Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento giustizia | ||||
Titolo: | Norme per la tutela delle vittime di reati per motivi di omofobia e transfobia - A.C. 2802 e A.C. 2807 (Elementi per l'istruttoria legislativa) | ||||
Riferimenti: |
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Serie: | Progetti di legge Numero: 259 | ||||
Data: | 09/12/2009 | ||||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | II-Giustizia |
9 dicembre 2009 |
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n. 259/0 |
Norme per la tutela delle vittime di reati per motivi di omofobia e transfobiaA.C. 2802 e A.C. 2807Elementi per l’istruttoria legislativa |
Numero del progetto di legge |
2802 |
2807 |
Titolo |
Norme per la tutela delle vittime di reati per motivi di omofobia e transfobia |
Modifiche alla legge 13 ottobre 1975, n. 654, e al decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, per il contrasto dell'omofobia e della transfobia |
Iniziativa |
On. Soro ed altri |
On. Di Pietro ed altri |
Iter al Senato |
No |
No |
Numero di articoli |
2 |
2 |
Date: |
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presentazione alla Camera |
14 ottobre 2009 |
14 ottobre 2009 |
assegnazione |
27 ottobre 2009 |
27 ottobre 2009 |
Commissione competente |
II Giustizia |
II Giustizia |
Sede |
Referente |
Referente |
Pareri previsti |
Commissioni I (Affari costituzionali) |
Commissioni I (Affari costituzionali) |
Le proposte di legge in esame mirano a fornire una tutela contro le discriminazioni fondate sull’omofobia e la transfobia.
Si ricorda che sulla materia interveniva il testo unificato licenziato dalla Commissione giustizia delle proposte di legge AC 1658 e AC 1882, respinto dall’Assemblea nella seduta del 13 ottobre 2009, a seguito dell’approvazione di una questione pregiudiziale presentata dal gruppo dell’UDC (Vietti ed altri n. 1) per motivi di costituzionalità.
In particolare, in tale strumento procedurale si evidenziava, da un lato, la violazione dell’articolo 3 Cost., che sancisce il principio di uguaglianza, posto che chi subisce violenza, presumibilmente per ragioni di orientamento sessuale, riceverebbe una protezione privilegiata rispetto a chi subisce violenza tout court; dall’altro, l’indeterminatezza dell’espressione “orientamento sessuale” per violazione del principio di tassatività delle fattispecie penali di cui all’art. 25 Cost.
Tale ultimo profilo aveva costituito oggetto di un’apposita condizione contenuta nel parere espresso l’8 ottobre dalla I Commissione.
L’AC 2802, come il precedente testo esaminato dall’Assemblea, novella l’art. 61 c.p. introducendo una nuova circostanza aggravante che ricorre quando l’autore del delitto ha commesso il fatto per motivi di omofobia e transfobia (articolo 1).
La proposta di legge contiene però un’esplicita indicazione di tali motivi, che vengono così qualificati: motivi di odio e discriminazione in ragione dell’orientamento sessuale della vittima del reato:
- verso persone dello stesso sesso;
- verso persone del sesso opposto;
- verso persone di entrambi i sessi.
La nuova aggravante è applicabile solo ai seguenti delitti non colposi: delitti contro la vita e l'incolumità individuale; delitti contro la personalità individuale; delitti contro la libertà personale; delitti contro la libertà morale.
L’art. 2 della medesima proposta di legge prevede che il Governo, attraverso il Ministro per le pari opportunità, debba ogni anno (entro febbraio) presentare una relazione al Parlamento sulle azioni intraprese contro le discriminazioni motivate da omofobia e transfobia, gli obiettivi raggiunti e gli indirizzi da seguire.
L’AC 2807, invece, all’articolo 1, interviene sulle condotte di apologia, istigazione e associazione finalizzate alla discriminazione sanzionate dall’art. 3 della legge n. 654 del 1975 (di ratifica ed esecuzione della Convenzione contro il razzismo), aggiungendo alle attuali forme di discriminazione la discriminazione fondata sull’omofobia o sulla transfobia. Si evidenzia, inoltre, che nel sostituire l’art. 3, comma 1, la proposta di legge sostituisce al concetto di “propaganda di idee” quello di “diffusione di idee” e all’”istigazione a commettere” il concetto diverso di “incitamento a commettere”.
Tali modifiche, come spiega la relazione illustrativa sono volte a reintrodurre il testo antecedente alla legge 85 del 2006 (che “non punendo più la diffusione delle idee discriminanti ma la propaganda, e non più l'incitamento a discriminare o a delinquere ma l'istigazione, introduce modifiche che potrebbero sembrare solo terminologiche ma che in realtà dal punto di vista della legge penale introducono fattispecie più circoscritte e riducono il numero dei comportamenti punibili”), ritenuto maggiormente aderente alla Convenzione (il cui articolo 4, lett. a), impegna gli Stati a dichiarare crimini punibili dalla legge, ogni diffusione di idee basate sulla superiorità o sull'odio razziale, ogni incitamento alla discriminazione razziale).
