Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari esteri
Titolo: Convenzione UNESCO sulla protezione del patrimonio culturale subacqueo A.C. 2411
Riferimenti:
AC N. 2411/XVI     
Serie: Progetti di legge    Numero: 200
Data: 20/07/2009
Descrittori:
FONDALI MARINI   ORGANIZZAZIONE DELLE NAZIONI UNITE PER L' EDUCAZIONE, LA SCIENZA E LA CULTURA ( UNESCO )
RATIFICA DEI TRATTATI   TUTELA DEI BENI CULTURALI E AMBIENTALI
Organi della Camera: III-Affari esteri e comunitari
VII-Cultura, scienza e istruzione
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Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

Convenzione UNESCO sulla protezione del patrimonio culturale subacqueo

A.C. 2411

 

 

 

 

 

 

n. 200

 

 

20 luglio 2009

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Affari esteri

( 066760-4939 / 066760-4172 – * st_affari_esteri@camera.it

 

 

 

 

 

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File: es0263.doc

 


INDICE

 

Scheda di sintesi

Dati identificativi del disegno di legge di ratifica  3

Contenuto della Convenzione  4

Contenuto del disegno di legge di ratifica  8

Normativa di riferimento

§      D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della L. 6 luglio 2002, n. 137 (art. 94)19

§      L. 8 febbraio 2006, n. 61 Istituzione di zone di protezione ecologica oltre il limite esterno del mare territoriale (art. 1)20

§      L. 2 dicembre 1994, n. 689 Ratifica ed esecuzione della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, con allegati e atto finale, fatta a Montego Bay il 10 dicembre 1982, nonché dell'accordo di applicazione della parte XI della convenzione stessa, con allegati, fatto a New York il 29 luglio 1994 (Parte XV – Soluzione delle controversie)21

Documentazione

§      Stato delle ratifiche della Convenzione sulla protezione del patrimonio subacqueo  35

 

 


Scheda di sintesi


Dati identificativi del disegno di legge
di ratifica

Numero del progetto di legge

A.C. 2411

Titolo del progetto di legge

Ratifica ed esecuzione della Convenzione sulla protezione del patrimonio culturale subacqueo, con Allegato, adottata a Parigi il 2 novembre 2001, e norme di adeguamento dell'ordinamento interno

Iniziativa

Governo

Settore di intervento

Trattati e accordi internazionali; beni culturali

Iter al Senato

No

Numero di articoli del ddl di ratifica

12

Date del ddl di ratifica

 

§    Presentazione alla Camera

30 aprile 2009

§    Assegnazione

26 maggio 2009

Commissione competente

Commissioni riunite III (Affari esteri) e VII (Cultura)

Sede

Referente

Pareri previsti

Commissioni: I Affari Costituzionali, II Giustizia (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), IV Difesa, V Bilancio, VIII Ambiente e IX Trasporti

Oneri finanziari

Si

 

 

 


Contenuto della Convenzione

La Convenzione sulla protezione del patrimonio culturale subacqueo è stata adottata a Parigi il 2 novembre 2001 dagli Stati membri dell’UNESCO allo scopo di mettere in grado le Parti di tutelare al meglio il loro patrimonio sommerso. La Convenzione stabilisce uno standard comune per la protezione di tale patrimonio, prevedendo misure di prevenzione contro la possibilità che venga saccheggiato o distrutto. La Convenzione, entrata in vigore il 2 gennaio 2009, si compone di un Preambolo, 35 articoli e un Allegato.

La Convenzione chiarisce innanzitutto (art. 1) che il “patrimonio culturale subacqueo” è costituito da tutte le tracce di esistenza umana che abbiano carattere culturale, storico o archeologico, e che siano (state) parzialmente o totalmente sommerse da almeno cento anni. La definizione di patrimonio culturale subacqueo include dunque siti, strutture, edifici, resti umani, navi affondate e il loro carico, oggetti preistorici. Da tale definizione, viene esplicitato, sono esclusi oleodotti, cavi posizionati sui fondali marini ed altri impianti.

I principi generali della Convenzione sono delineati all’art. 2:

1) l’obbligo per le Parti di preservare il patrimonio culturale subacqueo nell’interesse dell’umanità e di adottare misure conseguenti;

2) la conservazione in situ del patrimonio culturale subacqueo come opzione prioritaria prima di autorizzare o intraprendere qualsiasi intervento su di esso;

3) il divieto di sfruttamento del patrimonio culturale subacqueo a fini commerciali.

