Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento giustizia
Titolo: Regolamento di riforma degli ordinamenti professionali - Schema di D.P.R n. 488 - Esito pareri
Riferimenti:
SCH.DEC 488/XVI     
Serie: Atti del Governo    Numero: 431    Progressivo: 1
Data: 25/09/2012
Descrittori:
COLLEGI E ORDINI PROFESSIONALI   LIBERI PROFESSIONISTI
Organi della Camera: II-Giustizia
Altri riferimenti:
L N. 488 DEL 23-AGO-88     

 

Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Atti del Governo


Esito dei pareri al Governo

Regolamento di riforma degli ordinamenti professionali

D.P.R. 7 agosto 2012, n. 137

 

 

 

 

 

n. 431/1

 

 

 

25 settembre 2012

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Giustizia

( 066760-9559 / 066760-9148 – * st_giustizia@camera.it

 

 

 

 

 

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File: gi0788a.doc


I N D I C E

Schede di lettura

§      Introduzione                                                                                                     3

1. Il regolamento di riforma degli ordinamenti professionali  alla luce dell’esame parlamentare dell’A.G. 488                                                                                                        5

§      1.1.   L’autorizzazione alla delegificazione degli ordinamenti professionali (art. 3, comma 5 del decreto-legge n. 138/2011)                                                                             5

§      1.2.   Il D.P.R. n. 137 del 2012                                                                         7

§      1.3.   L’esito dei pareri parlamentari                                                                8

2. Il contenuto del regolamento                                                                     11

§      Capo I Disposizioni generali                                                                          11

§      Articolo 1 (Definizione e ambito di applicazione)                                          11

§      Articolo 2 (Accesso ed esercizio dell’attività professionale)                         15

§      Articolo 3 (Albo unico nazionale)                                                                   19

§      Articolo 4 (Libera concorrenza e pubblicità informativa)                               21

§      Articolo 5 (Obbligo di assicurazione)                                                            25

§      Articolo 6 (Tirocinio per l’accesso)                                                                29

§      Articolo 7 (Formazione continua)                                                                  37

§      Articolo 8 (Disposizioni sul procedimento disciplinare delle professioni regolamentate diverse da quelle sanitarie)                                                                                             41

§      Capo II Disposizioni concernenti gli avvocati                                                49

§      Articolo 9 (Domicilio professionale)                                                               51

§      Articolo 10 (Disposizioni speciali sul tirocinio forense per l’accesso)          53

§      Capo III Disposizioni concernenti i notai                                                        59

§      Articolo 11 (Accesso alla professione notarile)                                             59

§      Capo IV Disposizioni transitorie e finali                                                         63

§      Articolo 12 (Disposizioni temporale)                                                             63

§      Articolo 13 (Invarianza finanziaria)                                                                65

§      Articolo 14 (Entrata in vigore)                                                                        67

Allegati

§      Camera dei deputati, Parere approvato dalla Commissione Giustizia il 26 luglio 2012 (favorevole con condizioni)                                                                                                     71

§      Senato della Repubblica, Parere approvato dalla Commissione giustizia il 27 luglio 2012 (favorevole con condizioni)                                                                                              77

§      Consiglio di Stato, Parere sullo Schema di D.P.R. recante riforma degli ordinamenti professionali, seduta del 5 luglio 2012                                                                                 83

§      D.P.R. 7 agosto 2012, n. 137 Regolamento recante riforma degli ordinamenti professionali, a norma dell'articolo 3, comma 5, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148                                                        103

 

 


Schede di lettura

 


Introduzione

Il presente dossier illustra il contenuto del regolamento di riforma degli ordinamenti professionali (D.P.R. 7 agosto 2012, n. 137), mettendolo a confronto con l’originario schema trasmesso alle Camere e con il parere espresso dalla Commissione Giustizia della Camera dei Deputati.

Dopo una breve sintesi che illustra il regolamento nel processo di liberalizzazione delle professioni all’esito dei pareri parlamentari, sono confrontate e commentate, articolo per articolo, le disposizioni dello schema di regolamento e quelle del regolamento entrato in vigore, con l’indicazione delle modificazioni riconducibili ai pareri espressi dalle Commissioni parlamentari e dal Consiglio di Stato.

 


 

1. Il regolamento di riforma degli ordinamenti professionali
alla luce dell’esame parlamentare dell’A.G. 488

1.1.     L’autorizzazione alla delegificazione degli ordinamenti professionali (art. 3, comma 5 del decreto-legge n. 138/2011)

A partire dall’estate 2011, con i provvedimenti d’urgenza legati alla crisi economico-finanziaria, il Governo ha affrontato il tema delle professioni in un’ottica di liberalizzazione e valorizzazione della concorrenza.

 

Il decreto-legge n. 138/2011 (convertito dalla legge n. 148/2011) detta all’articolo 3, comma 5, disposizioni volte a favorire la liberalizzazione del settore delle professioni che, ispirandosi esplicitamente ai principi di libera concorrenza, delineano il perimetro di un percorso di riforma.

 

In generale si prevede, fermo restando l'esame di Stato per l'accesso alle professioni regolamentate[1], che gli ordinamenti professionali debbano garantire che l'esercizio dell'attività risponda senza eccezioni ai principi di libera concorrenza, alla presenza diffusa dei professionisti su tutto il territorio nazionale, alla differenziazione e pluralità di offerta che garantisca l'effettiva possibilità di scelta degli utenti nell'ambito della più ampia informazione relativamente ai servizi offerti. Gli stessi ordinamenti professionali sono chiamati ad autoriformarsi («su base volontaria»), procedendo alla riduzione e all’accorpamento tra professioni che svolgono attività similari.

 

L'art. 3, comma 5, più in particolare, detta una serie di principi cui deve essere ispirata la riforma degli ordinamenti professionali (da attuare entro 12 mesi dall’entrata in vigore del decreto-legge) ovvero:

 

a)   libertà di accesso alla professione e, conseguentemente, possibilità per la legge di istituire "numeri chiusi" (ovvero limitazioni territoriali del numero di persone abilitate ad esercitare una certa professione) solo in presenza di ragioni di interesse pubblico (tra le quali in particolare quelle connesse alla tutela della salute); divieto di discriminare in base alla nazionalità o – in caso di esercizio della professione in forma societaria – alla sede della società;

 

b)   obbligo per il professionista di seguire percorsi di formazione continua permanente, disciplinati da appositi regolamenti dei consigli nazionali, pena l’incorrere in illeciti disciplinari;

 

c)   adeguamento del tirocinio all'esigenza di garantire lo svolgimento effettivo dell'attività formativa ed il suo costante adeguamento alle esigenze di miglior esercizio della professione;

 

e)   obbligo, per il professionista, di stipulare idonea assicurazione a tutela del cliente, per i rischi professionali e di comunicare a quest’ultimo gli estremi della polizza e il relativo massimale;

 

f)     previsione di organismi disciplinari a livello territoriale ed a livello nazionale separati dagli organi con funzioni amministrative. Divieto di ricoprire contemporaneamente cariche nei consigli disciplinari e nei consigli dell’ordine (incompatibilità). Previsione di una deroga per le professioni sanitarie;

 

g)   libertà di pubblicità informativa sulla specializzazione professionale, struttura dello studio e compensi richiesti per le prestazioni.

 

Il testo originario del decreto legge n. 138/2011 (anche a seguito della conversione) non faceva riferimento ad una delegificazione. La disposizione si limitava a stabilire un obbligo di riforma degli ordinamenti professionali, da realizzare nel rispetto di una serie di principi ed entro un termine ordinatorio di 12 mesi. Peraltro, essendo la regolamentazione degli ordini professionali contenuta prevalentemente in atti normativi aventi rango legislativo, l’articolo 3, comma 5, del decreto-legge non era destinato a produrre alcun effetto immediato. Pertanto, la disposizione presentava un carattere programmatico, volto a orientare il futuro legislatore.

Su questo quadro si è inserito l'art. 10 della legge di stabilità 2012 (l. 183/2011) che, novellando l’art. 3 del decreto-legge n. 138/2011, ha disposto che i suddetti principi debbano orientare il governo nell'opera di delegificazione degli ordinamenti professionali.

La delegificazione doveva essere realizzata entro il 13 agosto 2012 e comporta, dall’entrata in vigore del regolamento governativo di delegificazione - e, in ogni caso dal 13 agosto 2012 - l'abrogazione delle «norme vigenti sugli ordinamenti professionali» in contrasto con i suddetti principi (art. 3, comma 5-bis).

La legge di stabilità ha poi disposto che entro il 31 dicembre 2012 il Governo debba altresì provvedere a raccogliere in un testo unico compilativo le disposizioni aventi forza di legge che non risultano abrogate per effetto dell’entrata in vigore del regolamento di delegificazione, ovvero per lo spirare del termine del 13 agosto 2012 (art. 3, comma 5-ter).

 

 

Da ultimo è intervenuto il decreto-legge 1/2012 (convertito dalla legge 27/2012), il cui articolo 9 è tornato a disciplinare le professioni regolamentate intervenendo direttamente anche su alcuni principi della delegificazione, prevedendo:

§         l'abrogazione delle tariffe professionali (il Ministro della giustizia dovrà fissare parametri per orientare la liquidazione del professionista in caso di ricorso all'autorità giudiziaria);

§         la pattuizione del compenso al momento del conferimento dell'incarico; il professionista dovrà predisporre "un preventivo di massima" che renda preventivamente nota al cliente la misura del compenso. Dall’abrogazione delle tariffe e dalla disposizione sul compenso discende la soppressione dell’originaria lettera d) dell’art. 3, comma 5 del DL 138/2011, che delineava il principio della necessaria pattuizione del compenso professionale tra le parti al momento del conferimento dell'incarico;

§         la durata massima del tirocinio in 18 mesi, con riconoscimento al tirocinante di un rimborso spese forfetariamente concordato dopo i primi sei mesi di tirocinio. Il tirocinio, per i primi 6 mesi, può essere svolto in concomitanza con il corso di laurea. Le disposizioni sul tirocinio non si applicano alle professioni sanitarie.

 

1.2.     Il D.P.R. n. 137 del 2012

In attuazione delle previsioni del decreto-legge n. 138 del 2011, il Governo ha emanato il D.P.R. 7 agosto 2012, n. 137 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 14 agosto 2012, n. 189) ovvero il regolamento di delegificazione in materia di professioni regolamentate, volto a dare attuazione ai principi dettati dall'articolo 3, comma 5, dello stesso decreto-legge. Il regolamento riguarda tutte le professioni ordinistiche, fatte salve le specificità di quelle sanitarie.

Il D.P.R., in particolare:

§         contiene misure volte a garantire l'effettivo svolgimento dell'attività formativa durante il tirocinio (quest'ultimo potrà avere una durata massima di 18 mesi) e il suo adeguamento costante all'esigenza di assicurare il miglior esercizio della professione e quindi l'interesse dell'utenza;

§         prevede l'obbligatorietà della formazione continua permanente, la cui violazione costituisce illecito disciplinare;

§         stabilisce l'obbligatorietà dell'assicurazione per i rischi derivanti dall'esercizio dell'attività professionale, della quale deve essere data notizia al cliente;

§         affida la funzione disciplinare a organi diversi da quelli aventi funzioni amministrative; allo scopo è prevista l'incompatibilità della carica di consigliere dell'Ordine territoriale o di consigliere nazionale con quella di membro dei consigli di disciplina territoriali e nazionali corrispondenti;

§         autorizza la pubblicità informativa con ogni mezzo e stabilisce che questa possa avere ad oggetto, oltre all'attività professionale esercitata, i titoli e le specializzazioni del professionista, l'organizzazione dello studio ed i compensi praticati;

§         detta disposizioni specifiche per la professione forense e la professione notarile.

 

Le disposizioni del regolamento in materia disciplinare non si applicano alle professioni sanitarie (come già previsto dal decreto-legge), alla professione notarile nonché alle funzioni disciplinari svolte dai consigli nazionali di professioni istituite prima dell’entrata in vigore della Costituzione. In relazione a tali professioni, infatti, gli organi disciplinari di ultima istanza sono stati definiti dalla Corte costituzionale come aventi “natura giurisdizionale” e risultano pertanto garantiti nella loro struttura e nelle loro funzioni da una riserva assoluta di legge. Le nuove norme disciplinari sono, quindi, riferite ai soli procedimenti disciplinari rimessi alla competenza di consigli che decidono in via amministrativa (come, ad esempio, nel caso dei commercialisti ed esperti contabili).

 

Con l'entrata in vigore del regolamento (15 agosto 2012) - e comunque a decorrere dal 13 agosto 2012 - sono abrogate tutte le norme incompatibili con i principi contenuti nel D.L. 138. Successivamente, il Governo - entro il 31 dicembre 2012 - dovrà raccogliere in un testo unico le disposizioni aventi forza di legge che non risultano abrogate.

1.3.     L’esito dei pareri parlamentari

Lo schema di regolamento di delegificazione A.G. 488 è stato presentato alle Camere il 27 giugno 2012, pur in assenza del parere del Consiglio di Stato che è successivamente intervenuto (11 luglio) ed ha rilevato criticità su numerosi profili del testo.

Nel corso dell’esame dell’atto del Governo la Commissione giustizia della Camera ha deliberato un’indagine conoscitiva (18 luglio 2012) nell’ambito della quale ha audito rappresentanti degli ordini professionali (Professioni area tecnica PAT, Confprofessioni e Organismo unitario dell'avvocatura OUA).

In esito all’indagine la Commissione ha espresso, il 26 luglio 2012, un parere favorevole con condizioni (v. allegato), sostanzialmente analogo a quello approvato il giorno seguente dalla Commissione Giustizia del Senato (v. allegato). In particolare, e rinviando all’analisi articolo per articolo del D.P.R., il testo definitivo del regolamento ha accolto le seguenti condizioni:

§         è dettata una definizione più esauriente di  “professione regolamentata” ed è fatto esplicito riferimento all'art. 33 Cost. per l'accesso a determinate professioni solo mediante esame di Stato;

§         viene chiarita l'obbligatorietà del tirocinio solo ove previsto dai rispettivi ordinamenti e la relativa disciplina di dettaglio viene demandata a regolamenti emanati dai Consigli nazionali degli ordini e collegi; inoltre, è eliminata l'incompatibilità di svolgimento del tirocinio con il mantenimento di un rapporto di  pubblico impiego;

§         è affidato ai Consigli nazionali degli ordini e collegi, sentito il Ministro vigilante,  il potere di regolamentare gli obblighi di  formazione continua;

§         è espunta dal regolamento la disposizione sulle incompatibilità con l'esercizio della professione;

§         in materia disciplinare è meglio regolamentato il principio di separazione tra organi disciplinari ed organi amministrativi e sono affidate a regolamenti attuativi dei consigli nazionali di ordini e collegi le modalità per la ripartizione delle funzioni disciplinari ed amministrative tra i consiglieri degli stessi organi di autogoverno nazionale;

§         in relazione all'assicurazione obbligatoria, è data ai soli consigli nazionali degli ordini e collegi ed agli enti previdenziali dei professionisti (non anche ad associazioni professionali) la possibilità di negoziare polizze collettive; per consentire la negoziazione degli accordi, il regolamento differisce di 12 mesi gli obblighi assicurativi.

 

 


2. Il contenuto del regolamento

Capo I
Disposizioni generali

Articolo 1
(Definizione e ambito di applicazione)

 

Schema di D.P.R. (A.G. 488)

D.P.R. 7 agosto 2012, n. 137

 

 

1. Ai fini del presente decreto:

1. Identico:

a) per «professione regolamentata», si intende l'attività, o l'insieme delle attività, riservate per espressa disposizione di legge o non riservate, il cui esercizio è consentito solo a seguito di iscrizione in ordini o collegi o in ogni caso in albi, registri ed elenchi tenuti da amministrazioni o enti pubblici, quando la iscrizione è subordinata al possesso di qualifiche professionali o all'accertamento delle specifiche professionalità, e, in ogni caso, l'attività esercitata con l'impiego di un titolo professionale il cui uso è riservato a chi possiede una qualifica professionale;

a) per «professione regolamentata» si intende l'attività, o l'insieme delle attività, riservate per espressa disposizione di legge o non riservate, il cui esercizio è consentito solo a seguito d'iscrizione in ordini o collegi subordinatamente al possesso di qualifiche professionali o all'accertamento delle specifiche professionalità;

b) per «professionista» si intende l'esercente la professione regolamentata di cui alla lettera a).

b) identica.

2. Il presente decreto si applica alle professioni regolamentate e ai relativi professionisti.

2. Identico.

 

Il Regolamento di riforma degli ordini professionali si apre con il Capo I, che reca disposizioni generali.

L’articolo 1 del D.P.R. n. 137 del 2012 definisce le professioni regolamentate, in modo non molto dissimile da quanto fatto dal decreto legislativo n. 206 del 2007[2], sul riconoscimento delle qualifiche professionali.

Il regolamento definisce dunque la professione regolamentata come l'attività o l'insieme delle attività, riservate o meno, il cui esercizio è consentito solo a seguito di iscrizione in ordini o collegi, quando l'iscrizione è subordinata al possesso di qualifiche professionali o all'accertamento delle specifiche professionalità.

Il tratto saliente è dunque quello della necessità di una formazione specifica per esercitare un insieme di attività.

Si osserva inoltre che il regolamento prevede una riserva di attività esclusivamente prevista dalla legge; l’attività professionale, dunque, o è riservata dalla legge o non può essere riservata.

 

L’analisi di impatto della regolamentazione (AIR) presentata alle Camere unitamente allo schema di regolamento di delegificazione conteneva un elenco delle professioni che il Ministero della giustizia considera interessate dalla riforma. Si tratta della professione di agente di cambio, di avvocato, di attuarlo, di biologo, di consulente del lavoro, perito agrario e perito agrario laureato, di agrotecnico e agrotecnico laureato, di architetto, di dottore agronomo e forestale, di ingegnere, di geologo, di chimico, di tecnologo alimentare, di notaio, di giornalista, di commercialista ed esperto contabile e di assistente sociale.

 

Esito pareri

Dal confronto tra il DPR e l’originario schema di regolamento presentato alle Camere si verifica che nell’emanazione del regolamento l’articolo 1 ha subito importanti modifiche, in recepimento tanto del parere del Consiglio di Stato, quanto del parere delle Commissioni parlamentari.

Il testo originario, infatti, nel definire le professioni regolamentate faceva riferimento anche alle attività, riservate o meno, il cui esercizio è consentito a seguito di iscrizione in albi, registri ed elenchi tenuti da amministrazioni o enti pubblici, quando l'iscrizione è subordinata al possesso di qualifiche professionali o all'accertamento delle specifiche professionalità.

 

Sul punto il Consiglio di Stato aveva rilevato che «L'applicazione di tutte le disposizioni del decreto anche ai soggetti che si trovano inseriti in un qualsiasi albo, registro o elenco tenuto da amministrazioni o enti pubblici appare dilatare l'ambito di applicazione del decreto oltre i limiti della norma primaria […]. Occorre, pertanto, eliminare il riferimento a registri ed elenchi comunque tenuti da amministrazioni o enti pubblici, e valutare come meglio precisare […] la nozione di professione regolamentata».

La Commissione Giustizia della Camera aveva rilevato l’esigenza «come già segnalato dal Consiglio di Stato - che si chiarisca se si fa riferimento alla possibilità di introdurre nel novero delle professioni regolate altre specifiche professioni o se, come appare necessario alla luce del contenuto attuale della delega, si faccia riferimento con le nozioni richiamate ai soli ordini e collegi delle professioni già esistenti».

 

Il Governo ha anche espunto il riferimento alle attività esercitate con l’impiego di un titolo professionale il cui uso è riservato a chi possiede una qualifica professionale.


Articolo 2
(Accesso ed esercizio dell’attività professionale)

Schema di D.P.R. (A.G. 488)

D.P.R. 7 agosto 2012, n. 137

 

 

1. Ferma la disciplina dell'esame di Stato e fermo quanto previsto dal presente articolo, l'accesso alle professioni regolamentate è libero. Sono vietate limitazioni alle iscrizioni agli albi professionali, quando esistenti, che non sono fondate su espresse previsioni inerenti al possesso o al riconoscimento dei titoli previsti dalla legge per la qualifica e l'esercizio professionale, ovvero alla mancanza di condanne penali o disciplinari irrevocabili o ad altri motivi imperativi dì interesse generale.

1. Ferma la disciplina dell'esame di Stato, quale prevista in attuazione dei principi di cui all'articolo 33 della Costituzione, e salvo quanto previsto dal presente articolo, l'accesso alle professioni regolamentate è libero. Sono vietate limitazioni alle iscrizioni agli albi professionali che non sono fondate su espresse previsioni inerenti al possesso o al riconoscimento dei titoli previsti dalla legge per la qualifica e l'esercizio professionale, ovvero alla mancanza di condanne penali o disciplinari irrevocabili o ad altri motivi imperativi di interesse generale.

2. L'esercizio della professione è libero e fondato sull'autonomia e indipendenza di giudizio, intellettuale e tecnico. La formazione di albi speciali, legittimanti a specifici esercizi dell’attività professionale, fondati su specializzazioni ovvero titoli o esami ulteriori, è ammessa solo su previsione espressa di legge.

2. Identico.

3. Non sono ammesse limitazioni, in qualsiasi forma, anche attraverso previsioni deontologiche, del numero di persone titolate a esercitare la professione, con attività anche abituale e prevalente, su tutto o parte del territorio dello Stato, salve deroghe espresse fondate su ragioni di pubblico interesse, quale la tutela della salute. Sono fatti salvi gli obblighi e i limiti di prestazione professionale in una determinata area geografica, parimenti fondati su ragioni di interesse pubblico, stabiliti per l'esercizio dell'attività notarile. Sono altresì fatte salve le limitazioni derivanti dall'attività assunta alle dipendenze di enti o di altri professionisti, funzionali alle finalità degli enti e al rapporto contrattuale con i professionisti.

3. Non sono ammesse limitazioni, in qualsiasi forma, anche attraverso previsioni deontologiche, del numero di persone titolate a esercitare la professione, con attività anche abituale e prevalente, su tutto o parte del territorio dello Stato, salve deroghe espresse fondate su ragioni di pubblico interesse, quale la tutela della salute. È fatta salva l'applicazione delle disposizioni sull'esercizio delle funzioni notarili.

4. Sono in ogni caso vietate limitazioni discriminatorie anche indirette, all'accesso e all'esercizio della professione, fondate sulla nazionalità del professionista o sulla sede legale dell'associazione professionale o della società tra professionisti.

4. Identico.

 

 

L’articolo 2, che dà attuazione al principio contenuto nella lettera a) della norma di autorizzazione alla delegificazione[3], ribadisce che l'accesso alle professioni regolamentate è libero, fatto salvo l'esame di Stato previsto dall’art. 33 della Costituzione,e che libero èl’esercizio della professione.

 

In particolare, il comma 1 vieta ogni limitazione all’iscrizione negli albi professionali, consentendo esclusivamente le limitazioni fondate:

§         sul possesso di titoli richiesti espressamente dalla legge per la qualifica e l'esercizio professionale;

§         sulla mancanza di condanne penali o disciplinari irrevocabili;

§         su altri motivi imperativi dì interesse generale.

