l'articolo.

7.301

BRICOLO, MAURO, BODEGA, MAZZATORTA, VALLARDI

Ritirato

Al comma 1, lettera b), sopprimere il primo periodo.

7.302 (testo 2)

BRICOLO, MAURO, BODEGA, MAZZATORTA, VALLARDI

Approvato

Al comma 1, lettera b),primo periodo, sostituire le parole: «e della multa» con le seguenti: «o della multa».

7.650 (testo corretto)

IL GOVERNO

Ritirato

Al comma 1 capoverso, sostituire il primo periodo con il seguente: «c) in caso di reiterazione del reato di cui al secondo comma, secondo periodo, si applica la pena della reclusione da sei mesi a due anni e della multa da 1.500 a 10.000 euro».

7.303

VALDITARA, BALBONI, SALTAMARTINI, DI STEFANO, DE ECCHER, SCOTTI, ASCIUTTI

Approvato

Dopo il comma 1, aggiungere il seguente:

«1-bis. Chiunque vende bombolette spray contenenti vernici non biodegradabili ai minori di 18 anni, è punito con la sanzione amministrativa fino a 1.000 euro».

7.304

VALDITARA, BALBONI, SALTAMARTINI, DI STEFANO, DE ECCHER, SCOTTI, ASCIUTTI

Approvato

Dopo il comma 1, aggiungere il seguente:

«1-bis. All'articolo 4, primo comma, lettera a) del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, dopo il numero "639", sono inserite le seguenti parole: "primo comma"».

EMENDAMENTI TENDENTI AD INSERIRE ARTICOLI AGGIUNTIVI DOPO L'ARTICOLO 8

8.0.300

SALTAMARTINI

Ritirato

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 8-bis.

(Disposizioni relative al pagamento degli stipendi del personale della Polizia di Stato)

1. La disposizione di cui all'articolo 1, comma 446, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, non si applica per il pagamento degli stipendi del personale della Polizia di Stato.

2. Il Ministero dell'interno assicura l'invio dei dati mensili di pagamento relativi alle competenze fisse e accessorie del personale della Polizia di Stato per missioni e programmi al Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato mediante protocolli di colloquio tra sistemi informativi da definire ai sensi e per le finalità di cui al Titolo V del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.

3. All'onere derivante dall'attuazione della disposizione di cui al comma 1, valutato in euro 5,1 milioni per l'anno 2009 e 12 milioni di euro a decorrere dall'anno 2010, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2009-2011, nell'ambito del programma "Fondi di riserva speciali" della missione "Fondi da ripartire" dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2009, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell'interno».

8.0.301 (testo 2)

SALTAMARTINI

Ritirato

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 8-bis.

(Disposizioni relative al personale del Nucleo operativo di sicurezza NOCS)

1. Al personale del Nucleo operativo centrale di sicurezza (NOCS) della Polizia di Stato in possesso della qualifica di operatore NOCS, che ha superato la verifica periodica d'idoneità per l'impiego nel settore operativo dello stesso Nucleo, è attribuita, a decorrere dallo gennaio 2009, con le stesse modalità, l'indennità supplementare mensile, di cui all'articolo 9, comma 2, della legge 23 marzo 1983, n.78, e successive modificazioni, cumulabile nella misura del cinquanta per cento con ogni indennità accessoria, compresa l'indennità pensionabile. Al restante personale del medesimo Nucleo, addetto a compiti di supporto e sanitari, la stessa indennità è corrisposta, con la medesima decorrenza, limitatamente ai giorni di effettiva partecipazione ad operazioni ed esercitazioni. Agli oneri recati dal presente comma, pari ad euro 365.100 annui a decorrere dall'anno 2009, si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui di cui all'articolo 2, comma 1-bis, del decreto-legge 30 dicembre 2005, n.272, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2006, n.49. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio».

EMENDAMENTI TENDENTI AD INSERIRE ARTICOLI AGGIUNTIVI DOPO L'ARTICOLO 12

12.0.100 (testo 2)

SERAFINI ANNA MARIA, MARITATI, BIANCO, CAROFIGLIO, LATORRE, INCOSTANTE, DELLA MONICA, CASSON, GALPERTI, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI, DE SENA, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, ADAMO

Respinto

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 12-bis.

(Tutela della salute del minore straniero)

1. Dopo l'articolo 35 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, è inserito il seguente:

"Art. 35-bis. - (Diritto del minore alla salute). - 1. Fermo quanto previsto dagli articoli 34 e 35, il minore straniero presente sul territorio nazionale ha diritto di usufruire delle prestazioni mediche pediatriche a prescindere dalla condizione di regolarità del soggiorno e dall'iscrizione al Servizio sanitario nazionale».

2. Agli oneri derivanti dall'attuazione del presente articolo, valutati in euro 12.500.000 a decorrere dal 2009, si provvede mediante corrispondente riduzione, in maniera lineare, degli stanziamenti di parte corrente relativi alle autorizzazioni di spesa come determinate dalla tabella C della legge 22 dicembre 2008, n. 203. Il Ministro dell'economia è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.».

12.0.300 (testo 2)

SERAFINI ANNA MARIA, MARITATI, SBARBATI, BIANCO, CAROFIGLIO, LATORRE, INCOSTANTE, DELLA MONICA, CASSON, GALPERTI, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI, DE SENA, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, ADAMO, BAIO, CERUTI, GHEDINI, GUSTAVINO, PORETTI

Respinto

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 12-bis.

(Tutela della salute del minore straniero)

1. Dopo l'articolo 35 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, è inserito il seguente:

"Art. 35-bis. - (Diritto del minore alla salute) - 1. Fermo quanto previsto dagli articoli 34 e 35 , il minore straniero presente sul territorio nazionale ha diritto di usufruire, a parità con i minori italiani e in conformità con quanto disposto dalla Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176, delle prestazioni mediche pediatriche, urgenti e continuative, in ospedale e sul territorio, nei consultori, anche attraverso la continuità delle cure garantita dall'assistenza pediatrica di base, con l'iscrizione in deroga ai Pediatri di Famiglia e a prescindere dalla condizione di regolarità del soggiorno, dalla residenza anagrafica e dall'iscrizione al Servizio sanitario nazionale".

2. Agli oneri derivanti dall'attuazione del presente articolo, valutati in euro 12.500.000 a decorrere dal 2009, si provvede mediante corrispondente riduzione in maniera lineare, degli stanziamenti di parte corrente relativi alle autorizzazioni di spesa come determinate dalla tabella C della legge 22 dicembre 2008, n. 203. Il Ministro dell'economia è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio».

ARTICOLO 30 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE

Art. 30.

Approvato nel testo emendato

(Conservazione e amministrazione dei beni sequestrati)

1. All'articolo 2-septies della legge 31 maggio 1965, n. 575, dopo il comma 4, sono aggiunti i seguenti:

«4-bis. Nelle ipotesi di sequestro o confisca di beni, aziende o società disposto ai sensi della presente legge con nomina di un amministratore giudiziario, nessuna azione esecutiva esattoriale sui beni in sequestro o confisca può essere intrapresa o proseguita da parte di Equitalia S.p.A. o di altri concessionari di riscossione, per tutta la durata della misura di prevenzione o del procedimento penale.

4-ter. Nelle ipotesi di confisca dei beni, aziende o società sequestrati i crediti erariali si estinguono per confusione ai sensi dell'articolo 1253 del codice civile.

4-quater. Le procedure esecutive, gli atti di pignoramento nonché i provvedimenti cautelari già intrapresi da Equitalia S.p.A. o da altri concessionari di riscossione tributi alla data di entrata in vigore delle disposizioni recate dal comma 4-bis sono sospesi in caso di sequestro e si estinguono in caso di confisca, perdendo efficacia fin dall'origine».

2. All'articolo 2-sexies, comma 3, della legge 31 maggio 1965, n. 575, le parole: «negli albi degli avvocati, dei procuratori legali, dei dottori commercialisti e dei ragionieri del distretto nonché tra persone che, pur non munite delle suddette qualifiche professionali, abbiano comprovata competenza nell'amministrazione di beni del genere di quelli sequestrati» sono sostituite dalle seguenti: «nell'Albo nazionale degli amministratori giudiziari».

3. L'Albo di cui all'articolo 2-sexies, comma 3, della legge 31 maggio 1965, n. 575, come modificato dal comma 2 del presente articolo, tenuto presso il Ministero della giustizia, è istituito con decreto legislativo da adottare entro il 30 novembre 2008, su proposta del Ministro della giustizia, di concerto con i Ministri dell'interno, dell'economia e delle finanze e dello sviluppo economico. Con il decreto legislativo sono definiti:

a) i titoli che costituiscono requisiti necessari per l'iscrizione all'Albo;

b) l'ambito delle attività oggetto della professione;

c) le norme transitorie che disciplinano l'inserimento nell'Albo degli attuali iscritti nell'albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili e nell'albo degli avvocati, ovvero di coloro che, pur non muniti delle suddette qualifiche professionali, abbiano comprovata competenza nell'amministrazione di beni del genere di quelli sequestrati;

d) i criteri di liquidazione dei compensi professionali degli amministratori giudiziari, senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato, tenuto conto anche della natura dei beni, del valore commerciale del patrimonio da amministrare, dell'impegno richiesto per la gestione dell'attività, delle tariffe professionali o locali e degli usi.

4. Lo schema del decreto legislativo di cui al comma 3 è trasmesso alle Camere ai fini dell'espressione dei pareri da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia, che sono resi entro trenta giorni dalla data di trasmissione del medesimo schema di decreto. Decorso il termine senza che le Commissioni abbiano espresso i pareri di rispettiva competenza il decreto legislativo può essere comunque adottato.

5. Con decreto del Ministro della giustizia, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo di cui al comma 3, sono stabilite le modalità di tenuta e pubblicazione dell'Albo nazionale degli amministratori giudiziari, nonché i rapporti con le autorità giudiziarie che procedono alla nomina.

6. All'articolo 2-octies, comma 1, della legge 31 maggio 1965, n. 575, dopo le parole: «a qualunque titolo» sono aggiunte le seguenti: «ovvero sequestrate o comunque nella disponibilità del procedimento».

7. Al comma 1 dell'articolo 48-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «La presente disposizione non si applica alle aziende o società per le quali sia stato disposto il sequestro o la confisca ai sensi dell'articolo 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, ovvero della legge 31 maggio 1965, n. 575».

EMENDAMENTI

30.100

LI GOTTI, BELISARIO, PARDI, GIAMBRONE, CARLINO, ASTORE, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA, RUSSO

Respinto

Al comma 1 premettere il seguente:

01. All'Articolo 2-quater della legge 31 marzo 1965, n. 575 dopo la lettera c), sono aggiunte le seguenti:

«c-bis) su azioni e quote sociali, oltre che secondo le forme del pignoramento presso il debitore o presso il terzo, con l'annotazione nei libri sociali e l'iscrizione nel registro delle imprese.

c-ter) su strumenti finanziari dematerializzati, ivi compresi i titoli del debito pubblico, con la registrazione nell'apposito conto tenuto dall'intermediario ai sensi dell'articolo 34 del decreto legislativo 24 giugno 1998, n. 213, applicando l'articolo 9, comma 2, del decreto legislativo 12 aprile 2001 n. 210».

30.500 (testo 2)

I RELATORI

Approvato

Sostituire il comma 1, con il seguente:

«1. All'articolo 2-septies della legge 31 maggio 1965, n. 575, dopo il comma 4, sono aggiunti i seguenti:

"4-bis. Le procedure esecutive, gli atti di pignoramento e i provvedimenti cautelari in corso da parte di Equitalia S.p.A. o di altri concessionari di riscossione pubblica sono sospesi nelle ipotesi di sequestro di aziende o società disposto ai sensi della presente legge con nomina di un amministratore giudiziario. È conseguentemente sospesa la decorrenza dei relativi termini di prescrizione.

4-ter. Nelle ipotesi di confisca dei beni, aziende o società sequestrati i crediti erariali si estinguono per confusione ai sensi dell'articolo 1253 del codice civile"».

30.501

I RELATORI

Approvato

Al comma 3, dopo la parola: «istituito» aggiungere le seguenti: «senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato».

30.650

IL GOVERNO

Approvato

Al comma 3, sostituire le parole: «entro il 30 novembre 2008», con le seguenti: «entro centottanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge».

30.101

CASSON, BIANCO, D'AMBROSIO, LATORRE, DELLA MONICA, GALPERTI, ADAMO, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI, DE SENA, INCOSTANTE, CAROFIGLIO, MARITATI, CHIURAZZI

Precluso

Al comma 3, sostituire le parole: «30 novembre 2008» con le seguenti: «30 gennaio 2009».

ARTICOLO 32 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE

Art. 32.

Approvato nel testo emendato

(Modifiche all'articolo 38 del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n.163)

1. All'articolo 38 del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, dopo la lettera m-bis) è aggiunta la seguente:

«m-ter) di cui alla precedente lettera b) che, pur essendo stati vittime dei reati previsti dagli articoli 317 e 629 del codice penale aggravati ai sensi dell'articolo 7 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, non risultino aver denunciato i fatti alla autorità giudiziaria. Tale circostanza deve emergere dagli indizi a base della richiesta di rinvio a giudizio formulata nei confronti dell'imputato nei tre anni antecedenti alla pubblicazione del bando. All'uopo il procuratore della Repubblica procedente comunica la avvenuta richiesta di rinvio a giudizio alla Autorità di cui all'articolo 6, la quale cura la pubblicazione della comunicazione sul sito dell'Osservatorio»;

b) dopo il comma 1 è inserito il seguente:

«1-bis. I casi di esclusione previsti dal presente articolo non si applicano alle aziende o società sottoposte a sequestro o confisca ai sensi dell'articolo 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, o della legge 31 maggio 1965, n. 575, ed affidate ad un custode o amministratore giudiziario o finanziario».

EMENDAMENTI

32.100

CASSON, LUMIA, DE SENA, BIANCO, INCOSTANTE, LATORRE, CAROFIGLIO, MARITATI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, GALPERTI, ADAMO, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI

Le parole da: «Sostituire» a: «in quanto compatibili";» respinte; seconda parte preclusa

Sostituire l'articolo con il seguente:

«Art. 32. - (Modifiche al codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, in materia di prevenzione di infiltrazioni mafiose in appalti pubblici) - 1. Al codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 2, comma 2, dopo le parole: "dell'ambiente" sono inserite le seguenti: ", alla prevenzione del rischio di infiltrazioni mafiose";

b) all'articolo 5 sono apportate le seguenti modificazioni:

1) al comma 4, dopo le parole: "dell'economia e delle finanze" sono inserite le seguenti: "e dell'interno";

2) al comma 5, dopo la lettera s-bis), è aggiunta, in fine, la seguente:

"s-ter) la prevenzione del rischio di infiltrazioni mafiose, anche mediante l'obbligo di denuncia di ogni tentativo di estorsione o di ingerenza criminale nell'esecuzione delle prestazioni e la collaborazione alle relative indagini";

c) all'articolo 38, comma 1, dopo la lettera) è inserita la seguente:

"1-bis) che, secondo motivata valutazione della stazione appaltante, non hanno denunciato ogni tentativo di estorsione e di infiltrazione mafiosa, fornendo all'autorità giudiziaria ovvero ad altra autorità che a quella abbia obbligo di riferire tutte le informazioni e le notizie possedute, in relazione agli eventi lesivi specifici, nonché ad eventuali antefatti e circostanze rilevanti ai fini delle indagini, accertati con qualsiasi mezzo di prova da parte della stazione appaltante. L'esclusione ed il divieto operano secondo le condizioni indicate nella lettera c), in quanto compatibili";

d) all'articolo 135, comma 1, dopo le parole: "passata in giudicato" sono inserite le seguenti: "per reati di corruzione, concussione, associazione a delinquere, associazione a delinquere di tipo mafioso, scambio elettorale politico-mafioso, ricettazione, riciclaggio, impiego di denaro, beni od utilità di provenienza illecita, usura, estorsione, sequestro di persona a scopo di estorsione, truffa aggravata per il perseguimento di erogazioni pubbliche e trasferimento fraudolento di valori, nonché";

e) all'articolo 136, dopo il comma 3, è inserito il seguente:

d-bis). Le disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3 si applicano anche quando la prevenzione del rischio di infiltrazioni mafiose è stata ostacolata dalla inosservanza degli obblighi di cui all'articolo 5, lettera s-ter);

j) all'articolo 176, comma 3, la lettera e) è sostituita dalle seguenti:

"e) alla stipulazione di appositi accordi con gli organi competenti in materia di sicurezza nonché di prevenzione e repressione della criminalità, finalizzati alla verifica preventiva del programma di esecuzione dei lavori in vista del successivo monitoraggio di tutte le fasi di esecuzione delle opere e dei soggetti che le realizzano. I contenuti di tali accordi sono definiti dal CIPE sulla base delle linee guida indicate dal Comitato di coordinamento per l'alta sorveglianza delle grandi opere, istituito ai sensi dell'articolo 180 del codice e del decreto del Ministro dell'interno in data 14 marzo 2003, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 54 del 5 marzo 2004 con la possibilità di valutare il comportamento dell'aggiudicatario ai fini della successiva ammissione a procedure ristrette della medesima stazione appaltante in caso di mancata osservanza di tali prescrizioni. Le prescrizioni del CIPE a cui si uniformano gli accordi di sicurezza sono vincolanti per i soggetti aggiudicatori e per l'impresa aggiudicataria, che è tenuta a trasferire i relativi obblighi a carico delle imprese interessate a qualunque titolo alla realizzazione dei lavori. Le misure di monitoraggio per la prevenzione e repressione di tentativi di infiltrazione mafiosa comprendono il controllo dei flussi finanziari connessi alla realizzazione dell'opera, inclusi quelli concernenti risorse totalmente o parzialmente a carico dei promotori ai sensi dell'articolo 175 e quelli derivanti dalla attuazione di ogni altra modalità di finanza di progetto. Il CIPE definisce, altresì, lo schema di articolazione del monitoraggio finanziario, indicando i soggetti sottoposti a tale forma di controllo, le modalità attraverso le quali esercitare il monitoraggio, nonché le soglie di valore delle transazioni finanziarie oggetto del monitoraggio stesso, potendo anche indicare, a tal fine, limiti inferiori a quello previsto ai sensi dell'articolo 49, comma 1, del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, e successive modificazioni. Gli oneri connessi al monitoraggio finanziario sono ricompresi nell'aliquota forfettaria di cui al comma 20. In ogni caso, l'impresa aggiudicataria e le imprese interessate a qualunque titolo nell'esecuzione dei lavori hanno l'obbligo di denunciare ogni tentativo di estorsione e di infiltrazione mafiosa, fornendo all'autorità giudiziaria ovvero ad altra autorità che a quella abbia obbligo di riferire tutte le informazioni e le notizie possedute, in relazione agli eventi lesivi specifici, nonché ad eventuali antefatti e circostanze rilevanti ai fini delle indagini. In caso di inosservanza, l'aggiudicatario è escluso dalla successiva ammissione a procedure ristrette della medesima stazione appaltante e può essere richiesta la risoluzione dei contratti di affidamento e di sub affidamento. Salva l'azione erariale di risarcimento danni, il contratto di appalto, ad invarianza delle condizioni di aggiudicazione, può essere portato eseguito in forma specifica, su richiesta della stazione appaltante, quando si tratta di lavori indifferibili od urgenti, ovvero di forniture di beni o servizi la cui interruzione pregiudica interessi rilevanti della collettività;

e-bis) ad assicurare che tutti i pagamenti o le transazioni finanziarie relative ad affidamenti e sub-affidamenti siano effettuate tramite intermediari autorizzati, in modo che ne sia garantita la tracciabilità sulla base di idonea documentazione, con esclusione di cessioni del credito o del debito a terzi, sotto qualsivoglia forma, e di pagamenti con assegni liberi, nonché di pagamenti in contanti per somme superiori a 2.000 euro, con divieto di frazionare i pagamenti di operazioni unitarie. In caso di inosservanza, l'aggiudicatario è escluso dalla successiva ammissione a procedure ristrette della medesima stazione appaltante e può essere richiesta la risoluzione dei contratti di affidamento e di sub affidamento"».

32.500 (già 32.0.500)

D'ALIA

Precluso

Sostiutire l'articolo con il seguente:

«Art. 48-bis. - (Modifiche al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163). - 1. Al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 2, comma 2, dopo le parole: "dell'ambiente" sono inserite le seguenti: ", alla prevenzione del rischio di infiltrazioni mafiose";

a) all'articolo 5, comma 4, dopo le parole: "dell'economia e delle finanze," sono inserite le seguenti: "dell'interno";

b) all'articolo 5, comma 5, dopo la lettera s-bis), è inserita la seguente:

"s-ter) la prevenzione del rischio di infiltrazioni mafiose, anche mediante l'obbligo di denuncia di ogni tentativo di estorsione o di ingerenza criminale nell'esecuzione delle prestazioni e la collaborazione alle relative indagini;";

d) all'articolo 38, comma 1, dopo la lettera f) è inserita la seguente:

"f-bis) che, secondo motivata valutazione della stazione appaltante, non hanno denunciato ogni tentativo di estorsione e di infiltrazione mafiosa, fornendo all'autorità giudiziaria ovvero ad altra autorità che a quella abbia obbligo di riferire tutte le informazioni e le notizie possedute, non solo in relazione agli eventi lesivi specifici, ma anche in ordine ad eventuali antefatti e circostanze rilevanti ai fini delle indagini, accertato con qualsiasi mezzo di prova da parte della stazione appaltante. L'esclusione ed il divieto operano secondo le condizioni indicate nella lettera c), in quanto compatibili;";

e) all'articolo 135, comma 1, dopo le parole "passata in giudicato" sono inserite le seguenti: "per uno o più reati di partecipazione a un'organizzazione criminale, corruzione, riciclaggio, quali definiti dagli atti comunitari citati all'articolo 45, paragrafo 1, direttiva CE/2004/18, nonché";

j) all'articolo 136, dopo il comma 3, è inserito il seguente:

"3-bis. Le disposizioni di cui ai precedenti commi si applicano anche quando la prevenzione del rischio di infiltrazioni mafiose è stata ostacolata dalla inosservanza degli obblighi di cui all'articolo 5, lettera s-ter)".;

g) all'articolo 176, comma 3, la lettera e) è sostituita dalla seguente:

"e) alla stipulazione di appositi accordi con gli organi competenti in materia di sicurezza nonché di prevenzione e repressione della criminalità, finalizzati alla verifica preventiva del programma di esecuzione dei lavori in vista del successivo monitoraggio di tutte le fasi di esecuzione delle opere e dei soggetti che le realizzano. I contenuti di tali accordi sono definiti dal CIPE sulla base delle linee guida indicate dal Comitato di coordinamento per l'alta sorveglianza delle grandi opere, istituito ai sensi dell'articolo 180 del codice e del decreto dell'interno in data 14 marzo 2003, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 54 del 5 marzo 2004 con la possibilità di valutare il comportamento dell'aggiudicatario ai fini della successiva ammissione a procedure ristrette della medesima stazione appaltante in caso di mancata osservanza di tali prescrizioni. Le prescrizioni del CIPE a cui si uniformano gli accordi di sicurezza sono vincolanti per i soggetti aggiudicatori e per l'impresa aggiudicataria, che è tenuta a trasferire i relativi obblighi a carico delle imprese interessate a qualunque titolo alla realizzazione dei lavori. Le misure di monitoraggio per la prevenzione e repressione di tentativi di infiltrazione mafiosa comprendono il controllo dei flussi finanziari connessi alla realizzazione dell'opera, inclusi quelli concernenti risorse totalmente o parzialmente a carico dei promotori ai sensi dell'articolo 175 e quelli derivanti dalla attuazione di ogni altra modalità di finanza di progetto. Il CIPE definisce, altresì, lo schema di articolazione del monitoraggio finanziario, indicando i soggetti sottoposti a tale forma di controllo, le modalità attraverso le quali esercitare il monitoraggio, nonché le soglie di valore delle transazioni finanziarie oggetto del monitoraggio stesso, potendo anche indicare, a tal fine, limiti inferiori a quello previsto ai sensi dell'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 3 maggio 1991, n.143, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 luglio 1991, n. 197. Gli oneri connessi al monitoraggio finanziario sono ricompresi nell'aliquota forfettaria di cui al comma 20. In ogni caso, l'impresa aggiudicataria e le imprese interessate a qualunque titolo nell'esecuzione dei lavori hanno l'obbligo di denunciare ogni tentativo di estorsione e di infiltrazione mafiosa, fornendo all'autorità giudiziaria ovvero ad altra autorità che a quella abbia obbligo di riferire tutte le informazioni e le notizie possedute, non solo in relazione agli eventi lesivi specifici, ma anche in ordine ad eventuali antefatti e circostanze rilevanti ai fini delle indagini. In caso di inosservanza, l'aggiudicatario è escluso dalla successiva ammissione a procedure ristrette della medesima stazione appaltante e può essere richiesta la risoluzione dei contratti di affidamento e di sub affidamento. Salva l'azione erariale di risarcimento danni, il contratto di appalto, ad invarianza delle condizioni di aggiudicazione, può essere portato ad esecuzione in forma specifica, su richiesta della stazione appaltante, quando si tratta di lavori, indifferibili od urgenti, ovvero di forniture di beni o servizi la cui interruzione pregiudica interessi rilevanti della collettività.";

h) all'articolo 176, comma 3, dopo la lettera e) è inserita la seguente:

"e-bis) ad assicurare che tutti i pagamenti o le transazioni finanziarie relative ad affidamenti e subaffidamenti siano effettuate tramite intermediari autorizzati, in modo che ne sia garantita la tracciabilità sulla base di idonea documentazione, con esclusione di cessioni del credito o del debito a terzi, sotto qualsivoglia forma, e di pagamenti con assegni liberi, nonché di pagamenti in contanti per somme superiori a 2000 euro, con divieto di frazionare i pagamenti di operazioni unitarie. In caso di inosservanza, l'aggiudicatario è escluso dalla successiva ammissione a procedure ristrette della medesima stazione appaltante e può essere richiesta la risoluzione dei contratti di affidamento e di sub affidamento"».

