Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento difesa
Altri Autori: Servizio Studi - Dipartimento affari esteri , Servizio Rapporti Internazionali , Ufficio Stampa
Titolo: Missione in Libano - (12-13 maggio 2009)
Serie: Documentazione e ricerche    Numero: 65
Data: 06/05/2009
Descrittori:
LIBANO   MISSIONI INTERNAZIONALI DI PACE
POLITICA ESTERA     
Organi della Camera: IV-Difesa
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Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione e ricerche

Missione in Libano

(12-13 maggio 2009)

 

 

 

 

 

 

 

n. 65

 

 

 

6 maggio 2009


Servizio responsabile:

Servizio Studi

Dipartimento Difesa

( 066760-4172/ 066760-4404 – *st_difesa@camera.it

Dipartimento Affari esteri

( 066760-4939 / 066760-4172 – *st_affari_esteri@camera.it

 

 

 

Hanno collaborato alla redazione del presente dossier:

Servizio Rapporti internazionali

( 066760-3948 / 066760-9515 – * cdrin1i@camera.it

Ufficio Stampa

( 066760-9033 / 066760-9061

 

 

 

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File: DI0102.doc

 


INDICE

Programma della missione

Schede di lettura

Dati geopolitici7

Le missioni UNIFIL e UNTSO in Libano  25

Relazioni parlamentari con il Libano

(a cura del Servizio Rapporti Internazionali)35

Attività parlamentare

Camera dei deputati45

IV Commissione (Difesa)

Seduta del 1° ottobre 2008  45

Comunicazioni del Presidente sulla missione in Libano, relativa alla visita al contingente militare italiano (28 e 29 luglio 2008)45

Senato della Repubblica  51

4a Commissione (Difesa)

Seduta del 5 novembre 2008  51

Sulla Missione in Libano di una delegazione della Commissione  51

XVI Legislatura - Sindacato ispettivo e ODG accolti dal Governo

Atto Camera Interrogazione a risposta scritta 4-00801  55

Atto Senato Interrogazione a risposta scritta 4-00398  57

Atto Camera Interrogazione a risposta immediata in Commissione 5-00264  60

Atto Camera Interrogazione a risposta scritta 4-00014  62

Atto Camera Ordine del Giorno 9/1802/23  64

Atto Camera Ordine del Giorno 9/2047-A/3  67

Atto Camera Ordine del Giorno 9/1802/11  68

Profilo biografico

Generale Claudio Graziano  73

Rassegna stampa

a cura dell’Ufficio Stampa (27 dicembre 2008 – 29 aprile 2009)77

Pubblicistica

Osservatorio di politica internazionale, Il Libano alla prova della riconciliazione nazionale: speranze e pericoli, a cura del Centro studi di politica internazionale (Cespi), 25 febbraio 2009  7

G. Gullotti, Libano: Beirut torna al centro dell’agenda politica internazionale, in: Equilibri.net, 31 marzo 2009  7

S. Presenti, Libano: prospettive economiche in vista delle elezioni di giugno, in Equilibri.net, 4 marzo 2009  7

Col. SM A. Mauriello, L’Italia in Libano: obiettivi chiari ma situazione in evoluzione, in: Informazioni della Difesa, n. 3/2008  7

Documentazione

Stato Maggiore della Difesa, Scheda Notizie relativa alla Partecipazione italiana alla missione ONU – UNIFIL- Operazione Leonte (United Nations Interim Force in Lebanon)7

 

 


Programma della missione

 


COMMISSIONE DIFESA

MISSIONE IN LIBANO
(12 – 13 Maggio 2009)

 

12 Maggio 2009 – Martedì

Arrivo a Beirut

 

Trasferimento a NAQOURA – Visita al Quartier Generale della missione UNIFIL e incontro con il Generale Graziano, Comandante della missione UNIFIL

 

Trasferimento a TIBNIN – Visita al contingente italiano – Brigata Ariete guidata dal Generale De Cicco

 

Ritorno a Beirut – Cena a VILLA ITALIA, sede dell’ambasciata italiana a Beirut e incontro con l’Ambasciatore Cons. Gabriele Checchia

 

 

13 Maggio 2009 – Mercoledì

Trasferimento a YARZE – Incontro con il Capo di Stato Maggiore della difesa libanese Generale Kawhaji

 

Trasferimento all’aeroporto internazionale di Beirut

 

Conferenza stampa

 

Partenza per l’Italia – Destinazione aeroporto Ciampino di Roma

 

 


Schede di lettura

 


Dati geopolitici

DATI GENERALI

Superficie

10.400 Kmq (un trentesimo del territorio italiano)

Capitale

BEIRUT (403.000 abitanti)

Abitanti

3.971.941

Tasso di crescita della popolazione

1,1%

Aspettativa di vita

73 anni

Composizione etnica

Arabi 95%, Armeni 4%; altri 1%

Religioni praticate

Musulmani 60% (Sciiti, Sunniti, Drusi, Isma'ili, Alawiti)[1]; Cristiani 39% (sono 12 gruppi tra cui i più importanti sono,Maroniti, Greco ortodossi,  Armeni, Siriani, Copti, Caldei, Protestanti e altri); altri 1%.

