Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento giustizia
Titolo: Disposizioni in materia di violenza sessuale - AA.C. 611 e abb - Schede di lettura (2^ edizione)
Riferimenti:
AC N. 688/XVI   AC N. 817/XVI
AC N. 924/XVI   AC N. 611/XVI
AC N. 666/XVI     
Serie: Progetti di legge    Numero: 8
Data: 18/06/2008
Descrittori:
REATI SESSUALI     
Organi della Camera: II-Giustizia


Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

SERVIZIO STUDI

 

Progetti di legge

Disposizioni in materia di violenza sessuale

A.C. 611 e abb.

Schede di lettura

 

 

 

 

n. 8

2a edizione

 

18 giugno 2008

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dipartimento giustizia

SIWEB

 

 

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File: gi0015.doc

 


INDICE

Schede di lettura

Il quadro normativo  3

Il contenuto delle proposte di legge  10

§      Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE (a cura dell'ufficio rapporti con l'unione europea)35

§      Codice di procedura penale (artt. 90, 190-bis, 266, 282-bis, 293, 380, 392, 393, 396, 398, 444, 454, 472, 498)59

§      Codice civile (art. 342-ter)71

§      L. 20 febbraio 1958, n. 75. Abolizione della regolamentazione della prostituzione e lotta contro lo sfruttamento della prostituzione altrui. (art. 3)72

§      L. 13 ottobre 1975, n. 654. Ratifica ed esecuzione della convenzione internazionale sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale, aperta alla firma a New York il 7 marzo 1966. (art. 3)73

§      L. 5 febbraio 1992, n. 104. Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate. (art. 36)74

§      D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502. Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della L. 23 ottobre 1992, n. 421. (art. 1)75

§      D.L. 26 aprile 1993, n. 122. Misure urgenti in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa. (artt. 1, 3 e 6)78

§      D.Lgs. 16 aprile 1994, n. 297. Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado. (art. 284)80

§      D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286. Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero. (art. 18)81

§      L. 1 marzo 2006, n. 67. Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni. (art. 4)83

§      L. 27 dicembre 2006, n. 296. Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007). (art. 1, co. 1261)84

Documentazione

Atti comunitari

§      Decisione quadro del Consiglio 2004/68/GAI del 22 dicembre 2003  89

Atti internazionali

§      Convenzione Internazionale sui diritti dell’infanzia  97

 


Schede di lettura

 


Il quadro normativo

Le disposizioni contro la violenza sessuale

Le disposizioni del codice penale in tema di violenza sessuale sono state riformate dalla legge 15 febbraio 1996, n. 66 (Norme contro la violenza sessuale), il cui impianto ha subito alcune modifiche a seguito dell’approvazione delle leggi 3 agosto 1998, n. 269[1] e 6 febbraio 2006, n. 38[2].

La prima rilevante differenza con la normativa previgente è, senza dubbio, di natura sistematica: mentre il reato di violenza sessuale era inserito, prima del 1996, fra i delitti contro la moralità pubblica ed il buon costume, con la L. 66/1996 esso è stato collocato tra i delitti contro la libertà personale. Ciò testimonia un diverso apprezzamento della violenza sessuale, anche in relazione al mutamento della sensibilità sociale e culturale del Paese.

La disciplina introdotta dalla legge n. 66 del 1996 si caratterizza per una diversa configurazione delle fattispecie di reato, per i profili che attengono alla tutela della riservatezza e per alcune norme di carattere processuale e di tutela per i minorenni.

 

L'art. 1 della legge 66/96 ha abrogato l'intero capo I del titolo IX del libro II del codice penale ed intaccato profondamente anche il successivo capo II che perde gli artt. 530, 539, 541, 542 e 543 (su tale capo, peraltro, era già intervenuta la legge 20 febbraio 1958, n. 75, recante norme sull’abolizione della regolamentazione della prostituzione).

Prima dell'approvazione della legge n. 66/1996 il codice penale distingueva tre ipotesi di reati di violenza sessuale:

§       il delitto di violenza carnale, che sanzionava il comportamento violento consistente nella congiunzione carnale tra autore del reato e vittima ovvero comportamenti di violenza carnale presunta;

§       il delitto di atti di libidine violenti, che puniva i comportamenti di violenza sessuale diversi da quello di congiunzione carnale (art. 521);

§       la congiunzione carnale commessa con abuso della qualità di pubblico ufficiale (art. 520), che sanzionava la congiunzione carnale del pubblico ufficiale con persona da lui arrestata o detenuta o custodita.

 

La citata legge n. 66 del 1996 ha introdotto nel codice penale nuove fattispecie incriminatrici, inserendole, come articoli aggiuntivi da 609-bis a 609-decies, tra i delitti contro la libertà personale[3].

 

L’art. 609-bis (Violenza sessuale) punisce con la reclusione da 5 a 10 anni chi, con violenza o minaccia o abuso di autorità, costringa taluno a compiere o subire atti sessuali (primo comma).

Alla stessa pena soggiace il soggetto che induce taluno a compiere o subire atti sessuali con le seguenti modalità (secondo comma):

abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto (n. 1);

traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito ad altra persona (n. 2).

Per i casi di minore gravità, è prevista la diminuzione della pena in misura non eccedente i due terzi (terzo comma)[4].

Nella nuova fattispecie di violenza sessuale vengono parzialmente comprese sia le fattispecie di violenza carnale che di congiunzione carnale commessa da pubblico ufficiale, sia gli atti di libidine violenti, prescindendo dal criterio della congiunzione carnale o dalla qualità personale dell'autore del reato come elemento distintivo delle fattispecie.

Con riferimento alla nuova fattispecie si deve inoltre osservare che il legislatore non definisce il concetto di “atti sessuali”, rimettendo la specificazione della condotta all'interprete[5].

 

In proposito, si segnala che una larga corrente dottrinale ha ravvisato nell'espressione “atti sessuali” alcuni profili problematici in relazione al principio di legalità e alla determinatezza della fattispecie penale. Sul punto la giurisprudenza di legittimità si è pronunciata nel senso che la questione di legittimità costituzionale della disciplina relativa agli atti sessuali deve essere dichiarata manifestamente infondata, «poiché molte volte l'organo di giustizia costituzionale ha riconosciuto la legittimità del riferimento a condotte la cui illiceità è condizionata dall'evoluzione del costume sociale o da nozioni scientifiche ed i cui contenuti sono determinati dall'interpretazione giurisprudenziale» (così Cass., Sez. III, 27.4.1998). La Corte costituzionale, chiamata a pronunciarsi dal Tribunale di Crema sulla legittimità costituzionale dell'art. 609-bis - ove, nel ricorrere alla generica locuzione «atti sessuali», sarebbe in contrasto con il principio di tassatività di cui all'art. 25, secondo comma, Cost. - non ha definitivamente sciolto il nodo limitandosi a dichiarare manifestamente inammissibile, per carenza di motivazione sulla rilevanza, la menzionata eccezione di legittimità costituzionale (Corte cost., ord. n. 295 del 2000).

 

Dal punto di vista delle pene vi è un sensibile inasprimento dei limiti edittali della reclusione rispetto alla disciplina previgente[6].

 

L'art. 609-ter (primo comma) disciplina alcune circostanze aggravanti del reato di violenza sessuale, prevedendo la pena della reclusione da 6 a 12 anni nei seguenti casi:

violenza sessuale su minore di 14 anni (n. 1);

uso di armi o di sostanze alcooliche, narcotiche o stupefacenti o di altri strumenti o sostanze gravemente lesivi della salute della persona offesa (n. 2);

fatto commesso da persona travisata o da persona che simuli la qualità di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio (n. 3);

fatto commesso su persona sottoposta a limitazioni della libertà personale (n. 4);

violenza sessuale commessa nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni 16, della quale il colpevole sia l'ascendente, il genitore anche adottivo, il tutore (n. 5).

Un’ulteriore circostanza aggravante è prevista dal secondo comma dell'art. 609-ter nel caso in cui la violenza sessuale sia commessa ai danni di persona che non ha compiuto gli anni 10; in questo caso la pena è della reclusione da 7 a 14 anni.

 

Per quanto riguarda il profilo inerente all’attività sessuale dei minorenni, l’art. 609-quater (Atti sessuali con minorenne) prevede – al di fuori dei casi di violenza sessuale di cui all’art. 609-bis – la non punibilità del minore che compia atti sessuali con personache abbia compiuto 13 anni, purché la differenza di età tra i soggetti non sia superiore a 3 anni (terzo comma).

Al di fuori di questa ipotesi, viene mantenuto fermo il principio per il quale si presume che il minorenne sino a 14 anni non possa avere rapporti sessuali consensuali (primo comma, n. 1); qualora vi sia violenza, minaccia o abuso di autorità su persona minore di anni 14 si ha un'ipotesi di violenza sessuale aggravata, mentre se sussiste il consenso del minore di 14 anni si rientra nel reato di atti sessuali con minorenne, punito con le stesse pene previste dall'art. 609-bis.

Per quanto riguarda i minori di anni 16, il già citato articolo 609-quater stabilisce che la punibilità è limitata agli atti sessuali commessi da chi sia l’ascendente, il genitore anche adottivo, il di lui convivente, il tutore ovvero altra persona cui, per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia, il minore sia affidato o che abbia con il minore una relazione di convivenza (primo comma, n. 2).

Non sono, quindi, più punibili, gli atti sessuali con minore di 16 anni consenziente commessi da un soggetto “estraneo” al minore, ossia che non si trovi in quelle relazioni speciali per le quali l'art. 609-quater ritiene che vi sia uno stato di sudditanza psicologica tale da escludere valore al consenso prestato. L'effetto pertanto è quello, in linea generale, di escludere la rilevanza penale dei rapporti sessuali con i minori che abbiano compiuto i 14 anni, consenzienti. Costituisce, invece, violenza sessuale aggravata l'ipotesi in cui i fatti di cui all'articolo 609-bis siano commessi nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni 16, della quale il colpevole sia l’ascendente, il genitore anche adottivo, il tutore.

Il secondo comma dell’articolo 609-quater (introdotto dalla legge n. 38 del 2006) specifica, inoltre, che al di fuori dei casi di cui all'articolo 609-bis, l'ascendente, il genitore, anche adottivo, o il di lui convivente, o il tutore che, con l'abuso dei poteri connessi alla sua posizione, compie atti sessuali con persona minore che ha compiuto gli anni sedici, è punito con la reclusione da tre a sei anni.

Per tutte le fattispecie di atti sessuali con minorenni, la pena è ridotta fino a due terzi nei casi di minore gravità (quarto comma).

Il quinto comma punisce, infine, con la reclusione da 7 a 14 anni (la stessa pena della violenza sessuale) chi compie atti sessuali con minore di anni 10.

 

Va ricordato poi che la legge n. 66 del 1996 ha introdotto la fattispecie di corruzione di minorenne(art. 609-quinquies), che punisce con la reclusione da 6 mesi a 3 anni chiunque compie atti sessuali in presenza di persona minore di anni quattordici, al fine di farla assistere.

Rispetto all’abrogato art. 530 c.p., che puniva la corruzione di minorenni, si presuppone, ai fini del delitto in questione, il dolo specifico ovvero la volontà di far assistere il minore, assente invece dall’art. 530: si esige, quindi, che – oltre alla coscienza e volontà del fatto materiale – il soggetto agisca per un fine particolare che è, per l'appunto, previsto come elemento soggettivo costitutivo della fattispecie legale[7].

 

L’art. 609-sexies precisa che quando i delitti di violenza sessuale sono commessi in danno di un minore di anni 14 il colpevole non può invocare, a propria scusa, l’ignoranza dell’età della persona offesa[8].

 

Dal punto di vista processuale la riforma del 1996, inserendo l’art. 609-septies del codice penale ha previsto che i reati di violenza sessuale, anche aggravati, e gli atti sessuali con minorenne siano punibili a querela della parte offesa e che la querela, una volta proposta, sia irrevocabile (primo e terzo comma).

Si procede, tuttavia, d'ufficio nei seguenti casi:

§         se il fatto è commesso nei confronti di persona minore di anni diciotto (n. 1). L’età è stata innalzata a diciotto anni, in luogo degli originari quattordici, dalla citata legge n. 38 del 2006;

§         se il fatto è commesso dall’ascendente, dal genitore, anche adottivo, dal di lui convivente, dal tutore o da un soggetto cui il minore sia affidato per ragioni di custodia, cura, educazione, vigilanza, istruzione o che abbia con esso una relazione di convivenza (n. 2)[9];

§         se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio nell'esercizio delle proprie funzioni (n.3);

§         se il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d'ufficio (n. 4);

§         se il fatto è commesso nei confronti di minore di anni dieci consenziente (n.5);

§         se si tratta di violenza sessuale di gruppo (quarto comma).

Il termine per la proposizione della querela è stato ampliato a 6 mesi (secondo comma).

 

L’art. 609-octies introduce un apposito e autonomo titolo di reato per la fattispecie di violenza sessuale di gruppo, definendola come partecipazione, da parte di più persone riunite[10], ad atti di violenza sessuale, così come definiti dall'art. 609-bis.

 

In passato, l'agire da parte di più persone riunite era penalmente rilevante in base alle comuni norme sul concorso di persone nel reato (artt. 110 ss.), naturalmente in relazione agli artt. 519, 520 e 521 c.p. Anzi, anche a prescindere dall'aggravante di cui all'art. 112, n. 1 (l'essere stati, i concorrenti, cinque o più), è evidente che il numero delle persone poteva influire sul disvalore complessivo del fatto, già ai sensi dell'art. 133 c.p. Inoltre, poteva anche immaginarsi l'applicabilità della circostanza aggravante di cui all'art. 61, n. 5, ravvisandosi nella condotta di più persone contro una sola vittima un caso di minorata difesa. Pertanto, la legge n. 66 del 1996 ha elevato a titolo autonomo di reato un’ipotesi, pur qualificata, di concorso di persone nel reato, attuando un deciso inasprimento sanzionatorio.

 

L'elemento che caratterizza la violenza sessuale di gruppo è dunque dato dalla partecipazione di più persone riunite alla commissione degli atti di violenza sessuale: mentre è necessario che costoro partecipino all'esecuzione materiale del reato, non occorre che tutti compiano atti di violenza sessuale (Cass., Sez. III, 5 aprile 2000).

La pena è della reclusione da 6 a 12 anni ed è aumentata se concorre taluna delle circostanze aggravanti precedentemente descritte (secondo e terzo comma).

Sono, inoltre, previste, in relazione a questa nuova fattispecie di reato alcune circostanze attenuanti specifiche. Viene infatti stabilito che la pena è diminuita per il partecipante la cui opera abbia avuto minima importanza nella preparazione o nell’esecuzione del reato. La pena è altresì diminuita per chi sia stato determinato a commettere il reato quando concorrono le condizioni stabilite dai numeri 3) e 4) del primo comma e dal terzo comma dell’articolo 112 c.p.[11]

 

Innovazioni particolari sono state introdotte anche con riferimento alle pene accessorie ed altri effetti penali di cui tratta l’art. 609-nonies.

