Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento istituzioni
Titolo: Prevenzione e accertamento di reati e contrasto alla criminalità organizzata e all'immigrazione clandestina - D.L. 151/2008 - A.C. 1857 - Seconda edizione
Riferimenti:
AC N. 1857/XVI   DL N. 151 DEL 02-OTT-08
Serie: Progetti di legge    Numero: 73
Data: 05/11/2008
Descrittori:
CRIMINALITA' ORGANIZZATA   IMMIGRAZIONE
PREVENZIONE DEL CRIMINE     
Organi della Camera: I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni
II-Giustizia


Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

SERVIZIO STUDI

 

Progetti di legge

Prevenzione e accertamento di reati e contrasto alla criminalità organizzata e all’immigrazione clandestina

D.L. 151/2008 - A.C. 1857

 

 

 

 

 

n. 73

Seconda edizione

 

5 novembre 2008

 


 

 

 

 

 

Dipartimento istituzioni

SIWEB

 

Dipartimento giustizia

SIWEB

Hanno partecipato alla redazione del dossier il Dipartimento difesa e l’Ufficio rapporti con l’Unione europea.

 

I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

 

File: D08151.doc

 


INDICE

Schede di lettura

§      Articolo 1 (Modifiche al decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 109)3

§      Articolo 2 (Impiego del personale delle Forze armate)8

§      Articolo 2-bis (Misure per il rafforzamento dell’azione di contrasto alla criminalità organizzata)9

§      Art. 2-ter (Modifiche alla legge 22 dicembre 1999, n. 512)12

§      Art. 2-quater (Modifiche alla legge 20 ottobre 1990. n. 302)15

§      Art. 2-quinquies (Limiti alla concessione dei benefici di legge ai superstiti della vittima della criminalità organizzata)19

§      Articolo 3 (Misure per fronteggiare l’immigrazione clandestina)22

§      Articolo 3-bis (Norme in materia di indennità spettanti ai giudici onorari di tribunale e ai vice procuratori onorari)28

§      Articolo 4 (Entrata in vigore)32

§      L. 31 maggio 1965, n. 575. Disposizioni contro la mafia. (art. 4)38

§      L. 23 agosto 1988, n. 400. Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri. (art. 17)39

§      D.P.R. 22 settembre 1988, n. 449. Approvazione delle norme per l'adeguamento dell'ordinamento giudiziario al nuovo processo penale ed a quello a carico degli imputati minorenni. (art. 4)42

§      D.Lgs. 28 luglio 1989, n. 273. Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 449 , recante norme per l'adeguamento dell'ordinamento giudiziario al nuovo processo penale ed a quello a carico degli imputati minorenni.43

§      L. 20 ottobre 1990, n. 302. Norme a favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata. (artt. 1 e 4)51

§      D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286. Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero. (art. 14)53

§      L. 23 febbraio 1999, n. 44. Disposizioni concernenti il Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive e dell'usura. (artt. 18 e 18-bis)63

§      L. 22 dicembre 1999, n. 512. Istituzione del Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso. (artt. 1, 4 e 6)65

§      D.P.R. 28 maggio 2001, n. 284. Regolamento di attuazione della L. 22 dicembre 1999, n. 512, concernente il Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso.68

§      D.L. 27 luglio 2005, n. 144. Misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale. (art. 6)77

§      D.L. 23 maggio 2008, n. 92. Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica. (art. 7-bis)79

§      D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 109. Attuazione della direttiva 2006/24/CE riguardante la conservazione dei dati generati o trattati nell'ambito della fornitura di servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico o di reti pubbliche di comunicazione e che modifica la direttiva 2002/58/CE. (art. 6)81

 

 


Schede di lettura

 


Articolo 1
(Modifiche al decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 109)

L'articolo 1 del decreto-legge interviene sul decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 109[1], in materia di conservazione, da parte degli operatori di telefonia e di comunicazione elettronica, dei dati relativi al traffico telefonico e telematico. In particolare, il provvedimento d’urgenza modifica la disciplina transitoria, posticipando al 31 dicembre 2008 l’entrata in vigore delle disposizioni relative alla conservazione dei dati sulle chiamate senza risposta e dei dati del traffico telematico. Tale nuovo termine è stato, peraltro, ritenuto insufficiente dal Senato che, nel corso dell’esame del disegno di legge, lo ha ulteriormente posticipato al 31 marzo 2009.

 

Analiticamente, l’articolo 1 novella l’articolo 6 del decreto legislativo n. 109/2008. Il decreto legislativo ha dato attuazione alla direttiva 2006/24/CE, volta ad armonizzare le disposizioni nazionali degli Stati membri con riferimento all’obbligo, da parte dei fornitori di servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico e di reti pubbliche di comunicazione, di conservare alcuni dati da questi generati o trattati, al fine di renderli disponibili in caso di indagine, accertamento e perseguimento di reati gravi, quali definiti dalle norme nazionali di ciascuno Stato.

 

In particolare, in deroga alle disposizioni della direttiva 2002/58/CE, relative alla riservatezza dei dati, la direttiva 2006/24/CE reca l’obbligo di conservare alcuni specifici dati, attraverso i quali è possibile determinare:

§         la fonte e la destinazione di una comunicazione (sia per la telefonia fissa o mobile che per la telefonia via Internet e la posta elettronica);

§         la data e la durata della comunicazione;

§         il tipo di comunicazione (servizio telefonico o servizio Internet utilizzato);

§         il tipo di attrezzatura utilizzata;

§         l’ubicazione delle apparecchiature (in caso di apparecchiature di comunicazione mobile).

Sono inclusi inoltre i dati generati da tentativi di chiamata non riusciti, ossia chiamate collegate con successo ma che non hanno ricevuto risposta. Non potranno invece essere conservati i dati relativi ai contenuti delle comunicazioni stesse.

Gli Stati membri dovranno inoltre garantire che l’accesso a tali dati sia consentito alle sole autorità nazionali competenti in casi specifici e in conformità con le rispettive norme nazionali.

La direttiva stabilisce inoltre che i suddetti dati debbano essere conservati per un periodo non inferiore a sei mesi e non superiore ai 2 anni dalla data di comunicazione.

 

Al fine di dare attuazione alla suddetta direttiva 2006/24/CE, l’art. 2 del D.Lgs. 109/2008 ha modificato l'art. 132 del Codice in materia di protezione dei dati personali, prevedendo un periodo unico di conservazione, senza distinzioni in base al tipo di reato, pari a:

§         24 mesi per i dati di traffico telefonico;

§         12 mesi per i dati di traffico telematico;

§         30 giorni per i dati relativi alle chiamate senza risposta (in luogo dei precedenti 24 mesi).

Il decreto legge interviene sulla disciplina transitoria fissata dall’articolo 6 n. 109/2008 del decreto legislativo.

In particolare, per quanto riguarda i dati relativi alle chiamate senza risposta, l'art. 6 del decreto legislativo prevedeva che l'obbligo di conservazione per soli 30 giorni avesse effetto decorsi tre mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo (avvenuta il 3 luglio 2008, dunque a partire dal 3 ottobre 2008).

In merito, l'art. 1, comma 1, lettera a), del decreto-legge è intervenuto posticipando l’efficacia della disposizione al 31 dicembre 2008, termine come si è detto ulteriormente posticipato dal Senato al 31 marzo 2009 (fino ad allora, l’obbligo di cancellazione dei dati relativi alle chiamate senza risposta dopo 30 giorni non è operativo e persiste dunque il termine previgente di 24 mesi; ciò evidentemente è volto a non disperdere informazioni utili ad indagini in corso)[2].

La lettera b) dell'articolo in esame interviene, invece, sul comma 5 dell'art. 6 del decreto legislativo, relativo al termine entro il quale i fornitori di servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico, che offrono servizi di accesso a internet (Internet Access Provider), devono assicurare la disponibilità e l'effettiva univocità degli indirizzi di protocollo internet.

 

Si ricorda infatti che l'art. 3 del D.Lgs. 109/2008 individua le categorie di dati che gli operatori di telefonia e di comunicazione elettronica devono conservare. In particolare, l'art. 3, comma 1, lett. a), indica, tra i dati necessari per rintracciare e identificare la fonte di una comunicazione telematica, il nome e indirizzo dell'abbonato o dell'utente registrato a cui al momento della comunicazione sono stati univocamente assegnati l'indirizzo di protocollo internet (IP), un identificativo di utente o un numero telefonico.

 

Il termine originariamente previsto dall’art. 6, comma 5, scadeva il 1° ottobre 2008 (cioè trascorsi novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo). Il decreto-legge (lettera b), numero 1) ha posticipato tale termine al 31 dicembre 2008; il Senato ha ulteriormente allontanato tale scadenza, individuandola nel giorno 31 marzo 2009.

 

La relazione illustrativa del disegno di legge di conversione pone in evidenza che l'impossibilità tecnica di assegnare a ogni utente un indirizzo IP univoco (segnalata dagli stessi fornitori del servizio), combinata con il divieto di conservare dati diversi da quelli elencati dall'art. 3 del decreto legislativo 109/2008, condurrebbe alla perdita definitiva di dati di traffico telematico che potrebbero risultare determinanti per proseguire le indagini, anche per gravi reati.

 

Infine, per evitare che, nonostante l'impossibilità tecnica di adeguarsi alla nuova normativa, gli operatori vengano assoggettati alle sanzioni previste dall’art. 5 del decreto legislativo[3] per l’assegnazione di indirizzi IP che non consentono l'identificazione univoca degli utenti, il numero 2 della lettera b) stabilisce che, fino al 31 marzo 2009, i predetti fornitori di servizi siano autorizzati a conservare i dati del traffico telematico, in deroga all’art. 6, comma 1, del D.L. 144/2005[4] (c.d. decreto Pisanu).

 

Ai sensi dell’art. 6, comma 1, del D.L. 144/2005, con l’entrata in vigore del D.Lgs. 109/2008 avrebbero dovuto tornare ad applicarsi le disposizioni di legge, di regolamento o dell'autorità amministrativa, che prescrivono o consentono la cancellazione dei dati del traffico telefonico o telematico, anche se non soggetti a fatturazione. Tali dati, esclusi comunque i contenuti delle comunicazioni e limitatamente alle informazioni che consentono la tracciabilità degli accessi, avrebbero dovuto essere conservati fino alla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 109 del 2008, e comunque non oltre il 31 dicembre 2008.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’Unione europea
(a cura dell'Ufficio Rapporti con l'Unione europea)

Il 13 novembre 2007 la Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva (COM(2007)698) nel settore dei servizi di comunicazioni elettroniche che modifica alcune direttive, tra cui la direttiva 2002/58/CE relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche.

La proposta è volta a rafforzare alcuni diritti dei consumatori e degli utenti (in particolare al fine di migliorare l'accessibilità e promuovere una società dell'informazione aperta a tutti), facendo in modo che le comunicazioni elettroniche siano affidabili, sicure ed attendibili e garantiscano un livello elevato di tutela della vita privata e dei dati a carattere personale.

La proposta prevede, tra le altre cose, l’introduzione della notifica obbligatoria delle violazioni alla sicurezza che comportano la perdita dei dati personali degli utenti o che compromettono i dati stessi.

 

In particolare, qualora si produca una violazione di sicurezza che comporta accidentalmente o in modo illecito la distruzione, la perdita, la modifica, la rivelazione non autorizzata o l'accesso ai dati personali trasmessi, memorizzati o comunque elaborati nel contesto della fornitura di servizi di comunicazione accessibili al pubblico nella Comunità, il fornitore dei servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico è tenuto a comunicare senza indugio l'avvenuta violazione all'abbonato e all'autorità nazionale di regolamentazione. La comunicazione all'abbonato deve contenere almeno una descrizione della natura della violazione ed elencare le misure raccomandate per attenuarne i possibili effetti negativi. Gli Stati membri saranno tenuti a determinare le sanzioni da irrogare in caso di violazione delle norme nazionali di attuazione della direttiva e a prendere tutti i provvedimenti necessari per la loro applicazione.

 

La proposta di direttiva, che segue la procedura di codecisione, è in attesa di esame da parte del Consiglio. Il Parlamento europeo ha concluso  l’esame in prima lettura nella seduta plenaria del 24 settembre 2008.

Si ricorda inoltre che il 4 ottobre 2005 la Commissione europea ha presentato una proposta di decisione quadro (COM(2005)475),  relativa alla protezione dei dati personali nel quadro della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale.

 

La proposta di decisione quadro comprende norme generali sulla legittimità del trattamento dei dati personali e disposizioni concernenti: le forme specifiche di trattamento (trasmissione e messa a disposizione di dati personali alle autorità competenti degli altri Stati membri, ulteriore trattamento e trasmissione dei dati ricevuti o resi disponibili dalle autorità competenti degli altri Stati membri); i diritti delle persone cui i dati si riferiscono; la riservatezza e la sicurezza del trattamento; i ricorsi giurisdizionali; le sanzioni; le autorità di controllo e un gruppo di lavoro sulla protezione delle persone con riguardo al trattamento dei dati personali ai fini della prevenzione, della ricerca, dell'accertamento e del perseguimento dei reati penali. La proposta definisce, tra le altre cose, gli obblighi di informazione del responsabile del trattamento nei confronti dell’interessato, anche nei casi in cui i dati non siano stati ottenuti direttamente dall’interessato o siano stati ottenuti senza che egli ne fosse a conoscenza.

 

La proposta di decisione, che segue la procedura di consultazione, è stata esaminata dal Parlamento europeo, in prima lettura, nella seduta plenaria del 23 settembre 2008 ed è in attesa di decisione finale da parte del Consiglio. Si ricorda che il Consiglio Giustizia e Affari interni del 9 novembre 2007 ha raggiunto un approccio comune sulla proposta, confermando l’orientamento, già emerso nella riunione del 18 settembre 2007, secondo cui il testo si applicherà esclusivamente allo scambio di dati a livello transfrontaliero[5], e la trasmissione di dati a paesi terzi sarà possibile solo a determinate condizioni e previo accordo dello Stato membro di origine dell’informazione.

 


Articolo 2
(Impiego del personale delle Forze armate)

L’articolo 2 del provvedimento in esame novella l’articolo 7-bis del decreto-legge n. 92 del 2008 il quale, in relazione a specifiche ed eccezionali esigenze di prevenzione della criminalità, consente di utilizzare personale militare delle forze armate per lo svolgimento di compiti di sorveglianza e vigilanza del territorio.

 

A tal fine il citato articolo 7-bis, oltre a stabilire che il personale militare è posto a disposizione dei prefetti delle province in cui si sono verificate le specifiche ed eccezionali esigenze sopra citate (comma 1), attribuisce, altresì, al Ministro dell’interno il compito di adottare, di concerto con il Ministro della difesa, uno specifico piano per l’utilizzo di tale personale da parte dei prefetti. Il citato piano, riguardante un contingente massimo di 3.000 unità ed avente una durata massima di sei mesi, rinnovabile per una sola volta, è adottato sentito il Comitato nazionale per l'ordine e per la sicurezza pubblica, cui è chiamato a partecipare il Capo di Stato maggiore della difesa e previa informazione al Presidente del Consiglio dei ministri. Il Ministro dell’interno riferisce in proposito alle competenti Commissioni parlamentari (comma 2).

 

In particolare, il comma 1 dell’articolo in esame autorizza l’impiego, fino al 31 dicembre 2008 e con le medesime modalità previste dal sopra citato comma 1 dell’articolo 7-bis del D.L. 92/2008, di un contingente massimo di 500 militari delle forze armate – presumibilmente ulteriore rispetto a quello già contemplato dal comma 2 del citato articolo7-bis – da destinare a quelle aree del Paese dove, in relazione a specifiche ed eccezionali esigenze di prevenzione della criminalità, appare necessario assicurare un più efficace controllo del territorio. Il medesimo articolo precisa, altresì, che tale impiego deve avvenire

 

In relazione alla disposizione in esame, si segnala che la possibilità di fare ricorso alle Forze armate per lo svolgimento di compiti di sorveglianza e vigilanza del territorio, con particolare riferimento alle aree di interesse strategico nazionale destinate alla raccolta e al trasporto dei rifiuti nella regione Campania, è stata recentemente prevista dall’articolo 2 del decreto legge n. 90 del 2008 (c.d. decreto rifiuti).

In precedenza, gli articoli 18 e 19 della legge 26 marzo 2001, n. 128, Interventi legislativi in materia di tutela della sicurezza dei cittadini, avevano attribuito alle Forze armate impegnate nel controllo degli obiettivi fissi alcune funzioni proprie delle autorità di pubblica sicurezza, in casi eccezionali di necessità ed urgenza. Le funzioni attribuite sono analoghe a quelle già riconosciute alle Forze armate, nell’ambito dell’operazione “Vespri siciliani”, dal D.L. 25 luglio 1992, n. 349, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 settembre 1992, n. 386, e successivamente estese alla Calabria, al comune di Napoli ed al Friuli Venezia-Giulia, e reiterate nel tempo da una serie di decreti legge.

 


Articolo 2-bis
(Misure per il rafforzamento dell’azione di contrasto alla criminalità organizzata)

La norma dispone in via straordinaria un incremento di 30 milioni di euro delle risorse del Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso (comma 1).

Detto incremento è disposto utilizzando la dotazioni finanziarie del Fondo di solidarietà delle vittime delle richieste estorsive e dell’usura.

 

Il Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, istituito con L. 512/99[6], ha lo scopo di indennizzare le suddette vittime che siano costituite parti civili nei procedimenti penali intentati nei confronti degli autori dei reati di tipo mafioso. La disciplina attuativa del Fondo è contenuta nel D.P.R n. 284/2001.

Il Fondo è alimentato da un contributo dello Stato pari a lire 20 miliardi annue (pari a euro 10 milioni e 329.000 circa) nonché dai rientri finanziari derivanti da specifiche ipotesi di versamento al fondo dei proventi derivanti, a vario titolo, dalla confisca dei beni alla mafia in applicazione della L. 575/1965[7] (somme di denaro, vendita beni mobili e immobili, liquidazione beni aziendali).

Ha diritto all’indennizzo entro i limiti delle disponibilità finanziarie annuali del Fondo:

§         chi ha subito danni in conseguenza di reati di tipo mafioso;

§         chi ha ottenuto in suo favore, nel relativo giudizio penale o civile, successivamente al 30 settembre 1982, una sentenza (definitiva o non definitiva) che ha riconosciuto i danni subiti;

§         chi non ha situazioni soggettive ostative (e cioè non ha, nei suoi confronti, una sentenza definitiva di condanna per uno dei reati di cui all'art. 407, comma 2 lett. a) del codice di procedura penale o una misura di prevenzione applicata ai sensi della L. 575/1965, né i relativi procedimenti in corso.

Ai benefici possono accedere le persone fisiche, o i loro eredi, e gli enti.

L'organo essenziale del Fondo è il Comitato di Solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso che siede presso il Ministero dell'Interno, presieduto dal Commissario per il coordinamento delle iniziative di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso. Il Comitato delibera, alle condizioni previste dalla legge, i benefici economici alle vittime pari al danno quantificato in sede penale nel giudizio contro l'autore del reato nonché alle spese ed onorari di costituzione e difesa posti a carico degli imputati. La delibera del Comitato viene quindi trasmessa alla Consap[8] che, in forza di atto concessorio con il Ministero dell'Interno, provvede alla gestione del Fondo stesso ed alla materiale erogazione del beneficio deliberato con accredito bancario.

 

Il Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive e dell'usura è stato istituito presso il Ministero dell’interno dalla L. 44/1999[9] mediante l’unificazione del Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive - istituito dalla stessa legge 44 in sostituzione del Fondo di sostegno per le vittime di richieste estorsive di cui al DL n. 419/1991 (L. 172/1992) - con il Fondo antiusura previsto dalla L. 108/1996.

Il Fondo unificato, disciplinato dal regolamento adottato con D.P.R. 455/99 ed anch’esso amministrato dalla Consap (v. nota 2,) ha le seguenti finalità:

§         concedere un indennizzo commisurato ai danni derivanti dagli eventi subiti, a favore delle vittime dell'estorsione esercenti un'attività economica imprenditoriale;

§         concedere un mutuo decennale senza interessi per un ammontare commisurato al danno subito per la vicenda di usura, a favore delle vittime dell'usura esercenti un'attività comunque economica.

I citati benefici economici sono deliberati dal Comitato di Solidarietà per le vittime delle richieste estorsive e dell'usura che siede presso il Ministero dell’interno presieduto dal Commissario Straordinario del Governo per il coordinamento delle iniziative antiracket e antiusura.

La delibera del Comitato viene tradotta in decreto dell'anzidetto Commissario Straordinario del Governo che viene quindi trasmesso alla Consap.

Il Fondo è volto a dare esecuzione al decreto, secondo le seguenti modalità:

§         per i beneficiari vittime di estorsione:

-          dispone il pagamento dell'elargizione mediante assegno circolare non trasferibile entro 30 giorni dal ricevimento del decreto che concede il beneficio;

-          verifica la documentazione (che il beneficiario deve trasmettere alla Consap stessa) attestante il reimpiego dell'elargizione in attività economiche di tipo imprenditoriale;

§         per i beneficiari vittime di usura:

-          accende i conti correnti intestati ai beneficiari e vincolati all'ordine della Consap presso le banche convenzionate indicate dai beneficiari stessi;

-          stipula i contratti di mutuo con i beneficiari presso le Prefetture competenti;

-          ordina i pagamenti a favore dei creditori dei beneficiari indicati nei piani di investimento allegati ai contratti di mutuo, su richiesta scritta dei beneficiari stessi.

 

Il Fondo di solidarietà delle vittime delle richieste estorsive e dell’usura è istituito presso il Ministero dell’interno ed il suo patrimonio risulta costituito, in particolare, mediante gli indicati versamenti annuali delle imprese di assicurazione, i contributi da parte dello Stato nonché la quota annua derivante dai proventi delle vendite dei beni confiscati alla mafia.

Alla data del 30 ottobre 2008, la disponibilità finanziaria del Fondo di solidarietà delle vittime delle richieste estorsive e dell’usura risultava pari a 43,9 milioni di euro.

Lo stanziamento del Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafiosoalla stessa data risultava, invece, essere interamente impegnato.

 

Il comma 2 della norma in esame aggiunge alla L. 512/1999 un comma 1-bis. La nuova disposizione prevede come ulteriore forma di finanziamento eventuale di detto Fondo di rotazione la possibile destinazione, con decreto del Ministro dell’Interno, di una quota del contributo annuale sui premi versati dalle imprese assicurative nei rami incendio, responsabilità civile diversi, auto rischi diversi e furto, devoluto attualmente per intero al Fondo di solidarietà delle vittime delle richieste estorsive e dell’usura, ai sensi dell’art. 18 della L. 44/1994.

 


Art. 2-ter
(Modifiche alla legge 22 dicembre 1999, n. 512)

L’articolo 2-ter– anch’esso introdotto nel corso dell’esame del D.L. presso il Senato – apporta modifiche alla sopra citata L. 512/1999, istitutiva del Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso.

Il comma 1 aggiunge un comma 4-bisall’articolo 4 della predetta legge, in materia di diritto di accesso al Fondo.

 

L’art. 4 della legge 512/1999 stabilisce che hanno diritto di accesso al Fondo, entro i limiti delle disponibilità finanziarie annuali dello stesso, le persone fisiche e gli enti costituiti parte civile nelle forme previste dal codice di procedura penale, a favore dei quali è stato riconosciuto, con sentenza definitiva, successivamente al 30 settembre 1982, il diritto al risarcimento dei danni, patrimoniali e non patrimoniali, nonché alla rifusione delle spese e degli onorari di costituzione e di difesa, a carico di soggetti imputati, anche in concorso, dei seguenti reati:

§         del delitto di cui all'articolo 416-bis del codice penale (associazione di tipo mafioso);

§         dei delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal medesimo articolo 416-bis;

§         dei delitti commessi al fine di agevolare l'attività delle associazioni di tipo mafioso (comma 1).

