Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento istituzioni
Titolo: Disposizioni in materia di riconoscimento dei figli naturali - A.C. 2519-B - Elementi per la valutazione degli aspetti di legittimità costituzionale
Riferimenti:
AC N. 2519-B/XVI     
Serie: Note per la I Commissione affari costituzionali    Numero: 449
Data: 06/11/2012
Descrittori:
RICONOSCIMENTO DI FIGLI NATURALI     
Organi della Camera: I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni

 

6 novembre 2012

 

n. 449

Disposizioni in materia di riconoscimento dei figli naturali

A.C. 2519-B

Elementi per la valutazione degli aspetti di legittimità costituzionale

 

Numero del progetto di legge

2519-B

Titolo

Modifiche al codice civile in materia di riconoscimento e di successione ereditaria dei figli naturali

Iniziativa

Parlamentare e governativa

Iter al Senato

Numero di articoli

6

Date:

 

adozione quale testo base

-

richiesta di parere

10 ottobre 2012

Commissione competente

II Giustizia

Sede e stato dell’iter

Sede referente – Concluso l’esame degli emendamenti

Iscrizione nel programma dell’Assemblea

Sì (19 novembre 2012)

 

 


Contenuto

Il provvedimento in esame (C. 2519 e abb.-B) è stato approvato dalla Camera il 30 giugno 2011 e dal Senato, con modificazioni, il 16 maggio 2012.

La proposta di legge, composta da 6 articoli, è diretta a modificare la disciplina civilistica della filiazione naturale, con l’obiettivo di eliminare dall’ordinamento le residue distinzioni tra status di figlio legittimo e status di figlio naturale.

 

L’articolo 1 novella numerose disposizioni del codice civile. In particolare:

§         interviene sulla disciplina della parentela, novellando l’art. 74 c.c., così da specificare che il vincolo sussiste tra le persone che discendono da un medesimo stipite, indipendentemente dal carattere legittimo o naturale della filiazione (comma 1); la novella è diretta a consentire la creazione di rapporti di parentela tra il figlio naturale e la famiglia del genitore. Con le medesime finalità, la disposizioni novella anche l’art. 258 c.c., affermando che il riconoscimento non si limita a produrre effetti per il genitore che l’ha effettuato, ma estende la propria efficacia anche sui parenti del genitore stesso (comma 4);

§         abbassa da 16 a 14 anni l’età a partire dalla quale il riconoscimento del figlio naturale non produce effetto senza il suo assenso e l’età al di sotto della quale il riconoscimento non può avere effetto senza il consenso dell'altro genitore che abbia già effettuato il riconoscimento;

§         novella l’art. 250 c.c. prevedendo una più compiuta disciplina processuale per i casi di rifiuto del consenso al riconoscimento da parte del genitore;

§         tempera il divieto di riconoscimento da parte dei genitori con meno di sedici anni di età con la possibilità che il giudice li autorizzi, valutate le circostanze e avuto riguardo all’interesse del figlio;

§         a seguito di una modifica approvata dal Senato, riformula l’art. 251 c.c., ampliando la possibilità di riconoscimento dei figli incestuosi. In base alla disposizione vigente: non è consentito il riconoscimento dei figli incestuosi, salvo il caso della inconsapevolezza dei genitori - al momento del concepimento - del legame parentale tra loro esistente; il riconoscimento è autorizzato dal giudice avuto riguardo all’interesse del figlio e alla necessità di evitare allo stesso qualsiasi pregiudizio. Il nuovo art. 251 prevede invece la possibilità del riconoscimento dei figli incestuosi, previa autorizzazione del giudice, avuto riguardo ai medesimi parametri. Il riconoscimento di un minore è autorizzato dal tribunale dei minorenni;

§         sempre a seguito di una modifica del Senato, riformula l’art. 276 c.c. in materia di legittimazione passiva alla domanda di dichiarazione giudiziale di paternità naturale. La disposizione regola il caso in cui, morto il genitore, siano venuti meno anche i suoi eredi, parimenti legittimati passivi rispetto alla domanda. In tale ipotesi, il figlio naturale può proporre l'azione nei confronti di un curatore nominato dal giudice davanti cui il giudizio deve essere promosso;