E' previsto, infatti, che la condanna o l’applicazione della pena su richiesta delle parti ai sensi dell’articolo 444 c.p.p. per uno dei reati di violenza sessuale introdotti dalla legge n. 66 del 1996 comporti le seguenti pene accessorie:

§         la perdita della potestà dei genitori, quando la qualità di genitore sia elemento costitutivo del reato o circostanza aggravante (il riferimento alla qualità di genitore come circostanza aggravante è stato introdotto dalla legge n. 38 del 2006);

§         l'interdizione perpetua dagli uffici di tutore e curatore;

§         la perdita del diritto agli alimenti e l'incapacità successoria nei confronti della persona offesa (primo comma).

La legge n. 38 del 2006 ha integrato l’articolo 609-novies, prevedendo che la condanna o l'applicazione della pena su richiesta delle parti, per alcuno dei delitti di violenza sessuale, anche aggravata, e di violenza sessuale di gruppo, se commessi nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni diciotto, di atti sessuali con minorenne e di corruzione di minorenne, comporta in ogni caso l'interdizione perpetua da qualunque incarico nelle scuole di ogni ordine e grado nonché da ogni ufficio o servizio in istituzioni o in altre strutture pubbliche o private frequentate prevalentemente da minori (secondo comma).

 

In relazione alle forme di pubblicità del processo è stabilito che il dibattimento si tenga a porte aperte, salvo il diritto della persona offesa di chiedere lo svolgimento a porte chiuse, anche solo per una parte di esso (art. 472, comma 3, c.p.p.). Tale scelta è obbligatoria quando la parte offesa è un minorenne. La legge limita poi la possibilità di formulare domande circa la vita privata o la sessualità della persona offesa, salvo che siano necessarie alla ricostruzione del fatto.

Alcune disposizioni della legge n. 66 del 1996 sono dedicate alla tutela e all'assistenza dei minori offesi da delitti di violenza sessuale. Si prevede, in particolare, che nei procedimenti relativi a delitti di violenza sessuale il pubblico ministero o la persona sottoposta ad indagini possano chiedere che si proceda con incidente probatorio all'assunzione della testimonianza del minore di 16 anni, anche al di là delle ipotesi disciplinate dal codice di procedura penale (art. 398 c.p.p.).

 

E' sancito, inoltre, dall’art. 609-decies, che per i delitti di riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù, di prostituzione minorile, pornografia minorile, di iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile, di violenza sessuale, anche aggravata, di corruzione di minorenne, di tratta di persone, di acquisto o alienazione di schiavi, di violenza sessuale di gruppo, commessi in danno di minorenni, e per il delitto di atti sessuali con minorenne, sia data comunicazione, a cura del procuratore della Repubblica, al tribunale per i minorenni (primo comma).

L'autorità giudiziaria procedente cura che il minore, in sede processuale, sia assistito, dal punto di vista affettivo e psicologico, dai genitori o da persona idonea indicata dal minore, ferma restando l'assistenza dei servizi minorili del Ministero della giustizia e degli enti locali (secondo, terzo e quarto comma).

 

Infine, l’art. 16 della legge n. 66 del 1996 (come modificato dalla successiva legge sulla pedofilia) prevede che l'imputato per i delitti di violenza sessuale e prostituzione minorile sia sottoposto ad accertamenti per l'individuazione di patologie sessualmente trasmissibili, qualora le modalità del fatto possano prospettare un rischio di trasmissione delle patologie medesime; l'accertamento è effettuato con le forme della perizia.

Le molestie (art. 660 c.p.)

Al fine di definire compiutamente il quadro normativo in materia, appare rilevante citare l'articolo 660 del codice penale, che prevede il reato di molestia o disturbo alle persone.

Si tratta di una contravvenzione nella quale incorre chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo.

La sanzione è l’arresto fino a sei mesi o l'ammenda fino a 516 euro.

 

La disposizione prevede che il reato possa essere commesso con il mezzo del telefono, ma la Cassazione già nel 1978 ha equiparato al telefono, ai fini dell'applicazione dell'art. 660, anche la molestia e il disturbo recati con analoghi mezzi di comunicazione a distanza (Cass., Sez. VI, 5.5.1978). Quanto all’uso del telefono, la giurisprudenza ha specificato che integrano il reato: le assillanti telefonate ad una persona con ossessivi riferimenti alle abitudini sessuali di questa (Cass., Sez. V, 11.12.1996); le proposte di appuntamenti galanti non gradite dall’interlocutrice chiamata da un anonimo per telefono (Cass., Sez. I, 30.6.1992); le continue telefonate di corteggiamento ad una donna accompagnate da insistenti pedinamenti (Cass., Sez. I, 28.1.1992); una chiamata telefonica cui segua bruscamente l'interruzione della comunicazione non appena il chiamato risponda, in quanto palesemente non motivata da intenti civili (Cass., Sez. I, 1.10.1991); lo squillo ripetuto dell'apparecchio telefonico, qualora la condotta sia tenuta nella consapevolezza di arrecare fastidio (Cass., Sez. VI, 4.9.2003); continue e inconcludenti telefonate, contenenti sempre le stesse domande e reiterate senza alcuna ragione (Cass., Sez. I, 30.3.2004).

 

L'interesse tutelato dall'art. 660 è tradizionalmente individuato nell'ordine pubblico, considerato nel suo particolare aspetto della pubblica tranquillità: nella dimensione generale dell'interesse tutelato trovano ragione la procedibilità d'ufficio per la contravvenzione e la conseguente attuazione della tutela penale a prescindere dalla volontà della persona molestata o disturbata.

Al reato di molestie previsto dall'articolo in esame viene di regola ricondotto il fenomeno che, con termine derivato dall'esperienza giuridica dei Paesi di common-law e recepito dalla nostra dottrina negli ultimi anni, viene denominato stalking, ovvero il comportamento assillante e invasivo della vita altrui realizzato mediante la reiterazione insistente di condotte intrusive, quali telefonate, appostamenti, pedinamenti fino, nei casi più gravi, alla realizzazione di condotte integranti di per sé reato (minacce, ingiurie, danneggiamenti, aggressioni fisiche).


Il contenuto delle proposte di legge

Le proposte di legge, d’iniziativa parlamentare, A.C. 611 e abb. sono dirette ad introdurre specifiche disposizioni in materia di violenza sessuale.

I progetti di legge A.C. 611 (Caparini e altri), A.C. 666 (Lussana) e A.C. 688 (Prestigiacomo) ripropongono, rispettivamente, il contenuto dei progetti di legge A.C. 1374 (Caparini e altri), A.C. 950 (Lussana) e A.C. 1823 (Prestigiacomo), già presentati nella XV legislatura.

Si ricorda, infatti, che nel corso della XV legislatura la Commissione Giustizia della Camera ha avviato l’esame di numerose proposte di legge (A.C. 950 e abb.)[12] finalizzate, tra l’altro, ad inasprire il sistema sanzionatorio per i reati di violenza sessuale, ad introdurre il cd. delitto di “molestie insistenti”, a prevedere specifiche misure di sensibilizzazione e prevenzione in materia e ad ampliare la tutela processuale civile e penale per le vittime di tali fattispecie criminose.

Durante l’esame delle suddette proposte di legge è stato peraltro deliberato lo stralcio delle disposizioni concernenti la repressione del reato di “molestie insistenti” nonché di quelle relative al contrasto e alla repressione della violenza sessuale[13]. L’iter legislativo non si è tuttavia concluso.

Il progetto di legge A.C. 924 (Pollastrini e altri), nel riprendere in parte il disegno di legge (A.C. 2169) presentato dal Governo nella scorsa legislatura, tiene conto del dibattito che ha portato all’approvazione di un testo unificato (A.C. 1249-ter–A)[14] da parte della Commissione Giustizia della Camera recante misure contro gli atti persecutori e contro la discriminazione e la violenza determinate dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere.

La proposta di legge A.C. 817 (Napoli), infine, reca modifiche agli articoli 609-bis e 609-ter del codice penale in materia di violenza sessuale, al fine di assicurare che l'abuso delle condizioni di inferiorità della vittima del reato di violenza sessuale integri un’aggravante del reato e non un suo elemento costitutivo.

La proposta di legge A.C. 611 (Caparini e altri)

Più nel dettaglio, la proposta di legge A.C. 611, che consta di un solo articolo, è volta ad innalzare l’età del consenso nei rapporti sessuali da 14 a 16 anni, intervenendo sugli articoli da 609-ter a 609-sexies del codice penale. Secondo la relazione illustrativa, “la ragione della tutela del minore di sedici anni risiede nell'immaturità, anche sessuale, e nel rispetto dovuto all'infanzia e alla prima adolescenza, unitamente al rilievo del difetto del riconoscimento di una ‘libertà sessuale’ come diritto di scelta e di libera esplicazione delle proprie qualità e facoltà sessuali”.

La proposta di legge interviene sull’art. 609-ter, primo comma, numero 1), del codice penale, prescrivendo la reclusione da 6 a 12 anni se la violenza sessuale è commessa nei confronti di persona che non ha ancora compiuto sedici anni, in luogo degli attuali quattordici (articolo 1, comma 1).

Viene novellato, inoltre, il primo comma dell’art. 609-quater c.p., prevedendo la reclusione da 5 a 10 anni per chiunque compia atti sessuali con persona che al momento del fatto non ha compiuto sedici anni (in luogo degli attuali quattordici) ovvero con persona che non ha compiuto i diciotto anni (in luogo degli attuali sedici), quando il colpevole sia ascendente, genitore anche adottivo, tutore ovvero altra persona cui, per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia, il minore sia affidato o che abbia con il minore una relazione di convivenza (articolo 1, comma 2).

Risulta altresì modificato l’art. 609-quinquies c.p., al fine di configurare il delitto di corruzione di minorenne a carico di chiunque compia atti sessuali in presenza di persona minore di anni sedici (in luogo degli attuali quattordici), al fine di farla assistere (articolo 1, comma 3).

Infine, la proposta di legge è volta a modificare l’art. 609-sexies c.p., nel senso di escludere la rilevanza dell’ignoranza dell’età della persona offesa quando i delitti sessuali (violenza sessuale, violenza sessuale aggravata, atti sessuali con minorenne, corruzione di minorenne e violenza sessuale di gruppo) siano commessi in danno di minore di anni sedici, anziché quattordici come attualmente previsto (articolo 1, comma 4).

La proposta di legge A.C. 666 (Lussana)

La proposta di legge A.C. 666 introduce diverse modifiche al codice penale al fine di rafforzare il contrasto dei reati afferenti alla sfera della violenza sessuale. Oltre che per una nuova opzione sistematica (la materia della violenza sessuale ed i relativi illeciti non rientrerebbero più nei delitti contro la libertà personale, ma sarebbero inseriti tra i delitti contro la vita e l'incolumità individuale), il citato progetto si caratterizza soprattutto per un maggior rigore sanzionatorio rispetto alla vigente disciplina codicistica. Inoltre, essa contiene una previsione innovativa, ossia l’introduzione del trattamento farmacologico di blocco androgenico totale per i soggetti condannati per i reati di violenza sessuale, di gruppo oppure a danno di minori.

Più in particolare, la suddetta proposta di legge interviene sul codice penale, proponendo un complessivo intervento di modifica della disciplina sulla violenza sessuale al fine - si legge nella relazione illustrativa - di “dare un segnale di forza e d’intransigenza verso chi si rende colpevole di reati tanto infamanti, anche in considerazione dell’aumento degli episodi di violenza commessi in danno delle vittime e, sempre più spesso, delle donne”.Secondo la stessa relazione, gli episodi di violenza incidono sull’integrità psicologica della vittima rischiando di provocare danni permanenti alla sua vita sino ad una vera e propria “morte psicologica”.

Il provvedimento, che consta di 14 articoli, attua una nuova collocazione sistematica dei delitti di violenza sessuale all’interno del codice penale. Infatti, tali fattispecie, attualmente inquadrate tra i reati contro la libertà personale (a seguito della legge 66/1996, che ha superato la precedente collocazione tra i delitti conto la moralità pubblica e il buon costume) sono inserite tra i delitti contro la vita e l’incolumità individuale.

A tale scopo, mentre l’articolo 1 della proposta abroga gli artt. da 609-bis a 609-octies del codice penale, eliminando i corrispondenti illeciti dai reati contro la libertà personale, l’articolo 2 ricolloca le fattispecie in questione, integrandole, nel capo I del titolo XII del libro secondo del codice (Delitti contro la vita e l’incolumità individuale) con l’inserimento degli artt. da 586-bis a 586-novies, introdotti dagli artt. da 3 a 10 della proposta di legge.

 

Si ricorda che l’art. 609-bis prevede il reato di violenza sessuale; l‘art. 609-ter le relative circostanze aggravanti; l’art. 609-quater, gli atti sessuali con minorenne; l’art. 609-quinquies, la corruzione di minorenne; l’art. 609-sexies, l’ignoranza della persona offesa, l’art. 609-septies, la querela di parte; l’art 609-octies, la violenza sessuale di gruppo.

 

Caratteristica comune delle figure di reato, come ricollocate all’interno del codice, appare, in generale, l’accentuato rigore sanzionatorio.

L’attuale illecito principale di violenza sessuale (art. 609-bis) è sostituito da quello di cui all’art. 586-bis che, pur non modificando la fattispecie delittuosa, introduce alcune novità(articolo 3):

§         un incremento di 2 anni dei limiti di pena (alla reclusione da 5 a 10 anni è sostituita quella della reclusione da 7 a 12 anni) (art. 586-bis, comma 1);

§         la previsione della discrezionalità nella diminuzione della pena fino a 2/3 nei casi di minore gravità (art. 586-bis, comma 3);

§         la previsione di un aumento della pena fino alla metà per i recidivi (art. 586-bis, comma 4).

 

Si osserva, su quest’ultimo punto, che l’art. 99 c.p. (recidiva), come recentemente novellato dalla legge 251/2005[15], prevede che la pena può essere aumentata fino alla metà in caso di nuovo delitto non colposo della stessa indole (comma 2, lett. a). Sembrerebbe quindi che la previsione di cui al comma 4 del nuovo art. 586-bis abbia il solo effetto di rendere obbligatorio l’aumento di pena (ora discrezionale) per chi incorra nella recidiva del reato di violenza sessuale di cui all’art. 586-bis.

 

L’articolo 4 della proposta di legge introduce nel codice penale l’art. 586-ter relativo alle circostanze aggravanti del reato di violenza sessuale.

Rispetto al vigente art. 609-ter si registrano rilevanti novità.

