Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento istituzioni | ||||||||
Titolo: | Prevenzione e repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione A.C. 4434 - Legge 6 novembre 2012, n. 190 - Lavori preparatori - Iter al Senato (A.S. 2156) (discussione in Assemblea) - Parte seconda - Seconda edizione | ||||||||
Riferimenti: |
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Serie: | Progetti di legge Numero: 513 Progressivo: 1 | ||||||||
Data: | 05/12/2012 | ||||||||
Descrittori: |
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Organi della Camera: |
I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni
II-Giustizia | ||||||||
Altri riferimenti: |
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Camera dei deputati |
XVI LEGISLATURA |
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Documentazione per l’esame di |
Disposizioni per la prevenzione
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Legge 6 novembre 2012, n. 190 Lavori preparatori |
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n. 513/1 |
(parte seconda) |
Seconda edizione |
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5 dicembre 2012 |
Servizio responsabile: |
Servizio Studi – Dipartimento Istituzioni ( 066760-9475 / 066760-3855 – * st_istituzioni@camera.it |
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File: ac0660a2.doc |
INDICE
Senato della Repubblica
Discussione in Assemblea
Seduta del 17 maggio 2011 5
Seduta del 1° giugno 2011 15
Seduta del 7 giugno 2011 17
Seduta dell’8 giugno 2011 (antimeridiana) 61
Seduta dell’8 giugno (pomeridiana) 145
Seduta del 9 giugno 2011 165
Seduta del 14 giugno 2011 235
Seduta del 15 giugno 2011 381
Testo approvato dal Senato il 15 giugno 2011 e trasmesso alla Camera dei deputati
§ A.S. 2156, Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione 507
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Senato della Repubblica |
XVI LEGISLATURA |
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Assemblea
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RESOCONTO STENOGRAFICO ALLEGATI
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ASSEMBLEA |
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552a seduta pubblica (pomeridiana): |
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martedì 17 maggio 2011 |
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Presidenza della vicepresidente BONINO
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RESOCONTO STENOGRAFICO
Presidenza della vice presidente BONINO
con le giuste intestazioni, con lo stesso procedimento di cui sopra.
(omissis)
Sui lavori del Senato
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, la Conferenza dei Capigruppo riunitasi oggi pomeriggio ha approvato, a maggioranza, modifiche e integrazioni al calendario corrente e il nuovo calendario dei lavori fino al 26 maggio.
Fermo restando l'esame dei decreti-legge già presenti in calendario, per i quali si è proceduto alla ripartizione dei tempi tra i Gruppi, nel corso della settimana corrente saranno discusse la relazione sull'attività svolta dalla Commissione straordinaria per il controllo dei prezzi negli anni 2009 e 2010 e la risoluzione sull'atto comunitario concernente «Partenariato per la democrazia e la prosperità condivisa con il Mediterraneo meridionale».
La prossima settimana il calendario prevede l'eventuale seguito dei decreti-legge non conclusi, la discussione dei disegni di legge in materia di rappresentanza locale degli italiani residenti all'estero, già rinviati in Commissione, il seguito della mozione Micheloni sulla razionalizzazione della rete diplomatico-consolare italiana, l'esame di ratifiche di accordi internazionali definite dalla Commissione esteri e l'eventuale seguito di argomenti non conclusi.
In relazione alle elezioni amministrative, la seduta pomeridiana di mercoledì 25 maggio avrà termine alle ore 19, ove concluso 1'esame dei decreti-legge in calendario. Il sindacato ispettivo è anticipato alla seduta antimeridiana di giovedì 26.
Il calendario sarà inoltre integrato con la deliberazione dell'Assemblea sulla costituzione in giudizio per resistere in un conflitto di attribuzione sollevato dal tribunale di Milano, con riferimento a una vicenda processuale riguardante l'ex senatore Iannuzzi. In relazione ai tempi di scadenza, la deliberazione avrà luogo prima del 25 maggio.
La Conferenza dei Capigruppo ha infine preso atto delle determinazioni assunte dalla Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari relativamente alla vicenda processuale del senatore Tedesco.
Come annunciato, il calendario in Conferenza dei Presidenti dei Gruppi parlamentari è stato approvato a maggioranza.
Programma dei lavori dell'Assemblea, integrazioni
PRESIDENTE. La Conferenza dei Presidenti dei Gruppi parlamentari, riunitasi oggi pomeriggio con la presenza dei Vice presidenti del Senato e con l'intervento del rappresentante del Governo, ha adottato - ai sensi dell'articolo 53 del Regolamento - le seguenti integrazioni al programma dei lavori del Senato per i mesi di aprile, maggio e giugno 2011:
- Documento XVI, n. 4 - Relazione della Commissione straordinaria per la verifica dell'andamento generale dei prezzi al consumo e per il controllo della trasparenza dei mercati sulla attività svolta dalla Commissione negli anni 2009 e 2010.
- Documento XVIII, n. 93 - Risoluzione sulla comunicazione congiunta al Consiglio europeo, al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni dal titolo: «Un partenariato per la democrazia e la prosperità condivisa con il Mediterraneo meridionale» - COM (2011) 200 definitivo - (Atto comunitario n. 71).
Calendario dei lavori dell'Assemblea
Discussione e reiezione di proposte di modifica
PRESIDENTE. Nel corso della stessa riunione, la Conferenza dei Presidenti dei Gruppi parlamentari ha altresì adottato - ai sensi dell'articolo 55 del Regolamento - modifiche e integrazioni al calendario corrente e il nuovo calendario dei lavori dell'Assemblea fino al 26 maggio 2011:
Martedì |
17 |
maggio |
pom. |
h. 16,30-20 |
- Disegno di legge n. 2680 - Decreto-legge n. 37, recante svolgimento delle consultazioni referendarie 2011 (Scade il 10 giugno) (Voto finale con la presenza del numero legale) - Disegno di legge n. 2715 - Decreto-legge n. 26, recante misure urgenti per svolgimento assemblee societarie annuali (Approvato dalla Camera dei deputati - scade il 25 maggio) - Disegno di legge n. 2716 - Decreto-legge n. 27, recante assegni una tantum al personale del comparto difesa-sicurezza (Approvato dalla Camera dei deputati - scade il 27 maggio) - Doc. XVI, n. 4 - Relazione sull'attività svolta dalla Commissione straordinaria per il controllo dei prezzi per gli anni 2009 - 2010 - Doc. XVIII, n. 93 - Partenariato per la democrazia e la prosperità condivisa con il Mediterraneo meridionale |
Mercoledì |
18 |
" |
ant. |
h. 9,30-13 |
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" |
" |
" |
pom. |
h. 16,30-20 |
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Giovedì |
19 |
" |
ant. |
h. 9,30-14 |
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Giovedì |
19 |
maggio |
pom. |
h. 16 |
- Interpellanze e interrogazioni |
Gli emendamenti ai disegni di legge nn. 2715 (Decreto-legge n. 26 recante misure urgenti per svolgimento assemblee societarie annuali) e 2716 (Decreto-legge n. 27, recante assegni una tantum al personale del comparto difesa-sicurezza) dovranno essere presentati entro le ore 19 di martedì 17.
Il calendario sarà integrato con la deliberazione dell'Assemblea sulla costituzione in giudizio per resistere in un conflitto di attribuzione sollevato dal tribunale di Milano.
Martedì |
24 |
maggio |
pom. |
h. 16,30-20 |
- Eventuale seguito decreti-legge non conclusi - Disegni di legge nn. 1460 e connessi - Disciplina della rappresentanza istituzionale locale degli italiani residenti all'estero (Rinviato in Commissione) - Seguito mozione n. 379, Micheloni, sulla razionalizzazione della rete diplomatico-consolare italiana - Ratifiche di accordi internazionali - Eventuale seguito argomenti non conclusi |
Mercoledì |
25 |
" |
ant. |
h. 9,30-14 |
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" |
" |
" |
pom. |
h. 16,30-19 (*) |
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Giovedì |
26 |
maggio |
ant. |
h. 9,30 |
- Interpellanze e interrogazioni |
(*) Ove concluso l'esame dei decreti-legge in calendario.
Ripartizione dei tempi per la discussione del disegno di legge n.
2680
(Decreto-legge n. 37, recante svolgimento consultazioni referendarie 2011)
(4 ore e 30 minuti, escluse dichiarazioni di voto)
Relatore |
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30' |
Governo |
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30' |
Votazioni |
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30' |
Gruppi 3 ore, di cui: |
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PdL |
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50' |
PD |
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43' |
LNP |
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20' |
Misto |
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19' |
UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI |
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17' |
IdV |
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16' |
CN-Io Sud |
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15' |
Dissenzienti |
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5' |
Ripartizione dei tempi per la discussione del disegno di legge n.
2715
(Decreto-legge n. 26, recante misure urgenti
per svolgimento assemblee societarie annuali)
(4 ore e 30 minuti, escluse dichiarazioni di voto)
Relatore |
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30' |
Governo |
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30' |
Votazioni |
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30' |
Gruppi 3 ore, di cui: |
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PdL |
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50' |
PD |
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43' |
LNP |
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20' |
Misto |
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19' |
UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI |
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17' |
IdV |
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16' |
CN-Io Sud |
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15' |
Dissenzienti |
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5' |
Ripartizione dei tempi per la discussione del disegno di legge n.
27160
(Decreto-legge n. 27, recante assegni una tantum
al personale del comparto difesa-sicurezza)
(6 ore, escluse dichiarazioni di voto) (*)
Relatore |
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30' |
Governo |
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30' |
Votazioni |
|
30' |
Gruppi 4 ore e 30, di cui: |
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PdL |
1 h. |
06' |
PD |
1 h. |
30' |
LNP |
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27' |
Misto |
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25' |
UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI |
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23' |
IdV |
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22' |
CN-Io Sud |
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21' |
Dissenzienti |
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5' |
(*) La ripartizione dei tempi, secondo un criterio non strettamente proporzionale, tiene conto di richieste avanzate da alcuni Gruppi.
ZANDA (PD). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ZANDA (PD). Signora Presidente, il Gruppo del Partito Democratico ha espresso un voto contrario sul calendario dei lavori per un motivo più volte annunciato e per una questione più volte sollecitata che ad oggi non ha ancora trovato soluzione. Abbiamo dichiarato ripetutamente che il Gruppo del Partito Democratico non avrebbe più votato a favore di calendari d'Aula nei quali non fosse stata inserita la discussione sul provvedimento anticorruzione. Così non è stato, nemmeno questa volta, per l'ennesima volta, e pertanto noi, con la Conferenza dei Capigruppo di poco fa, abbiamo iniziato a votare contro i calendari dei lavori dell'Aula e lo faremo fino a quando quel provvedimento non verrà calendarizzato.
Vorrei ricordare all'Assemblea che quello sull'anticorruzione è un provvedimento governativo e che mai, in nessuna Conferenza dei Capigruppo, è stato presentato da parte di nessun Gruppo presente in quest'Aula un argomento contrario alla discussione di quel disegno di legge. Ciò nonostante, il provvedimento non arriva all'esame dell'Assemblea, e non arriva perché - come da notizia avuta dai colleghi della 5a Commissione permanente, dove ancora oggi se ne è discusso - l'assenza di un documento del Governo non consente la conclusione della discussione sul parere relativo ad uno o più emendamenti.
Signora Presidente, colgo l'occasione di questo dibattito anche per sottoporre alla Presidenza - come abbiamo fatto più volte - la difficoltà esistente nel raccordo tra il lavoro di Commissione e il lavoro d'Aula, difficoltà particolarmente pesante per i Gruppi di opposizione, che si trovano spesso nella impossibilità di chiedere la calendarizzazione di propri provvedimenti, fermi in Commissione da tempo immemorabile e che non si riesce a portare in Aula. Quindi, esiste un problema di organizzazione dei nostri lavori, in modo particolare dei lavori delle Commissioni, essendo le attuali modalità tali da non consentire all'Aula di lavorare con ritmi e contenuti adeguati.
Ricordo anche che in Conferenza dei Capigruppo è stata sottolineata la necessità - e questo è un ulteriore esempio - che venga sbloccata in 1a Commissione la ratifica di sei intese con sei importanti confessioni religiose, ratifica che attende da più di un anno di essere approvata in sede deliberante. Si tratta di casi assolutamente lineari nei quali le decisioni dovrebbero essere assunte senza eccessiva discussione e, nel caso sussistano problemi, questi devono essere fatti emergere.
In alternativa, signora Presidente, noi dobbiamo farne delle questioni politiche e, come tali, cioè come questioni politiche gravi, dobbiamo trattarle. L'assenza dai lavori dell'Aula del provvedimento anticorruzione è per noi una questione politica di capitale importanza. Ribadiamo quindi la necessità che il provvedimento giunga all'esame dell'Assemblea, e pertanto, anche sulla base dell'impegno preciso assunto in Conferenza dei Capigruppo dal presidente Schifani, vorremmo fare leva sulla Presidenza del Senato affinché si adoperi perché questo possa avvenire in tempi rapidissimi. (Applausi dal Gruppo PD).
D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Signora Presidente, anche noi abbiamo votato contro il calendario approvato in Conferenza dei Capigruppo, voto che ripeteremo per diverse ragioni. La prima, anticipata dal collega Zanda, riguarda la mancata calendarizzazione dei disegni di legge in materia di anticorruzione. Credo sia obiettivamente sconveniente - non voglio usare termini particolarmente forti - che la maggioranza si trinceri dietro il parere della Commissione bilancio.
Sarebbe invece opportuno che questo provvedimento giungesse all'esame dell'Assemblea e che ciascuno si assumesse la responsabilità rispetto a disposizioni e norme che prevedono anche maggiori sanzioni; infatti, al riguardo, siamo tutti d'accordo in sede di campagna elettorale, salvo poi non muovere alcun passo in Commissione e in Aula per la discussione di un provvedimento che io ritengo molto utile, vista anche la circostanza che in più parti d'Italia, del Nord, del Centro e del Sud, in questa campagna elettorale candidati ed esponenti politici di diverso colore sono stati trovati con le mani nel sacco.
Pertanto, l'idea di dare un segnale reale ed efficace inasprendo una serie di sanzioni sul fronte dell'anticorruzione sarebbe una cosa di buon senso. Mi sembra però che il buon senso non aleggi dalle parti della maggioranza.
La seconda ragione per la quale non abbiamo votato il calendario e continueremo a non votarlo riguarda l'assenza e il rifiuto del Governo e del ministro Maroni a rendere in Aula, su nostra richiesta, un'informativa, in occasione dell'esame del decreto-legge che riguarda la concessione una tantum di provvidenze e benefici in favore del personale del comparto sicurezza, in modo da evitare che si possa moltiplicare il tempo, e così via.
Abbiamo chiesto al ministro Maroni di rendere un'informativa, certamente per una ricognizione dello stato dell'arte in materia di sicurezza nel nostro Paese (le condizioni delle nostre forze di polizia, quante sono le risorse a disposizione, perché fare un provvedimento una tantum e non pensare, invece, ad un percorso di medio e lungo periodo che assicuri un rasserenamento rispetto alle condizioni economiche e giuridico-contrattuali del comparto sicurezza), con riguardo anche alle improvvide dichiarazioni del Ministro stesso in ordine alla sentenza della Corte costituzionale e alla decisione della Corte di giustizia europea in materia di ronde e di reato di immigrazione clandestina, ed anche per avere l'occasione per avere alcuni dati inerenti i procedimenti penali in corso per immigrazione clandestina, il numero delle espulsioni con accompagnamento alla frontiera effettivamente realizzate da tre anni a questa parte (grazie ai famosissimi pacchetti sicurezza della maggioranza), con riferimento al funzionamento delle norme, sempre contenute nel pacchetto sicurezza, che riguardano l'immediata espellibilità degli extracomunitari che siano ospiti delle nostre patrie galere e che siano stati condannati ad una pena superiore a due anni di reclusione. Per capire, cioè, se tutto quello che è stato fatto su questa materia è una "bufala" oppure se, dopo tre anni, ha trovato pratica attuazione.
Abbiamo chiesto questo: ci è stato risposto cortesemente e correttamente dal Ministro per i rapporti con il Parlamento che il Ministro avrebbe riferito al Comitato di controllo sull'attuazione dell'Accordo di Schengen. Poiché ciò non è la stessa cosa e, poiché credo che di questa materia, cioè di sicurezza, se ne debba discutere in Aula, perché trattasi di materia d'interesse generale, credo che rifiutarsi di venire a rendere questa informativa sia un'ammissione di questo Governo circa il fatto che non è nelle condizioni di governare in termini di efficienza né il personale delle forze di polizia, né i problemi della sicurezza.
La terza ragione per la quale noi non abbiamo votato il calendario è perché siamo contrari al ritorno in Aula - quindi all'esame e all'approvazione - del provvedimento che riguarda la disciplina della rappresentanza istituzionale locale degli italiani residenti all'estero, perché riteniamo che sia un provvedimento gravissimo, sbagliato, che viola i principi di democrazia e di rappresentanza dei nostri connazionali residenti all'estero attribuendo un potere discrezionale al Governo nella selezione dei rappresentanti degli italiani all'estero.
Queste sono le ragioni per le quali abbiamo votato contro il calendario e - lo dico a futura memoria - saranno le ragioni per le quali continueremo a votare contro il calendario fino a quando queste domande non troveranno risposta. (Applausi dal Gruppo UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI e del senatore Pardi).
LI GOTTI (IdV). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LI GOTTI (IdV). Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, neanche noi abbiamo votato il calendario dei lavori dell'Assemblea, e ve ne spiego la ragione. Celebriamo in questi giorni il primo anniversario del Consiglio dei ministri straordinario in cui venne presentato il disegno di legge del Governo di anticorruzione. Fu un fatto eccezionale, perché fu convocato il Consiglio dei ministri di lunedì, casualmente in coincidenza con la data di un processo, perché era importante intervenire sulla materia della corruzione.
É passato un anno; poi finalmente è arrivato all'esame delle Commissioni 1a e 2a riunite. Abbiamo presentato gli emendamenti e, con spirito di collaborazione nei confronti del prodotto del Governo, abbiamo rinunciato alla discussione generale per spostare tutto in fase di esame degli emendamenti. Sennonché la maggioranza fa la pratica ostruzionistica al Governo: mentre noi cerchiamo di dare una mano al Governo, la maggioranza rallenta il lavoro.
Nel mese di ottobre, esattamente il giorno 6 ottobre del 2010, gli emendamenti sono stati messi a disposizione della Commissione bilancio. Sono passati sette mesi e mezzo, e ancora non si vede l'esito. É chiaro che questo è un atteggiamento ostruzionistico: non è pensabile che occorra tanto tempo, dal mese di ottobre del 2010, per fornire i pareri sugli emendamenti. Ma questo fa il paio, signor Presidente e onorevoli colleghi, con il disegno di legge, presentato nel novembre 2008, di ratifica della Convenzione di Strasburgo del 1999 di contrasto alla corruzione penale. La ratifica è del 1999, per cui risale a 12 anni fa, e il disegno di legge è stato presentato nel novembre del 2008 e si tratta di una ratifica secca.
Sono mesi, signor Presidente, che il Governo chiede il rinvio perché deve fornire il parere su un unico ordine del giorno presentato in Commissione. Se questo non è ostruzionismo della maggioranza contro il Governo e del Governo contro se stesso, che cosa è? Perché sulla corruzione vengono posti tutti questi freni? Per quale motivo non si riesce a portare in Aula un qualcosa che si era detto essere essenziale, anche alla luce delle denunce provenienti dalla Corte dei conti sul disastro che induce la corruzione sul nostro sistema economico?
Insomma, vogliamo affrontare questa disciplina, oppure dobbiamo occuparci della prescrizione breve? È questo il problema.
Noi vogliamo affrontare i provvedimenti anche proposti dal Governo su temi importanti che condividiamo, ma non possiamo subire una pratica ostruzionistica che non fa bene al Paese e non è nell'interesse dei cittadini.
Allora, anche noi non voteremo il calendario dei lavori fin quando non verrà accelerato il lavoro per consentire a quest'Aula di esaminare un provvedimento atteso, nonchè un altro atteso addirittura da 12 anni. (Applausi dal Gruppo IdV e del senatore Peterlini).
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, permettete alla Presidenza di riassumere la situazione e di avanzare una proposta su come procedere.
I senatori Zanda, D'Alia e Li Gotti hanno chiesto una modifica del calendario dei lavori dell'Assemblea per consentire l'inserimento del disegno di legge contro la corruzione.
Inoltre, il presidente D'Alia ha richiesto un'ulteriore modifica del calendario sia per inserirvi l'informativa del Ministro dell'interno su questioni di sua competenza sia per espungere dal calendario il disegno di legge sulla rappresentanza degli italiani all'estero.
Procederemo in questo modo. La Presidenza metterà prima in votazione la proposta di inserire in calendario il disegno di legge contro la corruzione, che è stata avanzata da tutti i tre Gruppi di opposizione.
Metto ai voti la proposta di modifica del calendario dei lavori dell'Assemblea, avanzata dal senatore Zanda e da altri senatori.
Non è approvata.
INCOSTANTE (PD). Chiediamo la controprova.
PRESIDENTE. Ordino la chiusura delle porte. Procediamo alla controprova mediante procedimento elettronico. (Voci dall'opposizione chiedono reiteratamente un controllo sulla regolarità delle votazioni).
INCOSTANTE (PD). Signora Presidente, faccia ritirare quelle schede in prima fila.
PRESIDENTE. Invito i senatori Segretari a procedere alla verifica della regolarità delle votazioni.
(I senatori Segretari procedono al controllo. Brusìo e commenti dai banchi della maggioranza).
Colleghi, ci sono delle verifiche in corso. Se ognuno di voi resta al proprio posto, il lavoro dei senatori segretari è più facile.
LEGNINI (PD). Signora Presidente, ma li faccia sedere!
PRESIDENTE. Senatore Legnini, la Presidenza può richiamare all'ordine, come già ha ripetutamente fatto, ma non può certo obbligare i senatori a sedere.
Non è approvata.
Metto ai voti la proposta di modifica del calendario dei lavori dell'Assemblea, avanzata dal senatore D'Alia, tendente ad inserire un'informativa del Ministro dell'interno su questioni di sua competenza e ad espungere dal calendario il disegno di legge sulla rappresentanza degli italiani all'estero.
Non è approvata.
D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Chiediamo la controprova.
PRESIDENTE. Ordino la chiusura delle porte. Procediamo alla controprova mediante procedimento elettronico.
Non è approvata.
Resta pertanto definitivo il calendario dei lavori adottato a maggioranza dalla Conferenza dei Capigruppo e da me comunicato all'Assemblea.
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Senato della Repubblica |
XVI LEGISLATURA |
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Assemblea
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RESOCONTO STENOGRAFICO ALLEGATI
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ASSEMBLEA |
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560a seduta pubblica (antimeridiana): |
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mercoledì 1° giugno 2011 |
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Presidenza della vicepresidente BONINO
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(omissis)
Calendario dei lavori dell'Assemblea
PRESIDENTE. Nel corso della stessa riunione, la Conferenza dei Presidenti dei Gruppi parlamentari ha altresì adottato - ai sensi dell'articolo 55 del Regolamento - il calendario dei lavori fino al 10 giugno 2011:
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- Disegno di legge n. 2729 - Proroga termini delega federalismo fiscale (Approvato dalla Camera dei deputati) - Disegno di legge n. 2362 - Giornata in memoria delle vittime dei disastri ambientali e industriali (Approvato dalla Camera dei deputati) - Mozione n. 405, Ramponi, sulla sicurezza da minaccia cibernetica - Mozione n. 355, Biondelli, sull'autismo |
Mercoledì |
1° |
giugno |
ant. |
h. 9,30-13 |
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" |
" |
" |
pom. |
h. 16,30-20 |
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Martedì |
7 |
giugno |
pom. |
h. 16-20,30 |
- Disegno di legge n. 2156 e connessi - Anticorruzione |
Mercoledì |
8 |
" |
ant. |
h. 9,30-13,30 |
|
" |
" |
" |
pom. |
h. 16-20,30 |
|
Giovedì |
9 |
" |
ant. |
h. 9,30-13,30 |
|
" |
" |
" |
pom. |
h. 16 |
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Venerdì |
10 |
" |
ant. |
h. 9,30 |
In apertura della seduta di martedì 7 giugno sarà commemorata la figura di Cavour, in occasione del 150° anniversario della morte.
Gli emendamenti al disegno di legge n. 2156 e connessi (Anticorruzione) dovranno essere presentati entro le ore 15 di lunedì 6 giugno.
(omissis)
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Senato della Repubblica |
XVI LEGISLATURA |
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Assemblea
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RESOCONTO STENOGRAFICO ALLEGATI
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ASSEMBLEA |
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562a seduta pubblica (pomeridiana): |
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martedì 7 giugno 2011 |
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Presidenza del vice presidente CHITI, indi del presidente SCHIFANI e della vice presidente MAURO |
RESOCONTO STENOGRAFICO
Presidenza del vice presidente CHITI
PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 16,08).
Si dia lettura del processo verbale.
Si dia lettura del processo verbale.
BUTTI, segretario, dà lettura del processo verbale della seduta pomeridiana del 1° giugno.
PRESIDENTE. Non essendovi osservazioni, il processo verbale è approvato.
Comunicazioni della Presidenza
PRESIDENTE. L'elenco dei senatori in congedo e assenti per incarico ricevuto dal Senato, nonché ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.
Preannunzio di votazioni mediante procedimento elettronico
PRESIDENTE. Avverto che nel corso della seduta odierna potranno essere effettuate votazioni qualificate mediante il procedimento elettronico.
Pertanto decorre da questo momento il termine di venti minuti dal preavviso previsto dall'articolo 119, comma 1, del Regolamento (ore 16,09).
Colleghi, sospendo la seduta perché è in corso la Conferenza dei Capigruppo; la seduta riprenderà appena termineranno i suoi lavori.
(La seduta, sospesa alle ore 16,09, è ripresa alle ore 16,19).
Ripartizione dei tempi per la discussione del disegno di legge n.
2156
(Anticorruzione)
(17 ore e 30 minuti, escluse dichiarazioni di voto)
Governo |
1 h. |
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Votazioni |
5 h. |
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Gruppi 11 ore e 30 minuti, di cui (*): |
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PdL |
2 h. |
54' |
PD |
3 h. |
29' |
LNP |
1 h. |
11' |
Misto |
1 h. |
06' |
UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI |
1 h. |
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IdV |
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57' |
CN-Io Sud |
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55' |
Dissenzienti |
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5' |
(*) la ripartizione dei tempi, secondo un criterio non strettamente proporzionale, tiene conto di richieste avanzate da alcuni Gruppi.
Colleghi, prima di lasciare la Presidenza alla Vice Presidente di turno, vorrei svolgere una piccola sintesi dei nostri lavori. Al di là dell'esposizione del presidente Berselli, sono iscritti a parlare sul disegno di legge anticorruzione colleghi che impegneranno presumibilmente un tempo intorno alle tre ore. Quindi, se siete d'accordo, procederei con l'intervento del Presidente e gli interventi in discussione generale, per lasciare a domani mattina la replica del Governo con il conseguente inizio delle votazioni, per consentire ad ogni collega di potersi regolare oggi pomeriggio e fare in modo che nella seduta odierna si esaurisca la discussione generale e domani mattina si inizi la seduta con la replica del Governo e l'illustrazione e la votazione degli emendamenti.
LI GOTTI (IdV). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LI GOTTI (IdV). Signor Presidente, ci rendiamo conto che è stata reiteratamente chiesta la fissazione dell'esame dei provvedimenti in materia di corruzione, presentati, per il mio Gruppo, nel giugno 2008 (penso analogamente per il Gruppo del PD), e poi dal Governo, nel maggio 2010. Il lavoro ha avuto inizio in 1a e 2a Commissione e il 6 ottobre 2010 sono stati depositati, secondo disposizione, gli emendamenti. Ho dovuto attendere per un lungo periodo i pareri sugli emendamenti, periodo che si è protratto per sette mesi. La 1a e la 2a Commissione hanno dovuto attendere, senza poter fare nulla, perché non veniva consentito di lavorare nel rispetto del Regolamento e quindi con i pareri della 5a Commissione e del Governo.
Siamo arrivati quindi in Aula in una situazione del tutto singolare, anche se non rara: finalmente sono stati formulati i pareri sugli emendamenti, ma nel momento stesso in cui sono stati formulati, era stata già fissata dalla Conferenza dei Capigruppo la discussione in Aula. Quindi, lo scorso giovedì noi abbiamo preso atto della realtà della fissazione in Aula e, in considerazione del gran numero di emendamenti formulati dal relatore, dalla maggioranza e dall'opposizione, che ammontano a circa 200, ci siamo resi conto che non avremmo potuto far alcun esame congruo e valido, essendo peraltro tutti quanti d'accordo che il provvedimento andava implementato dalle iniziative emendative.
Si giunge ora in Aula senza una relazione. L'ordine del giorno fa riferimento a sette disegni di legge. Gli emendamenti sono stati presentati sul disegno di legge del Governo. Si aggiunge poi un altro fatto: oggi pomeriggio le Commissioni riunite 2a e 3a hanno approvato il disegno di legge di ratifica, proposto dall'Italia dei Valori e dal Partito Democratico, della Convenzione penale sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 27 gennaio del 1999.
La ratifica della Convenzione, alla quale l'Italia ha partecipato nel corso degli anni Novanta, obbliga il nostro Governo ad adeguare la normativa interna a ciò che è contenuto nella Convenzione. Invece, il disegno di legge del Governo è stato articolato senza tener conto della ratifica di una Convenzione; anzi, si era detto che fin quando essa non c'era non sarebbe stato possibile tenerne conto. Oggi, però, questo provvedimento è stato approvato dal Senato in Commissione, all'unanimità: pertanto, il disegno di legge del Governo non è in linea con la ratifica sulla quale si è pronunziato il Senato, sia pur in Commissione.
Allora, Presidente, nel segno della ragionevolezza, siamo arrivati in Aula senza relatore, oggi interviene un fatto nuovo.
PRESIDENTE. Non è un fatto nuovo. È un fatto ulteriore e positivo.
LI GOTTI (IdV). È un fatto ulteriore, nuovo, ma, a questo punto, si proceda nell'esame in Commissione adeguandoci alla Convenzione europea di Strasburgo del 27 gennaio 1999, cosa che sinora non abbiamo fatto.
PRESIDENTE. Senatore Li Gotti, la questione è chiara e le rispondo subito. La calendarizzazione è stata sollecitata per circa un mese da tutti i Gruppi dell'opposizione. La Presidenza ha più volte sollecitato le Commissioni riunite ad esaurire il proprio lavoro e a dare mandato al relatore; l'opposizione da alcune settimane - lei lo ricorderà - non votava più il calendario dei lavori, anche se non vi erano motivi di conflittualità, in relazione al fatto che questo provvedimento non veniva calendarizzato.
La Presidenza, la settimana scorsa, ha assunto l'iniziativa di portare in Conferenza dei Capigruppo questo provvedimento in modo da poterne discutere in data odierna. Questa scelta è stata condivisa all'unanimità da tutti i Gruppi, per cui ritengo di dover andare avanti nella discussione di questo provvedimento. Ciò nondimeno la sua osservazione di funzionalità è perfettamente fondata.
Se decidessimo di rinviare in Commissione il provvedimento anticorruzione (anche se non credo che in Aula vi sia accordo in tal senso), tutto sommato smentiremmo ciò che è stato deciso all'unanimità, e lei m'insegna che un calendario votato all'unanimità, proprio per questo motivo, non è smentibile. Allora, dobbiamo trovare un accordo.
Tuttavia, poiché la sua osservazione è pertinente, mi auguro che nella fase emendativa del disegno di legge si possa far tesoro della modifica. Eventualmente, così come abbiamo previsto un'assegnazione d'ufficio di questo provvedimento in calendario, faremo di tutto e saremo altrettanto vigili perché la ratifica possa essere messa in discussione. Di questo mi rendo garante.
La sua osservazione rispetto alla funzionalità è coerente, ma a questo punto, dopo tutto quello che si è fatto per arrivare ad esaminare il provvedimento in Aula, anche senza relatore, con una Conferenza dei Capigruppo voluta a tutti i costi e un calendario votato all'unanimità, e voluta anche da questa Presidenza (poiché il sottoscritto si è sempre battuto perché in Conferenza dei Capigruppo i calendari si votassero all'unanimità), in considerazione del fatto che le opposizioni si rifiutavano di votare qualunque calendario fino a quando non fosse stato calendarizzato questo provvedimento, mi sono preso la responsabilità, nella logica della gestione del bene comune e dunque di assicurare un buon andamento dei lavori (anche in seno alla Capigruppo), di calendarizzarlo, anche se l'esame in Commissione non era concluso, proprio per stemperare il clima di conflittualità che si respirava nella Conferenza dei Capigruppo a proposito del calendario, non per le questioni di cui si discuteva ma per il fatto che non veniva calendarizzato questo importante provvedimento d'iniziativa governativa, che da più di un anno attendeva di essere esaminato.
Ecco perché, pur condividendo la logica del suo intervento e il suo messaggio in ordine alla funzionalità dei lavori, sono costretto ad esortare tutti ad andare avanti e a procedere con la discussione del provvedimento. La Presidenza si farà carico, nella prossima Conferenza dei Capigruppo, di individuare uno spazio per discutere del provvedimento cui lei si è riferito nelle parti residue che non dovessero essere ricomprese nel provvedimento che ci accingiamo a discutere.
LI GOTTI (IdV). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LI GOTTI (IdV). Le chiedo solo un chiarimento, signor Presidente.
Il provvedimento che oggi è stato approvato dalle Commissioni 2a e 3a è di ratifica della Convenzione di Strasburgo, quindi è un provvedimento "secco".
PRESIDENTE. Lo comprendo. Dunque, difficilmente inseribile.
Cerco di sforzarmi, anche se non posso certo fare forzature. Spero apprezzi la mia buona volontà nel cercare una sintesi logica e coerente con il suo richiamo alla funzionalità nell'andamento dei lavori.
LI GOTTI (IdV). La mia preoccupazione era tesa ad evitare di fare oggi un lavoro che tra una settimana sarà superato dal voto di ratifica della Convenzione, già espresso in Commissione.
PRESIDENTE. Sospendere però la discussione di questo provvedimento oggi sarebbe una sconfitta per tutti, e non credo che lei, per la sua storia e l'impegno dimostrato, ambisca ad iscriversi al club di coloro che decretano la sconfitta della calendarizzazione di un importante provvedimento che tocca l'anticorruzione. Non lo immagino minimamente.
FINOCCHIARO (PD). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FINOCCHIARO (PD). Signor Presidente, non intendo intervenire sulla funzionalità dei nostri lavori perché la questione che ci si pone oggi non è procedurale, né alcuno, ovviamente, può pensare in quest'Aula che stiamo sollevando tale questione in chiave ostruzionistica, visto che come lei ha ricordato - e di questo la ringrazio - per mesi non abbiamo addirittura votato il calendario in attesa che questo provvedimento venisse iscritto all'ordine del giorno.
La questione che voglio sollevare, e che voglio sollevare dentro la cornice della discussione del disegno di legge di iniziativa del Governo sulla corruzione, è eminentemente e squisitamente politica. E rispetto a questo mi piacerebbe che sia il Governo, che i colleghi della maggioranza dicessero una parola perché, come ha ricordato il senatore Li Gotti, se oggi le Commissioni riunite 2a e 3a approvano e destinano quindi all'Aula la ratifica della Convenzione di Strasburgo sulla corruzione, che è ovviamente una ratifica che attende poi di essere tradotta in norme con le quali il nostro ordinamento si adegui a quelle linee direttive, si pone qui una domanda sostanziale, politica. Ora, senza risposta a questa domanda il nostro lavoro, celere o non celere, funzionale o no, rischia di essere senza senso e credo che ciò sarebbe molto grave per un procedimento legislativo.
Il problema è che emendamenti tendenti ad un adeguamento sulla base della ratifica della Convenzione di Strasburgo sono stati presentati sia in Commissione che in Aula. Sono emendamenti sui quali il Governo ha sempre espresso parere contrario, così come contrario è stato in Commissione il parere del relatore di maggioranza. E tali pareri non sono contrari sulla base di un rapporto gerarchico o temporale, ma sulla base di una valutazione di merito: mi chiedo dunque in quale campo ignoto ci stiamo inoltrando.
Dunque, la prima domanda semplice alla quale, secondo me, il Governo e la maggioranza dovrebbero rispondere è la seguente: poiché questo lavoro che riguarda la ratifica della Convenzione di Strasburgo si è già concluso positivamente in Commissione, non è forse ovvio che l'Assemblea, nell'affrontare il provvedimento sulla corruzione, debba uniformare il contenuto e quindi accogliere gli emendamenti traduttivi delle linee contenute nella Convenzione? Se così non fosse, si seguirebbe la logica un po' meccanicista di cui parla lei - mi perdoni, signor Presidente - per cui prima ci occupiamo di questo provvedimento e in seguito approviamo la ratifica. E poi che facciamo? Approviamo un altro provvedimento con cui, in seguito alla ratifica, torniamo a modificare il nostro sistema legislativo in materia di corruzione?
Questo è francamente senza senso. Pongo questa domanda perché ci si intenda: stiamo cominciando l'esame di un provvedimento importante; sono già stati presentati emendamenti, e ovviamente il Governo potrà presentarne altri in qualsiasi momento. Si intende dunque che questo lavoro, cui noi attribuiamo una grandissima importanza, è un lavoro - come si dice con una brutta espressione - in progress, nel senso che approfitteremo del lavoro dell'Assemblea affinché siano compresi i contenuti ricadenti nel nostro ordinamento sulla base di quella ratifica, oppure no? Non è un fatto di metodo, non è un fatto procedurale, non è un espediente ostruzionistico. Dopo avere battagliato per tanto tempo, come ha riconosciuto il Presidente, per discutere il provvedimento in Assemblea, un atteggiamento del genere sarebbe insensato da parte nostra. C'è invece la volontà di fare un lavoro serio.
Vogliamo sapere cosa dice il Governo e cosa dice la maggioranza. Riteniamo di attribuire tutti a questo provvedimento la medesima importanza e quindi di farne «il» luogo, e non uno dei luoghi nei quali compiere a puntate quest'opera? Penso sia questa la domanda preliminare: non prendo neanche in considerazione - e lo dico subito - il ritorno in Commissione del provvedimento, perché come sempre è l'animus ad essere determinante.
Abbiamo già assistito, nel corso di questa legislatura, al rinvio in Commissione di un provvedimento come la riforma dell'ordinamento forense, con il risultato che esso è rimasto un altro mese in Commissione e non è stata cambiata una virgola. Dunque, quello che conta è l'intenzione: abbiamo l'intenzione di fare tesoro di questo trovato consenso intorno a quella ratifica, oppure no? (Applausi dal Gruppo PD).
PRESIDENTE. Vedremo: saranno il Governo e l'Assemblea a decidere.
D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Signor Presidente, intervengo brevemente sull'ordine dei lavori. In primo luogo, voglio dare atto al Presidente di aver accolto la nostra richiesta di calendarizzare il disegno di legge. Noi siamo per andare avanti nell'esame di questo provvedimento. La questione che ha posto la presidente Finocchiaro, che condivido, è di natura politica, prima ancora che procedurale. Su questo è evidente che la risposta non può darla lei, signor Presidente, ma la devono dare il Governo e la maggioranza.
PRESIDENTE. Verrà data durante i lavori. Non credo che il Governo possa rispondere in questa fase: durante i lavori avrà il diritto e il dovere di parlare, ma ora siamo in una fase preliminare. Lei mi insegna, senatore D'Alia, che in questa fase il Governo non può concordare con l'opposizione o con la maggioranza ciò che farà. Lo dico come arbitro delle regole parlamentari.
D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Signor Presidente, il problema è il seguente: abbiamo una serie di emendamenti, presentati un po' da tutti, che in qualche modo riproducono il testo della Convenzione di Strasburgo, che è stata approvata in Commissione, all'unanimità.
PRESIDENTE. Questo è chiaro, ed è stato detto anche dalla senatrice Finocchiaro.
D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Non chiedo infatti che il Governo e la maggioranza, in via preliminare, diano una risposta che forse ancora non hanno e su cui forse hanno ancora bisogno di riflettere. Credo però sia giusto ed utile riuscire a fare un lavoro serio su questo tema e quindi, se dobbiamo andare avanti, occorre comprendere, considerato che non conosciamo il parere sugli emendamenti, quale sarà l'orientamento della maggioranza. Questa era la nostra richiesta politica, che ovviamente rivolgiamo a lei, signor Presidente.
PRESIDENTE. Come lei sa bene, sulle richieste politiche la Presidenza non può dare riscontro. La ringrazio comunque per aver dato atto alla Presidenza dello sforzo compiuto nell'aver portato questo provvedimento all'esame dell'Aula, anche senza relatore, dopo varie richieste dell'opposizione. Mi auguro che dal dibattito parlamentare che ci accingiamo a svolgere sia fatta chiarezza, sia da parte della maggioranza che da parte del Governo, sui punti che ponete in discussione e che si sostanziano nella necessità di recepire, nel provvedimento in esame, il contenuto della ratifica della Convenzione sulla corruzione esitata oggi positivamente dalle Commissioni riunite 2a e 3a.
Colleghi, non essendovi altri interventi, i lavori proseguiranno con la discussione generale sui disegni di legge all'ordine del giorno, mentre la replica e l'esame degli emendamenti avranno luogo nelle sedute di domani.
Poichè non si fanno osservazioni, così rimane stabilito.
Discussione dei disegni di legge:
(2156) Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione
(2044) BAIO ed altri. - Misure per contrastare fenomeni corruttivi nel rapporto tra eletti, cittadini e pubblica amministrazione
(2164) LI GOTTI ed altri. - Norme per il contrasto alla corruzione nella pubblica amministrazione e in materia di cause ostative all'assunzione di incarichi di governo, incandidabilità ed ineleggibilità dei condannati per reati contro la pubblica amministrazione. Delega al Governo in materia di coordinamento del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267
(2168) D'ALIA. - Disciplina della partecipazione alla vita pubblica e degli emolumenti per l'esercizio della funzione pubblica, regolamentazione degli incarichi di consulenza e norme in materia di contrasto a fenomeni di corruzione
(2174) FINOCCHIARO ed altri. - Norme per il contrasto alla corruzione nella pubblica amministrazione e nel settore privato. Cause ostative all'assunzione di incarichi di governo, incandidabilità ed ineleggibilità dei responsabili per reati contro la pubblica amministrazione e collegati
(2340) DELLA MONICA ed altri. - Norme per la trasparenza, la prevenzione e la repressione della corruzione e per il contrasto all'illegalità nel settore pubblico e privato
(2346) ZANDA. - Norme per il contrasto alla corruzione nella pubblica amministrazione e nel settore privato(ore 17,55)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione dei disegni di legge nn. 2156, 2044, 2164, 2168, 2174, 2340 e 2346.
Ha facoltà di parlare il senatore Berselli, presidente della 2a Commissione permanente, per riferire sui lavori delle Commissioni riunite 1a e 2a.
BERSELLI (PdL). Signor Presidente, onorevoli senatori, le Commissioni affari costituzionali e giustizia hanno dato inizio all'esame del disegno di legge del Governo n. 2156, recante disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e della illegalità nella pubblica amministrazione e dei disegni di legge congiunti nella seduta dell'11 maggio 2010.
Presidenza della vice presidente MAURO(ore 17,57)
(Segue BERSELLI). Il primo problema che si è presentato, subito dopo le relazioni introduttive dei senatori Malan e Balboni, è stato quello del coordinamento tra l'iter di queste iniziative legislative e quello dei disegni di legge nn. 850 e 2058, assegnati alle Commissioni giustizia ed affari esteri in materia di ratifica della Convenzione di Strasburgo sulla corruzione, problema che si è ritenuto di risolvere, anche sulla base delle indicazioni espresse dalla Presidenza del Senato, nel senso di limitare la portata dei testi all'esame delle Commissioni giustizia ed affari esteri esclusivamente alle norme di ratifica in senso stretto. In data odierna, come è stato ricordato, è stato licenziato il relativo testo, con il mandato conferito ai relatori Balboni e Palmizio a riferire all'Assemblea in senso favorevole all'approvazione del testo.
Dopo aver tenuto la discussione generale nelle sedute del 20, 25 maggio e del 16 giugno 2010, gli Uffici di Presidenza delle Commissioni riunite hanno svolto un approfondito ciclo di audizioni informali, nel corso del quale sono stati ascoltati: le associazioni di categoria della magistratura ordinaria, amministrativa e contabile, nonché l'Unione delle camere penali; il procuratore nazionale antimafia; magistrati con particolare competenza nel ramo, quali il procuratore aggiunto della procura della Repubblica di Milano, dottor Francesco Greco, il procuratore della Repubblica di Bologna, dottor Roberto Alfonso, il sostituto procuratore generale presso la Corte d'appello dell'Aquila, dottor Davide Mancini, e il dottor Piercamillo Davigo, della Corte suprema di cassazione; i presidenti del Consiglio di Stato e della Corte dei conti; il direttore della Direzione investigativa antimafia, il capo dipartimento del servizio anticorruzione e trasparenza del Ministero per la pubblica amministrazione e l'innovazione, i presidenti dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato e della Commissione indipendente per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche; i rappresentanti delle organizzazioni sindacali del pubblico impiego, i rappresentanti delle organizzazioni sindacali delle forze di polizia, i rappresentanti della Confindustria, di Rete imprese Italia, dell'associazione nazionale costruttori edili e del consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti; il Presidente dell'istituto nazionale degli amministratori giudiziari e rappresentanti del comitato di coordinamento dell'alta sorveglianza delle grandi opere del Ministero dell'interno e della Banca d'Italia, rappresentanti della Polizia, dei Carabinieri e della Guardia di finanza.
Il 27 luglio dell'anno scorso è ripreso l'esame, ed è stato fissato il termine per la presentazione degli emendamenti dapprima per il 27 settembre, e poi, su richiesta dell'opposizione, per il giorno successivo.
In data 29 settembre 2010 è iniziata l'illustrazione degli emendamenti e, in considerazione dell'ampiezza di taluni e dell'ampia portata di alcuni emendamenti dei relatori, sempre su richiesta dell'opposizione, è stato fissato per il 6 ottobre il termine per la presentazione di subemendamenti.
L'illustrazione degli emendamenti e dei subemendamenti è poi proseguita nelle sedute del 6 e del 20 ottobre, nonché del 3 novembre 2010.
L'esame è ripreso il 18 gennaio 2011, ma - anche in considerazione del fatto che la Commissione bilancio, che aveva espresso il proprio parere sul disegno di legge in data 4 novembre, non si era però ancora pronunciata sugli emendamenti - i relatori e il Governo hanno ritenuto in due occasioni di rinviare anch'essi l'espressione dei loro pareri.
Finalmente, nelle sedute del 3, 29 e 24 maggio 2011 i relatori e i rappresentanti del Governo hanno espresso il parere sugli emendamenti e, contemporaneamente, è pervenuto il parere della Commissione bilancio.
Pertanto, le Commissioni riunite sono state convocate in data 1° giugno al fine di dare inizio alla votazione degli emendamenti. Tuttavia, in considerazione della notizia che la Conferenza dei Presidenti dei Gruppi parlamentari, convocata per quella stessa mattina, si sarebbe pronunciata sulla iscrizione all'ordine del giorno dell'Assemblea dei disegni di legge sulla corruzione già nella seduta di oggi, le Commissioni riunite, anche in considerazione dell'imminenza della Festa della Repubblica e del fatto che la campagna referendaria in atto avrebbe reso impraticabile una convocazione straordinaria delle Commissioni riunite nel fine settimana, hanno ritenuto di non procedere alla votazione dei numerosi emendamenti e quindi del mandato ai relatori.
Saluto ad una rappresentanza di studenti
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, informo che stanno assistendo ai nostri lavori gli studenti dell'Associazione Diplomatici di Catania, cui diamo il benvenuto. (Applausi).
Ripresa della discussione dei disegni di legge
nn. 2156,
2044,
2164,
2168,
2174,
2340e
2346
(ore 18,02)
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, in relazione a quanto riferito dal senatore Berselli, non essendo stato concluso l'esame nelle Commissioni riunite 1a e 2a, il disegno di legge n. 2156 sarà discusso nel testo presentato dal Governo, senza relazione, ai sensi dell'articolo 44, comma 3, del Regolamento.
Dichiaro aperta la discussione generale.
È iscritto a parlare il senatore D'Ambrosio. Ne ha facoltà.
D'AMBROSIO (PD). Signora Presidente, devo dire innanzi tutto che forse abbiamo pensato che la corruzione riguardasse solo l'Italia, invece è un problema che riguarda tutti gli Stati, sia quelli progrediti che quelli non progrediti. La corruzione è infatti un fenomeno estremamente preoccupante; l'ho detto fin dall'inizio, fin da quando iniziò Mani pulite. È estremamente preoccupante perché altera la concorrenza, per il semplice fatto che le imprese, anziché cercare di migliorare la propria organizzazione, la propria capacità, cercano il padrino o cercano di corrompere e, quindi, attraverso la corruzione superano tutti questi ostacoli.
