Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento istituzioni
Titolo: Modifiche alla Parte seconda della Costituzione concernenti le Camere del Parlamento e la forma di governo - A.C. 5386 - Schede di lettura e testo a fronte
Riferimenti:
AC N. 5386/XVI     
Serie: Progetti di legge    Numero: 674
Data: 07/08/2012
Organi della Camera: I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni
Altri riferimenti:
AS N. 24/XVI     

 

Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

Modifiche alla Parte seconda della Costituzione concernenti le Camere del Parlamento e la forma di governo

A.C. 5386

Schede di lettura e testo a fronte

 

 

 

 

 

 

n. 674

 

 

 

7 agosto 2012

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Istituzioni

( 066760-9475 / 066760-3855 – * st_istituzioni@camera.it

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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File: ac0829.doc

 


INDICE

Schede di lettura

L’iter della riforma al Senato                                                                            3

I temi della riforma                                                                                             6

§      Il Senato Federale e la partecipazione di rappresentanti delle Autonomie     6

§      Riduzione del numero dei parlamentari e requisiti di età ai fini dell’elettorato attivo e passivo         11

§      Riserve di regolamento parlamentare                                                           13

§      Partecipazione ai lavori parlamentari                                                            17

§      Riforma del procedimento legislativo bicamerale                                         17

§      Legittimazione alla proposizione della questione di legittimità costituzionale delle leggi      27

§      Il Presidente della Repubblica                                                                       28

§      Il Governo                                                                                                       35

Le riforme della parte II della Costituzione  nella XIV e nella XV legislatura       38

Cronologia dei lavori parlamentari

§      Nota esplicativa                                                                                             45

Senato della Repubblica, prima deliberazione (A.S. 24 e abb.)                 46

§      Esame in sede referente                                                                               51

§      Discussione in Assemblea                                                                            69

Testo a fronte

§      Tra gli articoli 55, 56, 57, 58, 64, 69, 70, 72, 74, 75, 83, 84, 85, 86, 87, 88, 89, 92, 93, 94, 95, 96, 104, 126, 137 della Costituzione, il testo proposto dalla 1a Commissione del Senato (A.S. 24 e abb.-A) e il testo approvato dall’Assemblea del Senato (A.C. 5386)                               83

 

 


Schede di lettura

 


L’iter della riforma al Senato

In Commissione

La Commissione Affari costituzionali del Senato ha avviato il 10 giugno 2008, l’esame di alcune proposte di legge costituzionale di riforma dell’ordinamento della Repubblica. Diverse altre proposte sono state abbinate successivamente.

Due anni dopo, nel giugno 2010, le Commissioni Affari costituzionali di Camera e Senato hanno iniziato una indagine conoscitiva sulle questioni inerenti al processo di revisione costituzionale in materia di ordinamento della Repubblica.

Un momento di svolta si ha il 18 aprile 2012 quando la Commissione Affari costituzionali del Senato ha adottato il testo unificato proposto dal relatore, nonché Presidente della Commissione. Lo stesso 18 aprile viene abbinata la proposta di legge A.C. 3252 (Ceccanti ed altri) frutto di una elaborazione comune tra esponenti di più parti politiche.

Il testo unificato, emendato dalla Commissione, è stato infine approvato il 29 maggio 2012 e le linee salienti della riforma in esso contenuta sono così evidenziate dalla relazione contenuta nell’A.S. 24–A e abb.:

§         ridurre il numero dei parlamentari (art. 56 e 57);

§         favorire l’accesso alle cariche elettive di generazioni più giovani (art. 56 e 58);

§         affermare un principio di impegno degli eletti nell’attività parlamentare (art. 69);

§         risolvere la questione del bicameralismo nella scelta di un procedimento legislativo che preveda la necessità di una doppia deliberazione conforme solo per casi limitati (art. 72);

§         valorizzare gli interessi delle Regioni nel processo di formazione della legislazione nazionale (art. 57);

§         definire e integrare i poteri del Governo in Parlamento (art. 72);

§         introdurre elementi per uno statuto delle opposizioni (art. 64),

§         accentuare il primato del Presidente del Consiglio dei ministri nella compagine di governo (art. 92);

§         dare certezza alla tempestività delle deliberazioni parlamentari sulla legislazione proposta dal Governo (art. 72);

§         garantire stabilità di governo, anche con il ricorso alla cosiddetta sfiducia costruttiva (art. 94).

Queste linee della riforma varata dalla Commissione Affari costituzionali del Senato intervengono sugli articoli da 56 a 58, sugli articoli 64, 69, 70, 72, 74 e 75, 92, 94 e 126.

 

In Assemblea

L’Assemblea del Senato ha iniziato l’esame della proposta di legge il 7 giugno 2012, approvando nello stesso giorno - nel testo proposto dalla Commissione - l'articolo 1 che riduce da 630 (di cui 12 eletti nella circoscrizione estero) a 508 (di cui 8 dalla circoscrizione estero) il numero dei deputati e fissa a 21 anni il limite di età per l'eleggibilità a deputato, attualmente stabilita a 25.

Nella medesima seduta, è stato deciso il rinvio in Commissione di alcuni emendamenti riferiti ai temi del Senato federale e del semipresidenzialismo; sono stati altresì rinviati anche alcuni emendamenti riferiti ad altri articoli connessi per materia.

Ripreso l’esame di tali emendamenti, nella seduta del 26 giugno, la Commissione ha respinto la proposta emendativa a firma dei sen. Calderoli e Divina volta a istituire il Senato federale della Repubblica, composto da 250 senatori elettivi e da 40 rappresentanti delle regioni (em. 2.550, testo 2).

All’esito del voto, la Commissione ha deliberato di trasmettere il testo all’Assemblea del Senato e di esaminare successivamente gli altri emendamenti rinviati in Commissione. Alla base della deliberazione vi era una richiesta del senatore Quagliariello (presidente del gruppo PdL) che rammentava che “la discussione già svolta in Assemblea e quella, successiva, in Commissione hanno rivelato un legame diretto, di carattere politico e normativo tra la proposta di istituire il Senato federale e quella di adottare un sistema di governo di tipo semipresidenziale, fondata sull'elezione popolare e diretta del Presidente della Repubblica”.

Il testo dunque è tornato in Assemblea il 27 giugno 2012 dove l’esame è ricominciato a partire dall’articolo 2 relativo alla composizione del Senato. Nella seduta pomeridiana del 27 giugno l’Assemblea ha approvato l’emendamento già respinto in Commissione, in un testo a sua volta emendato, che prevede l'istituzione del Senato federale della Repubblica, composto da 250 senatori eletti a suffragio universale e diretto su base regionale cui si aggiunge la partecipazione di un rappresentante per ogni Regione eletto da ciascun consiglio regionale fra i propri componenti all'inizio di ciascuna legislatura regionale (em. 2.550, testo 2) e subem. 2.550 (testo 2/101, testo 3).

Considerando l'approvazione dell'emendamento uno stravolgimento del lavoro svolto in Commissione, che aveva prodotto un testo condiviso da una maggioranza superiore alla soglia dei due terzi dei componenti del Senato, il Presidente della Commissione Affari costituzionali ha rassegnato le dimissioni dall'incarico di relatore.

Il provvedimento è tornato nuovamente in Commissione sia per l'esame degli emendamenti in tema di presidenzialismo, sia per la nomina di un nuovo relatore.

Nella seduta del 3 luglio 2012 (notturna) è stato posto in votazione, con parere favorevole del nuovo relatore, sen. Boscetto, la proposta emendativa che introduce l’elezione diretta del Presidente della Repubblica a suffragio universale (em. 9.0.500 Gasparri, Quagliarello, posto in votazione per parti separate). Respinta la parte posta in votazione dell’’emendamento 9.0.500, le parti residue dell'emendamento, così come gli altri emendamenti connessi, sono stati considerati ritirati ai fini della discussione in Assemblea.

