Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento difesa
Altri Autori: Servizio Studi - Dipartimento affari esteri
Titolo: La missione ISAF in Afghanistan - Estratto con aggiornamenti dal quaderno Nuovi profili della partecipazione italiana alle missioni militari internazionali
Serie: Documentazione e ricerche    Numero: 156
Data: 29/07/2010
Descrittori:
AFGHANISTAN   FORZE ARMATE
MISSIONI INTERNAZIONALI DI PACE   ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI MILITARI
Organi della Camera: III-Affari esteri e comunitari
IV-Difesa


Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 


 


 

Documentazione e ricerche

 

 

 

La missione ISAF in Afghanistan

Estratto con aggiornamenti dal quaderno Nuovi profili della partecipazione italiana alle missioni militari internazionali

 

 

 

 

n. 156

 

 

29 luglio 2010

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Difesa

( 066760-4172 – * st_difesa@camera.it

Hanno partecipato alla redazione del dossier i seguenti Servizi e Uffici:

 

Servizio Studi – Dipartimento Esteri

( 066760-4172 – * st_affari_esteri@camera.it

 

 

Il presente dossier è stato redatto in occasione delle comunicazioni del 29 luglio 2010 del Ministro della difesa, on. Ignazio La Russa, alla Camera sulla morte di due militari italiani nei pressi di Herat, in Afghanistan, il 28 luglio 2010.

 

 

I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

File: DI0254.doc

 

 

 


Missione ISAF

Missione NATO di assistenza al Governo afghano per l’estensione della sua autorità ed influenza nel Paese

Partecipazione italiana dal10 gennaio 2002

Operazioni condotte da Organizzazioni internazionali                                      NATO

Operazione di imposizione della pace (peace-enforcing)

 

L’11 settembre 2001

Dopo gli attentati terroristici dell’11 settembre 2001 che colpirono gli Stati Uniti, fu avviata l’operazione Enduring Freedom (Libertà duratura), in Afghanistan, con l'obiettivo di combattere il terrorismo internazionale ed i regimi nazionali che lo sostengono.

Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, il giorno successivo agli eventi, adottò la risoluzione n. 1368, nel cui preambolo si riconosceva il diritto di legittima difesa individuale e collettiva degli Stati Uniti. Va aggiunto che il paragrafo 1 definiva gli attacchi terroristici “una minaccia alla pace” e nel paragrafo 5 si affermava che il Consiglio era “pronto ad adottare tutte le misure necessarie per rispondere agli attacchi terroristici”.

Lo stesso 12 settembre 2001, il Consiglio atlantico adottò una determinazione nella quale si affermava che, qualora fosse stato accertata l’origine esterna degli attacchi terroristici, avrebbe trovato applicazione l’articolo 5 del Trattato NATO, ai sensi del quale un attacco armato contro un membro dell’Alleanza deve essere considerato come un attacco contro tutti i membri dell’Alleanza stessa. Il Consiglio ha riconosciuto, il successivo 3 ottobre, per la prima volta nella storia dell'Alleanza, l’esistenza delle condizioni per l'applicazione dell’articolo 5 del Trattato.

Una coalizione di Stati a guida statunitense, di cui favevano parte sia Paesi dell'Alleanza Atlantica che Paesi non facenti parte della NATO, ha quindi autonomamente avviato l’operazione Enduring Freedom contro obiettivi militari e basi terroristiche in territorio afgano, con l’obiettivo, in particolare, di colpire le cellule dell’organizzazione terroristica Al Qaeda presenti nel Paese.

Le operazioni militari, iniziate il 7 ottobre con una serie di attacchi aerei contro obiettivi militari e basi terroristiche in territorio afgano, sono proseguite nei due mesi successivi provocando la caduta del regime talebano e la costituzione, a seguito della Conferenza di Bonn del 5 dicembre, svoltasi sotto il patrocinio dell'ONU, di un governo ad interim, con il compito di governare il paese per i primi sei mesi del 2002.

L’Italia ha partecipato all’operazione dal 18 novembre 2001 con compiti di sorveglianza, interdizione marittima, nonché di monitoraggio di eventuali traffici illeciti. La partecipazione italiana alla missione si è conclusa il 3 dicembre 2006.

L’operazione Enduring Freedom ha progressivamente sviluppato una diversa configurazione e si è proposta di realizzare la definitiva pacificazione e stabilizzazione del Paese, oltre che con lo svolgimento di attività militari di contrasto degli insorti e delle formazioni terroriste, anche attraverso un supporto alle operazioni umanitarie.

La missione ISAF

A tale fine è stata costituita la missione ISAF (International Security Assistance Force), a seguito della risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'ONU n. 1386 del 20 dicembre 2001 che, come previsto dall'Accordo di Bonn, ha autorizzato la predisposizione di una forza di intervento internazionale con il compito di garantire, nell'area di Kabul, un ambiente sicuro a tutela dell'Autorità provvisoria afghana, guidata da Hamid Karzai, che si è insediata il 22 dicembre 2001 e del personale delle Nazioni Unite presente nel Paese.

La missione è iniziata nel gennaio 2002 ed è stata inizialmente svolta dai contingenti di 19 Paesi sotto la guida inglese.

Il 13 giugno 2002 la Loya Jirga (l'Assemblea tradizionale) ha eletto il premier Hamid Karzai alla guida del governo per un periodo di due anni, fino allo svolgimento delle elezioni generali, che si sono tenute il 9 ottobre 2004 e che hanno confermato presidente Karzai.

Successivamente il vertice NATO di Praga del novembre 2002, ha approvato un nuovo concetto militare che stabilisce un approccio globale per la difesa contro il terrorismo e consente alle forze dell’Alleanza di intervenire ovunque i suoi interessi lo richiedano (quindi anche fuori dall’area dei Paesi membri). Anche a seguito di tali determinazioni, il 16 aprile 2003 il Consiglio Nord Atlantico (NAC) ha deciso l'assunzione, da parte della NATO, del comando, del coordinamento e della pianificazione dell’operazione ISAF, senza modificarne nome, bandiera e compiti. La decisione è stata resa operativa l'11 agosto 2003, con l'assunzione della guida della prima missione militare extraeuropea dell'Alleanza Atlantica.

La risoluzione ONU n. 1510 del 13 ottobre 2003, oltre a prevedere l’ulteriore proroga del mandato di ISAF, ha, altresì, autorizzato l'espansione delle attività della missione anche al di fuori dell'area di Kabul.

La guida politica dell’operazione è esercitata dal NAC, in stretto coordinamento con i Paesi non NATO che contribuiscono all’operazione. Secondo il memorandum sottoscritto fra i Paesi partecipanti e l'Autorità provvisoria afghana il 4 gennaio 2002, mentre le “Coalition Forces, sono quegli elementi militari nazionali della Coalizione guidati dagli Stati Uniti che conducono la guerra al terrorismo in Afghanistan […] ISAF non è parte delle Forze della Coalizione" e rimane pertanto distinta da Enduring Freedom, mantenendo le due missioni differenti mandati e rispondendo a catene di Comando differenti, l'una facente capo al Comando Supremo Alleato della NATO ed al Consiglio Atlantico, l'altra al Central Command statunitense di Tampa (Florida). Le due missioni rimangono però in costante coordinamento operativo, attraverso il Deputy Chief of Staff Operations di ISAF, statunitense, responsabile del raccordo con le Forze di Enduring Freedom.

Lo svolgimento della missione ISAF è articolato in cinque fasi:

Ø      la prima fase ha riguardato l’attività di analisi e preparazione;

Ø      la seconda fase ha avuto l’obiettivo di realizzare l’espansione sull’intero territorio afgano, in 4 distinti stages che hanno riguardato in senso antiorario le aree Nord, Ovest, Sud e d Est;

Ø      la terza fase è volta a realizzare la stabilizzazione del Paese;

Ø      la quarta fase riguarda il periodo di transizione;

Ø      la quinta fase prevede il rischieramento dei contingenti.

I quattro stages della seconda fase sono stati realizzati progressivamente con la sostituzione degli Stati Uniti, da parte della NATO, nella guida delle operazioni di stabilizzazione nelle diverse aree del Paese. La fase di espansione è stata completata nell’ottobre 2006 con l’assunzione del controllo ISAF anche sulla regione orientale del paese.

La fase dell’espansione è stata realizzata attraverso la costituzione in ogni area di una FSB (Forward Support Base), ovvero una installazione militare aeroportuale avanzata necessaria innanzitutto per fornire supporto operativo e logistico ai PRT (Provincial Reconstruction Team) presenti nella stessa regione. In alcune regioni (tra le quali Herat) i PRT erano già stati istituiti nell’ambito dell’operazione Enduring Freedom.

Il PRT è una struttura mista composta da unità militari e civili con il compito di assicurare il supporto alle attività di ricostruzione condotte dalle organizzazioni nazionali ed internazionali operanti nella regione. Ogni PRT é strutturato in base al rischio, alla posizione geografica ed alle condizioni socio economiche della regione in cui opera.