§         detta una nuova formulazione dell’art. 315 c.c. (Stato giuridico della filiazione) che, sulla base del principio ispiratore dell’intero provvedimento, prevede che “tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico”. Conseguentemente abroga le disposizioni sulla legittimazione dei figli naturali (sezione II del capo II del titolo VII del libro primo del codice civile) e prevede la sostituzione delle parole “figli legittimi” e “figli naturali”, ovunque ricorrano nel codice civile, con la parola “figli”;

§         introduce nel codice l’art. 315-bis, sui diritti e doveri del figlio.

Se il vigente art. 315 prevede solo i doveri del figlio verso i genitori (rispettare i genitori e contribuire, finché convivente, al mantenimento della famiglia in relazione al proprio reddito e alle proprie capacità), l’art. 315-bis stabilisce anche il diritto del figlio ad essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni; diritto di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti; di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano, se ha compiuto i 12 anni o anche in età inferiore, se capace di discernimento.

§         Introduce nel codice l’art. 448-bis, che esclude per i figli l'obbligo di prestare gli alimenti nei confronti del genitore decaduto dalla potestà e permette loro di escluderlo, salvo eccezioni, dalla successione.

 

L'articolo 2 - sempre allo scopo di eliminare ogni discriminazione tra i figli - conferisce una delega al Governo per la modifica delle disposizioni in materia di filiazione e di dichiarazione dello stato di adottabilità. Il termine di esercizio della delega è stabilito in 12 mesi dall'entrata in vigore dalla legge.

I numerosi princìpi e criteri direttivi dettati dal comma 1 per l’esercizio della delega prevedono, in particolare:

§         la sostituzione, in tutta la legislazione vigente, dei riferimenti ai figli legittimi e ai figli naturali con i riferimenti ai figli; viene però fatto salvo l’uso delle denominazioni di figli nati nel matrimonio o fuori del matrimonio, in relazione a disposizioni ad essi specificamente relative;

§         la ridefinizione della disciplina del possesso di stato e della prova della filiazione, prevedendo che la filiazione fuori del matrimonio possa essere giudizialmente accertata con ogni mezzo idoneo;

§         l'estensione della presunzione di paternità del marito rispetto ai figli comunque nati o concepiti durante il matrimonio e la ridefinizione della disciplina del disconoscimento di paternità nel rispetto dei principi costituzionali;

§         la modifica della disciplina del riconoscimento dei figli naturali con l'adeguamento al principio dell’unificazione dello stato di filiazione delle disposizioni sull'inserimento del figlio riconosciuto nella famiglia di uno dei genitori, demandando al giudice la valutazione di compatibilità con i diritti della famiglia legittima;

§         altro principio di delega concerne l'inammissibilità del riconoscimento in tutti i casi in cui il riconoscimento medesimo è in contrasto con lo stato di figlio riconosciuto o giudizialmente dichiarato;

§         l'abbassamento da 16 a 14 anni dell'età del figlio ai fini dell’azione di disconoscimento della paternità (art. 244 c.c.), dell'impugnazione del riconoscimento previa autorizzazione giudiziale e nomina di un curatore speciale (art. 264 c.c.) e ai fini del consenso all'azione per la dichiarazione di paternità o maternità esercitata dal genitore o dal tutore (art. 274 c.c.);

§         la limitazione dell'imprescrittibilità dell'azione di impugnazione del riconoscimento solo al figlio e l'introduzione di un termine di decadenza per l'esercizio dell'azione da parte degli altri legittimati;

§         la disciplina delle modalità di esercizio del diritto all'ascolto del minore che abbia adeguata capacità di discernimento;

§         l'adeguamento della disciplina delle successioni e delle donazioni al principio dell’unificazione dello stato di figlio. Tale principio è stato integrato al Senato con la previsione, anche in relazione ai giudizi pendenti, di una disciplina che assicuri la produzione degli effetti successori nei confronti dei parenti anche per gli aventi causa del figlio naturale premorto o deceduto nel corso del riconoscimento con conseguente estensione delle relative azioni petitorie per il riconoscimento del diritto all’eredità;