La Commissione ha respinto nella stessa seduta anche la proposta di conferire mandato di relatore al sen. Boscetto, al fine di riferire all'Assemblea e quindi il Presidente della Commissione, in mancanza di un relatore incaricato, ha rappresentato in Assemblea lo svolgimento e l'esito dei lavori in Commissione.

Il 25 luglio 2012 il Senato ha approvato, in prima deliberazione, il testo della riforma costituzionale con 153 voti favorevoli; 138 contrari e 7 astenuti.

Rispetto al testo varato dalla Commissione, all’esito dell’esame dell’Assemblea che ha introdotto, come si è visto, significative modifiche nel testo di riforma, rispetto a quello approvato in sede referente il 29 maggio 2012, risultano novellati anche i seguenti ulteriori articoli: 55, 83, 84, 85, 86, 87, 88, 89, 93, 95, 96, 104, 137.


I temi della riforma

Sono di seguito approfondite le novelle che intervengono sui principali temi della riforma quale risulta dal testo trasmesso dal Senato, raffrontando gli istituti disciplinati da tale testo con le scelte normative effettuate in sede referente.

Il Senato Federale e la partecipazione di rappresentanti delle Autonomie

L’intervento di riforma sul Senato ha presentato profili diversi nel corso delle fasi di esame in Commissione e in Assemblea.

 

Dall’esame della Commissione è risultata una configurazione della Camera alta caratterizzata, dal punto di vista strutturale, soprattutto da:

§ diminuzione del numero dei senatori da 315 a 254 quattro dei quali eletti nella circoscrizione Estero;

§ abbassamento del requisito di elettorato attivo alla maggiore età e di quello di elettorato passivo a trentacinque anni;

§ introduzione di un raccordo, che può essere definito di tipo materiale o estrinseco, con le Autonomie.

Tale raccordo veniva assicurato dall’ istituzione, presso il Senato, di una Commissione paritetica per le questioni regionali composta da un rappresentante per ciascuna regione e provincia autonoma. Un’espressa disciplina, anche per il profilo della composizione dell’organo, composto pariteticamente da rappresentanti delle autonomie e da senatori proporzionalmente ai gruppi parlamentari, era stabilita dall’art. 13 del testo approvato dalla Commissione. In via consequenziale, veniva modificato l’art. 126 Cost., sostituendo con il nuovo organo la Commissione bicamerale per le questioni regionali e sopprimendo la riserva di legge che riguarda la funzione consultiva della stessa Commissione bicamerale.

Dal testo trasmesso dal Senato è stata espunta la disciplina contenuta nel citato art. 13, mentre è rimasta la modifica dell’art. 126 che, però, non risulta più agganciata ad una specifica composizione della Commissione, né ad una specifica disciplina delle sue funzioni.

 

L’istituzione della Commissione paritetica presso il Senato – la cui previsione non stabiliva specifici coordinamenti con l’attuale sistema delle Conferenze - dovrebbe assolvere al compito di stanza di compensazione degli interessi nazionali e regionali, ma per essa è prevista solo una funzione consultiva, per quanto rafforzata, in caso di parere contrario o condizionato a specifiche modificazioni, dall’obbligo di procedere, con votazione nominale, a deliberazione dell’Assemblea. Quest’ultima clausola, soppressa nel testo trasmesso alla Camera insieme all’intera disciplina di cui al citato art. 13, rispondeva allo scopo di assicurare maggiore incisività al parere, sia pur in modo relativo considerato che le Autonomie presenti nella Commissione non avrebbero potuto concorrere all’adozione della deliberazione dell’Assemblea.

Giova ricordare che già la riforma costituzionale del Titolo V prevedeva, sino alla revisione delle norme del Titolo I della Parte seconda della Costituzione, la possibilità di integrare la Commissione parlamentare per le questioni regionali con esponenti delle autonomie per la trattazione di questioni regionali (art. 11 L. 3/2001), ma i regolamenti parlamentari non hanno mai attivato tale previsione.

A differenza del citato art. 11, il testo varato in sede referente istituiva direttamente la Commissione paritetica, evitando così il ricorso all’intervento della fonte regolamentare per l’istituzione dell’organo, intervento quindi circoscritto alle modalità e ai termini per l’espressione del parere.

 

Con il testo varato dall’Assemblea del Senato:

§ è stata mutata la denominazione della Camera alta;

§ è stata eliminata la circoscrizione Estero, per accentuarne la base regionale, con l’effetto di diminuire il numero dei senatori a 250, restando immutate le novelle in tema di requisiti di elettorato attivo e passivo già fissati in sede referente;

§ è stata introdotta una riserva di legge rinforzata in materia elettorale.

 

Il mutamento di denominazione della Camera alta, da Senato della Repubblica, a Senato Federale della Repubblica; è stato in realtà effettuato solo in due articoli (55 e 57).

Resta, infatti l’attuale denominazione di Senato della Repubblica in sette articoli, nonostante che alcuni di essi siano stati comunque oggetto di modifiche.

Si tratta degli artt. 60, comma primo, non modificato, 72, comma terzo, modificato, 85, comma secondo, modificato, 86, comma secondo, modificato, mentre all’86, comma primo, non modificato, resta l’attuale formulazione “Senato” senza ulteriori specificazioni, 96, comma primo, non modificato, 126, comma primo, modificato, e 126, primo comma, terzo periodo, modificato.

 

La circostanza che la denominazione vigente sia stata mantenuta anche in articoli novellati dovrebbe portare ad escludere un mero errore materiale, anche se, di per sé, non appare idonea ad evidenziare le ragioni di tale scelta.

Si nota poi che il testo della riforma limita l’uso dell’aggettivo “federale” alla denominazione dell’organo, senza estendere tale uso al Parlamento (a.e. nell’art. 55), allo Stato o alla Nazione (a.e. nell’art. 83) dei quali il Senato è organo, né intervenire sull’art. 5 Cost.: la formalizzazione di tale estensione risulta infatti necessariamente consequenziale qualora si intenda attribuire valenza ordinamentale alla denominazione in questione.

 

In tema di forma di Stato, da un punto di vista non teorico, la sostanza della distinzione tra Stato federale e Stato regionale è legata indissolubilmente ai processi storici di cui le forme di Stato sono il risultato conclusivo. Tali processi conformano quindi gli istituti di diritto positivo che riguardano i rapporti tra organi centrali e organi locali, nelle due forme di Stato.

Dal punto di vista degli elementi caratterizzanti, nella teoria delle forme di Stato, lo Stato federale, va rilevato che ai membri della federazione spetta una competenza generale, limitata solo dalle esclusioni espressamente stabilite per le materie riservate a livello costituzionale agli organi federali, e mantengono tratti, più o meno estesi, di sovranità. La relazione inversa tra competenze caratterizza invece lo Stato regionale, in cui gli organi centrali dello Stato hanno una competenza generale, salve le specifiche competenze attribuite a livello costituzionale alle Regioni.

Il testo di riforma costituzionale varato dalla Commissione Affari costituzionali della Camera nella scorsa legislatura (A.C. 553 e abb.) il «Senato federale della Repubblica» era caratterizzato da due tratti fondamentali:

·       la sostituzione della legittimazione universale e diretta stabilita dal vigente art. 58 Cost. in favore delle elezione di secondo grado ad opera dei ‘poteri locali’, dei quali il Senato federale è ‘rappresentante’ nel procedimento di formazione delle leggi;

·       l’abbandono del bicameralismo paritario, in favore della distinzione delle funzioni delle due Camere e della riconduzione unitaria alla Camera dei deputati della responsabilità politica generale (rapporto di fiducia).