In primo luogo, si prevede l’aumento di 2 anni dei limiti di pena per le aggravanti di cui al primo comma (si passa dalla reclusione da 6 a 12 anni a quella da 8 a 14 anni);

 

Le aggravanti in questione si riferiscono alla violenza sessuale commessa (art. 586-ter, primo comma,: 1) nei confronti di minore di 16 anni; 2) con l'uso di armi, di sostanze alcoliche, narcotiche o stupefacenti o di altri strumenti o sostanze in grado di ridurre, in tutto o in parte, la capacità di intendere o di volere della persona offesa; 3) da persona travisata o che simula la qualità di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio; 4) su persona comunque sottoposta a limitazioni della libertà personale; 5) in presenza di una delle circostanze previste ai numeri 4), 5), 6), 8), 9) e 11) dell'articolo 61 (aggravanti comuni)[16].

 

Inoltre,viene ampliato l’ambito applicativo delle aggravanti di cui ai nn. 1) e 2) del comma 1. In particolare, al n. 1) è aumentato di 2 anni il limite di età della vittima della violenza sessuale (dai 14 anni si passa ai 16 anni); al n. 2) si precisa inoltre che le sostanze (alcoliche, narcotiche, stupefacenti, ecc.) usate nel commettere il reato aggravano il reato ove siano tali da ridurre in tutto o in parte la capacità di intendere e di volere della vittima (attualmente, l’applicazione dell’aggravante di cui al n. 2 è giustificata dall’uso di sostanze “gravemente lesive della salute della vittima” (n. 2).

Il secondo comma dell’art. 586-ter prevede poi che la violenza sessuale su minore di anni 10 comporti un incremento dell’entità dei limiti di pena: agli attuali limiti minimi e massimi di 7 e 14 anni (indicati dal vigente secondo comma dell’art. 609-ter) sono sostituiti i nuovi di 10 e 16 anni.

Identici limiti edittali sono previsti in relazione ad una nuova aggravante della violenza sessuale, ovvero la commissione del reato in presenza di due o più delle circostanze di cui al primo comma(art. 586-ter, secondo comma, n. 2).

Rispetto alla norma vigente sono, infine, aggiunti tre ulteriori commi che prevedono, rispettivamente:

§         la punibilità con l’ergastolo quando dal reato di violenza sessuale, per qualsiasi ragione, sia derivata la morte della persona offesa (terzo comma). In tal modo viene introdotta un’ipotesi di reato aggravato dall’evento;

§         la reclusione minima, rispettivamente, di 8 e 10 anni quando dal reato sia derivata alla vittima una lesione personale grave o gravissima (quarto e quinto comma).

 

Con riferimento al terzo comma del nuovo articolo 586-ter, sarebbe opportuno verificare la compatibilità della locuzione “per qualsiasi ragione” con i principi generali di diritto penale, con particolare riferimento al principio di legalità nei suoi corollari della tassatività o sufficiente determinatezza della fattispecie penale.

 

L’articolo 5 della proposta in esame riguarda gli atti sessuali con minorenne.

La norma introducel’art. 586-quater nel codice penale che ripropone l’attuale art. 609-quater (recentemente novellato dalla legge 6 febbraio 2006, n. 38).

Nonostante la relazione illustrativa precisi che la nuova norma riproduca il contenuto dell’art. 609-quater, rispetto al testo vigente risulta tuttavia espunto il quinto comma, che attualmente prevede, in caso di atti sessuali con minore di anni 10, l’applicazione della reclusione da 7 a 14 anni, parificando sul piano sanzionatorio tale reato a quello di violenza sessuale.

 

Mentre l’articolo 6,che inserisce l’art. 586-quinquies sulla corruzione di minorenne, riproduce integralmente il contenuto del vigente art. 609-quinquies, il successivo articolo 7 introduce nella materia in oggetto una nuova fattispecie penale consistente nelle “molestie sessuali”.

Il nuovo illecito penale si sostanzia nella costrizione ad assistere ad atti sessuali e, rispetto all’attuale art. 609-quinquies, si differenzia per l’estensione generalizzata della tutela (non solo, quindi, agli infraquattordicenni) nonché per le modalità della condotta, che prevedono la coartazione dell’altrui volontà; la pena per le molestie sessuali è stabilita nella reclusione fino a 2 anni e nella multa fino a 5.000 euro.

Aggravanti di pena sono introdotte, poi, in relazione all’età della persona offesa (minore di 14 o di 10 anni).

 

L’articolo 586-septies, introdotto nel codice penale dall’articolo 8 della proposta di legge, come il vigente art. 609-sexies, ripropone la presunzione assoluta della conoscenza dell’età della persona offesa.

L’ignoranza dell’età della vittima(ovvero, la circostanza che essa non abbia compiuto i 14 anni) non può, quindi, essere invocata come scusante nei delitti di violenza sessuale sopraccitati né in quello di violenza sessuale di gruppo. Tra i delitti inescusati ex art. 586-septies è ovviamente introdotto, per motivi di coordinamento, quello di molestie sessuali di cui al nuovo art. 586-sexies.

 

L’articolo 9 del provvedimento in esame introduce il nuovo art. 586-octies, riproducendo integralmente il contenuto del vigente art. 609-septies, relativo alla procedibilità a querela di parte per alcuni dei reati di natura sessuale (violenza sessuale, anche aggravata, e atti sessuale con minorenne).

La norma, in particolare, conferma la modifica introdotta dalla citata legge 38 del 2006 che ha innalzato da 14 a 18 anni la soglia di età della vittima ai fini della procedibilità d’ufficio per il reato di violenza sessuale.

 

Il nuovo articolo 586-octies, quarto comma, n. 5 prevede la procedibilità d’ufficio per i delitti di violenza sessuale nei casi - richiamati dal quarto comma dell’articolo 586-quater - di minore gravità per i quali la pena è diminuita fino a due terzi. Andrebbe verificata la correttezza del riferimento al citato quarto comma dell’articolo 586-quater, in quanto tale riferimento non appare coerente con le finalità perseguite dalla proposta di legge. Presumibilmente, per un refuso è stato soppresso il quinto comma dell’articolo 586-quater, al quale il nuovo articolo 586-octies doveva correttamente fare richiamo.

 

L’articolo 10 introduce il nuovo articolo 586-novies relativo alla violenza sessuale di gruppo.

Rispetto alla formulazione del vigente art. 609-octies che andrebbe a sostituire, si osserva che la nuova norma non fornisce una definizione della fattispecie. Non è, infatti, riproposto il contenuto del primo comma dell’art. 609-octies in base al quale la violenza sessuale di gruppo consiste nella partecipazione da parte di più persone riunite ad atti di violenza sessuale di cui all’art. 609-bis.

Il primo comma dell’art. 586-novies punisce semplicemente la partecipazione alla violenza sessuale di gruppo, sanzionando più severamente, rispetto all’attuale, il reato-base con la reclusione da 8 a 16 anni (oggi reclusione da 6 a 12 anni).

Altra differenza rilevante è l’eliminazione delle attenuanti (art. 609-octies, quarto comma) ora applicabili a chi assiste soltanto alla violenza sessuale non prendendovi attivamente parte (chi “abbia avuto minima importanza nella preparazione ed esecuzione del reato”) ovvero sia stato determinato alla commissione del reato (dal genitore esercente la potestà, in quanto soggetto ad autorità altrui, minorenne o in condizioni di infermità o deficienza psichiche).

Inoltre, mentre l’art. 609-octies prevede l’applicazione di un unico aumento di pena conseguente alle aggravanti di cui all’art. 609-ter, in base all’art. 586-novies gli aumenti di pena sono ora graduati in relazione alla specificità delle aggravanti.

Infatti, la violenza sessuale di gruppo risulterebbe sanzionata:

§         con la reclusione da 10 a 20 anni, in presenza delle aggravanti di cui al primo comma dell’art. 586-ter (vediart. 4 della p.d.l.);

§         con la reclusione minima di 12 anni, se aggravata ex art. 586-ter, secondo comma (vittima minore di 10 anni o presenza di due o più delle circostanze previste dall’art. 586-ter, primo comma) o se alla vittima è derivata una lesione personale grave;

§         con la reclusione minima di 15 anni se dal fatto è derivata una lesione personale gravissima;

§         con l’aumento di metà della pena in caso di recidiva nel reato;

§         con l’ergastolo se alla violenza consegue “per qualsiasi ragione” la morte della persona offesa.

 

Tale ultima previsione reca un’aggravante analoga a quella prevista dal nuovo art. 586-ter, terzo comma. Anche in tal caso, valgono i rilievi formulati in occasione del commento alla citata disposizione (v. supra, l’art. 4 della proposta di legge).

Sembra inoltre opportuno, per ragioni sistematiche, una formulazione progressiva dei commi dell’art. 586-novies in ragione dell’entità della pena inflitta (in particolare, il quarto comma – che prevede l’ergastolo come conseguenza della morte della vittima – potrebbe essere collocato come ultimo comma).

 

L’articolo 11 della proposta introduce disposizioni di natura procedurale prevedendo l’arresto obbligatorio ed il procedimento direttissimo nei confronti dei responsabili dei reati a carattere sessuale sopra illustrati.

 

Si ricorda che l’arresto obbligatorio è, di regola, previsto dall’art. 380 c.p.p. in flagranza di delitto non colposo consumato o tentato per cui la legge stabilisce una pena non inferiore nel minimo a 5 anni e nel massimo a 20 anni. Vi sono poi una serie di ipotesi che, anche al di fuori dei casi suddetti, prevedono l’arresto obbligatorio in ragione del particolare allarme sociale collegato alla gravità di alcuni delitti (delitti contro la personalità dello Stato, devastazione, strage e saccheggio, delitti di mafia, tratta di persone, in materia di stupefacenti, rapina ed estorsione, terrorismo, ecc.).

Il giudizio direttissimo è previsto dall’art. 449 c.p.p. in caso di persona arrestata in flagranza di reato. In tali casi, ad iniziativa del PM, il soggetto può essere presentato direttamente in stato di arresto davanti al giudice del dibattimento, entro 48 ore dall’arresto, per la convalida ed il contestuale giudizio. Se l’arresto è convalidato si procede con il giudizio; alla mancata convalida consegue, invece, la restituzione degli atti al PM; tuttavia, si procede ugualmente col rito direttissimo se quest’ultimo e l’imputato vi consentano. Il PM può, altresì, procedere al giudizio direttissimo quando l'arresto in flagranza è già stato convalidato, presentando l’imputato all'udienza non oltre il quindicesimo giorno dall'arresto. Analogamente, si può procedere con il rito direttissimo nei confronti della persona che nel corso dell'interrogatorio ha reso confessione. L'imputato libero (o in stato di custodia cautelare) è citato a comparire a una udienza non successiva al quindicesimo giorno dalla iscrizione nel registro delle notizie di reato

 

L’articolo 11, inoltre, prevede per gli imputati dei reati sessuali in questione l’impossibilità di accedere al patteggiamento di cui all’art. 444 del codice di procedura penale. Tale condizione costituisce titolo ostativo anche per la concessione dei benefici penitenziari (affidamento al servizio sociale, semilibertà, liberazione anticipata, ecc.) di cui alla legge 25 luglio 1975, n. 354.

 

Il procedimento speciale denominato applicazione della pena su richiesta delle parti (o patteggiamento) – come riformato dalla legge 134 del 2003[17] – è disciplinato dagli artt. 444 e ss. c.p.p. e presuppone un accordo sulla entità della pena da irrogare ed implicitamente (anche se non può essere equiparato a confessione della propria colpa) la sostanziale accettazione della responsabilità penale.

La deflazione processuale conseguente al patteggiamento (il risparmio di attività processuale è variabile a seconda del momento del procedimento in cui si verifica l’accordo) rende meritevole l’imputato di uno sconto di pena, fino al limite di un terzo.

Condizioni per addivenire al patteggiamento sono:

§       l’accordo dell’imputato e del P.M. sulla pena da applicare (proposta di una delle parti, consenso dell’altra);

§       che non si tratti di procedimento per una serie specifica di reati di particolare gravità (art. 444, co. 1-bis) e l’imputato non sia delinquente abituale, professionale o per tendenza ovvero recidivo, quando la pena superi il limite di 2 anni;

§       quantità di pena detentiva astrattamente applicabile (considerate le circostanze e diminuita fino ad 1/3) non superiore a 5 anni (art. 444, comma 1);

§       accoglimento della richiesta da parte del giudice.

Il giudice, tuttavia, può decidere solo sull’accoglimento o il rigetto della richiesta: egli può ratificare o meno l’accordo, ma non può modificarlo né integrarlo né basarsi su atti diversi da quelli già acquisiti nel fascicolo del P.M. La sentenza di applicazione del patteggiamento non ha natura giuridica di sentenza di condanna, in quanto non contiene un’affermazione esplicita della responsabilità penale dell’imputato in ordine al fatto contestatogli. L’art. 445, co. 1-bis, tuttavia, stabilisce che salvo diverse disposizioni di legge, la sentenza è equiparata ad una pronuncia di condanna”.

Quando non ecceda i 2 anni, la sentenza comporta per l’imputato rilevanti benefici (art. 445 c.p.p.) oltre lo sconto di pena, consistenti: nell’esclusione del pagamento delle spese processuali, dell’applicazione di pene accessorie e i misure di sicurezza, fatta eccezione per la confisca obbligatoria (art. 240, co. 2, c.p.); nella previsione di estinzione del reato e di ogni altro effetto penale (ad es. per la recidiva) dopo il decorso di un certo intervallo di tempo dalla pronuncia della sentenza sul patteggiamento (5 anni se la sentenza concerne un delitto, 2 se concerne una contravvenzione se in tale spatium temporis l’imputato non commetta un reato della stessa indole); nell’inefficacia della sentenza nei giudizi civili e amministrativi, fatta eccezione per la disciplina dell’art. 653 c.p.p. (efficacia della sentenza penale nel giudizio disciplinare).

Va ricordato, inoltre, che le parti possono inserire, nel quadro del loro accordo, la concessione della sospensione della pena; la sospensione può essere apposta come condizione essenziale, dirimente dell’accordo, sicché se il giudice riterrà inaccoglibile tale punto dell’accordo verrà meno la stessa efficacia del patteggiamento (art. 445, co. 3).

La sentenza di patteggiamento è inappellabile (l’appello per il PM. è ammesso solo nel caso in cui la sentenza sia stata emessa nonostante il suo dissenso) e ricorribile in Cassazione (art. 448, comma 2); ex art. 629 c.p.p., può però essere oggetto di richiesta di revisione.

 

L’articolo 12 della proposta di legge introduce un’ipotesi di espulsione a titolo di misura di sicurezza dello straniero condannato per i delitti di natura sessuale di cui agli artt. 586-bis e seguenti del codice penale.

