Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari esteri
Altri Autori: Servizio Rapporti Internazionali
Titolo: Visita di una delegazione della Commissione per la Sicurezza nazionale e gli Affari esteri dell'Assemblea consultiva islamica della Repubblica islamica dell'Iran
Serie: Documentazione e ricerche    Numero: 196
Data: 16/02/2011
Descrittori:
DIFESA NAZIONALE   IRAN
RELAZIONI INTERNAZIONALI     
Organi della Camera: III-Affari esteri e comunitari
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Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione e ricerche

Visita di una delegazione della Commissione per la Sicurezza nazionale e gli Affari esteri dell’Assemblea consultiva islamica
della Repubblica islamica dell’Iran

16-17 febbraio 2011

 

 

 

 

 

 

n. 196

 

 

 

16 febbraio 2011

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Affari esteri

( 066760-4939 / 066760-4172 – * st_affari_esteri@camera.it

Hanno partecipato alla redazione del dossier i seguenti Servizi e Uffici:

Servizio Rapporti Internazionali

( 066760-3948 – * cdrin1@camera.it

 

 

 

 

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File: es0662.doc

 


INDICE

Visita di una delegazione della Commissione per la Sicurezza nazionale e gli Affari esteri dell’Assemblea consultiva islamica della Repubblica islamica dell’Iran

Composizione della delegazione  3

Schede di lettura

La situazione politica iraniana e i rapporti con la Comunità internazionale  7

§      Le sanzioni ONU   9

§      Le sanzioni bilaterali12

§      La situazione interna  14

§      La situazione iraniana nell’attività del Parlamento italiano  18

Scheda Paese

§      Cariche dello Stato  e personaggi politici di rilievo  29

§      Scadenze elettorali30

§      Quadro politico  30

§      Quadro istituzionale  33

§      Attualità di politica interna ed estera  38

§      Quadro economico  53

Profili biografici (a cura del Servizio Rapporti Internazionali)

ALAEDDIN BORUJERDI Presidente della Commissione per la sicurezza nazionale e per la politica estera del Majlis  79

Rapporti bilaterali

§      Principali obiettivi/interessi italiani83

§      Relazioni politiche  85

§      Lotta ai traffici internazionali di narcotici86

§      Relazioni economiche, finanziarie e commerciali86

§      Manifestazioni culturali100

§      Turismo  101

§      Cooperazione allo sviluppo  101

Relazioni parlamentari

§      Rapporti parlamentari italo-iraniani107

Documentazione

§      L. Trombetta, L’asse di ferro Siria-Iran, (www.affarinternazionali.it), 1° marzo 2010  123

§      L. Nannetti, Lo Stretto di Hormuz al centro della partita tra Iran e Occidente, (www.affarinternazionali.it), 28 aprile  2010  123

§      R. Petroni, Gli Stati arabi, il processo di pace mediorientale e il programma nucleare iraniano, (www.argoriente.it), giugno 2010  123

§      R. Alcaro, Servono le nuove sanzioni contro l’Iran?, (www.affarinternazionali.it), 26 giugno 2010  123

§      Iran: possibili prospettive di crescita economica, (www.equilibri.net), 23 settembre 2010  123

§      Iran - Hezbollah: passato, presente e futuro di una alleanza trentennale, (www.equilibri.net), 2 dicembre 2010  123

§      R. Redaelli, Iran: il grande nemico, in: ISPI Commentary, 23 dicembre 2010  123

§      Iran: sulla rimozione improvvisa del Ministro degli Esteri, (www.equilibri.net), 29 gennaio 2011  123

§      Iran: Ahmadinejad Alienates Key Protector, (www.isn.ethz.ch), 1° febbraio 2011  123

 

 


Visita di una delegazione della Commissione per la Sicurezza nazionale e gli Affari esteri dell’Assemblea consultiva islamica della Repubblica islamica dell’Iran

 


Composizione della delegazione

 

-                     S.E. Eloeddin Boroujerdi, Presidente della Commissione per la Sicurezza nazionale gli Affari Esteri dell’Assemblea Consultiva islamica della Repubblica islamica dell’Iran;

-                     On. Mohammad Mehdi Shahryar, deputato dell’Assemblea Consultiva islamica;

-                     On. Parviz Soruri, deputato dell’Assemblea Consultiva islamica;

-                     On. Mehdi Mehdizadeh, Deputato dell’Assemblea Consultiva islamica;

-                     Dr. Arefi, Capo Ufficio affari regionali Europa Occidentale del Ministero Affari Esteri della R.I. dell’Iran;

-                     Dr. Alireza Ayyari, Segretario della Commissione per la Sicurezza nazionale e gli Affari Esteri;

-                     S.E. Seyed Mohammad Ali Hosseini, Ambasciatore della Repubblica islamica dell’Iran in Italia;

-                     Ali Piri, Consigliere per gli affari politici dell’Ambasciata della Repubblica islamica dell’Iran;

-                     Sepideh Teheran, interprete.


Schede di lettura

 


La situazione politica iraniana e i rapporti con la Comunità internazionale

 

La contesa che contrappone l’Iran alla Comunità internazionale riguarda un processo (l’arricchimento dell’uranio, fase principale del ciclo di produzione del combustibile nucleare) che non è – di per sé - proibito dal Trattato di non proliferazione del 1968 (TNP), in quanto esso è sì necessario per la fabbricazione di ordigni nucleari, ma lo è anche per la produzione di energia.

Tuttavia, il problema ha origine da violazioni accertate da parte dell’Iran degli obblighi internazionali in materia nucleare che risalgono ormai a diversi anni fa. Infatti nel 2002 - grazie alla denuncia di un gruppo dissidente – la Comunità internazionale seppe dell’esistenza di due impianti tenuti fino ad allora segreti  dalle autorità di Teheran: ad Arak, un reattore ad acqua pesante ed a Natanz, un impianto per l’arricchimento dell’uranio. Tali attività non erano state notificate all’ Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA), come prescritto dal Trattato.

Nel 2003 (quindi durante la presidenza Khatami) l’Iran, anche per reagire al discredito internazionale derivato dalla clamorosa scoperta, si impegnò a sospendere ogni attività di arricchimento dell’uranio. 

L’ascesa di Ahmadinejad alla Presidenza della Repubblica islamica nell’agosto del 2005 ed il suo dichiarato proposito di riprendere le attività di arricchimento dell’uranio su larga scala ha destato allarme nella Comunità internazionale.

In ogni caso, i fattori su cui sembra convergere un consenso internazionale sono due. Da un lato la fase critica che attraversa già oggi il processo di non-proliferazione (crescenti critiche alle potenze del club nucleare per il mancato disarmo; indizi convergenti di una intensificazione del contrabbando di materiale nucleare, pressioni proliferatrici costanti): in questo contesto il raggiungimento dell’obiettivo da parte dell’Iran potrebbe rappresentare un colpo definitivo per il TNP. Inoltre, data la rete di rapporti dell’Iran con gruppi armati in tutto il Medio Oriente, il possesso di armi nucleari potrebbe amplificare il rischio (già alto) del trasferimento di tecnologie nucleari ad organizzazioni terroristiche.

Pur aderendo, fin dal 1970, al Trattato di Non proliferazione (TNP), l’Iran non ha garantito il pieno accesso degli ispettori dell’AIEA ad alcune infrastrutture regolarmente denunciate, ed ha in un primo tempo accolto, ma in seguito apertamente disatteso, l’invito della stessa AIEA a sospendere il proprio programma di arricchimento dell’uranio.