Inoltre, danneggia la società per il semplice fatto che, quando si ha un funzionario corrotto, alla fine dei conti si ha sicuramente anche un'opera che non funziona. Lo stesso funzionario che ha dato in concessione l'appalto, infatti, quando deve andare a controllare l'opera, se è stato corrotto e trova qualcosa che non va, non sarà certo lui a rilevarla. La corruzione finisce con l'incidere anche sulla qualità delle opere che vengono date in appalto.
Detto questo, sottolineo che il problema della corruzione affligge l'Italia in maniera particolare. Secondo una graduatoria di Transparency international, solo negli ultimi due anni, l'Italia è passata dal 55° al 73° posto, dopo il Cile, la Corea del Sud, il Costa Rica e addirittura il Botswana, che forse qualcuno non ha mai sentito nominare perché si tratta di uno Stato tra lo Zimbabwe e il Sudafrica con poco più di un milione e mezzo di abitanti. Allora, io mi domando: per quale ragione un Paese come l'Italia, che è certamente civile e che ha un'ottima polizia e un'ottima magistratura, si trova al 73° posto?
Non so quanto sia attendibile questa graduatoria, però una cosa è certa: in Italia, sia secondo i dati ISTAT che della Corte dei conti, i reati di corruzione sono in netto aumento. Il dato è estremamente preoccupante. Chiedo scusa alla Presidenza se mi dilungo un po', ma credo che l'argomento della corruzione sia estremamente importante e interessi tutti. La lotta alla corruzione va fatta seriamente nel vero senso della parola perché - l'ho detto prima - altera la concorrenza e perché favorisce anche la criminalità organizzata. La criminalità organizzata, infatti, disponendo di una quantità di denaro liquido immensa è in condizione di corrompere chiunque, non ha bisogno di minacciare. D'altra parte, guardate che chi viene corrotto riceve una somma che rappresenta fino a svariati anni di stipendio: quindi, comprenderete bene quanto può essere forte la tentazione.
Inoltre, lo abbiamo sentito dire da tutti e lo posso confermare anch'io per esperienza personale, la corruzione è contagiosa, perché se in un ufficio c'è un impiegato corrotto si corrompono tutti quanti. Abbiamo avuto casi di persone appena assunte coinvolte in processi di corruzione perché si erano corrotte insieme agli altri dell'ufficio. Molto raramente c'è stato qualcuno che si è presentato da noi denunciando la corruzione riscontrata: non succede quasi mai e, quand'è successo, la persona che ha denunciato ha passato i suoi guai. Quale è la ragione fondamentale per cui la corruzione in Italia cresce? In questa Aula sono stato chiamato anche assassino per avere fatto Mani pulite. Me lo ricordo perfettamente, e mi è dispiaciuto molto, perché eravamo convinti che effettivamente si stesse facendo una cosa seria contro la corruzione. Infatti, badate bene, il potere politico, per ottenere che gli appalti andassero a finire a chi dovevano andare, ha dovuto servirsi della classe burocratica.
Allora non mi meraviglio affatto che l'Italia sia al settantatreesimo posto di quella graduatoria. A seguito dell'inchiesta, infatti, sono stati colpiti i politici, ma spesso la classe burocratica è rimasta indenne. Anzi, nei casi in cui è stata colpita, o i reati sono andati in prescrizione o, addirittura, i soggetti interessati non sono stati neanche messi sotto processo disciplinare, e sono rimasti al loro posto.
Ora, chi si è corrotto una volta, signora Presidente, si corrompe di nuovo. È questo il guaio della corruzione, e perciò la corruzione in Italia è così diffusa. Ma allora, quale è la domanda che dobbiamo porci? La domanda è: questo disegno di legge del Governo che ci è stato presentato effettivamente combatte la corruzione? Effettivamente riduce la corruzione? Non incide minimamente, secondo me - e ve lo dice un esperto - sul fenomeno della corruzione. Non incide minimamente, e chiediamoci cosa doveva essere fatto. In questo disegno di legge, la prima misura presa è un piano nazionale anticorruzione.
Si badi bene che il Piano nazionale anticorruzione doveva cercare, innanzitutto, di uniformare le nostre norme giuridiche a quelle degli altri Stati che hanno sottoscritto le nostre stesse convenzioni, che ora sono state entrambe approvate: sia la Convenzione dell'ONU del 2001 sia la convenzione di Strasburgo del 2009, che abbiamo approvato oggi in Commissione all'unanimità.
Cosa bisognava fare, innanzitutto? Creare un organo assolutamente indipendente per il controllo degli appalti, sia pubblici che privati, signora Presidente.
Invece, cosa vogliamo fare con questo disegno di legge? Abbiamo creato un osservatorio sulla corruzione e gli altri illeciti nella pubblica amministrazione, che non è però un osservatorio su tutti i contratti della pubblica amministrazione, ma si occupa dei contratti pubblici, del codice degli appalti. Quindi, restano fuori dall'oggetto di questo osservatorio i contratti urgenti, che non seguono la normativa dei contratti pubblici. Restano fuori anche i contratti per le grandi opere, che non solo vengono sottratti al controllo preventivo della Corte dei conti, ma vengono anche sottratti a questo osservatorio. Io mi domando, allora, se sia giusto che una legge che voglia effettivamente contrastare la corruzione affidi questo osservatorio, innanzitutto, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Gli ultimi scandali ci dicono che, forse, la Presidenza del Consiglio dei Ministri aveva vicino persone, specialmente quando si parla di appalti di grandi opere, che forse non facevano tanto il loro dovere.
Quindi, noi abbiamo soppresso un ente assolutamente autonomo, come era l'Alto commissario per la lotta alla corruzione, che è stato soppresso appena 40 giorni dopo che questo organo, assolutamente indipendente, finalmente aveva stipulato una convenzione con il settore della pubblica amministrazione che si occupa dell'informatizzazione, al fine di informatizzare tutti i contratti, sia pubblici che privati. Invece, con il provvedimento al nostro esame questi contratti, che non sono pubblici, cioè non fanno parte del codice degli appalti, non li controlla nessuno. Ed è qui che, almeno da quanto risulta dai recenti fatti di cronaca, si sono verificati gli illeciti.
Signora Presidente, non è stato fatto niente per cercare di scoprire un reato che è difficile da individuare. L'articolo 3 del testo al nostro esame prevede l'istituzione della Banca dati nazionale dei contratti pubblici, della quale fanno parte i dati previsti dal comma 4, lettera a) e d). Ciò significa che non saranno inseriti né i contratti urgenti né quelli delle grandi opere. Ma istituire una banca dati, signora Presidente, senza che questa venga informatizzata, mi chiedo a cosa serva. Sono stato procuratore a Milano dove c'è la procura distrettuale, e il vero beneficio possiamo dire di averlo avuto quando sono stati informatizzati tutte le deposizioni e gli interrogatori resi nell'ambito dei procedimenti sulla criminalità organizzata.
Ed è questo che dà la forza. In altri termini, se si inseriscono in una banca dati tutti i contratti, sia pubblici che privati, e poi li si elabora, allora è possibile accorgersi dell'esistenza di elementi validi per combattere la corruzione. D'altra parte, se si fosse voluto fare una cosa seria non si sarebbe neanche dovuto fare quello che è stato fatto per gli enti locali. Mi è parso di sentire che il Governo vuole stralciare questa parte e forse essa verrà espunta dal testo; tuttavia, affidare ad altri che non siano organi assolutamente indipendenti, ma che dipendano dallo stesso ente il controllo sugli appalti che vengono stipulati e sui contratti pubblici credo sia una delle cose più inverosimili. È come se, per i contratti in cui si verifica la corruzione, non si rispettassero le regole: l'esperienza insegna che, anzi, è proprio in quei contratti che le regole vengono rispettate fino in fondo, perché non compaia la corruzione. Se poi l'intento era solo quello assicurare il risparmio e dire: "Comunicate prima agli organi contabili che fate questo contratto, e se vi si dice che i fondi ci sono, lo fate", allora è tutto un altro discorso.
Mi dispiace, signora Presidente, dover concludere il mio intervento prima di passare all'analisi dell'ultima parte del provvedimento, dove si è cercato di modificare i reati. Ebbene, non si è modificato nulla. In particolare, per il reato di corruzione non si è modificata neanche la pena massima in modo da allungare i termini di prescrizione. Si è elevata la pena massima da cinque a sei anni, e noi sappiamo che in base a quanto dispone la ex legge Cirielli, quando la pena è inferiore a sei anni, per calcolare la prescrizione si comincia dai sei anni. In sostanza, si è aumentata la pena, senza incidere minimamente sul termine di prescrizione.
Non solo. Non si è modificato neanche l'articolo 158 del codice penale, che fu modificato nel 2005 proprio per evitare che, per calcolare la prescrizione in caso di corruzione, si partisse dalla fine della continuazione. Al contrario, adesso - e si continuerà in tal modo perché non è stato detto niente in questa legge - la prescrizione si calcola dalla consumazione di ciascun reato. Quindi, provate ad immaginare un funzionario che si corrompe per 500 volte; la maggior parte dei reati, nel momento in cui viene scoperta, è già prescritta o si prescriverà durante il processo.
Non si è poi pronunciata una sola parola - signora Presidente, sto per concludere - per assicurare che quantomeno lo Stato venga risarcito dei danni. Signora Presidente, quando un reato si prescrive, il giudice non può disporre la confisca neanche di quanto ha sequestrato. Quindi, se ha sequestrato ciò che ha ricevuto come compenso della corruzione, lo deve restituire. Questo è il punto in cui siamo.
Se mi venite a chiedere perché votiamo contro questo disegno di legge, adesso sapete per quale motivo lo facciamo. Non serve assolutamente a nulla per combattere la corruzione. (Applausi dal Gruppo PD e dei senatori Pardi e Baio. Congratulazioni).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Saia. Ne ha facoltà.
SAIA (CN-Io Sud). Signora Presidente, la ringrazio per avermi cortesemente fatto intervenire, pur avendolo richiesto all'ultimo. Per questo motivo intervengo solo per annunciare che il Gruppo di Coesione Nazionale - altri due miei colleghi interverranno nel merito - saluta con favore l'approdo in Aula del provvedimento al nostro esame.
Mi sarebbe piaciuto dare qualche risposta al collega che mi ha preceduto sull'utilità o meno di tale provvedimento. In ogni caso, chiedo alla Presidenza di poter consegnare il testo del mio intervento affinchè sia allegato al Resoconto della seduta odierna.
PRESIDENTE. La Presidenza l'autorizza in tal senso..
È iscritto a parlare il senatore D'Ambrosio Lettieri. Ne ha facoltà.
D'AMBROSIO LETTIERI (PdL). Signora Presidente, onorevoli colleghi, secondo la Corte dei conti, la corruzione in Italia costa al Paese 60 miliardi all'anno, con una crescita che nel 2010 ha registrato un aumento di circa il 30 per cento rispetto all'anno precedente.
Secondo Transparency International, nel decennio 2001-2010, con riferimento al parametro corruzione, l'Italia è scesa dal 29° posto che occupava, spostandosi dal gruppo dei Paesi democratici più avanzati e collocandosi in posizioni di coda nelle graduatorie internazionali, insieme a Georgia, Brasile, Guatemala ed Egitto.
Le analisi internazionali relative all'impatto della corruzione sull'economia, assumendo come parametro di riferimento il Corruption Perception Index, ci dicono con evidente chiarezza che vi è un rapporto tra il prodotto nazionale lordo, il tasso di crescita del prodotto interno lordo, il costo del rischio di investimento, il costo del credito, il livello degli investimenti diretti esteri e il fenomeno corruttivo.
Il costante sviluppo di questi raffronti evidenzia una significativa correlazione fra la corruzione ed i fattori indicatori della crescita economica del Paese.
Proprio oggi, in un interessante convegno organizzato dalla Farmindustria di Sergio Dompè, si è offerta l'occasione per rilanciare nel dibattito pubblico il tema della legalità e dell'efficienza, termini sostanzialmente antinomici rispetto alla correlazione fra corruzione e spreco.
La rilevanza e la drammatica attualità del tema è racchiusa in una recente dichiarazione del ministro Brunetta che rileva come il balzello occulto della corruzione «equivale ad una tassa di mille euro all'anno per ogni italiano, neonati inclusi». Secondo Trasparency International, ossia un organismo no profit che studia il fenomeno della corruzione a livello globale e fornisce percentuali particolarmente interessanti: il 44 per cento degli italiani crede che la corruzione incida in modo significativo sulla sua vita personale e familiare; per il 92 per cento che sistema economico ne è condizionato; per il 95 per cento che i fenomeni corruttivi incidono sulla vita politica; per l'85 per cento la corruzione ha riflessi sulla cultura e i valori della società. Più del 70 per cento della società ritiene che nei prossimi anni la corruzione sia destinata a non diminuire.
È di questi giorni il rapporto del Consiglio d'Europa sulla corruzione in Italia, che si conclude con 22 raccomandazioni di valenza amministrativa che riguardano la necessità di introdurre standard etici procedurali per evitare l'interruzione dei processi e normative relative alle nuove figure di reato.
Sulla base di tali sintetiche osservazioni non si può che salutare con particolare apprezzamento e convinta determinazione il disegno di legge oggi in discussione, le cui misure sono dirette a contrastare i fenomeni di corruzione sotto il profilo istituzionale, penale ed amministrativo, offrendo così un segnale chiaro e preciso al Paese e rispondendo ad una forte esigenza di trasparenza e di controllo sull'uso del denaro pubblico, confermata dallo stato di diffuso malessere presente nella nostra comunità, nelle parte sociali e nelle organizzazioni imprenditoriali.
Il Piano nazionale anticorruzione è certamente lo strumento che attua le politiche e le buone pratiche di prevenzione della corruzione specificamente previste nel capo II della Convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata dall'Assemblea generale dell'ONU, con riferimento anche alle iniziative da intraprendere, che trovano riscontro nell'odierno provvedimento. Quest'ultimo rafforza l'efficacia dissuasiva delle norme penali ed agevola la repressione di fenomeni criminali che hanno un profondo disvalore sociale.
Ma c'è di più: questo disegno di legge fonda la sua architettura anche su norme mirate alla prevenzione del fenomeno della corruzione e introduce criteri di selezione della classe politica, liberandola dalla mortificante condizione di casta e restituendole il suo significato più alto, come peraltro accade molto spesso in quest'Aula attraverso un lavoro faticoso e serio che svolgiamo insieme.
La trasparenza dell'attività amministrativa, l'accesso e la conoscenza dei procedimenti da parte dei cittadini rappresentano fattori determinanti per favorire il controllo e la verifica della legalità dell'azione amministrativa. L'istituzione dell'Osservatorio sulla corruzione e sugli altri illeciti nella pubblica amministrazione e le numerose iniziative di medio e lungo periodo sono un ottimo viatico anche per adeguare l'ordinamento giuridico agli standard internazionali.
L'approvazione di tali misure è indispensabile ed urgente, anche al fine di restituire al Paese e alle sue istituzioni quella necessaria credibilità a cui, purtroppo, i fenomeni corruttivi hanno inferto un duro colpo, con effetti negativi anche sugli investitori esteri, il conseguente rallentamento dello sviluppo economico, e l'estendersi della sfiducia delle imprese e dei cittadini, con conseguenti ricadute negative anche sull'occupazione e nello stesso rapporto tra il Palazzo e la piazza.
La valenza del provvedimento è resa più evidente dalla crisi finanziaria, nella consapevolezza che i maggiori costi che derivano dai fenomeni corruttivi si riflettono direttamente sul debito pubblico e, in definitiva, sulla pressione fiscale cui sono sottoposti i cittadini.
Trasparenza è, dunque, la parola d'ordine che deve aprire le porte al controllo ed alla responsabilità, con le sanzioni che sono lì a ricordare che «cosa pubblica» significa «cosa di tutti», e che come tale va gestita nell'interesse collettivo.
Un monito, da questo punto di vista, arriva non solo dalla magistratura penale e da quella contabile, ma anche da altre autorità come quella sugli appalti pubblici, la cui attività di indagine conferma come, non di rado, l'esercizio dei pubblici poteri sia motivo di alterazione dei principi della concorrenza, con un possibile orientamento verso l'illecito utilizzo delle risorse pubbliche per coagulare in modo indebito il consenso politico o per ottenere indebiti benefici economici personali.
Ma l'efficacia del disegno di legge in discussione appare di non meno rilevante efficacia anche per la semplificazione burocratica, perché uno snellimento delle procedure e una maggiore possibilità di interlocuzione dei cittadini e delle imprese con la pubblica amministrazione non possono che rivelarsi positivi sia ai fini della lotta all'illegalità e alla corruzione, sia della crescita e dello sviluppo.
È proprio in questo senso l'istituzione presso le prefetture di un elenco di fornitori e prestatori di servizi non soggetti a rischio di inquinamento mafioso, con l'obbligo di un continuo aggiornamento delle liste, soprattutto per quanto concerne le società.
Va osservato, infine, che i fenomeni corruttivi non sono solo quelli con evidente e conclamata valenza penale. Sì, perché esiste anche una forma di corruzione che talvolta si palesa in modo apparentemente privo di risvolti penali, ma che forse per questo è ancora più grave, perniciosa e subdola. Mi riferisco a quei comportamenti dei pubblici poteri che usano la burocrazia come strumento per l'indebito esercizio di un'azione discrezionale che è capace di complicare o di semplificare una procedura amministrativa, adattando i provvedimenti della pubblica amministrazione in funzione di appartenenze, di intrecci d'interesse e di inconfessate contiguità tra poteri di vario genere.
Cosa dire poi, per esempio, dei piani di rientro? Questi sono disciplinati da norme ben precise stabilite in ambito nazionale, che poi in modo assolutamente abile, almeno in parte e troppo spesso, in periferia, a livello regionale, vengono disattese, per creare le condizioni che favoriscono evidentemente, in dispregio ad un patto sancito in ambito nazionale, condizioni per coagulare un consenso politico.
Ecco perché non si può che apprezzare e condividere la norma contenuta nell'articolo 9, che delega il Governo ad adottare un decreto legislativo volto a disciplinare le conseguenze del cosiddetto fallimento politico: si stabilisce, cioè, che i responsabili di sciatterie amministrative e gestionali, che determinano effetti dirompenti sulla corretta gestione delle risorse economiche, siano temporaneamente incandidabili per cariche elettive locali o nazionali e si dispone un ampliamento dei casi di scioglimento delle assemblee qualora non sia deliberato il dissesto finanziario. Una previsione che sostanzialmente conferma quanto stabilito dall'articolo 17 della legge n. 42 del 2009 sul federalismo.
Approvando questo testo noi non approviamo soltanto delle regole, ma a mio avviso facciamo molto di più: diamo al Paese un segnale importante con cui la politica, nei suoi livelli più alti di rappresentanza, conferma la volontà precisa di recuperare il principio della legalità come fattore irrinunciabile di crescita sociale ed economica, di rispetto per il merito e per i diritti individuali, di garanzia per gli stessi assetti democratici di un Paese che non può e non vuole evidentemente rassegnarsi alla cultura della corruzione, e dove essere onesti non porta - come talvolta accade - l'effetto avvilente di essere esclusi, ma di essere inclusi in un sistema virtuoso, che vuole partecipare della crescita comune del Paese.
La legalità è un'opportunità. Speriamo, anzi siamo sicuri, diventi il punto di partenza per il riscatto delle nuove generazioni, senza dimenticare mai che davanti a noi possono esserci cose migliori di quelle che ci lasciamo alle spalle. Tocca anche a noi, tocca anche a quest'Aula volerlo. (Applausi dal Gruppo PdL).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Li Gotti. Ne ha facoltà.
LI GOTTI (IdV). Signor Presidente, onorevoli colleghi, al pari di altri provvedimenti presentati dal Governo, anche questo, quando venne presentato nel maggio 2010, venne annoverato nell'ambito delle scelte cosiddette epocali. Ci siamo nutriti in questi anni di interventi epocali ed abbiamo nostalgia di qualche intervento legislativo normale al fine di evitarci il trauma di trovarci sempre dinanzi a delle svolte che cambiano la nostra esistenza. Senonché, il provvedimento presentato dal Governo è di una povertà assoluta, totale.
La gran parte delle norme proposte riguardano alcuni ritocchi a norme già esistenti: si cambia qualche virgola, qualche nome. Poi vi è è tutto il capitolo che riguarda i bilanci dei Comuni ed il fallimento politico, ossia il dissesto finanziario, anch'esso introdotto già nel nostro ordinamento, che poco c'entra con la corruzione: anzi, non c'entra nulla con la corruzione.
Il Capo III del provvedimento introduce le disposizioni per la repressione della corruzione e della illegalità nella pubblica amministrazione, fallimento politico, dissesto, e delle spolveratine sulle modifiche al codice penale, con minimi ritocchi di pena.
Insomma, di fronte ad un fenomeno quantificato in 100 miliardi di euro, stimato per un costo per ciascun cittadino di 1.000 euro l'anno, noi rispondiamo con il niente.
Rammento che intorno al problema della corruzione si sviluppano due correnti di pensiero; rimasi sorpreso diversi anni fa quando in un'aula di giustizia un alto ufficiale dei carabinieri - quindi la fonte è l'Arma dei carabinieri - riferiva di quella che viene chiamata la trattativa all'indomani della strage di Capaci. E riferiva dei contenuti dei contatti con Vito Ciancimino. Ci riferiva il colonnello De Donno che, nell'ambito della trattativa, un capitolo riguardava la corruzione. Ossia, Vito Ciancimino, in piena Tangentopoli - erano quelli gli anni - riteneva che la nostra economia fosse destinata ad un rapido declino in quanto riteneva la corruzione funzionale alla crescita economica del Paese, facendo l'esempio - così come ci ha riferito il colonnello De Donno - di un'autovettura alla quale si sia tolta una delle quattro ruote. L'economia del nostro Paese non può cioè camminare senza corruzione. Tant'è che Ciancimino, vantando una grande onestà nell'ambito di una condotta disonestà e vantando altresì il fatto di essere stato sempre esente da critiche nel dispensare il prezzo della corruzione incassata, si propose come restauratore dell'Italia pre‑Tangentopoli e come collettore nazionale del prezzo della corruzione, offrendo in cambio allo Stato la possibilità di qualche operazione laddove il fenomeno avesse superato dei confini istituzionalizzati.
Il giudizio del colonnello De Donno, espresso in un'aula di giustizia - che mi lasciò stupito - e reiterato in più occasioni, fu quello di definire realistica e geniale l'offerta di Vito Ciancimino.
C'è qualcuno nel nostro Paese che ha pensato, e che probabilmente pensa, che senza corruzione la nostra economia è destinata a soffrire. Ne consegue che un contrasto forte alla corruzione, considerata motore dell'economia, diventerebbe cagionevole per la salute economica del nostro Paese.
Non vorrei che si fosse ispirato a questo filone culturale chi ha elaborato l'indecenza di questo disegno di legge. Visto e considerato infatti che si tratta di una spolverata insignificante, significa che la corruzione è considerata qualcosa da istituzionalizzare, nei limiti fisiologici, e, quindi, non in quelle possibili deviazioni patologiche.
Diversamente non sarebbe comprensibile come sia possibile - lo ricordava il collega D'Ambrosio - che si sia trattato in questo disegno di legge di ritoccare lievemente le pene, facendo in modo che tutte, nonostante i ritocchi, avessero un termine di prescrizione minimo, ossia sette anni e mezzo e, se poi va in porto la cosiddetta prescrizione breve, sette anni. Si tratta quindi di ritocchi insignificanti, senza nessuna apertura a ciò che noi abbiamo sottoscritto in ambito europeo con la Convenzione di Strasburgo del 27 gennaio 1999 che oggi, dopo 12 anni, il Senato ha approvato in Commissione. Nessuna di quelle indicazioni è qui contenuta: dopo 12 anni siamo ancora arroccati a far finta di contrastare la corruzione, facendo un manifesto di titoli senza contenuti.
Pertanto, così com'è, questo disegno di legge è una vergogna per il Governo e per i cittadini. (Applausi dal Gruppo IdV e della senatrice Baio).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Cardiello. Ne ha facoltà.
CARDIELLO (CN-Io Sud). Signora Presidente, onorevoli colleghi, meraviglia che il senatore Li Gotti affermi che il provvedimento in esame è una vergogna.
Questo provvedimento, la cui calendarizzazione che anche voi del centrosinistra avete sempre sollecitato, finalmente è giunto all'esame dell'Aula, e noi siamo pronti a modificarlo. Purtroppo, dalla vostra parte c'è solo demagogia, ma il provvedimento in esame si rapporta e si confronta con tutti gli altri Paesi europei.
Il disegno di legge oggi all'esame dell'Aula contiene misure volte a contrastare la corruzione e l'illegalità nel settore pubblico. È la prima volta che un provvedimento così importante arriva in Aula e, nonostante l'ostracismo del centrosinistra noi, lo ribadisco, siamo pronti a modificarlo tenendo conto delle vostre proposte.
Sono trascorsi vent'anni dal terremoto «Mani Pulite» (mi rivolgo al senatore D'Ambrosio che è stato uno dei protagonisti dell'operazione svolta a Milano), che ha - di fatto - decretato la fine della cosiddetta prima Repubblica. Ma ancora oggi il fenomeno della corruzione sembra resistere al tempo e alle inchieste, ripresentandosi con le medesime dinamiche, sia pure con personaggi e circostanze diverse.
La corruzione non appartiene ad un solo gruppo politico. È trasversale, colpisce i singoli cittadini, le associazioni, le attività lecite e tutto ciò che comporta flussi di denaro che implicano un movimento della criminalità.
Presidenza del vice presidente CHITI(ore 18,46)
(Segue CARDIELLO). La corruzione delle pubbliche amministrazioni è probabilmente la causa principale del malfunzionamento dei servizi collettivi, della voragine delle finanze pubbliche e dell'allontanamento dei cittadini dalle istituzioni da cui non si sentono tutelati. È la «patologia massima», una degenerazione che produce vantaggi personali nell'esercizio di cariche pubbliche a svantaggio degli interessi della collettività.
La corruzione nelle pubbliche amministrazioni resta un fenomeno molto diffuso in Italia. Le cronache di questi mesi e di questi giorni ne offrono innumerevoli esempi. Le statistiche internazionali ci pongono tra i Paesi europei a più alto tasso di corruzione. La corruzione amministrativa è l'aspetto più patologico della mala amministrazione, nella quale si comprendono tutti i casi di amministrazione non coerente con le finalità assegnate dalla legge.
Il quadro normativo degli ultimi anni si è arricchito di numerose iniziative legislative, di cui alcune giunte a compimento ed altre ancora in itinere. La lotta alla corruzione, la trasparenza nell'attività amministrativa e il controllo sull'operato degli enti locali sono stati i principali obiettivi dell'attività governativa dell'attuale Governo di centrodestra che in passato ed oggi sta combattendo la criminalità anche in forma spicciola nelle amministrazioni comunali, provinciali e regionali. Da qui l'introduzione nel nostro ordinamento di strumenti di tutela giurisdizionale attivabili anche nei confronti delle pubbliche amministrazioni, la delega al Governo in materia di federalismo fiscale, la previsione di uno stanziamento di 2 milioni di euro nella manovra anticrisi destinato proprio al funzionamento di quegli uffici che hanno il compito di sviluppare le strategie di prevenzione e contrasto della corruzione e delle altre forme di illecito perpetrate in tutti i settori della pubblica amministrazione e la conferma dell'assegnazione al Dipartimento della funzione pubblica del personale utilizzato per lo svolgimento dei compiti già attribuiti all'Alto commissario anticorruzione. Ma è il disegno di legge anticorruzione che stiamo esaminando l'asse portante di una serie di disposizioni di grande novità e rilievo che vede al centro una pubblica amministrazione più efficace e trasparente. A completare il quadro rappresentato è intervenuta, in data 29 settembre 2010, l'approvazione da parte del Senato del disegno di legge n. 849 di ratifica della Convenzione del Consiglio d'Europa contro la corruzione civile.
Dopo un 2009 che ha visto rilevanti cambiamenti grazie alla ratifica della Convenzione ONU contro la corruzione, nel 2010 si è vissuto, con insolita frequenza, il riproporsi del dibattito sull'effettiva indipendenza dell'Autorità nazionale anticorruzione. Nulla è immutabile e tutto è migliorabile, ma questo perpetuarsi, a volte accompagnato da tentativi ipocriti, non trasparenti, di modificare la situazione, appare non solo estremamente sterile, dopo che il Parlamento si è pronunciato con puntuale chiarezza pochi mesi prima, ma ancor di più dannoso, tenuto conto che non aiuta - sia a livello nazionale, sia sul piano internazionale - il processo di rafforzamento della credibilità di questo «punto di riferimento» che opera in Italia e che rappresenta il nostro Paese nella specifica materia presso le Nazioni Unite, l'OCSE e il Consiglio d'Europa.
Il legislatore, con la legge n. 116 del 3 agosto 2009, ha designato quale Autorità nazionale anticorruzione il Dipartimento della funzione pubblica, al quale erano state trasferite in precedenza competenze e funzioni del soppresso Alto commissario, e ne ha statuito, sulla falsariga di quanto già accade nei più importanti Paesi occidentali, l'indipendenza e l'autonomia.
Si tratta di una previsione che rafforza oltremodo l'azione nazionale nella specifica materia, perché mentre assicura all'attività dell'Autorità nazionale anticorruzione la forza, l'impegno, il peso del Governo e, in particolare, del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, contestualmente prevede che, in concreto, dall'analisi dei risultati ottenuti, traspaia con immediatezza l'esclusiva finalizzazione dell'operatività all'attuazione della Convenzione ONU contro la corruzione, senza condizionamenti di tipo funzionale o economico, quali quelli lamentati in passato da diversi Alti commissari per la lotta alla corruzione e alle altre forme di illecito nella pubblica amministrazione.
Molti degli altri importanti Paesi che hanno adottato una soluzione analoga, quali la Germania, il Belgio, l'Austria, la Francia, la Croazia, la Spagna e gli Stati Uniti, non presentano, come l'Italia, un sistema repressivo assolutamente indipendente, così come indicato nella nostra Carta costituzionale.
Insomma, una differenza epocale rispetto al dettato della legge di ratifica della Convenzione ONU contro la corruzione, che ne dispone direttamente, senza alcuna intermediazione di altri atti normativi, l'indipendenza e l'autonomia funzionale.
Nella stessa strategia di intervento si collocano gli interventi approvati dal Consiglio dei ministri nel corso del 2010, tra i quali il disegno di legge n. 2156 al nostro esame.
Il Capo I del provvedimento contiene misure per la prevenzione del fenomeno della corruzione, frutto di un cambiamento culturale, prima ancora che giuridico, e che riflette un approccio multidisciplinare, nel quale i tradizionali strumenti sanzionatori rappresentano solamente alcuni dei diversi fattori per la lotta alla corruzione e all'illegalità nell'azione amministrativa. Il Capo II contiene norme relative ai controlli negli enti locali. Il capo III del disegno di legge contiene disposizioni per la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione.
In questo quadro, gli articoli da 1 a 5 stabiliscono le iniziative, di medio e lungo periodo, che rispondono, da una parte, alla domanda di trasparenza e controllo proveniente dai cittadini, e, dall'altra, alla necessità di adeguare l'ordinamento giuridico agli standard internazionali, riducendo così il livello di corruzione nel nostro Paese.
Del resto, la corruzione, nella sua misura effettiva e in quella percepita da imprese e cittadini, è un enorme danno alla credibilità del Paese, perché disincentiva gli investimenti, anche stranieri, frenando di conseguenza lo sviluppo economico.
L'articolo 1 del disegno di legge istituisce il Piano nazionale anticorruzione. Si tratta di uno strumento che attua le politiche e le pratiche di prevenzione della corruzione specificatamente previste nel capo II della Convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata dall'Assemblea generale dell'ONU il 31 ottobre 2003, con risoluzione 58/4, firmata dallo Stato italiano il 9 dicembre 2003 e ratificata ai sensi della legge 3 agosto 2009, n. 116.
L'adozione del Piano nazionale anticorruzione, come riportato nella relazione del presente disegno di legge, si rende necessaria anche a seguito della valutazione fatta, tra l'ottobre 2008 e il giugno 2009, dal Gruppo di Stati contro la corruzione (GRECO), organismo istituito nell'ambito del Consiglio d'Europa, di cui l'Italia fa parte dal 2007. Tra le altre raccomandazioni formulate, il GRECO ha invitato il nostro Paese ad adottare un Piano nazionale per la prevenzione e il contrasto alla corruzione e a riferirne dinanzi al Consiglio d'Europa il 31 gennaio 2011.
Del resto, la maggior parte dei Paesi europei, come Germania, Paesi Bassi, Francia, Spagna, Irlanda e Polonia, hanno già implementato piani o strategie anticorruzione, sulla base della Convenzione ONU in materia. Il contesto internazionale, quindi, spinge perché sia adottata anche dall'Italia questa importante misura per la prevenzione e il contrasto della corruzione.
La trasparenza dell'attività amministrativa, l'accesso e la conoscenza dei procedimenti da parte dei cittadini rappresentano fattori determinanti per favorire il controllo e la legalità dell'azione amministrativa.
In questo quadro, come già previsto con riferimento ad altre attività della pubblica amministrazione, l'articolo 2 del disegno di legge stabilisce che la trasparenza amministrativa rientra tra i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, previsti dall'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione.
A tal fine, l'articolo 2 prevede l'obbligo di pubblicazione, sui siti istituzionali delle amministrazioni, delle informazioni relative a procedimenti amministrativi «sensibili», quali quelli che hanno ad oggetto autorizzazioni, concessioni, appalti pubblici, erogazioni di benefici economici a persone o enti pubblici o privati, concorsi e progressioni di carriera. Al di fuori di questi procedimenti, lo stesso articolo 2 prevede che le amministrazioni debbano, in ogni caso, realizzare il monitoraggio dei termini del procedimento amministrativo per individuare anomalie nell'azione amministrativa che possano costituire sintomi di cattiva amministrazione o di inefficienza amministrativa.
L'articolo 3 introduce misure per favorire la trasparenza nell'ambito dei contratti pubblici modificando l'articolo 7 del codice dei contratti pubblici. In particolare è prevista l'istituzione della Banca dati nazionale dei contratti pubblici, della quale fanno parte i dati previsti dal comma 4, lettere a) e d), e dal comma 8, lettere a) e b), dell'articolo 7 del codice dei contratti pubblici, riguardanti i bandi e gli avvisi di gara, le aggiudicazioni e gli affidamenti, le imprese partecipanti, l'impiego della mano d'opera e le relative norme di sicurezza, i costi e gli scostamenti rispetto a quelli preventivati, i tempi di esecuzione e le modalità di attuazione degli interventi, i ritardi e le disfunzioni, i programmi triennali dei lavori pubblici, l'elenco dei contratti pubblici affidati, l'inizio, gli stati di avanzamento e l'ultimazione di lavori, servizi, forniture, l'effettuazione del collaudo, l'importo finale.
La disciplina delle modalità di funzionamento e i contenuti della Banca dati nazionale è poi demandata al regolamento di cui all'articolo 5 del codice dei contratti pubblici.
L'articolo 4 ha la finalità di ridurre gli oneri amministrativi per le imprese e, al tempo stesso, di garantire maggiore certezza pubblica all'azione amministrativa.
In particolare, mediante modifica all'articolo 48 del codice dei contratti pubblici, si introduce l'obbligo per le stazioni appaltanti di inserire nella Banca dati la documentazione comprovante il possesso dei requisiti di ordine generale e speciale per la partecipazione alle gare, cosicché le stazioni appaltanti possano procedere alla verifica del possesso dei suddetti requisiti direttamente presso la Banca dati, laddove la stessa contenga la relativa documentazione, senza richiedere la documentazione ai concorrenti.
Inoltre, quale ulteriore misura di semplificazione e trasparenza, è inserito, all'articolo 74 del codice dei contratti pubblici, un nuovo comma che prevede che le stazioni appaltanti richiedano, di norma, l'utilizzo di moduli predisposti sulla base dei modelli standard, definiti con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, previo parere dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, per la dichiarazione sostitutiva dei requisiti di partecipazione di ordine generale e, per i contratti relativi a servizi e forniture o per i contratti relativi a lavori di importo pari o inferiore a 150.000 euro, dei requisiti di partecipazione economico-finanziari e tecnico-organizzativi.
Signor Presidente, concludo sottolineando l'importanza di questo provvedimento, che prevede, alla fine, l'incandidabilità di coloro nei confronti dei quali sono state pronunciate sentenze penali definitive per reati gravi, quali il peculato, la corruzione e altri.
Quindi, in questo disegno di legge il Governo e il centrodestra hanno scritto quello che volevate voi del centrosinistra. È pertanto inutile fare ostruzionismo su un provvedimento che, secondo il centrodestra, è voluto non solo da quest'Aula ma soprattutto da tutti i cittadini italiani. (Applausi dal Gruppo PdL).
Saluto ad una rappresentanza di studenti
PRESIDENTE. Sono presenti in tribuna studenti dell'Università di Innsbruck, facoltà di giurisprudenza, accompagnati dalla professoressa Esther Happacher, e studenti della Libera università di Bolzano, facoltà di economia, accompagnati dalla professoressa Stefania Baroncelli.
A loro va il saluto e il benvenuto del Senato. (Applausi).
Ripresa della discussione dei disegni di legge
nn. 2156,
2044,
2164,
2168,
2174,
2340e
2346
(ore 19)
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Divina. Ne ha facoltà.
DIVINA (LNP). Signor Presidente, signor Sottosegretario, sentiamo sempre più parole che sconfinano; io le definisco ingenerose, ma bisognerebbe usare anche termini un po' più forti: non corrispondono alla realtà. Si sente in Commissione affermare una cosa, poi, in Aula, sentiamo l'esatto contrario.
È vero che questo è un testo che forse è stato rallentato un po' nel suo iter e che da sinistra siamo stati più volte sollecitati a prendere in mano. Nel momento però in cui poi prendiamo in mano questo testo, ci sentiamo dire che è acqua fresca, che non serve a niente, che è una piccola toppa per nascondere chissà cosa. È vero, affrontiamo un tema che non è da poco, e proviamo almeno a frenare il grande problema dell'illegalità nel settore pubblico. I settori sono importanti: si parte inizialmente dai pilastri della prevenzione, con controlli che devono essere sempre più pregnanti, per arrivare, ahimè, anche alle sanzioni, che devono chiudere questo cerchio.
Conosciamo amministrazioni che possiamo definire moderne e amministrazioni che possono essere definite medievali: le nostre non sono magari annoverate tra le prime, ma, per fortuna, nemmeno tra le seconde. Le amministrazioni, secondo noi, possono essere soltanto efficienti (e trasparenti, di conseguenza), oppure inefficienti e corrotte. Bene, facciamo di tutto per evitare che le nostre pubbliche amministrazioni cadano o possano essere attratte in questo secondo ambito. Un'amministrazione non efficiente, un'amministrazione corrotta non c'è dubbio che produce effetti negativi a catena, tra i quali anche quelli di carattere economico: è disincentivante per uno Stato straniero investire in uno Stato che non dà garanzia; la stessa macchina e lo sviluppo interno sono rallentati dal fatto di non avere amministrazioni che rispondono in tempi certi e con risposte trasparenti e non alterate dall'illegalità.
Sarebbe stato interessante rispondere direttamente al collega Li Gotti, perché stiamo rispondendo anche non a un obbligo, se vogliamo, internazionale, ma sicuramente ad un invito: la Convenzione delle Nazioni Unite ci invita a seguire delle buone pratiche per dare risposte al sistema amministrativo, ai cittadini, alle imprese, a chi si rivolge alle pubbliche amministrazioni. È proprio la Convenzione delle Nazioni Unite che noi indirettamente con questo testo rendiamo praticabile e trasformiamo in norme operative nel nostro ordinamento. Ricordiamo che già altri Stati lo hanno fatto: se questa è acqua fresca, dovremmo dire che Germania, Paesi Bassi, Francia, Spagna, Olanda, Polonia e così via, avendo adottato gli stessi nostri provvedimenti, hanno adottato acqua fresca e che non si è fatto sostanzialmente nulla. Credo non sia corretto fare tali affermazioni.
Si introduce questo famoso Piano nazionale anticorruzione: un piano bello, dettagliato ed articolato. Ogni pubblica amministrazione deve definire il proprio grado di esposizione al rischio di corruzione nei propri uffici; deve trovare misure per fronteggiare il rischio che rileva; deve verificare delle procedure di selezione, formazione e rotazione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni (perché sappiamo come sia probabile creare aree di potere che poi si possono prestare all'illegalità) e, infine, deve, se possibile, trovare le soluzioni per prevenire e individuare gli illeciti ancora prima che questi possano essere compiuti.
Direi che viene attivato in termini moderni un vecchio modello che si definiva a controllo sociale. Il controllo sociale avveniva su un sistema estremamente trasparente. Nell'opacità sappiamo che si nasconde tutto ciò che è illegale. Indubbio è che apparteniamo a società che stanno correndo, a società che non consentono più di fermarsi, approfondire e relazionarsi, al punto che rischiamo di non conoscere neanche chi abbiamo di fronte. Il vecchio sistema e la vecchia società conoscevano tutto; viaggiavano su altri binari e con altri ritmi. Conoscendo tutto si aveva sostanzialmente il controllo di tutto. Non parlo di un controllo istituzionale, ma di uno sociale, del vicino sul vicino, da comunitario a comunitario, il che faceva che tutte le cose rientrassero in un binario di legalità, perché questa oppressione da controllo impediva di comportarsi in modi illeciti.
Qual è la parola d'ordine e magica? È trasparenza: dove c'è trasparenza, c'è controllo e dove c'è controllo ci sono meno forme di illegalità. È proprio nella trasparenza che trovo il cardine di questo provvedimento. La trasparenza sull'attività amministrativa, attraverso l'accesso e la conoscenza di ogni provvedimento da parte dei cittadini, che rappresentano il fattore determinante per il controllo e la legalità. In questo modo il cittadino accede, ha la disponibilità di tutte le informazioni delle pubbliche amministrazioni e delle banche dati, interviene, formula domande e ottiene risposte anche in tempi estremamente rapidi.
Come è già stato ricordato, s'introduce qualcosa di innovativo in virtù del quale la trasparenza non è più un qualcosa di fumoso, ma un diritto che rientra tra i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali addirittura garantiti dall'articolo 117 della Costituzione. Cosa viene introdotto per le pubbliche amministrazioni? L'obbligo di pubblicare sui siti istituzionali tutte le informazioni relative a procedimenti amministrativi sensibili quali, per esempio, autorizzazioni, concessioni, appalti, benefici economici, concorsi, progressioni di carriere e via dicendo. Addirittura il non adeguarsi da parte della pubblica amministrazione a queste buone pratiche è visto come un sintomo di mala amministrazione. C'è una specie di presunzione: se l'amministrazione non si adegua, non pubblica e non rende trasparente la sua attività si presume che ci sia già qualcosa che non funziona, c'è una presunzione di mala amministrazione.
Fra i doveri della pubblica amministrazione vi è, per esempio, il rendere noto un proprio indirizzo di posta elettronica certificata dove il cittadino interloquisce, trasmette istanze e riceve tutte le informazioni che possono servire per operare quel controllo sociale - non la troviamo nella legge, ma concedetemi l'utilizzo di questa formula - che funzionerà veramente.
È prevista l'istituzione di una Banca dati dei contratti pubblici nazionali, che già a questo punto trova e dà un supporto all'attuale codice dei contratti pubblici, dove troveremo e ogni impresa potrà trovare i bandi, gli avvisi di gara, le aggiudicazioni, gli affidamenti, le imprese che hanno partecipato, i costi, gli scostamenti di costo tra il preventivo e il definitivo, i tempi di esecuzione, i ritardi, gli stati d'avanzamento e di ultimazione dei lavori, l'effettuazione del collaudo; cioè tutta la storia di un affidamento, di una gara, di un appalto pubblico, in modo estremamente trasparente. Se qualcuno intravede qualcosa di anomalo lo segnala alla pubblica amministrazione, che sarà in grado di dare immediatamente le risposte.
Questo potrebbe sembrare un forte appesantimento per le procedure amministrative, ma non lo è, e lo dice la legge, perché non dovrà avere gravami né di costi né di personale, in quanto si utilizzeranno le risorse esistenti. La legge va oltre, e stabilisce che non ci deve essere un gravame nemmeno per l'impresa, e troviamo estremamente interessante, dal nostro punto di vista, la parte che tocca la riduzione degli oneri amministrativi delle imprese. Sarà proprio l'introduzione dell'obbligo, per la stazione appaltante, di inserire tutti questi dati nella famosa Banca dati nazionale dei contratti pubblici, dove troveremo il possesso di tutti i requisiti delle imprese che parteciperanno, che produrrà alla fine il vantaggio per le imprese di non produrre sistematicamente gli stessi documenti, perché la verifica del possesso di questi la troveremo già nella suddetta Banca, e nei dati che la pubblica amministrazione non chiederà più, in questo caso, alla stazione appaltante, all'impresa, al fornitore, perché troverà già nella Banca dati tutte le informazioni che le servono.
Se i lavori saranno di misura molto limitata e poco sensibili (ed è stata a tal riguardo trovata la soglia dei 150.000 euro), addirittura si semplificheranno tutte queste procedure, con una modulistica standard, che il Ministro delle infrastrutture dovrà definire con un decreto, per agevolare ancora di più la speditezza nelle procedure preparatorie degli appalti.
Troviamo interessante il fatto che si realizzi un sistema di controllo anche nei confronti dei subappalti, per evitare la parte esposta a ciò che non era controllato ed era meno chiaro. Anche i subappaltatori rientreranno nelle normative antimafia e in tutto ciò che verrà espletato nei confronti della ditta principale e, lo ripeto, tutto questo non si ripeterà più, perché, rientrando nel contesto dei dati raggruppati nella Banca, non sarà più necessario ripetere i dati relativi agli stessi subappaltatori, perché li avremo raccolti una volta per tutte.
Ciò che interessa noi, come Lega Nord (in quanto abbiamo premuto molto sull'obiettivo di approvare una normativa, il federalismo fiscale, che consenta di ridurre i costi per le pubbliche amministrazioni, di migliorare la qualità delle pubbliche amministrazioni, di ottenere risparmi, di eliminare sprechi), è di far poi funzionare le macchine della pubbliche amministrazioni. Mi riferisco al fallimento politico introdotto nel contesto delle operazioni legate alla riforma del federalismo fiscale. Indubbiamente, al dissesto finanziario deve conseguire anche una sanzione, se troviamo dei responsabili.
E la legge alla quale facciamo riferimento sanciva l'incandidabilità. L'incandidabilità è una cosa importantissima, perché risanare e trovare le formule per evitare i dissesti è importante, ma individuare e non consentire il ripetersi di queste situazioni (o meglio sanzionarne i responsabili) è altrettanto importante.
Dal momento che la disciplina del dissesto non prevede, fino adesso, nessuna conseguenza dalla mancata adozione da parte dell'organismo consiliare della relativa delibera, viene introdotta la previsione per la quale se il consiglio comunale non sancisce il dissesto, perché omette di farlo o perché ha problematiche di pressioni interne, sarà il prefetto a poter intervenire motu proprio, ma non in modo arbitrario, bensì sulla base di atti e documenti che gli consentano di dare egli stesso questa valutazione della questione: saranno elementi contabili (si citano le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, i servizi ispettivi della Guardia di finanza) e altri elementi che costituiscono fonte certa. Pertanto, il prefetto, ravvisando queste situazioni di dissesto, sarà egli stesso ad avviare le necessarie verifiche.
Mutano anche le condizioni per noi parlamentari, per i membri della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, in merito alla ineleggibilità. Fino ad oggi, infatti, la sentenza di condanna non era parificata alla sentenza ex articolo 444 del codice di procedura penale, cioè all'applicazione della pena su richiesta; sostanzialmente, poteva accadere che si patteggiasse e il patteggiamento, non essendo considerato sentenza di condanna, consentiva di procedere tranquillamente in una carriera politica, qualunque essa fosse. D'ora in poi questo non potrà più accadere in quanto l'applicazione della pena su richiesta verrà paragonata a una sentenza di condanna, almeno ai fini dell'ineleggibilità.
