Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento finanze
Titolo: Incentivi fiscali per il rientro dei lavoratori in Italia - A.C. 2079 Schede di lettura
Riferimenti:
AC N. 2079/XVI     
Serie: Progetti di legge    Numero: 281
Data: 01/02/2010
Descrittori:
CREDITO DI IMPOSTE   LAVORATORI ITALIANI ALL'ESTERO
PARTI DEL RAPPORTO DI LAVORO     

 

Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

Incentivi fiscali per il rientro dei lavoratori in Italia

A.C. 2079

Schede di lettura

 

 

 

 

 

n. 281

 

 

 

 

1 febbraio 2010

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Finanze

( 066760-9496 – * st_finanze@camera.it

Hanno collaborato alla redazione del dossier i Dipartimenti Esteri, Lavoro, Bilancio e Regioni del Servizio Studi:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

File: FI0282.doc

 


INDICE

 

Schede di lettura

Dati identificativi3

§      Articolo 1 (Finalità. Durata degli incentivi fiscali)5

§      Articolo 2 (Concessione del credito d'imposta in favore dei lavoratori)7

§      Articolo 3 (Caratteristiche dei lavoratori beneficiari)9

§      Articolo 4 (Caratteristiche del credito d'imposta per i lavoratori)11

§      Articolo 5 (Concessione del credito d'imposta in favore dei datori di lavoro)13

§      Articolo 6 (Condizioni per il beneficio in favore dei datori di lavoro)15

§      Articolo 7 (Caratteristiche del credito d'imposta in favore dei datori di lavoro)17

§      Articolo 8 (Condizioni per la concessione del credito d'imposta)19

§      Articolo 9 (Gestione delle procedure burocratiche per il rientro in Italia).21

§      Articolo 10 (Corsi gratuiti di lingua italiana)24

§      Articolo 11 (Tutela dei diritti acquisiti)25

§      Articolo 12 (Modalità di richiesta e di attribuzione dei crediti d'imposta)27

§      Articolo 13 (Cause di decadenza e di rideterminazione del credito d'imposta)31

§      Articolo 14 (Limite massimo di spesa)34

§      Articolo 15 (Fondo di rotazione. Finanziamento statale)36

§      Articolo 16 (Cofinanziamento regionale)38

 

 


Schede di lettura

 


Dati identificativi

 

 

Numero del progetto di legge

A.C. 2079

Titolo

Incentivi fiscali per il rientro dei lavoratori in Italia

Iniziativa

On. Letta ed altri

Iter al Senato

No

Numero di articoli

16

Date:

 

presentazione o trasmissione alla Camera

20 gennaio 2009

assegnazione

23 settembre 2009

Commissione competente

VI (Finanze)

Sede

Referente

Pareri previsti

I Affari Costituzionali, II Giustizia, III Affari esteri, V Bilancio, VII Cultura, X Attività produttive, XI Lavoro (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento), XII Affari sociali, XIV Politiche dell'Unione europea e della Commissione parlamentare per le questioni regionali

 


 

Articolo 1
(Finalità. Durata degli incentivi fiscali)

 


1. La presente legge intende contribuire allo sviluppo del Paese me­diante la valorizzazione delle esperienze umane, culturali e professionali maturate da cittadini comunitari che hanno risieduto continuativamente per almeno ventiquat­tro mesi in Italia, che studiano, lavorano o che hanno conseguito una specializ­zazione post lauream all'estero e che decidono di fare rientro in Italia. A tale fine, la presente legge prevede la conces­sione di incentivi fiscali, sotto forma di crediti d'imposta in favore sia di coloro che decidono di rientrare in Italia sia dei datori di lavoro italiani che intendono assumerli, a condizione, in quest'ultimo caso, che essi li impieghino, come lavoratori dipendenti, in una struttura produttiva ubicata nelle aree delle regioni Calabria, Campania, Puglia, Sicilia, Basilicata, Sardegna, Abruzzo o Molise.

2. In aggiunta ai crediti d'imposta di cui al comma 1 la presente legge prevede, al capo IV, ulteriori facilitazioni in favore dei soggetti che intendono fare rientro in Italia nonché dei loro familiari.

3. I benefìci fiscali di cui alla presente legge spettano dalla data di entrata in vigore della medesima legge fino all'eser­cizio finanziario in corso al 31 dicembre 2013. Hanno diritto ai benefìci fiscali di cui alla presente legge anche i cittadini comunitari in possesso dei requisiti di cui all'articolo 3 alla data del 20 gennaio 2009.


 

 

L’articolo 1 dispone che la disciplina contenuta nel provvedimento in esame è finalizzata ad incentivare, attraverso l’introduzione di agevolazioni fiscali sotto forma di credito d’imposta, il rientro in Italia di cittadini comunitari che hanno maturato esperienze all’estero.

Il beneficio, subordinato al possesso di specifici requisiti, è previsto in favore:

§      dei lavoratori che rientrano in Italia per svolgere attività di lavoro dipendente, di lavoro autonomo o d’impresa;

§      dei datori di lavoro - siano essi lavoratori autonomi, imprese individuali o società - che si impegnano ad assumere i cittadini comunitari che lavorano all’estero e ad impiegarli in strutture produttive ubicate nelle regioni Calabria, Campania, Puglia, Sicilia, Basilicata, Sardegna, Abruzzo o Molise (comma 1).

La disciplina concernente il credito d’imposta in favore dei lavoratori è contenuta nel Capo II (articoli da 2 a 4) mentre quella relativa ai datori di lavoro è contenuta nel Capo III (articoli da 5 a 8) del provvedimento in esame.

Le modalità per la richiesta del beneficio nonché le cause di decadenza dallo stesso sono invece disciplinate dagli articoli 12 e 13.

Il Capo IV del provvedimento (articoli da 9 a 11) prevede l’introduzione di alcune semplificazioni di natura procedurale e burocratica al fine di agevolare il rientro dei lavoratori (comma 2).

Il comma 3 stabilisce che il beneficio spetta per il periodo compreso tra la data di entrata in vigore del provvedimento in esame e la fine del periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2013 e che i requisiti richiesti devono essere posseduti alla data del 20 gennaio 2009.

 


 

Articolo 2
(Concessione del credito d'imposta in favore dei lavoratori)

 


1. Alle persone fisiche di cui all'articolo 3, dietro presentazione di apposita domanda, è concesso un credito d'im­posta, stabilito ai sensi dell'articolo 4, utilizzabile esclusivamente in com­pensazione ai sensi del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, a decorrere dal primo giorno successivo a quello di accoglimento della domanda. La com­pensazione può avvenire solo per le imposte dirette e indirette e per i contributi previdenziali dovuti in ragione dell'eser­cizio di attività d'impresa, di lavoro autonomo o di lavoro dipendente così come individuati dagli articoli 49, 53, 55 e 73 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni. Il credito d'imposta non concorre alla formazione del reddito e del valore della produzione ai fini dell'imposta regionale sulle attività produttive e non rileva ai fini del rapporto previsto dagli articoli 61 e 109, comma 5, del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, e successive modificazioni.

2. Il credito d'imposta di cui al comma 1 del presente articolo è riconosciuto nel rispetto dei limiti fissati dal regolamento (CE) n. 1998/2006 della Commissione, del 15 dicembre 2006, relativo all'applica­zione degli articoli 87 e 88 del trattato agli aiuti d'importanza minore (de minimis). Si applicano comunque le deroghe previste nella comunicazione della Commissione europea 2009/C 16/01, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea C16/1 del 22 gennaio 2009, in conformità a quanto disposto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 giugno 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 131 del 9 giugno 2009.


 

 

Il Capo II (articoli da 2 a 4) reca la disciplina concernente gli incentivi fiscali in favore dei lavoratori che rientrano in Italia.

 

L’articolo 2 disciplina le modalità di utilizzo del beneficio fiscale spettante ai lavoratori che posseggono i requisiti indicati nel successivo articolo 3.

Il beneficio è concesso, ai sensi del comma 1, dietro presentazione di apposita domanda (disciplinata dall’articolo 12) nella misura stabilita ai sensi dell’articolo 4.

Il credito d’imposta può essere utilizzato esclusivamente in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo n. 241/1997, ossia può essere portato in deduzione dai pagamenti di tributi e contributi da versare mediante il modello F24. In particolare, la compensazione è ammessa nei pagamenti delle imposte dirette, delle imposte indirette nonché dei contributi previdenziali dovuti in ragione dell’esercizio dell’attività di lavoro autonomo, d’impresa o di lavoro dipendente, “come individuati dagli articoli 19, 53, 55 e 73” del D.P.R. n. 917/1986 (TUIR).

Il Titolo I (Imposta sul reddito delle persone fisiche - IRPEF) del D.P.R. n. 917 del 1986 (Testo Unico delle Imposte sui Redditi – TUIR) reca la disciplina fiscale concernente i redditi di lavoro dipendente (articolo 49), i redditi di lavoro autonomo (articolo 53) e i redditi d’impresa (articolo 55). Il Titolo II (Imposta sul reddito delle società – IRES) reca all’articolo 73 la individuazione dei soggetti passivi IRES.

Non appare chiaro il rinvio, contenuto nel comma in esame, all’articolo 73 del TUIR tenuto conto che il beneficio in commento è previsto in favore dei lavoratori (persone fisiche), mentre l’articolo 73 del TUIR individua i soggetti passivi dell’Imposta sul reddito delle società (IRES). La norma, riferendosi alle “persone fisiche di cui all’articolo 3”, che “decidono di esercitare un’attività d’impresa” concerne infatti, anche in tale fattispecie, i soggetti IRPEF che avviano un’attività individuale. Qualora invece, in tale ultimo caso, debba ipotizzarsi l’applicabilità del regime IRES, la formulazione recata dall’articolo 3 andrebbe opportunamente modificata.

Viene, infine, precisato che il credito d’imposta non concorre alla formazione della base imponibile ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP e non rileva ai fini della determinazione della quota di indeducibilità degli interessi passivi.

 

Ai sensi del comma 2 il beneficio è riconosciuto nel rispetto dei limiti degli aiuti di minima entità stabiliti dalla normativa europea (c.d. de minimis) e pertanto non è soggetto all’obbligo di notifica e all’autorizzazione comunitaria.

In proposito, si ricorda che il Regolamento (CE) n. 1998/2006 sugli aiuti “de minimis”, approvato per il periodo 2007-2013, ha fissato il limite di aiuti triennali a 200.000 euro per ciascun beneficiario e che tale limite è stato elevato, in presenza di specifiche condizioni, a 500.000 euro con riferimento al triennio 2008-2010. Tale ultimo incremento è contenuto nella comunicazione della Commissione europea 2009/C 16/01 ed è stato recepito in Italia con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 giugno 2009.

