Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari esteri
Titolo: Il Vertice delle Nazioni Unite sugli Obiettivi di Sviluppo del Millennio - New York, 20-22 settembre 2010
Serie: Documentazione e ricerche    Numero: 158
Data: 16/09/2010
Descrittori:
ASSISTENZA ALLO SVILUPPO   FAME NEL MONDO
Organi della Camera: III-Affari esteri e comunitari
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Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione e ricerche

Il Vertice delle Nazioni Unite sugli Obiettivi di Sviluppo del Millennio

 

New York, 20-22 settembre 2010

 

 

 

 

 

 

n. 158

 

 

 

16 settembre 2010

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Affari esteri

( 066760-4939 – * st_affari_esteri@camera.it

 

 

.

 

 

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File: es0527.doc

 


INDICE

Schede di lettura

§      Premessa  3

§      La realizzazione degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio  5

§      L’Unione interparlamentare e gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio  15

§      Il contributo italiano al raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo del Millennio  17

§      L’attività parlamentare in materia  19

Documenti delle Nazioni Unite

§      Messaggio del Segretario Generale delle Nazioni Unite (14 settembre 2010)25

§      Bozza di dichiarazione finale del Vertice delle Nazioni Unite sugli Obiettivi di Sviluppo del Millennio (in inglese)25

Documenti dell’Unione interparlamentare

§      ’Mobilitare il sostegno parlamentare ai programmi per il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio’ – Agenda provvisoria dei lavori (in inglese)29

§      3a Conferenza mondiale dei presidenti dei parlamenti. Presentazione dei Rapporti sui progressi effettuati a partire dal 2005 (in inglese)29

§      Rapporto dell’Unione interparlamentare in collaborazione con UN Millennium Campaign: Analytical Study on Parliamentary Mechanisms on MDGs (in inglese)29

§      Rapporto dell’Unione interparlamentare su Parlamenti e Obiettivi di Sviluppo del Millennio – Il Parlamento italiano  29

§      Risoluzione adottata dalla 115a Assemblea dell’Unione interparlamentare (18 ottobre 2006) – The Role of Parliaments in Overseeing the Achievement of the Millennium Development Goals, in particular with regard to the problem of debt and the eradication of povertà and corruption  29

Attività parlamentare

§      Camera dei deputati, III Commissione (Affari esteri e comunitari) – Indagine conoscitiva sugli Obiettivi di Sviluppo del Millennio  177

Documento intermedio approvato dalla Commissione, 24 giugno 2009  177

§      Risoluzione in III Commissione N. 7-00380 Pianetta: Sulla partecipazione dell’Italia al Millennium Summit delle Nazioni Unite  189

Testo della Risoluzione  189

Seduta del 29 luglio 2010  193

Nuova formulazione approvata dalla Commissione (8-00085)195

§      Mozioni concernenti adempimenti ed iniziative dell'Italia nell'ambito degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio in vista del vertice delle Nazioni Unite del 20-22 settembre 2010  199

Seduta del 14 settembre 2010  199

Seduta del 15 settembre 2010  229

Testi delle mozioni approvate  247

Altri documenti

§      Vertice sugli Obiettivi di Sviluppo del Millennio (MDGs), New York (20-22 settembre 2010), a cura del Ministero degli Affari esteri261

§      Scheda di riepilogo sulla posizione UE. Vertice sugli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, New York (20-22 settembre 2020), a cura del Ministero degli Affari esteri, settembre 2010  261

§      Eurobarometro, Europeans, development aid and the Millennium Development Goals, settembre 2010 (in inglese)261

§      Banca mondiale, Unfinished Business: Mobilizing New Efforts to Achieve the 2015 Millennium Development Goals (in inglese)261

§      FAO, Anticipazioni sul Rapporto Annuale ‘Lo stato dell’insicurezza alimentare nel mondo’, settembre 2010  261

§      Seminario Interparlamentare, Il ruolo dei Parlamenti nazionali nel conseguimento degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, Dichiarazione finale, 2 luglio 2009  261

§      E. Belloni, Le nuove sfide della cooperazione allo sviluppo italiana, in: La Comunità Internazionale, n. 4/2009  261

Profili biografici

Axel van Trotsenburg, Vice Presidente per le erogazioni finanzaire ed il Partenariato globale della Banca mondiale  403

Antonella Bassani, direttore presso la Banca mondiale  405

 

 


SIWEB

Schede di lettura

 


Premessa

Gli otto Obiettivi di Sviluppo del Millennio, definiti nella Dichiarazione del Millennio del 2000, che ne fissava la realizzazione nel 2015, costituiscono l’impegno di tutti i paesi del mondo di affrontare il problema della povertà globale nelle sue molteplici manifestazioni.

Si ricorda che gli Obiettivi, ciascuno dei quali è articolato in target e in indicatori, allo scopo di meglio valutarne i progressi, sono i seguenti:

 

1. Eliminare la povertà estrema e la fame

2. Istruzione primaria per tutti

3. Promuovere la parità fra i sessi e l'autonomia delle donne

4. Ridurre la mortalità infantile

5. Migliorare la salute materna

6. Combattere HIV/AIDS, malaria e altre malattie

7. Assicurare un ambiente sostenibile

8. Allargare il partenariato mondiale per lo sviluppo.

 

In vista delle scadenze per la realizzazione degli Obiettivi di sviluppo del Millennio (Millennium Development Goals - MDP), fissata come già detto per il 2015, ed in una fase caratterizzata dalla compresenza di progressi e nuove criticità in ordine al conseguimento di tali obiettivi, il Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon ha convocato i leader del mondo per un Verticeche avrà luogo a New York dal 20 al 22 settembre prossimi.

E’ atteso che il Summit faccia non solo il punto sui progressi compiuti ma, soprattutto, ottenga l’impegno collettivo, ad alto livello, ad intensificare gli sforzi e ad ampliare le risorse necessarie a raggiungere il traguardo finale.

Il Vertice dovrebbe concludersi con l’adozione di un Outcome Documentil cui iter negoziale si presenta assai complesso per la conflittualità che oppone i Paesi del Sud e del Nord del pianeta[1]

Come sottolineato dallo stesso Segretario Generale, il Summit rappresenta un’opportunità cruciale per la comunità internazionale di intensificare gli sforzi per il conseguimento degli obiettivi di riduzione di povertà, fame, mortalità materno-infantile e altre malattie. “Abbiamo conoscenze e risorse per realizzare gli Obiettivi del Millennio. La sfida, oggi, è raggiungere un accordo su un’agenda operativa mirata a tali obiettivi” ha affermato Ban Ki-moon nel suo Rapporto adottato - in preparazione al Summit di settembre - il 12 febbraio 2010.. Nel documento(Keeping the Promise: a Forward-looking Review to Promote an Agreed Action Agenda to Achieve the Millennium Development Goals by 2015)viene presentato il quadro dei successi, delle best practices, delle lezioni apprese nella pratica, nonché degli ostacoli, difficoltà, sfide e opportunità che hanno sin qui accompagnato l’azione volta al perseguimento degli Obiettivi del Millennio.  

In particolare, nel documento si sottolinea l’importanza della Millennium Declaration del 2000[2] che guida l’agenda di sviluppo delle Nazioni Unite; si dà conto dei processi correlati al conseguimento degli MDGs, con riguardo sia agliaspetti deficitari sia ai successi; una sezione del documento riassume il know-how  acquisito sul campo e ne trae informazioni utili a supportare nuovi sforzi di accelerazione dei processi verso il successo degli Obiettivi, individuando altresì i fattori chiave del successo; vengono formulate specifiche raccomandazioni a guida delle azioni e, soprattutto, viene evidenziata la necessità di un nuovo patto tra tutti gli stakeholders finalizzato ad accelerare il progresso verso in conseguimento degli MDG nell’impegno per uno sviluppo equo e sostenibile per tutti.

Più di recente, in un comunicato del 14 settembre, il Segretario generale delle Nazioni Unite ha affermato che gli Obiettivi del Millennio sono ambiziosi ma fattibili con “la giusta dose di impegno e volontà”. Ban ki-Moon ha aggiunto anche che lancerà al Vertice una strategia globale per la salute di donne e bambini, per imprimere un ulteriore slancio al conseguimento di tali obiettivi che, per loro natura, se realizzati, sarebbero in grado di promuovere un effetto positivo su tutti gli altri.

Anche l’UNDP, in un Rapporto dello scorso giugno, ha messo in rilievo il fatto che è riscontrabile un effetto sinergico tra gli Obiettivi nel senso che l’accelerazione nel progresso verso uno di essi provoca un’accelerazione nella realizzazione degli altri[3]. A supporto di tale affermazione si forniscono le osservazioni effettuate dai redattori del Rapporto secondo i quali la mortalità infantile è più alta nelle famiglie in cui le donne sono analfabete, stabilendo così un nesso tra istruzione, emancipazione femminile e salute dei bambini. Proprio in considerazione della sinergia e dell’effetto moltiplicatore degli interventi, secondo l’UNDP tutti gli Obiettivi dovrebbero ricevere la stessa attenzione, attraverso un approccio multisettoriale e il coordinamento delle varie agenzie impegnate in questo compito.

Quanto ai profili organizzativi, il Vertice del Millennio (denominato ufficialmente High level plenary Meeting of the General Assembly) si articolerà in sei riunioni plenarie concomitanti con sei tavole rotonde interattive, unificate dal titolo “Making it happen by 2015” e composte da almeno 50 membri; a co-presiedere ciascuna tavola rotonda saranno due  Capi di Stato o di Governo. Le tavole rotonde saranno dedicate ai seguenti temi:

1.      Affrontare la sfida della povertà, della fame e dell’uguaglianza di genere

2.      Raggiungere l’obiettivo di salute ed istruzione

3.      Promuovere lo sviluppo sostenibile

4.      Trattare i problemi emergenti e l’evoluzione degli approcci

5.      Affrontare i bisogni particolari dei più vulnerabili

6.      Ampliamento e rafforzamento della partnership.

La realizzazione degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio

I dati più aggiornati circa la realizzazione degli Obiettivi a livello globale sono contenuti nel Millennium Development Goals Report (MDGs Report) 2010 pubblicato a cura delle Nazioni Unite il 23 giugno 2010. Il Rapporto, alla sua sesta edizione, si basa, come i precedenti, su dati raccolti ed elaborati da Agenzie specializzate e da un Gruppo di esperti, sotto la direzione del Dipartimento degli Affari economici e sociali del Segretariato delle Nazioni Unite.

Il Rapporto 2010 riveste una particolare importanza, proprio in considerazione del fatto che, a cinque anni dalla scadenza finale fissata dalla Dichiarazione del Millennio, è stato convocato il Summit di New York presso le Nazioni Unite.

Il Rapporto sottolinea come la fissazione di obiettivi coraggiosi e collettivi nella lotta contro la povertà possa dare dei risultati soddisfacenti; allo stesso tempo, la mancanza di risorse adeguate, l’assenza di responsabilità e un’attenzione insufficiente allo sviluppo sostenibile, hanno creato arretramenti e ritardi in molte aree, aggravati dalla crisi economica, finanziaria e alimentare tuttora in atto.

Gli avanzamenti si sono dunque registrati nelle aree nelle quali gli interventi sono stati puntuali e sostenuti da adeguati finanziamenti e da un corretto impegno politico. Ciononostante, i progressi hanno un carattere irregolare e il rapporto afferma che senza ulteriori impegni molti dei target nei quali gli Obiettivi si articolano non saranno raggiunti.

Il Rapporto registra inoltre l’impatto negativo che i cambiamenti climatici hanno sulle popolazioni più vulnerabili, che sono anche quelle che meno hanno contribuito al loro verificarsi; così come registra l’aumento del rischio di morte o malattia e di povertà dovuti al verificarsi di disastri naturali sempre tra le popolazioni dei paesi più poveri. In alcune aree, i gruppi più poveri – i non istruiti, o coloro che vivono nelle zone più remote – sono stati dimenticati e non raggiunti dagli strumenti necessari a migliorare le condizioni di vita; ragione per la quale il Rapporto suggerisce una maggiore attenzione alle popolazioni più vulnerabili e politiche dirette a ridurre le disuguaglianze.

 La crisi economica globale sta rallentando la corsa nella diminuzione della povertà: il Rapporto afferma infatti che i suoi effetti continueranno a farsi sentire negli anni futuri determinando un leggero aumento dei tassi di povertà fino al 2015 e anche oltre, fino al 2020 probabilmente e che essi saranno superiori a quanto lo sarebbero stati se la crescita mondiale fosse rimasta ai livelli pre-crisi.

Si riportano di seguito alcune delle osservazioni contenute nel Rapporto 2010 in merito all’attuazione dei singoli obiettivi:

1. Eliminare la povertà estrema e la fame

Il mondo ha fatto grandi progressi nella riduzione della povertà, e prima della crisi economica il tasso di povertà era stato ridotto in quasi tutte le regioni del mondo (dal 46 al 27 % dal 1990 al 2005). Le proiezioni attuali mostrano che, nel complesso, la povertà nei paesi in via di sviluppo ha continuato a diminuire, anche nel 2009, ma con una maggiore lentezza; stime della Banca Mondiale prevedono che la crisi avrà prodotto altri 50 milioni di poveri nel 2009 e circa 64 milioni alla fine del 2010, non collegabili alla crisi mondiale, principalmente nelle regioni dell’Africa sub-sahariana e nell’asia orientale e sud-orientale.

Seriamente minacciato il target che prevede il pieno impiego per tutti, donne e giovani compresi. La crisi finanziaria partita dagli Stati Uniti nel 2007 ha condizionato il mercato del lavoro lungo tutto il 2009 riducendo le capacità delle imprese e creando milioni di disoccupati. Molti lavoratori hanno dovuto ripiegare su lavori precari. La tendenza alla diminuzione dell’occupazione precaria si è interrotta a causa della crisi del mercato del lavoro, restando essa a volte l’unica soluzione praticabile (soprattutto per coloro che cercano il primo lavoro). L’ILO (International Labour Organization) stima che il tasso globale di lavori precari nel 2009 sia tra il 49 e il 53 per cento, cioè a dire 1,5 - 1,6 miliardi di persone che lavorano per conto proprio o che lavorano non pagati nella propria famiglia.

A partire dall’avvento della crisi economica, è cresciuto il numero dei lavoratori che vive con la propria famiglia in estrema povertà: aumenta cioè il numero di coloro che, pur lavorando, non guadagnano a sufficienza per oltrepassare la linea di povertà, che coincide con un reddito di 1,25 dollari al giorno. I dati del 2009 mostrano un sensibile aumento percentuale dei lavoratori poveri, decisamente in ripresa se confrontata con quella dell’anno precedente.

La tendenza verso la diminuzione del numero delle persone sottonutrite nei paesi in via di sviluppo, costante a partire dal 1990-92, si è bloccata già a partire dai primi anni 2000. L’aumento del prezzo del cibo nel 2008 e la crisi economica mondiale hanno ulteriormente peggiorato la situazione e il costo dei beni alimentari continua a rimanere alto nel 2009. Nonostante alcuni progressi, inoltre, nel mondo in via di sviluppo – e particolarmente nell’Asia meridionale - un bambino di età inferiore ai cinque anni su quattro è ancora sottonutrito.

Il Rapporto segnala ancora la gravità del fenomeno dei rifugiati e degli sfollati interni, poiché le stime parlano di oltre 42 milioni di persone cacciate dalle proprie abitazioni a seguito di conflitti o persecuzioni. Di questi, 15,2 milioni sono rifugiati (i 4/5 dei quali nei paesi in via di sviluppo) e 27,1 milioni rimangono all’interno dei confini del proprio paese. Il numero dei rifugiati è rimasto relativamente stabile negli ultimi due anni, in parte anche per la mancanza di soluzioni durature.

Sul punto è da segnalare che una recentissima anticipazione del rapporto della FAO-WFP sullo stato dell’insicurezza alimentare nel mondo[4]rileva come gli ultimi dati disponibili indichino che sono stati fatti alcuni progressi verso il raggiungimento del Primo Obiettivo, con la riduzione della percentuale di affamati dal 20% nel 1990-92 al 16% nel 2010. Tuttavia, con la popolazione mondiale ancora in aumento (sebbene ad un ritmo più lento che nelle ultime decadi), una diminuzione nella proporzione di affamati potrebbe mascherare un aumento nel numero complessivo. I paesi in via di sviluppo come gruppo, infatti, hanno visto un aumento nel numero totale di persone affamate (da 827 milioni nel 1990-92 a 906 milioni nel 2010).

 

2. Istruzione primaria per tutti

Le iscrizioni alla scuola primaria sono in continuo aumento, e raggiungono ora l’89 per cento nei paesi in via di sviluppo; i progressi in questo campo sono stati rilevanti ma troppo lenti per ritenere possibile il raggiungimento del target entro il 2015.

Importanti progressi sono stati rilevati in alcuni dei paesi più poveri, fra cui molti dell’Africa sub-sahariana, anche se questa regione ospita circa la metà dei bambini esclusi dall’istruzione scolastica, seguita dall’Asia meridionale con più di un quarto.

Nonostante il numero dei bambini in età scolastica sia in continuo aumento, il numero totale dei bambini non scolarizzati sta diminuendo (106 milioni nel 1999 contro 69 milioni nel 2008). I dati provenienti da 42 paesi mostrano che i bambini che vivono in campagna hanno il doppio delle probabilità di non frequentare alcuna scuola rispetto ai propri coetanei che vivono in città.

Il raggiungimento dell’Obiettivo è altresì subordinato al numero degli insegnanti e delle classi da mettere a disposizione. Nella sola Africa sub-sahariana servirebbe un numero di nuovi insegnanti pari a quello degli insegnanti già impiegati.

 

3. Promuovere la parità fra i sessi e l'autonomia delle donne

La percentuale di accesso all’istruzione delle bambine si sta lentamente avvicinando a quella dei maschi coetanei: 96 bambine ogni 100 bambini nella scuola primaria e 95 bambine su 100 nella scuola secondaria (dati riferiti al 2008). Nel 1999 il rapporto era, rispettivamente, di 91:100 e 88:100.

Il gap tra iscrizioni femminili e quelle maschili, come si vede, è leggermente più accentuato nella scuola secondaria anche se in tre aree (Asia orientale e sudorientale e America latina) il tasso di iscrizione delle ragazze è superiore a quello dei ragazzi.

Nei gradi di istruzione superiore, il rapporto tra ragazze e ragazzi nelle regioni in via di sviluppo è vicino alla parità: 97 studentesse ogni 100 colleghi maschi. Questa proporzione è largamente dovuta al fatto che in alcuni paesi (stati ex sovietici della Comunità Stati Indipendenti, America Latina, Nord Africa e Asia sudorientale) sempre più ragazze che ragazzi si iscrivono alle classi superiori. Ma nella maggior parte del resto del mondo, il rapporto è decisamente rovesciato: nell’Africa sub-sahariana e nell’Asia meridionale, per esempio, solo 67 e 76 ragazze, rispettivamente, frequentano la scuola superiore rispetto ai cento studenti di sesso maschile.

Quanto alla situazione occupazionale, in ciascuna regione in via di sviluppo – con l’eccezione della CIS – gli uomini sopravanzano le donne soprattutto negli impieghi remunerati. La percentuale di donne in lavori remunerati nei settori diversi dall’agricoltura sta lentamente migliorando, e ha raggiunto il 41% nel 2008. Tuttavia, questo non ha significato un maggiore accesso a pozioni lavorative di alto livello.

Nei paesi dove predomina il settore agricolo, le donne sono prevalentemente occupate in quel settore ma con lavori altamente precari.

La crisi finanziaria del 2008 ha inciso negativamente sul mercato del lavoro in tutto il mondo e le donne – prevalentemente occupate in lavori temporanei e precari – ne subiscono le maggiori conseguenze. 

Riguardo il potere politico, i dati globali rivelano che la loro presenza nei parlamenti continua a crescere, ancorché lentamente, ed è previsto che raggiunga la percentuale del 19 per cento nel 2010. Rispetto ai dati del 1995, questo rappresenta un aumento del 67 per cento, ma il traguardo del 30 per cento appare ancora molto lontano.

 

4. Ridurre la mortalità infantile

Il tasso di mortalità infantile (bambini al di sotto dei 5 anni) nei paesi in via di sviluppo è gradualmente diminuito a partire dai primi anni Novanta. Nel 2008 la media era di 72 decessi ogni 1000 nascite, contro i 100 del 1990. A livello globale il numero totale delle morti infantili è sceso da 12,5 milioni nel 1990 a 8,8 milioni nel 2008, il che significa che, in quell’anno, sono morti 10mila bambini in meno ogni giorno rispetto al 1990.

Il record negativo è detenuto dall’Africa sub-sahariana dove nel 2008 si registrava ancora la morte di 144 bambini con meno di cinque anni ogni 1.000 nati vivi (1 bambino su 7 morto prima dei cinque anni) e dove si verifica circa la metà di tutte le morti infantili del pianeta; in particolare, le regioni più colpite sono quelle dell’Africa centrale e Occidentale, dove il rapporto sale a 1 su 6. La situazione è grave anche nell’Asia meridionale dove nel 2008 si è registrata la morte di 1 bambino ogni 14 prima del compimento dei cinque anni.

Nonostante i risultati ottenuti, sono ancora 67 i paesi con elevato tasso di mortalità infantile (cioè con un rapporto superiore al 40 per mille) e di questi, solo 10 sono sulla strada giusta per raggiungere il traguardo della riduzione dei due terzi entro il 2015.

Le cause principali della mortalità infantile sono da attribuire a polmonite, diarrea, malaria e AIDS che, nel 2008, sono state responsabili del 43 per cento delle morti infantili. Alcune di queste malattie sarebbero curabili e facilmente prevenibili con il semplice accesso a servizi igienici e sanitari adeguati.

La diffusione della vaccinazione contro il morbillo (che nel mondo in via di sviluppo ha raggiunto l’81 per cento) ha ridotto di due terzi le morti causate da tale malattia tra il 2000 e il 2007. Il Rapporto segnala tuttavia che i recenti successi potrebbero avere vita breve perché i finanziamenti destinati alle attività per il controllo della diffusione del morbillo stanno diminuendo: le proiezioni mostrano che senza ulteriori vaccinazioni, la mortalità potrebbe rapidamente risalire, attestandosi intorno a 1,7 milioni di morti per cause collegabili al morbillo tra il 2010 e il 2013.

 

 

5. Migliorare la salute materna

La mortalità materna è ancora molto alta e più di mezzo milione di madri nei paesi in via di sviluppo muoiono ogni anno a causa di complicanze durante la gravidanza, durante il parto o nelle 6 settimane successive. Il fenomeno è molto rilevante nell’Asia meridionale e nell’Africa sub-sahariana, dove è particolarmente carente l’assistenza al parto. 

La proporzione di donne dei paesi in via di sviluppo che ricevono assistenza qualificata durante il parto è aumentata dal 53 % nel 1990 al 63 nel 2008. I miglioramenti, che si sono registrati in tutte le regioni, sono stati più evidenti nell’Africa Settentrionale e nell’Asia sudorientale. Il Rapporto mostra che, relativamente all’assistenza al parto, si è assottigliata la differenza percentuale tra le donne che vivono nelle zone rurali e quelle che vivono in centri urbani.

Sempre più donne ricevono inoltre cure durante la gravidanza e, anche in questo campo, i risultati migliori si sono avuti nei Paesi dell’Africa Settentrionale.

Rimangono fermi i numeri riguardanti i parti nelle donne adolescenti (tra i 15 e i 19 anni), scesi dal 1990 al 2000 e ora invece bloccati. La percentuale più alta di adolescenti che partoriscono è nell’Africa sub-sahariana, dove esse, in generale, devono affrontare maggiori ostacoli, rispetto alle donne adulte, nell’avere accesso ai servizi di sanità riproduttiva. I dati disponibili mostrano che in 24 paesi dell’Africa sub-sahariana le adolescenti più povere hanno una probabilità di tre volte superiore di rimanere incinte rispetto alle loro coetanee benestanti. Una differenza rilevante si registra anche tra adolescenti non scolarizzate e adolescenti che hanno raggiunto l’istruzione secondaria.

Il Rapporto conclude che la scarsità dei finanziamenti destinati ai servizi di pianificazione famigliare è responsabile, per la grande parte, della lentezza con cui si procede verso il raggiungimento dell’Obiettivo.

 

6. Combattere HIV/AIDS, malaria e altre malattie

L’AIDS continua a mietere un alto numero di vittime nonostante dal 2005 si stia assistendo ad una lieve flessione delle morti tra individui tra i 15 e i 49 anni di età (da 2,2 milioni nel 2004 a poco meno di 2 milioni nel 2008). Nel 2008 il numero delle nuove infezioni è sceso a 2,7 milioni (il picco fu nel 1996 con 3,5 milioni) ma l’AIDS rimane la malattia infettiva che a livello mondiale provoca il maggior numero di vittime.

L’epidemia sembra stabilizzarsi un po’ ovunque, sebbene la diffusione sia in aumento nell’Europa orientale, nell’Asia Centrale e in altre parti dell’Asia, a causa dell’alto numero dei nuovi infettati. Ciononostante il numero delle persone che vive con l’HIV è ancora in aumento (33,4 milioni nel 2008, di cui 22,4 milioni nell’Africa sub-sahariana) anche perché il tempo di sopravvivenza si è allungato grazie alle maggiori cure.

Il Rapporto mette l’accento sulla necessità di diffondere la conoscenza sugli effetti dell’AIDS e sui metodi di prevenzione, ancora troppo scarsa. Il tasso di consapevolezza del 95% entro il 2010, fissato nel 2001 dalla sessione speciale delle Nazioni unite sull’AIDS, è ben lontano dall’essere raggiunto: si ritiene che, attualmente, nei paesi in via di sviluppo, meno di un terzo dei giovani uomini (di età compresa fra i 15 e i 24 anni) e meno di un quinto delle coetanee donne sino abbiano una completa conoscenza dei rischi della malattia, della prevenzione e della cura. Il tasso più basso di consapevolezza si riscontra fra le donne dell’Africa settentrionale (8 per cento).

Il Rapporto stima un numero di bambini (0 – 17 anni) resi orfani di uno e di entrambi i genitori per cause collegate all’AIDS pari a circa 17,5 milioni nel 2008. Oltre 14 milioni di questi bambini vivono nell’Africa sub-sahariana, e i dati mostrano una tendenza al rialzo. I bambini orfani a causa dell’AIDS hanno generalmente una salute più fragile rispetto ai coetanei che hanno perso i genitori per altri motivi. Parimenti, i primi ricevono un’istruzione inferiore e hanno maggiori probabilità di ammalarsi, di essere malnutriti, e di essere sottoposti ad abusi e violenze, anche sessuali, nonché di venire sfruttati in qualche forma di lavoro minorile. Questi bambini sono spesso emarginati socialmente e discriminati, anche con l’esclusione – in alcuni casi – dai servizi e dalle strutture di base.

Le cure antiretrovirali sono sempre più diffuse: nel 2003 soltanto 400.000 persone nei paesi a basso e medio reddito riceveva i trattamenti adatti, mentre alla fine del 2008 il numero si è decuplicato, sfiorando i 4 milioni. In termini percentuali, nel 2008, 8,8 milioni di persone necessitavano di trattamento e, di queste, il 42 per cento lo ha ricevuto. Nel 2007 la percentuale era del 33 percento. Nonostante il rapido miglioramento, è dubbio che si possa raggiungere il target che prevede, entro il 2010, l’accesso universale alle cure.

 I maggiori avanzamenti si registrano nell’Africa sub-sahariana (nella quale vivono i 2/3 di tutti coloro che necessitano di trattamento) dove si stima che, nel 2008, sia stata somministrata la terapia antiretrovirale a circa 2,9 milioni di persone (nel 2007 erano 2,1 milioni).

Sebbene il numero delle persone raggiunte dalle terapie sia sempre maggiore, il Rapporto avverte che il tasso delle nuove infezioni continua a superare quello di espansione del trattamento.

La malaria ha causato più di 860 mila morti nel 2008, la maggior parte dei quali tra i bambini dell’Africa Sub sahariana. Nel continente africano si è verificato il’89 per cento di tutte le morti. Metà della popolazione mondiale corre il  rischio di contrarre la malattia che, si calcola, interessasse 243 milioni di persone nel 2008.

L’uso di zanzariere impregnate di insetticida è di molto aumentato negli ultimi anni anche in molti paesi africani: i bambini che dormivano sotto  una rete protettiva erano 2 su 100 nel 2000, mentre nel 2008 la percentuale era salita al 22 per cento. Tra i paesi dove maggiormente si è diffuso l’uso della zanzariera si trovano Rwanda, Gambia e Sao Tomè, mentre agli ultimi posti si collocano Swaziland, Costa d’Avorio e Repubblica democratica del Congo.  

Nonostante l’enorme aumento di disponibilità di dosi di terapie combinate a base di artemisina, avvenuto a partire dal 2004, molti bambini africani vengono ancora curati con medicinali meno efficaci perché meno costosi.

Il Rapporto segnala che i finanziamenti esterni sono fondamentali per la riduzione dell’incidenza della malaria e che servono ulteriori impegni. Il sostegno economico proviene soprattutto dal Fondo Globale per la lotta all’AIDS, TBC e Malaria che, insieme ad altre fonti, ha contribuito con versamenti ai paesi dove la malaria è endemica pari a 1,5 miliardi di dollari nel 2009 (nel 2003 il contributo fu di 0,1 miliardi di dollari).

La tubercolosi è la seconda causa di morte, dopo l’AIDS. Anche se un numero sempre crescente di pazienti arriva alla guarigione, molti milioni restano malati, a causa del mancato accesso a cure adeguate. Nel 2008, 1,8 milioni di persone sono morte a seguito di questa malattia, e la metà di queste erano anche infettate dal virus dell’HIV.  Il tasso di mortalità sta diminuendo in tutto il mondo, tranne che nei paesi asiatici della CIS (Comunità di Stati Indipendenti). Nell’Africa sub-sahariana la mortalità è stata in aumento fino al 2003; da allora è in discesa, ma non ha ancora raggiunto i livelli più bassi degli anni Novanta. L’Africa sub-sahariana detiene il record dei morti (52 nel 2008) ogni 100 mila abitanti (esclusi i sieropositivi); il numero sale a 490 se si includono i sieropositivi.

 Nel 2008 si sono registrati 11 milioni di casi di tubercolosi in tutto il mondo (164 casi ogni 100 mila abitanti), mentre nel 2006 ve n’erano stati 13,6 milioni.

 

7. Assicurare un ambiente sostenibile

Il Rapporto dell’ONU segnala che il tasso di deforestazione mostra segni di diminuzione ma è tuttora troppo alto, specialmente in Oceania e nell’Asia sudorientale. Nel corso dell’ultimo decennio, ogni anno circa 13 milioni di ettari di foresta in tutto il mondo sono stati perduti: o perché convertiti in altri usi o per cause naturali (negli anni Novanta la perdita annua di foreste era di 16 milioni di ettari).

Le emissioni di biossido di carbonio sono aumentate in tutto il mondo e in particolar modo nell’Asia orientale, dove sono passate da 2,9 miliardi di tonnellate nel 1990 a 7,2 nel 2007. Globalmente le emissioni sono aumentate – nello stesso periodo – del 35 per cento, con un incremento del 3,2 per cento rispetto all’anno precedente. Il Rapporto informa che i dati per il 2008 dovrebbero mostrare una leggera flessione delle emissioni, come effetto della crisi finanziaria mondiale, come mostra l’edizione 2009 del World Energy Outlook pubblicato dalla International Energy Agency.

Il target che prevedeva la significativa riduzione del tasso di perdita di biodiversità entro il 2010 è stato mancato, nonostante alcuni successi registrati, poiché circa 17.000 specie di piante e animali sono a rischio di estinzione. Sebbene circa il 12 per cento della superficie emersa e circa l’1 per cento del mare siano attualmente poste sotto protezione, altre aree cruciali per il mantenimento della biodiversità non sono adeguatamente salvaguardate: nel 2009, solo la metà delle 821 ecoregioni terrestri avevano un’area protetta pari o superiore al 10 per cento. Il Rapporto denuncia che i progressi nelle aree-chiave sono troppo lenti.

Il target che prevede il dimezzamento della popolazione che non ha accesso all’acqua potabile e a servizi igienici adeguati è invece sulla via della realizzazione, ma solo per quanto riguarda l’acqua potabile. Se il trend attuale continuerà nei prossimi cinque anni, il target sarà raggiunto, o perfino superato: quattro macro regioni (Africa settentrionale, America Latina, Asia orientale e Asia sud-orientale) lo hanno già raggiunto. Rimangono indietro Oceania e Africa sub-sahariana. Riguardo l’accesso ai servizi igienici, il Rapporto afferma che il target verrà mancato se i progressi continueranno ad essere così lenti: nel 2008 si stima che ci fossero ancora 2,6 miliardi di persone in tutto il mondo a non avere a disposizione servizi igienici adeguati e che questo numero potrebbe addirittura salire a 2,7 miliardi entro il 2015.

 

8. Allargare il partenariato mondiale per lo sviluppo

L’Obiettivo n. 8 prevede il partenariato mondiale per raggiungere i goals da 1 a 7 e stabilisce numerosi impegni da parte sia dei paesi in via di sviluppo che di quelli sviluppati, relativi alla diminuzione della povertà, la good governance, l’aiuto allo sviluppo (Official development assistance – ODA), il commercio, la rimessione del debito, l’accesso alle nuove tecnologie e ai farmaci essenziali.

Nel 2007 il Segretario generale dell’ONU aveva istituito una Millennium Development Goals Gap Task Force per monitorare gli impegni assunti a livello internazionale nel quadro dell’Obiettivo 8 che, per la loro complessità, richiedevano analisi ancora più specifiche.

Il secondo MDGs Gap Task Force Report, predisposto dalla Task Force, lanciato nel settembre 2009[5], evidenzia che l’aumento degli aiuti da parte dei paesi donatori rimane lontano dai target stabiliti, tra i quali quello di raggiungere i 155 miliardi di dollari l’anno entro il 2010. Il Rapporto segnala inoltre che, mentre il potere d’acquisto nei paesi poveri è messo a rischio, il costo di molte medicine essenziali sta aumentando, ragione per la quale, mediamente, nei paesi in via di sviluppo i medicinali generici più economici costano da tre a sei volte di più di quanto indicato nei tariffari a livello internazionale.

Il Rapporto auspica che i partenariati pubblico-privati possano avere la funzione di migliorare l’accesso ai farmaci essenziali, così come alla telefonia mobile e ai servizi di internet.

Il MDGs Report 2010 segnala nel 2009 un lieve aumento in termini reali (0,7 per cento rispetto all’anno precedente) del volume degli aiuti allo sviluppo (ODA) che ha raggiunto un totale di 119,6 miliardi di dollari. Nonostante tale aumento, l’aiuto, misurato in dollari, denuncia una diminuzione dell’ODA di oltre il 2 per cento (nel 2008 è stato pari a 122,3 miliardi di dollari).

Un tale impegno, tuttavia, corrisponde però ancora solo allo 0,31 per cento del PIL dei paesi donatori (considerato nel loro insieme), ben lontano dall’obiettivo dello 0,7 per cento fissato dalle Nazioni Unite, raggiunto, per ora, solo da Danimarca, Lussemburgo, Olanda, Norvegia e Svezia. Se si esclude la cancellazione del debito, l’aumento dell’ODA in termini reali dal 2008 al 2009 è stata del 6,8 per cento. Se si escludono anche gli aiuti umanitari, l’aiuto bilaterale è salito all’8,5 per cento in termini reali.

Il Rapporto evidenzia come gli effetti della crisi economica abbiano avuto ricadute negative sugli impegni assunti dai paesi donatori e, in particolare dal G8 di Gleneagles del 2005. Si stima che se l’economia mondiale fosse cresciuta ai livelli precedenti alla crisi, l’ODA sarebbe passato da 80 miliardi di dollari nel 2004 a 130 nel 2010 ma, come si è visto, tali previsioni non saranno rispettate. 

In particolare, per quanto riguarda i 49 paesi meno sviluppati (Least Developed Countries – LDCs) bisogna notare che all'incirca un terzo di tutti gli aiuti è ad esso destinato. Al Vertice di Gleneagles del 2005, i membri del G8 avevano calcolato che gli impegni da essi assunti aggiunti a quelli degli altri donatori avrebbero raddoppiato la quantità di denaro destinata all'Africa da allora al 2010. I dati finora disponibili per il 2009 mostrano che gli aiuti bilaterali per l’Africa sono aumentati del 3 % in termini reali (5,1 % per l’Africa sub-sahariana). Si prevede che l’Africa riceverà un aumento di soli 11 miliardi di dollari rispetto ai  25 pattuiti a Gleneagles.

Riguardo l'obiettivo di sviluppare un sistema  finanziario e commerciale aperto, regolamentato e non discriminatorio, il Rapporto evidenzia, tra l'altro, che, in relazione agli altri paesi in via di sviluppo, i paesi meno sviluppati beneficiano di un accesso commerciale preferenziale per la maggior parte delle loro esportazioni che richiedono un forte impiego di mano d'opera (prodotti agricoli e tessili). Grazie ad una riduzione delle tariffe doganali sui prodotti agricoli dei LDCs, il margine di preferenza è più significativo in questo settore.

La diffusione delle nuove tecnologie non rallenta nonostante la crisi economica: alla fine del 2008, erano più di 4,6 miliardi i contratti per la telefonia mobile a livello globale, con un tasso di penetrazione di oltre il 50 per cento. In alcuni PVS dove la telefonia fissa è molto carente, il tasso di penetrazione della telefonia mobile è piuttosto elevato, come nell’Africa sub-sahariana, ad esempio, dove supera il 30 per cento.

Quanto all'uso di internet, alla fine del 2008 circa l 23% della popolazione mondiale  aveva accesso a questo strumento, ma per la maggior parte nel mondo sviluppato (nei PVS solo 1 persona su 6 è online). L'uso di internet è ritenuto fondamentale per il raggiungimento degli Obiettivi del Millennio, soprattutto nelle aree dell'istruzione, della salute e della riduzione della povertà.

L’Unione interparlamentare e gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio

L’Unione interparlamentare (UIP) è una delle poche organizzazioni invitate a partecipare al Vertice sugli Obiettivi di Sviluppo del Millennio che si svolgerà a New York dal 19 al 22 settembre 2010. 

Il presidente dell’UIP, Theo Ben Gurirab, consegnerà al Summit una Dichiarazione, redatta sulla base del Documento finale approvato dalla 3a Conferenza mondiale dei presidenti dei parlamenti che si è svolta a Ginevra lo scorso mese di luglio[6].