§         la specificazione della nozione di abbandono morale e materiale del figlio, con la segnalazione ai comuni da parte dei tribunali dei minori delle situazioni di indigenza di nuclei familiari che richiedano interventi di sostegno;

§         l’ultimo criterio di delega riguarda il diritto dei nonni ovvero la legittimazione degli ascendenti a far valere il diritto di mantenere rapporti significativi con i nipoti minori.

 

L’articolo 3, integralmente riformulato dal Senato, detta una nuova formulazione dell’art. 38 delle disposizioni di attuazione del codice civile. In particolare, la disposizione sottrae al tribunale per i minorenni (attribuendola al tribunale ordinario) la competenza sulle controversie relative all'esercizio della potestà e all'affidamento anche dei figli naturali.

Inoltre, riconosce al tribunale ordinario anziché al tribunale dei minorenni la competenza nelle seguenti materie: disciplina dell’amministrazione del fondo patrimoniale (art. 171); costituzione dell'usufrutto sui beni di un coniuge in relazione alle necessità della prole (art. 191, secondo comma); riconoscimento dei figli naturali (art. 250); affidamento del figlio naturale e suo inserimento nella famiglia legittima (art. 252); assunzione del cognome del minore (art. 262); autorizzazione all’impugnazione del riconoscimento del figlio naturale (art. 264); decisioni nell’interesse del figlio in caso di contrasto tra i genitori (art. 316), esercizio della potestà dei genitori (art. 317-bis); dichiarazione giudiziale di paternità o maternità (art. 269, primo comma). Con riferimento poi all'adozione da parte del giudice di provvedimenti in presenza di una condotta del genitore pregiudizievole per i figli (art. 333), viene confermata la competenza del tribunale per i minorenni, salvo che sia in corso un procedimento di separazione o divorzio o in materia di esercizio della potestà genitoriale, nel qual caso la competenza è attribuita al giudice ordinario.

Il comma 2 dell’art. 3 detta infine disposizioni in materia di adempimento dell’obbligo alimentare e di mantenimento dei figli: in particolare si prevedono obblighi di prestazione di garanzie personali o reali nonché il possibile sequestro dei beni del genitore obbligato. I provvedimenti giudiziali, ove definitivi, permettono l’iscrizione di ipoteca sui beni del debitore ai sensi dell’art. 2818 del codice civile.

 

L’articolo 4, modificato dal Senato, detta disposizioni transitorie e stabilisce che ai processi sull’affidamento e mantenimento dei figli, in corso alla data di entrata in vigore della legge, si applica la disciplina sul procedimento camerale di cui agli artt. 737 e ss. c.p.c. nonché quella in materia di garanzie sull’adempimento degli obblighi alimentari e di mantenimento di cui all’art. 3, comma 2, della proposta di legge.

 

L'articolo 5 demanda ad un regolamento governativo le necessarie e conseguenti modifiche alla disciplina dettata in materia di ordinamento dello stato civile dal regolamento di cui al D.P.R. 396 del 2000 e novella direttamente l'articolo 35 dello stesso regolamento, relativo al nome imposto al bambino.

 

L'articolo 6 reca infine la clausola di invarianza finanziaria.

Relazioni allegate

L’originaria proposta di legge, di iniziativa parlamentare, era corredata dalla sola relazione illustrativa.

Collegamento con lavori legislativi in corso

Si segnala che, in relazione al cognome del minore, la Commissione Giustizia ha avviato l’esame di numerose proposte di legge (A.C. 36 e abbinate) che individuano regole distinte per l’attribuzione del cognome ai figli naturali rispetto a quelli legittimi.

