Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento istituzioni
Titolo: Semplificazione dei rapporti con la Pubblica Amministrazione e Carta dei doveri delle Amministrazioni Pubbliche A.C. 3209-bis - Schede di lettura
Riferimenti:
AC N. 3209-BIS/XVI     
Serie: Progetti di legge    Numero: 308
Data: 10/03/2010
Descrittori:
DELEGIFICAZIONE   PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
RAPPORTI CON L' AMMINISTRAZIONE     
Organi della Camera: I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni

 

Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

Semplificazione dei rapporti con la
Pubblica Amministrazione e Carta dei doveri delle Amministrazioni Pubbliche

A.C. 3209-bis

Schede di lettura

 

 

 

 

 

 

n. 308

 

 

 

10 marzo 2010

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – coordinamento: Dipartimento Istituzioni
( 066760-9475 / 066760-3855 – * st_istituzioni@camera.it

Hanno partecipato alla redazione del dossier i seguenti Servizi e Uffici:

Segreteria Generale – Ufficio Rapporti con l’Unione europea

( 066760-2145 – * cdrue@camera.it

§         La nota di sintesi e le schede di lettura sono state redatte dal Servizio Studi.

§         Le parti relative ai documenti all’esame delle istituzioni dell’Unione europea e alle procedure di contenzioso sono state curate dall'Ufficio rapporti con l'Unione europea.

 

 

Il presente dossier è stato redatto in occasione dell’esame in sede referente presso la I Commissione Affari costituzionali.

Il disegno di legge A.C. 3209-bis, oggetto del presente dossier, risulta dallo stralcio dell’A.C. 3209 deliberato nella seduta dell’Assemblea del 2 marzo 2010.

Gli articoli 14, 25 e 27 dell’originario disegno di legge sono confluiti nell’A.C. 3209-ter.

I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

File: ID0013.doc

 


INDICE

Schede di lettura

§      Articolo 1 (Semplificazione della tenuta dei libri sociali)3

§      Articolo 2 (Iscrizione all'albo provinciale delle imprese artigiane mediante comunicazione unica al registro delle imprese)5

§      Articolo 3 (Semplificazione degli adempimenti per i gestori delle strutture ricettive)11

§      Articolo 4 (Conservazione delle cartelle cliniche)16

§      Articolo 5 (Attività edilizia libera)18

§      Articolo 6 (Semplificazione dell'obbligo della comunicazione della cessione di fabbricati)33

§      Articolo 7 (Semplificazione della denuncia di infortunio o malattia professionale)37

§      Articolo 8 (Semplificazione per i lavoratori dello spettacolo)39

§      Articolo 9 (Riduzione di oneri amministrativi)45

§      Articolo 10 (Disposizioni in materia di anagrafe)51

§      Articolo 11 (Modifiche all'articolo 3 del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773)56

§      Articolo 12 (Disposizioni in materia di sportello unico per l'edilizia)59

§      Articolo 13 (Funzioni della Corte dei conti in materia di controllo sulla gestione)62

§      Articolo 14 (Istituto diplomatico) (stralciato)65

§      Articolo 15 (Modifica all'articolo 11 del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, in materia di base unitaria di dati statistici)66

§      Articolo 16 (Attribuzione d'ufficio del codice fiscale ai cittadini iscritti nell'Anagrafe degli italiani residenti all'estero)67

§      Articolo 17 (Ricetta medica elettronica)70

§      Articolo 18 (Pagella elettronica e università digitale)73

§      Articolo 19 (Disposizioni in materia di recupero e di riscossione delle spese di giustizia)78

§      Articolo 20 (Semplificazione in materia di oneri informativi per la gestione dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche)85

§      Articolo 21 (Giuramento dei dipendenti pubblici)93

§      Articolo 22 (Deroga al blocco delle assunzioni per gli incarichi di funzioni dirigenziali)96

§      Articolo 23 (Norme per il potenziamento del Dipartimento della funzione pubblica)98

§      Articolo 24 (Obbligo di comunicazione al Dipartimento della funzione pubblica dei dati mensili relativi alle assenze per malattia)99

§      Articolo 25 (Ordinamento della carriera diplomatica) (stralciato)101

§      Articolo 26 (Norme sul servizio temporaneo dei dipendenti pubblici all'estero)102

§      Articolo 27 (Disposizioni relative agli uffici all'estero del Ministero degli affari esteri) (stralciato)110

§      Articoli 28 (Delega al Governo per l'emanazione della Carta dei doveri delle amministrazioni pubbliche)111

§      Articolo 29 (Princìpi e criteri direttivi)113

§      Articolo 30 (Codificazione)118

 

 


Schede di lettura

 


 

Articolo 1
(Semplificazione della tenuta dei libri sociali)

1. All'articolo 2215-bis del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) i commi terzo e quarto sono sostituiti dai seguenti:

«Gli obblighi di numerazione progressiva e di vidimazione previsti dalle disposizioni di legge o di regolamento per la tenuta dei libri, repertori e scritture sono assolti, in caso di tenuta con strumenti informatici, mediante apposizione, almeno una volta all'anno, della marcatura temporale e della firma digitale dell'imprenditore o di altro soggetto dal medesimo delegato.

Qualora per un anno non siano state eseguite registrazioni, la firma digitale e la marcatura temporale devono essere apposte all'atto di una nuova registrazione e da tale apposizione decorre il periodo annuale di cui al terzo comma»;

b) è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«Per i libri e per i registri la cui tenuta è obbligatoria per disposizione di legge o di regolamento di natura tributaria, il termine di cui al terzo comma opera secondo le norme in materia di conservazione digitale contenute nelle medesime disposizioni».

 

 

L’articolo 1 novella l’articolo 2215-bisdel codice civile, in materia di documentazione informatica delle imprese.

 

Tale disposizione è stata introdotta nel codice civile dall’articolo 16, comma 12-bis, del decreto-legge n. 185 del 2008 (convertito dalla legge n. 2 del 2009), al fine di prevedere la possibilità di tenuta informatica delle scritture contabili delle imprese. Essa prevede, nel suo testo attuale, che la documentazione informatica vada sempre resa consultabile e che di essa possa essere fatta copia su diversi tipi di supporto per gli usi consentiti dalla legge. Gli obblighi di tenuta, vidimazione e numerazione e gli altri obblighi previsti dalla legge a carico dell’impresa sono assolti dalla marcatura temporale (ogni 3 mesi) e dalla firma digitale dell’imprenditore o di altro soggetto delegato. La documentazione contabile informatizzata ha la stessa efficacia probatoria di quella ordinaria.

 

La novella in particolare:

§         incide sull’obbligo di numerazione progressiva e vidimazione delle scritture contabili tenute con strumenti informatici, prevedendo che esso sia assolto mediante apposizione della marcatura temporale e della firma digitale non più ogni tre mesi, ma almeno una volta l’anno;

 

Con riferimento a tale nuovo termine, si ricorda che, in base all’articolo 3, comma 2, del D.M. 23 gennaio 2004 (recante Modalità di assolvimento degli obblighi fiscali relativi ai documenti informatici ed alla loro riproduzione in diversi tipi di supporto), il processo di conservazione dei documenti informatici (che termina con la sottoscrizione elettronica e l'apposizione della marca temporale, in luogo del riferimento temporale, sull'insieme dei predetti documenti ovvero su un'evidenza informatica contenente l'impronta o le impronte dei documenti o di insiemi di essi da parte del responsabile della conservazione) è effettuato con cadenza almeno quindicinale per le fatture e almeno annuale per i restanti documenti.

 

Si rileva che dalla formulazione della novella è espunto il riferimento agli “altri obblighi” contenuto nel testo vigente (obblighi che comprendono quello di regolare tenuta dei libri, repertori e scritture), pur limitandosi il tenore della disposizione a riguardare solo gli obblighi di numerazione progressiva e vidimazione da assolvere solo con l’apposizione della marcatura temporale e della firma digitale annuale.

 

Per quanto specificamente riguarda gli obblighi di bollatura, si ricorda che, in base al comma 12-ter dell’art. 16 del d.l. n. 185 del 2008, gli obblighi di bollatura della documentazione informatica di cui all’art. 2215 c.c. sono assolti ai sensi del sopra richiamato D.M. 23 gennaio 2004.

 

§         nel caso di libri e registri la cui tenuta è obbligatoria per disposizione di legge o di regolamento, tale temine opera secondo le norme in materia di conservazione digitale contenute nelle medesime disposizioni (comma aggiuntivo).

 

 


 

Articolo 2
(Iscrizione all'albo provinciale delle imprese artigiane mediante comunicazione unica al registro delle imprese)

1. Ai fini dell'iscrizione all'albo provinciale delle imprese artigiane, di cui all'articolo 5 della legge 8 agosto 1985, n. 443, e successive modificazioni, come disciplinato dalle disposizioni legislative e amministrative regionali, è presentata una dichiarazione all'ufficio del registro delle imprese attestante il possesso dei requisiti di qualifica artigiana previsti dalle disposizioni vigenti. La dichiarazione è presentata mediante la comunicazione unica per la nascita dell'impresa di cui all'articolo 9 del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 aprile 2007, n. 40, e successive modificazioni, secondo le regole tecniche individuate dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 6 maggio 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 152 del 3 luglio 2009.

2. La dichiarazione determina l'iscrizione all'albo provinciale delle imprese artigiane con decorrenza dalla data di presentazione. La procedura è applicata anche nei casi di modificazione e di cancellazione.

3. Le commissioni provinciali per l'artigianato ovvero gli uffici preposti alla tenuta dell'albo provinciale delle imprese artigiane dispongono accertamenti e controlli e, in caso di accertata carenza dei requisiti legittimanti, adottano, entro il termine di sessanta giorni dalla data di presentazione della dichiarazione, gli eventuali provvedimenti di cancellazione e di variazione, fatta salva l'adozione dei motivati provvedimenti di cui al comma 3 dell'articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni.

4. I provvedimenti di cancellazione e di variazione di cui al comma 3 sono comunicati ai soggetti interessati entro il termine di cinque giorni dalla data della loro adozione, ai fini della presentazione dei ricorsi ai sensi delle disposizioni vigenti.

 

 

L’articolo 2 contiene disposizioni di semplificazione riguardo all’iscrizione all'albo provinciale delle imprese artigiane.

Il comma 1 prevede che per l'iscrizione all'albo provinciale delle imprese artigiane, come disciplinato dalle disposizioni regionali, debba essere presentata una dichiarazione all'ufficio del registro delle imprese attestante il possesso dei requisiti di qualifica artigiana previsti dalle disposizioni vigenti. La dichiarazione viene presentata mediante la comunicazione unica per la nascita dell'impresa di cui all’art. 9 del D.L. 7/2007 e successive modificazioni, secondo le regole tecniche stabilite dal DPCM 6 maggio 2009.

Tale dichiarazione determina l'iscrizione all'albo provinciale delle imprese artigiane con decorrenza dalla data della sua presentazione. La medesima procedura è applicata anche nei casi di modificazione e di cancellazione (comma 2).

L’Albo delle imprese artigiane, istituito dalla legge 8 agosto 1985, n. 443(Legge-quadro per l'artigianato), è un pubblico registro articolato a livello provinciale nel quale sono iscritte le imprese aventi sede nel territorio provinciale che esercitano un’attività artigiana[1].

L’iscrizione nell’Albo delle imprese artigianeèobbligatoria per tutte le imprese, sia individuali che società, che rientrano nella definizione di impresa artigiana, tranne che nel caso delle Srl multipersonali, per le quali l'iscrizione è facoltativa.

L’iscrizione all’Albo:

-         è costitutiva dell’impresa artigiana;

-         è condizione necessaria per la concessione delle agevolazioni a favore di imprese artigiane;

-         comporta l’annotazione nella Sezione speciale artigiani del Registro delle imprese della camera di commercio;

-         comporta l’iscrizione del titolare o di tutti i soci che partecipano all’attività, negli elenchi nominativi degli artigiani (INPS) ai fini assicurativi e previdenziali.

La tenuta dell’Albo è curata da una Commissione provinciale per l’artigianato che opera presso la camera di commercio, cui spetta il compito di provvedere in ordine alle iscrizioni e alla cancellazione dall’Albo medesimo.

La domanda di iscrizione deve essere presentata alla Commissione competente per territorio entro 30 giorni dall’inizio dell’attività. Alla domanda vanno allegati gli eventuali titoli autorizzatori richiesti per l’esercizio dell’attività. In seguito gli iscritti devono segnalare ogni tipo di variazione (quali: cambiamento attività esercitata, cambio denominazione della ditta o indirizzo, variazione della persona del titolare o dei soci, cessazione). Le denunce di modificazione o di cessazione dell’attività devono essere presentate alla Commissione provinciale per l’artigianato entro 30 giorni dalla data dell’evento.

Le imprese individuali presentano la domanda direttamente all'Albo artigiani e, una volta iscritte, vengono annotate nella apposita sezione del Registro delle Imprese, mentre le società presentano la domanda di iscrizione prima alla sezione ordinaria del Registro delle imprese e successivamente alla Commissione provinciale per l'artigianato.

Si ricorda che l’articolo 9 del decreto-legge 7/2007[2], convertito con modificazioni dalla legge 40/2007, prevede che gli adempimenti amministrativi a carico delle imprese per l’iscrizione nel Registro delle imprese, ai fini previdenziali, assistenziali, assicurativi e fiscali, nonché per l’ottenimento del codice fiscale e della partita IVA, siano sostituiti da una comunicazione unica presentata per via telematica o su supporto informatico all’Ufficio del Registro delle imprese delle Camere di commercio, il quale rilascia una ricevuta che costituisce titolo per l’immediato avvio dell’attività imprenditoriale. Tale procedura si applica anche in caso di modifiche o cessazione dell’attività d’impresa.

Con il D.P.C.M. 6 maggio 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 152 del 3 luglio 2009, sono state definite le regole tecniche per l'attuazione della procedura della comunicazione unica. Con esplicito riferimento alle imprese artigiane, l’articolo 1, comma 2, del D.P.C.M. 6 maggio 2009 dispone che, al fine di garantire il necessario coordinamento con la disciplina regionale in materia, l'applicazione dello stesso decreto alle imprese artigiane è definito di intesa con le singole regioni, in modo che siano comunque utilizzate le procedure informatiche adottate per la comunicazione unica al registro delle imprese. Nelle more dell'adozione delle intese, le regioni continuano ad utilizzare le procedure attualmente in uso.

Con il D.Dirett. 19 novembre 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 282 del 3 dicembre 2009, è stato approvato il modello di comunicazione unica.

L’art. 23, comma 13, del decreto-legge 78/2009, convertito con modificazioni dalla legge 102/2009, ha differito l’applicazione della disciplina sulla comunicazione unica per la nascita dell'impresa, disponendo che essa si applichi dal 1° ottobre 2009. Peraltro, per i primi sei mesi di applicazione della nuova disciplina (quindi fino al 31 marzo 2010), è prevista una fase sperimentale in cui gli interessati avranno ancora la possibilità di presentare alle amministrazioni competenti le comunicazioni per l'avvio dell'attività d'impresa tramite la procedura tradizionale di cui alla precedente disciplina.

Secondo la relazione illustrativa la norma prevede uno stretto coordinamento tra le disposizioni in materia di comunicazione unica per la nascita dell'impresa, ai fini dell'iscrizione al registro delle imprese e le normative regionali recanti le procedure di iscrizione all'albo delle imprese artigiane.

Si ricorda che l’articolo 9 della legge-quadro sull’artigianato, adottata prima della riforma del titolo V Cost.,  dispone che spetta alle regioni disciplinare con proprie leggi gli organi amministrativi e di tutela dell'artigianato. Sono previste:

§         la commissione provinciale per l'artigianato[3], che svolge le funzioni riguardanti la tenuta degli albi e l'accertamento dei requisiti, nonché gli altri compiti attribuiti dalle leggi regionali;

§         la commissione regionale per l'artigianato che, oltre a decidere sui ricorsi in via amministrativa contro le deliberazioni della commissione provinciale per l'artigianato, provvede alla documentazione, indagine e rilevazione statistica delle attività artigianali regionali ed esprime parere in merito alla programmazione regionale in materia di artigianato.

La relazione illustrativa segnala inoltre che alcune regioni (Piemonte, Lombardia, Veneto, Toscana, Abruzzo e Puglia) hanno già provveduto con proprie leggi regionali ad adottare il criterio della comunicazione unica anche per le procedure di iscrizione all'albo delle imprese artigiane, introducendo la dichiarazione dell'interessato che determina l'iscrizione all'albo in luogo dell'originaria domanda di iscrizione. Pertanto – prosegue la relazione - al fine di garantire l'uniformità, la chiarezza e l'efficacia delle procedure si reputa necessario prevedere un regime di iscrizione conforme a livello nazionale che risulti in linea con gli appositi indirizzi[4] approvati dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome, consistente nel conseguire l'iscrizione all'albo delle imprese artigiane (nonché la modificazione e la cancellazione) in forza di una dichiarazione sostitutiva dell'interessato, attestante la sussistenza (ovvero la modifica o la perdita) dei requisiti di legge, da presentare mediante la comunicazione unica, mantenendo ferme le competenze di accertamento e di controllo ex post delle commissioni provinciali per l'artigianato (o degli uffici preposti alla tenuta dell'albo delle imprese artigiane).

 

Ai sensi del comma 3, infatti, le commissioni provinciali per l'artigianato ovvero gli uffici preposti alla tenuta dell'albo provinciale delle imprese artigiane dispongono accertamenti e controlli e, in caso di accertata carenza dei requisiti legittimanti, adottano, entro il termine di 60 giorni dalla presentazione della dichiarazione, gli eventuali provvedimenti di cancellazione e di variazione, fatta salva l'adozione dei motivati provvedimenti di cui al comma 3 dell'articolo 19 della legge 241/1990 e successive modificazioni.

Si ricorda che il citato articolo 19, in materia di dichiarazione di inizio attività (DIA), dispone che ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta comunque denominato, comprese le domande per le iscrizioni in albi o ruoli richieste per l'esercizio di attività imprenditoriale, commerciale o artigianale il cui rilascio dipenda esclusivamente dall'accertamento dei requisiti e presupposti di legge o di atti amministrativi a contenuto generale e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale per il rilascio degli atti stessi – con alcune eccezioni tassativamente previste per la rilevanza dell’interesse pubblico - è sostituito da una dichiarazione dell'interessato corredata, anche per mezzo di autocertificazioni, delle certificazioni e delle attestazioni normativamente richieste (comma 1).

Ai sensi del comma 2, l'attività oggetto della dichiarazione può essere iniziata solo decorsi 30 giorni dalla data di presentazione della dichiarazione all'amministrazione competente; contestualmente all'inizio dell'attività, l'interessato è tenuto a darne comunicazione all'amministrazione competente (dichiarazione di inizio attività ad efficacia differita). Tuttavia, nel caso in cui la dichiarazione di inizio attività abbia ad oggetto l’esercizio di attività di impianti produttivi di beni e di servizi e di prestazione di servizi di cui alla direttiva 2006/123/CE[5], compresi gli atti che dispongono l’iscrizione in albi o ruoli o registri ad efficacia abilitante o comunque a tale fine eventualmente richiesta, l’attività può essere iniziata dalla data della presentazione della dichiarazione all’amministrazione competente (dichiarazione di inizio attività ad efficacia immediata).

Ai sensi del comma 3, l'amministrazione competente, in caso di accertata carenza delle condizioni, modalità e fatti legittimanti, nel termine di 30 giorni dal ricevimento della comunicazione (nel caso di DIA ad efficacia differita) o dalla data della presentazione della dichiarazione (nel caso di DIA ad efficacia immediata), adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell'attività e di rimozione dei suoi effetti, salvo che, ove possibile, l'interessato provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti entro un termine fissato dall'amministrazione, in ogni caso non inferiore a 30 giorni.

I provvedimenti di cancellazione e di variazione sono comunicati ai soggetti interessati entro il termine di cinque giorni dalla data della loro adozione, ai fini della presentazione dei ricorsi ai sensi delle norme vigenti (comma 4).

La comunicazione unica per la nascita d'impresa per l'iscrizione al registro delle imprese e ai fini previdenziali, assistenziali, assicurativi e fiscali ha modificato sostanzialmente la procedura per la nascita giuridica dell'impresa e per l'avvio dell'attività e, con riferimento alle imprese artigiane, ha inciso sensibilmente sui profili di competenza delle regioni in materia di iscrizione all'albo delle imprese artigiane, originariamente disciplinata dalla citata legge 443/1985, e in seguito disciplinata dalle rispettive disposizioni regionali.

L’analisi tecnico normativa allegata al ddl afferma che l’articolo “tocca” competenza regionale, tuttavia la disciplina introdotta avrebbe “all’interno” meccanismi di raccordo con essa.

 

In tema di disciplina dello sportello unico per le attività produttive, la Corte costituzionale, prima con la sentenza n. 376 del 2002, poi con la sentenza n. 15 del 2010, ha affermato che essa è fondata «sulla concentrazione in una sola struttura […] della responsabilità dell’unico procedimento attraverso cui i soggetti interessati possono ottenere l’insieme dei provvedimenti abilitativi necessari per la realizzazione di nuovi insediamenti produttivi, nonché sulla concentrazione nello “sportello unico” […] dell’accesso a tutte le informazioni da parte dei medesimi soggetti interessati: ciò al fine di evitare che la pluralità delle competenze e degli interessi pubblici oggetto di cura in questo ambito si traduca per i cittadini in tempi troppo lunghi e in difficoltà di rapporti con le amministrazioni».

 


 

Articolo 3
(Semplificazione degli adempimenti per i gestori delle
strutture ricettive)

1. Al comma 3 dell'articolo 109 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, le parole: «I soggetti di cui al comma 1 sono altresì tenuti a comunicare all'autorità locale di pubblica sicurezza le generalità delle persone alloggiate, mediante consegna di copia della scheda, entro le ventiquattro ore successive al loro arrivo. In alternativa, il gestore può scegliere di effettuare tale comunicazione inviando, entro lo stesso termine, alle questure territorialmente competenti i dati nominativi delle predette schede con mezzi informatici o telematici o mediante fax secondo le modalità stabilite con decreto del Ministro dell'interno» sono sostituite dalle seguenti: «I soggetti di cui al comma 1 sono altresì tenuti a comunicare, entro le ventiquattro ore successive all'arrivo, alle questure territorialmente competenti le generalità delle persone alloggiate mediante l'invio dei dati contenuti nella predetta scheda con mezzi informatici o telematici secondo le modalità stabilite con decreto del Ministro dell'interno».

2. Dalla data di entrata in vigore della presente legge e fino al 30 giugno 2011, i soggetti di cui all'articolo 109, comma 1, del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, possono scegliere di effettuare la comunicazione prevista dall'articolo 109, comma 3, del medesimo testo unico, di cui al regio decreto n. 773 del 1931, come da ultimo modificato dal comma 1 del presente articolo, entro le ventiquattro ore dall'arrivo delle persone alloggiate, mediante consegna all'autorità locale di pubblica sicurezza di copia della scheda di dichiarazione delle loro generalità conforme al modello approvato con decreto del Ministro dell'interno o, in alternativa, inviando, entro lo stesso termine, alle questure territorialmente competenti i dati nominativi della predetta scheda con mezzi informatici o telematici o mediante fax, secondo le modalità stabilite con decreto del Ministro dell'interno.

3. All'articolo 7 del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) dopo il comma 2 è inserito il seguente:

«2-bis. Le disposizioni del comma 1 non si applicano ai gestori di esercizi alberghieri e di altre strutture ricettive, comprese quelle che forniscono alloggio in tende o in roulotte, né ai proprietari o ai gestori di case e di appartamenti per vacanze né agli affittacamere, fermo restando quanto disposto dai commi 3, 4 e 5»;

b) al comma 4 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Per i gestori di esercizi alberghieri e di altre strutture ricettive, di cui al comma 2-bis del presente articolo, le misure di cui al periodo precedente sono assolte mediante le procedure previste dall'articolo 109 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni».

 

 

L'articolo 3 reca una semplificazione degli adempimenti a carico dei gestori delle strutture ricettive prevedendo:

§         la semplificazione della registrazione dei clienti, attraverso l’informatizzazione della procedura e l’eliminazione della documentazione attualmente richiesta con conseguente notevole risparmio di tempo e di denaro;

§         l’eliminazione delle licenze di pubblica sicurezza e dei connessi adempimenti per l'installazione di postazioni internetnelle strutture ricettive, in quanto – come si sottolinea nella relazione governativa - l'efficacia antiterroristica della misura risulta essere praticamente nulla.

 

In particolare il comma 1 modifica il comma 3 dell’art. 109 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (TULPS)[6], recante le norme di registrazione degli ospiti delle varie strutture ricettive.

L'art. 109 del TU delle leggi di pubblica sicurezza approvato con RD n. 773/1931, da ultimo modificato dall’art. 8 della legge 135/2001 (Riforma della legislazione nazionale del turismo) allo scopo di semplificare le procedure concernenti le norme di registrazione degli ospiti delle varie strutture ricettive, prevede che i gestori di esercizi alberghieri e di altre strutture ricettive, ad eccezione dei rifugi alpini indicati in appositi elenchi regionali, possano dare ospitalità esclusivamente a persone munite della carta d'identità o altro documento idoneo ad attestarla (comma 1). Per gli stranieri extracomunitari è sufficiente esibire il passaporto o altro documento munito di foto (comma 2). Ai sensi del comma 3, i soggetti gestori di strutture turistiche, anche tramite propri collaboratori, devono consegnare ai clienti una scheda di dichiarazione delle generalità conforme al modello approvato dal Ministro dell'interno, sottoscritta dal cliente o, nel caso di nuclei familiari o gruppi guidati, da uno dei due coniugi o dal capogruppo. Le generalità delle persone alloggiate devono essere comunicate all’autorità locale di pubblica sicurezza (PS), mediante consegna di copia della scheda, entro le ventiquattro ore successive all’arrivo; in alternativa tale comunicazione può essere effettuata inviando entro il medesimo termine alle questure territorialmente competenti i dati nominativi delle suddette schede con mezzi informatici o telematici o tramite fax, secondo modalità fissate con decreto del Ministro dell'interno.

 

La semplificazione introdotta dalla norma in esame riguarda le modalità di comunicazione delle generalità delle persone alloggiate, prevedendo che i gestori delle strutture ricettive devono effettuare tale comunicazione alle questure competenti, entro le ventiquattro ore successive all’arrivo, mediante l’invio dei dati contenuti nelle schede di dichiarazione delle generalità utilizzando mezzi informatici o telematici, secondo le modalità fissate dal Ministro dell'interno con proprio decreto.

In sostanza, rispetto alla normativa vigente, viene eliminata la possibilità di effettuare la comunicazione mediante consegna di copia della scheda o mediante fax, prevedendo che debbano utilizzarsi esclusivamente i mezzi informatici o telematici.

 

Il comma 2 prevede che fino al 30 giugno 2001 i soggetti gestori delle strutture ricettive possano effettuare la comunicazione delle generalità delle persone alloggiate secondo le precedenti modalità, per cui possono optare tra:

§         la comunicazione mediante consegna all’autorità locale di PS, entro le ventiquattro ore successive all’arrivo, di copia della scheda di dichiarazione delle generalità;

§         la comunicazione mediante l’invio alle questure territorialmente competenti, entro il medesimo termine, dei dati nominativi delle schede con strumenti  informatici o telematici o tramite fax, secondo le modalità stabilite con decreto del Ministro dell'interno.

 

Il comma 3 reca modifiche e integrazioni all’articolo 7 del D.L. 144/2005, recante Misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale (convertito con modificazioni dalla legge n. 155/2005).

L’articolo 7 del D.L. 144/05 - recentemente modificato dall’ultimo provvedimento “proroga termini” D.L. 194/2009 (convertito con modificazioni dalla L. 25/2010) - reca disposizioni relative all’apertura di esercizi pubblici di telefonia e Internet, nonché al monitoraggio delle operazioni svolte dall’utente presso tali esercizi.

In particolare il comma 1 stabilisce - fino al 31 dicembre 2010 – l’obbligo di richiesta della licenza al questore in capo a chiunque intenda aprire un pubblico esercizio o un circolo privato di qualunque natura che abbiano come caratteristica la messa a disposizione del pubblico, dei clienti o dei soci di apparecchi terminali utilizzabili per le comunicazioni di telefonia ed Internet. (cd. Internet Point). La licenza non è richiesta nel caso in cui presso i pubblici esercizi o i circoli privati risultino installati solo telefoni pubblici a pagamento abilitati esclusivamente alla telefonia vocale.

L’obbligo di richiesta della licenza era stabilito anche per coloro che - alla data di entrata in vigore del D.L. 144/2005 - già esercitavano le attività sopra elencate; il relativo termine era fissato in 60 giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento (comma 2).

In merito al rilascio della licenza, il comma 3 dell’art. 7 sembra configurare una ipotesi di silenzio-assenso, considerato che la licenza “si intende rilasciata” dopo la decorrenza di 60 giorni dalla richiesta. Si prevede, poi, l’applicazione – nei limiti della compatibilità – delle disposizioni contenute nei capi III e IV del titolo I e nel capo II del titolo III del TULPS[7]. Lo stesso comma fa salve le disposizioni contenute nel D.Lgs. 259/2003 recante il Codice delle comunicazioni elettroniche[8], nonché le attribuzioni degli enti locali in materia.

Il comma 4 dell’art. 7 rinvia ad un decreto del Ministro dell’interno di concerto con il Ministro delle comunicazioni e con il Ministro per l’innovazione e le tecnologie, sentito il Garante per la protezione dei dati personali (il decreto è stato poi adottato con D.M. 16 agosto 2005), per l’individuazione delle misure che il titolare o il gestore dell’esercizio in cui si svolgono le attività indicate al comma 1 deve osservare per:

§         il monitoraggio delle operazioni dell’utente;

§         per l’archiviazione dei dati.

Tali misure possono essere disposte anche in deroga alle disposizioni di cui al comma 1 dell’articolo 122 e al comma 3 dell’articolo 123 del D.Lgs. 196/2003, recante il codice in materia di protezione dei dati personali (cd. Codice della privacy)[9].

Il decreto del Ministro dell’interno determina, altresì, le misure per una preventiva acquisizione di dati anagrafici riportati su un documento di identità dei soggetti che utilizzano uno dei seguenti servizi:

-          postazioni pubbliche non vigilate per comunicazioni telematiche;

-          punti di accesso ad Internet utilizzando tecnologia senza fili.

Il controllo sull’osservanza delle misure indicate nel citato D.M. 16 agosto 2005 nonché sull’accesso ai relativi datiè demandato alla Polizia postale e delle comunicazionipresso il Ministero dell’interno La disposizione fa, comunque, salve le modalità di accesso ai dati previste dal codice di procedura penale e dal citato Codice della privacy (comma 5).

 

In particolare le modifiche introdotte dal comma in esame consistono:

a)      nell’aggiunta del nuovo comma 2-bis,che stabilisce la non applicabilità delle disposizioni del comma 1 del citato art. 7 (obbligo di richiesta della licenza al questore per l’installazione di postazioni internet) ai gestori di esercizi alberghieri e di altre strutture ricettive, comprese quelle che forniscono alloggio in tende o in roulotte. Le suddette disposizioni non si applicano altresì ai proprietari o ai gestori di case e di appartamenti per vacanze e agli affittacamere. La norma precisa che comunque per tali soggetti resta ferma l’applicazione dei commi 3, 4 e 5.

b)      nell’integrazione del comma 4 dell’art. 7 con un nuovo periodo con il quale si dispone che i gestori di esercizi alberghieri e di altre strutture ricettive di cui al comma 2-bis dello stesso articolo assolvono le misure di cui al medesimo comma 4 (misure per il monitoraggio delle operazioni dell'utente e per l'archiviazione dei relativi dati o di preventiva acquisizione di dati anagrafici) mediante le procedure di cui all’art. 109 del TULPS, relative alla registrazione dei clienti e alla comunicazione delle relative generalità all’autorità di PS (cfr. supra).

 


 

Articolo 4
(Conservazione delle cartelle cliniche)

1. La conservazione delle cartelle cliniche, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, è effettuata esclusivamente in forma digitale. Le copie delle cartelle cliniche sono rilasciate agli interessati, su richiesta, anche in forma cartacea, previo pagamento di un corrispettivo stabilito dall'amministrazione che le detiene.

2. Con regolamento da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta dei Ministri della salute e per la pubblica amministrazione e l'innovazione, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze, della difesa e per la semplificazione normativa, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 41 del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, sono stabilite le modalità uniformi di attuazione del comma 1 del presente articolo nonché la decorrenza degli adempimenti di cui al medesimo comma 1.

 

 

L’articolo in esame dispone che la conservazione delle cartelle cliniche è effettuata esclusivamente in forma digitale, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Tuttavia, su richiesta, le copie delle cartelle cliniche sono rilasciate agli interessati anche in forma cartacea, previo pagamento di un corrispettivo stabilito dall'amministrazione che le detiene (comma 1).

Le modalità di attuazione e la decorrenza degli adempimenti di cui al comma 1 viene demandata ad un regolamento[10], emanato su proposta dei Ministri della salute e per la pubblica amministrazione e l'innovazione, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze, della difesa e per la semplificazione normativa, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 41 del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni.

 

L’articolo 41 (Procedimento e fascicolo informatico) del citato decreto legislativo n. 82/2005[11], prevede lo svolgimento del procedimento amministrativo con l’utilizzazione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione e disciplina il fascicolo informatico, che raccoglie gli atti, i documenti e i dati del procedimento medesimo e che deve essere accessibile in via telematica alle amministrazioni coinvolte, ai cittadini diretti destinatari degli effetti del provvedimento e agli altri soggetti aventi diritto ad intervenire nel procedimento ai sensi della legge n. 241/1990 sull’attività amministrativa.

La cartella clinica costituisce uno strumento informativo individuale finalizzato a rilevare tutte le informazioni anagrafiche e cliniche rilevanti riguardanti un paziente. In particolare, la normativa di riferimento è contenuta nei seguenti atti normativi: l’articolo 24 del D.M. 5 agosto 1977[12], l’articolo 35 del D.P.C.M. 27 giugno 1986[13] e la Circolare n. 900.2/2.7/190 del 14 Marzo 1996 del Ministero della salute. In dette fonti è prescritto che nella cartella clinica del paziente devono risultare: le generalità complete, la diagnosi di entrata, l'anamnesi familiare e personale, l'esame obiettivo, gli esami di laboratorio e specialistici, la diagnosi, la terapia, gli esiti e i postumi.

In ordine alla conservazione della cartella clinica rileva la circolare del Ministero della salute n. 61 del 19 dicembre 1986 in cui si stabilisce che le cartelle cliniche, unitamente ai referti, vanno conservate illimitatamente, poiché rappresentano un atto ufficiale indispensabile a garantire la certezza del diritto oltre a costituire preziosa fonte documentaria per le ricerche di carattere storico-sanitario.

La custodia della cartella clinica è soggetta alla normativa riguardante il trattamento dei dati sensibili dettata dal D.L.vo n. 196 del 30 giugno 2003 sul Codice in materia di protezione dei dati personali.

Con l’entrata in vigore del citato D.L.vo 7 marzo 2005, n. 82, la cartella clinica è tra i documenti che l’articolo 1, lettera p) del decreto legislativo medesimo considera come “documento informatico”, in quanto rappresentanza informatica di atti, fatti e dati giuridicamente rilevanti.

 


 

Articolo 5
(Attività edilizia libera)

1. L'articolo 6 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, è sostituito dal seguente:

«Art. 6. (L) - (Attività edilizia libera). - 1. Salve più restrittive disposizioni previste dalla disciplina regionale e comunque nell'osservanza delle prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali e nel rispetto delle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell'attività edilizia e, in particolare, delle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, di quelle relative all'efficienza energetica nonché delle disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, i seguenti interventi possono essere eseguiti senza alcun titolo abilitativo:

a) gli interventi di manutenzione ordinaria;

b) gli interventi di manutenzione straordinaria di cui all'articolo 3, comma 1, lettera b), sempre che non riguardino le parti strutturali dell'edificio, non comportino aumento del numero delle unità immobiliari e non implichino incremento dei parametri urbanistici;

c) gli interventi volti all'eliminazione di barriere architettoniche che non comportino la realizzazione di rampe o di ascensori esterni, ovvero di manufatti che alterino la sagoma dell'edificio;

d) le opere temporanee per attività di ricerca nel sottosuolo che abbiano carattere geognostico, ad esclusione di attività di ricerca di idrocarburi, e che siano eseguite in aree esterne al centro edificato;

e) i movimenti di terra strettamente pertinenti all'esercizio dell'attività agricola e le pratiche agro-silvo-pastorali, compresi gli interventi su impianti idraulici agrari;

f) le opere dirette a soddisfare obiettive esigenze contingenti e temporanee e ad essere immediatamente rimosse al cessare della necessità e, comunque, entro un termine non superiore a novanta giorni;

g) le serre mobili stagionali, sprovviste di strutture in muratura, funzionali allo svolgimento dell'attività agricola;

h) le opere di pavimentazione e di finitura di spazi esterni, anche per aree di sosta, che siano contenute entro l'indice di permeabilità, ove stabilito dallo strumento urbanistico comunale;

i) i pannelli solari, fotovoltaici e termici, senza serbatoio di accumulo esterno, a servizio degli edifici, da realizzare al di fuori delle zone di tipo A di cui al decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444;

l) le aree ludiche senza fini di lucro e gli elementi di arredo delle aree pertinenziali degli edifici.

