Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento istituzioni
Titolo: Delega al Governo in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova, pene detentive non carcerarie, nonché sospensione del procedimento nei confronti degli irreperibili
Riferimenti:
AC N. 5019-BIS/XVI     
Serie: Note per la I Commissione affari costituzionali    Numero: 446
Data: 18/10/2012
Descrittori:
DIRITTO PENALE   LEGGE DELEGA
PENE DETENTIVE     
Organi della Camera: I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni
II-Giustizia

 

18 ottobre 2012

 

n.446

Delega al Governo in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova, pene detentive non carcerarie, nonché sospensione del procedimento nei confronti degli irreperibili
(Testo risultante dallo stralcio dell'art. 2 del Ddl n. 5019, deliberato dall'Assemblea il 9 ottobre 2012)

A.C. 5019 bis

Elementi per la valutazione degli aspetti di legittimità costituzionale

Numero del progetto di legge

5019 bis

Iniziativa

Governativa

Iter al Senato

No

Numero di articoli

7

Date:

 

adozione quale testo base

9 ottobre 2012

richiesta di parere

16 ottobre 2012

Commissione competente

 

Sede e stato dell’iter

 

Iscrizione nel programma dell’Assemblea

 


Contenuto

Il Capo I del testo all’esame della commissione, comprendente il solo articolo 1,prevede una delega al Governo per l’introduzione delle pene detentive non carcerarie, presso l’abitazione, da esercitare sulla base dei seguenti principi e criteri direttivi (comma 1):

§      la detenzione domiciliare diventa la pena detentiva principale per i delitti puniti con la reclusione non superiore nel massimo a quattro anni; oltre all’abitazione, è domicilio ogni luogo pubblico o privato di cura e assistenza; la detenzione domiciliare - nella misura minima di 15 gg. e massima di 4 anni - può essere applicata anche per fasce orarie o giorni della settimana,

§      gli arresti domiciliari diventano la pena detentiva principale per tutte le contravvenzioni punite con la pena dell’arresto (indipendentemente, quindi, dall’entità) anche per fasce orarie o per giorni della settimana.

Per i delitti la misura minima della detenzione domiciliare è di 15 gg. e quella massima di 4 anni; una deroga all’applicabilità della misura riguarda il delitto di atti persecutori di cui all’art. 612-bis (cd. stalking).

Per le contravvenzioni, la misura minima della pena detentiva non carceraria è di 5 gg. e quella massima di 3 anni.

§      il giudice potrà prescrivere particolari modalità di controllo, esercitate attraverso mezzi elettronici o altri strumenti tecnici;

§      le misure detentive non carcerarie non potranno essere applicate ove risultino inidonee ad evitare il pericolo che il condannato commetta altri reati ovvero quando possano ledere le esigenza di tutela delle persone offese dal reato.

§      il giudice – nel corso dell’esecuzione della pena - potrà sostituire le indicate pene detentive non carcerarie con la reclusione o l'arresto, sia nel caso di indisponibilità di un'abitazione o altro domicilio idoneo ad assicurare la custodia del condannato sia per esigenze di tutela della persona offesa.

Il comma 2 dell’art. 1 disciplina il procedimento per l’esercizio della delega, il cui termine è fissato in dodici mesi, con la possibilità entro diciotto mesi dall’entrata in vigore dell'ultimo dei decreti legislativi, di adottare uno o più decreti legislativi correttivi e integrativi.

Il Capo II (artt. da 2 a 4-ter) introduce nell’ordinamento l’istituto della sospensione del procedimento con messa alla prova.

Scopo della nuova disciplina – ispirata alla nota probation di origine anglosassone – è quello di estendere il citato istituto, tipico del processo minorile, anche al processo penale per adulti in relazione a reati di minor gravità.