Viene inoltre prevista la vigilanza degli Stai membri sul rispetto dei resti umani sommersi.

Gli elementi del patrimonio culturale subacqueo recuperati, vengono messi in deposito e gestiti in modo da garantire la loro conservazione a lungo termine. Come viene specificato all’art. 4, nessuna attività relativa al recupero di tali beni è sottoponibile al salvage law o al diritto dei ritrovamenti, salvo che non vi sia una specifica autorizzazione in tal senso da parte delle autorità competenti.

L’art. 3 precisa che le disposizioni della Convenzione in esame non pregiudicano i diritti, la giurisdizione e i doveri derivanti agli Stati dal diritto internazionale e dalla loro adesione alla Convenzione ONU sul diritto del mare. Essa viene anzi esplicitamente citata all’art. 8 laddove si dice che, in applicazione dell’art. 303, par. 2, della Convezione sul diritto del mare le parti possono autorizzare interventi sul patrimonio culturale subacqueo nella loro zona contigua[1].

L’articolo 303 della Convenzione ONU sul diritto del mare riguarda gli oggetti archeologici e storici scoperti in mare. In particolare, il par. 2 stabilisce che, al fine di controllare il commercio di questi oggetti, lo Stato costiero può presumere che la loro rimozione dal fondo del mare, nella zona contigua, senza la sua autorizzazione, si risolva in una violazione, nell'ambito del suo territorio o del suo mare territoriale, delle leggi e dei regolamenti indicati in tale articolo

Quanto invece alle acque interne, arcipelagiche e al mare territoriale (art. 7) gli Stati hanno il diritto esclusivo di regolamentare e di autorizzare gli interventi sul patrimonio culturale subacqueo immerso in tali aree.

Gli articoli 9 e 10 trattano della gestione del patrimonio culturale subacqueo che giace nella zona economia esclusiva e sulla piattaforma continentale, la cui tutela è a carico dello Stato cui pertengono tali aree.

Gli articoli 11 e 12 riguardano invece il patrimonio culturale subacqueo nell’Area[2], la cui protezione incombe a tutti gli Stati parte, anche conformemente a quanto disposto dall’art. 149 della Convenzione ONU sul diritto del mare[3].

Sia per quanto riguarda i ritrovamenti nella zona esclusiva e nella piattaforma continentale, sia per quelli effettuati nell’Area, la Convenzione stabilisce un regime di cooperazione internazionale che comprende la reciproca informazione, la consultazione e il coordinamento nell’attuazione delle misure. Da questa procedura informativa sono escluse le navi da guerra e altre navi governative o aeromobili militari che godono di un’immunità sovrana impegnati in attività non commerciali e non dirette al patrimonio culturale subacqueo (art. 13).

Gli Stati parte impongono sanzioni per colpire le violazioni delle misure adottate in attuazione della Convenzione; le sanzioni dovranno essere, in base all’art. 17, rigorose al punto di garantire l’osservanza della Convenzione e di scoraggiare le trasgressioni.

Le Parti devono adottare provvedimenti per poter procedere, sul proprio territorio, alla confisca dei beni recuperati in modo non conforme al dettato della Convenzione (art. 18).

L’articolo 19 prevede la cooperazione internazionale nelle operazioni di protezione del patrimonio culturale subacqueo, con riguardo ai settori dello studio, della ricerca e della conservazione, mentre l’art. 20 prevede un’attività divulgativa al fine di promuovere l’attenzione del pubblico sull’importanza del patrimonio culturale subacqueo. L'articolo 21 è dedicato invece alla formazione in archeologia subacquea e alle tecniche di conservazione del patrimonio culturale subacqueo.

L'articolo 22 prevede l’istituzione (o il rafforzamento) di Autorità nazionali competenti per la protezione del patrimonio culturale subacqueo, responsabili della sua inventariazione, dell'effettiva protezione, della conservazione e della sua valorizzazione. L’articolo 8 del ddl di autorizzazione alla ratifica della presente Convenzione (v. infra) stabilisce che per l’Italia tali compiti saranno affidati al Ministero per i beni e le attività culturali, e che per le navi di Stato o da guerra, le operazioni saranno condotte in cooperazione con il Ministero della difesa.