Hanno altresì diritto di accesso al Fondo, entro i limiti delle disponibilità finanziarie annuali dello stesso, le persone fisiche e gli enti costituiti in un giudizio civile, nelle forme previste dal codice di procedura civile, per il risarcimento dei danni causati dalla consumazione dei citati reati di mafia, accertati in giudizio penale, nonché i successori a titolo universale delle persone a cui favore è stata emessa la sentenza di condanna (comma 2).

 

Il nuovo art. 4-bis amplia le ipotesi,rispettivamente dettate dai commi 3 e 4 dell’art. 4,in cui l’obbligazione del Fondo non sussiste nonché quelle in cui non è possibile avanzare la domanda di indennizzo.

 

L'obbligazione del Fondo non sussistequando nei confronti delle persone indicate nei commi 1 e 2 del medesimo articolo 4, è stata pronunciata sentenza definitiva di condanna per uno dei gravi reati di cui all'articolo 407, comma 2, lettera a), c.p.p.[10] o è applicata in via definitiva una misura di prevenzione, ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni (comma 3).

Il diritto di accesso al Fondo non può essere esercitato da coloro che, alla data di presentazione della domanda, sono sottoposti a procedimento penale per uno dei reati di cui all'articolo 407, comma 2, lettera a), c.p.p. o ad un procedimento per l'applicazione di una misura di prevenzione, ai sensi della legge n. 575/1965, e successive modificazioni (comma 4).

 

Il nuovo comma 4-bis si applica agli eredi di soggetti, che, ai sensi  dei commi 1 e 2 dell’articolo 4, avrebbero i requisiti per l’accesso al Fondo, ma sono deceduti a seguito della consumazione dei gravi reati di cui all’art. 416-bis c.p. La norma prevede che tali eredi non possono accedere al suddetto Fondo, salvo che lo stesso soggetto deceduto avesse assunto prima della morte qualità di collaboratore di giustizia e il programma di protezione non gli fosse stato revocato per causa a lui imputabile.

Una ulteriore modifica riguarda la disciplina della gestione delle domande per l'accesso al Fondo di rotazione (art. 6 della legge).

 

L’art. 6 della legge 512/1999 prevede che la corresponsione delle somme richieste al Fondo è disposta con deliberazione del Comitato di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso entro 60 giorni dalla presentazione della domanda, previa verifica:

§         dell'esistenza, in favore dell'istante, della sentenza di condanna e della legittimazione attiva dell'istante;

§         dell'inesistenza, alla data di presentazione della domanda, di un procedimento penale in corso o di una sentenza definitiva di condanna dell'istante per uno dei reati di cui all'articolo 407, comma 2, lettera a), c.p.p.;

§         dell'inesistenza, alla data di presentazione della domanda, di una misura di prevenzione, ai sensi della legge n. 575/1965, applicata in via definitiva nei confronti dell'istante, o di un procedimento in corso per l'applicazione di una misura di prevenzione.

 

All’art. 6, comma 1,sono aggiunte due nuove lettere (c-bis e c-ter) che prevedono, la verifica della sussistenza di ulteriori requisiti per l’accesso al Fondo, da parte del Comitato di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso, nei casi di soggetto deceduto in conseguenza di reati di associazione a delinquere di stampo mafioso.

Il Comitato dovrà, infatti, accertare che, al momento di presentazione della domanda di accesso al Fondo o al momento dell’evento lesivo che ne ha provocato la morte, non vi siano, nei confronti del beneficiario, procedimenti penali in corso, né sentenze di condanna per i gravi reati di cui all’art. 407, comma 2, lett. a, c.p.p.), né procedimenti di prevenzione antimafia.

 

L’articolo 2-ter aggiunge, infine, un articolo 7-bis alla legge 512 del 1999, prevedendo l’adozione di un nuovo regolamento di attuazione del Fondo di rotazione, di modifica di quello di cui al DPR n. 284 del 2001.

Il regolamento, proposto dal Ministro dell’interno (di concerto coi Ministri della giustizia, dell’economia, dello sviluppo economico e del lavoro, della salute e delle politiche sociali) è adottato entro 4 mesi dall’entrata in vigore della legge, con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il parere del Consiglio di Stato (che deve pronunziarsi entro novanta giorni dalla richiesta).

Il regolamento dovrà prevedere:

§         la sospensione, fino alla decisione del giudice civile, della ripetizione delle somme già liquidate dal Comitato di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso a seguito di condanna al pagamento di una provvisionale, quando il giudice dell’impugnazione dichiara estinto il reato per morte del reo, ex art. 129 del codice di procedura penale;

§         la ripetizione delle somme già pagate a titolo di provvisionale quando, a seguito di estinzione del reato, l’azione civile di risarcimento esperita contro gli eredi del reo si sia conclusa con la soccombenza della vittima attrice o dei suoi successori.

 


Art. 2-quater
(Modifiche alla legge 20 ottobre 1990. n. 302)

L’articolo 2-quater, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato[11], interviene sulla disciplina dei benefici per le vittime della criminalità organizzata, ridefinendo la platea dei soggetti aventi diritto alle elargizioni di cui alla L. 302/1990[12], al fine di escludere dal novero dei beneficiari delle provvidenze i soggetti che partecipino a ambienti o rapporti delinquenziali.

In particolare, la disposizione in esame novella la lettera b) del comma 2 dell’art. 1 della L. 302 richiedendo – ai fini dell’erogazione dell’elargizione per invalidità prevista dal comma 1 del medesimo articolo – che il soggetto leso debba essere del tutto estraneo ad ambienti e rapporti delinquenziali non solo al momento dell’evento, come attualmente previsto, ma in via generale, e quindi anche in epoca successiva alle lesioni. La disposizione continua, peraltro, a fare salvo il caso di accidentale coinvolgimento passivo nell’azione lesiva.

Al riguardo, andrebbe valutata la congruità del mantenimento dell’inciso volto a consentire l’erogazione dell’elargizione nell’ipotesi di coinvolgimento accidentale, alla luce dell’intervento normativo in esame che richiede l’estraneità assoluta ad ambienti e rapporti delinquenziali, e non solo al momento dell’evento.

Con riferimento ai rapporti intrattenuti in epoca precedente, non viene modificata la previsione della lettera b), che già richiedeva che il soggetto risultasse, al tempo dell'evento, già dissociato o comunque estraniato dagli ambienti e dai rapporti delinquenziali cui partecipava.

L’eventuale dissociazione costituisce un requisito alternativo all’estraneità ad ambienti e rapporti delinquenziali ed in questa ottica andrebbe valutato se tale alternativa, in sede di applicazione, non possa dar luogo ad esiti contraddittori, in particolare in presenza di una dissociazione al tempo dell’evento cui abbia successivamente fatto seguito un riavvicinamento ad ambienti delinquenziali.

 

Quanto all’interpretazione del requisito della assoluta estraneità ad ambienti e rapporti delinquenziali, la giurisprudenza ha precisato che i benefici devono essere negati ogni qual volta i trascorsi della vittima, le sue frequentazioni, il suo stile di vita (anche se non abbiano dato luogo a fatti penalmente rilevanti) siano tali da far sussistere il ragionevole dubbio della sua non totale "estraneità".

A fronte della notevole ampiezza della formula normativa e della finalità dei benefici, che non tollera che misure solidaristiche finiscano per confluire, direttamente o indirettamente, a vantaggio della criminalità, si richiede un particolare rigore nell’accertamento del presupposto, che implica, in ogni caso, la titolarità di uno status incompatibile anche con il mero sospetto della non totale estraneità del soggetto leso agli ambienti delinquenziali, ed a rapporti con tali ambienti[13].

In questo contesto si è, in particolare, ritenuto legittimo il provvedimento che nega l’elargizione stessa sulla base di un forte sospetto circa la non estraneità ad ambienti criminali, contenuto in rapporti di Polizia giudiziaria[14].

 

La lettera a), non modificata dalla disposizione in esame, richiede inoltre che il soggetto leso non abbia concorso alla commissione del fatto delittuoso lesivo ovvero di reati ad esso connessi.

Il successivo art. 2-quinquies (v. infra) stabilisce, inoltre, che il sopravvenuto mutamento delle condizioni previste dall’art. 1 per il riconoscimento dei benefici determini:

§         l’interruzione delle erogazioni già disposte;

§         l’integrale ripetizione dei benefici già erogati.

 

La L. 302/1990 interviene in un quadro normativo particolarmente articolato, che registra numerosi interventi legislativi anche a livello regionale, e che ha origine con la determinazione di una serie di provvidenze a favore degli appartenenti alle forze dell’ordine e dei militari colpiti nell’adempimento del dovere.

Successivamente, la platea dei beneficiari si è andata estendendo, arrivando a comprendere le vittime del terrorismo e, più in generale, le vittime di azioni criminose.

In particolare, la L. 302/1990ha riorganizzato nuovamente la materia introducendo una serie di ulteriori benefici a favore delle vittime di atti di terrorismo e della criminalità organizzata:

§         viene elevato a 150 milioni di lire l’importo dell’elargizione una tantum in favore delle famiglie degli appartenenti alle forze dell’ordine deceduti nel compimento del proprio dovere nonché ai vigili del fuoco e ai militari delle Forze armate in servizio di ordine pubblico o di soccorso prevista dalla L. 466/1980[15];

§         viene superata la distinzione, in caso di atti di terrorismo o di criminalità organizzata, tra vittime “civili” e vittime appartenenti ad apparati dello Stato (forze dell’ordine, magistratura ecc.) prevedendo la concessione della elargizione per invalidità a “chiunque” abbia subito ferite per tali atti. L’elargizione è elevata anch’essa fino ad un massimo di 150 milioni (elevato dalla legge 206/2004 a 200.000 euro), a chiunque subisca un’invalidità permanente in proporzione di 1,5 milioni per punto percentuale (ora 2.000 euro);

§         viene chiarito che la corresponsione della elargizione spetta, in caso di decesso, anche ai superstiti, compresi:

-          i componenti la famiglia della vittima;

-          i soggetti non parenti né affini, né legati da rapporto di coniugio, che risultino conviventi a carico della vittima negli ultimi tre anni precedenti l’evento;

-          i conviventi more uxorio;

§         è introdotta la possibilità, per le vittime del terrorismo e della criminalità che abbiano riportato una invalidità pari ad almeno due terzi della capacità lavorativa e per i superstiti, di ottenere un assegno vitalizio, in luogo dell’elargizione in unica soluzione;

§         viene esteso il diritto all’assunzione obbligatoria presso le pubbliche amministrazioni anche ai coniugi superstiti, figli e genitori dei soggetti deceduti o resi permanentemente invalidi in misura non inferiore all’80% della capacità lavorativa (anche tale disposizione come quella analoga della legge 466/1980 è stata poi abrogata dalla L. 68/1999);

§         si stabilisce l’esenzione dal pagamento dei ticket sanitari per ogni tipo di prestazione conseguente agli eventi terroristici o di criminalità organizzata che legittimano la corresponsione dei benefìci.

Quanto ai beneficiari delle provvidenze, l’art. 1 della L. 302/1990 – oltre a far riferimento alle vittime del terrorismo (co. 1)- prevede che i benefici trovino applicazione con riguardo a:

§         chiunque subisca un’invalidità permanente, per effetto di ferite o lesioni riportate in conseguenza dello svolgersi nel territorio dello Stato di fatti delittuosi commessi per il perseguimento delle finalità delle associazioni di cui all’art. 416-bis c.p. (Associazione di tipo mafioso) (co. 2);

§         chiunque subisca un’invalidità permanente, per effetto di ferite o lesioni riportate in conseguenza dello svolgersi nel territorio dello Stato di operazioni di prevenzione o repressione dei fatti delittuosi suddetti (co. 3);

§         chiunque, fuori dai casi di cui al comma 3, subisca un’invalidità permanente, per effetto di ferite o lesioni riportate in conseguenza dell’assistenza prestata, e legalmente richiesta per iscritto ovvero verbalmente nei casi di flagranza di reato o di prestazione di soccorso, ad ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria o ad autorità, ufficiali ed agenti di pubblica sicurezza, nel corso di azioni od operazioni di prevenzione o repressione dei fatti delittuosi suddetti, svoltesi nel territorio dello Stato (co. 4).

 

L’articolo 1 della L. 302 costituisce, peraltro, il riferimento normativo assunto dalla successiva legislazione per definire l’attribuzione di ulteriori provvidenze alle vittime della criminalità organizzata e, pertanto, la novella pare spiegare i propri effetti anche con riferimento ad ulteriori benefici.

 

Si vedano, in particolare:

§         L’art. 2, comma 105,della legge finanziaria 2008 (L. 244/2007), che ha disposto l’ estensione delle elargizioni che l’art. 5, co. 3 e 4, della L. 206/2004 prevede a favore delle vittime del terrorismo anche alle vittime della criminalità organizzata ed ai familiari superstiti, alle vittime del dovere ed ai familiari superstiti,

I benefici oggetto dell’estensione sono, in particolare:

-          la concessione a decorrere dal 1° gennaio 2008 a favore di chi abbia subito un’invalidità permanente non inferiore al 25 per cento a causa di un atto di terrorismo e dei superstiti delle vittime, compresi i figli maggiorenni di uno speciale assegno vitalizio, non reversibile, di importo pari a 1.033 euro, soggetto a perequazione automatica (art. 5, co. 3);

-          l’attribuzione, nel caso di morte dei soggetti che beneficiano dello speciale assegno vitalizio dell’art. 5, co. 3, di due annualità della pensione di reversibilità (comprensive della tredicesima mensilità) ai superstiti che hanno diritto a tale trattamento pensionistico di reversibilità; il beneficio in questione è limitato al coniuge ai figli minori, ai figli maggiorenni, ai genitori, ai fratelli e alle sorelle se conviventi e a carico (art. 5, co. 4); anche in questo caso l’attribuzione avviene a decorrere dal 1° gennaio 2008.

§         l’art. 34, comma 1, del D.L. 159/2007[16] che ha esteso alle vittime del dovere ed ai familiari superstiti, nonché alle vittime della criminalità organizzata ed ai familiari superstiti, le elargizioni che l’art. 5, co. 1 e 5, della L. 206/2004[17] prevede a favore delle vittime del terrorismo.

Si tratta, in particolare, dei seguenti benefici:

-          l’elargizione a favore di chi abbia subito un’invalidità permanente a causa di un atto di terrorismo, prevista dall’art. 1, co. 1, della L. 302/1990, e incrementata dall’art. 5, co. 1, della L. 206/2004; tale elargizione è pari nella misura massima a 200.000 euro ed è proporzionata alla percentuale di invalidità riportata, in ragione di 2.000 euro per ogni punto percentuale;

-          l’elargizione a favore dei componenti della famiglia di colui che, in conseguenza dell’atto di terrorismo, abbia perso la vita, prevista dall’art. 4, co. 1, della L. 302/1990 (e la riliquidazione in tal senso, disposta dall’art. 12, co. 3, della stessa legge, degli importi già corrisposti a titolo di speciale elargizione dalla L. 466/1980), che l’art. 5, co. 5, della L. 206/2004 ha incrementato a 200.000 euro.

§         la legge 23 novembre 1998, n. 407, che – nel testo modificato dal citato D.L. 13/2003 – apporta, tra le altre, le seguenti innovazioni alla disciplina dei benefici per le vittime del terrorismo e della criminalità:

-          una nuova disciplina sul collocamento obbligatorio ai soggetti di cui all’art. 1 della L. 302/1990 (si tratta di coloro che hanno subito un’invalidità permanente a causa di atti di terrorismo) e ai superstiti dei deceduti;

-          corresponsione di un vitalizio, oltre alla elargizione una tantum, di 500 mila lire mensili a chiunque subisca un’invalidità permanente non inferiore a un quarto della capacità lavorativa e ai superstiti delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata;

-          attribuzione di due annualità della pensione di reversibilità ai congiunti degli invalidi di cui all’art. 1 della L. 302/1990, in caso di decesso di questi ultimi;

-          istituzione di borse di studio riservate agli invalidi di cui sopra e agli orfani e ai figli delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata.

 


Art. 2-quinquies
(Limiti alla concessione dei benefici di legge ai superstiti
della vittima della criminalità organizzata)

L’articolo 2-quinquies, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato[18], si pone in diretta correlazione con le innovazioni introdotte agli articoli 2-ter e 2-quater del decreto-legge ed è teso ad escludere che i benefici previsti per i superstiti delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata possano essere attribuiti a soggetti comunque legati alla criminalità organizzata o ad ambienti delinquenziali.

In particolare, il comma 1 introduce due ulteriori requisiti – che si affiancano a quello di parentela o convivenza richiesto dall’art. 4 della L. 302/1990 – per il riconoscimento dei benefici ai superstiti delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata (in base al tenore letterale della disposizione, essa dovrebbe riferirsi a tutti i benefici previsti per i superstiti anche al di fuori della L. 302/1990). Si tratta, in particolare, del requisito:

§         dell’assenza di rapporti di coniugio, affinità o convivenza con persone nei confronti delle quali sia in corso un procedimento per l’applicazione o siano applicate misure di prevenzione ai sensi della L. 575/1965[19] (la norma pare escludere, quindi, i soggetti per i quali siano già state in passato applicate misure di prevenzione) ovvero per i quali sia in corso un procedimento per uno dei delitti di cui all’art. 51, comma 3-bis, c.p.p.. Si segnala che la norma non specifica il grado di affinità richiesto, né richiede una particolare qualificazione o durata della convivenza. Ai fini della disposizione in esame non rilevano inoltre i legami di parentela;

§         della totale estraneità del beneficiario ad ambienti e rapporti delinquenziali ovvero della sua dissociazione, al tempo dell’evento, dagli ambienti e dai rapporti delinquenziali cui partecipava.

Si tratta di un requisito sostanzialmente analogo a quello previsto dall’art. 1, co. 2, lett. b) per le sole vittime della criminalità organizzata ai fini dell’erogazione dell’elargizione per invalidità prevista dal comma 1 del medesimo articolo.

 

Con riferimento ai rapporti di parentela costituenti requisito ai sensi dell’art. 4 della L. 302/1990, il co. 1 di tale articolo (mediante rinvio all’art. 6 della L. 466/1980) individua quali beneficiari, nell’ordine indicato, i seguenti familiari:

1) coniuge superstite e figli se a carico;

2) figli, in mancanza del coniuge superstite o se lo stesso non abbia diritto a pensione;

3) genitori;

4) fratelli e sorelle se conviventi a carico.

Fermo restando l'ordine sopraindicato per le categorie di cui ai numeri 2), 3) e 4), nell'ambito di ciascuna di esse, si applicano le disposizioni sulle successioni legittime stabilite dal codice civile.

Il successivo co. 2 individua altresì, collocandoli, nell’ordine, dopo i fratelli e le sorelle conviventi a carico, i soggetti “non parenti né affini, né legati da rapporto di coniugio, che risultino conviventi a carico della persona deceduta negli ultimi tre anni precedenti l'evento ed ai conviventi more uxorio”.

Con riferimento alle fattispecie introdotte dalla disposizione in esame, si ricorda che la L. 575/1965 ha esteso le misure preventive di natura personale di cui alla L. 1423/1956 agli indiziati di appartenere ad associazioni mafiose, camorristiche e assimilabili, prevedendo altresì (art. 2-bis) la possibilità di disporre nei confronti dei suddetti soggetti misure preventive di carattere patrimoniale (quali il sequestro e la confisca). A seguito delle modifche introdotte dal D.L. 92/2008[20], la L. 575/1965 consente l’applicazione delle misure di sicurezza ivi previste anche agli indiziati per uno dei reati di cui all'art. 51, comma 3-bis[21], c.p.p.

Si tratta, in particolare:

§         dei delitti, consumati o tentati, di cui agli articoli 416, sesto comma, c.p. (Associazione per delinquere diretta a commettere uno dei delitti di cui agli artt. 600, 601 e 602 c.p.); 600 c.p. (Riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù); 601 c.p. (Tratta di persone), 602 c.p. (Acquisto e alienazione di schiavi), 416-bis c.p. (Associazione di tipo mafioso) e 630 c.p. (Sequestro di persona a scopo di estorsione);

§         dei delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall’art. 416-bis (Associazione di tipo mafioso[22]) ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo,

§         dei delitti di cui all'art. 74 del testo unico approvato con il D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309[23]. In particolare, il citato art. 74 prevede e sanziona l'associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope;

§         dei delitti previsti dall'art. 291-quater del testo unico approvato con D.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43[24]. In particolare, l'art. 291-quater prevede e sanziona l'associazione a delinquere finalizzata al contrabbando di tabacchi lavorati esteri[25].

 

Con riferimento alla formulazione della disposizione, andrebbe in primo luogo valutato se essa – in conformità a quanto richiesto dalla circolare del Presidente della Camera recante regole e raccomandazioni sulla formulazione tecnica dei testi legislativi – possa essere formulata in termini di novella alla L. 302/1990, dal momento che essa introduce requisiti per l’erogazione di benefici previsti da detta legge.

Dovrebbe inoltre valutarsi l’opportunità di un coordinamento della disposizione con la normativa vigente: al riguardo, si segnala che l’art. 9-bis della L. 302/1990[26] già prevedeva che le condizioni di estraneità alla commissione degli atti terroristici o criminali e agli ambienti delinquenziali, di cui all'articolo 1, commi 1 e 2, della medesima legge fossero richieste, per la concessione dei benefici, anche nei confronti di tutti gli altri soggetti destinatari.

Il comma 2 reca invece una disposizione che – diversamente da quanto indicato nella rubrica dell’articolo in esame – si riferisce non solo ai benefici per i superstiti delle vittime ma anche alle provvidenze in favore delle vittime stesse.

In particolare, si prevede che il sopravvenuto mutamento (il legislatore intende con ogni probabilità fare riferimento alla sopravvenuta cessazione) delle condizioni per il riconoscimento dei benefici, previste, rispettivamente, dagli articoli 1 e 4 della L. 302/1990, determini:

§         l’interruzione delle erogazioni già disposte;

§         l’integrale ripetizione dei benefici già erogati.

Con riferimento alla formulazione della disposizione, si segnala che, ai fini del riconoscimento dei benefici ai superstiti delle vittime del terrorismo e della criminalità, l’articolo 4 non prevede espressamente requisiti ulteriori rispetto alla pregressa sussistenza di rapporti di parentela o di convivenza, che non sembra suscettibile di sopravvenute modificazioni.

Appaiono invece suscettibili di variazioni successive all’evento lesivo le condizioni poste dall’articolo in esame, nonché – in particolare a seguito delle modifiche introdotte dall’art. 2-quater del decreto-legge – quelle di cui all’art. 9-bis della L. 302/1990.

Andrebbe comunque valutata, anche in questo caso, l’opportunità di formulare la disposizione in esame in termini di novella alla L. 302/1990.

 


Articolo 3
(Misure per fronteggiare l’immigrazione clandestina)

L’articolo 3 contiene una autorizzazione di spesa in gran parte finalizzata alla costruzione di nuovi centri di identificazione ed espulsione (CIE).

Il comma 1 stanzia 3 milioni di euro per l’anno 2008, 37,5 milioni di euro per il 2009, 40,47 milioni di euro per il 2010 e 20,075 milioni di euro per il 2011 e gli anni successivi, per l’ampliamento ed il miglioramento della disponibilità ricettiva dei centri di identificazione ed espulsione.

La gran parte delle somme stanziate nei primi anni – 3 milioni per il 2008 e 37,5 per ciascuno degli anni 2009 e 2010 – è destinata alla costruzione di nuovi centri.

 

Si ricorda che è attualmente all’esame del Senato il disegno di legge in materia di sicurezza di iniziativa governativa (A.S. 733) che prevede disposizioni parzialmente sovrapponibili a quelle in esame.

