Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento ambiente
Titolo: Disciplina dell'attività di costruttore edile, di complemento e finitura in edilizia AA.CC. 496, 1394 e 1926 - schede di lettura e riferimenti normativi
Riferimenti:
AC N. 496/XVI   AC N. 1394/XVI
AC N. 1926/XVI   AC N. 60/XVI
Serie: Progetti di legge    Numero: 121
Data: 24/02/2009
Descrittori:
CONCORRENZA   INDUSTRIA EDILIZIA
SICUREZZA NEL LAVORO   TUTELA DEI LAVORATORI
Organi della Camera: VIII-Ambiente, territorio e lavori pubblici


Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

SERVIZIO STUDI

 

Progetti di legge

Disciplina dell’attività di costruttore edile, di complemento e finitura in edilizia

AA.CC. 496, 1394 e 1926

Schede di lettura

 

 

 

 

n. 121

 

 

24 febbraio 2009

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SIWEB

 

 

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File: Am0053.doc

 

 


INDICE

Schede di lettura

§      Art. 1 (Principi e finalità)                                                                                   3

§      Art. 2 (Misure di prima attuazione)                                                                  6

§      Art. 3 (Definizione dell’attività e dei requisiti)                                                 11

§      Articolo 4 (Idoneità professionale)                                                                 13

§      Art. 5 (Onorabilità)                                                                                         24

§      Art. 6 (Capacità organizzativa e finanziaria)                                                  28

§      Art. 7 (Competenze delle regioni)                                                                  30

§      Art. 8 (Sanzioni)                                                                                             32

§      Art. 9 (Disposizioni finali)                                                                               35

Normativa di riferimento

§      Costituzione della Repubblica italiana. (artt. 41, 117 e 120)                         39

§      Codice Penale (art. 513-bis)                                                                         42

§      Codice di Procedura Penale (art. 444)                                                          43

§      L. 27  dicembre 1956 n. 1423  Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità. (art. 3)                                                 45

§      L. 31 maggio 1965 n. 575  Disposizioni contro la mafia. (art. 10)                 46

§      L. 24 novembre 1981, n. 689 Modifiche al sistema penale (artt. 1-31)        48

§      L. 8 agosto 1985 n. 443 Legge-quadro per l'artigianato. (artt. 2 e 5)            65

§      L. 29 dicembre 1993 n. 580 Riordinamento delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura. (art. 8)                                                                                         67

§      D.L. 18 settembre 1995 n. 381 Disposizioni urgenti in materia di finanziamento delle camere di commercio. (art. 3-bis)                                                                                  69

§      D.Lgs. 31 marzo 1998 n. 112 Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della L. 15 marzo 1997, n. 59. (art. 20)    70

§      D.Lgs. 10 settembre 2003 n. 276 Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla L. 14 febbraio 2003, n. 30. (art. 2)                                     71

§      D.Lgs. 17 ottobre 2005, n. 226 Norme generali e livelli essenziali delle prestazioni relativi al secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione, a norma dell'articolo 2 della L. 28 marzo 2003, n. 53 (artt. 15-22)                                                                                           73

§      L. 3 agosto 2007 n. 123 Misure in tema di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e delega al Governo per il riassetto e la riforma della normativa in materia. (art. 1)      77

 

 


Schede di lettura

 


 

Si segnala preliminarmente che le tre proposte di legge in esame recano un contenuto pressoché identico. In sede di commento si darà conto di eventuali differenze.

Si ricorda, inoltre, che le proposte riprendono l'atto Senato n. 491, presentato il 23 maggio 2006, e assegnato alla X Commissione permanente (Industria, commercio, turismo) in sede referente il 14 giugno 2006, il cui esame non è mai iniziato, che, a sua volta riprendeva l'atto Camera n. 5315 della XIV legislatura, presentato il 30 settembre 2004 e il cui iter non è stato concluso.

 

Art. 1
(Principi e finalità)

L’articolo 1 reca i principi e le finalità delle proposte in esame. In particolare, ai sensi del comma 1, la disciplina proposta è mirata a definire i princìpi fondamentali dell'attività professionale di costruttore edile e delle attività professionali di completamento e finitura in edilizia - denominate “attività professionali in edilizia” - nell'ambito delle competenze attribuite dalla Costituzione in materia di tutela della concorrenza e di professioni.

 

Si ricorda che ai sensi del secondo comma, lettera e), dell’art. 117 Cost, la potestà legislativa in materia di tutela della concorrenza è di competenza esclusiva dello Stato, mentre ai sensi del terzo comma del medesimo articolo, la potestà legislativa in materia di professioni è esercitata in modo concorrente dallo Stato (che detta i soli “princìpi fondamentali”) e dalle regioni.

 

Il comma 2 stabilisce che l'esercizio delle attività professionali in edilizia rientra nella sfera della libertà di iniziativa economica privata ai sensi dell'articolo 41 della Costituzione.

 

Tale articolo, oltre a stabilire che l'iniziativa economica privata non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana, prevede un'esplicita riserva di legge in base alla quale si possono determinare i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.

 

Il medesimo comma prevede quindi che la disciplina proposta è volta ad assicurare l'adozione di criteri di omogeneità dei requisiti professionali e la parità di condizioni di accesso delle imprese e degli operatori professionali del settore al mercato, nonché a garantire la tutela dei consumatori e dei lavoratori per i relativi aspetti legati all'esercizio dell'attività professionale.

 

E’ infine stabilito che sia garantita l’unità giuridica dell’ordinamento ai sensi dell’articolo 120, secondo comma, della Costituzione.

 

Si ricorda che ai sensi del secondo comma dell’art. 120 Cost., il governo può esercitare i poteri sostitutivi, nel rispetto del principio di sussidiarietà e del principio di leale collaborazione, tra l’altro, quando lo richiedano la tutela dell'unità giuridica o economica e, in particolare, la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali.

 

Il comma 3, infine, stabilisce che - ai fini dell'esercizio delle attività professionali in edilizia - le disposizioni introdotte dalle norme in commento integraino e diano attuazione ai principi per il sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi dettati nell’ambito della riforma della disciplina in materia di salute e sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro (articolo 1, comma 2, lettera m), della legge 3 agosto 2007, n. 123), tenuto anche conto di quanto previsto dal relativo decreto legislativo di attuazione, d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81 (tale ultimo rinvio è contenuto nella sola pdl 1394).

 

L’articolo 1 della L. 3 agosto 2007, n. 123[1], ha delegato il governo, ad adottare, entro nove mesi dalla data di entrata in vigore della stessa legge delega, uno o più decreti legislativi per il riassetto e la riforma delle disposizioni vigenti in materia di salute e sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro, in conformità all’articolo 117 della Costituzione ed agli statuti delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, nonché alle relative norme di attuazione, e garantendo l’uniformità della tutela dei lavoratori sul territorio nazionale attraverso il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, anche con riguardo alle differenze di genere e alla condizione dei lavoratori immigrati.

Tra i principi e criteri direttivi cui devono attenersi i richiamati decreti legislativi, è previsto un sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi, fondato sulla specifica esperienza, ovvero sulle competenze e conoscenze in materia di tutela della salute e sicurezza sul lavoro, acquisite attraverso percorsi formativi mirati (articolo 1, comma 2, lettera m)).

La delega è stata attuata con il d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81[2].

Riguardo al criterio in precedenza richiamato, l’articolo 27 del d.lgs. 81/2008 ha stabilito che, nell'ambito della Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro, istituita presso l’attuale Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, debbano essere individuati, anche tenendo conto delle indicazioni provenienti da organismi paritetici, i settori ed i criteri finalizzati alla definizione del sistema di qualificazione in precedenza richiamato (comma 1). Inoltre, il possesso dei requisiti per ottenere la citata qualificazione è considerato elemento vincolante (comma 2) ai fini della partecipazione alle gare relative agli appalti e subappalti pubblici, nonché per l'accesso, se correlati ai medesimi appalti o subappalti, ad agevolazioni, finanziamenti e contributi a carico della finanza pubblica.


Art. 2
(Misure di prima attuazione)

L’articolo 2 prevede che, in sede di prima attuazione della nuova disciplina, con accordo sancito dalla Conferenza Stato-regioni, sentite le organizzazioni imprenditoriali di categoria maggiormente rappresentative a livello nazionale, siano determinati appositi criteri generali per l'organizzazione, da parte delle regioni, di corsi specifici di formazione imprenditoriale, della durata di almeno 80 ore, aventi ad oggetto elementi fondamentali di organizzazione e gestione imprenditoriali, di normativa tributaria, di urbanistica e di edilizia, del lavoro e della previdenza, della salute e sicurezza sul lavoro, della prevenzione e protezione dei rischi negli ambienti di lavoro, della concorrenza, degli appalti pubblici e privati e della tutela dei consumatori.

 

Ai sensi del comma 2, al termine dei corsi viene rilasciato un attestato di frequenza, con verifica positiva dell'apprendimento, il cui possesso, decorso un anno dalla data di entrata in vigore della legge, deve costituire condizione per l'avvio e per l'esercizio dell'attività d'impresa nel settore dell'edilizia (comma 3).

 

Il comma 4 autorizza le imprese regolarmente iscritte al registro delle imprese o all’albo delle imprese artigiane, operanti nel settore dell’edilizia da almeno due anni alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, a continuare a svolgere la propria attività. In sostanza, tali imprese vengono esentate dal requisito del possesso dell’attestato di frequenza di cui al comma 2 per poter continuare a svolgere la propria attività nel settore dell’edilizia.

Invece, le imprese iscritte al registro delle imprese o all’albo delle imprese artigiane operanti nel settore dell’edilizia da meno di due anni alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame e le imprese di nuova costituzione sono tenute ad avvalersi, nella persona del titolare dell’impresa, di un socio che presta il proprio lavoro nell’impresa, di un familiare coadiuvante, di un dipendente, di un addetto operante nell’impresa secondo le varie tipologie contrattuali previste dalla legislazione vigente o di un associato in partecipazione, di almeno un soggetto qualificato, in possesso dell’attestato di frequenza di cui al comma 2 secondo i criteri e i termini indicati dall’accordo di cui al comma 1.

 

Il comma 5 dispone quindi che le imprese artigiane iscritte, alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, da meno di due anni nel citato albo possono avvalersi di un soggetto qualificato diverso dall’imprenditore artigiano. Tale disposizione deroga rispetto a quanto previsto dalla legge-quadro per l’artigianato (quarto comma dell’articolo 2 della legge n. 443 del 1985), che impone per l'imprenditore artigiano il possesso dei requisiti tecnico-professionali previsti dalle leggi statali, nell'esercizio di particolari attività che richiedono una peculiare preparazione ed implicano responsabilità a tutela e garanzia degli utenti.

Si osserva, sul piano della formulazione del testo, che il comma in esame andrebbe coordinato con il comma precedente, dal momento che in un caso (comma 5) si fa riferimento alle imprese artigiane iscritte da meno di due anni nel relativo albo, mentre nell’altro (comma 4) si fa riferimento alle imprese artigiane iscritte al relativo albo operanti nel settore dell’edilizia da meno di due anni. Sarebbe quindi opportuno adottare una formulazione analoga in entrambi i casi, dal momento che i citati commi sembrano voler far riferimento alla medesima fattispecie.

 

Infine, il comma 6 precisa che le disposizioni dell’articolo 2 si applicano sino alla data di entrata in vigore delle disposizioni attuative del capo III emanate dalle regioni, ai sensi di quanto stabilito dall’articolo 9.

 

La disciplina del Registro delle imprese

Si ricorda che il Registro delle imprese, tenuto da un apposito Ufficio presso le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, è stato istituito dall’articolo 8 della legge n. 580 del 1993[3].

Al Registro delle imprese sono tenuti ad iscriversi tutti coloro che esercitano un’attività imprenditoriale, previa denuncia alla camera di commercio. La registrazione garantisce la pubblicità legale delle imprese e di tutti gli atti che le riguardano e ne testimonia l’esistenza, l’attività esercitata e gli eventi aventi rilievo giuridico durante la sua attività. Contestualmente all’iscrizione, l’Ufficio preposto della camera di commercio, in collegamento con il Ministero dell’economia e delle finanze, assegna il numero di iscrizione al Registro che coincide con il codice fiscale.

Coloro che intraprendono un’attività economica di tipo imprenditoriale sono tenuti a comunicare l’avvio dell’attività all’Agenzia delle entrate - Ufficio Iva, per l’attribuzione della partita Iva, ossia il codice fiscale dell’impresa. A coloro che si iscrivono al Registro delle imprese l’apertura di una Posizione Iva è consentita direttamente presso la camera di commercio che, attraverso l’ufficio del Registro delle imprese provvede a trasmettere i dati all’Agenzia delle entrate, rilasciando apposita certificazione dell’avvenuta operazione al contribuente interessato.

 

Con il Registro delle imprese (che ha avviato l'attuazione degli articoli 2188 del codice civile) sono stati gradualmente unificati i registri e gli elenchi in precedenza esistenti per le varie attività imprenditoriali.

Attualmente il registro si articola in due sezioni, una ordinaria e una speciale, (alle quali il D.Lgs. 96/2001 ne ha affiancata una ulteriore per le Società tra avvocati).

Il comma 4dell'articolo 8 della legge n. 580 del 1993 prevedeva in origine l'istituzione di apposite sezioni speciali del Registro delle imprese per le iscrizioni degli imprenditori agricoli, dei piccoli imprenditori, delle società semplici e delle imprese artigiane. Tale assetto del Registro è stato successivamente rivisto dal DPR 14 dicembre 1999, n. 558, che ha introdotto varie semplificazioni procedimentali (secondo i principi dell’art. 20, co. 8, della legge Bassanini), disponendo, in particolare, all'articolo 2, l'iscrizione in un’unica sezione speciale delle categorie imprenditoriali e delle società in precedenza comprese nelle quattro sezioni speciali.

Alla concreta istituzione del registro delle imprese si è provveduto con il DPR 7 dicembre 1995, n. 581.

Ai sensi dell'art. 7, comma 2, lett. a), del DPR n. 581 del 1995, sono tenuti all'iscrizione nel registro delle imprese:

1) gli imprenditori che esercitano le attività indicate nell'art. 2195 c.c., e cioè gli imprenditori che esercitano un'attività industriale, diretta alla produzione di beni e servizi, o un'attività intermediaria nella circolazione dei beni o un'attività di trasporto per terra, per acqua o per aria, un'attività bancaria o assicurativa o attività ausiliarie di ciascuna di queste;

2) le società di cui all'art. 2200 c.c, e cioè le società in nome collettivo, le società in accomandita semplice, le società a responsabilità limitata, le società per azioni e le società cooperative anche quando non esercitino un'attività commerciale;

3) i consorzi di cui all'art. 2612 c.c. e le società consortili di cui all'art. 2615-ter c.c.;

4) i gruppi europei di interesse economico (GEIE) di cui al d.lgs. 23 luglio 1991, n. 240 (si tratta di quegli organismi senza fini di lucro previsti dalla CEE con regolamento 2137/85 come strumenti di cooperazione transnazionale tra le imprese);

5) gli enti pubblici che hanno per oggetto esclusivo o principale un'attività commerciale;

6) le società assoggettate alla legge italiana secondo le nuove norme di diritto internazionale privato (art. 25 della legge n. 218/95)

7) gli imprenditori agricoli (art. 2135 c.c);

8) i piccoli imprenditori (art. 2083 c.c.);

9) le società semplici (art. 2251 c.c.).

Per quanto concerne, specificamente, le imprese artigiane, l’articolo 5 della legge n. 443 del 1985 prevede che queste siano tenute ad iscriversi all’Albo delle imprese artigiane. L’iscrizione all’Albo comporta automaticamente l’annotazione nella sezione speciale del Registro delle imprese tenuto dalle camere di commercio. A questo fine, infatti, l’articolo 19 del DPR n. 581 del 1995 prevede che la domanda di iscrizione all’Albo delle imprese artigiane sia comunicata entro 15 giorni dalla commissione provinciale per l’artigianato all’Ufficio del Registro delle imprese.

Si ricorda, altresì, che ai sensi dell'art. 9 del DPR n. 581 del 1995 è stato istituito, a scopi esclusivamente documentali e statistici, il "Repertorio delle notizie economiche e amministrative" (REA), nel quale sono iscrivibili i soggetti non qualificabili come imprenditori ma che, tuttavia, esercitano attività economiche e professionali denunciabili alle Camere di commercio.

 

Dal 1° novembre 2003 è entrato in vigore l'obbligo (secondo quanto previsto dall’articolo 31, comma 2, della legge n. 340 del 2000) di presentazione per via telematica o su supporto informatico con firma digitale di domande, denunce ed atti al Registro delle imprese.

 

Qualora l’impresa sia di tipo artigianale, la registrazione è preceduta dalla iscrizione obbligatoria all’Albo delle imprese artigiane (cfr. supra).

Si ricorda che l’attività dell’impresa artigiana è disciplinata dalla citata legge-quadro sull’artigianato, legge 8 agosto 1985 n. 443, che, oltre a contenere la definizione di imprenditore artigiano e di impresa artigiana, provvede alla istituzione dell'albo provinciale delle imprese artigiane (articolo 5).

L’art. 2 della legge n. 443 del 1985, in particolare, definisce l’imprenditore artigiano come colui che esercita l’impresa artigiana personalmente, professionalmente e in qualità di titolare, assumendone la piena responsabilità con tutti gli oneri ed i rischi inerenti alla direzione e alla gestione e svolgendo in misura prevalente il proprio lavoro, anche manuale, nel processo produttivo. Si richiede, altresì, per l’imprenditore artigiano, il possesso di particolari requisiti tecnico-professionali qualora previsti dalle leggi statali.

Secondo l'art. 3 deve considerarsi artigiana l'impresa esercitata dall'imprenditore artigiano, nei limiti dimensionali fissati dal successivo art. 4[4], per la produzione di beni e la prestazione di servizi, escluse le attività agricole e la prestazione di servizi commerciali, di intermediazione della circolazione dei beni, o ausiliarie a queste ultime, di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, salvo che si tratti di attività meramente accessorie all'esercizio dell'impresa. Il secondo comma dell'art. 3 disciplina il profilo della forma giuridica dell'impresa artigiana, prevedendo che essa possa essere costituita anche in forma di società, compresa quella cooperativa, a condizione che la maggioranza dei soci, ovvero uno nel caso di due soci, svolga in prevalenza lavoro personale, anche manuale, nel processo produttivo e che nell'impresa il lavoro abbia funzione prevalente sul capitale; tuttavia, in ogni caso è esclusa la coesistenza della natura artigiana con alcune forme di società ed in particolare con la s.p.a. e la società in accomandita per azioni. Il successivo terzo comma detta invece particolari disposizioni relative alle s.r.l. con un unico socio (c.d. “unipersonali”) e alle società in accomandita semplice, prevedendo che tali società possono assumere la qualifica di imprese artigiane purché rispettivamente il socio unico o ciascun socio accomandatario abbia i requisiti dell’imprenditore artigiano ai sensi dell’art. 2 e non sia socio di altre analoghe società.

Ai sensi dell’art. 5 della legge n. 443 del 1985, le imprese artigiane in possesso dei requisiti di cui ai precedenti artt. 2, 3 e 4, sono tenute ad iscriversi tassativamente all'Albo delle imprese artigiane.

L'iscrizione all'Albo, oltre ad essere obbligatoria, è costitutiva dell'impresa artigiana ed è anche condizione necessaria per la concessione delle agevolazioni a favore di questo tipo di impresa.


Art. 3
(Definizione dell’attività e dei requisiti)

L’articolo 3 reca la definizione delle attività professionali in edilizia, che possono essere svolte in forma d'impresa, individuale, societaria o cooperativistica e possono avere ad oggetto:

 

a) attività di costruzione, ristrutturazione e manutenzione, di restauro e risanamento conservativo di beni immobili, organismi e manufatti edilizi, opere d'ingegneria e del genio civile;

 

b) attività di completamento e finitura di opere edili, compresi i relativi lavori di manutenzione e riparazione.

 

Secondo quanto emerge dalla relazione illustrativa della pdl 496, tale definizione, distinguendo tra le due categorie di attività, tiene conto della classificazione internazionale ATECO in modo da corrispondere in senso tendenzialmente omogeneo alle definizioni statistiche già consolidate nei Paesi europei.

Si ricorda che la classificazione delle attività economiche Ateco 2007 costituisce la versione nazionale della nomenclatura europea, NACE rev.2, pubblicata sull'Official Journal il 20 dicembre 2006 (Regolamento (CE) n.1893/2006 del PE e del Consiglio del 20/12/2006).

L'Ateco 2007 è stata definita ed approvata da un Comitato di gestione appositamente costituito. Esso prevede la partecipazione, oltre all'Istat che lo coordina, di numerose figure istituzionali: i Ministeri interessati, gli Enti che gestiscono le principali fonti amministrative sulle imprese (mondo fiscale e camerale, enti previdenziali, ecc.), l'Agenzia delle Entrate, le Camere di Commercio e le principali associazioni imprenditoriali[5].

Si ricorda, infine, che la classificazione Ateco 2007 rappresenta la classificazione adottata dall’ISTAT per alcune attività economiche, tra cui rientrano anche le imprese relative al settore delle costruzioni la cui attività è classificata in una delle seguenti classi della sezione F (Costruzioni). Rientrano, pertanto, in base a tale classificazione, alcune categorie di lavori classificate sotto i codici 41 (costruzione di edifici), 42 (ingegneria civile) e 43 (lavori di costruzione specializzati). Tra questi ultimi rientrano, tra l’altro, la preparazione del cantiere edile e la sistemazione del terreno, lavori di intonacatura e stuccatura, posa in opera di infissi, arredi, controsoffitti, pareti mobili e simili, rivestimento di pavimenti e di muri, tinteggiatura e posa in opera di vetri e attività non specializzate di lavori edili.

 

Ai sensi del comma 2, l’impresa può avere ad oggetto entrambe le attività ovvero le sole attività di completamento e finitura.

 

Il comma 3 stabilisce che le attività professionali in edilizia sono subordinate al possesso di requisiti di idoneità professionale, di onorabilità e di capacità organizzativa e finanziaria che vengono definiti nei successivi articoli 4, 5 e 6.


Articolo 4
(Idoneità professionale)

L’articolo 4 di tutte le pdl in esame disciplina i requisiti di idoneità professionale del responsabile tecnico individuato all’interno dell’impresa esercente le attività professionali in edilizia.

 

Nella relazione illustrativa allegata alla pdl 1926 si sottolinea come il settore dell’edilizia sia caratterizzato per la sua mancanza di regolamentazione, da sempre considerato bacino di accoglienza di manodopera poco qualificata, la quale, tagliata fuori da altri settori strategici dell'economia, cerca di realizzare un profitto, trasformando il proprio lavoro dipendente in autonomo. D’altro canto, nelle relazioni allegate alle pdl 496 e 1394 vengono citati i dati di un recente rapporto del CRESME, secondo il quale nel settore delle costruzioni viene stimata una quota di mercato abusivo nel 60 per cento del valore della produzione.

In tal senso, si evidenzia come la finalità perseguita nei provvedimenti citati sia quella dell'adozione di criteri di omogeneità dei requisiti professionali (pdl 496 e 1394) e dell’imposizione agli operatori del settore del possesso di alcuni requisiti di carattere tecnico-professionale, correlati a specifici requisiti di onorabilità, nonché di capacità organizzativa e finanziaria dell'impresa (pdl 1926).

 

In particolare, al comma 1 si prevede la designazione da parte dell’impresa esercente le attività professionali in edilizia di un responsabile tecnico in possesso dell'idoneità professionale da scegliere tra le figure del titolare, del socio partecipante al lavoro, di un familiare coadiuvante, di un dipendente, di un associato in partecipazione o di un addetto, operanti all’interno dell'impresa secondo le diverse tipologie contrattuali adottate. Nella stessa disposizione viene imposto al soggetto designato un vincolo di esclusività, dal momento che non può svolgere la stessa funzione per conto di altre imprese, così come d’altra parte gli viene preclusa l’attività di consulenza o di professionista esterno.

 

Al successivo comma 2 sono disciplinati i requisiti di idoneità professionale, rispetto ai quali vengono proposti due percorsi alternativi.

In base al primo, si prevede lo svolgimento di un percorso di formazione professionale, successivo all'obbligo scolastico, rispondente ai livelli essenziali delle prestazioni relative ai percorsi di istruzione e formazione professionale di cui al capo III del D.Lgs. 226/2005[6], articolato in due moduli tra loro propedeutici (lettera a).

Prima di illustrare i moduli proposti dalle pdl, si ritiene opportuno ricordare che i percorsi di istruzione e formazione professionale rappresentano, affianco al sistema dell’istruzione secondaria superiore, una delle componenti del secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione, adottato ai sensi degli artt. 1 e 7 della legge n. 53 del 2003[7].