32.101

LI GOTTI, BELISARIO, PARDI, GIAMBRONE, CARLINO, ASTORE, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA, RUSSO

Respinto

Al comma 1, lettera a)premettere la seguente:

0a) al comma 1, dopo la lettera f) aggiungere la seguente:

«f-bis) che, secondo motivata valutazione della stazione appaltante, non hanno denunciato ogni tentativo di estorsione e di infIltrazione mafiosa fornendo all'autorità giudiziaria ovvero ad altra autorità che a quella abbia obbligo di riferire tutte le informazioni e le notizie possedute, non solo in relazione agli eventi lesivi specifici, ma anche in ordine ad eventuali antefatti e circostanze rilevanti ai fini delle indagini, accertato con qualsiasi mezzo di prova da parte della stazione appaltante. L'esclusione ed il divieto operano secondo le condizioni indicate nella lettera c), in quanto compatibili».

32.800 (testo corretto)

IL GOVERNO

Approvato

Al comma 1, sostituire la lettera a) con la seguente:

«a) al comma 1, dopo la lettera m-bis) è aggiunta la seguente:

"m-ter) di cui alla precedente letto b) che, anche in assenza nei loro confronti di un procedimento per l'applicazione di una misura di prevenzione o di una causa ostativa ivi previste, pur essendo stati vittime dei reati previsti e puniti dagli articoli 317 e 629 del codice penale aggravati ai sensi dell'articolo 7 del decreto-legge 13 maggio 1991 n.152 convertito, con modificazioni, nella legge 12 luglio 1991 n.203, non risultino aver denunciato i fatti alla autorità giudiziaria. Tale circostanza deve emergere dagli indizi a base della richiesta di rinvio a giudizio formulata nei confronti dell'imputato nei tre anni antecedenti alla pubblicazione del bando e deve essere comunicata, unitamente alle generalità del soggetto che ha omesso la predetta denuncia, dal procuratore della Repubblica procedente alla Autorità di cui all'articolo 6, la quale cura la pubblicazione della comunicazione sul sito dell'Osservatorio"».

EMENDAMENTI TENDENTI AD INSERIRE ARTICOLI AGGIUNTIVI DOPO L'ARTICOLO 32

32.0.102

LI GOTTI, BELISARIO, PARDI, GIAMBRONE, CARLINO, ASTORE, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA, RUSSO

Respinto

Dopo l'articolo 32 aggiungere il seguente:

«Art. 32-bis.

(Ulteriori modifiche al decreto legislativo 12 aprile 2006, n.163)

1. Al decreto legislativo 12 aprile 2006, n.163, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 135, comma 1, dopo le parole: "passata in giudicato" inserire le seguenti: "per uno o più reati di partecipazione ad una organizzazione criminale, corruzione, riciclaggio, quali definiti dagli atti comunitari citati all'articolo 45, paragrafo 1, della direttiva 2004/18/ Ce, nonché";

b) all'articolo 136, dopo il comma 3, aggiungere il seguente:

«3-bis. Le disposizioni di cui ai precedenti commi si applicano anche quando la prevenzione del rischio di inf1ltrazioni mafiose è stata ostacolata dalla inosservanza degli obblighi di cui all'articolo 5, lettera s-ter).";

c) all'articolo 176, comma 3, lettera e) aggiungere, in fine, i seguenti periodi: "In ogni caso, l'impresa aggiudicataria e le imprese interessate a qualunque titolo nell'esecuzione dei lavori hanno l'obbligo di denunciare ogni tentativo di estorsione e di infùtrazione mafiosa, fornendo all'autorità giudiziaria ovvero ad altra autorità che a quella abbia obbligo di riferire tutte le informazioni e le notizie possedute, non solo in relazione agli eventi lesivi specifici, ma anche in ordine a eventuali antefatti e circostanze rilevanti ai fini delle indagini. In caso di inosservanza, l'aggiudicatario è escluso dalla successiva ammissione a procedure ristrette della medesima stazione appaltante e può essere richiesta la risoluzione dei contratti di affidamento e di subaffidamento. Salva l'azione erariale di risarcimento danni, il contratto di appalto, ad invarianza delle condizioni di aggiudicazione, può essere portato ad esecuzione in forma specifica, su richiesta della stazione appaltante, quando si tratta di lavori indifferibili o urgenti, ovvero di forniture di beni o servizi la cui interruzione pregiudica interessi rilevanti della collettività";

d) all'articolo 176, comma 3, dopo la lettera e) aggiungere la seguente:

"e-bis) ad assicurare che tutti i pagamenti o le transazioni finanziarie relative ad affidamenti e sub affidamenti siano effettuate tramite intermediari autorizzati, in modo che ne sia garantita la tracciabilità sulla base di idonea documentazione, con esclusione di cessioni del credito o del debito a terzi, sotto qualsivoglia forma, e di pagamenti con assegni liberi, nonché di pagamenti in contanti per somme superiori ad euro 2000, con divieto di frazionare i pagamenti di operazioni unitarie. In caso di inosservanza, l'aggiudicatario è escluso dalla successiva ammissione a procedure ristrette della medesima stazione appaltante e può essere richiesta la risoluzione dei contratti di affidamento e di subaffidamento"».

32.0.501 (già 31.0.100)

LI GOTTI, BELISARIO, PARDI, GIAMBRONE, CARLINO, ASTORE, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA, RUSSO

Respinto

Dopo l'articolo 32,aggiungere il seguente:

«Art. 32-bis.

(Norme per il contrasto e la prevenzione delle infìltrazioni criminali nel settore degli appalti)

1. Al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 2, comma 2, dopo le parole: "dell'ambiente" aggiungere le seguenti: ", alla prevenzione del rischio di infiltrazioni mafiose";

b) all'articolo 5, comma 4, dopo le parole: "dell'economia e delle finanze" inserire le seguenti: "dell'interno";

c) all'articolo 5, comma 5, dopo la lettera s-bis), aggiungere la seguente:

"s-ter) la prevenzione del rischio di infùtrazioni mafiose, anche mediante l'obbligo di denuncia di ogni tentativo di estorsione o di ingerenza criminale nell'esecuzione delle prestazioni e la collaborazione alle relative indagini"».

32.0.100 (testo 2 corretto)

LUMIA, CAROFIGLIO, DE SENA, CASSON, BIANCO, INCOSTANTE, LATORRE, MARITATI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, GALPERTI, ADAMO, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI, GARRAFFA

Improcedibile

Dopo l'articolo 32,inserire il seguente:

«Art. 32-bis.

(Obbligo di denuncia del reato di estorsione per gli operatori economici e nell'ambito del sistema degli appalti)

1. L'esercente un'attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o comunque economica, ovvero una libera arte o professione, che, avendo subito una estorsione, anche tentata, non ne fa immediatamente denuncia nelle forme e con i modi di cui all'articolo 333 del codice di procedura penale, è sottoposto per un periodo non inferiore a tre mesi e non superiore a tre anni ad una o più delle seguenti sanzioni amministrative:

a) divieto di concludere contratti e relativi subcontratti con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere prestazioni di un pubblico servizio, e risoluzione di diritto dei contratti in corso di esecuzione;

b) esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l'eventuale revoca di quelli già concessi.

2. Accertati i fatti di cui al comma 1, gli organi di polizia procedono alla contestazione immediata, se possibile, e riferiscono senza ritardo, e comunque entro dieci giorni, al Prefetto del luogo dove si svolge l'attività economica.

3. Entro il termine di trenta giorni dalla ricezione della segnalazione, il Prefetto, se ritiene fondato l'accertamento adotta apposita ordinanza convocando, anche a mezzo degli organi di polizia, dinanzi a sè o a un suo delegato, la persona segnalata per valutare, a seguito di colloquio, le sanzioni amministrative da irrogare e la loro durata. Nel caso in cui l'interessato si avvalga delle facoltà previste dall'articolo 18 della legge 24 novembre 1981, n. 689, e successive modificazioni, e non venga emessa ordinanza motivata di archivi azione degli atti, da comunicare integralmente all'organo che ha effettuato la segnalazione, contestualmente all'ordinanza con cui viene ritenuto fondato l'accertamento, da adottare entro 120 giorni dalla ricezione degli scritti difensivi ovvero dallo svolgimento dell'audizione ove richiesta, il prefetto convoca la persona segnalata ai fini e con le modalità indicate nel presente comma. La mancata presentazione al colloquio comporta l'irrogazione delle sanzioni di cui al comma 1.

4. Degli accertamenti e degli atti di cui ai commi precedenti può essere fatto uso soltanto ai fini dell'applicazione delle misure e delle sanzioni previste nel presente articolo, salva l'ipotesi in cui costituiscano reato.

5. L'interessato può chiedere di prendere visione e di ottenere copia degli atti di cui al presente articolo che riguardino esclusivamente la sua persona nel caso in cui gli atti riguardino più persone, l'interessato può ottenere il rilascio di estratti delle parti relative alla sua posizione.

6. Al decreto con il quale il prefetto irroga le sanzioni di cui al comma 1, che ha effetto dal momento della notifica all'interessato, può essere fatta opposizione entro il termine di dieci giorni dalla notifica stessa, davanti al tribunale. Copia del decreto è contestualmente inviata al questore.

7. Se per il fatto previsto dal comma 1 ricorrono elementi tali da far presumere che la persona si asterrà, per il futuro, dal commetterlo nuovamente, in luogo della sanzione, e limitatamente alla prima volta, il prefetto può definire il procedimento con il formale invito all'interessato ad adottare un comportamento conforme alla legge, avvertendo lo delle conseguenze a suo danno.

8. Le sanzioni di cui al comma 1 si applicano anche in caso di condanna per il reato di favoreggiamento.

9. La denuncia di cui al comma 1 inibisce per cinque anni da essa, salve le disposizioni del codice penale e del codice di procedura penale e limitatamente alle attività di impresa e di lavoro autonomo, l'esercizio dei poteri di cui agli articoli 32, 33, 38, 39 e 40 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e dei poteri di cui agli articoli 51, 52, 54 e 55 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, ed esclude l'applicabilità delle presunzioni di cessioni e di acquisti di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1997, n. 441.

10. Ai soggetti di cui al comma 1 che denunciano fatti di estorsione subita è riconosciuta, per tre anni, la esenzione totale dell'IRAP, dell'ICI sugli immobili utilizzati per l'attività di impresa e di tutte le imposte comunali e la sospensione dei ruoli esattoriali.

11. I contratti di appalto si intendono risolti di diritto nel caso in cui nel corso dell'esecuzione si accerti che l'impresa sia stata vittima di estorsioni, o di imposizione di mezzi, uomini ed attrezzature da parte della criminalità, senza avere denunciato tali fatti alla magistratura o alle forze dell'ordine.

12. Nelle gare di appalto regolamentate dal decreto legislativo n. 163 del 12 aprile 2006, la ditta aggiudicataria è obbligata ad aprire un apposito conto corrente dedicato esclusivamente all'appalto, in cui confluiranno tutti i mandati in favore dell'impresa e i pagamenti effettuati dalla stessa durante tutta la fase di esecuzione dell'appalto. Nel caso in cui la ditta aggiudicataria rimarrà inadempiente in relazione al predetto obbligo, il contratto si intenderà risolto di diritto.

13. All'onere derivante dall'attuazione del comma 10, si provvede, nel limite massimo di euro 5.000.000 per ciascuno degli anni 2009, 2010 e 2011, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2009-2011, nell'ambito del programma "Fondi di riserva speciali" della missione "Fondi da ripartire" dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2009, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. Il Ministro dell'interno disciplina con proprio decreto, da emanarsi entro novanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, le modalità di accesso ai benefici di cui al comma 10».

32.0.101

CASSON, LUMIA, DE SENA, BIANCO, INCOSTANTE, LATORRE, CAROFIGLIO, MARITATI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, GALPERTI, ADAMO, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI

Respinto

Dopo l'articolo 32,inserire il seguente:

«Art. 32-bis.

(Modifiche al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, in materia di prevenzione delle infiltrazioni mafiose nel settore del commercio)

1. Al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 5, comma 2, la lettera c) è sostituita dalla seguente:

"c) coloro che hanno riportato una condanna a pena detentiva, accertata con sentenza passata in giudicato, per uno dei delitti di cui ai titoli II e VIII del Libro II del codice penale, ovvero di ricettazione, riciclaggio, impiego di denaro, beni od utilità di provenienza illecita, favoreggiamento reale, insolvenza fraudolenta, appropriazione indebita, bancarotta fraudolenta, usura, usura impropria, estorsione, sequestro di persona a scopo di estorsione, furto, rapina, truffa aggravata per il perseguimento di erogazioni pubbliche e trasferimento fraudolento di valori, nonché, se la condotta si riferisce alla commissione di taluno dei delitti sopra indicati, di calunnia, auto calunnia, falsa testimonianza, intralcio alla giustizia e favoreggiamento personale";

b) all'articolo 22, dopo il comma 2 sono inseriti i seguenti:

«2-bis. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche se il titolare dell'attività commerciale non denuncia eventuali tentativi di estorsione e di infiltrazione mafiosa, fornendo all'autorità giudiziaria ovvero ad altra autorità che a quella abbia obbligo di riferire tutte le informazioni e le notizie possedute, in relazione agli eventi offensivi specifici, nonché ad eventuali antefatti e circostanze rilevanti ai fini delle indagini. In ogni caso è disposta la sospensione dell'attività di vendita per un periodo non inferiore a dieci giorni e non superiore a quaranta.

2-ter. Ai fini dell'applicazione delle disposizioni di cui al comma 2-bis, il sindaco può ottenere dall'autorità giudiziaria competente copia di atti di procedimenti penali e informazioni scritte sul loro contenuto, anche in deroga al divieto stabilito dall'articolo 329 del codice di procedura penale. L'autorità giudiziaria provvede senza ritardo e può rigettare la richiesta con decreto motivato. L'autorità giudizi aria può trasmettere le copie e le informazioni anche di propria iniziativa»;

c) all'articolo 29, dopo il comma 3 è inserito il seguente:

d-bis). Le disposizioni di cui all'articolo 22, commi 2-bis e 2-ter, si applicano anche, nei casi ivi previsti, al titolare di taluna delle attività commerciali disciplinate dal presente Titolo».

ARTICOLO 39 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE

Art. 39.

Approvato nel testo emendato. Cfr. seduta n. 142

(Modifiche al testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n.286)

1. Al citato testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n.286, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 4, comma 3:

1) nel terzo periodo, dopo le parole: «o che risulti condannato, anche» sono inserite le seguenti: «con sentenza non definitiva, compresa quella adottata»;

2) dopo il terzo periodo, è inserito il seguente: «Impedisce l'ingresso dello straniero in Italia anche la condanna, con sentenza irrevocabile per uno dei reati previsti dalle disposizioni del titolo III, capo III, sezione II, della legge 22 aprile 1941, n.633, relativi alla tutela del diritto di autore, e degli articoli 473 e 474 del codice penale»;

b) all'articolo 5, dopo il comma 2-bis è aggiunto il seguente:

«2-ter. La richiesta di rilascio e di rinnovo del permesso di soggiorno è sottoposta al pagamento di una tassa, il cui importo è fissato in 200 euro.»;

c) all'articolo 5, comma 5-bis, le parole: «per i reati previsti dall'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale,» sono sostituite dalle seguenti: «per i reati previsti dagli articoli 380, commi 1 e 2, e 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale,»;

d) all'articolo 5, dopo il comma 5-bis è inserito il seguente:

«5-ter. Il permesso di soggiorno è rifiutato o revocato quando si accerti la violazione del divieto di cui all'articolo 29, comma 1-ter»;

e) all'articolo 5, comma 8-bis, dopo le parole: «ovvero contraffà o altera documenti al fine di determinare il rilascio di un visto d'ingresso o di reingresso, di un permesso di soggiorno, di un contratto di soggiorno o di una carta di soggiorno» sono inserite le seguenti: «oppure utilizza uno di tali documenti contraffatti o alterati»;

f) all'articolo 6, comma 2, le parole: «e per quelli inerenti agli atti di stato civile o all'accesso a pubblici servizi» sono sostituite dalle seguenti: «e per quelli inerenti all'accesso alle prestazioni sanitarie di cui all'articolo 35»;

g) all'articolo 6, il comma 3 è sostituito dal seguente:

«3. Lo straniero che, a richiesta degli ufficiali e agenti di pubblica sicurezza, non ottempera, senza giustificato motivo, all'ordine di esibizione del passaporto o di altro documento di identificazione e del permesso di soggiorno o di altro documento attestante la regolare presenza nel territorio dello Stato è punito con l'arresto fino ad un anno e con l'ammenda fino ad euro 2.000».

h) all'articolo 9, dopo il comma 2 è inserito il seguente:

«2-bis Il rilascio del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo è subordinato al superamento, da parte del richiedente, di un test di conoscenza della lingua italiana, le cui modalità di svolgimento sono determinate con decreto del Ministro dell'interno di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca».

i) all'articolo 9, comma 5, dopo il primo periodo, è aggiunto il seguente: «Nel caso di richiesta relativa ai familiari di cui al comma 1, il questore rilascia il titolo di soggiorno quando i medesimi familiari sono regolarmente soggiornanti nel territorio dello Stato ininterrottamente da almeno cinque anni, salvo quanto previsto dal comma 6.»;

l) all'articolo 14 sono apportate le seguenti modificazioni:

1) il comma 5 è sostituito dal seguente:

«5. La convalida comporta la permanenza nel centro per un periodo di complessivi sessanta giorni. Qualora l'accertamento dell'identità e della nazionalità, ovvero l'acquisizione di documenti per il viaggio presenti difficoltà, il giudice, su richiesta del questore, può prorogare il termine di ulteriori sessanta giorni. Anche prima di tale termine, il questore esegue l'espulsione o il respingimento, dandone comunicazione senza ritardo al giudice. Decorso il suddetto termine, qualora il soggetto trattenuto non abbia fornito senza giustificato motivo elementi utili alla sua identificazione, il questore può chiedere al giudice la proroga del periodo di trattenimento nel centro per ulteriori periodi di sessanta giorni. La durata complessiva della permanenza nel centro non può, in ogni caso, essere superiore a diciotto mesi.»;

2) i commi 5-bis, 5-ter, 5-quater e 5-quinquies sono sostituiti dai seguenti:

«5-bis. Quando non sia stato possibile trattenere lo straniero presso un centro di identificazione ed espulsione, ovvero la permanenza in tale struttura non abbia consentito l'esecuzione con l'accompagnamento alla frontiera dell'espulsione o del respingimento, il questore ordina allo straniero di lasciare il territorio dello Stato entro il termine di cinque giorni. L'ordine è dato con provvedimento scritto, recante l'indicazione delle conseguenze sanzionatorie della permanenza illegale, anche reiterata, nel territorio dello Stato. L'ordine del questore può essere accompagnato dalla consegna all'interessato della documentazione necessaria per raggiungere gli uffici della rappresentanza diplomatica del suo Paese in Italia, anche se onoraria, nonché per rientrare nello Stato di appartenenza ovvero, quando ciò non sia possibile, nello Stato di provenienza.

5-ter. Lo straniero che senza giustificato motivo permane illegalmente nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine impartito dal questore ai sensi del comma 5-bis, è punito con la reclusione da uno a quattro anni se l'espulsione o il respingimento sono stati disposti per ingresso illegale nel territorio nazionale ai sensi dell'articolo 13, comma 2, lettere a) e c), ovvero per non aver richiesto il permesso di soggiorno o non aver dichiarato la propria presenza nel territorio dello Stato nel termine prescritto in assenza di cause di forza maggiore, ovvero per essere stato il permesso revocato o annullato. Si applica la pena della reclusione da sei mesi ad un anno se l'espulsione è stata disposta perché il permesso di soggiorno è scaduto da più di sessanta giorni e non ne è stato richiesto il rinnovo, ovvero se la richiesta del titolo di soggiorno è stata rifiutata, ovvero se lo straniero si è trattenuto nel territorio dello Stato in violazione dell'articolo 1, comma 3, della legge 28 maggio 2007, n.68. In ogni caso, salvo che lo straniero si trovi in stato di detenzione in carcere, si procede all'adozione di un nuovo provvedimento di espulsione con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica per violazione all'ordine di allontanamento adottato dal questore ai sensi del comma 5-bis. Qualora non sia possibile procedere all'accompagnamento alla frontiera, si applicano le disposizioni di cui ai commi 1 e 5-bis del presente articolo nonché, ricorrendone i presupposti, quelle di cui all'articolo 13, comma 3.

5-quater. Lo straniero destinatario del provvedimento di espulsione di cui al comma 5-ter e di un nuovo ordine di allontanamento di cui al comma 5-bis, che continua a permanere illegalmente nel territorio dello Stato, è punito con la reclusione da uno a cinque anni. Si applicano, in ogni caso, le disposizioni di cui al comma 5-ter, terzo e ultimo periodo.

