Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Bilancio dello Stato
Altri Autori: Servizio Studi - Dipartimento bilancio
Titolo: (D14 - DOC. LVII, n. 4-bis) Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2011
Riferimenti:
DOC LVII, N. 4-BIS     
Serie: Documenti e ricerche    Numero: 14
Data: 28/09/2011
Descrittori:
DOCUMENTO DI PROGRAMMAZIONE ECONOMICO FINANZIARIA     

 

 

XVI legislatura

 

 

 

 

Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2011

(Doc. LVII, n. 4-bis)

 

 

 

 

 

 

Settembre 2011

n. 14

 


DOCUMENTAZIONE DI FINANZA PUBBLICA

 

 

 

SENATO DELLA REPUBBLICA:

 

Servizio del bilancio

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CAMERA DEI DEPUTATI:

 

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Tel. 066760-2174 – 066760-9455

bs_segreteria@camera.it

 

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Tel. 066760-9932 – 066760-2233

st_bilancio@camera.it

 

 

 

 

 

 

 

 

Il presente dossier è destinato alle esigenze di documentazione interna per l’attività degli organi parlamentari e dei parlamentari.

Si declina ogni responsabilità per l’eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

 

 

 

 


 


INDICE

 

Premessa. 2

1. Il quadro macroeconomico. 2

1.1 La congiuntura internazionale. 2

1.2 Lo scenario macroeconomico nazionale. 2

2. Il quadro programmatico. 2

2.1 Gli obiettivi di saldo strutturale. 2

2.2 Gli obiettivi in termini di indebitamento netto. 2

2.3 L’evoluzione del debito. 2

3. Il bilancio programmatico dello Stato. 2

4. Il conto economico delle amministrazioni pubbliche a legislazione vigente. 2

4.1 La spesa al netto degli interessi2

4.2 Le entrate. 2

5. Spesa per interessi, fabbisogno e debito. 2

 

 

 

Approfondimenti:

 


1. Avanzo primario strutturale e ciclo economico: l’analisi della fiscal stance..... 33

2. Le misure una tantum........................................................................................ 38

3. La spesa pensionistica nel medio-lungo periodo.............................................. 55

4. Il Patto di stabilità interno................................................................................. 57

5. Le misure non convenzionali della BCE nelle recenti fasi di crisi dei mercati finanziari    65

6. I debiti commerciali della Pubblica Amministrazione....................................... 67


 

 

 


Premessa

Il contenuto della Nota di aggiornamento del DEF

Si ricorda che le recenti modifiche apportate alla legge di contabilità n. 196/09 dalla legge 7 aprile 2011, n. 39, allineandosi con il nuovo calendario stabilito in sede europea anticipato alla prima parte dell’anno l’intero processo di programmazione nazionale, fissando al 10 aprile la data di presentazione del nuovo Documento di Economia e Finanza (DEF), al fine di consentire alle Camere di esprimersi sugli obiettivi programmatici in tempo utile per l’invio, entro il 30 aprile, al Consiglio dell'Unione europea e alla Commissione europea, del Programma di stabilità e del Programma nazionale di riforma (PNR)contenuti nel DEF.

 

Nell’ambito della procedura del Semestre europeo, sulla base del PNR e del Patto di Stabilità contenuti nel DEF, nel mese di giugno la Commissione europea ha elaborato le raccomandazioni di politica economica e di bilancio rivolte ai singoli Stati. Nel mese di luglio, il Consiglio ECOFIN ha provveduto ad esaminare ed approvare le raccomandazioni della Commissione, anche sulla base degli orientamenti espressi dal Consiglio europeo di giugno.

Anche al fine di tener conto delle raccomandazioni formulate dalle autorità europee, la legge di contabilità prevede la presentazione, entro il 20 settembre di ogni anno, di una Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza.

A seguito delle modifiche apportate alla legge di contabilità, la Nota di aggiornamento ha assunto le caratteristiche di uno strumento obbligatorio, posto che la sua presentazione non è più eventuale e connessa al verificarsi di eventuali scostamenti degli andamenti di finanza pubblica.

 

Il nuovo articolo 10-bis della legge di contabilità[1] prevede che la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza contenga:

-        l’eventuale aggiornamento delle previsioni macro-economiche e di finanza pubblica per l’anno in corso e per il periodo di riferimento, nonché le eventuali modifiche e integrazioni al DEF conseguenti alle raccomandazioni del Consiglio europeo relative al Programma di stabilità e al PNR,

-        l’eventuale aggiornamento degli obiettivi programmatici individuati dal DEF, al fine di prevedere una loro diversa ripartizione tra lo Stato e le amministrazioni territoriali ovvero di recepire le indicazioni contenute nelle raccomandazioni eventualmente formulate dalla Commissione europea;

-        l’obiettivo di saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato e di saldo di cassa del settore statale;

-        il contenuto del Patto di stabilità interno e le sanzioni da applicare in caso di mancato rispetto del Patto medesimo, nonché il contenuto del Patto di convergenza, e le misure volte a realizzare il percorso di convergenza previsto dall'articolo 18 della legge n. 42/2009 di attuazione del federalismo fiscale.

 

In coerenza con quanto previsto per la presentazione del DEF[2], qualora si renda necessario procedere a una modifica degli obiettivi di finanza pubblica, il Governo è tenuto ad inviare, entro il 10 settembre, alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, per il preventivo parere, da esprimere entro il 15 settembre, le linee guida per la ripartizione degli obiettivi. Le linee guida sono altresì trasmesse, entro il 10 settembre, alle Camere, cui è in seguito trasmesso anche il parere espresso su di esse dalla Conferenza.

 

Alla Nota di aggiornamento del DEF sono allegati, sulla base dell’articolo 10-bis della legge di contabilità, una serie di documenti, recanti:

a)    le relazioni programmatiche sulle spese di investimento per ciascuna missione di spesa del bilancio dello Stato e delle relazioni sullo stato di attuazione delle relative leggi pluriennali (Doc. LVII n.4-bis – allegato I);

b)     in allegato alle predette relazioni, il Ministro dell'economia e finanze è tenuto a presentare un quadro riassuntivo di tutte le leggi di spesa a carattere pluriennale, con indicazione, per ciascuna legge, degli eventuali rinnovi e della relativa scadenza e delle somme complessivamente autorizzate, indicando quelle effettivamente erogate e i relativi residui di ciascun anno, nonché quelle che restano ancora da erogare;

c)    in apposita sezione del suddetto quadro riassuntivo, deve essere altresì esposta la ricognizione puntuale di tutti i contributi pluriennali iscritti nel bilancio dello Stato, con specifica indicazione di quelli attivati e delle eventuali ulteriori risorse, anche non statali, che concorrono al finanziamento dell'opera, nonché dell’ammontare utilizzato.

Si segnala che nella Nota è altresì allegata una versione aggiornata del Programma delle infrastrutture strategiche ((Doc. LVII n.4-bis – allegato II) previsto dalla legge obiettivo, già presentato in allegato al Documento di economia e finanze di aprile 2011, predisposto dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.

E stato, inoltre, trasmesso un nuovo testo del Rapporto annuale 2010 sugli interventi nelle aree sottoutilizzate (Doc. LVII n.4-bis – allegato III), già trasmesso in allegato al DEF.

 

Quale norma di chiusura, la legge di contabilità prevede, infine, che il Governo, qualora per le medesime finalità di aggiornamento previste per la presentazione della Nota, ovvero per il verificarsi di eventi eccezionali, intenda aggiornare gli obiettivi programmatici di finanza pubblica, ovvero in caso di scostamenti rilevanti degli andamenti di finanza pubblica tali da rendere necessari interventi correttivi, è tenuto a trasmettere una relazione al Parlamento, recante le ragioni dell'aggiornamento ovvero degli scostamenti, nonché l’indicazione degli interventi correttivi che si intendono adottare.

 

 

 


1. Il quadro macroeconomico

La Nota di aggiornamento al DEF 2011 presenta una revisione delle stime di crescita per l’anno in corso e per gli anni successivi, in considerazione dei segnali di rallentamento della ripresa economica, che si sono manifestati a livello internazionale, nei mesi estivi, dopo l’iniziale fase di recupero dalla crisi che si era avviata nel corso del 2010 e nei primi mesi del 2011.

1.1 La congiuntura internazionale

La Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza evidenzia come, negli ultimi mesi, la ripresa internazionale abbia perso progressivamente slancio.

 

Nel secondo trimestre dell’anno, infatti, il commercio e la produzione mondiale hanno registrato un rallentamento rispetto al ritmo di espansione del primo trimestre. Gli indicatori del commercio mondiale indicano peraltro un ulteriore indebolimento nel terzo trimestre.

Rispetto a quanto previsto ad aprile, il rallentamento dell’economia ed il riemergere delle tensioni sui mercati finanziari, e, in particolare, su quelli del debito sovrano dei paesi dell’area dell’euro, hanno determinato, nel complesso, un deterioramento delle prospettive di crescita dell’economia globale.

 

L’indebolimento congiunturale dell’economia delle principali aree sviluppate è stato oggetto di esame da parte dei principali istituti internazionali.

Nell’Interim Assessment dell’8 settembre 2011,l’OCSE ha stimato una crescita del PIL dei paesi G7 nell’ultimo trimestre pressoché nulla, intorno allo 0,2 per cento. In particolare, per gli Stati Uniti si ipotizza una crescita, nell’ultima parte dell’anno, che non supererà il mezzo punto percentuale; per la Germania si prevede addirittura una crescita negativa nell’ultimo trimestre, che avrà riflessi sull’intera area dell’euro.

Il rallentamento emerso dopo la crescita nel primo trimestre del 2011 è stato messo in rilievo anche dalla Commissione europea nell’Interim forecast del 15 settembre scorso, in cui le previsioni di crescita per il secondo semestre dell’anno per l’area dell’euro e per l’UE sono state riviste notevolmente al ribasso, di circa ½ punto percentuale, rispetto alle previsioni di primavera. Per l’area euro, si prevede una crescita nell’ultimo trimestre del 2011 che non andrà al di sopra dello 0,1 per cento (rispetto allo 0,8 per cento del primo trimestre dell’anno).

 

Come evidenziato nel World Economic Outlook dell’FMI del 20 settembre 2011, il PIL mondiale è previsto crescere all’incirca del 4 per cento fino alla fine del 2012, circa mezzo punto in meno rispetto a quanto previsto in primavera. Fino al 2014, la crescita proseguirà ad un ritmo più moderato rispetto al 5,1 per cento raggiunto nel 2010.

 

Tabella 1.1

Andamento del PIL e del commercio mondiale                                                    (variazioni percentuali)

 

2009

2010

2011

2012

2013

2014

PIL mondiale
(dati FMI)

-0,7

5,1

4,0

4,0

4,5

4,7

Prezzo del petrolio
(Crude oil  dollari/barile) (dati FMI)

61,8

79,0

103,2

100,0

-

-

Commercio mondiale

-10,7

12,3

6,5

5,7

6,5

6,5

Cambio dollaro/euro

1,393

1,327

1,416

1,430

1,430

1,430

Fonte: PIL mondiale e prezzo del petrolio: FMI, World Economic Outlook (settembre 2011); commercio mondiale e cambio dollaro/euro: Nota di aggiornamento del DEF 2011 (settembre 2011).

 

Secondo quanto rilevato dall’FMI, l'economia globale si trova in una “pericolosa nuova fase”. L’attività globale si è indebolita ed è divenuta più irregolare, il clima di fiducia è fortemente diminuito negli ultimi mesi, e i rischi di un deprezzamento dei titoli in presenza di condizioni economiche negative si sono accresciuti.

 

In un contesto di fragilità strutturali irrisolte, una raffica di shock ha colpito l'economia internazionale nel 2011: il devastante terremoto del Giappone e lo tsunami, i disordini in alcuni paesi produttori di petrolio, la situazione economica americana e le grandi turbolenze finanziarie che hanno colpito i paesi dell’area dell’euro.

I problemi strutturali che di fronte alla crisi hanno colpito le economie avanzate si sono rivelati ancora più complessi del previsto, e il processo di elaborazione e attuazione delle riforme ancora più complicato.

 

Nella tabella seguente, tratta dal WEO di settembre 2011 dell’FMI, viene messo in evidenza il peso delle economie avanzate e di quelle emergenti nella crescita del PIL mondiale.

 

 

 

Tabella 1.2

Analisi del PIL mondiale                                                                                         (variazioni percentuali)

 

2010

2011

2012

2013

2014

Mondo

5,1

4,0

4,0

4,5

4,7

Economie avanzate

3,1

1,6

1,9

2,4

2,6

Stati Uniti

3,0

1,5

1,8

2,5

3,1

Area euro

1,8

1,6

1,1

1,5

1,7

Giappone

4,0

-0,5

2,3

2,0

2,0

Economie emergenti e in via di sviluppo

7,3

6,4

6,1

6,5

6,6

Brasile

7,5

3,8

3,6

4,2

4,2

Russia

4,0

4,3

4,1

4,1

4,0

India

10,1

7,8

7,5

8,1

8,1

Cina

10,3

9,5

9,0

9,5

9,5

 

 

Come si evince dalla tabella, le prospettive di crescita delle economie emergenti, sebbene più deboli rispetto agli anni passati, rimangono comunque robuste, e costituiscono un traino per l’intero PIL mondiale.

Il PIL delle economie avanzate è invece previsto crescere ad un ritmo – definito nel rapporto FMI – “anemico”, pari a circa l’1,6 per cento nel 2011 e all’1,9 per cento nel 2012.

Le previsioni dell’FMI, comunque, assumono come presupposto che i policymakers europei operino per contenere la crisi (con particolare riferimento alla Grecia), che i policymakers americani pervengano ad un equilibrio tra sostegno dell’economia e risanamento di bilancio di medio termine e che la volatilità nei mercati finanziari globali non aumenti.

Con riferimento, in particolare, all’economia degli Stati Uniti, si evidenzia un rallentamento della crescita più accentuato di quanto stimato dall’FMI a giugno 2011. Pesano sulle previsioni il deterioramento della fiducia delle famiglie e delle imprese e la maggiore instabilità del mercato dovuta alle preoccupazioni relative, tra l’altro, al recente declassamento del rating del credito sovrano degli Stati Uniti e alle crescenti tensioni provenienti dall'Europa.

Per quanto riguarda, invece, l’Area euro, viene messo in evidenza come l’elevato livello del deficit e del debito pubblico di alcuni paesi e l’aumentare delle tensioni sui mercati finanziari stiano pesando sulla crescita.

L’Europa è, infatti, alle prese con una rinnovata volatilità dei mercati ed elevati rischi di instabilità finanziaria. I risultati economici dei singoli paesi dell’area saranno comunque diversificati, in ragione delle diverse condizioni economiche di ciascuno di essi. Accanto a paesi la cui crescita sembra vicina alla media dei tassi pre-crisi (per esempio Danimarca, Germania e Polonia), permane un ampio spettro di paesi con una crescita inferiore alla media, alcuni dei quali pervasi dalla crisi del debito sovrano con concomitante recessione o debole crescita (Grecia, Irlanda, Portogallo), altri scossi dal contagio della crisi che stanno vivendo una crescente volatilità dei mercati ed un incremento dello spread sui titoli del debito sovrano, come Italia e Spagna.

I grafici che seguono evidenziano per l’Italia l’andamento della consistenza dei titoli di Stato per categorie di investitori e i relativi rendimenti (Fonte: Banca d’Italia, agosto 2011).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il rallentamento della crescita nell’area euro è evidenziato anche dalla Commissione europea nell’Interim forecast del 15 settembre 2011.

Nel rapporto, la Commissione sottolinea come la crisi del debito sovrano si sia aggravata e che le turbolenze sui mercati finanziari siano destinate a frenare l’economia reale, intaccando la fiducia degli operatori economici e aumentando i costi di investimento.

I dati che emergono dalle inchieste condotte presso le imprese e i consumatori segnalano un indebolimento della domanda interna nel secondo semestre dell’anno e forse oltre l’orizzonte temporale delle previsioni intermedie. A tale risultato concorre l’aggiustamento di bilancio in corso.

In questo contesto, per avviare la ripresa si evidenzia la necessità di affiancare alle strategie di risanamento di bilancio le riforme strutturali, idonee ad elevare il potenziale di crescita economica.

1.2 Lo scenario macroeconomico nazionale

Per quanto concerne l’Italia, la Nota di aggiornamento rivede il quadro macroeconomico per l’anno in corso e per il triennio 2012-2014, evidenziando un trend di crescita dell’economia italiana meno favorevole rispetto alle previsioni formulate nel Documento presentato ad aprile 2011.

 

In particolare, per il 2011 il PIL italiano è stimato crescere ad un tasso dello 0,7 per cento rispetto all’1,1 per cento precedentemente indicato.

 

Secondo i conti economici trimestrali diffusi dall’ISTAT, nel secondo trimestre del 2011 il prodotto interno lordo (PIL), espresso in valori concatenati con anno di riferimento 2000, corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, è aumentato dello 0,3 per cento rispetto al trimestre precedente e dello 0,8 per cento nei confronti del secondo trimestre del 2010.

La crescita acquisita per il 2011 è pari allo 0,7 per cento.

Tutte le componenti della domanda interna sono risultate in aumento.

Le importazioni sono diminuite del 2,3 per cento e le esportazioni sono cresciute dello 0,9 per cento.

Il contributo alla crescita del Pil della domanda nazionale al netto delle scorte è stato di 0,2 punti percentuali (0,1 i consumi delle famiglie, zero le spese della PA e gli investimenti). La variazione delle scorte ha sottratto alla crescita del Pil 0,8 punti percentuali, mentre il contributo della domanda estera netta è stato di 0,9 punti percentuali. In tale ambito, l’Istituto rileva andamenti congiunturali positivi del valore aggiunto dell'industria (+0,9 per cento) e dei servizi (+0,1 per cento), mentre il valore aggiunto dell'agricoltura è sceso del 2,4 per cento. (Fonte: Comunicato ISTAT del 9 settembre 2011).

 

Una crescita ancora più modesta è attesa per l’anno 2012, in cui il PIL è stimato allo 0,6 per cento, cui dovrebbe tuttavia fare seguito un’accelerazione allo 0,9 per cento nel 2013 e all’1,2  per cento nel 2014.

 

Nel complesso, rispetto al DEF di aprile si ipotizza un peggioramento delle prospettive di crescita per il periodo 2011-2014 di circa due punti percentuali.

 

Tabella 1.3

Confronto tra DEF e Nota di aggiornamento del DEF sulle previsioni di crescita del PIL

                                                                                                                                    (variazioni percentuali)

 

DEF 2011
aprile 2011

Nota agg. DEF 2011
settembre 2011

 

2011

2012

2013

2014

2011

2012

2013

2014

PIL

1,1

1,3

1,5

1,6

0,7

0,6

0,9

1,2

 

 

Tale rallentamento dell’economia italiana è imputato all’effetto congiunto di fattori esogeni – come il generale indebolimento delle prospettive economiche mondiali – e fattori interni, quali la manovra di finanza pubblica attuata nel corso dell’estate con i decreti-legge 6 luglio 2011, n. 98 e 13 agosto 2011, n. 138.

