Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento finanze
Altri Autori: Servizio Studi - Dipartimento bilancio
Titolo: Disposizioni urgenti per salvaguardare il potere di acquisto delle famiglie D.L. n. 93/2008 ' A.C. 1185
Riferimenti:
DL N. 93 DEL 27-MAG-08   AC N. 1185/XVI
Serie: Progetti di legge    Numero: 7
Data: 03/06/2008
Descrittori:
AGEVOLAZIONI FISCALI   CONTRIBUTI PUBBLICI
ICI   LAVORO STRAORDINARIO
LINEE AEREE ITALIANE, ALITALIA   MUTUI EDILIZI
Organi della Camera: V-Bilancio, Tesoro e programmazione
VI-Finanze


Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

 

SERVIZIO STUDI

Progetti di legge

 

 

 

 

 

 

Disposizioni urgenti per salvaguardare il potere di
acquisto delle famiglie

D.L. n. 93/2008 – A.C. 1185

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

n. 7

 

3 giugno 2008


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Coordinamento: Dipartimenti Bilancio e Finanze

 

 

 

I dossier del Servizio studi sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

 

File: D08093.doc


I N D I C E

 

Schede di lettura

§      Articolo 1, commi 1-6 (Esenzione ICI prima casa)3

§      Articolo 1, comma 7 (Blocco aumento aliquote tributi e addizionali regioni e enti locali)11

§      Articolo 2 (Misure sperimentali per l’incremento della produttività del lavoro)15

§      Articolo 3 (Rinegoziazione mutui per la prima casa)23

§      Articolo 4 (Sviluppo dei servizi di trasporto aereo)35

§      Articolo 5 (Copertura finanziaria)47

 

Normativa di riferimento

§      D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi (art. 51, comma 2, lettera b))75

§      D.L. 20 maggio 1993, n. 148 Interventi urgenti a sostegno dell'occupazione (art. 1, comma 7)79

§      D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385 Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (artt. 106, 120)80

§      D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (art. 174)82

§      L. 8 novembre 2000, n. 328 Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali (art. 20)83

§      D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165 Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche (art. 1)85

§      D.Lgs. 4 maggio 2001 n. 207 Riordino del sistema delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, a norma dell'articolo 10 della L. 8 novembre 2000, n. 328. (art. 4)86

§      L. 27 dicembre 2002, n. 289 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2003) (art. 61, comma 1)87

§      D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66 Attuazione della direttiva 93/104/CE e della direttiva 2000/34/CE concernenti taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro (art. 5)88

§      L. 24 dicembre 2003 n. 350 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2004) (art. 3, comma 151)89

§      D.L. 29 novembre 2004, n. 282 Disposizioni urgenti in materia fiscale e di finanza pubblica (art. 10)90

§      L. 30 dicembre 2004, n. 311 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2005) (art. 1, comma 174)91

§      DM Economia e Finanze 22 novembre 2005 Modalità di attuazione delle disposizioni di cui ai commi 2-bis e 2-ter dell'articolo 7 del D.L. 31 gennaio 2005, n. 7, convertito dalla L. 31 marzo 2005, n. 43 (art. 3)92

§      L. 27 dicembre 2006, n. 296 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007) (art. 1, commi 796, lettera b), 841, 847, 1152, 1155, 1209, 1267)93

§      L. 24 dicembre 2007, n. 244 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2008) (artt. 1, commi 5, 7, 8, 251, 287, 325-334; 2, commi 57, 60, 61, 205, 247, 309, 310, 401, 409, 410, 437, 519, 535, 584)97

§      L. 24 dicembre 2007, n. 245 Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2008 e bilancio pluriennale per il triennio 2008-2010 (art. 22, comma 22)104

§      D.L. 31 dicembre 2007, n. 248 Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in materia finanziaria (artt. 6-ter, 22-quater, 40, 47-quinquies)105

§      D.L. 23 aprile 2008, n. 80 Misure urgenti per assicurare il pubblico servizio di trasporto aereo (art. 1)108

Allegato

Autorità garante della concorrenza e del mercato: segnalazione del 27 maggio 2008 a Governo e Parlamento sul D.L. n. 93/2008. 109

 


Schede di lettura


Articolo 1, commi 1-6
(Esenzione ICI prima casa)

 


1. A decorrere dall'anno 2008 e' esclusa dall'imposta comunale sugli immobili di cui al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, l'unita' immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo.

2. Per unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo si intende quella considerata tale ai sensi del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, e successive modificazioni, nonché quelle ad esse assimilate dal comune con regolamento vigente alla data di entrata in vigore del presente decreto, ad eccezione di quelle di categoria catastale A1, A8 e A9 per le quali continua ad applicarsi la detrazione prevista dall'articolo 8, commi 2 e 3, del citato decreto n. 504 del 1992.

3. L'esenzione si applica altresì nei casi previsti dall'articolo 6, comma 3-bis, e dall'articolo 8, comma 4, del decreto legislativo n. 504 del 1992, e successive modificazioni; sono conseguentemente abrogati il comma 4 dell'articolo 6 ed i commi 2-bis e 2-ter dell'articolo 8 del citato decreto n. 504 del 1992.

4. La minore imposta che deriva dall'applicazione dei commi 1, 2 e 3, pari a 1.700 milioni di euro a decorrere dall'anno 2008, e' rimborsata ai singoli comuni, in aggiunta a quella prevista dal comma 2-bis dell'articolo 8 del decreto legislativo n. 504 del 1992, introdotto dall'articolo 1, comma 5, della legge 24 dicembre 2007, n. 244. A tale fine, nello stato di previsione del Ministero dell'interno l'apposito fondo e' integrato di un importo pari a quanto sopra stabilito a decorrere dall'anno 2008. In sede di Conferenza Stato-Città ed autonomie locali sono stabiliti, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, criteri e modalità per la erogazione del rimborso ai comuni che il Ministro dell'interno provvede ad attuare con proprio decreto. Relativamente alle regioni a statuto speciale, ad eccezione delle regioni Sardegna e Sicilia, ed alle province autonome di Trento e di Bolzano, i rimborsi sono in ogni caso disposti a favore dei citati enti, che provvedono all'attribuzione delle quote dovute ai comuni compresi nei loro territori nel rispetto degli statuti speciali e delle relative norme di attuazione.

5. Al fine di garantire il contributo di cui all'articolo 3, comma 1, del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 13 del 17 gennaio 2006, come determinato dall'articolo 1, comma 251, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, il Ministero dell'interno eroga al soggetto di cui al medesimo decreto ministeriale 22 novembre 2005, per le medesime finalità, lo 0,8 per mille dei rimborsi di cui al comma 4.

6. I commi 7, 8 e 287 dell'articolo 1 della legge n. 244 del 2007 sono abrogati.


 

 

L’articolo 1 del decreto-legge in esame reca disposizioni in materia di imposta comunale sugli immobili – ICI.

In particolare, il comma 1 prevede l’esenzione totale dall’imposta per l’unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo.

 

La disciplina vigente in materia di ICI prevede, per l’abitazione principale (cd. “prima casa”) del contribuente, una detrazione ordinaria di importo annuopari a 103,29 euro (articolo 8, comma 2, del D.Lgs. n. 504 del 1992[1], decreto che ha istituito e disciplinato l’imposta comunale sugli immobili). La misura del beneficio, che può essere portato in detrazione fino a concorrenza del suo ammontare, deve essere rapportata al periodo dell'anno durante il quale si protrae l’utilizzo dell’immobile come prima casa.

A decorrere dall'anno di imposta 1997, l’importo ordinario della detrazione può essere ulteriormente incrementato con delibera comunale. In particolare, il comma 3 dell’articolo 8 stabilisce che l'imposta dovuta per l'unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo possa essere ridotta fino al 50 per cento ovvero, in alternativa, che la detrazione ordinaria - pari a 103,29 euro - possa essere elevata fino a 258,23 euro, nel rispetto dell'equilibrio di bilancio.

La legge finanziaria per il 2008 ha introdotto un’ulteriore detrazione (da calcolarsi, dunque, in aggiunta alla precedente) per l’abitazione principale del soggetto passivo(articolo 1, comma 5 della legge n. 244 del 2007, che ha inserito i commi 2-bis e 2-ter all’articolo 8 del D.Lgs. n. 504 del 1992), in misura pari all’1,33 per mille della base imponibile, comunque di importo non superiore a 200 euro annuali. Tale beneficio è escluso per l’imposta dovuta sugli immobili rientranti nelle categorie catastali A01, A08 e A09 (rispettivamente immobili signorili, ville e castelli).

 

Ai sensi del comma 2, si intendono per abitazione principale:

§      l’unità immobiliare in cui dimorano abitualmente il contribuente, che la possiede a titolo di proprietà, usufrutto o altro diritto reale, e i suoi familiari (articolo 8, comma 2 del D.Lgs. n. 504 del 1992). La legge finanziaria per il 2007[2], con effetto dall’annualità d’imposta 2007, ha introdotto una presunzione legale in base alla quale si considera abitazione principale quella di residenza anagrafica del soggetto passivo.

Si tratta di una presunzione semplice che, per espressa statuizione normativa, ammette prova contraria. In sostanza si consente al contribuente, nei casi di mancata coincidenza (ancorché temporanea) tra dimora abituale e residenza anagrafica, di riservare alla prima il trattamento destinato all’abitazione principale a fini ICI, fornendo la prova del suo effettivo utilizzo quale dimora abituale.

La Relazione illustrativa del decreto-legge in esame precisa che tale esenzione è riconosciuta anche alle pertinenze dell’immobile destinato ad abitazione principale, ancorché distintamente iscritte in catasto.

§      le unità immobiliari che il comune, con regolamento vigente alla data di entrata in vigore del decreto-legge, abbia assimilato all’abitazione principale. Si tratta, in particolare:

a)      dell'unità immobiliare posseduta - a titolo di proprietà o di usufrutto - da anziani o disabili che acquisiscono la residenza in istituti di ricovero o sanitari a seguito di ricovero permanente, purché l’immobile non risulti locato (ai sensi dell’articolo 3, comma 56 della legge n. 662 del 1996[3]);

b)      gli immobili concessi in uso gratuito a parenti del soggetto passivo in linea retta o collaterale (ai sensi dell’articolo 59, comma 1, lettera e), del D.Lgs. n. 446 del 1997[4]; la disposizione consente al comune, con fonte regolamentare, di stabilire il grado di parentela rilevante per l’applicazione della misura);

Per espressa previsione del comma 3, l’esenzione si applica anche:

§      alla casa coniugale del soggetto passivo che, a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, non ne risulti tuttavia assegnatario; l’esenzione opera a condizione che costui non sia proprietario o titolare di altro diritto reale su un immobile destinato ad abitazione e situato nello stesso comune ove è ubicata la casa coniugale (ai sensi dell’articolo 6, comma 3-bis del D.Lgs. n. 504 del 1992, inserito dalla legge finanziaria per il 2008);

§      alle unità immobiliari di proprietà delle cooperative edilizie, ove adibite ad abitazione principale dei soci assegnatari, nonché agli alloggi regolarmente assegnati dagli Istituti autonomi per le case popolari e dagli enti di edilizia residenziale pubblica con la medesima destinazione (come previsto dall’articolo 8, comma 4 del D.Lgs. n. 504 del 1992).

Sono esclusi dall’esenzione gli immobili signorili, le ville ed i castelli (rispettivamente, gli immobili inseriti nelle categorie catastali A01, A08 ed A09), ancorché adibiti ad abitazione principale del soggetto passivo (comma 2, ultimo periodo).

Ad essi, tuttavia, si continua ad applicare la detrazione “ordinaria” per l’abitazione principale prevista dal citato l’articolo 8, commi 2 e 3, del D.Lgs. n. 504 del 1992. Di conseguenza, l’ambito applicativo della detrazione “ordinaria” appare circoscritto ai soli immobili appartenenti alle categorie catastali A01, A08 e A09, ove adibiti ad abitazione principale del contribuente.

Il comma 3 dell’articolo in esame abroga alcune disposizioni incompatibili con i benefici contestualmente disposti. Per le disposizioni abrogate dal comma 6, vedi infra.

In particolare è abrogata la norma che (articolo 6, comma 4 del D.Lgs. n. 504 del 1992), mediante rinvio ad altra disposizione (nel dettaglio l’articolo 4, comma 1 del d.l. n. 437 del 1996[5]) conferma la potestà dei comuni di deliberare un’aliquota ICI ridotta (comunque non inferiore al 4 per mille) in favore di alcuni soggetti, a condizione che il gettito ICI complessivo previsto sia almeno pari all'ultimo gettito annuale realizzato.

Nel dettaglio, tale agevolazione può riguardare le persone fisiche soggetti passivi e i soci di cooperative edilizie a proprietà indivisa, residenti nel comune medesimo, per:

§         l'unità immobiliare direttamente adibita ad abitazione principale;

§         le unità immobiliari locate con contratto registrato ad un soggetto che le utilizzi come abitazione principale.

Dal momento che il comma 3 espunge la sola norma di rinvio, sembra evincersi la vigenza delle disposizioni oggetto del rinvio medesimo, almeno nella misura in cui esse non sono incompatibili con la nuova disciplina agevolativa. In particolare, la possibilità di deliberare aliquote ICI agevolate per gli immobili locati come “prima casa” non appare in contrasto con le esenzioni introdotte dall’articolo in esame.

Si osserva che la disposizione in commento potrebbe essere riformulata, abrogando espressamente la parte dell’art. 4, c. 1, cit. incompatibile con la nuova disciplina, ferma restando l’abrogazione dell’art. 6, c. 4, cit.

L’abrogazione di cui al comma 3 investe anche i citati commi 2-bis e 2-ter dell'articolo 8 del D.Lgs. n. 504 del 1992, recanti la disciplina della detrazione “ulteriore” introdotta dalla legge finanziaria per il 2008.


Nel prospetto sottostante sono riepilogati gli effetti delle disposizioni succedutesi nel tempo in materia di ICI per l’abitazione principale. Ne è stata ipotizzata l’applicazione ad immobili aventi diversa rendita catastale (con un range tra i 200 e i 700 euro ed aliquota esemplificativa del 4,6, invariata nel tempo) e non ricompresi nelle categorie catastali A01, A08 ed A09.

 

Rendita catastale

200

300

400

500

600

700

Imposta lorda dovuta

97

145

193

242

290

338

Imposta netta dovuta con detrazione ordinaria
(art. 8, comma 2, D.Lgs. 504/1992)

0

42

90

138

187

235

Imposta netta teoricamente dovuta con detrazio­ne ulteriore
(art. 1, comma 5, l. 244/07)

0

0

34

68

103

137

Risparmio ICI derivante da esenzione totale “prima casa”
(articolo 1, comma 1, d.l. 93/2008)

0

0

34

68

103

137

 

Il comma 4 dell’articolo 1 quantifica il minor gettito derivante dai benefici introdotti in 1700 milioni di euro a decorrere dall’anno 2008.

La norma prevede inoltre il rimborso ai comuni della minore imposta, in aggiunta al trasferimento compensativo già previsto quale conseguenza della detrazione introdotta dalla legge finanziaria 2008, mediante l’incremento dell’apposito fondo istituito nello stato di previsione del Ministero dell’interno.

Detto fondo è iscritto al capitolo 1321 (denominato “Trasferimenti compensativi di minori introiti ICI conseguenti ad ulteriori detrazioni dell’imposta dovuta per le unità immobiliari adibite ad abitazione principale”) del suddetto stato di previsione e, nella legge di bilancio per il 2008, reca uno stanziamento di 904 milioni di euro.

L’onere complessivo recato dall’esenzione ICI per l’abitazione principale ammonta dunque a circa 2,6 miliardi di euro (per approfondimenti, v. scheda di lettura dell’articolo 5).

Per quanto riguarda le modalità ed i criteri per l’erogazione del rimborso, il comma 4 prevede che essi siano stabiliti, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto in esame (quindi entro il 26 giugno 2008) in sede di Conferenza Stato-Città ed autonomie locali.

L’attuazione del rimborso è demandata ad un decreto del Ministero dell’interno.