L’UIP, inoltre, in collaborazione con UN Millennium Campaign, ha organizzato un side event a margine del Vertice dedicato agli Obiettivi di Sviluppo del Millennio per i parlamentari delle delegazioni che si recano al Summit.

L’evento parlamentare ha lo scopo di evidenziare in termini concreti quello che i parlamenti possono fare per favorire la realizzazione degli Obiettivi del Millennio. A tal fine verrà presentato uno studio comparativo[7] effettuato sui parlamenti di sette paesi (tra cui l’Italia) per analizzare il livello e il metodo di integrazione degli Obiettivi del Millennio nei meccanismi istituzionali dei parlamenti stessi. 

Come è stato evidenziato nel corso della citata Conferenza mondiale dei presidenti dei parlamenti di Ginevra, il percorso indicato dagli Obiettivi del Millennio riguarda in primo luogo i governi ed i partners internazionali, ma un rilevante contributo può essere offerto anche dai parlamenti, che rivestono un ruolo ritenuto cruciale per la loro realizzazione.

Tale ruolo è stato sottolineato anche dal Segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon poiché, nel discorso pronunciato nell’aprile 2010 alla 122a Assemblea dell’UIP, ha affermato che “sono i parlamenti che devono fornire il quadro legislativo nazionale favorevole alla realizzazione degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio e che si trovano in prima linea nella lotta per il miglioramento delle condizioni di vita dei cittadini, così come per l’accesso ai servizi di base”.

I parlamenti hanno il compito di utilizzare la propria funzione legislativa e di controllo, nonché le proprie competenze in materia di bilancio, per assicurarsi che i governi mantengano gli impegni assunti, e che siano mobilizzati i fondi necessari; gli esecutivi, inoltre, dovranno essere controllati dai parlamenti anche in merito ad una giusta rappresentazione nelle politiche governative delle preoccupazioni manifestate dai cittadini.

Nel Rapporto presentato a Ginevra sullo stato di avanzamento delle iniziative parlamentari a sostegno degli OdS sono contenuti anche i suggerimenti per l’azione che le assemblee dovranno svolgere nei prossimi cinque anni, nel solco già tracciato dalle dichiarazioni e dalle numerose risoluzioni[8] approvate dall’Unione Interparlamentare.

La prima raccomandazione riguarda un’attenzione particolare che dovrebbe essere riservata a pochi e specifici argomenti cruciali all’interno di ciascuno degli otto Obiettivi; l’UIP si propone nei prossimi cinque anni, in collaborazione con l’ONU, di identificare questioni prioritarie sulle quali lavorare per produrre risoluzioni il più possibile centrate sui modi concreti di condurre in porto le più importanti raccomandazioni politiche.

Consapevole del fatto che le risoluzioni mostrano lacune su temi ritenuti controversi, ma non per questo meno importanti, l’UIP si propone di affrontare con più coraggio tali argomenti sui quali la comunità internazionale stenta a trovare un accordo. Tra di essi la possibile introduzione di una tassa sui flussi finanziari internazionali – in particolare quelli di natura speculativa – oppure una forte presa di posizione dell’IPU sulla complessa questione della salute materna, oggetto dell’Obiettivo n. 5, che risulta essere tuttora il meno avanzato.

Un’ulteriore raccomandazione riguarda una più attenta valutazione delle azioni dei vari parlamenti, ragione per la quale l’UIP necessita di mettere a punto un meccanismo attraverso il quale i suoi membri possano condividere i propri modelli legislativi e le migliori pratiche istituzionali. Ad esempio, potrebbero essere studiate le buone pratiche che riguardano il coinvolgimento dei parlamenti nella preparazione e nel monitoraggio di alcuni rapporti quali, ad esempio, i rapporti nazionali sugli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, sulle strategie di sviluppo sostenibile, o gli Strategy Papers sulla riduzione della povertà (PRSPs) che i governi dovrebbero avviare in collaborazione con i partners  dei PVS.

Il contributo italiano al raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo del Millennio

Il conseguimento degli Obiettivi di sviluppo del Millennio è ormai posto alla base di tutte le attività che l’Italia svolge nell’ambito della sua politica di cooperazione allo sviluppo.

Con la Presidenza del G8 nel 2008 culminata nel Vertice dell’Aquila, il nostro paese ha svolto un ruolo positivo sia riuscendo a coniugare i temi politici in agenda con la questione della nuova governance globale sia, su un piano più specifico, dando rilievo – in continuità con il G8 di Genova - al Continente africano: è proprio in quella parte del mondo, infatti, che la povertà assume le dimensioni più terrificanti e il raggiungimento degli Obiettivi del Millennio è maggiormente messa a rischio.

Un risultato importante del G8 dell’Aquila, a questo proposito, è stata la Dichiarazione congiunta G8-Africa per la costruzione di un partenariato più forte per migliorare l’accesso alle risorse idriche e ai servizi igienici di base.

Nella stessa occasione l’Italia ha riconfermato il proprio ruolo fondamentale nel campo della sicurezza alimentare, con il varo dell’Iniziativa dell’Aquila sulla sicurezza alimentare (AFSI) e del Partenariato globale sull’agricoltura e la sicurezza alimentare.

La centralità dell’Italia in questo settore è riconducibile non solo alla presenza del polo romano delle Nazioni Unite (FAO, IFAD, PAM), ma anche all’esistenza di un patrimonio ormai consolidato di competenze delle strutture italiane operanti nel settore della cooperazione internazionale.

Un’altra delle priorità italiane, la lotta ai cambiamenti climatici, si è tradotta nell’adozione della Dichiarazione del Foro delle Maggiori Economie su Energia e Clima, con l’intenzione di porre le basi per un accordo globale ed efficace nel successivo (parzialmente fallito) vertice di Copenhagen.

Rimane ancora irrisolto il problema della quantità dell'aiuto pubblico italiano per il conseguimento degli Obiettivi del Millennio, ancora al di sotto della percentuale - in rapporto al PIL - fissata per i paesi donatori  dell’OCSE/DAC. Nondimeno, come sottolineato dal ministro plen. Elisabetta Belloni in un’audizione  del 29 luglio 2009[9], se in termini di quantità l’Italia mostra carenze e lacune, dal punto di vista della qualità si può registrare una tendenza al costante miglioramento, come è stato riconosciuto anche dalla peer review dell'OCSE citata dal Ministro.

Sul piano legislativo va segnalato che, in risposta alla necessità evidenziata dall’OCSE sia nella peer review appena rammentata, sia in quella successiva (gennaio 2010), che l’Italia procedesse ad una riforma organica della normativa sulla cooperazione, risalente al 1987, la Commissione esteri della Camera il 6 luglio 2010 ha approvato in sede legislativa la proposta di legge presentata dagli onorevoli Enrico Pianetta e Francesco Tempestini A.C. 3400[10] (abbinata con analoga proposta A.C. 3448, d’iniziativa degli onn. Evangelisti e Leoluca Orlando), ora all’esame del Senato[11]. Il provvedimento è volto a consentire all’Amministrazione degli Affari esteri una gestione più efficace dei fondi finalizzati ad attività di cooperazione allo sviluppo accreditati alle rappresentanze diplomatiche.

Un significativo passo in avanti può essere individuato nell’approvazione da parte del Ministro degli esteri delle Linee guida di programmazione della cooperazione per il 2009-2011 che, per la prima volta, permettono una pianificazione di più ampio respiro potendosi basare su una legge finanziaria che ricomprende un periodo di tre anni.

Di rilievo è anche l’acquisizione del nuovo concetto di sviluppo (c.d. whole of country approach) che, nonostante gli impedimenti derivanti da una normativa non adeguata, si sta facendo strada nel mondo della cooperazione attraverso una moltiplicazione di attori e di strumenti. Nella citata audizione, il ministro plen. Belloni ha reso noto il coinvolgimento dei tanti attori della cooperazione per ottimizzare gli interventi e per garantire la coerenza delle politiche di sviluppo del sistema Italia. Non solo a questi tavoli partecipano il Ministero dell’economia (che gestisce il 70% circa dell’aiuto pubblico complessivo) e le regioni, ma il coinvolgimento riguarda anche le organizzazioni non governative e il mondo accademico.

Occorre altresì rilevare che il Ministerpo degli Affari esteri sta lavorando nella direzione di uno “slegamento dell'aiuto pubblico allo sviluppo” (ossia vengono prestati aiuti che non sono condizionati all'acquisto, da parte del Paese beneficiario, di beni e servizi del Paese donatore) già attuato in misura totale per i paesi meno avanzati (PMA)[12] come suggerito dall’OCSE .

 

L’attività parlamentare in materia

Sul piano parlamentare, si ricorda che la III Commissione Affari esteri della camera ha istituito al suo interno (2 luglio 2008) un Comitato permanente sugli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, oltre ad aver deliberato in seguito (30 settembre 2008) lo svolgimento di un’apposita indagine conoscitiva sugli Obiettivi di Sviluppo del Millennio affidandone lo svolgimento al Comitato.

Nel corso dell’indagine sono state svolte numerose audizioni, finalizzate all’esigenza di fare il punto sull’attività posta in essere dall’Italia e dalla comunità internazionale per la realizzazione degli Obiettivi.

Anche in vista del Vertice del G8 dell’Aquila (programmato dall'8 al 10 luglio 2009) il Comitato permanente ha elaborato un documento intermedio, adottato il 24 giugno 2009 dalla Commissione Affari esteri. In esso sono tracciate alcune linee di intervento che si sintetizzano di seguito:

§        lavorare alla mutual accountability tra Paesi più ricchi, ad economia emergente e Paesi destinatari;

§        instaurare un rapporto più coerente tra fatti e impegni;

§        nella gestione delle problematiche dello sviluppo privilegiare le sedi multilaterali, riportando al centro delle questioni l'efficienza e l'impegno dell'ONU;

§        monitorare i diversi livelli regionali (Unione europea e Unione africana ad esempio) e fare emergere il dato della cooperazione decentrata;

§        nella valutazione dell'impegno a favore della realizzazione degli Obiettivi del Millennio riservare pari considerazione al dato qualitativo e a quello quantitativo, entrambi essenziali per un'azione coerente, sviluppando un'attenzione operativa ai due aspetti in conformità con il dettato della Dichiarazione di Parigi e nella valutazione delle priorità fissate dalla comunità internazionale rispetto alla particolare fase di crisi economico-finanziaria;

§        valorizzare ulteriormente il ruolo dei Parlamenti nazionali ed accrescere la consapevolezza delle tematiche del Millennio presso l'opinione pubblica; ridurre la frammentazione degli aiuti;

§        ovviare alla imprevedibilità delle risorse destinate alla cooperazione allo sviluppo, allo scarso coordinamento, all'insufficiente trasparenza;
procedere alla razionalizzazione complessiva delle iniziative di cooperazione allo sviluppo provvedendo anche ad interventi incisivi nel campo della liberalizzazione degli scambi commerciali, della cancellazione del debito e della giustizia fiscale, nonché attivando una più incisiva politica di investimenti in strutture e servizi.

In connessione con queste attività, il 2 luglio 2009 si è svolto presso la Camera dei deputati un Seminario interparlamentare organizzato dal Comitato permanente sugli Obiettivi di Sviluppo del Millennio. L’iniziativa – che ha costituito un unicum nel panorama delle iniziative promosse nel quadro Campagna del Millennio delle Nazioni Unite -  si è incentrata sul tema “Il ruolo dei Parlamenti nazionali per gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio”.

All’iniziativa hanno preso parte parlamentari italiani e stranieri, provenienti da Europa, Asia e Africa, che hanno discusso le best practices nell’azione di indirizzo e controllo dei Parlamenti nei confronti dei Governi per la realizzazione degli Obiettivi. Il seminario ha costituito altresì l’opportunità di un bilancio dello stato di conseguimento degli Otto Obiettivi del Millennio anche alla luce degli effetti della crisi mondiale. I lavori si sono conclusi con l’adozione di una Dichiarazione finale (riportata nel presente dossier).

Nel documento si sottolinea come “a soli sei anni dal 2015, data stabilita per il conseguimento degli Obiettivi, non possiamo permettere che l’attuale clima economico minacci di vanificare e addirittura capovolgere gli importantissimi risultati ottenuti ai fini del conseguimento degli OSM”.

Si invitano i Governi a ribadire il proprio impegno nei confronti della Dichiarazione del Millennio e degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio facendone un punto politico prioritario, e si assume il comune impegno ad utilizzare tutti gli strumenti a disposizione, come parlamentari, per sensibilizzare i Paesi riguardo agli Obiettivi di Sviluppo del Millennio e alle iniziative che i Paesi devono assumere per conseguirli e a chiederne conto ai Governi, dando modo alla società civile di svolgere appieno il proprio ruolo. 

I Paesi in via di sviluppo –prosegue il documento - sono responsabili in prima persona del proprio sviluppo. I Paesi in via di sviluppo sono tenuti, davanti alla loro gente, a fare ogni sforzo per mobilitare le risorse interne e garantire politiche di spesa trasparenti a favore dei poveri e per seguire o imboccare la strada verso il conseguimento degli OSM. I Paesi in via di sviluppo devono tutelare i poveri e i gruppi vulnerabili e dar loro maggior potere. Per fare ciò in maniera efficace, devono raddoppiare i loro sforzi per migliorare la trasparenza, sradicare la corruzione e rafforzare le istituzioni.

Ma il grosso degli sforzi deve venire dai Paesi ricchi: per i miliardi di poveri nel mondo non potrebbe esserci momento peggiore per una riduzione dell’impegno dei Paesi ricchi. La cooperazione allo sviluppo è un investimento per il nostro futuro e la nostra sicurezza, poiché la miseria all’esterno delle frontiere minaccia il benessere interno

L’indagine conoscitiva, ripresa il 29 luglio 2009 con il secondo ciclodi audizioni, è tuttora in corso.

Si segnala poi che nelle sedute del 3 e 10 giugno 2010 il Comitatopermanente sugli Obiettivi di Sviluppo del Millennio ha esaminato il documento europeo relativo al Piano d'azione in dodici punti a sostegno degli obiettivi di sviluppo del millennio[13] che individua una serie di azioni da mettere in atto per imprimere un’accelerazione volta al conseguimento degli otto Obiettivi di Sviluppo del Millennio, a cinque anni dalla scadenza del 2015.

Da ultimo, l’Assemblea della Camera[14] ha discusso alcune mozioni riguardanti gli adempimenti e le iniziative dell'Italia nell'ambito degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio in vista del vertice delle Nazioni Unite del 20-22 settembre 2010.

Le mozioni approvate nella seduta del 15 settembre 2010 (Antonione n. 1-00430, Pezzotta n. 1-00431, Lo Monte n. 1-00432 e Tempestini n. 1-00433 e Mosella n. 1-00434), pur se tra loro diversamente formulate, impegnano il Governo a dare seguito agli impegni assunti in favore della realizzazione degli otto Obiettivi, colmando i ritardi e incrementando gli sforzi, e ad aderire alla proposta del Segretario generale delle Nazioni Unite per stabilire un nuovo patto di collaborazione tra i vari finanziatori e attori coinvolti al fine di ottenere un’accelerazione del processo attraverso una più incisiva e coordinata azione sinergica.

L’attenzione della Camera dei deputati alle problematiche connesse al raggiungimento degli OdS è stata specificamente posta in rilievo nel richiamato studio dell’Unione interparlamentare, che verrà presentato a New York, che analizza comparativamente le iniziative promosse da sette Parlamenti (tra i quali il nostro) in materia.

Il documento sottolinea infatti “la particolare rilevanza riservata dal Parlamento italiano agli Obiettivi del Millennio delle Nazioni Unite è tutt’altro che scontata per un paese donatore, soprattutto in un momento di crisi economica di portata internazionale come quella che stiamo attraversando. L’esistenza e il lavoro del Comitato permanente per gli MDG nel parlamento italiano, testimonia l’elevato interesse da parte dei deputati italiani, ad accrescere la consapevolezza tanto politica, come quella dell’opinione pubblica, rispetto alle tematiche della cooperazione allo sviluppo e ad esigere che questa venga riconosciuta come elemento rilevante della politica estera del paese. I deputati coinvolti, infatti,  denunciano  spesso uno scarso coinvolgimento dell’opinione pubblica e l’insufficiente attenzione del governo nei confronti delle suddette questioni.”

 

 

 

 

 

 


SIWEB

Attività parlamentare

 


III COMMISSIONE PERMANENTE

(Affari esteri e comunitari)
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Indagine conoscitiva sugli Obiettivi di Sviluppo del Millennio.

DOCUMENTO INTERMEDIO APPROVATO DALLA COMMISSIONE

1. Premessa.

La III Commissione (Affari esteri e comunitari), nella seduta del 30 settembre 2008, con determinazione unanime dell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, ha deliberato lo svolgimento dell'indagine conoscitiva sugli Obiettivi di Sviluppo del Millennio delle Nazioni Unite. In quell'occasione, fermo restando alla Commissione plenaria il compito di esaminare le risultanze dell'indagine conoscitiva, si è convenuto di affidarne lo svolgimento al Comitato permanente sugli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, giù istituito il 2 luglio 2008 ai sensi dell'articolo 22, comma 4, del regolamento.

Da un punto di vista formale, è da ritenere significativa la duplice determinazione della Commissione di procedere all'istituzione di un comitato permanente ad hoc e allo svolgimento di un'indagine conoscitiva sui temi degli Obiettivi del Millennio, nel dichiarato intento di rendere tangibile ed efficace l'attenzione del Parlamento italiano su questioni di rilievo primario per l'azione internazionale del nostro Paese. L'obiettivo dalla Commissione - condiviso da tutti i gruppi in essa rappresentati e perseguito con coerenza nei mesi di lavoro trascorsi - è stato infatti valorizzare a pieno il ruolo del Parlamento italiano e, in particolare, l'impegno quotidiano profuso dalla Commissione affari esteri su tematiche strategiche per il nostro tempo, in un anno di particolare rilievo per il ruolo internazionale dell'Italia, impegnata nell'esercizio della presidenza di turno del G8.

In considerazione di tale rilevante impegno per il nostro Paese nei confronti della comunità internazionale - intenta in questa particolare fase ad individuare exit strategies dalla grave crisi economico-finanziaria e nuovi standard di governance globale -, il Comitato permanente ha via via intensificato il proprio lavoro in ragione della fitta agenda governativa. In particolare, nel corso dei mesi di maggio e di giugno 2009, parallelamente allo svolgimento dei più rilevanti vertici ministeriali dei Paesi membri del G8 in relazione alle tematiche degli Obiettivi del Millennio, il Comitato ha acquisito stimoli ed elementi sempre più significativi, maturando il convincimento sull'opportunità di elaborare un documento intermedio sui lavori dell'indagine conoscitiva, anche in vista del Vertice dei Capi di Stato e di Governo dei Paesi del G8, che si terrà a L'Aquila dall'8 al 10 luglio 2009.

2. Programma dei lavori.

In base al programma deliberato dalla Commissione, obiettivo dell'indagine conoscitiva è l'approfondimento sull'attività ad oggi posta in essere dalla comunità internazionale per il raggiungimento degli otto Obiettivi di Sviluppo del Millennio, adottati dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel settembre del 2000 e finalizzati a dimezzare entro il 2015 la povertà: sradicare la povertà estrema e la fame (obiettivo n. 1); garantire l'educazione primaria universale (obiettivo n. 2); promuovere la parità dei sessi e l'autonomia delle donne (obiettivo n. 3); ridurre la mortalità infantile (obiettivo n. 4); migliorare la salute  materna (obiettivo n. 5); combattere l'HIV/AIDS (obiettivo n. 6); garantire la sostenibilità ambientale (obiettivo n. 7); sviluppare un partenariato mondiale per lo sviluppo (obiettivo n. 8).

Com'è noto, i rapporti pubblicati dalle stesse Nazioni Unite evidenziano, soprattutto per quanto concerne l'Africa subsahariana, difficoltà e battute d'arresto nel raggiungimento degli Obiettivi, che restano tuttavia un punto di riferimento acquisito per valutare lo sforzo della comunità internazionale nella cooperazione allo sviluppo.

Al pari degli altri Paesi, l'Italia ha fatto propri gli Obiettivi del Millennio quali linee guida della propria politica di cooperazione allo sviluppo, distinguendosi in particolare nel settore sanitario nell'ambito del sesto Obiettivo, avendo destinato importanti risorse al Fondo Globale per la lotta all'AIDS, la tubercolosi e la malaria. L'Italia riserva altresì un'attenzione particolare al settore dell'educazione e alle tematiche di genere, soprattutto nei contesti di fragilità e post-conflitto.

Alla luce di questi aspetti, l'attività di indagine è stata impostata nella consapevolezza dell'importante interazione fra Paesi donatori e tra livello istituzionale, settore privato e società civile. Essa, in linea con quanto emerso in sede di programmazione dei lavori del Comitato permanente, si è inoltre prefissata di valutare iniziative, aspetti finanziari ed eventuali rapporti con istituzioni internazionali utili a qualificare la posizione dell'Italia sulle diverse questioni e ad individuare le modalità più opportune per dare maggiore visibilità, soprattutto nelle sedi europee, all'impegno italiano per la realizzazione degli Obiettivi.

Il programma dei lavori d'indagine, il cui termine di conclusione è fissato al 31 dicembre 2009, ha quindi individuato gli interlocutori da audire nei rappresentanti del Governo italiano, nei vertici delle organizzazioni ed agenzie internazionali competenti in materia, accademici ed esperti, esponenti di organizzazioni non governative, rappresentanti di organi di informazione ed esponenti del settore privato.

3. La prima fase di attività svolta dal Comitato.

Per le strette connessioni con i lavori dell'indagine conoscitiva, appare opportuno richiamare in questa sede l'attività preliminare svolta dal già citato Comitato permanente sugli Obiettivi di Sviluppo del Millennio.

Fin dal momento della sua istituzione nel luglio 2008, il Comitato permanente ha stabilito priorità di lavoro ed aree di interesse in vista degli importanti impegni internazionali ai quali l'Italia è stata chiamata. I componenti il Comitato, che hanno richiamato il proficuo lavoro svolto nel corso della XV legislatura nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle istituzioni e i meccanismi di governo della globalizzazione e nel quadro del Comitato Africa, hanno indicato il proprio asse di lavoro nel monitoraggio nei confronti delle organizzazioni internazionali per il rafforzamento delle politiche di contrasto alla povertà, con particolare riferimento al lavoro svolto dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e dal G8. Sono state anche individuate l'esigenza di un'attenzione rafforzata a Paesi africani, con particolare riferimento al Corno d'Africa. Per quanto riguarda l'Italia si è ritenuto di operare per una maggiore visibilità nelle sedi europee dell'impegno italiano sul versante della cooperazione allo sviluppo. Non sono mancati frequenti richiami al ruolo determinante giocato dagli organi di informazione ai fini della sensibilizzazione dell'opinione pubblica su questioni che ad oggi sembrano per lo più coinvolgere gli addetti ai lavori. Si è ritenuto altresì di orientare i futuri lavori del Comitato permanente nella direzione di un approfondimento sull'attuazione degli accordi di cooperazione economica tra l'Unione europea e gli Stati terzi, con particolare riferimento al rispetto delle clausole relative alla tutela dei diritti umani e al concreto impiego dei fondi.

Il Comitato ha quindi posto le basi per il successivo lavoro d'indagine in occasione dell'audizione sugli Obiettivi del Millennio e sulle priorità dell'Italia per la 63ma Sessione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, svolta il 31 luglio 2009, dall'Ambasciatore Giulio Terzi di Sant'Agata, allora Direttore Generale del Ministero degli affari esteri per la cooperazione politica multilaterale e attuale Rappresentante Permanente d'Italia presso l'Organizzazione delle Nazioni Unite.

L'audizione ha assolto ad un'importante funzione di impostazione metodologica del lavoro di indagine sulla base di alcuni dati oggettivi di fondo. È stato subito invocato il superamento della visione di contrapposizione tra il mondo «ricco», abitato da 1 miliardo di persone, e il mondo «povero», popolato da 5 miliardi di persone, alla quale fa da sempre riscontro una visione della cooperazione allo sviluppo concepita in termini meramente quantitativi (valutazione degli importi per aiuti umanitari, strutturali e finanziari) e posta alla base degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio. Si tratta di una visione da affinare considerato che il cosiddetto «mondo povero», fatto di 5 miliardi di persone, che corrispondono a circa l'80 per cento dell'umanità, vive in America Latina, Asia ma anche Europa Centrorientale e si sviluppa in modo molto più rapido di quanto non avvenga nell'Africa subsahariana o in certi Paesi dell'Asia. La vera sfida è oggi intaccare la povertà estrema che affligge l'ultimo miliardo di persone che, per il 70 per cento, popolano l'Africa e sono colpite da fame ma anche da guerre interetniche, epidemie e analfabetismo. Questo miliardo di persone ha un'aspettativa di vita non superiore ai 50 anni, un tasso di mortalità infantile al 14 per cento e il 36 per cento dei bambini in stato di malnutrizione cronica. Nei suoi confronti, come ha documentato il Rapporto ONU sugli OSM del 2007, si è registrato un arretramento in termini reali, soprattutto con riferimento all'Africa subsahariana.

Al fine di comprendere perché alcuni Paesi ce l'hanno fatta e altri no, l'audizione ha segnalato la necessità di un approccio complesso alle questioni dello sviluppo in modo da considerare tutti gli ostacoli che lo frenano: le ragioni profonde dell'instabilità regionale, le mancanza di risorse naturali, la carenza di governance, la corruzione, i mutamenti climatici, i conflitti. Occorre applicare la nuova dottrina della costruzione della pace (peace building) e, soprattutto, dare vita ad un partenariato globale fondato sulla responsabilità condivisa (mutual accountability) tra Paesi più ricchi e Paesi più poveri per indirizzare le singole politiche. In questo quadro le Nazioni Unite - ma anche il G8 - rappresentano le sedi naturali per la definizione di strategie e politiche globali.

È stato espresso l'auspicio che la presidenza italiana del G8 rappresenti l'occasione per l'individuazione del ruolo di altre istanze internazionali e di formule più elastiche nell'ambito del G8 stesso per consentire l'emersione di istanze più diversificate e utili al raggiungimento degli Obiettivi. È stata quindi richiamata la posizione dell'Italia, il cui rapporto percentuale tra aiuto pubblico allo sviluppo e reddito nazionale lordo, sceso allo 0,19 per cento nel 2007, è lontano allo 0,33 fissato dal Consiglio europeo di Barcellona del 2002. Si tenga conto peraltro che, in considerazione dello scarto tra reddito nazionale lordo e prodotto interno lordo, il valore percentuale relativo alla prestazione dell'Italia risulterebbe ulteriormente inferiore se rapportato al PIL. Nel quadro di tale deficit quantitativo, il nostro Paese si caratterizza ulteriormente per l'andamento altalenante nell'erogazione dei finanziamenti, come testimoniano i dati relativi al periodo 2001-2008: si tratta di un problema specifico, che attiene al nodo della prevedibilità delle risorse disponibili da parte degli operatori. L'Italia è però assai presente su alcuni degli Otto Obiettivi, avendo contribuito in modo significativo al sostegno del Fondo Globale per la lotta all'AIDS, alla tubercolosi e alla malaria (con ben 410 milioni nel solo 2007 e ulteriori 130 milioni nel luglio 2009) e degli obiettivi della formazione e delle  tematiche di genere. Un ulteriore versante di presenza del nostro Paese è quello della cooperazione decentrata, che vede protagonisti gli enti locali ma che non è intercettata dal sistema di contabilizzazione dell'OCSE. L'Italia si è distinta infine per la politica della cancellazione del 100 per cento del debito dei Paesi altamente indebitati con un conseguente avanzamento del nostro Paese nel conseguimento degli obiettivi nel medio termine.

Uno spunto centrale è stata l'individuazione, come priorità, della scelta dei meccanismi multilaterali per la gestione delle problematiche dello sviluppo, rispetto al livello bilaterale. È emersa altresì l'istanza di scongiurare la trappola della retorica dello sviluppo - invocata a copertura di sostanziali inefficienze e incapacità di governance da parte di tante agenzie internazionali - come quella dei raffronti quantitativi. In generale, è stato invocato un approccio concreto, basato su interventi circoscritti e realizzabili, in risposta alle «questioni del Millennio», al fine di evitare che la dimensione dei temi escluda di per sé ogni efficacia e utilità dei diversi e possibili contributi. Piccole cose ma fattibili e fondate su un nucleo di valori di riferimento.

Anche la seduta del Comitato del 2 ottobre 2008 sugli esiti della Riunione ad alto livello sugli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, tenuta il 25 settembre 2008 in occasione della 63ma Sessione dell'Assemblea Generale dell'ONU, ha influito sull'andamento dei lavori dell'indagine considerato che in quell'occasione sono state focalizzate alcune priorità di lavoro:

1) la necessità di monitorare l'attività svolta a livello regionale da organizzazioni come l'Unione Africana o l'Unione europea, nonché dagli enti locali nell'ambito della cosiddetta «cooperazione decentrata»;

2) la sensibilizzazione del settore privato;

3) la promozione del coordinamento degli interventi e la trasversalità degli obiettivi (con riferimento all'ottavo obiettivo relativo alla global partnership);

4) la verifica dei progressi in particolare in vista della Review Conference di Doha.

4. I lavori dell'indagine conoscitiva.

L'indagine conoscitiva, deliberata il 30 settembre 2008, ha avuto inizio con le audizioni di due esponenti di vertice della Campagna delle Nazioni Unite per gli Obiettivi del Millennio e, segnatamente, il 16 ottobre della Coordinatrice Esecutiva della Campagna, Evelyn Herfkens, e il 27 novembre del Direttore Salil Shetty.

In successive audizioni il Comitato ha raccolto i seguenti contributi:

rappresentante d'Italia presso l'OCSE, ambasciatore Antonio Armellini (29 gennaio 2009);

rappresentanti di Social Watch (Jana Silverman, segretario internazionale di Social Watch, Jason Nardi, coordinatore della coalizione italiana di Social Watch, Sabina Siniscalchi, rappresentante della Fondazione culturale responsabilità etica, Farida Bena, responsabile dell'ufficio campagne UCODEP e OXFAM international, e Tommaso Rondinella, rappresentante dell'associazione Lunaria) (26 febbraio 2009);

il sindaco di Milano, Letizia Moratti, nella qualità di Commissario straordinario del Governo per la realizzazione dell'Expo Milano 2015 (26 febbraio 2009);

rappresentanti di ActionAid e di parlamentari della Tanzania e dell'Uganda (Laurent Wambura, HIV/AIDS officer, della Tanzania; Omari Shaban Kwaangw', parlamentare della Tanzania; Elizabeth Nakiboneka, HIV/AIDS officer, dell'Uganda; Nalwanga Sekalo Lukwago Rebecca, parlamentare dell'Uganda e Iacopo Viciani di ActionAid) (12 marzo 2009);

il direttore generale per la cooperazione allo sviluppo della Commissione europea, Dottor Stefano Manservisi (24 marzo 2009);

componenti della Commissione per l'aiuto allo sviluppo dell'OCSE (Organizzazione  per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) (Laurence Dubois-Destrizais, Ministro plenipotenziario e consigliere per gli affari economici alla rappresentanza francese presso l'OCSE; Laurent Amar, Capodipartimento per le strategie di sviluppo del Ministero degli affari esteri francese; Helen Zorbala, Ministro plenipotenziario e Vicedirettore generale del Ministero degli affari esteri ellenico per la cooperazione allo sviluppo; Genny Bonomi, economista e policy analist presso il Dipartimento Peer Review and Evaluation dell'OCSE/DAC; Steve Darvill, Humanitarian Aid advisor dello stesso Dipartimento Peer Review and Evaluation dell'OCSE/DAC) (14 maggio 2009);

rappresentanti del Centro Studi di Politica Internazionale (CESPI) (José Luis Rhi-Sausi, Direttore, e Marco Zupi, Direttore scientifico) (20 maggio e 16 giugno 2009);

rappresentante speciale per l'Europa della Banca Mondiale, Cyril Muller (27 maggio 2009);

infine, lo sherpa del Governo italiano per il G8, Ambasciatore Giampiero Massolo (17 giugno 2009).

5. Il 2008: un anno cruciale nel raggiungimento degli Obiettivi del Millennio.

Appare utile svolgere qualche cenno sullo stato di avanzamento degli Obiettivi del Millennio in base alle risultanze dei più recenti documenti ufficiali delle Nazioni Unite, vale a dire il Rapporto per il 2008, e dei maggiori eventi internazionali svoltisi su tali temi.

Preliminarmente si ricorda che gli otto Obiettivi sono articolati in oltre 20 target e in 60 indicatori, individuati allo scopo di rendere misurabili i progressi in direzione della realizzazione degli OSM nel periodo dal 2000 al 2015. Ogni anno il Segretario generale delle Nazioni Unite presenta un rapporto all'Assemblea generale sui progressi effettuati, basandosi sui dati forniti dagli indicatori aggregati a livello globale e regionale. Gli Obiettivi, i target e gli indicatori, come definiti nel 2002, sono stati usati fino al 2007, quando il quadro di monitoraggio degli Obiettivi di sviluppo è stato rivisto per includere i quattro nuovi target decisi dal World Summit del 2005 e, conseguentemente, i nuovi indicatori.

Il 2008 ha costituito un anno cruciale per le strategie di sviluppo perché ha segnato un punto intermedio nel percorso verso il raggiungimento degli Obiettivi del Millennio, la cui realizzazione è stata fissata entro la fine del 2015, e poiché erano in programma due eventi internazionali ad alto livello che hanno posto gli Obiettivi al centro del dibattito. Si tratta della Conferenza di Accra (Terzo forum sull'efficacia degli aiuti, dal 2 al 4 settembre 2008) e della Conferenza internazionale di Doha (29 novembre - 2 dicembre 2008) per la valutazione dello stato delle iniziative di finanziamento dello sviluppo, assunte nel quadro della Conferenza di Monterrey del 2002.

La Conferenza di Accra sull'efficacia degli aiuti aveva il compito di fare il punto sulla Dichiarazione di Parigi adottata nel 2005 per migliorare la qualità degli aiuti e si è conclusa con l'adozione di un Programma di azione approvato a larga maggioranza dai partecipanti. Con il Programma di Accra i Paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo si sono accordati per intraprendere un'azione decisa per riformare il sistema degli aiuti: i PVS si sono impegnati ad assumere su se stessi il controllo del proprio futuro, i Paesi donatori a migliorare il coordinamento degli aiuti. Il Programma di Accra è il risultato di una alleanza senza precedenti: tra Paesi in via di sviluppo, Paesi donatori, economie emergenti, Nazioni unite, istituzioni multilaterali, fondi globali e organizzazioni della società civile.

Questi i punti chiave del Programma:

prevedibilità: i donatori forniranno con 3-5 anni di anticipo le informazioni circa gli aiuti che prevedono di accordare ai propri partner;

sistemi nazionali: per fornire gli aiuti, i Paesi donatori utilizzeranno come prima  opzione i sistemi nazionali dei paesi partner (invece di quelli dei sistemi dei donatori);

condizionalità: i donatori forniranno gli aiuti non più imponendo condizioni sul come e quando erogarli, ma basandosi sugli Obiettivi di sviluppo dei Paesi riceventi;

sganciamento degli aiuti: i donatori attenueranno le restrizioni che impediscono i paesi in via di sviluppo di acquistare merci e servizi da chiunque e dovunque riescano ad ottenere la qualità migliore al prezzo più basso.

A pochi giorni dalla conclusione della Conferenza, l'11 settembre 2008, è stato reso pubblico il Rapporto sugli Obiettivi del Millennio, (Millennium Development Goals Report 2008) pubblicato a cura delle Nazioni Unite, che riassume per ciascun obiettivo i risultati conseguiti grazie all'impegno profuso nelle attività di sviluppo in circa 190 Paesi. Il Rapporto, come i precedenti, si basa su dati raccolti ed elaborati da Agenzie specializzate e da un Gruppo di esperti, sotto la direzione del Dipartimento degli Affari economici e sociali del Segretariato delle Nazioni Unite.

Successivamente, dal 28 novembre al 2 novembre 2008 si è invece svolta la Conferenza di Doha sul finanziamento allo sviluppo: il documento approvato al termine della Conferenza non è riuscito ad accontentare le nazioni più povere, che stanno pagando il prezzo di una crisi della quale non sono responsabili, ma anche i rappresentanti delle 250 organizzazioni non governative che hanno partecipato ai lavori, che hanno denunciato la scarsità dei nuovi impegni assunti.

L'esiguità dei contenuti del lunghissimo Documento finale è probabilmente dovuta ai molti compromessi ai quali i blocchi negoziali hanno dovuto sottostare per giungere ad un accordo alla fine delle lunghe e faticose trattative. Tutti i delegati hanno però mostrato soddisfazione per il consenso circa il mandato conferito al Presidente dell'Assemblea generale e al Segretario generale dell'ONU per l'organizzazione di una Conferenza ad alto livello sulla crisi finanziaria globale e sui suoi impatti sullo sviluppo.

Il Documento finale contiene, fra l'altro, l'impegno ad agire contro l'evasione fiscale e i movimenti illeciti di denaro, anche se non vi sono chiare indicazioni circa le azioni concrete da adottare. La giustizia fiscale è così stata riconosciuta come una priorità per lo sviluppo. Per quanto attiene agli aiuti, il documento afferma che per raggiungere gli obiettivi già decisi (0,7 per cento del PIL da destinare agli aiuti entro il 2015, con le gradualità stabilite) i donatori dovranno prendere le misure necessarie, in particolare quelli più arretrati sulla tabella di marcia. Sull'efficacia degli aiuti, il documento rinvia invece alle decisioni dell'agenda di Accra.

6. Nodi problematici emersi nel corso delle audizioni.

La prima fase dell'indagine ha consentito, attraverso l'acquisizione di importanti contributi offerti da autorevoli esperti internazionali, rappresentanti di organismi multilaterali ed esponenti di organizzazioni non governative, di inquadrare in modo approfondito i diversi temi.

Una questione emersa prioritariamente in questo ciclo di attività del Comitato è stata quella del ruolo che le istituzioni parlamentari possono svolgere nel processo di attuazione degli Obiettivi del Millennio.

È apparso particolarmente importante che i Parlamenti non limitino il loro sguardo alle politiche di assistenza, ma che valutino anche le altre politiche collegate, come quelle del commercio, per verificarne la compatibilità e la coerenza con gli obiettivi di sviluppo del Millennio, in particolare con l'obiettivo n. 8. È quindi compito dei Paesi più avanzati non soltanto migliorare l'aiuto allo sviluppo, ma modificare le regole del commercio globale per consentire ai Paesi poveri di esportare i loro prodotti verso i nostri mercati.