2. Al fine di semplificare il rilascio del certificato di prevenzione incendi per le attività di cui al comma 1, il certificato stesso, ove previsto, è rilasciato in via ordinaria con l'esame a vista. Per le medesime attività, il termine previsto dal primo periodo del comma 2 dell'articolo 2 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 12 gennaio 1998, n. 37, è ridotto a trenta giorni.

3. Prima dell'inizio degli interventi di cui al comma 1, lettere b), f), h), i) e l), l'interessato, anche per via telematica, comunica all'amministrazione comunale, allegando le autorizzazioni eventualmente obbligatorie ai sensi delle normative di settore e limitatamente agli interventi di cui alla citata lettera b), i dati identificativi dell'impresa alla quale intende affidare la realizzazione dei lavori.

4. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica»..

 

 

L’articolo in esame è volto a semplificare le procedure relative ad alcuni interventi edilizi prevedendo che essi siano realizzabili senza alcun titolo abilitativo e non piùcon la denuncia di inizio attività (cd. Dia).

 

Il comma 1, sostituendo l’art. 6 del DPR 380/2001 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), amplia, infatti, le tipologie degli interventi edilizi che possono essere sottoposti ad attività edilizia libera, ossia realizzabili senza necessità di alcun titolo abilitativo.

 

Si ricorda, infatti, che l’art. 6 del cd. T.U. dell’edilizia, prevede che rientrano nell’attività edilizia libera una serie di interventi edilizi realizzabili senza necessità di alcun titolo abilitativo, salvo più restrittive disposizioni previste dalle leggi regionali, dagli strumenti urbanistici e comunque nel rispetto delle altre normative di settore, in particolare di quelle di cui al d.lgs. 42/2004 (Codice del paesaggio e dei beni culturali). Tali interventi sono:

a) quelli relativi alla manutenzione ordinaria;

b) quelli volti all'eliminazione di barriere architettoniche che non comportino la realizzazione di rampe o di ascensori esterni, ovvero di manufatti che alterino la sagoma dell'edificio;

c) le opere temporanee per attività di ricerca nel sottosuolo che abbiano carattere geognostico o siano eseguite in aree esterne al centro edificato.

 

Il nuovo testo dell’art. 6 conferma – analogamente al testo vigente - che l’attività edilizia libera dovrà rispettare le disposizioni più restrittive previste dalle leggi regionali e dagli strumenti urbanistici comunali.

L’analisi tecnico normativa allegata al ddl afferma che tale articolo tocca competenza regionale, ma la disciplina introdotta avrebbe all’interno meccanismi di raccordo con tale competenza.

 Rispetto al testo vigente novella precisa il generico riferimento del rispetto delle “altre normative di settore”, esplicitando che esse dovranno essere: le norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico e sanitarie, quelle relative all’efficienza energetica e quelle del citato D.lgs. 42 del 2004.

 

In estrema sintesi si ricorda, per quanto riguarda la normativa antisismica, che il Capo IV della Parte II (artt. 83-103) del T.U. dell’edilizia relativo alle costruzioni in zone sismiche, prevede che, oltre al rispetto della normativa tecnica per l’edilizia prevista all’art. 52, le costruzioni da realizzarsi in zone dichiarate sismiche vengano disciplinate da specifiche norme tecniche che dovranno essere elaborate nel rispetto dei principi recati dall’art. 84 e segg. del T.U. Esse sono state, pertanto, adottate con due provvedimenti fondamentali – dapprima con l’ordinanza 3274/2003 e successivamente con lo specifico D.M. 14 settembre 2005 poi aggiornato con il DM 14 gennaio 2008 (e con le relative istruzioni applicative della circolare 2 febbraio 2009, n. 617). Si ricorda, da ultimo, che l’entrata in vigore della normativa, prorogata al 30 giugno 2010 dall’art. 29, comma 1-septies del decreto-legge 207/2008, dopo il sisma in Abruzzo è stata anticipata al 30 giugno 2009 (art. 1-bis del decreto-legge 39/2009).

Per quanto riguarda le norme di sicurezza, esse sono contenute sia negli artt. 52- 76 del T.U. dell’edilizia, che recano le disposizioni di carattere generale per assicurare la sicurezza e la stabilità di tutte le tipologie di costruzioni, sia nelle norme tecniche citate di cui al DM 14 gennaio 2008. Tale DM, oltre alle norme tecniche per le costruzioni in zona sismica, reca, infatti, la disciplina tecnica in materia di costruzioni sulla progettazione strutturale degli edifici, indicando i criteri generali di sicurezza, le azioni che devono essere utilizzate nel progetto, le caratteristiche dei materiali e dei prodotti. Tali norme definiscono l'esecuzione e il collaudo delle costruzioni, nei riguardi delle prestazioni loro richieste in termini di requisiti essenziali di resistenza meccanica e stabilità, anche in caso di incendio (in particolare le norme relative alla resistenza al fuoco sono incluse nella sezione 3.6.1 Incendio)e, più in generale, trattano gli aspetti attinenti alla sicurezza strutturale delle opere.

In relazione alle norme antincendio per gli edifici di civile abitazione, esse sono contenute nel DM 16 maggio 1987, n. 246, mentre le norme igienico sanitarie nel DM Sanità del 5 luglio 1975, successivamente integrato dal DM 9 giugno 1999. In tale DM sono indicati i requisiti dimensionali minimi dei locali di abitazione, le dotazioni minime dei servizi igienici, ed il parametri di illuminazione e di ventilazione.

Le norme sulla sicurezza degli impianti sono, invece, contenute nella Parte II, Capo V del T.U. dell’edilizia (artt. 107-121). Nell’art. 115 viene anche previsto che il dirigente comunale rilasci il certificato di agibilità solo dopo aver acquisito anche la dichiarazione o il certificato di collaudo degli impianti installati. Il certificato di agibilità (art. 24) attesta, infatti, la sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati.

Le norme relative al contenimento del consumo di energia negli edifici sono, infine, contenute nel successivo Capo VI (artt. 122- 135).

Per quanto riguarda il D.lgs. 42/2004, si ricorda, in estrema sintesi, che per gli interventi edilizi su un immobile vincolato, è necessario il previo assenso alla Soprintendenza (art. 21, comma 4), mentre è richiesta l’autorizzazione paesaggistica qualora i proprietari di immobili ed aree di interesse paesaggistico intendano apportarvi delle modifiche (art. 146).

 

Si osserva, preliminarmente, che tra la normativa di settore incidente sull’attività edilizia non compare quella relativa alla sicurezza degli impianti contenuta, come anzidetto, negli artt. 107 - 121 del T.U. dell’edilizia.

Si osserva, inoltre, che la norma permette la possibilità di realizzare una serie di interventi attualmente soggetti a DIA nel rispetto delle normative di settore incidenti sull’attività edilizia (norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico sanitarie…..), che sono sostanzialmente quelle in base alle quali un tecnico abilitato assevera la DIA assumendosene, conseguentemente, la responsabilità. Pertanto, in assenza della DIA, verrebbe meno anche la certificazione del tecnico.

 

Si ricorda, infatti, che ai sensi dell’art. 23, comma 1, del citato T.U., qualora sia necessaria la DIA sarà un progettista abilitato ad asseverare, assumendosene la responsabilità, la conformità delle opere da realizzare agli strumenti urbanistici approvati e non in contrasto con quelli adottati ed ai regolamenti edilizi vigenti, nonché il rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienico-sanitarie.

 

Da ultimo si osserva che con la DIA è prevista la presentazione del D.U.R.C. (documento unico di regolarità contributiva) della ditta che realizzerà gli interventi secondo quanto disposto dall’art. 20, comma 2, del D.lgs. 6 ottobre 2004, n. 251. In assenza della certificazione della regolarità contributiva, anche in caso di variazione dell'impresa esecutrice dei lavori, viene sospesa l'efficacia del titolo abilitativo. L’assenza della DIA farebbe quindi venir meno l’obbligo di presentazione del DURC.

 

L’articolo in esame dispone quindi che, nel rispetto delle citate normative, possono essere assoggettati ad attività edilizia libera, oltre alle tre tipologie di interventi contemplate dal vigente art. 6 del TU - manutenzione ordinaria, eliminazione di barriere architettoniche e opere temporanee per attività di ricerca nel sottosuolo - i seguenti ulteriori interventi, la maggior parte dei quali sono, attualmente, soggetti a DIA:

 

§         interventi di manutenzione straordinaria, come definiti dall’art. 3, lett. b) del TU dell’edilizia, ma nel rispetto di alcune condizioni: non devono riguardare le parti strutturali dell'edificio o comportare un aumento del numero delle unità immobiliari o un incremento degli standard urbanistici.

Conseguentemente la manutenzione straordinaria viene equiparata a quella ordinaria, purché nel rispetto delle condizioni sopra indicate.

Sono considerati «interventi di manutenzione straordinaria», ai sensi dell’art. 3, lett. b) del TU dell’edilizia, le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari e non comportino modifiche delle destinazioni di uso.

 

Gli interventi di manutenzione straordinaria sono attualmente sottoposti a DIA. L’area di operatività della DIA è definita, oltre che residualmente ai sensi dell’art. 22, comma 1[14], anche secondo criteri di compatibilità della vecchia normativa che elencava delle ipotesi tassative - art. 4 del DL 398/1993 - con le nuove disposizioni del TU[15]. Tra queste ultime figurano sia gli interventi di manutenzione straordinaria che le opere interne che non comportino modifiche della sagoma e dei prospetti, non rechino pregiudizio alla statica dell'immobile e non modifichino la destinazione d'uso (art. 4, comma 7, del DL 398/1993).

Qualora tali interventi di manutenzione straordinaria comportassero un aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici, ovvero, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A[16], mutamenti della destinazione d'uso, dovranno essere sottoposti a permesso di costruire o a superDIA. Per approfondimenti si veda la scheda specifica sui Titoli abilitativi all’attività edilizia.

 

§         i movimenti di terra strettamente pertinenti all'esercizio dell'attività agricola e le pratiche agrosilvo-pastorali, compresi gli interventi su impianti idraulici agrari;

 

Disposizioni sulla disciplina delle opere e movimenti di terreno connessi alla coltivazione e alla sistemazione dei terreni agrari e forestali sono contenute nelle leggi forestali regionali e nei relativi regolamenti attuativi che indicano i casi in cui non è necessaria l’autorizzazione e quelli per i quali, invece, è richiesta la DIA. Per citare un esempio il regolamento forestale della regione Toscana, approvato conD.P.G.R. nr. 48/R del 8 agosto 2003, alla Sezione IV - Opere e movimenti di terreno connessi alla coltivazione e alla sistemazione dei terreni agrari e forestali – indica le opere ed i movimenti di terreno eseguibili senza autorizzazione o dichiarazione (artt. 91 e 92) e quelli soggetti invece a DIA (art. 93). Tra l’altro l’art. 93, comma 5, dispone espressamente che gli interventi di manutenzione straordinaria necessari al ripristino od all’adeguamento funzionale di opere di sistemazione idraulico-forestale di fossi e torrenti, sono soggetti a DIA. Non sono soggetti ad autorizzazione o DIA se tali interventi vengono attuati dagli enti competenti in base alla legge forestale e dall’autorità idraulica o dai consorzi di bonifica.

 

Dato che la tipologia dei lavori di manutenzione dei terreni agrari e forestali è molto ampia (si veda l’esempio citato degli artt. 91 e seguenti del regolamento forestale della regione Toscana) e, soprattutto in considerazione dell’incidenza di tali lavori sull’assetto idrogeologico del territorio, sembrerebbe opportuno specificare in modo tassativo le opere o i movimenti di terreno realizzabili senza DIA.

 

§         le opere dirette a soddisfare obiettive esigenze contingenti e temporanee e ad essere immediatamente rimosse al cessare della necessità, comunque entro un termine non superiore a 90 giorni.

 

Si osserva che dovrebbe essere precisato il generico riferimento ad “opere”, in quanto esso potrebbe includere, oltre alle opere caratterizzate da precarietà strutturale, quali tende e gazebo, anche prefabbricati o strutture di qualsiasi genere, purché caratterizzati da precarietà funzionale, vale a dire opere dirette a soddisfare esigenze contingenti e temporanee – tant’è che viene specificato il termine massimo della temporaneità pari a 90 giorni - altrimenti tali interventi rientrerebbero tra quelli di nuova costruzione per i quali è necessario il permesso di costruire.

 

Si ricorda, infatti, che sono sottoposti a permesso di costruire, ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. e.5), del TU dell’edilizia, l'installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, che non siano però diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee, in quanto rientrati, ai sensi dell’art. 3 del TU tra gli “interventi di nuova costruzione”.

 

§         le serre mobili stagionali, sprovviste di strutture in muratura, funzionali allo svolgimento dell'attività agricola;

 

Disposizioni sulla disciplina delle serre mobili stagionali sono, in genere, contenute, nei regolamenti edilizi comunali, che dettagliano ulteriormente le caratteristiche di tali serre. Spesso, infatti, vengono precisate le caratteristiche delle serre stagionali (con struttura leggera e teli, senza fondazioni con un'altezza massima al colmo inferiore a m. 3.50) che possono essere installate con una semplice comunicazione corredata da una planimetria. Le serre semifisse con struttura leggera e pannelli trasparenti, aventi un'altezza massima al colmo di m. 3.50, potranno essere installate, invece, previa DIA. Le serre fisse possono essere realizzate previo rilascio del permesso di costruzione.

 

Sembrerebbe opportuno precisare ulteriormente le caratteristiche strutturali di tali serre mobili (struttura leggera e teli o pannelli trasparenti) e la loro altezza massima dato che attualmente possono anche essere soggette a DIA.

 

§         opere di pavimentazione e di finitura di spazi esterni, anche per aree di sosta, rispettando l'indice di permeabilità[17], ove stabilito dallo strumento urbanistico.

 

Attualmente, per tali interventi, è necessaria la DIA in virtù della sua applicazione residuale.

 

§         i pannelli solari, fotovoltaici e termici, senza serbatoio di accumulo esterno, da realizzare al di fuori delle zone di tipo A di cui al decreto ministeriale 1444/1968, vale a dire al di fuori dei centri storici.

 

Si ricorda che parte II del TU dell’edilizia reca anche norme specifiche (Capo IV, artt. 122- 135) per il contenimento del consumo di energia negli edifici. In particolare l’art. 123 prevede che gli interventi di utilizzo delle fonti di energia in edifici ed impianti industriali non sono soggetti ad autorizzazione specifica e sono assimilati a tutti gli effetti agli interventi di manutenzione straordinaria di cui all'art. 3, comma 1, lettera a), e pertanto soggetti a DIA.

Si ricorda, però, che l’art. 11, comma 3, del D.lgs. 115/2008[18] è intervenuto a semplificare alcune procedure relative ad impianti per l’efficienza energetica con alcune caratteristiche. Esso prevede, infatti, che non è più necessaria la DIA per quegli “impianti solari termici o fotovoltaici aderenti o integrati nei tetti degli edifici con la stessa inclinazione e lo stesso orientamento della falda e i cui componenti non modificano la sagoma degli edifici stessi”. Essi sono pertanto considerati interventi di manutenzione ordinaria non sono soggetti alla DIA qualora la superficie dell'impianto non sia superiore a quella del tetto stesso. In tale caso è sufficiente una comunicazione preventiva al Comune.

Si ricorda, inoltre, che le singole leggi regionali possono disporre altrimenti. Per esempio, in Liguria la legge regionale n. 22/2007 prevede una DIA semplificata per l’installazione di impianti solari termici e fotovoltaici fino a 20 mq., mentre è obbligatoria la DIA per l’installazione di pannelli solari termici da 20 a 100 mq, di pannelli solari fotovoltaici di potenza nominale da 3 kW a 10 kW di picco. Al contrario in Emilia Romagna molti comuni non richiedono nemmeno la prevista comunicazione al comune stesso.

Da ultimo l’art. 8, comma 4-bis, del decreto legge 194/2009, ha rinviato al 1° gennaio 2011 il termine a partire dal quale i regolamenti edilizi comunali dovranno prevedere, per gli edifici di nuova costruzione, l’installazione di impianti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, in modo tale da garantire una produzione energetica non inferiore a 1 kW per ciascuna unità abitativa, compatibilmente con la realizzabilità tecnica dell’intervento.

 

§         elementi di arredo urbano delle aree pertinenziali degli edifici, nonché le aree ludiche senza fini di lucro.

 

I titoli autorizzatori per l’installazione di elementi di arredo urbano e di aree ludiche senza fini di lucro sono spesso disciplinati dai regolamenti edilizi comunali che prevedono una specifica richiesta di autorizzazione oppure la DIA.

 

Il comma 2 semplifica la procedura relativa al rilascio del certificato di prevenzione incendi (CPI) per le attività previste dal comma 1.

Il CPI, ove previsto, è rilasciato in via ordinaria con l’esame a vista.

 

La norma sembrerebbe interessare gli interventi di cui alla lettera c) del comma 1 relativi all’eliminazione delle barriere architettoniche, in quanto ai sensi dell’art. 80 del TU dell’edilizia tali opere edilizie devono essere realizzate, tra l’altro, anche nel rispetto delle norme di prevenzione degli incendi.

 

Si ricorda che le procedure per il rilascio del CPI sono attualmente disciplinate dall’art. 3 del D.P.R. 37/1998 (Regolamento recante disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione incendi, a norma dell'articolo 20, comma 8, della legge 15 marzo 1997, n. 59). Il CPI deve essere richiesto dal titolare solo se l’attività è compresa tra le 97 elencate nel DM 16 febbraio 1982[19].

In base all’art. 3 del citato DPR, completate le opere, gli enti e i privati sono tenuti a presentare domanda di sopralluogo al comando provinciale dei vigili del fuoco, che vi provvede entro 90 giorni, al fine di accertare il rispetto delle prescrizioni previste dalla normativa di prevenzione degli incendi nonché la sussistenza dei requisiti di sicurezza antincendio richiesti. Il termine di 90 giorni può essere prorogato, per una sola volta, di 45 giorni, dandone motivata comunicazione all'interessato.

Entro 15 giorni dalla data di effettuazione del sopralluogo viene rilasciato all'interessato, in caso di esito positivo, il CPI che costituisce, ai soli fini antincendio, il nulla osta all'esercizio dell'attività. Qualora invece venga riscontrata la mancanza dei requisiti di sicurezza richiesti, il comando ne dà immediata comunicazione all'interessato e alle autorità competenti ai fini dell'adozione dei relativi provvedimenti.

In attesa del sopralluogo, l’interessato può presentare al comando una dichiarazione, corredata da certificazioni, di conformità dei lavori eseguiti al progetto approvato, con la quale attesta il rispetto della normativa in materia di sicurezza antincendio e si impegna al rispetto degli obblighi di cui all'art. 5 del medesimo D.P.R. Il comando rilascia all'interessato contestuale ricevuta dell'avvenuta presentazione della dichiarazione che costituisce, ai soli fini antincendio, autorizzazione provvisoria all'esercizio dell'attività.

La dichiarazione costituisce la sostanziale innovazione del regolamento, in quanto consente all’interessato, ai fini antincendio e senza ulteriori incombenze e costi aggiuntivi, di avviare l’attività, purché risulti presentata al Comando la domanda di sopralluogo, completa della prevista documentazione[20]. Infatti come meglio precisato nel decreto 4 maggio 1998[21], le certificazioni di conformità da presentare a corredo della predetta dichiarazione sono le stesse che devono essere prodotte in allegato alla domanda di sopralluogo.

Si ricorda, da ultimo che l’art. 16, comma 1, del D.lgs. 139/2006 (Riassetto delle disposizioni relative alle funzioni ed ai compiti del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, a norma dell'art. 11 della legge 229/2003) ha ridisciplinato il procedimento del rilascio del CPI riorganizzando le varie disposizioni in materia recate da diversi provvedimenti previgenti e demandando ad apposito D.P.R. (non ancora emanato) la fissazione delle disposizioni attuative relative al procedimento per il rilascio del CPI. Nelle more dell’attuazione del nuovo D.P.R. continuano ad applicarsi le disposizioni del D.P.R. 37/1998.

 

Lo stesso comma 2 dispone, inoltre, una riduzione dei tempi per il rilascio del parere di conformità previsto dal primo periodo del comma 2, dell’art. 2, del D.P.R. 37/1998. Esso viene ridotto, per le stesse attività del comma 1, da quarantacinque a trenta giorni.

Si ricorda, infatti, che prima del rilascio del CPI, il competente Comando provinciale dei vigili del fuoco, è tenuto ad effettuare un preventivo esame dei progetti, pronunciandosi sulla conformità degli stessi alla normativa antincendio, cd. parere di conformità. Difatti, ai sensi dell’art. 2, del citato DPR 37/1998, il comando provinciale dei vigili del fuoco esamina i progetti (di nuovi impianti o costruzioni o di modifiche di quelli esistenti) e si pronuncia sulla conformità degli stessi alla normativa antincendio entro 45 giorni dalla data di presentazione. Qualora la complessità del progetto lo richieda, tale termine è differito al novantesimo giorno. In caso di documentazione incompleta od irregolare, il termine è interrotto, per una sola volta, e riprende a decorrere dalla data di ricevimento della documentazione integrativa richiesta. Ove il comando non si esprima nei termini prescritti, il progetto si intende respinto.

Rapporto con le altre certificazioni - Il CPI è riferito all’attività e non all’immobile in cui si svolge la stessa ed esso rappresenta, per le attività soggette al controllo dei vigili del fuoco, un prerequisito per l’ottenimento del nulla osta di esercizio di un’attività produttiva.

Il certificato di agibilità (disciplinato dall’art. 24 del TU in materia edilizia) è l’atto conclusivo dell’iter urbanistico-edilizio relativo alla costruzione di un edificio. È rilasciato al proprietario dall’Ufficio tecnico del Comune previa verifica della conformità della realizzazione dell’opera (collaudo statico, conformità urbanistica, certificazioni degli impianti, idoneità igienico-sanitaria, superamento delle barriere architettoniche, ecc.).

Tale certificato e il CPI seguono due procedure disgiunte, per cui l’agibilità non è subordinata al CPI[22], mentre invece è necessario conseguire il CPI prima del rilascio del nulla osta di esercizio delle attività produttive. Tale nulla osta è rilasciato al titolare dell’attività dall’amministrazione comunale, sulla base di una serie di certificazioni riguardanti l’urbanistica, l’edilizia, l’ambiente e la sicurezza, tra cui rientrano sia il certificato di agibilità sia il CPI.

 

Il comma 3 prevede che, prima dell’inizio dei lavori, l’interessato ne dia comunicazione all’amministrazione comunale, anche in via telematica - gli interventi sono quelli previsti al comma 1, alle lettere b), f), h), i) e l) - ovvero interventi di manutenzione straordinaria, le opere dirette a soddisfare esigenze contingenti e temporanee, le opere di pavimentazione e di finitura di spazi esterni, i pannelli solari, fotovoltaici e termici senza serbatoio di accumulo esterno e gli elementi di arredo delle aree pertinenziali degli edifici – allegando le autorizzazioni eventualmente obbligatorie ai sensi delle normative di settore e, per gli interventi di manutenzione straordinaria - che non riguardino le parti strutturali dell'edificio, non comportino aumento del numero delle unità immobiliari e non implichino incremento dei parametri urbanistici - anche i dati identificativi dell'impresa alla quale intende affidare la realizzazione dei lavori.

 

Il comma 4 reca la clausola di invarianza finanziaria.

 

I titoli abilitativi all’attività edilizia

I titoli abilitativi all’attività edilizia sono disciplinati dal Titolo II della Parte I - artt. 6-23 - del DPR 380/2001 e sono: l’attività edilizia libera, il permesso di costruire,la denuncia di inizio attività (cd. DIA) e la cd. superDIA.

Dell’attività edilizia libera (art. 6) si è già detto nella scheda relativa all’articolo in esame, qui si riportano unicamente le disposizioni principali relative alla DIA e alla superDIA - e non quelle relative al permesso di costruire - in quanto gli interventi inclusi nell’articolo in esame sono soggetti a DIA.

La DIA e la superDIA (artt. 22 e 23)

Gli artt. 22 e 23 del TU dettano la disciplina sostanziale e procedimentale relativa agli interventi assoggettati a DIA.Come risulta dal nuovo testo dell'art. 22 TU, le fattispecie di DIA sono le seguenti:

§         la DIA, così come configurata dai commi 1 e 2 dell'art. 22 del TU;

§         la superDIA, così come introdotta dalla legge 443/2001 (cd. legge obiettivo) e dal dlgs 301/2002 e dal testo novellato dell'art. 22, comma 3.

L’ambito di operatività della DIA è definito residualmente, così come disposto dall'art. 22, comma 1. Infatti, ai sensi del comma 1 sono realizzabili mediante DIA gli interventi non riconducibili all'elenco di cui all'art. 10 e all'art. 6, che siano conformi alle previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente (l’art. 6 contiene le fattispecie di attività edilizia libera, mentre l’art. 10 gli interventi che autorizzati con il permesso di costruire). La disposizione è innovativa nella parte in cui stabilisce che l'applicazione della DIA non è più circoscritta a tassative tipologie di intervento come disponeva la disciplina previgente in materia (art. 4 del DL 398/1993), ma è definita residualmente. Conseguentemente, l'area di operatività delle DIA - rispetto alle ipotesi tassative formulate dall'art. 4 del DL 398/1993 - deve essere ridefinita sia con riferimento al principio della residualità della DIA, sia con la compatibilità della vecchia normativa con le nuove disposizioni del TU[23]. Pertanto solo da un raffronto dell’art. 22, comma 1, del TU con le previgenti disposizioni dell'art. 4 del DL 398/1993 (che recava gli interventi soggetti a concessione edilizia) sono soggetti a DIA:

§         gli interventi di manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo;

§         gli interventi di ristruttrutturazione edilizia senza ampliamenti volumetrici;

§         le opere di eliminazione delle barriere architettoniche in edifici esistenti consistenti in rampe e ascensori esterni, per il combinato del disposto dell'art. 22 e dell'art. 6 TU, che considera attività libere gli interventi di eliminazione delle barriere architettoniche, che non comportino la realizzazione di rampe o ascensori esterni, ovvero di manufatti che alterino la sagoma dell'edificio;

§         le recinzioni, muri di cinta e cancellate rimangono assoggettate a DIA se non superano la soglia della trasformazione urbanistico-edilizia. Occorre, invece, il permesso di costruire, ove superino tale soglia[24];

§         gli impianti sportivi senza creazione di volumetrie, non rientrando né nelle nuove costruzioni, né nelle attività edilizie libere. Qualora la loro realizzazione comporti, però, una trasformazione del suolo inedificato, tali opere ricadono nella previsione dell'art. 3, lett. e.3), con conseguente configurazione dell'intervento come nuova costruzione, assoggettata a permesso di costruire;

§         le opere interne ove non comportino modifiche della sagoma e dei prospetti, non rechino pregiudizio alla statica dell'immobile e non modifichino la destinazione d'uso - limitatamente agli immobili delle zone omogenee A - tali opere continuano a essere assoggettate a DIA;

§         i parcheggi di pertinenza nel sottosuolo del lotto su cui insiste il fabbricato, che a norma dell'art. 3, lett. e.6) del TU, presentino una volumetria non superiore al 20% di quella dell'edificio principale e che non siano assoggettati a permesso di costruire dalle norme tecniche degli strumenti urbanistici. Tali parcheggi rimangono assoggettati a DIA, non rientrando né nelle pertinenze (qualificate come nuove costruzioni dall'art. 3 lett. e.6) del TU), né nelle attività edilizie libere;

§         i mutamenti di destinazione d'uso. Al di fuori dei mutamenti di destinazione d'uso realizzati nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia, relativi a immobili situati nelle zone omogenee A, che sono soggetti a premesso di costruire (art. 10, comma 1, lett. c), le altre tipologie di mutamento della destinazione d'uso - connesse o non con le trasformazioni fisiche degli edifici – possono essere assoggettati a DIA con leggi regionali (art. 10, comma 2, TU);

§         alcuni interventi assoggettati ad autorizzazione edilizia nel regime previgente.

Da ultimo, erano assoggettati a concessione edilizia (gratuita), ex art. 7, comma 2, del decreto legge 9/1982:

§         le opere costituenti pertinenze o impianti tecnologici a servizio di edifici già esistenti;

§         b) le occupazioni di suolo mediante deposito di materiale o esposizioni di merci a cielo libero;

§         c) le opere di demolizione, di reinterri e di scavi che non riguardino la coltivazione di cave o torbiere.

Nella disciplina del TU tali interventi non sono assoggettati a permesso di costruire, sicché in via residuale devono ritenersi assoggettati al regime della DIA[25].

Il comma 2 dell’art. 22 prevede, inoltre, che sono, altresì, realizzabili mediante DIA anche le varianti a permessi di costruire che non incidono sui parametri urbanistici e sulle volumetrie, che non modificano la destinazione d'uso e la categoria edilizia, non alterano la sagoma dell'edificio e non violano le eventuali prescrizioni contenute nel permesso di costruire perché, in tal caso, è invece necessario il permesso di costruire.

La DIA ha, pertanto, a oggetto interventi edilizi minori, con facoltà per l'interessato di chiedere alternativamente il permesso di costruire (art. 22, comma 7): in tale caso il regime giuridico applicabile rimane quello della DIA e non quello del permesso di costruire, anche se per il suo rilascio sono necessari 60 giorni dalla presentazione della domanda (art. 20, comma 10-bis). Pertanto non c’è l’obbligo del pagamento del contributo di costruzione né l’applicabilità, in caso di violazione della disciplina urbanistico-edilizia, delle sanzioni penali di cui all'art. 44, ma solo di quelle amministrative di carattere pecuniario cui all’art. 37 relative alla DIA.

La DIA, in linea di principio, è gratuita, salvo che diventi onerosa per effetto delle leggi regionali.

L’iter procedimentale

Per quanto riguarda la disciplina procedimentaledella Dia (che è comune anche alla superDIA), l’art. 23, comma 1, dispone che il proprietario dell'immobile, almeno 30 giorni prima dell'effettivo inizio dei lavori, presenti allo sportello unico la denuncia, accompagnata da una dettagliata relazione a firma di un progettista abilitato e dagli opportuni elaborati progettuali, che asseveri la conformità delle opere da realizzare agli strumenti urbanistici approvati e non in contrasto con quelli adottati ed ai regolamenti edilizi vigenti, nonché il rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienico-sanitarie.

La DIA è corredata dall'indicazione dell'impresa cui si intende affidare i lavori ed è sottoposta al termine massimo di efficacia pari a tre anni. La realizzazione della parte non ultimata dell'intervento è subordinata a nuova denuncia. L'interessato è comunque tenuto a comunicare allo sportello unico la data di ultimazione dei lavori (comma 2).

Il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, ove entro 30 giorni sia riscontrata l'assenza di una o più delle condizioni stabilite, notifica all'interessato l'ordine motivato di non effettuare il previsto intervento e, in caso di falsa attestazione del professionista abilitato, informa l'autorità giudiziaria[26] e il consiglio dell'ordine di appartenenza. È comunque salva la facoltà di ripresentare la DIA, con le modifiche o le integrazioni necessarie per renderla conforme alla normativa urbanistica ed edilizia (comma 6). Pertanto, dal combinato disposto dei commi 1 e 6 la DIA è soggetta al silenzio assenso.

Ultimato l'intervento, il progettista o un tecnico abilitato rilascia un certificato di collaudo finale, che va presentato allo sportello unico, con il quale si attesta la conformità dell'opera al progetto presentato con la DIA. Contestualmente presenta ricevuta dell'avvenuta presentazione della variazione catastale conseguente alle opere realizzate ovvero dichiarazione che le stesse non hanno comportato modificazioni del classamento (comma 7).

Infine, si ricorda che la cd. superDIA opera relativamente alle ipotesi già previste dalla legge obiettivo e ora recepite dal novellato art. 22, comma 3 (con il citato D.Lgs. 301/2002) del TU che prevede che si può fare ricorso a una semplice DIA, in alternativa al permesso di costruire, anche per:

§         a) le ristrutturazioni edilizie di cui all'art. 10, comma 1, lettera c) del TU (soggette a permesso di costruire in quanto portano ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente o aumentano le unità immobiliari o comportano un ampliamento volumetrico);

§         b) le nuove costruzioni e gli interventi di ristrutturazione urbanistica qualora siano disciplinati da piani attuativi comunque denominati, purché contengano previsioni di dettaglio;

§         c) gli interventi di nuova costruzione qualora siano in diretta esecuzione di strumenti urbanistici generali recanti precise disposizioni plano-volumetriche[27].

Pertanto, la superDIA ha a oggetto interventi edilizi maggiori, per i quali il regime di fondo è quello del permesso di costruire.


 

Si allega, infine, una tabella recante gli interventi edilizi realizzabili con i titoli abilitativi previsti dal D.P.R. 380/2001 e, per la DIA, anche dall’art. 4 del D.L. 398/1993 e dall’ex art. 7 del D.L. 398/1993.

 

DPR 380/2001

Titoli abilitativi

Interventi edilizi

 

 

Articolo 6

 

 

Attività libera

§          manutenzione ordinaria;

§          eliminazione di barriere architettoniche;

§          opere temporanee per attività di ricerca nel sottosuolo

 

Articolo 10

 

Permesso di costruire

§          nuova costruzione;

§          ristrutturazione urbanistica;

§          ristrutturazione edilizia con ampliamenti volumetrici

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Articolo 22, commi 1 e 2

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DIA

§          manutenzione straordinaria;

§          restauro e risanamento conservativo;

§          ristruttrutturazione edilizia senza ampliamenti volumetrici

§          varianti a permessi di costruire che non incidono sui parametri urbanistici e sulle volumetrie

§          eliminazione di barriere architettoniche in edifici esistenti consistenti in rampe e ascensori esterni

§          recinzioni, muri di cinta e cancellate a determinate condizioni

§          impianti sportivi senza creazione di volumetrie

§          opere interne ove non comportino modifiche della sagoma e dei prospetti

§          parcheggi di pertinenza nel sottosuolo con una volumetria non superiore al 20%

§          mutamenti di destinazione d'uso

§          opere costituenti pertinenze o impianti tecnologici a servizio di edifici già esistenti

§          occupazioni di suolo mediante deposito di materiale o esposizioni di merci a cielo libero

§          opere di demolizione, reinterri e scavi che non riguardino la coltivazione di cave o torbiere.

 

 

Articolo 22, comma 3

 

 

SuperDIA

§          ristrutturazione edilizia con ampliamenti volumetrici;

§          nuova costruzione e ristrutturazione urbanistica se disciplinate da piani attuativi recanti previsioni di dettaglio;

§          nuova costruzione se di diretta esecuzione di strumenti urbanistici generali recanti precise disposizioni plano-volumetriche

 

 


 

Articolo 6
(Semplificazione dell'obbligo della comunicazione della cessione
di fabbricati)

1. All'articolo 12 del decreto-legge 21 marzo 1978, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 maggio 1978, n. 191, di seguito denominato «decreto-legge n. 59 del 1978», sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al primo comma sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «La comunicazione è effettuata attraverso il modello, in formato elettronico, approvato con decreto del Ministro dell'interno, a decorrere dalla data indicata nel medesimo decreto. Con lo stesso decreto sono definite le disposizioni attuative, quelle relative alla trasmissione telematica del modello alla questura competente per territorio e quelle volte ad assicurare la sicurezza e la riservatezza delle comunicazioni»;

b) il terzo comma è sostituito dal seguente:

«La comunicazione con modalità telematiche, di cui al primo comma, può essere effettuata, senza compensi aggiuntivi, anche dal pubblico ufficiale che ha rogato l'atto pubblico o autenticato la scrittura privata e dai soggetti individuati con il decreto del Ministro dell'interno di cui al citato primo comma, che rilasciano all'obbligato un'apposita ricevuta»;

c) al quarto comma, dopo il primo periodo è inserito il seguente: «Quando il soggetto obbligato ai sensi del primo comma si è avvalso della facoltà di cui al terzo comma, la predetta sanzione è applicata all'incaricato dell'adempimento che ha rilasciato la ricevuta prevista».

2. Le disposizioni dell'articolo 12 del decreto-legge n. 59 del 1978, come modificato dal comma 1 del presente articolo, si applicano anche alla comunicazione prevista dall'articolo 7 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni.

