Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Bilancio dello Stato
Titolo: (D15) Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici
Serie: Dossier di verifica    Numero: 15
Data: 12/12/2011
Descrittori:
CONSOLIDAMENTO   CONTABILITA' DI ENTI ED AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE
CONTABILITA' DI STATO   DECRETO LEGGE 2011 0201

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici

 

Analisi aggregata e sintesi delle nuove previsioni macroeconomiche e di finanza pubblica

 

 

 

 

(Decreto-legge n. 201 del 2011)

 

 

 

 

XVI LEGISLATURA

 

dicembre 2011

N. 15

 


 

DOCUMENTAZIONE DI FINANZA PUBBLICA

 

 

 

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INDICE

 

1. Il contesto di riferimento degli interventi correttivi1

2. Il quadro macroeconomico. 6

2.1 Le stime aggiornate di crescita dell’economia italiana. 7

3. Il conto economico tendenziale delle amministrazioni pubbliche. 12

4. Le disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici17

4.1. Gli effetti sui saldi e la composizione della manovra. 17

 


 



1. Il contesto di riferimento degli interventi correttivi

Con la presentazione della Nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza 2011, il 22 settembre scorso, il Governo delineava i saldi di finanza pubblica relativi al quadriennio 2011-14 alla luce delle correzioni disposte attraverso i decreti legge di luglio  e agosto (D.L. 98/2011 e D.L. 138/2011) e in un contesto di peggioramento della situazione economica e delle prospettive dei mercati finanziari. Dentro uno scenario macro che già manifestava difficoltà - a motivo della concomitante decelerazione delle attività produttive nei Paesi emergenti, in Usa e, nell’ambito dell’Area euro, nella stessa in Germania -  la Nota prospettava un quadro di crescita reale del prodotto pari allo 0,7 per cento nel 2011, allo 0,6 per cento nel 2012, allo 0,9 nel 2013 ed all’1,2 nel 2014. Tali ipotesi scontavano una revisione al ribasso rispetto a quanto prefigurato nel DEF di maggio 2011 pari a circa mezzo punto medio  annuo nel quadriennio 2011-14.

Al contempo, le tensioni che si erano manifestate sui mercati finanziari a partire dalla fine di luglio portavano ad una revisione delle stime degli oneri da interessi. In rapporto al PIL la spesa per interessi veniva infatti fissata al 4,8 per cento nel 2011 (4,5 per cento nel 2010), al 5,3 per cento nel 2012 ed al 5,5 per cento nel 2013 e 2014, con un incremento, rispetto al quadro disegnato pochi mesi prima, di 2 decimi di punto nel 2012 ed 1 decimo nel 2013. In termini di costo medio del debito pubblico, calcolato come rapporto tra la spesa dell’anno e lo stock di debito dell’anno precedente, le nuove valutazioni prospettavano una risalita dal 4 per cento nel 2010 fino al 4,9 per cento nel 2014, con un conseguente incremento, nel quadriennio, di circa 100 punti base.

Con la manovra estiva, che prevedeva una correzione a regime nel 2014 pari complessivamente a 59,8 miliardi, si prospettava un graduale miglioramento del saldo primario, il quale cambiando di segno nel 2011 (da -0,1 a +0,9 per cento del PIL) sarebbe poi gradualmente cresciuto al 3,7 per cento nel 2012, fino al 5,7 per cento nel 2014 (6,1 per cento in termini strutturali, cioè al netto degli effetti del ciclo economico e delle una tantum). Il recupero di surplus primario era alla base di un sostanziale pareggio di bilancio già nel 2013 (-0,1 per cento del PIL in termini nominali), con un anno di anticipo rispetto agli obiettivi in precedenza fissati, e di una riconduzione su un sentiero discendente del rapporto debito/PIL programmato in riduzione dal 120,6% nel 2011 al 112,6 per cento nel 2014[1].

Alla data di presentazione della Nota, le ipotesi sulla crescita del 2012 potevano risultare migliori rispetto a quanto veniva prospettato da centri di ricerca privati e da alcuni previsori internazionali. A partire da allora, sia il quadro di economia reale che i mercati finanziari hanno registrato un ulteriore significativo peggioramento. Per quanto riguarda il primo aspetto, gli ultimi tre mesi non hanno offerto segnali rassicuranti ed hanno anzi evidenziato un notevole peggioramento. I dati via via elaborati hanno segnalato andamenti negativi sul fronte sia della produzione (revisioni del PIL per il secondo trimestre, dati sulla produzione industriale, etc.), che della fiducia (indicatori di inchieste congiunturali su imprese e famiglie).

Conseguentemente, organismi pubblici e privati, nazionali e internazionali, hanno incorporato tali aggiustamenti nelle proprie stime, prevedendo per il 2012 una caduta del prodotto: Ocse, Economic Outlook: -0,5 per cento; Prometeia -0,3 per cento; Ref-IRS: -0,4 per cento. Nelle previsioni di autunno, la Commissione europea non indicava una recessione in senso stretto, ma prefigurava una stagnazione per il prossimo anno (+0,1 per cento) ed un recupero nel 2013 (+0,7 per cento), in un quadro di rallentamento dell’intera Area dell’euro (+1,5 per cento quest’anno, +0,5 per cento nel 2012 e 1,3 per cento nel 2013).

