Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari esteri
Titolo: Madagascar
Serie: Schede Paese politico-parlamentare    Numero: 60
Data: 19/11/2012
Descrittori:
MADAGASCAR     
Organi della Camera: III-Affari esteri e comunitari

n. 60 19 novembre 201Casella di testo: SCHEDA PAESE
politico-parlamentare

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                                      Madagascar                      Madagascar

 


Background storico-politico

Il Madagascar è la quarta isola più grande del mondo. Fa parte del continente africano ed è situata nell’oceano Indiano, a circa 400 km dalle coste nel Mozambico. È grande una volta e mezza la Germania, ma ha solamente 22 milioni di abitanti.

La sua posizione ed il relativo isolamento, hanno consentito a quest’isola di sviluppare e di godere di una incredibile diversità biologica, che la rende per molti aspetti unica al mondo. Più dell’85% delle specie vegetali ed animali sono indigene e circa 150.000 di esse esistono tutt’oggi solo su quest’isola africana.

Per contro, questa posizione geografica rende il Madagascar pesantemente esposto a fenomeni naturali estremi, quali gli alluvioni, i periodi di siccità e le tempeste tropicali che spesso sono accompagnate da tornado.

Dal punto di vista politico, il Madagascar è storicamente una colonia francese, che ha conquistato la sua indipendenza solo nel 1960. In seguito all’emancipazione, sull’isola si sono avvicendati una serie di regimi socialisti-sovietici, che hanno mantenuto il paese in un clima d’instabilità sociale e basso sviluppo economico.

Verso la fine degli anni Ottanta, in corrispondenza del crollo dell’Unione Sovietica, anche il Madagascar attraversa un periodo di cambiamento politico-istituzionale. Proprio nel 1989 inizia, anche a causa di un crescente isolamento internazionale e di una situazione economica sempre più grave, una transizione verso un regime maggiormente democratico. Questo processo, avvenuto tra scontri e proteste di piazza, ma comunque sotto la gestione dell’allora Presidente Didier Ratsiraka, culmina, nel 1992, con il referendum per l’approvazione del nuovo testo costituzionale e le elezioni presidenziali. L’anno seguente si tengono le prime elezioni multipartitiche in Madagascar.

Tra il 1992 e il 2001 si alternano alla guida dell’isola Didier Ratsiraka ed il suo rivale Albert Zafy.

L’equilibrio viene spezzato nel 2001, quando sulla scena politica del Madagascar irrompe l’uomo d’affari Marc Ravalomanana, già sindaco della capitale dell’isola, Antanarivo. Le elezioni presidenziali del dicembre di quell’anno vedono un duro scontro (e un’altrettanto dura contestazione dei risultati elettorali) tra il Presidente uscente Ratsiraka e lo sfidante Ravalomanana. Quest’ultimo, uscito vincitore dalle urne, rifiuta un ulteriore confronto (una sorta di voto di spareggio) proposto da Ratsiraka, che si sarebbe dovuto tenere nel febbraio successivo. Nel maggio 2002 Ravalomanana (la cui vittoria era stata nel frattempo riconosciuta anche dalla Corte Costituzionale del Madagascar) si insedia come Presidente.  Due mesi dopo, sono gli Stati Uniti per primi a riconoscere formalmente il Governo Ravalomanana, seguiti da Francia, Cina, Regno Unito ed alcuni paesi africani.

Nel dicembre 2006 Ravalomanana viene riconfermato alla presidenza del Madagascar con il 55% dei voti.

 

 

Il quadro politico attuale

L’attuale situazione politica in Madagascar è piuttosto turbolenta, generata dagli eventi che si sono svolti a partire dal 2008.

Con la vittoria alle elezioni comunali della capitale Antanarivo, nel dicembre 2007, dell’imprenditore Andry Rajoelina, sono sorte le prime tensioni tra il governo centrale e il nuovo sindaco della città. Già nel 2008, ad esempio, il governo sembra abbia deliberatamente ritardato e ostacolato il flusso finanziario verso gli enti locali e distratto alcuni investimenti dalle città.