Tasso alfabetizzazione

87,4%

 

 

 

CARICHE DELLO STATO

 

Presidente della Repubblica

Michel Sulayman (dal 25 maggio 2008)

Presidente del Parlamento e Leader del Blocco “Sviluppo e Resistenza”, alleato con il movimento Hezbollah

 

Nabih Berry (sciita, dal 1992) filosiriano.

 

Capo del Governo

Fouad Siniora

Vice Primo ministro

Issam Abu Jamra

 

 

SCADENZE ELETTORALI

 

Presidenziali

2014 (le ultime si sono tenute a maggio 2008)

Politiche

7 giugno 2009

 

 


SIWEB

L’evoluzione del quadro politico in Libano

La situazione attuale del Libano, nonostante mantenga una grande fluidità soprattutto in vista delle elezioni politiche fissate per il mese di giugno, si presenta nel complesso notevolmente migliorata rispetto al convulso periodo di tre anni succeduto all'assassinio nel febbraio 2005 di Rafik Hariri.

Il paese infatti sembra temporaneamente essersi lasciato alle spalle la fase di più acuto confronto politico fra lo schieramento filoccidentale e quello filo siriano.

Nel maggio 2007, l'esercito libanese - riassumendo per questo peraltro un notevole prestigio - aveva dovuto affrontare la virulenza del gruppo sunnita salafita di Fatah al Islam, legato ad Al Qaeda e radicato nei maggiori campi profughi palestinesi del Libano. L’anno successivo Hezbollah, reagendo a tentativi della maggioranza governativa filoccidentale di limitarne la forza logistica e militare, aveva nello spazio di poche ore preso il controllo della parte più rilevante di Beirut, quella occidentale, senza che stavolta l'esercito nazionale intervenisse.

Proprio il riconquistato prestigio dell'esercito libanese, unitamente al mancato intervento nella crisi del maggio 2008 - che secondo molti osservatori ha impedito la disgregazione dell'esercito nazionale, che non avrebbe probabilmente accettato in vasti settori uno scontro con Hezbollah  - hanno aperto la strada al Comandante in capo, il generale cristiano-maronita Suleiman, per l'ascesa alla carica di capo dello Stato.

Fondamentale per sbloccare lo stallo negli equilibri politici, che impediva l'elezione della suprema carica da più di sei mesi, è stato l'intervento della Lega araba, che il 15 maggio 2008 è riuscita a ottenere una convergenza delle parti per l'inizio di un dialogo nella capitale del Qatar, Doha. Contrariamente alla prassi invalsa nelle negoziazioni medio-orientali, nel caso libanese le trattative si sono svolte in maniera fulminea, e solo sei giorni dopo le parti avevano raggiunto un accordo per avviare a soluzione la crisi del paese.

In base a tale accordo il 25 maggio il Parlamento libanese, a larghissima maggioranza, eleggeva il nuovo capo dello Stato nella persona del generale Suleiman. L'importanza dell'evento per la Comunità internazionale è stato ben evidenziato dalla presenza di duecento delegazioni straniere presenti, tra cui naturalmente quella italiana.

Il ministro degli esteri Frattini ha evidenziato nell'occasione la priorità della ricostruzione dell'esercito come condizione sine qua non dell'affermazione dell'autorità dello Stato libanese. Contestuale a ciò, secondo Frattini, dovrebbe essere la progressiva dismissione della dimensione militare da parte di Hezbollah, per acquisire lo statuto di formazione politica pienamente legittimata anche in una prospettiva di governo. La stessa azione della missione UNIFIL a guida italiana operante sul confine meridionale del Libano - ribadiva il Ministro Frattini in un'informativa al Senato del 27 maggio 2008 e in un'audizione presso le Commissioni congiunte Esteri e Difesa di Camera e Senato dell'11 giugno 2008 - dovrà orientarsi sempre di più all'effettivo disarmo delle milizie e all'affermazione di un'unica sovranità politica e militare.

Il secondo punto dell'accordo di Doha prevedeva la formazione di un esecutivo di unità nazionale, e anche questo adempimento è stato realizzato con grande tempestività l'11 luglio 2008 (il Governo ha successivamente, in agosto, ottenuto la fiducia in Parlamento). Alla guida del nuovo esecutivo si trova ancora Fuad Siniora, ma l'opposizione filosiriana ha ottenuto un significativo successo poiché la sua quota di ministri (11) costituisce una minoranza di blocco, considerato che l'approvazione dei provvedimenti governativi necessita della maggioranza dei due terzi dei ministri, che sono 30. Tra i ministri dell'opposizione vi sono cinque appartenenti al partito del generale cristiano Michel Aoun, uno di Hezbollah e tre facenti capo a Nabih Berri, presidente sciita del Parlamento. La maggioranza filoccidentale conta 16 dicasteri, mentre – sulla base dell’accordo di Doha - il presidente Suleiman ha nominato tre ministri “neutralI”, tra i quali quelli degli interni e della difesa.

