Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Biblioteca - Ufficio Legislazione straniera
Titolo: Le società a partecipazione pubblica in Germania, Regno Unito e Spagna
Serie: Appunti    Numero: 12
Data: 07/04/2010
Descrittori:
PARTECIPAZIONI PUBBLICHE IN IMPRESE   STATI ESTERI

Camera dei deputati

XVI Legislatura

 

BIBLIOTECA – LEGISLAZIONE STRANIERA

 

A P P U N T I

 

Appunto 12/2010                                                                                  27 aprile 2010

Le società a partecipazione pubblica

in Germania, Regno Unito e Spagna

 

Germania

Alcune caratteristiche peculiari della costituzione economica tedesca rendono particolarmente complesso il tema delle società a partecipazione pubblica[1].

La struttura federale dell’ordinamento tedesco ha prodotto diversi livelli di intervento pubblico nell’economia e quindi diversi livelli di privatizzazione, con una particolare rilevanza dell’esperienza di livello comunale. Nella Costituzione mancano esplicite disposizioni in relazione al ruolo dello Stato nell’economia, sebbene per alcuni specifici settori siano presenti indicazioni di fondo più significative che per altri. Da ultimo, la riunificazione successiva alla caduta del muro di Berlino ha portato ad un processo di privatizzazione che, per scala e rilevanza, rappresenta un unicum nella storia del diritto pubblico dell’economia.

I poteri pubblici possono intervenire nel mercato in diversi modi e forme: una prima bipartizione generale distingue l’attività di controllo da quella di partecipazione (diretta ed indiretta) all’economia. In particolare, nel caso di intervento diretto nell’economia, lo Stato può intervenire con una propria amministrazione o con un’impresa in mano pubblica. In tal senso è opportuno distinguere tra öffentliches Unternehmen, öffentliche Anstalt (ente pubblico) e öffentliche Einrichtung (istituzione pubblica); quest’ultima tipologia è parte dell’amministrazione pubblica, ma non necessariamente è un’azienda o impresa a carattere economico.

La storia dell’intervento pubblico tedesco in economia ha le sue radici nel periodo del mercantilismo (ad esempio, le imprese del Reich prussiano di manifattura di porcellana e le birrerie) ed il suo apice nell’affermarsi dell’industrializzazione a fine Ottocento. La partecipazione dello Stato nell’economia si diversifica e si espande ulteriormente nel Novecento, grazie anche al pensiero socialista degli anni di Weimar, senza però che nel diritto positivo si abbiano riflessi se non parziali di tale evoluzione. Solo dopo la Seconda Guerra Mondiale si colgono i primi segnali di svolta nella politica dell’economia pubblica, con il progressivo abbandono dell’idea di uno Stato interventista e con le prime proposte volte ad attuare un profondo programma di privatizzazione. È il nuovo governo Kohl del 1982, con il famoso slogan “mehr Markt und weniger Staat” (più mercato e meno Stato), a recepire le indicazioni che fin dalla metà degli anni ’70 suggerivano la privatizzazione di molte delle imprese pubbliche come possibile soluzione allo stato di difficoltà del bilancio pubblico.

In Germania l’intervento pubblico in economia, oltre al caso rilevante dell’impresa comunale (Gemeinde), risulta particolarmente ampio, spaziando da prestazione di servizi pubblici ad attività puramente economiche non connotate da una specifica finalità pubblica. In tal senso la posizione dello Stato imprenditore si evidenzia quando questo interviene per motivi puramente economici (fiskaliche Verwaltung) piuttosto che per garantire un servizio pubblico essenziale (Daseinversorge). Talvolta, inoltre, lo Stato agisce in condizioni eccezionali, sottraendosi alle regole di concorrenza: è il caso dei monopoli pubblici, che possono essere di due tipi, a seconda che adempiano a compiti essenzialmente tributari (Finanzmonopolen) o a finalità pubbliche (Verwaltungsmonopolen).

Per quanto riguarda il Bund si possono segnalare, tra i vari esempi, le partecipazioni pubbliche al trasporto aereo e ferroviario, oltre che alla gestione di numerosi aeroporti; il caso della Posta spicca per la presenza dello Stato come azionista unico. A livello di Land, invece, l’intervento pubblico si è concentrato particolarmente in settori quali l’energia, l’edilizia, le assicurazioni e le lotterie. Infine le autorità municipali sono entrate nell’amministrazione dei rimanenti servizi pubblici. Comune ai tre livelli di intervento è la gestione degli istituti di credito.