Per quanto attiene al ruolo dei Paesi beneficiari, gli sforzi in atto in numerosi  Paesi in via di sviluppo devono basarsi su alcuni presupposti essenziali: una leadership politica decisa, che metta lo sviluppo sostenibile e la lotta della povertà al centro dell'azione dei Governi; l'elaborazione di piani e di politiche per lo sviluppo chiari e attentamente focalizzati; bilanci nazionali ben predisposti, in cui le risorse per lo sviluppo siano identificate con chiarezza; un impegno deciso per la lotta alla corruzione; un coinvolgimento di tutti gli attori nell'elaborazione delle strategie di riduzione della povertà, secondo un principio di inclusività democratica.

Un altro nodo cruciale strettamente connesso alla realizzazione degli Obiettivi del Millennio è stato l'impatto delle molteplici crisi (quella alimentare dall'inizio del 2006, l'aumento dei prezzi delle materie prime in tutto il mondo, la crisi energetica e quella finanziaria). L'Italia può fare molto per contribuire a uscire dalla recessione globale, innanzitutto rispettando gli impegni presi e in secondo luogo considerando i diritti umani come punto di partenza, ma anche con uno sguardo più ampio, poiché a sessant'anni dalla Dichiarazione universale, i diritti umani comprendono diritti economici, sociali, culturali e ambientali prima non considerati.

L'influenza negativa svolta della crisi finanziaria globale sul raggiungimento degli Obiettivi del Millennio è ampiamente attestata dal rallentamento economico che incide fortemente sulla realizzazione dell'Obiettivo 1. In Africa il tasso di crescita si è dimezzato e si sta verificando una perdita di posti di lavoro. La crisi si ripercuoterà anche sugli Obiettivi relativi allo sviluppo umano e sulla salute (si prevede un aumento della mortalità infantile da 200 a 400 mila casi l'anno). La crisi avrà un impatto maggiore sulla popolazione più vulnerabile, maggiore rispetto alla portata della crisi stessa.

Ciò nonostante, il punto di partenza resta il fatto che la povertà assoluta non sia inevitabile, perché oggi viviamo in un mondo che per la prima volta ha le capacità scientifiche, tecnologiche e finanziarie per eliminare la povertà. Può sembrare eccessivamente ottimistico, ma l'eliminazione della povertà assoluta è considerata alla portata concreta della nostra generazione, più di quanto si possa pensare. Quel che è decisivo e può fare la differenza, più dell'inventare «cosa» fare, è mettere a disposizione «quanto» è necessario. La cooperazione allo sviluppo (o Aiuto pubblico allo sviluppo, APS) ha bisogno immediatamente di più risorse per realizzare gli interventi necessari.

Il consenso su quanto sia necessario e cosa serva per raggiungere gli OSM è senza precedenti: i vari documenti pubblicati nel 2005 - il Rapporto sullo Sviluppo Umano e il Rapporto dell'UN Millennium Project delle Nazioni Unite, il Global Monitoring Report della Banca Mondiale, il Rapporto annuale sulla cooperazione allo sviluppo dell'OCSE, il Consenso europeo sullo sviluppo, il rapporto della Commissione per l'Africa istituita da Tony Blair - convergono tutti, con un ampio sostegno della società civile internazionale, sulla necessità di impegnarsi per il raggiungimento degli OSM e dell'obiettivo di destinare lo 0,7 per cento del reddito nazionale lordo agli aiuti pubblici allo sviluppo entro il 2015, aumentando al contempo l'efficacia degli interventi. Ciò che colpisce è che non vi siano state conseguenze. Nessun attore della cooperazione allo sviluppo, a cominciare dai governi dei Paesi beneficiari e di quelli donatori o dalle organizzazioni internazionali - come il sistema delle Nazioni Unite o le istituzioni finanziarie internazionali - è mai stato giudicato individualmente per il mancato raggiungimento di obiettivi di cooperazione allo sviluppo, che hanno sempre impegnato la responsabilità politica di tutti indistintamente, il che si è tradotto nella responsabilità specifica di nessuno. Nel 2007, come già nel passato, soltanto cinque Paesi nordici (Danimarca, Lussemburgo, Norvegia, Paesi Bassi e Svezia) hanno superato l'obiettivo dello 0,7 per cento, attestandosi su percentuali comprese tra lo 0,81 e lo 0,95 per cento. Nello stesso anno, invece, il totale dei paesi membri dell'OCSE/DAC (Development Assistance Committee) aggiunto appena lo  0,28 per cento del reddito nazionale lordo G7 lo 0,23 per cento (rispetto allo 0,51 per cento dei Paesi DAC non G7) e l'Italia appena lo 0,19 per cento.

Un grave ostacolo è costituito dalla tendenza alla forte renitenza, se non addirittura inerzia, da parte delle istituzioni della cooperazione allo sviluppo rispetto alla necessità di «gestire» il cambiamento.

Nel corso dei decenni, le politiche di APS hanno finanziato progetti infrastrutturali, spese sociali (soprattutto nei campi dell'istruzione e sanità), attività formative (tramite l'assistenza tecnica), lo sviluppo del settore privato, la good governance e lo sviluppo sostenibile. Con gli anni, i nuovi strumenti ed obiettivi che emergevano progressivamente sono andati non a sostituire, bensì ad affiancarsi ai vecchi strumenti ed obiettivi, cosicché si è assistito ad una proliferazione di obiettivi che diventavano caratteristica strutturale delle politiche di APS, insieme ad una moltiplicazione di strumenti e approcci (aiuti a progetto e a programma, Commodity Aid e aiuto alla Bilancia dei pagamenti, assistenza tecnica, sostegno alle organizzazioni non governative, aiuto settoriale, aiuto al bilancio, cooperazione decentrata). Questa situazione finiva per creare inevitabili problemi di coerenza, nella coesistenza di differenti obiettivi e strumenti, spesso espressione di diverse visioni sullo sviluppo.

La proliferazione di obiettivi (peraltro macro-obiettivi, come la crescita economica e la riduzione della povertà), strumenti e condizionalità certo non ha giocato a favore della reale efficacia degli aiuti. Quando perciò si parla di efficacia degli aiuti, si dovrebbe anche chiarire rispetto a quale tra i tanti obiettivi di fatto perseguiti. Del resto, un numero eccessivo di obiettivi ambiziosi, a fronte dell'esiguità delle risorse messe in campo, non poteva che tradursi in un fallimento.

Un problema di metodo che è stato segnalato riguarda la questione delle informazioni e dei dati inerenti il raggiungimento o meno degli obiettivi stessi in quanto proprio dove la situazione è più problematica, ossia nei Paesi più poveri, i dati disponibili sono minori ed attualmente sono spesso riferiti al 2000. Nel complesso i vari obiettivi si muovono diversamente, il che giustifica il fatto che non ci si concentri sull'unico obiettivo della crescita economica.

Il concentrarsi sulla popolazione povera immediatamente sotto la soglia di un dollaro rischia da un lato di trascurare la popolazione che non può essere portata al di sopra della soglia perché troppo povera dall'altro di non porre la sufficiente attenzione a chi è immediatamente sopra la soglia. Proprio nella popolazione che vive con più di un dollaro ma meno di due al giorno si riscontrano, in alcuni Paesi, i livelli più alti di mortalità infantile ed è questa fascia di persone a subire le conseguenze peggiori della crisi economico-finanziaria e dell'aumento dei prezzi alimentari e del petrolio.

Quanto alla crisi economica il suo impatto appare più preoccupante per gli investimenti diretti esteri verso i Paesi poveri che per quanto concerne gli aiuti. Per i Paesi in via di sviluppo che hanno avuto investimenti con un saldo positivo di oltre 700 miliardi nel 2007, per il 2009 si prevede un saldo negativo. In questo quadro è stato ricordato che la riduzione della povertà, a livello mondiale, e il raggiungimento del primo obiettivo sono legati al successo economico di Cina, India, Vietnam e Indonesia, quattro Paesi che hanno ridotto la povertà senza essere i principali target della cooperazione allo sviluppo.

In tale ottica, non sono mancate voci critiche sulla strategia basata sugli Obiettivi del millennio: un approccio ai grandi temi internazionali secondo obiettivi settoriali non consentirebbe di intercettare le grandi tematiche dello scenario complessivo e impedirebbe una visione multidimensionale.

Si correrebbe inoltre il rischio che il misurarsi con gli obiettivi a distanza di anni che devono essere raggiunti indirizzi l'azione internazionale verso strategie più facili, che permettono di raggiungere risultati da presentare alla comunità internazionale che non sempre hanno delle basi solide. Come esempio è stato citato il  caso del Ghana e del Kenya dove l'aumento delle iscrizioni è stato notevole ma all'uscita della scuola elementare le bambine non sanno né leggere né scrivere.

Più in generale, secondo tale impostazione, sembra essere poco considerato nel quadro degli Obiettivi di sviluppo del millennio il nesso tra povertà e disuguaglianza. A tale proposito sono ritenute necessarie politiche che creino non solo aumento del reddito ma anche mobilità sociale, opportunità e sostenibilità.

In particolare, risultano meritevoli di riflessione e di attenzione le seguenti osservazioni critiche sugli Obiettivi del Millennio che:

risentono di una forte contraddizione tra la dimensione mondiale dell'obiettivo principale (sradicamento della povertà) e quella nazionale delle politiche per affrontarlo;

non rivelano attenzione al tema della disuguaglianza economica e sociale, né alle dimensioni culturali, scientifiche e di partecipazione politica dello sviluppo; non vi è alcun richiamo a obiettivi di crescita economica;

non valorizzano alcuni importanti strumenti della finanza per lo sviluppo (come gli investimenti diretti esteri e le rimesse dei migranti);

sono caratterizzati da scarsa chiarezza e contraddittorietà sui target intermedi, risultati e input;

incoraggiano una concentrazione verso gli Obiettivi più «semplici», rapidamente raggiungibili e facilmente misurabili, a scapito di quelli di più lenta realizzazione;

non indicano politiche innovative ed eco-sostenibili industriali, di ricerca e sviluppo tecnologico;

evidenziano scarsa coerenza tra obiettivi, traguardi e indicatori.

7. L'Italia, l'Unione europea, il G8.

Per quanto concerne in particolare l'Italia, i dati mostrano un alto livello di frammentazione degli aiuti (cioè elevata dispersione in numerosi PVS), situazione che nel tempo non si è modificata, indipendentemente dal cambiamento della legislazione in materia di aiuti, che è risultato un fattore ininfluente in proposito. Inoltre, l'Italia registra ed ha sempre registrato un elevato livello di concentrazione degli aiuti: a fronte di un alto grado di frammentazione, cioè, gran parte degli aiuti sono andati a un numero ridotto di PVS.

In buona sostanza, l'Italia è passata da una situazione di aiuti a più di 80 PVS agli inizi degli anni Ottanta, ad oltre 100 PVS beneficiari negli ultimi anni, continuando però a dare molto a pochissimi paesi. Sembra, cioè, che il paese abbia voluto «presidiare» con la propria presenza un numero sempre più alto di PVS, mandando un preciso segnale politico di global player, senza però assumersi, in gran parte dei casi, la responsabilità di un impegno finanziario significativo. Tale profilo caratterizza sostanzialmente anche il comportamento attuale degli altri principali donatori bilaterali.

Quel che, invece, continua a distinguere sensibilmente l'Italia dagli altri donatori è l'elevata quota di cooperazione veicolata attraverso il canale multilaterale: nel 2007 ha rappresentato il 68 per cento del totale degli aiuti italiani, rispetto a una media DAC del 30 per cento e a un ridottissimo 13 per cento nel caso del principale paese donatore, gli Stati Uniti.

A proposito dell'Italia sono quindi risultati meritevoli di approfondimento e discussione i seguenti temi:

la riforma complessiva degli strumenti legislativi in materia di cooperazione allo sviluppo;

focalizzazione degli aiuti sui Paesi poveri che ne hanno effettivamente bisogno, segnatamente in Africa;

svincolare l'aiuto italiano che attualmente è troppo vincolato: l'OCSE-DAC ribadisce che bisogna svincolare questi  aiuti, altrimenti risulteranno inefficaci e si genererà corruzione;

attuazione di una nuova agenda concordata, per una maggiore efficacia dell'assistenza (implementazione della Dichiarazione di Parigi e dell'agenda di Accra);

superare la contraddizione tra polverizzazione degli interventi e concentrazione degli stessi su alcuni Paesi ed obiettivi;

provvedere al potenziamento del quantum contestualmente alla riqualificazione degli interventi di aiuto allo sviluppo in termini di efficacia;

corresponsabilizzare i governi beneficiari e consentire loro di utilizzare le proprie procedure e garantire che questi fondi siano assoggettati al controllo dei loro Parlamenti;

valorizzare nelle sedi internazionali adeguate la specificità della tradizionale esperienza italiana in tema di cooperazione decentrata.

Quanto al ruolo e agli obiettivi dell'Unione europea, i 27 Paesi si sono posti due primi traguardi: il raggiungimento dello 0,56 per cento del prodotto interno lordo nel 2010 e dello 0,7 per cento nel 2015, tenendo presente che ci sono velocità diverse: ridurre la frammentazione delle politiche di sviluppo, evitando così che troppi donatori intervengano in realtà diverse e con strumenti diversi.

Tra gli obiettivi dell'Unione rientrano inoltre i punti fissati ad Accra: la riduzione dei costi di transazione, la massima utilizzazione del codice di condotta sulla divisione del lavoro e l'aumento della prevedibilità dell'aiuto. Nell'ambito del Fondo europeo di sviluppo, per i Paesi ACP, l'UE ha raggiunto il 48 per cento dell'aiuto programmabile che viene speso attraverso lo strumento dell'aiuto al bilancio.

Un terzo traguardo consiste nell'allineare sempre più le pratiche dei donatori alle procedure e al sistema del Paese nel quale si lavora, in modo che l'aiuto faccia crescere le istituzioni e la loro capacità di gestione (senza dover esportare assistenza tecnica, procedure e burocrazia). Infine, un ultimo obiettivo è quello di sviluppare un concetto di condizionalità per risultati e non ex ante: fare in modo, cioè, di accompagnare un processo e di fissare degli obiettivi, piuttosto che fissare delle condizioni di entrata e di eleggibilità.

Un particolare rilievo assume infine il progetto comunitario intenso al reperimento, accanto al classico aiuto pubblico allo sviluppo, di altre forme di sostegno, come l'investimento privato, i trasferimenti di tecnologia e altre forme ancora che possano esportare la nostra conoscenza al servizio dei Paesi in via di sviluppo, per fare sì che questi non si distacchino dall'economia globale.

Il primo semestre di lavori dell'indagine conoscitiva è culminato nell'audizione dello sherpa del Governo italiano per il G8, Ambasciatore Giampiero Massolo, che ha illustrato le linee di fondo per il Vertice dei Capi di Stato e di Governo dei Paesi membri del G8, previsto dall'8 al 10 luglio 2009, relativamente ai temi del Millennio. Il Vertice, destinato a rappresentare un momento di verifica e messa a punto di metà percorso, è finalizzato alla definizione di una metodologia per una migliore rendicontazione degli impegni presi dai Paesi del G8, date le ricorrenti critiche rivolte a tale sede in termini di accountability. La crisi economico-finanziaria ha peraltro favorito l'avvio di una fase più sobria, fatta di minori annunci su cifre e di una più attenta analisi di quanto davvero è stato fatto in termini di adempimenti quantitativi e di efficacia sul piano qualitativo. In generale occorre definire un concetto più ampio di sviluppo, basato su uno strumento di policy che renda più coerente e più efficiente l'insieme delle politiche dei Paesi più sviluppati, includendo l'aiuto allo sviluppo, le politiche del commercio internazionale e quelle relative all'investimento e alla cancellazione del debito. Bisogna riuscire a convergere tutte le risorse a disposizione, siano esse statali, di enti locali, di fondazioni o della società civile, mobilitando tutti gli attori coinvolti  (il cosiddetto «whole of country approach») per promuovere lo sviluppo nei Paesi in difficoltà. In questa direzione il G8 ha avviato una cooperazione con l'OCSE incaricata di sviluppare ulteriormente la nuova metodologia al servizio di tutti i Paesi.

Occorre inoltre evitare di porre l'attenzione soltanto sui Paesi più poveri, occupandosi invece in generale dei più deboli, anche all'interno dei Paesi sviluppati, secondo un concetto che al Social summit di Roma venne definito come il principio del «people first».

In relazione alla crisi economica il Governo italiano intende proporre al vertice un pacchetto complessivo atto ad evitare che la crisi si ripercuota duramente sui Paesi in via di sviluppo e su quelli più poveri che includa:

la riconferma dei volumi evitando la corsa immotivata al rialzo degli impegni;

un impulso a concludere il Doha Round per far ripartire la crescita mondiale;

un'azione decisa per la cancellazione del debito e la promozione di strumenti innovativi di finanziamento, quali Advance Market Commitments (AMC) e la Detax;

la riduzione alla metà dei costi di transazione delle rimesse agli immigrati;

la centralità della sicurezza alimentare, promuovendo una forte iniziativa che porti alla conclusione, a dicembre, in sede ONU, della global partnership per la sicurezza alimentare e che serva anche a rendere più coordinate e coerenti le politiche e più strutturali, e non solo puntuali, gli interventi.

Dopo una panoramica sulle iniziative del G8 rispetto ai temi della fame, dell'approvvigionamento idrico, della salute e dell'educazione, è stato segnalato che sul piano del metodo il vertice G8 sotto la presidenza italiana intende sviluppare, attraverso un rapporto stabile e duraturo con i Paesi ad economia emergente una corresponsabilizzazione nell'aiuto allo sviluppo. Infine è stato reso noto che è in preparazione un piano di rientro per l'Italia al fine di un riallineamento del ritmo di avvicinamento dell'Italia agli impegni.

8. Conclusioni: alcune linee di intervento.

Lavorare alla mutual accountability tra Paesi più ricchi, ad economia emergente e Paesi destinatari:

instaurare un rapporto più coerente tra fatti e impegni;

nella gestione delle problematiche dello sviluppo privilegiare le sedi multilaterali, riportando al centro delle questioni l'efficienza e l'impegno dell'ONU;

monitorare i diversi livelli regionali (Unione europea e Unione africana ad esempio) e fare emergere il dato della cooperazione decentrata;

nella valutazione dell'impegno a favore della realizzazione degli Obiettivi del Millennio riservare pari considerazione al dato qualitativo e a quello quantitativo, entrambi essenziali per un'azione coerente, sviluppando un'attenzione operativa ai due aspetti in conformità con il dettato della Dichiarazione di Parigi e nella valutazione delle priorità fissate dalla comunità internazionale rispetto alla particolare fase di crisi economico-finanziaria;

valorizzare ulteriormente il ruolo dei Parlamenti nazionali ed accrescere la consapevolezza delle tematiche del Millennio presso l'opinione pubblica;

ridurre la frammentazione degli aiuti;

ovviare alla imprevedibilità delle risorse destinate alla cooperazione allo sviluppo, allo scarso coordinamento, all'insufficiente trasparenza;

procedere alla razionalizzazione complessiva delle iniziative di cooperazione allo sviluppo provvedendo anche ad interventi incisivi nel campo della liberalizzazione degli scambi commerciali, della cancellazione del debito e della giustizia fiscale, nonché attivando una più incisiva politica di investimenti in strutture e servizi.


 


 

CAMERA DEI DEPUTATI

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Risoluzione in Commissione 7-00380

presentata da

ENRICO PIANETTA e FRANCESCO TEMPESTINI

lunedì 26 luglio 2010, seduta n. 358

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La III Commissione,

 

premesso che:

 

a soli cinque anni dalla scadenza del 2015, fissata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite per il raggiungimento degli otto obiettivi di sviluppo del Millennio, il segretario generale Ban Ki-Moon ha invitato i leader mondiali a riunirsi in un summit a New York dal 20 al 22 settembre 2010 nel fermo intento di indurre i governi nazionali ad un'accelerazione nella strategia globale di lotta contro la povertà;

il Comitato permanente sugli obiettivi di sviluppo del millennio, istituito in questa legislatura presso la Commissione affari esteri e comunitari della Camera dei deputati, ha fin dal 2008 operato per svolgere un'azione di monitoraggio sull'operato della comunità internazionale e del Governo italiano, soprattutto in coincidenza con l'anno di presidenza italiana del G8, nonché un'incisiva azione di sensibilizzazione della politica e dell'opinione pubblica italiana sui temi della lotta contro la povertà e per lo sviluppo;

tale impegno è stato rafforzato dalla deliberazione sullo svolgimento di un'indagine conoscitiva sugli obiettivi di sviluppo del millennio, che ha già prodotto nel 2009 un documento intermedio recante gli esiti del lavoro istruttorio ed un pacchetto di proposte operative finalizzate alla futura azione dell'Italia sui temi degli otto obiettivi;

l'interesse della comunità internazionale nei confronti di questo specifico impegno italiano, unico nel contesto europeo e dei Paesi che aderiscono all'OCSE, ha contribuito a dare visibilità ad iniziative analoghe assunte da altri sei Parlamenti nazionali - di India, Indonesia, Kenya, Mozambico, Nigeria e Sudafrica - per conferire efficacia al contributo parlamentare alla realizzazione degli obiettivi. La stessa Unione interparlamentare ha avviato uno studio sul caso italiano nell'intento di formulare delle linee guida destinate alle assemblee parlamentari dei cinque continenti e che saranno divulgate in occasione del summit di settembre;

la grave crisi economico-finanziaria, che ha investito anche l'Europa, ha indubbiamente gravato sullo scenario complessivo, inducendo tutti i maggiori Paesi donatori a drastiche misure di contenimento della spesa pubblica e di riduzione degli impegni, anche sul versante della cooperazione allo sviluppo, come è progressivamente avvenuto in Italia anche in occasione della recente manovra, di cui al decreto-legge n. 78 del 2010, con tagli pari a 21 milioni di euro nel settore delle politiche di aiuto che sono venuti ad incidere su un già basso livello di stanziamenti;

pur in presenza di questo drastico cambiamento di contesto, intervenuto a metà del percorso per il raggiungimento degli obiettivi, non si può accettare una residualità politica dell'Aiuto pubblico allo sviluppo. Una moderna cultura di governo contiene in sé l'idea guida che le politiche di Aiuto pubblico allo sviluppo sono parte integrante e decisiva della proiezione internazionale del Paese. Il lavoro d'indagine ha permesso di delineare un quadro di luci ed ombre, anche in considerazione delle politiche attuate dai nuovi soggetti donatori, in particolare dalla Cina, suggerendo nuovi spunti di riflessione e dando centralità ad alcuni aspetti ai fini di una realistica programmazione degli interventi. Tali aspetti concernono il tema dell'efficacia degli aiuti, la loro prevedibilità, il coordinamento e la trasparenza quali elementi fondanti del patto di mutual accountability tra Paesi donatori, ad economia emergente e Paesi destinatari;

nella consapevolezza condivisa che lo scenario di crisi ha aggravato il compito dei Paesi donatori e ha proporzionalmente accresciuto l'importanza della ownership da parte dei Paesi destinatari, nel corso degli approfondimenti istruttori sono state evidenziate le conseguenze negative del ricorso ad una «politica di annunci» non coerentemente accompagnata da una «politica di puntuali adempimenti», anche in riferimento ad isolate e controproducenti campagne di protesta assunte da personalità dello spettacolo note a livello internazionale e socialmente impegnate ma prive di responsabilità di tipo politico-istituzionale;

la negatività di tutto ciò sta nel fatto che poi tali politiche di annuncio contrastano con la realtà di un protezionismo soprattutto in materia agricola;

rispetto alle performance dei singoli Paesi membri appare sempre più determinante il ruolo dell'Unione europea quale maggior contributore alle politiche internazionali per lo sviluppo, anche per mezzo del Fondo europeo di sviluppo (FES) e alla luce del piano d'azione in dodici punti a sostegno degli obiettivi di sviluppo del millennio, elaborato dalla Commissione europea (il cosiddetto spring plan). Proprio questa sua centralità deve spingere l'Europa a razionalizzare i suoi percorsi decisionali rendendo più coerenti tra loro le competenze;

in merito alla situazione italiana vi è consapevolezza condivisa in ordine alla necessità di aggiornare gli strumenti operativi di attuazione degli interventi di cooperazione allo sviluppo alle nuove esigenze della comunità internazionale, alla luce della Dichiarazione di Parigi sull'efficacia degli aiuti allo sviluppo del 2005 e del Programma d'azione di Accra del 2008, procedendo nel percorso, già avviato con l'approvazione in sede legislativa alla Camera della proposta di legge C. 3400 Pianetta e Tempestini, di riforma della legge n. 49 del 1987 limitatamente ad alcuni aspetti connessi alla gestione dei fondi dell'Amministrazione degli affari esteri per la cooperazione allo sviluppo. Vi è la consapevolezza a questo proposito che occorrerebbe andare ben oltre in termini di riferimenti della cooperazione per renderla strumento valido di una strategia Paese utilizzando per questo gli anni restanti della legislatura;

occorre tener conto del ruolo prioritario dato alla leadership efficace dei Governi nazionali nelle politiche di sviluppo, quale fattore-chiave per la realizzazione degli obiettivi del millennio, secondo quanto è indicato nel rapporto del segretario generale delle Nazioni Unite «Keeping the promise» adottato il 12 febbraio 2010, ai sensi della risoluzione dell'Assemblea generale e n. 64/184,

impegna il Governo:

a mantenere, in generale, le sedi multilaterali al centro della gestione delle problematiche dello sviluppo, operando anche in seno all'Unione europea per accrescere l'efficienza e l'impegno delle Nazioni Unite;

al fine di incrementare il grado di mutual accountability tra Paesi donatori, ad economia emergente e Paesi destinatari, anche in vista del summit di settembre 2010, a delineare un quadro trasparente ed esaustivo sullo stato degli adempimenti da parte dell'Italia rispetto agli impegni assunti nelle sedi internazionali rispetto alle tematiche connesse agli obiettivi del millennio;

a formulare proposte concrete, da sottoporre alla comunità internazionale riunita a settembre a New York, in tema di efficacia, trasparenza e prevedibilità degli aiuti, anche al fine di ridurne la frammentazione;

anche alla luce del Piano d'azione della Commissione europea, ad elaborare iniziative in tema di strumenti finanziari innovativi, tenendo nella giusta considerazione la riflessione svolta in occasione dell'esame di proposte per la tassazione delle transazioni finanziarie internazionali;

nel confronto con la comunità internazionale a valorizzare la significativa prestazione italiana nella contribuzione finanziaria alle banche e ai fondi di sviluppo a carattere multilaterale, in qualità di Paese membro del consesso G7/G8, nonché fondatore dell'Unione europea, dell'area dell'euro e della maggior parte delle banche di sviluppo, compiendo uno sforzo anche per assicurare la puntualità dei pagamenti che l'Italia comunque assicura alle istituzioni finanziarie internazionali, e promuovendo una gestione che, all'interno di un disegno unitario, dia la massima efficacia alla presenza di funzionari italiani ai più alti livelli di management di tali istituzioni;

in tal senso, a provvedere ad informare il Parlamento in modo tempestivo sullo stato della partecipazione finanziaria italiana alle istituzioni finanziarie internazionali, senza gli scarti temporali anche biennali registrati negli ultimi anni, tenuto conto delle importanti ricadute sulle politiche di aiuto che hanno avuto gli importanti e recenti accadimenti di tipo macroeconomico;

 

nel confronto con gli altri Governi a valorizzare il ruolo propulsivo che i Parlamenti nazionali possono avere nell'accrescere il consenso sulle tematiche del millennio e nel facilitare l'azione a favore dello sviluppo globale, anche in tempi di grave crisi per le economie nazionali;

a procedere alla razionalizzazione complessiva delle iniziative di cooperazione allo sviluppo, individuando nel Ministero degli affari esteri la sede naturale ai fini della decisione politica e del coordinamento, provvedendo ad elaborare linee di riforma utili a innescare sinergie virtuose tra le diverse amministrazioni dello Stato e tra i diversi livelli di governo, centrale e periferico, interessati dagli interventi di cooperazione allo sviluppo;

a condurre, nel confronto con il Parlamento, una riflessione sui criteri che guidano le scelte del nostro Paese in tema di cooperazione allo sviluppo, in linea con le priorità di politica estera del nostro sistema e con un'attenzione rivolta anche alle politiche commerciali.

(7-00380) «Pianetta, Tempestini».


 


III COMMISSIONE PERMANENTE

(Affari esteri e comunitari)
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RISOLUZIONI

Giovedì 29 luglio 2010. - Presidenza del presidente Stefano STEFANI. - Interviene il sottosegretario di Stato agli affari esteri, Alfredo Mantica.

La seduta comincia alle 14.15.

7-00380 Pianetta: Sulla partecipazione dell'Italia al Millennium Summit delle Nazioni Unite.

(Discussione e conclusione. - Approvazione della risoluzione n. 8-00085).

La Commissione inizia la discussione della risoluzione in titolo.

Enrico PIANETTA (PdL) illustra la risoluzione in titolo, anche a nome del collega Tempestini, sottolineando che essa è volta a evidenziare questioni di carattere generale sia in ordine alla comunità internazionale che all'Italia quanto al raggiungimento degli Obiettivi del Millennio. Osserva che il Comitato permanente sugli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, istituito presso questa Commissione, rappresenta uno strumento utile in questo percorso al punto da avere indotto altri Parlamenti nazionali a dotarsi di organi ad hoc analoghi ed ha comunque rappresentato un modello nell'ambito dei Paesi che aderiscono all'OCSE. Rileva che la situazione a livello internazionale è divenuta critica negli ultimi due anni a causa della crisi economico-finanziaria e che il Summit di settembre costituisce un'occasione per fare il punto della situazione. Anche sulla base degli spunti emersi nel corso delle audizioni svolte nell'ambito dell'indagine conoscitiva sugli Obiettivi del Millennio, sottolinea che le questioni prioritarie sono quelle dell'efficacia degli aiuti, della credibilità dei Paesi donatori e di una sempre più coerente ownership da parte dei Paesi beneficiari. Segnala inoltre che, pur nella frammentarietà degli interventi, la cooperazione rappresenta un elemento portante per la proiezione internazionale del nostro Paese e che, per quanto riguarda la situazione dell'Italia, occorre uno sforzo specifico per assicurare la puntualità nell'adempimento degli impegni finanziari assunti, anche al fine di scongiurare un deterioramento dell'immagine del nostro Paese a discapito dell'effettivo versamento delle quote dovute alle banche e ai fondi multilaterali di sviluppo. Osserva che la puntualità negli adempimenti dovrebbe conseguentemente riflettersi in una trasmissione tempestiva al Parlamento della relazione relativa alla contribuzione italiana, senza i gravi ritardi oramai consolidati. Infine, sottolinea la necessità di provvedere ad un'ulteriore razionalizzazione della normativa italiana in tema di cooperazione allo sviluppo quale essenziale versante di politica estera. In questa direzione procede la risoluzione presentata, che intende porre il Ministero degli affari esteri al centro della decisione e  dell'azione politica relativamente alle tematiche dello sviluppo. Auspica conclusivamente che, nelle imminenze del Summit di settembre, possano essere assunte ulteriori iniziative di indirizzo che conferiscano maggiore incisività all'azione del Governo italiano, anche in Assemblea.

Il sottosegretario Alfredo MANTICA esprime il pieno sostegno del Governo rispetto alle premesse e agli indirizzi formulati nella risoluzione in titolo. Si limita ad esprimere l'opportunità di tenere in considerazione che il tema dell'efficacia degli aiuti non rientra nell'agenda dei lavori del Summit, essendone prevista una specifica trattazione in occasione della Conferenza di Seul nel 2011. Esprime quindi compiacimento per il riconoscimento a livello internazionale del lavoro svolto dal Comitato permanente sugli Obiettivi del Millennio, confermato anche da uno studio in corso da parte dell'Unione interparlamentare. Segnala che è tuttora operante un tavolo interistituzionale sulla cooperazione allo sviluppo, al quale partecipano anche enti territoriali e soggetti privati, il cui lavoro dovrebbe tuttavia caratterizzarsi per maggior coordinamento.

Mario BARBI (PD) ringrazia i presentatori della risoluzione per avere assunto tale iniziativa, che appare utile anche per dare conto dell'importante contributo assicurato dal Comitato permanente sugli Obiettivi del Millennio. Osserva che, in una situazione segnata dalla progressiva riduzione delle risorse destinate alla cooperazione allo sviluppo, sarebbe auspicabile provvedere a riformulare il decimo punto delle premesse al fine di inserirvi un riferimento alla consapevolezza circa il grave ritardo che caratterizza l'Italia rispetto agli impegni assunti sulla destinazione dello 0,56 per cento nel 2010 e dello 0,7 per cento nel 2015 della quota di PIL agli aiuti pubblici allo sviluppo, nonché alla determinazione a porre in essere ogni sforzo utile a conseguire tali traguardi.

Enrico PIANETTA (PdL) concorda con l'osservazione iniziale avanzata dal sottosegretario Mantica per cui riformula il terzo punto della parte dispositiva con la soppressione delle parole: «riunita a settembre a New York». Quanto alla proposta del collega Barbi, pur condividendone il merito, ritiene che i riferimenti relativi alla situazione italiana siano già espressi al quinto punto della premessa, da porre altresì in correlazione con l'impegno relativo alla compilazione da parte del Governo di un quadro esaustivo sullo stato degli adempimenti.

Francesco TEMPESTINI (PD), cofirmatario della risoluzione in titolo, associandosi alle considerazioni del collega Barbi e comprendendo le ragioni portate dal primo firmatario della risoluzione, onorevole Pianetta, auspica comunque l'inserimento di un riferimento alla consapevolezza sulla distanza che separa il nostro dal rispetto dei traguardi quantitativi e sulla necessità di compiere maggiori sforzi per avvicinarvisi. Ritiene quindi opportuno sopprimere al secondo punto della parte dispositiva le parole: «trasparente ed « e le parole: «sullo stato».

Enrico PIANETTA (PdL) alla luce di quanto osservato dai colleghi Barbi e Tempestini, accoglie le proposte di riformulazione riferite al decimo punto della premessa, nel senso di aggiungere, dopo le parole: «in merito alla situazione italiana vi è consapevolezza condivisa» le seguenti: «in ordine alla distanza che separa il nostro Paese dal rispetto dei traguardi quantitativi e alla necessità di compiere maggiori sforzi per avvicinarvisi, nonché». Accoglie anche la proposta di riformulazione avanzata dal collega Tempestini con riferimento al secondo punto della parte dispositiva.

Il sottosegretario Alfredo MANTICA concorda con le proposte di riformulazione avanzate.

Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva quindi la risoluzione n. 7-00380, come riformulata, che assume il n. 8-00085 (vedi allegato 1).

La seduta termina alle 14.40.


ALLEGATO 1

Risoluzione n. 7-00380 Pianetta: Sulla partecipazione italiana al Millennium Summit delle Nazioni Unite.