La Conferenza delle Parti, alla cui convocazione provvede il Direttore generale dell’UNESCO, si riunisce per la prima volta l’anno successivo all’entrata in vigore della Convenzione, e poi in seguito con cadenza biennale (art. 23). La Conferenza delle Parti può istituire un Consiglio consultivo scientifico e tecnico composto di esperti nominati dagli Stati parte la cui composizione tenga conto  della loro provenienza geografica e dell’equilibrio fra i sessi. Il Consiglio consultivo assiste la Conferenza delle Parti nelle questioni di natura scientifica o tecnica che riguardano l’attuazione delle Regole (v. infra).

La prima Conferenza delle Parti si è tenuta a Parigi il 26 e 27 marzo 2009 (la Convenzione era entrata in vigore, come si è detto, il 2 gennaio 2009). I 19 Paesi che a quella data avevano ratificato la Convenzione da più di tre mesi, hanno adottato il proprio regolamento interno ed hanno istituito il Comitato consultivo, adottandone lo statuto.

La prossima riunione delle Parti è prevista per il prossimo mese di dicembre.

Il Segretariato della Convenzione è assicurato dal Direttore generale dell’UNESCO (art. 24).

La soluzione di eventuali controversie (art. 25) relative all’interpretazione o all’applicazione della Convenzione è in prima battuta affidata a negoziati tra le Parti e, in caso di fallimento di questi, alla mediazione dell’UNESCO.

Se la mediazione non conduce ad esiti favorevoli, o se non è stata intrapresa, vengono applicate mutatis mutandis le disposizioni contenute nella Parte XV della Convenzione ONU sul diritto del mare[4] (Tribunale internazionale sul diritto del mare, Corte internazionale di giustizia o tribunale arbitrale, a scelta di ciascun Paese), anche se gli Stati che sono parti nella controversia non sono Parte della Convenzione sul diritto del mare.

In base all’art. 26, gli Stati membri dell’UNESCO possono ratificare, accettare o approvare la Convenzione, mentre gli Stati non membri dell’UNESCO possono aderire, così come alcuni territori che godono di una completa autonomia interna, riconosciuta dall’ONU.

L’art. 28 prevede che gli Stati possano dichiarare che le Regole si applicano anche alle sue acque interne di carattere non marittimo oppure che la Convenzione non è applicabile a determinate parti del suo territorio (art. 29). Tale limitazione è l’unica riserva apponibile alla Convenzione (art. 30).

L’art. 31 descrive la procedura per l’adozione degli emendamenti al testo della Convenzione, mentre l’art. 32 contiene la clausola relativa alla denuncia.

 L'articolo 33 prevede che le Regole allegate alla Convenzione siano parte integrante della stessa.

 

L’Allegato alla Convenzione contiene appunto 36 Regole, costituite da disposizioni pratiche molto dettagliate riguardanti le attività dirette alla tutela del patrimonio culturale subacqueo. Tali regole, largamente riconosciute e applicate, sono diventate, negli anni, un punto di riferimento nel campo degli scavi e dell’archeologia subacquea, e il loro inserimento nella Convenzione viene ritenuto una grande acquisizione.

Esse includono:

·            regole relative alla costruzione di un progetto;

·            linee guida riguardanti la competenza e la qualificazione richiesta alle persone che dovranno operare gli interventi sui beni culturali subacquei;

·            metodologie sulla conservazione e la gestione dei siti.

 

 

 

 

Contenuto del disegno di legge di ratifica

Il disegno di legge in esame si compone di 12 articoli.

 

Gli articoli 1 e 2 contengono, rispettivamente, l’autorizzazione alla ratifica e l’ordine di esecuzione della Convenzione sulla protezione del patrimonio culturale subacqueo, con Allegato, fatta a Parigi il 2 novembre 2001.

 

L’articolo 3 prevede il caso nel quale la zona compresa tra le 12 e le 24 miglia nautiche (12 miglia marine a partire  dal limite esterno del mare territoriale, come indicato all’art. 94 del Dlgs n. 42/2004)  si sovrappone con analoga zona di un altro Stato e non sia ancora intervenuto un accordo di delimitazione.  In questo caso, l’articolo 3 in esame prevede che le competenze dello Stato italiano non si estendono oltre la linea mediana  come definita all’art. 1, co. 3, della legge n. 61/2006.