Rispetto alla forma giuridica con cui lo Stato decide di prendere parte all’attività economica non sono previste particolari limitazioni. La regolamentazione pubblicistica è decisamente frequente nel caso di esercizio di compiti pubblici. In particolare sono disciplinate dal diritto pubblico le Aziende a gestione diretta (Regiebetrieb), le Aziende autonome o municipalizzate (Eigenbetrieb) e gli Enti con personalità giuridica (rechtsfähigen Anstalt), mentre ricadono nell’ambito del diritto privato le Società per azioni (AG) e le Società a responsabilità limitata (GmbH) in mano pubblica. Tali forme giuridiche pubbliche e private sono dunque svincolate dal tipo di attività imprenditoriale svolta dallo Stato, potendo la stessa consistere nell’adempimento di compiti pubblici piuttosto che nell’intervento puramente economico.

Per quanto riguarda l’inquadramento dell’impresa pubblica dal punto di vista giuridico, vista l’assenza di riferimenti costituzionali ma anche di leggi della Federazione o dei Länder in tema, l’unico approccio percorribile è quello dell’analisi delle leggi specifiche (come ad es. l’Energiewirtschaftsgesetz[2], che aveva come oggetto la regolamentazione di un’impresa pubblica fornitrice di energia) oppure, in alternativa, della normativa comunitaria di riferimento, in particolare la Direttiva 80/723/CEE del 25 giugno 1980[3], relativa alla trasparenza delle relazioni finanziarie fra gli Stati membri e le loro imprese pubbliche. Ai sensi di questa direttiva ci si trova di fronte ad un’impresa pubblica quando l’impresa, per l’assetto proprietario o di compartecipazione, per vincoli giuridici o di destinazione, è soggetta in maniera diretta o indiretta all’influsso dominante dei pubblici poteri.

Un ulteriore parametro per l’identificazione delle imprese pubbliche è offerto dalle sentenze della Corte costituzionale (Bundesverfassungsgericht), in merito alla ricevibilità dei ricorsi diretti proposti da imprese a capitale misto (gemischtwirtschaftlichen Unternehmen). Il giudice di Karlsruhe ha risposto considerando non la forma dell’organizzazione e la natura giuridica dell’attività svolta, bensì, in primis, il tipo di servizio prestato, deducendo così dal carattere di quest’ultimo la natura pubblica o privata dell’impresa, e conseguentemente l’ammissibilità del ricorso diretto. Più di recente la giurisprudenza costituzionale si è evoluta, con la pronuncia riguardo alla SPA elettrica della quale era azionista maggioritaria la città di Amburgo: quest’ultima è stata ammessa al ricorso non tanto in virtù del servizio fornito, quanto per la possibilità di “influenza decisiva” di cui il proprietario pubblico godeva.

La politica di privatizzazione delle imprese pubbliche è diventata prioritaria a partire dalla fine degli anni ’70. Nel periodo dei governi Kohl, (1982-1995), lo Stato ha ridotto considerevolmente le partecipazioni dirette e indirette, con un ritiro quasi completo dal settore industriale bancario. A fianco delle privatizzazioni più importanti (ferrovie, poste, controllo del traffico aereo, uffici di collocamento) si sono avviati anche processi di privatizzazione “minori” che hanno portato ad un calo delle partecipazioni (dirette ed indirette) dello Stato ad attività imprenditoriali di circa il 60%.

La fase più recente delle privatizzazioni si lega ad un mutamento indotto della politica economica, legato alla ratifica del Trattato di Maastricht, al fine di soddisfare i criteri di convergenza per l’unione economica e monetaria. Tra le numerose misure disposte dal Governo tedesco, si ricordano in particolare il collocamento in borsa della prima tranche della Deutsche Telekom, la vendita anticipata della quota delle azioni della Lufthansa, la vendita del 75% di Postbank e la dismissione di proprietà delle Ferrovie, contemporaneamente alla privatizzazione di grossi consorzi industriali (Industrieverwaltungsgesellschaft, Deutsche Pfandbrief, Hypothekenbank, Berliner Industriebank). Questa fase, inoltre, ha visto gli effetti del processo di riunificazione tedesca. La trasformazione della gestione economica pubblica dei cinque nuovi Länder della Germania dell’Est, nel senso di un ampio e profondo trasferimento di proprietà e amministrazione dal pubblico al privato, si è spinta a tal punto da vedere un coinvolgimento dei privati maggiore di quanto non sia avvenuto negli undici Länder originari. L’influsso dei nuovi Länder è stato duplice: da una parte si sono sperimentati nuovi modelli di privatizzazione che sono serviti da impulso per l’intera Germania, dall’altra si è avuta una pesante ricaduta sulla situazione finanziaria dei Länder occidentali, che hanno reagito forzando ulteriormente il loro stesso processo di privatizzazione per sostenere il costo della riunificazione.