 

Il comma 2 disciplina l’esercizio della professione, che deve essere fondato su «autonomia e indipendenza di giudizio, intellettuale e tecnico» (la disposizione riproduce quanto già affermato nella disposizione legislativa di autorizzazione alla delegificazione).

All’interno degli albi è possibile formare sezioni speciali, riservate a coloro che abbiano ulteriori requisiti professionali e che possano dunque esercitare la professione in diversi ambiti, solo in presenza di una apposita disposizione di legge.

 

Sempre in relazione al concreto esercizio della professione, il comma 3 esclude il c.d. numero chiuso, consentendo limitazioni del numero di persone autorizzate ad esercitare una professione, in tutto il territorio nazionale ovvero in parte di esso, soltanto in presenza di ragioni di pubblico interesse.

Tra le ragioni di pubblico interesse, che giustificano una limitazione all’esercizio delle professioni, il regolamento individua la tutela della salute, peraltro già richiamata anche dal decreto-legge che autorizza la delegificazione.

 

Si ricorda che, per quanto riguarda il personale sanitario, attualmente il legislatore limita, sulla base di esigenze del sistema sanitario nazionale, l’accesso ai corsi universitari di specializzazione, ma non il concreto esercizio della professione da parte di coloro che si siano già iscritti agli ordini[4].

Si può allora ipotizzare che la deroga valga a confermare le limitazioni all’apertura di nuove farmacie, consentendola soltanto in presenza di particolari requisiti di popolazione[5].

Sul punto, infatti, la Corte costituzionale ha affermato che (sentenza n. 295 del 2009) che l’organizzazione del servizio farmaceutico va ascritta alla materia “tutela della salute”[6].

 

Un’ulteriore deroga espressa al principio del libero esercizio della professione viene dettata per i notai (ultimo periodo del comma 3).

 

Si ricorda che la legge notarile (legge n. 89 del 1913) dispone, all’art. 4, che «il numero e la residenza dei notai per ciascun distretto è determinato con decreto del Ministro della giustizia emanato, uditi i Consigli notarili e le Corti d'appello, tenendo conto della popolazione, della quantità degli affari, della estensione del territorio e dei mezzi di comunicazione, e procurando che di regola ad ogni posto notarile corrispondano una popolazione di almeno 7.000 abitanti ed un reddito annuo, determinato sulla media degli ultimi tre anni, di almeno 50.000 euro di onorari professionali repertoriali».

Inoltre, si ricorda anche che il recente decreto-legge n. 1 del 2012 (c.d. decreto liberalizzazioni) ha previsto, all’art. 12, un incremento di 500 unità nell’organico dei notai ed ha rafforzato la concorrenza consentendo l’esercizio della professione nell’intero distretto di Corte d’appello nel quale è situata la sede notarile.

 

Infine, il comma 4 riprende quanto già disposto dalla disposizione legislativa di autorizzazione vietando, nell’accesso e nell’esercizio della professione, ogni discriminazione.

 

Esito pareri

Nell’emanazione del DPR il Governo ha integralmente recepito l’unica indicazione fornita dalla Commissione giustizia che nel parere del 26 luglio sottolineava l’esigenza di «fare riferimento, secondo i principi di delegificazione, all'articolo 33 della Costituzione, che sancisce l'obbligatorietà dell'esame di Stato per l'esercizio di determinate professioni, ritenuto che tale riferimento appare estremamente utile allo scopo di affermare la diretta corrispondenza tra la disciplina in esame e i principi costituzionali afferenti alle condizioni di accesso ed esercizio delle professioni regolamentate».

 

Le ulteriori modifiche apportate al testo iniziale dello schema sono occasionate invece dal parere del Consiglio di Stato che ha comportato:

§         l’eliminazione dal comma 1 dell’inciso “quando esistenti”;

Il Consiglio di Stato ha rilevato infatti che «occorre espungere dal testo l'inciso "quando esistenti" che non appare coerente con il divieto di limitazioni fissato in via generale; se il significato dell'inciso è quello di chiarire che le limitazioni esistenti cessano immediatamente, è preferibile esprimere tale previsione in modo chiaro, stabilendo che "Sono vietate e si intendono immediatamente abrogate tutte le limitazioni... "».

 

§         la riformulazione della deroga riguardante i notai;

§         l’eliminazione dell’ultimo periodo del comma 3 che, nel testo originario, consentiva limitazioni all’esercizio della professione alle dipendenze di enti o di altri professionisti, che fossero funzionali «alle finalità degli enti e al rapporto contrattuale con i professionisti».

Il C.d.S. ha affermato che i periodi da "Sono fatti salvi” a “rapporto contrattuale con i professionisti" «non appaiono necessari, in quanto dette deroghe non possono essere introdotte direttamente dal regolamento, non essendo giustificate sulla base della lett. a) del comma 5 dell'art, 3 del d,L n, 138/2011, che non attribuisce alla fonte secondaria un potere di introdurre deroghe, ma si limita a fare salve le limitazioni "in forza di una disposizione di legge" rispondenti a ragioni di interesse pubblico, tra cui in particolare quelle connesse alla tutela della salute umana.

La riproduzione delle deroghe nel regolamento rischia, quindi, di rendere meno chiaro il quadro normativo, duplicando le fonti e soprattutto inserendo in una fonte secondaria il contenuto di una deroga, che solo la legge può prevedere, Occorre, pertanto, eliminare due periodi, rimettendo alla valutazione dell’amministrazione l'eventuale inserimento di un mero rinvio, senza citarle, alle disposizioni di legge derogatorie».

 


Articolo 3
(Albo unico nazionale)

Schema di D.P.R. (A.G. 488)

D.P.R. 7 agosto 2012, n. 137

 

 

1. Gli albi territoriali relativi alle singole professioni regolamentate, tenuti dai rispettivi consigli dell'ordine o del collegio territoriale, sono pubblici e recano l'anagrafe di tutti gli iscritti, con l'annotazione dei provvedimenti disciplinari adottati nei loro confronti.

1. Identico.

2. L'insieme degli albi territoriali di ogni professione costituisce l'albo unico nazionale degli iscritti, tenuto dal consiglio nazionale competente. I consigli territoriali forniscono senza indugio per via telematica ai consigli nazionali tutte le informazioni rilevanti ai fini dell'aggiornamento dell'albo unico nazionale.

2. L'insieme degli albi territoriali di ogni professione forma l'albo unico nazionale degli iscritti, tenuto dal consiglio nazionale competente. I consigli territoriali forniscono senza indugio per via telematica ai consigli nazionali tutte le informazioni rilevanti ai fini dell'aggiornamento dell'albo unico nazionale.

 

 

L’articolo 3 del D.P.R. n. 137/2012 prescrive che ciascuna professione sia organizzata in albi a livello territoriale e nazionale.

 

A livello territoriale, l’albo è pubblico e deve essere tenuto dal consiglio o dal collegio territoriale. Ciascun albo deve contenere l’anagrafe di tutti gli iscritti con l’annotazione degli eventuali provvedimenti disciplinari subiti.

 

Nel concetto di anagrafe dovrà presumibilmente essere ricompresa l’indicazione dell’indirizzo di posta elettronica certificata del professionista. Si ricorda, infatti, che il decreto-legge n. 185 del 2008[7] (art. 16, comma 7) ha introdotto l’obbligo per i professionisti iscritti in albi ed elenchi istituiti con legge dello Stato di comunicare ai rispettivi ordini o collegi il proprio indirizzo di posta elettronica certificata entro il dicembre 2009. Gli ordini e i collegi sono tenuti a pubblicare in un elenco riservato, consultabile in via telematica esclusivamente dalle pubbliche amministrazioni, i dati identificativi degli iscritti con il relativo indirizzo di posta elettronica certificata. L’omessa pubblicazione dell’elenco riservato o il rifiuto reiterato di comunicare alle pubbliche amministrazioni i dati e gli indirizzi PEC degli iscritti costituiscono motivo di scioglimento o commissariamento del collegio o ordine inadempiente (comma 7-bis).

 

L’albo unico nazionale è la somma degli albi territoriali ed è tenuto dal consiglio nazionale competente. Spetterà ai consigli territoriali aggiornare in tempo reale e per via telematica l’albo unico nazionale.

Diversamente dall’albo territoriale, per il nazionale non è prevista espressamente la pubblicità.

Esito pareri

Nell’emanazione del regolamento il Governo si è limitato a sostituire una parola nel comma 2, passando dalla “costituzione” alla “formazione” dell’albo unico nazionale ad opera dell’insieme degli albi territoriali.

Posto che il Consiglio di Stato non si è pronunciato sull’articolo 3, si può ipotizzare che il Governo abbia inteso dare seguito al parere della Commissione Giustizia che richiedeva di chiarire se si intende tener conto della articolata complessità di difforme organizzazione territoriale degli ordini esistenti o se si intende attribuire soggettività giuridica e qualità istituzionale al solo insieme nazionale degli iscritti agli albi e collegi.

 

 

 


Articolo 4
(Libera concorrenza e pubblicità informativa)

Schema di D.P.R. (A.G. 488)

D.P.R. 7 agosto 2012, n. 137

 

 

1. E' ammessa con ogni mezzo la pubblicità informativa avente ad oggetto l'attività delle professioni regolamentate, le specializzazioni, i titoli posseduti attinenti alla professione, la struttura dello studio professionale e i compensi richiesti per le prestazioni.

1. Identico.

2. Le informazioni pubblicitarie di cui al comma 1 devono essere funzionali all'oggetto, veritiere e corrette, non devono violare l'obbligo del segreto professionale e non devono essere equivoche, ingannevoli o denigratorie.

2. La pubblicità informativa di cui al comma 1 dev'essere funzionale all'oggetto, veritiera e corretta, non deve violare l'obbligo del segreto professionale e non dev'essere equivoca, ingannevole o denigratoria.

3. La violazione della disposizione di cui al comma 2 costituisce illecito disciplinare.

3. La violazione della disposizione di cui al comma 2 costituisce illecito disciplinare, oltre a integrare una violazione delle disposizioni di cui ai decreti legislativi 6 settembre 2005, n. 206, e 2 agosto 2007, n. 145.

 

 

L’articolo 4 del regolamento attua il principio contenuto nella lettera g) dell’art. 3, comma 5 del decreto-legge 138/2011[8], di autorizzazione alla delegificazione, in tema di pubblicità informativa.

 

Si ricorda che l'art. 2 del c.d. decreto Bersani (decreto-legge 223 del 2006, convertito dalla legge 248 del 2006), ha abrogato le disposizioni legislative e regolamentari che prevedono, con riferimento alle attività libero professionali e intellettuali, il divieto anche parziale di svolgere pubblicità informativa circa i titoli e le specializzazioni professionali, le caratteristiche del servizio offerto, nonché il prezzo e i costi complessivi delle prestazioni, secondo criteri di trasparenza e veridicità del messaggio. La stessa disposizione ha affidato agli ordini professionali il compito di vigilare sul rispetto dei criteri individuati per il messaggio pubblicitario[9].

 

Il regolamento riprende integralmente il contenuto della norma di autorizzazione, che già si caratterizzava per l’innovativa previsione di un’informazione pubblicitaria sui compensi delle prestazioni.

Rispetto alla lettera g), l’articolo 4 del regolamento specifica alcune caratteristiche dell’informazione pubblicitaria che deve (comma 2):

§         essere funzionale all’oggetto;

La relazione illustrativa dello schema di regolamento chiariva che «le informazioni rese mediante pubblicità devono essere strettamente funzionali all’oggetto, in tal modo assorbendosi ogni necessità di riferimenti ambigui alla dignità e al decoro professionale».

 

§         non violare l’obbligo del segreto professionale. Conseguentemente, non sarà consentita, ad esempio, un’informazione pubblicitaria che riveli il nome dei clienti del professionista.

 

Il regolamento non chiarisce quale sia la sorte della pubblicità comparativa; è però la relazione illustrativa ad affermare che «nel concetto di pubblicità informativa, previsto dalla norma di delega, deve comprendersi, logicamente, la pubblicità comparativa in termini assoluti e non quella comparativa in senso stretto, tradotta con raffronti relativi ad altri specifici professionisti».

 

Il comma 3 aggiunge che la violazione delle disposizioni sulla pubblicità costituisce illecito disciplinare. Conseguentemente, è da ritenere che competa all’organo disciplinare – come già affermato dal decreto-legge n. 223/2006 - il compito di verificare il rispetto dei requisiti imposti al messaggio pubblicitario.

Esito pareri

Sull’articolo 4 dello schema di regolamento AG 488 la Commissione giustizia non aveva espresso valutazioni.

Le modifiche apportate dal Governo in sede di emanazione del regolamento trovano però ragione nel parere del Consiglio di Stato che:

§         invitava a non utilizzare l’espressione “informazioni pubblicitarie” al comma 2, ma solo l’espressione “pubblicità informativa”;

Il Consiglio di Stato rileva che «La disposizione non contiene significativi elementi ulteriori rispetto alla lettera g) e, in ragione di ciò, occorre utilizzare sempre lo stesso termine "pubblicità informativa", indicato dalla nonna primaria, in sostituzione al comma 2 del termine "informazioni pubblicitarie"».

 

§         consigliava di aggiungere all’illecito disciplinare anche la violazione di specifiche norme di legge, come puntualmente fatto dal Governo al comma 3.

«Appare opportuno completare il comma aggiungendo “, oltre a integrare una violazione delle disposizioni di cui ai decreti legislativi 6 settembre 2005, n. 206 e 2 agosto 2007, n. 145" (pratiche commerciali scorrette e pubblicità ingannevole).

La violazione degli obblighi in materia di pubblicità informativa può, infatti, integrare anche una violazione della disciplina del Codice del consumo se effettuata in pregiudizio dei consumatori, o del D.lgs. n. 145/2007 in materia di pubblicità ingannevole se in danno di altri professionisti».

 

Il Governo non ha tenuto conto di quanto affermato dal Consiglio di Stato in ordine all’esigenza di eliminare il riferimento alla pubblicità “funzionale all’oggetto”.

Sottolineava il C.d.S. come «anche l'inciso “funzionali all’oggetto" contenuto nel comma 2, non appare chiaro: e proprio per non inserire, come detto nella relazione, "riferimenti ambigui alla dignità e al decoro professionale", che in passato hanno dato luogo a problemi interpretativi e applicativi, occorre eliminare l'inciso, attenendosi al contenuto della citata lett, g), anche per evitare che un parametro non oggettivo possa poi essere valutato sotto il profilo disciplinare in base al comma successivo».

 

 

 

 

 


Articolo 5
(Obbligo di assicurazione)

Schema di D.P.R. (A.G. 488)

D.P.R. 7 agosto 2012, n. 137

 

 

Art. 5

(Obbligo di assicurazione)

Art. 5

(Obbligo di assicurazione)

1. Il professionista è tenuto a stipulare, anche per il tramite di convenzioni collettive negoziate dai consigli nazionali degli ordini o collegi o da associazioni professionali o da casse o enti di previdenza, idonea assicurazione per i danni derivanti dall'esercizio dell’attività professionale, comprese le attività di custodia di documenti e valori ricevuti dal cliente. Il professionista deve rendere noti al cliente, al momento dell'assunzione dell'incarico, gli estremi della polizza professionale, il relativo massimale e ogni variazione successiva.

1. Il professionista è tenuto a stipulare, anche per il tramite di convenzioni collettive negoziate dai consigli nazionali e dagli enti previdenziali dei professionisti, idonea assicurazione per i danni derivanti al cliente dall'esercizio dell'attività professionale, comprese le attività di custodia di documenti e valori ricevuti dal cliente stesso. Il professionista deve rendere noti al cliente, al momento dell'assunzione dell'incarico, gli estremi della polizza professionale, il relativo massimale e ogni variazione successiva.

2. La violazione della disposizione di cui al comma 1 costituisce illecito disciplinare.

2. Identico.

 

3. Al fine di consentire la negoziazione delle convenzioni collettive di cui al comma 1, l'obbligo di assicurazione di cui al presente articolo acquista efficacia decorsi dodici mesi dall'entrata in vigore del presente decreto.

 

 

L’articolo 5, attuando la lettera e) dell’art. 3, comma 5, del decreto-legge 138[10], afferma l’obbligo per il professionista di stipulare un’assicurazione per i danni derivanti dall’esercizio dell’attività professionale.

La disposizione riproduce il contenuto della norma di autorizzazione (condizioni generali delle polizze negoziate dai Consigli Nazionali e dagli enti previdenziali dei professionisti), specificando (comma 1):

-             che nelle attività coperte da assicurazione devono rientrare anche la custodia di documenti e valori ricevuti dal cliente;

-             che il professionista deve rendere noto al cliente il massimale dell’assicurazione e gli estremi della polizza già al momento dell’assunzione dell’incarico, aggiornandolo su eventuali variazioni successive;

-             che la violazione delle disposizioni sulla copertura assicurativa costituisce illecito disciplinare (comma 2);

-             che l’obbligo di copertura acquista efficacia dopo 12 mesi dall’entrata in vigore del regolamento (comma 3).

 

Si ricorda che attualmente l’obbligo di copertura assicurativa grava sui notai in forza del decreto legislativo 4 maggio 2006, n. 182 (Norme in materia di assicurazione per la responsabilità civile derivante dall'esercizio dell'attività notarile ed istituzione di un Fondo di garanzia in attuazione dell'articolo 7, comma 1, della L. 28 novembre 2005, n. 246) che, attraverso gli articoli 19 e 20 ha previsto che:

§         il consiglio nazionale del notariato provveda a forme collettive di assicurazione per la responsabilità civile derivante dall'esercizio dell'attività notarile, uniformi per tutti i notai, con oneri a carico del proprio bilancio;

§         l'impresa assicuratrice debba essere scelta con procedure ad evidenza pubblica;

§         nell'ipotesi di ricorso a forme collettive di copertura assicurativa sia fatta salva la facoltà di ciascun notaio di stipulare polizze aggiuntive a proprie spese;

§         in mancanza di forme collettive di copertura assicurativa il notaio debba provvedere alla stipula di una polizza assicurativa individuale;

§         gli estremi della polizza siano resi disponibili ai terzi;

§         sia il Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro delle attività produttive, sentito il consiglio nazionale del notariato, ad individuare con decreto il massimale minimo delle polizze assicurative individuali e collettive;

§         il mancato adempimento dell'obbligo di assicurazione costituisca un illecito disciplinare.

 

Peraltro, l’art. 9-bis del decreto-legge n. 1 del 2012 ha precisato che anche la società tra professionisti deve prevedere nello statuto la stipula di una polizza di assicurazione per la copertura dei rischi derivanti dalla responsabilità civile per i danni causati ai clienti dai singoli soci professionisti nell'esercizio dell'attività professionale.

Esito pareri

Nell’approvare il regolamento il Governo ha recepito le indicazioni provenienti tanto dal Consiglio di Stato quanto dalla Commissione Giustizia. Ha infatti:

§         soppresso al comma 1 il riferimento alla possibilità di negoziare il contenuto delle polizze da parte delle associazioni professionali;

 

Sul punto il Consiglio di Stato aveva affermato che: «appare preferibile utilizzare il termine contenuto nella norma primaria, che stabilisce che le condizioni generali delle polizze assicurative possono essere "negoziate, in convenzione con i propri iscritti, dai Consigli Nazionali e dagli enti previdenziali dei professionisti" in luogo della possibilità per il professionista, prevista nello schema, di "stipulare, anche per il tramite di convenzioni collettive negoziate dai consigli nazionali degli ordini o collegi o da associazioni professionali o da casse o enti di previdenza, idonea assicurazione».

La Commissione giustizia – più nettamente – aveva sottolineato come la formulazione dello schema di regolamento eccedesse i limiti della norma di delegificazione.

 

§         Introdotto il comma 3 che lascia agli ordini 12 mesi di tempo per negoziare le polizze.

La Commissione Giustizia aveva infatti affermato che «sarebbe opportuno inserire una scadenza temporale differita ai fini dell'entrata in vigore dell'obbligo di stipulazione di una polizza assicurativa per i rischi derivanti dall'esercizio dell'attività professionale a carico degli iscritti agli albi onde consentire l'organizzazione dei presupposti per l'attuazione di tale obbligo».

 

Il Governo non ha invece recepito un’ulteriore indicazione proveniente dal Parlamento che chiedeva, trattandosi di norma che istituisce un regime di assicurazione obbligatoria, di prevedere «anche modalità e condizioni generali per le quali sia obbligatoria da parte delle Compagnie assicuratrici la stipula delle polizze, onde evitare il fenomeno dell'indiretta limitazione all'esercizio della professione».

Il Governo non ha neanche tenuto conto della richiesta della Commissione giustizia di riservare una disciplina speciale per la copertura assicurativa dei notai. La Commissione, nel parere del 26 luglio 2012, aveva infatti ricordato che «l'ordinamento del notariato regola specificamente la materia agli articoli 19 e 20 della legge professionale» stabilendo che il Consiglio Nazionale del Notariato stipuli direttamente una polizza collettiva, ripartendone l'onere del premio fra tutti i notai italiani e non con polizze individuali stipulate sulla base di una «Convenzione collettiva» negoziata a livello nazionale, come previsto invece dall'articolo 5 comma 1 del regolamento. Secondo la Commissione «la specificità del notariato impone la conferma del sistema vigente della polizza collettiva, per offrire ai cittadini assoluta certezza in ordine alla copertura assicurativa della funzione pubblica esercitata da ciascun notaio, non rimessa alla pur doverosa iniziativa dello stesso».

 


Articolo 6
(Tirocinio per l’accesso)

 

Schema di D.P.R. (A.G. 488)

D.P.R. 7 agosto 2012, n. 137

 

 

Art. 6

(Tirocinio per l’accesso)

Art. 6

(Tirocinio per l’accesso)

1. II tirocinio professionale, obbligatorio e della durata di diciotto mesi, consiste nell’addestramento, a contenuto teorico e pratico, del praticante, finalizzato a conseguire le capacità necessarie per l'esercizio e la gestione organizzativa della professione.

1. Il tirocinio professionale è obbligatorio ove previsto dai singoli ordinamenti professionali, e ha una durata massima di diciotto mesi. Resta ferma l'esclusione delle professioni sanitarie prevista dall'articolo 9, comma 6, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito dalla legge 24 marzo 2012, n. 27. Il tirocinio consiste nell'addestramento, a contenuto teorico e pratico, del praticante, ed è finalizzato a conseguire le capacità necessarie per l'esercizio e la gestione organizzativa della professione.

2. Presso il consiglio dell'ordine o del collegio territoriale è tenuto il registro dei praticanti, l’iscrizione al quale è condizione per lo svolgimento del tirocinio professionale. Ai fini dell'iscrizione nel registro dei praticanti è necessario aver conseguito la laurea o il diverso titolo di istruzione previsti dalla legge per l'accesso alla professione regolamentata, ferme restando le altre disposizioni previste dall'ordinamento universitario.

2. Presso il consiglio dell'ordine o del collegio territoriale è tenuto il registro dei praticanti, l'iscrizione al quale è condizione per lo svolgimento del tirocinio professionale. Ai fini dell'iscrizione nel registro dei praticanti è necessario, salva l'ipotesi di cui al comma 4, secondo periodo, aver conseguito la laurea o il diverso titolo di istruzione previsti dalla legge per l'accesso alla professione regolamentata, ferme restando le altre disposizioni previste dall'ordinamento universitario.