 


 

Articolo 3
(Caratteristiche dei lavoratori beneficiari)

 


1. Hanno diritto alla concessione del credito d'imposta di cui all'articolo 2:

a) i cittadini comunitari dalla nascita, nati in uno degli Stati membri dell'Unione europea dopo il 1° gennaio 1969, che hanno risieduto continuativamente per almeno ventiquattro mesi in Italia e che sono residenti continuativamente all'este­ro da più di ventiquattro mesi, i quali vengono assunti o decidono di esercitare un'attività d'impresa o di lavoro autonomo in Italia e trasferiscono la propria residenza e il proprio domicilio in Italia entro tre mesi dall'avvio dell'attività;

b) i cittadini comunitari dalla nascita, nati in uno degli Stati membri dell'Unione europea dopo il 1° gennaio 1969, che hanno risieduto continuativamente per almeno ventiquattro mesi in Italia e che sebbene residenti nel loro Paese d'origine hanno avuto continuativamente un con­tratto di lavoro dipendente fuori di tale Paese e dell'Italia negli ultimi ventiquattro mesi o più, i quali vengono assunti o decidono di esercitare un'attività di impresa o di lavoro autonomo in Italia e trasferiscono il proprio domicilio, confermando la residenza, in Italia entro tre mesi dall'assunzione o dall'avvio dell'attività;

c) i cittadini comunitari dalla nascita, nati in uno degli Stati membri dell'Unione europea dopo il 1° gennaio 1969, che hanno risieduto continuativamente per almeno ventiquattro mesi in Italia e che sebbene residenti nel loro Paese d'origine hanno svolto continuativamente un'attività di studio fuori di tale Paese e dell'Italia negli ultimi ventiquattro mesi o più, i quali vengono assunti o decidono di esercitare un'attività di impresa o di lavoro autonomi in Italia e trasferiscono il proprio domicilio, confermando la residenza, in Italia entro tre mesi dall'assunzione o dall'avvio dell'attività.


 

 

L’articolo 3 individua i requisiti che devono essere posseduti dai lavoratori per il diritto alla concessione del credito d’imposta indicato all’articolo 2.

In primo luogo, per tutti i soggetti, è necessario:

§      che siano nati dopo il 1° gennaio 1969 in uno degli Stati membri dell’Unione europea e che siano cittadini comunitari dalla nascita;

§      che siano stati residenti in Italia in via continuativa per almeno 24 mesi.

In secondo luogo, i cittadini in possesso dei predetti requisiti possono presentare la richiesta qualora si verifichino le seguenti condizioni:

1)      sono residenti all’estero, in via continuativa da più di 24 mesi, e vengono assunti in Italia ovvero decidono di esercitare un’attività di impresa o di lavoro autonomo in Italia; a tal fine si impegnano a trasferire la residenza e il domicilio in Italia entro tre mesi dall’avvio dell’attività (lettera a) del comma 1);

2)      sono residenti nel Paese di origine, hanno avuto un contratto di lavoro dipendente (lettera b) del comma 1) ovvero hanno svolto un’attività di studio (lettera c) del comma 1), per un periodo continuativo di almeno 24 mesi, in uno Stato estero diverso da quello di origine e dall’Italia e vengono assunti in Italia ovvero si impegnano ad esercitare un’attività di impresa o di lavoro autonomo in Italia; a tal fine si impegnano a trasferire il domicilio, confermando la residenza, in Italia entro tre mesi dall’assunzione o dall’avvio dell’attività (lettere b) e c) del comma 1).

 


 

Articolo 4
(Caratteristiche del credito d'imposta per i lavoratori)

 


1. Il credito d'imposta in favore dei soggetti di cui all'articolo 3 che decidono di esercitare un'attività di impresa o di lavoro autonomi in Italia è formato da due componenti:

a) una componente fissa, pari a 25.000 euro per ciascun anno per tre anni, elevata a 50.000 euro per ciascun anno per tre anni in favore di coloro che investono in una struttura produttiva ubicata nelle aree delle regioni Calabria, Campania, Puglia, Sicilia, Basilicata, Sardegna, Abruzzo o Molise;

b) una componente variabile, pari al 40 per cento delle spese d'investimento in beni materiali e immateriali effettuate dal soggetto beneficiario nel territorio italiano nel corso dei tre anni di cui alla lettera a), elevata al 60 per cento per le spese effettuate da imprenditrici o da lavoratrici autonome persone fisiche o da coloro che investono in una struttura produttiva ubicata nelle aree delle regioni Calabria, Campania, Puglia, Sicilia, Basilicata, Sardegna, Abruzzo o Molise. Qualora a investire in una struttura produttiva ubicata nelle aree delle regioni Calabria, Campania, Puglia, Sicilia, Basilicata, Sardegna, Abruzzo o Molise sia un'im­prenditrice o una lavoratrice autonoma persona fisica, la componente variabile è elevata all'80 per cento delle spese d'investimento in beni materiali e immateriali effettuate in tale struttura.

2. Il credito d'imposta in favore dei soggetti di cui all'articolo 3 che vengono assunti in Italia è pari a 25.000 euro per ciascun anno per tre anni, elevato a 50.000 euro per ciascun anno per tre anni in favore dei lavoratori dipendenti destinati a una struttura produttiva ubicata nelle aree delle regioni Calabria, Campania, Puglia, Sicilia, Basilicata, Sardegna, Abruzzo o Molise.

3. Il credito d'imposta deve essere indicato, a pena di decadenza, nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta per il quale è concesso.


 

 

L’articolo 4 stabilisce la misura del credito d’imposta in favore dei lavoratori che rientrano in Italia distinguendo coloro che avviano attività di lavoro autonomo o d’impresa (comma 1) da quelli che vengono assunti come lavoratori dipendenti (comma 2).

 

Ai sensi del comma 1 alle persone fisiche che decidono di esercitare un’attività d’impresa o di lavoro autonomo in Italia e che siano in possesso dei requisiti indicati nell’articolo 3 spetta un credito d’imposta formato da due componenti:

a)   una componente fissa, fissata nella misura annua di 25.000 euro per un periodo di tre anni. L’ammontare del beneficio è elevato a 50.000 euro annui se i lavoratori investono in una struttura produttiva ubicata nelle aree delle regioni Calabria, Campania, Puglia, Sicilia, Basilicata, Sardegna, Abruzzo o Molise;

b)   una componente variabile, rapportata all’ammontare delle spese di investimento in beni materiali e immateriali effettuate nel medesimo triennio cui è riferita la componente fissa indicata nella lettera a). La misura della componente variabile, fissata al 40% delle predette spese di investimento, è elevata al 60% se il beneficiario è una imprenditrice o lavoratrice autonoma ovvero se l’investimento è effettuata in una delle regioni indicate nel punto sub a) ed è elevata all’80% se, contestualmente, il beneficiario è una donna che investe nelle regioni richiamate.

 

Il comma 2 stabilisce che il credito d’imposta in favore dei lavoratori dipendenti assunti in Italia è pari a 25.000 euro annui per un triennio e che tale misura è elevata a 50.000 euro annui per il triennio se i soggetti sono destinati a strutture produttive ubicate nelle regioni Calabria, Campania, Puglia, Sicilia, Basilicata, Sardegna, Abruzzo o Molise.

 

Il credito d’imposta deve essere indicato, a pena di decadenza, nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta per il quale è concesso (comma 3).

Per quanto concerne il credito d’imposta disposto in favore dei lavoratori dipendenti, andrebbero forniti alcuni chiarimenti in merito alle modalità applicative della disciplina. In primo luogo, andrebbe precisato se il beneficio del credito d’imposta possa essere computato dal datore di lavoro che, in qualità di sostituto d’imposta, opera le trattenute fiscali e contributive dagli emolumenti corrisposti al dipendente. In secondo luogo, in merito all’obbligo di indicazione del beneficio nella dichiarazione dei redditi, andrebbe precisato se, per i lavoratori che realizzano solo lavoro dipendente e pertanto sono esonerati dall’adempimento dichiarativo, è sufficiente l’eventuale indicazione nel Certificato Unico Dipendente (CUD) rilasciato dal datore di lavoro.

 


 

Articolo 5
(Concessione del credito d'imposta in favore dei datori di lavoro)

 


1. Alle imprese e ai titolari di reddito professionale che incrementano il numero dei lavoratori dipendenti con contratto di lavoro a tempo indeterminato assumendo i lavoratori di cui all'articolo 6 e destinandoli a una struttura produttiva ubicata nelle aree delle regioni Calabria, Campania, Puglia, Sicilia, Basilicata, Sardegna, Abruzzo o Molise, è concesso un credito d'imposta, determinato ai sensi dell'articolo 7. Sono esclusi dal diritto alla concessione del credito d'imposta di cui al presente comma i soggetti previsti dall'articolo 74 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni.

2. Il credito d'imposta previsto dal comma 1 del presente articolo non è cumulabile con altri benefìci fiscali, even­tualmente concessi, aventi ad oggetto il medesimo lavoratore assunto. Il mede­simo credito d'imposta è riconosciuto nei limiti del regolamento (CE) n. 1998/2006 della Commissione, del 15 dicembre 2006, relativo all'applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato agli aiuti d'importanza minore (de minimis). Si applicano comunque le deroghe previste nella co­municazione della Commissione europea 2009/C 16/01, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea C16/1 del 22 gennaio 2009, in conformità a quanto disposto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 giugno 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 131 del 9 giugno 2009.


 

 

Il Capo III (articoli da 5 a 8) reca la disciplina del credito d’imposta in favore dei datori di lavoro che effettuano nuove assunzioni per strutture produttive ubicate nelle regioni Calabria, Campania, Puglia, Sicilia, Basilicata, Sardegna, Abruzzo o Molise.

 

Il comma 1 dell’articolo 5 stabilisce che il credito d’imposta spetta alle imprese e ai titolari di reddito professionale che incrementano il numero dei lavoratori dipendenti assumendo lavoratori che rientrano dall’estero.

L’ambito soggettivo interessa tutti i datori di lavoro, siano essi persone fisiche o persone giuridiche, che destinano i nuovi lavoratori in strutture situate nelle regioni italiane sopra indicate. Sono esclusi dall’ambito soggettivo lo Stato e le altre amministrazioni pubbliche espressamente escluse dalla soggettività passiva IRES ai sensi dell’articolo 74 del TUIR.

Il diritto al credito d’imposta è subordinato all’assunzione con contratto di lavoro a tempo indeterminato di un lavoratore in possesso dei requisiti indicati all’articolo 6.

 

Ai sensi del comma 2 credito d’imposta non è cumulabile con altri benefici fiscali concessi in relazione al medesimo lavoratore assunto.

Il beneficio, inoltre, è riconosciuto nel rispetto dei limiti degli aiuti di minima entità stabiliti dalla normativa europea (c.d. de minimis) e pertanto non è soggetto all’obbligo di notifica e all’autorizzazione comunitaria.