 

L’art. 94 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n 42, Codice dei beni culturali e del paesaggio, ha reso già applicabili, nelle more dell’approvazione della legge di ratifica, i principi della Convenzione UNESCO sulla protezione del patrimonio culturale subacqueo, adottata a Parigi il 2 novembre 2001.

In base alla norma, gli oggetti archeologici e storici rinvenuti nei fondali della zona di mare estesa dodici miglia marine a partire dal limite esterno del mare territoriale (c.d. “zona contigua”) sono tutelati ai sensi delle “regole relative agli interventi sul patrimonio culturale subacqueo”, allegate alla Convenzione.

 

Si ricorda che la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982, ratificata con l. 2 dicembre 1994, n. 689, ha stabilito che:

-           la sovranità di uno Stato costiero si estende, al di là del suo territorio e delle sue acque interne, a una fascia adiacente di mare, denominata mare territoriale (art. 2);

-           ogni Stato ha diritto di fissare la larghezza del proprio mare territoriale fino a un limite massimo di 12 miglia marine, misurate a partire dalle linee di base (art. 3)[5];

-           la zona contigua al mare territoriale di uno Stato costiero, denominata “zona contigua”, non può estendersi oltre 24 miglia marine dalla linea di base da cui si misura la larghezza del mare territoriale (art. 33).

 

L’art. 1 della l. 8 febbraio 2006, n. 61, istituisce una zona di protezione ecologica oltre il limite esterno del mare territoriale italiano. La zona si estende fino al limite derivante da accordi bilaterali da stipularsi con gli Stati interessati. Nelle more dell’entrata in vigore degli accordi, i limiti esterni della zona sono determinati dalla linea mediana, determinata dalla congiunzione dei punti equidistanti dalle linee di base dei mari territoriali di ciascuno dei due Stati interessati.

 

In base all’articolo 4, la disciplina dei ritrovamenti nelle zone di protezione ecologica, oltre le 24 miglia nautiche e fino al loro limite esterno, coincide con quella dei ritrovamenti nella zona economica esclusiva e sulla piattaforma continentale contenuta negli articoli 9 e 10 della Convenzione, cui viene fatto rinvio.

Come appena ricordato, l’istituzione di zone di protezione ecologica è disciplinata dalla citata legge  8 febbraio 2006, n. 61 (v. supra).

 

L’articolo 5 contiene norme dettagliate riguardanti le denunce di ritrovamento e le richieste di autorizzazione.

Il comma 1 ribadisce che, come stabilito dall’art. 9, par. 1, lettera (a) e dall’art. 10, par. 2 della Convenzione, i ritrovamenti effettuati nelle zone di protezione ecologica o sulla piattaforma continentale italiane debbono essere dichiarate all’Autorità marittima entro tre giorni.

Prima di qualunque intervento sul patrimonio culturale, chiunque intenda impegnarsi in tal senso deve presentare all’Autorità marittima una descrizione del progetto, conformemente alle Regole 9 e 10 allegate alla Convenzione. Il comma 2 prevede che l’autorizzazione all’intervento, come richiesta dall’articolo 10 della Convenzione, sia rilasciata dal Ministero per i beni e le attività culturali cui l’Autorità marittima trasmette le denunce e le richieste di autorizzazione. Anche il ministero degli esteri deve essere informato.

Quando i ritrovamenti sono effettuati nella zona economica esclusiva o sulla piattaforma continentale di un altro Stato parte della Convenzione, la denuncia deve essere fatta alla competente Autorità consolare italiana; analoga procedura vale per chiunque intenda impegnarsi in ritrovamenti in dette zone (comma 3). L’Autorità consolare trasmette le denunce e le richieste di autorizzazione all’intervento all’Autorità competente dello Stato nella cui zona economica esclusiva o sulla cui piattaforma continentale giace il patrimonio culturale in questione (comma 4), nonché al Ministero degli esteri italiano.

Il comma 5 specifica che quando la piattaforma continentale italiana coincide (almeno in parte) con quella di un altro Stato, se non è ancora stato fatto un accordo di delimitazione, la denuncia all’autorità marittima più vicina entro tre giorni dal ritrovamento (o la richiesta di autorizzazione) deve essere fatta solo se il ritrovamento è localizzato entro la linea mediana di cui sopra (v. art. 3); parimenti, la denuncia di ritrovamento all’autorità consolare (o la richiesta di autorizzazione) deve essere fatta solo se il ritrovamento è localizzato oltre la stessa linea mediana.

