Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento giustizia
Titolo: Ulteriori disposizioni integrative e correttive al codice del processo amministrativo, di cui al decreto legislativo - 2 luglio 2010, n. 104 - Schema di D.Lgs. n. 499 (art. 44, co. 4, L.18 giugno 2009, n. 69) Elementi per l'istruttoria normativa
Serie: Atti del Governo    Numero: 442
Data: 10/09/2012
Descrittori:
CODICE E CODIFICAZIONI   DL 2010 0104
L 2009 0069   PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO

 

10 settembre 2012

 

n. 442/0

 

 

Ulteriori disposizioni integrative e correttive al codice del processo amministrativo, di cui al decreto legislativo
2 luglio 2010, n. 104

Schema di D.Lgs. n. 499
(art. 44, co. 4, L.18 giugno 2009, n. 69)

Elementi per l’istruttoria normativa

 

Numero dello schema di decreto legislativo

499

Titolo

Schema di decreto legislativo recante ulteriori disposizioni integrative e correttive al codice del processo amministrativo, di cui al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104

Norma di delega

art. 44, co. 4, L.18 giugno 2009, n. 69

Numero di articoli

 

Date:

 

presentazione

30 luglio 2012

assegnazione

30 luglio 2012

termine per l’espressione del parere

13 settembre 2012

termine per l’esercizio della delega

16 settembre 2012

Commissione competente

II giustizia

Rilievi di altre Commissioni

V bilancio

 

 


La delega

Il D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104 (Codice del processo amministrativo) ha dato attuazione alla delega al Governo (art. 44 della legge 69/2009) per il complessivo riassetto della disciplina del processo amministrativo. La stessa norma di delega ha previsto che, entro due anni dalla data di entrata in vigore del decreto attuativo (quindi, entro il 16 settembre 2012), possano essere apportate le correzioni e integrazioni che l’applicazione pratica renda necessarie od opportune, con lo stesso procedimento e in base ai medesimi princìpi e criteri direttivi previsti per l’emanazione degli originari decreti.

La norma di delega prevede dunque il seguente procedimento:

§          proposta del Presidente del Consiglio dei ministri;

§          parere del Consiglio di Stato. Peraltro, la disposizione prevede che se il Governo nell’attuazione della delega intende avvalersi della facoltà di commissionare al Consiglio di Stato la formulazione degli schemi di decreto (possibilità prevista dall’art. 14 del TU sul Consiglio di Stato), non sarà necessario ricorrere al parere dello stesso organo. In tal caso il Consiglio di Stato può utilizzare, al fine della stesura dell’articolato normativo, magistrati di tribunale amministrativo regionale, esperti esterni e rappresentanti del libero foro e dell’Avvocatura generale dello Stato, i quali prestano la propria attività a titolo gratuito e senza diritto al rimborso delle spese;

§          parere delle competenti Commissioni parlamentari da rendersi entro 45 giorni dalla trasmissione dello schema di decreto legislativo. Decorso invano tale termine, i decreti possono essere emanati anche senza i predetti pareri.

Dopo un primo intervento correttivo attuato con il D.Lgs. n. 195 del 2011, lo schema di decreto in esame (AG 499) interviene nuovamente sul Codice con alcune modifiche volte – come precisa la relazione – «a rendere più funzionali alcuni istituti processuali, ovvero ad adeguarli alle indicazioni fornite dalla Corte costituzionale». Il secondo intervento correttivo dà poi occasione al Governo di apportare alcune correzioni formali al testo e di introdurre norme di adeguamento della disciplina vigente. Anche questo correttivo è stato predisposto – analogamente al progetto di codice del processo amministrativo – da una Commissione istituita dal Consiglio di Stato.

Il termine per il parere della Commissione giustizia sul provvedimento è fissato al 13 settembre 2012.

 

Il contenuto dello schema di D. Lgs.