Fin dall’inizio della missione, ISAF, accanto alle attività militari, ha svolto il compito di assicurare la fornitura di beni di necessità alla popolazione e promuovere la ricostruzione delle principali infrastrutture economiche; a tal fine, la missione intrattiene relazioni con numerose organizzazioni internazionali e non-governative e collabora in modo stretto con l’Assistance Mission delle Nazioni Unite in Afghanistan (UNAMA).

La missione ISAF è stata da ultimo prorogata con la risoluzione del Consiglio di sicurezza n. 1890/2009 fino al 13 ottobre 2010.

L’operazione ISAF si configura quindi come operazione di peace enforcing.

La missione ISAF si trova attualmente nella sua terza fase: quella di stabilizzazione. L’attività di stabilizzazione ha incontrato crescenti difficoltà per l’insorgenza “talebana” contro la presenza internazionale che è andata col tempo notevolmente rafforzandosi.

Le origini dell’insorgenza possono essere fatte in realtà risalire già al 2002, pochi mesi dopo, quindi, la caduta del regime talebano in Afghanistan ad opera della coalizione internazionale guidata dagli USA e dell’Alleanza del Nord afghana, composta prevalentemente da elementi tagiki e uzbeki (merita ricordare che tuttavia Hamid Karzai, da subito individuato come leader del nuovo Afghanistan è invece un pashtun). Infatti, fin dall’aprile del 2002, si iniziarono a registrare attacchi, in particolare nelle zone di Kandahar, Khowst, Jalalabad, Kabul ad opera di talebani, di forze del movimento Hezb-I-Islami del signore della guerra Gulbuddin Hekmatyar (già protagonista delle vicende afghane negli anni Novanta del Novecento, successivamente alla caduta del regime filosovietico del presidente Najibullah) e di elementi jihadisti stranieri riconducibili ad Al Qaeda. Dal 2004 le forze della coalizione hanno potuto registrare un aumento delle capacità della guerriglia in termini di penetrazione nel territorio, testimoniato anche dal passaggio all’impiego di unità di combattimento più piccole, di meno di dieci elementi, capaci di creare maggiori difficoltà alla coalizione[1]. Nello stesso periodo l’insorgenza ha potuto trovare sostegno oltre la frontiera con il Pakistan, nelle zone tribali delle province nord-occidentali di quel paese. L’insorgenza si è ulteriormente intensificata nel corso del 2008 e del 2009 in modo particolare nel Sud e nell’Est del paese.

 

Il deterioramento della situazione è testimoniato dall’incremento di vittime civili, provocate non solo delle forze dell’insorgenza ma anche dagli errori delle forze governative afghane e di quelle di ISAF e di Enduring Freedom. Dal gennaio all’agosto 2008, secondo fonti dell’Alto commissariato ONU per i diritti umani e di UNAMA, sono risultati uccisi 1445 civili con un aumento del 39 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Le vittime della guerriglia talebana e delle altre forze antigovernative (800 nel medesimo periodo) sono raddoppiate rispetto ai primi otto mesi del 2007 e sono pari a circa il 55 per cento del totale delle vittime registrate. Nello stesso periodo è aumentato il numero di civili uccisi dalle forze governative e dalle forze militari internazionali: un totale di 577 morti, di cui 395 per raid aerei[2]. Secondo il rapporto annuale di Human Rights Watch, le Nazioni Unite indicano in circa 2021 i civili uccisi dalle forze dell’insorgenza antigovernativa e da quelle governative e internazionali dal gennaio all’ottobre 2009. Di queste il 69 per cento sono attribuite alle forze dell’insorgenza e il 23 per cento alle forze militari internazionali. Le perdite civili attribuibili alle forze militari internazionali registrano un decremento rispetto alla percentuale del 2008, attribuibile ad una revisione nelle modalità operative delle forze NATO e di Enduring Freedom[3].

Esistono diverse interpretazioni del deterioramento della situazione afghana: secondo alcuni l’impegno internazionale in Afghanistan si è posto, dopo il crollo del regime talebano nel dicembre 2001, obiettivi troppo ambiziosi (rispetto a quello essenziale di combattere il terrorismo di Al Qaeda) di State Building e di democratizzazione del Paese per i quali non si era impostato una chiara strategia e non si erano approntati i mezzi necessari, anche a causa del concomitante impegno (in particolare degli USA e della Gran Bretagna) in Iraq[4]. Secondo altri, le forze della coalizione internazionale così come gli Stati confinanti con l’Afghanistan hanno in tutti questi anni privilegiato la ricerca di intese con i leader locali (spesso ex-signori della guerra del periodo successivo alla fine dell’occupazione sovietica), anziché impegnarsi effettivamente in un’opera maggiormente dispendiosa, in termini di uomini e mezzi impiegati, di State building, di promozione della rule of law e di rafforzamento del governo centrale[5].

Nell’insorgenza si devono poi distinguere diverse componenti:

Ø      una componente ideologicamente talebana (all’interno della quale diverse fonti prospettano la presenza di una “filiera talebano-pachistana”, vale a dire la presenza, a partire dal 2003, dell’afflusso di guerriglieri del Kashmir, appartenenti al movimento talebano Lashkar-e-Tayyba, che in molti casi avrebbero ricevuto sostegno dai servizi segreti pachistani per insediarsi nella zona di confine tra Pakistan e Afghanistan del Waziristan)

Secondo numerose fonti, le forze talebane avrebbero trovato sostegno e rifugio principalmente nelle zone tribali della provincia nord-occidentale del Pakistan, al confine con l’Afghanistan, soprattutto a seguito degli accordi tra il governo Pakistano e i capi tribù locali nel sud del Waziristan tra 2004 e 2005 e nel nord del Waziristan nel 2006, che hanno posto fine ai tentativi dell’allora leader pakistano Musharraf di ottenere un effettivo controllo della regione e hanno condotto alla riduzione dei posti di blocco e della presenza dell’esercito pakistano in quelle zone. Nel febbraio 2009 anche il nuovo presidente pachistano Zardari ha raggiunto un accordo con i leader talebani locali per l’applicazione della Sharia nella zona di Malakand e nel distretto di Swat nella provincia nord-occidentale, in cambio dell’impegno al disarmo delle milizie. Nel corso del 2009 si sono però anche succedute offensive dell’esercito pachistano nella provincia nord-occidentale del paese per porre un argine alla crescente “talebanizzazione” della zona (rivolte in particolare contro il movimento dei talebani pakistani di Tehrik-e-Taliban). Tali attacchi si sono intensificati nelle prime settimane del 2010, interessando tuttavia solo marginalmente la zona del nord Waziristan, (indicata da molte fonti come “retroterra” dell’insorgenza afgana), dove sono stati colpiti unicamente gli elementi responsabili di azioni contro le forze di sicurezza pakistane[6]. Si ritiene poi che parte consistente della leadership talebana afghana sia attiva nella città di Quetta nel Pakistan occidentale.

Ø      la cosiddetta “rete Haqqani” guidata da Jalaluddin Haqqani, ex-comandante Mujaheddin contro i sovietici, e dal figlio Sirajuddin, fortemente integrata con i talebani della zona di Kandahar e con i gruppi attivi nella provincia nord-occidentale del Pakistan

Ø      il movimento Hizb I Islam del signore della guerra Gulbuddin Hekmatyar, ex-primo ministro, già protagonista delle vicende afghane negli anni Novanta del Novecento, successivamente alla caduta del regime filosovietico del presidente Najibullah. Merita segnalare che lo scorso 22 marzo è avvenuto un incontro tra il presidente Karzai e Hekmatyar; l’incontro potrebbe precludere ad un cessate il fuoco con questa componente dell’insorgenza, nel quadro della politica di riconciliazione avviata da Karzai.

Ø      componenti, per così dire “nazionaliste pashtun” che temono la prevalenza in Afghanistan degli elementi dell’Alleanza del Nord prevalentemente tagika e uzbeka, ai danni dell’etnia maggioritaria pashtun,

Ø      componenti tribali in rotta con il potere centrale[7].

 

Non deve essere sottovalutato inoltre il canale di finanziamento dell’insorgenza rappresentato dalla produzione di oppio che rappresenta il maggior settore dell’economia nazionale afghana (nel 2008 l’Afghanistan rappresentava il maggior produttore mondiale di oppio)[8]

 

L’evoluzione degli eventi ha quindi indotto ad una revisione della strategia della missione ISAF. In particolare la NATO, a partire dal 2008, ha promosso un “comprehensive approach” alla questione afghana (poi ribadito nel vertice di Strasburgo-Kehl del 3-4 aprile 2009) insistendo sul sostegno al rafforzamento delle istituzioni afghane ed inviando nuovo personale, non solo militare, ma anche civile. Da parte statunitense fin dal marzo 2010, l’amministrazione Obama ha delineato un comprehensive approach alla questione afghano-pakistana postulando la distruzione di Al Qaeda in Afghanistan e Pakistan e la stabilizzazione dell’area mediante un incremento della presenza militare in Afghanistan accompagnata ad un maggior sostegno finanziario e organizzativo alla crescita civile dei due paesi. Dopo un lungo dibattito all’interno dell’Amministrazione, inoltre, nel dicembre 2010, gli USA hanno annunciato l’invio di 30.000 ulteriori soldati USA e, allo stesso tempo, ha indicato il luglio 2011 come data dell’inizio di un graduale ritiro delle truppe USA. Contestualmente la NATO ha annunciato un incremento della propria presenza complessiva di circa 7.000 unità.

