Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento difesa
Altri Autori: Ufficio Rapporti con l'Unione Europea
Titolo: Partecipazione italiana alla missione di osservatori militari delle Nazioni Unite in Siria - D.L. 58/2012 - A.C. 5287
Riferimenti:
AC N. 5287/XVI   DL N. 58 DEL 15-MAG-12
Serie: Progetti di legge    Numero: 656
Data: 19/06/2012
Organi della Camera: III-Affari esteri e comunitari
IV-Difesa

 

Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

Partecipazione italiana alla missione di osservatori militari delle Nazioni Unite in Siria

D.L. 58/2012 – A.C. 5287

 

 

 

 

 

 

 

n. 656

 

 

 

19 giugno 2012

 


 

Servizi responsabili:

Servizio Studi – Dipartimento Difesa

( 066760-4939– * st_difesa@camera.it

Servizio Studi – Dipartimento Affari esteri

( 066760-4939 / 066760-4172 – * st_affari_esteri@camera.it

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

File: D12058.doc

 


INDICE

 

Schede di lettura

§     Articolo 1(Partecipazione italiana alla missione UNSMIS)3

§     Articolo 2 (Copertura finanziaria)11

§     Articolo 3 (Entrata in vigore)13

Approfondimenti

Siria: il quadro dei più recenti avvenimenti (15 febbraio 2012 – 17 giugno 2012)17

§     Nuove misure repressive da parte del regime di Damasco  17

§     Inasprimento delle sanzioni da parte dell’UE ed avvio della mediazione Annan  18

§     La Dichiarazione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite del 20 marzo  21

§     L’escalation dello scontro militare  22

§     La difficile attuazione del Piano Annan  23

§     L’evoluzione della posizione russa e la Risoluzione n. 2042 del Consiglio di Sicurezza  25

§     La seconda Risoluzione sulla Siria e la missione UNSMIS  26

§     Ultimi sviluppi27

L’Unione europea e la Siria (a cura della Segreteria generale -  Ufficio Rapporti con l’Unione europea)35

§     Le relazioni UE-Siria  35

§     L’attività dell’Unione europea a fronte della repressione  35

Risoluzione 2043 (2012) del Consiglio di Sicurezza ONU

Pubblicistica

§     CeSI, Percezioni nel mondo arabo della crisi siriana e della questione palestinese, Approfondimento n. 54, a cura dell’Osservatorio di politica internazionale  49

§     CeSI, Il ruolo delle minoranze nella crisi siriana, Nota n. 35, a cura dell’Osservatorio di politica internazionale  49

§     N. Ronzitti, Intervento in Siria: non si può, o invece sì?, dal sito: Affarinternazinali.it, 11 giugno 2012  49

§     R. Aliboni, Siria: il nodo gordiano che Mosca non taglia, dal sito: Affarinternazionali.it, 11 giugno 2012  49

§     Siria: la comunità internazionale e le opzioni percorribili, dal sito: www.equilibri.net/nuovo, 16 giugno 2012  49

 

 

 


Schede di lettura

 


Articolo 1
(Partecipazione italiana alla missione UNSMIS)

1. È autorizzata, a decorrere dal 14 maggio 2012 e fino al 31 dicembre 2012, la spesa di euro 826.686 per la partecipazione di personale militare alla missione di osservatori militari delle Nazioni Unite, denominata United Nations Supervision Mission in Syria (UNSMIS), di cui alla risoluzione 2043 (2012), adottata dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite il 21 aprile 2012.

2. Al personale che partecipa alla missione di cui al comma 1 si applicano:

    a) l'articolo 3, commi 1, 2, 4, 5, 6 e 9, della legge 3 agosto 2009, n. 108; l'indennità di missione è corrisposta nella misura intera incrementata del trenta per cento, se non usufruisce, a qualsiasi titolo, di vitto e alloggio gratuiti, calcolata sulla diaria prevista con riferimento ad Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Oman;

    b) l'articolo 5, commi 1, 2 e 3, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 209, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2009, n. 12, e l'articolo 4, commi 1-sexies e 1-septies, del decreto-legge 4 novembre 2009, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 dicembre 2009, n. 197.

 

 

Il disegno di legge A.C. 5287, di conversione del decreto legge n. 58 del 2012, è stato adottato dal Consiglio dei ministri lo scorso 8 maggio e successivamente approvato senza modifiche in prima lettura dal Senato (A.S. 3304) nella seduta del 14 giugno 2012[1].

 

Il giorno successivo all’adozione del decreto legge il Governo ha riferito alle Commissione riunite affari esteri e difesa della Camera in merito alla decisione di inviare in Siria personale militare non armato, in qualità di osservatori. Nel corso delle citate comunicazioni il Governo ha rilevato che “per l’Italia quanto sta accadendo in Siria riguarda prioritariamente un’ineludibile questione di carattere umanitario, ma anche il mantenimento della stabilità e sicurezza nell’area mediterranea, una regione chiave per l’intera area euroatlantica e per noi in particolare. Va anche evidenziato” ha rilevato il Governo “come vi sia un ulteriore interesse diretto ed immediato, in quanto il nostro contingente in Libano, composto da più di mille soldati, è comunque esposto, sia pure di riflesso, allo spillover della crisi siriana. (…) L’Italia, quindi, non può far mancare il proprio contributo per avviare tempestivamente l’attuazione della Risoluzione n. 2043”.

Con riferimento al contributo italiano alla missione, il Governo ha riferito che “il nostro Paese ha immediatamente fornito un primo supporto, su richiesta delle Nazioni Unite, trasportando mezzi e materiali con cinque voli C-130 - il 15, 16 e 17 aprile scorsi - dalla base ONU di Brindisi e da Praga, con destinazione Beirut”.

Per quanto riguarda, invece, l’invio di personale militare, il Governo ha reso noto che per il momento, si tratta “dell’invio di cinque militari, selezionati dal Dipartimento per le operazioni di peacekeeping delle Nazioni Unite fra i nostri diciassette candidati. È possibile, tuttavia, che altri dei restanti dodici vengano inviati in un successivo momento. Per quanto riguarda la catena di comando, il controllo operativo degli osservatori sarà delegato al capo missione, chief military observer, già designato nella persona del generale di divisione norvegese Robert Mood”.

 

Nello specifico, l’articolo 1, comma 1, autorizza, a decorrere dal 14 maggio 2012 e fino al 31 dicembre 2012, la spesa di euro 826.686 per la partecipazione di personale militare alla missione UNSIMIS in Siria disposta a seguito dell’approvazione da parte del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite della risoluzione n. 2043 del 2012.

 

Come precisato nella relazione illustrativa allegata al provvedimento, i costi della missione sono stati quantificati considerando la presenza media di dieci militari per la restante parte del corrente anno, “tenuto conto che la stessa risoluzione 2043 (2012), nel prevedere la missione per un periodo iniziale di novanta giorni, già considera la possibilità di successivi aggiornamenti delle relative previsioni a seguito dei rapporti che il Segretario generale dovrà presentare al Consiglio ogni quindici giorni”.

 

Lo scorso 21 aprile il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato la seconda Risoluzione sulla Siria (n. 2043), la cui urgenza era stata particolarmente sostenuta dalla Russia, votando all'unanimità l’invio di un contingente massimo di trecento osservatori militari disarmati, oltre alla necessaria componente civile.

La missione deliberata (UNSMIS – United Nations Supervision Mission in Syria), guidata dal generale norvegese Robert Mood, della durata iniziale di 90 giorni e sulla quale già in precedenza le Nazioni Unite avevano firmato un protocollo d'intesa con il governo siriano, sarà soggetta ad una frequente (15 giorni) periodica valutazione da parte del Segretario generale dell'ONU che riferirà al Consiglio, soprattutto in ordine all'effettivo rispetto - finora solo parziale - del cessate il fuoco. La Risoluzione invita, inoltre, sia le autorità siriane che le opposizioni armate a porre fine a ogni combattimento, presupposto questo essenziale per la valutazione del Segretario generale sulle modalità e i tempi di dispiegamento di UNSMIS.

 

La risoluzione n. 2043, nel testo tradotto in Italiano dal Centro Regionale di informazioni delle Nazioni Unite, è riportata in allegato al presente dossier.

 

L'attuale consistenza della missione (alla data del 16 maggio 2012) è di 236 osservatori militari e 71 membri di staff civile internazionale o locale. I paesi contributori sono attualmente: Argentina, Bangladesh, Belgio, Benin,Brasile, Burundi, BurkinaFaso, Ciad, Cina, Croazia, Danimarca, Equador, Egitto, Finlandia ,Germania, Ghana, Guatemala, Indonesia, Irlanda, Italia, Giordania, Malawi, Mauritania, Marocco, Nepal, Niger, Norvegia, Kenya, Kyrgyzistan, Paraguay, Filippine, Russia,Senegal,SudAfrica,Svizzera,Yemen,Uruguay.

 

Il comma 2 dell’articolo 1 reca talune disposizioni riguardanti il personale impiegato nella missione in esame (lettera a)) e le disposizioni di carattere penale applicabili alla missione.

 

Nello specifico, per quanto riguarda il personale militare italiano impiegato nella missione UNSMIS trova applicazione quanto disposto sia dall’articolo 3, commi 1, 2, 4, 5, 6 e 9 della legge n. 108 del 2009 (si tratta, in particolare, di disposizioni che concernono il trattamento economico accessorio da erogare al personale che partecipa alle missioni, la non applicabilità, all’indennità di missione, della riduzione del 20 per cento disposta dal decreto-legge n. 223 del 2006, la corresponsione dell’indennità di impiego operativo in maniera uniforme, il trattamento economico complessivo da erogare nei casi in cui si attribuiscano incarichi di vertice, la valutazione dei periodi di comando ed il richiamo di talune disposizioni del decreto-legge n. 451 del 2001), sia dall’articolo 5, commi 1, 2 e 3 del decreto-legge n. 209 del 2008 e dall’articolo 4, commi 1-sexies e 1-septies del decreto-legge n. 152 del 2009 (ossia dalle disposizioni relative all’applicazione del codice penale militare di pace, alla punibilità dei reati commessi dallo straniero nel territorio in cui si svolgono le missioni di ed alla non punibilità del militare che, nel corso delle operazioni, ordina di fare o fa uso delle armi nel rispetto delle regole di ingaggio e degli ordini legittimamente impartiti).

 

Il comma 2, alla lettera a) precisa, inoltre, che l’indennità di missione UNSMIS, calcolata sulla diaria prevista con riferimento ad Arabia Saudita, E.A.U. e Oman, è corrisposta nella misura intera incrementata del 30%.

 

Il contenuto dei commi 1, 2, 4, 5, 6 e 9 dell'articolo 3 della legge 3 agosto 2009, n. 108, recante la proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali, è illustrato al termine della presente scheda.

 

Per quanto riguarda le disposizioni di carattere penale applicabili al contingente militare impegnato nella missione in esame, la lettera b) del comma 2 dell’articolo 1 rinvia, all’articolo 5, commi 1, 2 e 3 del decreto-legge n. 209 del 2008[2], recante la proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali ed all’articolo 4, commi 1-sexies e 1-septies, del decreto-legge n. 152 del 2009[3].

 

Analiticamente, attraverso il rinvio alle disposizioni di cui all’art. 5 del DL n. 209 del 2008, si prevede:

 

Ø      l’applicabilità al personale militare impegnato nelle missioni internazionali della disciplina del codice penale militare di pace e della disciplina prevista dall’articolo 9, commi 3, 4 (lettere a, b, c, d), 5 e 6, del D.L. n. 451 del 2001[4];

 

Il rinvio ulteriore al decreto-legge sulla missione «Enduring Freedom» comporta, in particolare:

-      l’attribuzione della competenza territoriale al tribunale militare di Roma;

-      la possibilità per gli ufficiali di polizia giudiziaria militare di procedere all'arresto di chiunque è colto in flagranza di uno dei seguenti reati militari: a) disobbedienza aggravata; b) rivolta; c) ammutinamento; d) insubordinazione con violenza e violenza contro un inferiore aggravata. Se gli eventi non consentono di porre tempestivamente l’arrestato a disposizione dell’autorità giudiziaria, l’arresto mantiene efficacia purché il verbale sia inviato, anche con mezzi telematici, entro 48 ore al PM e l'udienza di convalida si svolga, con la partecipazione necessaria del difensore, nelle successive 48 ore. Gli interrogatori potranno svolgersi mediante un collegamento videotelematico od audiovisivo;

-      la possibilità, con le stesse modalità, di procedere all’interrogatorio della persona sottoposta alla misura coercitiva della custodia cautelare in carcere.