Si tratta, come nel processo minorile, di una probation giudiziale in cui, cioè, la messa alla prova non presuppone la pronuncia di una sentenza di condanna. Ciononostante, anche qui, pur in assenza di una espressa previsione, sembra evidente che presupposto per l’applicazione della misura sia il previo accertamento – pur provvisorio e sommario - della sussistenza del reato e della responsabilità dell’imputato. Diversamente dal d.d.l. iniziale - che prevedeva una delega al Governo - il testo adottato introduce direttamente l’istituto nei codici penale e di procedura penale

L’articolo 2 modifica il codice penale per introdurre specifiche disposizioni relative alla messa alla prova, sistematicamente inserita tra le cause estintive del reato. Sono, a tal fine, aggiunti al capo I del titolo IV del libro I del codice penale tre nuove disposizioni (artt. 168-bis, ter e quater).

Il nuovo art. 168-bis ancora, anzitutto, la sospensione del processo con messa alla prova alla richiesta dell’imputato. La messa alla prova, possibile solo in caso di reati puniti con pena pecuniaria ovvero con reclusione fino a 4 anni, sola, congiunta o alternativa a pena pecuniaria, consiste sia nel lavoro di pubblica utilità che in condotte riparatorie, volte all’eliminazione delle conseguenze dannose del reato (comma 1). Come accennato, nel processo minorile la messa alla prova è sempre ammessa, anche per reati puniti con l’ergastolo. La norma precisa che il lavoro di pubblica utilità nel processo ordinario consiste in una prestazione non retribuita in favore della collettività (di durata minima di 30 giorni, anche non continuativi) da svolgere presso lo Stato, enti locali territoriali (regione, province, comuni) od Onlus. Pur se l’impegno lavorativo giornaliero (fino ad un massimo di 8 ore) non deve pregiudicare le esigenze di studio, lavoro famiglia e salute dell’imputato, possono, dal giudice, essere imposte ulteriori prescrizioni di fare o  non fare (sempre modificabili dal giudice nel corso della prova) relative ai rapporti col servizio sociale o sanitario, all’eliminazione delle conseguenze del danno, a misure limitative delle libertà personali (di dimora, di movimento, di frequentare determinati locali) (commi 2 e 3) l comma 4 dell’art. 168-bis precisa che la sospensione del procedimento con messa alla prova non può essere concessa più di due volte (una sola volta in caso di reiterazione di un reato della stessa indole).

Nel processo minorile, si prevede un limite massimo di un anno di sospensione del processo ovvero di tre anni quando si procede per reati per i quali è prevista la pena dell'ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a dodici anni.

In ogni caso, la messa alla prova non può essere concessa al delinquente abituale o tale ritenuto dal giudice (art. 102 e 103 c.p.), al contravventore abituale (art. 104 c.p.), al delinquente o contravventore professionale (art. 105 c.p.), né a chi è dichiarato delinquente per tendenza (art. 108 c.p.) (comma 4-bis).

L’art. 168-ter,analogamente al processo minorile, prevede la sospensione del corso della prescrizione del reato durante il periodo di sospensione del processo con messa alla prova; dall’inapplicabilità del primo comma dell’art. 161 deriva che la sospensione della prescrizione non si estende ai concorrenti nel reato (comma 1). Al termine della messa alla prova, se il comportamento dell’imputato è valutato positivamente, il giudice dichiara l’estinzione del reato,restando comunque applicabili le eventuali sanzioni amministrative accessorie (comma 2).

L’art. 168-quater indica come motivo di revoca della messa alla prova la grave e reiterate trasgressione al programma di trattamento o alle prescrizioni imposte dal giudice.

L’articolo 3 del d.d.l. introduce, dopo il titolo V del Libro VI del codice di rito penale, un titolo V-bis (Della sospensione del procedimento con messa alla prova) che detta le disposizioni processuali dell’istituto (artt. da 464-bis ad art. 464-novies). Il nuovo art. 464-bis ribadisce (diversamente che nel processo minorile ove la messa alla prova è disposta dal giudice, sentite le parti) che la messa alla prova è richiesta dall’imputato (oralmente o in forma scritta) personalmente o a mezzo procuratore speciale; la richiesta può essere avanzata nei seguenti termini:

-          al termine della discussione in udienza preliminare o nell’ulteriore udienza fissata per l’integrazione delle indagini, fino alla formulazione delle conclusioni (art. 421 e 422);

-          fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento nel rito direttissimo e nel procedimento con citazione diretta a giudizio;

-          nel giudizio immediato, entro 15 gg. dalla notifica del relativo decreto;

-          nel procedimento per decreto, unitamente all’atto di opposizione.