5-quinquies. Per i reati previsti ai commi 5-ter, primo periodo, e 5-quater si procede con rito direttissimo ed è obbligatorio l'arresto dell'autore del fatto»;

m) all'articolo 16, comma 1, dopo le parole: «né le cause ostative indicate nell'articolo 14, comma 1, del presente testo unico,» sono inserite le seguenti: «che impediscono l'esecuzione immediata dell'espulsione con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica,»;

n) all'articolo 26, comma 7-bis:

1) dopo le parole: «del permesso di soggiorno rilasciato allo straniero» sono inserite le seguenti: «, anche se per motivi diversi dal lavoro autonomo,»;

2) è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Si applicano le disposizioni di cui all'articolo 13, comma 3, e all'articolo 14.»;

o) all'articolo 29, dopo il comma 1-bis è inserito il seguente:

«1-ter. Non è consentito il ricongiungimento dei familiari di cui alle lettere a) e d) del comma 1, quando il familiare di cui si chiede il ricongiungimento è coniugato con un cittadino straniero regolarmente soggiornante nel territorio nazionale che abbia altro coniuge;

p) all'articolo 29, il comma 5 è sostituito dal seguente:

«5. Salvo quanto disposto dall'articolo 4, comma 6, è consentito l'ingresso per ricongiungimento al figlio minore, già regolarmente soggiornante in Italia con l'altro genitore, del genitore naturale che dimostri il possesso dei requisiti di disponibilità di alloggio e di reddito di cui al comma 3. Ai fini della sussistenza di tali requisiti si tiene conto del possesso di tali requisiti da parte dell'altro genitore.»;

q) all'articolo 29, il comma 8 è sostituito dal seguente:

«8. Il nulla osta al ricongiungimento familiare è rilasciato entro centottanta giorni dalla richiesta»;

r) all'articolo 30, dopo il comma 1-bis sono inseriti i seguenti:

«1-ter. La richiesta di rilascio e di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi familiari è sottoposta al pagamento di una tassa, il cui importo è fissato in 200 euro.

1-quater. Il gettito derivante dalle tasse di cui all'articolo 5, comma 2-ter, e al comma 1-ter del presente articolo è attribuito allo stato di previsione del Ministero dell'interno che lo destina per la metà al finanziamento di progetti del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione diretti alla collaborazione internazionale e alla cooperazione ed assistenza ai Paesi terzi in materia di immigrazione anche attraverso la partecipazione a programmi finanziati dall'Unione europea.»;

s) all'articolo 32:

1) al comma 1, le parole: «e ai minori comunque affidati» sono sostituite dalle seguenti: «e, fermo restando quanto previsto dal comma 1-bis, ai minori che sono stati affidati»;

2) al comma 1-bis, dopo le parole: «ai minori stranieri non accompagnati» sono inserite le seguenti: «, affidati ai sensi dell'articolo 2 della legge 4 maggio 1983, n.184, ovvero sottoposti a tutela,».

EMENDAMENTO 39.801 E SEGUENTI

39.801

IL GOVERNO

Approvato

Al comma 1, alla lettera o), capoverso 1-ter, le parole: «nel territorio nazionale che abbia altro coniuge» sono sostituite dalle seguenti: «con altro coniuge nel territorio nazionale».

39.117

BIANCO, CASSON, DE SENA, INCOSTANTE, LATORRE, CAROFIGLIO, MARITATI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, GALPERTI, ADAMO, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI

Respinto

Al comma 1, sopprimere la lettera q).

39.118

DELLA MONICA, BIANCO, CASSON, DE SENA, INCOSTANTE, LATORRE, CAROFIGLIO, MARITATI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, ADAMO, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI

Respinto

Al comma 1, sopprimere la lettera r).

39.352

PORETTI, PERDUCA, BONINO

Id. em. 39.118

Al comma, sopprimere la lettera r).

39.303

SERAFINI ANNA MARIA, DELLA MONICA, CASSON, BIANCO, INCOSTANTE, DE SENA, LATORRE, CAROFIGLIO, MARITATI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, ADAMO, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI

Respinto

Sopprimere la lettera s).

39.304

SERAFINI ANNA MARIA, DELLA MONICA, CASSON, BIANCO, INCOSTANTE, DE SENA, LATORRE, CAROFIGLIO, MARITATI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, ADAMO, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI

Respinto

Al comma 1, la lettera s) è sostituita dalla seguente:

«s)al comma 1 dell'articolo 32, dopo le parole: «dell'articolo 2 della legge 4 maggio 1983, n.184», sono inserite le seguenti: «,ovvero sottoposti a tutela».

39.305

BRICOLO, RIZZI, MAURO, BODEGA, MAZZATORTA, VALLARDI

Ritirato e trasformato nell'odg G39.305

All'articolo 39, dopo la lettera s), inserire la seguente:

«s-bis) all'articolo 35, il comma 4 è sostituito dal seguente:

"Le prestazioni di cui al comma 3 sono erogate previo pagamento della relativa tariffa ovvero delle quote di compartecipazione alla spesa a parità con i cittadini italiani qualora i richiedenti risultino privi di risorse economiche. Nel caso in cui la prestazione da erogare sia classificata urgente e non differibile, il pagamento della tariffa o della quota di compartecipazione è posticipato. In caso di rifiuto del richiedente alla corresponsione di quanto dovuto ai sensi del presente comma, le strutture sanitarie ne trasmettono segnalazione all'autorità competente"».

39.306

BRICOLO, RIZZI, MAURO, BODEGA, MAZZATORTA, VALLARDI

Approvato

Dopo la lettera s), inserire la seguente:

«s-bis)all'articolo 35, il comma 5 dell'articolo è soppresso».

ORDINI DEL GIORNO

G39.100

PARDI, LI GOTTI, BELISARIO, GIAMBRONE, CARLINO, ASTORE, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA, RUSSO

Non posto in votazione (*)

Il Senato, in sede di esame dell'AS 733

impegna il Governo:

a predisporre, in sede di attuazione di quanto previsto dalla disposizione di cui all'articolo 39 del disegno di legge in esame e dalle altre norme che regolano le procedure di asilo, le necessarie misure affInché i richiedenti asilo che ne abbiano diritto non possano essere destinatari di provvedimento di respingimento o di espulsione prima di essere stati posti in condizione di presentare, secondo la normativa vigente, domanda di protezione internazionale, assicurando tutte le informazioni ed i servizi di interpretariato a tal fine necessari;

ad assicurare e favorire l'accesso nei centri alle associazioni umanitarie e di soccorso sanitario, anche internazionali;

ad assicurare l'apprestamento di idonee risorse, in termini di personale specializzato e di funzionalità delle strutture, al fIne di garantire l'adeguata assistenza sanitaria alle persone trattenute nei centri di assistenza ed identificazione.

________________

(*) Accolto dal Governo

G39.305 (già em. end. 39.305)

BRICOLO, RIZZI, MAURO, BODEGA, MAZZATORTA, VALLARDI

Non posto in votazione (*)

Il Senato,

premesso che:

l'articolo 35, comma 4 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n.286 stabilisce che «l'assistenza sanitaria agli stranieri non iscritti al servizio sanitario nazionale, in quanto non in regola con le norme relative all'ingresso e al soggiorno, è erogata senza oneri a carico dei richiedenti qualora privi di risorse economiche sufficienti, fatte salve le quote di parteciapazione alla spesa a parità con i cittadinii italiani»;

tale disposizione, in assenza di misure sanzionatorie per il mancato pagamento di quanto dovuto, è di regola evasa dagli stranieri beneficiari dell'assistenza sanitaria;

tale situazione provoca un incremento non indifferente della spesa sanitaria a carico delle regioni, che si traduce spesso in un contenzioso tra le aziende sanitarie o ospedaliere erogatrici e lo Stato per il rimborso di tali oneri;

impegna il Governo,

a valutare la possibillità di adottare le misure più opportune per assicurare il rispetto dell'articolo 35, comma 4 del testo unico sull'immigrazione, verificando l'effettiva corresponsione da parte degli stranieri non iscritti al SSN delle quote di compartecipazione alla spesa sanitaria, a parità con i cittadini italiani.

________________

(*) Accolto dal Governo

EMENDAMENTO TENDENTE AD INSERIRE UN ARTICOLO AGGIUNTIVO DOPO L'ARTICOLO 39

39.0.100

DELLA MONICA, INCOSTANTE, BIANCO, CAROFIGLIO, LATORRE, MARITATI, CASSON, GALPERTI, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI, DE SENA, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, ADAMO

V. testo 2

Dopo l'articolo 39, inserire il seguente:

«Art. 39-bis.

(Disciplina del grave sfruttamento del lavoro)

1. Dopo l'articolo 603 del codice penale sono inseriti i seguenti:

"603-bis. - (Grave sfruttamento del lavoro). - Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque induce tal uno, mediante violenza, minaccia o intimidazione ovvero approfittamento di una situazione di inferiorità o di necessità, a prestare attività lavorativa caratterizzata da grave sfruttamento, connesso a violazioni di norme contrattuali o di legge ovvero a un trattamento personale degradante, è punito con la reclusione da uno a quattro anni e con la multa da 1.000 a 2.000 euro per ogni lavoratore.

Ai fini del primo comma, costituiscono indici di grave sfruttamento:

a) la sistematica retribuzione dei lavoratori in modo palesemente difforme dai contratti collettivi nazionali e comunque sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato, la grave, sistematica violazione della normativa relativa all'orario di lavoro, al riposo settimanale, all'aspettativa obbligatoria, alle ferie;

b) la sussistenza di gravi o reiterate violazioni della normativa in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro, tale da esporre il lavoratore a pericolo per la salute, la sicurezza o l'incolumità personale;

c) la sottoposizione del lavoratore a condizioni di lavoro, metodi di sorveglianza, o a situazioni alloggiative particolarmente degradanti.

La pena per il fatto di cui al primo comma è della reclusione da due a sei anni e della multa da 1.500 a 3.000 euro per ogni lavoratore se tra le persone soggette a grave sfruttamento vi sono minori in età non lavorative o cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea o apolidi irregolarmente soggiornanti nel territorio dello Stato, in numero superiore a quattro".

"603-ter. - (Pene accessorie). - La condanna per i delitti di cui agli articoli 600, limitatamente ai casi in cui lo sfruttamento ha ad oggetto prestazioni lavorative, e 603-bis, importa l'interdizione dagli uffici diretti vi delle persone giuridiche o delle imprese, nonché il divieto di concludere contratti di appalto, di cottimo fiduciario, di forni tura di opere, beni o servizi riguardanti la pubblica amministrazione, e relativi subcontratti.

La condanna per i delitti di cui al primo comma importa altresì, quando il fatto è commesso da soggetto recidivo ai sensi dell'articolo 99, secondo comma, numeri 1) e 3), l'esclusione per un periodo di cinque anni da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi da parte dello Stato o di altri enti pubblici, anche dell'Unione europea, relativi al settore di attività in cui ha avuto luogo lo sfruttamento".

2. All'articolo 22 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modifiche:

a) il comma 12 è sostituito dal seguente:

"12. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, il dato re di lavoro che occupa alle proprie dipendenze lavoratori stranieri irregolarmente soggiornanti è punito con l'arresto da tre mesi ad un anno, nonché con l'ammenda di 5.000 euro per ogni lavoratore impiegato. Al datore di lavoro domestico non organizzato in forma di impresa, nei casi di cui al primo periodo, si applica la sola ammenda da 3.000 a 5.000 euro, qualora siano impiegati contestualmente non più di due lavoratori";

b) dopo il comma 12 è inserito il seguente:

12-bis). Salvo che il fatto costituisca più grave reato, il datore di lavoro che occupa alle proprie dipendenze lavoratori stranieri irregolarmente soggiornanti, usufruendo dell'intermediazione non autorizzata di cui agli articoli 4, lettera c) e 18, comma 1, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa di 7.000 euro per ogni lavoratore impiegato".

3. La condanna per il delitto di cui all'articolo 22, comma 12-bis), del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, comporta le pene accessorie di cui all'articolo 603-bis, commi quarto e quinto, del codice penale.

4. All'articolo 25-septies, comma 3, del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, e successive modificazioni, al primo periodo, dopo le parole: "sicurezza sul lavoro", sono inserite le seguenti: ", nonché al delitto di cui all'articolo 603-bis del medesimo codice" e, al secondo periodo, le parole: "condanna per il delitto" sono sostituite dalle seguenti: "condanna per i delitti".

5. All'articolo 18, comma 1, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n.286, e successive modificazioni, dopo le parole: "legge 20 febbraio 1958, n.75," sono inserite le seguenti: "603-bis, terzo comma, del codice penale".

6. All'onere derivante dall'attuazione del comma 5, valutato nel limite massimo di 5 milioni di euro a decorrere dall'anno 2008, si provvede mediante corrispondente riduzione in maniera lineare, degli stanziamenti di parte corrente relativi alle autorizzazioni di spesa come determinate dalla tabella C della legge 24 dicembre 2007, n. 244, per l'anno 2008. Il Ministro dell'economia è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.».

39.0.100 (testo 2)

DELLA MONICA, INCOSTANTE, BIANCO, CAROFIGLIO, LATORRE, MARITATI, CASSON, GALPERTI, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI, DE SENA, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, ADAMO

Respinto

Dopo l'articolo 39, inserire il seguente:

«Art. 39-bis.

(Disciplina del grave sfruttamento del lavoro)

1. Dopo l'articolo 603 del codice penale sono inseriti i seguenti:

"603-bis. - (Grave sfruttamento del lavoro). - Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque induce tal uno, mediante violenza, minaccia o intimidazione ovvero approfittamento di una situazione di inferiorità o di necessità, a prestare attività lavorativa caratterizzata da grave sfruttamento, connesso a violazioni di norme contrattuali o di legge ovvero a un trattamento personale degradante, è punito con la reclusione da uno a quattro anni e con la multa da 1.000 a 2.000 euro per ogni lavoratore.

Ai fini del primo comma, costituiscono indici di grave sfruttamento:

a) la sistematica retribuzione dei lavoratori in modo palesemente difforme dai contratti collettivi nazionali e comunque sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato, la grave, sistematica violazione della normativa relativa all'orario di lavoro, al riposo settimanale, all'aspettativa obbligatoria, alle ferie;

b) la sussistenza di gravi o reiterate violazioni della normativa in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro, tale da esporre il lavoratore a pericolo per la salute, la sicurezza o l'incolumità personale;

c) la sottoposizione del lavoratore a condizioni di lavoro, metodi di sorveglianza, o a situazioni alloggiative particolarmente degradanti.

La pena per il fatto di cui al primo comma è della reclusione da due a sei anni e della multa da 1.500 a 3.000 euro per ogni lavoratore se tra le persone soggette a grave sfruttamento vi sono minori in età non lavorative o cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea o apolidi irregolarmente soggiornanti nel territorio dello Stato, in numero superiore a quattro".

"603-ter. - (Pene accessorie). - La condanna per i delitti di cui agli articoli 600, limitatamente ai casi in cui lo sfruttamento ha ad oggetto prestazioni lavorative, e 603-bis, importa l'interdizione dagli uffici diretti vi delle persone giuridiche o delle imprese, nonché il divieto di concludere contratti di appalto, di cottimo fiduciario, di forni tura di opere, beni o servizi riguardanti la pubblica amministrazione, e relativi subcontratti.

La condanna per i delitti di cui al primo comma importa altresì, quando il fatto è commesso da soggetto recidivo ai sensi dell'articolo 99, secondo comma, numeri 1) e 3), l'esclusione per un periodo di cinque anni da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi da parte dello Stato o di altri enti pubblici, anche dell'Unione europea, relativi al settore di attività in cui ha avuto luogo lo sfruttamento".

2. All'articolo 22 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modifiche:

a) il comma 12 è sostituito dal seguente:

"12. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, il dato re di lavoro che occupa alle proprie dipendenze lavoratori stranieri irregolarmente soggiornanti è punito con l'arresto da tre mesi ad un anno, nonché con l'ammenda di 5.000 euro per ogni lavoratore impiegato. Al datore di lavoro domestico non organizzato in forma di impresa, nei casi di cui al primo periodo, si applica la sola ammenda da 3.000 a 5.000 euro, qualora siano impiegati contestualmente non più di due lavoratori";

b) dopo il comma 12 è inserito il seguente:

12-bis). Salvo che il fatto costituisca più grave reato, il datore di lavoro che occupa alle proprie dipendenze lavoratori stranieri irregolarmente soggiornanti, usufruendo dell'intermediazione non autorizzata di cui agli articoli 4, lettera c) e 18, comma 1, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa di 7.000 euro per ogni lavoratore impiegato".

3. La condanna per il delitto di cui all'articolo 22, comma 12-bis), del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, comporta le pene accessorie di cui all'articolo 603-bis, commi quarto e quinto, del codice penale.

4. All'articolo 25-septies, comma 3, del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, e successive modificazioni, al primo periodo, dopo le parole: "sicurezza sul lavoro", sono inserite le seguenti: ", nonché al delitto di cui all'articolo 603-bis del medesimo codice" e, al secondo periodo, le parole: "condanna per il delitto" sono sostituite dalle seguenti: "condanna per i delitti".

ARTICOLO 40 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE

Art. 40.

Approvato nel testo emendato

(Utilizzo dei sistemi di videosorveglianza da parte degli enti locali)

1. Per la tutela della sicurezza urbana, gli enti locali possono utilizzare sistemi di videosorveglianza in luoghi pubblici o aperti al pubblico.

2. La conservazione dei dati, delle informazioni e delle immagini raccolte mediante l'uso di sistemi di videosorveglianza è limitata ai sette giorni successivi alla rilevazione, fatte salve speciali esigenze di ulteriore conservazione.

3. In presenza di una specifica richiesta dell'autorità giudiziaria o di polizia giudiziaria e in relazione ad una attività investigativa in corso, è ammesso un tempo più ampio di conservazione dei dati, che non può comunque superare i quattordici giorni.

EMENDAMENTI

40.800 (testo corretto)

IL GOVERNO

Approvato

Al comma 1 le parole: «gli enti locali» sono sostituite dalle seguenti: «i comuni».

Conseguentemente, nella rubrica, sostituire le parole: degli enti locali» con le seguenti: dei comuni».

40.100

CASSON, BIANCO, INCOSTANTE, DE SENA, DELLA MONICA, LATORRE, CAROFIGLIO, MARITATI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, ADAMO, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI

Respinto

Sostituire i commi 2 e 3 con i seguenti:

«2. La conservazione dei dati, delle informazioni e delle immagini raccolte mediante l'uso di sistemi di video sorveglianza è limitata ai 7 giorni successivi alla rilevazione, fatte salve le speciali esigenze di ulteriore conservazione di cui al comma 3.

3. In presenza di una specifica richiesta dell'autorità giudiziaria o, su sua delega, della polizia giudiziaria e in relazione ad una attività investigativa in corso, è ammessa la conservazione dei dati delle informazioni e delle immagini raccolti mediante l'uso dei sistemi di video sorveglianza di cui al comma l, fino a quattordici giorni. Ai fini dell'acquisizione dei dati, delle informazioni e delle immagini raccolti mediante l'uso dei sistemi di video sorveglianza di cui al comma l, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 234 del codice di procedura penale.

4. Il trattamento dei dati, delle informazioni e delle immagini raccolti mediante l'uso dei sistemi di video sorveglianza di cui al comma 1, è effettuato in conforità delle disposizioni di cui al comma 5 dell'articolo 132 del Codice in materia di protezione dei dati personali di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 e successive modificazioni e di cui al Codice di deontologia e buona condotta di cui all'articolo 134 del medesimo decreto legislativo».

40.101

CASSON, BIANCO, INCOSTANTE, DE SENA, DELLA MONICA, LATORRE, CAROFIGLIO, MARITATI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, ADAMO, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI

Respinto

Dopo il comma 3 aggiungere, in fine, il seguente:

«3-bis. Il trattamento dei dati, delle informazioni e delle immagini raccolti mediante l'uso dei sistemi di video sorveglianza di cui al comma 1, è effettuato in conforità delle disposizioni di cui al comma 5 dell'articolo 132 del Codice in materia di protezione dei dati personali di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 e successive modificazioni e di cui al Codice di deontologia e buona condotta di cui all'articolo 134 del medesimo decreto legislativo».

ORDINE DEL GIORNO

G40.100

CASSON, BIANCO, DE SENA, INCOSTANTE, DELLA MONICA, LATORRE, CAROFIGLIO, MARITATI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, ADAMO, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI

Non posto in votazione (*)

Il Senato,

rilevato che:

l'articolo 40 del disegno di legge in esame autorizza gli enti locali ad avvalersi di sistemi di video sorveglianza in luoghi pubblici o aperti al pubblico;

la norma prevede il termine e le finalità di conservazione dei dati, delle immagini e delle informazioni raccolti mediante tali sistemi, senza tuttavia disciplinare le modalità di conservazione di tali dati, volte a delineare - conformemente a quanto previsto dalla direttiva 2004/68/CE in materia di data retention- un equo bilanciamento tra esigenze di pubblica sicurezza da un lato e tutela del diritto all'autodeterminazione in ordine al controllo dei propri dati personali;

la disposizione non richiama neppure, ai fini della disciplina della conservazione dei dati acquisiti mediante sistemi di video sorveglianza, le norme dettate in materia dal d.1gs. 30 giugno 2003, n. 196;

impegna il Governo:

a richiedere al Garante per la protezione dei dati personali, prima della definitiva approvazione del disegno di legge in esame, il parere in ordine alla norma di cui all'articolo 40».

________________

(*) Accolto dal Governo

EMENDAMENTO TENDENTE AD INSERIRE UN ARTICOLO AGGIUNTIVO DOPO L'ARTICOLO 40

40.0.100

PORETTI, PERDUCA, BONINO

Respinto

Dopo l'articolo 40,inserire il seguente:

«Art. 40-bis.

1. I corpi di polizia municipale possono essere dotati di armi solo in casi eccezionali decisi dal Prefetto.

I sindaci possono assumere provvedimenti riguardanti la sicurezza pubblica incidenti sulla libertà personale solo dopo averne informato il Comitato provinciale per l'ordine pubblico e la sicurezza ed averne ottenuto il parere conforme».

ARTICOLO 41 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE

Art. 41.

Approvato nel testo emendato

(Accordo di integrazione per il rilascio e rinnovo del permesso di soggiorno)

1. Dopo l'articolo 4 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n.286, è inserito il seguente:

«Art. 4-bis. - (Accordo di integrazione). - 1. Ai fini di cui al presente testo unico, si intende con integrazione quel processo finalizzato a promuovere la convivenza dei cittadini italiani e di quelli stranieri, nel rispetto dei valori sanciti dalla Costituzione italiana, impegnandosi reciprocamente a partecipare alla vita economica, sociale e culturale della società.

2. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente articolo, il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'interno, sentiti il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, stabilisce con apposito regolamento, adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n.400, i criteri e le modalità per la sottoscrizione, da parte dello straniero, contestualmente alla presentazione della domanda di rilascio del permesso di soggiorno ai sensi dell'articolo 5, di un Accordo di integrazione, articolato per crediti, con l'impegno a sottoscrivere specifici obiettivi di integrazione, da conseguire nel periodo di validità del permesso di soggiorno. La stipula dell'Accordo di integrazione rappresenta condizione necessaria per il rilascio del permesso di soggiorno. La perdita integrale dei crediti determina la revoca del permesso di soggiorno e l'espulsione dello straniero dal territorio dello Stato, eseguita dal questore secondo le modalità di cui all'articolo 13, comma 4, del presente testo unico».

EMENDAMENTI

41.100

CASSON, BIANCO, DE SENA, INCOSTANTE, LATORRE, CAROFIGLIO, MARITATI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, GALPERTI, ADAMO, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI

Respinto

Sopprimere l'articolo.

41.101

LI GOTTI, BELISARIO, PARDI, GIAMBRONE, CARLINO, ASTORE, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA, RUSSO

Id. em. 41.100

Sopprimere l'articolo.

41.102

PORETTI, PERDUCA, BONINO

Id. em. 41.100

Sopprimere l'articolo.

41.400

I RELATORI

Approvato

Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: «impegnandosi reciprocamente» con le seguenti: «con il reciproco impegno».

41.800 (testo corretto)

IL GOVERNO

Approvato

Al comma 1, capoverso «art. 4-bis - (Accordo di integrazione)», il comma 2 è sostituito dal seguente:

«2. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente articolo, con regolamento, adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 1 della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, sono stabiliti i criteri e le modalità per la sottoscrizione, da parte dello straniero, contestualmente alla presentazione della domanda di rilascio del permesso di soggiorno ai sensi dell'articolo 5, di un Accordo di integrazione, articolato per crediti, con l'impegno a sottoscrivere specifici obiettivi di integrazione, da conseguire nel periodo di validità del permesso di soggiorno. La stipula dell'Accordo di integrazione rappresenta condizione necessaria per il rilascio del permesso di soggiorno. La perdita integrale dei crediti determina la revoca del permesso di soggiorno e l'espulsione dello straniero dal territorio dello Stato, eseguita dal questore secondo le modalità di cui all'articolo 13, comma 4, ad eccezione dello straniero titolare di permesso di soggiorno per asilo, per richiesta di asilo, per protezione sussidiaria, per motivi umanitari, per motivi familiari, di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, di carta di soggiorno per familiare straniero di cittadino dell'Unione europea nonché dello straniero titolare di altro permesso di soggiorno che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare».

