Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento ambiente
Titolo: Disposizioni urgenti per il riordino della Protezione civile - A.C. 5203-A DL 59/2012 Schede di lettura
Riferimenti:
AC N. 5203-A/XVI     
Serie: Progetti di legge    Numero: 645    Progressivo: 2
Data: 18/06/2012
Descrittori:
DECRETO LEGGE 2012 0059   PROTEZIONE CIVILE
Organi della Camera: VIII-Ambiente, territorio e lavori pubblici
Altri riferimenti:
DL N. 59 DEL 18-MAG-12     

 

Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

Disposizioni urgenti per il riordino della Protezione civile

D.L. 59/2012 - A.C. 5203-A

Schede di lettura

 

 

 

 

 

 

n. 645/2

 

 

 

18 giugno 2012

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Ambiente

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( 066760-3144/ 066760-3855 – * st_istituzioni@camera.it

Hanno partecipato alla redazione del dossier i seguenti Servizi e Uffici:

Segreteria Generale – Ufficio Rapporti con l’Unione europea

( 066760-2145 – * cdrue@camera.it

§         Le schede di lettura sono state redatte dal Servizio Studi.

§         Le parti relative ai documenti all’esame delle istituzioni dell’Unione europea e alle procedure di contenzioso sono state curate dall'Ufficio rapporti con l'Unione europea.

 

 

I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

File: D12059c

 


INDICE

Schede di lettura

§      Articolo 1, comma 1, lettera a) (Funzioni di coordinamento centrale in materia di protezione civile).3

§      Articolo 1, comma 1, lettera b) (Calamità naturali e impiego di mezzi e poteri straordinari).9

§      Articolo 1, comma 1, lettera b-bis) (Attività e compiti di protezione civile).11

§      Articolo 1, comma 1, lettera b-ter) (Sistema di allerta nazionale per il rischio meteo-idrogeologico ed idraulico).15

§      Articolo 1, comma 1, lettera b-ter) (Gestione delle reti di monitoraggio e uso delle radio-frequenze)19

§      Articolo 1, comma 1, lettera c), nn. 1 e 2 (Dichiarazione e durata dello stato di emergenza).23

§      Articolo 1, comma 1, lettera c), nn. 3-7 (Potere di ordinanza).27

§      Articolo 1, comma 1, lettera c), n. 8 (Rendiconto dei Commissari delegati).35

§      Articolo 1, comma 1, lettera c), nn. 9 e 10 (Nuova modalità di finanziamento degli interventi conseguenti  agli eventi calamitosi).37

§      Articolo 1, comma 1, lettera c), n. 11 (Pagamento degli oneri dei mutui attivati a seguito di calamità naturali).45

§      Articolo 1, comma 1, lettera d) (Compiti di protezione civile dei prefetti).47

§      Articolo 1, comma 1, lettera e) (Compiti dei sindaci e dei comuni in materia di protezione civile).51

§      Articolo 1, comma 1, lettera e)-bis (Monitoraggio sull’attuazione delle misure contenute nelle ordinanze di protezione civile).55

§      Articolo 1, comma 1-bis (Deroga al patto di stabilità interno per interventi realizzati direttamente dai comuni e dalle province in relazione a eventi calamitosi)59

§      Articolo 1, comma 2 (Trasferimento della flotta aerea della Protezione civile al Dipartimento dei vigili del fuoco).63

§      Articolo 1, comma 3 (Controllo della Corte dei conti sui provvedimenti commissariali).67

§      Articolo 1, comma 4 (Abrogazione del comma 2 dell’art. 15 del D.L. n. 195/2009 in materia di organizzazione delle strutture territoriali di protezione civile).69

§      Articolo 1-bis (Piano regionale di protezione civile).73

§      Articolo 2. (Coperture assicurative su base volontaria contro i rischi di danni derivanti da calamità naturali).75

§      Articolo 3, commi 1 e 2 (Grandi eventi e gestioni commissariali in corso).77

§      Articolo 3, comma 3 (Completamento degli interventi dei commissari per l’emergenza nomadi).81

§      Articolo 3, comma 3-bis (Deroghe al patto di stabilità interno per gli enti territoriali)89

§      Articolo 3, comma 4 (Acquisto del termovalorizzatore di Acerra).93

§      Articolo 3, comma 5 (Esclusione del Fondo per lo sviluppo e la coesione da tagli lineari)97

§      Articolo 3, comma 5-bis (Anagrafe pubblica degli appalti dei grandi eventi)99

 


Schede di lettura

 


 

Articolo 1, comma 1, lettera a)
(Funzioni di coordinamento centrale in materia di protezione civile).

1. Alla legge 24 febbraio 1992, n. 225, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 2 è premesso il seguente:

«Art. 1-bis. – (Servizio nazionale della protezione civile). – 1. È istituito il Servizio nazionale della protezione civile al fine di tutelare la integrità della vita, i beni, gli insediamenti e l'ambiente dai danni o dal pericolo di danni derivanti da calamità naturali, da catastrofi e da altri eventi calamitosi.

2. Il Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero, per sua delega, un Ministro con portafoglio o il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri segretario del Consiglio, per il conseguimento delle finalità del Servizio nazionale della protezione civile, promuove e coordina le attività delle amministrazioni dello Stato, centrali e periferiche, delle regioni, delle province, dei comuni, degli enti pubblici nazionali e territoriali e di ogni altra istituzione ed organizzazione pubblica e privata presente sul territorio nazionale.

3. Per il conseguimento delle finalità di cui al comma 2, il Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero, per sua delega ai sensi del medesimo comma 2, un Ministro con portafoglio o il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri segretario del Consiglio, si avvale del Dipartimento della protezione civile, istituito nell'ambito della Presidenza del Consiglio dei ministri.

 

 

L’articolo 1, al comma 1, lett. a) nn. 1 e 2), confermando in capo al Presidente del Consiglio la titolarità delle funzioni di coordinamento a livello centrale in materia di protezione civile, ne prevede la facoltà di delega a un Ministro con portafoglio ovvero al Sottosegretario di stato alla Presidenza del Consiglio, anziché al Ministro per il coordinamento della protezione civile. Conseguentemente si prevede che gli stessi soggetti delegati si avvalgano del Dipartimento della protezione civile.

 

In particolare il comma 1, modificato nel corso dell’esame in sede referente, introduce un nuovo art. 1-bis nel testo di cui alla legge 24 febbraio 1992, n. 225 (Istituzione del Servizio nazionale della protezione civile).

 

Nel testo originario del decreto-legge, il comma in esame interveniva con una novella di tipo ordinamentale sul non più vigente art. 1 della L. 225/1992.

Difatti, tale articolo era stato prima abrogato dall’art. 87, co. 2 del D.Lgs. 300/1999 (Riforma dell'organizzazione del Governo), che, all’art. 79, aveva istituito l’Agenzia di protezione civile sopprimendo anche il consiglio nazionale della protezione civile di cui all'art. 8 della L. n. 225. Successivamente il citato art. 87 è stato abrogato dalla lettera e) del comma 1 dell'art. 1, D.L. n. 343/2001, come modificato dalla relativa legge di conversione, il quale attraverso puntuali modifiche del D.Lgs. 300/1999, ha soppresso l’Agenzia di protezione civile ampliando le competenze del Ministero dell’interno; l’art. 5 del decreto ha così ricondotto al Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero al Ministro delegato, le competenze in materia di protezione civile indicate dalle disposizioni della L. n. 225/1992 già abrogate dal D.Lgs. n. 300 (si ricorda, altresì, che tutte le disposizioni della legge 225/1992, incompatibili con il D.L. n. 343/2001, sono state abrogate dall'art. 6 dello stesso decreto. Recependo le osservazioni formulate dal Comitato per la legislazione nel parere espresso sul testo del provvedimento, l’articolo è stato premesso al primo contenuto nella legge 225/92 .

Come sottolineato, poi, dalla relazione illustrativa, l’intervento correttivo è volto, in prima battuta, a restituire alla funzione di protezione civile la sua tradizionale connotazione, provvedendo ad assegnare allo stato di emergenza precisi ambiti temporali - di regola sessanta giorni, prorogabili per altri quaranta - compatibili con tale stato ed impedendo che l'oggetto della normativa di emergenza ricomprenda fattispecie non attinenti all'organizzazione ed allo svolgimento di servizi di soccorso ed assistenza.

 

Più specificamente, alla lettera a), ribadita l’attribuzione al Presidente del Consiglio dei Ministri delle competenze in materia di promozione e coordinamento delle attività delle amministrazioni statali e locali e di ogni altra istituzione pubblica e privata sul territorio, per il conseguimento delle finalità del Servizio nazionale della protezione civile, si interviene sull’individuazione del destinatario di un’eventuale delega di tali competenze. Mentre il testo previgente individuava tale soggetto nel Ministro per il coordinamento della protezione civile, il testo originario del D.L. lo ha individuato nel  Ministro dell’interno ovvero nel Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio e, a seguito dell’esame in sede referente è stata modificata l’individuazione del Ministro dell’interno con quella di Ministro con portafoglio, come risulta dal testo a fronte di seguito riportato[1].

I soggetti sopra individuati si avvalgono del Dipartimento della protezione civile in favore del quale permangono le funzioni di coordinamento a livello centrale.

 

 

Testo previgente art. 1  L. 225/1992

Testo risultante dalle modifiche apportate dal D.L. 59/2012

Art. 1 (Servizio nazionale della protezione civile)

Art. 1 (Servizio nazionale della protezione civile)

2. Il Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero, per sua delega, ai sensi dell'articolo 9, commi 1 e 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il Ministro per il coordinamento della protezione civile, per il conseguimento delle finalità del Servizio nazionale della protezione civile, promuove e coordina le attività delle amministrazioni dello Stato, centrali e periferiche, delle regioni, delle province, dei comuni, degli enti pubblici nazionali e territoriali e di ogni altra istituzione ed organizzazione pubblica e privata presente sul territorio nazionale.

2. Il Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero, per sua delega, un Ministro con portafoglio o il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri segretario del Consiglio, per il conseguimento delle finalità del Servizio nazionale della protezione civile, promuove e coordina le attività delle amministrazioni dello Stato, centrali e periferiche, delle regioni, delle province, dei comuni, degli enti pubblici nazionali e territoriali e di ogni altra istituzione ed organizzazione pubblica e privata presente sul territorio nazionale.

3. Per lo svolgimento delle finalità di cui al comma 2, il Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero, per sua delega ai sensi del medesimo comma 2, il Ministro per il coordinamento della protezione civile, si avvale del Dipartimento della protezione civile, istituito nell'ambito della Presidenza del Consiglio dei ministri, ai sensi dell'articolo 21 della legge 23 agosto 1988, n. 400].

3. Per lo svolgimento delle finalità di cui al comma 2, il Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero, per sua delega ai sensi del medesimo comma 2, un Ministro con portafoglio o il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri segretario del Consiglio, si avvale del Dipartimento della protezione civile, istituito nell'ambito della Presidenza del Consiglio dei ministri, ai sensi dell'articolo 21 della legge 23 agosto 1988, n. 400.

 

L’art. 1, comma 2, della L. 225/1992 recava un inciso, soppresso con la modifica in esame, di richiamo all'art. 9, commi 1 e 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri), che, da un lato, regola l’attività dei ministri senza portafoglio, i quali svolgono le funzioni loro delegate dal Presidente del Consiglio dei ministri sentito il Consiglio dei ministri (co. 1), dall’altro specifica che ogni qualvolta la legge o altra fonte normativa assegni, anche in via delegata, compiti specifici ad un Ministro senza portafoglio ovvero a specifici uffici o dipartimenti della Presidenza del Consiglio dei Ministri, gli stessi debbono intendersi comunque attribuiti, rispettivamente, al Presidente del Consiglio, che può delegarli a un Ministro o a un Sottosegretario di Stato, e alla Presidenza del Consiglio dei Ministri (co. 2). È stato, altresì, soppresso il richiamo al Ministro per il coordinamento della protezione civile sia al comma 2 che al comma 3 dell’articolo 1 de quo; come detto, infatti, il Dipartimento della Protezione Civile è una struttura della Presidenza del Consiglio, al cui vertice è posto un Capo Dipartimento che assicura l'indirizzo, il coordinamento e il controllo delle attività del Dipartimento della Protezione Civile.

La modifica intervenuta nel corso dell’esame presso le Commissioni, ha espunto il riferimento al solo Ministro dell’interno, quale unico componente dell’Esecutivo al quale poter delegare le funzioni in materia di protezione civile spettanti al Presidente del Consiglio, introducendo la facoltà di delega in favore di qualsiasi Ministro con portafoglio.


 

È opportuno ricordare che la protezione civile è stata originariamente disciplinata dalla legge 8 dicembre 1970, n. 996 ("Norme sul soccorso e l'assistenza delle popolazioni colpite da calamità – Protezione civile") e del relativo regolamento di esecuzione (D.P.R. 6 febbraio 1981, n. 66) che ponevano in capo al Ministro dell'interno il compito di organizzazione generale della protezione civile, compresa la direzione e il coordinamento di tutte le attività svolte in caso di calamità.

Successivamente è intervenuta in materia la L. n. 225/1992, e successive modificazioni, in virtù della quale la protezione civile risulta costituita da un articolato sistema basato sul Servizio nazionale della protezione civile di cui fanno parte le amministrazioni dello Stato, centrali e periferiche, dalle regioni, dalle province, dai comuni, dagli enti pubblici nazionali e territoriali e da ogni altra istituzione ed organizzazione pubblica e privata presente sul territorio nazionale. Dopo la riforma del Titolo V della seconda parte della Costituzione (2001), la protezione civile è considerata materia di legislazione concorrente e, quindi di competenza regionale, nell'ambito dei principi fondamentali di indirizzo dettati dalla legge, assetto ribadito dalla legge 15 marzo 1997, n. 59[2] (c.d. Bassanini 1) la quale, all'art. 1, co. 4, lett. c), ha previsto il mantenimento allo Stato dei soli compiti di rilievo nazionale del sistema di protezione civile (il D.Lgs. n. 112 del 31 marzo 1998, attuando tale previsione, ha disposto, agli artt. 107-109, il trasferimento di tutte le funzioni amministrative alle regioni ed agli enti locali ad eccezione di una serie di compiti e di funzioni).

Dopo aver classificato gli eventi secondo la gravità (ordinari e straordinari) e la pluralità o meno degli enti coinvolti, la legge n. 225, all’art. 3, individua le attività di protezione civile: previsione e prevenzione delle varie ipotesi di rischio; soccorso delle popolazioni sinistrate; superamento dell'emergenza.

Per quanto riguarda il primo tipo di attività, ossia quella di previsione e prevenzione, si prevedono la predisposizione di indirizzi e programmi nazionali, regionali e provinciali.

Lo Stato, oltre a promuovere e coordinare tutte le attività di protezione civile, svolge, a livello operativo, un ruolo centrale nelle situazioni straordinarie, avendo il Governo il potere di dichiarare lo stato di emergenza, il potere di ordinanza, quello di nomina di commissari delegati. In merito a situazioni eccezionali o eventi calamitosi, rileva menzionare le cd. ordinanze di protezione civile di cui all’art. 5 della L. 225/1992 che hanno assunto, nel corso degli anni, una peculiare fisionomia, in quanto, pur non avendo forza di legge né tanto meno natura normativa, si sono palesate idonee a derogare ad ogni disposizione vigente, pur nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento. Prima dell’intervento normativo in esame, l’emanazione di tali ordinanze spettava in via esclusiva al Presidente del Consiglio, in seguito alla deliberazione dello stato di emergenza da parte del Consiglio dei ministri (presupposto formale), al verificarsi di un evento straordinario di protezione civile (presupposto sostanziale) consistente, ex art. 2, comma 1, lett. c), in “calamità naturali, catastrofi o altri eventi che, per intensità ed estensione, debbono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari”. Si noti come numerosi elementi sembrano avvalorare un effetto di una progressiva “attrazione” di interi ambiti materiali nell’orbita di siffatte ordinanze, con conseguente sottrazione di questi ultimi alla legislazione primaria[3].

Per quanto concerne le competenze operative riconosciute agli enti territoriali, per gli eventi di ambito comunale il sindaco è autorità di protezione civile (art. 15), ed assume la direzione e il coordinamento dei servizi di soccorso e di assistenza delle popolazioni; nel caso in cui la calamità non sia fronteggiabile dal solo comune, subentra la competenza del prefetto, che coordina i propri interventi con quelli del comune. Le province (art. 13 )sono chiamate a svolgere un ruolo prevalentemente di rilevazione, raccolta ed elaborazione di dati, oltre che alla predisposizione e realizzazione dei programmi provinciali di previsione e prevenzione. Le regioni (art. 12) partecipano all’organizzazione ed all’attuazione delle attività di protezione civile, assicurandone lo svolgimento.

Con la circolare 30 settembre 2002, n. 5114, recante una serie di indicazioni volte ad agevolare la ricognizione dell'assetto normativo delle competenze in materia di protezione civile, è stata ribadita da una parte la posizione centrale del Dipartimento della protezione civile, dall’altra, l’applicazione dell’art. 108, lettere a),b) e c) del D.Lgs. 112/1998 con riferimento alle competenze degli enti territoriali[4].

Al coordinamento del Servizio nazionale e alla promozione delle attività di protezione civile, provvede, infatti,  il Presidente del Consiglio dei ministriattraverso il Dipartimento della Protezione civile. Successivamente all’ultima modifica all'organizzazione interna, intervenuta con il DPCM del 6 dicembre 2010, a cui è seguito il decreto del Segretario generale della Presidenza del Consiglio, n. 113 del 18 gennaio 2011, di individuazione di funzioni, uffici e servizi, il Dipartimento risulta articolato in otto uffici e trentasette servizi. Alle dirette dipendenze del Capo del Dipartimento operano il Vice Capo Dipartimento, il Consigliere giuridico, l'Ufficio stampa, la segreteria del Capo Dipartimento, il Servizio grandi eventi e l'Ufficio Relazioni istituzionali.

Nel 2001 al Dipartimento era stato attribuito anche il coordinamento delle azioni necessarie a realizzare i cosiddetti “grandi eventi”, cioè eventi di particolare complessità organizzativa sotto il profilo della sicurezza, dell’ordine pubblico, della mobilità, dell’accoglienza e dell’assistenza sanitaria, che richiede l’adozione di misure di carattere straordinario e urgente, per assicurare un regolare svolgimento dell’evento. L’art. 5-bis, comma 5 del D.L. n. 343/2001[5] aveva, difatti, esteso al “grande evento” le disposizioni della legge n. 225/1992 sulla dichiarazione dello stato di emergenza, in particolare sull’uso delle ordinanze a firma del Presidente del Consiglio dei Ministri. In seguito l’art. 40-bis del D.L. n. 1/2012[6] (cd. decreto liberalizzazioni) ha abrogato il predetto comma 5.

Le strutture operative nazionali del servizio della protezione civile sono individuate dall’art. 11 della L. 225/1995 nei seguenti soggetti :Il Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco, componente fondamentale della protezione civile proprio perché già titolare delle attività istituzionali attinenti al soccorso tecnico urgente, le Forze armate, le Forze di polizia, il Corpo forestale dello Stato, i servizi tecnici nazionali, i gruppi nazionali di ricerca scientifica, l’Istituto nazionale di geofisica e gli altri istituti di ricerca (fondamentali per la predisposizione dei piani di prevenzione e per le mappature delle zone di rischio), la Croce rossa italiana, le strutture del Servizio Sanitario Nazionale, le organizzazioni di volontariato nonché il Corpo nazionale di soccorso alpino.

La L. 225/1992 ha, inoltre, conferito particolare rilievo alla partecipazione della collettività, e quindi delle associazioni no profit, alle attività di protezione civile, conferendo alle organizzazioni di volontariato il ruolo di "struttura operativa nazionale" quale parte integrante del sistema pubblico. Nell'elenco nazionale del Dipartimento della Protezione Civile sono oggi iscritte oltre 4.000 organizzazioni, tra cui più di 3.850 organizzazioni locali in diverse Regioni italiane.

Da ultimo il D.L. n. 90/2005[7] (Disposizioni urgenti in materia di protezione civile), all’art. 4, recante norme finalizzate al potenziamento del Dipartimento della protezione civile, ha attribuito al Presidente del Consiglio dei ministri “la titolarità della funzione in materia di protezione civile”, fatte salve le competenze regionali previste dalla normativa vigente e salva la facoltà di delega ad altro ministro, abrogando alcune disposizioni, contenute nel D.L. 343/2001, recanti riferimenti al ministro o al Ministero dell’interno. Il provvedimento è stato emanato per massimizzare la funzionalità delle attività svolte dal Dipartimento della protezione civile nella gestione delle emergenze e dei rischi per il territorio e per la popolazione civile, anche in considerazione dei compiti istituzionali che lo stesso è chiamato ad assolvere sul fronte degli incendi boschivi e della gestione dei "grandi eventi". Tra gli obiettivi principali del decreto legge vi era, tra l’altro, il potenziamento delle strutture operative del Dipartimento mediante incremento e stabilizzazione del livello di specializzazione e di professionalità del personale.

Inoltre, l’art. 14 di tale D.L. ha sottratto le ordinanze di protezione al controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti.

 

 


 

Articolo 1, comma 1, lettera b)
(Calamità naturali e impiego di mezzi e poteri straordinari).

b) nell'articolo 2, comma 1, la lettera c) è sostituita dalla seguente: «c) calamità naturali o connesse con l'attività dell'uomo che in ragione della loro intensità ed estensione debbono, con immediatezza d'intervento, essere fronteggiate con mezzi e poteri straordinari da impiegare durante limitati e predefiniti periodi di tempo.»;

 

L’articolo 1, comma 1, lettera b), novella l’articolo 2 della legge n. 225/1992, specificando, ai fini dell’attività di protezione civile, la tipologia degli eventi calamitosi naturali e connessi con l’attività dell’uomo, le cui caratteristiche richiedono interventi immediati e l’impiego di mezzi e poteri straordinari, che deve essere limitato e predefinito nel tempo.

In particolare, con la sostituzione della lettera c) del comma 1 dell’articolo 2 della legge n. 225/1992si specifica la tipologia degli eventi che, in ragione della loro intensità ed estensione, debbono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari e che riguarda sia le calamità naturali che quelle connesse con l'attività dell'uomo. Per tali eventi si introducono due requisiti che contraddistinguono l’attività emergenziale necessaria a fronteggiarli, ossia:

§      l’immediatezza degli interventi;

§      l’impiego di mezzi e poteri straordinari per limitati e predefiniti periodi di tempo.

Tale modifica è coerente con quanto disposto dal nuovo comma 1-bis dell’articolo 5 della legge n. 225/1992 che fissa una durata massima di sessanta giorni per lo stato di emergenza, estesa a novanta giorni nel corso dell’esame in sede referente, prorogabile, di regola, per non più di sessanta giorni (anziché di quaranta) sulla base di una modifica approvata dalle Commissioni riunite I e VIII. In tal modo, inoltre, come rileva la relazione illustrativa, si intende procedere a una maggiore omogeneizzazione della terminologia utilizzata per la definizione dei diversi eventi di protezione civile.

 

Si ricorda, infatti, che l’art. 2 della legge n. 225/1992 (riportato nel seguente testo a fronte) classifica gli eventi in ordinari e straordinari a seconda della gravità dell’evento e della pluralità o meno degli enti coinvolti.

E’, inoltre, da sottolineare come l’Italia sia uno dei Paesi europei maggiormente colpiti da disastri naturali, anche a causa di una fragilità territoriale per quanto concerne il dissesto idrogeologico, e uno dei paesi a maggiore pericolosità sismica. Pertanto, per far fronte a tali emergenze – cui si affiancano anche alcune eccezionali ondate di maltempo, eventi meteomarini, precipitazioni nevose, fenomeni di siccità con conseguenti incendi boschivi, nonché altre tipologie di emergenze - attualmente risultano dichiarati e prorogati circa 60 stati di emergenza[8].

 

Nel seguente testo a fronte si evidenziano le modifiche suesposte rispetto al testo previgente dell’articolo 2 della legge n. 225 del 1992.

 

Testo previgente art. 2 L. 225/1992

Testo risultante dalle modifiche apportate dal D.L. 59/2012

Art. 2 (Tipologia degli eventi ed ambiti di competenze)

Art. 2 (Tipologia degli eventi ed ambiti di competenze)

1. Ai fini dell'attività di protezione civile gli eventi si distinguono in:

a) eventi naturali o connessi con l'attività dell'uomo che possono essere fronteggiati mediante interventi attuabili dai singoli enti e amministrazioni competenti in via ordinaria;

 

b) eventi naturali o connessi con l'attività dell'uomo che per loro natura ed estensione comportano l'intervento coordinato di più enti o amministrazioni competenti in via ordinaria;

 

c) calamità naturali, catastrofi o altri eventi che, per intensità ed estensione, debbono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari.

1. Ai fini dell'attività di protezione civile gli eventi si distinguono in:

a) eventi naturali o connessi con l'attività dell'uomo che possono essere fronteggiati mediante interventi attuabili dai singoli enti e amministrazioni competenti in via ordinaria;

 

b) eventi naturali o connessi con l'attività dell'uomo che per loro natura ed estensione comportano l'intervento coordinato di più enti o amministrazioni competenti in via ordinaria;

 

c) calamità naturali o connesse con l'attività dell'uomo che in ragione della loro intensità ed estensione debbono, con immediatezza d’intervento, essere fronteggiate con mezzi e poteri straordinari da impiegare durante limitati e predefiniti periodi di tempo.


 

Articolo 1, comma 1, lettera b-bis)
(Attività e compiti di protezione civile).

b-bis) L'articolo 3 è sostituito dal seguente:

«3. Attività e compiti di protezione civile.

1. Sono attività di protezione civile quelle volte alla previsione e prevenzione dei rischi, il soccorso delle popolazioni sinistrate ed ogni altra attività necessaria ed indifferibile diretta al contrasto ed al superamento dell'emergenza e alla mitigazione del rischio connessa agli eventi di cui all'articolo 2.

2. La previsione consiste nelle attività, svolte anche con il concorso di soggetti scientifici e tecnici competenti in materia, dirette alla identificazione degli scenari di rischio probabili e ove possibile, al preannuncio, monitoraggio, sorveglianza e vigilanza in tempo reale degli eventi e dei conseguenti livelli di rischio attesi.

3. La prevenzione consiste nelle attività volte ad evitare o ridurre al minimo la possibilità che si verifichino danni conseguenti agli eventi di cui all'articolo 2 anche sulla base delle conoscenze acquisite per effetto delle attività di previsione. La prevenzione dei diversi tipi di rischio si esplica in attività non strutturali concernenti l'allenamento, la pianificazione dell’emergenza, la formazione, la diffusione della conoscenza della protezione civile, nonchè l'informazione alla popolazione, l'applicazione della normativa tecnica, ove necessarie, e l'attività esercitazione.

4. Il soccorso consiste nell'attuazione degli interventi integrati e coordinati diretti ad assicurare alle popolazioni colpite dagli eventi di cui all'articolo 2 ogni forma di prima assistenza.

5. Il superamento dell'emergenza consiste unicamente nell'attuazione, coordinata con gli organi istituzionali competenti, delle iniziative necessarie ed indilazionabili volte a rimuovere gli ostacoli alla ripresa delle normali condizioni di vita.

6. Le attività di protezione civile devono armonizzarsi, in quanto compatibili con le necessità imposte dalle emergenze, con i programmi di tutela e risanamento del territorio».

 

La lettera b-bis) del comma 1 dell’articolo 1, introdotta nel corso dell’esame in sede referente, modifica l’articolo 3 della legge n. 225/1992, precisando il novero dei compiti di protezione civile ed integrando l’ambito definitorio delle attività di previsione e prevenzione.