3. Il professionista affidatario deve avere almeno cinque anni di anzianità, è tenuto ad assicurare che il tirocinio si svolga in modo funzionale alla sua finalità e non può assumere la funzione per più di tre praticanti contemporaneamente, salva la motivata autorizzazione rilasciata dal competente consiglio territoriale previa valutazione dell'attività professionale del richiedente e dell'organizzazione del suo studio.

3. Il professionista affidatario deve avere almeno cinque anni di anzianità di iscrizione all'albo, è tenuto ad assicurare che il tirocinio si svolga in modo funzionale alla sua finalità e non può assumere la funzione per più di tre praticanti contemporaneamente, salva la motivata autorizzazione rilasciata dal competente consiglio territoriale sulla base di criteri concernenti l'attività professionale del richiedente e l'organizzazione della stessa, stabiliti con regolamento del consiglio nazionale dell'ordine o del collegio, previo parere vincolante del ministro vigilante.

4. Il tirocinio può essere svolto, in misura non superiore a sei mesi, presso enti o professionisti di altri Paesi con titolo equivalente e abilitati all'esercizio della professione. Il tirocinio può essere altresì svolto per i primi sei mesi, in presenza di specifica convenzione quadro tra il consiglio nazionale, il ministro dell'istruzione, università e ricerca, e il ministro vigilante, in concomitanza con l'ultimo anno del corso di studio per il conseguimento della laurea necessaria. I consigli territoriali e le università pubbliche e private possono stipulare convenzioni, conformi a quella di cui al periodo precedente, per regolare i reciproci rapporti.

4. Il tirocinio può essere svolto, in misura non superiore a sei mesi, presso enti o professionisti di altri Paesi con titolo equivalente e abilitati all'esercizio della professione. Il tirocinio può essere altresì svolto per i primi sei mesi, in presenza di specifica convenzione quadro tra il consiglio nazionale dell'ordine o collegio, il ministro dell'istruzione, università e ricerca, e il ministro vigilante, in concomitanza con l'ultimo anno del corso di studio per il conseguimento della laurea necessaria. I consigli territoriali e le università pubbliche e private possono stipulare convenzioni, conformi a quella di cui al periodo precedente, per regolare i reciproci rapporti. Possono essere stipulate analoghe convenzioni tra i consigli nazionali degli ordini o collegi e il ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, per lo svolgimento del tirocinio presso pubbliche amministrazioni, all'esito del corso di laurea. Resta ferma l'esclusione delle professioni sanitarie prevista dall'articolo 9, comma 6, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito dalla legge 24 marzo 2012, n. 27.

5. Lo svolgimento del tirocinio è incompatibile con qualunque rapporto di impiego pubblico. Il tirocinio può essere svolto contestualmente ad attività di lavoro subordinato privato, purché con modalità e orari idonei a consentirne l'effettivo svolgimento. Sul rispetto di tale disposizione vigila il locale consiglio dell’ordine o collegio.

5. Il tirocinio può essere svolto in costanza di rapporto di pubblico impiego ovvero di rapporto di lavoro subordinato privato, purché le relative discipline prevedano modalità e orari di lavoro idonei a consentirne l'effettivo svolgimento. Sul rispetto di tale disposizione vigila il locale consiglio dell'ordine o collegio.

6. Il tirocinio professionale non determina l'instaurazione di rapporto di lavoro subordinato anche occasionale, fermo quanto disposto dall'art. 9, comma 4, ultimo periodo, del decreto legge 24 gennaio 2012 n. 1, convertito con modificazioni dalla legge 24 marzo 2012 n. 27.

6. Identico.

7. L'interruzione del tirocinio per oltre sei mesi, senza giustificato motivo, comporta l'inefficacia ai fini dell'accesso, di quello previamente svolto.

7. L'interruzione del tirocinio per oltre tre mesi, senza giustificato motivo, comporta l'inefficacia, ai fini dell'accesso, di quello previamente svolto. Quando ricorre un giustificato motivo, l'interruzione del tirocinio può avere una durata massima di nove mesi, fermo l'effettivo completamento dell'intero periodo previsto.

8. I praticanti osservano gli stessi doveri e norme deontologiche dei professionisti e sono soggetti al medesimo potere disciplinare.

8. Identico.

9. Il tirocinio, oltre che nella pratica svolta presso uno studio professionale, consiste altresì nella frequenza obbligatoria e con profitto, per un periodo non inferiore a sei mesi, di specifici corsi di formazione professionale organizzati da ordini o collegi o associazioni di iscritti agli albi, nonché dagli altri soggetti autorizzati dai ministri vigilanti.

9. Il tirocinio, oltre che nella pratica svolta presso un professionista, può consistere altresì nella frequenza con profitto, per un periodo non superiore a sei mesi, di specifici corsi di formazione professionale organizzati da ordini o collegi. I corsi di formazione possono essere organizzati anche da associazioni di iscritti agli albi e da altri soggetti, autorizzati dai consigli nazionali degli ordini o collegi. Quando deliberano sulla domanda di autorizzazione di cui al periodo precedente, i consigli nazionali trasmettono motivata proposta di delibera al ministro vigilante al fine di acquisire il parere vincolante dello stesso.

10. Il ministro vigilante, sentito il consiglio nazionale dell'ordine o collegio, disciplina con regolamento, da emanarsi entro un anno dall'entrata in vigore del presente decreto:

10. Il consiglio nazionale dell'ordine o collegio disciplina con regolamento, da emanarsi, previo parere favorevole del ministro vigilante, entro un anno dall'entrata in vigore del presente decreto:

a) le modalità e le condizioni per l'istituzione dei corsi di formazione di cui al comma 9, in modo da garantire la libertà e il pluralismo dell'offerta formativa e della relativa scelta individuale;

a) identica;

b) i contenuti formativi essenziali dei corsi di formazione;

b) identica;

c) la durata minima dei corsi di formazione, prevedendo un carico didattico non inferiore duecento ore;

c) identica;

d) le modalità e le condizioni per la frequenza dei corsi di formazione da parte del praticante nonché quelle per le verifiche intermedie e finale del profitto, affidate a una commissione composta da professionisti e docenti universitari, in pari numero, e presieduta da un docente universitario, in modo da garantire omogeneità di giudizio su tutto il territorio nazionale. Ai componenti della commissione non sono riconosciuti compensi, indennità o gettoni di presenza.

d) identica.

11. Il ministro vigilante, previa verifica, su indicazione del consiglio nazionale dell'ordine o collegio, dell'idoneità dei corsi organizzati a norma del comma 9 sul territorio nazionale, dichiara la data a decorrere dalla quale la disposizione di cui al medesimo comma è applicabile al tirocinio.

11. Identico.

12. Il consiglio dell'ordine o collegio presso il quale il compiuto il tirocinio rilascia il relativo certificato. II certificato perde efficacia decorsi cinque anni senza che segua il superamento dell'esame di Stato quando previsto.

12. Il consiglio dell'ordine o collegio presso il quale è compiuto il tirocinio rilascia il relativo certificato. Il certificato perde efficacia decorsi cinque anni senza che segua il superamento dell'esame di Stato quando previsto. Quando il certificato perde efficacia il competente consiglio territoriale provvede alla cancellazione del soggetto dal registro dei praticanti di cui al comma 2.

 

13. Le regioni, nell'ambito delle potestà a esse attribuite dall'articolo 117 della Costituzione, possono disciplinare l'attribuzione di fondi per l'organizzazione di scuole, corsi ed eventi di tirocinio professionale.

13. Le disposizioni del presente articolo si applicano ai tirocini iniziati dal giorno successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto.

14. Le disposizioni del presente articolo si applicano ai tirocini iniziati dal giorno successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto, fermo quanto già previsto dall'articolo 9, comma 6, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27.

 

 

L’articolo 6 disciplina il tirocinio professionale, dando attuazione al principio di cui alla lettera c) dell’art. 3, comma 5, del decreto legge 138/2011[11].

Dopo l’entrata in vigore del decreto-legge n. 138 è peraltro intervenuto anche il decreto-legge liberalizzazioni 1/2012 che, all’art. 9, commi 4 e 6, disciplina più ampiamente il tirocinio per tutte le professioni regolamentate, eccetto quelle sanitarie.

Si osserva che il decreto-legge 1/2012 non ha modificato il principio di autorizzazione alla delegificazione già espresso dal decreto-legge n. 138, cosa che ad esempio è stata fatta per i compensi professionali attraverso la soppressione del principio di cui alla lettera d). Si deve desumere che le modifiche alla disciplina del tirocinio introdotte dal decreto-legge 1/2012 non abbiano prodotto effetti abrogativi nei confronti della disposizione di delegificazione recata dalla lettera c).

 

Il DL 1/2012 stabilisce:

§         che al tirocinante è riconosciuto un rimborso spese forfetariamente concordato dopo i primi sei mesi di tirocinio (comma 4);

§         che la durata del tirocinio previsto per l'accesso alle professioni regolamentate non può essere superiore a 18 mesi;

§         che per i primi 6 mesi il tirocinio può essere svolto in concomitanza con il corso di laurea. Dovranno intervenire convenzioni tra i consigli nazionali degli ordini e il Ministro dell’università;

§         che, alla conclusione del corso di laurea, il tirocinio possa essere svolto anche presso pubbliche amministrazioni. Dovranno intervenire convenzioni tra i consigli nazionali degli ordini e il Ministro per la pubblica amministrazione.

 

Fermi questi principi, affermati direttamente dal legislatore, il regolamento di delegificazione deve limitarsi a disciplinare l’effettivo svolgimento dell’attività formativa del tirocinante e l’adeguamento costante in funzione della garanzia di adeguatezza del servizio professionale da prestare.

 

L’articolo 6 del D.P.R. n. 137 del 2012 disciplina il tirocinio in via generale, mentre il successivo articolo 10 si occupa in particolare del tirocinio degli avvocati (v. infra). La disposizione:

 

§         definisce il tirocinio come «l’addestramento, a contenuto teorico e pratico, del praticante, finalizzato a conseguire le capacità necessarie per l'esercizio e la gestione organizzativa della professione»; ne afferma il carattere obbligatorio, se un tirocinio è già prescritto dai singoli ordinamenti professionali (comma 1);

§         prescrive ad ogni ordine professionale di tenere a livello territoriale un registro dei praticanti; l’iscrizione nel registro è condizione necessaria per poter svolgere il tirocinio. Il comma 2 afferma che l’iscrizione nel registro è possibile solo dopo aver conseguito «la laurea o il diverso titolo di istruzione previsti dalla legge per l'accesso alla professione regolamentata», a meno che non si svolga parzialmente in concomitanza con il corso di laurea (come previsto dal comma 4 (v. infra);

§         stabilisce (comma 3) che il professionista affidatario debba avere almeno 5 anni di anzianità di iscrizione all’albo e non possa svolgere la funzione contemporaneamente per più di 3 praticanti (deroghe sono consentite solo previa autorizzazione del consiglio territoriale e valutate l’attività svolta dal professionista e le caratteristiche della sua organizzazione professionale in base a criteri stabiliti con regolamento del consiglio nazionale e parere vincolante del ministro vigilante);

§         consente che il tirocinio possa essere svolto per 6 mesi presso enti o professionisti di altri Paesi «con titolo equivalente e abilitati all'esercizio della professione» (comma 4);

§         consente lo svolgimento dei primi 6 mesi di tirocinio in concomitanza con l’ultimo anno del corso di studio per il conseguimento della laurea necessaria (comma 4), sulla base di specifica convenzione quadro tra il consiglio nazionale, il ministro dell’istruzione, università e ricerca e il ministro vigilante; in questo ambito, i consigli territoriali e le università pubbliche e private possono stipulare convenzioni per regolare i reciproci rapporti, in conformità alla convenzione quadro;

§         consente, dopo la laurea, lo svolgimento del tirocinio presso pubbliche amministrazioni, previa stipula di convenzioni tra i consigli nazionali e il ministro per la pubblica amministrazione. In questo caso il regolamento non specifica la durata massima di questa modalità di tirocinio che pertanto potrebbe anche assorbire l’intero periodo;

§         consente – diversamente da quanto originariamente previsto dallo schema di regolamento – lo svolgimento del tirocinio anche in costanza di un rapporto di impiego pubblico o privato, purché le modalità e gli orari di lavoro permettano l’effettivo svolgimento dell’addestramento. Spetta al consiglio dell’ordine territoriale verificare il rispetto di questa disposizione (comma 5);

§         afferma che il tirocinio non comporta l’instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato, fermo il diritto del tirocinante ad ottenere – dopo sei mesi dall’avvio del tirocinio – un rimborso spese forfetariamente concordato con l’affidatario (comma 6);

§         dispone che l'interruzione del tirocinio per oltre 3 mesi (6 mesi nell’originario schema di regolamento), senza giustificato motivo, comporta l'inefficacia, ai fini dell'accesso, di quello previamente svolto. Consente peraltro un’interruzione fino a 9 mesi quando ricorre un giustificato motivo (comma 7);

§         impone ai tirocinanti gli stessi doveri e le stesse norme deontologiche dei professionisti affidatari e li sottopone al medesimo potere disciplinare (comma 8);

§         consente (comma 9) di accompagnare la pratica professionale in studio con la frequenza, per massimo 6 mesi, di specifici corsi di formazione (il testo dello schema trasmesso alle camere prevedeva che la frequenza di tali corsi fosse obbligatoria). Il contenuto formativo dei corsi e le modalità di frequenza, compresa la previsione di verifiche intermedie e di profitto, dovranno essere disciplinate con regolamento del consiglio nazionale dell’ordine o collegio, previo parere del ministro vigilante, da emanare entro un anno dall’entrata in vigore del regolamento di delegificazione (comma 10). Il medesimo ministro dovrà poi verificare l’idoneità dei corsi organizzati dagli ordini o dai collegi, dichiarando così la data a decorrere dalla quale questa disposizione possa dirsi applicabile (comma 11);

§         affida (comma 12) al consiglio dell’ordine o collegio territoriale il compito di rilasciare il certificato di compiuto tirocinio che perde efficacia se – trascorsi 5 anni dal rilascio – non viene superato l’esame di stato (se previsto). La perdita di efficacia comporta la cancellazione del soggetto dal registro dei praticanti;

§         consente alle Regioni, nell’ambito delle competenze ad esse riconosciute dalla Costituzione, di disciplinare l’attribuzione di fondi per l’organizzazione di eventi di tirocinio professionale (comma 13);

§         dispone in ordine all’entrata in vigore delle disposizioni sul tirocinio, prevedendo che le stesse si applichino ai tirocini iniziati a partire dal giorno successivo all’entrata in vigore del regolamento di delegificazione (comma 14), salve le disposizioni immediatamente precettive contenute nel decreto legge 1/2012 (v. sopra).

Esito pareri

Nell’emanazione del regolamento il Governo ha pienamente recepito tutte le indicazioni della Commissione giustizia che, nel parere del 26 luglio 2012, aveva richiesto:

§         di rivedere la disposizione del comma 1, che sembrava rendere obbligatorio il tirocinio anche per le categorie che ne erano prive e sembrava allungarlo a 18 mesi anche per le categorie che lo prevedono più breve; analoghe considerazioni aveva peraltro svolto anche il Consiglio di Stato;

§         di coordinare l'articolo 6 con le disposizioni legislative che attribuiscono ai Consigli nazionali degli ordini e collegi la disciplina dei tirocini;

§         di chiarire che il tirocinio non può essere incompatibile con il lavoro pubblico e compatibile con quello privato subordinato, ma che occorre invece prevedere la possibilità di svolgere il tirocinio anche in concomitanza con il mantenimento di un rapporto di impiego pubblico alle medesime condizioni previste per l'attività di lavoro privato subordinato. In questi termini argomenta anche il parere del Consiglio di Stato;

§         di verificare se la previsione di corsi di formazione obbligatori fosse compatibile con i principi della delegificazione, suggerendo – come fatto anche dal Consiglio di Stato - di rendere la frequenza facoltativa.

Si devono invece al solo parere del Consiglio di Stato la precisazione sulla possibile deroga al limite di 3 tirocinanti per ogni professionista affidatario e la disposizione sull’interruzione del tirocinio per un giustificato motivo.

 


Articolo 7
(Formazione continua)

 

Schema di D.P.R. (A.G. 488)

D.P.R. 7 agosto 2012, n. 137

 

 

Art. 7

(Formazione continua)

Art. 7

(Formazione continua)

1. AI fine di garantire la qualità ed efficienza della prestazione professionale, nel migliore interesse dell'utente e della collettività, e per conseguire l'obiettivo dello sviluppo professionale, ogni professionista ha l'obbligo di curare il continuo e costante aggiornamento della propria competenza professionale. La violazione dell'obbligo di cui al periodo precedente costituisce illecito disciplinare.

1. Al fine di garantire la qualità ed efficienza della prestazione professionale, nel migliore interesse dell'utente e della collettività, e per conseguire l'obiettivo dello sviluppo professionale, ogni professionista ha l'obbligo di curare il continuo e costante aggiornamento della propria competenza professionale secondo quanto previsto dal presente articolo. La violazione dell'obbligo di cui al periodo precedente costituisce illecito disciplinare.

 

2. I corsi di formazione possono essere organizzati, ai fini del comma 1, oltre che da ordini e collegi, anche da associazioni di iscritti agli albi e da altri soggetti, autorizzati dai consigli nazionali degli ordini o collegi. Quando deliberano sulla domanda di autorizzazione di cui al periodo precedente, i consigli nazionali trasmettono motivata proposta di delibera al ministro vigilante al fine di acquisire il parere vincolante dello stesso.

2. Il ministro vigilante, sentito il consiglio nazionale dell'ordine o collegio, disciplina con regolamento, da emanarsi entro un anno dall'entrata in vigore del presente decreto:

3. Il consiglio nazionale dell'ordine o collegio disciplina con regolamento, da emanarsi, previo parere favorevole del ministro vigilante, entro un anno dall'entrata in vigore del presente decreto:

a) le modalità e le condizioni per l'assolvimento dell'obbligo di aggiornamento da parte degli iscritti e per la gestione e l'organizzazione dell'attività di aggiornamento a cura degli ordini o collegi territoriali, delle associazioni professionali e di soggetti autorizzati dal ministro vigilante;

a) le modalità e le condizioni per l'assolvimento dell'obbligo di aggiornamento da parte degli iscritti e per la gestione e l'organizzazione dell'attività di aggiornamento a cura degli ordini o collegi territoriali, delle associazioni professionali e dei soggetti autorizzati;

b) i requisiti minimi, uniformi su tutto il territorio nazionale, dei corsi di aggiornamento;

b) identica;

c) il valore del credito formativo professionale quale unità di misura della formazione continua.

c) identica.

3. Con apposite convenzioni stipulate tra i consigli nazionali e le università possono essere stabilite regole comuni di riconoscimento reciproco dei crediti formativi professionali e universitari. Con appositi regolamenti comuni, da approvarsi previo parere favorevole dei ministri vigilanti, i consigli nazionali possono individuare crediti formativi professionali interdisciplinari e stabilire il loro valore.

4. Identico.

4. L'attività di formazione è svolta dagli ordini e collegi anche in cooperazione o convenzione con altri soggetti.

5. L'attività di formazione, quando è svolta dagli ordini e collegi, può realizzarsi anche in cooperazione o convenzione con altri soggetti.

5. Le regioni, nell'ambito delle potestà a esse attribuite dall'articolo 117 della Costituzione, possono disciplinare l'attribuzione di fondi per l’organizzazione di scuole, corsi ed eventi di formazione professionale.

6. Identico.

6. Resta ferma la normativa vigente sull'educazione continua in medicina (ECM).

7. Identico.

 

L’articolo 7 del D.P.R. n. 137 del 2012 dà attuazione al principio contenuto nella lettera b) del provvedimento di autorizzazione alla delegificazione, in tema di formazione continua dei professionisti[12].

 

In particolare, il regolamento:

-             conferma che la formazione continua è uno specifico dovere del professionista, la cui violazione comporta illecito disciplinare (comma 1);

-             stabilisce che i corsi di formazione possono essere organizzati anche da associazioni di iscritti agli albi, richiedendo sempre l’autorizzazione dei consigli nazionali e il parere vincolante del ministro (comma 2);

-             attribuisce al consiglio nazionale (e non al ministro vigilante, come disposto dallo schema di regolamento) il compito, entro un anno dall’entrata in vigore del DPR, di emanare un decreto per disciplinare modalità e condizioni dell’assolvimento dell’obbligo di formazione, requisiti dei corsi di aggiornamento e valore dei crediti formativi (comma 3);

-             demanda a convenzioni tra i consigli nazionali e le università la possibilità di stabilire regole comuni di riconoscimento reciproco dei crediti formativi (comma 4);

-             demanda ai diversi consigli nazionali il compito di individuare crediti formativi interdisciplinari (comma 4);

-             consente agli ordini e ai collegi di organizzare la formazione anche in cooperazione con altri soggetti (comma 5);

-             consente – con disposizione pressoché identica a quella contenuta nell’art. 6, comma 13 - alle regioni di disciplinare l’attribuzione di fondi per l’organizzazione di scuole, corsi ed eventi di formazione professionale (comma 6);

-             ribadisce (comma 7) quanto già affermato dalle disposizioni di autorizzazione, ovvero che resta ferma la disciplina vigente sull’educazione continua in medicina (ECM).

Esito pareri

Nell’emanazione del regolamento il governo ha tenuto conto di due delle tre indicazioni fornite dalla Commissione giustizia ed ha, in particolare, accolto l’esigenza di affidare la potestà regolamentare sull’obbligo di formazione ai consigli nazionali (come previsto dalla norma di autorizzazione) al posto del Ministro (commi 2 e 3).

Il regolamento ha inoltre tenuto conto dell’esigenza, evidenziata dal parere parlamentare, di consentire l’organizzazione di corsi di aggiornamento anche «a cura degli ordini o collegi territoriali e dei sindacati di categoria delle professioni regolamentate in qualità di parte sociale con rilevanza nazionale, anche in cooperazione o convenzione con altri soggetti».

Il Governo ha invece mantenuto la previsione – analoga a quella dell’articolo 6 – sulle competenze regionali in ordine all’attribuzione di fondi che, per la Commissione, doveva «essere espunta o meglio riformulata».

 

Non è stata accolta neanche l’indicazione del Consiglio di Stato che aveva giudicato la previsione dell’attuale comma 5 - che sembra riservare l'attività di formazione agli ordini e ai collegi anche in cooperazione o convenzione con altri soggetti - come priva di giustificazione. Il Consiglio di Stato, in particolare, così argomentava «l'applicazione del principio di liberalizzazione, che deve ispirare il presente regolamento, impone di limitare la regolamentazione alle modalità di definizione dei requisiti minimi dei percorsi di formazione, che poi possono essere soddisfatti e autodichiarati da qualsiasi soggetto, anche privato, e non necessariamente svolti da collegi e ordini, o comunque senza porre ordini, collegi e associazioni professionali in posizione di vantaggio rispetto ad altri soggetti, a cui verrebbe richiesta una autorizzazione».