Le intese di Doha prevedevano infine di far ricorso, in vista delle elezioni parlamentari del 2009, alla legge elettorale del 1960 con piccoli emendamenti, tra i quali la diminuzione dell'estensione, e quindi l'aumento di numero, delle circoscrizioni elettorali, che dovrebbe accrescerne l'omogeneità, ma anche la previsione delle votazioni da svolgere in un solo giorno - con importanti riflessi positivi sulla stabilità del paese.

Rimane in vigore il sistema squisitamente libanese che assegna un numero fisso di parlamentari ad ogni gruppo religioso del paese, ma dovrebbe divenire più affidabile l'identificazione delle effettive preferenze degli elettori nell'ambito dei rispettivi gruppi. In ogni caso, la prospettiva elettorale del giugno 2009 sembra dare un vantaggio allo schieramento filosiriano, ed in particolare a Hezbollah: alcuni analisti non escludono la possibilità che due terzi dei seggi in Parlamento vadano ai filosiriani, rafforzando l’ipotesi di mutamenti costituzionali peraltro suscettibili di riaccendere gravissimi contrasti tra le varie comunità, cui la Costituzione ha finora contribuito a porre la sordina.

Il nodo principale è quello della spartizione delle cariche tra le varie confessioni, e specialmente l'attribuzione del ruolo di premier a un sunnita, quale ad esempio è Fuad Siniora: la messa in discussione di tale previsione e l’eventuale attribuzione del premierato a un esponente o a un alleato di Hezbollah costituirebbe certamente un fatto di portata enorme, e di altrettanto enorme pericolosità per i sempre precari equilibri libanesi.

Un fattore determinante per il risultato elettorale sarà in ogni caso il peso dei cristiano-maroniti: Hezbollah conta moltissimo su un grande apporto di suffragi per l'alleato Michel Aoun, dopo la ricomposizione dei rapporti seguita al temporaneo raffreddamento per il mancato appoggio all’ascesa dello stesso Aoun al vertice dello Stato. Non va tuttavia dimenticato che vi sono altri due importanti raggruppamenti maroniti che fanno invece capo allo schieramento antisiriano, guidati da Amin Gemayel e da Samir Geagea.

In merito agli accordi di Doha si può osservare che essi riflettono nel complesso un certo arretramento della forza della coalizione maggioritaria antisiriana, riscontrabile soprattutto nell'ampiezza delle concessioni fatte all'opposizione, anche se il rinnovato incarico di premier a Siniora segnala una  “tenuta” della coalizione contraria a Damasco. Il movimento Hezbollah, d'altra parte, che aveva visto una grande crescita del proprio prestigio nazionale nel momento della resistenza opposta alle truppe israeliane nell'estate 2006, ha riassunto durante gli scontri a Beirut del maggio 2008 il ruolo tradizionale di milizia libanese di parte, con ciò alienandosi una quota del consenso precedentemente ottenuto. E’ assai difficile riuscire a capire quanto il movimento stia cercando di collocarsi tra i settori della politica interna libanese, ovvero se continui invece a seguire prevalentemente una logica di forti legami con attori politici esterni quali la Siria e l'Iran.

Per quanto riguarda la Siria, va segnalato che uno dei primi passi del nuovo capo dello Stato Suleiman è stata una visita ufficiale a Damasco alla metà di agosto 2008, nel corso della quale sono state poste le premesse per una ripresa dei rapporti diplomatici tra i due paesi, poi concretizzata in ottobre e, da ultimo, con lo scambio di ambasciatori nel gennaio 2009. Dal viaggio di Suleiman entrambe le parti hanno tratto vantaggio: se infatti la Siria ha registrato la prima visita ufficiale di un'alta autorità libanese dopo l'assassinio di Rafik Hariri, il capo dello Stato libanese ha acquisito l’implicito riconoscimento del proprio paese come soggetto autonomo diritto internazionale al pari degli altri Stati, il che nell'ottica siriana era una nozione tutt'altro che scontata.

Successive visite dei ministri libanesi dell'interno e dell'informazione hanno consolidato i rapporti bilaterali, in particolare con la firma di un accordo per dar vita a un comitato congiunto per il coordinamento nel settore della sicurezza. Le iniziative del governo, nonostante alcune critiche, hanno registrato anche il consenso del premier Siniora. Allo stesso modo, il dispiegamento di un migliaio di soldati di Damasco al confine siro-libanese ha riscosso l'approvazione delle autorità di Beirut. Tali fatti sono stati accompagnati sul piano internazionale dall'iniziativa anglo-francese per una ripresa dei contatti con la Siria, con la quale il Regno Unito ha persino firmato un'intesa per la cooperazione tra i servizi di sicurezza. Se dall'approccio occidentale emerge con chiarezza l'intenzione di riabilitare la Siria per impedirne un legame troppo stretto con Teheran, ciò non ha impedito al dinamico capo dello Stato libanese di firmare un patto sulla sicurezza quinquennale proprio con l'Iran, nel corso di una visita nella capitale (novembre 2008).