In proposito, si ricorda che il Regolamento (CE) n. 1998/2006 sugli aiuti “de minimis”, approvato per il periodo 2007-2013, ha fissato il limite di aiuti triennali a 200.000 euro per ciascun beneficiario e che tale limite è stato elevato a 500.000 euro con riferimento al triennio 2008-2010. Tale ultimo incremento è contenuto nella comunicazione della Commissione europea 2009/C 16/01 ed è stato recepito in Italia con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 giugno 2009.

 


 

Articolo 6
(Condizioni per il beneficio in favore dei datori di lavoro)

 


1. Hanno diritto alla concessione del credito d'imposta di cui all'articolo 5 i datori di lavoro che assumono:

a) cittadini comunitari dalla nascita, nati in uno dei Paesi dell'Unione europea dopo il 1° gennaio 1969, che hanno risieduto continuativamente per almeno ventiquattro mesi in Italia e che sono residenti continuativamente all'estero da più di ventiquattro mesi, fermo restando l'obbligo di trasferire la propria residenza e il proprio domicilio in una delle aree delle regioni Calabria, Campania, Puglia, Sicilia, Basilicata, Sardegna, Abruzzo o Molise entro tre mesi dalla data di assunzione;

b) i cittadini comunitari dalla nascita, nati in uno dei Paesi dell'Unione europea dopo il 1° gennaio 1969, che hanno risieduto continuativamente per almeno ventiquattro mesi in Italia e che, sebbene residenti nel loro Paese d'origine, hanno avuto continuativamente un contratto di lavoro dipendente fuori da tale Paese e dall'Italia negli ultimi ventiquattro mesi o più, fermo restando l'obbligo di trasferire il proprio domicilio in una delle aree delle regioni Calabria, Campania, Puglia, Sicilia, Basilicata, Sardegna, Abruzzo o Molise entro tre mesi dalla data di assunzione;

c) i cittadini comunitari dalla nascita, nati in uno dei Paesi dell'Unione europea dopo il 1° gennaio 1969, che, sebbene residenti fuori dal loro Paese d'origine, hanno svolto continuativamente un'attività di studio fuori da tale Paese e dall'Italia negli ultimi ventiquattro mesi o più, fermo restando l'obbligo di trasferire il proprio domicilio in una delle aree delle regioni Calabria, Campania, Puglia, Sicilia, Basilicata, Sardegna, Abruzzo o Molise, entro tre mesi dalla data di assunzione

2. Ai fini della concessione del credito d'imposta i soci lavoratori di società cooperative sono equiparati ai lavoratori dipendenti.


 

 

L’articolo 6 stabilisce i requisiti che i lavoratori assunti debbono possedere affinché il datore di lavoro possa usufruire del credito d’imposta.

 

In particolare, ai sensi del comma 1, hanno diritto all’agevolazione fiscale i datori di lavoro che assumono lavoratori nati, dopo il 1° gennaio 1969, in uno dei Paesi dell’Unione europea e che risultino:

1)      residenti all’estero in via continuativa da più di 24 mesi, che abbiano risieduto continuamente in Italia per almeno 24 mesi e che e si impegnano a trasferire, entro tre mesi dalla data di assunzione, la residenza e il domicilio in una delle seguenti regioni: Calabria, Campania, Puglia, Sicilia, Basilicata, Sardegna, Abruzzo o Molise;

2)      residenti nel loro Paese di origine, che abbiano risieduto continuamente per almeno 24 mesi in Italia, che hanno avuto continuamente un contratto di lavoro dipendente fuori dal Paese di origine e dall’Italia negli ultimi ventiquattro mesi o più e che si impegnano a trasferire, entro tre mesi dalla data di assunzione, il proprio domicilio in una delle seguenti regioni: Calabria, Campania, Puglia, Sicilia, Basilicata, Sardegna, Abruzzo o Molise;

3)      residenti fuori dal loro Paese di origine, che abbiano svolto continuativamente un’attività di studio fuori da tale Paese e dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più e che si impegnano a trasferire, entro tre mesi dalla data di assunzione, il proprio domicilio in una delle seguenti regioni: Calabria, Campania, Puglia, Sicilia, Basilicata, Sardegna, Abruzzo o Molise.

In altre parole, se i lavoratori posseggono le caratteristiche sopra indicate, l’assunzione comporta l’applicazione:

§      del beneficio in favore dei lavoratori che rientrano in Italia, di cui al Capo II, indipendentemente dalla regione nella quale gli stessi andranno ad operare;

§      del beneficio in favore del datore di lavoro, solo se i lavoratori sono impiegati nelle regioni Calabria, Campania, Puglia, Sicilia, Basilicata, Sardegna, Abruzzo o Molise.

 

Il comma 2 stabilisce che, ai fini della concessione del credito d’imposta, i soci lavoratori delle società cooperative sono equiparati ai lavoratori dipendenti.

 


 

Articolo 7
(Caratteristiche del credito d'imposta in favore dei datori di lavoro)

 


1. Il credito d'imposta è pari a 500 euro mensili per ciascun lavoratore assunto stabilmente in Italia e spetta, per tre anni, per ogni unità lavorativa risultante dalla differenza tra il numero dei lavoratori con contratto di lavoro a tempo indeterminato rilevato in ciascun mese e il numero dei lavoratori con contratto a tempo indeter­minato mediamente occupati nel periodo d'imposta immediatamente precedente a quello di concessione del primo credito d'imposta. Per le assunzioni di dipendenti con contratti di lavoro a tempo parziale, il credito d'imposta spetta in misura pro­porzionale alle ore di lavoro prestate rispetto a quelle previste dal contratto collettivo nazionale di lavoro.

2. Il credito d'imposta e il codice fiscale dei lavoratori assunti ai sensi dell'articolo 6, unitamente agli altri elementi richiesti con provvedimento del direttore dell'Agen­zia delle entrate, sono indicati, a pena di decadenza dal beneficio, nella dichia­razione dei redditi relativa al periodo d'imposta per il quale è concesso il medesimo credito. Il credito d'imposta è utilizzabile esclusivamente in compen­sazione ai sensi del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, a decorrere dal primo giorno successivo a quello di accogli­mento dell'istanza. Esso non concorre alla formazione del reddito e del valore della produzione ai fini dell'imposta regionale sulle attività produttive e non rileva ai fini del rapporto previsto dagli articoli 61 e 109, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni.

3. L'incremento della base occupa­zionale deve essere calcolato al netto delle diminuzioni occupazionali verificatesi in società controllate o collegate ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile o facenti capo, anche per interposta per­sona, allo stesso soggetto. Nel caso di società collegate, il decremento oc­cupazionale deve essere calcolato in proporzione alla quota di capitale detenuta.


 

 

L’articolo 7 disciplina le modalità e la misura del credito d’imposta previsto in favore dei datori di lavoro.

 

Ai sensi del comma 1 il beneficio spetta in misura pari a 500 euro mensili per un periodo di tre anni per ciascun lavoratore assunto solo se l’assunzione determina un reale incremento del numero dei dipendenti in essere. A tal fine, con cadenza mensile, il datore di lavoro deve verificare che il numero dei dipendenti con contratto di lavoro a tempo indeterminato in essere è superiore a quello medio rilevato con riferimento al periodo d’imposta precedente a quello di concessione del primo credito d’imposta.

In caso di assunzione di lavoratori con contratto a tempo parziale, la misura del credito d’imposta deve essere rideterminata in misura proporzionale alle ore lavorate.

 

Il comma 2 subordina l’agevolazione all’indicazione - nella dichiarazione dei redditi - dei dati e degli elementi richiesti per il diritto al beneficio, tra i quali il codice fiscale del lavoratore e l’ammontare del credito d’imposta.

Il credito d’imposta può essere utilizzato esclusivamente in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo n. 241/1997, ossia può essere portato in deduzione dai pagamenti di tributi e contributi da versare mediante il modello F24, a decorrere dal primo giorno successivo a quello di accoglimento dell’istanza (in proposito si rinvia alla scheda relativa all’articolo 12).

Esso, inoltre, non concorre alla formazione della base imponibile ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP e non rileva ai fini della determinazione della quota di indeducibilità degli interessi passivi.

 

Il comma 3 disciplina la determinazione dell’incremento occupazionale in presenza di società controllate o collegate ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile.

Ai sensi dell’articolo 2359 Cod.civ. sono considerate società controllate:

1)       le società in cui un'altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria;

2)       le società in cui un'altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un'influenza dominante nell'assemblea ordinaria;

3)       le società che sono sotto influenza dominante di un'altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa.

Ai fini dell'applicazione dei sopraindicati numeri 1) e 2) si computano anche i voti spettanti a società controllate, a società fiduciarie e a persona interposta: non si computano i voti spettanti per conto di terzi.

Sono considerate collegate le società sulle quali un'altra società esercita un'influenza notevole. L'influenza si presume quando nell'assemblea ordinaria può essere esercitato almeno un quinto dei voti ovvero un decimo se la società ha azioni quotate in mercati regolamentati.

 

In particolare, si dispone che nelle suddette ipotesi rileva il decremento occupazionale registrato nelle società collegate, controllante nonché in quelle che fanno capo, anche per interposta persona, allo stesso soggetto.

Nel caso di società collegate, la riduzione del numero dei dipendenti deve essere determinata in proporzione alla quota di capitale detenuta,

La norma sembrerebbe avere finalità antielusive dirette ad evitare che alcuni lavoratori dipendenti siano trasferiti da una società ad un’altra al solo scopo di ottenere un beneficio fiscale a favore del nuovo datore di lavoro.

 


 

Articolo 8
(Condizioni per la concessione del credito d'imposta)

 


1. Il credito d'imposta di cui al presente capo spetta a condizione che:

a) siano rispettate le prescrizioni dei contratti collettivi di lavoro nazionali, anche con riferimento alle unità lavorative che non danno diritto al credito d'imposta;

b) siano rispettate le norme in materia di salute e di sicurezza dei lavoratori previste dalle disposizioni vigenti;

c) il datore di lavoro non abbia ridotto la base occupazionale nel periodo d'imposta immediatamente precedente a quello di concessione del primo credito d'imposta di cui al presente capo per motivi diversi da quelli del collocamento a riposo;

d) non siano stati ottenuti e utilizzati altri incentivi aventi ad oggetto i medesimi lavoratori assunti.


 

 

L’articolo 8 reca disposizioni dirette a garantire che il beneficio sia fruito dai datori di lavoro in regola con la normativa vigente in materia di sicurezza sul lavoro e di contrattazione collettiva.