Prima di analizzare le tipologie di privatizzazioni delineate dalla dottrina è opportuno fare un cenno ai limiti alla privatizzazione. Dal punto di vista costituzionale, la posizione “neutrale” della Legge Fondamentale nel campo dei pubblici servizi, già richiamata in precedenza, comporta l’assenza di limiti per le privatizzazioni (Privatisierungsoffenheit). La Costituzione contiene nondimeno alcuni principi che limitano l’attività di privatizzazione. L’art. 33, comma 4, prevede che l’esercizio delle competenze statali debba essere normalmente affidato, come compito permanente, agli appartenenti al pubblico impiego (riserva di funzione). Questo articolo, secondo la dottrina, si applica ai “compiti inderogabili dello Stato”, quali giustizia, polizia, difesa, finanza e tasse, che di conseguenza non possono essere privatizzati. Tuttavia i confini di tali settori sono decisamente contestati, come dimostrano i primi passi nella privatizzazione di alcune funzioni di pubblica sicurezza, in particolare nell’amministrazione penitenziaria. Un ulteriore limite alle privatizzazioni riguarda l’aspetto finanziario dell’operazione, in obbedienza al principio di economicità, che comporta un’analisi del rapporto costo-utilità per verificare la convenienza del passaggio di un’attività dal settore pubblico a quello privato, compresi i fattori che finiscono per incidere sulla valutazione complessiva dell’operazione, come ad esempio le ricadute sui rapporti di lavoro.

L’analisi di cosa possa essere oggetto di privatizzazioni rappresenta uno dei punti cruciali del problema: se per le attività strettamente economiche la risposta si traduce in una mera opzione politica, la questione è più complessa per le attività che vengono ritenute pubbliche per natura. Ed è proprio la definizione pubblicistica o privatistica di un compito che permette di definire il processo come una Übertragung (un trasferimento di un servizio dal pubblico al privato) o di una Rückgabe (la “restituzione” al corrispettivo settore di servizio di un’attività definita dal legislatore come privata, ma soggetta temporaneamente al regime pubblicistico). La stessa espressione “servizi pubblici”, a livello formale, non è presente nel lessico giuridico tedesco, tanto che per tradurre le prime direttive comunitarie sull’argomento è stata coniata una nuova espressione, öffentliche Dienstleistungspflichen.

Una prima tipologia di privatizzazioni rilevata dalla dottrina è quella della privatizzazione formale (formelle, Organisationsprivatisierung): al privato passa la sola struttura organizzativa, ma non muta né il proprietario, né la natura del servizio fornito (come è accaduto nei casi di trasformazione di un’impresa pubblica in società per azioni o in SRL).

Questa forma di privatizzazione presenta dei chiari vantaggi, dato che rende possibile sfruttare la maggiore agilità del diritto privato (ad esempio, nelle norme di diritto del lavoro o nella possibilità di finanziamenti esterni), pur mantenendo le garanzie proprie del servizio pubblico. È il caso, ad esempio, del controllo del traffico aereo, attualmente gestito da una SRL (Deutsche Flugsicherung GmbH).

Di solito si fa rientrare nella privatizzazione formale anche la unechte Privatisierung, in cui la responsabilità di fornire servizi essenziali rimane comunque in capo al soggetto pubblico, anche se l’organizzazione e la proprietà cambiano. Ad esempio, nel caso delle ferrovie tedesche, ai sensi della modifica dell’art 87e, comma 3, della Costituzione, si è stabilto che le ferrovie siano gestite come imprese di diritto privato, mantenendo l’obbligo di proprietà della Federazione solo per la costruzione e la manutenzione della rete ferroviaria. Alla Federazione rimane anche la responsabilità per la prestazione del servizio ferroviario (Eisenbahngewährleistungsverantwortung), clausola che impedisce di procedere ad una privatizzazione reale del settore.

Sul versante opposto si situa la privatizzazione sostanziale(echte, materielle o Aufgabenprivatisierung), che comporta la modificazione non solo del soggetto ma anche della prestazione, che dovrà essere così essere erogata in un regime di mercato: è il tipo di privatizzazione che si accompagna di norma alla liberalizzazione del settore.

Tra queste due tipologie si pongono numerose variantidella cosiddetta privatizzazione funzionale, nelle quali il controllo del servizio rimane pubblico, ma questo vieneeseguito tramite imprese private. In tale categoria ricadono quelle esperienze caratteristiche di fasi intermedie di passaggio dal pubblico al privato, come ad esempio, in ambito comunale, la tutela dell’ordine interno e l’esecuzione della pena. In quest’ultima tipologia si può far rientrare anche il finanziamento privato di attività pubbliche, una variante particolarmente utilizzata nel processo di riunificazione con l’ex Germania est.