Mi avvio a concludere, signor Presidente, però mi sia consentito di soffermarmi brevemente su una questione, perché l'occasione è estremamente importante e ghiotta per me, data la presenza in Aula del sottosegretario Caliendo. Stiamo parlando di un argomento estremamente serio, però ci stiamo dimenticando che se qui chiudiamo una porta da un'altra parte rischiamo di aprire una finestra. La questione concerne due sentenze del TAR del Lazio e del Consiglio di Stato riguardo ad un ricorso fatto da una SOA della Campania (le SOA sono società organismi di attestazione, cioè società autorizzate a verificare i requisiti di trasparenza per stabilire che un'impresa è seria e che pertanto può concorrere). Questa SOA campana è stata sanzionata: non aveva tutte le carte in regola, però i ricorsi fatti hanno permesso di stabilire che vi debba essere libera concorrenza, o meglio, che queste società operano come fossero dei notai, cioè a tariffa. A seguito dei ricorsi prima al TAR e poi al Consiglio di Stato, entrambi gli organismi giudicanti hanno stabilito che la normativa europea non prevede tariffe fisse, ergo le SOA devono lavorare sostanzialmente in libera concorrenza.
Signor Sottosegretario, mi scusi, ma penso che in tante aree di questo Paese dove le pressioni malavitose sono importantissime consentire a delle società di operare in concorrenza, dove si deve verificare la solidità e la serietà di un'impresa, sarebbe come giocare in continuazione al ribasso fintanto che chi si aggiudica l'operazione finirà per non espletare nessun tipo di controllo perché non avrà nemmeno le possibilità di farlo in quanto una concorrenza in questo settore sarebbe estremamente deleteria. Ho approfittato dell'occasione perché l'argomento è a latere, ma è estremamente contingente e pregnante rispetto a quanto stiamo discutendo.
Aggiungo che tutto questo è a costo zero. Pertanto, tradurre delle buone pratiche nel nostro ordinamento con norme che non fanno che modernizzare e aumentare l'efficienza della pubblica amministrazione e prevedere un controllo più efficace e diffuso in termini di trasparenza finirà con il dissuadere pratiche illegali e punire severamente chi le commette e chi contravviene.
Per noi, al di là di ciò che è stato detto, si tratta di una gran buona legge. (Applausi dal Gruppo LNP e del senatore Pichetto Fratin).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Della Monica. Ne ha facoltà.
*DELLA MONICA (PD). Signor Presidente, preannuncio che presenterò un intervento scritto. Ritengo infatti che una materia così complessa abbia bisogno di organicità e negli interventi che svolgiamo, in tempi così ridotti, l'organicità non può emergere.
Il disegno di legge governativo presenta gravi carenze. È solo una normativa di facciata, non consente di combattere efficacemente la corruzione e, anzi, può definirsi una sorta di atto di rinuncia al contrasto al fenomeno. Come è noto, il disegno di legge governativo si compone di quattro parti. La prima con finalità di prevenzione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione; la seconda che riguarda le cause di incandidabilità nelle elezioni provinciali, comunali e circoscrizionali in costanza di una condanna definitiva; la terza attinente alla trasparenza dell'amministrazione pubblica e i controlli degli enti locali e, infine, la quarta, ossia la parte sanzionatoria che riguarda l'aumento e il ritocco delle cornici edittali di taluni delitti dei pubblici ufficiali e dei privati contro la pubblica amministrazione.
Credo che il senatore D'Ambrosio abbia già espresso molto efficacemente il pensiero di tutto il Gruppo del PD in materia. Innanzitutto, per le misure di prevenzione al fenomeno della corruzione basta pensare che il Piano nazionale anticorruzione è rimesso all'attività di Governo. Ciò sarebbe sufficiente a qualificare il disegno di legge, in quanto è evidente che in tal modo non si risponde affatto alle richieste che ci vengono dalle sedi internazionali. Infatti, quando ratifichiamo la Convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione - sono stata due anni a negoziarla - non diamo la risposta che gli organismi internazionali e gli altri Paesi si attendono. Noi non mettiamo a disposizione un organismo indipendente per il controllo sull'applicazione della Convenzione, e questo è davvero grave.
Per quanto riguarda le misure di trasparenza dell'azione amministrativa, varie norme suscitano perplessità nel merito. Al di là dell'enunciazione di principio, si rinvia a provvedimenti successivi e in molti casi vengono replicati principi già compresi nella legge sul procedimento amministrativo o nel codice dei contratti pubblici e non sono previsti stanziamenti finanziari, indispensabili per l'attuazione degli obblighi previsti ex lege. Quindi, non concordo affatto con il senatore Divina perché, senza questi stanziamenti, nulla si può fare.
Passo poi alle misure interdittive e alle incandidabilità. La normativa appare largamente insufficiente perché non cambia, se non in minima parte, il sistema vigente. In ogni caso, vorrei sottolineare che l'incandidabilità consegue ai risultati di processi penali che non potranno essere celebrati e per inefficienza del sistema o che, se fossero celebrati, probabilmente finirebbero, se pure si arrivasse a qualche sentenza di condanna, con una pronunzia di prescrizione. Quindi, collegando l'incandidabilità a processi penali che non avranno esito, significa rinunziare a fare una effettiva riforma dell'incandidabilità stessa.
Passo quindi alla proposta riforma del sistema penale, dove si elevano di circa un anno il minimo e il massimo edittale dei seguenti reati: peculato, in cui si innalza solo il minimo edittale; peculato mediante profitto dell'errore altrui; malversazione ai danni dello Stato; indebita percezione di erogazione ai danni dello Stato; corruzione propria e impropria; corruzione in atti giudiziari; turbata libertà degli incanti; astensione dagli incanti; frode nelle pubbliche forniture. In realtà, non solo non si toccano le cornici edittali di abuso d'ufficio e di concussione - si eleva il minimo edittale al peculato e alla corruzione in atti giudiziari - ma in linea generale le cornici edittali, così aumentate, non superano in alcun caso gli otto anni; si fa ciò, da una parte, per non attrarre detti reati nella seconda fascia del disegno di legge sul processo breve e, dall'altra parte, per aggravare, se possibile, il disastro prodotto dalla legge ex Cirielli del 2005 in materia di prescrizione e dalla quasi totale cancellazione del falso in bilancio, avvenuta sempre ad opera del Governo Berlusconi nella XIV Legislatura.
Tralascio gli altri aspetti rinviando al testo scritto e mi soffermo soltanto sulla mancata modifica dell'articolo 322-ter sulla confisca. Con la norma omessa dal Governo in materia, non riusciremo mai a confiscare in altri Paesi il profitto dei reati di corruzione. La traduzione di queste misure in legge era auspicata da tutti con un ordine del giorno discusso il 14 aprile scorso, ma naturalmente di questo non vi è traccia nel testo del disegno di legge in discussione.
Allo stesso modo non vi è traccia di un fattore davvero importante che è la corruzione nel settore privato. Io che ho frequentato molto gli organismi internazionali posso dire che il difetto di una normativa in materia era una delle pecche legislative rinfacciate all'Italia, alla quale pur si dava atto di essere stata particolarmente efficiente nel contrasto della corruzione nel periodo di Tangentopoli ma si contestava di non saper intervenire nel settore privato; settore priva che tocca la competitività del Paese e che non possiamo certo ignorare concentrando gli sforzi solo sulla corruzione pubblica.
Nel disegno di legge governativo, in ogni caso, manca una diversa visione del processo corruttivo collegato al mercimonio delle funzioni e non si prende in considerazione l'unificazione dei reati di corruzione e concussione per induzione, trasportando nell'estorsione il reato commesso con costrizione. Vorrei ricordare che l'OCSE si è presentata pochi mesi fa al Senato della Repubblica, chiedendo di parlare con la 1a e la 2a Commissione, per avere spiegazioni del perché il Governo non voleva adeguare la legislazione. Sul punto al contesto europeo noi dell'opposizione abbiamo consegnato i nostri disegni di legge e abbiamo detto che nulla possiamo fare rispetto alla presa di posizione del Governo. L'OCSE è andata via dicendo che farà elevare una procedura di infrazione.
Ebbene, se questa è la risposta che diamo agli organismi internazionali, possiamo dire che non forniamo risposte ai richiami provenienti dall'Europa, dalle Nazioni Unite, dal Gruppo greco, dall'OCSE e dalle decisioni GAI. In particolare, non si tiene conto degli obblighi internazionali assunti dall'Italia sottoscrivendo la Convenzione di Strasburgo sulla corruzione nel settore penale e solo oggi siamo riusciti con fatica ad arrivare alla trasmissione in Aula di una ratifica secca di tale convenzione senza l'adeguamento dell'ordinamento nazionale.
Insisto su ciò che ha già dichiarato la presidente Finocchiaro: anch'io non capisco come non potranno essere approvati gli emendamenti da noi presentati, che rispecchiano un adeguamento dell'ordinamento nazionale ai principi fissati da una Convenzione che ci accingiamo finalmente a ratificare. Se poi vuole una ratifica "secca" con la riserva mentale di non adeguare l'ordinamento nazionale, certo non si fa un buon servizio al Paese e non si rispetta l'Europa. In questo i Paesi del Terzo mondo sono particolarmente bravi: ratificano per primi tutte le convenzioni internazionali e poi se ne fanno beffa, esattamente come sta avvenendo in Italia con la Convenzione ONU e la Convenzione di Strasburgo. Diversamente, i disegni di legge presentati dal Partito Democratico, tradotti in questa sede in emendamenti, sono rivolti a rendere più efficace l'azione di contrasto e di prevenzione della corruzione e, in generale, del malaffare nella pubblica amministrazione e nel settore privato, rispettando in concreto gli impegni internazionali.
Signor Presidente, ho presentato un documento che riassume quanto è accaduto dalla XIII legislatura in poi per quanto riguarda il contrasto alla corruzione e a questo mi riporto. A completamento di tale intervento, vorrei soltanto rimarcare che di fronte all'atteggiamento del Governo, che aveva promesso di ratificare la Convenzione di Strasburgo e che è intervenuto con un piano straordinario che non ha nulla di epocale, siamo stati costretti a presentare vari disegni di legge, integrando sempre più le misure che dapprima avevamo proposto solo come adeguamento dell'ordinamento nazionale alla Convenzione di Strasburgo in materia penale. Si tratta di misure particolarmente importanti, tanto più che in questo momento storico, come ricorda la Corte dei conti nell'inaugurazione dell'anno giudiziario, il Governo ha presentato una vera e propria strategia di guerra per abbattere la lotta alla corruzione. Ricordo il provvedimento sulle intercettazioni, la prescrizione breve, anche brevissima e tutto ciò che è contenuto anche in altri disegni di legge apparentemente non affini: ad esempio, il disegno di legge n. 1440 che inibisce l'azione del pubblico ministero, oppure la riforma costituzionale che sottrae costituzionalmente la polizia giudiziaria al pubblico ministero.
Tutto ciò abbassa certamente il quadro e l'importanza della lotta alla corruzione, mentre il PD propone, oltre alle disposizioni che adeguano il nostro ordinamento a ciò che ci chiede la Convenzione di Strasburgo, misure nei confronti dell'autoriciclaggio, la reintroduzione del falso in bilancio, il ripristino di reati di frode fiscale, una diversa disciplina della prescrizione, una diversa disciplina delle intercettazioni, una diversa disciplina degli appalti pubblici, legata in particolare ai grandi eventi ed alle ordinanze di Protezione civile ed ai controlli preventivi della Corte dei conti, il divieto di arbitrato, un'autorità indipendente per il controllo dei fenomeni corruttivi nel settore pubblico e privato in relazione alla Convenzione ONU, obblighi di trasparenza e codici etici, e una vera e propria previsione dell'incompatibilità, che rimetta realmente ai partiti politici la responsabilità dei candidati che presentano, sia nelle elezioni amministrative che in quelle al Parlamento nazionale ed europeo. (Applausi dal Gruppo PD e del senatore Pardi).
PRESIDENTE. Senatrice Della Monica, la Presidenza l'autorizza ad allegare il testo integrale del suo intervento.
Inoltre, la Presidenza autorizza fin d'ora ad allegare il testo scritto anche quei colleghi che, per motivi di tempo, non riusciranno a svolgere tutto il loro intervento.
È iscritto a parlare il senatore Lumia. Ne ha facoltà.
LUMIA (PD). Signor Presidente, colleghi, anch'io sono d'accordo sul fatto che il testo oggi in esame arriva tardi. Era da tempo atteso: il Paese avevo chiesto che il Parlamento ed il Governo intervenissero di fronte a continue e ripetute occasioni di corruzione nel nostro Paese. Quest'ultima si è talmente diffusa che ci troviamo di fronte non più a singoli episodi, ma a un sistema permanente di corruzione presente nel nostro Paese che - ahimè - sta diventando sempre più pervasivo.
Sono passati mesi ed oggi abbiamo un'opportunità, ma ci troviamo di fronte a un disegno di legge di bassissimo profilo, privo di fattispecie reali e di pene severe, incompleto, in sostanza una resa alla corruzione. Avevamo un'occasione particolare, preziosa, quella di recepire in modo intelligente la Convenzione ONU del 2000, in particolare la direttiva europea di Strasburgo, adeguandola alle capacità del nostro Paese di reagire, dimostrando agli italiani, alle imprese, ai nostri territori, all'Europa ed al mondo intero che l'Italia non è quel Paese che oggi è classificato agli ultimi posti per i livelli di legalità e che quindi è ai primi posti per indice di corruzione.
Ci voleva un'altra risposta e non capirlo, attardarsi, fare melina, giocare d'astuzia, provare a confondere le carte con questo disegno di legge è il segno evidente di una crisi e di una decadenza, ma è anche il senso di una responsabilità che voi vi assumete, il Governo e la maggioranza si assumono. Il nostro Paese brancola nella penombra: molti approcci e pochi risultati. Vi sono diverse letture sullo stato dei malesseri che attanagliano l'economia e la società italiana; difficilmente troviamo analisi serie e rigorose, che mettano al centro la necessità della società italiana di dare un colpo d'ala alle sue lente dinamiche di crescita e anche di fiducia, per approcciare in modo diretto il rapporto tra legalità e sviluppo. Solo in questo rapporto il nostro Paese può diventare grande; solo nel rapporto tra legalità e sviluppo si può comprendere la devastazione che porta con sé la corruzione; solo così potremo capire quali risposte severe, rigorose, progettuali possiamo prevedere nel nostro ordinamento.
Sono pari a 60 miliardi i costi della corruzione; 150 miliardi i fatturati delle mafie. Oggi è stato presentato da parte di Legambiente il rapporto sulle ecomafie, che ancora adesso si aggirano intorno a 20 miliardi di fatturato. In sostanza, bisogna capire che si può voltare pagina, che si deve voltare pagina, che è necessario fare in modo che sulla corruzione ci sia la stessa tensione, lo stesso approccio che abbiamo avuto prima nei confronti della lotta al terrorismo, (come una vera minaccia per la nostra democrazia, come una pietra d'inciampo per la crescita del nostro Paese) e poi, seppur più lentamente, seppur con molte contraddizioni, nell'approccio alla lotta alla mafia. Anzi, considero la corruzione l'altra faccia della presenza mafiosa, e spesso i due fenomeni si mescolano, spesso l'uno nutre l'altro, spesso insieme costituiscono una forza dirompente che si abbatte sulle nostre economie, sui cittadini, sui territori, sulle stesse istituzioni locali.
Avete previsto nel capo I tre momenti: un Piano nazionale anticorruzione, la Rete nazionale anticorruzione, l'Osservatorio sulla corruzione e gli altri illeciti nella pubblica amministrazione; tutti e tre in capo all'Esecutivo, tutti e tre sotto il controllo del Governo. Questo è Italietta!
Cari rappresentanti della maggioranza, caro rappresentante del Governo, nei Paesi avanzati, quelli a democrazia matura, non si danno queste responsabilità direttamente in capo ai Governi. I Governi devono applicare buone pratiche di anticorruzione, devono avere la capacità di prevenire e di colpire, ma chi controlla, chi stabilisce cosa bisogna fare e come bisogna farlo e che soprattutto verifica i risultati, nelle democrazie avanzate è un organo terzo, al di fuori dei controlli della pubblica amministrazione. Ecco perché su questa vostra impostazione il nostro no è netto, il nostro no è deciso, e questa vostra impostazione fa crollare tutta l'impalcatura - tra l'altro molto debole, fragile - che avete costruito.
Inoltre, rappresentanti della maggioranza e del Governo, sugli appalti potevate fare solo una cosa buona che da tempo vi si chiede, che la Commissione antimafia in diverse relazioni e con diverse maggioranze ha proposto al Parlamento, ossia la riduzione del numero delle stazioni appaltanti. Come si può avere un controllo di legalità quando nel nostro Paese ci sono circa 30.000 stazioni appaltanti? La corruzione vince a priori, la corruzione si fa sistema, la corruzione si abbatte sulle opere pubbliche e sui cantieri e impedisce al nostro Paese di decollare su questo nevralgico aspetto dello sviluppo della vita sociale ed economica.
Non ci sono risorse per controllare dal punto di vista della legalità 30.000 stazioni appaltanti. Invece, la nostra proposta, che ne prevede una sola per Provincia ed una per Regione per le grandi opere, potrebbe essere una risposta moderna ed efficiente. Ci sono oggi i numeri, le professionalità amministrative e le capacità per avviare un buon controllo sulle stazioni appaltanti, così come sulle gare al massimo del ribasso: stanno distruggendo l'economia, il sistema d'impresa, la capacità realizzativa che hanno sempre caratterizzato la cultura industriale delle nostre imprese di costruzioni e stanno mettendo in ginocchio le imprese sane, quelle pulite, quelli che rispettano le regole, quelle che denunciano le organizzazioni mafiose.
Anche su questo non c'è nessun riferimento; anche su questo fate finta di non sentire e di non vedere e vi rendete responsabili di un vero e proprio disastro.
Infine, Presidente, ci sono alcune questioni che riguardano alcuni punti molto importanti, che cito solo perché sia il senatore D'Ambrosio sia la senatrice Della Monica le hanno poste. Mi riferisco alla cosiddetta incandidabilità. Il codice etico della Commissione antimafia ha creato un osservatorio, che denuncia una continua lesione. Ecco perché bisognava approfittare di questo provvedimento per inserire quelle norme severe di incandidabilità che sono contenute nel codice etico della Commissione parlamentare antimafia e che non riguardano solo i reati contro le mafie, ma anche i reati contro la pubblica amministrazione. Lo stesso si può dire sulla durata delle pene; con quella durata delle pene e senza prevedere quelle fattispecie che qui sono state indicate - cito per tutti l'autoriciclaggio ed il falso in bilancio - non possiamo assolutamente avere un sistema improntato a severità. Negli altri Paesi la corruzione è la violazione etica del fondamento costitutivo dello stare insieme e così dovrebbe essere anche nel nostro Paese, visto che abbiamo un'ottima Carta costituzionale e siamo a 150 anni dall'Unità d'Italia per cui dovremmo finalmente rinnovare profondamente la nostra condizione sociale ed economica.
Ecco perché il nostro no è serio e rigoroso. È un giudizio forte e motivato. E quindi faremo valere le nostre ragioni in Parlamento e nel Paese. (Applausi dal Gruppo PD).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Baio. Ne ha facoltà.
BAIO (Misto-ApI). Signor Presidente, ringrazio il rappresentante del Governo ed i colleghi rimasti in Aula. Voglio ricordare all'inizio di questo intervento, non essendo io un'esperta di questo tema, ma volendomene occupare ed intervenire nel merito, che credo ci sia un'emergenza all'interno di questo nostro Paese, che amiamo, visto che abbiamo anche scelto di impegnarsi politicamente. Credo che recuperare una moralità pubblica, un senso etico di chi rappresenta e vuole rappresentare lo Stato, e di chi lo rappresenta da eletto, ma anche da dirigente e da funzionario, debba essere davvero la priorità.
Voglio ricordare la regola aurea di un filosofo greco, Epitteto, che si può riassumere nella massima: «Dio mi conceda la serenità di accettare le cose che non posso cambiare, il coraggio di cambiare le cose che posso cambiare e la saggezza di capire la differenza».
Troppo spesso in politica ci barrichiamo dietro quella serenità e quella accettazione, dimenticando il coraggio che oggi è più che mai necessario per riuscire a ricostituire onestà e trasparenza, proprio a partire dall'amministrazione pubblica, nella res publica, per liberarla da quel malcostume e quindi orientarsi verso la sua aulica accezione etimologica. La trasparenza e l'onestà, infatti, sono le premesse necessarie ed imprescindibili per poter essere politici o amministratori, ma soprattutto per garantire ai cittadini il rispetto della gestione del bene pubblico, del bene comune, del servizio.
Oggi più che mai trovano conferma le affermazioni di una persona che ho conosciuto nell'attività parlamentare - con il quale forse alcune persone che sono qui hanno lavorato - il giudice Piercamillo Davigo, che oggi è consigliere della Corte di cassazione. In un suo libro egli scrive che gli "strappi alla legalità sono di per sé un disvalore e devono quindi essere perseguiti e processati". Credo che, pur nella loro durezza, oggi dovremmo recuperare il senso di queste parole, che sarebbe anche il senso di stare insieme, creando una comunità fondata non su un disvalore, ma su dei valori. Un disvalore che colpisce non solo l'economia del Paese, ma che è capace di minare anche il processo democratico, trasformandosi in una misura premiale per chi non rispetta le regole. I fenomeni di concussione e corruzione, infatti, sono ormai diventati una patologia del nostro Paese perché non sono più l'eccezione. Non lo dice solo l'opposizione e non lo dico io che non sono esperta di questo tema; non solo lo dice, ma lo scrive - e ricordo che i nostri antichi romani dicevano «verba volant, scripta manent» - la Corte dei conti. La Corte dei conti ha scritto che nel 2010 i reati corruttivi sono aumentati del 30,22 per cento! Viene la pelle d'oca a leggere questi dati e sorrido perché mi sembra che il provvedimento che stiamo discutendo oggi sia inadeguato per affrontare questa emergenza.
Il procuratore generale della Corte dei conti, Mario Ristuccia, in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario del 2011 ha infatti lanciato un allarme, dichiarando che questi dati non consentono ottimismi e che la corruzione continua ad affliggere la pubblica amministrazione. Nel dettaglio della relazione della Corte dei conti si legge che nel 2010 sono stati denunciati 237 casi di corruzione, 137 di concussione e 1090 di abuso d'ufficio. In più, se noi guardiamo come siamo percepiti all'estero, il Corruption perception index, un indicatore pubblicato annualmente a partire dal 1996 dall'organizzazione non governativa Transparency international che ordina i Paesi del mondo sulla base del livello secondo il quale l'esistenza della corruzione è percepita tra pubblici uffici e politici, l'Italia nel 2007 era al trentasettesimo posto, e nel 2010 è crollata al sessantasettesimo posto.
Credo che anche questo ci faccia capire che il provvedimento oggi al nostro esame è inadeguato ed insufficiente; non dico che sia in tutte le sue parti sbagliato, ma non va alla radice del problema. Si ha come l'impressione che il Paese ci stia osservando e dica: «Ma per l'ennesima volta, oggi il Parlamento è incapace di leggere e di affrontare i problemi che si trova di fronte?». Credo che la discussione in Aula debba portarci a migliorare e modificare, questo testo anche radicalmente in alcuni sue parti.
Di fronte a questi dati di malcostume così radicato e diffuso, se ci fosse ancora Dante Alighieri, che non è proprio l'ultimo italiano, direbbe che si tratta di una «meschina baratteria»; una baratteria preceduta quindi dalla meschinità. Allora, se vogliamo - figli di Dante, Petrarca e Boccaccio - forse vale la pena utilizzare queste ore di discussione in Aula per cercare di migliorare il testo e dare una risposta più adeguata, perché così non va ed è estremamente inadeguato.
Le cause di questo allarmante fenomeno sono profonde e non possono prescindere anche da un'interpretazione squisitamente antropologica del fenomeno e, quindi, dalla sfiducia nelle istituzioni, che comporta il non rispetto delle stesse a scapito della collettività e del bene comune. Se è vero che occorre intervenire per arginare questo fenomeno, non si può non considerare la larga fascia di cittadini onesti (e sono la maggioranza) che subiscono, loro malgrado, le conseguenze della minoranza. Infatti, i circa 40 milioni di contribuenti versano pro capite circa 1.500 euro di tassa occulta aggiuntiva, una somma che non dovrebbero versare nelle casse dello Stato e che invece sono costretti a versare a causa della corruzione e della concussione. Potrà sembrare una cifra modesta, ma invece è elevatissima perché quella somma non dovrebbe essere versata affatto, soprattutto da loro che sono onesti e che pagano regolarmente e interamente sui loro beni e sui loro capitali le imposte e le tasse. È un circolo vizioso, per cui la sfiducia verso le istituzioni comporta fenomeni di malcostume che, a loro volta, generano nuova disaffezione nei cittadini.
Di fronte a questo triste scenario emerge che le norme esistenti nel nostro ordinamento non risultano in grado di spezzare questa catena e di favorire in primis un cambio di mentalità, che faccia della trasparenza l'unica soluzione possibile per trasformare quel circolo statico in una staffetta virtuosa. Gli stessi operatori del diritto e la giurisprudenza da tempo ammettono la necessità di una radicale riforma da questo punto di vista. Al riguardo, io stessa ho presentato un disegno di legge che forse può essere considerato fuori dagli schemi; tale disegno di legge propone l'utilizzo di persone, denominate agenti provocatori, per agganciare, per così dire, il corruttore segnalato. Tale figura è già in uso in America dove, per esempio, ha consentito di arrestare il sindaco di Washington, non proprio l'ultimo dei corrotti. Per noi invece è come se questa possibilità non esistesse. Vi invito quindi, se non volete accogliere questa proposta, a prendere in considerazione almeno una qualsiasi altra misura radicale.
In apertura di seduta quest'oggi abbiamo ricordato la figura di Camillo Benso conte di Cavour. Io vorrei ricordare un altro nostro padre del Risorgimento, visto che festeggiamo i 150 anni dell'unità d'Italia, e cioè Giuseppe Mazzini che nei «Doveri dell'uomo» scriveva così: «Poco importa che voi possiate dirvi puri: quand'anche poteste, isolandovi, rimanere tali, se avete a due passi la corruzione e non cercate combatterla, tradite i vostri doveri». Noi ce l'abbiamo a due passi da noi, anzi magari anche qui, allora dobbiamo sfruttare meglio questa opportunità e modificare questo disegno di legge. (Applausi dalle senatrici Negri e Adamo).
Signor Presidente, chiedo di poter consegnare la restante parte del mio discorso.
PRESIDENTE. Come già anticipato, senatrice Baio, non solo lei può consegnare il suo intervento, ma tutti i colleghi che non riusciranno a completare il loro, o che riterranno utile consegnarlo, sono autorizzati a farlo.
È iscritto a parlare il senatore Pardi. Ne ha facoltà.
PARDI (IdV). Signor Presidente, non posso consegnare il mio intervento perché non avendo un testo scritto dovrei scriverlo apposta.
PRESIDENTE. Naturalmente, non è un obbligo, senatore Pardi.
PARDI (IdV). Ho ascoltato con interesse gli interventi dei colleghi del mestiere della giustizia che sono intervenuti prima di me (mi riferisco ai colleghi Li Gotti, Della Monica, D'Ambrosio ed altri del Partito Democratico) e siccome non sono un addetto ai lavori del settore giustizia non posso mettermi a gareggiare per competenza con loro che, peraltro, hanno già spiegato benissimo perché questo disegno di legge è completamente insufficiente rispetto al fenomeno corruttivo.
Vorrei invece farvi partecipi di una sensazione che ho provato come commissario della 1a Commissione partecipando ad una riunione eccezionale delle Commissioni riunite 1a e 2a in occasione dell'audizione del magistrato Piercamillo Davigo il quale, con aria tranquilla, ha esordito nel suo intervento dicendo che era costretto a registrare, dalla lettura del dispositivo del provvedimento, che chi l'aveva scritto non aveva idea di cosa fosse la corruzione. Ha quindi spiegato in breve che mancava la percezione della connessione strettissima che c'è tra corruzione e concussione. Da lì si è poi dilungato a spiegare la corruzione come reato seriale, che avvinghia a sé anche gli inconsapevoli e alla fine costruisce una rete, il cui controllo risulta veramente molto difficile.
A partire da questa sensazione e dal ricordo dell'intervento del dottor Davigo, voglio mettere i piedi - diciamo così, data l'ora - in un'incongruenza che mi appare assolutamente colossale, ovvero l'incongruenza di una legge anticorruzione prodotta da una maggioranza e da un Governo guidati da una persona che ha, purtroppo per lui e purtroppo per noi, una frequentazione ossessiva di procedimenti che riguardano reati di natura corruttiva. Lui se li vorrebbe scuotere di dosso; io, di fronte alle tante falsità che sono state dette su questo passato ingombrante e un po' offensivo per la natura stessa della Repubblica, ne traggo soltanto qualche scampolo, perché non potrei farne l'elenco completo.
Ricordo un processo per la corruzione della Guardia di Finanza: Fininvest, la ditta del Presidente del Consiglio, pagò tre tangenti di 100 milioni di lire per addomesticare verifiche fiscali. Il corruttore Sciascia, un uomo di Fininvest, e i finanzieri corrotti vengono condannati; Berlusconi è assolto per insufficienza probatoria grazie alla falsa testimonianza di Mills. Ci sono poi i fondi neri per l'acquisto dei terreni della villa di Macherio: vengono pagati 4,4 miliardi di lire in nero all'ex proprietario e Berlusconi viene assolto dai reati di appropriazione indebita, frode fiscale e da un falso in bilancio, mentre viene salvato per amnistia da un altro falso in bilancio.
Per quanto riguarda i fondi neri sull'acquisto della società "Medusa", il manager "Fininvest" Bernasconi dirottò 10,2 miliardi di lire in nero su 5 libretti al portatore di Berlusconi, che però è stato assolto dal falso in bilancio per insufficienza di prove, perché è troppo ricco per potersi essere accorto dell'introito e dunque lo ha incassato a sua insaputa. Tutti ricordano il caso "All Iberian", perché Berlusconi giurò sulla testa dei suoi figli che l'impresa "All Iberian" non era sua. È stato dimostrato che invece era sua e che aveva pagato 23 miliardi di lire di finanziamenti illeciti a Bettino Craxi. Berlusconi si salva in appello per prescrizione grazie alle attenuanti generiche. Perché gli sono state riconosciute le attenuanti generiche? Perché era Presidente del Consiglio.
Il caso Lentini può sembrare un caso minore, perché si tratta di un giocatore di calcio e dunque si potrebbe dire: chi se ne importa? Sono stati versati 10 miliardi di lire in nero dal Milan al Torino in cambio del calciatore: il falso in bilancio viene prescritto grazie alle attenuanti generiche e al taglio della prescrizione previsto dalla riforma voluta da Berlusconi. Nel caso dei bilanci Fininvest 1988-1992, è intervenuta la prescrizione del falso in bilancio e dell'appropriazione indebita nell'acquisto dei diritti tv, utilizzando le attenuanti generiche e la prescrizione abbreviata dalle leggi di Berlusconi. Per quel che riguarda il caso relativo al consolidato Fininvest, c'è stata la prescrizione, grazie alle attenuanti generiche e ai nuovi termini della legge voluta da Berlusconi, anche per i falsi in bilancio da 1.500 miliardi di lire derivanti da fondi neri su 64 società offshore del "comparto B" della Fininvest.
Non cito tutti gli esempi, ma voglio infine ricordare il caso Mondadori, con cui è stata passata di mano la proprietà della più grande impresa editoriale italiana attraverso - diciamo così - un esproprio proprietario. Gli avvocati della Fininvest Previti, Pacifico e Acampora sono stati condannati per aver corrotto il giudice Metta, che ha annullato il lodo Mondadori, a vantaggio del proprietario precedente. Berlusconi si è salvato grazie alla prescrizione abbreviata e alle solite attenuanti generiche. Ci sono altri esempi che non cito, perché mi sento già abbastanza umiliato per il fatto di dover considerare cose di questo tipo.
Di fronte a questa relazione così stringente tra il Presidente del Consiglio e i reati di natura corruttiva, ci si può stupire che la legge prodotta dalla sua maggioranza e dal suo Governo risulti così labile nel toccare tutta la rete dei fenomeni corruttivi? Non ci si può stupire. È stato ricordato che il lavoro della Commissione è stato vano e che per mesi ha lavorato a vuoto: in Commissione sono state rigettate tutte le proposte dell'opposizione, tutti gli emendamenti, tutte le soluzioni più incisive sul fenomeno corruttivo. Ricordo alcuni temi, ad esempio la relazione strettissima tra concussione e corruzione: Davigo ci spiegò che spesso il concusso è altrettanto corrotto del corruttore, anzi, ne trae un utile specifico e lo rinnova; il traffico di influenze illecite, la questione dell'autoriciclaggio e quella dell'incompatibilità tra ruoli di governo e il rinvio a giudizio. A tal proposito, per inciso e senza voler pestare troppo i piedi, sollevo la questione che purtroppo tocca il nostro collega Grillo, di recente condannato nel processo Parmalat a più di due anni di reclusione e a 850.000 euro di multa. Non si tratta di una condanna definitiva, ma i colleghi dell'Aula potranno porsi il problema se il collega Grillo ha ancora titolo per mantenere la Presidenza dell'8a Commissione? Non sarebbe il caso che si defilasse rispetto a certi ruoli?
Il collega Divina ci invita a fare paragoni con la Germania. Ricordo che per il solo sospetto di aver utilizzato in modo improprio finanziamenti pubblici per la campagna elettorale, il leader della riunificazione della Germania, il cancelliere Kohl, è stato fatto fuori non dalla magistratura ma dal suo partito, che ha ritenuto che una figura come la sua, anche soltanto toccata da uno scandalo di cui non c'era nemmeno la prova provata in processo, non potesse più restare al proprio posto. Noi abbiamo un Presidente del Consiglio che fa collezione di procedimenti per reati di natura corruttiva e siamo nell'immobilità più assoluta. Non ci si può stupire di questo esito, perché mentre sui temi di interesse governativo, (vedi le leggi ad personam) il Parlamento viaggia a velocità supersonica, per leggi come queste ci impiega un anno per non fare praticamente niente: il Governo non fornisce pareri che avrebbe dovuto fornire alla Commissione, la 2a Commissione viene investita a raffica di nuovi procedimenti che ne inceppano il cammino.
Le questioni gravano. Ora, grazie al cielo, il bubbone delle grandi opere possiamo forse darlo non per risolto ma come parzialmente messo da parte; tuttavia, durante questa legislatura, abbiamo assistito alla consumazione di rapporti indicibili nell'ambito della Protezione civile, intesa come super Ministero senza limiti e senza controllo che gestisce le grandi opere in maniera del tutto opaca, generando reti di affari, di speculazione, di corruzione e concussione e, di fronte a questo, siamo costretti al ruolo di spettatori avviliti e impotenti.
È vero che l'opposizione ha chiesto più volte che il provvedimento in esame fosse calendarizzato, ma chiedere questo non significa condividerlo. Si voleva mettere in evidenza il fatto che il Parlamento doveva riuscire a produrre qualcosa su tale argomento. Su questo punto la maggioranza e il Governo non hanno offerto altro che una pallida sembianza di quella che dovrebbe essere una vera legge anticorruzione, per cui di fronte a questo prodotto il nostro giudizio non può che essere il più fermo e negativo possibile.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Serra. Ne ha facoltà.
SERRA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Signor Presidente, signor Sottosegretario, la catastrofe dell'inizio degli anni '90 sembrava aver posto fine alla questione morale. Si è pensato quindi che di lì in avanti il nostro Paese sotto questo aspetto sarebbe risorto. A vent'anni di distanza la questione morale è ancora più presente rispetto al passato, forse perché la politica non se ne è voluta o potuta occupare a sufficienza.
Recenti fatti di cronaca testimoniano come il fenomeno della corruzione è ancora talmente vivo nella vita politica e amministrativa del nostro Paese che affrontare il tema con qualche operazione di maquillage, di immagine, nascondendo la polvere sotto il tappeto, non farebbe certo bene al Paese.
È pleonastico - lo hanno fatto meglio di quanto possa farlo io i colleghi che mi hanno preceduto - sottolineare come i fenomeni di corruzione siano fonti di inefficienza sul piano economico, di distorsione della concorrenza e come incidano nello sviluppo produttivo, e questo tenda a favorire indirettamente anche lo sviluppo della criminalità organizzata. Ci chiediamo allora perché un disegno di legge presentato in Consiglio dei ministri il 1° marzo 2010, sulla spinta elettorale delle amministrative e il dilagare degli scandali, annunciato poi il 4 marzo 2010 in Parlamento e esaminato nelle competenti Commissioni per oltre un anno, arrivi in Aula solo ora, sollecitato, vorrei ricordarlo al collega Cardiello, da tutta l'opposizione al completo.
Voglio tranquilizzare il collega Cardiello: l'opposizione non vuole mettere bastoni tra le ruote a questa normativa, perché l'abbiamo sollecitata noi per un anno intero. Ma come si può non essere d'accordo con il senatore Li Gotti quando parla di una "spolverata" che il Governo sta dando sul tema della corruzione? E come essere d'accordo con il senatore Divina - che io rispetto - quando parla di una buona legge e di qualche ritardo? Il senatore Divina dimentica, se non altro, che l'aspetto finanziario non è stato proprio toccato in questo disegno di legge.
Il Parlamento è messo nelle condizioni di esaminare la questione con un gigantesco, colpevole, ritardo, che tutti abbiamo denunciato; eppure, nel frattempo, le grida di allarme non sono mancate: penso al richiamo del procuratore generale della Corte dei conti all'inaugurazione dell'anno giudiziario 2011; a proposito di corruzione e di frodi e soprattutto in materia di aiuti e contributi nazionali e dell'Unione europea egli ha usato questa definizione: «patologie che continuano ad affliggere la pubblica amministrazione».
I dati non lasciano spazio all'ottimismo, come ricordato dalla collega Baio: nel 2010 la corruzione è aumentata del 30,22 per cento. Ma il dato più allarmante, se vogliamo, è il calo delle denuncie, quasi ci si fosse abituati al fenomeno, arresi ad una vera e propria cultura della corruzione; è come se la nostra società non sapesse più reagire con riprovazione morale ma dimostrasse uno spirito di rassegnazione, talvolta persino di accondiscendenza. Le maggiori preoccupazioni si concentrano nel mondo della sanità, ove malaffari e cattiva gestione imperano, aggravati da una carenza del sistema di controllo.
L'importo complessivo del danno erariale contestato ammonta a 250 milioni di euro, in gran parte concentrato nella Regione Lazio (130 milioni di euro) e questo per frodi nella gestione di case di cura convenzionate e per irregolari erogazioni di prestazioni riabilitative. Se questa è la situazione e se questa maggioranza dichiara di volerla risolutamente affrontare, allora viene spontaneo chiedersi come si concilino la determinazione e il rigore necessari nella lotta alla corruzione con una serie di provvedimenti legislativi assunto in fase di gestazione da parte di questo Esecutivo.
Lo stesso procuratore generale della Corte dei conti ha espresso viva preoccupazione per una serie di recenti interventi legislativi, tra gli altri il disegno di legge sulle intercettazioni (che costituiscono uno dei più importanti strumenti investigativi utilizzabili contro i fenomeni di corruzione) o la cosiddetta legge Cirielli del 2005. Le difficoltà nel perseguire i reati di corruzione sono state aggravate dalla riduzione dei termini di prescrizione e lo sarebbero ancora dalle forme anticipate di estinzione previste nel disegno di legge sul cosiddetto processo breve, di cui si discute in Commissione.
La magistratura contabile ha inoltre espresso perplessità anche nei confronti del progetto federalista. Ci si interroga - cito testualmente - in termini dubitativi se il decentramento della spesa pubblica possa contribuire a ridurre la corruzione, ovvero possa avere l'effetto contrario e aumentare la corruzione quando la vicinanza a interessi e lobby locali favorisca uno scambio di favori illeciti in danno alla comunità amministrata.
Pensiamo poi al frequente utilizzo da parte di questa maggioranza di procedure in deroga alle regole ordinarie, alla parificazione dei grandi eventi alle emergenze, che sottraggono i relativi appalti, bilanci, controlli al vaglio preventivo della Corte dei conti.
Che dire poi del falso in bilancio? Purtroppo dal 16 aprile 2002 è operativa la riforma degli illeciti penali amministrativi delle società commerciali, di cui al decreto legislativo n. 61 del 2002. Non aiuta certo a combattere la battaglia contro la corruzione, poi, la soppressione dell'ufficio dell'Alto commissario anticorruzione avvenuta nel 2008. Lo stesso presidente del Gruppo di Stati europei contro la corruzione (GRECO), Drago Kos, ha lamentato questo fatto e chiamato l'Italia a renderne conto in Consiglio d'Europa. Tale ufficio, pur privo di adeguati mezzi umani e strumentali, aveva, infatti, raggiunto alcuni risultati. Eppure si è deciso di sopprimerlo.
Le informazioni rese al riguardo dal Governo sulle ragioni di tale decisione appaiono contraddette dal fatto che il servizio anticorruzione e trasparenza, oggi presso il dipartimento della funzione pubblica, risulta ancora privo di dotazioni adeguate dal punto di vista delle risorse umane e strumentali. Si tratta in realtà di un organo cui manca, inoltre, la necessaria autonomia per svolgere la propria funzione e che, in base alle relazioni presentate al Parlamento, mostra anche una preoccupante carenza di meccanismi propri di acquisizione conoscitiva. A ciò si aggiunga il ritardo del nostro Paese nella ratifica della Convenzione penale del Consiglio d'Europa sulla corruzione, che solo oggi è stata approvata, sia pure con modifiche.
Siamo di fronte all'ennesimo piano nazionale che, in linea generale, ci appare carente ai fini del contrasto alla corruzione e richiede, al contrario, misure coerenti, risposte serie e concrete. Per questa ragione ritengo quanto mai opportuno istituire un organo indipendente che coordini l'attività di indagine e di contrasto del fenomeno, riservandomi di presentare a tal fine un organico disegno di legge. Tale organo di coordinamento risulta oggi necessario in quanto, nonostante gli sforzi dell'ordine e della magistratura, molti corrotti e corruttori riescono ancora a farla franca e pochi sono gli atti corruttivi portati alla luce, al punto che l'Italia è al 63° posto subito dopo la Turchia e a pari merito con l'Arabia Saudita, una posizione tale da spingere il Consiglio d'Europa nell'ottobre 2009 a dichiarare «molto seria» la situazione italiana. Siamo al 67° posto nel mondo.
Tanto per capire, fanno meglio di noi Stati come il Cile, Israele, Turchia, Tunisia e Ruanda. Lo stesso Presidente della Corte dei conti ha evidenziato che «la lotta alla corruzione deve fondarsi essenzialmente su quattro pilastri: l'etica, la trasparenza, la semplificazione e il controllo». Per questo abbiamo presentato una nostra proposta legislativa.
A monte di tutto ciò, però, occorre rispondere a un'esigenza di regolamentazione dell'accesso alla vita pubblica: la permeabilità di tale snodo procedurale ai meno nobili intenti è una delle peggiori ricadute della fragilità dell'attuale sistema dei partiti.
Ecco, quindi, alcune nostre proposte. L'attuale disciplina penale e processuale dei reati contro la pubblica amministrazione appare, infatti, inadeguata rispetto all'atteggiarsi concreto del fenomeno sotto vari punti di vista: anzitutto, l'apparato sanzionatorio risulta banalmente blando rispetto all'impatto sociale ed economico di reati di tale tipo, atteso che i responsabili in più occasioni hanno pagato con periodi limitatissimi di detenzione e, spesso, rientrando nel circuito della pubblica amministrazione in breve tempo; in secondo luogo, appare necessario aggiornare il catalogo dei reati utili, inserendo nuove ipotesi quali quelle di traffico di influenze e di corruzione nel settore privato, recependo così le indicazioni della Convenzione penale sulla corruzione del Consiglio d'Europa, conclusa a Strasburgo il 27 gennaio 1999, che impegnava gli Stati aderenti all'esecuzione. Con tali norme si estenderebbe la punibilità penale di fatti di millantato credito e si introdurrebbe la nuova ipotesi della corruzione del privato funzionario, fino ad oggi solo teorizzata ma di fatto priva di una specifica copertura penalistica.
Inoltre, i rapporti illeciti tra criminalità e amministrazione pubblica possono facilmente svilupparsi con ingressi "secondari" di soggetti pericolosi nell'apparato amministrativo pubblico, tramite collaborazioni e consulenze di ogni genere; d'altro canto, il sistema corruttivo ha più volte prosperato attraverso la cooptazione dei controllori (si pensi a tutte le magistrature) con lo strumento degli incarichi extragiudiziari che, talora molto ben retribuiti, possono rappresentare il mezzo per legare controllori a controllati e per serrare un sistema di rapporti.
Ci auguriamo, dunque, che l'esame in Aula sia proficuo, che non si sia chiusi, da parte di questa maggioranza, alle numerose proposte fatte dall'opposizione e che, insieme, si possa arrivare a correggere un testo assolutamente perfettibile e ad approvare il disegno di legge. (Applausi della senatrice Negri).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Vallardi. Ne ha facoltà.
VALLARDI (LNP). Signor Presidente, signor Sottosegretario, il fenomeno della corruzione nella pubblica amministrazione è stato sicuramente per il passato, ma lo è ancora oggi, un grosso problema nella vita sociale del nostro Paese.
La proposta iniziale del disegno di legge puntava a modificare le previsioni del codice penale e inaspriva le relative pene. Il testo che oggi ci apprestiamo ad approvare risulta invece integrato in maniera diversa, con una serie di norme, elaborate dai ministri Calderoli e Maroni, che mirano invece a prevenire i fenomeni corruttivi in maniera forte e decisa, al contrario di alcuni interventi che ho ascoltato dall'opposizione.
Il Governo ha voluto approvare un'ampia normativa, non solo sull'aspetto sanzionatorio ma anche a favore dell'efficienza della pubblica amministrazione, sanzionando il pubblico amministratore, a volte poco fedele, utilizzando come strumenti per combattere la corruzione, la semplificazione, l'efficienza e la trasparenza nella pubblica amministrazione, introducendo il semplice ma efficace principio del chi fa cosa e, soprattutto, con la certezza di come e quando queste cose si fanno, l'identificazione certa del soggetto operatore, la certezza della procedura e della tempistica di ottenimento delle risposte, rendendo maggiormente lineari i processi decisionali nell'ottica della trasparenza amministrativa, chiaramente nell'interesse dei cittadini.
Questo disegno di legge ha tre capisaldi: il Piano nazionale anticorruzione e trasparenza per ridurre i rischi della corruzione nella pubblica amministrazione; la disciplina degli enti locali, in cui vengono rafforzati i controlli e dettati i criteri di eleggibilità nelle cariche elettive; la definizione di norme sanzionatorie.
Il Piano nazionale anticorruzione è predisposto dal Dipartimento della funzione pubblica sulla base dei singoli piani di azione predisposti dalle amministrazioni centrali, nei quali dovrà essere chiaramente indicato in primis, il grado di esposizione al rischio di corruzione dei propri uffici; le misure organizzative necessarie a fronteggiare tale rischio; le procedure di selezione; la formazione e rotazione dei funzionari che operano in settori sensibili; da ultimo, le soluzioni, anche normative, per prevenire ed individuare tempestivamente gli illeciti.
È poi prevista una rete nazionale anticorruzione, composta da referenti di ciascuna pubblica amministrazione, che dovrà definire e fornire al Dipartimento della funzione pubblica elementi per valutare l'idoneità degli strumenti adottati, per definire programmi informativi e formativi per i dipendenti pubblici al fine di favorire il corretto esercizio delle funzioni ad essi affidate e monitorare costantemente l'effettiva attuazione dei singoli piani di azione.
Ciò presuppone un ampio lavoro che la pubblica amministrazione dovrà fare al suo interno, al fine di dotarsi di segnali di allarme e di sensori (qualora le cose non funzionino adeguatamente) e di strumenti valutativi sui suoi dipendenti, forse per la prima volta responsabilizzando il pubblico amministratore in maniera da conferirgli il ruolo e la centralità che gli competono.
Con questo provvedimento si realizzerà presso il Dipartimento della funzione pubblica l'Osservatorio sulla corruzione e gli altri illeciti nella pubblica amministrazione, con compiti di analisi e di informazione.
Le pubbliche amministrazioni dovranno concorrere con il principio della trasparenza, ovvero dovranno pubblicare sui siti istituzionali tutte le informazioni relative a procedimenti amministrativi "sensibili" (quelli cioè che hanno ad oggetto autorizzazioni, concessioni, appalti pubblici, erogazioni di benefici economici a persone o enti pubblici o privati, concorsi e progressioni di carriera).
Le stazioni appaltanti dovranno trasmettere, tempestivamente e direttamente all'Autorità di vigilanza, tutti i dati relativi a contratti di lavori, servizi e forniture, al fine di realizzarne la relativa anagrafe, importantissimo per gli operatori di settore e per gli stessi cittadini, dell'attività contrattuale posta in essere dalla pubblica amministrazione, nonché dagli altri soggetti tenuti al rispetto della normativa sugli appalti pubblici.