 

Attualmente la disciplina-quadro in materia di sicurezza e salute sui luoghi di lavoro è contenuta nel D.Lgs. 81/2008, il quale ha abrogato contestualmente il D.Lgs. 626/1994. Nel D.Lgs. 81 sono rifluite anche norme contenute in provvedimenti riferiti a rischi connessi a particolari lavorazioni, adottati in attuazione di specifiche direttive comunitarie. Tale provvedimento, pur non assumendo formalmente la natura di “testo unico”, in sostanza ha operato il riassetto e la riforma della disciplina vigente in materia.

Per quanto concerne gli elementi di maggiore novità, il provvedimento ha in primo luogo introdotto un sistema di prevenzione e sicurezza a livello aziendale basato sulla partecipazione attiva di una serie di soggetti interessati alla realizzazione di un ambiente di lavoro idoneo a garantire la salute e la protezione dei lavoratori.

Altre importanti misure riguardano:

-        il monitoraggio dei rischi e l’attuazione di azioni volte alla loro riduzione;

-        gli interventi sugli impianti, sui metodi di lavorazione, sulle materie prime o comunque sulle materie da lavorare;

-        la protezione individuale o collettiva dei lavoratori;

-        le procedure di informazione, formazione, consultazione e partecipazione dei lavoratori alla gestione della sicurezza;

-        l’apparato sanzionatorio, con la rimodulazione degli obblighi (e delle conseguenti sanzioni, in caso di violazioni) dei diversi soggetti del sistema aziendale, sulla base delle responsabilità e dell’effettività dei compiti rispettivamente svolti.

Successivamente, in seguito ad alcune segnalazioni di criticità emerse nei primi mesi di applicazione del D.Lgs. 81/2008, è stato emanato il D.Lgs. 106/2009, correttivo del D.Lgs. 81.

Tra le nuove disposizioni introdotte dallo schema, si segnalano, in particolare:

-        la modifica della disciplina relativa all’appalto;

-        una complessiva riforma dell’apparato sanzionatorio;

-        la modifica delle disposizioni concernenti la sospensione dell’attività imprenditoriale in seguito a violazioni nell’impiego di personale;

-        il potenziamento del ruolo degli organismi paritetici.

 

In particolare, il diritto al credito d’imposta è subordinato alla presenza delle seguenti condizioni:

a)   rispetto dei contratti collettivi di lavoro nazionali, con riferimento a tutti i lavoratori dipendenti ivi inclusi quelli per i quali non spetta il beneficio in commento;

b)   rispetto delle norme in materia di salute e di sicurezza sul lavoro;

c)   non sia stata effettuata, nel periodo d’imposta precedente quello di concessione del primo credito d’imposta, alcuna riduzione del personale, diversa da quella dovuti a motivi di pensionamento;

d)   non siano stati ottenuti e utilizzati altri incentivi concernenti i medesimi lavoratori assunti.


 

Articolo 9
(Gestione delle procedure burocratiche per il rientro in Italia).

 


1. Le pratiche e gli adempimenti necessari a perfezionare il rientro in Italia delle persone fisiche cui si applica la presente legge sono curate dalle sedi consolari italiane all'estero, anche d'intesa con la società Italia Lavoro Spa. Alle persone fisiche che rientrano in Italia è garantita, in quanto applicabile, l'attesta­zione delle proprie competenze e dei titoli acquisiti all'estero, attraverso il rilascio della documentazione «Europass», di cui alla decisione 2241/2004/CE del Parla­mento europeo e del Consiglio, del 15 dicembre 2004.

2. Il Ministro degli affari esteri, di concerto con i Ministri del lavoro, della salute e delle politiche sociali e dell'eco­nomia e delle finanze, entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, emana un apposito decreto per la definizione delle funzioni e dei ruoli dei soggetti coinvolti nelle procedure di cui al comma 1.


 

 

L’articolo 9 concerne le procedure e gli adempimenti burocratici per dare esecuzione al rientro dei soggetti destinatari del provvedimento in esame.

A tale scopo, il comma 1 precisa che le pratiche burocratiche necessarie saranno curate dai Consolati italiani all’estero, anche d’intesa con la Società Italia lavoro S.p.A.

La società Italia Lavoro S.p.A. è sorta nel 1997 (in base alla direttiva del Presidente del Consiglio del 13 maggio 1997), ai fini dell'esercizio di alcune tipologie di attività dell'ITAINVEST (quest'ultima - ex GEPI - è poi confluita nella società Sviluppo Italia[1]), con il trasferimento delle relative competenze nelle politiche attive del lavoro ed il conferimento di una serie di partecipazioni societarie.

Con la direttiva del 20 luglio 2000 il Ministro del lavoro ha definito gli ambiti di intervento in cui Italia Lavoro deve operare nel breve-medio periodo, sulla base di un piano generale di attività da sottoporre all'approvazione del Ministero stesso.

In particolare, la società opera per la promozione, la progettazione, la realizzazione e la gestione di attività ed interventi finalizzati allo sviluppo dell'occupazione sull'intero territorio nazionale, con particolare riguardo alle aree territoriali depresse ed ai soggetti svantaggiati del mercato del lavoro.

Successivamente, l'articolo 30 della legge finanziaria per il 2002 (L. 448 del 2001) ha previsto che il Ministero del lavoro si avvalga di Italia Lavoro S.p.A. per la promozione e la gestione di interventi nel campo delle politiche attive del lavoro e dell'assistenza tecnica ai servizi per l'impiego. A tali fini, il medesimo Ministero assegna direttamente alla società, con provvedimento amministrativo, funzioni, servizi e risorse.

L’articolo 7-terdecies del D.L. 31 gennaio 2005, n. 7[2], ha disposto che il Ministero del lavoro, nell’esercizio delle proprie funzioni in materia di politiche del lavoro, dell’occupazione, della tutela dei lavoratori e delle competenze in materia di politiche sociali e previdenziali, si avvalga di Italia lavoro S.p.A. previa stipula di apposita convenzione. E’ stato inoltre previsto che anche altre amministrazioni centrali dello Stato possano avvalersi di Italia Lavoro S.p.A., d’intesa con il Ministero del lavoro, per la promozione e la gestione delle attività riconducibili agli ambiti individuati in precedenza, nel rispetto della convenzione di cui sopra. Lo stesso articolo, infine, dispone che il Ministero del lavoro assegna a Italia Lavoro S.p.A. 10 milioni di euro annui per il triennio 2005-2007 quale contributo agli oneri di funzionamento ed ai costi generali di struttura.

Successivamente, l’articolo 19, comma 16, del D.L. 185/2008, ha attribuito per il 2009 a Italia Lavoro S.p.A. 13 milioni di euro come contributo per gli oneri di funzionamento e per i costi generali di struttura.

Infine, l’articolo 2, comma 147, della legge finanziaria per il 2010 (L. 191/2009) ha disposto che la gestione delle misure sperimentali per l’inserimento lavorativo di persone svantaggiate, previste dai precedenti commi 145 e 146, sia affidata a Italia Lavoro S.p.A..

 

Ai rientranti in Italia si garantisce in quanto applicabile l’attestazione delle competenze professionali e dei titoli di studio eventualmente acquisiti all’estero, mediante rilascio di documentazione “Europass”, ai sensi della decisione 2241/2004/CE.

 

La Decisione n. 2241/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 dicembre 2004, al fine di favorire la libera circolazione dei cittadini mediante la realizzazione di un quadro comunitario unico per l’attestazione delle qualifiche e delle competenze, ha previsto l’istituzione di una raccolta personale e coordinata di documenti, denominata Europass, che i cittadini possono utilizzare su base volontaria per meglio comunicare e presentare i dati sulla propria formazione.

 La Decisione prevede, inoltre, che gli Stati membri, responsabili dell’attuazione del sistema Europass, designino un Centro Nazionale Europass (CNE)[3], quest’ultimo è inserito in una rete europea le cui attività sono coordinate dalla Commissione.

I documenti che, ai sensi della direttiva citata, fanno parte del pacchetto Europass sono l´Europass Curriculum Vitae[4]; l´Europass Passaporto delle Lingue[5]; il Supplemento al Diploma[6]; il Supplemento al Certificato[7]; l´Europass-mobilità[8], utile in caso di esperienze di studio all'estero.

 

In base al comma 2, nel termine di due mesi successivi all’entrata in vigore della presente legge e di concerto con i Ministri del lavoro, della salute e politiche sociali e dell’economia e finanze, il Ministro degli Affari esteri emana uno specifico decreto allo scopo di definire funzioni e ruoli relativi all’attuazione del precedente comma 1.

 


 

Articolo 10
(Corsi gratuiti di lingua italiana)

 

1. Il Ministero degli affari esteri, anche per il tramite della rete di ambasciate e consolati italiani all'estero, di concerto con il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, cura l'organizzazione di corsi di lingua italiana destinati ai lavoratori che rientrano in Italia e ai loro familiari conviventi che ne facciano espressa richiesta.

 

 

L’articolo 10, unico comma, riguarda i corsi gratuiti di lingua italiana - a favore dei lavoratori rientranti in Italia e dei loro familiari conviventi che ne facciano espressamente richiesta -, dei quali il Ministero degli Affari esteri cura l’organizzazione, avvalendosi anche della rete diplomatico-consolare all’estero, e di concerto con il Ministero del lavoro, salute e politiche sociali.

 

Si ricorda che i corsi di lingua italiana all’estero vengono organizzati, oltre che dalla Società Dante Alighieri – che riceve contributi annuali dal Ministero degli Affari esteri ai sensi della legge 448/2001 (legge finanziaria 2002), art. 32 – dagli Istituti italiani di cultura all’estero, i quali, in base al relativo Regolamento sull’organizzazione, il funzionamento e la gestione finanziaria e patrimoniale (D.M. 27 aprile 1995, n. 392), possono organizzare e gestire corsi di lingua italiana nel territorio di pertinenza, incluse le istituzioni universitarie ivi presenti. In rapporto alle condizioni locali, i corsi possono essere gestiti direttamente, ovvero affidati ad altra istituzione, sempre con il controllo didattico dell’Istituto italiano di cultura territorialmente competente. Si ricorda che in base all’art. 2 del DPR 18/1967, recante ordinamento dell'Amministrazione degli Affari esteri, gli Istituti italiani di cultura all’estero sono a tutti gli effetti un’articolazione periferica (”uffici all’estero”) dell’Amministrazione, al pari delle Ambasciate e dei Consolati.

 


 

Articolo 11
(Tutela dei diritti acquisiti)

 


1. Ai cittadini comunitari di cui all'articolo 3, comma 1, lettere a) e b), sono riconosciuti i medesimi diritti assistenziali e previdenziali previsti, al momento del rientro, dall'ordinamento del Paese estero che lasciano per fare rientro in Italia.

2. Gli istituti di previdenza, pubblici e privati, cui i cittadini comunitari di cui all'articolo 3, comma 1, lettere a) e b), sono tenuti a iscriversi dopo il loro rientro in Italia, devono consentire a questi ultimi, senza oneri, la totalizzazione dei contributi versati a forme di previdenza estere con quelli della previdenza nazionale.