3. Con il decreto del Ministro dell'interno di approvazione del modello di cui all'articolo 12, primo comma, del decreto-legge n. 59 del 1978, come modificato dal comma 1, lettera a), del presente articolo, è stabilito anche il termine entro il quale le comunicazioni di cui al medesimo articolo 12 e al comma 2 del presente articolo possono essere effettuate, alla questura competente per territorio, anche attraverso la trasmissione del modello a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento. Fino alla data indicata in tale decreto continuano ad applicarsi le disposizioni dell'articolo 12 del decreto-legge n. 59 del 1978 e dell'articolo 7 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, nel testo in vigore il giorno antecedente la data di entrata in vigore della presente legge.

4. I commi 344 e 345 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e successive modificazioni, sono abrogati.

5. Il decreto del Ministro dell'interno di cui all'articolo 12 del decreto-legge n. 59 del 1978, come modificato dal comma 1 del presente articolo, è emanato entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

 

L'articolo 6 , modificando le norme di cui al D.L. n. 59/1978[28], prevede che la comunicazione all'autorità di pubblica sicurezza della cessione di fabbricato, richiesta in ogni ipotesi di cessione o di locazione di immobili, avvenga con modalità telematica e che possa essere effettuata direttamente dal pubblico ufficiale che ha stipulato l'atto.

 

Il comma 1, in particolare, integra l’art. 12 del suddetto decreto, specificando che la comunicazione di cessione di fabbricato, resa all'autorità locale di pubblica sicurezza, deve essere effettuata attraverso il modello, in formato elettronico, approvato con decreto del Ministro dell'interno, a decorrere dalla data indicata dal decreto medesimo. Tale decreto definisce, altresì, le disposizioni attuative, quelle relative alla trasmissione telematica del modello alla questura competente per territorio e quelle volte ad assicurare la sicurezza e la riservatezza delle comunicazioni (lettera a).

 

L’art. 12, oggetto della modifica, prescrive a chiunque ceda la proprietà o il godimento o a qualunque altro titolo consenta, per un tempo superiore a un mese, l'uso esclusivo di un fabbricato o di parte di esso l'obbligo di comunicare all'autorità locale di pubblica sicurezza, entro quarantotto ore dalla consegna dell'immobile, la sua esatta ubicazione, nonché le generalità dell'acquirente, del conduttore o della persona che assume la disponibilità del bene e gli estremi di un documento di identità o di riconoscimento, che deve essere richiesto all'interessato.

 

Viene, poi, modificato il comma 3 del medesimo art. 12 stabilendo che la comunicazione con modalità telematiche può essere effettuata, senza compensi aggiuntivi, anche dal pubblico ufficiale che ha rogato l'atto pubblico o autenticato la scrittura privata nonché dai soggetti individuati con il citato decreto del Ministro dell'interno, dietro rilascio all'obbligato di un'apposita ricevuta (lettera b).

 

Il comma 3 stabilisce attualmente che la comunicazione di cui si discute possa essere effettuata anche a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento.

 

Infine, il comma 4 dell’art. 12 viene modificato prevedendo che, qualora il soggetto obbligato alla comunicazione si avvalga della facoltà di cui al comma 3, come sopra modificato, la prevista sanzione amministrativa venga applicata all'incaricato dell'adempimento che ha rilasciato la ricevuta prevista.

 

Si ricorda che il comma 4 dell’art. 12 prescrive che, nel caso di violazione delle disposizioni concernenti l’obbligo di comunicazione di cessione di fabbricato, si applica una sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 103 a 1.549 euro. La violazione può essere accertata dagli organi di polizia giudiziaria, nonché dai vigili urbani del comune ove si trova l'immobile e la sanzione è applicata dal sindaco ed i proventi devoluti al comune.

 

Il comma 2 dell’articolo in esame stabilisce in via generale che le disposizioni dell’art. 12 del decreto-legge n. 59 del 1978, come sopra modificato, si applicano anche alla comunicazione prevista dalle norme sugli obblighi dell'ospitante e del datore di lavoro ex art. 7 del D.Lgs. n. 286/1998[29].

 

Si ricorda, brevemente, che le linee generali delle politiche pubbliche in materia di immigrazione in Italia, fissate dalla legge 40/1998[30] (cosiddetta “legge Turco – Napolitano”), sono state in seguito consolidate nel decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 e successivamente, modificate con la legge 189/2002[31](la cosiddetta “legge Bossi-Fini”) che, pur novellando il testo unico del 1998, non ne ha alterato l’impianto complessivo. In tempi più recenti, ulteriori integrazioni al testo unico sono state apportate dalla legge sulla sicurezza n. 94 del 2009[32].

Il testo unico interviene in entrambi gli ambiti principali del diritto dell’immigrazione: il diritto dell’immigrazionein senso stretto, concernente la gestione nel suo complesso del fenomeno migratorio: la definizione di regole di ingresso, di soggiorno, di controllo, di stabilizzazione dei migranti ed anche la repressione delle violazioni a tali regole; e il diritto dell’integrazione, che riguarda l’estensione, in misura più o meno ampia, ai migranti dei diritti propri dei cittadini (diritti civili, sociali, politici).

I princìpi fondamentali che sono alla base del testo unico sono essenzialmente tre: la programmazione dei flussi migratori e il contrasto all’immigrazione clandestina (per quanto riguarda il diritto dell’immigrazione); la concessione di una ampia serie di diritti volti all’integrazione degli stranieri regolari (diritto dell’integrazione).

Più specificamente, l’articolo 7 citato prescrive che chiunque, a qualsiasi titolo, dia alloggio ovvero ospiti uno straniero o apolide, anche se parente o affine, ovvero ceda allo stesso la proprietà o il godimento di beni immobili, rustici o urbani, posti nel territorio dello Stato, sia tenuto a darne comunicazione scritta, entro quarantotto ore, all'autorità locale di pubblica sicurezza.

La comunicazione deve comprendere, oltre alle generalità del denunciante, quelle dello straniero o apolide, gli estremi del passaporto o del documento di identificazione che lo riguardano, l'esatta ubicazione dell'immobile ceduto o in cui la persona è alloggiata, ospita o presta servizio ed il titolo per il quale la comunicazione è dovuta. Le violazioni delle disposizioni di cui al presente articolo sono soggette alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 160 a 1.100 euro.

 

Il comma 3 stabilisce che con il decreto del Ministro dell'interno di approvazione del modello elettronico di cui sopra, è stabilito anche il termine entro il quale le comunicazioni di cui all’articolo 12 e al comma 2 del presente articolo possono essere effettuate, alla questura competente per territorio, anche attraverso la trasmissione del modello a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento.

Ad ogni modo è previsto che, sino alla data indicata nel suddetto decreto, continuano ad applicarsi le disposizioni dell'articolo 12 del D.L. n. 59 del 1978 e dell'articolo 7 del D.Lgs. n. 286/1998, nel testo in vigore il giorno antecedente la data di entrata in vigore della presente legge.

 

Il comma 4 abroga i commi 344 e 345 dell'art. 1 della legge n. 311/2004 (legge finanziaria 2005).

 

Il citato comma 344 riguarda sempre la comunicazione all’autorità locale di pubblica sicurezza, cui è tenuto chiunque venda, dia in locazione o in comodato un fabbricato o parte di esso, ovvero ne consenta a qualunque altro titolo l’uso esclusivo.

Secondo tale norma, il modello per la suddetta comunicazione, approvato con decreto interdirigenziale del Ministero dell'interno e dell’Agenzia delle entrate, deve essere reso disponibile gratuitamente, con modalità telematiche, dalla predetta Agenzia. La comunicazione va effettuata, anche avvalendosi degli intermediari di cui all'articolo 3 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, nonché degli uffici dell'Agenzia delle entrate, con la compilazione del modello in formato elettronico e con la sua trasmissione, in modalità telematica, alla predetta Agenzia, che provvede, con la medesima modalità, a dare avviso di ricevimento. L'Agenzia delle entrate, secondo intese con il Ministero dell'interno, ordina i dati contenuti nelle comunicazioni per la loro successiva trasmissione telematica al predetto Ministero.

Il comma 345 estende ai soggetti che esercitano abitualmente attività di intermediazione nel settore immobiliare l'obbligo di comunicazione all’autorità locale di pubblica sicurezza. La comunicazione è dovuta per le cessioni di cui i predetti soggetti hanno diretta conoscenza, per avervi concorso ovvero assistito in ragione della loro attività, e, relativamente a quelle diverse dalle cessioni in proprietà, anche per le cessioni di durata inferiore al mese.

 

Il comma 5 prescrive che il decreto del Ministro dell'interno di cui all'art. 12 del D.L. n. 59 del 1978, come modificato dal comma 1 del presente articolo, venga emanato entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

 

 


 

Articolo 7
(Semplificazione della denuncia di infortunio o malattia professionale)

1. Al testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) l'articolo 54 è abrogato;

b) all'articolo 56, il primo comma è sostituito dal seguente:

«L'istituto assicuratore, ricevuta la denuncia di cui all'articolo 53, deve rimettere senza ritardo, per ogni caso di infortunio denunciato, in conseguenza del quale un prestatore d'opera sia deceduto o abbia sofferto lesioni tali da doversene prevedere la morte o un'inabilità superiore a trenta giorni, quando si tratti di lavoro soggetto all'obbligo dell'assicurazione, un esemplare della denuncia alla direzione provinciale del lavoro competente per territorio, con riferimento al luogo dell'infortunio. All'adempimento di cui al presente comma si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili dell'istituto assicuratore, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica».

 

 

L’articolo 7 interviene su alcuni adempimenti connessi al verificarsi di un infortunio sul lavoro, di cui agli articoli 54 e 56 del D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124.[33]

 

Si ricorda che l’articolo 53 del D.P.R. 1124/1965 dispone l’obbligo, per il datore di lavoro, di denunciare in via telematica all'INAIL gli infortuni da cui siano colpiti i dipendenti prestatori d'opera, e che siano prognosticati non guaribili entro 3 giorni, indipendentemente da ogni valutazione circa la ricorrenza degli estremi di legge per il loro potenziale indennizzo. La denuncia dell'infortunio deve essere fatta nella sede della circoscrizione dell'INAIL nella quale si svolgono i lavori, salvo una diversa sede stabilita dall'Istituto medesimo e sui moduli dallo stesso predisposti, entro 2 giorni da quello in cui il datore di lavoro ne ha avuto notizia e deve essere corredata da certificato medico.

In caso di infortunio mortale o per il quale sia preveduto il pericolo di morte, la denuncia deve essere fatta entro 24 ore dall'infortunio.

Qualora l'inabilità per un infortunio prognosticato guaribile entro 3 giorni si prolunghi al quarto il termine per la denuncia decorre da quest'ultimo giorno.

Infine, la denuncia dell'infortunio ed il certificato medico debbono indicare, oltre alle generalità dell'operaio, il giorno e l'ora in cui è avvenuto l'infortunio, le cause e le circostanze di esso, anche in riferimento ad eventuali deficienze di misure di igiene e di prevenzione, la natura e la precisa sede anatomica della lesione, il rapporto con le cause denunciate, le eventuali alterazioni preesistenti.

Il successivo articolo 54 prevede, in ogni caso, l’ulteriore obbligo a carico del datore di lavoro, nel termine di 2 giorni, di informare l'autorità locale di pubblica sicurezza di ogni infortunio sul lavoro che abbia per conseguenza la morte o l'inabilità al lavoro per più di 3 giorni.

La denuncia deve essere fatta all'autorità di pubblica sicurezza del Comune in cui è avvenuto l'infortunio. Se l'infortunio sia avvenuto in viaggio e in territorio straniero, la denuncia è fatta all'autorità di pubblica sicurezza nella cui circoscrizione è compreso il primo luogo di fermata in territorio italiano, e per la navigazione marittima e la pesca marittima la denuncia è fatta, alla autorità portuale o consolare competente.

Il primo comma del successivo articolo 56, inoltre, stabilisce che l'autorità di pubblica sicurezza, appena ricevuta la denuncia di cui al precedente articolo 54, debba rimettere, per ogni caso denunciato di infortunio, in conseguenza del quale un prestatore d'opera sia deceduto od abbia sofferto lesioni tali da doversene prevedere la morte od un'inabilità superiore ai 30 giorni e si tratti di lavoro soggetto all'obbligo dell'assicurazione, un esemplare della denuncia alla direzione provinciale del lavoro - settore ispezione del lavoro - nella cui circoscrizione è avvenuto l'infortunio.

 

L’articolo in esame, abrogando l’articolo 54 del D.P.R. 1124/1965, prevede che l’obbligo di denuncia di infortunio sul lavoro da parte del datore di lavoro operi solamente nei confronti dell’INAIL e non più anche nei confronti dell’autorità di pubblica sicurezza.

Allo stesso tempo, per esigenze di coordinamento legislativo, lo stesso articolo, modificando il primo comma dell’articolo 56 dello stesso D.P.R. 1124, affida allo stesso INAIL l’obbligo di rimessione della denuncia di infortunio alla Direzione provinciale del lavoro competente per territorio, in precedenza operante nei confronti dell’Autorità giudiziaria, specificando che tale nuovo adempimento debba provvedersi con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili dell'INAIL stesso, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

 


 

Articolo 8
(Semplificazione per i lavoratori dello spettacolo)

1. Al decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 16 luglio 1947, n. 708, ratificato, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 1952, n. 2388, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) i commi primo e secondo dell'articolo 6 sono sostituiti dai seguenti:

«Il versamento dei contributi è effettuato dall'impresa entro i termini stabiliti dall'Ente.

L'impresa che occupa lavoratori iscritti all'Ente ha l'obbligo di trasmettere, con le modalità stabilite dal medesimo Ente, le relative denunce contributive, le comunicazioni e gli altri elementi informativi richiesti per l'accertamento della misura dei contributi dovuti e per la determinazione delle prestazioni pensionistiche da erogare»;

b) l'articolo 9 è sostituito dal seguente:

«Art. 9. - 1. L'impresa che occupa lavoratori iscritti all'Ente ha l'obbligo di denunciare l'instaurazione, la trasformazione e la cessazione dei rapporti di lavoro nel rispetto delle modalità e delle scadenze temporali stabilite dalle disposizioni di cui all'articolo 1, commi 1180 e seguenti, della legge 27 dicembre 2006, n. 296»;

c) l'articolo 10 è sostituito dal seguente:

«Art. 10. - 1. Le imprese dell'esercizio teatrale, cinematografico e circense, i teatri tenda, gli enti, le associazioni, le imprese del pubblico esercizio, gli alberghi, le emittenti radiotelevisive e gli impianti sportivi non possono far agire, nei locali di proprietà o su cui abbiano un diritto personale di godimento, i lavoratori dello spettacolo appartenenti alle categorie indicate dal numero 1) al numero 14) del primo comma dell'articolo 3, che non siano in possesso del certificato di agibilità. Per le prestazioni svolte dai lavoratori di cui al numero 23-bis) del citato primo comma dell'articolo 3 il certificato di agibilità è richiesto dai lavoratori medesimi, salvo l'obbligo di custodia dello stesso che è posto a carico del committente.

2. In caso di inosservanza delle disposizioni del comma 1 le imprese sono soggette alla sanzione amministrativa di euro 125 per ogni lavoratore e per ogni giornata di lavoro da ciascuno prestata.

3. Ai fini del rilascio del certificato di agibilità di cui al comma 1, l'impresa ha l'obbligo di comunicare il numero dei lavoratori occupati, il numero complessivo delle giornate lavorative, l'ammontare dei relativi compensi nonché gli altri elementi informativi richiesti dall'Ente, distintamente per ogni categoria professionale. Gli elementi informativi richiesti possono essere adeguati dall'Ente in relazione alle peculiarità di imprese o di settori produttivi. L'impresa è, inoltre, obbligata a notificare le variazioni dei dati contenuti nel medesimo certificato.

4. Le comunicazioni di cui al comma 3 devono essere trasmesse con le modalità e nel rispetto dei termini stabiliti dall'Ente.

5. Il certificato di agibilità è rilasciato alle imprese in regola con l'assolvimento degli obblighi contributivi nei confronti dell'Ente, sulla base della regolamentazione stabilita dall'Ente medesimo.

6. Il certificato deve essere esibito ad ogni richiesta da parte dei funzionari incaricati dell'accertamento dei contributi.

7. Il pagamento delle sovvenzioni, dei contributi e dei premi disposti dallo Stato in favore di imprese o di enti pubblici e privati che esercitino attività nel campo dello spettacolo è effettuato dietro esibizione di un'apposita dichiarazione dell'Ente in cui si attesti che le imprese e gli enti non si siano resi inadempienti nei confronti dell'Ente stesso»;

d) l'articolo 11 è abrogato.

 

 

L’articolo 8 reca alcune modifiche al D.Lgs.C.P.S. 16 luglio 1947, n. 708[34], concernente l’ENPALS, intervenendo su specifici adempimenti richiesti al datore di lavoro.

 

Il comma 1, lettera a) modifica i primi due commi dell’articolo 6 del D.Lgs.C.P.S. 708/1947, concernenti i termini di versamento dei contributi all’ENPALS e i requisiti da rispettare ai fini dello svolgimento dell’attività lavorativa.

 

Il primo comma del richiamato articolo 6 dispone che il versamento dei contributi effettuato dall'impresa deve rispettare i termini che stabiliti dal Consiglio di amministrazione dell'Ente.

Il successivo secondo comma stabilisce che le imprese dell'esercizio teatrale, cinematografico e circense, i teatri tenda, gli enti, le associazioni, le imprese del pubblico esercizio, gli alberghi, le emittenti radiotelevisive e gli impianti sportivi non possono far agire nei locali di proprietà o di cui abbiano un diritto personale di godimento i lavoratori dello spettacolo appartenenti alle categorie indicate dal n. 1 al n. 14 dell'articolo 3[35], che non abbiano il certificato di agibilità[36]. In alternativa, il certificato di agibilità potrà essere richiesto dai lavoratori autonomi esercenti attività musicali, salvo l'obbligo di custodia dello stesso che è posto a carico del committente.

Rispetto al testo vigente, si prevede:

§         l’obbligo, per le imprese, di effettuare il versamento dei contributi entro i termini stabiliti dall’Ente, non individuando espressamente l’organismo dello stesso Ente preposto a tale funzione (nuovo primo comma dell’articolo 6);

§         l’obbligo, da parte dell’impresa che occupa lavoratori iscritti all’ENPALS, di trasmettere allo stesso Ente, con specifiche modalità, le denunce contributive, le comunicazioni nonché gli altri elementi informativi richiesti per l’accertamento della misura dei contributi dovuti e per la determinazione delle prestazioni pensionistiche da erogare (nuovo secondo comma). La disposizione in tema di certificato di agibilità viene riferita, dalla successiva lett. c), all’art. 10.

 

 Il comma 1, lettera b), sostituisce interamente l’articolo 9 del richiamato D.Lgs.C.P.S. 708, concernente l’obbligo di denuncia di instaurazione, trasformazione e cessazione dei rapporti di lavoro.

 

Il richiamato articolo 9 prevede l’obbligo, per l’impresa, di denunciare all'Ente le persone occupate, indicando la retribuzione giornaliera corrisposta e tutte le altre notizie che richieste per l'iscrizione e per l'accertamento dei contributi.

L'impresa è tenuta a notificare ogni variazione nei dati contenuti nella denuncia iniziale. Le richiamate denunce devono essere trasmesse entro 5 giorni dalla conclusione dei contratti o dal verificarsi delle variazioni.

In caso di inosservanza degli obblighi, è prevista una sanzione amministrativa a carico dell’impresa inadempiente da euro 51 a euro 258 per ogni persona occupata per la quale la denuncia sia stata omessa, ritardata o non effettuata esattamente. In ogni caso, l'importo complessivo della sanzione amministrativa non può superare 516 euro.

 

Il nuovo testo dell’articolo 9 prevede l’obbligo di denuncia, da parte dell’impresa, dell'instaurazione, della trasformazione e della cessazione dei rapporti di lavoro, nel rispetto delle modalità e delle scadenze temporali stabilite dall’articolo 1, commi 1180 e ss., della legge finanziaria per il 2007 (L. 296/2006).

 

I richiamati commi 1180-1185 hanno modificato alcuni aspetti della disciplina relativa alle comunicazioni agli uffici competenti relative al rapporto di lavoro.

In primo luogo, il comma 1180, riformulando l’articolo 9-bis, comma 2, del D.L. 510/1996, ha esteso a tutti i datori di lavoro l’obbligo della comunicazione preventiva dell’assunzione dei lavoratori, introdotta precedentemente per il solo settore dell’edilizia. In relazione a ciò, si prevede quindi che, in caso di instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato, di collaborazione coordinata e continuativa, di socio lavoratore di cooperativa e di associato in partecipazione con apporto di lavoro, i datori di lavoro pubblici e privati siano tenuti a darne comunicazione, anche in via telematica, al servizio per l’impiego competente entro il giorno antecedente a quello di instaurazione del relativo rapporto, mediante documentazione avente data certa. Si confermano, rispetto alla vigente disciplina, i dati e le informazioni da trasmettere relative al lavoratore e al rapporto di lavoro. Inoltre, con una disposizione volta a semplificare gli adempimenti nel caso di lavoro temporaneo, è stato previsto che le agenzie di lavoro autorizzate siano tenute a comunicare entro il ventesimo giorno del mese successivo alla data di assunzione, al servizio competente, l’assunzione, la proroga e la cessazione dei lavoratori temporanei assunti nel mese precedente.

Lo stesso comma, inoltre - introducendo il nuovo comma 2-bis all’articolo 9-bis del D.L. 510/1996 – ha previsto che, in caso di urgenze connesse ad esigenze produttive, la comunicazione relativa all’instaurazione del rapporto di lavoro possa essere effettuata entro 5 giorni dall’assunzione, fermo restando l’obbligo di comunicare entro il giorno antecedente all’assunzione, anche in via telematica mediante documentazione avente data certa, la data di inizio della prestazione e le generalità del lavoratore e del datore di lavoro

Inoltre, il comma 1182 ha stabilito che, sino a quando diventerà effettivamente operativa la modalità di trasferimento dei dati contenuti nei moduli per le comunicazioni obbligatorie di cui al decreto interministeriale previsto dall’articolo 4-bis, comma 7, del D.Lgs. 181 del 2000, rimane in vigore l’obbligo di comunicazione all’INAIL di cui all’articolo 14, comma 2, del D.Lgs. 38/2000, a cui si deve adempiere esclusivamente con strumenti informatici. Si dispone che la medesima comunicazione deve essere effettuata all’IPSEMA per i lavoratori del settore marittimo.

Il comma 1183 integrando il comma 5 dell’articolo 4-bis del D.Lgs. 181/2000, relativo alle comunicazioni da inviare da parte del datore di lavoro ai servizi competenti nel caso di variazione del rapporto di lavoro, ha disposto che tali comunicazioni siano obbligatorie anche nel caso di trasferimento o distacco del lavoratore, modifica della ragione sociale, trasferimento d’azienda.

Il comma 1184, riformulando il comma 6 dell’articolo 4-bis del D.Lgs. 181/2000, ha disposto che le comunicazioni di assunzione, trasformazione e cessazione dei rapporti di lavoro subordinato, autonomo, associato, dei tirocini e di altre esperienze professionali, inviate al servizio per l’impiego competente mediante gli appositi moduli di cui al comma 7 da definire con decreto interministeriale, siano valide anche ai fini dell’assolvimento degli obblighi di comunicazione nei confronti delle Direzioni regionali e provinciali del lavoro, dell’INPS e dell’INAIL o di altre forme previdenziali sostitutive o esclusive, nonché nei confronti della prefettura-UTG.

Infine, il comma 1185 ha abrogato l’articolo 19, comma 5, del D.Lgs. 276/2003. Tale disposizione prevedeva che, nel caso di omissioni relative alle comunicazioni sui rapporti di lavoro, i datori di lavoro fossero ammessi al pagamento della sanzione minima ridotta della metà se l'adempimento della comunicazione veniva effettuato spontaneamente entro il termine di 5 giorni decorrenti dalla data di inizio dell'omissione

 

Il comma 1, lettera c), sostituisce interamente l’articolo 10 del D.Lgs.C.P.S. 708, concernente il certificato di agibilità.

 

Come accennato in precedenza, l’articolo 10 prevede che L'ENPALS rilasci all'impresa un certificato contenente le indicazioni comprese nelle denunce di cui all’articolo 9 (vedi supra). Il rilascio del certificato di agibilità è subordinato all'adempimento da parte dell'impresa degli obblighi posti dalla legge a suo carico. Nel caso in cui, all'atto della richiesta del certificato di agibilità, l'impresa risulti inadempiente ai richiamati obblighi, e nel caso in cui l'impresa presenti, per la prima volta, la denuncia di cui all'articolo 9, il rilascio del certificato di agibilità è subordinato alla presentazione di una garanzia, nella forma e nell'ammontare determinati dal Comitato esecutivo dell'ENPALS. Il pagamento delle sovvenzioni, contributi e premi, disposti dallo Stato a favore di imprese o enti pubblici e privati che esercitino attività nel campo dello spettacolo, viene effettuato dietro esibizione di una apposita dichiarazione dell'ENPALS in cui si attesti che le imprese e gli enti non si siano resi inadempienti nei confronti dell'Ente stesso. Infine, il certificato deve essere esibito ad ogni richiesta dei funzionari incaricati dell'accertamento o della esazione dei tributi.

 

Rispetto alla disciplina vigente, il nuovo testo dell’articolo 10:

§         riproponendo in maniera sostanzialmente identica le disposizioni contenute attualmente nell’articolo 6, secondo comma, dello stesso D.Lgs. 708 (vedi supra), prevede che determinate imprese non possano far agire nei locali di proprietà o su cui abbiano un diritto personale di godimento, specifiche categorie di lavoratori dello spettacolo non in possesso del certificato di agibilità (comma 1);

§         dispone una sanzione amministrativa, pari ad euro 125 per ogni lavoratore e per ogni giornata di lavoro prestata da ciascuno di questi in caso di inosservanza delle disposizioni in precedenza richiamate (comma 2);

§         stabilisce l’obbligo per l’impresa, ai fini del rilascio del certificato di agibilità, di comunicare il numero dei lavoratori occupati, il numero complessivo delle giornate lavorative, l'ammontare dei relativi compensi nonché gli altri elementi informativi richiesti dall'ENPALS, distintamente per ogni categoria professionale. Gli elementi informativi richiesti possono essere adeguati dall'Ente stesso in relazione alle peculiarità di imprese o di settori produttivi. Oltre a ciò, a carico dell’impresa sussiste l’ulteriore obbligo di notifica delle variazioni dei dati contenuti nel certificato di agibilità (comma 3) Tali comunicazioni devono essere trasmesse con le modalità e nel rispetto dei termini stabiliti dall’ENPALS (comma 4);

§         sottopone il rilascio del certificato di agibilità alle imprese in regola con l’assolvimento degli obblighi contributivi nei confronti dell’ENPALS, al possesso di specifici requisiti individuati dalla regolamentazione stabilita dello stesso Ente (comma 5).

 

Vengono infine riproposte le disposizioni, attualmente contenute, rispettivamente, nel quinto e nel quarto comma dell’articolo 10, concernenti l’obbligo di esibire il certificato di agibilità alla richiesta degli organi ispettivi (comma 6), e l’erogazione di sovvenzioni, contributi e premi da parte dello Stato in favore delle imprese, condizionata all’esibizione di apposita dichiarazione ENPALS attestante gli avvenuti adempimenti da parte delle imprese stesse (comma 7).

 

Infine, il comma 1, lettera d), abroga l’articolo 11 del D.Lgs.C.P.S. 708, recante le disposizioni inerenti il libretto personale del lavoratore, essenziale per prestare la propria opera professionale nel settore dello spettacolo.

 

Ai sensi del richiamato articolo 11, ad ogni lavoratore iscritto l'ENPALS rilascia un libretto personale sul quale il datore di lavoro è obbligato a registrare i periodi di occupazione, l'ammontare della retribuzione giornaliera corrisposta e dei contributi versati.

Sullo stesso libretto, inoltre, sono trascritte le indennità e le altre prestazioni concesse agli iscritti nonché, alla fine di ciascun anno, gli importi totali dei contributi afferenti all'assicurazione di malattia e di quelli dell'assicurazione per l'invalidità, vecchiaia e superstiti

Tali registrazioni devono essere eseguite al massimo ogni settimana ed in ogni caso quando l'iscritto cessa la sua occupazione o ne faccia richiesta. In caso di inesatta o incompleta registrazione dei dati sul libretto personale il datore di lavoro è punito con l'ammenda non superiore a euro 5.164[37], salvo che il fatto non costituisca reato più grave.

 

Si osserva, in proposito, che l’abrogazione in esame dovrebbe essere valutata anche in relazione all’esigenza di ricostruzione della posizione lavorativa e assicurativa del lavoratore, nonché a quanto previsto dall’articolo 6, secondo comma, del D.Lgs.C.P.S. 708/1947.

 

 

 


 

Articolo 9
(Riduzione di oneri amministrativi)

1. All'articolo 25 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 1 è sostituito dal seguente:

«1. Su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione e del Ministro per la semplificazione normativa, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, è approvato un programma per la misurazione degli oneri amministrativi derivanti da obblighi informativi, con l'obiettivo di giungere, entro il 31 dicembre 2012, alla riduzione di tali oneri per una quota complessiva del 25 per cento. Per la riduzione relativa alle materie di competenza regionale si provvede ai sensi dell'articolo 20-ter della legge 15 marzo 1997, n. 59, e dei successivi accordi attuativi, in particolare in sede di Conferenza unificata di cui al citato articolo 8 del decreto legislativo n. 281 del 1997, e successive modificazioni, con la finalità di definire adempimenti uniformi e un livello massimo di oneri amministrativi per tutto il territorio nazionale»;

b) al comma 2 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Presso la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, per il coordinamento della misurazione relativa alle materie di competenza regionale e delle successive attività di riduzione e di uniformazione degli oneri, è istituito, senza ulteriori oneri a carico della finanza pubblica, un Comitato paritetico formato da sei membri designati rispettivamente dai Ministri per la pubblica amministrazione e l'innovazione, per la semplificazione normativa, dello sviluppo economico, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, delle infrastrutture e dei trasporti e per i rapporti con le regioni, e da sei membri designati dalla citata Conferenza unificata, rispettivamente quattro tra i rappresentanti delle regioni, uno tra i rappresentanti delle province e uno tra quelli dei comuni. Per la partecipazione al Comitato paritetico non sono previsti compensi o rimborsi di spese»;

c) al comma 3:

1) al primo periodo, dopo le parole: «piano di riduzione degli oneri amministrativi» sono inserite le seguenti: «relativo alle materie affidate alla competenza di ciascun Ministro»;

2) è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Le regioni, le province e i comuni adottano, nell'ambito della propria competenza, programmi di interventi a carattere normativo, amministrativo e organizzativo volti alla riduzione del 25 per cento degli oneri amministrativi»;

d) al comma 5, dopo le parole: «oneri amministrativi gravanti sulle imprese» sono inserite le seguenti: «e sui cittadini».

2. Il programma di cui al comma 1 dell'articolo 25 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, come sostituito dal comma 1 del presente articolo, è approvato entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

3. Nel perseguimento dell'obiettivo di riduzione degli oneri amministrativi definito in sede di Unione europea, con le risorse disponibili a legislazione vigente, le autorità amministrative indipendenti con funzioni di regolazione generale effettuano, nell'ambito dei propri ordinamenti, la misurazione degli oneri amministrativi a carico delle imprese con l'obiettivo di ridurre tali oneri entro il 31 dicembre 2012.

4. I risultati della misurazione di cui al comma 3 sono comunicati alle Camere e ai Ministri per la pubblica amministrazione e l'innovazione e per la semplificazione normativa.

 

 

L'articolo 9, attraverso una serie di modifiche all’art. 25 del D.L. n. 112/2008[38], introduce una serie di interventi volti a potenziare le attività di misurazione e di riduzione degli oneri amministrativi, in coerenza con gli obiettivi assunti in sede di Unione europea.

 

Al comma 1, la lett. a), la norma, sostituendo il comma 1 del suddetto art. 25, prevede, in primo luogo, che, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione e del Ministro per la semplificazione normativa, previa intesa in sede di Conferenza unificata, è approvato un programma per la misurazione degli oneri amministrativi derivanti da obblighi informativi, con l'obiettivo di giungere, entro il 31 dicembre 2012, alla riduzione di tali oneri per una quota complessiva del 25%.

 

La disposizione taglia-oneri amministrativi, di cui al citato art. 25, è finalizzata alla misurazione degli oneri amministrativi derivanti da obblighi informativi nelle materie affidate alla competenza dello Stato ed alla loro riduzione, entro il 31 dicembre 2012, per una quota complessiva del 25 per cento, ottemperando all’impegno assunto in sede di Unione europea dallo Stato italiano. Tale finalità è perseguita attraverso alcuni passaggi. In prima battuta, l’approvazione – evidentemente da parte del Consiglio dei ministri, anche se non viene esplicitato – del suddetto programma di misurazione (comma 1). Rispetto alla formulazione attuale, in virtù della quale la misurazione è limitata agli oneri gravanti sulle imprese nelle materie di competenza statale, la novella opta per un’adozione generalizzata di questo metodo al fine della semplificazione amministrativa inserendo la previsione dell’intesa con la Conferenza unificata.

 

Con riferimento alla riduzione relativa alle materie di competenza regionale, si prevede poi, che, allo scopo di uniformare gli adempimenti e definire un livello massimo di oneri amministrativi per tutto il territorio nazionale, si provveda ex art. 20-ter della legge n. 59/1997, in particolare in sede di Conferenza unificata.

 

Si ricorda che la disposizione oggetto della modifica, fa seguito all’impegno assunto dagli Stati membri dell’Unione europea, inclusa l’Italia, in occasione del Consiglio europeo riunitosi l'8-9 marzo 2007[39]. In ordine agli impegni assunti, l’articolo 25 cit. definisce l’obiettivo perseguito a livello nazionale, dettando i diversi passaggi da seguire a livello statale e rimandando, per il livello regionale, a quanto previsto dall’art. 20-ter della citata legge n. 59/1997 (cd. legge Bassanini) e dai successivi accordi attuativi. Il riferimento, in particolare, è all’Accordo tra Governo, Regioni e Autonomie locali in materia di semplificazione e miglioramento della qualità della regolamentazione, siglato in sede di Conferenza unificata il 29 marzo 2007.

L’accordo ha dato attuazione al disposto dell’articolo 2 della legge 28 novembre 2005, n. 246 (Semplificazione e riassetto normativo per l’anno 2005), che ha introdotto, nell’ambito della legge n. 59/1997, l’articolo 20-ter, prevedendo, per l’appunto, “in attuazione del principio di leale collaborazione”, la conclusione, in sede di Conferenza Stato-Regioni o di Conferenza unificata, di accordi volti al “perseguimento delle comuni finalità di miglioramento della qualità normativa nell'ambito dei rispettivi ordinamenti”.

Più specificamente, l'articolo 9 dell'accordo ha per oggetto la misurazione e riduzione degli oneri amministrativi. Vi si formula l'impegno per lo Stato e le regioni di ridurre gli oneri amministrativi del 25 per cento entro il 2012, recependo per la prima volta nell'ordinamento italiano tale impegno, già concordato, in sede di Unione europea, nella riunione del Consiglio dei ministri svoltasi venti giorni prima. Nella cornice dell’art. 9 dell’accordo si inscrivono:

-          l’indagine condotta dal Formez e presentata nell’ambito del Forum della pubblica amministrazione nel maggio 2008. L’indagine, condotta su dodici Regioni, ha evidenziato “un ritardo, seppur con dei distinguo da regione a regione, nell’acquisizione e applicazione di strumenti di semplificazione, sia dal punto di vista organizzativo che procedimentale”[40].

-          le attività sperimentali in materia di riduzione degli oneri amministrativi avviate in quattro Regioni campione, sempre in collaborazione con il Formez (Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Toscana).

 

Alla lett. b) si modifica il comma 2 dell’art. 25 aggiungendo una disposizione in virtù della quale, ai fini del coordinamento della misurazione relativa alle materie di competenza regionale e delle successive attività di riduzione e di uniformazione degli oneri, è istituito presso la Conferenza unificata un Comitato paritetico formato da dodici membri (di cui sei designati dai Ministri per la pubblica amministrazione e l'innovazione, per la semplificazione normativa, dello sviluppo economico, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, delle infrastrutture e dei trasporti e per i rapporti con le regioni e gli altri sei designati dalla Conferenza unificata).

La norma precisa che tale costituzione avvenga senza ulteriori oneri a carico della finanza pubblica e che, per la partecipazione al Comitato, non sono previsti compensi o rimborsi di spese.