NUOVA FORMULAZIONE APPROVATA DALLA COMMISSIONE

La III Commissione,

premesso che:

a soli cinque anni dalla scadenza del 2015, fissata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite per il raggiungimento degli otto obiettivi di sviluppo del Millennio, il segretario generale Ban Ki-Moon ha invitato i leader mondiali a riunirsi in un summit a New York dal 20 al 22 settembre 2010 nel fermo intento di indurre i governi nazionali ad un'accelerazione nella strategia globale di lotta contro la povertà;

il Comitato permanente sugli obiettivi di sviluppo del millennio, istituito in questa legislatura presso la Commissione affari esteri e comunitari della Camera dei deputati, ha fin dal 2008 operato per svolgere un'azione di monitoraggio sull'operato della comunità internazionale e del Governo italiano, soprattutto in coincidenza con l'anno di presidenza italiana del G8, nonché un'incisiva azione di sensibilizzazione della politica e dell'opinione pubblica italiana sui temi della lotta contro la povertà e per lo sviluppo;

tale impegno è stato rafforzato dalla deliberazione sullo svolgimento di un'indagine conoscitiva sugli obiettivi di sviluppo del millennio, che ha già prodotto nel 2009 un documento intermedio recante gli esiti del lavoro istruttorio ed un pacchetto di proposte operative finalizzate alla futura azione dell'Italia sui temi degli otto obiettivi;

l'interesse della comunità internazionale nei confronti di questo specifico impegno italiano, unico nel contesto europeo e dei Paesi che aderiscono all'OCSE, ha contribuito a dare visibilità ad iniziative analoghe assunte da altri sei Parlamenti nazionali - di India, Indonesia, Kenya, Mozambico, Nigeria e Sudafrica - per conferire efficacia al contributo parlamentare alla realizzazione degli obiettivi. La stessa Unione interparlamentare ha avviato uno studio sul caso italiano nell'intento di formulare delle linee guida destinate alle assemblee parlamentari dei cinque continenti e che saranno divulgate in occasione del summit di settembre;

la grave crisi economico-finanziaria, che ha investito anche l'Europa, ha indubbiamente gravato sullo scenario complessivo, inducendo tutti i maggiori Paesi donatori a drastiche misure di contenimento della spesa pubblica e di riduzione degli impegni, anche sul versante della cooperazione allo sviluppo, come è progressivamente avvenuto in Italia anche in occasione della recente manovra, di cui al decreto-legge n. 78 del 2010, con tagli pari a 21 milioni di euro nel settore delle politiche di aiuto che sono venuti ad incidere su un già basso livello di stanziamenti;

pur in presenza di questo drastico cambiamento di contesto, intervenuto a metà del percorso per il raggiungimento degli obiettivi, non si può accettare una residualità politica dell'Aiuto pubblico allo sviluppo. Una moderna cultura di governo contiene in sé l'idea guida che le politiche di Aiuto pubblico allo sviluppo sono parte integrante e decisiva della proiezione internazionale del Paese. Il lavoro d'indagine ha permesso di delineare un quadro di luci ed ombre, anche in considerazione  delle politiche attuate dai nuovi soggetti donatori, in particolare dalla Cina, suggerendo nuovi spunti di riflessione e dando centralità ad alcuni aspetti ai fini di una realistica programmazione degli interventi. Tali aspetti concernono il tema dell'efficacia degli aiuti, la loro prevedibilità, il coordinamento e la trasparenza quali elementi fondanti del patto di mutual accountability tra Paesi donatori, ad economia emergente e Paesi destinatari;

nella consapevolezza condivisa che lo scenario di crisi ha aggravato il compito dei Paesi donatori e ha proporzionalmente accresciuto l'importanza della ownership da parte dei Paesi destinatari, nel corso

degli approfondimenti istruttori sono state evidenziate le conseguenze negative del ricorso ad una «politica di annunci» non coerentemente accompagnata da una «politica di puntuali adempimenti», anche in riferimento ad isolate e controproducenti campagne di protesta assunte da personalità dello spettacolo note a livello internazionale e socialmente impegnate ma prive di responsabilità di tipo politico-istituzionale;

la negatività di tutto ciò sta nel fatto che poi tali politiche di annuncio contrastano con la realtà di un protezionismo soprattutto in materia agricola;

rispetto alle performance dei singoli Paesi membri appare sempre più determinante il ruolo dell'Unione europea quale maggior contributore alle politiche internazionali per lo sviluppo, anche per mezzo del Fondo europeo di sviluppo (FES) e alla luce del piano d'azione in dodici punti a sostegno degli obiettivi di sviluppo del millennio, elaborato dalla Commissione europea (il cosiddetto spring plan). Proprio questa sua centralità deve spingere l'Europa a razionalizzare i suoi percorsi decisionali rendendo più coerenti tra loro le competenze;

in merito alla situazione italiana vi è consapevolezza condivisa in ordine alla distanza che separa il nostro Paese dal rispetto dei traguardi quantitativi e alla necessità di compiere maggiori sforzi per avvicinarvisi, nonché in ordine alla necessità di aggiornare gli strumenti operativi di attuazione degli interventi di cooperazione allo sviluppo alle nuove esigenze della comunità internazionale, alla luce della Dichiarazione di Parigi sull'efficacia degli aiuti allo sviluppo del 2005 e del Programma d'azione di Accra del 2008, procedendo nel percorso, già avviato con l'approvazione in sede legislativa alla Camera della proposta di legge C. 3400 Pianetta e Tempestini, di riforma della legge n. 49 del 1987 limitatamente ad alcuni aspetti connessi alla gestione dei fondi dell'Amministrazione degli affari esteri per la cooperazione allo sviluppo. Vi è la consapevolezza a questo proposito che occorrerebbe andare ben oltre in termini di riferimenti della cooperazione per renderla strumento valido di una strategia Paese utilizzando per questo gli anni restanti della legislatura;

occorre tener conto del ruolo prioritario dato alla leadership efficace dei Governi nazionali nelle politiche di sviluppo, quale fattore-chiave per la realizzazione degli obiettivi del millennio, secondo quanto è indicato nel rapporto del segretario generale delle Nazioni Unite «Keeping the promise» adottato il 12 febbraio 2010, ai sensi della risoluzione dell'Assemblea generale e n. 64/184,

impegna il Governo:

a mantenere, in generale, le sedi multilaterali al centro della gestione delle problematiche dello sviluppo, operando anche in seno all'Unione europea per accrescere l'efficienza e l'impegno delle Nazioni Unite;

al fine di incrementare il grado di mutual accountability tra Paesi donatori, ad economia emergente e Paesi destinatari, anche in vista del summit di settembre 2010, a delineare un quadro esaustivo degli adempimenti da parte dell'Italia rispetto agli impegni assunti nelle sedi internazionali rispetto alle tematiche connesse agli obiettivi del millennio; 

a formulare proposte concrete, da sottoporre alla comunità internazionale, in tema di efficacia, trasparenza e prevedibilità degli aiuti, anche al fine di ridurne la frammentazione;

anche alla luce del Piano d'azione della Commissione europea, ad elaborare iniziative in tema di strumenti finanziari innovativi, tenendo nella giusta considerazione la riflessione svolta in occasione dell'esame di proposte per la tassazione delle transazioni finanziarie internazionali;

nel confronto con la comunità internazionale a valorizzare la significativa prestazione italiana nella contribuzione finanziaria alle banche e ai fondi di sviluppo a carattere multilaterale, in qualità

di Paese membro del consesso G7/G8, nonché fondatore dell'Unione europea, dell'area dell'euro e della maggior parte delle banche di sviluppo, compiendo uno sforzo anche per assicurare la puntualità dei pagamenti che l'Italia comunque assicura alle istituzioni finanziarie internazionali, e promuovendo una gestione che, all'interno di un disegno unitario, dia la massima efficacia alla presenza di funzionari italiani ai più alti livelli di management di tali istituzioni;

in tal senso, a provvedere ad informare il Parlamento in modo tempestivo sullo stato della partecipazione finanziaria italiana alle istituzioni finanziarie internazionali, senza gli scarti temporali anche biennali registrati negli ultimi anni, tenuto conto delle importanti ricadute sulle politiche di aiuto che hanno avuto gli importanti e recenti accadimenti di tipo macroeconomico;

nel confronto con gli altri Governi a valorizzare il ruolo propulsivo che i Parlamenti nazionali possono avere nell'accrescere il consenso sulle tematiche del millennio e nel facilitare l'azione a favore dello sviluppo globale, anche in tempi di grave crisi per le economie nazionali;

a procedere alla razionalizzazione complessiva delle iniziative di cooperazione allo sviluppo, individuando nel Ministero degli affari esteri la sede naturale ai fini della decisione politica e del coordinamento, provvedendo ad elaborare linee di riforma utili a innescare sinergie virtuose tra le diverse amministrazioni dello Stato e tra i diversi livelli di governo, centrale e periferico, interessati dagli interventi di cooperazione allo sviluppo;

a condurre, nel confronto con il Parlamento, una riflessione sui criteri che guidano le scelte del nostro Paese in tema di cooperazione allo sviluppo, in linea con le priorità di politica estera del nostro sistema e con un'attenzione rivolta anche alle politiche commerciali.

(8-00085) «Pianetta, Tempestini».


 

 


RESOCONTO

STENOGRAFICO

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367

 

Seduta di martedì 14 settembre 2010

 

(omissis)


Discussione della mozione Evangelisti ed altri n. 1-00424, concernente adempimenti ed iniziative dell'Italia nell'ambito degli «obiettivi di sviluppo del Millennio» in vista del vertice delle Nazioni Unite del 20-22 settembre 2010 (ore 16,55).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Evangelisti ed altri n. 1-00424, concernente adempimenti ed iniziative dell'Italia nell'ambito degli «obiettivi di sviluppo del Millennio» in vista del vertice delle Nazioni Unite del 20-22 settembre 2010 (Vedi l'allegato A - Mozioni).

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione della mozione è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

Avverto che sono state altresì presentate le mozioni Antonione ed altri n. 1-00430, Pezzotta ed altri n. 1-00431, Lo Pag. 13Monte ed altri n. 1-00432 e Tempestini ed altri n. 1-00433 che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalla mozione all'ordine del giorno, verranno svolte congiuntamente (Vedi l'allegato A - Mozioni). I relativi testi sono in distribuzione.

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.

È iscritto a parlare l'onorevole Evangelisti, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00424. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, mi rivolgo a lei e agli onorevoli colleghi presenti per cercare di illustrare le ragioni principali della presentazione di questa mozione. Si tratta di ragioni che risiedono soprattutto nella necessità di rafforzare di più l'azione del nostro Governo attraverso gli impegni di cui parlerò più avanti in previsione del vertice delle Nazioni Unite dedicato alla revisione degli obiettivi di sviluppo del Millennio. Tale vertice si terrà la prossima settimana a New York.

Un altro importante appuntamento, tuttavia, si terrà, con specifico riferimento all'efficacia degli aiuti ai Paesi in via di sviluppo, un po' di tempo dopo, a Seul, alla fine del prossimo anno. Avremo quindi il tempo per riflettere sulla maggiore o minore efficacia delle politiche di aiuti pubblici allo sviluppo dei Paesi emergenti, tenuto conto delle condizioni macro e micro economiche dei Paesi beneficiari, ma anche delle modalità con le quali tali aiuti vengono previsti e somministrati.

Io lo so, e lo sanno i colleghi, che lo scorso 29 luglio in III Commissione (Affari esteri) è stata approvata una risoluzione relativa alla partecipazione dell'Italia al Millennium summit di New York, ma spero venga approvata anche questa mozione per rimarcare le pesanti responsabilità bipartisan e sottolineare i ritardi accumulati dalla metà degli anni Novanta nel nostro Paese e chiedere quindi al Governo di far fronte agli impegni presi anche in occasione del G8 svoltosi a L'Aquila. Tra l'altro, rispetto all'impegno italiano, all'iniziativa del G8 sulla sicurezza alimentare, l'Italia ha stabilito un impegno su tre anni pari a 427 milioni di dollari, il cui primo esborso è stato, nello scorso aprile, pari a 190 milioni di dollari. Tuttavia, tenendo presente che l'impegno annuale del nostro Paese nel settore in questione è mediamente pari a 200 milioni di euro, possiamo affermare che l'Italia non ha ancora contribuito con nessun esborso aggiuntivo all'iniziativa aquilana.

Concordo con i colleghi Pianetta e Tempestini, presentatori di analoghe mozioni, quando sottolineano l'importante impulso a livello europeo dell'istituzione, presso la Commissione di cui facciamo parte, del Comitato permanente sugli obiettivi del millennio e della relativa indagine conoscitiva in funzione di una sensibilizzazione della politica e dell'opinione pubblica su temi e argomenti quali la lotta alla povertà e a favore della cooperazione allo sviluppo.

Il Comitato è considerato, anche dall'Unione interparlamentare, una buona pratica perché consente di creare un luogo istituzionale dedicato ad una componente centrale della politica internazionale e dell'identità del nostro Paese, ma che spesso viene marginalizzata nel dibattito parlamentare.

Il Comitato è riuscito a coinvolgere nel suo lavoro il principale Ministero per dare spessore e concretezza a questa azione. Tuttavia, se l'audizione del Direttore generale del tesoro, Grilli, si può senz'altro ritenere un segnale politico di apertura importante, va evidenziato che da parte del Ministero sono mancate delle risposte che solo la politica e non un alto funzionario della pubblica amministrazione può dare.

Dico questo perché è vero che la grave crisi economica e finanziaria che ha investito anche l'Europa ha determinato misure di contenimento drastico della spesa pubblica, ma è altrettanto vero che altri Stati partner europei, i quali hanno ovviamente affrontato la stessa crisi riducendo Pag. 14le spese a bilancio, hanno operato scelte differenti per la cooperazione allo sviluppo, che è solo uno degli obiettivi del millennio. Infatti, o non hanno tagliato l'aiuto pubblico allo sviluppo (come nel caso della Gran Bretagna) o lo hanno ridotto senza pregiudicare il puntuale raggiungimento degli obiettivi quantitativi previsti per il 2015. Così ha fatto, ad esempio, la Spagna riuscendo così a mantenere un accettabile e recuperabile margine di differenza con la quota intermedia prevista dagli impegni internazionali.

Vorrei brevemente ricordare qui che tre dei cinque Paesi tra i maggiori donatori sono membri dell'Unione europea (la Francia, la Germania e il Regno Unito) e che quattro dei cinque Paesi che hanno superato da tempo l'obiettivo dello 0,7 per cento del PIL devoluto all'aiuto ai Paesi in via di sviluppo sono membri dell'Unione europea (la Danimarca, il Lussemburgo, i Paesi Bassi e la Svezia). Tuttavia, l'Unione europea è ancora nel suo insieme lontana dall'obiettivo collettivo dello 0,56 per cento del PIL che si era riproposta per il 2010 e farà mancare 15 miliardi di euro di risorse per la lotta alla povertà. Di questa mancanza una grave responsabilità ricade sul nostro Paese, che anche quest'anno evidenzia una performance particolarmente negativa in tal senso. Ciò, oltre ad allontanarci ulteriormente della media dei nostri partner europei, rende sempre più improbabile il raggiungimento degli obiettivi del Millennio.

Nel 2009 - che, non dimentichiamolo, è stato l'anno della Presidenza italiana del G8 - l'aiuto pubblico ai Paesi in via di sviluppo da parte dell'Italia si è contratto del 31 per cento. Si tratta di una riduzione superiore a quella della Grecia, che noi stessi abbiamo poi aiutato a superare la situazione di default in cui si era trovata, riducendosi allo 0,16 per cento del PIL.

Si tratta del livello più basso dal 2004 che pone il nostro Paese all'ultimo posto nell'Europa dei 15 e tra i suoi pari del G7. È paragonabile, in termini di quantità di aiuto messe a disposizione, a Paesi come Malta e Cipro. E pensare che la dichiarazione del Millennio del 2000 è stata presentata e sottoscritta da 191 Paesi membri dell'ONU per migliorare la vita delle persone più svantaggiate del mondo, e riguarda lo sradicamento della povertà estrema e della fame; è stata presentata anche per garantire l'educazione primaria universale; la promozione della parità dei sessi e l'autonomia delle donne; la riduzione della mortalità infantile; il miglioramento della salute materna; la lotta per la riduzione dell'HIV-AIDS, della malaria e di altre malattie; la sostenibilità ambientale; infine, il rafforzamento di un partenariato mondiale per lo sviluppo.

Su questo importante, ancorché trascurato intento va dato atto pubblicamente del prezioso contributo di alcune ONG e altre organizzazioni della società civile da tempo fortemente impegnate, anche nei nostri confronti in quanto parlamentari, nel sollecitare una maggiore attenzione e un più concreto impegno politico e istituzionale su questi aspetti. A tal proposito ricordo, ad esempio, la classifica sull'impegno dei singoli parlamentari per la cooperazione e lo sviluppo prodotta da Actionaid. Oggi penso soprattutto al più grande raggruppamento di associazioni riunite nella coalizione italiana contro la povertà che, insieme alla campagna delle Nazioni Unite per gli obiettivi del millennio, proprio giovedì prossimo terrà una conferenza stampa sulle priorità dell'Italia per il raggiungimento di tali obiettivi, a cui molti di noi sono stati invitati ad intervenire.

Purtroppo, assistiamo al progressivo allontanamento del conseguimento soprattutto del primo dei millennium goal, quello più drammatico, cioè il dimezzamento della quota di popolazione che soffre la fame nel mondo, mentre i dati FAO parlano di 35 mila persone che, ogni giorno, vanno a letto affamati e di un quarto dei bambini che, nelle aree in via di sviluppo, è sottopeso, senza dimenticare che 1,4 miliardi di persone vivono ancora in condizioni di povertà estrema e non possono più aspettare.

Il 2010 poteva essere ricordato come un anno importante di rilancio della lotta alla povertà per la costruzione di un sistema Pag. 15globale più giusto, stabile e sicuro. In questo senso, infatti, a fine giugno 2010, in Canada il G20 doveva discutere, ad esempio, sulla possibilità di approvare l'istituzione di una tassa internazionale sulle transazioni finanziarie, ma l'Italia, a differenza di altri Paesi (mi viene in mente la Germania di Angela Merkel), ha affermato la sua contrarietà alla proposta, pregiudicando il compromesso tra i Capi di Governo dell'Unione europea faticosamente raggiunto nel corso del Consiglio europeo del 17 giugno, prima quindi dell'incontro di Toronto. Ciò, malgrado anche l'approvazione di tre risoluzioni in Commissione su questo specifico aspetto presentate da chi parla e dai colleghi Barbi e Zacchera la scorsa metà di giugno.

Nel corso del 2010 la posizione dell'Italia all'interno della comunità internazionale si è progressivamente indebolita perché sono state progressivamente certificate le varie inadempienze del nostro Paese nel rispetto degli obiettivi internazionali di lotta alla povertà. Il prossimo vertice delle Nazioni Unite sugli obiettivi del millennio e la Conferenza del Fondo globale, che si terranno il 4 e il 5 ottobre prossimi, rischiano quindi di essere appuntamenti di ulteriore marginalizzazione del nostro Paese. Di qui, la necessità di lanciare, da quest'Aula, un segnale anche alla società civile del nostro Paese, alla comunità internazionale per ristabilire l'affidabilità, la credibilità e la centralità del nostro Paese all'interno dei mutevoli equilibri della governance globale.

A ottobre 2009, circa quasi un anno fa, la Camera approvò con un voto bipartisan due mozioni per il rilancio del peso della cooperazione allo sviluppo nell'azione del nostro Paese e il fatto fu salutato positivamente. Oggi è necessario che il nostro Paese vada oltre e si impegni dunque: a partecipare al prossimo summit delle Nazioni Unite di New York del 20-22 settembre con un alto livello di rappresentanza che, con un mandato forte del Parlamento, garantisca e difenda il ruolo dell'Italia e, fornendo dati finanziari, faccia chiarezza sul peso che il nostro Paese intende avere nella lotta alla povertà; a produrre, entro la fine del 2010, un calendario dei livelli complessivi di aiuto pubblico allo sviluppo che l'Italia si impegna a raggiungere per il 2013; a provvedere al versamento del contributo dovuto al Fondo globale per la lotta all'AIDS, tubercolosi e malaria entro settembre 2010, come annunciato nel corso del G8 de L'Aquila dell'anno scorso; a trasmettere al Parlamento, con la massima celerità, un documento che elenchi tutti gli impegni contratti in termini di cooperazione allo sviluppo con Paesi ed organizzazioni multilaterali e specifichi gli impegni internazionali che potranno essere assolti nel corso del 2011 con le risorse messe a disposizione dalla manovra finanziaria del prossimo anno.

Signora Presidente, questi sono gli elementi essenziali della nostra mozione che spero il Governo possa accettare e che tutta l'Aula possa votare positivamente (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Antonione, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00430. Ne ha facoltà.

ROBERTO ANTONIONE. Signor Presidente, la mozione n. 1-00424 che ha come primo firmatario il collega Evangelisti prende spunto, come abbiamo ascoltato, dagli obiettivi di sviluppo del Millennio delle Nazioni Unite, che ovviamente noi condividiamo, e muove una critica alle relazioni italiane proprio con riferimento a quello che è il nostro impegno sotto il profilo quantitativo per destinare risorse a questi settori.

È evidente che, in particolare negli ultimi anni, gli aiuti allo sviluppo forniti al nostro Paese, sia in ambito multilaterale che in ambito bilaterale, si sono ridotti perché la situazione economica generale e, in particolare, le condizioni della nostra finanza pubblica hanno imposto un ridimensionamento degli stanziamenti in molti settori e per molte finalità, anche di grande rilevanza.

La mozione citata sottolinea che altri Paesi europei o non hanno tagliato l'aiuto Pag. 16pubblico allo sviluppo (come la Gran Bretagna), o lo hanno ridotto, senza pregiudicare il raggiungimento degli obiettivi quantitativi previsti per il 2015 (come la Spagna), e che altri Paesi europei hanno ridotto meno di noi tali aiuti.

Al riguardo, è da osservare che il nostro Paese è gravato da un debito pubblico ben superiore, in rapporto al PIL, a quello medio dei Paesi europei: pertanto, i margini di manovra sulla finanza pubblica sono per noi assai più ristretti e, per tale motivo, il confronto che opera la mozione non è plausibile e questo rilievo critico, a nostro modo di vedere, non è accettabile.

Per quanto riguarda gli impegni sostanziali, a proposito della mozione Evangelisti ed altri n. 1-00424, si deve rilevare che le richieste relative ai livelli di aiuto pubblico allo sviluppo per il corrente anno e fino al 2013 devono essere compatibili con i vincoli generali di finanza pubblica: pertanto, la mozione citata va comunque corretta in tal senso.

Ci si lamenta spesso dell'insufficienza delle risorse, senza però fare un riferimento preciso su dove andare a richiedere sacrifici per trovare stanziamenti in grado di operare questo tipo di impegno.

Per quel che riguarda, viceversa, il nostro atto parlamentare, con riguardo alle questioni di fondo sulle quali ci riconosciamo, credo che la nostra mozione spieghi meglio quale possa essere, da parte del Parlamento, l'impulso da dare al Governo: prendendo atto della situazione generale, chiediamo al Governo di trovare la capacità di riuscire meglio a far fronte ad un impegno morale ed importante per corrispondere ad un'esigenza anche sociale, che noi riteniamo fondamentale.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Pezzotta, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00431. Ne ha facoltà.

SAVINO PEZZOTTA. Signor Presidente, il tema che oggi, attraverso le mozioni presentate, è oggetto della nostra discussione, a mio parere, avrebbe meritato un'attenzione maggiore e, sicuramente, la presenza del Ministro degli affari esteri.

Ho l'impressione che questioni che riguardano la cooperazione - soprattutto quella internazionale e l'aiuto ai Paesi poveri - siano comunque considerate problemi marginali, da lasciare a qualche persona di buona volontà. Predomina l'idea che la politica internazionale sia altro e che non riguardi le nostre azioni, ma sempre più, man mano che passa il tempo, si evidenzia invece che, nella nuova fase della globalizzazione, le questioni finanziarie ed economiche e le questioni riguardanti la sicurezza si intrecciano in profondità con quelle della solidarietà.

Noi non possiamo pensare che, per riportare un clima sereno nel mondo, bastino le guerre preventive o gli interventi militari. Questi, perché possano raggiungere gli obiettivi, devono essere accompagnati da interventi di solidarietà e di aiuto, altrimenti il rancore continuerà ad alimentare il terrorismo più di quanto noi non pensiamo. Per questo motivo, ritengo che continuare a dire: «non abbiamo risorse» o «la situazione economica non ci consente di...» sia sicuramente un errore concettuale.

Fortunatamente, stando a quanto abbiamo avuto la fortuna di sentire questa mattina da parte della Federazione organismi cristiani di servizio internazionale volontario, che ha presentato un rapporto dal titolo significativo: «Il barometro della solidarietà internazionale degli italiani», i nostri concittadini, nonostante la crisi, la crescita della disoccupazione e il restringimento dei redditi, restano convinti che la lotta alla fame, ossia l'obiettivo uno degli obiettivi del millennio, dovrebbe essere elemento importante e primario nell'agenda della nostra politica economica.

È un risultato significativo di questa indagine e dovrebbe farci riflettere tutti perché evidenzia una dicotomia, una separazione tra ciò che pensa la nostra gente, il nostro popolo e quello che le istituzioni e soprattutto il Governo stanno facendo.

Mancano cinque anni alla scadenza degli obiettivi di sviluppo del millennio, vi sono ancora due miliardi di persone che continuano a vivere con circa due euro al Pag. 17giorno, circa un miliardo di persone soffre la fame. Sono certamente, in parte, diminuite le persone che hanno fame ma non tanto perché abbiamo affrontato alcune questioni, quanto per la crescita di un Paese come quello cinese. Un miliardo e mezzo di persone non ha accesso all'acqua potabile: si tratta di un dramma umano e civile che non possiamo valutare solo partendo dalle difficoltà economiche del nostro Paese.

Il Segretario generale delle Nazioni Unite, in questi ultimi giorni, presentando il rapporto del 2010 sugli obiettivi, ha detto, con molta chiarezza, che la mancata attuazione degli obiettivi del millennio non dipende dal fatto che sono irraggiungibili o dalla carenza di tempo, ma dagli impegni non attuati, dall'inadeguatezza dei governi dei Paesi più ricchi. Credo che ci venga rivolta una domanda forte e insistente. Se ancora oggi ci sono persone che muoiono di fame, donne che muoiono mettendo al mondo dei bambini, persone che vivono nella miseria estrema è anche colpa dei Paesi più ricchi che, su questi obiettivi, che con tanta enfasi hanno proclamato, hanno ritirato la loro capacità di incidenza.

Diventa sempre più difficile pensare che, nei cinque anni che mancano, riusciremo a raggiungere quegli obiettivi che, con tanta decisione e speranza, il mondo ci aveva richiesto.

I Paesi ricchi non hanno mantenuto gli impegni, l'Italia meno di altri perché entro il 2010 avrebbe dovuto devolvere lo 0,51 per cento del PIL, mentre attualmente, secondo quanto riporta la campagna dell'ONU sul millennio, dona solo lo 0,1 per cento, nonostante le promesse fatte ai G8 di Genova e de L'Aquila. Tante sono state le promesse, pochi e deboli i fatti.

Intanto le persone continuano a morire di fame. Mentre noi al mattino ci alziamo, facciamo la doccia, ascoltiamo le ultime rassegne stampa, magari canticchiamo qualche canzone, non pensiamo che in quella giornata ci saranno 26 mila bambini entro i cinque anni che moriranno per fame e donne che moriranno per mettere al mondo il proprio figlio, non avendo assistenza medica e quello che dovrebbe essere un giorno di vita diventa giorno di morte.

Bisogna andare oltre le cifre, calarsi nella sofferenza, nella dimensione della vita di queste persone e tremare, far vibrare il cuore, più che pensare ai conti. Infatti, il mondo non uscirà dalla sua situazione di difficoltà se i problemi della fame, della miseria, se gli obiettivi del millennio non saranno raggiunti. Noi rischiamo tanto, tantissimo; rischiamo che il risentimento ed il rancore aumentino e che nel mondo si diffonda la violenza.

Dobbiamo, infatti, pensare che l'intervento per una pacificazione delle realtà passa attraverso questi obiettivi, attraverso questa strada.

Noi continuiamo a credere, proprio come persone e come forze politiche, che vi siano principi non negoziabili. Pensiamo che questi principi non negoziabili si incardinino anche in questi elementi, soprattutto perché i suddetti sono attaccati alla vita di milioni di persone. Non bisogna fare tanti discorsi. Noi siamo lì fermi a richiamare noi stessi e il nostro Governo alla situazione. Nel Barometro della solidarietà degli italiani, presentato questa mattina, c'è un'altra notazione interessante che dovremmo cogliere. Si rileva che gli italiani sono propensi a ridurre le spese militari. Mi domando che senso abbia apprestarci ad acquistare i cacciabombardieri, gli F35, che inoltre non servono e sono inutili in una situazione di questo genere, mentre riduciamo gli aiuti sugli obiettivi del millennio. Credo che vi debba essere una certa coerenza. Certamente, abbiamo espresso solidarietà ai nostri militari, ma se non accompagniamo la loro azione militare con azioni di solidarietà, di sviluppo e di crescita, si rischia che quell'azione, che richiede ed ha richiesto sacrifici di vita, alla fine diventi inutile. Non c'è solo l'esercito, c'è qualcosa che lo deve accompagnare: è l'idea di un Paese come il nostro che deve rappresentarsi. Quante volte abbiamo detto che crediamo nei valori della civiltà cristiana, della civiltà occidentale. Ma quale civiltà è quella che ignora, che fa finta di non vedere le Pag. 18migliaia di persone che muoiono di fame e di sete, i bambini che non riescono ad avere un'istruzione, le donne che non riescono a partorire in modo normale e tranquillo e rischiano la vita? Che civiltà è quella che ignora tutto ciò? Ecco perché ci interroghiamo e ci domandiamo questo: come si presenterà l'Italia, che si vanta di appartenere giustamente a queste radici e a questa tradizione, al summit dell'ONU del 22 e del 23 settembre? Noi vorremmo che a quella riunione partecipasse una rappresentanza forte e pesante del nostro Governo. Ma non solo: vorremmo che l'Italia fosse colei che guida un nuovo slancio su questo terreno. Certo dobbiamo ritagliare delle risorse, dobbiamo ridurre alcune cose. Facciamolo! Se è vero ciò che hanno rilevato le organizzazioni cristiane del volontariato nel rapporto presentato questa mattina, ossia che gli italiani sono propensi e attenti, perché il Governo non dà una risposta alla gente, al popolo e alle persone che chiedono questo? Intanto, chiediamo un intervento veramente deciso, forte e sicuro. Chiediamo che il Governo si impegni di più su questo terreno. Deve impegnarsi a dare seguito all'impegno di giustizia e di equità, che ha assunto in occasione della sottoscrizione della dichiarazione del millennio, attraverso un aumento delle risorse destinate all'aiuto pubblico e allo sviluppo. Noi intendiamo impegnare il Governo sotto il profilo di politiche più ambiziose da parte dei Paesi donatori dell'Unione europea, che puntino a fissare i criteri vincolanti per raggiungere l'obiettivo dello 0,7 per cento del prodotto interno lordo per l'aiuto allo sviluppo, a stabilire nuove scadenze per andare oltre gli obiettivi del 2015 ed eliminare completamente la fame e la povertà, ad allocare il 20 per cento degli aiuti allo sviluppo alla salute di base e all'educazione, ad attribuire la giusta importanza alle questioni di genere e di salute riproduttiva, nel rivedere i programmi del Paese, a documentare la coerenza tra politiche di sviluppo, quelle migratorie, commerciali, finanziarie, ambientali e di sicurezza. Perché questi problemi ci sono. Ormai il mondo è diventato troppo piccolo perché noi lo possiamo ignorare, perché noi possiamo pensare di risolvere i nostri problemi. Noi risolveremo i nostri problemi se aiuteremo anche gli altri a risolverli, soprattutto i Paesi più deboli, soprattutto quelli in via di sviluppo.

Dobbiamo lavorare per sviluppare nei Paesi dell'OCSE le istituzioni finanziarie internazionali, partner, nuove modalità finanziarie; vigilare - lo dico perché nel rapporto di questa mattina è uscito con forza - perché sia curata una maggiore trasparenza degli aiuti; sollecitare l'adozione di meccanismi di finanziamento innovativi e fondi per combattere i cambiamenti climatici, addizionali alle risorse già stanziate per gli impegni verso l'aiuto pubblico allo sviluppo già esistenti; prestare attenzione affinché sia data una particolare priorità ai progetti e agli interventi riguardanti le zone rurali e l'agricoltura.

Solo l'altro giorno la Conferenza episcopale italiana ha richiamato tutti a un'attenzione maggiore rispetto ai problemi dell'agricoltura e all'eticità del lavoro agricolo, soprattutto nei Paesi più deboli, dove il tema della fame e della sopravvivenza è impellente.

Ma noi vogliamo anche che il Governo si impegni a considerare come preminenti i progetti volti a dare alle donne un migliore accesso alla terra e al credito e a promuovere la parità tra i sessi, al fine di contribuire, anche qui, a un'effettiva parità, alla possibilità delle madri di veder nascere i loro figli, di poterli accompagnare nella loro crescita, di fare in modo che possano istruirsi, e pertanto partecipare alla crescita del mondo.

Chiediamo questo: non è utopia, ma è inseguire il sogno di Giorgio La Pira, di Raoul Follereau, che, in tempi forse più complicati dei nostri, con meno risorse, auspicavano veramente che l'impegno della pace passasse attraverso lo sviluppo dei popoli, attraverso un gesto di solidarietà. Chiediamo che il nostro Governo, proprio per fare fronte agli impegni che ha assunto, si impegni su questo terreno con chiarezza e con determinazione. Pag. 19

Noi continueremo a vigilare, a denunciare e a verificare se questi impegni vengono assunti (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Barbi, che illustrerà la mozione Tempestini ed altri n. 1-00433, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

MARIO BARBI. Signor Presidente, la settimana prossima, a New York, come è stato detto, su invito del Segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon, si svolgerà il summit mondiale sugli «obiettivi di sviluppo del millennio».

In questi obiettivi si riassume l'impegno dell'ONU, vale a dire dell'intera comunità internazionale, a compiere progressi significativi verso un mondo in cui tutti gli esseri umani, senza distinzioni di razza o di genere, possano vivere in condizioni dignitose, senza essere afflitti dalla fame, dalla povertà e dalle malattie.

Questo impegno non è uno fra i tanti delle Nazione Unite; in esso è piuttosto racchiuso il senso e la ragione di essere più profonda della comunità internazionale e dell'organizzazione internazionale. «Gli obiettivi di sviluppo del millennio - cito dal rapporto ONU preparato da Ban Ki-Moon per il vertice della settimana prossima - hanno mobilitato il più grande sforzo di cooperazione nella storia del mondo per combattere la povertà, la fame e le malattie». Si tratta di uno sforzo per adempiere ad una promessa formulata dieci anni fa a valle della dichiarazione del millennio; una promessa che il vertice della settimana prossima è chiamato a confermare e a mantenere e che consisteva nell'impegno a dimezzare la povertà estrema nel mondo entro il 2015, perseguendo a questo fine otto obiettivi definiti e misurabili.

Si tratta di otto obiettivi in cui si sostanzia, come si legge nel rapporto «Keeping the promise», che ho già citato, «il diritto allo sviluppo in aggiunta agli altri diritti economici, sociali e culturali contenuti nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo».

Il vertice del 20-22 settembre e gli obiettivi del millennio sono il tema delle mozioni al nostro esame. L'impegno politico che la mozione del Partito Democratico chiede al Governo di assumere - e che vorrei sin d'ora sottolineare - è che il nostro Paese appoggi, senza incertezze e senza riserve, facendo poi fronte agli impegni conseguenti, la proposta del Segretario generale dell'ONU di - cito nuovamente - «un nuovo patto fra tutti i soggetti coinvolti per accelerare i progressi volti al raggiungimento degli obiettivi nei prossimi anni con l'impegno verso uno sviluppo equo e sostenibile per tutti».

Quegli obiettivi possono essere raggiunti - ci dice Ban Ki-Moon - a condizione che le promesse fatte vengano mantenute, e comunque mancarli sarebbe - uso l'espressione del Segretario generale - un «inaccettabile fallimento» e porterebbe - cito ancora - «al moltiplicarsi delle minacce nel mondo: instabilità, violenza, epidemie, degrado ambientale e aumento delle popolazioni in fuga».

Nella Commissione affari esteri tali questioni sono state seguite e approfondite in modo costante, anche grazie al Comitato permanente sugli obiettivi di sviluppo del millennio, istituito nell'ambito della Commissione, che ha svolto un'opera continua di monitoraggio e di assunzione di informazioni e valutazioni su un tema che riguarda, per quanto attiene il nostro Paese, l'intero ambito della cooperazione, a livello bilaterale e multilaterale, e quindi le scelte e le decisioni del Governo in tale ambito. È stata un'opera, quella del Comitato - lo riconosco volentieri - non solo utile, ma anche assai apprezzata nel rapporto intrattenuto con organizzazioni internazionali e con altri parlamenti.

A fine luglio, come è stato ricordato, la Commissione affari esteri ha approvato una risoluzione sulla partecipazione italiana al Millennium Summit delle Nazioni Unite. La risoluzione è stata approvata, se ricordo bene, senza distinzioni di parte. Il fatto che l'argomento ora sia portato all'attenzione di tutta la Camera, lungi dall'essere superfluo, è assolutamente positivo perché ci consente di far uscire la discussione Pag. 20da un ambito ristretto, o specialistico, e quindi di accrescere la consapevolezza del Parlamento e, per il suo tramite, dell'intera opinione pubblica circa l'importanza degli obiettivi del Millennio, nonché sulle implicazioni che essi hanno per il nostro Paese, che è chiamato a rispettare gli impegni assunti in passato con la comunità internazionale e a interrogarsi su quanto finora ha fatto e non ha fatto.

Gli obiettivi di sviluppo del Millennio collegano i concetti di sviluppo e di umanità, affermando l'idea che la crescita economica debba andare di pari passo con quella sociale e che i diritti umani non possano trovare pratica attuazione se non vincendo la povertà e la malattie, la discriminazione e l'esclusione sociale, l'ignoranza e l'oppressione.

L'idea di sviluppo umano, che ha preso forma e si è affermata in questo decennio anche grazie a questa piattaforma di obiettivi da tutti condivisi, diventando un alfabeto comune per popoli e culture lontani e diversi, rappresenta già di per sé un successo e un risultato politico di grande rilievo. Ma naturalmente è sui risultati raggiunti e su quelli mancati che va fatto un bilancio concreto e indicata una prospettiva.

Dal 2000 ad oggi sono successe molte cose. La storia non procede in modo lineare. All'ottimismo del cambio di millennio, con globalizzazione e new economy marcianti, sono subentrati risvegli bruschi che ci hanno richiamato alla tortuosità delle vicende umane. L'11 settembre, il terrorismo internazionale di matrice fondamentalista e poi i conflitti e le guerre che ne sono seguite contro il terrorismo, contro il fondamentalismo, contro l'intolleranza e che non sono state ancora vinte. Poi di nuovo la crescita impetuosa dei Paesi emergenti dell'Asia e dell'America Latina fino all'esplosione della crisi economica e finanziaria degli ultimi tre anni e alla nascita e almeno al tentativo di fare nascere nuovi strumenti di guerra mondiale. Dal G8 al G20 e il ritorno della prima potenza mondiale al multilateralismo.

Nuovi rischi e nuove minacce, ma anche una sempre più vivida coscienza che viviamo in un mondo del tutto interdipendente, un mondo interdipendente in cui alla lunga la prosperità e l'insicurezza sono indivisibili.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE (ore 17,30)

MARIO BARBI. È un mondo dunque che corre nuovi rischi, attraversato da nuove linee di distinzione, ma anche con le sue diverse parti sempre più legate le une alle altre, un mondo nel quale si conferma la lungimiranza degli obiettivi di sviluppo del millennio e l'importanza del loro raggiungimento.

In questo programma la cosa centrale è la coralità, la solidarietà tra Paesi ricchi e Paesi poveri, tra Paesi sviluppati, in via di sviluppo e meno sviluppati. Per quanto attiene l'aiuto allo sviluppo, ci sono Paesi donatori e Paesi che ricevono; ci sono Paesi donatori storici, quelli del primo mondo, come l'Italia, e ci sono nuovi donatori, che sono le economie emergenti come la Cina. Nessuno ce la farà da solo per quanto sia grande e potente.

Quando parliamo di «obiettivi di sviluppo del millennio» e degli impegni dei Paesi donatori, la cosa più immediata è pensare alla dimensione quantitativa della quota del PIL da destinare agli aiuti (lo 0,56 per cento entro il 2010 per arrivare fino allo 0,7 per cento nel 2015). I Paesi donatori sono complessivamente lontani dal mantenimento di questa promessa e l'Italia - purtroppo - più di altri (anzi l'Italia sta andando indietro). La crisi globale viene spesso addotta a giustificazione di questa retromarcia ma l'Italia deve invertire la rotta: chiediamo quindi al Governo di impegnarsi, coerentemente con il piano in dodici punti proposto dalla Commissione europea in una recente comunicazione, ad adottare un programma realistico inteso al mantenimento progressivo e graduale degli impegni che, pure a parole, anche dal Governo vengono sempre ribaditi e confermati. Pag. 21

Ban Ki-moon nel suo rapporto ci ricorda che al traguardo di 154 miliardi di dollari di aiuti promessi per il 2010 ne mancano all'appello 35: non è poco. Sempre più spesso si fa riferimento a fonti di finanziamento innovative: si pensa al settore privato ma non solo. L'idea di assoggettare ad una minima imposizione le transazioni finanziarie internazionali a carattere speculativo (cioè a brevissimo termine) non è più considerata solo la bizzarria di qualche eccentrico. Sarebbe bene che il nostro Governo, anziché frenare, si facesse promotore di un consenso mondiale a favore di questa misura che, ovviamente, ha senso solo se adottata a livello internazionale.

Ora, se non si fa uno sforzo nelle direzioni indicate, come chiede Ban Ki-moon, dovremo rassegnarci a parecchi insuccessi e delusioni. A grandi linee, il quadro attuale e prospettico per i principali obiettivi del millennio - faccio riferimento a dati presentati in una recente audizione presso il comitato da un rappresentante della Banca mondiale - risulta il seguente. In primo luogo occorre sradicare la povertà estrema: in tal senso sono stati fatti progressi importanti, essa è diminuita dal 41,7 per cento nel 1990 al 27 per cento nel 2005 e dovrebbe raggiungere il 15 per cento nel 2015.