Sin dal febbraio 2003, l’AIEA ha confermato l’esistenza in Iran di un avanzato programma nucleare; da allora ha cominciato a diffondersi il sospetto che tale programma avesse in realtà una segreta destinazione militare. Da parte sua, Teheran ha sempre sostenuto che gli scopi del programma di nuclearizzazione sono pacifici.

Va comunque tenuto presente, su un piano più generale, che la questione delle attività nucleari dell'Iran non può venire disgiunta dal peso che dall'eventuale conseguimento di un armamento nucleare l'Iran stesso è portato ad attribuire in termini di incremento della propria influenza regionale. È noto infatti come l'Iran sia il principale sponsor di movimenti come lo sciita Hezbollah in Libano e il sunnita Hamas in Palestina, mediante i quali esercita di fatto un'influenza rilevante in entrambe le situazioni, con il costante obiettivo di erodere le posizioni di forza di Israele.

L’obiettivo forse più importante per l’Iran è però quello di porsi come modello - pur non essendo storicamente l'Iran un paese arabo - per le aspirazioni di vaste masse islamiche dei paesi arabi, che nell’Iran possono vedere un'alternativa interessante e credibile al predominio di consolidate oligarchie nei rispettivi paesi. In altri termini, ben al di qua del catastrofico scenario di un'effettiva utilizzazione delle armi nucleari, si intende sostenere che sarebbe assai più difficile contrapporsi alla crescita dell'egemonia nella regione, ovvero alle azioni poste in essere da movimenti che siano appoggiati dall'Iran, qualora il possesso di armi nucleari da parte di quest'ultimo rendesse a priori impossibile ogni azione di forza contro il suo territorio.

Altrettanto importante è tuttavia il legame della questione nucleare con le dinamiche politiche interne del regime di Teheran: premesso che il conseguimento di una autonoma capacità nucleare del paese appare obiettivo largamente condiviso anche nei diversi schieramenti politici, il cammino evidentemente tormentato, anche dal punto di vista iraniano, per giungervi, si modula di volta in volta sugli equilibri politici esistenti e le loro immediate prospettive. Tutto ciò non va inteso semplicisticamente nel senso che una leadership moderata e riformista, come ad esempio quella passata di Khatami, sia automaticamente più propensa ad una trattativa con la Comunità internazionale in merito al nucleare, poiché in tal modo si dimenticherebbe la popolarità che tale questione riveste nei vari strati del paese.

E’ forse meglio porre al centro dell'osservazione il livello di stabilità percepito dalle forze al potere, le quali solo in caso di un forte consolidamento della loro posizione potrebbero permettersi di concedere aperture, che in ogni caso provocherebbero critiche. Viceversa, in una situazione di instabilità dei gruppi dirigenti - come incidentalmente sembra quella attuale - è assai arduo che questi possano crearsi ulteriori difficoltà in ragione di una maggiore collaborazione con l'AIEA e la Comunità internazionale.

 

Le sanzioni ONU

Dopo una serie di tentativi di mediazione frustrati dal reiterato diniego iraniano di collaborazione con l’AIEA, il Consiglio di Sicurezza dell'ONU approvava quattro successivi regimi di sanzioni contro il programma nucleare:

Dicembre 2006 – UNSCR 1737: sancisce il divieto di vendita o trasferimento di qualsiasi materiale relativo al programma nucleare inclusi la componentistica e l’equipaggiamento che potrebbe avere applicazioni militari (materiale dual use). Inoltre la risoluzione esorta a congelare i beni  di individui e società considerati legati al programma nucleare e in particolare all’attività di arricchimento.

Marzo 2007 – UNSCR 1747: Colpisce anche il programma balistico, la banca Sepah, e congela i beni di persone fisiche e società (riconducibili ai Pasdaran) connesse al programma nucleare. Proibisce l’importazione e l’esportazione di armi da e per l’Iran.

Marzo 2008 – UNSCR 1803: La risoluzione 1803, prevede un inasprimento dell’embargo commerciale che comprende ora la tecnologia dual use (prodotti che hanno impiego sia civile sia militare), un più severo regime di ispezioni delle merci in entrata e in uscita dal Paese, il congelamento dei conti appartenenti ad alcune banche e società iraniane ed il divieto di rilascio di visti d’entrata al personale impiegato nel programma nucleare. La 1803 inoltre estende la lista di persone connesse al programma da monitorare (congelamento dei beni e interdizione dai voli internazionali).

Le iniziative internazionali per una soluzione negoziata sono state rilanciate nel giugno 2008 dal gruppo dei paesi membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’ONU (USA, Russia, Gran Bretagna, Francia e Cina) e dalla Germania (c.d. gruppo “5+1”), che hanno definito alcune proposte di mediazione. Tali proposte rappresentano il frutto dell’iniziativa congiunta di americani ed europei e derivano dalla decisione degli USA di ammorbidire le proprie posizioni intransigenti. In cambio di un pacchetto di incentivi il gruppo “5+1” ha chiesto all’Iran di rinunciare alla prosecuzione delle attività di arricchimento di uranio. L’Alto Rappresentante dell’Unione europea, Javier Solana, ha presentato in quella circostanza una serie di proposte riguardanti la cooperazione nel settore della costruzione di centrali ad acqua leggera di ultima generazione per scopi civili, quello delle infrastrutture, l’aviazione civile, lo sviluppo umano e l’assistenza umanitaria.

A queste richieste, Teheran ha risposto da un lato dichiarandosi ufficialmente non legata a nessun tipo di scadenza nello svolgimento del negoziato e, dall’altro, con il lancio di nuovi missili, in grado di colpire Israele, durante manovre militari effettuate nel Golfo dai Guardiani della rivoluzione.

Il 23 giugno 2008 il Consiglio dell’Unione europea, con la decisione n. 475, ha adottato una nuova serie di provvedimenti restrittivi dell’operatività del sistema finanziario iraniano, volti a sottrarre fonti di finanziamento ai programmi nucleari del paese.

Le sanzioni europee contro il regime iraniano hanno colpito ancora una volta il sistema finanziario e ampliano la lista degli individui, ricercatori e militari del corpo dei Guardiani della rivoluzione, che sarebbero coinvolti nel programma nucleare e balistico iraniano.

Con l’avvento della nuova Amministrazione statunitense, anche in consonanza con quanto anticipato da Barack Obama durante la campagna elettorale, è cresciuta l’aspettativa per un atteggiamento meno rigido nei confronti di Teheran: così ad esempio la riunione del “gruppo 5+1” del 4 febbraio 2009 ha salutato con favore l’intenzione del nuovo Presidente di avviare un dialogo costruttivo con l’Iran, pur richiamando quest’ultimo ad ottemperare finalmente alle richieste dell’ONU. La risposta iraniana è stata ancora una volta di rivendicazione del proprio diritto a perseguire autonomamente la strada dell’energia nucleare, nel pieno esercizio della sovranità nazionale.

Tuttavia, le speranze di una ripresa costruttiva dei negoziati sono state già nei giorni precedenti offuscate dall’annuncio, durante il G-20 di Pittsburgh, dell'esistenza nei pressi della città santa iraniana di Qom di un altro impianto per l'arricchimento dell'uranio - del quale gli americani erano per loro ammissione a conoscenza già da due anni -, di cui solo pochi giorni prima, consapevoli di essere stati scoperti, gli iraniani avevano dato una generica notifica all'AIEA.