Lo schema di decreto legislativo è composto da due soli articoli che intervengono sul D.Lgs n. 104/2010 (d’ora in poi “Codice”) e sulle sue norme di coordinamento ed attuazione. In particolare, lo schema:

§         introduce modifiche alla disciplina della competenza territoriale;

§         promuove l’effettività del principio di chiarezza degli atti del processo nonché la specificità dei motivi del ricorso al giudice;

§         adegua il meccanismo di composizione dei collegi deliberanti del Tar per garantire l’effettiva collegialità del giudizio amministrativo;

§         modifica alcuni termini del processo nonché il regime applicabile ai mezzi di impugnazione;

§         chiarisce il rapporto tra sezioni semplici ed Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato;

§         adegua alla recente giurisprudenza costituzionale la disciplina sui ricorsi al Tar in materia di contenzioso elettorale e quelli avverso l’irrogazione di sanzioni da parte della Consob.

 

L’articolo 1 dello schema di decreto correttivo è composto da ben 20 lettere (dalla lett. a) alla lett. v)).

 

Le lettere a) b) e c) novellano la disciplina della competenza territoriale (capo IV) modificando l’art. 13 e riformulando gli artt. 15 e 16 del Codice. In particolare, la lettera a) trasferisce nel comma 4 dell’articolo 13 del Codice il contenuto del comma 1 dell’art. 16, ovvero la regola generale dell’inderogabilità della competenza territoriale e funzionale del Tar anche in ordine alle misure cautelari, regola che ha costituito una delle novità principali del nuovo Codice del processo amministrativo introdotto nel 2010. Finalità della previsione è quella di contrastare il fenomeno delle cd “migrazioni cautelari” del ricorrente alla ricerca della sede del Tar che si prevede possa accogliere una sospensiva cautelare. Complementare a tale disposizione è il nuovo comma 4-bis introdotto nell’art. 13, che chiarisce come la competenza territoriale da cui deriva l’interesse ad agire in giudizio attrae a sé anche quella sui relativi provvedimenti endoprocessuali, come quelli cautelari. Viene confermato, quindi, che sulla sospensiva può pronunciarsi solo il giudice adito per il ricorso principale, ove si ritenga competente.

 

La lettera b) sostituisce l’articolo 15 del Codice, disciplinandovi esclusivamente il rilievo dell’incompetenza (la disciplina del regolamento di competenza è trasferita all’art. 16 del Codice). La disposizione introduce, in particolare, specifiche preclusioni alla proposizione dell’eccezione di incompetenza. Le novità sostanziali sono le seguenti:

§       il giudice adito potrà sollevare d’ufficio la questione di competenza solo fino al momento in cui il giudizio è deciso in primo grado (comma 1). Si intende così evitare che difetti di competenza possano essere eccepiti in una fase avanzata del processo se non addirittura a conclusione del giudizio di merito;

§       anche in assenza di domanda cautelare (la cui decisione comporta sempre una preventiva verifica della competenza), le parti possono richiedere al Tar una verifica della competenza (attualmente, ex art. 15, comma 5, tale verifica è possibile, d’ufficio, solo se è chiesta una misura cautelare) entro il termine per la costituzione in giudizio (comma 3). In tal caso, il presidente del collegio fissa una immediata camera di consiglio per l’adozione dell’ordinanza che decide sulla competenza; se la parte riassume la causa davanti al giudice che l’ordinanza ha individuato come competente non può più proporre regolamento di competenza davanti al Consiglio di Stato (comma 4);

§       il comma 5 prevede le ipotesi di impugnazione dell’ordinanza mediante proposizione del regolamento di competenza, sia d’ufficio (da parte del giudice dichiarato come competente) che ad opera delle parti;

§       i successivi commi da 6 a 9 disciplinano le vicende delle eventuali domande cautelari in pendenza del regolamento di competenza o successivamente, senza tuttavia introdurre modifiche all’attuale normativa. Sarà, ad esempio, possibile - per evitare vuoti di tutela - che il Tar individuato come competente dall’ordinanza del Tar adito possa pronunciarsi sulla domanda cautelare in pendenza del regolamento di competenza (art. 15, comma 6), ferma restando la perdita di efficacia dei provvedimenti cautelari decorsi 30 giorni dall’ordinanza del Consiglio di Stato che regola diversamente la competenza.