In particolare, rilevano l’art. 18, che eleva da 60 giorni a 18 mesi il tempo di permanenza massimo nei CIE (sul punto si veda anche oltre), e l’art. 20 che ne quantifica i relativi oneri. Essi sono valutati in:

§       47.424.000 euro per l’anno 2008, di cui 46.632.000 destinati alla costruzione e ristrutturazione dei centri di identificazione ed espulsione;

§       104.385.000 euro per l’anno 2009, di cui 93.264.000 euro destinati alla costruzione e ristrutturazione dei centri di identificazione ed espulsione;

§       154.992.000 euro per l’anno 2010, di cui 93.264.000 euro destinati alla costruzione e ristrutturazione dei centri di identificazione ed espulsione;

§       97.107.000 euro a decorrere dall’anno 2011.

La spesa complessiva di circa 233 milioni destinati ai CIE porteranno alla realizzazione di 4.640 nuovi posti che si aggiungeranno ai 1.160 esistenti.

Secondo quanto recentemente dichiarato dal Governo, l’articolo in esame costituisce una anticipazione del disegno di legge A.S. 733, permettendo la immediata realizzazione di nuove strutture con la creazione di 1.000 nuovi posti, praticamente raddoppiando la capienza attuale[27].

 

Due sono le finalità perseguite con la disposizione in commento:

§         fronteggiare l’intensificarsi del fenomeno dell’immigrazione clandestina;

§         garantire una rapida attuazione della normativa europea in materia.

Per quanto riguarda la prima finalità, secondo la relazione illustrativa del disegno di legge di conversione (A.S. 1072), le misure contenute nell’articolo in esame sono dirette a “fronteggiare lo straordinario intensificarsi dei flussi di immigrazione clandestina, di cui la manifestazione più evidente è rappresentata dagli sbarchi lungo le coste nazionali[28], che rendono urgente adeguare le strutture di trattenimento degli stranieri da espellere alle dimensioni e all’entità del fenomeno in atto”. In particolare, le risorse stanziate dall’articolo in esame rappresentano la premessa di “un piano straordinario di ampliamento della ricettività dei centri di identificazione ed espulsione per garantire la migliore funzionalità delle procedure di espulsione attraverso la costruzione di nuove strutture di trattenimento”.

Inoltre, per quanto riguarda la normativa europea, il riferimento è alla nuova direttiva europea sui rimpatri, come chiarito dalla relazione tecnica al medesimo disegno di legge di conversione, di cui il piano straordinario di costruzione di nuovi CIE ne anticipa l’attuazione.

 

Si tratta della cosiddetta “direttiva rimpatri” all’esame delle istituzioni europee, in avanzata fase di elaborazione ma non ancora approvata definitivamente[29].

La direttiva si applica ai cittadini non comunitari soggiornanti in posizione irregolare in uno dei Paesi membri. La proposta introduce norme comuni riguardanti il rimpatrio, l’allontanamento, l’uso di misure coercitive, la custodia temporanea e il reingresso di cittadini di paesi terzi soggiornanti illegalmente. La proposta attribuisce una dimensione europea agli effetti delle misure di rimpatrio adottate a livello nazionale, ponendo in essere un divieto al rientro sul territorio, valido per l’insieme dell’Unione europea.

Inoltre, sono disciplinate alcune procedure e modalità relative alla permanenza nei centri di trattenimento, tra cui la determinazione della durata massima della permanenza in detti centri che viene fissata in 6 mesi (nella versione originaria della proposta di direttiva) prorogabili al massimo di altri 12 mesi (come stabilito nella versione finale del 18 giugno 2008).

Il recepimento di tale ultima disposizione è anticipato dal citato disegno di legge del Governo in materia di sicurezza pubblica. Questo prevede appunto l’innalzamento da 60 giorni a 18 mesi del termine massimo di trattenimento nei CIE (A.S. 733, art. 18 che novella l’art. 14 del D.Lgs. 286/1998 testo unico sull’immigrazione).

 

Il comma 2 provvede alla copertura degli oneri finanziari, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente[30] iscritto, ai fini del bilancio triennale 2008-2010, nell’ambito del programma “Fondi di riserva e speciali” della missione “fondi da ripartire” dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2008, allo scopo parzialmente utilizzando i seguenti accantonamenti:

 

(in migliaia di euro)

 

2008

2009

2010

2011

Ministero della giustizia

-

7.193

11.212

290

Ministeri dell’interno

3.000

30.307

19.785

19.785

Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali

-

-

9.473

-

Totale

3.000

37.500

40.470

20.075

 

La tabella contenente l’indicazione degli accantonamenti è stata così modificata con l’approvazione di un emendamento da parte della I Commissione che ha recepito una condizione posta nel parere della V Commissione (seduta n. 55 del 15 ottobre 2008).

La versione originaria della tabella recava infatti gli accantonamenti a carico dei ministeri solamente fino al 2010, senza alcune indicazione relativa al periodo a regime (2011 e seguenti).

 

Dal punto di vista della redazione tecnica del testo, la tabella inserita nel comma 2 andrebbe collocata in allegato al testo del decreto-legge, dopo l'ultimo articolo[31], anche per agevolare il trattamento informatico del testo.

 

Il comma 3 autorizza il Ministro dell’economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

La denominazione “centri di identificazione ed espulsione”, cui il testo in esame fa riferimento, è stata introdotta dall’art. 9 del decreto legge 92/2008[32], che ha così sostituito la precedente denominazione “centri di permanenza temporanea ed assistenza” stabilita dal decreto legislativo 286/1998[33] che ha istituito tali centri.

I CIE, ex CPTA,sono luoghi di trattenimento del cittadino straniero in attesa di esecuzione di provvedimenti di espulsione (i motivi di possibile trattenimento sono i seguenti: perché occorre procedere al soccorso dello straniero, ad accertamenti supplementari in ordine alla sua identità o nazionalità, ovvero all'acquisizione di documenti per il viaggio, ovvero a giudizio di convalida, ovvero per l'indisponibilità di vettore o altro mezzo di trasporto idoneo)[34].

In tali strutture lo straniero deve essere trattenuto con modalità tali da assicurare la necessaria assistenza ed il pieno rispetto della sua dignità (art. 14, co. 2, D.Lgs. 286/1998).

Il trattenimento è disposto con provvedimento del questore per un periodo di 30 giorni, prorogabile, su richiesta del questore e solo in presenza di gravi difficoltà, di altri 30 giorni.

Sono, inoltre, trattenuti nei CIE, coloro che fanno richiesta di asilo dopo essere stati oggetto di un provvedimento di espulsione, ad esclusione dell’espulsione a causa di ingresso clandestino o di trattenimento nel territorio nazionale senza aver fatto richiesta del permesso di soggiorno[35].

In questi due ultimi casi i richiedenti asilo sono ospitati in altre strutture, denominate centri di accoglienza richiedenti asilo (CARA), che hanno sostituito i centri di identificazione introdotti dalle legge 189/2002 (la cosiddetta legge Bossi-Fini). Nei CARA sono trattenuti anche i richiedenti asilo in attesa di identificazione e i respinti alla frontiera.

Va ricordato che, in base alla disciplina posta dall’articolo 20, comma 11, del D.Lgs. 30/2007[36], come modificato nel corso della passata legislatura dal D.Lgs. 32/2008, il trattenimento nei CIE può riguardare anche i cittadini comunitari colpiti da un provvedimento di allontanamento, nelle more della procedura di convalida.

Attualmente i CIE operativi sono 10, per un totale di 1.160 posti disponibili, dislocati nelle seguenti località:

§       Bari-Palese, area aeroportuale – 196 posti

§       Bologna, Caserma Chiarini – 95 posti

§       Caltanissetta, Contrada Pian del Lago – 96 posti

§       Catanzaro, Lamezia Terme – 72 posti

§       Gorizia, Gradisca d’Isonzo – 136 posti

§       Milano, Via Corelli – 84 posti

§       Modena, Località Sant’Anna – 60 posti

§       Roma, Ponte Galeria – 300 posti

§       Torino, Corso Brunelleschi – 90 posti

§       Trapani, Serraino Vulpitta – 31 posti

Le nuove strutture, anch’esse nel numero di 10, dovrebbero essere localizzate nelle regioni nelle quali attualmente non esistono CIE. Sono in corso le attività di scelta e di valutazione alle quali partecipano anche le regioni e gli enti locali interessati[37].

Documenti all’esame delle istituzioni dell’Unione europea
(a cura dell'Ufficio Rapporti con l'Unione europea)

In riferimento ai centri di accoglienza per richiedenti asilo e ai centri per gli immigrati dei diversi Stati membri, le istituzioni europee hanno assunto diverse iniziative.

In particolare, nell’ambito della relazione (COM(2007)745)[38] sull’applicazione della direttiva 2003/9/CE, recante norme minime relative all'accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri, presentata il 26 novembre 2007, la Commissione nel ritenere che l’attuazione della direttiva negli Stati membri sia avvenuta in modo complessivamente soddisfacente ha tuttavia rilevato l’esistenza di taluni problemi relativi all’Italia, con particolare riferimento ai centri di permanenza.

 

In particolare, la direttiva non prevede eccezioni per quanto riguarda la sua applicabilità ai diversi luoghi destinati ad accogliere i richiedenti asilo; in Italia, contrariamente a questo principio, la direttiva non viene applicata ai centri di permanenza temporanea. Inoltre, non risultano adeguate le condizioni d’accoglienza accordate ai richiedenti asilo in stato di trattenimento e, contrariamente alle disposizioni della direttiva, in numerosi Stati membri, tra cui l’Italia, l’accesso all’istruzione dei minori in trattenimento è, nella pratica, molto limitato. Non sembra, infine, adeguato il livello di risorse umane e materiali destinate, in Italia, alla messa in opera delle condizioni di accoglienza.

 

La commissione Libertà civili, giustizia e affari interni (LIBE) del Parlamento europeo sta svolgendo dal 2005 visite ai centri di accoglienza per richiedenti asilo e ai centri per gli immigrati dei diversi Stati membri, in vista della presentazione di una risoluzione di iniziativa sull’opportunità di modificare la direttiva 2003/9/CE. Sono stati finora visitati i centri in Italia, Grecia, Belgio, Regno Unito, Olanda, Polonia e Danimarca e Cipro. Sul risultato di queste visite il Parlamento europeo dovrebbe pronunciarsi in sessione plenaria entro dicembre 2008.

La visita in Italia si è svolta il 15 settembre 2005 presso l’allora Centro di permanenza temporaneo di Lampedusa[39] e su di essa è stata presenta una relazione alla Commissione LIBE, da parte dell’europarlamentare Martine Roure, nella quale, tra le altre cose, la delegazione esprimeva preoccupazione per le precarie condizioni di vita nel centro, inadeguate all’intenso flusso migratorio.

In materia di centri di accoglienza per richiedenti asilo e di centri per gli immigrati, il Parlamento europeo ha inoltre commissionato uno studio esterno, al fine di approfondire, in particolare la situazione nei paesi membri relativamente ai servizi e agli strumenti in favore delle persone vulnerabili. Lo studio, realizzato dalla società STEPS Consulting Social è stato presentato nel dicembre 2007.

Per quanto riguarda l’Italia, l’inchiesta si è svolta in due missioni: la prima, nel Centro e nel Nord d’Italia ha riguardato i Centri di permanenza temporanea e di assistenza (CPTA) diMilano, Torino, Bologna e Roma, il Centro di identificazione (CID) di Milano e il Centro di prima accoglienza di Ancona; la seconda, nel Sud, ha interessato i CPTA di Bari, Foggia,Crotone e Trapani, il CID di Crotone e il Centro di prima accoglienza e di soccorso di Lampedusa.

Lo studio rileva in particolare:

§         cattive condizioni di vita e di igiene e problemi di sovrappopolamento (in alcuni casi sono utilizzate grosse gabbie o containers);

§         grande disparità di condizioni di vita in funzione degli enti responsabili della gestione del centro;

§         stretto regime di detenzione di tipo carcerario nei CPT, misure di sicurezza sproporzionate e interventi eccessivi della polizia nella vita dei centri, talvolta applicate anche ai Centri di prima accoglienza;

§         mancanza di accesso delle persone trattenute alle informazioni sui loro diritti, al sostegno legale, a servizi di interpretariato, mancanza di apertura dei centri sull’esterno a causa della presenza limitata di ONG, inadeguatezza del sostegno medico, psicologico e sociale;

§         carattere patogeno del trattenimento per degli immigrati già indeboliti.

Per quanto riguarda i gruppi vulnerabili l’inchiesta ha individuato lacune nell’individuazione delle persone vulnerabili e nel sostegno medico e psicologico, mancanza di strutture per l’accoglienza di portatori d’handicap e criticità nell’accoglienza dei minori e delle donne in gravidanza.

In conclusione lo studio raccomanda: di ammorbidire il regime “rigido e carcerario” vigente in alcuni centri, sproporzionato e inadatto e che conduce ad una criminalizzazione dei migranti; aprire centri di prima accoglienza che non siano centri chiusi, creare alternative al trattenimento, in particolare per alcune categorie di persone vulnerabili; migliorare le condizioni materiali e di igiene e ristrutturare alcuni centri; permettere l’accesso permanente delle OGN per rendere possibile una assistenza giuridica e sociale ed assicurare un controllo regolare dei centri per prevenire abusi; creare dispositivi di assistenza per persone particolarmente indebolite; migliorare l’individuazione e il sostegno alle persone vulnerabili e/o sofferenti per problemi psicologici.


Articolo 3-bis
(Norme in materia di indennità spettanti ai giudici onorari di tribunale e ai vice procuratori onorari)

L’articolo 3-bis del decreto-legge, introdotto nel corso dell’esame al Senato, prevede disposizioni in materia di indennità in favore dei giudici onorari di tribunale (GOT) e dei vice procuratori onorari (VPO).

La norma mira alla razionalizzazione della attuale disciplina contenuta nel D.Lgs 273/1989 che – nel tempo e, soprattutto, a seguito delle nuove competenze attribuibili per delega ai VPO – ha portato ad una disomogeneità della prassi e dei criteri di quantificazione delle indennità dovute a detti magistrati onorari.

 

La disciplina sostanziale sui giudici onorari di tribunale e i vice procuratori onorari è contenuta nel R.D. 12/1941 sull’ordinamento giudiziario; numerose e dettagliate disposizioni integrative sono state poi dettate da specifiche circolari del Consiglio superiore della magistratura.

Le funzioni svolte dai giudici onorari di tribunale sono in gran parte le stesse dei magistrati ordinari: l’art. 43-bis del regio decreto 12/1941 attribuisce al presidente del tribunale (o al presidente di sezione dell’ufficio) il compito di assegnare il “lavoro giudiziario” ai magistrati (sia ordinari che onorari), fermo restando il principio generale in base al quale i giudici onorari possono tenere udienza solo nei casi di impedimento o di assenza dei giudici ordinari.

Lo stesso art. 43-bis non indica in positivo le funzioni da esercitare o i procedimenti che possono essere assegnati al giudice onorario, limitandosi a precisare che il presidente del tribunale, nell’assegnare i procedimenti, deve seguire il criterio di non affidare ai GOT: nella materia civile, la trattazione di procedimenti cautelari e possessori, fatta eccezione per le domande proposte nel corso della causa di merito o del giudizio petitorio; nella materia penale, le funzioni di giudice per le indagini preliminari e di giudice dell’udienza preliminare, nonché la trattazione di procedimenti diversi da quelli previsti dall’articolo 550 del codice di procedura penale (casi di citazione diretta a giudizio)[40].

Le funzioni svolte dai vice procuratori onorari – che ai sensi dell’art. 71 del regio decreto 12/1941 possono essere addetti alle procure della Repubblica presso i tribunali ordinari – sono indicate dall’art. 72 dell’ordinamento giudiziario. La norma stabilisce che, nei procedimenti sui quali il tribunale giudica in composizione monocratica, le funzioni del pubblico ministero possono essere svolte dai vice procuratori onorari, su delega nominativa del procuratore della Repubblica presso il tribunale ordinario.

Mentre nel settore civile non sono previste specifiche limitazioni, in relazione ai procedimenti penali le funzioni di VPO possono essere svolte: nell’udienza dibattimentale; nell’udienza di convalida dell’arresto nel giudizio direttissimo (purché si tratti di vice procuratori onorari in servizio da almeno sei mesi); per la richiesta di emissione del decreto penale di condanna; nei procedimenti camerali di cui all’articolo 127 c.p.p. (salvo quanto previsto dalla lettera b), nei procedimenti di esecuzione (ai fini dell’intervento del PM di cui all’articolo 655, comma 2)[41] e nei procedimenti di opposizione al decreto di pagamento motivato emesso dal giudice in favore dell’ausiliario del magistrato, del custode e delle imprese private cui è affidato l’incarico di demolizione di opere abusive e riduzione in pristino dei luoghi (art. 170 del D.P.R. 115/2002[42]).

Nella materia penale, è seguito altresì il criterio di non delegare le funzioni del PM in ordine a procedimenti relativi a reati diversi da quelli per cui si procede con citazione diretta a giudizio, secondo quanto previsto dall’art. 550 del codice di procedura penale.

Il decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106[43] (articolo 7) ha abrogato il comma 2 del citato articolo 72 dell’ordinamento giudiziario, che prescriveva che la delega fosse conferita in relazione ad una determinata udienza o ad un singolo procedimento e che essa, in ambito penale, fosse revocabile solo nei casi in cui era prevista la sostituzione del pubblico ministero.

Ad entrambe le categorie di magistrato onorario sono applicabili, ex art. 71 del R.D. 12/1941, le medesime norme per quanto attiene alla nomina, alla durata nell’incarico, alle incompatibilità, alla cessazione, alla decadenza e alla revoca dall’ufficio, secondo quanto stabilito agli artt. 42-ter, 42-quater, 42-quinquies e 42-sexies dell’ordinamento giudiziario.

L’art. 42-ter prevede che la nomina dei giudici onorari di tribunale (e dei vice procuratori onorari) avvenga con decreto del Ministro della giustizia, in conformità alla deliberazione del Consiglio superiore della magistratura, su proposta del consiglio giudiziario competente per territorio[44].

La disciplina di dettaglio per la nomina e la conferma dei giudici onorari di tribunale e dei vice procuratori onorari è attualmente definita da due decreti ministeriali del 26 settembre 2007, di recepimento di due delibere del C.S.M. adottate il 19 luglio 2007[45].

Ai sensi dell’art. 42-quinquies del R.D. 12/1941, la nomina a giudice onorario di tribunale e a vice procuratore onorario ha durata triennale[46], con la possibilità della conferma per un solo ulteriore mandato di tre anni (primo e quarto comma). Il periodo massimo di permanenza nell’ufficio è quindi di sei anni.

 

Il comma 1 dell’art. 3-bis in esame modifica l’art. 4 del D.Lgs. n. 273 del 1989 – relativo alle norme di attuazione, coordinamento e transitorie del DPR 449/1988 (Adeguamento dell’ordinamento giudiziario alla nuova disciplina del processo penale ordinario e minorile) novellando i commi 1 e 2 ed introducendo disposizioni aggiuntive.

Detta norma reca la disciplina delle indennità (adeguabili ogni 3 anni con decreto ministeriale) in favore dei giudici onorari di tribunale e dei vice procuratori onorari per le loro attività di supplenza dei giudici ordinari nelle udienze civili e penali.

Il vigente comma 1 del citato art. 4 prevede che ai giudici onorari di tribunale spetti un'indennità di € 98,13 per ogni udienza, anche se tenuta in camera di consiglio, nonchè l’impossibilità di corrispondere più di due indennità al giorno. Quindi il massimo dell’indennità giornaliera corrisposta al GOT, non può superare i 196,26 euro.

Il nuovo comma 1 dell’articolo 4, conferma (arrotondandola) l’indennità giornaliera di 98 euro, riferendola però alle “attività di udienza svolte nello stesso giorno”; quindi indipendentemente dal numero di udienze tenute; un’ulteriore indennità di 98 euro viene, peraltro, corrisposta quando l’attività del giudice onorario (definita “complessivo impegno lavorativo”) per le attività di udienza superi le cinque ore complessive (nuovo comma 1-bis).

Rispetto alla norma vigente, in definitiva, è previsto un compenso unitario in funzione della durata dell’impegno lavorativo; l’indennità aggiuntiva non scatta più automaticamente in caso di seconda udienza giornaliera ma solo quando l’impegno lavorativo del giudice per le attività di udienza superi comunque il limite delle 5 ore.

Anche il vigente comma 2 dello stesso art. 4 attribuisce ai vice procuratori onorari un'indennità di € 98,13 per ogni udienza in relazione alla quale è conferita la delega da parte del Procuratore della Repubblica ai sensi dell'articolo 72 dell’ordinamento giudiziario (per il quale, v. ante); la norma precisa l’obbligo di attribuzione per intero dell’indennità anche se la citata delega è conferita soltanto per uno o per alcuni dei processi trattati nell'udienza.

Come ai GOT, anche ai VPO non possono essere corrisposte più di due indennità al giorno.

Il nuovo comma 2 attribuisce l’indennità giornaliera di 98 euro per la partecipazione ad una o più udienze in relazione alle quali è conferita la delega nonché per ogni altra diversa attività (non d’udienza) loro delegabile per legge; la disposizione precisa che la misura dell’indennità non varia anche se dette attività siano svolte cumulativamente.

Anche in tal caso, analogamente a quanto disposto per i GOT, un comma 2-bis aggiuntivo stabilisce in capo al VPO il diritto all’indennità aggiuntiva di 98 euro in caso d’impegno lavorativo complessivo superiore alle cinque ore giornaliere.

Ai fini della corresponsione dell’indennità aggiuntiva la misurazione temporale dell’attività giornaliera (inferiore o superiore alle 5 ore)avviene sulla base dei verbali delle udienze tenute da GOT e VPO.

In relazione, invece, ai soli vice procuratori onorari, il tempo trascorso in ufficio per lo svolgimento delle altre attività delegabili per legge (diverse da quelle d’udienza, cfr. nuovo comma 2) è “rilevato” dal Procuratore della Repubblica. E’, quindi, possibile che la durata dell’impegno lavorativo complessivo di questi, si determini cumulando l’attività di udienza con quella svolta per espletare le altre attività delegabili (comma 2-ter).

Il comma 2 dell’articolo 3-bis dispone che dall’attuazione delle norme del predetto articolo non possano derivare nuovi o maggiori oneri.

 


Articolo 4
(Entrata in vigore)

L’articolo dispone che il decreto-legge entri in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale.

 


Riferimenti normativi


Codice di procedura penale
(artt. 4, 51 e 129)

 

Art. 51.

Uffici del pubblico ministero. Attribuzioni del procuratore della Repubblica distrettuale (1).

1. Le funzioni di pubblico ministero [Cost. 107] sono esercitate (2):

 

a) nelle indagini preliminari e nei procedimenti di primo grado, dai magistrati della procura della Repubblica presso il tribunale [o presso la pretura] (3);

 

b) nei giudizi di impugnazione dai magistrati della procura generale presso la corte di appello o presso la corte di cassazione.

 

2. Nei casi di avocazione [c.p.p. 372, 412], le funzioni previste dal comma 1 lettera a) sono esercitate dai magistrati della procura generale presso la corte di appello.

 

Nei casi di avocazione previsti dall'articolo 371-bis, sono esercitate dai magistrati della Direzione nazionale antimafia (4).

 

3. Le funzioni previste dal comma 1 sono attribuite all'ufficio del pubblico ministero presso il giudice competente a norma del capo II del titolo I [c.p.p. 4].

 

3-bis. Quando si tratta dei procedimenti per i delitti, consumati o tentati, di cui agli articoli 416, sesto comma, 600, 601, 602, 416-bis e 630 del codice penale, per i delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo 416-bis ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, nonché per i delitti previsti dall'articolo 74 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e dall'articolo 291-quater del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43 le funzioni indicate nel comma 1 lettera a) sono attribuite all'ufficio del pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente (5).

 

3-ter. Nei casi previsti dal comma 3-bis e dai commi 3-quater e 3-quinquies, se ne fa richiesta il procuratore distrettuale, il procuratore generale presso la corte di appello può, per giustificati motivi, disporre che le funzioni di pubblico ministero per il dibattimento siano esercitate da un magistrato designato dal procuratore della Repubblica presso il giudice competente (6).