41.300

BRICOLO, MAURO, BODEGA, MAZZATORTA, VALLARDI

Ritirato

Dopo il comma 2, inserire il seguente:

«2-bis. Con il regolamento di cui al comma 2, sono altresì definite le modalità di applicazione dell'Accordo di integrazione agli stranieri già in possesso di permesso di soggiorno».

EMENDAMENTO TENDENTE AD INSERIRE UN ARTICOLO AGGIUNTIVO DOPO L'ARTICOLO 41

41.0.300

BRICOLO, ADERENTI, BODEGA, BOLDI, CAGNIN, DIVINA, FILIPPI ALBERTO, FRANCO PAOLO, GARAVAGLIA MASSIMO, LEONI, MARAVENTANO, MAURO, MAZZATORTA, MONTANI, MONTI, MURA, PITTONI, RIZZI, STIFFONI, TORRI, VACCARI, VALLARDI, VALLI

Ritirato e trasformato nell'odg G41.0.300

Dopo l'articolo 41,inserire il seguente:

«Art. 41-bis.

(Analisi dei flussi migratori)

1. In funzione dell'attuazione del Regolamento (CE) n. 862/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio dell'11 luglio 2007, relativo alle statistiche comunitarie in materia di migrazione e di protezione internazionale, in armonia con gli impegni assunti nel Patto europeo sull'immigrazione e l'asilo adottato dal Consiglio europeo a Bruxelles il 15-16 ottobre 2008, a decorrere dal 1º gennaio 2009, per il periodo di due anni, è sospesa l'applicazione dell'articolo 21 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, sulla determinazione dei flussi di ingresso e, conseguentemente, l'adozione dei decreti di cui all'articolo 3, comma 4 del medesimo decreto.

2. Il Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali istituisce una Commissione tecnica di studio sui flussi migratori che, nel periodo di cui al comma 1, procede:

a) alla raccolta di dati ed all'elaborazione di statistiche sulle migrazioni internazionali, sulla popolazione dimorante abitualmente e sull'acquisizione della cittadinanza, sui permessi di soggiomo e sul soggiorno di cittadini di paesi extracomunitari, nonché sui rimpatri;

b) al monitoraggio del fenomeno della disoccupazione degli stranieri titolari di permesso di soggiorno conseguente alla crisi economica in atto e alla formulazione di politiche attive di reinserimento di tali categorie di lavoratori;

c) all'analisi della capacità recettiva del paese, in rapporto alle singole realtà territoriali, in riferimento ai posti dì lavoro disponibili nei diversi settori occupazionali, alla disponibilità di alloggi, alla disponibilità e al costo dei servizi garantiti;

d) all'analisi dell'impatto dell'immigrazione sotto il profilo del rapporto tra costi e benefici con particolare riguardo ai pubblici servizi;

e) all'analisi del grado di integrazione degli stranieri presenti sul territorio nazionale anche in rapporto ai paesi di provenienza;

f) alla formulazione di proposte per la revisione del meccanismo dei flussi di ingresso di cui all'articolo 21 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, finalizzate ad includere nelle quote annualmente stabilite anche gli ingressi nel territorio dello Stato per motivi di rincongiungimento familiare.

3. Sono esclusi dalla disposizione dì cui al comma 1 gli ingressi per lavoro in casi particolari di cui all'articolo 27 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286».

ORDINE DEL GIORNO

G41.0.300 (già em. 41.0.300)

BRICOLO, ADERENTI, BODEGA, BOLDI, CAGNIN, DIVINA, FILIPPI ALBERTO, FRANCO PAOLO, GARAVAGLIA MASSIMO, LEONI, MARAVENTANO, MAURO, MAZZATORTA, MONTANI, MONTI, MURA, PITTONI, RIZZI, STIFFONI, TORRI, VACCARI, VALLARDI, VALLI

Non posto in votazione (*)

Il Senato della Repubblica,

considerato che:

la grave congiuntura economico-finanziaria che sta attraversando il nostro Paese ha determinato e determinerà ancora di più nei prossimi mesi rilevanti ricadute negative sull'occupazione;

i lavoratori più a rischio - anche per la tipologia delle loro mansioni e dei relativi contratti - saranno sicuramente i lavoratori stranieri. Tale situazione creerà rilevanti problemi non solo sotto il profilo strettamente occupazionale, ma anche dal punto di vista della sicurezza pubblica;

premesso che:

è opportuno intervenire in via preventiva bloccando temporaneamente i flussi di ingresso per motivi di lavoro sul nostro territorio, al fine di favorire il reinserimento lavorativo degli stranieri interessati dai procedimenti di mobilità lavorativa;

anche altri Paesi europei, prima fra tutti la Spagna, hanno adottato analoghe politiche di controllo dell'immigrazione.

impegna il Governo a valutare la possibilità di sospendere, per il periodo di due anni, l'adozione di nuovi decreti di determinazione dei flussi di ingresso di cittadini stranieri, con particolare riguardo ai settori produttivi interessati dalla crisi economica in atto.

________________

(*) Accolto dal Governo

ARTICOLO 42 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE

Art. 42.

Approvato

(Modifiche all'articolo 12 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286)

1. All'articolo 12 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n.286, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 1 è sostituito dal seguente:

«1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, in violazione delle disposizioni del presente testo unico, promuove, dirige, organizza, finanzia o effettua il trasporto di stranieri nel territorio dello Stato ovvero compie altri atti diretti a procurarne illegalmente l'ingresso nel territorio dello Stato, ovvero di altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza permanente, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa di 15.000 euro per ogni persona»;

b) il comma 3 è sostituito dal seguente:

«3. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, in violazione delle disposizioni del presente testo unico, promuove, dirige, organizza, finanzia o effettua il trasporto di stranieri nel territorio dello Stato ovvero compie altri atti diretti a procurarne illegalmente l'ingresso nel territorio dello Stato, ovvero di altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza permanente, è punito con la reclusione da cinque a quindici anni e con la multa di 15.000 euro per ogni persona nel caso in cui:

a) il fatto riguarda l'ingresso o la permanenza illegale nel territorio dello Stato di cinque o più persone;

b) la persona trasportata è stata esposta a pericolo per la sua vita o per la sua incolumità per procurarne l'ingresso o la permanenza illegale;

c) la persona trasportata è stata sottoposta a trattamento inumano o degradante per procurarne l'ingresso o la permanenza illegale;

d) il fatto è commesso da tre o più persone in concorso tra loro o utilizzando servizi internazionali di trasporto ovvero documenti contraffatti o alterati o comunque illegalmente ottenuti;

e) gli autori del fatto hanno la disponibilità di armi o materie esplodenti»;

c) il comma 3-bis è sostituito dal seguente:

«3-bis. Se i fatti di cui al comma 3 sono commessi ricorrendo due o più delle ipotesi di cui alle lettere a), b), c), d) ed e) del medesimo comma, la pena ivi prevista è aumentata»;

d) il comma 3-ter è sostituito dal seguente:

«3-ter. La pena detentiva è aumentata da un terzo alla metà e si applica la multa di 25.000 euro per ogni persona se i fatti di cui ai commi 1 e 3:

a) sono commessi al fine di reclutare persone da destinare alla prostituzione o comunque allo sfruttamento sessuale o lavorativo ovvero riguardano l'ingresso di minori da impiegare in attività illecite al fine di favorirne lo sfruttamento;

b) sono commessi al fine di trarne profitto, anche indiretto»;

e) il comma 4 è sostituito dal seguente:

«4. Nei casi previsti dai commi 1 e 3 è obbligatorio l'arresto in flagranza»;

f) dopo il comma 4 sono inseriti i seguenti:

«4-bis. Quando sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine ai reati previsti dal comma 3, è applicata la custodia cautelare in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari.

4-ter. Nei casi previsti dai commi 1 e 3 è sempre disposta la confisca del mezzo di trasporto utilizzato per commettere il reato, anche nel caso di applicazione della pena su richiesta delle parti».

ARTICOLO 43 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE

Art. 43.

Approvato

(Modifica all'articolo 407 del codice di procedura penale)

1. All'articolo 407, comma 2, lettera a), numero 7-bis), del codice di procedura penale, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, nonché dei delitti previsti dall'articolo 12, comma 3, del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n.286, e successive modificazioni».

ORDINE DEL GIORNO

G43.100

LI GOTTI, PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, CARLINO, ASTORE, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA, RUSSO

Respinto

Il Senato, in sede di esame dell'AS 733-A,

considerate le positive modifiche apportate ai procedimenti di sequestro e confisca dei beni di organizzazioni della criminalità organizzata;

rilevata la necessità di razionalizzare e rendere ancor più efficace la gestione delle liquidità confiscate alle associazioni di stampo mafioso, evitando al contempo l'incertezza sul destino del bene derivante dalla possibilità di revoca della confisca;

impegna il Governo:

a promuovere le opportune iniziative al fine di unificare e coordinare le competenze in materia di assegnazione e destinazione dei beni confiscati, sulla linea di quanto previsto, all'unanimità, dalla Commissione Antimafia nella XV Legislatura;

a rafforzare le capacità di gestione dei beni confiscati secondo principi di organicità e sistematicità delle procedure, assegnando personale qualificato e risorse adeguate ai soggetti chiamati a programmare e garantire l'inserimento dei beni confiscati in piani di sviluppo socio-economico;

a dotare le autorità e di soggetti incaricati della gestione dei beni confiscati di competenze adeguate in termini di promozione d'impresa e analisi di mercato al fine di garantire per quanto possibile la continuità d'impresa ed i livelli occupazionali delle aziende che giungono a confisca.

ARTICOLO 44 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE

Art. 44.

Approvato nel testo emendato

(Modifica all'articolo 2 della legge 24 dicembre 1954, n.1228)

1. Dopo il terzo comma dell'articolo 2 della legge 24 dicembre 1954, n.1228, è inserito il seguente:

«È comunque istituito presso il Ministero dell'interno un apposito registro delle persone che non hanno fissa dimora. Con decreto del Ministro dell'interno, da adottare nel termine di centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono stabilite le modalità di funzionamento del registro attraverso l'utilizzo del sistema INA-SAIA».

EMENDAMENTI

44.100

LI GOTTI, BELISARIO, PARDI, GIAMBRONE, CARLINO, ASTORE, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA, RUSSO

Respinto

Sopprimere l'articolo.

44.101

CASSON, BIANCO, DE SENA, INCOSTANTE, LATORRE, CAROFIGLIO, MARITATI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, ADAMO, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI

Id. em. 44.100

Sopprimere l'articolo.

44.102

PERDUCA, PORETTI, BONINO

Id. em. 44.100

Sopprimere l'articolo.

44.300

BRICOLO, MAURO, BODEGA, MAZZATORTA, VALLARDI

V. testo 2

Al comma 1, premettere il seguente:

«0.1. Il comma 3 dell'articolo 2 della legge 24 dicembre 1954, n.1228 è sostituito dal seguente:

"2. Ai fini dell'obbligo di cui al primo comma, la persona che non ha fissa dimora si considera residente nel Comune ove ha il domicilio. Il richiedente l'iscrizione anagrafica senza fissa dimora è tenuto a fornire all'ufficio anagrafe gli elementi necessari allo svolgimento degli opportuni accertamenti atti a stabilire l'effettiva sussistenza del domicilio"».

44.300 (testo 2)

BRICOLO, MAURO, BODEGA, MAZZATORTA, VALLARDI

Approvato

Al comma 1, premettere il seguente:

«0.1. Il comma 3 dell'articolo 2 della legge 24 dicembre 1954, n.1228, è sostituito dal seguente:

"Ai fini dell'obbligo di cui al primo comma, la persona che non ha fissa dimora si considera residente nel comune dove ha stabilito il proprio domicilio. La stessa al momento della richiesta di iscrizione è tenuta a fornire all'ufficio anagrafe gli elementi necessari allo svolgimento degli accertamenti atti a stabilire l'effettiva sussistenza del domicilio. In mancanza del domicilio si considera residente nel comune di nascita"».

44.500

I RELATORI

Approvato

Al comma 1, dopo la parola: «istituito» aggiungere le seguenti: «senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato».

44.800

IL GOVERNO

Approvato

Al comma 1, capoverso, dopo la parola: «registro» aggiungere la seguente: «nazionale».

ARTICOLO 45 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE

Art. 45.

Approvato

(Modifica all'articolo 11 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n.223)

1. All'articolo 11, comma 1, lettera c), del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n.223, le parole: « trascorso un anno dalla scadenza del permesso di soggiorno» sono sostituite dalle seguenti: «trascorsi sei mesi dalla scadenza del permesso di soggiorno».

EMENDAMENTO

45.100

BIANCO, CASSON, DE SENA, INCOSTANTE, LATORRE, CAROFIGLIO, MARITATI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, ADAMO, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI

Non posto in votazione (*)

Sopprimere l'articolo.

________________

(*) Approvato il mantenimento dell'articolo.

ORDINE DEL GIORNO

G45.100

MAZZATORTA

V. testo 2

Il Senato della Repubblica,

In sede di esame dell'AS 733, recante disposizioni in materia di sicurezza, pubblica;

premesso che:

l'articolo 45 contiene disposizioni volte a prevedere che la stipula del permesso di soggiorno sia subordinata alla sottoscrizione di un Accordo di integrazione, articolato per crediti, con l'impegno a sottoscrivere specifici obiettivi di integrazione da conseguire nel periodo di validità del permesso di soggiorno;

l'articolo 45, comma 2 stabilisce che, in caso di perdita integrale dei crediti, è disposta l'espulsione dello straniero;

i criteri e le modalità per la sottoscrizione da parte dello straniero, di tale Accordo di integrazione, sono demandati ad un regolamento del Consiglio dei Ministri;

il regolamento attuativo di cui sopra dovrebbe, in particolare, prevedere che:

a) la stipula dell'Accordo di integrazione e l'assegnazione dei crediti ad esso relativi siano subordinate al possesso dei seguenti requisiti:

1) livello adeguato di conoscenza della lingua italiana, certificato in rapporto agli standard minimi definiti nel Quadro di Riferimento Europeo Comune per le lingue del Consiglio d'Europa;

2) adesione alla Carta dei valori della cittadinanza e dell'integrazione di cui al Decreto del Ministero dell'interno 23 aprile 2007;

3) conoscenza basilare delle regole fondamentali dell'ordinamento giuridico il cui rispetto costituisce un presupposto indispensabile per la convivenza pacifica;

b) all'atto del rinnovo del permesso di soggiorno, il cittadino straniero possa incrementare i crediti attribuiti ai sensi della lettera a), attestando:

1) la mancanza, per il periodo di due anni, di violazioni di una norma di comportamento da cui derivi la decurtazione dei crediti;

2) il superamento di un corso atto a verificare il livello di integrazione sociale e culturale del cittadino straniero e il raggiungimento degli obiettivi di integrazione sottoscritti;

3) un livello adeguato di partecipazione economica e sociale alla vita della comunità nazionale e locale;

c) i crediti assegnati a ciascun cittadino straniero subiscano decurtazioni, in misura proporzionale alla gravità dell'infrazione commessa, in caso di:

1) condanna per violazione di una delle norme del codice penale non soggetta all'ordine di espulsione del giudice;

2) illeciti amministrativi;

3) illeciti tributari;

d) nel caso in cui le decurtazioni di cui alla lettera c) comportino una riduzione dei crediti in numero inferiore alla metà, i cittadini stranieri, ai fini del mantenimento del permesso di soggiorno, si sottopongano a corsi di integrazione volti a coinvolgere lo straniero in attività socialmente utili.

Impegna il Governo:

In sede di adozione del regolamento attuativo dell'Accordo di integrazione di cui all'articolo 45, comma 2, ad adottare come parametri di riferimento i criteri di cui in premessa.

G45.100 (testo 2)

MAZZATORTA

Non posto in votazione (*)

Il Senato della Repubblica,

In sede di esame dell'AS 733, recante disposizioni in materia di sicurezza, pubblica;

premesso che:

l'articolo 45 contiene disposizioni volte a prevedere che la stipula del permesso di soggiorno sia subordinata alla sottoscrizione di un Accordo di integrazione, articolato per crediti, con l'impegno a sottoscrivere specifici obiettivi di integrazione da conseguire nel periodo di validità del permesso di soggiorno;

l'articolo 45, comma 2 stabilisce che, in caso di perdita integrale dei crediti, è disposta l'espulsione dello straniero;

i criteri e le modalità per la sottoscrizione da parte dello straniero, di tale Accordo di integrazione, sono demandati ad un regolamento del Consiglio dei Ministri;

il regolamento attuativo di cui sopra dovrebbe, in particolare, prevedere che:

a) la stipula dell'Accordo di integrazione e l'assegnazione dei crediti ad esso relativi siano subordinate al possesso dei seguenti requisiti:

1) livello adeguato di conoscenza della lingua italiana, certificato in rapporto agli standard minimi definiti nel Quadro di Riferimento Europeo Comune per le lingue del Consiglio d'Europa;

2) adesione alla Carta dei valori della cittadinanza e dell'integrazione di cui al Decreto del Ministero dell'interno 23 aprile 2007;

3) conoscenza basilare delle regole fondamentali dell'ordinamento giuridico il cui rispetto costituisce un presupposto indispensabile per la convivenza pacifica;

b) all'atto del rinnovo del permesso di soggiorno, il cittadino straniero possa incrementare i crediti attribuiti ai sensi della lettera a), attestando:

1) la mancanza, per il periodo di due anni, di violazioni di una norma di comportamento da cui derivi la decurtazione dei crediti;

2) il superamento di un corso atto a verificare il livello di integrazione sociale e culturale del cittadino straniero e il raggiungimento degli obiettivi di integrazione sottoscritti;

3) un livello adeguato di partecipazione economica e sociale alla vita della comunità nazionale e locale;

c) i crediti assegnati a ciascun cittadino straniero subiscano decurtazioni, in misura proporzionale alla gravità dell'infrazione commessa, in caso di:

1) condanna per violazione di una delle norme del codice penale non soggetta all'ordine di espulsione del giudice;

2) gravi illeciti amministrativi;

3) gravi illeciti tributari;

d) nel caso in cui le decurtazioni di cui alla lettera c) comportino una riduzione dei crediti in numero inferiore alla metà, i cittadini stranieri, ai fini del mantenimento del permesso di soggiorno, si sottopongano a corsi di integrazione volti a coinvolgere lo straniero in attività socialmente utili.

Impegna il Governo:

In sede di adozione del regolamento attuativo dell'Accordo di integrazione di cui all'articolo 45, comma 2, ad adottare come parametri di riferimento i criteri di cui in premessa.

________________

(*) Accolto dal Governo

ARTICOLO 46 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE

Art. 46.

Approvato nel testo emendato

(Concorso delle associazioni volontarie al presidio del territorio)

1. Gli enti locali, previo parere del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, sono legittimati ad avvalersi della collaborazione di associazioni tra cittadini al fine di segnalare agli organi di polizia locale, ovvero alle Forze di polizia dello Stato, eventi che possano arrecare danno alla sicurezza urbana ovvero situazioni di disagio sociale e cooperare nello svolgimento dell'attività di presidio del territorio.

EMENDAMENTI

46.100

LI GOTTI, BELISARIO, PARDI, GIAMBRONE, CARLINO, ASTORE, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA, RUSSO

Respinto

Sopprimere l'articolo.

46.101

CASSON, BIANCO, DE SENA, INCOSTANTE, LATORRE, CAROFIGLIO, MARITATI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, ADAMO, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI

Id. em. 46.100

Sopprimere l'articolo.

46.102

PERDUCA, PORETTI, BONINO

Id. em. 46.100

Sopprimere l'articolo.

46.103

CASSON, BIANCO, DE SENA, INCOSTANTE, LATORRE, CAROFIGLIO, MARITATI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, ADAMO, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI

Approvato

Al comma 1, dopo le parole: «tra cittadini» inserire le seguenti: «non armati» e sopprimere le parole da: «e cooperare» sino a: «del territorio».

46.500

I RELATORI

Approvato

Al comma 1, aggiungere, in fine, le seguenti parole: «Dalla presente disposizione non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica».

ARTICOLO 47 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE

Art. 47.

Approvato

(Rimpatrio assistito di minore cittadino dell'Unione europea)

1. Nei limiti delle risorse annualmente assegnate al Fondo nazionale per le politiche migratorie, le disposizioni relative al rimpatrio assistito di cui all'articolo 33, comma 2-bis, del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n.286, si applicano ai minori cittadini dell'Unione europea non accompagnati presenti nel territorio dello Stato che esercitano la prostituzione, quando sia necessario nell'interesse del minore stesso, secondo quanto previsto dalla Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata ai sensi della legge 27 maggio 1991, n.176.

EMENDAMENTO

47.101

DELLA MONICA, SERAFINI ANNA MARIA, BIANCO, CASSON, DE SENA, INCOSTANTE, LATORRE, CAROFIGLIO, MARITATI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, ADAMO, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI

Non posto in votazione (*)

Sopprimere l'articolo.

________________

(*) Approvato il mantenimento dell'articolo.

ARTICOLO 48 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE

Art. 48.

Approvato nel testo emendato

(Modifiche al decreto legislativo 30 aprile 1992, n.285)

 1. All'articolo 128 del nuovo codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n.285, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) dopo il comma 1 sono inseriti i seguenti:

«1-bis. È sempre disposta la revisione della patente di cui al comma 1 quando il conducente sia stato coinvolto in un incidente stradale e a suo carico sia stata contestata la violazione di una delle disposizioni del presente codice da cui consegue la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida.

1-ter. È sempre disposta la revisione della patente di cui al comma 1 quando il conducente minore degli anni 18 sia autore materiale di una violazione delle norme del presente codice da cui è previsto che consegua l'applicazione della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida ovvero la decurtazione di almeno 5 punti dalla patente di guida»;

b) il comma 2 è sostituito dal seguente:

«2. Nei confronti del titolare di patente di guida che non si sottoponga, nei termini prescritti, agli accertamenti di cui ai commi 1, 1-bis ed 1-ter è sempre disposta la sospensione della patente di guida fino al superamento con esito favorevole degli accertamenti stessi. La sospensione decorre dal giorno successivo allo scadere del termine indicato nell'invito a sottoporsi a revisione senza necessità di emissione di un ulteriore provvedimento da parte degli uffici provinciali o del prefetto. Chiunque circola durante il periodo di sospensione della patente di guida a tempo indeterminato è soggetto alle sanzioni amministrative di cui all'articolo 218. Le stesse disposizioni si applicano anche a chiunque sia stato dichiarato, a seguito di un accertamento sanitario effettuato ai sensi dei commi 1, 1-bis o 1-ter, temporaneamente inidoneo alla guida»;

c) il comma 3 è abrogato.

2. All'articolo 186 del nuovo codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n.285, sono apportate le seguenti modificazioni:

b) dopo il comma 2-quinquies è inserito il seguente:

«2-sexies. Con la sentenza di condanna ovvero di applicazione della pena a richiesta delle parti, anche se è stata applicata la sospensione condizionale della pena, per i reati previsti dal comma 2, lettera c), del presente articolo quando il veicolo con il quale è stato commesso il reato appartiene a persona estranea al reato è disposto il fermo amministrativo per un periodo di centottanta giorni e, al momento dell'accertamento del reato, l'organo accertatore dispone il fermo amministrativo provvisorio del veicolo per sessanta giorni, secondo la procedura di cui all'articolo 214, in quanto compatibile. Il veicolo sottoposto a fermo può essere affidato in custodia al trasgressore. Avverso il fermo amministrativo provvisorio è ammesso il reclamo al tribunale. In caso di circolazione durante il periodo di fermo amministrativo provvisorio, si applicano le sanzioni di cui all'articolo 214, comma 8».