Un altro argomento molto importante è quello del controllo sugli enti locali, che avverrà migliorando i controlli sugli stessi enti sia sul piano della funzionalità, che della spesa. Per le società partecipate è previsto che l'amministrazione definisca preventivamente gli obiettivi gestionali a cui deve tendere la società partecipata, secondo standard qualitativi e quantitativi, e organizzando un idoneo sistema informativo - di particolare importanza ai nostri giorni - finalizzato ad evidenziare i rapporti finanziari tra ente proprietario e società, la situazione contabile, gestionale e organizzativa, i contratti di servizio e la loro qualità, il rispetto delle norme di legge sui vincoli di finanza pubblica.
L'impianto sanzionatorio - anch'esso rilevante - è realizzato per assicurare la legalità nella pubblica amministrazione; è previsto che nei casi di rimozione del Presidente della giunta regionale, disposta ai sensi dell'articolo 126 della Costituzione, chi abbia ricoperto la carica di Presidente della Regione non possa essere candidato ad alcuna carica elettiva, né ricoprire incarichi di Governo o di amministrazione in enti pubblici nazionali o locali. E' ampliato l'insieme delle sentenze definitive di condanna che sono ostative alla candidatura alle elezioni provinciali, comunali e circoscrizionali e relativamente alla assunzione di importanti cariche negli enti locali.
Sono poi aggravate le sanzioni penali previste per i reati dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione.
Stiamo parlando di una vera rivoluzione sul piano dei principi che dovrebbero ispirare i criteri del buon governo della pubblica amministrazione, una pubblica amministrazione finalmente aperta al cittadino, che trova gli anticorpi al suo interno per espellere quei funzionari che non si comportano in maniera molto deontologica. Ciò comporta una riflessione profonda e un mutamento di filosofia che ribalta il rapporto tra pubblica amministrazione e cittadino per introdurre finalmente la cultura del «servizio civile».
Dirigere la pubblica amministrazione, o meglio dirigere nella pubblica amministrazione, significa affrontare con competitività un tema da sempre al centro delle riflessioni, del dibattito sulla riforma della pubblica amministrazione in Italia, una pubblica amministrazione che con l'utilizzo delle nuove tecnologie riesce a dialogare con le aziende e le imprese attraverso la banca dati dei lavori pubblici e ad essere - speriamo - più competitiva e più moderna, finalmente in linea con gli altri Paesi europei.
L'anima del disegno di legge si muove su un piano di prevenzione, di organizzazione e di analisi, che considera come ipotesi marginale la repressione, immaginando che le contromisure che la pubblica amministrazione adotterà serviranno a prevenire il fenomeno corruttivo piuttosto che a reprimerlo. Meglio, quindi, prevenire che curare.
Non va poi dimenticato che il presente provvedimento è un mezzo attraverso il quale vengono attuate le politiche previste dal Capo II della Convenzione dell'ONU, adottata dall'Assemblea generale nell' ottobre del 2003 e firmata nel dicembre del medesimo anno anche dall'Italia.
L'adozione del Piano nazionale anticorruzione è stata resa necessaria anche a seguito della valutazione fatta in ambito europeo, come hanno detto altri colleghi, dal GRECO (gruppo di Stati contro la corruzione), anche in considerazione del fatto che già in molti Paesi europei sono state adottate queste misure anticorruzione.
Il disegno di legge è in perfetta sintonia con la filosofia di questo Governo che da sempre ha lavorato in tale direzione, ricercando criteri di eccellenza nelle competenze sia dei dirigenti che dei funzionari che operano quotidianamente nel settore pubblico, anche attraverso la riforma della SSPA (Scuola superiore della pubblica amministrazione).
La corruzione è in Italia un fenomeno che spaventa, soprattutto per il gran numero di piccoli episodi, diffusi in maniera capillare, che dilagano nella pubblica amministrazione e che causano un pesante danno erariale, oltre ad incidere sull'affidabilità che il cittadino inevitabilmente riconduce allo Stato come titolare della cosa comune.
I fenomeni di corruzione minano sicuramente la credibilità dell'apparato pubblico e lo rendono perciò maggiormente penetrabile anche alle influenze criminali di tipo associativo. I fenomeni corruttivi vanno perseguiti con rigore, perché incidono sicuramente con conseguenze profondamente negative sulle amministrazioni, in quanto vanno a sovvertire i termini del principio della leale concorrenza, con effetti deprimenti sul sistema economico e devastanti sotto il profilo etico-sociale. Questo fenomeno porta ad una disaffezione dei cittadini nei confronti della politica.
Occorre perciò muoversi su un piano etico e culturale, iniziando a lavorare all'interno dei dipartimenti dello Stato, consapevoli che la corruzione si annida maggiormente dove non c'è trasparenza e dove vi è un cattivo funzionamento dell'apparato statale. Occorre quindi rispettare le regole, essere chiari con i cittadini, osservare i tempi dei contratti e la regolarità delle contabilizzazioni nella gestione degli appalti, per evitare un ingente spreco di risorse pubbliche. Trasparenza e rispetto della legge sono chiaramente le condizioni per un uso corretto delle risorse pubbliche.
Come abbiamo prima sentito affermare dal senatore Serra che mi ha preceduto, il nostro Paese non e' messo molto bene in quella classifica stilata dalla ONG Transparency International. L'Italia risulta effettivamente molto indietro, al 67° posto nell'indice sulla percezione della corruzione, con un calo negli ultimi anni, che ci ha portato dietro a Paesi come la Lituania, l'Ungheria, la Repubblica Ceca e addirittura il Ruanda. Questo ci deve sicuramente far riflettere, ma nel contempo enfatizza e amplifica il lavoro di questo Governo che, con il provvedimento in esame, ha voluto e vuole affrontare, combattere e risolvere il problema della corruzione.
Tutta l'azione di Governo è quindi caratterizzata da scelte etiche riferite ai pubblici amministratori. In proposito voglio ricordare il codice di autoregolamentazione proposto nella relazione al Parlamento dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia, in materia di formazione delle lista dei candidati per le elezioni regionali, comunali e circoscrizionali. La Commissione antimafia ha infatti approvato all'unanimità, il 18 febbraio 2010, un documento nel quale ha voluto impegnare tutti i partiti dell'intero arco parlamentare dall'astenersi nel presentare come propri candidati quelli in odore di criminalità, coinvolgendo anche i Presidenti delle Regioni, i sindaci e i Presidenti delle Province che a loro volta dovranno impegnarsi per effettuare le nomine in maniera uniforme ai dettami cui facevamo prima riferimento.
Dalla lettura complessiva del disegno di legge si evince come questo Governo intenda far partecipare tutti, ai vari livelli, nella gestione della cosa comune, riconoscendo che la pubblica amministrazione, nel suo comparto amministrativo in generale, deve rendere attori e protagonisti tutti gli uomini che dirigono l'apparato statale, per realizzare una gestione della cosa pubblica finalmente senza sprechi ed inefficienze, ma produttiva e competitiva in linea con gli standard europei di cui tutti siamo a conoscenza, e questo nell'evidente interresse di tutti i cittadini. (Applausi dal Gruppo LNP. Congratulazioni).
PRESIDENTE. Colleghi, data l'ora, rinvio il seguito della discussione dei disegni di legge in titolo ad altra seduta.
La seduta è tolta (ore 20,35).
Allegato B
Intervento del senatore Saia nella discussione generale del disegno di legge n. 2156 e connessi
Saluto con favore l'approdo in quest'Aula del provvedimento di legge di contrasto ai fenomeni corruttivi.
La corruzione è un atto di profonda mancanza di rispetto nei confronti di tutti i cittadini che vengono truffati nei loro diritti.
Giustamente gli estensori di questo disegno di legge hanno stabilito che la trasparenza degli atti normativi rientri tra i livelli minimi essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, previsti e garantiti dalla nostra Costituzione; la trasparenza, come primo fattore per un'amministrazione della Repubblica scevra da nefandezze di peculato e corruzione che si riflettono in ultima istanza sulle tasche dei cittadini, costretti a farsi carico di tasse inique e superflue per coprire i costi della corruzione.
La trasparenza, ma anche l'obbiettività nel presentare i dati sul fenomeno. Due facce di una stessa medaglia. L'obbiettività è quanto mai necessaria, perché è ingiusto considerare l'Italia come il Paese dei corrotti per colpa di alcuni (pochi, per fortuna) servitori infedeli dello Stato che, magari nascondendosi dietro al "ma io chiedevo per il partito" piuttosto che per una qualsivoglia causa, si arricchiscono ingiustamente mettendo a serio rischio l'integrità di appalti, contribuzioni pubbliche e la professionalità di assunzioni effettuate senza criterio di merito. A tal proposito è quanto mai necessaria e opportuna la creazione dell'Osservatorio sulla corruzione nella pubblica amministrazione che ha il compito di monitorare le informazioni circolanti sul fenomeno della corruzione. Spiega bene la relazione 2010 dell'Autorità nazionale anticorruzione, retta dall'amico Andrea Augello, circa il fatto che spesso girano interpretazioni distorte sui dati della corruzione, come quella che vede in 60 miliardi di euro il "costo" della corruzione in Italia. Un dato francamente improbabile, che rasenta il ridicolo, la cui genesi viene identificata dalla relazione sulla base di una surrettizia interpretazione della relazione Kauffman della World Bank, che determina il costo della corruzione nel mondo in ordine al 3 per cento del PIL mondiale, però si "dimentica", in modo alquanto singolare, il passaggio in cui si sottolinea con estrema puntualità, nonostante non ve ne fosse ovviamente bisogno, che questa percentuale del 3 per cento varia sensibilmente da Paese a Paese; tale attenzione avrebbe evitato questo infondato, ulteriore, inutile danno all'immagine del Paese. Non è un caso isolato, visto che anche il collega e amico senatore Beppe Pisanu, ricordava, nel corso dei lavori della Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, di cui è Presidente, citando il senatore De Sena (vice presidente di detta Commissione), che sull'entità di questo fatturato si conoscono valutazioni diverse, tutte per la verità impressionanti, ma raramente ben documentate, mentre lo stesso gruppo di Stati contro la corruzione del Consiglio d'Europa ha recentemente evidenziato come sia praticamente impossibile quantificare il costo totale della corruzione perché gli importi di tangenti e pagamenti sottobanco sono ovviamente sconosciuti; erano conosciuti in un certo qual modo fino a quando la deducibilità fiscale delle spese collegate alla corruzione fu abolita a seguito degli sforzi contro la corruzione da parte della comunità internazionale negli anni '90. Concetto peraltro ribadito dallo stimato dottor Antonio Girone, direttore della Direzione nazionale antimafia, ormai un anno fa, quando il provvedimento oggi in Aula era in discussione nelle Commissioni riunite, di cui anche io faccio parte. Disse il dottor Girone, in audizione: "Vi è la duplice necessità di neutralizzare adeguatamente le condotte illecite e di garantire una forte trasparenza sul fenomeno, anche per evitare che una amplificazione di dati inesatti possa incidere sull'immagine del Paese e, conseguentemente, sul suo rating in sede internazionale". Continua la relazione dell'Autorità anticorruzione con un sintetico quanto chiaro quadro della situazione corrente nella nostra pubblica amministrazione: su 3.000 reati all'anno consumati in media contro la PA negli ultimi 7 anni, meno del 10 per cento fanno riferimento a episodi di corruzione e concussione; 300 reati all'anno registrati per corruzione e concussione significano 1 delitto ogni 12.000 dipendenti pubblici. Il 40 per cento circa fa riferimento a illeciti commessi da privati - da "chiunque", come recitano gli articoli 316-ter e 640-bis codice penale - che hanno scambiato la pubblica amministrazione per il proprio "conto corrente con fido illimitato": qui, l'infedeltà del dipendente pubblico non rileva in alcun modo. Un ulteriore 40 per cento fa riferimento a denunce per il reato di abuso d'ufficio di cui all'articolo 323 del codice penale.
Si è parlato giustamente di prevenzione come prima arma di contrasto della corruzione. Più efficace anche della repressione. Oltre alla già citata trasparenza, nel corso dei molti mesi in cui il disegno di legge è stato trattato nelle Commissioni riunite, particolare risalto è stato dato alla funzione dell'Autorità di contrasto della corruzione. I Colleghi dell'opposizione si sono concentrati e forse un po' persi nel sottolineare la mancanza dì indipendenza funzionale e finanziaria, di detto organo. Ma la relazione 2010 già rispondeva citando la legge istitutiva dell'Autorità, la n. 116 del 2009, che all'articolo 6, comma 2, ne sancisce inequivocabilmente la piena autonomia. L'Autorità ha fatto e sta facendo un ottimo lavoro e sarà senz'altro agevolata dal disegno di legge in discussione; testo che ovviamente è suscettibile di migliorie e modifiche, ma che costituisce un primo elemento di coordinamento delle norme esistenti in materia di anticorruzione.
Sicuramente mancano ulteriori elementi per contrastare la corruzione, ma il provvedimento contiene innovazioni di grande valore, quale ad esempio l'introduzione del concetto di reputazione, ossia di buona reputazione. Fino ad ora la pubblica amministrazione nell'affidare appalti, contratti e fornitori, non teneva conto di esperienze negative precedenti (a meno che non siano state oggetto di condanna giudiziaria), non considerava se in appalti pregressi la ditta avesse o meno portato a termine l'impegno, se ci fossero state o meno contestazioni. Il concetto è stato ribadito dal ministro Brunetta assieme alla total disclosure di tutte le fasi di un appalto pubblico. La diffusione sarà effettuata tramite i nuovi mezzi, ossia Internet e la mail certificata. Certo, ci vorrà molta attenzione nel determinare i "parametri reputazionali oggettivi", ma se la volontà politica sarà confermata, se non sarà stravolto l'impianto del disegno di legge, se sarà usata la tecnologia per la trasparenza e non per l'occultamento dei dati, se sarà data veramente la possibilità ai cittadini di conoscere e di giudicare, allora avremo fatto un passo avanti non da poco per rafforzare il nostro Stato di diritto.
Il provvedimento in esame tiene anche conto della necessità repressiva, partendo dal presupposto che una carenza di conoscenza empirico-quantitativa della corruzione può determinare un progressivo, insidioso scollamento delle norme penali rispetto al fenomeno criminale. Sulla base dei dati attuali il Governo che noi sosteniamo ha provveduto ad aggiornare le pene repressive sia aumentando i massimali di pena che introducendo la nuova aggravante di corruzione da parte del pubblico ufficiale. Ma non è tutto. Il Gruppo Coesione Nazionale con i suoi emendamenti vuole ora dare il suo contributo per migliorare ulteriormente il provvedimento in esame sia con provvedimenti dall'alto valore simbolico, come l'obbligatorietà del giuramento di fedeltà alla Costituzione per coloro che occupano cariche pubbliche o assumono pubblici impieghi. Inoltre, riteniamo di fondamentale importanza per il tema trattato la necessaria rotazione, che noi proponiamo quinquennale, delle funzioni degli impiegati pubblici maggiormente a rischio di corruzione. Siamo favorevoli, come detto, all'assoluta trasparenza, per questo devono essere previste sanzioni per i responsabili dei servizi informatici degli enti che non ottempereranno all'obbligo di pubblicazione dei dati sui siti istituzionali.
Cerchiamo di essere concreti e di far decollare nel più breve tempo possibile questo provvedimento. Con gli emendamenti del quale anche io sono firmatario, cerchiamo di stabilire già nella legge quante più normative possibili, demandando il meno possibile a successivi provvedimenti normativi (per non arrischiare il cosiddetto "effetto Malpensa"). Per scongiurare al massimo il rischio di corruzione, restringiamo in maniera consistente le partecipazioni in società pubblica e privata dei magistrati dello Stato a qualunque titolo. Consci dell'adagio di Platone che recita "chi controllerà i controllori?" riteniamo importante scongiurare il rischio, fisiologico, di collusione tra controllori e controllati. Appositi emendamenti sono stati presentati dal mio Gruppo in tal senso. Gli emendamenti si concludono con una serie di norme a regolamentazione degli incarichi di noi parlamentari, dei colleghi del Governo e dei rappresentanti eletti negli enti locali. Tutte norme volte a limitare e contenere il potere del singolo, nella convinzione che solo questa limitazione può effettivamente scongiurare al massimo possibile il rischio che servitori dello Stato, che magari nascono anche dotati di etica che poi sovente capita che perdano nel corso del loro mandato, cedano alle tentazioni di guardare più al proprio mulino piuttosto che al bene pubblico.
Infine, concludo il mio intervento con un particolare ringraziamento alle donne e agli uomini delle forze dell'ordine. L'Unione europea e altri organismi internazionali hanno spesso citato a modello il metodo e il lavoro delle nostre forze dell'ordine per la prevenzione e il contrasto della corruzione. Queste, ad esempio, le parole che hanno rivolto i rappresentanti dell'Europa al nostro sistema anticorruzione: "L'Italia, per troppo tempo all'indice delle statistiche dei Paesi a rischio di frode e corruzione, da tempo, grazie alle forze di polizia italiane, sta assumendo un nuovo ruolo sulla scena internazionale. Non più Paese della frode, ma quello che con maggiore vigore, maggiori strumenti normativi, maggior numero di mezzi e più spiccata professionalità investigativa e giudiziaria (sia penale che amministrativa) combatte la criminalità finanziaria internazionale (...)" e proposte "(...) all'opinione pubblica europea come il migliore esempio a livello internazionale di struttura investigativa impegnata nella lotta alla criminalità economico-finanziaria (...)".
Testo integrale dell'intervento della senatrice Della Monica nella discussione generale sul disegno di legge n. 2156 e connessi
Il testo dell'intervento sarà pubblicato nella seduta n. 563.
Testo integrale dell'intervento della senatrice Baio nella discussione generale del disegno di legge n. 2156 e connessi
Signor Presidente, onorevoli colleghi, la regola aurea del filosofo greco Epitteto si può riassumere nella massima: "Dio mi conceda la serenità di accettare le cose che non posso cambiare, il coraggio di cambiare le cose che posso cambiare, e la saggezza di capire la differenza". Troppo spesso la politica si è barricata dietro quella serenità e quella accettazione, dimenticando il coraggio che, oggi più che mai, è necessario per riuscire a diffondere l'onestà e la trasparenza anche nell'amministrazione della res publica, per renderla libera dal malcostume e quindi orientata verso la sua più aulica accezione etimologica. La trasparenza e l'onestà, infatti, sono le premesse necessarie e imprescindibili per poter essere politici e amministratori, ma soprattutto per garantire ai cittadini il rispetto della gestione del bene pubblico.
Oggi più che mai le affermazioni di Piercamillo Davigo, consigliere della Corte di cassazione, espresse in un libro-intervista, sono attuali e condivisibili, laddove dichiara che "gli strappi alla legalità sono di per sé un disvalore e devono quindi essere perseguiti e processati". Un disvalore che colpisce non solo l'economia del Paese, ma che è capace di minare anche il processo democratico, trasformandosi in una misura premiale per chi non rispetta le regole. I fenomeni di concussione e corruzione, infatti, sono ormai diventati una forma patologica della nostra società, una piaga che dilaga e che ormai sembrerebbe essere entrata nei costumi degli italiani senza particolari ostacoli. La dimostrazione è tangibile: basti pensare che nel 2010, i cosiddetti reati corruttivi sono aumentati del 30,22 per cento rispetto all'anno precedente. Il procuratore generale della Corte dei conti, Mario Ristuccia, in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario 2011, ha lanciato un allarme, dichiarando che questi dati non consentono ottimismi e che la corruzione continua ad affliggere la pubblica amministrazione. Nel dettaglio della relazione della Corte dei conti si legge che nel 2010 sono stati denunciati 237 casi di corruzione, 137 di concussione e 1090 di abuso d'ufficio.
Ma il disagio dell'Italia è, purtroppo, evidente anche su scala mondiale. Infatti, secondo l'indice di percezione della corruzione, conosciuto come Corruption perception index (CPI), un indicatore pubblicato annualmente a partire dal 1996 dall'organizzazione non governativa Transparency international, (che ordina i Paesi del mondo sulla base del livello secondo il quale l'esistenza della corruzione è percepita tra pubblici uffici e politici) l'Italia nel 2007 era al trentasettesimo posto, e nel 2010 è crollata al sessantasettesimo posto. I dati appena illustrati indicano un malcostume radicato, quindi, che forse Dante Alighieri avrebbe definito "meschina baratteria". Le cause di questo allarmante fenomeno sono profonde e non possono prescindere anche da una interpretazione squisitamente antropologica del fenomeno e quindi dalla sfiducia nelle istituzioni, che comporta il non rispetto delle istituzioni a scapito della collettività e del bene comune. Se è vero, infatti, che occorre intervenire per arginare questo fenomeno, non si può non considerare la larga fascia di cittadini onesti, che sono la maggioranza, e che subiscono, loro malgrado, le conseguenze della minoranza. Infatti, i circa 40 milioni di contribuenti, versano pro capite circa 1.500 euro di tassa occulta aggiuntiva, vale a dire una somma non dovuta ma che è volta a finanziare il fenomeno corruttivo. Il rischio che si corre è che la soglia dell'accettazione della corruzione, aggravata dalla perdurante crisi economica, possa sfociare in una rassegnazione generalizzata! È quasi un circolo vizioso, dove la sfiducia verso le istituzioni comporta fenomeni di malcostume, che a loro volta generano nuova disaffezione verso i cittadini.
Di fronte a questo triste scenario, emerge che le norme esistenti nel nostro ordinamento non risultano in grado di spezzare questa catena e di favorire, in primis, un cambio di mentalità che faccia della trasparenza l'unica soluzione possibile per trasformare quel circolo statico in una staffetta virtuosa. Gli stessi operatori del diritto e la giurisprudenza da tempo ammettono la necessità di una riforma normativa in grado di dare strumenti più idonei e atti a contrastare realmente i fenomeni di corruzione. Infatti, secondo l'autorevole parere di Piercamillo Davigo, occorre "ripensare una parte della legislazione nella prospettiva di togliere le occasioni... bisogna creare l'interesse a essere onesti" ma soprattutto è giunto il tempo di drastiche riforme. Nella legislatura corrente, è già stato fatto un primo fondamentale passo attraverso l'approvazione della legge n. 116 del 2009, recante "Ratifica ed esecuzione della Convenzione ONU contro la corruzione". Il passo cronologicamente successivo dovrebbe essere tracciato dal disegno di legge oggi in discussione, un testo che si suddivide in 3 Capi, di cui il primo contiene misure per prevenire la corruzione e l'illegalità nella pubblica amministrazione; il secondo, reca disposizioni in materia di controllo negli enti locali; l'ultimo capo contiene misure di repressione della corruzione e dell'illegalità.
Volgendo sinteticamente lo sguardo al merito delle disposizioni, occorre osservare che quanto previsto nel primo Capo appare, in linea di principio, condivisibile ma concretamente inefficace! Molti sono i profili di criticità! Mi riferisco, ad esempio, al fatto che alcune disposizioni rinviano la concreta attuazione a provvedimenti successivi (si pensi, al regolamento interministeriale disciplinante le modalità per garantire la trasparenza dell'attività amministrativa), posticipando, in tal modo, la concreta operatività di tali disposizioni. Ma nel periodo in cui si attendono i decreti attuativi, la corruzione, in Italia, aumenta sempre più! Inoltre, gli strumenti previsti dal presente disegno di legge mancano di incisività; infatti, per garantire una effettiva trasparenza nei contratti pubblici, sarebbe stato necessario prevedere misure specifiche in punto di tracciabilità dell'intero percorso del denaro pubblico erogato nell'ambito di procedure ad evidenza pubblica. In tal senso, abbiamo presentato uno specifico ordine del giorno che auspichiamo venga approvato.
Ma ciò che desta maggiori perplessità è la terza parte del testo in esame, nella parte in cui, all'articolo 12, contiene modifiche al codice penale. Nello specifico, è previsto un inasprimento delle pene per alcuni reati contro la pubblica amministrazione (peculato, malversazione, corruzione) ed è prevista l'introduzione di circostanze aggravanti. Tuttavia, in omaggio sia alla funzione deterrente della pena quanto, e soprattutto, alla funzione rieducativa della stessa, sarebbe stato opportuno prevedere la non applicabilità dei benefici di legge (quali, ad esempio, sospensione condizionale della pena, amnistia, indulto eccetera) ai reati contro la pubblica amministrazione. Una previsione di questo tipo avrebbe lanciato un segnale forte all'intero Paese, soprattutto in un momento di grave crisi economica quale quello attuale, in cui, secondo stime accreditate, il costo dei fenomeni corruttivi si aggira intorno ai 60-70 miliardi di euro all'anno. Un altro segnale importante sarebbe stato, inoltre, rafforzare l'azione della Corte dei conti, con specifico riferimento al risarcimento dei danni subiti dall'intero Paese a causa della corruzione; ma non vi è traccia di disposizioni di tale tenore.
La moralità in politica e nelle istituzioni è e deve essere al primo posto nell'attività parlamentare, ma per garantirla servono scelte coraggiose. Purtroppo, il presente disegno di legge non può definirsi tale e il Governo ha perso un'altra occasione per recuperare credibilità agli occhi dell'opinione pubblica e di quei cittadini onesti che credono e vivono nel rispetto delle regole. Un chiaro atto di coraggio sarebbe stato, ad esempio, estendere l'attività sotto copertura anche per i reati di corruzione e di concussione, mediante la previsione del cosiddetto agente provocatore, che attualmente è prevista ad esempio, per il traffico di stupefacenti e il terrorismo internazionale. Tale meccanismo comporta, in concreto, che l'ufficiale di polizia giudiziaria, in incognito, entra in contatto con soggetti privati, amministratori o funzionari pubblici che risultano poco trasparenti nella loro attività "istituzionale", al fine di far emergere casi di corruzione e concussione. Si tratta di un metodo da tempo consolidato negli Stati Uniti, dove la repressione della corruzione è affidata all'entrapment. Secondo il modello statunitense, quando vi è il sospetto di corruttibilità, ci si limita a sottoporre il presunto reo ad un test di integrità, il quale consiste nel verificare la reazione del soggetto sospetto ad un tentativo di corruzione, procedendo all'arresto se l'esito del test è positivo. Con questo metodo è stato scoperto ed arrestato anche il sindaco di Washington.
Pur avendo una cultura, una storia e una normativa completamente diverse, ritengo che anche in Italia sia possibile mutuare l'esperienza americana. Ma, come ho già anticipato, una simile scelta ha bisogno di un atto di coraggio che - ripeto - non traspare nel testo in esame e della cui mancanza siamo chiamati a rispondere agli occhi dell'opinione pubblica. Per questo vorrei concludere, in occasione dei 150 anni dell'Unità di Italia, con una citazione di Giuseppe Mazzini, tratta da "I doveri dell'Uomo": "poco importa che voi possiate dirvi puri: quando anche poteste, isolandovi, rimanere tali, se avete a due passi la corruzione e non cercate di combatterla, tradite i vostri doveri".
Ebbene, credo che oggi siamo ancora lontani dall'intraprendere una vera lotta alla corruzione, nonostante sia purtroppo così radicata nella nostra società e sia solo a due passi da noi!!
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Senato della Repubblica |
XVI LEGISLATURA |
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Assemblea
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RESOCONTO STENOGRAFICO ALLEGATI
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ASSEMBLEA |
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563a seduta pubblica (antimeridiana): |
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mercoledì 8 giugno 2011 |
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Presidenza della vice presidente BONINO, indi della vice presidente MAURO e del vice presidente NANIA |
RESOCONTO STENOGRAFICO
Presidenza della vice presidente BONINO
PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 9,32).
Si dia lettura del processo verbale.
BAIO, segretario, dà lettura del processo verbale della seduta antimeridiana del 1° giugno.
PRESIDENTE. Non essendovi osservazioni, il processo verbale è approvato.
Comunicazioni della Presidenza
PRESIDENTE. L'elenco dei senatori in congedo e assenti per incarico ricevuto dal Senato, nonché ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.
Preannunzio di votazioni mediante procedimento elettronico
PRESIDENTE. Avverto che nel corso della seduta odierna potranno essere effettuate votazioni qualificate mediante il procedimento elettronico.
Pertanto decorre da questo momento il termine di venti minuti dal preavviso previsto dall'articolo 119, comma 1, del Regolamento (ore 9,37).
Seguito della discussione dei disegni di legge:
(2156) Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione
(2044) BAIO ed altri. - Misure per contrastare fenomeni corruttivi nel rapporto tra eletti, cittadini e pubblica amministrazione
(2164) LI GOTTI ed altri. - Norme per il contrasto alla corruzione nella pubblica amministrazione e in materia di cause ostative all'assunzione di incarichi di governo, incandidabilità ed ineleggibilità dei condannati per reati contro la pubblica amministrazione. Delega al Governo in materia di coordinamento del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267
(2168) D'ALIA. - Disciplina della partecipazione alla vita pubblica e degli emolumenti per l'esercizio della funzione pubblica, regolamentazione degli incarichi di consulenza e norme in materia di contrasto a fenomeni di corruzione
(2174) FINOCCHIARO ed altri. - Norme per il contrasto alla corruzione nella pubblica amministrazione e nel settore privato. Cause ostative all'assunzione di incarichi di governo, incandidabilità ed ineleggibilità dei responsabili per reati contro la pubblica amministrazione e collegati
(2340) DELLA MONICA ed altri. - Norme per la trasparenza, la prevenzione e la repressione della corruzione e per il contrasto alla illegalità nel settore pubblico e privato
(2346) ZANDA. - Norme per il contrasto alla corruzione nella pubblica amministrazione e nel settore privato(ore 9,37)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione dei disegni di legge nn. 2156, 2044, 2164, 2168, 2174, 2340 e 2346.
Ricordo che nella seduta di ieri il senatore Berselli, presidente della 2a Commissione permanente, ha riferito sui lavori delle Commissioni riunite 1a e 2a ed ha avuto inizio la discussione generale.
È iscritta a parlare la senatrice Incostante. Ne ha facoltà.
*INCOSTANTE (PD). Signora Presidente, il provvedimento in esame ci richiama ad una responsabilità molto grande che ha davanti il nostro Paese per restituire credibilità alla politica, alle istituzioni, per promuovere una riforma fondamentale di tanti assetti di questo Paese, dalla pubblica amministrazione al sistema giudiziario, per favorire la crescita di un'etica e di una responsabilità che coniughi serietà, rigore e sobrietà.
Il fenomeno corruttivo, che è in costante crescita in Italia, così come ci indica la Corte dei conti nelle sue analisi, dimostra che molto di questo malaffare si insedia e si annida dentro le pubbliche amministrazioni e che questo elemento rappresenta la quarta fonte di danno erariale in ordine di importanza.
L'espansione del delitto e del fenomeno corruttivo va sicuramente anche strettamente connessa ad una percezione che nella collettività è diventata sempre più bassa rispetto al disvalore di tali reati e alla loro incidenza sulla gestione della cosa pubblica. Ormai è stato riconosciuto che la corruzione ostacola lo sviluppo economico, contrasta con i principi di buona amministrazione, di etica, di eguaglianza e con la libera concorrenza.
Le azioni che dobbiamo mettere in atto sono, oltre la promozione di una etica pubblica e di una cultura diffusa della legalità, anche quelle specifiche attinenti al funzionamento della pubblica amministrazione, alla trasparenza, al tema degli appalti e al contrasto di detto fenomeno nel pubblico come nel privato. È per questo che ci chiediamo, almeno sul versante pubblico: dove è la tanto declamata riforma della pubblica amministrazione? Dove è la riforma del ministro Brunetta? Si potrebbe dire «Chi l'ha vista?».
Nel maggio 2008 il Ministro lanciava un grande piano industriale con linee programmatiche sulla riforma della pubblica amministrazione, per porre al centro il merito, la produttività, l'efficienza e la trasparenza. Abbiamo convenuto e contribuito anche alla costruzione della legge delega con le nostre proposte e i nostri emendamenti per mettere al centro la valutazione, la trasparenza, l'integrità della pubblica amministrazione e per favorire un organismo indipendente che svolgesse tale compito. Gli intendimenti del Ministro sono stati - dobbiamo dirlo - soltanto fumo: qualche trovata pubblicitaria come le "faccette con il sorriso" per introdurre la valutazione da parte degli utenti; nessun costrutto per avviare una riforma seria e aprire un cantiere profondo all'interno della pubblica amministrazione, centrale e periferica.
Forse non si poteva farlo, visto che in quei tempi e in quei momenti si andavano sviluppando fenomeni corruttivi che hanno interessato anche la gestione di questo Governo. Il primo report di Cittadinanzattiva sui dati 2009 ci dice che la trasparenza non c'è, e si vede; che i cittadini denunciano situazioni di opacità per mancanza di informazioni e di definizioni degli iter procedurali. E che ancora si combatte per ottenere l'autocertificazione, la quale era stata prevista per legge molti anni fa, con paurosi ritorni indietro.
Dove sono i controlli sulle prestazioni erogate, la lotta agli sprechi, la valutazione che premia il merito, i meccanismi che avrebbero dovuto consentire il controllo sui servizi pubblici, la "responsività" come capacità di rendere conto di scelte e comportamenti agli interlocutori delle pubbliche amministrazioni? Dove è il grande cantiere che si doveva e si dovrebbe aprire?
Le nostre proposte si muovono su questo terreno, per dare efficienza e produttività alla pubblica amministrazione, per migliorare la sua capacità di azione, per illuminare gli angoli bui in cui si annida la corruzione. Tutto si deve conoscere: nomi, incarichi, compensi, appalti, la loro storia, la loro vita, il loro procedimento, per consentire controlli incrociati sulle forniture, sui compensi e su quant'altro connesso. Il cittadino deve essere coinvolto nella valutazione della prestazione dei servizi, perché questo determina possibilità di maggiore trasparenza. Bisogna rimuovere tutte le possibilità di cumuli di incarichi, di sovrapposizioni di funzioni tra controllori e controllati e i conflitti di interesse espressi e potenziali.
Una agenda di riforme mancate, quindi, di cui dovrete dare spiegazioni al Paese, alle imprese, ai cittadini, ai giovani. E ancora, con questo disegno di legge, che abbiamo molto voluto e richiesto, troviamo passi indietro e sicuramente mancate risposte.
Che cosa dire del sistema degli appalti su cui varie forme di prevenzione e di controllo sarebbero fondamentali, i patti di integrità da inserire nei bandi di gara per favorire i controlli incrociati, la qualità e la concorrenza? L'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici rispetto a lavori e servizi ci segnala come sia necessario che la banca dati dei contratti pubblici acquisisca altri dati di interesse al fine di costituire un'unica banca dati di controllo, per includere modalità nuove di acquisizione, per far sì che si costituisca una anagrafe unica, affinché essa possa essere interoperativa con l'anagrafe tributaria, con il casellario giudiziario, con la Direzione nazionale antimafia, indipendentemente dall'importo, dalle modalità di aggiudicazione, anche per i contratti in deroga; prevedere l'obbligatorietà del codice identificativo del contratto e - come indicato dall'OCSE - fare molta attenzione alle zone grigie della vulnerabilità delle gare, sia prima che dopo, nelle forme di evidenza nei pagamenti.
In sostanza, questo provvedimento ci delude e sono annunciati alcuni stralci che ci deludono ancora di più e alcune inammissibilità che riteniamo elusive. Non si ottempera ad una ratifica della Convenzione di Strasburgo adeguando la legislazione italiana, ma ad una ratifica secca che diventa così inefficace. Non ci son miglioramenti sui temi penali né su quello della trasparenza.
La corruzione è un fenomeno che ha un impatto economico nel nostro Paese calcolato intorno ai 60 milioni di euro. Pensate: 1.000 euro l'anno per ogni bambino nato. È un costo questo che non ci possiamo permettere, che non ha solo a che fare con l'etica pubblica ma anche con la competitività del nostro Paese, con la possibilità di crescita, con il futuro delle giovani generazioni. Ha a che fare con la modernizzazione e l'innovazione dell'Italia, che ha bisogno di essere tale per potere competere.
La maggior parte dei reati di corruzione si consuma nelle pubbliche amministrazioni e mentre questo prima era considerato un fenomeno marginale di alcune aree del Paese, oggi si vede come i fenomeni corruttivi si estendano, si confondano, si intreccino alla criminalità organizzata, vadano da Nord a Sud e riguardino funzionari pubblici, imprenditori, professionisti, rappresentanti politici e istituzionali.
Occorre quindi darci strumenti sofisticati e qualificati, cosa che non ritroviamo in questa proposta di legge, che ci sembra, a dir la verità, per molti aspetti deludente.
Queste sono le nostre proposte, questi i nostri contributi.
Abbiamo tanto lavorato perché la Commissione sulla pubblica amministrazione e la trasparenza fosse attiva; in realtà è lasciata a se stessa, priva di risorse, un po' sul binario morto.
La corruzione deteriora la pubblica amministrazione, è un ostacolo al corretto funzionamento del mercato, su cui occorre invece ricercare il miglioramento, l'innovazione, la crescita complessiva dei fattori di competitività. È per questo che insistiamo ed abbiamo insistito molto su questo provvedimento, perché esso fosse serio, profondo e andasse alla radice di tanti problemi. Ma questi temi possono sembrare, nel clima politico e nel panorama istituzionale, forse, per l'immagine che sta dando questo Paese anche all'estero, quasi risibili e perfino incredibili, forse in controtendenza. E non basta una operazione di facciata: vedremo nel corso dell'analisi di questo provvedimento se le nostre proposte saranno prese in considerazione, e come ho già detto, se alcuni degli stralci, che ci paiono a dir la verità davvero pericolosi e sicuramente un passo indietro rispetto allo stesso testo, saranno portati avanti.
Noi vogliamo condurre una battaglia per parlare all'inquietudine, alla sfiducia, alla stanchezza, alla assuefazione di tanti cittadini onesti che accrescono la loro distanza verso la pubblica amministrazione e le istituzioni. Vogliamo restituire con proposte concrete, con serietà, con rigore, speranza e fiducia per una stagione nuova, nell'interesse del nostro Paese e per le nostre future generazioni. (Applausi dal Gruppo PD. Congratulazioni).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Benedetti Valentini. Ne ha facoltà.
BENEDETTI VALENTINI (PdL). Signora Presidente, onorevoli colleghi, stamattina diciamo «onorevoli colleghi», se fossimo intervenuti ieri sera avremmo detto «onorevoli banchi», perché non c'era più nessuno. È quindi un onore ed una opportunità quella di intervenire da ultimo in discussione generale stamattina e, poiché ho ascoltato disciplinatamente e diligentemente tutti gli interventi, con particolare riferimento a quelli dei colleghi dell'opposizione di sinistra, non voglio privarmi del piacere di rendere a braccio qualche considerazione, ancorché un po' politicamente poco corretta, come mi è abituale.
La prima considerazione è che ho sentito invocare dei banchi di sinistra, reiteratamente, «una nuova Authority», «una Autorità indipendente», «veramente indipendente», la «costituzione di una nuova Autorità». Ora, ricordo che un paio di legislature fa avevo l'onore di presiedere a Montecitorio la Commissione lavoro ed arrivò una proposta per la istituzione di un Alto commissariato per la repressione del malcostume e della corruttela nella pubblica amministrazione, con un titolo lungo tre righe. Per la verità, ancorché esponente, forse anche non di ultimissima linea, della maggioranza, dissi che non volevo votare quella proposta perché, essendo un po' all'antica, mi chiedevo: ma è possibile che in un Paese civile si debba istituire una autorità, un alto commissariato per verificare che non ci sia corruttela nei gangli della pubblica amministrazione? Mi ricordo che fui anche un po' blasfemo, perché dissi: «Scusate il paradosso poco riguardoso, ma sarebbe come se l'autorità ecclesiastica dovesse istituire un alto commissariato per verificare che nei monasteri non si pratichi droga e prostituzione!». Non lo capisco. Sarò ottocentesco, sarò della destra storica, sarò quel che vi pare, fatto sta che non concepisco che si debba mettere in piedi un organismo con 50 o 100 dipendenti per monitorare i funzionari pubblici e i loro capi ufficio, che hanno come primo dovere, fino a prova contraria, quello di controllare che non ci sia malcostume nei propri uffici, negli uffici da loro diretti. Non concepivo che ci dovesse essere un altro organismo, un'altra farragine sopra, pagata naturalmente dal contribuente, per verificare che non ci fossero deviazioni e malcostumi. Allora, anche su questa storia del mettere in piedi nuovi organismi personalmente non sono d'accordo, perché si tratta di un costo, che non deve essere utile né necessario, e bisogna essere inflessibili nei confronti dei funzionari, specialmente di coloro che hanno funzioni direttive e di coordinamento, perché, se non impediscono il verificarsi di certi fenomeni nei loro uffici, devono essere cacciati via o comunque debbono avere una valutazione professionale infima e censuratrice, che li deve escomiare dai loro incarichi.
Quanto poi agli accenti, credo sinceri da parte della grande maggioranza di coloro che hanno parlato, usati riguardo al fenomeno del malcostume, della corruttela, dei profitti nella pubblica amministrazione, anche su questo punto, colleghi di sinistra, sarò piuttosto esplicito. Se la vogliamo dire tutta, l'esperienza della sinistra nella gestione della cosa pubblica che personalmente posso rassegnarvi è semplicemente spaventosa. Ve lo dico subito, dal basso di circa 45 anni di esperienza politica: ricordo che appena maggiorenne ero un «consiglieretto» comunale e mi astenevo sempre, anche sugli atti che apparivano formalmente transitabili. Alcuni ridevano e mi chiedevano perché mi astenessi sempre. Ve lo dico io, signori: lo facevo perché, in quasi tutti gli atti che fate, si riscontrano interessi privati in atti d'ufficio, abuso d'ufficio e gli altri reati previsti dallo stesso titolo del codice penale. È chiaro? Io operavo e opero tuttora nella rossa Umbria, in cui la sinistra era il potere per antonomasia.
Non penso che le cose siano tanto cambiate, se è vero che da una settimana a questa parte, onorevoli senatori, nelle pagine dei quotidiani dell'Umbria, roccaforte del cosiddetto buon governo della sinistra insieme alla Toscana e all'Emilia Romagna, non facciamo altro che leggere paginoni di interviste ad esponenti della sinistra e del Partito Democratico, e in particolare anche a parlamentari autorevolissimi, che fustigano il loro stesso partito dicendo che c'è una grave questione morale da affrontare, che va ben al di là della questione giudiziaria che, all'insegna dei casi di «sanitopoli», «amministrativopoli» e «regionopoli», si sta intrecciando in quel santuario del potere della sinistra appenninica. Ormai questo è diventato il Partito Democratico insieme ai suoi alleati: una roccaforte di potere e sottopotere appenninico e centro-italiano.
Questi autorevoli esponenti sono forse traditori del loro partito? Assolutamente no: non mi sento di dirlo, e non penso che nessun osservatore oggettivo e intelligente lo direbbe. Questa è invece la denunzia di un fatto gravissimo e consolidato nella tradizione della sinistra di potere in intere zone del nostro Paese, in cui non c'era un'assicurazione comunale che non andasse in una certa direzione, né un concorso: si spartivano anche l'ultimo bidello, in una maniera scientifica. Non c'era famiglia che non percepisse indebitamente quello che non doveva percepire. Non c'era particella del piano regolatore che non venisse dichiarata edificabile o non edificabile a seconda di chi ne fosse proprietario. Non c'era situazione in cui, mentre una famiglia bisognosa non vedeva assunto al lavoro nemmeno un suo componente perché non era di sinistra, c'erano due o tre persone stipendiate dal pubblico, negli enti locali, perché erano del partito. Ho vissuto per 20 o 30 anni queste situazioni e ancora oggi largamente le viviamo.
Per carità, nessuno è vergine e nessuno è immune, ma che si vengano a usare certi accenti o certi toni particolarmente sdegnati rispetto a una situazione di potere, di sottopotere, di corruttela e di favoritismo, che largamente è stata perpetrata e consolidata da certe forze politiche, è una cosa non facilmente digeribile. Prendetela come un'affermazione politicamente poco corretta, ma questa è la sostanza dei fatti. Se la vogliamo dire tutta, di fronte alla situazione che abbiamo di fronte come legislatori, lo dico alle sinistre che hanno parlato criticando tutto, non concordando su alcun passaggio di questo disegno di legge, il nostro primo problema è sempre quello - politico, culturale e tecnico - di decidere se normare o non normare. Questa è una società che la mattina ci chiede una cosa e il pomeriggio ce ne chiede un'altra. Da una parte, ci chiedono di semplificare, eliminare le norme, autocertificare, tutto ciò che può semplificare la vita, indubbiamente ormai insostenibile, di una famiglia o di un operatore economico o di un'azienda. Il pomeriggio avviene il contrario, perché si vogliono controlli, anche incrociati e più severi (sulla sicurezza del lavoro, sulla trasparenza degli appalti, sulle questioni ambientali): ogni sorta di giustissime finalità, che però comportano la eruttazione continua di nuove normative. Quindi, si tratta di fronteggiare questa duplice esigenza.
Certo, l'ho detto all'inizio: sono un po' all'antica. Vorrei che invece di norme bastasse un clima morale della nostra società, poiché francamente è del tutto inconcepibile, per la mia modestissima intelligenza, non solo che un funzionario si lasci corrompere ma che possa essere corrotto colui che ha chiesto la fiducia dei cittadini per via elettorale. Se è un mascalzone chi si fa corrompere e chi corrompe, chi si fa eleggere e poi si fa corrompere è un mascalzone due volte, e non troverei alcuna attenuante possibile e concepibile.
Tuttavia, indubbiamente non vorrei né sopravvalutare né sottovalutare questo testo. Non mi illudo che, varata questa normativa, saremo nella condizione di reprimere e prevenire, soprattutto, ogni forma di corruttela o di sviamento della pubblica amministrazione. Non mi illudo di questo. Però, tant'è: degli strumenti bisognerà pur metterli in campo. Al di là delle polemiche che sono state fatte, chiedo ai colleghi dell'opposizione: voterete contro cosa? Contro il fatto che finalmente si vari, conformemente alle richieste contenute nell'articolo 1 della relazione del Gruppo di Stati contro la corruzione presso il Consiglio europeo (GRECO) il Piano nazionale anticorruzione? Voterete contro la costituzione, senza spese aggiuntive, non di un'autorità ma di un osservatorio a più voci e a più occhi sui fenomeni degli illeciti della pubblica amministrazione? Voterete contro il fatto che la trasparenza amministrativa diventi elemento costitutivo dei livelli essenziali delle prestazioni? Voterete contro l'obbligo della pubblicazione sui siti istituzionali delle amministrazioni di tutte le informazioni relative ai procedimenti amministrativi sensibili, degli appalti, dei concorsi?
Vi chiedo, onorevoli senatori di opposizione: qual è l'unico strumento col quale noi più sicuramente possiamo combattere i fenomeni di devianza o di malcostume se non quello dell'informazione la più ampia, la più capillare, la più accessibile da parte dei cittadini, degli utenti, di coloro che partecipano ad una gara, ad un concorso? La prima cosa è evidentemente aprire i cassetti, rendere accessibili le informazioni. Allora, lo sforzo che viene fatto in questo faticoso provvedimento è quello di prevedere un sistema di controlli incrociati e periodici e poi, di prevedere che il cosiddetto fallimento politico dia luogo anche a sanzioni severe nei confronti di chi è caduto in certi fenomeni deteriori o comunque ha fallito completamente gli obiettivi dei costi-benefici, rapportati a parametri oggettivi.
Si dice che il rincrudimento delle pene è insufficiente. Scusate, ma è stato messo a sistema e ad equilibrio il sistema del garantismo perché non deve essere terrorismo penale ma deve essere adeguata la sanzione. La verità, onorevoli senatori, è che bisogna rendere effettive le pene, non semplicemente fare del terrorismo quantitativo, moltiplicando le pene stesse. Sono stati innalzati i minimi edittali. Non è un problema di agire sulla prescrizione, che è una norma di civiltà giuridica. Sono stati innalzati i minimi, e questo ha consentito di rendere più severe le sanzioni. Ma bisogna renderle effettive piuttosto che moltiplicarle, come fossero gride manzoniane.
Quindi, mi chiedo come farete a votare contro questo provvedimento non cadendo in una macroscopica contraddizione, perché si tratta di un tentativo che, se non esaurisce tutti i nostri doveri e potenzialità nel contrastare il malcostume, costituisce però sicuramente una linea, un fronte nettamente più avanzato rispetto all'attrezzatura giuridica di cui disponevamo fino a questo momento.
Per queste ragioni, salvo valutare le proposte emendative, credo di poter esprimere a nome del mio Gruppo una valutazione complessivamente assai favorevole. (Applausi dal Gruppo PdL. Congratulazioni).
PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione generale.
Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.