 

 

 


Articolo 8
(Disposizioni sul procedimento disciplinare delle professioni regolamentate diverse da quelle sanitarie)

Occorre in via preliminare ricordare che in sede di emanazione del regolamento n. 137/2012 il Governo ha espunto dal provvedimento l’articolo 8 dello schema di regolamento presentato alle Camere, che disciplinava le incompatibilità affermando il principio per il quale lo svolgimento di una attività professionale regolamentata è incompatibile soltanto con le attività che pregiudicano autonomia e indipendenza di giudizio, intellettuale e tecnico, del professionista.

 

Schema di D.P.R. (A.G. 488)

D.P.R. 7 agosto 2012, n. 137

 

 

Art. 8

(Incompatibilità)

Soppresso

1. L'esercizio dell'attività professionale è incompatibile esclusivamente con le attività che ne pregiudicano l'autonomia e indipendenza di giudizio, intellettuale e tecnico.

 

2. Restano ferme le incompatibilità previste dalla disciplina del lavoro pubblico dipendente e quelle inerenti alla professione di notaio.

 

 

 

 

Tale previsione non trovava fondamento nella norma di autorizzazione alla delegificazione e rischiava di comportare l’abrogazione di disposizioni puntuali già dettate per alcune professioni (es. per gli avvocati la legge 25 novembre 2003, n. 339).

Sul punto il Governo ha dunque accolto il parere della Commissione giustizia che affermava come «la disciplina delle incompatibilità all'esercizio della professione non rientra nell'oggetto dell'intervento regolamentare in delegificazione autorizzato dal richiamato articolo 3, comma 5, del decreto-legge n. 138 del 2011 ed è opportuno che essa non sia affidata ad una formulazione di carattere generico e valida per tutte le professioni regolamentate con possibili incertezze interpretative».

 


 

 

Schema di D.P.R. (A.G. 488)

D.P.R. 7 agosto 2012, n. 137

 

 

Art. 9

(Disposizioni sul procedimento disciplinare delle professioni regolamentate diverse da quelle sanitarie)

Art. 8

(Disposizioni sul procedimento disciplinare delle professioni regolamentate diverse da quelle sanitarie)

1. Presso i consigli dell'ordine o collegio territoriale delle professioni regolamentate diverse da quelle sanitarie, sono istituiti consigli di disciplina territoriali cui sono affidati i compiti di istruzione e decisione delle questioni disciplinari riguardanti gli iscritti all'albo.

1. Presso i consigli dell'ordine o collegio territoriali sono istituiti consigli di disciplina territoriali cui sono affidati i compiti di istruzione e decisione delle questioni disciplinari riguardanti gli iscritti all'albo.

2. I consigli di disciplina territoriali di cui al comma 1 sono composti da 3 consiglieri e 2 consiglieri supplenti. Nel caso di cui al comma 3, secondo periodo, i consigli di disciplina territoriali sono composti da 9 consiglieri e 3 supplenti ovvero, quando i componenti del consiglio dell'ordine o collegio competente sono in numero inferiore a 12, sono composti da 6 consiglieri e 3 supplenti. I collegi sono composti da 3 consiglieri e sono presieduti dal componente con maggiore anzianità di iscrizione all’albo.

2. I consigli di disciplina territoriali di cui al comma 1 sono composti da un numero di consiglieri pari a quello dei consiglieri che, secondo i vigenti ordinamenti professionali, svolgono funzioni disciplinari nei consigli dell'ordine o collegio territoriali presso cui sono istituiti. I collegi di disciplina, nei consigli di disciplina territoriali con più di tre componenti, sono comunque composti da tre consiglieri e sono presieduti dal componente con maggiore anzianità d'iscrizione all'albo o, quando vi siano componenti non iscritti all'albo, dal componente con maggiore anzianità anagrafica.

3. l consigli di disciplina territoriali di cui al comma 1 sono composti dai componenti del consiglio dell'ordine o collegio territoriale viciniore diversi dal presidente, designati dal presidente stesso secondo l'anzianità di iscrizione all'ordine o collegio. Per i consigli dell'ordine o collegio situati nei comuni sedi di corti di appello, sono competenti i consigli dell'ordine o collegio che hanno sede nei comuni individuati secondo le corrispondenti competenze di cui all'articolo 11 del codice di procedura penale. Fuori dei casi di cui al periodo precedente, il consiglio dell'ordine o collegio viciniore di cui al primo periodo è individuato, tenuto anche conto della distribuzione territoriale degli iscritti all’albo, con regolamento deliberato dal consiglio nazionale dell'ordine o collegio, previo parere favorevole del ministro vigilante, entro tre mesi dall'entrata in vigore del presente decreto. La nomina di cui al primo periodo avviene entro 30 giorni da quella a consigliere del relativo ordine o collegio territoriale. La carica di consigliere dell'ordine o collegio territoriale e la carica di consigliere del corrispondente consiglio di disciplina territoriale sono in ogni caso incompatibili. Gli ordinamenti professionali possono prevedere ulteriori incompatibilità dirette ad assicurare la terzietà del consiglio di disciplina.

3. Ferma l'incompatibilità tra la carica di consigliere dell'ordine o collegio territoriale e la carica di consigliere del corrispondente consiglio di disciplina territoriale, i consiglieri componenti dei consigli di disciplina territoriali sono nominati dal presidente del tribunale nel cui circondario hanno sede, tra i soggetti indicati in un elenco di nominativi proposti dai corrispondenti consigli dell'ordine o collegio. L'elenco di cui al periodo che precede è composto da un numero di nominativi pari al doppio del numero dei consiglieri che il presidente del tribunale è chiamato a designare. I criteri in base ai quali è effettuata la proposta dei consigli dell'ordine o collegio e la designazione da parte del presidente del tribunale, sono individuati con regolamento adottato, entro novanta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto, dai consigli nazionali dell'ordine o collegio, previo parere vincolante del ministro vigilante.

4. Le funzioni di presidente del consiglio di disciplina territoriale sono svolte dal componente con maggiore anzianità di iscrizione all’albo. Le funzioni di segretario sono svolte dal componente con minore anzianità di iscrizione all'albo.

4.  Le funzioni di presidente del consiglio di disciplina territoriale sono svolte dal componente con maggiore anzianità d'iscrizione all'albo o, quando vi siano componenti non iscritti all'albo, dal componente con maggiore anzianità anagrafica. Le funzioni di segretario sono svolte dal componente con minore anzianità d'iscrizione all'albo o, quando vi siano componenti non iscritti all'albo, dal componente con minore anzianità anagrafica.

5. Il presidente del consiglio dell’ordine o collegio di cui al comma 3, primo periodo, provvede alla immediata sostituzione dei componenti che siano venuti meno a causa di decesso, dimissioni o altra ragione.

5. All'immediata sostituzione dei componenti che siano venuti meno a causa di decesso, dimissioni o altra ragione, si provvede applicando le disposizioni del comma 3, in quanto compatibili.

6. I consigli di disciplina territoriale restano in carica per il medesimo periodo dei consigli dell'ordine o collegio territoriale.

6. Identico.

7. Presso i consigli nazionali dell'ordine o collegio che decidono in via amministrativa sulle questioni disciplinari, sono istituiti consigli di disciplina nazionali cui sono affidati i compiti di istruzione e decisione delle questioni disciplinari precedentemente assegnate alla competenza dei medesimi consigli nazionali.

7. Presso i consigli nazionali dell'ordine o collegio che decidono in via amministrativa sulle questioni disciplinari, sono istituiti consigli di disciplina nazionali cui sono affidati i compiti di istruzione e decisione delle questioni disciplinari assegnate alla competenza dei medesimi consigli nazionali anche secondo le norme antecedenti all'entrata in vigore del presente decreto.

8. l consigli di disciplina nazionali di cui al comma 7 sono composti da 9 consiglieri e 3 consiglieri supplenti, e i collegi sono composti da 3 consiglieri presieduti dal componente con maggiore anzianità di iscrizione all'albo. La carica di consigliere nazionale dell'ordine o collegio e di consigliere del corrispondente consiglio dì disciplina nazionale sono in ogni caso incompatibili. Gli ordinamenti professionali possono prevedere ulteriori incompatibilità dirette ad assicurare la terzietà del consiglio di disciplina.

8. I consiglieri dei consigli nazionali dell'ordine o collegio che esercitano funzioni disciplinari non possono esercitare funzioni amministrative. Per la ripartizione delle funzioni disciplinari ed amministrative tra i consiglieri, in applicazione di quanto disposto al periodo che precede, i consigli nazionali dell'ordine o collegio adottano regolamenti attuativi, entro novanta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto, previo parere favorevole del ministro vigilante.

9. Le funzioni di presidente del consiglio di disciplina nazionale sono svolte dal componente con maggiore anzianità di iscrizione all'albo. Le funzioni di segretario sono svolte dal componente con minore anzianità di iscrizione all'albo.

9.  Le funzioni di presidente del consiglio di disciplina nazionale di cui ai commi 7 e 8 sono svolte dal componente con maggiore anzianità d'iscrizione all'albo. Le funzioni di segretario sono svolte dal componente con minore anzianità d'iscrizione all'albo.

10. Sono nominati componenti dei consigli nazionali di disciplina di cui al comma 7, titolari e di seguito supplenti, i primi non eletti alla carica di consigliere nazionale dell'ordine o collegio che abbiano riportato il maggior numero di preferenze e, in caso di parità di voti, da quelli con maggiore anzianità di iscrizione all'albo. In caso di voti di lista non nominativi, sono nominati i primi non eletti all’interno della lista che ha riportato il maggior numero di voti. Resta salva la facoltà dei componenti eletti al consiglio nazionale dell'ordine o collegio di optare, entro 30 giorni dalla elezione, per la nomina a consigliere del consiglio nazionale di disciplina. Nel caso di cui al periodo precedente, per la nomina dei consiglieri del consiglio nazionale dell'ordine o collegio si applicano le vigenti disposizioni elettorali. La proclamazione della nomina dei componenti dei consigli nazionali di disciplina avviene da parte del ministro vigilante all'esito della comunicazione senza indugio della necessaria documentazione da parte dei rispettivi consigli nazionali che risolvono ogni contrasto anche sugli esiti delle elezioni ai fini delle nomine dei componenti dei consigli di disciplina. Si applicano le disposizioni vigenti in materia di controversie elettorali.

11. Alla sostituzione dei componenti che siano venuti meno a causa di decesso, dimissioni o altra ragione, provvede il ministro vigilante, su proposta formulata senza indugio dal consiglio nazionale dell’ordine o collegio.

12. Per l'attuazione delle disposizioni di cui ai commi precedenti i consigli nazionali dell’ordine o collegio emanano regolamenti attuativi, entro 90 giorni dall'entrata in vigore del presente regolamento, previo parere favorevole del ministro vigilante.

13. I consigli di disciplina nazionali restano in carica per il medesimo periodo dei consigli nazionali dell'ordine o collegio.

Soppresso


































Soppresso






Soppresso






Soppresso

14. Fino all'insediamento dei consigli di disciplina territoriali e nazionali di cui ai commi precedenti, le funzioni disciplinari restano regolate dalle disposizioni vigenti.

10. Fino all'insediamento dei consigli di disciplina territoriali e nazionali di cui ai commi precedenti, le funzioni disciplinari restano interamente regolate dalle disposizioni vigenti.

15. Restano ferme le altre disposizioni in materia di procedimento disciplinare delle professioni regolamentate, e i riferimenti ai consigli dell'ordine o collegio si intendono riferiti, in quanto applicabili, ai consigli di disciplina.

11. Identico.

16. Il ministro vigilante può procedere al commissariamento dei consigli di disciplina territoriali e nazionali per gravi e ripetuti atti di violazione della legge, ovvero in ogni caso in cui non sono in grado di funzionare regolarmente. Il commissario nominato provvede, su disposizioni del ministro vigilante, a quanto necessario ad assicurare lo svolgimento delle funzioni dell’organo fino al successivo mandato, con facoltà di nomina di componenti, tra gli iscritti all’albo, che lo coadiuvano nell’esercizio delle funzioni predette.

12. Il ministro vigilante può procedere al commissariamento dei consigli di disciplina territoriali e nazionali per gravi e ripetuti atti di violazione della legge, ovvero in ogni caso in cui non sono in grado di funzionare regolarmente. Il commissario nominato provvede, su disposizioni del ministro vigilante, a quanto necessario ad assicurare lo svolgimento delle funzioni dell'organo fino al successivo mandato, con facoltà di nomina di componenti che lo coadiuvano nell'esercizio delle funzioni predette.

17. Alle professioni sanitarie continua ad applicarsi la disciplina vigente.

13. Identico.

18. Restano altresì ferme le disposizioni vigenti in materia disciplinare concernenti la professione di notaio.

14. Identico.

 

 

L’articolo 8 del D.P.R. n. 137 del 2012 dà attuazione al principio di delegificazione contenuto nella lettera f) dell’art. 3, comma 5, del DL 138/2011[13], in tema di procedimento disciplinare.

Come già sottolineato in sede di commento delle disposizioni di autorizzazione (v. sopra), la disposizione sul procedimento disciplinare non solo non si applica alle professioni sanitarie (come già previsto dal decreto-legge) né alla professione notarile (come previsto dal comma 14), ma non può applicarsi neanche alle funzioni disciplinari svolte dai consigli nazionali di professioni istituite prima dell’entrata in vigore della Costituzione. In relazione a tali professioni, infatti, gli organi disciplinari di ultima istanza sono stati definiti dalla Corte costituzionale come aventi “natura giurisdizionale” e risultano pertanto garantiti nella loro struttura e nelle loro funzioni da una riserva assoluta di legge[14].

Il regolamento è pertanto destinato a disciplinare esclusivamente la composizione degli organi che decidono del procedimento disciplinare rimesso alla competenza di consigli che decidono in via amministrativa.

 

Analiticamente, l’articolo 8 del regolamento di delegificazione istituisce, presso i consigli dell'ordine o collegi territoriali, consigli di disciplina territoriali cui sono affidati i compiti di istruzione e decisione delle questioni disciplinari riguardanti gli iscritti all'albo (comma 1).

Il comma 2 individua il numero di componenti dei consigli di disciplina territoriali, applicando i seguenti principi:

-             in generale, il numero dei consiglieri del consiglio di disciplina deve essere pari a quello dei consiglieri che sino ad oggi hanno svolto l’identica funzione nel consigli dell’ordine territoriale;

-             in particolare, a prescindere da quello che sarà il numero dei componenti il consiglio di disciplina, la singola questione disciplinare dovrà essere trattata da un collegio composto da 3 persone, presiedute dal componente con maggiore anzianità (anagrafica o di iscrizione all’albo se si tratta di soli iscritti).

Per l’individuazione dei componenti dei consigli di disciplina – che resteranno in carica per il medesimo periodo dei consigli dell’ordine territoriali (comma 6) - il principio cardine è quello dell'incompatibilità tra la carica di consigliere dell'ordine o collegio territoriale e la carica di consigliere del corrispondente consiglio di disciplina territoriale (comma 3).

I membri dei consigli di disciplina territoriali sono designati dal presidente del tribunale nel cui circondario hanno sede, tra i soggetti indicati in un elenco di nominativi proposti dai corrispondenti consigli dell'ordine o collegio. Si precisa che detto elenco è composto da un numero di nominativi pari al doppio del numero dei consiglieri che il presidente del tribunale è chiamato a designare (comma 3). Peraltro, dalla formulazione dei commi 2 e 4 si ricava, sia pure indirettamente, che possono esser componenti dei consigli di disciplina territoriali anche soggetti non iscritti all'albo. Le stesse modalità dovranno essere seguite per la sostituzione dei componenti dei consigli di disciplina  che siano cessati dalle funzioni (comma 5)

I criteri in base ai quali verrà effettuata la proposta dei consigli dell'ordine o collegio e la designazione da parte del presidente del tribunale, verranno individuati con regolamento da adottare entro novanta giorni dall'entrata in vigore del DPR, dai consigli nazionali dell'ordine o collegio, previo parere vincolante del ministro vigilante (comma 3).

Il comma 4 stabilisce i criteri per la designazione del presidente del consiglio di disciplina territoriale (il più anziano per età o iscrizione all’albo, se di soli iscritti si tratta) e del segretario (il più giovane per età o iscrizione all’albo, se di soli iscritti si tratta).

 

Quanto ai consigli di disciplina nazionali, il comma 7 li istituisce presso i consigli nazionali dell'ordine o collegio, per decidere - in via amministrativa (v. sopra) - sulle questioni disciplinari assegnate alla competenza dei medesimi consigli nazionali, anche secondo le norme antecedenti all'entrata in vigore del DPR.

Anche in questo caso occorre applicare il principio di incompatibilità tra l’esercizio di funzioni amministrative e quello di funzioni disciplinari e pertanto i consigli nazionali dell'ordine o collegio dovranno adottare (comma 8) regolamenti attuativi, entro novanta giorni dall'entrata in vigore del DPR, previo parere favorevole del ministro vigilante. In attesa della completa operatività della riforma, le funzioni disciplinari restano regolate dalle disposizioni vigenti (comma 10), così come restano ferme le altre disposizioni in materia di procedimento disciplinare delle professioni regolamentate, e i riferimenti ai consigli dell'ordine o collegio si intendono riferiti, in quanto applicabili, ai consigli di disciplina: dunque continuano a valere le precedenti norme di procedura e le sanzioni previste dai rispettivi ordinamenti professionali vigenti (comma 11).

Infine, spetta al ministro vigilante sulla singola professione regolamentata procedere, secondo i principi generali, al commissariamento dei consigli di disciplina territoriali e nazionali per gravi e ripetuti atti di violazione di legge, ovvero nel caso in cui non siano in condizioni di funzionare regolarmente (comma 12).

I commi 13 e 14 escludono poi che la riforma introdotta dal regolamento di delegificazione trovi applicazione nei confronti delle professioni sanitarie e della professione notarile,

 

L’esclusione della professione notarile era così motivata dalla relazione illustrativa dell’originario schema di regolamento: «per la professione di notaio, va considerata la peculiarità del sistema disciplinare vigente, che garantisce di per sé la separazione con la funzione amministrativa (oltre che ampia terzietà), in cui consiste l’essenza della di riforma sul punto: come può riscontrarsi, infatti, tutta la disciplina degli artt. 148 e seguenti della legge notarile (16 febbraio 1913 n. 89), quale modificata dal decreto legislativo 1° agosto 2006 n. 149, è conforme ai principi di delega».

Esito pareri

Nell’emanare il regolamento il Governo ha complessivamente rivisto gli organi del procedimento disciplinare che, nello schema iniziale, avevano una fisionomia diversa, criticata tanto dalle Commissioni parlamentari quanto dal Consiglio di Stato.

 

Si ricorda che la disposizione originaria dello schema di DPR prevedeva che i consigli di disciplina territoriali fossero composti dai componenti del consiglio dell'ordine o collegio territoriale viciniore, e per i consigli dell'ordine o collegio situati nei comuni sedi di Corti di appello, fossero competenti i consigli dell'ordine o collegio con sede nei comuni individuati secondo le corrispondenti competenze di cui all'articolo 11 del codice di procedura penale (si sarebbero seguiti, quindi, i criteri previsti per i procedimenti riguardanti i magistrati).

La funzione di membri dei consigli di disciplina nazionali sarebbe spettata poi ai non eletti alla carica di consigliere nazionale dell'ordine o collegio che avessero riportato il maggior numero di preferenze e, in caso di parità di voti, da quelli con maggiore anzianità di iscrizione all'albo; in caso di voti di lista non nominativi, sarebbero nominati i primi non eletti all'interno della lista che avesse riportato il maggior numero di voti.

 

La Commissione giustizia, nel parere del 26 luglio, aveva concluso affermando che la soluzione prospettata tanto per i consigli territoriali (il trasferimento delle funzioni disciplinari al consiglio viciniore) quanto per i consigli nazionali (affidamento della funzione disciplinare ai soggetti primi fra i non eletti) non sembra realizzare quanto indicato dalla norma di autorizzazione alla delegificazione «in quanto nel primo caso permane la commistione fra funzioni amministrative e funzioni disciplinari, e nel secondo caso sembra meno garantita la terzietà nel giudizio».

 


Capo II
Disposizioni concernenti gli avvocati

Il regolamento di delegificazione detta una disciplina specifica relativa agli avvocati, limitandosi peraltro a disciplinare due profili specifici della professione forense: il domicilio professionale e il tirocinio.

 

In merito si ricorda che è in corso di esame alla Camera dei deputati l’AC. 3900-A, recante una riforma complessiva della professione forense. Il provvedimento, che peraltro dà attuazione ad alcuni principi affermati dal DL 138/2011 (si pensi alla formazione continua, alla libera determinazione tra le parti del compenso, all’assicurazione professionale), è stato già approvato dal Senato e poi modificato in sede referente dalla Commissione giustizia ed è ora all’esame dell’Assemblea.

 

I principali profili di novità contenuti nel testo all’esame dell’Assemblea sono i seguenti:

§         l’inserimento tra le attività riservate in esclusiva agli avvocati delle attività di consulenza legale e assistenza legale stragiudiziale (art. 2);

§         la nuova disciplina delle società tra avvocati, demandata a un decreto legislativo da emanare entro un anno(art. 5); tali società non possono avere carattere multidisciplinare;

§         la figura dell’avvocato specialista (art. 8);

§         l’obbligo di formazione continua (art. 10);

§         il principio di libera determinazione tra le parti del compenso dovuto all’avvocato, salvo il ricorso ai parametri ministeriali in caso di disaccordo; il ripristino del divieto del patto di quota-lite;

§         l’obbligo di esercizio effettivo, continuativo, abituale e prevalente della professione, pena la cancellazione dall’albo (art. 20);

§         la nuova e più rigorosa disciplina del tirocinio professionale e del regime di incompatibilità per il praticante; in particolare il praticante dovrà percepire un compenso, a partire dal secondo mese di tirocinio, la cui entità è nel minimo ancorata ai contratto collettivo nazionale per gli apprendisti degli studi professionali (art. 41);

§         le modifiche alla disciplina del procedimento disciplinare, con l’attribuzione della competenza ad un organo distrettuale, i cui componenti sono eletti dai consigli circondariali dell’ordine (artt. 49-62).

 


Articolo 9
(Domicilio professionale)

 

Schema di D.P.R. (A.G. 488)

D.P.R. 7 agosto 2012, n. 137

Capo II

Disposizioni concernenti gli avvocati

Capo II

Disposizioni concernenti gli avvocati

Art. 10

(Domicilio professionale)

Art. 9

(Domicilio professionale)

1. L’avvocato deve avere un domicilio professionale nell’ambito del circondario di competenza territoriale dell’ordine presso cui è iscritto, salva la facoltà di avere ulteriori sedi di attività in altri luoghi del territorio nazionale.

1. Identico.

 

 

 

 

L’articolo 9 del D.P.R. 137/2012 disciplina il domicilio dell’avvocato.