Il secondo obiettivo è una istruzione primaria per tutti: secondo le proiezioni attuali l'obiettivo verrà mancato di poco (le aree critiche sono in Africa e nel sud dell'Asia).

Il terzo obiettivo sono le pari opportunità tra i sessi: differenze di istruzione tra ragazze e ragazzi restano elevate nei Paesi più poveri dell'Africa sub-sahariana, in Oceania e in Asia occidentale.

Il quarto obiettivo è ridurre la mortalità infantile: essa è diminuita del 28 per cento ma siamo lontani dal traguardo della riduzione dei due terzi.

Il quinto obiettivo è migliorare la salute materna riducendo di tre quarti la mortalità rispetto al 1990: questo obiettivo non verrà raggiunto nei Paesi più poveri (nell'Africa meridionale la situazione è anzi peggiorata).

Il sesto obiettivo è combattere le pandemie. A tale riguardo si registrano luci ed ombre: i nuovi casi di AIDS sono quasi dimezzati ma la situazione resta critica in Africa, la malaria continua a essere un flagello in molte zone e la tubercolosi uccide 2 milioni di persone all'anno (e siamo lontani dal raggiungere l'obiettivo di assicurare l'accesso universale alle cure contro l'AIDS).

Il settimo obiettivo riguarda la sostenibilità ambientale: vi sono progressi verso l'obiettivo - mi limito ad indicare questo - di dimezzare la popolazione che non ha accesso all'acqua potabile, traguardo che sarà raggiunto da 76 Paesi in via di sviluppo e mancato da altri 28. Critica, di nuovo, è la situazione dell'Africa sub-sahariana, dove 300 milioni di persone non hanno accesso all'acqua potabile e 450 milioni ai servizi igienici.

L'ottavo obiettivo è quello di sviluppare un'alleanza globale per lo sviluppo (su quest'ultimo obiettivo intendo soffermarmi in modo specifico). Questo non è un obiettivo facilmente misurabile, infatti mantenere gli impegni quantitativi di aiuto è fondamentale ma non è sufficiente. Anzi, nulla sarebbe più sbagliato che credere che il trasferimento di una certa quota di risorse dai Paesi più ricchi ai Paesi più poveri sia di per sé sufficiente a sradicare in modo duraturo e stabile la povertà e i flagelli sociali e umani che la accompagnano.

Gli aiuti, in particolare per le popolazioni più in difficoltà che, come abbiamo appena visto, si concentrano - non solo, ma prevalentemente - nell'Africa sub-sahariana, sono indispensabili ma non sono sufficienti. Altrettanto importante, se non più importante, per il raggiungimento degli obiettivi del millennio, è il realizzarsi di due condizioni di contesto. In primo luogo, è necessario il progresso di quella che viene definita «partnership globale» o «alleanza globale per lo sviluppo»; in secondo luogo, in tale quadro occorre un rapporto corretto con le leadership dei Paesi che ricevono gli aiuti e che devono essere responsabilizzate, in grado cioè di indicare le priorità e di guidare i programmi Pag. 22di intervento, facendoli e sentendoli propri (in questo senso, si parla di ownership).

Senza progressi nella «partnership globale», cioè senza un sistema di regole finanziarie, fiscali e commerciali che aiuti e favorisca la messa in moto di un volano di sviluppo interno dei Paesi meno favoriti, il risultato degli aiuti - e non mi riferisco agli aiuti di emergenza, su cui andrebbe fatto un discorso a parte - rischierà di essere sempre effimero. Insomma, non si può dire di volere davvero un mondo solidale e di volere aiutare il decollo economico di Paesi poveri, che potrebbero magari cercare di esportare prodotti agricoli, e poi mantenere nei Paesi ricchi alti dazi sugli stessi prodotti. Dunque, un contesto favorevole di «partnership globale» è davvero fondamentale.

Progressi sono stati compiuti su tutti gli obiettivi e sono stati anche importanti, ma in nessun caso si può dire che l'obiettivo sia stato definitivamente raggiunto o che i progressi compiuti non siano a rischio. La crisi globale ha provocato arretramenti, le zone di crisi o a rischio di esplosione di conflitti rendono ogni successo precario.

L'altra condizione - dicevo - che occorre assicurare è quella della responsabilizzazione dei Paesi che ricevono gli aiuti, a partire dai Governi e dalle istituzioni per arrivare fino agli interlocutori della società civile. Senza valorizzare tale rapporto, che riconosce negli interlocutori locali i registi e le guide necessarie a definire i progetti e gli obiettivi degli interventi, si moltiplicano i rischi di dispersione, frammentazione e, in una parola, di spreco e di inefficacia degli interventi.

Va riconosciuto che l'efficacia degli aiuti, di cui corequisiti sono la prevedibilità e la trasparenza, dipende dalla capacità degli interlocutori locali di gestirli e che, se questi interlocutori non hanno tale capacità, la prima cosa da fare è lavorare per crearla. Si tratta di portare avanti un intervento complesso e multidimensionale, condizionato e controllato, dove, spesso, dare un contributo alla costruzione di un sistema di riscossione fiscale minimamente efficiente, che doti il Paese di risorse proprie, emancipandone tendenzialmente il bilancio pubblico dalle iniezioni di liquidità che vengono dall'estero, non è meno importante che costruire generatori di energia elettrica che consentano di conservare alla temperatura richiesta farmaci indispensabili ad una rete di elementari presidi sanitari.

Se non si riconosce tale complessità, si corre il rischio di fare cose che non lasciano il segno, oppure che tornano utili più al donatore piuttosto che a chi riceve l'aiuto. Per questo si richiede un approccio integrato da parte dei donatori, una visione unitaria dei problemi del Paese nel quale si interviene. Ciò non è sempre avvenuto, anzi.

Occorre pertanto un superamento tendenziale dell'approccio bilaterale dell'aiuto allo sviluppo, nel senso che occorre che i Paesi donatori almeno si specializzino ed uniscano e coordinino le risorse tra loro così da poterle impiegare in modo efficiente e non dispersivo. Le proposte della Commissione europea, contenute nel Piano di azione in dodici punti citato più sopra, vanno in tale direzione: il nostro Governo dovrebbe impegnarsi a sostenere quel piano.

Ci vuole quindi, anche da parte del nostro Paese, che non ha davvero in bilancio molte risorse in questo momento, la capacità di scegliere aree di intervento, confermando e potenziando i campi della sicurezza alimentare e della salute; la volontà di coordinarsi con altri Paesi donatori; la determinazione di definire i Paesi cui dare priorità nell'intervento; e occorre slegare l'intervento di aiuto dalle commesse industriali e commerciali.

Insomma, se vogliamo esserci e muoverci in modo utile, dovremo anche mettere in conto un aggiornamento culturale delle politiche di cooperazione e non pensare che l'aiuto allo sviluppo abbia come fine la proiezione economica del nostro Paese nel mondo: il fine è lo sviluppo umano del Paese che beneficia del nostro aiuto e non il nostro immediato tornaconto. Il ritorno non è immediato, non sarà immediato, ma vi sarà e sarà tanto Pag. 23maggiore in termini di sicurezza, di riconoscenza e prestigio, e alla fine anche di interscambio, quanto più nitida sarà la distinzione tra l'aiuto finalizzato a far progredire l'umanità e le politiche commerciali e di cooperazione economica legittimamente guidate dal nostro interesse.

È anche questa la sfida degli «obiettivi di sviluppo del millennio», è questo il senso della mozione che abbiamo presentato (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Sarubbi. Ne ha facoltà.

ANDREA SARUBBI. Signor Presidente, vorrei partire da quanto è accaduto stamattina, a pochi metri dall'Aula: in un albergo di Piazza Montecitorio la FOCSIV, la Federazione Organismi Cristiani di Servizio Internazionale e Volontario, ha presentato il Barometro 2010 della solidarietà internazionale degli italiani.

È uno studio - commissionato ad un'agenzia demoscopica piuttosto nota - che in seconda di copertina (lo saprà certamente il sottosegretario Scotti) porta anche il marchio del Governo: è stato realizzato, infatti, con il contributo del Ministero degli affari esteri, ed in particolare della Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo. Visto che il Ministero ha contribuito a realizzarlo, sarebbe il caso che qualcuno del Governo lo leggesse pure: imparerebbe, per esempio, che gli italiani sono ancora sensibili a questi temi, nonostante il tentativo di lasciarli sullo sfondo e nonostante l'alibi della crisi economica. Presidente, io parlo di alibi volutamente, non perché mi sia sfuggita una parola: è vero che la crisi esiste - l'unico che l'ha negata finora è stato proprio il Presidente del Consiglio, quando l'anno scorso, da Mosca, la definì psicologica - ma esiste per tutti. Esiste anche per quei Paesi che, a differenza nostra, hanno rispettato gli impegni assunti in sede internazionale, davanti all'ONU. Penso alla Svezia, all'Olanda, alla Danimarca, al Lussemburgo, che hanno già superato quota 0,7 per cento del PIL, ma anche a quelli - come Spagna, Belgio, Regno Unito, Finlandia, Irlanda - che sono sulla strada giusta e probabilmente ce la faranno entro il limite fissato dall'ONU, quello del 2015. Non parliamo di Paesi che stanno su Marte, ma in Europa, come noi. Solo che - a differenza nostra, ripeto - loro danno ancora un valore alle carte firmate, forse perché sono meno bravi di noi nella politica del cucù o forse perché, a differenza nostra, ritengono che la credibilità di uno Stato si misuri in base alla propria capacità di mantenere ciò che ha promesso agli altri. Non voglio investire tutto il tempo a disposizione nel ricordare le promesse di Silvio Berlusconi su questo argomento, ma farei un torto alla memoria se non ne citassi almeno una: quella di saldare i nostri debiti - 130 milioni di dollari - con il Fondo globale per la lotta all'AIDS, tubercolosi e malaria. Lo disse alla conferenza stampa conclusiva del G8 de L'Aquila, promettendo che sarebbe stato fatto entro agosto - agosto scorso, mentre siamo a settembre 2010 - e poi - in un impeto di generosità - aggiunse che il Governo - bontà sua - avrebbe aggiunto altri 30 milioni di dollari per farsi perdonare il ritardo. Ora, è vero che contiamo poco, ma qui in Parlamento non abbiamo visto nulla. Nulla. Magari si sono persi per strada nel tragitto dalla Farnesina al Ministero dell'economia e delle finanze. Non lo so, ma chi lo sa parli, ed abbia il coraggio di dirlo a tutte quelle organizzazioni non governative che ogni giorno dovremmo ringraziare per come tengono alto il nome del nostro Paese, organizzazioni non governative che gli stessi italiani ritengono degne di fiducia: secondo il Barometro - questo Barometro di cui parlavo prima - il 73 per cento degli intervistati le colloca al primo posto nella graduatoria dell'affidabilità (il Governo, lo sottolineo per la cronaca, è al 49 per cento: 24 punti sotto). Invece no: con l'alibi della crisi - dicevo poco fa - le lasciate con il piattino in mano, ad aspettare gli spiccioli. Con la formuletta magica che vi siete inventati da due anni e mezzo «compatibilmente con i vincoli di bilancio» e che magicamente ritroviamo anche Pag. 24nella mozione del PdL - l'ho cercata e l'ho trovata, dove mi pare si dica appunto «compatibilmente con i vincoli di risanamento della finanza pubblica», che è un modo poi per dire tutto e non fare nulla - state facendo carta straccia degli impegni assunti e ci esponete al pubblico ludibrio. Tanto da far dire, non molto tempo fa, alla fondazione presieduta da Bill Gates - autore, tra l'altro, di un appello pubblico al Capo del nostro Governo, rimbalzato su tutta la stampa internazionale - che esiste una lista della vergogna, sul fronte degli aiuti allo sviluppo, ma in questa lista c'è un Paese solo: l'Italia. Un bel primato, davvero, un altro record del Presidente del Consiglio. Se fosse solo un problema di immagine, comunque, sarebbe il minimo.

La realtà è che - come spiega bene Famiglia Cristiana, che nel numero di oggi pubblica un dossier proprio su questo tema - dietro ai numeri, cito testualmente, ci sono uomini e donne in condizioni disumane. Spiega ancora Famiglia Cristiana che le promesse mancate dei Paesi ricchi hanno conseguenze drammatiche sulle vite dei più poveri. Progetti che si chiudono per mancanza di soldi, interventi semplici che non si riescono a fare, e d'altra parte, laddove gli aiuti sono arrivati, i risultati si sono visti. La vecchia scusa del malgoverno - che se la cavava così: noi mandiamo i soldi, ma poi spariscono nel nulla - non regge di fatto di fronte ai dati della stessa ONU: tanto è vero che, grazie a quei Paesi che hanno mantenuto i propri impegni, ci sono oggi un po' meno poveri, vanno a scuola un po' più di bambini, la mortalità infantile si è un po' ridotta, le persone senza acqua potabile sono un po' meno. Tutto un po', insomma, ma gli obiettivi presi nel 2000 - e non erano obiettivi folli, ma ragionevoli - sono ancora lontanissimi.

E su ogni centimetro di lontananza, su ogni povero in più, su ogni bambino a scuola in meno, c'è anche la nostra firma. Una firma ingloriosa e indegna di un Paese come il nostro, dove, nonostante la crisi - ci dice ancora il Barometro della solidarietà presentato oggi -, il 40 per cento degli italiani, nell'ultimo anno, ha messo mano al proprio portafoglio per effettuare almeno una donazione a favore di una causa di solidarietà.

La società civile, insomma, non ci manca. Quello che ci manca è la politica, è il coraggio di chi ci governa, il coraggio di definire priorità irremovibili - come chiede la Campagna italiana dell'ONU per gli obiettivi del millennio -, anche quelle misure che non portano voti immediatamente. Ecco allora il senso di queste mozioni, che oggi discutiamo e domani voteremo e che, dopodomani, come temo, avranno già fatto la fine di tutti gli altri atti parlamentari su questo tema, perdute in qualche cassetto di Palazzo Chigi o di Via XX settembre. Il Presidente del Consiglio ci dimostri, una volta tanto, che sa alzare lo sguardo, che sa guardare più in là delle prossime elezioni, che non sprecherà tutte le proprie energie nello sforzo di restare dove si trova ora, perché lì fuori c'è un mondo, se non ve ne siete accorti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.

(Intervento del Governo)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

ENZO SCOTTI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, le mozioni oggi all'esame di quest'Aula riguardano aspetti cruciali dell'impegno italiano per lo sviluppo e vengono opportunamente discusse nella fase di preparazione del vertice degli obiettivi del millennio. Essi hanno uno spettro così ampio da coprire l'intero scenario mondiale dello sviluppo; sarebbe meglio dire l'intero scenario della povertà e delle gravissime ingiustizie sociali che le recenti crisi di varia natura hanno aggravato, in particolare dei Paesi più indietro rispetto ai millennium goal. Pag. 25 È proprio su queste aree geografiche che occorre adesso concentrare gli sforzi in via prioritaria. Siamo consapevoli della necessità di accelerare l'avvicinamento agli obiettivi. È un impegno della comunità internazionale che deve raccogliere l'appello del Segretario generale dell'ONU - proprio in queste ore, a New York, si è raggiunta un'intesa tra tutti sul testo della risoluzione finale dell'evento -, ma è anche la maniera più lungimirante per fronteggiare le minacce che dalle forti sperequazioni globali possono derivare per la stabilità internazionale e domestica degli stessi Paesi avanzati. Occorre uno sforzo collettivo e condiviso che deve basarsi su una responsabilità di tutti gli attori, statali e non, pubblici e privati, del nord e del sud, perché i benefici della sconfitta di una piaga globale, la povertà, non potranno che essere anch'essi globali. La Farnesina ha fissato gli obiettivi prioritari della cooperazione italiana, con riferimento anche alle complesse difficoltà finanziarie che stiamo fronteggiando. Obiettivi geografici e settoriali che stiamo per aggiornare per la seconda volta nella prospettiva del nuovo triennio di programma 2011-2013. Il Ministro degli affari esteri, come ha riconosciuto il Comitato assistenza allo sviluppo dell'OCSE, nella revisione dello scorso anno, ha anche scelto con impegno la strada di migliorare l'efficacia dell'aiuto. Con il piano programmatico del 2009, che investe tutti gli aspetti della cooperazione, stiamo lavorando all'attuazione degli impegni che la comunità internazionale ha assunto in materia di efficacia degli aiuti, con tutta la difficoltà, che non si può negare, di operare in un contesto normativo ed amministrativo che va modernizzato. Tutto questo per progredire meglio verso gli obiettivi del millennio che costituiscono il riferimento obbligato, con i rispettivi target, di ogni intervento che la Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo presenta al Comitato direzionale.

Sarà il Ministro Frattini a rappresentare l'Italia al vertice di New York sugli obiettivi del millennio per portare autorevolmente il contributo italiano all'auspicato successo di questo importante appuntamento internazionale. È un obiettivo da noi perseguito in piena sintonia con la posizione dell'Unione europea, che abbiamo concorso a formare. Come è anche sintetizzato nelle conclusioni del Consiglio sviluppo del 17 giugno scorso, l'Europa oltre a focalizzarsi sul raggiungimento di alcuni obiettivi, soprattutto nei Paesi più arretrati rimasti fuori percorso, pone l'accento sull'importanza della coerenza delle politiche per lo sviluppo, sul ruolo delle fonti normative per il finanziamento, sulla governance democratica e, punto inserito su nostra specifica proposta, sul cosiddetto rights-based approach, cioè la considerazione dello sviluppo come un diritto di ogni persona.

L'Unione europea intende lanciare a New York un duplice messaggio: continuità rispetto agli impegni presi, ma anche innovazione. Cogliere l'opportunità per dar vita ad un nuovo contratto globale tra donatori e partner. Siamo consapevoli, come è stato ampiamente constatato dalle ricerche e dalle analisi sui risultati raggiunti dall'aiuto, che occorre operare una coerenza tra gli aiuti allo sviluppo e le politiche economiche, finanziarie e commerciali dei Paesi più ricchi proprio in coerenza con l'obiettivo e gli obiettivi fissati dal Millennio.

Lavoriamo dunque perché il vertice possa imprimere una spinta decisiva verso una nuova agenda internazionale che metta in relazione la pace e la sicurezza dei diritti umani con lo sviluppo ecosostenibile e autosufficiente dei nostri partner meno avanzati. Il rafforzamento delle loro aziende micro, piccole e medie, così come di un contesto favorevole allo sviluppo sono, in questa prospettiva, fattori determinanti.

Occorre, più in generale, una visione integrata dello sviluppo, che non può essere delegato al rapporto donatore e ricevente, ormai superata per la sua impronta assistenzialistica. Occorre affermare definitivamente e attuare concretamente politiche di sviluppo basate sulla responsabilità reciproca di tutti gli attori. Ciò deve avvenire nei Paesi più ricchi per la coerenza Pag. 26delle loro politiche interne, specie in questo tempo, delle politiche adottate per una ripresa dello sviluppo al proprio interno. Ma riguarda anche la responsabilità degli stessi Paesi in via di sviluppo, della loro governance interna più efficace e trasparente e della mobilitazione delle loro risorse anche attraverso migliori sistemi tributari: un'analisi attenta degli effetti dell'aiuto allo sviluppo in questi anni ha dimostrato quanto sia importante avere queste precondizioni all'interno dei Paesi che devono crescere parallelamente alla loro economia. Nei diversi contesti internazionali rilevanti - Unione europea, G8, G20, OCSE e ONU - l'Italia si adopera per una rinnovata governance economica e finanziaria più trasparente e inclusiva, meglio regolata e più efficace per concorrere a quel contesto favorevole allo sviluppo di cui si avverte l'esigenza. È una linea coerente e complementare con quella che conduciamo nella sfera politica per la riforma del Consiglio di sicurezza. È stato qui ricordato che la dimensione finanziaria dell'impegno italiano per lo sviluppo nei diversi scenari e rispetto ai diversi impegni che sono stati assunti nel corso degli anni fa purtroppo oggi i conti con la pesantissima situazione del nostro debito pubblico, che tutti conosciamo e con i vincoli del Patto di stabilità che abbiamo parimenti sottoscritto. Del resto, il concetto stesso di sviluppo sta evolvendo ed è ormai caratterizzato da un approccio onnicomprensivo, più equilibrato rispetto all'apporto di tutte le componenti e di tutti gli attori coinvolti. Su questi temi il Ministero degli affari esteri è attivamente impegnato, come dimostra anche l'iniziativa innovatrice lanciata insieme al Ministero dell'economia e delle finanze a fine giugno del tavolo interistituzionale della cooperazione allo sviluppo, che ha visto per la prima volta riuniti alla Farnesina ministri e organizzazioni non governative, Confindustria e Lega cooperative, università e fondazioni bancarie, regioni, province e comuni, Croce rossa e Protezione civile.

Vogliamo avviare concretamente il sistema Italia della cooperazione, che nelle linee guida triennali abbiamo fissato tra le nostre massime priorità. Vogliamo farlo con una visione condivisa da riprendere in un documento di ipotesi generale, attento anche alle indicazioni del Parlamento, con progetti pilota integrati e con un crescente coordinamento delle azioni, una logica scontata ma non sempre attuata in passato.

Siamo altresì impegnati a comunicare e sottolineare meglio quanto le tematiche dello sviluppo siano importanti per un Paese a fortissima vocazione internazionale e così diffusamente generoso verso chi soffre, come l'Italia. È stato ricordato il sostegno del Ministero degli affari esteri proprio alla realizzazione di quel rapporto sulla solidarietà nel nostro Paese.

Vado a concludere: il vertice di New York è stato oggetto di ampio dibattito con la nostra società civile e in Parlamento; con la nostra società civile si sono svolte nei mesi scorsi due riunioni di consultazione, una allargata e una più ristretta, con i rappresentanti della sezione italiana della coalizione globale contro la povertà, della campagna per il millennio e delle principali federazioni e associazioni ONG. Sono state messe a fuoco le principali priorità italiane e le ONG hanno chiesto una più forte assunzione di responsabilità in materia di coerenza delle politiche per lo sviluppo di aiuto pubblico e di rilancio in generale delle nostre politiche di cooperazione.

Il Governo spera che le condizioni finanziarie possano evolvere positivamente e si possa dar attuazione a quella risoluzione proposta dagli onorevoli Pianetta e Tempestini e accolta a fine giugno dal Governo. Si tratta di un impegno di tutti, prima di tutto del Governo. Il succedersi di atti parlamentari sui temi della cooperazione, spesso di tenore analogo da parte di forze di maggioranza e di opposizione, e l'attività seria e competente, oltre che fattivamente bipartisan, svolta dal comitato Obiettivi di sviluppo del Millennio indicano chiaramente l'attenzione del Parlamento per questo importante settore e la necessità di un rafforzamento della nostra azione. Per contribuire con efficacia agli obiettivi del millennio, oltre ad un graduale reinvestimento nella cooperazione compatibile con i vincoli di bilancio, è necessario proseguire con determinazione sulla strada dell'ammodernamento e semplificazione delle regole e del rafforzamento e aggiornamento delle risorse umane. Questo è quanto l'OCSE ci ha raccomandato, è questo quello che noi sosterremo nel vertice di New York, soprattutto chiedendo a tutti coerenza nelle politiche economiche globali per rendere compatibili queste con gli obiettivi del millennio.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.


 

 

 



ALLEGATO A

MOZIONI EVANGELISTI ED ALTRI N. 1-00424, ANTONIONE ED ALTRI N. 1-00430, PEZZOTTA ED ALTRI N. 1-00431, LO MONTE ED ALTRI N. 1-00432, TEMPESTINI ED ALTRI N. 1-00433 CONCERNENTI ADEMPIMENTI ED INIZIATIVE DELL'ITALIA NELL'AMBITO DEGLI «OBIETTIVI DI SVILUPPO DEL MILLENNIO» IN VISTA DEL VERTICE DELLE NAZIONI UNITE DEL 20-22 SETTEMBRE 2010

Mozioni

La Camera,

premesso che:

gli obiettivi di sviluppo del millennio (millennium development goals - mdg) delle Nazioni Unite sono otto obiettivi che tutti i 191 Stati membri dell'Onu si sono impegnati a raggiungere per l'anno 2015. La Dichiarazione del millennio delle Nazioni Unite, firmata nel settembre del 2000, impegna gli Stati a:

a) sradicare la povertà estrema e la fame;

b) garantire l'educazione primaria universale;

c) promuovere la parità dei sessi e l'autonomia delle donne;

d) ridurre la mortalità infantile;

e) migliorare la salute materna;

f) combattere l'hiv/aids, la malaria e altre malattie;

g) garantire la sostenibilità ambientale;

h) sviluppare un partenariato mondiale per lo sviluppo;

a soli cinque anni dalla scadenza del 2015, fissata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite per il raggiungimento degli otto obiettivi di sviluppo del millennio, il Segretario generale Ban Ki-Moon ha invitato i leader mondiali a riunirsi in un summit a New York dal 20 al 22 settembre 2010 nel fermo intento di indurre i Governi nazionali a un'accelerazione nella strategia globale di lotta contro la povertà;

la reazione sull'attuazione della politica di cooperazione allo sviluppo 2008 migliora le informazioni relative alle iniziative di aiuto pubblico allo sviluppo finanziate dalla direzione generale per la cooperazione allo sviluppo. Per la prima volta il documento riporta l'investimento della cooperazione italiana per gli obiettivi di sviluppo del millennio per il periodo 2001 e 2007;

lo sforzo per il raggiungimento del primo obiettivo ha canalizzato il 35 per cento del totale delle risorse erogate dalla direzione generale per la cooperazione allo sviluppo per circa 1,7 miliardi di euro, mentre, a seguire, la lotta alle tre pandemie, sesto obiettivo, ha canalizzato il 26 per cento del totale. Tale cifra tiene conto anche dei contributi che la direzione generale per la cooperazione allo sviluppo ha esborsato a favore del fondo globale. Al terzo posto si trova il finanziamento dell'ottavo obiettivo, con il 18 per cento del totale. Infine, su un totale di quasi cinque miliardi di euro erogati dalla direzione generale per la cooperazione allo sviluppo dal 2001 al 2007, il 5 per cento è stato erogato per iniziative a favore della sostenibilità ambientale, settimo obiettivo;

nonostante lo sforzo fatto per aumentare la trasparenza, il dato aggregato su sette anni non permette di indicare le tendenze e le scelte strategiche fatte dalla cooperazione italiana nel corso degli ultimi sette anni. Infine, i dati non coprono la situazione più aggiornata per la direzione generale per la cooperazione allo sviluppo, fermandosi al 2007, e non consentono di valutare le conseguenze dovute al taglio del 56 per cento delle disponibilità della direzione generale per la cooperazione allo sviluppo sul finanziamento degli obiettivi del millennio dopo il 2008;

l'appuntamento Onu è stato al centro dell'agenda del semestre di presidenza spagnola dell'Unione europea. Gli Stati membri hanno discusso come affrontare il problema del mancato rispetto dell'impegno europeo per l'aiuto pubblico allo sviluppo che li avrebbe esposti alla perdita di credibilità durante l'Assemblea generale. Il disinvestimento dell'Italia in questa politica ha inciso negativamente sul risultato deludente complessivo dell'Europa, con il nostro Paese responsabile del 40 per cento dell'ammanco europeo;

altri Stati partner europei hanno affrontato la crisi economica, riducendo le spese a bilancio, ma facendo scelte differenti per la cooperazione allo sviluppo: o non hanno tagliato l'aiuto pubblico allo sviluppo, come la Gran Bretagna, o l'hanno ridotto senza pregiudicare il puntuale raggiungimento degli obiettivi quantitativi internazionali previsti per il 2015, come la Spagna;

gli Stati membri non avevano accettato gli impegni più vincolanti della proposta articolata in dodici punti della Commissione europea relativi alla quantità e alla qualità dell'aiuto, ma avevano raggiunto un compromesso sul sostegno per l'istituzione di una tassa sulle transazioni finanziarie. A fine giugno 2010, in Canada si doveva discutere circa la possibilità di approvare questa tassa internazionale, ma l'Italia ha affermato la sua contrarietà alla proposta e ha pregiudicato il compromesso tra i Capi di Governo dell'Unione europea;

gli appuntamenti internazionali relativi alla lotta alla povertà si sono intensificati nei mesi di giugno e luglio 2010 in previsione dell'appuntamento di settembre 2010 a New York, trasformandosi in nuove occasioni per rendere note alla comunità internazionale le inadempienze dell'Italia. Il G8 canadese ha riaffermato il suo impegno a garantire il pieno rifinanziamento al fondo globale per la lotta all'hiv/aids, tubercolosi e malaria, che a ottobre 2010 terrà la terza conferenza di rifinanziamento, ma non si sa quali saranno le prospettive del sostegno al fondo globale nel prossimo triennio, visto l'arretrato di almeno 260 milioni di euro;

il 2 luglio 2010 è stata adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite la risoluzione che realizzerà U.N. WOMEN, la nuova agenzia dell'Onu dedicata alla promozione dei diritti delle donne e all'uguaglianza di genere. L'11 luglio 2010 si è tenuto il vertice mondiale sull'istruzione per discutere i finanziamenti necessari per raggiungere il secondo obiettivo di sviluppo del millennio - l'istruzione universale. Nel 2009 il contributo italiano al principale fondo delle Nazioni Unite per la parità di genere è stato appena il 20 per cento di quello del 2008 e quello al fondo per l'istruzione globale è sceso del 70 per cento;

si stanno concludendo alcune conferenze di ricostituzione di fondi di sviluppo, come il fondo globale per l'ambiente, il fondo africano di sviluppo o l'Ida (International development association) della Banca mondiale, con richieste di aumento complessivo delle risorse finanziarie in risposta alle emergenze della crisi nei Paesi in via di sviluppo, ma l'Italia purtroppo si caratterizza tuttora, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, per le promesse finanziarie inevase, pari a circa 1,3 miliardi di euro verso i fondi di sviluppo;

nel corso del 2010 la posizione dell'Italia all'interno della comunità internazionale si è progressivamente indebolita, perché sono state sempre più certificate le varie inadempienze italiane per il rispetto degli obiettivi internazionali di lotta alla povertà. Il prossimo vertice delle Nazioni Unite sugli obiettivi del millennio e la conferenza di rifinanziamento del fondo globale (4 e 5 ottobre 2010) rischiano di essere appuntamenti forieri di ulteriore marginalizzazione del nostro Paese, se la posizione dell'Italia non sarà difesa dai massimi rappresentati del Governo con fatti concreti nuovi;

la crisi economica ha messo in evidenza la necessità di ripensare la struttura di governance a livello multilaterale anche economica, in modo da evitare per il futuro il ripetersi di crisi sistemiche. Se l'Italia intende partecipare legittimamente al dibattito sulla nuova governance multilaterale, che ormai va oltre la sola riforma del Consiglio di sicurezza, deve essere in grado di accreditarsi come un partner affidabile anche per i temi relativi alla cooperazione allo sviluppo,

impegna il Governo:

a partecipare al summit delle Nazioni Unite di New York del 20-22 settembre 2010 con un livello di rappresentanza che garantisca e difenda il ruolo dell'Italia, attraverso la partecipazione del Ministro degli affari esteri, affinché sostenga con forza e credibilità la posizione italiana rispetto agli obiettivi di sviluppo del millennio;

a produrre, entro la fine del 2010, un calendario dei livelli complessivi di aiuto pubblico allo sviluppo che l'Italia si impegna a raggiungere per il 2013, prima del termine della legislatura;

a provvedere al versamento del contributo dovuto al fondo globale per la lotta all'aids, tubercolosi e malaria entro fine settembre 2010, come annunciato nel corso del G8 dell'Aquila nel 2009;

a trasmettere al Parlamento, con la massima celerità, un documento che elenchi tutti gli impegni contratti in termini di cooperazione allo sviluppo con Paesi e organizzazioni multilaterali e specifichi gli impegni internazionali che potranno essere assolti nel corso del 2011, con le risorse messe a disposizione dalla manovra finanziaria del prossimo anno.

(1-00424)

«Evangelisti, Donadi, Leoluca Orlando, Di Stanislao».

 

La Camera,

premesso che:

la risoluzione conclusiva di dibattito n. 8-00085, approvata dalla III Commissione della Camera dei deputati il 29 luglio 2010, con parere favorevole del Governo, ha già fornito al Governo indirizzi e orientamenti in merito alla partecipazione italiana all'evento plenario di alto livello sugli obiettivi di sviluppo del millennio (hlpm), che avrà luogo a New York dal 20 al 22 settembre 2010, nonché su alcuni generali profili della cooperazione italiana allo sviluppo;

le organizzazioni della società civile italiana, in particolare attraverso la Campagna del millennio e la Coalizione per la lotta alla povertà - Gcap, sono attente e sensibili alla preparazione e ai negoziati del vertice, in quanto si fanno legittimamente interpreti degli impegni generosi che nel nostro Paese, a tutti i livelli, si producono nella lotta alla povertà;

il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo del millennio e la prosecuzione di una sempre più efficace azione per lo sviluppo da parte della comunità internazionale, anche oltre il 2015, costituiscono un imperativo etico per la comunità internazionale e sono indispensabili, peraltro, anche per contrastare le minacce che la povertà estrema e le gravissime sperequazioni fra Paesi del nord e del sud del mondo, ma sempre più spesso anche all'interno di singoli Paesi, pongono alla stabilità internazionale e a quella interna degli stessi Paesi avanzati, alla sicurezza del commercio mondiale e degli approvvigionamenti, in ultima analisi alla stessa prosperità dei Paesi del nord del mondo;

i rapporti del Segretario generale dell'Onu e dell'United nations development programme (Undp) sullo stato di avanzamento degli obiettivi di sviluppo del millennio indicano chiaramente come i successi e i progressi, dall'Assemblea del millennio del 2000, non siano mancati e indicano, altresì, come, negli anni a venire, occorra concentrare gli sforzi, in via prioritaria, in alcuni Paesi e aree geografiche che risultano più indietro rispetto agli obiettivi di sviluppo del millennio;

le posizioni dell'Unione europea per il vertice di New York sono state definite, per la prima volta, al massimo livello del Consiglio europeo, a Lussemburgo il 17 giugno 2010, con l'adozione di conclusioni, che, riprendendo quelle più analitiche adottate nei giorni immediatamente precedenti dal «Consiglio sviluppo», sottolineano, anzitutto, la necessità di focalizzarsi, da parte dell'Unione europea e dei suoi Stati membri, sul raggiungimento di alcuni obiettivi di sviluppo del millennio, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo «off track», ovvero più indietro sulla strada degli obiettivi di sviluppo del millennio. Viene, altresì, evidenziata l'importanza della coerenza delle politiche per lo sviluppo (policy coherence for development), delle fonti innovative per il finanziamento dello sviluppo, della «governance democratica» e di un approccio agli obiettivi di sviluppo del millennio basato sui diritti (rights-based approach), punto, quest'ultimo, inserito su specifica proposta italiana;

il concetto di sviluppo è ormai caratterizzato dall'imperativo dell'onnicomprensività delle sue molteplici dimensioni e dei suoi molteplici attori. Questo rende sempre più premiante il profilo dell'aiuto pubblico allo sviluppo come leva e catalizzatore, in un'ottica di collaborazione pubblico-privato e nel mutuo interesse. Sta sempre più declinando la funzione classica dell'aiuto pubblico allo sviluppo, di variabile indipendente e spesso «drogante», perché suscettibile di creare dipendenza e di alimentare corruzione e sprechi;

sebbene in questa nuova ottica, l'aiuto pubblico allo sviluppo è unanimemente considerato, dall'Unione europea e sul piano internazionale, come una componente tuttora essenziale per accelerare, in modo prevedibile nel tempo, i processi di sviluppo, colmando le lacune più gravi che bloccano o frenano la crescita equa e sostenibile in molti Paesi e aree geografiche, attraverso il perpetuarsi di situazioni di gravissima discriminazione sociale e di emarginazione di fasce importanti della popolazione;

l'aiuto pubblico allo sviluppo è sempre più visto in funzione e nell'ambito di un mix di strumenti, attività e flussi finanziari che deve basarsi sulla responsabilità condivisa di tutti gli attori coinvolti, statali e non, pubblici e privati, del nord e del sud, perché i benefici degli obiettivi di sviluppo del millennio saranno globali,

in questo quadro l'Italia è attivamente impegnata nella lotta contro le mutilazioni genitali femminili, in quanto pratica aberrante, violazione patente dei diritti umani fondamentali di donne e bambine e fortemente contraria ai principi che ispirano gli obiettivi di sviluppo del millennio,

impegna il Governo:

a partecipare attivamente e ad alto livello politico al vertice sugli obiettivi di sviluppo del millennio, mantenendosi in stretta sintonia con le posizioni espresse dalla società civile italiana, nella consapevolezza dell'urgenza di accelerare la corsa agli obiettivi di sviluppo del millennio, raccogliendo l'appello del Segretario generale delle Nazioni Unite, con uno sforzo collettivo e condiviso di tutta la comunità internazionale;

a mantenere orientata, in modo sempre più selettivo ed efficace, l'intera attività della cooperazione italiana verso gli obiettivi di sviluppo del millennio;

a essere parte attiva, nel corso del vertice e dei relativi negoziati sul suo documento finale, dell'impegno unitario dell'Unione europea, reso più coeso e rafforzato dal Trattato di Lisbona, a favore di una spinta decisiva verso un'agenda internazionale rinnovata, in cui la pace, la sicurezza e i diritti umani siano saldamente connessi con lo sviluppo equo, sostenibile e sempre più autosufficiente, perché mosso dalle capacità endogene dei nostri partner del sud del mondo;

a concorrere, in questo contesto, ad affermare definitivamente e poi a realizzare politiche di sviluppo che, sia sul piano bilaterale sia su quello multilaterale, siano basate sulla responsabilità reciproca di tutti gli attori;

a impegnarsi, in occasione del vertice e nei diversi contesti internazionali rilevanti per lo sviluppo (Unione europea, G8, G20, Ocse e Onu) per una rinnovata governance economica e finanziaria, più trasparente e inclusiva, meglio regolata e più capace di concorrere a quel contesto internazionale favorevole allo sviluppo, la cui urgenza è indifferibile per poter meglio fronteggiare crisi di differente natura, che pongono minacce inaccettabili al consolidamento ed all'estensione dei progressi ottenuti finora verso gli obiettivi di sviluppo del millennio;

a promuovere e sostenere, nel quadro della realizzazione degli obiettivi di sviluppo del millennio, con particolare riferimento alla promozione della parità dei sessi e dell'autonomia delle donne e al miglioramento della salute materna, tutte le iniziative atte a far sì che la prossima assemblea generale delle Nazioni Unite adotti una risoluzione per la messa al bando a livello globale delle mutilazioni genitali femminili;

a programmare, compatibilmente con le esigenze di risanamento della finanza pubblica, le modalità e i tempi per onorare tutti gli impegni internazionali specificamente assunti dall'Italia in materia di sviluppo, in particolare relativamente alla Convenzione di Londra sulla sicurezza alimentare, al fondo globale per la lotta all'aids, alla tubercolosi e alla malaria, all'Aquila food security initiative e nei confronti di banche e fondi di sviluppo, nel contesto di un graduale piano di riallineamento dell'aiuto pubblico allo sviluppo italiano;

a proseguire nell'opera di razionalizzazione delle iniziative di cooperazione, mantenendo nel Ministero degli affari esteri il naturale fulcro di decisione politica e coordinamento, e a promuovere misure che favoriscano il rafforzamento e l'aggiornamento delle risorse umane disponibili per la cooperazione italiana, in linea con quanto raccomandato dall'Ocse all'Italia nel 2009, a seguito della peer review.