In tale contesto, sui mercati monetari e finanziari l’incertezza è fortemente cresciuta e si sono ulteriormente allargati gli spread tra i rendimenti degli strumenti finanziari dei paesi più periferici, tra cui l’Italia, e quelli della Germania. Il principale indicatore di tensione, cioè il differenziale tra Btp e Bund decennali, che nei valori medi mensili era stato, ancora a giugno, pari a 173 punti base ed era poi salito sui 366 punti nei valori medi del mese di settembre, aumentava ulteriormente ad ottobre e novembre fino a superare i 570 punti e collocarsi poi, il 2 dicembre scorso, sui 451 punti[2]. Le difficoltà dell’Italia venivano inoltre evidenziate dal fatto che, a partire dalla metà di agosto, lo spread sui Bund superava lo stesso differenziale registrato dai titoli spagnoli, rimanendo poi stabilmente al di sopra di esso.

Le strette interconnessioni tra mercati dei rischi  sovrani e mercati dei rischi bancari facevano contestualmente lievitare i premi sui Credit Default Swap (CDS). Per quanto riguarda l’Italia, il CDS premium per proteggersi dal rischio sovrano, che era stato pari a 303 punti base nella media di agosto, toccava quotazioni medie di 394 punti nel mese di ottobre e di 494 punti in novembre, anche in questo caso con punte che superavano talvolta i 500 punti. Nello stesso periodo veniva parimenti crescendo il rischio del mercato bancario, su cui influivano anche le decisioni circa la ricapitalizzazione previste dalle nuove disposizioni regolamentari  (cosiddetta Basilea 3)[3]. Tale rischio si rifletteva sulle quotazioni azionarie di comparto le quali cadevano a livello globale ma, in misura più significativa, in Italia[4], soprattutto a causa della notevole quantità di titoli di Stato detenuti nei portafogli delle banche del nostro Paese.

Le interconnessioni tra mercati sovrani e mercati bancari portavano ad una situazione di incertezza, di elevata quotazione del rischio di controparte e, di conseguenza, alla rarefazione degli scambi sui mercati interbancari e all’ingrosso con un prosciugamento della liquidità, difficoltà di funding da parte delle banche europee e correlati rischi di riduzione dell’offerta di credito. Si configurava in tal modo il rischio di un avvitamento: i rischi connessi alla finanza pubblica generano problemi di tenuta del sistema bancario, quindi scarsa offerta di credito e processo di deleveraging, e dunque minore crescita dell’economia ed ulteriore peggioramento dei deficit pubblici.

Per far fronte alla difficoltà di finanziamento delle banche e allentare le tensioni sui mercati finanziari mitigando gli effetti sull’offerta di credito alle famiglie e alle imprese, la BCE interveniva in questi mesi, da un lato,  riducendo i tassi sulle operazioni di rifinanziamento principali[5], dall’altro, promuovendo l’accordo[6], il 30 novembre scorso, con la Federal Reserve e le banche centrali di Canada, Inghilterra, Giappone e Svizzera diretto a fornire liquidità in dollari a basso costo alle banche centrali europee[7].

La BCE proseguiva, inoltre, con operazioni di acquisto di titoli di Stato sul mercato secondario: dal maggio 2010 ha acquistato complessivamente circa 208 miliardi di titoli[8].

Nonostante tali interventi, il costo di collocamento dei titoli di Stato italiani registrava le forti tensioni presenti sui mercati secondari e sugli altri segmenti del mercato finanziario. Pur non registrando problemi in termini di partecipazione([9]), le aste scontavano un aumento di prezzo[10], mentre si osservava al contempo una rapida risalita dei tassi a breve (il rendimento dei Bot a 6 mesi passava dal 3,07 dell’asta di settembre  al 6,50 per cento dell’asta di novembre[11]).

 

Alla luce della descritta evoluzione del quadro macroeconomico e finanziario, gli interventi disposti con il decreto legge 201/2011, che comportano una correzione dell’indebitamento netto delle Pubbliche amministrazioni per 20,2 miliardi nel 2012, 21,3 miliardi nel 2013 e 21,4 miliardi nel 2014, sono diretti, come indicato dal Governo Relazione al Parlamento, presentata dal Governo contestualmente al  decreto legge 102/2011[12], a consolidare e mettere in sicurezza gli obiettivi in precedenza fissati e concordati in sede europea.

 

    La tabella 1.1 ed il grafico 1.1 espongono, per il periodo 2011-2014, gli obiettivi di saldo fissati nella Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza (settembre 2011), i saldi tendenziali stimati nella Relazione al Parlamento 2011 (dicembre 2011), nonché la somma di questi ultimi con gli effetti finanziari delle misure contenute nel citato decreto-legge.

    Nel triennio 2012-2014, in seguito agli interventi disposti con il DL, l'indebitamento netto risulta in linea, in parte migliore, rispetto agli obiettivi programmatici fissati a settembre nella Nota di aggiornamento al DEF. Viene confermata la realizzazione di un surplus a decorrere dal 2014.

 

    A differenza della Nota di Aggiornamento, la Relazione riporta soltanto i valori nominali dell'indebitamento netto senza aggiornare il quadro dei saldi strutturali, che vengono utilizzati a livello europeo per valutare la convergenza verso gli Obiettivi di Medio Termine nell'ambito delle regole fissate dal Patto di Stabilità e Crescita. Pertanto, in assenza di un aggiornamento dei dati relativi all'output gap, non è possibile valutare come il miglioramento del saldo nominale dovuto agli effetti della presente manovra si rifletta in un miglioramento dei saldi strutturali.

 

 

Tabella 1.1.

Il segno negativo indica un avanzo

 

Grafico 1.1.


 

2. Il quadro macroeconomico

La Relazione al Parlamento 2011 presenta un aggiornamento delle stime di crescita dell’Italia per l’anno in corso e delle previsioni per gli anni successivi, in considerazione del rallentamento della ripresa economica che si è manifestato a livello mondiale.