 

A tale ultimo riguardo, la Nota evidenzia come una manovra di risanamento dei conti pubblici come quella approvata - avente l’obiettivo di anticipare già al 2013 il pareggio di bilancio - se, da un lato, si è resa necessaria per contrastare le recenti tensioni sui titoli di Stato nazionali - che hanno registrato un ampliamento dei differenziali di rendimento rispetto ad analoghi titoli di altri paesi europei - dall’altro lato possa produrre “effetti non positivi sul livello di attività economica nel breve periodo attraverso gli usuali canali di trasmissione agli aggregati della spesa privata”.

 

Ad avviso del Governo, tali effetti negativi sul tasso di crescita del prodotto, derivanti dalle misure correttive adottate, verrebbero tuttavia in parte controbilanciati da effetti positivi che dovrebbero farsi nel tempo via via più consistenti a seguito dell’attivazione di “meccanismi di tipo non-keynesiano” a supporto della crescita, in base ai quali in presenza di politiche credibili di risanamento della finanza pubblica si registrerebbe un miglioramento delle aspettative degli operatori economici che avrebbe l’effetto di ridurre l’impatto negativo sulle decisioni di consumo e investimento.

 

Si segnala l’opportunità di acquisire dal Governo ulteriori elementi utili di valutazione in ordine ai meccanismi di tipo non-keynesiano, in relazione, in particolare, ai tempi ed alle modalità secondo cui ne è stato stimato l’impatto positivo sulla dinamica di crescita dell’economia reale.

Occorrerebbe inoltre chiarire se, dato il vincolo del pareggio di bilancio - che sembra precludere il ricorso ad interventi di politica economica espansivi – il quadro previsivo formulato nella Nota tenga conto di ulteriori nuovi interventi di politica economica volti a migliorare ulteriormente le aspettative degli agenti economici[3], eventualmente rimodulando la spesa pubblica al fine di orientarla verso le categoria di spesa con i moltiplicatori più elevati.

A tale ultimo proposito, si segnala che la Nota indica quali provvedimenti che il Governo intende “collegare” a completamento della manovra di bilancio 2012-2014, quelli in materia di infrastrutture, liberalizzazioni e privatizzazioni, e in favore del Sud, sui cui contenuti, tuttavia, non vengono fornite specifiche indicazioni .

 

Per quanto concerne le revisioni delle stime di crescita del prodotto per l’anno in corso indicate nella Nota, la tabella che segue evidenzia come le stesse siano allineate con le più recenti previsioni della Commissione europea, mentre divergono, anche per gli anni successivi, da quelle da ultimo formulate dal Fondo monetario internazionale, le quali indicano prospettive economiche più deboli rispetto a quanto indicato dal Governo, come si evince dalle tabelle che seguono.

 

Tabella 1.4

FMI: Previsioni di crescita del PIL 2011-2014                                       (variazioni percentuali)

 

2011

2012

2013

2014

Italia

0,6

0,3

0,5

0,8

Francia

1,7

1,4

1,9

2,1

Germania

2,7

1,3

1,5

1,5

Spagna

0,8

1,1

1,8

1,9

Area euro

1,6

1,1

1,5

1,7

Regno Unito

1,1

1,6

2,4

2,6

USA

1,5

1,8

2,5

3,1

Giappone

-0,5

2,3

2,0

2,0

      Fonte:   FMI: World Economic Outlook (settembre 2011).

 

Per quanto concerne la Commissione europea, la revisione al ribasso delle stime di crescita di alcuni paesi per il 2011, operata nell’ultimo Interim forecast del 15 settembre 2011, evidenzia un generale rallentamento dell’economia europea nella seconda metà dell’anno.

Tuttavia, vista la performance particolarmente positiva del primo trimestre, la crescita complessiva del PIL dell’area nel 2011 dovrebbe restare immutata rispetto alle previsioni di primavera 2011 (1,6 per cento).

La crescita dell’Italia, rivista al ribasso nel nuovo quadro di previsione, si colloca sensibilmente al di sotto della media dell’Area euro.

 

Tabella 1.5

Prodotto interno lordo 2011 – Le previsioni della Commissione       (variazioni percentuali)

 

PIL 2011

 

Spring economic forecast
maggio 2011

Interim forecast
settembre 2011

Italia

1,0

0,7

Francia

1,8

1,6

Germania

2,6

2,9

Spagna

0,8

0,8

Area euro

1,6

1,6

Regno Unito

1,7

1,1

 

Nella tabella che segue è riportato il quadro macroeconomico complessivo esposto nella Nota, posto a raffronto con le previsioni elaborate ad aprile nel Documento di economia e finanza 2011.

 

Tabella 1.6

Il quadro macroeconomico                                                                           (variazioni percentuali)

 

DEF 2011
aprile 2011

Nota agg. DEF 2011
settembre 2011

 

2011

2012

2013

2014

2011

2012

2013

2014

PIL

1,1

1,3

1,5

1,6

0,7

0,6

0,9

1,2

Importazioni

4,5

3,9

4,2

4,6

3,0

3,2

3,5

4,0

Consumi finali nazionali

0,8

0,9

1,1

1,3

0,7

0,4

0,4

0,7

- spesa delle famiglie

1,1

1,2

1,3

1,5

0,8

0,7

0,8

0,9

Investimenti fissi lordi

1,8

2,5

2,7

3,0

1,3

1,1

2,2

2,4

- macchinari, attrezzature, vari

2,8

3,7

3,7

4,0

3,2

2,9

3,1

3,2

- costruzioni

0,0

1,2

1,6

1,7

-1,4

-1,1

1,1

1,3

Esportazioni

4,8

4,3

4,5

4,8

4,4

3,7

4,1

4,6

Occupazione (ULA)

0,5

0,6

0,6

0,7

0,7

0,1

0,3

0,4

Tasso di disoccupazione

8,4

8,3

8,2

8,1

8,2

8,1

8,1

8,0

Deflatore PIL

1,8

1,8

1,8

1,8

1,4

1,9

1,8

1,8

Inflazione programmata

1,5

1,5

1,5

1,5

2,0

1,5

1,5

1,5

 

Il seguente grafico indica l’andamento delle principali variabili del quadro macroeconomico dal 2008 sino alla fine del periodo di previsione indicato nella Nota.

 

Grafico 1.1

Conto economico delle risorse e degli impieghi                                     (variazioni % a prezzi costanti)

Consumi finali nazionali

Per quanto concerne il dettaglio delle proiezioni sulla crescita del PIL, la Nota stima i consumi finali nazionali in rallentamento rispetto alle previsioni di aprile.

In particolare, essi si attesterebbero allo 0,7 per cento nel 2011 -  lievemente al di sotto di quanto stimato nel DEF -  e si contrarrebbero ulteriormente nel biennio 2012-2013, attestandosi allo 0,4 per cento in ciascuno degli anni.

Nel 2014, i consumi tornerebbero allo 0,7 per cento, valore sensibilmente inferiore all’1,3 per cento ipotizzato ad aprile.

In tale ambito, la spesa della PA e degli Istituzioni sociali private è prevista contrarsi dello 0,5 per cento nel 2012 e dello 0,8 per cento nel 2013, per poi crescere dello 0,1 per cento nel 2014.

La spesa delle famiglie residenti oscillerebbe invece dal +0,8 per cento del 2011 al +0,9 del 2014, con una lieve flessione nel 2012 (+0,7 per cento).

A tale ultimo riguardo, la Nota evidenzia come un fattore di rischio per le decisioni di spesa delle famiglie potrebbe essere rappresentato dalla dinamica del mercato del lavoro nel medio termine (sul punto, cfr. oltre).

 

I dati ISTAT confermano gli andamenti sfavorevoli del clima di fiducia degli operatori già registrati nei mesi precedenti, rivelando un ulteriore calo sia della fiducia dei settori produttivi, sia di quella dei consumatori.

 

Grafico 1.2                                  

Clima di fiducia dei consumatori     (Fonte: Banca d’Italia, elaborazione su dati Istat, agosto 2011)

 

I più recenti dati ISTAT, a settembre 2011 indicano che l'indice del clima di fiducia dei consumatori è ulteriormente calato a 98,5 dal 100,3 di agosto. La flessione, diffusa a tutte le componenti, è più marcata per il clima economico, il cui indice diminuisce da 70,0 a 67,8; la fiducia sulla situazione personale scende da 116,2 a 114,4.

Peggiorano le valutazioni, presenti e prospettiche, sulla situazione economica del paese e della famiglia, nonché i giudizi sul bilancio familiare e sull'opportunità attuale del risparmio. Si deteriorano, seppur con intensità minore, anche le attese sull'evoluzione del mercato del lavoro. Migliorano, per contro, le attese sul mercato dei beni durevoli e sulle intenzioni future di risparmio. I saldi dei giudizi sull'evoluzione recente dei prezzi al consumo e quelli delle previsioni sulla loro dinamica futura registrano un aumento rispetto al mese precedente. La fiducia peggiora in quasi tutte le ripartizioni e il deterioramento è particolarmente intenso nel Mezzogiorno; solo nel Nord-est si registra un lieve recupero (Fonte: Comunicato ISTAT 26 settembre 2011).

Investimenti

Nell’anno in corso gli investimenti fissi lordi sono attesi in crescita dell’1,3 per cento, rispetto all’1,8 per cento stimato ad aprile.

La revisione al ribasso delle previsioni è ascrivibile in particolare alla debolezza del settore delle costruzioni, che segna una battuta d’arresto, registrando una debolezza più ampia rispetto a quanto ipotizzato nelle previsioni contenute nel DEF presentato a primavera.

Gli indicatori più recenti mostrano in particolare un indebolimento sia della produzione, sia delle transazioni nel comparto residenziale.

Gli investimenti in costruzioni sono quindi attesi continuare a risentire della crisi immobiliare, risultando in contrazione del -1,4  per cento nel 2011 (rispetto alla crescita nulla stimata nel DEF)  e del -1,1  per cento (rispetto ad una crescita del 1,2 per cento prevista ad aprile) nel 2012.

Un lieve recupero è previsto nel 2013 (+1,1 per cento) e nel 2014 (+1,3 per cento).

Gli investimenti in macchinari e attrezzature sono previsti crescere intorno al 3 per cento nel periodo considerato.

Nel complesso, gli investimenti fissi lordi si attesterebbero all’1,1 per cento nel 2012 (rispetto al 2,5 per cento previsto per il 2012 nel DEF), per poi risalire al 2,2 per cento nel 2013 e al 2, 4 per cento nel 2014

 

Secondo i più recenti dati diffusi dall’ISTAT, a luglio 2011 l'indice destagionalizzato della produzione nelle costruzioni è diminuito dell'1,2 per cento rispetto a giugno, mese nel quale la variazione congiunturale era stata pari a -1,1 per cento. Nella media del trimestre maggio-luglio, l'indice è sceso del 2,4 per cento rispetto al trimestre precedente. L'indice corretto per gli effetti di calendario a luglio 2011 è diminuito in termini tendenziali del 6,3 per cento. Nella media dei primi sette mesi dell'anno la produzione è diminuita del 2,0 per cento rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente.

Nel confronto tra i primi sette mesi del 2011 e lo stesso periodo del 2010 l'indice è diminuito del 2,6 per cento. (Fonte: Comunicato ISTAT 28 settembre 2011)

Per quanto concerne la produzione industriale, secondo i dati ISTAT a luglio 2011 l'indice destagionalizzato della produzione industriale è diminuito dello 0,7 per cento rispetto a giugno. Nella media del trimestre maggio-luglio l'indice è sceso dello 0,4 per cento rispetto al trimestre immediatamente precedente. Corretto per gli effetti di calendario, in luglio l'indice è diminuito in termini tendenziali dell'1,6 per cento. Nella media dei primi sette mesi dell'anno la produzione è cresciuta dell'1,4 per cento rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente.

Gli indici corretti per gli effetti di calendario registrano, a luglio 2011, una crescita tendenziale solo per il raggruppamento dei beni strumentali (+4,8 per cento). Diminuiscono invece i beni di consumo (-7,0 per cento), l'energia (-4,5 per cento) e i beni intermedi (-1,4 per cento).

Nel confronto tendenziale, i settori dell'industria caratterizzati dalla crescita più accentuata sono: fabbricazione di macchinari e attrezzature n.c.a. (+9,5 per cento), metallurgia e fabbricazione di prodotti in metallo esclusi macchine e impianti (+4,5 per cento) e altre industrie manifatturiere, riparazione e installazione di macchine ed apparecchiature (+3,6 per cento). (Fonte: comunicato ISTAT  12 settembre 2011.)

Per quanto concerne invece fatturato e ordinativi dell’industria, sempre secondo i dati ISTAT, a luglio 2011 il fatturato dell'industria è cresciuto, al netto della stagionalità, dell'1,6 per cento rispetto al mese precedente, con aumenti dello 0,3 per cento sul mercato interno e del 4,6 per cento su quello estero. Nella media degli ultimi tre mesi (maggio-luglio), l'indice è diminuito dello 0,6 per cento rispetto ai tre mesi precedenti (febbraio-aprile). Corretto per gli effetti di calendario (i giorni lavorativi sono stati 21, contro i 22 di luglio 2010) il fatturato cresce in termini tendenziali del 7,7 per cento, con un aumento maggiore sul mercato estero (+10,7 per cento) rispetto a quello interno (+6,4 per cento). Gli indici destagionalizzati del fatturato segnano aumenti congiunturali del 3,1 per cento per i beni strumentali, dello 2,2 per cento per i beni intermedi e dello 0,7 per cento per i beni di consumo (all'interno di questi ultimi, i durevoli aumentano dell'1,1 per cento e i non durevoli dello 0,6 per cento). Una diminuzione dell'1,4 per cento si osserva per l'energia.

Nel confronto tendenziale, il contributo più ampio alla crescita del fatturato viene dai beni intermedi, sia per la componente interna sia per quella estera.

I settori di attività economica per i quali si registrano, rispetto a luglio 2010, gli incrementi maggiori del fatturato totale sono quelli della fabbricazione di mezzi di trasporto (+26,4 per cento) e della fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (+14,5 per cento).

Per quel che riguarda gli ordinativi totali, si registra un aumento congiunturale dell'1,8 per cento, per effetto di un aumento del 2,2 per cento degli ordinativi interni e dell'1,3 per cento di quelli esteri. Nella media degli ultimi tre mesi gli ordinativi totali sono diminuiti dello 0,3 per cento rispetto al trimestre precedente. (Fonte: Comunicato ISTAT 20 settembre 2011).

 

Grafico 1.3                                  

Produzione industriale e tendenza degli ordini (Fonte: Banca d’Italia, elaborazione su dati Istat, agosto 2011)

 

 

Per quanto concerne le aspettative degli operatori, secondo i più recenti datidiffusi dall’ISTAT, nel mese di settembre 2011 l'indice destagionalizzato del clima di fiducia del settore manifatturiero registra un sensibile calo, scendendo a 94,5 da 98,6 del mese di agosto. I giudizi sugli ordini e le attese di produzione peggiorano marcatamente, mentre il saldo delle risposte sul livello delle scorte di magazzino segna una lieve diminuzione. L'indice scende in tutti e tre i principali raggruppamenti di industrie passando da 96,9 a 90,2 nei beni strumentali, da 99,3 a 95,5 nei beni di consumo e da 99,3 a 97,1 nei beni intermedi. Sulla base delle domande trimestrali sull'attività delle imprese esportatrici, nel terzo trimestre rimangono stabili i giudizi sul fatturato delle esportazioni, ma peggiorano le aspettative.

Nel mese di agosto 2011, l'indice destagionalizzato del clima di fiducia delle imprese di costruzione sale a 77 da 75,9 di luglio. I giudizi sugli ordini e/o sui piani di costruzione rimangono invariati e le attese sull'occupazione migliorano.

Per quanto concerne, infine, la fiducia delle imprese dei servizi e del commercio, nel mese di settembre 2011 l'indice destagionalizzato del clima di fiducia scende sia nelle imprese dei servizi, sia in quelle del commercio al dettaglio. In particolare, l'indice segna una diminuzione rilevante (da 93,9 a 82,5) per le prime e più contenuta (da 97,1 a 94,6) per le seconde. Nei servizi peggiorano nettamente le attese sull'andamento dell'economia italiana e, in misura meno marcata, i giudizi e le attese sugli ordini.

Peggiorano anche i giudizi sull'occupazione e sull'andamento degli affari e si deteriorano le attese sul mercato del lavoro; si riduce il saldo delle attese sulla dinamica dei prezzi di vendita. Nel commercio l'indicatore sale lievemente nella grande distribuzione (da 92,6 a 93,1), ma scende fortemente in quella tradizionale (da 104,1 a 97,8).

Commercio estero

Per ciò che concerne gli scambi con l’estero, sebbene le esportazioni risultinofrenate nel breve periodo dal rallentamento della domanda mondiale, la domanda estera netta è prevista sostenere, seppur lievemente, la crescita del PIL in tutto il periodo considerato, laddove invece nel DEF di aprile tale contributo era stimato nullo.

In particolare, le esportazioni sono previste crescere nell’anno in corso del 4,4 per cento (a fronte del 4,8 per cento previsto nel DEF).

Un rallentamento si registrerebbe nel 2012, anni in quale le esportazioni sono previste crescere del 3,7 per cento (valore inferiore di 0,6 punti di quello previsto nel DEF).

Nel biennio successivo la crescita delle esportazioni si attesterebbe ad un livello medio del 4,3 per cento.

Le importazioni oscillerebbero invece dal 3 per cento del 2011 al 4 per cento del 2014.

Il disavanzo di parte corrente della bilancia dei pagamenti registrerebbe, nel periodo di previsione, un miglioramento, passando dal -3,8 per cento rispetto al PIL nel 2011 al -3,1 per cento nel 2014.

Il contributo alla crescita del PIL delle esportazioni nette è previsto pari allo 0,3 per cento nel 2011 e allo 0,1 per cento in tutto il periodo successivo, mentre negativo nel 2011 e nullo per periodo successivo sarebbe quello delle scorte.

 

Per quanto concerne il commercio estero, secondo i dati ISTAT, a luglio 2011 si registrano incrementi congiunturali per entrambi i flussi: +1,6 per cento per le importazioni e +1 per cento per le esportazioni.

L'aumento dell'import deriva interamente dall'incremento degli acquisti sui mercati Ue (+3,4 per cento), mentre per le vendite la crescita è in gran parte imputabile alla positiva dinamica verso i mercati extra Ue (+2,2 per cento).

Nel corso degli ultimi tre mesi si conferma la crescita congiunturale delle esportazioni (+0,7 per cento), con una variazione più ampia sui mercati extra Ue (+2,1 per cento); negativa appare la variazione congiunturale delle importazioni, pari a -2,3 per cento. In termini tendenziali si registrano incrementi del 6,1 per cento per l'import e del 5,4 per cento per l'export. Sui mercati extra Ue si registra una crescita dei flussi quasi doppia (+8 per cento import e +7,5 per cento export) rispetto al mercato comunitario (+4,4 per cento import e +3,7 per cento export)

Nei primi sette mesi del 2011, rispetto al corrispondente periodo del 2010, la crescita si attesta al 16,4 per cento per gli acquisti e al 14 per cento per le vendite, con variazioni più consistenti per i mercati extra Ue: +22,2 per cento per l'import e +16,7 per cento per l'export.