Il presidente libanese Suleiman, alla fine di ottobre 2008, si è recato anche in visita ufficiale in Italia, ove ha incontrato il Capo dello Stato Napolitano e il Presidente del Consiglio Berlusconi: nel corso dei colloqui si è convenuto sul contributo di prim’ordine assicurato dall’Italia sia nei confronti della stabilizzazione politica che del mantenimento della sicurezza in Libano, soprattutto con il ruolo di guida del nostro Paese nella missione delle Nazioni Unite UNIFIL.

Suleiman si è inoltre recato il giorno dopo in Vaticano, ove con il Pontefice ha toccato i temi più delicati dell’area mediorientale, tra i quali la risoluzione dell’annoso conflitto israelo-palestinese e la situazione delle minoranze cristiane. Benedetto XVI ha elogiato gli sforzi del Libano per una completa normalizzazione della politica interna.

Un elemento di grande criticità al di fuori del già difficilissimo equilibrio politico è rappresentato tuttora in Libano dalla presenza imponente di profughi palestinesi (oltre 400.000), anche al di là dei tentativi finora frustrati di minoranze salafite come Fatah al Islam di assumerne la guida. L'importanza della presenza palestinese in Libano è stata sottolineata tra l’altro in novembre da un viaggio del leader di Hamas in esilio a Damasco, Khaled Meshal, che ha incontrato le massime autorità dello Stato senza privilegiare alcuna delle fazioni libanesi. Il viaggio di Meshal era stato preceduto in agosto da quello del presidente dell'ANP Abu Mazen, e in entrambi i casi è stato riaffermato l'impegno per un rientro dei profughi in un futuro Stato palestinese. L'integrazione in Libano si presenta infatti per i palestinesi pressoché impossibile, poiché, tra l'altro, la loro completa appartenenza sunnita minerebbe alla radice i difficili equilibri interconfessionali libanesi.

Un saggio dei problemi che la presenza di gruppi armati palestinesi in territorio libanese può originare è stato dato durante e subito dopo l'operazione militare israeliana a Gaza del dicembre 2008-gennaio 2009, quando in tre diverse ondate nell'arco di due settimane vi è stato il lancio di razzi dal territorio meridionale del Libano verso la Galilea, senza che peraltro vi siano stati seguiti di tipo militare, eccezion fatta per alcuni colpi di artiglieria da parte dell'esercito israeliano. E’ evidente che nel delicato momento dell’operazione a Gaza i lanci di razzi dal Libano avrebbero potuto innescare conseguenze ben più gravi, a scongiurare le quali hanno contribuito sia la pronta dissociazione di Hezbollah che un duro ammonimento dell’esercito nazionale libanese.

L'avvio della presidenza Obama negli Stati Uniti ed i primi segnali di un nuovo corso della politica americana verso Siria e Iran hanno destato nel mondo arabo speranze che tuttavia devono convivere con la preoccupazione per l'impostazione della nuovo governo israeliano, che con chiarezza ha escluso di poter riprendere il dialogo con il mondo arabo e con i palestinesi sulla base dei precedenti presupposti.

Quasi subito dopo l'insediamento, infatti, il Ministro degli esteri Lieberman ha posto in discussione sia i precedenti impegni sulla creazione di uno Stato autonomo palestinese, sia la possibilità di un ritorno negoziale delle alture del Golan alla Siria. In questo quadro il Ministro degli Esteri Franco Frattini ha visitato il Medio Oriente il 7 e l'8 aprile 2009, recandosi dapprima in Libano e poi in Siria, e facendosi interprete della volontà occidentale di un nuovo approccio ai problemi mediorientali, a condizione di una corrispettiva volontà di cooperazione della Siria e dell'Iran.

In particolare a Damasco è stato chiesto di esercitare una funzione di moderazione sia nei confronti di Hezbollah in Libano che rispetto al movimento Hamas di Gaza. Il Ministro Frattini ha inoltre sostenuto la opportunità di un rilancio dei negoziati, mediati dalla Turchia, tra Siria e Israele - interrotti con l'inizio dell'operazione israeliana a Gaza -, come anche di una rinnovata funzione di mediazione siriana verso Teheran. Quest'ultimo aspetto è ritenuto fondamentale anche in vista della Conferenza di giugno di Trieste sulla stabilizzazione del conflitto afghano-pakistano, cui dovrebbe prender parte, secondo i nuovi auspici di Washington, anche l'Iran.

L'approssimarsi della scadenza elettorale libanese ha provocato anche sul piano internazionale diverse iniziative e prese di posizione: il 26 aprile il nuovo Segretario di Stato USA Hillary Clinton ha effettuato una visita improvvisa in Libano per dare un chiaro segnale (parole testuali) nella prospettiva delle elezioni di giugno, mettendo soprattutto in luce che il nuovo corso americano verso Siria e Iran non comporterebbe il sacrificio degli interessi libanesi. La Clinton ha inteso in qualche modo influire sullo svolgimento delle elezioni, affermando che esse dovranno essere libere e trasparenti e dovranno tenersi al di fuori di condizionamenti violenti e di interferenze esterne - allusione trasparente, quest'ultima, alla necessità che l'Iran e la Siria non esercitino pressioni o addirittura violenze per interposta persona (Hezbollah) sulla consultazione elettorale. Inoltre, la stampa libanese ha riferito in merito all'imminente fornitura americana - prima delle elezioni - di importanti attrezzature militari all'esercito di Beirut.