L'Iran è stato accusato di aperta violazione delle regole internazionali in materia di non proliferazione, e si è visto richiedere l'immediata disponibilità a consentire agli ispettori dell'AIEA l'accesso al nuovo sito nucleare.

Tre giorni dopo, il 28 settembre, data che nel 2009 coincideva con lo Yom Kippur ebraico, i pasdaran iraniani hanno proceduto al lancio sperimentale di due tra i missili più potenti in loro possesso, capaci di raggiungere obiettivi ben oltre mille km, e dunque agevolmente anche il territorio israeliano.

Nonostante queste premesse, l'appuntamento del 1º ottobre a Ginevra è sembrato aprire prospettive positive, poiché ha registrato anzitutto il primo incontro bilaterale tra Iran e Stati Uniti dopo trent’anni, e il disgelo dei rapporti con il Gruppo 5+1. L'Iran si è dimostrato disponibile a favorire un’ispezione dell’AIEA all'impianto di Qom in tempi brevissimi, ma soprattutto ha accettato la prospettiva di esportare il proprio uranio per consentirne l'arricchimento all'estero, con i relativi controlli sulla esclusiva destinazione civile. È stato inoltre fissato un nuovo incontro per la fine del mese di ottobre.

L'atmosfera positiva ristabilitasi è sembrata proseguire per diverse settimane. Alla fine di ottobre però l’Iran cominciava a porre alcune condizioni, anzitutto quella di non inviare tutto l'uranio previsto se non gradualmente, in diverse spedizioni: ma la posizione di Teheran emergeva a tutto tondo il 7 novembre, quando il capo della Commissione per la sicurezza nazionale e la politica estera dell'Iran ha escluso completamente la possibilità di dar seguito alla bozza di accordo con l’AIEA.

Il 18 novembre la presa di posizione negativa di Teheran veniva ribadita autorevolmente dal ministro degli esteri Mottaki, che avanzava la controproposta di tenere l'uranio nel paese, seppure sotto supervisione, in cambio dell’immediata consegna di combustibile atomico per gli impieghi nel campo della sanità.

L'atteggiamento complessivo dell'Iran - diveniva chiaro - era quello dell'alternanza di aperture e di dilazioni, ma nella direzione sostanziale di un rifiuto delle proposte della Comunità internazionale.

L’AIEA ha diffuso un ulteriore rapporto il 18 febbraio 2010, il primo da quanto l’Agenzia è sotto la guida del nuovo direttore, il giapponese Yukiya Amano. Per la prima volta, notano i cronisti e gli esperti, l’AIEA prende una posizione netta sul controverso programma nucleare iraniano, menzionando la preoccupazione circa la possibilità che l'Iran stia effettivamente lavorando alla produzione di una testata nucleare. I rappresentanti dei 35 Paesi che fanno parte del Consiglio dei governatori che ha successivamente esaminato il rapporto, ne ha deciso il rinvio al Consiglio di sicurezza dell’ONU.

Solo pochi giorni prima, il 6 febbraio, Ahmadinejad aveva ordinato al direttore dell’Agenzia atomica iraniana, Ali Akbar Salehi, di procedere all’arricchimento dell’uranio al 20%. L’annuncio, considerato una nuova provocazione nei confronti delle potenze occidentali che stavano tentando di mettere un freno alla corsa nucleare di Teheran, è arrivato proprio nei giorni nei quali l’accordo proposto dal gruppo 5+1 sembrava finalmente realizzabile.

I continui e repentini cambiamenti di posizione di Ahmadinejad – sempre oscillanti tra aperture alla possibilità di fare arricchire il proprio uranio all’estero e la rivendicazione intransigente dell’arricchimento in proprio – ha prodotto negli ultimi mesi un sempre maggiore consenso internazionale verso l’adozione di nuove misure sanzionatorie per fare pressione sul regime iraniano.

Le lunghe trattative condotte dagli Stati Uniti, soprattutto nei confronti delle due potenze più riluttanti, Russia e Cina, entrambe con diritto di veto nel Consiglio di sicurezza, si sono finalmente tradotte in una proposta che tutti i paesi del gruppo 5+1 hanno accettato di discutere per la prima volta in una conference call il 25 marzo 2010. Proprio il giorno precedente alla prima stesura della bozza di risoluzione, tuttavia, l’Iran aveva siglato con Turchia e Brasile un accordo che prevedeva lo scambio, da realizzarsi in territorio turco, di 1.200 kg di uranio iraniano debolmente arricchito (al 3,5%) con 120 kg di barre di combustibile nucleare (arricchito al 20%), destinate ad un reattore per la ricerca medica di Tehran (17 maggio 2010).

L’approvazione del quarto regime di sanzioni ONU (UNSCR 1929) del giugno 2010  da parte dei cinque membri permanenti è stata resa possibile dall'eliminazione dei riferimenti al comparto energetico e dai frenetici colloqui fra la diplomazia americana e quelle di Russia e Cina. I due principali alleati della Repubblica Islamica, come per le sanzioni precedenti, hanno  così mitigato significativamente l’intenzione occidentale di allargare il regime sanzionatorio al settore petrolifero e a quello creditizio.

Inoltre, il fatto che Turchia e Brasile si siano fatte portatrici di una soluzione alternativa alle sanzioni - respinta dai 5+1(Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Germania, Russia e Cina) poiché non fornisce sufficienti garanzie – oltre a rappresentare un sintomo dell’ascesa di queste nazioni e delle ambizioni che queste hanno sullo scacchiere internazionale, ha rischiato di minare la credibilità dei 5+1 e di comportare per Stati Uniti e UE che spingevano per un quarto round di sanzioni ONU una perdita di potere negoziale.

Giugno 2010 – UNSCR 1929: La risoluzione aggiunge un individuo e alcune “entità” alla blacklist precedente. La maggior parte delle società colpite da sanzioni sono connesse alla Difesa e ai Pasdaran, mentre le altre sono legate direttamente a IRISL (Islamic Republic of Iran Shipping Line), la Marina mercantile del Paese, già saldamente in mano ai Pasdaran. La risoluzione introduce un nuovo meccanismo per le ispezioni dei cargo da e per l’Iran alla ricerca di materiali illeciti e fa appello a tutte le nazioni per l’abbordaggio di navi sospette dirette nel Paese. Inoltre, più dei precedenti regimi sanzionatori, la 1929 mira ad impedire l’approvvigionamento di componenti per il programma balistico, mentre vi sono clausole specifiche nel testo della risoluzione che si riferiscono al settore militare e proibiscono la vendita di armi pesanti (elicotteri d’assalto e missili). Il quarto regime di sanzioni contro l’Iran restringe altresì la libertà finanziaria del regime andando a colpire mediante l’interdizione all’espatrio ed il congelamento dei beni individui, società e istituti di credito, che la Comunità internazionale ritiene fondamentali per i programmi nucleare e balistico.

 

Le sanzioni bilaterali

USA

A livello bilaterale, il Senato e la Camera dei Rappresentanti USA hanno già approvato a fine 2009 una legge che autorizza il Presidente a estendere le sanzioni contro società che esportano carburante in Iran o che lo assistono nel colmare il suo deficit di raffinazione. La legislazione di fatto proibisce a queste società di fare affari anche in America, precludendo loro il mercato più proficuo al mondo.