(1-00430)

«Antonione, Pianetta, Baldelli, Iannaccone, Sardelli, Biancofiore, Bonciani, Boniver, Renato Farina, Lunardi, Malgieri, Migliori, Moles, Osvaldo Napoli, Nicolucci, Nirenstein, Picchi, Zacchera».

(14 settembre 2010)

(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga)

La Camera,

premesso che:

sono passati dieci anni da quando i leader mondiali - e tra loro tutti i Capi di Stato e di Governo dei 27 Stati membri dell'Unione europea - adottarono la Dichiarazione del millennio, in cui si afferma che: «non risparmieremo i nostri sforzi per liberare i nostri simili, uomini, donne e bambini, dall'abbietta e disumanizzante condizione della povertà estrema, alla quale sono attualmente soggetti oltre un miliardo di esseri umani. Noi ci impegniamo a rendere il diritto allo sviluppo una realtà per ogni uomo e ogni donna e a liberare l'intero genere umano dalla necessità. In qualità di leader, pertanto, abbiamo un dovere verso tutti i popoli del pianeta, specialmente quelli più vulnerabili e, in particolare, verso le bambine e i bambini del mondo intero, ai quali appartiene il futuro»;

in particolare, gli obiettivi di sviluppo del millennio prevedono di: dimezzare la povertà estrema e la fame; raggiungere l'istruzione primaria universale; promuovere l'uguaglianza di genere; diminuire la mortalità infantile; migliorare la salute materna; combattere l'hiv/aids, la malaria e le altre malattie; assicurare la sostenibilità ambientale; sviluppare un partenariato globale per lo sviluppo;

tuttavia, i progressi verso gli obiettivi di sviluppo del millennio hanno fatto segnare un preoccupante rallentamento, dovuto alla combinazione di diversi fattori, che nel corso degli anni hanno di fatto assorbito le risorse e le attenzioni altrimenti destinate alla lotta alla povertà e al sottosviluppo, mettendone a rischio l'effettivo raggiungimento da qui a cinque anni;

la fame e la malnutrizione uccidono circa 6 milioni di bambini ogni anno: molti di questi bambini muoiono a causa di malattie curabili come diarrea, polmonite, malaria e morbillo, ma riuscirebbero a sopravvivere se l'organismo ed il sistema immunitario non fossero indeboliti da fame e malnutrizione;

secondo il direttore generale della Fao, Jacques Diouf, «i progressi per dimezzare il numero delle persone che soffrono la fame nei Paesi in via di sviluppo entro il 2015 sono ancora molto lenti e la comunità internazionale è lontana dal raggiungere gli obiettivi e gli impegni stabiliti dal mdg e dal vertice mondiale»;

circa il 75 per cento delle persone povere e che soffrono la fame vivono nelle zone rurali dei Paesi in via di sviluppo. Una migliore alimentazione è alla base di migliori condizioni di salute, fa aumentare la frequenza scolastica, riduce la mortalità infantile e materna, dà la possibilità alle donne di avere maggiori strumenti di crescita, abbassa l'incidenza ed i tassi di mortalità da hiv/aids, malaria e tubercolosi;

rispetto all'impegno di ridurre la mortalità infantile sotto i cinque anni e la mortalità materna, di garantire l'accesso universale alla salute riproduttiva, nonché di arrestare la diffusione di hiv/aids, malaria e altre malattie, il rapporto «Azione per la salute globale - 2010 conto alla rovescia per gli obiettivi di sviluppo del millennio per la salute» conferma, infatti, che la situazione non è molto migliorata: ogni minuto una donna muore per complicazioni legate alla gravidanza e al parto; ogni giorno circa 29.000 bambini muoiono prima di aver compiuto i cinque anni, nella stragrande maggioranza dei casi per cause che potrebbero essere facilmente prevenute; ogni anno la tubercolosi, l'hiv/aids e la malaria uccidono oltre cinque milioni di persone, con un costo di milioni di dollari per le economie di Paesi già poverissimi;

i drammatici dati pubblicati nel rapporto rappresentano una violazione del diritto universale alla salute, che tutti gli Stati sono vincolati a rispettare;

a causa dell'ineguaglianza tra i sessi, le donne non sono in grado di migliorare le condizioni di vita delle proprie famiglie. Gli studi confermano che donne alfabetizzate hanno famiglie in migliori condizioni di salute. I loro bambini hanno una migliore nutrizione, sono meno soggetti a morire durante l'infanzia ed hanno maggiori probabilità di andare a scuola;

il summit ONU del 20-22 settembre 2010 sarà un'occasione fondamentale per fare il punto della situazione ed assicurarsi che, nonostante la crisi finanziaria ed economica attuale, gli obiettivi di sviluppo del millennio possano essere raggiunti;

tuttavia, secondo la Campagna del millennio delle Nazioni Unite, le misure concordate dal recente Consiglio europeo non sono ancora sufficienti per assicurare il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo del millennio entro la scadenza prefissata del 2015;

il Consiglio europeo, infatti, non ha proposto un piano di azione ambizioso ed efficace e non sostiene misure per garantire l'aumento della quantità dell'aiuto pubblico allo sviluppo fino allo 0,7 per cento del prodotto interno lordo;

a solo cinque anni al 2015, data concordata per raggiungere gli obiettivi di sviluppo del millennio, il ritardo accumulato è preoccupante e risulta difficile il raggiungimento dell'obiettivo intermedio dello 0,56 per cento prodotto interno lordo/aiuto pubblico allo sviluppo entro il 2010;

rispetto a tale situazione il nostro Paese ha accumulato un ritardo nel rispetto degli impegni, risultando essere il fanalino di coda tra i Paesi europei: l'Italia si è impegnata a dare lo 0,7 per cento del prodotto interno lordo in aiuto pubblico allo sviluppo entro il 2015, ma dal rapporto Ocse del 2008 risulta ferma allo 0,19 per cento;

dunque, sebbene il nostro Paese abbia assunto e ribadito più volte in contesti internazionali tale impegno, le probabilità di raggiungerlo entro la scadenza prefissata appaiono molto scarse, stante l'attuale situazione,

impegna il Governo:

in vista del summit Onu del 20-22 settembre 2010:

a) a dare seguito all'impegno di giustizia e di equità preso in occasione della sottoscrizione della Dichiarazione del millennio attraverso un aumento delle risorse destinate all'aiuto pubblico allo sviluppo;

b) a sollecitare politiche più ambiziose da parte dei Paesi donatori dell'Unione europea che puntino a:

1) fissare criteri vincolanti per aggiungere l'obiettivo dello 0,7 per cento del prodotto interno lordo per l'aiuto pubblico allo sviluppo;

2) stabilire nuove scadenze per andare oltre gli obiettivi del 2015 ed eliminare completamente la fame e la povertà;

3) allocare il 20 per cento dell'aiuto pubblico allo sviluppo alla salute di base e all'educazione;

4) attribuire la giusta importanza alle questioni di genere e di salute riproduttiva nel rivedere i programmi-Paese;

5) documentare la coerenza tra le politiche di sviluppo e quelle migratorie, commerciali, finanziarie, ambientali e di sicurezza;

6) rendere pubblici gli accordi finanziari che regolano le azioni di supporto al bilancio dei Paesi in via di sviluppo e valutare i programmi medesimi, prima di rifinanziarli, assicurando che il sostegno al bilancio serva veramente a promuovere politiche sociali di qualità;

7) assicurare che le azioni rivolte ai Paesi in via di sviluppo servano a promuovere politiche di protezione sociale e che le politiche del Fondo monetario internazionale non indeboliscano la Fast track initiative for education e il criterio di avere almeno un insegnante ogni 40 alunni;

c) a sviluppare, con gli Stati membri dell'Oecd, le istituzioni finanziarie internazionali e i Paesi partner, modalità per colmare il gap finanziario che impedisce il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo del millennio;

d) a vigilare affinché sia assicurata una maggiore trasparenza degli aiuti e a sollecitare l'adozione di meccanismi di finanziamento innovativi e di fondi per combattere i cambiamenti climatici, addizionali alle risorse già stanziate per gli impegni verso l'aiuto pubblico allo sviluppo già esistenti;

e) a prestare attenzione affinché, nel quadro dell'obiettivo di «sradicare la povertà estrema e la fame», sia data una particolare priorità ai progetti e agli interventi riguardanti le zone rurali e all'agricoltura, in quanto rappresentano le chiavi di volta per migliorare le condizioni di vita delle popolazioni, come sottolineato dal direttore generale della Fao;

f) a considerare, altresì, come preminenti i progetti volti a dare alle donne un migliore accesso alla terra ed al credito, promuovendo la parità tra i sessi al fine di contribuire alla riduzione della fame e della denutrizione più di ogni altro obiettivo di sviluppo del millennio.

(1-00431)

«Pezzotta, Casini, Cesa, Buttiglione, Adornato, Volontè, Compagnon, Ciccanti, Naro, Capitanio Santolini».

(14 settembre 2010)

(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga)

La Camera,

premesso che:

il superamento del divario tra il nord ed il sud del mondo rappresenta la grande sfida del ventunesimo secolo e la comunità internazionale è chiamata da tempo a raccogliere questa sfida;

eliminare la povertà estrema continua ad essere una delle maggiori preoccupazioni del nostro tempo. Porre fine a questa tragedia richiede lo sforzo congiunto di tutti: Governi e organizzazioni della società civile e del settore privato, in uno spirito di collaborazione per lo sviluppo più intensa ed efficace;

la crisi dei Paesi poveri fortemente indebitati è una crisi quasi tutta africana, che trascina Paesi intrappolati in una spirale di povertà che si autoalimenta, spesso coinvolti in conflitti sanguinosi, costretti ad affrontare enormi emergenze sanitarie, con una struttura economica fragile e spesso interamente dipendente dall'esportazione di poche materie prime dai prezzi calanti; una crisi che si fa fatica ad affrontare proprio perché non mette in allarme né i mercati finanziari, ad essa estranei, né i creditori, Paesi e istituzioni, rispetto ai quali il debito dei Paesi poveri è ben poca cosa;

contrastare le cause profonde dei conflitti, sostenere le azioni di mantenimento della pace, incoraggiare buon governo e politiche sociali atte a realizzare educazione, salute e pari opportunità per tutti, rompere il circolo vizioso della povertà estrema, che condanna ancora oggi centinaia di milioni di persone nel sub-continente a lottare per la sopravvivenza, sono gli obiettivi che si è imposta di perseguire la comunità internazionale nel settembre del 2000, in occasione del millennium road convocato dalle Nazioni Unite;

in suddetta occasione i leader mondiali si sono impegnati a liberare ogni essere umano dalla «condizione abbietta e disumana della povertà estrema» ed a «rendere il diritto allo sviluppo una realtà per ogni individuo», sottoscrivendo un programma di priorità dell'agenda internazionale, noto come millennium development goals e dal quale sono scaturiti otto obiettivi di sviluppo da realizzarsi entro il 2015;

i millennium development goals circoscrivono impegni precisi per la lotta alla povertà e vanno dagli interventi per il rafforzamento della cooperazione fra le Nazioni Unite e le organizzazioni regionali, alle politiche in favore di un sistema finanziario e commerciale multilaterale ed equo, dalla politica di esenzioni doganali al miglioramento dei programmi di condono del debito per i Paesi poveri;

i traguardi da raggiungere sono:

a) dimezzare entro il 2015 la percentuale di persone che vivono con meno di un dollaro al giorno e dimezzare la percentuale di persone che patiscono la fame;

b) assicurare entro il 2015 che in ogni luogo i bambini e le bambine, i ragazzi e le ragazze siano in grado di completare un ciclo completo di istruzione primaria;

c) eliminare la disuguaglianza di genere nell'istruzione primaria e secondaria preferibilmente entro il 2005 e a tutti i livelli di istruzione entro il 2015;

d) ridurre di due terzi, tra il 1990 e il 2015, il tasso di mortalità infantile al di sotto dei cinque anni d'età;

e) ridurre di tre quarti, tra il 1990 e il 2015, il tasso di mortalità materna;

f) arrestare, entro il 2015, e invertire la tendenza alla diffusione dell'hiv/aids;

g) integrare i principi di sviluppo sostenibile nelle politiche e nei programmi di sviluppo delle nazioni e arrestare la distruzione delle risorse ambientali;

h) espletare entro il 2015 una serie di interventi di sviluppo, principalmente in quattro aree: cooperazione allo sviluppo, debito estero, commercio internazionale, trasferimento delle tecnologie;

l'United nations development programme (Undp) stima che, qualora fossero raggiunti gli obiettivi di sviluppo del millennio, 500 milioni di persone si lascerebbero alle spalle l'estrema povertà, più di 300 milioni non soffrirebbero più per mancanza di cibo, 30 milioni di vite di bambini sotto i cinque anni sarebbero salvate, insieme a quelle di 2 milioni di madri, mentre 350 milioni di persone in meno sarebbero senza acqua potabile e 650 milioni di individui in più avrebbero accesso alla sanità di base;

nonostante i progressi realizzati ad oggi, ad oltre due terzi del cammino verso la fatidica data del 2015, gli obiettivi di sviluppo del millennio rappresentano ancora un traguardo lontano, raggiungibile solo grazie ad un'azione immediata e sostenuta di qui ai prossimi 5 anni;

in numerose sedi nazionali ed internazionali è stato più volte ribadito l'impegno di destinare lo 0,7 per cento del prodotto interno lordo alla cooperazione allo sviluppo. La media attuale tra tutti i Paesi donatori è purtroppo solo dello 0,23 per cento, che equivale a 56 miliardi di dollari all'anno;

stime della Banca mondiale e dell'Onu affermano che basterebbero 50 miliardi di dollari all'anno in più per realizzare gli obiettivi di sviluppo del millennio;

gli obiettivi di sviluppo del millennio dovrebbero ispirare l'azione di tutti gli enti, nazionali e internazionali, pubblici e privati, chiamati a gestire programmi in un quadro di rafforzamento della governance (liberalizzazione, partecipazione pubblica e democratizzazione, privatizzazione delle proprietà statali e assenza di corruzione, che dovrebbero portare allo sviluppo economico) e della capacità istituzionale;

gli obiettivi di sviluppo del millennio sanciscono la raggiunta consapevolezza, a livello internazionale, della necessità di adottare un approccio «olistico» alle politiche di sviluppo, traendo insegnamento dagli errori del passato, quando troppo spesso la mancanza di coordinamento tra enti erogatori e istituzioni riceventi ha generato episodi di corruzione, anche su larga scala, o di realizzazione di vere e proprie «cattedrali nel deserto», quali, ad esempio, edifici scolastici rimasti vuoti in assenza di vie di comunicazione adeguate che permettessero l'accesso degli alunni dai villaggi vicini. In effetti, gli obiettivi di sviluppo del millennio sembrano adottare un approccio allo sviluppo che non abbia più come obiettivo solo l'innalzamento del reddito della popolazione, ma anche il miglioramento delle condizioni di vita e di salute, soprattutto a partire dall'infanzia, generando speranza in un futuro migliore;

il rapporto 2008 sullo sviluppo umano evidenzia come, a un progresso rapido di alcuni Paesi verso questi obiettivi, abbia corrisposto un regresso notevole per altri. La situazione che emerge chiaramente dai dati è, quindi, quella di due gruppi di Paesi estremamente diversi tra di loro: quelli che hanno beneficiato dello sviluppo e quelli che sono stati lasciati indietro;

ad oggi sono falliti tutti gli impegni da parte dei Paesi donatori ad aumentare il livello dell'aiuto pubblico allo sviluppo, finalizzato al raggiungimento dei millennium development goals;

dal 20 al 22 settembre 2010 si terrà a New York la riunione di alto livello (hlpm) sugli obiettivi di sviluppo del millennio,

impegna il Governo:

ad individuare, nell'ambito della programmazione politico-finanziaria, soggetti, strumenti e metodi adeguati a contribuire alla realistica e sostenibile attuazione degli obiettivi di sviluppo del millennio entro la scadenza prestabilita;

a rispettare gli impegni assunti dal nostro Paese in sede di millennium road, adottando iniziative normative volte ad aumentare progressivamente gli stanziamenti dell'Italia per l'aiuto pubblico allo sviluppo in favore dei Paesi più poveri, al fine di destinarvi entro il 2011 lo 0,7 per cento del prodotto interno lordo;

ad attivarsi per dare alla cooperazione italiana adeguati mezzi e risorse per il raggiungimento degli obiettivi che il nostro Paese si è dato a livello internazionale ed a privilegiare il ruolo della società civile locale, indirizzando gli sforzi - tenendo in ogni caso in considerazione le situazioni di maggiore emergenza - verso realtà e progetti a maggior potenziale di successo;

ad individuare, in vista del prossimo appuntamento internazionale del 20 settembre 2010, le misure più efficaci per conseguire gli obiettivi previsti dal millennium round, anche concordando su queste tematiche una posizione comune a quella di altri Paesi dell'Unione europea.

(1-00432)

«Lo Monte, Commercio, Latteri, Lombardo, Misiti, Brugger».

(14 settembre 2010)

(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga)

La Camera,

premesso che:

a soli cinque anni dalla scadenza del 2015, fissata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite per il raggiungimento degli otto obiettivi di sviluppo del millennio, il Segretario generale Ban Ki-moon ha invitato i leader mondiali a riunirsi in un summit a New York dal 20 al 22 settembre 2010 per indurre i Governi nazionali ad un'accelerazione nella strategia globale di lotta contro la povertà, anche alla luce del fatto che la grave crisi economica globale degli ultimi anni ha reso ancora più difficile il raggiungimento degli obiettivi prefissati;

il 29 luglio 2010 la III Commissione della Camera dei deputati ha approvato all'unanimità, anche a seguito delle importanti audizioni svoltesi in seno al comitato permanente sugli obiettivi di sviluppo del millennio istituito presso la stessa Commissione, una risoluzione sulla partecipazione dell'Italia al millennium summit di settembre 2010, nella quale si mettevano in evidenza, tra le questioni prioritarie, quelle relative all'efficacia degli aiuti, alla credibilità dei Paesi donatori e ad una sempre più coerente ownership da parte dei Paesi beneficiari;

nel rapporto del Segretario dell'Onu all'Assemblea generale del febbraio 2010, e nel successivo rapporto sugli obiettivi di sviluppo del millennio del giugno 2010, Ban Ki-moon ribadisce che «le mancanze nell'attuazione degli obiettivi di sviluppo del millennio non dipendono dal fatto che sono irrealizzabili o dalla carenza di tempo ma dagli impegni non attuati, dall'inadeguatezza delle risorse e dalla mancata concentrazione su di essi», avvertendo che un eventuale fallimento nel raggiungere gli obiettivi che la comunità internazionale si è prefissata costituirebbe un «inaccettabile fallimento» e porterebbe a «un moltiplicarsi delle minacce nel mondo: instabilità, violenza, malattie epidemiche, degrado ambientale e crescita delle popolazioni in fuga»;

il quadro delineato nell'ultimo rapporto sullo stato di avanzamento degli obiettivi di sviluppo del millennio denota luci e ombre: a segnali incoraggianti sul versante della lotta alla povertà estrema e alla fame (soprattutto grazie allo sviluppo dell'economia cinese e del Sud Est asiatico), nonché nel campo sanitario e nell'accesso all'istruzione, corrispondono segnali preoccupanti, soprattutto nei Paesi molto poveri, nelle regioni prive di sbocco al mare, in quelle soggette a rischi naturali e in quelle colpite da conflitti interni;

per questi motivi Ban Ki-moon invita a trasformare il summit di settembre 2010 nell'occasione per rinnovare il patto tra tutti gli stakeholders, gli attori impegnati nel conseguimento degli obiettivi di sviluppo del millennio, affinché si concordi, nel rispetto degli impegni da ciascuno assunti, per un'accelerazione che consenta di rispettare la data del 2015 fissata per il conseguimento degli otto obiettivi;

la stessa Commissione europea, proprio in vista del vertice delle Nazioni Unite di settembre 2010, ha adottato un «piano di azione comune in dodici punti» per accelerare i progressi verso la realizzazione degli obiettivi di sviluppo del millennio, con la finalità non solo di aumentare il livello degli aiuti, ma anche di migliorarne l'efficacia e la destinazione a beneficio dei Paesi e dei settori più bisognosi;

l'Italia segna ormai un gravissimo ritardo rispetto a numerosi impegni internazionali assunti - basti pensare all'annosa questione del versamento annuale della quota italiana al fondo globale per la lotta all'aids - al punto da incidere negativamente anche sul complessivo risultato dei Paesi europei nel loro complesso, con il nostro Paese responsabile del 40 per cento dell'ammanco europeo;

in vista dell'imminente vertice a New York è assolutamente necessario che l'Italia assuma un ruolo significativo, rilanciando non solo la nostra credibilità e affidabilità rispetto agli impegni assunti, ma, coerentemente alla tradizione del nostro Paese, sostenendo soluzioni innovative per il rispetto delle scadenze prefissate,

impegna il Governo:

a sostenere con forza, in occasione dell'imminente vertice delle Nazioni Unite sugli obiettivi di sviluppo del millennio, la proposta del Segretario generale Ban Ki-moon di un «nuovo patto tra tutti gli stakeholders» del processo di conseguimento degli obiettivi di sviluppo del millennio, al fine di rafforzare l'impegno di ciascuno e accelerarne il conseguimento;

a sviluppare, a livello nazionale, europeo e internazionale, una riflessione non solo sul livello quantitativo degli aiuti, ma sull'aspetto qualitativo, proponendo forme di razionalizzazione e coordinamento tra le azioni dei diversi donatori e aumentando il monitoraggio degli interventi, l'analisi dei risultati e dell'impatto effettivo sullo sviluppo, al fine di innalzare l'ancora insufficiente grado di efficacia e di trasparenza dell'aiuto pubblico internazionale;

a sostenere le azioni che vanno nel senso di promuovere il superamento delle barriere protezionistiche e delle limitazioni all'effettivo accesso ai mercati dei prodotti dei Paesi meno sviluppati, il potenziamento dell'integrazione e degli scambi regionali per concorrere a rafforzare la strategia internazionale dell'«aiuto al commercio» (aid for trade);

a concentrare e rafforzare gli sforzi su alcuni specifici settori e obiettivi, nonché su alcuni Paesi, come suggerito dai rapporti del Segretario generale Ban Ki-moon e dal piano della Commissione europea in 12 punti, mantenendo da un lato la leadership e l'attenzione nel campo della sicurezza alimentare e dando seguito all'«Iniziativa de L'Aquila sulla sicurezza alimentare (AFSI)» e al «Partenariato globale sull'agricoltura e la sicurezza alimentare» e aumentando nel contempo il livello di aiuti nel campo della riduzione della mortalità infantile (obiettivo 4) e del miglioramento della salute materna (obiettivo 5), cui l'Italia ha destinato tra il 2001 e il 2007 solo l'1 per cento dei fondi e che appaiono, nelle analisi delle Nazioni Unite, tra gli obiettivi più difficili da conseguire ad oggi;

coerentemente con il piano in 12 punti proposto dalla Commissione europea, ad elaborare, anche in seno ai prossimi documenti di finanza pubblica, un piano di azione annuale, realistico e verificabile, inteso al raggiungimento, progressivo e graduale, di una percentuale di prodotto interno lordo destinata all'aiuto pubblico allo sviluppo secondo gli obiettivi europei stabiliti;

ad elaborare iniziative in tema di strumenti finanziari innovativi, tenendo nella giusta considerazione la riflessione svolta in occasione dell'esame di proposte per la tassazione delle transazioni finanziarie internazionali, superando l'obiezione espressa in Canada dal Governo italiano, che ha, di fatto, compromesso la possibilità di raggiungere un accordo.

(1-00433)

«Tempestini, Maran, Barbi, Quartiani, Amici, Sarubbi, Narducci, Pistelli, Mogherini Rebesani, Touadi».

(14 settembre 2010)

(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga)

 


 

 

 

 


RESOCONTO

STENOGRAFICO

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368

 

Seduta di mercoledì 15 settembre 2010

 

(omissis)



Seguito della discussione delle mozioni Evangelisti ed altri n. 1-00424, Antonione ed altri n. 1-00430, Pezzotta ed altri n. 1-00431, Lo Monte ed altri n. 1-00432 e Tempestini ed altri n. 1-00433 concernenti adempimenti ed iniziative dell'Italia nell'ambito degli «obiettivi di sviluppo del millennio» in vista del vertice delle Nazioni Unite del 20-22 settembre 2010 (ore 12,02).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle mozioni Evangelisti ed altri n. 1-00424, Antonione ed altri n. 1-00430, Pezzotta ed altri n. 1-00431, Lo Monte ed altri n. 1-00432 e Tempestini ed altri n. 1-00433 concernenti adempimenti ed iniziative dell'Italia nell'ambito degli «obiettivi di sviluppo del millennio» in vista del vertice delle Nazioni Unite del 20-22 settembre 2010 (Vedi l'allegato A - Mozioni).

Avverto che in data odierna è stata presentata la mozione Mosella ed altri n. 1-00434 (Vedi l'allegato A - Mozioni). Il relativo testo è in distribuzione.

Ricordo che nella seduta di martedì 14 settembre 2010 si è conclusa la discussione sulle linee generali delle mozioni all'ordine del giorno ed è intervenuto il rappresentante del Governo.

Avverto inoltre che, per un mero errore materiale, al secondo capoverso del dispositivo della mozione Lo Monte ed altri n. 1-00432, deve leggersi: «al fine di destinarvi entro il 2015 lo 0,7 per cento del prodotto interno lordo», e non: «al fine di destinarvi entro il 2011 lo 0,7 per cento del prodotto interno lordo», come erroneamente stampato.

(Parere del Governo)

PRESIDENTE. Invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sulle mozioni all'ordine del giorno.

ENZO SCOTTI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, sulla prima mozione Evangelisti ed altri n. 1-00424, pur apprezzando lo spirito che la ispira, il parere del Governo è contrario per le ragioni che ho anche espresso nell'intervento di ieri sera.

Con riguardo alla seconda mozione Antonione ed altri n. 1-00430, il parere è favorevole sull'intero dispositivo.

Per quanto attiene la mozione Pezzotta ed altri n. 1-00431 - mi rivolgo all'onorevole Pezzotta, ma anche all'onorevole Lo Monte e, con riferimento all'ultima mozione Mosella ed altri n. 1-00434 presentata stamattina, all'onorevole Mosella - il Governo non è in grado di accogliere i dispositivi e gli impegni senza fare riferimento ai vincoli di finanza pubblica. Siamo in un momento delicato, anche a livello internazionale, per la conferenza all'ONU e abbiamo bisogno di dire con estrema chiarezza quali sono i termini quantitativi dei nostri impegni.

Pertanto, in riferimento alla mozione Pezzotta ed altri n. 1-00431, con riguardo al dispositivo, il Governo esprime parere favorevole alla lettera a) se si aggiunge l'espressione «compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica».

Per quanto riguarda la lettera b), il parere è favorevole se riformulata. Noi non siamo in grado di prendere impegni con criteri vincolanti per lo 0,7 per cento al 2015 e, quindi, per la lettera b), vi è una richiesta di riformulazione nei termini di favorire il riallineamento quantitativo dell'APS, compatibilmente con le risorse finanziarie disponibili.

Per quanto attiene la lettera b), numero 3, il parere è favorevole con la seguente riformulazione, al posto del 20 per cento: «allocare una quota consistente dell'aiuto pubblico allo sviluppo, alla salute di base e all'educazione».

Con riguardo alla lettera b), numero 4, il parere è favorevole. Con riguardo alla lettera b), numero 5, il parere è favorevole se così riformulato: «perseguire, con adeguati controllo e documentazione, la coerenza tra le politiche di sviluppo e quelle migratorie, commerciali, finanziarie, ambientali e di sicurezza».

Con riguardo alla lettera b), numero 6, il parere è favorevole, mentre per la lettera b) numero 7, il parere è contrario.

Per quanto attiene la lettera c), il parere è favorevole, sempre con riferimento all'osservazione iniziale, con la seguente riformulazione: «a sviluppare, con gli Stati membri dell'OECD, le istituzioni finanziarie internazionali e i Paesi partner e, compatibilmente con le risorse disponibili, modalità per colmare il gap finanziario che impedisce il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo del millennio».

Con riguardo alla lettera d), il parere è favorevole se riformulata nel modo seguente: «a vigilare, in occasione della Conferenza di Cancun, affinché sia assicurata una maggiore trasparenza degli aiuti e a sollecitare l'adozione di meccanismi di finanziamento innovativi per combattere i cambiamenti climatici assicurando a livello globale le risorse per i Paesi più poveri».

Con riguardo alle lettere e) e f), il parere è favorevole.

Per quanto attiene la mozione Lo Monte ed altri n. 1-00432, con riguardo al primo capoverso del dispositivo, il parere è favorevole se riformulato aggiungendo l'espressione «compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica».

Per quanto il riguarda il secondo capoverso del dispositivo il parere è contrario, mentre è favorevole per il terzo e il quarto.

Con riferimento alla mozione Tempestini ed altri n. 1-00433, il parere è favorevole sui capoversi primo, secondo, terzo e quarto. Sul quinto capoverso il parere è favorevole a condizione che sia riformulato in tal senso: «coerentemente con il piano in dodici punti proposto dalla Commissione europea, a dare priorità anche in seno ai prossimi documenti finanziari...». Anche per ciò che concerne il sesto capoverso del dispositivo il parere è favorevole a condizione che sia così riformulato: «ad elaborare iniziative in tema di strumenti finanziari innovativi, tenendo conto dell'ampia riflessione svolta in questa materia in numerose sedi internazionali su impulso anche del Segretario generale delle Nazioni Unite».

Per quanto riguarda il dispositivo della mozione Mosella ed altri n. 1-00434, sul primo capoverso il parere è favorevole a condizione che venga così riformulato: «favorire il riallineamento quantitativo dell'APS con le risorse finanziarie disponibili, valutando la possibilità di reperire anche altre fonti finanziarie innovative». Il parere è favorevole sul secondo capoverso del dispositivo. Per ciò che concerne il terzo capoverso, il parere è favorevole, a condizione che sia riformulato nel senso di sostituire la parola: «decisivo» con la seguente: «incisivo», dal momento che alle Nazioni Unite non siamo da soli in grado di essere decisivi. Possiamo essere incisivi.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI (ore 12,05)

(Dichiarazioni di voto)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto, nel corso delle quali chiedo a chi interviene di chiarire se accetti o meno le riformulazioni proposte dal Governo.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Misiti. Ne ha facoltà.

AURELIO SALVATORE MISITI. Signor Presidente, la discussione su questo argomento dovrebbe essere importantissima, come lo è stata anche ieri in sede di discussione sulle linee generali. È importante perché effettivamente l'argomento è mondiale, ma riguarda anche le differenze nei vari Paesi. Il fatto che nel XXI secolo si dovrebbe avviare il superamento del divario tra il nord e il sud del mondo è acclarato, ma ciò non viene preso in seria considerazione quando si tratta di adottare provvedimenti che portino il mondo in quella direzione.

Credo che coloro i quali si riuniranno nei prossimi giorni a New York debbano fare un esame di coscienza: anche se ci. troviamo in un periodo di crisi mondiale da cui ancora non siamo usciti, bisogna dare un messaggio ai poveri del mondo, che oggi si ritengono essere circa un miliardo. Lo dicono le fonti ufficiali, ma un miliardo è troppo poco rispetto a ciò che sappiamo. Sappiamo che ci sono effettivamente interi continenti come quello dell'Africa in cui certamente i ricchi sono un numero estremamente limitato, mentre i poveri rappresentano la stragrande maggioranza.

Sappiamo pure che nel mondo si sta spostando l'equilibrio: prima il 15 per cento della popolazione possedeva l'85 per cento delle risorse, oggi la situazione - si sa - va sempre migliorando.

Però ciò non basta, perché la situazione migliora troppo piano. Quindi i millennium developments goals circoscrivono impegni precisi per la lotta alla povertà che vanno dagli interventi per il rafforzamento della cooperazione fra le Nazioni Unite e le organizzazioni regionali alle politiche in favore di un sistema finanziario e commerciale multilaterale ed equo, dalla politica di esenzioni doganali al miglioramento dei programmi di condono del debito per i Paesi poveri.

La mozione che noi come Movimento per le Autonomie abbiamo presentato cerca di entrare nel merito di queste proposte e di dare un contributo, perché proprio la riunione di alto livello che si terrà a New York il 20-22 settembre 2010 sugli obiettivi di sviluppo del millennio dovrebbe ricevere la spinta dai Governi, in particolare dal nostro, a scendere nel merito delle questioni, a prendere in considerazione determinati obiettivi affinché, anche se non saranno trattati tutti gli obiettivi che si erano proposti prima della crisi, almeno vengano affrontati e raggiunti i principali.

In primo luogo, il Governo dovrebbe impegnarsi ad individuare, nell'ambito della programmazione politico-finanziaria, soggetti, strumenti e metodi adeguati a contribuire alla realistica e sostenibile attuazione degli obiettivi del millennio entro la scadenza prestabilita.

Comprendo la posizione assunta dal sottosegretario riguardo al secondo capoverso del dispositivo, che, tra l'altro, richiama un impegno già assunto nel 2000 di raggiungere entro il 2015 lo 0,7 per cento del PIL in favore dei Paesi poveri: questo obiettivo oggi certamente potrà essere rivisto, ma occorre che sia inserito comunque nell'agenda. Pertanto, accettiamo la riformulazione, perché oggi non possiamo certamente assumere un impegno per queste cifre che apparentemente possono sembrare piccole, ma che invece sono abbastanza elevate in quanto si tratta di raggiungere lo 0,7 per cento del PIL italiano. Dunque, accettiamo per adesso di accantonare la proposta quantitativa, però riteniamo che il Governo nell'incontro di New York debba sottolineare che questo obiettivo in qualche modo deve essere ripreso una volta superata la crisi economica.

La nostra mozione impegna altresì il Governo ad attivarsi anche per dare alla cooperazione italiana adeguati mezzi e risorse per il raggiungimento degli obiettivi che il nostro Paese si è dato a livello internazionale e a privilegiare il ruolo della società civile locale, indirizzando gli sforzi, tenendo in ogni caso in considerazione le situazioni di maggiore emergenza, verso realtà e progetti a maggiore potenzialità di successo.

Infine, il Governo dovrebbe impegnarsi ad individuare, in vista dell'appuntamento internazionale di New York le misure più efficaci per conseguire gli obiettivi previsti dal Millennium round, anche concordando su queste tematiche una posizione comune a quella degli altri Paesi dell'Unione europea. Ci sembra l'aspetto più interessante che il Governo dovrebbe portare avanti insieme agli altri Paesi europei. Dunque, accettiamo il suggerimento del Governo, e preannuncio che voteremo la nostra mozione ed anche le parti delle altre mozioni che vanno nella direzione indicata dal nostro documento.

PRESIDENTE. Onorevole Misiti, dal suo intervento deduco che lei accetta la riformulazione proposta dal Governo.

 

AURELIO SALVATORE MISITI. Sì, signor Presidente.

PRESIDENTE. Sta bene.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mosella. Ne ha facoltà.

DONATO RENATO MOSELLA. Signor Presidente, signor sottosegretario, sostanzialmente ci predisponiamo ad accogliere le riformulazioni da lei proposte. Tuttavia, ci preme formulare alcune considerazioni. Innanzitutto, esprimiamo gratitudine nei confronti dei colleghi che per primi hanno inteso elaborare e presentare una mozione di questo tipo. Tutto nasce perché, dal 20 al 22 settembre, vi sarà un summit delle Nazioni Unite a New York, dove bisognerà verificare gli impegni che nel settembre del 2000 furono assunti e che raccolsero la firma dei Capi di Stato nella «Dichiarazione del millennio».

Sono passati un po' di anni da quella firma e vi è un monitoraggio costante e serio su quanto sta avvenendo. Sostanzialmente, gli obiettivi di sviluppo del millennio, vincolanti per l'intera comunità internazionale, vanno ricordati. Essi erano i seguenti: ridurre la povertà e la fame nel mondo, assicurare l'istruzione primaria per tutti, promuovere la parità fra i sessi, ridurre la mortalità infantile, migliorare la salute materna, combattere l'AIDS ed altre malattie, assicurare la sostenibilità ambientale e partecipare ad un partenariato globale per lo sviluppo.

Gli obiettivi, quindi, costituiscono un patto a livello planetario tra Paesi ricchi e Paesi poveri, basato su un impegno reciproco a far ciò che è utile e necessario per costruire un mondo più sicuro, più prospero e più equo per tutti.

Francamente, anche nella nostra mozione abbiamo riconosciuto che l'Unione europea può vantare il ruolo di donatore principale, dal momento che fornisce il 55 per cento dell'aiuto pubblico allo sviluppo mondiale. Vogliamo far notare, tuttavia, che occorre accelerare i progressi verso la realizzazione degli obiettivi, poiché appare evidente, anche sulla base dei rapporti che sono costantemente presentati alla collettività, che la semplice prosecuzione delle politiche attuali non consentirà di raggiungere quegli obiettivi. Questo è il nodo sul quale, insieme ad altri colleghi, abbiamo voluto richiamare l'attenzione.

Pertanto, il Consiglio ha invitato la Commissione a livello europeo ad elaborare una serie di proposte di azione ambiziose, con lo scopo di accelerare i progressi verso la realizzazione di tali obiettivi. Non sto a sciorinare i numeri, che sono contenuti nella mozione e che, pertanto, invito i colleghi a leggere. Tuttavia, in questa sede è utile dire che l'Unione europea farà mancare 15 miliardi di euro di risorse per la lotta alla povertà. Di questa mancanza, secondo il rapporto che abbiamo declinato nella nostra mozione, una grave responsabilità ricade sull'Italia, che quest'anno evidenzia una performance particolarmente negativa, che, oltre ad allontanarci ulteriormente dalla media dei nostri partner europei, rende sempre più improbabile il raggiungimento degli obiettivi del millennio da parte del nostro Paese. Questo è il nodo.