CALIENDO, sottosegretario di Stato per la giustizia. Signora Presidente, il disegno di legge che stiamo esaminando, trasmesso alla Presidenza il 4 maggio 2010, è stato oggetto di un'attenta considerazione in Commissione, e tuttavia, nel corso dell'esame delle Commissioni riunite, ha avuto la sfortuna di registrare una serie di interventi da parte della stampa, come se le Commissioni non lavorassero e il provvedimento fosse stato chiuso nel cassetto del Presidente di Commissione. Eppure, già a settembre - nonostante quanto richiamato dal senatore Li Gotti - eravamo già pronti, come Governo, ad esprimere il parere sugli emendamenti. Si è rinviato in attesa del parere della Commissione bilancio e, per altri impegni della Commissione, si è arrivati a questo punto.
Siamo oggi in Aula per esaminare un provvedimento che ha registrato in Commissione pareri del Governo su emendamenti; anzi, su alcuni vi erano richieste di riformulazione, nonché il passaggio all'esame dell'Aula. Ciò probabilmente porterà, anche nella valutazione degli emendamenti di Aula, ad una fretta nella valutazione complessiva, tale che si avrà, può darsi, la necessità, anche in sede di seconda lettura, di correzioni rispetto a pareri che eventualmente saranno contrari.
Credo che tutti però dovremmo fare un salto di qualità nel dibattito, perché il fenomeno della corruzione - badate, è una convinzione che non esprimo oggi per la prima volta - si combatte seriamente se vi è la percezione da parte dei cittadini e di coloro che operano nei settori maggiormente esposti che vi è un disvalore, generalmente condiviso dalle forze politiche e da coloro che devono approntare le norme, non solo delle pratiche di corruttela, e non solo di coloro che acquisiscono denaro, ma anche di coloro che si muovono nell'area della cosiddetta border line di raccomandazioni, di possibilità di incidenza sull'attività della pubblica amministrazione. Ed è questa la logica che emerge dall'esperienza dei procedimenti di Mani pulite (il senatore D'Ambrosio la ricorderà, l'abbiamo vissuta insieme): non serve, non basta la sanzione penale per una seria lotta alla corruzione. Per combattere la corruzione abbiamo necessità di un quadro di prevenzione generale e, perché si attui seriamente, la prevenzione deve svilupparsi attraverso le finalità di controllo, di verifica costante dell'attività dell'amministrazione, di inserimento di procedure tali da garantire la trasparenza nell'attività della pubblica amministrazione, rendendo residuale la sanzione penale per comportamenti che risultano contrastanti nonostante la prevenzione attuata.
Secondo questa logica, il disegno di legge si muove su tre pilastri, che ne rappresentano poi i tre Capi, i tre filoni cui ho appena accennato della prevenzione generale, dei controlli mirati e delle sanzioni specifiche.
Vorrei solo fare un richiamo all'intervento del senatore Benedetti Valentini, proprio a proposito di sanzioni. Tutti siamo consapevoli che l'aumento della gravità della sanzione penale in sé non sempre è accompagnato da maggiore efficacia (anzi, molte volte, quando la pena è talmente alta da non essere percepita come giusta dal complesso dei cittadini abbiamo una situazione inversa, cioè non vi è quella capacità di deterrenza, proprio perché la norma non viene percepita come giusta e coerente con la finalità che persegue). La prevenzione del fenomeno di corruzione, di cui si occupa la prima parte del disegno di legge, che introduce una serie di misure, si ispira ad un mutamento culturale che introduce un disvalore complessivo volto a sanzionare uno dei danni più gravi ad un Paese civile: la corruzione è un danno alla credibilità dell'intero Paese e impedisce gli investimenti anche dall'estero. È questa la ragione per cui il Governo si è mosso su una linea.
Credo che, al di là della battaglia politica e della contrapposizione tra maggioranza e opposizione, dovremmo essere tutti consapevoli che solo se da questo dibattito uscirà un'effettiva sensazione di generale condivisione del disvalore delle pratiche corruttive si riuscirà a dare molto di più: una risposta coerente alla domanda di trasparenza che proviene dalla generalità dei cittadini. Badate che tutte le iniziative di prevenzione generale sono volte a dare risposta a questa domanda di trasparenza, una domanda che trova un'indicazione specifica nel Piano nazionale anticorruzione, che non è un invenzione, se volete, del Governo nel disegno di legge che è stato presentato ma costituisce una delle richieste degli Stati del Gruppo anticorruzione che fanno parte del GRECO.
Questo Piano nazionale anticorruzione si connota anche per una rete nazionale anticorruzione composta dai referenti di ciascuna pubblica amministrazione, con il compito di fornire al Dipartimento della funzione pubblica elementi per la valutazione di idoneità degli strumenti adottati. Pensiamo alla conoscenza dei procedimenti amministrativi e alla possibilità per i cittadini di attuare un controllo generale che precede i controlli previsti dalla legge.
La nostra Costituzione si basa su una dinamica molto chiara, e contempla controlli che devono funzionare perché il sistema democratico funzioni: da quello dell'opinione pubblica, della generalità dei cittadini, a controlli specifici cui sono deputati determinati uffici o organismi della pubblica amministrazione. Quindi, rispetto a questi, si ricorre alla sanzione penale solo quando i controlli non funzionano oppure quando vi è la capacità del reo o di colui che devia di superare i controlli, riuscendo quindi ad ottenere lo stesso una devianza dell'azione della pubblica amministrazione.
Se siamo convinti di questo, allora tutto il capitolo della prevenzione generale è l'indicazione sia di una serie di strumenti di trasparenza dell'attività amministrativa sia della possibilità di conoscenza da parte dei cittadini degli atti della pubblica amministrazione. Badate che solo attraverso quello che viene indicato con riguardo alla posta elettronica certificata, alla possibilità di controllo, alla pubblicità delle gare, vi è la possibilità del controllo generale.
Se vogliamo rafforzare e verificare in concreto, questo aspetto e se c'è la possibilità che questi controlli funzionino, capisco che opposizione e maggioranza ragionino insieme. Poi, ognuno di noi può avere una propria idea, in base alla quale preferirebbe focalizzare l'attenzione più su una parte che su un'altra, ma tutti sappiamo che finalmente il nostro Paese si viene a dotare di un serio strumento di lotta alla corruzione. E nel momento in cui per la prima volta si dota di questo strumento, possiamo essere convinti della necessità di migliorarlo e perfezionarlo ancora, una volta che ci dovessimo accorgere che alcuni strumenti vanno maggiormente registrati.
Questa è la logica in base alla quale, dopo aver introdotto la prevenzione generale, con il Capo II si viene a introdurre tutta una serie di controlli interni di efficacia, specialmente sugli enti locali. Questo porta ad introdurre quello che viene definito nel disegno di legge il fallimento politico, ossia finalmente la capacità del nostro Paese di considerare chi non è stato in grado di controllare la spesa pubblica o di avere un'attività amministrativa coerente con i principi di legalità, da un lato, e con i piani di compatibilità finanziaria, dall'altro, tale da non poter essere ricandidato alle successive elezioni. Questa disciplina si connota con una specifica norma sull'ineleggibilità ed incandidabilità alle cariche non solo al livello degli enti locali, ma anche di deputato e senatore. Ciò determina un complesso di norme che si connota per una specifica capacità di controllo dell'azione della pubblica amministrazione.
E vengo al Capo III, alle sanzioni: nei relativi emendamenti si registra una ricerca dell'aumento della sanzione, e anche alcune proposte emendative del senatore Valentino si connotano per forti aumenti delle sanzioni. Tutti sappiamo però che più che un aumento della sanzione occorre l'efficacia della risposta complessiva dello Stato nei confronti di determinati fenomeni. Il disegno di legge si muove coerentemente con queste finalità, prevedendo un aumento adeguato, pari a circa un terzo, per tutte le fattispecie delittuose.
Rispetto alla Convenzione di Strasburgo, di cui ieri è stata proposta in Commissione la ratifica, eravamo già d'accordo, maggioranza e opposizione. E tutti mi insegnano che questo tipo di atto non comporta che immediatamente tutti principi in esso contenuti siano tradotti in adeguamento di norme interne. Nell'adeguamento di norme interne occorre considerare certamente quanto contenuto nel disegno di legge, gli emendamenti già presi in esame e quelli che dovremo ancora valutare. Tenete conto che anche il Governo è entrato in possesso soltanto ieri pomeriggio dell'intero complesso degli emendamenti, e io ho già potuto notare che alcune proposte dell'opposizione sono considerate anche dalla maggioranza.
Mi riferisco specificamente all'emendamento della senatrice Della Monica e a quello del senatore Valentino, che riguardano il reato di concussione; mi riferisco altresì alla nuova disciplina, in ordine alla quale bisognerà discutere e valutare se sia preferibile l'ipotesi di un articolo 629-bis, cioè l'introduzione come reato contro il patrimonio, oppure quella di prevedere un'aggravante di quel determinato reato. Si tratta di valutazioni che compiremo, perché non ne abbiamo avuto il tempo, per la fretta di dover discutere in Aula: non è stato però il Governo - senatrice Della Monica a sollecitare e a chiedere (necessità e virtù) di dover decidere oggi. Però, avremo la possibilità sia di correggere in questa fase alcuni aspetti sia di farlo successivamente, nel corso del dibattito parlamentare.
Ciò che mi preme ribadire è il seguente concetto: io non ho criticato alcuni emendamenti che non accetto non dal punto di vista del Governo, ma da un punto di vista logico (ne abbiamo parlato anche in Commissione). Credo pertanto che sarebbe molto più giusto che anche l'opposizione prendesse atto di una volontà complessiva dell'intero Parlamento e che tutti insieme, Governo al Parlamento, facciano in modo che essa sia percepita come una corale e unanime azione della politica. Perché solo se l'azione della politica generale è percepita come tale dai cittadini potremo ottenere forse qualche successo nella lotta alla corruzione. Abbiamo fatto i processi, ma con i processi non abbiamo risolto il problema della corruzione. Lo possiamo risolvere, invece, se lo intendiamo come un problema di percezione del disvalore effettivo, della deviazione rispetto alla corretta pubblica amministrazione. Ed è su questa linea che credo il Governo si atterrà nel dare i pareri ai singoli emendamenti, con l'auspicio che vi sia anche dall'opposizione, oltre che dalla maggioranza, la percezione di quel disvalore cui ho fatto riferimento. (Applausi dal Gruppo PdL).
PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, senatore Augello.
AUGELLO, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signora Presidente, credo sia utile completare il dibattito con una breve replica riguardo al quadro complessivo in cui sta maturando questa discussione.
Il Governo, come testé ricordato dal collega Caliendo, era pronto dal mese di ottobre, se non ricordo male. Tra l'altro, siamo stati anche convocati in Commissione per esprimere i pareri, ma vi è stato un rinvio per mancanza del parere da parte della 5a Commissione. Inoltre, il quadro complessivo delle iniziative assunte dal Governo in materia di contrasto alla corruzione si è comunque sviluppato ed arricchito di una serie di episodi che giova ricordare, anche perché alcuni riguardano questa medesima legge.
Nel testo originario proposto dal Governo comparivano gli articoli 3, 4 e 5. Gli articoli 3 e 4 erano riferiti alla trasparenza sui contratti pubblici. L'articolo 3, grazie all'articolo 44 del decreto legislativo n. 235 del 2010, è stato stralciato perché le disposizioni contenute in quell'articolo riguardanti la disciplina della Banca dati nazionale dei contratti pubblici sono passate in quel decreto legislativo. Allo stesso modo è successo con l'articolo 4, le cui norme oggi ritroviamo nel decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70.
L'articolo 5, quello che prevedeva nel disegno di legge originario l'elenco dei fornitori e delle imprese di subappalto, che doveva esser appostato presso le prefetture per i controlli antimafia anche nei subappalti, è anch'esso finito all'interno del decreto-legge n. 70 del 2011.
Oltre a questi elementi che riguardavano proprio la legge e che quindi, essendo inseriti nei decreti, verranno discussi altrove, anche se vanno considerati nella discussione che stiamo facendo, ci sono altre misure che sono stati assunte dal Governo, tra gli altri anche talune di natura finanziaria. Nell'ultima legge finanziaria abbiamo appostato 2 milioni di euro che serviranno, una volta approvato questo provvedimento, ad aiutare le Regioni con degli accordi di programma a trasferire in sede regionale alcune delle misure sia di semplificazione che di trasparenza e di contrasto alla corruzione.
In altri momenti abbiamo assunto altre decisioni che sono comunque importanti sul fronte della lotta alla corruzione, ma che non sono invece riferibili a questa legge. In particolare nel maggio 2010 c'è stata l'approvazione della disposizione tributaria e finanziaria in materia di contrasto alle frodi fiscali internazionali e nazionali; c'è stata la già ricordata decisione in finanziaria di stanziare questi 2 milioni di euro; nel settembre 2010, nell'Aula del Senato, è stato approvato il disegno di legge che ratifica la convenzione del Consiglio d'Europa contro la corruzione civile. Quindi, credo che dovremmo leggere il provvedimento in esame in questo contesto, nella complessità dei provvedimenti che fin qui sono stati assunti.
È ovvio che si tratta - come sempre accade quando si prende un'iniziativa di questa portata, che evidentemente ha anche dei caratteri innovativi - di un disegno non solo perfettibile, ma che è ben lungi dall'esaurire l'intera materia delle politiche di contrasto alla corruzione. Tuttavia, credo di aver colto nel dibattito alcuni segni contraddittori che, a mio avviso, è sbagliato trasmettere anche in termini di comunicazione fuori da quest'Aula.
La decisione di affrettare - come ha voluto la Conferenza dei Capigruppo - la discussione prima dell'esame in Commissione degli emendamenti, sui quali era già stato reso il parere del Governo, è evidente che denuncia la convinzione comune di tutti i Gruppi, maggioranza ed opposizione, che sia importante approvare questo disegno di legge, altrimenti non capisco per quale ragione ne abbiamo fatto oggetto di un dibattito anche pubblico sui tempi dell'approvazione. Quando poi si coglie nel dibattito un depotenziamento o una banalizzazione dei contenuti di questo provvedimento, credo non si renda un buon servizio alla qualità del nostro dibattito.
Ci sono tutti gli aspetti che ha già ricordato il collega Caliendo, a cominciare da quello dell'inasprimento delle pene che già è previsto all'interno del disegno di legge; poi discuteremo, nel corso dell'esame degli emendamenti, se è il caso di rafforzarlo o meno. Ci sono iniziative importanti che raccolgono un'esigenza emersa anche nel dibattito della Commissione (che, secondo me, è stato un po' più ricco di come è stato reso in Aula), che sembrano trovare ampia condivisione.
Ora si tratta di migliorare questo testo, ma ritengo sia molto importante che una serie di decisioni e di norme finalmente entrino nel nostro ordinamento: per aiutarci a fare cosa? La mia convinzione, che è soprattutto di natura culturale, è che la corruzione in Italia sia efficacemente contrastata sul piano della repressione, assai meno sul piano della prevenzione. La corruzione è un qualcosa che assomiglia vagamente a quei passaggi stretti che, nell'Età di mezzo, vedevano prosperare delle persone che indebitamente chiedevano tributi, facevano i passatori: dovunque si stringeva un passo, c'era qualche malintenzionato che riusciva a pretendere un tributo non dovuto.
Noi abbiamo molti di questi passi stretti nella nostra burocrazia; e ovunque c'è poca trasparenza, ovunque c'è troppa discrezionalità, ovunque c'è una strettoia, la corruzione è un'eventualità latente, è un elemento che può diventare persino quasi funzionale rispetto a delle aspettative, soprattutto in aree e in regioni che sono fortemente inquinate dalla malavita e dalla criminalità organizzata.
Questo provvedimento, insieme a tante altre leggi, insieme alle disposizioni che stiamo tentando di mettere in campo in materia di semplificazione e di trasparenza, serve ad allargare questi passi. Questo, a mio avviso, è il tema sul quale il nostro Paese è più indietro.
L'efficacia delle politiche di contrasto in sede repressiva da parte della magistratura, non fosse altro che per l'obbligatorietà dell'azione penale, non fosse altro che per i risultati che oltretutto vengono colti nel contrasto alla corruzione, è probabilmente superiore rispetto ad altri Paesi. L'eccesso di discrezionalità, che crea una burocrazia ancora pesante, ancora occhiuta, ancora in grado di creare enormi difficoltà a qualsiasi processo amministrativo: quello probabilmente è il fronte e il settore su cui dobbiamo intervenire. Questa legge non ha l'ambizione di realizzare tutti gli interventi possibili in questa materia, però certamente apre una strada e apre delle possibilità maggiori rispetto al passato.
Esamineremo tutti gli emendamenti rispetto anche ad alcune richieste fatte dall'opposizione, proprio allo spirare del dibattito e prima della decisione assunta dal Presidente, e poi dai Capigruppo, di procedere alla votazione. Si tratta di decisioni che dovremo valutare in tempo reale rispetto ai pareri che dobbiamo esprimere.
Vi ricordo che il Governo ha dovuto valutare tutta una messe di nuovi emendamenti nelle ultime ore, e ora siamo al lavoro. Il sottosegretario Caliendo è già intervenuto in merito alla questione sollevata dalla senatrice Finocchiaro relativa alla ratifica della Convenzione penale, sulla quale si sono pronunziate in sede referente le Commissioni riunite 2a e 3a.
Quindi vedremo poi -: ferma restando questa replica di carattere generale, che aveva intenzione di non eludere alcuna delle questioni sollevate, soprattutto dall'opposizione, ma anche dall'Assemblea nel suo complesso - emendamento per emendamento, quali saranno i pareri che il Governo renderà.
FINOCCHIARO (PD). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FINOCCHIARO (PD). Signora Presidente, vorrei ringraziare i sottosegretari Caliendo e Augello e fare brevemente alcune considerazioni, dal momento che si è instaurato un dialogo con il Governo su questo tema, affinché la discussione sia guidata nel suo proseguo e la relazione tra il mio Gruppo parlamentare e il Governo - ma devo dire tra il Parlamento e il Governo - sia la più lineare possibile.
La prima considerazione che desidero fare è la seguente. Il provvedimento in esame è rimasto circa un anno in Commissione. Questo ci ha fatto assai dubitare del fatto che lo si riuscisse a disancorare dalle pastoie di un ritardo, di un remorare che non trovava giustificazione, rispetto all'urgenza e alla questione. In ogni caso, sottosegretario Augello, questa è l'Aula del Senato, il luogo è qui, ed è giusto che si svolga una discussione la più chiara possibile.
Ora a nessuno di noi ovviamente sfugge, anzi abbiamo assolutamente presente che la questione della lotta alla corruzione non si esaurisce in un profilo. Non si esaurisce certamente nel profilo della repressione penale, come ha detto poc'anzi il sottosegretario Caliendo, sebbene essa abbia nel nostro ordinamento una serie di profili che vanno guardati con grandissima attenzione e che non ineriscono soltanto all'innalzamento della pena - per esempio - piuttosto che alla possibilità di estendere la confisca anche ai proventi della corruzione, secondo modalità e con istituti che il nostro ordinamento già conosce. Ovviamente deve tener conto di un quadro complessivo anche processuale che oggi rende assai difficile un esito regolare dei processi per corruzione e che andrebbe riguardato rispetto all'importanza che annettiamo a questo profilo di illegalità.
C'è poi un profilo economico. É quello - io credo - che più di ogni altro dovrebbe interessarci.
Il sottosegretario Augello ha già fatto riferimento ad alcune norme che sono state introdotte. Nello stesso tempo, però, con grande chiarezza - l'ho apprezzato - ha detto che non è soltanto il profilo della repressione quello che può aiutarci. C'è un profilo di prevenzione che assume in questo Paese, in questa fase, nella crisi economica e finanziaria grave del Paese un aspetto particolare. Non abbiamo più bisogno di leggere report che vengono da agenzie internazionali o da istituzioni italiane per sapere quanto la corruzione costa alle famiglie, alle imprese, allo Stato; quanto danno essa arreca al regolare funzionamento del mercato; quanto influisca sulla libera concorrenza. Cioè su tre pilastri, su tre questioni che sono centrali e sui quali il Governo dice di voler scommettere per il rilancio del Paese. Peraltro, proprio in questi giorni, la Commissaria per la giustizia è tornata su questo tema con grande forza strigliando - come si dice in linguaggio giornalistico - i 27 per l'incapacità di essere davvero mordenti sul tema della corruzione.
Vi è poi il profilo istituzionale e, altresì, il profilo internazionale. Anche se volessimo guardarlo soltanto da questo punto di vista, il testo che noi stiamo discutendo non è in linea con gli impegni che l'Italia ha assunto sulla base della Convenzione ONU, prevedendo questa che i Paesi si dotino di autorità indipendenti. E infatti la commissaria europea invita ancora i Paesi ad affidare il controllo della corruzione ad un'autorità indipendente: noi lo affidiamo ad una struttura che siede presso la Presidenza del Consiglio ed è presieduta dal Presidente del Consiglio. Tutto ciò, in una situazione nella quale, al di là di chi sia il Presidente del Consiglio di questo Paese, sottosegretario Caliendo, è ovvio che ciò rappresenta una commistione che è impossibile da sciogliere.
La stessa rete anticorruzione che sta dentro la pubblica amministrazione può essere un meccanismo di autotutela, come ogni azienda lo ha per l'applicazione dei Piani di sicurezza di cui all'articolo 131 del Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, ma può rappresentare quel luogo di indipendenza, imparziale, nel quale il sistema della corruzione viene monitorato, fotografato ed intercettato prima che venga a compimento? Siamo seri. Questo testo è in aperta violazione di tutto ciò.
Dico questo, senatore Augello, perché mi voglio fidare del fatto che questo luogo sia quello in cui veramente andiamo a fondo della questione. Quello che vorrei evitare è che questa discussione diventasse una discussione nella quale dietro un adempimento formale di obblighi che il nostro Paese ha assunto si nasconda la volontà di non fare fino in fondo chiarezza e di non fare fino in fondo il nostro dovere. Noi vogliamo solo questo: una buona legge sulla corruzione, parziale come dite voi, perché non riusciremo a coprire l'intero arco delle questioni (c'è anche un capitolo di cui non si parla mai, che è il conflitto di interessi), ma una discussione vera.
Se questo è lo spirito con il quale il Governo si mette a discutere di questo tema senza alibi, lo possiamo fare: l'Aula ne è la sede, e noi siamo prontissimi a farlo. Se l'atteggiamento è lo stesso che il Governo e la maggioranza hanno mostrato in Commissione, credo che questo lavoro ci verrà assai difficile. (Applausi dal Gruppo PD).
BELISARIO (IdV). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BELISARIO (IdV). Signora Presidente, colleghi, membri del Governo, l'Italia dei Valori ha tenuto a spingere, come altri Gruppi di opposizione, perché avviassimo una seria, serena e approfondita discussione del disegno di legge anticorruzione.
È evidente - e mi rivolgo innanzitutto al sottosegretario Caliendo - che quando si affronta un problema così grave come quello della corruzione e, in special modo, della corruzione nella pubblica amministrazione, tutti noi, Governo in primis, dobbiamo farlo con spirito aperto, con cuore franco e con mente libera da qualsiasi forma di condizionamento, partendo dai dati reali che organi dello Stato, e mi riferisco in particolar modo alla Corte dei conti, ogni anno vieppiù sottolineano, facendo emergere le circostanze particolari in cui questo Paese si dibatte. Un Paese che viene sovrastato da una corruzione sanguisuga, che sottrae risorse importanti ad un Paese che è in difficoltà socioeconomica, che cerca di dibattersi per superare la crisi partendo anche dalla riforma fiscale. Una buona legge anticorruzione serve anche a questo.
È per tali ragioni che chiedo al Governo ed ai colleghi della maggioranza di procedere con la dovuta attenzione, superando formalismi, evitando concetti vuoti, ma andando al cuore del problema.
Noi ci auguriamo, anche se fino ad oggi non abbiamo visto una volontà in tal senso, che questo si faccia. Altrimenti il Paese saprà che approverete una riforma anticorruzione che avrà lo stesso effetto di un'acqua fresca - neppure minerale - sparsa sul terreno. (Applausi dal Gruppo IdV).
D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Signora Presidente, intervengo brevemente, perché è chiaro che siamo tutti interessati ad esaminare ed approvare il provvedimento in discussione.
Vorrei dire che non credo che cominciamo bene, perché discutiamo un provvedimento che, per volontà della maggioranza, non è stato esaminato in Commissione, che è stato tenuto lì, con la scusa della mancanza del parere della Commissione bilancio e quant'altro, e oggi, in Aula, si prospetta l'ipotesi di una approvazione burocratica di un testo, senza alcun apporto da parte delle opposizioni che attenga a questioni specifiche di merito, che servono a rendere efficace, dal punto di vista degli strumenti di contrasto prevalentemente di carattere amministrativo, l'attività delle pubbliche amministrazioni contro la corruzione. Ebbene, se questa è l'impostazione che il Governo e la maggioranza vogliono dare ai nostri lavori, certamente non potranno avere da parte nostra sconti rispetto all'esame del testo.
Credo che invece bisognerà tener conto di tutta una serie di proposte che vengono dall'opposizione. Capisco che sono scomode, ma penso siano assolutamente utili, e su queste mi auguro vi sia la possibilità di un confronto serio in quest'Aula, e non solo per dire che abbiamo fatto finta di approvare un provvedimento anticorruzione. (Applausi dal Gruppo UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI e del senatore Li Gotti).
GASPARRI (PdL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GASPARRI (PdL). Signora Presidente, intervengo per dire che la posizione del nostro Gruppo è molto chiara: riteniamo opportuno procedere nella discussione del disegno di legge, che peraltro risale ad un'iniziativa del Governo; abbiamo quindi condiviso la richiesta avanzata con fermezza e più volte, in particolare dai Gruppi di opposizione, affinché fosse calendarizzato per l'Aula.
Il fatto poi che, contemporaneamente, sia stata votata nelle Commissioni riunite 2a e 3a l'autorizzazione alla ratifica della Convenzione di Strasburgo dimostra che su questi temi non c'è alcuna remora né esitazione. Tuttavia, l'autorizzazione alla ratifica di quella Convenzione deve essere ancora approvata dall'altro ramo del Parlamento, prevede una tempistica per la sua entrata in vigore e lascia liberi gli Stati. È quindi importante la valutazione del Parlamento ed anche del Governo sul recepimento di questa o quella norma nell'ordinamento penale, non essendovi un travaso automatico, dal momento che alcune norme possono essere compatibili con la nostra tradizione ed il nostro ordinamento penale, ed altre devono essere armonizzate all'ordinamento esistente.
Riteniamo quindi che l'approvazione del disegno di legge di ratifica della Convenzione di Strasburgo apra la strada - una volta che l'iter parlamentare sia stato completato, che saranno trascorsi i mesi previsti dalla ratifica stessa per l'entrata in vigore, che saranno effettuate le valutazioni per l'armonizzazione delle norme che la ratifica invita a fare nel nostro ordinamento penale - ad implementare la legislazione anticorruzione con ulteriori interventi.
Pertanto, la disponibilità nostra, testimoniata anche dal voto favorevole di ieri nelle Commissioni, non deve servire a bloccare l'iter legislativo di questo provvedimento, dove liberamente il Parlamento si confronterà sugli emendamenti presentati.
Riteniamo quindi che sia importante e positivo procedere nell'esame del disegno di legge secondo il calendario convenuto e poi fare in modo che su queste tematiche l'aggiornamento legislativo sia sempre aperto ad ulteriori contributi che anche le intese internazionali spingono ad assumere.
Credo che non esaminare oggi il disegno di legge che stiamo discutendo non sarebbe una scelta positiva ed opportuna: lo consideriamo un lavoro importante, che sarà aperto agli ulteriori stimoli e contributi che l'entrata in vigore di intese internazionali proporrà, tenendo conto delle nostre tradizioni giuridiche, del nostro ordinamento, dei margini di discrezionalità che la stessa Convenzione di Strasburgo lascia ai Governi nazionali ai fini del recepimento o meno, in questa o in quella forma, di norme che vengono indicate.
Riteniamo quindi che sia tempo di procedere alla discussione e votazione dei singoli punti del testo in esame. (Applausi dal Gruppo PdL).
PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a dare lettura dei pareri espressi dalla 1a e dalla 5a Commissione permanente sul disegno di legge in esame e sugli emendamenti.
BAIO, segretario. «La 1a Commissione permanente, esaminati il disegno di legge in titolo e i relativi emendamenti, esprime, per quanto di competenza, parere non ostativo».
«La Commissione programmazione economica, bilancio, esaminato, per quanto di competenza, il disegno di legge in titolo e considerato che:
- gli articoli 7 e 8 - nel novellare diverse disposizioni del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (d. lgs n. 267 del 2000) - intervengono in maniera incisiva sulla disciplina contabile degli enti locali e sul relativo sistema di controlli;
- i predetti articoli 7 e 8 sono peraltro identici agli articoli 24 e 25 del disegno di legge n. 2259 (cosiddetta "Carta delle autonomie locali");
- la collocazione di tali disposizioni all'interno di provvedimenti omnibus presenta forti rischi di dare luogo ad una produzione legislativa disorganica e del tutto disallineata rispetto al processo di adeguamento e armonizzazione dei sistemi contabili previsto sia dalla legge n. 42 del 2009 sul federalismo fiscale sia dalla legge n. 196 del 2009 sulla contabilità pubblica;
- a quest'ultimo riguardo, va ricordato che la Commissione sta esaminando l'atto del Governo n. 339 ("disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro enti ed organismi"), attuativo di una delega contenuta nella legge n. 42 del 2009, e ha già espresso il proprio parere sull'atto del Governo n. 359 (''disposizioni in materia di adeguamento e armonizzazione dei sistemi contabili"), attuativo di una delega recata dalla legge n. 196 del 2009;
esprime parere non ostativo sul testo, a condizione che, ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, siano soppressi gli articoli 7 e 8;
osserva inoltre la necessità che, qualora nel testo siano presenti disposizioni riferite alla contabilità degli enti locali, l'Assemblea, in sede di approvazione del provvedimento, tenga conto delle premesse del parere.
Per quanto riguarda gli emendamenti, esprime parere non ostativo, ad eccezione che sugli emendamenti 1.7, 2.11, 2.254, 2.12, 2.0.2 e 2.0.250, identici (limitatamente all'articolo 2-quinquies, comma 8, a partire dalla parola: "ovvero" fino alla fine del comma), 3.4, 11.0.3, 12.0.18 (limitatamente al comma 13), 1.200/2, 6.0.254 (limitatamente al comma 4) e 7.255 sui quali il parere è contrario, ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione. In relazione all'emendamento 1.200, il parere di nulla osta è condizionato, ai sensi della medesima disposizione costituzionale, alla soppressione del comma 3 e all'inserimento di una clausola d'invarianza che escluda spettanze di ogni natura per i membri del Comitato.
Esprime, poi, parere condizionato, ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, all'inserimento di una clausola d'invarianza finanziaria, sugli emendamenti 1.0.250, 3.253, 5.252 e 5.0.250.
Esprime, altresì, parere di semplice contrarietà sulle proposte 1.3 e 3.1.
Non vi sono osservazioni sui restanti emendamenti, riferiti agli articoli da 1 a 7. È rinviato l'esame degli altri emendamenti, a partire da quelli aggiuntivi all'articolo 7».
«La Commissione programmazione economica, bilancio, esaminati i restanti emendamenti relativi al disegno di legge in titolo a partire da quelli aggiuntivi all'articolo 7, esprime, per quanto di competenza, parere di nulla osta ad eccezione che sugli emendamenti 7.0.251, 7.0.252, 8.250, 8.251, 8.0.1 e 8.0.250, sui quali il parere è contrario, ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione.
Esprime altresì parere di semplice contrarietà sugli emendamenti 7.0.254 e 12.251».
PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno, che si intendono illustrati e su cui invito il rappresentante del Governo a pronunziarsi.
Ricordo che la Presidenza ha dichiarato l'improponibilità dell'ordine del giorno G102, ai sensi dell'articolo 97, comma 1, per estraneità alla materia.
AUGELLO, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Il Governo è disposto ad accogliere l'ordine del giorno G100, ma chiede una modifica nella parte in cui si impegna il Governo a dare conto, «anche sommariamente ma entro il 15 luglio prossimo», dell'attuazione della legge. Sarebbe meglio prevedere che il termine sia posto ad un mese dall'entrata in vigore della legge, visto che siamo già a giugno.
PRESIDENTE. Qual è, dunque, la proposta di riformulazione del Governo?
AUGELLO, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. L'impegno per il Governo sarebbe «a dare conto, anche sommariamente ma entro un mese dall'entrata in vigore della legge». Propongo questa modifica, se non altro per rendere realistico l'ordine del giorno.
CALIENDO, sottosegretario di Stato per la giustizia. L'ordine del giorno G101 contiene una serie di richieste al Governo. Ne condivido parecchie, ma non riesco ad avere la certezza sul fatto che alcune delle indicazioni, come ad esempio quella che impegna il Governo ad annullare i benefici di legge nei reati di tipo economico, siano coerenti con la struttura del codice penale. Osservo poi, rispetto all'impegno a dar vita ad un organismo di confronto permanente per l'analisi dei fenomeni corruttivi, che questo è già previsto, dunque non capisco se si tratta di un organismo nuovo a cui prendono parte la Conferenza unificata, la Banca d'Italia e la CONSOB.
Dunque, pur condividendo l'ordine del giorno, sono disponibile ad accoglierlo come raccomandazione, perché alcuni impegni potrebbero essere non coerenti con la disciplina attuale.
PRESIDENTE. Signor Sottosegretario, lei si è dichiarato disponibile ad accogliere l'ordine del giorno G101 come raccomandazione. Se la sua richiesta non viene accettata, il suo parere è contrario?
CALIENDO, sottosegretario di Stato per la giustizia. Se non venisse accettata, chiederei un po' di tempo per eliminare alcuni punti del dispositivo, su cui ho delle indecisioni.
FINOCCHIARO (PD). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FINOCCHIARO (PD). Chiedo di aggiungere la firma all'ordine del giorno G101.
PRESIDENTE. Sull'ordine del giorno G100 c'è una richiesta di riformulazione da parte del Governo, riguardante la data. Il presentatore, senatore Malan, intende accoglierla?
MALAN (PdL). Signor Presidente, il sottosegretario Augello ha giustamente chiesto di inserire una data successiva all'approvazione della legge, altrimenti il testo non avrebbe senso, in questa sede. Accetto naturalmente la riformulazione, ma sottolineo che ciò non impedisce al Governo di rispondere ad un'interrogazione che ha lo stesso contenuto, visto che si tratta dell'applicazione di una legge di 29 anni fa: mentre è perfettamente corretto inserire nel testo dell'ordine del giorno una data successiva all'entrata in vigore della legge, spero che la risposta all'interrogazione giunga comunque.
INCOSTANTE (PD). Bravo!
PRESIDENTE. Per ragioni di chiarezza, senatore Malan, le chiedo di dare lettura della riformulazione dell'ordine del giorno.
MALAN (PdL). Con la riformulazione si impegna il Governo «a dare conto anche sommariamente, ma entro un mese dall'entrata in vigore della presente legge, dell'attuazione della legge 5 luglio 1982, n. 441, per quanto riguarda le disposizioni per la pubblicità della situazione patrimoniale e reddituale di titolari di cariche direttive di determinati istituti ed enti pubblici nonché società e aziende indicati all'articolo 12».
PRESIDENTE. Essendo stato accolto dal Governo, l'ordine del giorno G100 (testo 2) non verrà posto in votazione.
Il Governo si è dichiarato disponibile ad accogliere l'ordine del giorno G101 come raccomandazione. Chiedo ai presentatori cosa intendono fare.
RUTELLI (Misto-ApI). Signor Presidente, accoglierei la disponibilità del Sottosegretario ad accantonare questo ordine del giorno, purché definisca precisamente quali parti il Governo propone di riformulare o su cui esprime un parere contrario, in modo da non andare ad un accoglimento generico, dunque inutile, o ad una votazione con reiezione, che sarebbe francamente ingiustificata.
Quindi, accoglierei la disponibilità del Governo ad esaminarlo successivamente, trattandosi di un ordine del giorno di portata generale, purché il Governo ci dica su quali parti è favorevole e disponibile.
FINOCCHIARO (PD). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FINOCCHIARO (PD). Vorrei richiamare l'attenzione del sottosegretario Caliendo sul fatto che la previsione che è stata oggetto di critiche da parte sua, la lettera e) del dispositivo, che riguarda l'annullamento dei benefici di legge nei reati di tipo economico e contro la pubblica amministrazione, ha in questo testo una condizione, che è quella del risarcimento integrale del danno. Piuttosto che di vittima, probabilmente bisognerebbe parlare di soggetto passivo, di parte offesa, perché in realtà si tratta spesso della pubblica amministrazione.
Francamente, con questa condizione, io credo che il Governo dovrebbe ripensare al suo giudizio negativo perché c'è il risarcimento del danno che condiziona la possibile concessione delle attenuanti generiche degli altri benefici di legge.
PRESIDENTE. In ogni caso, possiamo considerare accolta la proposta del Governo di accantonare per un esame più approfondito l'ordine del giorno G101.
L'ordine del giorno G102 è stato dichiarato dalla Presidenza improponibile per estraneità alla materia. Chiedo al senatore Bruno se intende ritirarlo.
BRUNO (Misto-ApI). Signor Presidente, sapevamo che l'ordine del giorno era al limite rispetto alla materia della discussione. Tuttavia non vorremmo che in queste decisioni mancasse una capacità di cogliere quanto sconcerto c'è purtroppo nell'opinione pubblica rispetto ad alcuni fenomeni che pure accadono. Quindi, capiamo le difficoltà ed accettiamo la decisione della Presidenza.
PRESIDENTE. In effetti il tema è di grande sensibilità e di grande attualità. Ma la Presidenza conferma, per quanto riguarda l'attinenza alla materia in oggetto, che tratta in particolare di appalti pubblici e quindi della pubblica amministrazione, l'estraneità alla materia. Nulla toglie che altri strumenti e altre iniziative possano portare all'attenzione del Governo e del Senato la vicenda in oggetto.
D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Signora Presidente, non voglio entrare nel merito della valutazione della Presidenza, che è sovrana. Però, il tema sollevato dall'ordine del giorno riguarda anche e prevalentemente le competenze pubbliche in materia di calcio e di scommesse, sia con riferimento ai poteri che lo Stato e l'Amministrazione centrale hanno in questa materia dal punto di vista delle concessioni e quant'altro, sia dal punto di vista dei poteri di vigilanza e di controllo che la pubblica amministrazione e lo Stato esercitano anche sulla Federazione Italiana Giuoco Calcio, che è un soggetto che ha una sua rilevanza di diritto pubblico.
Anche in ragione dell'attualità della discussione, purtroppo, e dell'emergenza e dello spaccato anche di queste ore e di questi giorni, mi permetto timidamente di dire che se fosse possibile riconsiderare tale questione, potrebbe essere anche un segnale che noi diamo rispetto a fatti che certamente non fanno onore ad una parte minoritaria, anche del calcio italiano.
PRESIDENTE. Presidente D'Alia, la Presidenza ha esaminato in profondità la materia e ritiene di confermare l'improponibilità. Tra l'altro, l'impegno si riferisce ai modi e ai tempi di utilizzo della prova televisiva. Quindi, essendo effettivamente la materia di attualità, la Presidenza insiste che si trovi un altro strumento per affrontare il tema.
Procediamo all'esame degli articoli del disegno di legge n. 2156.
Onorevoli colleghi, dopo avere attentamente valutato gli emendamenti presentati, la Presidenza ha ritenuto in primo luogo improponibili, ai sensi dell'articolo 97, comma 1, del Regolamento, cioè per estraneità alla materia, gli emendamenti concernenti incarichi e retribuzioni di pubblici dipendenti, magistrati e notai in quanto non strettamente attinenti al contenuto proprio del disegno di legge in esame, che riguarda la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione. Sono pertanto improponibili gli emendamenti 2.0.500, 2.14, 2.0.2, 2.0.250, 2.0.4, 6.0.3, 6.0.250, 6.0.251, 6.0.252, 6.0.253, 6.0.254, 6.0.255, 6.0.256 e 7.0.250.
La Presidenza ha ritenuto altresì improponibili, ai sensi della medesima disposizione del Regolamento, gli emendamenti 2.0.251, 8.0.1, 8.0.250, 10.0.2, 10.0.5, 10.300, 11.6, 11.0.5, recanti disposizioni relative ad attività dei parlamentari o di Governo, estranei al contenuto del disegno di legge, alcuni dei quali presentano inoltre profili di incostituzionalità.
Dichiaro infine improponibili per estraneità all'oggetto della discussione gli emendamenti 2.0.5, 2.0.6, 3.0.1, 6.0.257, 8.0.251, 9.0.1, 10.0.253, 11.0.1, 11.0.50, 11.0.51, 12.253, 12.0.500, 12.0.14, 12.0.15, 12.0.17, 12.0.16, 12.0.100 e 12.0.18, relativi a modifiche di impianto generale al codice di procedura penale o a misure di natura fiscale e di razionalizzazione della spesa pubblica.
LEGNINI (PD). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LEGNINI (PD). Signora Presidente, intervengo su questa declaratoria di improponibilità di numerosi emendamenti per esporre il punto di vista del nostro Gruppo e chiedere una rimeditazione di alcune decisioni che ci appaiono non conformi al dettato del Regolamento.
Noi ci siamo molto occupati in questi ultimi due anni del regime di ammissibilità degli emendamenti ai disegni di legge di conversione dei decreti-legge, notoriamente più restrittivo rispetto al regime di ammissibilità degli emendamenti agli altri disegni di legge. Infatti, è ormai un principio condiviso e consolidato - da ultimo con il pronunciamo autorevolissimo del Presidente della Repubblica sul "milleproroghe", nei termini che conosciamo tutti - che relativamente ai decreti‑legge non viene in considerazione soltanto il tema della estraneità alla materia contenuta nel provvedimento legislativo, ma anche quello relativo alla funzione propria dello strumento legislativo e quindi ai presupposti di cui all'articolo 77 della Costituzione.
Per i disegni di legge sappiamo invece tutti che i criteri di ammissibilità o di proponibilità, come vogliamo chiamarli, sono esattamente quelli previsti all'articolo 97, comma 1, del Regolamento e sono stati sempre adottati in modo abbastanza elastico. Ma io non invoco alcuna elasticità, quanto piuttosto una corretta applicazione di questa norma regolamentare. Ora, sappiamo che questo provvedimento legislativo contiene misure... (Brusìo).
PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia.
LEGNINI (PD). Presidente, questo è un tema sul quale chiedo si assuma una decisione meditata - anche non subito - e argomentata.
PRESIDENTE. Appunto, per questo richiamavo l'attenzione dei colleghi.
LEGNINI (PD). Insomma, dobbiamo intenderci. Vedremo fra poco che gli argomenti contenuti in alcuni emendamenti dichiarati improponibili sono di primarissima importanza e rilevanza; quindi, chiedo anch'io un po' di attenzione.
Dicevo che sono stati dichiarati improponibili, per esempio, una serie di emendamenti (2.0.4, 6.0.3, 6.0.250, 6.0.251, 6.0.252 e 6.0.253) che riguardano gli incarichi extragiudiziari dei magistrati di tutte le magistrature ed i relativi compensi. Sono emendamenti presentati da molti Gruppi, non solo di opposizione, e che riguardano anche il tema delicatissimo, più volte discusso in questi anni, della incompatibilità dei magistrati rispetto alla partecipazione ai collegi arbitrali o alle attività di collaudo delle opere pubbliche. Ora, capisco qual è la ragione per la quale la Presidenza ha ritenuto non esattamente conferenti questi argomenti rispetto all'oggetto dell'articolato, ma non c'è alcun dubbio, signora Presidente, che questo tema, quello cioè della garanzia dell'autonomia e dell'indipendenza della magistratura e dei magistrati rispetto ad attività che hanno a che fare con l'assetto degli interessi dei privati e delle imprese nella gestione degli appalti pubblici e delle opere pubbliche, ha assolutamente a che fare con la materia che stiamo discutendo, cioè quella della prevenzione e della repressione, non soltanto della corruzione, ma dell'illegalità diffusa nella pubblica amministrazione.
Non c'è alcun dubbio che i magistrati contabili piuttosto che amministrativi chiamati a esercitare la funzione di arbitro o di collaudatore di un'opera pubblica si collocano in una posizione, diciamo così, ambigua, di potenziale conflitto: ne abbiamo discusso molte volte. Come si fa a non ritenere compatibile e coerente con l'oggetto del provvedimento una materia così importante e così delicata quale quella di cui stiamo discutendo?
In secondo luogo, e vale lo stesso ragionamento che ho appena fatto, l'incompatibilità dei magistrati per incarichi pubblici di vario genere, che non siano l'arbitrato e i collaudi, prevista nell'emendamento 6.0.254, così come in altri due emendamenti sempre in questa materia, il 6.0.5 e il 6.0.256, riguarda anche qui la tutela della garanzia di imparzialità dei consiglieri di Stato muniti di funzione consultiva che - come propone l'emendamento - devono avere una funzione esclusiva per un periodo determinato di tempo.
È evidente che la non esclusività della funzione consultiva di un consigliere di Stato pone i medesimi problemi a cui mi riferivo prima, cioè di non piena autonomia, indipendenza e imparzialità in cui oggettivamente si colloca il magistrato amministrativo.
Inoltre, signora Presidente, un altro gruppo di emendamenti dichiarati improponibili riguarda il tema della pubblicazione - e del relativo aggiornamento - dei dati patrimoniali dei senatori e dei deputati. Si tratta dell'anagrafe, per così dire, che oggi sappiamo essere facoltativa e limitata, e che invece alcuni emendamenti - in particolare l'8.0.1 (testo corretto) e l'8.0.250 (testo corretto) - propongono come un obbligo. È quindi una norma che vuole introdurre l'obbligo di pubblicazione della situazione patrimoniale di deputati e senatori, nonché dei loro coniugi e figli. Non c'è alcun dubbio che il controllo della consistenza patrimoniale all'inizio, nel corso e alla fine del mandato dei parlamentari e dei rispettivi familiari abbia un rilevo a questi fini. Dal momento che questo è un tema sensibilissimo, come si fa a dire che non ha rilevo? Ne ha, eccome.
Idem per quel che riguarda, signora Presidente, il tema dell'incandidabilità degli amministratori locali in rapporto alla commissione di reati di corruzione o comunque contro la pubblica amministrazione. Come si fa a dire che la proposta emendativa 10.0.2 non riguarda il tema di cui stiamo discutendo? Chi commette reati di questo tipo è incandidabile: si può essere d'accordo o no, ma che la proposta riguardi il tema oggetto del disegno di legge è fuori discussione.
Lo stesso discorso vale per gli emendamenti 10.0.5, che riguarda l'incompatibilità con gli incarichi di Governo, e 11.0.5, a prima firma Casson, che riguarda l'obbligo per i titolari di cariche di Governo di dichiarare la situazione di conflitto d'interessi. Anche qui, come si fa a dire che è estranea alla materia una norma che introduce l'obbligo per i Ministri ed i Sottosegretari di dichiarare quali sono gli interessi potenzialmente confliggenti con le funzioni pubbliche? Non possiamo accettare un ragionamento di questo tipo.
Infine, signora Presidente, mi si lasci fare una sottolineatura particolare su un altro tema trattato dagli emendamenti 2.0.5 e 2.0.6. Il primo di essi riguarda l'abolizione della norma che estende l'applicazione del concetto di stato di emergenza ai grandi eventi, della quale abbiamo discusso diffusamente, in particolare nell'ultimo anno, e non solo. Questa norma consente di dichiarare «grande evento» - con tutte le conseguenze in ordine agli affidamenti in deroga degli appalti dei servizi e delle forniture pubbliche - una molteplicità di iniziative, dalla visita del Papa a Monterotondo ad una gara ciclistica o ad una manifestazione qualsiasi. Questi fatti, relativi al sistema di affidamento degli appalti in deroga, sono esattamente quelli che originarono quell'ondata di arresti e indagini che hanno riguardato il mondo della Protezione civile e dintorni, a seguito del quale il Governo decise di presentare questo disegno di legge. E noi diciamo che l'abolizione di quel sistema è improponibile? Ma scherziamo, signora Presidente? (Applausi dal Gruppo PD).
Parimenti, si dichiara improponibile l'introduzione del controllo preventivo della Corte dei conti sugli affidamenti in deroga. Come si fa? Ricordo che anche nel milleproroghe è stata introdotta una norma di questo tipo, relativa ad un controllo successivo. Si può essere d'accordo o meno, ma anche questo tema riguarda indiscutibilmente la materia che stiamo trattando.
In conclusione, signora Presidente, la prego di invitare il Presidente del Senato a rivalutare seriamente la declaratoria di improponibilità di tutti questi emendamenti per estraneità alla materia, sottolineando che ove noi escludessimo dalla sola discussione il tema che riguarda le magistrature e il regime di incompatibilità, i parlamentari ed il regime di incompatibilità, la dichiarazione della situazione patrimoniale e reddituale e tutte le materie che ho richiamato, daremmo all'opinione pubblica l'idea che ci stiamo occupando di altro e non di cose serie. (Applausi dai
Gruppi PD e UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI).