Queste tre grandi categorie valgono anche nel caso di privatizzazione parziale (Teilprivatisierung), una forma scelta piuttosto frequentemente in Germania fin dalle storiche privatizzazioni del 1957 (Preussag, Vea e Volkswagen).

L’evoluzione delle diverse forme di privatizzazione ha portato all’emergere di numerose soluzioni ibride, facendo emergere i vantaggi della privatizzazione funzionale, che lascia, come detto, al soggetto pubblico la responsabilità finale dello svolgimento del servizio. A partire dagli anni Ottanta, in particolare, si sono moltiplicate le Public Private Partnership (PPP), forme di cooperazione tra pubblico e privato, che non rientrano propriamente in nessuna delle tipologie sopra delineate, ma che si avvicinano comunque, per le finalità e gli strumenti organizzativi utilizzati, al modello di privatizzazione funzionale. Tra le PPP va ricordata l’iniziativa Germania 21 (Initiative D21)[4], che, a partire dalla fine degli anni ’90, ha riunito oltre 200 partecipanti con l’obiettivo di creare le premesse per l’affermarsi della società dell’informazione. Tale iniziativa, la più grande nel suo genere in Europa, raccoglie soggetti pubblici e privati di vari settori di attività, dalla tecnologia alla sanità, dall’educazione alla finanza, e promuove attività e progetti in quattro aree fondamentali (e-government; sanità; competitività e sviluppo; istruzione ed eguaglianza di opportunità), con partnership articolate anche a livello regionale, che intervengono tramite sponsorizzazioni di attività educative.

 

 

Regno Unito

Secondo la definizione generale fornita dall’Office for National Statistics (ONS), nel Regno Unito sono designati come public corporations gli enti a partecipazione pubblica, i cui ricavi provengano in misura significativa da attività svolte sul mercato. Istituiti per l’attuazione di finalità pubbliche – non soltanto di natura economica – e muniti di autonoma personalità giuridica, tali enti sono separati dalla pubblica amministrazione e dotati di indipendenza funzionale e di autonomia finanziaria (fondata, ad esempio, sulle tariffe da essi applicate a fronte della prestazione di determinati beni e servizi).

La nozione così intesa di public corporation deriva dalla normativa sulla contabilità di Stato e dalle relative classificazioni (National Accounts Classification). In base a tali criteri, ad esempio, la società esercente la rete ferroviaria nazionale, Network Rail, ha rivestito lo status di public corporation fino al 31 marzo 2003, per divenire successivamente una società di diritto privato; per contro, talune strutture del Servizio Sanitario Nazionale sono state ascritte, dal luglio del 2003, ai capitoli del bilancio dell’amministrazione centrale dopo essere state inizialmente costituite come public corporations. Non mancano tuttavia eccezioni, che hanno fonte nella legislazione di settore: il British Energy Group, ad esempio, è classificato come public corporation in ragione dei controlli pubblici ai quali è sottoposto, sebbene la compagine azionaria sia interamente formata da operatori del settore privato.

Un’ulteriore distinzione, nel novero delle public corporations, riguarda gli enti che traggono principalmente le loro risorse non dall’esercizio di funzioni tariffarie e di regolazione, bensì dalla prestazione di beni o servizi sul mercato: designati come Self-financing public corporations (SFPC), essi si connotano per la maggiore flessibilità della gestione finanziaria. In altri casi, qualora particolari attività ricadenti nella competenza di un dipartimento governativo siano produttive di entrate finanziarie eccedenti i costi, le relative risorse possono essere attribuite ad un trading fund appositamente istituito e contabilizzate nel relativo bilancio, senza obbligo di conferirle al Tesoro come redditi dello Stato (in base al Government Trading Fund Act 1973, come modificato nel 1990).

La fonte istitutiva delle public corporations è solitamente la legge, talora affiancata da protocolli di intesa (memorandum of understanding) o da determinazioni dello stesso dipartimento governativo che se ne riserva il controllo. Essa provvede a stabilire le modalità di nomina del presidente e dei membri del consiglio di amministrazione della corporation, in conformità alle regole di generale applicazione in materia di nomine pubbliche (public appointments); ad autorizzare le principali operazioni dell’impresa; ad imporre i vincoli di carattere economico e finanziario. Ferma restando l’autonomia decisionale degli amministratori nei limiti dei compiti statutari, la responsabilità per la politica di indirizzo generale è attribuita al Ministro competente oppure – in ambito locale – agli enti territoriali.