 

In particolare, il nuovo testo del comma 1 dell'articolo 3 integra l’elenco dei compiti di protezione civile, facendovi rientrare lo svolgimento delle attività necessarie ed indifferibili dirette non solo al superamento dell’emergenza (fattispecie già prevista dal testo vigente, come evidenzia il testo a fronte riportato nel seguito), ma anche:

§         al contrasto dell’emergenza;

§         alla mitigazione del rischio.

Con la riscrittura del comma 2 si procede a una modifica della definizione delle attività di previsione, che, in base al nuovo testo, consistono nelle attività, svolte anche con il concorso di soggetti scientifici e tecnici competenti in materia, dirette:

§         all’identificazione degli scenari di rischio probabili;

§         e, ove possibile, alle attività di preannuncio, monitoraggio, sorveglianza e vigilanza in tempo reale degli eventi e dei conseguenti livelli di rischio attesi.

 

Si fa notare che, se l’identificazione degli scenari di rischio di fatto esprime, con una terminologia diversa, quanto già previsto dal testo vigente (come evidenzia il testo a fronte che segue), del tutto nuova appare invece l’inclusione, tra le attività di previsione, di quelle di monitoraggio, sorveglianza, vigilanza in tempo reale degli eventi e del preannuncio dei livelli di rischio attesi.

 

Il comma 3 modifica il testo vigente allo scopo di individuare le attività in cui si esplica la prevenzione dei diversi tipi di rischio.

Viene infatti aggiunto un periodo in base al quale la prevenzione dei diversi tipi di rischio si esplica in attività non strutturali concernenti l'allertamento, la pianificazione di emergenza, la formazione, la diffusione della conoscenza della protezione civile e l'informazione alla popolazione, l’applicazione della normativa tecnica, ove necessarie, e l'attività esercitativa.

 

L’ultima modifica rispetto al testo vigente si ha nel comma 4 ed è finalizzata a chiarire che gli interventi di soccorso devono essere integrati e coordinati in coerenza con quanto previsto dagli articoli 6 e 11 della legge n. 225 del 1992 che disciplinano rispettivamente le componenti e le strutture operative della protezione civile[9].

 

Testo vigente art. 3 L. 225/1992

Testo risultante dalle modifiche apportate dall’art. 1, comma 1, lett. b-bis)

Art. 3 (Attività e compiti di protezione civile)

Art. 3 (Attività e compiti di protezione civile)

1. Sono attività di protezione civile quelle volte alla previsione e prevenzione delle varie ipotesi di rischio, al soccorso delle popolazioni sinistrate ed ogni altra attività necessaria ed indifferibile diretta a superare l'emergenza connessa agli eventi di cui all'articolo 2.

1. Sono attività di protezione civile quelle volte alla previsione e prevenzione dei rischi, il soccorso delle popolazioni sinistrate ed ogni altra attività necessaria ed indifferibile diretta al contrasto ed al superamento dell'emergenza e alla mitigazione del rischio connessa agli eventi di cui all'articolo 2.

2. La previsione consiste nelle attività dirette allo studio ed alla determinazione delle cause dei fenomeni calamitosi, alla identificazione dei rischi ed alla individuazione delle zone del territorio soggette ai rischi stessi.

2. La previsione consiste nelle attività, svolte anche con il concorso di soggetti scientifici e tecnici competenti in materia, dirette alla identificazione degli scenari di rischio probabili e ove possibile, al preannuncio, monitoraggio, sorveglianza e vigilanza in tempo reale degli eventi e dei conseguenti livelli di rischio attesi.

3. La prevenzione consiste nelle attività volte ad evitare o ridurre al minimo la possibilità che si verifichino danni conseguenti agli eventi di cui all'articolo 2 anche sulla base delle conoscenze acquisite per effetto delle attività di previsione.

 

3. La prevenzione consiste nelle attività volte ad evitare o ridurre al minimo la possibilità che si verifichino danni conseguenti agli eventi di cui all'articolo 2 anche sulla base delle conoscenze acquisite per effetto delle attività di previsione. La prevenzione dei diversi tipi di rischio si esplica in attività non strutturali concernenti l'allertamento, la pianificazione di emergenza, la formazione, la diffusione della conoscenza della protezione civile e l'informazione alla popolazione, l’applicazione della normativa tecnica, ove necessarie, e l'attività esercitativa.

4. Il soccorso consiste nell'attuazione degli interventi diretti ad assicurare alle popolazioni colpite dagli eventi di cui all'articolo 2 ogni forma di prima assistenza.

4. Il soccorso consiste nell'attuazione degli interventi integrati e coordinati diretti ad assicurare alle popolazioni colpite dagli eventi di cui all'articolo 2 ogni forma di prima assistenza.

5. Il superamento dell'emergenza consiste unicamente nell'attuazione, coordinata con gli organi istituzionali competenti, delle iniziative necessarie ed indilazionabili volte a rimuovere gli ostacoli alla ripresa delle normali condizioni di vita.

5. Identico

6. Le attività di protezione civile devono armonizzarsi, in quanto compatibili con le necessità imposte dalle emergenze, con i programmi di tutela e risanamento del territorio.

6. Identico


 

Articolo 1, comma 1, lettera b-ter)
(Sistema di allerta nazionale per il rischio meteo-idrogeologico ed idraulico).

b-ter) Dopo l’articolo 3, sono inseriti i seguenti:

Art. 3-bis.

(Sistema di allerta nazionale per il rischio meteo-idrogeologico ed idraulico).

1. Nell'ambito delle attività di protezione civile, il sistema di allerta statale e regionale è costituito dagli strumenti, dai metodi e dalle modalità stabilite per sviluppare ed acquisire la conoscenza, le informazioni e le valutazioni, in tempo reale, relative al preannuncio, all'insorgenza ed all'evolversi dei rischi conseguenti agli eventi di cui all'articolo 2 per allertare ed attivare il Servizio Nazionale di Protezione Civile ai diversi livelli territoriali.

2. Nel rispetto delle competenze attribuite alle regioni ed alle Province autonome di Trento e Bolzano, il governo e la gestione del sistema di allerta nazionale sono assicurati dal Dipartimento della protezione civile e dalle regioni, attraverso la rete dei Centri Funzionali di cui alla Direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 27 febbraio 2004, del Servizio Meteorologico Nazionale Distribuito di cui al comma 4, dalle reti strumentali di monitoraggio e sorveglianza e dai presidi territoriali di cui al decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180, convertito con modificazioni dalla legge 3 agosto 1998 n. 267, e al decreto-legge 12 ottobre 2000, n. 279, convertito con modificazioni, dalla legge 11 dicembre 2000, n. 365, nonché dai Centri di Competenza e da ogni altro soggetto chiamato a concorrere funzionalmente ed operativamente a tali reti.

3. Sulla base dei livelli di rischio, anche previsti, di cui al comma 1, ogni regione provvede a determinare le procedure e le modalità di allertamento del proprio sistema di protezione civile ai diversi livelli di competenza territoriale ai sensi del decreto legislativo del 31 marzo 1998, n. 112 e del decreto-legge 7 settembre 2011, n. 343, convertito con modificazioni dalla legge 9 novembre 2011, n. 401.

4. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge si provvede all'attuazione del Servizio Meteorologico Nazionale Distribuito (SMND), senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e nel rispetto della normativa vigente in materia per i diversi settori. I compiti del SMND saranno stabiliti con successivo decreto del Presidente della Repubblica.

 

La lettera b-ter) del comma 1 dell’articolo 1, introdotta nel corso dell’esame in sede referente, inserisce un articolo 3-bis nella legge n. 225 del 1992 volto a disciplinare l’organizzazione ed il funzionamento del Sistema di allerta nazionale per il rischio meteo-idrogeologico ed idraulico.

Il sistema di allerta nazionale per il rischio meteo-idrogeologico ed idraulico attualmente opera[10] sulla base delle linee guida dettate dalla direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 27 febbraio 2004. La finalità della norma sembra pertanto quella, da un lato, di disciplinare in una norma di rango primario la materia (commi 1 e 2) e, dall’altro, di imporre un’accelerazione al processo di organizzazione del sistema non ancora completato (commi 3 e 4).

In particolare, il comma 1 prevede che, nell'ambito delle attività di protezione civile, il sistema di allerta statale e regionale è costituito dagli strumenti, dai metodi e dalle modalità stabilite per sviluppare ed acquisire la conoscenza, le informazioni e le valutazioni, in tempo reale, relative al preannuncio, all'insorgenza ed all'evolversi dei rischi conseguenti agli eventi di cui all'art. 2 (vale a dire eventi/calamità naturali o connessi con l'attività dell'uomo) per allertare ed attivare il Servizio Nazionale di Protezione Civile ai diversi livelli territoriali.

 

Il comma 2 individua le componenti del sistema di allerta prevedendo che, nel rispetto delle competenze attribuite alle regioni ed alle province autonome di Trento e Bolzano, il governo e la gestione del sistema di allerta nazionale siano assicurati:

§         dal Dipartimento della protezione civile e dalle regioni, attraverso la rete dei Centri Funzionali di cui alla Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 27 febbraio 2004;

§         dal Servizio Meteorologico Nazionale Distribuito di cui al comma 4;

§         dalle reti strumentali di monitoraggio e sorveglianza e dai presidi territoriali di cui alla L. 267/1998 ed alla L. 365/2000;

Relativamente ai riferimenti normativi citati dalla norma, si ricorda che il comma 7 dell’art. 2 del D.L. 180/1998 (convertito dalla L. 267/1998) ha previsto l’emanazione di un programma per il potenziamento delle reti di monitoraggio meteo-idro-pluviometrico, mirato alla realizzazione di una copertura omogenea del territorio nazionale. Tale programma è stato approvato con il D.P.C.M. 15 dicembre 1998 (G.U. 29 gennaio 1999, n. 23). Misure urgenti per il completamento del programma di potenziamento delle reti di monitoraggio meteo-idro-pluviometrico sono state successivamente adottate con O.M. 16 marzo 2001, n. 3113 (G.U. 22 marzo 2001, n. 68) e con O.M. 10 maggio 2001, n. 3134 (G.U. 18 maggio 2001, n. 114).

Si ricorda altresì che l’art. 2 del D.L. 279/2000 (convertito dalla L. 365/2000) ha previsto l’effettuazione di una attività straordinaria di sorveglianza e ricognizione lungo i corsi d'acqua e le relative pertinenze, nonché nelle aree demaniali, attraverso sopralluoghi finalizzati a rilevare le situazioni che possono determinare maggiore pericolo, incombente e potenziale, per le persone e le cose ed a identificare gli interventi di manutenzione più urgenti, affidando tale attività alle regioni, d'intesa con le province, con la collaborazione degli uffici dei provveditorati alle opere pubbliche, del Corpo forestale dello Stato, dei comuni, degli uffici tecnici erariali, degli altri uffici regionali aventi competenza nel settore idrogeologico, delle comunità montane, dei consorzi di bonifica e di irrigazione, delle strutture dei commissari straordinari per gli interventi di sistemazione idrogeologica e per l'emergenza rifiuti. Il coordinamento delle attività è svolto dall'Autorità di bacino competente.

§         dai Centri di Competenza;

§         dagli altri soggetti chiamati a concorrere funzionalmente ed operativamente a tali reti.

 

Il comma 3 prevede che, sulla base dei livelli di rischio, anche previsti, di cui al comma 1, ogni regione provveda a determinare le procedure e le modalità di allertamento del proprio sistema di protezione civile ai diversi livelli di competenza territoriale ai sensi del D.Lgs. 112/1998 e del D.L. 343/2001.

Il rinvio operato dal comma in esame al D.L. 343/2001 sembra riferirsi all’art. 5, comma 2, del medesimo decreto, che affida al Presidente del Consiglio dei Ministri la predisposizione “degli indirizzi operativi dei programmi di previsione e prevenzione dei rischi, nonché i programmi nazionali di soccorso e i piani per l'attuazione delle conseguenti misure di emergenza, di intesa con le regioni e gli enti locali”. Quanto al richiamato D.Lgs. 112/1998, si ricorda che l’art. 108 di tale decreto disciplina le funzioni conferite alle regioni e agli enti locali in materia di protezione civile, prevedendo, in particolare, che siano attribuite alle regioni le funzioni relative “alla predisposizione dei programmi di previsione e prevenzione dei rischi, sulla base degli indirizzi nazionali”, alle province le funzioni relative “all'attuazione, in ambito provinciale, delle attività di previsione e degli interventi di prevenzione dei rischi, stabilite dai programmi e piani regionali, con l'adozione dei connessi provvedimenti amministrativi” e ai comuni le funzioni relative “all'attuazione, in ambito comunale, delle attività di previsione e degli interventi di prevenzione dei rischi, stabilite dai programmi e piani regionali”.

 

Il comma 4 dispone che, entro 12 mesi dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, si provvede all'attuazione del Servizio Meteorologico Nazionale Distribuito (SMND), senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e nel rispetto del quadro normativo vigente in materia per i diversi settori.

La determinazione dei compiti del SMND viene demandata ad un successivo D.P.R.

 

Si ricorda che l’art. 111 del D.Lgs. 112/1998, per lo svolgimento di compiti conoscitivi tecnico-scientifici ed operativi nel campo della meteorologia, ha istituito il Servizio meteorologico nazionale distribuito, cui è riconosciuta autonomia scientifica, tecnica ed amministrativa, costituito dagli organi statali competenti in materia e dalle regioni ovvero da organismi regionali da esse designati e demandato a successivi decreti legislativi (che dovevano essere emanati ai sensi della legge delega 59/1997) la definizione della composizione e dei compiti “del consiglio direttivo del Servizio meteorologico nazionale distribuito con la presenza paritetica di rappresentanti degli organismi statali competenti e delle regioni ovvero degli organismi regionali, nonché del comitato scientifico costituito da esperti nella materia designati dalla Conferenza unificata su proposta del consiglio direttivo. Con i medesimi decreti si doveva disciplinare l'organizzazione del servizio articolato per ogni regione. Tali decreti legislativi non sono tuttavia mai stati emanati[11].

 

La norma demanda pertanto a un decreto del Presidente della Repubblica la definizione dei compiti del Servizio Meteorologico Nazionale Distribuito che dovevano essere disciplinati con decreti legislativi ai sensi dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59.

 

 

 


 

Articolo 1, comma 1, lettera b-ter)
(Gestione delle reti di monitoraggio e uso delle radio-frequenze)

b-ter) Dopo l’articolo 3, sono inseriti i seguenti:

(omissis)

Art. 3-ter.

(Gestione delle reti di monitoraggio e uso delle radio-frequenze).

1. Per la gestione delle reti strumentali di monitoraggio, le regioni, alle quali sono devoluti i servizi in precedenza svolti dal Servizio idrografico e mareografico nazionale (SIMN) del Dipartimento per i servizi tecnici nazionali, in attuazione dell'articolo 1 del decreto del Presidente dei Consiglio dei ministri 24 luglio 2002, pubblicato nel supplemento ordinario della Gazzetta Ufficiale n. 259 del 5 novembre 2002, a decorrere dalla data di entrata in vigore del medesimo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sono esentate dal pagamento dei diritti amministrativi e dei contributi per la concessione del diritto individuale d'uso delle frequenze per l'esercizio dell'attività radioelettrica a sussidio dell'espletamento dei predetti servizi.

2. Le somme eventualmente già percepite dal Ministero dello sviluppo economico a titolo di pagamento dei diritti amministrativi e dei contributi per la concessione del diritto individuale d'uso delle frequenze di cui al comma 1, non potranno comunque essere oggetto di ripetizione da parte delle Regioni che le abbiano corrisposte.

3. Le frequenze attribuite alla regioni per l'espletamento delle funzioni di rilevamento dati di monitoraggio sono stabilite nell'elenco allegato alla presente legge.

4. Il Ministero dello sviluppo economico - Dipartimento per le comunicazioni, in base al Piano Nazionale di ripartizione delle frequenze e nel rispetto della normativa europea ed internazionale, può apportare modificazioni alle frequenze stabilite nell'elenco allegato alla presente legge, in conformità agli aggiornamenti stabiliti nel Piano, conseguenti all'evoluzione normativa europea ed internazionale.

 

 

La lettera b-terdel comma 1 dell’articolo 1, inserita nel corso dell’esame in sede referente,introduce l’ articolo 3-ter nella legge n. 225/1992 (istituzione del servizio nazionale di protezione civile) volto ad esonerare le regioni dal pagamento dei diritti amministrativi e dei contributi per la concessione del diritto individuale d’uso delle frequenze per lo svolgimento del servizio di monitoraggio del servizio idrografico e mareografico nazionale, nonché ad attribuire a ciascuna regione le frequenze radio per lo svolgimento del suddetto servizio.

In particolare, il comma 1 dell’articolo 3-ter esenta le regioni dal pagamento dei diritti amministrativi e dei contributi per la concessione del diritto individuale d’uso delle frequenze necessario per la gestione delle reti strumentali di monitoraggio, sussidiarie all’espletamento dei servizi, precedentemente svolti dal Servizio idrografico e mareografico nazionale (SIMN), e devoluti alle regioni stesse dal D.P.C.M. 24 luglio 2002.

L’esenzione opera dalla data di entrata in vigore del citato D.P.C.M. (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 239 dell’11 ottobre 2002).

 

L’articolo 34 del D.Lgs. n. 259/2003[12] prevede che, alle imprese che forniscono reti o servizi di comunicazione elettronica o alle quali sono stati concessi diritti di uso, possono essere imposti diritti amministrativi che coprano complessivamente i soli costi amministrativi sostenuti per la gestione, il controllo e l'applicazione del regime di autorizzazione generale, dei diritti di uso e degli obblighi specifici eventualmente previsti.

Il successivo articolo 35 dello stesso decreto legislativo demanda al Ministero dello sviluppo economico, sulla base dei criteri stabiliti dall'Autorità, la fissazione di contributi per la concessione di diritti di uso delle frequenze radio.

L’allegato 10 al D.Lgs. n. 259/2003 reca la misura dei diritti amministrativi e dei contributi (per questi ultimi, limitatamente alla prima applicazione).

 

Il comma 2 esclude la ripetizione delle somme eventualmente già corrisposte dalle regioni a titolo di pagamento dei suddetti diritti amministrativi e contributi.

 

Il comma 3 attribuisce alle regioni le frequenze per lo svolgimento del servizio di monitoraggio di cui al comma 1. Le frequenze attribuite a ciascuna regione sono indicate in un apposito allegato al disegno di legge in esame.

 

Le frequenze indicate nell’allegato sono tutte comprese tra 436 e 447 Megahertz per le trasmissioni radio ordinarie, tra 163 e 469 Megahertz per il simplex (la regione Puglia ha solo frequenze simplex, in base all’allegato) e tra 5 e 23 Megahertz per i radar metereologici. Apposite frequenze per il radar meteorologico sono previste nelle regioni Abruzzo, Trentino Alto-Adige, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Piemonte, Veneto. Alle regioni Emilia Romagna e Toscana sono riconosciute apposite frequenze per “boa ondametrica”. Alla regione Lazio sono riconosciute frequenze anche per “dorsale rete di monitoraggio”; per “fonia allerta” e per “vocale (promiscuo AIB e PC)”; alla provincia autonoma di Trento sono riconosciute frequenze per “wind profiler”; alla regione autonoma della Valle d’Aosta sono riconosciute frequenze per “monitoraggio frane” e, infine, alla regione Veneto sono riconosciute apposite frequenze per “ponte radio”

 

Si ricorda che per megahertz si intende un’unità di misura di frequenza pari a 106 hertz (unità di misura della frequenza di un fenomeno periodico, equivalente a 1 periodo al secondo). Per trasmissioni “simplex” si intende, nella tecnica delle telecomunicazioni, la trasmissione alternata nelle due direzioni di segnali (telegrafici, telefonici, radioelettrici) su una stessa via di trasmissione (linea, radiocollegamento, ecc.). La boa ondametrica è un elemento della rete ondametrica nazionale, chiamata a misurare i moti ondosi. Nella scienza dell’informazione per “dorsale” (o backbone, in inglese) si intende la connessione che consente la trasmissione di dati, in questo caso quelli della rete di monitoraggio. Per “fonia allerta” si intende il servizio radiomobile del sistema della protezione civile, con “vocale” si intende invece probabilmente riferirsi ai sistemi di allerta vocale attraverso altoparlanti, anche impiantati su autovetture, da parte dei volontari di protezione civile (PC) e del corpo volontari anti incendi boschivi (aib) “wind profiler” è un sistema di monitoraggio della velocità del vento.

 

Il comma 4 infine consente al Dipartimento delle Comunicazioni presso il Ministero dello sviluppo economico di apportare modificazioni al citato allegato, in accordo con gli aggiornamenti stabiliti nel Piano nazionale di ripartizione delle frequenze, conseguenti all'evoluzione normativa europea ed internazionale, e nel rispetto di tale normativa.


 

Articolo 1, comma 1, lettera c), nn. 1 e 2
(Dichiarazione e durata dello stato di emergenza).

c) nell'articolo 5:

1) il comma 1 è sostituito dal seguente: «1. Al verificarsi degli eventi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera c), ovvero nella loro imminenza, il Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, ovvero, per sua delega, di un Ministro con portafoglio o del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri segretario del Consiglio, acquisita l'intesa delle regioni territorialmente interessate, delibera lo stato di emergenza, determinandone durata ed estensione territoriale in stretto riferimento alla qualità ed alla natura degli eventi, disponendo in ordine all'esercizio del potere di ordinanza, nonché indicando l'amministrazione pubblica competente in via ordinaria a coordinare gli interventi conseguenti all'evento successivamente alla scadenza del termine di durata dello stato di emergenza. Con le medesime modalità si procede alla eventuale revoca dello stato di emergenza al venire meno dei relativi presupposti.»;

2) dopo il comma 1 è inserito il seguente: «1-bis. La durata della dichiarazione dello stato di emergenza non può, di regola, superare i novanta giorni. Uno stato di emergenza già dichiarato, previa ulteriore deliberazione del Consiglio dei Ministri, può essere prorogato ovvero rinnovato, di regola, per non più di sessanta giorni.»;

 

 

L’articolo 1, comma 1, lettera c), n. 1) e n. 2), sostituisce il comma 1 ed introduce il comma 1-bis dell’articolo 5 della legge n. 225/1992, prevedendo alcune rilevanti novità in relazione alla dichiarazione e alla durata dello stato di emergenza.

Premesso che, coerentemente con il nuovo assetto organizzativo, la deliberazione dello stato di emergenza è demandata al Consiglio dei ministri su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o, se delegati, da un Ministro con portafoglio o dal Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, l’articolo 5, comma 1, della legge n. 225/1992, come novellato dal comma 1, lettera c), n. 1), dell’articolo 1 del decreto-legge, prevede infatti che la delibera con cui viene dichiarato lo stato di emergenza:

§         può essere emanata non solo al verificarsi degli eventi calamitosi, ma anche nella loro imminenza;

§         dispone in ordine all’esercizio del potere di ordinanza, sulla base di una modifica approvata nel corso dell’esame in sede referente;

Tale modifica assegna al Consiglio dei Ministri una competenza attributiva del potere di ordinanza senza previa individuazione del novero dei potenziali destinatari, fatta salva l’indicazione contenuta nel successivo art. 1, comma 1, lett. c), n. 3. Quest’ultima disposizione conferisce potere di ordinanza al Capo del Dipartimento per la protezione civile, assumendo così la sfera soggettiva di tale potere una configurazione mista che comprende organi di indirizzo politico (anche per ragioni sistematiche) e organi amministrativi.

§         sulla deliberazione deve essere acquisita l’intesa con le regioni territorialmente interessate. Nella relazione illustrativa si precisa che l’introduzione dell’intesa con le regioni territorialmente interessate recepisce quanto già stabilito dall'articolo 107, comma 1, lettera b), del decreto legislativo n.112 del 1998 che ha trasferito alle regioni ed agli enti locali funzioni e compiti dello Stato in materia(si rinvia alla scheda di commento dell’articolo 1, comma 4);

§         deve indicare l’amministrazione pubblica competente in via ordinaria per il coordinamento degli interventi successivi alla scadenza dello stato di emergenza. In conseguenza della delimitazione temporale dello stato di emergenza si provvede, pertanto, a individuare in via preliminare l’amministrazione pubblica che dovrà coordinare gli interventi connessi al verificarsi dell’evento dopo la fine dello stato di emergenza.

 

Con il nuovo comma 1-bis dell’articolo 5, introdotto dal comma 1, lettera c), n. 2), dell’articolo 1, viene apportata un’ulteriore novità al sistema di protezione civile introducendo una durata massima dello stato di emergenza, che è stata modificata nel corso dell’esame in sede referente. Tale durata, infatti, non potrà, di regola, superare i novanta giorni, anziché sessanta come previsto nel testo presentato dal Governo,e potrà essere prorogata o rinnovata  di regola una sola volta - previa ulteriore deliberazione del Consiglio dei Ministri - di ulteriori sessanta giorni, anziché quaranta come previsto nel testo vigente del decreto, superati i quali la gestione dell’emergenza dovrà essere affidata all’amministrazione competente in via ordinaria.

 

Si valuti l’opportunità di un approfondimento sulla formulazione della disposizione, che disciplina allo stesso modo la possibilità di proroga e di rinnovo dello stato di emergenza, quanto meno sotto il profilo dei presupposti di ciascuna procedura [13].

 

Il nuovo comma non esclude, comunque, una certa flessibilità nel termine massimo di durata rinvenibile nell’introduzione della locuzione “di regola” che, secondo quanto riportato nella relazione illustrativa, è frutto del confronto in sede di Conferenza unificata.

Si segnala che il decreto-legge n. 74/2012, in corso di esame alla Camera, proroga al 31 maggio 2013 la durata dello stato di emergenza riguardante i territori delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo a seguito degli eventi sismici del 20 e del 29 maggio 2012. Lo stato di emergenza era stato inizialmente stabilito in sessanta giorni, sulla base della nuova disciplina introdotta dal decreto-legge n. 59/2012 e sulla base delle deliberazioni del Consiglio dei ministri del 22 e del 30 maggio 2012.


 

Articolo 1, comma 1, lettera c), nn. 3-7
(Potere di ordinanza).

c) nell'articolo 5:

(omissis)

3) il comma 2 è sostituito dal seguente: «2. Per l'attuazione degli interventi da effettuare durante lo stato di emergenza dichiarato, si provvede anche a mezzo di ordinanze in deroga ad ogni disposizione vigente, nei limiti e secondo i criteri indicati nel decreto di dichiarazione dello stato di emergenza e nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico. Le ordinanze sono emanate, acquisita l'intesa delle regioni territorialmente interessate, dal Capo del Dipartimento della protezione civile, salvo che sia diversamente stabilito con la delibera dello stato di emergenza di cui al comma 1. L'attuazione delle ordinanze è curata in ogni caso dal Capo del Dipartimento della protezione civile. Con le ordinanze si dispone in ordine alla organizzazione ed alla effettuazione dei servizi di soccorso e assistenza alla popolazione colpita dall'evento, alla messa in sicurezza degli edifici pubblici e privati e dei beni culturali gravemente danneggiati, nonché al ripristino delle infrastrutture e delle reti indispensabili per la continuità delle attività economiche e produttive e per la ripresa delle normali condizioni di vita.»;

4) dopo il comma 2 è inserito il seguente: «2-bis. Le ordinanze di cui al comma 2 sono trasmesse per informazione al Ministro con portafoglio delegato ai sensi del comma 1 ovvero al Presidente del Consiglio dei Ministri. Le ordinanze emanate entro il trentesimo giorno dalla dichiarazione dello stato di emergenza sono immediatamente efficaci e sono altresì trasmesse al Ministero dell'economia e delle finanze perché comunichi gli esiti della loro verifica al Presidente del Consiglio dei Ministri. Successivamente al trentesimo giorno dalla dichiarazione dello stato di emergenza le ordinanze sono emanate previo concerto del Ministero dell'economia e delle finanze, limitatamente ai profili finanziari.»;

5) il comma 3 è abrogato;

6) il comma 4 è sostituito dal seguente: «4. Il Capo del Dipartimento della protezione civile, per l'attuazione degli interventi previsti nelle ordinanze di cui al comma 2, si avvale delle componenti e delle strutture operative del Servizio nazionale della protezione civile, di cui agli articoli 6 e 11, coordinandone l'attività e impartendo specifiche disposizioni operative. Le ordinanze emanate ai sensi del comma 2 individuano i soggetti responsabili per l'attuazione degli interventi previsti ai quali affidare ambiti definiti di attività, identificati nel soggetto pubblico ordinariamente competente allo svolgimento delle predette attività in via prevalente, salvo motivate eccezioni. Qualora il Capo del Dipartimento si avvalga di commissari delegati, il relativo provvedimento di delega deve specificare il contenuto dell'incarico, i tempi e le modalità del suo esercizio. Le funzioni del commissario delegato cessano con la scadenza dello stato di emergenza. I provvedimenti adottati in attuazione delle ordinanze sono soggetti ai controlli previsti dalla normativa vigente.»;

7) dopo il comma 4 sono inseriti i seguenti:

«4-bis. Per l'esercizio delle funzioni loro attribuite ai sensi del comma 4, non è prevista la corresponsione di alcun compenso per il Capo del Dipartimento della protezione civile e per i commissari delegati, ove nominati tra i soggetti responsabili titolari di cariche elettive pubbliche. Ove si tratti di altri soggetti e ne ricorrano i requisiti, ai commissari delegati e ai soggetti che operano in attuazione delle ordinanze di cui al comma 2 si applica l'articolo 23-ter del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214; il compenso è commisurato proporzionalmente alla durata dell'incarico nel limite del parametro massimo costituito dal 70 per cento del trattamento economico previsto per il primo presidente della corte di cassazione.