Nel caso in cui il ritrovamento avvenga da parte di una nave militare italiana, il comma 6 prevede che le informazioni alle autorità competenti siano da effettuarsi nel rispetto di non compromettere le operazioni affidate alla nave stessa.

Conformemente a quanto stabilito dall’art. 9, par. 3, della Convenzione, il Ministero degli esteri notifica al Direttore generale dell’UNESCO le scoperte o gli interventi sul patrimonio culturale subacqueo, in base alle informazioni ricevute dalle Autorità marittime e dalle Autorità consolari (comma 7).

Il comma 8 attribuisce al Ministero degli esteri il compito di procedere alle consultazioni (previste dall’art. 10, par. 3, della Convenzione)  con tutti gli Stati parte della Convenzione che, per motivi di legame culturale, storico o archeologico, hanno manifestato interesse a proteggere il patrimonio culturale subacqueo nella zona economica esclusiva e sulla piattaforma continentale.

 

In base all’articolo 6, comma 1, che a sua volta richiama l’art. 11, par. 1 della Convenzione, i ritrovamenti nell’Area internazionale dei fondi marini e nel relativo sottosuolo, o l’impegno a procedere ad interventi su tale patrimonio, devono essere denunciati al Ministero degli affari esteri. Il MAE trasmetterà poi tale denuncia al Ministero per i beni e le attività culturali, nonché al Ministero della difesa se il bene in questione è una nave di Stato o da guerra.

Anche in questo caso, (comma 2), il rappresentante dell’Italia nelle consultazioni con gli Stati parte interessati ad assicurare la protezione del patrimonio culturale considerato, è il Ministero degli esteri.

 

L’articolo 7 prescrive la notifica da parte del Ministero degli esteri al Direttore generale dell’UNESCO del patrimonio culturale subacqueo confiscato in quanto recuperato in modo non conforme alla Convenzione, così come prescritto dall’art. 18 della Convenzione medesima.

 

L’articolo 8 assegna al Ministero per i beni e le attività culturali il ruolo di autorità competente per le operazioni di inventariazione, protezione, conservazione e gestione del patrimonio culturale subacqueo, in ottemperanza dell’art. 22 della Convenzione.

 

L’articolo 9 prevede, in aggiunta a quanto già disposto dalle Regole 10, 26 e 27, che la descrizione del progetto di intervento sul patrimonio culturale subacqueo e il programma di documentazione rechino anche l’indicazione delle coordinate geografiche del sito, con la sua possibile estensione, o il luogo dove il rinvenimento è stato effettuato.

 

L’articolo 10 è dedicato alle sanzioni.

Il comma 1 punisce con l’arresto fino ad un anno e con un’ammenda che va da 310 a 3.099 euro tutti coloro che non denuncino entro tre giorni l’avvenuto ritrovamento di beni culturali subacquei nelle zone di protezione ecologica o sulla piattaforma continentale italiana all’Autorità marittima più vicina.

Il comma 2 prevede la medesima punizione per il cittadino italiano o il comandante di una nave battente bandiera italiana che non denuncino all’Autorità consolare italiana e al Ministero degli Affari esteri il ritrovamento di beni ascrivibili al patrimonio culturale subacqueo situati: nella zona economica esclusiva; o sulla piattaforma continentale di un altro Stato parte della Convenzione; o nell’Area internazionale di fondi marini o nel relativo sottosuolo.

Identica sanzione (arresto fino a un anno e ammenda da 310 a 3.099 euro) è prevista dal comma 3 per il cittadino italiano o il comandante di una nave battente bandiera italiana che, non avendo presentato denuncia preventiva all’Autorità consolare italiana o al Ministero degli Affari esteri, effettuino un intervento su beni del patrimonio culturale subacqueo situati: nella zona economica esclusiva; o sulla piattaforma continentale di un altro Stato parte della Convenzione; o nell’Area internazionale di fondi marini o nel relativo sottosuolo.

La medesima sanzione è prevista al comma 4 per coloro i quali effettuino interventi su beni culturali subacquei collocati nelle zone di protezione ecologica o sulla piattaforma continentale italiana senza avere preventivamente ottenuto l’autorizzazione del Ministero per i beni e le attività culturali.