 

Nel testo attuale, il comma 2 dell’art. 25 si limita ad affidare il coordinamento delle attività di misurazione al Dipartimento della funzione pubblica, in raccordo con l’Unità per la semplificazione e la qualità della regolazione[41] e le amministrazioni interessate a ciascun settore ove viene effettuata la misurazione stessa.

 

Con la lett. c), in primo luogo, viene inserito un inciso al comma 3 dell’art. 25 volto a precisare che ciascun Ministro adotta il piano di riduzione degli oneri amministrativi relativo alle materie affidate alla propria competenza (punto 1).

 

Si ricorda che il comma 3 richiamato prescrive che ciascun Ministro, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione ed il Ministro per la semplificazione normativa, adotta un piano di riduzione degli oneri amministrativi, che definisce le misure normative, organizzative e tecnologiche finalizzate al raggiungimento dell’obiettivo della riduzione stessa. I piani elaborati dai singoli Ministri confluiscono, poi, nel piano d’azione per la semplificazione e la qualità della regolazione, che assicura la coerenza generale del processo.

 

Viene, infine, stabilito che regioni, province e comuni adottano, nell'ambito della propria competenza, programmi di interventi a carattere normativo, amministrativo e organizzativo volti alla riduzione del 25% degli oneri amministrativi (punto 2).

Da notare che, seppure nel presupposto dell’ambito di competenza, non appare chiaro il riferimento agli interventi degli enti locali di carattere normativo.

 

La lett. d) modifica il comma 5 dell’art. 25 in esame, allo scopo di ricomprendere anche i cittadini, oltre alle imprese, tra i destinatari dei regolamenti governativi contenenti gli interventi normativi volti a ridurre gli oneri amministrativi nei diversi settori ed a semplificare e riordinare la relativa disciplina.

 

Si ricorda, infatti, che, ai sensi del summenzionato comma 5, sulla base degli esiti della misurazione degli oneri amministrativi gravanti su ciascun settore, congiuntamente ai piani di riduzione degli oneri ed ai piani d’azione per la semplificazione e la qualità della regolazione, il Governo, entro il 30 settembre 2012, è autorizzato ad adottare uno o più regolamenti di delegificazione recanti gli interventi normativi volti a ridurre gli oneri amministrativi gravanti sulle imprese nei diversi settori ed a semplificare e riordinare la relativa disciplina.

Invero, l’esclusivo riferimento agli oneri gravanti sulle imprese, secondo la formulazione vigente, sembrava far pensare ad una restrizione dell’ambito di intervento, rispetto alla previsione del comma 1, che si riferisce in generale agli oneri amministrativi, inclusi, dunque, quelli gravanti sui cittadini. Peraltro, già la Commissione europea, nel programma d’azione per la riduzione degli oneri amministrativi dell’Unione europea, presentato a tutte le istituzioni europee nel gennaio 2007, ha ristretto il campo d’intervento comunitario ai soli oneri amministrativi gravanti sulle imprese, pur riconoscendo che il programma possa portare benefici anche ai consumatori (attraverso una riduzione dei prezzi).

Il comma 5 prevede che gli interventi di riduzione confluiscano nel processo di riassetto normativo di cui all’articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59[42] con l’obiettivo, sembrerebbe, di voler definire per relationem – conformemente al modello di cui all’articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988, il quale impone al legislatore di definire le norme generali regolatrici della materia devoluta a regolamenti di delegificazione – i principi e criteri cui devono conformarsi i regolamenti stessi (si veda, in tal senso il comma 8 del citato articolo 20).

 

Il comma 2 dell’articolo in commento stabilisce che il programma per la misurazione degli oneri amministrativi derivanti da obblighi informativi, di cui al comma 1 dell'art. 25 come sostituito dal presente articolo, deve essere approvato entro due mesi dall’entrata in vigore della presente legge.

 

Il comma 3 prevede che anche le autorità amministrative indipendenti con funzioni di regolazione generale effettuino, nell'ambito dei propri ordinamenti, la misurazione degli oneri amministrativi a carico delle imprese con l'obiettivo di ridurre tali oneri entro il 31 dicembre 2012.

 

Ai sensi del successivo comma 4, i risultati della misurazione di cui al comma 3 sono comunicati al Parlamento e ai Ministri per la pubblica amministrazione e l'innovazione e per la semplificazione normativa.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Il 22 ottobre 2009 la Commissione ha adottato il “Programma d'azione per la riduzione degli oneri amministrativi nell'UE - Piani settoriali di riduzione e azioni 2009” (COM(2009)544).

Nel programma la Commissione passa in rassegna i risultati ottenuti affermando di avere conseguito progressi rilevanti grazie ad un partenariato costruttivo con il Parlamento europeo e il Consiglio, gli Stati membri e le parti interessate.

L’obiettivo futuro della Commissione è quello di ridurre entro il 2012 del 25% gli oneri amministrativi anche tramite le seguenti misure:

·       adeguamento delle norme comunitarie in materia di contabilità e di audit alle esigenze delle PMI e dei loro operatori, con riferimento, per esempio, alle prescrizioni riguardanti la presentazione dello stato patrimoniale e del conto profitti e perdite;

·       la riduzione dell'onere amministrativo per le imprese farmaceutiche di medicinali veterinari, con riguardo alla procedura della domanda di autorizzazione di immissione in commercio e alla dichiarazione delle modifiche dei termini dell'autorizzazione;

·       la semplificazione delle procedure di registrazione, anche attraverso la costituzione di una banca dati, delle imprese marittime che trasportano merci tra due porti della Comunità.

 

Il Consiglio del 20 novembre 2009 ha adottato conclusioni sul documento e ha chiesto alle Istituzioni europee e agli Stati membri di adoperarsi per raggiungere l'obiettivo della riduzione del 25% degli oneri amministrativi che gravano sulle imprese in 13 settori prioritari (agricoltura e sovvenzioni agricole, conti annuali/diritto societario, politica di coesione, ambiente, servizi finanziari, pesca, sicurezza alimentare, legislazione farmaceutica, appalti pubblici, statistiche, fiscalità/dogane, trasporti, ambiente di lavoro/rapporti di lavoro). Come indicato dalla Commissione, ciò potrebbe ridurre l'onere di più di 40,4 miliardi di euro. La riduzione degli oneri amministrativi, la semplificazione della legislazione e il completamento delle misure nazionali dovrebbe avvenire secondo il Consiglio preferibilmente entro la fine del 2010.


 

Articolo 10
(Disposizioni in materia di anagrafe)

1. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Governo adotta norme regolamentari di modifica degli articoli 13, 18 e 19 del regolamento anagrafico della popolazione residente, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223, al fine di adeguare l'articolo 13 e l'articolo 19 alle disposizioni del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, e l'articolo 18 alla possibilità di comunicazione telematica tra i comuni attraverso il sistema INA-SAIA e alla possibilità che l'iscrizione per trasferimento della residenza con provenienza da un altro comune o dall'estero produca immediatamente gli effetti giuridici dell'iscrizione anagrafica. Ai predetti adempimenti si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

 

L'articolo 10, recante disposizioni in materia di anagrafe, stabilisce che il Governo adotti norme regolamentari volte ad introdurre alcune modifiche al regolamento anagrafico della popolazione residente, di cui al D.P.R. n. 223/1989.

 

L’ordinamento delle anagrafi della popolazione residente è regolato dalla L. 1228/1954[43] e dal relativo regolamento di attuazione (D.P.R. 223/1989[44]). La legge 24 dicembre 1954 n. 1228, in particolare, detta i principi fondamentali del sistema di gestione dell’anagrafe della popolazione residente, mentre il regolamento di attuazione approvato con D.P.R. n. 223/1989 disciplina le procedure e le modalità operative che devono adottare gli ufficiali d’anagrafe al fine di garantire la regolare tenuta dell’anagrafe in ogni comune.

La gestione dell’anagrafe della popolazione è organizzata su base territoriale e costituisce un compito obbligatorio per ogni comune che deve garantire il costante e completo aggiornamento dei dati relativi alla popolazione residente attraverso le iscrizioni, le variazioni e le cancellazioni riguardanti la posizione delle singole persone, delle famiglie e delle convivenze anagrafiche.

Nei comuni di maggiori dimensioni, l'ufficio di stato civile può essere organicamente distinto dall'ufficio di anagrafe. Nell'anagrafe della popolazione sono registrate le posizioni relative alle singole persone, alle famiglie ed alle convivenze, che hanno fissato nel Comune la residenza, nonché le posizioni relative alle persone senza fissa dimora che hanno stabilito nel Comune il proprio domicilio (art. 1 della L. 1228/1954).

Ogni cittadino è obbligato a chiedere per sé e per le persone sulle quali esercita la patria potestà o la tutela, l’iscrizione nell'anagrafe del Comune di dimora abituale e a dichiarare alla stessa i fatti determinanti mutazione di posizioni anagrafiche (art. 2 della L. 1228/1954); le dichiarazioni anagrafiche che egli è tenuto a rendere concernono i seguenti fatti (artt. 6 e 13 del D.P.R. 223/1989):

-          trasferimento di residenza da altro comune o dall'estero ovvero trasferimento di residenza all'estero;

-          costituzione di nuova famiglia o di nuova convivenza, ovvero mutamenti intervenuti nella composizione della famiglia o della convivenza;

-          cambiamento di abitazione;

-          cambiamento dell'intestatario della scheda di famiglia o del responsabile della convivenza;

-          cambiamento della qualifica professionale;

-          cambiamento del titolo di studio.

Le comunicazioni concernenti le nascite, le morti e le celebrazioni di matrimonio, nonché le sentenze dell'autorità giudiziaria e gli altri provvedimenti relativi allo stato civile delle persone sono effettuate dall'ufficiale di stato civile (art. 12 del D.P.R. 223/1989).

Il Ministero dell’Interno, attraverso gli Uffici Territoriali del Governo e l’Istituto nazionale di statistica esercita funzioni di vigilanza e impartisce le disposizioni per la corretta attuazione delle norme legislative e regolamentari sopraindicate (art. 12, legge 1228/1954 e artt. 52 e 54, D.P.R. n. 223/1989).

La normativa in materia di anagrafe, pur mantenendo il suo impianto originario, è stata oggetto di ripetute riforme e di parziali modifiche intese ad armonizzare la disciplina anagrafica con la profonda evoluzione sociale e tecnologica degli ultimi anni.

Recentemente , il D.L. 29 novembre 2008, n. 185 (Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale ), all’art. 16-bis, co. 1-4, ha introdotto norme volte a realizzare un sistema di anagrafe semplificata prevedendo nuove modalità, da dettarsi con successivi D.M., per le comunicazioni dei cittadini relative al cambio di residenza (iscrizioni, modifiche, cancellazioni) e agli altri eventi anagrafici concernenti lo stato civile (nascite, morti, matrimoni, ecc.). Il comma 1, in particolare, stabilisce che i cittadini comunichino all’ufficio competente le mutazioni relative alle proprie posizioni anagrafiche e le comunicazioni dello stato civile; l’ufficio di anagrafe trasmette, entro 24 ore dalla conclusione del procedimento amministrativo anagrafico, le variazioni all’Indice Nazionale delle Anagrafi (INA), il quale le rende disponibili alle amministrazioni pubbliche; il comma 2, inoltre, dispone che la richiesta al cittadino da parte dell’amministrazione di presentare documenti ulteriori o diversi rispetto a quelli ritenuti indispensabili costituisce violazione dei doveri d’ufficio ai fini della responsabilità disciplinare. Il comma 3 demanda ad uno o più decreti del ministro della pubblica amministrazione e dell’innovazione e del ministro dell’interno, adottati con il parere della Conferenza unificata, le modalità per l’effettuazione da parte dei cittadini delle dichiarazioni anagrafiche e delle comunicazioni concernenti lo stato civile.

Da ultimo, anche la legge 15 luglio 2009, n. 94Disposizioni in materia di sicurezza pubblica”, ha modificato gli articoli 1 e 2 della legge n. 1228/1954 e l’art. 11 del D.P.R. n. 223/1989.

 

La norma in esame modifica, gli artt. 13, 18 e 19 del D.P.R. n. 223/1989,.

L’art. 13 del D.P.R. n. 223/1989, in materia di dichiarazioni anagrafiche, disciplina il contenuto delle stesse stabilendo che debbano concernere il trasferimento di residenza da altro comune o dall'estero ovvero trasferimento di residenza all'estero; la costituzione di nuova famiglia o di nuova convivenza, ovvero mutamenti intervenuti nella composizione della famiglia o della convivenza; cambiamento di abitazione; cambiamento dell'intestatario della scheda di famiglia o del responsabile della convivenza; cambiamento della qualifica professionale e il cambiamento del titolo di studio. Le dichiarazioni di cui alle lettere precedenti devono essere rese nel termine di venti giorni dalla data in cui si sono verificati i fatti.

L’art. 18 disciplina la decorrenza dell'iscrizione e della cancellazione anagrafica stabilendo che le dichiarazioni rese dagli interessati ex art. 13 devono essere trasmesse, entro venti giorni, dall'ufficiale di anagrafe che li ha ricevuti o adottati al comune di precedente iscrizione anagrafica per la corrispondente cancellazione. La cancellazione dall'anagrafe del comune di precedente iscrizione e l'iscrizione nell'anagrafe di quello di nuova residenza devono avere sempre la stessa decorrenza, che è quella della data della dichiarazione di trasferimento resa dall'interessato nel comune di nuova residenza.

Si prevede, poi, che per le persone non iscritte in anagrafe e risultanti abitualmente dimoranti nel comune in base all'ultimo censimento della popolazione, l'iscrizione anagrafica decorre dalla data della dichiarazione resa dall'interessato di cui al predetto art. 13. Prescrive, infine, che le vertenze che sorgono tra uffici anagrafici in materia di trasferimento di residenza siano risolte dal prefetto se esse interessano comuni appartenenti alla stessa provincia e dal Ministero dell'interno, sentito l'Istituto centrale di statistica, se esse interessano comuni appartenenti a province diverse.

L’art. 19 disciplina, invece, gli accertamenti richiesti dall'ufficiale di anagrafe stabilendo, tra l’altro, che questi è tenuto a verificare la sussistenza del requisito della dimora abituale di chi richiede l'iscrizione anagrafica e che gli accertamenti devono essere svolti a mezzo degli appartenenti ai corpi di polizia municipale o di altro personale comunale che sia stato formalmente autorizzato, utilizzando un modello conforme all'apposito esemplare predisposto dall'Istituto centrale di statistica. Ove nel corso degli accertamenti emergano discordanze con la dichiarazione resa da chi richiede l'iscrizione anagrafica, l'ufficiale di anagrafe segnala quanto è emerso alla competente autorità di pubblica sicurezza.

In breve, si ricorda che il Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa (DPR 28 dicembre 2000, n. 445), citato in questa sede quale parametro di riferimento per le novelle in esame, raccoglie tutte le disposizioni contenute nella normativa in vigore[45] e introduce importanti novità che completano e sviluppano in modo organico le semplificazioni introdotte con le cd. leggi Bassanini allo scopo di eliminare la richiesta dei certificati da parte dei cittadini e andare verso la "decertificazione" prevista dal piano di e-government. Successivamente, l’emanazione del Codice dell’amministrazione digitale (D.Lgs. n. 82/2005) ha segnato una svolta determinante nel processo di ammodernamento della pubblica amministrazione. A quest’ultima vengono, infatti, forniti gli strumenti tecnico-giuridici, quali la posta elettronica, la firma digitale, la carta nazionale dei servizi, attraverso cui ripensare la propria organizzazione in chiave digitale, al fine di fornire a cittadini ed imprese i propri servizi on line realizzando nel contempo una progressiva riduzione dei costi ed un incremento dell’efficienza e della trasparenza.

 

Come posto in evidenza dalla relazione allegata al ddl, l’articolo in esame persegue un duplice obiettivo: da un lato si intende adeguare le norme di cui agli artt. 13 e 19 sopra esposti, alle disposizioni di cui al D.P.R. n. 445/2000 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa) consentendo l'effettuazione del cambio di residenza con le modalità generali di sottoscrizione delle istanze e delle dichiarazioni ivi previste; dall’altro si intende introdurre nell’art. 18 la possibilità di effettuare il cambio di residenza per via telematica, risolvendo le criticità per le persone impossibilitate a recarsi presso il comune competente, poiché si rimuovono i vincoli che richiedono necessariamente la presenza fisica dell'interessato, e realizzando la produzione immediata, al momento della dichiarazione, degli effetti giuridici del cambio di residenza.

 

La norma fa esplicito riferimento al sistema INA-SAIA. A tal proposito si ricorda che con il decreto-legge del 27 dicembre 2000 n. 392, (Disposizioni urgenti in materia di enti locali) é stato istituito, presso il Ministero dell’Interno, l’Indice Nazionale delle Anagrafi (INA), per un migliore esercizio della funzione di vigilanza e di gestione dei dati anagrafici. Il decreto ha così modificato l’art. 1 della legge n. 1228/1954.

L’INA rappresenta l’infrastruttura tecnologica di riferimento e di interscambio dei dati anagrafici comunali e le pubbliche amministrazioni: l’associazione fra i dati identificativi del cittadino e il comune di residenza completa la circolarità anagrafica al fine di conseguire l’obiettivo di semplificazione e razionalizzazione dell’azione amministrativa (la garanzia dell’identificazione del cittadino su tutti gli archivi della pubblica amministrazione é data dalla chiave di ricerca univoca individuata nel codice fiscale). L’indice non contiene informazioni anagrafiche del cittadino, che restano di esclusiva pertinenza dell’anagrafe del comune di residenza, ma solo i dati minimi che servono a reperirle o ad accelerarne l’accesso. L’INA, realizzato e gestito dal Ministero dell’Interno, é un servizio gratuito accessibile in rete a tutti i comuni, i quali sono tenuti a partecipare alla creazione ed al suo continuo e costante aggiornamento. Si segnala, altresì, che l’art. 62 del Codice dell’amministrazione digitale (D.Lgs. 82/2005[46]) stabilisce che l’INA sia realizzato con strumenti informatici e nel rispetto delle regole tecniche concernenti il sistema pubblico di connettività.

Con il D.M. 240/2005[47] è stato adottato il regolamento di gestione dell'INA, che disciplina le modalità di aggiornamento dell’INA da parte dei comuni e le modalità di accesso delle amministrazioni pubbliche centrali e locali dell’Indice.

In tale contesto, il progetto I.N.A.-S.A.I.A. (Sistema di Accesso e di Interscambio Anagrafico) realizza una profonda evoluzione delle modalità di erogazione dei servizi verso i cittadini attraverso le seguenti funzionalità generali:

·         • inoltro telematico ai comuni ed alle amministrazioni pubbliche delle variazioni anagrafiche;

·         • interrogazioni sull’archivio anagrafico comunale per la consultazione e la stampa di certificati attraverso l’uso della nuova carta di identità (CIE) effettuate direttamente dal cittadino;

L’architettura del Sistema di Accesso e di Interscambio Anagrafico é basata dunque sull’indice di riferimento nazionale (INA) che consente il collegamento logico virtuale delle anagrafi comunali per il reperimento certo su base nazionale della residenza del cittadino. L’inoltro delle informazioni alle amministrazioni pubbliche abilitate alla ricezione automatica dei dati di interessi avviene tramite l’utilizzo di una infrastruttura di sicurezza, controllo e documentazione per lo scambio certificato di informazioni anagrafiche.

Il progetto INA-SAIA, dunque, si propone di:

·         • garantire l’interconnessione dei comuni e razionalizzare l’interazione tra questi e le amministrazioni centrali e territoriali in materia di informazione anagrafica;

·         • garantire le funzioni di supporto necessarie alla emissione della carta di identità elettronica;

·         • garantire la presenza dell’iscrizione di un cittadino in una sola anagrafe comunale e di eliminare le eventuali duplicazioni d’iscrizione;

·         • offrire servizi ai comuni e a tutte le pubbliche amministrazioni collegate (attualmente sono collegate al SAIA il Ministero dell´Economia - Anagrafe Tributaria, Ministero dei trasporti - Motorizzazione Civile, Istituto Nazionale Previdenza Sociale e quasi la totalità dei Comuni italiani).

·         • fornire uno strumento in grado di aumentare la qualità dei servizi offerti, controllando la qualità e l’univocità dei dati delle variazioni anagrafiche trasmesse e facilitando l’attività di vigilanza sulle anagrafi da parte della Direzione Centrale dei Servizi Demografici del Ministero dell´Interno.

 

In conclusione, la norma precisa che a tutti i predetti adempimenti si provveda con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, pertanto, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

 


 

Articolo 11
(Modifiche all'articolo 3 del testo unico di cui al regio decreto
18 giugno 1931, n. 773)

1. All'articolo 3 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al primo comma, la parola: «quindici» è sostituita dalla seguente: «dieci»;

b) dopo il terzo comma è inserito il seguente:

«Per i minori di età inferiore agli anni quattordici, l'uso della carta d'identità a fini di espatrio è subordinato alla condizione che viaggino in compagnia di uno dei genitori o di chi ne fa le veci, oppure che venga menzionato sulla carta d'identità, o su una dichiarazione rilasciata da chi può dare l'assenso o l'autorizzazione ai sensi dell'articolo 3, lettera a), della legge 21 novembre 1967, n. 1185, il nome della persona, dell'ente o della compagnia di trasporto a cui i minori sono affidati. La sottoscrizione di tale dichiarazione deve essere vistata da un'autorità competente al rilascio della carta d'identità».

 

 

L'articolo 11 modifica l'art. 3, comma 1, del R.D. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), al fine di consentire il rilascio della carta d'identità a coloro che hanno compiuto i dieci anni di età (lettera a).

 

Si ricorda che il citato art. 3 attualmente dispone che il sindaco è tenuto a rilasciare alle persone di età superiore agli anni quindici aventi nel Comune la loro residenza o la loro dimora, quando ne facciano richiesta, una carta di identità conforme al modello stabilito dal Ministero dell'interno. La carta di identità ha durata di dieci anni e deve essere munita della fotografia della persona a cui si riferisce.

In ordine alle modifiche recentemente intervenute in materia, si ricorda che l’articolo 31, comma 1, del D.L 112/2008[48] ha modificato lo stesso art. 3 del TULPS, prevedendo che la carta d’identità, cartacea ed elettronica, benefici di una validità temporale corrispondente a dieci anni, a fronte della previgente disposizione, che stabiliva, invece, una validità quinquennale. Contestualmente, a partire dal 1° gennaio 2010, è stata prevista come obbligatoria la presenza sul documento delle impronte digitalidel soggetto.

E ancora, il D.L. 30 dicembre 2009, n. 194[49], all’art. 3 ha prorogato dal 1° gennaio 2010 al 1° gennaio 2011, il termine a partire dal quale le carte d’identità dovranno obbligatoriamente essere munite, oltre che della fotografia, anche delle impronte digitali della persona a cui si riferiscono. Lo stesso provvedimento ha introdotto la norma in virtù della quale la carta d'identità può altresì contenere l'indicazione del consenso ovvero del diniego della persona cui si riferisce a donare i propri organi in caso di morte.

Si segnala, infine, che la carta d'identità è titolo valido per l'espatrio anche per motivi di lavoro negli Stati membri dell'Unione europea e in quelli con i quali vigono, comunque, particolari accordi internazionali.

La disposizione in esame, come sottolineato dalla relazione allegata al disegno di legge, appare volta a perseguire finalità analoghe alle recenti modifiche intervenute in merito al rilascio del passaporto. Si ricorda, infatti, che il D.L. 25 settembre 2009 , n. 135[50] all’articolo 20-ter modifica la legge 1185/1967(Norme sui passaporti) al fine di dare attuazione al regolamento (CE) 444/2009. La norma dispone che il passaporto spetta ad ogni cittadino, indipendentemente dall’età, prevedendo tuttavia che, per tutti i minori di età inferiore ai quattordici anni, l’uso del documento di viaggio sia subordinato alla condizione che i minori viaggino accompagnati o con l’indicazione dell’affidamento. Contestualmente, in conformità del principio “una persona – un passaporto” viene eliminata la possibilità dell’iscrizione del minore sul passaporto del genitore. La validità generale del passaporto viene confermata a dieci anni stabilendo delle eccezioni relativamente alla validità del passaporto dei minori. Per impossibilità temporanea o per particolari esigenze, i titolari dei documenti di viaggio sono esentati dall’obbligo di rilevamento delle impronte digitali, disponendo che in tal caso sia emesso un passaporto di validità pari o inferiore a dodici mesi.

 

L’articolo in commento introduce, altresì, un nuovo comma 4 nel corpo dell’art. 3 del testo unico, a norma del quale i minori dei quattordici anni che si recano all’estero (in uno degli Stati membri dell'Unione europea e negli Stati con i quali vigono accordi internazionali) potranno utilizzare, in luogo del passaporto, la carta d'identità valida per l'espatrio purché accompagnati da uno dei genitori o da chi ne fa le veci ovvero da chi, in qualità di persona, ente o compagnia di trasporto a cui i minori sono affidati, verrà menzionato sulla carta d'identità oppure su una dichiarazione rilasciata da chi può dare l'assenso o l'autorizzazione ai sensi dell'art. 3, lett. a), della L. n. 1185/1967[51] (lettera b).

 

Si ricorda che l’art. 3 della legge L. 21 novembre 1967 n. 1185, alla lettera a), stabilisce che non possono ottenere il passaporto coloro che, essendo a norma di legge sottoposti alla patria potestà o alla potestà tutoria, siano privi dell'assenso della persona che la esercita e, nel caso di affidamento a persona diversa, dell'assenso anche di questa; o, in difetto, della autorizzazione del giudice tutelare.

La modifica in esame, si legge nella relazione di accompagno, si rende necessaria in quanto, alla luce della normativa vigente, i minori di quindici anni non dispongono di un documento d'identità, potendo solo ottenere il rilascio di un certificato, facilmente falsificabile e deteriorabile, cui viene apposta una foto, dato che la carta d'identità viene rilasciata soltanto a partire dall'età di quindici anni. Al contrario, il passaporto può essere rilasciato fin dall'età di dieci anni (in alternativa il minore può anche essere iscritto sul passaporto dei genitori fino a sedici anni). Per i minori di quindici anni, non muniti di passaporto e che intendono recarsi all'estero, viene comunemente utilizzato il cosiddetto lasciapassare per l'espatrio, cioè un certificato o un estratto dell'atto di nascita, rilasciato dal comune e su cui è apposta una foto, che deve essere successivamente vidimato dal questore.

 

 


 

Articolo 12
(Disposizioni in materia di sportello unico per l'edilizia)

1. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Governo adotta norme regolamentari di modifica dell'articolo 5 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, prevedendo che lo sportello unico per l'edilizia è tenuto ad accettare le domande, le dichiarazioni e le comunicazioni e i relativi elaborati tecnici o allegati presentati dal richiedente con modalità telematica e a provvedere all'inoltro telematico della documentazione alle altre amministrazioni che intervengono nel procedimento, le quali adottano modalità telematiche di ricevimento e di trasmissione, nonché prevedendo che l'invio e la trasmissione telematica avvengono con le medesime modalità tecniche individuate dal regolamento di cui all'articolo 38, comma 3, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni. Ai predetti adempimenti si provvede nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

 

L’articolo 12 è volto ad accelerare e semplificare le attività svolte dallo sportello unico dell’edilizia, prevedendo che esse avvengano in via telematica.

 

Attualmente l’art. 5 del DPR 380/2001, che disciplina il funzionamento dello sportello unico dell’edilizia, contempla il ricorso anche alle modalità telematiche unicamente per avere accesso alle informazioni sugli adempimenti necessari per le procedure previste dal T.U.

 

Ai sensi dell’articolo in esame, il richiedente dovrà, pertanto, trasmettere allo sportello unico in via telematica tutte le domande, dichiarazioni, comunicazioni e i relativi elaborati tecnici e, a sua volta, lo sportello unico dovrà provvedere all'inoltro, sempre in via telematica, della documentazione alle altre amministrazioni che intervengono nel procedimento.

Anche le altre amministrazioni che intervengono nel procedimento dovranno adottare modalità telematiche di ricevimento e di trasmissione analoghe a quelle individuate dal regolamento previsto dall'art. 38, comma 3, del decreto-legge 112/2008 relativo alla semplificazione e il riordino della disciplina dello sportello unico delle attività produttive.

 

Si ricorda, infatti, che l’art. 38, comma 3, del decreto legge 112/2008 demanda ad un regolamento di delegificazione (che non è stato ancora emanato), da adottare ai sensi dell’art. 17, comma 2, della legge 400/1988[52], la semplificazione e il riordino della disciplina dello sportello unico delle attività produttive di cui al D.P.R. 447/1998.

 

Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del disegno di legge in esame, il governo dovrà, quindi, adottare norme regolamentari di modifica dell’art. 5 del T.U. secondo le nuove norme contenute nell’articolo.

 

Non sono previsti oneri dall’attuazione di tali disposizioni, in quanto le amministrazioni interessate dovranno provvedervi con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

 

L’art. 5 del DPR 380/2001 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), reca le norme che disciplinano il funzionamento dello sportello unico per l'edilizia. Esso è un ufficio costituito presso le amministrazioni comunali, nell’ambito della loro autonomia, per curare tutti i rapporti fra il privato, l'amministrazione e le altre amministrazioni tenute a pronunciarsi sull'intervento edilizio oggetto della richiesta di permesso di costruire o di denuncia di inizio attività (cd. DIA).

Lo sportello unico provvede in particolare:

a) alla ricezione delle DIA e delle domande per il rilascio di permessi di costruire e di ogni altro atto di assenso comunque denominato in materia di attività edilizia, compreso il certificato di agibilità, nonché i progetti approvati dalla Soprintendenza ai sensi del d.lgs. 42/2004;

b) a consentire l'accesso gratuito, anche in via telematica, alle informazioni sugli adempimenti necessari per lo svolgimento delle procedure previste dal T.U., all'elenco delle domande presentate, allo stato del loro iter procedurale, nonché a tutte le possibili informazioni utili disponibili;

c) al rilascio dei permessi di costruire, dei certificati di agibilità, nonché delle certificazioni attestanti le prescrizioni normative e le determinazioni provvedimentali a carattere urbanistico, paesaggistico-ambientale, edilizio e di qualsiasi altro tipo comunque rilevanti ai fini degli interventi di trasformazione edilizia del territorio;

f) alla cura dei rapporti tra l'amministrazione comunale, il privato e le altre amministrazioni chiamate a pronunciarsi in ordine all'intervento edilizio oggetto dell'istanza o denuncia, con particolare riferimento agli adempimenti connessi all'applicazione della parte seconda del T.U.

Inoltre, ai fini del rilascio del permesso di costruire o del certificato di agibilità, lo sportello unico acquisisce direttamente il parere dell'A.S.L. nel caso in cui non possa essere sostituito da una autocertificazione ed il parere dei vigili del fuoco, ove necessario, in ordine al rispetto della normativa antincendio.

L'ufficio cura altresì l'acquisizione di tutti gli atti di assenso, comunque denominati, necessari ai fini della realizzazione dell'intervento edilizio con numerose altre amministrazioni (per citarne alcune l’ufficio tecnico della regione per le costruzioni in zone sismiche, la Sovrintendenza per gli interventi edilizi su immobili vincolati, l'amministrazione militare per le costruzioni nelle zone di salvaguardia contigue ad opere di difesa dello Stato, l'autorità competente in tema di assetti e vincoli idrogeologici).

 


Articolo 13
(Funzioni della Corte dei conti in materia di controllo sulla gestione)

1. Avverso le deliberazioni delle sezioni di controllo della Corte dei conti sulla gestione aventi particolare rilevanza per il sistema di finanza pubblica, gli organi politici di vertice delle amministrazioni o degli enti interessati possono proporre ricorso, nel termine perentorio di sessanta giorni dalla formale comunicazione delle deliberazioni medesime, davanti alle sezioni riunite della Corte dei conti, nella composizione prevista dall'articolo 4, secondo comma, del testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, di cui al regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214, integrata dal magistrato estensore della deliberazione impugnata, e nelle forme previste dall'articolo 40 del medesimo testo unico di cui al regio decreto n. 1214 del 1934. Le sezioni riunite decidono in via definitiva entro centottanta giorni dalla data di deposito del ricorso.

 

 

L'articolo 13 prevede la possibilità di ricorrere avverso le decisioni della Corte di conti in sede di controllo sulla gestione innanzi alle sezioni riunite.

La disposizione – come evidenziato dalla relazione illustrativa del disegno di legge originario (A.C. 3209) – “mira a valorizzare le funzioni della Corte dei conti in materia di controllo sulla gestione”.

I soggetti legittimati al ricorso sono le amministrazioni e gli enti interessati, attraverso i loro organi politici di vertice cui spetta la decisione in ordine alla proposizione del ricorso.

I termini (perentori) per la presentazione del ricorso sono stabiliti in 60 giorni dalla formale comunicazione delle deliberazioni, mentre il termine per la decisione sul ricorso è di 180 giorni dalla data del deposito.

L’oggetto del ricorso è individuato nelle deliberazioni delle sezioni di controllo della Corte dei conti sulla gestione; ma non tutte le deliberazioni sono impugnabili, bensì esclusivamente quelle che hanno “particolare rilevanza per il sistema della finanza pubblica”.

 

Tale precisazione sembra mantenere indefinito l’ambito delle deliberazioni impugnabili che, pertanto, richiederebbe un chiarimento.

 

Il controllo sulla gestione

La riforma delle funzioni di controllo della Corte dei Conti realizzata dalla L. 20/1994 si è mossa nella direzione di ridurre i controlli preventivi di legittimità, valorizzando al contempo il controllo sull’attività e sulle gestioni come strumento per la verifica del rispetto dei principi di efficienza, di economicità e di efficacia.

Più in particolare, i tratti fondamentali del modello di controllo prefigurato dalla legge di riforma sono tre. In primo luogo, il controllo preventivo di legittimità è limitato e concentrato sugli atti fondamentali del Governo (e non più su tutti gli atti prodotti dall’amministrazione); in secondo luogo, viene potenziato e generalizzato a tutte le amministrazioni il controllo successivo sulla gestione, da svolgere sulla base di appositi programmi elaborati dalla Corte dei conti, che riferisce al Parlamento nazionale ed ai Consigli regionali sull’esito dei controlli eseguiti; in terzo luogo viene attribuito alla Corte dei conti il compito di verificare la funzionalità dei controlli interni all'amministrazione.

L’articolo 3, comma 4, prevede che la Corte svolga, anche in corso di esercizio, il controllo successivo sulla gestione del bilancio e del patrimonio delle amministrazioni pubbliche, nonché sulle gestioni fuori bilancio e sui fondi di provenienza comunitaria, verificando la legittimità e la regolarità delle gestioni, nonché il funzionamento dei controlli interni a ciascuna amministrazione. La Corte, poi, accerta, anche in base all’esito di altri controlli, la rispondenza dei risultati dell’attività amministrativa agli obiettivi stabiliti dalla legge, valutando comparativamente costi, modi e tempi dello svolgimento dell’azione amministrativa.

La Corte, inoltre, definisce ogni anno i programmi ed i criteri di riferimento del controllo di gestione sulla base delle priorità previamente deliberate dalle competenti Commissioni parlamentari.

 

Le funzioni di controllo sono esercitate dalla Sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato che delibera sulla gestione delle attività dei ministeri e dalle Sezioni regionali di controllo che esercitano il controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato aventi sede nella regione, delle amministrazioni regionali degli enti locali, e dei loro enti strumentali, delle università e delle istituzioni pubbliche aventi sede nella regione.

 

Il risultato dell’attività di controllo consiste nei referti con la quale la Corte dei conti riferisce, almeno annualmente, al Parlamento ed ai consigli regionali sull’esito dei controlli eseguiti (art. 3, co. 3, L. 20/1994)

 

La giurisprudenza costituzionale ha sottolineato il rapporto fortemente collaborativo della Corte dei conti nei confronti delle amministrazioni interessate, per cui è data alla prima la possibilità di formulare alle seconde in qualsiasi momento “le proprie osservazioni e di ricevere dalle stesse comunicazione delle misure conseguenzialmente adottate. Questo tipo di rapporto è la conseguenza del fatto che il controllo dei risultati della gestione è, prima di tutto, diretto a stimolare nell'ente o nell'amministrazione controllati processi di autocorrezione sia sul piano delle decisioni legislative, dell'organizzazione amministrativa e delle attività gestionali, sia sul piano dei controlli interni" (sent. 29/1995).

 

La previsione della possibilità di ricorso alle sezioni riuniteavverso le decisioni emanate in sede di controllo sulla gestione conduce ad una sorta di “giurisdizionalizzazione” di tali atti da valutare in relazione alle richiamate considerazioni della Consulta.

 

 

I ricorsi sono impugnabili davanti alla sezioni riunite delle Corte di conti con le seguenti precisazioni:

§      il numero dei giudici membri delle sezioni riunite non può essere minore di 11 (composizione prevista dall’art. 4, 2° co., del testo unico delle leggi sulla Corte dei conti);

§      tale composizione è integrata dal magistrato della sezione di controllo estensore della decisione impugnata;

§      le forme del giudizio sono quelle della giurisdizione contenziosa, le stessi che si applicano all’esame, da parte delle medesime sezioni riunite, sul rendiconto generale dello Stato (ai sensi dell’art. 40 del TU).