Da quando Washington ha deciso di percorrere la via delle sanzioni bilaterali, molti alleati hanno deciso di fare lo stesso fra cui, UE, Canada, Australia, Giappone e Corea del Sud. L’obiettivo di tutte queste sanzioni, che vanno ben oltre la risoluzione 1929, è quello di impedire l’accesso al capitale straniero, arrestare l’investimento nel settore energetico iraniano e impedire l’approvvigionamento di componenti per i programmi nucleare e balistico

 

Unione europea

A giugno 2010, il Consiglio dei Ministri degli Esteri dell'UE ha deliberato un nuovo regime di sanzioni bilaterali nei confronti dell’Iran per il suo controverso programma nucleare. Le sanzioni, rese effettive dalla Decisione del Consiglio europeo del 26 luglio 2010, prevedono il divieto all’investimento e in particolare alla fornitura di assistenza tecnica e al trasferimento di tecnologia per quanto riguarda il settore energetico iraniano. Il divieto sarà applicato anche a quelle società che esportano carburante o che assistono il Paese nella raffinazione, mirando a colpire la particolare vulnerabilità dell’Iran, che è uno dei principali produttori di greggio al mondo, ma paradossalmente ha una limitata capacità di raffinazione.

La IRISL e altre società iraniane per il trasporto aereo di merci (air-cargo) non saranno più autorizzate al transito nelle acque territoriali o negli spazi aerei degli Stati membri UE. I Paesi UE si sono impegnati a ispezionare tutti i voli cargo con origine o destinazione in Iran, ad eccezione dei voli misti passeggeri-cargo. Entreranno in vigore anche una serie di restrizioni ad personam nei confronti di membri delle Guardie Rivoluzionarie, i cui beni custoditi nella UE saranno congelati.

Particolare importanza ha anche la moratoria all’erogazione di servizi finanziari al regime iraniano o a società iraniane, ivi incluso la stipulazione di polizze di assicurazione, elemento vitale nel campo dei trasporti internazionali, specie via mare. Per quanto riguarda le banche, l’UE si impegna a monitorare assiduamente le sussidiarie di istituti iraniani sotto la sua giurisdizione, in particolare richiedendo che ogni trasferimento di denaro superiore ai 35mila euro riceva previa autorizzazione e che quelli superiori ai 10mila debbano essere notificati alle autorità. Alle banche iraniane è anche proibito aprire succursali nel blocco dei Ventisette. L’UE ha anche stilato una “lista nera” di 40 individui e 50 società, considerati vicini al regime, i cui beni saranno congelati e i cui spostamenti all’interno del territorio dell’Unione saranno ristretti, soggetti all’approvazione dello Stato membro in questione, o proibiti del tutto.

La pressione finanziaria di USA e UE non si avverte esclusivamente su petrolio e gas: anche importanti banche europee (Deutsche Bank, HSBC, ABN-AMRO, Credit Suisse e altre) hanno preso la decisione di disinvestire dal Paese in seguito a conversazioni con Stuart A. Levey, sottosegretario del Dipartimento del Tesoro per il finanziamento del terrorismo. Questo rende molto difficile al regime ottenere lettere di credito all’estero, crediti all’esportazione, e trasferire fondi dall’Iran e in Iran. Questo sviluppo dimostra come gli USA e l’UE siano pronte ad agire insieme per restringere le risorse finanziarie a disposizione del costoso programma nucleare iraniano.

A seguito delle sanzioni, la Repubblica Islamica è stata costretta a trasferire centinaia di milioni di dollari da banche europee a quelle di Paesi amici, come ad esempio Dubai, al fine di evitarne il congelamento. Dubai, alleato degli Stati Uniti, continua a gestire un ingente volume di affari con Teheran, il cui volume si aggira intorno ai 12 miliardi di dollari. Al contempo rassicura i propri partner occidentali circa la propria adesione alle sanzioni. Dubai rappresenta per l’Iran una delle più efficaci destinazioni (peraltro geograficamente conveniente) per aggirare gli ostacoli delle sanzioni e il piccolo Emirato è da tempo divenuto il gestore non ufficiale di larga parte delle importazioni iraniane. In seguito all’approvazione delle sanzioni, le autorità di Dubai hanno congelato i beni di quattro individui ma si sono astenuti dallo spingersi oltre.

 

La situazione interna

Economia

L'economia iraniana è dominata da una forte mano pubblica che ha come obiettivo l'autosufficienza in molti settori dell'economia. Il mercato risulta quindi in molti casi distorto e ciò genera sprechi, corruzione, eccessiva burocratizzazione e contrabbando. La crescita nel 2009 e nel 2010 è rallentata a causa della crisi economica e finanziaria globale, ma precedentemente si era mantenuta costantemente sopra il 5%.

I flussi commerciali sono dominati dall'export di petrolio e gas, essendo il territorio iraniano (soprattutto la costa occidentale) ricco di risorse energetiche. Paradossalmente, mancando un'industria di raffinazione del petrolio, il Paese è costretto ad reimportare ben il 40% del proprio fabbisogno di benzina e prodotti raffinati. Inoltre il governo, per una questione di consenso interno, è costretto a tenere basso il prezzo domestico degli idrocarburi, spendendo così ben il 12% del PIL nazionale. Nonostante la crisi finanziaria non abbia inciso particolarmente sull'economia iraniana, il prezzo del petrolio è comunque sceso e ciò toglierà fondi alla politica di spesa pubblica degli ultimi anni. Attualmente, con l'aumentare delle proteste nei confronti del regime, un possibile taglio della spesa pubblica, sarebbe ancor più pericoloso e potrebbe aumentare i sentimenti antigovernativi che serpeggiano tra molti strati della popolazione.

I problemi maggiori sono rappresentati da inflazione, sempre a doppia cifra, alimentata dalla dipendenza dall'export di petrolio e dalla generosa spesa pubblica, e disoccupazione, anch'essa a due cifre. L'Iran ha un tasso di crescita della popolazione molto alto (l'età media è inferiore ai 30 anni) e vi è una forte pressione demografica che il mondo del lavoro iraniano non riesce ad assorbire.

 

I diritti umani in Iran

Il ruolo assunto dal potere religioso all'interno della vita politica iraniana e la presenza di forti minoranze nel territorio (Azeri, Baluci, Kurdi) sono caratteristiche che già di per sé costituiscono una terreno per potenziali violazioni dei diritti umani. Il progressivo restringimento delle libertà fondamentali nel corso degli anni ha raggiunto l'apice dopo gli scontri avvenuti nel giugno 2009 a seguito dei risultati elettorali, che hanno confermato per la seconda volta Ahmadinejad quale Presidente.

Se vi sono dubbi sulla regolarità della consultazione elettorale, è invece del tutto certo che il regime iraniano ha fortemente limitato la libera espressione del dissenso, sia nei confronti della popolazione, sia nei confronti dei leader della protesta. Gli scontri del 2009 hanno evidenziato in misura maggiore gli abusi che il regime perpetra nei confronti degli arrestati e dei prigionieri: tra le più frequenti vi è la detenzione arbitraria, la tortura, le amputazioni "giudiziarie", le pubbliche fustigazioni e le pubbliche confessioni di colpevolezza.

Per ciò che riguarda la pena di morte, l'Iran è tra i primi posti per numero di esecuzioni e secondo Amnesty International nel 2009 ve ne sarebbero state 388, delle quali ben 112 tra lo scoppio della protesta del giugno 2009 e l'insediamento del nuovo governo avvenuto il 5 agosto (più di due al giorno). Sempre collegate alle proteste vi sono state forti limitazioni nell'uso di Internet e anche il blocco delle telecomunicazioni mobili. Sono stati istituiti processi farsa e posti sotto maggiore attenzione attivisti e difensori dei diritti umani.