La crescita tendenziale dei valori medi unitari rilevata a luglio è pari all'8,2 per cento per l'import e al 6 per cento per l'export. Risultano in calo i volumi importati (-1,9 per cento) ed esportati   (-0,6 per cento).

Nei primi sette mesi la crescita dei volumi esportati (+5,9 per cento) rimane superiore a quella dei volumi importati (+4,3 per cento).

A luglio l'avanzo commerciale è pari a 1,4 miliardi di euro (1,6 miliardi a luglio 2010).

Nei primi sette mesi dell'anno il deficit si attesta a 20,7 miliardi di euro, valore nettamente superiore a quello del 2010 (-13,8 miliardi). Nello stesso periodo, il saldo non energetico è positivo (+16,9 miliardi) ed in aumento sul 2010.

A luglio i raggruppamenti più dinamici sono i prodotti energetici all'import (+19,9 per cento) e i prodotti intermedi (+7,2 per cento all'export e +6,2 per cento all'import). Seguono i beni strumentali all'export (+6,3 per cento). In calo l'interscambio di beni di consumo durevoli (-11,7 per cento all'import -2,5 per cento all'export). La crescita dell'export a luglio è trainata dalle vendite di metalli di base e prodotti in metallo verso la Germania e la Svizzera, e di macchinari e apparecchi verso gli Stati Uniti e la Germania. L'aumento dell'import è determinato soprattutto dall'acquisto di petrolio e gas dalla Russia, di prodotti petroliferi raffinati da Stati Uniti e Russia e metalli dalla Turchia. (Fonte: Comunicato ISTAT 16 settembre 2011).

Mercato del lavoro

Per quanto concerne il mercato del lavoro, la Nota di aggiornamento fa emergere un quadro composito, rilevando come le ultime evidenze indichino un’evoluzione più debole dell’offerta di lavoro, mentre prosegue la tendenza alla riduzione dell’utilizzo delle ore di Cassa integrazione guadagni rispetto al 2010.

 

Nell’anno in corso si prevede un miglioramento, rispetto al DEF, delle stime di crescita dell’occupazione, ascrivibile – afferma il Governo - alla crescita occupazionale registrata nel secondo trimestre e alle revisioni al rialzo dell’ISTAT per i trimestri precedenti.

Nel 2011, gli occupati, misurati in unità standard di lavoro (ULA), sono previsti aumentare dello 0,7 per cento, in miglioramento di 0,2 punti percentuali rispetto alla stima di aprile.

In presenza di una lieve riduzione dell’offerta di lavoro, il tasso di disoccupazione si collocherebbe all’8,2 per cento nel 2011 (rispetto all’8,4 per cento stimato nel DEF), per poi decrescere di un punto percentuale nel biennio 2012-2013 e di un ulteriore punto nel 2014, anno in cui il tasso è previsto attestarsi all’8 per cento.

 

In proposito, si rammenta che, a causa delle specifiche caratteristiche della struttura occupazionale del Paese, la difficile situazione del mercato del lavoro non si riflette interamente sull’andamento del tasso di disoccupazione, la cui diminuzione, indicata nella Nota, deriva anche dall’uscita dal mercato del lavoro di soggetti in età lavorativa. Il numero degli inattivi è infatti cresciuto quasi ininterrottamente dall’inizio della crisi, raggiungendo a giugno 2011 i 15,1 milioni di unità, pari al 38,1 per cento della popolazione in età di lavoro[4].

 

Nel triennio 2012-2014, l’occupazione (ULA) mostra segnali modesti di crescita - pari allo 0,1 per cento nel 2012, allo 0,3 per cento nel 2013 e allo 0,4 per cento nel 2014 - attestandosi su valori inferiori rispetto a quelli previsti dal Governo nel DEF di aprile.

Il costo del lavoro per dipendente è atteso crescere dell’1,8 per cento nel 2011, rispetto allo 0,8 per cento stimato nel DEF, per aumentare poi in media di circa l’1,4 per cento nel triennio 2012-2014.

Per l’effetto congiunto di un limitato recupero della produttività e dell’attesa moderazione salariale, si prevede che il costo del lavoro per unità di prodotto cresca dello 0,7 per cento nel 2012, dell’1 per cento nel 2013 e dello 0,8 per cento 2014, mantenendosi su valori non distanti da quelli previsti ad aprile scorso.

 

Per quanto concerne l’andamento del costo del lavoro, secondo i dati ISTAT nel secondo trimestre 2011 l'indice destagionalizzato delle retribuzioni lorde per unità di lavoro equivalenti a tempo pieno (Ula), al netto della cassa integrazione guadagni (cig), registra, nel complesso dell'industria e dei servizi, un incremento dello 0,8 per cento rispetto al trimestre precedente. La variazione rispetto al secondo trimestre del 2010, misurata sull'indice grezzo, è pari a +2,8 per cento.

L'indice del costo del lavoro segna un aumento dello 0,9 per cento in termini congiunturali e del 2,9 per cento in termini tendenziali.

Nel confronto con lo stesso trimestre dell'anno precedente, l'incremento delle retribuzioni è del 3,9 per cento nel settore industriale e dell'1,9 per cento nei servizi.

La crescita tendenziale delle retribuzioni più marcata all'interno dell'industria si registra nel settore della fornitura di energia elettrica, gas, vapore e aria condizionata (+7,1 per cento), a causa, tra l'altro, dell'erogazione di consistenti incentivi all'esodo in alcune grandi aziende. Nei servizi, l'aumento maggiore si rileva nel settore delle attività finanziarie ed assicurative (+3,6 per cento), per effetto del pagamento di premi normalmente erogati nel primo trimestre dell'anno (Fonte: Comunicato ISTAT 13 settembre 2011).

 

La tabella che segue illustra l’andamento del tasso di disoccupazione dell’Italia posto a raffronto con i principali paesi europei e con gli Stati Uniti. Le previsioni per il periodo 2011-2014 sono quelle formulate dall’FMI nel WEO di settembre 2011.

 

Grafico 1.4

Andamento del tasso di disoccupazione                                                          (variazione percentuale)

Fonte:      Per i consuntivi 2003-2010, per i paesi della UE, dati della Commissione Europea, per USA, dati FMI. Per le previsioni 2011-2014, FMI, Word Economic Outlook (settembre 2011)

Inflazione

La Nota di aggiornamento, rispetto alle stime del DEF, registra una maggiore pressione inflativa nell’anno in corso.

L’inflazione al consumo per il 2011 è rivista al rialzo per effetto dei rincari delle materie prime: il deflatore dei consumi privati è ora stimato in aumento al 2,6 per cento nel 2011 (rispetto al 2,3 stimato nel DEF), con una decelerazione all’1,9 per cento nel 2012 e all’1,8 per cento nel biennio successivo. L’attenuazione delle pressioni esterne influirebbe – si osserva nella Nota - sul rallentamento della dinamica dei prezzi.

 

L’inflazione programmata viene quindi rivista al rialzo al 2 per cento per l’anno in corso, mentre per il restante periodo rimane fissata all’1,5 per cento.

 

Grafico 1.5

Prezzi al consumo e alla produzione (Fonte: Banca d’Italia, elaborazione su dati Istat, agosto 2011)

 

 

Per quanto concerne i prezzi al consumo, l’ISTAT evidenzia, sulla base dei aggiornati ad agosto 2011,  che l'inflazione acquisita per il 2011 è pari al 2,6 per cento.

L'inflazione di fondo, calcolata al netto di beni energetici e alimentari freschi, sale al 2,2 per cento con una accelerazione di un decimo di punto percentuale rispetto a luglio (+2,1 per cento).

Al netto dei soli beni energetici, il tasso di crescita tendenziale dell'indice dei prezzi al consumo si stabilizza al 2,1 per cento. La crescita tendenziale dei prezzi dei beni sale al 2,9 per cento dal 2,8 per cento del mese precedente, mentre quella dei prezzi dei servizi scende al 2,5 per cento (era +2,7 per cento a luglio). Ad agosto, il principale effetto di sostegno alla dinamica dell'indice generale deriva dall'aumento congiunturale dello 0,9 per cento dei prezzi dei Beni energetici non regolamentati, che determina un'ulteriore accelerazione del loro tasso tendenziale di crescita (15,5 per cento, dal 13,6 per cento di luglio). Un impatto significativo deriva anche dal rialzo congiunturale dei prezzi dei Servizi relativi ai trasporti (+2,5 per cento). Per contro, il principale effetto di contenimento, si deve alla diminuzione congiunturale dei prezzi dei Beni alimentari non lavorati (-0,6 per cento). I prezzi dei prodotti acquistati con maggiore frequenza aumentano dello 0,1 per cento su base mensile e del 3,6 per cento su base annua (era +3,4 per cento a luglio). L'indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA) aumenta dello 0,4 per cento su base mensile e del 2,3 per cento su base annua (la stima provvisoria era +2,2 per cento), con un'accelerazione di due decimi di punto percentuale rispetto a luglio 2011 (+2,1 per cento).

L'indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI), al netto dei tabacchi, aumenta dello 0,3 per cento su base mensile e del 2,8 per cento rispetto ad agosto 2010. (Fonte: Comunicato ISTAT 15 settembre 2011).

 

 

Per quanto riguarda l’analisi dell’indice armonizzato dei prezzi al consumo, si fornisce di seguito indicazione delle revisioni delle stime per il 2011 elaborate dalla Commissione europea.

 

Tabella 1.7

Inflazione (HICP) - Le previsioni della CommissioneUE                    (variazioni percentuali)

 

Spring forecast
maggio 2011

Interim forecast
settembre 2011

Italia

2,6

2,6

Francia

2,2

2,1

Germania

2,6

2,3

Spagna

3,0

2,9

Area euro

2,6

2,5

Regno Unito

4,1

4,4

 

 

La Commissione europea, nell’Interim Forecast di settembre, ha provveduto ad aggiornare le stime per il 2011 relative all’andamento dell’inflazione (misurata in termini di Harmonized index consumer prices- HICP), prevedendo che essa si riduca più rapidamente di quanto stimato in primavera, in ragione della leggera diminuzione dei prezzi delle materie prime.

Con prospettive di crescita economica più deboli, l’inflazione nell’area dell’euro dovrebbe diminuire gradualmente, raggiungendo il 2,5 per cento nell’anno in corso.

 

 

 

 


 

2. Il quadro programmatico

La Nota di Aggiornamento del Documento di Economia e Finanza 2011 aggiorna il quadro programmatico di finanza pubblica per il quadriennio 2011-2014 rispetto a quanto presentato nel Documento di Economia e Finanza (DEF) dello scorso aprile.

Nel DEF presentato al Parlamento lo scorso aprile, e in coerenza con l'Obiettivo di Medio Termine (OMT) dell'Italia, il governo si impegnava a raggiungere il pareggio di bilancio delle Pubbliche Amministrazioni nel 2014. Per la realizzazione di tale obiettivo veniva emanato in luglio il decreto-legge n. 98 del 2011. Tuttavia, a seguito delle pressioni sui mercati finanziari internazionali e sui rendimenti dei titoli di Stato italiani in particolare, il processo di consolidamento delle finanze pubbliche è stato ulteriormente rafforzato e accelerato, anticipando il pareggio di bilancio al 2013, attraverso l'adozione del decreto legge 138/2011.

Oltre alle misure correttive, rispetto al Documento di aprile, la Nota in esame sconta una revisione al ribasso delle stime di crescita per il triennio 2012-2014, alla luce della evoluzione della economia domestica e del rallentamento dell'economia mondiale, nonchè agli effetti sulla crescita delle manovre correttive approvate in agosto e settembre.

 

Il DEF di aprile e la relativa Nota di Aggiornamento ruotano intorno ad un set di variabili che dipendono dalle regole europee e si articolano nelle variabili rilevanti per la decisione di politica fiscale. La fissazione degli obiettivi di saldo strutturale, ossia corretti per il ciclo economico e per le misure una-tantum, riflettono l’impegno del paese al raggiungimento dell'Obiettivo di Medio Termine (OMT) concordato in sede europea; tale obiettivo si affianca alla riduzione programmatica del debito pubblico. Dati gli obiettivi strutturali e considerata la posizione dell'economia rispetto al ciclo, ne deriva l’obiettivo di indebitamento netto della PA (in termini nominali), cioè quel valore di saldo che consente di realizzare il percorso di consolidamento desiderato, che viene poi articolato per i sottosettori della PA. L'eventuale differenza tra obiettivo programmatico e saldo tendenziale definisce il sentiero di aggiustamento.

La tabella 2.1 mette a confronto gli obiettivi programmatici 2011-2014 per i principali saldi di finanza pubblica in rapporto al PIL (saldo strutturale, avanzo primario, indebitamento netto, debito) riportati nel DEF di aprile e nell'attuale Nota di Aggiornamento. La tabella evidenzia altresì le manovre cumulate (DL 98/2011 e 138/2011) in termini di PIL.

 

 

Tabella 2.1

Quadro programmatico DEF e Nota di Aggiornamento

Fonte: Nota di aggiornamento DEF 2011 e DEF 2011

2.1 Gli obiettivi di saldo strutturale

L'evoluzione del saldo strutturale conferma l'impegno assunto in sede europea di realizzare il pareggio di bilancio a partire dal 2013. Negli anni 2011-2012 il disavanzo strutturale programmatico si riduce gradualmente, passando dal -2,8 per cento nel 2011 allo -0,6 per cento nel 2012. Nel 2013 viene registrato un avanzo strutturale pari allo 0,6 per cento, che tende a stabilizzarsi intorno a questi livelli anche nell'esercizio successivo. Come si può notare dal grafico 2.1, che riporta l'andamento dei saldi strutturali del DEF e della Nota di Aggiornamento, gli obiettivi programmatici in termini di saldo strutturale migliorano decisamente nel corso del quadriennio e anche rispetto a quanto programmato ad aprile, implicando uno sforzo maggiore per il consolidamento delle finanze pubbliche.

Rispetto alle previsioni di aprile, si registra un limitato miglioramento dell'obiettivo strutturale nel 2011 (0,2 per cento), mentre nel biennio 2012-2013, anni in cui si concentrano le principali misure del decreto 138/2011, i saldi strutturali migliorano in media di 1,6 punti percentuali. Per il 2014, invece, si registra un miglioramento di 1 punto percentuale rispetto alle precedenti previsioni.

Il quadro programmatico risulta coerente con quanto previsto dalle regole europee, in termini sia di progressivo avvicinamento all'OMT, attraverso miglioramenti del saldo strutturale di almeno 0,5 punti percentuali, sia di rientro nei parametri fissati nel Patto di Stabilità e Crescita. Infine, come richiesto dalla Commissione Europea per la chiusura della procedura di disavanzo eccessivo aperta contro l'Italia nel 2009, il saldo strutturale scenderebbe in modo deciso sotto la soglia del 3 per cento sin dal 2012, attestandosi allo 0,6 per cento. 

L'output-gap, che misura il differenziale tra PIL effettivo e potenziale, rimane negativo durante il quadriennio 2011-2014, pur registrando un progressivo miglioramento dal -2,5 per cento nel 2011 al -0,8 per cento nel 2014. Rispetto al DEF di aprile, che prevedeva una evoluzione del PIL effettivo tale da chiudere il divario con il potenziale e realizzare un output-gap positivo nel 2014, la stance del documento in esame è decisamente più negativa, evidenziando un output gap in media dell'1 per cento più ampio, per via di una revisione al ribasso delle previsioni del PIL potenziale e di quello effettivo (tabella 2.1).

 

Si segnala che un'accentuata revisione al ribasso del PIL potenziale, e quindi dell'output-gap, potrebbe portare ad una riconsiderazione dell'obiettivo di medio termine (OMT), cioè di quell'obiettivo di saldo strutturale richiesto all'Italia per garantire la sostenibilità delle finanze pubbliche. Si ricorda che nella cornice di regole europee gli OMT variano da paese a paese e dipendono dalle condizioni macroeconomiche nazionali e delle finanze pubbliche. A fronte di una crescita potenziale più debole potrebbe venir richiesto uno sforzo maggiore, revisione che potrebbe implicare l'obbligo di raggiungere una posizione di bilancio in attivo, evidenziando un avanzo strutturale dei conti, tale da assicurare la sostenibilità del debito nel medio-lungo periodo.

 

Grafico 2.1

Saldi strutturali del DEF e della Nota di Aggiornamento

Segno meno: avanzo strutturale

 

2.2 Gli obiettivi in termini di indebitamento netto

Sulla base delle stime aggiornate di output gap e dei nuovi obiettivi strutturali, la Nota presenta obiettivi  di indebitamento netto pari a -3,9 per cento nel 2011, -1,6 per cento nel 2012, -0,1 per cento nel 2013 e di accreditamento netto di 0,2 per cento nel 2014.

Rispetto agli obiettivi di aprile, l'accelerazione del percorso verso il pareggio di bilancio strutturale combinato con il peggioramento dell'output-gap, implica effetti differenziati nel periodo di riferimento. Per il 2011, l'obiettivo di indebitamento netto rimane inalterato al -3,9 per cento (le misure correttive sono controbilanciate dagli effetti del ciclo), mentre negli anni successivi l'accelerazione del consolidamento strutturale implica obiettivi nominali più ambiziosi di quelli di aprile, ma con miglioramento inferiore a quello strutturale, proprio a causa della posizione negativa del paese rispetto al ciclo.

A fronte di un miglioramento (rispetto al precedente documento) degli obiettivi di saldo strutturale di 1,6 punti, 2,0 e 1,0 rispettivamente per il triennio 2012-2014, l'azione di correzione aggiuntiva richiesta sull'indebitamento netto è di 1,1 punti percentuali, 1,4 e 0,4 rispettivamente. Il grafico 2.2 riporta questa dinamica mettendo in evidenza la differenza tra le stime riportate nel DEF e nella Nota di Aggiornamento per il saldo strutturale, l'indebitamento netto e l'output-gap. In particolare, a fronte di un peggioramento delle stime dell'output-gap, la variazione del saldo strutturale risulta essere superiore rispetto a quella dell'indebitamento netto.

 

La legge di contabilità e finanza pubblica prevede che la Nota di aggiornamento del documento di economia e finanza indichi "... l'eventuale aggiornamento degli obiettivi programmatici ...anche al fine di stabilire una diversa articolazione di tali obiettivi tra i sottosettori". La Nota in esame non reca una nuova articolazione degli obiettivi di indebitamento netto per sottosettore, anche se la drastica accelerazione del percorso di consolidamento potrebbe influire sulla ripartizione proposta in aprile. Sarebbe opportuno acquisire indicazioni dal Governo al riguardo.