4-ter. Almeno dieci giorni prima della scadenza del termine di cui al comma 1-bis, il Capo del Dipartimento della protezione civile emana, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, apposita ordinanza volta a favorire e regolare il subentro dell'amministrazione pubblica competente in via ordinaria a coordinare gli interventi, conseguenti all'evento, che si rendono necessari successivamente alla scadenza del termine di durata dello stato di emergenza. Ferma in ogni caso l'inderogabilità dei vincoli di finanza pubblica, con tale ordinanza possono essere altresì emanate, per la durata massima di sei mesi non prorogabile e per i soli interventi connessi all'evento, disposizioni derogatorie a quelle in materia di affidamento di lavori pubblici e di acquisizione di beni e servizi.

4-quater. Con l'ordinanza di cui al comma 4-ter può essere individuato, nell'ambito dell'amministrazione pubblica competente a coordinare gli interventi, il soggetto cui viene intestata la contabilità speciale appositamente aperta per l'emergenza in questione, per la prosecuzione della gestione operativa della stessa, per un periodo di tempo determinato ai fini del completamento degli interventi previsti dalle ordinanze adottate ai sensi dei commi 2 e 4-ter. Per gli ulteriori interventi da realizzare secondo le ordinarie procedure di spesa con le disponibilità che residuano alla chiusura della contabilità speciale, le risorse ivi giacenti sono trasferite alla regione o all'ente locale ordinariamente competente ovvero, ove si tratti di altra amministrazione, sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per la successiva riassegnazione.»;

4-quinquies. Il Governo riferisce annualmente al Parlamento sulle attività di Protezione Civile inerenti le attività di previsione, di prevenzione, di mitigazione del rischio e di pianificazione di emergenza, nonché sull'utilizzo del Fondo di protezione Civile»;

 

 

L’articolo 1, comma 1, lettera c), numeri da 3) a 7), nel novellare i commi da 2 a 4 dell’articolo 5 della legge n. 225/1992, introduce alcune sostanziali modifiche alla disciplina relativa all’emanazione delle ordinanze di protezione civile, che riguardano tra l’altro: l’attribuzione diretta del potere di ordinanza al Capo del Dipartimento della protezione civile (comma 2 dell’art. 5 della legge n. 225/1992); l'immediata efficacia delle ordinanze stesse (comma 2-bis dell’art. 5 della legge n. 225/1992); l’individuazione dei soggetti responsabili per la loro attuazione (comma 4 dell’art. 5 della legge n. 225/1992); il subentro delle amministrazioni ordinarie nella gestione degli interventi post emergenziali (commi 4-ter e 4-quater dell’art. 5 della legge n. 225/1992).

 

In particolare, il comma 2 dell'articolo 5 della legge n. 225/1992, modificato dal comma 1, lettera c), n. 3) dell’articolo in commento, introduce una significativa innovazione alla disciplina previgente attraverso l’attribuzione del potere di ordinanza al Capo del Dipartimento della protezione civile.

Durante l’esame in sede referente è stata inserita la previsione che a tale attribuzione si può derogare qualora venga diversamente stabilito con la delibera dello stato di emergenza. E’stato comunque ribadito che il Capo del Dipartimento della protezione civile è il soggetto deputato a curarne in ogni caso l’attuazione.

Il potere di ordinanza, in deroga alla normativa vigente[14] e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico, deve comunque essere esercitato nei limiti e secondo i criteri indicati nel decreto di dichiarazione dello stato di emergenza.

Durante l’esame in sede referente è stato ampliato, rispetto al testo vigente del decreto, il contenuto delle ordinanze che possono disporre in ordine:

§         all’organizzazione e all’effettuazione degli interventi di soccorso e di assistenza ai soggetti colpiti dall’evento;

§      alla messa in sicurezza degli edifici pubblici e privati e dei beni culturali gravemente danneggiati;

§         al ripristino delle infrastrutture e delle reti indispensabili per la continuità delle attività economiche e produttive e per la ripresa delle normali condizioni di vita.

Il testo vigente prevede, infatti, che le ordinanze possono disporre esclusivamente in ordine all’organizzazione degli interventi di soccorso e di assistenza ai soggetti colpiti dall’evento, nonché di quelli strettamente indispensabili alle prime necessità e nei limiti delle risorse disponibili allo scopo finalizzate.

 

Come già rilevato con riferimento all’art. 1, comma 1, lettera c), nn. 1 e 2 -  che assegna al Consiglio dei Ministri una competenza attributiva del potere di ordinanza senza individuarne i potenziali destinatari, fatta salva la  disposizione in esame – il conferimento del potere di ordinanza al Capo del Dipartimento per la protezione civile delinea una natura mista della sfera soggettiva di tale potere. Essa viene così a comprendere sia organi di indirizzo politico (certamente titolari del potere per ragioni sistematiche) sia organi amministrativi. Per questi ultimi, per effetto della formulazione introdotta in sede referente, il potere in questione assume una connotazione derivata, perché presuppone la previa deliberazione attributiva del Consiglio dei Ministri. Nei limiti di tale deliberazione dovrebbe spiegarsi il potere di ordinanza, eventualmente derogatorio della normativa vigente, che è sottratto al controllo preventivo di legittimità della Corte dei Conti ai sensi dell’articolo 14 del D.L. 90/2008.

 

Ai sensi dello stesso comma 2, per l’emanazione delle ordinanze da parte del Capo del Dipartimento della protezione civile, che ne cura l’attuazione, è necessario acquisire l’intesa delle regioni territorialmente interessate(si rinvia alla scheda di commento dell’articolo 1, comma 4).

L’articolo 1, comma 1, lettera c), n. 4), modificato nel corso dell’esame in sede referente, introduce il comma 2-bis all’articolo 5 della legge n. 225/1992, che reca ulteriori innovazioni riguardanti l’emanazione e l’efficacia delle ordinanze.  Si dispone che le ordinanze vengano trasmesse, per informazione, al Ministro con portafoglio delegato ai sensi del comma 1 ovvero al Presidente del Consiglio dei Ministri.

Si introduce una disciplina differente a seconda che le ordinanze vengano emanate o meno entro i primi trenta giorni dall’evento:

§      le ordinanze emanate entro i primi trenta giorni dall’evento, anziché venti come previsto nel testo approvato dal Governo, sono trasmesse anche al Ministero dell’economia e delle finanze (MEF), che dovrà comunicare gli esiti della verifica[15] al Presidente del Consiglio dei Ministri e sono immediatamente efficaci. Durante l’esame in sede referente è stata, altresì, soppressa la parte di testo che prevedeva l’adozione da parte del Presidente del Consiglio dei “conseguenti provvedimenti” a seguito della comunicazione degli esiti della verifica da parte del MEF;

§      successivamente al trentesimo giorno dalla dichiarazione dello stato di emergenza, anziché venti come previsto nel testo vigente del decreto, l’emanazione delle ordinanze necessita del previo concerto del MEF limitatamente ai profili finanziari.

 

Si valuti l’opportunità di verificare se tale previsione richieda il concerto tra il vertice amministrativo della Protezione civile e altro organo amministrativo del Ministero dell’economia, peraltro non indicato, non sembrando possibile accedere a diversa interpretazione che individui nel richiamo al Ministero dell’economia il riferimento al vertice politico dello stesso.

 

Si ricorda che il concerto con il MEF per l’emanazione delle ordinanze, relativamente agli aspetti di carattere finanziario, è stato introdotto dall’art. 2, comma 2-quinquies del D.L. 225/2010[16]. A differenza della disciplina previgente, le nuove disposizioni richiedono il concerto con il MEF solo nel caso di ordinanze emanate dopo i primi venti giorni dall’evento e di ordinanze destinate a regolare il rientro nell’ordinarietà (comma 4-ter dell’art. 5 della legge n. 225/1992). Il concerto con il MEF è previsto in ogni caso per le ordinanze che ripartiscono risorse derivanti dall’attuazione dei meccanismi di finanziamento di cui al comma 5-quinquies dell’articolo 5 della legge n. 225/1992 (alla cui scheda di commento si rinvia).

 

Il comma 1, lettera c), n. 5) dell’articolo 1, inoltre, abroga il comma 3 dell’articolo 5 della legge n. 225/1992 che disciplinava l’emanazione di ordinanze finalizzate a evitare situazioni di pericolo o maggiori danni a persone o cose e che erano emanate principalmente per garantire il progressivo rientro in situazioni ordinarie consentendo la conclusione degli interventi affidati al commissario delegato e il progressivo affiancamento degli enti locali nella riacquisizione delle rispettive competenze.

Le modifiche al comma 4 dell’articolo 5 della legge n. 225/1992, introdotte dal comma 1, lettera c), n. 6) dell’articolo in esame, sono volte a precisare che il Capo del Dipartimento della Protezione civile, per l’attuazione degli interventi previsti nelle ordinanze di cui al comma 2, si avvale delle componenti e delle strutture operative del Servizio Nazionale della Protezione Civile, disciplinati rispettivamente dagli artt. 6 e 11 della legge n. 225/1992, coordinandone l’attività e impartendo specifiche disposizioni operative.

Inoltre viene specificato che nelle citate ordinanze dovranno essere individuati i soggetti responsabili dell’attuazione degli interventi previsti ai quali affidare ambiti definiti di attività, precisando che tali soggetti sono identificati nel soggetto pubblico ordinariamente competente allo svolgimento delle predette attività in via prevalente, salvo motivate eccezioni.

Il nuovo testo del comma 4 prevede che il Capo del Dipartimento possa avvalersi di commissari delegati per i quali, il provvedimento di delega dovrà specificare il contenuto dell'incarico, i tempi e le modalità del relativo esercizio, esplicitando, rispetto alla disposizione previgente, che le funzioni del commissario delegato cessano con la scadenza dello stato di emergenza. Si prevede, inoltre, che i provvedimenti adottati in attuazione delle ordinanze vengano sottoposti ai controlli previsti dalla normativa vigente.

 

Al riguardo, potrebbe essere opportuno specificare nella norma i controlli a cui sono sottoposti i provvedimenti adottati in attuazione delle ordinanze.

 

Si ricorda che l’art. 2, comma 2-sexies del D.L. 225/2010, inserendo una nuova lettera c-bis) all’art. 3, comma 1, della legge n. 20/1994, ha introdotto il controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti per i provvedimenti commissariali attuativi delle ordinanze conseguenti alla dichiarazione dello stato di emergenza. Il successivo comma 2-septies, novellando l'art. 27, comma 1, della legge n. 340/2000, per quanto riguarda i provvedimenti commissariali adottati in attuazione delle ordinanze conseguenti alla dichiarazione dello stato di emergenza, riduce a sette giorni il termine dalla ricezione entro il quale divengono esecutivi gli atti trasmessi alla Corte dei Conti senza che sia intervenuta una pronuncia della Sezione del controllo. Consente, inoltre, la dichiarazione di provvisoria efficacia da parte dell'organo emanante (si rinvia alla scheda di commento del comma 3 dell’art. 1).

 

Il comma 4-bis, introdotto comma 1, lettera c), n. 7) dell’articolo 1,stabilisce che, per l’esercizio delle funzioni attribuite, non è previsto alcun compenso sia per il Capo del Dipartimento della protezione civile sia per i commissari delegati qualora tali ultimi siano nominati tra soggetti responsabili titolari di cariche elettive pubbliche.

La norma, modificata nel corso dell’esame in sede referente, precisa che, qualora si tratti di soggetti diversi da quelli anzidetti, e ne ricorrano i requisiti, ai commissari delegati e ai soggetti che operano in attuazione delle ordinanze di cui al comma 2, si applica l’art. 23-ter del DL n. 201/2011; il compenso è, pertanto, commisurato proporzionalmente alla durata dell’incarico nel limite del parametro massimo costituito dal 70% del trattamento economico previsto per il Primo presidente della Corte di Cassazione.

Al riguardo, appare opportuno specificare meglio quali siano i requisiti in presenza dei quali la norma de qua trova applicazione nei confronti dei soggetti, non titolari di cariche elettive pubbliche, chiamati a ricoprire gli incarichi di cui si discute. Inoltre si nota l’esigenza di un coordinamento tra il richiamo all’art. 23 ter del D.L. n. 201/2011, che ha l’effetto di limitare l’importo degli emolumenti a quello del trattamento economico del primo Presidente della Corte di cassazione, e la successiva previsione di un limite degli stessi emolumenti fissato al 70% del trattamento economico del primo Presidente della Corte di cassazione.

 

L’art. 23-ter del decreto-legge n. 201/2011 (Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici)[17] prevede che sia definito con DPCM, da emanare previo parere delle Commissioni parlamentari, entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, il trattamento economico di chiunque riceva emolumenti o retribuzioni dalle pubbliche amministrazioni. Tale definizione è effettuata adottando come parametro massimo di riferimento il trattamento economico del Primo presidente della Corte di cassazione e riguarda chiunque riceva a carico delle finanze pubbliche emolumenti o retribuzioni nell’ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo con pubbliche amministrazioni statali, compreso il c.d. personale non contrattualizzato.

La modifica introdotta, che sembra richiedere un intervento di coordinamento per l’individuazione di quale sia l’effettivo limite massimo degli emolumenti, si inserisce nel percorso di riforme legislative che, nell’intento di realizzare il massimo contenimento dei costi derivanti da spese pubbliche, ha adottato il trattamento economico del Primo presidente della Corte di Cassazione quale indice di riferimento per la definizione del trattamento economico di chiunque riceva a carico delle finanze pubbliche emolumenti o retribuzioni nell’ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo con pubbliche amministrazioni statali, compreso il c.d. personale non contrattualizzato.

Si ricorda che in attuazione del citato art. 23-ter è stato emanato il D.P.C.M. 23 marzo 2012 che prevede che, a decorrere dalla sua entrata in vigore, il trattamento retributivo percepito annualmente, comprese le indennità, le voci accessorie nonché le eventuali remunerazioni per incarichi ulteriori o consulenze conferiti da amministrazioni pubbliche diverse da quella di appartenenza, “delle persone fisiche che ricevano retribuzioni o emolumenti a carico delle pubbliche finanze in ragione di un rapporto di lavoro subordinato o autonomo, con le pubbliche amministrazioni statali, di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, nonché quelli in regime di diritto pubblico di cui all'articolo 3 del medesimo decreto legislativo, e successive modificazioni”, non può superare il trattamento economico annuale complessivo spettante per la carica al Primo Presidente della Corte di cassazione, pari nell'anno 2011 a euro 293.658,95. Qualora superiore, si riduce al predetto limite.

 

Il comma 4-ter dell’articolo 5 della legge n. 225/1992, introdotto dal comma 1, lettera c), numero 7) dell’articolo 1, reca disposizioni volte a definire la chiusura della fase emergenziale ed il conseguente passaggio all’amministrazione ordinaria affidato, con apposita ordinanza, al Capo del Dipartimento della protezione civile.

A tal fine viene previsto che, almeno dieci giorni dalla scadenza del termine di durata dello stato di emergenza, il Capo del Dipartimento della protezione civile, con apposita ordinanza emanata di concerto con il MEF, disciplina il passaggio all'amministrazione ordinaria competente a coordinare gli interventi connessi all’evento (sulla base di una modifica approvata in sede referente) che si rendono necessari successivamente alla scadenza dello stato di emergenza. Si segnala, infatti, che la formulazione originaria del testo fa riferimento a interventi “conseguenti” all’evento.

Secondo quanto riportato nella relazione illustrativa, tali disposizioni che affidano al Capo del Dipartimento l’emanazione di ordinanze finalizzate al rientro nell'ordinario, insieme a quelle adottate, d'intesa con le regioni territorialmente interessate, nell'immediatezza dell'evento calamitoso, sono volte a rafforzare la centralità del Dipartimento della protezione civile nella gestione delle emergenze.

 

Il comma 4-ter dell’articolo 5 della legge n. 225/1992 dispone, inoltre, che, ferma in ogni caso l’inderogabilità dei vincoli di finanza pubblica, sulla base di tale ordinanza, possono essere altresì emanate, per la durata massima di sei mesi, disposizioni derogatorie a quelle in materia di affidamento di lavori pubblici e di acquisizione di beni e servizi. La relazione illustrativa precisa, in proposito, che tale possibilità di deroga è stata richiesta espressamente in sede di Conferenza unificata.

Durante l’esame in sede referente è stata aggiunta la disposizione che prevede che tale termine di sei mesi non sia prorogabile.

 

Si segnala l’opportunità di valutare che in tal caso eventuali deroghe, che possono riguardare anche disposizioni di fonte primaria come quelle in materia di appalti, sarebbero sì fondate su una dichiarazione di stato di emergenza in atto, ma produrrebbero i propri effetti nell’imminenza dell’esaurimento dell’efficacia della stessa dichiarazione e di subentro dell’amministrazione ordinaria.

 

Il comma 4-quater dell’articolo 5 della legge n. 225/1992, introdotto dal comma 1, lettera c), numero 7) dell’articolo in esame, reca ulteriori disposizioni volte a definire il passaggio all’amministrazione ordinaria, prevedendo che nell’apposita ordinanza prevista dal precedente comma 4-ter possa essere individuato, nell’ambito dell’amministrazione pubblica competente a coordinare gli interventi, il soggetto cui deve essere intestata la contabilità speciale aperta per l’emergenza in atto per un periodo di tempo determinato per il completamento degli interventi adottati ai sensi delle ordinanze di cui ai commi 2 e 4-ter. Per gli ulteriori interventi da adottare con le procedure ordinarie di spesa con le disponibilità che residuano alla chiusura della contabilità speciale, viene disposto che tali risorse vengano trasferite alla regione o all’ente locale ordinariamente competente o, se si tratta di un’altra amministrazione, vengano versate all’entrata del bilancio dello Stato per la successiva riassegnazione.

 

Durante l’esame in sede referente è stato aggiunto, infine, un ulteriore comma, il comma 4-quinquies, all’articolo 5 della legge n. 225/1992, che prevede un obbligo, in capo al Governo, di riferire annualmente al Parlamento in meritoalle seguenti attività di protezione civile: previsione, prevenzione, mitigazione del rischio, pianificazione dell’emergenza, utilizzo del Fondo di protezione civile.

 

 


 

Articolo 1, comma 1, lettera c), n. 8
(Rendiconto dei Commissari delegati).

c) nell'articolo 5:

(omissis)

8) al comma 5-bis:

8.1) il quinto periodo è sostituito dal seguente: «I rendiconti corredati della documentazione giustificativa, nonché degli eventuali rilievi sollevati dalla Corte dei conti, sono trasmessi al Ministero dell'economia e delle finanze-Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato-Ragionerie territoriali competenti, all'Ufficio del bilancio per il riscontro di regolarità amministrativa e contabile presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, nonché, per conoscenza, al Dipartimento della protezione civile, alle competenti Commissioni parlamentari e al Ministero dell'interno. I rendiconti sono altresì pubblicati sul sito internet del Dipartimento della protezione civile.»;

8.2) è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Il presente comma si applica anche nei casi di cui al comma 4-quater.»;

 

 

L’articolo 1, comma 1, lettera c), n. 8, modifica il comma 5-bis, quinto periodo, dell’articolo 5 della legge n. 225/1992 - relativo all’obbligo di rendiconto da parte dei Commissari delegati delle entrate e delle spese riguardanti l’intervento delegato – introducendo la previsione che tale rendicontazione sia corredata anche degli eventuali rilievi sollevati dalla Corte dei conti in sede di controllo sui provvedimenti commissariali e venga trasmessa, per conoscenza, anche al Dipartimento per la protezione civile e al Ministero dell’Interno (n. 8.1).

Durante l’esame in sede referente la disposizione in commento è stata modificata al fine di riferire correttamente la novella al quinto periodo, anziché al quarto come previsto nel testo vigente, del comma 5-bis dell’articolo 5 della legge n. 225/1992[18].

 

Rimane fermo l’obbligo di trasmettere i rendiconti – corredati della predetta documentazione e dei predetti rilievi – al Ministero dell’economia e delle finanze – RGS – Ragionerie territoriali competenti, nonché all’Ufficio del bilancio presso la Presidenza del Consiglio.

 

Durante l’esame in sede referente è stata, altresì, aggiunta la previsione che i rendiconti debbano essere trasmessi anche alle competenti commissioni parlamentari ed essere pubblicati on line sul sito della Protezione civile.

Si ricorda che il comma 5-bis dell’articolo 5 della legge n. 225/1992[19], al primo periodo, non modificato dal provvedimento in esame, prevede che i Commissari delegati titolari di contabilità speciali[20] rendicontano, entro il quarantesimo giorno dalla chiusura di ciascun esercizio e dal termine della gestione o del loro incarico, tutte le entrate e tutte le spese riguardanti l'intervento delegato, indicando la provenienza dei fondi, i soggetti beneficiari e la tipologia di spesa, secondo uno schema fissato con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, adottato d'intesa con la Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Ai sensi del secondo periodo del comma 5-bis, anch’esso non modificato, il rendiconto deve contenere anche una sezione dimostrativa della situazione analitica dei crediti, con una distinzione tra quelli certi ed esigibili e quelli di difficile riscossione, e dei debiti derivanti da obbligazioni giuridicamente perfezionate assunte a qualsiasi titolo dai commissari delegati, con l'indicazione della relativa scadenza.

Ai sensi del terzo periodo del comma 5-bis, pure non modificato, per l'anno 2008 deve essere riportata anche la situazione dei crediti e dei debiti accertati al 31 dicembre 2007.

Ai sensi del quarto periodo del comma 5-bis, nei rendiconti vengono consolidati, con le stesse modalità sopra indicate, anche i dati sugli interventi delegati dal commissario ad uno o più soggetti attuatori.

Il quinto periodo del comma 5-bis, modificato dal comma in esame, stabiliva che i rendiconti corredati della documentazione giustificativa fossero trasmessi, per i relativi controlli, al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato - Ragionerie territoriali competenti e all'Ufficio bilancio e ragioneria della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

I successivi periodi del comma 5-bis, anch’essi non modificati, stabiliscono che: le ragionerie territoriali inoltrano i rendiconti - anche con modalità telematiche e senza la documentazione a corredo - alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, all'ISTAT e alla competente sezione regionale della Corte dei conti; che per l'omissione o il ritardo nella rendicontazione, si applichi la pena pecuniaria di cui all’articolo 337 del R.D. n. 827/1924. Sono vietati girofondi tra le contabilità speciali.

 

Infine, il punto 8.2 della lettera c) in esame prevede che il comma 5-bis – relativo alla rendicontazione degli interventi delegati - si applichi anche ai casi contemplati dal comma 4-quater dell’articolo 5, cioè alle ipotesi in cui gli interventi vengano proseguiti - successivamente alla scadenza del termine di durata dello stato di emergenza - dall’amministrazione pubblica competente.


 

Articolo 1, comma 1, lettera c), nn. 9 e 10
(Nuova modalità di finanziamento degli interventi conseguenti
agli eventi calamitosi).

c) nell'articolo 5:

(omissis)

9) il comma 5-quater è sostituito dal seguente: «5-quater. A seguito della dichiarazione dello stato di emergenza, la Regione può elevare la misura dell'imposta regionale di cui all'articolo 17, comma 1, del decreto legislativo 21 dicembre 1990, n. 398, fino a un massimo di cinque centesimi per litro, ulteriori rispetto alla misura massima consentita.»;

10) il comma 5-quinquies è sostituito dal seguente: «5-quinquies. Agli oneri connessi agli interventi conseguenti agli eventi di cui all'articolo 2, relativamente ai quali il Consiglio dei Ministri delibera la dichiarazione dello stato di emergenza, si provvede con l'utilizzo delle risorse del Fondo nazionale di protezione civile, come determinato annualmente ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 31 dicembre 2009, n.196. Qualora sia utilizzato il fondo di cui all'articolo 28 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, il fondo è corrispondentemente e obbligatoriamente reintegrato in pari misura, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, mediante riduzione delle voci di spesa indicate nell'elenco allegato alla presente legge. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri sono individuati l'ammontare complessivo delle riduzioni delle dotazioni finanziarie da operare e le voci di spesa interessate e le conseguenti modifiche degli obiettivi del patto di stabilità interno, tali da garantire la neutralità in termini di indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni. Nell'attesa della predetta riduzione delle voci di spesa fino a concorrenza dell'integrale reintegro, il fondo di cui all'articolo 28 della legge n. 196 del 2009 può essere corrispondentemente reintegrato con le maggiori entrate derivanti dall'aumento, deliberato dal Consiglio dei Ministri, dell'aliquota dell'accisa sulla benzina e sulla benzina senza piombo, nonché dell'aliquota dell'accisa sul gasolio usato come carburante di cui all'allegato I del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni. La misura dell'aumento, comunque non superiore a cinque centesimi al litro, è stabilita, sulla base della deliberazione del Consiglio dei Ministri, con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle dogane in misura tale da determinare maggiori entrate corrispondenti all'importo prelevato dal fondo di riserva. Nel caso in cui, entro dodici mesi dagli eventi di cui all'articolo 2, non sia stato possibile effettuare il reintegro del fondo di cui all'articolo 28 della legge n. 196 del 2009 mediante riduzione delle voci di spesa indicate nell'elenco allegato alla presente legge, il Governo presenta una propria relazione al Parlamento dando conto delle cause che hanno impedito la riduzione delle predette voci di spesa. Per la copertura degli oneri derivanti dal differimento dei termini per i versamenti tributari e contributivi ai sensi del comma 5-ter, si provvede mediante ulteriori riduzioni delle voci di spesa e aumenti dell'aliquota di accisa individuati, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, ai sensi del terzo, quarto e quinto periodo. Con ordinanze del Capo del Dipartimento della protezione civile, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, le predette risorse, conseguite con riduzione delle voci di spesa ovvero con aumento dell'aliquota di accisa, sono destinate per gli interventi di rispettiva competenza alla Protezione civile ovvero direttamente alle amministrazioni interessate.»;

 

La lettera c), n. 9 e n. 10, al fine di recepire il dictum dalla Corte Costituzionale, modifica le disposizioni sul finanziamento degli oneri connessi agli interventi per eventi calamitosi. Viene a tal fine disposto l’utilizzo prioritario delle risorse statali (Fondo nazionale della protezione civile e Fondo di riserva delle spese impreviste), in luogo dell’obbligo, per le Regioni interessate dai predetti eventi, di attingere preventivamente a risorse proprie - derivanti anche dall’aumento del prelievo tributario sul territorio – e solo successivamente ad utilizzare i predetti fondi statali.