Un caso recente di comminazione di pena capitale ha posto l'Iran nuovamente sotto i riflettori della pubblica opinione: il "caso Sakineh". La vicenda riguarda una donna accusata di adulterio e successivamente di esser complice dell'uccisione del marito. Condannata alla fustigazione e a 10 anni di carcere, successivamente le venne comminata la pena di morte per lapidazione. Grazie alla mobilitazione internazionale la pena è stata sospesa nel settembre 2010, ma il caso rimane pendente.

 

L'Onda verde

L'Onda Verde fa riferimento ad un movimento di protesta sorto dopo i risultati delle elezioni presidenziali del giugno 2009 che richiedeva la destituzione del Presidente Ahmadinejad. I protestanti accusavano il governo di aver modificato il risultato dei conteggi elettorali, dove il candidato riformista Mir Hossein Mousavi superò di poco il 30% delle preferenze, riportando circa la metà dei voti del candidato conservatore Ahmadinejad.

Le dimostrazioni da pacifiche si sono trasformate in violente e la polizia ha reagito incarcerando numerose persone e limitando l'accesso ai mezzi di comunicazione per evitare che le immagini travalicassero i confini nazionali. La repressione è stata eseguita dalla milizia scelta dei Pasdaran, i Basij, i quali hanno dovuto fronteggiare i tumulti più gravi registrati dal Paese dal 1979. Il governo iraniano ha accusato alcuni Stati occidentali, in primo luogo la Gran Bretagna, di aver fomentato attraverso i servizi segreti queste rivolte, le quali alla fine del 2009 avevano portato all'arresto di migliaia di manifestanti ed oppositori politici. Proteste simili ma in tono minore si sono svolte davanti alle maggiori ambasciate iraniane all'estero, ad esempio negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, come pure in Italia.

Il malcontento però non ha attecchito su tutto il territorio e il movimento verde non possiede un reale programma di attuazione politica, né un leader carismatico capace di trasformare questa energia in un consenso politico determinante (molti osservatori non ritengono che né Mousavi né Karoubi abbiano adeguate capacità di leadership). Il movimento però tende ad espandersi e prevale per il momento l'elemento spontaneo. La lunga fase di contestazione sembra aver messo in ombra uno dei pilastri della rivoluzione islamica, ovvero la legittimazione democratica, seppur concessa ad un'élite di esperti giuridico-religiosi. Inoltre all'interno della stessa élite politica e religiosa sembrano nascere le prime divisioni interne che potrebbero preludere ad una rottura del blocco conservator-religioso che fino ad ora ha governato il Paese.

 

Ultimi sviluppi

I negoziati tra l'Iran e il Gruppo di Paesi del 5+1, ripresi il 6 dicembre 2010 a Ginevra - subito dopo, peraltro, l'annuncio iraniano del raggiungimento di un altro traguardo nucleare, con la produzione di uranio concentrato (il cosiddetto yellowcake) - sono proseguiti a Istanbul il 21-22 gennaio 2011 senza alcun risultato.

Va rilevato peraltro come il programma nucleare iraniano stia proseguendo non senza “inconvenienti”: ad esempio, per quanto riguarda l’avvio della centrale nucleare civile di Bushehr, annunciato entusiasticamente dall’Iran alla fine di novembre del 2010, al momento della prevista piena operatività, ovvero alla fine di gennaio 2011, i tecnici russi che hanno in gran parte  reso possibile la struttura hanno denunciato l’impossibilità di una piena entrata in funzione, in ragione di attacchi informatici che avrebbero parzialmente colpito le strutture automatiche di controllo della reazione nucleare. Inoltre, sempre alla fine di novembre del 2010, il presidente iraniano Ahmadinejad è stato costretto ad ammettere che attacchi informatici avevano colpito una parte delle centrifughe impiegate per l’arricchimento dell’uranio, e negli stessi giorni si registrava l’uccisione a Teheran di uno scienziato nucleare iraniano, e il ferimento di un altro, considerato quest’ultimo il vero deus ex machina dei processi di arricchimento dell’uranio che tanto allarmano la Comunità internazionale.

Nonostante questi problemi, il responsabile del programma nucleare iraniano Salehi ha occupato alla metà di dicembre del 2010 il posto di capo della diplomazia ad interim, subito dopo il licenziamento di Manucher Mottaki, uomo considerato vicino alla fazione conservatrice che fa capo al presidente del Parlamento Larijani, fortemente contraria alla politica di Ahmadinejad. Se la promozione di Salehi può spiegarsi in base a delicati equilibri di politica interna, essa non può non essere vista anche come un tentativo di dare un ulteriore impulso alla conquista iraniana del controllo dell’intero ciclo dell’energia atomica -è superfluo sottolineare quanto ciò possa costituire motivo di ulteriore frizione con la Comunità internazionale.

Nel mese di dicembre si è registrato anche il riaffacciarsi in Baluchistan del terrorismo di Jundullah, che ha provocato 39 morti nei pressi di una moschea mentre si celebrava la festività, centrale per gli sciiti, dell’Ashura. Si è confermato in tal modo, nonostante il capo di Jundullah sia stato impiccato nel 2010, che l’impasto di rivendicazioni etniche e diversità religiosa – i baluchi appartengono alla religione musulmana sunnita - costituisce una spina nel fianco assai preoccupante per Teheran.

La stretta del regime sulla libertà d’espressione e sulla cultura è rimasta assai forte, come dimostra la condanna in dicembre del regista Panahi, cui sono stati inflitti sei anni di prigione - temporaneamente sospesi -, nonché il divieto ventennale di girare film e di recarsi all’estero. Panahi, si ricorda, era stato arrestato nel marzo del 2010 per aver partecipato attivamente alle ondate di protesta successive alle elezioni presidenziali del giugno 2009, nonché per aver girato un film che a detta delle autorità era contrario alla Repubblica islamica.

Nonostante i toni sprezzanti del regime, poi, alla fine del 2010 gli effetti del nuovo round sanzionatorio internazionale – al quale peraltro si è unita in modo piuttosto deciso anche l’India, timorosa di contraccolpi negativi sul grande mercato statunitense - hanno cominciato a mostrarsi con una certa evidenza, tanto che il regime ha dovuto revocare una grossa parte del generoso welfare che ha finora attenuato molti degli effetti negativi delle sanzioni: in particolare è stata decretata la fine dei sussidi statali su una vasta gamma di servizi e prodotti di prima necessità, in conseguenza della quale, ad esempio, l’aumento della benzina sarà almeno di quattro volte, potendo giungere fino a sette. Si prevede inoltre la triplicazione dei prezzi dell’elettricità e dell’acqua potabile, per non parlare della farina, che dovrebbe subire aumenti astronomici. Oltre agli effetti del regime sanzionatorio internazionale, anche il rapido incremento della popolazione del paese ha reso infine necessario restringere di molto il ventaglio di sovvenzioni e di prezzi calmierati. Ahmadinejad non ha peraltro perso l’occasione di imporre un controllo se possibile ancora più ferreo sull’erogazione dei residui sussidi, trasformandone oltre la metà in pagamenti mensili che si prevede verranno erogati a discrezione solo agli amici del regime.