Per il sistema di istruzione e formazione professionale, per il quale la competenza legislativa esclusiva è delle regioni, lo Stato garantisce i livelli essenziali delle prestazioni che, ai sensi del Capo III del d.lgs. n. 226 del 2005, riguardano l’offerta formativa, l’orario minimo annuale, i requisiti dei docenti, la valutazione e certificazione delle competenze, le strutture e i servizi delle istituzioni formative. I livelli essenziali costituiscono requisiti per l’accreditamento e l’attribuzione dell’autonomia alle istituzioni formative delle regioni e delle province autonome. L’art. 17 del d.lgs. prevede che le regioni assicurano l'articolazione dei percorsi formativi nelle seguenti tipologie:

a) percorsi di durata triennale, che si concludono con il conseguimento di un titolo di qualifica professionale, che costituisce titolo per l'accesso al quarto anno del sistema dell'istruzione e formazione professionale;

b) percorsi di durata almeno quadriennale, che si concludono con il conseguimento di un titolo di diploma professionale. Il diploma costituisce titolo per l’accesso all’istruzione e formazione tecnica superiore.

L’art. 27 del d.lgs. prevede, quindi, che il primo anno dei percorsi di istruzione e formazione professionale è avviato sulla base della disciplina specifica definita da ciascuna regione nel rispetto dei livelli essenziali di cui al Capo III, previa definizione con accordi in Conferenza Stato-Regioni dei seguenti aspetti:

a) individuazione delle figure di differente livello, relative ad aree professionali, articolabili in specifici profili professionali sulla base dei fabbisogni del territorio;

b) standard minimi formativi relativi alle competenze di base linguistiche, matematiche, scientifiche, tecnologiche, storico-sociali ed economiche necessarie al conseguimento del profilo educativo, culturale e professionale dello studente, nonché alle competenze professionali proprie di ciascuna specifica figura professionale di cui alla lettera a);

c) standard minimi relativi alle strutture delle istituzioni formative e dei relativi servizi.

Il medesimo articolo statuisce, infine, che, in attesa della compiuta attuazione, da parte di tutte le regioni, degli adempimenti connessi alle loro competenze esclusive in materia di istruzione e formazione professionale, l'attuale sistema di istruzione statale continua ad assicurare, attraverso gli istituti professionali di Stato, l'offerta formativa nel settore, con lo svolgimento dei relativi corsi e il rilascio delle qualifiche.

Sull’argomento è, da ultimo, intervenuto l’art. 64, c. 4-bis, del d.l. n. 112 del 2008[8] che, modificando l’art. 1, c. 622, della l. n. 296/2006 (finanziaria 2007) – che ha elevato a 10 anni (16 anni di età) l’obbligo di istruzione – dispone che tale obbligo possa essere assolto, oltre che negli istituti scolastici, anche nei percorsi di istruzione e formazione professionale di competenza delle regioni, di cui al Capo III del d.lgs. n. 226 del 2005, e, sino alla completa messa a regime delle disposizioni di quest’ultimo, nell’ambito dei percorsi di istruzione e formazione professionale avviati sperimentalmente dalle regioni sulla base dell’Accordo quadro siglato in Conferenza unificata il 19 giugno 2003[9].

 

I due moduli proposti dalle pdl sono così articolati:

 

Nella lettera a) qui in esame, inoltre, si avverte che ciascuno dei titoli in essa citati, se seguito da un periodo d'inserimento lavorativo presso un'impresa abilitata del settore pari ad almeno un anno in qualità di operaio qualificato, attribuisce valore abilitante per l’esercizio, rispettivamente, delle attività di completamento e finitura ovvero di costruzione, ristrutturazione e manutenzione come definite all’articolo 3, comma 1, lettere b) e a).

A tal riguardo, il successivo comma 5 prevede che questi stessi percorsi formativi siano realizzati secondo criteri di alternanza tra periodi di formazione e studio in aula e periodi di apprendimento mediante esperienze di lavoro, da svolgere prioritariamente presso le imprese abilitate del settore dell'edilizia. Tutto questo, ai fini di un collegamento sistematico tra la formazione teorica e l'esperienza tecnica e pratica, secondo le norme vigenti in materia di alternanza scuola-lavoro.

Al riguardo, si ricorda che la materia dell’alternanza scuola-lavoro è disciplinata dal d.lgs. n. 77 del 2005[10] che la definisce quale modalità di realizzazione della formazione nel secondo ciclo, volta ad assicurare ai giovani l’acquisizione di competenze spendibili nel mercato del lavoro. La responsabilità del percorso è espressamente attribuita all’istituzione scolastica o formativa, che realizza il percorso medesimo attraverso lo strumento della convenzione a titolo gratuito con i soggetti disponibili ad accogliere i giovani nelle proprie strutture. L’art. 4 del d.lgs. articola i percorsi dell’alternanza in periodi di formazione in aula e in periodi di apprendimento mediante esperienze di lavoro, svolte anche in periodi diversi dal calendario delle lezioni.

 

Alla luce della ricostruzione normativa effettuata, si potrebbe valutare l’opportunità di sopprimere il comma 5, a fini di semplificazione normativa.

 

L’alternativo percorso viene disciplinato alla successiva lettera b)del comma 2, ove si prevede losvolgimento di periodi di inserimento lavorativo in imprese abilitate del settore, articolati nel modo seguente:

 

In materia di formazione professionale, si ricorda che il d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276[11], è intervenuto sostanzialmente in materia di formazione professionale, in primo luogo disciplinando il contratto di apprendistato e il contratto di inserimento. La prima tipologia lavorativa ha sostituito il contratto di formazione e lavoro, allo scopo di rendere “spendibili” le competenze lavorative dei lavoratori, giovani o in difficoltà a prescindere dall’età, in un determinato contesto lavorativo.

Per quanto attiene all’apprendistato, Il d.lgs. 276, riformando la disciplina dell’apprendistato, ha previsto (articolo 47) l’introduzione di tre tipologie di contratto di apprendistato, a seconda della qualità e del livello della formazione insita nel rispettivo rapporto:

§           il contratto di apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione;

§       il contratto di apprendistato professionalizzante per il conseguimento di una qualificazione attraverso una formazione sul lavoro e un apprendimento tecnico-professionale;

§       il contratto di apprendistato per percorsi di alta formazione.

 

Merita segnalare, al riguardo, tra gli interventi più recenti in materia, che l’articolo 23, commi 1-2, del DL 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133[12], intervenendo sulla disciplina del contratto di apprendistato professionalizzante, contenuta nell’articolo 49 del d.lgs. 276/2003, ha, tra gli altri, introdotto nell’articolo 49 il comma 5-ter, il quale prevede che in caso di formazione esclusivamente aziendale non si applica il precedente comma 5, che attribuisce alle regioni la regolamentazione dei profili formativi dell'apprendistato professionalizzante, d'intesa con le associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano regionale[13].

Pertanto, in caso di formazione esclusivamente aziendale, i profili formativi dell’apprendistato professionalizzante vengono rimessi integralmente ai contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale ovvero agli enti bilaterali.

I contratti collettivi e gli enti bilaterali definiscono, inoltre, la nozione di formazione aziendale e determinano, per ciascun profilo formativo, la durata e le modalità di erogazione della formazione, le modalità di riconoscimento della qualifica professionale ai fini contrattuali e la registrazione nel libretto formativo .

 

I periodi d'inserimento lavorativo, di cui al comma 2, lettere a) e b), oltre che nella forma del rapporto di lavoro subordinato, possono consistere, secondo il disposto del comma 3, anche nello svolgimento di attività lavorativa qualificata di collaborazione tecnica continuativa mediante l'affiancamento ad un responsabile tecnico abilitato. Tale soggetto può essere il titolare dell'impresa, il socio partecipante al lavoro, un familiare coadiuvante o un addetto dell'impresa operante secondo le diverse tipologie contrattuali adottate o anche un soggetto associato in partecipazione, equivalente come mansioni o monte ore a quella prevista dalla contrattazione collettiva per l'operaio qualificato.

 

Anche per i possessori di un diploma di laurea o titolo equivalente in ingegneria o in architettura o di undiploma di maturità tecnica o professionale, di istruzione tecnica superiore o di alta formazione e studio, o titolo equivalente, in indirizzo relativo al settore dell'edilizia, il riconoscimento all’abilitazione all’esercizio delle attività professionali in edilizia viene concesso, secondo il comma 4, dopo lo svolgimento dei corsi di formazione imprenditoriale organizzati dalle regioni ed il conseguimento dell'attestato di frequenza, dopo la verifica dell'apprendimento.

 

Al riguardo, sembrerebbe opportuno chiarire se con l’espressione “diploma di laurea o titolo equivalente” si intenda fare riferimento alla previsione, recata dall’art. 4, c. 3, del DM n. 270 del 2004[14], secondo la quale i titoli conseguiti al termine dei corsi di studio dello stesso livello, appartenenti alla stessa classe, hanno identico valore legale, ovvero si intenda fare riferimento alla corrispondenza/equiparazione fra diplomi di laurea del vecchio ordinamento e diplomi di laurea del nuovo ordinamento.

Appare, inoltre, opportuno evidenziare che i corsi di alta formazione sono corsi di perfezionamento e aggiornamento successivi al conseguimento della laurea o della laurea magistrale, alla conclusione dei quali sono rilasciati i master universitari di primo e di secondo livello che, tuttavia, non costituiscono titolo di studio[15][16].

 

Con riferimento all’abilitazione all’esercizio, si segnala che il D.P.R. 34/2000[17] rende necessaria per le sole imprese che operano nel settore dei lavori pubblici il possesso di una "attestazione di qualificazione" per poter partecipare a gare di affidamento di LL.PP. L'attestazione viene rilasciata da apposite Società Organismo di Attestazione (SOA) il cui compito è quello di garantire l'esistenza reale in capo all'impresa dei requisiti di ordine generale, tecnico-organizzativi, economico-finanziari. Tale sistema ha sostituito il vecchio modello di qualificazione che vedeva l'Albo nazionale costruttori come perno della selezione dei soggetti ammessi alle gare. L'attestazione definisce le categorie di lavori per i quali un'impresa è abilitata a concorrere e l'importo massimo di bando cui essa può concorrere in virtù della sua "cifra d'affari in lavori".

 

Infine, per l’esercizio delle attività professionali in edilizia, nel comma 6 non viene riconosciuta validità ai diplomi o ai titoli equivalenti rilasciati a seguito della frequenza di corsi professionali non autorizzati o non riconosciuti dagli organi pubblici competenti.

 

La disposizione in esame si conclude al comma 7 prevedendo che le competenze formative acquisite durante la formazione in apprendistato, la formazione in contratto di inserimento, quella specialistica e quella continua svolta durante l'arco della vita lavorativa, nonché le competenze acquisite in percorsi di apprendimento secondo gli indirizzi dell'Unione europea in materia di apprendimento permanente, registrate nel libretto formativo del cittadino ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera i), del D.Lgs. 276/2003[18], danno titolo ad appositi crediti formativi per la riduzione dei percorsi di istruzione e formazione professionale. In tal senso, per la definizione dei crediti la norma rinvia ad apposite linee guida adottate dalla Conferenza Stato-regioni.

 

Al riguardo, si evidenzia, preliminarmente, che attualmente l’art. 15, c. 7, del d.lgs. n. 226 del 2005 prevede che le qualifiche professionali conseguite attraverso l'apprendistato costituiscono crediti formativi per il proseguimento nei percorsi del secondo ciclo.

Si ricorda, altresì, che il libretto formativo del cittadino, disciplinato all’articolo 2, comma 1, lettera i) del D.Lgs. 276/2003 è un documento personale del lavoratore definito, ai sensi dell'accordo Stato-regioni del 18 febbraio 2000, di concerto tra il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, previa intesa con la Conferenza unificata Stato-regioni e sentite le parti sociali, in cui vengono registrate le competenze acquisite durante la formazione in apprendistato, la formazione in contratto di inserimento, la formazione specialistica e la formazione continua svolta durante l'arco della vita lavorativa ed effettuata da soggetti accreditati dalle regioni. In esso, vengono riportate anche le competenze acquisite in modo non formale e informale, secondo gli indirizzi della Unione europea in materia di apprendimento permanente, purché riconosciute e certificate.

Il modello di libretto formativo del cittadino è stato approvato con il D.M. 10 ottobre 2005. In esso vengono riportati i dati personali del lavoratore, le esperienze lavorative e professionali, i titoli di istruzione e formazione, le esperienze formative ed, infine, le competenze acquisite in percorsi di apprendimento.

 

Agli stessi fini, secondo la disposizione in esame possono essere valutati anche i periodi d'inserimento lavorativo consistenti nello svolgimento di attività qualificata di collaborazione tecnica continuativa nell'ambito di imprese abilitate del settore dell'edilizia svolti in qualitàdi titolare dell'impresa, di socio partecipante al lavoro, di familiare coadiuvante, di lavoratore dipendente o di addetto dell'impresa operante secondo le tipologie contrattuali previste dalle norme vigenti o di soggetto associato in partecipazione.

 

Il rapporto di lavoro nell’edilizia

Il rapporto di lavoro nell’edilizia segue, per molti aspetti, le regole generali, ad eccezione di alcune peculiarità connesse alle modalità di retribuzione, agli adempimenti contributivi, all’integrazione salariale e alla disoccupazione[19].

Si ricorda che l’impresa edile, secondo una definizione ricavabile dal complesso della normativa previdenziale, è l’impresa artigiana o industriale che si occupa di:

§       costruzioni edili, nelle quali si ricomprendono una serie di determinati lavori;

§       manutenzione, ordinaria e straordinaria, e restauro – anche artistico – di opere edili.

E’ comunque alla contrattazione collettiva[20] che è demandata l’individuazione delle attività che rientrano nella nozione di impresa edile, eseguite in proprio o per conto di enti pubblici o di terzi privati, indipendentemente dalla natura industriale o artigiana delle imprese stesse, oltre alla definizione di numerosi aspetti del trattamento retributivo e della contribuzione alle casse edili.

 

Sotto il profilo contributivo, le imprese edili rientrano nel settore industriale – o artigianale in presenza di determinati presupposti – con specifica classificazione[21].

 

Ai sensi dell’articolo 29, comma 1, del D.L. 23 giugno 1995, n. 244, convertito dalla L. 8 agosto 1995, n. 341[22], i datori di lavoro edili sono tenuti a commisurare la contribuzione di previdenza e di assistenza sociale ad una retribuzione non inferiore a quella contrattuale riferita all'orario di lavoro normale fissato dai contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative e dai relativi contratti integrativi territoriali di attuazione, con esclusione delle assenze per malattia, infortuni, scioperi, sospensione o riduzione dell'attività lavorativa con intervento della C.i.g., di altri eventi indennizzati e di quelli per i quali il trattamento economico è assolto mediante accantonamento presso le Casse edili.

La particolare normativa in esame si applica ai datori di lavoro esercenti attività edile, anche in economia, individuati dai codici ISTAT 1991 dal 45.1 al 45.45.2 ed alle cooperative di produzione e lavoro esercenti attività edile per i soci lavoratori. Ne sono esclusi i datori di lavoro esercenti attività impiantistica che applicano il CCNL dei metalmeccanici.

La normativa si applica a tutti i dipendenti, di qualsiasi qualifica[23]

 

Particolare importanza, infine, rivestono le agevolazioni contributive previste, per il settore edile, dal richiamato articolo 29, comma 5, del citato D.L. 244 del 1995.

Si ricorda, in proposito, che il comma 2 del citato articolo 29 del D.L. 244, per attenuare l'appesantimento contributivo derivante dall'applicazione del comma 1, in precedenza richiamata, ha stabilito che all'ammontare delle contribuzioni all’INPS e all’INAIL diverse da quelle di pertinenza del Fondo pensioni lavoratori dipendenti dell'INPS, si applicasse, fino al 31 dicembre 1996, una riduzione, cumulabile con altre vigenti nel settore, pari al 9,50%, relativamente agli operai edili con orario di lavoro pari a 40 ore settimanali. La riduzione si applica alle imprese edili (comprese quelle che effettuano lavori in economia e le cooperative di produzione e lavoro) individuate con i codici ISTAT dal 45.1 al 45.45.2.

Il richiamato comma 5 stabiliva che entro il 31 marzo 1996 il Governo verificasse gli effetti di maggior entrata dalle norme sulla retribuzione imponibile dettate nel comma 1, onde valutare la confermabilità o meno (cui procedere con decreto del Ministro del lavoro, di concerto con quelli del tesoro e del bilancio) della riduzione contributiva in precedenza richiamata.

Successivamente l’articolo 45, comma 18, della Legge 17 maggio 1999, n. 144, ha sostituito, quale data entro la quale si procede alla verifica degli effetti, il 31 marzo del 1996 con il 31 marzo di ciascun anno, sino al 31 dicembre 2001. In base a queste disposizioni e ai relativi decreti ministeriali la riduzione contributiva è stata del 9,5% per il periodo 1/7/1995-31/12/1996 e dell’11,5% per il periodo 1/1/1997-31/12/2004[24]. Con l’articolo 2, comma 3, del D.L. 25 settembre 2002, n. 210, convertito dalla L. 22 novembre 2002, n. 266[25], la richiamata riduzione contributiva è stata prorogata al 31 dicembre 2006. L'operatività della proroga è subordinata all'emanazione di un apposito decreto interministeriale[26].

Da ultimo, in materia di edilizia è intervenuto l’articolo 1, commi 51-53, della L. 24 dicembre 2007, n. 247[27].

In primo luogo, il comma 51 ha modificato il richiamato comma 5 dell’articolo 29 del D.L. 244 del 1995, introducendo un più efficace meccanismo relativo alla eventuale proroga della riduzione contributiva, modificando in primo luogo il termine entro cui il Governo procede a verificare gli effetti determinati dalle disposizioni relative alle modalità di assolvimento della contribuzione previdenziale ed assistenziale, fissandolo al 31 maggio (e non più al 31 marzo) di ciascun anno. Inoltre, è stato stabilito un termine (31 luglio dello stesso anno) entro cui adottare l’eventuale decreto ministeriale consequenziale a tale verifica, volto a confermare o rideterminare per l’anno di riferimento la menzionata riduzione contributiva. Infine, è stata disposta l’applicazione temporanea, nel caso in cui il richiamato decreto di conferma o rideterminazione non sia adottato entro un certo termine (30 giorni dalla predetta data del 31 luglio) di una riduzione pari a quella determinata per l’anno precedente, salvo conguaglio finale da parte degli istituti previdenziali ed assicuratori in base all’effettivo ammontare della riduzione concessa, ovvero nel caso di mancata adozione del medesimo decreto ministeriale entro il 15 dicembre dell’anno di riferimento

Il comma 52 ha previsto l’obbligo, per il datore di lavoro nel settore edile, in caso di instaurazione di un rapporto di lavoro a tempo parziale, di comunicare all’INPS l’orario di lavoro stabilito. Il comma 53, infine, novellando l’articolo 5, comma 2, della L. 68/1999 , esonera dall’obbligo di assunzione di determinate categorie di lavoratori disabili, di cui all’articolo 3 della stessa L. 68 del 1999, i datori di lavoro del settore edile, per quanto concerne il personale di cantiere e gli addetti al trasporto del settore.


Art. 5
(Onorabilità)

L’articolo 5 delle proposte di legge riguarda i requisiti di idoneità morale richiesti per l’esercizio dell’impresa.

In particolare, ai sensi del comma 1, per lo svolgimento delle attività professionali in edilizia è necessario che il titolare dell’impresa e il responsabile tecnico della stessa, nonché, ai sensi del comma 2, gli amministratori – in caso di impresa esercitata in forma societaria o cooperativa – godano di particolari requisiti di onorabilità.

 

L’espressione “requisiti di onorabilità” è talora richiamata nel nostro ordinamento: a titolo di esempio si ricorda l’art. 2387 del codice civile, che subordina al possesso di tali requisiti l’assunzione della carica di amministratore di una società per azioni, ovvero, da ultimo, all’art. 2, comma, 227, della finanziaria del 2008[28], che richiede requisiti di onorabilità per le imprese che intendono esercitare la professione di autotrasportatore.

 

La presenza di tale requisito è esclusa nel caso di:

§         procedimento in corso per l’applicazione di una delle misure di prevenzione di cui all’art. 3 della legge n. 1423 del 1956[29] (lett. a);

 

Le misure di prevenzione sono applicabili indipendentemente dal fatto che il loro destinatario abbia commesso un reato o un quasi reato (reato putativo, reato impossibile, accordo o istigazione per commetterlo) e in questo si distinguono dalle misure di sicurezza. Le misure di prevenzione possono essere disposte nei confronti di: coloro che siano indiziati di appartenere ad associazioni mafiose; coloro che, in base a elementi concreti, si ritenga siano abitualmente dediti a traffici delittuosi (ad es., una persona sospettata di essere un ricettatore); coloro che, in base a elementi concreti, si ritenga che vivano abitualmente con i proventi di attività delittuose (ad es., una persona sospettata di essere uno sfruttatore di prostitute); coloro che, in base a elementi concreti, si ritenga siano dediti alla commissione di reati che mettano in pericolo l'integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica (ad es., una persona sospettata di pedofilia).

La misura di prevenzione più lieve è l’avviso orale, un invito a cambiare comportamento rivolto dal questore all'interessato. Se, nonostante l’avviso, il soggetto non ha mutato condotta, ovvero risulta comunque pericoloso per la sicurezza pubblica, possono essere applicate le ulteriori misure previste dall’art. 3 della legge n. 1423/1956, ovvero:

a) sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, che comporta una serie di obblighi simili a quelli della libertà vigilata;

b) divieto o obbligo di soggiorno in uno o più comuni.

 

§         provvedimento definitivo di applicazione di una misura di prevenzione, che costituisce causa ostativa all’esercizio di una serie di attività ai sensi dell’art. 10 della legge n. 575 del 1965[30] (lett. a);

 

Il suddetto articolo 10 elenca una serie di iscrizioni o provvedimenti a contenuto autorizzatorio, concessorio, o abilitativo per lo svolgimento di attività imprenditoriali che non possono essere ottenuti da persone alle quali sia stata applicata con provvedimento definitivo una misura di prevenzione (si tratta di licenze o autorizzazioni di polizia e di commercio, di concessioni per l’esercizio di attività imprenditoriali, di concessioni di costruzione e di servizi pubblici, dell’iscrizione in alcuni albi, di finanziamenti o altre erogazioni pubbliche, per lo svolgimento di attività imprenditoriali).

Si ricorda che ai sensi del comma 4 dell’articolo 10 le cause ostative operano anche nei confronti di chiunque conviva con la persona sottoposta alla misura di prevenzione nonché nei confronti di imprese, associazioni, società e consorzi di cui la persona sottoposta a misura di prevenzione sia amministratore o determini in qualsiasi modo scelte e indirizzi. In tal caso i divieti sono efficaci per un periodo di cinque anni.

 

§         condanna passata in giudicato ovvero sentenza di patteggiamento per reati che incidono sulla moralità professionale (lett. b);

 

L’assenza di condanne o sentenze patteggiate per reati che incidono sulla moralità professionale è un requisito tradizionalmente richiesto per la partecipazione agli appalti pubblici (si ricordano, ad esempio, l’art. 17 del D.P.R. n. 34 del 2000 e, ora, l’art. 38, comma 1, lett. c) del Codice dei lavori pubblici). In merito, la ratio della norma è evidentemente quella di evitare che un appalto di lavori pubblici venga affidato a colui che abbia commesso reati lesivi di quegli stessi interessi collettivi che, in veste di aggiudicatario, sarebbe poi in qualche misura chiamato a realizzare e comunque a tutelare. Al riguardo l’Autorità di vigilanza sui lavori pubblici (Determinazione n. 56 del 13 dicembre 2000) ha ritenuto che influiscono sull’affidabilità morale e professionale del contraente i reati contro la P.A., l’ordine pubblico, la fede pubblica ed il patrimonio solo se relativi a fatti la cui natura e contenuto siano idonei ad incidere negativamente sul rapporto fiduciario con la stazione appaltante per la loro inerenza alle specifiche obbligazioni dedotte in contratto.

 

§         condanna passata in giudicato per illecita concorrenza con minaccia o violenza, ex art. 513-bis c.p. (lett. b);

 

L’articolo 513-bis del codice penale sanziona con la reclusione da 2 a 6 anni chiunque, nell'esercizio di un'attività commerciale, industriale o comunque produttiva, compie atti di concorrenza con violenza o minaccia (comma 1). La pena è aumentata se gli atti di concorrenza riguardano un'attività finanziata in tutto o in parte ed in qualsiasi modo dallo Stato o da altri enti pubblici (comma 2).