 

Si osserva che, nonostante l’art. 12 si riferisca all’espulsione come “sanzione accessoria”, tale qualificazione sembrerebbe formulato in senso atecnico, essendo questo tipo di espulsione già prevista a titolo di misura di sicurezza sia dall’art. 215 c.p. che dalla legge sull’immigrazione (art. 15, TU 286/1998).

 

L’art. 15 del d.lgs 286/1998[18] stabilisce che, fuori dei casi previsti dal codice penale, il giudice può ordinare l'espulsione dello straniero che sia condannato per taluno dei delitti previsti dagli articoli 380 e 381 del codice di procedura penale (reati in flagranza per i quali è obbligatorio o facoltativo l’arresto), sempre che risulti socialmente pericoloso. Della emissione del provvedimento di custodia cautelare o della definitiva sentenza di condanna ad una pena detentiva nei confronti di uno straniero proveniente da Paesi extracomunitari viene data tempestiva comunicazione al questore e alla competente autorità consolare al fine di avviare la procedura di identificazione dello straniero e consentire, in presenza dei requisiti di legge, l'esecuzione della espulsione subito dopo la cessazione del periodo di custodia cautelare o di detenzione.

 

L’articolo 13 introduce una delle novità di maggior rilievo del provvedimento, ossia la previsione di un possibile trattamento sanitario cui sottoporre i condannati per i reati disciplinati dalla proposta di legge.

Si tratta del trattamento farmacologico di blocco androgenico totaleche il giudice può disporre, previa valutazione della pericolosità sociale, della personalità del soggetto e dei suoi rapporti con la vittima del reato. La misura è inserita nell’ambito di un programma terapeutico di recupero di competenza dell’amministrazione penitenziaria che si avvale di centri convenzionati, pubblici o privati, dotati di specialisti in psichiatria e psicoterapia

La disposizione, in linea generale, affida alla discrezionalità del giudice la verifica dell’opportunità del trattamento; tuttavia ne prescrive l’obbligatorietà nelle ipotesi di recidiva nel reato oppure quando la vittima sia un minore.

 

Si osserva che l’articolo 13, comma 3, della proposta di legge A.C. 666 prevede la facoltà dell’amministrazione penitenziaria di avvalersi di centri convenzionati pubblici e privati ai fini dello svolgimento di un programma di recupero psicoterapeutico nell’ambito del quale attuare anche il trattamento farmacologico di blocco androgenico totale. Al riguardo, appare opportuno verificare gli eventuali effetti finanziari di tale previsione, provvedendo, se del caso, alla quantificazione degli oneri e alla relativa copertura.

 

Il citato trattamento farmacologico, associato ad idoneo periodo di terapia psicoterapica, è inserito dall’articolo 14 della proposta di legge tra le misure di sicurezza non detentive, all’uopo integrando il terzo comma dell’articolo 215 del codice penale.

 

Il vigente art. 215 c.p. prevede le seguenti misure di sicurezza non detentive: la libertà vigilata; il divieto di soggiorno; il divieto di frequentare osterie e pubblici spacci di bevande alcoliche; l’espulsione dello straniero dallo Stato.

 

In relazione ai trattamenti farmacologici di blocco androgenico totale, sembrerebbe opportuno un approfondimento alla luce degli articoli 13, secondo comma, 27, terzo comma, e 32, secondo comma, della Costituzione. Quest’ultimo, in particolare, nel prevedere che nessuno possa essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge, stabilisce che la legge “non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.

La proposta di legge A.C. 688 (Prestigiacomo)

La proposta di legge A.C. 688, composta da tre articoli, reca Nuove disposizioni in materia di contrasto dei reati di violenza sessuale. Come si chiarisce nella relazione illustrativa, la proposta di legge si propone due obiettivi: da un lato, quello di “rafforzare la presenza e il sostegno delle istituzioni in favore delle vittime di reati così efferati” e, dall’altro, quello “di intensificare le misure repressive attualmente previste nei confronti dei colpevoli, escludendo anche per coloro che hanno commesso il delitto di «corruzione di minorenne» (articolo 609-quinquies del codice penale) la possibilità di ricorrere al beneficio processuale dell’applicazione della pena su richiesta (comunemente noto come «patteggiamento»)”.

In particolare, l'articolo 1, comma 1, prevede il gratuito patrocinio in favore delle vittime dei reati legati alla sfera delle violenze sessuali (artt. 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies e 609-octies del codice penale).

Il comma 2 dello stesso articolo conferma il principio in base al quale compete all'autorità giudiziaria la definizione dell'onorario e delle spese spettanti al difensore per i delitti ammessi al patrocinio a carico dello Stato. L’autorità giudiziaria provvede a tale incombenza con decreto di pagamento, osservando la tariffa professionale relativa ad onorari, diritti e indennità, tenuto conto della natura dell’impegno professionale e dell’incidenza degli atti assunti rispetto alla posizione processuale della persona difesa. Il decreto di pagamento è comunicato al beneficiario, alle parti e al pubblico ministero.

Il comma 3 demanda poi al Governo, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, l’adozione, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, di un regolamento di attuazione della disposizione in esame.

 

Si ricorda che ai sensi del primo comma dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400 con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il parere del Consiglio di Stato che deve pronunziarsi entro novanta giorni dalla richiesta, possono essere emanati regolamenti per disciplinare:

a)    l'esecuzione delle leggi e dei decreti legislativi, nonché dei regolamenti comunitari;

b)    l'attuazione e l'integrazione delle leggi e dei decreti legislativi recanti norme di principio, esclusi quelli relativi a materie riservate alla competenza regionale;

c)    le materie in cui manchi la disciplina da parte di leggi o di atti aventi forza di legge, sempre che non si tratti di materie comunque riservate alla legge;

d)    l'organizzazione ed il funzionamento delle amministrazioni pubbliche secondo le disposizioni dettate dalla legge.

 

L'articolo 2 della proposta di legge novella il comma 1-bis dell'articolo 444 del codice di procedura penale, concernente l'istituto dell'applicazione della pena su richiesta delle parti, al fine di aggiungere all'elenco dei reati rispetto ai quali non è consentito il ricorso al citato istituto processuale, anche la fattispecie penale disciplinata dall'articolo 609-quinquies, concernente la corruzione di minorenne.

 

La legge 12 giugno 2003, n. 134, che ha modificato in maniera rilevante l'istituto del patteggiamento, ha introdotto una serie di cause di esclusione, di natura oggettiva e soggettiva, la cui presenza - nel caso di pena detentiva superiore a due anni - preclude l’accesso al possibile accordo tra le parti su una pena ridotta.

Le prime (cause oggettive) escludono dall’accesso al patteggiamento i procedimenti per delitti di particolare allarme sociale. Tra questi, l'attuale formulazione del comma 1-bis dell'articolo 444 c.p.p. prevede espressamente, tra gli altri, i delitti di cui 609-bis (violenza sessuale), 609-ter (circostanze aggravanti), 609-quater (atti sessuali con minorenne), e 609-octies (violenza sessuale di gruppo) del codice penale, non ricomprendendo, quindi, la fattispecie di cui all'articolo 609-quinquies (corruzione di minorenni)

 

L'articolo 3 della proposta di legge reca la copertura finanziaria del provvedimento.

In particolare, il comma 1 di tale articolo prevede che all'onere derivante dall'attuazione delle disposizioni concernenti il patrocinio a carico dello Stato e valutato in 200 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2008, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2008-2010, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2006, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.

La proposta di legge A.C. 817 (Napoli)

La proposta di legge A.C. 817 si compone di soli due articoli e reca modifiche agli articoli 609-bis e 609-ter del codice penale in materia di violenza sessuale.

Come evidenziato nella relazione illustrativa, il citato progetto di legge si propone di ricondurre “la violenza sessuale perpetrata con abuso delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa dalla violenza sessuale nell'ambito delle aggravanti speciali del reato in oggetto mediante il suo inserimento nell'articolo 609-ter del codice penale”.

L’articolo 1 abroga le previsioni di cui al numero 1) del secondo comma dell'articolo 609-bis (Violenza sessuale). La disposizione abrogata stabilisce che soggiace alla pena della reclusione da 5 a 10 anni prevista per il reato base chi induce taluno a compiere o subire atti sessuali abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto.

Secondo la relazione illustrativa, tale intervento si rende necessario al fine di rimediare ad alcune distorsioni applicative della norma, facendo in modo che l'abuso delle condizioni di inferiorità integri una aggravante del reato e non un suo elemento costitutivo.

Conseguentemente, l’articolo 2 integra le previsioni del primo comma dell'articolo 609-ter c.p., prevedendo una specifica aggravante per chi commette il delitto abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto (con un aumento di pena da sei a dodici anni).

La proposta di legge A.C. 924 (Pollastrini e altri)

Il progetto di legge A.C. 924 contiene disposizioni per la prevenzione e la repressione degli atti di discriminazione, degli atti persecutori e delle violenze nei riguardi delle donne, dei disabili e per motivi connessi all'orientamento sessuale, nonché misure per la tutela e il sostegno delle vittime di tali reati.

Come si legge nella relazione illustrativa, la proposta di legge, nel riprendere in parte il progetto di legge (A.C. 2169) presentato dal Governo nella XV legislatura, tiene conto del dibattito che ha portato la Commissione giustizia della Camera alla deliberazione di un testo unificato (A.C. 1249-ter-A) recante misure contro gli atti persecutori e contro la discriminazione e la violenza determinate dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere.

Essa delinea tre livelli integrati di intervento:

§         misure di informazione, sensibilizzazione e prevenzione della violenza alle donne (Capo I).

§         misure per il contrasto della violenza (Capo II)

§         misure per la tutela delle vittime di violenza (Capo III).

Il Capo I (artt. da 1 a 6) introduce diverse misure di informazione, di sensibilizzazione e di prevenzione della violenza.

L'articolo 1 prevede che le autorità pubbliche, ciascuna per le proprie competenze, promuovano campagne di informazione e di sensibilizzazione per prevenire i maltrattamenti, le violenze e gli atti persecutori nonché specifiche iniziative di informazione sulle misure previste dalla legislazione vigente e sui servizi antiviolenza.

L'articolo 2 sancisce il diritto all’assistenza sociale integrata, facendo obbligo ai servizi sociali di garantire le cure, le soluzioni di emergenza e il sostegno necessario alle vittime delle violenze, coordinandosi con le Forze di polizia e i magistrati competenti ad adottare i provvedimenti d’urgenza.

L’articolo 3 inserisce tra le finalità del sistema dell’istruzione e della formazione la valorizzazione della pari dignità sociale di fronte alla legge di ogni persona, senza discriminazioni di alcun genere. La norma novella inoltre l'articolo 284 del testo unico delle disposizioni vigenti in materia di istruzione, di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, al fine di prevedere che tra le iniziative formative rivolte ai docenti sia data priorità a quelle volte ad approfondire le tematiche del rispetto del principio di uguaglianza tra i sessi, costituzionalmente garantito, e della dignità della donna.

L’articolo 4 introduce alcune modifiche al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502[19] di riordino della disciplina in materia sanitaria nonché al Codice delle pari opportunità tra uomo e donna, di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198.

Più in particolare, il comma 1 dell’articolo in esame, interviene a modificare il comma 2 dell’articolo 1 del citato decreto legislativo 502/1992, inserendo un riferimento alla necessità di evitare qualsiasi discriminazione fondata sulla razza, l’etnia, la nazionalità, la religione, l’età, il sesso o l’orientamento sessuale.

 

Il comma 2 dell’articolo 1 del d.lgs. 502/1992 statuisce che il Servizio sanitario nazionale assicura, attraverso le risorse finanziarie pubbliche e in coerenza con i princìpi e gli obiettivi indicati dalla legge 23 dicembre 1978, n. 833, i livelli essenziali e uniformi di assistenza definiti dal Piano sanitario nazionale nel rispetto dei princìpi della dignità della persona umana, del bisogno di salute, dell'equità nell'accesso all'assistenza, della qualità delle cure e della loro appropriatezza riguardo alle specifiche esigenze, nonché dell'economicità nell'impiego delle risorse.

 

I commi 2 e 3 dell’articolo in commento introducono, invece, limitate modifiche al citato Codice delle pari opportunità tra uomo e donna.

Il comma 2 sostituisce la rubrica del Titolo II (Contrasto alla violenza nelle relazioni familiari) del Libro II del citato Codice con una nuova rubrica dal titolo più ampio, comprensiva anche del riferimento al sostegno alle vittime della violenza attraverso misure di tipo sanitario, previdenziale e di comunicazione.

Contestualmente, il comma 3 inserisce, nell’ambito dello stesso Titolo II, il nuovo articolo 24-bis, rubricato Sistema sanitario, relativo alla promozione di programmi di sensibilizzazione e di formazione specifica sui temi della violenza.

Più in particolare, le nuove disposizioni prevedono che il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di concerto con i Ministri per le pari opportunità e dell’istruzione, dell’università e della ricerca e di intesa con la Conferenza permanente Stato-regioni, promuova programmi di sensibilizzazione e formazione del personale sanitario, anche mediante un’integrazione dei programmi di studio dei diplomi universitari e di specializzazione delle professioni socio-sanitarie con contenuti concernenti la prevenzione e la diagnosi precoce della violenza, nonché l’intervento e il sostegno alle vittime di violenze familiari determinate anche da conflitti culturali e intergenerazionali.

L’articolo 5introduce l’articolo 24-ter nel citato Codice delle pari opportunità, in tema di sistema comunicativo e pubblicità discriminatoria. La norma è finalizzata ad assicurare che i mezzi di comunicazione promuovano l’uguaglianza tra uomini e donne e a vietare l’utilizzo vessatorio o discriminatorio, nei messaggi pubblicitari, dell’immagine della donna.

In particolare, la norma prevede che il Ministro per le pari opportunità, anche su denuncia del pubblico, di associazioni e di ogni pubblica amministrazione che vi abbia interesse in relazione ai propri compiti istituzionali, possa chiedere all’Autorità garante della concorrenza e del mercato di inibire la prosecuzione della pubblicità discriminatoria e di rimuovere gli effetti dannosi eventualmente prodottisi, applicando, ove compatibili, le norme dell’articolo 27 del Codice del consumo.

 

La materia della pubblicità e comunicazione commerciale è disciplinata dal Titolo III del decreto legislativo 6 settembre 2005, n.206 (Codice del consumo).

Ai sensi dell’articolo 20 per pubblicità si intende qualunque forma di messaggio che sia diffuso, nell’esercizio di una attività economica, allo scopo di promuovere la vendita o il trasferimento di beni mobili o immobili, oppure la prestazione di opere e servizi. La pubblicità deve essere “palese, veritiera e corretta” (articolo 19) e “chiaramente riconoscibile” come tale (articolo 23).