 

La decisione delle sezioni riunite è definitiva.

 

Per giurisdizione contenziosa si intende, presumibilmente, quella regolata dal Capo V del TU del 1934, avente ad oggetto i giudizi di conto e responsabilità (artt. 44 e seguenti).

 

Si osserva, in proposito, che la disposizioni estende al controllo di gestione, sebbene limitatamente al ricorso presso le sezioni riunite, una procedura afferente esclusivamente alla funzione giurisdizionale, e non di controllo, della Corte dei conti, ad eccezione della delibera sul rendiconto generale dello Stato.

 

Le sezioni riunite

Si ricorda preliminarmente che le sezioni riunite non sono un organismo unitario, in quanto esistono sezioni riunite per ciascuna funzione della Corte.

Le sezioni riunite in sede non giurisdizionale sono presiedute dal presidente della Corte dei conti e sono composte per ciascuna delle funzioni esercitate da trentaquattro magistrati, designati all'inizio di ogni anno sulla base di predeterminati criteri di graduale rotazione dal consiglio di presidenza, in modo che siano rappresentati tutti i settori di attività e tutte le qualifiche dei magistrati (D.L. 2 ottobre 1996, n. 543, Disposizioni urgenti in materia di ordinamento della Corte dei conti convertito in legge, con modificazioni dall'art. 1, comma 1, L. 20 dicembre 1996, n. 639).

Le funzioni delle sezioni riunite in sede di controllo sono indicate dal l’art. 8 della Deliberazione della Corte dei conti a sezioni riunite 16 giugno 2000, Regolamento per l’organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti. (Deliberazione n. 14/DEL/2000). Tra questa la deliberazione in ordine alla ricusazione del visto da parte della sezione di controllo (anche regionali) sugli atti o decreti presentati alla Corte in sede di controllo preventivo.

 

 

 

 

 

 

 

 


Articolo 14
(Istituto diplomatico)
(stralciato)

 

Si veda A.C. 3209-ter.

 


 

Articolo 15
(Modifica all'articolo 11 del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102,
in materia di base unitaria di dati statistici)

1. All'articolo 11, comma 1, del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, il secondo periodo è sostituito dal seguente: «La formazione e l'utilizzo della base unitaria avviene nel rispetto delle norme e delle procedure che regolano il sistema statistico nazionale, nonché dei princìpi vigenti in materia di trattamento dei dati e, in particolare, del regolamento (CE) n. 223/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2009, e della normativa sulla protezione dei dati personali».

 

 

L’articolo 15 modifica l’articolo 11 del decreto legge n. 78/2008, finalizzato alla istituzione – attraverso l’integrazione tra i sistemi informativi del Ministero dell'economia e delle finanze, del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali nonché dei soggetti ad essi collegati o da essi vigilati o controllati – di una  base unitaria di dati funzionale ad analisi e studi mirati alla elaborazione delle politiche economiche e sociali.

In particolare, la modifica è volta ad introdurre la specificazione che l’utilizzo e la formazione della  base unitaria deve avvenire nel generale rispetto delle norme e delle procedure che regolano il sistema statistico nazionale oltre che nel rispetto dei principi in materia di trattamento dei dati, ed in particolare del Regolamento n. 223/2009 dell’11 marzo 2009 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle statistiche europee (entrato in vigore il 1° aprile 2009), nonché la normativa sulla protezione dei dati personali.

 

L’utilizzo integrato dei diversi sistemi informativi avviene – secondo l’articolo 15 del D.L. n. 78/2009, senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato.

 

 


 

Articolo 16
(Attribuzione d'ufficio del codice fiscale ai cittadini iscritti nell'Anagrafe degli italiani residenti all'estero)

1. Dopo l'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605, e successive modificazioni, è inserito il seguente:

«Art. 4-bis. - (Attribuzione del codice fiscale ai cittadini residenti all'estero). - 1. Ai fini dell'individuazione di un codice unico identificativo da utilizzare nell'ambito dei processi di interoperabilità e di cooperazione applicativa che definiscono il sistema pubblico di connettività, ai sensi dell'articolo 72 del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, l'amministrazione finanziaria attribuisce d'ufficio il codice fiscale ai cittadini iscritti nell'Anagrafe degli italiani residenti all'estero (AIRE) ai quali tale codice non risulta attribuito, previo allineamento dei dati anagrafici in possesso degli uffici consolari e delle AIRE comunali.

2. All'atto dell'iscrizione nell'AIRE e ai fini dell'attribuzione del codice fiscale, i comuni competenti trasmettono all'anagrafe tributaria, per il tramite del Ministero dell'interno, i dati di cui all'articolo 4, primo comma, lettera a), con l'aggiunta della residenza all'estero e con l'eccezione del domicilio fiscale, in luogo del quale è indicato il comune d'iscrizione nell'AIRE.

3. Con le modalità indicate nel comma 2 i comuni trasmettono all'anagrafe tributaria ogni variazione che si verifica nelle proprie anagrafi riguardanti i cittadini iscritti nell'AIRE.

4. La rappresentanza diplomatico-consolare competente per territorio comunica ai cittadini residenti all'estero l'avvenuta attribuzione d'ufficio del numero di codice fiscale.

5. Alle attività di cui al presente articolo le amministrazioni provvedono con le risorse disponibili a legislazione vigente».

 

 

L’articolo 16, inserendo l’articolo 4-bis al D.P.R. n. 605 del 1973[53], reca disposizioni concernenti l’attribuzione del codice fiscale ai cittadini italiani residenti all’estero che risultano iscritti all’AIRE (Anagrafe degli italiani residenti all’estero).

 

La legge n. 470 del 1998 ha istituito le anagrafi dei cittadini italiani residenti all'estero (AIRE) tenute presso i Comuni e presso il Ministero dell'Interno. Le anagrafi dei Comuni raccolgono le informazioni dei cittadini e delle famiglie che, a seguito di un trasferimento permanente all’estero, sono cancellata dall’anagrafe della popolazione residente. I dati contenuti nelle anagrafi dei Comuni sono trasmessi al Ministero dell'Interno che raccoglie, in un unico archivio, il complesso dei dati ricevuti. L’iscrizione all’AIRE interessa anche i cittadini nati e residenti all’estero e i cittadini residenti all’estero che acquisiscono la cittadinanza italiana..

Non sono, in ogni caso, iscritti nelle anagrafi i cittadini che si recano all'estero per un periodo inferiore ai dodici mesi.

 

In particolare, il comma 1 del nuovo articolo 4-bisprevede che, ove non risulti già attribuito, ai cittadini italiani iscritti all’AIRE venga attribuito d’ufficio, da parte dell’amministrazione finanziaria, il codice fiscale previo allineamento dei dati anagrafici in possesso degli uffici consolari e delle AIRE comunali. In altre parole, si estende ai richiamati cittadini l’automatica attribuzione del codice fiscale già vigente per i cittadini residenti in Italia.

L’attribuzione del codice fiscale è finalizzata alla sua utilizzazione come codice unico identificativo nell’ambito dei processi di interoperabilità e di cooperazione applicativa che definiscono il sistema pubblico di connettività, ai sensi dell’articolo 72 del codice dell’amministrazione digitale di cui al decreto legislativo n. 82/2005.

 

Il citato articolo 72 del codice dell’amministrazione digitale distingue tra l’«interoperabilità di base», i servizi per la realizzazione, gestione ed evoluzione di strumenti per lo scambio di documenti informatici fra le pubbliche amministrazioni e tra queste e i cittadini e «interoperabilità evoluta», ossia i servizi volti a favorire la circolazione, lo scambio di dati e informazioni, e l'erogazione fra le pubbliche amministrazioni e tra queste e i cittadini.

La «cooperazione applicativa» riguarda l’attività interna dell’amministrazione finalizzata all'interazione tra i sistemi informatici delle pubbliche amministrazioni.

 

Ai fini dell’attribuzione del codice fiscale, il comma 2 del nuovo articolo 4-bis affida ai Comuni competenti il compito di trasmettere, all’atto dell’iscrizione nell’AIRE, i dati dei cittadini all’anagrafe tributaria.

 

Ai sensi dell’articolo 1 del DPR n. 605/1973 presso l’anagrafe tributaria sono raccolti su scala nazionale i dati e le notizie risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce presentati agli uffici dell’amministrazione finanziaria e dai relativi accertamenti, nonché i dati e le notizie che possono comunque assumere rilevanza a fini tributari.

 

In particolare, i Comuni competenti devono fornire all’anagrafe tributaria per il tramite del Ministero dell’interno:

-          i dati indicati nell’articolo 4, comma 1, lettera a) del D.P.R. n. 605/1973, ossia il cognome e il nome, il luogo e la data di nascita nonché il sesso. La norma in esame stabilisce che, per i soggetti iscritti all’AIRE, in luogo del domicilio fiscale richiesto nella richiamata lettera a), deve essere indicato il Comune d’iscrizione dell’AIRE;

-          l’indicazione della residenza all’estero.

 

I Comuni sono inoltre tenuti a trasmettere all’anagrafe tributaria ogni variazione che si verifica rispetto ai dati anagrafici che interessano i cittadini iscritti nell’AIRE (comma 3 del nuovo articolo 4-bis).

 

L’attribuzione del codice fiscale è comunicata ai cittadini interessati da parte della rappresentanza diplomatico-consolare competente per territorio (comma 4 del nuovo articolo 4-bis).

 

Infine, il comma 5del nuovo articolo 4-bis reca una norma di neutralità finanziaria, stabilendo che le attività sopra indicate dovranno essere svolte dalle amministrazioni interessate utilizzando le risorse disponibili a legislazione vigente.

 

 

 

 

 

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Articolo 17
(Ricetta medica elettronica)

1. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, per le finalità individuate dal comma 1 dell'articolo 50 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, e successive modificazioni, e al fine di ridurre i costi, di assicurare il monitoraggio della spesa farmaceutica e specialistica, nonché di migliorare i servizi per i cittadini e per gli operatori sanitari, il Governo adotta un regolamento, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione e del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previo parere del Garante per la protezione dei dati personali, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, il quale prevede che:

a) le prescrizioni sanitarie farmaceutiche e specialistiche dei medici del Servizio sanitario nazionale, abilitati dalle regioni a effettuare prescrizioni, sono costituite ad ogni effetto di legge dal documento elettronico, salvo il diritto del cittadino a ottenere copia cartacea del contenuto della prescrizione dall'erogatore del servizio;

b) il passaggio dal documento cartaceo al documento elettronico avviene in forma progressiva dal 1o gennaio 2010, in ragione del 40 per cento delle prescrizioni entro il 31 dicembre 2010, dell'80 per cento delle prescrizioni entro il 31 dicembre 2011 e del 100 per cento delle prescrizioni entro il 31 dicembre 2012.

2. Le disposizioni del regolamento di cui al comma 1 del presente articolo sono adottate in conformità a quanto già previsto per la trasmissione telematica dei dati delle ricette al Ministero dell'economia e delle finanze dal comma 5-bis dell'articolo 50 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, e successive modificazioni, e dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 26 marzo 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 124 del 28 maggio 2008.

 

 

L’articolo 17 demanda al Governo l’adozione, entro tre mesi dall’entrata in vigore della legge, di un regolamento per la disciplina della prescrizione farmaceutica e specialistica in formato elettronico.

L’introduzione di tale prescrizione è motivata dalla finalità di ridurre i costi, di assicurare il monitoraggio della spesa farmaceutica e specialistica, nonché di migliorare i servizi per i cittadini e per gli operatori sanitari. Rimane fermo il diritto del cittadino a ottenere copia cartacea del contenuto della prescrizione dall'erogatore del servizio. Viene previsto che il passaggio dal documento cartaceo al documento elettronico avvenga in forma progressiva nell’arco di due anni dal 1 gennaio 2010 al 31 dicembre 2012, più in particolare: in ragione del 40 per cento delle prescrizioni entro il 31 dicembre 2010, dell’80 per cento delle prescrizioni entro il 31 dicembre 2011, e del 100 per cento delle prescrizioni entro il 31 dicembre 2012. Il regolamento contenente la disciplina applicativa è emanato, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione e del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previo parere del Garante per la protezione dei dati personali, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano (comma 1).

Viene inoltre stabilito che le disposizioni del regolamento siano adottate in conformità di quanto già previsto, in tema di trasmissione telematica dei dati delle ricette al Ministero dell’economia e delle finanze, dal comma 5-bis dell’articolo 50 del decreto-legge n. 269/2003[54], convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326/2003, e dal D.P.C.M. 26 marzo 2008[55].

 

L’articolo 50 del D.L. 269/2003 ha introdotto tre importanti innovazioni, fra loro collegate, ovvero la tessera sanitaria, la nuova ricetta medica a lettura ottica ed il collegamento delle strutture di erogazione dei servizi sanitari, affidando al Ministero dell’Economia e delle Finanze l’incarico di sviluppare, attraverso un sistema informatico, un progetto operativo per l'individuazione certa ed univoca sia dell'assistito (tramite il codice fiscale riportato sulla Tessera Sanitaria), che del medico prescrittore (tramite il codice identificativo della ricetta, assegnato univocamente al medesimo medico dalla ASL competente in fase di consegna del ricettario). L’insieme di queste innovazioni definisce il Progetto Tessera Sanitaria, Sistema TS.

L'individuazione certa ed univoca dell'assistito e del medico prescrittore avviene attraverso la necessaria fase preliminare di allineamento delle relative anagrafi in possesso delle ASL con quelle dei codici fiscali dell'Anagrafe Tributaria e dei Comuni.

La rilevazione dei dati delle ricette avviene presso i singoli erogatori delle prestazioni (farmacie, laboratori, ambulatori pubblici e privati convenzionati) i quali, attraverso la lettura ottica del codice fiscale dell'assistito dalla Tessera Sanitaria e del codice identificativo della ricetta, consentono l'associazione certa ed univoca fra i dati della ricetta, il relativo medico prescrittore e l'assistito fruitore della prestazione. I dati completi delle ricette (comprensivi dei dati dell'assistito e del medico prescrittore) rilevati dalle strutture di erogazione, devono essere trasmessi giornalmente e, in ogni caso, entro il giorno 10 del mese successivo a quello di utilizzazione della ricetta, al Sistema Tessera Sanitaria del Ministero dell'economia e delle finanze che provvede a renderli disponibili alle ASL di competenza, nonchè alla regione, secondo le indicazioni del Garante della privacy. In particolare alle ASL è consentito l'accesso ai dati delle ricette comprensivi dei dati identificativi dell'assistito. In tal modo il Sistema consente alle ASL e alle regioni di disporre in modo tempestivo di un patrimonio informativo inerente le prescrizioni farmaceutiche e specialistiche, tale da poter potenziare il monitoraggio della spesa sanitaria e intervenire sull'appropriatezza prescrittiva, costituendo uno strumento di programmazione e di contenimento del settore sanitario[56].

In seguito, il comma 5-bis dell’articolo 50 del D.L. 269/2003, introdotto dall'art. 1, comma 810, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (finanziaria 2007), concernente il collegamento telematico in rete dei medici prescrittori del Servizio sanitario nazionale e la ricetta elettronica, ha previsto tra l’altro, che con uno o più decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della salute, siano emanate le ulteriori disposizioni attuative.

Il DPCM 26 marzo 2008 ha pertanto definito le modalità di trasmissione al MEF - e all’INPS per quanto attiene alla certificazioni di malattia -, nell’ambito del Sistema pubblico di connettività (SPC), delle ricette prescritte dai medici sui modulari del SSN contenenti i dati sia delle prescrizioni farmaceutiche che quelli della specialistica ambulatoriale, dettando anche specifiche regole per assicurare la tutela della riservatezza.

 

 


 

Articolo 18
(Pagella elettronica e università digitale)

1. Al fine di semplificare il quadro delle comunicazioni tra scuola e famiglia, le istituzioni scolastiche pubbliche e paritarie possono redigere la pagella degli alunni in forma elettronica, fatto salvo il diritto dell'interessato di ottenere gratuitamente copia cartacea del documento redatto in forma elettronica.

2. La pagella in forma elettronica sostituisce il documento cartaceo ed è resa disponibile alle famiglie sul web o tramite posta elettronica o altra modalità digitale; a decorrere dall'anno scolastico 2012/2013 le istituzioni scolastiche redigono le pagelle in forma elettronica, fermo restando il diritto dell'interessato di cui al comma 1.

3. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione e del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previo parere del Garante per la protezione dei dati personali, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono adottate, in conformità alle regole tecniche previste dal codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, le disposizioni necessarie per l'attuazione di quanto disposto dai commi 1 e 2.

4. Al fine di accelerare il processo di automazione amministrativa e di migliorare i servizi per gli studenti, riducendone i costi connessi, le università statali e non statali legalmente riconosciute adottano procedure telematiche che consentono di effettuare per via telematica l'iscrizione, i pagamenti, la gestione informatizzata delle carriere degli studenti e la prenotazione degli esami, nonché le relative verbalizzazione e conservazione dei documenti in forma digitale.

5. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione e del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per la semplificazione normativa, previo parere del Garante per la protezione dei dati personali, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono adottate, in conformità alle regole tecniche relative al sistema pubblico di connettività previste dal codice di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, le disposizioni necessarie per l'attuazione di quanto disposto dal comma 4.

6. All'attuazione del presente articolo si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

 

L’articolo 18 riguarda la semplificazione delle comunicazioni scuola-famiglia, con riferimento alla previsione della pagella in forma elettronica, e l’accelerazione dell’innovazione digitale nelle università per migliorare i servizi per gli studenti. In base alla relazione illustrativa, si tratta di interventi che si inseriscono nel piano e-government 2012.

 

Il piano e-government 2012, presentato il 21 gennaio 2009, è volto a diffondere i servizi di rete, l’accessibilità e la trasparenza della pubblica amministrazione, anche per rispondere all’indirizzo europeo di ridurre gli oneri amministrativi del 50 per cento entro il 2012 al fine di rafforzare la competitività. Esso comprende 80 progetti riferiti a quattro ambiti di intervento prioritari:

·       settoriali, riferiti alle amministrazioni centrali dello Stato e alle Università;

·       territoriali, riferiti sia alle regioni sia ai capoluoghi;

·       di sistema, mirati allo sviluppo di infrastrutture;

·       internazionali, per mantenere un forte impegno nella rete europea delle infrastrutture e nella rete europea della innovazione e della ‘best practice’.

L’impegno finanziario di legislatura è previsto in 1.380 milioni di euro.

Tra i progetti sono compresi i seguenti:

·       Interazione digitale scuola famiglia, che è volto alla semplificazione delle comunicazioni scuola-famiglia attraverso la disponibilità in rete dei principali documenti prodotti dalle scuole.

·       Strumenti innovativi per la didattica digitale che prevede che tutte le scuole siano dotate di almeno tre aule informatizzate con lavagne digitali interattive e personal computer[57].

Per entrambi i progetti il piano prevede l’attivazione dei servizi per il 40% delle scuole nel 2009, per l’80% delle scuole nel 2010 e per l’ultimo 20% nel 2011.

 

Peraltro, già il 2 ottobre 2008 erano stati presentati (per quanto qui interessa):

·       il Progetto “Scuola/famiglia via web” (registro elettronico, rilevazione di assenze e presenze con comunicazione via cellulare o e-mail, accesso in rete al fascicolo dello studente, prenotazione dei colloqui, pagella on-line);

·       ilProgetto “Servizi on line per le Università” (dotare le Università di servizi di connettività Wi-Fi e VoIP e introdurre metodologie e strumenti di dematerializzazione);

·       il Progetto “Università digitale” (sviluppare e diffondere soluzioni innovative miranti alla semplificazione amministrativa e alla razionalizzazione dei servizi[58].

In particolare, i commi 1 e 2 si riferiscono alla pagella elettronica (che sostituisce il documento cartaceo) che le scuole - ai sensi del comma 2 - sono obbligate a redigere a decorrere dall’anno scolastico 2012/2013, ma che – come sembra evincersi dal comma 1 - possono redigere già prima. Sia nel regime di obbligatorietà, sia nel regime di possibilità, è fatto salvo il diritto dell’interessato di ottenere gratuitamente copia cartacea del documento.

La relazione illustrativa specifica che la disposizione è volta ad attribuire validità legale alle pagelle elettroniche, mentre il comma 1 specifica che tale novità riguarda sia le scuole pubbliche che le scuole paritarie[59].

 

Sembrerebbe necessario esplicitare la validità legale della pagella elettronica nel testo dell’articolo, nonché esplicitare la decorrenza di tale validità legale.

Al comma 2, inoltre, si valuti l’opportunità di precisare che le istituzioni scolastiche sono quelle indicate al comma 1.

In generale, a fini di maggior chiarezza, si valuti l’opportunità di ricondurre la disciplina recata dai commi 1 e 2 ad un unico comma, distinguendo temporalmente, nell’ambito di quest’ultimo, il regime di possibilità da quello di obbligatorietà.

 

Con nota 588 del 16 febbraio 2010, il MIUR ha comunicato che, nell’ambito del protocollo di intesa del 30 ottobre 2008, e congiuntamente al Dipartimento per la digitalizzazione della Pubblica amministrazione e l’innovazione tecnologica della Presidenza del Consiglio dei Ministri, è stata avviata la realizzazione del progetto "Servizi scuola-Famiglia via web" e che dal  18 febbraio 2010 è disponibile on line, all'indirizzo scuolamia.pubblica.istruzione.it il relativo portale (Scuola Mia). All'interno del portale sono già implementate le seguenti applicazioni:

·       comunicazioni della scuola alle famiglie attraverso e-mail ed sms;

·       avviso ai genitori di assenze (giornaliere e periodiche) e ritardi;

·       prenotazione colloqui con i docenti;

·       visualizzazione della pagella in formato elettronico;

·       rilascio di certificati scolastici.

 

Il comma 4 prevede che le università statali e non statali legalmente riconosciute, al fine di migliorare i servizi per gli studenti e di ridurne i costi, adottano procedure che consentano di effettuare per via telematica le operazioni relative al percorso universitario, conservando i documenti in formato digitale. Si citano, quindi, l’iscrizione, i pagamenti, la gestione del percorso universitario, la prenotazione degli esami, la relativa verbalizzazione.

 

Con specifico riferimento allo sviluppo del piano e-government 2012, il 20 maggio 2009 il Ministro per l’innovazione e la pubblica amministrazione ha evidenziato che il progetto Servizi e reti WIFI ha un costo pari a 21 milioni di euro (di cui 9 finanziati dal Ministero PA e l’Innovazione e 12 dalle Università), mentre il progetto Università digitale ha un costo pari a 5,5 milioni di euro (di cui 3,3 finanziati dal Ministero PA e 2,2 dalle Università).

L’implementazione dell’obiettivo porterà, a fine 2010, a raddoppiare la diffusione del WIFI nei Campus del Sud e ad aumentarla del 50% in quelli del Centro Nord.

Nell’occasione, è stato evidenziato che nell’ambito del progetto “Università digitale” sono già stati siglati tre protocolli, rispettivamente con Tor Vergata (23 luglio 2008), con La Sapienza (20 ottobre 2008), con Roma Tre (23 febbraio 2009) per lo sviluppo delle tecnologie di comunicazione VOIP, la dematerializzazione delle procedure amministrative, il potenziamento dei servizi on line[60].

Il 18 novembre 2009 sono state pubblicate le graduatorie dei progetti ammessi al finanziamento dell’iniziativa Università digitale[61].

 

Si segnala che, per un evidente refuso, la parola “verbalizzazione” deve essere sostituita con la parola “verbalizzazioni”.

 

I commi 3 e 5 concernono l’adozione delle disposizioni di attuazione relative, rispettivamente, ai commi 1 e 2 e al comma 4.

In entrambi i casi si prevede l’intervento di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare, rispettivamente, entro quattro edentro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge.

Nel primo caso, il D.P.C.M. è adottato su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione e del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. Nel secondo caso, ferme le altre competenze, è previsto anche il concerto del Ministro per la semplificazione normativa.

I due DPCM dovranno essere adottati in conformità con le regole tecniche previste dal codice dell’amministrazione digitale - che, per il D.P.C.M. relativo all’università, sono ulteriormente specificate con riferimento al sistema pubblico di connettività[62]  - previo parere del Garante per la protezione dei dati personali e sentita la Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

 

Il comma 6, infine, stabilisce che all’attuazione delle novità introdotte si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

La relazione tecnica precisa che il progetto per la pagella elettronica è già stato attivato e finanziato, con un costo stimato di 5 milioni di euro.

Anche i servizi previsti per le università sono finanziati nell’ambito del piano e-goverment 2012. Come riportato nel medesimo documento, attualmente oltre 65 università (pari all’80% del totale) sono impegnate in progetti cofinanziati dal Dipartimento per oltre 16 milioni di euro.

 

 


 

Articolo 19
(Disposizioni in materia di recupero e di riscossione delle
spese di giustizia)

1. Al codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 592, comma 2, le parole: «in solido» sono soppresse;

b) all'articolo 694, comma 4, le parole: «in solido» sono soppresse;

c) l'articolo 660 è abrogato.

2. Al testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 205, comma 2-sexies, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, senza vincolo di solidarietà»;

b) all'articolo 227-quater è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«1-bis. Alle attività previste dal presente titolo si applicano, altresì, le disposizioni di cui al capo VI del titolo II della presente parte»;

c) l'articolo 235 (L) è sostituito dal seguente:

«Art. 235. (L) - (Annullamento del credito per irreperibilità e possibile reviviscenza). - 1. Se il credito è riferito alle spese e alle pene pecuniarie, dopo l'annullamento del credito ai sensi dell'articolo 219 del presente testo unico, si procede all'iscrizione a ruolo solo se sono successivamente conosciuti i dati di cui all'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605, e successive modificazioni.

2. Se il credito relativo alle spese e alle pene pecuniarie si riferisce a reati per i quali c'è stata condanna a pena detentiva, l'ufficio, dopo l'annullamento del credito ai sensi dell'articolo 219, rimette gli atti al pubblico ministero per l'esecuzione con il rito degli irreperibili.

3. Quando ricorrono le condizioni di cui al comma 1 del presente articolo, il pubblico ministero rimette gli atti all'ufficio per l'iscrizione a ruolo ai sensi dell'articolo 227-ter»;

d) l'articolo 237 (L) è sostituito dal seguente:

«Art. 237. (L) - (Attivazione della procedura di conversione delle pene pecuniarie). - 1. L'ufficio investe il pubblico ministero, perché attivi la conversione presso il giudice dell'esecuzione competente, entro venti giorni dalla ricezione della prima comunicazione, da parte dell'agente della riscossione, relativa all'infruttuoso esperimento del primo pignoramento su tutti i beni.

2. L'articolo di ruolo relativo alle pene pecuniarie è sospeso»;

e) l'articolo 238 (L) è sostituito dal seguente:

«Art. 238. (L) - (Conversione delle pene pecuniarie). - 1. Il giudice dell'esecuzione competente, al fine di accertare l'effettiva insolvibilità del condannato e della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria, dispone le opportune indagini nel luogo del domicilio o della residenza, ovvero dove si ha ragione di ritenere che gli stessi possiedano nuovi beni o cespiti di reddito, e richiede, se necessario, informazioni agli organi finanziari.

2. Se il debitore risulta solvibile, la riscossione coattiva riprende sullo stesso articolo di ruolo.

3. Se il giudice dell'esecuzione accerta l'insolvibilità, può disporre la rateizzazione della pena a norma dell'articolo 133-ter del codice penale, qualora non sia stata già disposta con la sentenza di condanna, o il differimento della conversione per un tempo non superiore a sei mesi, rinnovabile per una sola volta se lo stato di insolvibilità perdura, e l'agente della riscossione è automaticamente discaricato per l'articolo di ruolo relativo.

4. Alla scadenza del termine fissato per l'adempimento, anche rateizzato, è ordinata la conversione dell'intero o del residuo.

5. Ai fini dell'estinzione della pena per decorso del tempo, non si tiene conto del periodo durante il quale la conversione è stata differita.

6. Con l'ordinanza che dispone la conversione il giudice dell'esecuzione determina le modalità delle sanzioni conseguenti in osservanza delle norme vigenti.

7. Il ricorso contro l'ordinanza di conversione ne sospende l'esecuzione».

3. All'articolo 1, comma 367, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, come modificato dall'articolo 67, comma 7, della legge 18 giugno 2009, n. 69, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) alla lettera a), le parole: «nella misura stabilita dal decreto del Ministro della giustizia adottato a norma dell'articolo 205 (L)» sono sostituite dalle seguenti: «secondo le disposizioni»;

b) alla lettera b) sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «; a tal fine il titolare dell'ufficio competente delega uno o più dipendenti della società stipulante alla sottoscrizione dei relativi ruoli».

 

 

L’articolo 19 reca disposizioni in materia di recupero di spese di giustizia.

 

Il comma 1 novella gli artt. 592, 694 e 660 del codice processuale penale.

 

Con la modifica apportata dalla lettera a) al secondo comma dell’art. 592 si prevede che la condanna alle spese del procedimento d’impugnazione (in caso di rigetto o inammissibilità dell’appello) non comporti più la responsabilità solidale del ricorrente e dei coimputati cui l’impugnazione sia estesa a norma dell’art. 587 (in quanto concorrenti nello stesso reato o per riunione di procedimenti) (lett. a). L’esclusione della responsabilità in solido comporta che l’Erario non potrà più chiedere ad uno solo dei condannati l’escussione dell’intero credito.

 

L’art. 587 c.p.p. stabilisce che nel caso di concorso di più persone in uno stesso reato, l'impugnazione proposta da uno degli imputati, purché non fondata su motivi esclusivamente personali, giova anche agli altri imputati; nel caso di riunione di procedimenti per reati diversi, l'impugnazione proposta da un imputato giova a tutti gli altri imputati soltanto se i motivi riguardano violazioni della legge processuale e non sono esclusivamente personali.

 

Analoga modifica è apportata dalla lettera b) al quarto comma dell’art. 694 c.p.p. in materia di spese per pubblicazione di sentenze ed obblighi di inserzione. Viene esclusa in particolare la responsabilità in solido dell’editore e del proprietario della tipografia con il direttore del giornale responsabile (o il suo vice) nel caso di condanna per non aver ottemperato agli obblighi di pubblicazione conseguenti all’ordine dell’autorità giudiziaria (condotta sanzionata con il pagamento a favore della cassa delle ammende di una somma fino a euro 1.549) (lett. b).

 

L’art. 694 prevede l’obbligo del direttore o vice direttore responsabile di un giornale o periodico di pubblicare, senza diritto ad anticipazione o a rifusione di spese, non più tardi dei 3 giorni successivi a quello in cui ne ha ricevuto ordine dall'autorità competente per l'esecuzione, la sentenza di condanna irrevocabile pronunciata contro di lui o contro altri per pubblicazione avvenuta nel suo giornale. Fuori di questo caso, quando l'inserzione di una sentenza penale in un giornale è ordinata dal giudice, il direttore o vice direttore responsabile del giornale o periodico designato deve eseguirla, a richiesta del PM o della persona obbligata o autorizzata a provvedervi. La pubblicazione ordinata dal giudice per estratto o per intero può essere eseguita anche in foglio di supplemento dello stesso formato, corpo e carattere della parte principale del giornale o periodico, da unirsi a ciascuna copia di questo e in un unico contesto esattamente riprodotto. Se il direttore o il vice direttore responsabile contravviene alle disposizioni precedenti, è condannato in solido con l'editore e con il proprietario della tipografia al pagamento a favore della cassa delle ammende di una somma fino a euro 1.549.

 

Le due novelle al codice di procedura penale appena descritte sono anche legate alle modifiche apportate dalla legge n. 69 del 2009 all’art. 205 del T.U. in materia di spese di giustizia.

 

Nel testo attuale tale disposizione prevede che tutte le spese processuali penali anticipate dall'erario sono recuperate nei confronti di ciascun condannato, senza vincolo di solidarietà, in misura fissa, stabilita con decreto del Ministro della giustizia, di concerto col Ministro dell'economia, con riferimento al grado di giudizio e al tipo di processo. L’ammontare degli importi può essere rivisto annualmente e, al fine di garantire l’effettivo integrale recupero delle somme anticipate (comma 1), il giudice (comma 2), in ragione della complessità delle indagini e degli atti compiuti, nella statuizione di condanna al pagamento delle spese processuali può disporre che gli importi siano aumentati sino al triplo. In deroga a tale regola generale, sono recuperate per intero: le spese per la consulenza tecnica e la perizia; le spese per la pubblicazione della sentenza penale di condanna, le spese per la demolizione di opere abusive e riduzione in pristino dei luoghi; le spese per le intercettazioni.

Al fine di evitare che residuino spese per le quali si debba procedere nei confronti di più debitori solidali, è previsto il ricorso alla riscossione pro-quota, per tutte le spese per le quali il comma 2 prevede il recupero per intero (commi da 2-quater a 2-sexies). Tale previsione è legata a porre rimedio alla situazione precedente, nella quale anche il debitore solvibile era tentato dal sottrarsi alla procedura esecutiva, in considerazione del fatto che è tenuto a pagare l'intero, dovendo poi agire in rivalsa e con risultati quanto mai incerti, nei confronti dei condebitori in solido. La riscossione pro-quota si applica alle spese previste dal comma 2 (comma 2-quater), ma anche per il recupero del contributo unificato e dell'imposta di registro prenotati a debito per l'azione civile nel processo penale (comma 2-quinquies). Gli oneri tributari relativi al sequestro conservativo di cui all'art. 316 c.p.p. sono recuperati nei confronti del condannato a carico del quale è stato disposto il sequestro conservativo (art. 2-sexies).

 

La lett. c) del comma 1 abroga l’art. 660 c.p.p., relativo all’esecuzione delle pene pecuniarie.

 

L’art. 660 c.p.p. prevede che in caso di impossibilità di esazione della pena pecuniaria (o di una rata di essa) per insolvenza del condannato, il PM trasmette gli atti al magistrato di sorveglianza competente per la conversione, che provvede previo accertamento dell'effettiva insolvibilità sia del condannato che, se del caso, della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria. Se la pena è stata rateizzata, è convertita la parte non ancora pagata.

In presenza di situazioni di insolvenza, il magistrato di sorveglianza può disporre la rateizzazione della pena se essa non è stata disposta con la sentenza di condanna ovvero può differire la conversione per un tempo non superiore a sei mesi. Alla scadenza del termine fissato, se lo stato di insolvenza perdura, è disposto un nuovo differimento, altrimenti è ordinata la conversione. Ai fini della estinzione della pena per decorso del tempo non si tiene conto del periodo durante il quale l'esecuzione è stata differita.

Con l'ordinanza che dispone la conversione, il magistrato di sorveglianza determina le modalità delle sanzioni conseguenti in osservanza delle norme vigenti.

Il ricorso contro l'ordinanza di conversione ne sospende l'esecuzione.

 

Si ricorda che la conversione delle pene pecuniarie avviene con le modalità di cui all’art. 102 della legge 689 del 1991 (Modifiche al sistema penale).

Le pene della multa e dell'ammenda non eseguite per insolvibilità del condannato si convertono nella libertà controllata per un periodo massimo, rispettivamente, di un anno e di sei mesi.

Nel caso in cui la pena pecuniaria da convertire non sia superiore a euro 516, la stessa può essere convertita, a richiesta del condannato, in lavoro sostitutivo. Il ragguaglio ha luogo calcolando euro 12, o frazione di euro 12, di pena pecuniaria per un giorno di libertà controllata e euro 25, o frazione di euro 25, per un giorno di lavoro sostitutivo.

Il condannato può sempre far cessare la pena sostitutiva pagando la multa o l'ammenda, dedotta la somma corrispondente alla durata della libertà controllata scontata o del lavoro sostitutivo prestato.

Per i reati di competenza del giudice di pace, l’art. 55 del D.Lgs 274/2000 stabilisce che la pena pecuniaria non eseguita per insolvibilità del condannato si converte, a richiesta del condannato, in lavoro sostitutivo da svolgere per un periodo non inferiore ad un mese e non superiore a sei mesi. Ai fini della conversione un giorno di lavoro sostitutivo equivale a euro 12 di pena pecuniaria. Il condannato può sempre far cessare la pena del lavoro sostitutivo pagando la pena pecuniaria, dedotta la somma corrispondente alla durata del lavoro prestato.

 Quando è violato l'obbligo del lavoro sostitutivo conseguente alla conversione della pena pecuniaria, la parte di lavoro non ancora eseguito si converte nell'obbligo di permanenza domiciliare.

 Se il condannato non richiede di svolgere il lavoro sostitutivo, le pene pecuniarie non eseguite per insolvibilità si convertono nell'obbligo di permanenza domiciliare.