Sul fronte opposto, Hezbollah cerca di capitalizzare al massimo il rilascio, ordinato il 29 aprile da parte del Tribunale internazionale per il Libano - insediato il 1º marzo e che indaga sugli attentati culminati con l'assassinio di Rafik Hariri nel febbraio 2005 -, di quattro generali libanesi filosiriani incarcerati da quasi quattro anni perché ritenuti coinvolti nell'attentato a Hariri. i quattro alti ufficiali erano in effetti in posizioni chiave nel periodo della massima influenza siriana sul Libano, e Hezbollah ha immediatamente sfruttato la loro scarcerazione, affermando che essa segna la caduta della maggioranza parlamentare filoccidentale. Nel festeggiare il ritorno a casa dei quattro ufficiali, Hezbollah, che ne ha organizzato con efficacia la spettacolarizzazione, ha rivendicato la necessità di arrestare ora i veri responsabili e incriminarli per quattro anni di depistaggi e di ritardi. Peraltro, secondo il procuratore tedesco Mehlis, che aveva diretto la Commissione d'inchiesta internazionale insediata quasi subito dopo l'assassinio Hariri, la scarcerazione non significa assoluzione dei quattro generali, che anzi rimangono nella lista dei sospettati.

 

 


Le missioni UNIFIL e UNTSO in Libano

La prima fase di UNIFIL

Il 14 marzo 1978, dopo un nuovo attacco in territorio israeliano ad opera di un commando palestinese, le forze armate di Israele hanno invaso il Libano, occupandone la parte meridionale dove si trovavano le postazioni da cui partivano gli attacchi. Il successivo 19 marzo, il Consiglio di sicurezza dell’ONU, in seguito alle proteste del Governo libanese, ha approvato le risoluzioni 425 e 426, con le quali ha invitato Israele alla cessazione delle azioni militari ed al ritiro delle truppe ed ha deliberato contemporaneamente l’immediata costituzione di una forza di interposizione nel Libano meridionale, al confine con Israele.

È, stata, così, costituita la missione UNIFIL (United Nations Interim Force In Lebanon) con il compito di verificare il ritiro delle truppe israeliane, di ristabilire la pace e la sicurezza internazionale, nonché di assistere il Governo del Libano a ripristinare la sua effettiva autorità nella zona.

La partecipazione italiana alla missione è iniziata nel luglio 1979, con uno squadrone di elicotteri dell’Esercito, dotato di 4 velivoli e costituito da circa 50 militari, con compiti di ricognizione, ricerca e soccorso, trasporto sanitario e collegamento. Tale squadrone, dislocato presso Naquora, continua tuttora la sua attività di volo.

Dopo la nuova invasione israeliana del Libano, nel giugno 1982, che giunse quasi fino a Beirut, le attività di UNIFIL sono rimaste relegate dietro le linee israeliane, limitandosi a fornire protezione e assistenza umanitaria alla popolazione locale. Nel 1985, Israele ha proceduto ad un parziale ritiro, mantenendo, con la collaborazione dei miliziani dell’Esercito del Libano del Sud, il controllo del Libano meridionale.

Nei quindici anni successivi sono proseguite le ostilità tra Israele e le forze ausiliarie, da un lato, e le milizie sciite filosiriane di Hezbollah, dall’altro lato, mentre UNIFIL ha continuato a svolgere, anche se parzialmente, il proprio compito, adoperandosi per limitare il conflitto e per proteggere la popolazione dell’area. Il mandato della missione è rimasto infatti invariato, attraverso i rinnovi semestrali decisi dal Consiglio di sicurezza ONU.

A seguito del ritiro totale delle truppe israeliane, avvenuto tra maggio e giugno del 2000, UNIFIL ha svolto un importante ruolo nella fase di transizione, per il pattugliamento (insieme alle forze armate libanesi) e lo sminamento dell’area liberata, per la definizione della linea di confine (linea blu) e per l’assistenza ai libanesi che avevano fatto parte delle milizie filoisraeliane.

A partire dal 2000 la missione ha operato avvalendosi anche dell’assistenza degli osservatori militari della missione UNTSO (United Nations Truce Supervision Organization), istituita nel maggio 1948 per assistere il Mediatore delle Nazioni Unite e la Commissione per la tregua nella supervisione della tregua in Palestina.

Al termine di questa fase la consistenza del contingente impegnato era ridotta a circa 2.000 unità (giugno 2006).

 

La nuova UNIFIL

A seguito di una offensiva missilistica di Hezbollah in territorio israeliano e dell’uccisione di alcuni soldati israeliani e la cattura di altri, nel luglio 2006, si è aperta una nuova fase del conflitto, durata 34 giorni, durante la quale Israele ha lanciato un’offensiva in territorio libanese ed ha imposto il blocco aeronavale sul Paese, mentre Hezbollah ha risposto con una intensa attività di guerriglia e con il lancio di razzi che hanno raggiunto anche città ritenute sicure come Nazareth, Haifa e Tiberiade. Le forze militari libanesi non sono intervenute nel conflitto.