3. Dopo il comma 4 dell'articolo 193 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n.285, è aggiunto il seguente:

«4-bis. Salvo che debba essere disposta confisca ai sensi dell'articolo 240 del codice penale, è sempre disposta la confisca amministrativa del veicolo sprovvisto di copertura assicurativa quando sia fatto circolare con documenti assicurativi falsi o contraffatti intestati al conducente. Si applicano le disposizioni dell'articolo 213 del presente codice».

4. All'articolo 208 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n.285, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 2, dopo la lettera c) sono aggiunte le seguenti:

«c-bis) al Ministero dell'interno, missione ''ordine pubblico e sicurezza'', nella misura del 7,5 per cento del totale annuo, per l'acquisto di automezzi, mezzi ed attrezzature delle Forze di polizia di cui all'articolo 12, comma 1, lettere a), b) e c), destinati al potenziamento dei servizi di controllo finalizzati alla sicurezza della circolazione stradale;

c-ter) al Ministero dell'interno, nella misura del 2,5 per cento del totale annuo, per le spese relative agli accertamenti di cui agli articoli 186 e 187, sostenute da soggetti pubblici su richiesta degli organi di polizia»;

b) al comma 4 gli ultimi due periodi sono sostituiti dal seguente: «Le determinazioni della giunta e la relazione annuale sull'impiego dei proventi predisposta dalla stessa giunta sono comunicate al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e al Ministro dell'interno»;

c) il comma 4-bis è sostituito dal seguente:

«4-bis. La quota dei proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie per violazioni previste dal presente codice, annualmente destinata con delibera di giunta al miglioramento della circolazione sulle strade, è destinata ad assunzioni stagionali a progetto nelle forme di contratti a tempo determinato e a forme flessibili di lavoro, limitatamente al potenziamento dei servizi di controllo finalizzati alla sicurezza stradale, nonché a progetti di potenziamento dei servizi notturni e di prevenzione delle violazioni di cui agli articoli 186 e 187 ed all'acquisto di automezzi, mezzi ed attrezzature dei Corpi e dei servizi di polizia provinciale e di polizia municipale di cui all'articolo 12, comma 1, lettere d-bis) ed e), destinati al potenziamento dei servizi di controllo finalizzati alla sicurezza della circolazione stradale. Le determinazioni della giunta e la relazione annuale sull'impiego dei proventi predisposta dalla stessa giunta sono comunicate al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e al Ministro dell'interno».

5. Dopo l'articolo 208 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n.285, è inserito il seguente:

«Art. 208-bis. - (Destinazione dei veicoli sequestrati o confiscati). - 1. I veicoli sequestrati ai sensi dell'articolo 186, commi 2, lettera c), 2-bis e 7, e dell'articolo 187, commi 1 e 1-bis, sono affidati dall'autorità giudiziaria in custodia giudiziale agli organi di polizia, anche per le esigenze delle sezioni di polizia giudiziaria, che ne facciano richiesta per l'impiego in attività di polizia, prioritariamente per la prevenzione della sicurezza della circolazione stradale, ovvero possono essere affidati ad altri organi dello Stato o ad altri enti pubblici non economici, per finalità di giustizia, di protezione civile o di tutela ambientale.

2. I veicoli di cui al comma 1, acquisiti dallo Stato a seguito di provvedimento definitivo di confisca, sono assegnati, a richiesta, agli organi o enti che ne hanno avuto l'uso. Qualora tali enti od organi non presentino richiesta di assegnazione, i beni sono posti in vendita. Se la procedura di vendita è antieconomica, con provvedimento del dirigente del competente ufficio del territorio del Ministero dell'economia e delle finanze è disposta la cessione gratuita o la distruzione del bene.

3. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all'articolo 301-bis del testo unico di cui al del decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n.43, e all'articolo 2-undecies della legge 31 maggio 1965, n.575, concernenti la gestione, la vendita o la distruzione dei beni mobili registrati».

6. All'articolo 219 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n.285, comma 3-bis, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Quando la revoca della patente accede alla violazione degli articoli 186, comma 2, lettera c), e 187, non è possibile conseguire una nuova patente di guida prima di 5 anni, decorrenti dall'epoca di accertamento del reato».

7. Nel titolo VI, capo I, sezione II, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n.285, dopo l'articolo 219 è inserito il seguente:

«Art. 219-bis. - (Ritiro, sospensione o revoca del certificato di idoneità alla guida). - 1. Nell'ipotesi in cui, ai sensi del presente codice, è disposta la sanzione amministrativa accessoria del ritiro, della sospensione o della revoca della patente di guida e la violazione da cui discende è commessa da un conducente munito di certificato di idoneità alla guida di cui all'articolo 116, commi 1-bis e 1-ter, le sanzioni amministrative accessorie si applicano al certificato di idoneità alla guida secondo le procedure degli articoli 216, 218 e 219. In caso di circolazione durante il periodo di applicazione delle sanzioni accessorie si applicano le sanzioni amministrative di cui agli stessi articoli. Si applicano, altresì, le disposizioni dell'articolo 126-bis.

2. Se il conducente è persona munita di patente di guida, nell'ipotesi in cui, ai sensi del presente codice, sono stabilite le sanzioni amministrative accessorie del ritiro, della sospensione o della revoca della patente di guida, le stesse sanzioni amministrative accessorie si applicano anche quando le violazioni sono commesse alla guida di un veicolo per il quale non è richiesta la patente di guida. In tali casi si applicano, altresì, le disposizioni dell'articolo 126-bis.

3. Quando il conducente è minorenne si applicano le disposizioni dell'articolo 128 commi 1-ter e 2».

8. Nel titolo VI, capo II, sezione II, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n.285, dopo l'articolo 224-bis è inserito il seguente:

«Art. 224-ter. - (Procedimento di applicazione delle sanzioni amministrative accessorie della confisca amministrativa e del fermo amministrativo in conseguenza di ipotesi di reato). - 1. Nelle ipotesi di reato per le quali è prevista la sanzione amministrativa accessoria della confisca del veicolo, l'agente od organo accertatore della violazione procede al sequestro secondo le disposizioni dell'articolo 213, in quanto compatibili. Copia del verbale di sequestro è trasmessa, unitamente al rapporto, entro dieci giorni, tramite il proprio comando o ufficio, alla prefettura-ufficio territoriale del Governo del luogo della commessa violazione.

2. Nei casi previsti dal comma 1, il cancelliere del giudice che ha pronunciato la sentenza o il decreto divenuti irrevocabili ai sensi dell'articolo 648 del codice di procedura penale, nel termine di quindici giorni, ne trasmette copia autentica al prefetto affinché disponga la confisca amministrativa secondo le disposizioni dell'articolo 213 del presente codice, in quanto compatibili.

3. Nelle ipotesi di reato per le quali è prevista la sanzione amministrativa accessoria del fermo amministrativo, l'agente od organo accertatore della violazione dispone il fermo amministrativo provvisorio del veicolo per trenta giorni, secondo la procedura di cui all'articolo 214, in quanto compatibile.

4. Quando la sentenza penale o il decreto di accertamento del reato e di condanna sono irrevocabili, anche se è stata applicata la sospensione della pena, il cancelliere del giudice che ha pronunciato la sentenza o il decreto, nel termine di quindici giorni, ne trasmette copia autentica all'organo di polizia competente affinché disponga il fermo amministrativo del veicolo secondo le disposizioni dell'articolo 214, in quanto compatibili.

5. La declaratoria di estinzione del reato per morte dell'imputato importa l'estinzione della sanzione amministrativa accessoria. Nel caso di estinzione del reato per altra causa, il prefetto, ovvero, in caso di fermo, l'ufficio o il comando da cui dipende l'agente accertatore della violazione, accerta la sussistenza o meno delle condizioni di legge per l'applicazione della sanzione amministrativa accessoria e procede ai sensi degli articoli 213 e 214, in quanto compatibili. L'estinzione della pena successiva alla sentenza irrevocabile di condanna non ha effetto sull'applicazione della sanzione amministrativa accessoria.

6. Nel caso di sentenza irrevocabile di proscioglimento, il prefetto, ovvero, nei casi di cui al comma 3, l'ufficio o il comando da cui dipende l'agente accertatore della violazione, ricevuta la comunicazione della cancelleria, ordina la restituzione del veicolo all'intestatario. Fino a tale ordine, sono fatti salvi gli effetti del fermo amministrativo provvisorio disposto ai sensi del medesimo comma 3».

EMENDAMENTI

48.100

THALER AUSSERHOFER, PINZGER, PETERLINI

Respinto

Al comma 1, premettere il seguente:

«01. Al comma 2-bis dell'articolo 117 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n.285, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: "e a coloro che abbiano svolto almeno otto ore di pratica presso un 'centro di guida sicura', riconosciuto con decreto ministeriale, documentate da un certificato di frequenza rilasciato dal centro stesso"».

48.301

THALER AUSSERHOFER, PINZGER, PETERLINI

Ritirato

Dopo il comma 1, inserire il seguente:

«1-bis. Al comma 1 dell'articolo 177, del decreto legislativo n.285 del 1992 e successive modificazioni, dopo le parole: "polizia o antincendio" sono inserite le seguenti: "o al soccorso subacqueo"».

48.302

THALER AUSSERHOFER, PINZGER, PETERLINI

Ritirato

Dopo il comma 1, inserire il seguente:

«1-bis. Al comma 1 dell'articolo 177, del decreto legislativo n.285 del 1992 e successive modificazioni, dopo le parole: "di plasma" sono inserite le seguenti: ",prove di laboratorio"».

48.800

IL GOVERNO

Approvato

Il comma 2 è sostituito dal seguente:

«2. Al decreto legislativo 30 aprile 1992, n.285, sono apportate le seguenti modificazioni:

a)all'articolo 186, comma 2, lettera c), dopo il secondo periodo è inserito il seguente: "Se il veicolo appartiene a persona estranea al reato, la durata della sospensione della patente è raddoppiata";

b) all'articolo 187, comma 1, l'ultimo periodo è sostituito dal seguente: "Si applicano le disposizioni del'articolo 186, comma 2, lettera c), terzo, sesto e settimo periodo, nonchè quelle di cui al comma 2.quinquies del medesimo articolo 186».

48.303

THALER AUSSERHOFER, PINZGER, PETERLINI, DIVINA

Precluso

Al comma 2, alla lettera b), premettere la seguente:

«0-b) al comma 2, lettera c) dopo le parole: "sospensione condizionale della pena," inserire le seguenti: "in caso di recidiva"».

48.304

THALER AUSSERHOFER, PINZGER, PETERLINI, DIVINA

Precluso

Al comma 2, alla lettera b), premettere la seguente:

«0-b) al comma 2-bis, dopo le parole: "del medesimo comma 2," inserire le seguenti: "in caso di recidiva"».

48.801

IL GOVERNO

Approvato

Al comma 3, capoverso, il comma 4-bis, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n.285, è sostituito dal seguente:

«4-bis. Salvo che debba essere disposta confisca ai sensi dell'articolo 240 del codice penale, è sempre disposta la confisca amministrativa del veicolo intestato al conducente, sprovvisto di copertura assicurativa quando sia fatto circolare con documenti assicurativi falsi o contraffatti. Si applicano le disposizioni dell'articolo 213».

48.305

BRICOLO, MAURO, BODEGA, MAZZATORTA, VALLARDI

Ritirato

Al comma 4, lettera a)premettera la seguente:

«0a) al comma 2, lettera a) le parole: "Polizia di Stato, dell'Arma dei carabinieri e della Guardia di finanza" sono sostituite dalle seguenti: "delle Forze di polizia di cui all'articolo 12, commi 1, lettere a), b) e c)"».

48.306

BRICOLO, MAURO, BODEGA, MAZZATORTA, VALLARDI

V. testo 2

Al comma 4, le lettere b) e c) sono sostituite dalla seguente:

«b) al comma 4, la parola: "diecimila" è sostituita dalla seguente: "cinquantamila";

c) al comma 4-bis, aggiungere in fine le seguenti parole: ", ovvero al finanziamento di progetti di potenziamento dei servizi di controllo finalizzati alla sicurezza urbana e alla sicurezza stradale, nonché a progetti di potenziamento dei servizi notturni e di prevenzione delle violazioni di cui agli articoli 186 e 187 ed all'acquisto di automezzi, mezzi ed attrezzature dei Corpi e dei servizi di polizia provinciale e di polizia municipale di cui all'articolo 12, comma 1, lettere d-bis) ed e), destinati al potenziamento dei servizi di controllo finalizzati alla sicurezza della circolazione stradale e alla sicurezza urbana"».

48.306 (testo 2)

BRICOLO, MAURO, BODEGA, MAZZATORTA, VALLARDI

Approvato

Al comma 4, la lettera c) è sostituita dalla seguente:

c) al comma 4-bis, aggiungere in fine le seguenti parole: ", ovvero al finanziamento di progetti di potenziamento dei servizi di controllo finalizzati alla sicurezza urbana e alla sicurezza stradale, nonché a progetti di potenziamento dei servizi notturni e di prevenzione delle violazioni di cui agli articoli 186 e 187 ed all'acquisto di automezzi, mezzi ed attrezzature dei Corpi e dei servizi di polizia provinciale e di polizia municipale di cui all'articolo 12, comma 1, lettere d-bis) ed e), destinati al potenziamento dei servizi di controllo finalizzati alla sicurezza della circolazione stradale e alla sicurezza urbana"».

48.900

I RELATORI

Approvato

Al comma 5, nell'alinea «Art. 208-bis», al comma 1, sostituire le parole: «della sicurezza della circolazione stradale» con le seguenti: «al fine di garantire la sicurezza della circolazione stradale».

EMENDAMENTI TENDENTI AD INSERIRE ARTICOLI AGGIUNTIVI DOPO L'ARTICOLO 48

48.0.600 testo 3/1

CASSON, MARITATI, LATORRE, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, GALPERTI

Respinto

All'emendamento 48.0.600 (testo 3), aggiungere, in fine, il seguente comma:

«2-bis.Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano ai fatti commessi dopo la data di entrata in vigore della presente legge».

48.0.600 (testo 3 corretto)

IL GOVERNO

Approvato

Dopo l'articolo 48,inserire il seguente:

«Art. 48-bis.

(Modifiche agli articoli 75 e 75-bis del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n.309)

1. All'articolo 75, comma 1, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n.309, sono apportate le seguenti modificazioni:

a)nell'alinea, dopo le parole: "non superiore a un anno," sono inserite le seguenti: "salvo quanto previsto dalla lettera a),";

b)la lettera a), è sostituita dalla seguente:

"a) sospensione della patente di guida, del certificato di abilitazione professionale per la guida di motoveicoli e del certificato di idoneità alla guida di ciclomotori o divieto di conseguirli per un periodo fino a tre anni".

2. All'articolo 75-bis del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n.309, sono apportate le seguenti modificazioni:

a)al comma 1, alinea, le parole: ", per la durata massima di due anni," sono soppresse;

b)dopo il comma 1 è inserito il seguente:

"1-bis. La durata massima delle misure di cui al comma 1 è fissata in due anni per quelle indicate nelle lettere a), b), c), d), ed e) e in quattro anni per quella indicata nella lettera f)».

48.0.601 testo2/1

CASSON, MARITATI, LATORRE, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, GALPERTI

Approvato

All'emendamento 48.0.601 (testo 2), al comma 6, sopprimere la parola: «non».

48.0.601 (testo 2)

IL GOVERNO

Approvato nel testo emendato

Dopo l'articolo 48, aggiungere il seguente:

«Art. 48-bis.

(Ulteriori modifiche al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285)

1. Al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) l'articolo 120 è sostituito dal seguente:

"Art. 120. - (Requisiti morali per ottenere il rilascio dei titoli abilitativi di cui all'articolo 116). -1. Non possono conseguire la patente di guida, il certificato di abilitazione professionale per la guida di moto veicoli e il certificato di idoneità alla guida di ciclomotori, i delinquenti abituali, professionali o per tendenza e coloro che sono o sono stati sottoposti a misure di sicurezza personali o alle misure di prevenzione previste dalla legge 27 dicembre 1956, n. 1423, ad eccezione di quella di cui all'articolo 2, e dalla legge 31 maggio 1965, n. 575, le persone condannate per i reati di cui agli articoli 73 e 74 del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, fatti salvi gli effetti di provvedimenti riabilitativi, nonché i soggetti destinatari del divieto di cui all'articolo 75, comma 1, lettera a), del medesimo decreto n. 309 del 1990.

2. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 75, comma 1, lettera a), del medesimo decreto n. 309 del 1990, se le condizioni soggettive indicate al comma 1 intervengono in data successiva al rilascio, il prefetto provvede alla revoca della patente di guida, del certificato di abilitazione professionale per la guida di motoveicoli e del certificato di idoneità alla guida di ciclomotori. La revoca non può essere disposta se sono trascorsi più di tre anni dalla data di applicazione delle misure di prevenzione, o di quella del passaggio in giudicato della sentenza di condanna per i reati indicati dal medesimo comma 1.

3. La persona destinataria del provvedimento di revoca di cui al comma 2, non può conseguire una nuova patente di guida prima che siano trascorsi almeno 3 anni.

4. Avverso i provvedimenti di diniego di cui al comma 1 e i provvedimenti di cui al comma 2 è ammesso il ricorso al Ministro dell'interno il quale decide, entro sessanta giorni, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.

5. Con decreto del Ministro dell'interno e del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti sono stabilite le modalità necessarie per l'adeguamento del collegamento telematico tra il sistema informativo del Dipartimento per i trasporti terrestri e il trasporto intermodale e quello del Dipartimento per le politiche del personale dell'amministrazione civile e per le risorse strumentali e finanziarie in modo da consentire la trasmissione delle informazioni necessarie ad impedire il rilascio dei titoli abilitativi di cui al comma l e l'acquisizione dei dati relativi alla revoca dei suddetti titoli intervenuta ai sensi del comma 2.

6. Salvo che il fatto non costituisca reato, chiunque, in violazione delle disposizioni di cui ai commi l e 3, provvede al rilascio dei titoli abilitativi di cui all'articolo 116 è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 1000 a euro 3000.

b) al comma 2-bis dell'articolo 117, è aggiunto il seguente periodo: "Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 120, alle persone destinatarie del divieto di cui all'articolo 75, comma 1, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, il divieto di cui al presente comma ha effetto per i primi tre anni dal rilascio della patente di guida".

2. Fino alla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 5 dell'articolo 120 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, introdotto dal comma 1, lettera a), del presente articolo, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, continuano ad applicarsi le modalità di interscambio informativo previste dal comma 2 dell'articolo 120 del medesimo decreto legislativo, nel testo vigente anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge».

48.0.300

FLUTTERO, MENARDI, CARUSO, SAIA, BALBONI, SALTAMARTINI

Ritirato e trasformato nell'odg G48.0.300

Dopo l'articolo 48,aggiungere il seguente:

«Art. 48-bis.

(Dispositivi automobilistici per la misurazione del tasso alcoolemico)

1. Entro 12 mesi dall'approvazione della legge presente, le case automobilistiche ovvero le aziende del settore componentistica auto, possono presentare al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, progetti o prototipi di apparecchiature in grado di misurare il tasso alcoolemico, integrabili nei sistemi di avviamento delle autovetture. Tali apparecchiature dovranno impedire l'avviamento dell'autovettura nel caso in cui il conducente superi il limite di tasso alcoolemico consentito. Gli uffici tecnici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti effettueranno valutazioni propedeutiche alla successiva eventuale omologazione compatibilmente con le normative europee di settore».

48.0.108

COMPAGNA

Ritirato e trasformato nell'odg G48.0.108

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 48-bis.

(Modifiche alla legge 2 ottobre 2007, n. 160)

All'articolo 6 del decreto legge 3 agosto 2007, n. 117, recante disposizioni urgenti modificative del codice della strada per incrementare i livelli di sicurezza nella circolazione, convertito, con modificazioni, nella legge 2 ottobre 2007, n. 160, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) dopo il comma 1 sono inseriti i seguenti:

"1-bis. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 14 della legge 30 marzo 2001, n. 125 e dall'articolo 6-bis del decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151, convertito, con modificazioni, nella legge 10 agosto 2003, n. 214, in tutti i locali pubblici o aperti al pubblico, tra le ore 23 e le ore 6 del giorno successivo, è vietata, con qualsiasi modalità e a qualsiasi titolo, la vendita per asporto di bevande alcoliche di qualunque gradazione poste in qualsiasi genere di contenitori;

1-ter. Nei locali di cui al comma 1-bis sono vietate la vendita, la somministrazione e il consumo di bevande alcoliche di qualunque gradazione tra le ore 2 e le ore 6 del giorno successivo".

b) al comma 2 sostituire l'alinea con la seguente: "Qualora nei locali di cui al comma 1-bis si svolgano, congiuntamente all'attività di vendita e di somministrazione di bevande alcoliche, spettacoli o altre forme di intrattenimento, con qualsiasi modalità e in qualsiasi orario, i titolari e i gestori devono assicurarsi che all'uscita del locale sia possibile effettuare, in maniera volontaria da parte dei clienti, una rilevazione del tasso alcolemico. Inoltre, in tutti i locali di cui al comma 1-bis, i titolari devono esporre all'entrata, all'interno e all'uscita dei locali apposite tabelle che riproducano"».

48.0.105

PINZGER, THALER AUSSERHOFER, PETERLINI

Respinto

Dopo l'articolo 48,inserire il seguente:

«Art. 48-bis.

1. All'articolo 6, comma 2, alinea, del decreto-legge 3 agosto 2007, n. 117, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 ottobre 2007, n. 160, le parole da: "devono interrompere" fino a: "alcolemico; inoltre" sono soppresse.

48.0.400/1 (già 51.0.400/1)

CASSON, MARITATI, LATORRE, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, GALPERTI

Respinto

All'emendamento 51.0.400, al comma 2, lettera a), numero 1), sopprimere il capoverso «2-septies».

48.0.400/2 (già 51.0.400/2)

CASSON, MARITATI, LATORRE, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, GALPERTI

Respinto

All'emendamento 51.0.400, al comma 2, lettera d), capoverso «2-bis», primo periodo, dopo le parole: «trimestrali del Ministero dell'interno», aggiungere, in fine, le seguenti: «, da emanarsi entro novanta giorni dall'entrata in vigore della presente disposizione».

48.0.400/3 (già 51.0.400/3)

CASSON, MARITATI, LATORRE, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, GALPERTI

Respinto

All'emendamento 51.0.400, al comma 2, lettera d), capoverso «2-bis», secondo periodo, dopo le parole: «e dei trasporti», aggiungere, in fine, le seguenti: «, da emanarsi entro novanta giorni dall'entrata in vigore della presente disposizione».

48.0.400 (già 51.0.400)

IL GOVERNO

Approvato

Dopo l'articolo 51, inserire il seguente:

«Art. 51-bis.

(Fondo contro l'incidentalità notturna)

1. All'articolo 6-bis del decreto legge 3 agosto 2007, n.117, convertito, con modificazioni, in legge 2 ottobre 2007, n.160, sono apportate le seguenti modifiche:

a) il comma 2 è abrogato;

b) il comma 3 è sostituito dal seguente: "3. Le risorse del Fondo di cui al comma 1 sono utilizzate per l'acquisto di materiali, attrezzature e mezzi per le attività di contrasto dell'incidentalità notturna svolte dalle Forze di polizia di cui all'articolo 12, comma 1, lettere a), b), c), d) e f-bis del decreto legislativo 30 aprile 1992, n.285, e successive modificazioni, per campagne di sensibilizzazione e di formazione degli utenti della strada e per il finanziamento di analisi cliniche, di ricerca e sperimentazione nel settore di contrasto della guida in stato di ebbrezza o dopo aver assunto sostanze stupefacenti".

c) il comma 4 è abrogato;

2. Al decreto legislativo 30 aprile 1992, n.285, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 186:

1) dopo il comma 2-quinquies sono inseriti i seguenti:

"2-sexies. L'ammenda prevista dal comma 2 è aumentata da un terzo alla metà quando il reato è commesso dopo le ore 22 e prima delle ore 7.