 

La lettera c) sostituisce l’articolo 16 del Codice disciplinando il regolamento di competenza così da adeguare la procedura alle modifiche introdotte all’art. 15. In particolare, la nuova disciplina detta alle parti specifici termini per proporre il regolamento di competenza davanti al Consiglio di Stato, decorrenti dall’ordinanza che decide sulla competenza: l’istanza di regolamento va, infatti, notificata alle altre parti entro 30 gg. dalla notificazione dell’ordinanza (ovvero 60 gg. dalla sua pubblicazione) nonché depositata, con gli atti ritenuti utili alla decisione, entro 15 gg. (dalla stessa notificazione dell’ordinanza) presso la segreteria del Consiglio di Stato; è espunto dal nuovo testo dell’art. 16 il riferimento (attualmente contenuto al comma 6 dell’art. 15) al possibile deposito di memorie e documenti nonché all’ascolto dei difensori (che ne facciano richiesta) fino a due giorni liberi prima della camera di consiglio. Viene, poi, precisato come i Tar siano vincolati non solo dall’ordinanza del Consiglio di Stato sul regolamento di competenza ma anche dall’analoga ordinanza pronunciata (a seguito di difetto di competenza del giudice di primo grado rilevato d’ufficio) dal Consiglio di Stato in sede di appello cautelare, ai sensi dell’art. 62, comma 4, del Codice.

A seguito delle modifiche non risulta più espressamente prevista la possibilità per le parti di proporre direttamente il regolamento di competenza al Consiglio di Stato (vigente art. 15, comma 2). Risulterebbe pertanto che, a seguito dello schema di decreto correttivo, il regolamento possa essere chiesto solo a valle di una pronuncia del TAR:

§         dalle parti a seguito dell’ordinanza del Tar che si pronuncia sulla competenza;

§         dal Tar davanti a cui è riassunto il giudizio a seguito dell’ordinanza del primo Tar adito che si è dichiarato incompetente.

La sostituzione dell’articolo 15 potrebbe rendere opportuno, con finalità di coordinamento, anche un intervento sull’art. 71 del Codice (Fissazione dell’udienza) che, al comma 4, richiama la «pendenza del termine di cui all’articolo 15, comma 2». La nuova formulazione dell’art. 15, comma 2, non individua alcun termine.

 

La lettera d) interviene sull’articolo 26 del Codice in base al quale il giudice, quando emette una decisione, deve provvedere anche sulle spese del giudizio, secondo gli articoli 91, 92, 93, 94, 96 e 97 del codice di procedura civile. L’art. 26 è modificato dal correttivo prevedendo che la decisione sulle spese deve essere presa tenendo conto dell'obbligo che le parti hanno di redigere atti sintetici e chiari (articolo 3, comma 2 del codice). Atti troppo prolissi o redatti in maniera poco chiara da parte degli avvocati costituiscono, quindi, elemento di valutazione del giudice nella decisione sulle spese processuali.

 

La lettera e) integra il contenuto dell'articolo 34 del Codice, precisando i limiti dell’azione di condanna al rilascio di un provvedimento richiesto. L’azione deve, infatti, essere proposta contestualmente all'azione di annullamento del provvedimento di diniego o all'azione avverso il silenzio. Quindi nell'atto di ricorso contro l'inerzia della pubblica amministrazione o contro un provvedimento che respinge una istanza si deve inserire la domanda di condanna specifica dell'amministrazione resistente. A seguito del richiamo dell'articolo 31 del Codice, il giudice potrà pronunciare sulla fondatezza dell’azione solo quando si tratta di attività vincolata della PA o quando risulta che non residuano ulteriori margini di esercizio della discrezionalità e non sono necessari adempimenti istruttori che debbano essere compiuti dall’amministrazione.