L’11 agosto 2006 il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato, all’unanimità, la risoluzione n. 1701, che, tra l’altro, ha invitato alla completa cessazione delle ostilità (sia di ogni attacco da parte di Hezbollah sia di tutte le operazioni militari offensive da parte di Israele) ed ha previsto, a tregua avvenuta, il dispiegamento congiunto delle forze libanesi e di UNIFIL (il cui contingente è stato incrementato fino a un massimo di 15.000 unità) nel Libano meridionale, nonché il contestuale ritiro di Israele dalla regione. Il nuovo dispiegamento di UNIFIL, cui hanno contribuito in modo consistente e determinante l’Italia e la Francia, è stato avviato dopo il cessate il fuoco iniziato il 14 agosto. Nella guerra sono morti più di 1.100 libanesi, mentre oltre un milione sono stati costretti a lasciare le loro case. Sono stati danneggiati 150 ponti, 60.000 unità abitative, di cui almeno 15.000 completamente rase al suolo.

La risoluzione ha ridefinito i compiti di UNIFIL ed ha previsto la costruzione di una fascia di sicurezza a sud del fiume Litani, nella quale la missione, insieme all’esercito libanese, esercita una azione "cuscinetto" per prevenire la ripresa delle ostilità. La risoluzione impegna il Governo libanese “a sorvegliare i propri confini in modo da impedire l’ingresso illegale in Libano di armamenti e materiali connessi”, e tutti gli Stati ad adoperarsi affinché armamenti, materiali bellici e assistenza tecnico-militare siano forniti “solo su autorizzazione del Governo libanese o dell’UNIFIL”.

Tra i nuovi compiti di UNIFIL vi sono anche quelli di monitorare l’effettiva cessazione delle ostilità, di “mettere in atto i provvedimenti che impongono il disarmo dei gruppi armati in Libano”, nonché di prestare la propria assistenza per contribuire ad assicurare l’accesso umanitario alle popolazioni civili e il volontario e sicuro ritorno delle persone sfollate. UNIFIL è inoltre autorizzata a resistere a tentativi volti ad impedire ad essa con la forza l’esecuzione dei suoi compiti, e a proteggere il personale, i locali, le installazioni e il materiale delle Nazioni Unite, nonché gli operatori umanitari e i civili “esposti a una minaccia imminente di violenza fisica”.

Dal 2 febbraio 2007, il Generale di divisione Claudio Graziano ha assunto il comando della missione, sostituendo anticipatamente il responsabile francese.

Per quanto riguarda le regole di ingaggio, il Ministro della difesa Ignazio La Russa, l’11 giugno 2008[2], dopo aver ricordato che l'obiettivo della missione UNIFIL è ''quello di assistere il governo libanese ad esercitare la sua sovranità nel Paese e di sostenere le forze armate libanesi nel garantire la sicurezza in una specifica area'', – ha,altresì, dichiarato che al momento “non occorre modificare regole di ingaggio; in verità, non credo che occorra modificare alcunché, prima di tutto perché non tocca a noi fare modifiche, in secondo luogo perché nella zona del nostro contingente il pericolo è lo stesso dei mesi precedenti e infine perché a parlare troppo di modifica di regole d'ingaggio si crea una tensione che non è affatto utile”.

Attualmente le attività operative di UNIFIL consistono: nell’osservazione dei posti fissi; nella condotta di pattuglie diurne e notturne e nella realizzazione di check-points; nel collegamento con le forze armate libanesi; nel pattugliamento marittimo. La struttura delle forze UNIFIL prevede anche una componente navale, la Maritime Task Force 448 - UNIFIL (TF 448), attualmente multinazionale a guida EUROMARFOR (European Maritime Force) e alla quale al momento prende parte il pattugliatore d’altura italiano “Comandante Foscari”. L’impiego della TF448 nelle acque prospicienti le coste libanesi, è finalizzato ad impedire il traffico di armi illegali dal mare verso il Libano e a far rispettare le risoluzioni ONU 1701 e 1773. Dal 29 febbraio e fino al 1° settembre 2008, il Gruppo Navale di EUROMARFOR assumeva, sotto il Comando del Contrammiraglio Ruggiero di Biase, la guida della Maritime Task Force (MTF) di UNIFIL.

La sede del Comando della missione UNIFIL, guidata come accennato dal Generale Claudio Graziano è a Naqoura. Nella medesima località il Colonnello Gerardo Restaino è al comando della Componente Nazionale nel cui ambito opera una compagnia di Force Protection e una componente dell’Aviazione dell’Esercito, costituita da elicotteri AB-212 e AB-412 e con compiti d’evacuazione sanitaria, ricognizione, ricerca e soccorso e collegamento tra UNIFIL HQ e le unità operative dipendenti.