Si rileva a tal proposito che, data la mancanza di un termine per l’emanazione del decreto di attuazione del trasferimento compensativo, andrebbe verificata l’idoneità della misura a cagionare effetti finanziari negativi - in termini di cassa - per i comuni, in relazione al mancato incasso entro il 16 giugno[6], per le unità immobiliari beneficiate dell’esenzione, della prima rata dell’ICI.

Per quanto riguarda le regioni a statuto speciale – con l’eccezione delle regioni Sardegna e Sicilia - ed alle province autonome di Trento e di Bolzano, i rimborsi sono disposti a favore dei citati enti, i quali provvedono all'attribuzione delle quote dovute ai comuni compresi nei loro territori, nel rispetto degli statuti speciali e delle relative norme di attuazione.

Si ricorda che l’articolo 1, comma 7 della legge finanziaria per il 2008 (abrogato dal comma 6 dell’articolo in esame; vedi infra) prevedeva che, ai fini del rimborso della minore imposta derivante dall’ulteriore detrazione ICI per l’abitazione principale, i comuni dovessero trasmettere al Ministero dell’interno, entro il 30 aprile del 2008, una certificazione relativa all’ammontare del mancato gettito previsto. Il trasferimento compensativo per minor gettito ICI sarebbe stato erogato, per una quota pari al 50 per cento dell’ammontare riconosciuto in via previsionale a ciascun comune, entro e non oltre il 16 giugno e, per il restante 50 per cento, entro e non oltre il 16 dicembre dell’anno di applicazione del beneficio.

Il comma 287 dell’articolo 1 stabiliva che l’ammontare del trasferimento compensativo - e l’eventuale conguaglio – fossero determinati con riferimento alle aliquote e alle detrazioni vigenti alla data del 30 settembre 2007.

Il comma 8 dell’articolo 1 disponeva che, relativamente alle regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano, i rimborsi finalizzati a compensare il minor gettito ICI fossero erogati a favore di questi ultimi enti, che avrebbero provveduto all’attribuzione delle quote dovute ai comuni compresi nei rispettivi territori, nel rispetto degli statuti speciali e delle relative norme di attuazione.

 

Il comma 5 dispone, al fine di garantire l’erogazione del contributo all’IFEL – Istituto per la finanza e l’economia locale per l’attività da esso svolta in materia di accertamento, che il Ministero dell’interno eroghi all’ente una quota pari allo 0,8 per mille dei rimborsi dovuti ai comuni per il minor gettito ICI.

 

La Fondazione IFEL- Istituto per la finanza e l’economia locale è il soggetto di diritto privato costituito dall’ANCI per consentire la prosecuzione dei servizi finalizzati a fornire adeguati strumenti conoscitivi per una efficace azione accertativa dei comuni, nonché per agevolare i processi telematici di integrazione nella pubblica amministrazione ed assicurare il miglioramento dell'attività di informazione ai contribuenti, l’organizzazione delle relative attività strumentali. L’ente è remunerato tramite un contributo, commisurato al gettito ICI, a carico dei soggetti che provvedono alla riscossione (si veda l’articolo 10, comma 5 del D.Lgs. n. 504 del 1992)

La legge finanziaria per il 2008 (articolo 1, comma 251 della l. n. 244 del 2007) ha elevato tale contributo dallo 0,6 per mille allo 0,8 per mille del gettito ICI.

 

Il comma 6 dell’articolo 1 abroga le disposizioni della legge finanziaria 2008 (nel dettaglio, i citati commi 7, 8 e 287 dell’articolo 1 della l. n. 244 del 2007) recanti le modalità di rimborso ai comuni del minor gettito ICI derivante dalla detrazione “ulteriore” per la prima casa.


Articolo 1, comma 7
(Blocco aumento aliquote tributi e addizionali regioni e enti locali)

 


7. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino alla definizione dei contenuti del nuovo patto di stabilità interno, in funzione della attuazione del federalismo fiscale, e' sospeso il potere delle regioni e degli enti locali di deliberare aumenti dei tributi, delle addizionali, delle aliquote ovvero delle maggiorazioni di aliquote di tributi ad essi attribuiti con legge dello Stato. Sono fatte salve, per il settore sanitario, le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 174, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e successive modificazioni, e all'articolo 1, comma 796, lettera b), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni, nonché, per gli enti locali, gli aumenti e le maggiorazioni già previsti dallo schema di bilancio di previsione presentato dall'organo esecutivo all'organo consiliare per l'approvazione nei termini fissati ai sensi dell'articolo 174 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.


 

 

Il comma 7 dispone nuovamente la sospensione del potere di regioni ed enti locali di deliberare aumenti delle aliquote di tributi, ma a differenza di quanto già avvenuto con la legge finanziaria per il 2003 in relazione all’addizionale IRPEF (per le regioni e i comuni) e all’IRAP per le regioni, la sospensione degli aumenti è estesa alla generalità “dei tributi, delle addizionali, delle aliquote” attribuiti con legge dello Stato alle regioni e al complesso degli enti locali ovvero, in sostanza, a tutte le entrate tributarie degli enti territoriali.

 

La legge finanziaria per il 2003 (L. n. 289/2002, articolo 3, comma 1, lettera a)) aveva disposto la sospensione della possibilità per le regioni (e i comuni) di disporre maggiorazioni dei due tributi principali: l’addizionale regionale (e comunale) all’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) e l’aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP). Quella norma ‘sospendeva’ gli aumenti eventualmente deliberati successivamente al 29 settembre 2002, fino a quando non fosse raggiunto un raccordo tra Stato, regioni ed enti locali sull’attuazione del federalismo fiscale. Dopo successive proroghe disposte dalle leggi finanziarie che si sono succedute, il termine era stato fissato al 31 dicembre 2006[7]. Dall’esercizio 2007, regioni ed comuni hanno avuto di nuovo la possibilità di aumentare l’addizionale IRPEF e l’aliquota dell’IRAP (le sole regioni).

Sull’autonomia finanziaria delle regioni e degli enti locali e sul potere dello Stato di incidere sulle entrate tributarie degli stessi si ricorda brevemente la oramai cospicua giurisprudenza costituzionale.

Dalla riforma costituzionale del 2001, la Corte, nelle decisioni che hanno avuto ad oggetto i principali tributi regionali ad iniziare dalla sentenza n. 296 del 2003 fino alla più recente sentenza n. 451 del 2007 concernente la tassa automobilistica, si è espressa sulla natura degli stessi. La Corte ribadisce che lo Stato, benché abbia attribuito alle Regioni «il gettito della tassa ed un limitato potere di variazione dell'importo originariamente stabilito, oltre che l'attività amministrativa concernente la riscossione, i rimborsi, il recupero della tassa stessa e l'applicazione delle sanzioni, non ha tuttavia devoluto a dette Regioni il potere di disciplinare gli altri elementi costitutivi del tributo. In questo quadro normativo, quindi, la tassa automobilistica non può definirsi come “tributo proprio della Regione”, ai sensi del combinato disposto degli artt. 117, quarto comma, e 119, secondo comma, Cost.». In altre sentenze[8] e con motivazioni analoghe la Corte dichiara che non possono definirsi tributi propri delle regioni”: l’IRAP, l’addizionale IRPEF, il tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti[9].

La potestà legislativa in materia di «coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario» (art. 117, Cost., terzo comma) consente alla legge statale di imporre vincoli, limiti e obblighi alla finanza delle regioni e degli enti locali e assegna allo Stato il potere di determinare la ripartizione della potestà impositiva fra Stato, regioni ed enti locali. La Costituzione non riconosce una propria area impositiva alle regioni e agli enti locali, ma richiede che la legge dello Stato assegni ad essi "tributi propri", senza tuttavia indicare per essi una particolare natura o ampiezza. In ragione di tale ripartizione il tributo è erariale o regionale a seconda che la sua istituzione e disciplina siano attribuiti alla legge dello Stato o alla legge della regione. Ne consegue perciò che in assenza di una norma statale di coordinamento che le assegni un cespite o un’area impositiva, non compete alla legge regionale istituire o disciplinare tributi propri. La legge dello Stato (e non quella regionale) ne può modificare ogni aspetto, anche se quelle modificazioni riducono il gettito spettante alla regione (tra le molte, v. sentenze nn. 2 e 155/2006, nn. 397 e 455 del 2005, n. 431/2004).

 

La norma in esame dispone la sospensione degli aumenti a decorrere dall’entrata in vigore del decreto legge. Poiché la sospensione è riferita al “potere di deliberare” non ha effetto sugli aumenti eventualmente già deliberati, ovvero per gli aumenti riferiti all’esercizio 2008. Come sottolineato anche dalla Relazione governativa che accompagna il disegno di legge di conversione, la disposizione avrà effetti a partire dall’esercizio 2009.

Le regioni deliberano le variazioni delle entrate tributarie – nella generalità dei casi - con legge regionale, spesso si tratta della legge finanziaria o di legge collegata alla manovra di bilancio e dunque in corrispondenza dell’approvazione del bilancio di previsione (per l’addizionale all’IRPEF, inoltre, la legge statale dispone che il provvedimento da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale entro il 30 novembre di ciascun anno per l’esercizio successivo).

 Analogamente gli enti locali provvedono alla variazione delle aliquote dei tributi con l’approvazione del bilancio di previsione. Anche quest’anno il termine per la deliberazione del bilancio di previsione è stato differito al 31 maggio 2008 (D.M. 20/3/2008), la norma in esame dispone espressamente l’esclusione della sospensione per gli aumenti e le maggiorazioni già previsti dallo schema di bilancio di previsione all’esame dei rispettivi consigli.

 

La sospensione degli aumenti è disposta fino alla “definizione dei contenuti del nuovo patto di stabilità, in funzione della attuazione del federalismo fiscale”.

La disciplina del patto di stabilità, con riferimento al triennio 2007-2009 è contenuta nei commi da 655 a 672 dell’articolo 1 della legge finanziaria per il 2007 (legge n. 296/2006). Le regole di contenimento delle spese – che prevedono un vincolo unico di riduzione delle spese finali – sono accompagnate dall’avvio di una sperimentazione con le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, finalizzata ad assumere, quale base di riferimento per il patto di stabilità interno, il saldo finanziario, in sostituzione del criterio di contenimento della spesa, introdotto a partire dal 2002.

 

La disciplina in esame non modifica le disposizioni vigenti in materia di copertura dei disavanzi delle regioni in materia sanitaria.

Si ricorda che - ad iniziare dall’esercizio 2006 - le regioni in cui sono stati certificati deficit nel settore sanitario sono obbligate ad innalzare le aliquote - anche oltre il limite massimo fissato dalla legge dello Stato. Più precisamente a decorrere dal 2005 (L. 311/2004 art. 1, co. 174) è stato possibile derogare al blocco delle aliquote disposto dalla L. 289/2002 esclusivamente ai fini del ripiano dei disavanzi sanitari certificati nell’abito del monitoraggio cui sono sottoposte le regioni. A decorrere dal 2006 (L. 266/2005, art. 1 co. 277) gli aumenti delle due aliquote (addizionale IRPEF e IRAP) sono obbligatori al verificarsi di determinate condizioni. Così è stato per le regioni Abruzzo, Campania, Lazio e Molise a decorrere dall’esercizio 2006 per entrambe le aliquote.

Gli aumenti deliberati dalla regione Liguria e dalla regione Puglia – a decorrere rispettivamente dal 2007 e dal 2008 - dell’addizionale IRPEF e, solo per alcune categoria, dell’IRAP, sono destinati a ripianare i debiti del servizio sanitario regionale

 

Da valutare, infine, se la disposizione della sospensione degli aumenti dei tributi regionali, benché dettata dalla esigenza di contenere la pressione fiscale sui cittadini, abbia le caratteristiche di necessità ed urgenza richieste dalla decretazione d’urgenza.


Articolo 2
(Misure sperimentali per l’incremento della produttività del lavoro)

 


1. Salva espressa rinuncia scritta del prestatore di lavoro, nel periodo dal 1° luglio 2008 al 31 dicembre 2008, sono soggetti a una imposta sostitutiva dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e delle addizionali regionali e comunali pari al 10 per cento, entro il limite di importo complessivo di 3.000 euro lordi, le somme erogate a livello aziendale:

a) per prestazioni di lavoro straordinario, ai sensi del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, effettuate nel periodo suddetto;

b) per prestazioni di lavoro supplemen­tare ovvero per prestazioni rese in funzione di clausole elastiche effettuate nel periodo suddetto e con esclusivo riferimento a contratti di lavoro a tempo parziale stipulati prima della data di entrata in vigore del presente provvedimento;

c) in relazione a incrementi di produttività, innovazione ed efficienza organizzativa e altri elementi di compe­titività e redditività legati all'andamento economico dell'impresa.

2. I redditi di cui al comma 1 non concorrono ai fini fiscali e della deter­minazione della situazione economica equivalente alla formazione del reddito complessivo del percipiente o del suo nucleo familiare entro il limite massimo di 3.000 euro. Resta fermo il computo dei predetti redditi ai fini dell'accesso alle prestazioni previdenziali e assistenziali, salve restando le prestazioni in godimento sulla base del reddito di cui al comma 5.

3. L'imposta sostitutiva e' applicata dal sostituto d'imposta. Se quest'ultimo non e' lo stesso che ha rilasciato la certificazione unica dei redditi per il 2007, il beneficiario attesta per iscritto l'importo del reddito da lavoro dipendente conseguito nel medesimo anno 2007.

4. Per l'accertamento, la riscossione, le sanzioni e il contenzioso, si applicano, in quanto compatibili, le ordinarie disposizioni in materia di imposte dirette.

5. Le disposizioni di cui ai commi da 1 a 4 hanno natura sperimentale e trovano applicazione con esclusivo riferimento al settore privato e per i titolari di reddito da lavoro dipendente non superiore, nell'anno 2007, a 30.000 euro. Trenta giorni prima del termine della sperimentazione, il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali procede, con le organizzazioni sindacali dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, a una verifica degli effetti delle disposizioni in esso contenute. Alla verifica partecipa anche il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al fine di valutare l'eventuale estensione del provvedimento ai dipendenti delle ammini­strazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni.

6. Nell'articolo 51, comma 2, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, la lettera b) e' soppressa.


 

 

L’articolo 2 interviene sul regime fiscale dei redditi da lavoro dipendente disponendo:

§      l’introduzione, in via transitoria, di un regime fiscale agevolato in favore dei lavoratori dipendenti del settore privato (commi 1-5);

§      l’assoggettamento a tassazione, in via permanente, di alcune voci della retribuzione attualmente escluse dalla determinazione della base imponibile fiscale (comma 6).

 

Si ricorda che l’articolo 1, comma 70, della legge n. 247 del 2007[10] ha previsto, per l’anno 2008, l’introduzione di opportune misure di detassazione per ridurre l’imposizione fiscale della retribuzione corrisposta a titolo di premio di produttività entro un limite complessivo di 150 milioni di euro.

 

I commi da 1 a 5 introducono, in via transitoria e con natura sperimentale, un regime fiscale agevolato in favore dei lavoratori dipendenti del settore privato che, nel 2007, hanno realizzato un reddito annuo per lavoro dipendente non superiore a 30.000 euro.

Il beneficio fiscale consiste nell’applicazione, sulle remunerazioni oggetto di agevolazione, di una imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle relative addizionali fissata in misura pari al 10%.

Al lavoratore, in ogni caso, è concessa la facoltà di optare per l’applicazione del regime di tassazione ordinaria. Tale disposizione ha la finalità di tutelare quei contribuenti che applicando il regime ordinario determinano un’imposta netta pari a zero.

Si consideri, ad esempio, un soggetto che realizza un reddito complessivo per lavoro dipendente imponibile ai fini IRPEF (quindi al netto dei contributi previdenziali a carico del lavoratore) pari a 8.000 euro annui. In tale ipotesi, l’IRPEF netta non è dovuta per effetto delle detrazioni fiscali per redditi di lavoro dipendente; il contribuente è tenuto al pagamento delle addizionali regionali e comunali all’IRPEF le quali, tuttavia, risultano inferiori all’aliquota di imposta sostitutiva del 10%.