Da ultimo, la Conferenza internazionale di Londra ha insistito nelle sue conclusioni del 28 gennaio 2010 sulla necessità di recuperare alla vita civile ai combattenti dell’insorgenza non riconducibili al nucleo più ideologicamente talebano e ad Al Qaeda che accettino la rinuncia alla violenza (a tale proposito è stato istituito anche un apposito trust fund per la “pace e la reintegrazione”); sull’opportunità di incrementare gli aiuti umanitari e sulla ricerca di un maggiore coinvolgimento di tutte le componenti afghane e dei paesi confinanti nella ricerca della pace.

Elemento fondamentale nell’ambito della nuova strategia NATO è lo sviluppo di una capacità autonoma di difesa afgana. Al riguardo si rinvia al box sotto.

 

La riorganizzazione delle forze armate e di sicurezza afghane

 

Il comunicato finale della Conferenza di Londra ha apprezzato i progressi compiuti nell’organizzazione delle Forze di sicurezza afghane e l’impegno del governo afghano di far assumere all’esercito nazionale afghano e alla polizia nazionale afghana la capacità di guidare e condurre la maggioranza delle operazioni nelle aree insicure dell’Afghanistan entro tre anni e di assumere la responsabilità per il mantenimento della sicurezza nel paese entro cinque anni. Gli Stati e le organizzazioni internazionali partecipanti si sono anche impegnate a garantire il necessario supporto al raggiungimento dell’obiettivo di incrementare, entro l’ottobre 2011, l’esercito nazionale afghano fino 171.600 unità e la polizia nazionale afghana a 134.000 unità.

Fonti NATO indicano, al 19 maggio 2010, la consistenza dell’esercito nazionale afghano in 119.388 unità. L’esercito dispone di truppe capaci di pianificare ed eseguire operazioni a livello di battaglione senza supporto esterno. In particolare, in simili operazioni possono essere impiegati 21 battaglioni, due quartier generali di corpi d’armata, 6 quartier generali di brigata, 6 unità di supporto alle guarnigioni, 2 quartier generali speciali di supporto alle brigate di sicurezza della città di Kabul.

Dal 2008 è attiva anche l’aviazione afghana che vede impiegate 2.876 uomini e donne, con una flotta di 46 aerei (l’obiettivo è di raggiungere entro il 2016 un personale di oltre 8000 unità con una flotta di 152 aerei).

A partire dall’agosto 2008 l’esercito nazionale afghano sta gradualmente assumendo la responsabilità per la sicurezza nella provincia di Kabul.

Sempre fonti NATO, indicano, al 19 maggio 2010, in 104.459 unità gli effettivi della polizia nazionale afghana (con 7.116 unità attualmente in addestramento). Degli effettivi 14.494 sono impegnati nella polizia di confine, 3.964 nelle forze di ordine pubblico interno (recentemente ridenominate “Gendarmeria”) e 2.695 nella polizia antinarcotici.

 

Nel febbraio del 2010 le truppe ISAF e quelle afghane sono state impiegate in un’importante operazione militare, l’operazione Moshtarak.

 

L’operazione moshTArak

 

Il 13 febbraio 2010 è iniziata la più vasta offensiva della coalizione internazionale dal 2001, con il coinvolgimento anche dell’esercito afghano: l’operazione “moshtarak” (in lingua dari “insieme”). Obiettivo dell’operazione sono state le roccaforti talebane di Marjah e di Nad Ali localizzate nella provincia di Helmand, nel sud dell’Afghanistan.

Fonti NATO indicano in 15.000 unità l’entità delle forze della coalizione ed afghane coinvolte.

In particolare sono state impiegate:

-               cinque brigate afghane, con il coinvolgimento dell’esercito nazionale afghano e della polizia nazionale afghana (in particolare della polizia di confine e della gendarmeria afghana).

-               forze del comando regionale meridionale di Isaf appartenenti ai contingenti degli Usa, del Regno Unito, della Danimarca, dell’Estonia e del Canada.

La resistenza talebana è stata inizialmente debole, quindi più forte. L’operazione è stata dichiarata comunque conclusa da un portavoce del ministero dell’interno afghano il 4 marzo 2010, con la caduta di Marjah nelle mani delle forze della coalizione e la bonifica di parti del distretto di Nad Ali.

Secondo alcune fonti, comunque, successivamente alla conclusione dell’operazione la stabilizzazione dell’area è risultata più difficile del previsto a causa di una persistente attività degli insorti, superiore alle aspettative.

Si sono registrate vittime civili nelle zone interessate dall’operazione. Fonti della missione ONU in Afghanistan indicano in 27.770 i civili che hanno dovuto abbandonare le loro abitazioni nella provincia di Helmand a causa dei combattimenti. Secondo alcune analisi dell’operazione, comunque, le nuove direttive del generale McChrystal avrebbero consentito una riduzione dei civili feriti e caduti, in particolare attraverso la limitazione degli interventi di supporto aereo e l’avviso alla popolazione locale delle operazioni con anticipo[9].

 

Dopo la conclusione dell’operazione Moshtarak è stata annunciata l’intenzione di avviare operazioni militari e di intelligence nella provincia di Kandahar. Tali operazioni, inizialmente previste per il mese di giugno-luglio, sarebbero state ritardate, in base ad alcune fonti, di alcune settimane per consentire il completamento dell’afflusso nella zona dei rinforzi previsti.

Per ulteriori approfondimenti cfr. infra Recenti sviluppi della situazione politica in Afghanistan e Pakistan e Osservatorio di politica internazionale, Mediterraneo più Medio Oriente, n. 2, aprile/giugno 2010.

ISAF comprende attualmente (dati del 7 luglio 2010) circa 119.745 militari appartenenti a contingenti di 46 Paesi. Il contributo maggiore è fornito dagli Stati Uniti (78.430 unità), seguiti dal Regno Unito (9.500), dalla Germania (4.400), dalla Francia (3.750), dal Canada (2.830), dall’Italia (3.300), dalla Polonia (2.500), dalla Turchia (1.710) e dall’Olanda (1.955).

 

I dati sopra riportati sono ripresi dal sito della NATO (www.nato.int). La nota aggiuntiva al bilancio del Ministero della difesa del marzo 2010 indicava invece una consistenza effettiva del contingente italiano di 3.191; la relazione tecnica all’ultimo provvedimento di proroga del finanziamento delle missioni internazionali (decreto-legge n. 102 del 2010) indica comunque che, in coerenza con l’autorizzazione di spesa, viene finanziato l’impiego complessivo nelle missioni ISAF ed EUPOL in Afghanistan, nel semestre luglio-dicembre 2010 di 3.941unità.

Di seguito è invece fornito un confronto nell’evoluzione della partecipazione dei principali contingenti nazionali alla missione ISAF. Le ultime due colonne riportano gli ultimi aggiornamenti in ordine temporale forniti dalla NATO, risalenti rispettivamente al 5 marzo 2010 e al 7 giugno 2010. Dal raffronto in particolare di tali dati si evidenzia la progressiva attuazione di incremento delle truppe presenti in Afghanistan posta in essere dalla NATO.

 

 


 

Contingente missione ISAF in Afghanistan

data

29/1/2007

6/2/2008

12/1/2009

5/3/2010

7/7/2010

Paesi

37

40

41

44

46

Totale militari

di cui

35.460

43.250

55.100

89.480

119.745

USA

14.000

15.000

23.220

50.590

78.430

Regno Unito

5.200

7.800

8.910

9.500

9.500

Germania

3.000

3.210

3.405

4.335

4.400

Francia

1.000

1.515

2.890

3.750

3.750

Italia

1.950

2.880

2.350

3.160

3.300

Canada

2.500

2.500

2.830

2.830

2.830

Polonia

160

1.100

1.590

2.140

2.500

Olanda

2.200

1.650

1.770

1.880

1.955

Turchia

800

675

800

1.835

1.710

Australia

500

1.070

1.090

1.550

1.550

Spagna

550

740

780

1.075

1.470

 

Il contributo italiano ad ISAF

La partecipazione italiana, iniziata il 10 gennaio 2002, è inizialmente consistita in un contingente di 450 unità, di cui 400 militari dell’Esercito a Kabul e 50 unità dell’Aeronautica, con compiti di supporto, di stanza ad Abu Dhabi (negli Emirati Arabi).

L’Italia ha assunto, dal giugno 2005, il compito di coordinare la FSB di Herat ed i PRT della regione ovest del Paese (che comprende le province di Farah, Badghis e Ghor, oltre a quella omonima di Herat). L’impegno italiano, accresciuto in questa fase da 600 a 2.000 unità, è stato ulteriormente rafforzato anche in vista dell'assunzione del comando ISAF, che è stato ricoperto dall’Italia dal 4 agosto 2005 al 4 maggio 2006.