Rispetto alle previsioni contenute nella Nota di Aggiornamento del DEF di settembre, l’evoluzione degli scambi internazionali, nonché i segnali provenienti dalle principali aree geografiche, indicano, infatti, un indebolimento delle prospettive macroeconomiche.

La Relazione evidenzia, in particolare, un andamento del commercio internazionale più debole di quanto stimato a settembre, intorno al 6,4 per cento nel 2011 (rispetto al 7,1 stimato nella Nota di Aggiornamento del DEF di settembre), che flette al 5,0 per cento nel 2012.

 

Tabella 2.1

La debolezza del commercio mondiale                                                    (variazioni percentuali)

 

2009

2010

2011

2012

2013

2014

Commercio internazionale

-10,7

12,3

6,4

5,0

6,0

6,3

Prezzo del petrolio
(Brent FOB dollari/barile)

61,7

80,2

111,9

113,0

113,0

113,0

Cambio dollaro/euro

1,393

1,327

1,397

1,371

1,371

1,371

Fonte: Relazione al Parlamento 2011, Tavola 1.

 

La Relazione evidenzia, inoltre, come i mercati finanziari abbiano continuato a manifestare negli ultimi mesi forti tensioni, in particolare all’interno dell’area dell’euro, con un ampliamento dei differenziali di rendimento sui titoli del debito pubblico rispetto al benchmark.

In particolare, per quanto riguarda i titoli italiani, nelle settimane più recenti il differenziale di rendimento dei titoli decennali rispetto al corrispondente titolo tedesco ha oscillato intorno ai 400-500 punti base.

 

L’insieme di questi fattori ha fortemente inciso sulla situazione economica italiana, determinando un indebolimento delle prospettive di crescita, con i conseguenti impatti sull’andamento tendenziale dei conti pubblici.

 

Ciò ha indotto il Governo ad adottare un ulteriore manovra correttiva di finanza pubblica, volta a salvaguardare l’obiettivo del raggiungimento del pareggio di bilancio nel 2013, in linea con quanto indicato nella Nota di Aggiornamento del Documento di Economia e Finanza (DEF) 2011, presentata il 22 settembre scorso, e concordato in sede europea.

2.1 Le stime aggiornate di crescita dell’economia italiana

La Relazione rivede il quadro macroeconomico per l’anno in corso e per il triennio successivo, evidenziando un trend di crescita dell’economia italiana meno favorevole rispetto alle previsioni formulate nella Nota di Aggiornamento del Documento di economia e finanza 2011.

 

In particolare, per il 2011 il PIL italiano è stimato crescere ad un tasso dello 0,6 per cento rispetto allo 0,7 per cento precedentemente indicato (stima, quest’ultima, peraltro già rivista al ribasso dalla Nota di aggiornamento rispetto alle previsioni di aprile del DEF 2011, che ipotizzava una crescita del PIL nel 2011 dell’1,1%).

 

Per quanto riguarda gli anni successivi, il PIL reale è previsto contrarsi a -0,4 per cento nel 2012, per poi tornare a crescere dello 0,3 per cento nel 2013 e dell’1 per cento nel 2014.

 

 

Tabella 2.2

Confronto tra Nota di aggiornamento del DEF e Relazione al Parlamento sulle previsioni di crescita del PIL                                                                                                                            (variazioni percentuali)

 

Nota agg. DEF 2011
settembre 2011

Relazione al Parlamento 2011
dicembre 2011

 

2011

2012

2013

2014

2011

2012

2013

2014

PIL

0,7

0,6

0,9

1,2

0,6

-0,4

0,3

1,0

 

Lo scenario macroeconomico riportato nella Relazione assume una ipotesi di graduale riassorbimento delle tensioni sui mercati finanziari.

Si rileva tuttavia che la Relazione non esplicita se lo scenario previsivo aggiornato assorba anche gli effetti della manovra adottata dal Governo.

 

L’andamento negativo delle prospettive di crescita nel 2012 si fonda sull’ipotesi di una stagnazione del prodotto già a partire dal terzo trimestre 2011 e di un calo anche nel quarto trimestre.

La relazione prevede che la fase di debolezza si protrarrà anche per i primi due trimestri del 2012, seppur in misura più attenuata.

 

 

Nella tabella 2.3 è riportato il quadro macroeconomico aggiornato esposto nella Relazione, posto a raffronto con le previsioni elaborate a settembre nella Nota di Aggiornamento del DEF 2011.

 

Tabella 2.3

Il quadro macroeconomico                                                                              (variazioni percentuali)

 

Nota agg. DEF 2011
settembre 2011

Relazione al Parlamento 2011
dicembre 2011

 

2011

2012

2013

2014

2011

2012

2013

2014

PIL

0,7

0,6

0,9

1,2

0,6

-0,4

0,3

1,0

Importazioni

3,0

3,2

3,5

4,0

2,5

1,4

3,0

3,6

Consumi finali nazionali

0,7

0,4

0,4

0,7

0,6

-0,2

-0,1

0,5

- spesa delle famiglie

0,8

0,7

0,8

0,9

0,6

0,0

0,2

0,6

Investimenti fissi lordi

1,3

1,1

2,2

2,4

0,5

-1,5

0,9

1,8

- macchinari, attrezz., vari

3,2

2,9

3,1

3,2

2,6

-1,5

1,0

2,5

- costruzioni

-1,4

-1,1

1,1

1,3

-1,7

-1,5

0,8

1,1

Esportazioni

4,4

3,7

4,1

4,6

4,0

2,3

3,7

4,2

Occupazione (ULA)

0,7

0,1

0,3

0,4

0,6

-0,3

0,1

0,2

Tasso di disoccupazione

8,2

8,1

8,1

8,0

8,2

8,4

8,7

8,6

Inflazione programmata

2,0

1,5

1,5

1,5

2,0

1,5

1,5

1,5

Deflatore dei consumi

2,6

1,9

1,8

1,9

2,7

2,1

1,9

1,8

Deflatore PIL

1,4

1,9

1,8

1,8

1,3

2,1

1,9

1,8

 

 

Rispetto alle stime contenute nella Nota di Aggiornamento del DEF 2011, tutti gli indicatori manifestano un peggioramento rispetto alle precedenti previsioni.