Per quanto concerne l’articolo 27, esso prevede che l'Autorità possa disporre con provvedimento motivato la sospensione provvisoria delle pratiche commerciali scorrette, in caso di particolare urgenza. In ogni caso, essa comunica l'apertura dell'istruttoria all'operatore pubblicitario e, se il committente non è conosciuto, può richiedere al proprietario del mezzo che ha diffuso il messaggio pubblicitario ogni informazione idonea ad identificarlo. L'Autorità può inoltre richiedere all'operatore pubblicitario, ovvero al proprietario del mezzo che ha diffuso il messaggio pubblicitario, di esibire copia del messaggio pubblicitario ritenuto ingannevole o illecito. L'Autorità può disporre che l'operatore pubblicitario fornisca prove sull'esattezza materiale dei dati di fatto contenuti nella pubblicità se, tenuto conto dei diritti o interessi legittimi dell'operatore pubblicitario e di qualsiasi altra parte nella procedura, tale esigenza risulti giustificata, date le circostanze del caso specifico. Se tale prova è omessa o viene ritenuta insufficiente, i dati di fatto dovranno essere considerati inesatti. Quando il messaggio pubblicitario è stato o deve essere diffuso attraverso la stampa periodica o quotidiana ovvero per via radiofonica o televisiva o altro mezzo di telecomunicazione, l'Autorità, prima di provvedere, richiede il parere dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. L'Autorità provvede con decisione motivata. Se ritiene la pubblicità ingannevole o il messaggio di pubblicità comparativa illecito accoglie il ricorso vietando la pubblicità non ancora portata a conoscenza del pubblico o la continuazione di quella già iniziata. Con la decisione di accoglimento può essere disposta la pubblicazione della pronuncia, anche per estratto, nonché, eventualmente, di un'apposita dichiarazione rettificativa in modo da impedire che la pubblicità ingannevole o il messaggio di pubblicità comparativa ritenuto illecito, continuino a produrre effetti. Con la decisione che accoglie il ricorso l'Autorità dispone inoltre l'applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 euro a 500.000 euro, tenuto conto della gravità e della durata della violazione. In caso di inottemperanza ai provvedimenti d'urgenza e a quelli inibitori o di rimozione degli effetti, l'Autorità applica una sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 euro a 150.000 euro. Nei casi di reiterata inottemperanza l'Autorità può disporre la sospensione dell'attività di impresa per un periodo non superiore a trenta giorni. In caso di inottemperanza alle richieste di fornire le informazioni o la documentazione, l'Autorità applica una sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000 euro a 20.000 euro. Qualora le informazioni o la documentazione fornite non siano veritiere, l'Autorità applica una sanzione amministrativa pecuniaria da 4.000 euro a 40.000 euro. I ricorsi avverso le decisioni adottate dall'Autorità rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Il pagamento delle sanzioni amministrative deve essere effettuato entro trenta giorni dalla notifica del provvedimento dell'Autorità.

 

L’articolo 6inserisce l’articolo 24-quater nel citato Titolo II del Libro II del Codice delle pari opportunità tra uomo e donna.

Le nuove disposizioni prevedono che l’Istat, nell’ambito delle proprie risorse e competenze istituzionali, ai fini della progettazione e realizzazione di politiche di contrasto alla violenza in famiglia e contro le donne nonché ai fini del monitoraggio delle politiche di prevenzione, assicuri lo svolgimento, con cadenza almeno quadriennale, di una rilevazione statistica sulla violenza e sui maltrattamenti, che ne misuri le caratteristiche fondamentali e individui i soggetti più a rischio.

 

Il Capo II (artt. da 7 a 12), rubricato “Misure per il contrasto della violenza” interviene su alcune fattispecie penali.

L’articolo 7 sostituisce l’articolo 572 del codice penale.

 

L’articolo 572, rubricato Maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli, si inserisce all’interno del titolo XI del libro secondo del codice penale, dedicato ai delitti contro la famiglia.

Il primo comma disciplina la fattispecie base del delitto di maltrattamenti, prevedendo espressamente la pena della reclusione da uno a cinque anni per coloro che, fuori dai casi di abuso dei mezzi di correzione (art. 571 c.p.), pongano in essere ripetuti atti di maltrattamento nei confronti dei soggetti a loro legati da vincoli di affetto o di soggezione (nei confronti di una persona della famiglia, o un minore degli anni quattordici, o una persona sottoposta alla sua autoritào a lui affidata per ragione di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l'esercizio di una professione o di un'arte).

Il secondo comma prevede un aggravamento della pena, per i casi in cui, dai maltrattamenti derivi una lesione personale grave o gravissima o la morte del soggetto passivo, così rapportato: reclusione da quattro a otto anni in caso di lesioni gravi; da sette a quindici anni in caso di lesioni gravissime; da dodici a vent'anni in caso di morte.

 

La nuova formulazione della fattispecie penale ricalca sostanzialmente l’attuale disposizione, introducendo le seguenti novità:

§         il delitto è rubricato “Maltrattamenti contro familiari e conviventi”; al primo comma, si specifica che il reato può essere commesso nei confronti di una persona della famiglia o comunque convivente, al fine di recepire un orientamento già affermatosi in giurisprudenza[20].

§         la sanzione prevista per la fattispecie base del delitto è inasprita: dalla reclusione da 1 a 5 anni si passa alla reclusione da 2 a 6 anni (primo comma);

§         la commissione del reato nei confronti di persona minore di 14 anni costituisce una circostanza aggravante, che comporta un aumento di pena (secondo comma);

§         la sanzione prevista per una delle ipotesi aggravate è inasprita: se dal fatto derivano lesioni personali gravi si applica la reclusione da 4 a 9 anni (attualmente reclusione da 4 a 8 anni).

 

L’articolo 8 novella alcuni articoli del codice penale e ne introduce di nuovi.

In particolare, il comma 1 inserisce l’articolo 604-bis, rubricato Ignoranza dell’età della persona offesa. La disposizione prevede che il colpevole di alcuni reati espressamente indicati non possa invocare l’ignoranza dell’età della persona offesa, quando la stessa sia minore di anni quattordici. Le fattispecie di reato richiamate sono le seguenti:

§         art. 600, Riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù;

§         art. 600-bis, Prostituzione minorile;

§         art. 600-ter, Pornografia minorile;

§         art. 601, Tratta di persone;

§         art. 602, Acquisto e alienazione di schiavi.

 

Sarebbe opportuno assicurare un più stretto coordinamento della nuova disposizione con le previsioni di cui agli articoli 600, 601 e 602 c.p., che prevedono un aumento di pena da un terzo alla metà se la persona offesa è minore degli anni diciotto (e non solo se è minore degli anni quattordici).

 

Il comma 2 interviene sull’art. 609-bis del codice penale relativo al delitto di violenza sessuale per sostituirne il comma 3. La riformulazione proposta conferma la previsione attuale in forza della quale è stabilita la diminuzione della pena in misura non eccedente i due terzi per i casi di minore gravità; si precisa però che ai fini della concedibilità dell'attenuante il giudice deve valutare:

§         intensità del dolo;

§         materialità del fatto;

§         modalità della condotta criminosa;

§         danno arrecato alla parte offesa;

§         condizioni psicofisiche della vittima.

 

In relazione alla formulazione di questo comma, al fine di evitare eventuali dubbi interpretativi andrebbe valutata l'opportunità di meglio definire il riferimento alla "materialità del fatto".

 

I commi da 3a 5 intervengono sull’art. 609-ter, relativo alle circostanze aggravanti del delitto di violenza sessuale; in particolare:

il comma 3 specifica che la circostanza aggravante del delitto di violenza sessuale ricorre non solo se i fatti sono commessi con l'uso di sostanze alcoliche, narcotiche o stupefacenti, ma anche quando si tratta di sostanze comunque idonee a ridurre la capacità di determinarsi della persona offesa;

il comma 4 elimina dall’aggravante di cui al n. 5) – violenza sessuale commessa nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni 16 della quale il colpevole sia l'ascendente, il genitore anche adottivo, il tutore – il riferimento agli anni 16;

il comma 5 aggiunge tre ulteriori circostanze aggravanti. In particolare, il n. 5-bis prevede che il delitto di violenza sessuale è aggravato quando la violenza è commessa in danno del coniuge, del convivente o anche della persona che – a prescindere dalla convivenza – sia legata da una stabile relazione affettiva con l’autore del reato. Il n. 5-ter sancisce un aggravio di pena quando il reato sia commesso in danno di minorenne e il colpevole sia persona cui, per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia, il minore è affidato o che abbia, con quest'ultimo, una relazione di convivenza. Il n. 5-quater contempla un’aggravante quando il fatto sia commesso in danno di una donna in stato di gravidanza.

Il comma 6 sostituisce il comma 4 dell’art. 609-quater (Atti sessuali con minorenne), prevedendo – analogamente a quanto disposto dal comma 2 in relazione al delitto di violenza sessuale – la diminuzione della pena in misura non eccedente i due terzi per i casi di minore gravità e precisando che, ai fini della concedibilità dell'attenuante, il giudice deve valutare l’intensità del dolo, la materialità del fatto, le modalità della condotta criminosa, il danno arrecato alla parte offesa e le condizioni psicofisiche della vittima.

Il comma 7 integra il secondo comma dell’articolo 609-septies, relativo alla perseguibilità a querela di parte di alcuni delitti di violenza sessuale, prescrivendo che, ove il reato sia commesso in danno di un minore, la querela può essere proposta fino a sei mesi dopo il compimento della maggiore età.

Il comma 8, infine, inserisce nel codice penale l’articolo 609-undecies, chechiarisce le modalità di computo delle circostanze. In particolare, si prevede che quando ricorrono le circostanze aggravanti di cui agli articoli 609-ter, 609-quater, quinto comma, e 609-octies, terzo comma, le concorrenti circostanze attenuanti, diverse da quelle previste dagli articoli 62, n. 6, 98 e 114, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto alle predette aggravanti e le diminuzioni di pena si operano sulla pena risultante dall'aumento conseguente alle medesime aggravanti.

 

Le circostanze aggravanti richiamate dal comma in esame sono le seguenti:

§       art. 609-ter (come modificato dalla proposta di legge): violenza sessuale su minore di anni 10; su minore di anni 14; su minore di anni 16 della quale il colpevole sia l'ascendente, il genitore anche adottivo, il tutore; violenza sessuale commessa con uso di armi o di sostanze gravemente lesive della salute della persona offesa o idonee a ridurre la capacità di determinarsi della persona offesa; violenza sessuale commessa da persona travisata o da persona che simuli la qualità di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio; violenza sessuale su persona sottoposta a limitazioni della libertà personale;

§       art. 609-quater, comma 5: atti sessuali con minore di anni 10;

§       art. 609-octies, comma 3: violenza sessuale di gruppo aggravata.

Si ricorda, inoltre, che l’articolo 62, primo comma, n. 6, c.p. individua come attenuante: l'avere, prima del giudizio, riparato interamente il danno, mediante il risarcimento di esso, e, quando sia possibile, mediante le restituzioni o l'essersi, prima del giudizio, adoperato spontaneamente ed efficacemente per elidere o attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato.

L’articolo 98 c.p. prevede, infine, un’attenuante per la minore età del colpevole, mentre l’art. 114 c.p. prevede che il giudice possa diminuire la pena: a) se ritiene che l'opera prestata da talune delle persone che sono concorse nel reato abbia avuto minima importanza nella preparazione o nell'esecuzione del reato stesso; b) per chi è stato determinato a commettere il reato o a cooperare nel reato da qualcuno che esercitava nei suoi confronti un’autorità o una vigilanza; c) per la persona in stato di infermità o deficienza psichica; d) per chi è stato determinato a commettere il reato o a cooperare nel reato da un genitore.

 

L’articolo 9inserisce nel codice penale l’articolo 612-bis, rubricato Atti persecutori. Integra tale fattispecie delittuosa la condotta di chiunque, ripetutamente, molesti o minacci un'altra persona, in modo da turbare le sue normali condizioni di vita ovvero da porla in uno stato di soggezione o di grave disagio fisico o psichico, ovvero da determinare un giustificato timore per la sua sicurezza personale o per la sicurezza di un’altra persona ad essa legata da un legame affettivo stabile.

La sanzione è la reclusione da sei mesi a quattro anni.

Per il delitto è prevista la procedibilità a querela della persona offesa (primo comma).

Ai sensi del secondo comma, la pena è aumentata se il fatto è commesso nei confronti del coniuge divorziato, del coniuge separato anche non legalmente o nei confronti di persona che sia o sia stata legata al soggetto da stabile relazione affettiva, anche senza convivenza.

Ai sensi del terzo comma (che richiama l’art. 339 c.p.), il delitto di atti persecutori è aggravato – e si procede d’ufficio – se il reato è commesso in danno di un minore o se la minaccia è attuata con una delle seguenti modalità:

§         con armi;

§         da persona travisata;

§         da più persone riunite;

§         con scritto anonimo;

§         in modo simbolico;

§         valendosi della forza intimidatrice derivante da segrete associazioni, esistenti o supposte.

Il quarto comma, infine, statuisce che si procede d’ufficio anche quando il fatto è commesso con minacce gravi ovvero nei casi in cui il fatto è connesso con altro delitto per il quale è prevista la procedibilità d'ufficio.

L’articolo 10 novella alcune disposizioni del codice penale.

In particolare, con la lettera a) si modifica il sesto comma dell’art. 157 c.p., relativo al termine di prescrizione del reato, così da prevedere, per una serie di ulteriori delitti, il raddoppio dei termini ordinari. Ai delitti già attualmente previsti – l’art. 157 richiama gli articoli 449 (Delitti colposi di danno); 589, commi secondo e terzo (Omicidio colposo commesso in violazione di norme sulla circolazione stradale; omicidio colposo plurimo) e tutti i reati di cui all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale – vanno ora aggiunti i seguenti:

§         art. 572 (Maltrattamenti contro familiari e conviventi);

§         art. 600-bis (Prostituzione minorile);

§         art. 600-ter (Pornografia minorile);

§         art. 609-bis (Violenza sessuale) aggravato dalle circostanze di cui all'articolo 609-ter, primo comma, numeri 1), 5) e 5-bis);

§         art. 609-quater (Atti sessuali con minorenne);

§         art. 609-octies (Violenza sessuale di gruppo).

§         La lettera b) interviene sull’art. 384 c.p. (Casi di non punibilità), sostituendo il comma 1.

 

Il comma 1 dell’art. 384 prevede, in riferimento ad alcuni delitti, un’esclusione della punibilità per colui che abbia commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé medesimo o un prossimo congiunto da un grave e inevitabile nocumento nella libertà o nell'onore.

 

Rispetto alla formulazione attuale, il progetto di legge prevede la non punibilità anche quando il delitto sia stato commesso per la necessità di salvare una persona con cui, pur senza esserne coniuge, l’autore del fatto conviva[21].