Si prevedeva che i senatori partecipassero alla (o, talvolta, condizionassero la) formazione delle leggi istituzionali e di quelle che incidono (formalmente) sulle potestà e sulle risorse finanziarie delle autonomie regionali e locali, ma non che conferissero la fiducia al Governo non potendo pertanto, condizionarne durata e poteri.

 

Il numero dei senatori, come accennato, è stato ridotto a 250, anziché 254 come previsto dal testo della Commissione, in quanto è soppressa la circoscrizione Estero alla quale il testo della Commissione destinava 4 senatori. Resta invariato il numero dei senatori che la Commissione aveva scelto di prevedere per ogni regione, cioè 6  anziché 7 come nel testo vigente, restando immutato anche il numero destinato a Molise e Valle d’Aosta (art. 57).

Per l’elezione del Senato è invariata la previsione della base regionale, ma si introduce anche nell’art. 57 Cost. la specificazione che l’elezione avviene a suffragio universale, nonostante già contenuta nell’art. 58; modificato solo, fin dal testo della Commissione, per la soppressione del requisito di un’età superiore ai 18 anni a fini di elettorato attivo.

 

La riforma del Senato non ha toccato l’art. 59 Cost., perciò ai fini dell’effettivo numero dei senatori si dovrà tenere conto anche degli ex Presidenti della Repubblica, che sono senatori di diritto a vita, nonché dei cittadini nominati senatori a vita dal Presidente delle Repubblica per altissimi meriti.

 

La soppressione della circoscrizione Estero è da mettere in relazione all’intenzione di sottolineare la natura territoriale della rappresentanza garantita da parte dei senatori, fermo restando tuttavia il disposto dell’art. 67 Cost. in base al quale ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato.

Nella prospettiva della sottolineatura della rappresentanza territoriale si collocano la previsione nell’art. 57, terzo comma, di una riserva di legge per l’elezione del solo Senato a garanzia della rappresentanza territoriale da parte dei senatori, nonché nell’art. 57, comma 6, della partecipazione di un rappresentante per ogni Regione ai lavori del Senato. Ai sensi dell’ultimo comma di tale articolo, questa partecipazione non conferisce ai rappresentanti regionali la qualità di componente del Senato; tanto che, pur riconoscendo loro la prerogativa dell’insindacabilità per le opinioni espresse e i voti dati, ad essi non spetta l’indennità parlamentare[1].

Si ricorda che il quarto comma dell’art. 122 prevede che i consiglieri regionali non possano essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle loro funzioni.

Ogni rappresentante è eletto, tra i propri componenti, da ciascun consiglio o assemblea regionale e, per la Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol, sono eletti due rappresentanti ciascuno dai Consigli delle Province autonome.

Il perimetro “dei lavori del Senato” e quindi delle sedi in cui effettivamente potrà spiegarsi la partecipazione dei rappresentanti delle regioni non è oggetto di garanzia costituzionale, in quanto rimesso al regolamento del Senato stesso. Comunque dovrebbe escludersi che concorrano alla maggioranza richiesta per la modifica regolamentare gli stessi rappresentanti delle regioni. Altrettanto sembra da escludere che i medesimi concorrano alla formazione del rapporto di fiducia con il Governo[2], mentre andrebbe approfondito l’eventuale concorso al voto in caso di posizione di questione di fiducia, materia disciplinata dall’art. 116 del regolamento della Camera e in via di prassi al Senato, sulla base del parere della Giunta del regolamento del 19 marzo 1984.

Per valutare fino a che punto la previsione della partecipazione dei rappresentanti delle regioni ai lavori configuri effettivamente una codecisione delle Autonomie di integrazione della rappresentanza territoriale in quella politica, occorrerà verificare la portata effettiva delle disposizioni regolamentari del Senato. A tal fine non  possono costituire parametro di riferimento le vigenti e già citate disposizioni dell’art. 11 della L. 3/2001, in quanto, come già evidenziato, i regolamenti parlamentari non hanno mai attivato tale previsione.

 

L’unico vincolo posto a livello costituzionale al regolamento del Senato è che sia assicurata la partecipazione con diritto di voto per le materie di legislazione concorrente o di interesse degli enti territoriali. Nel rinviare a quanto evidenziato con riferimento all’art. 72 in merito alle questioni interpretative che le materie oggetto di legislazione concorrente hanno posto e continuano a porre, si rileva che la locuzione “materie di interesse degli enti territoriali”, oltre a non ricevere una definizione nel testo (né in altre fonti normative) e a riferirsi non solo alle regioni ma anche a comuni, province e città metropolitane, fa leva sul concetto di “interesse- potenzialmente idoneo a coprire gran parte delle materie oggetto di disciplina nell’ordinamento - che è ben diverso da quello di “competenza”.

Pertanto, vi può essere interesse di enti territoriali su materie di competenza (esclusiva) dello Stato: ad esempio legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di cui all’art. 117, comma secondo, lett. p): in tal caso non appare chiaro il motivo per cui su materia di competenza esclusiva dello Stato, e nonostante la precedente precisazione che debba trattarsi di materia concorrente, sia prevista la partecipazione con diritto di voto di rappresentanti delle regioni.

 

L’elezione dei rappresentanti delle regioni avviene “all’inizio di ogni legislatura regionale”: tale prescrizione da un lato sembra escludere la possibilità di effettuare sostituzioni in corso di legislatura per rappresentanti che vengano meno per circostanze di fatto e, dall’altro, fa discendere variazioni di rappresentanti per la stessa regione nel corso della legislatura parlamentare poiché quest’ultima e quelle regionali non sono necessariamente coincidenti (né lo sono quelle di tutte le regioni).

 

Quanto alle prerogative assicurate ai rappresentanti delle regioni per l’esercizio delle funzioni connesse ai lavori del Senato, il relativo ambito risulta circoscritto dal fatto che essi sono “partecipanti” e non “componenti” del Senato stesso. Perciò, ad essi si applica espressamente la prerogativa dell’insindacabilità prevista dall’art. 68, primo comma; non è richiamato, e quindi non risulta applicabile, l’art. 66 Cost., non toccato dalla riforma, che prevede che ciascuna Camera giudica dei titoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause sopravvenute di ineleggibilità e incompatibilità. Ciò comporta che, essendo rimessi tali profili alla competenza degli organi di provenienza, il Senato non abbia alcun margine di intervento sui rappresentanti regionali per questioni attinenti a tali profili. Inoltre, ad essi non si applica l’art. 67 Cost. in base al quale ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato.

 

La qualità di partecipanti e non di membri del Senato dei rappresentanti delle Autonomie, nonché la limitazione della copertura costituzionale di tale partecipazione ad alcuni profili, essendone rimessi altri, pure significativi, al regolamento parlamentare, appaiono rilevanti ai fini della valutazione del tipo di bicameralismo adottato dal testo in esame e della idoneità della denominazione del Senato utilizzata negli artt. 55 e 57, come novellati, a produrre effetti ordinamentali.

 

Andrebbero poi verificate le implicazioni della modifica dell’art. 126 Cost., già contenuta nel testo della Commissione e mantenuta in quello trasmesso alla Camera, che porta ad avere una “Commissione paritetica per le questioni regionali, costituita presso il Senato della Repubblica” - Camera ai cui lavori partecipano i rappresentanti delle autonomie – la cui composizione e il cui funzionamento non sono espressamente disciplinati, né risultano più oggetto di riserva di legge, in quanto soppressa con la suddetta modifica[3].