In virtù del rinvio all’art. 583, comma 3, la sottoscrizione della richiesta dell’imputato va autenticata da un notaio, da altra persona autorizzata o dal difensore. Alla richiesta di messa alla prova va allegato un programma di trattamento che l’imputato elabora con gli uffici di esecuzione penale esterna (UEPE), i cui contenuti minimi sono individuati dall’art. 464-bis nelle modalità di coinvolgimento dell’imputato nel processo di reinserimento sociale (e se necessario, del suo nucleo familiare); nelle condotte che intendono promuovere la conciliazione con l’offeso dal reato; nelle prescrizioni che accompagnano il lavoro di pubblica utilità e gli impegni assunti dall’imputato per la riparazione e l’attenuazione del danno prodotto alla persona offesa (restituzione, risarcimenti, condotte riparatorie); nei reati ambientali e in quelli previsti dalla normativa sulla circolazione stradale e sugli infortuni sul lavoro, tali impegni sono condizione di ammissibilità della domanda di messa alla prova.

Elementi valutativi ai fini della concessione della messa alla prova possono essere acquisiti dal giudice, tramite la polizia giudiziaria, i servizi sociali o altri enti (contesto familiare e socio economico dell’imputato) e debbono essere comunicate tempestivamente al PM ed al difensore dell’imputato.

Il successivo art. 464-ter detta disposizioni relative alla richiesta di messa alla prova nel corso delle indagini preliminari. In tale fase, il pubblico ministero, informato dal GIP, deve esprimere entro 5 gg  il suo consenso (o meno) sulla richiesta dell’indagato. 

Se il PM è d’accordo sulla concessione deve esprimere per iscritto il consenso, formulando l’imputazione; in tal caso, il giudice decide con ordinanza sulla messa alla prova ai sensi dell’art. 464-quater (vedi ultra).

Non appare chiaro il significato della formulazione dell’imputazione da parte del PM (unitamente al consenso alla messa alla prova). Pur se la messa alla prova e la sottoposizione al lavoro di pubblica utilità è comunque una forma di pena e come tale sottintende una prognosi di colpevolezza dell’indagato, va ricordato che la formulazione dell’imputazione si accompagna nell’art. 405 c.p.p. all’esercizio dell’azione penale che il PM – se non chiede l’archiviazione - richiede a conclusione delle indagini preliminari.

Se invece il PM dissente dalla richiesta di sospensione con messa alla prova, deve enunciarne le ragioni; in tale ipotesi, l’indagato può avanzare una nuova richiesta entro il termine di apertura del dibattimento di primo grado ed il giudice, se la ritiene fondata, può provvedere disponendo la messa alla prova ai sensi dell’art. 464-quater.

Potrebbe essere opportuno che anche il dissenso del PM (anzi a maggior ragione) e le relative ragioni debbano risultare da atto scritto. Inoltre, sembra debba sostituirsi nel comma 4 dell’art. 464-ter il termine “imputato” con quello di “indagato”.Siamo, infatti, ancora nella fase delle indagini preliminari e solo dopo l’eventuale richiesta di rinvio a giudizio, come noto, la persona oggetto delle indagini assume la qualità di imputato.