Nel dicembre dello stesso anno, il governo ha poi chiuso VivaTV, una stazione televisiva posseduta dallo stesso Rajoelina, colpevole di aver mandato in onda una intervista all’ex Presidente Ratsiraka. Un atto irresponsabile secondo l’opinione governativa, suscettibile di “disturbare l’ordine pubblico e la sicurezza”.

Gennaio 2009 è stato un mese caldo. Una volta cadute nel vuoto le proteste e le richieste di riapertura della stazione televisiva da parte del sindaco Rajoelina, si sono scatenate pesanti ondate di proteste sociali e dimostrazioni di malcontento contro il governo. Tali rivolte, fomentate dagli oppositori politici del Presidente Ravalomanana schierati dalla parte del sindaco di Antanarivo, hanno trovato fertile terreno di crescita non solo grazie alle accuse di corruzione e di restrizioni della libertà di espressione, ma anche per la durissima situazione economica che stava vivendo (e che sta vivendo tutt’ora) il Madagascar. Basti pensare che quasi l’80% della popolazione locale vive al di sotto della soglia di povertà, ovvero con meno di 1,25 dollari al giorno.

Gli scontri sono continuati anche durante il mese di febbraio, quando il Presidente Ravalomanana ha ufficialmente rimosso Rajoelina dalla sua carica di sindaco della capitale del Madagascar. Questo non è servito a placare le sommosse popolari. Il 7 febbraio si è consumata una strage di manifestanti, quando la guardia presidenziale ha ucciso circa 30 persone che si stavano dirigendo sotto il palazzo presidenziale per protestare. Ciò ha portato alle immediate dimissioni del Ministro della difesa, subito rimpiazzato da una figura dell’esercito malgascio. Ciò si è rivelato un fatto di non secondaria importanza, dato che proprio da quel momento l’esercito è sceso in campo (prima come arbitro tra le parti in conflitto e successivamente come ago della bilancia capace di spostare gli equilibri).

Il susseguirsi degli eventi durante il mese di marzo 2009 è stato estremamente rapido. Il giorno 10 l’esercito ha annunciato che se le due parti non avessero trovato un accordo (entro 72 ore), i militari avrebbero assunto il controllo del paese. Il giorno 13 alcune unità militari hanno dispiegato carri armati ad Antanarivo (formalmente per proteggere la città dalle azioni dei mercenari) suggerendo contestualmente le dimissioni del Presidente Ravalomanana. Tre giorni dopo i soldati, presumibilmente agli ordini di Rajoelina, hanno circondato il palazzo presidenziale e la Banca centrale, consentendo così allo stesso di insediarsi quale Presidente dell’Alta Autorità di Transizione (HAT nell’acronimo francese), un organo di governo appositamente creato per gestire questo momento di transizione politica. Il riconoscimento da parte dell’esercito e dell’Alta corte malgascia hanno poi legittimato il colpo di Stato di Rajoelina.

A partire da questo momento è stato un continuo susseguirsi di contatti, piani di riforma e tabelle di marcia per portare verso qualcosa di politicamente compiuto il colpo di mano del sindaco di Antanarivo. A tal proposito sono intervenuti numerose organizzazioni internazionali quali mediatori tra le parti, come l’Unione Africana o la SADC (Comunità di Sviluppo dell’Africa del sud). È stato tra l’altro creato un Gruppo internazionale di contatto, guidato dall’ex Presidente del Mozambico Joaquim Chissano. Tutti gli sforzi tendono verso una rapida soluzione della crisi e verso il raggiungimento di una riforma costituzionale che consenta di indire le elezioni presidenziali.

A partire dall’apertura dei negoziati, che hanno visto coinvolti, oltre ai due contendenti diretti Rajoelina e Ravalomanana, anche gli ultimi due ex Presidenti Zafy e Ratsiraka, sono state stese numerose roadmap, tutte saltate per le mancata attuazione degli accordi presi in sede negoziale.

Il quarto ed ultimo (in ordine di tempo) piano di pace, che risale al settembre 2011, sembra ,ad oggi, essere in fase di attuazione. Nell’ottobre 2011 è stato nominato, con una larga maggioranza tra i partecipanti al tavolo negoziale, il Primo Ministro del governo di transizione. Si tratta di Jean Omer Beriziky, un ex diplomatico malgascio.