Riduzione del numero dei parlamentari e requisiti di età ai fini dell’elettorato attivo e passivo

I novellati articoli 56 e 57 prevedono la riduzione del numero dei parlamentari (compresi gli eletti all’estero) da 945 a 750 (una diminuzione di poco più del 20,6 %), che, come già evidenziato, per il Senato ha portato anche all’eliminazione dei senatori eletti all’estero.

Per la Camera, l’Assemblea del Senato ha confermato le scelte effettuate in Commissione per la riduzione sia del requisito di età per l’elettorato passivo da 25 a 21 anni – che per il Senato scende da 40 a 35, mentre quello dell’elettorato attivo coincide con la maggiore età come alla Camera - sia del numero dei deputati da 630 a 508, otto dei quali eletti nella circoscrizione Estero.

Per effetto di quest’ultima riduzione, che incide sulla Camera in una misura percentuale leggermente minore rispetto al Senato, ai fini della ripartizione dei seggi tra le circoscrizioni, esclusi quelli assegnati alla circoscrizione Estero, il numero degli abitanti è diviso per 500.

Per il Senato, la partecipazione ai lavori di 21 rappresentanti regionali non rileva ai fini del numero dei senatori in quanto tali rappresentanti non sono membri del Senato (che non è configurato come Camera delle regioni).

Con l’attuale sistema elettorale, al Senato, la riduzione del numero di senatori eletti in ciascuna regione comporta un aumento della soglia implicita (alcune stime, effettuate sul numero di 254 membri che era stato stabilito in Commissione, hanno valutato la riduzione dal 5 all’8%).

In linea generale il tema della riduzione dei parlamentari è connesso a quello della rappresentanza politica delle forze minori e della rappresentanza territoriale. L'indicazione per quasi tutte le regioni di un numero minimo di 6 senatori dà luogo a una sovrarappresentazione delle regioni con minore popolazione rispetto a quelle più popolose (a fronte di una riduzione di poco più del 20,6 % del totale dei senatori, il taglio da 7 a 6 del numero minimo risulta comportare una riduzione di circa il 14%).

Nella tabella che segue viene posto a confronto il rapporto tra il numero dei parlamentari e la popolazione dei principali Paesi membri dell’Unione europea. Sono stati scelti i Paesi con popolazione superiore a 10 milioni di abitanti.

 

Stato

Parlamentari

Popolazione

Ab. per parlamentare

Parlamentari per 100.000 ab.

Rep. Ceca

281

10.532.770

37.483

2,6

Grecia

300

11.329.618

37.765

2,6

Regno Unito

1477

62.435.709

42.271

2,4

Romania

471

21.413.815

45.465

2,2

Portogallo

230

10.636.979

46.248

2,1

Belgio

221

10.918.405

49.404

2,0

Italia (Cost. vigente)

950

60.626.442

63.817

1,6

Polonia

560

38.200.037

69.214

1,4

Francia

920

65.075.310

70.734

1,4

Paesi Bassi

225

16.654.979

74.022

1,3

Spagna

614

46.152.926

75.168

1,3

Italia (A.C. 5386)

763

60.626.442

79.458

1,3

Germania

691

81.751.602

118.309

0,8

Fonte: rielaborazione del Servizio studi della Camera della nota del Servizio studi del Senato Il numero del parlamentari: dati e comparazioni, novembre 2011. I dati relativi all’Italia sono stati aggiornati al 3 agosto 2012.

In relazione all’abbassamento alla maggiore età del requisito di elettorato attivo per il Senato, è stato modificato l’art. 75 Cost., con una novella che ha attribuito il diritto di partecipare al referendum, a tutti i cittadini elettori anziché a tutti i cittadini chiamati ad eleggere la Camera dei deputati, come previsto dal testo vigente.

Riserve di regolamento parlamentare

La riforma contiene una riserva di regolamento parlamentare, limitatamente al Senato, che attiene, come si è visto, alle modalità e agli effetti della partecipazione dei rappresentanti delle Autonomie ai lavori del Senato. Tale riserva è rinforzata dalla previsione del diritto di voto dei rappresentanti sulle materie sopra indicate.

Con un comma aggiuntivo all’art. 64 si è introdotta un’altra riserva di regolamento parlamentare, a garanzia delle prerogative e dei poteri del Governo e della maggioranza, nonché i diritti delle opposizioni e delle minoranze in ogni fase dell'attività parlamentare. Nel corso dell’esame in Assemblea la riserva è stata estesa alle prerogative e facoltà del parlamentare[4].

Come si vedrà più avanti il novellato art. 72, settimo comma, contiene sia disposizioni che riservano ai regolamenti parlamentari la previsione di garanzie per le proposte dei gruppi di opposizione, sia disposizioni che disciplinano direttamente istituti a garanzia dei termini di esame e delle votazioni sul contenuto di testi accolti o proposti dal Governo.

Si può quindi notare che, mentre per questi ultimi testi l’art. 72 appresta una garanzia costituzionale diretta, per le proposte indicate dai gruppi di opposizione, per le prerogative e facoltà del parlamentare, per le prerogative e i poteri del Governo e della maggioranza, nonché per i diritti delle opposizioni e delle minoranze in ogni fase dell'attività parlamentare, sia l’ultimo comma dell’art. 64, sia il sesto comma dell’art. 72 concorrono a prevedere riserve di regolamento.

In una prospettiva di garanzia può leggersi anche la novella all’art. 137 Cost., più avanti illustrata, che attribuisce a un quarto dei componenti di una Camera la facoltà di sollevare la questione di legittimità costituzionale delle leggi approvate dal Parlamento o di decreti legislativi per violazione o eccesso di delega, entro trenta giorni dalla loro entrata in vigore, rimettendo alla legge costituzionale la determinazione di condizioni, limiti e modalità di esercizio di tale facoltà.

Anche la legge di riforma costituzionale approvata nella XIV legislatura, sottoposta a referendum con esito negativo, introduceva all’articolo 64 della Costituzione misure volte a garantire i diritti delle opposizioni. Oltre all’innalzamento (solo alla Camera) della maggioranza richiesta per l’adozione del regolamento (dalla maggioranza assoluta ai tre quinti dei componenti), nell’art. 64 Cost. si sanciva (quarto comma) il principio per cui nel suo complesso il regolamento della Camera deve garantire sia le prerogative ed i poteri del Governo e della maggioranza, sia i diritti delle opposizioni (per quanto attiene al Senato, si prevedeva che il regolamento garantisca i diritti delle minoranze).

Statuto dell’opposizione

La posizione costituzionale dell’opposizione nell’ordinamento italiano.

La funzione oppositoria è quel complesso di compiti che l’opposizione parlamentare (ovvero lo schieramento politico che ha negato la fiducia iniziale al governo) è chiamata ad esercitare, servendosi delle garanzie che la Costituzione ed i Regolamenti parlamentari le mettono a disposizione.

Tale funzione trae fondamento dall’articolo 49 della Costituzione, laddove si individua il processo di determinazione della politica nazionale attraverso il concorso delle forze politiche con metodo democratico.

Per “statuto dell’opposizione”si intendono quell’insieme di disposizioni rinvenibili in una pluralità di fonti che individuano la nozione di opposizione, la struttura, l’organizzazione e la funzione, correlando a tale nozione poteri e garanzie ben definiti. La titolarità di tali prerogative spetta all’opposizione in quanto essa costituisce,in linea teorica, una possibile alternativa alla maggioranza di governo.

I compiti principali dell’opposizione sono ravvisabili nella funzione di controllo dell’attività parlamentare, tanto a livello legislativo, quanto a livello di perseguimento della funzione di indirizzo politico. Più nello specifico, la funzione oppositoria è una attività vincolata al fine del controllo del potere governativo e dal fine di una proposta programmatica alternativa.