Il controllo pubblico sulle public corporations si esplica sotto diversi profili: la definizione degli obiettivi strategici, che ha luogo con il concorso del soggetto pubblico a ciò preposto, il quale stabilisce, inoltre, le forme e le procedure di controlli di bilancio; l’individuazione, in base a piani triennali, degli obiettivi finanziari e dei risultati (riferiti ai costi o, a seconda dei casi, a parametri concernenti i servizi prestati); i criteri di tariffazione, normalmente stabiliti dal Dipartimento governativo o dalla pubblica autorità competente di concerto con il Tesoro, in modo da assicurare la stabilità finanziaria della corporation senza determinare rialzi dei prezzi o distorsioni dei mercati in cui essa opera; infine, la vigilanza sull’operato di tali enti, esercitata dalle autorità pubbliche nell’interesse dei contribuenti e degli utenti dei servizi.

L’assetto giuridico delle società a partecipazione pubblica è riconducibile a quattro principali modelli societari, i quali, benché integrati in un quadro unitario nella prospettiva del controllo pubblico (Government Owned Business Framework), presentano caratteristiche tipologiche differenziate e bilanciano in diverso modo le esigenze della libertà commerciale con quelle della responsabilità pubblica. Tali società possono infatti conformarsi al modello di diritto comune disciplinato dal Companies Act (da ultimo modificato nel 2006), in applicazione del quale il regime delle public corporations non si differenzia da quello delle società di diritto privato (si parla, in tal caso, di Companies Act Companies, ossia di società in cui la proprietà pubblica può essere riferita all’intero o ad una quota); oppure trovare nella stessa legge istitutiva la loro disciplina, che replica le regole di diritto comune con gli adattamenti del caso (Statutory Corporations). Le public corporations possono altrimenti costituirsi nella forma di partenariato societario con limitazione di responsabilità, nota come Limited Liability Partnership (LLP, disciplinata dal Limited Liability Partnership Act del 2000), od assumere la veste del già menzionato Trading Fund.

Un centro unitario di imputazione dei compiti di vigilanza sull’efficiente tutela dell’interesse pubblico nelle società partecipate è da individuare nello Shareholder Executive. Istituito nel 2003 in seno al Cabinet Office, e poi insediato presso il Dipartimento per le attività produttive (ora Department for Business, Innovation and Skills), quest’organismo assiste, con compiti gestionali e consultivi, i 12 dipartimenti governativi ai quali è attualmente attribuita la titolarità di partecipazioni azionarie in 29 imprese, i cui proventi concorrono a formare, secondo dati recenti, l’1,8 % del PIL del Regno Unito. Le partecipazioni pubbliche nelle imprese bancarie sono invece, dal 2008, di competenza di uno specifico organismo, lo UK Financial Investment Limited.

 

 

Spagna

In Spagna il fenomeno dell’impresa pubblica[5] ha conosciuto un periodo di forte impulso durante la dittatura di Primo de Rivera (1923-1930) e quindi con il regime franchista: nel 1941 viene creato l’Instituto Nacional de Industria de España (INI), sul modello dell’IRI italiano, con il compito di “promuovere e finanziare, al servizio della Nazione, la creazione e la rinascita delle nostre industrie, specialmente di quelle che si propongono come fine principale la soluzione dei problemi imposti dall’esigenza di difesa del paese o che si rivolgono allo sviluppo della nostra autarchia economica” (art. 1 della legge 25 settembre 1941). L’INI operò come gruppo finanziario e industriale, da cui dipendevano moltissime imprese nei più diversi settori (cd. “empresas nacionales”), tra le quali l’Instituto Nacional de Hidrocarburos (INH), l’Empresa Nacional de Electricidad S.A. (Endesa) e l’Empresa Nacional Siderúrgica S.A. (Ensidesa).

A partire dal Piano di stabilizzazione del 1959, l’economia spagnola si apre maggiormente al mercato, per cui l’impresa pubblica assume una funzione sussidiaria rispetto a quella privata. Negli anni ’70 il settore dell’impresa pubblica conosce una fase di razionalizzazione, fondata sullo sviluppo del carattere economico ed imprenditoriale delle imprese pubbliche, che continua durante le fase della transizione dal franchismo alla democrazia. La Costituzione del 1978 riconosce, all’art. 38.1, “la libertà d’impresa nel quadro dell’economia di mercato”, e all’art. 128.2, “la pubblica iniziativa nell’attività economica. Mediante legge potranno riservarsi al settore pubblico risorse e servizi essenziali, con particolare riferimento al caso di monopolio, e così pure decidere l’intervento imprenditoriale quando lo esiga l’interesse generale”.