2-septies. Le circostanze attenuanti concorrenti con l'aggravante di cui al comma 2-sexies non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a questa. Le diminuzioni di pena si operano sulla quantità della stessa risultante dall'aumento conseguente alla predetta aggravante.

2-octies. Una quota pari al venti per cento dell'ammenda irrogata con la sentenza di condanna che ha ritenuto sussistente l'aggravante di cui al comma 2-sexies è destinata ad alimentare il Fondo contro l'incidentalità notturna di cui all'articolo 6-bis del decreto-legge 3 agosto 2007, n.117, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 ottobre 2007, n.160 e successive modificazioni";

2) al comma 5, le parole: "I fondi necessari per l'espletamento degli accertamenti di cui al presente comma sono reperiti nell'ambito dei fondi destinati al piano nazionale della sicurezza stradale di cui all'articolo 32 della legge 17 maggio 1999, n.144" sono soppresse;

b) all'articolo 187:

1) dopo il comma 1-ter è inserito il seguente: "1-quater. L'ammenda prevista dal comma 1 è aumentata da un terzo alla metà quando il reato è commesso dopo le ore 22 e prima delle ore 7. Si applicano le disposizioni di cui all'articolo 186, commi 2-septies e 2-octies";

2) al comma 5, le parole: "I fondi necessari per l'espletamento degli accertamenti conseguenti ad incidenti stradali sono reperiti nell'ambito dei fondi destinati al piano nazionale della sicurezza stradale di cui all'articolo 32 della legge 17 maggio 1999, n.144" sono soppresse.

c) all'articolo 195, dopo il comma 2, è inserito il seguente:

"2-bis. Le sanzioni amministrative pecuniarie previste dagli articoli 141, 142, 145, 146, 149, 154, 174, 176, commi 19 e 20, e 178, sono aumentate di un terzo quando la violazione è commessa dopo le ore 22 e prima delle ore 7; tale incremento della sanzione quando la violazione è accertata da uno dei soggetti di cui all'articolo 208, comma 1, primo periodo, è destinato ad alimentare il Fondo di cui all'articolo 6-bis del decreto legge 3 agosto 2007, n.117, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 ottobre 2007, n.160 e successive modificazioni";

d) all'articolo 208, dopo il comma 2, è inserito il seguente comma "2-bis. Gli incrementi delle sanzioni amministrative pecuniarie di cui all'articolo 195, comma 2-bis, sono versati in un apposito capitolo di entrata del bilancio dello Stato, di nuova istituzione, per essere riassegnati al Fondo contro l'incidentalità notturna di cui all'articolo 6-bis del decreto legge 3 agosto 2007, n.117, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 ottobre 2007, n.160, con provvedimento del Ministero dell'economia e delle finanze adottato sulla base delle rilevazioni trimestrali del Ministero dell'interno. Tali rilevazioni sono effettuate con le modalità fissate con decreto del Ministero dell'interno, di concerto con i Ministeri dell'economia e delle finanze, della giustizia e delle infrastrutture e dei trasporti. Con lo stesso decreto sono stabilite le modalità di trasferimento della percentuale di ammenda di cui agli articoli 186 comma 2-octies, 187 comma 1-quater destinata al fondo".».

48.0.107 (testo 2)

GIULIANO

Ritirato e trasformato nell'odg G48.0.107

Dopo l'articolo 48, inserire il seguente:

«Art. 48-bis.

(Istituzione di una sezione distaccata della Corte di appello di Napoli con sede in Caserta)

1. È istituita in Caserta una sezione distaccata della Corte di appello di Napoli, con giurisdizione sul circondario del tribunale di Santa Maria Capua Vetere. Presso la stessa sede è istituita la relativa sezione della corte di assise di appello, nella cui circoscrizione è compreso il circolo della corte di assise di Santa Maria Capua Vetere.

2. Per la trattazione dei procedimenti relativi ai delitti indicati nell'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale, presso la Procura della Repubblica del tribunale di Santa Maria Capua Vetere è istituita una autonoma sezione della direzione distrettuale antimafia di Napoli.

3. Il Ministro della giustizia stabilisce, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, la data di inizio del funzionamento degli uffici giudiziari. Entro il medesimo termine, il Ministro della giustizia determina il personale necessario per il funzionamento degli uffici, apportando le opportune modifiche alle piante organiche degli altri uffici giudiziari.

4. Il Ministro della giustizia è autorizzato ad apportare, con proprio decreto, le variazioni conseguenti all'approvazione della presente legge alle tabelle A e B annesse all'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n.12, e successive modificazioni.

5. Per consentire la costituzione dei nuovi uffici giudiziari, la vigente Tabella B del ruolo organico della magistratura, prevista dall'articolo 5, comma 9, della legge 30 luglio 2007, n.111, è sostituita dalla Tabella di cui all'allegato l della presente legge.

6. Alla data di inizio del funzionamento degli uffici giudiziari istituiti con la presente legge, gli affari civili e penali pendenti rientranti nella competenza dei medesimi uffici sono devoluti agli stessi.

7. Le disposizioni di cui al comma 6 non si applicano alle cause civili nelle quali alla data di cui al comma 3, si è avuta la rimessione al collegio ai sensi dell'articolo 352 del codice di procedura civile, ai procedimenti penali nei quali il decreto di citazione è stato notificato a tutte le parti e agli affari di volontaria giurisdizione che sono già in corso in tale data.

8. Alla copertura degli oneri di cui al presente articolo, pari a due milioni di euro per le spese di primo impianto per l'anno 2009 e quattro milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2010, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n.282, convertito con modificazioni dalla legge 27 dicembre 2004, n.307. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare con propri decreti le occorrenti variazioni di bilancio.

Allegato 1

TABELLA

RUOLO ORGANICO DELLA MAGISTRATURA ORDINARIA

A. Magistrato con funzioni direttive apicali giudicanti di legittimità: Primo presidente della Corte di cassazione

1

B. Magistrato con funzioni direttive apicali requirenti di legittimità: Procuratore generale presso la Corte di cassazione

1

C. Magistrati con funzioni direttive superiori di legittimità: Presidente aggiunto della Corte di cassazione

1

Procuratore generale aggiunto presso la Corte di cassazione

1

Presidente del Tribunale superiore delle acque Pubbliche

1

D. Magistrati con funzioni giudicanti e requirenti direttive di legittimità

60

E. Magistrati con funzioni giudicanti e requirenti di legittimità

375

F. Magistrato con funzioni direttive requirenti di coordinamento nazionale: Procuratore nazionale antimafia

1

G. Magistrati con funzioni direttive di merito di secondo grado, giudicanti e requirenti

52

H. Magistrati con funzioni direttive di merito di primo grado, elevate, giudicanti e requirenti

54

I. Magistrati con funzioni direttive di merito giudicanti e requirenti di primo grado

368

L. Magistrati con funzioni giudicanti e requirenti di merito di primo e di secondo grado, di magistrato distrettuale, di coordinamento nazionale presso la Direzione nazionale antimafia e semidirettive di primo grado, di primo grado elevate e di secondo grado

9.036

M. Magistrati destinati a funzioni non giudiziarie

200

N. Magistrati ordinari in tirocinio

(Numero pari a quello dei posti vacanti nell'organico)

Totale

10.151

 

 

ORDINI DEL GIORNO

G48.0.300 (già em. 48.0.300)

FLUTTERO, MENARDI, CARUSO, SAIA, BALBONI, SALTAMARTINI, PISCITELLI, GALLONE, DE ANGELIS, VICARI

Non posto in votazione (*)

Il Senato della Repubblica, in sede di esame dell'Atto Senato n. 733, recante disposizioni in materia di sicurezza pubblica e nello specifico dell'articolo 48,

premesso che:

il grave problema degli incidenti stradali legati alla guida in stato di ebbrezza causa purtroppo frequenti stragi sulle strade italiane ed allarma l'opinione pubblica;

un recente studio della Commissione Europea ha stimato che in Italia il 30 per cento dei decessi per incidenti stradali, e il 50 per cento degli incidenti non mortali, ha una correlazione con l'uso di alcol;

secondo i dati della Polizia di Stato tra gennaio e giugno del 2008, in Italia, 22.956 conducenti sono risultati positivi al test dell'etilometro e su 60.157 incidenti sulle strade ben 1.459 sono state le vittime;

la gravità del problema è evidente ed è necessario trovare al più presto una soluzione che contrasti in modo radicale il ripetersi di questi tragici incidenti;

le Forze dell'ordine, nonostante l'encomiabile impegno, non possono comunque essere sufficienti a controllare tutte le strade, mentre l'inasprimento delle pene, seppur opportuno, può non incidere come deterrente verso quei soggetti che hanno perso lucidità e capacità di valutazione a causa dello stato di ebbrezza;

una soluzione realmente efficace potrebbe essere l'utilizzo di tecnologie integrate nell'auto in grado di impedire a chi ha bevuto troppo di mettersi alla guida;

grazie agli sviluppi della ricerca nel settore delle nanotecnologie e dell'elettromedicale è possibile integrare nel sistema di messa in moto dei veicoli la tecnologia di un etilometro che impedisca l'avviamento del veicolo se il conducente ha un tasso di alcol nel sangue superiore al livello consentito per legge;

qualora si rendesse disponibile, questa soluzione potrebbe gradualmente essere integrata tra gli accessori di sicurezza prescritti per gli autoveicoli, così come è stato in passato per dispositivi oggi considerati irrinunciabili quali, ad esempio, le cinture di sicurezza, gli airbags o i poggiatesta,

impegna il Governo:

ad invitare le case automobilistiche, ovvero le aziende del settore componentistica auto, a presentare, al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, entro 12 mesi dall'approvazione della presente legge, progetti o prototipi di apparecchiature o sistemi in grado di misurare il tasso alcolemico, integrabili negli apparati di avviamento delle autovetture;

tali apparecchiature potranno impedire l'avviamento dell'autovettura o ridurne le prestazioni, nel caso in cui il conducente superi il limite di tasso alcolemico consentito;

gli uffici tecnici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti effettueranno valutazioni propedeutiche alla successiva eventuale omologazione compatibilmente con le normative europee di settore.

________________

(*) Accolto dal Governo

G48.0.108 (già em. 48.0.108)

COMPAGNA

Non posto in votazione (*)

Il Senato, in sede di esame del disegno di legge n. 733,

impegna il Governo ad affrontare e risolvere le problematiche di cui all'emendamento 48.0.108.

________________

(*) Accolto dal Governo

G48.0.107 (già em. 48.0.107 (testo 2))

IZZO, CENTARO, MUGNAI, DE GREGORIO, LONGO, BOSCETTO, ASCIUTTI, MORRA, POSSA, NESPOLI, CALABRO', GIULIANO, VETRELLA, SARRO, COMPAGNA, LAURO, ESPOSITO, COSTA, FASANO, CORONELLA, DIGILIO, CASTRO, CONTINI, PONTONE, SIBILIA, D'ALIA

Non posto in votazione (*)

Il Senato,

preso atto delle particolari e pressanti esigenze degli uffici giudiziari di Santa Maria Capua Vetere che hanno giurisdizione su un territorio dove vi è una più che massiccia presenza della criminalità organizzata;

tenuto conto del preannunciato accorpamento e razionalizzazione degli uffici giudiziari,

impegna il Governo ad esaminare, con assoluta priorità, tali esigenze per l'istituzione di una sezione distaccata della Corte di Appello in Provincia di Caserta.

________________

(*) Accolto dal Governo

ARTICOLO 49 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE

Art. 49.

Non posto in votazione (*)

(Modifiche alla legge 11 agosto 2003, n.228, in materia di circostanze attenuanti)

1. Dopo l'articolo 4 della legge 11 agosto 2003, n.228, è inserito il seguente:

«Art. 4-bis. - (Circostanze attenuanti). - 1. Per i delitti previsti dagli articoli 600, 601, 602 e 416, sesto comma, del codice penale, le pene sono diminuite fino alla metà nei confronti dell'imputato che si adopera per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori aiutando concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella raccolta di elementi di prova decisivi per la ricostruzione dei fatti, per l'individuazione e la cattura di uno o più autori dei reati ovvero per la sottrazione di risorse rilevanti alla consumazione dei delitti».

________________

(*) Approvato l'emendamento 49.650 interamente sostitutivo dell'articolo

EMENDAMENTI

49.650

IL GOVERNO

Approvato

Sostituire l'articolo, con il seguente:

«Art. 49. - (Modifiche al codice penale in materia di circostanze attenuanti) - 1. All'articolo 600-sexies, dopo il quarto comma è inserito il seguente:

"4.bis. Nei casi previsti dagli articoli 600, 601, 602 e 416, sesto comma, le pene sono diminuite fino alla metà nei confronti dell'imputato che si adopera per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori aiutando concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella raccolta di elementi di prova decisivi per la ricostruzione dei fatti, per l'individuazione e la cattura di uno o più autori dei reati ovvero per la sottrazione di risorse rilevanti alla consumazione dei delitti"».

49.100

LI GOTTI, BELISARIO, PARDI, GIAMBRONE, CARLINO, ASTORE, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA, RUSSO

Precluso

Dopo il comma 1 aggiungere i seguenti:

«1-bis. All'articolo 13, comma 5, del D.L. 15 gennaio 1991, n. 8, convertito in legge, con modificazioni, con legge 15 marzo 1991, n. 82, dopo le parole: "oltre che misure straordinarie eventualmente necessarie" sono, in fine, aggiunte le seguenti: ", ivi compreso il rilascio di permesso di soggiorno, anche ai fini del ricongiungimento familiare".

1-ter. Nell'articolo 416, comma 6, del codice penale, le parole: "600, 601 e 602" sono sostituite dalle seguenti: "600, 601 e 602 del codice penale, e 12 del decreto legislativo 25 luglio 1998 n. 286"».

Conseguentemente, alla rubrica, aggiungere le seguenti parole: «nonché modifiche della disciplina in tema di repressione della tratta di persone».

EMENDAMENTI TENDENTI AD INSERIRE ARTICOLI AGGIUNTIVI DOPO L'ARTICOLO 49

49.0.500 (già 37.0.101)

PORETTI, PERDUCA, BONINO

Respinto

Dopo l'articolo 37inserire il seguente:

«Art. 37-bis.

Sono abrogati gli articoli 1, 3, 4, 5, 7, 8, 9 della legge 5 dicembre 2005, n. 251».

49.0.550 (già 48.0.104)

D'ALIA

Respinto

Dopo l'articolo 48,inserire il seguente:

«Art. 48-bis.

(Modifica al decreto legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82)

1. All'articolo 13, comma 5, ultimo periodo del decreto legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, dopo le parole: "oltre che misure straordinarie eventualmente necessarie" sono inserite le seguenti: ", ivi compreso il rilascio di permesso di soggiorno, anche ai fini del ricongiungimento familiare."».

49.0.551 (già 48.0.103)

D'ALIA

Assorbito dall'approvazione dell'em. 49.650

Dopo l'articolo 48,inserire il seguente:

«Art. 48-bis.

(Modifica alla legge 11 agosto 2003, n 228)

1. Dopo l'articolo 10 della legge 11 agosto 2003, n. 228 è inserito il seguente:

"Art. 10-bis. - 1. Per i delitti previsti dagli articoli 600, 601, 602 e 416, comma 6 del codice penale le pene sono diminuite fino alla metà nei confronti dell'imputato che si adopera per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori aiutando concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella raccolta di elementi di prova decisivi per la ricostruzione dei fatti, per l'individuazione e la cattura di uno o più autori dei reati e per la sottrazione di riso2rse rilevanti alla consumazione dei delitti"».

ARTICOLO 50 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE

Art. 50.

Approvato

(Modifiche al decreto legislativo 8 giugno 2001, n.231, in materia di responsabilità degli enti per delitti di criminalità organizzata)

1. Dopo l'articolo 24-bis del decreto legislativo 8 giugno 2001, n.231, è inserito il seguente:

«Art. 24-ter. - (Delitti di criminalità organizzata) - 1. In relazione alla commissione di taluno dei delitti di cui agli articoli 416, sesto comma, 416-bis, 416-ter e 630 del codice penale, ai delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo 416-bis ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, nonché ai delitti previsti dall'articolo 74 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n.309, si applica la sanzione pecuniaria da quattrocento a mille quote.

2. In relazione alla commissione di taluno dei delitti di cui all'articolo 416 del codice penale, ad esclusione del sesto comma, ovvero di cui all'articolo 407, comma 2, lettera a), numero 5), del codice di procedura penale, si applica la sanzione pecuniaria da trecento a ottocento quote.

3. Nei casi di condanna per uno dei delitti indicati nei commi 1 e 2, si applicano le sanzioni interdittive previste dall'articolo 9, comma 2, per una durata non inferiore ad un anno.

4. Se l'ente o una sua unità organizzativa viene stabilmente utilizzato allo scopo unico o prevalente di consentire o agevolare la commissione dei reati indicati nei commi 1 e 2 si applica la sanzione dell'interdizione definitiva dall'esercizio dell'attività ai sensi dell'articolo 16, comma 3».

EMENDAMENTI TENDENTI AD INSERIRE ARTICOLI AGGIUNTIVI DOPO L'ARTICOLO 50

50.0.100/1

CASSON, ADAMO, INCOSTANTE, MARITATI, LATORRE, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, GALPERTI

Ritirato

All'emendamento 50.0.100, al capoverso «Art. 50-bis» al comma 1, dopo le parole: «associazioni eversive e terroristiche,» aggiungere le parole: «anche internazionali,».

50.0.100/2

CASSON, ADAMO, INCOSTANTE, MARITATI, LATORRE, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, DELLA MONICA, GALPERTI

Ritirato

All'emendamento 50.0.100, al capoverso «Art. 50-bis» al comma 3, dopo le parole: «con proprio decreto» inserire le seguenti: «sentito il Garante per la protezione dei dati personali».

50.0.100 (testo 2)

D'ALIA

V. testo 3

Dopo l'articolo 50, inserire il seguente:

«Art. 50-bis.

(Repressione di attività di apologia o istigazione a delinquere compiuta a mezzo internet)

1. Quando si procede per delitti di istigazione a delinquere o a disobbedire alle leggi, ovvero per delitti di apologia di reato, previsti dal codice penale o da altre disposizioni penali, e sussistono concreti elementi che consentano di ritenere che alcuno compia detta attività di apologia o di istigazione in via telematica sulla rete internet, il Ministro dell'interno, in seguito a comunicazione dell'autorità giudiziaria, può disporre con proprio decreto l'interruzione della attività indicata, ordinando ai fornitori di connettività alla rete internet di utilizzare gli appositi strumenti di filtraggio necessari a tal fine.

2. Il Ministro dell'interno si avvale, per gli accertamenti finalizzati all'adozione del decreto di cui al comma 1, della polizia postale e delle comunicazioni. Avverso il provvedimento di interruzione è ammesso ricorso all'autorità giudiziaria. Il provvedimento di cui al comma 1 è revocato in ogni momento quando vengano meno i presupposti indicati nel medesimo comma.

3. I fornitori dei servizi di connettività alla rete internet, per l'effetto del decreto di cui al comma 1, devono provvedere ad eseguire l'attività di filtraggio imposta entro il termine di 24 ore. La violazione di tale obbligo comporta una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 50.000 a euro 250.000, alla cui irrogazione provvede il Ministro dell'interno con proprio provvedimento.

4. Entro 60 giorni dalla pubblicazione della presente legge il Ministro dell'interno, con proprio decreto, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con quello della pubblica amministrazione e innovazione, individua e definisce i requisiti tecnici degli strumenti di filtraggio di cui al comma 1, con le relative soluzioni tecnologiche.

5. Al quarto comma dell'articolo 266 del codice penale, il numero 1) è così sostituito: "col mezzo della stampa, in via telematica sulla rete internet, o con altro mezzo di propaganda".».

50.0.100 (testo 3)

D'ALIA

Approvato

Dopo l'articolo 50, inserire il seguente:

«Art. 50-bis.

(Repressione di attività di apologia o incitamento di associazioni criminose o di attività illecitecompiuta a mezzo internet)

1. Quando si procede per delitti di istigazione a delinquere o a disobbedire alle leggi, ovvero per delitti di apologia di reato, previsti dal codice penale o da altre disposizioni penali, e sussistono concreti elementi che consentano di ritenere che alcuno compia detta attività di apologia o di istigazione in via telematica sulla rete internet, il Ministro dell'interno, in seguito a comunicazione dell'autorità giudiziaria, può disporre con proprio decreto l'interruzione della attività indicata, ordinando ai fornitori di connettività alla rete internet di utilizzare gli appositi strumenti di filtraggio necessari a tal fine.

2. Il Ministro dell'interno si avvale, per gli accertamenti finalizzati all'adozione del decreto di cui al comma 1, della polizia postale e delle comunicazioni. Avverso il provvedimento di interruzione è ammesso ricorso all'autorità giudiziaria. Il provvedimento di cui al comma 1 è revocato in ogni momento quando vengano meno i presupposti indicati nel medesimo comma.

3. Entro 60 giorni dalla pubblicazione della presente legge il Ministro dello sviluppo economico, con proprio decreto, di concerto con il Ministro dell'interno e con quello della pubblica amministrazione e innovazione, individua e definisce, ai fini dell'attuazione del presente articolo, i requisiti tecnici degli strumenti di filtraggio di cui al comma 1, con le relative soluzioni tecnologiche.

4. I fornitori dei servizi di connettività alla rete internet, per l'effetto del decreto di cui al comma 1, devono provvedere ad eseguire l'attività di filtraggio imposta entro il termine di 24 ore. La violazione di tale obbligo comporta una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 50.000 a euro 250.000, alla cui irrogazione provvede il Ministero dello sviluppo economico.

5. Al quarto comma dell'articolo 266 del codice penale, il numero 1) è così sostituito: "col mezzo della stampa, in via telematica sulla rete internet, o con altro mezzo di propaganda".».

ARTICOLI 51 E 52 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE

Art. 51.

Approvato

(Programmi integrati di cui all'articolo 18 del decreto-legge 13 maggio 1991, n.152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12luglio 1991, n.203)

1. Le disposizioni introdotte dall'articolo 21-bis del decreto-legge 1º ottobre 2007, n.159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n.222, si applicano a decorrere dal 1º gennaio 2010.

2. È riaperto, a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge fino al 31 dicembre 2009, il termine previsto dall'articolo 4, comma 150, della legge 24 dicembre 2003, n.350, per la ratifica degli accordi di programma, di cui all'articolo 34 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267.

3. Sono riaperti, a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge fino al 31 dicembre 2009, i termini previsti dalla legge 30 aprile 1999, n.136, rispettivamente per la ratifica degli accordi di programma di cui all'articolo 11, comma 2, e per la sottoscrizione delle convenzioni urbanistiche di cui all'articolo 12, comma 2, della medesima legge n.136 del 1999.

4. Le disposizioni di cui al comma 1 dell'articolo 11 della legge 30 aprile 1999, n.136, continuano ad applicarsi fino al 31 dicembre 2009 a tutti i procedimenti pendenti dinanzi al giudice amministrativo alla data di entrata in vigore della presente legge.

Art. 52.