 

L’art. 10 della legge professionale (R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, Ordinamento delle professioni di avvocato e procuratore) affermava che l’avvocato deve risiedere nel capoluogo del circondario del Tribunale al quale è assegnato, a meno che il Presidente del Tribunale, sentito il parere del Consiglio dell'ordine, non lo autorizzi a risiedere in un'altra località del circondario, purché egli abbia nel capoluogo un proprio ufficio, anche presso un altro avvocato.

 

Il regolamento stabilisce che l’avvocato deve avere un domicilio professionale nell’ambito del circondario di competenza territoriale dell’ordine presso cui è iscritto, salva la facoltà di avere ulteriori sedi di attività in altri luoghi del territorio nazionale. Viene dunque esclusa l’esigenza di risiedere nel capoluogo del circondario del tribunale.

 

Si ricorda che l’AC 3900-A (Nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense), approvato dalla Commissione giustizia e all’esame dell’Assemblea della Camera, detta disposizioni sul domicilio prescrivendo (art. 7) che l’avvocato debba iscriversi nell'albo del circondario del tribunale ove ha domicilio professionale, di regola coincidente con il luogo in cui svolge la professione in modo prevalente. L'avvocato che stabilisca uffici al di fuori del circondario del tribunale ove ha domicilio professionale ne dà immediata comunicazione scritta sia all'ordine di iscrizione, sia all'ordine del luogo ove si trova l'ufficio.

 


Articolo 10
(Disposizioni speciali sul tirocinio forense per l’accesso)

 

Schema di D.P.R. (A.G. 488)

D.P.R. 7 agosto 2012, n. 137

 

 

Art. 11

(Disposizioni speciali sul tirocinio forense per l’accesso)

Art. 10

(Disposizioni speciali sul tirocinio forense per l’accesso)

1. Fermo in particolare quanto disposto dall'articolo 6, commi 3 e 4, il tirocinio può essere svolto presso l'Avvocatura dello Stato o presso l'ufficio legale di un ente pubblico o di ente privato autorizzato dal ministro della giustizia o presso un ufficio giudiziario, per non più di dodici mesi.

1. Identico.

2. Il tirocinio deve in ogni caso essere svolto per almeno sei mesi presso un avvocato iscritto o presso l'Avvocatura dello Stato o presso l'ufficio legale di un ente pubblico o di un ente privato autorizzato dal ministro della giustizia.

2. Il tirocinio deve in ogni caso essere svolto per almeno sei mesi presso un avvocato iscritto all'ordine o presso l'Avvocatura dello Stato o presso l'ufficio legale di un ente pubblico o di un ente privato autorizzato dal ministro della giustizia.

3. Fermo quanto previsto dal comma 2, il diploma conseguito presso le scuole di specializzazione per le professioni legali di cui all'articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, e successive modificazioni, è valutato ai fini del compimento del tirocinio per l'accesso alla professione di avvocato per il periodo di un anno. In tal caso non si applica l'articolo 6 comma 9.

3. Fermo quanto previsto dal comma 2, il diploma conseguito presso le scuole di specializzazione per le professioni legali di cui all'articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, e successive modificazioni, è valutato ai fini del compimento del tirocinio per l'accesso alla professione di avvocato per il periodo di un anno.

4. Il praticante può, per giustificato motivo, trasferire la propria iscrizione presso l'ordine del luogo intende proseguire il tirocinio. Il consiglio dell'ordine autorizza il trasferimento, valutati i motivi che lo giustificano, e rilascia al praticante un certificato attestante il periodo di tirocinio che risulta regolarmente compiuto.

4. Identico.

5. L'attività di praticantato presso gli uffici giudiziari è disciplinata da specifico decreto, da emanare entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto, dal ministro della giustizia, sentiti il superiore della magistratura e il consiglio nazionale forense. l praticanti presso gli uffici giudiziari assistono e coadiuvano i magistrati che ne fanno richiesta nel compimento delle loro ordinarie attività, anche con compiti di studio, e ad essi si applica l'articolo 15 del testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3. Al termine del periodo di formazione il magistrato designato dal capo dell’ufficio giudiziario redige una relazione sull'attività e sulla formazione professionale acquisita, che viene trasmessa al consiglio dell'ordine competente. Ai soggetti previsti dal presente comma non compete alcuna forma di compenso, di indennità, di rimborso spese o di trattamento previdenziale da parte della pubblica amministrazione. Il rapporto non costituisce ad alcun titolo pubblico impiego. Fino all’emanazione del decreto di cui al primo periodo, continua ad applicarsi, al riguardo, la disciplina del praticantato vigente al momento di entrata in vigore del presente decreto.

5. In attuazione del presente decreto, l'attività di praticantato presso gli uffici giudiziari è disciplinata con regolamento del ministro della giustizia da adottarsi entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sentiti gli organi di autogoverno delle magistrature e il consiglio nazionale forense. I praticanti presso gli uffici giudiziari assistono e coadiuvano i magistrati che ne fanno richiesta nel compimento delle loro ordinarie attività, anche con compiti di studio, e ad essi si applica l'articolo 15 del testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3. Al termine del periodo di formazione il magistrato designato dal capo dell'ufficio giudiziario redige una relazione sull'attività e sulla formazione professionale acquisita, che viene trasmessa al consiglio dell'ordine competente. Ai soggetti previsti dal presente comma non compete alcuna forma di compenso, di indennità, di rimborso spese o di trattamento previdenziale da parte della pubblica amministrazione. Il rapporto non costituisce ad alcun titolo pubblico impiego. Fino all'emanazione del decreto di cui al primo periodo, continua ad applicarsi, al riguardo, la disciplina del praticantato vigente al momento di entrata in vigore del presente decreto.

6. Il praticante avvocato è ammesso a sostenere l'esame di Stato nella sede di corte di appello nel cui distretto ha svolto li maggior periodo di tirocinio. Quando il tirocinio è stato svolto per uguali periodi sotto la vigilanza di più consigli dell'ordine aventi sede in distretti diversi, la sede di esame è determinata in base al luogo di svolgimento del primo periodo di tirocinio.

6. Identico.

 

 

L’articolo 10 del D.P.R. 137 del 2012 detta disposizioni specifiche sul tirocinio degli aspiranti avvocati, che si affiancano a quanto già disposto dall’articolo 6 (v. sopra). In particolare, il comma 1, richiama espressamente le disposizioni dei commi 3 e 4 dell’articolo 6, che dunque devono essere applicati anche alla professione forense.

 

Si tratta delle disposizioni che stabiliscono che il professionista affidatario debba avere almeno 5 anni di anzianità e non possa svolgere la funzione contemporaneamente per più di 3 praticanti (deroghe sono consentite solo sulla base di un regolamento del consiglio nazionale e previa verifica delle attività svolte dal professionista e delle caratteristiche della sua organizzazione professionale) e che consentono lo svolgimento dei primi 6 mesi di tirocinio in concomitanza con l’ultimo anno del corso di studio per il conseguimento della laurea necessaria.

 

Il regolamento prevede che il tirocinio forense possa essere svolto presso (comma 1):

-          un avvocato iscritto all’ordine (da almeno 5 anni, in base all’art. 6);

-          l'Avvocatura dello Stato;

-          l'ufficio legale di un ente pubblico;

-          l’ufficio legale di un ente privato (per gli enti privati occorre un’autorizzazione del ministro della giustizia);

-          un ufficio giudiziario. Il comma 5 precisa che tale attività dovrà essere disciplinata con regolamento del Ministro della giustizia da emanare entro un anno. La disposizione indica peraltro i futuri compiti del tirocinante («l praticanti presso gli uffici giudiziari assistono e coadiuvano i magistrati che ne fanno richiesta nel compimento delle loro ordinarie attività, anche con compiti di studio») e la valutazione che dovrà essere data dal magistrato («il magistrato designato … redige una relazione sull'attività e sulla formazione professionale acquisita, che viene trasmessa al consiglio dell'ordine competente»), precisando che questo tirocinio è interamente gratuito.

La disposizione sul tirocinio presso gli uffici giudiziari specifica che fino all’emanazione del decreto attuativo continua ad applicarsi l’attuale disciplina del praticantato.

 

Si ricorda che l’attuale disciplina del praticantato è data anche dalle disposizioni previste dall’’art. 37 del decreto-legge n. 98 del 2011[15], in parte riprodotto nello schema di regolamento.

Il comma 4 dell’art. 37, infatti, stabilisce che «In relazione alle concrete esigenze organizzative dell'ufficio, i capi degli uffici giudiziari possono stipulare apposite convenzioni, senza oneri a carico della finanza pubblica, con le facoltà universitarie di giurisprudenza, con le scuole di specializzazione per le professioni legali […], e con i consigli dell'ordine degli avvocati per consentire ai più meritevoli, su richiesta dell'interessato e previo parere favorevole del Consiglio giudiziario […], lo svolgimento presso gli uffici giudiziari del primo anno del corso di dottorato di ricerca, del corso di specializzazione per le professioni legali o della pratica forense per l'ammissione all'esame di avvocato».

Il comma 5 precisa che «Coloro che sono ammessi alla formazione professionale negli uffici giudiziari assistono e coadiuvano i magistrati che ne fanno richiesta nel compimento delle loro ordinarie attività, anche con compiti di studio, e ad essi si applica l'articolo 15 del testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3. Lo svolgimento delle attività previste dal presente comma sostituisce ogni altra attività del corso del dottorato di ricerca, del corso di specializzazione per le professioni legali o della pratica forense per l'ammissione all'esame di avvocato. Al termine del periodo di formazione il magistrato designato dal capo dell'ufficio giudiziario redige una relazione sull'attività e sulla formazione professionale acquisita, che viene trasmessa agli enti di cui al comma 4. Ai soggetti previsti dal presente comma non compete alcuna forma di compenso, di indennità, di rimborso spese o di trattamento previdenziale da parte della pubblica amministrazione. Il rapporto non costituisce ad alcun titolo pubblico impiego. È in ogni caso consentita la partecipazione alle convenzioni previste dal comma 4 di terzi finanziatori».

 

Il tirocinio può inoltre essere in parte svolto attraverso la frequenza alla scuola di specializzazione delle professioni legali; il possesso del diploma di specializzazione viene infatti ritenuto equivalente a 12 mesi di tirocinio (comma 3).

 

Si ricorda che le scuole di specializzazione per le professioni legali provvedono alla formazione comune dei laureati in giurisprudenza attraverso l'approfondimento teorico, integrato da esperienze pratiche, finalizzato all'assunzione dell'impiego di magistrato ordinario o all'esercizio delle professioni di avvocato o notaio.

Le attività pratiche, attraverso accordi o convenzioni, sono condotte presso sedi giudiziarie, studi professionali e scuole del notariato, con lo specifico apporto di magistrati, avvocati e notai.

Il numero dei laureati da ammettere alla scuola é determinato con decreto del ministro dell'istruzione, università e ricerca, di concerto con il ministro della giustizia. L'accesso alla scuola avviene mediante concorso per titoli ed esame.

Già attualmente il decreto 11 dicembre 2001 (Regolamento concernente la valutazione del diploma conseguito presso le scuole di specializzazione per le professioni legali ai fini della pratica forense e notarile) stabilisce che «Il diploma di specializzazione, conseguito presso le scuole di specializzazione per le professioni legali […] è valutato ai fini del compimento del periodo di pratica per l'accesso alle professioni di avvocato e notaio per il periodo di un anno».

 

Il regolamento intende comunque assicurare che dei 18 mesi di tirocinio almeno 6 siano svolti presso un avvocato, l’avvocatura o un ufficio legale (comma 2), escludendo l’ipotesi di cumulo, ad esempio, dei 12 mesi derivanti dal diploma con i 6 mesi svolti presso un ufficio giudiziario.

 

Pare pertanto che risulti escluso il tirocinio all’estero (previsto in via generale dall’art. 6, comma 4, dello schema), sia perchè il professionista estero non sarà iscritto all’ordine professionale italiano sia perché non pare possibile riferire anche a enti non italiani l’autorizzazione del ministro della giustizia.

 

Infine, quanto ai possibili trasferimenti del praticante avvocato, il comma 4 dispone che il praticante può, per giustificato motivo, trasferire la propria iscrizione presso l'ordine del luogo ove intende proseguire il tirocinio, previa autorizzazione del consiglio dell’ordine che dovrà altresì attestare la durata del tirocinio già svolto. In queste ipotesi, il comma 6 individua la sede presso la quale l’aspirante avvocato può sostenere l’esame di stato nella sede di Corte d’appello nel cui distretto è stato svolto il più lungo periodo di tirocinio (in caso di equivalenza, prevale la prima sede di tirocinio).

 

Per completezza, si ricorda che l’AC 3900-A, Riforma della professione forense, recentemente approvato in sede referente dalla Commissione giustizia, in ordine al tirocinio dispone:

§         all’articolo 40, con la finalità di rafforzare i rapporti di collaborazione tra consigli dell'ordine e facoltà di giurisprudenza, prevede la stipula di convenzioni da parte dei consigli circondariali e del CNF;

§         all’articolo 41 interviene in materia di tirocinio per l’accesso alla professione; tra i profili di maggiore novità si segnalano: l’incompatibilità della pratica con qualunque rapporto di impiego pubblico e la limitazione della possibilità di impieghi subordinati privati; l’eliminazione della possibilità di sostituire la frequenza di uno studio professionale con la frequenza alla scuola di formazione forense; la previsione di un adeguato compenso a partire dal secondo mese di pratica, compenso comunque non inferiore al 30% del trattamento contrattuale più favorevole previsto per gli apprendisti negli studi professionali;

§         all’articolo 42 estende ai praticanti i doveri e le norme deontologiche previste per gli avvocati e la competenza disciplinare del Consiglio dell’ordine;

§         all’articolo 43 dispone che il tirocinio di durata biennale debba essere accompagnato da un approfondimento teorico da realizzare attraverso la frequenza obbligatoria e con profitto di appositi corsi di formazione, che spetta al CNF regolamentare;

§         all’articolo 44 demanda ad un regolamento del Ministero della giustizia la disciplina delle modalità di svolgimento del praticantato pressi gli uffici giudiziari;

§         all’articolo 45 disciplina la conclusione del tirocinio, attestata dal certificato di compiuta pratica, e conferma che il praticante è ammesso a sostenere l'esame di Stato nella sede di corte di appello nel cui distretto ha svolto il maggior periodo di tirocinio.

 

Il regolamento non dispone in ordine alle conseguenze economiche del tirocinio; in particolare non è chiaro come il comma 5 – che esclude per i tirocinanti presso gli uffici giudiziari qualsiasi «forma di compenso, di indennità, di rimborso spese o di trattamento previdenziale» - possa armonizzarsi con la disposizione del decreto-legge 1/2012, che richiede, dopo i primi 6 mesi, un rimborso spese. Analoghe considerazioni valgono in ordine alla corresponsione del rimborso spese per i tirocinanti presso l’Avvocatura dello Stato o gli uffici legali degli enti pubblici.

Esito pareri

In ordine al tirocinio presso gli uffici giudiziari il Governo ha seguito le indicazioni del Consiglio di Stato, che richiedeva che la disciplina fosse dettata con regolamento (D.P.R.) da emanarsi avendo sentito non solo il CSM ma tutti gli organi di autogoverno delle magistrature.

L’esecutivo non ha invece dato seguito alla richiesta della Commissione giustizia di chiarire che il tirocinio presso gli uffici legali di enti privati autorizzati dal Ministro della Giustizia «è possibile solo se gli enti privati sono dotati di autonomo ufficio legale in cui esercitano iscritti agli albi professionali muniti del diritto di rappresentanza esterna e processuale».

 


Capo III
Disposizioni concernenti i notai

Articolo 11
(Accesso alla professione notarile)

Schema di D.P.R. (A.G. 488)

D.P.R. 7 agosto 2012, n. 137

 

 

Capo III

Disposizioni concernenti i notai

Capo III

Disposizioni concernenti i notai

Art. 12

(Accesso alla professione notarile)

Art. 11

(Accesso alla professione notarile)

1. Possono ottenere la nomina a notaio tutti i cittadini italiani e i cittadini dell'Unione Europea che siano in possesso dei requisiti di cui all'articolo 5 della legge 16 febbraio 1913 n. 89, compreso il superamento del concorso notatile, fermo il diritto dei cittadini dell'Unione Europea che, in difetto del possesso dei requisiti di cui ai numeri 4 e 5 dell'articolo 5 della legge 16 febbraio 1913 n. 89, abbiano superato il concorso notarile al quale abbiano avuto accesso a seguito di riconoscimento del titolo professionale di notaio conseguito in altro Stato membro dell'Unione Europea.

1. Identico.

2. Il diploma di specializzazione, conseguito presso le scuole di specializzazione per le professioni legali di cui all'articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, e successive modificazioni, è valutato ai fini del compimento del periodo di pratica per l'accesso alla professione di notaio per il periodo di un anno. In tal caso non si applica l'articolo 6 comma 9.

2.  Il diploma di specializzazione, conseguito presso le scuole di specializzazione per le professioni legali di cui all'articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, e successive modificazioni, è valutato ai fini del compimento del periodo di pratica per l'accesso alla professione di notaio per il periodo di un anno.

 

L’articolo 11 del regolamento di delegificazione n. 137 del 2012 detta una disposizione specifica sull’accesso alla professione notarile.

 

Si ricorda che l’ordinamento del notariato e degli archivi notarili è contenuto nella legge 16 febbraio 1913, n. 89, il cui articolo 5 viene espressamente richiamato dal regolamento.

In particolare, per quanto riguarda l’accesso alla professione, l’articolo 5 dispone che per ottenere la nomina a notaio sia necessario possedere i seguenti requisiti:

-          cittadinanza italiana o di un altro Stato membro dell'Unione europea;

-          età superiore a 21;

-          moralità e condotta incensurate;

-          non aver subìto condanna per un reato non colposo punito con pena non inferiore nel minimo a 6 mesi (ancorché sia stata inflitta una pena di durata minore);

-          laurea in giurisprudenza o titolo riconosciuto equipollente ovvero possesso del decreto di riconoscimento professionale emanato in applicazione del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 115;

-          pratica per diciotto mesi, di cui almeno per un anno continuativamente dopo la laurea, presso un notaio del distretto con l'approvazione del Consiglio notarile ovvero possesso del decreto di riconoscimento professionale emanato in applicazione del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 115;

-          superamento, a compimento della pratica notarile, di un esame;

-          tirocinio obbligatorio di 120 giorni dopo il superamento dell’esame, presso uno o più notai.

 

Il comma 1 dell’art. 11 del regolamento non innova quanto già previsto dall’art. 5 della legge professionale. La disposizione richiama infatti tutti i requisiti dell’art. 5, conferma che possono divenire notai tanto i cittadini italiani quanto i cittadini UE e ribadisce che per questi ultimi il titolo di studio e la pratica possono essere sostituiti dal riconoscimento del titolo professionale estero, residuando comunque il necessario superamento dell’esame di stato.

Peraltro, il richiamo all’art. 5 della legge professionale non consentirà l’effetto abrogativo della disposizione e si avrà pertanto la contestuale vigenza dell’art. 5 della legge e dell’art. 12, comma 1, del regolamento.

 

Il comma 2 dispone in ordine alla pratica professionale, per equiparare il possesso del diploma di specializzazione conseguito presso le scuole di specializzazione per le professioni legali (v. sopra) a 12 mesi di pratica notarile.

 

Già attualmente il decreto 11 dicembre 2001 (Regolamento concernente la valutazione del diploma conseguito presso le scuole di specializzazione per le professioni legali ai fini della pratica forense e notarile) stabilisce che «Il diploma di specializzazione, conseguito presso le scuole di specializzazione per le professioni legali […] è valutato ai fini del compimento del periodo di pratica per l'accesso alle professioni di avvocato e notaio per il periodo di un anno».

Esito pareri

Il Governo non ha accolto la richiesta della Commissione giustizia di ridurre il valore riconosciuto al diploma conseguito presso le Scuole di specializzazione per le professioni legali ai fini del tirocinio notarile. La Commissione aveva infatti osservato quanto «sia lontano dalla pratica notarile la frequentazione di un corso di specializzazione comune alle altre professioni legali, che per il primo anno ha carattere assolutamente generalista e nel secondo anno l'obbligo di frequenza viene spesso adempiuto con la frequenza a scuole istituzionali di notariato», richiedendo che la norma fosse del tutto espunta, nell'ottica della valorizzazione della pratica professionale realmente fatta, ovvero il valore del diploma ridotto a sei mesi di pratica.

 


Capo IV
Disposizioni transitorie e finali

Articolo 12
(Disposizioni temporale)

 

 

Schema di D.P.R. (A.G. 488)

D.P.R. 7 agosto 2012, n. 137

 

 

Capo IV

Disciplina transitoria, abrogazioni ed entrata in vigore

Capo IV

Disposizioni transitorie e finali

Art. 13

(Disposizioni temporale e invarianza finanziaria)

Art. 12

Disposizione temporale

1. Le disposizioni di cui al presente decreto si applicano dal giorno successivo alla data di entrata in vigore dello stesso. Dall'attuazione del presente provvedimento non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. l soggetti pubblici interessati operano nell'ambito delle risorse disponibili agli scopi a legislazione vigente.

1. Le disposizioni di cui al presente decreto si applicano dal giorno successivo alla data di entrata in vigore dello stesso.


(v. infra art. 13)

2. Sono abrogate tutte le disposizioni regolamentari e legislative incompatibili con le previsioni di cui al presente decreto, fermo quanto previsto dall'articolo 3, comma 5-bis, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito dalla legge 14 settembre 2011 n. 148, e successive modificazioni e fatto salvo quanto previsto da disposizioni attuative di direttive di settore emanate dall'Unione europea.

2. Identico.

 

L’articolo 12 del D.P.R. 137/2012 reca la clausola di efficacia delle nuove disposizioni e disciplina gli effetti abrogativi.

In particolare, il comma 1, prevede che le disposizioni del regolamento si applichino dal giorno successivo alla data di sua entrata in vigore.

Il comma 2 prevede l’abrogazione di tutte le disposizioni regolamentari e legislative incompatibili, fermo quanto previsto dall'articolo 3, comma 5-bis, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito dalla legge 14 settembre 2011 n. 148, e successive modificazioni e fatto salvo quanto previsto da disposizioni attuative di direttive di settore emanate dall'Unione europea.

 

Si rammenta che il comma 5-bis prevede che le norme vigenti sugli ordinamenti professionali in contrasto con i princìpi di cui al comma 5, lettere da a) a g), sono abrogate con effetto dalla data di entrata in vigore del regolamento governativo di cui al comma 5 e, in ogni caso, dalla data del 13 agosto 2012.

 

Il comma 2 dell’art. 12 del regolamento esplicita quindi che l’effetto abrogativo interessa disposizioni sia legislative sia regolamentari.

Esito pareri

Nell’emanare il D.P.R. il Governo ha tenuto conto delle indicazioni del Consiglio di Stato che suggeriva di scorporare da questa disposizione la clausola di invarianza finanziaria, attraverso un autonomo articolo.

 

 


Articolo 13
(Invarianza finanziaria)

Schema di D.P.R. (A.G. 488)

D.P.R. 7 agosto 2012, n. 137

 

 

 

Art. 13

Invarianza finanziaria



(v. art. 13, comma 1, secondo periodo)

1. Dall'attuazione del presente provvedimento non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. I soggetti pubblici interessati operano nell'ambito delle risorse disponibili agli scopi a legislazione vigente.