In particolare, la lettera c), n. 9, novella il comma 5-quater dell’articolo 5 della legge n.225/1992, in coerenza con le nuove modalità di finanziamento delle emergenze di protezione civile introdotte dal n. 10, norma che – modificando  il successivo comma 5-quinquies dell’articolo 5 della medesima legge n. 225/1992 – ha reso obbligatorio, in caso di eventi calamitosi, l’utilizzo delle risorse nazionali.

Per effetto delle norme in esame si prevede dunque che, a seguito della dichiarazione dello stato di emergenza, la Regione abbia la sola facoltà di elevare la misura dell’imposta regionale della benzina per autotrazione.

Nella formulazione antecedente, il combinato disposto dei commi 5-quater e 5-quinquies obbligava invece la Regione interessata dagli eventi calamitosi, per poter accedere alle risorse nazionali, a preventivamente esperire alle risorse proprie (tramite aumento dell’imposizione sul territorio).

Si rammenta che i richiamati commi 5-quater e 5-quinquiessono stati introdotti dal comma 2-quater dell’art. 2 del D.L. 29 dicembre 2010, n. 225. La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 22 del 2012 (13-16 febbraio 2012)ne ha successivamentedichiarato l’illegittimità costituzionale (in particolare, dell’intero comma 5-quater e del primo periodo del successivo comma 5-quinquies).

 

Accanto alla censura per violazione dell’art. 77, secondo comma, Cost. (in quanto le norme impugnate sono state ritenute palesemente estranee all'oggetto e alle finalità del citato decreto-legge n. 225/2010, cosiddetto "milleproroghe"), per quanto concerne i profili di interesse in questa sede, la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittime le predette disposizioni anche in relazione al primo comma dell'articolo 119 Cost. poiché, imponendo alle Regioni di deliberare aumenti fiscali per poter accedere al Fondo nazionale della protezione civile, in presenza di un persistente accentramento statale del servizio, ledono l'autonomia di entrata delle stesse; esse ledono altresì l'autonomia di spesa, poiché obbligano le Regioni ad utilizzare le proprie entrate a favore di organismi statali (Servizio nazionale di protezione civile), per l'esercizio di compiti istituzionali di questi ultimi, corrispondenti a loro specifiche competenze fissate nella legislazione vigente. Per la Corte risulta violato altresì il quarto comma dell'articolo 119 Cost., sotto il profilo del legame necessario tra le entrate delle Regioni e le funzioni delle stesse, poiché lo Stato, pur trattenendo per sé le funzioni in materia di protezione civile, ne accolla i costi alle Regioni stesse. Infine, per la Consulta le norme censurate contraddicono inoltre la ratio del quinto comma dell'articolo 119 Cost.: le stesse, anziché prevedere risorse aggiuntive per determinate Regioni per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni, - quali sono quelli derivanti dalla necessità di fronteggiare gli effetti sulle popolazioni e sul territorio di eventi calamitosi improvvisi ed imprevedibili -, al contrario, impongono alle stesse Regioni di destinare risorse aggiuntive per il funzionamento di organi e attività statali.

Infine, la previsione del richiamato comma 5-quater, che autorizza il Presidente della regione a deliberare gli aumenti fiscali, si pone in contrasto con l'articolo 23 Cost., in quanto viola la riserva di legge in materia tributaria, e con l'articolo 123 Cost., poiché lede l'autonomia statutaria regionale nell'individuare con norma statale l'organo della Regione titolare di determinate funzioni.

 

Più in dettaglio:

§      il previgente comma 5-quater consentiva al Presidente della regione interessata dagli eventi calamitosi, a seguito della dichiarazione dello stato di emergenza e qualora il bilancio della regione non recasse le disponibilità finanziarie sufficienti per effettuare le relative spese o per coprire gli eventuali oneri, a deliberare aumenti, sino al limite massimo consentito dalla vigente legislazione, dei tributi, delle addizionali, delle aliquote ovvero delle maggiorazioni di aliquote attribuite alla regione, nonché ad elevare ulteriormente la misura dell’imposta regionale sulla benzina per autotrazione (disciplinata all’articolo 17, comma 1, del decreto legislativo 21 dicembre 1990, n. 398[21], fino a un massimo di cinque centesimi per litro, ulteriori rispetto alla misura massima consentita;

§      per effetto delle disposizioni in commento, recependo il suindicato dictum della Corte Costituzionale, viene eliminato l’insieme di condizioni in precedenza poste per l’accesso alle risorse statali – cui si può accedere direttamente, cfr. il commento al successivo n. 10) – e viene mantenuta la sola possibilità, per le Regioni, di elevare la misura dell’imposta regionale sulla benzina per autotrazione di cinque centesimi per litro.

Come precisa la relazione illustrativa che accompagna il disegno di legge in esame, in tale ottica l’aumento dell’imposta regionale sulla benzina rimane una mera facoltà della regione interessata dagli eventi, di cui la stessa può scegliere, nell'ambito della propria autonomia, di fare o meno uso.

 

La lettera c), n. 10 modificata nel corso dell’esame in sede referente - sostituisce il comma 5-quinquies dell’articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225[22], introducendo un nuovo meccanismo di finanziamento ordinario degli oneri connessi agli interventi conseguenti agli eventi calamitosi di cui all’articolo 2 della legge medesima.

In particolare, il nuovo comma 5-quinquies, primo periodo, rende obbligatorio l’utilizzo delle risorse del Fondo nazionale per la protezione civile, come rideterminato annualmente dalla Tabella C della legge di stabilità, per il finanziamento degli oneri connessi agli interventi conseguenti a tutte le tipologie di eventi calamitosi di cui all’articolo 2 della legge n. 225, relativamente ai quali il Consiglio dei Ministri delibera la dichiarazione dello stato di emergenza.

Si ricorda che l’utilizzo del Fondo nazionale per la protezione civile, secondo il testo del primo periodo del comma 5-quinquies dichiarato illegittimo dalla citata sentenza della Corte costituzionale n. 22 del 2012, era, invece, solo eventuale e limitato al finanziamento delle misure adottate per gli interventi relativi agli eventi calamitosi di cui all’articolo 2, comma 1, lettera c), che debbono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari.

E’ confermata la possibilità, già prevista nel testo del comma 5-quinquies previgente, di ricorrere, ove sia necessario, al Fondo di riserva per le spese impreviste, di cui all’articolo 28 della legge n. 196 del 2009[23], e l’obbligatorietà del reintegro della dotazione del Fondo, corrispondentemente al prelievo effettuato.

 

Si segnala che nell’elenco 2 allegato allo stato di previsione della spesa del Ministero dell'economia e delle finanze le “spese di prima assistenza e di pronto intervento da sostenersi in occasione di pubbliche calamità o per la difesa della salute e incolumità pubblica” rientrano tra quelle per cui in via ordinaria – vale a dire senza necessità di reintegro - è consentito il prelevamento di somme dal Fondo di riserva per le spese impreviste.

In relazione a tale aspetto – in base al quale la previsione del reintegro del Fondo disposta dal comma 5-quinquies in esame sembra porsi come disciplina speciale rispetto a quella ordinaria di cui all’articolo 28 della legge n.196/2009 ed all’elenco 2 allegato allo stato di previsione del MEF – si segnala l’opportunità di un coordinamento tra le due differenti discipline, atteso che nell’elenco medesimo il ricorso al Fondo per spese derivanti da eventi calamitosi risulta tuttora previsto  senza obbligo di reintegro.

La nuova formulazione del comma 5-quinquies prevede inoltre, rispetto alla pregressa disciplina, una diversa modalità di recupero delle risorse mediante le quali si deve provvedere obbligatoriamente al reintegro del Fondo di riserva, indicando, in primis, una corrispondente riduzione di pari misura delle voci di spesa indicate nell’elenco allegato al provvedimento, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri.

Nell’allegato elenco sono indicati, ripartiti per singoli stati di previsione dei Ministeri, numerosi capitoli di spesa, sia di parte corrente che in conto capitale, a valere sulle cui disponibilità possono essere effettuate le riduzioni necessarie al recupero delle somme per il reintegro del Fondo di riserva per le spese impreviste.

Nel corso dell’esame in sede referente presso le Commissioni Affari costituzionali e Ambiente riunite, dall’elenco delle voci di spesa su cui possono essere operate le riduzioni – allegato al decreto legge - sono stati soppressi il capitolo 2310/Interno (contributo annuo a favore dell’associazione nazionale vittime civili di guerra) e il capitolo 4401/Salute (somme da destinare alle attività istituzionali della sezione italiana dell’Agenzia internazionale per la prevenzione della cecità).

Si segnala che l’elenco non reca alcuna indicazione riguardo la tipologia degli stanziamenti del bilancio iscritti sugli indicati capitoli di spesa, che permetta di individuare se si tratti di spese rimodulabili o meno del bilancio delle Stato, né espone l’ammontare degli stanziamenti dei capitoli medesimi, che permetterebbe di individuare – con riferimento al quadro finanziario al momento vigente, che ovviamente potrà risultare diverso al momento dell’eventuale effettuazione delle riduzioni di spesa – l’importo complessivo della spesa assoggettabile a riduzione.

Da una breve disamina, risulta peraltro che la maggior parte delle voci riportate in elenco fa riferimento a spese rimodulabili del bilancio dello Stato,  con alcune eccezioni (ad esempio, rientrano nell’elenco dei capitoli soggetti a riduzione, i capitoli relativi ai fondi occorrenti per l’attuazione del federalismo amministrativo, che non sono indicati, nel bilancio dello Stato, tra i capitoli rimodulabili).

Per quanto concerne la riduzione, la norma prevede che con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri siano appunto individuati l’ammontare complessivo delle riduzioni delle dotazioni finanziarie da operare e le singole voci di spesa interessate tra quelle riportate in allegato.

Con tale decreto potrà pertanto procedersi, di volta in volta e secondo le necessità, ad operare una riduzione degli stanziamenti di spesa del bilancio dello Stato, senza necessità di ulteriori disposizioni legislative, per garantire la copertura finanziaria degli interventi di protezione civile realizzati tramite l’utilizzo delle risorse del Fondo di riserva per le spese impreviste.

Ai fini di tale valutazione va peraltro tenuto presente che la mancanza, nella norma in esame ovvero nell’allegato in questione, di elementi quantitativi in ordine all’ammontare da ridurre – mancanza che, a differenza di analoghi precedenti interventi legislativi[24], non ne consente pertanto la determinazione già in sede di normazione primaria - è da ricondurre alla circostanza (sottolineata dalla relazione tecnica al provvedimento) che l’individuazione del quantum di spesa da ridurre non potrà che avvenire in tempi successivi, in dipendenza del verificarsi o meno, ed in quale misura, di eventi calamitosi, nonché in relazione alle effettive dotazioni di competenza e di cassa dei capitoli in elenco, da riscontrare necessariamente al momento in cui si verificherà l’eventuale emergenza.

 

Per garantire, inoltre, la neutralità in termini di indebitamento netto, delle misure introdotte dalle disposizioni in esame, la norma prevede che con il medesimo DPCM che reca le riduzioni di spesa del bilancio dello Stato si provveda altresì ad individuare le eventuali conseguenti modifiche degli obiettivi del patto di stabilità interno.

Nella relazione tecnica si precisa, al riguardo, che la possibile individuazione di trasferimenti erariali spettanti alle regioni, ai fini delle riduzioni da apportare con il DPCM, potrebbe comportare, in relazione alla tipologia dei trasferimenti stessi, una contestuale ridefinizione degli obiettivi del patto di stabilità interno.

 

Al riguardo si segnala che, per come formulato, il terzo periodo del comma 5-quinquies in esame, disponendo che a seguito delle riduzioni di spesa disposte sulle voci del bilancio dello Stato indicate nell’allegato al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri vengano affidate “le conseguenti modifiche degli obiettivi del patto di stabilità interno”, sembra prevedere che con il decreto in questione siano modificati sia gli obiettivi che, più in generale, la disciplina complessiva del patto di stabilità, che trovano attualmente la propria regolamentazione in norma legislativa (da ultimo, nell’articolo 31 della legge di stabilità 2012, L. n.183/2011). In proposito sembra opportuno un chiarimento.

 

La norma – come modificata in sede referente – prevede che, nell’attesa della predetta riduzione delle voci di spesa fino a concorrenza del reintegro integrale del Fondo di riserva, quest’ultimo possa essere corrispondentemente reintegrato mediante l’aumento dell’aliquota dell’accisa sulla benzina e il gasolio usato come carburante, deliberato dal Consiglio dei ministri, nella misura massima di cinque centesimi per litro.

Il testo della norma, antecedente alle modifiche ad essa apportate in sede referente, prevede invece che il reintegro delle risorse del Fondo di riserva attraverso il suddetto incremento dell’accisa debba avvenire obbligatoriamente e corrispondentemente, in combinazione con la predetta riduzione delle voci di spesa.

Più in particolare, la norma prevede l’aumento, deliberato dal Consiglio dei Ministri, dell’aliquota dell’accisa sulla benzina e sulla benzina senza piombo, nonché dell’aliquota dell’accisa sul gasolio usato come carburante. La misura dell’aumento, comunque non superiore a cinque centesimi al litro, è stabilita con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle dogane, sulla base della deliberazione del Consiglio dei Ministri, in misura tale da determinare maggiori entrate corrispondenti all’importo prelevato dal fondo di riserva.

Si rammenta che mentre nel comma 5-quinquies, nel testo antecedente alle modifiche apportate dal decreto legge in esame, l’aumento dell’accisa sui carburanti risultava l’unica modalità per procedere al reintegro del Fondo di riserva spese impreviste, nella nuova formulazione introdotta dal decreto legge il meccanismo fiscale si attiva soltanto in relazione alla prioritaria riduzione delle spese del bilancio dello Stato.

 

In sede referente è stata inoltre introdotta la previsione, secondo la quale nel caso in cui il Fondo non sia stato reintegrato mediante riduzione delle voci di spesa entro 12 mesi dagli eventi calamitosi, il Governo deve presentare una relazione al Parlamento che ne illustri le cause.

Anche per la copertura degli oneri derivanti dal differimento dei termini per i versamenti tributari e contributivi ai sensi del comma 5-ter dell’articolo 10 del D.L. n. 225/1992, si provvede mediante ulteriori riduzioni delle voci di spesa e con eventuali aumenti dell’aliquota di accisa individuati, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, secondo la procedura indicata ai sensi del terzo, quarto e quinto periodo della norma in esame.

La norma prevede che con ordinanze del Capo del Dipartimento della protezione civile, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, le risorse finanziarie conseguite con riduzione delle voci di spesa ovvero con aumento dell’aliquota di accisa sono destinate per gli interventi di rispettiva competenza alla Protezione civile ovvero direttamente alle amministrazioni interessate.

 


 

Articolo 1, comma 1, lettera c), n. 11
(Pagamento degli oneri dei mutui attivati a seguito di calamità naturali).

c) nell'articolo 5:

(omissis)

11) dopo il comma 5-sexies è aggiunto il seguente comma: «5-septies. Il pagamento degli oneri dei mutui attivati sulla base di specifiche disposizioni normative a seguito di calamità naturali è effettuato direttamente dal Ministero dell'economia e delle finanze. Con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, si procede ad una puntuale ricognizione dei predetti mutui ancora in essere e dei relativi piani di ammortamento, nonché all'individuazione delle relative risorse finanziarie autorizzate per il loro pagamento ed iscritte nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze ovvero nel bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Le relative risorse giacenti in tesoreria, sui conti intestati alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, sono integralmente versate all'entrata del bilancio dello Stato per la successiva riassegnazione allo Stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, al fine di provvedere al pagamento del debito residuo e delle relative quote interessi. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato a provvedere, con propri decreti, alle occorrenti variazioni di bilancio.»;

 

Il nuovo comma 5-septies dell’articolo 5 della legge n. 225/1992, introdotto dal numero 11) della lettera c) del comma 1 dell’articolo 1, detta modalitàrelative al pagamento degli oneri dei mutui attivati sulla base di specifiche disposizioni normative a seguito di calamità naturali, stabilendo che il pagamento degli stessi sia effettuato direttamente dal Ministero dell’economia e delle finanze.

 

Si ricorda che l’art. 19, comma 2, della legge n. 225/1992 prevede chele disponibilità esistenti nella contabilità speciale intestata al «Fondo per la protezione civile», nonché quelle rinvenienti dalla contrazione dei mutui già autorizzati con legge a favore del Fondo per la protezione civile, debbano essere versate all'entrata del bilancio dello Stato per la riassegnazione, con decreti del Ministro del tesoro, ai pertinenti capitoli da istituire nell'apposita rubrica dello stato di previsione della Presidenza del Consiglio dei ministri.

 

Il comma specifica quindi le modalità di attuazione di tale disposizione, prevedendo che sia un apposito DPCM, da adottare di concerto con il MEF, ad effettuare una puntuale ricognizione dei mutui ancora in essere e dei relativi piani di ammortamento, nonché ad individuare le relative risorse finanziarie autorizzate per il loro pagamento ed iscritte nello stato di previsione del MEF ovvero nel bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Conseguentemente le relative risorse giacenti in tesoreria sui conti intestati alla Presidenza del Consiglio dei Ministri dovranno essere integralmente versate all’entrata del bilancio dello Stato per la successiva riassegnazione allo stato di previsione del MEF, al fine di provvedere al pagamento del debito residuo e delle relative quote interessi.

Da ultimo viene specificato che dalle predette disposizioni non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e che il MEF è autorizzato a provvedere, con propri decreti, alle occorrenti variazioni di bilancio.


 

Articolo 1, comma 1, lettera d)
(Compiti di protezione civile dei prefetti).

d) nell'articolo 14:

1) al comma 2:

1.1) alla lettera a) le parole: «la direzione generale della protezione civile e dei servizi antincendi» sono sostituire dalle seguenti: «il Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile»;

1.2) la lettera b) è sostituita dalla seguente:

«b) assume, coordinandosi col Presidente della Giunta regionale, la direzione unitaria dei servizi di emergenza da attivare a livello provinciale, coordinandoli con gli interventi dei sindaci dei comuni interessati;».

2) al comma 3 le parole: «del Ministro per il coordinamento della protezione civile» sono sostituite dalle seguenti: «o, per sua delega, di un Ministro con portafoglio o del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri segretario del Consiglio»;

 

L’articolo 1, alla lettera d), come modificato nel corso dell’esame in sede referente, integra l’art. 14 della legge n. 225 del 1992 in merito alle competenze del prefetto per chiarire incertezze applicative, in coerenza con le novelle apportate dal decreto in esame in relazione:

§         al trasferimento della flotta aerea della Protezione civile al Dipartimento dei Vigili del fuoco operato dal successivo comma 2 (1.1);

§         all’attribuzione a un Ministro con portafoglio o al Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri segretario del Consiglio, delle competenze, eventualmente delegabili da parte del Presidente del Consiglio dei Ministri, in materia di promozione e coordinamento delle attività di protezione civile a seguito della riformulazione dell’art. 1 della L. 225/1992 (2).

 

In particolare si prevede che il prefetto, coordinandosi con il Presidente della regione, assuma la direzione unitaria dei servizi di emergenza da attivare a livello provinciale, coordinandoli, altresì, con gli interventi dei sindaci dei comuni interessati (1.2).

 

Testo previgente art. 14 L. 225/1992

Testo risultante dalle modifiche apportate dal D.L. 59/2009

Art. 14 (Competenze del Prefetto)

Art. 14 (Competenze del Prefetto)

1. Il prefetto, anche sulla base del programma provinciale di previsione e prevenzione, predispone il piano per fronteggiare l’emergenza su tutto il territorio della provincia e ne cura l’attuazione.

 

Identico

2. Al verificarsi di uno degli eventi calamitosi di cui alle lettere b) e c) del comma 1, dell’articolo 2, il prefetto:

a) informa il Dipartimento della protezione civile, il presidente della giunta regionale e la direzione generale della protezione civile e dei servizi antincendi del Ministero dell’interno;

 

 

b) assume la direzione unitaria dei servizi di emergenza da attivare a livello provinciale, coordinandoli con gli interventi dei sindaci dei comuni interessati;

 

c) adotta tutti i provvedimenti necessari ad assicurare i primi soccorsi;

 

d) vigila sull’attuazione, da parte delle strutture provinciali di protezione civile, dei servizi urgenti, anche di natura tecnica.

2. Al verificarsi di uno degli eventi calamitosi di cui alle lettere b) e c) del comma 1, dell’articolo 2, il prefetto:

a) informa il Dipartimento della protezione civile, il presidente della giunta regionale e il Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile del Ministero dell’interno;

 

b) assume la direzione unitaria dei servizi di emergenza da attivare a livello provinciale, coordinandoli con gli interventi dei sindaci dei comuni interessati, in raccordo con la regione;

 

c) Identico

 

d) Identico

3. Il prefetto, a seguito della dichiarazione dello stato di emergenza di cui al comma 1 dell’articolo 5, opera, quale delegato del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per il coordinamento della protezione civile, con i poteri di cui al comma 2 dello stesso articolo 5.

3. Il prefetto, a seguito della dichiarazione dello stato di emergenza di cui al comma 1 dell’articolo 5, opera, quale delegato del Presidente del Consiglio dei ministri o, per sua delega, di un Ministro con portafoglio o del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri segretario del Consiglio, con i poteri di cui al comma 2 dello stesso articolo 5.

4. Per l’organizzazione in via permanente e l’attuazione dei servizi di emergenza il prefetto si avvale della struttura della prefettura, nonché di enti e di altre istituzioni tenuti al concorso.

 

Identico

 

Si rammenta che la protezione civile è compresa tra le materie di legislazione concorrente dello Stato e delle regioni ai sensi dell’art. 117 della Costituzione, così come riformulato nella legge di revisione del titolo V della parte seconda della Costituzione (in precedenza con l’art. 107 del D.Lgs. 112/1998 sono state trasferite numerose funzioni amministrative in materia di protezione civile alle regioni e agli enti locali, mantenendo allo Stato i compiti di indirizzo e di coordinamento, oltre che il potere di deliberare lo stato di emergenza).

Le modifiche sopra esposte, come rilevato nella relazione illustrativa del decreto in esame, sono volte a chiarire la spettanza in capo al prefetto dei compiti di coordinamento dei servizi di emergenza a livello provinciale con gli interventi di competenza regionale, in considerazione delle incertezze applicative incorse in relazione alla lettera b) dell’articolo 14 laddove si prevede che il prefetto assume la direzione unitaria dei servizi di emergenza da attivare a livello provinciale, coordinandoli con gli interventi dei sindaci dei comuni interessati.

La tematica, come accennato dalla medesima relazione, è stata recentemente affrontata dalla Corte Costituzionale (sentenza 12 aprile 2012, n. 85) la quale ha ritenuto fondata una questione di legittimità costituzionale promossa dal Governo mediante l’impugnazione, tra l’altro, dei commi 1 e 2 dell’art. 15 della legge reg. Veneto n. 7 del 2001 i quali, sostanzialmente, disponevano che, ferme restando le competenze del sindaco, nei casi di emergenza di protezione civile, il presidente della provincia è autorità di protezione civile, responsabile dell’organizzazione generale dei soccorsi a livello provinciale ed il presidente della regione è autorità di protezione civile, responsabile del coordinamento degli interventi organizzati dalle province interessate e degli eventuali interventi diretti richiesti in via sussidiaria dai presidenti delle province.

Nel giudizio l’Esecutivo sosteneva, per l’appunto, che tali disposizioni violavano l’art. 117, terzo comma, Cost., perché, attribuendo al presidente della provincia una generale competenza dell’organizzazione dei soccorsi a livello provinciale, si ponevano in contrasto con l’art. 14 della L. n. 225/1992 che assegna al prefetto la direzione unitaria dei servizi di emergenza da attivare a livello provinciale; il ricorrente denunciava, altresì, la lesione dell’art. 117, secondo comma, lett. m), Cost., che attribuisce allo Stato la competenza legislativa esclusiva in materia di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, poiché si prevedeva anche una generalizzata attribuzione al presidente della provincia della responsabilità dell’organizzazione dei soccorsi a livello provinciale, senza circoscrivere il potere di intervento ai compiti ed alle funzioni di sua spettanza (volontariato, viabilità provinciale, ecc.).

In ordine a quanto sopra riportato merita segnalare la fattispecie disciplinata dal D.Lgs. 18 aprile 2012, n. 61 (Ulteriori disposizioni recanti attuazione dell’articolo 24 della legge 5 maggio 2009, n. 42, in materia di ordinamento di Roma Capitale) che all’art. 10 (Funzioni in materia di protezione civile) pur conferendo a Roma capitale, nell’ambito del proprio territorio e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, le funzioni amministrative relative all’emanazione delle ordinanze urgenti in relazione a eventi naturali o calamitosi, mantiene ferme le funzioni attribuite al prefetto di Roma dall’art. 14 della L. n. 225/1992.


 

Articolo 1, comma 1, lettera e)
(Compiti dei sindaci e dei comuni in materia di protezione civile).

e) nell'articolo 15:

1) al comma 1, le parole: «alla legge 8 giugno 1990, n. 142» sono sostituite dalle seguenti: «al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni»;

2) al comma 3, secondo periodo, le parole «e il coordinamento dei servizi di soccorso» sono sostituite dalle seguenti: «dei servizi di emergenza che insistono sul territorio del comune, nonché il coordinamento dei servizi di soccorso».

3) dopo il comma 3 sono aggiunti i seguenti:

"3-bis. Il Comune approva con deliberazione consiliare, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, il «Piano di Emergenza Comunale» previsto dalla normativa vigente in materia di protezione civile, redatto secondo i criteri e le modalità riportati nei modelli e manuali redatti dal Dipartimento della protezione civile e dalle giunte regionali."

3-ter. Il Comune provvede alla verifica e all'aggiornamento periodico del proprio Piano di Emergenza Comunale, trasmettendone copia alla Regione, alla Prefettura- ufficio territoriale del Governo e alla Provincia territorialmente competenti.»

 

 

Con la lettera e) l’articolo in commento reca modifiche all’art. 15 della legge n. 225 del 1992 introducendo, al comma 1, il corretto riferimento normativo al D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali) a seguito dell’abrogazione della legge n. 142 del 1990 (1).

Le modifiche al comma 3 specificano ulteriormente i compiti in capo ai sindaci nel momento in cui sono chiamati a fronteggiare l’emergenza nell’ambito del proprio territorio comunale (2).

 

Testo previgente art. 15 L. 225/1992

Testo risultante dalle modifiche apportate dal D.L. 59/2009

Art. 15. Competenze del comune ed attribuzioni del sindaco.

Art. 15. Competenze del comune ed attribuzioni del sindaco.

1. Nell'ambito del quadro ordinamentale di cui alla legge 8 giugno 1990, n. 142 , in materia di autonomie locali, ogni comune può dotarsi di una struttura di protezione civile.

1. Nell'ambito del quadro ordinamentale di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, in materia di autonomie locali, ogni comune può dotarsi di una struttura di protezione civile.

2. La regione, nel rispetto delle competenze ad essa affidate in materia di organizzazione dell'esercizio delle funzioni amministrative a livello locale, favorisce, nei modi e con le forme ritenuti opportuni, l'organizzazione di strutture comunali di protezione civile.

 

 

Identico

 

3. Il sindaco è autorità comunale di protezione civile. Al verificarsi dell'emergenza nell'ambito del territorio comunale, il sindaco assume la direzione e il coordinamento dei servizi di soccorso e di assistenza alle popolazioni colpite e provvede agli interventi necessari dandone immediata comunicazione al prefetto e al presidente della giunta regionale.

3. Il sindaco è autorità comunale di protezione civile. Al verificarsi dell'emergenza nell'ambito del territorio comunale, il sindaco assume la direzione dei servizi di emergenza che insistono sul territorio del comune, nonché il coordinamento dei servizi di soccorso e di assistenza alle popolazioni colpite e provvede agli interventi necessari dandone immediata comunicazione al prefetto e al presidente della giunta regionale.