3. L'attuazione delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2 è subordinata alla stipula di appositi accordi tra il Governo italiano e i Governi dei Paesi esteri interessati. In conformità a quanto disposto da tali accordi gli istituti di previdenza, pubblici e privati, di cui al comma 2 provvedono ad adottare specifiche norme regolamentari ai fini dell'attuazione del presente articolo.


 

 

L’articolo 11 reca disposizioni in materia previdenziale.

 

In particolare, ai sensi del comma 1 vengono riconosciuti, ai cittadini comunitari di cui all'articolo 3, comma 1, lettere a) e b) (vedi supra), i medesimi diritti assistenziali e previdenziali previsti, al momento del rientro in Italia, dall'ordinamento del Paese estero di provenienza.

 

Il successivo comma 2 riconosce, agli stessi soggetti indicati in precedenza, il diritto alla totalizzazione dei contributi versati a forme di previdenza estere con quelli della previdenza nazionale. La totalizzazione viene effettuata dagli istituti di previdenza, pubblici e privati, ai quali i cittadini comunitari hanno l’obbligo di iscriversi dopo il rientro in Italia.

 

La disciplina concernente la totalizzazione dei periodi assicurativi e previdenziali lavorati in Paesi al di fuori dell’Unione europea è rimessa agli specifici accordi bilaterali di sicurezza sociale in materia.

Si ricorda, inoltre, che la normativa in materia di totalizzazione nell’ambito dell’Unione europea (valevole anche per la Svizzera) è contenuta nel Regolamento (CEE) 29 aprile 2004, n. 883/2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, che ha contestualmente abrogato (articolo 90) il Regolamento (CEE) n. 1408/71, relativo all'applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano all'interno della Comunità[9].

Con il Regolamento (CE) 16 settembre 2009, n. 987/2009, sono state stabilite le modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 883/2004 relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (Testo rilevante ai fini del SEE e per la Svizzera). Il Regolamento ha contestualmente abrogato il Regolamento (CEE) 21 marzo 1972, n. 574/72, che stabiliva le modalità di applicazione del regolamento (CEE) n. 1408/71.

 

L'attuazione delle disposizioni di cui ai commi precedenti è subordinata alla stipula di appositi accordi tra il Governo italiano e i Governi dei Paesi esteri interessati (comma 3).

In conformità a quanto disposto da tali accordi, gli istituti di previdenza in precedenza richiamati provvedono ad adottare specifiche norme regolamentari ai fini dell'attuazione delle disposizioni in esame.

Al riguardo si segnala l’opportunità di specificare che la subordinazione alla previa stipula di accordi tra il Governo italiano e i Governi dei Paesi esteri riguarda esclusivamente i Paesi extracomunitari.

 


 

Articolo 12
(Modalità di richiesta e di attribuzione dei crediti d'imposta)

 


1. Per fruire dei crediti d'imposta previsti dalla presente legge, i potenziali beneficiari inoltrano, per via telematica, al Centro operativo di Pescara dell'Agenzia delle entrate una domanda contenente gli elementi stabiliti dalla presente legge e secondo le specifiche tecniche definite con provvedimento del direttore dell'Agen­zia stessa.

2. L'Agenzia delle entrate rilascia, per via telematica e con procedura automatiz­zata, certificazione della data e del protocollo di avvenuta presentazione della domanda. Successivamente, esamina le domande dando precedenza, secondo l'ordine cronologico di presentazione, a quelle già presentate negli anni prece­denti non accolte per esaurimento dei fondi stanziati e ripresentate e, solo dopo e sempre secondo l'ordine di presen­tazione, alle altre domande presentate per la prima volta.

3. L'Agenzia delle entrate comunica in via telematica, entro trenta giorni dalla data di presentazione delle domande, il diniego del credito d'imposta per la mancanza di uno degli elementi previsti dalla presente legge, ovvero per l'esau­rimento dei fondi stanziati. Il credito d'imposta si intende concesso decorsi trenta giorni dalla presentazione della domanda e senza comunicazione di diniego da parte della stessa Agenzia delle entrate.

4. Per fruire del credito d'imposta di cui all'articolo 2 i potenziali beneficiari inoltra­no la richiesta prima dell'avvio della nuova attività.

5. I lavoratori di cui all'articolo 3 che hanno ricevuto la comunicazione tele­matica attestante l'accoglimento della domanda inoltrata ai sensi del comma 1 del presente articolo, sono tenuti a inviare all'Agenzia delle entrate, dal 1° gennaio al 31 gennaio di ciascuno dei due esercizi successivi all'accoglimento, una comuni­cazione attestante la permanenza delle caratteristiche soggettive di cui al medesimo articolo 3. Il mancato invio della comunicazione comporta la ces­sazione del diritto a fruire del credito d'imposta a decorrere dall'esercizio al quale essa si riferisce nonché dal credito d'imposta già maturato ed eventualmente non utilizzato.

6. I soggetti non ammessi alla concessione del credito d'imposta per esaurimento dei relativi fondi possono presentare, negli anni successivi, in via telematica, una nuova domanda, che ha priorità su quelle presentate per la prima volta. Le nuove domande sono accolte secondo l'ordine cronologico di presentazione e nei limiti delle risorse del nuovo esercizio e di quelle divenute disponibili a seguito di rinunce, di deca­denza e di utilizzazione dei crediti già concessi per importi inferiori.

7. Per fruire del credito d'imposta di cui all'articolo 5 i datori di lavoro inoltrano, in via telematica, la domanda contenente gli elementi stabiliti dalla presente legge al Centro operativo di Pescara dell'Agenzia delle entrate, a decorrere dal primo giorno del mese successivo a quello in cui hanno proceduto all'assunzione dei lavoratori di cui all'articolo 6. In caso di ulteriori incrementi occupazionali, il datore di lavoro provvede alla presentazione di successive domande.

8. I datori di lavoro di cui all'articolo 5 che hanno ricevuto la comunicazione telematica attestante l'accoglimento della domanda sono tenuti a inviare all'Agenzia delle entrate, dal 1° gennaio al 31 gennaio di ciascuno dei due esercizi successivi all'accoglimento, una comunicazione attestante la permanenza delle carat­teristiche soggettive di cui all'articolo 6. Con la stessa comunicazione, inoltre, deve essere data indicazione del minore credito d'imposta eventualmente spettante in relazione all'anno precedente ovvero all'anno in corso. La comunicazione costituisce presupposto per fruire della quota di credito, già prenotata, relativa all'anno nel quale la stessa deve essere presentata. Il mancato invio della comuni­cazione comporta la cessazione del diritto a fruire del credito d'imposta a decorrere dall'esercizio al quale essa si riferisce nonché dal credito d'imposta già maturato ed eventualmente non utilizzato.

9. I datori di lavoro di cui all'articolo 5 non ammessi alla concessione del credito d'imposta di cui alla presente legge per esaurimento dei relativi fondi possono presentare negli anni successivi, per via telematica, una nuova domanda, che ha priorità su quelle presentate per la prima volta. In tale caso, l'importo del credito d'imposta richiesto con la nuova domanda può essere al massimo pari a quello richiesto nella domanda originaria. Le nuove domande sono accolte secondo l'ordine cronologico di presentazione nei limiti delle risorse del nuovo esercizio e di quelle divenute disponibili a seguito di rinunce, di mancato invio della comuni­cazione e di utilizzazione dei crediti già concessi per importi inferiori.

10. Con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, da adottare entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le specifiche tecniche per la trasmissione dei dati e degli elementi stabiliti ai sensi della presente legge.

11. L'Agenzia delle entrate provvede a pubblicare, con cadenza mensile, sul proprio sito internet, il numero delle domande pervenute e di quelle accolte, il nominativo dei beneficiari, l'ammontare totale dei crediti d'imposta concessi e quello delle risorse finanziarie residue nonché i dati delle eventuali revoche, rinunce o decadenze, per ogni specifico credito d'imposta riconosciuto ai sensi della presente legge.

12. La data dell'accertato esaurimento dei fondi disponibili per la concessione dei crediti d'imposta previsti dalla presente legge è tempestivamente comunicata con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate da pubblicare, con evidenza, sul sito internet della stessa Agenzia.


 

 

L’articolo 12 disciplina le modalità di richiesta da parte degli interessati e di concessione da parte dell’Agenzia delle entrate del credito d’imposta in favore dei lavoratori e dei datori di lavoro.

 

Il comma 1 stabilisce che i potenziali beneficiari devono presentare, in via telematica, una richiesta al Centro operativo dell’Agenzia delle entrate di Pescara. La domanda deve contenere l’indicazione di tutti gli elementi e i dati individuati dal provvedimento in esame nonché dal provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate da emanare ai sensi del successivo comma 10.

Andrebbe chiarito se i “potenziali beneficiari” indicati nel comma in esame si intendano riferiti ai “lavoratori” potenzialmente beneficiari, tenuto conto che il successivo comma 7 reca una analoga disposizione riferita ai “datori di lavoro”.

 

Per ciascuna domanda ricevuta, l’Agenzia delle entrate rilascia, ai sensi del comma 2, una certificazione della data e del protocollo di presentazione. L’esame e l’accoglimento delle domande avviene in base all’ordine cronologico di presentazione e alla disponibilità delle risorse finanziarie stanziate. Pertanto, saranno esaminate per prime le domande non accolte l’anno precedente per assenza di fondi.

 

Se le richieste presentate dai contribuenti non possono essere accolte per mancanza di uno degli elementi da indicare ovvero per mancanza di risorse, l’Agenzia delle entrate deve comunicare, in via telematica entro trenta giorni, il diniego al soggetto interessato. Trascorso inutilmente tale termine, opera l’istituto del silenzio assenso e il credito d’imposta si intende concesso (comma 3).

 

I lavoratori che intendono iniziare una nuova attività in Italia devono, ai fini del diritto al credito d’imposta, presentare la richiesta prima di iniziare tale nuova attività (comma 4).

 

I lavoratori che hanno ricevuto l’accoglimento della domanda devono, a pena di decadenza anche del credito d’imposta già fruito, inviare nel mese di gennaio di ciascuno dei due anni successivi a quello di accoglimento una comunicazione attestante la permanenza delle caratteristiche soggettive richieste (comma 5)

 

I lavoratori cui la domanda non è stata accolta per mancanza di fondi possono, ai sensi del comma 6, ripresentare la richiesta l’anno successivo; in tal caso la loro domanda ha priorità su quelle presentate per la prima volta.

 

Il comma 7 ribadisce, con riferimento al credito d’imposta in favore dei datori di lavoro, quanto disposto, con riferimento a tutti i potenziali beneficiari, nel comma 1. In particolare, si dispone che i datori di lavoro presentano la domanda in via telematica al centro operativo di Pescara dell’Agenzia delle entrate, a decorrere dal primo giorno del mese successivo a quello in cui hanno stipulato il contratto di assunzione indicato nell’articolo 6.