 

Grafico 2.2

Differenza tra le stime di saldo strutturale, indebitamento netto e output-gap tra il DEF e la Nota di Aggiornamento

Nota: Il segno positivo dell'output-gap indica una revisione al ribasso rispetto alle stime di aprile

 

 

Gli obiettivi di indebitamento netto per il quadriennio 2011-2014 vengono realizzati con le disposizioni contenute nelle manovre estive. Il conto economico a legislazione vigente della PA  incorpora gli effetti dei decreti-legge 98 e 138 del 2011 e conferma l'evoluzione del saldo in linea con gli impegni di consolidamento presi in sede europea (cfr. Tabella 2.3).

Nel quadriennio 2011-2014 il saldo primario passa da un avanzo dello 0,9 per cento nel 2011 al 5,7 per cento nel 2014. Rispetto alle previsioni di aprile, il miglioramento più marcato si registra nel biennio 2012-2013, anni nei quali si concentrano le principali misure del decreto 138/2011. In particolare, rispetto al DEF, il saldo primario migliora dell'1,3 nel 2012 e dell'1,5 per cento nel 2013.

La spesa per interressi, al contrario, tende ad attestarsi in media intorno al 5,4 per cento nel triennio 2012-2014, registrando un lieve aumento rispetto al 4,8 per cento registrato nel 2011. In valori assoluti, la spesa per interessi è rimasta quasi inalterata rispetto alle previsioni di aprile (cfr. paragrafo 4). 

 

 

Il Fondo Monetario Internazionale (FMI) nell'ultimo World Economic Outlook stima che l'indebitamento netto si attesterà intorno al -4 per cento nel 2011 e al -2,4 per cento nel 2012, mentre si registrerà un disavanzo strutturale del -2,6 e -1,1 per cento nei due anni. La ragione dello scostamento è da attribuirsi principalmente alle inferiori stime di crescita dell'economia da parte del FMI.

Sempre secondo le stime del FMI, nel 2016 l'Italia registrerà un indebitamento netto pari a -1,1 per cento.

2.3 L’evoluzione del debito

Il conseguimento di un saldo strutturale coerente con l'OMT, ed i connessi obiettivi di indebitamento netto, sono diretti a garantire il progressivo contenimento del debito pubblico nell'intero arco di programmazione. Secondo le stime della Nota di Aggiornamento, il debito pubblico passerà dal 120,6 per cento nel 2011 al 112,6 per cento nel 2014, mostrando un andamento decrescente nell'intero quadriennio.

Nonostante l’anticipazione del consolidamento della finanza pubblica e del pareggio di bilancio, il rapporto debito/PIL si attesta sugli stessi livelli previsti dal DEF di aprile, in quanto il miglioramento del saldo primario (che implica un numeratore inferiore) viene eroso dal peggioramento del quadro macroeconomico (che incide sul denominatore del rapporto).

Per comprendere quali fattori, di cui solo una parte direttamente controllabili dall'esecutivo, contribuiscano all'andamento futuro del debito è utile scomporre il suo tasso di crescita in tre componenti: il saldo primario, lo snow-ball effect e lo stock flow adjustment. In particolare, il saldo primario riflette le scelte di finanza pubblica, lo snow-ball effect rappresenta l'effetto combinato di vari fattori come il volume di debito accumulato, i tassi d'interesse e la crescita del PIL nominale, e lo stock-flow adjustment misura l’effetto di operazioni finanziarie, come le privatizzazioni, che hanno un impatto una tantum sull'andamento del debito pubblico.

 

Tabella 2.2

Scomposizione del tasso di crescita del debito

Fonte: Elaborazioni su Nota di aggiornamento DEF 2011 e DEF 2011

 

Come mostra la tabella 2.2, la riduzione del debito nel triennio 2012-2014 è da attribuirsi principalmente agli elevati e crescenti avanzi primari frutto delle due manovre estive. Rispetto al DEF di aprile, lo snow-ball effect per il triennio 2012-2014 si attesta in media intorno al 2,2 per cento contro l'1,5 per cento  delle stime precedenti. Tale differenza è principalmente dovuta alla revisione al ribasso delle stime di crescita, mentre il servizio del debito si attesta intorno al 4,5 per cento per gli anni 2012-2013 e al 5 per cento per il 2014. Infine, lo stock-flow adjustment non appare avere effetti rilevanti per nessuno degli esercizi di programmazione presi in considerazione.    

 

Si segnala che la Nota di aggiornamento indica che il Governo, a completamento della manovra di bilancio 2012-2014, intende collegare i provvedimenti in materia di a) infrastrutture; b) liberalizzazioni e privatizzazioni; c) interventi in favore del Sud.


Tabella 2.3

Conto della P.A. a legislazione vigente (milioni di euro)

 

Fonte: Nota di aggiornamento DEF 2011


Tabella 2.4

Conto della P.A. a legislazione vigente (in % del Pil)

 

Fonte: Nota di aggiornamento DEF 2011


Tabella 2.5

Conto della P.A. a legislazione vigente (variazioni percentuali)

 

Fonte: Nota di aggiornamento DEF 2011


 

Approfondimento

1. Avanzo primario strutturale e ciclo economico: l’analisi della fiscal stance

 

Un indicatore sintetico della direzione della politica fiscale, ossia degli interventi discrezionali di policy, è l’avanzo primario (espresso in termini di incidenza sul PIL) corretto per il ciclo e al netto delle una tantum.

Secondo i dati contenuti nella Nota, il saldo presenta valori positivi in tutto il periodo di riferimento, con incrementi annui superiori allo 0,5 per cento del PIL: a fronte di un aumento pari allo 0,8 per cento tra il 2010 e il 2011, è stimata una variazione del 2,7 per cento nel 2012 e dell’1,4 per cento nel 2013, confermandosi così il processo di consolidamento già indicato nei precedenti documenti programmatici. Nel 2014 si registra, rispetto all’anno precedente, una lieve variazione negativa (-0,1 per cento) del saldo, che si attesta sul 6 per cento del PIL.

 

Il confronto tra l’andamento dell’avanzo primario strutturale e l’output gap, che evidenzia la distanza tra il PIL effettivo ed il potenziale di crescita dell’economia[5], consente un’analisi della fiscal stance che misura l’indirizzo espansivo o restrittivo della politica fiscale a fronte dell’andamento macroeconomico. L’analisi permette, infatti, di catturare la componente strutturale delle decisioni di politica fiscale attraverso la depurazione del saldo da variabili non direttamente controllate dal Governo, come la componente ciclica e la spesa per interessi.

L'interpretazione di questo tipo di analisi, condotta anche dalla Commissione europea, richiede un certo grado di cautela, in quanto essa ha come presupposto la determinazione del PIL potenziale e dell'output gap che è soggetta a frequenti revisioni[6]. Queste ultime implicano spesso un aggiornamento dell'intera serie dei saldi strutturali, compresi quelli relativi ad esercizi passati, modificando ex post il quadro informativo disponibile ed evidenziando contesti che, al momento della decisione, non apparivano caratterizzati nello stesso modo.

 

Le variabili utilizzate nell’analisi grafica sono riportate nella seguente Tabella.

 

Tabella 1

Output gap e avanzo primario corretto per il ciclo al netto delle una tantum                         (% PIL)

 

2010

2011

2012

2013

2104

Output gap

-3,0

-2,5

-2,1

-1,5

-0,8

variazioni output gap

1,1

0,5

0,4

0,6

0,7

 

 

 

 

 

 

Avanzo primario corretto per il ciclo e al netto una tantum

1,2

2

4,7

6,1

6

Variazione avanzo primario corretto per il ciclo e al netto una tantum

0,5

0,8

2,7

1,4

-0,1

 

Fonte: Nota di aggiornamento DEF 2011

 

Il Grafico 1 confronta la variazione dell’avanzo primario strutturale con l’output gap nel periodo 2010-2014. Esso si compone di quattro quadranti. Quello in alto a sinistra contiene i punti che rappresentano situazioni di restrizione fiscale e di ciclo economico negativo. In basso a sinistra, si posizionano le combinazioni di manovre espansive e ciclo economico negativo. I due quadranti a destra, corrispondenti a situazioni economiche favorevoli, illustrano, quello in alto, una politica fiscale restrittiva, quello in basso, una politica fiscale espansiva.

 

Sulla base del Patto di Stabilità e Crescita gli Stati membri dovrebbero mantenere il bilancio pubblico in sostanziale pareggio over the cycle, lasciando operare liberamente gli stabilizzatori automatici per contenere le fluttuazioni cicliche. Ciò implica, in termini del Grafico 1, che i Paesi dovrebbero trovarsi sull’asse orizzontale (stance neutrale). Qualora i Paesi non abbiano raggiunto il sostanziale pareggio di bilancio dovrebbero, invece, trovarsi in punti situati nei due quadranti superiori (politiche fiscali restrittive). Nel percorso di avvicinamento all’obiettivo di medio termine sono, tuttavia, previsti margini di flessibilità in caso di condizioni economiche particolarmente negative come, ad esempio, quelle che si sono verificate con la crisi finanziaria del 2009.

 

Grafico 1

Fiscal stance e output gap, Nota aggiornamento DEF 2011

 

 

Il Grafico 1 evidenzia come, in tutto il periodo di riferimento, la politica fiscale abbia una caratteristica restrittiva: in presenza di un output gap negativo, l’avanzo primario tende ad aumentare, sia pure con ritmi annui diversi, per poi stabilizzarsi nel 2014: in tale esercizio, infatti, la variazione del saldo diventa lievemente negativa (-0,1 per cento), evidenziando una stance neutrale in presenza di un sostanziale pareggio di bilancio[7].

 

Un secondo metodo per valutare la fiscal stance mette in relazione le variazioni dell'output gap, con le variazioni dell'avanzo primario strutturale. Un simile approccio viene considerato più accurato rispetto al precedente, perché permette di porre maggiore enfasi sulla dinamica del ciclo economico e di cogliere più accuratamente i cambiamenti della politica fiscale.

 

Grafico 2

Fiscal stance e variazione dell’output gap, Nota aggiornamento DEF 2011

 

 

Nel Grafico 2 si nota come, nel periodo in esame, la restrizione fiscale si collochi in una fase di “miglioramento” del ciclo: l’output gap, per quanto ancora negativo, si riduce (in valore assoluto) rispetto all’anno precedente.

 

Tali dati vanno letti alla luce delle prospettive di crescita dell’economia italiana, e dell’influenza che su di esse esercitano il percorso di rientro dal debito e le relative scelte di policy.

Come si è detto, le previsioni del PIL sono state riviste in riduzione rispetto ai precedenti documenti programmatici. Su tale evoluzione pesano sia l’andamento della domanda globale, ed in particolare quella dei principali partner commerciali, che i fondamentali dell’economia italiana. Secondo la Nota di aggiornamento, il PIL potenziale è previsto crescere nei prossimi anni di pochi decimi di punto. Rispetto a tale evoluzione, aumenti pur contenuti del PIL effettivo (che sconta gli effetti della manovra restrittiva recentemente approvata) consentono comunque una tendenziale chiusura dell’output gap, collocando il Paese più vicino al suo potenziale e quindi in una posizione ciclica relativamente favorevole.

In prospettiva, il risanamento delle finanze pubbliche e il conseguente alleggerimento del peso del debito, liberando risorse, potranno favorire la crescita. Come si è visto, infatti, a fronte di un avanzo primario pari, a fine periodo, a 6 punti di PIL, ben 5,5 sono destinati a ripagare interessi sul debito pubblico.

 

 


Tabella 2

Indicatori strutturali - Confronto documenti programmatici

Fonte: documenti MEF, vari anni

Approfondimento

2. Le misure una tantum

 

La Nota presenta l’aggiornamento del quadro delle misure una tantum che hanno inciso sull’indebitamento netto nel periodo 2009-2010 e le corrispondenti previsioni per il periodo 2011-2014.

Rispetto all’analisi contenuta nel DEF[8], l’incidenza complessiva sul PIL di tali misure risulta confermata per gli esercizi di consuntivo e modificata per gli esercizi di previsione: viene in particolare operata una significativa revisione al rialzo delle stime di gettito 2011 relative alle imposte sostitutive (in particolare quella relativa al riallineamento dei valori di bilancio ai principi IAS), con un conseguente rialzo di un decimo di punto dell’incidenza complessiva sul PIL delle misure una tantum per tale esercizio.

Revisioni più contenute nelle previsioni di gettito delle imposte sostitutive sono operate anche per gli esercizi successivi. Nonostante il loro limitato importo, in valore assoluto, esse risultano sufficienti, per effetto degli arrotondamenti, a determinare una variazione dell’incidenza sul PIL delle una tantum anche per gli esercizi 2012 (-0,1 per cento: dallo 0,1 per cento allo 0,0 per cento) e 2014 (+0,1 per cento: dallo 0,0 per cento allo 0,1).

Per gli esercizi di previsione rileva inoltre la revisione al ribasso del valore nominale del PIL.

La tavola ricognitiva delle misure una tantum contenuta nella Nota non risulta corredata di una specifica analisi di commento. Apparentemente, le revisioni operate discendono sia dall’effetto dei provvedimenti legislativi sopravvenuti rispetto al momento di pubblicazione del DEF, recanti disposizioni con effetto una tantum – in particolare il DL 98/2011 -, sia da informazioni più aggiornate sugli andamenti effettivi delle singole voci considerate.

 

La Nota presenta inoltre una disaggregazione per livelli di governo (amministrazioni centrali, locali e previdenziali) delle dismissioni immobiliari.

Con riferimento a tale disaggregazione si rileva che i documenti di finanza pubblica che si sono succeduti nel recente passato hanno indicato, alternativamente, talvolta la disaggregazione per livelli di governo dell’ammontare complessivo delle una tantum (cfr. il DEF presentato nel 2011), talaltra la disaggregazione delle sole dismissioni immobiliari (cfr. la RUEF presentata nel 2010). In questo caso la disaggregazione è riferita unicamente al dato delle dismissioni immobiliari, mentre non viene invece fornito l’aggiornamento del dato, indicato nel DEF, relativo alla disaggregazione per livelli di governo dell’ammontare complessivo delle misure una tantum considerate. Dal momento che, oltre alle dismissioni immobiliari, esistono altre voci suscettibili di incidere su livelli di governo diversi da quello delle amministrazioni centrali[9], risulterebbe opportuno che di volta in volta venisse fornito sia il dato relativo alla disaggregazione per livelli di governo dell’ammontare complessivo delle misure una tantum, sia il dettaglio del riparto delle dismissioni immobiliari e delle altre singole voci eventualmente suscettibili di incidere sulle amministrazioni locali e previdenziali.

 

Le misure una tantum

La Nota metodologica sui criteri di formulazione delle previsioni tendenziali, allegata al DEF dell’aprile 2011, richiama la metodologia stabilita in sede europea per l’individuazione delle misure una tantum.

La normativa comunitaria non individua precisi criteri di definizione in base ai quali catalogare con certezza le diverse misure di spesa o di entrata. Il Codice di condotta[10], si limita a definire come una tantum e temporanee quelle misure che hanno un impatto transitorio sui saldi di bilancio e che non apportano variazioni significative all’evoluzione di lungo periodo della finanza pubblica.

A fini esemplificativi il Codice di condotta include tra le una tantum la vendita di beni patrimoniali non finanziari, gli incassi derivanti da aste di vendita di licenze di proprietà pubblica, i condoni fiscali, gli incassi derivanti dal trasferimento di obblighi pensionistici e le spese di emergenza di breve periodo connesse a disastri naturali.

Un’analisi di maggior dettaglio è fornita da altre pubblicazioni della Commissione europea[11] che, oltre a sottolineare l’esigenza che le misure in questione abbiano carattere non ricorrente, integrano la lista aperta del Codice di condotta con altre voci, aventi parimenti carattere meramente indicativo.

Tali voci includono, tra l’altro, le modifiche legislative di carattere temporaneo aventi effetti sulla tempistica degli incassi e dei pagamenti con effetti positivi sul bilancio, le modifiche di aliquote fiscali chiaramente annunciate come temporanee, gli effetti conseguenti a sentenze della Corte di giustizia europea, o a decisioni di altre istituzioni, sia nel caso che queste comportino incassi (come i rimborsi al governo di sussidi, a seguito di decisioni della Commissione), sia nel caso che ne derivino pagamenti (come i rimborsi di imposte dichiarate illegittime); le operazioni di cartolarizzazione con effetti positivi sul bilancio, le spese di breve periodo a carattere emergenziale connesse con grandi eventi eccezionali (come le azioni militari). Viene in particolare sottolineata la necessità di una particolare cautela nell’includere tra le misure una tantum quelle aventi effetti peggiorativi sul deficit, al fine di evitare qualsiasi incentivo per gli Stati membri ad adottare, nell’ambito della legislazione di spesa, misure di carattere temporaneo escluse nel calcolo dei saldi strutturali.

 

Tabella 1

Misure una tantum                                                                                                                (milioni di euro)

 

Consuntivo

Previsioni

 

2009

2010

2011

2012

2013

2014

 

 

 

 

 

 

 

Totale One-Offs

10.017

3.451

3.189

731

775

970

 In % del Pil

0,7

0,2

0,2

0,0

0,0

0,1

 

 

 

 

 

 

 

- a ) Entrate

12.856

4.097

1.819

281

135

120

 In % del Pil

0,8

0,3

0,1

0,0

0,0

0,0

 

 

 

 

 

 

 

Imposte sostitutive varie

705

1.270

38

261

125

120

Rientro dei capitali

5.013

656

5

0

0

0

Condono edilizio

65

59

30

20

10

0

Contributo U.E. per sisma Abruzzo

494

0

0

0

0

0

Riallineamento valori di bilancio ai principi IAS

6.579

2.112

1.746

0

0

0

 

 

 

 

 

 

 

- b) Spese

-4.058

-1.712

170

-900

-360

-50

 In % del Pil

-0,3

-0,1

0,0

-0,1

0,0

0,0

 

 

 

 

 

 

 

- IVA auto aziendali

-243

-77

-40

0

0

0

- Bonus incapienti DL 185/'08

-1.522

0

0

0

0

0

- Abruzzo: finanziamenti agevolati credito d’imposta

0

-2

-50

-50

-50

-50

- Interventi per il terremoto dell'Abruzzo

-951

-1.457

-1.700

-750

-250

0

- Dividendi in uscita

-405

-176

-200

-100

-60

0

- Riacquisto immobili e danno SCIP2

-938

0

0

0

0

0

- Asta frequenze

0

0

2.400

0

0

0

 - Compensazioni emittenti

0

0

-240

0

0

0

 

 

 

 

 

 

 

- c ) Dismissioni immobiliari

1.219

1.066

1.200

1.350

1.000

900

 In % del Pil

0,1

0,1

0,1

0,1

0,1

0,1

 

 

 

 

 

 

 

Ripartizione per Sottosettori lett. c)

 

 

 

 

 

 

 - Amministrazioni Centrali

140

101

80

200

200

200

 - Amministrazione Locali

964

905

670

550

550

450

 - Enti di previdenza

115

60

450

600

250

250

 

 

 

 

 

 

 

Pil (x 1.000)

1.520

1.549

1.582

1.622

1.665

1.714

Fonte: Nota di aggiornamento DEF 2011

 

 

Rinviando ai dossier relativi ai precedenti documenti di finanza pubblica[12] per un’analisi di dettaglio delle misure considerate nella tavola delle una tantum, si esaminano in questa sede unicamente le voci di consuntivo o di previsione che presentano scostamenti rispetto alle quantificazioni precedentemente operate dal DEF.