Il testo unificato adottato come testo base il 17 giugno 2009 prevede infatti che i figli assumano il cognome di entrambi i genitori. Al figlio legittimo è attribuito il doppio cognome secondo l’ordine concordemente deciso con dichiarazione resa allo stato civile (in mancanza di accordo, vale l’ordine alfabetico); il figlio naturale assume il cognome del genitore che per primo lo ha riconosciuto e, nel caso di riconoscimento contemporaneo, si applica la disciplina prevista per il figlio legittimo.

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

La proposta di legge costituisce esercizio della competenza legislativa esclusiva statale in materia di ordinamento civile e giurisdizione e norme processuali (art. 117, secondo comma, lett. l), Cost.).

Rispetto degli altri princìpi costituzionali

L’art. 2, comma 1, lett. d), richiama tra i principi di delega concernenti l’estensione della presunzione di paternità il “rispetto dei princìpi costituzionali”.

 

L’art. 30, primo comma, Cost. sancisce il diritto-dovere dei genitori di mantenere, istruire ed educare i figli, «anche se nati fuori del matrimonio». Il terzo comma del medesimo articolo dispone che attraverso la legge debba essere assicurata «ai figli nati fuori dal matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima». La Costituzione opera una piena equiparazione tra figli legittimi e figli naturali  per quanto riguarda l’assistenza da parte dei genitori (assicurata dal primo comma dell’art. 30) - e cioè relativamente al diritto dei figli, anche se nati fuori del matrimonio, ad essere mantenuti, istruiti ed educati.

 

La giurisprudenza della Corte costituzionale, inizialmente favorevole all’equiparazione, ma solo in assenza di famiglia legittima, sembra ormai privilegiare un’interpretazione del terzo comma dell’art. 30 che assicuri l’incondizionata applicazione del principio di eguaglianza e sostiene che le residue disparità di trattamento dei figli nati fuori del matrimonio possono trovare una giustificazione «unicamente nel tradizionale disfavore verso la prole naturale, che pervadeva ancora il nuovo codice civile» (sent. n. 250 del 2000).

Le uniche occasioni in cui la Corte costituzionale fa ancora applicazione della clausola di compatibilità sono quelle in cui essa nega rilevanza alla c.d. “parentela naturale”, affermando che l’equiparazione fra filiazione legittima e filiazione naturale richiesta dall’art. 30, terzo comma, Cost., riguarda solo il rapporto che si instaura tra il genitore e il figlio (cfr. sent. n. 363 del 1988, 184 del 1990, 377 del 1994, 532 del 2000).

 

Si ricorda che la Corte costituzionale ha rivolto al legislatore un preciso invito a rivedere la disciplina della successione del figlio naturale con la sentenza n. 377 del 1994.

Inoltre, con la sentenza 494/2002 la Corte ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 278, primo comma, c.c., nella parte in cui esclude la dichiarazione giudiziale della paternità e della maternità naturali e le relative indagini, nei casi in cui, a norma dell'art. 251, primo comma, del codice civile, il riconoscimento dei figli incestuosi è vietato. Tuttavia, per la Corte l'accoglimento della questione, e quindi dalla conseguente riconosciuta esperibilità dell'azione per la dichiarazione giudiziale della paternità e della maternità naturali nelle ipotesi previste dall'art. 251, primo comma, c.c., non coinvolge il parallelo divieto di riconoscimento nelle medesime ipotesi. Da ciò deriva, come conseguenza della decisione, che l'art. 279, primo comma, del codice civile, deve essere interpretato (secondo la sua formulazione letterale) nel senso che la paternità e la maternità naturali possono essere dichiarate nelle ipotesi in cui il riconoscimento è ammesso, ma non nel senso reciproco: cioè anche che il riconoscimento sia effettuabile in tutte le ipotesi in cui vi possa essere la dichiarazione giudiziale.

 

Attribuzione di poteri normativi

L'articolo 5, comma 1, demanda ad un regolamento governativo le modifiche consequenziali alla disciplina dettata in materia di ordinamento dello stato civile dal regolamento di cui al D.P.R. 396 del 2000.

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Servizio Studi – Dipartimenti Istituzioni e Giustizia

( 066760-9475 – *st_istituzioni@camera.it

I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

File: cost449-AC2519_B.doc