 

La lettera f) sostituisce l’articolo 40 del Codice in tema di contenuto del ricorso. La formulazione proposta, rispetto all’attuale, rende chiaro che le singole parti del ricorso al TAR debbano essere indicate distintamente. E’, in particolare, aggiunto all’art. 40 un comma 2 che precisa come la mancata specificazione dei motivi del ricorso rende questi inammissibili.

 

Le lettere g) ed h) si limitano a coordinare il contenuto degli articoli 55 (Misure cautelari collegiali) e 62 (Appello cautelare) del Codice con il mutato ordine dei commi dell’art. 15 (Rilievo dell’incompetenza), riformulato dall’art. 1, lett. b) del decreto correttivo in esame.

 

La modifica di cui alla lettera i) intende rendere effettivo il principio di collegialità realizzando pienamente il criterio di rotazione nei collegi di tutti i componenti del Tar. Viene, infatti, novellato l’articolo 76, comma 4, del Codice con il richiamo al terzo comma (anziché al quarto) dell’art. 114 delle disposizioni di attuazione al c.p.c., norma che prevede che, al principio di ogni trimestre, il presidente del tribunale determini con decreto la composizione del collegio giudicante per ogni udienza di discussione. Il rinvio al quarto comma dell’art. 114 impone attualmente, ove all’udienza siano chiamati giudici in numero superiore a quello stabilito, la costante presenza del presidente di sezione e del magistrato più anziano (in pratica, l’unico componente del collegio a ruotare è il relatore). E’ inoltre introdotto nello stesso art. 76 l’obbligo per il presidente del Tar di fissare annualmente, con decreto, i criteri oggettivi per la composizione dei collegi.

 

La lettera l) modifica l’articolo 85, comma 8, del Codice prevedendo l’adozione del rito camerale per il giudizio di appello sull’ordinanza del Tar che pronuncia sull’opposizione al decreto che dichiara estinto il giudizio o improcedibile il ricorso[1]; in particolare, quindi, tutti i termini sono dimezzati.

 

La lettera m) modifica l’articolo 96, comma 5, del Codice, allungando a 30 giorni (dagli attuali 10) il termine entro il quale deve essere depositato il ricorso relativo all’impugnazione incidentale tardiva di cui all’art. 334 c.p.c.. La disciplina in oggetto, come rilevato dalla relazione di accompagnamento, viene così allineata a quella generale sui termini di deposito previsti dal Codice.

 

La novella all’articolo 98 dettata dalla lettera n) estende alla fase cautelare d’appello davanti al Consiglio di Stato la disciplina del procedimento cautelare di primo grado.

 

La successiva lettera o) integra la formulazione del comma 1 dell’articolo 99 del Codice. La norma è relativa al possibile deferimento all’Adunanza Plenaria da parte della sezione cui è assegnato il ricorso in presenza di una questione di diritto che ha dato luogo o possa dare luogo a contrasti giurisprudenziali. Viene aggiunto un periodo al comma 1 con cui si prevede che l’Adunanza Plenaria - se ne valuta l’opportunità (evidentemente in disaccordo con la valutazione della sezione sulla necessità di una sua pronuncia) - possa restituire gli atti alla sezione per la pronuncia di quest’ultima.