 

L’intervento correttivo in esame è volto, come sottolineato nella relazione illustrativa, a rafforzare i compiti e i poteri che spettano al sindaco assegnandogli, oltre a quanto già previsto dalla normativa vigente, la funzione di direzione generale dei servizi di emergenza che insistono sul territorio del comune. La stessa relazione precisa che tale intervento è stato richiesto dagli organismi rappresentativi degli enti territoriali.

Si ricorda che l’art. 108 del D.Lgs. 112/1998 attribuisce ai comuni importanti funzioni in materia di protezione civile: l’attuazione, in ambito comunale, delle attività di previsione e degli interventi di previsioni dei rischi, stabilite dai Programmi e Piani Regionali; l’adozione di tutti i provvedimenti, compresi quelli relativi alla preparazione all’emergenza, necessari ad assicurare i primi soccorsi in caso di eventi calamitosi in ambito comunale, vigilanza sull’attuazione, da parte delle strutture locali di protezione civile, dei servizi urgenti.

Oltre a queste funzioni, l’art. 15 della L. 225/1992 ne prevede delle altre. Il sindaco, come più volte accennato, acquista il ruolo di “autorità comunale di protezione civile”, con l’incarico di assumere, al verificarsi di un’emergenza, la direzione ed il coordinamento dei servizi di soccorso e di assistenza alle popolazioni sinistrate, con la conseguente adozione delle misure e degli interventi necessari. Il sindaco può dotarsi, inoltre, di una struttura di protezione civile, che la Regione favorisce, da organizzare nei modi e forme più opportune. In caso di emergenza, il sindaco provvede a superare la situazione calamitosa con il personale ed i mezzi a disposizione del Comune, ovvero facendo ricorso alla struttura comunale di protezione civile, se esistente.

La normativa, inoltre, stabilisce che, al verificarsi di calamità naturali o di altre forme di eventi di maggiore intensità e pericolosità tali da non poter essere affrontati con le strutture comunali, il sindaco è obbligato a chiedere l’intervento di altre forze e strutture operative al prefetto, il quale a sua volta pone in essere i piani di intervento, coordinando la sua attività con quella del capo dell’ente locale.

 

Durante l’esame in sede referente sono stati inseriti due nuovi commi 3-bis e 3-ter all’articolo 15 della legge n. 225/1992 che prevedono rispettivamente che il Comune:

§         approvi, con deliberazione consiliare ed entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, il Piano di emergenza comunale previsto dalla normativa vigente in materia di protezione civile, redatto secondo i criteri e le modalità riportati nei modelli e manuali emanati dal Dipartimento della Protezione Civile e dalle Giunte regionali.

§         verifichi ed aggiorni periodicamente il Piano di emergenza, trasmettendone copia alla Regione, alla Prefettura e alla Provincia territorialmente competenti.

 

Si ricorda, al riguardo che l’art. 4, comma 5, del decreto legge n. 74/2012 recante interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dal sisma che ha interessato i territori di Emilia Romagna, Lombardia e Veneto, in corso di conversione, dispone che, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione dello stesso decreto-legge, i comuni interessati dagli eventi sismici nei predetti territori predispongano ovvero aggiornino, qualora siano già stati adottati, i piani di emergenza di cui al D.lgs. n. 112/1998. Si segnala, altresì, che una disposizione di analogo contenuto era prevista nell’art. 4, comma 9-bis, del decreto-legge n. 39/2009 relativo al sisma in Abruzzo. Si ricorda, infine, che l’art. 107 del citato D.lgs. n. 112/1998, tra le funzioni di rilievo nazionale in materia di protezione civile, prevede lo svolgimento delle funzioni operative riguardanti la predisposizione, d'intesa con le regioni e gli enti locali interessati, dei piani di emergenza in caso di eventi calamitosi di cui all'art. 2, comma 1, lett. c), della legge n. 225/1992, che debbono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari, e la loro attuazione. L’art. 108 del medesimo d.lgs., che disciplina le funzioni conferite alle regioni e agli enti locali, include tra tali funzioni la predisposizione dei piani comunali e/o intercomunali di emergenza, anche nelle forme associative e di cooperazione previste dalla legge n. 142/1990, e, in ambito montano, tramite le comunità montane, e alla cura della loro attuazione, sulla base degli indirizzi regionali.

 

 


 

Articolo 1, comma 1, lettera e)-bis
(Monitoraggio sull’attuazione delle misure contenute nelle ordinanze di protezione civile).

e-bis) l'articolo 20 è sostituito dal seguente:

«Art. 20.

(Disciplina delle ispezioni e del monitoraggio dell'attuazione delle misure contenute nelle ordinanze del protezione civile).

1. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri adottato previa intesa in seno alla Conferenza Unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, si provvede alla disciplina di un sistema di monitoraggio e verifica dell'attuazione delle misure contenute nelle ordinanze di cui all'articolo 5, comprensivo anche di ispezioni.

2. Il sistema di cui al comma 1,è tenuto ad assicurare la continuità dell'azione di monitoraggio e la periodicità delle ispezioni.

3. A decorrere dalla data di entrata in vigore del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui al comma 1, è abrogato il Regolamento approvato con Decreto del Presidente della Repubblica 30 gennaio 1993, n. 51.».

 

Con la lettera e)-bis, introdotta durante l’esame in sede referente, viene sostituito l’art. 20 della legge n. 225 del 1992 introducendo, accanto alle già previste ispezioni sugli interventi di emergenza, anche un sistema di monitoraggio dell’attuazione delle misure contenute nelle ordinanze di protezione civile.

Il nuovo articolo 20 prevede, al comma 1, che sia un D.P.C.M., da adottare -entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto - previa intesa in sede di Conferenza Unificata di cui all'art. 8 del D.lgs. n. 281/1997, a disciplinare un sistema di monitoraggio e verifica dell'attuazione delle misure contenute nelle ordinanze di cui all'art. 5 della stessa legge n. 225,comprensivo anche di ispezioni.

Il comma 2 indica le finalità del nuovo sistema di monitoraggio che deve assicurare la continuità dell'azione di monitoraggio e la periodicità delle ispezioni.

Da ultimo il comma 3dispone l’abrogazione del vigente regolamentoapprovato con D.P.R. 30 gennaio 1993, n. 51, a decorrere dall’entrata in vigore del previsto D.P.C.M.

 

Si rammenta che con il D.P.R. 30 gennaio 1993, n. 51[25], è stato approvato il “Regolamento concernente la disciplina delle ispezioni sugli interventi di emergenza”. L’art. 1 dispone che il regolamento si applica:

§         a tutti gli interventi di emergenza conseguenti alla dichiarazione dello stato di emergenza di cui all'art. 5, comma 1, della legge n. 225/1992;

§         agli interventi disposti da ordinanze finalizzate ad evitare situazioni di pericolo o maggiori danni a persone o a cose ai sensi dell'art. 5, comma 3, della citata legge n. 225;

§         nonché agli interventi diretti al superamento dell'emergenza comunque effettuati con oneri a carico dello Stato.

Viene, inoltre, previsto che possono essere altresì disposte ispezioni su ogni intervento attuato da pubbliche autorità in occasione di emergenze.

Le finalità dell’attività di ispezione e vigilanza sono indicate all’art. 2 che dispone che esse sono volte a verificare la legittimità e l'efficienza dell'azione amministrativa con riferimento alla normativa generale e speciale vigente nello specifico settore di intervento, nonché di quella a carattere straordinario. Gli artt. 3, 4 e 5 dispongono in merito ai soggetti incaricati ad effettuare le ispezioni ed alla durata degli incarichi stessi. Viene anche specificato che le ispezioni possono avere carattere amministrativo, contabile o tecnico e sono effettuate nel corso ed a completamento degli interventi.In caso di interventi di breve durata devono essere effettuate comunque due ispezioni nel corso ed a completamento degli stessi. L’art. 6 prevede, quindi, che a conclusione dell'incarico venga redatta una dettagliata relazione sull'ispezione eseguita, nella quale sono segnalate le eventuali carenze di legittimità e di efficienza che siano state accertate e formulate proposte sui conseguenti provvedimenti da adottare. L'ispettore è solidalmente responsabile con l'autore del fatto dei danni derivanti da eventuali irregolarità non rilevate per dolo o colpa grave in sede di ispezione compiuta dal medesimo. L’art. 7 dispone, infine, che per le ispezioni di carattere amministrativo, contabile e finanziario gli ispettori sono tenuti a verificare la legittimità dell'azione amministrativa e la sua efficienza, anche per quanto riguarda il rispetto delle norme di contabilità e della finanza pubblica, ed ogni altro aspetto dell'attività che sia rilevante, nonché accertano le disponibilità di tesoreria e di cassa e che la gestione amministrativa sia condotta in conformità delle disposizioni e dei rilievi degli organi di controllo. In merito, invece, alle ispezioni tecniche, il riscontro viene effettuato sulla regolarità degli atti e delle attività che comportano in tutto o in parte l'impiego di conoscenze attinenti a specifiche competenze professionali o scientifiche.

 

Testo previgente art. 20 L. 225/1992

Modifiche apportate in sede referente dal D.L. 59/2009

Art. 20. Disciplina delle ispezioni.

Art. 20. Disciplina delle ispezioni e del monitoraggio dell’attuazione delle misure contenute nelle ordinanze di protezione civile

1. Con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, adottato a norma dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400 , entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, è emanato un regolamento volto ad introdurre e disciplinare un sistema di ispezioni sugli atti e di verifiche delle procedure poste in essere per l'attuazione delle attività amministrative relative agli interventi di emergenza.

1. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri adottato previa intesa in seno alla Conferenza Unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, 281, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, si provvede alla disciplina di un sistema di monitoraggio e verifica dell'attuazione delle misure contenute nelle ordinanze di cui all'articolo 5, comprensivo anche di ispezioni.

2. Il regolamento è tenuto ad assicurare la periodicità delle ispezioni e delle verifiche che devono riguardare sia la gestione finanziaria degli interventi che l'esecuzione delle attività e l'affidamento delle medesime a funzionari ministeriali competenti nei singoli settori.

2. Il sistema è tenuto ad assicurare la continuità dell'azione di monitoraggio e la periodicità delle ispezioni.

3. Resta salvo quanto disposto in materia dalla legge 8 giugno 1990, n. 142.

3. Al momento dell'entrata in vigore del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui al comma 1, è abrogato il Regolamento approvato con Decreto del Presidente della Repubblica 30 gennaio 51.

 

 


Articolo 1, comma 1-bis
(Deroga al patto di stabilità interno per interventi realizzati direttamente dai comuni e dalle province in relazione a eventi calamitosi)

 

1-bis. All'articolo 31 della legge 12 novembre 2011, n. 183, dopo il comma 8 sono inseriti i seguenti:

«8-bis. Le spese per gli interventi realizzati direttamente dai comuni e dalle province in relazione a eventi calamitosi in seguito ai quali sia stato deliberato dal Consiglio dei Ministri lo stato di emergenza e che risultano effettuate nell'esercizio finanziario in cui avviene la calamità e nei due esercizi successivi, nei limiti derivanti dall'applicazione del comma 8-ter, sono escluse dal saldo finanziario rilevante ai fini della verifica del rispetto del Patto di stabilità interno.

8-ter. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente disposizione, sono stabiliti i criteri e le modalità per l'accesso ai benefici di cui al comma 8-bis, assicurando il rispetto del limite di spesa di cui al comma 8-quater.

8-quater. Alla compensazione degli effetti in termini di indebitamento netto e di fabbisogno derivanti dall'attuazione dei commi 8-bis e 8-ter del presente articolo si provvede mediante l'utilizzo delle risorse del fondo di cui all'articolo 6, comma 2, del decreto legge 7 ottobre 2008, n. 154, convertito con modificazioni dalla legge 4 dicembre 2008, n. 189. e successive modificazioni.»

 

 

Il comma 1-bis dell’articolo 1, introdotto nel corso dell’esame in sede referente, modifica l’articolo 31 della legge n. 138/2011 (legge di stabilità 2012) che reca la disciplina del patto di stabilità interno per le province e i comuni per il 2012 e per gli anni successivi, introducendo i nuovi commi da 8-bis a 8-quater.

 

In particolare, il comma 8-bis introduce una deroga alla disciplina del Patto di stabilità, prevedendo l’esclusione dal saldo rilevante ai fini del rispetto del Patto delle spese per interventi realizzati direttamente dai comuni e dalle province in relazione a eventi calamitosi in seguito ai quali sia stato deliberato dal Consiglio dei Ministri lo stato di emergenza, effettuati nell'esercizio finanziario in cui è avvenuta la calamità e nei due esercizi finanziari successivi.

La norma è volta a consentire ai comuni danneggiati da eventi calamitosi di effettuare maggiori spese in deroga alle regole del patto finanziate con risorse proprie degli enti.

Tale deroga si verrebbe, pertanto, ad aggiungere a quella già considerata dalla vigente disciplina del patto di stabilità interno per gli enti locali, che prevede l’esclusione dal computo del saldo finanziario di alcune voci di entrata e di spesa relative a calamità naturali (articolo 31, commi 7-8, legge n. 183/2011).

In particolare, l’esclusione riguarda le risorse provenienti dallo Stato e le relative spese, sia di parte corrente che in conto capitale, sostenute dalle province e dai comuni per l’attuazione delle ordinanze emanate dal Presidente del Consiglio dei ministri, a seguito di dichiarazione dello stato di emergenza. L’esclusione opera anche se le spese vengono effettuate nell’arco di più anni, purché nei limiti delle medesime risorse. La norma precisa peraltro che deve trattarsi di spese relative ad entrate registrate successivamente al 2008.

Le province e i comuni beneficiari sono tenuti a presentare al Dipartimento della Protezione Civile, entro il mese di gennaio dell’anno successivo, l’elenco delle spese che vengono escluse dal Patto di stabilità interno, con precisa indicazione di quelle di parte corrente e in conto capitale.

 

Si segnala l’opportunità di un coordinamento di tale norma con quella, di contenuto analogo, anch’essa introdotta nel corso dell’esame in sede referente all’articolo 3, comma 3-bis, la quale introduce una analoga deroga alla disciplina del Patto di stabilità interno che interessa sia gli enti locali che le regioni, prevedendo l’esclusione dal Patto delle spese finanziate dagli enti con risorse proprie, finalizzate ad interventi di emergenza ovvero destinate al fondo regionale di protezione civile, nonché finanziate con le risorse residue ad essi trasferite provenienti dalla contabilità speciale aperta per l'emergenza.

 

Si ricorda, inoltre, che una norma di analogo contenuto, ma di applicazione più limitata, è contenuta nel decreto-legge n. 74/2012[26]. Tale norma (articolo 7) introduce una deroga per i comuni alla disciplina del Patto di stabilità interno, prevedendo un ridimensionamento degli obiettivi del patto per l’anno 2012 in favore dei comuni delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo, interessati dagli eventi sismici dei giorni 20 e 29 maggio 2012, al fine di agevolare la ripresa delle attività.

 

Si ricorda che la disciplina del Patto di stabilità interno per i comuni e le province per l’anno 2012 e per gli anni successivi, recata dall’articolo 31 della legge n. 183/2011 (legge di stabilità 2012), si applica, per l’anno 2012, alle province e ai comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti; a partire dal 2013 l’applicazione delle regole del patto è estesa anche ai comuni con popolazione compresa tra 1.001 e 5.000 abitanti.

L’obiettivo del Patto di stabilità per gli enti locali consiste nel raggiungimento di uno specifico obiettivo di saldo finanziario, calcolato quale differenza tra entrate e spese - espresso in termini di competenza mista – determinato, per ciascun ente, applicando alla spesa corrente mediasostenuta nel periodo 2006-2008, determinati coefficienti, fissati in maniera differenziata per le province e i comuni. Dal computo del saldo sono escluse alcune particolari voci di entrate e di spesa, individuate ai sensi dei commi da 7 a 17 dell’articolo 31 della legge n. 183/2011 (quali, ad esempio, calamità naturali, interventi realizzati dagli enti locali per lo svolgimento di grandi eventi, risorse provenienti dall’Unione europea e le relative spese sostenute dalle province e dai comuni).

Tale metodo di calcolo del saldo obiettivo si applica, tuttavia, soltanto nelle more dell’adozione del decreto previsto dall’articolo 20, comma 2, del D.L. n. 98/2011, volto a ripartire gli enti sottoposti al patto di stabilità in due classi di virtuosità, definite sulla base di dieci parametri appositamente indicati, ai fini dell’applicazione, a partire dal 2012, del meccanismo di ripartizione degli obiettivi del patto fra le singole amministrazioni in base alla loro virtuosità, che comporta effetti di minore incidenza finanziaria dei vincoli per gli enti virtuosi e di maggiore incidenza per gli altri enti.

 

La definizione dei criteri e delle modalità per l'accesso al beneficio è demandata ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame (comma 8-ter).

 

Il comma prevede, altresì, che le modalità di attuazione della deroga debbano essere tali da assicurare il “rispetto del limite di spesa di cui al comma 8-quater”.

 

Si segnala, tuttavia, che il comma 8-quater - che reca la norma di compensazione degli effetti finanziari sui saldi di finanza pubblica derivanti dalla deroga ai vincoli del Patto di stabilità interno - non reca alcuna indicazione in merito al limite di spesa.

 

Alla compensazione dei conseguenti effetti finanziari sui saldi di finanza pubblica, recati dalla deroga alle misure del Patto di stabilità interno, si provvede mediante utilizzo della dotazione del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali (comma 8-quater).

 

Il Fondo per la compensazione degli effetti finanziari è istituito dall’articolo 6, comma 2, del decreto legge 154/2008 nello stato di previsione del Ministero dell'economia (cap. 7593/Economia). Esso è finalizzato a compensare gli effetti negativi scaturenti in termini di cassa da specifici contributi di importo fisso costante con onere a carico dello Stato, concessi in virtù di autorizzazioni legislative. Il Fondo, inizialmente dotato di 435 milioni per il 2010 e di 175 milioni per il 2011, è stato successivamente rifinanziato da una serie di disposizioni legislative.

Da ultimo, si ricorda il comma 5 dell’articolo 33della legge n. 183/2011 (legge di stabilità 2012) che ha rideterminato, in termini di sola cassa, la dotazione del Fondo nei seguenti importi: 950 milioni per l’anno 2012, 587 milioni per l’anno 2013, 475 milioni per l’anno 2014, 450 milioni a decorrere dall’anno 2015.

 

Si osserva che la norma in esame andrebbe coordinata con l’articolo 3, comma 3-bis, introdotto in sede referente, che introduce una deroga al patto di stabilità, prevedendo l’esclusione dal Patto: degli interventi realizzati dagli enti territoriali con le risorse residue ad essi trasferite provenienti dalla contabilità speciale aperta per l’emergenza, delle risorse proprie delle regioni e degli enti locali messe a disposizione per gli interventi di emergenza.

 


 

Articolo 1, comma 2
(Trasferimento della flotta aerea della Protezione civile al Dipartimento dei vigili del fuoco).

2. All'articolo 7 della legge 21 novembre 2000, n. 353, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) dopo il comma 2 è inserito il seguente: «2-bis. La flotta aerea antincendio della Protezione civile è trasferita al Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile. Con regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno, sono stabiliti i tempi e le modalità di attuazione del trasferimento, previa individuazione delle risorse finanziarie, strumentali e umane allo scopo finalizzate, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Restano fermi i vigenti contratti comunque afferenti alla flotta aerea in uso al Dipartimento della protezione civile ed ai relativi oneri si provvede a valere sulle risorse di cui all'articolo 21, comma 9, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111.»;

b) nel comma 4, la parola: «COAU» è sostituita dalle seguenti: «Centro operativo di cui al comma 2» e le parole: «comma 2» sono sostituite dalle seguenti: «medesimo comma».

 

Con l’introduzione del comma 2-bis all’articolo 7 della legge quadro in materia di incendi boschivi 21 novembre 2000, n. 353, l’articolo 1, comma 2, del decreto-legge dispone il trasferimento della flotta aerea della Protezione civile[27] al Dipartimento dei Vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, mentre il Centro operativo aereo unificato (COAU) rimane alle dipendenze della Protezione civile.

I tempi e le modalità di attuazione del trasferimento, previa individuazione delle risorse finanziarie, strumentali e umane allo scopo finalizzate, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, dovranno essere definiti - sulla base di una modifica approvata nel corso dell’esame in sede referente - con regolamento da adottarsi ai sensi dell’art. 17, comma 1, della legge n. 400/1988[28], anziché con un D.P.C.M. come previsto nel testo approvato dal Governo, da adottarsi su proposta del MEF e di concerto con il Ministro dell’interno.

Restano fermi i contratti in essere relativi alla flotta aerea in uso al Dipartimento della Protezione civile ed ai corrispondenti oneri si provvede a valere sulle risorse di cui all’art. 21, comma 9, del decreto-legge n. 98/2011.

 

Si ricorda che l’art. 21, comma 9, del decreto legge n. 98/2011 ha stanziato 64 milioni di euro annui, a decorrere dal 2011, da destinare appositamente alle spese per la gestione dei mezzi della flotta aerea del Dipartimento della protezione civile. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'art. 47, secondo comma, della legge n. 222/1985, relativa alla quota destinata allo Stato dell'8 per mille dell’IRPEF.

 

Secondo quanto riportato nella relazione illustrativa, il nuovo comma 2-bis, nel momento in cui sottrae la gestione della flotta aerea alla Protezione civile per concentrare i compiti di quest’ultima sulle attività di coordinamento, è finalizzato a ricondurre le attuali competenze allo spirito del dettato del comma 2 che affida al Dipartimento della protezione civile il coordinamento, a livello nazionale, delle attività aree di spegnimento degli incendi.

 

In considerazione del trasferimento della flotta aerea antincendio disposto dalla novella in esame, potrebbe essere opportuno valutare se continuare a mantenere l’attribuzione delle funzioni di potenziamento e ammodernamento della medesima flotta al Dipartimento della protezione civile sulla base di quanto previsto dal comma 2 dell’articolo 7 della legge n. 353/2000.

 

Si segnala che la proposta di legge n. 3869, in corso di esame presso l’VIII Commissione (Ambiente), prevede il trasferimento dei compiti previsti dall’art. 7 della legge quadro ora novellato dal Dipartimento della protezione civile al Dipartimento dei vigili del fuoco.

Si rammenta, inoltre, che al fine di assicurare la permanenza di adeguati livelli di gestione e funzionalità della flotta aerea del Dipartimento della protezione civile nelle attività di contrasto agli incendi boschivi sono state introdotte alcune disposizioni relative alla gestione della flotta aerea anche dall’art. 16 del decreto legge 195/2009.Esse hanno autorizzato il Dipartimento ad incaricare un dirigente pubblico responsabile, con compiti di diretta e puntuale verifica dei processi di gestione del servizio prestato dalla società affidataria, con particolare riguardo alla congruità, all’efficienza ed all'efficacia delle prestazioni rese, anche in relazione alla manutenzione degli aeromobili ed alla formazione del personale. E’ stato inoltre previsto che all'atto del subentro del Dipartimento all'affidataria del servizio di gestione della flotta aerea, la copertura degli oneri relativi alla gestione del servizio venga stabilita nel limite massimo di 53 milioni di euro annui, a valere sulle risorse di cui all'art. 3 della legge 225/1992.

Si ricorda, da ultimo, che dalla documentazione depositata nel corso di un’audizione informale del 7 luglio 2011 svoltapresso le Commissioni riunite V e VIII, del Capo del Dipartimento della protezione civile, in merito allo stato delle risorse finanziarie in dotazione per interventi di protezione civile, si evince che sono state programmate, per il 2011, per la gestione della flotta aerea spese incomprimibili per 150,6 milioni di euro. In tale documentazione si sottolinea come lo stanziamento di 64 milioni di euro previsto dall’art. 21, comma 9, del decreto legge n. 98/2011 da destinare alle spese per la gestione dei mezzi della flotta aerea del Dipartimento della protezione civile consente l'“indizione della gara di appalto per la gestione operativa e tecnico-manutentiva della predetta flotta per la durata di 3 anni, rinnovabile per altri 3 anni”.


 

Articolo 1, comma 3
(Controllo della Corte dei conti sui provvedimenti commissariali).

3. All'articolo 2, comma 2-septies, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, e successive modificazioni, dopo le parole: «provvisoriamente efficaci.» sono inserite le seguenti: «Qualora la Corte dei Conti non si esprima nei sette giorni i provvedimenti si considerano efficaci.».

 

Il comma 3, modifica il comma 2-septies dell’art. 2 del D.L. 225/2010[29] (cd. mille proroghe) in merito al controllo della Corte dei conti sugli provvedimenti commissariali adottati in attuazione delle ordinanze conseguenti alla dichiarazione dello stato di emergenza. In particolare, è esteso il c.d. silenzio assenso, già previsto per l’esecutività dei suddetti provvedimenti qualora la Corte non si esprima nel termine di 7 giorni, anche al profilo dell’efficacia degli stessi provvedimenti.

 

L’art. 100, comma secondo, Cost., prevede che la Corte dei conti eserciti il controllo preventivo di legittimità sugli atti del Governo, la cui disciplina a livello di legge ordinaria è stabilita dalla legge n. 20/1994.

L’art. 2, comma 2-sexies del D.L. 225/2010 ha introdotto la lettera c-bis) nell’art. 3, comma 1, della citata legge n. 20/1994, che indica gli atti soggetti al controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti, includendo così i provvedimenti commissariali attuativi delle ordinanze conseguenti alla dichiarazione dello stato di emergenza.

Il comma 2-septies dell’art. 2 del decreto legge 225/2010, novellando l'art. 27, comma 1, della legge n. 340/2000, per quanto riguarda i provvedimenti commissariali adottati in attuazione delle ordinanze conseguenti alla dichiarazione dello stato di emergenza, ha ridotto a sette giorni (in precedenza sessanta) dalla ricezione il termine entro il quale divengono esecutivi gli atti trasmessi alla Corte dei Conti senza che sia intervenuta una pronuncia della Sezione del controllo. Consente, inoltre, la dichiarazione di provvisoria efficacia da parte dell'organo emanante.

Si rammenta che le ordinanze adottate ai sensi dell’art. 5 della legge n. 225/1992 non sono soggette a controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti secondo quanto previsto con norma di interpretazione autentica dall’art. 14 del D.L. 90/2008[30]  .

 

Pertanto, ai sensi dell’art. 3 della legge n. 20 del 1994, i provvedimenti commissariali adottati in attuazione delle ordinanze del Presidente del Consiglio dei Ministri emanate ai sensi dell’ articolo 5, comma 2, della legge 225/92 rientrano tra gli atti soggetti al controllo preventivo di legittimità.

Sul punto la Corte dei conti è recentemente intervenuta a  Sezioni riunite in sede di controllo, con pronuncia del 22 febbraio 2012, affermando chel’inserimento di una nuova la lettera c-bis) al comma 1 dell’articolo 3 della legge 20 del 1994 (aggiunta dal comma 2-sexies dell’art. 2 del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10) - che prevede l’assoggettamento al controllo preventivo di legittimità dei provvedimenti dei commissari delegati ai sensi dell’art. 5, comma 2 della legge 225 del 1992 – risponde all’esigenza di sottoporre al rigoroso scrutinio del controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti, provvedimenti che, per essere emanati in situazioni di emergenza e con l’avvalimento di speciali poteri in deroga alle ordinarie procedure amministrative, attengono a situazioni di emergenza che presentano caratteri di particolare complessità e che, peraltro, hanno dato anche luogo a fenomeni corruttivi. Alla stregua della delibera n. 42/CONTR/11 di queste stesse Sezioni Riunite vanno sottoposti alla medesima tipologia di controllo anche gli atti emessi da “ogni altro soggetto che, per investitura del commissario delegato ovvero dell’OPCM di protezione civile, ponga in essere atti di natura provvedimentale che costituiscano esercizio di potere in deroga, ai sensi dell’art. 5 della legge n. 225 del 1992” e, pertanto, anche gli atti dei soggetti attuatori che operino con i poteri del Commissario delegato e che si avvalgano delle deroghe allo stesso concesse”.