L’articolo 2 della medesima proposta di leggeinterviene sul decreto-legge n. 122 del 1993 (c.d. “Decreto Mancino”) per coordinarne il contenuto con le modifiche apportate alla legge n. 654 del 1975. Esso, in particolare, sostituisce il titolo del decreto-legge (comma 1), la rubrica dell’articolo 1, relativo alle sanzioni accessorie (comma 2), l’articolo 3, in tema di aggravanti (comma 3), per inserirvi un espresso riferimento alla discriminazione fondata sull’omofobia o sulla transfobia. Le novelle comportano, anche in tali casi l’applicabilità delle disposizioni speciali previste dal decreto-legge in tema di perquisizioni e sequestri (art. 5), procedibilità, arresto in flagranza e competenza (art. 6). Si evidenzia, inoltre, che con la novella all’art. 3, in materia di aggravanti, la proposta di legge sostituisce al concetto di “finalità di discriminazione” quello di “motivi di discriminazione”.
Tale modifica, come spiega la relazione illustrativa, è volta a evitare che «i reati commessi con motivazioni discriminatorie, quale che sia la condizione discriminata, siano considerati reati di dolo specifico che pongono notevoli problemi di accertamento, di non facile soluzione, in capo all'autorità giudicante». La questione della sostituzione dell’espressione “finalità di discriminazione” con quella di “motivi di discriminazione” era già emersa nel corso dell’esame del testo unificato delle proposte di legge AC 1658 e 1882 (seduta del 6 ottobre).
Ciascuna delle proposte di legge è corredata della relazione illustrative.
Le proposte di legge intervengono, con la tecnica della novellazione su fonti di rango primario, il che rende necessario l’intervento con legge.
Il contenuto del provvedimento è riconducibile essenzialmente alla materia di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione (nella parte “ordinamento penale”), ambito riservato alla potestà legislativa esclusiva dello Stato.
Si ricorda che il testo risultante dall’esame in sede referente delle sopra richiamate proposte di legge in materia di omofobia era stato respinto dall’Assemblea, a seguito dell’approvazione di una questione pregiudiziale presentata dal gruppo dell’UDC (Vietti ed altri n. 1) per motivi di costituzionalità.
Nella pregiudiziale, in particolare, si evidenziava l’indeterminatezza dell’espressione “orientamento sessuale” per violazione del principio di tassatività delle fattispecie penali di cui all’art. 25 Cost. Entrambe le proposte di legge fanno riferimento a motivi fondati sull’omofobia o sulla transfobia; la proposta di legge 2802 qualifica esplicitamente i tali motivi come i “motivi di odio e discriminazione in ragione dell’orientamento sessuale della vittima del reato:
- verso persone dello stesso sesso;
- verso persone del sesso opposto;
- verso persone di entrambi i sessi.”
Questa definizione è analoga a quella contemplata nell’ordinamento del Regno Unito. Nella nota esplicativa (explanatory memorandum) alle “Equality Act (Sexual Orientation) Regulations 2007”, si fornisce, infatti, la seguente definizione di orientamento sessuale:
“Per orientamento sessuale s’intende l’orientamento sessuale di un individuo verso:
§ Persone del suo stesso sesso (omosessuali di entrambi i sessi);
§ Persone del sesso opposto (eterosessuali); oppure
§ Persone di entrambi i sessi (bisessuali)”
Provvedimenti mirati alla specifica tutela degli omosessuali e transessuali si rintracciano nell’ambito degli interventi attuati a livello comunitario per prevenire ogni discriminazione fondata sull’orientamento sessuale.
Il divieto di discriminazioni per motivi legati all’orientamento sessuale trova un importante riferimento normativo nell’articolo 13, n. 1 (articolo 19 a seguito dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona), della versione consolidata del Trattato 25 marzo 1957, che istituisce la Comunità europea.
Tale disposizione – frutto di una modifica introdotta dal Trattato di Amsterdam – prevede che il Consiglio, deliberando all'unanimità su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo, possa prendere i provvedimenti opportuni per combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l'origine etnica, la religione o le convinzioni personali, gli handicap, l'età o le tendenze sessuali. L’espressione “tendenze sessuali” è, da ultimo, sostituita con l’espressione “orientamento sessuale” dalla recente entrata in vigore del Trattato di Lisbona.
Il Trattato di Lisbona ha, inoltre, introdotto l’articolo 10 che prevede che, nella definizione e nell'attuazione delle sue politiche e azioni, l'Unione mira a combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l'origine etnica, la religione o le convinzioni personali, la disabilità, l'età o l'orientamento sessuale. Il divieto di discriminazioni è altresì contenuto nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea del 2000 (c.d. Carta di Nizza) che, all’art. 21 vieta «qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l'origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l'appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l'età o le tendenze sessuali».