 

Sempre in riferimento alla fase di appello davanti al Consiglio di Stato, la lettera p) modifica l’articolo 105 del Codice, relativo alla possibile rimessione della causa al primo giudice. Mentre la modifica al comma 1 ha natura di coordinamento del testo, la riformulazione del comma 3 determina l’obbligo per le parti di riassunzione del processo davanti al primo giudice con ricorso nel termine perentorio di 90 giorni dalla notificazione della sentenza o dell’ordinanza ovvero, se anteriore, dalla loro comunicazione. Il vigente comma 3 - in ogni caso in cui il Consiglio di Stato annulla la sentenza o l’ordinanza con rinvio della causa al giudice di primo grado – prevede, per ragioni d’urgenza, la possibile deroga al criterio cronologico nella fissazione delle udienze di trattazione dei ricorsi.

 

Con la novella all’articolo 111, comma 1, introdotta dalla lettera q) viene stabilito l’obbligo di trasmissione alla cancelleria della Corte di cassazione della copia dell’ordinanza del Consiglio di Stato, che, in caso di eccezionale gravità ed urgenza, sospende gli effetti della sentenza impugnata disponendo le altre opportune misure cautelari.

 

Altre modifiche riguardano singoli procedimenti. In particolare, la lettera r) interviene sull’articolo 119, comma 1 del Codice per sostituire la lett. e), chiarendo che la disciplina del rito abbreviato (con dimezzamento dei termini processuali) si riferisce ai giudizi aventi ad oggetto le controversie relative ai provvedimenti di scioglimento di “organi” degli enti locali. Si tratta di un intervento di carattere formale dal momento che attualmente la disposizione fa genericamente riferimento allo scioglimento degli enti locali.

 

Le modifiche all’articolo 129 del Codice introdotte dalla lettera s) riguardano i contenziosi in materia elettorale e si sono rese necessarie per «adeguare la disciplina ai principi espressi dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 236 del 2010» (cfr. relazione illustrativa).

Va ricordato che il rito avverso gli atti del procedimento elettorale preparatorio è stato introdotto ex novo dal Codice in attuazione della legge delega n. 69/2009 (art. 44, comma 2, lett. d). L’art. 129 del Codice, tuttavia, ha limitato la possibilità di impugnazione immediata agli atti di esclusione delle liste e dei candidati con esclusivo riferimento alle elezioni regionali provinciali e comunali e con legittimazione attiva limitata ai soli delegati delle liste e dei gruppi di candidati esclusi. In tutti gli altri casi, ogni provvedimento amministrativo, anche preparatorio, per le citate elezioni è impugnabile solo a conclusione del procedimento elettorale, unitamente all’atto di proclamazione degli eletti.

Con la sentenza 7 luglio 2010, n. 236, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale parziale dell’art. 83-undecies del DPR n. 570/1960 (Testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali). Tale disposizione, ora non più in vigore – rifacendosi ad una nota decisione dell’adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (24 settembre 2005, n. 10) – escludeva l’autonoma impugnabilità degli atti endoprocedimentali concernenti le operazioni elettorali. L’art. 83-undecies, infatti, stabiliva che contro le operazioni per l'elezione dei consiglieri comunali, successive alla emanazione del decreto di convocazione dei comizi, qualsiasi cittadino elettore del Comune, o chiunque altro vi abbia diretto interesse, potesse proporre impugnativa davanti alla sezione per il contenzioso elettorale, con ricorso da depositare nella segreteria entro 30 giorni dalla proclamazione degli eletti.

La sentenza della Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 83-undecies nella parte in cui è esclusa la possibilità di un’autonoma impugnativa degli atti del procedimento preparatorio alle elezioni, ancorché immediatamente lesivi, anteriormente alla proclamazione degli eletti. Secondo la Consulta, infatti, «la posticipazione dell’impugnabilità degli atti di esclusione di liste o candidati ad un momento successivo allo svolgimento delle elezioni preclude la possibilità di una tutela giurisdizionale efficace e tempestiva delle situazioni soggettive immediatamente lese dai predetti atti, con conseguente violazione degli artt. 24 e 113 Cost».