 

In particolare, ai sensi del comma 1 possono essere assoggettati al regime fiscale agevolato le seguenti remunerazioni:

§      prestazioni di lavoro straordinario effettuate ai sensi del D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66[11].

Ai sensi dell’articolo 1, comma 2, lettera c) del D.Lgs. n. 66/2003, si definisce lavoro straordinario il lavoro prestato oltre l’orario normale di lavoro, fissato in 40 ore settimanali.

Inoltre, ai sensi dell’articolo 5, comma 5 del medesimo decreto legislativo n. 66/2003, il compenso per lavoro straordinario deve essere computato applicando alla retribuzione ordinaria le maggiorazioni stabilite dai contratti collettivi di lavoro;

§      prestazioni di lavoro supplementare, ovvero per prestazioni rese in funzione di clausole elastiche e con esclusivo riferimento a contratti di lavoro a tempo parziale stipulati antecedentemente all’entrata in vigore del provvedimento in esame;

Se l’orario settimanale stabilito dai contratti collettivi è inferiore alle 40 ore settimanali, il lavoro prestato oltre l’orario contrattuale ed entro il limite legale delle 40 ore settimanali si definisce supplementare.

§      in relazione a incrementi di produttività, innovazione ed efficienza organizzativa, nonché ad altri elementi di competitività e redditività legati all’andamento economico dell’impresa. Si tratta, in sostanza, della quota di retribuzione caratteristica del secondo livello di contrattazione collettiva legata alla produttività aziendale.

 

Il regime agevolato ha natura transitoria in quanto si applica alle “somme erogate” nel periodo compreso tra il 1° luglio 2008 e il 31 dicembre 2008.

 

Il riferimento alle “somme erogate” sembrerebbe disporre l’applicazione di un criterio di cassa (erogazione delle remunerazioni) in luogo di quello di competenza (momento in cui è maturato il diritto alla remunerazione).

 

La misura del beneficio non può, in ogni caso, superare l’importo massimo di 3.000 euro lordi. Ai fini della determinazione del corrispondente valore in termini netti, sarà pertanto necessario decurtare dai predetti 3.000 euro sia i contributi previdenziali a carico del lavoratore, sia le imposte dirette.

 

I redditi soggetti a tassazione separata, ai sensi del comma 2, “non concorrono ai fini fiscali”.

 

La formulazione “non concorrono ai fini fiscali” sembrerebbe doversi interpretarsi come “non concorrenza alla formazione del reddito complessivo”.

 

La non concorrenza alla formazione del reddito complessivo ai fini IRPEF comporta un ulteriore beneficio fiscale in favore del contribuente. Si tratta, in particolare, della misura della detrazione fiscale per lavoro dipendente la cui misura, stabilita dall’articolo 13 del TUIR[12], aumenta in corrispondenza di redditi complessivi più bassi.

Analogamente, in favore dei contribuenti che dichiarano familiari a carico, la riduzione del reddito complessivo determina un incremento della corrispondente detrazione fiscale[13].

 

Il comma 2 stabilisce, in primo luogo, che i redditi soggetti a tassazione separata non concorrono alla determinazione dell’Indicatore della Situazione Economica Equivalente (c.d. ISEE).

Tale indicatore, disciplinato dal decreto legislativo n. 109/1998[14], è determinato sulla base di appositi criteri, finalizzati alla valutazione della situazione economica dei soggetti che richiedono prestazioni, servizi sociali o servizi assistenziali collegati nella misura o nel costo a determinate situazioni economiche. In linea generale, ai fini della determinazione dell’ISEE rilevano la composizione del nucleo familiare, la somma dei redditi percepiti dal nucleo familiare e la situazione economica e patrimoniale del nucleo familiare.

 

In proposito andrebbe chiarito, in primo luogo, se la esclusione delle remunerazioni ai fini ISEE trovi applicazioni anche per i soggetti, che pur avendone i requisiti, non optano per l’accesso al regime agevolato.

In secondo luogo, si segnala che, a parità di condizioni di retribuzione ordinaria e straordinaria, un lavoratore dipendente pubblico potrebbe non avere accesso a prestazioni o servizi sociali che invece sarebbero riconosciute al lavoratore dipendente privato.

I medesimi effetti, inoltre, potrebbero verificarsi anche con riferimento a contribuenti che realizzano redditi diversi dal lavoro dipendente il cui ammontare complessivo coincide con i redditi (remunerazioni ordinarie e straordinarie) del soggetto beneficiario del regime agevolato.

 

Ai sensi del citato comma 2, inoltre, “resta fermo il computo dei predetti redditi ai fini dell’accesso alle prestazioni previdenziali e assistenziali”.

In proposito si segnala che la relazione tecnica allegata al provvedimento precisa che “la disposizione di cui al comma 2 non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, tenuto conto che l’esclusione dei redditi in esame nel limite di 3.000 euro non opera ai fini dell’accesso alle prestazioni previdenziali e assistenziali”.

 

Sul punto appaiono opportuni dei chiarimenti con particolare riferimento all’accesso alle prestazioni assistenziali e a quanto affermato nel primo periodo del comma 2. Infatti, l’accesso a determinate prestazioni assistenziali sembra agevolato dalla circostanza che le somme soggette a tassazione separata non concorrono alla formazione dell’ISEE.

 

Il regime agevolato non comporta variazioni ai fini pensionistici e, pertanto, le remunerazioni soggette a tassazione separata rimangono imponibili per l’applicazione dei contributi previdenziali.

 

In merito alle modalità applicative, il comma 3 stabilisce che l’imposta sostitutiva è determinata dal datore di lavoro in qualità di sostituto d’imposta. Egli, pertanto, in assenza di una esplicita opzione da parte del lavoratore per l’applicazione della tassazione ordinaria, determinerà l’imposta sostitutiva sulle remunerazioni oggetto di agevolazioni nonché le imposte ordinarie (IRPEF e relative addizionali) sulle restanti remunerazioni corrisposte.

Nel caso in cui il sostituto d’imposta sia diverso dal datore di lavoro del 2007, ovvero in assenza di reddito da lavoro dipendente nel 2007, il lavoratore è tenuto a rilasciare apposita certificazione al sostituto d’imposta nella quale comunica l’importo del reddito da lavoro dipendente conseguito nel 2007.

 

Andrebbero chiarite le conseguenze nei confronti del lavoratore nelle ipotesi di omessa o infedele comunicazione.

 

Il comma 4 rinvia alle ordinarie disposizioni vigenti in materia di accertamento, riscossione nonché di contenzioso e applicazione delle sanzioni.

 

In merito all’ambito di applicazione, il comma 5 precisa che, in via sperimentale, sono beneficiari i lavoratori dipendenti del settore privato.

Tuttavia, al fine di valutare la possibilità di estendere l’agevolazione anche ai lavoratori dipendenti del settore pubblico, è prevista una valutazione degli effetti della nuova disciplina che sarà effettuata - trenta giorni prima del termine della sperimentazione (ossia il 1° dicembre 2008) - dal Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali insieme alle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori dipendenti.

L’eventuale estensione è in favore dei lavoratori dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001[15], ossia:

§      amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative;

§      aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo;

§      Regioni, Province, Comuni;

§      Comunità montane, e loro consorzi e associazioni;

§      le istituzioni universitarie;

§      Istituti autonomi case popolari;

§      Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni;

§      gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali;

§      amministrazioni, aziende ed enti del Servizio sanitario nazionale;

§      Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN);

§      Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300[16], tra le quali rientrano le Agenzie fiscali.

 

Al fine di valutare l’impatto della nuova disciplina sui singoli contribuenti, si riportano nella seguente tabella i risultati di alcune microsimulazioni.

A tal fine sono stati considerati tre livelli di reddito di lavoro dipendente composto da una parte di retribuzione soggetta a tassazione ordinaria e un’altra parte che, con la nuova disciplina, è assoggettata all’imposta sostitutiva.

In ciascuna delle tre ipotesi considerata, si è inoltre provveduto a stabilire una diversa quota-parte delle remunerazioni assoggettate al regime sostitutivo. In particolare, i valori corrispondono, rispettivamente, a quelli medi indicati nella relazione tecnica allegata al provvedimento e al tetto massimo indicato dalla norma.

La relazione tecnica afferma che l’ammontare degli emolumenti da lavoro straordinario è pari al 6,1% delle retribuzioni e che quello dei premi legati ad incrementi di produttività corrisponde al 4%. Considerando che tali valori sono su base annua e che la norma si applica, in via transitoria, per sei mesi, l’ammontare della quota che, nel secondo semestre 2008, passerebbe dal regime ordinario al regime sostitutivo corrisponderebbe a circa il 5%.

La valutazione, inoltre, è stata effettuata sulla base delle seguenti ipotesi semplificative:

§      il reddito complessivo coincide con il reddito per lavoro dipendente;

§      si considerano esclusivamente le detrazioni per lavoro dipendente mentre non vengono considerati altri benefici fiscali (quali ad es. quelli relativi ai familiari a carico o alle detrazioni per oneri);

§      l’aliquota dei contributi a carico del lavoratore è pari al 9,19%[17];

§      le aliquote delle addizionali all’IRPEF corrispondono a quelle utilizzate nella relazione tecnica allegata al provvedimento (1,2% per l’addizionale regionale IRPEF e 0,4% per l’addizionale comunale IRPEF).


 

Totale lordo

18.000

25.000

30.000

Retribuzione lorda ordinaria

17.091

15.000

23.737

22.000

28.485

27.000

Importo straordinari

909

3.000

1.263

3.000

1.515

3.000

 

 

 

 

 

 

 

A – Normativa vigente

2.782

2.782

4.813

4.813

6.263

6.263

IRPEF netta ordinaria

2.520

2.520

4.449

4.449

5.827

5.827

Addizionale regionale

196

196

272

272

327

327

Addizionale comunale

65

65

91

91

109

109

 

 

 

 

 

 

 

B – Normativa variata

2.601

2.186

4.561

4.215

5.961

5.665

IRPEF netta ordinaria

2.270

1.696

4.102

3.623

5.410

5.000

Addizionale regionale

186

163

259

240

310

294

Addizionale comunale

62

54

86

80

103

98

Imposta sostitutiva (10%)

83

272

115

272

138

272

 

 

 

 

 

 

 

Incremento retribuzione netta (A-B)

181

595

252

598

302

598

 

 

 

Il comma 6, sopprimendo la lettera b) dell’articolo 51, comma 2 del TUIR, reca disposizioni dirette ad ampliare la base imponibile IRPEF relativa ai redditi di lavoro dipendente. Tale norma riguarda tutti i lavoratori dipendenti, inclusi quelli del settore pubblico, ed ha carattere permanente.

Infatti, il comma 2 del citato articolo 51 individua le voci retributive che non concorrono alla formazione del reddito da lavoro dipendente ai fini fiscali. Sopprimendo la lettera b) divengono imponibili ai fini IRPEF:

§      le erogazioni liberali concesse in occasione di festività o ricorrenze. In riferimento a tali erogazioni era prevista la non concorrenza entro il limite massimo di 258,23 euro annui;

§      i sussidi occasionali concessi in occasione di rilevanti esigenze personali o familiari del dipendente;

§      i sussidi corrisposti a dipendenti vittime dell’usura ai sensi della legge n. 108 del 1996[18], o ammessi a fruire delle erogazioni pecuniarie a ristoro dei danni conseguenti a rifiuto opposto a richieste estorsive ai sensi del DL n. 419/1991[19] convertito, con modificazioni, dalla legge n. 172/1992.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

L’aumento della produttività del lavoro costituisce uno degli elementi essenziali per incrementare e migliorare l’occupazione, uno degli obiettivi fondamentali per la crescita e lo sviluppo individuati dalla strategia di Lisbona.

L’11 dicembre 2007la Commissione ha presentato, nell’ambito delle iniziative relative al nuovo ciclo di governance della Strategia di Lisbona, la proposta di raccomandazione del Consiglio sugli orientamenti integrati per la crescita e l’occupazione per il periodo 2008-2010 (COM(2007)803, parte V), che comprende la proposta di decisione del Consiglio sugli orientamenti a favore dell’occupazione.

In particolare, la proposta di decisione sugli orientamenti a favore dell’occupazione comprende l’orientamento 17 “Attuare strategie volte alla piena occupazione, a migliorare la qualità e la produttività sul posto di lavoro e a potenziare la coesione sociale e territoriale”; inoltre, l’orientamento 22, “Assicurare un’evoluzione del costo del lavoro e meccanismi di determinazione dei salari favorevoli all’occupazione”, sottolinea l’esigenza di esaminare l’incidenza che i costi del lavoro diversi dalla retribuzione esercitano sull’occupazione e, se necessario, di adeguare la struttura e il livello di tali costi, specialmente per ridurre l’onere fiscale sui bassi salari.

La proposta mira in sostanza a confermare gli orientamenti previsti per il 2005-2008.

Il 20 maggio 2008 il Parlamento europeo ha esaminato la proposta di decisione sugli orientamenti a favore dell’occupazione che, insieme alla raccomandazione relativa agli indirizzi di massima per le politiche economiche degli Stati membri e della Comunità, forma gli orientamenti integrati per la crescita e l’occupazione[20]. Il Consiglio adotterà la proposta di decisione presumibilmente entro luglio 2008.

 


Articolo 3
(Rinegoziazione mutui per la prima casa)

 


1. Il Ministero dell'economia e delle finanze e l'Associazione bancaria italiana definiscono con apposita convenzione, da stipulare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, aperta all'adesione delle banche e degli intermediari finanziari ai sensi dell'articolo 106 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, le modalità ed i criteri di rinegoziazione, anche in deroga, laddove fosse applicabile, a quanto stabilito ai sensi dell'articolo 120, comma 2, del citato decreto legislativo n. 385 del 1993, dei mutui a tasso variabile stipulati per l'acquisto, la costruzione e la ristrutturazione dell'abitazione principale anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto.

2. La rinegoziazione assicura la riduzione dell'importo delle rate del mutuo ad un ammontare pari a quello della rata che si ottiene applicando all'importo originario del mutuo il tasso di interesse come risultante dalla media aritmetica dei tassi applicati ai sensi del contratto nell'anno 2006. L'importo della rata così calcolato rimane fisso per tutta la durata del mutuo.

3. La differenza tra l'importo della rata dovuta secondo il piano di ammortamento originariamente previsto e quello risultante dall'atto di rinegoziazione e' addebitata su di un conto di finanziamento accessorio regolato al tasso che si ottiene in base all'IRS a dieci anni, alla data di rinegoziazione, maggiorato di uno spread dello 0,50.

4. Nel caso in cui, successivamente alla rinegoziazione effettuata, la differenza tra l'importo della rata dovuta secondo il piano di ammortamento originariamente previsto e quello risultante dall'atto di rinegoziazione generi saldi a favore del mutuatario, tale differenza e' imputata a credito del mutuatario sul conto di finanziamento accessorio. Qualora il debito del conto accessorio risulti interamente rimborsato l'ammortamento del mutuo ha luogo secondo la rata variabile originariamente prevista.

5. L'eventuale debito risultante dal conto accessorio, alla data di originaria scadenza del mutuo, e' rimborsato dal cliente sulla base di rate costanti il cui importo e' uguale all'ammontare della rata risultante dalla rinegoziazione e l'ammortamento e' calcolato sulla base dello stesso tasso a cui e' regolato il conto accessorio purché più favorevole al cliente.

6. Le garanzie già iscritte a fronte del mutuo oggetto di rinegoziazione continuano ad assistere il rimborso, secondo le modalità convenute, del debito che risulti alla data di scadenza di detto mutuo.

7. Le banche e gli intermediari finanziari di cui all'articolo 106 del decreto legislativo n. 385 del 1993 che aderiscono alla convenzione di cui al comma 1 formulano ai clienti interessati, secondo le modalità definite nella stessa convenzione, la proposta di rinegoziazione entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto. L'accettazione della proposta e' comunicata dal mutuatario alla banca o all'intermediario finanziario entro tre mesi dalla comunicazione della proposta stessa. La rinegoziazione del mutuo esplica i suoi effetti a decorrere dalla prima rata in scadenza successivamente al 1° gennaio 2009.