Il 2 aprile 2007 il Consiglio supremo di difesa ha fornito concrete indicazioni per un rafforzamento in uomini e mezzi del contingente militare italiano in Afghanistan, quale attuazione dell’impegno assunto dall’Esecutivo in Parlamento, senza mutamenti nel carattere della missione, ma in previsione di una sua durata non breve e di maggiori pericoli potenziali. L’operazione è stata completata nel giugno successivo, con l’arrivo di due velivoli UAV Predator, di cinque elicotteri da combattimento A-129 Mangusta e due plotoni di bersaglieri con otto cingolati Dardo.

In seguito, la componente aerea del contingente è stata rafforzata con la dotazione dei velivoli senza pilota Predator (da giugno 2007), da ricognizione e sorveglianza e degli elicotteri A129 Mangusta (da giugno 2007), per il supporto aereo e successivamente, da dicembre 2008, dei velivoli Tornado (sostituiti dai caccia AMX nel dicembre 2009), per assicurare al contingente nazionale un maggior livello di sicurezza e protezione.

Come già sopra ricordato, la nota aggiuntiva al bilancio di previsione del Ministero della difesa del marzo 2010 indica l’impiego di un contingente effettivo di 3.191 unità, mentre fonti NATO indicano, al 7 giugno 2010, una presenza effettiva di 3.300 unità. A seguito della nuova strategia per l’Afghanistan annunciata dall’Amministrazione Obama e delle conseguenti decisioni assunte in sede NATO, il Consiglio dei ministri, nella riunione del 3 dicembre 2009, ha deciso un incremento di 1.000 unità del contingente impegnato in Afghanistan, da attuare con gradualità nel corso del 2010 e con una maggiore incidenza nella seconda parte dell’anno (sul punto si vedano le comunicazioni dei ministri degli esteri e della difesa alle Commissioni riunite Esteri e Difesa di Camera e Senato del 10 dicembre 2009).

La missione italiana ha fin qui principalmente interessato le aree di Kabul e di Herat. Al riguardo si segnala che:

Ø      nell’area di Kabul, il 30 ottobre 2009, la missione del contingente italiano a Kabul denominata “ITALFOR XX” è ufficialmente terminata, con il passaggio di consegne al contingente turco.

Ø      nell’area di Herat, il contingente italiano ha la responsabilità del Regional Command West (RC-W), ampia regione dell'Afghanistan Occidentale (pari al Nord Italia) che si estende dal Capoluogo Herat fino a toccare la Provincia di Farah. L’ossatura principale di RC-W è costituita dal personale proveniente dalla Brigata meccanizzata "Sassari", anche se è presente un significativo contributo di uomini e mezzi della Marina Militare, dell’Aeronautica, dei Carabinieri e della guardia di Finanza[10].

 

Durante la missione ISAF, tenendo anche conto dell’ultimo attentato del 28 luglio, hanno perso la vita ventisette militari italiani, di cui 17 in seguito ad attentati o conflitti armati.

Il 3 ottobre 2004 ha perso la vita in un incidente stradale il Caporal Maggiore Giovanni Bruno, mentre altri quattro militari sono rimasti feriti.

Il 3 febbraio 2005 è deceduto in un incidente aereo il Capitano di vascello Bruno Vianini.

L’11 ottobre 2005, a causa di un incidente mortale, ha perso la vita il Caporal Maggiore Capo Michele Sanfilippo.

II 5 maggio 2006 hanno perso la vita in un attentato ad una pattuglia del contingente, il Tenente Manuel Fiorito e il Maresciallo Luca Polsinelli.

Il 2 luglio 2006, è deceduto a causa di un malore il Tenente Colonnello Carlo Liguori (Capo del settore Cimic del Cdo RC-W).

Il 20 settembre 2006 ha perso la vita in un incidente stradale a Kabul il Caporal maggiore Giuseppe Orlando.

Il 26 settembre 2006, a seguito dell'esplosione di un ordigno al passaggio di una pattuglia, nel distretto di Chahar Asyab, a circa 10 km a sud di Kabul, ha perso la vita il Caporal Maggiore Capo Giorgio Langella e successivamente, il 30 settembre 2006, a seguito delle ferite riportate nell’attentato, è deceduto anche il Caporal Maggiore Vincenzo Cardella.

Il 24 novembre 2007 ha perso la vita, a causa di un attentato, il Maresciallo capo Daniele Paladini.

Il 13 febbraio 2008 è deceduto in uno scontro a fuoco con elementi ostili, il Maresciallo Giovanni Pezzullo.

Il 21 settembre 2008 il Caporal Maggiore Alessandro Caroppo perdeva la vita per cause naturali.

Il 15 gennaio 2009 perdeva la vita per cause naturali il Maresciallo di prima classe Arnaldo Forcucci.

Il 14 luglio 2009 è rimasto vittima di un attentato in un villaggio nei pressi di Farah il Primo Caporal Maggiore Alessandro Di Lisio.

Il 17 settembre 2009, hanno perso la vita a Kabul in un attentato esplosivo ad un convoglio di VTLM "Lince" sei militari dell'Esercito: il Capitano Antonio Fortunato; il Sergente Maggiore Capo Roberto Valente; il Caporal Maggiore Capo Massimiliano Randino; il Caporal Maggiore Scelto Matteo Mureddu; il Caporal Maggiore Scelto Giandomenico Pistonami; il Caporal Maggiore Scelto Davide Ricchiuto.

Il 15 ottobre 2009, è deceduto a causa di un incidente presso Herat il Primo Caporal Maggiore Rosario Ponziano.

Il 17 maggio 2010, a seguito dell'esplosione di un ordigno al passaggio di un convoglio del Contingente, a sud di Bala Murghab, hanno perso la vita il Sergente Massimiliano Ramadù e il Caporal Maggiore Luigi Pascazio.

Il 23 giugno 2010 è rimasto vittima di un incidente il Caporal Maggiore Scelto Francesco Saverio Positano.

Il 25 luglio ha perso la vita il Capitano Marco Callegaro.

Il 28 luglio 2010 il Primo maresciallo della Brigata Taurinense Mauro Gigli e il Caporal Maggiore Pier Davide De Cillis sono deceduti nei pressi di Herat durante un’operazione di sminamento probabilmente vittima di un “ordigno-trappola”.

 

 

Hanno inoltre perso la vita durante la missione l’agente del SISMI Lorenzo D’Auria (24 settembre 2007) e il funzionario dell’AISE Pietro Collazzo (26 febbraio 2010).

 

I caveat per l’impiego del contingente italiano in operazioni militari

 

Durante le comunicazioni sugli sviluppi relativi alle missioni internazionali, che sono state svolte nella seduta delle Commissioni riunite Esteri e Difesa della Camera e del Senato l’11 giugno 2008, i Ministri degli affari esteri e della difesa hanno riferito in merito alle modifiche dei cosiddetti caveat[11] per la missione ISAF in Afghanistan.

Il Ministro degli esteri Frattini ha richiamato il Vertice NATO di Bucarest (2-4 aprile 2008), che ha deciso di rafforzare il sostegno militare e politico all'ISAF, considerando la riflessione sui caveat come lo sviluppo di tale decisione.

Il Ministro della difesa La Russa ha precisato che le non esiste “alcuna limitazione all'utilizzo del nostro contingente nelle regioni ovest, nord e della capitale: lì il dispiegamento è già autorizzato. Nelle regioni est e sud, invece, a differenza di molte altre nazioni che operano nel contingente, il nostro contingente può essere dislocato solo per operazioni di eccezionale necessità e urgenza, senza bisogno di alcuna autorizzazione politica, per una scelta che può fare direttamente il comandante della missione. Si tratta di quelle che vengono definite in gergo in extremis operation”.

Qualora “in queste regioni, il comando ISAF, per specifiche e limitate operazioni in tempi ben definiti, chieda che il nostro contingente venga dispiegato” La Russa ricordava che, fino a quel momento, “il caveat prevede che si possa fare, purché ci sia l'ok delle autorità italiane. Il tempo che gli italiani si sono riservati per dare una risposta è di 72 ore” precisando che in “sostanza, non si è mai verificata, fino ad ora, una utilizzazione in questa direzione.”

Il Ministro sottolineava che, invece, “nell'ipotesi in cui ne avessimo bisogno, non avendo gli altri questi caveat, otterremmo in tempi immediati la disponibilità da parte di altri, sempre su richiesta del comando dell'ISAF” e che pertanto era necessario “che la risposta deve arrivare in tempi brevissimi: entro 6 ore anziché entro 72 ore.“

La Russa puntualizzava che “questa variante non deve portare a preoccupazioni in ordine ad un eventuale nuovo utilizzo del contingente (…)” e che “l'eventuale uso della forza da parte dei nostri militari avviene unicamente in funzione delle circostanze e in misura proporzionale alla situazione, nel rispetto del diritto internazionale, delle norme e degli usi sui conflitti armati, nonché delle leggi e dei regolamenti nazionali e in coerenza con quelli delle forze cooperanti. Non modificheremo assolutamente nulla della qualità di impiego dei nostri soldati.”