In Italia manca una definizione  di opposizione istituzionale , diversamente da quanto invece accade in altri ordinamenti giuridici.

Se la nozione di opposizione parlamentare infatti si deduce interpretando a contrario le norme costituzionali attributive del potere esecutivo al governo, in altri paesi europei è presente una  maggiore definizione dell’opposizione e della funzione oppositoria.

Tradizionalmente, il modello parlamentare con il più completo procedimento di formalizzazione della funzione oppositoria è quello inglese.

Complice infatti l’adozione di un sistema elettorale maggioritario, che configura il sistema politico in modo bipolare, alla minoranza uscente dalle elezioni viene attribuito un vero e proprio status consistente in tutta una serie di poteri- doveri.

Anche in altri ordinamenti europei, tuttavia, come ad esempio in Francia e Germania, vi sono strumenti che formalizzano espressamente il ruolo costituzionale dell’opposizione.

Ad esempio, attraverso la previsione della sfiducia costruttiva, l’opposizione ha l’obbligo di indicare automaticamente, nel momento in cui decida di sfiduciare il premier, un nuovo primo ministro ed una nuova maggioranza di governo.

In Italia manca un riconoscimento formale dello status dell’opposizione  mentre, invece come già detto, è possibile risalire alle prerogative delle minoranze parlamentari.  Ciò in quanto nel contesto italiano il concetto di opposizione si è qualificato come forza politica distinta dalla maggioranza governativa  e di minoranza, anche se non necessariamente di opposizione.

Con riguardo alle fonti che contengono norme inerenti il ruolo dell’opposizione, innanzitutto sovviene la Costituzione, che  individua una serie di procedimenti elettivi e legislativi per i quali viene prescritta una maggioranza speciale, a tutela della minoranza-opposizione.

In secondo luogo, i Regolamenti parlamentari prevedono dei meccanismi procedurali automatici a garanzia del contraddittorio e della rappresentanza, nonché dei poteri attivatori in alcuni procedimenti ispettivi e di controllo.

Numerose sono state le ipotesi di riforma delle norme regolamentari, avanzate al fine di introdurre una serie di prerogative che configurassero uno status dell’opposizione regolamentato anche in Italia.

Tra le tante, ad esempio, si rammenta l’introduzione del potere di convocare con effetti sospensivi il giudizio della Corte Costituzionale su progetti legislativi appena approvati , secondo il modello presente in Germania, Francia e Spagna

Altre proposte oggetto di studio riguardano la configurazione dell’opposizione-minoranza come Potere dello Stato, anche alla luce dell’ordinanza n. 17 del 1978 in cui la Corte Costituzionale aveva già attribuito tale qualifica al Comitato promotore dei referendum.

D’altra parte, queste soluzioni proposte si scontrano con la realtà politica italiana, costituita da sempre da un regime a multipartitismo esasperato e da una forma di governo di coalizione.

La regolamentazione dell’opposizione negli statuti regionali.

I nuovi Statuti regionali approvati a seguito della riforma del titolo V, contengono un insieme di norme volte a definire le prerogative e le funzioni dell’opposizione. In particolare si possono distinguere genericamente tre categorie di norme: le norme di garanzia generale; le norme non politicamente qualificate, ed infine le norme che espressamente attribuiscono diritti o facoltà a minoranze politicamente qualificate.

Nella prima categoria rientrano tutte quelle norme che prescrivono maggioranze qualificate per la nomina del Presidente del Consiglio regionale .Vi rientrano inoltre quelle che delegano al Regolamento consiliare il compito di definire i compiti delle minoranze, la pubblicità dei lavori consiliari e l’accesso paritario ai mezzi di informazione tra i consiglieri appartenenti ai diversi schieramenti.

Un secondo gruppo di norme riguarda l’attribuzione di potestà proceduralmente vincolanti a frazioni di consiglieri (cfr. le norme che attribuiscono il diritto di ricorrere ad organi di garanzia statutaria per sindacare la legittimità di un atto, oppure al diritto riconosciuto al singolo consigliere di chiedere la procedura d’urgenza per l’esame di un disegno di legge). L’ultimo gruppo di norme riguarda la definizione specifica del ruolo dell’opposizione, dei poteri e delle funzioni ad essa spettanti. Se ne rinviene un significativo esempio nello Statuto della regione Toscana che all’art. 10 contiene una significativa distinzione tra “opposizione“ e “minoranze politiche”, cui riconosce una serie di diritti e prerogative di ampiezza differente.

Tuttavia sembra possibile rilevare, dall’analisi degli Statuti in esame, che comunque non emerge una espressa definizione dell’opposizione in termini alternativi rispetto alla maggioranza di governo, nè tantomeno si introduce una nozione comune di “opposizione organizzata”.

La posizione costituzionale dell’opposizione in Francia.

Nel regime semipresidenziale francese in vigore dal 1962 non si rinvengono norme costituzionali che regolano lo status dell’opposizione, e per lungo tempo i diritti spettanti alle minoranze sono stati regolati dalla prassi parlamentare.

Inoltre, per quanto riguarda la natura dell’opposizione stessa, questa è legata in Francia ad un momento formativo direttamente inerente al risultato elettorale e non relativo alle dinamiche parlamentari. In particolare, a seguito dell’affermarsi del sistema dei partiti che avrebbe dominato la V Repubblica, si affermò il “fait majoritaire”: la maggioranza che avesse vinto le elezioni sarebbe stata una maggioranza chiusa, impegnata a sostenere il governo. Questo comportò il rafforzamento della maggioranza parlamentare e la progressiva caratterizzazione dell’opposizione come l’insieme delle forze uscite sconfitte dalla competizione elettorale.

Il vero passo avanti nel riconoscimento della posizione costituzionale dell’opposizione è dato dall’introduzione della “saisine,” cioè della possibilità di impugnare di fronte al Conseil Constitutionel le leggi approvate dal Parlamento per il mancato rispetto dei diritti fondamentali, delle procedure e dei limiti costituzionali.

Una particolare attenzione merita invece la posizione costituzionale dell’opposizione nelle ipotesi di coabitazione. Questa infatti è fortemente condizionata dal Presidente della repubblica, che nelle ipotesi di coabitazione assume un ruolo simile a quello del Capo dell’opposizione inglese, con l’aggiunta del potere di scioglimento delle Camere.

In realtà i poteri del Presidente nelle tre ipotesi di coabitazione sono stati diversi a seconda delle situazioni politiche contingenti verificatisi. I casi di coabitazione “difficile” hanno fatto emergere la rilevanza costituzionale del “pouvoir d’empecher”, ovvero il ruolo di critica feroce ai danni della maggioranza. Inoltre, in questi casi, il Presidente può utilizzare anche il suo ampio potere di “fonction tribunitienne”, quello di esternazioni estremamente critiche nei confronti dell’esecutivo.

Nel caso invece di una “coabitazione dolce” o comunque di un regime di coabitazione più lungo, i rapporti tra Presidente e primo ministro si sviluppano lungo una direttrice maggiormente equilibrata.

Si manifesta dunque una certa propensione verso forme di stretta collaborazione tra i due poteri, soprattutto nelle aree di cosiddetto ”domain partagé“ ove ciascuno può bloccare i poteri dell’altro.

Dunque la dialettica maggioranza-opposizione risente di questi fattori e ne è fortemente vincolata.

L’opposizione francese gode comunque di una posizione ormai costituzionalmente garantita, anche se maggiormente in via di prassi, che si estrinseca in una serie di istituti relativi al confronto parlamentare politico, alla comunicazione politica, al finanziamento dei partiti ed anche ad un assetto relativo al rafforzamento costituzionale del rango delle autonomie territoriali.