L’intervento dello schema di decreto correttivo sull’art. 129, conformandosi al citato dettato costituzionale del 2010, permette al ricorrente di impugnare subito tutti gli atti “immediatamente lesivi” del diritto a partecipare al procedimento elettorale preparatorio (non solo come attualmente, gli atti concernenti l’esclusione di liste o candidati) senza attendere la proclamazione degli eletti. La tutela, finora relativa alle sole elezioni amministrative (regionali, provinciali e comunali), è estesa alla partecipazione alle elezioni per il Parlamento Europeo. L’impugnazione (è eliminato il riferimento alla legittimazione attiva dei soli delegati delle liste e dei gruppi di candidati esclusi) avviene sempre con ricorso al Tar competente nel termine di 3 giorni dalla pubblicazione o comunicazione degli atti impugnati (comma 1). Gli altri provvedimenti amministrativi (quelli evidentemente ritenuti “non immediatamente lesivi” del diritto all’elettorato passivo) sono, invece, impugnati alla conclusione del procedimento unitamente all'atto di proclamazione degli eletti (comma 2). Con le modifiche ai commi 3 ed 8 dell’art. 129 si prevede l’obbligo, da parte della segreteria del Tar, di pubblicare sul sito Internet della giustizia amministrativa, rispettivamente, il ricorso depositato presso la stessa segreteria nonché l’eventuale ricorso in appello avverso la sentenza di primo grado.

 

La successiva lettera t) modifica l’articolo 133 del Codice adeguandone il testo ad una recente pronuncia della Consulta, che ha ritenuto eccedente i limiti della delega conferita con la legge 69/2009 l’attribuzione alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo delle controversie relative alle sanzioni irrogate dalla Consob.

La Corte costituzionale, infatti, con la sentenza 27 giugno 2012, n. 162 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli articoli 133, comma 1, lettera l),  135, comma 1, lettera c), e 134, comma 1, lettera c), del Codice del processo amministrativo (D Lgs n. 104/2010) nella parte in cui attribuiscono alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo con cognizione estesa al merito e alla competenza funzionale del Tar Lazio - sede di Roma (ex art. 135 del Codice), le controversie in materia di sanzioni irrogate dalla Commissione nazionale per le società e la borsa; analoga incostituzionalità ha riguardato l’art. 4, comma 1, numero 19, dell’Allegato 4, del medesimo Codice, che ha abrogato le disposizioni del TUIF (D.Lgs n. 58/1998, Testo unico intermediazione finanziaria) che disciplinavano l’impugnazione davanti al giudice ordinario del provvedimento di applicazione delle sanzioni irrogate dalla Consob.

Secondo i giudici costituzionali, la giurisprudenza della Corte di cassazione (Sezioni Unite civili, n. 13703/2004; nello stesso senso n. 1992/2003 e n. 9383/2001) e del Consiglio di Stato (sezione VI, n. 6474/2007; in precedenza, sezione VI, n. 4148/2002), «esclude che l’irrogazione delle sanzioni da parte della Consob sia espressione di mera discrezionalità amministrativa […] impedisce di giustificare sul piano della legittimità costituzionale l’intervento del legislatore delegato […] Di conseguenza, deve ritenersi che, limitatamente a simile attribuzione di giurisdizione, siano stati ecceduti i limiti della delega conferita, con conseguente violazione dell’art. 76 Cost.».

A seguito, quindi, della novella alla lett. l) del comma 1 dell’art. 133, la competenza sulle impugnazioni dei provvedimenti sanzionatori della Consob ritorna al giudice ordinario (corte d’appello). Una seconda modifica introdotta dalla lett. t) si rende necessaria per coordinare l’art. 133 del Codice con le recenti modifiche apportate alla legge 225/1992, istitutiva della Protezione civile. A seguito della novella della lett. p) del comma 1 del citato art. 133 del Codice, la competenza esclusiva del giudice amministrativo è estesa anche alle controversie avverso atti, provvedimenti ed ordinanze di protezione civile (emanate da qualunque soggetto, non solo, quindi, dai Commissari delegati) per l'attuazione degli interventi da effettuare durante lo stato di emergenza dichiarato a seguito di calamità naturali.