L’art. 464-quater riguarda il provvedimento del giudice sulla richiesta di messa alla prova e gli effetti della pronuncia. Nella stessa udienza in cui è avanzata la richiesta da parte dell’imputato (o in apposita udienza camerale) - se non deve pronunciare sentenza di proscioglimento ex art 129 c.p.p. per mancanza di una causa di punibilità - il giudice,sentite le parti e la persona offesa decide con ordinanza. La concessione della messa alla prova da parte del giudice deriva della valutazione favorevole su due elementi: l’idoneità del programma di trattamento presentato; la previsione che l’imputato non commetterà altri reati. Il programma trattamentale presentato con la domanda - già contenente prescrizioni ed obblighi per l’imputato - può essere integrato dal giudice sia con ulteriori obblighi e misure, su cui è, tuttavia, necessario il consenso dell’imputato. Se l’istanza è rigettata può essere riproposta nel giudizio fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento. Avverso l’ordinanza è ammesso ricorso per cassazione da parte dell’imputato e del PM ma l’impugnazione non sospende il procedimento.

L’art. 464-quinquies precisa che l’ordinanza di sospensione del procedimento stabilisce i termini di adempimento delle prescrizioni e degli obblighi a carico dell’imputato (sempre modificabili); il giudice può anche autorizzare il pagamento rateale del risarcimento eventualmente dovuto alla persona offesa e con il suo consenso. L’ordinanza è trasmessa agli uffici di esecuzione penale esterna che prendono in carico l’imputato per la messa alla prova.

L’art. 464sexies prevede che il giudice, a richiesta di parte, durante la sospensione del procedimento, possa svolgere attività probatoria che possa condurre al proscioglimento dell’imputato.

L’art. 464-septies stabilisce che, acquisita la relazione finale degli uffici, il giudice, all’esito positivo della prova, dichiara estinto il reato con sentenza. Se, al contrario la prova ha esito negativo, adotta ordinanza di prosecuzione del procedimento.

L’art. 464-opties è relativo alla possibile revoca dell’ordinanza di messa alla prova, disposta d’ufficio dal giudice all’esito di apposita udienza. La revoca è ricorribile per cassazione per violazione di legge. Una volta definitiva l’ordinanza di revoca, il procedimento a carico dell’imputato riprende il suo corso.

L’art. 464-novies prevede che sia in caso di esito negativo della prova che di revoca della misura, questa non è più proponibile.

E’, inoltre, aggiunto alla lett. b) dell’art. 3 del testo in esame un nuovo art. 657-bis che, in caso di prova negativa o di una sua revoca, detrae dalla pena da eseguire il periodo di messa in prova: 3 gg. di prova sono equiparati a un giorno di reclusione-arresto ovvero a € 250 di multa-ammenda.

L’articolo 4 del provvedimento introduce nel D.Lgs 271/1989 le necessarie norme di attuazione relative al nuovo istituto della messa alla prova. Il nuovo art. 191-bis riguarda le attività di pertinenza degli uffici di esecuzione penale esterna: redazione del programma di trattamento a richiesta dell’imputato, trasmissione al giudice dello stesso, sorveglianza sulla messa alla prova, informazione al giudice sul suo andamento ed indicazione su prescrizioni ulteriori da applicare, proposta di abbreviazione o, in caso di gravi violazione, di revoca della messa alla prova.

L’articolo 4-bis novella l’art. 3 del TU sul casellario giudiziario (DPR 313/2002) aggiungendo tra i provvedimenti da iscrivere per estratto l’ordinanza che dispone la sospensione del procedimento con messa alla prova.

L’articolo 4-ter stabilisce, in relazione all’introduzione della messa alla prova, l’adeguamento (entro 90 gg.) della pianta organica degli uffici di esecuzione penale esterna.

Il capo III disciplina il procedimento nei confronti degli irreperibili.

Si ricorda che il diritto a presenziare al procedimento penale a proprio carico è consustanziale al diritto di difesa, presupposto indefettibile del giusto processo garantito dall’art. 111 della Costituzione e che la disciplina nazionale del processo in contumacia è stata fatta oggetto di frequenti censure da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo, che ha sottolineato come l’art. 6 della Convenzione affermi il diritto dell’imputato ad essere presente al proprio processo (cfr. Sejdovic c. Italia; Somogy c. Italia; Colozza c. Italia; Cat Berro c. Italia; Kollcaku c. Italia; Pititto c. Italia).