Tuttavia le procedure parlamentari non contribuiscono a riconoscere all’opposizione in Francia uno status in quanto tale, ma solo diritti e poteri di intervento ai gruppi parlamentari o alle maggioranze qualificate.

Le difficoltà endemiche del Parlamento francese ad emergere come effettivo organo di indirizzo e controllo politico incidono sulla possibilità per l’opposizione di connotarsi come contropotere nell’ambito di un quadro di prerogative costituzionali.

La posizione costituzionale dell’opposizione in Gran Bretagna

L'opposizione gioca invece un ruolo di primissimo piano nel sistema costituzionale inglese in quanto essa deve opporsi al governo in carica criticando l'attività legislativa e le scelte del governo. “Her Majesty Opposition”, come viene definita nel sistema parlamentare inglese, rinviene la sua ragion d’essere nella prospettazione di un indirizzo politico alternativo, dunque è elemento indefettibile del sistema parlamentare inglese. In considerazione di quest’ultimo aspetto, l’opposizione contrappone un indirizzo politico alternativo con un leader ed una squadra di governo denominati "governo ombra".

Al fine di svolgere la propria funzione ufficiale fruisce dei tempi previsti dal dibattito parlamentare ed e' rappresentata in tutte le Commissioni.

Il suo ruolo è poi particolarmente penetrante in materia di spesa pubblica,  infatti le viene assicurato un periodo di tempo supplementare( tempo di opposizione) per dibattere in dettaglio le stime per la spesa pubblica.

Negli anni Ottanta si è assistito ad un vero e proprio rafforzamento della posizione costituzionale dell’opposizione. Dal 1982, sono previsti venti Opposition Day per ogni sessione, di cui 17, a partire dal 1987, destinati espressamente al maggior partito d’opposizione. Inoltre, in 13 delle sedute del venerdì previste dall’art. 11 degli Standing Orders of the House of Commons, le materie proposte da singoli parlamentari dell’opposizione hanno la priorità su quelle del Governo.

La posizione costituzionale dell’opposizione in Germania

In Germania non esiste uno statuto per le opposizioni, ma sono previste numerose garanzie sia a livello costituzionale, sia a livello regolamentare. È sufficiente, infatti, un terzo dei deputati per avere la convocazione del Reichstag (139, c. 3 della Legge fondamentale). L’ufficio di presidenza (Ältestenrat, Consiglio degli anziani), inoltre, si riunisce su richiesta anche solo di un gruppo parlamentare o del cinque per cento dei membri del Bundestag. Inoltre spetta a ciascun gruppo parlamentare e al 5% dei membri del Bundestag il potere di decidere la convocazione di un ministro federale Viene, infine, garantita la possibilità di interlocuzione diretta e continua tra il Governo e i parlamentari d’opposizione.

Infine, come già accennato in precedenza, la presentazione della sfiducia costruttiva costituisce un valido strumento nelle mani dell’opposizione di governo. Il modello di regolamentazione dell’opposizione tedesca appare particolarmente interessante in quanto pur ponendosi in antitesi al modello anglosassone del rapporto dialettico maggioranza-opposizione, meglio si adatta alle logiche di un sistema improntato sulla razionalizzazione parlamentare e sul rapporto di fiducia tra parlamento ed esecutivo.

Partecipazione ai lavori parlamentari

Fin dal testo varato dalla Commissione in sede referente si è prevista una novella dell’art. 69 che stabilisce che i membri del Parlamento hanno il dovere di partecipare ai lavori delle Camere, anche nelle Commissioni, e ricevono un'indennità stabilita dalla legge.

Riforma del procedimento legislativo bicamerale

In materia di procedimento legislativo, la riforma interviene per modificare l’articolo 72, senza toccare la disciplina dell’iniziativa legislativa, di cui all’art. 71, della promulgazione e della pubblicazione, di cui all’art. 73, limitando, invece l’intervento sulla titolarità della funzione legislativa di cui all’art. 70 e sugli effetti del rinvio presidenziale delle leggi, di cui al secondo comma dell’art. 74, a modifiche di coordinamento della vigente formulazione con la possibilità prevista dal novellato art. 72 di svolgere il procedimento legislativo in forma bicamerale o monocamerale.

 

La novella non riguarda, da un punto di vista sostanziale, l’intero testo di tale articolo.

Ad esclusione del riferimento alla presentazione del progetto di legge, soppresso in quanto la fase della presentazione è oggetto di specifica disciplina del nuovo terzo comma, resta invariata la previsione del vigente primo comma, ora contenuta nel quinto comma per cui ogni disegno di legge, presentato ad una Camera è, secondo le norme del suo regolamento, esaminato da una commissione e poi dalla Camera stessa, che l'approva articolo per articolo e con votazione finale.

E’ sostanzialmente immutata anche la formulazione del vigente quarto comma, ora contenuta nel nono comma, per cui la procedura normale di esame e di approvazione (è soppressa la parola “diretta” riferita nel testo vigente all’approvazione) è sempre adottata per i disegni di legge in materia costituzionale ed elettorale, di delegazione legislativa, di conversione in legge dei decreti con forza di legge (per la quale la procedura d’Aula discende attualmente dal secondo comma dell’art. 77 che attribuisce la conversione alle Camere), di autorizzazione a ratificare trattati internazionali, di approvazione di bilanci e consuntivi. Dal testo approvato dall’Assemblea è stata espunta l’ulteriore fattispecie, che era stata introdotta in sede referente, riguardante i progetti di legge diretti all’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza all’Unione europea.

E’ poi limitatamente modificata la previsione dell’attuale terzo comma ora contenuta nell’ottavo comma, che rimette all’autonomia regolamentare delle Camere la previsione di procedure decentrate, cioè dei casi e delle forme di deferimento dell’esame e dell’approvazione dei disegni di legge alle Commissioni, nonché le forme di pubblicità dei lavori delle Commissioni stesse.

 

Per la parte oggetto di sostanziale riforma, il nuovo testo dell’art. 72 consente un superamento eventuale del c.d. bicameralismo perfetto, che richiede che ciascun progetto di legge deve essere approvato, in eguale testo, da entrambi i rami del Parlamento. E’ coordinato con tale eventualità l’intervento effettuato sull’art. 70 per disporre che la funzione legislativa è esercitata dalle due Camere, sopprimendo l’avverbio “collettivamente”.

 

Sono così distinti, per i poteri che ciascuna delle due Camere esercita nella formazione della relativa legge:

§      un procedimento “perfettamente bicamerale”; è il procedimento attraverso il quale le due Camere esercitano ancora, necessariamente, collettivamente la funzione legislativa;

§      un procedimento “eventualmente monocamerale” o che origina alla Camera o al Senato, a seconda della competenza, e del quale l’altro ramo del Parlamento può deliberare l’esame, da effettuare in tempi predefiniti.

 

Al procedimento necessariamente bicamerale sono destinati i progetti di legge quando:

§         la Costituzione prescrive una maggioranza speciale di approvazione;

§         dispongono la conversione di decreto-legge.

 

Il procedimento è altresì necessariamente bicamerale nelle seguenti materie:

§         costituzionale;

§         elettorale;

§         prerogative e funzioni degli organi costituzionali e dei rispettivi componenti;

§         delegazione legislativa;

§         bilanci e consuntivi.

 

Risultano tendenzialmente coincidenti le fattispecie di bicameralismo necessario con quelle che richiedono la “procedura normale”, cioè non decentrata. Si può notare però che non è inclusa tra le leggi necessariamente bicamerali l’autorizzazione a ratificare trattati internazionali, per cui è prevista la riserva di Assemblea, ai sensi dell’art. 72, sia nella formulazione vigente, che in quella novellata.