Nel 2009, l'anno della Presidenza italiana del G8, l'aiuto pubblico allo sviluppo dell'Italia si è ridotto del 31 per cento: una riduzione superiore a quella della Grecia, che ha portato ad una riduzione dello stesso allo 0,16 per cento del prodotto interno lordo. Si tratta del livello più basso dal 2004. Una parte della riduzione italiana è dovuta al taglio del 56 per cento che il bilancio della cooperazione allo sviluppo del Ministero degli affari esteri ha dovuto subìre, un'altra alla diminuzione delle operazioni di «aiuto creativo»: si tratta di iniziative che sono contabilizzate come aiuto ma che non rappresentano un vero trasferimento di risorse ai Paesi in via di sviluppo, quali cancellazioni di debiti da tempo non rimborsati o spese per il sostegno al primo anno di vita dei rifugiati in Italia.

Accogliamo, quindi, la riformulazione proposta dal Governo, ma vogliamo lasciare un breve segno e un breve messaggio in vista di questo appuntamento di New York a fine mese: nel parlare di sviluppo per il Terzo mondo, bisogna considerare Pag. 13che la premessa è battere tutte le condizioni che frenano o impediscono lo sviluppo: sono necessarie condizioni di pace, perché non vi può essere sviluppo con situazioni di conflitto strisciante o palese. C'è bisogno di istruzione, di tecnologie e di condizioni sanitarie adeguate e c'è bisogno di battere la fame e la sete.

In altri termini le povertà da abbattere non sono solo quelle in termini di reddito individuale o nazionale, quindi relative, per così dire, ai vincoli di finanza pubblica, ma bisogna anche trovare le parole per incentivare un dibattito che porti all'attenzione del mondo temi che stanno diventando drammatici in tanti Paesi del mondo. Bisogna sconfiggere anche le povertà culturali e tecnologiche, dalle quali deriva la povertà economica, altrimenti tutto si trasforma in una forma di carità meritoria ma che poco incide.

Se in un Paese assetato facciamo cadere piogge profuse non si risolverà la siccità, l'acqua scorrerà via, provocando anche guasti ulteriori e poi tornerà l'emergenza. Servono bacini in cui raccogliere l'acqua, da amministrare nel tempo, con cui irrigare i campi e produrre cibo e rifornimento idrico con continuità.

È questo che intendiamo per «ruolo decisivo», che lei definisce «incisivo»: allora, incidiamo - come Italia - nel summit delle Nazioni Unite di New York del 20-22 settembre 2010, innanzitutto mettendo noi, per primi, mano alla tasca e richiamando gli impegni che abbiamo preso nel 2010 e, successivamente, spingiamo per garantire una posizione chiara dell'Italia nella prospettiva degli obiettivi di sviluppo del millennio, perché lo dobbiamo all'umanità sofferente e dolente, rispetto alla quale l'Italia, da sempre, anche quando ha avuto crisi profonde, ha saputo rispondere con rispetto e dignità.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, non mi meraviglio del parere contrario del Governo sulla nostra mozione. Temo che il sottosegretario Scotti e i suoi collaboratori si siano limitati soltanto a leggere la firma in calce a questa mozione, che ha, almeno, il merito di aver costretto oggi la Camera dei deputati ad interrogarsi, a riflettere e a discutere sugli obiettivi di sviluppo del millennio, in vista del vertice delle Nazioni Unite della prossima settimana.

Per i colleghi che non hanno partecipato alla discussione sulle linee generali o per coloro - pochi immagino - che possono essersi distratti, voglio ricordare che gli obiettivi del millennio sono otto obiettivi che tutti i 191 Stati membri dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, si sono impegnati a raggiungere entro il 2015.

Questa dichiarazione, firmata dieci anni fa, impegna gli Stati a sradicare la povertà estrema e la fame, garantire l'educazione primaria universale, promuovere la parità dei sessi e l'autonomia delle donne, ridurre la mortalità infantile e migliorare la salute materna, combattere l'HIV, l'AIDS, la malaria e le altre malattie, garantire la sostenibilità ambientale e sviluppare un partenariato mondiale per lo sviluppo.

Siccome sono passati dieci anni dalla sottoscrizione di quella dichiarazione e ne mancano soltanto cinque alla scadenza del 2015, il Segretario generale Ban Ki-moon ha invitato i leader mondiali, la prossima settimana, ad un summit a New York, nell'intento di indurre i Governi nazionali ad un'accelerazione nella strategia globale di lotta contro la povertà.

A fronte di questa situazione - signor sottosegretario, abbia pazienza, soltanto altri tre minuti - noi (e, successivamente, altri colleghi ed altri gruppi) abbiamo presentato un documento - signora Presidente, mi ascolti bene perché è davvero importante - nel quale si impegna il Governo a partecipare al summit di New York con un livello di rappresentanza adeguato, attraverso la partecipazione del Ministro. Il Governo dice «no» a questa nostra mozione. Essa è volta a produrre, entro la fine del 2010, un calendario dei livelli complessivi di aiuto pubblico allo sviluppo che l'Italia si impegna a raggiungere Pag. 14entro il 2013, prima del termine della legislatura. E il Governo dice di no. La mozione impegna il Governo a provvedere al versamento del contributo dovuto al Fondo globale per la lotta all'AIDS, alla tubercolosi e alla malaria, entro fine settembre 2010, come annunciato al termine del G8 de L'Aquila dal Presidente del Consiglio.

E il Governo dice «no»! La mozione, inoltre, impegna il Governo a trasmettere al Parlamento, con la massima celerità, un documento che elenchi tutti gli impegni contratti in termini di cooperazione allo sviluppo con Paesi e organizzazioni multilaterali. E il Governo dice «no»!

Non c'è stata una sola spiegazione del motivo per cui il Governo dice «no» a questa nostra mozione, a questi punti precisi e per niente rivoluzionari, ma soltanto di buonsenso e di rispetto degli impegni presi. Invece, dice «sì» a tutte le altre mozioni, magari con qualche piccola riformulazione. È soltanto una vergogna, un'indecenza.

Noi, per senso di responsabilità, ovviamente oltre a votare a favore della nostra mozione e di qualche altra mozione, ci asterremo sulle altre, perché comunque vogliamo che il Governo vada a New York assumendo almeno degli impegni seri sulla base di quelle che saranno le indicazioni della Camera dei deputati.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Della Vedova. Ne ha facoltà.

BENEDETTO DELLA VEDOVA. Signor Presidente, anche noi riteniamo che, in vista del vertice delle Nazioni Unite sugli obiettivi del millennio, il Governo italiano debba avere una posizione chiara e responsabile. Da questo punto di vista, do atto ai colleghi dell'Italia dei Valori di essere stati promotori di questa discussione. Vanno evitati, però, atteggiamenti fideistici in materia di aiuto allo sviluppo, che sono presenti in alcune mozioni, riproponendo degli automatismi che non hanno mai funzionato in passato, cioè più aiuti, più soldi, più sviluppo. Ciò che non funziona, anche nel rapporto tra il nord e il sud all'interno dei Paesi - l'assistenzialismo, che produce effetti nefasti -, ha prodotto effetti nefasti al di là delle risorse devolute anche alla cooperazione internazionale.

L'economista Dambisa Moyo ha ricordato recentissimamente nel suo libro «La carità che uccide» come buona parte degli aiuti inneschi in realtà un circolo vizioso, alimentando la corruzione, le rendite delle classi dominanti, scoraggiando gli investimenti, inibendo la crescita di una classe imprenditoriale vera e autoctona che non dipenda dai finanziamenti.

Per l'Occidente e l'Europa l'erogazione di aiuti diretti spesso è un alibi, un buon modo per tacitare la propria coscienza, al di là degli effetti che si ottengono. La mozione Antonione ed altri del Popolo della Libertà fa benissimo a richiamare - lo dico al sottosegretario - un approccio sugli obiettivi di sviluppo del millennio basato su un maggiore rispetto da parte dei Paesi poveri dei diritti della persona. Così come è opportuno che la mozione richiami l'importanza di una governance democratica delle politiche di aiuto, una governance democratica dei Paesi che ricevono gli aiuti.

Mi permetto solo di ricordare, signor sottosegretario, che se queste considerazioni devono valere per l'Africa subsahariana è bene che anche per l'Africa sahariana - ormai lo dico per il futuro - nei rapporti diplomatici ed economici si presti attenzione a questi temi, ai diritti umani, alla governance democratica, al coinvolgimento delle donne nella crescita della società.

Concludo con una considerazione: credo che il Governo in Canada abbia fatto bene ad opporsi all'idea di introdurre una tassa sulle transazioni finanziarie per finanziare lo sviluppo. Credo che lo sviluppo, comunque, non possa essere finanziato attraverso quel tipo di strumenti e che sia bene mantenersi prudenti, anzi prudentissimi, sull'introduzione di tasse sulle relazioni e sulle transazioni finanziarie internazionali, che alla fine sono più uno strumento di sviluppo che altro.

Quindi si rischia, per questa via, di frenare lo sviluppo e gli investimenti internazionali piuttosto che garantirli. Noi voteremo a favore della mozione Antonione ed altri n. 1-00430, della mozione presenta dal gruppo Unione di Centro, nonché delle altre mozioni nei confronti delle quali il Governo ha espresso parere favorevole.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pezzotta. Ne ha facoltà.

SAVINO PEZZOTTA. Signor Presidente, confesso - lo dico con simpatia al sottosegretario - che mi sarei atteso qualcosa di più. Mi sarei veramente atteso un'attenzione, una sensibilità, una volontà maggiore da parte del nostro Governo.

I temi che le mozioni hanno presentato sono quei temi che dovrebbero suscitare normalmente un moto di coscienza, un'attenzione diversa. Non stiamo parlando di un qualcosa che è lontano dalla nostra sensibilità. Credo che noi continuiamo a pensare agli aiuti contro la fame, contro la miseria estrema, per la salute della donna, nonché alla battaglia contro la malaria e l'AIDS come se fossero cose marginali rispetto alla politica estera del nostro Paese.

Finché noi continueremo a considerare la cooperazione agli aiuti ai Paesi esteri come qualcosa di inferiore, di marginale rispetto alla politica estera non andremo molto lontano. Credo che dovremmo, invece, avere su questi temi un'attenzione sicuramente maggiore.

C'è l'urgenza per l'Italia di darsi una politica più attiva su queste questioni, proprio per determinare una sua presenza nello scenario della nuova globalizzazione che non può manifestarsi solo nell'attenzione agli affari (magari con qualche persona dubbia sul piano democratico, come il dittatore libico Gheddafi), ma anche nell'attenzione alla fame, alla miseria, ai problemi che la gente in certi Paesi del mondo vive.

Mi sembra veramente che siamo, per così dire, reattivi in modo negativo rispetto alle sollecitazioni che ci vengono. Oltretutto, per quanto riguarda gli obiettivi del millennio, dobbiamo rilevare che siamo il Paese più in ritardo rispetto agli altri. Abbiamo fatto tante promesse. Ricordo promesse fatte addirittura al G8 di Genova (passato poi alla storia per altre cose), dove si era dichiarata la necessità e la volontà di incrementare gli aiuti pubblici dell'Italia ai Paesi sottosviluppati. Tuttavia, ad ogni appuntamento del G8, compreso quello de L'Aquila, le promesse si sono ripetute, ma alla fine dei conti non sono state mantenute.

Da questo punto di vista non è solo una questione nostra particolare, è una questione che sminuisce, viste anche le dichiarazioni fatte dalle Nazioni Unite, il ruolo e il significato della presenza dell'Italia nel mondo. Noi dovremmo riflettere con attenzione su queste cose.

Poi, a mio parere, andiamo contro un sentire del nostro popolo. Passiamo giornate intere a dire: facciamo quello che la gente vuole, rispondiamo alle attenzioni ed alle esigenze della nostra popolazione. Ma - come ho detto ieri e come ripeto questa mattina - in quella rilevazione fatta dalla federazione degli organismi cristiani del volontariato emerge che la maggioranza degli italiani è propensa agli aiuti al terzo mondo; c'è un sentire popolare, un sentire della nostra popolazione, che ha dentro di sé la dimensione della solidarietà e che la vorrebbe esprimere, mentre da anni vediamo che i Governi vanno indietro rispetto agli impegni che si sono assunti.

Dobbiamo dirci con chiarezza che, se andiamo avanti così, se il nostro Paese in Europa non assume, come abbiamo chiesto, una posizione di traino - e, anche qui, mi sembra che le risposte non siano state compiute - si rischia, al di là di tutte le dichiarazioni, che il raggiungimento, almeno di qualcuno degli otto obiettivi, fra cinque anni non ci sarà. Sarà una colpa per le nazioni ricche che hanno voluto alimentare delle speranze e che, poi, le hanno soffocate.

Anche l'Italia, da questo punto di vista, dovrebbe in parte vergognarsi perché non è certamente tra quei Paesi che spingono di più, anzi ci troviamo sempre in una fase di arretramento.

Per questo, mi sarei atteso delle risposte molto più puntuali e precise. Abbiamo chiesto, attraverso una mozione molto equilibrata, pensata e ragionata, che tiene conto anche della situazione economica del nostro Paese, che alcuni passi in avanti potessero essere fatti. Abbiamo chiesto di capire quando l'obiettivo, sul quale l'Italia si è impegnata, dello 0,7 per cento del PIL, sarà raggiunto. Abbiamo detto nel 2015, ma una volta tanto il Governo riesce a dirci qual è la sua mappa, quali sono i suoi step, per raggiungere questo obiettivo? Oppure, ogni qual volta si solleva la questione, vi è sempre un problema di disponibilità economica e finanziaria?

Credo che anche su queste piccole cose dovevamo essere estremamente più precisi, così come occorre andare alla Conferenza con idee chiare rispetto al fatto che tutto si chiude nel 2015. Ma se gli obiettivi nel 2015 non saranno raggiunti, non era meglio dichiarare di prolungare l'iniziativa, affermare che gli obiettivi potevano essere posticipati di alcuni anni? Quando diciamo che bisogna allocare una parte dell'aiuto pubblico per lo sviluppo, la salute di base e l'educazione, pensiamo in modo particolare alla condizione della maternità in alcuni Paesi dove mettere al mondo un figlio è rischiare la morte e non progredire sul terreno della vita.

Ci saremmo attesi molto ma molto di più, perché credo che, da questo punto di vista, avremmo espresso un'idea di Paese significativa e positiva.

Non si combatte - e lo torno a ripetere, perché ne sono profondamente convinto - il terrorismo internazionale solo con l'utilizzo delle armi. Il terrorismo internazionale si combatte anche facendo crescere il benessere, eliminando la miseria estrema, eliminando quelle condizioni che determinano il crescere di una rancorosità all'interno di certe popolazioni, di cui il terrorismo può essere veramente poi l'elemento catalizzatore che dobbiamo, invece, sconfiggere e combattere.

Mi sembra che ci sia una distinzione: mentre troviamo le risorse per l'acquisto dei cacciabombardieri F-35 che non servono, che sono inutili, non riusciamo a trovare risorse maggiori per quanto riguarda gli aiuti allo sviluppo.

Seguendo anche il sentire della gente, della popolazione italiana, bisognava fare uno sforzo maggiore in tal senso. Queste sono le mie valutazioni, le nostre valutazioni, ma nonostante questi dubbi, nonostante queste demarcazioni, è stato importante avere potuto discutere in quest'Aula delle presenti questioni e aver indicato al Governo qual è l'orientamento del Parlamento, anche quando il Governo non lo accetta.

Pertanto, proprio per segnare un punto, per avere almeno un appiglio minimo, credo di dover accettare la riformulazione che il Governo ci propone. Voteremo, quindi, questa mozione, e voteremo tutte le mozioni che sono state presentate su questi temi per dare l'idea che il Parlamento italiano incita il proprio Governo ad agire con maggiore determinazione sulle questioni dello sviluppo, della lotta alla miseria estrema, della lotta alla malattia e per creare le condizioni di una maggiore vivibilità per milioni di persone (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tempestini, al quale chiedo se accetta la riformulazione proposta dal Governo. Prego, onorevole Tempestini, ne ha facoltà.

FRANCESCO TEMPESTINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, anzitutto mi soffermo su un punto politico che è il primo e forse il più importante. Con la nostra mozione e dando atto all'onorevole Evangelisti di avere riproposto il tema in Aula dopo che la Commissione esteri aveva già su questo punto affrontato la materia con spirito positivo, noi oggi dobbiamo dare anzitutto un segnale netto ed inequivocabile di sostegno all'appello del Segretario generale delle Nazioni Unite. Il Segretario Ban Ki-moon ha chiesto a tutti gli Stati delle Nazioni Unite, a tutti i partecipi dell'Assemblea che nei prossimi giorni si svolgerà a New York, un rinnovato impegno ed un rinnovato sforzo a tutti gli stakeholders perché si compia un passo decisivo affinché gli obiettivi del millennio non vengano ad attraversare una fase di arretramento o di stanca. Ritengo che questa disponibilità e che questa risposta positiva noi la dobbiamo più in generale al Segretario delle Nazioni Unite perché quello dello sviluppo è uno dei temi fondativi delle Nazioni Unite. Ritengo che lo sviluppo come la pace, come la tutela dei diritti fondamentali dell'uomo siano le questioni sulle quali si fonda la possibilità di avere vivo e vitale il multilateralismo del nostro pianeta e quindi la scadenza di fine mese è una scadenza alla quale noi dobbiamo guardare con questo spirito. Non possiamo tradire l'ONU in una delle battaglie decisive per lo sviluppo del multilateralismo nel nostro mondo.

Naturalmente sappiamo anche che la battaglia per lo sviluppo, per il superamento delle diseguaglianze deve acquistare nuova capacità e deve essere coniugata con l'efficienza, con la trasparenza, con visioni avanzate e nuove e non si deve limitare ad essere soltanto l'erogazione a fondo perduto di risorse che in questa fase potrebbero naturalmente incontrare difficoltà ad essere reperite e che comunque si aggiungerebbero alla lunga serie di occasioni perdute.

Ma da questo punto di vista - lo abbiamo fatto anche con la nostra mozione naturalmente - c'è un terreno sul quale si può lavorare con forte intensità perché c'è stato nel corso di questi anni (penso alla Banca mondiale solo per fare un esempio) l'acquisizione di una nuova consapevolezza. Parliamo di ownership cioè parliamo di responsabilizzazione dei Paesi ai quali viene donato, ai quali si chiede di partecipare in forme nuove alla gestione di queste opportunità finanziarie, si chiede di partecipare con la predisposizione di bilanci pubblici che siano funzionali a questa nuova impostazione dell'aiuto. Parliamo di una partnership nuova dei donatori nel senso cioè di un approccio unitario dei donatori per evitare sprechi, sovrapposizioni di risorse, per evitare il rischio della mancata trasparenza, il rischio della mancata consequenzialità.

Siamo insomma di fronte alla possibilità di dare a maggiori risorse maggiore efficienza e maggiore corrispondenza alle esigenze: questa è la questione che deve passare anche nelle opinioni pubbliche cioè che l'aiuto allo sviluppo oggi ha cambiato e può sempre meglio cambiare nel senso di corrispondere sempre di più a questa necessità.

L'onorevole Della Vedova ha espresso una riserva sulla possibilità di usare tra le risorse nuove quelle che possono riguardare il tema delle tassazioni sovranazionali. Penso che bisogna fare anche qui un discorso con assoluta chiarezza e con assoluta linearità.

È chiaro che in un mondo come questo vi è la necessità di tenere conto delle risorse della globalizzazione, che noi non demonizziamo e che è anche la protagonista di alcuni fatti positivi dello sviluppo del millennio messi in evidenza dal bilancio di questi primi dieci anni ha, come ad esempio il fatto che è la globalizzazione che ha aiutato alcuni Paesi ad uscire dalla fase della povertà estrema e quindi a dare una correzione di alcuni indici dello sviluppo del millennio. Tuttavia, quella stessa globalizzazione ha determinato ulteriori diseguaglianze e ulteriori zone d'ombra. Noi possiamo intervenire anche con strumenti nuovi, affinché in qualche modo, in termini moderni e in termini rispettosi, come dicevo, delle esigenze di partnership e di ownership, vi sia la possibilità di utilizzare risorse nuove per dare possibilità alle chances dello sviluppo.

Penso che da questo punto di vista vi sia una questione che dobbiamo avere chiara: oggi nel mercato, nel campo, nel mondo dell'aiuto allo sviluppo sono entrati prepotentemente nuovi Paesi, in principal modo la Cina e con essa altri Paesi assolutamente protagonisti della globalizzazione. Noi dobbiamo aprire (il Governo deve farlo e dobbiamo farlo anche in sede di Nazioni Unite) una discussione seria su questo punto. Infatti, se il mondo tradizionale Pag. 18dell'aiuto allo sviluppo nel corso di questi anni ha lavorato appunto per dare nuovo significato, nuovi strumenti e una nuova filosofia a queste politiche, noi dobbiamo aprire una discussione con questi nuovi Paesi che, per le modalità con cui entrano nei mercati dei Paesi emergenti e dei Paesi poveri, utilizzano in qualche modo vecchi strumenti e rischiano di determinare un arretramento delle condizioni di crescita democratica, civile e sociale, che è l'obiettivo intorno al quale abbiamo costruito e vogliamo costruire queste nuove politiche. Questo è un tema di grande importanza e di grande peso, che dobbiamo avere anche presente nel corso del dibattito che si terrà a New York. Tutto questo ci spinge quindi ad insistere sulla possibilità di tenere insieme più risorse e migliore e diversa qualità dell'aiuto pubblico allo sviluppo.

Vengo ora alla questione riguardante cosa facciamo noi. Ho preso atto naturalmente della disponibilità del Governo a seguire strade che vadano nella direzione di mettere l'Italia insieme agli altri Paesi donatori su questo terreno, su questo versante di un approccio più moderno, più trasparente e più efficace dell'aiuto. Non si fanno però - questo è il punto - le nozze con i fichi secchi: il nostro livello di risorse che vengono impiegate per l'aiuto allo sviluppo, lei lo sa meglio di me, signor sottosegretario, è assolutamente insufficiente e rende impossibile anche che si sollevi con la giusta intensità la voce italiana nel corso di questi confronti internazionali. Naturalmente infatti la voce italiana, che è sempre stata una voce ascoltata ed autorevole, rischia di esserlo meno se sul piatto della bilancia questo Paese torna indietro rispetto al suo ruolo e al suo status. Anche qui dobbiamo affrontare la questione in modo moderno e intelligente.

Noi abbiamo accolto una riformulazione che parla - lei lo ha proposto e lo ha detto - di priorità che il Parlamento italiano e quindi anche il Governo devono attribuire alle scelte che riguardano il finanziamento allo sviluppo ed il reperimento delle risorse. Concludo Presidente: che vuol dire priorità? Che nessuno di noi pensa che si tratti di un circuito autoreferenziale. Sappiamo che dobbiamo fare i conti con le compatibilità del bilancio, ma sappiamo anche però che dobbiamo dare a tale questione una priorità, perché le questioni che riguardano l'aiuto allo sviluppo, signor Presidente e signor sottosegretario, sono questioni che hanno la loro autonomia etica e la loro autonomia sociale, ma fanno anche per questo parte di una dimensione più ampia della politica estera e della proiezione internazionale del nostro Paese.

In questo senso, la priorità per l'aiuto allo sviluppo trova in questo dibattito una conferma della sua validità (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pianetta. Ne ha facoltà.

ENRICO PIANETTA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, gli «obiettivi di sviluppo del millennio» rappresentano un traguardo strategico, fondamentale ed anche lungimirante per l'intera comunità internazionale - lo hanno rilevato i colleghi che mi hanno preceduto - non soltanto per un aspetto fondamentale, cioè quello umanitario ed etico (la fame, infatti, è un elemento che costituisce una grande sconfitta per tutti). Vi è anche un'altra caratteristica che dobbiamo sottolineare per il raggiungimento degli «obiettivi di sviluppo del millennio»: la stabilità internazionale. Il sottosviluppo, infatti, crea non solo tensioni sociali e violenze, ma rappresenta anche un terreno fertile per tutte le manifestazioni terroristiche, che costituiscono un elemento di destabilizzazione. Pertanto, vi è stata una grande lungimiranza da parte dei Capi di Stato e di Governo quando, nel 2000, si sono posti questi obiettivi.

Alla comunità internazionale costa di più non raggiungere gli «obiettivi di sviluppo del millennio», piuttosto che raggiungerli. Questo è uno slogan che sintetizza il convegno che si è svolto l'anno scorso qui a Montecitorio, promosso dal Comitato per gli «obiettivi di sviluppo del millennio» della Commissione affari esteri della Camera, a cui hanno partecipato parlamentari di quattro continenti, con riferimento al seguente tema: il ruolo dei Parlamenti per il raggiungimento degli «obiettivi di sviluppo del millennio».

Da quel dibattito, è emerso con forza che i Parlamenti devono esercitare fino in fondo il proprio ruolo di indirizzo e controllo nei confronti degli Esecutivi e mantenere una costante attenzione politica in relazione all'aiuto pubblico allo sviluppo. Direi soprattutto - per intenderci - i Parlamenti del sud del mondo, per rendere più efficiente ed incisiva l'azione dell'aiuto e creare condizioni di maggiore responsabilità, ma anche i Parlamenti dei Paesi del nord del mondo.

Questo è ciò che - credo - stiamo facendo con capacità ed efficienza, in questa sede, attraverso le nostre mozioni, ed è ciò che, in particolare, sta facendo il Comitato attraverso una relazione intermedia, che diventerà conclusiva, che ci accingiamo a formulare. Questo non solo attraverso - è stata citata - una risoluzione in Commissione affari esteri, che ha già fornito incentivi al Governo per operare in questo senso, ma anche, concretamente, attraverso una proposta di legge, che è diventata legge, volta a rendere più efficace e più efficiente la gestione dei fondi presso le nostre rappresentanze diplomatiche all'estero.

L'interesse della comunità internazionale nei confronti di questo specifico impegno italiano, unico nel contesto dei Paesi dell'Unione europea che aderiscono all'OCSE, ha sollecitato la stessa Unione interparlamentare ad avviare uno studio sul caso italiano, nell'intento di formulare linee guida destinate all'Assemblea parlamentare dei cinque continenti che saranno presentati e divulgati in occasione del prossimo Summit.

Indirizzo e controllo dei Parlamenti - dicevo - per impegnare anche il nostro Governo, con queste nostre mozioni, a programmare, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, le modalità per realizzare gli impegni in materia di aiuto pubblico allo sviluppo.

Non è ancora risolto il problema relativo alla quantità dei nostri aiuti, l'hanno evidenziato tanti colleghi e l'ha detto anche lo stesso direttore generale per la cooperazione allo sviluppo, in occasione di alcune audizioni: siamo in condizioni percentuali rispetto al PIL non ancora adeguate. Ci possiamo però parzialmente confortare se valutiamo dei valori assoluti, con i 3,4 miliardi di dollari che stiamo dedicando all'aiuto pubblico allo sviluppo e che ci permettono di ottenere e di mantenere una posizione dignitosa a livello internazionale. Questa non è una valutazione che deve far venire meno l'impegno a migliorare il nostro aiuto pubblico per quanto riguarda la percentuale.

È stato correttamente riferito che l'impegno internazionale complessivo per il 2010, dovrà essere pari a 154 miliardi di dollari e che ne mancano 35 all'appello, ma, l'impegno per la quantità non deve distogliere l'attenzione dal raggiungimento di una migliore qualità degli aiuti e una migliore efficienza. L'Italia, se da un punto di vista della quantità, mostra lacune, dal punto di vista della qualità può registrare una tendenza al costante miglioramento; penso alle tante persone che si impegnano, ai volontari, ai cooperanti e anche a tutti i soggetti della realtà italiana periferica. Efficienza quindi nella gestione degli aiuti. Questa è una grande sfida al pari di quella della quantità: bisogna rendere compiuta la Dichiarazione di Parigi sull'efficienza degli aiuti. Evelyn Herfkens, la responsabile della campagna delle Nazioni Unite per il raggiungimento degli «obiettivi di sviluppo del millennio», ha detto che soltanto aumentando l'efficacia si può difendere anche la volontà di incrementare il volume delle risorse e che non serve incrementare gli stanziamenti se non siamo in grado di spiegare ai contribuenti che l'aumento è finalizzato ad un efficace conseguimento degli «obiettivi di sviluppo del millennio».

In occasione di una recente audizione il nostro rappresentante presso l'OCSE ha riferito che circa nell'80 per cento delle iniziative di aiuto allo sviluppo c'è un'efficacia inferiore al 50 per cento degli impegni messi in atto. È una considerazione che deve indurre tutti quanti noi a sollecitare un migliore impegno per raggiungere una migliore efficacia. La stessa Unione europea stima, nella sua recente relazione, che una corretta efficacia degli aiuti ed una corretta efficienza potrebbe conseguire un valore aggiunto che si aggira intorno ai 6 miliardi di euro. Questo è un elemento importante, insieme all'incremento quantitativo, perché dobbiamo incrementare gli aiuti, ma anche operare per conseguire una più elevata efficienza. Sono necessari una migliore organizzazione degli aiuti, più responsabilizzazione dei Parlamenti e dei Governi del sud del mondo, un più razionale coinvolgimento dei tanti attori della cooperazione per ottimizzare gli interventi e per garantire la coerenza delle politiche dello sviluppo.

Per questo abbiamo voluto sottolineare nella mozione Antonione ed altri n. 1-00430, da noi presentata, che l'aiuto pubblico deve essere, sempre più, visto in funzione e nell'ambito di un mix di strumenti, attività e flussi finanziari che deve basarsi sulla responsabilità condivisa di tutti gli attori coinvolti, statali e non, pubblici e privati, del nord e del sud del mondo perché i benefici degli obiettivi di sviluppo saranno e dovranno essere globali.

Voglio infine, signor Presidente, ricordare un argomento particolarmente importante che è contenuto nella mozione. Mi riferisco alle mutilazioni genitali femminili, quando diciamo che l'Italia è attivamente impegnata nella lotta contro le mutilazioni genitali femminili in quanto pratica aberrante e violazione patente dei diritti umani fondamentali di donne e bambini e fortemente contraria ai principi che ispirano gli obiettivi del millennio.

Credo che, in ragione di ciò, con la nostra mozione, abbiamo voluto impegnare il Governo a promuovere e a sostenere tutte le iniziative atte a far sì che la prossima Assemblea generale delle Nazioni Unite adotti una risoluzione per la messa al bando, a livello globale, delle mutilazioni genitali femminili.

Auspico che questa Assemblea, su questo argomento, possa trovare un consenso unanime per dare ancora più forza al nostro Governo, per raggiungere questo obiettivo a livello internazionale presso le Nazioni Unite.

Concludo, dicendo che il gruppo del Popolo della Libertà voterà a favore della mozione Antonione ed altri n. 1-00430 (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mecacci. Ne ha facoltà.

MATTEO MECACCI. Signor Presidente, il tema oggi in discussione è molto caro al Partito Radicale, il quale, sin dagli anni Ottanta, ha condotto in Italia, e non solo, la campagna contro la fame del mondo, e per il raggiungimento di questi che sono adesso definiti gli obiettivi del millennio, ma sono fondamentali diritti umani che non possono essere garantiti se non vi è un impegno, anche finanziario, dei Paesi industrializzati e più sviluppati.

Purtroppo, come Italia, siamo molto lontani da questi obiettivi, non è una novità, ma è il risultato dell'atteggiamento che hanno avuto i Governi che si sono succeduti nel corso degli ultimi anni. In questo modo ci stiamo progressivamente allontanando dai citati obiettivi.

A fianco a ciò vi è anche una crescente disattenzione rispetto alle garanzia di fondamentali diritti umani della persona e alla necessità che ci siano giurisdizioni internazionali capaci di intervenire laddove la povertà è fonte non solo di carestia, ma anche di sistemi di governo spesso corrotti, che non garantiscono un normale avvicendamento della classe politica.

Vorrei, però, sottolineare un punto al quale ha fatto riferimento il collega Pianetta in chiusura del suo intervento: il Parlamento italiano si è espresso, poche settimane fa, sul decreto riguardante le missioni internazionali, per finanziare una campagna straordinaria del nostro Paese per la eradicazione delle mutilazioni genitali femminili. Il Governo è quindi impegnato, con l'apertura dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, a presentare una risoluzione per estirpare questo fenomeno, presente, in particolare, nel continente africano dove, oltre ad altri problemi, vi è questa specifica questione.

Credo che approvare quest'ulteriore impegno del Governo, unanimemente, da parte del Parlamento, sia un segnale importante che possa rafforzare il nostro Governo in vista dell'Assemblea generale, dove speriamo di poter realizzare quanto siamo riusciti a fare tre anni fa con l'approvazione della moratoria universale della pena di morte, che vide l'Italia tutta unita e protagonista in questa battaglia. Speriamo che questo possa ripetersi anche nelle prossime settimane (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

(Votazioni)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Evangelisti ed altri n. 1-00424, non accettata dal Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevoli Trappolino, Misuraca, Romano.

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 536

Votanti 531

Astenuti 5

Maggioranza 266

Hanno votato254

Hanno votato no 277).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Antonione ed altri n. 1-00430, accettata dal Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevoli Cristaldi, Bocchino, Trappolino, Galletti... i colleghi hanno votato? Onorevole Giammanco.

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 537

Votanti 312

Astenuti 225

Maggioranza 157

Hanno votato312).

Prendo atto che la deputata Giammanco ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Pezzotta ed altri n. 1-00431, nel testo riformulato, accettata dal Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevoli Lo Monte, Landolfi, Vignali, Armosino, Bellotti, Giulietti, Boccuzzi... l'onorevole Landolfi ha votato... i colleghi hanno votato.

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 534

Votanti 533

Astenuti 1

Maggioranza 267

Hanno votato533).

Prendo atto che il deputato Calgaro ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Pag. 22Lo Monte ed altri n. 1-00432, nel testo corretto come riformulato, accettata dal Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevoli Mazzuca, Giammanco, Migliori, Luciano Rossi, Traversa, Strizzolo, Veltroni... i colleghi hanno votato.

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 537

Votanti 518

Astenuti 19

Maggioranza 260

Hanno votato518).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Tempestini ed altri n. 1-00433, nel testo riformulato, accettata dal Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevoli Portas, Costa, Lo Monte, Garagnani, Ceroni, Benamati...

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 537

Votanti 302

Astenuti 235

Maggioranza 152

Hanno votato300

Hanno votato no 2).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Mosella ed altri n. 1-00434, nel testo riformulato, accettata dal Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevoli Luciano Rossi, D'Anna, Ceroni, Ravetto, Calearo Ciman, Lanzillotta.

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 537

Votanti 517

Astenuti 20

Maggioranza 259

Hanno votato517).


Prendo atto che il deputato Cesare Marini ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.