Il Ministro della difesa ammetteva “che da più parti, in via formale o informale, è pervenuta la richiesta di (…) poter già considerare disponibili all'impiego in altri quadranti i nostri soldati” ma che il Governo italiano aveva unicamente “modificato il termine temporale all'interno del caveat” e non “consentito che si aprisse una discussione su «caveat sì» o «caveat no».”

Il Ministro La Russa riconosceva infine che, con questa modifica, potrebbe “anche capitare che (…) avremo un effettivo maggiore impiego dei nostri soldati. D'altronde, non avremmo potuto evitarlo neanche con l'attuale previsione di 72 ore (…) perché da parte nostra sarebbe stato strano, a seguito di una richiesta urgente, aspettare 72 ore per rispondere.”

Consistenza del contingente italiano al 31 gennaio 2010: 3.191[12]unità (su un totale di 63.500)

Serie storica

Gennaio 2007

Gennaio 2008

Gennaio 2009

Contingente italiano

1.800

2.550

2.404

Totale contingenti missione

20.565

49.357

50.500

Riferimenti normativi

Decreto-legge 28 dicembre 2001, n. 451, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2002, n.15, recante disposizioni urgenti per la proroga della partecipazione italiana ad operazioni militari internazionali

Il D.L. 451/2001 ha prorogato la partecipazione italiana al 31 marzo 2002

Decreto-legge 16 aprile 2002, n. 64, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 giugno 2002, n.116, recante disposizioni urgenti per la prosecuzione della partecipazione italiana ad operazioni militari internazionali

Il D.L. 64/2002 ha prorogato la partecipazione italiana al 31 dicembre 2002

Decreto-legge 20 gennaio 2003, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 marzo 2003, n.42, recante disposizioni urgenti per la prosecuzione della partecipazione italiana ad operazioni militari internazionali

Il D.L. 4/2003 ha prorogato la partecipazione italiana al 30 giugno 2003

Decreto-legge 10 luglio 2003, n. 165, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° agosto 2003, n. 219, recante interventi urgenti a favore della popolazione irachena

Il D.L. 165/2003, nel testo originario, ha prorogato la partecipazione italiana al 31 dicembre 2003. Durante l'esame parlamentare tale disposizione è stata soppressa e la proroga è stata successivamente operata dalla legge 231/2003.

Legge 11 agosto 2003, n. 231, recante differimento della partecipazione italiana a operazioni internazionali (originata da una proposta di legge il 23 luglio 2003)

La legge 231/2003 ha prorogato la partecipazione italiana al 31 dicembre 2003

Decreto-legge 20 gennaio 2004, n. 9, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 marzo 2004, n. 68, recante proroga della partecipazione italiana a operazioni internazionali

Il D.L. 9/2004 ha differito il termine della partecipazione italiana al 30 giugno 2004.

Decreto-legge 24 giugno 2004, n. 160, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2004, n. 207, recante proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali

Il D.L. 160/2004, nel testo originario, ha prorogato la partecipazione italiana al 31 dicembre 2004. Durante l'esame parlamentare tale disposizione è stata soppressa e la proroga è stata successivamente operata dalla legge 208/2004.

Legge 30 luglio 2004, n. 208, recante proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali (originata da una proposta di legge presentata l'8 luglio 2004)

La legge 208/2004 ha prorogato la partecipazione italiana al 31 dicembre 2004

Decreto-legge 19 gennaio 2005, n. 3, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 marzo 2005, n. 37, recante proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali

Il D.L. 3/2005, nel testo originario, ha differito il termine della partecipazione italiana al 30 giugno 2005. Durante l'esame parlamentare tale disposizione è stata soppressa e la proroga è stata successivamente operata dalla legge 39/2005.

Legge 21 marzo 2005, n. 39, recante disposizioni per la partecipazione italiana a missioni internazionali (originata da una proposta di legge presentata il 2 febbraio 2005)

La legge 39/2005 ha differito la partecipazione italiana al 30 giugno 2005

Decreto-legge 28 giugno 2005, n. 111, convertito dalla legge 31 Luglio 2005, n. 157, recante disposizioni urgenti per la partecipazione italiana a missioni internazionali

Il D.L. 111/2005 ha differito il termine della partecipazione italiana al 31 dicembre 2005.

Decreto-legge 17 gennaio 2006, n. 10, recante disposizioni urgenti per la partecipazione italiana a missioni internazionali (decaduto)

Il D.L. 10/2006, nel testo originario, ha differito il termine della partecipazione italiana al 30 giugno 2006. Le disposizioni del D.L. decaduto sono state inserite nell'articolo 39-vicies semel del D.L. 273/2005, convertito dalla legge 51/2006.

Decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 273, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 febbraio 2006, n. 51, recante definizione e proroga di termini, nonché conseguenti disposizioni urgenti. Proroga di termini relativi all' esercizio di deleghe legislative

Il D.L. 273/2005, convertito, con modificazioni, dalla legge 51/2006, ha differito il termine della partecipazione italiana al 30 giugno 2006. La disposizione relativa alle missioni è stata introdotta durante l’esame parlamentare.

Legge 4 agosto 2006, n. 247, recante disposizioni per la partecipazione italiana alle missioni internazionali (originata da un disegno di legge governativo presentato il 5 luglio

La legge 247/2006 ha differito il termine della partecipazione italiana al 31 dicembre 2006.

Decreto-legge 5 luglio 2006, n. 224, recante disposizioni urgenti per la partecipazione italiana alle missioni internazionali (decaduto)

Il D.L. 224/2006, non convertito, ha differito il termine della partecipazione italiana al 31 dicembre 2006. La legge 247/2006 riproduce le disposizioni dello stesso D.L.

Legge 27 dicembre 2006, n. 296 recante disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)

Il comma 1241 dell'articolo 1 della legge 296/2006 ha prorogato al 31 gennaio 2007 il termine per l'autorizzazione di spesa per la continuazione della missione.

Decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 2007, n. 38, recante proroga della partecipazione italiana a missioni umanitarie e

Il D.L. 4/2007, convertito, con modificazioni, dalla legge 38/2007, ha prorogato il termine della partecipazione italiana al 31 dicembre 2007.

Decreto-legge 2 luglio 2007, n. 81, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2007, n. 127, recante disposizioni urgenti in materia finanziaria

L'articolo 9 del D.L. 81/2007, convertito, con modificazioni, dalla legge 127/2007, ha autorizzato la partecipazione di ulteriore personale militare italiano fino al 31 dicembre 2007.

Decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in materia finanziaria

Il D.L. 248/2007 convertito, con modificazioni, dalla legge 31/2008, ha prorogato al 31 gennaio 2008 il termine per l'autorizzazione di spesa per la continuazione della missione.

Decreto-legge 31 gennaio 2008, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 marzo 2008, n. 45, recante disposizioni urgenti in materia di interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, nonché relative alla partecipazione delle Forze armate e di polizia a missioni internazionali

Il D.L. 8/2008, convertito, con modificazioni, dalla legge 45/2008, ha prorogato il termine della partecipazione italiana al 31 dicembre 2008.

Decreto-legge 22 settembre 2008, n. 147, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 2008, n. 183, recante disposizioni urgenti per assicurare la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia

Il D.L. 147/2008, convertito, con modificazioni, dalla legge 183/2008, ha autorizzato un'ulteriore partecipazione italiana fino al 31 dicembre 2008

Decreto-legge 29 Settembre 2008, n. 150, recante proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali per l'anno 2008 (decaduto)

Il D.L. 150/2008, nel testo originario, ha autorizzato una ulteriore partecipazione italiana al 31 dicembre 2008. Le disposizioni del D.L. decaduto sono state inserite nel D.L. 147/2008, convertito dalla legge 183/2008.

Decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 209, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2009, n. 12, recante proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali

Il D.L. 209/2008, convertito, con modificazioni, dalla legge 12/2009, ha prorogato il termine della partecipazione italiana al 30 giugno 2009

Decreto-legge 1 luglio 2009, n.78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, recante provvedimenti anticrisi

Il D.L. 78/2009, convertito, con modificazioni, dalla legge 102/2009, (all'articolo 24 soppresso durante l'iter parlamentare) ha prorogato la partecipazione italiana al 31 ottobre 2009. La proroga è stata successivamente operata dalla legge 108/2009.