 

 

L’articolo 13 reca la clausola di invarianza finanziaria e impone ai soggetti pubblici interessati di operare nell'ambito delle risorse disponibili agli scopi a legislazione vigente.

 

 

 


Articolo 14
(Entrata in vigore)

 

Schema di D.P.R. (A.G. 488)

D.P.R. 7 agosto 2012, n. 137

 

 

Art. 14

(Entrata in vigore)

Art. 14

(Entrata in vigore)

1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzella Ufficiale della Repubblica italiana.

1. Identico.

 

 

L’articolo 14 prevede l’entrata in vigore del regolamento il giorno successivo a quello della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, vale a dire il 15 agosto 2012.

 

L’immediata entrata in vigore risulta funzionale al rispetto del termine del 13 agosto 2012, a decorrere dal quale si producono comunque gli effetti abrogativi nei confronti delle norme vigenti sugli ordinamenti professionali in contrasto con i principi sulle liberalizzazioni delle professioni (lettere da a) a g) del comma 5 dell’art. 3 del dl 138/2011).


Allegati


II COMMISSIONE PERMANENTE

(Giustizia)
¾¾¾¾¾¾¾¾¾¾¾

 


 

La Commissione Giustizia,

esaminato lo schema di decreto del Presidente della Repubblica concernente il regolamento recante riforma degli ordinamenti professionali;

considerati i principi di delegificazione di cui all'articolo 3, comma 5 del decreto legge n. 138 del 2011, convertito con modificazioni dalla legge n.148 del 2011, e successive modificazioni, nonché gli ulteriori parametri di legittimità ricavabili dalla legislazione interna e dalla normativa dell'Unione Europea;

a) richiamato il parere espresso dal Consiglio di Stato il 10 luglio 2012 sullo schema di regolamento, i cui rilievi critici sono pienamente condivisi;

b) rilevato che dall'indagine conoscitiva svolta sono emersi rilievi critici e suggerimenti di modifica allo schema di regolamento da parte di rappresentanti degli ordini professionali, i quali hanno evidenziato diverse disposizioni ritenute non conformi ai principi di delegazione;

c) rilevato che il dato normativo primario da cui si è partiti appare ancora insufficientemente coordinato e sistematico, per cui è prioritariamente necessario richiamare l'opportunità di un intervento normativo-quadro realmente unitario a cui poi far riferimento incontrovertibile al fine di esercitare la potestà di attuazione mediante delegificazione da parte del Governo secondo lo schema di affidare alle stesse organizzazioni professionali la potestà statutaria e regolamentare e di affidare al governo poteri di indirizzo e controllo, nel quadro di una visione ispirata ai principi di competizione e di concorrenza anche nei servizi professionali e di rispetto del principio costituzionale sancito dall'articolo 33 Cost. di richiedere il possesso di speciali requisiti e di forme organizzative proprie nel caso di necessità dovute alla specifica qualità professionale e contraddistinte da asimmetrie informative e cognitive;

d) rilevato in particolare che:

l'articolo 1, comma 1, lett. a) annovera nella definizione di «professione regolamentata» anche le attività esercitate dagli iscritti in «albi, registri ed elenchi tenuti da amministrazioni o enti pubblici occorre - come già segnalato dal C.d.S. che si chiarisca se si fa riferimento alla possibilità di introdurre nel novero delle professioni regolate altre specifiche professioni o se, come appare necessario alla luce del contenuto attuale della delega, si faccia riferimento con le nozioni richiamate ai soli ordini e collegi delle professioni già esistenti;

all'articolo 2 sarebbe opportuno fare riferimento, secondo i principi di delegificazione, all'articolo 33 della Costituzione, che sancisce l'obbligatorietà dell'esame di Stato per l'esercizio di determinate professioni, ritenuto che tale riferimento appare estremamente utile allo scopo di affermare la diretta corrispondenza tra la disciplina in esame e i principi costituzionali afferenti alle condizioni di accesso ed esercizio delle professioni regolamentate;

l'articolo 3 stabilisce che l'insieme degli albi territoriali di ogni professione costituisce l'albo unico nazionale degli iscritti; appare opportuno chiarire se si intendeva tener conto della articolata complessità di difforme organizzazione territoriale degli ordini eistenti o se si intende attribuire soggettività giuridica e qualità istituzionale al solo insieme nazionale degli iscritti agli albi e collegi;

l'articolo 5, relativo all'obbligo di stipulare una polizza assicurativa per i rischi derivanti dall'attività professionale, riconosce anche alle associazioni professionali la legittimazione a stipulare convenzioni con le compagnie assicurative, eccedendo i principi delegificazione di cui alla lettera e) del richiamato articolo 3, comma 5 del decreto legge n. 138 del 2011, che fanno riferimento unicamente alla legittimazione dei Consigli nazionali e degli enti di previdenza; appare pertanto opportuno rimodulare la norma affinché si chiarisca che non è inibito ai Consigli nazionali degli ordini e collegi la possibilità di negoziare polizze collettive, di predisporre le condizioni generali delle polizze assicurative, in convenzione con i propri iscritti, si segnala ulteriormente al riguardo che, trattandosi di norma che istituisce un regime di assicurazione obbligatoria, vanno previste anche modalità e condizioni generali per le quali sia obbligatoria da parte delle Compagnie assicuratrici la stipula delle polizze, onde evitare il fenomeno dell'indiretta limitazione all'esercizio della professione;

all'articolo 5, come peraltro previsto per le professioni dell'area medica dal decreto-legge n. 89 del 2012, il cui disegno di legge di conversione è stato approvato dalla Camera dei Deputati il 19 luglio 2012 (C. 5323) ed ora si trova all'esame del Senato, sarebbe opportuno inserire una scadenza temporale differita ai fini dell'entrata in vigore dell'obbligo di stipulazione di una polizza assicurativa per i rischi derivanti dall'esercizio dell'attività professionale a carico degli iscritti agli albi onde consentire l'organizzazione dei presupposti per l'attuazione di tale obbligo;

l'articolo 6 rende obbligatorio il tirocinio anche per le categorie che ne erano prive e ne allunga la durata per quelle categorie che lo prevedevano per un periodo inferiore a 18 mesi, occorre chiarire che tale principio non limita in tal modo l'autonomia delle università e dei consigli nazionali nella definizione di specifiche intese volte ad anticipare il tirocinio, come previsto dalla lettera c) del richiamato articolo 3, comma 5, del decreto legge n. 138 del 2011 e dal comma 6 dell'articolo 9 del decreto-legge 1/2012, la disciplina di dettaglio del tirocinio deve essere demandate a regolamenti emanati a cura dei Consigli nazionali degli ordini e collegi;

appare opportuno coordinare l'articolo 6 con le disposizioni legislative che attribuiscono ai Consigli nazionali degli ordini e collegi la disciplina dei tirocini;

al comma 1 dell'articolo 6 occorre verificare e chiarire se attraverso la previsione si intende ottenere e dichiarare ex professo il riconoscimento del carattere obbligatorio anche per le professioni che attualmente non lo prevedono o se esso si intende limitato ai singoli ordinamenti che già lo prevedono;

occorre chiarire che non vi può essere l'incompatibilità del tirocinio con il solo impiego pubblico, mentre con l'impiego privato si prevede la compatibilità nel caso in cui siano rispettate alcune condizioni, per cui è opportuno prevedere la possibilità di svolgere il tirocinio anche in concomitanza con il mantenimento di un rapporto di impiego pubblico alle medesime condizioni previste per l'attività di lavoro privato subordinato;

verificare se l'articolo 6, corrisponda ai principi di delegificazione nella parte in cui si prevede la possibilità per i tirocinanti di frequentare specifici corsi di formazione professionale organizzati da soggetti autorizzati dai ministri vigilanti; e nella parte in cui al comma 10 dell'articolo 6 si attribuisce al ministro vigilante il potere di emanare un regolamento volto a disciplinare una serie di oggetti relativi ai corsi di formazioni e se non sia invece opportuno secondo la ratio dell'articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988, che sia espressamente previsto dalla legge di delegificazione la legittimazione del Ministro ad adottare regolamenti volti a disciplinare ulteriormente la materia delegificata;

è opportuno che meglio emergano i principi della facoltatività della frequenza di corsi di formazione, della loro gratuità e dell'accesso a tutti per i medesimi e del principio di separazione fra chi ha poteri di controllo sulla loro idoneità e chi li organizza e tiene, nonché al superamento del criterio dei crediti formativi come attualmente in essere;

l'articolo 7, comma 2, affida al Ministro vigilante la disciplina attuativa dell'obbligo di formazione permanente, eccedendo l'ambito di autorizzazione all'esercizio della potestà regolamentare in delegificazione di cui alla lettera b) del richiamato articolo 3, comma 5, del decreto-legge n. 138 del 2011 che affida la potestà regolamentare unicamente ai Consigli nazionali;

il comma 3 dell'articolo 7 relativo alle convenzioni da stipulare tra Consigli nazionali ed università potrebbe essere integrato prevedendo che l'attività di formazione la gestione e l'organizzazione dell'attività di aggiornamento possa essere organizzata anche a cura degli ordini o collegi territoriali e dei sindacati di categoria delle professioni regolamentate in qualità di parte sociale con rilevanza nazionale, anche in cooperazione o convenzione con altri soggetti;

occorre valutare se l'articolo 7, comma 5, invade la competenza delle Regioni disciplinata dall'articolo 117, comma 6, della Costituzione prevedendo che le Regioni possono disciplinate l'attribuzione di fondi per l'organizzazione di scuole, corsi ed eventi di formazione professionale o se si tratta di norma esortativa che può anche essere espunta o meglio riformulata;

l'articolo 8 disciplina il regime delle incompatibilità con l'esercizio della professione, limitando al primo comma l'incompatibilità esclusivamente alle attività suscettibili di pregiudicare l'autonomia e indipendenza di giudizio, intellettuale e tecnico del professionista e, al secondo comma, facendo salvo il regime delle incompatibilità con l'esercizio della professione di notaio e con il pubblico impiego;

la disciplina delle incompatibilità all'esercizio della professione non rientra nell'oggetto dell'intervento regolamentare in delegificazione autorizzato dal richiamato articolo 3, comma 5, del decreto-legge n. 138 del 2011 ed è opportuno che essa non sia affidata ad una formulazione di carattere generico e valida per tutte le professioni regolamentate con possibili incertezze interpretative;

l'articolo 9 disciplina il procedimento disciplinare per le professioni diverse da quelle sanitarie, con lo scopo di introdurre elementi di maggiore terzietà nell'esercizio del potere disciplinare, istituendo specifici organismi di disciplina distinti e diversi dagli attuali consigli territoriali e nazionali;

la soluzione prospettata per i consigli territoriali (il trasferimento delle funzioni disciplinari al consiglio viciniore) e per i consigli nazionali (affidamento della funzione disciplinare ai soggetti primi fra i non eletti) non sembra realizzare quanto indicato dal richiamato articolo 3, comma 5, del decreto-legge n. 138 del 2011, in quanto nel primo caso permane la commistione fra funzioni amministrative e funzioni disciplinari, e nel secondo caso sembra meno garantita la terzietà nel giudizio;

rimane inoltre irrisolto il problema della divisione delle funzioni disciplinari da quelle amministrative per i consigli nazionali che decidono i ricorsi in via giurisdizionale;

sarebbe stato opportuno prevedere per gli ordini e collegi che decidono in via amministrativa, l'istituzione di consigli di disciplina territoriali e, per gli ordini e collegi che decidono in via giurisdizionale, l'istituzione di specifiche sezioni disciplinari dedicate, da costituirsi all'interno degli attuali consigli territoriali e nazionali, con sottrazione loro di qualunque altra funzione amministrativa;

sarebbe opportuno estendere anche alle società di professionisti di cui alla legge 12 novembre 2011, n. 183, l'applicazione, in quanto compatibile, delle medesime disposizioni previste nelle leggi professionali in materia disciplinare per gli iscritti che esercitano la professione in forma individuale, al fine di evitare che lo schermo della società professionale possa costituire una legittima causa di elusione dell'applicazione delle norme disciplinari nei confronti dei soci;

appare opportuna una generale riconsiderazione della materia disciplinare alla luce del principio di elezione di corti disciplinari autonome e terze;

all'articolo 9, comma 7, si sarebbe dovuta esplicitare la salvezza relativa alla «disciplina vigente per le professioni istituite anteriormente alla Costituzione, i cui Consigli Nazionali hanno, in materia disciplinare, competenza giurisdizionale». Ciò allo scopo di evitare che l'adozione del provvedimento in esame possa surrettiziamente condurre a un'uniformazione indebita delle competenze dei Consigli nazionali degli ordini e collegi, a prescindere dall'attribuzione o meno nei loro confronti dell'esercizio della funzione giurisdizionale;

al fine di assicurare la massima coerenza tra il disposto dei commi 2 e 4 dell'articolo 9, si dovrebbe aggiungere una clausola di salvezza finalizzata a consentire l'anticipazione dei primi sei mesi di tirocinio durante lo svolgimento del corso di laurea, in deroga, quindi alla previsione di cui all'articolo 9, comma 2. Al contempo, al comma 4, si è dovrebbe prevedere la possibilità di stipulare apposite convenzioni tra i Consigli nazionali degli ordini o collegi, il Ministro per la pubblica istruzione, università e ricerca e il Ministro per la semplificazione, al fine di consentire lo svolgimento del tirocinio anche presso pubbliche amministrazioni, all'esito del corso di laurea, come previsto ex lege;

l'articolo 11 reca una disciplina speciale del tirocinio per l'accesso alla professione forense, introducendo, in particolare, la possibilità del suo svolgimento presso gli uffici legali di enti privati autorizzati dal Ministro della Giustizia che va meglio esplicitata chiarendo che ciò è possibile solo se gli enti privati sono dotati di autonomo ufficio legale in cui esercitano iscritti agli albi professionali muniti del diritto di rappresentanza esterna e processuale;

e) rilevato che lo schema in esame non prevede la facoltà per le professioni che svolgono attività similari di accorparsi su base volontaria, secondo quanto invece previsto dal comma 5 del richiamato articolo 3 del decreto legge n. 138 del 2011 così modificato dall'articolo 9, comma 7, lettera a), decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, determinandosi in tal modo una lacuna normativa, mentre è opportuno chiarire che i consigli nazionali hanno facoltà di predisporre idonee proposte ai fini dell'emanazione di nuovi provvedimenti di riconoscimento delle professioni derivanti da tali accorpamenti;

f) rilevato che lo schema in esame reca un capo dedicato a tutte le professioni (I), un capo dedicato alla professione di avvocato (II) ed un capo dedicato alla professione di notaio (III);

g) considerato che, sarebbe stato opportuno prevedere ulteriori disposizioni concernenti altre specifiche professioni regolamentate, ritenuto che la riforma degli ordinamenti professionali dovrebbe rappresentare l'occasione per la modernizzazione ed una liberalizzazione delle professioni che si faccia carico di superare le criticità esistenti al fine di migliorare la qualità delle prestazioni professionali nell'interesse degli utenti dei servizi professionali;

h) considerato che andrebbe introdotta una norma per i dottori commercialisti e gli esperti contabili che consenta ai tirocinanti di avere la possibilità di completare il tirocinio anche per l'iscrizione nel registro dei Revisori Legali, atteso che la riduzione generale della durata del tirocinio a non oltre 18 mesi non può incidere su quello che la norma comunitaria impone per l'iscrizione nel citato Registro. Così facendo, all'esito dei diciotto mesi di tirocinio e del superamento dell'esame di Stato, l'abilitato Dottore Commercialista o Esperto Contabile potrà completare il tirocinio per l'iscrizione anche nel Registro dei Revisori Legali;

i) considerato, in particolare, che, con riferimento alla professione di assistente sociale, è avvertita dal Consiglio nazionale dell'ordine degli assistenti sociali la necessità di garantire la formazione con un ciclo formativo unico per l'accesso alla professione disponendo l'obbligatorietà della propedeuticità del corso di laurea triennale della classe L39 per l'accesso al successivo biennio di laurea magistrale della classe LM87, dal momento che l'accesso a quest'ultima con diplomi di laurea triennale afferenti ad altre classi diverse dalla L39 non garantisce l'avvenuta acquisizione delle competenze professionali necessarie e sufficienti per l'accesso all'esame di Stato di abilitazione professionale e quindi all'esercizio della professione;

l) considerato che, conseguentemente, sarebbe stato opportuno istituire una sezione unica dell'albo superando le attuali sezioni A e B, provvedendo a disporre in via transitoria l'inserimento nella sezione unica dell'albo degli assistenti sociali iscritti nelle due sezioni al momento dell'entrata in vigore del regolamento;

m) con particolare riferimento alla professione di notaio, rilevato che:

lo schema di decreto interessa la professione di notaio, oltre che in relazione alla disciplina generale, in riferimento alle seguenti questioni: a) l'assicurazione obbligatoria; b) l'accesso; c) il tirocinio.

Per quanto concerne il punto a) relativo all'assicurazione obbligatoria, l'ordinamento del notariato regola specificamente la materia agli articoli 19 e 20 della legge 16 febbraio 1913 n. 89 come modificati dagli articoli 1 e 2 del decreto legislativo 4 maggio 2006 n. 182, stabilendo che il Consiglio Nazionale del Notariato stipuli direttamente una polizza collettiva, ripartendone l'onere del premio fra tutti i notai italiani e non con polizze individuali stipulate sulla base di una «Convenzione collettiva» negoziata a livello nazionale, come previsto invece dall'articolo 5 comma 1 del provvedimento in esame. La specificità del notariato impone la conferma del sistema vigente della polizza collettiva, per offrire ai cittadini assoluta certezza in ordine alla copertura assicurativa della funzione pubblica esercitata da ciascun notaio, non rimessa alla pur doverosa iniziativa dello stesso. Inoltre, al fine di semplificare il suddetto sistema di partecipazione dei notai agli oneri derivanti dal pagamento dei premi della citata polizza, è necessario modificare il sistema di esazione.

Per quanto concerne il punto b) relativo all'accesso, si avverte la necessità di superare il limite della partecipazione a non più di tre concorsi, in quanto esso non appare coerente con i principi enunciati nel Decreto di agosto 2011. Ovviamente l'abolizione di tale limite richiede adeguati interventi correttivi del sistema concorsuale attuale per prevenire il pericolo di un ingolfamento delle prove, con la partecipazione di una massa di candidati non muniti di adeguata preparazione. Nel Regolamento, pertanto, andrebbe inserita nel Capo III, contenente «Disposizioni concernenti i Notai», e precisamente all'articolo 12, dedicato all'accesso alla professione notarile, l'abrogazione di tale limite con l'introduzione di modifiche volte alla velocizzazione delle prove concorsuali, facilitando anche il reperimento delle disponibilità - oggi scarse - di notai, magistrati e professori universitari ad assumersi l'onere di Commissari di concorso.

Nello stesso articolo 12 al comma 2 è previsto che il diploma conseguito presso le Scuole di specializzazione per le professioni legali, valga quanto un anno di pratica. Ora è ben noto quanto sia lontano dalla pratica notarile la frequentazione di un corso di specializzazione comune alle altre professioni legali, che per il primo anno ha carattere assolutamente generalista e nel secondo anno l'obbligo di frequenza viene spesso adempiuto con la frequenza a scuole istituzionali di notariato. Pertanto, vi è una alternativa: la norma viene del tutto espunta, nell'ottica della valorizzazione della pratica professionale realmente fatta - senza surrogati - ovvero deve prevedersi che lo stesso valore abbiano i corsi seguiti presso Scuole istituzionali di notariato o di livello universitario specifiche per l'accesso alla professione notarile. In ogni caso il diploma come sopra conseguito non dovrebbe essere computato per più di sei mesi di pratica.

Infine, per quanto riguarda in particolare il punto c) relativo al tirocinio e di cui all'articolo 6 del schema, si sarebbe dovuta aggiungere alla fine del comma 8, la previsione che i Consigli nazionali disciplinino con appositi regolamenti le modalità per la verifica dell'effettivo svolgimento del tirocinio,

esprime

 

PARERE FAVOREVOLE

 

a condizione che il provvedimento sia modificato secondo quanto riportato in premessa.