 



 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Testi delle mozioni approvate

 

 

 

 

 

 


ALLEGATO

MOZIONI (omissis)  ANTONIONE ED ALTRI N. 1-00430, PEZZOTTA ED ALTRI N. 1-00431, LO MONTE ED ALTRI N. 1-00432, TEMPESTINI ED ALTRI N. 1-00433 E MOSELLA ED ALTRI N. 1-00434 CONCERNENTI ADEMPIMENTI ED INIZIATIVE DELL'ITALIA NELL'AMBITO DEGLI «OBIETTIVI DI SVILUPPO DEL MILLENNIO» IN VISTA DEL VERTICE DELLE NAZIONI UNITE DEL 20-22 SETTEMBRE 2010

(omissis)

La Camera,

premesso che:

la risoluzione conclusiva di dibattito n. 8-00085, approvata dalla III Commissione della Camera dei deputati il 29 luglio 2010, con parere favorevole del Governo, ha già fornito al Governo indirizzi e orientamenti in merito alla partecipazione italiana all'evento plenario di alto livello sugli obiettivi di sviluppo del millennio (hlpm), che avrà luogo a New York dal 20 al 22 settembre 2010, nonché su alcuni generali profili della cooperazione italiana allo sviluppo;

le organizzazioni della società civile italiana, in particolare attraverso la Campagna del millennio e la Coalizione per la lotta alla povertà - Gcap, sono attente e sensibili alla preparazione e ai negoziati del vertice, in quanto si fanno legittimamente interpreti degli impegni generosi che nel nostro Paese, a tutti i livelli, si producono nella lotta alla povertà;

il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo del millennio e la prosecuzione di una sempre più efficace azione per lo sviluppo da parte della comunità internazionale, anche oltre il 2015, costituiscono un imperativo etico per la comunità internazionale e sono indispensabili, peraltro, anche per contrastare le minacce che la povertà estrema e le gravissime sperequazioni fra Paesi del nord e del sud del mondo, ma sempre più spesso anche all'interno di singoli Paesi, pongono alla stabilità internazionale e a quella interna degli stessi Paesi avanzati, alla sicurezza del commercio mondiale e degli approvvigionamenti, in ultima analisi alla stessa prosperità dei Paesi del nord del mondo;

i rapporti del Segretario generale dell'Onu e dell'United nations development programme (Undp) sullo stato di avanzamento degli obiettivi di sviluppo del millennio indicano chiaramente come i successi e i progressi, dall'Assemblea del millennio del 2000, non siano mancati e indicano, altresì, come, negli anni a venire, occorra concentrare gli sforzi, in via prioritaria, in alcuni Paesi e aree geografiche che risultano più indietro rispetto agli obiettivi di sviluppo del millennio;

le posizioni dell'Unione europea per il vertice di New York sono state definite, per la prima volta, al massimo livello del Consiglio europeo, a Lussemburgo il 17 giugno 2010, con l'adozione di conclusioni, che, riprendendo quelle più analitiche adottate nei giorni immediatamente precedenti dal «Consiglio sviluppo», sottolineano, anzitutto, la necessità di focalizzarsi, da parte dell'Unione europea e dei suoi Stati membri, sul raggiungimento di alcuni obiettivi di sviluppo del millennio, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo «off track», ovvero più indietro sulla strada degli obiettivi di sviluppo del millennio. Viene, altresì, evidenziata l'importanza della coerenza delle politiche per lo sviluppo (policy coherence for development), delle fonti innovative per il finanziamento dello sviluppo, della «governance democratica» e di un approccio agli obiettivi di sviluppo del millennio basato sui diritti (rights-based approach), punto, quest'ultimo, inserito su specifica proposta italiana;

il concetto di sviluppo è ormai caratterizzato dall'imperativo dell'onnicomprensività delle sue molteplici dimensioni e dei suoi molteplici attori. Questo rende sempre più premiante il profilo dell'aiuto pubblico allo sviluppo come leva e catalizzatore, in un'ottica di collaborazione pubblico-privato e nel mutuo interesse. Sta sempre più declinando la funzione classica dell'aiuto pubblico allo sviluppo, di variabile indipendente e spesso «drogante», perché suscettibile di creare dipendenza e di alimentare corruzione e sprechi;

sebbene in questa nuova ottica, l'aiuto pubblico allo sviluppo è unanimemente considerato, dall'Unione europea e sul piano internazionale, come una componente tuttora essenziale per accelerare, in modo prevedibile nel tempo, i processi di sviluppo, colmando le lacune più gravi che bloccano o frenano la crescita equa e sostenibile in molti Paesi e aree geografiche, attraverso il perpetuarsi di situazioni di gravissima discriminazione sociale e di emarginazione di fasce importanti della popolazione;

l'aiuto pubblico allo sviluppo è sempre più visto in funzione e nell'ambito di un mix di strumenti, attività e flussi finanziari che deve basarsi sulla responsabilità condivisa di tutti gli attori coinvolti, statali e non, pubblici e privati, del nord e del sud, perché i benefici degli obiettivi di sviluppo del millennio saranno globali,

in questo quadro l'Italia è attivamente impegnata nella lotta contro le mutilazioni genitali femminili, in quanto pratica aberrante, violazione patente dei diritti umani fondamentali di donne e bambine e fortemente contraria ai principi che ispirano gli obiettivi di sviluppo del millennio,

impegna il Governo:

a partecipare attivamente e ad alto livello politico al vertice sugli obiettivi di sviluppo del millennio, mantenendosi in stretta sintonia con le posizioni espresse dalla società civile italiana, nella consapevolezza dell'urgenza di accelerare la corsa agli obiettivi di sviluppo del millennio, raccogliendo l'appello del Segretario generale delle Nazioni Unite, con uno sforzo collettivo e condiviso di tutta la comunità internazionale;

a mantenere orientata, in modo sempre più selettivo ed efficace, l'intera attività della cooperazione italiana verso gli obiettivi di sviluppo del millennio;

a essere parte attiva, nel corso del vertice e dei relativi negoziati sul suo documento finale, dell'impegno unitario dell'Unione europea, reso più coeso e rafforzato dal Trattato di Lisbona, a favore di una spinta decisiva verso un'agenda internazionale rinnovata, in cui la pace, la sicurezza e i diritti umani siano saldamente connessi con lo sviluppo equo, sostenibile e sempre più autosufficiente, perché mosso dalle capacità endogene dei nostri partner del sud del mondo;

a concorrere, in questo contesto, ad affermare definitivamente e poi a realizzare politiche di sviluppo che, sia sul piano bilaterale sia su quello multilaterale, siano basate sulla responsabilità reciproca di tutti gli attori;

a impegnarsi, in occasione del vertice e nei diversi contesti internazionali rilevanti per lo sviluppo (Unione europea, G8, G20, Ocse e Onu) per una rinnovata governance economica e finanziaria, più trasparente e inclusiva, meglio regolata e più capace di concorrere a quel contesto internazionale favorevole allo sviluppo, la cui urgenza è indifferibile per poter meglio fronteggiare crisi di differente natura, che pongono minacce inaccettabili al consolidamento ed all'estensione dei progressi ottenuti finora verso gli obiettivi di sviluppo del millennio;

a promuovere e sostenere, nel quadro della realizzazione degli obiettivi di sviluppo del millennio, con particolare riferimento alla promozione della parità dei sessi e dell'autonomia delle donne e al miglioramento della salute materna, tutte le iniziative atte a far sì che la prossima assemblea generale delle Nazioni Unite adotti una risoluzione per la messa al bando a livello globale delle mutilazioni genitali femminili;

a programmare, compatibilmente con le esigenze di risanamento della finanza pubblica, le modalità e i tempi per onorare tutti gli impegni internazionali specificamente assunti dall'Italia in materia di sviluppo, in particolare relativamente alla Convenzione di Londra sulla sicurezza alimentare, al fondo globale per la lotta all'aids, alla tubercolosi e alla malaria, all'Aquila food security initiative e nei confronti di banche e fondi di sviluppo, nel contesto di un graduale piano di riallineamento dell'aiuto pubblico allo sviluppo italiano;

a proseguire nell'opera di razionalizzazione delle iniziative di cooperazione, mantenendo nel Ministero degli affari esteri il naturale fulcro di decisione politica e coordinamento, e a promuovere misure che favoriscano il rafforzamento e l'aggiornamento delle risorse umane disponibili per la cooperazione italiana, in linea con quanto raccomandato dall'Ocse all'Italia nel 2009, a seguito della peer review.

(1-00430)

«Antonione, Pianetta, Baldelli, Iannaccone, Sardelli, Biancofiore, Bonciani, Boniver, Renato Farina, Lunardi, Malgieri, Migliori, Moles, Osvaldo Napoli, Nicolucci, Nirenstein, Picchi, Zacchera».

(omissis)

La Camera,

premesso che:

sono passati dieci anni da quando i leader mondiali - e tra loro tutti i Capi di Stato e di Governo dei 27 Stati membri dell'Unione europea - adottarono la Dichiarazione del millennio, in cui si afferma che: «non risparmieremo i nostri sforzi per liberare i nostri simili, uomini, donne e bambini, dall'abbietta e disumanizzante condizione della povertà estrema, alla quale sono attualmente soggetti oltre un miliardo di esseri umani. Noi ci impegniamo a rendere il diritto allo sviluppo una realtà per ogni uomo e ogni donna e a liberare l'intero genere umano dalla necessità. In qualità di leader, pertanto, abbiamo un dovere verso tutti i popoli del pianeta, specialmente quelli più vulnerabili e, in particolare, verso le bambine e i bambini del mondo intero, ai quali appartiene il futuro»;

in particolare, gli obiettivi di sviluppo del millennio prevedono di: dimezzare la povertà estrema e la fame; raggiungere l'istruzione primaria universale; promuovere l'uguaglianza di genere; diminuire la mortalità infantile; migliorare la salute materna; combattere l'hiv/aids, la malaria e le altre malattie; assicurare la sostenibilità ambientale; sviluppare un partenariato globale per lo sviluppo;

tuttavia, i progressi verso gli obiettivi di sviluppo del millennio hanno fatto segnare un preoccupante rallentamento, dovuto alla combinazione di diversi fattori, che nel corso degli anni hanno di fatto assorbito le risorse e le attenzioni altrimenti destinate alla lotta alla povertà e al sottosviluppo, mettendone a rischio l'effettivo raggiungimento da qui a cinque anni;

la fame e la malnutrizione uccidono circa 6 milioni di bambini ogni anno: molti di questi bambini muoiono a causa di malattie curabili come diarrea, polmonite, malaria e morbillo, ma riuscirebbero a sopravvivere se l'organismo ed il sistema immunitario non fossero indeboliti da fame e malnutrizione;

secondo il direttore generale della Fao, Jacques Diouf, «i progressi per dimezzare il numero delle persone che soffrono la fame nei Paesi in via di sviluppo entro il 2015 sono ancora molto lenti e la comunità internazionale è lontana dal raggiungere gli obiettivi e gli impegni stabiliti dal mdg e dal vertice mondiale»;

circa il 75 per cento delle persone povere e che soffrono la fame vivono nelle zone rurali dei Paesi in via di sviluppo. Una migliore alimentazione è alla base di migliori condizioni di salute, fa aumentare la frequenza scolastica, riduce la mortalità infantile e materna, dà la possibilità alle donne di avere maggiori strumenti di crescita, abbassa l'incidenza ed i tassi di mortalità da hiv/aids, malaria e tubercolosi;

rispetto all'impegno di ridurre la mortalità infantile sotto i cinque anni e la mortalità materna, di garantire l'accesso universale alla salute riproduttiva, nonché di arrestare la diffusione di hiv/aids, malaria e altre malattie, il rapporto «Azione per la salute globale - 2010 conto alla rovescia per gli obiettivi di sviluppo del millennio per la salute» conferma, infatti, che la situazione non è molto migliorata: ogni minuto una donna muore per complicazioni legate alla gravidanza e al parto; ogni giorno circa 29.000 bambini muoiono prima di aver compiuto i cinque anni, nella stragrande maggioranza dei casi per cause che potrebbero essere facilmente prevenute; ogni anno la tubercolosi, l'hiv/aids e la malaria uccidono oltre cinque milioni di persone, con un costo di milioni di dollari per le economie di Paesi già poverissimi;

i drammatici dati pubblicati nel rapporto rappresentano una violazione del diritto universale alla salute, che tutti gli Stati sono vincolati a rispettare;

a causa dell'ineguaglianza tra i sessi, le donne non sono in grado di migliorare le condizioni di vita delle proprie famiglie. Gli studi confermano che donne alfabetizzate hanno famiglie in migliori condizioni di salute. I loro bambini hanno una migliore nutrizione, sono meno soggetti a morire durante l'infanzia ed hanno maggiori probabilità di andare a scuola;

il summit ONU del 20-22 settembre 2010 sarà un'occasione fondamentale per fare il punto della situazione ed assicurarsi che, nonostante la crisi finanziaria ed economica attuale, gli obiettivi di sviluppo del millennio possano essere raggiunti;

tuttavia, secondo la Campagna del millennio delle Nazioni Unite, le misure concordate dal recente Consiglio europeo non sono ancora sufficienti per assicurare il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo del millennio entro la scadenza prefissata del 2015;

il Consiglio europeo, infatti, non ha proposto un piano di azione ambizioso ed efficace e non sostiene misure per garantire l'aumento della quantità dell'aiuto pubblico allo sviluppo fino allo 0,7 per cento del prodotto interno lordo;

a solo cinque anni al 2015, data concordata per raggiungere gli obiettivi di sviluppo del millennio, il ritardo accumulato è preoccupante e risulta difficile il raggiungimento dell'obiettivo intermedio dello 0,56 per cento prodotto interno lordo/aiuto pubblico allo sviluppo entro il 2010;

rispetto a tale situazione il nostro Paese ha accumulato un ritardo nel rispetto degli impegni, risultando essere il fanalino di coda tra i Paesi europei: l'Italia si è impegnata a dare lo 0,7 per cento del prodotto interno lordo in aiuto pubblico allo sviluppo entro il 2015, ma dal rapporto Ocse del 2008 risulta ferma allo 0,19 per cento;

dunque, sebbene il nostro Paese abbia assunto e ribadito più volte in contesti internazionali tale impegno, le probabilità di raggiungerlo entro la scadenza prefissata appaiono molto scarse, stante l'attuale situazione,

impegna il Governo:

in vista del summit Onu del 20-22 settembre 2010:

a) a dare seguito all'impegno di giustizia e di equità preso in occasione della sottoscrizione della Dichiarazione del millennio attraverso un aumento delle risorse destinate all'aiuto pubblico allo sviluppo compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica;

b) a sollecitare politiche più ambiziose da parte dei Paesi donatori dell'Unione europea che puntino a:

1) favorire il riallineamento quantitativo dell'APS compatibilmente con le risorse finanziarie disponibili;

2) allocare una quota consistente dell'aiuto pubblico allo sviluppo alla salute di base e all'educazione;

3) attribuire la giusta importanza alle questioni di genere e di salute riproduttiva nel rivedere i programmi-Paese;

4) perseguire con adeguati controlli e documentazione la coerenza tra le politiche di sviluppo e quelle migratorie, commerciali, finanziarie, ambientali e di sicurezza;

5) rendere pubblici gli accordi finanziari che regolano le azioni di supporto al bilancio dei Paesi in via di sviluppo e valutare i programmi medesimi, prima di rifinanziarli, assicurando che il sostegno al bilancio serva veramente a promuovere politiche sociali di qualità;

c) a sviluppare, con gli Stati membri dell'Oecd, le istituzioni finanziarie internazionali e i Paesi partner, e compatibilmente con le risorse disponibili, modalità per colmare il gap finanziario che impedisce il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo del millennio;

d) a vigilare in occasione della conferenza di Cancun affinché sia assicurata una maggiore trasparenza degli aiuti e a sollecitare l'adozione di meccanismi di finanziamento innovativi per combattere i cambiamenti climatici, assicurando a livello globale le risorse per i paesi più poveri;

e) a prestare attenzione affinché, nel quadro dell'obiettivo di «sradicare la povertà estrema e la fame», sia data una particolare priorità ai progetti e agli interventi riguardanti le zone rurali e all'agricoltura, in quanto rappresentano le chiavi di volta per migliorare le condizioni di vita delle popolazioni, come sottolineato dal direttore generale della Fao;

f) a considerare, altresì, come preminenti i progetti volti a dare alle donne un migliore accesso alla terra ed al credito, promuovendo la parità tra i sessi al fine di contribuire alla riduzione della fame e della denutrizione più di ogni altro obiettivo di sviluppo del millennio.

(1-00431)

(Testo modificato nel corso della seduta) «Pezzotta, Casini, Cesa, Buttiglione, Adornato, Volontè, Compagnon, Ciccanti, Naro, Capitanio Santolini».

(omissis)

La Camera,

premesso che:

il superamento del divario tra il nord ed il sud del mondo rappresenta la grande sfida del ventunesimo secolo e la comunità internazionale è chiamata da tempo a raccogliere questa sfida;

eliminare la povertà estrema continua ad essere una delle maggiori preoccupazioni del nostro tempo. Porre fine a questa tragedia richiede lo sforzo congiunto di tutti: Governi e organizzazioni della società civile e del settore privato, in uno spirito di collaborazione per lo sviluppo più intensa ed efficace;

la crisi dei Paesi poveri fortemente indebitati è una crisi quasi tutta africana, che trascina Paesi intrappolati in una spirale di povertà che si autoalimenta, spesso coinvolti in conflitti sanguinosi, costretti ad affrontare enormi emergenze sanitarie, con una struttura economica fragile e spesso interamente dipendente dall'esportazione di poche materie prime dai prezzi calanti; una crisi che si fa fatica ad affrontare proprio perché non mette in allarme né i mercati finanziari, ad essa estranei, né i creditori, Paesi e istituzioni, rispetto ai quali il debito dei Paesi poveri è ben poca cosa;

contrastare le cause profonde dei conflitti, sostenere le azioni di mantenimento della pace, incoraggiare buon governo e politiche sociali atte a realizzare educazione, salute e pari opportunità per tutti, rompere il circolo vizioso della povertà estrema, che condanna ancora oggi centinaia di milioni di persone nel sub-continente a lottare per la sopravvivenza, sono gli obiettivi che si è imposta di perseguire la comunità internazionale nel settembre del 2000, in occasione del millennium road convocato dalle Nazioni Unite;

in suddetta occasione i leader mondiali si sono impegnati a liberare ogni essere umano dalla «condizione abietta e disumana della povertà estrema» ed a «rendere il diritto allo sviluppo una realtà per ogni individuo», sottoscrivendo un programma di priorità dell'agenda internazionale, noto come millennium development goals e dal quale sono scaturiti otto obiettivi di sviluppo da realizzarsi entro il 2015;

i millennium development goals circoscrivono impegni precisi per la lotta alla povertà e vanno dagli interventi per il rafforzamento della cooperazione fra le Nazioni Unite e le organizzazioni regionali, alle politiche in favore di un sistema finanziario e commerciale multilaterale ed equo, dalla politica di esenzioni doganali al miglioramento dei programmi di condono del debito per i Paesi poveri;

i traguardi da raggiungere sono:

a) dimezzare entro il 2015 la percentuale di persone che vivono con meno di un dollaro al giorno e dimezzare la percentuale di persone che patiscono la fame;

b) assicurare entro il 2015 che in ogni luogo i bambini e le bambine, i ragazzi e le ragazze siano in grado di completare un ciclo completo di istruzione primaria;

c) eliminare la disuguaglianza di genere nell'istruzione primaria e secondaria preferibilmente entro il 2005 e a tutti i livelli di istruzione entro il 2015;

d) ridurre di due terzi, tra il 1990 e il 2015, il tasso di mortalità infantile al di sotto dei cinque anni d'età;

e) ridurre di tre quarti, tra il 1990 e il 2015, il tasso di mortalità materna;

f) arrestare, entro il 2015, e invertire la tendenza alla diffusione dell'hiv/aids;

g) integrare i principi di sviluppo sostenibile nelle politiche e nei programmi di sviluppo delle nazioni e arrestare la distruzione delle risorse ambientali;

h) espletare entro il 2015 una serie di interventi di sviluppo, principalmente in quattro aree: cooperazione allo sviluppo, debito estero, commercio internazionale, trasferimento delle tecnologie;

l'United nations development programme (Undp) stima che, qualora fossero raggiunti gli obiettivi di sviluppo del millennio, 500 milioni di persone si lascerebbero alle spalle l'estrema povertà, più di 300 milioni non soffrirebbero più per mancanza di cibo, 30 milioni di vite di bambini sotto i cinque anni sarebbero salvate, insieme a quelle di 2 milioni di madri, mentre 350 milioni di persone in meno sarebbero senza acqua potabile e 650 milioni di individui in più avrebbero accesso alla sanità di base;

nonostante i progressi realizzati ad oggi, ad oltre due terzi del cammino verso la fatidica data del 2015, gli obiettivi di sviluppo del millennio rappresentano ancora un traguardo lontano, raggiungibile solo grazie ad un'azione immediata e sostenuta di qui ai prossimi 5 anni;

in numerose sedi nazionali ed internazionali è stato più volte ribadito l'impegno di destinare lo 0,7 per cento del prodotto interno lordo alla cooperazione allo sviluppo. La media attuale tra tutti i Paesi donatori è purtroppo solo dello 0,23 per cento, che equivale a 56 miliardi di dollari all'anno;

stime della Banca mondiale e dell'Onu affermano che basterebbero 50 miliardi di dollari all'anno in più per realizzare gli obiettivi di sviluppo del millennio;

gli obiettivi di sviluppo del millennio dovrebbero ispirare l'azione di tutti gli enti, nazionali e internazionali, pubblici e privati, chiamati a gestire programmi in un quadro di rafforzamento della governance (liberalizzazione, partecipazione pubblica e democratizzazione, privatizzazione delle proprietà statali e assenza di corruzione, che dovrebbero portare allo sviluppo economico) e della capacità istituzionale;

gli obiettivi di sviluppo del millennio sanciscono la raggiunta consapevolezza, a livello internazionale, della necessità di adottare un approccio «olistico» alle politiche di sviluppo, traendo insegnamento dagli errori del passato, quando troppo spesso la mancanza di coordinamento tra enti erogatori e istituzioni riceventi ha generato episodi di corruzione, anche su larga scala, o di realizzazione di vere e proprie «cattedrali nel deserto», quali, ad esempio, edifici scolastici rimasti vuoti in assenza di vie di comunicazione adeguate che permettessero l'accesso degli alunni dai villaggi vicini. In effetti, gli obiettivi di sviluppo del millennio sembrano adottare un approccio allo sviluppo che non abbia più come obiettivo solo l'innalzamento del reddito della popolazione, ma anche il miglioramento delle condizioni di vita e di salute, soprattutto a partire dall'infanzia, generando speranza in un futuro migliore;

il rapporto 2008 sullo sviluppo umano evidenzia come, a un progresso rapido di alcuni Paesi verso questi obiettivi, abbia corrisposto un regresso notevole per altri. La situazione che emerge chiaramente dai dati è, quindi, quella di due gruppi di Paesi estremamente diversi tra di loro: quelli che hanno beneficiato dello sviluppo e quelli che sono stati lasciati indietro;

ad oggi sono falliti tutti gli impegni da parte dei Paesi donatori ad aumentare il livello dell'aiuto pubblico allo sviluppo, finalizzato al raggiungimento dei millennium development goals;

dal 20 al 22 settembre 2010 si terrà a New York la riunione di alto livello (hlpm) sugli obiettivi di sviluppo del millennio,

impegna il Governo:

ad individuare, nell'ambito della programmazione politico-finanziaria, soggetti, strumenti e metodi adeguati a contribuire alla realistica e sostenibile attuazione degli obiettivi di sviluppo del millennio compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica;

ad attivarsi per dare alla cooperazione italiana adeguati mezzi e risorse per il raggiungimento degli obiettivi che il nostro Paese si è dato a livello internazionale ed a privilegiare il ruolo della società civile locale, indirizzando gli sforzi - tenendo in ogni caso in considerazione le situazioni di maggiore emergenza - verso realtà e progetti a maggior potenziale di successo;

ad individuare, in vista del prossimo appuntamento internazionale del 20 settembre 2010, le misure più efficaci per conseguire gli obiettivi previsti dal millennium round, anche concordando su queste tematiche una posizione comune a quella di altri Paesi dell'Unione europea.

(1-00432)

(Testo corretto e modificato nel corso della seduta) «Lo Monte, Commercio, Latteri, Lombardo, Misiti, Brugger».

(omissis)

La Camera,

premesso che:

a soli cinque anni dalla scadenza del 2015, fissata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite per il raggiungimento degli otto obiettivi di sviluppo del millennio, il Segretario generale Ban Ki-moon ha invitato i leader mondiali a riunirsi in un summit a New York dal 20 al 22 settembre 2010 per indurre i Governi nazionali ad un'accelerazione nella strategia globale di lotta contro la povertà, anche alla luce del fatto che la grave crisi economica globale degli ultimi anni ha reso ancora più difficile il raggiungimento degli obiettivi prefissati;

il 29 luglio 2010 la III Commissione della Camera dei deputati ha approvato all'unanimità, anche a seguito delle importanti audizioni svoltesi in seno al comitato permanente sugli obiettivi di sviluppo del millennio istituito presso la stessa Commissione, una risoluzione sulla partecipazione dell'Italia al millennium summit di settembre 2010, nella quale si mettevano in evidenza, tra le questioni prioritarie, quelle relative all'efficacia degli aiuti, alla credibilità dei Paesi donatori e ad una sempre più coerente ownership da parte dei Paesi beneficiari;

nel rapporto del Segretario dell'Onu all'Assemblea generale del febbraio 2010, e nel successivo rapporto sugli obiettivi di sviluppo del millennio del giugno 2010, Ban Ki-moon ribadisce che «le mancanze nell'attuazione degli obiettivi di sviluppo del millennio non dipendono dal fatto che sono irrealizzabili o dalla carenza di tempo ma dagli impegni non attuati, dall'inadeguatezza delle risorse e dalla mancata concentrazione su di essi», avvertendo che un eventuale fallimento nel raggiungere gli obiettivi che la comunità internazionale si è prefissata costituirebbe un «inaccettabile fallimento» e porterebbe a «un moltiplicarsi delle minacce nel mondo: instabilità, violenza, malattie epidemiche, degrado ambientale e crescita delle popolazioni in fuga»;

il quadro delineato nell'ultimo rapporto sullo stato di avanzamento degli obiettivi di sviluppo del millennio denota luci e ombre: a segnali incoraggianti sul versante della lotta alla povertà estrema e alla fame (soprattutto grazie allo sviluppo dell'economia cinese e del Sud Est asiatico), nonché nel campo sanitario e nell'accesso all'istruzione, corrispondono segnali preoccupanti, soprattutto nei Paesi molto poveri, nelle regioni prive di sbocco al mare, in quelle soggette a rischi naturali e in quelle colpite da conflitti interni;

per questi motivi Ban Ki-moon invita a trasformare il summit di settembre 2010 nell'occasione per rinnovare il patto tra tutti gli stakeholders, gli attori impegnati nel conseguimento degli obiettivi di sviluppo del millennio, affinché si concordi, nel rispetto degli impegni da ciascuno assunti, per un'accelerazione che consenta di rispettare la data del 2015 fissata per il conseguimento degli otto obiettivi;

la stessa Commissione europea, proprio in vista del vertice delle Nazioni Unite di settembre 2010, ha adottato un «piano di azione comune in dodici punti» per accelerare i progressi verso la realizzazione degli obiettivi di sviluppo del millennio, con la finalità non solo di aumentare il livello degli aiuti, ma anche di migliorarne l'efficacia e la destinazione a beneficio dei Paesi e dei settori più bisognosi;

l'Italia segna ormai un gravissimo ritardo rispetto a numerosi impegni internazionali assunti - basti pensare all'annosa questione del versamento annuale della quota italiana al fondo globale per la lotta all'aids - al punto da incidere negativamente anche sul complessivo risultato dei Paesi europei nel loro complesso, con il nostro Paese responsabile del 40 per cento dell'ammanco europeo;

in vista dell'imminente vertice a New York è assolutamente necessario che l'Italia assuma un ruolo significativo, rilanciando non solo la nostra credibilità e affidabilità rispetto agli impegni assunti, ma, coerentemente alla tradizione del nostro Paese, sostenendo soluzioni innovative per il rispetto delle scadenze prefissate,

impegna il Governo:

a sostenere con forza, in occasione dell'imminente vertice delle Nazioni Unite sugli obiettivi di sviluppo del millennio, la proposta del Segretario generale Ban Ki-moon di un «nuovo patto tra tutti gli stakeholders» del processo di conseguimento degli obiettivi di sviluppo del millennio, al fine di rafforzare l'impegno di ciascuno e accelerarne il conseguimento;

a sviluppare, a livello nazionale, europeo e internazionale, una riflessione non solo sul livello quantitativo degli aiuti, ma sull'aspetto qualitativo, proponendo forme di razionalizzazione e coordinamento tra le azioni dei diversi donatori e aumentando il monitoraggio degli interventi, l'analisi dei risultati e dell'impatto effettivo sullo sviluppo, al fine di innalzare l'ancora insufficiente grado di efficacia e di trasparenza dell'aiuto pubblico internazionale;

a sostenere le azioni che vanno nel senso di promuovere il superamento delle barriere protezionistiche e delle limitazioni all'effettivo accesso ai mercati dei prodotti dei Paesi meno sviluppati, il potenziamento dell'integrazione e degli scambi regionali per concorrere a rafforzare la strategia internazionale dell'«aiuto al commercio» (aid for trade);

a concentrare e rafforzare gli sforzi su alcuni specifici settori e obiettivi, nonché su alcuni Paesi, come suggerito dai rapporti del Segretario generale Ban Ki-moon e dal piano della Commissione europea in 12 punti, mantenendo da un lato la leadership e l'attenzione nel campo della sicurezza alimentare e dando seguito all'«Iniziativa de L'Aquila sulla sicurezza alimentare (AFSI)» e al «Partenariato globale sull'agricoltura e la sicurezza alimentare» e aumentando nel contempo il livello di aiuti nel campo della riduzione della mortalità infantile (obiettivo 4) e del miglioramento della salute materna (obiettivo 5), cui l'Italia ha destinato tra il 2001 e il 2007 solo l'1 per cento dei fondi e che appaiono, nelle analisi delle Nazioni Unite, tra gli obiettivi più difficili da conseguire ad oggi;

coerentemente con il piano in 12 punti proposto dalla Commissione europea, a dare priorità, anche in seno ai prossimi documenti finanziari, ad un piano di azione annuale, realistico e verificabile, inteso al raggiungimento, progressivo e graduale, di una percentuale di prodotto interno lordo destinata all'aiuto pubblico allo sviluppo secondo gli obiettivi europei stabiliti;

ad elaborare iniziative in tema di strumenti finanziari innovativi, tenendo conto della ampia riflessione svolta in questa materia in numerose sedi internazionali su impulso anche del Segretario Generale delle Nazioni Unite.

(1-00433)

(Testo modificato nel corso della seduta) «Tempestini, Maran, Barbi, Quartiani, Amici, Sarubbi, Narducci, Pistelli, Mogherini Rebesani, Touadi, Bossa».

(omissis)

La Camera,

premesso che:

i Capi di Stato e di Governo di tutti gli Stati membri dell'ONU, nel settembre 2000, si riunirono a New York nel «Vertice del millennio» e posero la propria firma in calce alla «Dichiarazione del millennio» (United Nations Millennium Declaration), definendo una serie di importanti propositi da conseguire entro il 2015; ne derivarono gli otto obiettivi di sviluppo del millennio, vincolanti per l'intera comunità internazionale: ridurre la povertà e la fame nel mondo, assicurare l'istruzione primaria per tutti, promuovere la parità fra i sessi, ridurre la mortalità infantile, migliorare la salute materna, combattere l'HIV/AIDS e altre malattie, assicurare la sostenibilità ambientale e partecipare ad un partenariato globale per lo sviluppo;

gli obiettivi, dunque, costituiscono un patto a livello planetario fra Paesi ricchi e Paesi poveri, basato su un impegno reciproco a fare ciò che è necessario per costruire un mondo più sicuro, più prospero e più equo per tutti;

l'Unione europea può vantare il ruolo di donatore principale, dal momento che fornisce il 55 per cento dell'aiuto pubblico allo sviluppo mondiale, pur tuttavia, occorre accelerare i progressi verso la realizzazione degli obiettivi di sviluppo del millennio, poiché appare evidente che la semplice prosecuzione delle politiche attuali non consentirà di raggiungerli;

per tali ragioni il Consiglio ha invitato la Commissione ad elaborare una serie di proposte d'azione ambiziose, con lo scopo di accelerare i progressi verso la realizzazione degli obiettivi di sviluppo del millennio, prevedendo in particolare: di fissare nuovi obiettivi intermedi per l'aumento dei bilanci relativi all'aiuto pubblico nel periodo fino al 2010, al fine di giungere complessivamente allo 0,7 per cento del reddito nazionale lordo (RNL) nel 2015; di accelerare le riforme per migliorare la qualità dell'aiuto; di riconsiderare il modo in cui l'Unione europea influenza le condizioni dello sviluppo con le sue politiche interne ed esterne, attraverso il suo specifico modello di sviluppo sostenibile; di far beneficiare in modo prioritario l'Africa di questi nuovi orientamenti e cogliere le opportunità di stabilire un partenariato tra i due continenti;

a tal proposito la Commissione ha proposto di stabilire per il rapporto APS/RNL (aiuti pubblici allo sviluppo/reddito nazionale lordo), un nuovo obiettivo individuale minimo dello 0,51 per cento entro il 2010 (0,17 per cento per i nuovi Stati membri), portando così il contributo collettivo dell'Unione europea allo 0,56 per cento; questo impegno si tradurrebbe in un aumento di 20 miliardi di euro all'anno entro il 2010 e consentirebbe di raggiungere nel 2015 l'obiettivo dello 0,7 per cento del reddito nazionale lordo fissato dalle Nazioni Unite;

il rapporto europeo sullo sviluppo del 19 settembre 2008, mette in evidenza come nonostante la crescita economica di taluni Paesi e la riduzione della povertà a livello mondiale dal 2000, i progressi dei Paesi in via di sviluppo sono stati disomogenei; i ritardi subiti da alcuni Paesi in termini di salute ed istruzione sono particolarmente preoccupanti;

secondo il rapporto Aidwatch 2010, elaborato dalla Confederazione europea delle organizzazioni non governative di urgenza e di sviluppo (CONCORD), mentre alcuni Paesi virtuosi hanno già raggiunto la quota dello 0,7 per cento dell'aiuto pubblico allo sviluppo, nella maggioranza dei casi gli Stati membri non hanno rispettato l'impegno dell'APS per il 2010: l'Unione europea farà mancare 15 miliardi di euro di risorse per la lotta alla povertà;

di questa mancanza, secondo il rapporto, una grave responsabilità ricade sull'Italia che quest'anno evidenzia un performance particolarmente negativa che, oltre ad allontanarci ulteriormente dalla media dei nostri partner europei, rende sempre più improbabile il raggiungimento degli obiettivi del millennio da parte del nostro Paese;

nel 2009, l'anno della presidenza italiana del G8, l'aiuto pubblico allo sviluppo (APS) dell'Italia si è ridotto del 31 per cento, una riduzione superiore a quella della Grecia, riducendosi allo 0,16 per cento del prodotto interno lordo; si tratta del livello più basso dal 2004; una parte della riduzione italiana è dovuto sia al taglio del 56 per cento, che il bilancio della cooperazione allo sviluppo del Ministero degli affari esteri ha subito, sia a una diminuzione delle operazioni di «aiuto creativo»; si tratta d'iniziative che sono contabilizzate come aiuto, ma che non rappresentano un vero trasferimento di risorse ai Paesi in via di sviluppo, quali cancellazioni di debiti da tempo non rimborsati o spese per il sostegno al primo anno di vita dei rifugiati in Italia,

impegna il Governo:

a favorire il riallineamento quantitativo dell'APS con le risorse finanziarie disponibili valutando la possibilità di reperire anche altre fonti finanziarie innovative;

a promuovere un miglioramento della stessa qualità dell'aiuto attraverso un più efficace coordinamento tra donatori, che permetta un'armonizzazione delle strategie di aiuto;

ad assumere un ruolo incisivo in occasione del summit delle Nazioni Unite di New York del 20-22 settembre 2010, al fine di garantire una posizione chiara dell'Italia nella prospettiva degli obiettivi di sviluppo del millennio.

(1-00434)

(Testo modificato nel corso della seduta) «Mosella, Vernetti, Calgaro, Tabacci, Calearo Ciman, Brugger».


 

 


SIWEB

Profili biografici

 


Axel van Trotsenburg, Vice Presidente per le erogazioni finanzaire ed il Partenariato globale della Banca mondiale

 

(a cura della Banca mondiale)

 


 

 

Axel van Trotsenburg, di nazionalità olandese ed austriaca, è Vice Presidente della Banca mondiale con attribuzioni nel settore delle erogazioni finanziaria e del Partenariato globale dall’agosto 2009: in tale veste dirige le negoziazioni ed il processo di finanziamento dell’Associazione per lo sviluppo internazionale (IDA).

Copresiede, inoltre, il meccanismo di finanziamento del GEF (Global Environment Facility - GEF) e ha diretto la maggiore operazione di sovvenzionamento di questo organismo (GEF 5).

Supervisiona il portafoglio dei trust funds della Banca mondiale (che ammontano a 24 miliardi di dollari) e coordina un’ampia gamma di iniziative globali e d’innovativi meccanismi finanziari, come il Fondo globale per la lotta all’AIDS, alla tubercolosi ed alla malaria (GFTAM), the International Finance Facility for Immunisation (IFFIm), oltre a guidare l’Advance Market Commitment (AMC) per la vaccinazione contro lo pneumococco.

In precedenza è stato Country Director per la Colombia ed il Messico (luglio 2007-luglio 2009) e dalla metà del 2002 fino alla metà del 2007 è stato Country Director per l’Argentina, il Cile, il Paraguay e l’Uruguay, curando l’attuazione dei programme della Banca mondiale in questi paesi.

Durante la sua permanenza in America Latina van Trotsenburg ha curato l’erogazione di un vasto programma di prestiti che ha riguardato circa 80 nuovi progetti per circa 14 miliardi di dollari ed un articolato piano di analisi e di fattibilità, con circa 100 studi riguardanti un vasto raggio di problematiche dello sviluppo.

Dal 1996 fino alla fine del 2001 è stato uno dei principali dirigenti dell’Iniziativa a favore dei Paesi maggiormente indebitati (HIPC), il maggiore organismo per il ripianamento dei debiti dei Paesi in via di sviluppo, supervisionando la preparazione di piani di ripianamento del debito riguardanti 24 Stati (per complessivi 37 miliardi di dollari).

Precedentemente aveva svolto le funzioni di Country Economist per la Banca mondiale in Costa d’avorio ed in Guatemala.

Van Trotsenburg è entrato nella Banca mondiale attraverso il programma di assunzioni Young Professionals nel 1988; prima aveva lavorato presso l’OCSE di Parigi.

Titolare di una laurea e di un dottorato in studi economici ha altresì un master in affari internazionali.

E’ sposato e padre di due figli.

 


Antonella Bassani, direttore presso la Banca mondiale

(a cura della Banca mondiale)

 


 

 

Antonella Bassani è entrata nella Banca mondiale nel 1993 come Young Professional. Ha svolto diverse funzioni all’interno dell’Organizzazione, tra le quali, recentemente, è stata Sector Manager per l’area africana.

Le tre principali priorità professionali di Antonella Bassani sono: 1) mantenere e rafforzare la leadership dell’Associazione per lo sviluppo internazionale (IDA) nell’assistenza allo sviluppo dei paesi più poveri; 2) gestire il processo di negoziazione del rifinanziamento di IDA 16, avviato nel marzo 2010, assicurando risorse adeguate e crescenti da parte dei Paesi donatori; 3) garantire il funzionamento del quadro operativo e finanziario a sostegno di un impiego efficace delle risorse dell’IDA e la forza finanziaria della stesa, in concorso con le altre strutture del Gruppo della Banca mondiale.

Prima di entrare nella Banca Mondiale, ha lavorato per l’OCSE a Parigi.

Cittadina italiana, si è laureata in Studi africani ed asiatici nell’Università Ca' Foscari di Venezia, ha conseguito un master in relazioni internazionali ed economia alla SAIS della John Hopkins University a Washington, DC ed un dottorato in scienze economiche presso la stessa Università, a Baltimora.

 

 

 



[1]    Sul punto v., più in dettaglio, la scheda di approfondimento a cura del Ministero degli Affari esteri, nella sez. “Altri documenti”.

[2]    Risoluzione dell’Assemblea Generale 55/2.

[3]    UNDP: What will it take to achieve the Millennium Development Goals? An international assessment, giugno 2010.

[4]    V. il documento nella sez. “Altri documenti” del presente dossier.

[5]    Entro il mese di settembre 2010 è prevista la pubblicazione dell’edizione 2010 del  Rapporto dell’MDG Gap Task Force.

[6]    Si veda la sezione dedicata alla Documentazione.

[7]    Ibidem.

[8]    Di particolare rilevanza la risoluzione del 2006 sul ruolo di controllo esercitato dai parlamenti nella realizzazione degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, particolarmente per quello che concerne il problema del debito e la lotta alla povertà e alla corruzione (v. sezione “Documentazione”).

[9]    Audizione del ministro plen. Elisabetta Belloni, direttore generale per la Cooperazione allo sviluppo del Ministero degli affari esteri, presso il Comitato permanente sugli obiettivi di sviluppo del millennio (Commissione esteri della Camera) del 29 luglio 2009.

[10]Modifiche all'articolo 1 del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, e all'articolo 13 della legge 26 febbraio 1987, n. 49, concernenti la gestione dei fondi dell'Amministrazione degli affari esteri per la cooperazione allo sviluppo.

[11]   La Commissione Affari esteri del Senato ha iniziato l’esame del provvedimento della seduta del 21 luglio scorso (A.S. 2272).

[12]   Si veda, in proposito, la delibera del Comitato Interministeriale per la programmazione economica del 6 novembre 2009 Attuazione della raccomandazione OCSE del 25 luglio 2008 sulla estensione degli aiuti ai Paesi poveri fortemente indebitati.

[13]   COM(2010)159 def.

[14]   Si vedano le sedute del 14 e 15 settembre 2010 riportate nella sezione di Documentazione del presente dossier.