L’articolo 5 novella le disposizioni del codice di procedura penale in tema di udienza preliminare eliminando ogni riferimento alla contumacia e prevedendo che il giudice può procedere in assenza dall’imputato se questi (art. 420-bis c.p.p.):

§  ha espressamente rinunciato ad assistere all’udienza;

§  ha dichiarato o eletto domicilio ovvero è stato arrestato, fermato o sottoposto a misura cautelare ovvero ha nominato un difensore di fiducia, ha ricevuto personalmente la notificazione dell'avviso dell'udienza, ovvero risulta con certezza che lo stesso è a conoscenza del procedimento o si è volontariamente sottratto alla conoscenza del procedimento o di atti del medesimo.

Ferma la disciplina dell’impedimento a comparire (art. 420-ter c.p.p.), che non viene novellata, il disegno di legge sostituisce l’art. 420-quater, disciplinandovi la sospensione del processo per assenza dell’imputato (viene meno ogni riferimento alla contumacia). Se non ricorrono le ipotesi dell’art. 420-bis né quelle dell’art. 420-ter, a fronte dell’assenza dell’imputato il giudice rinvia l'udienza e dispone che l'avviso sia notificato all'imputato personalmente ad opera della polizia giudiziaria. Se questo non è possibile, e non sussistono cause di non punibilità da poter dichiarare immediatamente, il giudice dispone con ordinanza la sospensione del processo. La sospensione comporta la separazione del processo nei confronti dei coimputati (art. 18, co. 1, lett. b) mentre non si sospende l’eventuale processo civile per il risarcimento del danno. Durante la sospensione il giudice potrà acquisire, a richiesta di parte, le prove non rinviabili.

La novella dell’art. 420-quinquies è volta a disciplinare le nuove ricerche dell'imputato e la revoca della sospensione del processo. La disposizione prevede che trascorso un anno dall’ordinanza di sospensione del processo, e ad ogni successiva scadenza annuale, il giudice possa disporre nuove ricerche dell'imputato per la notifica dell'avviso. L’ordinanza di sospensione sarà revocata e sarà fissata una nuova udienza preliminare se le ricerche hanno avuto esito positivo ovvero se l’imputato ha dato ragioni per sostenere che abbia effettiva conoscenza del procedimento (es. ha nominato un difensore di fiducia).

L’articolo 6 novella le disposizioni del codice di procedura penale in tema di dibattimento eliminando ogni riferimento alla contumacia. L’intervento sull’art. 489 c.p.p. è volto a disciplinare l’ipotesi in cui l’imputato contro il quale si è proceduto in assenza nell'udienza preliminare intervenga in dibattimento e chieda di rendere dichiarazioni spontanee. Se l’imputato prova che l’assenza era dovuta ad una incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo, potrà ottenere una rimessione in termini per accedere al giudizio abbreviato o al patteggiamento.

L’articolo 7 interviene invece sulla disciplina delle impugnazioni ancora una volta per sopprimere ogni richiamo all’istituto della contumacia (artt. 585 e 603, co. 4) e per:

§                 prevedere che se si è proceduto in assenza dell’imputato in carenza dei presupposti previsti dal codice ovvero quando questi non aveva avuto incolpevolmente conoscenza della celebrazione del processo di primo grado, il giudice d’appello deve dichiarare la nullità della sentenza e disporre il rinvio degli atti al giudice di primo grado (art. 604 c.p.p.);

§                 prevedere che analogamente debba procedere la Corte di Cassazione (art. 623 c.p.p.);

§                 introdurre l’art. 625-ter, dedicato alla rescissione del giudicato. La disposizione prevede che il condannato con sentenza definitiva nei cui confronti si sia proceduto in assenza per tutta la durata del processo, può chiedere la rescissione del giudicato qualora provi che l'assenza è stata dovuta ad una incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo. Viene conseguentemente disciplinata la procedura da seguire. Si osserva che l’espressione rescissione è presente nel codice civile ma rappresenta una novità nel codice di procedura penale.