 

Pertanto, la disposizione in esame, nel prevedere la formazione del silenzio assenso della Corte dei conti qualora essa  non si esprima nel termine di 7 giorni in sede di controllo sui i provvedimenti commissariali adottati in attuazione delle ordinanze conseguenti alla dichiarazione dello stato di emergenza, consente che tali atti spieghino effetti con il decorso di tale termine. Considerato che la disposizione che viene in tal modo novellata (art. 27 l. 340/2000)  già prevede che tali provvedimenti divengano comunque esecutivi decorsi sette giorni dalla ricezione da parte della Corte senza che sia intervenuta pronuncia di controllo, vengono così ricondotti alla medesima disciplina entrambi gli aspetti dell’efficacia e dell’esecutività dei provvedimenti commissariali.

In via generale, soprattutto per gli atti il cui compimento sia caratterizzato dall’irreversibilità, appare opportuno valutare se la disciplina complessiva del controllo di legittimità non incida in modo sostanziale sul carattere preventivo del controllo stesso.


 

Articolo 1, comma 4
(Abrogazione del comma 2 dell’art. 15 del D.L. n. 195/2009 in materia di organizzazione delle strutture territoriali di protezione civile).

4. Il comma 2 dell'articolo 15, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 195, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 26, è abrogato.

 

L’articolo 1, comma 4 dispone l’abrogazione del comma 2 dell’articolo 15 del decreto legge n. 195/2009 che demandava, al fine di individuare le competenze nelle attività di «allertamento, soccorso e superamento dell'emergenza», ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, d'intesa con la Conferenza unificata, da adottare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge stesso[31], la definizione, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica:

- dei livelli minimi dell'organizzazione delle strutture territoriali di protezione civile;

- degli enti cui spetta la gestione del sistema di allertamento nazionale ed il coordinamento qualora venga dichiarato lo stato di emergenza.

 

La relazione illustrativa motiva tale abrogazione con il fatto che si è rivelato particolarmente complesso dare attuazione a tale disposizione, “anche in ragione dei principi che non consentono l'ingerenza dello Stato nell'autonomia organizzativa delle regioni e degli enti locali e limitano conseguentemente l'esercizio del potere di indirizzo e coordinamento, nonché in considerazione della qualificazione della protezione civile come materia di legislazione concorrente nella quale spetta allo Stato esclusivamente l'adozione dei principi fondamentali e non anche i compiti in materia di amministrazione diretta”.

 

Le motivazioni dell’abrogazione fanno, pertanto, riferimento all’assetto di competenze amministrative e alla loro distribuzione tra Stato e regioni.

Come già precedentemente ricordato, la “protezione civile” è materia di competenza concorrente tra Stato e regioni, ai sensi del terzo comma dell’art. 117 Cost.

Infatti, come osservato dalla Corte costituzionale, nella sentenza n. 284/2006, ancor prima della riforma costituzionale del Titolo V, «con la legge 24 febbraio 1992, n. 225 (Istituzione del servizio nazionale della protezione civile), il legislatore statale ha rinunciato ad un modello centralizzato per una organizzazione diffusa a carattere policentrico (sentenze n. 129 del 2006 e n. 327 del 2003)».

In tale prospettiva, le competenze e le relative responsabilità sono state ripartite tra i diversi livelli istituzionali di governo in relazione alle seguenti tipologie di eventi che possono venire in rilievo: eventi da fronteggiare mediante interventi attuabili dagli enti e dalle amministrazioni competenti in via ordinaria (art. 2, comma 1, lettera a); eventi che impongono l'intervento coordinato di più enti o amministrazioni competenti in via ordinaria (art. 2, comma 1, lettera b); calamità naturali, catastrofi o altri eventi che, per intensità o estensione, richiedono mezzi e poteri straordinari (art. 2, comma 1, lettera c)».

In particolare, prosegue la sentenza (integralmente ripresa dalla sentenza n. 277/2008), lo Stato, sulla base di quanto previsto dall'art. 5 della legge n. 225 del 1992, ha una specifica competenza a disciplinare gli eventi di natura straordinaria di cui al citato art. 2, comma 1, lettera c).

Tale competenza si sostanzia innanzitutto nel potere del Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero, per sua delega, del Ministro per il coordinamento della protezione civile, di deliberare e revocare lo stato di emergenza, determinandone durata ed estensione territoriale in stretto riferimento alla qualità ed alla natura degli eventi. L'esercizio di questi poteri – come è stato specificato dalla normativa successivamente intervenuta – deve avvenire d'intesa con le Regioni interessate, ...».

 

Pertanto, nella materia della protezione civile occorre salvaguardare l’autonomia delle regioni, nel rispetto della competenza dello Stato cui è demandata la determinazione dei principi fondamentali da definirsi in maniera unitaria a livello nazionale.

Così, è considerato principio fondamentale quello posto dall’art. 5 della legge n. 225 del 1992 per cui spetta allo Stato regolamentare gli eventi di natura straordinaria anche mediante l’adozione di specifiche ordinanze autorizzate a derogare, in presenza di determinati presupposti alle stesse norme primarie. Pertanto, la Regione, perdurando la situazione di emergenza, non può incidere sugli effetti prodotti dalle ordinanze emanate dal Commissario delegato (sentenze n. 32 del 2012, n. 277 del 2008 e n. 284 del 2006).

 

L’abrogazione dell’art. 15, co. 2, D.L. 195/2009 da parte della disposizione in commento elimina l’unica norma che prevedeva la definizione a livello unitario da parte dello Stato – seppur d’intesa con la Conferenza unificata – dei “livelli minimi di organizzazione” delle strutture territoriali di protezione civile.

Ciò pare in linea con la giurisprudenza costituzionale che finora non ha riconosciuto ad una simile competenza la natura di principio fondamentale della materia. Piuttosto, vi è giurisprudenza a contrario, che salvaguardia la definizione da parte delle regioni degli elementi principali del sistema di protezione civile regionale, ivi comprese le scelte di carattere organizzativo.

 

In proposito, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 323 del 2006 ha respinto le censure contro la legge della regione Emilia Romagna che definisce principi, funzioni, compiti, organizzazione e finalità di protezione civile, ivi inclusa la previsione di un’Agenzia regionale di protezione civile. La Corte, in particolare, ha sottolineato come le disposizioni impugnate avessero ad oggetto “soltanto gli eventi calamitosi (incidenti comunque sul solo territorio regionale) fronteggiabili con gli interventi di cui alle lettere a) e b) dell'art. 2, comma 1, della legge n. 225 del 1992, e non anche le calamità naturali, catastrofi o altri eventi destinati, per intensità ed estensione, ad essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari dello Stato (ex art. 2, comma 1, lettera c, della stessa legge), nel rispetto della sfera di competenza ad esso attribuita dai principi fondamentali della materia concorrente in esame”.

Con specifico riguardo alla materia della prevenzione rischi, la Corte ha rilevato, nella sentenza n. 129 del 2006, che, sulla base del quadro normativo nazionale, si configura un sistema composito di competenze, ordinato secondo il criteri della maggiore o minore generalità degli indirizzi, in base al quale ciascun livello di governo deve contenere l’esercizio dei propri poteri all’interno degli indirizzi dettati su più vasta scala dal livello superiore. Alla luce di tale criterio, la Corte ha rigettato le censure avverso alcune disposizioni della legge della regione Toscana.


Articolo 1-bis
(Piano regionale di protezione civile).

Art. 1-bis

1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto le regioni possono approvare con propria deliberazione il piano regionale di protezione civile, che può prevedere criteri e modalità di intervento da seguire in caso di emergenza sulla base delle indicazioni operative dettate dal Dipartimento della protezione Civile e il ricorso ad un piano di prevenzione dei rischi. Il Piano regionale di protezione civile può prevedere l'istituzione di un fondo, iscritto nel bilancio regionale, la messa in atto degli interventi previsti dal medesimo piano per fronteggiare le prime fasi dell'emergenza.

 

L’articolo 1-bis, introdotto nel corso dell’esame in sede referente, prevede la possibilità per le regioni di approvare con propria deliberazione, entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, il «Piano Regionale di Protezione Civile».

In merito ai contenuti del piano, l’articolo in commento prevede che esso possa prevedere:

§         l’introduzione dei criteri e delle modalità di intervento in caso di emergenza secondo le indicazioni operative emanate dal Dipartimento della Protezione Civile;

§         il ricorso ad un piano di prevenzione dei rischi;

§         l’istituzione di un fondo a valere sul bilancio regionale per l’espletamento e la messa in atto degli interventi previsti dal Piano e per fronteggiare le prime fasi dell’emergenza.

 

Si ricorda che ai sensi dell’art. 108 del D.Lgs. 112/1998 sono attribuite alle regioni, tra le altre, le funzioni relative alla predisposizione dei programmi di previsione e prevenzione dei rischi, sulla base degli indirizzi nazionali; all'attuazione degli interventi necessari per favorire il ritorno alle normali condizioni di vita nelle aree colpite da eventi calamitosi. Sono, inoltre, attribuite alle province, tra le altre, le funzioni relative: all'attuazione, in ambito provinciale, delle attività di previsione e degli interventi di prevenzione dei rischi, stabilite dai programmi e piani regionali, con l'adozione dei connessi provvedimenti amministrativi; alla predisposizione dei piani provinciali di emergenza sulla base degli indirizzi regionali.  Sono invece attribuite ai comuni le funzioni relative: all'attuazione, in ambito comunale, delle attività di previsione e degli interventi di prevenzione dei rischi, stabilite dai programmi e piani regionali; all'adozione di tutti i provvedimenti, compresi quelli relativi alla preparazione all'emergenza, necessari ad assicurare i primi soccorsi in caso di eventi calamitosi in ambito comunale; alla predisposizione dei piani comunali e/o intercomunali di emergenza, anche nelle forme associative e di cooperazione previste dalla L. 142/1990, e, in ambito montano, tramite le comunità montane, e alla cura della loro attuazione, sulla base degli indirizzi regionali; all'attivazione dei primi soccorsi alla popolazione e degli interventi urgenti necessari a fronteggiare l'emergenza.

 

 


 

Articolo 2.
(Coperture assicurative su base volontaria contro i rischi di danni derivanti da calamità naturali).

1. Al fine di consentire l'avvio di un regime assicurativo per la copertura dei rischi derivanti da calamità naturali sui fabbricati, a qualunque uso destinati, ed al fine di garantire adeguati, tempestivi ed uniformi livelli di soddisfacimento delle esigenze di riparazione e ricostruzione di beni immobili privati destinati ad uso abitativo, danneggiati o distrutti da calamità naturali, possono essere estese ai rischi derivanti da calamità naturali le polizze assicurative contro qualsiasi tipo di danno a fabbricati di proprietà di privati. Per favorire altresì la diffusione di apposite coperture assicurative contro i rischi di danni derivanti da calamità naturali, i premi relativi all'assicurazione per danni, per la quota relativa alle calamità naturali, ovvero relativi a contratti di assicurazione appositamente stipulati a copertura dei rischi di danni diretti da calamità naturali ai fabbricati di proprietà di privati a qualunque uso destinati, sono disciplinati con il regolamento di cui al comma 2.

2. Con regolamento emanato entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e il Ministro dell'economia e delle finanze, sentiti la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e l'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private (ISVAP), che si esprimono entro trenta giorni, sono definiti modalità e termini per l'attuazione del comma 1 senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, anche sulla base dei seguenti criteri:

a) estensione della copertura assicurativa del rischio calamità naturali nelle polizze che garantiscono i fabbricati privati contro qualsiasi danno;

b) esclusione, anche parziale, dell'intervento statale per i danni subiti da fabbricati;

c) incentivazioni di natura fiscale, nel rispetto del principio dell'invarianza di gettito, tramite regimi agevolativi all'imposta sul premio di assicurazione ovvero la deducibilità, anche parziale, del premio dalla base imponibile ai fini IRPEF e IRES dell'assicurato;

d) previsione di un regime transitorio, anche a fini sperimentali ovvero di prima applicazione.

3. Al fine della predisposizione del regolamento di cui al comma 2, il Dipartimento della protezione civile provvede ad acquisire e trasmettere ai Ministeri concertanti, entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, ogni elemento necessario per la valutazione degli effetti derivanti dall'introduzione del regime assicurativo di cui al comma 1, in particolare:

a) mappatura del territorio per grado di rischio;

b) stima della platea dei soggetti interessati;

c) dati percentuali sull'entità dei contributi pubblici finora concessi in caso di stato di emergenza;

d) simulazione dei premi, suddivisi per tipologia di copertura assicurativa.

Nel corso dell’esame in sede referente, è stato soppresso l’articolo 2 che, al fine di consentire l’avvio di un regime assicurativo per la copertura dei rischi derivanti da calamità naturali sui fabbricati, a qualunque uso destinati, e garantire adeguati, tempestivi ed uniformi livelli di soddisfacimento delle esigenze di riparazione e ricostruzione di beni immobili privati destinati ad uso abitativo, danneggiati o distrutti da calamità naturali, prevede la possibilità di estendere ai rischi derivanti da calamità naturali le polizze assicurative contro qualsiasi tipo di danno a fabbricati di proprietà di privati. Si ricorda che il comma 2 di tale articoloprevede l’emanazione, entro 90 giorni dall’entrata in vigore del decreto, di un regolamento di delegificazione volto alla definizione di modalità e termini per l’attuazione del comma 1 senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.Lo stesso comma detta i seguenti criteri per l’emanazione del decreto:estensione della copertura assicurativa del rischio calamità naturali nelle polizze che garantiscono i fabbricati privati contro qualsiasi danno;esclusione, anche parziale, dell’intervento statale per i danni subiti da fabbricati;incentivazioni di natura fiscale nel rispetto del principio dell’invarianza di gettito, tramite regimi agevolativi all’imposta sul premio di assicurazione ovvero o la deducibilità, anche parziale, del premio dalla base imponibile ai fini IRPEF e IRES dell’assicurato;previsione di un regime transitorio, anche a fini sperimentali ovvero di prima applicazione.

Si ricorda che l’art. 1, comma 202, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (finanziaria 2005) ha previsto l’istituzione di un Fondo di garanzia (gestito da Consap S.p.A.), con una dotazione di 50 milioni di euro per l’anno 2005, finalizzato ad avviare un regime assicurativo volontario per la copertura dei rischi derivanti da calamità naturali sui fabbricati a qualunque uso destinati, attraverso la sottoscrizione di una quota parte del capitale sociale di una costituenda Compagnia di riassicurazioni finalizzata ad aumentare le capacità riassicurative del mercato. Lo stesso comma 202 prevedeva l’emanazione di un regolamento recante disposizioni di attuazione, tra cui soprattutto quelle relative alla disciplina del Fondo e alla costituzione della citata Compagnia di riassicurazioni. Tali norme attuative tuttavia non sono mai state emanate.

 


Articolo 3, commi 1 e 2
(Grandi eventi e gestioni commissariali in corso).

1. Restano fermi gli effetti delle deliberazioni del Consiglio dei Ministri 30 agosto 2007 e 6 ottobre 2011, ivi inclusi quelli, rispettivamente:

a) del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 30 agosto 2007, pubblicato nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana n. 211 dell'11 settembre 2007, e delle conseguenti ordinanze del Presidente del Consiglio dei Ministri 18 ottobre 2007, n. 3623 e 19 gennaio 2010, n. 3840, 5 ottobre 2010, n. 3900, e 11 ottobre 2010, n. 3901, pubblicate nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana n. 246 del 22 ottobre 2007, e n. 21 del 27 gennaio 2010, e n. 243 del 16 ottobre 2010;

b) del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 6 ottobre 2011, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 237 dell'11 ottobre 2011.

2. I commissari delegati, di cui all'ordinanza del Presidente del Consiglio 10 gennaio 2012, n. 3994, e all'ordinanza del Presidente del Consiglio 8 febbraio 2012, n. 4001, sono autorizzati, per ulteriori sei mesi, a continuare la gestione operativa della contabilità speciale, appositamente aperta, ai soli fini dei pagamenti riferiti ad attività concluse o in via di completamento, per la realizzazione, rispettivamente, del Nuovo Auditorium parco della musica e della cultura di Firenze e del Nuovo Palazzo del Cinema e dei congressi del Lido di Venezia, avvalendosi, per lo svolgimento di tali attività, rispettivamente, del comune di Firenze e del comune di Venezia, senza nuovi e maggiori oneri. Le gestioni commissariali che operano, ai sensi della legge 24 febbraio 1992, n. 225, e successive modificazioni, alla data di entrata in vigore del presente decreto, non sono suscettibili di proroga o rinnovo, se non una sola volta e comunque non oltre il 31 dicembre 2012; per la prosecuzione dei relativi interventi trova applicazione l'articolo 5, commi 4-ter e 4-quater, della predetta legge n. 225 del 1992, sentite le amministrazioni locali interessate.

 

Le disposizioni recate dai commi 1 e 2:

§         fanno salvi gli effetti delle dichiarazioni di “grandi eventi” per l’Expo 2015 e il Forum delle famiglie del 2012 di Milano;

§         prevedono che le gestioni commissariali in corso alla data di entrata in vigore del decreto-legge possono essere prorogate una sola volta e per la durata massima di trenta giorni che, a seguito dell’esame in sede referente, è stata estesa fino al 31 dicembre 2012;

§         recano specifiche previsioni per le gestioni commissariali relative alla realizzazione del Nuovo Auditorium parco della musica e della cultura di Firenze e del Nuovo Palazzo del Cinema e dei Congressi del Lido di Venezia.

 

In particolare, il comma 1 dispone che restano fermi gli effetti delle deliberazioni del Consiglio dei Ministri del 30 agosto 2007 e del 6 ottobre 2011 concernenti rispettivamente la dichiarazione di «grande evento» dell’Expo 2015 e del VII incontro mondiale delle famiglie del 2012 (Forum delle famiglie), inclusi quelli:

a) del DPCM 30 agosto 2007 (G.U. dell’11 settembre 2007, n. 211) relativo al «grande evento» Expo 2015 di Milano e le conseguenti O.P.C.M. 18 ottobre 2007, n. 3623 (G. U. 22 ottobre 2007, n. 246) e O.P.C.M. 19 gennaio 2010, n. 3840 (G. U. 27 gennaio 2010, n. 21).

Durante l’esame in sede referente sono state aggiunte anche le O.P.C.M. n. 3900 e n. 3901 del 5 ottobre 2010,sempre riguardanti la realizzazione dell’Expo 2015, entrambe pubblicate sulla G.U. del 16 ottobre 2010, n. 243.

In relazione all’Expo 2015 di Milano, si ricorda che esso è stato dichiarato “grande evento” con il DPCM 30 agosto 2007, ai sensi dell’art. 5-bis, comma 5, del DL n. 343/2001. Nelle premesse di tale DPCM la citata dichiarazione viene motivata, tra l’altro, alla luce della “particolare complessità organizzativa dell'evento sotto il profilo della sicurezza, dell'ordine pubblico, della mobilità, della ricezione alberghiera, per la quale dovranno essere attuati interventi infrastrutturali e predisposte strutture ricettive adeguate o riconvertite le strutture esistenti, anche ai fini dell'accoglienza e dell'assistenza sanitaria”. Successivamente, con l’OPCM 18 ottobre 2007, n. 3623, si è provveduto, tra l’altro, alla nomina del sindaco del comune di Milano a Commissario delegato per la predisposizione degli interventi necessari alla migliore presentazione della candidatura della Città di Milano quale sede del grande evento «Expo 2015» e ne sono stati definiti i compiti. Con l’O.P.C.M. 19 gennaio 2010, n. 3840 il Commissario delegato è stato autorizzato ad avvalersi di ulteriori deroghe alla normativa ordinaria finalizzate, in particolare, alla realizzazione del programma delle opere pubbliche programmate dall'amministrazione comunale, nonché del Piano urbano parcheggi. Con l’O.P.C.M. n. 3900/2010 il commissario straordinario delegato è stato autorizzato ad adottare tutti i provvedimenti necessari per assicurare la disponibilità delle aree individuate nel dossier di registrazione nei tempi richiesti dal Bureau International des Expositions (BEI), anche in deroga alla disciplina ordinaria. Viene, inoltre, stabilito che le opere necessarie per la realizzazione dell’Expo potranno essere localizzate, approvate e dichiarate di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza, anche se non incluse in atti di programmazione del comune di Milano, con facoltà di deroga alla disciplina ordinaria e, nel caso di progetti sottoposti a VIA statale o regiona, i termini vengono ridotti della metà. Con l’O.P.C.M. n. 3901/2010 si dispone che il commissario delegato straordinario Sindaco di Milano, per lo svolgimento delle attività per la realizzazione dell’EXPO, provveda nel rispetto della direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 22 ottobre 2004, dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e delle procedure di aggiudicazione indicate nell’art. 2 della stessa ordinanza. Da ultimo, sono stati adottati anche ulteriori D.P.C.M. tra i quali si segnala quello del 5 agosto 2011 con il quale sono stati nominati, fino al 31 dicembre 2016, Giuliano Pisapia Commissario straordinario del Governo e  Roberto Formigoni Commissario generale per la realizzazione dell'Expo 2015; l'art. 2 del citato decreto ha, quindi, provveduto e definirne le rispettive attribuzioni [32].

 

b) del DPCM 6 ottobre 2011 (G. U. 11 ottobre 2011, n. 237) relativo alla dichiarazione di «grande evento» in occasione del VII incontro mondiale delle famiglie che si terrà nella città di Milano dal 30 maggio al 3 giugno 2012.

 

In merito ai provvedimenti riportati alla lettera b) si ricorda che con DPCM 6 ottobre 2011 il VII incontro mondiale delle famiglie è stato dichiarato“grande evento” considerato che, per tale evento, si impone la necessità di individuare, definire ed attuare misure organizzative di carattere straordinario sotto il profilo della mobilità, della ricezione alberghiera, dell'accoglienza e della assistenza sanitaria e di quanto occorra a garantire la più ampia ed ordinata partecipazione di fedeli provenienti dall'Italia e dal mondo. Successivamente è stata emanata anche l’O.P.C.M. 17 gennaio 2012, n. 3997 (G.U. 16 marzo 2012, n. 64) con la quale sono state individuate misure organizzative volte a garantire il coordinamento delle iniziative dirette all'organizzazione del «grande evento».

 

Le norme del comma 1 fanno salvi, pertanto, unicamente gli effetti delle dichiarazioni di “grande evento” dell’Expo e del Forum delle famiglie in quanto, come ricordato anche nella relazione illustrativa, l’articolo 40-bisdel decreto legge n. 1/2012 [33], ha abrogato il comma 5 dell’art. 5-bis del D.L. 343/2001, che consentiva al Dipartimento della Protezione civile di utilizzare i poteri previsti dall’art. 5 della L. 225/1992 (vale a dire poteri di ordinanza in deroga alle leggi vigenti e nomina di commissari delegati) anche con riferimento ai “grandi eventi” rientranti nella competenza del Dipartimento della protezione civile e diversi da quelli per i quali si rende necessaria la delibera dello stato di emergenza.

 

Il comma 2, primo periodo, autorizza, per ulteriori sei mesi, la gestione operativa della contabilità speciale di alcuni commissari delegati.

Si tratta dei commissari delegati di cui all’O.P.C.M. 10 gennaio 2012, n. 3994, recante “Ulteriori disposizioni per lo svolgimento del grande evento relativo al 150° Anniversario dell'Unità d'Italia. Nuovo Auditorium parco della musica e della cultura di Firenze” ed all’O.P.C.M. 8 febbraio 2012, n. 4001 recante “Ulteriori disposizioni per il completamento del Nuovo Palazzo del Cinema e dei Congressi del Lido di Venezia”.

 

Con O.P.C.M. 10 gennaio 2012, n. 3994 il Commissario delegato è stato autorizzato a provvedere, entro il 31 dicembre 2012, in regime ordinario, al completamento delle attività avviate per la realizzazione del nuovo Auditorium parco della musica e della cultura di Firenze e agli interventi ad esso correlati. Con l’O.P.C.M. 8 febbraio 2012, n. 4001, sono state adottate ulteriori disposizioni per il completamento del Nuovo Palazzo del Cinema e dei Congressi del Lido di Venezia e per il rientro nell'ordinario delle attività commissariali. Anche in tal caso il Commissario delegato è stato autorizzato a definire, entro il 31 dicembre 2012, le iniziative necessarie per portare a termine la realizzazione del Nuovo Palazzo del Cinema ed a completare il trasferimento alle amministrazioni ed enti competenti in via ordinaria le incombenze necessarie ad assicurare il buon esito delle iniziative approvate nell'ambito dell'azione commissariale.

 

Tali commissari vengono, pertanto, autorizzati, per ulteriori sei mesi, a continuare la gestione operativa della contabilità speciale, appositamente aperta, ma ai soli fini dei pagamenti riferiti ad attività concluse o in via di completamento, per la realizzazione del Nuovo Auditorium di Firenze e del Nuovo Palazzo del Cinema del Lido di Venezia, avvalendosi, per lo svolgimento di tali attività dei rispettivi comuni di Firenze e di Venezia, senza nuovi e maggiori oneri.

 

L’ultimo periodo del comma 2 dispone che le gestioni commissariali che operano, ai sensi della legge n. 225 del 1992, alla data di entrata in vigore del decreto in esame, non sono suscettibili di proroga o rinnovo, se non una sola volta e per la durata massima di 30 giorni.

A seguito di una modifica approvata nel corso dell’esame in sede referente, tale termine di 30 giorni è stato esteso fino al 31 dicembre 2012.

 

Per la prosecuzione dei relativi interventi si applicano, quindi, i nuovi commi 4-ter e 4-quater dell’articolo 5 della legge n. 225 del 1992, come introdotti dal decreto-legge, sentite le amministrazioni locali interessate. Conseguentemente, con apposite ordinanze dovranno essere individuate le amministrazioni che subentreranno, con poteri ordinari, alle attuali gestioni commissariali.

 

Si rammenta infine che attualmente risultano dichiarati e prorogati circa 60 stati di emergenza, che includono una serie di diverse tipologie quali: dissesti idrogeologici; eventi meteorologici e alluvioni; eventi sismici; vulnerabilità sismica; rischio vulcanico; emergenza ambientale; emergenza traffico e mobilità ed altre emergenze[34].


 

Articolo 3, comma 3
(Completamento degli interventi dei commissari per l’emergenza nomadi).

3. Per il necessario completamento funzionale degli interventi già programmati, le somme non ancora impegnate, alla data di notificazione della sentenza del Consiglio di Stato numero 6050 del 2011, dai Commissari delegati di cui alle ordinanze del Presidente del Consiglio dei Ministri 30 maggio 2008, n. 3676, 3677 e 3678, pubblicate nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana n. 127 del 31 maggio 2008, nonché alle ordinanze del Presidente del Consiglio dei Ministri del 1o giugno 2009, n. 3776 e 3777, pubblicate sulla Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana n. 129 del 6 giugno 2009, sulle contabilità speciali intestate ai funzionari delegati medesimi, sono versate al capitolo 3560 – «Entrate eventuali e diverse concernenti il Ministero dell'interno» per essere riassegnate al pertinente capitolo dello stato di previsione della spesa del Ministero dell'interno.

 

Il comma 3 prevede la riassegnazione delle somme non ancora impegnate dai commissari delegati perl’emergenza nomadi. Si tratta dei commissari nominati in virtù dello stato di emergenza dichiarato in alcune regioni del territorio nazionale con il decreto del Presidente del Consiglio del 21 maggio 2088. Tale provvedimento è stato giudicato illegittimo dal Consiglio di Stato (sent. 6050/2011) con la conseguenza che è venuta meno anche la legittimità della nomina dei commissari delegati.