In caso di successive e ulteriori assunzioni di lavoratori dipendenti, il datore di lavoro può presentare nuove domande di concessione del credito d’imposta.

 

Analogamente a quanto indicato nel comma 5 per i lavoratori, il comma 8 dispone l’obbligo, a carico dei datori di lavoro che hanno ricevuto l’accoglimento della domanda, di presentare una comunicazione attestante la permanenza delle caratteristiche soggettive richieste ai sensi dell’articolo 6. In particolare, devono essere presentate, pena la decadenza dal beneficio anche se già fruito, due comunicazioni nei mesi di gennaio dei due anni successivi a quello dell’accoglimento del credito d’imposta.

La comunicazione deve evidenziare anche l’eventuale minore credito spettante, rispetto a quello concesso, nell’anno precedente ovvero in quello in corso. Tale disposizione sembrerebbe diretta a disciplinare l’ipotesi in cui, nel corso dell’anno, il numero dei dipendenti venga ridotto e, pertanto, il datore di lavoro non abbia più diritto al beneficio autorizzato preventivamente.

La stessa comunicazione costituisce presupposto per fruire della quota annua del beneficio già prenotato, relativa all’anno nel quale la stessa deve essere presentata mentre il mancato invio della stessa comporta la cessazione del diritto al credito d’imposta a decorrere dal periodo d’imposta di riferimento nonché di quello già maturato e non utilizzato.

 

I datori di lavoro la cui domanda non è stata accolta per mancanza di fondi possono, ai sensi del comma 9, ripresentare la richiesta l’anno successivo; in tal caso la loro domanda ha priorità su quelle presentate per la prima volta. La richiesta contenuta nella domanda ripresentata può interessare un importo del credito d’imposta non superiore a quello indicato nella domanda originaria.

 

Il comma 10 rinvia ad un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate, da emanare entro un mese dalla data di entrata in vigore del presente provvedimento, la definizione delle specifiche tecniche per la trasmissione dei dati e degli elementi stabiliti ai sensi del provvedimento in esame.

 

Ai sensi del comma 11 l’Agenzia delle entrate deve pubblicare in internetcon cadenza mensile l’elenco delle domande ricevute e di quelle accolte indicando i nominativi e l’importo del beneficio concesso. Inoltre, dovrà rendere note le risorse finanziarie residue e quelle rese disponibili a seguito di revoche, rinunce o decadenze.

Inoltre, l’Agenzia delle entrate deve indicare con tempestività sul sito internet la data a decorrere dalla quale sono esaurite le risorse finanziarie necessarie per la concessione del beneficio fiscale.

 


 

Articolo 13
(Cause di decadenza e di rideterminazione del credito d'imposta)

 


1. Il lavoratore decade dal diritto a fruire del credito d'imposta:

a) se trasferisce nuovamente la sua residenza o il suo domicilio fuori dall'Italia prima del decorso di cinque anni dalla data della prima fruizione del credito d'imposta;

b) qualora i beni di cui all'articolo 4, comma 1, lettera b), siano ceduti a terzi o destinati a strutture produttive ubicate fuori dal territorio nazionale prima del decorso di cinque anni dall'esercizio nel corso del quale i beni sono stati acquistati.

2. In entrambi i casi di cui al comma 1 la decadenza dal diritto a fruire del credito d'imposta comporta il divieto di fruizione del credito d'imposta già maturato fino alla data in cui si verifica la decadenza nonché l'eventuale recupero del credito d'imposta già utilizzato in precedenza, con l'applicazione delle relative sanzioni e dei relativi interessi.

3. La misura del credito d'imposta di cui all'articolo 3 è rideterminata secondo un nuovo valore assoluto o percentuale:

a) se il soggetto trasferisce la sua residenza o il suo domicilio nel territorio italiano, fuori dalle aree delle regioni Calabria, Campania, Puglia, Sicilia, Basilicata, Sardegna, Abruzzo o Molise prima del decorso di cinque anni dalla prima fruizione del credito d'imposta;

b) qualora i beni di cui all'articolo 4, comma 1, lettera b), siano destinati a strutture produttive ubicate fuori dal territorio delle regioni Calabria, Campania, Puglia, Sicilia, Basilicata, Sardegna, Abruzzo o Molise prima del decorso di cinque anni dall'esercizio nel corso del quale i beni sono stati acquistati.

4. In entrambi i casi di cui al comma 3 la rideterminazione della misura del credito d'imposta è operata dalla data in cui si verifica una delle cause ivi previste.

5. Il datore di lavoro decade dal diritto a fruire del credito d'imposta:

a) se, su base annuale, il numero complessivo dei lavoratori dipendenti, a tempo indeterminato e a tempo deter­minato, compresi i lavoratori con contratti di lavoro con contenuto formativo, im­piegati in strutture produttive ubicate nelle aree delle regioni Calabria, Campania, Puglia, Sicilia, Basilicata, Sardegna, Abruzzo o Molise, è inferiore o pari al numero complessivo dei lavoratori dipen­denti ivi mediamente occupati nel periodo immediatamente precedente a quello di concessione del primo credito d'imposta. I lavoratori dipendenti con contratto di lavoro a tempo parziale sono computati nella base occupazionale in misura proporzionale alle ore di lavoro prestate rispetto a quelle previste dal contratto collettivo nazionale di lavoro;

b) quando sono definitivamente accertate violazioni non formali, e per le quali sono state irrogate sanzioni di importo non inferiore a 5.000 euro, alla normativa fiscale e contributiva vigente in materia di lavoro dipendente, ovvero violazioni alla normativa vigente in mate­ria di salute e di sicurezza dei lavoratori commesse a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, e quando sono emanati provvedimenti definitivi della magistratura contro il datore di lavoro per condotta antisindacale ai sensi dell'articolo 28 della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni;

c) quando sono stati concessi altri incentivi per l'assunzione dei medesimi lavoratori.

6. Dalla data del definitivo accertamento delle condizioni di cui al comma 5 decorrono i termini per procedere al recupero delle minori somme versate o del maggiore credito d'imposta riportato e per l'applicazione delle relative sanzioni.

7. Nei casi di cui al comma 5, lettera a), la decadenza dal diritto a fruire del credito d'imposta opera a decorrere dall'anno successivo a quello di rileva­zione della differenza prevista nella medesima lettera a). Nei casi di cui al medesimo comma 5, lettere b) e c), la decadenza comporta il divieto di fruizione del credito d'imposta già maturato fino alla data in cui si verifica la decadenza nonché l'eventuale recupero del credito d'imposta già utilizzato, con l'applicazione delle relative sanzioni e dei relativi interessi.


 

 

Il comma 1 dell’articolo 13 stabilisce che il lavoratore decade dal diritto a fruire dal credito d’imposta qualora:

a)   trasferisca, entro 5 anni dalla prima fruizione del credito d’imposta, la residenza o il domicilio fuori dall’Italia;

b)   vengano ceduti, entro 5 anni, i beni acquistati che hanno determinato l’ammontare del credito d’imposta (quota variabile) ai sensi dell’articolo 4, comma 1, lettera b).

 

Ai sensi del comma 2 le cause indicate nel comma 1 determinano la decadenza dal beneficio anche rispetto ai periodi già maturati e, pertanto, comportano il recupero del credito d’imposta già utilizzato, con l’applicazione di sanzioni ed interessi.

 

Il comma 3 disciplina le ipotesi in cui i lavoratori, le attività ovvero i beni oggetto di investimento inizialmente localizzati in una delle regioni maggiormente agevolate (Calabria, Campania, Puglia, Sicilia, Basilicata, Sardegna, Abruzzo o Molise), siano trasferiti al di fuori delle citate aree entro 5 anni dalla prima fruizione dell’agevolazione fiscale.

In tal caso, si dispone che la misura del credito d’imposta deve essere rideterminata secondo un nuovo valore assoluto o percentuale.

 

In proposito si segnala che, mentre con riferimento alla residenza o domicilio dei soggetti viene precisato che il trasferimento debba avvenire nel territorio italiano, per quanto concerne i beni indicati nell’articolo 4, comma 1, lettera b) il trasferimento sembrerebbe possibile anche al di fuori del territorio nazionale.

 

Ai sensi del comma 4 la rideterminazione della misura del beneficio di cui al comma 3 opera a decorrere dalla data in cui si verifica il trasferimento ivi indicato.

 

Il comma 5 dispone che il datore di lavoro decade dal beneficio qualora:

a)   il numero dei dipendenti, su base annuale, impiegati nelle regioni agevolate risulta inferiore alla media degli stessi occupati nel periodo precedente a quello di concessione del primo credito d’imposta. Ai fini del predetto calcolo, si considerano anche i lavoratori a tempo determinato e quelli con contratto di formazione lavoro; i lavoratori in part-time sono computati in proporzione alle ore di lavoro prestate;

b)   siano state definitivamente accertate violazioni non formali alla normativa vigente in materia fiscale e contributiva, di salute, di sicurezza dei lavoratori commesse a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente provvedimento e per le quali sono irrogate sanzioni di ammontare non inferiore a 5.000 euro. La decadenza opera anche qualora siano emanati provvedimenti definitivi della magistratura contro il datore di lavoro per condotta antisindacale ai sensi dell’articolo 28 della legge n. 300 del 1970;

La condotta antisindacale, ai sensi del primo comma del richiamato articolo 28, si manifesta nei casi in cui il datore di lavoro ponga in essere comportamenti diretti ad impedire o limitare l'esercizio della libertà e della attività sindacale nonché del diritto di sciopero. In tali casi, il giudice monocratico competente, su ricorso degli organismi locali delle associazioni sindacali nazionali che vi abbiano interesse, nei 2 giorni successivi, convocate le parti ed assunte sommarie informazioni, qualora ritenga sussistente le violazioni, ordina al datore di lavoro, con decreto motivato ed immediatamente esecutivo, la cessazione del comportamento illegittimo e la rimozione degli effetti.

c)   siano stati concessi altri incentivi per l’assunzione dei medesimi lavoratori.

 

La data di accertamento delle condizioni indicate nel comma 5 determina la decorrenza del termine per il recupero del beneficio fruito dal datore di lavoro e l’applicazione delle relative sanzioni (comma 6).

 

In particolare, il comma 7 stabilisce che la decadenza produce effetti:

a)   per l’ipotesi indicata nella lettera a) del comma 5, a decorrere dall’anno successivo a quello di rilevazione della ivi indicata divergenza;

b)   per le ipotesi indicate nelle lettere b) e c) del comma 5, retroattivamente e pertanto determina il recupero del credito d’imposta già utilizzato con l’applicazione delle relative sanzioni ed interessi.