Legge 3 agosto 2009, n. 108, recante proroga della partecipazione italiana a missioni

La legge 108/2009 ha prorogato la partecipazione italiana al 31 ottobre 2009

Decreto-legge 4 novembre 2009, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 dicembre 2009, n. 197, recante disposizioni urgenti per la proroga degli interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, nonché delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia

Il D.L. 152/2009, convertito, con modificazioni, dalla legge 197/2009, ha prorogato la partecipazione italiana fino al 31 dicembre 2009

Decreto-legge 1° gennaio 2010, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 marzo 2010, n. 30, recante disposizioni urgenti per la proroga degli interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, nonché delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia e disposizioni urgenti per l'attivazione del Servizio europeo per l'azione esterna e per l'Amministrazione della Difesa

Il D.L. 1/2010, convertito, con modificazioni, dalla legge 30/2010, ha prorogato la partecipazione italiana fino al 30 giugno 2010

Decreto-legge 6 luglio 2010, n. 102, recante proroga degli interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace, di stabilizzazione e delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia

Il D.L. 102/2010 ha prorogato la partecipazione italiana fino al 31 dicembre 2010

Attività parlamentare di indirizzo, controllo e informazione

20 dicembre                Commissioni riunite Camera e Senato    Esteri e Difesa

Comunicazioni del Governo sugli sviluppi della crisi internazionale (Ministro della difesa)

19 marzo 2002                                    Camera                            Commissione difesa

Audizione del ministro della difesa sulla situazione della politica di difesa

17 aprile 2002                                      Senato                            Commissione difesa

Comunicazioni del Governo (Ministro della difesa) sui programmi di sviluppo e di organizzazione del Dicastero alla luce della recente presentazione del "Libro bianco della Difesa 2002", nonché sui recenti sviluppi della situazione politica internazionale

9 luglio 2002                                        Camera                            Commissione Difesa

Audizione del Ministro della difesa sulle principali problematiche di settore

25 marzo 2003                                     Senato                            Commissione Difesa

Comunicazioni del Governo (Ministro della difesa) sugli sviluppi delle operazioni dei contingenti militari in Afghanistan

26 marzo 2003                                    Camera                            Esteri e Difesa

Comunicazioni del Governo (Ministro della difesa) sugli sviluppi delle operazioni dei contingenti militari italiani in Afghanistan

20 gennaio 2005          Commissioni riunite Camera e Senato    Commissione Difesa

Comunicazioni del Governo (Ministro della difesa) in ordine agli impegni internazionali delle Forze armate nel 2005

17 novembre 2005                                Camera                            Assemblea

Svolgimento dell'interpellanza urgente Deiana e altri 2-01657 sull'ipotesi di un comando unificato delle missioni ISAF ed Enduring Freedom

21 dicembre                                        Camera                            Commissione Difesa

Comunicazioni del Governo (sottosegretario per la difesa) sul recente attentato al contingente militare italiano in Afghanistan

14 giugno 2006            Commissioni riunite Camera e Senato    Commissione Esteri

Audizione del ministro degli affari esteri sulle linee programmatiche del suo dicastero

4 luglio 2006                Commissioni riunite Camera e Senato    Commissione Difesa

Audizione del Ministro della difesa sulle linee programmatiche del suo Dicastero (proseguita nelle sedute del 5 e dell'11 luglio)

29 novembre 2006                                Camera                            Assemblea

Svolgimento dell'interrogazione a risposta immediata Borghesi e altri 3-00426: intendimenti del Governo circa l’impegno delle truppe italiane nelle missioni internazionali di pace, con particolare riferimento alla presenza italiana in Afghanistan.

13 febbraio 2007                                  Camera                            Esteri e Difesa

Audizione del capo di Stato maggiore della difesa sulla partecipazione italiana a missioni umanitarie e internazionali, in relazione all'esame in sede referente del disegno di legge C. 2193 (Conversione D.L. proroga missioni)

15 febbraio 2007                                  Camera                            Esteri e Difesa

Audizione dell'ambasciatore italiano a Kabul sulla partecipazione italiana a missioni umanitarie e internazionali, in relazione all'esame in sede referente del disegno di legge C. 2193 (Conversione D.L. proroga missioni)

15 maggio 2007           Commissioni riunite Camera e Senato    Esteri e Difesa

Comunicazioni del ministro della difesa sulle dotazioni del contingente militare italiano impegnato nella missione ISAF

25 luglio 2007                                      Camera                            Esteri e Difesa

Comunicazioni del Ministro degli affari esteri sulla partecipazione italiana a missioni umanitarie e internazionali

26 luglio 2007                                       Senato                            Commissione Difesa

Comunicazioni del ministro della difesa, nelle sedute del 26 luglio, del 26 settembre e del 13 novembre 2007, sugli sviluppi relativi alla partecipazione italiana a missioni umanitarie e

12 settembre 2007                                Camera                                   Esteri e Difesa

Comunicazioni del Ministro della difesa sulla partecipazione italiana a missioni umanitarie e internazionali

20 novembre 2007                                Senato                            Commissione Difesa

Comunicazioni del Governo (Sottosegretario per la difesa) sul grave attentato subito da un convoglio del contingente militare italiano nei pressi di Delaram e sulle condizioni di sicurezza

14 febbraio 2008                                  Camera                            Esteri e Difesa

Audizione del Direttore generale del Ministero degli affari esteri per la cooperazione allo sviluppo sulla partecipazione italiana a missioni umanitarie e internazionali, in relazione all'esame in sede referente del disegno di legge C. 2193 (Conversione D.L. proroga missioni)

18 febbraio 2008                                  Camera                            Esteri e Difesa

Comunicazioni del Governo (Sottosegretario per la difesa) sul recente attentato al contingente italiano in Afghanistan

20 maggio 2008                                   Camera                            Assemblea

Informativa urgente del Governo (Sottosegretario per la difesa) sull'attentato subito da alcuni militari del contingente italiano in Afghanistan

10 dicembre 2008                                 Senato                            Commissione Difesa

Audizione del Ministro della difesa sulle problematiche inerenti alla partecipazione delle Forze armate alle missioni internazionali

16 dicembre 2008                                 Senato                            Commissione Difesa

Audizione del Capo di Stato maggiore della Difesa sulle problematiche inerenti alla partecipazione delle Forze armate alle missioni internazionali

17 dicembre 2008                                 Senato                            Commissione Difesa

Svolgimento dell’interrogazione a risposta orale 3-00320, Negri e Amati, concernente le regole di ingaggio e i caveat previsti per il contingente italiano operante in Afghanistan.

22 aprile 2009              Commissioni riunite Camera e Senato    Commissione Difesa

Comunicazioni del Governo (Ministro della difesa) sulla situazione militare in Afghanistan, con particolare riferimento al contingente italiano

5 maggio 2009                                     Camera                            Assemblea

Informativa urgente del Governo (Ministro della Difesa) sul tragico episodio occorso il 3 maggio 2009 presso la città di Herat, in Afghanistan, che ha visto coinvolti militari del contingente

7 maggio 2009                                     Camera                            Assemblea

Informativa urgente del Governo sul tragico episodio occorso il 3 maggio 2009 presso la città di Herat, in Afghanistan, che ha visto coinvolti militari del contingente italiano

16 giugno 2009                                    Camera                            Assemblea

Informativa urgente del Governo (Ministro della difesa) sul ferimento di tre militari italiani nel corso di un conflitto a fuoco avvenuto a Farah, in Afghanistan

15 luglio 2009                                      Camera                            Assemblea

Informativa urgente del Governo (Ministro della difesa) sul grave attentato in Afghanistan che ha causato la morte del caporal maggiore Alessandro Di Lisio, nonché il ferimento di tre paracadutisti italiani

28 luglio 2009                                      Camera                            Assemblea

Informativa urgente del Governo (Ministro della difesa) sulla partecipazione delle Forze armate italiane alle missioni internazionali

17 settembre 2009                               Camera                            Assemblea

Informativa urgente del Governo (Ministro della difesa) sul tragico attentato al contingente militare italiano a Kabul in Afghanistan che ha causato la morte di sei militari italiani ed i ferimento di quattro

10 dicembre      Commissioni riunite Camera e Senato          Esteri e Difesa

Comunicazioni dei Ministri degli affari esteri e della difesa sulle strategie e sugli sviluppi della partecipazione italiana alla missione ISAF

18 gennaio 2010                                  Camera                            Assemblea

Discussione e approvazione, nelle sedute del 18 e del 20 gennaio 2010, delle mozioni Di Pietro ed altri 1-00239, Fassino ed altri 1-00313, Cicu ed altri 1-00314 e Bosi ed altri 1-00315 sulla situazione in Afghanistan e prospettive dell'impegno del contingente italiano

18 maggio 2010                                   Camera                            Assemblea

Informativa urgente del Governo (Ministro della difesa) sul grave attentato in Afghanistan nel quale due militari italiani sono rimasti uccisi ed altri due feriti

1 giugno 2010                                      Camera                            Assemblea

Svolgimento dell'interrogazione a risposta immediata Evangelisti 3-01096 concernente chiarimenti in merito ad un'operazione condotta dai militari italiani nella zona di Bala Murghab


 

Recenti sviluppi della situazione politica in Afghanistan e Pakistan

(a cura del Dipartimento Affari esteri)

 

In una dichiarazione rilasciata il 26 maggio 2010, Richard Holbrooke, rappresentante speciale di Barack Obama per Afghanistan e Pakistan, nel dirsi impressionato dallo ''sforzo non solo militare che sta facendo l'Italia'', definito determinante anche per la ricostruzione generale dell’Afghanistan, ha affermato che, secondo gli Usa, “gli italiani dovrebbero assumere anche un ruolo politico nell'Ovest, così come i tedeschi nel Nord e gli stessi Stati Uniti nel Sud'', sollecitando il nostro paese “a occupare sul fronte politico la stessa posizione occupata nell'addestramento”. Lo stesso presidente statunitense, in un’intervista rilasciata al Corriere della sera, l’8  luglio ha definito “straordinario” il contributo dell’Italia alla coalizione in Afghanistan.