8. Le operazioni di rinegoziazione dei mutui sono esenti da imposte e tasse di alcun genere e per esse le banche e gli intermediari finanziari non applicano costi nei riguardi dei clienti.


 

 

La norma in esame è volta a consentire la rinegoziabilità dei mutui a tasso variabile al fine di bloccare l’importo della rata dovuta alla media del 2006.

 

Osserva al riguardo la relazione illustrativa che “il mercato dei mutui è stato caratterizzato in Italia, a partire dal 2001, da un forte ricorso a operazioni a tasso variabile in presenza di differenze significative tra l’importo delle rate delle operazioni a tasso fisso e quello delle rate delle operazioni a tasso variabile, che hanno indotto la clientela a preferire quest’ultima tipologia di operazioni. Il rialzo dei tassi di interesse di mercato avviatosi alla fine del 2005 a seguito delle politiche monetarie adottate dalla Banca Centrale Europea, accentua tosi a partire dalla metà del 2007 a seguito della crisi dei mutui sub-prime negli USA, e la riduzione del potere di acquisto delle famiglie hanno comportato criticità su una soddisfacente pianificazione finanziaria per un’ampia quota dei mutuatari italiani. Specifica considerazione meritano i mutui a tasso variabile stipulati in epoca antecedente al rialzo dei tassi di mercato per l’acquisto, la costruzione e la ristrutturazione dell’abitazione principale”.

 

Il provvedimento appare diretto ad incentivare e agevolare i processi di rinegoziazione dei mutui a tasso variabile, stipulati anteriormente alla sua data di entrata in vigore, per l’acquisto, la costruzione e la ristrutturazione dell’abitazione principale, migliorando le condizioni dell’offerta in senso favorevole per i consumatori. Ciò in una fase economica particolarmente critica - che si riflette sull’evoluzione dai tassi di interesse - e di instabilità in generale nel settore dei mutui per gli eventi internazionali che hanno riguardato i mercati finanziari, a fronte di un incremento del costo del denaro sul mercato interbancario negli ultimi due anni che ha determinato aumenti nelle rate indicizzate dei mutui a tasso variabile.

 

La norma prevede che la procedura di rinegoziazione dovrà essere contenuta in una convenzione che dovrà essere stipulata entro trenta giorni dall’entrata in vigore del presente decreto tra il Ministero dell’economia e l’ABI aperta all’adesione delle banche e degli intermediari finanziari che hanno erogato i mutui per l’acquisto della prima casa a tasso variabile stipulati prima dell’entrata in vigore del presente decreto.

Il cliente mutuatario potrà quindi vantare un diritto soggettivo nei confronti delle banche e dagli intermediari che aderiranno alla convenzione alla rinegoziazione del proprio contratto di mutuo. Con un tale meccanismo viene quindi configurato un vero e proprio obbligo alla rinegoziazione in capo alle banche e agli intermediari finanziari, diversamente dalla situazione precedente in cui la rinegoziazione poteva solo essere proposta da parte del cliente senza che vi fosse alcun obbligo di accettazione da parte del mutuante.

Il meccanismo configurato dalla convenzione consente di mantenere fisso l’importo della rata del mutuo in misura equivalente a quella pagata in media nel 2006.

 

In particolare, secondo la relazione illustrativa al decreto, la rinegoziazione è diretta “ad assicurare la riduzione dell’importo delle rate del mutuo, che rimane fisso per tutta la sua durata, pari a quello risultante dalla media dei tassi applicabili nel 2006, al fine di rendere più contenuto e costante l’onere del mutuatario fino a scadenza del mutuo. I differenziali in eccedenza rispetto alle rate determinate in base ai parametri contenuti nel contratto originario sono imputati in un conto accessorio per essere rimborsati – sempre secondo un piano di ammortamento a rate di importo fisso, uguale a quello delle rate del mutuo rinegoziato – una volta intervenuta la data di scadenza originaria del contratto di mutuo. Qualora prima di tale data si manifestassero differenziali di rata a favore del mutuatario, questi concorrerebbero ad abbattere le poste a debito imputate sul conto accessorio.”.

 

Al momento, quindi, il soggetto che ha acceso un mutuo a tasso variabile e voglia modificare le condizioni dello stesso si trova ad avere a disposizione quattro diverse scelte di comportamento:

1)      la sostituzione del mutuo originario;

2)      la surrogazione del mutuo originario;

3)      la rinegoziazione tradizionale, che può essere richiesta dal cliente ma la cui accettazione resta facoltativa per la banca;

4)      la rinegoziazione obbligatoria per le banche e gli intermediari finanziari che hanno aderito alla convenzione prevista dalla norma qui in esame.

 

Si ricorda a tal proposito che il decreto n. 7 del 2007, convertito dalla legge n. 40 del 2007, nell’ambito di una politica di liberalizzazione del settore, ha previsto all’articolo 7 norme in tema di estinzione anticipata dei mutui immobiliari e divieto di clausole penali e all’art. 8 norme volte a facilitare la cosiddetta portabilità del mutuo (in tema v. le relative schede del Dossier di fine legislatura del Servizio Studi).

 

Nel dettaglio, il comma 1 dell’articolo 3 in esame prevede che il Ministero dell’economia e delle finanze e l’Associazione bancaria italiana (ABI) definiscano con apposita convenzione, le modalità ed i criteri di rinegoziazione dei mutui a tasso variabile stipulati per l’acquisto, la costruzione e la ristrutturazione dell’abitazione principale anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto.

 

Si rileva che si interviene con uno strumento legislativo, espressione peraltro di un accordo intervenuto tra le “parti”, a determinare il contenuto di un atto negoziale, la cui stipula viene prevista in via obbligatoria. L’intervento con legge non appare, a stretto rigore, necessario in quanto il Ministero in questione e l’ABI avrebbero potuto procedere direttamente alla conclusione dell’Accordo.

 

Al riguardo, si ricorda che vi sono altre convenzioni sottoscritte fra i Ministeri e l’ABI per il perseguimento di determinate politiche. Ad esempio, il comma 15 dell’articolo 6 del D.L. 2-7-2007 n. 81, convertito dalla legge 3 agosto 2007, n. 127, ha previsto che per la realizzazione di iniziative a carattere nazionale volte a favorire l’accesso al credito dei giovani di età compresa tra i diciotto e i quaranta anni è istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri un apposito fondo rotativo, dotato di personalità giuridica, denominato: «Fondo per il credito ai giovani», con una dotazione di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, finalizzato al rilascio di garanzie dirette, anche fideiussorie, alle banche e agli intermediari finanziari. Con decreto di natura non regolamentare del Ministro per le politiche giovanili e le attività sportive, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono stabiliti i criteri e le modalità di organizzazione e di funzionamento del Fondo per il credito ai giovani, di rilascio e di operatività delle garanzie nonché le modalità di apporto di ulteriori risorse al medesimo Fondo da parte di soggetti pubblici o privati. In attuazione di tale norma, il Ministero per le Politiche Giovanili e le Attività Sportive (POGAS), il Ministro per le Riforme e le Innovazioni nella Pubblica Amministrazione e il Ministro dell’Università e della Ricerca (MIUR), in collaborazione con l’ABI, hanno deciso di lavorare insieme per sostenere i processi di crescita delle giovani generazioni e hanno sottoscritto il 19 dicembre 2007 un Protocollo d’intesa, che permette agli studenti impegnati nella formazione universitaria e postuniversitaria un agevole accesso al credito, con l'unica garanzia della propria determinazione e dei requisiti di merito, per sostenere autonomamente le spese connesse alla propria formazione.

 

Il termine per la stipula della convenzione è fissato in trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

La convenzione è aperta all’adesione delle banche e degli intermediari finanziari ai sensi dell’articolo 106 del testo unico bancario (TUB) di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385.

 

Il richiamato articolo 106 del TUB prevede che l’esercizio nei confronti del pubblico delle attività di assunzione di partecipazioni, di concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma, di prestazione di servizi di pagamento e di intermediazione in cambi è riservato a intermediari finanziari iscritti in un apposito elenco tenuto dall'UIC. Gli intermediari finanziari possono svolgere esclusivamente attività finanziarie, fatte salve le riserve di attività previste dalla legge.

L'iscrizione nell'elenco è subordinata al ricorrere delle seguenti condizioni:

a)       forma di società per azioni, di società in accomandita per azioni, di società a responsabilità limitata o di società cooperativa;

b)       oggetto sociale conforme al disposto del comma 2;

c)       capitale sociale versato non inferiore a cinque volte il capitale minimo previsto per la costituzione delle società per azioni;

d)       possesso, da parte dei titolari di partecipazioni e degli esponenti aziendali, dei requisiti previsti dagli articoli 108 e 109.

Il Ministro dell'economia e delle finanze, sentiti la Banca d'Italia e l'UIC, specifica il contenuto delle attività indicate nel comma 1, nonché in quali circostanze ricorra l'esercizio nei confronti del pubblico. Il credito al consumo si considera comunque esercitato nei confronti del pubblico anche quando sia limitato all'ambito dei soci. Per gli intermediari finanziari che svolgono determinati tipi di attività, può, in deroga a quanto previsto dal comma 3, vincolare la scelta della forma giuridica, consentire l'assunzione di altre forme giuridiche e stabilire diversi requisiti patrimoniali.

 

Pertanto, non è obbligatorio per le banche e gli intermediari finanziari aderire alla convenzione e quindi adottare nei confronti della clientela tali modalità di rinegoziazione dei mutui.

Al riguardo, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), nell’esercizio dei compiti ad essa assegnati dall’articolo 22 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, ha formulato alcune osservazioni in merito all’articolo 3 in esame inviando al Governo e al Parlamento l’AS452 del 27 maggio 2008[21].

L’AGCM ha inteso evidenziare come sia indispensabile che i criteri dettati nella convenzione oggetto del provvedimento lascino spazi a politiche differenziate da parte delle banche a vantaggio della clientela e non disincentivino il ricorso a modalità alternative, quali la surrogazione invece della rinegoziazione del mutuo, in un contesto di massima trasparenza e completa informazione della domanda, al fine di contemperare l’obiettivo di tutela dei mutuatari con l’obiettivo di non disincentivare il confronto competitivo nel settore bancario. L’AGCM ha in particolare ravvisato il rischio che una specifica disciplina in merito ai mutui bancari possa comportare procedure obbligate o comunque vincolanti, limitative della concorrenza tra banche.

 

Nel dettaglio, l’AGCM ha rilevato che “nel quadro definito dalla convenzione che verrebbe stipulata, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto in corso di emanazione, tra banche e intermediari finanziari ai sensi dell’articolo 106 del decreto legislativo del 1° settembre 1993, n. 385, vanno salvaguardati tre requisiti essenziali al fine di generare effetti positivi e non trasformare alcune criticità, da essa derivabili, in disincentivi al confronto competitivo.

In primo luogo, è importante che le singole banche e gli intermediari finanziari aderenti possano autonomamente adottare condizioni e/o strategie commerciali migliori per la clientela, evitando di rendere omogenee le strategie dal lato dell’offerta, le quali disincentiverebbero l’adozione di modalità diverse e competitive a vantaggio dei mutuatari. A titolo esemplificativo, il riferimento a criteri molto rigidi - basati sulla media aritmetica dei tassi applicati ai sensi del contratto in essere, all’anno 2006, nonché ad uno specifico tasso sul conto accessorio (IRS con spread dello 0,50) – può condurre le banche a non differenziarsi nelle condotte e invece a seguire la procedura, come se fossero rigidamente definiti tutti i criteri, senza alcun incentivo a competere, migliorando ulteriormente le condizioni a vantaggio della clientela.

Sarebbe, pertanto, necessario esplicitare nella convenzione la possibilità che le singole banche adottino, dandone puntuale informazione ai clienti, condizioni migliorative rispetto a quanto già previsto nel provvedimento, rendendo così chiaro che la convenzione indica condizioni non vincolanti e derogabili a vantaggio dei mutuatari. Solo rendendo evidente lo spazio di competizione tra le banche, l'adesione alla convenzione, in quanto volontaria, può non omogeneizzare e quindi non disincentivare la dinamica competitiva del mercato. Le banche che ritengono di poter offrire alla propria clientela condizioni più vantaggiose di quelle previste dalla convenzione non aderiranno o aderiranno pubblicizzando però l’offerta migliorativa; analogamente non aderiranno - per ragioni opposte - quelle che la reputano eccessivamente onerosa. Le prime informeranno di questa loro decisione per convincere i mutuatari che possono ottenere condizioni migliori di quelle offerte dal resto del mercato. Le seconde saranno più esposte alla migrazione dei clienti che eserciteranno l'opzione di portabilità del mutuo. […]

In terzo luogo, è fondamentale che sia fornita una adeguata informativa alla clientela. Posto che la trasparenza dal lato della domanda nel settore bancario è stata più volte richiamata quale fattore determinante per lo sviluppo di rapporti competitivi tra le banche offerenti – AS 394 “Ostacoli allo sviluppo concorrenziale dei mercati dei servizi bancari per la clientela retail” -, rileva osservare che ciò vale a maggior ragione per la procedura suddetta. In particolare risulta essenziale che il mutuatario sia messo nella condizione di valutare gli effetti della rinegoziazione prevista dalla procedura, in termini di riduzione delle rate in tutto l’arco temporale previsto dall’ammortamento, tenendo conto della maggior durata che essa comporta – in termini di allungamento del prestito iniziale – nonché dei rischi connessi in funzione delle diverse possibili evoluzioni dei tassi di interesse. Redigere fogli informativi sintetici, in grado di fornire stime dei costi e dei vantaggi attesi in base, ad esempio, ad ipotesi alternative sull’andamento dei tassi e sull’allungamento del finanziamento, appare in quest’ottica di fondamentale rilevanza per una scelta economicamente razionale ed informata dal lato della domanda. E’ infatti sulla base di tali informazioni che il mutuatario può valutare ed eventualmente innescare positive spinte competitive ricercando anche soluzioni alternative con la surrogazione del mutuo presso altre banche concorrenti.”.

 

Il comma 1 prevede che i criteri di rinegoziazione potranno essere anche in deroga, laddove fosse applicabile, a quanto stabilito dall’articolo 120, comma 2, del TUB, secondo cui il CICR stabilisce modalità e criteri per la produzione di interessi sugli interessi maturati nelle operazioni poste in essere nell'esercizio dell'attività bancaria, prevedendo in ogni caso che nelle operazioni in conto corrente sia assicurata nei confronti della clientela la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori.

 

Ai sensi del comma 2 dell’articolo 3 in esame, la rinegoziazione dovrà assicurare la riduzione dell’importo delle rate del mutuo ad un ammontare pari a quello della rata che si ottiene applicando all’importo originario del mutuo il tasso di interesse come risultante dalla media aritmetica dei tassi applicati ai sensi del contratto nell’anno 2006.

L’importo della rata calcolato in questi termini resterà fisso per tutta la durata del mutuo.

I commi 3, 4 e 5 prevedono l’accensione di un cosiddetto conto di finanziamento accessorio, sul quale viene addebitata la differenza tra l’importo della rata dovuta secondo il piano di ammortamento originariamente previsto e quello risultante dall’atto di rinegoziazione.

Ai sensi del comma 3, tale conto di finanziamento accessorio è regolato al tasso che si ottiene in base all’IRS a dieci anni, alla data di rinegoziazione, maggiorato di uno spread dello 0,50.

 

L’IRS (acronimo di Interest Rate Swap) è una delle due componenti del tasso di interesse del mutuo a tasso fisso. Tale valore viene diffuso giornalmente dalla Federazione Bancaria Europea e viene utilizzato come parametro di indicizzazione dei mutui a tasso fisso. I tassi IRS sono reperibili quasi esclusivamente sulla stampa specializzata. Il Sole 24 Ore li riporta ogni giorno (eccetto dopo il sabato o i festivi) all'interno dell'inserto “Finanza e Mercati”.