Anche coloro che operino interventi sul patrimonio culturale subacqueo situato nella zona economica esclusiva o sulla piattaforma continentale di un altro Stato parte della Convenzione o nell’Area internazionale dei fondi marini o nel relativo sottosuolo, avendo chiesto l’autorizzazione ma prima di averla ottenuta, sono punibili con l’arresto fino ad un anno e con un’ammenda che va da 310 a 3.099 euro (comma 5).

Chiunque invece, in base al comma 6, introduca o commerci beni del patrimonio culturale subacqueo recuperati senza autorizzazione, è punito con l’arresto fino a due anni e un’ammenda da 50 a 500 euro.

 

Infine, il comma 7dell’articolo 10 stabilisce che restano ferme, laddove applicabili, le sanzioni sia amministrative che penali previste dal D.Lgs. n. 42 del 2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio).

 

Le sanzioni previste dal D.Lgs. n. 42 del 2004 sono disciplinate nella parte quarta (articoli 160-181) che consta di due titoli, concernenti, rispettivamente, le sanzioni amministrative (artt. 160-168) e quelle penali (artt. 169-181).

Di seguito, viene data illustrazione in breve delle sanzioni riferite alla violazione delle disposizioni a tutela dei beni culturali (parte seconda del Codice).

 

§         Sanzioni amministrative

 

Il capo I del titolo I (articoli da 160 a 166) riguarda le sanzioni amministrative volte ad assicurare il rispetto delle prescrizioni contenute nel Codice riferite alla tutela dei beni culturali.

Nello specifico, l'articolo 160 disciplina l'ordine di reintegrazione che il ministero impartisce al responsabile di violazioni degli obblighi di protezione e conservazione stabiliti dalle disposizioni del Codice, nel caso che esse abbiano determinato un danno al bene culturale.

Il successivo articolo 161 estende, poi, l'applicazione delle misure previste dal citato articolo 160 anche nei confronti di chi cagiona un danno alle cose, aventi la qualità di beni culturali, ritrovate nel sottosuolo o sui fondali marini (v. art. 91[6] del codice), trasgredendo agli obblighi indicati all'art. 89 («Concessione di ricerca») e, in particolare, all'art. 90[7] («Scoperte fortuite»).

L'articolo 162 è posto, invece, a presidio delle disposizioni dettate dall'art. 49 del codice, che vieta, salva autorizzazione del soprintendente, il collocamento o l'affissione di cartelloni pubblicitari sugli edifici e nelle aree tutelati come beni culturali.

Il successivo articolo 163 è relativo alla perdita di beni culturali esanziona la violazione degli obblighi stabiliti dalle disposizioni previste nella sezione I del capo IV e nella sezione I del capo V.

In base all'articolo 164 (Violazioni in atti giuridici), le alienazioni, le convenzioni e gli atti giuridici in genere compiuti contro i divieti stabiliti dalle disposizioni del titolo I della parte seconda del codice, o senza l'osservanza delle condizioni e modalità da esse prescritte, sono nulli. Il comma 2 della stessa disposizione fa salva, poi, la facoltà del ministero per i Beni e le attività culturali di esercitare la prelazione ai sensi dell'articolo 61, comma 2, il quale prescrive che, nel caso in cui la denuncia di trasferimento sia stata omessa o presentata tardivamente oppure risulti incompleta, la prelazione è esercitata nel termine di 180 giorni dal momento in cui il ministero ha ricevuto la denuncia tardiva o ha comunque acquisito tutti gli elementi costitutivi della stessa.

La violazione di disposizioni sulla circolazione internazionale è, invece, punita dall’articolo 165 con la sanzione amministrativa del pagamento di un’ammenda. La sanzione riguarda chiunque - senza potersi considerare colpevole in concorso del reato di uscita o esportazione illecita (previsto e punito dall'art. 174 del codice) - trasferisce all'estero beni culturali, in violazione delle disposizioni di cui alle sezioni I e II del capo V del titolo I della parte seconda.

L'articolo 166 punisce, poi, l'omessa restituzione di documenti per l'esportazione.

 

§         Sanzioni penali

 

Il capo I del titolo II (articoli da 169 a 180) contempla le sanzioni penali in relazione ai beni culturali.