 


 

Articolo 14
(Limite massimo di spesa)

 


1. La concessione dei crediti d'imposta di cui al capo II non comporta oneri per il bilancio dello Stato, in analogia a quanto previsto per il beneficio di cui all'articolo 17 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2.

2. La concessione dei crediti d'imposta di cui capo III possono essere concessi nel limite massimo di spesa pari a 100 milioni di euro per l'anno 2009 e a 150 milioni di euro a decorrere dall'anno 2010.

3. All'attuazione delle disposizioni di cui al capo IV si provvede nel limite massimo di spesa pari a 30 milioni di euro per l'anno 2009 e a 50 milioni di euro a decorrere dall'anno 2010.


 

 

L’articolo 14 prevede, al comma 1,che dalla concessione dei crediti d’imposta per i lavoratori disposti al Capo II della proposta di legge, non derivino oneri per il bilancio dello Stato.

La neutralità finanziaria degli incentivi fiscali per i lavoratori è disposta, secondo il tenore letterale della norma, in analogia con quanto previsto per il beneficio disposto in passato ai sensi dell’articolo 17 del D.L. n. 185 del 2008 [10], con il quale è stata introdotta una misura agevolativa diretta a favorire il rientro in Italia di docenti e ricercatori che operano all'estero. Alla predetta disposizione non erano, infatti, stati ascritti effetti onerosi dalla relazione tecnica che la accompagnava, in considerazione del fatto che i redditi derivanti dai lavoratori in questione sarebbero nuovi – ossia non soggetti precedentemente ad alcuna imposizione in Italia - e in quanto tali l’incentivo fiscale non produrrebbe effetti sostanziali rispetto al gettito annuale tendenziale.

 

Per valutare l’effettiva neutralità finanziaria della disposizione, occorrerebbe peraltro acquisire le stime e le proiezioni delle tendenze in atto del flusso dei rientri dei lavoratori residenti all’estero, ciò al fine di valutare l’effettiva compensatività con le eventuali maggiori entrate dovute sui redditi dei lavoratori attratti nel nostro paese dalla misura agevolativa in oggetto. Per i lavoratori che sarebbero comunque rientrati in Italia la norma configura infatti un’agevolazione fiscale che comporterebbe una perdita di gettito.

 

Si ricorda che l'articolo 17, comma 1, del citato D.L. n. 185 ha stabilito, in particolare, che i redditi di lavoro dipendente o autonomo dei medesimi ricercatori siano imponibili per il 10% del loro ammontare, ai fini delle imposte dirette, e non concorrano alla formazione del valore della produzione netta, ai fini IRAP[11]. L’agevolazione può essere fruita dai docenti e ricercatori che dal 29 novembre 2008 (data di entrata in vigore del decreto-legge) o in uno dei cinque anni solari successivi (sino al 31 dicembre 2013) iniziano a svolgere la loro attività in Italia, e conseguentemente divengono fiscalmente residenti nel territorio dello Stato[12].

 

Il comma 2 dispone un limite massimo di spesa con riferimento agli incentivi fiscali per i datori di lavoro di cui al Capo III (v. schede articoli da 5 a 8), pari a 100 milioni di euro per l’anno 2009 e a 150 milioni, in via permanente, a decorrere dal 2010.

 

Si segnala l’opportunità di riformulare la norma aggiornando i riferimenti temporali previsti per i limiti di spesa e modificandone il testo sostituendo la dizione “la concessione dei crediti d’imposta di cui Capo III”, con la seguente: “i crediti d’imposta di cui al Capo III”.

 

Il comma 3 definisce un limite massimo di spesa in relazione alle disposizioni riguardanti le agevolazioni e la tutela dei diritti acquisiti per i lavoratori che rientrano in Italia di cui al Capo IV (v. schede articoli da 9 a 11) pari a 30 milioni di euro per l’anno 2009 e a 50 milioni di euro, in via permanente, a decorrere dall’anno 2010.

 

Anche con riferimento a comma 3, si segnala che la norma andrebbe riformulata aggiornando i riferimenti temporali previsti in relazione ai limiti massimi di spesa.

 


 

Articolo 15
(Fondo di rotazione. Finanziamento statale)

 


1. A decorrere dall'anno 2010, è istituito, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, un fondo di rotazione per la copertura degli oneri derivanti dall'attuazione della presente legge, alimentato dal gettito reale delle imposte dirette dei soggetti di cui all'articolo 2 e all'articolo 5.

2. Entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con il direttore dell'Agenzia delle entrate, adotta, con proprio decreto, un regolamento recante le modalità di funzionamento del fondo di rotazione di cui al comma 1.


 

 

L’articolo 15, al comma 1, dispone, a decorrere dall’anno 2010, l’istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, di un fondo di rotazione per la copertura degli oneri derivanti dall’attuazione della proposta di legge in esame. Il Fondo viene “alimentato dal gettito reale delle imposte dirette dei soggetti di cui all’articolo 2 e all’articolo 5”, ossia, rispettivamente, le persone fisiche e le imprese ed i titolari di reddito professionale che presentano i requisiti per beneficiare degli incentivi fiscali previsti dalla proposta di legge in esame.

 

Il comma 2 dispone, infine, che entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro dell’economia e delle finanze, d’intesa con il direttore dell’Agenzia delle entrate, adotta, con proprio decreto, un regolamento recante le modalità di funzionamento del predetto Fondo di rotazione.

 

Al riguardo, si segnala la necessità di verificare la congruità dell’utilizzo di un fondo a carattere rotativo – che è per sua natura gestito fuori bilancio, caratterizzato da flussi di entrata e di uscita in genere disallineati nel tempo ed utilizzati per erogare prestiti i cui rimborsi rifluiscono al fondo onde essere poi riutilizzati per nuove erogazioni - ai fini della copertura finanziaria delle agevolazioni fiscali disposte dalla proposta di legge.

Si rileva, altresì, il fatto che la destinazione al fondo del “gettito reale” delle imposte dirette dei soggetti beneficiari delle agevolazioni, oltre a presentare possibili difficoltà di carattere tecnico ai fini della precisa individuazione dei redditi e delle connesse entrate da riversare al fondo, non appare in linea con il principio della unità del bilancio, in base al quale, essendo il bilancio inteso come globalità di risorse che finanzia una globalità di spese, non si possono di norma finalizzare determinate entrate a determinate spese dello Stato (con l’eccezione, ad esempio, relativa alle c.d. imposte di scopo). Occorre, infine, considerare che il prelievo fiscale sui redditi dei soggetti beneficiari attraverso il quale il suddetto fondo dovrebbe essere alimentato – in ragione dell’operare di detrazioni e deduzioni d’imposta - potrebbe in ipotesi non risultare sufficiente, salvo che ne venga data conferma mediante la predisposizione della relazione tecnica al provvedimento, a compensare gli oneri connessi agli incentivi introdotti dalla proposta di legge.

Si ricorda, in particolare, che i Fondi di rotazione costituiscono una speciale forma di gestione fuori bilancio, vale a dire le acquisizioni di entrate o l’effettuazione di spese da parte dell’amministrazione dello Stato che non rientrano nelle procedure proprie del bilancio e che quindi non sono soggette alle normali procedure giuridico-amministrative di esecuzione dello stesso[13]. La legge n. 559 del 1993 ha in particolare previsto che le gestioni fuori bilancio attuate con i Fondi di rotazione siano sottoposte all’obbligo di rendicontazione ed al controllo della Ragioneria generale e della Corte dei Conti. Il Ministro dell’economia e delle finanze, inoltre, ha facoltà di disporre accertamenti nel corso della gestione. Si ricorda, inoltre, che l’articolo 93, comma 8, della legge finanziaria per il 2003 (legge n. 289 del 2002) ha previsto in capo alle amministrazioni statali l’obbligo di individuare le gestioni fuori bilancio per le quali permangono le caratteristiche proprie dei Fondi di rotazione, al fine di ricondurre unitariamente al bilancio dello Stato le gestioni che comunque interessano la finanza statale[14].

I criteri per l’individuazione delle predette gestioni attuate con i fondi di rotazione sono stati forniti con la Nota di indirizzo allegata alla direttiva del Ragioniere generale dello Stato del 24 marzo 2003, che ne ha evidenziato:

a)       la natura pubblicistica dei fondi, in quanto le risorse finanziarie di tali fondi devono provenire dallo Stato o da altre pubbliche amministrazioni, incluse le istituzioni sovranazionali[15];

b)       l’autoalimentazione e vincolo di destinazione: i "rientri" di risorse al Fondo costituiscono fonte di autoalimentazione e sono vincolati al perseguimento delle finalità del fondo;

c)       la natura dei rientri, i quali devono provenire dai beneficiari dei provvedimenti, a titolo di parziale o totale restituzione;

d)       l’eventuale rotatività parziale: nel caso in cui i fondi siano misti, la parte rotativa è considerata esclusivamente per la quota delle erogazioni per le quali è previsto il rientro delle risorse.

 


 

Articolo 16
(Cofinanziamento regionale)

 


1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono contribuire alla copertura degli oneri derivanti dall'attuazione della presente legge in conformità a quanto disposto dal comma 2. In caso di cofinanziamento ai sensi del presente articolo, i limiti massimi di spesa stabiliti dall'articolo 14 sono aumentati in misura proporzionale alle maggiori risorse attivate.

2. Con proprie leggi, le singole regioni e province autonome possono limitare la concessione dei crediti d'imposta ai cittadini nati nei rispettivi territori e che ivi decidono di tornare. I crediti d'imposta concessi ai sensi del periodo precedente concorrono alla formazione del reddito e del valore della produzione ai fini dell'imposta regionale sulle attività produt­tive e non rilevano ai fini del rapporto previsto agli articoli 61 e 109, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni.

3. Entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il direttore dell'Agenzia delle entrate emana un apposito regolamento recante lo schema tipo di una convenzione tra la medesima Agenzia e le singole regioni e province autonome per la presentazione delle domande di concessione dei crediti d'imposta di cui al comma 2 e del loro esame da parte della stessa Agenzia, in conformità a quanto disposto dai capi II e III.


 

 

L’articolo 16 concede la facoltà alle Regioni e alle Province autonome di Trento e Bolzano di contribuire alla copertura degli oneri finanziari derivanti dall’applicazione del beneficio di cui al provvedimento in esame. La disposizione sembrerebbe richiamare alcuni principi in materia di federalismo fiscale contenuti nella legge n. 42 del 2009.