Con la lettera c) è sostituito il n. 5 del primo comma dell’art. 576 c.p., che attualmente prevede per il reato di omicidio una specifica aggravante quando esso avvenga nell’atto di commettere delitti di violenza sessuale.

La disposizione riformulata prevede l’aggravante di omicidio in relazione ai delitti di cui agli articoli 609-bis (Violenza sessuale), 609-quater (Atti sessuali con minorenne) e 609-octies (Violenza sessuale di gruppo) e 612-bis (Atti persecutori).

La lettera d) - a fini sistematici - provvede ad eliminare dal codice penale il riferimento all’art. 609-ter (forme aggravate del reato di violenza sessuale) come fattispecie autonoma di reato. La soppressione riguarda gli artt. 604 (Fatto commesso all’estero), 609-sexies (Ignoranza dell’età della persona offesa), 609-septies (Querela di parte), 609-nonies (Pene accessorie ed altri effetti penali), 609-decies (Comunicazione al tribunale dei minori) e 734-bis (Divulgazione delle generalità o dell’immagine di persona offesa da atti di violenza sessuale).

L’articolo 11 interviene su alcune disposizioni contenute nella legge 13 ottobre 1975, n. 654[22] e nel decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122[23],integrandone il contenuto sanzionatorio con il riferimento anche alle forme di discriminazione basate sull’orientamento sessuale e l’identità di genere.

E’ così modificato l’art. 3 della legge 654/1975 (comma 1), sanzionando con la reclusione fino ad un anno e sei mesi o con la multa fino a 6000 euro la propaganda di idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, nonché l’istigazione a commettere atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali, religiosi o fondati su opinioni politiche, sulle condizioni personali o sociali, sulla disabilità ovvero sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere. Inoltre, si vieta ogni organizzazione, associazione, movimento o gruppo avente tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi religiosi o fondati sull’orientamento sessuale e l’identità di genere.

I commi 2 e 3 dell’articolo in esame integrano poi, con identiche finalità, sia la rubrica dell’art. 1 che il testo dell’art. 3, comma 1, della citata legge 122/1993. L’aumento della pena fino alla metà già previsto per i reati punibili con pena diversa da quella dell'ergastolo, commessi per finalità di discriminazione o di odio etnico, nazionale, razziale o religioso, ovvero al fine di agevolare l'attività di organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi che hanno tra i loro scopi le medesime finalità, è esteso anche ai reati motivati da opinione politiche, condizioni personali o sociali, disabilità, orientamento sessuale o identità di genere.

Il comma 4 dell’articolo in esame, esclude, infine, la procedibilità d’ufficio per i delitti di violenza sessuale aggravati dalla circostanza di cui all'articolo 6, comma 1, del D.L. 122/1993. L’intervento appare volto a garantire il principio della perseguibilità a querela di parte di cui all'articolo 609-septies del codice penale.

Infine, il comma 5 sostituisce, ampliandolo, il titolo del decreto-legge n. 122 del 1993 nel seguente modo: «Misure urgenti in materia di discriminazione, odio o violenza per motivi sociali, etnici, nazionali, religiosi o fondati su altre motivazioni».

L’articolo 12 modifica l'articolo 36 della legge 5 febbraio 1992, n. 104. Quest’ultima norma prevede per alcuni reati, tra cui i delitti non colposi contro la persona di cui al titolo XII del libro II del codice penale, l’aumento di pena da un terzo alla metà qualora l'offeso sia una persona con handicap.

Tale aggravante viene ora estesa ai delitti contro la famiglia di cui al Titolo XI dello stesso libro secondo.

Inoltre, la riformulazione consente per i procedimenti penali di cui sopra la costituzione di parte civile, oltre che del difensore civico e dell'associazione alla quale risulti iscritta la persona con handicap o un suo familiare, anche delle associazioni ed enti individuati ai sensi dell'articolo 4 della legge 1o marzo 2006, n. 67[24], che hanno prestato assistenza alla vittima. Si tratta delle associazioni e degli enti individuati con decreto del Ministro per le pari opportunità, sulla base della finalità statutaria e della stabilità dell’organizzazione.

 

Il Capo III (artt. da 13 a 18) reca una pluralità di misure per la tutela delle vittime di violenza.

L’articolo 13 garantisce alle persone vittime di maltrattamenti, di violenza e di atti persecutori il diritto alla riduzione e alla riorganizzazione dell'orario di lavoro, alla mobilità geografica e alla sospensione dell'attività lavorativa con conservazione del posto di lavoro (comma 1).

Il comma 2 delega il Governo ad adottare, entro 12 mesi dall’entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi recanti norme per la tutela dei diritti lavorativi delle persone vittime di maltrattamenti, di violenza e di atti persecutori.

L’articolo 14introduce una lunga serie di modifiche a disposizioni del codice processuale penale aventi, in parte, natura di coordinamento con le novelle al codice penale.

La lettera a) modifica l’articolo 90 c.p.p., prevedendo che qualora la persona offesa sia deceduta in conseguenza del reato, le facoltà e i diritti previsti dalla legge possano essere esercitati, oltre che dai prossimi congiunti (come attualmente previsto), anche da chi conviveva con la vittima senza esserne coniuge.

La lettera b), intervenendo sull’art. 266 c.p.p, integra l’elenco dei reati (comma 1, lett. f)) per i quali è consentito l’uso delle intercettazioni, inserendovi il reato di atti persecutori.

 

L’art. 266 c.p.p. consente l’uso delle intercettazioni nei seguenti casi:

a) delitti non colposi per i quali è prevista la pena dell'ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a cinque anni; b) delitti contro la pubblica amministrazione per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni; c) delitti concernenti sostanze stupefacenti o psicotrope; d) delitti concernenti le armi e le sostanze esplosive; e) delitti di contrabbando; f) reati di ingiuria, minaccia, usura, abusiva attività finanziaria, abuso di informazioni privilegiate, manipolazione del mercato, molestia o disturbo alle persone col mezzo del telefono; f-bis) delitti previsti dall'articolo 600-ter, terzo comma, del codice penale (divulgazione, distribuzione con qualsiasi mezzo di materiale pornografico minorile) anche se relativi alle immagini pornografiche virtuali di cui all'articolo 600-quater.1 (Pornografia virtuale) del medesimo codice.

 

La lettera c)aggiunge il comma 6-bis all’art. 282-bis c.p.p., relativo alla misura coercitiva dell’allontanamento dalla casa familiare, al fine di prevedere che i relativi provvedimenti adottati dal giudice siano comunicati all'autorità di pubblica sicurezza competente, per l'eventuale adozione dei provvedimenti in materia di armi e munizioni, e ai servizi socio-assistenziali del territorio.

 

La legge 4 aprile 2001, n. 154 (Misure contro la violenza nelle relazioni familiari) ha introdotto un sistema di tutela contro il fenomeno della violenza domestica basato sull’impiego di strumenti penalistici e civilistici. In sede penale, la legge 154/2001 ha previsto la citata misura cautelare dell’allontanamento dalla casa familiare (art. 282-bis c.p.p.), mentre, in sede civile, sono stati introdotti nel codice gli articoli 342-bis (Ordini di protezione contro gli abusi familiari) e 342-ter (Contenuto degli ordini di protezione) per ottenere la tutela della vittima anche quando sussista soltanto un’accertata situazione di tensione e non necessariamente un reato. L’art. 282-bis c.p.p. stabilisce che il giudice, con il provvedimento che dispone l'allontanamento, prescrive all'imputato di lasciare immediatamente la casa familiare, ovvero di non farvi rientro, e di non accedervi senza l'autorizzazione del giudice che procede; l'eventuale autorizzazione può prescrivere determinate modalità di visita (comma 1). Il giudice, in presenza di esigenze di tutela dell'incolumità della persona offesa o dei suoi prossimi congiunti, può inoltre prescrivere all'imputato il divieto di avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati dalla persona offesa, in particolare il luogo di lavoro, il domicilio della famiglia di origine o dei prossimi congiunti, salvo che la frequentazione sia necessaria per motivi di lavoro; in tale ultimo caso il giudice prescrive le relative modalità e può imporre limitazioni (comma 2).

 

La lettera d) introduce l’articolo 282-ter c.p.p., recante un’ulteriore misura coercitiva che dovrebbe aggiungersi a quella prevista dall’art. 282-bis, comma 2, c.p.p., ovvero il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa.

Tale misura, la cui adozione da parte del giudice è prevista attualmente solo in via eventuale dall’art. 282-bis, comma 2, sarebbe, invece, ora sempre disposta a seguito dell’emissione del decreto che dispone il divieto di avvicinamento.

A fronte di specifiche esigenze, il giudice può, poi, estendere detta tutela anche ai prossimi congiunti, inclusi i conviventi.

Quando la frequentazione dei citati luoghi è necessaria per motivi di lavoro, il giudice può definire specifiche modalità e limitazioni. Il provvedimento che vieta di comunicare con determinate persone può imporre all’imputato limiti e divieti alla facoltà di comunicare con il telefono o con altri strumenti, anche telematici.

Anche dall’adozione di tali misure discendono, infine, gli obblighi di comunicazione all’autorità di pubblica sicurezza e ai servizi socio-assistenziali, già previsti per l’allontanamento dalla casa familiare.

La lettera e) stabilisce che il difensore dell’imputato e della persona offesa dal reato ricevano avviso del deposito delle ordinanze che dispongono misure cautelari nella cancelleria del giudice che le ha emesse.

La lettera f) integra il contenuto dell’art. 380 c.p.p. (comma 1, nuova lett. d-bis), aggiungendo ai reati per i quali è obbligatorio l’arresto in flagranza la violenza sessuale e gli atti sessuali con minorenne, qualora ricorrano ipotesi aggravate, nonché la violenza sessuale di gruppo.

La lettera g) inserisce nel codice di procedura penale l’articolo 384-bis, concernente il divieto provvisorio di avvicinamento.

La norma prevede che, anche fuori dei casi di flagranza, quando sussistono specifici elementi che fanno ritenere imminente un pericolo per l'incolumità della persona offesa, il pubblico ministero dispone con decreto motivato l'applicazione provvisoria delle prescrizioni previste dal nuovo articolo 282-ter nei confronti della persona gravemente indiziata del delitto di atti persecutori. Entro 48 ore dall'emissione del provvedimento, il pubblico ministero richiede la convalida al giudice competente in relazione al luogo di esecuzione. Il giudice, entro i 5 giorni successivi, fissa l'udienza di convalida dandone avviso, senza ritardo, al pubblico ministero, all'indiziato e al difensore. Il giudice provvede alla convalida con ordinanza ricorribile per cassazione ovvero dispone, sempre con ordinanza, la revoca del provvedimento. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli articoli 390 (Richiesta di convalida dell'arresto o del fermo), commi 3 e 3-bis, e 391 (Udienza di convalida).

La letterah) propone una nuova formulazione del comma 1-bis dell’art. 392 c.p.p., al fine di ampliare i casi in cui durante le indagini preliminari, il pubblico ministero o l’indagato possono chiedere di procedere con incidente probatorio all’assunzione di testimonianza.

 

L’art. 392 c.p.p. prevede che durante le indagini il PM o l’indagato possano chiedere al giudice di procedere con incidente probatorio: a) all'assunzione della testimonianza di una persona, quando vi è fondato motivo di ritenere che la stessa non potrà essere esaminata nel dibattimento per infermità o altro grave impedimento; b) all'assunzione di una testimonianza quando, per elementi concreti e specifici, vi è fondato motivo di ritenere che la persona sia esposta a violenza, minaccia, offerta o promessa di denaro o di altra utilità affinché non deponga o deponga il falso; c) all'esame della persona sottoposta alle indagini su fatti concernenti la responsabilità di altri; d) all'esame delle persone indicate nell'articolo 210 (imputati in procedimento connesso); e) al confronto tra persone che in altro incidente probatorio o al pubblico ministero hanno reso dichiarazioni discordanti, quando ricorre una delle circostanze previste dalle lettere a) e b); f) a una perizia o a un esperimento giudiziale, se la prova riguarda una persona, una cosa o un luogo il cui stato è soggetto a modificazione non evitabile; g) a una ricognizione, quando particolari ragioni di urgenza non consentono di rinviare l'atto al dibattimento.

Il successivo comma 1-bisdell’art. 392 stabilisce attualmente la possibilità di procedere con incidente probatorio per la testimonianza di minori di 16 anni – fuori dei casi ordinari di cui al comma 1 - nei procedimenti per i delitti di cui agli articoli 600 (riduzione-mantenimento in schiavitù e servitù), 600-bis (prostituzione minorile), 600-ter (pornografia minorile), anche se relativa al materiale pornografico di cui all'articolo 600-quater.1 (pornografia virtuale), 600-quinquies (turismo sessuale), 601 (tratta di persone), 602 (acquisto e alienazione di schiavi), 609-bis e 609-ter (violenza sessuale semplice e aggravata), 609-quater (atti sessuali con minore), 609-quinquies (corruzione di minorenne) e 609-octies (violenza sessuale di gruppo) del codice penale.

 

Il nuovo comma 1-bis prevede l’assunzione della possibile testimonianza con incidente probatorio:

a) della persona minorenne (quindi, anche minore ultrasedicenne) ovvero della persona offesa maggiorenne anche fuori delle ipotesi ordinarie di cui al comma 1 dell’art. 392;

b) per i reati di maltrattamento in famiglia o verso i fanciulli (art. 572 c.p.), per i reati di cui al nuovo art. 609-undecies c.p. e per gli atti persecutori (nuovo art. 612-bis c.p.); viene, invece espunta dall’elenco dei reati la violenza sessuale aggravata (art. 609-ter).

La lettera i) riformula il comma 2-bis dell’art. 393 c.p.p., che nel testo vigente prevede l’obbligo per il PM di depositare, con la richiesta di incidente probatorio avanzata ai sensi dell’illustrato comma 1-bis dell’art. 392, tutti gli atti di indagine compiuti in relazione ai reati di natura sessuale.

La nuova formulazione prescrive che il pubblico ministero indichi le ragioni di tutela ai fini del provvedimento che dispone l’incidente probatorio di cui all’articolo 398, comma 5-bis.

La lettera l) integra i commi 1 e 2 dell’articolo 396 c.p.p.

 

Il testo vigente del citato comma 1 dell’articolo 396 c.p.p. prevede che entro due giorni dalla notificazione della richiesta di incidente probatorio, il pubblico ministero ovvero la persona sottoposta alle indagini può presentare deduzioni sull'ammissibilità e sulla fondatezza della richiesta, depositare cose, produrre documenti nonché indicare altri fatti che debbano costituire oggetto della prova e altre persone interessate.

Il comma 2 prescrive che copia delle deduzioni è consegnata dalla persona sottoposta alle indagini alla segreteria del pubblico ministero, che comunica senza ritardo al giudice le indicazioni necessarie per gli avvisi. La persona sottoposta alle indagini può prendere visione ed estrarre copia delle deduzioni da altri presentate.