I reati previsti e sanzionati possono essere riuniti in tre categorie generali:

 

a)       reati che tutelano i beni culturali[8] (articoli da 169 a 172)

 

L'articolo 169 del codice (Opere illecite) punisce:

§       chiunque senza autorizzazione demolisce, rimuove, modifica, restaura o esegue opere di qualunque genere sui beni culturali;

§       chiunque, senza autorizzazione, procede al distacco di affreschi, stemmi, graffiti, iscrizioni, tabernacoli e altri ornamenti di edifici, esposti o non alla pubblica vista, e anche se non vi sia stata la dichiarazione di interesse culturale, di cui all'articolo 13;

§       chiunque esegue lavori di assoluta urgenza, volti a impedire danni notevoli ai beni, senza dare immediata comunicazione alla Soprintendenza ovvero senza inviare i progetti dei lavori definitivi per l'autorizzazione;

§       chiunque non osserva l'ordine di sospensione lavori impartito dal soprintendente.

 

I successivi articoli 170 e 171 sanzionano talune forme di utilizzo del bene incompatibili con la sua natura. Nello specifico l'articolo 170 (Uso illecito) punisce «chiunque destina i beni culturali ad uso incompatibile con il loro carattere storico o artistico o pregiudizievole per la loro conservazione o integrità». L'articolo 171 (Collocazione e rimozione illecita) punisce chiunque omette di fissare al luogo di loro destinazione, nel modo indicato dal soprintendente, beni culturali di proprietà pubblica o di persone giuridiche private non aventi fini di lucro, ovvero chi omette di dare notizia dello spostamento di beni culturali, dipendente dal mutamento di dimora, ovvero non osserva le prescrizioni date per evitare che i beni subiscano danno nel trasporto.

Infine, l'articolo 172 (Inosservanza delle prescrizioni di tutela indiretta) prevede come reato la mancata osservanza delle prescrizioni date dal Ministero, ai sensi dell'art. 45, c. 1, in tema di tutela indiretta del bene culturale, distanze, misure e altre regole volte a evitare che sia pregiudicata l'integrità del bene, ne sia danneggiata la prospettiva o la luce, ovvero ne siano alterate le condizioni di ambiente e decoro.

 

b)      reati che tutelano il patrimonio culturale nazionale (articoli da 173 a 177)

 

L'articolo 173 punisce con la reclusione fino a un anno e con il pagamento di una multa le violazioni delle disposizioni esistenti in materia di alienazione.

L'articolo 174 punisce l'illecita uscita o esportazione (trasferimento all'estero) di beni culturali, senza attestato di libera circolazione o licenza di esportazione, ovvero il mancato rientro dei beni di cui sia stata autorizzata l'uscita, alla scadenza del termine previsto. Si tratta, nel caso di specie, di delitto, punito con la pena della reclusione da uno a quattro anni o con la multa da 258 a 5.165 euro.

L'articolo 175 (Violazioni in materia di ricerche archeologiche) punisce con l'arresto fino a un anno e l'ammenda da 310 a 3.099 euro:

a) chiunque esegue ricerche archeologiche ovvero opere per il ritrovamento di beni culturali senza concessione o non osserva le prescrizioni imposte;

b) ovvero ancora chi non denuncia nel termine prescritto le cose rinvenute fortuitamente ovvero non provvede alla loro custodia temporanea. Il reato di omessa denuncia ha carattere omissivo permanente (Cassazione penale, sezione III, 17 giugno 1997 n. 5732). Sempre per la Cassazione (sezione III, 5 ottobre 1994 n. 10401) devono considerarsi ritrovamenti per ricerca solo quelli su concessione espressamente finalizzata al ritrovamento di cose di interesse archeologico, mentre devono considerarsi rinvenimenti fortuiti tutti quelli che avvengono fuori di un programma di scavi archeologici.

 

Il successivo articolo 176 punisce, invece, con la reclusione fino a tre anni e con la multa da 31 a 516, 50 euro, l’impossessamento illecito di beni culturali appartenenti allo Stato. È prevista una aggravante speciale (reclusione da uno a sei anni e multa da 103 a 1.033 euro) se il fatto è commesso da chi abbia ottenuto concessione di ricerca.

L’articolo 177 stabilisce riduzioni di pena per i reati previsti dagli articoli 174 e 176 del Codice in favore di chi collabora al recupero dei beni illecitamente sottratti o trasferiti all'estero.