Il nuovo inaspettato scenario delle rivolte nel Maghreb e in Egitto, che hanno condotto alla caduta di Ben Ali e di Mubarak, innescando tensioni anche in paesi come la Libia e la Giordania – per non parlare dell’Algeria, che era stato il detonatore - ha visto in un primo tempo l’entusiastica reazione delle autorità di Teheran, cui non è parso vero di assistere al precipitare di due regimi arabi filoccidentali. Tuttavia, il moto di solidarietà è simpatia con le rivolte arabe ha presto contagiato anche l’Iran, gli esponenti della cui opposizione, dopo lunghi mesi di forzato silenzio seguito al semestre di contestazione della rielezione, nel giugno 2009, di Ahmadinejad, hanno chiesto con forza di poter manifestare al loro volta la solidarietà con la ribellione delle masse arabe. La nuova piega che gli eventi hanno minacciato di prendere ha fatto subito scattare un meccanismo di reazione, ed il 14 febbraio vi sono stati a Teheran gravi scontri, che a quanto pare hanno condotto alla morte di un manifestante filogovernativo. La manifestazione era stata vietata dalle autorità, ma anche stavolta sulla Rete si erano moltiplicati rapidamente i messaggi di adesione all’iniziativa

 

 

La situazione iraniana nell’attività del Parlamento italiano

Oltre che alla vicenda del nucleare iraniano, particolare attenzione è stata riservata in sede parlamentare anche alle iniziative di protesta dell'opposizione iraniana, contrassegnate da una dura repressione poliziesca, emerse attraverso grandi raduni popolari all'indomani della rielezione di Ahmadinejad nel 2009, e proseguite poi con andamento periodico per oltre sette mesi. Il regime di Teheran prosegue nella repressione, avendo comminato ai primi di gennaio 2011 undici anni di carcere a un'avvocatessa attiva nella difesa dei diritti umani e collegata al premio Nobel Shirin Ebadi, nonché con l'impiccagione il 24 gennaio di altri due attivisti delle manifestazioni del 2009. Un segnale di difficoltà per l'economia dell'Iran è stata l'abolizione il 19 dicembre 2010, dopo trent'anni, dei sussidi sui generi di prima necessità, che potrebbe generare nuove proteste popolari, suscettibili di collegarsi all'incendio di rivolta che sta attraversando i paesi arabi nordafricani - va rilevato tuttavia che per ragioni di equilibri geopolitici il regime degli “ayatollah” si è espresso con entusiasmo a favore del movimento, in Egitto, che contesta il regime di Mubarak, senza peraltro mettere nel conto che l'opposizione interna iraniana - come puntualmente avvenuto - sarebbe tornata a chiedere di poter anch'essa liberamente manifestare.

 

Le iniziative internazionali, e in particolare quelle del nostro Paese e del Parlamento, per impedire l’esecuzione della condanna a morte per lapidazione nei confronti di Sakineh Mohammadi Ashtiani, ma anche per porre l’accento sulla lotta a tale inaccettabile modalità di esecuzione della pena capitale, hanno costituito l’oggetto delle comunicazioni del Presidente del Comitato permanente diritti umani della Commissione Esteri della Camera, on. Furio Colombo, integrate dagli interventi di alcuni membri della Commissione (seduta dell’8 settembre 2010 ).

Successivamente, nell’ambito della lotta alla pratica delle esecuzioni capitali la Camera ha approvato un atto di indirizzo, e precisamente la mozione Zamparutti ed altri n. 1-00450, in ordine a iniziative in ambito internazionale contro la pena di morte, in particolare per scongiurare l'esecuzione in Iran di Sakineh Mohammadi Ashtiani, discussa e approvata nella seduta del 6 ottobre 2010 . La mozione, dopo aver fornito un ampio panorama sull'applicazione della pena di morte nel mondo, e nella prospettiva di una nuova risoluzione per la moratoria universale delle esecuzioni capitali all'ordine del giorno dell'Assemblea Generale dell'ONU, dopo l'approvazione a larga maggioranza di analoghi atti nel 2007 e nel 2008, e avendo altresì tratteggiato la grave situazione dei diritti umani in Iran, ultimo paese al mondo a praticare la lapidazione - pena comminata anche nei confronti di Sakineh Mohammadi Ashtiani, accusata prima di adulterio e poi di complicità nell'omicidio del marito e al centro di una crescente mobilitazione internazionale; impegna il Governo italiano, tra l’altro, a un intervento presso le Autorità dell'Iran per scongiurare l'esecuzione di Sakineh e per l'annullamento delle condanne a morte già decretate nei confronti di persone minori di 18 anni al momento del reato, favorendo con ciò l'affermazione di più elevati standard di tutela della persona. Il caso di Sakineh Mohammadi Ashtiani ha costituito, da ultimo, uno dei punti dell’interpellanza urgente n. 2-00938 a prima firma dell’On. Renato Farina, svolta dall’Assemblea di Montecitorio il 27 gennaio 2011 .

In rapporto agli sviluppi relativi alla difficile situazione interna e alle altrettanto critiche relazioni internazionali dell’Iran, il 9 febbraio 2010 le Commissioni Esteri riunite di Camera e Senato avevano svolto in precedenza l’audizione del ministro degli affari esteri, Franco Frattini, che – aggiornando quanto esposto nella  seduta del 16 dicembre 2009 delle Commissioni congiunte Esteri e Politiche dell’Unione europea della Camera e del Senato, nell’ambito delle comunicazioni del Governo sugli esiti del Consiglio europeo del 10-11 dicembre 2009 - ha fatto il punto della situazione e delle iniziative che la Comunità internazionale avrebbe dovuto intraprendere per fronteggiare l’immutata aggressività interna e internazionale del regime di Teheran. Si segnala anche, al riguardo, la seduta del 3 febbraio 2010 , nella quale la Commissione Esteri della Camera ha discusso l'interrogazione 5-02304 dell’On. Mecacci sulla repressione delle manifestazioni di opposizione in Iran.

In precedenza, in relazione alla difficile situazione dell’Iran dopo le contestate elezioni presidenziali del 12 giugno 2009, il 1° luglio 2009 si era svolta l’audizione del Ministro degli Affari esteri Frattini presso le Commissioni Esteri riunite della Camera e del Senato, dedicata ad un’analisi dei più recenti sviluppi della situazione in Iran – sullo stesso tema si ricorda anche che la Commissione Esteri della Camera aveva svolto già nella seduta del 24 giugno l’interrogazione a risposta immediata n. 5-01536 dell’On. Mecacci.

Una nuova occasione di dibattito parlamentare si era avuta il 30 luglio 2009, quando l’Assemblea della Camera ha svolto tra l’altro l’interpellanza urgente 2-00427 dell’On. Ciccioli, riguardante iniziative per la difesa dei diritti umani e delle libertà democratiche in Iran: in tale prospettiva, nella seduta del 18 marzo 2010 della Commissione Affari esteri della Camera, nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulle violazioni dei diritti umani nel mondo, si è poi svolta l’audizione di Caspian Makan, attivista per i diritti umani in Iran.

All'inizio della Legislatura, invece, in riferimento alle rinnovate e clamorose dichiarazioni del presidente Ahmadinejad contro Israele, in data 11 giugno 2008 era stata svolta dalla Commissione Esteri un’interrogazione presentata dall’on. La Malfa (5-00091). Il successivo 15 ottobre è stata nella stessa sede discussa e approvata senza modificazioni una risoluzione sulla necessità di scongiurare la possibile elezione dell’Iran come membro non permanente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per il 2009-2010, alla quale può riconnettersi la successiva discussione dell’interrogazione n. 5-02731 dell’on. Nirenstein, in ordine alla candidatura dell'Iran al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, svolta nella seduta del 20 aprile 2010 della Commissione Affari esteri della Camera. L’on. Nirenstein si è altresì fatta promotrice dell’ interrogazione a risposta in Commissione n. 5-02859, svolta dalla Commissione Affari esteri il 26 maggio 2010 , in ordine al possibile inserimento dei Guardiani della rivoluzione iraniana (pasdaran) nella lista delle organizzazioni terroristiche dell'Unione europea.