 

3-quater. Quando si tratta di procedimenti per i delitti consumati o tentati con finalità di terrorismo le funzioni indicate nel comma 1, lettera a), sono attribuite all'ufficio del pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente (7).

 

3-quinquies. Quando si tratta di procedimenti per i delitti, consumati o tentati, di cui agli articoli 600-bis, 600-ter, 600-quater, 600-quater.1, 600-quinquies, 615-ter, 615-quater, 615-quinquies, 617-bis, 617-ter, 617-quater, 617-quinquies, 617-sexies, 635-bis, 635-ter, 635-quater, 640-ter e 640-quinquies del codice penale, le funzioni indicate nel comma 1, lettera a), del presente articolo sono attribuite all’ufficio del pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente (8).

 

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(1) Rubrica così sostituita dall'art. 3, comma primo, D.L. 20 novembre 1991, n. 367, per il coordinamento delle indagini nei procedimenti per reati di criminalità organizzata, convertito, con modificazioni in L. 20 gennaio 1992, n. 8. Questa disposizione entra in vigore il 22 novembre 1991 (art. 16) e si applica solo ai procedimenti iniziati successivamente a questa data (art. 15).

(2) Vedi gli artt. 70 sgg., R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, sull'ordinamento giudiziario. Vedi, anche, l'art. 50, D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274.

(3) Le parole tra parentesi quadre sono state soppresse dall'art. 175, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51 (Gazz. Uff. 20 marzo 1998, n. 66, S.O.), con effetto dal 2 giugno 1999, in virtù di quanto disposto dall'art. 247 dello stesso decreto, come modificato dall'art. 1, L. 16 giugno 1998, n. 188.

(4) L'ultimo periodo di questo comma è stato aggiunto con l'art. 3, comma primo del D.L. 20 novembre 1991, n. 367, sul coordinamento delle indagini nei procedimenti per reati di criminalità organizzata, convertito, con modificazioni con la L. 20 gennaio 1992, n. 8. Questa disposizione entra in vigore dalla data di pubblicazione del decreto di entrata in funzione della Direzione Nazionale Antimafia (art. 16) e si applica solo ai procedimenti iniziati successivamente a questa data (art. 15). Vedi l'art. 110, ultimo comma, R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, sull'ordinamento giudiziario. Con D.M. 5 gennaio 1993 (Gazz. Uff. 13 febbraio 1993, n. 36) è stata fissata al 15 gennaio 1993 la data di entrata in funzione della Direzione Nazionale Antimafia.

(5) Comma aggiunto con l'art. 3, primo comma, D.L. 20 novembre 1991, n. 367, per il coordinamento delle indagini nei procedimenti per reati di criminalità organizzata, convertito, con modificazioni con la L. 20 gennaio 1992, n. 8 e poi così modificato dall'art. 5, L. 19 marzo 2001, n. 92 e dall'art. 6, L. 11 agosto 2003, n. 228. Vedi, anche, l'art. 16 della stessa legge e il sesto comma dell'art. 157 del codice penale. Vedi, inoltre, l'art. 9, L. 16 marzo 2006, n. 146.

Il testo del presente comma in vigore prima della modifica disposta dalla citata legge n. 228 del 2003, era il seguente: «3-bis. Quando si tratta dei procedimenti per i delitti, consumati o tentati, di cui agli articoli 416-bis e 630 del codice penale, per i delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo 416-bis ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, nonché per i delitti previsti dall'articolo 74 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e dall'articolo 291-quater del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43 le funzioni indicate nel comma 1 lettera a) sono attribuite all'ufficio del pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente.».

Il testo in vigore prima della modifica disposta dalla legge n. 92 del 2001 era il seguente: «3-bis. Quando si tratta dei procedimenti per i delitti, consumati o tentati, di cui agli articoli 416-bis e 630 del codice penale, per i delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo 416-bis ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, nonché per i delitti previsti dall'articolo 74 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, le funzioni indicate nel comma 1 lettera a) sono attribuite all'ufficio del pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente.».

(6) Comma aggiunto dall'art. 3, primo comma, D.L. 20 novembre 1991, n. 367, convertito in legge, con modificazioni, con L. 20 gennaio 1992, n. 8, e poi così modificato dal numero 1) della lettera 0a) del comma 1 dell'art. 2, D.L. 23 maggio 2008, n. 92, convertito in legge, con modificazioni, con L. 24 luglio 2008, n. 125.

Il testo del presente comma in vigore prima della modifica disposta dal citato D.L. n. 92 del 2008 era il seguente:

«Nei casi previsti dal comma 3-bis, se ne fa richiesta il procuratore distrettuale, il procuratore generale presso la corte di appello può, per giustificati motivi, disporre che le funzioni di pubblico ministero per il dibattimento siano esercitate da un magistrato designato dal procuratore della Repubblica presso il giudice competente.».

(7) Le disposizioni del presente comma - aggiunto dall'art. 10-bis, D.L. 18 ottobre 2001, n. 374, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 15 dicembre 2001, n. 438 e così modificato dal numero 2) della lettera 0a) del comma 1 dell'art. 2, D.L. 23 maggio 2008, n. 92, convertito in legge, con modificazioni, con L. 24 luglio 2008, n. 125 - si applicano solo ai procedimenti iniziati successivamente alla sua entrata in vigore (19 dicembre 2001, n.d.r.). Vedi, anche, il sesto comma dell'art. 157 del codice penale.

Il testo del presente comma in vigore prima della modifica disposta dal citato D.L. n. 92 del 2008 era il seguente:

« Quando si tratta di procedimenti per i delitti consumati o tentati con finalità di terrorismo le funzioni indicate nel comma 1, lettera a), sono attribuite all'ufficio del pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente. Si applicano le disposizioni del comma 3-ter.».

(8) Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 11, L. 18 marzo 2008, n. 48, che ha ratificato la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla criminalità informatica. Sui limiti dell'applicabilità delle disposizioni del presente comma vedi il comma 1-bis del citato articolo 11, aggiunto dall'art. 12-bis, D.L. 23 maggio 2008, n. 92, convertito in legge, con modificazioni, con L. 24 luglio 2008, n. 125.

 

 

Art. 129.

Obbligo della immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità.

1. In ogni stato e grado del processo, il giudice, il quale riconosce che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato ovvero che il reato è estinto o che manca una condizione di procedibilità [c.p.p. 411], lo dichiara di ufficio con sentenza.

 

2. Quando ricorre una causa di estinzione del reato ma dagli atti risulta evidente che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, il giudice pronuncia sentenza di assoluzione [c.p.p. 530] o di non luogo a procedere [c.p.p. 425] con la formula prescritta (1).

 

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(1) Vedi gli artt. 150-170 c.p.p.


L. 31 maggio 1965, n. 575.
Disposizioni contro la mafia.
(art. 4)

 

 

(1) (2) (3)

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 5 giugno 1965, n. 138.

(2)  Vedi, anche, gli artt. 18 e 19, L. 22 maggio 1975, n. 152, la L. 13 settembre 1982, n. 646. Vedi, inoltre, l'art. 7-ter, L. 13 dicembre 1989, n. 401, aggiunto dall'art. 6, D.L. 8 febbraio 2007, n. 8.

(3)  Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti circolari:

- Ministero del lavoro e della previdenza sociale: Circ. 17 aprile 1998, n. 55/98;

- Ministero del tesoro: Circ. 6 agosto 1998, n. 70;

- Ministero della pubblica istruzione: Circ. 19 aprile 1996, n. 156.

- Ministero delle finanze: Circ. 3 maggio 1996, n. 109/T; Circ. 5 febbraio 1998, n. 41/T; Circ. 27 febbraio 1998, n. 72/T; Circ. 22 ottobre 1999, n. 206/T; Circ. 7 agosto 2000, n. 156/E;

- Ministero per i beni culturali e ambientali: Circ. 29 ottobre 1996, n. 127.

 

 

Art. 4.

Nei confronti delle persone indicate all'articolo 1 della presente legge, sempre che siano state già sottoposte almeno alla diffida prevista dall'art. 1 della legge 27 dicembre 1956, numero 1423 , il fermo regolato dall'art. 238 del Codice di procedura penale è consentito anche quando non vi è obbligo di mandato di cattura, purché trattisi di reato per il quale può essere emesso detto mandato a norma dell'art. 254 del Codice di procedura penale.

 

Il termine di sette giorni per la proroga del fermo può essere raddoppiato.


L. 23 agosto 1988, n. 400.
Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
(art. 17)

 

 

(1) (2) (3)

 

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 12 settembre 1988, n. 214, S.O.

(2)  Vedi, anche, il D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 303.

(3)  Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti circolari:

- I.N.P.S. (Istituto nazionale previdenza sociale): Circ. 23 gennaio 1997, n. 13; Circ. 6 aprile 1998, n. 76;

- Ministero dei trasporti e della navigazione: Circ. 18 novembre 1996, n. 7;

- Ministero del lavoro e della previdenza sociale: Circ. 21 novembre 1996, n. 5/27319/70/OR;

- Ministero del tesoro: Circ. 6 agosto 1998, n. 70;

- Ministero delle finanze: Circ. 9 maggio 1996, n. 111/E; Circ. 13 agosto 1996, n. 199/E; Circ. 16 settembre 1996, n. 225/E; Circ. 31 dicembre 1996, n. 307/E; Circ. 28 maggio 1998, n. 134/E; Circ. 4 giugno 1998, n. 141/E; Circ. 26 giugno 1998, n. 168/E; Circ. 27 agosto 1998, n. 209/E;

- Ministero per i beni culturali e ambientali: Circ. 4 ottobre 1996, n. 117;

- Ministero della pubblica istruzione: Circ. 3 aprile 1996, n. 135; Circ. 3 aprile 1996, n. 133; Circ. 17 aprile 1996, n. 147; Circ. 3 ottobre 1996, n. 627; Circ. 17 ottobre 1996, n. 654; Circ. 16 dicembre 1996, n. 750; Circ. 19 febbraio 1998, n. 60;

- Presidenza del Consiglio dei Ministri: Circ. 27 marzo 1997, n. 62; Circ. 3 giugno 1997, n. 117; Circ. 18 giugno 1997, n. 116; Circ. 5 gennaio 1998, n. DIE/ARE/1/51; Circ. 30 gennaio 1998, n. DIE/ARE/1/452; Circ. 16 febbraio 1998, n. DIE/ARE/1/687; Circ. 5 marzo 1998, n. DIE/ARE/1/994; Circ. 5 marzo 1998, n. DIE/ARE/1/995; Circ. 12 marzo 1998, n. AGP/2/584/SF.49.2/CH; Circ. 19 marzo 1998, n. DIE/ARE/1/12.03; Circ. 14 maggio 1998, n. DIE/ARE/1/1942; Circ. 24 agosto 1998, n. DIE/ARE/1/3124; Circ. 25 settembre 1998, n. DIE/ARE/1/3484; Circ. 17 giugno 1998, n. AGP/1/2/2154/98/AR2.1; Circ. 5 maggio 1988, n. AGP/1/2/1531/98/AR.2.1; Circ. 2 maggio 2001, n. 1/1.1.26/10888/9.92;

- Presidenza del Consiglio dei Ministri: Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi: Circ. 17 febbraio 1999, n. DAGL041290/10.3.1;

- Presidenza del Consiglio dei Ministri: Dipartimento per la funzione pubblica e gli affari regionali: Circ. 27 novembre 1995, n. 22/95; Circ. 16 maggio 1996, n. 30692; Circ. 12 dicembre 1996, n. 610.

 

(omissis)

Art. 17.

Regolamenti.

1. Con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il parere del Consiglio di Stato che deve pronunziarsi entro novanta giorni dalla richiesta, possono essere emanati regolamenti per disciplinare:

 

a) l'esecuzione delle leggi e dei decreti legislativi, nonché dei regolamenti comunitari (34);

 

 

b) l'attuazione e l'integrazione delle leggi e dei decreti legislativi recanti norme di principio, esclusi quelli relativi a materie riservate alla competenza regionale;

 

 

c) le materie in cui manchi la disciplina da parte di leggi o di atti aventi forza di legge, sempre che non si tratti di materie comunque riservate alla legge;

 

 

d) l'organizzazione ed il funzionamento delle amministrazioni pubbliche secondo le disposizioni dettate dalla legge;

 

 

e) [l'organizzazione del lavoro ed i rapporti di lavoro dei pubblici dipendenti in base agli accordi sindacali] (35).

 

2. Con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio di Stato, sono emanati i regolamenti per la disciplina delle materie, non coperte da riserva assoluta di legge prevista dalla Costituzione, per le quali le leggi della Repubblica, autorizzando l'esercizio della potestà regolamentare del Governo, determinano le norme generali regolatrici della materia e dispongono l'abrogazione delle norme vigenti, con effetto dall'entrata in vigore delle norme regolamentari (36).

 

3. Con decreto ministeriale possono essere adottati regolamenti nelle materie di competenza del ministro o di autorità sottordinate al ministro, quando la legge espressamente conferisca tale potere. Tali regolamenti, per materie di competenza di più ministri, possono essere adottati con decreti interministeriali, ferma restando la necessità di apposita autorizzazione da parte della legge. I regolamenti ministeriali ed interministeriali non possono dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti emanati dal Governo. Essi debbono essere comunicati al Presidente del Consiglio dei ministri prima della loro emanazione.

 

4. I regolamenti di cui al comma 1 ed i regolamenti ministeriali ed interministeriali, che devono recare la denominazione di «regolamento», sono adottati previo parere del Consiglio di Stato, sottoposti al visto ed alla registrazione della Corte dei conti e pubblicati nella Gazzetta Ufficiale.

 

4-bis. L'organizzazione e la disciplina degli uffici dei Ministeri sono determinate, con regolamenti emanati ai sensi del comma 2, su proposta del Ministro competente d'intesa con il Presidente del Consiglio dei ministri e con il Ministro del tesoro, nel rispetto dei princìpi posti dal decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, con i contenuti e con l'osservanza dei criteri che seguono:

 

a) riordino degli uffici di diretta collaborazione con i Ministri ed i Sottosegretari di Stato, stabilendo che tali uffici hanno esclusive competenze di supporto dell'organo di direzione politica e di raccordo tra questo e l'amministrazione;

 

 

b) individuazione degli uffici di livello dirigenziale generale, centrali e periferici, mediante diversificazione tra strutture con funzioni finali e con funzioni strumentali e loro organizzazione per funzioni omogenee e secondo criteri di flessibilità eliminando le duplicazioni funzionali;

 

 

c) previsione di strumenti di verifica periodica dell'organizzazione e dei risultati;

 

 

d) indicazione e revisione periodica della consistenza delle piante organiche;

 

 

e) previsione di decreti ministeriali di natura non regolamentare per la definizione dei compiti delle unità dirigenziali nell'ambito degli uffici dirigenziali generali (37).

 

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(34)  Lettera così modificata dall'art. 11, L. 5 febbraio 1999, n. 25.

(35)  Lettera abrogata dall'art. 74, D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, e dall'art. 72, D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165.

(36) La Corte costituzionale, con sentenza 7-22 luglio 2005, n. 303 (Gazz. Uff. 27 luglio 2005, n. 30, 1ª Serie speciale), ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 17, comma 2, sollevata in riferimento agli artt. 23, 70, 76 e 77 della Costituzione.

(37)  Comma aggiunto dall'art. 13, L. 15 marzo 1997, n. 59.


D.P.R. 22 settembre 1988, n. 449.
Approvazione delle norme per l'adeguamento dell'ordinamento giudiziario al nuovo processo penale ed a quello a carico degli imputati minorenni.
(art. 4)

 

 

(1) (2) (3)

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(1) Pubblicato nel Suppl. Ord. Gazz. Uff. 24 ottobre 1988, n. 250.

(2)  Si ritiene opportuno riportare anche la premessa del presente decreto.

(3)  Con riferimento al presente provvedimento è stata emanata la seguente circolare:

- Presidenza del Consiglio dei Ministri: Dipartimento per la funzione pubblica e gli affari regionali: Circ. 9 luglio 1996, n. 6104.

 

 

Art. 4.

... (8).

 

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(8)  Aggiunge l'art. 7-ter al R.D. 30 gennaio 1941, n. 12.


 

D.Lgs. 28 luglio 1989, n. 273.
Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 449 , recante norme per l'adeguamento dell'ordinamento giudiziario al nuovo processo penale ed a quello a carico degli imputati minorenni.

 

 

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 5 agosto 1989, n. 182, S.O.

(2)  Con riferimento al presente provvedimento è stata emanata la seguente circolare:

- Ministero di grazia e giustizia: Circ. 17 dicembre 1997, n. 12/97.

 

 

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

 

 

Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;

 

Vista la legge 16 febbraio 1987, n. 81, recante delega legislativa al Governo della Repubblica per l'emanazione delle norme necessarie per l'adeguamento dell'ordinamento giudiziario al nuovo processo penale ed a quello a carico di imputati minorenni;

 

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 449, recante approvazione delle norme per l'adeguamento dell'ordinamento giudiziario al nuovo processo penale ed a quello a carico degli imputati minorenni;

 

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 20 gennaio 1989;

 

Visto il parere espresso in data 21 marzo 1989 dalla Commissione parlamentare istituita a norma dell'articolo 8 della citata legge n. 81 del 1987;

 

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 19 maggio 1989;

 

Visto il parere espresso in data 23 giugno 1989 dalla Commissione parlamentare a norma degli articoli 8, comma 3, e 9 della citata legge n. 81 del 1987;

 

Visti i pareri espressi in data 16 marzo e 28 giugno 1989 dal Consiglio superiore della magistratura;

 

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 21 luglio 1989;

 

Sulla proposta del Ministro di grazia e giustizia;

 

 

Emana il seguente decreto legislativo:

 

Art. 1.

1. È approvato il testo, allegato al presente decreto, delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, numero 449 , recante norme per l'adeguamento dell'ordinamento giudiziario al nuovo processo penale ed a quello a carico degli imputati minorenni.

 

2. Le disposizioni allegate al presente decreto, salvo che sia diversamente disposto, entrano in vigore contestualmente al codice di procedura penale, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 447.

 

 

Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del D.P.R. 22 settembre 1988, n. 449, recante norme per l'adeguamento dell'ordinamento giudiziario al nuovo processo penale ed a quello a carico degli imputati minorenni.

 

 

Art. 1.

1. Nell'articolo 4, comma 2, del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12 , dopo le parole «i vice pretori» è inserita una virgola e sono aggiunte le parole «i vice procuratori».

 

 

Art. 2.

1. Quando in una disposizione di legge è fatto riferimento alla pretura o al pretore mandamentale, il riferimento deve intendersi alla pretura o al pretore circondariale.

 

2. Quando nelle disposizioni di ordinamento giudiziario è fatto riferimento alle sedi distaccate, il riferimento deve intendersi alle sezioni distaccate di pretura.

 

3. Le disposizioni del regio decreto 30 dicembre 1923, n. 2785 , relative alla materia penale sono abrogate.

 

 

Art. 3.

1. ... (3).

 

2. Il decreto del presidente della corte di appello previsto dall'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 15 maggio 1989, n. 173, convertito nella legge 11 luglio 1989, n. 251, è immediatamente esecutivo agli effetti della procedura di variazione tabellare indicata nell'articolo 7-bis del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12 , introdotto dal decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 449 .

 

 

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(3)  Il comma, che si omette, sostituisce con due commi il comma terzo dell'art. 39, R.D. 30 gennaio 1941, n. 12.

 

 

Art. 4.

1. Ai giudici onorari di tribunale spetta un'indennità di L. 190.000 per ogni udienza, anche se tenuta in camera di consiglio. Non possono essere corrisposte più di due indennità al giorno (4).

 

2. Ai vice procuratori onorari spetta un'indennità di L. 190.000 per ogni udienza in relazione alla quale è conferita la delega a norma dell'articolo 72 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni. L'indennità è corrisposta per intero anche se la delega è conferita soltanto per uno o per alcuni dei processi trattati nell'udienza. Non possono essere corrisposte più di due indennità al giorno (5).

 

3. L'ammontare delle indennità previste dai commi 1 e 2 può essere adeguato ogni tre anni, con decreto emanato dal ministro di grazia e giustizia di concerto con il ministro del tesoro, in relazione alla variazione, accertata dall'ISTAT, dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, verificatasi nel triennio precedente.

 

4. La spesa relativa graverà sul capitolo 1589 del bilancio del ministero di grazia e giustizia.

 

5. Sono abrogati gli articoli 32 comma 2 e 208 del regio decreto 30 gennaio 1941 n. 12 .

 

 

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(4)  Comma prima sostituito dall'art. 24-ter, D.L. 24 novembre 2000, n. 341, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione e poi così modificato dal comma 44 dell'art. 52, L. 28 dicembre 2001, n. 448. Peraltro, il suddetto comma 44 è stato abrogato dall'art. 299, D.Lgs. 30 maggio 2002, n. 113 e dall'art. 299, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, con la decorrenza indicata nell'art. 302 dello stesso decreto.

(5)  Comma prima sostituito dall'art. 24-ter, D.L. 24 novembre 2000, n. 341, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione e poi così modificato dal comma 44 dell'art. 52, L. 28 dicembre 2001, n. 448. Peraltro, il suddetto comma 44 è stato abrogato dall'art. 299, D.Lgs. 30 maggio 2002, n. 113 e dall'art. 299, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, con la decorrenza indicata nell'art. 302 dello stesso decreto.

 

 

Art. 5.

1. La segnalazione al Consiglio superiore della magistratura prevista dall'articolo 70 comma 4 del regio decreto 30 gennaio 1941 n. 12 , come modificato dall'articolo 20 del D.P.R. 22 settembre 1988 numero 449 , avviene in modo riassuntivo semestralmente quando la sostituzione del magistrato alla udienza sia motivata da suo impedimento o da ragioni di servizio. Il magistrato e le parti possono, comunque e in ogni momento, dare notizia al Consiglio superiore della magistratura della avvenuta sostituzione.

 

Art. 6.

1. Il procuratore generale presso la corte di appello coordina i rapporti dei procuratori della Repubblica con le autorità di polizia del distretto al fine di assicurare la diretta disponibilità dei servizi e delle sezioni di polizia giudiziaria da parte dell'autorità giudiziaria, a norma dell'articolo 83 del regio decreto 30 gennaio 1941 n. 12 , sostituito dall'articolo 23 del decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988 n. 449 .

 

Art. 7.

1. Sono abrogati gli articoli 101, 102 e 103, comma 2, del regio decreto 30 gennaio 1941 n. 12 .

 

2. ... (6).

 

 

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(6)  Il comma, che si omette, sostituisce l'art. 105, R.D. 30 gennaio 1941, n. 12.

 

 

Art. 8.  

1. ... (7).

 

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(7)  Sostituisce l'art. 209, R.D. 30 gennaio 1941, n. 12.

 

Art. 9.  

1. [Per i tre anni successivi alla data di entrata in vigore del codice di procedura penale, il Consiglio superiore della magistratura provvede alla copertura prioritaria dei posti di sostituto procuratore della Repubblica presso i tribunali e presso le preture circondariali non appena si rendono vacanti.

 

2. Entro il 15 febbraio 1991, il Consiglio superiore della magistratura provvede alla individuazione dei posti vacanti di sostituto procuratore della Repubblica presso i tribunali e presso le preture circondariali ed entro il 28 febbraio 1991 la vacanza è annunciata nel Bollettino ufficiale del Ministero di grazia e giustizia.

 

3. Per i tre anni indicati nel comma 1, i trasferimenti e i conferimenti di funzioni concernenti gli uffici di procura della Repubblica presso le preture sono disposti anche prima del termine stabilito dall'articolo 194 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12 in assenza di domande di magistrati che abbiano compiuto due anni dall'assunzione dell'effettivo possesso dell'ufficio ricoperto, sempre che il magistrato richiedente non presti servizio presso una procura della Repubblica.