Approvato

(Modifica dell'articolo 143 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267)

1. L'articolo 143 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267, è sostituito dal seguente:

«Art. 143. - (Scioglimento dei consigli comunali e provinciali conseguente a fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso o similare. Responsabilità dei dirigenti e dipendenti). - 1. Fuori dai casi previsti dall'articolo 141, i consigli comunali e provinciali sono sciolti quando, anche a seguito di accertamenti effettuati a norma dell'articolo 59, comma 7, emergono concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata di tipo mafioso o similare degli amministratori di cui all'articolo 77, comma 2, ovvero su forme di condizionamento degli stessi, tali da determinare un'alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi ed amministrativi e da compromettere il buon andamento o l'imparzialità delle amministrazioni comunali e provinciali, nonché il regolare funzionamento dei servizi ad esse affidati, ovvero che risultino tali da arrecare grave e perdurante pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica.

2. Al fine di verificare la sussistenza degli elementi di cui al comma 1 anche con riferimento al segretario comunale o provinciale, al direttore generale, ai dirigenti ed ai dipendenti dell'ente locale, il prefetto competente per territorio dispone ogni opportuno accertamento, di norma promuovendo l'accesso presso l'ente interessato. In tal caso, il prefetto nomina una commissione d'indagine, composta da tre funzionari della pubblica amministrazione, attraverso la quale esercita i poteri di accesso e di accertamento di cui è titolare per delega del Ministro dell'interno ai sensi dell'articolo 2, comma 2-quater, del decreto-legge 29 ottobre 1991, n.345, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 1991, n.410. Entro tre mesi dalla data di accesso, rinnovabili una volta per un ulteriore periodo massimo di tre mesi, la commissione termina gli accertamenti e rassegna al prefetto le proprie conclusioni.

3. Entro il termine di quarantacinque giorni dal deposito delle conclusioni della commissione d'indagine, ovvero quando abbia comunque diversamente acquisito gli elementi di cui al comma 1 ovvero in ordine alla sussistenza di forme di condizionamento degli organi amministrativi ed elettivi, il prefetto, sentito il comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica integrato con la partecipazione del procuratore della Repubblica competente per territorio, invia al Ministro dell'interno una relazione nella quale si dà conto della eventuale sussistenza degli elementi di cui al comma 1 anche con riferimento al segretario comunale o provinciale, al direttore generale, ai dirigenti e ai dipendenti dell'ente locale. Nella relazione sono, altresì, indicati gli appalti, i contratti e i servizi interessati dai fenomeni di compromissione o interferenza con la criminalità organizzata o comunque connotati da condizionamenti o da una condotta antigiuridica. Nei casi in cui per i fatti oggetto degli accertamenti di cui al presente articolo o per eventi connessi sia pendente procedimento penale, il prefetto può richiedere preventivamente informazioni al procuratore della Repubblica competente, il quale, in deroga all'articolo 329 del codice di procedura penale, comunica tutte le informazioni che non ritiene debbano rimanere segrete per le esigenze del procedimento.

4. Lo scioglimento di cui al comma 1 è disposto con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'interno, previa deliberazione del Consiglio dei ministri entro tre mesi dalla trasmissione della relazione di cui al comma 3, ed è immediatamente trasmesso alle Camere. Nella proposta di scioglimento sono indicati in modo analitico le anomalie riscontrate ed i provvedimenti necessari per rimuovere tempestivamente gli effetti più gravi e pregiudizievoli per l'interesse pubblico; la proposta indica, altresì, gli amministratori ritenuti responsabili delle condotte che hanno dato causa allo scioglimento. Lo scioglimento del consiglio comunale o provinciale comporta la cessazione dalla carica di consigliere, di sindaco, di presidente della provincia, di componente delle rispettive giunte e di ogni altro incarico comunque connesso alle cariche ricoperte, anche se diversamente disposto dalle leggi vigenti in materia di ordinamento e funzionamento degli organi predetti.

5. Anche nei casi in cui non sia disposto lo scioglimento, qualora la relazione prefettizia rilevi la sussistenza degli elementi di cui al comma 1 con riferimento al segretario comunale o provinciale, al direttore generale, ai dirigenti o ai dipendenti a qualunque titolo dell'ente locale, con decreto del Ministro dell'interno, su proposta del prefetto, è adottato ogni provvedimento utile a far cessare immediatamente il pregiudizio in atto e ricondurre alla normalità la vita amministrativa dell'ente, ivi inclusa la sospensione dall'impiego del dipendente, ovvero la sua destinazione ad altro ufficio o altra mansione con obbligo di avvio del procedimento disciplinare da parte dell'autorità competente.

6. A decorrere dalla data di pubblicazione del decreto di scioglimento sono risolti di diritto gli incarichi di cui all'articolo 110, nonché gli incarichi di revisore dei conti e i rapporti di consulenza e di collaborazione coordinata e continuativa che non siano stati rinnovati dalla commissione straordinaria di cui all'articolo 144 entro quarantacinque giorni dal suo insediamento.

7. Nel caso in cui non sussistano i presupposti per lo scioglimento o l'adozione di altri provvedimenti di cui al comma 5, il Ministro dell'interno, entro tre mesi dalla trasmissione della relazione di cui al comma 3, emana comunque un decreto di conclusione del procedimento in cui dà conto degli esiti dell'attività di accertamento. Le modalità di pubblicazione dei provvedimenti emessi in caso di insussistenza dei presupposti per la proposta di scioglimento sono disciplinate dal Ministro dell'interno con proprio decreto.

8. Se dalla relazione prefettizia emergono concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti tra singoli amministratori e la criminalità organizzata di tipo mafioso, il Ministro dell'interno trasmette la relazione di cui al comma 3 all'autorità giudiziaria competente per territorio, ai fini dell'applicazione delle misure di prevenzione previste nei confronti dei soggetti di cui all'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n.575.

9. Il decreto di scioglimento è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale. Al decreto sono allegate la proposta del Ministro dell'interno e la relazione del prefetto, salvo che il Consiglio dei ministri disponga di mantenere la riservatezza su parti della proposta o della relazione nei casi in cui lo ritenga strettamente necessario.

10. Il decreto di scioglimento conserva i suoi effetti per un periodo da dodici mesi a diciotto mesi prorogabili fino ad un massimo di ventiquattro mesi in casi eccezionali, dandone comunicazione alle Commissioni parlamentari competenti, al fine di assicurare il regolare funzionamento dei servizi affidati alle amministrazioni, nel rispetto dei princìpi di imparzialità e di buon andamento dell'azione amministrativa. Le elezioni dei consigli sciolti ai sensi del presente articolo si svolgono nella prima giornata domenicale successiva alla scadenza della durata dello scioglimento. La data delle elezioni è fissata dal prefetto con proprio decreto, d'intesa con il presidente della corte d'appello. Qualora la giornata domenicale coincida con la festività della Pasqua o cada in periodi compresi fra il 1º agosto e il 15 settembre e tra il 15 dicembre e il 15 gennaio, il prefetto fissa la data delle elezioni nella prima giornata domenicale successiva alla predetta festività o ai predetti periodi. L'eventuale provvedimento di proroga della durata dello scioglimento è adottato non oltre il cinquantesimo giorno antecedente alla data di scadenza della durata dello scioglimento stesso, osservando le procedure e le modalità stabilite nel comma 4.

11. Fatta salva ogni altra misura interdittiva ed accessoria eventualmente prevista, gli amministratori responsabili delle condotte che hanno dato causa allo scioglimento di cui al presente articolo non possono essere candidati alle elezioni regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali, che si svolgono nella regione nel cui territorio si trova l'ente interessato dallo scioglimento, limitatamente al primo turno elettorale successivo allo scioglimento stesso, qualora la loro incandidabilità sia dichiarata con provvedimento definitivo. Ai fini della dichiarazione d'incandidabilità il Ministro dell'interno invia senza ritardo la proposta di scioglimento di cui al comma 4 al tribunale competente per territorio, che valuta la sussistenza degli elementi di cui al comma 1 con riferimento agli amministratori indicati nella proposta stessa. Si applicano, in quanto compatibili, le procedure di cui al libro IV, titolo II, capo VI, del codice di procedura civile.

12. Quando ricorrono motivi di urgente necessità, il prefetto, in attesa del decreto di scioglimento, sospende gli organi dalla carica ricoperta, nonché da ogni altro incarico ad essa connesso, assicurando la provvisoria amministrazione dell'ente mediante invio di commissari. La sospensione non può eccedere la durata di sessanta giorni e il termine del decreto di cui al comma 10 decorre dalla data del provvedimento di sospensione.

13. Si fa luogo comunque allo scioglimento degli organi, a norma del presente articolo, quando sussistono le condizioni indicate nel comma 1, ancorché ricorrano le situazioni previste dall'articolo 141».

EMENDAMENTO

52.100

DE SENA, INCOSTANTE, CASSON, BIANCO, LATORRE, CAROFIGLIO, MARITATI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, ADAMO, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI

Respinto

Al comma 1, capoverso «Art. 143», sostituire il comma 10 con il seguente:

«10. Il decreto di scioglimento conserva i suoi effetti per un periodo da dodici mesi a diciotto mesi prorogabili fino ad un massimo di ventiquattro mesi in casi eccezionali, dando ne comunicazione alle commissioni parlamentari competenti, al fine di assicurare il regolare funzionamento dei servizi affidati alle amministrazioni, nel rispetto dei princìpi di imparzialità e di buon andamento dell'azione amministrativa. Le elezioni dei consigli sciolti ai sensi dell'articolo 143 si svolgono nella tornata elettorale successiva alla data di scadenza del periodo di commissariamento dell'ente. L'eventuale provvedimento di proroga della durata dello scioglimento è adottato non oltre il cinquantesimo giorno antecedente alla data di scadenza della durata dello scioglimento stesso, osservando le procedure e le modalità stabilite nel comma 4.».

EMENDAMENTO TENDENTE AD INSERIRE UN ARTICOLO AGGIUNTIVO DOPO L'ARTICOLO 52

52.0.101 (già 52.101)

INCOSTANTE, DE SENA, CASSON, BIANCO, LATORRE, CAROFIGLIO, MARITATI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, ADAMO, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI

Ritirato

Dopo l'articolo, inserire i seguenti:

«Art. 52-bis.

(Modifiche agli articoli 144, 145 e 146 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267)

1. Al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modifiche:

a) l'articolo 144 è sostituito dal seguente:

"Art. 144. - (Commissari straordinari. Commissione straordinaria e Comitato di sostegno e monitoraggio). - 1. Con il decreto di scioglimento di cui all'articolo 143 è nominata una Commissione straordinaria per la gestione dell'ente, composta da tre membri scelti ai sensi del comma 2, la quale esercita le attribuzioni che le sono conferite con il decreto stesso.

2. Il Ministro dell'interno sceglie i commissari tra i funzionari dello Stato in servizio e, subordinatamente, in quiescenza, avendo particolare cura:

a) delle specifiche e comprovate attitudini, delle capacità e delle esperienze professionali in materia gestionale ed amministrativa;

b) dell'inesistenza delle qualità di indagati, di imputati o di condannati, anche con sentenza non definitiva, per taluno dei delitti indicati nelle lettere a) e b) del comma 1 dell'articolo 58, o per i quali sia pendente procedimento di applicazione di misura di prevenzione in quanto indiziati di appartenere ad una delle associazioni di cui all'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni, ovvero che comunque versino in una delle ipotesi previste dalle lettere a), b), c), d) ed e) del comma 1 dello stesso articolo 58;

c) dell'inesistenza di cause ostative alla candidabilità, alla eleggibilità o al mantenimento di cariche pubbliche;

d) dell'inesistenza di procedimenti da parte della Corte dei conti.

3. Presso il Ministero dell'interno è istituito, con personale dell'amministrazione, un Comitato di sostegno e di monitoraggio dell'azione delle Commissioni straordinarie di cui al comma 1 e dei comuni riportati a gestione ordinaria.

4. Con decreto del Ministro dell'interno, adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono determinate le modalità di organizzazione e funzionamento della Commissione straordinaria per l'esercizio delle attribuzioni ad essa conferite, le modalità di pubblicizzazione degli atti adottati dalla commissione stessa, nonché la modalità di organizzazione e funzionamento del Comitato di cui al comma 3";

b) l'articolo 145 è sostituito dal seguente:

"Art. 145. - (Gestione straordinaria). - 1. Quando la relazione prefettizia di cui all'articolo 143, comma 3, riscontri la sussistenza di situazioni di infiltrazione o di condizionamento di tipo mafioso o similare connesse all'aggiudicazione di appalti di lavori, servizi o forniture, ovvero all'affidamento in concessione di servizi pubblici locali, nonché al rilascio di permessi di costruire, di autorizzazioni amministrative in genere e di incarichi professionali, la Commissione straordinaria riesamina tali procedimenti, provvedendo alle necessarie verifiche con i poteri del collegio degli ispettori di cui all'articolo 14 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203. A conclusione degli accertamenti, la Commissione straordinaria adotta i provvedimenti necessari per rimuovere le situazioni di infiltrazione o di condizionamento, ivi inclusi l'annullamento d'ufficio o la revoca di provvedimenti adottati ed il recesso da contratti conclusi. La Commissione straordinaria acquisisce informazioni sul conto dei soggetti che risultino affidatari di incarichi per l'esecuzione di lavori, servizi, forniture e di prestazioni professionali.

2. Nell'esercizio delle funzioni di cui al comma 1, la Commissione straordinaria, per far fronte a situazioni di grave disservizio e per avviare la sollecita realizzazione di opere pubbliche indifferibili, entro il termine di sessanta giorni dall'insediamento approva una relazione programmatica con un piano di priorità degli interventi, anche con riferimento a progetti già approvati e non ancora eseguiti, i cui atti relativi devono essere nuovamente approvati dalla Commissione straordinaria. Nel piano è assicurata la precedenza ai provvedimenti necessari ad eliminare le anomalie segnalate nella relazione di cui al comma 3 dell'articolo 143, concernenti lo stato di appalti, contratti e servizi. Contestualmente, la Commissione straordinaria assume i provvedimenti di riorganizzazione del personale dell'ente, tenendo conto prioritariamente di quanto emerso nella relazione d'accesso, al fine anche di avviare procedimenti disciplinari nei confronti dei dipendenti, per l'adozione di eventuali procedimenti di rigore e, nelle more dell'adozione degli stessi, di provvedimenti urgenti di sospensione. La deliberazione della Commissione straordinaria, esecutiva a norma di legge, è inviata entro dieci giorni al prefetto il quale, sentita la conferenza provinciale permanente, entro sessanta giorni dalla ricezione della citata deliberazione trasmette gli atti, con eventuali osservazioni, al comitato di cui al comma 3 dell'articolo 144 per l'individuazione delle pertinenti forme di finanziamento. Le disposizioni del presente comma si applicano ai predetti enti anche in deroga alla disciplina sugli enti locali dissestati, limitatamente agli importi totalmente ammortizzabili con contributi statali o regionali ad essi effettivamente assegnati.

3. Nei casi di urgenza e quando sussiste la necessità di assicurare il regolare funzionamento dei servizi degli enti nei cui confronti è stato disposto lo scioglimento, la Commissione straordinaria può stipulare, nei limiti delle assegnazioni dell'ultimo bilancio approvato, con congrua motivazione, contratti di forniture di beni e servizi con il metodo della trattativa privata, anche in deroga alle norme di contabilità pubblica. Per gli stessi motivi il prefetto, su richiesta della Commissione straordinaria, può disporre, anche in deroga alle norme vigenti, l'assegnazione in via temporanea, in posizione di comando o distacco, di personale amministrativo e tecnico di amministrazioni ed enti pubblici, previa intesa con gli stessi, ove occorra anche in posizione di sovraordinazione. Al personale assegnato spetta un compenso mensile lordo proporzionato alle prestazioni da rendere, stabilito dal prefetto in misura non superiore al 50 per cento, elevato all'80 per cento nei comuni con popolazione inferiore a cinquemila abitanti, del compenso spettante a ciascuno dei componenti la Commissione straordinaria, nonché, ove dovuto, il trattamento economico di missione stabilito dalla legge per i dipendenti dello Stato in relazione alla qualifica funzionale posseduta nell'amministrazione di appartenenza. Tali competenze sono a carico dello Stato e sono corrisposte dalla prefettura, sulla base di idonea documentazione giustificati va, sugli accreditamenti emessi, in deroga alle vigenti disposizioni di legge, dal Ministero dell'interno. La prefettura, in caso di ritardo nell'emissione degli accreditamenti è autorizzata a prelevare le somme occorrenti sui fondi in genere della contabilità speciale. Agli oneri derivanti dalla presente disposizione si provvede con una quota parte del 1º per cento delle somme di denaro confiscate ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575, nonché del ricavato delle vendite disposte a norma dell'articolo 4, commi 4 e 6, del decreto-legge 14 giugno 1989, n. 230, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1989, n. 282, relative ai beni mobili o immobili costituiti in azienda confiscati ai sensi della medesima legge 31 maggio 1965, n.575. Alla scadenza del periodo di assegnazione la Commissione straordinaria può rilasciare, sulla base della valutazione dell'attività prestata dal personale assegnato, apposita certificazione di lodevole servizio che costituisce titolo valutabile ai fini della progressione in carriera e nei concorsi interni e pubblici nelle amministrazioni dello Stato, delle regioni e degli enti locali.

4. Ferme restando le forme di partecipazione popolare previste dagli statuti in attuazione dell'articolo 8, comma 3, la Commissione straordinaria, di cui al comma 3 dell'articolo 144, ispirandosi a princìpi di promozione della legalità, dello sviluppo e della partecipazione democratica, ed allo scopo di acquisire ogni utile elemento di conoscenza e valutazione in ordine a rilevanti questioni di interesse generale, si avvale, anche mediante forme di consultazione diretta, dell'apporto di rappresentanti delle forze politiche in ambito locale, dell'ANCI, dell'UPI, delle organizzazioni di volontariato e di altri organismi locali particolarmente interessati alle questioni da trattare.

5. Il prefetto vigila sul corretto esercizio del mandato da parte della commissione straordinaria. A tal fine, può convocare i commissari e richiedere relazioni sull'attività svolta. Qualora accerti gravi irregolarità, il prefetto propone al Ministro dell'interno la sostituzione della Commissione o di singoli commissari";

c) l'articolo 146 è sostituito dal seguente:

"Art. 146. - (Campo di applicazione. Relazione al Parlamento). - 1. Le disposizioni di cui agli articoli 143, 144 e 145 si applicano anche agli altri enti locali di cui all'articolo 2, comma 1, nonché ai consorzi di comuni e province, agli organi comunque denominati delle aziende sanitarie locali ed ospedaliere, alle aziende speciali dei comuni e delle province e ai consigli circoscrizionali, in quanto compatibili con i rispettivi ordinamenti.

2. Qualora i collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata di tipo mafioso di cui all'articolo 143, comma 1, siano riferibili a società a partecipazione pubblica locale:

a) nel caso in cui non sia stato adottato il provvedimento di cui all'articolo 143, comma 1, il Ministro dell'interno, sentito il sindaco ovvero il presidente della provincia, può procedere allo scioglimento dell'organo di amministrazione e dell'organo sociale incaricato della sorveglianza o del controllo della società partecipata e alla nomina di un commissario che svolga le funzioni dell'organo di amministrazione e di un commissario che svolga le funzioni dell'organo di sorveglianza o di controllo. I commissari restano in carica per un anno;

b) nel caso in cui sia stato adottato il provvedimento di cui all'articolo 143, comma 1, la Commissione straordinaria di cui all'articolo 144 provvede alla revoca ed alla sostituzione dei componenti dell'organo amministrativo e dell'organo sociale incaricato della sorveglianza o del controllo della società partecipata.

3. Il decreto di scioglimento autorizza il commissario di cui alla lettera a) del comma 2 e la Commissione straordinaria di cui alla lettera b), ove lo ritenga opportuno: a) a disporre il recesso dell'ente pubblico socio dalla società anche fuori dai casi previsti dal codice civile:

b) a disporre la decadenza dagli atti di affidamento dei servizi ed il recesso non indennizzato dai contratti stipulati;

c) a disporre lo scioglimento della società e dei patti parasociali in deroga a quanto previsto dal codice civile.

4. Le disposizioni di cui ai commi 2 e 3 si applicano agli enti di cui al comma 1 in quanto compatibili con i rispettivi ordinamenti.

5. Con riguardo alle Aziende sanitarie locali, laddove all'esito dell'accesso consegua la necessità dello scioglimento, i vertici dell'ente sono sostituiti con il decreto di scioglimento stesso. I nuovi dirigenti sono nominati scegliendo tra professionisti di comprovata esperienza ed in possesso dei requisiti previsti dal comma 2 dell'articolo 144. Il decreto di scioglimento prevede anche la nomina di una Commissione di garanzia formata da dirigenti dell'amministrazione civile dei Ministeri dell'interno e del lavoro, della salute e delle politiche sociali, che si affianca all'attività dei nuovi dirigenti dell'azienda per un periodo di dodici mesi, prorogabili di altri sei a seguito di richiesta dei vertici dell'Azienda stessa o del prefetto. La Commissione di garanzia, unitamente ai vertici aziendali, nei primi sessanta giorni dall'insediamento, approva un programma di attività per il risanamento dell'Azienda con particolare riguardo all'organigramma e dà avvio ai procedimenti disciplinari ritenuti necessari in esito agli accertamenti compiuti nei confronti dei dipendenti da parte della Commissione d'accesso. Il programma è sottoposto alla valutazione del Ministero dell'interno, del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali e della regione. La Commissione di garanzia riferisce alla regione e al prefetto sullo stato delle procedure di risanamento con cadenza trimestrale.

6. Con riferimento alle Aziende sanitarie locali, laddove dalla relazione d'accesso non emergano elementi tali da rendere necessari l'adozione del provvedimento di cui al comma 5 ma sussista comunque il rischio di infiltrazione della criminalità organizzata, su proposta del prefetto, è adottato, con decreto dei Ministri dell'interno e del lavoro, della salute e delle politiche sociali, un programma, preventivamente approvato dal Consiglio regionale, che indichi un percorso utile a far cessare il rischio di pregiudizio riscontrato. Una Commissione di garanzia, individuata dal medesimo decreto interministeriale e composta secondo i criteri di cui al comma 5, accompagna l'attività della dirigenza dell'Azienda con i medesimi limiti temporali e modalità operative di cui al comma 5.

7. Il Ministro dell'interno presenta al Parlamento, entro il 31 marzo di ogni anno, una relazione sull'andamento del fenomeno delle infiltrazioni e di condizionamento di tipo mafioso o similare nelle amministrazioni pubbliche e sui risultati conseguiti dalle gestioni commissariali».

ARTICOLO 53 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE

Art. 53.

Approvato nel testo emendato

(Modifiche al decreto legislativo 30 aprile 1992, n.285, e al relativo regolamento di attuazione in materia di destinazione dei proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie)

1. Al comma 2, lettera a), dell'articolo 208 del nuovo codice della strada di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n.285, le parole: «e della Guardia di finanza» sono sostituite dalle seguenti: «, della Guardia di finanza e della Polizia penitenziaria».

2. Al comma 3 dell'articolo 393 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n.495, le parole: «e della Guardia di Finanza» sono sostituite dalle seguenti: «, della Guardia di finanza e della Polizia penitenziaria».

EMENDAMENTI

53.800

IL GOVERNO

Approvato

Al comma 1, le parole: «e della Polizia penitenziaria» sono sostituite dalle seguenti: «,della Polizia penitenziaria e del Corpo forestale dello Stato».

53.801

IL GOVERNO

Approvato

Al comma 2, le parole: «,della Guardia di finanza e della Polizia penitenziaria» sono sostituite dalle seguenti: «,della Guardia di finanza, della Polizia penitenziaria e del Corpo forestale dello Stato».

ARTICOLO 54 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE

Art. 54.

Non posto in votazione (*)

(Modifica all'articolo 585 del codice penale)

1. All'articolo 585, primo comma, del codice penale, dopo le parole: «dall'articolo 577» sono inserite le seguenti: «ed è aumentata dalla metà a due terzi se il fatto è commesso da persona travisata o da più persone riunite».

________________

(*) Approvato l'emendamento 54.650 interamente sostitutivo dell'articolo.