 

 

 

 

 


GIUSTIZIA (2a)

giovedi' 27 luglio 2012

335a Seduta

 

La Commissione,

esaminato lo schema di decreto del Presidente della Repubblica concernente il regolamento recante riforma degli ordinamenti professionali;

considerati  i principi di delegificazione di cui all’articolo 3, comma 5 del decreto legge  n. 138 del 2011, convertito con modificazioni dalla legge n. 148 del 2011, e successive modificazioni, nonché gli  ulteriori parametri di legittimità ricavabili dalla legislazione interna e dalla normativa dell’Unione Europea;

richiamato il parere espresso dal Consiglio di Stato il 10 luglio 2012 sullo schema di regolamento, i cui rilievi critici sono pienamente condivisi;

rilevato che il dato normativo primario da cui si è partiti appare ancora insufficientemente coordinato e sistematico, per cui è prioritariamente necessario richiamare l’opportunità di un intervento normativo-quadro realmente unitario a cui poi far riferimento incontrovertibile al fine di esercitare  la potestà di attuazione mediante delegificazione  da parte del Governo secondo lo schema di affidare alle stesse organizzazioni professionali la potestà statutaria e regolamentare e di affidare al governo poteri di indirizzo e controllo, nel quadro di una visione ispirata ai principi di competizione  e di concorrenza anche nei servizi professionali e di rispetto del principio costituzionale sancito dall’articolo 33 della Costituzione di richiedere il possesso di speciali requisiti  e di forme organizzative proprie nel caso di necessità dovute alla specifica qualità professionale e contraddistinte da asimmetrie informative e cognitive;

rilevato in particolare che:

l’articolo 1, comma 1, lettera a) annovera nella definizione di "professione regolamentata" anche le attività esercitate dagli iscritti in "albi, registri ed elenchi tenuti da amministrazioni o enti pubblici occorre – come già segnalato dal Consiglio di Stato che si chiarisca se si fa riferimento alla possibilità di introdurre nel novero delle professioni regolate altre specifiche professioni o se, come appare necessario alla luce del contenuto attuale della delega, si faccia riferimento con le nozioni richiamate ai soli ordini e collegi delle professioni già esistenti;

all’articolo 2 sarebbe opportuno fare riferimento, secondo i principi di delegificazione, all’articolo 33 della Costituzione, che sancisce l’obbligatorietà dell’esame di Stato per l’esercizio di determinate professioni, ritenuto che tale riferimento appare estremamente utile allo scopo di affermare la diretta corrispondenza tra la disciplina in esame e i principi costituzionali afferenti alle condizioni di accesso ed esercizio delle professioni regolamentate;.

l’articolo 3 stabilisce che l’insieme degli albi territoriali di ogni professione costituisce l’albo unico nazionale degli  iscritti; appare opportuno chiarire se si intendeva tener conto della articolata complessità di difforme organizzazione territoriale degli ordini esistenti o se si intende attribuire soggettività giuridica e qualità istituzionale al solo insieme nazionale degli iscritti agli albi e collegi;

l’articolo 5, relativo all’obbligo di stipulare una polizza assicurativa per i rischi derivanti dall’attività professionale, riconosce anche alle associazioni professionali la legittimazione a stipulare convenzioni con le compagnie assicurative, eccedendo i princìpi di delegificazione di cui alla lettera e) del richiamato articolo 3, comma 5 del decreto legge  n. 138 del 2011, che fanno riferimento unicamente alla legittimazione dei Consigli nazionali e degli enti di previdenza;  appare pertanto opportuno rimodulare la norma affinché si chiarisca  che non è inibito ai Consigli nazionali degli ordini e collegi la possibilità di negoziare polizze collettive, di predisporre le condizioni generali delle polizze assicurative, in convenzione con i propri iscritti,  si segnala ulteriormente al riguardo che, trattandosi di norma che istituisce un regime di assicurazione obbligatoria, vanno previste anche modalità e condizioni generali per le quali sia obbligatoria da parte delle Compagnie assicuratrici la stipula delle polizze, onde evitare il fenomeno dell’indiretta limitazione all’esercizio della professione;

all’articolo 5, come peraltro previsto per le  professioni dell’area medica dal decreto-legge n. 89 del 2012, il cui disegno di legge di conversione, già approvato dalla Camera dei deputati il 19 luglio 2012, ora si trova all’esame del Senato (A.S. 3414), sarebbe opportuno inserire una scadenza temporale differita ai fini dell’entrata in vigore dell'obbligo di stipulazione di una polizza assicurativa per i rischi derivanti dall'esercizio dell’attività professionale a carico degli iscritti agli albi onde consentire l’organizzazione dei presupposti per l’attuazione di tale obbligo;

l’articolo 6 rende obbligatorio il tirocinio anche per le categorie che ne erano prive e ne  allunga la durata per quelle categorie che lo prevedevano per un periodo inferiore a 18 mesi, occorre chiarire che tale principio non limita in tal modo l’autonomia delle università e dei consigli nazionali nella definizione di specifiche intese volte ad anticipare il tirocinio, come previsto dalla lettera c) del richiamato articolo 3, comma 5, del decreto-legge n. 138 del 2011 e dal comma 6 dell’articolo 9 del decreto-legge n. 1 del 2012, la disciplina di dettaglio del tirocinio deve essere demandate a regolamenti emanati a cura dei Consigli nazionali degli ordini e collegi;

appare opportuno coordinare l’articolo 6 con le disposizioni legislative che attribuiscono ai Consigli nazionali degli ordini e collegi la disciplina dei tirocini;

al comma 1 dell’articolo 6 occorre verificare e chiarire se attraverso la previsione si intende ottenere e dichiarare ex professo il riconoscimento del carattere obbligatorio anche per le professioni che attualmente non lo prevedono o se esso si intende limitato ai singoli ordinamenti che già lo prevedono;

al fine di assicurare la massima coerenza tra il disposto dei commi 2 e 4 dell’articolo 6, si dovrebbe aggiungere una clausola di salvezza finalizzata a consentire l’anticipazione dei primi sei mesi di tirocinio durante lo svolgimento del corso di laurea, in deroga, quindi alla previsione di cui all’articolo 6, comma 2. Al contempo, al comma 4, si è dovrebbe prevedere la possibilità di stipulare apposite convenzioni tra i Consigli nazionali degli ordini o collegi, il Ministro per la pubblica istruzione, università e ricerca e il Ministro per la semplificazione, al fine di consentire lo svolgimento del tirocinio anche presso pubbliche amministrazioni, all’esito del corso di laurea, come previsto ex lege;

appare opportuno verificare se corrisponda ai princìpi di delegificazione il comma 3 dello stesso articolo 6, nella parte in cui dispone che il professionista affidatario debba avere almeno 5 anni di anzianità. Tale requisito, infatti, non trova diretto fondamento nell'articolo 3 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, e confligge con quanto attualmente previsto da vari ordinamenti professionali, che limitano a 3 anni l'anzianità richiesta al professionista affidatario;

occorre chiarire che non vi può essere l’incompatibilità del tirocinio con il solo impiego pubblico, mentre con l’impiego privato si prevede la compatibilità nel caso in cui siano rispettate alcune condizioni, per cui è opportuno prevedere la possibilità di svolgere il tirocinio anche in concomitanza con il mantenimento di un rapporto di impiego pubblico alle medesime condizioni previste per l’attività di lavoro privato subordinato;

verificare se l’articolo 6,  corrisponda ai principi di delegificazione  nella parte in cui si prevede la possibilità per i tirocinanti di frequentare specifici corsi di formazione professionale organizzati da soggetti autorizzati dai ministri vigilanti; e nella parte in cui al comma 10 dell’articolo 6 si attribuisce al ministro vigilante il potere di emanare un regolamento volto a disciplinare una serie di oggetti relativi ai corsi di formazioni e se non sia invece opportuno secondo la ratio dell’articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988, che sia espressamente previsto dalla legge di delegificazione la legittimazione del Ministro ad adottare regolamenti volti a disciplinare ulteriormente la materia delegificata;

è opportuno che meglio emergano i principi della facoltatività della frequenza di corsi di formazione, della loro gratuità e dell’accesso a tutti per i medesimi e del principio di separazione fra chi ha poteri di controllo sulla loro idoneità e chi li organizza e tiene, nonché al superamento del criterio dei crediti formativi come attualmente in essere;

l’articolo 7, comma 2, affida al Ministro vigilante la disciplina attuativa dell’obbligo di formazione permanente, eccedendo l’ambito di autorizzazione all’esercizio della potestà regolamentare in delegificazione di cui alla lettera  b) del richiamato articolo 3, comma 5, del decreto-legge n. 138 del 2011 che affida la potestà regolamentare unicamente ai Consigli nazionali;

il comma 3 dell’articolo 7 relativo alle convenzioni da stipulare tra Consigli nazionali ed università  potrebbe essere integrato prevedendo che l'attività di formazione la gestione e l'organizzazione dell'attività di aggiornamento possa essere organizzata anche a cura degli ordini o collegi territoriali e dei sindacati di categoria maggiormente rappresentativi a livello nazionale delle professioni regolamentate in qualità di parte sociale con rilevanza nazionale, anche in cooperazione o convenzione con altri soggetti;

occorre valutare se l’articolo 7, comma 5, invade la competenza delle Regioni disciplinata dall’articolo 117, comma 6, della Costituzione prevedendo che le Regioni possono disciplinare l’attribuzione di fondi per l’organizzazione di scuole, corsi ed eventi di formazione professionale o se si tratta di norma esortativa che può anche essere espunta o meglio riformulata;

l’articolo 8 disciplina il regime delle incompatibilità con l’esercizio della professione, limitando al primo comma l’incompatibilità esclusivamente alle attività suscettibili di pregiudicare l’autonomia e indipendenza di giudizio, intellettuale e tecnico del professionista e, al secondo comma, facendo salvo il regime delle incompatibilità con l’esercizio della professione di notaio e con il pubblico impiego;

la disciplina delle incompatibilità all’esercizio della professione non rientra nell’oggetto dell’intervento regolamentare in delegificazione autorizzato dal richiamato articolo 3, comma 5, del decreto-legge n. 138 del 2011 ed è opportuno che essa non sia affidata ad una formulazione di carattere generico e valida per tutte le professioni regolamentate con possibili incertezze  interpretative;

l’articolo 9 disciplina il procedimento disciplinare per le professioni diverse da quelle sanitarie, con lo scopo di introdurre elementi di maggiore terzietà nell’esercizio del potere disciplinare, istituendo specifici organismi di disciplina distinti e diversi dagli attuali consigli territoriali e nazionali;

la soluzione prospettata per i consigli territoriali (il trasferimento delle funzioni disciplinari al consiglio viciniore) e per i consigli nazionali (affidamento della funzione disciplinare ai soggetti primi fra i non eletti) non sembra  realizzare quanto indicato dal richiamato articolo 3, comma 5, del decreto-legge n . 138 del 2011,  in quanto nel primo caso permane la commistione fra funzioni amministrative e funzioni disciplinari, e nel secondo caso sembra meno garantita la terzietà nel giudizio;

rimane inoltre  irrisolto il problema della divisione delle funzioni disciplinari da quelle amministrative per i consigli nazionali che decidono i ricorsi in via giurisdizionale;

sarebbe stato opportuno prevedere per gli ordini e collegi che decidono in via amministrativa, l’istituzione di consigli di disciplina territoriali e, per gli ordini e collegi che decidono in via giurisdizionale, l’istituzione di specifiche sezioni disciplinari dedicate, da costituirsi all’interno degli attuali consigli territoriali e nazionali, con sottrazione loro di qualunque altra funzione amministrativa;

sarebbe necessario estendere anche alle società di professionisti di cui alla legge 12 novembre 2011, n. 183, l’applicazione, in quanto compatibile, delle medesime disposizioni previste nelle leggi professionali in materia disciplinare per gli iscritti che esercitano la professione in forma individuale, al fine di evitare che lo schermo della società professionale possa costituire una legittima causa di elusione dell’applicazione delle norme disciplinari nei confronti dei soci;

appare opportuna una generale riconsiderazione della materia disciplinare alla luce del principio di elezione di corti disciplinari autonome e terze;

all’articolo 9, comma 7, si sarebbe dovuta esplicitare  la salvezza relativa alla "disciplina vigente per le professioni istituite anteriormente alla Costituzione, i cui Consigli Nazionali hanno, in materia disciplinare, competenza giurisdizionale". Ciò allo scopo di evitare che l’adozione del provvedimento in esame possa surrettiziamente condurre a un’uniformazione indebita delle competenze dei Consigli nazionali degli ordini e collegi, a prescindere dall’attribuzione o meno nei loro confronti dell’esercizio della funzione giurisdizionale;

l’articolo 11 reca una disciplina speciale del tirocinio per l’accesso alla professione forense, introducendo, in particolare, la possibilità del suo svolgimento  presso gli uffici legali di enti privati autorizzati dal Ministro della giustizia che va meglio esplicitata chiarendo che ciò è possibile  solo se gli enti privati sono dotati di autonomo ufficio legale in cui esercitano iscritti agli albi professionali muniti del diritto di rappresentanza esterna e  processuale;

rilevato che lo schema in esame  non prevede  la facoltà per le professioni che svolgono attività similari di accorparsi su base volontaria, secondo quanto invece previsto dal comma 5 del richiamato articolo  3 del decreto legge n. 138 del 2011 così modificato dall'art. 9, comma 7, lettera a), del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, determinandosi in tal modo una lacuna normativa, mentre è opportuno chiarire che i consigli nazionali hanno facoltà di predisporre idonee proposte ai fini dell’emanazione di nuovi provvedimenti di riconoscimento delle professioni derivanti da tali accorpamenti;

rilevato che lo schema in esame reca un capo dedicato a tutte le professioni (I), un capo dedicato alla professione di avvocato (II) ed un capo dedicato alla professione di notaio (III);

considerato che, sarebbe stato opportuno prevedere ulteriori disposizioni concernenti altre specifiche  professioni regolamentate, ritenuto che la riforma degli ordinamenti professionali  dovrebbe  rappresentare l’occasione per la modernizzazione ed una liberalizzazione delle professioni che si faccia carico di superare le criticità esistenti al fine di migliorare la qualità delle prestazioni professionali nell’interesse degli utenti dei servizi professionali;

considerato che andrebbe introdotta una norma per i dottori commercialisti e gli esperti contabili che consenta ai tirocinanti di avere la possibilità di completare il tirocinio anche per l’iscrizione nel registro dei revisori legali, atteso che la riduzione generale della durata del tirocinio a non oltre 18 mesi non può incidere su quello che la norma comunitaria impone per l’iscrizione nel citato registro. Così facendo, all’esito dei diciotto mesi di tirocinio e del superamento dell’esame di Stato, l’abilitato dottore commercialista o esperto contabile potrà completare il tirocinio per l’iscrizione anche nel registro dei revisori legali.

considerato, in particolare, che, con riferimento alla professione di assistente sociale, è avvertita dal Consiglio nazionale dell’ordine degli assistenti sociali la necessità di garantire la formazione con un ciclo formativo unico per l’accesso alla professione disponendo l’obbligatorietà della propedeuticità del corso di laurea triennale della classe L39 per l’accesso al successivo biennio di laurea magistrale della classe LM87, dal momento che l’accesso a quest’ultima con diplomi di laurea triennale afferenti ad altre classi diverse dalla L39 non garantisce l’avvenuta acquisizione delle competenze professionali necessarie e sufficienti per l’accesso all’esame di Stato di abilitazione professionale e quindi all’esercizio della professione;

considerato che, conseguentemente, sarebbe stato opportuno istituire una sezione unica dell’albo superando le attuali sezioni A e B, provvedendo a disporre in via transitoria l’inserimento nella sezione unica dell’albo degli assistenti sociali iscritti nelle due sezioni al momento dell’entrata in vigore del regolamento;

con particolare riferimento alla professione di notaio, rilevato che :

lo schema di decreto  interessa la professione di notaio, oltre che in relazione alla disciplina generale, in riferimento alle seguenti questioni: a) l’assicurazione obbligatoria; b) l’accesso; c) il tirocinio.

Per quanto concerne il punto a) relativo all’assicurazione obbligatoria, l’ordinamento del notariato regola specificamente la materia agli articoli 19 e 20 della legge 16 febbraio 1913 n. 89 come modificati dagli articoli 1 e 2 del decreto legislativo 4 maggio 2006 n. 182, stabilendo che il Consiglio Nazionale del Notariato stipuli direttamente una polizza collettiva, ripartendone l’onere del premio fra tutti i notai italiani e non con polizze individuali stipulate sulla base di una "Convenzione collettiva" negoziata a livello nazionale, come previsto invece dall’articolo 5 comma 1 del provvedimento in esame. La specificità del notariato impone la conferma del sistema vigente della polizza collettiva, per offrire ai cittadini assoluta certezza in ordine alla copertura assicurativa della funzione pubblica esercitata da ciascun notaio, non rimessa alla pur doverosa iniziativa dello stesso. Inoltre, al fine di semplificare il suddetto sistema di partecipazione dei notai agli oneri derivanti dal pagamento dei premi della citata polizza, è necessario modificare il sistema di esazione.

Per quanto concerne il punto b) relativo all’accesso, si avverte la necessità di superare il limite della partecipazione a non più di tre concorsi, in quanto esso non appare coerente con i principi enunciati nel decreto di agosto 2011. Ovviamente l’abolizione di tale limite richiede adeguati interventi correttivi del sistema concorsuale attuale per prevenire il pericolo di un ingolfamento delle prove, con la partecipazione di una massa di candidati non muniti di adeguata preparazione. Nel Regolamento, pertanto, andrebbe inserita nel Capo III, contenente "Disposizioni concernenti i Notai", e precisamente all’articolo 12, dedicato all’accesso alla professione notarile,  l’abrogazione di tale limite con l’introduzione di modifiche volte alla velocizzazione delle prove concorsuali, facilitando anche il reperimento delle disponibilità  - oggi scarse – di notai, magistrati e professori universitari ad assumersi l’onere di Commissari di concorso.

Nello stesso articolo 12 al comma 2 è previsto che il diploma conseguito presso le Scuole di specializzazione  per le professioni legali, valga quanto un anno di pratica. Ora è ben noto quanto sia lontano dalla pratica notarile la frequentazione di un corso di specializzazione comune alle altre professioni legali, che per il primo anno ha carattere assolutamente generalista e nel secondo anno l’obbligo di frequenza viene spesso adempiuto con la frequenza a scuole istituzionali di notariato. Pertanto, vi è una alternativa: la norma viene del tutto espunta, nell’ottica della valorizzazione della pratica professionale realmente fatta – senza surrogati – ovvero deve prevedersi che lo stesso valore abbiano i corsi seguiti presso Scuole istituzionali di notariato o di livello universitario specifiche per l’accesso alla professione notarile. In ogni caso il diploma come sopra conseguito non dovrebbe essere computato per più di sei mesi di pratica.

Infine, per quanto riguarda in particolare il punto c) relativo al tirocinio e di cui all’articolo 6 del schema, si sarebbe dovuta aggiungere  alla fine del comma 8, la previsione che i Consigli nazionali disciplinino con appositi regolamenti le modalità per la verifica dell’effettivo svolgimento del tirocinio.

esprime parere favorevole a condizione che il provvedimento sia modificato secondo quanto riportato in premessa.

 

 


 

 

 

 

 

 


 

D.P.R. 7 agosto 2012, n. 137
Regolamento recante riforma degli ordinamenti professionali, a norma dell'articolo 3, comma 5, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 14 agosto 2012, n. 189.

 

 

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

 

Visto l'articolo 87, comma quinto, della Costituzione;

 

Visto l'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400;

 

Visto l'articolo 3, comma 5, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148;

 

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 15 giugno 2012;

 

Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso dalla Sezione consultiva per gli atti normativi nell'Adunanza del 5 luglio 2012;

 

Acquisiti i pareri delle competenti commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;

 

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 3 agosto 2012;

 

Sulla proposta del Ministro della giustizia;

 

Emana

 

il seguente regolamento:

 

Capo I

Disposizioni generali

 

Art. 1
Definizione e ambito di applicazione

 

1.  Ai fini del presente decreto:

a)  per «professione regolamentata» si intende l'attività, o l'insieme delle attività, riservate per espressa disposizione di legge o non riservate, il cui esercizio è consentito solo a seguito d'iscrizione in ordini o collegi subordinatamente al possesso di qualifiche professionali o all'accertamento delle specifiche professionalità;

b)  per «professionista» si intende l'esercente la professione regolamentata di cui alla lettera a).

2.  Il presente decreto si applica alle professioni regolamentate e ai relativi professionisti.

 

 

Art. 2
Accesso ed esercizio dell'attività professionale

 

1. Ferma la disciplina dell'esame di Stato, quale prevista in attuazione dei principi di cui all'articolo 33 della Costituzione, e salvo quanto previsto dal presente articolo, l'accesso alle professioni regolamentate è libero. Sono vietate limitazioni alle iscrizioni agli albi professionali che non sono fondate su espresse previsioni inerenti al possesso o al riconoscimento dei titoli previsti dalla legge per la qualifica e l'esercizio professionale, ovvero alla mancanza di condanne penali o disciplinari irrevocabili o ad altri motivi imperativi di interesse generale.

2. L'esercizio della professione è libero e fondato sull'autonomia e indipendenza di giudizio, intellettuale e tecnico. La formazione di albi speciali, legittimanti specifici esercizi dell'attività professionale, fondati su specializzazioni ovvero titoli o esami ulteriori, è ammessa solo su previsione espressa di legge.

3. Non sono ammesse limitazioni, in qualsiasi forma, anche attraverso previsioni deontologiche, del numero di persone titolate a esercitare la professione, con attività anche abituale e prevalente, su tutto o parte del territorio dello Stato, salve deroghe espresse fondate su ragioni di pubblico interesse, quale la tutela della salute. È fatta salva l'applicazione delle disposizioni sull'esercizio delle funzioni notarili.

4. Sono in ogni caso vietate limitazioni discriminatorie, anche indirette, all'accesso e all'esercizio della professione, fondate sulla nazionalità del professionista o sulla sede legale dell'associazione professionale o della società tra professionisti.

Art. 3
Albo unico nazionale

 

1.  Gli albi territoriali relativi alle singole professioni regolamentate, tenuti dai rispettivi consigli dell'ordine o del collegio territoriale, sono pubblici e recano l'anagrafe di tutti gli iscritti, con l'annotazione dei provvedimenti disciplinari adottati nei loro confronti.

2.  L'insieme degli albi territoriali di ogni professione forma l'albo unico nazionale degli iscritti, tenuto dal consiglio nazionale competente. I consigli territoriali forniscono senza indugio per via telematica ai consigli nazionali tutte le informazioni rilevanti ai fini dell'aggiornamento dell'albo unico nazionale.

 

 

Art. 4
Libera concorrenza e pubblicità informativa

 

1.  È ammessa con ogni mezzo la pubblicità informativa avente ad oggetto l'attività delle professioni regolamentate, le specializzazioni, i titoli posseduti attinenti alla professione, la struttura dello studio professionale e i compensi richiesti per le prestazioni.

2.  La pubblicità informativa di cui al comma 1 dev'essere funzionale all'oggetto, veritiera e corretta, non deve violare l'obbligo del segreto professionale e non dev'essere equivoca, ingannevole o denigratoria.

3.  La violazione della disposizione di cui al comma 2 costituisce illecito disciplinare, oltre a integrare una violazione delle disposizioni di cui ai decreti legislativi 6 settembre 2005, n. 206, e 2 agosto 2007, n. 145.

 

 

Art. 5
Obbligo di assicurazione

 

1.  Il professionista è tenuto a stipulare, anche per il tramite di convenzioni collettive negoziate dai consigli nazionali e dagli enti previdenziali dei professionisti, idonea assicurazione per i danni derivanti al cliente dall'esercizio dell'attività professionale, comprese le attività di custodia di documenti e valori ricevuti dal cliente stesso. Il professionista deve rendere noti al cliente, al momento dell'assunzione dell'incarico, gli estremi della polizza professionale, il relativo massimale e ogni variazione successiva.

2.  La violazione della disposizione di cui al comma 1 costituisce illecito disciplinare.

3.  Al fine di consentire la negoziazione delle convenzioni collettive di cui al comma 1, l'obbligo di assicurazione di cui al presente articolo acquista efficacia decorsi dodici mesi dall'entrata in vigore del presente decreto.

 

 

Art. 6
Tirocinio per l'accesso

 

1. Il tirocinio professionale è obbligatorio ove previsto dai singoli ordinamenti professionali, e ha una durata massima di diciotto mesi. Resta ferma l'esclusione delle professioni sanitarie prevista dall'articolo 9, comma 6, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito dalla legge 24 marzo 2012, n. 27. Il tirocinio consiste nell'addestramento, a contenuto teorico e pratico, del praticante, ed è finalizzato a conseguire le capacità necessarie per l'esercizio e la gestione organizzativa della professione.

2.  Presso il consiglio dell'ordine o del collegio territoriale è tenuto il registro dei praticanti, l'iscrizione al quale è condizione per lo svolgimento del tirocinio professionale. Ai fini dell'iscrizione nel registro dei praticanti è necessario, salva l'ipotesi di cui al comma 4, secondo periodo, aver conseguito la laurea o il diverso titolo di istruzione previsti dalla legge per l'accesso alla professione regolamentata, ferme restando le altre disposizioni previste dall'ordinamento universitario.

3.  Il professionista affidatario deve avere almeno cinque anni di anzianità di iscrizione all'albo, è tenuto ad assicurare che il tirocinio si svolga in modo funzionale alla sua finalità e non può assumere la funzione per più di tre praticanti contemporaneamente, salva la motivata autorizzazione rilasciata dal competente consiglio territoriale sulla base di criteri concernenti l'attività professionale del richiedente e l'organizzazione della stessa, stabiliti con regolamento del consiglio nazionale dell'ordine o del collegio, previo parere vincolante del ministro vigilante.