 

Sul lato dell’entrata, risultano confermati, per tutte le voci, i risultati di consuntivo, mentre, con riferimento alle previsioni, variazioni significative riguardano le imposte sostitutive[13] e in particolare quella relativa al riallineamento dei valori di bilancio ai principi IAS. Quest’ultima imposta, precedentemente inclusa nel novero delle imposte sostitutive, viene ora separatamente indicata e registra un significativo incremento con riferimento all’esercizio 2011: mentre il DEF prevedeva, per il complesso delle imposte sostitutive, incluso il riallineamento IAS, un gettito di 358 mln per il 2011, la Nota di aggiornamento indica un gettito complessivo di 1.784 mln[14], di cui 1.746 ascrivibili al solo riallineamento IAS.

Il Documento non fornisce informazioni in merito alle determinanti di tale revisione delle previsioni. Alla luce delle modifiche normative intercorse successivamente all’approvazione del DEF, l’incremento di gettito atteso sembra poter essere in parte ascritto all’effetto dell’art. 20, commi da 12 a 15, del DL n. 98/2011, che ha ampliato l’operatività delle norme[15] che, mediante pagamento di un’imposta sostitutiva con aliquota al 16 per cento, consentono il riallineamento delle divergenze che emergono a seguito di operazioni aziendali straordinarie (fusioni, scissioni e conferimenti d’azienda) relativamente agli avviamenti, ai marchi d'impresa e alle altre attività immateriali. Il relativo gettito, quantificato in 560 mln di euro per il 2011 dalla relazione tecnica riferita alla norma citata, spiega peraltro solo in parte l’incremento al rialzo della previsione precedentemente formulata dal DEF. Andrebbero pertanto chiariti gli ulteriori fattori alla base della revisione della previsione, sia con riferimento al gettito 2011, relativo al riallineamento IAS, sia con riferimento al gettito delle altre imposte sostitutive per il quale la Nota  presenta un diverso profilo temporale, nell’arco di previsione 2011-2014, rispetto alle stime formulate dal DEF.

Si ricorda in proposito che il DEF, nel prendere atto dei dati effettivi di gettito 2010 delle imposte sostitutive, risultati più elevati rispetto alle previsioni precedenti[16], rivedeva al ribasso le corrispondenti previsioni di incasso per il periodo 2011-2013[17]. Al riguardo si segnalò che tale revisione al ribasso, seppure ispirata a criteri di prudenzialità, appariva in contrasto con l’andamento riscontrato a consuntivo, il quale, se riferibile principalmente ai principi IAS e dati i relativi meccanismi di versamento, suscettibili di incidere anche sul 2011[18], sembrava poter produrre effetti di trascinamento anche per tale esercizio.

Analogamente a quanto segnalato in passato, si ricorda inoltre che, in corrispondenza della revisione al rialzo delle previsioni di gettito delle imposte sostitutive, rilevanti ai fini delle una tantum, andrebbe rettificato al ribasso il gettito ordinario delle imposte dirette, al fine di tenere conto del minor gettito IRES e IRAP, per maggiori ammortamenti e minori plusvalenze tassabili, conseguente ai maggiori valori oggetto di riallineamento rispetto a quanto precedentemente previsto.

 

Sul lato della spesa risultano confermati sia i dati di consuntivo, riferiti agli esercizi 2009 e 2010, che quelli di previsione, riferiti al periodo 2011-2014. L’unica variazione è rappresentata dalla disaggregazione operata con riferimento agli interventi per il terremoto dell’Abruzzo, per i quali risulta separatamente evidenziato l’importo destinato ai finanziamenti agevolati mediante il riconoscimento di un credito d’imposta.

Con riferimento agli incassi per dismissioni immobiliari¸ risulta confermato il dato complessivo, sia con riferimento agli esercizi di consuntivo che a quelli di previsione. In merito alla disaggregazione per livelli di governo, limitati elementi informativi possono essere tratti dal confronto con il DEF, che, come sopra ricordato, non riporta la disaggregazione delle dismissioni immobiliari, riportando invece la disaggregazione dell’ammontare complessivo delle misure una tantum.

Da tale confronto emerge che risultano invariate, sia con riferimento agli esercizi di consuntivo che a quelli di previsione, le dismissioni attribuite agli enti previdenziali[19]. Risulta altresì invariato, con riferimento agli esercizi di previsione, il riparto delle dismissioni tra amministrazioni centrali e locali[20], mentre non è chiaro se si registrino variazioni con riferimento agli esercizi di consuntivo. Per tali esercizi, infatti, il documento in esame riporta diversi valori rispetto al DEF, sia per le amministrazioni locali che per quelle centrali, e non è chiaro se ciò discenda da un diverso riparto delle dismissioni immobiliari o, eventualmente, dall’imputazione da parte del DEF, di altre misure una tantum, diverse dalle dismissioni, a livello delle amministrazioni locali.

Con riferimento alle ulteriori osservazioni inerenti le misure una tantum, non attinenti gli aggiornamenti operati nella Nota, si rinvia ai citati dossier di analisi dei precedenti documenti di finanza pubblica.
3. Il bilancio programmatico dello Stato

In coerenza con la legge di contabilità, la Nota di aggiornamento riporta, in valore assoluto, gli obiettivi di saldo netto da finanziare e il bilancio programmatico dello Stato. La Tabella 3.1 mostra, per il quadriennio 2011-2014, gli andamenti di entrate, spese e dei saldi del bilancio dello Stato, coerenti con gli obiettivi fissati in termini di indebitamento netto per la PA. Le voci di spesa e di entrata sono esposti al netto delle regolazioni contabili e del rimborso del debito. 

 

Il saldo netto da finanziare e l'avanzo primario mostrano una evoluzione positiva su tutto il periodo di previsione. Il saldo netto da finanziare (differenza tra entrate e uscite finali) si evolve da una situazione di disavanzo nel 2011 e 2012 (in termini nominali pari rispettivamente a -32 miliardi e -2 miliardi), per poi registrare un avanzo nel biennio successivo (17 miliardi nel 2013 e 38 miliardi nel 2014). Tale miglioramento è riconducibile alla dinamica dell'avanzo primario, che registra un valore significativamente positivo (da 45 miliardi nel 2011 a 134 miliardi nel 2014), raddoppiando il proprio peso in termini di PIL (8 per cento nel 2014). Anche il risparmio pubblico (pari alla differenza tra entrate e uscite correnti) risulta positivo e presenta un profilo di crescita molto accentuato (10 miliardi nel 2011, 34 miliardi nel 2012, 62 miliardi nel 2013 e 76 miliardi nel 2014).

 

Le entrate finali mostrano un andamento crescente per il quadriennio considerato, con un tasso di variazione medio pari al 2 per cento. In particolare, le entrate tributarie presentano  un tasso di variazione medio pari a 3 per cento, significativo soprattutto nel 2012 (6,8 per cento), anno in cui incidono maggiormente le misure di entrata disposte con le manovre estive (IVA, bollo sui depositi e cd. Robin Tax). In rapporto al PIL, il valore percentuale delle entrate tributarie cresce dal 27 per cento nel 2011 al 28 per cento nel 2012, restando su questo livello anche nel 2013 per poi diminuire leggermente al 27,8 per cento nel 2014.

 

Come già nel conto economico delle PA a legislazione vigente, il rapporto entrate tributarie su PIL non tiene conto delle somme derivanti dalla revisione delle agevolazioni fiscali e assistenziali, che - non essendo imputabili fino all'attuazione della relativa delega - sono indicati su una linea a parte. Poiché parte di tali risorse potrebbero derivare dalla revisione di agevolazioni relative a entrate a non erariali, è verosimile che non tutte le risorse attese dalla disposizione siano imputabili al bilancio dello Stato.


Tabella 3.1

Il bilancio programmatico dello Stato                                                                                            (miliardi di euro)

Fonte: Nota di aggiornamento DEF 2011

 


Le spese finali presentano un andamento stazionario nel quadriennio 2011-2014, passando da 488 miliardi nel 2011 a 502 miliardi nel 2014, con una variazione media nel quadriennio pari allo 0,02 per cento. La spesa corrente primaria presenta un tasso di variazione medio negativo (circa -1 per cento), determinato dall'andamento crescente nel biennio 2012-2013 e da una contrazione negli anni successivi, che nel 2014 porta la spesa al livello del 2011 (pari a circa 350 miliardi). La spesa per interessi è invece prevista in costante crescita su tutto il quadriennio 2011-2014, passando dai 78 miliardi (circa il 5 per cento del PIL) previsti per il 2011 ai 96 miliardi nel 2014 (5,6 per cento del PIL), con una variazione media di circa 8 punti percentuali. Fortemente negativo è l'andamento della spesa in conto capitale che si sostanzia in un tasso di variazione medio nel periodo pari a circa il -5 per cento.       

 

Le informazioni disponibili non consentono di identificare il rapporto che intercorre tra il conto economico a legislazione vigente della PA e il bilancio programmatico dello Stato. Sarebbe utile che il governo esplicitasse le ipotesi adottate ai fini dei raccordi (tra sottosettori, comparti e criteri contabili) necessari per evidenziare la coerenza dei due aggregati di riferimento.

 

 

 


4. Il conto economico delle amministrazioni pubbliche a legislazione vigente

4.1 La spesa al netto degli interessi

 

Al miglioramento dei saldi nel periodo in esame contribuisce una dinamica contenuta della spesa al netto degli interessi: a fronte di una riduzione in valore assoluto tra il 2011 e il 2012 (-0,34 per cento), essa cresce nel biennio successivo a ritmi inferiori al PIL nominale (+0,7 per cento nel 2013 e +2,2 per cento nel 2014). Si riduce pertanto l’incidenza della spesa sul prodotto, che passa dal 45,7 per cento nel 2011 al 43,3 a fine periodo.

Della complessiva riduzione (2,4 punti percentuali), l’1,8 per cento è spiegato dalla evoluzione della spesa corrente e lo 0,6 per cento da quella in conto capitale.

Rispetto alle precedenti stime contenute nel Documento di economia e finanza, la Nota evidenzia una riduzione dell’aggregato pari a complessivamente a 2,7 miliardi nell’esercizio in corso che salgono a 8,4 miliardi nel 2012, a 19,8 miliardi nel 2013 e a 21,7 miliardi nel 2014, superiore pertanto a quella ascrivibile alla manovra estiva[21].

 

La Nota, nel ricostruire puntualmente gli effetti della manovra estiva in termini di indebitamento netto, ripartendoli tra maggiori e minori entrate/spese, non contiene elementi esplicativi circa l’attribuzione delle misure alle differenti voci del conto delle pubbliche amministrazioni, o le ipotesi alla base delle nuove previsioni. Pertanto non è possibile distinguere per ciascuna voce di spesa quanta parte della variazione delle stime, rispetto al DEF, dipenda dalla manovra e quanto invece da una revisione dei tendenziali, anche alla luce del monitoraggio e del nuovo quadro macroeconomico.

Appare pertanto necessario che il Governo fornisca gli elementi alla base delle nuove previsioni, evidenziandone le rispettive cause.

 

 

Nell’ambito della spesa primaria, la componente di parte corrente registra nel periodo in esame un tasso di variazione contenuto (1,3 per cento nella media del triennio 2012-2014), inferiore a quello del PIL nominale.

La spesa pertanto riduce la sua incidenza sul prodotto (-1,8 per cento[22]), passando dal 42,7 per cento del 2011 al 41,9 per cento nel 2012 per poi scendere al 40,9 per cento del 2014. Contribuiscono a tale evoluzione i redditi da lavoro dipendente (-0,8 per cento di incidenza sul PIL), i consumi intermedi (-0,6 per cento) e le altre spese correnti (-0,4 per cento), mentre crescono lievemente pensioni e prestazioni in denaro (+0,1 per cento).

 

A tale evoluzione corrisponde una riduzione in valore assoluto, rispetto alle precedenti previsioni contenute nel Documento di economia e finanza presentato ad aprile (pari complessivamente a 16 miliardi nel 2014), di tutte le componenti di spesa. L’aggiornamento delle stime ingloba la nuova legislazione vigente (e quindi gli effetti dei decreti-legge n. 98/2011 e 138/2011), l’evoluzione prevista del quadro macroeconomico e le risultanze dell’attività di monitoraggio.

 

In particolare, per quanto riguarda i redditi da lavoro dipendente, dopo una contrazione in valore assoluto tra il 2011 e il 2012 (-0,25 per cento), essi evidenziano una sostanziale stabilità (rispettivamente +0,05 e + 0,04 per cento) nel biennio successivo.

L’aggregato riduce pertanto l’incidenza sul prodotto, passando dal 10,8 per cento nel 2011 al 10,5 per cento nel 2012 e al 10 per cento nel 2014: il lieve peggioramento rispetto alle precedenti previsioni contenute nel Documento di economia e finanza[23], è interamente ascrivibile al peggioramento del denominatore del rapporto.

Rispetto al DEF le nuove stime non risultano variate in modo significativo, salvo per l’anno 2014, esercizio in cui si concentrano gli effetti della manovra correttiva: a fronte di un lieve aumento (35 milioni) nel 2011, la Nota evidenzia una riduzione di spesa nel 2013 (66 milioni) e nel 2014 (1.352 milioni). Tali variazioni riflettono principalmente gli effetti della manovra[24], lasciando un ruolo residuale alle variazioni dovute all’evoluzione del quadro macroeconomico e alle risultanze dell’attività di monitoraggio.

 

Per quanto riguarda le prestazioni sociali in denaro[25], la Nota evidenzia un tasso di variazione medio nel triennio 2012-2014 pari al 2,9 per cento, che porta l’aggregato al 19,5 per cento del prodotto a fine periodo.

Rispetto al quadro di previsione evidenziato dal DEF, le differenze sono da ascriversi sia alle variazioni del quadro macroeconomico sottostante le stime, sia agli interventi di contenimento approvati con i DL n. 98/2011 e 138/2011, i cui effetti cominciano a dispiegarsi già dal 2012, con andamenti via via crescenti. Tali interventi, pari complessivamente a 1.041 milioni nel 2012, 3.451 milioni nel 2013 e 3.331 milioni nel 2014, hanno interessato marcatamente sia l’aggregato della spesa pensionistica sia quello delle altre prestazioni sociali in denaro, per la componente costituita dalla spesa per la liquidazione della indennità di buonuscita.

 

Per quanto riguarda in particolare la spesa per altre prestazioni sociali (circa 3,8 per cento del PIL), essa registra una lieve flessione nel 2012 (-0,6 per cento) cui fa riscontro una crescita del 2 per cento nel 2013 e del 3,7 per cento nel 2014.

Rispetto alle previsioni recate dal DEF, la maggiore spesa di 53 milioni nel 2011 è ascrivibile interamente agli effetti della disposizione sull’accelerazione della definizione del contenzioso previdenziale recata dall’articolo 38, comma 1, lettera a), del DL n. 98/2011, effetti così quantificati dalla relativa relazione tecnica. Per quanto riguarda le differenze, più sensibili, a decorrere dal 2012 (290 milioni nel 2012, 1.681 milioni nel 2013 e 991 milioni nel 2014), esse risultano in parte dovute alle modifiche del quadro macroeconomico e, per altra parte, alle modifiche normative recate dal DL 138/2011[26]. Tale provvedimento, da un lato, ha riguardato direttamente le modalità di corresponsione dell’indennità di buonuscita (non considerata facente parte dell’aggregato della spesa per pensioni) e, dall’altro, determinando il ritardato accesso al pensionamento, ha conseguentemente causato lo slittamento della corresponsione dell’indennità medesima, con riferimento ai dipendenti del settore pubblico[27].

 

Per quanto riguarda la spesa pensionistica, la Nota evidenzia un ritmo medio annuo di crescita del 3,2 per cento, che porta l’incidenza sul PIL dal 15,5 nel 2011 al 15,7 per cento nel 2014.

L’aggregato risulta significativamente inciso dalle due manovre correttive di luglio e di agosto, che determinano un innalzamento dell’età media di accesso al pensionamento. I relativi effetti, secondo i dati contenuti nelle relazioni tecniche ai disegni di legge di conversione dei provvedimenti citati, sono pari complessivamente a 771 milioni di minore spesa nel 2012, 1,7 miliardi nel 2013 e 2,3 miliardi nel 2014.

Tra le misure con effetti significativi già nel biennio 2012-2013[28], si ricordano la soppressione dell’indicizzazione al costo della vita dei trattamenti pensionistici complessivamente superiore a cinque volte il trattamento minimo INPS e un ulteriore posticipo della decorrenza del trattamento pensionistico crescente fino a tre mesi per coloro che maturano 40 anni di anzianità contributiva nel 2012.

Gli effetti di risparmio attribuiti ai due provvedimenti sono significativamente diversi e più elevati rispetto alla differenza di spesa rilevabile dal confronto tra le stime contenute nel DEF e quelle della Nota (11 milioni nel 2012, 1.370 milioni nel 2013 e 1.990 milioni nel 2014). Una parte dei risparmi conseguenti alla manovra risultano, pertanto, controbilanciati da una maggiore spesa attribuibile, in parte, al mutato quadro macroeconomico[29] ed in parte agli esiti del monitoraggio. Sul punto appare opportuno un chiarimento da parte del Governo.

 

Per quanto riguarda i consumi intermedi, la Nota evidenzia una dinamica contenuta (con una variazione negativa nel 2013) che porta l’aggregato a ridurre la propria incidenza sul PIL (dall’8,7 per cento dell’esercizio in corso all’8 per cento di fine periodo).

Su tale evoluzione pesano le manovre di contenimento attuate negli anni scorsi (in particolare con i decreti legge n. 112/2008 e 78/2010), cui si aggiungono le riduzioni conseguenti alle misure oggetto della manovra estiva.

Rispetto alle previsioni contenute nel DEF, le nuove stime scontano una riduzione crescente della spesa, che supera gli 8 miliardi a fine periodo[30].

Come si è detto, la Nota non contiene elementi esplicativi circa l’attribuzione delle misure alle differenti voci del conto delle pubbliche amministrazioni, né circa le ipotesi alla base delle nuove previsioni. Pertanto non è possibile chiarire quanta parte delle variazioni, rispetto al DEF, dipenda dalla manovra e quanto invece da una revisione dei tendenziali.