EMENDAMENTI

54.650

IL GOVERNO

Approvato

Sostituire l'articolo, con il seguente:

«Art. 54. - (Modifica all'articolo 585 del codice penale) - 1. Il primo comma dell'articolo 585 del codice penale è sostituito dal seguente:

"Nei casi previsti dagli articoli 582, 583, 583-bis e 584, la pena è aumentata da un terzo alla metà, se concorre alcuna delle circostanze aggravanti previste dall'articolo 576 ed è aumentata fino a un terzo, se concorre alcuna delle circostanze aggravanti previste dall'articolo 577, ovvero se il fatto è commesso con armi o con sostanze corrosive, ovvero da persone travisata o da più persone riunite"».

54.100

DELLA MONICA, CASSON, BIANCO, DE SENA, LATORRE, CAROFIGLIO, MARITATI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, INCOSTANTE, GALPERTI, ADAMO, BASTICO, CECCANTI, MARINO MAURO MARIA, PROCACCI, SANNA, VITALI

Precluso

Al comma 1, dopo le parole: «del codice penale», inserire le seguenti: «dopo il numero: "583", è inserito il seguente: , "583-bis" e».

EMENDAMENTI TENDENTI AD INSERIRE ARTICOLI AGGIUNTIVI DOPO L'ARTICOLO 54

54.0.300

ALLEGRINI

V. testo 2 corretto

Dopo l'articolo 54,aggiungere il seguente:

«Art. 54-bis.

(Disposizioni in materia di pene pecuniarie)

1. Le pene pecuniarie comminate per reati previsti dal codice penale o dalle leggi speciali, nonché le sanzioni pecuniarie comminate per le infrazioni previste dal codice di procedura penale già aumentate per effetto della legge n.689/1981 e che non abbiano subito già aumenti ai sensi di leggi speciali successive sono moltiplicate per sei.

2. Le pene pecuniarie comminate per reati previsti da leggi entrate in vigore dopo la legge n.689/81 e prima del 31 dicembre 1986, ad eccezione delle leggi in materia di imposte dirette e di tasse ed imposte indirette sugli affari e che non abbiano subito già aumenti ai sensi di leggi speciali successive sono moltiplicate per tre.

3. Le pene pecuniarie comminate per reati previsti da leggi entrate in vigore successivamente al 31 dicembre 1986 e prima del 31 dicembre 1991, ad eccezione delle leggi in materia di imposte dirette e di tasse ed imposte indirette sugli affari e che non abbiano subito già aumenti ai sensi di leggi speciali successive, sono moltiplicate per due.

4. Le pene pecuniarie comminate per reati previsti da leggi entrate in vigore successivamente al 31 dicembre 1991 e prima del 31 dicembre 1996, ad eccezione delle leggi in materia di imposte dirette e di tasse ed imposte indirette sugli affari e che non abbiano subito già aumenti ai sensi di leggi speciali successive sono moltiplicate per 1,50.

5. Le pene pecuniarie comminate per reati previsti da leggi entrate in vigore successivamente al 31 dicembre 1996 e prima del 31 dicembre 2001, ad eccezione delle leggi in materia di imposte dirette e di tasse ed imposte indirette sugli affari e che non abbiano subito già aumenti ai sensi di leggi speciali successive, sono moltiplicate per 1,30.

6. Le sanzioni amministrative originariamente previste come sanzioni penali sono aumentate secondo i coefficienti di moltiplicazione precedenti in base all'anno di entrata in vigore della legge che le introdusse o che ne abbia aggiornato gli importi.

7. Al Comma 2, dell'art. 114 della legge 24 novembre 1981, n. 689 le parole: "a lire quattromila e a lire diecimila" sono sostituite dalle seguenti: "a euro 12,39 e a euro 30,99".

8. All'articolo 24, primo comma del codice penale, le parole: "né superiore a euro 5.164" sono sostituite dalle seguenti: "né superiore a euro 30.984", nonché al secondo comma le parole "a euro 2.065" sono sostituite dalle seguenti: "a euro 12.390".

9. All'articolo 26, primo comma del codice penale, le parole; "né superiore a euro 1.032" sono sostituite dalle seguenti: "né superiore a euro 6.192".

10. All'articolo 135, primo comma del codice penale, le parole: "calcolando euro 38 o frazione di euro 38" sono sostituite dalle seguenti: "calcolando euro 228 o frazione di euro 228"».

54.0.300 (testo 2 corretto)

ALLEGRINI, GALLONE

Approvato

Dopo l'articolo 54,aggiungere il seguente:

«Art. 54-bis.

(Disposizioni in materia di pene pecuniarie)

1. All'articolo 24, primo comma del codice penale, le parole: "non inferiore ad euro 5" sono sostituite dalle altre: "non inferiore a euro 50" e le parole: "né superiore a euro 5.164" sono sostituite dalle altre: "né superiore a euro 50.000", nonché al secondo comma le parole: "da euro 5 a euro 2065", con le seguenti: "da euro 50 a euro 25.000".

2. All'articolo 26, primo comma del codice penale, le parole: "non inferiore a euro 2" sono sostituite dalle altre: "non inferiore a euro 20" e le parole: "né superiore a euro 1.032" sono sostituite dalle altre: "né superiore a euro 10.000".

3. All'articolo 135, primo comma del codice penale, le parole: "calcolando euro 38 o frazione di euro 38" sono sostituite dalle altre: "calcolando euro 250 o frazione di euro 250"».

4. Al comma 1, dell'articolo 10 della legge 24 novembre 1981, n. 689, le parole: "non inferiore a euro 6" sono sostituite dalle altre: "non inferiore a euro 10" e le parole: "non superiore a euro 10.329" sono sostituite dalle altre: "non superiore a euro 15.000".

5. Al comma 2, dell'articolo 114 della legge 24 novembre 1981, n. 689, le parole: "a euro 2 e a euro 5" sono sostituite dalle altre: "a euro 20 e a euro 50".

6. Entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge il Governo è delegato ad emanare uno o più decreti legislativi diretti a rivalutare l'ammontare delle multe, delle ammende e delle sanzioni amministrative originariamente previste come sanzioni penali attualmente vigenti. Fermi restando i limiti minimi e massimi delle multe e delle ammende previsti dal codice penale, nonché quelli previsti per le sanzioni amministrative dall'articolo 10 della legge 24 novembre 1981, n. 689, la rivalutazione delle sanzioni pecuniarie è stabilita nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi.

1) le pene pecuniarie, il cui attuale ammontare sia stato stabilito con una disposizione entrata in vigore anteriormente al 24 novembre 1981, sono moltiplicate, tenuto conto della serie storica degli indici di aumento dei prezzi al consumo, per un coefficiente non inferiore a 6 e non superiore a 10;

2) le pene pecuniarie il cui attuale ammontare sia stato stabilito con una disposizione entrata in vigore successivamente al 24 novembre 1981 e prima del 31 dicembre 1986, ad eccezione delle leggi in materia di imposte dirette e di tasse ed imposte indirette sugli affari, sono moltiplicate, tenuto conto della serie storica degli indici di aumento dei prezzi al consumo, per un coefficiente non inferiore a 3 e non superiore a 6;

3) le pene pecuniarie il cui attuale ammontare sia stato stabilito con una disposizione entrata in vigore successivamente al 31 dicembre 1986 e prima del 31 dicembre 1991, ad eccezione delle leggi in materia di imposte dirette e di tasse ed imposte indirette sugli affari, sono moltiplicate, tenuto conto della serie storica degli indici di aumento dei prezzi al consumo, per un coefficiente non inferiore a 2 e non superiore a 3;

4) le pene pecuniarie il cui attuale ammontare sia stato stabilito con una disposizione entrata in vigore successivamente al 31 dicembre 1991 e prima del 31 dicembre 1996, ad eccezione delle leggi in materia di imposte dirette e di tasse ed imposte indirette sugli affari, sono moltiplicate, tenuto conto della serie storica degli indici di aumento dei prezzi al consumo, per un coefficiente non inferiore a 1,50 e non superiore a 2;

5) le pene pecuniarie il cui attuale ammontare sia stato stabilito con una disposizione entrata in vigore successivamente al 31 dicembre 1996 e prima del 31 dicembre 2001, ad eccezione delle leggi in materia di imposte dirette e di tasse ed imposte indirette sugli affari, sono moltiplicate, tenuto conto della serie storica degli indici di aumento dei prezzi al consumo, per un coefficiente non inferiore a 1,30 e non superiore a 1,50.

7. Il Governo predispone gli schemi dei decreti legislativi di cui al comma precedente entro 90 giorni dall'entrata in vigore della presente legge e li trasmette alle competenti Commissioni parlamentari che esprimono il loro parere entro i 60 giorni successivi.

54.0.301

BRICOLO, MAURO, BODEGA, MAZZATORTA, VALLARDI

Ritirato e trasformato nell'odg G54.0.301

Dopo l'articolo 54,aggiungere il seguente:

«Art. 54-bis.

1. È vietato in luogo pubblico o aperto al pubblico l'uso di indumenti o di qualunque altro mezzo atti a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona o utilizzati in condizioni idonee a dissimulare o nascondere la propria persona e i suoi caratteri esteriori, ad eccezione delle ipotesi di cui all'articolo 85 del T.V.L.P.S., approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n.773.

2 Gli indumenti imposti da motivi religiosi sono parte integrante degli indumenti abituali e concorrono nel loro insieme ad identificare chi li indossa, purché portati in modo tale da rendere i tratti del viso ben riconoscibili ai fini dell'identificazione della persona.

3. Il contravventore è punito con l'arresto da uno a sei mesi e con l'ammenda da euro 500 a euro 3000».

54.0.302

MARAVENTANO, BRICOLO, MAURO, BODEGA, MAZZATORTA, VALLARDI

Improcedibile

Dopo l'articolo 54,inserire il seguente:

«Art. 54-bis.

(Disposizioni compensative per il Centro di primo soccorso ed assistenza)

1. A titolo di compensazione dell'elevato impatto sociale e dei conseguenti disagi economici, anche in relazione all'andamento dell'attività turistica, connessi all'apertura ed al funzionamento del Centro di Primo Soccorso ed Assistenza di cui al decreto interministeriale 16 febbraio 2006, è autorizzata la spesa di euro 2.000.000 per l'anno 2009, da destinarsi alla concessione di un contributo a favore del Comune ospitante.

2. All'onere derivante dalla disposizione di cui al comma l si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento di cui all'articolo 2, comma 11 della legge 24 dicembre 2007, n. 244.

3. Con decreto del Ministro dell'interno sono determinate le modalità di erogazione dei contributi di cui al comma 1».

54.0.303

BRICOLO, MAURO, BODEGA, MAZZATORTA, VALLARDI

Ritirato e trasformato nell'odg G54.0.303

Dopo l'articolo 54,inserire il seguente:

«Art. 54-bis.

1. Gli enti territoriali, ai fini dell'assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, possono prevedere, per gli immigrati regolari, nei bandi per la formazione delle graduatorie il requisito della residenza da almeno dieci anni nel territorio nazionale ovvero da almeno cinque anni nella Regione territorialmente competente».

 

 

ORDINI DEL GIORNO

G54.0.301 (già em. 54.0.301)

BRICOLO, MAURO, BODEGA, MAZZATORTA, VALLARDI

Non posto in votazione (*)

Il Senato,

premesso che:

il divieto di comparire mascherato in luogo pubblico, di cui all'articolo 85 del Testo Unico delle leggi di pubblica sicurezza (Regio Decreto n. 773/1931), non comprende tutte le ipotesi di travisamento;

il divieto di carattere generale di travisamento in luogo pubblico e aperto al pubblico, salvo giustificato motivo, ovvero in occasione di pubbliche manifestazioni, di cui all'articolo 5 della legge 22 maggio 1975, n. 152, recante disposizioni a tutela dell'ordine pubblico, si riduce alla sola partecipazione ad un evento di carattere sportivo che comporti necessariamente l'uso del casco o altro oggetto capace di rendere difficoltoso il riconoscimento della persona;

per le persone che indossano il burqa non sono stati ritenuti pertinenti né il richiamo al citato articolo 85 del Regio Decreto n. 773/1931 - in quanto l'abbigliamento in questione è, come noto, un tradizionale indumento di alcune popolazioni, utilizzato anche con aspetti di pratica religiosa - né, tanto meno, quello alla suddetta legge n. 152/1975, adottata per finalità collegate all'eversione e al terrorismo;

la "Carta dei valori della cittadinanza e della integrazione" adottata con decreto del Ministro dell'interno 23 aprile 2007, prevede espressamente (punto 26) che: "In Italia non si pongono restrizioni all'abbigliamento della persona, sia pure liberamente scelto, e non lesivo della sua dignità", ma che "non sono accettabili forme di vestiario che coprono il volto perché ciò impedisce il riconoscimento della persona e la ostacola nell'entrare in rapporto con gli altri",

impegna il Governo a valutare l'opportunità di adottare ogni idonea iniziativa volta a rendere possibile, nei luoghi pubblici o aperti al pubblico, l'applicazione del divieto all'uso di indumenti che, coprendo totalmente il volto di chi li indossa, siano perciò tali da non consentire di vedere i tratti del viso e rendere così assolutamente irriconoscibile la persona.

________________

(*) Accolto dal Governo

G54.0.303 (già em. 54.0.303 (testo 2))

BRICOLO, MAURO, BODEGA, MAZZATORTA, VALLARDI

Non posto in votazione (*)

Il Senato,

impegna il Governo a valutare l'opportunità che gli enti territoriali, ai fini dell'assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica possano prevedere, nei bandi per la formazione delle relative graduatorie, il requisito della residenza da almeno dieci anni nel territorio nazionale per i cittadini di Stati non appartenenti all'Unione Europea ed apolidi regolarmente soggiornanti. Il requisito della residenza da almeno dieci anni non potrà essere richiesto per i titolari dello status di rifugiato o di protezione sussidiaria di cui al decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251.

________________

(*) Accolto dal Governo

ARTICOLO 55 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE

Art. 55.

Non posto in votazione (*)

(Copertura finanziaria)

1. Agli oneri recati dall'articolo 19, valutati in euro 16.677.000 per l'anno 2008 e in euro 33.354.000 a decorrere dall'anno 2009, e dall'articolo 39, valutati in euro 47.424.000 per l'anno 2008, in euro 104.385.000 per l'anno 2009, in euro 154.992.000 per l'anno 2010 e in euro 97.107.000 a decorrere dall'anno 2011, di cui euro 46.632.000 per l'anno 2008 ed euro 93.264.000 per ciascuno degli anni 2009 e 2010 destinati alla costruzione e ristrutturazione dei centri di identificazione ed espulsione, si provvede:

a)quanto a euro 64.101.000 per l'anno 2008, euro 137.739.000 per l'anno 2009 e euro 184.766.000 per l'anno 2010, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2008-2010, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2008, allo scopo parzialmente utilizzando gli accantonamenti di cui alla tabella 1;

b)quanto a euro 3.580.000 per l'anno 2010 mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di conto capitale iscritto, ai fini del bilancio triennale 2008-2010, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2008, allo scopo parzialmente utilizzando gli accantonamenti di cui alla tabella 2.

2. Il Ministro dell'economia e delle finanze provvede al monitoraggio degli oneri di cui agli articoli 19 e 39, anche ai fini dell'adozione dei provvedimenti correttivi di cui all'articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n.468, e successive modificazioni. Gli eventuali decreti emanati ai sensi dell'articolo 7, secondo comma, numero2), della citata legge n.468 del 1978, prima della data di entrata in vigore dei provvedimenti di cui al presente comma, sono tempestivamente trasmessi alle Camere, corredati da apposite relazioni illustrative.

3. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Tabella 1

(articolo 55, comma 1, lettera a))

 

2008

2009

2010

Ministero dell'economia e delle finanze

1.946.000

9.742.000

5.403.000

Ministero del lavoro e della previdenza sociale

-

308.000

9.000

Ministero della giustizia

6.480.000

10.491.000

11.212.000

Ministero degli affari esteri

13.340.000

13.800.000

40.955.000

Ministero della pubblica istruzione

6.089.000

-

-

Ministero dell'interno

10.405.000

30.307.000

19.785.000

Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali

54.000

-

-

Ministero per i beni e le attività culturali

1.577.000

907.000

3.664.000

Ministero della salute

6.535.000

15.275.000

47.050.000

Ministero dei trasporti

289.000

38.000

968.000

Ministero dell'università e della ricerca

1.382.000

861.000

4.493.000

Ministero della solidarietà sociale

16.004.000

56.010.000

51.227.000

Totale...

64.101.000

137.739.000

184.766.000

.

Tabella 2

(articolo 55, comma 1, lettera b))

 

2010

Ministero dell'economia e delle finanze

500.000

Ministero degli affari esteri

3.000.000

Ministero per i beni e le attività culturali

80.000

Totale...

3.580.000

.

________________

(*) Approvato l'emendamento 55.500 (testo 3) interamente sostitutivo dell'articolo.

EMENDAMENTO

55.500 (testo 3)

I RELATORI

Approvato

Sostituire l'articolo 55 con il seguente:

«1. Agli oneri recati dall'articolo 19, valutati in euro 25.298.325 per l'anno 2009 e in euro 33.731.100 a decorrere dall'anno 2010, e dall'articolo 39, valutati in euro 52.000.000 per l'anno 2009, in euro 98.357.680 per l'anno 2010, in euro 53.474.880 per l'anno 2011 e in euro 77.031.400 a decorrere dall'anno 2012, di cui euro 52.000.000 per l'anno 2009, euro 92.000.000 per l'anno 2010 ed euro 11.160.000 per l'anno 2011 destinati alla costruzione e ristrutturazione dei centri di identificazione ed espulsione, si provvede:

a) quanto a 48.401.000 euro per l'anno 2009, 64.796.000 euro per l'anno 2010 ed 56.886.000 euro a decorrere dall'anno 2011, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2009-2011, nell'ambito del programma "Fondi di riserva e speciali" della missione "Fondi da ripartire" dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2009, allo scopo parzialmente utilizzando gli accantonamenti di cui alla tabella 1;

b) quanto a euro 3.580.000 per l'anno 2010, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di conto capitale iscritto, ai fini del bilancio triennale 2009-2011, nell'ambito del programma "Fondi di riserva e speciali" della missione "Fondi da ripartire" dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2009, allo scopo parzialmente utilizzando gli accantonamenti di cui alla tabella 2;

c) quanto a euro 28.897.325 per l'anno 2009, euro 32.712.780 per l'anno 2010, euro 30.319.980 per l'anno 2011 e euro 53.876.500 a decorrere dall'anno 2012, mediante corrispondente riduzione della dotazione del Fondo per interventi strutturali di politica economica di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n.282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n.307;

d) quanto a euro 31.000.000 per l'anno 2010, mediante riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 5, comma 4, del decreto-legge 27 maggio 2008, n.93, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n.126, come integrato dal decreto-legge 25 giugno 2008, n.112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n.133.

2. Il Ministro dell'economia e delle finanze provvede al monitoraggio degli oneri di cui agli articoli 19 e 39, anche ai fini dell'adozione di provvedimenti correttivi di cui all'articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n.468, e successive modificazioni. Gli eventuali decreti emanati ai sensi dell'articolo 7, secondo comma, numero 2), della citata legge n.468 del 1978, prima della data di entrata in vigore dei provvedimenti di cui al presente comma, sono tempestivamente trasmessi alle Camere, corredati da apposite relazioni illustrative.

3. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio».

Conseguentemente, sostituire la tabella n.1 con la seguente:

Tabella 1

(art. 55, comma 1, lettera a)

 

2009

2010

2011

Ministero dell'economia e delle finanze

7.742.000

3.403.000

3.403.000

Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali

35.401.000

30.029.000

23.374.000

Ministero della giustizia

911.000

-

805.000

Ministero degli affari esteri

3.300.000

26.455.000

24.455.000

Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca

499.000

2.417.000

2.388.000

Ministero delle infrastrutture e dei trasporti

22.000

521.000

514.000

Ministero per i beni e le attività culturali

526.000

1.971.000

1.947.000

Totale...

48.401.000

64.796.000

56.886.000

 

 

PROPOSTA DI COORDINAMENTO

C1

I Relatori

Approvata

1) All'articolo 1, 3-bis, (introdotto dall'emendamento 1.104 (testo 2) sostituire l'alinea con il seguente: «All'articolo 342 del codice penale è premesso il seguente:» e al capoverso «Articolo 341-bis», secondo comma, sostituire la parola: «imputazione» con la seguente: «offesa»;

2) all'articolo 18 (come sostituito dall'emendamento 18.650), al comma 2, sostituire le parole: «la circostanza prevista» con le seguenti: «una delle circostanze previste»;

3) all'articolo 19-bis (introdotto dall'emendamento 19.0.800 (testo 2)), al comma 1, lettera b), capoverso «Articolo 20-ter», comma 2, sostituire le parole: «autorizzazione di cui all'articolo 20-bis, comma 3, altrimenti provvede ai sensi del comma 3 del medesimo articolo» con le seguenti: «autorizzazione di cui all'articolo 20-bis, comma 3, primo periodo; altrimenti provvede ai sensi del comma 3, secondo periodo, del medesimo articolo»;

4) accorpare gli articoli 26 e 27 in un unico articolo;

5) all'articolo 29, comma 1, alinea, dopo le parole: «seguenti modificazioni:» inserire le seguenti: «a) l'articolo 104 è sostituito dal seguente:»;

6) all'articolo 34, comma 1, lettera c), sostituire le parole:«dopo il primo periodo, è aggiunto il seguente» con le seguenti: «è aggiunto, in fine, il seguente periodo»;

7) la rubrica dell'articolo 1 è sostituita dalla seguente: «Modifiche al Codice penale e alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del Codice di procedura penale» .

 

 


 

Allegato B

 

Dichiarazione di voto del senatore Valditara sull'articolo 7 del disegno di legge n. 733

Finalmente si offre l'occasione per stroncare un fenomeno, quello del graffitismo in specie quello delle cosiddette Tags che ha effetti sempre più devastanti sulle nostre città. Cito come esempio solo la città di Milano particolarmente colpita da questo fenomeno.

Si è stimato un danno al patrimonio immobiliare privato pari a circa 60 milioni di euro l'anno.

D'altro canto le vernici spray rovinano talvolta in modo irreparabile il nostro patrimonio storico-artistico. I frati della Basilica di Santa Croce hanno denunciato pubblicamente che le vernici penetrano nel marmo rovinandolo irreparabilmente.

Si tratta in realtà di un grave pregiudizio alla libertà individuale oltre che alla proprietà privata e pubblica, la libertà che la nostra casa corrisponda a canoni estetici e di decoro decisi da noi in armonia con le prescrizioni della città in cui viviamo.

E' certamente anche un pregiudizio grave per il decoro delle nostre città, che sono spesso autentici gioielli d'arte e che costituiscono una ricchezza per lo sfruttamento turistico che ne può derivare. Ma certo un visitatore è invogliato ad andare là dove l'ambiente che lo accoglie è gradevole e stimolante, è scoraggiato laddove vi è degrado e trascuratezza.

L'emendamento presentato dal Governo in Commissione accoglie quasi alla lettera un mio emendamento, ma era tuttavia un passaggio fondamentale anche quello costituito dall'emendamento 7.304 a mia prima firma.

Oggi infatti per via del decreto legislativo n. 274 del 2000 il reato di imbrattamento previsto dall'articolo 639 del codice penale rientra nelle competenze del giudice di pace che non può comminare la sanzione della reclusione. Insomma ad oggi il graffitaro incallito sconta al massimo un fine settimana in casa.

Come hanno denunciato forze dell'ordine e magistrati l'attuale normativa non consente un contrasto efficace del fenomeno.

L'emendamento del Governo se non si approva l'emendamento 7.304 rischia di non cambiare la situazione attuale.

Infine è necessario scoraggiare la vendita ai minori delle vernici spray.

Mi auguro che oggi ci possa essere una svolta significativa nel contrasto a questo grave fenomeno.