 

Successivamente alla rinegoziazione effettuata, secondo il comma 4, nel caso in cui la differenza tra l’importo della rata dovuta secondo il piano di ammortamento originariamente previsto e quello risultante dall’atto di rinegoziazione generi saldi a favore del mutuatario, tale differenza è imputata a credito del mutuatario sul conto di finanziamento accessorio.

Qualora il debito del conto accessorio risulti interamente rimborsato l’ammortamento del mutuo ha luogo secondo la rata variabile originariamente prevista.

Il comma 5 stabilisce che, alla data di originaria scadenza del mutuo, ove risulti dal conto accessorio un debito, questo va rimborsato dal cliente sulla base di rate costanti di importo uguale all’ammontare della rata risultante dalla rinegoziazione.

In tal caso, l’ammortamento viene calcolato sulla base dello stesso tasso a cui è regolato il conto accessorio perché più favorevole al cliente.

Secondo la relazione illustrativa, “i principali benefici del mutuatario sono: a) la certezza di una rata fissa fino alla completa estinzione del mutuo; b) la trasformazione del mutuo in un finanziamento il cui tasso è bloccato verso l’alto sia nella fase di rimborso del mutuo principale, che nella fase di rimborso del saldo del conto accessorio; c) il rimborso del debito risultante dal conto accessorio è regolato ad un tasso fisso pari all’IRS a 10 anni più 0,50 punti percentuali.”.

Si tratta in sostanza di un allungamento del periodo di restituzione del finanziamento originario a fronte della conversione della rata variabile in rata di importo fisso di minore entità, che comporta presumibilmente il pagamento, per il mutuatario, di una somma totale più elevata in termini di interessi da corrispondere alla banca o all’intermediario finanziario.

 

Il comma 6 assicura che le garanzie già iscritte a fronte del mutuo oggetto di rinegoziazione continuano ad assistere il rimborso del debito che eventualmente risulta dal conto accessorio alla data di scadenza del mutuo, secondo le modalità precedentemente convenute.

 

Si ricorda che il comma 4 dell’articolo 8 del d.l. 31 gennaio 2007 n. 7, convertito dalla legge n. 40 del 2007, prevede solo per l’istituto della surrogazione per volontà del debitore e la ricontrattazione che non vengano meno i benefici fiscali.

In materia, la risoluzione n. 390/e del 21 dicembre 2007 emanata dall’Agenzia delle entrate ha precisato che il beneficio fiscale relativo ai mutui contratti per l’acquisto dell’abitazione principale è riconosciuto anche nel caso in cui l’originario contratto è estinto e ne viene stipulato uno nuovo di importo non superiore alla residua quota di capitale da rimborsare, maggiorata delle spese e degli oneri correlati, così come previsto dall’art. 15, comma 1, lettera b), del Tuir. Tale disposizione, infatti, “si fonda sul carattere unitario dell’operazione di estinzione ed accensione del nuovo mutuo e della sostanziale continuità del rapporto di mutuo originariamente stipulato, con conseguente conservazione dei benefici fiscali già riconosciuti in relazione al primo contratto.”

In particolare, rinviando alla circolare n. 95 del 12 maggio 2000 dell’Agenzia delle entrate, la risoluzione precisa che “nel caso in cui venga estinto un mutuo, contratto per l’acquisto dell’abitazione principale, e ne venga stipulato uno nuovo di importo non superiore alla quota di capitale residua, maggiorata delle spese e oneri correlati, la detrazione è riconosciuta anche se il soggetto mutuante è diverso da quello originario.”. Qualora l’importo del nuovo mutuo sia superiore al predetto ammontare, l’agevolazione è fruibile per la quota di interessi relativa al debito corrispondente alla quota capitale da rimborsare, incrementata delle spese accessorie, risultante dal mutuo estinto.

 

Andrebbe quindi chiarito che anche la rinegoziazione obbligatoria - quale nuovo istituto previsto dalle norme in esame - del mutuo assistito dalle medesime garanzie già iscritte non comporta il venir meno della detraibilità degli interessi ai fini fiscali. Andrebbe inoltre chiarito se l’istituto della detraibilità degli interessi ai fini fiscali si applica anche agli interessi passivi dovuti per la restituzione del debito che eventualmente risulta dal conto accessorio alla data di scadenza del mutuo.

 

Il comma 7 configura la procedura di rinegoziazione che le banche e gli intermediari finanziari devono seguire nei confronti della clientela.

Nel dettaglio, si prescrive che le banche e gli intermediari finanziari di cui all’articolo 106 del TUB che aderiscono alla convenzione stipulata con il Ministero dell’economia e delle finanze, devono formulare ai clienti interessati la proposta di rinegoziazione entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, secondo le modalità definite nella stessa convenzione.

Il mutuatario deve comunicare l’accettazione della proposta alla banca o all’intermediario finanziario entro tre mesi dalla comunicazione della proposta stessa. Gli effetti della rinegoziazione del mutuo si esplicano a decorrere dalla prima rata in scadenza successivamente al 1° gennaio 2009.

 

Il comma 8 esenta le operazioni di rinegoziazione dei mutui da imposte e tasse di alcun genere, stabilendo che per esse le banche e gli intermediari finanziari non possano applicare costi nei riguardi dei clienti.

 

Andrebbe chiarito se le operazioni di rinegoziazione dei mutui in esame vadano esenti da costi notarili.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 18 dicembre 2007 la Commissione ha presentato un Libro Bianco sull’integrazione dei mercati UE del credito ipotecario (COM(2007)807).

In considerazione dell’importanza economica dei mercati del credito ipotecario, dimostrata dal fatto che lo stock dei mutui ipotecari residenziali costituisce quasi il 47% del PIL dell’UE, il documento sottolinea la necessità di eliminare gli ostacoli ancora esistenti che limitano il livello di attività transfrontaliere nel settore, sia sul lato dell’offerta che su quello della domanda, e individua un insieme di misure volte a rafforzare la competitività e l’efficienza di tali mercati, nonché di garantire una miglior tutela per i consumatori, gli erogatori dei mutui stessi e gli investitori.

La Commissione prospetta a tal fine misure intese in particolare a:

-        agevolare l’erogazione e il finanziamento del credito ipotecario a livello transfrontaliero, eliminando gli ostacoli derivanti dalle divergenze tra gli ordinamenti giuridici e dalla frammentazione delle infrastrutture (ad esempio di registri dei crediti) e riducendo i costi dell’attività internazionale;

-        aumentare la diversificazione dei prodotti per soddisfare le esigenze dei consumatori, eliminando gli ostacoli alla distribuzione e alla vendita, in particolare, di prodotti ipotecari nuovi e innovativi in tutta Europa;

-        migliorare la fiducia dei consumatori tramite la garanzia di standard di alto livello per quanto riguarda la consulenza in materia di credito ipotecario;

-        facilitare la mobilità dei clienti garantendo che i consumatori che tentano di cambiare l’erogatore del mutuo non siano ostacolati o dissuasi dal farlo dalla presenza di ostacoli giuridici o economici ingiustificati.

Al fine di valutare se sia necessario adottare un atto legislativo comunitario in materia, la Commissione approfondirà l’analisi dei seguenti aspetti:

-        rimborso anticipato, valutando le varie opzioni politiche possibili al fine di raggiungere un consenso in merito ad un regime europeo adeguato in materia;

-        miglioramento della qualità e comparabilità dell’informazione, completando nel corso del 2008 i lavori relativi ad un Prospetto informativo europeo standardizzato (ESIS) rivisto sui mutui per la casa, testandone il funzionamento presso i consumatori in tutti gli Stati membri, e esaminando in che misura sia possibile armonizzare le disposizioni sul Tasso percentuale annuo (APRC), eventualmente estendendo al credito ipotecario le norme in materia contenute nella direttiva sul credito al consumo;

-        promozione della concessione e accessione responsabile dei mutui: nel corso del 2008 la Commissione prevede, tra le altre cose, di consultare le parti interessate in merito all’elaborazione di standard elevati in materia di consulenza; sulla base della lezione tratta dalla crisi dei sub-prime e avvalendosi, nonché di esplorare i mezzi per garantire maggiore responsabilità nella concessione dei mutui; al fine di aumentare la consapevolezza dei consumatori. La Commissione sottolinea infine la rilevanza della comunicazione sull’educazione finanziaria, da lei stessa presentata unitamente al presente Libro Bianco (COM(2007)808).

Tenendo conto dei recenti sviluppi nel mercato dei sub-prime e sulla scia delle ricerche già condotte dal Gruppo di esperti sul finanziamento del credito ipotecario istituito nel 2006, la Commissione intende inoltre esaminare:

-        le pratiche di mercato e gli standard prudenziali per la gestione del rischio di disallineamento della liquidità derivante ad esempio dall'utilizzo di finanziamenti a breve termine per prestiti ipotecari a lungo termine, in particolare per quanto riguarda la capacità di resistere a condizioni di stress dei mercati;

-        gli incentivi per gli erogatori di crediti ipotecari a spostare il rischio al di fuori del bilancio;

-        gli standard prudenziali e la trasparenza delle esposizioni bancarie su operazioni di cartolarizzazione che sono direttamente o indirettamente collegate al credito ipotecario;

-        l’eventuale necessità di ulteriori misure per migliorare la trasparenza dal punto di vista degli investitori finali.

A questo proposito, pur ritenendo che l’uso di tecniche di finanziamento che trasferiscono il rischio dei mutui ipotecari dall’erogatore dei mutui (cedente) ai mercati dei capitali offra vantaggi in termini di diversificazione del rischio e di riduzione dei costi del finanziamento, la Commissione osserva che le recenti esperienze hanno evidenziato la necessità di garantire che tali tecniche siano utilizzate in modo tale da non mettere in pericolo la stabilità finanziaria.

Il Consiglio Ecofin ha accolto favorevolmente le iniziative della Commissione europea, adottando conclusioni in materia nella riunione del 14 maggio 2008.


Articolo 4
(Sviluppo dei servizi di trasporto aereo)

 


1. La somma erogata ad Alitalia - Linee aeree italiane S.p.A. ai sensi dell'articolo 1 del decreto-legge 23 aprile 2008, n. 80, è rimborsata nel minore termine tra il trentesimo giorno successivo a quello della cessione o della perdita del controllo effettivo da parte del Ministero dell'economia e delle finanze e il 31 dicembre 2008.

2. Le medesime somme sono gravate da una maggiorazione del tasso di interesse previsto dall'articolo 1, comma 2, del decreto-legge 23 aprile 2008, n. 80, pari all'1 per cento.

3. Le somme di cui al comma 1 e gli interessi maturati sono utilizzati per fare fronte alle perdite che comportino una diminuzione del capitale versato e delle riserve al di sotto del livello minimo legale.

4. In caso di liquidazione dell'Alitalia - Linee aeree italiane S.p.A., il debito di cui al presente articolo è rimborsato solo dopo che sono stati soddisfatti tutti gli altri creditori, unitamente e proporzionalmente al capitale sociale.

5. All'esito della cessione o della perdita del controllo effettivo da parte del Ministero dell'economia e delle finanze di cui al comma 1, le eventuali somme e gli interessi maturati utilizzati per fare fronte alle perdite ai sensi del comma 3 si intendono ripristinati e dovuti dalla citata compagnia aerea che provvede al relativo rimborso con aumento di capitale almeno di pari importo.

6. Il ripristino degli obblighi di pagamento si applica anche in ipotesi di realizzo di utili da parte di Alitalia - Linee aeree italiane S.p.A.; in tale caso le somme e gli interessi maturati sono dovuti nei limiti degli utili realizzati e sono in ogni caso assoggettati alla disciplina di cui ai commi precedenti.

7. All'onere derivante dal comma 3, pari a 300 milioni di euro per l'anno 2008, si fa fronte:

a) quanto a 205 milioni di euro mediante riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 841, della legge 27 dicembre 2006, n. 296;

b) quanto a 85 milioni di euro mediante riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 847, della legge 27 dicembre 2006, n. 296;

c) quanto a 10 milioni di euro mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2008- 2010, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2008, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della solidarietà sociale.

8. L'importo di 300 milioni di euro viene versato sulla contabilità speciale 1201, utilizzata ai sensi dell'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 23 aprile 2008, n. 80, per concedere l'anticipazione ad Alitalia - Linee aeree italiane S.p.A. Le eventuali somme, rimborsate ai sensi del comma 5, vengono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate, nella stessa proporzione e fino alla concorrenza massima dell'importo ridotto, alle autorizzazioni di spesa di cui all'articolo 1, commi 841 e 847, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.


 

 

L’articolo 4 interviene in relazione al prestito concesso ad Alitalia S.p.A. dal decreto legge 23 aprile 2008, n. 80 (in corso di conversione), il quale dispone l’erogazione di una somma pari a 300 milioni di euro in favore di Alitalia, per consentire alla compagnia di far fronte ai propri pressanti fabbisogni di liquidità.

 

Va in proposito rammentato che il decreto è stato adottato nel quadro della sempre più critica situazione finanziaria di Alitalia, che è stata nei mesi scorsi al centro di una procedura di privatizzazione, mediante cessione della quota detenuta dal Ministero dell’economia (pari al 49,9%). La procedura si è interrotta nel mese di aprile, a seguito del ritiro dalla trattativa del gruppo Air France – KLM.

Il bilancio 2007 di Alitalia, approvato il 28 maggio scorso dal Consiglio di Amministrazione, ha fatto registrare – secondo notizie riportate dalla stampa – un passivo pari a 495 milioni di euro.

 

Il comma 1 dell’articolo in esame prevede che il rimborso della somma da parte di Alitalia dovrà essere effettuato nel minor termine fra il trentesimo giorno successivo alla cessione o perdita del controllo effettivo da parte del Ministero dell’economia ed il 31 dicembre 2008.

La disposizione riprende sostanzialmente quella di cui all’articolo 1, comma 2, del citato decreto legge n. 80, nella quale peraltro si fa riferimento al momento della “cessione dell’intera quota del capitale sociale” da parte del Ministero.

 

Il comma 2 prevede una maggiorazione, pari all’1%, del tasso di interesse gravante sull’importo di cui al comma 1. Tale incremento viene disposto, secondo quanto afferma la relazione illustrativa, per compensare l’eventuale modifiche alle condizioni del prestito, derivante dalla possibile liquidazione di Alitalia S.p.a.

 

Va ricordato che il tasso di interesse da applicarsi per la restituzione del prestito è stabilita dall’articolo 1, comma 2, secondo periodo, del citato D.L. n. 80.:

-        fino al 30 giugno 2008 si applica il tasso di interesse previsto nella comunicazione della Commissione 2007/C 319/03 (attualmente pari al 5,9%);

-        dal 1° luglio 2008 si applicherà il tasso di interesse derivante dai criteri di cui alla comunicazione 2008/C 14/02, la quale ha previsto una revisione del metodo di indicazione dei tassi di riferimento che prevede quale base di calcolo l’applicazione dei tassi IBOR a un anno.

 

Il comma 3 dispone che le somme che formano oggetto del prestito, comprensive degli interessi maturati, saranno utilizzateper coprire le perdite che comportino una diminuzione del capitale versato e delle riserve inferiori al livello minimo legale.

 

Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 2327 del codice civile, le società per azioni devono costituirsi con un capitale non inferiore a centoventimila euro. Secondo l’articolo 2430 del medesimo codice civile, nelle società per azioni deve essere costituita una riserva – pari a un quinto del capitale sociale - volta a proteggere il capitale stesso dalle perdite che possono verificarsi nel corso dell’esercizio. A tal fine, deve essere dedotta una quota pari almeno alla ventesima parte degli utili netti annuali della società. La riserva deve essere reintegrata ogni volta che si verifichi una riduzione al di sotto della predetta percentuale.

 

Secondo la relazione tecnica allegata al disegno di conversione, la norma intende salvaguardare per i prossimi dodici mesi la continuità aziendale di Alitalia, assicurando le risorse necessarie al possibile risanamento, ed escludendo, in tale lasso temporale, il ricorso ad ipotesi di liquidazione. La relazione illustrativa precisa inoltre che essa risponde alla finalità di evitare che una riduzione delle riserve finanziarie della società al di sotto dei limiti legali possa compromettere l’esito delle procedure di dismissione e privatizzazione di Alitalia, che il Governo intende perseguire.