La disposizione in commento provvede in ordine alla destinazione delle risorse economiche ancora presenti nelle contabilità speciali dei commissari e non ancora impegnate alla data di notificazione della sentenza del Consiglio di Stato, stabilendo che queste siano riassegnate al Ministero dell’interno e destinandole al “necessario completamento funzionale degli interventi già programmati”. A tal fine, le somme vengono versate al capitolo 3560 – “Entrate eventuali e diverse concernenti il Ministero dell’interno” per essere poi riassegnate al pertinente capitolo dello stato di previsione della spesa del medesimo dicastero.

Come chiarito dalla relazione tecnica al disegno di legge in esame, le somme sono destinate a taluni interventi già programmati per l’emergenza nomadi e la riassegnazione è fatta al Ministero dell’interno, competente in via ordinaria per i medesimi interventi. Si tratta, come evidenziato nella stessa relazione tecnica, di una prima attuazione del procedimento di rientro delle situazioni di emergenza nel regime ordinario definito per la prima volta dal disegno di legge in esame, per il quale si rinvia alla scheda relativa (art. 1, comma 4, che introduce, tra l’altro, i nuovi commi 4-ter e 4-quater dell’art. 5 della legge 225/1992).

Tuttavia, si rileva che quanto disposto al comma in esame differisce in parte da quel procedimento. Innanzitutto, l’atto di conclusione dello stato di emergenza, ai sensi del nuovo comma 4-ter, è una nuova ordinanza volta a favorire e regolare il subentro dell’amministrazione competente, mentre, nel caso dell’emergenza nomadi, il rientro è disposto direttamente con norma legislativa di rango primario. Inoltre, il comma 4-quater, prevede la possibilità, nel caso di prosecuzione degli interventi anche dopo la conclusione dell’emergenza, di individuare il soggetto responsabile cui intestare la contabilità speciale e l’indicazione di un tempo determinato per il completamento degli interventi. Nel caso in esame non si è provveduto né all’individuazione del soggetto responsabile, né alla determinazione del limite di tempo. Viene, invece, osservata la procedura contabile introdotta dal comma 4-quater che prevede prima il versamento delle somme all’entrata dello Stato (in questo caso al capitolo di entrata dell’Interno) e poi la successiva rassegnazione (ossia ai capitoli “pertinenti” sempre del medesimo ministero).

La relazione tecnica sottolinea la neutralità finanziaria della norma, ma non reca indicazione circa l’ammontare delle somme da riassegnare, né della natura degli interventi già programmati.

Alla data della pronuncia del Consiglio di Stato (novembre 2011) i saldi delle contabilità speciali interessate ammontavano nel complesso a circa 53,146 milioni di euro: attualmente esse sono pari a circa 51,190 milioni di cui 16,7 presso la prefettura di Napoli, 12 Milano, 11,64 Roma, 5,2 Torino e 5,6 Venezia (fonte: Ragioneria generale dello Stato).

 

Ad inizio legislatura, il Governo pro tempore ha approvato una serie di misure legislative in materia di sicurezza (il cosiddetto pacchetto sicurezza) dove ampio spazio è dedicato alle disposizioni volte a contrastare l’immigrazione clandestina e a fare fronte a questioni di ordine e sicurezza pubblica connesse con il fenomeno migratorio. Si tratta di un insieme articolato di provvedimenti, tra cui un decreto-legge (D.L. 92/2008 conv. L. 125/2008), due disegni di legge, entrambi poi approvati (legge 94/2009 e legge 85/2009), alcuni schemi di decreto legislativo e un decreto del Presidente del Consiglio (DPCM 21 maggio 2008) recante dichiarazione di stato di emergenza volta a fare fronte alla situazione di criticità in Campania, in Lombardia e nel Lazio per la presenza di numerosi cittadini extracomunitari irregolari e nomadi stabilmente insediati.

Secondo tale provvedimento, lo stato di emergenza è originato dalla “situazione di estrema criticità determinatasi” […] “a causa della presenza di numerosi cittadini extracomunitari irregolari e nomadi” insediatisi nelle aree urbane. Tali “insediamenti, a causa della loro estrema precarietà, hanno determinato una situazione di grave allarme sociale, con possibili gravi ripercussioni in termini di ordine pubblico e sicurezza per le popolazioni locali”.

 

Si ricorda che ai sensi dell’art. 5, comma 1, della legge 225/1992, il Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio, può deliberare lo stato di emergenza, determinandone durata ed estensione territoriale in stretto riferimento alla qualità ed alla natura degli eventi, al verificarsi degli eventi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera c): calamità naturali, catastrofi o altri eventi che, per intensità ed estensione, debbono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari.

 

Lo stato di emergenza, la cui scadenza era inizialmente fissata al 31 maggio 2009, è stato prima prorogato fino al dicembre 2010 ed esteso anche a Piemonte e Veneto[35], poi prorogato ulteriormente al 31 dicembre 2011[36].

La dichiarazione dello stato di emergenza in Campania, in Lombardia e nel Lazio ha consentito di nominare i prefetti di Napoli, Milano e Roma commissari delegati per la realizzazione di tutti gli interventi necessari al superamento dello stato di emergenza con ordinanze di protezione civile n. 3676, 3677 e 3678 del 30 maggio 2008 del Presidente del Consiglio dei Ministri. A seguito dell’estensione dell’emergenza anche a Piemonte e Vento, i prefetti di Torino e Venezia sono stati nominati commissari delegati per le rispettive regioni (O.P.C.M n. 3776 e 3777 del 1° giugno 2009).

Nel 2011 il Consiglio di Stato ha dichiarato l’illegittimità della dichiarazione dello stato di emergenza in mancanza dell’effettiva esistenza di una situazione straordinaria. Sono stati dichiarati illegittimi anche gli atti adottati in attuazione del predetto DPCM e in primo luogo le ordinanze del Presidente del Consiglio del 30 maggio 2008 di nomina dei Commissari delegati per l’emergenza (Consiglio di Stato, sez. IV, sen. 16 novembre 2011, n. 6050). In particolare, il giudice amministrativo ha ritenuto che né dal testo del DPCM 28 maggio 2008, né dai suoi atti prodromici e preparatori è dato ricavare elementi certi e obiettivi nel senso dell’effettiva esistenza di una situazione straordinaria, quanto meno nei termini e nelle dimensioni che ne giustifichino un inquadramento nella previsione di cui alla lettera c) dell’art. 2, L. n. 225 del 1992 (ossia la presenza di calamità naturali, catastrofi o altri eventi che, per intensità ed estensione, debbono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari). In ogni caso, non si evincono precisi dati fattuali che autorizzino ad affermare l’esistenza di un “rapporto di causa-effetto fra la presenza sul territorio di insediamenti nomadi e una straordinaria ed eccezionale turbativa dell’ordine e della sicurezza pubblica nelle aree interessate.

Nel febbraio 2012 il Governo ha presentato ricorso contro la sentenza del Consiglio di Stato, e Il 9 maggio, il Consiglio di Stato ha adottato una ordinanza che sospende in parte degli effetti delle precedenti decisioni del tribunale amministrativo che ne dichiarava l’illegittimità. Si tratta di una misura cautelare volta a portare a compimento esclusivamente le procedure in itinere, in modo da non esporre le amministrazioni interessate alle “gravi conseguenze, non solo patrimoniali che deriverebbero da un’interruzione delle attività avviate in esecuzione degli atti oggetto di impugnazione e di annullamento” (Consiglio di Stato, sez. IV, ord. 9 maggio 2012, n. 1760).

 

Il 28 febbraio 2012 la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha presentato la Strategia nazionale d’inclusione dei Rom, dei Sinti e dei Caminanti (http://www.cooperazioneintegrazione.gov.it/media/6633/strategia_italiana_rom.pdf). Il piano attua la comunicazione della Commissione europea del 5 aprile 2011 “Quadro dell'UE per le strategie nazionali di integrazione dei Rom fino al 2020” (si veda il paragrafo Attività delle istituzioni dell’Unione europea) nella quale sollecita gli Stati membri, in proporzione all'entità della popolazione Rom che vive sui rispettivi territori e tenendo conto dei loro diversi punti di partenza, ad adottare o sviluppare un'impostazione globale per l'integrazione dei Rom.

La Strategia nazionale prevede, tra l’altro, l’attivazione, mediante la riprogrammazione e l’utilizzo delle risorse provenienti dalla emergenza commissariale connessa agli insediamenti delle comunità nomadi nel territorio delle regioni Campania, Lombardia, Lazio, Piemonte e Veneto e ad oggi ancora non impegnate, di appositi Piani locali per l’inclusione sociale delle comunità Rom Sinti e Camminanti, che individuino nuovi interventi di inclusione da programmare e realizzare sperimentalmente, concorrendo così al conseguimento degli obiettivi e all’applicazione di contenuti, modelli e strumenti di governance e capacity building della Strategia stessa, anche al fine di validarne l’approccio metodologico, da estendere e replicare in altre aree di prioritario intervento nelle successive annualità (2014-2020) (pag. 35);

 

Tra gli interventi previsti dalle ordinanze di protezione civile del 2008-2009, si ricordano il monitoraggio dei campi autorizzati in cui sono presenti comunità nomadi; l’individuazione e sgombero degli insediamenti abusivi; l’identificazione e censimento delle persone, anche minori di età, e dei nuclei familiari presenti nei campi nomadi attraverso rilievi segnaletici. A tali fini ciascuna ordinanza assegna alle contabilità speciali di ogni commissario la somma di 1 milione di euro. Come stabilito dalla OPCM 1 aprile 2009, n. 3751, alle contabilità speciali dei commissari, affluiscono inoltre le risorse finanziarie rese disponibili da regioni ed enti locali, e parte di quelle del fondo sicurezza urbana istituito dal decreto legge 112/2008 (conv. L. 133/2008) art. 61, co. 18. Si tratta di un fondo istituito per l’anno 2009 nello stato di previsione del Ministero dell’interno, con una dotazione di 100 milioni di euro, per la realizzazione, sulla base di apposite convenzioni tra il Ministero dell’interno ed i comuni interessati, delle iniziative urgenti occorrenti.

Mentre la fase dell’emergenza e del censimento si svolge a livello di competenza dello Stato, che ha stanziato 60 milioni per realizzarla, la seconda fase, di sistemazione degli aventi diritto, appartiene alla competenza degli enti locali e su di essa il governo svolge un'attività di monitoraggio[37].

Per l’attuazione e delle ordinanze sono state emanate dal Ministro dell’interno, il 23 luglio 2008, specifiche linee guida, nelle quali si afferma che le ordinanze sono finalizzate a rimuovere le situazioni di degrado esistenti nei campi e a promuovere condizioni di vivibilità nella legalità per le comunità nomadi, consentendo l'accesso ai servizi di carattere sociale, assistenziale, sanitario e scolastico, soprattutto per i minori, maggiormente esposti a rischi di abuso e di sfruttamento. I principi fondamentali e le modalità da seguire nell'identificazione di chi risiede nei campi nomadi tengono conto delle indicazioni e delle raccomandazioni formulate dal Garante per la protezione dei dati personali.

Sulla base delle suddette ordinanze si è preceduto all’identificazione delle persone residenti nei campi attraverso un censimento che, per Roma, Milano e Napoli, ha portato, nell’ottobre del 2008, all’individuazione complessiva di 167 accampamenti, di cui 124 abusivi e 43 autorizzati, ed è stata registrata la presenza di 12.346 persone, tra le quali 5.436 minori[38].  Successivamente, come chiarito dal Ministro dell’interno in sede di sindacato ispettivo presso la Camera dei deputati il 22 settembre 2010, il censimento ha portato all'individuazione di 361 campi abusivi abitati da 16.355 persone, per 2.657 delle quali, prive dei requisiti di permanenza in Italia, sono stati adottati provvedimenti di allontanamento[39].

Attività delle istituzioni dell’Unione europea

Il 5 aprile 2011 la Commissione europea ha presentato la comunicazione “Quadro dell'UE per le strategie nazionali di integrazione dei Rom fino al 2020”,[40] nella  il quale ha sollecitato  gli Stati membri, in proporzione all'entità della popolazione Rom che vive nei  rispettivi territori, ad adottare o sviluppare un'impostazione globale per l'integrazione dei Rom e a sostenere i seguenti obiettivi:

a) accesso a un'istruzione di qualità, compresa la scuola della prima infanzia, nonché all'istruzione primaria, secondaria e superiore, con particolare riferimento all'eliminazione dell'eventuale segregazione a scuola, alla prevenzione dell'abbandono scolastico e alla riuscita della transizione dalla scuola all'occupazione;

b) accesso all'occupazione, con particolare riferimento a un accesso non discriminatorio al mercato del lavoro, nonché politiche attive del mercato del lavoro, programmi per tale mercato, istruzione e formazione professionale per gli adulti e sostegno al lavoro autonomo;

c) accesso all'assistenza sanitaria, con particolare riferimento all'assistenza sanitaria di qualità, comprese l'assistenza sanitaria preventiva e l'educazione alla salute;

d) accesso agli alloggi, con particolare riferimento alle case popolari e alla necessità di promuovere la desegregazione abitativa, con pieno ricorso ai finanziamenti recentemente messi a disposizione nel contesto del Fondo europeo di sviluppo regionale

La Comunicazione della Commissione europea, approvata dal Consiglio  giustizia e affari interni del 19 maggio 2011, parte dalla constatazione che molti dei 10-12 milioni di Rom che abitano, in Europa affrontano nella loro vita quotidiana pregiudizi, intolleranza, discriminazione ed esclusione sociale. La Commissione sottolinea che gli Stati membri devono garantire che i Rom non siano discriminati, bensì trattati come ogni altro cittadino dell'UE, con pari accesso a tutti i diritti fondamentali sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. La comunicazione collega inoltre il tema della integrazione dei Rom agli obiettivi della strategia Europa 2020,quali, la. lotta contro la povertà e l’esclusione sociale, l’ aumento dei livelli di occupazione, la riduzione dell’abbandono scolastico e l’aumento del tasso di istruzione superiore.

La comunicazione della Commissione sottolinea che gli obiettivi nazionali di integrazione dei Rom devono essere stabiliti tenendo conto delle esigenze, dei vincoli e della varietà delle situazioni in ciascuno Stato membro. In ogni Stato membro, deve essere costituito un punto di contatto nazionale per eseguire il monitoraggio delle azioni.

Le fonti di finanziamento delle strategie nazionali potranno in particolare provenire dai bilanci nazionali, dai fondi strutturali (Fondo sociale europeo,  e al Fondo europeo di sviluppo regionale, Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale) o altri finanziamenti europei, quali lo strumento di microfinanza Progress (2007-2013), l’Iniziativa europea a favore dell’innovazione sociale (2014-2020) o da sovvenzioni internazionali.

Il 21 maggio 2012 la Commissione europea ha presentato la comunicazione Strategie nazionali di integrazione dei Rom: un primo passo nell’attuazione del Quadro dell’UE (COM(2012)226)[41], contenente una prima valutazione delle strategie adottate dagli Stati membri.

Per quanto riguarda specificamente l’Italia, la Commissione ritiene che la strategia nazionale adottata risponda pienamente agli obiettivi del quadro per quanto riguarda  le misure per migliorare l’assistenza sanitaria, per aumentare il livello di istruzione, per coinvolgere le autorità regionali e locali, nonché gli interventi volti a sostenere l’ impegno nel campo dei diritti dell’uomo e nella lotta alle discriminazioni. Un minore livello di rispondenza agli obiettivi è riscontrato nelle politiche di occupazione e in materia di alloggi, nonostante la comunicazioni rilevi la presenza di misure per favorire l’accesso al microcredito e migliorare l’accesso agli alloggi,  comprese le case popolari. 

Relativamente a tutte le strategia nazionali, la Commissione sottolinea che gli Stati membri dovrebbero ricorrere maggiormente ai fondi dell’UE ai fini dell’inclusione dei Rom, tenuto conto che  le comunità Rom svantaggiate beneficiano di una percentuale troppo bassa dei 26,5 miliardi di euro destinati a sostenere gli sforzi nazionali nel settore dell’inclusione sociale per il periodo 2007-2013.


Articolo 3, comma 3-bis
(Deroghe al patto di stabilità interno per gli enti territoriali)

3-bis. Le risorse residue in contabilità speciale vengono direttamente trasferite all’amministrazione subentrante e non sono considerate ai fini della verifica del rispetto del patto di stabilità interno. La disposizione si applica anche alle altre risorse messe a disposizione dalle regioni e dagli enti locali per gli interventi di emergenza e al fondo regionale di protezione civile.

 

Il comma 3-bis dell’articolo 3, inserito nel corso dell’esame in sede referente, introduce una deroga alla disciplina del Patto di stabilità interno, prevedendo l’esclusione dal Patto degli interventi realizzati dagli enti territoriali con le risorse residue ad essi trasferite provenienti dalla contabilità specialeaperta per l'emergenza.

Sono altresì escluse dal patto di stabilità le risorse messe a disposizione dalle regioni e dagli enti locali per gli interventi di emergenza nonché quelle del fondo regionale di protezione civile.

Il comma 3-bis dell’articolo 3, prevede, al primo periodo, che le risorse residue nella contabilità speciale aperta per l'emergenza vengano direttamente trasferite all’Amministrazione subentrante e che tali risorse siano escluse dal patto di stabilità interno.

 

Si osserva che la disposizione in commento fa genericamente riferimento alle “risorse residue in contabilità speciale” senza indicare se trattasi, come presumibile, delle risorse sulla contabilità speciale - aperta per la gestione della fase emergenziale in capo al commissario delegato – che residuano al momento del passaggio da tale fase all’ordinaria amministrazione.

 

Si ricorda che i nuovi commi 4-ter e 4-quater dell’articolo 5 della legge n. 225/1992 - introdotti dal decreto-legge in esame (articolo 1, comma 1, lettera c), n. 7) –- recano disposizioni volte a definire la chiusura della fase emergenziale ed il conseguente passaggio all’amministrazione ordinaria.

In particolare, il comma 4-quater prevede che nell’apposita ordinanza possa essere individuato, nell’ambito dell’amministrazione pubblica competente a coordinare gli interventi, il soggetto cui deve essere intestata la contabilità speciale aperta per l’emergenza in atto per un periodo di tempo determinato per il completamento degli interventi adottati ai sensi delle ordinanze medesime.

Per gli ulteriori interventi da realizzare secondo le ordinarie procedure di spesa con le disponibilità che residuano alla chiusura della contabilità speciale, si prevede che le risorse ivi giacenti siano trasferite alla regione o all'ente locale ordinariamente competente ovvero, ove si tratti di altra amministrazione, sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per la successiva riassegnazione.

 

La deroga al patto di stabilità interessa sia le regioni che gli enti locali, posto che il citato comma 4-quater della legge n. 225/1992 prevede che le disponibilità che residuano alla chiusura della contabilità speciale siano trasferite alla regione o all'ente locale ordinariamente competente.

 

Al riguardo, si segnala l’opportunità di un coordinamento della norma in esame con quella, di contenuto analogo, anch’essa introdotta nel corso dell’esame in sede referente, di cui all’articolo 1, comma 1, lettera c), alinea 4-quater, che pure prevede il trasferimento alle amministrazioni territoriali delle somme residue sulle contabilità speciali legate a situazioni emergenziali, senza tuttavia specificare che tali somme sono escluse dal patto di stabilità interno.

 

In merito all’esclusione di tali risorse dal patto, si segnala che, dalla formulazione della norma, non risulta chiaro se l’esclusione dal patto debba intendersi, nel caso degli enti locali, nel senso di esclusione sia delle entrate da trasferimento che delle spese effettuate a valere su tali risorse e, nel caso delle regioni, nel senso di esclusione delle spese a valere sulle risorse in questione. Tale precisazione rileva in quanto per gli enti locali il vincolo del patto di stabilità è posto sul saldo finanziario mentre per le regioni si applica la regola del controllo della spesa finale[42].

 

Il secondo periodo del comma in esame prevede, inoltre, l’esclusione dal patto di stabilità anche:

§      delle altre risorse messe a disposizioni dalle regioni e dagli enti locali per interventi di emergenza;

§      del fondo regionale di protezione civile.

In relazione al Fondo regionale di protezione civile si ricorda che non è stato più rifinanziato a partire dal 2009. Tale situazione è stata evidenziata nella documentazione depositata nel corso dell’audizione del Capo del dipartimento della protezione civile presso le Commissioni riunite V e VIII del 7 luglio 2011 in merito alla stato delle risorse finanziarie in dotazione per interventi di protezione civile. In tale documentazione si richiama infatti l’attenzione “sulla necessità di rifinanziare il Fondo Regionale di protezione civile, al fine di reperire le risorse atte a garantire il finanziamento per la copertura dei danni causati da eventi di pertinenza regionale (articolo 2, comma 1, lettera b) della legge 225/92) e per gli interventi di potenziamento del sistema regionale di protezione civile, come previsto dall'articolo 138, comma 16 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria 2001) che ha istituito il citato fondo”.

Si ricorda, infatti, che l'art. 19-sexies del decreto-legge n. 266/2004 aveva prorogato l’operatività del Fondo per gli anni 2005, 2006 e 2007e che l’art. 25, comma 2-bis, del decreto-legge n. 159/2007, aveva destinato 138 milioni di euro, per l’anno 2008 per la prosecuzione dell’operatività del Fondo regionale. Con D.P.C.M. del 24 luglio 2009erano stati quindi indicati i criteri e le modalità di trasferimento delle risorse del Fondo stesso per l'anno 2008 di spettanza di ciascuna Regione.

Si segnala, infine, che l’articolo 1-bis, introdotto nel corso dell’esame in sede referente, prevede la possibilità, per le regioni, di approvare con propria deliberazione, il “Piano Regionale di Protezione Civile”. A tal fine, si prevede l’istituzione di un fondo a valere sul bilancio regionale per l’espletamento e la messa in atto degli interventi previsti dal Piano e per fronteggiare le prime fasi dell’emergenza.

 

La norma in commento è volta a consentire agli enti territoriali di effettuare spese in deroga alle regole del patto, finanziate con risorse proprie degli enti, finalizzate ad interventi di emergenza ovvero destinate al fondoregionale di protezione civile.

Si osserva che la norma in esame non prevede alcuna compensazione finanziaria degli effetti, sui saldi di finanza pubblica, che derivano dalle spese effettuate dagli enti territoriali in deroga al patto di stabilità interno a valere sulle risorse messe a disposizione dagli enti locali per fronteggiare gli interventi di emergenza.

Si tratta, infatti, di spese che non rientrano tra quelle già escluse dal patto in base alla legislazione vigente e la loro esclusione risulterebbe pertanto suscettibile di incrementare il volume complessivo della spesa delle amministrazioni locali.

Andrebbe, inoltre, chiarito come tale norma si coordini con quella, di contenuto analogo, anch’essa introdotta nel corso dell’esame in sede referente all’articolo 1, comma 1-bis, la quale introduce una analoga deroga alla disciplina del Patto di stabilità interno per gli enti locali, prevedendo l’esclusione dal saldo rilevante ai fini del rispetto del Patto degli interventi realizzati direttamente dai comuni e dalle province con risorse proprie in relazione a eventi calamitosi in seguito ai quali sia stato deliberato dal Consiglio dei Ministri lo stato di emergenza, purché effettuati nell'esercizio finanziario in cui avviene la calamità e nei due esercizi successivi.

 

Si ricorda, infine, che una norma analoga, seppure di applicazione più limitata è contenuta nel decreto legge 6 giugno 2012, n. 74[43] (articolo 7), attualmente all’esame della Camera, il quale introduce una deroga alla disciplina del Patto di stabilità interno, prevedendo un ridimensionamento degli obiettivi del patto per l’anno 2012 in favore dei comuni delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo, interessati dagli eventi sismici dei giorni 20 e 29 maggio 2012, al fine di agevolare la ripresa delle attività.

 

Tali deroghe si verrebbero, peraltro, ad aggiungere a quelle già considerate dalla vigente disciplina del patto di stabilità interno, che prevede, sia per gli enti locali che per le regioni, l’esclusione di alcune voci di entrata e di spesa relative a calamità naturali.

In particolare, per gli enti locali, l’articolo 31, commi 7-8, della legge n. 183/2011 prevede l’esclusione dal computo del saldo finanziario sia delle risorse provenienti dallo Stato che delle relative spese, sia di parte corrente che in conto capitale, sostenute dalle province e dai comuni per l’attuazione delle ordinanze emanate dal Presidente del Consiglio dei ministri, a seguito di dichiarazione dello stato di emergenza. L’esclusione opera anche se le spese vengono effettuate nell’arco di più anni, purché nei limiti delle medesime risorse. La norma precisa peraltro che deve trattarsi di spese relative ad entrate registrate successivamente al 2008.

 

Per le regioni, l’articolo 32, comma 4, lettera h), della medesima legge n. 183/2011, prevede l’esclusione, dal computo delle spese finali rilevanti ai fini del rispetto del patto, delle spese conseguenti alla dichiarazione dello stato di emergenza in caso di calamità naturali, di cui alla legge n. 225/1992, nei limiti dei maggiori incassi derivanti dagli aumenti che il Presidente della Regione è autorizzato a deliberare, sino al limite massimo consentito dalla vigente legislazione, dei tributi, delle addizionali, delle aliquote ovvero delle maggiorazioni di aliquote attribuite alla regione.

 


Articolo 3, comma 4
(Acquisto del termovalorizzatore di Acerra).

4. Tenuto conto della deliberazione del Consiglio dei Ministri in data 16 febbraio 2012, adottata nella riunione del 14 febbraio 2012, ai sensi dell'articolo 61, comma 3, del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35, e registrata dalla Corte dei conti in data 23 marzo 2012, di trasferimento alla regione Campania dell'impianto di termovalorizzazione di Acerra, e del conseguente decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di variazione del bilancio n. 17226 in data 14 marzo 2012, le risorse del Fondo per lo sviluppo e coesione 2007-2013 relative al Programma attuativo regionale, necessarie per l'acquisto del predetto termovalorizzatore, pari a 355.550.240,84, di cui all'articolo 12, comma 8, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44, vengono trasferite direttamente alla società creditrice già proprietaria dell'impianto di termovalorizzazione di Acerra, a saldo di ogni sua pretesa, da parte del competente Dipartimento del Ministero dello sviluppo economico, con corrispondente riduzione dei limiti di spesa di cui al patto di stabilità della regione Campania, per la cui mera ricognizione è adottato apposito decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri. In considerazione del fatto che il trasferimento è effettuato per conto della regione Campania, per lo stesso, ai fini fiscali, resta fermo quanto previsto dal comma 10 dell'articolo 12 del predetto decreto-legge n. 16 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 44 del 2012. Resta salva ogni garanzia prevista dal codice civile a favore della regione Campania che ha acquisito l'impianto.

 

Nel corso dell’esame in sede referente, è stato soppresso il comma 4 dell’articolo 3, che prevede il trasferimento diretto alla società creditrice già proprietaria del termovalorizzatore di Acerra, a saldo di ogni sua pretesa, delle risorse del Fondo per lo sviluppo e coesione (FSC) 2007-2013 relative al Programma attuativo regionale (PAR), necessarie per l'acquisto del predetto impianto, quantificate in 355.550.240,84 euro (già trasferite alla regione Campania dall’articolo 12, comma 8, del D.L. 16/2012).

Tale importo era già stato così quantificato dall’art. 12, comma 8, del D.L. 16/2012[44], il quale ha autorizzato la regione Campania a utilizzare le risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione 2007-2013 relative al Programma attuativo regionale, per l’importo suddetto, per l’acquisto del termovalorizzatore di Acerra.