Il quartier generale del contingente italiano è presso la base militare di Tibnin (30 chilometri a est di Tiro), dove ha sede anche il Comando del Settore Ovest di UNIFIL. A Tibnin il 2 maggio 2009 è avvenuto l’avvicendamento tra la Brigata di Cavalleria “Pozzuolo del Friuli” e la subentrante Brigata corazzata Ariete, già impiegata in ambito UNIFIL dal 10 ottobre 2007 al 28 maggio 2008. Il comando del Settore Ovest di UNIFIL e del contingente nazionale è quindi passato al Generale Carmelo Di Cicco. Alle sue dipendenze operano due Battle Group di manovra, un gruppo di supporto di aderenza che garantisce il sostegno logistico al contingente, e unità specialistiche (genio, trasmissioni, CIMIC, NBC, EOD), assetti dell’aviazione dell’Esercito, Forze Speciali ed una componente di Polizia Militare dell’Arma dei Carabinieri. Le unità di manovra e i supporti sono suddivisi tra le basi di Ma’ Araka, Al Mansuri, Zibqin, Bayyadah, Hariss e Shaama. Nell’ambito del contingente nazionale operano unità di Francia, Ghana, Corea del Sud, Slovenia e Malesia.

Il contingente della missione UNIFIL è attualmente composto da 12.261 unità; il maggiore contributo è fornito dall’Italia (2.694), dalla Francia (1.440), dall’Indonesia (1.146), dalla Spagna (1.050), dal Ghana, dall’India e dal Nepal (con circa 900 unità per ciascun Paese). Il mandato dell’UNIFIL è stato prorogato, da ultimo, al 31 agosto 2009 dalla risoluzione 1832 (2008) del Consiglio di sicurezza dell’ONU.Nel corso dei 30 anni di attività sono rimasti uccisi 268 militari della missione, di cui 4 italiani deceduti nel 1997 a causa di un incidente elicotteristico.

In passato sono sorte talune polemiche circa la realizzazione dell’obiettivo di effettuare i controlli sugli armamenti illegalmente detenuti. A questo proposito, la stampa israeliana aveva riferito la notizia di un incidente, accaduto il 30 marzo 2008, ad una pattuglia italiana di UNIFIL, che aveva intercettato un autocarro carico di munizioni scortato da guerriglieri Hezbollah, i quali ne avevano impedito con le armi la perquisizione, costringendo i caschi blu a ritornare alla loro base. L’incidente, definito peraltro una “seria violazione della risoluzione 1701” in un rapporto del segretario generale dell' ONU trasmesso al Consiglio di Sicurezza, è stato confermato dalla portavoce di UNIFIL e dal generale Graziano pur senza fare riferimento esplicito ad Hezbollah. Il Generale Graziano, dopo aver sottolineato che UNIFIL aveva scoperto, da settembre 2006, centinaia di depositi di armi di Hezbollah, in un’intervista rilasciata all'Orient Le Jour, aveva evidenziato i risultati ottenuti dai "circa 400 pattugliamenti quotidiani" e respinto le accuse di indulgenza nei confronti delle milizie mosse dal governo israeliano. Il problema, aveva aggiunto, è che “tra i compiti dell'UNIFIL non vi è quello di disarmare i miliziani ma solo di denunciare le scoperte di armi all'esercito libanese”.

La questione della presenza di armi di Hezbollah nell'area a sud del fiume Litani, che segna il confine settentrionale della zona di operazioni della missione, era già stata toccata dal Generale Graziano il 23 dicembre 2007. In quell’occasione, nel delineare in dichiarazioni rilasciate all’agenzia ANSA le prospettive future per UNIFIL, tracciando anche un positivo bilancio dei primi due anni di incarico alla guida della missione (“a parte qualche difficoltà – ha dichiarato Graziano - abbiamo assolto in modo completo il mandato indicato nella risoluzione Onu n.1701; manteniamo la cessazione di ostilità e con l'esercito libanese assicuriamo stabilità e sicurezza''), il Generale Graziano aveva altresì affermato che ''negli ultimi mesi non abbiamo avuto prove di traffici di armi, ma questo non vuol dire che essi non ci siano”. Il Generale aveva inoltre precisato che il mandato della missione non consente di ispezionare le abitazioni private in assenza di prove di un'eventuale violazione. Infine, a proposito delle ricorrenti minacce contro la missione da parte di sedicenti gruppi estremisti islamici, il generale Graziano aveva sottolineato l’accurato lavoro di intelligence condotto anche insieme all'esercito libanese.