La medesima Commissione Esteri, nelle sedute del 26 novembre e del 3 dicembre 2008, ha discusso una risoluzione concernente il mantenimento dell’ Organizzazione deimujahidindel popolo iraniano (OMPI) nella lista dell'Unione europea delle persone e delle entità i cui fondi devono essere congelati nell'ambito della lotta al terrorismo. La discussione si è conclusa con l’approvazione di una risoluzione conclusiva che rileva come - in base a sentenze del Tribunale di primo grado della Corte di giustizia delle Comunità europee, nonché a determinazioni adottate nel Regno Unito – l’OMPI non vada più considerata organizzazione terroristica. Pertanto il Governo è stato impegnato a partecipare attivamente alla revisione semestrale dell’elenco europeo da parte del Consiglio dei ministri dell’Unione, e a richiedere alle autorità irachene e statunitensi particolare accuratezza nei procedimenti riguardanti i membri dell’OMPI protetti in Iraq nel campo di Ashraf, garantendone i diritti di difesa ed evitandone il rimpatrio forzoso in Iran. Le diverse questioni riguardanti l’OMPI sono state peraltro oggetto alla Camera di ulteriori iniziative parlamentari, nelle quali sono sempre stati posti al Governo italiano quesiti concernenti il livello di conoscenza della situazione e la condotta che si intendeva porre in essere.

Per quanto riguarda l’attività normativa, va ricordato che l’articolo 26 della legge comunitaria 2007 (legge 25 febbraio 2008, n. 34) ha delegato il Governo a introdurre disposizioni di attuazione del Regolamento (CE) 19 aprile 2007, n. 423/2007, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran (si tratta di uno dei numerosi provvedimenti adottati in conseguenza della prosecuzione da parte dell’Iran del proprio programma nucleare).

Dopo la presentazione alla Camera di uno schema di Decreto legislativo al riguardo, le Commissioni riunite Giustizia ed Esteri – competenti per i diversi profili della materia - hanno dato parere favorevole sul provvedimento nella seduta del 17 marzo 2009 .

Nelle sedute del 25 e del 31 marzo 2009 lo schema di Decreto legislativo è stato altresì discusso dalla Commissione politiche dell’Unione europea di Montecitorio – competente per il parere su tutti gli schemi di atti normativi del Governo per l’attuazione di norme comunitarie -, che ha concluso l’esame anch’essa con l’emissione di un parere favorevole.

Conseguentemente è stato emanato il decreto legislativo 14 maggio 2009, n. 64, che introduce nell'ordinamento italiano specifiche sanzioni per la violazione del Reg.to CE 423/2007.

 




[1]    Fonti: Ministero degli affari esteri, CIA The World Factbook, fonti di stampa.

Composizione della popolazione per età:0-14 anni: 27.1%;15-64 anni: 68% oltre 65 anni: 4.9%

Circa 2/3 della popolazione è nata dopo la rivoluzione islamica del 1979.

[3]    5 seggi sono assegnati a rappresentati delle minoranze religiose riconosciute: Cristiana, Ebrei e Zoroastriani.

[4]    Quattro seggi non sono stati assegnati. Fra questi, quello spettante alla città di Bam, distrutta da un terremoto nel dicembre 2003.

[5]    La setta attende il ritorno del dodicesimo Imam o Mahdi, attualmente nella fase di occultamento maggiore (ghaybatu ‘s-sughra) e che potrà riapparire al fine di colmare la terra di giustizia dopo che in essa saranno prevalse iniquità e tirannia. Specificatamente Ahmadinejad sembrerebbe appartenere al gruppo Jamkaran degli Hojjatiyeh e tale appartenenza sarebbe uno dei fattori del suo atteggiamento estremistico ed alla base delle sue crescenti difficoltà con i conservatori tradizionalisti e con Khamanei.

[6]    L’Assemblea, formata da 86 religiosi, può anche decidere di rimuovere la Guida, se ritenuto necessario. I candidati sono selezionati dal Consiglio dei Guardiani. L’Assemblea si riunisce solo a cadenza semestrale e le sedute sono segrete. Nelle ultime elezioni per l’Assemblea (dicembre 2006) il Consiglio dei Guardiani ha ammesso solo 164 candidature (bocciandone due terzi). Tutte le donne sono state escluse.

[7]    In risposta a tale dichiarazione, il Majlis ha approvato una risoluzione in cui sono state dichiarate la CIA e l’esercito USA organizzazioni terroristiche.

[8]    Salehi, ex diplomatico di formazione statunitense, è membro dell’Accademia delle Scienze iraniana e del Centro Internazionale di Fisica Teorica, che ha sede a Trieste. Ha servito come rappresentante di Teheran presso l’Agenzia Internazionale per l’Energia atomica a Vienna durante la presidenza del riformista Khatami. Il suo posto è stato preso da Fereidun Abbassi Davani, nominato il 13 febbraio 2011.

[9]    Un sito di tendenze progressiste sostiene che Mottaki si sia dimostrato eccessivamente critico verso le politiche di Ahmadinejad: “Mottaki non è riuscito a conformarsi alle vedute del presidente e alla sua politica estera”. Inoltre all’inizio di dicembre, nel corso di un meeting sulla sicurezza in Bahrain, Mottaki aveva definito “un passo in avanti” le dichiarazioni del segretario di Stato statunitense, Hillary Clinton, secondo la quale l’Iran aveva pieno diritto a sviluppare un programma per il nucleare a uso civile. La Clinton aveva detto alla BBC che Teheran avrebbe potuto arricchire l’uranio per scopi energetici, ma solo dopo aver dimostrato di farlo in maniera responsabile e in accordo con gli impegni internazionali. L’apprezzamento di Mottaki era apparso non in sintonia con la posizione ufficiale iraniana, in base alla quale l’arricchimento dell’uranio non era uno degli argomenti negoziabili.

[10]   In merito all’arresto di Karroubi, si segnala la dichiarazione del Presidente della Commissione dei Diritti Umani dal Senato, Pietro Marcenaro, secondo il quale l’atto costituisce l’ennesima violazione della Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti Umani, che l’Iran ha sottoscritto e ratificato.

[11]   Nel 2008 la Steiner Premathetic Gastec ha concluso un accordo di 100 milioni di €  e la Udhe Gmbh controllata dalla Thyssen Group  ha firmato un contratto per la fornitura di impianti industriali.

[12]   Nel gennaio 2010 avvenuta la firma di un contratto dal valore di 1,44 milioni di US$ tra una società tedesca, di cui non viene resa nota l’identità (secondo l’agenzia Mehr si tratterebbe della Siemens) e la IGEDC (Iranian Gas Engineering and Development Company), per la produzione ed installazione di 100 turbine a gas e turbocompressori).

[13]   Il G77 è un'organizzazione intergovernativa delle Nazioni Unite, formata da 131 paesi del mondo, principalmente in via di sviluppo. I suoi scopi sono quelli di promuovere la cooperazione e lo sviluppo tra i Paesi aderenti.