In particolare, con riferimento ai consumi intermedi, va rilevato che, se i risparmi ascrivibili alla spesa sanitaria (2,5 miliardi nel 2013 e 5 miliardi nel 2014) si traducono per la quasi totalità in un contenimento di tale voce (cfr infra), solo una parte dei tagli ai Ministeri (1,7 miliardi nel 2011, 11 miliardi nel 2012, 6,3 miliardi nel 2013 e 5 miliardi nel 2014) e delle minori spese derivanti dal Patto di stabilità interno (pari complessivamente a 4,2 miliardi nel 2012 e a 6,4 miliardi decorrere dal 2013) incidono su di essa, mentre una quota, allo stato non definita, potrà riguardare le voci che ricadono tra le Altre spese correnti o la stessa spesa in conto capitale, che si riducono anch’esse significativamente.

Sul punto appare pertanto opportuno un chiarimento da parte del Governo.

 

La Nota evidenzia separatamente, all’interno della spesa corrente primaria, la voce relativa alla sanità. L’aggregato, dopo una crescita dell’1,3 per cento nell’esercizio in corso, aumenta del 2,1 per cento nel 2012, dell’1,9 per cento nel 2013 e dell’1,5 per cento nel 2014. Tale dinamica, inferiore a quella del PIL nominale, consente di ridurre l’incidenza sul prodotto di circa 2 decimi di punto (dal 7,3 per cento nel 2011 al 7,1 per cento a fine periodo).

Le variazioni nelle stime contenute nella Nota rispetto alle precedenti previsioni (+105 milioni nel 2011[31] a fronte di minore spesa per 2,5 miliardi nel 2013 e 5,1 miliardi nel 2014) sono ascrivibili interamente alla manovra ed in particolare alle misure oggetto del decreto legge n. 98/2011 che, a fronte di una riduzione del livello di finanziamento del Servizio sanitario nazionale, indicano misure di riduzione della spesa oggetto di Intesa tra Stato e Regioni. Le misure prospettate (acquisto di beni e servizi, farmaceutica, dispositivi medici, compartecipazione dei cittadini alla spesa sanitaria) riguardano, come si è detto, per la quasi totalità i consumi intermedi, mentre una quota limitata (150 milioni nel solo 2014), riguarda la spesa per il personale del comparto sanitario.

Sembra, invece, non ascrivibile alla manovra l’ulteriore risparmio di 100 milioni indicato per il 2014.

 

Per quanto riguarda la spesa in conto capitale, la Nota evidenzia una accentuata riduzione dell’aggregato tra il 2011 e il 2012 (da 47,9 miliardi a 40,9 miliardi, -7,5 miliardi) che tende poi a stabilizzarsi su tale livello (40,3 miliardi nel 2014). Conseguentemente, l’incidenza sul PIL si riduce di 0,6 punti (dal 3 per cento nel 2011[32] al 2,4 per cento nel 2014).

Su tale evoluzione incidono le misure contenute nella manovra disposta con i decreti legge 98/2011 e 138/2011 che, nelle valutazioni della Nota, comportano una riduzione della spesa in termini di indebitamento netto pari cumulativamente a 20,7 miliardi nel periodo in esame (403 milioni nel 2011, 6,5 miliardi nel 2012, 7,6 miliardi nel 2013 e 6,2 miliardi nel 2014).

Tra le voci maggiormente significative dei due provvedimenti, si ricordano la riduzione delle spese e della dotazione dei Ministeri e la modifica del patto di stabilità interno per gli enti territoriali, la cui effettiva ripartizione tra parte corrente e parte in conto capitale e tra categorie economiche non è tuttavia al momento disponibile. In aumento della spesa ha contribuito, invece, l’istituzione del Fondo per il trasporto pubblico locale (400 milioni annui).

I risparmi ascritti alla manovra spiegano solo in parte la differenza rispetto alle precedenti previsioni. Appare pertanto opportuno che il Governo fornisca gli elementi alla base delle nuove stime.

Rispetto al DEF la spesa registra una riduzione degli investimenti fissi e dei contributi in conto capitale pari complessivamente a 700 milioni nel 2011, 4,2 miliardi nel 2012, 7,1 miliardi nel 2013 e 5,6 miliardi nel 2014. Non si registrano, invece, variazioni (tranne per il 2011:-100 milioni) per la voce “altri trasferimenti” che, dopo la riduzione dell’esercizio in corso, dovuta all’imputazione – in riduzione della spesa – delle maggiori entrate straordinarie derivanti dall’asta delle radio-frequenze, si attesta sui 2 miliardi nel biennio successivo per poi scendere a 1,6 miliardi nel 2014.

4.2 Le entrate

Le entrate finali delle amministrazioni pubbliche sono stimate nel 2011 pari a 738.021 milioni di euro, in aumento del 2,2 per cento rispetto all'anno precedente. L'evoluzione delle entrate tributarie (+2,6 per cento rispetto al 2010) è riconducibile  principalmente alle imposte indirette (+4 per cento) e dirette (+2,1 per cento), mentre l'evoluzione delle entrate in conto capitale è negativa (-48 per cento), legata al venir meno delle misure una tantum, soprattutto quelle legate allo scudo fiscale. I contributi sociali sono stimati pari a 218.017 milioni di euro, in aumento del +1,6 per cento rispetto al 2010.

 

Il Bollettino delle entrate tributarie del Ministero dell'Economia e Finanze relativo al periodo gennaio-luglio 2011 evidenzia una crescita tendenziale del gettito tributario pari all’1,3 per cento, attribuendo il risultato registrato alla variazione negativa dello 0,7 per cento delle imposte dirette e alla crescita del 3,8 per cento delle imposte indirette.

 

Rispetto alle previsioni contenute nel DEF, si  registra una sostanziale invarianza delle stime relative alle entrate tributarie e una revisione al ribasso della stima dei contributi sociali (-0,8 per cento), dovuta agli effetti negativi del ciclo economico e dei suoi impatti sull'occupazione e le retribuzioni.

 

Con riferimento al confronto con le previsioni di aprile, per il 2011 e per gli esercizi successivi, si segnala che sulla stima operano due fattori in direzione opposta. Da un lato, il rallentamento economico (evidenziato dalla revisione delle stime di crescita) implica una correzione al ribasso nella evoluzione delle entrate, che si manifesta anche mediante effetti  di trascinamento negli anni successivi; dall'altro le misure di correzione adottate nello scorso luglio e agosto contengono numerose disposizioni che hanno un impatto diretto sul prelievo tributario.

 

L'aumento del prelievo agisce principalmente sulle imposte indirette, in particolare, con l'incremento dell'aliquota ordinaria dell'IVA al 21 per cento, dell'imposta di bollo sui depositi di titoli, nonché dell'aliquota IRAP per le banche e imprese assicurative. Sulle imposte dirette operano gli effetti dell'armonizzazione del prelievo sulle rendite finanziarie, nonché dell'incremento dell'addizionale IRES sulle imprese del settore energetico e della modifica delle norme relative alla formazione del reddito imponibile per le società cooperative.

L'incremento delle entrate tributarie dovrebbe poi scontare positivamente le nuove norme sul contrasto alle attività di evasione fiscale, contenute nei due predetti decreti, relativi, in particolare, alle attività di accertamento tributario ed all'inasprimento di norme punitive contro le cosiddette "società di comodo".

 

Nel triennio successivo, le entrate finali delle PA confermano una dinamica positiva (5,3 per cento, 2,7 per cento nel 2012 e 2,5 per cento nel 2013). Le entrate tributarie si evolvono ad un tasso di crescita medio pari a +3,79, a fronte di una crescita media del Pil pari a +2,6 per cento. L'evoluzione più sostenuta delle entrate rispetto al PIL implica un aumento della relativa incidenza; la pressione fiscale passa, infatti, dal 42,7 per cento nel 2011 (in aumento di 0,1 per cento rispetto al 2010), a 43,8 per cento nel 2012, 43,9 per cento nel 2013,  per poi lievemente ridursi nel 2014 (43,7 per cento).

 

La pressione fiscale, indicata per memoria nel conto economico della Nota di aggiornamento, non include il maggior gettito atteso dalla revisione delle agevolazioni fiscali e assistenziali, che dovrà produrre risorse pari a 4 miliardi nel 2012, 16 miliardi nel 2013 e 20 miliardi di euro a decorrere dal 2014.

La tabella, infatti,registra su una linea separata la voce, poiché l'imputazione - secondo quando indicato nella Nota -  potrà avvenire con la puntuale definizione delle riduzioni (cioè con l'attuazione della delega per la riforma fiscale ed assistenziale, A.C. 4566) o in seguito all'operare delle clausole di salvaguardia.

Pur non potendosi procedere a una puntuale dell'impatto della riforma sul conto economico della P.A. prima che la delega venga attuata interamente, va sottolineato che nell'ipotesi in cui essa sia realizzata esclusivamente con interventi dal lato delle entrate, il connesso aumento di gettito implicherebbe un ulteriore innalzamento della pressione fiscale, che risulterebbe pari a 44,1 per cento nel 2012, 44,8 per cento nel 2013 e 44,8 per cento nel 2014.

 

Il trend positivo è confermato per tutte le tipologie d'entrata. Infatti, le entrate tributarie presentano un tasso di crescita medio pari a 4,2 per cento, soprattutto per effetto dell'incremento delle imposte dirette (tasso di crescita medio pari a 4,1 per cento) e delle indirette (tasso di crescita medio pari a 4,5 per cento). Dinamiche più moderate si registrano per i contributi sociali (tasso di crescita medio pari a 2,1 per cento) e per le altre entrate correnti (tasso di crescita medio pari a 2,6 per cento).

 


Tabella 4.1

Documento di economia e finanza e Nota di aggiornamento. Differenze in valore assoluto                                              (milioni di euro)

Fonte: Nota di aggiornamento DEF 2011 e DEF 2011

Segno meno indica peggioramento dei saldi. La riduzione delle agevolazioni fiscali non è compresa nel totale delle entrate finali, ma viene considerata nei saldi.


Approfondimento

3. La spesa pensionistica nel medio-lungo periodo

 

La Nota fornisce l’aggiornamento delle previsioni di medio-lungo periodo (fino al 2060) della spesa pensionistica in rapporto al PIL, in attuazione di quanto previsto dall’articolo 1, comma 5, della legge n. 335/1995 e in considerazione delle ricordate modifiche legislative.

La previsione recepisce le ipotesi di fecondità, mortalità e flusso migratorio sottostanti lo scenario centrale elaborato dall’Istat, con base 2007, che prevedono: un aumento della speranza di vita, al 2050, di 6,4 anni per i maschi e di 5,8 anni per le femmine, rispetto ai valori del 2005; un tasso di fecondità che converge gradualmente a 1,58 e un flusso netto di immigrati di poco inferiore alle 200.000 unità l’anno.

Per quanto riguarda il quadro macroeconomico, il tasso di crescita reale del PIL si attesta, nel lungo periodo, attorno all’1,5 per cento medio annuo, sostanzialmente in linea con la dinamica media della produttività per occupato. Il tasso di occupazione aumenta di oltre 8 punti percentuali nella fascia di età 15-64 anni, passando dal 58,7 per cento del 2008 al 67,3 per cento del 2060.

Per il periodo 2011-2014, le ipotesi di crescita sono coerenti con quelle adottate nel quadro macroeconomico sottostante la Nota di aggiornamento in esame.

La previsione a normativa vigente sconta gli effetti della revisione dei coefficienti di trasformazione (articolo 1, comma 11, della legge n. 335/1995, come modificato ed integrato dall’articolo 1, commi 14 e 15, della legge n. 247/2007) e quelli delle misure approvate con i ricordati decreti-legge n. 98/2011 e 138/2011.

Dopo l’incremento del triennio 2008-2010 (derivante dal consistente rallentamento della crescita del PIL per effetto della crisi economica), il rapporto fra spesa pensionistica e PIL si attesta, nel periodo 2011-2015, su un livello pari a circa il 15,5-15,6 per cento, in presenza di una dinamica di crescita dell’economia comunque contenuta, per poi decrescere al 14,7 per cento nel 2027. L’andamento del rapporto in tale fase è influenzato dal dispiegarsi degli effetti dell’innalzamento dei requisiti di accesso al pensionamento anticipato[33] e dell’equiparazione dei requisiti anagrafici per il pensionamento di vecchiaia ordinario tra uomini e donne, nonché degli altri interventi finalizzati all’incremento dell’età media di accesso al pensionamento. Tali misure contrastano il primo manifestarsi degli effetti espansivi indotti dalla transizione demografica. Nel successivo periodo 2028-2041, il rapporto riprende a crescere per effetto dell’incremento del numero delle pensioni (imputabile la progressivo aumento della speranza di vita e al passaggio alla fase di quiescenza delle generazioni del baby boom) e del contestuale decremento del numero degli occupati. Tali effetti, tuttavia, risultano limitati dall’innalzamento dei requisiti di accesso al pensionamento anticipato nonché dagli interventi di revisione del regime delle decorrenze, di equiparazione dell’età pensionabile per sesso e di adeguamento dei requisiti anagrafici di pensionamento alla speranza di vita. Il rapporto raggiunge il valore di circa 15,4 per cento nel quadriennio 2042-2045, passa a 14,8 per cento nel 2050 e, infine, si attesta al 13,5 per cento nel 2060. Tale miglioramento è imputabile essenzialmente al passaggio al sistema di calcolo contributivo e alla progressiva eliminazione per morte delle generazioni del baby boom.

 


 

Approfondimento

4. Il Patto di stabilità interno

 

Il comma 1, lettera d), dell'articolo 10-bis della legge di contabilità e finanza pubblica prevede che la Nota di Aggiornamento del Documento di Economia e Finanza indichi il contenuto del patto di stabilità interno e le sanzioni previste in caso di mancato rispetto dello stesso.

La Nota in esame indica l'entità del concorso degli enti territoriali alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica. Con riferimento ai decreti-legge 98 e 138 del 2011, i comuni concorrono alla manovra per 1,7 miliardi nel 2012 e per 2 miliardi negli anni 2013 e 2014. Le province contribuiscono al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica con 700 milioni per il 2012 e 800 milioni per il 2013 e anni seguenti, mentre le regioni - a statuto ordinario e speciale - apportano un miglioramento dei saldi per 3,6 miliardi a partire dal 2012. E' da sottolineare la  previsione di una riduzione del concorso alla manovra degli enti locali e regioni nel 2012 in connessione con la destinazione a tali enti di quota del gettito dell'addizionale IRES alle imprese del settore energetico. Nel complesso, gli enti territoriali concorrono per 4,2 miliardi di euro nel 2012 e 6,4 miliardi per il 2013 e 2014.

 

Le informazioni presentate nella Nota e riepilogate nella Tabella 1 sintetizzano gli effetti delle manovre estive per il triennio 2012-2014. La Nota non include nel prospetto gli effetti sulle amministrazioni locali delle misure contenute nel  DL n. 78 del 2010, anche se richiama il provvedimento nel testo. Si ricorda che il contributo richiesto da tali disposizioni si sovrappone, almeno per gli anni 2012 e 2013, alle disposizioni più recenti.

 

Tabella 1

Concorso degli enti territoriali alla manovra di finanza pubblica                                    (milioni di euro)

 

2012

2013

2014 e ss.

Regioni a statuto ordinario

1.600

1.600

1.600

Regioni a statuto speciale e Prov. Autonome

2.000

2.000

2.000

Province

700

800

800

Comuni > 5.000 abitanti

1.700

2.000

2.000

Incremento addizionale IRES imprese settore energetico (D.L. n. 138/2011)

-1.800

 

 

Totale complessivo

4.200

6.400

6.400

 

 

 

 

Fonte: Nota di aggiornamento DEF 2011

 

La Nota richiama che in base al decreto-legge n. 98/2011, a partire dal 2012, il riparto del contributo alla manovra è effettuato sulla base di un sistema di parametri di virtuosità[34] che consente di classificare gli enti in quattro distinte categorie.

La regola applicabile agli enti locali "virtuosi"  prevede che il saldo di competenza mista che essi dovranno conseguire è pari a zero e non contempla per loro obiettivi di miglioramento del saldo stesso. Gli enti che compongono le restanti tre classi, che quindi non raggiungono i requisiti di virtuosità, dovranno invece contribuire ai saldi di finanza pubblica in modo tale da compensare il mancato apporto degli enti territoriali virtuosi. Nello specifico, il saldo di competenza mista è dato dalla somma degli scostamenti tra gli accertamenti e gli impegni per la parte corrente e tra le riscossioni e pagamenti (in conto competenza ed in conto residui) per la parte in conto capitale.

La determinazione del contributo in base alla virtuosità riguarda anche le regioni. Le regioni virtuose, oltre a ridurre le loro spese finali medie del periodo 2007-2009 dello 0,9 per cento - percentuale stabilita per il calcolo del saldo obiettivo 2011[35]  - registrano una ulteriore riduzione al contributo alla manovra pari a 200 milioni.

La Nota evidenzia, inoltre, che le nuove regole prevedono l'estensione del patto ad una platea di enti più ampia (società in house, comuni con popolazione superiore a 1.000 abitanti, unioni di comuni), mentre non modificano le procedure di monitoraggio e le sanzioni previste per gli enti che hanno mancato il rispetto del patto di stabilità. Queste, individuate dall'articolo 77 bis del decreto legge n. 112/2008, riguardano principalmente i limiti degli impegni per le spese correnti, i vincoli sul ricorso all'indebitamento e il divieto di assunzione di personale.

 

Nella Nota l'apporto delle autonomie territoriali viene valutato esclusivamente sulla base degli effetti complessivi di contenimento richiesti per comparto da norme programmatiche; per disporre di un quadro completo dell'entità del contributo delle autonomie territoriali al conseguimento degli obiettivi di consolidamento sarebbe utile che il governo fornisse per sottosettore (e preferibilmente per comparto) l'articolazione degli obiettivi e le stime del conto economico a legislazione vigente. Utile sarebbe altresì avere indicazioni su come si intenda ripartire tra gli enti non virtuosi la mancata contribuzione degli enti virtuosi.

 


5. Spesa per interessi, fabbisogno e debito

La spesa per interessi

Per gli anni 2011 e 2012 le stime odierne collocano la spesa per interessi su livelli superiori rispetto alle previsioni di aprile 2011. Nei due anni successivi, invece, le previsioni di spesa appaiono ridimensionate rispetto alle precedenti stime per effetto del migliore andamento del saldo del settore pubblico correlato al prodursi degli effetti delle manovra adottata. In percentuale del PIL, la spesa per interessi presenta un’incidenza sostanzialmente analoga a quella prevista in sede di DEF 2011 nello scenario tendenziale, passando dal 4,5 nel 2010 al 5,5 per cento nel 2014, con un incremento complessivo di circa un punto percentuale, analogo a quello registrato nelle precedenti stime.

Tale circostanza si determina per effetto sia delle ridotte previsioni di crescita del PIL nominale, sia, come ricordato dallo stesso documento in esame, delle recenti tensioni sui mercati finanziari e delle relative ripercussioni sulla struttura dei tassi di interesse dei titoli del debito pubblico[36].

 

Si segnala che, con decorrenza dal 13 luglio 2011, il Consiglio direttivo della BCE ha deliberato un incremento di 25 punti base del tasso minimo sulle operazioni di rifinanziamento principali, portandolo all’1,50 per cento[37].