 

In particolare, i consumi privati indicano partire dal 2012 una contrazione, quale riflesso dell’indebolimento del clima di fiducia e del peggioramento delle prospettive del mercato lavoro.

Gli investimenti fissi lordi sono anch’essi previsti in forte calo nel periodo considerato; essi evidenziano un valore negativo nel 2012 (-1,5 per cento rispetto al 2011), risentendo, secondo quanto indicato dalla Relazione, del ciclo esterno più debole e dell’impatto delle turbolenze dei mercati finanziari sul credito bancario.

Anche l’andamento delle esportazioni e delle importazioni manifesta una crescita più debole nel periodo rispetto a quanto previsto a settembre, a causa della consistente decelerazione del commercio mondiale e dell’indebolimento della domanda interna.

Il contributo delle esportazioni nette resterebbe comunque positivo nel periodo di previsione.

 

Il deflatore dei consumi privati viene rivisto in lieve rialzo.

 

Il mercato del lavoro presenta un generale peggioramento determinato dall’indebolimento dell’attività economica.

L’occupazione, che nel 2011 è prevista crescere dello 0,6 per cento in lieve calo rispetto a quanto previsto a settembre, nel 2012 presenta un valore negativo (-0,3 per cento), per poi riprendere la crescita ad un ritmo molto moderato (0,1 per cento nel 2013 e 0,2 per cento nel 2014).

Il tasso disoccupazione è rivisto al rialzo in tutto il periodo considerato, attestandosi all’8,4 per cento nel 2012, per poi salire all’8,7 per cento nel 2013. Nel 2014 il tasso si assesterebbe intorno all’8,6 per cento (rispetto all’8 per cento previsto a settembre).

 

Il grafico 2.1 indica l’andamento delle principali variabili del quadro macroeconomico a partire dal 2008 sino alla fine del periodo di previsione indicato nella Relazione.

 

Grafico 2.1

Conto economico delle risorse e degli impieghi                            (variazioni % a prezzi costanti)

 

Per quanto concerne, in particolare, la revisione delle stime di crescita del PIL nella Relazione, la tabella che segue evidenzia come le stesse siano più negative di quanto prospettato dalla Commissione UE nell’Autumn forecast, che nel 2012, in particolare, prevede una crescita seppur lieve del PIL rispetto all’andamento recessivo prospettato dal Governo.

Le più recenti previsioni dell’OCSE, fornite nell’Economic Outlook di fine novembre, risultano, invece, sostanzialmente allineate con le revisioni operate dal Governo.

 

Tabella 2.4

Il quadro macroeconomico - Le previsioni degli organismi internazionali   (variazioni percentuali)

 

2011

2012

2013

 

Governo
dic. ‘11

UE
nov. ‘11

OCSE
nov. ‘11

Governo
dic. ‘11

UE
nov. ‘11

OCSE
nov. ‘11

Governo
dic. ‘11

UE
nov. ‘11

OCSE
nov. ‘11

PIL

0,6

0,5

0,7

-0,4

0,1

-0,5

0,3

0,7

0,5

Tasso disoccupazione

8,2

8,1

8,1

8,4

8,2

8,3

8,7

8,2

8,6

Deflatore del PIL

1,3

1,4

1,3

2,1

1,9

1,7

1,9

2,0

1,2

Fonte:

-      per le previsioni del Governo: Relazione al Parlamento 2011 (dicembre 2011);

-      per la Commissione UE: European Economic Forecast – Autumn 2011 (provisional version) (ottobre-novembre 2011);

-      per l’OCSE: Economic Outlook n. 90 – Preliminary version (novembre 2011).

 

 

In rapporto ai principali altri paesi dell’area euro, le previsioni di crescita dell’Italia risulterebbero più deboli.

In base alle stime più aggiornate presentate nei citati recenti rapporti autunnali della Commissione europea (Autumn forecast) e dell’OCSE (Economic outlook), il PIL italiano, nel 2011 crescerebbe ben al di sotto di quello stimato per l’Area euro. Tale dato troverebbe conferma anche nel successivo biennio previsionale 2012-2013.

 

Tabella 2.5

Previsioni di crescita del PIL 2011-2013 degli organismi internazionali (variazioni percentuali)

 

OCSE

Commissione europea

 

2011

2012

2013

2011

2012

2013

Italia

0,7

-0,5

0,5

0,5

0,1

0,7

Francia

1,6

0,3

1,4

1,6

0,6

1,4

Germania

3,0

0,6

1,9

2,9

0,8

1,5

Spagna

0,7

0,3

1,3

0,7

0,7

1,4

Area euro

1,6

0,2

1,4

1,5

0,5

1,3

Regno Unito

0,9

0,5

1,8

0,7

0,6

1,5

USA

2,7

2,0

2,5

1,6

1,5

1,3

Giappone

-0,3

2,0

1,6

-0,4

1,8

1,0

Fonte:

-      per la Commissione UE: European Economic Forecast – Autumn 2011 (provisional version) (ottobre-novembre 2011);

-      per l’OCSE: Economic Outlook n. 90 – Preliminary version (novembre 2011).