Lo scorso 9 gennaio 2009 una pattuglia di UNIFIL ha scoperto due depositi di vecchie armi (circa 34 razzi Grand-P e alcune scatole di munizioni) in due bunker, all’apparenza abbandonati dalla guerra del 2006, situati tra le colline di Kafer Chouba e Kafer Hammam, nel settore orientale dell’aera operativa della missione nel sud del Libano. In tale occasione, come riportato in un comunicato stampa di UNIFIL,  il Generale Graziano ha sottolineato che ''i recenti sviluppi ci hanno indotto a rafforzare la nostra presenza congiunta (con l'esercito libanese) sul campo ed è stato nel corso dell'intensificazione dei pattugliamenti che i due nascondigli sono stati ritrovati''. Il giorno precedente il ritrovamento dei due depositi alcuni razzi erano stati sparati dal Sud del Libano verso Israele, dove avevano causato il ferimento leggero di almeno tre persone. Intervenendo ad una trasmissione televisiva, il Ministro degli esteri Franco Frattini, come riportato dall’agenzia Ansa, dopo aver precisato che i razzi rinvenuti non sono di Hezbollah ma ''di formazioni estremiste palestinesi'', ha affermato che le truppe italiane dislocate in Libano nell'ambito della missione UNIFIL sono da quel momento ''in massima vigilanza''edhanno moltiplicato i pattugliamenti “per trovare eventuali basi missilistiche di questi estremisti”. L’intensificazione delle attività di pattugliamento di UNIFIL in cooperazione con l’esercito libanese era stata decisa - come riportato dalle agenzie di stampa  - dopo che il 25 dicembre i militari di Beirut avevano trovato, nell’area di operazioni, otto razzi di media e corta gittata puntati verso lo stato ebraico.

Dopo un ulteriore lancio di razzi contro Israele dal Sud del Libano il 14 gennaio 2009, caduti sulla zona di Khiriat Shmona senza causare vittime o danni, le indagini svolte da UNIFIL con le forze armate libanesi (LAF) hanno consentito di individuare diversi siti di lancio. Il Ministro della difesa, Ignazio La Russa, in visita al contingente italiano in Libano in quegli stessi giorni (13 gennaio) ha sottolineato che il livello di attenzione dei militari italiani è sempre alto, ma nonostante la situazione di tensione determinatasi a seguito dell'offensiva israeliana nella Striscia di Gaza ''la situazione appare sotto controllo'' e non viene rilevato ''un accrescimento di pericolo rispetto al passato''. Il Ministro ha inoltre rilevato che l’avere appreso “la ferma volontà di tutto il governo di Beirut, quindi anche della componente Hezbollah, di impedire che partano razzi da questa parte, ci rassicura. I nostri soldati daranno il massimo contributo all'esercito libanese: abbiamo dato indicazioni che il loro intervento si spinga al massimo consentito dalle regole d'ingaggio''.

Il 21 febbraio i caschi blu di UNIFIL hanno individuato il campo dal quale sarebbero partiti i razzi - uno dei quali ha raggiunto il territorio di Israele e causato il ferimento di due persone – sparati dal sud del Libano la mattina di quello stesso giorno. 

Si segnala, infine, che, come riportato da agenzie di stampa, la proposta di dare vita a truppe congiunte italo-francesi che operino nell'ambito della missione internazionale in Libano, avanzata dal presidente francese Nicolas Sarkozy nel corso della sua visita a Roma il 24 febbraio, è stata accolta con favore da parte italiana.


 


 

 

Missione UNTSO

Istituita nel maggio 1948 per assistere il Mediatore delle Nazioni Unite e la Commissione per la tregua nella supervisione della tregua in Palestina, l’UNTSO (United Nations Truce Supervision Organization)  ha portato a termine vari compiti autorizzati dal Consiglio di Sicurezza, tra cui la supervisione dell’armistizio del 1949 e l’osservazione del cessate-il-fuoco nell’area del Canale di Suez e delle alture del Golan dopo la guerra araba-israeliana del giugno 1967.Attualmente l’UNTSO assiste e coopera con l’UNDOF (United Nations Disengagement Observer Force) nelle alture del Golan e con l’UNIFIL in Libano. L’UNTSO è presente anche nel settore egizio-israeliano del Sinai, e ha uffici a Beirut e a Damasco.

La missione è costituita da 151 osservatori militari supportati da 95 unità di personale civile internazionale e da 133 unità di staff civile locale. 

L'Italia, il cui contingente è costituito da otto unità, partecipa alla missione dal 1958. Gli osservatori italiani sono normalmente distribuiti negli Out Stations del Libano, Israele e Siria. A seguito della crisi del 2006 tra Libano ed Israele, tutto il personale di UNTSO è stato ritirato dalle 4 Patrol Bases e, in particolare il personale italiano è tutto concentrato presso Naqoura.

Nel 1973 uno degli osservatori italiani nella zona di Suez ha perso la vita a causa di una mina. Il 23 luglio 2006 è stato ferito da un colpo di granata il capitano Roberto Punzo.

 

 

 

 

 




[1]    Poiché la consistenza confessionale è una questione sensibile, un censimenti nazionale non è stato condotto dopo quello del 1932. Tuttavia, secondo alcuni studi demografici ritenuti affidabili, condotti negli ultimi due anni, circa il 35% dei musulmani sono sunniti, il 35% sciiti e il 5% drusi. Negli anni, è stato registrato un evidente declino della popolazione cristiana dovuta alla forte emigrazione dei cristiano maroniti.

[2]  Cfr. seduta delle Commissioni riunite III e IV della Camera dei deputati e del Senato nel corso della quale i Ministri degli Affari esteri e della Difesa hanno reso le loro Comunicazioni sugli sviluppi relativi alle missioni internazionali.