Ai fini della conversione un giorno di permanenza domiciliare equivale a euro 25 di pena pecuniaria e la durata della permanenza non può essere superiore a quarantacinque giorni.

 

L’abrogazione dell’art. 660 è volta ad attribuire al giudice dell’esecuzione la competenza per la conversione delle pene pecuniarie che la norma abrogata assegna, invece, al magistrato di sorveglianza, superando così la situazione creatasi a seguito della sentenza n. 212 del 2003 della Corte costituzionale.

Con tale sentenza la Corte aveva dichiarato l’illegittimità costituzionaleper eccesso di delega degli artt. 237 e 238 (che disciplinavano il procedimento di conversione delle pene pecuniarie e attribuivano al giudice dell'esecuzione la relativa competenza) e 299 (nella parte in cui abroga l’art. 660 c.p.p.) del D.P.R. 113/2002, norme poi trasfuse nell’attuale D.P.R. 115/2002 (TU spese di giustizia).

Contestualmente all’abrogazione dell’art. 660 c.p.p., la disposizione in commento, al comma 2, lettere d) ed e), reintroduce gli articoli 237 e 238 del T.U. spese di giustizia, confermando la competenza del giudice dell'esecuzione penale, in luogo del magistrato di sorveglianza, nel procedimento di conversione delle pene pecuniarie.

Sulla base di tale disciplina:

-              il PM attiva la procedura di conversione presso il giudice dell’esecuzione, nel termine di 20 gg. dalla comunicazione da parte di Equitalia-Giustizia che il primo pignoramento sui beni del condannato non ha avuto alcun esito;

-              il giudice dell’esecuzione inizia la procedura di conversione svolgendo le opportune indagini (presso il suo domicilio e residenza) per verificare l’effettiva insolvibilità del condannato (ricerca di eventuali beni e cespiti occultati) ed eventualmente chiedendo collaborazione agli uffici finanziari;

-              se sono rinvenuti nuovi beni e cespiti di reddito (il condannato è solvibile), il giudice dell’esecuzione comunica l'esito degli accertamenti alla sua cancelleria e al concessionario e, in caso di esito positivo, restituisce gli atti al PM; l’esecuzione del concessionario riprende su di essi sullo stesso articolo di ruolo; in caso di confermata insolvibilità, il procedimento prosegue in sede giurisdizionale con il giudice dell’esecuzione, che può disporre la rateizzazione della pena pecuniaria ex art. 133-ter c.p. (rate mensili da 3 a 30) o un differimento di sei mesi della conversione confermabile per pari periodo; se trascorsi i 12 mesi l’insolvibilità perdura, l’articolo di ruolo del concessionario è automaticamente discaricato;

-              scaduto inutilmente il termine di adempimento, il giudice dell’esecuzione, con ordinanza, dispone la conversione dell’intera pena (o del residuo) determinando le modalità delle sanzioni conseguenti; il ricorso avverso l’ordinanza ne sospende l’esecuzione.


 

Ulteriori modifiche apportate dal comma 2 al TU giustizia (D.P.R. 115/2002) riguardano:

 

§         il comma 2-sexies dell’art. 205 TU, norma che attualmente prevede – nell’ambito della disciplina del recupero delle spese anticipate dallo Stato nel processo penale – che gli oneri tributari relativi al sequestro conservativo di cui all’articolo 316 c.p.p. sono recuperati nei confronti del condannato a carico del quale è stato disposta la misura. La novella recata dalla lettera a) è volta a precisare, coerentemente con quanto stabilito dai precedenti commi 2-quater e 2-quinquies dell’art. 205, che anche per il recupero di tali somme non sussiste vincolo di solidarietà.

§         l’art. 227-quater TU, al quale viene aggiunto un comma 1-bis, che prevede che alle disposizionirelative alla riscossione mediante ruolo di spese di mantenimento in carcere, spese processuali, pene pecuniarie, sanzioni amministrative pecuniarie e sanzioni pecuniarie processuali nel processo civile e penale (titolo II-bis, capo VI, Parte VII del TU) si applichino, in mancanza di previsioni speciali, le disposizioni di rinvio sulla riscossione delle altre entrate dello Stato ovverole disposizioni del capo VI del titolo II, Parte VII (artt. 222, adempimento spontaneo; 223, riscossione mediante ruolo; 224, riscossione coattiva; 225, esenzioni; 226, garanzie giurisdizionali e sospensione amministrativa e giurisdizionale della riscossione; 227, concessionari).

§         l’art. 235 TU in materia di annullamento del credito per irreperibilità e possibile reviviscenza (lett. c).

 

L’art. 235 prevede che se l'invito al pagamento è riferito alle spese e alle pene pecuniarie, dopo l'annullamento del credito ai sensi dell'articolo 219, l'ufficio procede all'iscrizione a ruolo solo se il debitore risulta reperibile.

Se l'invito al pagamento delle spese e delle pene pecuniarie si riferisce a reati per i quali c'è stata condanna a pena detentiva, l'ufficio, quando la notifica si ha per eseguita ai sensi dell'articolo 143 del codice di procedura civile, annulla il credito e rimette gli atti al pubblico ministero per l'esecuzione con il rito degli irreperibili.

Divenuto reperibile il debitore, il pubblico ministero rimette gli atti all'ufficio per l'iscrizione a ruolo del credito.

Sostanzialmente le novità consistono:

- nel fatto che la reviviscenza del credito dopo l’annullamento (attualmente possibile solo in caso di reperibilità del debitore), con relativa iscrizione a ruolo avviene solo se – dopo l’annullamento del credito per irreperibilità - sono conosciuti i dati di cui all’art. 4 D.P.R. 605/1973[63] che permettono il rilascio del codice fiscale (cognome, nome, luogo e data di nascita, sesso e domicilio fiscale);

- nel coordinamento della norma con il mutato assetto della procedura di riscossione che prevede solo in pochi casi l’invito al pagamento a fronte della regola generale dell’iscrizione a ruolo ad opera del concessionario della riscossione (Equitalia giustizia).

 

Il comma 3 dell’art. 19 novella le lett. a) e b) del comma 367 dell’art. 1 della legge finanziaria 2008 (L. 244/2007).

L’art. 1, comma 367, L. 244/2007, ha previsto la stipula, da parte del Ministero della giustizia, con una società interamente posseduta da Riscossione s.p.a. (attualmente: Equitalia-giustizia), di convenzioni in base alle quali la società stipulante era chiamata a provvedere alla gestione del credito per le spese e le pene pecuniarie previste dal Testo Unico spese di giustizia per provvedimenti passati in giudicato o divenuti definitivi a decorrere dal 1° gennaio 2008 o relative al mantenimento in carcere per condanne, per le quali fosse cessata l’espiazione della pena in istituto a decorrere dalla stessa data. A detta gestione si provvedeva mediante le seguenti attività:

a) acquisizione dei dati anagrafici del debitore e quantificazione del credito, nella misura stabilita dal DM giustizia adottato a norma dell’articolo 205 (L) del testo unico spese di giustizia;

b) iscrizione a ruolo del credito;

 

Con la prima modifica (lett. a) è eliminato il riferimento al D.M. giustizia (adottato a norma dell’art. 205 del TU n. 115/2002) ai fini della quantificazione del credito di Equitalia-Giustizia verso il debitore; il riferimento in tal senso è fatto direttamente alle disposizioni del Testo Unico.

 

La seconda modifica (lett. b) prevede che, ai fini dell’iscrizione a ruolo del credito, il titolare dell’ufficio competente possa delegare uno o più dipendenti della società stipulante alla sottoscrizione dei relativi ruoli.

 

 

 


 

Articolo 20
(Semplificazione in materia di oneri informativi per la gestione dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche)

1. La comunicazione di cui all'articolo 3, comma 4, del decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 12 maggio 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 151 del 2 luglio 2009, è resa dai produttori di apparecchi di illuminazione con riferimento agli apparecchi immessi sul mercato negli anni 2007 e 2008, entro il termine del 28 febbraio 2010. Le quote di mercato calcolate dal Comitato di vigilanza e di controllo sulla gestione dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche sono comunicate ai produttori di apparecchiature elettriche ed elettroniche mediante il sito www.registroaee.it, previo avviso pubblicato nella Gazzetta Ufficiale.

2. Al decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 8, comma 2, le parole: «allegato 2» sono sostituite dalle seguenti: «allegato 3, punto 4»;

b) all'articolo 9, comma 2, lettera d), le parole: «sorgenti luminose fluorescenti» sono sostituite dalle seguenti: «lampade a scarica» e le parole: «di tali sorgenti luminose» sono sostituite dalle seguenti: «di tali lampade»;

c) all'articolo 11:

1) al secondo periodo del comma 1, le parole: «o misto adeguato» sono sostituite dalle seguenti: «adeguato, attraverso le seguenti modalità:

a) individualmente, mediante la sottoscrizione di contratti con tutti i soggetti responsabili della raccolta sull'intero territorio nazionale dei RAEE di competenza del produttore contraente, che impegnano gli stessi soggetti a effettuare, per conto del produttore medesimo, la selezione di tutti i RAEE derivanti dalle apparecchiature immesse sul mercato per le quali lo stesso è definito come produttore ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera m); tale contratto deve, tra l'altro, fornire l'identificazione del produttore, secondo quanto previsto dall'articolo 13, comma 4, nonché le modalità di selezione del RAEE relativo. Il produttore, entro novanta giorni dall'assunzione della qualifica medesima, ovvero dal recesso anche da uno solo dei sistemi collettivi, deve richiedere al Comitato di cui all'articolo 15 il riconoscimento del sistema adottato; tale recesso è valido solamente a seguito dell'approvazione da parte del predetto Comitato;

b) partecipando a uno dei sistemi collettivi di gestione dei RAEE, istituiti ai sensi dell'articolo 10, in proporzione alla rispettiva quota di mercato, calcolata in base al numero dei pezzi ovvero a peso, se specificatamente indicato nell'allegato 1B, per tipo di apparecchiatura, nell'anno di riferimento»;

2) al comma 2, dopo la parola: «produttore» sono inserite le seguenti: «che opta per la modalità di cui al comma 1, lettera a),»; dopo le parole: «Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio» sono inserite le seguenti: «e del mare»; le parole: «delle attività produttive» sono sostituite dalle seguenti: «dello sviluppo economico» e dopo le parole: «e dell'economia e delle finanze,» sono inserite le seguenti: «sentito il Comitato di cui all'articolo 15,»;

d) all'articolo 13, comma 6, dopo le parole: «in materia di segreto industriale,» sono inserite le seguenti: «il quantitativo dei rifiuti raccolti ed esportati espresso in peso o, se non è possibile, in numero,».

3. Entro il 28 febbraio 2010 i produttori di apparecchiature elettriche ed elettroniche comunicano al Registro nazionale dei soggetti obbligati al finanziamento dei sistemi di gestione dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, con le modalità di cui all'articolo 3 del decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 25 settembre 2007, n. 185, le informazioni relative al quantitativo dei rifiuti raccolti ed esportati espresso in peso o, se non è possibile, in numero, di cui all'articolo 13, comma 6, del decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151, come modificato dal comma 2 del presente articolo, negli anni 2006, 2007 e 2008.

 

 

L’articolo in esame detta le stesse disposizioni in materia di rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) già previste dall’art. 22 del ddl comunitaria 2010 (A.C. 2449-B), attualmente all’esame della Camera.

 

Il comma 1, in particolare, fissa il termine del 28 febbraio 2010 (oramai scaduto) entro il quale i produttori di apparecchi di illuminazione devono effettuare la comunicazione prevista dall'art. 3, comma 4, del D.M. 12 maggio 2009, relativamente agli apparecchi immessi sul mercato negli anni 2007 e 2008.

Si fa notare che, rispetto alla disciplina vigente, nel comma in esame non viene ripetuta la precisazione che si tratta di apparecchi immessi nel mercato nazionale.

Si ricorda che con l’art. 10, comma 4, del D.lgs. 151/2005 dispone che il finanziamento della gestione di rifiuti di apparecchiature rientranti nella categoria di cui al punto 5 dell'allegato 1 (le apparecchiature di illuminazione) è a carico dei produttori indipendentemente dalla data di immissione sul mercato di dette apparecchiature e dall'origine domestica o professionale, secondo le modalità che sono state individuate dal D.M. 12 maggio 2009 recante “Modalità di finanziamento della gestione dei rifiuti di apparecchiature di illuminazione da parte dei produttori delle stesse” (pubblicato nella G.U. 151/2009) disciplina le modalità di finanziamento della gestione dei rifiuti di apparecchiature di illuminazione da parte dei produttori delle stesse.

In particolare l’art. 3, comma 4, prevede, in capo ai produttori di apparecchi di illuminazione, l’obbligo di comunicazione al Registro AEE[64] (previsto dall'art. 14 del D.Lgs. 151/2005), entro sessanta giorni dall’entrata in vigore del decreto, del numero di pezzi immessi sul mercato nazionale distinti per fascia di peso[65].

Si rileva che la scadenza prevista dal decreto (60 giorni dall’entrata in vigore, vale a dire metà settembre 2009) è stata prorogata al 31 dicembre 2009 dall’art. 5 del D.L. 135/2009. Tale articolo ha infatti recato una norma a carattere generale che ha imposto a tutti i produttori di apparecchiature elettriche ed elettroniche di comunicare al citato Registro AEE, entro il 31 dicembre 2009, i dati relativi alle quantità ed alle categorie di apparecchiature elettriche ed elettroniche immesse sul mercato negli anni 2007 e 2008.

 

Nella relazione illustrativa viene sottolineato che il comma in esame ha lo scopo di rendere più funzionale la disposizione dell’art. 3, comma 4, del D.M. 12 maggio 2009. Secondo la relazione, infatti, la previsione del citato comma 4 “appare poco funzionale: l'unica comunicazione relativa all'immesso sul mercato ad oggi già effettuata dai produttori è quella già resa in occasione dell'iscrizione al registro ed è relativa ai dati dell'anno 2006. Sembra pertanto opportuno prevedere che la nuova suddivisione in fasce sia resa operativa a partire dalle prossime dichiarazioni relative all'immesso sul mercato, per l'appunto previste dalla norma in esame. In tal modo si garantirebbero, altresì, la coerenza e l'uniformità dei dati da comunicare alla Commissione europea in via obbligatoria ai sensi delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2, onde evitare l'apertura imminente di una procedura d'infrazione”.

 

Lo stesso comma prevede, inoltre, che la comunicazione ai produttori delle quote di mercato calcolate dal Comitato di vigilanza e controllo sulla gestione dei RAEE avvenga mediante il sito www.registroaee.it, previo avviso in G.U.

Si ricorda, in proposito, che il comma 2 dell’art. 3 del D.M. 12 maggio 2009 prevede che le quote di mercato di ciascun produttore nell'anno solare di riferimento siano calcolate dal Comitato di vigilanza e controllo di cui all'art. 15 del D.Lgs. 151/2005 in base al numero e al peso degli apparecchi di illuminazione immessi sul mercato nazionale.

 

Il comma 2 reca una serie di novelle al D.Lgs. 151/2005 necessarie – secondo quanto sottolineato nella relazione illustrativa - ad ottemperare alle richieste della Commissione europea in merito alla procedura d'infrazione n. 2009/2264.

Le modifiche recate dal comma in esame prevedono:

a)   al fine di spiegare in quali operazioni consista il necessario trattamento selettivo da applicare ai RAEE, la correzione dell'errore materiale relativo al richiamo dell'allegato 2 annesso al D.Lgs. 151 (è corretto richiamare l'allegato 3, punto 4, che indica le operazioni per la messa in sicurezza dei RAEE) operato dall’art. 8, comma 2, del medesimo decreto;

b)   di riferire l’obiettivo - previsto dall’art. 9, comma 2, lettera d) - di reimpiego e riciclaggio pari almeno all'80% in peso, non ai rifiuti di «sorgenti luminose fluorescenti» bensì alla più ampia categoria dei rifiuti di «lampade a scarica», come previsto dalla normativa europea (art. 7, comma 2, lettera d), della direttiva 2002/96/CE);

c)   norme integrative dell’art. 11 volte a disciplinare le modalità con le quali il produttore può adempiere individualmente o mediante un sistema collettivo – all’obbligo di provvedere al finanziamento delle operazioni di gestione (trasporto, trattamento, recupero e smaltimento) dei RAEE provenienti da nuclei domestici derivanti da AEE immesse sul mercato dopo il 13 agosto 2005. Viene altresì previsto, con apposita novella al comma 2 dell’art. 11, che la garanzia finanziaria debba essere prestata solamente dai produttori che adempiono individualmente all’obbligo citato. Relativamente alla definizione delle modalità con cui prestare la garanzia, che deve avvenire con apposito D.M., viene introdotto il parere del Comitato di vigilanza previsto dall’art. 15 del D.Lgs. 151/2005. La seguente tabella evidenzia le modifiche apportate:

 

Art. 11 del D.Lgs. 151/2005

Modalità e garanzie di finanziamento della gestione dei RAEE derivanti da apparecchiature elettriche ed elettroniche immesse sul mercato dopo il 13 agosto 2005 provenienti dai nuclei domestici

Testo vigente

Testo novellato dal comma in esame

1. Il finanziamento delle operazioni di trasporto dai centri istituiti ai sensi dell'articolo 6, nonché delle operazioni di trattamento, di recupero e di smaltimento ambientalmente compatibile, di cui agli articoli 8 e 9, di RAEE provenienti da nuclei domestici derivanti da apparecchiature elettriche ed elettroniche immesse sul mercato dopo il 13 agosto 2005 è a carico del produttore che ne assume l'onere per i prodotti che ha immesso sul mercato a partire dalla predetta data. Il produttore adempie al predetto obbligo individualmente ovvero attraverso l'adesione ad un sistema collettivo o misto adeguato.

1. Il finanziamento delle operazioni di trasporto dai centri istituiti ai sensi dell'articolo 6, nonché delle operazioni di trattamento, di recupero e di smaltimento ambientalmente compatibile, di cui agli articoli 8 e 9, di RAEE provenienti da nuclei domestici derivanti da apparecchiature elettriche ed elettroniche immesse sul mercato dopo il 13 agosto 2005 è a carico del produttore che ne assume l'onere per i prodotti che ha immesso sul mercato a partire dalla predetta data. Il produttore adempie al predetto obbligo individualmente ovvero attraverso l'adesione ad un sistema collettivo adeguato, attraverso le seguenti modalità:

a) individualmente, mediante la sottoscrizione di contratti con tutti i soggetti responsabili della raccolta sull'intero territorio nazionale dei RAEE di competenza del produttore contraente, che impegnano gli stessi soggetti a effettuare, per conto del produttore medesimo, la selezione di tutti i RAEE derivanti dalle apparecchiature immesse sul mercato per le quali lo stesso è definito come produttore ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera m); tale contratto deve, tra l'altro, fornire l'identificazione del produttore, secondo quanto previsto dall'articolo 13, comma 4, nonché le modalità di selezione del RAEE relativo. Il produttore, entro novanta giorni dall'assunzione della qualifica medesima, ovvero dal recesso anche da uno solo dei sistemi collettivi, deve richiedere al Comitato di cui all'articolo 15 il riconoscimento del sistema adottato; tale recesso è valido solamente a seguito dell'approvazione da parte del predetto Comitato;

b) partecipando a uno dei sistemi collettivi di gestione dei RAEE, istituiti ai sensi dell'articolo 10, in proporzione alla rispettiva quota di mercato, calcolata in base al numero dei pezzi ovvero a peso, se specificatamente indicato nell'allegato 1B, per tipo di apparecchiatura, nell'anno di riferimento.

2. Al fine di garantire il finanziamento della gestione dei RAEE di cui comma 1, il produttore costituisce, nel momento in cui un'apparecchiatura elettrica od elettronica è immessa sul mercato, adeguata garanzia finanziaria, secondo quanto previsto dall'articolo 1 della legge 10 giugno 1982, n. 348, o secondo modalità equivalenti, che non comportino nuovi o maggiori oneri ovvero minori entrate per la finanza pubblica, definite con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri delle attività produttive e dell'economia e delle finanze, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

2. Al fine di garantire il finanziamento della gestione dei RAEE di cui comma 1, il produttore che opta per la modalità di cui al comma 1, lettera a), costituisce, nel momento in cui un'apparecchiatura elettrica od elettronica è immessa sul mercato, adeguata garanzia finanziaria, secondo quanto previsto dall'articolo 1 della legge 10 giugno 1982, n. 348, o secondo modalità equivalenti, che non comportino nuovi o maggiori oneri ovvero minori entrate per la finanza pubblica, definite con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico e dell'economia e delle finanze, sentito il Comitato di cui all'articolo 15, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

 

d)   l’introduzione, all'art. 13, comma 6, di un obbligo informativo - in capo ai produttori, nei confronti del Registro AEE – relativamente al quantitativo dei rifiuti raccolti ed esportati espresso in peso o, se non è possibile, in numero.

La relazione illustrativa evidenzia che tale modifica “mira a corrispondere più adeguatamente alle indicazioni contenute all'articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2002/96/CE a proposito degli oneri informativi che gravano sul produttore”.

 

Il comma 3 reca una disposizione transitoria che – come sottolineato nella relazione illustrativa – “stabilisce un termine per integrare la registrazione già effettuata con le informazioni relative ai rifiuti esportati” che non sono state rese non essendo previste dal vigente testo dell’art. 13, comma 6, del D.Lgs. 151/2005.

Viene infatti previsto che entro il 28 febbraio 2010 (oramai scaduto) i produttori di apparecchiature elettriche ed elettroniche comunichino al Registro AEE, con le modalità di cui all'art. 3 del D.M. 185/2007, le informazioni relative al quantitativo dei rifiuti raccolti ed esportati negli anni 2006, 2007 e 2008 espresso in peso o, se non è possibile, in numero, ai sensi dell'art. 13, comma 6, del D.Lgs. 151/2005, come modificato dal comma 2 del presente articolo.

Si ricorda che l’art. 3 del D.M. ambiente 185/2007 (recante “Istituzione e modalità di funzionamento del registro nazionale dei soggetti obbligati al finanziamento dei sistemi di gestione dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE), costituzione e funzionamento di un centro di coordinamento per l'ottimizzazione delle attività di competenza dei sistemi collettivi e istituzione del comitato d'indirizzo sulla gestione dei RAEE, ai sensi degli articoli 13, comma 8, e 15, comma 4, del D.Lgs. 25 luglio 2005, n. 151”, pubblicato nella G.U. 5 novembre 2007, n. 257) disciplina le modalità per l’iscrizione dei produttori al Registro AEE.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Il 3 dicembre 2008 la Commissione ha presentato una proposta di rifusione della direttiva sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) (COM(2008)810), intesa a migliorare, attraverso la rifusione, la normativa esistente (direttiva 2002/96/CE sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche - RAEE) in particolare:

·       riducendo i costi amministrativi tramite l'eliminazione di tutti gli oneri amministrativi superflui, senza abbassare il livello di tutela dell'ambiente;

·       migliorando l'efficacia e l'attuazione della direttiva, e riducendo comportamenti opportunistici (il cosiddetto freeriding);

·       riducendo gli impatti sull'ambiente della raccolta, del trattamento e del recupero dei RAEE.

La proposta della Commissione, inoltre, intende fissare un nuovo obiettivo di raccolta dei RAEE, pari al 65%, da raggiungere ogni anno a partire dal 2016, stabilito in funzione della quantità media di AEE immesse sul mercato nei due anni precedenti. Eventuali misure transitorie per gli Stati membri e una rivalutazione del tasso nel 2012, da parte del Parlamento europeo e del Consiglio sulla base di una proposta della Commissione, dovrebbero introdurre elementi di flessibilità.

Si segnala che, sempre il 3 dicembre 2008, la Commissione ha presentato una proposta di rifusione della direttiva sulla restrizione dell'uso di determinate sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche (COM(2008)809) intesa a migliorare la normativa esistente (direttiva 2002/95/CE RoHS – Restriction of Hazardous Substances) chiarendone e semplificandone i meccanismi di funzionamento, perfezionando l'attività di controllo dell'applicazione a livello nazionale, e garantendo l'adeguamento al progresso scientifico e tecnico nonché la coerenza con altre normative comunitarie.

Le due proposte, che seguono la procedura legislativa ordinaria, fanno parte di un pacchetto omogeneo che dovrebbe essere esaminato in prima lettura dal Parlamento europeo il 4 maggio 2010.

Procedure di contenzioso

L’8 ottobre 2009 la Commissione ha inviato una lettera di messa in mora all’Italia contestando la non conformità di talune delle disposizioni italiani di trasposizione della direttiva 2002/96/CE relativa ai rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (direttiva RAEE) (procedura 2009_2264).

Secondo la Commissione, nel decreto legislativo n. 151/2005 che ha trasposto la direttiva nell’ordinamento nazionale, non risulterebbero conformi le disposizioni relative a:

·       definizione di produttore: l’art. 3, comma 1, lettera m) del decreto legislativo definisce “produttore” chiunque importa o immette per primo apparecchiature elettriche ed elettroniche nell’esercizio di un’attività professionale o commercializzazione nel territorio nazionale. Tuttavia, la Commissione ritiene che nella direttiva RAEE l’espressione “importa o esporta”  si riferisca al mercato europeo e non solamente al mercato nazionale. Per le stesse ragioni tali disposizioni non sono ritenute dalla Commissione conformi alla direttiva 200/95/CE, relativa alla restrizione dell’uso di determinate sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche;

·       trattamento: l’art 8, comma 2 del decreto legislativo rinvia erroneamente ad un allegato diverso da quello contenente le prescrizioni previste dalla direttiva in materia di trattamento selettivo per materiali e componenti di RAEE;

·       informazione e relazioni: l’art 6, comma 3 del decreto legislativo non prevede che tra le informazioni che i produttori sono obbligati a comunicare e che gli Stati membri sono tenuti a raccogliere attraverso un Registro, figurino quelle relative ai rifiuti raccolti esportati;

·       recupero: l’art. 9, comma 2, lettera d) del decreto legislativo, secondo la Commissione, riferisce l’obiettivo di un minimo dell’80% di reimpiego e riciclaggio di componenti e sostanze dei rifiuti di lampade a discarica, solamente alle sorgenti luminose fluorescenti che, ad avviso della Commissione, siano solo una delle tipologie di lampade a discarica;

·       raccolta separata: le disposizioni relative al ritiro gratuito dei RAEE da parte dei distributori, contenute all’art. 6, comma 1 del D.Lgs 151/2005 risulterebbero, secondo la Commissione, non applicabili a causa del successivo comma 1-bis del medesimo art 6 che introduce il termine del 28 febbraio 2008 – diverso peraltro da quello del 13 agosto 2005 previsto dalla direttiva RAEE (art.5) - per l’approvazione di un decreto ministeriale relativo alle modalità per la raccolta e il trasporto dei RAEE ritirati da parte dei distributori che alla Commissione non risulterebbe ancora adottato, vanificando in tal modo l’efficacia della raccolta separata, considerata dalla direttiva condizione preliminare per garantire il trattamento specifico e il riciclaggio dei RAEE;

·       finanziamento relativo ai RAEE provenienti dai nuclei domestici: la Commissione ritiene che la trasposizione italiana della direttiva non consentirebbe di attuare il principio di responsabilità del produttore che rappresenta uno degli obiettivi principali della direttiva stessa. In particolare, la Commissione contesta che l’Italia, attraverso interventi legislativi successivi, ha prorogato al 31 dicembre 2009 il termine del 13 agosto 2005 previsto per l’entrata in vigore degli obblighi relativi al finanziamento della gestione dei RAEE originati da prodotti immessi sul mercato dopo quella data, con particolare riferimento all’art. 20, comma 4) del decreto legislativo come modificato successivamente.

Allegati I B: la Commissione rileva alcune differenze tra l’allegato I B della direttiva RAEE e l’allegato I B che appaiono dare luogo ad una trasposizione scorretta o incompleta.


 

Articolo 21
(Giuramento dei dipendenti pubblici)

1. Al titolo IV del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, è premesso il seguente articolo:

«Art. 50-bis. - (Giuramento dei dipendenti pubblici). - 1. All'atto della prima assunzione nelle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, i dipendenti prestano giuramento di fedeltà.

2. Il giuramento dei dipendenti pubblici di cui al comma 1 avviene al momento della presa di servizio davanti al dirigente dell'ufficio o a un suo delegato, secondo la formula seguente: "Giuro di essere fedele alla Repubblica, di osservarne lealmente la Costituzione e le leggi, di adempiere ai doveri del mio ufficio nell'interesse dell'Amministrazione per il pubblico bene". Il rifiuto di prestare il giuramento comporta il licenziamento senza preavviso».

2. Resta ferma la specifica disciplina prevista per il giuramento del personale in regime di diritto pubblico di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni.

 

 

L'articolo 21, integrando il D.Lgs. n. 165/2001[66], introduce, al comma 1, un nuovo art. 50-bis volto ad introdurre un'apposita disciplina in materia di giuramento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni il cui rapporto di lavoro risulta privatizzato ai sensi dell’art. 1 del predetto decreto.

 

In ordine ai principi costituzionali in materia di pubblico impiego, occorre, preliminarmente, ricordare che l’art. 54 della Costituzione dispone che i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle, con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge. Si tratta di una forma di giuramento che, secondo la dottrina, va riferito sia ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche che ai titolari a vario titolo degli organi pubblici, pure elettivi e di rilievo politico e costituzionale, che avrebbe una natura promissoria in quanto promessa per il futuro mediante la quale il giurante si impegna a vincolare il proprio comportamento al rispetto dei doveri derivanti dalla Costituzione e dalle leggi[67].

 

La norma in questione stabilisce l'obbligo, a pena di licenziamento, di prestare, al momento dell'assunzione in servizio, giuramento di fedeltà alla Repubblica e di leale osservanza della Costituzione e delle leggi; si stabilisce, altresì, che il giuramento deve essere effettuato in occasione della prima assunzione presso la pubblica amministrazione, dinanzi al dirigente dell'ufficio o a un suo delegato, con la conseguenza che, come posto in evidenza dalla relazione allegato al testo in esame, non sarà necessario ripeterlo in caso di mobilità, di progressione professionale o di superamento di un altro concorso.

 

Con riferimento alla formula fatta propria dal comma 2 del nuovo art.50-bis, si segnala come vengano utilizzate le medesime parole di cui al rituale attualmente in vigore per i soli dipendenti "non contrattualizzati", ex art. 2, comma 1 del D.P.R. n.253/2001[68].

In ordine alla prescritta sanzione del licenziamento, secondo la dottrina maggioritaria, siccome il giuramento è ritenuto elemento necessario del rapporto d’ufficio e non di quello di servizio (che si instaura con la nomina), di conseguenza, a seconda che si consideri condicio sine qua non necessaria per il perfezionamento del rapporto ovvero condizione integrativa dell’efficacia nel procedimento di costituzione dello stesso, la sua mancata prestazione determinerebbe decadenza dall’ufficio o la risoluzione del rapporto di servizio od ancora l’invalidità del rapporto d’ufficio da cui deriva l’inefficacia del rapporto di servizio[69].

 

Il comma 2 fa comunque salva l’applicazione della specifica disciplina vigente per il personale non contrattualizato di cui al D.P.R. n. 253 del 2001.

 

Il processo di contrattualizzazione che ha interessato il pubblico impiego, avviato con il decreto legislativo n. 29 del 1993 ha trovato la propria consacrazione del decreto legislativo n. 165 del 2001. In primo luogo si ricorda che per rapporto di impiego pubblico s’intende il rapporto di lavoro in cui una persona fisica pone volontariamente la propria attività, in via continuativa e dietro retribuzione, al servizio dello Stato o di un ente pubblico non economico, assumendo, pertanto particolari diritti e doveri che costituiscono lo status di pubblico dipendente.

L’art. 1 del D.Lgs. n. 165/2001 stabilisce che le norme in esso contenute disciplinano l'organizzazione degli uffici ed i rapporti di lavoro e d’impiego alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche[70], tenuto conto delle autonomie locali e di quelle delle regioni e delle province autonome, nel rispetto dell'articolo 97, comma primo, della Costituzione. Di seguito, l’art. 2, comma 2 prevede espressamente che i rapporti di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche sono disciplinati dalle disposizioni del capo I, titolo II, del libro V del codice civile e dalle legge sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa, fatte salve le diverse disposizioni contenute nel decreto stesso, che costituiscono disposizioni a carattere imperativo. Il rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni è stato, così, assoggettato al diritto privato.

La pubblicizzazione del rapporto d’impiego è, però, mantenuta in alcune ipotesi indicate dallo stesso decreto all’art.3 ai sensi del quale, in deroga all'articolo 2, rimangono disciplinati dai rispettivi ordinamenti: i magistrati ordinari, amministrativi e contabili, gli avvocati e procuratori dello Stato, il personale militare e le Forze di polizia di Stato, il personale della carriera diplomatica e della carriera prefettizia nonché i dipendenti degli enti che svolgono la loro attività nelle materie contemplate dall'articolo 1 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 17 luglio 1947, n. 691, e dalle leggi 4 giugno 1985, n. 281, e successive modificazioni ed integrazioni, e 10 ottobre 1990, n. 287; il rapporto di impiego del personale, anche di livello dirigenziale, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e il personale volontario di leva, i professori ed i ricercatori universitari ed il personale della carriera dirigenziale penitenziaria.

In particolare, si ricorda che, come sopra anticipato, il D.P.R. n. 253/2001 stabilisce, all’art. 2, che i dipendenti delle amministrazioni dello Stato in regime di diritto pubblico, prestano giuramento al momento della assunzione in servizio, davanti al capo dell'ufficio, o ad un suo delegato e che il rifiuto di prestare il giuramento importa la decadenza dall'impiego.

 

 

 

 

 


Articolo 22
(Deroga al blocco delle assunzioni per gli incarichi di
funzioni dirigenziali)

1. Il divieto di cui all'articolo 17, comma 7, primo periodo, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, non si applica agli atti di conferimento di incarichi dirigenziali, con contratto a tempo determinato, ai sensi dell'articolo 19, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni.

 

L'articolo 22 mira ad ampliare la deroga al blocco generale delle assunzioni per gli incarichi dirigenziali, di cui all’art. 17, comma 7 del D.L. n. 78/2009 (c.d. decreto anticrisi)[71], prevedendo che il divieto di assunzione di nuovo personale non si applica neanche agli atti di conferimento di incarichi dirigenziali, con contratto a tempo determinato, ex art. 19, comma 6, del D.Lgs. n. 165/2001.

 

Per esigenze di coordinamento, occorre segnalare che il comma 7 dell’art. 17, oggetto della norma in commento, è stato recentemente abrogato dall'art. 2, comma 8-septies del D.L. 30 dicembre 2009, n. 194[72], convertito, con modificazioni, dalla L. 26 febbraio 2010, n. 25[73].

 

Si ricorda che l’articolo 17 (commi 1-9) del D.L. 78/2009 ha modificato la disciplina sul riordino, trasformazione o soppressione e messa in liquidazione degli enti pubblici non economici, di cui all’articolo 2, comma 634 e seguenti della legge finanziaria per il 2008 e all’articolo 26 del decreto legge n. 112 del 2008.

Più specificamente, il comma 7 disponeva che le amministrazioni e gli enti interessati dall'attuazione del comma 3 del medesimo art. 17 (che prevedeva l’assegnazione a ciascuna amministrazione vigilante degli obiettivi di risparmio di spesa da conseguire a decorrere dall’anno 2009) non potessero procedere a nuove assunzioni di personale a tempo determinato e indeterminato, ivi comprese quelle già autorizzate e quelle previste da disposizioni di carattere speciale; divieto da considerarsi valido dall’entrata in vigore del decreto-legge n. 78/2009 fino al conseguimento degli obiettivi di contenimento della spesa assegnati a ciascuna amministrazione ai sensi del predetto comma 3.

In ordine alla deroga che in questa sede si vorrebbe estendere, lo stesso comma 7 escludeva dal suddetto divieto alcune categorie: si trattava dei corpi di polizia, delle forze armate, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, delle università, degli enti di ricerca, del personale di magistratura e del comparto scuola, nei limiti consentiti dalla normativa vigente delpersonale diplomatico e i preposti al controllo delle frontiere, facendo, altresì, salve le assunzioni all’Agenzia italiana del farmaconei limiti consentiti dalla normativa vigente, per le finalità espresse all’articolo 34-bis, comma 4 del D.L. 207/2008[74].

 

 

 

 


Articolo 23
(Norme per il potenziamento del Dipartimento della
funzione pubblica)

1. Al fine di ottimizzare la produttività e di migliorare l'efficienza e la trasparenza delle amministrazioni pubbliche, la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica, per lo svolgimento delle attività di coordinamento, indirizzo e controllo in materia di lavoro pubblico, può avvalersi, ai sensi dell'articolo 17, comma 14, della legge 15 maggio 1997, n. 127, di un contingente di venti unità di personale in posizione di comando scelto tra il personale dei ruoli delle amministrazioni dello Stato e degli enti pubblici non economici statali.