 

In particolare, la Commissione europea, che nell’ultimo Rapporto ha operato una revisione al ribasso delle previsioni di crescita dei principali paesi europei, stima il tasso di crescita dell’Area euro nel 2012 attorno allo 0,5 per cento e il tasso di crescita italiano attorno allo 0,1 percento.

Le più pessimistiche previsioni dell’OCSE, pubblicate sul finire di novembre, prospettano, in considerazione del deteriorarsi della crisi, una decrescita per l’Italia nel 2012 (-0,5 percento), mentre tutti i principali paesi dell’Area euro si manterrebbero su valori, sia pur lievemente, positivi.


 

3. Il conto economico tendenziale delle amministrazioni pubbliche

La Relazione al Parlamento 2011 presenta l'aggiornamento delle stime del conto economico delle amministrazioni pubbliche alla luce della revisione delle previsioni del PIL e delle tensioni sui rendimenti dei titoli pubblici.

 

L'indebitamento netto tendenziale in rapporto al PIL è atteso pari al 2,5 per cento nel 2012, per poi scendere a 1,3 per cento nel 2013 e a 1,1 per cento nel 2014 (cfr. tabella 3.1). Rispetto alle previsioni contenute nella Nota di aggiornamento al DEF di settembre, il saldo viene tendenzialmente confermato nella stima del 2011, ma mostra un peggioramento medio sul triennio 2012-2014 pari a circa 1,1 punti di PIL annui, riconducibile principalmente alla revisione della spesa per interessi e alle minori entrate connesse con le diverse stime di crescita. Il saldo primario atteso per il 2011 in termini di PIL è pari all'1,0 per cento circa, mentre per il triennio successivo, assume una dinamica crescente che sconta gli effetti delle recenti manovre correttive (3,4 per cento nel 2012, 4,9 nel 2013, 5,2 per cento nel 2014). La rettifica rispetto a quanto previsto nella Nota di aggiornamento alla DEF risulta pari a pari a circa 0,5 per cento del PIL per ciascuno degli anni compresi nel periodo 2012-2014.

 

Le spese finali mostrano un tasso di evoluzione medio annuo pari al 2 per cento, a fronte di una dinamica attesa in settembre pari al 1,5 per cento. La dinamica è prevalentemente riconducibile al significativo incremento della spesa per interessi, prevista in aumento nel 2012 (+21,9 per cento) per poi ripiegare su una evoluzione più contenuta nel biennio successivo (+7,5 per cento nel 2013 e +4,3 per cento nel 2014). In valore assoluto la Relazione evidenzia un aumento della spesa per interessi, rispetto a quanto previsto nella Nota di aggiornamento alla DEF, pari a 8,4 miliardi nel 2012, 10,5 miliardi nel 2013 e 11,3 miliardi nel 2014. Questa revisione comporta un incremento del peso dell'aggregato in termini di PIL, che nel 2014 passa dal 5,3 per cento al 6,2.

 

La revisione della stima della spesa per interessi sottende ipotesi relative all'evoluzione dei tassi di interesse diverse rispetto a quanto ipotizzato in settembre, verosimilmente in considerazione dell'ampliamento, verificatosi negli ultimi mesi, del differenziale tra i titoli di stato italiani rispetto ai bund tedeschi. La Relazione, infatti, ricorda come, nelle settimane più recenti, il differenziale di rendimento dei titoli decennali italiani, rispetto al benchmark tedesco, abbia oscillato intorno ai 400-500 punti base. Tuttavia la Relazione non fornisce alcuna stima circa l'evoluzione attesa della curva dei rendimenti né la previsione dello stock del debito pubblico.

 

Rispetto alle previsioni contenute nella Nota di settembre, le entrate finali delle amministrazioni pubbliche sono riviste al ribasso di -0,6 per cento nel 2012, -0,8 per cento nel 2013 e -0,9 per cento nel 2014. La revisione è riconducibile alla flessione delle entrate tributarie (-1 per cento nel 2012, -1,4 per cento nel 2013 e -1,5 per cento nel 2014) e dei contributi sociali (-0,3 per cento nel 2013 e -0,6 per cento nel 2014). La revisione al ribasso è meno marcata per le imposte dirette (-0,6 per cento nel 2012, -1,5 per cento nel 2013 e -1,5 per cento nel 2014) che per quelle indirette (-1,4 per cento nel 2012, -1,3 per cento nel 2013 e -1,5 per cento nel 2014).

 

La pressione fiscale passa dal 42,5 per cento nel 2011 al 43,8 per cento nel 2012 e nel 2013, per poi ridursi lievemente nel 2014 (43,7 per cento). Rispetto a quanto indicato nella Nota di settembre, si registra una revisione delle stime pari a -0,2 per cento per il 2011 e a -0,1 per il 2013, mentre rimangono invariate quelle per il 2012 e il 2014.

 

Il rapporto entrate totali/PIL rimane invariato rispetto alle stime di settembre, pari a 47,9 per cento per il 2012, 48 per cento per il 2013 e 47,8 per cento per il 2014.

 

La revisione delle previsioni delle entrate finali, sia tributarie che contributive, è da attribuirsi alle diverse stime di crescita del prodotto interno lordo, nonché alla revisione del tasso di occupazione. Da notare che la variazione delle entrate tributarie nel 2012 è parzialmente compensata da un aumento delle altre entrate correnti, di cui non viene fornita spiegazione.