 

 

c)       reati che tutelano la genuinità dell'opera d'arte (articoli 178 e 179).

 

L'articolo 178 prevede la pena della reclusione da tre mesi a quattro anni e la multa da 103 a 3.099 euro (con aggravante se il reato è commesso da chi esercita attività commerciale e interdizione dalla professione) per la contraffazione di opere d’arte, mentre l'articolo 179 del codice dei beni culturaliprevede la non punibilità a titolo di contraffazione di opere d’arte allorché le copie di opere di pittura, di scultura o di grafica, ovvero copie od imitazioni di oggetti di antichità o di interesse storico od archeologico siano «dichiarate espressamente non autentiche all'atto della esposizione o della vendita».

 

L’articolo 11 quantifica la spesa per l’attuazione della legge in 13.455 euro annui a decorrere dal 2009 per ciascuno dei bienni successivi cui si provvederà mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio 2009-2011 nell’ambito dei programma fondi di riserva e speciali della missione “Fondi da ripartire” dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze.

 

La Relazione tecnica allegata al disegno di legge in esame riconduce l’onere dell’attuazione del provvedimento alla partecipazione alla Conferenza degli Stati Parte che si riunirà almeno una volta ogni due anni a Parigi, sede dell’UNESCO  (6.330 euro ogni due anni) e alla riunione degli esperti del Consiglio tecnico, nell’ipotesi che questo si riunisca in concomitanza con la conferenza delle Parti (7.125 euro ad anni alterni).

 

Il provvedimento è corredato di un’analisi dell’impatto della regolamentazione (AIR) e di un’analisi tecnico-normativa (ATN) chefornisce un’ampia e dettagliata analisi del quadro normativo nel quale il provvedimento s’inserisce senza problemi di incompatibilità alcuna.

 

 

L’articolo 12 dispone l’entrata in vigore della legge per il giorno successivo a quella della sua pubblicazione in G.U.

 

 

 

 




[1]    L’articolo 33 della Convenzione sul diritto del mare stabilisce che la zona contigua non può estendersi oltre 24 miglia marine dalla linea di base da cui si misura la larghezza del mare territoriale.

[2]    per «Area» si intendono i fondi marini ed il relativo sottosuolo, al di là dei limiti della giurisdizione nazionale (art. 1, par. 5 della Convenzione).

[3]    L’articolo 149 (Reperti archeologici e storici) della Convenzione sul diritto del mare stabilisce che tutti i reperti di natura archeologica e storica rinvenuti nell'Area vanno conservati o ceduti nell'interesse di tutta l'umanità, tenendo in particolare conto i diritti preferenziali dello Stato o della regione d'origine, o dello Stato cui per origini culturali si riferiscono, o dello Stato di origine storica e archeologica.

 

[4]    V. sezione del presente dossier contenente i riferimenti normativi.

[5]    A norma dell’art. 5 della Convenzione sul diritto del mare, la linea di base normale dalla quale si misura la larghezza del mare territoriale è la linea di bassa marea lungo la costa, come indicata sulle carte nautiche a grande scala ufficialmente riconosciute dallo Stato costiero.

[6]    L’articolo 91 del Codice stabilisce che i beni culturali da chiunque e in qualunque modo ritrovati nel sottosuolo o sui fondali marini appartengono allo Stato.

[7]    Al riguardo, si ricorda che ai sensi del citato articolo 90 chiunque scopre fortuitamente cose immobili o mobili deve farne denuncia entro ventiquattro ore al soprintendente o al sindaco ovvero all'autorità di pubblica sicurezza e deve provvedere alla conservazione temporanea di esse, lasciandole nelle condizioni e nel luogo in cui sono state rinvenute. Ove si tratti di cose mobili delle quali non si possa altrimenti assicurare la custodia, lo scopritore ha facoltà di rimuoverle per meglio garantirne la sicurezza e la conservazione sino alla visita dell'autorità competente e, ove occorra, di chiedere l'ausilio della forza pubblica. Agli obblighi di conservazione e custodia è soggetto ogni detentore di cose scoperte fortuitamente. Le spese sostenute per la custodia e rimozione sono rimborsate dal Ministero.

[8]    Puniti con l’arresto da sei mesi ad un anno e il pagamento di un’ammenda.