VIZZINI (PdL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
VIZZINI (PdL). Signora Presidente, affinché resti agli atti, desidero far presente che, come è noto, questo provvedimento è giunto all'esame dell'Aula senza mandato al relatore poiché le Commissioni riunite non hanno potuto completarne la discussione, dovendo ancora esaminare e votare 200 emendamenti il giorno in cui è stato stabilito che il provvedimento approdasse in Aula. Ma l'iter del lavoro in Commissione è stato illustrato ieri dal presidente Berselli. Per questa ragione, e non per lassismo, le due Commissioni non si sono pronunziate sulle ammissibilità, cosa che normalmente fanno sempre con grande rigore. Ad esempio, ricordo soltanto che, con riferimento alla 1a Commissione, negli ultimi "milleproroghe" ben metà degli emendamenti furono dichiarati inammissibili in quella sede.
Quindi, al fine di evitare che la lettura che è stata data qui possa apparire il frutto di un comportamento lassista delle Commissioni, che invece hanno lavorato molto, sebbene non siano giunte a conclusione, mi è sembrato giusto fare questa precisazione, non dico a difesa, ma quanto meno per il rispetto che è dovuto a tutti i colleghi, di maggioranza e di opposizione, che in Commissione si sono impegnati ad esaminare il provvedimento. Detto questo, non entro nel merito della dichiarazione. Ho anch'io sottolineato che, senza che si sia arrivati al voto, c'era tutta una serie di emendamenti riguardanti provvedimenti già in esame - penso alle incompatibilità, alle ineleggibilità, all'esame in 1a Commissione di provvedimenti autonomi - e che ciò avrebbe potuto essere motivo di inammissibilità. Non mi permetto - ripeto - di entrare nel merito delle decisioni e delle prerogative della Presidenza, però mi interessava che restassero agli atti del nostro lavoro in Aula i motivi per i quali non ci eravamo occupati delle inammissibilità.
LI GOTTI (IdV). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LI GOTTI (IdV). Signora Presidente, la dichiarazione di improponibilità da parte della Presidenza di alcuni emendamenti interessa la mia parte politica con particolare riferimento agli emendamenti 10.0.5 e 11.0.1.
Tutti i discorsi fatti in questa Aula, ossia il segnale e lo spirito con cui si avvia questo percorso di lotta senza indugi alla corruzione, trovano un primo ostacolo nel fatto che venga dichiarata improponibile la sola prospettazione di inopportunità all'assunzione di incarichi di Governo di persone rinviate a giudizio per delitti contro la pubblica amministrazione. In altri termini, non stiamo anticipando i giudizi, ma se dobbiamo dire al Paese qualcosa, non prevedere il rinvio a giudizio per reati contro la pubblica amministrazione quale motivo di inopportunità per l'assunzione dell'incarico di Governo ritengo non sia un messaggio che vada nella direzione auspicata da tutta l'Aula. Peraltro, prevediamo i casi di ineleggibilità per le condanne: qui stiamo parlando di inopportunità a ricoprire alcuni incarichi qualora si sia sotto processo per reati contro la pubblica amministrazione.
C'è poi l'emendamento 11.0.1. Nel disegno di legge in esame il Governo ha puntato molto sul fallimento politico dei Comuni che siano in una fase di dissesto economico. Mentre irrigidiamo legittimamente la nostra attenzione verso i Comuni, continuiamo a mantenere nel nostro sistema una depenalizzazione di fatto del falso in bilancio che continua a dare la possibilità per le società di creare quei fondi neri (visto che c'è una soglia di punibilità data dal fatto che il falso in bilancio non è punibile se inferiore all'uno per cento del patrimonio) che costituiscono lo strumento per poi fare operazioni finalizzate alla corruzione.
È ovvio che, nel momento in cui con ampio spettro dobbiamo prevenire come ha evidenziato il Governo, l'attività di prevenzione è anche quella che riguarda la trasparenza dei bilanci delle società e quindi l'impossibilità, sanzionata penalmente e non depenalizzata, di costituire fondi neri per il pagamento dei prezzi corruttivi.
Quindi, ritengo che l'onorevole Presidenza possa riesaminare tale decisione consentendoci di affrontare anche i temi che si inseriscono in questa comunicazione all'universo, e in particolare al popolo italiano, della crociata che stiamo avviando questa mattina. (Applausi dal Gruppo IdV).
PRESIDENTE. Faccio presente all'Assemblea che la Presidenza ha già informato il presidente Schifani delle motivazioni qui esposte da gran parte dei Gruppi politici. Il presidente Schifani prenderà le sue decisioni.
Nel frattempo, come consuetudine, continuo a dare la parola sulle questioni attinenti all'ordine dei lavori a un senatore per Gruppo. Ovviamente, in attesa della decisione del Presidente, continuiamo i nostri lavori sull'articolo 1, che non è controverso, e sugli articoli e sugli emendamenti che non sono controversi, rimanendo inteso che in ogni caso tutti gli emendamenti possono essere illustrati.
Comunque, tenete conto dell'informazione che vi ho dato, ossia che il Presidente è già informato e che peraltro sta seguendo i nostri lavori.
BRUNO (Misto-ApI). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BRUNO (Misto-ApI). Signora Presidente, mi creda, intervengo in assoluto spirito costruttivo. Se dovesse capitare di nuovo un episodio del genere (quello in esame è un provvedimento particolare, non c'è il relatore) e dovesse riproporsi una mole così consistente di emendamenti dichiarati non proponibili o non ammissibili, forse la prossima volta sarebbe opportuno avere a disposizione in Aula l'elenco degli emendamenti, in maniera tale che il nostro lavoro si possa svolgere con maggiore celerità.
Per esempio, mi vedo costretto a chiederle se è vero che l'emendamento 8.0.251 è stato dichiarato improponibile.
PRESIDENTE. Sì, è stato dichiarato improponibile.
BRUNO (Misto-ApI). Signora Presidente, in un provvedimento in cui si parla di disposizioni per la prevenzione della corruzione nella pubblica amministrazione non provare a regolamentare quel crinale fra i casi in cui la rappresentanza degli interessi è legittima e quelli in cui è illegittima mi spinge a chiederle se si può ripensare a questa decisione. Anche perché...
PRESIDENTE. Senatore Bruno, le ho detto appunto che il Presidente è stato informato della questione. Comunque, senza entrare nel merito, visto che siamo...
BRUNO (Misto-ApI). Non entro nel merito, le segnalo soltanto che è stata accantonata una mozione, sulla quale per buona parte peraltro il Governo mi è sembrato avesse una posizione di disponibilità, in cui la regolamentazione dell'attività lobbistica è prevista. Per cui potremmo trovarci nella situazione per la quale l'Aula, compreso il Governo, accetti questo tipo di argomento e invece, a seguito del giudizio di improponibilità, non si possa votare l'emendamento conseguente. (Applausi dal Gruppo PD e del senatore Peterlini).
D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Signora Presidente, prendo atto della sua comunicazione inerente al riesame della questione da parte del Presidente. Mi permetto però, proprio in considerazione del fatto che il Presidente sta valutando le considerazioni venute dai vari Gruppi parlamentari, di sottoporre alla vostra attenzione una brevissima riflessione correlata.
Noi ci troviamo senza relatori. Non contesto, ad esempio, che il tetto delle retribuzioni dei dipendenti pubblici possa essere sottoposto ad una censura di improponibilità per estraneità alla materia, perché rispetto moltissimo le decisioni della Presidenza. Ci sono però decisioni che attengono ad emendamenti che stanno al limite fra la questione procedurale-regolamentare ed una valutazione del merito del contenuto dell'emendamento.
Ora, proprio perché non è stato possibile svolgere un lavoro preliminare nelle Commissioni di merito e non essendo noi accompagnati da un relatore nell'esame del provvedimento, il rischio è che la Presidenza diventi relatore di fatto di questo provvedimento accorciando, per così dire e sfrondando eccessivamente l'oggetto della discussione.
Faccio un esempio. Noi proponiamo degli emendamenti che contengono una rivisitazione sostanziale dell'anagrafe parlamentare degli eletti, perché è una materia che risale a 30 anni fa. Oggi la situazione è cambiata, come è cambiata la situazione della pubblica amministrazione: ci sono tante società per azioni, tanti soggetti pubblici che operano da privati in cui si annidano fenomeni corruttivi. Se trasferiamo tutto questo fuori dal dibattito sulla corruzione rischiamo di approvare un provvedimento, per così dire acqua e sapone.
Mi permetto, quindi, di sottoporre anche questa riflessione alle valutazioni che la Presidenza so che farà.
PRESIDENTE. Confermo l'informazione già data all'Assemblea dell'avvenuta comunicazione al Presidente delle questioni da voi poste e confermo la decisione di proseguire con l'esame degli articoli 1 e 2 i cui emendamenti non sono stati contestati (ricordo che le contestazioni riguardano gli emendamenti aggiuntivi). Resta inteso - e lo confermo - che, in ogni caso, tutti gli emendamenti potranno essere illustrati.
Passiamo dunque all'esame dell'articolo 1, sul quale sono stati presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.
CASSON (PD). Signora Presidente, nel corso del mio intervento illustrerò gli emendamenti 1.200/1, 1.200/5 e 1.3 che riguardano, in particolare, l'articolo 1 che concerne l'istituzione di un'autorità, che dovrebbe essere autonoma e indipendente, per la prevenzione di fatti di corruzione.
Rilevo innanzitutto che interveniamo su uno dei punti fondamentali di questo disegno di legge governativo e cioè il rispetto degli Accordi internazionali, in particolare della Convenzione ONU contro la corruzione già ratificata dal Parlamento ed entrata in vigore nel corso del 2009.
Al di là e oltre alle carenze, alle disfunzioni operative e ai contrasti tra questo disegno di legge e le norme internazionali vigenti in Italia, segnalati già nel corso della discussione di ieri, segnalo come questo articolo 1, tra l'altro riscritto dal relatore e riproposto per certi versi in maniera più grave rispetto alle previsioni iniziali del testo, crea un grave pasticcio normativo-istituzionale. Esso, infatti, si pone in contrasto su tutta una serie di punti con le disposizioni, entrate in vigore anche nel territorio italiano, della Convenzione ONU del 2003.
In particolare, questo disegno di legge governativo contrasta con le norme ONU in materia di estensione delle fattispecie di reato (anche al settore privato), di poteri e strumenti di indagine alla polizia giudiziaria e alla magistratura, di misure di prevenzione adeguate ad affrontare il fenomeno corruttivo, di trasparenza nel settore degli appalti pubblici e della finanza pubblica, di misure antiriciclaggio, di termini per la prescrizione (termini che il testo ONU definisce necessariamente «lunghi», di confisca dei beni, di cooperazione tra organismi di indagine (anche di intelligence), di inopponibilità del segreto bancario.
Aggiungo che questo disegno di legge governativo contrasta pure con le analoghe norme che si trovano inserite nella Convenzione di Strasburgo del 1999, approvata il 7 giugno scorso, cioè ieri, all'unanimità dalle Commissioni giustizia e affari esteri di questo Senato, con particolare riferimento alle disposizioni in materia di cooperazione internazionale, corruzione privata, riciclaggio e protezione dei cosiddetti testimoni.
Con riferimento ai due emendamenti 1.200/1 e 1.200/5 e all'emendamento 1.3 che devo illustrare ora, rilevo un altro punto rilevante e specifico di contrasto con le citate Convenzioni internazionali, e in particolare con quella dell'ONU del 2003.
La Convenzione dell'ONU, all'articolo 6, prevede l'istituzione di un organismo per la prevenzione della corruzione indipendente e «al riparo da ogni indebita influenza» (così viene detto letteralmente), organismo al quale vanno fornite altresì risorse materiali e personale specializzato.
Ora, la previsione nell'emendamento 1.200 di un Comitato di coordinamento presso la Presidenza del Consiglio, Comitato presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri, peggiora tra l'altro quanto inizialmente aveva previsto lo stesso testo del Governo. Francamente si tratta di una previsione che ci fa ridere, per non dire piangere, perché detto Comitato non ha alcuna autonomia, in quanto opera una confusione tra «custodi» e «custoditi», tanto più che esso, sotto la Presidenza del Consiglio dei ministri, opera come Autorità nazionale anticorruzione, a norma dell'articolo 5 della Convenzione ONU. Francamente c'è da rimanere allibiti, senza parole, per due motivi fondamentali.
Non mi soffermo sul motivo di cronaca, di tipo personalistico, perché andare a raccontare in Italia e all'estero che in questo momento il Comitato sulla trasparenza, anticorruzione sarà presieduto dal presidente Berlusconi fa quantomeno ridere, se non ci prendono addirittura per matti.
Ma, al di là dalla considerazione personalistica, vorrei dire che, da un punto di vista istituzionale, vanno garantiti tutti, in tutti i momenti storici, con qualsiasi tipo di Governo. La domanda è sempre la stessa: quis custodiet custodes? Per un motivo di trasparenza, di pulizia e di rispetto delle regole, noi proponiamo qualcosa di alternativo, utilizzando norme già vigenti nel nostro ordinamento. Noi chiediamo che venga sostituita a questo Comitato, presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri, una Commissione già approvata nel 2009 da questo Parlamento, oppure che vengono restituiti i poteri all'Alto commissario anticorruzione, sempre previsto dalla Convenzione ONU del 2009. È una scelta che poniamo al Governo.
Finisco illustrando sinteticamente cos'è questa Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche. Ricordo che essa è stata istituita nell'ottobre 2009 con il decreto legislativo n. 150. Questa Commissione è autonoma ed opera in posizione che viene definita di indipendenza di giudizio e di valutazione, in piena autonomia, ma ovviamente in collaborazione con la Presidenza del Consiglio dei ministri e con i vari Ministri, e ha il compito di indirizzare, coordinare e sovrintendere all'esercizio indipendente delle funzioni di valutazione, di garantire la trasparenza dei sistemi di valutazione, di assicurare la comparabilità e la visibilità degli indici di andamento gestionale. Tutto questo riguarda il comportamento dei pubblici amministratori. Essa prevede inoltre degli esperti di elevata professionalità, che sono nominati con sistema procedurale, che contempla anche l'intervento delle Commissioni parlamentari competenti tramite un parere che viene espresso a maggioranza dei due terzi.
Credo che questo aspetto fondamentale dell'autonomia e dell'indipendenza debba essere garantito. Invece, con la proposta del relatore in Commissione, che viene riproposta anche in questo ambito, viene addirittura esautorato quell'Osservatorio che il testo originario del Governo prevedeva, con un aggravamento delle situazioni in termini di autonomia e indipendenza.
La nostra proposta è alternativa: chiediamo al Governo di scegliere questa Autorità indipendente tra quelle che già esistono, cioè tra la Commissione che ho citato e l'Alto commissario anticorruzione. (Applausi dal Gruppo PD).
DELLA MONICA (PD). Signora Presidente, credo che gli emendamenti siano stati sufficientemente illustrati dal senatore Casson. Tra l'altro - se ho capito bene - la Commissione bilancio prevede una preclusione all'emendamento del ripristino dell'Alto commissario per ragioni di spesa. Personalmente, sono convinta che la funzione dell'Alto commissario sarebbe preferibile.
Mi preme in particolare illustrare gli emendamenti 1.200/2 e 1.7, relativi all'alternativa spiegata dal senatore Casson. La scelta dell'Alto commissario, non so perché osteggiata (forse per le ragioni che ha spiegato ieri il senatore D'Ambrosio), consentirebbe anche di dare un occhio al settore privato, materia rispetto alla quale noi proponiamo specifiche disposizioni anche di carattere penale per adeguarci alla legislazione internazionale.
In ogni caso, stiamo violando la Convenzione ONU sulla corruzione. Questa è pertanto la dimostrazione che ratifichiamo le Convenzioni che sottoscriviamo, ma lo facciamo con la riserva mentale di non rispettarle. (Applausi dal Gruppo PD).
D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Signora Presidente, non entro nel merito della discussione sull'opportunità o meno di reintrodurre l'Alto commissario per la lotta alla corruzione, sulla sua efficacia, sulla sua funzione e sul suo ruolo. Diamo per scontato che presso la Presidenza del Consiglio sia utile istituire questo Comitato anticorruzione. Però, se ha senso l'istituzione di questo Comitato, è necessario che esso abbia anche i poteri per esercitare una funzione. Questa funzione è innanzitutto di vigilanza e di controllo su tutte le amministrazioni pubbliche, esercitando anche un potere sostituivo nel caso in cui queste amministrazioni non operino nel senso indicato dalla normativa e dal Piano nazionale anticorruzione. Altrimenti - anche se è vero che la Presidenza del Consiglio di organismi inutili ne ha tanti e uno più, uno meno, ci meraviglia poco - esso diventerebbe l'ennesimo organismo che non serve a nulla perché, tranne qualche conferenza e qualche produzione cartacea di natura sovrabbondante, non sarà nelle condizioni di incidere minimamente sul fenomeno corruttivo.
Per tale ragione, con l'emendamento 1.200/3, relativo alla modifica del comma 1 dell'articolo 1, intendiamo attribuire poteri più vincolanti a questo Comitato in maniera tale da consentirgli di non fare le carezze alle amministrazioni, ma di intervenire in profondità per verificare se si adeguano o meno alla normativa anticorruzione.
MALAN (PdL). Signora Presidente, desidero specificare la circostanza in cui ho presentato l'emendamento 1.200, che ho ripresentato in Aula dopo averlo presentato da relatore in Commissione. Proprio per fare un passo nella direzione che altri interventi prima di me avevano auspicato, l'emendamento 1.200 istituisce presso la Presidenza del Consiglio dei ministri il Comitato di coordinamento, sostituendo un comma 1 del testo originario in cui questo Comitato non c'era. Inoltre, esso prevede l'istituzione dell'Osservatorio anticorruzione, che va nella direzione auspicata. Bisogna quindi confrontare l'emendamento con il testo originario, non considerarlo come se fosse una proposta a sé stante.
Devo segnalare che, in ottemperanza a quanto richiesto dalla Commissione bilancio, occorre inserire la clausola di salvaguardia al termine del comma 1, che afferma che sono escluse spettanze di ogni natura per i membri del Comitato, ed inoltre è soppresso il comma 3, perché su di esso vi è la contrarietà della Commissione bilancio ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione.
POLI BORTONE (CN-Io Sud). Signora Presidente, l'emendamento 1.253 è molto simile a quello del senatore D'Alia ed è in parte simile anche all'1.200 del senatore Malan, per cui mi rendo conto che, laddove dovesse essere approvato l'emendamento del senatore Malan, che è più comprensivo, il nostro emendamento risulterebbe assorbito. Esso riguarda infatti l'istituzione del Comitato presso la Presidenza del Consiglio, chiunque sia il Presidente del Consiglio, perché credo che una legge debba stabilire dei principi e non debba essere legata ad alcuna persona. Credo che tale Comitato sia comunque un soggetto utile, se non altro per intervenire, come già sosteneva il senatore D'Alia, rispetto alle inadempienze delle amministrazioni.
Ma mi piace sottolineare due altri nostri emendamenti, signora Presidente, perché forse sfuggono alla nostra attenzione i punti che potrebbero essere i più importanti, quelli che riguardano la burocrazia: è come se approvassimo le leggi esclusivamente in senso punitivo nei riguardi dei politici, senza guardare bene ciò che accade all'interno della burocrazia e a tutti i livelli.
L'emendamento 1.252 si riferisce all'articolo 1, comma 2, laddove, alla lettera c), prevede che le pubbliche amministrazioni centrali elaborino e trasmettano propri piani di azione che «specificano procedure appropriate per selezionare e formare i dipendenti chiamati ad operare in settori particolarmente esposti alla corruzione prevedendo, se del caso, la rotazione in tali settori». Io non ritengo che si debba valutare la rotazione «se del caso», bensì che essa debba essere istituzionalizzata e debba avvenire ogni cinque anni. Dovrebbe essere questo un principio da inserire in tutte quante le amministrazioni, a partire dalle stesse amministrative comunali, dove le incrostazioni della burocrazia diverse volte procurano danni superiori a quelli che eventualmente possono procurare i politici.
Per ultimo, ma di valenza etica fondamentale, illustro il nostro emendamento 1.200/7, con il quale si prevede che «Coloro che occupano cariche pubbliche o assumano pubblici impieghi, all'atto della assunzione devono giurare fedeltà alla Costituzione italiana». Noi riteniamo che questo sia un emendamento che certamente non costa niente a nessuno, ma che costa moltissimo in termini etici, perché se è vero che viviamo in una società che ormai è priva di qualsiasi valore etico di riferimento, è pur vero che ciascuno di noi anche attraverso una legge anticorruzione vorrebbe dare quantomeno un indirizzo a tutti quanti coloro che debbono assumersi la responsabilità a livello centrale e periferico, in tutte quante le pubbliche amministrazioni. (Applausi della senatrice Castiglione).
SPADONI URBANI (PdL). Signora Presidente, l'emendamento 1.251 va nella stessa direzione dell'emendamento 1.252 testé illustrato dalla collega Poli Bortone. Io sono stata sia sindaco che consigliere regionale e ho potuto appurare di persona che cosa significano la forza ed il potere che la dirigenza assume nei confronti dei politici: se, infatti, i politici si alternano, loro restano sempre fermi nello stesso posto e creano veramente dei punti di potere tali che diventa poi difficile indirizzarli a perseguire l'interesse per il bene comune rispetto all'interesse che, per il potere che hanno, possono promuovere nei confronti di singole persone.
Per tale ragione, credo che la rotazione dei dirigenti sia assolutamente indispensabile per la politica amministrativa diretta.
LI GOTTI (IdV). Signora Presidente, ritiro l'emendamento 1.6 e chiedo di aggiungere la mia firma all'emendamento 1.200 (testo 2)/1 del senatore Casson. Ne do una spiegazione.
Si andrebbe a verificare la situazione paradossale per cui il coordinamento dei piani nazionali anticorruzione sarebbe affidato a una persona sotto processo per corruzione. Si tratta di una situazione molto realistica, perché è proprio il caso attuale. Oltre tutto, mi sembra risibile prevedere una cosa del genere e non prevedere un organismo autonomo, considerando che non si tratta di processi in fieri. Ci sono già state delle sentenze con prescrizione, previa concessione delle attenuanti generiche: in punto di fatto, il Presidente del Consiglio è stato riconosciuto colpevole di corruzione, ma non gli è stata applicata la sanzione perché gli hanno concesso le attenuanti generiche.
Passiamo all'emendamento 1.5. Si introduce il criterio della rotazione; benissimo. Ma non si può vanificare tale principio prevedendo, «se del caso», la detta rotazione per i dipendenti esposti alla corruzione. Dire che la rotazione serve perché ci sono settori particolarmente esposti al rischio corruzione e stabilire, allo stesso tempo, che il criterio della rotazione si applica se del caso, significa affermare un principio e negarlo. Ma questo non è l'unico problema; ne incontreremo altri in questa strada.
Insomma, questa riforma la volete fare veramente o ci vogliamo prendere in giro? (Applausi dai Gruppi IdV e PD). Basta con le parole. Ciò che di epocale c'è nei vostri provvedimenti sono le prese in giro. (Applausi dai Gruppi IdV e PD).
Presidenza della vice presidente MAURO(ore 11,43)
PRESIDENTE. I restanti emendamenti si intendono illustrati.
Invito il rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti in esame.
AUGELLO, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signora Presidente, poiché non abbiamo avuto tempo in Commissione, nell'esprimere i pareri sugli emendamenti cercherò di dare delle motivazioni che raccolgano gli spunti del dibattito in Aula.
Intanto, vorrei precisare un aspetto prima di esprimere i pareri. Per quanto riguarda l'indipendenza dell'Autorità - lo dico per completezza di informazione all'Aula - la questione si può riassumere in questi termini.
Avevamo in precedenza un'istituzione - l'Alto commissariato - che è stata sciolta e oggi è un Dipartimento della funzione pubblica ad occuparsi delle politiche di contrasto alla corruzione. La legge agisce dunque per implementare le capacità di questo Dipartimento: di questo stiamo discutendo. Dobbiamo però ricordare che l'Alto commissariato dipendeva dalla Presidenza del Consiglio esattamente come le strutture di cui stiamo parlando in questo momento. Era comunque una struttura che non aveva autonomia finanziaria e si muoveva con l'ambizione - ovviamente espressa al tempo da un'altra maggioranza - di contrastare la corruzione nel Paese in modo altrettanto efficace rispetto a come stiamo cercando di fare noi con la presente proposta. Tra l'altro, sui motivi dell'intervento che ha portato allo scioglimento dell'Alto commissariato hanno pesato anche alcuni problemi che riguardavano il rapporto tra costi e benefici. La struttura aveva alcuni costi, che non dipendevano da una sua cattiva gestione, ma proprio dai costi strutturali, come la sede e le strutture di pertinenza dall'Alto commissario, e così via. L'Alto commissariato aveva poche risorse per fare altre cose, perché le ristrettezze finanziarie c'erano allora, così come ci sono anche oggi.
Concludo il mio intervento con un'ulteriore osservazione: il percorso che abbiamo cercato di indicare e di motivare in Commissione indica che in questo momento abbiamo, in primo luogo, il problema di mettere in linea una strumentazione e per questo si parla del Comitato interministeriale. Nel quadro che ho cercato di dare all'inizio del dibattito, ho cercato anche di illustrare all'Assemblea quali e quanti interventi si muovono all'intero della pubblica amministrazione sotto la medesima etichetta di politica di contrasto alla corruzione. Quindi, in questo momento e in questa fase, il Governo ritiene che questa sia la strumentazione da mettere in campo per garantire la massima efficacia della politica di contrasto alla corruzione, che passi attraverso tutti i vari Dicasteri e che richiede evidentemente un coordinamento.
Non sfuggo alla questione relativa al fatto che la Convenzione delle Nazioni Unite prevede un organismo indipendente. È però altrettanto vero che nulla ci impedisce di approdare successivamente a questa soluzione, una volta che abbiamo risolto il deficit di coordinamento delle nostre strutture pubbliche nelle politiche di contrasto, innanzitutto portando un'adeguata trasparenza, allargando le strettoie di cui parlavo in precedenza e coinvolgendo le Regioni, anche con le risorse che abbiamo appostato in un piano complessivo contro la corruzione. Dunque, nulla ci impedisce di rispondere successivamente e alla lettera alla richiesta di costituire un'autorità indipendente.
Occorre però fare attenzione a un fatto: stiamo parlando di una Convenzione delle Nazioni Unite, che non corrisponde esattamente alle Tavole della Legge, o alla rivelazione del roveto ardente, senatore Casson. Quella Convenzione, essendo delle Nazioni Unite, si applica a realtà profondamente diverse tra loro: non tutte prevedono l'autonomia della magistratura, non tutte hanno l'obbligatorietà dell'azione penale, non tutte hanno una strumentazione come la nostra che - come dicevo prima - deve essere portata in linea, mentre altre realtà sono più avanzate della nostra. Quindi, a questo punto del percorso, diversamente da quanto era accaduto con l'istituzione dell'Alto commissariato, che dipendeva comunque dalla Presidenza del Consiglio e non aveva autonomia, pensiamo che questa sia la strumentazione che deve essere portata all'attenzione del Parlamento. Ovviamente comprendiamo l'obiezione posta e non ci sottraiamo ai suoi contenuti, però la nostra risposta è negativa.
Aggiungo, per quanto riguarda gli altri emendamenti, per ragioni di brevità, che l'emendamento del senatore Malan li assorbe tendenzialmente quasi tutti. Per questo motivo daremo un parere negativo - che ora specificherò per ciascun emendamento - perché riteniamo che essi siano già compresi nella formulazione di tale emendamento.
Signora Presidente, passando al parere sui singoli emendamenti, esprimo parere contrario sugli emendamenti 1.200 (testo 2)/1 a prima firma del senatore Casson, e 1.200 (testo 2)/2, a prima firma della senatrice Della Monica. Abbiamo valutato l'emendamento 1.200 (testo 2)/3, a prima firma del senatore D'Alia, anche apprezzandolo, ma esso ha solo un problema. La ratio che seguiamo è quella di realizzare un Comitato interministeriale che coordina le attività di contrasto che attraverso questa legge cercheremo di realizzare, senza espropriare i singoli Ministeri delle loro facoltà. Purtroppo, con la formulazione proposta dall'emendamento, alcune funzioni proprie del Ministero della giustizia finirebbero per essere espropriate. Quindi siamo costretti a dare parere contrario, ma siamo disponibili a prendere in esame una riformulazione sotto forma di un ordine del giorno che, salvando tale aspetto, vada nella stessa direzione dell'emendamento.
Quanto all'emendamento 1.200 (testo 2)/4, il parere è contrario perché il processo di coinvolgimento delle Regioni dovrà avvenire diversamente, non nel Comitato interministeriale ma attraverso una serie di accordi quadro.
Esprimo parere contrario sugli emendamenti 1.200 (testo 2)/5 e 1.200 (testo 2)/6.
Per quanto riguarda l'emendamento 1.200 (testo 2) del senatore Malan, con le modifiche da lui già chiarite, riguardanti sia l'intervento della 5a Commissione sulla clausola di invarianza sia la soppressione del comma 3, devo dire che intanto c'è un refuso nel testo distribuito perché ci sono due commi indicati come comma 3. Chiariamo intanto all'Assemblea che la 5a Commissione ha chiesto la soppressione del primo e non del secondo. Vivendo il secondo, abbiamo però un problema perché c'è scritto: «Le pubbliche amministrazioni centrali elaborano e trasmettano al Dipartimento di cui al comma 3» e, se tale comma viene soppresso, il Dipartimento deve essere descritto per esteso e quindi il comma seguente diventa: «Le pubbliche amministrazioni centrali elaborano e trasmettono al Dipartimento della funzione pubblica». Il parere è favorevole, con queste correzioni.
Sull'emendamento 1.200 (testo 2)/7, a prima firma della senatrice Poli Bortone, il parere è favorevole. Tra l'altro, comunque, magistrati e militari già giurano (tra i non contrattualizzati). Riteniamo poi che l'emendamento 1.2 risulterebbe precluso in caso di approvazione dell'emendamento 1.200 (testo 2) del senatore Malan.
Presidenza del vice presidente NANIA(ore 11,50)
(Segue AUGELLO, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri). Lo stesso vale per l'emendamento 1.3, su cui vi è il parere contrario della 5a Commissione, ma anche nostro: ripeto comunque che risulterebbe precluso. Lo stesso vale per l'emendamento 1.251, su cui il parere è contrario, così come sugli emendamenti 1.4, 1.5 e 1.252, che risulterebbero tutti preclusi dall'approvazione dell'emendamento 1.200.
È stato ritirato l'emendamento 1.6. Sull'emendamento 1.7 è stata espressa una contrarietà della 5a Commissione ex articolo 81 che è già stata richiamata. Sull'1.253 vi è un parere contrario perché lo riteniamo assorbito dall'emendamento 1.200 del senatore Malan. Sull'emendamento 1.0.250, il parere è contrario: tende a introdurre un articolo molto complesso, in quanto abolisce lo spoils system, c'è un termine di delega troppo breve.
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.200/1.
INCOSTANTE (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
INCOSTANTE (PD). Signor Presidente, vorrei sottolineare all'Assemblea, come già detto dal collega Casson, che questo è un punto fondamentale. Vorrei anche fare qualche osservazione con riferimento alle questioni poste dal sottosegretario Augello.
Qui non si mette in discussione la istituzione e la costituzione di un progetto e di un lavoro presso la Funzione pubblica o la Presidenza del Consiglio di coordinamento delle amministrazioni pubbliche nella lotta alla corruzione, nel migliorare le proprie prestazioni, quanto la mancanza - e questo credo sia un principio generale dell'ordinamento, almeno dei Paesi che conosciamo in democrazia - di una distinzione netta tra controllore e controllato.
È per questo che stiamo insistendo nelle forme varie, attraverso gli emendamenti, rispetto a chi controlla che questa attuazione, che alcuni strumenti ed elementi che si mettono in campo rispetto a questi fenomeni corruttivi siano davvero efficaci. Non è possibile che questo avvenga presso gli organismi gestionali di governo. È evidente - perciò l'OCSE ce lo dice - che dovrebbe essere affidato ad un'autorità indipendente.
È su questo punto e con queste motivazioni che sono per noi fondamentali rispetto alla costituzione e all'avanzamento di questo provvedimento, che dichiaro il voto favorevole all'emendamento e contrario all'articolo.
Chiedo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.
BRUNO (Misto-ApI). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BRUNO (Misto-ApI). Signor Presidente, le posso far osservare che il Governo ha espresso un parere sull'emendamento 1.0.250, che però, essendo stato numerato diversamente, verrà discusso all'articolo successivo.
Nel frattempo, colgo l'occasione anche per chiedere di apporre la firma sull'emendamento 1.200 (testo 2)/7 a prima firma della senatrice Poli Bortone, in quanto il fatto che i consiglieri comunali giurino sulla Costituzione italiana mi sembra cosa utile.
PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, precedentemente avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 1.200 (testo 2)/1, presentato dal senatore Casson e da altri senatori.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Colleghi, per favore, votate ciascuno al proprio posto.
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della discussione dei disegni di legge
nn. 2156, 2044, 2164, 2168, 2174, 2340 e 2346
ORSI (PdL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ORSI (PdL). Signor Presidente, vorrei solo segnalare che il mio dispositivo elettronico di voto non ha funzionato. Volevo votare in senso contrario.
PRESIDENTE. La Presidenza ne prende atto.
Stante il parere contrario espresso dalla 5a Commissione ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, l'emendamento 1.200 (testo 2)/2 è improcedibile.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.200 (testo 2)/3.
SERRA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SERRA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Signor Presidente, vorrei ricordare al sottosegretario Augello che l'ufficio dell'Alto commissario esisteva già. È vero che era sotto la Presidenza del Consiglio, ma voglio ricordare che quell'ufficio, senza mezzi e senza soldi, qualche risultato l'ha ottenuto. Penso all'indagine sul Policlinico, alle varie indagini sugli ospedali in Calabria, alle indagini sull'università, all'istituzione del numero verde al quale si rivolgevano i cittadini.
Appena insediato, questo Governo ha immediatamente chiuso l'ufficio, ricevendo il biasimo di tutta l'Europa, ragion per cui è stato riaperto alla svelta presso il Dipartimento della funzione pubblica. Ebbene, si tratta di un ufficio ombra: quello precedente almeno aveva al suo interno 60 persone qualificate, tra magistrati, funzionari e altri addetti; quello attuale conta 16 persone o poco più, peraltro con un'autovettura che ha 200.000 chilometri. Vorrei capire se ha dato un solo risultato.
È necessario un organismo indipendente che possa svolgere un'azione di controllo. Il Sottosegretario dice che semmai lo si farà più avanti. Ebbene, abbiamo avuto un anno e mezzo per impostare una norma; oggi siamo riusciti ad ammettere l'utilità di un organismo indipendente, e tuttavia ci pensiamo dopo.
Penso che si debba approvare l'emendamento in esame, in quanto prevede un Comitato i cui compiti sono la definizione di linee di indirizzo e l'esercizio di supervisione del rispetto di tutte le norme.
Chiedo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.
PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Serra, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 1.200 (testo 2)/3, presentato dai senatori D'Alia e Serra.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Colleghi, ciascuno voti al proprio posto. Senatore Carrara, per cortesia, si accomodi al suo posto.
Non va bene così, senatore Bevilacqua, perché la Presidenza non riesce a controllare se una persona vota o meno.
Collega Saia, chi c'è accanto a lei? (Vivaci commenti dal Gruppo PD).
GRAMAZIO (PdL). Fatevi una camomilla!
LEGNINI (PD). Signor Presidente, guardi a fianco del senatore Pisanu.
PRESIDENTE. Collega Bevilacqua, di chi è quella scheda? Senatore, noi non possiamo esattamente controllarla: lei fa perdere tempo alla sua maggioranza perché, essendoci un controllo più attento, siamo costretti di volta in volta a chiedere chi è seduto a quel determinato posto. (Applausi dal Gruppo PD). D'altra parte, potevo, diciamo così, capirla se votava al posto di un altro, ma dato che quello è il suo posto, resti lì.
Senatore De Angelis, di chi è quella scheda? Senatore De Angelis, si metta al suo posto, ci aiuti.
ASCIUTTI (PdL). Signor Presidente, ci sono schede inserite e posti vuoti anche tra i banchi dell'opposizione. Si tolgano anche lì le schede.
LUSI (PD). Non ci provi, senatore Asciutti.
PRESIDENTE. Senatore Asciutti, non è questo il problema. Il punto è che ci sono coloro che votano per quelli accanto e coloro che dove c'è la scheda non votano. È una nuova tecnica di ostruzionismo della maggioranza alla maggioranza: se si procedesse in questo modo per ogni votazione finiremmo fra un mese.
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della discussione dei disegni di legge
nn. 2156, 2044, 2164, 2168, 2174, 2340 e 2346
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 1.200 (testo 2)/4, presentato dai senatori Pistorio e Oliva.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 1.200 (testo 2)/5, presentato dal senatore Casson e da altri senatori.
Non è approvato.
INCOSTANTE (PD). Chiediamo la controprova.
PRESIDENTE. Ordino la chiusura delle porte. Procediamo alla controprova mediante procedimento elettronico.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 1.200 (testo 2)/6, presentato dalla senatrice Della Monica e da altri senatori.
Non è approvato.
MALAN (PdL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MALAN (PdL). Signor Presidente, desidero intervenire per formulare una precisazione sull'emendamento 1,200 (testo 2). È stato approfondito il parere della Commissione bilancio e la contrarietà è alle sole parti che ora segnalerò.
Nella seconda pagina in cui è stato stampato l'emendamento, vi sono due commi indicati come comma 3: nel primo dei due chiedo di sopprimere le parole finali «che costituisce ufficio dirigenziale di livello generale». Resta pertanto «il Dipartimento», e quindi la correzione suggerita dal sottosegretario Augello, opportuna nel caso in cui si fosse soppresso l'intero comma, non è più necessaria.
Mi è stato inoltre spiegato che la Commissione bilancio chiede, nel comma 4 (che nel nostro testo è il secondo segnato come comma 3: c'è un errore di stampa), la soppressione del solo capoverso 3), che per intenderci è quello che inizia con l'espressione «specificano procedure appropriate per selezionare».
Ricapitolando, la nuova formulazione dell'emendamento rispetto al testo stampato prevede la clausola di invarianza al termine del comma 1, già precedentemente illustrata, la soppressione delle ultime parole nel comma 3 e del capoverso 3) all'interno del comma 4.
INCOSTANTE (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
INCOSTANTE (PD). Signor Presidente, voteremo in senso contrario a questo emendamento, perché - come abbiamo visto - stiamo per approvare l'intero articolo 1.
Abbiamo proposto vari emendamenti che modificassero questo primo articolo in alcuni punti, ma adesso lo stesso articolo del testo viene praticamente rimodificato da un emendamento del senatore Malan. Il tema centrale è sempre lo stesso: controllori e controllati. Non possiamo pensare che il contrasto alla corruzione lo si faccia con una struttura di coordinamento e non lo si faccia attraverso un'Autorità indipendente: lo ripeteremo per tutto l'andamento di questi lavori. (Applausi dal Gruppo PD e del senatore De Toni).
D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Signor Presidente, intervengo con una brevissima dichiarazione di voto per preannunciare che voteremo in senso contrario a questo emendamento, che dal nostro punto di vista riscrive il testo, peraltro anche peggiorandolo.
Al di là delle giuste considerazioni mosse dalla collega Incostante, qui c'è una questione di fondo: non possiamo metter su un ennesimo pachiderma che non ha alcuna funzione efficace nella lotta alla corruzione in termini né di prevenzione né di contrasto e sanzione. Questo è il punto politico del provvedimento in esame.
Se l'articolo 1 passerà in questi termini, avremo fatto un provvedimento acqua e sapone («Baci Perugina», per così dire), che serve solo a prendere in giro gli italiani. Siamo dunque contrari, perché credo che questa sia un'offesa all'intelligenza di quanti, dei Gruppi parlamentari e dell'opposizione, si sono battuti per far calendarizzare questo provvedimento, confidando e sperando nella possibilità di trovare un testo condiviso anche con la maggioranza: fino ad ora ci siamo illusi. (Applausi dai Gruppi UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI e PD).
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.200 (testo 2)/7.
SERRA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SERRA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Signor Presidente, desidero confermare che siamo favorevoli all'emendamento presentato dalla senatrice Poli Bortone, al quale anzi vorrei apporre anche la mia firma.
MAZZATORTA (LNP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MAZZATORTA (LNP). Signor Presidente, voteremo contro l'emendamento 1.200 (testo 2)/7 semplicemente perché non riusciamo a comprendere come si possa all'interno di un articolo dedicato al Piano nazionale anticorruzione inserire una norma che contempla il giuramento di fedeltà alla Costituzione italiana di 196.000 consiglieri comunali e pubblici impiegati. Una norma del genere mi sembra assolutamente fuori luogo e del tutto inammissibile.
SANNA (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SANNA (PD). Signor Presidente, dichiaro il voto favorevole sull'emendamento 1.200 (testo 2)/7, con una precisazione. Credo che tutti i colleghi ricorderanno che l'Assemblea Costituente si occupò del tema del giuramento dei parlamentari alla Repubblica e alla Costituzione, e concluse che non bisognava inserire in Costituzione l'obbligo di giuramento perché il Parlamento può cambiare, con la procedura prevista dall'articolo 138, la Costituzione stessa. Pertanto, quando nell'emendamento è scritto «cariche pubbliche» non bisogna intendere «parlamentari della Repubblica». Con questa motivazione, voteremo a favore dell'emendamento.
INCOSTANTE (PD). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
INCOSTANTE (PD). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.
PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione
con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 1.200 (testo 2)/7, presentato dalla senatrice Poli Bortone e da altri senatori.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B).
Ripresa della discussione dei disegni di legge
nn. 2156, 2044, 2164, 2168, 2174, 2340 e 2346
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.200 (testo 2), nel testo emendato.
INCOSTANTE (PD). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.
PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 1.200 (testo 2), presentato dal senatore Malan, nel testo emendato.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B). (Vivi applausi dai Gruppi PD, UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI e IdV. Commenti dal Gruppo PdL).
Ripresa della discussione dei disegni di legge
nn. 2156, 2044, 2164, 2168, 2174, 2340 e 2346
PRESIDENTE. Pertanto, l'emendamento 1.200 (testo 2)/7 risulta decaduto.
Colleghi, a seguito della reiezione dell'emendamento 1.200 (testo 2), tutti gli emendamenti che sarebbero stati preclusi dalla sua approvazione dovranno essere messi in votazione.
Passiamo quindi alla votazione dell'emendamento 1.2.
INCOSTANTE (PD). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
INCOSTANTE (PD). Signor Presidente, vorrei rettificare la data indicata nell'emendamento, là dove si dice «entro il 31 dicembre 2010». È evidente che si tratta di un errore, e che è da intendersi: «entro il 31 dicembre 2011».
PRESIDENTE. Invito il rappresentante del Governo a pronunziarsi su questa riformulazione.
AUGELLO, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Il parere è sempre contrario.
INCOSTANTE (PD). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.
PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 1.2 (testo 2), presentato dalla senatrice Della Monica e da altri senatori.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della discussione dei disegni di legge
nn. 2156, 2044, 2164, 2168, 2174, 2340 e 2346
PRESIDENTE. Signor Sottosegretario, alla luce del fatto che gli emendamenti riferiti all'articolo 1 sono adesso sottoponibili a votazione, lei dovrebbe esprimere nuovamente il suo parere.
AUGELLO, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, per esprimere il parere avrei però bisogno di qualche minuto, poiché è stato respinto l'emendamento 1.200 (testo 2), presentato dal senatore Malan, sostitutivo dell'articolo 1.
PRESIDENTE. Non facendosi osservazioni, sospendo la seduta.
(La seduta, sospesa alle ore 12,14, è ripresa alle ore 12,43).
Riprendiamo i nostri lavori.
Invito ciascun collega a raggiungere il proprio posto.
Invito il rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti in esame.
AUGELLO, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, l'emendamento 1.2 (testo 2) è stato già respinto. Confermo il parere contrario sull'emendamento 1.3. Esprimo parere favorevole sull'emendamento 1.251; risultano pertanto preclusi gli emendamenti 1.4, 1.5 e 1.252. Ricordo che l'emendamento 1.6 è stato ritirato.
Sull'emendamento 1.7 è stata espressa la contrarietà in blocco da parte della 5a Commissione, ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione. Esprimo parere favorevole sull'emendamento 1.253, limitatamente al testo fino al punto a) compreso, mentre invece siamo contrari al punto b).
Ribadisco il parere contrario espresso sull'emendamento 1.0.250.
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 1.3, presentato dal senatore Casson e da altri senatori.
Non è approvato.
INCOSTANTE (PD). Chiediamo la controprova.
PRESIDENTE. Ordino la chiusura delle porte. Procediamo alla controprova mediante procedimento elettronico.
Non è approvato.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.251.
POLI BORTONE (CN-Io Sud). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
POLI BORTONE (CN-Io Sud). Signor Presidente, chiedo di aggiungere la mia firma e quella di tutti i componenti del mio Gruppo a questo emendamento, sempre se la collega Spadoni Urbani è d'accordo, perché nei contenuti è molto simile al mio emendamento 1.252, che verrebbe precluso dalla sua eventuale approvazione.
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 1.251, presentato dalla senatrice Spadoni Urbani e da altri senatori.
È approvato.
Risultano pertanto preclusi gli emendamenti 1.4, 1.5 e 1.252 compreso.
L'emendamento 1.6 è stato ritirato.
Stante il parere contrario espresso dalla 5a Commissione ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, l'emendamento 1.7 è improcedibile.
Senatrice Poli Bortone, per quanto riguarda l'emendamento 1.253, accoglie la proposta di modifica formulata dal Governo?
POLI BORTONE (CN-Io Sud). Sì, signor Presidente.
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 1.253 (testo 2), presentato dalla senatrice Poli Bortone e da altri senatori.
È approvato.
Passiamo alla votazione dell'articolo 1, nel testo emendato.
INCOSTANTE (PD). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.
PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'articolo 1, nel testo emendato.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B). (Vivi applausi dai Gruppi PD, UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI e IdV).
Sospendo la seduta per qualche minuto. (Commenti dai Gruppi PD, UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI e IdV).
(La seduta, sospesa alle ore 12,49, è ripresa alle ore 13,15).
Ripresa della discussione dei disegni di legge
nn. 2156, 2044, 2164, 2168, 2174, 2340 e 2346
PRESIDENTE. La seduta è ripresa.
Ha chiesto di intervenire il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, senatore Augello.
AUGELLO, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, essendo stato poc'anzi respinto l'articolo 1, che è importante, direi quasi essenziale, per il disegno di legge, in quanto contiene al suo interno sia il Piano nazionale anticorruzione che gli strumenti che il Governo proponeva di porre al centro dell'intero provvedimento in termini di politiche di contrasto alla corruzione, abbiamo necessità di esaminare quali siano le possibilità di proseguire questa discussione, come pure gli effetti tecnici della bocciatura di questo articolo sulle altre previsioni della legge contenute negli articoli successivi.
Ovviamente, dal momento che stiamo lavorando a braccio, abbiamo bisogno di una pausa per compiere questo lavoro. Pertanto, le chiedo, signor Presidente, cortesemente di fornire al Governo il tempo necessario, non oltre le ore 16, per poi tornare in Aula con una proposta conclusiva rispetto a quanto accaduto. (Applausi dal Gruppo PdL).
FINOCCHIARO (PD). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FINOCCHIARO (PD). Signor Presidente, lo stesso incipit dell'intervento del sottosegretario Augello - l'essere caduto con l'articolo 1 il pilastro intorno al quale era costruito il disegno di legge - conduce, inevitabilmente, mi sia consentito dirlo in maniera molto mite, al ritiro da parte del Governo del provvedimento.
Il Governo vuole rifletterci ancora qualche ora, ma io credo non vi siano margini per pensare. Il provvedimento è caduto nel suo asse principale, che noi consideravamo sbagliato. E non sarà sfuggito che è esattamente sull'articolo 1 che si era articolata la critica più profonda a questo disegno di legge. Caduto quello, francamente credo che non vi sia ragione per inoltrarci nell'ulteriore esame e discussione di questo provvedimento. Comunque, il Governo ha chiesto tempo fino alle ore 16. Noi, nel frattempo, ovviamente adotteremo le iniziative politiche che riteniamo di dover adottare, ma mi sembra che stiamo reggendo una finzione che non so a chi faccia bene.
La verità è di fronte a noi: il provvedimento è caduto. Il Governo lo ritiri. (Applausi dai Gruppi PD e IDV).
RUTELLI (Misto-ApI). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RUTELLI (Misto-ApI). Ferme restando le osservazioni svolte poc'anzi dalla presidente Finocchiaro, mi chiedo, e chiedo al Governo, e naturalmente al Presidente, se abbia un senso che il Governo rifletta - secondo la valutazione e la comunicazione del Sottosegretario - e poi riferisca all'Assemblea.