Si tratta di un delitto introdotto nel codice dalla c.d. legge Rognoni-La Torre (legge n. 646 del 1982) per adeguare, nella lotta contro la mafia, gli strumenti normativi ai differenti modelli operativi delle associazioni criminali, che penetrano nelle attività economiche e produttive, attraverso forme d'intimidazione, al fine di ottenerne il controllo o, comunque, condizionarne la gestione.

 

§         condanna passata in giudicato per reati concernenti la violazione di norme in materia di lavoro, di previdenza e di prevenzione e sicurezza sui luoghi di lavoro (lett. b);

 

§         condanna passata in giudicato a pena detentiva superiore a due anni per delitti commessi nell’esercizio dell’attività edile (di cui all’art. 3, comma 1).

 

Si segnala che le proposte di legge equiparano alla sentenza definitiva di condanna il patteggiamento (ovvero l’applicazione della pena su richiesta delle parti, ai sensi dell’art. 444 c.p.p.) solo per i reati che incidono sulla moralità professionale; in tutti gli altri casi il requisito di onorabilità viene meno solo con la sentenza di condanna passata in giudicato.

 

§         notizie su protesti iscritti nel registro informatico.

 

L'articolo 3-bis del D.L. n. 381 del 1995[31] ha istituito il registro informatico dei protesti, tenuto dalle camere di commercio, al fine di accrescere il livello di certezza e trasparenza dei rapporti commerciali; le modalità di attuazione del registro sono state indicate dal D.M. 9 agosto 2000, n. 316.

In sintesi, i pubblici ufficiali abilitati redigono, su supporto cartaceo o informatico, l'elenco dei protesti da essi levati; gli elenchi sono trasmessi al presidente del tribunale e alle Camere di commercio che procedono alla pubblicazione mediante iscrizione nel registro informatico. Le notizie dei protesti sono conservate nel registro informatico per cinque anni dalla data di iscrizione.

Il registro informatico è accessibile al pubblico: la consultazione ha luogo su scala nazionale ed è effettuata sui terminali delle camere di commercio o sui terminali remoti degli utenti collegati tramite il sistema informativo delle camere di commercio. La ricerca delle notizie dei protesti avviene in base al nome del soggetto nei cui confronti il protesto è stato levato o che ha effettuato il rifiuto di pagamento. La camera di commercio rilascia, a richiesta dell'interessato, certificazione dell'esito della ricerca.

 

Infine, in merito al possesso di tali requisiti, si osserva che alcuni di essi corrispondono sostanzialmente ai requisiti di ordine generale occorrenti per la qualificazione richiesta agli esecutori dei lavori pubblici, ai sensi dell’art. 17 del D.P.R. n. 34 del 2000.

Si ricorda che con il D.P.R. n. 34 è stato istituito il sistema di qualificazione per gli esecutori di lavori pubblici e che le sue disposizioni continuano ad applicarsi fino all’entrata in vigore del regolamento di esecuzione e di attuazione previsto dall’art. 5 del decreto legislativo n. 163 del 2006 (cd. Codice appalti) che a tutt’oggi non risulta ancora emanato. Il Codice ha infatti definito (Capo II della Parte II, artt. 34-52) una serie di requisiti per i partecipanti alle procedure di affidamento dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture nei settori ordinari. Ai sensi dell’art. 5, comma 5, lett. g), il regolamento dovrà dettare le relative disposizioni di attuazione ed esecuzione, compresa la regolarità contributiva attestata dal documento unico[32], le certificazioni di qualità, nonché la qualificazione degli operatori economici, anche prevedendo misure incentivanti volte ad attenuare i costi della qualificazione per le piccole e medie imprese.

In particolare, agli articoli 17 e 18 del D.P.R. n. 34, è prevista una serie di requisiti di ordine generale e di ordine speciale che devono essere posseduti dalle imprese che partecipano alle gare per l’aggiudicazione di lavori pubblici. Inoltre l’art. 17, comma 2, del D.P.R. prevede che sia l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici a stabilire quale sia la documentazione richiesta ai soggetti che intendono qualificarsi per la dimostrazione del possesso dei requisiti d’ordine generale previsti.

 

Si rileva che non viene indicato l’organo o l’ente che dovrà stabilire, con propri provvedimenti, la documentazione da presentare per comprovare l’esistenza dei requisiti necessari alla qualificazione.


Art. 6
(Capacità organizzativa e finanziaria)

L’articolo 6 delle proposte di legge, prevede, altresì, alcuni requisiti di capacità organizzativa e finanziaria ai fini dell'esercizio dell'impresa.

 

Si tratta, in particolare, di:

 

-            disponibilità di attrezzature e di mezzi d'opera adeguati in relazione ai lavori di pertinenza e di competenza, da dimostrare mediante idonea documentazione rilasciata da parte di venditori, locatori o noleggianti;

Si ricorda, in proposito, che l’art. 18 del DPR n. 34 del 2000 relativo ai requisiti di ordine speciale, prevede, tra l’altro, il requisito di adeguata idoneità tecnica e organizzativa accanto a quello di adeguata dotazione di attrezzature tecniche.

 

-            disponibilità di risorse finanziarie in misura adeguata all'esercizio dell'attività da intraprendere, da dimostrare mediante attestazione rilasciata da parte di un istituto bancario o finanziario, secondo criteri e modalità da stabilire con decreto del Ministro dello sviluppo economico, sentito il Ministro delle infrastrutture (comma 3).

Ai sensi dell’art. 18 del DPR n. 34 del 2000 l’adeguata capacità economica e finanziaria è dimostrata: a) da idonee referenze bancarie; b) dalla cifra di affari, determinata secondo quanto previsto all'art. 22, realizzata con lavori svolti mediante attività diretta ed indiretta non inferiore al 100% degli importi delle qualificazioni richieste nelle varie categorie; c) limitatamente ai soggetti tenuti alla redazione del bilancio, dal capitale netto, costituito dal totale della lettera A) del passivo di cui all'articolo 2424 del codice civile, riferito all'ultimo bilancio approvato, di valore positivo.

 

Ai sensi del comma 2, entro tre mesi dall'avvio dell'esercizio d'impresa devono essere presentate la copia quietanzata delle fatture di acquisto o del contratto di locazione delle attrezzature e dei mezzi d'opera, ovvero un'apposita attestazione recante l'indicazione dei noleggianti di cui l'impresa intende avvalersi per la stipula di contratti di noleggio relativi all'impiego delle attrezzature e dei mezzi d'opera in conformità alle disposizioni vigenti, nonché la documentazione attestante la sussistenza della disponibilità economica.

 

Con riferimento al comma in commento, si osserva che occorrerebbe definire il soggetto al quale  presentare la documentazione cui si fa riferimento, nonché le procedure dirette alla verifica dei requisiti, che potrebbero contemplare, oltre che il controllo della documentazione richiesta ai fini del possesso dei requisiti previsti, anche l’accesso diretto alle strutture aziendali dell'impresa, considerando il fatto che vengono previste delle sanzioni, tra l’altro, per il mancato possesso dei citati requisiti dal successivo art. 8.

 

Per quanto riguarda per gli esecutori dei lavori pubblici, si ricorda che il controllo dei requisiti previsti dal citato DPR n. 34 del 2000, è affidato alle SOA (Società Organismi di Attestazione). Le SOA, organismi di diritto privato costituite secondo i criteri dettati dal citato DPR ed autorizzate dall’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici, svolgono l’attività di attestazione sulla qualificazione dell’impresa e rilasciano il relativo attestato di qualificazione. Ai sensi dell’art. 6 del Codice appalti, l’Autorità vigila sul sistema di qualificazione, e può annullare, in caso di constatata inerzia degli organismi di attestazione, le attestazioni rilasciate in difetto dei presupposti stabiliti dalle norme vigenti, nonché sospendere, in via cautelare, dette attestazioni.


Art. 7
(Competenze delle regioni)

L’articolo 7 delle proposte di legge prevede che con accordo sancito dalla Conferenza Stato-regioni, sentite le organizzazioni di categoria maggiormente rappresentative a livello nazionale:

 

-            siano identificate le varie categorie di diplomi o titoli equivalenti previsti dal vigente sistema formativo scolastico, tecnico-professionale, secondario superiore, tecnico-superiore ed universitario inerenti le attività professionali in edilizia;

 

-            siano individuati gli standard professionali di competenza in funzione dell'integrazione dei sistemi territoriali di istruzione e formazione e ai fini del rilascio dei diplomi e degli attestati di idoneità professionale in maniera uniforme sul territorio nazionale;

 

-            siano definiti i criteri generali per la programmazione dei percorsi di istruzione e formazione professionale e imprenditoriale e per l'individuazione dei contenuti tecnico-culturali dei programmi dei corsi e delle prove di esame. In tale ambito è inoltre previsto che vengano definite apposite aree di insegnamento tra quelle di cultura generale, di conoscenza scientifica, professionale e di carattere tecnico, nonché di organizzazione e gestione imprenditoriali e di diritto e legislazione, con specifico riguardo alle materie dell'urbanistica e dell'edilizia, del lavoro e delle relazioni sindacali, della sicurezza, della prevenzione e della protezione dei rischi negli ambienti di lavoro, dell'accesso al mercato, della concorrenza, degli appalti e della tutela dei consumatori

 

-            siano adottati i criteri per l'organizzazione di corsi di specializzazione e di corsi obbligatori di aggiornamento professionale finalizzati ad elevare o a riqualificare il livello di competenza degli operatori già abilitati, in relazione alle nuove tecniche di lavorazione e all'evoluzione dei materiali e delle attrezzature, specie con riferimento alla bioedilizia e all'edilizia ecosostenibile.

 

Il comma 2 attribuisce alle regioni il compito di stabilire, in coerenza con i criteri sanciti dall'accordo, i relativi percorsi di istruzione e formazione professionale secondo i livelli essenziali di cui al capo III del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, e i contenuti tecnico-culturali dei programmi dei corsi e delle prove di esame previsti all'articolo 4 delle pdl in esame.

Con riferimento ai commi 1 e 2, sembrerebbe opportuno un coordinamento con la disciplina generale dei percorsi di istruzione e formazione professionale recata, in particolare, dall’art. 27 del d.lgs. n. 226 del 2005. Con riferimento specifico al comma 1, lett. a), sembrerebbe, inoltre, opportuno semplificare i riferimenti ivi riportati. Ciò, in considerazione del fatto che il sistema di istruzione secondaria superiore è parte del sistema scolastico italiano e include, come si è visto nel commento relativo all’art. 4, gli istituti tecnici e gli istituti professionali.

 

Il comma 3 attribuisce altresì alle regioni la potestà di adottare provvedimenti per favorire lo sviluppo economico e professionale del settore, tenendo conto delle esigenze del contesto urbano e territoriale, e di definire i criteri per l'esercizio delle funzioni amministrative dei comuni, nel rispetto dei princìpi di autocertificazione, semplificazione e unificazione dei procedimenti amministrativi.

 

Ai sensi del comma 4, in tale ambito le regioni perseguono i seguenti obiettivi:

 

-            assicurare la migliore qualità dei servizi per l'utilizzatore finale, , anche attraverso l'adozione di protocolli d'intesa condivisi con le imprese per il tramite delle organizzazioni maggiormente rappresentative del settore dell'edilizia;

 

-            promuovere, d'intesa e in collaborazione con le organizzazioni rappresentative del settore, azioni finalizzate allo sviluppo e all'implementazione dei requisiti di sicurezza e salute per gli addetti al settore;

 

-            favorire condizioni di equilibrato sviluppo del settore, rendendo compatibile l'impatto territoriale e ambientale dell'insediamento delle imprese.

 


Art. 8
(Sanzioni)

L’articolo 8 delle proposte di legge delinea il seguente quadro delle sanzioni amministrative previste per l’esercizio dell’attività edile in violazione della legge.

 

 

Art. 8, comma

Autore illecito

Condotta

Sanzione amministrativa

1

Colui che svolge attività edile…


…senza iscrizione nell’albo delle imprese artigiane o nel registro delle imprese

da 1.000 a 10.000 euro

2

Colui che svolge attività edile…


…in assenza dei requisiti previsti dagli artt. 2, 4, 5 e 6

da 750 a 7.500 euro

3

Colui che svolge attività edile…


…violando per più di tre volte, in ipotesi di particolare gravità, le disposizioni sanzionate dai commi 1 e 2

(su proposta delle autorità competenti) sospensione temporanea dell’iscrizione nel registro delle imprese o nell’albo

4

Il committente…

…che affida lo svolgimento di attività edili a imprese non abilitate

da 500 a 5.000 euro

 

In base al comma 1, la sanzione prevista per l’esercizio dell’attività edile in assenza di iscrizione nell’albo delle imprese artigiane (da 1.000 a 10.000 euro) concorre con le sanzioni previste in generale dalla normativa di settore per l’omessa iscrizione in tale albo.

 

Ai sensi dell’articolo 5 della legge 8 agosto 1985 n. 443 (legge quadro per l’artigianato) tutte le imprese in possesso dei requisiti per essere considerate artigiane (stabiliti dalla stessa legge-quadro), sono tenute obbligatoriamente ad iscriversi all'Albo provinciale delle imprese artigiane, istituito nel 1956 ed attualmente regolato dalla stessa legge 443 e dalle relative leggi regionali. L'obbligo non sussiste per le società a responsabilità limitata con pluralità di soci, per le quali l'iscrizione è facoltativa.

La mancata iscrizione all’Albo è punita, ai sensi del comma 9 del citato articolo 5, con una sanzione, inflitta dall'autorità amministrativa regionale competente, consistente nel pagamento di una somma di denaro fino a lire cinque milioni (euro 2.582,28), nel rispetto delle norme e dei principi di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale). La legge-quadro si limita a fissare un termine massimo, lasciando alle singole leggi regionali il compito di stabilire le sanzioni e i relativi importi minimo e massimo.

 

Per quanto riguarda l’autorità competente all’irrogazione della sanzione, il comma 5 la individua nelle Camere di commercio. La stessa disposizione chiarisce che l’irrogazione della sanzione amministrativa pecuniaria dovrà avvenire nel rispetto del procedimento delineato dalla legge n. 689 del 1981[33].

 

Tale legge stabilisce che nel determinare l'ammontare della sanzione amministrativa pecuniaria, l'autorità deve valutare la gravità della violazione, l'attività svolta dall'autore per eliminare o attenuarne le conseguenze, le sue condizioni economiche e la sua personalità (artt. 10 e 11).

L'applicazione della sanzione avviene secondo il seguente procedimento:

-         accertamento, contestazione-notifica al trasgressore;

-         pagamento in misura ridotta o inoltro di memoria difensiva all’autorità amministrativa:

-         archiviazione o emanazione di ordinanza ingiunzione di pagamento da parte dell’autorità amministrativa;

-         eventuale opposizione all’ordinanza ingiunzione davanti all’autorità giudiziaria (giudice di pace o tribunale);

-         accoglimento dell’opposizione, anche parziale o rigetto (sentenza ricorribile per cassazione);

-         eventuale esecuzione forzata per la riscossione delle somme.

Dal punto di vista procedimentale, occorre innanzitutto che la violazione sia accertata dagli organi di controllo competenti o dalla polizia giudiziaria (art. 13).

La violazione dev'essere immediatamente contestata o comunque notificata al trasgressore entro 90 giorni (art. 14); entro i successivi 60 giorni l'autore può conciliare pagando una somma ridotta pari alla terza parte del massimo previsto o pari al doppio del minimo (cd. oblazione o pagamento in misura ridotta, art. 16).

In caso contrario, egli può, entro 30 giorni, presentare scritti difensivi all'autorità competente; quest'ultima, dopo aver esaminato i documenti e le eventuali memorie presentate, se ritiene sussistere la violazione contestata determina l'ammontare della sanzione con ordinanza motivata e ne ingiunge il pagamento (cd. ordinanza-ingiunzione, art. 18).

Entro 30 giorni dalla sua notificazione l'interessato può presentare opposizione all’ordinanza ingiunzione (che, salvo eccezioni, non sospende il pagamento), inoltrando ricorso all’autorità giudiziaria competente: l'esecuzione dell'ingiunzione non viene sospesa e il giudizio che con esso si instaura si può concludere o con un'ordinanza di convalida del provvedimento o con sentenza di annullamento o modifica del provvedimento; contro tale sentenza è ammesso solo ricorso per cassazione (art. 23). Il giudice ha piena facoltà sull'atto, potendo o annullarlo o modificarlo, sia per vizi di legittimità che di merito.

In caso di condizioni economiche disagiate del trasgressore, l’autorità che ha applicato la sanzione può concedere la rateazione del pagamento (art. 26)

Decorso il termine fissato dall’ordinanza ingiunzione, in assenza del pagamento, l’autorità che ha emesso il provvedimento procede alla riscossione delle somme dovute con esecuzione forzata in base alle norme previste per l’esazione delle imposte dirette (art. 27). Il termine di prescrizione delle sanzioni amministrative pecuniarie è di 5 anni dal giorno della commessa violazione (art. 28).

 

Il comma 5 precisa che nel determinare l’entità della sanzione all’interno del minimo e massimo previsto dal legislatore, l’autorità competente dovrà tener conto:

-         della complessità dei lavori eseguiti;

-         del grado di pericolosità degli stessi;

-         di ogni altra circostanza oggettiva e soggettiva della violazione.

 

Ai sensi del comma 6, gli importi delle sanzioni amministrative pecuniarie previste dall’articolo 8 dovranno essere aggiornati ogni 5 anni con decreto del Ministro dello sviluppo economico, tenendo conto degli indici ISTAT.

 


Art. 9
(Disposizioni finali)

Con l'articolo 9 si stabilisce che le disposizioni sull'accesso alle attività professionali in edilizia, di cui al capo III (artt. 3-8), divengono efficaci dalla data indicata dalle relative disposizioni di attuazione emanate dalle regioni.

 


Normativa di riferimento

 


Costituzione della Repubblica italiana. (artt. 41, 117 e 120)

La Costituzione fu approvata dall'Assemblea Costituente il 22 dicembre 1947, promulgata dal Capo provvisorio dello Stato il 27 dicembre 1947, pubblicata nella Gazz. Uff. 27 dicembre 1947, n. 298, ediz. straord., ed entrò in vigore il 1° gennaio 1948. Vedi XVIII disp. trans. fin., comma primo.

(omissis)

41. L'iniziativa economica privata è libera.

Non può svolgersi in contrasto con la utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.

La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali (36).

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(36)  Vedi art. 43.

(omissis)

117.  La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali .

Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie:

a) politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato con l'Unione europea; diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea;

b) immigrazione;

c) rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose;

d) difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi;

e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza; sistema valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; perequazione delle risorse finanziarie;

f) organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione del Parlamento europeo;

g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali;

h) ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale;

i) cittadinanza, stato civile e anagrafi;

l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa;

m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale;

n) norme generali sull'istruzione;

o) previdenza sociale;

p) legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane;

q) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale;

r) pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale; opere dell'ingegno;

s) tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali .

Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: rapporti internazionali e con l'Unione europea delle Regioni; commercio con l'estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia; previdenza complementare e integrativa; armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale. Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei princìpi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato .

Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato .

Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvedono all'attuazione e all'esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell'Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza.

La potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salva delega alle Regioni. La potestà regolamentare spetta alle Regioni in ogni altra materia. I Comuni, le Province e le Città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell'organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite.

Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive.

La legge regionale ratifica le intese della Regione con altre Regioni per il migliore esercizio delle proprie funzioni, anche con individuazione di organi comuni .

Nelle materie di sua competenza la Regione può concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato (165).

 

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(165)  Articolo così sostituito dall'art. 3, L.Cost. 18 ottobre 2001, n. 3. Per l'attuazione del presente articolo vedi la L. 5 giugno 2003, n. 131 e il D.Lgs. 24 aprile 2006, n. 208.

(omissis)

120.  La Regione non può istituire dazi di importazione o esportazione o transito tra le Regioni, né adottare provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle cose tra le Regioni (168), né limitare l'esercizio del diritto al lavoro in qualunque parte del territorio nazionale.

Il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di pericolo grave per l'incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell'unità giuridica o dell'unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali. La legge definisce le procedure atte a garantire che i poteri sostitutivi siano esercitati nel rispetto del principio di sussidiarietà e del principio di leale collaborazione (169).

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(168)  Vedi art. 16, comma primo.

(169)  Articolo così sostituito dall'art. 6, L.Cost. 18 ottobre 2001, n. 3. Per l'attuazione del presente articolo vedi l'art. 8, L. 5 giugno 2003, n. 131.

 


Codice Penale (art. 513-bis)

 

513-bis. Illecita concorrenza con minaccia o violenza.

Chiunque nell'esercizio di un'attività commerciale, industriale o comunque produttiva, compie atti di concorrenza con violenza o minaccia è punito con la reclusione da due a sei anni.

La pena è aumentata se gli atti di concorrenza riguardano un'attività finanziaria in tutto o in parte ed in qualsiasi modo dallo Stato o da altri enti pubblici (1).

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(1) Articolo aggiunto dall'art. 8, L. 13 settembre 1982, n. 646, in materia di misure di prevenzione di carattere patrimoniale. Le pene stabilite per i delitti previsti in questo articolo sono aumentate da un terzo alla metà se il fatto è commesso da persona sottoposta con provvedimento definitivo ad una misura di prevenzione durante il periodo previsto di applicazione e sino a tre anni dal momento in cui ne è cessata l'esecuzione (art. 7, L. 31 maggio 1965, n. 575, recante disposizioni contro la mafia, come modificato dall'art. 7, L. 11 agosto 2003, n. 228). Il delitto previsto in questo articolo, consumato o tentato, è attribuito al tribunale in composizione collegiale, ai sensi dell'art. 33-bis del codice di procedura penale, a decorrere dalla sua entrata in vigore.

 


Codice di Procedura Penale (art. 444)

 

444. Applicazione della pena su richiesta.

1. L'imputato e il pubblico ministero possono chiedere al giudice l'applicazione, nella specie e nella misura indicata, di una sanzione sostitutiva o di una pena pecuniaria, diminuita fino a un terzo, ovvero di una pena detentiva quando questa, tenuto conto delle circostanze e diminuita fino a un terzo, non supera cinque anni soli o congiunti a pena pecuniaria (2).

1-bis. Sono esclusi dall'applicazione del comma 1 i procedimenti per i delitti di cui all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, i procedimenti per i delitti di cui agli articoli 600-bis, primo e terzo comma, 600-quater, primo, secondo, terzo e quinto comma, 600-quater, secondo comma, 600-quater.1, relativamente alla condotta di produzione o commercio di materiale pornografico, 600-quinquies, nonché 609-bis, 609-ter, 609-quater e 609-octies del codice penale, nonché quelli contro coloro che siano stati dichiarati delinquenti abituali, professionali e per tendenza, o recidivi ai sensi dell'articolo 99, quarto comma, del codice penale, qualora la pena superi due anni soli o congiunti a pena pecuniaria (3).

2. Se vi è il consenso anche della parte che non ha formulato la richiesta e non deve essere pronunciata sentenza di proscioglimento a norma dell'articolo 129, il giudice, sulla base degli atti, se ritiene corrette la qualificazione giuridica del fatto, l'applicazione e la comparazione delle circostanze prospettate dalle parti, nonché congrua la pena indicata, ne dispone con sentenza l'applicazione enunciando nel dispositivo che vi è stata la richiesta delle parti [c.p.p. 445]. Se vi è costituzione di parte civile, il giudice non decide sulla relativa domanda; l'imputato è tuttavia condannato al pagamento delle spese sostenute dalla parte civile, salvo che ricorrano giusti motivi per la compensazione totale o parziale. Non si applica la disposizione dell'articolo 75, comma 3 (4).

3. La parte, nel formulare la richiesta, può subordinarne l'efficacia, alla concessione della sospensione condizionale della pena [c.p. 163]. In questo caso il giudice, se ritiene che la sospensione condizionale non può essere concessa, rigetta la richiesta (5).

 

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(1) Le disposizioni relative all'applicazione della pena su richiesta delle parti non si applicano al procedimento penale davanti al giudice di pace, ai sensi dell'art. 2, D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274. Vedi gli artt. 53 e sgg., L. 24 novembre 1981, n. 689, di modifica del sistema penale.

(2) Gli attuali commi 1 e 1-bis così sostituiscono l'originario comma 1 ai sensi di quanto disposto dall'art. 1, L. 12 giugno 2003, n. 134. Vedi, anche, l'art. 5 della stessa legge.