 

La determinazione della Camera presso la quale inizia il procedimento consegue alla discrezionale scelta del presentatore solo nel caso di progetti di legge che richiedono procedimenti perfettamente bicamerali.

Infatti, i progetti di legge che riguardano, prevalentemente, le materie di cui all’articolo 117, terzo comma, e all’articolo 119, nonché per le leggi di cui agli articoli 122, 125, 132, secondo comma, e 133 devono essere presentati al Senato della Repubblica ai sensi del novellato terzo comma dell’art. 72.

 

Il criterio della materia prevalente ai fini dell’individuazione della Camera competente ad iniziare per prima si rinviene, ad esempio, nell’ordinamento francese, ove, fermo restando il sistema bicamerale, spetta al Senato esaminare per primo i provvedimenti che hanno come oggetto principale l’organizzazione delle collettività territoriali. Al di fuori di queste fattispecie – e di quelle delle “lois de finance” e delle “lois de financement” de la sécurité sociale” che devono essere presentate in prima lettura all’Assemblea nazionale – l’esame dei progetti di legge inizia indifferentemente presso l’una o l’altra Camera.

 

L’oggetto di tali progetti di legge è prevalentemente ascrivibile a materia di:

§      legislazione concorrente;

§      autonomia finanziaria e patrimoniale degli enti territoriali, fondo perequativo, risorse aggiuntive o interventi speciali per gli stessi enti;

§      principi fondamentali in tema di sistema elettorale e ineleggibilità e incompatibilità dei componenti degli organi delle regioni;

§      organi di giustizia amministrativa di primo grado;

§      mutamento delle circoscrizioni regionali, provinciali e comunali.

 

Dal testo approvato dal Senato è stata espunta l’ulteriore fattispecie di procedimento perfettamente bicamerale, prevista dal testo approvato dalla Commissione il 29 maggio 2012, dei disegni di legge, vertenti nelle materie attribuite alla potestà legislativa regionale di cui all’art. 117, quarto comma, finalizzati a garantire l’unità giuridica o economica della Repubblica, purché nel rispetto dei princìpi di leale collaborazione e di sussidiarietà. Tale fattispecie – che configura una sorta di supremacy clause - riguardava esclusivamente i disegni del legge del Governo e comportava la costituzionalizzazione di un principio consolidato della giurisprudenza costituzionale (si veda per es. sent. 303/2003) che però, di fatto, avrebbe innovato l’impianto della riforma del titolo V della II parte della Costituzione pur non toccato dalla riforma.

Il medesimo testo approvato dalla Commissione il 29 maggio 2012 attribuiva alla competenza del Senato anche le leggi che intervengono su oggetti per i quali la Costituzione stabilisce riserva di legge della Repubblica. Peraltro, tali oggetti non erano elencati (come invece prevedeva il testo di legge costituzionale approvato nella XIV legislatura, che li attribuiva però alla competenza bicamerale, poi respinto dal referendum[5]). La ratio della norma non appare tuttavia evidente: se è vero infatti che il riferimento alla legge dello Stato o della Repubblica è stato voluto con un preciso significato dal legislatore che ha riformato il titolo V della Costituzione, lo stesso non può dirsi in relazione alle restanti e preesistenti norme costituzionali, in cui quel riferimento, nella sua forma esplicita, è assai raro. Al di fuori del titolo V, il riferimento alle leggi dello Stato si trova soltanto all’articolo 33, sesto comma, mentre quello alle leggi della Repubblica è presente nella VIII disposizione transitoria e finale, ai commi 2 e 3.

 

La partecipazione ai lavori del Senato dei rappresentanti delle Autonomie con diritto di voto sulle materie di legislazione concorrente ovvero di interesse degli enti territoriali costituisce il presupposto della previsione dell’inizio del procedimento presso il Senato per le fattispecie sopra indicate, riconducibili, al di là della legislazione concorrente, alla formula dell’interesse degli enti territoriali.

Come evidenziato in tema di Senato Federale, tale formula ha potenzialità espansive molto ampie, potendo giungere a coprire materie di competenza esclusiva dello Stato, come nell’esempio ante riportato delle fattispecie di cui all’art. 117, comma secondo, lett. p), che verrebbero così sottoposte al voto dei rappresentanti delle Autonomie.

Si nota poi che nella riforma in esame non è stato toccato il tema del sistema delle conferenze.

 

Le fattispecie che richiedono il procedimento perfettamente bicamerale possono in parte sovrapporsi a quelle che richiedono l’inizio del procedimento presso il Senato: ad esempio, richiedono la legge costituzionale gli interventi normativi di cui all’art. 132 primo comma e interviene in materia elettorale la legge che reca i principi fondamentali ai sensi dell’art. 122, primo comma, Cost..

 

La formulazione del terzo comma, in particolare la clausola di prevalenza contenuta nel secondo periodo, potrebbe riproporre, ai fini delle scelte procedimentali ivi previste, le questioni interpretative che sono andate emergendo in merito alla riconduzione di oggetti normativi ad una delle materie nominate, o innominate, dell’art. 117 Cost.

Si può al riguardo prevedere che il nuovo quadro costituzionale induca o favorisca, nei soggetti titolari della potestà di iniziativa legislativa, la formulazione di testi dal contenuto tendenzialmente omogeneo e dall’esplicito fondamento competenziale; e si può anche, se del caso, ipotizzare l’adozione a tal fine di appositi strumenti legislativi o regolamentari, quali:

§      l’applicazione della tecnica dello “stralcio”, al fine di separare sin dall’inizio le materie in base al principio di competenza, per consentirne l’esame presso la Camera di pertinenza; tale prassi consentirebbe di rispettare il dettato costituzionale, ma inciderebbe sul potere di iniziativa legislativa e potrebbe, nel caso di interventi legislativi complessi e organici, “spezzarne” le interne correlazioni;

§      l’approvazione da parte di ciascuna Camera delle disposizioni di rispettiva competenza; seppure in astratto concepibile, tale ipotesi, oltre a comportare il rischio (derivante dall’eventuale differente composizione politica delle due Camere) di un voto differenziato, condurrebbe a notevoli complicazioni procedurali, per via, tra l’altro, delle modifiche che ciascuna Camera potrebbe proporre sulla parte del testo di competenza dell’altra.

 

Va, tuttavia, considerata l’eventualità in cui siano presentati alle Camere progetti di legge in cui non appaia di immediata comprensione la prevalenza di una materia. Perciò le scelte procedimentali, che possono implicare decisioni complesse, potrebbero dunque offrire nodi problematici, non solo per tale complessità, ma soprattutto per le conseguenze in ordine alla legittimità del procedimento, qualora in sede di sindacato costituzionale si dovesse giudicare della scelta del procedimento seguito secondo una valutazione non conforme a quella alla base della scelta procedimentale.

Il riparto di competenze tra Stato e regioni stabilito dall’art. 117 Cost. viene così chiamato in causa, sia direttamente, sia come effetto indiretto di formule adottate a fini di disciplina del procedimento, sia per la forma del procedimento legislativo (necessariamente collettiva o monocamerale eventuale), sia per l’individuazione della Camera competente ad iniziare il procedimento legislativo.

E’ noto che l’assetto costituzionale di tale riparto ha mostrato una notevole problematicità ermeneutica fin dall’inizio dell’entrata in vigore del riformato Titolo V della Costituzione, sulla cui applicazione è più volte intervenuta la Corte costituzionale. La sua giurisprudenza, negli anni, ha evidenziato la possibilità di individuare, nella stessa materia, i presupposti di interventi di livelli diversi a seconda degli interessi considerati e quindi dell’adeguatezza, nella fattispecie, del livello statale o di quello regionale.