A partire dagli anni ’80, molte imprese pubbliche vengono privatizzate[6]. Nel 1985 inizia il processo di privatizzazione dell’INI, anche a causa delle perdite accumulate negli anni precedenti. Mediante la Ley 21/1986, de 23 de diciembre, de Presupuestos Generales del Estado[7] para 1987, che modifica l’art. 6 della legge istitutiva dell’INI del 1941, si prevede che l’acquisto o la vendita di azioni e la concessione di prestiti a medio o lungo termine, quando superino l’importo di 500 milioni di pesetas, necessitino dell’autorizzazione del Governo. Gli atti di acquisizione o perdita della posizione maggioritaria dell’INI nelle società nelle quali questa aveva una partecipazione, dovevano essere concordati con il Consiglio dei ministri. Pur mantenendo un controllo di tipo politico, negli anni successivi diventa così possibile per lo Stato liquidare le partecipazioni che non ha interesse a mantenere.

Nel 1992 l’INI costituisce una società anonima, TENEO, a cui apporta tutte le azioni del capitale delle imprese partecipate. Successivamente la Sociedad Estatal de Participaciones Industriales (SEPI)[8], ente di diritto pubblico sottoposto al controllo del Ministero dell’economia e delle finanze, creato nel 1995, sostituisce l’INI[9], con il compito di amministrare le imprese e le società a partecipazione pubblica. A partire dal 1996 si intensifica il processo delle privatizzazioni, portato avanti dal Governo Aznar (1996-2004): con l’approvazione dell’Accordo del Consiglio dei Ministri del 28 giugno 1996[10] vengono poste le basi per l’avvio del processo di modernizzazione delle imprese pubbliche e delle imprese a partecipazione statale in Spagna. Tale processo si conclude nel 2001, allorquando in sostanza il programma di privatizzazioni delle imprese pubbliche nazionali risulta completato.

Nell’ordinamento spagnolo, la nozione di impresa pubblica non è univoca, potendo comprendere sia gli enti pubblici imprenditoriali che svolgono la loro attività in regime di diritto privato[11] e le società mercantili con partecipazione maggioritaria della pubblica amministrazione (imprese pubbliche in senso stretto), sia le società mercantili con partecipazione pubblica minoritaria (imprese pubbliche in senso improprio). La privatizzazione ha pertanto caratteristiche diverse nei due casi: si ha una privatizzazione formale allorquando, pur passando da un regime pubblicistico ad uno privatistico, la titolarità dell’attività rimane in capo a soggetti pubblici, mentre si ha una privatizzazione sostanziale quando tale titolarità passa da soggetti pubblici a soggetti privati. A sua volta, la privatizzazione sostanziale può assumere diverse modalità:

1) privatizzazione di compiti o di attività;

2) privatizzazione della gestione dei servizi pubblici;

3) privatizzazione del patrimonio;

4) privatizzazione delle fonti di finanziamento.

La privatizzazione sostanziale può poi configurarsi come una privatizzazione totale, nel caso in cui l’intero capitale sociale passi a soggetti privati, o parziale, se l’alienazione riguarda solo una parte del capitale sociale.

Lo strumento fondamentale adottato dalla Spagna in questo contesto è quello della privatizzazione parziale, scelta che ha consentito comunque di garantire la continuità imprenditoriale dell’impresa. Nel 1995 è stata poi approvata un’apposita legge che ha permesso un controllo delle imprese che svolgevano attività di interesse pubblico, senza che i pubblici poteri conservassero quote di capitale. Si tratta della Ley 5/1995, de 23 de marzo, de Régimen jurídico de enajenación de Participaciones Públicas en determinadas empresas[12], che ha inteso preservare l’integrità delle imprese pubbliche, favorendo al contempo le privatizzazioni, mediante una procedura di autorizzazione amministrativa preventiva.

Attualmente la SEPI[13] partecipa in forma diretta e maggioritaria a 21 imprese, che formano il “Gruppo SEPI”, tra cui l’Agenzia EFE (comunicazioni), gli Astilleros Españoles (costruzioni navali) ed altre imprese in diversi settori[14]. Essa detiene inoltre partecipazioni minoritarie in altre imprese, tra cui Corporacion RTVE, che gestisce il settore pubblico radiotelevisivo, e la compagnia Iberia[15]. Da essa dipende direttamente l’Ente RTVE (comunicazioni), peraltro in stato di liquidazione[16].

La SEPI partecipa anche a due fondazioni: la Fundación Laboral, che gestisce programmi di carattere sociale e formativo, e la Fundación SEPI, che realizza, tra l’altro, studi e pubblicazioni di carattere economico e gestisce programmi di borse di studio.