Nella relazione illustrativa si ricorda che, a seguito della deliberazione del Consiglio dei Ministri 16 febbraio 2012, adottata nella riunione del 14 febbraio 2012 ai sensi dell'art. 61, comma 3, del D.L. 5/2012[45], con la quale si era stabilito il trasferimento della proprietà dell'impianto alla regione Campania, l'articolo 12, comma 8, del D.L. 2 marzo 2012, n. 16 aveva autorizzato la regione medesima all'utilizzo delle risorse del FSC per il pagamento del termovalorizzatore quantificando l'importo a ciò necessario. Con l’articolo 3, comma 4, in commento, ora oggetto di soppressione, il trasferimento viene operato per conto della regione Campania direttamente alla società costruttrice e già proprietaria in quanto, secondo quanto evidenziato nella relazione illustrativa, “il trasferimento della proprietà dell'impianto è già avvenuto tre mesi fa e ulteriori ritardi nei pagamenti comporterebbero gravi problemi di sostenibilità finanziaria a carico della società creditrice”.

 

Si segnala che la Regione Campania ha presentato ricorso alla Corte costituzionale per conflitto di attribuzione (ricorso n. 5/2012[46]) per chiedere l'annullamento, previa sospensione cautelare, dell'efficacia del citato D.P.C.M. 16 febbraio 2012.

 

Lo stesso comma, nel disporre che le risorse suddette siano trasferite da parte del competente Dipartimento del Ministero dello sviluppo economico prevede, come specificato dalla relazione tecnica, che al fine della necessaria compensazione degli effetti negativi sui saldi si proceda alla riduzione, per la corrispondente cifra, dei limiti di spesa di cui al patto di stabilità della regione Campania, in ragione del fatto che tale spesa viene effettuata direttamente dallo Stato nei confronti della società proprietaria del termovalorizzatore, venendo dunque meno la necessità di tale spesa per la regione.

 

A seguito della soppressione della norma in esame e alla luce del contenzioso sollevato dalla regione Campania davanti alla Corte Costituzionale in merito all’utilizzo delle risorse del FSC regionale per l’acquisto del termovalorizzatore, appare opportuno acquisire chiarimenti sulle modalità con cui verranno regolati i rapporti finanziari con la società già proprietaria del termovalorizzatore.

 

Si ricorda, infatti, che la soppressione del comma dovrebbe presumibilmente comportare che, alla vicenda relativa all’acquisto del termovalorizzatore di Acerra, continuino ad applicarsi le vigenti disposizioni di cui ai commi da 8 a 11 dell’articolo 12 del D.L. 16/2012 i quali prevedono una diversa disciplina per il pagamento del termovalorizzatore.

In particolare, le citate disposizioni dispongono l’autorizzazione alla Regione Campania ad utilizzare le risorse del Fondo per lo sviluppo e coesione (FSC) per l’acquisto del termovalorizzatore, che vengono contestualmente trasferite alla regione medesima, per il predetto importo di 355.550.240,84 euro.

Allo scopo di attenuare gli effetti negativi per la regione in relazione ai vincoli posti dal patto di stabilità interno regionale – atteso che il predetto importo, invece di essere speso in un periodo pluriennale secondo i criteri di impiegabilità delle risorse del FSC, sarebbe stato utilizzato in un unico esercizio, in ragione dell’acquisto, con inevitabile sforamento del patto – il comma 11 dello stesso articolo 12 del D.L. n. 16/2012, inserendo la lettera n-ter) all’art. 32, comma 4, della legge n. 183 del 2011 (legge di stabilità 2012), ha escluso dalla disciplina del patto di stabilità interno delle regioni a statuto ordinario alcune spese sostenute dalla regione Campania per il termovalorizzatore di Acerra, nei limiti di 90 milioni di euro annui.

Si ricorda, in particolare, che il citato articolo 12, al comma 11, prevede la possibilità per la regione Campania di spendere, al di fuori dei vincoli del patto di stabilità interno, le somme riscosse annualmente dalla regione stessa, a valere sia sulla quota ad essa spettante dei ricavi derivanti dalla vendita di energia, nel limite di 60 milioni di euro annui, sia sulle risorse statali già finalizzate al pagamento del canone di affitto, destinate alla medesima regione quale contributo dello Stato, ai sensi dell’articolo 18 del D.L. n. 195/2009, quantificato in 30 milioni di euro annui per quindici anni a decorrere dall’anno 2010.

 

Come già ricordato, la normativa di cui al D.L. n. 16/2012 è stata attuata con il D.P.C.M. 16 febbraio 2012 che ha stabilito il trasferimento della proprietà dell'impianto alla regione Campania, la quale ha, tuttavia, presentato ricorso alla Corte costituzionale per conflitto di attribuzione per chiedere l'annullamento, previa sospensione cautelare, dell'efficacia del citato D.P.C.M. 16 febbraio 2012.

Il penultimo periodo del comma 4 soppresso, in considerazione del fatto che il trasferimento è effettuato per conto della regione Campania, dispone che per lo stesso, ai fini fiscali, resti fermo quanto previsto dal comma 10 dell'art. 12 del D.L. 16/2012[47].

L’ultimo periodo del comma 4 soppresso dispone, infine, che resta salva ogni garanzia prevista dal codice civile a favore della regione Campania che ha acquisito l'impianto.

Procedure di contenzioso

Si segnala che con una lettera di messa in mora del 29 settembre 2011 (procedura d’infrazione n. 2007_2195) la Commissione europea ha invitato l’Italia a conformarsi alla sentenza della Corte di giustizia dell’UE del marzo 2010 (causa C-297/08) che la riconosce responsabile di non aver stabilito una rete adeguata e integrata di impianti per lo smaltimento dei rifiuti in Campania.

Nel corso di un’audizione davanti alla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, il 16 maggio 2012 il Ministro per l’ambiente, Corrado Clini ha ribadito la necessità per l’Italia di individuare soluzioni idonee entro giugno 2012 per evitare una sanzione stimata in 500 mila euro al giorno, che scaturirebbe daun ulteriore avanzamento della procedura.

 


 

Articolo 3, comma 5
(Esclusione del Fondo per lo sviluppo e la coesione da tagli lineari)

5. All'articolo 13, comma 1-quinquies, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44, al secondo periodo sono apportate le seguenti modificazioni:

a) dopo le parole: «persone fisiche», la lettera «e» è sostituita dalla seguente: «,»;

b) dopo le parole: «nonché per il soccorso pubblico» sono aggiunte le seguenti: «, e gli stanziamenti relativi al fondo sviluppo e coesione».

 

L’articolo 3, comma 5, include il Fondo per lo sviluppo e la coesione tra le voci escluse dal taglio lineare alle dotazioni finanziarie rimodulabili disponibili del bilancio a legislazione vigente disposto dal comma 1-quinquies dell’articolo 13 del decreto legge n. 16/2012 (legge n. 44/2012)[48]

A tal fine, la disposizione reca una modifica testuale al medesimo comma 1-quinquies.

Si ricorda che il comma 1-quinquies dell’articolo 13 del D.L. n. 16/2012 dispone il taglio lineare delle dotazioni finanziarie disponibili iscritte a legislazione vigente nell’ambito delle spese rimodulabili di ciascun Ministero, per un importo pari a 280 milioni di euro per il 2012 e 180 milioni di euro a decorrere dal 2013.

Il medesimo comma 1-quinquies esclude dal taglio lineare gli stanziamenti relativi al cinque per mille IRPEF e gli stanziamenti per spese relative alla tutela dell’ordine, della sicurezza e del soccorso pubblico. Il decreto-legge in commento intende dunque aggiungere a tali voci anche il Fondo per lo sviluppo e la coesione.

 

L’esclusione del Fondo per lo sviluppo e la coesione dal taglio operato dall’articolo 13, comma 1-quinquies, del D.L. n. 16/2012 è finalizzata - afferma la relazione illustrativa al decreto legge - a non rischiare di compromettere gli impegni già assunti con le regioni su risorse appena riprogrammate a seguito dei tagli di 10 milioni di euro operati sul medesimo Fondo in ragione di precedenti manovre, trattandosi di somme destinate a finalità rilevanti per la crescita e lo sviluppo e spesso già assegnate, anche con decisioni del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE).

Si ricorda, relativamente al Fondo per lo sviluppo e la coesione, che - sulla base di quanto risulta dalla Deliberazione CIPE n. 6 del 20 gennaio 2012[49] - le riduzioni di spesa disposte per via legislativa sul predetto Fondo sono state pari a circa 10,4 miliardi di euro, di cui 9,5 miliardi relativi al periodo 2012-2015.

La relazione tecnica precisa che tale esclusione non comporta effetti finanziari, trovando compensazione


 

Articolo 3, comma 5-bis
(Anagrafe pubblica degli appalti dei grandi eventi)

5.-bis. E’ istituita una anagrafe pubblica degli appalti pubblici relativi dei grandi eventi che mette a disposizione sul sito internet del Dipartimento della protezione civile le informazioni relative agli appalti di lavori, servizi, forniture e ai soggetti imprenditoriali che sono o che si propongono come affidatari di tali lavori, servizi e forniture comprese le segnalazioni su inadempienze e su danni già verificatisi.

 

L’articolo 3, comma 5-bis, inserito durante l’esame in sede referente, istituisce un’anagrafe pubblica degli appalti dei grandi eventi che dovrà mettere a disposizione sul sito del Dipartimento della protezione civile le seguenti informazioni concernenti:

§         gli appalti di lavori, servizi e forniture;

§         i soggetti imprenditoriali che sono o si propongono come affidatari di tali lavori pubblici;

§         le segnalazioni su inadempienze e danni del passato.

 

Si ricorda preliminarmente che l’articolo 40-bis del decreto legge n. 1/2012 ha abrogato il comma 5 dell’art. 5-bis del D.L. 343/2001, che consentiva al Dipartimento della Protezione civile di utilizzare i poteri previsti dall’art. 5 della L. 225/1992 (vale a dire poteri di ordinanza in deroga alle leggi vigenti e nomina di commissari delegati) anche con riferimento ai “grandi eventi” rientranti nella competenza del Dipartimento della protezione civile e diversi da quelli per i quali si rende necessaria la delibera dello stato di emergenza.

Si ricorda, inoltre, che l’art. 62-bisdel D.lgs. n. 82/2005, introdotto dall’art. 44 del d.lgs. n. 235/2010, ha previsto l’istituzione, presso l’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici, della Banca dati nazionale dei contratti pubblici (BDNCP) al fine di favorire la riduzione degli oneri amministrativi derivanti dagli obblighi informativi ed assicurare la trasparenza e il controllo in tempo reale dell'azione amministrativa per l'allocazione della spesa pubblica in lavori, servizi e forniture, nonché al fine del rispetto della legalità e del corretto agire della p.a. e di prevenire fenomeni di corruzione. La BDNCP è stata quindi istituita con l’art. 20 del decreto legge n. 5/2012 (cd. semplificazioni) e sarà operativa a decorrere dal 1° gennaio 2013. Presso la BDNCP dovrà quindi confluire la documentazione comprovante il possesso dei requisiti di carattere generale, tecnico-organizzativo ed economico-finanziario richiesti per la partecipazione alle procedure di appalto disciplinate dal D.lgs. n. 163/2006 (Codice dei contratti pubblici). Si ricorda poi che l’art. 38 sui requisiti di ordine generale, esclude dall’’affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi, i soggetti che si trovano, tra l’altro, in stato di fallimento, di liquidazione coatta, di concordato preventivo; nei cui confronti è stata pronunciata sentenza di condanna passata in giudicato o emesso decreto penale di condanna divenuto irrevocabile; che hanno commesso gravi infrazioni debitamente accertate alle norme in materia di sicurezza e a ogni altro obbligo derivante dai rapporti di lavoro; che hanno commesso grave negligenza o malafede nell'esecuzione delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che bandisce la gara o che hanno commesso un errore grave nell’esercizio della loro attività professionale; che hanno commesso violazioni gravi rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse; nei cui confronti risulta l’iscrizione nel casellario informatico per aver presentato falsa dichiarazione o falsa documentazione in merito a requisiti e condizioni rilevanti per la partecipazione a procedure di gara e per l’affidamento dei subappalti; che hanno commesso violazioni gravi alle norme in materia di contributi previdenziali e assistenziali.

 

Si osserva che la norma reca una formulazione generica con riferimento alle informazioni che dovranno confluire nell’anagrafe e non specifica, inoltre, l’organismo presso il quale opererà l’anagrafe medesima. Si valuti, inoltre, l’opportunità di verificare la compatibilità di tale disposizione con quanto previsto dal citato articolo 40-bis del D.L. 1/2012.



[1]    Si ricorda che per tutte le attività relative al Dipartimento della Protezione civile ed al Servizio nazionale della Protezione civile si può consultare l’apposito sito internet (http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/dipartimento.wp).

[2]     “Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa”.

[3]    Un primo elemento è dato dalle dimensioni del fenomeno che, a partire dal 2002, ha visto aumentare in modo repentino la quantità di ordinanze emesse annualmente; ulteriore elemento è costituito dall’interpretazione estensiva data nella prassi dal Governo alla nozione di evento straordinario di protezione civile, cioè al presupposto sostanziale per l’emanazione di siffatte ordinanze; infine, l’introduzione di alcune disposizioni legislative che, rispetto a quanto previsto dalla L. 225/1992, hanno esteso i presupposti sostanziali di tali ordinanze e ne hanno distorto la finalità (il D.L. 343/2001 e il D.L. 90/2005 che hanno, rispettivamente, esteso la possibilità di emanare tali ordinanze in occasione di “grandi eventi”, nonché di interventi all’estero di protezione civile, “derivanti da calamità o eventi eccezionali”.)

[4]    Per una completa disamina del documento citato si veda http://www.protezionecivile.gov.it/cms/attach/editor/Circolare_30_9_2002_n._0035114.pdf

[5]    D.L. 7 settembre 2001 n. 343, Disposizioni urgenti per assicurare il coordinamento operativo delle strutture preposte alle attività di protezione civile e per migliorare le strutture logistiche nel settore della difesa civile, convertito, con modificazioni, dall'art. 1, L. 9 novembre 2001, n. 401.

[6]    D.L. 24 gennaio 2012 n. 1, Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività, convertito, con modificazioni, dall'art. 1, L 24 marzo 2012, n. 27.

[7]    D.L. 31 maggio 2005, n. 90, Disposizioni urgenti in materia di protezione civile, convertito in legge con modificazioni, dall'art. 1, L. 26 luglio 2005, n. 152.

 

[8]    L’elenco degli stati di emergenza è aggiornato ogni quindici giorni dalla Protezione civile ed è consultabile sul relativo sito internet ai seguenti link a seconda che gli stati di emergenza siano raggruppati per argomento http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/view_dossier.wp?contentId=DOS21894 o per territorio http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/view_dossier.wp?contentId=DOS22358

[9]    Ai sensi dell’art. 6 della legge 225/1992 concorrono all'attuazione delle attività di protezione civile, secondo i rispettivi ordinamenti e competenze, le amministrazioni dello Stato, le regioni, le province, i comuni e le comunità montane, gli enti pubblici, gli istituti ed i gruppi di ricerca scientifica con finalità di protezione civile, nonché ogni altra istituzione ed organizzazione anche privata. Concorrono, altresì, all'attività di protezione civile i cittadini ed i gruppi associati di volontariato civile, nonché gli ordini ed i collegi professionali. Costituiscono, invece, strutture operative nazionali del Servizio nazionale della protezione civile, ai sensi dell’art. 11: a) il Corpo nazionale dei vigili del fuoco quale componente fondamentale della protezione civile; b) le Forze armate; c) le Forze di polizia; d) il Corpo forestale dello Stato; e) i Servizi tecnici nazionali; f) i gruppi nazionali di ricerca scientifica di cui all'articolo 17, l'Istituto nazionale di geofisica ed altre istituzioni di ricerca; g) la Croce rossa italiana; h) le strutture del Servizio sanitario nazionale; i) le organizzazioni di volontariato; l) il Corpo nazionale soccorso alpino-CNSA (CAI).

[10]   Si veda il link www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/previsione_servizio.wp per una descrizione del Sistema, nonché della rete dei centri funzionali e di competenza.

[11]   Per un’analisi approfondita dell’attuale panorama italiano dei soggetti deputati a fornire l’informazione meteorologica, si rinvia all’articolo “Riflessioni per una meteorologia all’altezza delle sfide” in Ecoscienza n. 1/2012, disponibile al link www.arpa.emr.it/cms3/documenti/_cerca_doc/ecoscienza/ecoscienza2012_1/cacciamani_et_al_es1_12.pdf

[12]    D.Lgs. 1° agosto 2003, n. 259, recante “Codice delle comunicazioni elettroniche”.

[13]   Si rammenta che il Comitato per legislazione, nel parere approvato in data 30 maggio 2012, ha rilevato l’opportunità di espungere il riferimento al rinnovo dello stato di emergenza.

[14]   Si fa presente che, ai sensi dei commi 5 e 6 dell’art. 5 della legge n. 225/1992, le ordinanze emanate in deroga alle leggi vigenti devono essere motivate, contenere l’indicazione delle principali norme a cui si intende derogare, pubblicate nella G.U. e trasmesse ai sindaci interessati per l’ulteriore pubblicazione locale.

[15]   Il testo originario conteneva il termine “verificazione” che è stato sostituito con il termine “verifica” durante l’esame in sede referente.

[16]   Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie, convertito con modificazioni dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10.

[17]    Convertito dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.

[18]   Si veda anche il parere del Comitato per la legislazione.

[19]   Il comma 5-bis è stato aggiunto dal comma 8-quater dell'articolo 60 del D.L. n. 112/2008 (legge n. 133/2008) e poi sostituito dal comma 5 dell'art. 8 del D.L. 30 n. 208/2008.

[20]   La titolarità delle contabilità speciali è esercitata ai sensi degli articoli 60 e 61 del R.D. di contabilità n. 2440/1923, recante “Nuove disposizioni sull'amministrazione del patrimonio e sulla contabilità generale dello Stato”, e dell'articolo 333 del R.D. n. 827/1924 “Regolamento per l'amministrazione del patrimonio e per la contabilità generale dello Stato”.

[21]   Si ricorda che l’articolo 17 del D.Lgs. n. 398 del 1990 ha autorizzato le regioni a statuto ordinario a istituire, con proprie leggi, un'imposta regionale sulla benzina per autotrazione, erogata dagli impianti di distribuzione ubicati nel territorio regionale; ai sensi dell’articolo 1, comma 154 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, l’importo massimo di tale imposta è stato da ultimo elevato a 0,02582 euro per litro.

[22]   Introdotto dal comma 2-quater dell’articolo 2, D.L. 29 dicembre 2010, n. 225.

[23]   L’articolo 28 della legge di contabilità pubblica disciplina il Fondo di riserva per le spese impreviste, finalizzato a provvedere alle eventuali deficienze delle assegnazioni di bilancio, che non riguardino le spese obbligatorie (per le quali invece si provvede attraverso l’apposito Fondo di riserva previsto dall’articolo 26) e che, comunque, non impegnino i bilanci futuri con carattere di continuità (comma 1). Il Fondo è iscritto nello stato di previsione del Ministero dell’economia e finanze, nella parte corrente.

Per ciò che attiene al trasferimento delle somme dal fondo di riserva per le spese impreviste e la corrispondente iscrizione delle stesse ai capitoli di bilancio, esso ha luogo mediante decreti del Ministro dell’economia e delle finanze (comma 2).

In allegato allo stato di previsione della spesa del Ministero dell'economia e delle finanze è contenuto un elenco (elenco 2), da approvare con apposito articolo con la legge del bilancio, delle spese per le quali si può ricorrere ai prelevamenti dal Fondo in oggetto (comma 3).

In allegato al rendiconto generale dello Stato è contenuto un elenco dei decreti di trasferimento di somme dal Fondo ai competenti capitoli, con le indicazioni dei motivi per i quali si è proceduto ai prelevamenti (comma 4).

[24]   Da ultimo, si veda il decreto-legge 13 agosto 2011, n.138 (L. 148/2011) che all’articolo 1, nel disporre alcune riduzioni delle spese dei Ministeri, ne indicava l’ammontare complessivo (complessivi 8,5 mld. di euro nel biennio 2012-2013), rinviando ad un DPCM la ripartizione dei suddetti importi tra i Ministeri interessati.

[25]  Pubblicato nella Gazz. Uff. 5 marzo 1993, n. 53.

[26]    Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici che hanno interessato il territorio delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo, il 20 e il 29 maggio 2012.

[27]   La flotta aerea antincendio boschiva Canadair è attualmente composta da 19 velivoli Bombardier CL-415 http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/view_com.wp?contentId=COM26887 .

[28]   Tale articolo prevede che con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il parere del Consiglio di Stato che deve pronunziarsi entro novanta giorni dalla richiesta, possono essere emanati regolamenti per disciplinare:  l'esecuzione delle leggi e dei decreti legislativi, nonché dei regolamenti comunitari; l'attuazione e l'integrazione delle leggi e dei decreti legislativi recanti norme di principio, esclusi quelli relativi a materie riservate alla competenza regionale; le materie in cui manchi la disciplina da parte di leggi o di atti aventi forza di legge, sempre che non si tratti di materie comunque riservate alla legge; l'organizzazione ed il funzionamento delle amministrazioni pubbliche secondo le disposizioni dettate dalla legge.

 

[29]   D.L. 29 dicembre 2010 n. 225, Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 26 febbraio 2011, n. 10.

[30]  D.L. 23 maggio 2008, Misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania e ulteriori disposizioni di protezione civile.

 

[31]   Il D.L. n. 195/2009 è entrato in vigore il 30 dicembre 2009.

[32]   Per una ricostruzione dei provvedimenti adottati con riguardo all’Expo 2015 si rinvia al seguente link http://xvi.intra.camera.it/465?area=23&tema=51&Expo+2015 oppure alla relazione della Corte dei conti http://www.corteconti.it/export/sites/portalecdc/_documenti/controllo/sez_controllo_enti/2011/delibera_93_2011.pdf

 

[33]   Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività, convertito dalla legge 24 marzo 2012, n. 27.

[34]   L’elenco è aggiornato ogni quindici giorni dalla Protezione civile ed è consultabile sul relativo sito internet raggruppati o per argomento http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/view_dossier.wp?contentId=DOS21894 o per territorio http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/view_dossier.wp?contentId=DOS22358

[35]    D.P.C.M. 28 maggio 2009, Proroga dello stato di emergenza per la prosecuzione delle iniziative inerenti agli insediamenti di comunità nomadi nel territorio delle regioni Campania, Lazio e Lombardia ed estensione della predetta situazione di emergenza anche al territorio delle regioni Piemonte e Veneto

[36]    D.P.C.M. 17 dicembre 2010, Proroga dello stato di emergenza per la prosecuzione delle iniziative inerenti agli insediamenti di comunità nomadi nel territorio delle regioni Campania, Lazio, Lombardia, Piemonte e Veneto.

[37]    Così il Ministro dell’interno in sede di sindacato ispettivo presso la Camera dei deputati il 22 settembre 2010.

[38]    Dati contenuti nel rapporto del 22 ottobre 2008 dei Prefetti delle tre città al Ministro dell’interno (fonte sito del Ministero dell’interno. Dal medesimo sito risulta che almeno altrettanti nomadi rispetto a quelli censiti, circa 12.000, si sono allontanati dai campi dall'inizio di giugno 2008).

[39]    Camera dei deputati, Interrogazioni a risposta immediata (Risultati conseguiti dal Governo in ordine alla questione dei campi nomadi abusivi ed iniziative in ambito comunitario per la revisione della disciplina della libera circolazione - n. 3-01239), intervento del Ministro dell’interno, Seduta del 22 settembre 2010.

[40]   Con il termine Rom si intendono secondo l’uso di una serie di organizzazioni internazionali e di rappresentanti di gruppi Rom in Europa, molti diversi gruppi (Rom, Sinti, Kale, Zigani, Romanichel, Boyash, Ashkali, Egyptians, Yenish, Dom, Lom) compresi i Traveller, fatte salve le specificità e le diversità tra gli stili di vita e le situazioni di ognuno di essi.

 

 

[41]   Con il termine Rom si intendono secondo l’uso di una serie di organizzazioni internazionali e di rappresentanti di gruppi Rom in Europa, molti diversi gruppi (Rom, Sinti, Kale, Zigani, Romanichel, Boyash, Ashkali, Egyptians, Yenish, Dom, Lom) compresi i Traveller, fatte salve le specificità e le diversità tra gli stili di vita e le situazioni di ognuno di essi.

[42]    Si ricorda che le regole del patto di stabilità interno per l’anno 2012 e per gli anni successivi sono recate dalla legge di stabilità 2012 (legge n. 183/2011), rispettivamente all’articolo 31 per gli enti locali e all’articolo 32 per le regioni.

Per quanto riguarda le regioni a statuto ordinario, continua ad applicarsi la regola del controllo della spesa finale (corrente e in conto capitale). Il contributo agli obiettivi di finanza pubblica è quantificato esattamente per ciascuna regione. Per ciascuno degli anni 2012 e 2013, il complesso delle spese finali di ciascuna regione non può essere superiore agli obiettivi programmatici già fissati per gli anni 2012 e 2013 (dalla precedente legge di stabilità per il 2011) diminuiti dell'importo indicato per ciascuna regione in due apposite tabelle.

Per gli enti locali l’obiettivo del Patto di stabilità consiste, invece, nel raggiungimento di uno specifico obiettivo di saldo finanziario- calcolato quale differenza tra entrate e spese, con l’eccezione di alcune voci, espresso in termini di competenza mista – determinato, per ciascun ente, applicando alla spesa corrente media sostenuta nel periodo 2006-2008, rilevata in termini di impegni, così come desunta dai certificati di conto consuntivo, determinati coefficienti, fissati in maniera differenziata per le province e i comuni.

Si ricorda, peraltro, che gli obiettivi così indicati sono dichiaratamente 'transitori', in attesa dell’applicazione del meccanismo di ripartizione degli obiettivi del patto fra le singole amministrazioni in base alla loro virtuosità, che comporta effetti di minore incidenza finanziaria dei vincoli per gli enti virtuosi e di maggiore incidenza per gli altri enti.

[43]    Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici che hanno interessato il territorio delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo, il 20 e il 29 maggio 2012.

[44]    Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento, convertito dalla L. 26 aprile 2012 n. 44.

[45]    Convertito dalla L. 35/2012. La norma richiamata prevede che, fatta salva la competenza legislativa esclusiva delle Regioni, in caso di mancato raggiungimento dell'intesa richiesta con una o più Regioni per l'adozione di un atto amministrativo da parte dello Stato, il Consiglio dei Ministri, ove ricorrano gravi esigenze di tutela della sicurezza, della salute, dell'ambiente o dei beni culturali ovvero per evitare un grave danno all'Erario può, nel rispetto del principio di leale collaborazione, deliberare motivatamente l'atto medesimo, anche senza l'assenso delle Regioni interessate, nei 60 giorni successivi alla scadenza del termine per la sua adozione da parte dell'organo competente. Qualora nel medesimo termine è comunque raggiunta l'intesa, il Consiglio dei Ministri delibera l'atto motivando con esclusivo riguardo alla permanenza dell'interesse pubblico.

[46]    Pubblicato sulla G.U. - 1ª Serie Speciale - Corte Costituzionale n. 20 del 16 maggio 2012.

[47]    Si ricorda che il citato comma 10 dispone, al primo periodo, che ai fini fiscali, il pagamento da parte della regione Campania della suddetta somma di 355.550.240,84 euro, in quanto effettuato a definizione di ogni pretesa del soggetto proprietario dell'impianto, vale come liquidazione risarcitoria transattiva tra le parti private e quelle pubbliche interessate. Il secondo periodo del medesimo comma dispone poi che ogni atto perfezionato in attuazione della disposizione di cui al precedente periodo è esente da imposizione.

 

[48]   Decreto legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44, proprio le somme destinate al Fondo per lo sviluppo e la coesione.

[49]   Delibera CIPE n. 6/2012 “Fondo per lo sviluppo e la coesione. Imputazione delle riduzioni di spesa disposte per legge. Revisione della pregressa programmazione e assegnazione di risorse ai sensi dell’articolo 33, comma 2 della legge n. 183/2011” pubblicata in G.U. n. 88 del 14 aprile 2012.