 

A seguito della riformulazione, le deduzioni possono essere presentate anche dalla persona offesa dal reato e riguardare altresì le modalità di assunzione del provvedimento di cui all’articolo 398, comma 5-bis (v. infra). Inoltre, la persona può prendere visione o estrarre copia delle deduzioni da altri presentate.

La lettera m) novella il comma 5-bis dell’art. 398 c.p.p., relativo all’opportunità di procedere con particolari cautele all’incidente probatorio.

 

Il citato art. 398, comma 5-bis, c.p.p. prevede che il giudice, nel caso di indagini che riguardino ipotesi di reato previste dagli articoli 600 (riduzione e mantenimento in schiavitù o servitù), 600-bis (prostituzione minorile), 600-ter (pornografia minorile), anche se relativo al materiale pornografico cd. virtuale di cui all'articolo 600-quater.1, 600-quinquies (turismo sessuale), 601 (tratta di persone), 602 (acquisto e vendita di schiavi), 609-bis e 609-ter (violenza sessuale semplice e aggravata), 609-quater (atti sessuali con minorenne) e 609-octies (violenza sessuale di gruppo) del codice penale, ove fra le persone interessate all'assunzione della prova vi siano minori di anni sedici, con l'ordinanza che accoglie la richiesta d’incidente probatorio, stabilisce il luogo, il tempo e le modalità particolari attraverso cui procedere all'incidente probatorio quando le esigenze del minore lo rendono necessario od opportuno. A tal fine l'udienza può svolgersi anche in luogo diverso dal tribunale, avvalendosi il giudice, ove esistano, di strutture specializzate di assistenza o, in mancanza, presso l'abitazione dello stesso minore. Le dichiarazioni testimoniali debbono essere documentate integralmente con mezzi di riproduzione fonografica o audiovisiva. Quando si verifica una indisponibilità di strumenti di riproduzione o di personale tecnico, si provvede con le forme della perizia, ovvero della consulenza tecnica. Dell'interrogatorio è anche redatto verbale in forma riassuntiva. La trascrizione della riproduzione è disposta solo se richiesta dalle parti.

 

In sintesi, la nuova norma estende la possibilità per il giudice di ricorrere a tali modalitàprotettedi incidente probatorio sia in relazione a nuove tipologie di reato sia in relazione alle persone interessate all'assunzione della prova.

Al riguardo, anche in relazione a quanto disposto dalla sentenza n. 63 del 2005 della Corte costituzionale, il comma in esame prevede il ricorso all'utilizzo delle "modalità protette" di cui al comma 5-bis dell'articolo 398, anche nel caso in cui la persona offesa sia maggiorenne; dal punto di vista oggettivo, all’elenco dei reati sono aggiunti il maltrattamento in famiglia o verso i fanciulli, la corruzione di minorenne e il reato di atti persecutori.

 

Si ricorda che la sentenza n. 63/2005 della Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 398, comma 5-bis, del codice di procedura penale nella parte in cui non prevede che il giudice possa provvedere nei modi ivi previsti all’assunzione della prova, ove fra le persone interessate vi sia un maggiorenne infermo di mente, quando le esigenze di questi lo rendano necessario od opportuno. Analogamente, è stato dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 498, comma 4-ter, c.p.p. nella parte in cui non prevede che l’esame del maggiorenne infermo di mente vittima del reato sia effettuato, su richiesta sua o del suo difensore, mediante l’uso di un vetro specchio unitamente ad un impianto citofonico.

 

La lettera n) – aggiungendo il comma 3-bis all’art. 444 c.p.p. (Applicazione della pena su richiesta) – statuisce che il giudice, anche su richiesta del pubblico ministero o della persona offesa, può subordinare, ove possibile, la concessione della sospensione condizionale della pena all'eliminazione ovvero al risarcimento del danno.

La lettera o) introduce il comma 1-bis nell’articolo 454 c.p.p., relativo alla presentazione della richiesta di giudizio immediato da parte del pubblico ministero. Il nuovo comma stabilisce che nei procedimenti per i delitti di cui agli articoli 572, 609-bis, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies e 612-bis del codice penale, il termine per la presentazione della richiesta di giudizio immediato è di 120 giorni.

La lettera p) - novellando il comma 4-ter dell’art. 498 c.p.p. – assicura il coordinamento normativo con le modifiche introdotte all’art. 398 c.p.p..

La lettera q) persegue, infine, identiche finalità di coordinamento con le modifiche in precedenza introdotte. E’, infatti, eliminato dagli artt. 190-bis (Requisiti della prova in casi particolari), 282-bis (Allontanamento dalla casa familiare), 398 (Provvedimenti sulla richiesta di incidente probatorio), 444 (Applicazione della pena su richiesta), 472 (Casi in cui si procede a porte chiuse) e 498 (Esame diretto e controesame dei testimoni) del codice processuale penale il riferimento all’art. 609-ter c.p. (Violenza sessuale aggravata) come autonoma ipotesi di reato.

L’articolo 15ammette l’intervento in giudizio, ai sensi dell’art. 91 del c.p.p., di soggetti pubblici e privati che abbiano in qualche modo assistito la persona offesa dal reato.

 

L’art. 91 c.p.p. e ss. prevedono che gli enti e le associazioni senza scopo di lucro ai quali, anteriormente alla commissione del fatto per cui si procede, sono state riconosciute, in forza di legge, finalità di tutela degli interessi lesi dal reato, possono esercitare, in ogni stato e grado del procedimento, i diritti e le facoltà attribuiti alla persona offesa dal reato. Sono, quindi, soggetti accessori ed eventuali ma non parte del processo e l’esercizio dei poteri d’impulso probatori e processuali (in posizione comunque subordinata alla persona offesa) è condizionato dal consenso di quest’ultima Tale consenso – comunque sempre revocabile - deve risultare da atto pubblico o scrittura privata autenticata e può essere prestato a non più di uno degli enti o delle associazioni (art. 92 c.p.p.). L’atto d’intervento, il cui contenuto è specificato dall’art. 93, è soggetto allo sbarramento temporale preclusivo costituito dall’apertura del dibattimento di cui all’art. 484 (art. 94 c.p.p.). L’intervento in giudizio degli enti prelude ad una fase di controllo della sua ammissibilità con una diversa procedura se l’intervento è avvenuto in udienza o fuori da essa. Le parti possono ovviamente opporsi all’intervento e sarà il giudice a provvedere con ordinanza, fermo restando che lo stesso giudice può in ogni stato e grado del processo escludere l’ente quando verifichi l’insussistenza dei requisiti richiesti (art. 95 c.p.p.).

 

La disposizione ammette l’intervento in giudizio dell’ente locale e del centro antiviolenza che presta assistenza alla parte offesa nei procedimenti penali per maltrattamenti in famiglia (art. 572 c.p.), violenza sessuale (art. 609-bis c.p.), atti sessuali con minore (art. 609-quater), violenza sessuale di gruppo (art. 609-octies) e atti persecutori (nuovo art. 612-bis c.p.p).

Analogo intervento è consentito all’ente locale o al soggetto privato che, nell’ambito di specifici programmi di assistenza e integrazione sociale previsti dalla legge, abbia assistito la persona offesa nei procedimenti per i delitti connessi allo sfruttamento della prostituzione (art. 3, L. 75/1958) e nei delitti di riduzione in schiavitù, prostituzione minorile, pornografia minorile e turismo sessuale (art. 380, comma 2, lett. d), c.p.p.).

L’articolo 16 modifica i commi terzo e quarto dell’art. 342-ter del codice civile in materia di ordini di protezione contro gli abusi familiari.

 

Come già ricordato, la legge 154/2001 ha introdotto misure sia di natura penale che civile volte a prevenire violenze e maltrattamenti in ambito familiare. Mentre in sede penale, la legge ha previsto la citata misura cautelare dell’allontanamento dalla casa familiare (art. 282-bis c.p.c.), in sede civile, sono stati introdotti nel codice gli articoli 342-bis (Ordini di protezione contro gli abusi familiari) e 342-ter (Contenuto degli ordini di protezione) per ottenere una forma di tutela della vittima anche in assenza di un vero e proprio reato. Diversamente dalla misura penalistica, le cui condizioni di applicabilità sono fissate in via generale per tutte le misure cautelari, il presupposto positivo che legittima l’adozione dell’ordine in sede civile consiste nel “grave pregiudizio all’integrità fisica e morale ovvero alla libertà dell’altro coniuge o convivente”.

L'ordine di protezione è un provvedimento d’urgenza che il giudice adotta con decreto su istanza di parte, per una durata massima di 6 mesi prorogabili in presenza di gravi motivi, con il quale sono ordinati la cessazione della condotta pregiudizievole e l'allontanamento dalla casa familiare con eventuale ordine di non avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dall’istante; sono altresì dettate le specifiche modalità di adempimento ed è eventualmente disposto l'intervento dei servizi sociali o di un centro di mediazione familiare nonché il pagamento periodico di un assegno (art. 342-ter c.c.). Con il medesimo decreto, il giudice determina le modalità attuative della misura; in caso di difficoltà o di contestazioni può provvedere all’emanazione dei provvedimenti più opportuni per l’attuazione, compreso l’utilizzo della forza pubblica e dell’ufficiale sanitario (comma 4).

Chiunque violi l’ordine di protezione (ma anche analoghi provvedimenti assunti nei procedimenti di separazione e di divorzio) è punito, ai sensi dell’art. 388 c.p., con la reclusione fino a 3 anni o con la multa da 103 a 1.032 euro.

 

Al terzo comma del citato articolo 342-ter c.c. si estende la durata dell’ordine di protezione, precisando che essa non può essere superiore a 12 mesi (in luogo degli attuali 6).

Le nuove norme sostituiscono poi il quarto comma dell’articolo 342-ter c.c. con ulteriori due commi, prevedendo l’immediato ricorso alla forza pubblica per rendere esecutivo l’allontanamento dalla casa familiare del maltrattante che non adempia volontariamente. Inoltre, a seguito della comunicazione dell’ordine di protezione, l’autorità di pubblica sicurezza ha la facoltà di valutare eventuali provvedimenti limitativi del possesso di armi e munizioni; analoga comunicazione è fatta ai servizi sociali territoriali.

L’articolo 17 modifica l’articolo 18 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286[25], relativo al soggiorno per motivi di protezione sociale, introducendo i commi 2-bis e 2-ter.

Il comma 2-bis disciplina l’ipotesi in cui, nel corso di operazioni di polizia, di indagine o di un procedimento per taluno dei delitti previsti dagli articoli 572 (Maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli), 583 (Circostanze aggravanti) delle lesioni personali e 583-bis (Pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili) del codice penale o per uno dei delitti previsti dall'articolo 380 del codice di procedura penale (Arresto obbligatorio in flagranza), siano accertate situazioni di violenza in ambito familiare nei confronti di uno straniero o apolide ed emerga un concreto e attuale pericolo per la sua incolumità, come conseguenza della scelta di sottrarsi alla violenza familiare o per effetto delle dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari o del giudizio. In tali casi, il questore, anche su proposta del procuratore della Repubblica, o con il parere favorevole della stessa autorità, rilascia uno speciale permesso di soggiorno per consentire alla vittima di sottrarsi alla violenza familiare e di partecipare a un programma di assistenza e integrazione sociale.

Il nuovo comma 2-ter specifica che, con la proposta o il parere di cui al comma 2-bis, sono comunicati al questore gli elementi da cui risulta la sussistenza delle condizioni ivi indicate, con particolare riferimento alla gravità e attualità del pericolo di vita. Ove necessario, nel superiore interesse del minore, previo parere del pubblico ministero presso il tribunale per i minorenni, il permesso di soggiorno è esteso ai figli minori dello straniero vittima della violenza familiare.

L’articolo 18 prescrive che, entro il mese di febbraio di ogni anno, il Ministro per le pari opportunità, avvalendosi dell'Osservatorio nazionale contro la violenza sessuale e di genere istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per le pari opportunità[26] presenti al Parlamento una relazione sull'attività di coordinamento e di attuazione delle azioni contro le molestie gravi e la violenza alle donne nonché contro le discriminazioni operate per motivi connessi all'orientamento sessuale o all'identità in genere.

Ai fini della predisposizione della relazione, le regioni e le amministrazioni centrali sono tenute a fornire le informazioni necessarie al Ministro per le pari opportunità entro il mese di gennaio di ciascun anno.


Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE
(a cura dell'ufficio rapporti con l'unione europea)

Con decisione n. 779 del 20 giugno 2007 è stato istituito il programma specifico per prevenire e combattere la violenza contro i bambini, i giovani e le donne e per proteggere le vittime e i gruppi a rischio (programma Daphne III), nell’ambito del programma generale “Diritti fondamentali e giustizia”[27].

Il programma, istituito per il periodo dal 1º gennaio 2007 al 31 dicembre 2013 con una dotazione di 116,85 milioni di euro, persegue l’obiettivo specifico di contribuire alla prevenzione e alla lotta contro tutte le forme di violenza che si verificano nella sfera pubblica o privata contro i bambini, i giovani e le donne, compresi lo sfruttamento sessuale e la tratta degli esseri umani, adottando misure di prevenzione e fornendo sostegno e protezione alle vittime e ai gruppi a rischio. Ciò può essere realizzato:

·         assistendo e incoraggiando le organizzazioni non governative (ONG) e altre organizzazioni attive in questo settore;

·         sviluppando e attuando azioni di sensibilizzazione destinate a pubblici specifici, quali professioni specifiche, autorità competenti, determinati settori del pubblico generale e gruppi a rischio, al fine sia di migliorare la comprensione e promuovere l’adozione di una politica di tolleranza zero nei confronti della violenza sia di incoraggiare l’assistenza alle vittime e la denuncia degli episodi di violenza alle autorità competenti;

·         diffondendo i risultati ottenuti nell’ambito dei programmi Daphne e Daphne II, compreso il loro adeguamento, trasferimento e uso da parte di altri beneficiari o in altre aree geografiche;

·         individuando e rafforzando le azioni che contribuiscono al trattamento positivo delle persone vulnerabili alla violenza, ossia seguendo un approccio che favorisca il rispetto nei loro confronti e ne promuova il benessere e l’autorealizzazione;

·         costituendo e sostenendo reti multidisciplinari, al fine di rafforzare la cooperazione tra le ONG e le altre organizzazioni attive in questo settore;

·         assicurando lo sviluppo di informazioni fondate su dati di fatto e della base delle conoscenze, lo scambio, l’individuazione e la diffusione di informazioni e buone pratiche, ivi comprese la ricerca, la formazione, le visite di studio e gli scambi di personale;

·         elaborando e sperimentando materiale didattico e di sensibilizzazione per quanto riguarda la prevenzione della violenza contro i bambini, i giovani e le donne, e integrando e adattando quello già disponibile per un uso in altre aree geografiche o per altri gruppi destinatari;

·         studiando i fenomeni collegati alla violenza e il relativo impatto sia sulle vittime che sulla società nel suo insieme, compresi i costi sociali, economici e relativi all’assistenza sanitaria, al fine di combattere le origini della violenza a tutti i livelli della società;

·         sviluppando e attuando programmi di sostegno per le vittime e le persone a rischio e programmi d’intervento per gli autori delle violenze, garantendo nel contempo la sicurezza delle vittime.