 

4. I magistrati che, per effetto dei trasferimenti disposti all'esito delle procedure previste dal comma 2 e di quelli che saranno disposti entro i tre anni successivi alla data di entrata in vigore del codice di procedura penale, siano destinati in prima assegnazione o su domanda alle procure della Repubblica presso i tribunali o presso le preture circondariali non possono essere trasferiti ad altro ufficio prima di tre anni dal giorno in cui hanno avuto effettivo possesso dell'ufficio, salvo che ricorrano specifici motivi di salute] (8) (9).

 

 

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(8)  Così sostituito dall'art. 54, D.Lgs. 24 gennaio 1991, n. 12 (Gazz. Uff. 16 gennaio 1991, n. 13), entrato in vigore, per effetto dell'art. 56, il trentesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione.

(9)  Abrogato dall'art. 4-ter. L. 16 ottobre 1991, n. 321.

 

Art. 9-bis. 

[1. Alla copertura dei posti indicati nell'articolo 9, comma 2, rimasti vacanti per difetto di aspiranti, il Consiglio superiore della magistratura provvede mediante trasferimento di ufficio di magistrati che prestino servizio, nel distretto nel quale sono compresi i posti vacanti, in uffici diversi dalle procure della Repubblica presso i tribunali e presso le preture circondariali e che, alla data di pubblicazione della vacanza sul Bollettino ufficiale del Ministero di grazia e giustizia, abbiano da almeno due anni assunto effettivo possesso dell'ufficio di appartenenza e non abbiano ancora compiuto il periodo minimo previsto dalla legge per la nomina a magistrato di corte di appello. Il trasferimento è operato partendo dal più giovane secondo l'ordine di collocamento nel ruolo di anzianità.

 

2. Se nel distretto mancano magistrati in possesso dei requisiti predetti, si provvede, allo stesso modo, con i magistrati in servizio nei distretti limitrofi, iniziando da quello più vicino a norma dell'articolo 1 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271. Per il distretto di Cagliari si considerano limitrofi i distretti di Firenze, Genova, Napoli, Palermo, Roma e per il distretto di Messina anche quello di Reggio Calabria.

 

3. Ai magistrati trasferiti a norma dei commi 1 e 2 si applica la disposizione dell'articolo 9 comma 4] (10) (11).

 

 

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(10)  Articolo aggiunto dall'art. 55, D.Lgs. 14 gennaio 1991, n. 12 (Gazz. Uff. 16 gennaio 1991, n. 13), entrato in vigore, per effetto dell'art. 56, il trentesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione.

(11)  Abrogato dall'art. 4-ter. L. 16 ottobre 1991, n. 321.

 

 

Art. 9-ter.

1. Salvo il ricorso alle applicazioni previste dall'articolo 110 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12 come sostituito dall'articolo 1 dela legge 21 febbraio 1989, n. 58, per i tre anni successivi alla data di entrata in vigore del codice di procedura penale possono essere applicati alle procure della Repubblica presso le preture circondariali magistrati, aventi qualifica non inferiore a magistrato di tribunale, in servizio presso le preture circondariali del distretto o di distretti limitrofi. Per il distretto di Cagliari si considerano limitrofi i distretti di Firenze, Genova e Roma, per il distretto di Messina anche quelli di Catanzaro e Reggio Calabria e per il distretto di Reggio Calabria anche quello di Messina (12).

 

2. L'applicazione è disposta dal Consiglio superiore della magistratura su richiesta motivata del Ministero di grazia e giustizia o del procuratore generale della corte di appello nel cui distretto ha sede l'ufficio al quale il magistrato deve essere applicato e sentito il presidente della corte di appello nel cui distretto il magistrato da applicare esercita le funzioni.

 

3. L'applicazione non può superare la durata di un anno e non è immediatamente rinnovabile. Non è richiesto il consenso del magistrato da applicare (13).

 

 

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(12)  Periodo così sostituito dall'art. 4-ter. L. 16 ottobre 1991, n. 321.

(13)  Articolo aggiunto dall'art. 55, D.Lgs. 14 gennaio 1991, n. 12 (Gazz. Uff. 16 gennaio 1991, n. 13), entrato in vigore, per effetto dell'art. 56, il trentesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione.

 

 

Art. 10.  

1. Per i dibattimenti della corte di assise e della corte di assise di appello che si prevedono di durata particolarmente lunga, il presidente della corte di appello ha facoltà di disporre che prestino servizio due magistrati, i quali assistono al dibattimento in qualità di aggiunti.

 

2. Per le corti di assise i magistrati aggiunti sono prescelti tra quelli in servizio presso la corte di appello o presso i tribunali del circolo in possesso, almeno uno, della qualifica di magistrato di appello e l'altro con qualifica non inferiore a magistrato di tribunale. Per le corti di assise di appello i magistrati aggiunti sono prescelti fra i magistrati della corte di appello in possesso, almeno uno, della qualifica di magistrato di cassazione.

 

3. Qualora nel corso del dibattimento uno dei magistrati componenti il collegio non possa partecipare per impedimento, il collegio stesso, integrato dal magistrato aggiunto più anziano e presieduto, in caso di impedimento del presidente, dal componente più anziano, dispone la sospensione del dibattimento. Se la sospensione si protrae oltre il decimo giorno, il magistrato impedito è definitivamente sostituito dal magistrato aggiunto. Egualmente si provvede se l'impedimento riguarda entrambi i componenti del collegio. La sostituzione non è ammessa dopo la chiusura del dibattimento.

 

 

Art. 11.

1. Se la corte di assise o la corte di assise di appello non sono riunite in sessione nel quindicesimo giorno antecedente alla data di entrata in vigore del codice di procedura penale, il presidente procede alla estrazione dei giudici popolari a norma dell'articolo 25 della legge 10 aprile 1951 n. 287 , sostituito dall'articolo 34 del D.P.R. 22 settembre 1988 n. 449 .

 

 

Art. 12.  

1. ... (14).

 

 

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(14)  Sostituisce l'art. 36, L. 10 aprile 1951, n. 287.

 

 

Art. 13.  

1. ... (15).

 

 

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(15)  Sostituisce l'art. 2, L. 25 ottobre 1982, n. 795.

 

 

Art. 14.

1. Le formalità per la scelta dei giudici popolari previste dal capo II e dal capo III della legge 10 aprile 1951 n. 287 , possono essere espletate con l'ausilio di strumenti e procedura informatiche.

 

 

Art. 15.

1. Il presidente del tribunale ordinario, il presidente del tribunale per i minorenni e il magistrato dirigente la pretura promuovono separatamente, presso i rispettivi uffici, riunioni trimestrali con il procuratore della Repubblica, il dirigente della sezione dei giudici per le indagini preliminari, il dirigente della cancelleria nonché con il presidente del consiglio dell'ordine forense, al fine di procedere a un esame congiunto dell'andamento dei reciproci rapporti, con particolare riferimento al flusso degli affari, allo scopo di prevenire la formazione di arretrati nelle diverse fasi processuali e segnalare disfunzioni derivanti dalla normativa vigente o dalla sua concreta applicazione.

 

2. Il presidente del tribunale ordinario, il presidente del tribunale per i minorenni e il magistrato dirigente la pretura trasmettono, all'esito di ciascuna riunione, i dati relativi ai flussi di lavoro nelle varie fasi del procedimento, con le osservazioni formulate da ciascuno dei presenti alla riunione, al ministro di grazia e giustizia, anche ai fini di quanto previsto dall'articolo 7 della legge 16 febbraio 1987, n. 81 , nonché al consiglio giudiziario, che li trasmette, con le sue eventuali osservazioni e proposte, al Consiglio superiore della magistratura, anche ai fini di quanto previsto dall'articolo 7-bis del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12 , introdotto dall'articolo 3 del D.P.R. 22 settembre 1988, numero 449.

 

3. Ogni semestre il presidente della corte di appello invita il procuratore generale, il dirigente della cancelleria nonché il presidente del consiglio dell'ordine forense a esaminare congiuntamente i problemi posti alla funzionalità della corte di appello dalla normativa vigente o dalla sua concreta applicazione.

 

4. Il presidente della corte di appello informa dei problemi emersi e delle soluzioni proposte il ministero di grazia e giustizia nonché il consiglio giudiziario, che trasmette l'informativa, con le sue osservazioni, al Consiglio superiore della magistratura.

 

Art. 16.

 1. All'inizio di ciascun anno giudiziario il presidente della corte di appello, sentito il procuratore generale, stabilisce i giorni della settimana e le ore in cui la corte, la corte di assise di appello e le loro sezioni tengono udienze per i dibattimenti.

 

2. Il calendario delle udienze dibattimentali dei tribunali, anche per la corte di assise, nonché delle preture e delle loro sezioni è approvato dal presidente della corte di appello, su proposta formulata dal presidente del tribunale e dal pretore, sentiti i procuratori della Repubblica presso i rispettivi uffici.

 

Art. 17.

1. Fino alla data di entrata in vigore della legge di riforma della procedura relativa alla responsabilità disciplinare dei magistrati e comunque non oltre il 31 dicembre 1994, continuano ad applicarsi il regio decreto 31 maggio 1946, n. 511 e il D.P.R. 16 settembre 1958, n. 916 , con le successive modificazioni e integrazioni, e i rinvii al codice di procedura penale si intendono riferiti al codice abrogato (16) (17).

 

 

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(16)  Comma così modificato dall'art. 1, D.L. 31 dicembre 1991, n. 418 (Gazz. Uff. 2 gennaio 1992, n. 1), convertito in legge dall'art. 1, comma 1, L. 24 febbraio 1992, n. 173 (Gazz. Uff. 28 febbraio 1992, n. 49). Il comma 2 dello stesso articolo ha fatto salvi gli effetti prodotti ed i rapporti giuridici sorti sulla base del D.L. 25 ottobre 1991, n. 326 (Gazz. Uff. 25 ottobre 1991, n. 251), non convertito in legge.

(17)  Così modificato dall'art. 1, D.Lgs. 16 ottobre 1992, n. 410 (Gazz. Uff. 19 ottobre 1992, n. 246), entrato in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione.

 

 

Art. 18.  

1. ... (18).

 

 

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(18)  Sostituisce l'art. 3, L. 29 novembre 1941, n. 1405.

 

 

Art. 19.  

1. In sede di approvazione delle tabelle a norma dell'articolo 38, comma 3, del D.P.R. 22 settembre 1988, n. 449 , il Consiglio superiore della magistratura provvede a mantenere nell'incarico di giudice istruttore, fino alla scadenza dei termini previsti dall'articolo 242 del decreto del Presidente della Repubblica contenente le norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, il numero ritenuto congruo di magistrati con funzioni di tribunale.

 

 

Art. 20. 

1. Alla copertura dell'onere derivante dall'applicazione dell'articolo 4, valutato in lire 1 miliardo 401.600.000 per l'anno 1989 e in lire 8 miliardi 409.600.000 in ragione di anno per gli anni 1990 e 1991, si provvede mediante parziale utilizzo dello stanziamento iscritto sul capitolo 1500 dello stato di previsione della spesa del ministero di grazia e giustizia.

 

2. Il ministro del tesoro è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio mediante storno degli importi corrispondenti all'onere indicato nel comma 1 dal capitolo 1500 al competente capitolo 1589 dello stato di previsione del ministero di grazia e giustizia.

 

Art. 21.

1. All'onere derivante dall'applicazione degli articoli 12 e 13, valutato in lire 1.816.250.000 per l'anno 1989 e in lire 10.897.500.000 in ragione di anno per gli anni 1990 e 1991, si provvede mediante parziale riduzione dell'accantonamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1989-1991, al capitolo 6856 dello stato di previsione del ministero del tesoro per l'anno finanziario 1989, concernente «delega per l'emanazione del nuovo codice di procedura civile e modifica della legge fallimentare».

 


 

L. 20 ottobre 1990, n. 302.
Norme a favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata.
(artt. 1 e 4)


 

(1) (2) (3)

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 25 ottobre 1990, n. 250.

(2)  Vedi, anche, il regolamento approvato con D.M. 16 marzo 1992, n. 377. Vedi, inoltre, l'art. 8, D.P.R. 19 aprile 1994, n. 364, l'art. 24, comma 31, L. 27 dicembre 1997, n. 449, l'art. 82, L. 23 dicembre 2000, n. 388 e la L. 3 agosto 2004, n. 206.

(3)  Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti circolari:

- Ministero del tesoro: Circ. 29 gennaio 1996, n. 669;

- Presidenza del Consiglio dei Ministri: Dipartimento per la funzione pubblica e gli affari regionali: Circ. 28 febbraio 1996, n. 134.

 

 

Art. 1.

Casi di elargizione.

1. A chiunque subisca un'invalidità permanente, per effetto di ferite o lesioni riportate in conseguenza dello svolgersi nel territorio dello Stato di atti di terrorismo o di eversione dell'ordine democratico, a condizione che il soggetto leso non abbia concorso alla commissione degli atti medesimi ovvero di reati a questi connessi ai sensi dell'articolo 12 del codice di procedura penale, è corrisposta una elargizione fino a lire 150 milioni (4), in proporzione alla percentuale di invalidità riscontrata, con riferimento alla capacità lavorativa, in ragione di 1,5 milioni per ogni punto percentuale (5).

 

1-bis. Le disposizioni del comma 1 non si applicano nei casi in cui l'elargizione sia stata già richiesta o corrisposta da altro Stato (6).

 

2. L'elargizione di cui al comma 1 è altresì corrisposta a chiunque subisca un'invalidità permanente, per effetto di ferite o lesioni riportate in conseguenza dello svolgersi nel territorio dello Stato di fatti delittuosi commessi per il perseguimento delle finalità delle associazioni di cui all'articolo 416-bis del codice penale, a condizione che:

 

a) il soggetto leso non abbia concorso alla commissione del fatto delittuoso lesivo ovvero di reati che con il medesimo siano connessi ai sensi dell'articolo 12 del codice di procedura penale;

 

 

b) il soggetto leso risulti essere, al tempo dell'evento, del tutto estraneo ad ambienti e rapporti delinquenziali, salvo che si dimostri l'accidentalità del suo coinvolgimento passivo nell'azione criminosa lesiva, ovvero risulti che il medesimo, al tempo dell'evento, si era già dissociato o comunque estraniato dagli ambienti e dai rapporti delinquenziali cui partecipava (7).

 

3. La medesima elargizione è corrisposta anche a chiunque subisca un'invalidità permanente, per effetto di ferite o lesioni riportate in conseguenza dello svolgersi nel territorio dello Stato di operazioni di prevenzione o repressione dei fatti delittuosi di cui ai commi 1 e 2, a condizione che il soggetto leso sia del tutto estraneo alle attività criminose oggetto delle operazioni medesime (8).

 

4. L'elargizione di cui al presente articolo è inoltre corrisposta a chiunque, fuori dai casi di cui al comma 3, subisca un'invalidità permanente, per effetto di ferite o lesioni riportate in conseguenza dell'assistenza prestata, e legalmente richiesta per iscritto ovvero verbalmente nei casi di flagranza di reato o di prestazione di soccorso, ad ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria o ad autorità, ufficiali ed agenti di pubblica sicurezza, nel corso di azioni od operazioni di cui al presente articolo, svoltesi nel territorio dello Stato (9).

 

5. Ai fini del presente articolo, l'invalidità permanente che comporti la cessazione dell'attività lavorativa o del rapporto di impiego è equiparata all'invalidità permanente pari a quattro quinti della capacità lavorativa (10).

 

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(4)  L'elargizione prevista dal presente comma è stata elevata ad euro 200.000 dall'art. 2, D.L. 28 novembre 2003, n. 337. Vedi, anche, l'art. 5, L. 3 agosto 2004, n. 206.

(5)  Comma così modificato dall'art. 1, L. 23 novembre 1998, n. 407. Vedi, anche, quanto disposto dall'art. 2 della stessa legge.

(6)  Comma aggiunto dall'art. 6, L. 14 gennaio 2003, n. 7.

(7)  Comma così modificato dall'art. 1, L. 23 novembre 1998, n. 407. Vedi, anche, quanto disposto dall'art. 2 della stessa legge.

(8)  Comma così modificato dall'art. 1, L. 23 novembre 1998, n. 407. Vedi, anche, quanto disposto dall'art. 2 della stessa legge.

(9)  Comma così modificato dall'art. 1, L. 23 novembre 1998, n. 407. Vedi, anche, quanto disposto dall'art. 2 della stessa legge.

(10) Vedi, anche, l'art. 34 D.L. 1° ottobre 2007, n. 159 e il comma 105 dell'art. 2, L. 24 dicembre 2007, n. 244.

 

 

Art. 4.

Elargizione ai superstiti.

1. Ai componenti la famiglia di colui che perda la vita per effetto di ferite o lesioni riportate in conseguenza dello svolgersi delle azioni od operazioni di cui all'articolo 1 è corrisposta una elargizione complessiva, anche in caso di concorso di più soggetti, di lire 150 milioni (11), secondo l'ordine fissato dall'articolo 6 della legge 13 agosto 1980, n. 466, come sostituito dall'art. 2 della legge 4 dicembre 1981, n. 720.

 

2. L'elargizione di cui al comma 1 è corrisposta altresì a soggetti non parenti né affini, né legati da rapporto di coniugio, che risultino conviventi a carico della persona deceduta negli ultimi tre anni precedenti l'evento ed ai conviventi more uxorio; detti soggetti sono all'uopo posti, nell'ordine stabilito dal citato articolo 6 della legge 13 agosto 1980, n. 466, dopo i fratelli e le sorelle conviventi a carico (12).

 

 

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(11)  L'elargizione prevista dal presente comma è stata elevata ad euro 200.000 dall'art. 2, D.L. 28 novembre 2003, n. 337. Vedi, anche, l'art. 5, L. 3 agosto 2004, n. 206.

 

(12)  Vedi, anche, la L. 8 agosto 1995, n. 340.

 

 

D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286.
Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero.
(art. 14)

 

 

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Pubblicato nella Gazz. Uff. 18 agosto 1998, n. 191, S.O.

 

Art. 14.

Esecuzione dell'espulsione.
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 12)

1. Quando non è possibile eseguire con immediatezza l'espulsione mediante accompagnamento alla frontiera ovvero il respingimento, perché occorre procedere al soccorso dello straniero, accertamenti supplementari in ordine alla sua identità o nazionalità, ovvero all'acquisizione di documenti per il viaggio, ovvero per l'indisponibilità di vettore o altro mezzo di trasporto idoneo, il questore dispone che lo straniero sia trattenuto per il tempo strettamente necessario presso il centro di identificazione e di espulsione più vicino, tra quelli individuati o costituiti con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con i Ministri per la solidarietà sociale e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica (136) (137) (138).

 

2. Lo straniero è trattenuto nel centro con modalità tali da assicurare la necessaria assistenza ed il pieno rispetto della sua dignità. Oltre a quanto previsto dall'articolo 2, comma 6, è assicurata in ogni caso la libertà di corrispondenza anche telefonica con l'esterno (139).

 

3. Il questore del luogo in cui si trova il centro trasmette copia degli atti al giudice di pace territorialmente competente, per la convalida, senza ritardo e comunque entro le quarantotto ore dall'adozione del provvedimento (140) (141) (142) (143).

 

4. L'udienza per la convalida si svolge in camera di consiglio con la partecipazione necessaria di un difensore tempestivamente avvertito. L'interessato è anch'esso tempestivamente informato e condotto nel luogo in cui il giudice tiene l'udienza. Si applicano in quanto compatibili le disposizioni di cui al sesto e al settimo periodo del comma 8 dell'articolo 13. Il giudice provvede alla convalida, con decreto motivato, entro le quarantotto ore successive, verificata l'osservanza dei termini, la sussistenza dei requisiti previsti dall'articolo 13 e dal presente articolo, escluso il requisito della vicinanza del centro di identificazione e di espulsione di cui al comma 1, e sentito l'interessato, se comparso. Il provvedimento cessa di avere ogni effetto qualora non sia osservato il termine per la decisione. La convalida può essere disposta anche in occasione della convalida del decreto di accompagnamento alla frontiera, nonché in sede di esame del ricorso avverso il provvedimento di espulsione (144) (145) (146) (147) (148).

 

5. La convalida comporta la permanenza nel centro per un periodo di complessivi trenta giorni. Qualora l'accertamento dell'identità e della nazionalità, ovvero l'acquisizione di documenti per il viaggio presenti gravi difficoltà, il giudice, su richiesta del questore, può prorogare il termine di ulteriori trenta giorni. Anche prima di tale termine, il questore esegue l'espulsione o il respingimento, dandone comunicazione senza ritardo al giudice (149).

 

5-bis. Quando non sia stato possibile trattenere lo straniero presso un centro di identificazione e di espulsione, ovvero siano trascorsi i termini di permanenza senza aver eseguito l'espulsione o il respingimento, il questore ordina allo straniero di lasciare il territorio dello Stato entro il termine di cinque giorni. L'ordine è dato con provvedimento scritto, recante l'indicazione delle conseguenze penali della sua trasgressione (150) (151) (152) (153) (154) (155) (156).

 

5-ter. Lo straniero che senza giustificato motivo si trattiene nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine impartito dal questore ai sensi del comma 5-bis, è punito con la reclusione da uno a quattro anni se l'espulsione è stata disposta per ingresso illegale sul territorio nazionale ai sensi dell'articolo 13, comma 2, lettere a) e c), ovvero per non aver richiesto il permesso di soggiorno nel termine prescritto in assenza di cause di forza maggiore, ovvero per essere stato il permesso revocato o annullato (157). Si applica la pena dell'arresto da sei mesi ad un anno se l'espulsione è stata disposta perché il permesso di soggiorno è scaduto da più di sessanta giorni e non ne è stato richiesto il rinnovo. In ogni caso si procede all'adozione di un nuovo provvedimento di espulsione con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica (158) (159) (160) (161) (162) (163) (164) (165).

 

5-quater. Lo straniero già espulso ai sensi del comma 5-ter, primo periodo, che viene trovato, in violazione delle norme del presente testo unico, nel territorio dello Stato è punito con la reclusione da uno a cinque anni. Se l'ipotesi riguarda lo straniero espulso ai sensi del comma 5-ter, secondo periodo, la pena è la reclusione da uno a quattro anni (166).

 

5-quinquies. Per i reati previsti ai commi 5-ter e 5-quater si procede con rito direttissimo. Al fine di assicurare l'esecuzione dell'espulsione, il questore dispone i provvedimenti di cui al comma 1. Per i reati previsti dai commi 5-ter, primo periodo, e 5-quater è obbligatorio l'arresto dell'autore del fatto (167) (168) (169) (170).

 

6. Contro i decreti di convalida e di proroga di cui al comma 5 è proponibile ricorso per cassazione. Il relativo ricorso non sospende l'esecuzione della misura.

 

7. Il questore, avvalendosi della forza pubblica, adotta efficaci misure di vigilanza affinché lo straniero non si allontani indebitamente dal centro e provvede a ripristinare senza ritardo la misura nel caso questa venga violata.

 

8. Ai fini dell'accompagnamento anche collettivo alla frontiera, possono essere stipulate convenzioni con soggetti che esercitano trasporti di linea o con organismi anche internazionali che svolgono attività di assistenza per stranieri.

 

9. Oltre a quanto previsto dal regolamento di attuazione e dalle norme in materia di giurisdizione, il Ministro dell'interno adotta i provvedimenti occorrenti per l'esecuzione di quanto disposto dal presente articolo, anche mediante convenzioni con altre amministrazioni dello Stato, con gli enti locali, con i proprietari o concessionari di aree, strutture e altre installazioni nonché per la fornitura di beni e servizi. Eventuali deroghe alle disposizioni vigenti in materia finanziaria e di contabilità sono adottate di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica. Il Ministro dell'interno promuove inoltre le intese occorrenti per gli interventi di competenza di altri Ministri (171).