2. Gli oneri relativi al personale del contingente di cui al comma 1 rimangono totalmente a carico delle amministrazioni di provenienza.

 

 

L’articolo 23, comma 1, autorizza il Dipartimento della funzione pubblica ad avvalersi di un contingente di 20 unità di personale in posizione di comando, scelto tra il personale dei ruoli delle amministrazioni dello Stato e degli enti pubblici non economici statali, per lo svolgimento delle attività di coordinamento, indirizzo e controllo in materia di lavoro pubblico.

Ai sensi dell’articolo 17, comma 14, della L. 15 maggio 1997, n. 127[75], nel caso in cui disposizioni di legge o regolamentari dispongano l'utilizzazione presso le amministrazioni pubbliche di un contingente di personale in posizione di fuori ruolo o di comando, le amministrazioni di appartenenza sono tenute ad adottare il provvedimento di fuori ruolo o di comando entro 15 giorni dalla richiesta.

Nel pubblico impiego l’istituto del comando è disciplinato dall’articolo 56 del DPR 10 gennaio 1957, n. 3 (“TU delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato”), il quale stabilisce che – per riconosciute esigenze di servizio, o quando sia richiesta una speciale competenza, purché per un periodo di tempo determinato ed in via eccezionale – l’impiegato di ruolo può essere comandato a prestare servizio presso altra amministrazione statale o presso altri enti pubblici. Il successivo articolo 57 del Testo Unico precisa che la spesa per il personale comandato presso altra amministrazione statale resta a carico dell’amministrazione di appartenenza, mentre alla spesa del personale comandato presso enti pubblici provvede direttamente ed a proprio carico l’ente presso cui detto personale presta servizio.

 

Ai sensi del comma 2, gli oneri relativi al personale del contingente di cui al precedente comma rimangono totalmente a carico delle amministrazioni di provenienza.


Articolo 24
(Obbligo di comunicazione al Dipartimento della funzione pubblica dei dati mensili relativi alle assenze per malattia)

1. Dopo il comma 3 dell'articolo 71 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni, sono inseriti i seguenti:

«3-bis. Le pubbliche amministrazioni di cui al comma 1 rilevano mensilmente i dati quantitativi relativi alle assenze per malattia dei dipendenti e li comunicano entro il mese successivo alla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica, secondo modalità tecniche stabilite con decreto del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, previo parere della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni. Dall'attuazione della presente disposizione non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

3-ter. La persistente violazione dell'obbligo di comunicazione di cui al comma 3-bis, se protratta per oltre tre mesi, è valutata ai fini della corresponsione della retribuzione di risultato del dirigente responsabile dell'ufficio, del settore ovvero del reparto competente alla comunicazione di cui al medesimo comma 3-bis».

 

 

L’articolo 24 reca disposizioni concernenti la comunicazione, al Dipartimento della funzione pubblica, dei dati mensili relativi alle assenze per malattia.

 

In particolare, si aggiungono 2 commi (il 3-bis ed il 3-ter) all’articolo 71 del D.L. 112/2008.

 

Il richiamato articolo 71 ha introdotto una nuova disciplina relativa ai periodi di assenza per malattia e per permesso retribuito dei dipendenti pubblici.

In particolare, il comma 1 ha disposto che, per i periodi di assenza per malattia, di qualunque durata, ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 165/2001[76], venga corrisposto il trattamento economico fondamentale, con esclusione di ogni indennità o emolumento, comunque denominati, aventi carattere fisso e continuativo, nonché di ogni altro trattamento accessorio, nei primi dieci giorni di assenza. Resta comunque fermo il trattamento più favorevole eventualmente previsto dai contratti collettivi o dalle specifiche normative di settore per le assenze per malattia dovute ad infortunio sul lavoro o a causa di servizio, oppure a ricovero ospedaliero o a day hospital, nonché per le assenze relative a patologie gravi che richiedano terapie salvavita. Lo stesso comma dispone altresì che i risparmi derivanti dall’applicazione delle disposizioni in oggetto, che comunque non sono utilizzabili per incrementare i fondi per la contrattazione integrativa, costituiscono economie di bilancio per le amministrazioni dello Stato e concorrono per gli enti diversi dalle amministrazioni statali al miglioramento dei saldi di bilancio.

 

Il nuovo comma 2-bis dell’articolo 71 prevede l’obbligo, per le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del richiamato D.Lgs. 165/2001, di rilevare mensilmente i dati quantitativi relativi alle assenze per malattia dei dipendenti nonché l’obbligodi comunicazione degli stessi entro il mese successivo alla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica, demandando le modalità tecniche ad un decreto del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, previo parere della Conferenza unificata Stato-Regioni. Dall'attuazione della presente disposizione non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Si segnala, in proposito, che il testo non prevede un termine entro il quale debba essere emanato il richiamato decreto.

 

Infine, il nuovo comma 3-ter del richiamato articolo 71 prevede, nel caso in cui la persistente violazione dell'obbligo di comunicazione in precedenza richiamata si protragga per oltre 3 mesi, che la stessa sia valutata ai fini della corresponsione della retribuzione di risultato del dirigente responsabile dell'ufficio, del settore ovvero del reparto competente alla comunicazione di cui al precedente comma 3-bis.


 

Articolo 25
(Ordinamento della carriera diplomatica)
(stralciato)

 

 

Si veda A.C. 3209-ter.

 


 

Articolo 26
(Norme sul servizio temporaneo dei dipendenti pubblici all'estero)

1. Alla legge 27 luglio 1962. n. 1114, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) le parole: «dipendenti statali», ovunque ricorrono, sono sostituite dalle seguenti: «dipendenti delle pubbliche amministrazioni»;

b) all'articolo 1:

1) al comma 1 sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «in tutti i casi in cui non è disposto il collocamento fuori ruolo. Le disposizioni della presente legge si applicano anche al personale di cui all'articolo 3 del citato decreto legislativo n. 165 del 2001, e successive modificazioni»;

2) al comma 2, le parole: «dell'impiegato presso gli enti od organismi internazionali che hanno richiesto il collocamento fuori ruolo» sono sostituite dalle seguenti: «dei dipendenti pubblici presso gli Stati, enti od organismi di destinazione di cui al comma 1»;

3) è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«2-bis. Ai fini di cui alla presente legge si applicano le disposizioni dell'articolo 8, comma 2, della legge 15 luglio 2002, n. 145»;

c) l'articolo 2 è sostituito dal seguente:

«Art. 2. - 1. Ai dipendenti collocati fuori ruolo ai sensi dell'articolo 1 si applicano le norme contenute nel decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Dalla data di decorrenza del collocamento fuori ruolo cessa il trattamento economico a carico delle amministrazioni italiane. I dipendenti sono tenuti, a decorrere dalla stessa data, a versare all'amministrazione cui appartengono l'importo dei contributi e delle ritenute a loro carico previsti dall'articolo 57 del testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, e successive modificazioni. Restano a carico delle amministrazioni di appartenenza i contributi previdenziali di competenza del datore di lavoro»;

d) all'articolo 3, primo comma:

1) le parole: «agli impiegati» sono sostituite dalle seguenti: «ai dipendenti»;

2) le parole: «articolo 21 della legge 4 gennaio 1951, n. 13» sono sostituite dalle seguenti: «articolo 189 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18»;

e) dopo l'articolo 4 è inserito il seguente:

«Art. 4-bis. - 1. La Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica istituisce, nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente, un'apposita banca dati del personale in servizio temporaneo all'estero, inviato secondo le norme vigenti. Lo stesso Dipartimento, in sede di relazione annuale al Parlamento ai sensi dell'articolo 16 della legge 29 marzo 1983, n. 93, fornisce dati aggregati sulla consistenza del personale collocato fuori ruolo ai sensi della presente legge o comunque in servizio all'estero ai sensi della medesima legge»;

 

f) all'articolo 5, primo comma, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Il personale direttivo e insegnante degli istituti di istruzione di ogni ordine e grado può essere utilizzato dal Ministero degli affari esteri nei limiti del contingente annuale fissato con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca ai sensi dell'articolo 26, comma 8, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, e successive modificazioni»;

g) all'articolo 6, primo comma:

1) le parole: «dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica» sono sostituite dalle seguenti: «delle Forze armate»;

2) le parole: «previa autorizzazione del Presidente del Consiglio dei ministri, sentiti il Ministro per la difesa ed il Ministro per gli affari esteri» sono sostituite dalle seguenti: «con la procedura di cui al citato primo comma dell'articolo 1».

 

L'articolo 26 innova alcuni profili della disciplina del servizio temporaneo dei dipendenti pubblici all'estero, attualmente regolato dalla legge 27 luglio 1962, n. 145[77], come modificata dall’art. 8, comma 1, della legge 15 luglio 2002, n. 145[78].

 

Si ricorda che l’art. 8 della citata legge n. 145/2002 ha modificato la disciplina del collocamento temporaneo di impiegati civili dello Stato presso enti od organismi internazionali, ovvero Stati esteri, novellando l’articolo 1 della richiamata legge n. 144/1962. La novella chiarisce che l’ambito di applicazione della norme è esteso a tutto il personale dipendente delle Amministrazioni pubbliche, di cui all’art. 1, co. 2, del D.Lgs. 165/2001.

In secondo luogo, la novella del 2002 fa venire meno la distinzione di procedura a seconda della qualifica del dipendente pubblico: infatti, viene ora previsto che il collocamento avvenga in tutti i casi con decreto dell’amministrazione interessata, previa autorizzazione del Dipartimento della funzione pubblica presso la Presidenza del Consiglio dei ministri; il decreto è emanato d’intesa con il Ministero degli affari esteri e con il Ministero dell’economia e delle finanze.

Il collocamento fuori ruolo ha ad oggetto un impiego o un incarico temporaneo la cui durata non deve essere inferiore a sei mesi; è comunque disposto per un tempo determinato e può essere soggetto a revoca anticipata o a rinnovo alla scadenza. Le amministrazioni “di destinazione” sono individuate in “enti o organismi internazionali”, ovvero Stati esteri. Viene inoltre fissato un contingente dei collocamenti fuori ruolo in questione, che non può superare complessivamente il limite di 500 unità.

E’ comunque fatto salvo quanto disposto dall’art. 32 del decreto legislativo n. 165/2001, riguardante lo scambio di funzionari appartenenti a Paesi diversi e temporaneo servizio all’estero, in base al quale i dipendenti delle amministrazioni pubbliche, a seguito di accordi di reciprocità stipulati tra le amministrazioni interessate, possono essere destinati a prestare temporaneamente servizio presso amministrazioni pubbliche di Stati membri dell’Unione europea, di Stati candidati all’adesione e di altri Stati con cui l’Italia intrattiene rapporti di collaborazione, nonché presso gli organismi dell’Unione europea e le organizzazioni ed enti internazionali cui l’Italia aderisce.

Nelle more dell’emanazione del decreto di collocamento fuori ruolo, l’amministrazione di appartenenza può autorizzare l’immediato impiego del dipendente presso l’ente o l’organismo internazionale che abbia richiesto il collocamento stesso.

 

Il comma 1, lettera a) amplia la portata applicativa della legge n. 1114/1962 sostituendo, in coerenza con il decreto legislativo n. 165 del 2001, la dizione “dipendenti statali” con “dipendenti delle pubbliche amministrazioni”.

La lettera b) n. 1 del medesimo comma specifica il comma 1 dell’art. 1 della legge n. 1114/1962 al fine di fare salva l’applicazione del richiamato art. 32 del decreto legislativo n. 165 in tutti i casi in cui non sia possibile fare ricorso al collocamento fuori ruolo e contestualmente precisa che la legge n. 1114 del 1962 trova applicazione anche nei riguardi del cd. personale in regime di diritto pubblico, ex art. 3 del decreto legislativo n. 165/2001 (magistrati ordinari, amministrativi e contabili, gli avvocati e procuratori dello Stato, il personale militare e le Forze di polizia di Stato, il personale della carriera diplomatica e della carriera prefettizia, etc.). Si stabilisce inoltre [lettera b) n. 2], parzialmente sostituendo il comma 2 dell’art. 1 della legge n. 1114/1962 che, in attesa dell'adozione del provvedimento di cui al comma 1, possa essere concessa dall'amministrazione di appartenenza l'immediata utilizzazione dei dipendenti pubblici presso gli Stati, enti od organismi di destinazione.

La medesima lettera b), al n. 3), mediante l’aggiunta del comma 2-bis all’art. 1 della legge n. 1114/1962, sancisce la validità del servizio prestato ai fini dello sviluppo professionale ed economico, riprendendo integralmente le previsioni del comma 2 dell'articolo 8 della legge n. 145 del 2002, che non erano state inserite nella legge n. 1114 del 1962.  Il servizio presso organizzazioni internazionali o Stati esteri è pertanto computato interamente ai fini tanto della progressione di carriera e degli aumenti periodici di stipendio, quanto del trattamento previdenziale e della valutazione dei titoli.

La lettera c) specifica principalmente – mediante integrale sostituzione dell’art. 2 della legge n. 1114/1962 - che restano a carico delle amministrazioni di appartenenza i contributi previdenziali di competenza del datore di lavoro, in sintonia con le previsioni circa il riconoscimento del servizio prestato.

La lettera d) provvede a sostituire al primo comma dell’art. 3 della legge n. 1114/1962, sempre in coerenza con le qualifiche utilizzate dal decreto legislativo n. 165 del 2001, l’espressione “impiegati” con quella di “dipendenti”, nonchè ad  aggiornare il riferimento legislativo per la definizione dell’assegnato integrativo spettante al personale fuori ruolo in servizio temporaneo all’estero (si tratta dell’art. 189 del DPR n. 18 del 1967),

La lettera e), con l’aggiunta alla legge n. 1114/1962 dell’art. 4-bis, individua la duplice necessità di istituire una banca dati del personale in servizio temporaneo all'estero e di fornire al Parlamento dati aggregati sulla consistenza del personale collocato fuori ruolo ai sensi della legge n. 1114/1962 o comunque in servizio all’estero, mediante la relazione annuale presentata dal Dipartimento della funzione pubblica come previsto dalla legge quadro sul pubblico impiego (legge n. 93/1983).

La lettera f)integra il primo comma dell’articolo 5 legge n. 1114/1962, dettando alcune norme specifiche per il personale direttivo ed insegnante degli istituti di istruzione di ogni ordine e grado, rimettendo ad un decreto del Ministro dell’istruzione, a scadenza annuale, la fissazione del contingente annuale entro cui il Ministero degli Affari esteri può attingere.

La lettera g) novella il disposto dell’art. 6, primo comma della legge n. 1114/1962, riguardante il collocamento fuori ruolo degli ufficiali e dei sottoufficiali: sostituisce pertanto il riferimento all’Esercito, alla Marina ed all’Aeronautica, con quello – più ampio - alle “Forze armate” e sopprime la precedente procedura autorizzatoria (che prevedeva l’intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentiti i Ministri della difesa e degli Affari esteri), rinviando – anche per questa peculiare categoria di personale pubblico - alla procedura di cui all’articolo 1, comma 1 in tema di servizio temporaneo all’estero.

 

La tabella che segue evidenzia le modifiche apportate dall’articolo 26 alla legge n. 1114/1962.

 

Legge 27 luglio 1962, n. 1114

Disciplina della posizione giuridica ed economica dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni autorizzati ad assumere un impiego presso Enti od organismi internazionali o ad esercitare funzioni presso Stati esteri

Testo vigente

Testo novellato dall’articolo in esame

 

Articolo 1(*)

1. Il personale dipendente delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, può, previa autorizzazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica, con decreto dell'amministrazione interessata, d'intesa con il Ministero degli affari esteri e con il Ministero dell'economia e delle finanze, essere collocato fuori ruolo per assumere un impiego o un incarico temporaneo di durata non inferiore a sei mesi presso enti o organismi internazionali, nonché esercitare funzioni, anche di carattere continuativo, presso Stati esteri. Il collocamento fuori ruolo, il cui contingente non può superare complessivamente le cinquecento unità, è disposto per un tempo determinato e, nelle stesse forme, può essere rinnovato alla scadenza del termine, o revocato prima di detta scadenza. Resta salvo quanto disposto dall'articolo 32 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.

 

 

 

 

 

 

2. In attesa dell'adozione del provvedimento di cui al comma 1, può essere concessa dall'amministrazione di appartenenza l'immediata utilizzazione dell'impiegato presso gli enti od organismi internazionali che hanno richiesto il collocamento fuori ruolo.

 

 

 

 

 

(*) articolo così sostituito dall’art. 8, comma 1, della legge n. 145/2002.

 

Articolo 1

1. Il personale dipendente delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, può, previa autorizzazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica, con decreto dell'amministrazione interessata, d'intesa con il Ministero degli affari esteri e con il Ministero dell'economia e delle finanze, essere collocato fuori ruolo per assumere un impiego o un incarico temporaneo di durata non inferiore a sei mesi presso enti o organismi internazionali, nonché esercitare funzioni, anche di carattere continuativo, presso Stati esteri. Il collocamento fuori ruolo, il cui contingente non può superare complessivamente le cinquecento unità, è disposto per un tempo determinato e, nelle stesse forme, può essere rinnovato alla scadenza del termine, o revocato prima di detta scadenza. Resta salvo quanto disposto dall'articolo 32 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 in tutti i casi in cui non è disposto il collocamento fuori ruolo. Le disposizioni della presente legge si applicano anche al personale di cui all’articolo 3 del citato decreto legislativo n. 165 del 2001, e successive modificazioni.

2. In attesa dell'adozione del provvedimento di cui al comma 1, può essere concessa dall'amministrazione di appartenenza l'immediata utilizzazione dei dipendenti pubblici presso gli Stati, enti od organismi di destinazione di cui al comma 1.

2-bis. Ai fini della presente legge si applicano le disposizioni dell’articolo 8, comma 2, della legge 15 giugno 2002, n. 145.  

 

Articolo 2

All'impiegato collocato fuori ruolo ai sensi dell'art. 1 si applicano le norme contenute nel testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato, approvata con decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3 .

Dalla data di decorrenza del collocamento fuori ruolo cessa il trattamento economico a carico dello Stato italiano.

L'impiegato è tenuto, a decorrere da quella stessa data, a versare all'Amministrazione cui appartiene l'importo dei contributi o delle ritenute a suo carico di cui all'art. 57 del citato testo unico.

 

Articolo 2

Ai dipendenti collocati fuori ruolo ai sensi dell'articolo 1 si applicano le norme contenute nel decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Dalla data di decorrenza del collocamento fuori ruolo cessa il trattamento economico a carico delle amministrazioni italiane. I dipendenti sono tenuti, a decorrere dalla stessa data, a versare all'amministrazione cui appartengono l'importo dei contributi e delle ritenute a loro carico previsti dall'articolo 57 del testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, e successive modificazioni. Restano a carico delle amministrazioni di appartenenza i contributi previdenziali di competenza del datore di lavoro

 

Articolo 3

Per determinati Paesi, ove venga a svolgersi la loro attività, agli impiegati collocati fuori ruolo ai sensi dell'art. 1 può essere concesso un assegno integrativo secondo i criteri con le modalità previste dall'articolo 21 della legge 4 gennaio 1951, n. 13, sul trattamento economico del personale diplomatico-consolare servizio all'estero.

 

Tale assegno integrativo è a carico dell'Amministrazione cui l'impiegato appartiene.

 

Articolo 3

Per determinati Paesi, ove venga a svolgersi la loro attività, ai dipendenti collocati fuori ruolo ai sensi dell'art. 1 può essere concesso un assegno integrativo secondo i criteri con le modalità previste dall'articolo 189 del Decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18, sul trattamento economico del personale diplomatico-consolare servizio all'estero.

Tale assegno integrativo è a carico dell'Amministrazione cui l'impiegato appartiene.

 

Articolo 4

Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le Amministrazioni provvederanno a regolarizzare, in conformità alle norme di essa, la posizione degli impiegati dipendenti che si trovino già ad esercitare funzioni presso Stati esteri o siano già in servizio presso enti od organismi internazionali, e che siano stati a ciò autorizzati.

Il servizio prestato alle condizioni di cui al precedente comma, anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge, è considerato come servizio prestato presso le Amministrazioni da cui gli impiegati dipendono.

Con decreto del Ministro competente, di concerto con i Ministri per il tesoro e per gli affari esteri, da emanarsi entro il termine indicato al comma primo, le Amministrazioni provvederanno alla definizione della posizione contabile di detti impiegati per il periodo di servizio come sopra prestato.

Nessun assegno integrativo può essere attribuito per tale servizio.

 

Articolo 4

Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le Amministrazioni provvederanno a regolarizzare, in conformità alle norme di essa, la posizione degli impiegati dipendenti che si trovino già ad esercitare funzioni presso Stati esteri o siano già in servizio presso enti od organismi internazionali, e che siano stati a ciò autorizzati.

Il servizio prestato alle condizioni di cui al precedente comma, anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge, è considerato come servizio prestato presso le Amministrazioni da cui gli impiegati dipendono.

Con decreto del Ministro competente, di concerto con i Ministri per il tesoro e per gli affari esteri, da emanarsi entro il termine indicato al comma primo, le Amministrazioni provvederanno alla definizione della posizione contabile di detti impiegati per il periodo di servizio come sopra prestato.

Nessun assegno integrativo può essere attribuito per tale servizio.

 

 

Art. 4-bis

1.La Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica istituisce, nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente, un'apposita banca dati del personale in servizio temporaneo all'estero, inviato secondo le norme vigenti. Lo stesso Dipartimento, in sede di relazione annuale al Parlamento ai sensi dell'articolo 16 della legge 29 marzo 1983, n. 93, fornisce dati aggregati sulla consistenza del personale collocato fuori ruolo ai sensi della presente legge o comunque in servizio all'estero ai sensi della medesima legge.

 

Articolo 5

Le disposizioni della presente legge si applicano anche agli altri dipendenti civili di ruolo dello Stato il cui ordinamento non è regolato dal testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3 , salvo che la materia non sia diversamente disciplinata con norme speciali.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nulla è innovato alle norme vigenti concernenti il collocamento a disposizione del Ministero degli affari esteri del personale direttivo ed insegnante degli istituti d'istruzione di ogni ordine e grado.

 

 

Articolo 5

Le disposizioni della presente legge si applicano anche agli altri dipendenti civili di ruolo dello Stato il cui ordinamento non è regolato dal testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3 , salvo che la materia non sia diversamente disciplinata con norme speciali. Il personale direttivo e insegnante degli istituti di istruzione di ogni ordine e grado può essere utilizzato dal Ministero degli affari esteri nei limiti del contingente annuale fissato con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca ai sensi dell’articolo 26, comma 8, della legge 23 dicembre 1999, n. 448, e successive modificazioni.

 

Nulla è innovato alle norme vigenti concernenti il collocamento a disposizione del Ministero degli affari esteri del personale direttivo ed insegnante degli istituti d'istruzione di ogni ordine e grado.

 

 

Articolo 6

Il primo comma dell'art. 1 ed il primo comma dell'art. 4 si applicano anche nei confronti degli ufficiali e dei sottufficiali in servizio permanente dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica che, previa autorizzazione del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentiti il Ministro per la difesa ed il Ministro per gli affari esteri, assumano un impiego presso enti od organismi internazionali, anche se per tale impiego esercitino funzioni, anche di carattere continuativo, presso Stati esteri. Per essi cessa la corresponsione del trattamento economico a carico dello Stato italiano.

Ai medesimi può essere corrisposto l'assegno integrativo di cui al precedente art. 3.

Nei confronti degli ufficiali richiamati dall'ausiliaria che, autorizzati nei modi suddetti, assumano un impiego presso enti od organismi internazionali o presso Stati esteri, nella forma di cui al primo comma, cessa la corresponsione del trattamento economico a carico dello Stato italiano.

Il personale di cui al presente articolo è tenuto a versare all'Amministrazione italiana di appartenenza l'importo dei contributi e delle ritenute che, per legge, avrebbe gravato sul trattamento economico che sarebbe allo stesso spettato a carico dello Stato italiano.

Le disposizioni dei commi precedenti si applicano, per quanto compatibile, anche al personale dei Corpi della guardia di finanza, delle guardie di pubblica sicurezza e degli agenti di custodia, nonché al personale militare in genere in forma volontaria o rafferma.

 

Articolo 6

Il primo comma dell'art. 1 ed il primo comma dell'art. 4 si applicano anche nei confronti degli ufficiali e dei sottufficiali in servizio permanente delle Forze armate che, con la procedura di cui al citato primo comma dell’articolo 1, assumano un impiego presso enti od organismi internazionali, anche se per tale impiego esercitino funzioni, anche di carattere continuativo, presso Stati esteri. Per essi cessa la corresponsione del trattamento economico a carico dello Stato italiano.

 

 

 

Ai medesimi può essere corrisposto l'assegno integrativo di cui al precedente art. 3.

Nei confronti degli ufficiali richiamati dall'ausiliaria che, autorizzati nei modi suddetti, assumano un impiego presso enti od organismi internazionali o presso Stati esteri, nella forma di cui al primo comma, cessa la corresponsione del trattamento economico a carico dello Stato italiano.

Il personale di cui al presente articolo è tenuto a versare all'Amministrazione italiana di appartenenza l'importo dei contributi e delle ritenute che, per legge, avrebbe gravato sul trattamento economico che sarebbe allo stesso spettato a carico dello Stato italiano.

Le disposizioni dei commi precedenti si applicano, per quanto compatibile, anche al personale dei Corpi della guardia di finanza, delle guardie di pubblica sicurezza e degli agenti di custodia, nonché al personale militare in genere in forma volontaria o rafferma.

 

Articolo 7

I Ministri competenti comunicheranno per iscritto al Parlamento entro 30 giorni le autorizzazioni concesse ai dipendenti dello Stato in base alla presente legge. Esse non possono eccedere il numero complessivo di cinquecento.

 

 

Articolo 7

I Ministri competenti comunicheranno per iscritto al Parlamento entro 30 giorni le autorizzazioni concesse ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni in base alla presente legge. Esse non possono eccedere il numero complessivo di cinquecento.

 

 

 


 

Articolo 27
(Disposizioni relative agli uffici all'estero del Ministero
degli affari esteri)
(stralciato)

 

 

Si veda A.C. 3209-ter.

 


Articoli 28
(Delega al Governo per l'emanazione della Carta dei doveri
delle amministrazioni pubbliche)

1. Il Governo è delegato ad adottare, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge e in conformità ai princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 29, uno o più decreti legislativi recanti la «Carta dei doveri delle amministrazioni pubbliche». I decreti legislativi definiscono i doveri generali delle amministrazioni pubbliche e dei loro dipendenti nei confronti dei cittadini.

2. I decreti legislativi di cui al comma 1 individuano puntualmente le disposizioni che costituiscono princìpi generali dell'ordinamento, ai quali le regioni e gli enti locali, compresi gli enti del Servizio sanitario nazionale, si adeguano negli ambiti di rispettiva competenza, e quelle che attengono ai livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione.

3. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 1, con uno o più decreti legislativi, possono essere emanate, nel rispetto dei medesimi princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 29, disposizioni integrative o correttive.

4. Gli schemi dei decreti legislativi di cui ai commi 1 e 3, previo parere della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, sono trasmessi alle Commissioni parlamentari competenti, che esprimono il loro parere entro trenta giorni, decorsi i quali i decreti legislativi possono comunque essere emanati.

 

 

L’articolo 28 reca una delega al Governo per l’adozione di uno o più decreti legislativi recanti la «Carta dei doveri delle amministrazioni pubbliche», che definiscano i doveri generali delle amministrazioni pubbliche e dei loro dipendenti nei confronti dei cittadini.

La delega deve essere esercitata entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore della legge, senza oneri a carico della finanza pubblica, in conformità ai principi e criteri direttivi dettati dall’articolo successivo (comma 1).

 

I decreti legislativi individuano puntualmente:

§          le disposizioni che costituiscono princìpi generali dell'ordinamento, ai quali le regioni e gli enti locali, compresi gli enti del Servizio sanitario nazionale, si adeguano negli ambiti di rispettiva competenza;

§          le disposizioni che attengono ai livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale,  che rientrano nella competenza legislativa esclusiva dello Stato (art. 117, secondo comma, lettera m), Cost.) e risultano pertanto direttamente applicabili agli enti territoriali (comma 2).

 

La legge delega sul federalismo fiscale (L 42/2009) ha introdotto, come è noto, un meccanismo di finanziamento delle funzioni spettanti alle regioni che si basa sulla distinzione tra spese riconducibili ai livelli essenziali delle prestazioni ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., e spese non riconducibili ai livelli essenziali.Per le spese riconducibili ai livelli essenziali è garantito il finanziamento integrale in ciascuna regione, sulla base del criterio dei costi standard.

Appare sul punto opportuno un chiarimento circa la possibilità che l’individuazione delle disposizioni che attengono ai livelli essenziali delle prestazioni, prevista dall’art. 28, comma 2, in esame, possa incidere sull’attuazione della delega sul federalismo fiscale.

 

Il comma 3 prevede che entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi, possono essere emanate, con uno o più decreti legislativi, disposizioni integrative o correttive, nel rispetto dei medesimi princìpi e criteri direttivi.

 

Il comma 4 disciplina la procedura di adozione dei decreti legislativi.

In particolare gli schemi dei decreti sono sottoposti:

§          al parere della Conferenza unificata;

§          al parere delle competenti commissioni parlamentari, che si esprimono entro 30 giorni; decorso tale termine i decreti legislativi possono essere comunque emanati.

 

Il comma 4 non disciplina l’ipotesi della mancata espressione del parere da parte della Conferenza unificata.

 


 

Articolo 29
(Princìpi e criteri direttivi)

1. Nell'esercizio della delega di cui all'articolo 28 il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) in conformità a quanto disposto dall'articolo 11, comma 1, del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, assumere la trasparenza quale fondamentale principio cui l'attività delle amministrazioni pubbliche si uniforma attraverso l'uso delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione; individuare, fermo restando quanto disposto dagli articoli da 22 a 27 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, in materia di diritto di accesso, gli atti dei procedimenti amministrativi oggetto dell'obbligo di trasparenza;

b) stabilire che i rapporti tra i cittadini e le imprese e le amministrazioni pubbliche sono improntati ai princìpi della leale collaborazione e della buona fede e che l'azione amministrativa deve svolgersi con il minor aggravio possibile di obblighi, oneri e adempimenti a carico dei cittadini;

c) prevedere per le amministrazioni pubbliche l'obbligo di provvedere al periodico adeguamento dei termini di conclusione dei procedimenti previa individuazione di specifici obiettivi di riduzione progressiva dei tempi nell'ambito dei piani di performance di cui all'articolo 10 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150;

d) prevedere per le amministrazioni pubbliche il dovere di usare un linguaggio semplice e chiaro in modo da rendere facilmente comprensibili i documenti amministrativi e le informazioni fornite attraverso tutti i canali istituzionali anche sulla base di una direttiva da adottare con decreto del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione;

e) al fine di garantire agli utenti l'accesso più facile e rapido alle informazioni e ai servizi, assicurare, definendone tempi e modalità di realizzazione, l'effettività dell'obbligo delle amministrazioni pubbliche di utilizzo, nelle comunicazioni con i cittadini e con le imprese, delle tecnologie telematiche previste dal codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e dall'articolo 16-bis del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, e successive modificazioni, e attivare, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, una pluralità di canali di comunicazione idonei a raggiungere anche coloro che non utilizzano le tecnologie informatiche, nel rispetto dei princìpi di economicità, di universalità e di complementarità;

f) al fine di assicurare effettività all'obbligo per le amministrazioni pubbliche di non richiedere a cittadini e imprese dati, informazioni e documenti in possesso delle stesse amministrazioni o di altre amministrazioni e di provvedere d'ufficio alla loro acquisizione ovvero di richiedere le dichiarazioni sostitutive previste dagli articoli 46 e 47 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, e successive modificazioni, individuare le modalità per l'effettuazione degli accertamenti d'ufficio e dei controlli sulle dichiarazioni sostitutive assicurando alle amministrazioni procedenti l'accesso per via telematica e senza oneri alle banche di dati delle amministrazioni certificanti;

g) garantire l'effettività dell'accesso ai documenti amministrativi tramite l'utilizzo degli strumenti telematici quale principio generale dell'attività amministrativa;

h) prevedere una specifica responsabilità amministrativa e contabile per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche e dei concessionari della riscossione che avanzano, con dolo o con colpa grave, indebite richieste di pagamento nei confronti dei cittadini;

i) assicurare il rispetto degli obblighi di cui alle lettere da a) a h) mediante idonei strumenti di incentivazione, nell'ambito delle risorse già definite, e di sanzione, anche prevedendo che il mancato adempimento degli obblighi medesimi costituisce elemento rilevante ai fini della valutazione della prestazione organizzativa dell'amministrazione e delle prestazioni individuali dei pubblici dipendenti responsabili; prevedere, ove necessario, ipotesi di responsabilità dirigenziale e disciplinare; prevedere ipotesi di comunicazione obbligatoria dell'inadempimento alla Corte dei conti;

l) introdurre, in caso di omissioni, inadempienze o ritardi delle amministrazioni pubbliche, specifici poteri gerarchici che consentano la motivata sostituzione, anche temporanea, dei dipendenti inadempienti o la motivata riassegnazione della titolarità di procedimenti o di singoli atti a diversi uffici o dipendenti, ferma restando l'applicazione di quanto previsto ai sensi della lettera i) e compatibilmente con le risorse organizzative e di personale disponibili allo scopo;

m) prevedere che la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica, con riferimento alla Carta dei doveri delle amministrazioni pubbliche:

1) realizzi un piano di comunicazione volto a promuovere la conoscenza della Carta, con le risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica;

2) definisca, sulla base degli indirizzi della Commissione di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, forme di monitoraggio e di valutazione dell'osservanza dei precetti contenuti nella Carta, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica;

3) curi il raccordo con le autonomie regionali e locali nell'ambito di un apposito tavolo istituito presso la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni;

n) prevedere che, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, la Commissione di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, vigili sull'osservanza dei precetti contenuti nella Carta dei doveri delle amministrazioni pubbliche, individui e diffonda le migliori pratiche e predisponga un rapporto annuale al Parlamento su tali attività;

o) prevedere l'individuazione, in ogni amministrazione pubblica, degli organi e degli uffici responsabili dell'applicazione della Carta dei doveri delle amministrazioni pubbliche.

2. Le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, adottano direttive che contemplano il dovere di cortesia e di disponibilità, sulla base delle linee guida emanate dalla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica entro sei mesi dalla medesima data di entrata in vigore.

3. Dall'attuazione della delega di cui all'articolo 28, in conformità ai princìpi e criteri direttivi di cui al presente articolo, non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Le amministrazioni pubbliche interessate provvedono ai compiti derivanti dall'esercizio della delega con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

 

 

L’articolo 29 individua i princìpi e criteri direttivi per l’esercizio della delega sulla «Carta dei doveri delle amministrazioni pubbliche.».