 

Da notare che, per le imposte dirette ed indirette (ad eccezione del valore relativo alle dirette per il 2012), la variazione percentuale della revisione del gettito risulta essere superiore rispetto alla variazione percentuale  della revisione operata sulla crescita del PIL (cfr. tabella 3.1). In altre parole, una determinata variazione negativa del PIL implicherebbe una perdita di gettito più che proporzionale.

 

La tabella registra, su una linea separata, la voce relativa alla riduzione delle agevolazioni fiscali, poiché l'imputazione - secondo quando indicato nella Relazione - potrà avvenire soltanto con la puntuale definizione delle riduzioni, o in seguito all'operare delle clausole di salvaguardia che verranno previste dalla delega per la riforma fiscale ed assistenziale, A.C. 4566, la quale prevedeva originariamente la produzione di risorse pari a 4 miliardi nel 2012, 16 miliardi nel 2013 e 20 miliardi di euro a decorrere dal 2014. Si ricorda che il decreto-legge n. 201 del 2011, prevede che tali misure vengano riquantificate in 13.119 milioni di euro per l’anno 2013 ed a 16.400 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2014.

 

Tabella 3.1

Revisione percentuale di entrate tributarie e PIL                                                                   (migliaia di euro)


Tabella 3.2 Conto della P.A. a legislazione vigente                                  (milioni di euro)


Tabella 3.3

Conto della P.A. a legislazione vigente. Variazione percentuale e percentuale del PIL.                                   

 



 

4. Le disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici

4.1. Gli effetti sui saldi e la composizione della manovra

La tabella 4.1 riporta gli effetti del decreto-legge n. 201/2011 espressi nei tre saldi di riferimento: indebitamento netto delle Pubbliche Amministrazioni PA, fabbisogno e saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato.

La manovra netta, cioè l'entità netta della correzione dei saldi, data dalla differenza tra risorse (maggiori entrate e minori spese) e impieghi (minori entrate e maggiori spese) porta ad un miglioramento del saldo, in termini di SNF, di 18,9 miliardi nel 2012, che scendono a 15,9 nel 2013 e a 13,3 miliardi nel 2014. In termini di indebitamento, la manovra netta risulta pari a 20,2 miliardi nel 2012 ed a oltre 21 miliardi in ciascun degli esercizi successivi. Effetti simili si registrano sul fabbisogno.

Tali effetti sono il risultato di una manovra lorda che determina un ammontare di risorse pari, in termini di indebitamento, a oltre 29 miliardi nel 2012, 35,1 miliardi nel 2013 e 37 miliardi nel 2014, a fronte di impieghi, rispettivamente, per 8,9 miliardi, 13,8 miliardi e 15,7 miliardi nei tre anni.

E’ da rilevare che tali importi, desunti dal prospetto riepilogativo degli effetti finanziari allegato al disegno di legge di conversione del decreto in esame, sono al lordo degli effetti indotti, cioè delle minori entrate e delle maggiori spese conseguenti alle misure adottate. Si fa riferimento, in particolare, ai maggiori crediti di imposta degli autotrasportatori (oltre 1 miliardo annuo) da porre in relazione all’aumento delle accise sui carburanti, alle minori entrate connesse alla revisione del sistema pensionistico e contributivo (oltre 2 miliardi complessivamente nel 2014), nonché al maggior credito di imposta conseguente al riallineamento dei valori di bilancio ai principi IAS e alle minori entrate IRAP e IRES connesse alla tassazione delle auto di lusso.

 

Tabella 4.1

D.L. 201/2011 – Effetti sui saldi di finanza pubblica      (milioni di euro)

 

 

Al netto degli effetti indotti, la manovra lorda risulta più contenuta e pari a circa 27 miliardi nel 2012, 31,8 miliardi nel 2013 e 33,8 miliardi nel 2014 (v. tabella 4.2).

 

E’ da rilevare che i dati esposti nella tabella 4.2 sono al lordo delle maggiori risorse (720 milioni nel 2012, 2.881 milioni nel 2013 e a 3.600 milioni nel 2014[13]) che concorrano, unitamente al gettito derivante dalla rimodulazione delle aliquote IVA (3.280 milioni nel 2012, 13.119 milioni nel 2012 e a 16,4 miliardi nel 2014) di cui all’articolo 18, alla non applicazione dei tagli delle agevolazioni fiscali e assistenziali previste dalle precedenti manovre[14] e scontate nei tendenziali di finanza pubblica (4 miliardi nel 2012, 16 miliardi nel 2013 e 20 miliardi nel 2014).

Al netto pertanto di tali risorse (720 milioni nel 2012, 2.881 milioni nel 2013 e a 3.600 milioni nel 2014), la manovra lorda risulta pari a 26,2 miliardi nel 2012, 28,9 miliardi nel 2013 e a 30,1 miliardi nel 2014.

 

Per quanto riguarda la composizione della manovra (v. tabella 4.2 e grafico 4.1), le risorse vengono reperite prevalentemente dal lato delle entrate, pari a oltre 21 miliardi nel 2012 (78 per cento delle risorse), a fronte di minori spese per 5,8 miliardi (22 per cento). Nel biennio successivo, a fronte di entrate pari a 23 miliardi nel 2013 (72 per cento delle risorse) e a 22,6 miliardi nel 2014 (67 per cento), aumenta il peso della correzione dal lato della spesa: -8,7 miliardi nel 2013 (28 per cento) e -11,1 miliardi nel 2014 (33 per cento).

Dal lato degli impieghi (6,8 miliardi nel 2012, 10,4 miliardi nel 2013 e 12,4 miliardi nel 2014), gli interventi sono diretti sia a sostenere maggiori spese (51 per cento degli impieghi nel 2012, che scendono al 21 per cento nel 2014) che a coprire minori entrate, il cui peso passa dal 49 per cento del primo esercizio al 79 per cento di fine periodo.

Il più significativo apporto delle entrate emerge anche in relazione alla manovra netta, come evidenziato dalla tabella 4.3.

 

Tabella 4.2

D.L. 201/2011 - Articolazione della manovra per risorse e impieghi               (milioni di euro)

 

Grafico 4.1

D.L. 201/2011 - Articolazione della manovra per entrate e spese                     (milioni di euro)

Tabella 4.3

D.L. 201/2011 - Articolazione della manovra per entrate e spese(milioni di euro)

 

In relazione ai principali settori di intervento (cfr. tabella 4.4 e grafico 4.2), dal lato delle risorse (al netto degli effetti indotti), l’apporto principale proviene dalle maggiori entrate connesse all’anticipazione al 2012 dell’imposta municipale (IMU) e all’aumento delle rendite catastali, che determinano un maggior gettito di 11 miliardi annui. Sempre sul versante delle autonomie locali, è atteso un maggior gettito di 1 miliardo nel 2012 e nel 2013 dal nuovo tributo comunale sui rifiuti e servizi (TARES), mentre 2,2 miliardi annui derivano dall’aumento dell’aliquota base dell’addizionale regionale all’IRPEF destinata alla copertura della fabbisogno sanitario per le regioni a statuto ordinario e a statuto speciale.

 

E’ da rilevare che gli effetti di maggior gettito per le autonomie locali sono di fatto “sterilizzati”: le entrate IMU sono in parte (9 miliardi) riversate al bilancio dello Stato e in parte (2 miliardi) compensate da minori trasferimenti. Nel caso della TARES e dell’addizionale IRPEF, a fronte delle maggiori entrate i trasferimenti statali sono ridotti di pari importo.

 

Sempre sul versante delle entrate, è atteso un maggior gettito di 4,6 miliardi dall’aumento delle accise sui carburanti, e di oltre 450 milioni dalla tassazione dei beni di lusso.

Il prelievo dell’1,5 per cento sui capitali “scudati”e l’aumento dell’imposta di bollo sugli strumenti finanziari determinano complessivamente maggiori entrate superiori a 2 miliardi nel 2012 e nel 2013, che scendono a circa 500 milioni a fine periodo, mentre la riapertura dei termini per il riallineamento dei valori di bilancio ai principi IAS (imputata nella tabella 4.4 nella voce “altre entrate”) comporta un maggior gettito dell’imposta sostitutiva per 903 milioni nel 2013 e 1.889 milioni nel 2014.

 

Con riguardo al prelievo sulle attività oggetto di rimpatrio o di regolarizzazione a seguito delle disposizioni di cui all’articolo 13-bis del D.L. 78/2009 e all’imposta sostitutiva per il riallineamento ai principi IAS, si rileva che tali entrate, che concorrono alla copertura dei maggiori oneri e alla manovra netta, sono classificate secondo la metodologia stabilita in sede europea tra le una-tantum e, pertanto, non concorrono al miglioramento del saldo strutturale[15]. Quest’ultimo costituisce, come è noto, il valore di riferimento ai fini del rispetto dell’obiettivo di medio termine nell’ambito della procedura di sorveglianza della posizione di bilancio, secondo quanto previsto dai regolamenti comunitari(CE) 1466/97 e (CE)1467/97 di recente modificati[16].

 

Dal lato delle minori spese, gli effetti più rilevanti derivano dalle misure riguardanti il settore pensionistico che determinano complessivamente risparmi netti di spesa per 2,9 miliardi nel 2012, che salgono a 5,8 miliardi nel 2013 e a 8,1 miliardi nel 2014, e maggiori entrate contributive nette per 317 milioni nel 2012, 486 milioni nel 2013 e 695 milioni nel 2014. Tali effetti aumentano nel periodo successivo, arrivando nel 2018 (ultimo anno preso in considerazione dalla relazione tecnica) a 18,8 miliardi di minori spese e a 1,6 miliardi di maggiori entrate contributive.

Risparmi per complessivi 2,8 miliardi sono attesi dal comparto delle regioni a statuto speciale e degli enti locali. Con riguardo a questi ultimi, il provvedimento in esame prevede una riduzione dei trasferimenti statali per 1.865 milioni annui, ed una conseguente minore spesa di pari importo di tali soggetti. Eventuali maggiori spese dovrebbero essere da questi finanziati con l’attivazione della flessibilità della leva fiscale prevista dagli articoli 13 e 14 in relazione all’aliquota base dell’IMU e alla maggiorazione della tariffa TARES.

Dalla soppressione di enti e organismi e dalla riduzione dei costi di funzionamento del CNEL e delle Autorità indipendenti nonché delle province sono previste minori spese per oltre 100 milioni a fine periodo.

 

Dal lato degli impieghi, le misure destinate a sostenere la crescita ammontano complessivamente a 1.550 milioni nel 2014 in termini di maggiori spese correnti e di parte capitale: esse sono destinate al finanziamento del nuovo Fondo per interventi a favore dell’occupazione giovanile e delle donne, del Fondo di compensazione per gli interventi per lo sviluppo da istituire nel bilancio di previsione del MEF, del Fondo per il credito all’esportazioni e del Fondo di garanzia per le piccole imprese. Ad esse si aggiungono le minori entrate per la deducibilità IRAP (oltre 1,6 miliardi nel 2012, 3,6 miliardi nel 20123 e 3 miliardi nel 2014) e quelle derivanti dall’introduzione di un meccanismo di favore fiscale per le imprese (ACE) ai fini di una loro maggiore capitalizzazione (950 milioni nel 2012, 1,4 miliardi nel 2013 e 2,9 miliardi nel 2014). E’ poi rifinanziato per 800 milioni annui, che si aggiungono ai 400 milioni già previsti a legislazione vigente, il fondo per il trasporto pubblico locale nelle regioni a statuto ordinario.

Tra gli impieghi é infine evidenziata, alla voce “clausola di salvaguardia”, la quota di minori entrate relative alla riforma fiscale e assistenziale non compensate dal gettito derivante dall’aumento delle aliquote IVA previsto dall’articolo 18 e che trovano copertura nell’ambito delle risorse del provvedimento in esame.

Tabella 4.4

D.L. 201/2011 - Articolazione della manovra per settori di intervento(milioni di euro)

 

Grafico 4.2

D.L. 201/2011 - Articolazione della manovra per settori di intervento

 

 



[1]    Tali stime tengono conto degli effetti delle misure di sostegno concordate in ambito comunitario.

[2]    Fonte: Datastream Thomson. Vedi anche Sole 24-Ore del 6 dicembre 2011.

[3]    Vedi raccomandazioni della European banking authority (EBA) del 26 ottobre e dell’8 dicembre 2011.

[4]    Fatto 100 l’indice di settore a fine 2010, esso risultava pari nella media di novembre a 79,4 in Usa, a 59,8 nell’Area dell’euro e a 54,3 in Italia

[5]    Una prima volta, lo scorso 3 novembre, di 25 punti base (all’1,25%), e successivamente l’8 dicembre 2011 di ulteriori 25 punti base (all’1%). Le medesime riduzioni sono intervenute per il tasso di rifinanziamento marginale e per i il tasso sui depositi presso la banca centrale che sono stati portati, rispettivamente, all’1,75% e allo 0,25%.

[6]  Si veda il comunicato stampa della Banca Centrale Europea del 30 novembre 2011 (http://www.ecb.int/press/pr/date/2011/html/pr111130.en.html).

Le misure principali contenute nell’accordo sono due. La prima riguarda una riduzione del costo degli swap in dollari tra la Fed e le altre banche centrali (il tasso viene ridotto da 100 a 50 punti base oltre l’overnight index swap), una proroga a febbraio 2013 di alcuni swap in scadenza e la riduzione dal 20% al 12% dei margini richiesti come tutela contro il rischio cambio sulle aste a 3 mesi. La seconda misura contenuta nell’accordo è finalizzata alla creazione di swap bilaterali nelle altre valute delle banche centrali coinvolte.

[7]  L’8 dicembre scorso la BCE ha annunciato le seguenti misure: due aste di rifinanziamento a 36 mesi con ammontare illimitato e a tasso fisso (la prima avrà luogo il 21 dicembre e la seconda a febbraio), l’ampliamento dei titoli che le banche possono offrire come collaterale (cioè come garanzia in cambio della liquidità) e la riduzione della riserva obbligatoria dal 2 all’1%.

[8]     Il 5 dicembre 2011 la BCE ha comunicato di aver acquistato nella precedente settimana 3,66 miliardi di titoli di Stato, limitando gli acquisti rispetto alle due settimane precedenti (8 miliardi nella settimana del 21 novembre e 8,58 miliardi nella settimana del 28 novembre).

[9]    Il cosiddetto cover ratio, ossia il rapporto tra domanda ed offerta, si è mantenuto sempre abbastanza elevato, come sottolineato dal Rapporto sulla stabilità finanziaria della Banca d’Italia Rapporto, ottobre 2011, pag. 56.

[10]  L’asta dei Btp a 10  anni di novembre si è chiusa con rendimenti medi composti dell’7,56 per cento in netta risalita dal 5,86 per cento di settembre.

[11]  Picchi molto più elevati si registravano peraltro sul mercato secondario.

[12]  La Relazione (DOC LVII, n. 4-ter) è stata presentata dal governo in ottemperanza a quanto previsto dall’articolo 10-bis, comma 6, della legge di contabilità e finanza pubblica n. 196 del 2009.

      Ai sensi di tale norma, il Governo – ferma restando la presentazione entro il 20 settembre di ogni anno della Nota di aggiornamento al DEF - qualora per finalità analoghe a quelle previste per la Nota, ovvero per il verificarsi di eventi eccezionali, intenda aggiornare gli obiettivi programmatici di finanza pubblica, ovvero in caso di scostamenti rilevanti degli andamenti di finanza pubblica tali da rendere necessari interventi correttivi, è tenuto a trasmettere una relazione al Parlamento, recante le ragioni dell'aggiornamento ovvero degli scostamenti, nonché l’indicazione degli interventi correttivi che si intendono adottare.

[13]  Gli stessi importi sono computati tra gli impieghi, tra le minori entrate tributarie, secondo quanto indicato dal prospetto riepilogativi degli effetti finanziari allegato al ddl di conversione del D.L. 201/2011.

[14]  Articolo 40 del D.L. 98/2011, come modificato dal D.L. 138/2011.

[15]  Per un approfondimento sui saldi strutturali e le una tantum, cfr dossier predisposto dal Servizio bilancio del Senato e dal Servizio studi e Servizio Bilancio della Camera in occasione della Nota di aggiornamento del DEF, settembre 2011, n. 14.

[16]  Cfr Dossier predisposto dall’Ufficio Rapporti con l’Unione europea della Camera dei deputati, “La riforma della governance economica dell’UE, n. 189, 24 ottobre 2011.