Viene pertanto modificata la finalizzazione della erogazione, che, nella prospettiva del decreto legge n. 80, era strettamente connessa con l’esigenza di assicurare la continuità del servizio pubblico di trasporto e, avendo caratteristiche di prestito a breve termine, non necessitava di copertura finanziaria. Con la nuova formulazione, la somma risulta destinata - come detto – al mantenimento del capitale sociale e della riserva legale e viene acquisita al patrimonio alla società. Inoltre, il comma 7 dell’articolo in esame prevede una apposita copertura dell’onere.

Va osservato che tale diversa configurazione del provvedimento può incidere sulla valutazione della norma ai sensi della disciplina comunitaria in materia di aiuti di Stato (per un approfondimento, si veda, infra, la scheda ‘compatibilità comunitaria’).

 

Si ricorda che altri interventi del Governo sono stati adottati negli anni scorsi in relazione alla situazione di Alitalia. Da ultimo, il decreto legge 24 giugno 2004, n. 159 (convertito dalla legge 3 agosto 2004, n. 203), ha autorizzato il Ministro dell’economia e delle finanze a concedere la garanzia dello Stato su finanziamenti assunti da Alitalia per un importo complessivamente non superiore a 400 milioni di euro.

Tale misura è stata autorizzata dalla Commissione Europea, con decisione del 20 luglio 2004, nella quale la Commissione ha preso atto dell'impegno assunto dalle autorità italiane - con lettera del Ministro per le politiche comunitarie al Commissario per i Trasporti e l'Energia della Commissione Europea - a ridurre la partecipazione dello Stato al capitale di Alitalia ad una quota di minoranza entro un arco temporale massimo di dodici mesi dalla concessione della garanzia sul richiamato prestito ponte di 400 milioni di euro. La decisione della Commissione europea è stata adottata previa verifica della conformità delle misure recate dal decreto in oggetto agli orientamenti per gli aiuti destinati al salvataggio e alla ristrutturazione delle imprese in difficoltà.

Va ricordato che, secondo la Comunicazione della Commissione 2004/C (Orientamenti comunitari sugli aiuti di stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà), gli aiuti possono essere concessi solo una volta nell’arco di dieci anni (principio dell’aiuto “una tantum”).

 

I commi 4 e 5 disciplinano le modalità del rimborso nelle ipotesi di liquidazione della società Alitalia, ovvero di cessione del controllo da parte del Ministero dell’economia.

 

Per il primo caso, il comma 4 prevede che il debito derivante dal prestito disposto con il D.L. n. 80/08 venga rimborsato solo dopo che siano stati soddisfatti gli altri creditori della società, e, comunque, proporzionalmente al capitale sociale.

La disposizione è volta a confermare l’obbligo di rimborso anche nel caso di procedura di liquidazione della società, posponendo peraltro il soddisfacimento del credito di cui lo Stato è titolare rispetto a quelli vantato dagli altri creditori. A compensare parzialmente gli effetti di tale disposizione, dovrebbe valere la maggiorazione del tasso di interesse prevista dal comma 2, sopra illustrato.

 

Va rammentato che l’articolo 1, comma 3, del D.L. n. 80 già prevede una norma riferita alla tutela dei creditori di Alitalia. Tale norma dispone che, a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto legge (24 aprile 2008), gli atti e pagamenti posti in essere da Alitalia S.p.a. sono equiparati a quelli indicati dall’articolo 67 del regio decreto n. 267 del 1942 (recante Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), la quale prevede che, in relazione a imprenditori dei quali sia stato dichiarato il fallimento, non siano soggetti all’azione revocatoria gli atti, i pagamenti e le garanzie concesse su beni del debitore, purché posti in essere in esecuzione di un piano che appaia idoneo a consentire il risanamento della esposizione debitoria dell'impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria e la cui ragionevolezza sia attestata da un professionista iscritto nel registro dei revisori contabili e che abbia i requisiti previsti dall'articolo 28, lettere a) e b) ai sensi dell'articolo 2501-bis, quarto comma, del codice civile.

 

Il comma 5, con riguardo all’esito della procedura di cessione della quota di Alitalia, o di perdita del controllo effettivo, da parte del Ministero dell’economia, dispone che la somma di cui al comma 1, utilizzata per la copertura delle perdite, venga ripristinata e rimborsata mediante aumento del capitale sociale di pariimporto.

 

Il comma 6 disciplina la restituzione delle somme e degli interessi maturati in caso di realizzo di utili da parte di Alitalia entro il 31 dicembre 2008: in questa ipotesi la società sarà tenuta a restituire gli importi sopra indicati, nei limiti degli utili realizzati, e con applicazione della disciplina dettata dai precedenti commi dell’articolo 4 in esame. In sostanza, la norma pone un divieto di distribuzione degli utili, fino al momento in cui sia stato interamente restituito il prestito.

 

Il comma 7 dispone la copertura dell’onere di 300 milioni di euro derivante dalle disposizioni del comma 3 che impongono l’utilizzo del prestito concesso ad Alitalia – Linee aeree italiane S.p.A. ai sensi del decreto-legge n. 80 del 2008 per il ripiano delle perdite che comportino una diminuzione del capitale e delle riserve al di sotto del minimo legale.

In base alle nuove disposizioni contenute nel decreto-legge in esame, il prestito si configura pertanto come un reintegro del capitale sociale di Alitalia S.p.A. a carico del bilancio dello Statoche determina un effetto economico di indebitamento netto. Nel caso in cui non venisse restituito, il predetto trasferimento in conto capitale sarebbe a fondo perduto e per tale motivo le norme prevedono una corrispondente copertura finanziaria a valere sul conto economico.

 

Dal punto di vista contabilistico tale intervento, in quanto contabilizzato sul conto economico, non sembra rivestire la natura di prestito e tale circostanza sembra rilevare anche ai fini della valutazione di compatibilità comunitaria.

 

 

In proposito, si ricorda che l’articolo 1, comma 1, del D.L. n. 80 del 23 aprile 2008 aveva disposto che il prestito c.d. “ponte” pari a 300 milioni di euro in favore di Alitalia, fosse erogato a valere sulle disponibilità fuori bilancio di cui alla contabilità speciale 1201, in deroga alla procedura prevista in relazione al “Fondo speciale rotativo per l’innovazione tecnologica”, ai sensi della legge n. 46 del 1982[22]. Al predetto prestito non sono stati ascritti effetti finanziari in termini di saldo netto da finanziare poiché la norma ha previsto che il soggetto beneficiario effettui il rimborso della posta finanziaria entro l’anno in corso (2008).

 

 

Conseguentemente, la copertura dell’onere derivante dai commi sopra esaminati è disposta come segue:

 


(in milioni di euro)

Modalità di copertura dell’onere ex art. 4 (anno 2008)

Onere da coprire

Riduzione autorizzazione di spesa Fondo per la competitività e sviluppo (art. 1, co. 841, L.F. 2007) [23]

205

Riduzione autorizzazione di spesa Fondo per la finanza d’impresa (art. 1, co. 847, L.F. 2007) [24]

85

Riduzione Fondo speciale di parte corrente stati di previsione del MEF, accantonamento Ministero solidarietà sociale [25]

10

Totale

300

 

Il comma 8 prevede altresì taluni meccanismi operativi di contabilità delle somme che Alitalia S.p.A. è tenuta a restituire, nell’ipotesi in cui ne venga ceduta l’intera quota di partecipazione detenuta dallo Stato (49,9%) ovvero si verifichi la perdita del controllo effettivo da parte del Ministero dell’economia e delle finanze, come previsto dal comma 5 sopra esaminato.

 

 

In particolare le disposizioni del comma 8 prevedono che:

§      l’importo di 300 milioni di euro sia versato sulla medesima contabilità speciale fuori bilancio (1201) prevista dal citato D.L. n. 80 per la concessione dell’anticipazione ad Alitalia S.p.A., allo scopo di reintegrare le quote del prestito già erogate, nel caso in cui avvenga il rimborso delle somme da parte di Alitalia S.p.A.

§      gli eventuali rimborsi effettuati da Alitalia S.p.A., relativi alle somme del prestito, nonché ai corrispondenti interessi maturati, utilizzate per far fronte alle perdite, siano versati all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati, proporzionalmente alle quote restituite, alle autorizzazioni di spesa (nel limite degli importi ridotti) del Fondo per la competitività e sviluppo e del Fondo per la finanza d’impresa sopra esaminati.

Tale norma è disposta allo scopo di reintegrare le quote attinte dai due fondi che hanno approntato pressoché integralmente (290 milioni di euro) la copertura dell’onere del prestito che, ai sensi del comma 3, è stato finalizzato al ripiano delle perdite di Alitalia S.p.A.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Esame del provvedimento da parte della Commissione europea.

Secondo fonti informali, il 30 maggio 2008 il Governo italiano avrebbe trasmesso alla Commissione europea osservazioni in merito alla compatibilità del prestito di cui al D.L. n. 80 del 2008. su cui interviene l’articolo 4 del D.L. 93 in esame, con la disciplina degli aiuti di Stato di cui agli articoli 87 e 88 TCE.

In particolare, il Governo avrebbe sostenuto che il prestito in questione non costituisce aiuto di Stato in quanto, in considerazione delle modalità di erogazione espressamente previste dal decreto legge n. 80, risulterebbe pienamente conforme al criterio dell’investitore privato operante in un’economia di mercato[26]. Sarebbe così escluso uno degli elementi essenziali che determinano la qualificazione di un’erogazione o altro beneficio economico quale aiuto di Stato.

Nelle osservazioni trasmesse alla Commissione il Governo avrebbe sottolineato, inoltre, che le modifiche apportate dall’articolo 4 del D.L. 93 in esame non altererebbero la valutazione di conformità del prestito all’ordinamento comunitario, ma sarebbero anzi indispensabili per consentire la privatizzazione di Alitalia, come precisato nella relazione illustrativa del ddl di conversione del medesimo decreto.

Sempre secondo fonti informali, la Commissione, nel chiedere all’Italia di fornire, entro il 30 maggio 2008, chiarimenti in merito alla natura del prestito di cui al D.L. n. 80 del 2008. avrebbe preannunciato di poter considerare il prestito alla stregua di un’operazione a condizioni di mercato - diversa quindi da un aiuto di Stato – solo in presenza di un piano credibile di privatizzazione, necessario a precostituire una concreta possibilità di restituzione del debito da parte dell’azienda beneficiaria del prestito.

In tale occasione, peraltro, la Commissione avrebbe ribadito che qualora il prestito presentasse elementi tali da essere qualificato come aiuto di Stato, esso dovrebbe essere necessariamente notificato e potrebbe essere erogato solo dopo essere stato autorizzato dalla Commissione stessa, in particolare previa verifica della conformità delle misure recate dal decreto in oggetto agli orientamenti per gli aiuti destinati al salvataggio e alla ristrutturazione delle imprese in difficoltà[27].

In caso contrario, secondo la Commissione non sarebbe necessario procedere a notifica da parte dell’Italia, ferma restando la possibilità per la Commissione di avviare una procedura di indagine formale sul provvedimento, soprattutto in presenza di ricorsi presentati da altre aziende concorrenti del beneficiario, già preannunciati da alcuni operatori del settore.

Si ricorda, inoltre, che la decisione del 20 luglio 2004 con la quale Commissione ha autorizzato[28] la concessione di una garanzia di prestito pari a 400 milioni di euro ad Alitalia, prevista dal D.L. n. 168 del 2004, prendeva atto dell’impegno del Governo italiano a non fornire nessun altro aiuto ad Alitalia in relazione ad un eventuale futura ristrutturazione di Alitalia, in conformità con il principio dell’”aiuto unico”.

Tale principio, rafforzato dai nuovi orientamenti per il salvataggio e la ristrutturazione del 2004, intende impedire che si ricorra alla concessione ripetuta di aiuti per il salvataggio o per la ristrutturazione per tenere artificialmente in vita le imprese. In particolare, gli orientamenti specificano che la concessione di un aiuto per il salvataggio costituisce un'operazione a carattere straordinario, per cui gli aiuti per il salvataggio possono essere concessi solo una volta. In base allo stesso principio, onde evitare qualsiasi tipo di sostegno indebito alle imprese che sopravvivano solo grazie al sostegno ripetuto dello Stato, anche gli aiuti per la ristrutturazione possono essere concessi un'unica volta.

La procedura di esame degli aiuti di Stato

L’art. 88, paragrafo 3, impone agli Stati membri, qualora intendano concedere un nuovo aiuto oppure modificarne uno già esistente, due obblighi specifici:

1)       l’obbligo di notifica, che prescrive che gli Stati membri comunichino alla Commissione in tempo utile i progetti di aiuto;

2)       l’obbligo disospensione”, che impone agli Stati membri interessati di astenersi dall’erogare l’aiuto fino a che la procedura di esame dell’aiuto stesso non sia stata oggetto di una decisione finale da parte della Commissione o siano scaduti i termini previsti a tal fine.

In base al regolamento del Consiglio n. 659 del 1999, recante le regole di procedura per l’applicazione dell’articolo 88 del Trattato CE, la Commissione procede all'esame dell’aiuto non appena esso le è notificato e, dopo un esame preliminare:

-        se constata che la misura notificata non costituisce aiuto, lo dichiara mediante una decisione;

-        se ritiene che sussistono dubbi in ordine alla compatibilità con il mercato comune della misura notificata, decide di avviare il procedimento d'indagine formale(per un’illustrazione del procedimento di indagine formale)

Tali decisioni devono essere adottate entro due mesi dalla notifica, decorsi i quali si ritiene che l'aiuto sia stato autorizzato dalla Commissione.

Gli aiuti concessi dagli Stati in mancanza della notifica e quindi dell’approvazione della Commissione europea sono automaticamente classificati come “illegali” e devono essere recuperati.

Qualora la Commissione avvii il procedimento di indagine formale la decisione deve esporre sinteticamente i punti di fatto e di diritto pertinenti, contenere una valutazione preliminare della Commissione relativa al carattere di aiuto della misura prevista ed esporre i dubbi attinenti alla sua compatibilità con il mercato comune. La decisione deve invitare inoltre lo Stato membro e tutti gli altri interessati a formulare le loro osservazioni entro un termine stabilito, di norma non superiore a un mese. In casi debitamente giustificati la Commissione può prorogare tale termine.

Anche il procedimento d'indagine formale si deve concludere con una decisione. La Commissione può decidere che la misura notificata non costituisce aiuto, ovvero che i dubbi relativi alla compatibilità della misura notificata con il mercato comune non sussistono più (c.d. decisione positiva), o che l'aiuto notificato non è compatibile con il mercato comune (c.d. decisione negativa), nel qual caso decide che all'aiuto in questione non può essere data esecuzione. Tutte queste decisioni devono intervenire non appena risultino eliminati i dubbi di cui all'articolo 4, paragrafo 4. Per quanto possibile, la Commissione si adopera per adottare una decisione entro 18 mesi dall'avvio della procedura. Questo termine può essere prorogato di comune accordo tra la Commissione e lo Stato membro interessato.

Per quanto riguarda il recupero degli aiuti l’articolo 14 prevede che nel caso di decisioni negative relative a casi di aiuti illegali la Commissione adotta una decisione con la quale impone allo Stato membro interessato di adottare tutte le misure necessarie per recuperare l'aiuto dal beneficiario (c.d. «decisione di recupero»). All'aiuto da recuperare si aggiungono gli interessi calcolati in base a un tasso adeguato stabilito dalla Commissione. Il recupero va effettuato senza indugio secondo le procedure previste dalla legge dello Stato membro interessato, a condizione che esse consentano l'esecuzione immediata ed effettiva della decisione della Commissione.

Nel caso in cui lo Stato membro interessato non si conformi ad una decisione condizionale o negativa la Commissione può adire direttamente la Corte di giustizia delle Comunità europee e qualora lo Stato membro interessato non si sia conformato alla sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee, può procedere nei suoi confronti ai sensi dell'articolo 228 del Trattato, chiedendo la condanna al pagamento di un’ammenda.