Al fine di conseguire gli obiettivi indicati, il programma intende sostenere i seguenti tipi di azione:

·       azioni specifiche della Commissione, quali studi e ricerche, elaborazione di indicatori, sviluppo e diffusione di dati e statistiche, supporto e gestione di reti di esperti nazionali, di monitoraggio;

·       progetti transnazionali specifici di interesse comunitario;

·       sostegno alle attività di organizzazioni non governative o di altri enti che perseguono un obiettivo di interesse europeo generale nel quadro degli obiettivi generali del programma;

·       una sovvenzione di funzionamento per cofinanziare le spese connesse con il programma di lavoro permanente della Federazione europea per i bambini scomparsi e sfruttati a scopo sessuale.

Il 7 agosto 2006 la Commissione ha presentato una comunicazione relativa all’elaborazione di una coerente strategia globale per la misurazione della criminalità e della giustizia penale, contenente un Piano d’azione dell’Unione europea per il 2006-2010 (COM(2006)437).

Scopo della comunicazione è delineare un quadro coerente all’interno del quale si elaboreranno dati statistici sula criminalità e sulla giustizia penale al livello dell’Unione europea, principalmente mediante azioni della Commissione europea, con l’appoggio dei rappresentanti degli Stati membri e il coordinamento con le competenti organizzazioni dell’UE e internazionali.

La comunicazione indica, fra i vari obiettivi, quello di effettuare la misurazione della violenza contro le donne e della violenza domestica. Tenendo conto  di quanto indicato nella “tabella di marcia” (vedi infra), il risultato che si vuole perseguire è un quadro comune UE per gli indicatori e per la raccolta di dati sulla violenza contro le donne e la violenza domestica in particolare.

Il 1° marzo 2006 la Commissione ha presentato una comunicazione relativa ad una tabella di marcia (COM(2006)92) che individua sei ambiti prioritari dell’azione dell’UE in tema di parità tra i generi per il periodo 2006-2010. Tra questi si segnalano, in particolare, quelli relativi all’eradicazione di tutte le forme di violenza fondate sul genere e all’eliminazione di stereotipi sessisti.

La Commissione sottolinea che le donne sono le principali vittime della violenza basata sul genere, una violazione del diritto fondamentale alla vita, alla sicurezza, alla libertà e all’integrità fisica ed emotiva che non può essere tollerata né giustificata per alcun motivo. Ritiene pertanto necessario un intervento urgente al fine di eliminare attitudini e pratiche nefaste, abituali o tradizionali, quali la mutilazione genitale femminile, i matrimoni precoci forzati e i delitti d’onore. Per quanto riguarda la tratta di esseri umani, la Commissione ritiene che costituisca un crimine contro l’umanità e una violazione dei diritti umani, una forma moderna di schiavitù alla quale sono più esposti donne e bambini, in particolare le bambine. Ritiene che per eliminare la tratta di esseri umani si debbano combinare provvedimenti preventivi, criminalizzazione della tratta mediante leggi adeguate, protezione e tutela delle vittime.

Sulla Tabella di marcia, il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione nella seduta del 13 marzo 2007. Considerando che la violenza contro le donne è la più diffusa violazione dei diritti dell'uomo, senza limiti geografici, economici o sociali, e che nonostante gli sforzi messi in opera a livello nazionale, comunitario ed internazionale, il numero di donne vittime di violenze è allarmante, il Parlamento europeo, tra le altre cose, chiede alla Commissione di affrontare la politica sull'uguaglianza di genere non solo in quanto priorità dell'UE ma anche e soprattutto come esigenza imprescindibile di rispetto dei diritti della persona. Il Parlamento europeo sottolinea inoltre che tale approccio  dovrebbe tradursi in uno sforzo di coordinamento e rafforzamento delle misure europee e nazionali per la protezione giuridica della donna e dei bambini.





[1]    Norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori, quali nuove forme di riduzione in schiavitù.

[2]    Disposizioni in materia di lotta contro lo sfruttamento sessuale dei bambini e la pedopornografia anche a mezzo INTERNET.

[3]    Conseguentemente sono stati abrogati, nel titolo IX del codice penale relativo ai delitti contro la moralità pubblica e il buon costume, l'intero capo I intitolato ai delitti contro la libertà sessuale (fattispecie di violenza carnale, congiunzione carnale commessa con abuso della qualità di pubblico ufficiale, atti di libidine violenti, fattispecie di ratto a fine di matrimonio, di libidine e di minore o infermo e di seduzione di matrimonio commessa da coniugato), nonché gli artt. 530, 539, 541, 542 e 543 (reato di corruzione di minorenni e le norme comuni all'intero titolo IX).

[4]    In giurisprudenza si è affermato che tra i casi di minore gravità di cui all'art. 609-bis, ult. co., possono annoverarsi comportamenti di molestia sessuale consistenti in atti concludenti, mentre ne restano esclusi quei comportamenti che si risolvono, ad esempio, in ossessivi corteggiamenti o in assillanti proposte, ove "lo sfondo sessuale" costituisce soltanto un motivo e non un elemento della condotta (cfr. Cass., Sez. III, 15 novembre 1996).

[5]    Al momento, in giurisprudenza, si è affermato l’orientamento per il quale il concetto di “atti sessuali” è da rinvenire nei concetti previgenti di congiunzione carnale e atti di libidine (cfr. Cass., Sez. III, 2 luglio 2004; Cass., Sez. III, 12 febbraio 2004; Cass., Sez. III, 22 dicembre 1999; Cass., Sez. III, 28 settembre 1999).

[6]    Mentre precedentemente l’art. 519 c.p. prevedeva la detenzione da 3 a 10 anni, l’art. 520 da 1 a 5 anni e l’art. 521 le pene dei due articoli precedenti ridotte di un terzo, attualmente l’art. 609-bis prevede limiti edittali da 5 a 10 anni, salva la riduzione in misura non eccedente i due terzi nei casi di minore gravità.

[7]    Al riguardo, cfr. Cass., Sez. III, 28.4.1997.

[8]    L'art. 609-sexies, introdotto dall'art. 7 della legge n. 66/1996, sancisce l'irrilevanza dell'ignoranza dell'età della persona offesa (se minore degli anni quattordici). Tale principio, per espresso richiamo, si applica alle ipotesi previste dagli artt. 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies e 609-octies: cioè, in effetti, a tutte le incriminazioni introdotte dalla nuova legge contro la violenza sessuale, abbiano esse natura di titolo autonomo oppure di circostanza aggravante. L'articolo in esame ribadisce così una disciplina notoriamente già fissata dall'abrogato art. 539: il legislatore del 1996 ha inteso confermare una disposizione che contribuisce "oggettivamente" a salvaguardare il minore.

[9]    Tale previsione è stata riformulata dalla legge n. 38 del 2006, introducendo il riferimento alla persona che abbia una relazione di convivenza con il minore.

[10]   In giurisprudenza si è affermato che, nel reato di cui all'art. 609-octies, ad integrare il concetto di gruppo sarebbero sufficienti due persone (cfr. Cass., Sez. III, 9 settembre 1996; Cass., Sez. III, 13 novembre 2003; Cass., Sez. I, 5 giugno 2001).

[11]   Tale diminuzione ricorre:

§       quando il colpevole è stato determinato a commettere il reato da chi esercita su di lui autorità, direzione o vigilanza;

§       quando, fuori del caso preveduto dall'articolo 111 (Determinazione al reato di persona non imputabile o non punibile), il colpevole è un minore di anni 18 o una persona in stato di infermità o di deficienza psichica determinato a commetere il reato da altri;

§       quando il colpevole è stato determinato a commettere il delitto dal genitore esercente la potestà.

[12]   Si tratta di 18 proposte di legge, d’iniziativa parlamentare, e di un disegno di legge del Governo (A.C. 950 Lussana, A.C. 1249 Bianchi, A.C. 1256 Nan, A.C. 1374 Caparini, A.C. 1819 Lussana, A.C. 2033 Brugger, A.C. 1901 Codurelli, A.C. 1823 Prestigiacomo, A.C. 2101 Mura, A.C. 2169 Governo, A.C. 2385 Angela Napoli, A.C. 2066 Incostante, A.C. 1595 Cirielli, A.C. 1639 De Simone, A.C. 1623 Bellillo, A.C. 212 Fabris, A.C. 2903 Bimbi, A.C. 2781 Cirielli e A.C. 2875 Sanza).

[13]   Nel dettaglio, la Commissione ha deliberato di chiedere all’Assemblea lo stralcio degli articoli 13 e 18 del disegno di legge A. C. 2169, con il nuovo titolo «Misure di repressione degli atti persecutori e delle condotte motivate da odio o discriminazione fondati sull'orientamento sessuale o sull'identità di genere» (C. 2169-ter), dell'articolo 7 della proposta di legge A. C. 1249, con il nuovo titolo «Introduzione dell'articolo 609-ter.1 del codice penale, concernente il reato di molestie assillanti» (A. C. 1249-ter), degli articoli 12 e 13 della proposta di legge A. C. 2101, con il nuovo titolo «Introduzione del delitto di molestie insistenti» (A. C. 2101-ter) e dell'articolo 3 della proposta di legge A. C. 2066, con il nuovo titolo «Introduzione dell'articolo 609-bis.1, concernente il reato di molestie assillanti» (A. C. 2066-ter). Per quanto attiene alle restanti parti dei progetti di legge, queste assumerebbero rispettivamente i seguenti titoli: «Misure di sensibilizzazione e prevenzione, nonché repressione dei delitti contro la persona e nell'ambito della famiglia «(A. C. 2169-bis), «Nuove norme per il potenziamento della lotta contro la violenza sessuale» (A. C. 1249-bis), «Disposizioni in materia di reati in ambito familiare e di violenza sessuale» (A. C. 2101-bis) e «Nuove disposizioni contro la violenza sessuale» (A. C. 2066-bis).

[14]   La Commissione giustizia ha conferito nella seduta del 15 gennaio 2008 il mandato al relatore a riferire in senso favorevole all'Assemblea sul testo unificato dei progetti di legge C. 1249-ter Bianchi, C. 1639 De Simone, C. 1819 Lussana, C. 1901 Codurelli, C. 2033 Brugger, C. 2066-ter Incostante, C. 2101-ter Mura, C. 2169-ter Governo e C. 2781 Cirielli, come risultante dall'approvazione degli emendamenti.

[15]   Si tratta della legge 5 dicembre 2005, n. 251 (cd. ex Cirielli), Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione.

[16]   Si tratta delle aggravanti consistenti nell’avere adoperato sevizie, o l'aver agito con crudeltà verso le persone (n. 4); nell'avere profittato di circostanze di tempo, di luogo o di persona tali da ostacolare la pubblica o privata difesa (n. 5); nell’avere il colpevole commesso il reato durante il tempo, in cui si è sottratto volontariamente alla esecuzione di un mandato o di un ordine di arresto o di cattura o di carcerazione spedito per un precedente reato (n. 6); l'avere aggravato o tentato di aggravare le conseguenze del delitto commesso (n. 8); l'avere commesso il fatto con abuso dei poteri, o con violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione o a un pubblico servizio, ovvero alla qualità di ministro di un culto (n. 9); l'avere commesso il fatto con abuso di autorità o di relazioni domestiche, ovvero con abuso di relazioni di ufficio, di prestazione d'opera, di coabitazione, o di ospitalità (n. 11).

[17]   Modifiche al codice di procedura penale in materia di applicazione della pena su richiesta delle parti.

[18]   Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero.

[19]   Adottato in attuazione della delega di cui all’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421.

[20]   In giurisprudenza appare infatti consolidato l’indirizzo che, considerando la famiglia un consorzio di persone legate da vincoli di solidarietà fondati sul legame affettivo, ha ritenuto irrilevante, ai fini del delitto di maltrattamenti, la natura giuridica o non del legame, giungendo ad affermare la configurabilità del delitto di maltrattamenti anche nei confronti di persona convivente more uxorio.

[21]   Per quanto riguarda la formulazione attuale dell’esimente, in giurisprudenza si sono sostenute tanto le ragioni di una assimilazione del “prossimo congiunto” al convivente more uxorio (cfr. Cass. Pen. Sez. VI, sent. n. 22398 del 2004: «Anche la stabile convivenza "more uxorio" può dar luogo per analogia al riconoscimento della scriminante prevista dall'art. 384 c.p. Fattispecie relativa ad imputata la quale invocava la non punibilità per il favoreggiamento personale commesso per aiutare il convivente»), quanto le ragioni di una irriducibile differenza (cfr. Cass. Pen., sez. VI, sent. n. 6365 del 1988: «In tema di casi di non punibilità del reato di favoreggiamento personale commesso in favore di prossimo congiunto, tale non può ritenersi il convivente "more uxorio"», conformi: Cass. Pen., sez. I, sent. n. 9475 del 1989; Cass. Pen., sez. VI, ord. n. 132 del 1991).

[22]   Ratifica ed esecuzione della convenzione internazionale sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale, aperta alla firma a New York il 7 marzo 1966.

[23]   Convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205 (Misure urgenti in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa)

[24]   Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni.

[25]   Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero.

[26]   Al riguardo, cfr. l'articolo 1, comma 1261, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (finanziaria per il 2007).

[27]   Per fornire adeguato supporto finanziario alle azioni dell’UE nell’area libertà, giustizia e sicurezza, per il periodo 2007-2013, sono stati adottati i programmi quadro “Sicurezza e tutela delle libertà” (COM(2005)124-1), “Diritti fondamentali e giustizia” (COM(2005)122-1), “Solidarietà e gestione dei flussi migratori” (COM(2005)123-1). In particolare, il programma quadro “Diritti fondamentali e giustizia”, si articola nei seguenti programmi specifici:

-    programma specifico “Diritti fondamentali e cittadinanza” (decisione 2007/252/GAI) con dotazione pari a 93,8 milioni di euro;

-    programma specifico “Giustizia penale” (decisione 2007/126/ GAI), condotazione pari a196,2 milioni di euro;

-    programma specifico “Giustizia Civile” (decisione 1149/2007/CE), condotazione prevista pari a 109,3 milioni di euro;

-    programma specifico “Programma Daphne III, per prevenire e combattere la violenza contro i bambini, i giovani e le donne e per proteggere le vittime e i gruppi a rischio” (decisione 779/2007/CE), con dotazione prevista pari a116,85 milioni di euro.