 

 

Le tensioni sul mercato dei titoli italiani si erano ridotte a partire dalla seconda settimana del mese di agosto 2011, a seguito dell’annuncio da parte del Governo della manovra integrativa e degli interventi della BCE sul mercato dei titoli dell’area euro. Tuttavia tali tensioni si sono ripresentate nel mese di settembre, a seguito della persistente incertezza sulla crisi del debito greco, dell’allarme sulla crescita USA ed, in particolare per il nostro Paese, del declassamento del livello di rating.  Negli ultimi giorni, il differenziale tra i rendimenti del BTP rispetto ai Bund a 10 anni è tornato a raggiungere valori prossimi ai 400 punti base.

Nelle aste di metà settembre, in cui sono stati offerti BTP a 10 anni non più in corso di emissione, con vita residua di 9 e 7 anni, BTP a 15 anni non più in corso, con vita residua di 9 anni, nonché un nuovo BTP a 5 anni, pur non presentandosi criticità in termini di raccolta, i diversi titoli sono stati collocati con rendimenti lordi compresi tra il 5,47 ed il 5,60 per cento[38] .

 

A fine giugno 2011, la vita residua media ponderata dei titoli di Stato si collocava leggermente al di sopra dei sette anni. Tuttavia, la possibilità di persistenti tensioni sul mercato dei titoli di Stato - nell’incertezza dell’adozione di misure di intervento a sollievo della persistente crisi  della Grecia e di un possibile rafforzamento della capacità di intervento dello European Financial Stability Facility (EFSF, cosiddetto “Fondo salva Stati”) - rappresenta un’incognita sui costi di raccolta e, quindi, sulla spesa per interessi.

In presenza di un elevato stock di debito permane, infatti, la necessità di reperire, comunque, sul mercato ingenti ammontari di finanziamenti. In base a dati aggiornati al 31 agosto 2011, i titoli di debito pubblico in circolazione con scadenze comprese tra il 30 settembre ed il 31 dicembre 2011 ammontano a circa 80 miliardi. I titoli in circolazione in scadenza nel 2012 ammontano ad oltre 270 miliardi. A tale aggregato occorre aggiungere il finanziamento del fabbisogno annuo ed il rimborso dei titoli a breve emessi nei prossimi mesi per garantire la necessaria flessibilità di cassa[39].

 

Tabella 5.1

Spesa per interessi: confronto tra Nota di aggiornamento e DEF 2011           (milioni di euro - % PIL)

 

2009

2010

2011

2012

2013

2014

Nota di aggiornamento DEF 2011

 

 

 

 

 

 

Spesa per interessi

70.408

70.152

76.593

85.806

90.792

94.302

Variazione assoluta

-10.905

-256

6.441

9.213

4.986

3.510

Variazione %

-13,4

-0,4

9,2

12.0

5,8

3,9

in % del PIL

4,6

4,5

4,8

5,3

5,5

5,5

 

 

 

 

 

 

 

p.m. PIL

1.519.702

1.548.816

1.582.216

1.622.375

1.665.018

1.714.013

 

 

 

 

 

 

 

DEF 2011

 

 

 

 

 

 

Spesa per interessi

70.408

70.152

76.087

84.023

91.313

97.605

Variazione assoluta

-10.905

-256

5.935

7.936

7.290

6.292

Variazione %

-13,4

-0,4

8,5

10,4

8,7

6,9

in % del PIL

4,6

4,5

4,8

5,1

5,4

5,6

 

 

 

 

 

 

 

p.m. PIL

1.519.702

1.548.816

1.593.314

1.642.432

1.696.995

1.755.013

 

Fonte: Nota di aggiornamento DEF 2011 e DEF 2011

 

Il fabbisogno ed il debito pubblico

 

La Nota di aggiornamento presenta, per gli anni dal 2009 al 2014, le nuove stime dell’andamento dei saldi del settore statale e del settore pubblico in termini di PIL a confronto con quelle formulate nel DEF.

 

I dati dei saldi, nel documento in esame, sono presentati esclusivamente in rapporto al PIL e, con riguardo al settore pubblico, in termini aggregati. Non è fornita, infatti, la disaggregazione di tale saldo in base ai sottosettori dell’Amministrazione centrale, locale e degli enti di previdenza, presente nel DEF.

 

      

Tabella 5.2

Saldi del settore statale e del settore pubblico: confronto Nota di aggiornamento e DEF 2011

                                                                                                                                                               (% PIL)

 

2009

2010

2011

2012

2013

2014

 

 

 

 

 

 

 

Saldo Settore statale

 

 

 

 

 

 

Nota di aggiornamento DEF

-5,6

-4,3

-4,1

-1,7

0,4

0,7

DEF 2011

-5,6

-4,3

-4,1

-2,8

-1,0

0,2

 

 

 

 

 

 

 

Saldo del settore pubblico

 

 

 

 

 

 

Nota di aggiornamento DEF

-5,8

-4,4

-4,3

-1,8

0,3

0,7

DEF 2011

-5,8

-4,4

-4,2

-2,9

-1,1

0,2

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fonte: Nota di aggiornamento DEF 2011 e DEF 2011

 

Per l’anno in corso le stime dei due saldi in termini di PIL risultano sostanzialmente confermate rispetto alle previsioni di aprile. Si ricorda che in base a tale previsioni, il fabbisogno del settore statale era previsto per il 2011 in 64.622 milioni di euro, mentre il fabbisogno del settore pubblico era previsto in 67.162 milioni di euro.

 

I dati pubblicati mensilmente sul sito del Ministero dell’economia e delle finanze attestano che, nei primi otto mesi dell’anno in corso, si è registrato complessivamente un fabbisogno del settore statale di circa 46.800 milioni, inferiore di circa 5.800 milioni a quello registrato nell’analogo periodo del 2010. Le erogazioni per il sostegno finanziario della Grecia - che nel periodo gennaio-agosto 2010 si erano cifrate in circa 3.000 milioni - nel 2011 sono ammontate a circa 5.000 milioni. 

 

Nel 2012, entrambi i saldi, che permangono in area negativa, riducono a seguito della manovra la propria incidenza in termini di PIL, rispetto alle precedenti previsioni.

Nel 2013 le nuove stime prevedono per entrambi i saldi una situazione di avanzo, che si rafforza nell’esercizio successivo.  

 

 

Con riguardo al debito delle amministrazioni pubbliche, il documento in esame fornisce il nuovo profilo del rapporto debito/PIL per il periodo 2009-2014 confrontato con le previsioni del quadro programmatico contenute nel DEF 2011.

Sia le nuove stime che le precedenti tengono conto degli effetti delle misure di sostegno concordate in ambito comunitario.

Si tratta, in particolare, delle quote di competenza dell’Italia delle emissioni effettuate dal veicolo EFSF e del contributo italiano al programma triennale di sostegno alla Grecia.

 

Nel primo caso, si tratta di emissioni che hanno impatto sul debito di ciascun Paese dell’area euro in ragione della rispettiva quota di garanzia. Nel secondo caso, di un prestito diretto concordato a seguito di accordo bilaterale.

 

 

Tabella 5.3

Debito delle Amministrazioni pubbliche: confronto Nota di aggiornamento e DEF  2011

                                                                                                                               (milioni di euro - % PIL )

 

2009

2010

2011

2012

2013

2014

 

 

 

 

 

 

 

Nota aggiornamento DEF

 

 

 

 

 

 

Debito /PIL

116,1

119,0

120,6

119,5

116,4

112,6

Variazione

9,8

2,9

1,6

-1,1

-3,1

-3,8

PIL

1.519.702

1.548.816

1.582.216

1.622.375

1.665.018

1.714.013

 

 

 

 

 

 

 

DEF 2011

 

 

 

 

 

 

Debito /PIL

116,1

119,0

120,0

119,4

116,9

112,8

Variazione

9,8

2,9

1,0

-0,6

-2,5

-4,1

PIL

1.519.702

1.548.816

1.593.314

1.642.432

1.696.995

1.755.013

 

 

 

 

 

 

 

 

Fonte: Nota di aggiornamento DEF 2011 e DEF 2011

 

 

Il documento in esame, con riguardo ai prestiti EFSF, precisa che le nuove stime tengono conto della quota, di pertinenza dell’Italia, delle emissioni effettuate a tutto il 31 agosto 2011, mentre le precedenti stime scontavano gli effetti delle emissioni effettuate a tutto il 31 marzo 2011.

 

Si ricorda che il veicolo EFSF ha accordato nel 2011 prestiti pluriennali in favore dell’Irlanda e del Portogallo. Nell’ambito di tali prestiti, l’Italia è a tuttoggi ancora impegnata per importi residui pari, rispettivamente, a circa 3,4 miliardi ed a circa 5 miliardi.

 

In base agli ultimi dati pubblicati dalla Banca d’Italia[40] la quota complessiva di pertinenza italiana delle emissioni effettuate era pari a 786 milioni a tutto marzo 2011, importo che sale a 2.157 milioni a tutto il mese di luglio dell’anno in corso. Nel mese di agosto non risultano effettuate emissioni.

Le stime non includono gli effetti di ulteriori interventi che potranno eventualmente essere effettuati dall’EFSF, né eventuali contribuzioni alla costituzione del capitale del veicolo European Stability Mechanism (ESM) a partire dal giugno 2013.

 

In proposito si segnala che, nella dichiarazione dei Capi di Stato e di governo dell’Eurozona a seguito della riunione straordinaria del 21 luglio 2011, è previsto l’ampliamento della flessibilità sia del EFSF che dell’ESM che possono agire anche in base ad un programma precauzionale e provvedere alla ricapitalizzazione degli istituti finanziari anche intervenendo sui mercati secondari.

Il documento, pur non producendo effetti giuridici, impegna gli Stati dell’area euro ad adottare, sia nei rispettivi ordinamenti, sia mediante accordi a livello europeo, alcuni interventi a carattere finanziario e normativo.

In proposito si segnala che con la modifica introdotta all’articolo 17, comma 2, del DL n. 78 del 2010 dall’articolo 1, comma 15, del DL n. 138 del 2011 sono stati in tal senso modificati i termini della garanzia che il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato a concedere, garanzia che ora copre le passività emesse o contratte dall’ESM per concedere prestiti o altre forme di assistenza finanziaria agli Stati membri dell’area euro.

Nella medesima riunione straordinaria è stata, tra l’altro, stabilita l’stituzione di un nuovo programma di sostegno alla Grecia, di ammontare pari a 109 miliardi, finanziato dall’EFSF, dal Fondo monetario internazionale e, su base volontaria, dal settore privato. 

 

Con riguardo al contributo italiano al programma triennale a sostegno della Grecia, sempre in base ai dati pubblicati dalla Banca d’Italia, i prestiti erogati a tutto luglio 2011 sono pari a 8.875 milioni, mentre non risultano erogazioni nel mese di agosto.

In merito a tale quota di debito, il documento precisa che, mentre le previsioni del DEF 2011 si basavano sull’ipotesi che i rimborsi dei prestiti concessi alla Grecia iniziassero a partire dal 2013, le nuove stime scontano gli effetti dell’accordo siglato in sede europea il 14 giugno 2011, che ha posticipato i rimborsi ad anni successivi al periodo di previsione. Tale circostanza rende lievemente meno marcata, nelle nuove previsioni, la riduzione del rapporto negli anni 2013 e 2014. 

 

Nel confronto tra le due successive stime la dinamica del rapporto appare sostanzialmente analoga, sebbene con una riduzione leggermente più marcata negli ultimi due anni della serie.

Per l’anno in corso il rapporto è previsto attestarsi al 120,6 per cento del PIL, rispetto al 120,0 del DEF, a causa della revisione al ribasso delle stime di crescita del PIL e di una più limitata riduzione della dinamica del debito, rispetto a quella stimata nel DEF. Per il 2012 risulta sostanzialmente confermata la stima di aprile. Per gli ultimi due anni di previsione, il miglioramento dell’avanzo primario, nonostante le minori stime di crescita ed il perdurare di un’alta incidenza della spesa per interessi, consente, tuttavia, un percorso di riduzione del debito leggermente più rapido rispetto alle analoghe stime del DEF.


 

Approfondimento

5. Le misure non convenzionali della BCE nelle recenti fasi di crisi dei mercati finanziari[41]

 

In risposta alla crisi finanziaria, la BCE ha introdotto un’ampia gamma di  misure di politica monetaria non convenzionali. Tali misure, che hanno l’obiettivo di sostenere l’intermediazione finanziaria nell’area euro, favorire il flusso di credito verso le imprese e le famiglie e facilitare il meccanismo di trasmissione della politica monetaria, si caratterizzano per la natura temporanea della loro adozione.

Gli strumenti attivati si muovono in due direzioni: favorire le condizioni di provvista delle banche, al fine di garantire l’offerta di credito al settore privato, e sostenere il funzionamento di particolari segmenti del mercato finanziario.

In particolare, in occasione degli andamenti fortemente avversi manifestatesi sui mercati finanziari alla fine di luglio e nei primi giorni di agosto dell’anno in corso, la Banca Centrale europea ha deciso di utilizzare una serie di misure volte ad impedire che nei mercati finanziari si ripetessero andamenti comparabili con quelli osservati nel settembre 2008, a seguito dell’insolvenza di Lehman Brothers.

Il 4 agosto 2011 il Consiglio direttivo ha deciso che l’offerta di liquidità alle banche mediante aste a tasso fisso con piena aggiudicazione degli importi richiesti sarebbe proseguita almeno fino agli inizi del 2012. Ha inoltre previsto un’ulteriore operazione di rifinanziamento a più lungo termine, con scadenza approssimativamente pari a sei mesi. Scopo di tali misure è garantire liquidità al sistema bancario dell’area euro al fine di evitare riduzioni del credito alle famiglie ed alle società non finanziarie.

Il 7 agosto la BCE ha, altresì, annunciato di voler attivamente utilizzare il Programma per i mercati dei titoli finanziari (Securities Markets Programme, SMP). Tale programma, introdotto nel maggio 2010 ma non utizzato fino al marzo 2011, prevede l’acquisto, sui mercati secondari, di titoli di Stato, denominati in euro, emessi dagli Stati membri dell’area.

La misura ha la finalità di evitare che tensioni su alcuni segmenti del mercato dei titoli di Stato, indotte dall’avversione al rischio da parte degli investitori, impediscano il trasferimento degli orientamenti della politica monetaria all’economia reale dell’area euro, impattando sull’accesso ai finanziamenti  e minacciando la stabilità dei prezzi.

L’effetto di immissione di liquidità prodotto dagli acquisti della Banca Centrale nell’ambito del programma è completamente sterilizzato mediante specifiche operazioni di assorbimento della liquidità, in quanto il programma non è inteso ad immettere liquidità addizionale nel sistema bancario.

Le motivazioni dell’attivazione di tale intervento sono esposte nel Bollettino mensile della BCE del settembre 2011, in cui è presentata un’analisi dei meccanismi attraverso i quali le disfunzioni sui mercati dei titoli di Stato si trasferiscono all’economia reale, in funzione dei ruoli specifici ricoperti da tali titoli.

In particolare:

·         i tassi di interesse retrocessi sulle proprie emissioni obbligazionarie  dalle società finanziarie e non finanziarie si basano normalmente sul tasso di interesse dei rispettivi titoli di Stato. Eventuali tensioni sui mercati dei titoli obbligazionari, indotte dall’elevato tasso di interesse offerto dai titoli di Stato, creerebbero una situazione in cui i tassi di interesse ufficiali della BCE non sarebbero più correttamente rispecchiati dai tassi di interesse a più lungo termine. Questi ultimi rilevano nelle decisioni di spesa delle famiglie e delle imprese e rivestono particolare importanza per la stabilità dei prezzi ( cosiddetto “canale dei prezzi”);

·         un elevato livello dei tassi di interesse dei titoli di Stato comporta una riduzione notevole del prezzo di tali titoli, causando perdite significative per i portafogli di investimento dei settori finanziario e non finanziario. Nel caso delle banche commerciali, la necessità di ricapitalizzarsi ridurrebbe la capacità di erogare credito all’economia (cosiddetto “canale di bilancio”);

·         livelli particolarmente bassi di liquidità nei mercati dei titoli di Stato limitano l’impiego di tali titoli  come garanzia nelle operazioni di rifinanziamento, riducendo l’offerta di prestiti delle banche all’economia reale (cosiddetto “canale della liquidità”).

 

Per effetto delle misure non convenzionali adottate in risposta alle tensioni sui mercati finanziari la composizione del bilancio dell’Eurositema (BCE e Banche Centrali Nazionali) è cambiata e sono considerevolmente aumentate le sue dimensioni.

Considerando una versione semplificata del bilancio, la sua dimensione complessiva è passata da 913 miliardi prima della crisi (29 giugno 2007) a 1.763 miliardi nel momento del suo apice (25 giugno 2010), per poi diminuire collocandosi a 1.609 miliardi il 26 agosto 2011. 

Tra le azioni intraprese dalla Banca Centrale per garantire la necessaria liquidità all’area euro occorre, infine, ricordare la decisione assunta dal Consiglio dei Governatori il 15 settembre scorso al fine di ovviare alle crescenti difficoltà delle banche europee ad accedere a rifinanziamenti in dollari, a causa dei timori dei fondi del mercato monetario e delle stesse banche statunitensi sull’esposizione del sistema bancario europeo al debito sovrano dei paesi della periferia dell’Eurozona.

La decisione prevede un intervento coordinato con Federal Riserve, Bank of England, Bank of Japan e Swiss National Bank per condurre tre successive operazioni di rifinanziamento a tre mesi in dollari, in modo da coprire il fabbisogno di liquidità fino alla fine dell’anno in corso. Le aste, che si aggiungono a quelle di provvista con cadenza settimanale adottate dal 10 maggio 2010, sono a tasso fisso, assistite da idonee garanzie (eligible collateral) ed ad integrale copertura della domanda.

Approfondimento

6. I debiti commerciali della Pubblica Amministrazione.

 

I paesi membri della UE, nell'ambito delle procedure di notifica alla Commissione europea dei dati relativi al disavanzo e al debito, hanno l’obbligo di trasmettere anche una stima del volume dei debiti commerciali coerente con le definizioni del Sistema europeo dei conti (SEC95).

La pubblica amministrazione (PA) nell'esercizio delle proprie attività si avvale di beni e di servizi, come ad esempio energia elettrica e beni di consumo, o commissiona la realizzazione di infrastrutture e opere pubbliche. Il ritardo nella regolarizzazione dei pagamenti della PA, al di fuori dei margini di dilazione normalmente consentiti, comporta l'insorgenza dei cd. debiti commerciali[42]. Tali ritardi comportano problemi di liquidità per l'impresa fornitrice, gravi soprattutto nelle fasi di rallentamento economico e quando il credito è vantato da piccole e medie imprese, ma possono avere anche altri effetti, meno evidenziati nelle analisi del fenomeno. Uno studio condotto dalla Banca d'Italia individua i ritardi di pagamento come una delle cause dei ritardi di esecuzione e degli aggravi di costo nella realizzazione di infrastrutture[43].