Circa un mese dopo, verso la fine di novembre, è stata poi formato  il governo, che comprende dodici membri delle opposizioni (ovvero opposti al Presidente Rajoelina). Anche in tal caso sono sorti alcuni problemi, in relazione alle denunce da parte delle fazioni pro Ravalomanana e pro Zafy che mettevano in luce come le assegnazioni dei ministeri di competenza non fossero avvenute come da accordi tra le parti.   

Nel dicembre 2011 sono stati poi ampliati i due rami del parlamento, per consentire una maggiore rappresentatività durante questa delicatissima fase di transizione politico-istituzionale. Il Congress of Transition(che sarebbe la camera bassa) è passata da 256 a 417 seggi, mentre il Superior Council of Transition (la camera alta) è stato allargato da 90 a 189.

Nel marzo 2012 è stata infine creata la Commissione elettorale, con il compito di pianificare le prossime tappe verso le elezioni. Già due mesi dopo la sua creazione, la Commissione (CENI-T secondo l’acronimo francese) ha definito una parte del progetto per le prossime elezioni (che, stando all’ultima tabella di marcia approvata, dovrebbe esser stato completato proprio in questi giorni, l’11 novembre per l’esattezza). Prevede che le consultazioni debbano tenersi durante la dry season, la stagione priva di piogge che va dal 30 aprile al 30 novembre. La definizione ultima della data delle elezioni dipenderà comunque dal completamento delle varie procedure elettorali, che vanno dalla registrazione degli aventi diritto alla definizione delle liste elettorali.

Il Madagascar è dunque in piena transizione. Gli organi di governo provvisori che dovrebbero traghettare il paese verso un nuovo sistema politico-istituzionale, sono nati tra mille difficoltà. I negoziati procedono spesso a rilento, anche a cause delle mai sopite rivalità tra le principali figure del conflitto malgascio. Nell’aprile 2012, ad esempio, i due rami del Parlamento hanno approvato l’amnistia per tutti i reati commessi tra il 2002 e il 2009. Ma secondo l’Alta Autorità di Transizione tale amnistia non sarebbe applicabile nei confronti dell’ex Presidente Ravalomanana, condannato in contumacia (perché nel frattempo rifugiatosi in Sudafrica) nell’agosto 2010 da una corte del Madagascar al carcere a vita per complicità nella strage del 7 febbraio 2009, quando le truppe governative uccisero trenta manifestanti. L’interpretazione ufficiale è che tale amnistia non coprirebbe “le violazioni dei diritti umani e delle libertà fondamentali”, ma secondo molti è uno stratagemma adottato da Rajoelina per evitare che Ravalomanana torni in patria e si candidi alle prossime elezioni presidenziali.

Il colpo di Stato ha messo in ginocchio un paese già pesantemente sotto sviluppato dal punto di vista economico.  Alcuni paesi, tra cui gli Stati Uniti, all’indomani del rovesciamento del governo, hanno immediatamente sospeso gli aiuti economici. L’Unione europea ha interrotto il programma di assistenza allo sviluppo, mentre l’Unione africana e la SADC hanno inflitto misure di sospensione di alcuni benefici commerciali e il congelamento di asset esteri controllati dai membri dell’HAT. E questi, per un paese il cui budget è composto per il 70% da contributi esterni, sono stati dei duri colpi.

L’Economist Intelligence Unit ha poi registrato un crollo del PIL dal 7% a -3,7% tra il 2008 e il 2009, seguita da una quasi parallela ripresa negli anni successivi, con il dato del 2011 stimato nuovamente attorno al 7%. Secondo fonti dell’UNRIC (United Nations Regional Information Centre) nel 2010 il governo avrebbe tagliato del 30% il budget per la sanità.

Secondo un rapporto della Banca mondiale, c’è stato tuttavia un aumento delle risorse donate al Madagascar per interventi nel sociale. Si sarebbe passati dai 180 milioni di dollari del 2008 ai 260 del 2010. Un flusso di denaro che viene tuttavia gestito direttamente dalle organizzazioni internazionali e non governative presenti sul posto, perché il rischio, se tali soldi venissero affidati ad enti governativi in questa situazione altamente instabile, è che possano essere usati per altri scopi.

  

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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