Il testo del comma 1 precedentemente in vigore era il seguente: «1. L'imputato e il pubblico ministero possono chiedere al giudice l'applicazione, nella specie e nella misura indicata, di una sanzione sostitutiva o di una pena pecuniaria, diminuita fino a un terzo, ovvero di una pena detentiva quando questa, tenuto conto delle circostanze e diminuita fino a un terzo, non supera due anni di reclusione o di arresto, soli o congiunti a pena pecuniaria». Di tale formulazione la Corte costituzionale, con sentenza 1-6 aprile 1993, n. 141 (Gazz. Uff. 14 aprile 1993, n. 16 - Prima serie speciale), aveva dichiarato non fondata la questione di legittimità, in riferimento all'art. 76 Cost.

(3) Gli attuali commi 1 e 1-bis così sostituiscono l'originario comma 1 ai sensi di quanto disposto dall'art. 1, L. 12 giugno 2003, n. 134. Vedi, anche, l'art. 5 della stessa legge. Successivamente il comma 1-bis è stato così modificato dall'art. 11, L. 6 febbraio 2006, n. 38.

Il testo del comma 1-bis precedentemente in vigore era il seguente: «1-bis. Sono esclusi dall'applicazione del comma 1 i procedimenti per i delitti di cui all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, nonché quelli contro coloro che siano stati dichiarati delinquenti abituali, professionali e per tendenza, o recidivi ai sensi dell'articolo 99, quarto comma, del codice penale, qualora la pena superi due anni soli o congiunti a pena pecuniaria.».

(4) Comma così sostituito dall'art. 32, L. 16 dicembre 1999, n. 479. Il testo precedentemente in vigore così disponeva: «2. Se vi è il consenso anche della parte che non ha formulato la richiesta e non deve essere pronunciata sentenza di proscioglimento a norma dell'articolo 129, il giudice, sulla base degli atti, se ritiene che la qualificazione giuridica del fatto e l'applicazione e la comparizione delle circostanze prospettate dalle parti sono corrette, dispone con sentenza l'applicazione della pena indicata, enunciando nel dispositivo che vi è stata la richiesta delle parti. Se vi è costituzione di parte civile, il giudice non decide sulla relativa domanda; non si applica la disposizione dell'articolo 75 comma 3.». Di tale formulazione la Corte costituzionale, con sentenza 26 giugno-2 luglio 1990, n. 313 (Gazz. Uff. 4 luglio 1990, n. 27 - Prima serie speciale), ha dichiarato: a) l'illegittimità dell'art. 444, secondo comma, c.p.p., nella parte in cui non prevede che, ai fini e nei limiti di cui all'art. 27, terzo comma, della Costituzione, il giudice possa valutare la congruità della pena indicata dalle parti, rigettando la richiesta in ipotesi di sfavorevole valutazione; b) non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità dell'art. 444, c.p.p., in riferimento agli artt. 101, secondo comma, 102, secondo comma, 13, primo comma, 24, secondo comma, 27, secondo comma e 111, primo comma, Cost.; c), non fondata la questione di legittimità dell'art. 444 c.p.p., in riferimento all'art. 101, secondo comma, Cost.

La stessa Corte con sentenza 26 settembre-12 ottobre 1990, n. 443 (Gazz. Uff. 17 ottobre 1990, n. 41 - Prima serie speciale), ha dichiarato: a) l'illegittimità dell'art. 444, secondo comma, secondo periodo, c.p.p., nella parte in cui non prevede che il giudice condanni l'imputato al pagamento delle spese processuali in favore della parte civile, salvo che ritenga di disporre, per giusti motivi, la compensazione totale o parziale; b) non fondate le altre questioni di legittimità dell'art. 444, secondo comma, secondo periodo, c.p.p., in riferimento agli artt. 24, primo comma, 25, primo comma, e 3 Cost.; con altra sentenza 1-10 giugno 1992, n. 266 (Gazz. Uff. 17 giugno 1992, n. 26 - Prima serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 444 e 448 del c.p.p., in riferimento all'art. 3 Cost. Successivamente, con sentenza 2-16 dicembre 1993, n. 439 (Gazz. Uff. 22 dicembre 1993, n. 52 - Prima serie speciale), ha dichiarato, tra l'altro, l'illegittimità costituzionale dell'art. 34, secondo comma, c.p.p., nella parte in cui non prevede l'incompatibilità a partecipare al giudizio abbreviato del giudice per le indagini preliminari che abbia rigettato la richiesta di applicazione di pena concordata di cui all'art. 444 dello stesso codice e non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 34 e 444, c.p.p., in relazione all'art. 248 disp.att.c.p.p. (D.Lgs. 28 luglio 1989, n. 271), ed all'art. 61 c.p.p. 1930, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost.

(5) Vedi, anche, l'art. 15, L. 19 marzo 1990, n. 55, come modificato dall'art. 1, L. 13 dicembre 1999, n. 475.

 


L. 27  dicembre 1956 n. 1423
Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità. (art. 3)

Pubblicata nella Gazz. Uff. 31 dicembre 1956, n. 327.

(omissis)

3.  Alle persone indicate nell'art. 1 che non abbiano cambiato condotta nonostante l'avviso orale di cui all'articolo 4, quando siano pericolose per la sicurezza pubblica, può essere applicata, nei modi stabiliti negli articoli seguenti, la misura di prevenzione della sorveglianza speciale della pubblica sicurezza (7).

Alla sorveglianza speciale può essere aggiunto ove le circostanze del caso lo richiedano il divieto di soggiorno in uno o più comuni, diversi da quelli di residenza o di dimora abituale o in una o più Province (8).

Nei casi in cui le altre misure di prevenzione non sono ritenute idonee alla tutela della sicurezza pubblica può essere imposto l'obbligo di soggiorno nel comune di residenza o di dimora abituale (9) (10).

[Il soggiorno obbligatorio è disposto in un comune o frazione di esso con popolazione non superiore ai 5 mila abitanti lontano da grandi aree metropolitane, tale da assicurarne un efficace controllo delle persone sottoposte alla misura di prevenzione e che sia sede di un ufficio di polizia] (11) (12).

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(7)  Comma così sostituito dall'art. 4, L. 3 agosto 1988, n. 327.

(8)  Comma così modificato dall'art. 1, L. 24 luglio 1993, n. 256.

(9)  Comma così sostituito dall'art. 4, L. 3 agosto 1988, n. 327.

(10)  La Corte costituzionale, con ordinanza 23 febbraio-6 marzo 1995, n. 83 (Gazz. Uff. 15 marzo 1995, n. 11, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale del combinato disposto dell'art. 2 della L. 31 maggio 1965, n. 575 - come modificato dall'art. 1 della L. 24 luglio 1993, n. 256 - e degli artt. 3, terzo comma, e 7, secondo comma, della L. 27 dicembre 1956, n. 1423, sollevata in riferimento agli artt. 1, primo comma, 4, 24, 27, secondo comma e 111 della Costituzione.

(11)  Comma abrogato dall'art. 4, L. 3 agosto 1988, n. 327.

(12)  La Corte costituzionale, con ordinanza 7-20 aprile 2004, n. 124 (Gazz. Uff. 28 aprile 2004, n. 17, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 3 sollevata in riferimento all'art. 27, terzo comma, della Costituzione.

 


L. 31 maggio 1965 n. 575
Disposizioni contro la mafia. (art. 10)

Pubblicata nella Gazz. Uff. 5 giugno 1965, n. 138.

(omissis)

10.  1. Le persone alle quali sia stata applicata con provvedimento definitivo una misura di prevenzione non possono ottenere:

a) licenze o autorizzazioni di polizia e di commercio;

b) concessioni di acque pubbliche e diritti ad esse inerenti nonché concessioni di beni demaniali allorché siano richieste per l'esercizio di attività imprenditoriali;

c) concessioni di costruzione, nonché di costruzione e gestione di opere riguardanti la pubblica amministrazione e concessioni di servizi pubblici;

d) iscrizioni negli albi di appaltatori o di fornitori di opere, beni e servizi riguardanti la pubblica amministrazione e nell'albo nazionale dei costruttori, nei registri della camera di commercio per l'esercizio del commercio all'ingrosso e nei registri di commissionari astatori presso i mercati annonari all'ingrosso;

e) altre iscrizioni o provvedimenti a contenuto autorizzatorio, concessorio, o abilitativo per lo svolgimento di attività imprenditoriali, comunque denominati;

f) contributi, finanziamenti o mutui agevolati ed altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità europee, per lo svolgimento di attività imprenditoriali.

2. Il provvedimento definitivo di applicazione della misura di prevenzione determina la decadenza di diritto dalle licenze, autorizzazioni, concessioni, iscrizioni, abilitazioni ed erogazioni di cui al comma 1, nonché il divieto di concludere contratti di appalto, di cottimo fiduciario, di fornitura di opere, beni o servizi riguardanti la pubblica amministrazione e relativi subcontratti, compresi i cottimi di qualsiasi tipo, i noli a caldo e le forniture con posa in opera. Le licenze, le autorizzazioni e le concessioni sono ritirate e le iscrizioni sono cancellate a cura degli organi competenti.

3. Nel corso del procedimento di prevenzione, il tribunale, se sussistono motivi di particolare gravità, può disporre in via provvisoria i divieti di cui ai commi 1 e 2 e sospendere l'efficacia delle iscrizioni, delle erogazioni e degli altri provvedimenti ed atti di cui ai medesimi commi. Il provvedimento del tribunale può essere in qualunque momento revocato dal giudice procedente e perde efficacia se non è confermato con il decreto che applica la misura di prevenzione.

4. Il tribunale dispone che i divieti e le decadenze previsti dai commi 1 e 2 operino anche nei confronti di chiunque conviva con la persona sottoposta alla misura di prevenzione nonché nei confronti di imprese, associazioni, società e consorzi di cui la persona sottoposta a misura di prevenzione sia amministratore o determini in qualsiasi modo scelte e indirizzi. In tal caso i divieti sono efficaci per un periodo di cinque anni (80).

5. Per le licenze ed autorizzazioni di polizia, ad eccezione di quelle relative alle armi, munizioni ed esplosivi, e per gli altri provvedimenti di cui al comma 1 le decadenze e i divieti previsti dal presente articolo possono essere esclusi dal giudice nel caso in cui per effetto degli stessi verrebbero a mancare i mezzi di sostentamento all'interessato e alla famiglia (81) (82).

5-bis. Salvo che si tratti di provvedimenti di rinnovo, attuativi o comunque conseguenti a provvedimenti già disposti, ovvero di contratti derivati da altri già stipulati dalla pubblica amministrazione, le licenze, le autorizzazioni, le concessioni, le erogazioni, le abilitazioni e le iscrizioni indicate nel comma 1 non possono essere rilasciate o consentite e la conclusione dei contratti o subcontratti indicati nel comma 2 non può essere consentita a favore di persone nei cui confronti è in corso il procedimento di prevenzione senza che sia data preventiva comunicazione al giudice competente, il quale può disporre, ricorrendone i presupposti, i divieti e le sospensioni previsti a norma del comma 3. A tal fine, i relativi procedimenti amministrativi restano sospesi fino a quando il giudice non provvede e, comunque, per un periodo non superiore a venti giorni dalla data in cui la pubblica amministrazione ha proceduto alla comunicazione (83).

5-ter. Le disposizioni dei commi 1, 2 e 4 si applicano anche nei confronti delle persone condannate con sentenza definitiva o, ancorché non definitiva, confermata in grado di appello, per uno dei delitti di cui all'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale (84) (85).

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(80)  La Corte costituzionale, con sentenza 13-20 novembre 2000, n. 510 (Gazz. Uff. 29 novembre 2000, n. 49, serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 10, comma 4, nel testo sostituito dall'art. 3 della legge 19 marzo 1990, n. 55, sollevata in riferimento agli artt. 3, 4, 24, 27 e 41 della Cost.

(81)  Articolo così sostituito prima dall'art. 19, L. 13 settembre 1982, n. 646, e poi dall'art. 3, L. 19 marzo 1990, n. 55.

(82) La Corte costituzionale, con ordinanza 25 febbraio-4 marzo 2008, n. 48 (Gazz. Uff. 27 febbraio 2008, n. 10, 1ª Serie speciale), ha dichiarato manifestamente inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 10, comma 5, sollevate in riferimento agli artt. 3, 4, 29, 32 e 35 della Costituzione.

(83)  Comma aggiunto dall'art. 20, D.L. 13 maggio 1991, n. 152.

(84)  Comma aggiunto dall'art. 22-bis, D.L. 8 giugno 1992, n. 306.

(85) Vedi, anche, il comma 3-bis dell'art. 15, L. 3 agosto 1988, n. 327 aggiunto dall'art. 11-bis, D.L. 23 maggio 2008, n. 92, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.


L. 24 novembre 1981, n. 689
Modifiche al sistema penale (artt. 1-31)

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 30 novembre 1981, n. 329, S.O.

(2)  La presente legge reca molteplici modificazioni al codice penale ed a quello di procedura penale.

(3)  La Corte costituzionale, con ordinanza 24 marzo-2 aprile 1999, n. 117 (Gazz. Uff. 14 aprile 1999, n. 15, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale della legge 24 novembre 1981, n. 689, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24 e 97 della Costituzione.

(4)  Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti istruzioni:

- E.N.P.A.L.S., Ente nazionale di previdenza e assistenza per i lavoratori dello spettacolo: Circ. 5 marzo 2003, n. 12;

- I.N.P.D.A.P. (Istituto nazionale previdenza dipendenti amministrazione pubblica): Circ. 19 febbraio 1996, n. 12;

- I.N.P.S. (Istituto nazionale previdenza sociale): Circ. 5 gennaio 1996, n. 3; Circ. 22 gennaio 1996, n. 18; Circ. 14 febbraio 1996, n. 36; Circ. 24 aprile 1996, n. 92; Circ. 27 giugno 1996, n. 135; Circ. 25 marzo 1997, n. 76; Circ. 24 aprile 1997, n. 100; Circ. 13 febbraio 1998, n. 36; Circ. 15 luglio 1998, n. 153; Msg. 11 febbraio 2005, n. 5061;

- Ministero del lavoro e della previdenza sociale: Circ. 17 aprile 1998, n. 55/98; Circ. 1 ottobre 1998, n. 116/98; Circ. 10 marzo 2000, n. 12/2000; Circ. 24 marzo 2000, n. 17/2000;

- Ministero del lavoro e delle politiche sociali: Lett.Circ. 18 giugno 2001, n. 1178/A2.1; Nota 4 febbraio 2004, n. 146; Lett.Circ. 2 agosto 2004, n. 897;

- Ministero dell'interno: Circ. 19 gennaio 1996, n. 300/A/31305/144/5/20/3, Circ. 2 settembre 1999, n. 91; Circ. 4 ottobre 1999, n. 99; Circ. 19 gennaio 2000, n. 9; Circ. 24 marzo 2000, n. M/2413/25; Circ. 2 agosto 2000, n. 81; Circ. 12 febbraio 2001, n. 11;

- Ministero della pubblica istruzione: Circ. 13 giugno 1996, n. 226; Circ. 31 maggio 1997, n. 341; Circ. 5 giugno 1997, n. 347; Circ. 6 giugno 1998, n. 259; Circ. 10 luglio 1998, n. 305;

- Ministero delle attività produttive: Ris. 1 luglio 2002, n. 507934;

- Ministero delle finanze: Circ. 9 maggio 1996, n. 111/E; Circ. 24 luglio 1996, n. 190/E; Circ. 26 ottobre 1996, n. 258/E; Circ. 17 ottobre 1997, n. 270/D; Circ. 31 marzo 1998, n. 94/D; Circ. 10 luglio 1998, n. 180/E;

- Ministero di grazia e giustizia: Circ. 30 ottobre 1997, n. 571.

 

Capo I

Le sanzioni amministrative.

Sezione I

Princìpi generali.

 

1. Principio di legalità.

Nessuno può essere assoggettato a sanzioni amministrative se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima della commissione della violazione.

Le leggi che prevedono sanzioni amministrative si applicano soltanto nei casi e per i tempi in esse considerati (5).

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(5)  La Corte costituzionale, con ordinanza 11-24 aprile 2002, n. 140 (Gazz. Uff. 2 maggio 2002, 1ª Serie speciale - Ediz. str.), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, secondo comma, e dell'art. 7, comma 12, del decreto legislativo 8 novembre 1997, n. 389 sollevate in riferimento all'art. 3 della Costituzione. La stessa Corte, chiamata nuovamente a pronunciarsi sulla stessa questione senza addurre nuove motivazioni, con ordinanza 20 - 28 novembre 2002, n. 501 (Gazz. Uff. 4 dicembre 2002, n. 48, serie speciale) e con ordinanza 30 giugno-15 luglio 2003, n. 245 (Gazz. Uff. 23 luglio 2003, n. 29, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale.

 

 

2. Capacità di intendere e di volere.

Non può essere assoggettato a sanzione amministrativa, chi al momento in cui ha commesso il fatto, non aveva compiuto i diciotto anni o non aveva, in base ai criteri indicati nel codice penale, la capacità di intendere e di volere, salvo che lo stato di incapacità non derivi da sua colpa o sia stato da lui preordinato.

Fuori dei casi previsti dall'ultima parte del precedente comma, della violazione risponde chi era tenuto alla sorveglianza dell'incapace, salvo che provi di non aver potuto impedire il fatto.

 

3. Elemento soggettivo.

Nelle violazioni cui è applicabile una sanzione amministrativa ciascuno è responsabile della propria azione od omissione, cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa.

Nel caso in cui la violazione è commessa per errore sul fatto, l'agente non è responsabile quando l'errore non è determinato da sua colpa.

 

4. Cause di esclusione della responsabilità.

Non risponde delle violazioni amministrative chi ha commesso il fatto nell'adempimento di un dovere o nell'esercizio di una facoltà legittima ovvero in stato di necessità o di legittima difesa.

Se la violazione è commessa per ordine dell'autorità, della stessa risponde il pubblico ufficiale che ha dato l'ordine.

I comuni, le province, le comunità montane e i loro consorzi, le istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza (IPAB), gli enti non commerciali senza scopo di lucro che svolgono attività socio-assistenziale e le istituzioni sanitarie operanti nel Servizio sanitario nazionale ed i loro amministratori non rispondono delle sanzioni amministrative e civili che riguardano l'assunzione di lavoratori, le assicurazioni obbligatorie e gli ulteriori adempimenti, relativi a prestazioni lavorative stipulate nella forma del contratto d'opera e successivamente riconosciute come rapporti di lavoro subordinato, purché esaurite alla data del 31 dicembre 1997 (6).

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(6)  Comma aggiunto dall'art. 31, comma 36, L. 23 dicembre 1998, n. 448.

 

5. Concorso di persone.

Quando più persone concorrono in una violazione amministrativa, ciascuna di esse soggiace alla sanzione per questa disposta, salvo che sia diversamente stabilito dalla legge.

 

6. Solidarietà.

Il proprietario della cosa che servì o fu destinata a commettere la violazione o, in sua vece, l'usufruttuario o, se trattasi di bene immobile, il titolare di un diritto personale di godimento, è obbligato in solido con l'autore della violazione al pagamento della somma da questo dovuta se non prova che la cosa è stata utilizzata contro la sua volontà.

Se la violazione è commessa da persona capace di intendere e di volere ma soggetta all'altrui autorità, direzione o vigilanza, la persona rivestita dell'autorità o incaricata della direzione o della vigilanza è obbligata in solido con l'autore della violazione al pagamento della somma da questo dovuta, salvo che provi di non aver potuto, impedire il fatto.

Se la violazione è commessa dal rappresentante o dal dipendente di una persona giuridica o di un ente privo di personalità giuridica o, comunque, di un imprenditore nell'esercizio delle proprie funzioni o incombenze, la persona giuridica o l'ente o l'imprenditore è obbligato in solido con l'autore della violazione al pagamento della somma da questo dovuta.

Nei casi previsti dai commi precedenti chi ha pagato ha diritto di regresso per l'intero nei confronti dell'autore della violazione.

 

7. Non trasmissibilità dell'obbligazione.

La obbligazione di pagare la somma dovuta per la violazione non si trasmette agli eredi.

 

8. Più violazioni di disposizioni che prevedono sanzioni amministrative.

Salvo che sia diversamente stabilito dalla legge, chi con una azione od omissione viola diverse disposizioni che prevedono, sanzioni amministrative o commette più violazioni della stessa disposizione, soggiace alla sanzione prevista per la violazione più grave, aumentata sino al triplo.

Alla stessa sanzione prevista dal precedente comma soggiace anche chi con più azioni od omissioni, esecutive di un medesimo disegno posto in essere in violazione di norme che stabiliscono sanzioni amministrative, commette, anche in tempi diversi, più violazioni della stessa o di diverse norme di legge in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie (7).

La disposizione di cui al precedente comma si applica anche alle violazioni commesse anteriormente all'entrata in vigore della legge di conversione del D.L. 2 dicembre 1985, n. 688, per le quali non sia già intervenuta sentenza passata in giudicato (8) (9).

 

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(7)  Comma aggiunto dall'art. 1-sexies, D.L. 2 dicembre 1985, n. 688.

(8)  Comma aggiunto dall'art. 1-sexies, D.L. 2 dicembre 1985, n. 688.

(9)  La Corte costituzionale, con ordinanza 12-19 gennaio 1995, n. 23 (Gazz. Uff. 25 gennaio 1995 n. 4, Serie speciale), ha dichiarato manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 8, secondo comma, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione. La stessa Corte, con successiva ordinanza 24-30 giugno 1999, n. 280 (Gazz. Uff. 7 luglio 1999, n. 27, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 8, sollevata in riferimento all'articolo 3 della Costituzione.

 

8-bis. Reiterazione delle violazioni.

Salvo quanto previsto da speciali disposizioni di legge, si ha reiterazione quando, nei cinque anni successivi alla commissione di una violazione amministrativa, accertata con provvedimento esecutivo, lo stesso soggetto commette un'altra violazione della stessa indole. Si ha reiterazione anche quando più violazioni della stessa indole commesse nel quinquennio sono accertate con unico provvedimento esecutivo.

Si considerano della stessa indole le violazioni della medesima disposizione e quelle di disposizioni diverse che, per la natura dei fatti che le costituiscono o per le modalità della condotta, presentano una sostanziale omogeneità o caratteri fondamentali comuni.

La reiterazione è specifica se è violata la medesima disposizione.

Le violazioni amministrative successive alla prima non sono valutate, ai fini della reiterazione, quando sono commesse in tempi ravvicinati e riconducibili ad una programmazione unitaria.

La reiterazione determina gli effetti che la legge espressamente stabilisce. Essa non opera nel caso di pagamento in misura ridotta.

Gli effetti conseguenti alla reiterazione possono essere sospesi fino a quando il provvedimento che accerta la violazione precedentemente commessa sia divenuto definitivo. La sospensione è disposta dall'autorità amministrativa competente, o in caso di opposizione dal giudice, quando possa derivare grave danno.

Gli effetti della reiterazione cessano di diritto, in ogni caso, se il provvedimento che accerta la precedente violazione è annullato (10).

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(10)  Articolo aggiunto dall'art. 94, D.Lgs. 30 dicembre 1999, n. 507.

 

9. Principio di specialità.

Quando uno stesso fatto è punito da una disposizione penale e da una disposizione che prevede una sanzione amministrativa, ovvero da una pluralità di disposizioni che prevedono sanzioni amministrative, si applica la disposizione speciale.

Tuttavia quando uno stesso fatto è punito da una disposizione penale e da una disposizione regionale o delle province autonome di Trento e di Bolzano che preveda una sanzione amministrativa, si applica in ogni caso la disposizione penale, salvo che quest'ultima sia applicabile solo in mancanza di altre disposizioni penali (11).

Ai fatti puniti dagli articoli 5, 6 e 12 della legge 30 aprile 1962, n. 283, e successive modificazioni ed integrazioni, si applicano soltanto le disposizioni penali, anche quando i fatti stessi sono puniti con sanzioni amministrative previste da disposizioni speciali in materia di produzione, commercio e igiene degli alimenti e delle bevande (12).

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(11)  La Corte costituzionale con ordinanza 12-20 luglio 1995, n. 341 (Gazz. Uff. 9 agosto 1995, n. 33, Serie speciale) ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 9, secondo comma, sollevata in riferimento agli artt. 25, secondo comma, 3 e 5 della Costituzione.

(12)  Comma così sostituito dall'art. 95, D.Lgs. 30 dicembre 1999, n. 507.

 

10. Sanzione amministrativa pecuniaria e rapporto tra limite minimo e limite massimo.

La sanzione amministrativa pecuniaria consiste nel pagamento di una somma non inferiore a lire dodicimila e non superiore a lire venti milioni. Le sanzioni proporzionali non hanno limite massimo (13).

Fuori dei casi espressamente stabiliti dalla legge, il limite massimo della sanzione amministrativa pecuniaria non può, per ciascuna violazione superare il decuplo del minimo.

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(13)  Comma così modificato dall'art. 96, D.Lgs. 30 dicembre 1999, n. 507.