4.  Il tirocinio può essere svolto, in misura non superiore a sei mesi, presso enti o professionisti di altri Paesi con titolo equivalente e abilitati all'esercizio della professione. Il tirocinio può essere altresì svolto per i primi sei mesi, in presenza di specifica convenzione quadro tra il consiglio nazionale dell'ordine o collegio, il ministro dell'istruzione, università e ricerca, e il ministro vigilante, in concomitanza con l'ultimo anno del corso di studio per il conseguimento della laurea necessaria. I consigli territoriali e le università pubbliche e private possono stipulare convenzioni, conformi a quella di cui al periodo precedente, per regolare i reciproci rapporti. Possono essere stipulate analoghe convenzioni tra i consigli nazionali degli ordini o collegi e il ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, per lo svolgimento del tirocinio presso pubbliche amministrazioni, all'esito del corso di laurea. Resta ferma l'esclusione delle professioni sanitarie prevista dall'articolo 9, comma 6, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito dalla legge 24 marzo 2012, n. 27.

5.  Il tirocinio può essere svolto in costanza di rapporto di pubblico impiego ovvero di rapporto di lavoro subordinato privato, purché le relative discipline prevedano modalità e orari di lavoro idonei a consentirne l'effettivo svolgimento. Sul rispetto di tale disposizione vigila il locale consiglio dell'ordine o collegio.

6.  Il tirocinio professionale non determina l'instaurazione di rapporto di lavoro subordinato anche occasionale, fermo quanto disposto dall'articolo 9, comma 4, ultimo periodo, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27.

7.  L'interruzione del tirocinio per oltre tre mesi, senza giustificato motivo, comporta l'inefficacia, ai fini dell'accesso, di quello previamente svolto. Quando ricorre un giustificato motivo, l'interruzione del tirocinio può avere una durata massima di nove mesi, fermo l'effettivo completamento dell'intero periodo previsto.

8.  I praticanti osservano gli stessi doveri e norme deontologiche dei professionisti e sono soggetti al medesimo potere disciplinare.

9.  Il tirocinio, oltre che nella pratica svolta presso un professionista, può consistere altresì nella frequenza con profitto, per un periodo non superiore a sei mesi, di specifici corsi di formazione professionale organizzati da ordini o collegi. I corsi di formazione possono essere organizzati anche da associazioni di iscritti agli albi e da altri soggetti, autorizzati dai consigli nazionali degli ordini o collegi. Quando deliberano sulla domanda di autorizzazione di cui al periodo precedente, i consigli nazionali trasmettono motivata proposta di delibera al ministro vigilante al fine di acquisire il parere vincolante dello stesso.

10.  Il consiglio nazionale dell'ordine o collegio disciplina con regolamento, da emanarsi, previo parere favorevole del ministro vigilante, entro un anno dall'entrata in vigore del presente decreto:

a)  le modalità e le condizioni per l'istituzione dei corsi di formazione di cui al comma 9, in modo da garantire la libertà e il pluralismo dell'offerta formativa e della relativa scelta individuale;

b)  i contenuti formativi essenziali dei corsi di formazione;

c)  la durata minima dei corsi di formazione, prevedendo un carico didattico non inferiore a duecento ore;

d)  le modalità e le condizioni per la frequenza dei corsi di formazione da parte del praticante nonché quelle per le verifiche intermedie e finale del profitto, affidate a una commissione composta da professionisti e docenti universitari, in pari numero, e presieduta da un docente universitario, in modo da garantire omogeneità di giudizio su tutto il territorio nazionale. Ai componenti della commissione non sono riconosciuti compensi, indennità o gettoni di presenza.

11.  Il ministro vigilante, previa verifica, su indicazione del consiglio nazionale dell'ordine o collegio, dell'idoneità dei corsi organizzati a norma del comma 9 sul territorio nazionale, dichiara la data a decorrere dalla quale la disposizione di cui al medesimo comma è applicabile al tirocinio.

12.  Il consiglio dell'ordine o collegio presso il quale è compiuto il tirocinio rilascia il relativo certificato. Il certificato perde efficacia decorsi cinque anni senza che segua il superamento dell'esame di Stato quando previsto. Quando il certificato perde efficacia il competente consiglio territoriale provvede alla cancellazione del soggetto dal registro dei praticanti di cui al comma 2.

13.  Le regioni, nell'ambito delle potestà a esse attribuite dall'articolo 117 della Costituzione, possono disciplinare l'attribuzione di fondi per l'organizzazione di scuole, corsi ed eventi di tirocinio professionale.

 

14.  Le disposizioni del presente articolo si applicano ai tirocini iniziati dal giorno successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto, fermo quanto già previsto dall'articolo 9, comma 6, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27.

 

 

Art. 7
Formazione continua

 

1.  Al fine di garantire la qualità ed efficienza della prestazione professionale, nel migliore interesse dell'utente e della collettività, e per conseguire l'obiettivo dello sviluppo professionale, ogni professionista ha l'obbligo di curare il continuo e costante aggiornamento della propria competenza professionale secondo quanto previsto dal presente articolo. La violazione dell'obbligo di cui al periodo precedente costituisce illecito disciplinare.

2.  I corsi di formazione possono essere organizzati, ai fini del comma 1, oltre che da ordini e collegi, anche da associazioni di iscritti agli albi e da altri soggetti, autorizzati dai consigli nazionali degli ordini o collegi. Quando deliberano sulla domanda di autorizzazione di cui al periodo precedente, i consigli nazionali trasmettono motivata proposta di delibera al ministro vigilante al fine di acquisire il parere vincolante dello stesso.

3.  Il consiglio nazionale dell'ordine o collegio disciplina con regolamento, da emanarsi, previo parere favorevole del ministro vigilante, entro un anno dall'entrata in vigore del presente decreto:

a)  le modalità e le condizioni per l'assolvimento dell'obbligo di aggiornamento da parte degli iscritti e per la gestione e l'organizzazione dell'attività di aggiornamento a cura degli ordini o collegi territoriali, delle associazioni professionali e dei soggetti autorizzati;

b)  i requisiti minimi, uniformi su tutto il territorio nazionale, dei corsi di aggiornamento;

c)  il valore del credito formativo professionale quale unità di misura della formazione continua.

4.  Con apposite convenzioni stipulate tra i consigli nazionali e le università possono essere stabilite regole comuni di riconoscimento reciproco dei crediti formativi professionali e universitari. Con appositi regolamenti comuni, da approvarsi previo parere favorevole dei ministri vigilanti, i consigli nazionali possono individuare crediti formativi professionali interdisciplinari e stabilire il loro valore.

5.  L'attività di formazione, quando è svolta dagli ordini e collegi, può realizzarsi anche in cooperazione o convenzione con altri soggetti.

6.  Le regioni, nell'ambito delle potestà a esse attribuite dall'articolo 117 della Costituzione, possono disciplinare l'attribuzione di fondi per l'organizzazione di scuole, corsi ed eventi di formazione professionale.

7.  Resta ferma la normativa vigente sull'educazione continua in medicina (ECM).

 

 

Art. 8
Disposizioni sul procedimento disciplinare delle professioni regolamentate diverse da quelle sanitarie

 

1.  Presso i consigli dell'ordine o collegio territoriali sono istituiti consigli di disciplina territoriali cui sono affidati i compiti di istruzione e decisione delle questioni disciplinari riguardanti gli iscritti all'albo.

2.  I consigli di disciplina territoriali di cui al comma 1 sono composti da un numero di consiglieri pari a quello dei consiglieri che, secondo i vigenti ordinamenti professionali, svolgono funzioni disciplinari nei consigli dell'ordine o collegio territoriali presso cui sono istituiti. I collegi di disciplina, nei consigli di disciplina territoriali con più di tre componenti, sono comunque composti da tre consiglieri e sono presieduti dal componente con maggiore anzianità d'iscrizione all'albo o, quando vi siano componenti non iscritti all'albo, dal componente con maggiore anzianità anagrafica.

3.  Ferma l'incompatibilità tra la carica di consigliere dell'ordine o collegio territoriale e la carica di consigliere del corrispondente consiglio di disciplina territoriale, i consiglieri componenti dei consigli di disciplina territoriali sono nominati dal presidente del tribunale nel cui circondario hanno sede, tra i soggetti indicati in un elenco di nominativi proposti dai corrispondenti consigli dell'ordine o collegio. L'elenco di cui al periodo che precede è composto da un numero di nominativi pari al doppio del numero dei consiglieri che il presidente del tribunale è chiamato a designare. I criteri in base ai quali è effettuata la proposta dei consigli dell'ordine o collegio e la designazione da parte del presidente del tribunale, sono individuati con regolamento adottato, entro novanta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto, dai consigli nazionali dell'ordine o collegio, previo parere vincolante del ministro vigilante.

4.  Le funzioni di presidente del consiglio di disciplina territoriale sono svolte dal componente con maggiore anzianità d'iscrizione all'albo o, quando vi siano componenti non iscritti all'albo, dal componente con maggiore anzianità anagrafica. Le funzioni di segretario sono svolte dal componente con minore anzianità d'iscrizione all'albo o, quando vi siano componenti non iscritti all'albo, dal componente con minore anzianità anagrafica.

5.  All'immediata sostituzione dei componenti che siano venuti meno a causa di decesso, dimissioni o altra ragione, si provvede applicando le disposizioni del comma 3, in quanto compatibili.

6.  I consigli di disciplina territoriale restano in carica per il medesimo periodo dei consigli dell'ordine o collegio territoriale.

7.  Presso i consigli nazionali dell'ordine o collegio che decidono in via amministrativa sulle questioni disciplinari, sono istituiti consigli di disciplina nazionali cui sono affidati i compiti di istruzione e decisione delle questioni disciplinari assegnate alla competenza dei medesimi consigli nazionali anche secondo le norme antecedenti all'entrata in vigore del presente decreto.

8.  I consiglieri dei consigli nazionali dell'ordine o collegio che esercitano funzioni disciplinari non possono esercitare funzioni amministrative. Per la ripartizione delle funzioni disciplinari ed amministrative tra i consiglieri, in applicazione di quanto disposto al periodo che precede, i consigli nazionali dell'ordine o collegio adottano regolamenti attuativi, entro novanta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto, previo parere favorevole del ministro vigilante.

9.  Le funzioni di presidente del consiglio di disciplina nazionale di cui ai commi 7 e 8 sono svolte dal componente con maggiore anzianità d'iscrizione all'albo. Le funzioni di segretario sono svolte dal componente con minore anzianità d'iscrizione all'albo.

10.  Fino all'insediamento dei consigli di disciplina territoriali e nazionali di cui ai commi precedenti, le funzioni disciplinari restano interamente regolate dalle disposizioni vigenti.

11.  Restano ferme le altre disposizioni in materia di procedimento disciplinare delle professioni regolamentate, e i riferimenti ai consigli dell'ordine o collegio si intendono riferiti, in quanto applicabili, ai consigli di disciplina.

12.  Il ministro vigilante può procedere al commissariamento dei consigli di disciplina territoriali e nazionali per gravi e ripetuti atti di violazione della legge, ovvero in ogni caso in cui non sono in grado di funzionare regolarmente. Il commissario nominato provvede, su disposizioni del ministro vigilante, a quanto necessario ad assicurare lo svolgimento delle funzioni dell'organo fino al successivo mandato, con facoltà di nomina di componenti che lo coadiuvano nell'esercizio delle funzioni predette.

13.  Alle professioni sanitarie continua ad applicarsi la disciplina vigente.

14.  Restano altresì ferme le disposizioni vigenti in materia disciplinare concernenti la professione di notaio.

 

 

Capo II

 

Disposizioni concernenti gli avvocati

 

Art. 9
Domicilio professionale

 

1.  L'avvocato deve avere un domicilio professionale nell'ambito del circondario di competenza territoriale dell'ordine presso cui è iscritto, salva la facoltà di avere ulteriori sedi di attività in altri luoghi del territorio nazionale.

 

 

Art. 10
Disposizioni speciali sul tirocinio forense per l'accesso

 

1.  Fermo in particolare quanto disposto dall'articolo 6, commi 3 e 4, il tirocinio può essere svolto presso l'Avvocatura dello Stato o presso l'ufficio legale di un ente pubblico o di ente privato autorizzato dal ministro della giustizia o presso un ufficio giudiziario, per non più di dodici mesi.

2.  Il tirocinio deve in ogni caso essere svolto per almeno sei mesi presso un avvocato iscritto all'ordine o presso l'Avvocatura dello Stato o presso l'ufficio legale di un ente pubblico o di un ente privato autorizzato dal ministro della giustizia.

3.  Fermo quanto previsto dal comma 2, il diploma conseguito presso le scuole di specializzazione per le professioni legali di cui all'articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, e successive modificazioni, è valutato ai fini del compimento del tirocinio per l'accesso alla professione di avvocato per il periodo di un anno.

4.  Il praticante può, per giustificato motivo, trasferire la propria iscrizione presso l'ordine del luogo ove intende proseguire il tirocinio. Il consiglio dell'ordine autorizza il trasferimento, valutati i motivi che lo giustificano, e rilascia al praticante un certificato attestante il periodo di tirocinio che risulta regolarmente compiuto.

5.  In attuazione del presente decreto, l'attività di praticantato presso gli uffici giudiziari è disciplinata con regolamento del ministro della giustizia da adottarsi entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sentiti gli organi di autogoverno delle magistrature e il consiglio nazionale forense. I praticanti presso gli uffici giudiziari assistono e coadiuvano i magistrati che ne fanno richiesta nel compimento delle loro ordinarie attività, anche con compiti di studio, e ad essi si applica l'articolo 15 del testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3. Al termine del periodo di formazione il magistrato designato dal capo dell'ufficio giudiziario redige una relazione sull'attività e sulla formazione professionale acquisita, che viene trasmessa al consiglio dell'ordine competente. Ai soggetti previsti dal presente comma non compete alcuna forma di compenso, di indennità, di rimborso spese o di trattamento previdenziale da parte della pubblica amministrazione. Il rapporto non costituisce ad alcun titolo pubblico impiego. Fino all'emanazione del decreto di cui al primo periodo, continua ad applicarsi, al riguardo, la disciplina del praticantato vigente al momento di entrata in vigore del presente decreto.

6.  Il praticante avvocato è ammesso a sostenere l'esame di Stato nella sede di corte di appello nel cui distretto ha svolto il maggior periodo di tirocinio. Quando il tirocinio è stato svolto per uguali periodi sotto la vigilanza di più consigli dell'ordine aventi sede in distretti diversi, la sede di esame è determinata in base al luogo di svolgimento del primo periodo di tirocinio.

 

 

 

Capo III

 

Disposizioni concernenti i notai

 

Art. 11
Accesso alla professione notarile

 

1.  Possono ottenere la nomina a notaio tutti i cittadini italiani e i cittadini dell'Unione Europea che siano in possesso dei requisiti di cui all'articolo 5 della legge 16 febbraio 1913, n. 89, compreso il superamento del concorso notarile, fermo il diritto dei cittadini dell'Unione Europea che, in difetto del possesso dei requisiti di cui ai numeri 4 e 5 dell'articolo 5 della legge 16 febbraio 1913, n. 89, abbiano superato il concorso notarile al quale abbiano avuto accesso a seguito di riconoscimento del titolo professionale di notaio conseguito in altro Stato membro dell'Unione Europea.

2.  Il diploma di specializzazione, conseguito presso le scuole di specializzazione per le professioni legali di cui all'articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, e successive modificazioni, è valutato ai fini del compimento del periodo di pratica per l'accesso alla professione di notaio per il periodo di un anno.

 

 

Capo IV

 

Disposizioni transitorie e finali

 

Art. 12
Disposizione temporale

 

1.  Le disposizioni di cui al presente decreto si applicano dal giorno successivo alla data di entrata in vigore dello stesso.

2.  Sono abrogate tutte le disposizioni regolamentari e legislative incompatibili con le previsioni di cui al presente decreto, fermo quanto previsto dall'articolo 3, comma 5-bis, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, e successive modificazioni, e fatto salvo quanto previsto da disposizioni attuative di direttive di settore emanate dall'Unione europea.

 

 

Art. 13
Invarianza finanziaria

 

1.  Dall'attuazione del presente provvedimento non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. I soggetti pubblici interessati operano nell'ambito delle risorse disponibili agli scopi a legislazione vigente.

 

 

Art. 14
Entrata in vigore

 

1.  Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

 

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

 

 

 


 



[1]     L’art. 33, quinto comma, della Costituzione così dispone: «E' prescritto un esame di Stato per l'ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi e per l'abilitazione all'esercizio professionale».

[2]    D.Lgs. 9 novembre 2007, n. 206, Attuazione della direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, nonché della direttiva 2006/100/CE che adegua determinate direttive sulla libera circolazione delle persone a seguito dell'adesione di Bulgaria e Romania.

[3]    DL 138/2011, art. 3, comma 5, lettera a):

L'accesso alla professione è libero e il suo esercizio è fondato e ordinato sull'autonomia e sull'indipendenza di giudizio, intellettuale e tecnica, del professionista. La limitazione, in forza di una disposizione di legge, del numero di persone che sono titolate ad esercitare una certa professione in tutto il territorio dello Stato o in una certa area geografica, è consentita unicamente laddove essa risponda a ragioni di interesse pubblico, tra cui in particolare quelle connesse alla tutela della salute umana, e non introduca una discriminazione diretta o indiretta basata sulla nazionalità o, in caso di esercizio dell'attività in forma societaria, della sede legale della società professionale.

[4]    Si fa riferimento al D.Lgs. n. 502 del 1992 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della L. 23 ottobre 1992, n. 421) che all’art. art. 6-ter dispone che ogni anno il Ministro della sanità – sentiti la Conferenza permanente Stato-Regioni e la Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e odontoiatri e degli altri Ordini e Collegi professionali interessati - determina il fabbisogno per il Servizio sanitario nazionale, anche suddiviso per regioni, in ordine ai medici chirurghi, veterinari, odontoiatri, farmacisti, biologi, chimici, fisici, psicologi, nonché al personale sanitario infermieristico, tecnico e della riabilitazione «ai soli fini della programmazione da parte del ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica degli accessi ai corsi di diploma di laurea, alle scuole di formazione specialistica e ai corsi di diploma universitario».

[5]    Si ricorda, infatti, che il recente decreto-legge n. 1 del 2012 (c.d. decreto liberalizzazioni) ha (art. 11) abbassato il quorum minimo demografico per l’apertura di una farmacia, portandolo a 3.300 abitanti (in precedenza erano richiesti 5.000 abitanti per comuni fino a 12.500 abitanti e 4.000 abitanti per gli altri comuni).

[6]    Ad avviso della Corte, proprio al fine di “agevolare la maggiore tutela della salute dei cittadini”, il legislatore ha disciplinato il numero e la distribuzione territoriale delle farmacie in modo che sia assicurata ai cittadini la continuità territoriale e temporale del servizio ed agli esercenti un determinato bacino d’utenza. Se, infatti, l’apertura degli esercizi farmaceutici fosse lasciata alle regole del mercato, i farmacisti concentrerebbero le proprie attività nelle zone più remunerative e lascerebbero privi di assistenza farmaceutica i piccoli centri.

[7]    D.L. 29 novembre 2008, n. 185, Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 28 gennaio 2009, n. 2.

[8]    DL 138/2011, art. 3, comma 5, lettera g):

La pubblicità informativa, con ogni mezzo, avente ad oggetto l'attività professionale, le specializzazioni ed i titoli professionali posseduti, la struttura dello studio ed i compensi delle prestazioni, è libera. Le informazioni devono essere trasparenti, veritiere, corrette e non devono essere equivoche, ingannevoli, denigratorie.

[9]    A titolo di esempio si ricorda che a seguito della riforma il Consiglio nazionale forense ha modificato gli articoli del codice deontologico forense in materia di pubblicità. Tali disposizioni  prevedono oggi che l’avvocato possa dare informazioni sulla propria attività professionale purché tali informazioni siano per contenuto e forma coerenti con la finalità della tutela dell’affidamento della collettività. In particolare, quanto al contenuto, l’informazione deve essere conforme a verità e correttezza e non può avere ad oggetto notizie riservate o coperte dal segreto professionale. L’avvocato non può rivelare al pubblico il nome dei propri clienti, anche se questi vi consentono. Quanto invece alla forma e alle modalità, l’informazione deve rispettare la dignità e il decoro della professione. In ogni caso, l’informazione non deve assumere i connotati della pubblicità ingannevole, elogiativa, comparativa (art. 17, Informazioni sull’attività professionale). Il codice deontologico individua inoltre, all’articolo 17-bis, i mezzi di informazione consentiti (si va dalla carta da lettera, ai biglietti da visita, alle targhe, gli annuari professionali e i siti web).

[10]   DL 138/2011, art. 3, comma 5, lettera e):

A tutela del cliente, il professionista è tenuto a stipulare idonea assicurazione per i rischi derivanti dall'esercizio dell'attività professionale. Il professionista deve rendere noti al cliente, al momento dell'assunzione dell'incarico, gli estremi della polizza stipulata per la responsabilità professionale e il relativo massimale. Le condizioni generali delle polizze assicurative di cui al presente comma possono essere negoziate, in convenzione con i propri iscritti, dai Consigli Nazionali e dagli enti previdenziali dei professionisti.

[11]   DL 138/2011, art. 3, comma 5, lettera c):

La disciplina del tirocinio per l'accesso alla professione deve conformarsi a criteri che garantiscano l'effettivo svolgimento dell'attività formativa e il suo adeguamento costante all'esigenza di assicurare il miglior esercizio della professione.

[12]   DL 138/2011, art. 3, comma 5, lettera b):

«Previsione dell'obbligo per il professionista di seguire percorsi di formazione continua permanente predisposti sulla base di appositi regolamenti emanati dai consigli nazionali, fermo restando quanto previsto dalla normativa vigente in materia di educazione continua in medicina (ECM). La violazione dell'obbligo di formazione continua determina un illecito disciplinare e come tale è sanzionato sulla base di quanto stabilito dall'ordinamento professionale che dovrà integrare tale previsione».

[13]   DL 138/2011, art. 3, comma 5, lettera f):               

«Gli ordinamenti professionali dovranno prevedere l'istituzione di organi a livello territoriale, diversi da quelli aventi funzioni amministrative, ai quali sono specificamente affidate l'istruzione e la decisione delle questioni disciplinari e di un organo nazionale di disciplina. La carica di consigliere dell'Ordine territoriale o di consigliere nazionale è incompatibile con quella di membro dei consigli di disciplina nazionali e territoriali. Le disposizioni della presente lettera non si applicano alle professioni sanitarie per le quali resta confermata la normativa vigente».

[14]   La relazione illustrativa dello schema di regolamento presentato alle Camere per il parere affermava che: «non può ritenersi che la previsione di legge abbia abilitato il Governo a regolamentare anche le funzioni giurisdizionali dei Consigli dell’ordine nazionali, dovendosi concludere che il regolamento sia sprovvisto, a riguardo, di ogni potestà d’intervento. Corollario di tale assunto è che la lettera f) dell’articolo 3, comma 5, del decreto legge 13 agosto 2011, n. 138, può riferirsi in effetti ai soli procedimenti disciplinari rimessi alla competenza di consigli che decidono in via amministrativa (come nel caso dei commercialisti ed esperti contabili)».

[15]   Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria.