Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento affari esteri | ||||
Titolo: | Approfondimenti sulla crisi politica in Nord Africa e Medio Oriente ' Islamismo politico | ||||
Serie: | Documentazione e ricerche Numero: 220 Progressivo: 1 | ||||
Data: | 13/04/2011 | ||||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | III-Affari esteri e comunitari | ||||
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Camera dei deputati |
XVI LEGISLATURA |
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Documentazione e ricerche |
Approfondimenti sulla crisi politica in Nord Africa e Medio Oriente |
Islamismo politico |
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n. 220/1 |
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13 aprile 2011 |
Servizio responsabile: |
Servizio Studi – Dip. Affari esteri ( 066760-4939 / 066760-4172 – * st_affari_esteri@camera.it
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I dossier dei servizi
e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione
interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. |
File: es0722a.doc |
INDICE
Definizioni
1. M. Introvigne ‘Fondamentalismo’, in: Enciclopedia del Novecento, ora in www.treccani.it
2. G. Kepel ‘Movimenti Integralisti’, in: Enciclopedia delle Scienze Sociali, ora in www.treccani.it
Interpretazioni
3. R. Guolo ‘Avanguardie della fede - L’islamismo tra ideologia e politica’, Milano, A. Guerrini e Associati SpA. 1999 (estratto)
4. R. Guolo ‘Il partito di Dio – L’islam radicale contro l’Occidente’. Milano, A. Guerini e Associati SpA 2004 (estratto)
Prospettive
5. G. Kepel ‘Jihad – Ascesa e declino – Storia del fondamentalismo islamico’, Ed. Carocci (estratto)
6. O. Roy, L’échec de l’Islam politique, 1992 (estratto)
7. M. Campanini, K. Mezran ‘I fratelli musulmani nel mondo contemporaneo’, Torino - UTET
8. B. Lewis ‘Il suicidio dell’Islam – In che cosa ha sbagliato la civiltà mediorientale’, Ed. Mondadori ’
9. Il Foglio, Intervista a B. Lewis, Quanto è deliziosa la primavera araba (B.Weiss), 12 aprile 2011
Appendice: fonti primarie
10. H. Al-Banna, Five Tracts, 19 (estratto)
11. O. Carré, Mystique et Politique – Lecture révolutionnaire du Coran par Sayyid Qutb, Frère musulman radical, Commento di S. Qutb Zilal (1965-1966) (estratto)
12. R. Khomeini, The Islamic Government, 1970 (estratto)
13. O. Bin Laden, Dichiarazione del fronte islamico mondiale per la Guerra Santa contro ebrei e crociati, e intervista ad al-Jazira, 1998 (da Al-Qaeda, I Testi presentati da Gilles Kepel, Roma-Bari, Laterza 2006)
Il presente dossier intende fornire elementi di informazione in ordine al fenomeno dell’”islamismo politico”. Con questa categoria unificante si indicano tutti quei movimenti politici e culturali dell’area islamica (ma con un’attenzione specifica alla realtà nordafricana e medio-orientale) che, attraverso un approccio “integrista” o “fondamentalista”[1], intendono ribadire il primato nelle società a maggioranza musulmana del diritto islamico (sharia) come fonte primaria di regolazione della vita sociale e politica.
In questa ottica, il dossier raccoglie, nella sezione “definizioni”, alcune voci di enciclopedia relative a descrizioni e classificazioni di base del fenomeno “fondamentalismo islamico” e “integralismo islamico”, nonché, nella sezione interpretazioni, alcune analisi del fenomeno tese ad individuarne alcune articolazioni interne (in particolare quella che distingue tra un approccio “radicale” e un approccio “neotradizionalista”). Infine, nella sezione “prospettive”, verranno forniti alcuni elementi di interpretazione sui possibili sviluppi del fenomeno. In particolare, si sono individuate tre possibili linee interpretative:
- quella di un esaurimento del fondamentalismo, vale a dire di un’incapacità di affermazione del progetto fondamentalista originario, a fronte dei fenomeni di modernizzazione che hanno interessato anche il mondo arabo-islamico. In tale quadro anche i fenomeni terroristici di natura fondamentalista, quali quello di Al Qa’ida, risulterebbero una conferma, nel loro carattere estremamente minoritario, dell’incapacità di un’ampia affermazione nelle società del progetto politico fondamentalista [Gilles Kepel; Olivier Roy];
- quella di una nuova declinazione dei rapporti tra islamismo e politica, alla luce di un rilancio dell’approccio neotradizionalista, e dell’individuazione di una possibile convivenza delle regole democratiche con società fortemente permeate dall’etica islamica, secondo il modello dell’egemonia gramsciana: a questo potrebbero puntare movimenti quali quelli dei fratelli musulmani egiziani [Campanini];
- quello della persistenza della minaccia fondamentalista come segnale della percezione da parte del mondo arabo-islamico di un difficile confronto con la modernità e la crescente interconnessione dei fenomeni mondiali (la c.d. “globalizzazione”) [Lewis]
Le tre sezioni saranno precedute da una guida alla lettura con una sintesi dei documenti riprodotti e seguite da un’appendice nella quale sono riprodotti alcuni passi da testi di leader dell’islamismo politico (Hasan Al Banna; Sayd Qutb; Khomeini; Osama bin Laden).
Il dibattito sui rapporti tra islam e politica è stato profondamente condizionato, a partire dagli anni settanta del Novecento, dall’emersione del fenomeno del fondamentalismo islamico (o “integralismo” o “islamismo politico”).
Come rilevato dai documenti riportati nella sezione “definizioni” esistono diverse interpretazioni in ordine alle origini del fenomeno fondamentalista alcune delle quali richiamano l’importanza delle correnti “salafite” di risveglio e ritorno alla purezza dell’Islam originario sorte in ambito islamico sunnita già tra fine Settecento e Ottocento, quali il wahabismo nella penisola arabica o il deobandismo nel subcontinente indiano (per questi termini cfr. infra box 1: Islam: glossario dei termini). Tuttavia le analisi che appaiono più utili all’interpretazione del fenomeno, sono quelle che ne individuano una prima emersione nel trauma successivo alla prima guerra mondiale e alla scomparsa, con il crollo dell’Impero ottomano, del Califfato: in questo contesto si colloca la fondazione in Egitto, da parte di Hasan Al Banna dei “Fratelli musulmani” nel 1928. Per Al Banna l’Islam rappresenta “una concezione totale, di portata universale che dovrà governare tutti gli aspetti della vita”, attraverso la coincidenza di religione e politica, al fine di edificare la “comunità perfetta dei perfetti credenti”. In tal senso, il fondamentalismo si sarebbe contrapposto, nel corso del Novecento, ad altre quattro correnti presenti nel mondo islamico: quella tradizionalista, che, pur condividendo il richiamo ad un’interpretazione rigorista dell’Islam, invita ad accettare il potere costituito; il nazionalismo islamico che, ad esempio attraverso il panarabismo, si è proposto nel corso del XX secolo di costruire in terra islamica dei moderni Stati-nazione (con leader come Nasser in Egitto e partiti come il Ba’ath in Siria ed Iraq); il sufismo, corrente mistica dell’Islam, volta a privilegiare lo “sforzo interiore” ed anche il modernismo islamico che mira alla distinzione tra Stato e religione, sul modello di kemal Ataturk in Turchia (anche se con il termine di “modernismo” sono indicati anche movimenti riconducibili al risveglio salafita ottocentesco).
In questo quadro il fondamentalismo avrebbe assunto nuova forza negli anni Settanta con la crisi del panarabismo. Tale crisi, oltre che da fattori geopolitici, (quali la sconfitta di Nasser nella guerra dei sei giorni) derivava infatti dall’incapacità di gestire il processo di modernizzazione, in società caratterizzate da un forte aumento demografico, da un processo di urbanizzazione che portava a recidere i legami tradizionali, dall’accesso all’istruzione delle nuove generazioni: nella crisi di valori identitari che ne derivò, parte delle nuove generazioni istruite fu spinta ad aderire al messaggio fondamentalista (in tal senso, si può spiegare la presenza tra i leader fondamentalisti di personalità con notevole preparazione tecnico-scientifica come medici o ingegneri). In questo contesto si registrò, in ambito sciita, la presa di potere in Iran da parte di Khomeini, teorizzatore di un autentico “Stato islamico”.
I saggi raccolti nella sezione “Interpretazioni” distinguono, all’interno dell’Islam, un approccio “neotradizionalista” e un approccio “radicale”.
Merita rilevare però che questi approcci, se divergono nei modi, non appaiono divergere nel fine che è quello dell’instaurazione di uno “Stato islamico”.
In tal senso, entrambi gli approcci reagiscono al “quietismo”che tradizionalmente caratterizza i rapporti tra Islam e politica sia in ambito sunnita che in ambito sciita. Infatti l’Islam sunnita riconosce la legittimità del potere politico che risulti fondato sul consenso, anche di fatto, della comunità, sposando una concezione “realista” che limita il requisito di accesso al governo alla capacità di esercizio del potere e di mantenimento dell’ordine sociale e alla professione di fede musulmana (così ad esempio la teoria del filosofo e teologo Ghazali, vissuto nell’XI secolo). L’Islam sciita, che invece appare teorizzare la coincidenza tra potere politico e potere religioso nella figura dell’Imam, giunge in realtà ad un analogo quietismo attraverso la credenza della scomparsa del dodicesimo Imam (al riguardo cfr intra box 1: Islam, glossario dei termini), in assenza del quale non è possibile riunire nelle stesse mani potere politico e religioso.
Rispetto a questo tradizionale quietismo, l’approccio “radicale” propone un’islamizzazione della società dall’alto, attraverso l’immediata conquista del potere politico. In questa ottica, un modello dell’approccio radicale appare quello iraniano, dove alla base del regime politico islamico ideato dall’Ayatollah Khomeini, vi è la cosiddetta “teoria del giureconsulto” (Velayat-E-Faqih), vale a dire la subordinazione delle decisioni politiche assunte dagli organi elettivi alla valutazione di compatibilità con il diritto islamico come elaborato dalle autorità religiose. Con il suo pensiero, Khomeini, sovvertiva la teoria dei rapporti con il potere politico fino ad allora prevalente in ambito sciita, sostenendo che, se la perfetta coincidenza tra potere politico e religioso si sarebbe potuta realizzare solo con l’annunciato ritorno, alla fine dei tempi, del dodicesimo Imam, anche la guida religiosa, posta al vertice della repubblica islamica, aveva la conoscenza della Legge e il senso della giustizia necessari per reagire alla penetrazione del Male nelle società musulmane a suo giudizio in atto (sulla conquista del potere da parte di Khomeini cfr. infra box 3). Tale teoria nella sua lettura più radicale ha suscitato forti opposizioni all’interno del clero sciita, a partire da quella dell’Ayatollah Montazeri, successore designato da Khomeini tra il 1985 e il 1989 e poi ripudiato proprio per la sua opposizione al velayat-e-faqih (è poi morto, esule in patria, nel 2009). All’opposto, andando anche oltre la teorizzazione di Khomeini, l’attesa del ritorno del Mahdi, del dodicesimo Imam scomparso sta alimentando, nella realtà politica iraniana, forti correnti millenariste
Un analogo approccio radicale è proposto in ambito sunnita da Al Qa’ida: Osama bin Laden si è richiamato in molti suoi messaggi al giurista sunnita di scuola hambalita Ibn Taymyiyya (1263-1328) che, reagendo al quietismo di Al Ghazali, affermò esplicitamente che il dovere del sovrano era quello di rendere la propria autorità legittima attraverso la piena osservanza della Sharia. A questo compito le monarchie sannite del Golfo sarebbero venute meno tollerando la presenza delle truppe USA nella penisola arabica dopo la prima guerra del Golfo.
Il concetto di “Stato islamico” non appare invece oggetto di illustrazione dettagliata nella dottrina dei Fratelli musulmani, mentre lo è quello di un “ordine islamico”, “la comunità dei perfetti credenti”: anche se i Fratelli musulmani tendono a credere che nessun ordine islamico sia possibile senza una profonda modifica della coscienza di ciascun individuo, un importante leader del movimento Sayyd Qutb, impiccato dal regime di Nasser nel 1966, teorizzò la necessità di reagire alla Jahiliyya, la “barbarie” che governerebbe il mondo, allo stesso modo di Maometto e quindi attraverso la conquista del potere politico. Nell’ambito dei Fratelli musulmani è però consistente anche l’approccio “neotradizionalista” che propone invece un’”islamizzazione dal basso” che, prima di affrontare il problema della conquista del potere, ritiene necessaria un’opera di diffusione della cultura islamica tramite le moschee e la penetrazione delle idee fondamentaliste tra studenti e intellettuali (secondo un modello che ad alcuni studiosi ha richiamato le teorie dell’”egemonia” politica di Antonio Gramsci). In realtà, però all’”arcipelago dei fratelli musulmani” appaiono riconducibili anche posizioni radicali, quali quella di Hamas nei territori palestinesi (sui Fratelli musulmani cfr. apposito box con una cronologia sintetica delle vicende del movimento)
Sui possibili sviluppi futuri del fenomeno del fondamentalismo islamico, le diverse analisi raccolte nella sezione “Prospettive” appaiono riconducibili a tre ambiti interpretativi:
- quella di un esaurimento del fondamentalismo, vale a dire di un’incapacità di affermazione del progetto fondamentalista originario, a fronte dei fenomeni di modernizzazione che hanno interessato anche il mondo arabo-islamico e che il fondamentalismo dove pure ha conquistato il potere (l’Iran, il Sudan di Hasan al Turabi, l’Afghanistan talebano) non è apparso in grado di gestire, venendo meno anche alle promesse di giustizia sociale. In tale quadro anche i fenomeni terroristici di natura fondamentalista, quali quello di Al Qa’ida, risulterebbero una conferma, nel loro carattere estremamente minoritario, dell’incapacità di un’ampia affermazione nelle società del progetto politico fondamentalista. In tal senso, esponenti di movimenti islamisti, abbandonando le teorie radicali di un Qutb o di un Khomeini apparirebbero più interessati, anche nella loro contrapposizione ai regimi autoritari, ad esplorare le modalità di “convivenza” di un pensiero islamista con un modello istituzionale di tipo democratico-liberale (interessanti in questa ottica potrebbero risultare i tentativi, auspicati da alcuni intellettuali musulmani, di costruzione di un “Islam europeo” che conviva con le istituzioni democratiche ovvero l’operato di alcuni imprenditori musulmani che hanno sposato, ad esempio nell’Anatolia turca, un’adesione rigorosa ai precetti religiosi con attività economiche di successo in contesti di libero mercato [Gilles Kepel; Olivier Roy];
- quella di una nuova declinazione dei rapporti tra islamismo e politica, alla luce di un rilancio dell’approccio neotradizionalista, e dell’individuazione di una possibile convivenza delle regole democratiche con società fortemente permeate dall’etica islamica, secondo il modello dell’egemonia gramsciana: in questo quadro, si tratterebbe quindi di valutare la capacità di movimenti come quello dei Fratelli musulmani, di evolversi in modo di porsi alla guida di un processo di modernizzazione politica e sociale [Campanini];
- quello della persistenza della minaccia fondamentalista come segnale della percezione da parte del mondo arabo-islamico di un difficile confronto con la modernità e la crescente interconnessione dei fenomeni mondiali (la c.d. “globalizzazione”) ; rispetto a tale minaccia unica alternativa rimane quella della proposizione di un modello politico ispirato alla più netta separazione tra politica e religione, che comunque non venga imposto dall’esterno ma sappia rifarsi ad elementi presenti anche nella tradizione islamica come quello del “consenso della comunità” e della “consultazione” [Lewis; ma si veda anche la sua recente intervista sempre riprodotta nel presente dossier].
Box 1
Islam: glossario dei termini
GLOSSARIO ISLAM*
I SUNNITI rappresentano la maggioranza della popolazione musulmana; il nome deriva dalla rivendicazione della fedeltà esclusiva alla “sunna” intesa come insieme del Corano e degli Hadith (detti) di Maometto, che costituiscono, attraverso le interpretazioni successivi dei dottori islamici (ulema), il nucleo della Sharia, la legge islamica. All’interno del sunnismo si distinguono quattro scuole: hanafita; malachita; shafiita e hambalita (quest’ultima è la più rigorosa)
Gli SCIITI rappresentano la più importante minoranza musulmana. Lo scisma rispetto all’Islam sunnita originò dal riconoscimento come guida anche politica (e non solo religiosa nella preghiera come per i sunniti) dell’Imam, e dall’attribuzione di questo titolo unicamente ai discendenti di sangue del Profeta Maometto, a partire dal cugino di Alì, quarto califfo dell’Islam, considerato dagli sciiti, primo Imam, che diede origine allo scisma. Così, se per i sunniti il potere politico si fonda su una “successione carismatica” legata al consenso comunitario, per gli sciiti il titolo di Imam si trasmette di padre in figlio tra i discendenti del Profeta, fino al dodicesimo Imam, misteriosamente scomparso nell’874. La credenza religiosa vuole che egli sia ancora miracolosamente in vita e che abbia comunicato con il mondo attraverso degli intermediari, fino alla morte dell’ultimo di questi intermediari, nel 941, anno di inizio della “Grande Occultazione” (periodo nel quale l’Imam è vivo, ma invisibile agli occhi degli uomini). Questa fase dura tuttora ed avrà termine alla fine dei tempi, quando l’Imam tornerà nella veste del Mahdi per instaurare il Regno della giustizia e della verità.
SALAFIYYA con questo termine si indicano i movimenti di “risveglio islamico”, sostenitori di un ritorno alla purezza dell’Islam originario, sviluppatisi in ambito sunnita a partire dal Settecento. Tra questi movimenti si possono ricordare il wahhabismo e il deobandismo.
WAHHABISMO Con questo termine ci si riferisce al gruppo islamico di rinnovamento e di ritorno ai principi originari dell’Islam fondato, in ambito hambalita (v. supra), da Muhammad ibn ‘Abd al-Wahhāb (morto nel 1792 d.C.), ancora oggi diffuso nella penisola arabica. Il termine wahhābita veniva usato in origine dagli oppositori del movimento, che lo accusavano di essere una nuova forma di Islam. Secondo gli insegnamenti, però, il movimento non costituiva una nuova scuola, ma piuttosto una chiamata, una missione per l’autentica realizzazione dell’Islam.
DEOBANDISMO: movimento salafita di ritorno alla purezza dell’Islam originario sorta in ambito hanafitae fondata nel 1865 nella città indiana di Deoband da Muhammad Abid Husayn.
SUFISMO Una delle manifestazioni più autenticamente creative della vita religiosa dell’Islam, viva ancora oggi, è la tradizione mistica nota come Sufismo. Le origini etimologiche del vocabolo sono diverse. Probabilmente esso deriva dalla parola araba suf (lana), in quanto gli aderenti al Sufismo indossavano indumenti di lana grezza come simbolo del loro rifiuto del mondo. Di fatto, i termini sufi e Sufismo evocano una complessa articolazione di significati, tra cui il rifiuto del mondo, l’unione profonda con il Profeta e con il suo messaggio, la ricerca spirituale capace di innalzare alla totale intimità con Dio. Tra gli elementi fondanti del misticismo islamico si annoverano tutti quei drammatici episodi sociali e politici seguiti all’avvento al potere della dinastia degli Omayyadi, alla metà del VII secolo. Soprattutto per reazione alla mondanità degli Omayyadi, comparvero i primi asceti, che predicavano il ritorno ai valori puri del Corano e la rinuncia alle ricchezze e agli allettamenti del potere terreno. L’esperienza mistica e il suo studio conoscitivo, ricoprirono un aspetto fondamentale nell’evoluzione dei principi teorici e ascetici che guidavano il percorso mistico dei sufi.
*Fonte: Enciclopedia delle religioni, vol. 8, l’Islam, edizione a cura di Mircea Eliade
Box 2
I Fratelli musulmani: cronologia sintetica
1928: fondazione del movimento al Cairo, in Egitto, da parte di Hasan Al Banna;nel corso degli anni trenta il movimento cresce tra le classi medie e i ceti più poveri egiziani, promuovendo l’Islam come base per la riforma politica, economica e sociale.
1941: anche se il movimento rifiuta la tradizionale politica di partito, Al Banna tenta di candidarsi al Parlamento egiziano; la sua candidatura non viene però accettata. Durante la seconda guerra mondiale il movimento agisce in condizioni di semiclandestinità ma mantiene un forte radicamento sociale
1945: Hasan Al Banna si candida alle
elezioni parlamentari ma, anche per il concorso di brogli elettorali, non risulta
eletto.
1948:
1949: morte di Hasan Al Banna
1952:
1954: rottura tra
1966: viene impiccato in carcere l’esponente radicale dei Fratelli musulmani, importante teorico dell’islamismo, Sayyd Qutb
1971: a seguito dell’ascesa al potere di Anwar Sadat e della moderata liberalizzazione politica avviata, le misure persecutorie nei confronti della Fratellanza cessano;
1976: riprendono le pubblicazioni del quotidiano del movimento “Al-Dawa”; il movimento rimane formalmente fuori legge ma cresce il suo radicamento sociale e si assiste ad un’islamizzazione delle università; suoi candidati partecipano come indipendenti alle elezioni. Il movimento rinuncia alla violenza e prende le distanze dai gruppi più radicali, che invece non rinunciano alla violenza, come al-Jama’a al-Islamyia e il Jihad islamico.
1981: Sadat viene assassinato in un attentato organizzato da un gruppo islamista radicale del Jihad islamico (nel quale milita anche Ayman Al-Zawahiri, medico egiziano, poi esponente di rilievo di Al Qa’ida); sale al potere Mubarak, che non muta la politica di Sadat nei confronti della Fratellanza
2005: nelle elezioni dell’Assemblea del popolo i candidati collegabili alla Fratellanza ottengono il risultato migliore mai registrato, raggiungendo il 20 per cento dei voti
2010: nelle nuove elezioni dell’Assemblea del popolo nessun candidato collegato alla Fratellanza risultano eletti; osservatori indipendenti registrano numerose irregolarità nelle elezioni
Box 3
La presa del potere da parte di Khomeini: cronologia
Ottobre 1978: dopo quattordici anni di esilio in Iran l’Ayatollah Khomeini (1900-1989) si trasferisce a Parigi, da dove, insieme alle forze di opposizione di sinistra e al fronte nazionale liberale, guida le manifestazioni di protesta contro lo Shah Reza Pahlevi;
Gennaio 1979: Khomeini ancora a Parigi forma il Consiglio islamico rivoluzionario;
15 gennaio 1979: lo Shah Reza Pahlevi abbandona l’Iran, pochi giorni dopo aver nominato primo ministro un ex-esponente del Fronte nazionale, Shapour Bakhtiar, che tenta una politica di riforme;
1° febbraio 1979: una folla oceanica accoglie Khomeini a Teheran di ritorno da Parigi; le forze armate ritirano il sostegno al governo di Bakhtiar e Khomeini nomina primo ministro provvisorio Mehdi Bazargan, che forma un governo provvisorio; il potere reale è però esercitato, attraverso una rete di comitati, dal consiglio islamico rivoluzionario;
1° aprile 1979: si svolge il referendum convocato da Khomeini che richiede l’approvazione o meno dell’istituzione di una repubblica islamica in Iran. Con il 98 per cento dei voti viene approvata la scelta dell’istituzione della Repubblica islamica
Aprile-agosto 1979: viene elaborato un primo progetto di Costituzione che prevede un’assemblea parlamentare monocamerale, un presidente e un primo ministro. Nonostante le pressioni per la convocazione di un’Assemblea costituente, Khomeini decide di sottoporre la redazione finale della Costituzione ad un’Assemblea di esperti.
3 agosto 1979: viene eletta l’Assemblea di esperti, composta da 72 rappresentanti, selezionati in quattro categorie: scienziati religiosi con un ruolo attivo nella rivoluzione islamica; gli intellettuali islamici; gli attivisti politici residenti in Iran; un gruppo di personalità tradizionaliste. Dopo poche settimane gli esponenti laici vengono espulsi dall’Assemblea di esperti con l’accusa di essere filo-occidentali e contrari ai principi dell’Islam
dicembre 1979: un nuovo referendum approva il progetto definitivo di Costituzione elaborato dal Consiglio degli esperti; rispetto alla prima versione è introdotta la figura del Wali Faqih, la guida religiosa suprema che costituisce l’istituzione principale del paese (la carica verrà ricoperta da Khomeini)
[1] Le scienze sociali contemporanee definiscono “fondamentalisti” o “integristi” quegli approcci religiosi che intendono reagire all’emarginazione della religione dal mondo contemporaneo (cfr. ad esempio M. E. Marty, R. S. Appleby, The Fundamentalist Project, 5 voll., Chicago-London, The University of Chicago Press, 1991-1995), attraverso una ripresa dell’adesione letterale ai testi sacri delle diverse religioni