 

11. Criteri per l'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie.

Nella determinazione della sanzione amministrativa pecuniaria fissata dalla legge tra un limite minimo ed un limite massimo e nell'applicazione delle sanzioni accessorie facoltative, si ha riguardo alla gravità della violazione, all'opera svolta dall'agente per l'eliminazione o attenuazione delle conseguenze della violazione, nonché alla personalità dello stesso e alle sue condizioni economiche.

 

12. Ambito di applicazione.

Le disposizioni di questo Capo si osservano, in quanto applicabili e salvo che non sia diversamente stabilito, per tutte le violazioni per le quali è prevista la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro, anche quando questa sanzione non è prevista in sostituzione di una sanzione penale. Non si applicano alle violazioni disciplinari.

 

Sezione II

Applicazione.

 

 

13. Atti di accertamento.

Gli organi addetti al controllo sull'osservanza delle disposizioni per la cui violazione è prevista la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro possono, per l'accertamento delle violazioni di rispettiva competenza, assumere informazioni e procedere a ispezioni di cose e di luoghi diversi dalla privata dimora, a rilievi segnaletici, descrittivi e fotografici e ad ogni altra operazione tecnica.

Possono altresì procedere al sequestro cautelare delle cose che possono formare oggetto di confisca amministrativa, nei modi e con i limiti con cui il codice di procedura penale consente il sequestro alla polizia giudiziaria.

È sempre disposto il sequestro del veicolo a motore o del natante posto in circolazione senza essere coperto dall'assicurazione obbligatoria e del veicolo posto in circolazione senza che per lo stesso sia stato rilasciato il documento di circolazione.

All'accertamento delle violazioni punite con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro possono procedere anche gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria, i quali, oltre che esercitare i poteri indicati nei precedenti commi, possono procedere, quando non sia possibile acquisire altrimenti gli elementi di prova, a perquisizioni in luoghi diversi dalla privata dimora, previa autorizzazione motivata del pretore del luogo ove le perquisizioni stesse dovranno essere effettuate. Si applicano le disposizioni del primo comma dell' articolo 333 e del primo e secondo comma dell' articolo 334 del codice di procedura penale.

È fatto salvo l'esercizio degli specifici poteri di accertamento previsti dalle leggi vigenti (14).

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(14) Vedi, anche, il comma 6 dell'art. 4, L. 3 agosto 2007, n. 123.

 

14. Contestazione e notificazione.

La violazione, quando è possibile, deve essere contestata immediatamente tanto al trasgressore quanto alla persona che sia obbligata in solido al pagamento della somma dovuta per la violazione stessa.

Se non è avvenuta la contestazione immediata per tutte o per alcune delle persone indicate nel comma precedente, gli estremi della violazione debbono essere notificati agli interessati residenti nel territorio della Repubblica entro il termine di novanta giorni e a quelli residenti all'estero entro il termine di trecentosessanta giorni dall'accertamento.

Quando gli atti relativi alla violazione sono trasmessi all'autorità competente con provvedimento dell'autorità giudiziaria, i termini di cui al comma precedente decorrono dalla data della ricezione.

Per la forma della contestazione immediata o della notificazione si applicano le disposizioni previste dalle leggi vigenti. In ogni caso la notificazione può essere effettuata, con le modalità previste dal codice di procedura civile, anche da un funzionario dell'amministrazione che ha accertato la violazione. Quando la notificazione non può essere eseguita in mani proprie del destinatario, si osservano le modalità previste dall'articolo 137, terzo comma, del medesimo codice (15).

Per i residenti all'estero, qualora la residenza, la dimora o il domicilio non siano noti, la notifica non è obbligatoria e resta salva la facoltà del pagamento in misura ridotta sino alla scadenza del termine previsto nel secondo comma dell'articolo 22 per il giudizio di opposizione.

L'obbligazione di pagare la somma dovuta per la violazione si estingue per la persona nei cui confronti è stata omessa la notificazione nel termine prescritto (16).

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(15)  Periodo aggiunto, a decorrere dal 1° gennaio 2004, dal comma 11 dell'art. 174, D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196.

(16)  Per le controversie in materia di lavoro vedi gli artt. 11, 13 e 17, D.Lgs. 23 aprile 2004, n. 124.

15. Accertamenti mediante analisi di campioni.

Se per l'accertamento della violazione sono compiute analisi di campioni, il dirigente del laboratorio deve comunicare all'interessato, a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, l'esito dell'analisi.

L'interessato può chiedere la revisione dell'analisi con la partecipazione di un proprio consulente tecnico. La richiesta è presentata con istanza scritta all'organo che ha prelevato i campioni da analizzare, nel termine di 15 giorni dalla comunicazione dell'esito della prima analisi, che deve essere allegato all'istanza medesima (17).

Delle operazioni di revisione dell'analisi è data comunicazione all'interessato almeno dieci giorni prima del loro inizio.

I risultati della revisione dell'analisi sono comunicati all'interessato a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, a cura del dirigente del laboratorio che ha eseguito la revisione dell'analisi.

Le comunicazioni di cui al primo e al quarto comma equivalgono alla contestazione di cui al primo comma dell'articolo 14 ed il termine per il pagamento in misura ridotta di cui all'articolo 16 decorre dalla comunicazione dell'esito della prima analisi o, quando è stata chiesta la revisione dell'analisi, dalla comunicazione dell'esito della stessa.

Ove non sia possibile effettuare la comunicazione all'interessato nelle forme di cui al primo e al quarto comma, si applicano le disposizioni dell'articolo 14.

Con il decreto o con la legge regionale indicati nell'ultimo comma dell'art. 17 sarà altresì fissata la somma di denaro che il richiedente la revisione dell'analisi è tenuto a versare e potranno essere indicati, anche a modifica delle vigenti disposizioni di legge, gli istituti incaricati della stessa analisi (18).

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(17)  Vedi, anche, l'art. 20, D.P.R. 29 luglio 1982, n. 571.

(18)  L'importo da versare per ogni richiesta di revisione di analisi alla competente tesoreria provinciale dello Stato è stato elevato a L. 80.500 dal D.M. 1° agosto 1984 (Gazz. Uff. 24 agosto 1984, n. 233); a L. 89.000 dal D.M. 30 marzo 1985 (Gazz. Uff. 23 aprile 1985, n. 96); a L. 96.700 dal D.M. 30 giugno 1986 (Gazz. Uff. 15 luglio 1986, n. 162); a L. 102.600 dal D.M. 10 luglio 1987 (Gazz. Uff. 28 luglio 1987, n. 174); a L. 107.300 dal D.M. 1° settembre 1988 (Gazz. Uff. 16 settembre 1988, n. 218); a lire 112.700 dal D.M. 6 giugno 1989 (Gazz. Uff. 29 giugno 1989, n. 150); a lire 120.200 dal D.M. 26 maggio 1990 (Gazz. Uff. 20 settembre 1990, n. 220); a lire 127.530 dal D.M. 6 agosto 1991 (Gazz. Uff. 7 settembre 1991, n. 210); a lire 135.690 dal D.M. 18 giugno 1992 (Gazz. Uff. 26 novembre 1992, n. 279); a lire 143.020 dal D.M. 4 novembre 1993 (Gazz. Uff. 29 novembre 1993, n. 280); a lire 149.030 dal D.M. 20 dicembre 1994 (Gazz. Uff. 24 gennaio 1995, n. 19); a lire 154.840 dal D.M. 16 aprile 1996 (Gazz. Uff. 30 aprile 1996, n. 100); a lire 163.200 dal D.M. 16 maggio 1997 (Gazz. Uff. 3 giugno 1997, n. 127); a lire 169.600 dal D.M. 23 gennaio 1998 (Gazz. Uff. 19 febbraio 1998, n. 41); a lire 175.600 dal D.M. 17 aprile 2000 (Gazz. Uff. 19 giugno 2000, n. 141); a lire 178.400 dal D.M. 13 marzo 2001 (Gazz. Uff. 12 aprile 2001, n. 86); ad euro 94,53 dal D.M. 4 marzo 2002 (Gazz. Uff. 13 aprile 2002, n. 87); ad euro 97,08 dal D.M. 31 marzo 2003 (Gazz. Uff. 24 aprile 2003, n. 95); ad euro 99,40 dal Decr. 27 febbraio 2004 (Gazz. Uff. 23 marzo 2004, n. 69); ad euro 101,88 dal Decr. 16 marzo 2005 (Gazz. Uff. 29 marzo 2005, n. 72); ad euro 103,92 dal Decr. 28 febbraio 2006 (Gazz. Uff. 13 marzo 2006, n. 60); ad euro 105,69 dal D.M. 26 gennaio 2007 (Gazz. Uff. 20 febbraio 2007, n. 42); ad euro 107,80 dal Decr. 7 febbraio 2008 (Gazz. Uff. 26 febbraio 2008, n. 48); ad euro 109,63 dal Decr. 23 dicembre 2008 (Gazz. Uff. 22 gennaio 2009, n. 17).

 

16. Pagamento in misura ridotta.

È ammesso il pagamento di una somma in misura ridotta pari alla terza parte del massimo della sanzione prevista per la violazione commessa, o, se più favorevole e qualora sia stabilito il minimo della sanzione edittale, pari al doppio del relativo importo, oltre alle spese del procedimento, entro il termine di sessanta giorni dalla contestazione immediata o, se questa non vi è stata, dalla notificazione degli estremi della violazione (19).

Per le violazioni ai regolamenti ed alle ordinanze comunali e provinciali, la Giunta comunale o provinciale, all’interno del limite edittale minimo e massimo della sanzione prevista, può stabilire un diverso importo del pagamento in misura ridotta, in deroga alle disposizioni del primo comma (20).

Il pagamento in misura ridotta è ammesso anche nei casi in cui le norme antecedenti all'entrata in vigore della presente legge non consentivano l'oblazione (21) (22).

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(19)  Comma così modificato dall'art. 52, D.Lgs. 24 giugno 1998, n. 213.

(20)  Comma prima modificato a decorrere dal 1° gennaio 1993, dall'art. 231, D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285 e poi così sostituito dall'art. 6-bis, D.L. 23 maggio 2008, n. 92, aggiunto dalla relativa legge di conversione.

(21)  Vedi, anche, l'art. 56, D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152, l'art. 8, D.Lgs. 20 febbraio 2004, n. 56, l'art. 11-bis, D.L. 14 marzo 2005, n. 35, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione, e l'art. 19-quater, D.Lgs. 5 dicembre 2005, n. 252, aggiunto dall'art. 6, D.Lgs. 6 febbraio 2007, n. 28.

(22)  La Corte costituzionale, con ordinanza 24 aprile-7 maggio 2002, n. 160 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 16, 18 e 22 sollevata in riferimento agli artt. 24, 113, 3 e 25 della Costituzione.

 

17. Obbligo del rapporto.

Qualora non sia stato effettuato il pagamento in misura ridotta, il funzionario o l'agente che ha accertato la violazione, salvo che ricorra l'ipotesi prevista nell'art. 24, deve presentare rapporto, con la prova delle eseguite contestazioni o notificazioni, all'ufficio periferico cui sono demandati attribuzioni e compiti del Ministero nella cui competenza rientra la materia alla quale si riferisce la violazione o, in mancanza, al prefetto (23).

Deve essere presentato al prefetto il rapporto (24) relativo alle violazioni previste dal testo unico delle norme sulla circolazione stradale, approvato con D.P.R. 15 giugno 1959, n. 393 , dal testo unico per la tutela delle strade, approvato con R.D. 8 dicembre 1933, n. 1740 , e dalla L. 20 giugno 1935, n. 1349, sui servizi di trasporto merci.

Nelle materie di competenza delle regioni e negli altri casi, per le funzioni amministrative ad esse delegate, il rapporto è presentato all'ufficio regionale competente.

Per le violazioni dei regolamenti provinciali e comunali il rapporto è presentato, rispettivamente, al presidente della giunta provinciale o al sindaco.

L'ufficio territorialmente competente è quello del luogo in cui è stata commessa la violazione.

Il funzionario o l'agente che ha proceduto al sequestro previsto dall'articolo 13 deve immediatamente informare l'autorità amministrativa competente a norma dei precedenti commi, inviandole il processo verbale di sequestro.

Con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare entro centottanta giorni dalla pubblicazione della presente legge, in sostituzione del D.P.R. 13 maggio 1976, n. 407, saranno indicati gli uffici periferici dei singoli Ministeri, previsti nel primo comma, anche per i casi in cui leggi precedenti abbiano regolato diversamente la competenza.

Con il decreto indicato nel comma precedente saranno stabilite le modalità relative alla esecuzione del sequestro previsto dall'articolo 13, al trasporto ed alla consegna delle cose sequestrate, alla custodia ed alla eventuale alienazione o distruzione delle stesse; sarà altresì stabilita la destinazione delle cose confiscate. Le regioni, per le materie di loro competenza, provvederanno con legge nel termine previsto dal comma precedente (25).

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(23)  Vedi il D.P.R. 29 luglio 1982, n. 571, l'art. 1, D.Lgs. 24 aprile 2001, n. 252 e l'art. 6, comma 6, L. 8 luglio 2003, n. 172.

(24)  Vedi, anche, l'art. 9, D.Lgs. 26 maggio 2004, n. 153.

(25)  Vedi, anche, gli articoli 12 e 62, D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206.

 

18. Ordinanza-ingiunzione.

Entro il termine di trenta giorni dalla data della contestazione o notificazione della violazione, gli interessati possono far pervenire all'autorità competente a ricevere il rapporto a norma dell'articolo 17 scritti difensivi e documenti e possono chiedere di essere sentiti dalla medesima autorità.

L'autorità competente, sentiti gli interessati, ove questi ne abbiano fatto richiesta, ed esaminati i documenti inviati e gli argomenti esposti negli scritti difensivi, se ritiene fondato l'accertamento, determina, con ordinanza motivata, la somma dovuta per la violazione e ne ingiunge il pagamento, insieme con le spese, all'autore della violazione ed alle persone che vi sono obbligate solidalmente; altrimenti emette ordinanza motivata di archiviazione degli atti comunicandola integralmente all'organo che ha redatto il rapporto.

Con l'ordinanza-ingiunzione deve essere disposta la restituzione, previo pagamento delle spese di custodia, delle cose sequestrate, che non siano confiscate con lo stesso provvedimento. La restituzione delle cose sequestrate è altresì disposta con l'ordinanza di archiviazione, quando non ne sia obbligatoria la confisca.

Il pagamento è effettuato all'ufficio del registro o al diverso ufficio indicato nella ordinanza-ingiunzione, entro il termine di trenta giorni dalla notificazione di detto provvedimento, eseguita nelle forme previste dall'articolo 14; del pagamento è data comunicazione, entro il trentesimo giorno, a cura dell'ufficio che lo ha ricevuto, all'autorità che ha emesso l'ordinanza.

Il termine per il pagamento è di sessanta giorni se l'interessato risiede all'estero.

La notificazione dell'ordinanza-ingiunzione può essere eseguita dall'ufficio che adotta l'atto, secondo le modalità di cui alla legge 20 novembre 1982, n. 890 (26).

L'ordinanza-ingiunzione costituisce titolo esecutivo. Tuttavia l'ordinanza che dispone la confisca diventa esecutiva dopo il decorso del termine per proporre opposizione, o, nel caso in cui l'opposizione è proposta, con il passaggio in giudicato della sentenza con la quale si rigetta l'opposizione, o quando l'ordinanza con la quale viene dichiarata inammissibile l'opposizione o convalidato il provvedimento opposto diviene inoppugnabile o è dichiarato inammissibile il ricorso proposto avverso la stessa (27) (28) (29) (30).

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(26)  Comma aggiunto dall'art. 10, L. 3 agosto 1999, n. 265.

(27)  Vedi, anche, il comma 14-ter dell'art. 39, D.L. 30 settembre 2003, n. 269, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. Per le controversie in materia di lavoro vedi l'art. 17, D.Lgs. 23 aprile 2004, n. 124. Vedi, inoltre, l'art. 5, D.M. 1° dicembre 2005.

(28)  La Corte costituzionale, con ordinanza 6-14 luglio 2000, n. 291 (Gazz. Uff. 19 luglio 2000, n. 30, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 18 e 22, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 25 e 113 della Costituzione. La stessa Corte, con successiva ordinanza 6-8 giugno 2005, n. 226 (Gazz. Uff. 15 giugno 2005, n. 24, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 18 sollevata in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione.

(29)  La Corte costituzionale, con ordinanza 24 aprile-7 maggio 2002, n. 160 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 16, 18 e 22 sollevata in riferimento agli artt. 24, 113, 3 e 25 della Costituzione.

(30) La Corte costituzionale, con ordinanza 10-13 marzo 2008, n. 58 (Gazz. Uff. 19 marzo 2008, n. 13, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 18, sollevata in riferimento agli articoli 3, 24 e 111 della Costituzione. La stessa Corte con successiva ordinanza 17-20 novembre 2008, n. 380 (Gazz. Uff. 26 novembre 2008, n. 49, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 18 della legge 24 novembre 1981, n. 689, sollevata in riferimento agli articoli 3, 24 e 111 della Costituzione.

19. Sequestro.

Quando si è proceduto a sequestro, gli interessati possono, anche immediatamente, proporre opposizione all'autorità indicata nel primo comma dell'articolo 18, con atto esente da bollo. Sull'opposizione la decisione è adottata con ordinanza motivata emessa entro il decimo giorno successivo alla sua proposizione. Se non è rigettata entro questo termine, l'opposizione si intende accolta.

Anche prima che sia concluso il procedimento amministrativo, l'autorità competente può disporre la restituzione della cosa sequestrata, previo pagamento delle spese di custodia, a chi prova di averne diritto e ne fa istanza, salvo che si tratti di cose soggette a confisca obbligatoria.

Quando l'opposizione al sequestro è stata rigettata, il sequestro cessa di avere efficacia se non è emessa ordinanza-ingiunzione di pagamento o se non è disposta la confisca entro due mesi dal giorno in cui è pervenuto il rapporto e, comunque, entro sei mesi dal giorno in cui è avvenuto il sequestro (31).

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(31)  La Corte costituzionale, con ordinanza 8-19 giugno 2000, n. 221 (Gazz. Uff. 28 giugno 2000, n. 27, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 19, sollevate in riferimento agli artt. 24 e 113 della Costituzione.

 

20. Sanzioni amministrative accessorie.

L'autorità amministrativa con l'ordinanza-ingiunzione o il giudice penale con la sentenza di condanna nel caso previsto dall'articolo 24, può applicare, come sanzioni amministrative, quelle previste dalle leggi vigenti, per le singole violazioni, come sanzioni penali accessorie, quando esse consistono nella privazione o sospensione di facoltà, e diritti derivanti da provvedimenti dell'amministrazione.

Le sanzioni amministrative accessorie non sono applicabili fino a che è pendente il giudizio di opposizione contro il provvedimento di condanna o, nel caso di connessione di cui all'articolo 24, fino a che il provvedimento stesso non sia divenuto esecutivo (32).

Le autorità stesse possono disporre la confisca amministrativa delle cose che servirono o furono destinate a commettere la violazione e debbono disporre la confisca delle cose che ne sono il prodotto, sempre che le cose suddette appartengano a una delle persone cui è ingiunto il pagamento.

È sempre disposta la confisca amministrativa delle cose, la fabbricazione, l'uso, il porto, la detenzione o l'alienazione delle quali costituisce violazione amministrativa, anche se non venga emessa l'ordinanza-ingiunzione di pagamento.

La disposizione indicata nel comma precedente non si applica se la cosa appartiene a persona estranea alla violazione amministrativa e la fabbricazione, l'uso, il porto, la detenzione o l'alienazione possono essere consentiti mediante autorizzazione amministrativa.

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(32)  La Corte costituzionale, con ordinanza 21-24 giugno 2004, n. 194 (Gazz. Uff. 30 giugno 2004, n. 25, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 20, secondo comma, in riferimento agli artt. 3, 25 e 111 della Costituzione, sollevate dal Giudice di pace di Osimo, con le ordinanze in epigrafe.

 

21. Casi speciali di sanzioni amministrative accessorie.

Quando è accertata la violazione del primo comma dell'articolo 32 della legge 24 dicembre 1969, n. 990 , è sempre disposta la confisca del veicolo a motore o del natante che appartiene alla persona a cui è ingiunto il pagamento, se entro il termine fissato con l'ordinanza-ingiunzione non viene pagato, oltre alla sanzione pecuniaria applicata, anche il premio di assicurazione per almeno sei mesi.

Nel caso in cui sia proposta opposizione ovvero l'ordinanza-ingiunzione, il termine di cui al primo comma decorre dal passaggio in giudicato della sentenza con la quale si rigetta l'opposizione ovvero dal momento in cui diventa inoppugnabile l'ordinanza con la quale viene dichiarata inammissibile l'opposizione o convalidato il provvedimento opposto ovvero viene dichiarato inammissibile il ricorso proposto avverso la stessa.

Quando è accertata la violazione dell'ottavo comma dell'articolo 58 del testo unico delle norme sulla circolazione stradale, approvato con D.P.R. 15 giugno 1959, n. 393 , è sempre disposta la confisca del veicolo (33).

Quando è accertata la violazione del secondo comma dell'articolo 14 della legge 30 aprile 1962, n. 283 , è sempre disposta la sospensione della licenza per un periodo non superiore a dieci giorni.

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(33)  La Corte costituzionale, con sentenza 24-27 ottobre 1994, n. 371 (Gazz. Uff. 2 novembre 1994, n. 45 - Serie speciale), ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del terzo comma dell'art. 21, nella parte in cui prevede la confisca del veicolo privo della carta di circolazione, anche se già immatricolato.

 

22. Opposizione all'ordinanza-ingiunzione.

Contro l'ordinanza-ingiunzione di pagamento e contro l'ordinanza che dispone la sola confisca, gli interessati possono proporre opposizione davanti al giudice del luogo in cui è stata commessa la violazione individuato a norma dell'articolo 22-bis, entro il termine di trenta giorni dalla notificazione del provvedimento (34) (35).

Il termine è di sessanta giorni se l'interessato risiede all'estero.

L'opposizione si propone mediante ricorso, al quale è allegata l'ordinanza notificata (36).

Il ricorso deve contenere altresì, quando l'opponente non abbia indicato un suo procuratore, la dichiarazione di residenza o la elezione di domicilio nel comune dove ha sede il giudice adito (37).

Se manca l'indicazione del procuratore oppure la dichiarazione di residenza o la elezione di domicilio, le notificazioni al ricorrente vengono eseguite mediante deposito in cancelleria (38).

Quando è stato nominato un procuratore, le notificazioni e le comunicazioni nel corso del procedimento sono effettuate nei suoi confronti secondo le modalità stabilite dal codice di procedura civile (39).

L'opposizione non sospende l'esecuzione del provvedimento, salvo che il giudice, concorrendo gravi motivi, disponga diversamente con ordinanza inoppugnabile (40) (41) (42) (43) (44) (45).

 

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(34)  Comma così modificato dall'art. 97, D.Lgs. 30 dicembre 1999, n. 507.

(35)  La Corte costituzionale, con ordinanza 13-28 luglio 2000, n. 398 (Gazz. Uff. 2 agosto 2000, n. 32, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 22, primo comma, e 35, quarto comma, sollevata in riferimento agli artt. 97, 24 e 3 della Costituzione. La stessa Corte, con successiva ordinanza 23 maggio-4 giugno 2003, n. 193 (Gazz. Uff. 11 giugno 2003, n. 23, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 22, primo comma, sollevata dal giudice di pace di Segni, in riferimento agli artt. 24, 25, 111, secondo comma, e 113 della Costituzione.

(36)  La Corte costituzionale, con ordinanza 3-7 maggio 2002, n. 231 (Gazz. Uff. 12 giugno 2002, n. 23, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli articoli 22, terzo comma, e 23, secondo e quarto comma sollevata dal giudice di pace di Locri, in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione ed anche in riferimento all'art. 111, secondo comma, della Costituzione. La stessa Corte, con successiva ordinanza 3-7 maggio 2002, n. 232 (Gazz. Uff. 12 giugno 2002, n. 23, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli articoli 22, terzo comma, e 23, quarto comma, sollevate dal giudice di pace di Locri, rispettivamente in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione ed in riferimento agli articoli 3, 24, e 111, secondo comma, della Costituzione.

(37)  Comma così modificato dall'art. 97, D.Lgs. 30 dicembre 1999, n. 507.

(38) La Corte costituzionale, con ordinanza 19-23 novembre 2007, n. 391 (Gazz. Uff. 28 novembre 2007, n. 46, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 22, quarto e quinto comma, sollevata dal Giudice di pace di Ostia, in riferimento agli artt. 3, 24, secondo comma, e 111, secondo comma, della Costituzione.

(39) La Corte costituzionale, con ordinanza 19-23 novembre 2007, n. 391 (Gazz. Uff. 28 novembre 2007, n. 46, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 22, quarto e quinto comma, sollevata dal Giudice di pace di Ostia, in riferimento agli artt. 3, 24, secondo comma, e 111, secondo comma, della Costituzione.

(40)  Comma così modificato dall'art. 97, D.Lgs. 30 dicembre 1999, n. 507.

(41)  La Corte costituzionale, con sentenza 5-24 febbraio 1992, n. 62 (Gazz. Uff. 4 marzo 1992, n. 10 - Serie speciale), ha dichiarato l'illegittimità degli artt. 22 e 23, L. 24 novembre 1981, n. 689, in combinato disposto con l'art. 122 c.p.c., nella parte in cui non consentono ai cittadini italiani appartenenti alla minoranza linguistica slovena nel processo di opposizione ad ordinanze-ingiunzioni applicative di sanzioni amministrative davanti al pretore avente competenza su un territorio dove sia insediata la predetta minoranza, di usare, su loro richiesta, la lingua materna nei propri atti, usufruendo per questi della traduzione nella lingua italiana, nonché di ricevere tradotti nella propria lingua gli atti dell'autorità giudiziaria e le risposte della controparte. La stessa Corte, con sentenza 10-18 marzo 2004, n. 98 (Gazz. Uff. 24 marzo 2004, n. 12 - Prima serie speciale), ha dichiarato l'illegittimità del presente articolo, nella parte in cui non consente l'utilizzo del servizio postale per la proposizione dell'opposizione.

(42)  Per le controversie in materia di lavoro vedi gli artt. 16 e 17, D.Lgs. 23 aprile 2004, n. 124.

(43)  La Corte costituzionale, con sentenza 10-17 giugno 1996, n. 199 (Gazz. Uff. 26 giugno 1996, n. 26, Serie speciale) con ordinanza 2-18 luglio 2003, n. 259 (Gazz. Uff. 23 luglio 2003, n. 29, 1ª Serie speciale), ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 22, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 97 e 113 della Costituzione. Con altra ordinanza 28 gennaio-6 febbraio 2002, n. 20 (Gazz. Uff. 13 febbraio 2002, n. 7, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 22, sollevata in relazione agli articoli 3, 11, 24, 25 e 111, secondo comma, della Costituzione. La stessa Corte con ordinanza 4 - 19 novembre 2002, n. 459 (Gazz. Uff. 27 novembre 2002, n. 47, serie speciale) e con ordinanza 7-18 marzo 2005, n. 114 (Gazz. Uff. 23 marzo 2005, n. 12, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 22 sollevata in riferimento agli artt. 3, 24 e 111, secondo comma, della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 22 sollevata in riferimento agli artt. 11 e 25 della Costituzione. La stessa Corte costituzionale chiamata a pronunciarsi su questione già decisa, con ordinanza 12-14 marzo 2003, n. 75 (Gazz. Uff. 19 marzo 2003, n. 11, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 22 sollevata in riferimento agli artt. 3, 24 e 111, secondo comma, della Costituzione;

ha dichiarato, inoltre, la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 22 sollevata in riferimento all'art. 25 della Costituzione. La stessa Corte, chiamata nuovamente a pronunciarsi sulla stessa questione senza addurre nuovi e diversi profili di incostituzionalità, con ordinanza 20-30 gennaio 2004, n. 61 (Gazz. Uff. 4 febbraio 2004, n. 5, 1ª Serie speciale), ne ha dichiarato la manifesta infondatezza.

(44)  La Corte costituzionale, con ordinanza 6-14 luglio 2000, n. 291 (Gazz. Uff. 19 luglio 2000, n. 30, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 18 e 22, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 25 e 113 della Costituzione.

(45)  La Corte costituzionale, con ordinanza 24 aprile-7 maggio 2002, n. 160 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 16, 18 e 22 sollevata in riferimento agli artt. 24, 113, 3 e 25 della Costituzione.

 

22-bis. Competenza per il giudizio di opposizione.

Salvo quanto previsto dai commi seguenti, l'opposizione di cui all'articolo 22 si propone davanti al giudice di pace.

L'opposizione si propone davanti al tribunale quando la sanzione è stata applicata per una violazione concernente disposizioni in materia:

a) di tutela del lavoro, di igiene sui luoghi di lavoro e di prevenzione degli infortuni sul lavoro;

b) di previdenza e assistenza obbligatoria;

c) urbanistica ed edilizia;

d) di tutela dell'ambiente dall'inquinamento, della flora, della fauna e delle aree protette;

e) di igiene degli alimenti e delle bevande;

f) di società e di intermediari finanziari;

g) tributaria e valutaria;

g-bis) antiriciclaggio (46).

L'opposizione si propone altresì davanti al tribunale:

a) se per la violazione è prevista una sanzione pecuniaria superiore nel massimo a lire trenta milioni;

b) quando, essendo la violazione punita con sanzione pecuniaria proporzionale senza previsione di un limite massimo, è stata applicata una sanzione superiore a lire trenta milioni;

c) quando è stata applicata una sanzione di natura diversa da quella pecuniaria, sola o congiunta a quest'ultima, fatta eccezione per le violazioni previste dal regio decreto 21 dicembre 1933, n. 1736, dalla legge 15 dicembre 1990, n. 386 e dal decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (47).

Restano salve le competenze stabilite da diverse disposizioni di legge (48) (49) (50).

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(46) Lettera aggiunta dall'art. 66, D.Lgs. 21 novembre 2007, n. 231.

(47) La Corte costituzionale, con ordinanza 24 ottobre-7 novembre 2007, n. 370 (Gazz. Uff. 14 novembre 2007, n. 44, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 22-bis, terzo comma, inserito dall'articolo 98 del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

(48)  Articolo aggiunto dall'art. 98, D.Lgs. 30 dicembre 1999, n. 507.

(49)  La Corte costituzionale, con ordinanza 8-10 aprile 2002, n. 97 (Gazz. Uff. 17 aprile 2002, n. 16, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 22-bis proposta dal giudice di pace di Milano con l'ordinanza iscritta al n. 236 r.o. del 2001, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, e dell'art. 22-bis comma 2, della stessa legge, proposta dal giudice di pace di Mesagne con l'ordinanza iscritta al n. 506 r.o. del 2001, in riferimento agli artt. 3, 24 e 76 della Costituzione.

 

(50)  La Corte costituzionale, con ordinanza 26-28 aprile 2004, n. 130 (Gazz. Uff. 5 maggio 2004, n. 18, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 22 sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 111, secondo comma, e 113 della Costituzione;

ha inoltre dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 22 sollevata in riferimento all'art. 25 della Costituzione;

ha infine dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 23 sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 25, 111, secondo comma, e 113 della Costituzione.

 

23. Giudizio di opposizione.

Il giudice, se il ricorso è proposto oltre il termine previsto dal primo comma dell'articolo 22, ne dichiara l'inammissibilità con ordinanza ricorribile per cassazione (51).

Se il ricorso è tempestivamente proposto, il giudice fissa l'udienza di comparizione con decreto, steso in calce al ricorso, ordinando all'autorità che ha emesso il provvedimento impugnato di depositare in cancelleria, dieci giorni prima della udienza fissata, copia del rapporto con gli atti relativi all'accertamento, nonché alla contestazione o notificazione della violazione. Il ricorso ed il decreto sono notificati, a cura della cancelleria, all'opponente o, nel caso sia stato indicato, al suo procuratore, e all'autorità che ha emesso l'ordinanza (52).

Tra il giorno della notificazione e l'udienza di comparizione devono intercorrere i termini previsti dall'articolo 163-bis del codice di procedura civile (53).

L'opponente e l'autorità che ha emesso l'ordinanza possono stare in giudizio personalmente; l'autorità che ha emesso l'ordinanza può avvalersi anche di funzionari appositamente delegati (54).

Se alla prima udienza l'opponente o il suo procuratore non si presentano senza addurre alcun legittimo impedimento, il giudice, con ordinanza appellabile, convalida il provvedimento opposto, ponendo a carico dell'opponente anche le spese successive all'opposizione (55).

Nel corso del giudizio il giudice dispone, anche d'ufficio, i mezzi di prova che ritiene necessari e può disporre la citazione di testimoni anche senza la formulazione di capitoli.

Appena terminata l'istruttoria il giudice invita le parti a precisare le conclusioni ed a procedere nella stessa udienza alla discussione della causa, pronunciando subito dopo la sentenza mediante lettura del dispositivo. Tuttavia, dopo la precisazione delle conclusioni, il giudice, se necessario, concede alle parti un termine non superiore a dieci giorni per il deposito di note difensive e rinvia la causa all'udienza immediatamente successiva alla scadenza del termine per la discussione e la pronuncia della sentenza.

Il giudice può anche redigere e leggere, unitamente al dispositivo, la motivazione della sentenza, che è subito dopo depositata in cancelleria.

A tutte le notificazioni e comunicazioni occorrenti si provvede d'ufficio.

Gli atti del processo e la decisione sono esenti da ogni tassa e imposta (56).

Con la sentenza il giudice può rigettare l'opposizione, ponendo a carico dell'opponente le spese del procedimento o accoglierla, annullando in tutto o in parte l'ordinanza o modificandola anche limitatamente all'entità della sanzione dovuta (57). Nel giudizio di opposizione davanti al giudice di pace non si applica l'articolo 113, secondo comma, del codice di procedura civile (58) (59).

Il giudice accoglie l'opposizione quando non vi sono prove sufficienti della responsabilità dell'opponente.

[La sentenza è inappellabile ma è ricorribile per cassazione] (60) (61) (62) (63).

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(51)  La Corte costituzionale, con sentenza 25 marzo-1° aprile 1998, n. 86 (Gazz. Uff. 8 aprile 1998, n. 14, Serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 23, primo comma, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3 e 24 della Costituzione.

(52)  La Corte costituzionale, con ordinanza 3-7 maggio 2002, n. 231 (Gazz. Uff. 12 giugno 2002, n. 23, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli articoli 22, terzo comma, e 23, secondo e quarto comma sollevata dal giudice di pace di Locri, in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione ed anche in riferimento all'art. 111, secondo comma, della Costituzione. La stessa Corte, con successiva ordinanza 3-7 maggio 2002, n. 232 (Gazz. Uff. 12 giugno 2002, n. 23, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli articoli 22, terzo comma, e 23, quarto comma, sollevate dal giudice di pace di Locri, rispettivamente in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione ed in riferimento agli articoli 3, 24, e 111, secondo comma, della Costituzione.

(53)  Comma così sostituito dall'art. 99, D.Lgs. 30 dicembre 1999, n. 507.

(54)  La Corte costituzionale, con ordinanza 3-7 maggio 2002, n. 231 (Gazz. Uff. 12 giugno 2002, n. 23, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli articoli 22, terzo comma, e 23, secondo e quarto comma sollevata dal giudice di pace di Locri, in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione ed anche in riferimento all'art. 111, secondo comma, della Costituzione. La stessa Corte, con successiva ordinanza 3-7 maggio 2002, n. 232 (Gazz. Uff. 12 giugno 2002, n. 23, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli articoli 22, terzo comma, e 23, quarto comma, sollevate dal giudice di pace di Locri, rispettivamente in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione ed in riferimento agli articoli 3, 24, e 111, secondo comma, della Costituzione.

 

(55)  Comma così modificato dall'art. 26, D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40. Vedi, anche, l'art. 27 dello stesso decreto. La Corte costituzionale, con sentenza 28 novembre - 5 dicembre 1990, n. 534 (Gazz. Uff. 12 dicembre 1990, n. 49 - Serie speciale), ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 23, comma 5, nella parte in cui prevede che il pretore convalidi il provvedimento opposto in caso di mancata presentazione dell'opponente o del suo procuratore alla prima udienza senza addurre alcun legittimo impedimento, anche quando l'illegittimità del provvedimento risulti dalla documentazione allegata dall'opponente. Con sentenza 11-18 dicembre 1995, n. 507 (Gazz. Uff. 27 dicembre 1995, n. 53 - Serie speciale), la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del comma quinto, dell'art. 23, nella parte in cui prevede che il pretore convalidi il provvedimento opposto in caso di mancata presentazione dell'opponente o del suo procuratore alla prima udienza senza addurre alcun legittimo impedimento, anche quando l'amministrazione irrogante abbia omesso il deposito dei documenti di cui al secondo comma dello stesso art. 23.

 

(56)  La Corte costituzionale, con ordinanza 5-12 febbraio 1996, n. 39 (Gazz. Uff. 21 febbraio 1996, n. 8, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 23, decimo e undicesimo comma, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

 

(57)  La Corte costituzionale, con ordinanza 5-12 febbraio 1996, n. 39 (Gazz. Uff. 21 febbraio 1996, n. 8, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 23, decimo e undicesimo comma, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

(58)  Periodo aggiunto dall'art. 99, D.Lgs. 30 dicembre 1999, n. 507.

(59)  La Corte costituzionale, con ordinanza 21-25 marzo 2005, n. 130 (Gazz. Uff. 30 marzo 2005, n. 13, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 23, comma undicesimo - richiamato dall'art. 204-bis, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 - sollevata in riferimento agli articoli 3 e 111, comma secondo, della Costituzione.

(60)  Comma abrogato dall'art. 26, D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40. Vedi, anche, l'art. 27 dello stesso decreto.

(61)  La Corte costituzionale, con sentenza 5-24 febbraio 1992, n. 62 (Gazz. Uff. 4 marzo 1992, n. 10 - Serie speciale), ha dichiarato l'illegittimità degli artt. 22 e 23, L. 24 novembre 1981, n. 689, in combinato disposto con l'art. 122 c.p.c., nella parte in cui non consentono ai cittadini italiani appartenenti alla minoranza linguistica slovena nel processo di opposizione ad ordinanze-ingiunzioni applicative di sanzioni amministrative davanti al pretore avente competenza su un territorio dove sia insediata la predetta minoranza, di usare, su loro richiesta, la lingua materna nei propri atti, usufruendo per questi della traduzione nella lingua italiana, nonché di ricevere tradotti nella propria lingua gli atti dell'autorità giudiziaria e le risposte della controparte.

(62)  Nel presente articolo la parola «pretore» è stata sostituita con la parola «giudice», ai sensi dell'art. 99, D.Lgs. 30 dicembre 1999, n. 507.

(63)  La Corte costituzionale, con ordinanza 26-28 aprile 2004, n. 130 (Gazz. Uff. 5 maggio 2004, n. 18, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 22 sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 111, secondo comma, e 113 della Costituzione;

ha inoltre dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 22 sollevata in riferimento all'art. 25 della Costituzione;

ha infine dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 23 sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 25, 111, secondo comma, e 113 della Costituzione.

 

24. Connessione obiettiva con un reato.

Qualora l'esistenza di un reato dipenda dall'accertamento di una violazione non costituente reato, e per questa non sia stato effettuato il pagamento in misura ridotta, il giudice penale competente a conoscere del reato è pure competente a decidere sulla predetta violazione e ad applicare con la sentenza di condanna la sanzione stabilita dalla legge per la violazione stessa.

Se ricorre l'ipotesi prevista dal precedente comma, il rapporto di cui all'articolo 17 è trasmesso, anche senza che si sia proceduto alla notificazione prevista dal secondo comma dell'articolo 14, alla autorità giudiziaria competente per il reato, la quale, quando invia la comunicazione giudiziaria, dispone la notifica degli estremi della violazione amministrativa agli obbligati per i quali essa non è avvenuta. Dalla notifica decorre il termine per il pagamento in misura ridotta.

Se l'autorità giudiziaria non procede ad istruzione, il pagamento in misura ridotta può essere effettuato prima dell'apertura del dibattimento.

La persona obbligata in solido con l'autore della violazione deve essere citata nella istruzione o nel giudizio penale su richiesta del pubblico ministero. Il pretore ne dispone di ufficio la citazione. Alla predetta persona, per la difesa dei propri interessi, spettano i diritti e le garanzie riconosciuti all'imputato, esclusa la nomina del difensore d'ufficio.

Il pretore quando provvede con decreto penale, con lo stesso decreto applica, nei confronti dei responsabili, la sanzione stabilita dalla legge per la violazione.

La competenza del giudice penale in ordine alla violazione non costituente reato cessa se il procedimento penale si chiude per estinzione del reato e per difetto di una condizione di procedibilità.

 

25. Impugnabilità del provvedimento del giudice penale.

La sentenza del giudice penale, relativamente al capo che, ai sensi dell'articolo precedente, decide sulla violazione non costituente reato, è impugnabile, oltre che dall'imputato e dal pubblico ministero, anche dalla persona che sia stata solidalmente condannata al pagamento della somma dovuta per la violazione.

Avverso il decreto penale, relativamente al capo che dichiara la responsabilità per la predetta violazione, può proporre opposizione anche la persona indicata nel comma precedente.

Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni del codice di procedura penale concernenti l'impugnazione per i soli interessi civili.

 

26. Pagamento rateale della sanzione pecuniaria.

L'autorità giudiziaria o amministrativa che ha applicato la sanzione pecuniaria può disporre, su richiesta dell'interessato che si trovi in condizioni economiche disagiate, che la sanzione medesima venga pagata in rate mensili da tre a trenta; ciascuna rata non può essere inferiore a lire trentamila. In ogni momento il debito può essere estinto mediante un unico pagamento.

Decorso inutilmente, anche per una sola rata, il termine fissato dall'autorità giudiziaria o amministrativa, l'obbligato è tenuto al pagamento del residuo ammontare della sanzione in un'unica soluzione.

 

27. Esecuzione forzata.

Salvo quanto disposto nell'ultimo comma dell'articolo 22, decorso inutilmente il termine fissato per il pagamento, l'autorità che ha emesso l'ordinanza-ingiunzione procede alla riscossione delle somme dovute in base alle norme previste per la esazione delle imposte dirette, trasmettendo il ruolo all'intendenza di finanza che lo dà in carico all'esattore per la riscossione in unica soluzione, senza l'obbligo del non riscosso come riscosso.

È competente l'intendenza di finanza del luogo ove ha sede l'autorità che ha emesso l'ordinanza-ingiunzione.

Gli esattori, dopo aver trattenuto l'aggio nella misura ridotta del 50 per cento rispetto a quella ordinaria e comunque non superiore al 2 per cento delle somme riscosse, effettuano il versamento delle somme medesime ai destinatari dei proventi.

Le regioni possono avvalersi anche delle procedure previste per la riscossione delle proprie entrate.

Se la somma è dovuta in virtù di una sentenza o di un decreto penale di condanna ai sensi dell'articolo 24, si procede alla riscossione con l'osservanza delle norme sul recupero delle spese processuali.

Salvo quanto previsto nell'articolo 26, in caso di ritardo nel pagamento la somma dovuta è maggiorata di un decimo per ogni semestre a decorrere da quello in cui la sanzione è divenuta esigibile e fino a quello in cui il ruolo è trasmesso all'esattore. La maggiorazione assorbe gli interessi eventualmente previsti dalle disposizioni vigenti (64).

Le disposizioni relative alla competenza dell'esattore si applicano fino alla riforma del sistema di riscossione delle imposte dirette.

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(64)  La Corte costituzionale, con ordinanza 7-14 luglio 1999, n. 308 (Gazz. Uff. 21 luglio 1999, n. 29, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 27, sesto comma, sollevata in riferimento all'art. 3, primo comma, della Costituzione.

 

28. Prescrizione.

Il diritto a riscuotere le somme dovute per le violazioni indicate dalla presente legge si prescrive nel termine di cinque anni dal giorno in cui è stata commessa la violazione.

L'interruzione della prescrizione è regolata dalle norme del codice civile.

 

29. Devoluzione dei proventi.

I proventi delle sanzioni sono devoluti agli enti a cui era attribuito, secondo le leggi anteriori, l'ammontare della multa o dell'ammenda.

Il provento delle sanzioni per le violazioni previste dalla legge 20 giugno 1935, n. 1349 , sui servizi di trasporto merci, è devoluto allo Stato.

Nei casi previsti dal terzo comma dell'articolo 17 i proventi spettano alle regioni.

Continuano ad applicarsi, se previsti, i criteri di ripartizione attualmente vigenti. Sono tuttavia escluse dalla ripartizione le autorità competenti ad emanare l'ordinanza-ingiunzione di pagamento e la quota loro spettante è ripartita tra gli altri aventi diritto, nella proporzione attribuita a ciascuno di essi.

 

30. Valutazione delle violazioni in materia di circolazione stradale.

Agli effetti della sospensione e della revoca della patente di guida e del documento di circolazione, si tiene conto anche delle violazioni non costituenti reato previste, rispettivamente, dalle norme del testo unico sulla circolazione stradale, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 15 giugno 1959, n. 393 , e dalle norme della legge 20 giugno 1935, n. 1349 , sui servizi di trasporto merci.

Per le stesse violazioni, il prefetto dispone la sospensione della patente di guida o del documento di circolazione, quando ne ricorrono le condizioni, anche se è avvenuto il pagamento in misura ridotta. Il provvedimento di sospensione è revocato, qualora l'autorità giudiziaria, pronunziando ai sensi degli articoli 23, 24 e 25, abbia escluso la responsabilità per la violazione.

Nei casi sopra previsti e in ogni altro caso di revoca o sospensione del documento di circolazione da parte del prefetto o di altra autorità, il provvedimento è immediatamente comunicato al competente ufficio provinciale della motorizzazione civile.

 

 

 

31. Provvedimenti dell'autorità regionale.

I provvedimenti emessi dall'autorità regionale per l'applicazione della sanzione amministrativa del pagamento di una somma di danaro non sono soggetti al controllo della Commissione prevista dall'articolo 41 della legge 10 febbraio 1953, n. 62 .

L'opposizione contro l'ordinanza-ingiunzione è regolata dagli articoli 22 e 23.

 


L. 8 agosto 1985 n. 443
Legge-quadro per l'artigianato. (artt. 2 e 5)

Pubblicata nella Gazz. Uff. 24 agosto 1985, n. 199.

(omissis)

2. Imprenditore artigiano.

È imprenditore artigiano colui che esercita personalmente, professionalmente e in qualità di titolare, l'impresa artigiana, assumendone la piena responsabilità con tutti gli oneri ed i rischi inerenti alla sua direzione e gestione e svolgendo in misura prevalente il proprio lavoro, anche manuale, nel processo produttivo.

Sono escluse limitazioni alla libertà di accesso del singolo imprenditore all'attività artigiana e di esercizio della sua professione.

Sono fatte salve le norme previste dalle specifiche leggi statali.

L'imprenditore artigiano, nell'esercizio di particolari attività che richiedono una peculiare preparazione ed implicano responsabilità a tutela e garanzia degli utenti, deve essere in possesso dei requisiti tecnico-professionali previsti dalle leggi statali.

(omissis)

5. Albo delle imprese artigiane.

È istituito l'albo provinciale delle imprese artigiane, al quale sono tenute ad iscriversi tutte le imprese aventi i requisiti di cui agli articoli 2, 3 e 4 secondo le formalità previste per il registro delle ditte dagli articoli 47 e seguenti del regio decreto 20 settembre 1934, n. 2011 .

La domanda di iscrizione al predetto albo e le successive denunce di modifica e di cessazione esimono dagli obblighi di cui ai citati articoli del regio decreto 20 settembre 1934, n. 2011 , e sono annotate nel registro delle ditte entro quindici giorni dalla presentazione.

L'impresa costituita ed esercitata in forma di società a responsabilità limitata che, operando nei limiti dimensionali di cui alla presente legge e con gli scopi di cui al primo comma dell'articolo 3, presenti domanda alla commissione di cui all'articolo 9, ha diritto al riconoscimento della qualifica artigiana ed alla conseguente iscrizione nell'albo provinciale, sempreché la maggioranza dei soci, ovvero uno nel caso di due soci, svolga in prevalenza lavoro personale, anche manuale, nel processo produttivo e detenga la maggioranza del capitale sociale e degli organi deliberanti della società (7).

In caso di invalidità, di morte o d'intervenuta sentenza che dichiari l'interdizione o l'inabilitazione dell'imprenditore artigiano, la relativa impresa può conservare, su richiesta, l'iscrizione all'albo di cui al primo comma, anche in mancanza di uno dei requisiti previsti all'articolo 2, per un periodo massimo di cinque anni o fino al compimento della maggiore età dei figli minorenni, sempre che l'esercizio dell'impresa venga assunto dal coniuge, dai figli maggiorenni o minori emancipati o dal tutore dei figli minorenni dell'imprenditore invalido, deceduto, interdetto o inabilitato.

L'iscrizione all'albo è costitutiva e condizione per la concessione delle agevolazioni a favore delle imprese artigiane.

Le imprese artigiane, che abbiano superato, fino ad un massimo del 20 per cento e per un periodo non superiore a tre mesi nell'anno, i limiti di cui al primo comma dell'articolo 4, mantengono l'iscrizione all'albo di cui al primo comma del presente articolo.

Per la vendita nei locali di produzione, o ad essi contigui, dei beni di produzione propria, ovvero per la fornitura al committente di quanto strettamente occorrente all'esecuzione dell'opera o alla prestazione del servizio commessi, non si applicano alle imprese artigiane iscritte all'albo di cui al primo comma le disposizioni relative all'iscrizione al registro degli esercenti il commercio o all'autorizzazione amministrativa di cui alla legge 11 giugno 1971, n. 426 , fatte salve quelle previste dalle specifiche normative statali.

Nessuna impresa può adottare, quale ditta o insegna o marchio, una denominazione in cui ricorrano riferimenti all'artigianato, se essa non è iscritta all'albo di cui al primo comma; lo stesso divieto vale per i consorzi e le società consortili fra imprese che non siano iscritti nella separata sezione di detto albo.

Ai trasgressori delle disposizioni di cui al presente articolo è inflitta dall'autorità regionale competente la sanzione amministrativa consistente nel pagamento di una somma di denaro fino a lire cinque milioni, con il rispetto delle procedure di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689 (8).

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(7)  Comma aggiunto dall'art. 13, L. 5 marzo 2001, n. 57.

(8)  Vedi, anche, il D.P.R. 9 maggio 1994, n. 608, e le relative tabelle annesse.


L. 29 dicembre 1993 n. 580
Riordinamento delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura. (art. 8)

Pubblicata nella Gazz. Uff. 11 gennaio 1994, n. 7, S.O.

(omissis)

8. Registro delle imprese.

1. È istituito presso la camera di commercio l'ufficio del registro delle imprese di cui all'articolo 2188 del codice civile.

2. L'ufficio provvede alla tenuta del registro delle imprese in conformità agli articoli 2188 e seguenti del codice civile, nonché alle disposizioni della presente legge e al regolamento di cui al comma 8 del presente articolo, sotto la vigilanza di un giudice delegato dal presidente del tribunale del capoluogo di provincia.

3. L'ufficio è retto da un conservatore nominato dalla giunta nella persona del segretario generale ovvero di un dirigente della camera di commercio. L'atto di nomina del conservatore è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale.

4. [Sono iscritti in sezioni speciali del registro delle imprese gli imprenditori agricoli di cui all'articolo 2135 del codice civile, i piccoli imprenditori di cui all'articolo 2083 del medesimo codice e le società semplici. Le imprese artigiane iscritte agli albi di cui alla legge 8 agosto 1985, n. 443 , sono altresì annotate in una sezione speciale del registro delle imprese] (8).

5. L'iscrizione nelle sezioni speciali (9) ha funzione di certificazione anagrafica e di pubblicità notizia, oltre agli effetti previsti dalle leggi speciali.

6. La predisposizione, la tenuta, la conservazione e la gestione, secondo tecniche informatiche, del registro delle imprese ed il funzionamento dell'ufficio sono realizzati in modo da assicurare completezza e organicità di pubblicità per tutte le imprese soggette ad iscrizione, garantendo la tempestività dell'informazione su tutto il territorio nazionale.

7. Il sistema di pubblicità di cui al presente articolo deve trovare piena attuazione entro il termine massimo di tre anni dalla data di entrata in vigore della presente legge. Fino a tale data le camere di commercio continuano a curare la tenuta del registro delle ditte di cui al testo unico approvato con regio decreto 20 settembre 1934, n. 2011 , e successive modificazioni.

8. Con regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400 , su proposta del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, di concerto con il Ministro di grazia e giustizia, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le norme di attuazione del presente articolo che dovranno prevedere in particolare:

a) il coordinamento della pubblicità realizzata attraverso il registro delle imprese con il Bollettino ufficiale delle società per azioni e a responsabilità limitata e con il Bollettino ufficiale delle società cooperative, previsti dalla legge 12 aprile 1973, n. 256, e successive modificazioni;

b) il rilascio, anche per corrispondenza e per via telematica, a chiunque ne faccia richiesta, di certificati di iscrizione nel registro delle imprese o di certificati attestanti il deposito di atti a tal fine richiesti o di certificati che attestino la mancanza di iscrizione, nonché di copia integrale o parziale di ogni atto per il quale siano previsti l'iscrizione o il deposito nel registro delle imprese, in conformità alle norme vigenti (10);

c) particolari procedure agevolative e semplificative per l'istituzione e la tenuta delle sezioni speciali (11) del registro, evitando duplicazioni di adempimenti ed aggravi di oneri a carico delle imprese;

d) l'acquisizione e l'utilizzazione da parte delle camere di commercio di ogni altra notizia di carattere economico, statistico ed amministrativo non prevista ai fini dell'iscrizione nel registro delle imprese e nelle sue sezioni, evitando in ogni caso duplicazioni di adempimenti a carico delle imprese.

9. Per gli imprenditori agricoli e i coltivatori diretti iscritti nelle sezioni speciali (12) del registro, l'importo del diritto annuale di cui all'articolo 18, comma 1, lettera b), è determinato, in sede di prima applicazione della presente legge, nella misura di un terzo dell'importo previsto per le ditte individuali.

10. È abrogato il secondo comma dell'articolo 47 del testo unico approvato con regio decreto 20 settembre 1934, n. 2011 , e successive modificazioni.

11. Allo scopo di favorire l'istituzione del registro delle imprese, le camere di commercio provvedono, a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, ad acquisire alla propria banca dati gli atti comunque soggetti all'iscrizione o al deposito nel registro delle imprese.

12. Le disposizioni di cui ai commi 1, 2, 3, 4 e 10 entrano in vigore alla data di entrata in vigore del regolamento di cui al comma 8.

13. Gli uffici giudiziari hanno accesso diretto alla banca dati e all'archivio cartaceo del registro delle imprese e, fino al termine di cui al comma 7, del registro delle ditte e hanno diritto di ottenere gratuitamente copia integrale o parziale di ogni atto per il quale siano previsti l'iscrizione o il deposito, con le modalità disposte dal regolamento di cui al comma 8 (13).

 

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(8)  Comma abrogato dall'art. 15, D.P.R. 14 dicembre 1999, n. 558.

(9)  Ogni riferimento alle «sezioni speciali» contenuto nella presente legge deve intendersi operato alla sezione speciale di cui al comma 1 dell'art. 2, D.P.R. 14 dicembre 1999, n. 558, ai sensi di quanto disposto dal comma 2 dello stesso art. 2.

(10)  Vedi, anche, l'art. 4, D.M. 23 maggio 2001, n. 278, il D.M. 13 luglio 2004 e il D.M. 25 febbraio 2005.

(11)  Ogni riferimento alle «sezioni speciali» contenuto nella presente legge deve intendersi operato alla sezione speciale di cui al comma 1 dell'art. 2, D.P.R. 14 dicembre 1999, n. 558, ai sensi di quanto disposto dal comma 2 dello stesso art. 2.

(12)  Ogni riferimento alle «sezioni speciali» contenuto nella presente legge deve intendersi operato alla sezione speciale di cui al comma 1 dell'art. 2, D.P.R. 14 dicembre 1999, n. 558, ai sensi di quanto disposto dal comma 2 dello stesso art. 2.

(13)  Vedi il regolamento di attuazione approvato con D.P.R. 7 dicembre 1995, n. 581. I termini per il deposito di atti o per la presentazione di domande al registro delle imprese di cui al presente articolo sono stati fissati in trenta giorni dall'art. 18, L. 24 novembre 2000, n. 340.

 


D.L. 18 settembre 1995 n. 381
Disposizioni urgenti in materia di finanziamento delle camere di commercio. (art. 3-bis)

Pubblicato nella Gazz. Uff. 18 settembre 1995, n. 218 e convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 15 novembre 1995, n. 480 (Gazz. Uff. 17 novembre 1995, n. 269). Il comma 2 dello stesso art. 1 ha, inoltre, disposto che restano validi gli atti ed i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi ed i rapporti giuridici sorti sulla base del D.L. 14 luglio 1995, n. 282, non convertito in legge.

(omissis)

3-bis.  1. Al fine di accrescere il livello di certezza e trasparenza dei rapporti commerciali, alla pubblicazione ufficiale dell'elenco dei protesti cambiari, di cui all'articolo 1 della L. 12 febbraio 1955, n. 77, si provvede mediante il registro informatico dei protesti, tenuto dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, in modo da assicurare completezza, organicità e tempestività dell'informazione su tutto il territorio nazionale. La notizia di ciascun protesto levato è conservata nel registro informatico fino alla sua cancellazione, effettuata ai sensi dell'articolo 4 della legge 12 febbraio 1955, n. 77, e successive modificazioni, o dell'articolo 17 della legge 7 marzo 1996, n. 108, ovvero, in mancanza di tale cancellazione, per cinque anni dalla data della registrazione (8).

2. Con regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della L. 23 agosto 1988, n. 400, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, di concerto con il Ministro di grazia e giustizia stabilisce le norme di attuazione del presente articolo e in particolare:

a) le procedure per la comunicazione alle camere di commercio industria, artigianato e agricoltura, anche mediante strumenti informatici e telematici, delle notizie sui protesti cambiari, da parte dei soggetti abilitati a levarli, nonché le modalità per rendere univocamente identificabile il soggetto protestato;

b) le caratteristiche e le modalità di tenuta del registro;

c) i contenuti delle registrazioni;

d) il termine massimo entro il quale le registrazioni vanno effettuate e messe a disposizione del pubblico mediante accesso al registro informatico (9).

3. Il secondo comma dell'articolo 1 e l'articolo 2 della legge 12 febbraio 1955, n. 77, sono abrogati (10).

4. All'articolo 3, terzo comma, della L. 12 febbraio 1955, n. 77, le parole: «5 giorni» sono sostituite dalle seguenti: «60 giorni» (11).

 

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(8)  L'ultimo periodo del presente comma è stato così sostituito dall'art. 4, L. 18 agosto 2000, n. 235, con la decorrenza indicata nell'art. 6 della stessa legge.

(9)  Per le modalità di attuazione del registro informatico dei protesti vedi il D.M. 9 agosto 2000, n. 316.

(10)  Comma così sostituito dall'art. 4, L. 18 agosto 2000, n. 235, con la decorrenza indicata nell'art. 6 della stessa legge.

(11)  Articolo aggiunto dalla legge di conversione 15 novembre 1995, n. 480.


D.Lgs. 31 marzo 1998 n. 112
Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della L. 15 marzo 1997, n. 59. (art. 20)

Pubblicato nella Gazz. Uff. 21 aprile 1998, n. 92, S.O.

(omissis)

20. Funzioni delle camere di commercio, industria artigianato e agricoltura.

1. Sono attribuite alle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura le funzioni esercitate dagli uffici metrici provinciali e dagli uffici provinciali per l'industria, il commercio e l'artigianato, ivi comprese quelle relative ai brevetti e alla tutela della proprietà industriale.

2. Presso le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura è individuato un responsabile delle attività finalizzate alla tutela del consumatore e della fede pubblica, con particolare riferimento ai compiti in materia di controllo di conformità dei prodotti e strumenti di misura già svolti dagli uffici di cui al comma 1 (14) (15).

 

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(14)  Vedi, anche, l'art. 11, D.M. 28 marzo 2000, n. 182 e il comma 43 dell'art. 1, L. 23 dicembre 2005, n. 266.

(15) Il presente articolo era stato abrogato dall’art. 34, comma 1, D.L. 25 giugno 2008, n. 112, soppresso dalla relativa legge di conversione.

 


D.Lgs. 10 settembre 2003 n. 276
Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla L. 14 febbraio 2003, n. 30. (art. 2)

Pubblicato nella Gazz. Uff. 9 ottobre 2003, n. 235, S.O.

(omissis)

2. Definizioni.

1. Ai fini e agli effetti delle disposizioni di cui al presente decreto legislativo si intende per:

a) «somministrazione di lavoro»: la fornitura professionale di manodopera, a tempo indeterminato o a termine, ai sensi dell'articolo 20;

b) «intermediazione»: l'attività di mediazione tra domanda e offerta di lavoro, anche in relazione all'inserimento lavorativo dei disabili e dei gruppi di lavoratori svantaggiati, comprensiva tra l'altro: della raccolta dei curricula dei potenziali lavoratori; della preselezione e costituzione di relativa banca dati; della promozione e gestione dell'incontro tra domanda e offerta di lavoro; della effettuazione, su richiesta del committente, di tutte le comunicazioni conseguenti alle assunzioni avvenute a seguito della attività di intermediazione; dell'orientamento professionale; della progettazione ed erogazione di attività formative finalizzate all'inserimento lavorativo;

c) «ricerca e selezione del personale»: l'attività di consulenza di direzione finalizzata alla risoluzione di una specifica esigenza dell'organizzazione committente, attraverso l'individuazione di candidature idonee a ricoprire una o più posizioni lavorative in seno all'organizzazione medesima, su specifico incarico della stessa, e comprensiva di: analisi del contesto organizzativo dell'organizzazione committente; individuazione e definizione delle esigenze della stessa; definizione del profilo di competenze e di capacità della candidatura ideale; pianificazione e realizzazione del programma di ricerca delle candidature attraverso una pluralità di canali di reclutamento; valutazione delle candidature individuate attraverso appropriati strumenti selettivi; formazione della rosa di candidature maggiormente idonee; progettazione ed erogazione di attività formative finalizzate all'inserimento lavorativo; assistenza nella fase di inserimento dei candidati; verifica e valutazione dell'inserimento e del potenziale dei candidati;

d) «supporto alla ricollocazione professionale»: l'attività effettuata su specifico ed esclusivo incarico dell'organizzazione committente, anche in base ad accordi sindacali, finalizzata alla ricollocazione nel mercato del lavoro di prestatori di lavoro, singolarmente o collettivamente considerati, attraverso la preparazione, la formazione finalizzata all'inserimento lavorativo, l'accompagnamento della persona e l'affiancamento della stessa nell'inserimento nella nuova attività;

e) «autorizzazione»: provvedimento mediante il quale lo Stato abilita operatori, pubblici e privati, di seguito denominati «agenzie per il lavoro», allo svolgimento delle attività di cui alle lettere da a) a d);

f) «accreditamento»: provvedimento mediante il quale le regioni riconoscono a un operatore, pubblico o privato, l'idoneità a erogare i servizi al lavoro negli àmbiti regionali di riferimento, anche mediante l'utilizzo di risorse pubbliche, nonché la partecipazione attiva alla rete dei servizi per il mercato del lavoro con particolare riferimento ai servizi di incontro fra domanda e offerta;

g) «borsa continua del lavoro»: sistema aperto di incontro domanda-offerta di lavoro finalizzato, in coerenza con gli indirizzi comunitari, a favorire la maggior efficienza e trasparenza del mercato del lavoro, all'interno del quale cittadini, lavoratori, disoccupati, persone in cerca di un lavoro, soggetti autorizzati o accreditati e datori di lavoro possono decidere di incontrarsi in maniera libera e dove i servizi sono liberamente scelti dall'utente;

h) «enti bilaterali»: organismi costituiti a iniziativa di una o più associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative, quali sedi privilegiate per la regolazione del mercato del lavoro attraverso: la promozione di una occupazione regolare e di qualità; l'intermediazione nell'incontro tra domanda e offerta di lavoro; la programmazione di attività formative e la determinazione di modalità di attuazione della formazione professionale in azienda; la promozione di buone pratiche contro la discriminazione e per la inclusione dei soggetti più svantaggiati; la gestione mutualistica di fondi per la formazione e l'integrazione del reddito; la certificazione dei contratti di lavoro e di regolarità o congruità contributiva; lo sviluppo di azioni inerenti la salute e la sicurezza sul lavoro; ogni altra attività o funzione assegnata loro dalla legge o dai contratti collettivi di riferimento;

i) «libretto formativo del cittadino»: libretto personale del lavoratore definito, ai sensi dell'accordo Stato-regioni del 18 febbraio 2000, di concerto tra il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, previa intesa con la Conferenza unificata Stato-regioni e sentite le parti sociali, in cui vengono registrate le competenze acquisite durante la formazione in apprendistato, la formazione in contratto di inserimento, la formazione specialistica e la formazione continua svolta durante l'arco della vita lavorativa ed effettuata da soggetti accreditati dalle regioni, nonché le competenze acquisite in modo non formale e informale secondo gli indirizzi della Unione europea in materia di apprendimento permanente, purché riconosciute e certificate (4);

j) «lavoratore»: qualsiasi persona che lavora o che è in cerca di un lavoro;

k) «lavoratore svantaggiato»: qualsiasi persona appartenente a una categoria che abbia difficoltà a entrare, senza assistenza, nel mercato del lavoro ai sensi dell'articolo 2, lettera f), del regolamento (CE) n. 2204/2002 del 12 dicembre 2002 della Commissione relativo alla applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato CE agli aiuti di Stato a favore della occupazione, nonché ai sensi dell'articolo 4, comma 1, della legge 8 novembre 1991, n. 381;

l) «divisioni operative»: soggetti polifunzionali gestiti con strumenti di contabilità analitica, tali da consentire di conoscere tutti i dati economico-gestionali specifici in relazione a ogni attività;

m) «associazioni di datori e prestatori di lavoro»: organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative (5).

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(4)  Con D.M. 10 ottobre 2005 (Gazz. Uff. 3 novembre 2005, n. 256) è stato approvato il modello di libretto formativo del cittadino.

(5)  La Corte costituzionale, con ordinanza 13-28 gennaio 2005, n. 50 (Gazz. Uff. 2 febbraio 2005, n. 5, 1ª Serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 2, 3, 4, 5, 6, 12, 13, 14, degli artt. da 47 a 59 nonché da 70 a 74; dichiara, inoltre, cessata la materia del contendere in ordine alla questione di legittimità costituzionale dell'art. 6.

 


D.Lgs. 17 ottobre 2005, n. 226
Norme generali e livelli essenziali delle prestazioni relativi al secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione, a norma dell'articolo 2 della L. 28 marzo 2003, n. 53 (artt. 15-22)

 

 

(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 4 novembre 2005, n. 257, S.O.

(2)  Vedi, anche, il D.P.R. 16 gennaio 2006, n. 39 e i commi 1, 1-bis e 1-ter dell'art. 13, D.L. 31 gennaio 2007, n. 7 nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(omissis)

15. Livelli essenziali delle prestazioni.

1. L'iscrizione e la frequenza ai percorsi di istruzione e formazione professionale rispondenti ai livelli essenziali definiti dal presente Capo e garantiti dallo Stato, anche in relazione alle indicazioni dell'Unione europea, rappresentano assolvimento del diritto-dovere all'istruzione e formazione, secondo quanto previsto dal decreto legislativo 15 aprile 2005, n. 76, e dal profilo educativo, culturale e professionale di cui all'allegato A.

2. Nell'esercizio delle loro competenze legislative esclusive in materia di istruzione e formazione professionale e nella organizzazione del relativo servizio le Regioni assicurano i livelli essenziali delle prestazioni definiti dal presente Capo.

3. I livelli essenziali di cui al presente Capo costituiscono requisiti per l'accreditamento delle istituzioni che realizzano i percorsi di cui al comma 1 da parte delle Regioni e delle Province autonome di Trento e Bolzano e, relativamente alle istituzioni formative, anche per l'attribuzione dell'autonomia di cui all'articolo 1, comma 4.

4. Le modalità di accertamento del rispetto dei livelli essenziali di cui al presente Capo sono definite con il regolamento previsto dall'articolo 7, comma 1, lettera c), della legge 28 marzo 2003, n. 53.

5. I titoli e le qualifiche rilasciati a conclusione dei percorsi di istruzione e formazione professionale di durata almeno quadriennale rispondenti ai requisiti di cui al comma 2 costituiscono titolo per l'accesso all'istruzione e formazione tecnica superiore, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 69 della legge 17 maggio 1999, n. 144, fermo restando il loro valore a tutti gli altri effetti previsti dall'ordinamento giuridico.

6. I titoli e le qualifiche conseguiti al termine dei percorsi del sistema di istruzione e formazione professionale di durata almeno quadriennale consentono di sostenere l'esame di Stato, utile anche ai fini degli accessi all'università e all'alta formazione artistica, musicale e coreutica, previa frequenza di apposito corso annuale, realizzato d'intesa con le università e con l'alta formazione artistica, musicale e coreutica, e ferma restando la possibilità di sostenere, come privatista, l'esame di Stato secondo quanto previsto dalle disposizioni vigenti in materia.

7. Le qualifiche professionali conseguite attraverso l'apprendistato di cui all'articolo 48 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 costituiscono crediti formativi per il proseguimento nei percorsi di cui al Capo II e al presente Capo, secondo le modalità di riconoscimento indicate dall'art. 51, comma 2, del citato decreto legislativo n. 276 del 2003.

 

16. Livelli essenziali dell'offerta formativa.

1. Le Regioni assicurano, quali livelli essenziali riferiti all'offerta formativa:

a) il soddisfacimento della domanda di frequenza;

b) l'adozione di interventi di orientamento e tutorato, anche per favorire la continuità del processo di apprendimento nei percorsi di istruzione e formazione tecnica superiore, nell'università o nell'alta formazione artistica, musicale e coreutica, nonché per il recupero e lo sviluppo degli apprendimenti dello studente;

c) l'adozione di misure che favoriscano la continuità formativa anche attraverso la permanenza dei docenti di cui all'articolo 19 nella stessa sede per l'intera durata del percorso, ovvero per la durata di almeno un periodo didattico qualora il percorso stesso sia articolato in periodi;

d) la realizzazione di tirocini formativi ed esperienze in alternanza, in relazione alle figure professionali caratterizzanti i percorsi formativi.

2. Ai fini del soddisfacimento della domanda di frequenza di cui al comma 1 lettera a), è considerata anche l'offerta formativa finalizzata al conseguimento di qualifiche professionali attraverso i percorsi in apprendistato di cui all'articolo 48 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276.

 

17. Livelli essenziali dell'orario minimo annuale e dell'articolazione dei percorsi formativi.

1. Le Regioni assicurano, quali livelli essenziali dell'orario minimo annuale e dell'articolazione dei percorsi formativi, un orario complessivo obbligatorio dei percorsi formativi di almeno 990 ore annue. Le Regioni assicurano inoltre, agli stessi fini, l'articolazione dei percorsi formativi nelle seguenti tipologie:

a) percorsi di durata triennale, che si concludono con il conseguimento di un titolo di qualifica professionale, che costituisce titolo per l'accesso al quarto anno del sistema dell'istruzione e formazione professionale;

b) percorsi di durata almeno quadriennale, che si concludono con il conseguimento di un titolo di diploma professionale.

2. Ai fini di cui al comma 1, anche per offrire allo studente una contestuale pluralità di scelte, le Regioni assicurano l'adozione di misure che consentano l'avvio contemporaneo dei percorsi del sistema educativo di istruzione e formazione.

 

18. Livelli essenziali dei percorsi.

1. Allo scopo di realizzare il profilo educativo, culturale e professionale di cui all'articolo 1, comma 5, le Regioni assicurano, quali livelli essenziali dei percorsi:

a) la personalizzazione, per fornire allo studente, attraverso l'esperienza reale e la riflessione sull'operare responsabile e produttivo, gli strumenti culturali e le competenze professionali per l'inserimento attivo nella società, nel mondo del lavoro e nelle professioni;

b) l'acquisizione, ai sensi dell'articolo 1, comma 5, di competenze linguistiche, matematiche, scientifiche, tecnologiche, storico sociali ed economiche, destinando a tale fine quote dell'orario complessivo obbligatorio idonee al raggiungimento degli obiettivi indicati nel profilo educativo, culturale e professionale dello studente, nonché di competenze professionali mirate in relazione al livello del titolo cui si riferiscono;

c) l'insegnamento della religione cattolica come previsto dall'Accordo che apporta modifiche al Concordato lateranense e al relativo protocollo addizionale, reso esecutivo con la legge 25 marzo 1985, n. 121, e dalle conseguenti intese, e delle attività fisiche e motorie;

d) il riferimento a figure di differente livello, relative ad aree professionali definite, sentite le parti sociali, mediante accordi in sede di Conferenza unificata, a norma del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, recepiti con decreti del Presidente della Repubblica su proposta del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Tali figure possono essere articolate in specifici profili professionali sulla base dei fabbisogni del territorio.

2. Gli standard minimi formativi relativi alle competenze di cui al comma 1, lettera b) sono definiti con Accordo in sede di Conferenza Stato-Regioni di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, ai fini della spendibilità nazionale ed europea dei titoli e qualifiche professionali conseguiti all'esito dei percorsi.

 

19. Livelli essenziali dei requisiti dei docenti.

1. Le Regioni assicurano, quali livelli essenziali dei requisiti dei docenti, che le attività educative e formative siano affidate a personale docente in possesso di abilitazione all'insegnamento e ad esperti in possesso di documentata esperienza maturata per almeno cinque anni nel settore professionale di riferimento.

 

20. Livelli essenziali della valutazione e certificazione delle competenze.

1. Le Regioni assicurano, quali livelli essenziali riferiti alla valutazione e certificazione delle competenze:

a) che gli apprendimenti e il comportamento degli studenti siano oggetto di valutazione collegiale e di certificazione, periodica e annuale, da parte dei docenti e degli esperti di cui all'articolo 19;

b) che a tutti gli studenti iscritti ai percorsi sia rilasciata certificazione periodica e annuale delle competenze, che documenti il livello di raggiungimento degli obiettivi formativi;

c) che, previo superamento di appositi esami, lo studente consegua la qualifica di operatore professionale con riferimento alla relativa figura professionale, a conclusione dei percorsi di durata triennale, ovvero il diploma professionale di tecnico, a conclusione dei percorsi di durata almeno quadriennale;

d) che, ai fini della continuità dei percorsi, di cui all'articolo 1, comma 13, il titolo conclusivo dei percorsi di istruzione e formazione tecnica superiore (IFTS) assuma la denominazione di «diploma professionale di tecnico superiore»;

e) che nelle commissioni per gli esami di cui alla lettera c) sia assicurata la presenza dei docenti e degli esperti di cui all'articolo 19;

f) che le competenze certificate siano registrate sul «libretto formativo del cittadino» di cui all'articolo 2, comma 1, lettera i), del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276.

2. Ai fini della valutazione annuale e dell'ammissione agli esami è necessaria la frequenza di almeno tre quarti della durata del percorso.

 

21. Livelli essenziali delle strutture e dei relativi servizi.

1. Le Regioni assicurano, relativamente ai livelli essenziali delle strutture e dei servizi delle istituzioni formative:

a) la previsione di organi di governo;

b) l'adeguatezza delle capacità gestionali e della situazione economica;

c) il rispetto dei contratti collettivi nazionali di lavoro del personale dipendente dalle medesime istituzioni;

d) la completezza dell'offerta formativa comprendente entrambe le tipologie di cui all'articolo 17, comma 1, lettere a) e b);

e) lo svolgimento del corso annuale integrativo di cui all'articolo 15, comma 6;

f) l'adeguatezza dei locali, in relazione sia allo svolgimento delle attività didattiche e formative, sia al rispetto della normativa vigente in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro, di prevenzione incendi e di infortunistica;

g) l'adeguatezza didattica, con particolare riferimento alla disponibilità di laboratori, con relativa strumentazione per gli indirizzi formativi nei quali la sede formativa intende operare;

h) l'adeguatezza tecnologica, con particolare riferimento alla tipologia delle attrezzature e strumenti rispondenti all'evoluzione tecnologica;

i) la disponibilità di attrezzature e strumenti ad uso sia collettivo che individuale;

l) la capacità di progettazione e realizzazione di stage, tirocini ed esperienze formative, coerenti con gli indirizzi formativi attivati.

2. Gli standard minimi relativi ai livelli di cui al presente articolo sono definiti con Accordo in sede di Conferenza unificata ai sensi del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.

 

22. Valutazione.

1. Ai fini della verifica del rispetto dei livelli essenziali definiti dal presente Capo i percorsi sono oggetto di valutazione da parte del Servizio nazionale di valutazione del sistema educativo di istruzione e formazione. Le istituzioni di istruzione e formazione forniscono al predetto Servizio i dati e la documentazione da esso richiesti, anche al fine del loro inserimento nella relazione sul sistema educativo di istruzione e formazione, che il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca presenta al Parlamento a norma dell'articolo 7, comma 3 della legge 28 marzo 2003, n. 53 e dell'articolo 3, comma 3, del decreto legislativo 19 novembre 2004, n. 286.


L. 3 agosto 2007 n. 123
Misure in tema di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e delega al Governo per il riassetto e la riforma della normativa in materia. (art. 1)

Pubblicata nella Gazz. Uff. 10 agosto 2007, n. 185.

 

1. Delega al Governo per il riassetto e la riforma della normativa in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro.

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro nove mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per il riassetto e la riforma delle disposizioni vigenti in materia di salute e sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro, in conformità all’articolo 117 della Costituzione e agli statuti delle Regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, e alle relative norme di attuazione, e garantendo l’uniformità della tutela dei lavoratori sul territorio nazionale attraverso il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, anche con riguardo alle differenze di genere e alla condizione delle lavoratrici e dei lavoratori immigrati (2).

2. I decreti di cui al comma 1 sono adottati, realizzando il necessario coordinamento con le disposizioni vigenti, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi generali:

a) riordino e coordinamento delle disposizioni vigenti, nel rispetto delle normative comunitarie e delle convenzioni internazionali in materia, in ottemperanza a quanto disposto dall’articolo 117 della Costituzione;

b) applicazione della normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro a tutti i settori di attività e a tutte le tipologie di rischio, anche tenendo conto delle peculiarità o della particolare pericolosità degli stessi e della specificità di settori ed ambiti lavorativi, quali quelli presenti nella pubblica amministrazione, come già indicati nell’articolo 1, comma 2, e nell’articolo 2, comma 1, lettera b), secondo periodo, del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni, nel rispetto delle competenze in materia di sicurezza antincendio come definite dal decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, e del regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, nonché assicurando il coordinamento, ove necessario, con la normativa in materia ambientale;

c) applicazione della normativa in materia di tutela della salute e sicurezza sul lavoro a tutti i lavoratori e lavoratrici, autonomi e subordinati, nonché ai soggetti ad essi equiparati prevedendo:

1) misure di particolare tutela per determinate categorie di lavoratori e lavoratrici e per specifiche tipologie di lavoro o settori di attività;

2) adeguate e specifiche misure di tutela per i lavoratori autonomi, in relazione ai rischi propri delle attività svolte e secondo i princìpi della raccomandazione 2003/134/CE del Consiglio, del 18 febbraio 2003;

d) semplificazione degli adempimenti meramente formali in materia di salute e sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro, nel pieno rispetto dei livelli di tutela, con particolare riguardo alle piccole, medie e micro imprese; previsione di forme di unificazione documentale;

e) riordino della normativa in materia di macchine, impianti, attrezzature di lavoro, opere provvisionali e dispositivi di protezione individuale, al fine di operare il necessario coordinamento tra le direttive di prodotto e quelle di utilizzo concernenti la tutela della salute e la sicurezza sul lavoro e di razionalizzare il sistema pubblico di controllo;

f) riformulazione e razionalizzazione dell’apparato sanzionatorio, amministrativo e penale, per la violazione delle norme vigenti e per le infrazioni alle disposizioni contenute nei decreti legislativi emanati in attuazione della presente legge, tenendo conto della responsabilità e delle funzioni svolte da ciascun soggetto obbligato, con riguardo in particolare alla responsabilità del preposto, nonché della natura sostanziale o formale della violazione, attraverso:

1) la modulazione delle sanzioni in funzione del rischio e l’utilizzazione di strumenti che favoriscano la regolarizzazione e l’eliminazione del pericolo da parte dei soggetti destinatari dei provvedimenti amministrativi, confermando e valorizzando il sistema del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758;

2) determinazione delle sanzioni penali dell’arresto e dell’ammenda, previste solo nei casi in cui le infrazioni ledano interessi generali dell’ordinamento, individuati in base ai criteri ispiratori degli articoli 34 e 35 della legge 24 novembre 1981, n. 689, e successive modificazioni, da comminare in via esclusiva ovvero alternativa, con previsione della pena dell’ammenda fino a euro ventimila per le infrazioni formali, della pena dell’arresto fino a tre anni per le infrazioni di particolare gravità, della pena dell’arresto fino a tre anni ovvero dell’ammenda fino a euro centomila negli altri casi;

3) previsione della sanzione amministrativa consistente nel pagamento di una somma di denaro fino ad euro centomila per le infrazioni non punite con sanzione penale;

4) la graduazione delle misure interdittive in dipendenza della particolare gravità delle disposizioni violate;

5) il riconoscimento ad organizzazioni sindacali ed associazioni dei familiari delle vittime della possibilità di esercitare, ai sensi e per gli effetti di cui agli articoli 91 e 92 del codice di procedura penale, i diritti e le facoltà attribuiti alla persona offesa, con riferimento ai reati commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all’igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale;

6) previsione della destinazione degli introiti delle sanzioni pecuniarie per interventi mirati alla prevenzione, a campagne di informazione e alle attività dei dipartimenti di prevenzione delle aziende sanitarie locali;

g) revisione dei requisiti, delle tutele, delle attribuzioni e delle funzioni dei soggetti del sistema di prevenzione aziendale, compreso il medico competente, anche attraverso idonei percorsi formativi, con particolare riferimento al rafforzamento del ruolo del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale; introduzione della figura del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza di sito produttivo;

h) rivisitazione e potenziamento delle funzioni degli organismi paritetici, anche quali strumento di aiuto alle imprese nell’individuazione di soluzioni tecniche e organizzative dirette a garantire e migliorare la tutela della salute e sicurezza sul lavoro;

i) realizzazione di un coordinamento su tutto il territorio nazionale delle attività e delle politiche in materia di salute e sicurezza sul lavoro, finalizzato all’emanazione di indirizzi generali uniformi e alla promozione dello scambio di informazioni anche sulle disposizioni italiane e comunitarie in corso di approvazione, nonché ridefinizione dei compiti e della composizione, da prevedere su base tripartita e di norma paritetica e nel rispetto delle competenze delle regioni e delle province autonome di cui all’articolo 117 della Costituzione, della commissione consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni e l’igiene del lavoro e dei comitati regionali di coordinamento;

l) valorizzazione, anche mediante rinvio legislativo, di accordi aziendali, territoriali e nazionali, nonché, su base volontaria, dei codici di condotta ed etici e delle buone prassi che orientino i comportamenti dei datori di lavoro, anche secondo i princìpi della responsabilità sociale, dei lavoratori e di tutti i soggetti interessati, ai fini del miglioramento dei livelli di tutela definiti legislativamente;

m) previsione di un sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi, fondato sulla specifica esperienza, ovvero sulle competenze e conoscenze in materia di tutela della salute e sicurezza sul lavoro, acquisite attraverso percorsi formativi mirati;

n) definizione di un assetto istituzionale fondato sull’organizzazione e circolazione delle informazioni, delle linee guida e delle buone pratiche utili a favorire la promozione e la tutela della salute e sicurezza sul lavoro, anche attraverso il sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro, che valorizzi le competenze esistenti ed elimini ogni sovrapposizione o duplicazione di interventi;

o) previsione della partecipazione delle parti sociali al sistema informativo, costituito da Ministeri, regioni e province autonome, Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), Istituto di previdenza per il settore marittimo (IPSEMA) e Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (ISPESL), con il contributo del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (CNEL), e del concorso allo sviluppo del medesimo da parte degli organismi paritetici e delle associazioni e degli istituti di settore a carattere scientifico, ivi compresi quelli che si occupano della salute delle donne;

p) promozione della cultura e delle azioni di prevenzione attraverso (3):

1) la realizzazione di un sistema di governo per la definizione, tramite forme di partecipazione tripartita, di progetti formativi, con particolare riferimento alle piccole, medie e micro imprese, da indirizzare, anche attraverso il sistema della bilateralità, nei confronti di tutti i soggetti del sistema di prevenzione aziendale;

2) il finanziamento degli investimenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro delle piccole, medie e micro imprese, i cui oneri siano sostenuti dall’INAIL, nell’ambito e nei limiti delle spese istituzionali dell’Istituto. Per tali finanziamenti deve essere garantita la semplicità delle procedure;

3) la promozione e la divulgazione della cultura della salute e della sicurezza sul lavoro all’interno dell’attività scolastica ed universitaria e nei percorsi di formazione, nel rispetto delle disposizioni vigenti e in considerazione dei relativi princìpi di autonomia didattica e finanziaria;

q) razionalizzazione e coordinamento delle strutture centrali e territoriali di vigilanza nel rispetto dei princìpi di cui all’articolo 19 del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758, e dell’articolo 23, comma 4, del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni, al fine di rendere più efficaci gli interventi di pianificazione, programmazione, promozione della salute, vigilanza, nel rispetto dei risultati verificati, per evitare sovrapposizioni, duplicazioni e carenze negli interventi e valorizzando le specifiche competenze, anche riordinando il sistema delle amministrazioni e degli enti statali aventi compiti di prevenzione, formazione e controllo in materia e prevedendo criteri uniformi ed idonei strumenti di coordinamento;

r) esclusione di qualsiasi onere finanziario per il lavoratore e la lavoratrice subordinati e per i soggetti ad essi equiparati in relazione all’adozione delle misure relative alla sicurezza e alla salute dei lavoratori e delle lavoratrici;

s) revisione della normativa in materia di appalti prevedendo misure dirette a:

1) migliorare l’efficacia della responsabilità solidale tra appaltante ed appaltatore e il coordinamento degli interventi di prevenzione dei rischi, con particolare riferimento ai subappalti, anche attraverso l’adozione di meccanismi che consentano di valutare l’idoneità tecnico-professionale delle imprese pubbliche e private, considerando il rispetto delle norme relative alla salute e sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro quale elemento vincolante per la partecipazione alle gare relative agli appalti e subappalti pubblici e per l’accesso ad agevolazioni, finanziamenti e contributi a carico della finanza pubblica;

2) modificare il sistema di assegnazione degli appalti pubblici al massimo ribasso, al fine di garantire che l’assegnazione non determini la diminuzione del livello di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori;

3) modificare la disciplina del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, prevedendo che i costi relativi alla sicurezza debbano essere specificamente indicati nei bandi di gara e risultare congrui rispetto all’entità e alle caratteristiche dei lavori, dei servizi o delle forniture oggetto di appalto;

t) rivisitazione delle modalità di attuazione della sorveglianza sanitaria, adeguandola alle differenti modalità organizzative del lavoro, ai particolari tipi di lavorazioni ed esposizioni, nonché ai criteri ed alle linee guida scientifici più avanzati, anche con riferimento al prevedibile momento di insorgenza della malattia;

u) rafforzare e garantire le tutele previste dall’articolo 8 del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277;

v) introduzione dello strumento dell’interpello previsto dall’articolo 9 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124, e successive modificazioni, relativamente a quesiti di ordine generale sull’applicazione della normativa sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, individuando il soggetto titolare competente a fornire tempestivamente la risposta.

3. I decreti di cui al presente articolo non possono disporre un abbassamento dei livelli di protezione, di sicurezza e di tutela o una riduzione dei diritti e delle prerogative dei lavoratori e delle loro rappresentanze.

4. I decreti di cui al presente articolo sono adottati nel rispetto della procedura di cui all’articolo 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale, della salute, delle infrastrutture, limitatamente a quanto previsto dalla lettera s) del comma 2, dello sviluppo economico, limitatamente a quanto previsto dalla lettera e) del comma 2, di concerto con il Ministro per le politiche europee, il Ministro della giustizia, il Ministro dell’economia e delle finanze e il Ministro della solidarietà sociale, limitatamente a quanto previsto dalla lettera l) del comma 2, nonché gli altri Ministri competenti per materia, acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative dei lavoratori e dei datori di lavoro.

5. Gli schemi dei decreti legislativi, a seguito di deliberazione preliminare del Consiglio dei Ministri, sono trasmessi alla Camera dei deputati ed al Senato della Repubblica perché su di essi siano espressi, entro quaranta giorni dalla data di trasmissione, i pareri delle Commissioni competenti per materia e per i profili finanziari. Decorso tale termine i decreti sono emanati anche in mancanza dei pareri. Qualora il termine per l’espressione dei pareri parlamentari di cui al presente comma scada nei trenta giorni che precedono la scadenza dei termini previsti ai commi 1 e 6 o successivamente, questi ultimi sono prorogati di tre mesi.

6. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti di cui al comma 1, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi fissati dal presente articolo, il Governo può adottare, attraverso la procedura di cui ai commi 4 e 5, disposizioni integrative e correttive dei decreti medesimi.

7. Dall’attuazione dei criteri di delega recati dal presente articolo, con esclusione di quelli di cui al comma 2, lettera p), numeri 1) e 2), non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. A tale fine, per gli adempimenti dei decreti attuativi della presente delega le amministrazioni competenti provvedono attraverso una diversa allocazione delle ordinarie risorse, umane, strumentali ed economiche, allo stato in dotazione alle medesime amministrazioni.

7-bis. Per l’attuazione del principio di delega di cui al comma 2, lettera p), è previsto uno stanziamento di 50 milioni di euro a decorrere dal 1° gennaio 2008 (4).

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(2) In attuazione della delega prevista dal presente comma vedi il D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81.

(3) Alinea così modificato dal comma 532 dell'art. 2, L. 24 dicembre 2007, n. 244.

(4) Comma aggiunto dal comma 533 dell'art. 2, L. 24 dicembre 2007, n. 244.



[1]    “Misure in tema di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e delega al Governo per il riassetto e la riforma della normativa in materia”.

[2]    “Attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro”.

[3]     Legge 29 dicembre 1993, n. 580 (Riordinamento delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura).

[4]     Ai sensi di tale articolo, a seconda dei settori in cui opera e delle particolari modalità produttive dell’impresa, il suo numero massimo di dipendenti può variare tra gli 8 e i 40 dipendenti, compresi gli apprendisti.

[5]    Notizie tratte dal sito: http://www.istat.it/strumenti/definizioni/ateco/

[6]    D.Lgs. 17 ottobre 2005, n. 226, “Norme generali e livelli essenziali delle prestazioni relativi al secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione, a norma dell'articolo 2 della L. 28 marzo 2003, n. 53”.

[7]    Legge 28 marzo 2003, n. 53, Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull'istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale. In realtà, l’art. 2, c. 1, lett. d) della legge n. 53/2003 aveva previsto che il secondo ciclo si articolasse nel sistema dei licei e nel sistema dell’istruzione e formazione professionale. Il sistema dei licei era, quindi, stato declinato in 8 licei (artistico, classico, economico, linguistico, musicale e coreutico, scientifico, tecnologico, delle scienze umane) dal d.lgs. n. 226 del 2005. In seguito, l’art. 13 del DL n. 7 del 2007 ha previsto che del sistema dell'istruzione secondaria superiore fanno parte i licei (artistico, classico, delle scienze umane, linguistico, musicale e coreutico, scientifico), gli istituti tecnici e gli istituti professionali.

[8]    Decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 6 agosto 2008, n. 133.

[9]    Ai sensi di tale Accordo, sono stati avviati in via sperimentale, a partire dall’anno scolastico 2003-2004 percorsi di istruzione e formazione professionale gestiti dalle regioni, al fine di assicurare comunque agli studenti in uscita dal primo ciclo un’offerta formativa alternativa all’istruzione scolastica: ciò, in attesa della piena definizione dei percorsi delineati dalla legge n. 53/2003. L’accordo specifica, tra l’altro, che tali percorsi devono avere durata triennale e assicurare la qualifica professionale riconosciuta a livello nazionale e corrispondente al secondo livello europeo, cioè alla capacità di scegliere autonomamente.

[10]   D.lgs. 15 aprile 2005, n. 77, Definizione delle norme generali relative all'alternanza scuola-lavoro, a norma dell'articolo 4 della L. 28 marzo 2003, n. 53.

[11]   “Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla L. 14 febbraio 2003, n. 30”.

[12]   “Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria”.

[13]   Lo stesso articolo 49 ha infatti stabilito che la regolamentazione dell’apprendistato professionalizzante è rimessa alle Regioni, d’intesa con le organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative sul piano regionale, nel rispetto di principi e criteri direttivi per la maggior parte coincidenti con quelli previsti per l’apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione. Se ne differenzia per il fatto di non fare riferimento alla qualifica professionale e per il fatto di prevedere un monte ore di formazione di almeno 120 ore per anno.

[14]   Dm 22 ottobre 2004, n. 270, Modifiche al regolamento recante norme concernenti l'autonomia didattica degli atenei, approvato con D.M. 3 novembre 1999, n. 509 del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica.

[15]   Cfr. http://www.uniroma1.it/studenti/corsi/altaformazione/.

[16]   Ai sensi dell’art. 3 del già citato DM n. 270 del 2004, infatti, i titoli di studio rilasciati dalle università sono costituiti da laurea, laurea magistrale, diploma di specializzazione e dottorato di ricerca. Sui corsi di alta formazione, cfr. il comma 9 dell’articolo citato.

[17]   Regolamento recante istituzione del sistema di qualificazione per gli esecutori di lavori pubblici, ai sensi dell'articolo 8 della L. 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni

[18]   D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla L. 14 febbraio 2003, n. 30”.

[19]   Per quanto concerne il rapporto di lavoro, come accennato in precedenza, il regime in edilizia si discosta dalle regole generali per alcuni aspetti connessi all’orario di lavoro (limiti, possibilità di turnazione, differente distribuzione giornaliera), al regime dei permessi e del congedo matrimoniale (cd. riposi annui differenti tra operai ed impiegati; diversa durata del congedo matrimoniale tra operai – 10 giorni – ed impiegati – 15 giorni), ai trasferimenti individuali (diversi tra operai ed impiegati), alle lavorazioni in appalto (in relazione a specifici adempimenti, quali l’obbligo da parte del committente di comunicare alla Cassa edile competente per l’appalto la denominazione della ditta appaltatrice e trasmettere la dichiarazione di adesione di quest’ultima alla disciplina contrattuale. Si ricorda, al riguardo, che la nuova disciplina dell’appalto, introdotta dal D.Lgs. 276 del 2003, non prevede più la garanzia solidale di parità di trattamento ai dipendenti), e ad una specifica procedura sindacale per quanto concerne la composizioni di determinate controversie (preavvisi di licenziamento o dimissioni, licenziamenti collettivi). Per quanto attiene alla retribuzione, nel settore, limitatamente agli operai, valgono regole particolari in relazione al pagamento della tredicesima mensilità, alla retribuzione feriale, dei riposi annui e dei compensi legati all’anzianità professionale. Alla gestione degli istituti retributivi indicati provvedono le Casse edili, enti bilaterali creati dalla contrattazione collettiva (CCNL 29 gennaio 2000, relativo alle aziende industriali, articolo 37). Per gli impiegati sono invece previsti specifici elementi retributivi.

[20]Si ricorda, al riguardo, che la contrattazione collettiva interessa quattro settori distinti: le aziende artigiane, le aziende cooperative, le aziende industriali e la piccola e media industria.

[21] In particolare, all’aliquota del 32,70% del FLPD per la totalità dei lavoratori (sia dell’industria che degli artigiani edili), si aggiunge l’indennità di disoccupazione (pari al 2,41% per tutte le tipologie di lavoratori interessate tranne i dirigenti dell’industria edile, per i quali l’aliquota è dell’1,61%), il TFR (0,20%), il contributo per l’assegno familiare (2,48% per l’industria edile e 0,43% per gli artigiani edili) nonché i contributi riferiti alla CIG, alla CIGS e alle indennità di malattia e maternità, in percentuale variabile a seconda delle qualifiche e dei se torri. Infine, non sono previsti contributi per la mobilità.

[22] “Misure dirette ad accelerare il completamento degli interventi pubblici e la realizzazione dei nuovi interventi nelle aree depresse”.

[23]   Circolari INPS: 27 luglio 1995, n. 209; 30 ottobre 1995, n. 269; 27 marzo 1997, n. 81, 12 novembre 1999, n. 198

[24]   Da ultimo l’aliquota dell’11,50% è stata confermata dal D.M. 25 febbraio 2003 (per il 2002), dal D.M. 9 febbraio 2004 (per il 2003), dal D.M. 1° dicembre 2004 (per il 2004), dal D.M. 1° febbraio 2006 (per il 2005) e dal D.M. 5 marzo 2007 (per il 2006).

[25]   “Disposizioni urgenti in materia di emersione del lavoro sommerso e di rapporti di lavoro a tempo parziale”.

[26]   Vedi nota precedente.

[27]   “Norme di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e competitività per favorire l'equità e la crescita sostenibili, nonché ulteriori norme in materia di lavoro e previdenza sociale”.

[28]   Legge 24 dicembre 2007, n. 244, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2008).

[29]   Legge 27 dicembre 1956, n. 1423, Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità.

[30]   Legge 31 maggio 1965, n. 575, Disposizioni contro la mafia.

[31]   Decreto legge 18 settembre 1995, n. 381, Disposizioni urgenti in materia di finanziamento delle camere di commercio, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, legge 15 novembre 1995, n. 480.

[32]   di cui all'articolo 2, comma 2, del decreto-legge 25 settembre 2002, n. 210, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 novembre 2002, n. 266

[33]   Legge 24 novembre 1981, n. 689, Modifiche al sistema penale.