 

 

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(136) Comma così modificato ai sensi di quanto disposto dall'art. 9, D.L. 23 maggio 2008, n. 92.

 

(137)  La Corte costituzionale, con ordinanza 22 novembre-6 dicembre 2001, n. 385 (Gazz. Uff. 12 dicembre 2001, n. 48, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 1, 4 e 5, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo comma, della Costituzione;

 

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 3, sollevata in riferimento all'articolo 24 della Costituzione.

 

La stessa Corte con ordinanza 22 novembre-6 dicembre 2001, n. 386 (Gazz. Uff. 12 dicembre 2001, n. 48, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 4 e 5, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo comma, della Costituzione.

 

La stessa Corte con ordinanza 22 novembre-6 dicembre 2001, n. 387 (Gazz. Uff. 12 dicembre 2001, n. 48, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 3, 4 e 5, sollevata in riferimento agli articoli 3, 10, 13, 24 e 111 della Costituzione.

 

La stessa Corte con altra ordinanza 22 novembre-6 dicembre 2001, n. 388 (Gazz. Uff. 12 dicembre 2001, n. 48, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 4 e 5, sollevata, in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo comma, della Costituzione. La stessa Corte con altra ordinanza 22 aprile-3 maggio 2002, n. 148 (Gazz. Uff. 8 maggio 2002, n. 18, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 1, 4 e 5, sollevata in riferimento all'art. 13, secondo comma, della Costituzione;

 

ha dichiarato, inoltre, la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 3, sollevata in riferimento all'art. 24 della Costituzione. La stessa Corte con altra ordinanza 6-10 maggio 2002, n. 177 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 1, 4 e 5, sollevate in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione. La Corte costituzionale, con altra ordinanza 6-10 maggio 2002, n. 181 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma della Costituzione. La stessa Corte con altra ordinanza 6-10 maggio 2002, n. 188 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 4 e 5, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo comma, della Costituzione.

 

(138)  La Corte costituzionale, con ordinanza 10-25 luglio 2002, n. 402 (Gazz. Uff. 31 luglio 2002, n. 30, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, sollevate in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione.

 

La Corte costituzionale, con ordinanza 16 - 30 gennaio 2003, n. 17 (Gazz. Uff. 5 febbraio 2003, n. 5, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, sollevate in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione.

 

(139)  La Corte costituzionale, con ordinanza 22 novembre-6 dicembre 2001, n. 385 (Gazz. Uff. 12 dicembre 2001, n. 48, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 1, 4 e 5, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo comma, della Costituzione;

 

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 3, sollevata in riferimento all'articolo 24 della Costituzione.

 

La stessa Corte con ordinanza 22 novembre-6 dicembre 2001, n. 386 (Gazz. Uff. 12 dicembre 2001, n. 48, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 4 e 5, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo comma, della Costituzione.

 

La stessa Corte con ordinanza 22 novembre-6 dicembre 2001, n. 387 (Gazz. Uff. 12 dicembre 2001, n. 48, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 3, 4 e 5, sollevata in riferimento agli articoli 3, 10, 13, 24 e 111 della Costituzione.

 

La stessa Corte con altra ordinanza 22 novembre-6 dicembre 2001, n. 388 (Gazz. Uff. 12 dicembre 2001, n. 48, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 4 e 5, sollevata, in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo comma, della Costituzione. La stessa Corte con altra ordinanza 22 aprile-3 maggio 2002, n. 148 (Gazz. Uff. 8 maggio 2002, n. 18, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 1, 4 e 5, sollevata in riferimento all'art. 13, secondo comma, della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 3, sollevata in riferimento all'art. 24 della Costituzione. La stessa Corte con altra ordinanza 6-10 maggio 2002, n. 177 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 1, 4 e 5, sollevate in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione. La Corte costituzionale, con altra ordinanza 6-10 maggio 2002, n. 181 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma della Costituzione. La stessa Corte con altra ordinanza 6-10 maggio 2002, n. 188 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 4 e 5, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo comma, della Costituzione.

 

(140)  Comma così modificato dal comma 4 dell'art. 1, D.L. 14 settembre 2004, n. 241. Il presente comma era stato, inoltre, modificato dall'art. 2, D.L. 29 dicembre 2007, n. 249, non convertito in legge.

 

(141)  La Corte costituzionale, con ordinanza 12-25 luglio 2001, n. 297 (Gazz. Uff. 1° agosto 2001, n. 30, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 3, 4 e 5, sollevata in riferimento agli articoli 3, 10, 11, 13, 24 e 111 della Costituzione. La Corte costituzionale, con ordinanza 14-26 febbraio 2002, n. 35 (Gazz. Uff. 6 marzo 2002, n. 10, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 3, 4 e 5, sollevate in riferimento agli artt. 3, 10, 13, 24 e 111 della Costituzione. La stessa Corte con successiva ordinanza 25 febbraio-6 marzo 2002, n. 45 (Gazz. Uff. 13 marzo 2002, n. 11, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 3, 4 e 5, sollevata in riferimento agli art. 3, 10, 13, 24 e 111 della Costituzione.

 

(142)  La Corte costituzionale, con ordinanza 12-25 luglio 2001, n. 298 (Gazz. Uff. 1° agosto 2001, n. 30, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 13, commi 4, 5 e 6, e dell'articolo 14, commi 4 e 5, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione. La Corte costituzionale, con ordinanza 25 febbraio-6 marzo 2002, n. 44 (Gazz. Uff. 13 marzo 2002, n. 11, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, commi 4, 5 e 6, e dell'art. 14, commi 4 e 5, sollevata in riferimento all'art. 13, secondo e terzo comma, della Costituzione. La stessa Corte con ordinanza 24 aprile-7 maggio 2002, n. 170 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 13, commi 4, 5 e 6, e dell'articolo 14, commi 4 e 5, sollevata in riferimento agli articoli 2, 3 e 13, secondo e terzo comma, della Costituzione. La Corte costituzionale, con ordinanza 6-10 maggio 2002, n. 176 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 13, commi 4 e 5, e dell'articolo 14, comma 5, nonché dell'articolo 14 del medesimo decreto legislativo, sollevate in riferimento agli articoli 13 e 24 della Costituzione. La Corte costituzionale, con ordinanza 6-10 maggio 2002, n. 187 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 13, commi 4, 5 e 6, e dell'articolo 14, commi 3, 4 e 5, sollevate in riferimento agli articoli 13, secondo e terzo comma, e 24 della Costituzione.

(143)  La Corte costituzionale, con ordinanza 22 novembre-6 dicembre 2001, n. 385 (Gazz. Uff. 12 dicembre 2001, n. 48, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 1, 4 e 5, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo comma, della Costituzione;

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 3, sollevata in riferimento all'articolo 24 della Costituzione.

La stessa Corte con ordinanza 22 novembre-6 dicembre 2001, n. 386 (Gazz. Uff. 12 dicembre 2001, n. 48, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 4 e 5, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo comma, della Costituzione.

La stessa Corte con ordinanza 22 novembre-6 dicembre 2001, n. 387 (Gazz. Uff. 12 dicembre 2001, n. 48, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 3, 4 e 5, sollevata in riferimento agli articoli 3, 10, 13, 24 e 111 della Costituzione.

La stessa Corte con altra ordinanza 22 novembre-6 dicembre 2001, n. 388 (Gazz. Uff. 12 dicembre 2001, n. 48, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 4 e 5, sollevata, in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo comma, della Costituzione. La stessa Corte con altra ordinanza 22 aprile-3 maggio 2002, n. 148 (Gazz. Uff. 8 maggio 2002, n. 18, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 1, 4 e 5, sollevata in riferimento all'art. 13, secondo comma, della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 3, sollevata in riferimento all'art. 24 della Costituzione. La stessa Corte con altra ordinanza 6-10 maggio 2002, n. 177 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 1, 4 e 5, sollevate in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione. La Corte costituzionale, con altra ordinanza 6-10 maggio 2002, n. 181 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma della Costituzione. La stessa Corte con altra ordinanza 6-10 maggio 2002, n. 188 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 4 e 5, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo comma, della Costituzione.

(144)  Comma prima sostituito dal comma 5 dell'art. 1, D.L. 14 settembre 2004, n. 241, come modificato dalla relativa legge di conversione, e poi così modificato ai sensi di quanto disposto dall'art. 9, D.L. 23 maggio 2008, n. 92.

(145)  La Corte costituzionale, con sentenza 22 marzo-10 aprile 2001, n. 105 (Gazz. Uff. 18 aprile 2001, n. 16, serie speciale), ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, commi 4, 5 e 6, e dell'art. 14, comma 4, sollevata in riferimento all'art. 13, commi secondo e terzo, della Costituzione.; dichiara inoltre non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5, sollevata in riferimento all'art. 13, commi secondo e terzo, della Costituzione.

(146)  La Corte costituzionale, con ordinanza 12-25 luglio 2001, n. 297 (Gazz. Uff. 1° agosto 2001, n. 30, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 3, 4 e 5, sollevata in riferimento agli articoli 3, 10, 11, 13, 24 e 111 della Costituzione. La Corte costituzionale, con ordinanza 14-26 febbraio 2002, n. 35 (Gazz. Uff. 6 marzo 2002, n. 10, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 3, 4 e 5, sollevate in riferimento agli artt. 3, 10, 13, 24 e 111 della Costituzione. La stessa Corte con successiva ordinanza 25 febbraio-6 marzo 2002, n. 45 (Gazz. Uff. 13 marzo 2002, n. 11, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 3, 4 e 5, sollevata in riferimento agli art. 3, 10, 13, 24 e 111 della Costituzione.

(147)  La Corte costituzionale, con ordinanza 12-25 luglio 2001, n. 298 (Gazz. Uff. 1° agosto 2001, n. 30, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 13, commi 4, 5 e 6, e dell'articolo 14, commi 4 e 5, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione. La Corte costituzionale, con ordinanza 25 febbraio-6 marzo 2002, n. 44 (Gazz. Uff. 13 marzo 2002, n. 11, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, commi 4, 5 e 6, e dell'art. 14, commi 4 e 5, sollevata in riferimento all'art. 13, secondo e terzo comma, della Costituzione. La stessa Corte con ordinanza 24 aprile-7 maggio 2002, n. 170 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 13, commi 4, 5 e 6, e dell'articolo 14, commi 4 e 5, sollevata in riferimento agli articoli 2, 3 e 13, secondo e terzo comma, della Costituzione. La Corte costituzionale, con ordinanza 6-10 maggio 2002, n. 176 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 13, commi 4 e 5, e dell'articolo 14, comma 5, nonché dell'articolo 14 del medesimo decreto legislativo, sollevate in riferimento agli articoli 13 e 24 della Costituzione. La Corte costituzionale, con ordinanza 6-10 maggio 2002, n. 187 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 13, commi 4, 5 e 6, e dell'articolo 14, commi 3, 4 e 5, sollevate in riferimento agli articoli 13, secondo e terzo comma, e 24 della Costituzione.

(148)  La Corte costituzionale, con ordinanza 22 novembre-6 dicembre 2001, n. 385 (Gazz. Uff. 12 dicembre 2001, n. 48, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 1, 4 e 5, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo comma, della Costituzione;

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 3, sollevata in riferimento all'articolo 24 della Costituzione.

La stessa Corte con ordinanza 22 novembre-6 dicembre 2001, n. 386 (Gazz. Uff. 12 dicembre 2001, n. 48, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 4 e 5, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo comma, della Costituzione.

La stessa Corte con ordinanza 22 novembre-6 dicembre 2001, n. 387 (Gazz. Uff. 12 dicembre 2001, n. 48, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 3, 4 e 5, sollevata in riferimento agli articoli 3, 10, 13, 24 e 111 della Costituzione.

La stessa Corte con altra ordinanza 22 novembre-6 dicembre 2001, n. 388 (Gazz. Uff. 12 dicembre 2001, n. 48, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 4 e 5, sollevata, in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo comma, della Costituzione. La stessa Corte con altra ordinanza 22 aprile-3 maggio 2002, n. 148 (Gazz. Uff. 8 maggio 2002, n. 18, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 1, 4 e 5, sollevata in riferimento all'art. 13, secondo comma, della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 3, sollevata in riferimento all'art. 24 della Costituzione. La stessa Corte con altra ordinanza 6-10 maggio 2002, n. 177 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 1, 4 e 5, sollevate in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione. La Corte costituzionale, con altra ordinanza 6-10 maggio 2002, n. 181 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma della Costituzione. La stessa Corte con altra ordinanza 6-10 maggio 2002, n. 188 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 4 e 5, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo comma, della Costituzione.

(149)  Comma così sostituito dal comma 1 dell'art. 13, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(150)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 13, L. 30 luglio 2002, n. 189 e così modificato ai sensi di quanto disposto dall'art. 9, D.L. 23 maggio 2008, n. 92.

(151)  La Corte costituzionale, con sentenza 8-21 luglio 2004, n. 257 (Gazz. Uff. 28 luglio 2004, n. 29, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 7, sollevata in riferimento agli articoli 3 e 13 della Costituzione;

ha infine dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 13, comma 7, e 14, comma 5-bis, sollevate in riferimento agli artt. 24 e 27 della Costituzione.

(152) La Corte costituzionale, con ordinanza 3-7 luglio 2006, n. 280 (Gazz. Uff. 12 luglio 2006, n. 28, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 13, commi 3 e 8, e 14, comma 5-bis, sollevate in riferimento agli artt. 3, 24, e 113, secondo comma, della Costituzione; ha inoltre dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 13 e 14, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 35 e 36 della Costituzione; ha infine dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-bis, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 10, 13 e 24 della Costituzione.

(153) La Corte costituzionale, con ordinanza 3-7 luglio 2006, n. 283 (Gazz. Uff. 12 luglio 2006, n. 28, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 13, commi 2, lettere a) e b), 3 e 7, 13-bis e 14, comma 5-bis, sollevate in riferimento agli artt. 3, 13, commi primo, secondo e terzo, e 24 della Costituzione.

(154) La Corte costituzionale, con ordinanza 8-21 novembre 2006, n. 386 (Gazz. Uff. 29 novembre 2006, n. 47, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 5-bis e 5-ter, come modificato della legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 13, 25, secondo comma, e 27, terzo comma, della Costituzione.

(155) La Corte costituzionale, con ordinanza 18-21 giugno 2007, n. 228 (Gazz. Uff. 27 giugno 2007, n. 25, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-bis, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 10, 13 e 24 della Costituzione.

(156) La Corte costituzionale, con ordinanza 22-26 ottobre 2007, n. 357 (Gazz. Uff. 31 ottobre 2007, n. 41, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-bis, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 10, 13 e 24 della Costituzione.

(157) La Corte costituzionale, con ordinanza 27 febbraio-7 marzo 2008, n. 52 (Gazz. Uff. 27 febbraio 2008, n. 10, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-ter, primo periodo, come sostituito dall'art. 1 della legge 12 novembre 2004, n. 271, nella parte in cui prevede la pena della reclusione da uno a quattro anni per lo straniero che, senza giustificato motivo, si trattenga nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine di allontanarsene, impartitogli dal questore a norma del precedente comma 5-bis, sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione, dai Tribunali di Castrovillari, Firenze, Genova, Trieste e Torino con le ordinanze indicate in epigrafe; ha infine dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-ter, primo periodo, come sostituito dall'art. 1 della legge n. 271 del 2004, nella parte in cui prevede la pena minima di un anno di reclusione per lo straniero che, senza giustificato motivo, si trattenga nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine di allontanarsene, impartitogli dal questore a norma del precedente comma 5-bis, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 10 e 27, terzo comma, Costituzionale.

(158)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 13, L. 30 luglio 2002, n. 189 e poi così sostituito dal comma 5-bis dell'art. 1, D.L. 14 settembre 2004, n. 241, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(159)  La Corte costituzionale, con sentenza 18 dicembre 2003-13 gennaio 2004, n. 5 (Gazz. Uff. 21 gennaio 2004, n. 3, 1ª Serie speciale), ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-ter, aggiunto dall'art. 13, comma 1, della legge 30 luglio 2002, n. 189 sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 24, 25, 27 e 97 della Costituzione. La stessa Corte, chiamata nuovamente a pronunciarsi sulla stessa questione senza addurre nuovi profili, con ordinanza 23 febbraio-2 marzo 2004, n. 80 (Gazz. Uff. 10 marzo 2004, n. 10, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-ter, aggiunto dall'art. 13, comma 1, della legge 30 luglio 2002, n. 189 sollevate in riferimento agli artt. 24 e 25 della Costituzione. La stessa Corte, con successiva ordinanza 27-29 settembre 2004, n. 302 (Gazz. Uff. 6 ottobre 2004, n. 39, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-ter, aggiunto dall'art. 13, comma 1, della legge 30 luglio 2002, n. 189 sollevata in riferimento all'art. 25 della Costituzione; ha inoltre dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale del citato art. 14, comma 5-ter, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 25 e 27 della Costituzione.

(160)  La Corte costituzionale, con ordinanza 28 ottobre-5 novembre 2004, n. 333 (Gazz. Uff. 10 novembre 2004, n. 44, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 5-ter e 5-quinquies, inseriti dall'art. 13 della legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevata dal Tribunale di Velletri. La stessa Corte, con altra ordinanza 12-21 ottobre 2005, n. 395 (Gazz. Uff. 26 ottobre 2005, n. 43, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-ter, come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevata in riferimento all'art. 25 della Costituzione. La Corte costituzionale, con ordinanza 24 febbraio-8 marzo 2005, n. 100 (Gazz. Uff. 16 marzo 2005, n. 11, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 5-ter e 5-quinquies, aggiunti dall'art. 13, comma 1, della legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevate in riferimento agli artt. 13 e 25 della Costituzione. La stessa Corte, con successiva ordinanza 30 novembre-13 dicembre 2005, n. 447 (Gazz. Uff. 21 dicembre 2005, n. 51, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 5-ter e 5-quinquies, come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189 sollevate in riferimento agli artt. 24 e 111 della Costituzione. La Corte costituzionale, con ordinanza 8-21 novembre 2006, n. 388 (Gazz. Uff. 29 novembre 2006, n. 47, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 5-ter e 5-quinquies, come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189, nelle parti riguardanti l'arresto obbligatorio e l'obbligatorietà del rito direttissimo, sollevate in riferimento agli artt. 3 e 13 della Costituzione; inoltre ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-ter, in relazione all'art. 13, comma 7, nella parte in cui non prescrive l'obbligatoria traduzione dell'ordine di espulsione dello straniero in una lingua conosciuta dallo stesso, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione. La Corte costituzionale, con altra sentenza 22 gennaio-2 febbraio 2007, n. 22 (Gazz. Uff. 7 febbraio 2007, n. 6, 1ª Serie speciale), ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-ter, primo periodo, come sostituito dall'art. 1 della legge 12 novembre 2004, n. 271, nella parte in cui prevede la pena della reclusione da uno a quattro anni per lo straniero che, senza giustificato motivo, si trattenga nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine di allontanarsene, impartitogli dal questore a norma del precedente comma 5-bis, sollevate, in riferimento agli artt. 2, 3, 16 e 27 della Costituzione; ha inoltre dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-quinquies, come sostituito dall'art. 1 della legge n. 271 del 2004, nella parte in cui prevede l'arresto obbligatorio dello straniero che si trattenga nel territorio dello Stato in violazione del precedente comma 5-ter, primo periodo, sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 13 e 27 Cost. La Corte costituzionale, con ordinanza 18 aprile-11 maggio 2007, n. 167 (Gazz. Uff. 16 maggio 2007, n. 19, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-ter, primo periodo, come sostituito dall'art. 1 della legge 12 novembre 2004, n. 271 nella parte in cui prevede la pena della reclusione da uno a quattro anni per lo straniero che, senza giustificato motivo, si trattenga nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine di allontanarsene, impartitogli dal questore a norma del precedente comma 5-bis, sollevate in riferimento agli artt. 3, 16 e 27 della Costituzione; infine ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-quinquies, come sostituito dall'art. 1 della legge n. 271 del 2004, nella parte in cui prevede l'arresto obbligatorio dello straniero che si trattenga nel territorio dello Stato in violazione del precedente comma 5-ter, primo periodo, sollevate in riferimento agli artt. 3 e 13 Cost. La Corte costituzionale, con sentenza 23-27 giugno 2008, n. 236 (Gazz. Uff. 2 luglio 2008, n. 28, 1ª Serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-quinquies, come sostituito dall'art. 1 della legge 12 novembre 2004, n. 271, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 13 della Costituzione; ha infine dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 5-ter e 5-quinquies, sollevate in riferimento agli artt. 3, 10, 13, 27 e 136 Cost.

(161)  La Corte costituzionale, con ordinanza 24 marzo-6 aprile 2005, n. 141 (Gazz. Uff. 13 aprile 2005, n. 15, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-ter, inserito dall'art. 13 della legge 30 luglio 2002, n. 189 sollevate in riferimento agli artt. 24, 27, 104 e 111 della Costituzione.

(162) La stessa Corte, con altra ordinanza 28 settembre-4 ottobre 2005, n. 364 (Gazz. Uff. 12 ottobre 2005, n. 41, 1ª Serie speciale), con ordinanza 28 settembre-4 ottobre 2005, n. 376 (Gazz. Uff. 12 ottobre 2005, n. 41, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-ter, aggiunto dall'art. 13, comma 1, della legge 30 luglio 2002, n. 189 sollevate in riferimento agli artt. 24, 27, 104 e 111 della Costituzione.

(163) La Corte costituzionale, con ordinanza 8-21 novembre 2006, n. 386 (Gazz. Uff. 29 novembre 2006, n. 47, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 5-bis e 5-ter, come modificato della legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 13, 25, secondo comma, e 27, terzo comma, della Costituzione.

(164) La Corte costituzionale, con ordinanza 24 gennaio-9 febbraio 2007, n. 35 (Gazz. Uff. 14 febbraio 2007, n. 7, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-ter, aggiunto dalla legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevata in riferimento agli artt. 24 e 111 della Costituzione.

(165) La Corte costituzionale, con sentenza 22-26 ottobre 2007, n. 354 (Gazz. Uff. 31 ottobre 2007, n. 41, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-ter, primo periodo, come sostituito dall'art. 1 della legge 12 novembre 2004, n. 271, nella parte in cui prevede la pena della reclusione da uno a quattro anni per lo straniero che, senza giustificato motivo, si trattenga nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine di allontanarsene, impartitogli dal questore a norma del precedente comma 5-bis, sollevate in riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione.

(166)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 13, L. 30 luglio 2002, n. 189 e poi così sostituito dal comma 5-bis dell'art. 1, D.L. 14 settembre 2004, n. 241, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(167)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 13, L. 30 luglio 2002, n. 189 e poi così sostituito dal comma 6 dell'art. 1, D.L. 14 settembre 2004, n. 241, come sostituito dalla relativa legge di conversione. La Corte costituzionale, con sentenza 8-15 luglio 2004, n. 223 (Gazz. Uff. 21 luglio 2004, n. 28 - Prima serie speciale), aveva dichiarato, tra l'altro, l'illegittimità dell'originario comma 5-quinquies nella parte in cui stabiliva che per il reato previsto dal comma 5-ter del presente articolo fosse obbligatorio l'arresto dell'autore del fatto.

(168)  La Corte costituzionale, con ordinanza 13-21 dicembre 2004, n. 405 (Gazz. Uff. 29 dicembre 2004, n. 50, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-quinquies, inserito dall'art. 13 della legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevate in riferimento agli artt. 3 e 13, terzo comma, della Costituzione.

 

(169) La Corte costituzionale, con ordinanza 7-22 luglio 2005, n. 313 (Gazz. Uff. 27 luglio 2005, n. 30, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-quinquies, inserito dall'art. 13, comma 1, della legge 30 luglio 2002, n. 189 sollevata in riferimento agli artt. 3 e 13, terzo comma, della Costituzione.