 

Ø      che i reati commessi dallo straniero nei territori in cui si svolgono le missioni e gli interventi militari, in danno dello Stato o di cittadini italiani partecipanti alle stesse missioni, siano puniti a richiesta del Ministro della giustizia, sentito il Ministro della difesa per i reati commessi a danno di appartenenti alle Forze armate; che per tali reati – come per quelli comuni commessi dai cittadini italiani durante le missioni – la competenza spetti al Tribunale di Roma, al fine di evitare conflitti di competenza e consentire unitarietà di indirizzo nella qualificazione delle fattispecie, nonché un più diretto e efficace collegamento tra l'autorità giudiziaria ordinaria e quella militare.

 

Attraverso il rinvio all’articolo 4, commi 1-sexies e 1-septies, del decreto-legge n. 197 del 2009 si prevede:

 

Ø      la non punibilità del militare che nel corso delle missioni all’estero, per necessità delle operazioni militari, fa uso della forza o ordina di far uso della forza, purché ciò avvenga in conformità (comma 1-sexies):

 

- alle direttive;

- alle regole di ingaggio;

- agli ordini legittimamente impartiti.

 

In tali casi opera una scriminante, ovvero una circostanza che esclude l'esistenza del reato e quindi la sua punibilità.

 

Si ricorda che le cause di giustificazione sono valutate a favore dell'agente anche se questi non le conosce (art. 59, comma 1, c.p.): perciò colui che credendo di commettere un reato, in realtà obbedisce senza saperlo a un ordine legalmente dato dall'autorità, è  esente da pena.

Si ricorda peraltro che l’uso legittimo delle armi è una condizione di non punibilità anche per il codice penale militare di pace che, all’articolo 41, stabilisce che «Non è punibile il militare, che, a fine di adempiere un suo dovere di servizio, fa uso, ovvero ordina di far uso delle armi o di altro mezzo di coazione fisica, quando vi è costretto dalla necessità di respingere una violenza o di vincere una resistenza. La legge determina gli altri casi, nei quali il militare è autorizzato a usare le armi o altro mezzo di coazione fisica».

 

Ø      l’applicazione delle disposizioni concernenti i delitti colposi – sempre che il fatto sia previsto dalla legge come delitto colposo – laddove il militare faccia uso della forza o ordini di far uso della forza eccedendo colposamente i limiti:

- stabiliti dalla legge;

- stabiliti dalle direttive;

- stabiliti dalle regole di ingaggio;

- stabiliti dagli ordini legittimamente impartiti;

- imposti dalla necessità delle operazioni militari.

 

La disposizione richiama sostanzialmente l’art. 45 del codice penale militare di pace (rubricato Eccesso colposo), che già stabilisce che «quando, nel commettere i fatti previsti dagli articoli 41 (uso legittimo delle armi), 42 (difesa legittima) e 44 (casi particolari di necessità militare) si eccedono colposamente i limiti stabiliti dalla legge o dall'ordine del superiore o di altra autorità, ovvero imposti dalla necessità, si applicano le disposizioni concernenti i reati colposi, se il fatto è preveduto dalla legge come reato colposo»[5].

Si ricorda, inoltre, che in base all’art. 42 del codice penale nessuno può essere punito per un fatto previsto dalla legge come delitto, se non l’ha commesso con dolo, salvi i casi di delitto preterintenzionale o colposo espressamente previsti dalla legge. L’art. 43 del codice penale qualifica il delitto come colposo - o contro l’intenzione – quando «l’evento, anche se preveduto, non è voluto dall’agente e si verifica a causa di negligenza o imprudenza o imperizia, ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline».

 

 

La legge n. 108 del 2009 (commi 1, 2, 4, 5,6 e 9)

 

Il comma 1 dell’articolo 3 della legge 3 agosto 2009, n. 108 attribuisce al personale impegnato nelle missioni internazionali l’indennità di missione di cui al Regio Decreto 3 giugno 1926, n. 941 (di seguito illustrato), in misure diversificate a seconda delle missioni stesse. Tale indennità viene riconosciuta a decorrere dalla data di entrata nel territorio, nelle acque territoriali e nello spazio aereo dei Paesi interessati e fino alla data di uscita dagli stessi per rientrare nel territorio nazionale, ed è attribuita per tutto il periodo della missione in aggiunta allo stipendio o alla paga e agli altri assegni a carattere fisso e continuativo. A tale indennità devono essere detratti, tuttavia, le indennità e i contributi eventualmente corrisposti agli interessati direttamente dagli organismi internazionali.

Il successivo comma 2 dell’articolo 3 della citata legge n. 108/2009,analogamente a quanto previsto nei precedenti decreti di proroga, dispone che all’indennità di cui al comma precedente, nonché al trattamento economico corrisposto al personale che partecipa alle attività di assistenza alle Forze armate albanesi di cui all’articolo 2, comma 11, continui a non applicarsi la riduzione del 20 per cento prevista dall’articolo 28, comma 1, del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248.

 

Al riguardo, si ricorda che l’articolo 28, comma 1, del decreto-legge n. 223 del 2006 prevede la riduzione del 20 per cento delle diarie corrisposte per le missioni all’estero.

 

Il comma 4 dell’articolo 3 della citata legge n. 108/2009, prescrive, a sua volta, che per il periodo dal 1° luglio 2009 al 31 ottobre 2009, in sostituzione dell'indennità operativa, ovvero dell'indennità pensionabile percepita, è corrisposta, se più favorevole, l'indennità di impiego operativo nella misura uniforme pari al 185 per cento dell'indennità operativa di base di cui all'articolo 2, comma 1, della legge 23 marzo 1983, n. 78 e successive modificazioni, se militari in servizio permanente o volontari in ferma breve trattenuti in servizio e in rafferma biennale, a 70 euro, se volontari in ferma prefissata.

 

La legge n. 78/1983 ha disciplinato le indennità di impiego operativo quale compenso per il rischio, per i disagi e per le responsabilità connessi alle diverse situazioni di impiego del personale militare derivanti dal servizio. L’articolo 2 della legge prevede che al personale militare dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica, salvo i casi previsti dai successivi articoli 3, 4, 5, 6, primo, secondo e terzo comma, e 7, spetta l'indennità mensile di impiego operativo di base nelle misure stabilite dalla tabella I, annessa al provvedimento, per gli ufficiali e i sottufficiali e nella misura di lire 50.000 per gli allievi delle accademie militari e per i graduati e i militari di truppa volontari, a ferma speciale o raffermati. Nei successivi articoli 3, 4, 5, 6, primo, secondo e terzo comma, e 7, sono disciplinate le indennità di impiego operativo previste per alcuni casi particolari: ufficiali e sottufficiali della Marina, dell'Esercito e dell'Aeronautica in servizio presso i comandi, gli enti, i reparti e le unità di campagna espressamente indicati; ufficiali e sottufficiali imbarcati su navi di superficie in armamento o in riserva iscritte nel quadro del naviglio militare, personale aeronavigante o facente parte di equipaggi fissi di volo.

 

Il comma 5 dell’articolo 3 della citata legge n. 108/2009, prevede che il personale militare impiegato dall'ONU nelle missioni internazionali con contratto individuale conservi il trattamento economico fisso e continuativo e che percepisca l'indennità di missione con spese di vitto e alloggio a carico dell'Amministrazione, aggiungendo altresì  che eventuali retribuzioni (od altri compensi) corrisposti direttamente dall'ONU allo stesso titolo (con esclusione di indennità e rimborsi per servizi fuori sede) sono devoluti all'Amministrazione al netto delle ritenute, fino a concorrenza dell'importo corrispondente alla somma del trattamento economico fisso e continuativo e dell'indennità di missione percepiti (sempre al netto delle ritenute e delle spese di vitto e alloggio).

Il comma 6 dell’articolo 3 della medesima legge n. 108/2009, reca disposizioni concernenti la valutazione dei periodi di comando, le attribuzioni specifiche, il servizio e l’imbarco svolti dagli ufficiali delle Forze armate, compresa l'Arma dei carabinieri, presso comandi, unità, reparti ed enti costituiti per lo svolgimento delle missioni internazionali, ai fini dell'assolvimento degli obblighi previsti per l'avanzamento al grado superiore. Ai sensi del citato comma 64 tali periodi sono validi ai fini dell'assolvimento degli obblighi previsti dalle tabelle 1, 2 e 3 allegate ai decreti legislativi 30 dicembre 1997, n. 490, recante “Riordino del reclutamento, dello stato giuridico e dell'avanzamento degli ufficiali, a norma dell'articolo 1, comma 97, della L. 23 dicembre 1996, n. 662”, e 5 ottobre 2000, n. 298, relativo al “Riordino del reclutamento, dello stato giuridico e dell'avanzamento degli ufficiali dell'Arma dei carabinieri, a norma dell'articolo 1 della L. 31 marzo 2000, n. 78”, e successive modificazioni. (ora articoli 1103, 1107, 1111, 1115, 1119, 1123, 1127, 1135, 1140, 1144, 1148, 1152, 1156, 1160, 1164, 1168, 1172, 1176, 1180, 1184, 1188, 1192, 1197, 1201, 1209, 1273, 1217, 1221, 1225, 1230 e 1235 del citato codice dell’ordinamento militare).

 

Da ultimo, il comma 9 dell’articolo 3 della citata legge n. 108/2009, rinvia, per quanto non diversamente previsto, a specifiche disposizioni del decreto legge n. 451 del 2001[6], convertito, con modificazioni, dalla legge n. 15 del 2002, per la disciplina delle missioni internazionali. Tali disposizioni, già richiamate nei precedenti provvedimenti di proroga riguardano, in particolare, l’indennità di missione (articolo 2, commi 2 e 3 del D.L. 451/2001), il trattamento assicurativo e pensionistico (articolo 3 del D.L. 451/2001), il personale in stato di prigionia o disperso (articolo 4 del D.L. 451/2001), disposizioni varie, quali il rilascio del passaporto di servizio, l’orario di lavoro e l’utilizzo a titolo gratuito delle utenze telefoniche di servizio (articolo 5 del D.L. 451/2001), il personale civile (articolo 7 del D.L. 451/2001) e talune norme di salvaguardia del personale (articolo 13 del D.L. 451/2001).

 

 

 

 

 


Articolo 2
(Copertura finanziaria)

 

1. Agli oneri derivanti dall'attuazione delle disposizioni del presente decreto, pari a euro 826.686 per l'anno 2012, si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 215, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 13, riferita, quanto a euro 475.983, alla spesa media annuale corrispondente alla riduzione di personale e, quanto a euro 350.703, alla riduzione in pari misura delle spese di funzionamento relative al supporto logistico.

2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare con propri decreti le occorrenti variazioni di bilancio.

 

 

L’articolo 2 prevede la clausola di copertura finanziaria.

Al riguardo, la disposizione precisa che agli oneri derivanti dall’applicazione della disposizione in esame si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 215, relativa alla missione UNIFIL in Libano.

Tale riduzione, come precisato, in particolare, nella relazione tecnica allegata al provvedimento, è stata operata:

 

-        quanto a euro 475.983, mediante una contestuale riduzione di n. 10 militari per circa sette mesi nella missione UNIFIL in Libano;

-        quanto a euro 350.703, mediante corrispondente riduzione delle spese di funzionamento relative al supporto logistico.

 

Pertanto, precisa la relazione tecnica, il contingente di personale medio della missione UNIFIL autorizzato dal D.L. 215/2011 è ridotto da 1.100 unità/anno a 1.094 unità/anno.

 

Le tabelle che seguono, i cui dati sono ripresi dalla relazione tecnica del governo allegata al provvedimento, riportano i costi mensili e complessivi relativi alla missione in esame distinti tra spese per il personale e spese di funzionamento.


 

PERSONALE

 

 

 

NUMERO

COSTO MENSILE

Trattamento di missione

10

91.067

Maggiorazione 185% operativa[7]

10

832

TOTALE SPESE PERSONALE

 

91.899

 

FUNZIONAMENTO

 

 

 

NUMERO

 

 

 

 

Sostegno logistico in teatro

10

15.000

TOTALE ONERI DI FUNZIONAMENTO

 

15.000

 

RIEPILOGO

 

 

COSTO MENSILE

COSTO TOTALE

Oneri di personale

91.899

710.686

 

 

 

Oneri di funzionamento

15.000

116.000

TOTALE

 

826,686


Articolo 3
(Entrata in vigore)

 

1. Il presente decreto entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.

 

 

L’articolo 3 stabilisce l’entrata in vigore del decreto il giorno stesso della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

 

 


Approfondimenti

 


Siria: il quadro dei più recenti avvenimenti
(15 febbraio 2012 – 17 giugno 2012)

Nuove misure repressive da parte del regime di Damasco

Nella seconda metà di febbraio è proseguita la repressione violenta di ogni manifestazione di dissenso, con particolare accanimento contro le due città centrali di Homs e Hama, ma senza trascurare la capitale e l’area meridionale di Daraa. Frattanto è stata messa in campo un'intensa attività diplomatica intorno alla questione siriana, che ha visto però sempre la Russia e la Cina ostacolare ogni progetto della Comunità internazionale nei confronti di Damasco.

Il regime di Assad il 15 febbraio ha annunciato che 11 giorni dopo si sarebbe svolto un referendum su un progetto di nuova Costituzione che prevedeva l'introduzione di un sistema multipartitico, dando corso alla soppressione del monopolio politico del partito Baath. Tuttavia, la nuova Costituzione  vieta tanto i partiti costituiti su base religiosa, quanto quelli a base regionale: in tal modo sarebbero comunque esclusi dalla competizione politica sia i Fratelli musulmani che i partiti curdi.

Il progetto di nuova Costituzione prevede inoltre l'elezione a suffragio universale diretto del Presidente, per non più di due settennati. Da notare che il combinato disposto tra alcune disposizioni del progetto costituzionale fa sì che il presidente possa essere soltanto di sesso maschile e di religione musulmana.

La giurisprudenza islamica viene posta alla base di tutte le norme del paese, e viene abolito qualsiasi riferimento al socialismo nell'organizzazione socio-economica del paese. La reazione occidentale è stata quella di considerare l'offerta del regime assolutamente tardiva e non credibile.

Il 16 febbraio l'Assemblea generale dell'ONU ha approvato un progetto di risoluzione di condanna della repressione attuata dal regime siriano, oramai definita più volte anche dallo stesso Segretario generale delle Nazioni Unite alla stregua di crimini contro l'umanità: il documento, presentato dall'Egitto a nome della Lega araba, ha ricevuto il voto contrario di soli 12 paesi, mentre 17 si sono astenuti.

Tra i contrari anche Russia e Cina, persistenti nel sostegno al regime di Assad, al di là di una dissociazione formale dagli aspetti più plateali della repressione.

Mentre la Croce rossa internazionale ha intrapreso trattative con il regime siriano per una temporanea cessazione delle ostilità volta a consentire di recare aiuto ai civili coinvolti nella repressione in diverse città della Siria, Cina e Russia hanno inviato propri emissari a Damasco, e si sono pronunciate a favore del processo di riforme intrapreso dal regime con il progetto di nuova Costituzione.

Il 22 febbraio un'inviata del Sunday Times ed un fotografo francese sono stati uccisi nel bombardamento dell'edificio in cui si trovavano nel quartiere Bab Amro di Homs, uno dei più martoriati dalla repressione. L'organizzazione Reporters sans frontières ha riferito del ferimento di altri due giornalisti occidentali, e ha accusato il regime di aver bombardato intenzionalmente la casa in cui si trovavano le due vittime, poiché era ampiamente risaputo che essa ospitava da tempo giornalisti stranieri.

Intanto Nazioni Unite e Lega araba hanno incaricato l'ex segretario dell'ONU Kofi Annan di intraprendere un'iniziativa diplomatica a tutto campo per tentare di giungere alla cessazione delle ostilità in Siria: anche la Cina e la Russia hanno appoggiato la nomina di Annan, soprattutto per togliere credibilità alla riunione del 24 febbraio degli amici della Siria, svoltasi a Tunisi su iniziativa della Lega araba, e con l'adesione di Stati Uniti, Unione europea e Turchia. Nonostante una vasta partecipazione di circa 60 paesi, l'incontro si è chiuso senza particolari risultati, più che altro con una serie di dichiarazioni di intenti per un inasprimento dell'azione della Comunità internazionale verso il regime siriano.

Il 26 febbraio si è svolto il previsto referendum costituzionale, con un'affluenza di poco superiore alla metà degli aventi diritto: il progetto è stato tuttavia approvato con una larghissima maggioranza da quasi il 90% dei partecipanti alla consultazione.

Inasprimento delle sanzioni da parte dell’UE ed avvio della mediazione Annan

Il 27 febbraio l'Unione europea ha varato il dodicesimo pacchetto di sanzioni contro il regime di Assad, procedendo in particolare al congelamento delle attività finanziarie della Banca centrale siriana, nonché al divieto del commercio di metalli preziosi e di diamanti e all'interdizione dei voli merci effettuati da compagnie siriane; tali misure si aggiungono all'embargo sugli armamenti e all'embargo sulle importazioni ed esportazioni di petrolio siriano già in precedenza deliberati.

Alle 150 personalità ed entità della Siria già colpite dall'Unione europea congelandone i beni e bloccandone i visti di ingresso nel territorio dell'Unione sono stati aggiunti sette ministri del governo di Damasco.

Successivamente, la sanguinosa repressione ha nuovamente raggiunto con particolare accanimento la roccaforte di Bab Amro nella città di Homs, nella quale peraltro sono rimasti per giorni prigionieri due reporter francesi, dopo che il 22 febbraio due altri loro colleghi aveva perduto la vita sotto le bombe del regime.

Il 1º marzo fortunosamente i due reporter francesi hanno potuto raggiungere il Libano e mettersi in salvo, ma solo grazie all'aiuto di gruppi di ribelli al regime di Assad.

Il 2 marzo il vertice dei Capi di Stato e di Governo dell'Unione europea ha deciso un ulteriore inasprimento delle sanzioni mirate contro il regime siriano, riconoscendo altresì il Consiglio nazionale siriano come legittimo rappresentante del popolo, e dando il via a una raccolta di prove per l'incriminazione dei responsabili delle stragi dinanzi alla Corte penale internazionale.

Intanto la situazione a Bab Amro, nonostante le affermazioni del regime di averne preso pieno possesso, si è mantenuta incerta, tanto che la Croce Rossa internazionale non ha potuto recare nel quartiere di Homs gli aiuti umanitari, limitandosi a rifornire le zone ad esso limitrofe e a soccorrere i numerosi profughi in fuga dalla regione centrale verso il confine con il Libano.

Nonostante il proseguire degli sforzi a livello internazionale quantomeno per attenuare la tragica situazione della Siria, la repressione è proseguita anche nella settimana successiva, concentrandosi in particolare contro la città di Idlib.

Vi sono stati peraltro alcuni segnali di indebolimento del regime, quando l'8 marzo la televisione panaraba al Arabiya ha riportato notizie sulla diserzione di tre generali dell'esercito, che erano stati preceduti dall’ancor più importante abbandono del regime da parte del viceministro del petrolio Hussameddin, l'esponente di più alto grado a lasciare Assad dall'inizio delle proteste nel paese.

Il 10 marzo l'ex segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan, inviato dall'ONU e dalla Lega araba per tentare di avviare una soluzione della questione siriana, si è recato a Damasco: qui lo stesso presidente Assad ha ribadito la versione ufficiale per cui la repressione in atto sarebbe occasionata esclusivamente dall'esistenza di gruppi armati e terroristi nel paese.

Sostegno alla difficile missione di Kofi Annan è stato ribadito al Cairo nelle stesse ore da una dichiarazione congiunta della Lega araba e della Russia, che sono tornate a chiedere la cessazione delle violenze da qualsiasi parte perpetrate, la possibilità di un controllo da parte di istituzioni neutrali ma al di fuori di qualsiasi influenza straniera in Siria, il libero accesso di aiuti umanitari alla popolazione nelle zone più martoriate.

Il giorno successivo Kofi Annan si è nuovamente incontrato con Assad, mentre l'offensiva delle forze di sicurezza siriane su Idlib si intensificava: alla fine del colloquio l'ex Segretario generale dell'ONU ha rilasciato una dichiarazione che esprimeva al tempo stesso la consapevolezza della grande difficoltà di giungere a una cessazione delle violenze nel paese ed un ottimismo di fondo basato sull’esistenza, secondo Kofi Annan, di una volontà di giungere alla pace.

Nella notte tra 11 e 12 marzo un nuovo atroce episodio di violenza si è consumato a Homs, ove intere famiglie sono state decimate, con un bilancio di una cinquantina di vittime, tra le quali molte donne e bambini.

Nel frattempo, alle Nazioni Unite, non ha registrato progressi un ulteriore progetto di risoluzione, incentrato sull’esigenza di fare affluire aiuti umanitari urgenti alla popolazione siriana, e sulla quale è persistito lo scetticismo russo e cinese, i due paesi temendo sempre la ripetizione dello scenario libico di un anno fa. In questo contesto, nel quale oltre alla prosecuzione delle violenze contro i civili sarebbero stati ormai secondo le Nazioni Unite circa trentamila i siriani fuggiti nei paesi vicini e duecentomila gli sfollati interni; il regime, sulla base del referendum costituzionale di febbraio, ha indetto per il 7 maggio elezioni politiche, la cui regolarità è stata subito contestata dal Dipartimento di Stato USA.

Il 14 marzo anche il nostro Paese ha sospeso l’attività della propria rappresentanza diplomatica a Damasco, richiamandone in patria il personale, per motivi di sicurezza e per dimostrare la riprovazione italiana per le violenze perpetrate dal regime siriano.

Il 16 marzo il primo ministro turco Erdogan ha annunciato che il proprio paese avrebbe valutato la possibilità di creare una zona-cuscinetto al confine con la Siria, in presenza di un costante flusso di profughi verso la Turchia, che sarebbero stati già 15.000. Intanto il giorno dopo due esplosioni hanno colpito a Damasco la sede dei servizi di sicurezza dell'aeronautica e gli uffici della sicurezza criminale, provocando 27 vittime, per lo più civili. I servizi di sicurezza dell'aeronautica sono particolarmente famigerati, in quanto ritenuti la più efficiente agenzia di controllo e direzione della repressione.

Il 18 marzo anche la città di Aleppo è stata toccata dall'ondata di attentati, quando un'autobomba è esplosa vicino a un ufficio dei servizi della sicurezza politica, provocando almeno due morti e una trentina di feriti.

Tutti questi attentati hanno nuovamente scatenato reciproche accuse fra il regime e gli oppositori, mentre la televisione e la stampa ufficiale del regime siriano hanno apertamente attaccato il Qatar e l'Arabia Saudita, bollati come responsabili di tutte le violenze in atto nel paese.

Il 19 marzo è giunta a Damasco una squadra di cinque esperti nominati dall'emissario speciale dell'ONU e della Lega araba per la crisi siriana, Kofi Annan, con l'obiettivo di esaminare congiuntamente con le autorità di governo siriane la possibilità di applicare alcune delle proposte elaborate dall'ex segretario generale delle Nazioni Unite. Altro personale ONU si trovava già dal giorno precedente in Siria per una valutazione sul campo della situazione umanitaria.

Il 19 marzo il leader del gruppo liberaldemocratico al Parlamento europeo, Guy Verhofstadt, citando fonti dell'opposizione siriana, ha affermato che forze speciali della Russia avrebbero scaricato nel porto siriano di Tartus armi destinate al regime: Verhofstadt ha chiesto un'indagine da parte dell'ONU, poiché tale condotta, qualora appurata, renderebbe la Russia complice dei crimini contro l'umanità perpetrati dal regime di Assad.

La Dichiarazione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite del 20 marzo

Quasi facendo seguito alle aspre critiche all'atteggiamento del governo siriano da parte della Russia, pronunciate dal ministro degli esteri Lavrov il 20 marzo, il giorno successivo il Consiglio di sicurezza dell'ONU approvava una dichiarazione - con il concorso della Russia della Cina, che stavolta non si opponevano all’adozione del documento - nella quale si richiedeva a Damasco di attuare prontamente le proposte dell'inviato dell'ONU e della Lega araba Kofi Annan. Tali proposte comprendono il ritiro delle forze militari dalle città e il rilascio di tutti coloro che siano stati arbitrariamente arrestati.

Naturalmente la dichiarazione del Consiglio di sicurezza non equivale ad una risoluzione, e tuttavia, come ha notato lo stesso Ministro degli esteri francese Juppé, si è delineata una certa evoluzione della posizione russa, in rapporto al fatto che il regime siriano appariva impermeabile a qualunque iniziativa internazionale. Ciò è dimostrato dal fatto che il giorno dopo la dichiarazione del Consiglio di sicurezza, dunque il 22 marzo, vi è stata un’intensificazione delle violenze, con un bilancio non inferiore a 70 morti.

Tra l'altro è stato impedito anche a centinaia di famiglie che cercavano di abbandonare il territorio siriano per entrare in Giordania di lasciare il paese, costringendole ad accamparsi a ridosso della frontiera siro-giordana. La presa di posizione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite è stata comunque criticata da esponenti del Consiglio nazionale siriano, poiché è stata giudicata troppo blanda.

Il 23 marzo l'Unione europea ha adottato ulteriori misure sanzionatorie nei confronti di esponenti del regime siriano e di entità del paese, portando complessivamente a 126 il numero degli individui e a 41 il numero delle entità da esse toccati. L'ultima tornata di sanzioni ha riguardato quattro donne al vertice del potere siriano, ovvero la first lady, la madre del presidente Assad, nonché una sorella maggiore e una cognata di questi. Le ultime sanzioni hanno colpito anche il Ministro dell'elettricità, il ministro dell'amministrazione locale, alcuni sottosegretari e un imprenditore siriano. Due sono state invece le società toccate dalle nuove misure restrittive.

Il 23 marzo è peraltro coinciso anche con un nuovo venerdì di protesta, al termine del quale si sono contate 32 vittime, per lo più nella città di Homs. Il 24 marzo i bombardamenti delle forze governative su diverse città sono proseguiti, provocando almeno 20 morti, e tutto ciò ad onta del proseguire dell'iniziativa di Kofi Annan, che si è recato a Mosca il 25 marzo, e a Pechino il 27 marzo.

L’escalation dello scontro militare

La crisi siriana è sembrata dunque sempre più precipitare in una dimensione di scontro militare, come testimonia anche la decisione di creare un Consiglio militare nel quale dovrebbero confluire tutte le truppe dei disertori.

La Turchia, che ha visto sempre più deteriorarsi i rapporti con l’ex alleato siriano, dal quale oltretutto teme di veder favorire un rilancio del terrorismo secessionista curdo del PKK; ha concordato con gli Stati Uniti, nell’incontro tra Erdogan e il presidente Obama a Seul (25 marzo), nel dare il via a forniture di carattere non militare ai ribelli siriani.

La settimana successiva, apertasi con le speranze suscitate dal convergere della Russia e della Cina a favore del piano di Kofi Annan per la cessazione delle violenze nel paese, e soprattutto dall'annuncio del governo siriano (27 marzo) dell'accettazione del piano; si è poi dipanata con il consueto elenco quotidiano di scontri e di vittime, senza sostanziali progressi verso il cessate il fuoco.

Nulla infatti è stato attuato del piano, a cominciare dal ritiro delle truppe e delle armi pesanti dai centri abitati della Siria e dalla parziale tregua quotidiana per consentire la fornitura di aiuti umanitari laddove necessario. Profondo scetticismo era stato del resto espresso dagli oppositori siriani riuniti a Istanbul, ove il 28 marzo sono riusciti a convergere su un itinerario mirante all’instaurazione di un governo transitorio dopo l'auspicata fine del regime di Assad. Gli oppositori hanno inoltre ribadito che il Consiglio nazionale siriano va considerato l'interlocutore ufficiale e formale del popolo siriano. L'unico elemento di criticità emerso nel corso della riunione è stata la parziale defezione di alcuni rappresentanti curdi, scontenti per la mancanza di prospettive di autonomia nel futuro assetto della Siria.

Il vertice della Lega araba, che per la prima volta in 22 anni si è svolto nella capitale irachena Baghdad (29 marzo), ha rilanciato l'esortazione alla Siria ad applicare immediatamente il piano Annan, constatando l'assoluta inerzia di fatto del regime di Assad nel dare seguito a quanto a parole accettato il 27 marzo.

Tuttavia, Damasco non ha preso troppo sul serio quanto uscito dalla riunione di Baghdad, anche perché ufficialmente sospesa dalla Lega araba. Va del resto rilevato che anche da parte dei ribelli si pone un ostacolo non irrilevante all'attuazione del piano, poiché anche questi ultimi non intendono deporre le armi prima che a farlo sia il regime siriano, ritirando i blindati e le armi pesanti dalle principali città.

Il 1º aprile si è svolta a Istanbul la seconda Conferenza degli amici della Siria, cui hanno preso parte circa 80 paesi, che ha chiesto con forza di indicare una data ultimativa al regime siriano per l'applicazione del piano formalmente accettato. In particolare, il segretario generale della Lega araba, al Arabi, ha esortato le Nazioni Unite ad adottare misure severe contro il regime di Assad, non escluse quelle previste dal VII capitolo della Carta dell'ONU, che riguarda gli interventi armati a difesa della pace.

Nonostante questa presa di posizione, nel complesso la Conferenza non ha espresso alcun orientamento per armare direttamente i ribelli, bensì solo per appoggiarli finanziariamente. La Conferenza ha inoltre ribadito il riconoscimento del Consiglio nazionale siriano come legittimo rappresentante di tutti i cittadini e raggruppamento delle varie frange dell'opposizione. Lo stesso Consiglio nazionale siriano, peraltro, ha giudicato un po' tiepide le misure uscite dalla Conferenza di Istanbul, richiedendo l'apertura di corridoi umanitari per la popolazione sotto il tallone della repressione, nonché la fornitura di armi ai disertori dell'esercito siriano impegnati nei combattimenti.

 

La difficile attuazione del Piano Annan

La data del 10 aprile, entro la quale secondo l'inviato speciale dell'ONU e della Lega araba Kofi Annan il governo siriano si sarebbe impegnato a ritirare le truppe dalle città e a cessare dalla repressione, è divenuta il terreno di scontro con il regime di Assad nell’ultima settimana: infatti la Siria ha sostenuto che il 10 aprile andava considerata data di inizio del ritiro delle proprie forze armate dai centri abitati, da completare semmai entro i due giorni successivi, ed esattamente entro le ore 6 del 12 aprile.

Successivamente il regime di Assad ha manifestato la tendenza ad un’ulteriore dilazione del termine, considerando la mancanza di qualunque impegno delle forze di opposizione a cessare a loro volta dai combattimenti, che, si ricorda, il regime di Damasco ha costantemente richiamato quale vera causa della repressione.

L'atteggiamento della Siria ha preso corpo nonostante le esortazioni di Kofi Annan e dell'attuale Segretario generale dell'ONU a cessare immediatamente ogni violenza, e nonostante la seconda Dichiarazione del Consiglio di sicurezza dell'ONU del 5 aprile, nella quale si ribadisce il pieno sostegno all'opera di Kofi Annan, con l'obiettivo di favorire l'accesso degli ormai indispensabili aiuti umanitari in Siria e avviare un processo di transizione politica verso un regime pluralistico nel paese. La Dichiarazione insiste altresì sull’importanza di una credibile supervisione delle Nazioni Unite sul rispetto degli impegni assunti da Damasco - nella stessa giornata del 5 aprile, infatti, un primo gruppo di appartenenti alla missione di osservatori ONU è giunto nella capitale siriana.

Nei giorni successivi la repressione e i combattimenti sono proseguiti, mentre da parte dell'opposizione armata siriana è emerso progressivamente un impegno ad aderire alla cessazione delle ostilità entro il 12 aprile, accompagnato però dalla minaccia di riprendere immediatamente i combattimenti in caso di inosservanza del cessate il fuoco da parte del regime di Assad.

Ulteriori difficoltà sono emerse poi del coinvolgimento indiretto dei paesi confinanti, anzitutto della Turchia, che ha visto salire in modo esponenziale il numero di profughi provenienti dalla Siria, e il cui campo di Kilis è stato più volte attinto dal fuoco delle truppe governative siriane impegnate a scoraggiare l'esodo dei profughi o a fronteggiare oppositori armati - naturalmente ciò ha suscitato forti proteste da parte del governo di Ankara.

Anche nel Nord del Libano il fuoco delle forze di sicurezza siriane ha provocato la morte di un cameraman della televisione libanese e il ferimento di due suoi colleghi, nelle stesse ore in cui due siriani e due turchi venivano feriti nel campo profughi di Kilis. La pericolosità delle tensioni turco-siriane è tanto maggiore alla luce delle accuse che Damasco rivolge alla Turchia, ma anche all’Arabia saudita e al Qatar, di sostenere attivamente e di addestrare i gruppi armati operanti nel paese.

Esortazioni a rispettare gli impegni per la cessazione delle ostilità sono nuovamente venute da Kofi Annan il 10 aprile, in occasione della visita in un campo profughi che ospita siriani nel sud della Turchia. Nelle stesse ore, tuttavia, il Ministro degli esteri siriano ha posto ulteriori condizioni all'espletamento del mandato della missione di osservatori, pretendendo anche di intervenire sulla composizione di essa, mentre le truppe governative provocavano la morte di un altro centinaio di persone.

L’11 aprile il Governo siriano, dopo un trionfalistico annuncio sulla sconfitta dei “terroristi” e la ripresa totale di controllo del territorio, si è detto pronto ad attuare la tregua a partire dal giorno successivo, mantenendo peraltro le truppe pronte a nuovi interventi. In effetti nella giornata del 12 aprile, nonostante sporadici bombardamenti a Hama e Homs, il cessate il fuoco è stato sostanzialmente rispettato da entrambe le parti, come ha rilevato con moderata soddisfazione Kofi Annan.

 

L’evoluzione della posizione russa e la Risoluzione n. 2042 del Consiglio di Sicurezza

La giornata del 12 aprile ha visto maturare a Washington, durante la seconda giornata della riunione dei ministri degli esteri del G8, un'evoluzione della posizione russa, disponibile ad accettare nella sede del Consiglio di sicurezza dell'ONU la discussione di una bozza di risoluzione per l'invio di una missione di osservatori in Siria. Mentre la tregua veniva rispettata solo parzialmente, tanto che nelle prime 36 ore le forze governative uccidevano una trentina di persone, al Palazzo di Vetro la Russia frapponeva qualche ulteriore resistenza all'approvazione del testo in discussione, giudicato da Mosca eccessivamente lungo e dettagliato.

Il 14 aprile, infine, la bozza di risoluzione è stata approvata all'unanimità dal Consiglio di sicurezza (Risoluzione 2042): il testo approvato prevede l'invio immediato di una missione esplorativa in Siria, composta da non più di trenta osservatori militari non armati, allo scopo di controllare il rispetto del cessate il fuoco, ma anche degli altri punti del piano di pace sottoposto ad Assad da Kofi Annan, con particolare riguardo al ritiro delle forze militari e degli armamenti pesanti dai centri abitati. Le autorità siriane sono inoltre invitate a consentire il libero accesso del personale umanitario a tutte le persone bisognose di assistenza, facilitandone l’operato.

La risoluzione contiene inoltre l’intendimento del Consiglio di Sicurezza, qualora le parti assicurino una cessazione duratura delle violenze, di dar vita immediatamente ad una vera e propria missione di monitoraggio dell’ONU in Siria. Il Segretario generale delle Nazioni Unite viene impegnato a riferire sull’attuazione della risoluzione 2042 entro e non oltre il 19 aprile 2012.

La Russia, per bocca dell'ambasciatore presso le Nazioni Unite Churkin, ha in qualche modo tuttavia avvertito che per l'invio della missione di osservatori vera e propria, che dovrebbe contare almeno 200 appartenenti, dovrà essere approvata una seconda risoluzione, successivamente ad un rapporto sulla situazione siriana da parte del Segretario generale dell’ONU Ban Ki-moon.

Va peraltro ricordato che nella stessa giornata del 14 aprile, secondo fonti dell'opposizione, vi sarebbero stati dieci morti tra i civili per mano delle forze di sicurezza del regime siriano.

Nella serata del 15 aprile sono arrivati a Damasco i primi osservatori dell'ONU, mentre il segretario generale Ban Ki-moon esprimeva preoccupazione per le violazioni della tregua, che avrebbero provocato nella giornata 13 vittime tra i civili. Peraltro il governo di Damasco ha messo in qualche modo le mani avanti, precisando di non essere in grado di garantire l'incolumità degli osservatori se il loro lavoro e i loro movimenti non avverranno in completo raccordo con le autorità del paese, e ribadendo inoltre di avere il diritto di non accettare eventualmente la nazionalità di alcuni degli osservatori.

A tale proposito il Consiglio nazionale siriano, per bocca di un suo esponente, ha esplicitamente accusato il regime di voler controllare tutti i movimenti della missione di osservatori, anche per mezzo della sezione speciale dei servizi di sicurezza che sarebbe stata creata già durante la missione di osservatori della Lega araba dei mesi scorsi.

Si conferma intanto che il regime siriano sta rispettando solo parzialmente la tregua in vigore dal 12 aprile, e anche nella giornata del 16 aprile vi sarebbero state una trentina di vittime, soprattutto nella regione di Idlib, ma anche con bombardamenti su Homs e incursioni delle forze di sicurezza nelle province di Hama e Daraa.

Pur dopo l'inizio della missione di osservatori dell'ONU, la situazione nel paese è rimasta difficile, con le Nazioni Unite che in diverse prese di posizione hanno fatto presente come la tregua sia stata rispettata solo parzialmente dal regime, il quale, dal canto suo, sempre appoggiato dalla Russia, ne addossa la responsabilità ai combattenti definiti terroristi.

Il 19 aprile il Segretario generale dell'ONU ha denunciato il proseguire delle violenze da parte delle forze del regime e il mancato ritiro delle truppe e degli armamenti dalle città, mentre non vi è stato alcun rilascio di prigionieri e si continuano a denunciare abusi contro di essi. Anche l'accesso di aiuti umanitari risulta tuttora problematico. Da parte dei combattenti contro il regime di Assad sono state rivolte nella stessa giornata esortazioni a compiere operazioni militari mirate in appoggio alle azioni dei ribelli.

La seconda Risoluzione sulla Siria e la missione UNSMIS

Il 21 aprile il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato una seconda Risoluzione sulla Siria (la n. 2043), la cui urgenza era stata particolarmente sostenuta dalla Russia, votando all'unanimità l’invio di un contingente di non più di trecento osservatori militari disarmati, oltre alla necessaria componente civile.

La missione  deliberata (UNSMIS – United Nations Supervision Mission in Syria), guidata dal generale norvegese Robert Mood, della durata iniziale di 90 giorni e sulla quale già in precedenza le Nazioni Unite avevano firmato un protocollo d'intesa con il governo siriano, sarà soggetta ad una frequente (15 giorni) periodica valutazione da parte del Segretario generale dell'ONU che riferirà al Consiglio, soprattutto in ordine all'effettivo rispetto - finora solo parziale - del cessate il fuoco.

Il Consiglio dei ministri ha autorizzato, l’8 maggio scorso, la partecipazione all’UNSMIS di militari italiani, nel ruolo di “osservatori delle Nazioni Unite”, non armati, fino ad un massimo di 17 unità.

La Risoluzione invita inoltre sia le autorità siriane che le opposizioni armate a porre fine a ogni combattimento, presupposto questo essenziale per la valutazione del Segretario generale sulle modalità e i tempi di dispiegamento di UNSMIS.

Gli attivisti dei comitati di coordinamento che si oppongono in Siria al regime non hanno nascosto la loro delusione, sostenendo che la missione fallirà il proprio obiettivo, in quanto insufficiente a coprire il vasto territorio siriano, e si risolverà solo in un’ulteriore concessione di tempo al regime di Assad.

La nuova risoluzione ha inoltre aperto il problema di trovare l'accordo con la Siria sulle nazionalità dei componenti della missione, che Damasco desidera più possibile appartenere a paesi non ostili al regime di Assad. Il 23 aprile, mentre si sono nuovamente levate voci a denunciare la perdurante repressione in atto nel paese, che viola l'impegno sul cessate il fuoco, nuove sanzioni europee e americane hanno colpito la Siria: in particolare, quelle decise dal Presidente USA Obama si sono rivolte verso una serie di tecnologie con le quali il regime sarebbe in grado di rintracciare e colpire gli oppositori mediante il controllo dei telefoni cellulari e dei social network della rete Internet.

 

Ultimi sviluppi

Il 26 aprile vi è stata, tra l’altro, l’uccisione di 11 bambini nel bombardamento di un palazzo a Hama – ma il governo ha attribuito l’esplosione all’attività di terroristi che preparavano ordigni -, nelle stesse ore in cui la Turchia ha ventilato la possibilità di portare in sede NATO la situazione di tensione del proprio confine con la Siria, oggetto nei giorni precedenti di ripetute violazioni durante l’inseguimento di profughi. Il giorno successivo un attentato suicida ha colpito il centro di Damasco, confermando che il cessate il fuoco viene sostanzialmente violato, con conseguente fallimento del piano di Kofi Annan, come già rilevato dalla Francia ed a seguire dagli USA.

Quando il 30 aprile diverse esplosioni hanno colpito la città nord-occidentale di Idlib, solo da un mese ritornata sotto il controllo del regime di Assad, il Governo ha avuto buon gioco nell’attribuire la morte di non meno di otto persone ai “terroristi”. Gli oppositori hanno tuttavia rigettato ogni responsabilità sulle autorità siriane, accusate di organizzare attentati – come alcuni episodi recenti dimostrano – per poter presentarsi quali vittime del terrorismo agli occhi della Comunità internazionale. Del resto anche l’arrivo degli osservatori della Lega araba nello scorso dicembre era stato accompagnato, sempre secondo gli oppositori, da una serie di attentati.

Il 3 maggio sono stati gli studenti universitari di Aleppo, solo da poco tempo unitisi alla contestazione del regime siriano, ad essere vittime della repressione, con una massiccia irruzione delle forze di sicurezza nei dormitori del campus, danneggiando suppellettili, procedendo ad arresti e - secondo quanto riferito – uccidendo due dei giovani ospiti del campus. Nel contempo si è diffusa la notizia dell’arresto di due figli del noto dissidente Fayez Sara, fondatore della Lega dei giornalisti siriani. Il portavoce della UNSMIS ha in effetti rilevato che non vi era ancora il completo rispetto del cessate il fuoco.

Nemmeno le elezioni politiche del 7 maggio hanno segnato una ricomposizione dei contrasti: piuttosto, esse sono state boicottate anche da forze di opposizione moderata non colpite finora dalla repressione, in quanto giudicate solo un’operazione cosmetica del regime, il cui controllo sul Parlamento – già di per sé scarsamente incidente sulla vita politica siriana – non viene meno per la sola fine del monopolio politico del Partito Baath, giacché esso continuerà a designare oltre la metà dei deputati su base corporativa, mentre il divieto della formazione di partiti a sfondo etnico o confessionale ha reso possibile solo la presentazione di liste di candidati indipendenti piuttosto omogenei tra loro. Inutile dire che le elezioni sono state bollate alla stregua di una farsa dalle opposizioni più radicali.

L’8 maggio Kofi Annan rilevava come gran parte del suo piano per il cessate il fuoco non fosse stata attuata, ma esprimeva fiducia nell’azione dei trecento osservatori che entro la fine di maggio sarebbero stati verosimilmente tutti al lavoro in Siria - e tra loro un nucleo di osservatori italiani, dei quali 5 in imminente partenza, come deciso dal Governo l’8 maggio e comunicato il giorno successivo in un’informativa alle Commissioni riunite Esteri e Difesa della Camera.

Il pessimismo sul destino della missione ONU si è accresciuto il 9 maggio, quando un attentato ha sfiorato addirittura un convoglio di osservatori che si dirigeva verso Daraa, e soprattutto il giorno successivo, con la morte di oltre 50 persone – tra cui 11 bambini - e il ferimento di trecento in un duplice attacco di kamikaze a Damasco. L’attentato è stato rivendicato due giorni dopo da un gruppo fondamentalista sunnita poco conosciuto, il Fronte della vittoria, che già si era attribuito in gennaio un analogo ma meno sanguinoso atto terroristico nella capitale.

Il 13 maggio il Ministro degli Esteri Giulio Terzi ha ricevuto a Roma il capo del Consiglio nazionale siriano Burhan Ghalioun, proprio nella capitale italiana impegnato dal giorno precedente in un incontro del Segretariato del Cns. Proprio tale riunione ha contribuito a sancire le perduranti divisioni nel fronte che si contrappone al regime di Assad, scosso da polemiche politiche e rivalità personali tra i dissidenti all'estero e quelli in patria - questi ultimi, riuniti in maggioranza nella Commissione per il coordinamento nazionale (Ccn). Gli esponenti della Ccn accusano il Cns di essere diretto solo da esponenti di élite espatriati, pur avendo un importante seguito di militanti all'interno della Siria.

I dissidi interni alle opposizioni siriane si sono acuiti dopo la rielezione di Ghalioun nella riunione di Roma, ove ha sconfitto il candidato Sabra, cristiano e più legato all’opposizione operante all’interno della Siria, tanto che lo stesso Ghalioun si è detto pronto alle dimissioni per scongiurare il completo fallimento dei tentativi di unificare il fronte delle opposizioni, e si è dopo pochi giorni effettivamente dimesso, criticando anche le divisioni tra laici e islamici in seno allo stesso Cns.

Frattanto si sono verificati, a partire dalla metà di maggio, casi di propagazione del conflitto siriano in Libano, che hanno destato comprensibilmente una grande preoccupazione sia nelle locali autorità che nella Comunità internazionale. Il 18 maggio lo stesso segretario generale dell’ONU, a seguito di prove presentategli dal rappresentante siriano alle Nazioni Unite, ha riconosciuto la presenza di al Qaida in Siria e l’elevata probabilità che abbia portato a termine gli attentati di Damasco del 10 maggio. Nella stessa giornata del 18 maggio si è svolta ad Aleppo – seconda città della Siria -, in concomitanza con il venerdì di preghiera, la più massiccia manifestazione di contestazione al regime dall’inizio delle proteste nel 2011.

Il 25 maggio i carri armati del regime siriano sono entrati per la prima volta anche ad Aleppo, ma, soprattutto, va segnalato il massacro di Hula, cittadina della provincia di Homs, dove pesanti bombardamenti di artiglieria attribuiti dagli osservatori dell’ONU ai carri armati delle forze governative – che peraltro hanno negato ogni responsabilità, attribuendola a forze terroristiche impegnate in un complotto straniero - hanno provocato più di cento morti, e tra questi moltissimi bambini.

Tra le reazioni indignate della Comunità internazionale spicca quella del ministro degli esteri italiano Giulio Terzi, il quale, incontrando a Roma il nuovo capo della diplomazia francese Laurent Fabius, ha richiesto una nuova riunione del Gruppo degli Amici della Siria, per valutare ulteriori iniziative in sede ONU anche al di là del piano Annan, e definito inaccettabile lo sviluppo degli eventi in Siria. D'altra parte, il massacro di Hula ha fatto sì che l'Esercito libero siriano, essenzialmente composto da militari disertori, abbia dichiarato la fine del piano Annan, esortando le Nazioni Unite e i paesi amici dell'opposizione siriana a lanciare raid aerei contro le forze del presidente Assad, e preannunciando una escalation militare contro le forze governative, suscettibile di configurare sempre più la crisi siriana come una vera e propria guerra civile.

La Russia peraltro ha continuato a puntare con forza sulla riuscita del piano Annan, mettendo in luce come le responsabilità delle violenze siano ormai condivise dal regime e dall’opposizione siriani, e non sembra disponibile ad accogliere una soluzione – che piacerebbe invece agli USA - come quella che nello Yemen ha portato all’allontanamento dal potere del presidente Saleh, mantenendo però alla direzione del paese buona parte del suo entourage politico.

Il 28 maggio Kofi Annan è tornato a Damasco, lanciando un appello per l’effettiva applicazione del piano di pace da lui stesso formulato, soprattutto con la fine delle violenze da chiunque perpetrate. La reazione alla strage consumatasi a Hula ha raggiunto il 29 maggio un momento di coordinamento a livello europeo, con la decisione di Italia, Francia, Germania, Spagna e Regno Unito di espellere i rappresentanti diplomatici siriani nelle rispettive capitali, dichiarandoli persona non grata. Altrettanto hanno fatto gli Stati Uniti, il Canada e l'Australia: i capi delle diplomazie europee hanno chiuso in modo apparentemente irrevocabile ogni possibilità per Assad di rimanere alla guida della Siria, e anche il premier turco Erdogan ha parlato di situazione ormai giunta al limite da parte del regime di Assad.

La Russia, invece, ha proseguito nel sostegno al regime siriano, continuando a lanciare appelli alla fine delle violenze a tutti gli attori del conflitto, ed esortando l’ONU a condurre un'inchiesta imparziale sui fatti di Hula, sui quali è stato peraltro reso noto dall’Alto commissariato ONU per i diritti umani che i resti delle vittime dimostrerebbero come solo una piccola parte di esse sia stata provocata dai colpi di artiglieria, mentre quattro quinti dei morti sarebbero stati uccisi in un secondo tempo, in vere e proprie esecuzioni, anche con armi da taglio, da parte dei miliziani filogovernativi – questo tragico clichet si sarebbe poi ripetuto nei giorni sucessivi in varie circostanze.

Rilevato come le divisioni nel seno dell'opposizione al regime di Assad proseguano e semmai si aggravino - i vertici all'estero dell’Esercito di liberazione siriano (Els) non hanno condiviso l'ultimatum di 48 ore lanciato il 30 maggio dai ribelli operanti all'interno della Siria perché il regime di Assad applichi finalmente tutti punti del piano Annan -; e segnalato come, in modo abbastanza strumentale, la questione siriana sia ormai entrata pienamente anche nella campagna per le presidenziali americane, con il candidato repubblicano Romney che ha accusato il presidente Obama di consentire il massacro siriano rifiutandosi di armare i ribelli, mentre l'Amministrazione in carica ribatte che, per le divisioni al loro interno e le loro caratteristiche ancora in buona parte non chiarite, sarebbe troppo rischioso consegnare armamenti alle numerose fazioni dell'opposizione; anche sul piano europeo si rilevano notevoli divergenze di posizione, con il Belgio quale unico sostenitore della prospettiva di intervento armato in Siria - ma il neopresidente francese Hollande non ha escluso a sua volta del tutto  tale eventualità -, mentre la Germania, ad esempio, affida solo alla via dei negoziati e della politica la soluzione del rebus di Damasco.

Ciò ha consentito al presidente russo Putin, teoricamente in difficoltà per il costante appoggio alla permanenza del regime siriano, di affrontare senza troppe difficoltà il doppio vertice del 1º giugno a Berlino e del 2 giugno a Parigi, rispettivamente con la Cancelliera Merkel e il presidente francese, facendo valere l'approccio più morbido della Germania nei confronti di una Francia per la quale è assolutamente improponibile l'ipotesi di una permanenza di Assad al potere. In tal modo, comunque, né la Germania nella Francia sono riuscite ad ottenere alcun cedimento russo sulla prospettiva, perlomeno, di un inasprimento sanzionatorio nei confronti di Damasco.

Il ruolo di sostegno al regime siriano da parte di Cina e Russia è stato confermato anche il 1º giugno, quando il Consiglio delle Nazioni Unite sui diritti umani ha provato a Ginevra una risoluzione di condanna del massacro di Hula, con una maggioranza nella quale non figuravano né Mosca né Pechino. Il 2 giugno, mentre una sessione straordinaria della Lega araba convocata in Qatar sollecitava nuovamente al rispetto del piano di pace di Kofi Annan, minacciando in caso contrario l'uso della forza, lo stesso Kofi Annan paventava la prospettiva di una guerra a tutto campo ormai imminente in Siria. Inoltre, il 2 e 3 giugno il conflitto siriano è tornato a riecheggiare anche nel Nord del Libano, dove nella città di Tripoli vi sono stati 14 morti e più di trenta feriti in rinnovati scontri tra gruppi sunniti e alawiti.

Nemmeno l’intervento di Assad in Parlamento (3 giugno) ha offerto speranze di una qualche evoluzione positiva della situazione: il presidente siriano è tornato ad accusare forze straniere e terroristiche per l’escalation delle violenze, incluso il massacro di Hula, e in tal senso ha escluso qualsiasi possibilità di dialogo con il Consiglio nazionale siriano. Dure critiche ha destato il discorso di Assad da parte dell’Arabia Saudita – il cui capo della diplomazia ha auspicato la creazione in Siria di una zona-cuscinetto – e della Turchia, per bocca del premier Erdogan.

Il Vertice tra Russia ed Unione europea svoltosi nei pressi di San Pietroburgo e concluso il 4 giugno non ha portato novità in riferimento alla tragedia siriana: le parti hanno sì convenuto sulla necessità di sostenere ulteriormente l’attuazione del Piano Annan, ma hanno confermato le divergenze già registrate in ordine al livello di pressioni da esercitare sul regime siriano e sul suo capo Bashar al-Assad – la cui permanenza al potere, tuttavia, la Russia ha precisato subito dopo – e nello stesso senso si è espressa Pechino - non è una priorità inderogabile. All’interno della Siria è apparso poi con chiarezza il superamento della tregua che i ribelli avevano accettato all’inizio dell’applicazione del Piano Annan: soprattutto dopo il massacro di Hula essi hanno dichiarato di voler riprendere i combattimenti a protezione delle popolazioni siriane attaccate dal regime, mentre chiedono a gran voce l’intervento armato della Comunità internazionale.

Occorre altresì rilevare, a riprova di quanto il conflitto siriano precipiti sempre più in una sorta di guerra civile, il relativo calo del numero dei civili uccisi, accompagnato dal netto incremento delle vittime tra i governativi e i ribelli in armi. Il 5 giugno, come ritorsione all’espulsione degli ambasciatori siriani decretata il 29 maggio in diversi Paesi occidentali, la Siria ha dichiarato indesiderati 17 diplomatici. Il 6 giugno – mentre a Damasco è stato incaricato un ex ministro dell’agricoltura di dar vita al nuovo governo dopo le contestate elezioni legislative del mese precedente - si è svolto il Vertice russo-cinese a Pechino, dal quale è venuta la proposta di una Conferenza internazionale per garantire l’attuazione del Piano Annan. Parallelamente, paesi occidentali e arabi si sono ritrovati a Istanbul nell’ambito del gruppo degli Amici della Siria, e si sono espressi per nuove sanzioni contro Damasco e per il deciso avvio di un processo di transizione.

A quest’ultima prospettiva sembrano però opporsi le gravi divisioni interne al fronte degli oppositori del regime di Assad, come anche i rischi di degenerazione in uno scontro confessionale aperto tra sunniti e alawiti in Siria e nel vicino Libano. La prospettiva della Conferenza lanciata da Russia e Cina sembra invece improbabile poiché Mosca e Pechino desidererebbero vi partecipasse anche l’Iran, paese indubbiamente in grado di premere sugli attori della crisi siriana, ma, secondo il resto della Comunità internazionale, in senso negativo. Il 6 giugno vi è stata anche una nuova strage di civili ad opera dell’artiglieria governativa e delle milizie lealiste alla periferia di Hama: il bilancio è stato di circa cento vittime, di cui venti bambini. La nuova strage ha fatto dichiarare apertamente il giorno dopo al segretario generale Ban Ki-moon, davanti all’Assemblea generale dell’ONU, che il regime di Damasco ha ormai perso ogni legittimità.

Segnali di ricompattamento delle opposizioni al regime siriano si sono avuti il 10 giugno, quando il Consiglio nazionale siriano, nella riunione di Istanbul, ha eletto il nuovo leader, nella persona del curdo lungamente esiliato in Svezia Abdelbasset Sied, una figura potenzialmente capace di coinvolgere maggiormente le minoranze etniche e religiose della Siria nell’opposizione ad Assad. Sied ha subito annunciato che il Cns assumerà la direzione dei ribelli armati operanti all’interno del paese, inquadrati nell’Esercito libero siriano. Sied, inoltre, è tornato a lanciare un vibrante appello alla Comunità internazionale perché, ai sensi del Capitolo VII della Carta dell’ONU, autorizzi un intervento armato a protezione dei civili siriani.

L'11 giugno gli osservatori della missione ONU in Siria hanno fatto rilevare una ulteriore escalation da parte del regime di Assad, con l'uso di elicotteri militari contro le basi della ribellione armata, e nel mezzo del conflitto sempre più numerosi sono i civili che restano intrappolati e privi anche dei più elementari mezzi di sussistenza. Non a caso gli stessi osservatori si sarebbero impegnati nell'evacuazione di un gran numero di civili, fra cui naturalmente anche donne e bambini, intrappolati nella città di Homs. Un rapporto sempre di fonte ONU ha subito dopo evidenziato gli orrori nei quali vengono coinvolti in Siria i bambini, uccisi, incarcerati e fatti oggetto di ogni forma di violenza, fino a utilizzarli come scudi umani nei convogli di soldati governativi. Anche i ribelli, tuttavia, si sarebbero resi responsabili di tali atrocità, con il reclutamento e l'uso in combattimento di numerosi bambini. Sempre a proposito dei ribelli va segnalato,  secondo testimoni citati dal quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine Zeitung, che il massacro di Hula del 25 maggio andrebbe addebitato invece che al regime alle opposizioni, stante il fatto che la maggior parte delle vittime sarebbero stati alawiti e non sunniti.

Il 13 giugno la Francia è tornata con forza, per bocca del ministro degli esteri Fabius, a invocare un intervento delle Nazioni Unite basato sul capitolo VII della Carta dell'ONU, che consentirebbe di armare coloro che vengono inviati sul campo. Inoltre, Fabius è tornato a ventilare l'opportunità di imporre una parziale no fly zone sui cieli siriani, a protezione dei civili delle zone più martoriate. È emerso intanto il raccapricciante assassinio di una madre e di cinque figli tutti di età non superiore a sei anni in una zona a Nord di Aleppo a maggioranza curda, nelle stesse ore nelle quali l'esercito governativo assumeva il controllo della cittadina di Haffe, nella regione costiera di Latakia, popolata da sunniti e cristiani, ma circondata da villaggi alawiti.

Parallelamente al rilancio francese in direzione di una possibilità almeno parziale di intervento armato Nazioni Unite - che Parigi ha poi ulteriormente corroborato annunciando la fornitura ai ribelli di mezzi di comunicazione -, gli Stati Uniti hanno accentuato la pressione su Mosca, accusata anche di fornire al regime siriano gli elicotteri militari utilizzati già più volte nella repressione: il ministro degli esteri russo Lavrov, in visita a Teheran, ha respinto ogni accusa, asserendo che Mosca fornirebbe a Damasco esclusivamente armamenti difensivi, confermando la propria opposizione ad ogni ipotesi di ricorso all'intervento armato in Siria e rigettando le accuse nel campo statunitense, con l'accusa a Washington di fornire armamenti ai ribelli siriani.

Il capo della missione di osservatori delle Nazioni Unite ha accusato il 15 giugno sia i governativi che i ribelli di limitare il lavoro della UNSMIS a causa della  escalation delle violenze: il giorno successivo le operazioni sono state sospese e gli osservatori militari si sono ritirati nelle loro basi, disposti a riprendere il proprio lavoro solo quando le condizioni di sicurezza miglioreranno. Ciò non sembra tuttavia imminente, in quanto è in corso un nuovo assedio di Homs, e nella città vi sarebbero almeno un migliaio di civili letteralmente intrappolati. Il Consiglio nazionale siriano ha richiesto l’invio di una missione ONU più numerosa e armata, in grado di proseguirela nella propria opera nonostante le violenze.


L’Unione europea e la Siria
(a cura della Segreteria generale -
Ufficio Rapporti con l’Unione europea)

Le relazioni UE-Siria

La base legale delle relazioni tra UE e Siria è l’Accordo di cooperazione firmato nel 1977. Dal 1995 la Siria fa parte del Partenariato euro mediterraneo, successivamente evolutosi nell’Unione per il Mediterraneo; dal 2003 partecipa anche alla Politica di vicinato ma non beneficia degli strumenti e dei programmi messi a disposizione dall’UE nell’ambito di tale politica non essendo in vigore l’accordo di associazione.

UE e Siria hanno infatti siglato un accordo di associazione nel 2004, ma la sua firma è stata rimandata dall’UE non ravvedendo condizioni politiche sufficienti. Nel 2008 UE e Siria hanno modificato il testo dell’accordo per tenere conto della riforma delle tariffe doganali siriane e dell’allargamento dell’Ue. di Il 14 dicembre 2008 le parti hanno siglato anche la versione rivista dell’accordo che non è mai stata firmata.

In tale contesto, prima delle repressioni sanguinose delle rivolta popolari, l’UE si prefiggeva una relazione più stretta con il paese, che avrebbe dovuto consentire dialogo politico, benefici commerciali reciproci, investimenti, cooperazione nelle riforme sociali, economiche e democratiche.

Come risulta dal Country strategy paper 2007-2013 e dal programma indicativo nazionale, che definiscono le priorità della cooperazione finanziaria dell’UE, erano stati resi disponibili per la Siria per l’intero periodo quasi 260 milioni di euro, destinati a sostenere il processo interno di riforme.

L’attività dell’Unione europea a fronte della repressione

L’Unione europea ha reagito alla repressione violenta delle proteste antigovernative in Siria, iniziata nel marzo 2011, richiedendo in più occasioni la fine delle violenze inaccettabili, il ritiro dell’esercito siriano dalle città e villaggi occupati, l’attuazione di riforme democratiche credibili e l’avvio di un dialogo nazionale inclusivo[8].

L’ultimo intervento ufficiale dell’UE è la dichiarazione rilasciata il 18 giugno 2012 dal portavoce dell’Alto Rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza (AR), Catherine Ashton, che esprime la grave preoccupazione per l’escalation delle violenze in Siria che ha indotto il supervisore  della missione delle Nazioni unite a sospendere le operazioni. L’AR ribadisce che è  responsabilità primaria del governo siriano proteggere i propri cittadini  così come la missione internazionale e porre fine alla spirale di violenza. L’AR sollecita inoltre i membri del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite ad essere uniti e ad aumentare la pressione internazionale per rafforzare il piano Annan e consentire l’avvio di un processo politico. 

L’UE ha ripetutamente condannato nei termini più forti le ripetute violazioni dei diritti umani, che hanno incluso uccisioni, arresti di massa e torture di civili, di manifestanti pacifici e loro parenti, configurando, in linea con i risultati Commissione d'inchiesta internazionale indipendente sulla Siria, crimini contro l’umanità. Ha condannato inoltre in diverse occasioni le azioni rivolte ad incitare al conflitto interetnico e interconfessionale così come all’omicidio di note figure politiche.

Di fronte al proseguimento delle azioni violente e repressive, a partire dal maggio 2011 l’UE ha deciso di introdurre misure restrittive, in più occasioni rafforzate, per aumentare la pressione sul governo del presidente Bashar al-Assad (vedi infra).

Sempre nel maggio 2011 l’UE ha deciso di congelare la proposta di accordo di associazione che stava negoziando con la Siria e ha sospeso i programmi di cooperazione bilaterale tra UE e governo siriano, finanziati nell’ambito dello strumento finanziario per il vicinato e il partenariato (ENPI). La Commissione europea ha sospeso la partecipazione delle autorità siriane ai programmi regionali e la Banca europea per gli investimenti ha interrotto le operazioni di  prestito e l’assistenza tecnica alla Siria. Il 30 novembre 2011, in reazione alle misure adottate dall’UE, la Siria ha sospeso la propria partecipazione all’Unione per il Mediterraneo.

D’altro canto nei mesi scorsi i ministri degli affari esteri hanno più volte ribadito che, non appena avrà inizio un'autentica transizione democratica, l'UE sarà disposta a sviluppare un nuovo, ambizioso partenariato con la Siria in tutti i settori di interesse reciproco, anche ponendo in atto misure di assistenza e rafforzando le relazioni commerciali ed economiche nonché sostenendo la giustizia di transizione e il processo di transizione politica.

A fronte delle misure assunte dall’UE nei confronti del regime, diversi progetti sono in corso con attori non statali, società civile e rifugiati. Proseguono anche i programmi Tempus ed Erasmus con gli studenti e gli universitari siriani.

La Commissione ha approvato alla fine del 2011 una misura speciale di sostegno a due progetti dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il Soccorso e l'Occupazione dei profughi palestinesi (UNRWA) rivolti sia ai profughi palestinesi sia ai rifugiati siriani. I profughi palestinesi restano infatti una priorità: su una popolazione totale di oltre 500.000 rifugiati, si stima che più del 10% siano direttamente colpiti dal conflitto. Come segnalato dalla Commissione, l’UNRWA è al momento una delle ultime agenzie esecutive con una reale capacità operativa sul territorio e il suo mandato consente l’inclusione dei rifugiati siriani come beneficiari.

L’UE è gravemente preoccupata per la situazione umanitaria in Siria e sottolinea la necessità pressante di proteggere i civili. Ha già messo a disposizione 32 milioni di euro di assistenza umanitaria (10 dalla Commissione  e 22 dagli Stati membri) ed è impegnata ad incrementare l’aiuto.  Secondo l’UE è di vitale importanza che le autorità siriane concedano alle organizzazioni umanitarie un accesso immediato, pieno e senza restrizioni a tutte le zone della Siria per consentire loro di prestare assistenza umanitaria e medica.  

L’UE partecipa attivamente al gruppo degli amici del popolo siriano e sta collaborando strettamente con la comunità internazionale (inclusi Lega araba, Nazioni Unite, Organizzazione per la cooperazione islamica e Consiglio di cooperazione del golfo) per esercitare pressione sul governo siriano e indurlo a porre fine alle atrocità. L’UE sostiene in particolare la Lega araba nei suoi sforzi di risolvere la crisi, riconoscendo il suo impegno e la sua leadership. Ha fornito inoltre sostegno tecnico alla Lega per la sua missione di osservazione in Siria, in particolare per la creazione della situation room.

L’UE ha inoltre lavorato strettamente con i partner internazionali per assicurare una risposta delle Nazioni Unite alla crisi siriana. Uno dei risultati è stata l’adozione da parte dell’Assemblea generale delle Nazioni unite della risoluzione 66/253 del 16 febbraio  2012, che condanna la repressione del regime di Assad, chiedendogli di lasciare il potere e appoggia il piano della Lega araba per una soluzione a guida siriana della crisi.

L’UE continua comunque a sollecitare i membri del Consiglio di sicurezza ad assumersi le loro responsabilità e concordare su una forte azione delle Nazioni Unite verso il paese, chiedendo la fine del bagno di sangue e un futuro democratico per la Siria.  A tale proposito, come riferito dall’Alto rappresentante dell’UE per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Catherine Ashton, la questione siriana è stata una dei principali argomenti del Vertice del 4 giugno 2012 tra UE e Russia, in considerazione del ruolo cruciale della Russia nel successo del piano Annan.

L’UE ha inoltre espresso la propria soddisfazione per l'adozione all'unanimità della risoluzione 2042 del Consiglio di Sicurezza dell'ONU del 14 aprile 2012 che ha autorizzato lo spiegamento immediato di un gruppo preparatorio di osservatori militari disarmati (fino a un massimo di trenta) e della risoluzione 2043 del Consiglio di Sicurezza dell'ONU del 21 aprile 2012 che ha istituito nella sua integralità la missione di supervisione dell'ONU in Siria (UNSMIS) con uno spiegamento iniziale di osservatori militari disarmati (fino a un massimo di trecento) nonché un'appropriata componente civile affinché sorveglino la cessazione della violenza armata e verifichino e sostengano l'applicazione di tutti gli aspetti della proposta in sei punti dell'inviato speciale congiunto dell'ONU e della Lega degli Stati arabi, Kofi Annan.

Le misure restrittive

Come anticipato, di fronte alla brutale e continua repressione e alla violazione persistente dei diritti umani da parte del regime siriano, a partire da maggio 2011 l’UE ha gradualmente introdotto misure restrittive, che consistono in:

·      embargo alla vendita, fornitura, trasferimento alla Siria o esportazione nel paese di armamenti e materiale connesso, che potrebbero essere utilizzati nella repressione interna. E’ altresì vietata ogni forma di assistenza tecnica e finanziaria;

·      vietati l’acquisto, l’importazione o il trasporto dalla Siria di petrolio greggio e di prodotti petroliferi;

·      divieto di investimento nelle industria petrolifera siriana e nelle compagnie impegnate nella costruzione di nuovi impianti per la produzione di energia elettrica in Siria;

·      vietata la partecipazione alla costruzione di nuove centrali elettriche per la produzione di energia elettrica in Siria;

·      divieto di fornire, trasferire o esportare in Siria attrezzature e tecnologie chiave per i settori dell'industria del petrolio e del gas naturale in Siria. Il divieto si estende ad imprese siriane o di proprietà siriana operanti in tali settori al di fuori della Siria;

·      i beni della Banca centrale siriana in territorio UE sono congelati ed è proibito rendere disponibili fondi o risorse economiche;

·      embargo del commercio di oro, metalli preziosi e diamanti con enti pubblici siriani e Banca centrale;

·      divieto di consegnare banconote e monete alla Banca centrale siriana;

·      divieto per gli Stati membri di fornire nuovi prestiti e contributi al Governo siriano;

·      congelati i beni di 43 entità e 128 persone responsabili della repressione violenta della popolazione siriana;

·      divieto di visto per 128 persone responsabili della repressione violenta della popolazione siriana;

·      vietati la vendita, la fornitura, il trasferimento o l'esportazione di apparecchiature o software destinati principalmente ad essere usati per il controllo e l'intercettazione, da parte del regime siriano, o per suo conto, di Internet e delle comunicazioni telefoniche di rete fissa o mobile in Siria,

·      vietati le erogazioni o i pagamenti della Banca europea per gli investimenti (BEI) nell'ambito di accordi di prestito esistenti tra la Siria e la BEI nonché la prosecuzione da parte della BEI di ogni contratto di prestazione di servizi di assistenza tecnica esistente per progetti sovrani situati in Siria;

·      vietati la vendita, l'acquisto, l'intermediazione o l'assistenza – diretti o indiretti – all'emissione di obbligazioni pubbliche siriane o garantite dalle autorità pubbliche emesse dopo il 1 o dicembre 2011 verso o da governo della Siria, suoi enti, entità giuridiche e agenzie pubblici, Banca centrale siriana;

·      proibizione per le istituzioni finanziarie siriane di aprire nuovi uffici o filiali  in territorio UE e stabilire nuove relazione bancarie con l’UE; d’altro canto le istituzioni bancarie e finanziarie dell’UE non possono aprire nuovi uffici e filiali in Siria;

·      gli Stati membri non possono fornire sostegno finanziario al commercio con la Siria, inclusi crediti alle esportazioni e assicurazioni;

·      vietata la fornitura di servizi di assicurazione o riassicurazione al governo della Siria, suoi enti, entità giuridiche e agenzie pubblici;

·      i voli cargo da vettori siriani non possono accedere agli aeroporti dell’UE;

·      divieto di esportare beni di lusso in Siria.


Risoluzione 2043 (2012) del Consiglio di Sicurezza ONU


Risoluzione 2043 (2012) del Consiglio di Sicurezza ONU

 

Il Consiglio di Sicurezza

 

Con riferimento alla propria risoluzione 2042(2012), alle dichiarazioni della Presidenza del Consiglio di Sicurezza del 3 agosto 2011, 21 marzo 2012 e 5 aprile 2012, richiamandosi inoltre a tutte le risoluzioni in materia dell’Assemblea Generale,

Confermando il proprio appoggio all'Inviato Speciale Congiunto di Nazioni Unite e Lega degli Stati Arabi, Kofi Annan e all'operato dello stesso, sulla base della risoluzione dell'Assemblea Generale A/RES/66/253 datata 16 febbraio 2012 e delle relative risoluzioni della Lega degli Stati Arabi,

Confermando il proprio impegno nella lotta per la sovranità, l'indipendenza, l'unità e l'integrità territoriale della Siria, e la propria fedeltà agli obiettivi e ai principi della Carta,

Condannando le dilaganti violazioni dei diritti umani per opera delle autorità siriane e gli abusi sulla popolazione perpetrati da gruppi armati; ribadendo che i responsabili di tali crimini risponderanno delle proprie azioni, e esprimendo il proprio profondo sgomento per la morte di migliaia di persone in Siria,

Esprimendo il proprio apprezzamento per gli sforzi rilevanti fatti dagli Stati limitrofi alla Siria per assistere i siriani fuoriusciti a causa della violenza, e chiedendo all’UNHCR di fornire assistenza come richiesto dagli Stati membri che hanno accolto questi profughi,

Esprimendo altresì il proprio apprezzamento per l’assistenza umanitaria fornita alla Siria da altri Stati,

Preso atto della volontà del governo siriano, che il 25 marzo 2012 si è impegnato ad attuare in modo rapido e concreto i sei punti proposti dall'Inviato Speciale Congiunto di Nazioni Unite e Lega degli Stati Arabi, e che, in un comunicato allo stesso Inviato in data 1 aprile 2012 ha garantito quanto segue: (a) interdire l'ingresso di truppe armate all'interno di centri abitati; (b) interdire l'uso di armamenti pesanti all'interno dei suddetti centri, e (c) avviare il ritiro delle truppe attualmente stanziate all'interno e nei dintorni dei centri abitati, che dovrà essere completato entro il 10 aprile 2012; preso inoltre atto dell’espressa volontà da parte dell'opposizione siriana di rispettare la cessazione dell’uso della violenza, a condizione che il governo faccia altrettanto,

Esprimendo la propria preoccupazione circa il perpetuarsi della violenza e i resoconti di vittime che sono aumentate negli ultimi giorni, in linea con la dichiarazione dell’Inviato del 12 aprile 2012 secondo la quale le parti sembravano osservare il cessate il fuoco e il governo siriano aveva iniziato ad attuare gli impegni assunti, e notando che la cessazione della violenza armata in tutte le sue forme è pertanto chiaramente incompleta,

 

Appoggiando la richiesta dell’Inviato di un’attuazione immediata e visibile da parte delle autorità siriane di tutti gli elementi della proposta in sei punti dell’Inviato nella loro interezza, per conseguire una durevole cessazione della violenza armata in tutte le sue forme da parte di tutti,

Considerata la valutazione dell'Inviato che una missione di monitoraggio delle Nazioni Unite dispiegata celermente, quando le condizioni lo consentono, con un mandato chiaro, le risorse richieste, e le adeguate condizioni operative, contribuirebbe grandemente a garantire il rispetto e l’attuazione dell’impegno delle parti per una cessazione della violenza armata in tutte le sue forme e per sostenere l’attuazione del piano in sei punti,

Notando l’Intesa Preliminare del 19 aprile 2012 concordata tra la Repubblica araba di Siria e le Nazioni Unite, che fornisce la base per un protocollo che disciplini l’azione del gruppo iniziale di osservatori, e, una volta dispiegato sul terreno, del meccanismo di supervisione delle Nazioni Unite,

In considerazione della lettera indirizzata dal Segretario Generale al Presidente del Consiglio di Sicurezza (S/2012/238),

1.Conferma il proprio completo appoggio e invita a un’immediata e completa attuazione di tutte le disposizioni previste dai sei punti che compongono la proposta del’Inviato, annessa alla Risoluzione 2042 (2012), che si prefigge - tramite l'instaurazione di un dialogo tra governo siriano e l’intero spettro dell’opposizione siriana - di porre immediatamente fine a qualsiasi violenza e violazione dei diritti umani, garantendo piena autonomia alle operazioni umanitarie e agevolando la transizione politica a guida siriana verso un sistema politico democratico e pluralista, che rispetti l'uguaglianza dei cittadini a prescindere da affiliazioni politiche, etniche e religiose,

2.Esorta il governo siriano a dare attuazione visibile a tutti gli impegni nella loro interezza, come concordato nell’Intesa Preliminare e indicato nella Risoluzione 2042 (2012), e precisamente: (a) terminare il movimento di truppe armate all'interno di centri abitati; (b) interdire qualunque uso di armamenti pesanti all'interno dei suddetti centri; (c) completare il ritiro delle truppe attualmente stanziate all'interno e nei dintorni dei centri abitati nelle proprie caserme o comunque in luoghi di raccolta temporanei per poter facilitare una durevole cessazione della violenza,

3.Chiede a tutte le parti in causa in Siria, compresa l’opposizione, di porre immediatamente termine a qualunque forma di violenza armata,

4.Si appella ai gruppi dell’opposizione siriana e ad altre parti a essi collegati di rispettare le disposizioni dell’Intesa Preliminare,

5.Decide di stabilire per un periodo iniziale di novanta giorni una Missione di Supervisione delle Nazioni Unite in Siria (UNSMIS) sotto il comando di un Capo degli osservatori militari, con un dispiegamento iniziale di fino a trecento osservatori militari disarmati e di un’adeguata componente civile come richiesto dalla Missione per consentirle di adempiere al proprio mandato, e decide inoltre che la Missione sarà dispiegata celermente sulla base delle valutazioni del Segretario Generale in base agli sviluppi sul terreno, incluso il mantenimento della cessazione della violenza,

6.Decide altresìche il mandato della Missione sarà monitorare una cessazione della violenza armata in tutte le sue forme e monitorare e supportare la piena attuazione della proposta in sei punti dell’Inviato,

7.Chiede al Segretario Generale e al governo siriano di concludere al più presto un Accordo sullo status della Missione (SOMA), che tenga conto della Risoluzione dell’Assemblea Generale 58/82 sull’estensione della tutela legale in base alla Convenzione sulla Sicurezza del personale delle Nazioni Unite e associato, e prende nota dell’accordo tra governo siriano e Nazioni Unite secondo cui, fino a quando non sia concluso tale accordo, si applicherà provvisoriamente il modello di accordo SOFA del 9 ottobre 1990 (A/45/594),

8.Richiede al governo siriano di garantire l’effettiva operativitàdi UNSMIS: facilitando il dispiegamento tempestivo e senza impedimenti di personale e strutture necessari all’adempimento della missione; assicurandone la piena, illimitata e immediata libertà di movimento e accesso necessarie per l’adempimento del mandato, rilevando in tal senso la necessità che il governo siriano e le Nazioni Unite si accordino rapidamente su un livello adeguato di strutture di trasporto aereo per UNSMIS; permettendo che le comunicazioni della Missione siano prive di impedimenti e che la Missione comunichi liberamente e privatamente con cittadini siriani dovunque nel Paese, senza alcuna rappresaglia contro chiunque interagisca con UNSMIS,

9.Chiede che le parti garantiscano l'incolumità del personale di UNSMIS senza pregiudizio alla sua libertà di movimento e accesso, e sottolinea che la responsabilità principale in questo senso è delle autorità siriane,

10.Richiede che il Segretario Generale comunichi immediatamente al Consiglio di Sicurezza qualunque tentativo di ostacolare l’effettivo svolgimento della missione,

11.Rinnova il proprio invito alle autorità siriane affinché al personale umanitario sia immediatamente accordato libero accesso a tutta la popolazione bisognosa di assistenza, in conformità con il diritto internazionale e i principi guida dell'assistenza umanitaria; invita inoltre tutte le parti in Siria, in particolare le autorità siriane, a collaborare pienamente con le Nazioni Unite e le organizzazioni umanitarie per facilitarne le attività di assistenza umanitaria,

12.Invita tutti gli Stati membri a considerare l’erogazione di contributi finanziari adeguati a UNSMIS come richiesto dal Segretario Generale,

13.Richiede al Segretario Generale di riferire al Consiglio sull’attuazione delle disposizioni previste nella presente risoluzione entro quindici giorni dalla sua adozione e in seguito ogni quindici giorni, e a sottoporre al Consiglio proposte al fine di possibili adattamenti al mandato di UNSMIS,

14.Esprime la propria intenzione divalutare l’attuazione della risoluzione e di considerare la possibilità di successivi passi;

15.Delibera di continuare a seguire la questione.

 

(Traduzione a cura di UNRIC www.unric.org)

 


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[1]    Il provvedimento è stato approvato con 260 voti a favore ed un astenuto.

[2]    D.L. 30 dicembre 2008, n. 209, Proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 24 febbraio 2009, n. 12.

[3]    D.L. 4 novembre 2009, n. 152, Disposizioni urgenti per la proroga degli interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, nonché delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia e disposizioni urgenti in materia di personale della Difesa, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 29 dicembre 2009, n. 197.

[4]    D.L. 1 dicembre 2001, n. 421, Disposizioni urgenti per la partecipazione di personale militare all'operazione multinazionale denominata «Enduring Freedom», convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1 della legge 31 gennaio 2002, n. 6.

[5]    Analoga previsione è contenuta nel codice penale, art. 55, in base al quale se, trovandosi in una situazione coperta da una causa di giustificazione, l'agente ne ecceda colposamente i limiti stabiliti dalla legge o dall’ordine dell’autorità ovvero imposti dalla necessità, egli è punito a titolo di colpa qualora il fatto sia previsto dalla legge come delitto colposo.

[6]    D.L. 28 dicembre 2001, n. 451, recante Disposizioni urgenti per la proroga della partecipazione italiana ad operazioni militari internazionali, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2002, n. 15.

[7]    Il riconoscimento di tale indennità deriva dal richiamo operato dal comma 2 dell’articolo 1 del decreto legge in esame al comma 4 della legge n. 108 del 2009. Tale comma prevede che, con riferimento al personale militare impegnato nelle missioni internazionali, in sostituzione dell'indennità operativa, ovvero dell'indennità pensionabile percepita, è corrisposta, se più favorevole, l'indennità di impiego operativo nella misura uniforme pari al 185 per cento dell'indennità operativa di base di cui all'articolo 2, comma 1, della legge 23 marzo 1983, n. 78 e successive modificazioni, se militari in servizio permanente o volontari in ferma breve trattenuti in servizio e in rafferma biennale, a 70 euro, se volontari in ferma prefissata.

[8]    Il Consiglio affari esteri si è occupato della situazione in Siria nelle riunione del 14 maggio 2012; 23 aprile 2012; 23 marzo 2012; 27 febbraio 2012; 23 gennaio 2012; 1° dicembre 2011; 14 novembre 2011; 10 ottobre 2011; 20 giugno 2011; 23 maggio 2011; 12 aprile 2011. Sulla situazione in Siria il Parlamento europeo ha approvato risoluzioni nelle sedute del 15 dicembre 2011 e del 16 febbraio 2012.