Pur essendo un ente di diritto pubblico, le attività della SEPI si conformano all’ordinamento giuridico privato, salvo per quanto concerne le materie in cui è applicabile la legge generale sul bilancio (Ley General Presupuestaria). Nel disegno originario del 1995, il legislatore aveva introdotto il principio dell’unità di titolarità e di gestione, affidata ad un azionista unico al quale era vietata la possibilità di ricorrere al bilancio statale e che era quindi chiamato ad agire come un investitore privato. Tuttavia, con la Ley 20/2006, de 5 de junio, de modificación de la Ley 5/1996, de 10 de enero, de creación de determinadas entidades de derecho público[17], la SEPI e le società da essa partecipate in forma maggioritaria possono ricevere contributi a carico del bilancio generale statale (Presupuestos Generales del Estado), così come raccogliere fondi nei mercati nazionali o stranieri, mediante l’emissione e la collocazione di valori a rendita fissa, che possono così godere della garanzia dello Stato nei confronti di terzi.

Le modifiche introdotte dalla legge 20/2006 hanno sostanzialmente mutato il regime finanziario della SEPI e delle imprese partecipate, al fine di adeguarlo, nel rispetto del diritto comunitario, ad una nuova fase imprenditoriale: risultava infatti difficile mantenere il principio dell’autonomia di bilancio di cui esse godevano, una volta completate le privatizzazioni del quinquennio 1996-2001.

La SEPI e il suo Gruppo sono sottoposti ad una serie di controlli:

·        controllo economico-finanziario, mediante gli interventi dell’amministrazione generale dello Stato e della Corte dei conti (Tribunal de Cuentas);

·        controllo in materia di rapporti di lavoro, attraverso l’intervento della Commissione di monitoraggio della negoziazione collettiva e della Commissione interministeriale sulle retribuzioni;

·        controlli specifici per le privatizzazioni, mediante il Consiglio consultivo sulle privatizzazioni[18], l’amministrazione generale dello Stato e la Corte dei conti;

·        controllo parlamentare, mediante audizioni presso il Congresso dei deputati e il Senato;

·        controllo da parte dell’Unione europea, attraverso gli organi comunitari competenti.

Il versante delle imprese a partecipazione statale è affidato in Spagna, in aggiunta alla SEPI, alla società Grupo Patrimonio[19], che è responsabile del settore non industriale e che dipende dalla Direzione generale del Patrimonio dello Stato del Ministero dell’economia e delle finanze. Il Grupo Patrimonio comprende essenzialmente un insieme eterogeneo di imprese pubbliche del settore non industriale, che operano come strumenti flessibili nell’esecuzione delle politiche pubbliche. Si tratta di società operanti, tra gli altri, nei settori dei servizi, degli investimenti e delle attività culturali.

Nel marzo 2010, il Presidente del Governo Zapatero ha annunciato, in una sede ufficiale, la presentazione di un piano di riduzione delle strutture e delle imprese pubbliche dell’amministrazione generale dello Stato[20]; in precedenza il Ministro dell’economia e delle finanze Elena Salgado Méndez aveva annunciato una riduzione del numero delle imprese pubbliche[21].

 

 

 

 

 

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[1]L’appunto sintetizza Stefania Ninatti, Le privatizzazioni in Germania, in Rodio R. G. (a cura di), Le privatizzazioni in Europa, vol. XXXIV di Giuseppe Santaniello (cur.), Trattato di Diritto Amministrativo, CEDAM, 2003, p. 17-179. Cfr anche Peter Erdmeier, Die Privatisierung von Unternehmensbeteiligungen des Landes Berlin seit der Wiedervereinigung. Ausdruck wirtschaftspolitischer Neubesinnung oder finanzpolitischen Zwangs?, in particolare il capitolo 3, p. 108-149, tesi discussa nel 1998 presso la Freie Universität Berlin, disponibile su http://www.diss.fu-berlin.de/diss/receive/FUDISS_thesis_000000000348 e Germania, inValeria de Magistris (a cura di), La Public Governance in Europa, Quaderni Formez n. 30, aprile 2005, Vol. 4, (in particolare Cap. 3, La governance esterna, p. 85-137), disponibile su http://biblioteca.formez.it/webif/media/Germania.pdf.

 

 

[2] Il testo della legge, riformata nel 2005, è disponibile al seguente link: http://www.bmwi.de/BMWi/Navigation/Service/gesetze,did=22154.html.

[3] Il testo della direttiva è disponibile al seguente link: http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:31980L0723:IT:HTML.