Sotto il profilo degli equilibri politici interni afghani va segnalato che il 31 maggio, nell’imminenza della Jirga del 2-4 giugno (vedi infra) Karzai ha nominato sei dei sette membri di uno speciale comitato di controllo dell’attuazione della Costituzione, per dare riscontro a una richiesta dei parlamentari che hanno minacciato di boicottare l’appuntamento con l’attesa assemblea di pace. Gli osservatori hanno sottolineato che la decisione di Karzai è giunta in un momento di tensione nelle relazioni fra presidenza e Wolesi Jirga (Camera bassa del Parlamento) derivante dal fatto che i parlamentari hanno deciso di non proseguire il lavoro legislativo se la presidenza non sottoporrà alla necessaria approvazione i nomi dei sette ministri che ancora mancano al governo afghano. La lista dei sette candidati è stata inviata al Parlamento il 26 giugno.

A Kabul, dal 2 al 4 giugno 2010, si è svolta la Consultative Peace Jirga, più volte annunciata dal Presidente Karzai (in particolare nel corso della Conferenza di Londra del 28 gennaio 2010). Alla Jirga hanno partecipato circa 1.400 dei 1.600 delegati invitati (esponenti politici nazionali e locali, anziani tribali, elementi della società civile, personalità religiose) con una ridotta presenza femminile; erano presenti circa 200 osservatori afghani e stranieri. Nelle intenzioni l’assemblea avrebbe dovuto rappresentare tutta la società afghana (ad esclusione dei gruppi militanti che non sono stati invitati) ma, di fatto, la completezza della rappresentanza nazionale è risultata limitata dalla circostanza che i partecipanti sono stati scelti dal governo, in collaborazione con i governatori provinciali. Tale criterio ha provocato malcontento e riserve. Rilevante l’assenza dell’ex candidato presidente Abdullah Abdullah , nonché di una serie di esponenti politici a vario titolo avversi al presidente Karzai.

Non è mancato chi ha ritenuto che la Jirga abbia costituito un’iniziativa organizzata principalmente per rafforzare, di fronte all’opinione pubblica interna e internazionale, la credibilità di Karzai, seriamente compromessa dalle accuse di brogli che hanno macchiato la sua conferma alla Presidenza (le elezioni hanno avuto luogo il 20 agosto 2009).

Assenti anche due esponenti taliban indicati da molti come possibili mediatori nei colloqui di pace con i ribelli: maulawi Wakil Ahmad Mutawakil (ex Ministro degli esteri durante il regime islamico) e maulawi Abdul Salam Zaeef (ex Ambasciatore in Pakistan). Nell’aprire i lavori, il Presidente Karzai ha invitato i taleban a rinunciare alla guerra, creando così le condizioni per il ritiro delle forze straniere e ha anche offerto un’amnistia e incentivi agli elementi di basso livello che accettano la Costituzione, dichiarandosi pronto a negoziare la cancellazione dei nomi di dirigenti dalla blacklist dell’ONU e a garantire ad alcuni di essi la possibilità di ottenere asilo in paesi islamici. Karzai ha riconosciuto la grave condizione in cui versa la popolazione a causa di operazioni di counterinsurgency (arresti di persone innocenti e uccisione di civili) ma ha anche ribadito che il governo ha fatto il possibile per controllare la situazione, peraltro migliorata dopo la nomina del Generale McChrystal a comandante delle forze NATO e della Coalizione. Le proposte di Karzai erano già note in quanto contenute nell’Afghan Peace and Reintegration Programme, presentato in bozza agli inizi di maggio e illustrato all’Amministrazione Obama nel corso del vertice di Washington di maggio.

La scontata approvazione all’unanimità del piano del Presidente, che prevede, tra l’altro, per i militanti di base che rinunciano alla violenza la creazione di posti di lavoro nei settori delle costruzioni e dell’agricoltura e la possibilità di arruolarsi nell’esercito e nella polizia, nonché opportunità di formazione, interessa 220 distretti del paese (circa 4.000 villaggi) a partire dalle province di Kandahar, Helmand, Herat, Badghis, Nangarhar, Kunduz e Baghlan, ed è stata giudicata da taluni analisti come l’esito di un dibattito controllato dai “powerbrokers” filo-governativi a danno dei rappresentanti di interessi e realtà locali. La conferenza si è conclusa con una risoluzione che chiede l’avvio di un processo articolato, comprendente anche colloqui con i militanti .

La comunità internazionale ha seguito con grande attenzione i lavori della Jirga: in una conferenza stampa congiunta, il generale McChrystal e il NATO Senior Civilian Representative, Mark Sedwill, hanno ribadito l’appoggio dell’occidente all’iniziativa, sottolineando che si tratta del primo di una serie di importanti eventi politici che si svolgeranno in Afghanistan nel 2010 (Conferenza di Kabul, nel prossimo luglio, ed elezioni politiche, a settembre).

In un comunicato del Segretario Generale dell’ONU, rilasciato il 4 giugno, Ban Ki-moon ha definito la Consultative Peace Jirga un passo significativo “toward reaching out to all Afghan people to promote an inclusive dialogue aimed at achieving stability and peace in Afghanistan”.

Per contro, la risposta dei gruppi armati anti-governativi alle offerte della Jirga è stata di netta chiusura come dimostrato, dopo le minacce apparse su siti web alla vigilia dell’evento, dall’attacco compiuto dai taliban il 2 giugno, durante il discorso di Karzai nel corso della Jirga. Nonostante il fallimento tattico dell’operazione, contenuta dalle forze di sicurezza presenti in formazione massiccia, l’obiettivo strategico di dimostrare che i taleban sono in grado di colpire ovunque a Kabul e sono una forza con la quale è comunque necessario fare i conti è stato conseguito: il 6 giugno, infatti, il Direttore del National Directorate of Security (NDS), Amrullah Saleh, e il Ministro dell’interno, Hanif Atmar si sono dimessi dai rispettivi incarichi, suscitando, negli ambienti occidentali, preoccupazione per gli eventuali riflessi sulle operazioni in corso o in preparazione, visto il buon livello di cooperazione che era stato raggiunto con le istituzioni da essi dirette. Al posto di Hatmar è stato designato, ad interim, Munir Mangal (attuale Vice Ministro) mentre la direzione del NDS è stata affidata, il 5 luglio, al generale Rahmatullah Nabil, già capo della sicurezza del palazzo presidenziale di Kabul.   

Le dimissioni delle due personalità sono state diversamente interpretate dagli osservatori. Secondo alcuni, Karzai ha subito le pressioni di Iran e Pakistan, più volte accusati di ingerenza negli affari interni afghani e di sostegno ai gruppi eversivi, evidentemente interessati a sgombrare il campo da interlocutori apprezzati dagli occidentali; nell’opinione di altri, dietro la sfiducia nei confronti dei due importanti collaboratori manifestata dal Presidente, che ha portato alle loro dimissioni, si intravvede l’autonoma volontà di Karzai di ribadire la propria indipendenza dall’Occidente, che aveva apprezzato e appoggiato l’azione dei dimissionari. Le opinioni convergono sul fatto che non sarà facile trovare sostituti adeguati alla delicatezza dei compiti correlati alla guida dell’ NDS e del dicastero dell’interno, anche tenuto conto del fatto che Karzai non è ancora riuscito a completare la formazione del governo, nonostante i ripetuti richiami da parte della Wolesi Jirga.

Il 7 giugno, giornata nera per i militari della Nato, che hanno subito 10 vittime, la comunità internazionale ha esaminato a Madrid le possibili tappe verso un ancora complicato superamento della guerra in Afghanistan, in occasione della 11ma riunione informale del gruppo 'AfPak', formato dagli inviati speciali per Afghanistan e Pakistan di quasi 40 governi. Per l’Italia ha partecipato Massimo Iannucci, inviato del Ministro degli affari esteri Franco Frattini. Incontrando la stampa, l’inviato statunitense Richard Holbrooke ha ribadito che, sul piano militare, l’obiettivo rimane quello indicato da Obama, ossia avviare nel 2013 il ritiro delle truppe combattenti. Ma prima, sulla base anche delle indicazioni che verranno dalla Conferenza internazionale di Kabul del 20 luglio 2010, dove si prevede che il presidente Karzai annunci nuovi impegni verso il popolo afghano davanti ai rappresentanti della comunità mondiale, lungo il difficile percorso della normalizzazione ci sarà la tappa dell’ “afghanizzazione”: in tempi e modalità ancora da definire – ha spiegato all’ANSA Iannucci – vi sarà la graduale trasmissione alle autorità afghane della responsabilità di governo provincia per provincia, a partire dalle più stabili, “in un quadro di sicurezza garantita''. E fra le prime potrebbe esserci proprio la provincia di Herat, nel settore italiano, ha affermato il rappresentante italiano.