(170) La Corte costituzionale, con ordinanza 28 ottobre-5 novembre 2004, n. 333 (Gazz. Uff. 10 novembre 2004, n. 44, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 5-ter e 5-quinquies, inseriti dall'art. 13 della legge 30 luglio 2002, n. 189. La stessa Corte, con ordinanza 24 febbraio-8 marzo 2005, n. 100 (Gazz. Uff. 16 marzo 2005, n. 11, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 5-ter e 5-quinquies, aggiunti dall'art. 13, comma 1, della legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevate in riferimento agli artt. 13 e 25 della Costituzione. La stessa Corte, con successiva ordinanza 30 novembre-13 dicembre 2005, n. 447 (Gazz. Uff. 21 dicembre 2005, n. 51, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 5-ter e 5-quinquies, come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189 sollevate in riferimento agli artt. 24 e 111 della Costituzione. La Corte costituzionale, con ordinanza 8-21 novembre 2006, n. 388 (Gazz. Uff. 29 novembre 2006, n. 47, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 5-ter e 5-quinquies, come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189, nelle parti riguardanti l'arresto obbligatorio e l'obbligatorietà del rito direttissimo, sollevate in riferimento agli artt. 3 e 13 della Costituzione; inoltre ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-ter, in relazione all'art. 13, comma 7, nella parte in cui non prescrive l'obbligatoria traduzione dell'ordine di espulsione dello straniero in una lingua conosciuta dallo stesso, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione. La Corte costituzionale, con sentenza 22 gennaio-2 febbraio 2007, n. 22 (Gazz. Uff. 7 febbraio 2007, n. 6, 1ª Serie speciale), ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-ter, primo periodo, come sostituito dall'art. 1 della legge 12 novembre 2004, n. 271, nella parte in cui prevede la pena della reclusione da uno a quattro anni per lo straniero che, senza giustificato motivo, si trattenga nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine di allontanarsene, impartitogli dal questore a norma del precedente comma 5-bis, sollevate, in riferimento agli artt. 2, 3, 16 e 27 della Costituzione; ha inoltre dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-quinquies, come sostituito dall'art. 1 della legge n. 271 del 2004, nella parte in cui prevede l'arresto obbligatorio dello straniero che si trattenga nel territorio dello Stato in violazione del precedente comma 5-ter, primo periodo, sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 13 e 27 Cost. La Corte costituzionale, con ordinanza 18 aprile-11 maggio 2007, n. 167 (Gazz. Uff. 16 maggio 2007, n. 19, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-ter, primo periodo, come sostituito dall'art. 1 della legge 12 novembre 2004, n. 271 nella parte in cui prevede la pena della reclusione da uno a quattro anni per lo straniero che, senza giustificato motivo, si trattenga nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine di allontanarsene, impartitogli dal questore a norma del precedente comma 5-bis, sollevate in riferimento agli artt. 3, 16 e 27 della Costituzione; infine ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-quinquies, come sostituito dall'art. 1 della legge n. 271 del 2004, nella parte in cui prevede l'arresto obbligatorio dello straniero che si trattenga nel territorio dello Stato in violazione del precedente comma 5-ter, primo periodo, sollevate in riferimento agli artt. 3 e 13 Cost. La Corte costituzionale, con sentenza 23-27 giugno 2008, n. 236 (Gazz. Uff. 2 luglio 2008, n. 28, 1ª Serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-quinquies, come sostituito dall'art. 1 della legge 12 novembre 2004, n. 271, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 13 della Costituzione; ha infine dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 5-ter e 5-quinquies, sollevate in riferimento agli artt. 3, 10, 13, 27 e 136 Cost.

(171)  Vedi, anche, il comma 2-bis dell'art. 1, D.L. 14 settembre 2004, n. 241, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.


L. 23 febbraio 1999, n. 44.
Disposizioni concernenti il Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive e dell'usura.
(artt. 18 e 18-bis)

 

 

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Pubblicata nella Gazz. Uff. 3 marzo 1999, n. 51.

 

(omissis)

Art. 18.

Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive.

1. È istituito presso il Ministero dell'interno il Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive. Il Fondo è alimentato da:

 

a) un contributo, determinato ai sensi del comma 2, sui premi assicurativi, raccolti nel territorio dello Stato, nei rami incendio, responsabilità civile diversi, auto rischi diversi e furto, relativi ai contratti stipulati a decorrere dal 1° gennaio 1990;

 

 

b) un contributo dello Stato determinato secondo modalità individuate dalla legge, nel limite massimo di lire 80 miliardi, iscritto nello stato di previsione dell'entrata, unità previsionale di base 1.1.11.1, del bilancio di previsione dello Stato per il 1998 e corrispondenti proiezioni per gli anni 1999 e 2000;

 

 

c) una quota pari alla metà dell'importo, per ciascun anno, delle somme di denaro confiscate ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575 , e successive modificazioni, nonché una quota pari ad un terzo dell'importo del ricavato, per ciascun anno, delle vendite disposte a norma dell'articolo 2-undecies della suddetta legge n. 575 del 1965 , relative ai beni mobili o immobili ed ai beni costituiti in azienda confiscati ai sensi della medesima legge n. 575 del 1965 .

 

2. La misura percentuale prevista dall'articolo 6, comma 2, del decreto-legge 31 dicembre 1991, n. 419, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 1992, n. 172, può essere rideterminata, in relazione alle esigenze del Fondo, con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato.

 

3. Con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sono emanate, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le norme regolamentari necessarie per l'attuazione di quanto disposto dal comma 1, lettera a) (8).

 

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(8)  Vedi, anche, l'art. 145, comma 25, L. 23 dicembre 2000, n. 388. Con D.M. 2 luglio 2002, n. 239 è stato emanato il regolamento di cui al presente comma.

 

 

Art. 18-bis.

Diritto di surroga.

1. Il Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive di cui all'articolo 18 è unificato al Fondo di solidarietà per le vittime dell'usura di cui all'articolo 14 della legge 7 marzo 1996, n. 108, e successive modificazioni. Tale Fondo unificato è surrogato, quanto alle somme corrisposte agli aventi titolo, nei diritti dei medesimi verso i responsabili dei danni di cui alla presente legge.

 

2. Il diritto di surroga di cui al comma 1 è esercitato dal concessionario di cui all'articolo 19, comma 4.

 

3. Le somme recuperate attraverso la surroga di ognuno dei due Fondi unificati ai sensi del presente articolo sono versate dal concessionario in conto entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate sul capitolo di spesa dello stato di previsione del Ministero dell'interno, riguardante il Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive e dell'usura (9).

 

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(9)  Articolo aggiunto dal comma 1 dell'art. 51, L. 28 dicembre 2001, n. 448. Vedi, anche, l'art. 1-bis, D.L. 30 dicembre 2005, n. 272, nel testo integrato della relativa legge di conversione.

 

(omissis)

 


L. 22 dicembre 1999, n. 512.
Istituzione del Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso.
(artt. 1, 4 e 6)

 

 

(1) (2) (3)

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 10 gennaio 2000, n. 6.

(2)  Per il regolamento di attuazione della presente legge vedi il D.P.R. 28 maggio 2001, n. 284.

(3)  Con riferimento al presente provvedimento è stata emanata la seguente istruzione:

- Ministero dell'interno: Circ. 18 giugno 2003, n. 365/M/10-2B(2.)

 

 

Art. 1.

Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso.

1. È istituito presso il Ministero dell'interno il Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, di seguito denominato «Fondo». Il Fondo è alimentato:

 

a) da un contributo dello Stato pari a lire 20 miliardi annue;

 

 

b) dai rientri previsti dall'articolo 2.

 

(omissis)

Art. 4. 

Accesso al Fondo.

1. Hanno diritto di accesso al Fondo, entro i limiti delle disponibilità finanziarie annuali dello stesso, le persone fisiche e gli enti costituiti parte civile nelle forme previste dal codice di procedura penale, a cui favore è stata emessa, successivamente alla data del 30 settembre 1982, sentenza definitiva di condanna al risarcimento dei danni, patrimoniali e non patrimoniali, nonché alla rifusione delle spese e degli onorari di costituzione e di difesa, a carico di soggetti imputati, anche in concorso, dei seguenti reati:

 

a) del delitto di cui all'articolo 416-bis del codice penale;

 

b) dei delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal medesimo articolo 416-bis;

 

c) dei delitti commessi al fine di agevolare l'attività delle associazioni di tipo mafioso.

 

2. Hanno altresì diritto di accesso al Fondo, entro i limiti delle disponibilità finanziarie annuali dello stesso, le persone fisiche e gli enti costituiti in un giudizio civile, nelle forme previste dal codice di procedura civile, per il risarcimento dei danni causati dalla consumazione dei reati di cui al comma 1, accertati in giudizio penale, nonché i successori a titolo universale delle persone a cui favore è stata emessa la sentenza di condanna di cui al presente articolo.

 

3. Nei casi previsti dai commi 1 e 2, l'obbligazione del Fondo non sussiste quando nei confronti delle persone indicate nei medesimi commi è stata pronunciata sentenza definitiva di condanna per uno dei reati di cui all'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale, o è applicata in via definitiva una misura di prevenzione, ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni.

 

4. Il diritto di accesso al Fondo non può essere esercitato da coloro che, alla data di presentazione della domanda, sono sottoposti a procedimento penale per uno dei reati di cui all'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale, o ad un procedimento per l'applicazione di una misura di prevenzione, ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni.

(omissis)

Art. 6.

Gestione delle domande per l'accesso al Fondo.

1. La corresponsione delle somme richieste ai sensi dell'articolo 5 è disposta con deliberazione del Comitato di cui all'articolo 3 nel termine di sessanta giorni dalla presentazione della domanda, previa verifica:

 

a) dell'esistenza, in favore dell'istante, della sentenza di condanna e della legittimazione attiva dell'istante;

 

 

b) dell'inesistenza, alla data di presentazione della domanda, di un procedimento penale in corso o di una sentenza definitiva di condanna dell'istante per uno dei reati di cui all'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale;

 

 

c) dell'inesistenza, alla data di presentazione della domanda, di una misura di prevenzione, ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni, applicata in via definitiva nei confronti dell'istante, o di un procedimento in corso per l'applicazione di una misura di prevenzione.

 

2. Se necessario ai fini della completezza dei documenti posti a base della richiesta di accesso al Fondo, il Comitato invita l'interessato a fornire documentazione integrativa e assume copie di atti e informazioni scritte dall'autorità giudiziaria che ha pronunciato la sentenza di condanna.

 

3. Gli organi preposti alla gestione del Fondo e i relativi uffici sono tenuti al segreto in ordine ai soggetti interessati all'accesso e alle relative procedure.

 

4. Il Fondo è surrogato, quanto alle somme corrisposte agli aventi titolo, nei diritti della parte civile o dell'attore verso il soggetto condannato al risarcimento del danno. Tali somme rimangono a titolo definitivo a carico del Fondo nel caso in cui questo non possa soddisfare il suo diritto nei confronti del soggetto condannato al risarcimento del danno. Le somme recuperate attraverso la surroga sono versate dal concessionario in conto entrata del bilancio dello Stato, per essere riassegnate sul capitolo di spesa dello stato di previsione del Ministero dell'interno, riguardante il Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso (5).

 

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(5)  Comma così modificato dal comma 2 dell'art. 51, L. 28 dicembre 2001, n. 448.


D.P.R. 28 maggio 2001, n. 284.
Regolamento di attuazione della L. 22 dicembre 1999, n. 512, concernente il Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso.

 

 

(1) (2)

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 14 luglio 2001, n. 162.

(2)  Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti istruzioni:

- Ministero dell'interno: Circ. 11 aprile 2002, n. 660; Circ. 18 giugno 2003, n. 365/M/10-2B(2.)

 

 

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

 

Visto l'articolo 87, comma quinto, della Costituzione;

 

Vista la legge 22 dicembre 1999, n. 512, ed in particolare l'articolo 7, comma 1;

 

Vista la legge 23 novembre 1998, n. 407;

 

Vista la legge 20 ottobre 1990, n. 302;

 

Visto l'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1998, n. 400;

 

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 4 aprile 2001;

 

Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso dalla sezione consultiva per gli atti normativi nell'adunanza del 26 febbraio 2001;

 

Sentito il garante per la protezione dei dati personali;

 

Acquisito il parere delle competenti commissioni della Camera dei deputati;

 

Considerato che le competenti commissioni del Senato della Repubblica non hanno espresso il proprio parere nel termine prescritto;

 

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 17 maggio 2001;

 

Sulla proposta del Ministro dell'interno, di concerto con i Ministri della giustizia, del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, dell'industria, del commercio e dell'artigianato e del commercio con l'estero, delle finanze e per la solidarietà sociale;

 

 

Emana il seguente regolamento:

 

 

TITOLO I

Disposizioni generali

 

Art. 1.

Definizioni.

1. Ai fini del presente regolamento si intendono:

 

a) per «legge», la legge 22 dicembre 1999, n. 512 recante «Istituzione del Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso»;

b) per «Comitato», il Comitato di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso previsto dall'articolo 3 della legge;

c) per «Commissario», il commissario per il coordinamento delle iniziative di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso, di cui all'articolo 3, comma 1, della legge;

d) per «Fondo», il Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso istituito dall'articolo 1 della legge;

e) per «CONSAP», la concessionaria di servizi assicurativi pubblici S.p.a., costituita ai sensi dell'articolo 16 del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1992, n. 359.

 

 

Art. 2.

Composizione e funzionamento del Comitato.

1. Il Comitato, costituito con decreto del Ministro dell'interno e composto secondo quanto previsto dall'articolo 3 della legge, è presieduto dal commissario che lo convoca con le modalità stabilite dallo stesso Comitato.

 

2. Per ciascuno dei rappresentanti indicati dall'articolo 3 della legge si provvede alla nomina di un supplente.

 

3. Ai fini della validità delle sedute del Comitato è richiesta la maggioranza assoluta dei componenti. Di ciascuna seduta è redatto apposito processo verbale nel quale il voto contrario dei componenti dissenzienti è riportato nominativamente solo su loro espressa richiesta.

 

4. Le deliberazioni del Comitato sono approvate a maggioranza assoluta dei presenti aventi diritto al voto. A parità di voti prevale il voto del commissario.

 

5. Alle sedute del Comitato partecipano due funzionari dell'ufficio di cui all'articolo 4, con compiti di supporto tecnico e di verbalizzazione.

 

6. Con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, vengono stabilite le modalità di corresponsione dei gettoni di presenza e dei rimborsi delle spese sostenute, a valere sul Fondo, al presidente, ai componenti del Comitato ed ai funzionari con compiti di supporto tecnico e di verbalizzazione.

 

Art. 3.

Attribuzioni del Comitato.

1. Il Comitato delibera sulle domande per il risarcimento dei danni, per la rifusione delle spese e degli onorari di costituzione e di difesa, su eventuali casi di sospensione del procedimento o di revoca o riforma dei provvedimenti già adottati, nonché su ogni altra questione inerente all'applicazione della legge che il commissario ritiene opportuno sottoporre al suo esame.

 

2. Il Comitato, all'inizio di ogni anno, approva un programma di informazione, predisposto dal commissario, finalizzato a promuovere la massima conoscenza delle iniziative di solidarietà e di sostegno in favore delle vittime dei reati di tipo mafioso. L'informazione può consistere nella divulgazione attraverso gli organi di stampa, delle finalità della legge e delle modalità di accesso al Fondo, nella diffusione audiovisiva di messaggi in àmbito nazionale e locale, nonché nella realizzazione di materiale informativo. Le attività relative sono realizzate dal commissario d'intesa con la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per l'informazione e l'editoria. Le spese necessarie sono poste a carico del Fondo e sono liquidate dalla CONSAP.

 

3. Il Comitato approva, entro il 31 gennaio di ciascun anno, una relazione sull'attività svolta nell'anno precedente, illustrando le questioni di carattere interpretativo od applicativo più rilevanti inerenti il procedimento e proponendo eventuali modifiche o integrazioni della normativa vigente. La relazione è trasmessa dal commissario al Ministro dell'interno.

 

 

Art. 4.

Ufficio di supporto al Comitato.

1. Con decreto del Ministro dell'interno, da adottarsi entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore del presente regolamento, è individuato, nell'àmbito delle strutture della direzione generale dei servizi civili del Ministero dell'interno e ferma restando la dotazione organica del medesimo Ministero, un ufficio con i seguenti compiti:

 

a) gestione del rapporto di concessione con la CONSAP;

 

 

b) assistenza tecnica e supporto del Comitato.

 

 

Art. 5.

Attribuzioni del commissario.

1. Per il raggiungimento delle finalità di cui all'articolo 3 della legge, al commissario spettano i seguenti compiti:

 

a) coordinamento delle iniziative di solidarietà e sostegno alle vittime dei reati di tipo mafioso, in raccordo con gli altri enti interessati;

 

 

b) proposta al Ministro dell'interno di modifiche ed integrazioni alla disciplina normativa del Fondo, al fine di rendere più efficace e snella l'azione amministrativa;

 

 

c) relazione periodica al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Ministro dell'interno sull'andamento delle iniziative, sui loro effetti e sugli aspetti che eventualmente ostacolano la loro proficua attuazione.

 

2. Per il conseguimento delle finalità di cui al comma 1, il commissario si avvale di una apposita struttura posta alle sue dirette dipendenze, istituita senza oneri aggiuntivi di spesa presso il Ministero dell'interno e composta anche da personale comandato dalle amministrazioni e dagli enti pubblici di cui al comma 1, secondo quanto stabilito con decreto del Ministro dell'interno, da adottarsi entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore del presente regolamento. Con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, sono stabilite le modalità per la corresponsione del compenso al commissario, qualora non appartenente ad una pubblica amministrazione.

 

3. Le amministrazioni interessate assicurano ogni collaborazione per agevolare l'espletamento dei compiti del Comitato e dell'ufficio del commissario.

 

 

Art. 6.

Risorse finanziarie.

1. Il Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, istituito presso il Ministero dell'interno, è alimentato:

 

a) dallo stanziamento del capitolo di bilancio n. 2384 di pertinenza del Centro di responsabilità 5 - Servizi civili dello stato di previsione della spesa del Ministero dell'interno;

 

 

b) dalle somme di cui all'articolo 2 della legge, individuate entro il 31 ottobre di ciascun anno con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno, le quali, nei limiti di quanto versato nell'esercizio finanziario, saranno riassegnate con decreto del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, al capitolo di spesa di cui alla lettera a), con le procedure di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1999, n. 469;

 

 

c) dalle somme eventualmente introitate per effetto dell'esercizio della surrogazione del Fondo agli aventi titolo, ai sensi dell'articolo 6, comma 4, della legge.

 

2. Le predette somme sono messe a disposizione della CONSAP con le modalità e i tempi che verranno determinati nel provvedimento di concessione previsto dall'articolo 7.

 

 

Art. 7.

Rapporto concessorio con la CONSAP.

1. Con decreto del Ministro dell'interno, da emanarsi entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore del presente regolamento, è approvata la concessione per la gestione del Fondo da parte della CONSAP. La concessione ha la durata di tre anni ed è rinnovata alla scadenza, con le stesse modalità, per un uguale periodo.

 

2. La concessione si uniforma al principio di affidare alla CONSAP, quale concessionaria, l'esecuzione delle delibere adottate dal Comitato, la gestione di cassa e patrimoniale del Fondo, la conservazione della sua integrità, la liquidazione delle spese relative ai programmi di informazione di cui all'articolo 3, comma 2, nonché al principio di garantire la verifica periodica da parte dell'amministrazione concedente, della corrispondenza della gestione del Fondo alle finalità indicate dalla legge.

 

3. Ai fini di cui al comma 2, la concessione definisce, tra l'altro, le modalità di esercizio concernenti:

 

a) l'erogazione delle somme e la loro liquidazione, anche tramite apposite convenzioni con le banche;

b) la ripetizione nei casi di revoca o riforma disposta dal Comitato ai sensi dell'articolo 15 delle somme già erogate, nonché l'esercizio del diritto di surroga previsto dall'articolo 6, comma 4, della legge;

c) la previsione dell'ammontare complessivo delle somme da destinare annualmente ai sensi dell'articolo 4 della legge, al sostenimento delle spese di gestione ordinaria, all'acquisto di titoli ed obbligazioni dello Stato, nonché alle spese per le attività di informazione di cui all'articolo 7, comma 1, lettera e), della legge;

d) la presentazione alla direzione generale dei servizi civili del Ministero dell'interno per il successivo inoltro, per il tramite dell'ufficio centrale del bilancio, alla Corte dei conti, del rendiconto annuale, approvato dal Consiglio di amministrazione della concessionaria, accompagnato dalla situazione patrimoniale del Fondo e da una relazione sull'attività svolta. Analoga presentazione va fatta anche al commissario.

 

4. La concessione stabilisce, altresì, le modalità di accreditamento alla CONSAP delle somme che affluiscono al Fondo.

 

 

TITOLO II
Procedimento di accesso al Fondo

 

Art. 8.

Domanda di accesso al Fondo.

1. Il procedimento per l'accesso al Fondo ha inizio con la presentazione di apposita domanda da parte dei soggetti indicati dall'articolo 4 della legge.

 

 

Art. 9.

Istruttoria della domanda e termini del procedimento.

1. La domanda per l'accesso al Fondo è presentata direttamente o inviata a mezzo plico raccomandato con avviso di ricevimento al prefetto della provincia nella quale il richiedente ha la residenza, ovvero in cui ha sede l'autorità giudiziaria che ha emesso la sentenza.

 

2. Nel caso di invio o presentazione di una domanda ad un ufficio non competente, quest'ultimo provvede immediatamente ad inoltrarla all'ufficio competente. In questo caso, il termine di sessanta giorni previsto dall'articolo 5, comma 1, della legge per la conclusione del procedimento, decorre dal giorno in cui la domanda è pervenuta alla prefettura competente.

 

3. Il prefetto, ricevuta la domanda, comunica ai soggetti aventi diritto al risarcimento, l'avvio del procedimento ed il nominativo del funzionario responsabile dell'istruttoria, e al Comitato le generalità del richiedente e la data di presentazione o di spedizione della domanda, ai fini della sua iscrizione in un elenco cronologico informatizzato tenuto dall'ufficio di cui all'articolo 5, comma 2.

 

4. Il prefetto verifica la sussistenza dei presupposti e dei requisiti per la corresponsione delle somme richieste, così come stabilito dagli articoli 4 e 6 della legge, avvalendosi anche, a tale fine, degli organi di polizia ed integrando eventualmente gli atti istruttori ai sensi dell'articolo 6, comma 2, della legge.

 

5. Il prefetto, entro venti giorni dal ricevimento dell'istanza, invia la domanda e la relativa documentazione istruttoria al Comitato unitamente ad un parere circa la sussistenza dei requisiti per l'accesso al Fondo.

 

 

Art. 10.

Contenuto e documentazione della domanda.

1. La domanda sottoscritta dai soggetti indicati all'articolo 4 della legge, deve contenere:

 

a) la dichiarazione di essere vittima di uno dei delitti di cui all'articolo 4, comma 1, della legge. Tale dichiarazione è riferita al soggetto deceduto in caso di domanda presentata dai successori a titolo universale;

b) la dichiarazione che, alla data di presentazione della domanda, nei confronti dei beneficiari non è stata pronunciata sentenza definitiva di condanna per uno dei reati di cui all'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale e che per gli stessi reati non vi sono a carico procedimenti penali in corso;

c) la dichiarazione che, alla data di presentazione della domanda, non è stata applicata in via definitiva e non vi sono procedimenti in corso per l'applicazione di una misura di prevenzione, ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni;

d) la dichiarazione che, alla data di presentazione della domanda, non sono state liquidate somme a titolo di risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali, di rifusione delle spese e degli onorari di costituzione e di difesa da parte del soggetto condannato al risarcimento del danno.

 

2. In caso di domanda presentata dai successori a titolo universale, le dichiarazioni di cui alle lettere b) e c) del comma 1, sono riferite anche al soggetto deceduto.