 

La relazione della Corte dei Conti[44] sulla gestione finanziaria delle regioni indica l'entità dei debiti verso fornitori delle ASL (comprese le aziende ospedaliere e quelle universitarie) pari a circa 30 miliardi di euro per il 2008, con una variazione in diminuzione del 12,8 per cento rispetto al 2007. Significativi, inoltre, sono i dati relativi ai tempi medi di pagamento delle forniture da parte delle aziende sanitarie locali, tra i quali, per il primo quadrimestre del 2010, spicca la quasi regolarità del Friuli Venezia Giulia con pagamenti che avvengono tra 81 e 93 giorni. I ritardi maggiori si registrano nella regione Calabria, che procede alle regolarizzazioni non prima di 777 giorni, raggiungendo un ritardo massimo di 809 giorni.

La relazione annuale della Banca d'Italia per il 2010[45], a seguito di un' indagine condotta sulle imprese industriali e dei servizi privati non finanziari con almeno 20 addetti (Invid), riporta una stima del volume dei debiti commerciali pari a oltre il 4 per cento del PIL per l'anno 2010. La distribuzione dei debiti commerciali tra i sottosettori della PA evidenzia che, per i soli beni di consumo, circa il 54 per cento dei debiti siano imputabili alle ASL, il 20 per cento ai comuni, il 17 ai ministeri e la restante parte a regioni e altre amministrazioni locali[46].

Inoltre, ritardi significativi si registrano tra gli enti locali con riferimento alla spesa in conto capitale. Una delle cause dell'emersione di tale fenomeno viene individuata nella formulazione del patto di stabilità interno, in particolare nella introduzione del saldo di competenza ibrida[47], che potrebbe aver spinto gli amministratori a posticipare i pagamenti di conto capitale proprio per assicurare il rispetto dei vincoli del patto interno.

Parte dei debiti commerciali delle PA si riferisce, infine, alle amministrazioni centrali.

Eventuali strumenti disegnati per la soluzioni del problema sembrerebbero dover preliminarmente verificare, per ciascun comparto, il superamento delle condizioni che hanno portato all'accumulo del ritardo; condizioni che potrebbero riflettere da un lato una scarsa capacità di programmazione della spesa, dall'altro il mancato adattamento ai vincoli finanziari, risultando il ritardo di pagamento una modalità indiretta di elusione del vincolo di bilancio.

 

E' da rilevare come la valutazione del fenomeno risulti particolarmente complessa per la mancanza di un quadro quantitativo certo. In particolare, il ritardo di pagamento corrisponde ad uno scarto tra le poste di competenza (impegni) e quelle di cassa (autorizzazioni a pagare). Ampi volumi di debiti commerciali, cioè di ritardi importanti nella regolarizzazione dei pagamenti, non si riflettono sul bilancio di competenza, che resterebbe immutato anche con l'accelerazione dei pagamenti, mentre inciderebbero sul bilancio di cassa, che invece peggiorerebbe in corrispondenza di una accelerazione dei pagamenti.

Ne derivano due considerazioni: in primo luogo, la formazione di residui, cioè di somme impegnate e non pagate, è uno degli indicatori della esistenza di un fenomeno di ritardo nei pagamenti, anche se la presenza di residui, di per sè, potrebbe anche essere indicatore di una limitata capacità di realizzazione amministrativa della spesa; in secondo luogo, l'accelerazione dei pagamenti implicherebbe un impatto diverso sugli indicatori di finanza pubblica. In particolare, si avrebbe un aumento del fabbisogno (cioè del saldo tra incassi e pagamenti) e quindi del debito della PA, mentre sull'indebitamento netto si avrebbero effetti differenziati a seconda delle voci considerate. Infatti, in linea generale, i ritardi relativi alla spesa corrente corrispondono a registrazioni già effettuate in termini di indebitamento netto (la registrazione avviene nel momento dell'impegno), mentre nel caso della spesa in conto capitale, l'accelerazione dei pagamenti implicherebbe, oltre al già richiamato impatto sul debito, anche un effetto sul saldo del conto economico.

 

L'emersione di un maggior debito, che si verificherebbe in relazione ad una accelerazione dei pagamenti a fronte di maggiori dotazioni di cassa, potrebbe verificarsi anche nel caso in cui si introducano nell'ordinamento nuovi strumenti che consentano all'azienda di effettuare operazioni con istituti di credito che - attraverso risconti o cartolarizzazioni - implichino la cessione pro-soluto, cioè la piena assunzione della responsabilità contrattuale da parte dell'istituto di credito in sostituzione del creditore-azienda. Tali implicazioni deriverebbero dal fatto che la posizione debitoria connessa con i ritardi di pagamento, pur quantificata in coerenza con i criteri di contabilità nazionale (SEC 95), non rileva per la quantificazione del debito pubblico come stabilita nel trattato di Maastricht. Con la cessione del credito pro-soluto, l'istituto finanziario, nelle proprie segnalazioni di vigilanza, dovrebbe evidenziare l'acquisizione dei nuovi crediti nei confronti delle amministrazioni cedute operazione che comporterebbe la registrazione dell'importo tra i debiti delle PA.

 

 



[1]    Inserito dall’articolo 2, comma 3, della legge n. 39/2011.

[2]    Si veda l’articolo 7, comma 3, della legge n. 196/2009.

[3]    I più recenti dati ISTAT del settembre 2011confermano gli andamenti sfavorevoli già registrati nei mesi precedenti, rivelando un ulteriore calo sia della fiducia dei settori produttivi, sia di quella dei consumatori, come specificato più avanti nel presente paragrafo del dossier

[4]    Cfr. sul punto l’audizione del Presidente dell’Istat del 29 agosto 2011 presso le Commissioni riunite 5° Senato e V  Camera, nell’ambito dell’indagine conoscitiva sul D.L. n. 138/2011.

[5]    Il PIL potenziale rappresenta il livello teorico massimo di produzione che un paese può raggiungere senza causare tensioni inflazionistiche. Esso esprime, pertanto i fondamentali dell’economia e quindi la componente strutturale della crescita, cui si confronta l’andamento registrato in un determinato momento del ciclo economico.

La deviazione del PIL effettivo rispetto al valore potenziale è rappresentato dall’output gap (pari alla differenza in livello tra PIL effettivo e PIL potenziale, rapportata al PIL potenziale).

Il prodotto tra l’output gap e la stima della sensibilità al ciclo delle entrate e delle spese correnti costituisce la componente ciclica del saldo di bilancio. La sensibilità del saldo di bilancio all’andamento del PIL è un parametro, il cui valore, individuato sulla base degli andamenti registrati nell’arco di un decennio, viene periodicamente aggiornato in sede europea; esso è attualmente pari per l’Italia a 0,5, quale somma delle elasticità delle entrate e delle spese.

Per ottenere il saldo di bilancio strutturale (indebitamento netto o saldo primario), occorre in primo luogo depurare il saldo nominale dalla sua componente ciclica: se negativa, tale componente si sottrae al saldo nominale, migliorando il saldo in termini strutturali; viceversa in caso di componente ciclica positiva.

Il saldo corretto per il ciclo va poi depurato delle misure una tantum (cfr infra), sottraendo sia le entrate che le spese identificate come straordinarie: in caso di prevalenza delle prime sulle seconde il saldo strutturale risulterà peggiore del saldo corretto per il solo ciclo, viceversa in caso di prevalenza delle spese sulle entrate.

[6]    Il PIL potenziale non è direttamente osservabile, ma risulta, secondo la metodologia approvata dall’Ecofin e utilizzata dagli Stati membri per il calcolo degli indicatori strutturali richiesti dal Programmi di stabilità, dalla stima statistica prodotta utilizzando sia i valori effettivamente registrati a consuntivo negli anni precedenti, sia il valore del PIL atteso nel periodo di previsione. Da ciò derivano due conseguenze: i) difficilmente il calcolo del PIL potenziale è in grado di cogliere appieno i punti di inversione del ciclo e gli effetti di cambiamenti strutturali; ii) la variazione del valore atteso del PIL per il periodo di previsione o le modifiche riguardanti i dati di consuntivo (conseguenti anche a revisioni contabili) determinano una revisione del PIL potenziale, e quindi dell’output gap, anche negli anni in cui non si è verificata alcuna variazione nella crescita effettiva (o attesa). A parità di parametro relativo alla sensibilità del bilancio al ciclo e di valore nominale dell’indebitamento netto o del saldo primario effettivo (o atteso), si verifica pertanto una variazione nel saldo strutturale.

[7]    Nel 2014, a fronte di un avanzo primario strutturale pari al 6 per cento del PIL, il saldo complessivo di bilancio, corretto per il ciclo e al netto delle una tantum, risulta pari a + 0,5 per cento.

[8]    Tale documento stimava un effetto complessivo delle misure una tantum pari a +0,6 per cento nel 2009, +0,1 per cento nel 2010 e un’incidenza nulla a decorrere dal 2011.

[9]    Cfr. ad esempio, nel caso in esame, la voce “riacquisto di immobili + danno SCIP2”, suscettibile di incidere sulle amministrazioni previdenziali.

[10]   Adottato dal Consiglio dell’Unione Europea, nella versione aggiornata, l’11 ottobre del 2005.

[11]   Cfr. in particolare Public finance in EMU 2006, n. 3/2006, capitolo 4.

[12]   Cfr. in particolare i dossier relativi alla Relazione unificata sull’economia e la finanza pubblica 2010, alla Decisione di finanza pubblica 2010 e al Documento di economia e finanza 2011 (rispettivamente i Dossier nn. 9 del maggio 2010, 10 dell’ottobre 2010 e 11 dell’aprile 2011, a cura dei Servizi Studi e Bilancio della Camera e del Servizio Bilancio del Senato).

[13]   Sono classificabili tra tali misure le imposte connesse all’esercizio di opzioni da parte dei contribuenti, quali la rivalutazione volontaria dei cespiti dell’attivo patrimoniale (immobili, terreni e beni d’impresa), e il riallineamento dei valori di bilancio ai principi IAS (Cfr. l’art. 15 del DL n. 185/2008).

[14]   Pari alla somma del gettito relativo al riallineamento dei valori di bilancio agli IAS, pari a 1.746 mln, e quello relativo alle altre imposte sostitutive, pari a 38 mln.

[15]   Articolo 15, comma 10 del decreto-legge n. 185 del 2008.

[16]   A fronte di una previsione di gettito per il 2010 pari a 1,6 miliardi, già rivista al rialzo nella Decisione di finanza pubblica, furono infatti incassati circa 3,4 miliardi.

[17]   Da 614 milioni a 358 milioni per il 2011, da 483 milioni a 357 milioni per il 2012 e da 78 a 5 milioni per il 2013.

[18]   Cfr. l’art. 15, comma 22, del DL n. 185/2008.

[19]   Il diverso importo iscritto con riferimento al 2009 (115 mln nella Nota, contro -823 mln nel DEF) è infatti ascrivibile al fatto che nel DEF, che considera tutte le misure una tantum, è computato, con riferimento agli enti previdenziali, anche l’effetto del riacquisto di immobili connesso alla conclusione dell’operazione SCIP2.

[20]   Risulta infatti immutato l’importo attribuito dal DEF alle amministrazioni locali, da cui si deduce che su tale comparto non incidono, per gli esercizi di previsione, misure una tantum diverse dalle le operazioni di dismissione. Risultando altresì invariato l’ammontare complessivo delle dismissioni e quello attribuito agli enti previdenziali, se ne deduce l’invarianza anche della quota di competenza erariale.

[21]   La tavola 3 della Nota quantifica gli effetti di riduzione della spesa derivanti dai DL n. 98 e n. 138 del 2011 in 237 milioni nel 2011, 7,6 miliardi nel 2012, 18,9 miliardi nel 2013 e 20,9 miliardi nel 2014.

[22]   Gli arrotondamenti alla prima cifra decimale possono determinare incongruenze tra i valori richiamati.

[23]   Secondo il DEF, l’incidenza sul PIL dell’aggregato era stimato pari al 10,7 per cento nel 2011, 10,4 per cento nel 2012, 10,1 per cento nel 2013 e 9,8 per cento nel 2014.

[24]   Il decreto legge n. 138/2011 non reca norme che incidono sulla voce di spesa in esame. Per quanto riguarda il decreto legge n. 98/2011, gli interventi di contenimento della spesa in materia di impiego pubblico (articolo 16, comma 1) comportano risparmi pari a 70 milioni nel 2013 e a 1.440 milioni nel 2014.

[25]  Come specificato nella nota metodologica allegata al DEF, la spesa per prestazioni sociali in denaro ingloba la spesa per pensioni e quella per altre prestazioni sociali in denaro. La prima componente è riconducibile alla spesa pensionistica, costituita dal complessivo sistema pensionistico obbligatorio cui si aggiunge la spesa per pensioni sociali o assegni sociali per i cittadini con età pari o superiore a 65 anni; la spesa per altre prestazioni sociali in denaro include: le rendite infortunistiche, le liquidazioni per fine rapporto a carico di Istituzioni pubbliche, le prestazioni di maternità, malattia ed infortuni, le prestazioni di integrazione salariale (cassa integrazione ordinaria, straordinaria, in deroga), le prestazioni di sussidio al reddito nei casi di disoccupazione (indennità di disoccupazione, indennità di mobilità, ecc.), i trattamenti di famiglia, le pensioni di guerra, le prestazioni per invalidi civili, ciechi e sordomuti e, in via residuale, gli altri assegni a carattere previdenziale ed assistenziale.

[26]   Si fa riferimento, in particolare, all’articolo 18, commi 21 (per la modifica delle decorrenze per l’accesso al pensionamento per il comparto scuola), e 22-23 (per le modifiche al regime della liquidazione dell’indennità di buonuscita).

[27]   Tali modifiche, al netto delle maggiori spese recate dai commi 14 e 16 del medesimo articolo 18 (30 milioni di euro nel 2014 e 5 milioni di euro nel 2015), comportano un risparmio di spesa dell’aggregato delle altre prestazioni sociali di 330 milioni di euro nel 2012, 1.681 milioni di euro nel 2013 e 990 milioni di euro nel 2014.

[28]   Per quanto riguarda gli effetti che si manifesteranno a decorrere dagli anni successivi, si ricordano il graduale aumento dei requisiti anagrafici per l’accesso al trattamento pensionistico per le lavoratrici del settore privato; l’anticipo al 2013 dell’adeguamento dei requisiti anagrafici alla variazione della speranza di vita; il posticipo dell’accesso al pensionamento per il personale del comparto della scuola e dell’università nonché il posticipo della liquidazione dell’indennità di buonuscita.

[29]   La stima del deflatore dei consumi, parametro utilizzato per l’indicizzazione delle pensioni, pari nel DEF al 2,3 per cento nel 2011, al 2 per cento nel 2012 e all’1,8 per cento nel 2013 e nel 2014 resta confermato nella Nota per il 2013 e il 2014, a fronte di un aumento di 0,3 punti nel 2011 e di una riduzione dello 0,1per cento nel 2012.

[30]   Rispetto al DEF, la Nota evidenzia una riduzione della spesa per consumi intermedi pari a 97 milioni nel 2011, 494 milioni nel 2012, 5,7 miliardi nel 2013 e 8,3 miliardi nel 2014.

[31]   La maggiore spesa corrente è ascrivibile al rifinanziamento parziale dei ticket sulla specialistica nell’esercizio in corso.

[32]   E’ da rilevare che gli “altri trasferimenti “in conto capitale incorporano gli effetti delle entrate straordinarie derivanti dalla vendita delle radio-frequenze, pari a complessivi 2,4 miliardi, che vengono contabilizzati in riduzione della spesa in conto capitale. Al netto di tale componente, la spesa in conto capitale evidenzierebbe nel 2011 un’incidenza sul PIL pari al 3,2 per cento.

[33]   Legge n. 243/2004, come modificata dalla legge n. 247/2007.

[34]   Tra i parametri rientra il rispetto del patto di stabilità, la convergenza tra spesa storica e costi e fabbisogni standard, l'incidenza delle spese del personale sul totale delle spese correnti, ed altri di cui all'articolo 20 decreto legge 98/2011.

[35]   Decreto legge 112/2008.

[36]   Si ricorda che, nel Programma di stabilità dell’Italia, presentato ad aprile 2011, si stimava che un aumento istantaneo e permanente di un punto percentuale delle curve dei rendimenti utilizzate per le stime della spesa per interessi per il periodo 2011-2014, presentate nel documento, avrebbe determinato un incremento dell’onere del debito in termini di PIL di 0,20 punti percentuali nel primo anno, di 0,39 nel secondo e di 0,50 nel terzo anno.

[37]   Banca Centrale Europea, Comunicato stampa del 7 luglio 2011.

[38]   Sito MEF, Dipartimento del tesoro, Risultati delle aste in data 13-14 settembre 2011.

[39]   Gli ammontari sono desunti dal sito del MEF, Dipartimento del Tesoro, Debito pubblico, Titoli di Stato in circolazione suddivisi per anno di scadenza, dati aggiornati al 31 agosto 2011.

[40]   Banca d’Italia, Supplementi al Bollettino statistico, Finanza pubblica, fabbisogno e debito, n. 46, 14 settembre 2011, Tavola 4.

[41]  Fonti: BCE, bollettino mensile, giugno 2009; BCE, Bollettino mensile, agosto 2011; BCE, Bollettino mensile, settembre 2011; BCE, Comunicato stampa, 15 settembre 2011

[42]   Va rilevato, come di seguito illustrato in maggior dettaglio, che i ritardi di pagamento registrati nel comparto della spesa in conto capitale non contribuiscono ad accrescere lo stock di debiti commerciali da evidenziare in occasione della notifica dei dati di finanza pubblica in quanto tale categoria di spese è registrata nei conti pubblici secondo un principio di cassa.

[43]   In particolare l'indagine è condotta nel periodo settembre-ottobre 2005 e rileva il giudizio di un campione di imprese edili italiane con prevalente attività nel comparto delle opere pubbliche. In media, sull'intero territorio nazionale il 53,7 per cento delle imprese del campione esaminato imputano i ritardi di ultimazione delle infrastrutture ai ritardi di pagamento. Banca d'Italia " Mezzogiorno e politiche regionali" Novembre 2009.

[44]   Corte dei conti - Relazione sulla gestione finanziaria delle regioni - esercizi 2008-2009. Delibera n. 10 del 2010.

[45]   Banca d'Italia  - Relazione annuale all'assemblea ordinaria dei partecipanti - Anno 2010, Roma 31 maggio 2011.

[46]   Elaborazioni della Banca d'Italia, acquisite in via informale. L'analisi della ripartizione per sottosettori risente delle procedure e dei metodi di rilevazione, basate su questionari alle imprese; le indicazioni quantitative devono pertanto essere considerate indicative.

[47]   Nello specifico, i pagamenti delle spese in conto capitale negli enti locali incidono negativamente sul saldo, quindi una loro posticipazione avvantaggerebbe l'ente per il raggiungimento dell'obiettivo di bilancio. La spesa corrente incide in termini di impegni, quindi il ritardo o meno non aiuta a raggiungere l'obiettivo.