Il 23 giugno il Presidente degli Stati Uniti Obama ha rimosso il comandante della missione generale McChrystal, dopo che questi aveva rilasciato una serie di dichiarazioni polemiche verso l’Amministrazione. In sostituzione di McChrystal è stato designato il generale Petraeus (attuale comandante dell'U.S. Centcom - ilcomando centrale di Tampa in Florida, responsabile delle operazioni in Iraq e Afghanistan), la cui nomina è stata convalidata dal Senato americano il 30 giugno con voto unanime, e dai vertici della NATO. Sia il Presidente USA sia il Segretario generale della NATO hanno precisato che l’avvicendamento non comporta alcun cambiamento nella strategia in Afghanistan. Il generale Petreus ha assunto ufficialmente il comando di Isaf il 4 luglio.

Tra i numerosi attentati che hanno avuto vittime sia civili sia militari negli ultimi due mesi va rammentato lo scontro a fuoco presso Bala Murghab (16 luglio), nella regione occidentale dell’Afghanistan, che ha determinato il ferimento di tre militari italiani e l’autobomba fatta esplodere, il 17 luglio, da un attentatore suicida contro un convoglio militare italiano, nella provincia di Farah, considerata ad alta densità talebana, il 16 luglio, senza provocare feriti; i taleban hanno rivendicato l’episodio.

Il 20 luglio si è svolta a Kabul una Conferenza internazionale sul futuro dell’Afghanistan alla quale sono intervenuti Ministri degli esteri e rappresentanti di organizzazioni multilaterali di oltre 60 Paesi, che hanno convenuto sulla necessità di un ''new deal'', chiamato nel Documento finale il ''Processo afghano'', capace di correggere gli errori che hanno impedito nei quasi nove anni dall'inizio dell'Operazione Enduring Freedom, di portare a soluzione la crisi afghana. In un consesso dove ha avuto rilievo anche la questione femminile (la confernza è stata co-presieduta dal ministro della Sanità Suraya Dalil) è stata presa la decisione di fissare alla fine del 2014 il momento in cui in cui le Forze nazionali di sicurezza afghana (Ansf) ''dovrebbero guidare e condurre operazioni militari in tutte le province''. Molti degli intervenuti hanno sottolineato l’impossibilità di immaginare una soluzione del conflitto afghano senza aver messo mano ai numerosi problemi economici e sociali del paese.A tale riguardo il governo di Kabul ha reso noto il pacchetto di Programmi prioritari nazionali, che puntano allo sviluppo rurale, minerario e infrastrutturale, da sviluppare con il contributo nei prossimi anni (circa 13 miliardi di dollari) della comunità internazionale.

Il 26 luglio oltre 90 mila documenti e rapporti segreti militari americani sull’Afghanistan, dal 2004 al 2009, sono stati forniti dal sito Wikileaks al New York Times, albritannico Guardian e al tedesco Der Spiegel che ne hanno ampiamente riportato i contenuti sui rispettivi siti web. Dai rapporti risulterebbe il doppio gioco dei servizi segreti pakistani in aiuto all’insurrezione talebana e che numerose sarebbero le stragi di civili morti per “fuoco amico”; l’Iran, che a più riprese ha chiesto ufficialmente il ritiro delle forze Usa e Nato dall'Afghanistan, parteciperebbe segretamente al conflitto aiutando i talebani, in particolare fornendo loro armi, addestramento e altro materiale bellico. Nei documenti vi sono riferimenti anche all’Italia. La Casa bianca ha condannato come “irresponsabile” la fuga di notizie, facendo notare che l'arco di tempo cui i documenti fanno riferimento precede la nuova strategia annunciata dal presidente Barack Obama per l'Afghanistan. Per parte sua Karzai ha affermato che dai documenti non emerge “nulla di nuovo” e le autorità pakistane li hanno definiti “equivoci” e “privi di fondamento”. Il Pentagono, che ha aperto un’inchiesta penale sulla fonte dello scoop, ha sottolineato che la diffusione di documenti riservati provoca “danni potenziali” alle truppe americane e a quelle degli altri paesi alleati.

Infine il 28 luglio 2010, sono deceduti, durante un’operazione di sminamento nei pressi di Herat, due militari italiani.

 

 

 

 

DATI STATISTICI

Afghanistan

 

 

Di seguito si riporta un estratto del Afghanistan index redatto dalla Brookings Institution del 15 luglio 2010. Nell’Afghanistan index sono riportate statistiche di diversa natura e diversa fonte sulla situazione afgana, sia dal punto di vista militare sia dal punto di vista politico sociale ed economico. La stessa Brookings Institution precisa che la maggior parte delle informazioni proviene dal Governo USA anche se le stesse vengono spesso rielaborate in modo da mostrare i trend complessivi a partire dal 2001. Le informazioni provengono anche da fonti ONU, da organizzazioni non governative e da giornalisti stranieri sul campo. Ad ogni modo per ogni grafico di seguito fornito viene indicata con un’apposita nota la fonte di provenienza. In particolare nell’estratto vengono di seguito indicati (dove non altrimenti specificato le figure forniscono la serie storica dei relativi dati a partire dal 2001):

 

§         Figura 1.1 Truppe statunitensi impiegate in Afghanistan;

§         Figura 1.2 Truppe NATO impiegate in Afghanistan;

§         Figura 1.3 Entità dei diversi contingenti nazionali;

§         Figura 1.4 Ripartizione delle truppe NATO nei diversi comandi regionali da ottobre 2006;

§         Figura 1.5 Dimensione delle forze di sicurezza afgane;

§         Figura 1.6 Crescita annua, per effettivi, dell’esercito nazionale afgano dal 2003 ad oggi;

§         Figura 1.7 Reclutamento annuale dell’esercito nazionale afgano con indicazione delle reclute, del tasso di arruolamento definitivo e del tasso di assenze senza permesso;

§         Figura 1.13 Numero degli attacchi dell’insorgenza;

§         Figura 1.14 Numero di eventi violenti nella zona di Kandahar nel 2006 e nel 2009;

§         Figura 1.15 Numero stimato di omicidi nella zona di Kandahar nel 2009 e nel 2010;

§         Figura 1.16 Forze di sicurezza nella zona di Kandahar, consistenza al maggio 2010 e proiezioni per il luglio 2010;

§         Figura 1.17 Incidenti mortali delle truppe statunitensi e della coalizione;

§         Figura 1.18 Cause di morte delle truppe statunitensi;

§         Figura 1.19 Ripartizioni per categorie delle vittime di incidenti mortali appartenenti alle truppe USA;

§         Figura 1.20 Incidenti mortali delle truppe non statunitensi, ripartite per paese di appartenenza;

§         Figura 1.23 Morti di contractors privati in Afghanistan;

§         Figura 1.24 Incidenti mortali dell’esercito nazionale afgano e della polizia nazionale afgana dal gennaio 2007 ad oggi;

§         Figura 1.25 Stima delle vittime civili in Afghanistan dal 2007 ad oggi;

§         Figura 1.26 Stima delle vittime civili afgane di incidenti mortali come risultato diretto di combattimenti tra forze internazionali e governative da un lato e truppe di opposizione armata dall’altra negli anni 2006-2009.

 

 



[1]    S. Jones, Averting Failure in Afghanistan, in “Survival”, Spring 2006, pp.111-128 (nel sito dell’International Institute for Strategic Studieswww.iiss.org)

[2]    La situazione in Afghanistan, “Osservatorio di politica internazionale”a cura del CeSPI, 16 dicembre 2008

[3]    In www.hrw.org

 

[4]    Per questa interpretazione cfr. ad esempio S. Silvestri, Che fare in Afghanistan, in www.affarinternazionali.it, 9 febbraio 2010

[5]    Per questa interpretazione cfr. ad esempio S. Jones, Averting Failure in Afghanistan, in “Survival”, Spring 2006, pp.111-128 (nel sito dell’International Institute for Strategic Studies www.iiss.org) e N. Grono – C. Rondeaux, Dealing with brutal Afghan warlords is a mistake, Boston Globe 17 gennaio 2010, (nel sito dell’International Crisis Group, www.crisisgroup.org)

[6]    Cfr. Osservatorio di politica internazionale, Mediterraneo e Medio Oriente, a cura del CeSI, n. 2 aprile/giugno 2010.

[7]    Su questi aspetti cfr. La situazione in Afghanistan, “Osservatorio di politica internazionale”a cura del CeSPI, 16 dicembre 2008 e www.crisisgroup.org/Afghanistan

[8]    Su questi aspetti cfr. La produzione di oppio in Afghanistan, “Osservatorio di politica internazionale” a cura dell’ISPI, 9 febbraio 2009.

[9]    Cfr. Osservatorio di politica internazionale, Focus - Mediterraneo e Medio Oriente, gennaio-marzo 2010, a cura del CESI.

[10]   Fonte: Scheda notizie sulla partecipazione italiana alla missione NATO ISAF (aggiornata al 26 novembre 2009) in www.difesa.it

[11]   I caveat sono i limiti all'impiego delle forze nazionali nell’ambito di una missione militare internazionale. Le singole forze nazionali possono applicare tali limitazioni (caveat) alle regole generali dettate per tutti i contingenti della missione.

[12]   Fonte Ministero della Difesa: Nota aggiuntiva allo stato di previsione del Ministero della difesa, marzo 2010.