La norma va letta in relazione a quanto stabilito dall’art. 3, comma 5, dell’allegato 4 al Codice (Norme di coordinamento e abrogazioni), che ha previsto, con una novella all’articolo 5 della stessa legge n. 225/1992, che la tutela giurisdizionale davanti al giudice amministrativo avverso le indicate ordinanze nonché avverso i consequenziali provvedimenti commissariali è disciplinata dallo stesso Codice del processo amministrativo.

 

La lettera u) modifica l’articolo 135, comma 1, lett. e) del Codice individuando nel Tar del Lazio, sede di Roma, il giudice inderogabilmente competente sulle citate controversie in materia di provvedimenti di protezione civile.

 

Infine, la lettera v) modifica l’articolo 136 del Codice per dare attuazione al processo amministrativo telematico: tutti gli atti e i provvedimenti del giudice, dei suoi ausiliari, del personale degli uffici giudiziari e delle parti potranno, infatti, essere sottoscritti con firma digitale.

 

 

L’articolo 2 del provvedimento interviene con due disposizioni di coordinamento.

 

La prima novella l’art. 3, comma 5, dell’Allegato 4 adeguando l’art. 5, comma 6-bis, della legge n. 225/1992 alle modifiche introdotte agli artt. 133 e 135 del Codice in materia di tutela davanti al giudice amministrativo avverso i provvedimenti in materia di protezione civile.

 

La seconda - di coordinamento con il contenuto della lett. l) del comma 1 dell’art. 133, (come modificato dall’art. 1, comma 1, lett. t) del decreto in esame,vedi ante) – sopprime, all’art. 4, comma 1, dell’Allegato 4, il n. 19, facendo rivivere le abrogate disposizioni degli artt. 187-septies e 195 del D.Lgs n. 58/1998 (Testo unico intermediazione finanziaria) e quindi la competenza della corte d’appello (anziché del Tar) in materia di tutela avverso i provvedimenti sanzionatori irrogati dalla Consob.

Come si legge nella relazione illustrativa, l’adeguamento alla citata sentenza n. 162 del 2012 della Corte costituzionale ha carattere formale, dal momento che la stessa Corte ha chiarito, sul piano del diritto intertemporale, che le disposizioni illegittimamente abrogate tornano ad avere applicazione.

 

Relazioni e pareri allegati

Allo schema sono allegate la relazione illustrativa, l’AIR (analisi d’impatto della regolamentazione) e l’ATN (Analisi tecnico-normativa); lo schema è munito del visto della Ragioneria generale dello Stato.

 

Conformità con la norma di delega

Il provvedimento appare conforme alla norma di delega.

 

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Il contenuto del provvedimento è riconducibile alla materia “giustizia amministrativa”, che l’articolo 117, secondo comma, lett. l), Cost. assegna alla competenza esclusiva dello Stato.

 

Incidenza sull’ordinamento giuridico

Coordinamento con la normativa vigente

Lo schema di decreto legislativo interviene puntualmente sul Codice del processo amministrativo; il coordinamento è assicurato dalla tecnica della novellazione.

 

 

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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[1] L’art. 35 del Codice prevede che il giudice (con decreto) dichiara: 1) il ricorso improcedibile, anche d’ufficio, quando nel corso del giudizio sopravviene il difetto di interesse delle parti alla decisione, o non sia stato integrato il contraddittorio nel termine assegnato, ovvero sopravvengono altre ragioni ostative ad una pronuncia sul merito; estinto il giudizio: a) se, nei casi previsti dal Codice non viene proseguito o riassunto nel termine perentorio fissato dalla legge o assegnato dal giudice; b)  per perenzione; c)  per rinuncia.