[4] http://www.initiatived21.de/

[5] Per un approfondimento sulla storia dell’impresa pubblica spagnola, è possibile consultare: Luis Gámir Casares,El proceso de transformación de la empresa pública”, 2003, disponibile al seguente link: http://www.revistasice.com/cmsrevistasICE/pdfs/ICE_811_221-234__486A8C36CDC43C4E82C19202BF86B853.pdf, e, dello stesso autore, “La empresa pública en España: pasado, presente y futuro”, 2005, rinvenibile al seguente link: http://www.revistasice.com/cmsrevistasICE/pdfs/ICE_826_135-153__468996F4FAFB8C6FBECA39BC0B16326B.pdf.

[6] Sulle privatizzazioni in Spagna, si veda Anna Maria Nico, “Le privatizzazioni in Spagna”, in Rodio R. G. (a cura di), Le privatizzazioni in Europa, in Trattato di diritto amministrativo, diretto da G. Santaniello, Cedam, Padova, 2003, pp. 395-523, in particolare pp. 479-502. Si veda altresì Spagna, inValeria de Magistris (a cura di), La Public Governance in Europa, Quaderni Formez n. 30, aprile 2005, vol. 4, (in particolare cap. 3, La governance esterna, pp. 85-107), disponibile al seguente link: http://biblioteca.formez.it/webif/media/spagna.pdf.

[7] Bilancio di previsione dello Stato.

[8] La SEPI fu istituita con il Real Decreto-Ley 5/1995 de 16 de junio, de creación de determinadas entidades de derecho público, poi convalidato mediante la Ley 5/1996, de 10 de enero, de Creación de determinadas Entidades de Derecho Público (http://noticias.juridicas.com/base_datos/Admin/l5-1996.html). Si vedano in particolare gli artt. 10-16 della legge: http://noticias.juridicas.com/base_datos/Admin/l5-1996.t3.html#a10.

[9] L’INI è stato soppresso, insieme all’Instituto Nacional de Hidrocarburos, dall’art. 1 della Ley 5/1996, de 10 de enero, de Creación de determinadas Entidades de Derecho Público.

[10] Acuerdo del Consejo de Ministros de 28 de junio de 1996: http://www.meh.es/Documentacion/Publico/NormativaDoctrina/Sociedad%20Estatal%20Participaciones%20Industriales/Plandemodernizacion.pdf.

[11] Gli enti pubblici imprenditoriali (entidades públicas empresariales) sono disciplinati dal capitolo III del titolo III della Ley 6/1997, de 14 de abril, de Organización y Funcionamiento de la Administración General del Estado, artt. 53-60: http://noticias.juridicas.com/base_datos/Admin/l6-1997.t3.html#a53.

[12] La legge è consultabile al seguente link: http://noticias.juridicas.com/base_datos/Derogadas/r1-l5-1995.html. Essa è stata in vigore fino al 27 maggio 2006.

[13] Sito della SEPI: http://www.sepi.es.

[14] L’elenco completo è disponibile al seguente link: http://www.sepi.es/default.aspx?cmd=0003&XParam1=Mayoritaria&Mayoritaria=1&IdContainer=9&paginacion=0&lang=&idLanguage=&idContraste=.

[15] La partecipazione della SEPI è del 45,68% nella Corporacion RTVE e del 5,16% in Iberia. Per l’elenco completo si consulti il seguente link: http://www.sepi.es/default.aspx?cmd=0003&XParam1=Minoritaria&Minoritaria=1&IdContainer=40&paginacion=0&lang=&idLanguage=&idContraste=.

[16] La quinta disposizione transitoria della Ley 17/2006, de 5 de junio, de la radio y la televisión de titularidad estatal (http://noticias.juridicas.com/base_datos/Admin/l17-2006.t2.html#dt5) ha disposto la liquidazione dell’ente pubblico RTVE e di alcune società.

[17] La legge 20/2006 è consultabile al seguente link: http://noticias.juridicas.com/base_datos/Admin/l20-2006.html.

[18] Il Consejo Consultivo de Privatizaciones de España, istituito nel 1996, è un organo consultivo del Governo spagnolo in materia di privatizzazione delle imprese pubbliche. Sito: http://www.ccp.es/es/ccp_index.php.

[19] Sociedades del “Grupo Patrimonio”: http://www.meh.es/es-ES/Areas%20Tematicas/Sociedades%20del%20Grupo%20Patrimonio/Paginas/default.aspx.

[20] Si veda il comunicato ufficiale al seguente link: http://www.la-moncloa.es/actualidadhome/2009-2/240310control.htm.

[21] Si veda, ad esempio, l’articolo “El Gobierno anuncia ‘una importante reducción del número de empresas públicas’”, disponibile al seguente link: http://www.rtve.es/noticias/20100225/gobierno-anuncia-importante-reduccion-del-numero-empresas-publicas/320359.shtml.