I princìpi e criteri direttivi sono i seguenti:

a) - assumere la trasparenza quale fondamentale principio cui l'attività delle amministrazioni pubbliche si uniforma attraverso l'uso delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, in conformità a quanto disposto dall'articolo 11, comma 1, del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150;

Ai sensi dell’art. 11, comma 1, DLgs 150/2009, la trasparenza è intesa come accessibilità totale, anche attraverso lo strumento della pubblicazione sui siti istituzionali delle amministrazioni pubbliche, delle informazioni concernenti ogni aspetto dell'organizzazione, degli indicatori relativi agli andamenti gestionali e all'utilizzo delle risorse, dei risultati dell'attività di misurazione e valutazione, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo del rispetto dei principi di buon andamento e imparzialità. Essa costituisce livello essenziale delle prestazioni erogate dalle amministrazioni pubbliche ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost. (e rientra pertanto nella competenza legislativa esclusiva dello Stato):

- individuare gli atti dei procedimenti amministrativi oggetto dell'obbligo di trasparenza, ferma restando la vigente normativa in materia di diritto di accesso ai documenti amministrativi (artt. 22-27 L 241/1990);

b) stabilire che i rapporti tra i cittadini e le imprese e le amministrazioni pubbliche sono improntati ai princìpi della leale collaborazione e della buona fede e che l'azione amministrativa deve svolgersi con il minor aggravio possibile di obblighi, oneri e adempimenti a carico dei cittadini;

c) prevedere per le amministrazioni pubbliche l'obbligo di provvedere al periodico adeguamento dei termini di conclusione dei procedimenti, previa individuazione di specifici obiettivi di riduzione progressiva dei tempi nell'ambito dei piani di performance, che le pubbliche amministrazioni sono tenute ad adottare nell’ambito del sistema di misurazione e la valutazione della performance delle amministrazioni introdotto dal decreto legislativo sulla produttività del pubblico impiego (art. 10 DLgs 150/2009);

d) prevedere per le amministrazioni pubbliche il dovere di usare un linguaggio semplice e chiaro, in modo da rendere facilmente comprensibili i documenti amministrativi e le informazioni fornite attraverso tutti i canali istituzionali, anche sulla base di una direttiva da adottare con decreto del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione;

e) assicurare l'effettività dell'obbligo delle amministrazioni pubbliche di utilizzo, nelle comunicazioni con i cittadini e con le imprese, delle tecnologie telematiche previste dal codice dell'amministrazione digitale al fine di garantire agli utenti l'accesso più facile e rapido alle informazioni e ai servizi e attivare, senza oneri a carico della finanza pubblica, una pluralità di canali di comunicazione idonei a raggiungere anche coloro che non utilizzano le tecnologie informatiche, nel rispetto dei princìpi di economicità, di universalità e di complementarità;

f) al fine di assicurare effettività all'obbligo per le amministrazioni pubbliche di non richiedere a cittadini e imprese dati, informazioni e documenti in possesso delle amministrazioni stesse o di altre amministrazioni e di provvedere d'ufficio alla loro acquisizione ovvero di richiedere le dichiarazioni sostitutive previste dalla normativa vigente;

 g) garantire l'effettività dell'accesso ai documenti amministrativi tramite l'utilizzo degli strumenti telematici quale principio generale dell'attività amministrativa;

h) prevedere una specifica responsabilità amministrativa e contabile per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche e dei concessionari della riscossione che avanzano, con dolo o con colpa grave, indebite richieste di pagamento nei confronti dei cittadini;

i) assicurare il rispetto degli obblighi di cui alle lettere da a) a h) mediante idonei strumenti di incentivazione, nell'ambito delle risorse già definite, e di sanzione, anche prevedendo che il mancato adempimento degli obblighi medesimi costituisce elemento rilevante ai fini della valutazione della prestazione organizzativa dell'amministrazione e delle prestazioni individuali dei pubblici dipendenti responsabili; prevedere, ove necessario, ipotesi di responsabilità dirigenziale e disciplinare; prevedere ipotesi di comunicazione obbligatoria dell'inadempimento alla Corte dei conti;

l) introdurre, in caso di omissioni, inadempienze o ritardi delle amministrazioni pubbliche, specifici poteri gerarchici che consentano la motivata sostituzione, anche temporanea, dei dipendenti inadempienti o la motivata riassegnazione della titolarità di procedimenti o di singoli atti a diversi uffici o dipendenti, compatibilmente con le risorse organizzative e di personale disponibili allo scopo;

m) prevedere che la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica, con riferimento alla Carta dei doveri delle amministrazioni pubbliche:

1) realizzi un piano di comunicazione volto a promuovere la conoscenza della Carta, con le risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente e senza oneri per la finanza pubblica;

2) definisca, sulla base degli indirizzi della Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche (istituita dall'art. 13 DLgs 150/2009), forme di monitoraggio e di valutazione dell'osservanza dei precetti contenuti nella Carta, senza oneri per la finanza pubblica;

3) curi il raccordo con le autonomie regionali e locali nell'ambito di un apposito tavolo istituito presso la Conferenza unificata;

n) prevedere che, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, la Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche vigili sull'osservanza dei precetti contenuti nella Carta dei doveri delle amministrazioni pubbliche, individui e diffonda le migliori pratiche e predisponga un rapporto annuale al Parlamento su tali attività;

o) prevedere l'individuazione, in ogni amministrazione pubblica, degli organi e degli uffici responsabili dell'applicazione della Carta dei doveri delle amministrazioni pubbliche.

 

Le amministrazioni pubbliche, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, adottano direttive che contemplano il dovere di cortesia e di disponibilità, sulla base delle linee guida emanate dalla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica entro sei mesi dalla medesima data di entrata in vigore (comma 2).

 

Dall'attuazione della delega non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Le amministrazioni pubbliche interessate provvedono ai compiti derivanti dall'esercizio della delega con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente (comma 3).

 

L’assenza di oneri per la finanza pubblica è gia contemplata, in via generale, dal comma 1, dell’articolo. Essa è inoltre ripetuta, con riferimento a singoli criteri di delega, dalle lettere e), m), numeri 1) e 2), ed n) del comma 2.


 

Articolo 30
(Codificazione)

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui all'articolo 28, comma 1, della presente legge, anche avvalendosi del Consiglio di Stato ai sensi dell'articolo 14, numero 2o, del testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato, di cui al regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054, un decreto legislativo con il quale provvede a riunire in un unico codice le disposizioni vigenti nelle materie di cui:

a) alla legge 7 agosto 1990, n. 241;

b) al testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445;

c) al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165;

d) al codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82;

e) al decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni;

f) ai decreti legislativi di cui all'articolo 28, comma 1.

2. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1 il Governo assicura il solo coordinamento formale delle disposizioni risolvendo eventuali antinomie e discrasie secondo la giurisprudenza consolidata della Corte costituzionale, della Corte di cassazione, del Consiglio di Stato e della Corte dei conti.

3. Il decreto legislativo di cui al comma 1 è emanato su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, di concerto con il Ministro per la semplificazione normativa, previa acquisizione del parere della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, e, successivamente, del parere della Commissione parlamentare per la semplificazione, di cui all'articolo 14, comma 19, della legge 28 novembre 2005, n. 246, e successive modificazioni. Si applicano le disposizioni di cui al citato articolo 14, commi 22 e 23, della legge n. 246 del 2005, e successive modificazioni.

 

 

L’articolo 30  reca una delega al Governo volta a riunire in un unico codice le disposizioni vigenti in materia di pubblica amministrazione.

In particolare nel codice devono confluire le disposizioni vigenti nelle materie di cui:

a) alla legge 7 agosto 1990, n. 241, recante norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi;

b) al testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445;

c) al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, recante norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche;

d) al codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82;

e) al decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni;

f) ai decreti legislativi recanti la «Carta dei doveri delle amministrazioni pubbliche» previsti dall'articolo 28, comma 1.

 

Il riferimento alle  «disposizioni vigenti nelle materie di cui» alle leggi elencate fa sì che il contenuto del codice non sia limitato alle disposizioni contenute nelle predette leggi ma si estenda anche alle disposizioni contenute in altri provvedimenti normativi incidenti sulle stesse materie.

Il codice sembrerebbe doversi limitare a riunire disposizioni di rango legislativo. Si osserva peraltro che tra i provvedimenti elencati figura il testo unico in materia di documentazione amministrativa (DPR 445/2000), che comprende sia disposizioni legislative che disposizioni regolamentari.

 

Il decreto legislativo deve essere adottato entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi recanti la «Carta dei doveri delle amministrazioni pubbliche».

Il Governo può altresì rimettere al Consiglio di Stato la formulazione del codice, come previsto dall'art. 14, numero 2°, del testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato (RD 1054/1924).

 

Si ricorda inoltre che ai sensi dell’art. 17-bis, comma 3, L 400/1988, il Governo può demandare la redazione degli schemi dei testi unici compilativi - ai sensi dell’articolo 14, numero 2°, del testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato - al Consiglio di Stato, che ha facoltà di avvalersi di esperti, in discipline non giuridiche, in numero non superiore a cinque, nell’ambito dei propri ordinari stanziamenti di bilancio e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato. Sugli schemi redatti dal Consiglio di Stato non è acquisito il parere dello stesso.

 

Nell'esercizio della delega il Governo assicura il solo coordinamento formale delle disposizioni, risolvendo eventuali antinomie e discrasie secondo la giurisprudenza consolidata della Corte costituzionale, della Corte di cassazione, del Consiglio di Stato e della Corte dei conti.

 

Il riferimento al solo coordinamento formale del testo implica la natura meramente compilativa del codice.

Il richiamo alla giurisprudenza consolidata della Corte costituzionale, della Corte di cassazione, del Consiglio di Stato e della Corte dei conti quale criterio di risoluzione di eventuali antinomie e discrasie può ingenerare un dubbio interpretativo circa la risoluzione delle antinomie o discrasie in assenza della predetta giurisprudenza consolidata.

Ai fini di garantire un’effettiva semplificazione della normativa vigente, si valuti l’opportunità di introdurre un criterio di delega che imponga l’individuazione delle disposizioni abrogate.

 

Il decreto legislativo è emanato su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, di concerto con il Ministro per la semplificazione normativa, previa acquisizione del parere della Conferenza unificata e, successivamente, del parere della Commissione parlamentare per la semplificazione.

Ai sensi dell’articolo 14, commi 22 e 23, L 246/2005, richiamato dalla disposizione in esame, la Commissione parlamentare si pronuncia entro trenta giorni. Il Governo, ove ritenga di non accogliere, in tutto o in parte, le eventuali condizioni poste, ritrasmette il testo, con le proprie osservazioni e con le eventuali modificazioni, alla Commissione per il parere definitivo, da rendere nel termine di trenta giorni. Se il termine previsto per il parere della Commissione cade nei trenta giorni che precedono la scadenza della delega, la scadenza medesima è prorogata di novanta giorni.

La Commissione può chiedere una sola volta ai Presidenti delle Camere una proroga di venti giorni per l'adozione del parere, qualora ciò si renda necessario per la complessità della materia o per il numero di schemi trasmessi nello stesso periodo all'esame della Commissione. Trascorso il termine, eventualmente prorogato, senza che la Commissione abbia espresso il parere, i decreti legislativi possono essere comunque emanati. Nel computo dei termini non viene considerato il periodo di sospensione estiva e quello di fine anno dei lavori parlamentari.

 

Non è invece disciplinata l’ipotesi della mancata espressione del parere da parte della Conferenza unificata.

 

 

 

 


 

 



[1]    Secondo l'articolo 3 della legge 443/1985 deve considerarsi artigiana l'impresa esercitata dall'imprenditore artigiano nei limiti dimensionali fissati dall’articolo 4 della legge, per la produzione di beni e la prestazione di servizi, escluse le attività agricole e la prestazione di servizi commerciali, di intermediazione della circolazione dei beni, o ausiliarie a queste ultime, di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, salvo che si tratti di attività meramente accessorie all'esercizio dell'impresa.

Limiti dimensionali dell’impresa artigiana:

-     fino a 18 dipendenti per l’impresa che non lavora in serie;

-     fino a 9 dipendenti per l’impresa che lavora in serie, purché con lavorazione non del tutto automatizzata;

-     fino a 32 dipendenti per l’impresa che svolge la propria attività nei settori delle lavorazioni artistiche, tradizionali e dell’abbigliamento su misura (apposita tabella allegata alla L. 443/1985);

-     fino a 8 dipendenti per l’impresa di trasporto;

-     fino a 10 dipendenti per l’impresa di costruzioni edili.

[2]    Misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attività economiche, la nascita di nuove imprese, la valorizzazione dell'istruzione tecnico-professionale e la rottamazione di autoveicoli.

[3]    Secondo l’articolo 10 della stessa legge-quadro, la commissione provinciale per l'artigianato è costituita con decreto del presidente della giunta regionale, dura in carica cinque anni ed è composta da almeno quindici membri, due terzi dei quali devono essere titolari di aziende artigiane operanti nella provincia da almeno tre anni, e il terzo rimanente dovrà garantire la rappresentanza delle organizzazioni sindacali più rappresentative dei lavoratori dipendenti, dell'INPS, dell'ufficio provinciale del lavoro e la presenza di esperti. Le regioni, con apposite leggi, stabiliscono le norme relative alla elezione dei componenti, all'organizzazione e al funzionamento delle commissioni provinciali per l'artigianato.

[4]    Al link http://www.regioni.it/mhonarc/details_confpres.aspx?id=145295 si trova il documento di indirizzi delle regioni italiane in materia di avvio di impresa artigiana del 30 luglio 2008, in cui per assicurare il coordinamento delle procedure per l’avvio di impresa artigiana con la comunicazione unica si auspica l’iscrizione all’Albo delle imprese artigiane attraverso “una comunicazione/dichiarazione al soggetto competente alla tenuta dell’Albo, accompagnata da dichiarazioni sostitutive di certificazione e di atto di notorietà, relativamente ai presupposti che comportano il riconoscimento della natura artigiana dell’impresa, comunicazione/dichiarazione che consente l’acquisizione immediata della qualifica di impresa artigiana. Il soggetto competente alla tenuta dell’Albo esercita funzioni di controllo sia in merito alla veridicità della comunicazione/dichiarazione, sia con riguardo alle situazioni di omessa comunicazione/dichiarazione”.

 

 

[5]    La direttiva 2006/123/CE, nota anche come direttiva "servizi", mira a facilitare la libertà di stabilimento dei prestatori negli Stati membri e la libera circolazione dei servizi tra Stati membri garantendo al contempo un'elevata qualità dei servizi stessi.

[6]     Regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, Approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza.

[7]    Il titolo I, relativo ai provvedimenti di polizia e alla loro esecuzione, reca al capo III la disciplina delle autorizzazioni di polizia, mentre al capo IV reca disposizioni relative all’inosservanza degli ordini dell'autorità di pubblica sicurezza e alle contravvenzioni. Il titolo III, relativo agli spettacoli, esercizi pubblici, agenzie, tipografie, affissioni, mestieri girovaghi, operai e domestici, prevede al capo II disposizioni relative ai pubblici esercizi, disciplinando requisiti, limiti e condizioni per il rilascio delle relative licenze.

[8]    Il citato D.Lgs prevede – all’articolo 25 – per la fornitura di reti o di servizi di comunicazione elettronica un'autorizzazione generale, che consegue alla presentazione di una dichiarazione. In effetti, l'impresa interessata presenta al Ministero una dichiarazione resa dalla persona fisica titolare ovvero dal legale rappresentante della persona giuridica, o da soggetti da loro delegati, contenente l'intenzione di iniziare la fornitura di reti o servizi di comunicazione elettronica, unitamente alle informazioni strettamente necessarie per consentire al Ministero di tenere un elenco aggiornato dei fornitori di reti e di servizi di comunicazione elettronica, da pubblicare sul proprio Bollettino ufficiale e sul sito Internet. Tale dichiarazione costituisce denuncia di inizio attività: l'impresa è abilitata ad iniziare la propria attività a decorrere dall'avvenuta presentazione della dichiarazione. Il Ministero, entro e non oltre sessanta giorni dalla presentazione della dichiarazione, verifica d'ufficio la sussistenza dei presupposti e dei requisiti richiesti e dispone, se del caso, con provvedimento motivato da notificare agli interessati entro il medesimo termine, il divieto di prosecuzione dell'attività. L’articolo 25 riprendendo quanto già enucleato all’articolo 3 – prevede che l'attività di fornitura di reti o servizi di comunicazione elettronica è libera, fatte salve le eventuali limitazioni introdotte da disposizioni legislative regolamentari e amministrative che prevedano un regime particolare per i cittadini o le imprese di Paesi non appartenenti all'Unione europea o allo Spazio economico europeo, o che siano giustificate da esigenze della difesa e della sicurezza dello Stato e della sanità pubblica, compatibilmente con le esigenze della tutela dell'ambiente e della protezione civile, poste da specifiche disposizioni, ivi comprese quelle vigenti alla data di entrata in vigore del Codice. Pertanto, le disposizioni dell’articolo 7 del D.L. 144/2005 sembrano recare una deroga alla disciplina amministrativa recata dal codice delle comunicazioni elettroniche. La possibilità di deroga risulta – come sopra chiarito – contemplata dallo stesso codice che fa salve le limitazioni al principio di libertà dell’attività di fornitura di reti o servizi di comunicazione elettronica, disposte per esigenze di difesa e sicurezza dello Stato.

[9]    L’articolo 122 prevede, al comma 1, il divieto dell’uso di una rete di comunicazione elettronica per accedere a informazioni archiviate nell'apparecchio terminale di un abbonato o di un utente, per archiviare informazioni o per monitorare le operazioni dell'utente. L’articolo 123, comma 3, prevede che Il fornitore di un servizio di comunicazione elettronica accessibile al pubblico può trattare i dati relativi al traffico nella misura e per la durata necessarie a fini di commercializzazione di servizi di comunicazione elettronica o per la fornitura di servizi a valore aggiunto, solo se l'abbonato o l'utente cui i dati si riferiscono hanno manifestato il proprio consenso, che è revocabile in ogni momento.

[10]   Ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri).

[11]   Il Codice ha operato un riassetto sistematico delle disposizioni in materia di attività digitale delle pubbliche amministrazioni, con l’intento di offrire un quadro legislativo adeguato a promuovere e disciplinare la diffusione dell’utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione non solo nelle pubbliche amministrazioni, ma anche tra cittadini e imprese.

[12]   Determinazione dei requisiti tecnici sulle case di cura private.

[13]   Atto di indirizzo e coordinamento dell'attività amministrativa delle regioni in materia di requisiti delle case di cura private.

[14]   Ai sensi del comma 1 sono realizzabili mediante DIA gli interventi non riconducibili all'elenco di cui all'art. 6 e all’art. 10 recanti, rispettivamente, le fattispecie di attività edilizia libera e quelle con il permesso di costruire.

[15]   Si tenga peraltro presente che l'art. 4 del DL 398/1993 è stato espressamente abrogato dall'art. 136 del T.U., sicché gli interventi ivi previsti, come assoggettati a DIA, rientrano ora nella categoria residuale degli interventi che non costituiscono né nuove costruzioni, né attività edilizie libere, a norma dell'art. 22, comma 1, T.U., ove non superino la soglia della rilevante trasformazione urbanistico-edilizia, oltre la quale rientrerebbero nell'ambito delle nuove costruzioni, assoggettate a permesso di costruire.

[16]   Sono considerate zone territoriali omogenee A ai sensi dell’art. 2 del DM 1444/1968 “le parti del territorio interessate da agglomerati urbani che rivestono carattere storico, artistico o di particolare pregio ambientale o da porzioni di essi, comprese le aree circostanti, che possono considerarsi parte integrante, per tali caratteristiche, degli agglomerati stessi”.

[17]   L’indice di permeabilità (IP) esprime il rapporto minimo ammissibile tra la Superficie permeabile (SP) e la Superficie territoriale (ST) o fondiaria (SF), che deve essere conservata o resa permeabile in modo profondo alle acque, secondo le prescrizioni del Piano regolatore generale (PRG).

[18]   “Attuazione della direttiva 2006/32/CE relativa all'efficienza degli usi finali dell'energia e i servizi energetici e abrogazione della direttiva 93/76/CEE”.

[19]   L’elenco è disponibile all’indirizzo www.bosettiegatti.com/info/norme/statali/1982_dm1602.htm.

[20]   Cfr. Ministero dell’Interno, Circolare 5 Maggio 1998 n. 9 (Prot. n. P796/4101 sott. 72/E), D.P.R. 12 gennaio 1998, n. 37.- Regolamento per la disciplina dei provvedimenti relativi alla prevenzione incendi - Chiarimenti applicativi.

[21]   D.M. interno 4 maggio 1998, Disposizioni relative alle modalità di presentazione ed al contenuto delle domande per l'avvio di procedimenti di prevenzione incendi, nonché all'uniformità dei connessi servizi resi dai Comandi provinciali dei vigili del fuoco.

[22]   In realtà nella prassi vi è una convergenza delle procedure, almeno relativamente ad alcuni tipi di attività. Ad esempio, per l’attivazione di locali di spettacolo o intrattenimento, “i due documenti restano formalmente distinti, ma la sostanza delle verifiche che stanno alla base di entrambi finisce per coincidere” (A. Manzione, La licenza di agibilità ed il certificato di prevenzione incendi: aspetti interessanti l’attività di polizia amministrativa ed i controlli della P.M., in “Atti del Convegno nazionale di polizia locale” 2005, disponibile all’indirizzo http://www.lexambiente.it/acrobat/Manzione_17m.pdf).

[23]   Si tenga peraltro presente che l'art. 4 del DL 398/1993 è stato espressamente abrogato dall'art. 136 del TU, sicché gli interventi ivi previsti, come assoggettati a DIA, rientrano ora nella categoria residuale degli interventi che non costituiscono né nuove costruzioni, né attività edilizie libere, a norma dell'art. 22, comma 1, TU, ove non superino la soglia della rilevante trasformazione urbanistico-edilizia, oltre la quale rientrerebbero nell'ambito delle nuove costruzioni, assoggettate a permesso di costruire.

[24]   Alla stregua della previgente giurisprudenza, la concessione edilizia era necessaria per la recinzione di un fondo rustico, se realizzata con opere edilizie permanenti; non lo era invece nel caso di semplice recinzione con paletti conficcati nel terreno o di ogni altro manufatto che, per le sue caratteristiche di precaria installazione, avesse insita in sé la caratteristica della precaria installazione (Cons. Stato 3320 del 15 giugno 2000). Allo stesso modo, l'installazione di un cancello, non comportando trasformazione edilizia ed urbanistica del territorio, non richiedeva il rilascio della concessione edilizia, ma la semplice autorizzazione (Cons. Stato 720 del 12 maggio 1999).

[25]   Occorre tuttavia precisare che le opere pertinenziali - per le quali è sufficiente la DIA - sono solo quelle non assoggettate a permesso di costruire dall'art. 3, lett. e.6) del TU. Analogamente le demolizioni senza successiva ricostruzione o le demolizioni con ricostruzione dell'edificio - nel rispetto dei limiti dell’art. 3, comma 1, lett. d) - sono assoggettate a DIA e non a permesso di costruire. La DIA occorre invece per il reinterro o gli scavi, che non riguardino la coltivazione di cave o torbiere. Le occupazioni di suolo mediante deposito di materiali o esposizione di merci a cielo libero sono assoggettate a DIA, a condizione che non determinino la realizzazione di deposito di merci o materiali cui consegua la trasformazione permanente del suolo inedificato perché, in tal caso, ricadrebbero nella previsione di cui all'art. 3, lett. e.7).

[26]   Anche se ai sensi dell’art. 27, comma 2, alla DIA non sono applicabili le sanzioni penali previste dall’art. 44 dello stesso TU ma solo quelle amministrative dell’art. 37 (mentre alla superDIA sono applicabili le sanzioni penali ai sensi dell’art. 44, comma 2-bis) il reato che la più recente giurisprudenza (Cassazione penale sentenza 1818/2009) – dopo alcune pronunce contrastanti – ritiene configurabile è quello di falsità ideologica in certificati commessa da persona esercente un servizio di pubblica necessità. La pena per la falsa certificazione è la reclusione fino a un anno o la multa da euro 51 a euro 516, se il reato è commesso a fine di lucro, la pena detentiva e quella pecuniaria si applicano congiuntamente. È prevista anche la pena accessoria dell’interdizione dalla professione da un minimo di un mese a un massimo di 5 anni. http://www.ambientediritto.it/sentenze/2009/Cassazione/Cassazione_2009_n._1818.htm.

[27]   Per quanto riguarda gli “interventi di nuova costruzione”, definiti dall'art. 3, comma 1, lett. e), del TU, la disciplina risultante dal combinato disposto delle lett. b) e c) dell'art. 22, comma 2, del TU - così come novellato dal DLgs 301/2002 - comporta che quando il piano regolatore prescriva la mediazione di piani attuativi, di lottizzazione o di altri strumenti esecutivi, l'esecuzione degli interventi di nuova costruzione, mediante superDIA, può avvenire solo con l’approvazione di tali strumenti, che definiscano gli interventi sotto il profilo planovolumetrico, tipologico e costruttivo.

[28]   D.L. 21 marzo 1978 n. 59, “Norme penali e processuali per la prevenzione e la repressione di gravi reati”.

[29]   “Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero.

[30] Legge 6 marzo 1998, n. 40, Disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero.

[31] Legge 30 luglio 2002, n. 189, Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo.

[32]Legge 15 luglio 2009, n. 94, Disposizioni in materia di sicurezza pubblica.

[33]   “Testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali”.

[34]   Ratificato dalla L. 29 novembre 1992, n. 2388.

[35]   Tali artisti sono: artisti lirici; attori di prosa, operetta, rivista, varietà ed attrazioni, cantanti di musica leggera, presentatori, disc-jockey ed animatori in strutture ricettive connesse all'attività turistica; attori generici cinematografici, attori di doppiaggio cinematografico; registi e sceneggiatori teatrali e cinematografici, aiuti-registi, dialoghisti ed adattatori cinetelevisivi; organizzatori generali, direttori, ispettori, segretari di produzione cinematografica, cassieri, segretari di edizione; direttori di scena e doppiaggio; direttori d'orchestra e sostituti; concertisti e professori d'orchestra, orchestrali e bandisti; tersicorei, coristi, ballerini, figuranti, indossatori e tecnici addetti alle manifestazioni di moda; amministratori di formazioni artistiche; tecnici del montaggio, del suono, dello sviluppo e stampa; operatori di ripresa cinematografica e televisiva, aiuto operatori e maestranze cinematografiche, teatrali e radio televisive; arredatori, architetti, scenografi, figurinisti teatrali e cinematografici; truccatori e parrucchieri.

[36]   Tale certificato ha la finalità di tutelare i lavoratori iscritti all'ENPALS. Rilasciato dall'ENPALS stesso, previo accertamento della regolarità degli adempimenti contributivi, o a seguito di presentazione di idonee garanzie, è il documento che attesta che il datore di lavoro può svolgere attività lavorativa con i lavoratori ingaggiati, nel periodo di tempo e con la retribuzione indicati, autorizzando l'impresa a far agire nei locali di proprietà i lavoratori dello spettacolo artisti e tecnici.

[37]   Ai sensi dell’articolo 10 della L. 689/1981, l'entità della sanzione non può essere inferiore a euro 10

[38]   “Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria”.

[39]   Le conclusioni della Presidenza, rese al suo termine, così recitano: “Il Consiglio europeo sottolinea che la riduzione degli oneri amministrativi costituisce una misura importante per stimolare l'economia europea, specialmente attraverso il suo impatto sulle piccole e medie imprese. È necessario un forte sforzo congiunto per ridurre in maniera significativa gli oneri amministrativi all'interno dell'Unione europea. Il Consiglio europeo concorda pertanto sulla necessità di ridurre del 25 per cento entro il 2012 gli oneri amministrativi derivanti dalla legislazione dell'Unione europea. Tenendo conto delle diverse posizioni iniziali e tradizioni, il Consiglio europeo invita gli Stati membri a fissare i loro obiettivi nazionali con livello di ambizione comparabile nei rispettivi ambiti di competenza entro il 2008”.

[40]   Comunicato pubblicato sul sito del Formez, www.formez.it, nell’area tematica della semplificazione.

[41]   L’istituzione dell’Unità per la semplificazione è stata prevista dall’articolo 1, comma 22-bis, del decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2006, n. 233. L’Unità è presieduta dal Ministro per la semplificazione normativa; ne fa parte il capo del dipartimento per gli affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio dei Ministri; i componenti (fino ad un massimo di 20) sono scelti tra professori universitari, magistrati amministrativi, contabili ed ordinari, avvocati dello Stato, funzionari parlamentari, avvocati del libero foro con almeno quindici anni di iscrizione all'albo professionale, dirigenti delle amministrazioni pubbliche ed esperti di elevata professionalità.

      L’Unità fornisce supporto generale al Comitato interministeriale per l’indirizzo e la guida strategica delle politiche di semplificazione e di qualità della regolazione e istruisce annualmente il Piano di azione per la semplificazione e la qualità della regolazione, che individua gli obiettivi, le azioni necessarie al loro conseguimento, i tempi di attuazione e i soggetti responsabili, al fine di ricondurre gli interventi di miglioramento della regolazione a un quadro unitario e condiviso.

[42]   L’articolo 20 della legge n. 59/1997, si ricorda, prevede la presentazione del Governo al Parlamento del disegno di legge annuale per la semplificazione e il riassetto normativo, che a sua volta demanda normalmente la disciplina delle diverse materie a decreti legislativi e regolamenti di delegificazione.

[43]   L. 24 dicembre 1954, n. 1228, Ordinamento delle anagrafi della popolazione residente.

[44]   D.P.R. 30 maggio 1989, n. 223, Approvazione del nuovo regolamento anagrafico della popolazione residente.

[45]   In tal senso si vuole far riferimento alle disposizioni legislative e regolamentari contenute, rispettivamente, nel D.Lgs. 28 dicembre 2000, n. 443 e nel D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 444.

[46]   D.Lgs. 7 marzo 2005 n. 82, Codice dell'amministrazione digitale.

[47]   D.M. Interno 13 ottobre 2005 n. 240, Regolamento di gestione dell'Indice Nazionale delle Anagrafi (INA).

[48]   D.L. 25 giugno 2008, n. 112, Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2008, n. 133.

[49]   Proroga di termini previsti da disposizioni legislative.

[50]   “Disposizioni urgenti per l’attuazione di obblighi comunitari e per l’esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee.

[51]   “Norme sui passaporti”.

[52]    L’art. 17, comma 2, della legge 400/1988 disciplina i regolamenti di delegificazione, prevedendo che con “Con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio di Stato, sono emanati i regolamenti per la disciplina delle materie, non coperte da riserva assoluta di legge prevista dalla Costituzione, per le quali le leggi della Repubblica, autorizzando l'esercizio della potestà regolamentare del Governo, determinano le norme generali regolatrici della materia e dispongono l'abrogazione delle norme vigenti, con effetto dall'entrata in vigore delle norme regolamentari”.

[53]   Disposizioni relative all'anagrafe tributaria e al codice fiscale dei contribuenti.

[54]   D.L. 30 settembre 2003, n. 269, Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 24 novembre 2003, n. 326.

[55]   Decreto del Presidente della Repubblica 26 marzo 2008, Attuazione dell'articolo 1, comma 810, lettera c), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, in materia di regole tecniche e trasmissione dati di natura sanitaria, nell'ambito del Sistema pubblico di connettività.

[56]   Cfr. Ragioneria generale dello Stato, Spesa sociale, Il Progetto Tessera sanitaria.

[57]   Ulteriori informazioni sono disponibili su http://governo.it/GovernoInforma/Dossier/piano_e_gov_2012/.

[58]Nella stessa occasione erano stati presentati anche: il Progetto “Innova Scuola” (per la realizzazione di strumenti per la creazione e fruizione in rete di contenuti didattici digitali, lo sviluppo di contenuti didattici fruibili on-line, il potenziamento della dotazione informatica delle scuole); il Progetto “Anagrafe scolastica nazionale (aggiornamento dell’anagrafe); il Progetto “La rete delle scuole” (per connettere le scuole al sistema pubblico di connettività (SPC). Inoltre, si era data notizia dell’avvio del progetto di diffusione delle lavagne interattive e del fatto che l’Agenzia Nazionale per lo Sviluppo dell’Autonomia Scolastica avrebbe organizzato un percorso di formazione rivolto a 24.000 docenti di tutte le discipline per la progettazione di attività didattiche con l’uso della LIM e delle risorse digitali in rete. http://www.governo.it/GovernoInforma/Dossier/scuola_moderna/index.html.

Il 30 ottobre 2008 è stato, quindi, siglato un protocollo di intesa tra il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione e il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca.

Il 25 settembre 2009 i due Ministri hanno poi illustrato, nel corso di una conferenza stampa a Palazzo Chigi, gli interventi, già in atto o da attuare, finalizzati all’innovazione digitale della scuola. In tale circostanza si è evidenziato, quanto alle iniziative del MIUR:

-     che il Progetto "La scuola digitale" si articola in due fasi. La prima, proposta a gennaio 2009 e già operativa, prevede l'introduzione delle lavagne interattive multimediali (LIM); la seconda, denominata Cl@ssi2.0, ha come obiettivo l'utilizzo delle ICT nelle scuole e  coinvolge la scuola secondaria di I grado. Sono state selezionate 156 scuole, entreranno in formazione 1.404 insegnanti di tutte le discipline e 3.526 studenti delle classi prime. Il progetto coinvolge 19 Università e l’Agenzia Scuola.

-     Quanto al progetto LIM, sono state installate 7.697 LIM che si uniscono alle 3.300 LIM fornite dal Dipartimento per la digitalizzazione della pubblica amministrazione e l'innovazione tecnologica. Inoltre, sono iniziati i corsi di formazione che dureranno per tutto l'anno scolastico coinvolgendo circa 30.000 docenti.

Quanto alle iniziative dei due dicasteri, oltre il progetto Servizi scuola-famiglia via web, sono stati presentati:

-        il progetto “Compagno di classe”, volto afavorire l’adozione da parte degli studenti delle scuole medie di un mini PC portatile come supporto alla didattica;

-        l’aggiornamento del portale Innovascuola, dal quale le scuole possono scaricare materiali digitali per la didattica;

-        l’istituzione di un Premio per i migliori contenuti digitali prodotti dalle scuole, anche in collaborazione con l’Università (informazioni sul premio bandito il 1 febbraio 2010: http://www.premioscuolainnovazione.it/bando/);

-        la firma di protocolli di intesa con realtà imprenditoriali ai fini dello sviluppo di soluzioni tecnologiche, della formazione degli insegnanti, della messa a disposizione degli studenti di strumenti di telecomunicazione quali chiavette e Netbook. http://www.governo.it/GovernoInforma/Dossier/scuola_digitale/.

Si ricorda, infine, che, ai sensi dell’art. 15 del D.L. 112/2008, a partire dall’a.s. 2008/2009 deve essere data la preferenza, nelle scelte dei docenti, a libri di testo disponibili, in tutto o in parte, nella rete internet. Questa diventa la regola entro l’a.s. 2011/2012.

[59] Ai sensi dell’art. 1, comma 1, della L. 10 marzo 2000, n. 62, Norme per la parità scolastica e disposizioni sul diritto allo studio e all'istruzione, le scuole paritarie private e degli enti locali sono elementi costitutivi del sistema nazionale di istruzione, accanto alle scuole statali.

 

[60]   http://www.governo.it/GovernoInforma/Dossier/universita_digitale/.

[61] http://www.innovazionepa.gov.it/dit/ita/Dipartimento/notizie/2009/11_novembre/20091118_graduatorie_univdigitale_afam.shtml. Un’indagine sulla diffusione del wireless nell’università italiana era stata condotta dalla Fondazione della Conferenza dei rettori delle università italiane a seguito di una convenzione stipulata con il Dipartimento per l’Innovazione e le Tecnologie della Presidenza del Consiglio dei Ministri (marzo 2008) http://www.ict4university.gov.it/media/1346/reportwifi.pdf.

[62]Per connettività, ai sensi dell’art. 7 dell’art. 72 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, Codice dell’amministrazione digitale, si intende l’insieme dei servizi di trasporto di dati e di interoperabilità di base. Ai sensi dell’art. 73, il sistema pubblico di connettività(SPC) è finalizzato ad assicurare il coordinamento informativo e informatico dei dati tra le amministrazioni centrali, regionali e locali e promuovere l’omogeneità nella elaborazione e trasmissione dei dati stessi.

[63] D.P.R. 29 settembre 1973 n. 605, Disposizioni relative all'anagrafe tributaria e al codice fiscale dei contribuenti.

[64]   http://www.registroaee.it.

[65]   Le fasce di peso sono indicate dal precedente comma 3.

[66]   “Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”.

[67]   Si veda, per una completa disamina delle posizioni dottrinarie, Commentario alla Costituzione, di Bifulco-Celotto-Olivetti, Utet, pagg. 1083 ss.

[68]   Regolamento di semplificazione del procedimento relativo al giuramento di fedeltà dei dipendenti dello Stato non contrattualizzati.

[69]   Cfr. per tutti Ventura, Giuramento nel diritto costituzionale, in Noviss. Dig. It., VII, Torino, 1991, 304.

[70]   La stessa norma precisa che per amministrazioni pubbliche si debbono intendere tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300.

[71]   Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini.

[72]   Proroga di termini previsti da disposizioni legislative.

[73]   Il comma 8-septies dispone, infatti, l’abrogazione dei commi 3, 5, 7, 8, primo e terzo periodo, e 9 dell'art. 17 del D.L. 78/2009, concernenti il processo di razionalizzazione e riordino degli enti pubblici non economici.

[74]    D.L. 30 dicembre 2008, n. 207, “Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni finanziarie urgenti”, convertito in legge, con modificazioni, dall’articolo 1, L. 27 febbraio 2009, n. 14.

[75]   “Misure urgenti per lo snellimento dell'attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo”.

[76]   L’art. 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165/2001 chiarisce che per amministrazioni pubbliche debbono intendersi tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l’ARAN e le Agenzie istituite dal D.Lgs. 300 del 1999 (Agenzia industrie difesa; Agenzia per le normative e i controlli tecnici; Agenzia per la proprietà industriale; Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici; Agenzia dei rapporti terrestri e delle infrastrutture; Agenzia per la formazione e l’istruzione professionale; Agenzie fiscali (entrate, dogane, territorio, demanio).

[77] Disciplina della posizione giuridica ed economica dei dipendenti statali autorizzati ad assumere un impiego presso Enti od organismi internazionali o ad esercitare funzioni presso Stati esteri.

 

[78] Disposizioni per il riordino della dirigenza statale e per favorire lo scambio di esperienze e l'interazione tra pubblico e privato.