L’articolo 8 interviene sul codice penale prevedendo che la sospensione del processo a carico dell’irreperibile comporti una sospensione del corso della prescrizione. La durata della sospensione non può comportare l’aumento di più di un quarto del tempo necessario a prescrivere.

Si osserva che il nuovo quarto comma dell’art. 159 c.p. stabilisce un limite massimo di durata della sospensione della prescrizione rinviando ai termini massimi previsti dall’art. 161, secondo comma, c.p. Quest’ultimo,tuttavia, disciplina il massimo dell’aumento del tempo necessario a prescrivere in conseguenza dell’interruzione della prescrizione.

L’articolo 9 attribuisce il potere regolamentare ai Ministri della giustizia e dell’Interno affinché siano disciplinate, le modalità e i termini secondo i quali devono essere comunicati e gestiti i dati relativi all'ordinanza di sospensione del processo per assenza dell'imputato.

L’articolo 9-bis introduce l’art. 143-bis alle norme di attuazione al c.p.p. (D.Lgs 271/1989) che detta gli adempimenti conseguenti alla sospensione del processo per assenza dell’imputato. In particolare, sono indicati gli obblighi di trasmissione alla polizia giudiziaria degli atti introduttivi del giudizio in assenza dell’imputato, ai fini del loro inserimento nel CED del Ministero dell’interno.

Si segnala che il testo dell’art. 9-bis fa erroneamente riferimento all’art. 420-bis anziché all’art. 420-quater.

L’articolo 9-ter novella il Testo Unico sul casellario giudiziario aggiungendo, all’art. 3, tra i provvedimenti da iscrivere per estratto quelli di sospensione del processo per assenza dell’imputato; all’art. 5, tra le iscrizioni da eliminare, lo stesso provvedimento di sospensione, ove revocato. Anche in tal caso, il testo fa erroneamente riferimento all’art. 420-bis anziché all’art. 420-quater.

L’articolo 10reca la clausola di invarianza finanziaria.

Relazioni allegate

Il provvedimento all’esame della Commissione deriva dallo stralcio del disegno di legge del Governo AC 5019. Il testo originario del d.d.l. era corredato della relazione illustrativa, dell’analisi tecnico-normativa e dell’analisi di impatto della regolamentazione.

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

La disciplina del d.d.l. è riconducibile alla materia “giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale”, di esclusiva competenza statale ai sensi dell’art. 117, co. 2, lett. l).

Rispetto degli altri princìpi costituzionali

L’istituto della messa alla prova comporta l’applicazione di una sanzione a seguito di una prognosi di colpevolezza. Sull’istituto, già presente nel processo minorile dal 1988, la Corte costituzionale non ha mai avuto modo di pronunciarsi direttamente, pur avendo definito la messa alla prova come l’«innovazione più significativa e coraggiosa operata dal nuovo c.p.p.» (cfr. C. cost., n. 412 del 1990 e n. 125 del 1995).

La prestazione non retribuita del lavoro di pubblica utilità è già presente nell’ordinamento, ad esempio quale pena che può essere irrogata dal giudice di pace (art. 54 del d.lgs. 274/2000, sulla competenza penale del giudice di pace). In entrambi i casi, il requisito della richiesta dell’imputato per la messa alla prova con prestazione lavorativa non retribuita pare rendere conforme la disposizione all’art. 36 Cost. in base a cui ogni attività lavorativa deve essere retribuita. Si tratterebbe di una misura lato sensu sanzionatoria.

Attribuzione di poteri normativi

L’art. 9 demanda ad un regolamento ministeriale (giustizia e interno) la disciplina della gestione delle informazioni inerenti alla sospensione del procedimento a carico degli irreperibili.


 


 

Servizio Studi – Dipartimenti istituzioni e giustizia

( 066760-3855 – *st_istituzioni@camera.it

I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

File: cost446-AC5019bis.doc