La legge n. 42 del 2009, che delega il Governo ad attuare le norme in materia di federalismo fiscale ai sensi dell'articolo 119 della Costituzione, prevede all’articolo 17 il coordinamento dei diversi livelli di governo e la relativa disciplina fiscale. In particolare, il comma 1, lett. c), del richiamato articolo 17, nel dettare i principi ed i criteri direttivi cui informare i decreti legislativi di attuazione, prevede l’assegnazione di uno specifico ruolo alle regioni, a garanzia del raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica da parte del comparto degli enti locali ricompresi nel territorio del regione stessa. Nello specifico, la predetta lett. c) del comma 1 prevede che le regioni possano intervenire, previa concertazione con gli enti locali ricadenti nel proprio territorio regionale, al fine di adattare le regole e i vincoli posti dal legislatore nazionale, differenziando le regole di evoluzione dei flussi finanziari dei singoli enti in relazione alla diversità delle situazioni finanziarie esistenti nelle diverse regioni, fermo restando il raggiungimento degli obiettivi sui saldi di finanza pubblica relativi al complesso degli enti locali ricadenti nel territorio della regione stessa.

 

In particolare, il comma 1 e il primo periodo del comma 2 prevedono la possibilità di attuare un cofinanziamento regionale per la copertura degli oneri derivanti dalla presente proposta di legge.

Appare opportuno segnalare che, sul piano della formulazione delle norme, le disposizioni in commento potrebbero essere oggetto di diverse interpretazioni.

In una prima ipotesi, nonostante un (non chiaro) richiamo che il comma 1 reca rispetto al comma 2, potrebbero valutarsi come due disposizioni recanti ciascuna una specifica disciplina: la previsione di una partecipazione regionale agli oneri derivanti dalla presente legge, e la possibilità – al comma 2 – di una normazione regionale sul credito d’imposta.

In una seconda ipotesi interpretativa, le norme richiamate potrebbero voler introdurre la facoltà, per le regioni e le province autonome, di stanziare ulteriori risorse finalizzate a disporre un incremento della misura del credito d’imposta spettante ai cittadini nati nei rispettivi territori e che ivi decidono di tornare.

Occorre pertanto, in via preliminare, procedere ad una migliore formulazione dei commi in esame al fine di evitare tale problematica interpretativa.

Ferma restando la prioritaria necessità di riformulare le norme al fine di chiarire l’esatta interpretazione della disciplina proposta si procede, di seguito, all’analisi delle disposizioni in esame.

Il comma 1 concede alle regioni e alle province autonome la facoltà di contribuire “alla copertura degli oneri derivanti dall’attuazione delle presente legge in conformità a quanto disposto dal comma 2” e stabilisce che, in caso di cofinanziamento, “i limiti di spesa stabiliti dall’articolo 14 sono aumentati in misura proporzionale alle maggiori risorse attivate”.

Tuttavia il comma 2, al quale il comma 1 rinvia, prevede la possibilità per le regioni e le province autonome di intervenire sulla disciplina del credito d’imposta con leggi proprie.

Più in dettaglio, nel caso in cui le regioni o le province autonome operino il cofinanziamento:

1)       il limite di spesa indicato nell’articolo 14 del provvedimento in esame è aumentato in misura proporzionale alle maggiori risorse attivate;

2)       le singole regioni e province autonome possono, con proprie leggi, limitare la concessione dei crediti d’imposta ai cittadini nati nei rispettivi territori e che ivi decidono di ritornare.

Sarebbe opportuno fornire alcune precisazioni ed integrazioni del testo al fine di chiarire cosa si intenda per incremento “in misura proporzionale” dei limiti di spesa stabiliti dal provvedimento in esame.

Ulteriori chiarimenti, sotto il profilo del rapporto tra le fonti normative, andrebbero, inoltre, forniti in merito alla facoltà concessa alle regioni e alle province autonome di intervenire, con proprie leggi, nell’ambito soggettivo dei beneficiari di una agevolazione fiscale introdotta e disciplinata con norma statale.

 

Il secondo periodo del comma 2 stabilisce che i crediti d’imposta stabiliti con leggi regionali o delle province autonome concorrono alla formazione della base imponibile ai fini delle imposte dirette e dell’IRAP.

In proposito, si evidenzia che, sulla base dei principi generali dell’ordinamento tributario, qualunque componente positivo di reddito concorre alla formazione del reddito imponibile fiscale. Pertanto, ove non espressamente e diversamente indicato, il credito d’imposta rappresenta un elemento positivo ai fini della determinazione della base imponibile.

Non appare pertanto chiaro il contenuto normativo del secondo periodo del comma 2 in esame, attese le vigenti regole sulla determinazione della base imponibile. Tale disposizione, per altro verso, non appare coerente con quanto previsto dall’articolo 2, comma 1, e dall’articolo 7, comma 2, del provvedimento in esame, i quali dispongono la non concorrenza del credito d’imposta alla formazione della base imponibile fiscale.

 

Il medesimo periodo, inoltre, afferma che il credito d’imposta non rileva ai fini della determinazione della quota di indeducibilità fiscale degli interessi passivi.

 

Ai sensi del comma 3 il direttore dell’Agenzia delle entrate dovrà emanare, entro due mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, un apposito regolamento recante lo schema tipo di una convenzione tra l’Agenzia delle entrate e le singole regioni e province autonome per la presentazione delle domande da parte dei potenziali beneficiari e la concessione del credito d’imposta di cui al comma 2.

 


 

 

 

 



[1]     Ai sensi dell'art. 1, comma 3, secondo periodo, del D.Lgs. 9 gennaio 1999, n. 1, “Riordino degli enti e delle società di promozione e istituzione della società «Sviluppo Italia»”, la partecipazione azionaria di ITAINVEST in Italia Lavoro è conferita al Ministero dell'economia e delle finanze, che esercita i diritti dell'azionista su direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri e d'intesa con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali.

[2]     D.L. 31 gennaio 2005, n. 7, “Disposizioni urgenti per l'università e la ricerca, per i beni e le attività culturali, per il completamento di grandi opere strategiche, per la mobilità dei pubblici dipendenti, e per semplificare gli adempimenti relativi a imposte di bollo e tasse di concessione, nonché altre misure urgenti”, convertito in legge, con modificazioni dall’articolo 1, L. 31 marzo 2005, n. 43.

[3]     Per l’Italia: http://www.europass-italia.it/.

[4]     Il documento utilizza un modello standardizzato che consente di descrivere, sulla base di un formato condiviso a livello europeo, le esperienze di studio e di lavoro e le competenze sviluppate da un individuo, al momento della presentazione di una candidatura per un lavoro o per la prosecuzione di un percorso formativo. L'Europass Curriculum Vitae viene compilato direttamente dall'interessato; non ha valore legale ma svolge una funzione essenzialmente informativa.

[5]     Il documento costituisce un’autodichiarazione del proprio percorso di apprendimento delle lingue straniere lungo tutto l'arco della vita; esso descrive le competenze linguistiche acquisite sia in ambito formale (scuola e formazione) sia in altri contesti (sul lavoro, con gli amici, in famiglia, ecc .)

[6]     Il Supplemento al diploma è la certificazione integrativa del titolo conseguito al termine di un corso di studi in una università o in un istituto di istruzione superiore. Il documento fornisce la descrizione, secondo un modello condiviso, della natura, del livello e del contenuto degli studi effettuati da ciascuno studente (art. 11del Decreto n. 270/2004 del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca) .

[7]     Il Certificate Supplement contiene informazioni sulle abilità e competenze acquisite in esito ad u percorso di formazione professionale, inoltre specifica il tipo di attività professionale cui è possibile accedere ed il livello attribuito al tipo di formazione nell'ambito della classificazione nazionale

[8]     Europass Mobilità registra ogni periodo organizzato (detto esperienza Europass Mobilità) che una persona trascorre in un altro paese europeo per motivi di studio o di formazione.

[9]     Merita ricordare, comunque, che ai sensi dello stesso articolo 90, il richiamato Reg. 1408 rimane in vigore e i relativi effetti giuridici sono mantenuti, tra gli altri, ai fini del regolamento (CE) n. 859/2003, che estende le disposizioni del regolamento (CEE) n. 1408/71 e del regolamento (CEE) n. 574/72 ai cittadini di paesi terzi cui tali disposizioni non siano già applicabili unicamente a causa della nazionalità, fino a quando detto regolamento non è abrogato o modificato.

[10]    Convertito nella legge n. 2 del 2009.

[11]    Per accedere all’agevolazione, i ricercatori in questione devono: essere in possesso di titolo di studio universitario o equiparato; essere residenti all’estero non occasionalmente; aver svolto documentata attività di ricerca o docenza presso università o centri di ricerca pubblici o privati all’estero per non meno di 2 anni. L'incentivo si applica, a decorrere dal 1° gennaio 2009, nel periodo d'imposta in cui il ricercatore diviene fiscalmente residente nel territorio dello Stato e nei due periodi di imposta successivi, sempre che permanga la residenza fiscale in Italia. Le norme si interpretano nel senso che l’agevolazione ivi prevista spetta anche alle ricerche effettuate in Italia in caso di contratti stipulati con imprese residenti o localizzate all’estero.

      Una analoga disposizione – limitata ai soli ricercatori – era prevista dall’articolo 3 del D.L. n. 269 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326 del 2003. Con la circolare n. 22/E dell’Agenzia delle entrate dell'8 giugno 2004 sono stati forniti chiarimenti per l'applicazione di tale disposizione. L’articolo 3 della predetta Circolare, in particolare, chiarisce che l’agevolazione è applicabile non solo al cittadino italiano, ma anche al soggetto estero che decida di prestare la sua attività nel nostro paese, divenendo fiscalmente residente in Italia.

[12]    Per quanto riguarda il requisito della residenza fiscale nel territorio dello Stato, si applicano le disposizioni contenute nell’articolo 2 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, per cui, ai fini delle imposte sui redditi, si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile. In sostanza, le agevolazioni in questione non spettano qualora l’attività sia resa in Italia per un periodo inferiore a 183 giorni nell’anno.

[13]    Si ricorda che la disciplina organica delle gestioni fuori bilancio è prevista dalla legge n. 1041 del 1971 e dal relativo regolamento approvato con DPR n. 689 del 1977, la quale in particolare prevede che ciascuna gestione fuori bilancio sia autorizzata con apposita norma legislativa.

[14]    Pertanto, a decorrere dal 1° luglio 2003 le altre gestioni fuori bilancio diverse da quelle attuate tramite i fondi di rotazione, ad eccezione di quelle previste dagli articoli da 1 a 20 della legge n. 559 del 1993, sono ricondotte al bilancio dello Stato alla cui entrata sono versate le relative disponibilità per essere riassegnate alle pertinenti unità previsionali di base. L'elenco delle gestioni fuori bilancio, esistenti presso le amministrazioni dello Stato dopo le operazioni previste dal citato articolo 93, comma 8, della legge per il 2003, è allegato allo stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze.

[15]    Nell'ipotesi di provenienza mista (pubblico e privato) va considerata la prevalenza della provenienza pubblicistica dei fondi.