 

3. Alla domanda è allegata copia autentica del-l'estratto della sentenza di condanna passata in giudicato di cui all'articolo 4 della legge, ovvero dell'estratto della sentenza di condanna al pagamento della provvisionale, ovvero dell'estratto della sentenza civile di liquidazione del danno.

 

 

Art. 11.

Sospensione del procedimento.

1. Il procedimento per l'accesso al Fondo è sospeso nei seguenti casi:

 

a) quando, sulla base delle dichiarazioni rese nella domanda o degli accertamenti istruttori disposti, venga riscontrata l'esistenza di un procedimento penale pendente per uno dei reati di cui all'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale o di un procedimento per l'applicazione di una misura di prevenzione ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni;

b) qualora la domanda prodotta dall'interessato risulti incompleta della documentazione di cui all'articolo 10;

c) qualora il Comitato, ai fini della completezza della documentazione posta a base della richiesta di accesso al Fondo, ritenga necessario invitare, ai sensi dell'articolo 6, comma 2, della legge, l'interessato a fornire documentazione integrativa o di acquisire copia di atti e informazioni scritte dall'autorità giudiziaria che ha pronunciato la sentenza di condanna.

 

2. Nelle ipotesi di cui al comma 1, il responsabile del procedimento comunica immediatamente all'interessato le cause di sospensione.

 

 

Art. 12.

Deliberazione sulla domanda.

1. Ferme restando le ipotesi di sospensione di cui all'articolo 11, il Comitato, ricevuta la domanda corredata della documentazione istruttoria, delibera sulla richiesta di risarcimento entro sessanta giorni dalla data di presentazione o di ricevimento della domanda da parte della prefettura competente.

 

 

Art. 13.

Comunicazione della decisione.

1. La deliberazione di cui all'articolo 12, comma 1, è immediatamente trasmessa dal commissario al prefetto competente per l'immediato inoltro agli interessati, nonché alle autorità giudiziarie che hanno emesso le sentenze di cui all'articolo 4, comma 1, della legge e di cui all'articolo 5, comma 4, della legge, ed alla CONSAP per gli adempimenti di cui all'articolo 7.

 

 

Art. 14.

Accesso al Fondo in quota proporzionale.

1. Il Comitato, in caso di disponibilità finanziarie insufficienti nell'anno di riferimento, delibera l'accesso al Fondo in quota proporzionale, stabilendo a tal fine, entro il 31 gennaio, la misura percentuale dell'ammontare complessivo dei risarcimenti che possono essere erogati, tenendo conto delle richieste soddisfatte solo in parte nell'anno precedente, delle domande già esaminate dal Comitato e di quelle che potranno essere presentate dagli interessati nel corso dell'esercizio, delle disponibilità del Fondo, al netto delle spese di gestione, risultanti dagli stanziamenti di bilancio e dalle somme che saranno trasferite ai sensi dell'articolo 2 della legge. Entro il biennio successivo all'anno di riferimento, sulla base delle effettive risultanze, il comitato provvede alla liquidazione definitiva, senza aggravi di spesa derivanti da interessi, rivalutazioni ed altri oneri aggiuntivi.

 

 

Art. 15.

Revoca e riforma.

1. La deliberazione di accoglimento della domanda è revocata con delibera del Comitato:

 

a) qualora, a seguito di specifico giudizio di revisione la sentenza di condanna di cui all'articolo 4, comma 1, della legge, sia stata revocata con decisione passata in giudicato;

b) qualora in sede di definizione dell'impugnativa della sentenza civile di liquidazione del danno, ovvero della sentenza di condanna al pagamento della provvisionale, sia venuto meno il titolo al risarcimento concesso.

 

2. La deliberazione di accoglimento della domanda è riformata con delibera del Comitato qualora in sede di definizione delle impugnative di cui al comma 1, lettera b), sia stato modificato l'ammontare del risarcimento dovuto.

 

3. Ai fini di quanto previsto nel comma 2, la cancelleria del giudice competente per i giudizi ivi indicati, avvisa il Comitato dei fatti rilevanti per l'adozione della deliberazione di revoca o di riforma.

 

4. Per l'esecuzione dei provvedimenti di revoca o di riforma si osservano le disposizioni di cui all'articolo 13.

 

 

TITOLO III

Tutela delle informazioni

 

Art. 16.

Riservatezza del procedimento.

1. Tutti gli organi ed i soggetti chiamati a svolgere funzioni nell'àmbito del procedimento disciplinato dal presente regolamento curano che la rispettiva attività sia espletata in modo tale da assicurare la massima celerità e speditezza delle procedure, e nel rispetto dei princìpi di imparzialità ed efficienza dell'azione amministrativa, nonché dei princìpi contenuti nella legge 31 dicembre 1996, n. 675, e successive modificazioni e integrazioni, e dei relativi regolamenti attuativi.

 

2. Gli organi preposti alla gestione del Fondo e i relativi uffici sono tenuti al segreto in ordine ai soggetti interessati all'accesso e alle relative procedure, ai sensi del decreto del Ministro dell'interno 10 maggio 1994, n. 415, e successive modificazioni. Gli atti del procedimento sono coperti dal segreto d'ufficio, a termini dell'articolo 6, comma 3, della legge. Di essi e del loro contenuto è pertanto vietata la pubblicazione.

 

3. Su richiesta degli aventi diritto al risarcimento, ed entro i limiti di cui al comma 2, il prefetto ed il Comitato forniscono le informazioni sullo stato del procedimento.


D.L. 27 luglio 2005, n. 144.
Misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale.
(art. 6)

 

 

(1)

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 27 luglio 2005, n. 173 e convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 31 luglio 2005, n. 155 (Gazz. Uff. 1° agosto 2005, n. 177), entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione.

 

 

Art. 6.

Nuove norme sui dati del traffico telefonico e telematico.

1. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino alla data di entrata in vigore del provvedimento legislativo di attuazione della direttiva 2006/24/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, e comunque non oltre il 31 dicembre 2008, è sospesa l'applicazione delle disposizioni di legge, di regolamento o dell'autorità amministrativa che prescrivono o consentono la cancellazione dei dati del traffico telefonico o telematico, anche se non soggetti a fatturazione, e gli stessi, esclusi comunque i contenuti delle comunicazioni e limitatamente alle informazioni che consentono la tracciabilità degli accessi, nonché, qualora disponibili, dei servizi, debbono essere conservati fino alla data di entrata in vigore del provvedimento legislativo di attuazione della direttiva 2006/24/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, e comunque non oltre il 31 dicembre 2008, dai fornitori di una rete pubblica di comunicazioni o di un servizio di comunicazione elettronica accessibile al pubblico, fatte salve le disposizioni vigenti che prevedono un periodo di conservazione ulteriore. I dati del traffico conservati oltre i limiti previsti dall'articolo 132 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, possono essere utilizzati esclusivamente per le finalità del presente decreto, salvo l'esercizio dell'azione penale per i reati comunque perseguibili (19).

 

2. All'articolo 55, comma 7, del decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, le parole: «al momento dell'attivazione del servizio» sono sostituite dalle seguenti: «prima dell'attivazione del servizio, al momento della consegna o messa a disposizione della occorrente scheda elettronica (S.I.M.). Le predette imprese adottano tutte le necessarie misure affinché venga garantita l'acquisizione dei dati anagrafici riportati su un documento di identità, nonché del tipo, del numero e della riproduzione del documento presentato dall'acquirente ed assicurano il corretto trattamento dei dati acquisiti» (20).

 

3. All'articolo 132 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, sono apportate le seguenti modificazioni:

 

a) al comma 1, dopo le parole: «al traffico telefonico», sono inserite le seguenti: «, inclusi quelli concernenti le chiamate senza risposta,»;

 

 

b) al comma 1, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, mentre, per le medesime finalità, i dati relativi al traffico telematico, esclusi comunque i contenuti delle comunicazioni, sono conservati dal fornitore per sei mesi»;

 

 

c) al comma 2, dopo le parole: «al traffico telefonico», sono inserite le seguenti: «, inclusi quelli concernenti le chiamate senza risposta,»;

 

 

d) al comma 2, dopo le parole: «per ulteriori ventiquattro mesi», sono inserite le seguenti: «e quelli relativi al traffico telematico, esclusi comunque i contenuti delle comunicazioni, sono conservati per ulteriori sei mesi»;

 

 

e) al comma 3, le parole: «giudice su istanza del pubblico ministero o» sono sostituite dalle seguenti: «pubblico ministero anche su istanza»;

 

 

f) dopo il comma 4 è inserito il seguente:

 

«4-bis. Nei casi di urgenza, quando vi è fondato motivo di ritenere che dal ritardo possa derivare grave pregiudizio alle indagini, il pubblico ministero dispone la acquisizione dei dati relativi al traffico telefonico con decreto motivato che è comunicato immediatamente, e comunque non oltre ventiquattro ore, al giudice competente per il rilascio dell'autorizzazione in via ordinaria. Il giudice, entro quarantotto ore dal provvedimento, decide sulla convalida con decreto motivato. Se il decreto del pubblico ministero non è convalidato nel termine stabilito, i dati acquisiti non possono essere utilizzati» (21).

 

4. [Con regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con i Ministri interessati, sentito il garante per la protezione dei dati personali, sono definiti le modalità ed i tempi di attuazione della previsione di cui al comma 3, lettere a), b), c) e d), del presente articolo, anche in relazione alla determinazione e allocazione dei relativi costi, con esclusione, comunque, di oneri per il bilancio dello Stato] (22).

 

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(19)  Comma così modificato prima dalla legge di conversione 31 luglio 2005, n. 155 e poi dall'art. 34, D.L. 31 dicembre 2007, n. 248, come rettificato dal Comunicato 11 gennaio 2008 (Gazz. Uff. 11 gennaio 2008, n. 9) e modificato dalla relativa legge di conversione.

(20)  Comma così modificato dalla legge di conversione 31 luglio 2005, n. 155.

(21)  Lettera così sostituita dalla legge di conversione 31 luglio 2005, n. 155.

(22)  Comma così modificato dalla legge di conversione 31 luglio 2005, n. 155 e poi abrogato dall'art. 6, D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 109.


D.L. 23 maggio 2008, n. 92.
Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica.
(art. 7-bis)

 

 

(1) (2)

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 26 maggio 2008, n. 122.

(2) Convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 24 luglio 2008, n. 125.

 

 

 Art. 7-bis.

Concorso delle Forze armate nel controllo del territorio (24)

1.  Per specifiche ed eccezionali esigenze di prevenzione della criminalità, ove risulti opportuno un accresciuto controllo del territorio, può essere autorizzato un piano di impiego di un contingente di personale militare appartenente alle Forze armate, preferibilmente carabinieri impiegati in compiti militari o comunque volontari delle stesse Forze armate specificatamente addestrati per i compiti da svolgere. Detto personale è posto a disposizione dei prefetti delle province comprendenti aree metropolitane e comunque aree densamente popolate, ai sensi dell’articolo 13 della legge 1° aprile 1981, n. 121, per servizi di vigilanza a siti e obiettivi sensibili, nonché di perlustrazione e pattuglia in concorso e congiuntamente alle Forze di polizia. Il piano può essere autorizzato per un periodo di sei mesi, rinnovabile per una volta, per un contingente non superiore a 3.000 unità.

 

2.  Il piano di impiego del personale delle Forze armate di cui al comma 1 è adottato con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro della difesa, sentito il Comitato nazionale dell’ordine e della sicurezza pubblica integrato dal Capo di stato maggiore della difesa e previa informazione al Presidente del Consiglio dei Ministri. Il Ministro dell’interno riferisce in proposito alle competenti Commissioni parlamentari.

 

3.  Nell’esecuzione dei servizi di cui al comma 1, il personale delle Forze armate non appartenente all’Arma dei carabinieri agisce con le funzioni di agente di pubblica sicurezza e può procedere alla identificazione e alla immediata perquisizione sul posto di persone e mezzi di trasporto a norma dell’articolo 4 della legge 22 maggio 1975, n. 152, anche al fine di prevenire o impedire comportamenti che possono mettere in pericolo l’incolumità di persone o la sicurezza dei luoghi vigilati, con esclusione delle funzioni di polizia giudiziaria. Ai fini di identificazione, per completare gli accertamenti e per procedere a tutti gli atti di polizia giudiziaria, il personale delle Forze armate accompagna le persone indicate presso i più vicini uffici o comandi della Polizia di Stato o dell’Arma dei carabinieri. Nei confronti delle persone accompagnate si applicano le disposizioni dell’articolo 349 del codice di procedura penale.

 

4.  Agli oneri derivanti dall’attuazione del decreto di cui al comma 2, stabiliti entro il limite di spesa di 31,2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009, comprendenti le spese per il trasferimento e l’impiego del personale e dei mezzi e la corresponsione dei compensi per lavoro straordinario e di un’indennità onnicomprensiva determinata ai sensi dell’articolo 20 della legge 26 marzo 2001, n. 128, e comunque non superiore al trattamento economico accessorio previsto per le Forze di polizia, individuati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con i Ministri dell’interno e della difesa, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2008-2010, nell’ambito del programma "Fondi di riserva e speciali" della missione "Fondi da ripartire" dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2008, allo scopo parzialmente utilizzando: quanto a 4 milioni di euro per l’anno 2008 e a 16 milioni di euro per l’anno 2009, l’accantonamento relativo al Ministero dell’economia e delle finanze; quanto a 9 milioni di euro per l’anno 2008 e a 8 milioni di euro per l’anno 2009, l’accantonamento relativo al Ministero della giustizia; quanto a 18,2 milioni di euro per l’anno 2008 e a 7,2 milioni di euro per l’anno 2009, l’accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri.

 

5.  Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

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(24) Articolo inserito dalla legge di conversione 24 luglio 2008, n. 125.


D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 109.
Attuazione della direttiva 2006/24/CE riguardante la conservazione dei dati generati o trattati nell'ambito della fornitura di servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico o di reti pubbliche di comunicazione e che modifica la direttiva 2002/58/CE.
(art. 6)

 

 

(1)

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 18 giugno 2008, n. 141.

 

Art. 6.

Disposizioni transitorie e finali

1.  Dall'attuazione del presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

2.  I soggetti pubblici interessati provvedono agli adempimenti derivanti dall'attuazione del presente decreto con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

 

3.  La disposizione dell'articolo 132, comma 1-bis, del Codice, introdotta dall'articolo 2, comma 1, lettera b), ha effetto decorsi tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

 

4.  L'articolo 6, comma 4, del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155, è abrogato.

 

5.  I fornitori di servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico che offrono servizi di accesso a internet (Internet Access Provider) assicurano la disponibilità e l'effettiva univocità degli indirizzi di protocollo internet entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

 

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

 

 


 



[1]    D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 109, Attuazione della direttiva 2006/24/CE riguardante la conservazione dei dati generati o trattati nell'ambito della fornitura di servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico o di reti pubbliche di comunicazione e che modifica la direttiva 2002/58/CE.

[2]    Secondo la relazione illustrativa del disegno di legge di conversione, il differimento al 31 dicembre 2008 delle disposizioni relative all'obbligo per i fornitori di conservare i dati delle chiamate senza risposta è da porre in relazione con l'impossibilità di carattere tecnico, per gli operatori, di effettuare l'adeguamento tecnologico necessario.

[3]    Sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 euro a 50.000 euro, che può essere aumentata fino al triplo in ragione delle condizioni economiche dei responsabili della violazione.

[4]    Misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155.

[5]     In accordo con la posizione sostenuta dal Regno Unito.

[6] L. 22 dicembre 1999, n. 512, Istituzione del Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso.

[7] Legge 31 maggio 1965, n. 575, Disposizioni contro la mafia.

[8] La Consap (Concessionaria servizi assicurativi pubblici) è una s.p.a. il cui capitale è interamente detenuto dal Ministero dell'Economia e delle Finanze e a cui sono state attribuite, in regime di concessione, tutte le attività di rilievo pubblicistico che già formavano oggetto della concessione legale in capo all'INA (dalla cui scissione è nata la Consap). Tra tali attività c’è anche la gestione di numerosi Fondi pubblici:, tra i quali, oltre al citato Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso si ricordano il Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive e dell'usura, Fondo di solidarietà per gli acquirenti di beni immobili da costruire, il Fondo di garanzia per le vittime della strada e il Fondo di garanzia per le vittime della caccia.

[9] Legge 23 febbraio 1999, n. 44, Disposizioni concernenti il Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive e dell'usura.

[10] Si tratta di una serie di reati di particolare allarme sociale, tra cui: devastazione, saccheggio e strage, omicidio, associazione mafiosa, sequestro di persona a scopo di estorsione, terrorismo, associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga e di tabacchi, tratta di persone, violenza sessuale, ecc.

[11]   A seguito dell’approvazione da parte dell’Assemblea (seduta n. 81 (pomeridiana) del 29 ottobre 2008) dell’emendamento 2.0.300 (testo corretto) delle Commissioni riunite 1ª e 2ª.

[12]   L. 20 ottobre 1990, n. 302, Norme a favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata.

[13]   In questo senso v. C.G.A., sez. giurisdizionale, sentenza 23 settembre 2008 n. 813.

[14]   C.d.S. sez. VI, sentenza n. 2756 del 30 maggio 2007, e sez. IV, sentenza n. 2731 del 15 maggio 2000. Nello stesso senso v. anche C.d.S. sez. VI, sentenza n. 7954 del 27 dicembre 2006, che evidenzia come non ricorrano le condizioni necessarie per la concessione dei benefici di cui alla L. n. 302 del 1990, nel caso in cui gli atti in possesso dell'Amministrazione, all'esito dell'istruttoria evidenzino, una nota ed intima amicizia con un pregiudicato locale appartenente ad un clan criminale e non emergendo la dissociazione della vittima (o la circostanza che si sia in qualche modo estraniato), al tempo dell'evento, dai suddetti ambienti).

[15]   L. 13 agosto 1980, n. 466, Speciali elargizioni a favore di categorie di dipendenti pubblici e di cittadini vittime del dovere o di azioni terroristiche.

[16]   D.L. 1 ottobre 2007, n. 159, Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l'equità sociale, convertito, con modificazioni, dalla L. 29 novembre 2007, n. 222.

[17]    L. 3 agosto 2004, n. 206, Nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e delle stragi di tali matrici.

[18]   A seguito dell’approvazione da parte dell’Assemblea (seduta n. 81 (pomeridiana) del 29 ottobre 2008) dell’emendamento 2.0.400 (testo corretto) delle Commissioni riunite.

[19]   L. 31 maggio 1965, n. 575, Disposizioni contro la mafia.

[20]   D.L. 23 maggio 2008, n. 92, Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 luglio 2008, n. 125.

[21]   In tali ipotesi le funzioni di pubblico ministero sono esercitate nelle indagini preliminari e nei procedimenti di primo grado dall’ufficio del pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo di distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente.

[22]   In particolare, l'associazione è di tipo mafioso quando coloro che ne fanno parte si avvalgono della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per commettere delitti, per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per sé o per altri, ovvero al fine di impedire od ostacolare il libero esercizio del voto o di procurare voti a sé o ad altri in occasione di consultazioni elettorali.

[23]   Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza.

[24]   Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale.

[25]   In tali casi le funzioni di pubblico ministero sono affidate al pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente.

[26]   La disposizione fu introdotta dall’art. 1, co. 259, della L. 23 dicembre 1996, n. 662.

[27]    Si veda la risposta del Sottosegretario di Stato per l’interno Palma all’interpellanza 2-36, Senato, seduta n. 83 del 30 ottobre 2008.

[28]    Il Ministro dell’interno Maroni ha riferito alle Camere che dall'inizio anno fino al 9 ottobre sono arrivati sulle nostre coste 27.417 irregolari di cui 22.454 in Sicilia, in particolare a Lampedusa. In questo tratto di mare sono avvenuti 306 sbarchi sui 325 totali. Nello stesso periodo del 2007 si erano registrati 17.264 arrivi con un totale di 20.455 nell'arco dell'intero anno (Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di EUROPOL, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione, Seduta del 15 ottobre 2008, Audizione del Ministro dell'Interno Roberto Maroni in merito alle misure avviate per migliorare l'efficacia della normativa in materia di immigrazione).

[29]    Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante norme comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio COM(2005) 391. Il 18 giugno 2008 il Parlamento europeo ha approvato una relazione che accoglie il compromesso negoziato con il Consiglio e la Commissione. La proposta è in attesa dell’adozione formale da parte del Consiglio.

[30]    I “fondi speciali” sono somme, iscritte su apposite unità previsionali di base (una di parte corrente e una in conto capitale) dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, destinate alla copertura finanziaria dei provvedimenti legislativi che si prevede possano essere approvati dal Parlamento negli esercizi finanziari compresi nel bilancio pluriennale. L’ammontare del fondo speciale di parte corrente e del fondo speciale di conto capitale è determinato, rispettivamente, dalla tabella A e dalla tabella B della legge finanziaria. Le tabelle A e B indicano, altresì, gli accantonamenti relativi ai singoli Ministeri nei quali ciascun fondo è ripartito. Le quote del fondo speciale di parte corrente e, se non corrispondono a progetti di legge già approvati da un ramo del Parlamento, di quello in conto capitale non utilizzate entro l’anno cui si riferiscono costituiscono economie di bilancio.

[31]    Presidenza del Consiglio dei ministri, Circolare 2 maggio 2001, Guida alla redazione dei testi normativi, par. 2.3.5; Circolare del Presidente della Camera sulle regole e raccomandazioni per la formulazione tecnica dei testi legislativi, 20 aprile 2001, par. 13).

[32]    D.L. 23 maggio 2008, n. 92 (conv. L. 24 luglio 2008, n. 125) Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica.

[33]    D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero

[34]    Art. 14, D.Lgs. 286/1998.

[35]    D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, Attuazione della direttiva 2005/85/CE recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato.

[36]    D.Lgs. 6 febbraio 2007, n. 30, Attuazione della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri.

[37]    Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di EUROPOL, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione, Seduta del 15 ottobre 2008, Audizione del Ministro dell'Interno Roberto Maroni in merito alle misure avviate per migliorare l'efficacia della normativa in materia di immigrazione.

[38]    La relazione, in ottemperanza all'obbligo imposto alla Commissione dall'articolo 25 della direttiva stessa, ha inteso fornire una panoramica sul recepimento e sull‘applicazione della direttiva negli Stati membri e individuare eventuali problemi.

[39]    Da febbraio 2006 il CPT di Lampedusa è diventato Centro di primo soccorso ed accoglienza.

[40]   Si tratta di procedimenti per contravvenzioni o per delitti puniti con la reclusione non superiore nel massimo a 4 anni o con la multa, sola o congiunta alla citata pena detentiva, nonché per violenza, minaccia o resistenza a un pubblico ufficiale (artt. 336 e 337 c.p.), oltraggio aggravato ad un magistrato in udienza (art. 343, co. 2, c.p.) e violazione aggravata di sigilli (art. 349, co. 2, c.p.).

[41]La norma prevede che il PM interviene in tutti i procedimenti di esecuzione della pena e propone le sue richieste al giudice competente.

[42]   D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia).

[43]   Disposizioni in materia di riorganizzazione dell’ufficio del pubblico ministero, a norma dell’articolo 1, comma 1, lettera d), della legge 25 luglio 2005, n. 150.

[44]  Il consiglio giudiziario decide nella composizione prevista dall'art. 4, comma 1, della legge 21 novembre 1991, n. 374, ovvero integrato da cinque rappresentanti designati, d'intesa tra loro, dai consigli dell'ordine degli avvocati del distretto di corte d'appello.

[45]   Le due delibere, approvate con due distinte circolari in data 25 luglio 2007, modificano a loro volta le analoghe circolari del 26 maggio 2003.

[46] La nomina a magistrato onorario, pur avendo effetto dalla data del decreto ministeriale di cui all'articolo 42-ter, ha durata triennale con decorrenza dal 1° gennaio dell'anno successivo alla nomina (art. 42-quinquies, comma 4, del regio decreto n. 12 del 1941).