[14]   Gli iraniani pagano la benzina ad un prezzo “sussidiato” di 0,1 US$ al litro fino ad un massimo di 80 litri al mese e 0,4 US$ per il quantitativo eccedente, mentre le imprese pagano i combustibili industriali a prezzi assai inferiori a quelli di mercato. Il consumo di benzina e combustibili in Iran è di gran lunga superiore a quello di tutti i Paesi vicini e di quelli con tessuti industriali analoghi; il consumo giornaliero di benzina nel Paese si avvicina a un litro per abitante, contro 0,5 in Iraq, 0,03 in Pakistan, 0,65 in Turkmenistan e 0,12 in Turchia, Paese dove il costo dei carburanti è assai superiore.

[15]   L’attuale Presidente ha abolito l’organo di controllo ossia il Consiglio Monetario e Creditizio.

[16]   Dopo le prime norme dettate nel 2007 dal “Money and Credit High Council”, con l’obbligo da parte delle banche di attivare i controlli sulle transazioni monetarie, nel febbraio 2008 sono state emanate l’”Anti Money Laundering Law” e il “Regolamento concernente la prevenzione del riciclaggio da parte delle istituzioni finanziarie”.

[17]    Progetto IRNS12 “Improvement of Iranian legislative and judicial capacity to tackle organized crime and money laundering and promotion of mutual legal assistance”.

[18]    Fonte: Energy Information Administration, Country Report, January 2010.

[19]   Si richiede ai partner stranieri di provvedere al finanziamento e all’esecuzione del lavoro, contro un pagamento in natura (sfruttamento del giacimento stesso), una volta che il giacimento sia operativo.

[20]   Il Nabucco sarà lungo 3300 km. e costerà 7,9 mld di €. Attraverserà la Turchia, la Bulgaria, la Romania, l’Ungheria e l’Austria. Del consorzio fa parte anche la Germania. I lavori inizieranno nel 2010, per terminare nel 2014. Il 25% del progetto verrà finanziato dalla BEI.

[21]   Nel giugno 2010 alcune aziende iraniane del settore privato hanno acquisito quote di partecipazione al capitale di banche cinesi per risolvere gli ostacoli bancari e finanziari che ostacolano gli affari tra i due Paesi.

[22]   La società cinese ha sostituito la francese Total, costretta ad arretrare a seguito delle sanzioni, che comunque ha manifestato l’intenzione di collaborare con i cinesi nell’attuazione del progetto.

[23]    Energy Information Administration, Country Report (febbraio 2009).

[24]   Fonte: Ministero Affari Esteri.

[25]   Lo Stato Avanzamento Lavori, più comunemente abbreviato come SAL, è il documento che attesta l’avvenuta esecuzione di una certa quantità di lavoro, al fine di poter calcolare l’importo che il committente del lavoro, deve pagare all’azienda commissionata per lo svolgimento del compito.

[26]   La polizza credito assicura dal rischio di mancato incasso e di revoca del contratto per le vendite all’estero con dilazioni di pagamento senza limiti di durata. E’ prevista inoltre la copertura dal rischio di indebita escussione delle fideiussioni rilasciate nell’ambito delle attività di esportazione e dal rischio di distruzione e confisca dei beni esportati. 

[27]   Il General Accounting Office del Congresso ha recentemente pubblicato un elenco di società estere, comprendente la Tecnimont, che sono state attive in Iran nel settore oil&gas potenzialmente in violazione della normativa unilaterale USA sulle sanzioni all’Iran.

[28]   Tecnimont è interessata alle potenzialità del mercato americano dall’alta velocità; una missione negli USA è stata effettuata nel gennaio scorso.

[29]   La Hirux International è una società specializzata nella produzione e distribuzione di elettrodomestici piuttosto attiva nei Paesi del Medio Oriente e del Nord Africa.

[30]   Dal 2004, la Fiat ha un accordo con la PIDF (Pars Industrial Development Foundation) per l’assemblaggio e la distribuzione su licenza (scadenza luglio 2014) di auto della famiglia Palio (FIAT brasiliana). FIAT non ha partecipazioni azionarie in PIDF. Le componenti da assemblare sono fornite dalla joint-venture turca Tofas. L’accordo non funziona bene.

[31]   Nel corso della riunione del Mini Dublin Group, svoltasi a Teheran il 6 maggio scorso, sono stati esaminati i progressi compiuti nella lotta alla droga in Iran e l’impatto della produzione di droga in Afghanistan sui Paesi limitrofi. L’Iran è uno dei Paesi più colpiti: secondo i dati UNODC dal suo territorio transita circa il 40% della droga prodotta in Afghanistan e destinata ai mercati europei. L’attività di contrasto consente di intercettare circa il 20% degli oppiacei, ponendo il Paese in cima alla graduatoria dei sequestri mondiali di oppio. Le statistiche registrano circa 1.500.000 tossicodipendenti. Il Mini Dublin Group ha orientato la propria attività verso una intensificazione della collaborazione con le Autorità iraniane. Da parte italiana è stato ricordato l’impegno profuso dal nostro Paese e l’opportunità che l’Iran si adegui agli obblighi internazionali vincolanti nel contrasto al crimine e adotti criteri sanzionatori meno rigidi e nel rispetto dei diritti umani.

[32]   Nel corso di un blitz contro il traffico d'armi della Guardia di Finanza di Milano, ai primi di marzo 2010, sono stati arrestati anche due presunti appartenenti ai servizi di sicurezza iraniani. Il primo è Nejad Hamid Masoumi, 51 anni, che era accreditato come giornalista presso la sala stampa estera a Roma dove è stato arrestato dalla Guardia di Finanza. L'altro presunto 007 iraniano è stato arrestato a Torino. Si chiama Ali Damirchiloo, di 55 anni. I due cittadini iraniani hanno ottenuto, a fine aprile, gli arresti domiciliari. Dure le proteste da parte iraniana: il ministro degli Esteri iraniano, Manuchehr Mottaki, ha chiesto che vengano rilasciati ''il piu' presto possibile'', mentre il presidente del parlamento iraniano, Ali Larijani, ha detto che l'Italia dovrà accettare le conseguenze del suo comportamento «indecente».  L'ambasciatore italiano in Iran, Alberto Bradanini, e' stato convocato al ministero degli Esteri di Teheran, che gli ha trasmesso una protesta ufficiale e gli ha chiesto spiegazioni sugli arresti.

[33]   Si è poi tenuto un incontro con il Vice Presidente Buttiglione, si veda infra.

[34]   Si ricorda che con la decisione del 21 gennaio 2009, il Consiglio dell'Unione Europea ha aggiornato la lista delle persone e delle entità i cui fondi devono essere congelati nell'ambito della lotta al terrorismo, eliminando da tale lista l'Organizzazione dei Mujahidin del Popolo Iraniano (OMPI o MKO), di cui l’NCRI è espressione, a seguito della sentenza del 4 dicembre 2008 del Tribunale di primo grado (presso la Corte di giustizia), pronunciata su ricorso dell’OMPI del 21 luglio 2008. Tale sentenzaha, infatti, annullato le disposizioni della decisione del Consiglio 2008/583/CE, che aveva incluso l'Organizzazione dei Mujahidin del Popolo Iraniano nella lista delle persone e delle entità i cui fondi devono essere congelati nell'ambito della lotta al terrorismo, ritenendo che tale decisione sia stata adottata in violazione dei diritti di difesa dell’OMPI (causa T-284/08).