Con riferimento specifico alla discriminazione dei transessuali, si ricorda inoltre che, già con la Risoluzione del 12 settembre 1989, il Parlamento europeo invitava da una parte il Consiglio d’Europa a emanare una convenzione per la tutela dei transessuali e, dall’altra, la Commissione e il Consiglio a precisare che le direttive comunitarie sull’equiparazione di uomini e donne sul posto di lavoro vieta anche la discriminazione dei transessuali.
A tale risoluzione seguiva la Raccomandazione 1117 (1989) sulla condizione dei transessuali dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa che invitava gli Stati membri a proibire ogni forma di discriminazione dei transessuali in base all’art. 14 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo.
Per quanto riguarda invece l’omofobia, si ricorda che il 18 gennaio 2006 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sull'omofobia in Europa, con la quale, condannando ogni forma di omofobia, ha chiesto agli Stati membri di contrastare tali fenomeni e alla Commissione europea di far sì che la discriminazione basata sull'orientamento sessuale sia vietata in tutti i settori. Con la successiva Risoluzione del 26 aprile 2007 sull'omofobia in Europa il Parlamento europeo è tornato a chiedere alla Commissione di garantire che la discriminazione sulla base dell'orientamento sessuale in tutti i settori sia vietata completando il pacchetto legislativo contro la discriminazione basato sull'articolo 13 del trattato CE, «senza il quale lesbiche, gay, bisessuali e altre persone che si trovano a far fronte a discriminazioni multiple continuano ad essere a rischio di discriminazione».
La necessità di rafforzare l’impegno dell’UE nella lotta contro l’omofobia è stata affermata da ultimo nella comunicazione della Commissione (COM(2009)262), relativa al Programma 2010-2014 per lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia (cd. programma di Stoccolma) e nella risoluzione in materia approvata dal Parlamento europeo il 25 novembre scorso. Il programma di Stoccolma dovrebbe essere definitivamente adottato dal Consiglio europeo del 10 dicembre prossimo. Al tema dell’omofobia nell’Unione è dedicato uno studio dell’Agenza dell’Unione europea per i diritti fondamentali.
Prosegue presso le istituzioni UE l’esame della proposta di direttiva (COM(2008)426), relativa alla parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla religione, le convinzioni personali, la disabilità, l’età o l’orientamento sessuale.
Dalla giurisprudenza della Corte EDU, relativa a fattispecie in cui venivano in rilievo gli orientamenti o l’identità sessuale dei ricorrenti, emerge la tendenza a ricondurre eventuali violazioni della Convenzione – più che all’articolo 14 CEDU, relativo al divieto di discriminazioni – all’articolo 8 CEDU, relativo al diritto al rispetto della vita privata e familiare; disposizione dalla quale, però, non emergono con chiarezza, ad avviso della Corte, gli obblighi positivi che ne discendono per ogni Stato, nonché le esigenze sottese, che variano molto a seconda delle fattispecie, delle prassi e delle condizioni di ciascuno Stato membro. Perciò, per verificare se i suddetti obblighi sono adempiuti deve sussistere un giusto equilibrio tra interesse generale e individuale, equilibrio che non ricorre ove l’individuo è posto quotidianamente in una situazione globale incompatibile con il rispetto della vita privata. La protezione della sfera personale - alla quale si ascrive l’orientamento sessuale in quanto manifestazione essenzialmente privata della personalità - comprende il diritto di ciascuno di stabilire i dettagli della propria identità come essere umano. Inoltre, nella misura in cui propensioni negative di uno Stato corrispondono a pregiudizi di una maggioranza eterosessuale verso una minoranza omosessuale, la Corte ritiene di non poter giustificare ingerenze nel diritto dell’individuo, allo stesso modo in cui riterrebbe ingiustificabili ingerenze nei confronti di persone di razza, origine o colore differente.
Nella normativa vigente, si ricorda il D.Lgs. 216/2003, di attuazione della direttiva 2000/78/CE (relativo alla parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro) che esplicitamente stabilisce che parità implica assenza di qualsiasi discriminazione diretta o indiretta a causa della religione, delle convinzioni personali, degli handicap, dell'età o dell'orientamento sessuale (art. 2).
Si segnala, inoltre, che anche l’ordinamento penale in un’ipotesi prende in considerazione l’orientamento sessuale: il decreto legislativo n. 276 del 2003, in materia di occupazione e mercato del lavoro, vieta in particolare alle agenzie per il lavoro e agli altri soggetti pubblici e privati di effettuare qualsivoglia indagine sull’orientamento sessuale dei lavoratori (art. 10). La violazione di tale disposizione è punita con sanzioni penali (art. 18 che rinvia all’art. 38 dello Statuto dei lavoratori).
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