È evidente che il Governo preliminarmente deve dire se condivide la posizione espressa dal Gruppo del Partito Democratico, ma deve riversare le sue opinioni nella Commissione e poi venire in Aula avendo valutato se ci sono le condizioni per chiudere l'esame di questo provvedimento o ripartire attraverso una riformulazione dell'articolo 1, dunque dell'impianto fondamentale della normativa.
Non credo che, per la civiltà del rapporto tra Governo e Assemblea, tutto ciò si possa risolvere con una comunicazione del rappresentante del Governo all'Aula del Senato come una decisione unilaterale del Governo. Penso che ciò debba avvenire nella sede della Commissione, e qui si debba esercitare quella verifica dell'ultimo minuto sulla circostanza che ci siano o meno le condizioni per ripartire con questo provvedimento.
D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Signor Presidente, a me dispiace, non voglio fare polemiche, però lei ricorderà che sia ieri che stamattina, sia sull'ordine dei lavori che all'inizio della discussione relativa all'esame degli emendamenti, avevamo chiesto che la maggioranza e il Governo si pronunciassero sulle proposte che venivano da parte dell'opposizione funzionali a modificare un testo presentato dal Governo, perché l'articolo 1 fa parte del disegno di legge, signor Sottosegretario, che reca come prima firma quella del Ministro della giustizia, l'onorevole Alfano, poi quelle dell'onorevole Maroni, dell'onorevole Bossi, dell'onorevole Calderoli e dell'onorevole Brunetta.
Questo testo, che al suo articolo 1 prevedeva una versione estremamente soft, leggera, inutile, inefficace sul piano della lotta alla corruzione, è stato bocciato dall'Aula. Quindi, o voi non avete un'idea di come volete condurre la lotta alla corruzione nel Paese, e allora questo momento di riflessione serve a poco (ritirate quindi il disegno di legge o discutiamo dei nostri provvedimenti che sono abbinati a quello, nelle forme e secondo le procedure che prevede il Regolamento), oppure dovete dirci se intendete fare un accordo con le opposizioni su un testo che sia realmente utile ed efficace al contrasto e alla lotta alla criminalità, perché quello che avete proposto voi è stato bocciato dall'Aula e dovete prenderne atto dal punto di vista politico; dovete prenderne atto perché non c'è una politica del Governo e della maggioranza su questa materia.
Per noi va bene la pausa di riflessione, per carità (se siamo qui e abbiamo chiesto di discutere di questo provvedimento è proprio perché lo vogliamo portare a casa), però che non sia tattica: o la maggioranza ci dice che vuole cambiare profondamente il testo, e quindi accogliere le proposte dell'opposizione, oppure prendiamo atto che la vostra proposta, inefficace, è stata bocciata. (Applausi dal Gruppo UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-FLI).
BELISARIO (IdV). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BELISARIO (IdV). Signor Presidente, colleghi, ritengo che il Governo e la maggioranza siano fortunati, perché avremmo corso il rischio di affidare il coordinamento dell'anticorruzione a chi problemi di corruzione ne ha ancora in questo momento. Questa era la prima osservazione.
Passo alla seconda osservazione. Questa mattina, nell'intervento che abbiamo fatto noi dell'opposizione, abbiamo dichiarato in modo chiaro che l'unica cosa di epocale che riuscite a fare è prendere in giro le opposizioni e il Paese. Questa volta le opposizioni vi hanno dimostrato che non ci stanno più; il Paese ve l'ha dimostrato qualche domenica fa, e continuerà in seguito.
E allora, vogliamo rispettare il problema del Governo?
Voglio ricordare ai rappresentanti dell'Esecutivo, però, che il Governo non può assumere decisioni su un atto anche se ne è il presentatore, che ormai l'atto è incardinato in Aula, che le opposizioni hanno presentato specifici disegni di legge in materia anticorruzione che non sono stati allegati al provvedimento del Governo, che ieri le Commissioni riunite 2a e 3a hanno conferito mandato ai relatori a riferire favorevolmente sul disegno di legge di ratifica ed esecuzione della Convenzione penale sulla corruzione fra gli Stati membri del Consiglio d'Europa e gli altri Stati firmatari, fatta a Strasburgo il 27 gennaio 1999 che, evidentemente, supera addirittura, migliorandolo, il provvedimento all'acqua e sapone che voi avevate presentato e che pretendevate che l'Aula approvasse.
Attendiamo quindi con pazienza l'atto di penitenza che ci auguriamo il Governo farà da qui alle ore 16, aspettando di capire dove tutti andremo a parare (Applausi dal Gruppo IdV) .
BRICOLO (LNP). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BRICOLO (LNP). Signor Presidente, noi del Gruppo della Lega Nord riteniamo sia giusto dare tempo al Governo per valutare gli effetti della soppressione dell'articolo 1, votata in quest'Aula. È dunque giusto attendere le ore 16 per fare le opportune valutazioni.
Abbiamo letto dalle agenzie che le opposizioni hanno già indetto una conferenza stampa nel primo pomeriggio. Invitiamo pertanto tutte le opposizioni a riflettere bene su quali dichiarazioni rilasciare dato che dovranno spiegare ai cittadini come mai, con il loro voto, hanno soppresso l'articolo 1 che, di fatto, prevede il Piano nazionale anticorruzione e l'istituzione dell'Osservatorio sulla corruzione che di fatto con il loro voto è stato bocciato. (Applausi dai Gruppi LNP e PdL. Commenti dai Gruppi PD e IdV).
GASPARRI (PdL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GASPARRI (PdL). Signor Presidente, ovviamente siamo d'accordo con la proposta del Governo.
Seppure la polemica, anche accesa, è più che plausibile in questo momento, tuttavia è vero che l'articolo 1 conteneva la proposta di istituire il Piano nazionale anticorruzione ed un apposito Osservatorio che sarebbe stato bene approvare nell'Aula del Senato, dato che l'effetto pratico è esattamente quello che il presidente Bricolo ha ora illustrato.
Pertanto, il Gruppo PdL ritiene che sia stato un errore non votare a favore di questo articolo. (Applausi dal Gruppo PdL).Questo in punta di fatto. In punta di polemica politica, ovviamente, siamo pratici delle cose di mondo e comprendiamo che ciascuno può argomentare come ritiene.
Il Governo ha bisogno di una pausa per verificare se la legge può andare avanti trovando il puntello e l'architrave della sua esistenza, perché il nostro intento è fare leggi anticorruzione. Abbiamo votato a favore della ratifica della Convenzione di Strasburgo e questa mattina ho motivato la necessità di procedere con l'esame del provvedimento in attesa che il Parlamento, dunque anche la Camera dei deputati, ratifichi quella Convenzione, così che si possano valutare le norme e si possa procedere.
Contro la corruzione sarebbe bene andare avanti, e non archiviare provvedimenti, perché questo è il paradosso a cui arriva l'opposizione in quest'Aula. (Applausi dal Gruppo PdL. Commenti del senatore Belisario).
VIESPOLI (CN-Io Sud). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
VIESPOLI (CN-Io Sud). Signor Presidente, credo che l'invito alla riflessione e ad una ulteriore valutazione da parte del rappresentante del Governo sia corretto e che quindi una pausa sia opportuna e giusta nella dinamica del rapporto Governo-Parlamento, così come evidenziato e sottolineato anche dal senatore Rutelli.
Vorrei aggiungere però una valutazione ed una considerazione, signor Presidente. Non v'è dubbio (e la schermaglia ora è inutile e non risolve il problema) che vi sia un problema, che sia emersa una questione di carattere politico: la bocciatura di un articolo pone dei problemi di ordine politico, di ordine procedurale e di ordine regolamentare. Ma c'è una grande questione che riguarda sia la maggioranza che l'opposizione. Credo che abbiamo tutti il dovere di fare una riflessione aggiuntiva, oltre quella che dovrà fare il Governo, e riportare nell'ambito della Conferenza dei Capigruppo la discussione ed il confronto per determinare l'utilità di questa settimana e per fare in modo che comunque il Parlamento, preso atto di quello che è accaduto, sia in grado, maggioranza e opposizione...
FINOCCHIARO (PD). C'è il testo base delle opposizioni!
VIESPOLI (CN-Io Sud). Stavo dicendo, e quindi mi stavo rivolgendo anche alla senatrice Finocchiaro, che maggioranza e opposizione hanno entrambe il dovere, preso atto di quanto è accaduto, che si legge in termini chiari sul piano politico, regolamentare e procedurale, di utilizzare utilmente questa settimana per dare un segnale anticorruzione, un segnale da parte di tutte le forze politiche, cosa che è possibile ed è rimessa all'intelligenza della senatrice Finocchiaro e dei Capigruppo di maggioranza. (Applausi dai Gruppi CN-Io Sud e PdL).
PRESIDENTE. A questo punto, rinvio il seguito della discussione dei disegni di legge in titolo ad altra seduta.
La seduta è tolta (ore 13,48).
Allegato A
DISEGNI DI LEGGE DISCUSSI AI SENSI DELL'ARTICOLO 44, COMMA 3, DEL REGOLAMENTO
(*) Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione (2156)
Misure per contrastare fenomeni corruttivi nel rapporto tra eletti, cittadini e pubblica amministrazione (2044)
Norme per il contrasto alla corruzione nella pubblica amministrazione e in materia di cause ostative all'assunzione di incarichi di governo, incandidabilità ed ineleggibilità dei condannati per reati contro la pubblica amministrazione. Delega al Governo in materia di coordinamento del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (2164)
Disciplina della partecipazione alla vita pubblica e degli emolumenti per l'esercizio della funzione pubblica, regolamentazione degli incarichi di consulenza e norme in materia di contrasto a fenomeni di corruzione (2168)
Norme per il contrasto alla corruzione nella pubblica amministrazione e nel settore privato. Cause ostative all'assunzione di incarichi di governo, incandidabilità ed ineleggibilità dei responsabili per reati contro la pubblica amministrazione e collegati (2174)
Norme per il contrasto alla corruzione nella pubblica amministrazione e nel settore privato (2346)
Norme per la trasparenza, la prevenzione e la repressione della corruzione e per il contrasto alla illegalità nel settore pubblico e privato (2340)
________________
(*) Testo preso in esame dall'Assemblea
ORDINI DEL GIORNO
G100
V. testo 2
Il Senato,
premesso che:
nel corso dell'esame del disegno di legge A.S. 2156, Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione,
impegna il Governo:
a dare conto, anche sommariamente ma entro il 15 luglio prossimo, dell'attuazione della legge 5 luglio 1982, n.441, per quanto riguarda le disposizioni per la pubblicità della situazione patrimoniale e reddituale di titolari di cariche direttive di determinati istituti ed enti pubblici nonchè società e aziende indicati all'articolo 12.
G100 (testo 2)
Non posto in votazione (*)
Il Senato,
premesso che:
nel corso dell'esame del disegno di legge A.S. 2156, Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione,
impegna il Governo
a dare conto, anche sommariamente ma entro un mese dall'entrata in vigore della presente legge, dell'attuazione della legge 5 luglio 1982, n.441, per quanto riguarda le disposizioni per la pubblicità della situazione patrimoniale e reddituale di titolari di cariche direttive di determinati istituti ed enti pubblici nonchè società e aziende indicati all'articolo 12.
________________
(*) Accolto dal Governo
G101
RUTELLI, BAIO, BRUNO, MILANA, MOLINARI, RUSSO, FINOCCHIARO (*)
Accantonato
Il Senato,
preso atto che:
le statistiche della delittuosità, cristallizzate nello SDI (sistema d'indagine gestito dal Ministero dell'interno) e le statistiche giudiziarie della criminalità, alimentate dal Ministero della giustizia, nonché la relazione della Corte dei conti, testimoniano di una massiccia intrusione della corruzione nei gangli vitali del Paese, con un andamento crescente in progressione accelerata;
accanto alla rilevazione di fenomeni riconducibili per diverse connessioni causali alla corruzione, non emergono, con immediatezza e spessore, le ragioni del bene comune e degli interessi nazionali, incarnate in istituzioni, sia pubbliche che private, votate a debellare questo devastante fenomeno che incide in profondità sulla vitalità civile e democratica del Paese;
sussiste un'illegalità diffusa che fa sentire molti partecipi di un «comune destino», tollerata anche da una parte della nostra classe dirigente, la quale, godendo di uno smisurato potere mediatico e politico, che certamente influenza e determina costumi e morale, ha annacquato il disvalore etico di determinati comportamenti;
considerato che:
le rilevazioni maggiormente accreditate, quelle che hanno potuto considerare le condizioni politico-economico-giudiziarie di un vasto numero di nazioni, in particolare quelle della Banca mondiale, confermano il dato secondo il quale alti livelli di costituzione, reale e percepita, sono associati a quella che viene definita una «povera» capacità di governance, cioè di elaborazione di politiche generali e di esercizio di controlli;
le stesse rilevazioni, con riguardo a nazioni nelle quali il livello di costituzione è moderato o addirittura modesto, a fronte di buona e forte governance, presentano, piuttosto che giudizi soddisfacenti, l'indicazione di strumenti di prevenzione e controllo altrettanto incisivi di quelIi necessari ad intervenire nei contesti di elevato tenore di corruzione;
in Italia, i cittadini che nutrono sentimenti di forte lealtà verso l'interesse generale e verso le istituzioni e le pubbliche amministrazioni iniziano a sentirsi in minoranza, poiché i crescenti livelli di corruzione risultano in forte dissonanza con un quadro legale evoluto e radicato nella cultura giuridica del Paese. La legge sul procedimento amministrativo (n.241 del 1990), il decreto legislativo sulla responsabilità penale amministrativa d'impresa (n.231 del 2001), il sistema generale di controlli pubblici e di quelli stabiliti per le società private, il prezioso lavoro delle Forze dell'ordine e della magistratura, la sottoscrizione e la ratifica di trattati internazionali (da ultimo, si veda la legge n.116 del 2009 di ratifica della Convenzione ONU contro la corruzione) e nel futuro più prossimo l'auspicabile ratifica ed esecuzione delle Convenzioni civile e penale sulla corruzione, definite a Strasburgo l'una nel novembre 1999, l'altra nel gennaio dello stesso anno, ovvero l'intero sistema normativo del Paese deporrebbero per un'adeguata cornice legale contro la corruzione; e tuttavia, il dato crescente della corruzione pone interrogativi sulle dinamiche reali in corso nel Paese, ben oltre quelle legali;
più che una percezione, vi è il fondato timore che la soglia di accettazione della corruzione, nei comuni e nelle città, negli uffici pubblici e in quelli privati, nei gruppi sociali, aggravata dall'incombente crisi economico-sociale, si sia abbassata, con il rischio di una generalizzata rassegnazione nella concretezza della quotidianità;
il rimbombo di richiami aI pragmatismo, non conseguenti ad un principio di responsabilità attrezzato con regole, comportamenti etici e politici, e con trasparenti meccanismi funzionali e procedurali concorre a distorcere il senso comune, con il rischio concreto di screditare anche il rispetto per il fare, per realizzare interventi pubblici, servizi, trasformazioni territoriali moderne e sostenibili;
stime pari a 60-70 miliardi di euro di corruzione all'anno costituiscono una mostruosità finanziaria, non dimenticando che un fiume ben più che doppio di miliardi di curo passa per l'evasione fiscale. La Corte dei conti, la relazione del SAeT ed agenzie indipendenti come Transparency lnternational sono concordi nella valutazione dell'enormità dello stock annuale di corruzione. Quanto sia il valore effettivo, in realtà lo si ignora: probabilmente è superiore ai dati di stima;
c'è un'indicazione di massima delle aree nelle quali si produce corruzione, ma è compito delle lstituzioni pubbliche rendere disponibile il tracciato della corruzione, modalità per modalità, settore per settore, soggetto per soggetto, a partire dalla sanità, dove molto alto è il livello di indebita intermediazione politica;
c'è stata una stagione nella quale i controlli, nelle loro variabili più aggiornate - il controllo interno, il controllo strategico, il controllo di gestione, l'accertamento della qualità - assieme a quelli tradizionali di legittimità hanno aiutato a rassicurare il Paese circa la volontà politica ed istituzionale di mettere fuori gioco le variabili criminose della competizione economica. Occorre prendere atto, alla luce dei conclamati numeri della costruzione, del loro fallimento;
il Governo, lo scorso 1º marzo ha dato notizia di aver approvato un disegno di legge anticorruzione, in un momento in cui affioravano pesanti episodi di presunta corruzione. Questo disegno di legge, allo stato, non è stato tuttavia ancora presentato in Parlamento;
«a coloro ai quali molto è dato, molto è richiesto», affermò John Fitzgerald Kennedy. Conformemente alla Convenzione ONU, alla politica, in Italia, è oggi richiesto di «elaborare o perseguire, secondo i principi fondamentali del sistema giuridico italiano, politiche di prevenzione della corruzione efficaci e coordinate che favoriscano la partecipazione della società e rispecchino i principi dello Stato di diritto, di buona gestione degli affari pubblici e dei beni pubblici, di integrità, di trasparenza e di responsabilità»; a questi fini è cruciale un'ampia partecipazione democratica e civica,
impegna il Governo:
a) a dare attuazione piena ed integrale alla Convenzione ONU sulla corruzione ratificata con legge n. 116 del 2009, con le seguenti specificazioni: l'organo di prevenzione della corruzione, per il quale già l'Alto commissario per la lotta alla corruzione auspicava che si trasformasse in autorità indipendente, godrà dell'indipendenza necessaria ad esercitare le proprie funzioni al riparo da ogni indebita influenza. Esso dovrà essere individuato sulla base di una procedura ad evidenza pubblica alla quale saranno ammessi a partecipare associazioni di alta rappresentatività, università, ordini professionali, rappresentanti dei mondi produttivi e dei consumatori. La procedura di selezione sarà affidata all'insindacabile giudizio dei presidenti delle Camere;
b) a promuovere l'aggiornamento della legge n.241 del 1990 alla luce dei princìpi dell'articolo 10 della Convenzione ONU, previa indizione di una sessione dedicata della Conferenza unificata per l'analisi del suo funzionamento, dell'impatto sul procedimento amministrativo, delle distorsioni registrate;
c) a propone al Parlamento: un quadro di disposizioni concernenti il settore privato che non costituiscano appesantimento ma, piuttosto, semplificazione degli oneri burocratici e consentano di rafforzare i controlli in funzione anticorruttiva; misure che prevedano l'accessibilità protetta del singolo cittadino agli organi di prevenzione della corruzione e agli organi giurisdizionali, con forme di tutela identiche a quelle assicurate dalla legge ai dati sensibili; misure che disciplinino la tracciabilità dell'intero percorso del danaro pubblico erogato nell'ambito di procedure ad evidenza pubblica o in qualunque altro modo speso dalle pubbliche amministrazioni con particolare cura agli interventi nell'ambito delle procedure d'urgenza; misure volte ad adeguare l'ordinamento ai princìpi e agli istituti penalistici definiti nella Convenzione ONU in materia di repressione della corruzione, dando attuazione, in particolare, a quello secondo il quale i vantaggi della corruzione devono essere facilmente considerati inferiori agli svantaggi derivanti dalle sanzioni per comportamenti corruttivi;
d) ad estendere ai proventi accettati della corruzione - inclusa quella politico-amministrativa - il regime della confisca come già previsto dall'ordinamento giuridico italiano per altri tipi di reato;
e) ad annullare i benefici di legge (ovvero le attenuanti generiche, la sospensione condizionale della pena, l'indulto, l'amnistia, la semi libertà o la liberazione anticipata) nei reati di tipo economico e contro la pubblica amministrazione ove l'autore del delitto non risarcisca integralmente il danno alla vittima;
f) a dar vita ad un organismo di confronto permanente per l'analisi dei fenomeni corruttivi cui prendano parte tra gli altri la Conferenza Unificata, la Banca d'Italia, la CONSOB;
g) ad assumere un'iniziativa legislativa per la regolamentazione delle attività lobbistiche, che sia ispirata al princìpio fondamentale secondo il quale l'acquisizione da parte delle istituzioni delle informazioni necessarie alla decisione è parte del procedimento formale, e le informazioni ricevute debbano essere corredate dal parere di un autorevole soggetto indipendente;
h) a recepire in ogni comparto legislativo il principio di corrispondenza tra concorso pubblico ed incarico pubblico;
i) a stabilire il regime di separazione tra funzioni consultive e funzioni giurisdizionali nell'ambito dell'assegnazione di incarichi pubblici;
l) a proporre un nuovo sistema unitario e coordinato per le procedure di appalto, l'esecuzione dei lavori e i relativi controlli;
m) a rafforzare e rendere più efficiente l'azione della Corte dei conti, anche per il risarcimento dei danni subiti dall'intero Paese a causa della corruzione, consapevoli che nei Paesi in cui tale fenomeno è diffuso sovente le istituzioni assolvono contro di esso compiti formali, prima che sostanziali;
n) a promuovere una normativa che introduca l'obbligo per il Governo di corredare le proprie iniziative legislative con un'analisi volta a prevenire ogni possibile impatto negativo delle norme in termini di potenziale accrescimento del meccanismi di corruzione.
________________
(*) Firma aggiunta in corso di seduta
G102
Improponibile
Il Senato,
in sede di discussione del disegno di legge recante disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione;
constatato che persino nel mondo del calcio, a fronte dell'aumentare degli interessi economici coinvolti, si stanno verificando evidenti fenomeni di corruzione;
che da tempo si discute di poter documentare le partite di calcio in tempo reale e di potere intervenire affidandosi alla cosiddetta «moviola in campo»;
che in molti casi la prova televisiva, attraverso l'utilizzo di inquadrature e punti di vista molteplici rispetto a quelli della terna arbitrale può effettivamente dare un contributo alla chiarezza dei comportamenti sul campo di calcio aiutando le decisioni arbitrali;
che la correttezza delle partite di calcio è condizione necessaria per tutelare gli interessi economici dei club calcistici e anche di quanti scommettono sul calcio in modo regolare,
impegna il Governo:
ad adottare le più opportune iniziative nei confronti del Coni e della Federazione Italiana Gioco Calcio, affinché i modi e i tempi dell'utilizzo della prova televisiva siano regolamentari, giù dal prossimo campionato, al fine di giungere a un giudizio inequivocabile sui comportamenti nei campi di calcio delle serie maggiori a garanzia dei club e dei cittadini.
ARTICOLO 1 DEL DISEGNO DI LEGGE N. 2156
Capo I
MISURE PER LA TRASPARENZA DELL'ATTIVITÀ AMMINISTRATIVA E LA PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE E DELL'ILLEGALITÀ NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
Art. 1.
Respinto
(Piano nazionale anticorruzione)
1. La Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica predispone e coordina il Piano nazionale anticorruzione in attuazione dei princìpi di cui all'articolo 5 della Convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni unite contro la corruzione, adottata dalla Assemblea generale dell'ONU il 31 ottobre 2003, con risoluzione n. 58/4, firmata dallo Stato italiano il 9 dicembre 2003 e ratificata ai sensi della legge 3 agosto 2009, n. 116.
2. Al fine di cui al comma 1, le pubbliche amministrazioni centrali elaborano e trasmettono propri piani di azione che:
a) forniscono una valutazione del diverso livello di esposizione al rischio corruzione degli uffici;
b) definiscono gli interventi organizzativi per presidiare il rischio di cui alla letteraa);
c) specificano procedure appropriate per selezionare e formare i dipendenti chiamati ad operare in settori particolarmente esposti alla corruzione prevedendo, se del caso, la rotazione in tali settori;
d) indicano le soluzioni, anche normative, e le attività volte a individuare tempestivamente e a prevenire eventuali condotte illecite.
3. La Rete nazionale anticorruzione, composta da referenti di ciascuna pubblica amministrazione, fornisce al Dipartimento della funzione pubblica elementi idonei a:
a) valutare periodicamente l'idoneità degli strumenti giuridici e delle misure amministrative adottate al fine di prevenire e combattere la corruzione;
b) definire programmi informativi e formativi per i dipendenti pubblici che favoriscono il corretto e onorevole esercizio delle funzioni ad essi affidate;
c) monitorare l'effettiva attuazione dei singoli piani di cui al comma 2.
4. È istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica, l'Osservatorio sulla corruzione e gli altri illeciti nella pubblica amministrazione, di seguito denominato «Osservatorio», che cura l'analisi aggiornata dei fenomeni corruttivi e ne riferisce, con cadenza annuale, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione che, a sua volta, ne informa il Governo, il Parlamento, gli organismi internazionali e la Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche ai fini di cui all'articolo 13, comma 8, del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n.150.
5. Ai componenti dell'Osservatorio non spettano compensi in relazione all'incarico conferito né alcun rimborso delle spese a qualsiasi titolo sostenute.
EMENDAMENTI
1.200 testo 2/1
CASSON, CECCANTI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, GARRAFFA, LUMIA, MARITATI, LI GOTTI (*)
Respinto
All'emendamento 1.200 (testo 2), apportare le seguenti modificazioni:
1) sopprimere il comma 1;
2) al comma 2, alinea, sostituire le parole: «Presidenza del Consiglio dei Ministri Dipartimento della funzione pubblica» con le seguenti: «Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150» e, alla lettera c), sostituire le parole: «gli organismi internazionali e la Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche ai fini di cui all'articolo 13, comma 8, del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150», con le seguenti: «e gli organismi internazionali»;
3) sopprimere il comma 3;
4) al comma 4, sostituire le parole: «al Dipartimento di cui al comma 3», con le seguenti: «alla Commissione di cui al comma 2».
________________
(*) Firma aggiunta in corso di seduta
1.200 testo 2/2
DELLA MONICA, INCOSTANTE, BIANCO, D'AMBROSIO, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, CECCANTI, BARBOLINI, AGOSTINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA
Improcedibile
All'emendamento 1.200 (testo 2), sostituire i commi 1 e 2 con i seguenti:
«1. All'articolo 68 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito in legge, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 6 agosto 2008, n. 133, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 6 la lettera a) è soppressa;
b) al comma 6-bis del medesimo articolo le parole: «lettere a) e» sono sostituite dalle seguente: «lettera».
1-bis. L'articolo 6 della legge 3 agosto 2009, n. 116 è così modificato:
''Art. 6. - 1. È designato quale autorità nazionale ai sensi dell'articolo 6 della Convenzione, l'Alto Commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione e delle altre forme di illecito all'interno della pubblica amministrazione.
2. Al soggetto di cui al comma 1 sono assicurate autonomia ed indipendenza nell'attività''».
Conseguentemente:
1) al comma 2 sostituire le parole: «La Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica» con le seguenti: «L'Alto Commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione e delle altre forme di illecito all'interno della pubblica amministrazione»;
2) sopprimere il comma 3;
3) al comma 4, alinea, sostituire le parole: «al Dipartimento» con le seguenti: «all'Autorità nazionale».
1.200 testo 2/3
Respinto
All'emendamento 1.200 (testo 2), sostituire il comma 1 con il seguente:
«1. È istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Comitato di coordinamento delle iniziative anticorruzione, di seguito ''Comitato''. Il Comitato è presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri o, su sua delega, dal Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione ed è, altresì, composto dai Ministri dell'interno, della giustizia, dell'economia e delle finanze, dello sviluppo economico, degli affari esteri e delle politiche comunitarie, o loro delegati, con il compito di:
a) definire le linee di indirizzo e di coordinare le strategie di prevenzione e repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione elaborate a livello nazionale e internazionale;
b) esercitare la supervisione del rispetto, da parte di tutte le pubbliche amministrazioni, dell'adempimento degli obblighi previsti dalla Convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni unite contro la corruzione, adottata dall'Assemblea generale dell'ONU il 31 ottobre 2003, con risoluzione n. 58/4, firmata dallo Stato italiano il 9 dicembre 2003 e ratificata con la legge 3 agosto 2009, n. 116, ed il coordinamento di tale applicazione, proponendo al Consiglio dei ministri l'esercizio dei poteri spettanti al Governo ai sensi dell'articolo 8 della legge n. 131 del 2003».
1.200 testo 2/4
Respinto
All'emendamento 1.200 (testo 2), al comma 1, dopo le parole: «e delle politiche comunitarie, o loro delegati,» inserire le seguenti: «un rappresentante regionale, uno provinciale e uno dei comuni nominati dalla Conferenza stato regioni e unificata».
1.200 testo 2/5
CASSON, CECCANTI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, GARRAFFA, LUMIA, MARITATI
Respinto
All'emendamento 1.200 (testo 2), al comma 2, alinea, sostituire le parole: «Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica» con le seguenti: «Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150» e, alla lettera c), sostituire le parole: «gli organismi internazionali e la Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche ai fini di cui all'articolo 13, comma 8, del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150», con le seguenti: «e gli organismi internazionali».
Conseguentemente:
1. sopprimere il comma 3;
2. al comma 4, sostituire le parole: «al Dipartimento di cui al comma 3», con le seguenti: «alla Commissione di cui al comma 2».
1.200 testo 2/6
DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, AGOSTINI, BARBOLINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA
Respinto
All'emendamento 1.200 (testo 2), al comma 2, sopprimere la lettera c).
1.200 testo 2/7
POLI BORTONE, VIESPOLI, CARDIELLO, CARRARA, CASTIGLIONE, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, SAIA (*)
Approvato
Al comma 1, premettere il seguente:
«01. Coloro che occupano cariche pubbliche o assumano pubblici impieghi, all'atto della assunzione devono giurare fedeltà alla Costituzione italiana».
________________
(*) Aggiungono la firma in corso di seduta i senatori Bruno e Serra
1.200
V. testo 2
Sostituire l'articolo con il seguente:
«Art. 1. - 1. È istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Comitato di coordinamento delle iniziative anticorruzione, di seguito "Comitato". Il Comitato è presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri o, su sua delega, dal Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione ed è, altresì, composto dai Ministri dell'Interno, della giustizia, dell'economia e delle finanze, dello sviluppo economico, degli affari esteri e delle politiche comunitarie, o loro delegati, con il compito di definire le linee di indirizzo e di coordinare le strategie di prevenzione e repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione elaborate a livello nazionale e internazionale.
2 La Presidenze dei Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica, che opera quale Autorita nazionale anticorruzione ai sensi dell'articolo 6 della legge 3 agosto 2009, n. 116, ha il compito di:
a) sviluppare le strategie di prevenzione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione elaborate a livello nazionale;
b) predisporre e coordinare, sulla base dei piani delle pubbliche amministrazioni centrali di cui al comma 4, lettera a), il Piano nazionale anticorruzione in attuazione dei princìpi di cui all'articolo 5 della Convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni unite contro la corruzione, adottata dall'Assemblea generale dell'ONU il 31 ottobre 2003, con risoluzione n. 58/4 firmata dallo Stato Italiano il 9 dicembre 2003 e ratificata con la legge 3 agosto 2009, n.116 (di seguito «Convenzione»);
c) svolgere le funzioni di Osservatorio anticorruzione curando l'analisi aggiornata dei fenomeni corruttivi e riferendone, con cadenza annuale, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione che, a sua volta, ne informa il Governo, il Parlamento, gli organismi internazionali e la Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche ai fini di cui all'articolo 13, comma 8, del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150;
d) ai sensi degli articoli 5, comma 4, e 61, comma 2, della Convenzione, collaborare con i paritetici organismi stranieri, con le organizzazioni regionali ed internazionali competenti al fine di:
1) promuovere e mettere a punto definizioni, norme e metodologie comuni per la prrevenzione della corruzione;
2) sviluppare e condividere statistiche, esperienza analitica e informazioni sulle migliori pratiche per prevenire e combattere il fenomeno;
3) realizzare programmi e progetti internazionali;
e) valutare periodicamente, ai sensi degli articoli 5, comma 3, e 61, comma 3, della Convenzione, l'idoneità degli strumenti giuridici e delle misure amministrative adottate al fine di prevenire e combattere la corruzione;
f) al fine di favorire il corretto e onorevole esercizio delle funzioni affidate, definire, ai sensi, dell'articolo 7, comma 1, della Convenzione, in collaborazione con la Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione, programmi formativi per i dipendenti pubblici, nonché stabilire le modalità per lo svolgimento presso la stessa Scuola e in collaborazione con l'Autorità per la Vigilanza sui contratti pubblicik, della formazione dei dirigenti e dei funzionari preposti alle stazioni appaltanti in materia di procedure di gara, stipula e gestione dell'esecuzione dei contratti pubblici di lavori, servizi e fornitue;
g) pubblicare, ai sensi dell'articolo 10, comma 1, lettera c) della Convenzione, le informazioni relative al rischio corruzione nella pubblica amministrazione;
h) monitorare l'effettiva attuazione dei singoli piani di cui al comma 4;
i) definire modelli standard delle informazioni ed i dati occorrenti per il conseguimento degli obiettivi previsti dalla presente legge, secondo modalità che consentano la loro gestione ed analisi informatizzata;
l) convocare periodicamente ai sensi dell'articolo 13, comma 1, della Convenzione, le organizzazioni non governative attive nella prevenzione della corruzione e nella lotta contro tale fenomeno.
3) Per lo svolgimento delle funzioni di cui al comma 2, il Dipartimento della funzione pubblica si avvale del Servizio Anticorruzione e Trasparenza che costituisce ufficio dirigenziale di livello generale.
3) Le pubbliche amministrazioni centrali elaborano e trasmettono al Dipartimento di cui al comma 3:
a) propri piani di azione che:
1) forniscano una valutazione del diverso livello di esposizione al rischio corruzione degli uffici;
2) definiscono gli interventi organizzativi per presidiare il rischio di cui al numero 1);
3) specificano procedure appropriate per selezionare e formare i dipendenti chiamati ad operare in settori particolarmente esposti alla corruzione prevedendo nei medesimi settori, la rotazione dei responsabili degli uffici con cadenza almeno quinquennale, salvo eccezionali e motivate esigenze organizzative degli uffici;
4) attuano in collaborazione con la Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione, i programmi formativi, di cui al comma 2, lettera f);
5) indicano le soluzioni, anche normative, e le attività volte a individuare tempestivamente e a prevenire eventuali condotte illecite;
b) elementi idonei allo svolgimento dei compiti di cui al comma 2, lettere e), f), g), h) e i)».
1.200 (testo 2)
Respinto
Sostituire l'articolo con il seguente:
«Art. 1. - 1. È istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Comitato di coordinamento delle iniziative anticorruzione, di seguito "Comitato". Il Comitato è presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri o, su sua delega, dal Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione ed è, altresì, composto dai Ministri dell'Interno, della giustizia, dell'economia e delle finanze, dello sviluppo economico, degli affari esteri e delle politiche comunitarie, o loro delegati, con il compito di definire le linee di indirizzo e di coordinare le strategie di prevenzione e repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione elaborate a livello nazionale e internazionale. Ai membri del Comitato non spettano emolumenti o rimborsi di qualsiasi natura per l'incarico svolto.
2. La Presidenze dei Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica, che opera quale Autorita nazionale anticorruzione ai sensi dell'articolo 6 della legge 3 agosto 2009, n. 116, ha il compito di:
a) sviluppare le strategie di prevenzione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione elaborate a livello nazionale;
b) predisporre e coordinare, sulla base dei piani delle pubbliche amministrazioni centrali di cui al comma 4, lettera a), il Piano nazionale anticorruzione in attuazione dei princìpi di cui all'articolo 5 della Convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni unite contro la corruzione, adottata dall'Assemblea generale dell'ONU il 31 ottobre 2003, con risoluzione n. 58/4 firmata dallo Stato Italiano il 9 dicembre 2003 e ratificata con la legge 3 agosto 2009, n.116 (di seguito «Convenzione»);
c) svolgere le funzioni di Osservatorio anticorruzione curando l'analisi aggiornata dei fenomeni corruttivi e riferendone, con cadenza annuale, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione che, a sua volta, ne informa il Governo, il Parlamento, gli organismi internazionali e la Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche ai fini di cui all'articolo 13, comma 8, del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150;
d) ai sensi degli articoli 5, comma 4, e 61, comma 2, della Convenzione, collaborare con i paritetici organismi stranieri, con le organizzazioni regionali ed internazionali competenti al fine di:
1) promuovere e mettere a punto definizioni, norme e metodologie comuni per la prrevenzione della corruzione;
2) sviluppare e condividere statistiche, esperienza analitica e informazioni sulle migliori pratiche per prevenire e combattere il fenomeno;
3) realizzare programmi e progetti internazionali;
e) valutare periodicamente, ai sensi degli articoli 5, comma 3, e 61, comma 3, della Convenzione, l'idoneità degli strumenti giuridici e delle misure amministrative adottate al fine di prevenire e combattere la corruzione;
f) al fine di favorire il corretto e onorevole esercizio delle funzioni affidate, definire, ai sensi, dell'articolo 7, comma 1, della Convenzione, in collaborazione con la Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione, programmi formativi per i dipendenti pubblici, nonché stabilire le modalità per lo svolgimento presso la stessa Scuola e in collaborazione con l'Autorità per la Vigilanza sui contratti pubblicik, della formazione dei dirigenti e dei funzionari preposti alle stazioni appaltanti in materia di procedure di gara, stipula e gestione dell'esecuzione dei contratti pubblici di lavori, servizi e fornitue;
g) pubblicare, ai sensi dell'articolo 10, comma 1, lettera c) della Convenzione, le informazioni relative al rischio corruzione nella pubblica amministrazione;
h) monitorare l'effettiva attuazione dei singoli piani di cui al comma 4;
i) definire modelli standard delle informazioni ed i dati occorrenti per il conseguimento degli obiettivi previsti dalla presente legge, secondo modalità che consentano la loro gestione ed analisi informatizzata;
l) convocare periodicamente ai sensi dell'articolo 13, comma 1, della Convenzione, le organizzazioni non governative attive nella prevenzione della corruzione e nella lotta contro tale fenomeno.
3) Per lo svolgimento delle funzioni di cui al comma 2, il Dipartimento della funzione pubblica si avvale del Servizio Anticorruzione e Trasparenza .
4) Le pubbliche amministrazioni centrali elaborano e trasmettono al Dipartimento di cui al comma 3:
a) propri piani di azione che:
1) forniscano una valutazione del diverso livello di esposizione al rischio corruzione degli uffici;
2) definiscono gli interventi organizzativi per presidiare il rischio di cui al numero 1);
3) attuano in collaborazione con la Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione, i programmi formativi, di cui al comma 2, lettera f);
4) indicano le soluzioni, anche normative, e le attività volte a individuare tempestivamente e a prevenire eventuali condotte illecite;
b) elementi idonei allo svolgimento dei compiti di cui al comma 2, lettere e), f), g), h) e i)».
1.2
DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, AGOSTINI, BARBOLINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA
V. testo 2
Al comma 1 dopo le parole: «Dipartimento della funzione pubblica» inserire le parole: «entro il 31 dicembre 2010».
1.2 (testo 2)
DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, AGOSTINI, BARBOLINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA
Respinto
Al comma 1 dopo le parole: «Dipartimento della funzione pubblica» inserire le parole: «entro il 31 dicembre 2011».
1.3
CASSON, CECCANTI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, GARRAFFA, LUMIA, MARITATI, BIANCO, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA
Respinto
All'articolo, apportare le seguenti modificazioni:
1. Al comma 1, sostituire le parole: «Presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento della funzione pubblica» con le seguenti: «Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150».
2. Al comma 3, alinea, sostituire le parole: «al Dipartimento della funzione pubblica» con le seguenti: «alla Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150».
3. Al comma 4, sostituire le parole: «Presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento della funzione pubblica» con le seguenti: «Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n.150».
Conseguentemente, al medesimo comma 4, sopprimere le parole da: «e la Commissione» fino alla fine del comma.
1.251
SPADONI URBANI (*)
Approvato
Al comma 2, sostituire la lettera c) con la seguente::
«c) specificano procedure appropriate per selezionare e formare i dipendenti prevedendo la rotazione dei dirigenti sia nelle amministrazioni dirette centrali che in quelle periferiche;».
________________
(*) La senatrice Poli Bortone e tutti gli altri componenti del Gruppo Coesione Nazionale - Io Sud, aggiungono la firma in corso di seduta
1.4
DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, BARBOLINI, AGOSTINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA
Precluso
Al comma 2, lettera c), sopprimere le parole: «, se del caso,».
1.5
PARDI, LI GOTTI, BELISARIO, GIAMBRONE, CARLINO, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA, MARITATI, DELLA MONICA
Precluso
Al comma 2, lettera c), sopprimere le parole: «, se del caso,».
1.252
POLI BORTONE, VIESPOLI, CARDIELLO, CARRARA, CASTIGLIONE, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, SAIA
Precluso
Al comma 2, lettera c), sostituire le parole: «, se del caso, la rotazione» con le seguenti: «la rotazione quinquennale»
1.6
PARDI, LI GOTTI, BELISARIO, GIAMBRONE, CARLINO, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA, DELLA MONICA
Ritirato
Dopo il comma 2, inserire il seguente:
«2-bis. I piani di azione predisposti dalle pubbliche amministrazioni centrali assicurano il rispetto degli obblighi di trasparenza previsti dalla normativa vigente e sono trasmessi al Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri, in quanto autorità nazionale ai sensi della legge 3 agosto 2009, n. 116».
1.7
DELLA MONICA, INCOSTANTE, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, CECCANTI, BARBOLINI, AGOSTINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA
Improcedibile
Sostituire i commi 4 e 5 con il seguente:
«4. La lettera a) del comma 6 dell'articolo 68 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito in legge, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 6 agosto 2008, n. 133 è soppressa».
Conseguentemente al comma 6-bis del medesimo articolo sostituire le parole: «lettere a) e» con le seguenti: «lettera».
Conseguentemente, aggiungere, in fine, il seguente comma::
«5-bis. L'articolo 6 della legge 3 agosto 2009, n. 116, è così modificato:
"Art. 6. - 1. È designato quale autorità nazionale ai sensi dell'articolo 6 della Convenzione l'Alto Commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione e delle altre forme di illecito all'interno della pubblica amministrazione.
2. Al soggetto di cui al comma 1 sono assicurate autonomia ed indipendenza nell'attività"».
1.253
POLI BORTONE, VIESPOLI, CARDIELLO, CARRARA, CASTIGLIONE, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, SAIA
V. testo 2
Sostituire il comma 4 con il seguente:
«4. È istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Comitato di coordinamento delle iniziative anticorruzione, di seguito "Comitato". Il Comitato è presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri o, su sua delega, dal Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione ed è, altresì, composto dai Ministri dell'interno, della giustizia, dell'economia e delle finanze, dello sviluppo economico, degli affari esteri e delle politiche comunitarie, o loro delegati, con il compito di:
a) definire le linee di indirizzo e di coordinare le strategie di prevenzione e repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione elaborate a livello nazionale e internazionale;
b) esercitare la supervisione del rispetto, da parte di tutte le pubbliche amministrazioni, dell'adempimento degli obblighi previsti dalla Convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni unite contro la corruzione, adottata dall'Assemblea generale dell'ONU il 31 ottobre 2003, con risoluzione n.58/4, firmata dallo Stato italiano il 9 dicembre 2003 e ratificata con la legge 3 agosto 2009, n.116, ed il coordinamento di tale applicazione, proponendo al Consiglio dei ministri l'esercizio dei poteri spettanti al Governo ai sensi dell'articolo 8 della legge n.131 del 2003».
1.253 (testo 2)
POLI BORTONE, VIESPOLI, CARDIELLO, CARRARA, CASTIGLIONE, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, SAIA
Approvato
Sostituire il comma 4 con il seguente:
«4. È istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Comitato di coordinamento delle iniziative anticorruzione, di seguito "Comitato". Il Comitato è presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri o, su sua delega, dal Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione ed è, altresì, composto dai Ministri dell'interno, della giustizia, dell'economia e delle finanze, dello sviluppo economico, degli affari esteri e delle politiche comunitarie, o loro delegati, con il compito di:
a) definire le linee di indirizzo e di coordinare le strategie di prevenzione e repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione elaborate a livello nazionale e internazionale
».
EMENDAMENTO TENDENTE AD INSERIRE UN ARTICOLO AGGIUNTIVO DOPO L'ARTICOLO 1
1.0.250
BRUNO, RUTELLI, BAIO, MILANA, MOLINARI, RUSSO
Ritirato e trasformato nell'em. 2.0.500
Dopo l'articolo, inserire il seguente:
«Art. 1-bis.
(Delega al Governo per nomine e incarichi dirigenziali nella pubblica amministrazione, remunerazione e incompatibilità dei funzionari pubblici)
1. Il Governo è delegato ad adottare, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, con il Ministro per le riforme istituzionali, con il Ministro dell'interno, con il Ministro della giustizia e con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, previa intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, e sentite le Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili di carattere finanziario, uno o più decreti legislativi secondo i princìpi e i criteri della presente legge che prevedano: a) abolizione dello spoil system a tutti i livelli di governo, con la sola eccezione di una lista di ruoli apicali, di nomina politica, ristretta a pochissime posizioni; b) previsione di un periodo minimo e massimo di durata per gli incarichi dirigenziali e miglioramento dei meccanismi di valutazione per la conferma o la revoca degli stessi; c) redazione e pubblicazione a ogni livello dell'elenco dei posti di nomina pubblica, con indicazione dei requisiti professionali richiesti e nel rispetto del principio di corrispondenza tra concorso pubblico ed incarico pubblico; selezione da effettuare in base al merito tra candidati in possesso dei requisiti richiesti; espletamento dei bandi attraverso commissioni selezionatrici che includano persone estranee all'amministrazione e siano vincolate al rispetto di regole di motivazione e pubblicità della procedura; pubblicazione dei curriculum vitae dei vincitori; d) il personale degli uffici di diretta collaborazione degli organi politici termina l'incarico allo scadere del mandato del referente, senza possibilità di assunzione o stabilizzazione in alcuna forma; e) fissazione, per ogni livello, di limiti onnicomprensivi della retribuzione dei funzionari pubblici, estesi anche ai contratti a tempo, da rendere pubblici; obbligo di riversare all'amministrazione qualsiasi compenso percepito da privati a qualunque titolo; f) regole di incompatibilità che vietino ai componenti di assemblee elettive e degli esecutivi di governo a tutti i livelli, l'assunzione di incarichi dirigenziali in enti, agenzie e imprese pubbliche ricadenti nella loro sfera di governo per tre anni dal termine della carica; ineleggibilità dei membri di autorità indipendenti in assemblee eIettive per tre anni dopo la scadenza della carica; g) regole di incompatibilità e periodi di «raffreddamento» per l'inserimento nel settore privato, dopo la cessazione di incarichi pubblici che prevedono l'assegnazione di fondi o la regolazione di attività private; h) drastica restrizione dell'esercizio di funzioni arbitrali e di consulenza dei magistrati di ogni ordine e grado; i) istituire sistemi di trasparenza e pubblicità, basati sul confronto sistematico delle prestazioni di amministrazioni simili (benchmarking) sia della qualità dei servizi - puntualità, costi, grado di soddisfazione degli utenti, ecc. - che della qualità delle gestioni - risultati di bilancio, fissazione degli obiettivi e verifica della realizzazione per tutte le amministrazioni e le gestioni di aziende pubbliche»
.
Allegato B
Testo integrale dell'intervento della senatrice Della Monica nella discussione generale del disegno di legge n. 2156 e connessi svolto nella seduta n. 562 del 7 giugno 2011
Il disegno di legge governativo presenta gravi carenze, è una normativa di facciata e non consente di combattere efficacemente la corruzione, anzi può definirsi una sorta di atto di rinuncia al contrasto al fenomeno.
Il disegno di legge del Governo sulla corruzione si compone di quattro parti: una, con finalità di prevenzione, tesa ad estendere la categoria dei reati per i quali la condanna definitiva costituisce causa d'incandidabilità alle elezioni provinciali, comunali e circoscrizionali; una attinente alla trasparenza dell'attività amministrativa; una inerente ai controlli negli enti locali; una «sanzionatoria» (aumento delle cornici edittali di taluni delitti dei pubblici ufficiali e dei privati contro la pubblica amministrazione).
In relazione alle misure per la prevenzione del fenomeno della corruzione, basta osservare che se è vero che è introdotto il «Piano nazionale anticorruzione» previsto dalla Convenzione ONU contro la corruzione ratificata dall'Italia, tale Piano è tuttavia rimesso agli intenti del Governo e alle politiche volute in materia di lotta alla corruzione. Difatti il Piano è predisposto e coordinato dal Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri ossia da un organismo incardinato presso il Ministero per la funzione pubblica, che non ha le caratteristiche di indipendenza richieste dalla Convenzione di Merida. Inoltre tale organismo non è tenuto a monitorare il fenomeno della corruzione nel settore privato.