Aiuti concessi in precedenza ad Alitalia

Aiuti di Stato

Con decisione del 20 luglio 2004 la Commissione ha autorizzato, ai sensi della disciplina sugli aiuti di Stato, laconcessionedi una garanzia di prestito pari a 400 milioni di euro da parte del governo italiano alla compagnia Alitalia, prevista dal D.L. n. 168 del 2004[29].

La decisione è stata adottata previa verifica della conformità delle misure recate dal decreto in oggetto agli orientamenti per gli aiuti destinati al salvataggio e alla ristrutturazione delle imprese in difficoltà[30].

In particolare, la Commissione ha accertato la sussistenza dei requisiti e delle condizioni per la erogazione, ai sensi dei suddetti orientamenti, di un aiuto al salvataggio, segnatamente con riferimento ai seguenti elementi:

-        Il fatto che l’aiuto consista nella concessione di una garanzia per un prestito erogato a tassi di mercato e il cui rimborso deve avvenire non oltre i dodici mesi dall’ultimo versamento effettuato;

-        l’ammontare del prestito è limitato alla misura necessaria a mantenere la compagnia in attività;

-        l’impegno del Governo italiano a trasmettere alla Commissione, entro sei mesi dalla data di autorizzazione degli aiuti, un piano di liquidazione o un piano di ristrutturazione di Alitalia;

-        l’esistenza di gravi difficoltà sociali, in considerazione del fatto che il destino di 22.200 dipendenti di Alitalia, nonché di altri 8000 lavoratori è legato alle sorti della compagnia;

-        il già richiamato impegno del Governo italiano a non fornire nessun altro aiuto ad Alitalia in relazione ad un eventuale futura ristrutturazione di Alitalia, in conformità con il principio dell’”aiuto unico”, previsto dai suddetti orientamenti;

-        l’assenza di effetti di “spillover” negativo delle misure decise dal Governo italiano sugli altri Stati membri, in ragione delle condizioni rigorose definite dalla presente decisione.

La Commissione, inoltre, ha preso atto dell’impegno del Governo italiano a ridurre entro 12 mesi al massimo, la propria partecipazione al capitale di Alitalia dall’attuale 62% a meno del 50%, rilevando come tale impegno escluda la possibilità di una ricapitalizzazione della compagnia da parte dello Stato dopo la ristrutturazione della stessa.

Il 7 giugno 2005 la Commissioneha autorizzato il piano di ristrutturazione di Alitalia[31] che figurava fra le condizioni poste dalla Commissione europea per autorizzare la concessione del citato prestito ad Alitalia da parte del Governo italiano. In particolare, la Commissione ha autorizzato la prospettata ricapitalizzazione di AZ Fly, e il previsto investimento di Fintecna in AZ Servizi subordinandole ad alcune condizioni.

Si segnala, infine, che il 7 aprile 2004 la Commissione aveva autorizzato un accordo di cooperazione fra Air France e Alitalia dopo che le due compagnie avevano assunto alcuni impegni volti a salvaguardare la concorrenza fra la Francia e l'Italia. L'autorizzazione della Commissione era stata concessa per un periodo di sei anni a decorrere dal 12 novembre 2001, data di notifica dell’accordo.

Revisione della disciplina degli aiuti per salvataggio e ristrutturazione

Si ricorda che il 30 novembre 2007 si è conclusa una consultazione promossa dalla Commissione europea per orientare il dibattito in vista della revisione degli attuali Orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà, che arriveranno a scadenza nell’ottobre 2009. La Commissione, tra l’altro, ritiene che i futuri Orientamenti comunitari per gli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione dovranno chiaramente definire gli obiettivi che possono essere invocati dagli Stati membri per giustificare la concessione di questo tipo di aiuti.


Articolo 5
(Copertura finanziaria)


1. Le autorizzazioni di spesa di cui all'elenco n. 1, allegato al presente decreto, sono ridotte per gli importi ivi individuati.

2. Le risorse rivenienti dalla riduzione delle dotazioni di spesa previste dal comma 1, pari a 1.010,5 milioni di euro per l'anno 2008, 842,3 milioni di euro per l'anno 2009, 644,5 milioni di euro per l'anno 2010 e 186,5 milioni di euro a decorrere dall'anno 2011, nonché quelle derivanti dalle modifiche normative previste dai commi 9, 10 e 11, pari a 656,1 milioni di euro per l'anno 2008, 749,1 milioni di euro per l'anno 2009, 213,1 milioni di euro per l'anno 2010, 124,5 milioni di euro per l'anno 2011, 131,5 milioni di euro per l'anno 2012, 79,5 milioni di euro per l'anno 2013 e 75,5 milioni di euro a decorrere dall'anno 2014, sono iscritte nel «Fondo per interventi strutturali di politica economica», di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307.

3. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 22, comma 22, della legge 24 dicembre 2007, n. 245, con decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del Ministro competente, da comunicare alle Commissioni parlamentari competenti e da inviare alla Corte dei conti per la registrazione, nel rispetto dell'invarianza degli effetti sui saldi di finanza pubblica, possono essere rimodulate tra i programmi le dotazioni finanziarie di ciascuna missione di spesa, fatta eccezione per le spese di natura obbligatoria, per le spese in annualità e a pagamento differito. Le variazioni tra spese di funzionamento e quelle per interventi sono consentite entro il limite massimo del 10 per cento delle risorse stanziate per le finalità previste dalla legge nell'ambito del programma interessato dalla riduzione. Resta precluso l'utilizzo degli stanziamenti di spesa in conto capitale per finanziare spese correnti.

4. Nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze e' istituito un fondo con una dotazione pari a 100 milioni di euro per l'anno 2008, 100 milioni di euro per l'anno 2009 e 60 milioni di euro per l'anno 2010, da utilizzare a reintegro delle dotazioni finanziarie dei programmi di spesa. L'utilizzo del fondo e' disposto, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro com­petente, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.

5. Gli articoli 22-quater e 47-quinquies del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31, sono abrogati e sono revocati gli eventuali provvedimenti attuativi.

6. La somma iscritta nel bilancio dello Stato per l'anno 2008, nell'ambito della missione «Infrastrutture pubbliche e logistica», programma «Sistemi stradali e autostradali», in attuazione dell'articolo 1, comma 1155, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, affluisce al fondo di cui al comma 2 per l'intero importo di 1.363,5 milioni di euro. A valere sulle predette risorse una quota pari a 611 milioni di euro e' versata nell'anno 2008 su apposita contabilità speciale, ai fini del riversamento all'entrata del bilancio dello Stato nell'anno 2009 per 438 milioni di euro e nell'anno 2010 per 173 milioni di euro.

7. Ai maggiori oneri derivanti dagli articoli 1 e 2, nonché dal comma 4 del presente articolo pari, per l'anno 2008, a 2.449 milioni di euro che aumentano a 2.664,1 milioni di euro, ai fini della compensazione in termini di indebitamento netto, pari a 2.201,5 milioni di euro per l'anno 2009 e pari a 1.760 milioni di euro per l'anno 2010 e a 1.700 milioni di euro a decorrere dall'anno 2011, si provvede:

a) quanto a 2.494,1 milioni di euro per l'anno 2008, a 1.763,5 milioni di euro per l'anno 2009, a 1.097,6 milioni di euro per l'anno 2010, a 311 milioni di euro per l'anno 2011, a 318 milioni di euro per l'anno 2012, a 266 milioni di euro per l'anno 2013 e a 262 milioni di euro a decorrere dall'anno 2014, mediante utilizzo delle disponibilità del fondo di cui al comma 2, come integrato ai sensi dei commi 6 e 8;

b) quanto a 37 milioni di euro per l'anno 2010 mediante utilizzo delle maggiori entrate derivanti dall'articolo 2, comma 6; c) quanto a 438 milioni di euro per l'anno 2009 e 173 milioni di euro per l'anno 2010, mediante utilizzo delle maggiori entrate rivenienti dal comma 6;

d) quanto a 985,8 milioni di euro a decorrere dall'anno 2010, mediante riduzione lineare del 6,78 per cento degli stanziamenti di parte corrente relativi alle autorizzazioni di spesa come determinate dalla tabella C della legge 24 dicembre 2007, n. 244;

e) quanto a 170 milioni di euro per l'anno 2008 e a 452,4 milioni di euro, a decorrere dall'anno 2010, mediante corri­spondente riduzione dello stan­ziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2008-2010, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2008, allo scopo parzialmente utilizzando i seguenti accantonamenti:


SIWEB

 

 

 

 

Allegato

Autorità garante della concorrenza e del mercato: segnalazione del 27 maggio 2008 a Governo e Parlamento sul D.L. n. 93/2008


AS452 - MISURE URGENTI PER AUMENTARE IL POTERE DI ACQUISTO DELLE FAMIGLIE E PER LO SVILUPPO

 

 

Roma, 27 maggio 2008

 

Senato della Repubblica

Presidente Senatore Renato Giuseppe Schifani

Camera dei Deputati

Presidente Onorevole Gianfranco Fini

Presidenza del Consiglio dei Ministri

Presidente Onorevole Silvio Berlusconi

Ministro dell’Economia e delle Finanze

Onorevole Giulio Tremonti

Ministro per lo Sviluppo Economico

Onorevole Claudio Scajola

 

 

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (di seguito Autorità), nell’esercizio dei compiti ad essa assegnati dall’articolo 22 della legge n. 287 del 10 ottobre 1990, intende formulare alcune osservazioni in merito all’articolo 3 del provvedimento recante misure urgenti per aumentare il potere di acquisto delle famiglie e per lo sviluppo, approvato dal Consiglio dei Ministri il 21 maggio 2008.

In linea generale, l’Autorità ritiene fondata l’esigenza, che motiva il citato provvedimento, di incentivare ed agevolare i processi di rinegoziazione dei mutui a tasso variabile, stipulati anteriormente alla sua data di entrata in vigore, per l’acquisto, la costruzione e la ristrutturazione dell’abitazione principale, migliorando le condizioni dell’offerta in senso favorevole per i consumatori.

Trattasi, infatti, di un intervento straordinario, a tutela di una specifica tipologia di mutuatari che, in una fase economica particolarmente critica - in termini di potere d’acquisto, di evoluzione dai tassi di interesse e di instabilità in generale nel settore dei mutui per noti eventi internazionali -, risulta oggettivamente esposta a situazioni difficilmente sostenibili. L’incremento del costo del denaro negli ultimi due anni, deciso per controllare i processi inflazionistici dalla Bce, quindi dell’intera fascia dei tassi passivi, ha infatti determinato aumenti nelle rate indicizzate – a seconda della durata e ammontare del mutuo - anche del 20%, con il raggiungimento di tassi variabili (Euribor) di poco inferiori al 5% e con incrementi di questi ultimi di quasi 2 punti percentuali.

L’Autorità ha già segnalato – AS431 Procedura per la portabilità dell’ipoteca nei contratti di mutuo - come gli interventi legislativi - prima il d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito con modifiche dalla legge 4 agosto 2006, n. 248 e successivamente il d.l. 31 gennaio 2007 n. 7, convertito con modifiche dalla legge 2 aprile 2007, n. 40 -, abbiano costituito uno stimolo per favorire la mobilità della clientela e lo sviluppo di dinamiche concorrenziali piene tra gli operatori nell’offerta dei servizi finanziari. Al tempo stesso l’Autorità ha anche ravvisato il rischio che una specifica disciplina in merito ai mutui bancari possa comportare procedure obbligate o comunque vincolanti, limitative della concorrenza tra banche.

In particolare, l’Autorità ha sostenuto che la possibilità per il cliente di beneficiare, mettendo in concorrenza le offerte attraverso la surrogazione del mutuo e delle relative garanzie accessorie, di condizioni economiche più favorevoli sia essenziale in un’ottica di stimolo del confronto competitivo e acquista evidentemente ancora più rilevanza nel contesto economico attuale caratterizzato da vari rialzi dei tassi di interesse.

Nell’ottica sopra descritta e nel quadro definito dalla convenzione che verrebbe stipulata, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto in corso di emanazione, tra banche e intermediari finanziari ai sensi dell’articolo 106 del decreto legislativo del 1° settembre 1993, n. 385, vanno salvaguardati tre requisiti essenziali al fine di generare effetti positivi e non trasformare alcune criticità, da essa derivabili, in disincentivi al confronto competitivo.

In primo luogo, è importante che le singole banche e gli intermediari finanziari aderenti possano autonomamente adottare condizioni e/o strategie commerciali migliori per la clientela, evitando di rendere omogenee le strategie dal lato dell’offerta, le quali disincentiverebbero l’adozione di modalità diverse e competitive a vantaggio dei mutuatari. A titolo esemplificativo, il riferimento a criteri molto rigidi - basati sulla media aritmetica dei tassi applicati ai sensi del contratto in essere, all’anno 2006, nonché ad uno specifico tasso sul conto accessorio (IRS con spread dello 0,50) – può condurre le banche a non differenziarsi nelle condotte e invece a seguire la procedura, come se fossero rigidamente definiti tutti i criteri, senza alcun incentivo a competere, migliorando ulteriormente le condizioni a vantaggio della clientela.

Sarebbe, pertanto, necessario esplicitare nella convenzione la possibilità che le singole banche adottino, dandone puntuale informazione ai clienti, condizioni migliorative rispetto a quanto già previsto nel provvedimento, rendendo così chiaro che la convenzione indica condizioni non vincolanti e derogabili a vantaggio dei mutuatari. Solo rendendo evidente lo spazio di competizione tra le banche, l'adesione alla convenzione, in quanto volontaria, può non omogeneizzare e quindi non disincentivare la dinamica competitiva del mercato. Le banche che ritengono di poter offrire alla propria clientela condizioni più vantaggiose di quelle previste dalla convenzione non aderiranno o aderiranno pubblicizzando però l’offerta migliorativa; analogamente non aderiranno - per ragioni opposte - quelle che la reputano eccessivamente onerosa. Le prime informeranno di questa loro decisione per convincere i mutuatari che possono ottenere condizioni migliori di quelle offerte dal resto del mercato. Le seconde saranno più esposte alla migrazione dei clienti che eserciteranno l'opzione di portabilità del mutuo.

In secondo luogo, è essenziale mantenere gli stimoli concorrenziali che derivano dall’altra misura, oggetto di intervento da ultimo della legge 2 aprile 2007, n. 40, ossia la surrogazione del mutuo – c.d. portabilità. L’Autorità intende rilevare che solo dal confronto di più offerte può derivare un effettivo sviluppo competitivo dei mercati, tra i quali anche il mercato degli impieghi bancari. Nel merito si rileva che allo stato risultano ancora elevati gli ostacoli alla mobilità e il processo di portabilità appare ancora eccessivamente complesso.

A questo riguardo, ad avviso dell’Autorità, è cruciale che vengano garantiti costi nulli per il cliente, e ciò non solo per la parte dei servizi strettamente bancari, ma anche per quanto riguarda altri eventuali costi richiesti, quali i costi dei servizi notarili. In relazione a questi ultimi appare opportuno garantire forme di maggior trasparenza che eliminino l’attuale stato di vischiosità sui servizi e atti necessari. Assicurare costi nulli per la portabilità appare il solo strumento per eliminare gli switching cost ancora esistenti di ostacolo alla mobilità e quindi alla piena concorrenza.

In terzo luogo, è fondamentale che sia fornita una adeguata informativa alla clientela. Posto che la trasparenza dal lato della domanda nel settore bancario è stata più volte richiamata quale fattore determinante per lo sviluppo di rapporti competitivi tra le banche offerenti – AS 394 “Ostacoli allo sviluppo concorrenziale dei mercati dei servizi bancari per la clientela retail” -, rileva osservare che ciò vale a maggior ragione per la procedura suddetta.

In particolare risulta essenziale che il mutuatario sia messo nella condizione di valutare gli effetti della rinegoziazione prevista dalla procedura, in termini di riduzione delle rate in tutto l’arco temporale previsto dall’ammortamento, tenendo conto della maggior durata che essa comporta – in termini di allungamento del prestito iniziale – nonché dei rischi connessi in funzione delle diverse possibili evoluzioni dei tassi di interesse. Redigere fogli informativi sintetici, in grado di fornire stime dei costi e dei vantaggi attesi in base, ad esempio, ad ipotesi alternative sull’andamento dei tassi e sull’allungamento del finanziamento, appare in quest’ottica di fondamentale rilevanza per una scelta economicamente razionale ed informata dal lato della domanda. E’ infatti sulla base di tali informazioni che il mutuatario può valutare ed eventualmente innescare positive spinte competitive ricercando anche soluzioni alternative con la surrogazione del mutuo presso altre banche concorrenti.

L’Autorità intende quindi evidenziare che, al fine di contemperare l’obiettivo di tutela dei mutuatari e quello di non disincentivare il confronto competitivo nel settore bancario, è indispensabile che i criteri dettati nella convenzione oggetto del provvedimento lascino spazi a politiche differenziate da parte delle banche a vantaggio della clientela e non disincentivino il ricorso a modalità alternative, quali la surrogazione invece della rinegoziazione del mutuo, in un contesto di massima trasparenza e completa informazione della domanda.

In conclusione, l’Autorità auspica che il Parlamento, il Governo e le Autorità competenti, nonché gli operatori direttamente coinvolti, tengano in adeguata considerazione le suesposte osservazioni, al fine di tutelare e promuovere nella maniera più efficace e opportuna la concorrenza in un settore, quale quello in discussione, di primaria rilevanza per l’economia nazionale.

 

 

 

IL PRESIDENTE

 

Antonio Catricalà

 

 



[1]     D. Lgs. 23 dicembre 1992, n. 504, recante “Riordino della finanza degli enti territoriali, a norma dell'articolo 4 della L. 23 ottobre 1992, n. 421”

[2]     Articolo 1, comma 173, lettera b) della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

[3]     Legge 23 dicembre 1996, n. 662, recante “Misure di razionalizzazione della finanza pubblica”.

[4]     D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, recante “Istituzione dell'imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell'Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali”.

[5]     D.L. 8-8-1996 n. 437, recante “Disposizioni urgenti in materia di imposizione diretta ed indiretta, di funzionalità dell'Amministrazione finanziaria, di gestioni fuori bilancio, di fondi previdenziali e di contenzioso tributario”, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 24 ottobre 1996, n. 556.

[6]     Si rammenta che – in base all’art. 10, co. 2, del D.Lgs. n. 504 del 1992 – i soggetti tenuti al pagamento dell’ICI devono effettuare il versamento dell’imposta complessivamente dovuta al comune per l’anno in corso in due rate delle quali la prima, entro il 16 giugno, pari al 50 per cento dell’imposta dovuta calcolata sulla base dell’aliquota e delle detrazioni dei dodici mesi dell’anno precedente. La seconda rata deve essere versata dal 1° al 16 dicembre, a saldo dell’imposta dovuta per l’intero anno, con eventuale conguaglio sulla prima rata versata. Il contribuente ha comunque facoltà di provvedere al versamento dell’imposta complessivamente dovuta in un’unica soluzione annuale, da corrispondere entro il 16 giugno.

[7]     Il termine della sospensione è stato fissato al 31/12/2004 dalla legge finanziaria per il 2004 (L. 350/2002003, art. 2, comma 21); successivamente la legge finanziaria per il 2005 ha prorogato il termine al 31 dicembre 2006 (L. 311/2004, art. 1 comma 51); la legge finanziaria per il 2006 (L. 266/2005 art. 1, comma 165) ha confermato il termine del 31 dicembre 2006.

[8]     Le sentenze della Corte costituzionale in materia di tributi regionali sono le seguenti: n. 297 e 311 del 2003 e n. 455 del 2005 con riguardo alla tassa automobilistica; n. 241, 381 e 431 del 2004 in materia di IRAP; n. 397 e 335 del 2005 sul tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti; n. 37 e 381 del 2004 e n. 2 e 148 del 2006 in materia di addizionale IRPEF. Si veda inoltre la sentenza n. 193 del 2007 con cui la Corte dichiara non fondata la questione di legittimità del comma 277 dell’art. 1 della Legge finanziaria 2006, che prevedeva – al verificarsi di determinate condizioni - l’automatica maggiorazione dell’addizionale all’IRPEF e dell’aliquota dell’IRAP, ai fini del ripiano dei debiti del servizio sanitario regionale, Oggetto del giudizio, secondo la Corte non è in questo caso la materia concorrente “tutela della salute”, bensì la competenza esclusiva statale in materia di sistema tributario dello Stato, ribadendo ancora una volta la “natura erariale” dei due tributi in questione.

[9]     Nella sentenza n. 297 del 2003 la Corte qualifica come “tributo proprio della regione” la tassa di concessione regionale sulla raccolta dei tartufi, istituita dalla regione Veneto con legge regionale n. 30/1988 e poi abrogata dall’art. 5 della legge regionale n. 18/2002 – impugnata dal Governo - in ragione «dell’esiguità dell’introito derivante (dal tributo stesso) rapportato ai costi di gestione amministrativa».

[10]    Norme di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e competitività per favorire l’equità e la crescita sostenibili, nonché ulteriori norme in materia di lavoro e previdenza sociale. (c.d. Protocollo Welfare).

[11]    Attuazione della direttiva 93/104/CE e della direttiva 2000/34/CE concernenti taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro.

[12]    Testo unico delle imposte dirette di cui al D.P.R. n. 917/1986.

[13]    Articolo 12 del TUIR stabilisce che l’importo della detrazione per familiari a carico.

[14]    Definizioni di criteri unificati di valutazione della situazione economica dei soggetti che richiedono prestazioni sociali agevolate, a norma dell'articolo 59, comma 51, della legge 27 dicembre 1997, n. 449.

[15]    Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.

[16]    Riforma dell'organizzazione del Governo, a norma dell'articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59.

[17]    Aliquota contributiva a carico del lavoratore dipendente applicata, in linea generale, nel settore privato dalle aziende fino a 15 dipendenti.

[18]    Disposizioni in materia di usura.

[19]    Istituzione del Fondo di sostegno per le vittime di richieste estorsive.

[20]    Il 14 maggio 2008 il Consiglio ha adottato due raccomandazioni nell’ambito delle iniziative relative al nuovo ciclo di governance della strategia di Lisbona: raccomandazione relativa agli indirizzi di massima per le politiche economiche degli Stati membri e della Comunità per il periodo 2008-2010; raccomandazione del Consiglio sull’aggiornamento nel 2008 degli indirizzi di massima per le politiche degli Stati membri e della Comunità e sull’attuazione delle politiche per l’occupazione degli Stati membri.

[21]    In materia cfr. anche l’AS431 dell’AGCM (Procedura per la portabilità dell’ipoteca nei contratti di mutuo).

[22]    Il Fondo speciale per l’innovazione tecnologica (denominato “FIT”) è un fondo rotativo che viene reintegrato con i rimborsi del capitale, comprensivi dei corrispondenti interessi, che le imprese possono richiedere in prestito per interventi destinati ad introdurre avanzamenti tecnologici delle imprese, finalizzati a nuovi prodotti o processi produttivi ovvero al miglioramento di prodotti o processi produttivi già esistenti, oppure rilevanti innovazioni di contenuto stilistico e qualitativo del prodotto. In base alla disciplina vigente il Ministro dello sviluppo economico provvede con proprio decreto, adottato previo parere delle regioni interessate, a stabilire annualmente la percentuale delle risorse del predetto Fondo riservate in via prioritaria ai programmi di sviluppo presentati dalle piccole e medie imprese.

[23]   Tale Fondo è stato istituito presso il Ministero dello sviluppo economico con le risorse confluite dal “Fondo per le aree sottoutilizzate” di competenza del Ministero dello sviluppo economico, di cui all’articolo 60, comma 3 della legge n. 289/02 (finanziaria 2003) e dal “Fondo unico per gli incentivi alle imprese” (articolo 52 della legge n. 448/1998). Quest’ultimo Fondo, in particolare, era stato istituito per razionalizzare l’intervento del Ministero delle attività produttive (ora Ministero per lo sviluppo economico) in favore delle imprese, accorpando, in un’unica autorizzazione di spesa, tutti gli stanziamenti destinati ad agevolare le imprese nell’ambito del settore commerciale, aeronautico, della ricerca e sviluppo, della ristrutturazione e riconversione industriale, delle aree depresse e di altri settori specifici. Oltre alle risorse provenienti dai citati fondi, il Fondo per la competitività e lo sviluppo è stato dotato di 300 mln di euro per il 2007 e 360 milioni per ciascuno degli anni 2008 e 2009.

[24]   Tale Fondo è stato istituito allo scopo di facilitare operazioni di concessione di garanzie su finanziamenti e partecipazioni al capitale di rischio, nonché la partecipazione a operazioni di finanza strutturata, anche tramite sottoscrizione di fondi di investimenti chiusi. In esso sono confluite, in attesa della riforma delle misure in favore dell’innovazione industriale, varie risorse provenienti da diversi fondi in seguito soppressi: il Fondo centrale di garanzia (istituito dall’art. 15, legge n. 266/97, c.d. Bersani), che assicurava i crediti concessi dalle banche in favore delle piccole e medie imprese; il Fondo rotativo nazionale per il finanziamento del capitale di rischio (art. 4, co. 106, legge n. 350/03), gestito dall’Agenzia ex Sviluppo Italia SpA. Inoltre, al Fondo per la finanza d’impresa sono confluite le risorse destinate all’attuazione dell’art. 106 della legge n. 388/2000 (legge finanziaria per il 2001), che prevede una riserva della disponibilità del Fondo per l’innovazione tecnologica (FIT) per il finanziamento dei programmi volti alla promozione e allo sviluppo di nuove imprese innovative, nonché le risorse dell’art. 1, co. 222, della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria per il 2005) volte a favorire l’afflusso di capitale di rischio (c.d. venture capital) verso le piccole e medie imprese innovative localizzate nelle aree sottoutilizzate. Oltre alle predette risorse, al Fondo per la finanza d’impresa sono stati conferiti 50 mln di euro per il 2007, 100 mln per il 2008 e 150 mln per il 2009.

[25]   Stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2008-2010, nell’ambito del programma “Fondi di riserva e speciali” della missione “Fondi da ripartire” dello stato di previsione del MEF per l’anno 2008.

[26]    In base a tale principio, i finanziamenti ad imprese da parte delle autorità pubbliche possono essere considerati compatibili con le norme UE in materia di aiuti di Stato se avvengono a condizioni che possono essere accettate da un investitore privato operante sul mercato.

[27]    Tali orientamenti, pubblicati nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee serie C, n. 288 del 9 ottobre 1999, sono stati sostituiti, a partire dal 10 ottobre 2004, dai nuovi orientamenti per il salvataggio e la ristrutturazione delle imprese in difficoltà, contenuti nella comunicazione 2004/C 244/02, pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea serie C, n. 244 del 1° ottobre 2004.

[28]    Aiuto n. 279/2004.

[29]    Aiuto n. 279/2004.

[30]    Tali orientamenti, pubblicati nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee serie C, n. 288 del 9 ottobre 1999, sono stati sostituiti, a partire dal 10 ottobre 2004, dai nuovi orientamenti per il salvataggio e la ristrutturazione delle imprese in difficoltà, contenuti nella comunicazione 2004/C 244/02, pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea serie C, n. 244 del 1° ottobre 2004.

[31]    Decisione numero C(2005)1651 pubblicata in GUUE sere L, n. 69 dell’8 marzo 2006.

[32]   Per quanto concerne la quantificazione dell’onere relativo all’abolizione dell’imposta comunale sugli immobili adibiti ad abitazione principale, la Relazione tecnica precisa la valutazione si è fondata sui medesimi principi già adottati per l’attuazione delle disposizioni agevolative concesse dalla legge finanziaria per il 2008 (articolo 1, comma 5, legge n. 244/2007).

La Relazione tecnica relativa alla legge finanziaria per il 2008 recava una stima del gettito ICI per le abitazioni principali pari a circa 2.665 milioni di euro; le modifiche normative introdotte dalla legge medesima hanno comportato una riduzione del gettito valutato pari a 904 milioni di euro. Pertanto, l’esenzione totale dall’imposta introdotta con il provvedimento in esame – fatta eccezione per gli immobilisignorili, le ville ed i castelli (categorie catastali A01, A08 ed A09 escluse dall’agevolazione, che secondo la Relazione tecnica danno un gettito ICI stimato pari a 61 milioni di euro) – comporta un ulteriore minor gettito ICI pari a 1.700 milioni di euro.

[33]    Il Fondo per interventi strutturali di politica economica è stato istituito dall’articolo 10, comma 5, del D.L. n. 282 del 2004 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 307/2004), al fine di agevolare il perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, anche mediante interventi volti alla riduzione della pressione fiscale.

[34]    http://www.infrastrutture.gov.it/page/NuovoSito/mop_all.php?p_id=04989.

[35]    Missione “infrastrutture pubbliche e logistica”, programma “Sistemi stradali e autostradali”, U.P.B. 1.7.6, cap. 7487.

[36]    Si ricorda che l’articolo 22-quater ha provveduto a modificare l’articolo 2, comma 489, della legge finanziaria per il 2008 (legge n. 244/2007), mentre il successivo articolo 47-quinquies ha aggiunto un periodo all’articolo 2, comma 488, della medesima legge n. 244.

[37]    Si ricorda che le voci del bilancio dello Stato per il 2008 sono state stato oggetto di un’ampia riclassificazione, sia per ciò che attiene gli stati di previsione della spesa, sia per quello dell’entrata. Secondo la nuova classificazione, operata in via amministrativa a legislazione vigente, le spese sono classificate in 34 missioni, a loro volta articolate in 168 programmi di spesa, all’interno di quali sono collocate le unità previsionali di base oggetto di voto parlamentare. Per un approfondimento della nuova struttura del bilancio si rinvia al dossier del Servizio Studi L’attività delle Commissioni nella XV legislatura n. 1/5, parte seconda.

[38]    Si ricorda che sono spese di natura obbligatoria quelle spese che, sebbene non quantificate direttamente dalle leggi, sono vincolate a particolari meccanismi o parametri. Questi ultimi possono essere determinati sia dalle leggi che da altri atti normativi. Le spese in annualità e a pagamento differito sono sostanzialmente oneri a carattere pluriennale.

[39]    Ci si riferisce, segnatamente, al generale divieto di “dequalificazione della spesa” di cui all’articolo 11-ter, comma 1, lettera d). della legge n. 468 del 1978.

[40]    Si ricorda, altresì, che ai sensi del successivo comma 23 dell’art.22 della medesima legge di bilancio 2008, i Ministri competenti, nell’ambito dei programmi concernenti i propri stati di previsione, sono stati inoltre autorizzati ad effettuare, con propri decreti da comunicare al Ministero dell’economia e delle finanze, anche con evidenze informatiche, eventuali variazioni compensative per la stessa categoria economica tra i capitoli di spese discrezionali relativi ai programmi medesimi, allocati nei diversi centri di responsabilità amministrativa. Tali variazioni non devono peraltro comportare alterazioni dei saldi di indebitamento netto e fabbisogno .

[41]    Si ricorda che a seguito della riclassificazione del bilancio per ogni Ministero esistono due programmi trasversali, dove vengono allocate le “spese indirette”, finalizzate a garantire l’ordinario funzionamento dell’Amministrazione (Programma “Servizi e affari generali per le amministrazioni di competenza”), ovvero a coprire le spese di "Indirizzo politico" derivanti da attività svolte dai Gabinetti dei Ministri, entrambi collegati alla missione "Servizi istituzionali e generali delle Amministrazioni pubbliche". Tra gli altri Programmi condivisi tra più Amministrazioni si segnala altresì il programma Fondi da assegnare, destinato all’allocazione di fondi non attribuibili ex ante ad un programma specifico, compreso nella Missione “Fondi da ripartire”.