Per quanto riguarda le misure per la trasparenza dell'attività amministrativa, varie norme (ad esempio quelle sulla trasparenza delle procedure di affidamento dei contratti pubblici, che sembrerebbero recepire l'ordine del giorno del PD votato nell'ambito del decreto-legge sulla protezione civile), suscitano perplessità nel merito. Al di là della enunciazione di principio, infatti:
a) si rinvia a provvedimenti successivi (linee-guida per la definizione delle informazioni da pubblicare; regolamento interministeriale per l'attuazione delle norme sulla trasparenza degli appalti nonché per l'elenco dei fornitori e delle imprese subappaltatrici) la previsione delle norme attuative che in concreto dovrebbe garantire l'applicabilità di tali disposizioni;
b) in molti casi vengono replicati principi già compresi nella legge sul procedimento amministrativo (legge n. 241 del 1990) o nel codice sui contratti pubblici (decreto legislativo n. 163 del 2006);
c) non sono previsti adeguati stanziamenti finanziari (indispensabili per l'attuazione degli obblighi previsti ex lege) come discende dalla clausola d'invarianza finanziaria.
In questo quadro sarebbe stato quantomeno coerente l'abrogazione delle norme (articoli 14 del decreto-legge n. 90 del 2008 e 5-bis, comma 5, del decreto-legge n. 343 del 2001) che escludono il controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti rispetto ai provvedimenti attuati nell'ambito di «emergenze» e che parificano a queste i «grandi eventi», considerando che spesso in questo ambito si ingenerano fenomeni corruttivi, favoriti anche dall'assenza dei controlli contabili. Misure queste proposte dal PD nell'ambito del disegno di legge di contrasto alla corruzione e di riforma anche parziale del sistema della protezione civile.
Quanto alle misure (interdittive-incandidabilità) la normativa appare largamente insufficiente, poiché non cambia se non in minima parte il sistema vigente, e comunque si collega ai risultati di processi penali che non potranno essere celebrati per una voluta inefficienza del sistema della giustizia o che, se fossero celebrati, probabilmente finirebbero, se pure si arrivasse a qualche sentenza di condanna, con una pronunzia di prescrizione.
Quanto alla parte delle disposizioni repressive, si elevano (di circa un anno) minimo e massimo edittale dei seguenti reati: peculato (si innalza solo il minimo edittale) e peculato mediante profitto dell'errore altrui; malversazione ai danni dello Stato; indebita percezione di erogazioni ai danni dello Stato; corruzione propria e impropria; corruzione in atti giudiziari; turbata libertà degli incanti; astensione dagli incanti; frode nelle pubbliche forniture.
In particolare, non si toccano le cornici edittali di: abuso d'ufficio e concussione; e il solo reato di cui si eleva unicamente il minimo edittale (oltre al peculato) è la corruzione in atti giudiziari. In linea generale, le cornici edittali, così aumentate, non superano in alcun caso gli otto anni (evidentemente per non attrarre questi reati nella seconda fascia del disegno di legge sul processo breve), salvo ovviamente il peculato, di cui non si modifica il massimo edittale (già oggi di 10 anni per la fattispecie-base). In questo modo non si ovvia al disastro prodotto dalla legge Cirielli del 2005 in materia di prescrizione e alla quasi totale cancellazione del falso in bilancio.
Si introduce inoltre, all'articolo 335-ter del codice penale, una circostanza aggravante a efficacia comune (che dunque comporta l'aggravio di massimo un terzo della pena), applicabile a tutti i delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, ma imputabile al solo intraneus, relativa alla commissione di «atti particolarmente lesivi per la pubblica amministrazione ovvero commessi al fine di far conseguire indebitamente contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati dallo Stato, da altri enti pubblici o dalle Comunità europee».
Il testo oggi al nostro esame, approvato così dal Consiglio dei ministri, sostituisce il precedente, che invece collegava l'aggravante all'aver commesso il fatto «nell'ambito di procedimenti relativi alla gestione di calamità naturali, catastrofi o altri grandi eventi». E si consideri che l'applicazione dell'aggravante costituisce causa ostativa alla candidabilità nelle elezioni per gli enti locali (confronta articolo 10 del disegno di legge).
In realtà, la formulazione definitivamente approvata rischia di rendere l'aggravante inapplicabile (almeno nella sua seconda parte, relativa al conseguimento di contributi statali o comunitari), quantomeno nelle ipotesi quali, ad esempio, 316-bis o 316-ter, ove il conseguimento dei suddetti contributi rappresenta già elemento costitutivo della fattispecie-base.
D'altro canto, la prima parte dell'aggravante (relativa all'atto particolarmente lesivo per la pubblica amministrazione), rischia di essere del tutto neutralizzata ove si consideri la forte stretta impressa dai disegni di legge nn. 78 e 103 del 2009 sulla responsabilità contabile per danno all'immagine della pubblica amministrazione.[1] Infatti, il rilievo essenziale di una condanna in sede penale per simili delitti si traduce nella possibilità di agire in sede contabile, tra l'altro, per danno all'immagine (e i casi di corruzione sono quelli che determinano con maggiore frequenza danno all'immagine), ma con i limiti previsti dai suddetti decreti-legge, sarà molto difficile per i magistrati contabili accertare la sussistenza di tale danno e disporre il conseguente risarcimento.
Inoltre, tra le «omissioni» del disegno di legge, si segnala sul punto, in particolare: la mancata modifica dell'articolo 322-ter, prima comma, del codice penale, sulla confisca, che, come auspicato da tutti gli organismi interessati, dovrebbe prevedere la confisca per equivalente anche del profitto (oltre che del prezzo) del reato; il mancato recepimento degli obblighi assunti dall'Italia con la firma della Convenzione penale sulla corruzione fra gli Stati membri del Consiglio d'Europa e gli altri Stati firmatari, del 27 gennaio 1999, con la conseguente riforma delle fattispecie penali interessate, attraverso il riassorbimento della concussione per induzione nella corruzione e della concussione per costrizione nell'estorsione, con la previsione del reato di «traffico d'influenza» in sostituzione del millantato credito, nonché con l'estensione a questi delitti delle attività sotto copertura previste dalla legge n. 146 del 2006 per i «serious crimes» (l'introduzione di tutte queste misure è auspicata nelle mozioni delle opposizioni sulla corruzione discusse dall'Aula del Senato il 14 aprile scorso).
Manca inoltre una norma incriminatrice della corruzione nel settore privato, che - ancorché ovviamente estranea alla categoria dei delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione - sarebbe quantomai necessaria, anche perché prevista dalla Decisione quadro 2003/568/GAI, la cui attuazione era prevista nella comunitaria 2008 (Governo Prodi), ma che poi, data la fine anticipata della legislatura, non è stata più trasfusa in decreto legislativo.
Infine manca una diversa e più adeguata visione del fenomeno corruttivo collegato al mercimonio delle funzioni. Non si dà, in sostanza, alcuna risposta ai richiami provenienti dall'Europa, dalle Nazioni Unite, dal Gruppo Greco, dall'OCSE e alle decisione GAI.
In particolare non si tiene conto degli obblighi internazionali assunti dall'Italia, che ha sottoscritto la convenzione di Strasburgo sulla corruzione nel settore penale e non l'ha ancora ratificata. Desidero ricordare che l'OCSE ha ribadito in un recente incontro avuto con la I e II Commissione del Senato l'intento di sanzionare ulteriormente l'Italia per il mancato adeguamento dell'ordinamento nazionale nel settore penale ai parametri europei in materia di contrasto alla corruzione.
2. I disegni di legge presentati dal PD tradotti in emendamenti al disegno di legge governativo
I disegni di legge presentati in materia da PD (dal disegno di legge di ratifica della convenzione di Strasburgo sulla corruzione in materia penale, Atto Senato 2050, ai disegni di legge Finocchiaro ed altri (Atto Senato 2174), Della Monica ed altri (Atto Senato 2340) e Zanda (Atto Senato 2346) sono rivolti a rendere più efficace l'azione di contrasto e di prevenzione della corruzione e, in generale, del malaffare, nella pubblica amministrazione e nel settore privato.
La corruzione rappresenta un fenomeno in costante ascesa nel nostro Paese. Nel 2009, come può evincersi dai dati forniti dalla Corte dei conti in sede di inaugurazione dell'anno giudiziario, l'entità delle condanne emesse dalla magistratura contabile nei confronti di pubblici dipendenti, per illeciti contabili legati a fatti di corruzione, dimostra come tale forma di malaffare nella pubblica amministrazione rappresenti la quarta fonte di danno erariale in ordine di importanza. Sempre nel corso del 2009 le denunce per corruzione presentate alla Guardia di finanza sono cresciute del 229 per cento, mentre quelle per concussione del 153 per cento. Tale incremento non poteva del resto essere attribuito, se non in minima parte, ad una maggiore propensione alla denuncia da parte dei cittadini, apparendo invece verosimilmente imputabile, in misura prevalente, all'estensione del fenomeno corruttivo. Non a caso nella relazione inaugurale 2011 la procura generale della Corte dei conti ha messo in luce sì un aumento di reati del 30 per cento rispetto all'anno precedente, ma una diminuzione delle denunce di quasi il 20 per cento, onde ha descritto la corruzione italiana come una «patologia»: «Si nota una rimarchevole diminuzione delle denunce che potrebbe dare conto di una certa assuefazione al fenomeno verso una vera e propria "cultura della corruzione"» ha detto il procuratore generale Ristuccia. Ma i timori non vengono solo da questi numeri. La preoccupazione della magistratura contabile dipende anche da alcune decisioni legislative che vanificano, nella lotta alla corruzione, indagini e risultati positivi. Ristuccia ha fatto esplicito riferimento alla legge Cirielli del 2005 che ha accorciato, dimezzandoli, i termini per la prescrizione del reato di corruzione da 15 a 7 anni e mezzo, causando l'estinzione, prima della sentenza, di un buon numero di processi. Altra norma pericolosa secondo la Corte dei conti è quella, ancora in discussione, sul processo breve, che potrebbe diventare ostacolo ulteriore nella lotta all'illegalità della pubblica amministrazione. Infine Ristuccia ha fatto notare che, vista l'importanza delle intercettazioni nelle indagini sulla corruzione, il disegno di legge che vorrebbe limitarne l'uso va nella direzione opposta al contrasto a tale crimine. Esistono già norme, ricorda il Procuratore generale, che sarebbero di grande aiuto nella lotta all'illegalità pubblica, come la Convenzione europea di Strasburgo sulla corruzione - sottoscritta dall'Italia ma non ancora ratificata. Tutto questo, malgrado la corruzione sia reato a concorso necessario in cui nessuno dei concorrenti ha interesse che venga scoperto, è sempre stato e rimane uno dei reati più difficili da scoprire.
Sebbene, infatti, sia stato ormai unanimemente riconosciuto in sede internazionale che la corruzione ostacola lo sviluppo economico e contrasta con i princìpi di buon governo e di etica della politica e che, specie se di livello «sistemico», finisce col costituire una minaccia per lo Stato di diritto, la democrazia, il principio di uguaglianza e la libera concorrenza, nonostante le richieste sopranazionali di sanzioni proporzionate, adeguate e dissuasive nei confronti della corruzione, nel nostro Paese non è stata intrapresa, fino ad ora, un'azione di contrasto efficace. Infatti, pur rispetto a un fenomeno apparso dilagante già negli anni Novanta (periodo della cosiddetta «Tangentopoli»), la risposta sanzionatoria ha continuato ad essere incerta e improntata ad assoluta mitezza. Al riguardo, i dati sulle condanne definitive documentano la sostanziale impunità dei delitti di corruzione: nell'87,6 per cento dei procedimenti penali sono state inflitte pene fino a due anni di reclusione (area della sospendibilità condizionale); nell'8,8 per cento dei casi, pene tra due e tre anni (area delle misure alternative, ad esempio l'affidamento in prova ai servizi sociali); soltanto nel 3,5 per cento dei casi sono state irrogate pene superiori a tre anni, eseguibili in forma detentiva, per cui solo a quest'ultima esigua quota di condanne è affidato l'effetto deterrente tipico della sanzione penale.
La lotta alla corruzione e ai reati che normalmente si pongono con essa in rapporto di interdipendenza funzionale (falso in scritture contabili, reati fiscali, riciclaggio e autoriciclaggio) costituisce uno degli obiettivi di politica anti-crimine prioritari a livello europeo ed internazionale, tant'è che le principali convenzioni in materia esprimono la preoccupazione per le conseguenze generate da pratiche corruttive diffuse: cattiva allocazione delle risorse pubbliche, alterazione delle regole sulla concorrenza, sistemi fiscali regressivi, riduzione degli investimenti diretti esteri. Si tratta di fattori che sono in grado di esercitare una funzione frenante sullo sviluppo economico del Paese e che richiedono un adeguato mutamento del quadro normativo in materia. Ciò è tanto più urgente se solo si considera che, quando la corruzione della pubblica amministrazione si salda con la criminalità organizzata, tale saldatura può costituire il grimaldello per cui l'impresa mafiosa riesce a fare il passaggio dalla gestione dei mercati «illegali» alla gestione dei mercati «legali». In questo senso si va pronunciando anche la Commissione antimafia nella relazione al Parlamento, già predisposto dal presidente Pisanu e in corso di discussione e approvazione. Se davvero l'Italia intende onorare gli obblighi assunti in sede internazionale, ponendosi in linea con il perseguimento di tali importanti obiettivi di politica anti-crimine, ma anche di politica economica e sociale - data, appunto, la riconosciuta devastante ricaduta delle pratiche corruttive pubblico e prevedendo interventi anche nel settore privato.
Per chiarire la ragione del mio intervento, tradottosi nei disegni di legge nn. 2050, 2174 e 2340 e negli emendamenti proposti da me e dal mio Gruppo, occorre un riepilogo di quanto avvenuto nelle precedenti legislature e in quella attuale.
Nel corso della XIII legislatura (1996-2001) il secondo Governo Amato presentò il disegno di legge Atto Senato n. 4819 per la ratifica ed esecuzione della Convenzione civile sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 4 novembre 1999, riservandosi di presentare a breve un disegno di legge per la ratifica della Convenzione penale sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 27 gennaio 1999. Nel frattempo alcuni disegni di legge di iniziativa parlamentare, presentati da parlamentari dell'allora maggioranza, proponevano, comunque, modifiche legislative in materia di alla corruzione in linea con quelle che sarebbero state le previsioni della Convenzione penale di Strasburgo, approvata con un rilevante contributo dell'Italia.
Tra le proposte di modifica della legislazione più significative si ricordano, tra gli altri, il disegno di legge Atto Senato n. 4006, d'iniziativa dei senatori Salvi, Russo, Calvi, Senese e Fassone, avente ad oggetto «Modifiche al codice penale in materia di corruzione», e la proposta di legge Atto Camera n. 4723, d'iniziativa del deputato Giuliano Pisapia, avente ad oggetto «Modifiche al codice penale in materia di corruzione e concussione».
Tuttavia, non fu possibile prima della conclusione della legislatura portare a compimento 1'iter di approvazione delle leggi di ratifica delle Convenzioni di Strasburgo e delle proposte di modifica del codice penale e processuale penale.
Si giunge, così, alla XIV legislatura (2001-2006), nell'ambito della quale il Governo Berlusconi non propose alcun disegno di legge per la ratifica delle Convenzioni di Strasburgo in materia penale e civile sulla corruzione e l'adeguamento dell'ordinamento nazionale. In quella legislatura è stata prevalente in materia l'iniziativa di parlamentari dell'opposizione. In particolare, alla Camera dei deputati, gli onorevoli Giovanni Kessler ed altri del Gruppo Democratici di sinistra-l'Ulivo, fra i quali la deputata Anna Finocchiaro, presentarono la proposta di legge Atto Camera n. 3215[2], mentre altri parlamentari di opposizione, e in particolare alla Camera l'onorevole Giuliano Pisapia e in Senato il senatore Guido Calvi, riproposero, aggiornandoli, i disegni di legge di modifica all'ordinamento nazionale per il contrasto alla corruzione, già proposti nella XIII legislatura, e in linea con le disposizioni della Convenzione penale di Strasburgo contro la corruzione (si vedano, rispettivamente, l'Atto Camera n. 1240, «Modifiche al codice penale in materia di corruzione e concussione», e l'Atto Senato n. 486, «Modifiche al codice penale in materia di corruzione»).
Sempre nella XIV legislatura, inoltre, il Governo in carica scelse di non proporre un disegno di legge per la ratifica di un altro strumento internazionale di eccezionale rilevanza (assolutamente in sintonia con la Convenzione di Strasburgo in materia di corruzione), quale la Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata dall'Assemblea generale con la risoluzione n. 58/4 del 31 ottobre 2003 ed aperta alla firma a Merida dal 9 all'11 dicembre 2003. Eppure a questa Convenzione ancora una volta l'Italia aveva dato impulso nella sede delle Nazioni Unite, attraverso i propri rappresentanti ed esperti, e la Convenzione era stata sottoscritta dal Governo italiano a Merida.
Ancora è da ricordare che, sempre nel corso di tale legislatura, il Governo ha voluto la depenalizzazione del falso in bilancio, avvenuta con decreto legislativo 11 aprile 2002, n. 61, «Disciplina degli illeciti penali e amministrativi riguardanti le società commerciali, a norma dell'articolo 11 della legge 3 ottobre 2001, n. 366». Tale decreto legislativo (adottato in base alla legge delega 3 ottobre 2001, n. 366) ha radicalmente modificato la disciplina del falso in bilancio e dei reati societari connessi, limitando in misura significativa l'area del penalmente rilevante, in particolare attraverso l'introduzione di soglie di punibilità (al di sotto delle quali il reato, appunto, non è punibile) e la trasformazione di molte fattispecie di pericolo in reati di danno, che quindi presuppongono la prova di un evento lesivo e non più soltanto dell'esposizione a pericolo dei beni tutelati (il risparmio).
Inoltre, sempre nella XIV legislatura, il Governo Berlusconi ha ampliato la possibilità per il Presidente del Consiglio dei ministri e per i commissari delegati di ricorrere alle ordinanze di protezione civile non solo per calamità naturali e catastrofi, ma per tutti quegli eventi che il Consiglio dei ministri, discrezionalmente, stabilisce essere dei «grandi eventi». Inoltre, ha autorizzato gli interventi all'estero della protezione civile «derivanti da calamità o eventi eccezionali». Tale ampliamento dei presupposti sostanziali ha permesso, in concreto, l'intervento con ordinanze in deroga alle norme vigenti, pressoché per qualsiasi tipo di evento, anche estraneo all'area dell'emergenza. Le ultime forzature sono poi avvenute nell'attuale legislatura, allorquando il Governo ha ottenuto l'approvazione di alcune disposizioni che prevedono ordinanze di protezione civile «per l'attuazione» di decreti-legge, oppure introducono clausole limitative del potere di ordinanza formulate in modo meno stringente rispetto a quanto previsto originariamente, completando il quadro con la norma che ha disposto la sottrazione delle ordinanze di protezione civile anche al controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti, con efficacia retroattiva.
Nella XV legislatura (2006-2008) il Governo Prodi ha proposto due disegni di legge di ratifica delle convenzioni di Strasburgo sulla corruzione in materia penale e in materia civile:
- il 4 dicembre 2007, il disegno di legge Atto Camera n. 3286, avente ad oggetto «Ratifica ed esecuzione della Convenzione penale sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 27 gennaio 1999, nonché norme di adeguamento dell'ordinamento interno»;
- il 20 novembre 2007, il disegno di legge Atto Camera n. 3262, «Ratifica ed esecuzione della Convenzione civile sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 4 novembre 1999».
Sempre nella XV legislatura il Governo Prodi ha presentato il disegno di legge Atto Senato n. 2010, recante «Ratifica ed esecuzione della Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata dall'Assemblea generale con la risoluzione n. 58/4 del 31 ottobre 2003 ed aperta alla firma a Merida dal 9 all'11 dicembre 2003, nonché norme di adeguamento interno».
La caduta del Governo, dopo solo venti mesi di attività, e la conseguente interruzione anticipata della legislatura impedirono ancora una volta di intervenire per la ratifica delle convenzioni internazionali e l'adeguamento del nostro ordinamento alle stesse e alle rinnovate esigenze di più efficace contrasto alla corruzione.
Nella XVI legislatura, quella in corso, si deve, ancora una volta, all'iniziativa parlamentare dell'opposizione la pressante richiesta di ratifica delle convenzioni di Strasburgo in materia di corruzione. In particolare:
- al Gruppo del Partito democratico, che per quanto concerne la ratifica della Convenzione di Strasburgo in materia penale ha presentato il disegno di legge Atto Senato n. 2058 [3], e per quanto riguarda la ratifica della convenzione di Strasburgo in materia civile ha sostenuto il testo già presentato nella precedente legislatura dal Governo Prodi, riproposto dal senatore Li Gotti, che nella XV legislatura aveva il ruolo di sottosegretario alla giustizia;
- al Gruppo dell'Italia dei Valori, a prima firma del senatore Li Gotti, che ha riproposto i due disegni di legge governativi della precedente legislatura (Atti Senato nn. 849 e 850) tesi alla ratifica ed esecuzione delle convenzioni di Strasburgo in materia civile e penale sulla corruzione e recanti norme di adeguamento dell'ordinamento interno.
Sempre all'iniziativa dell'opposizione si deve, poi, l'impulso per la ratifica della Convenzione ONU contro la corruzione. Solo dopo la presentazione del disegno di legge Atto Senato n. 816 del Gruppo del PD e del disegno di legge Atto Senato n. 848 del Gruppo dell'IdV, riproducenti il testo del disegno di legge presentato dal Governo Prodi nella XV legislatura, infatti, il Governo Berlusconi si è indotto a presentare il disegno di legge Atto Senato n. 1594 per la ratifica della Convenzione citata, e, finalmente, è stato possibile pervenire alla ratifica della stessa con l'approvazione della legge 3 agosto 2009, n. 116.
Peraltro, sempre nella XVI legislatura, il Governo, con il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, ha disposto la soppressione dell'Alto Commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione e delle altre forme di illecito all'interno della pubblica amministrazione. Tale disposizione contrasta con l'articolo 6 della Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione, ratificata, come si è detto, dall'Italia con legge 3 agosto 2009, n. 116, che impone che ciascuno Stato, e quindi anche il nostro Paese, debba garantire all'organo cui spetta assicurare il rispetto delle previsioni della Convenzione «l'indipendenza necessaria a permettere (...) di esercitare efficacemente le (...) funzioni, al riparo da ogni indebita influenza». Di conseguenza, l'attribuzione di tali delicate funzioni al Servizio anticorruzione e trasparenza del Dipartimento della funzione pubblica, ossia ad una struttura inserita in ambito governativo, non assicura le condizioni di indipendenza richieste. Inoltre il Servizio anticorruzione e trasparenza del Dipartimento della funzione pubblica ha compiti limitati al settore pubblico mentre occorre ampliare la visione al settore privato.
Ciò detto, cosa è accaduto per la ratifica delle Convenzioni di Strasburgo in materia civile e penale?
Fortunatamente il disegno di legge di ratifica della Convenzione sulla corruzione in materia civile sembra ben avviato, con l'approvazione da parte del Senato in 1a lettura e la sua trasmissione alla Camera, dove è attualmente in corso di esame presso la III Commissione (Atto Camera n. 3737).
Quanto alla Convenzione di Strasburgo sulla corruzione in materia penale, l'iter di approvazione dei disegni di legge di ratifica e adeguamento dell'ordinamento interno ha, invece, subito numerose battute di arresto presso le Commissioni riunite 2a e 3a del Senato. Dapprima perché il Governo aveva chiesto un rinvio preannunziando la presentazione di un proprio disegno di legge di ratifica, cosa, poi, non avvenuta; successivamente perché il Governo, il 4 maggio 2010, ha presentato un disegno di legge, definito piano straordinario di contrasto alla corruzione (Atto Senato n. 2156), avente ad oggetto «Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione». Con tale proposta normativa, assegnata alle Commissioni riunite 1a e 2a del Senato, il Governo ha definito nuove disposizioni di carattere interno, indipendenti dalla Convenzione di Strasburgo, e ha ottenuto di trasferire il dibattito sulla normativa di adeguamento della legislazione nazionale alla citata Convenzione in sede diversa da quella deputata alla ratifica. In questo modo i lavori delle Commissioni riunite 2a e 3a sono stati rallentati da Governo e maggioranza in attesa dell'approvazione del disegno di legge governativo di diretta incidenza sull'ordinamento nazionale, in materia penale, processuale penale e amministrativa. In conclusione, su proposta del Governo, condivisa dalla maggioranza, le Commissioni riunite 2a e 3a sono pervenute ad una normativa di ratifica «secca» della citata Convenzione penale di Strasburgo sulla corruzione, mentre tutte le innovazioni per il contrasto alla corruzione affidate alla competenza delle Commissioni la e 2a, sono ora rimesse all'Aula del Senato dove si deciderà se dare finalmente un nuovo assetto al contrasto contro l'illegalità e il malcostume in materia di reati contro la pubblica amministrazione e non solo [4].
Questo modo di procedere ha costretto l'opposizione a presentare in tempi rapidissimi ulteriori disegni di legge in materia di corruzione, contenenti la nuova disciplina dei delitti contro la pubblica amministrazione e contro l'industria e il commercio, nonché la corruzione nel settore privato, riproducendo in prima battuta la normativa presentata per la ratifica e l'attuazione della Convenzione penale di Strasburgo contro la corruzione, onde ottenere la riunione e la trattazione degli stessi unitamente al citato disegno di legge governativo Atto Senato n. 2156.
In questa ottica, 1'11 maggio 2010 è stato presentato dal Gruppo del Partito democratico il disegno di legge Atto Senato n. 2174[5] avente ad oggetto «Norme per il contrasto alla corruzione nella pubblica amministrazione e nel settore privato. Cause ostative all'assunzione di incarichi di governo, incandidabilità ed ineleggibilità dei responsabili per reati contro la pubblica amministrazione e collegati», laddove il Gruppo dell'IdV ha proposto il disegno di legge atto Senato n. 2164 e il senatore D'Alia (UDC) il disegno di legge Atto Senato n. 2168.
L'urgenza che ha accompagnato la presentazione del disegno di legge n. 2174 ha impedito di inserire nello stesso alcune norme indispensabili per il contrasto al fenomeno della corruzione: temi, tra l'altro, già affrontati nella mozione contro la corruzione presentata in Senato dal Gruppo PD (atto di sindacato ispettivo 1-00269, pubblicato in allegato al resoconto della seduta n. 357 del 13 aprile 2010)[6] e inseriti nella relazione che accompagna il disegno di legge n. 2174. E' stato quindi necessario presentare il disegno di legge n. 2340 con contenuto integrativo. Tale integrazione si è resa tanto più indispensabile se solo si considera che il Governo o parlamentari di maggioranza in appoggio all'azione di Governo, hanno proposto disegni di legge che indeboliscono gli strumenti di contrasto al crimine in generale e alla corruzione in particolare.
Si consideri al riguardo la proposta di depotenziamento dello strumento delle intercettazioni (telefoniche, telematiche, ambientali) nell'ambito di procedimenti per delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, avanzata attraverso il disegno di legge Atto Senato n. 1611[7] teso a restringerne ambito, durata, presupposti di ammissibilità e di utilizzabilità anche in altri procedimenti. Tale intervento è stato approvato dal Senato, con l'imposizione del voto di fiducia, in 2a lettura, il 10 giugno 2010 ed è ora nuovamente all'esame della Camera dei deputati.
Occorre poi, ricordare anche altri progetti di riforma, che, in modo disorganico, finiscono con ostacolare l'accertamento dei reati o limitare i poteri cognitori del giudice: ci si riferisce in particolare al disegno di legge governativo Atto Senato n. 1440[8], nell'ambito del quale si propone di eliminare per i magistrati del pubblico ministero la possibilità di acquisire autonomamente la notitia criminis, nonché di sottrarre la polizia giudiziaria al controllo e al coordinamento del pubblico ministero. Con lo stesso disegno di legge n. 1440, si configura l'effetto di estendere inevitabilmente i tempi dibattimentali con la prevista eliminazione della possibilità del giudice di espungere le prove manifestamente superflue o di ammettere prove d'ufficio, nonché di restringere i poteri cognitori del giudice con la prevista limitazione alla utilizzazione probatoria delle sentenze irrevocabili, che verrebbe consentita solo per i delitti di criminalità organizzata di cui agli articoli 51, commi 3-bis e 3-quater, e 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale. Misure queste che sono state riprese dal disegno di legge di riforma costituzionale in discussione alla Camera in materia di ruolo e poteri del PM e di dipendenza della polizia giudiziaria e da un emendamento presentato in Senato, in commissione giustizia, battezzato «processo lungo» (emendamento Mugnai al disegno di legge Atto Senato 2567, già approvato dalla Camera dei deputati in materia di preclusione di rito abbreviato per i reati puniti con l'ergastolo). Queste innovazioni normative proposte da Governo e maggioranza limitano ulteriormente la possibilità di accertamento del reato in tempi compatibili con il regime prescrizionale previsto per gli illeciti in materia di corruzione, tanto più che, prestandosi a strumentalizzazioni a fini dilatori, esse renderanno più agevole la maturazione della prescrizione, specialmente per reati, come quelli contro la pubblica amministrazione, che si prescrivono in tempi relativamente brevi.
La situazione è poi aggravata dalle misure previste con il disegno di legge Atto Senato n. 1880[9], cosiddetto «processo breve», che prevede una causa di estinzione del processo nel caso in cui le singole fasi non si concludano nei termini fissati dal nuovo articolo 346-bis del codice di procedura penale. Il nuovo meccanismo di «estinzione del processo» sembra essere destinato ad incidere particolarmente sui procedimenti penali riguardanti le ipotesi di reato di corruzione di cui agli articoli da 318 a 322 del codice di procedura penale e sulla quasi totalità degli altri delitti contro la pubblica amministrazione oltre ad altri reati sensibili ai fini dell'accertamento del reato di corruzione, quali i reati societari o altri illeciti penali in materia di criminalità economica. Ebbene, al di là della considerazione che la fissazione di un termine perentorio per il compimento dei singoli gradi di giudizio, che produce l'effetto di estinguere il processo, non sembra collegarsi alla previsione costituzionale del giusto processo in senso oggettivo, applicare la cosiddetta «prescrizione processuale» senza interventi di razionalizzazione normativa significa solo determinare di fatto le condizioni per rendere impossibile l'accertamento processuale per intere categorie di gravi reati, tra cui in primis quelli di interesse pubblico. Ancora peggio poi con il disegno di legge Atto Senato n. 1880-B, già approvato dalla Camera e in corso di discussione in commissione giustizia al Senato, che prevede la cosiddetta prescrizione brevissima per gli incensurati, cui abbiamo contrapposto i disegni di legge n. 2705, a prima firma della senatrice Della Monica e n. 2718, a prima firma Casson. Ebbene il disegno di legge sul processo breve, trasformatosi, in una normativa tesa ad abbreviare i termini della prescrizione per gli incensurati si traduce un'amnistia permanente per numerosi gravi reati, tra cui la corruzione, l'evasione fiscale, la truffa, la truffa ai danni dello Stato, l'appropriazione indebita, indebolendo il contrasto proprio al settore dei reati contro la pubblica amministrazione che il disegno di legge governativo in discussione assume di volere contrastare più efficacemente. Con queste norme, per una corruzione gravissima o per una frode fiscale per milioni di euro scoperte a distanza, ad esempio, di quattro o cinque anni dal fatto, l'imputato avrà la certezza dell'impunità per l'impossibilità di celebrare tre gradi di giudizio nel breve termine residuo. Non solo: avrà diritto anche alla restituzione del profitto del reato sottoposto a sequestro.
In conclusione, al di là dell'intento dichiarato di combattere la corruzione, Governo e maggioranza con i disegni di legge richiamati o con emendamenti ad hoc finiscono per proporre l'introduzione di norme che, rinnegando i dispositivi sopranazionali di origine pattizia nel contrasto alla corruzione, ove approvate, sembrano avere l'intento di indebolire o meglio azzerare a legislazione invariata, il contrasto alla corruzione e, per molti versi, al crimine organizzato, in particolare a quella fascia grigia tra mafie, pubblica amministrazione e società civile, che favorisce il crimine organizzato e altera la concorrenza e l'economia. Tra l'altro tali disposizioni, in particolare quelle del disegno di legge Atto Senato n. 1880, appaiono contraddittorie rispetto alla volontà del Parlamento, in particolare in contrasto con altra legislazione recentemente approvata, quale la legge 3 agosto 2009, n. 116, di ratifica della Convenzione ONU contro la corruzione. Tale Convenzione, difatti, - recepita integralmente anche ai fini dell'esecuzione con l'articolo 2 della legge di ratifica - impone agli Stati firmatari il rafforzamento delle misure sostanziali e processuali volte a prevenire e combattere la corruzione in modo sempre più efficace, chiedendo di «ricercare, perseguire e giudicare effettivamente» i responsabili di fatti corruttivi e di adoperarsi perché i relativi procedimenti giudiziari si svolgano in modo tale da «ottimizzare l'efficacia di misure di individuazione e di repressione di tali reati» e prevedendo che «...ciascuno Stato Parte fìssa, nell'ambito del proprio diritto interno, un lungo termine di prescrizione entro il quale i procedimenti» per i reati previsti dalla Convenzione «possono essere avviati».
E ciò a tacere del contrasto con le conclusioni del rapporto adottato il 2 luglio 2009 dai Paesi del Gruppo di Stati contro la corruzione (GRECO), cui l'Italia ha aderito nel 2007. Le soluzioni proposte, infatti, rischiano di impedire l'accertamento giudiziario se solo si considera che il reato di corruzione è già stato pesantemente condizionato dai nuovi termini di prescrizione previsti dalla legge 5 dicembre 2005, n. 251 (cosiddetta legge ex Cirielli): l'intreccio tra i due sistemi prescrizionali (un periodo breve per l'estinzione del reato ed un termine breve per la conclusione del processo) rischia di vanificare ogni sforzo nella lotta contro un reato che assai gravemente incide sulla correttezza della pubblica amministrazione, sulla tenuta del bilancio pubblico e sull'affidabilità economica del nostro Paese.
Tutto questo mentre la Corte dei conti rammenta che la corruzione e la frode, soprattutto nel settore dei contributi nazionali e dell'Unione europea, costituiscono patologie che continuano ad affliggere la pubblica amministrazione, evidenziando dati che non consentono ottimismi, e sottolinea come non appaiano indirizzati ad una vera e propria lotta alla corruzione il disegno di legge governativo sulle intercettazioni, che costituiscono uno dei più importanti strumenti investigativi utilizzabili allo scopo di contrastare la corruzione, e neppure l'aver dimezzato con la cosiddetta legge ex Cirielli del 2005 i termini di prescrizione per il reato di corruzione, ridotti da quindici a sette anni e mezzo, con il risultato che molti dei relativi processi si estinguono per prescrizione del reato poco prima della sentenza definitiva, malgrado vi siano state sentenze di condanna nei precedenti gradi di giudizio, con conseguenze ostative per l'esercizio dell'azione contabile sul danno all'immagine e con la dilatazione del ricorso alle impugnazioni, utilizzate a scopo dilatorio, e ulteriore ingolfamento del già compromesso sistema giudiziario.
Conseguentemente il PD ha inteso integrare la normativa proposta in alcuni settori cruciali già indicati nella relazione di accompagnamento al disegno di legge n. 2174, con il disegno di legge n. 2340 tradotto poi in emendamenti al disegno di legge governativo in discussione: autoriciclaggio; falso in bilancio; frodi fiscali; prescrizione; intercettazioni; appalti pubblici; arbitrato; protezione civile e grandi eventi; autorità indipendente per il controllo sui fenomeni corruttivi nel settore pubblico e privato in relazione alla Convenzione ONU; obblighi di trasparenza e codici etici; incompatibilità.
Naturalmente si è ritenuto necessario - oltre a dotare gli inquirenti di strumenti investigativi fondamentali, quale la possibilità di disporre attività di contrasto sotto copertura - ridefinire il quadro dei delitti contro la pubblica amministrazione in una maniera più aderente alle diverse forme di manifestazione di illegalità che si esplicano nell'ambito delle attività della pubblica amministrazione nel nostro Paese, ponendo attenzione, tra l'altro ed in particolare, ad individuare strumenti che possano contribuire a rompere quel muro di omertà tra corrotto e corruttore, sulla cui base si spiega l'elevata cifra oscura che caratterizza tali delitti e che rende estremamente difficile accertare simili illeciti. Pertanto, oltre ad una più generale revisione della disciplina dei delitti contro la pubblica amministrazione, il Partito democratico introduce una notevole riduzione di pena per l'imputato che si adopera fornendo una concreta e fattiva collaborazione per la ricostruzione dei fatti, per l'individuazione o la cattura degli altri responsabili o per il recupero delle somme versate o delle altre utilità trasferite.
In linea generale, quindi, si rileva che con le innovazioni normative proposte dal PD si ridisegna sostanzialmente il quadro dei delitti contro la pubblica amministrazione, trasferendo la condotta di concussione per costrizione all'interno di quelle di estorsione e la condotta di concussione per induzione all'interno della nuova fattispecie di corruzione, la quale ricomprende in sé il disvalore penale degli articoli 318, 319 e 321 del codice penale attualmente vigenti, prevedendo in ogni caso anche la punibilità del corruttore. Data l'enorme difficoltà che spesso si incontra ad individuare - una volta accertato nel corso dell'indagine che il pubblico ufficiale ha ricevuto congrue o notevoli somme di danaro e identificata la persona che glieli ha corrisposti - gli atti dell'ufficio posti in essere per conto della persona che ha corrisposto le somme, è stata introdotta, nell'articolo 319, anche la punibilità delle dazioni di danaro o di altre utilità fatte comunque al pubblico ufficiale o all'incaricato di pubblico servizio in ragione della funzione esercitata. Si è voluto, così, punire la condotta di coloro che, in cambio di denaro o di altre utilità, a volte versate loro periodicamente, si mettono praticamente al servizio di chi è interessato ad ottenere che gli stessi operino, al momento giusto, in violazione dei doveri di fedeltà, di imparzialità e onestà, o di leggi, regolamenti o circolari. La norma riguarda, quindi, un'ipotesi di pubblico ufficiale che si attiva (o che non si attiva) in ragione della sua funzione, dietro corrispettivo. È stata anche abolita la distinzione tra atti (o attività) d'ufficio e atti (o attività) contrari ai doveri d'ufficio, essendo ugualmente censurabile la condotta del pubblico ufficiale che riceve denaro o altre utilità, come è censurabile chi le offre, in quanto egli ne trae sempre vantaggio in relazione agli altri che si comportano onestamente. Né è senza significato che tale distinzione ha sempre offerto agli indagati il pretesto per allungare i tempi di definizione dei processi. In base alla modifica apportata, sarà il giudice, in concreto, nell'applicazione della pena, a tener conto dell'atto o dell'attività compiuti o richiesti. Inoltre, si è previsto un sensibile inasprimento delle sanzioni penali per i reati più gravi contro la pubblica amministrazione, anche nel minimo edittale, per evitare che l'applicazione generalizzata di attenuanti determini la concreta inefficacia della sanzione. L'apparato sanzionatorio in vigore, infatti, risulta inadeguato rispetto alla gravità dei comportamenti e all'impatto sociale ed economico di reati di tale tipo e, a causa del sistema prescrizionale introdotto dalla citata legge 5 dicembre 2005, n. 251 (cosiddetta «ex Cirielli»), rischia, di fatto, di impedire l'accertamento giudiziario dei reati di corruzione.
Da un lato, si è quindi provveduto- con i disegni di legge 2174 e 2340 e ora con gli emendamenti al disegno di legge governativo - a razionalizzare la normativa vigente, semplificando la classificazione delle condotte criminose e la valutazione del disvalore penale di ognuna di esse; dall'altro lato, si è conferita rilevanza anche a quelle condotte le quali, pur emblematiche di una particolare offensività nei confronti del buon andamento della pubblica amministrazione e idonee ad ingenerare dubbi sulla sua effettiva imparzialità ed efficienza, non risultano, tuttavia, in alcun modo sanzionate all'interno del sistema penale italiano. È stata, pertanto, a tale scopo introdotta la fattispecie del traffico di influenze illecite, meglio descritta più avanti (misura questa, peraltro, prevista specificamente anche dalla Convenzione penale sulla corruzione fatta a Strasburgo il 27 gennaio 1999) e volta a punire la condotta dei soggetti che si propongono come intermediari nel disbrigo di faccende corruttive, nonché di quelli che ne ricercano la collaborazione. Questa previsione si fonda su un aggiornamento della lettura del fenomeno corruttivo. Infatti, spesso oggi la tradizionale forma bilaterale della corruzione si spezza in due parti: la retribuzione viene ricevuta dall'intermediario, mentre l'attività amministrativa illecita viene svolta da un diverso soggetto; in un'altra occasione, poi, l'intermediario restituirà il favore ricambiando l'attività posta in essere dal pubblico ufficiale. La differenza con la «vecchia» corruzione è evidente e può essere paragonata alla differenza che passa tra un semplice baratto e una più sofisticata triangolazione: si inserisce una nuova figura di intermediario e il soggetto che riceve la retribuzione è diverso da quello che compie l'attività amministrativa «di favore».
Si è, poi, inteso individuare - parallelamente a quanto sperimentato nell'ambito dell'azione di contrasto alla criminalità organizzata - uno strumento utile all'emersione del fenomeno corruttivo, così diffusamente pervasivo del tessuto economico-sociale e del sistema istituzionale del nostro Paese. A tal fine è stata prevista, con riferimento al reato di corruzione e corruzione in atti giudiziari, la possibilità di una forte riduzione di pena (fino a due terzi) nei casi in cui si determini da parte dell'imputato una concreta e fattiva collaborazione.
Parallelamente, al fine di contrastare fenomeni di corruttela e malaffare nel settore privato, oggi non esaustivamente tipizzati in fattispecie incriminatrici, si propone di introdurre, all'interno del capo II del titolo VIII del libro II del codice penale, relativo ai delitti contro l'industria e il commercio, il delitto di corruzione nel settore privato (estensibile agli enti in virtù del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231), consistente nella condotta di induzione, sollecitazione o ricezione di denaro od altra utilità, o nell'accettazione della relativa promessa, per compiere od omettere un atto, in violazione di un dovere, qualora ne derivino o possano derivarne distorsioni della concorrenza nel mercato ovvero danni economici all'ente o a terzi, anche attraverso una non corretta aggiudicazione o una scorretta esecuzione di un contratto. Anche in tal caso è stata prevista una diminuzione di pena in caso di concreta collaborazione da parte dell'imputato. L'introduzione di tale fattispecie incriminatrice risponde, peraltro, all'esigenza di dare piena attuazione alla decisione quadro 2003/568/GAI del Consiglio, del 22 luglio 2003, relativa alla lotta contro la corruzione nel settore privato.
Alle ulteriori modifiche normative proposte con il disegno di legge 2174 e agli emendamenti in cui si è tradotto si dedica qui di seguito una specifica illustrazione.
Autoritànazionale anticorruzione
A seguito della soppressione dell'ufficio dell'Alto Commissario anti-corruzione (la cui istituzione era avvenuta in corso di negoziazione della Convenzione ONU sulla corruzione), il presidente del Gruppo di Stati contro la corruzione (GRECO) che agisce nell'ambito del Consiglio d'Europa sin dal luglio 2008 ha chiesto spiegazioni all'Italia in sede di Consiglio d'Europa. Le informazioni rese al riguardo dal Governo sulle ragioni di tale decisione e sulle probabili conseguenze nella lotta alla corruzione in Italia, appaiono contraddette dal fatto che il Servizio anticorruzione e trasparenza (SAeT), istituito nel 2008 presso il Dipartimento della funzione pubblica (che sostituisce l'Alto commissario), non solo non ha dotazioni adeguate umane e strumentali, ma difetta di poteri autonomi di monitoraggio e vigilanza, tant'è che nel rapporto al Parlamento, presentato il 17 novembre 2009, si limita a raggruppare e commentare i dati resi disponibili dal Ministero dell'interno e nelle relazioni del presidente della Corte dei conti e del procuratore generale presso la Corte dei conti. È assente, quindi, un'accurata rilevazione quantitativa e qualitativa, indispensabile per verificare l'andamento della corruzione nel tempo ed individuare i settori su cui maggiormente essa incide. I dati sui delitti denunciati per l'arco temporale 2004-2008, essendo aggregati, non consentono di isolare il fenomeno della corruzione nella sua specificità criminologica. Vengono, infatti, riportate cumulativamente due categorie di illeciti tra cui corrono differenze sostanziali: i delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione (tra cui corruzione, concussione, abuso d'ufficio, peculato) e i delitti dei privati contro la medesima pubblica amministrazione o il suo patrimonio (indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato, truffa, turbata libertà degli incanti). Tale rilevazione altera il quadro della distribuzione geografica del fenomeno, tant'è che il rapporto assegna alle regioni meridionali (tra cui Calabria e Puglia) il più alto tasso di denunce di reati genericamente «collegati alla corruzione». Se la corruzione viene considerata isolatamente da frodi e truffe, come sarebbe corretto fare in ragione delle sue peculiarità, la distribuzione geografica appare del tutto diversa: la corruzione emerge poco, e comunque ancor meno, nelle regioni (soprattutto quelle meridionali) in cui è più presente la criminalità organizzata. Ciò pone ancora una volta il problema, già evidenziato in occasione della ratifica della Convenzione ONU del 2003 sulla corruzione, dell'indipendenza dell'organo deputato ad assicurare il rispetto delle previsioni della Convenzione sulla corruzione, ratificata dal Parlamento italiano, ed a fornire efficaci elaborazioni utili alle politiche di contrasto a tale fenomeno. Va, quindi, ripristinato l'Alto Commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione nel settore della pubblica amministrazione e ne vanno estese le funzioni, da esercitare in assoluta indipendenza, anche al settore privato. A questa autorità, così ripristinata e ridisegnata, va attribuito il ruolo di assicurare il rispetto delle previsioni della Convenzione ONU sulla corruzione, ratificata con legge 3 agosto 2009, n. 116.
Modifiche alle disposizioni concernenti il Dipartimento della protezione civile, in particolare in materia di grandi eventi, e ripristino del controllo preventivo di legittimità sulle ordinanze di protezione civile da parte della Corte dei conti
Le modifiche che si propongono intendono escludere la gestione dei grandi eventi dalla competenza della protezione civile (con l'abrogazione del comma 5 dell'articolo 5-bis del decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 2001, n. 401) ovvero limitarne l'ambito di intervento; intendono inoltre reintrodurre il controllo preventivo della Corte dei conti sulle ordinanze di protezione civile. In questi ultimi anni, difatti, si è verificata una anomala espansione quantitativa ed applicativa delle ordinanze di protezione civile, che, pur non avendo forza di legge, possono derogare alla normativa primaria. Ci troviamo, in buona sostanza, di fronte a una duplice scelta politica: il ricorso a poteri normativi comunque straordinari e, fra questi, la preferenza per le ordinanze d'urgenza anche rispetto ai decreti-legge, tanto che si può fondatamente ipotizzare un vero e proprio sistema parallelo.
Due decreti-legge, rispettivamente nel corso della XIV e della XVI legislatura, hanno introdotto disposizioni che hanno ampliato eccessivamente l'ambito applicativo di strumenti disegnati per fronteggiare le emergenze dall'articolo 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, sovrapponendo e confondendo urgenza ed emergenza. In particolare, il citato decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, recante «Disposizioni urgenti per assicurare il coordinamento operativo delle strutture preposte alle attività di protezione civile e per migliorare le strutture logistiche nel settore della difesa civile», convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 2001, n. 401, all'articolo 5-bis, comma 5, ha esteso l'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, «Istituzione del servizio nazionale della protezione civile», relative al potere di ordinanza, «alla dichiarazione dei grandi eventi rientranti nella competenza del Dipartimento della protezione civile e diversi da quelli per i quali si rende necessaria la delibera dello stato di emergenza». Inoltre, con una norma di interpretazione autentica, il decreto-legge 23 maggio 2008, n. 90, «Misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania e ulteriori disposizioni di protezione civile», convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2008, n. 123, ha stabilito - all'articolo 14 - che i provvedimenti adottati per i «grandi eventi» non sono soggetti al controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti.
In questo modo, come ha sottolineato il Presidente della Repubblica, si è inciso sulla ordinaria ed ordinata gerarchia delle fonti del diritto. L'uso improprio delle ordinanze di protezione civile si è tradotto, infatti, in più occasioni in un abuso del ricorso ad ordinanze con forza derogatoria nei confronti di molte leggi dello Stato, trasformando da straordinario in ordinario un delicato strumento dell'azione pubblica, eludendo così i requisiti di trasparenza nelle procedure. E questo contrasta anche con una consolidata giurisprudenza costituzionale formatasi sulla legge n. 225 del 1992, poiché la mera dichiarazione di grande evento rappresenta un'alterazione dei presupposti sostanziali della decretazione di emergenza, oltre a stravolgere la missione della protezione civile nazionale.