Senza ripercorrere tutte le linee di una giurisprudenza complessa e articolata, basta ricordare quelle pronunce che hanno rilevato il divario esistente tra la rigidità di un criterio di ripartizione di competenze per materia e la realtà degli interessi sottesi alla materia stessa, indicando, sotto lo schermo dell’etichetta di ciascuna materia, una pluralità di interessi pubblici che richiedono di essere indagati e ponderati, cercando l’ambito materiale effettivo attraverso la valutazione dell’elemento funzionale (sent. 383/05). Poiché i parametri della sussidiarietà e dell’adeguatezza convivono con il riparto costituzionale di competenze e possono giustificarne la deroga, gli stessi parametri sono suscettibili di un’accezione procedimentale e consensuale (sent. 303/03). Non tutti gli elenchi dell’art. 117 sono materie in senso stretto perché presentano infiltrazioni di diversi ambiti normativi (sent. 407/02); risultano poi smaterializzate alcune materie in fasci di interessi tra loro incrociati (sent. 282/02). La relazione tra le competenze è quindi dinamica e il punto di equilibrio è fissato dalla legge statale (sent. 307 e 331/03), nel rispetto dei principi di ragionevolezza proporzionalità, la cui sussistenza è oggetto di verifica da parte della Corte costituzionale.

 

Appare quindi opportuna un’approfondita verifica del punto di tenuta dei presupposti di articolazione dei procedimenti legislativi fissati dal riformato articolato 72, il cui snodo viene affidato, dal quarto comma, ai Presidenti delle Camere, le cui decisioni di assegnazione dei progetti di legge alla Camera ritenuta competente, adottate di intesa tra loro, sono definite non sindacabili in alcuna sede.

La natura di questa insindacabilità sembra configurata in termini assoluti; cioè, non limitata alla sede parlamentare, in cui non potrebbe essere messa in discussione da parte delle Assemblee parlamentari, né i rispettivi regolamenti potrebbero prevedere procedure a ciò finalizzate.

 

Tuttavia, anche considerato che la riforma costituzionale non tocca il Titolo VI dedicato alle garanzie costituzionali, non sembra che si possa far discendere da questa insindacabilità una preclusione all'esercizio delle attribuzioni costituzionalmente previste in capo alla Corte costituzionale. L’esercizio di tali attribuzioni potrebbe incidere sulla legittimità delle leggi, una volta che lo stesso art. 72, nel testo riformato, leghi scelte procedimentali - affidate anche ad un criterio di “prevalenza” ai sensi del terzo comma di tale articolo - a presupposti sostanziali come quelli disciplinati dall’art. 117 Cost..

Del resto, la novella all’art. 137 Cost. (v. infra), introdotta nel corso dell’esame in Assemblea del progetto di riforma, ha un effetto ampliativo del ricorso al sindacato di legittimità della Corte costituzionale attraverso l’individuazione di un nuovo presupposto di legittimazione attiva.

Ancora, non sembra che la natura di tale insindacabilità sia tale da circoscrivere il perimetro del vaglio generale di legittimità riconosciuto in capo al Presidente della Repubblica ex art. 74 Cost., disposizione anch’essa non toccata, nella sostanza, dalla riforma. Tanto più che il novellato art. 83 Cost. (v. infra), al terzo comma, espressamente stabilisce che egli “vigila sul rispetto della Costituzione”.

Quindi non sembra che si possa escludere che l’approvazione, da parte di una Camera, di una legge astrattamente di competenza dell’altra possa costituire motivo di rinvio nonostante la decisione dei Presidenti delle Camere in merito alla competenza. In questo caso resterebbe da definire quale sia la Camera destinataria del rinvio: potrebbe essere sia la Camera che ha già approvato la legge (in conformità al dettato dell’art. 74 Cost., che prevede la possibilità che la legge sia sottoposta ad una nuova deliberazione per essere successivamente promulgata), sia quella che il Presidente ritenga effettivamente competente.

La formulazione del riformato quarto comma dell’art. 72 riferisce all’oggetto della decisione insindacabile dei Presidenti la scelta della Camera competente ad iniziare il procedimento. Non è espressamente ascritta a tale decisione la valutazione del carattere necessariamente bicamerale o eventualmente monocamerale dei progetti di legge, ma appare conseguire alla configurazione della disciplina del procedimento analogo potere di valutazione dei Presidenti delle Camere.

I profili problematici rilevati per effetto della connessione tra scelte inerenti al procedimento legislativo e riparto di competenze ex art. 117 Cost. potrebbero essere contenuti, almeno per i progetti di legge attinenti al Titolo V, intervenendo sulla "solitudine" delle scelte dei Presidenti delle Camere in merito agli snodi procedimentali sopra illustrati. Poiché da queste scelte potrebbero derivare effetti alle cui conseguenze i Presidenti risultano esposti, tale solitudine potrebbe essere attenuata dalla previsione di un intervento istituzionale di supporto – da collocare in fase istruttoria - da cui discenderebbe un effetto di condivisione della responsabilità della scelta. Un simile intervento potrebbe essere funzionale anche nell'eventualità, non adombrata dalla disposizione in esame, di un contrasto insanabile tra i due Presidenti circa la decisione da adottare.

Nel testo approvato dalla Commissione il 29 maggio scorso tale supporto avrebbe potuto essere individuato in un contributo istruttorio dell’organo disciplinato dalle disposizioni finali del testo, cioè dalla Commissione paritetica presso il Senato, individuata dall’art. 13.

 

Pertanto, l’approvazione di una legge da parte della Camera astrattamente non competente potrebbe comportarne l’incostituzionalità per error in procedendo. Quindi, sulla base di una consolidata giurisprudenza costituzionale che, a partire dalla sentenza 9/1959, ha affermato la competenza della Corte a controllare l’osservanza delle norme costituzionali che disciplinano il procedimento legislativo, la legge così viziata potrebbe essere dichiarata incostituzionale.

 

Quanto alla portata da attribuire all’insindacabilità delle scelte presidenziali, il sesto comma dell’art. 72 mantiene come oggetto di riserva regolamentare l’obbligo di individuazione di procedimenti abbreviati per i disegni di legge dei quali è dichiarata l'urgenza. Ad esso si aggiunge, per le proposte indicate dai gruppi parlamentari di opposizione, la previsione di modalità per la discussione e la votazione finale in tempi certi.

Analoga riserva non è stabilita per i progetti di legge della maggioranza, ma il settimo comma prevede che il Governo può chiedere che un disegno di legge sia iscritto con priorità all'ordine del giorno della Camera che lo esamina e sottoposto alla votazione finale entro un termine determinato.

Tale previsione, che non dovrebbe riguardare anche l’iscrizione all’ordine del giorno delle commissioni permanenti, non è limitata ai soli disegni di legge del Governo. La formulazione del comma in esame si riferisce, infatti, al “testo proposto o accolto” dal Governo, riguardando così anche progetti di legge presentanti da parlamentari di maggioranza, senza escludere la possibilità che si tratti di testi provenienti dalle opposizioni.

In ogni caso, il decorso del termine consente al Governo l’esercizio della facoltà di richiedere che il provvedimento sia messo in votazione. Tale richiesta blocca la formulazione del testo e la correlata facoltà emendativa dei parlamentari, al voto dei quali è sottoposto in Assemblea, articolo per articolo e con votazione finale.

La disposizione risponde alla necessità di assicurare tempi certi all’approvazione dei provvedimenti considerato fondamentali dal Governo per la realizzazione del proprio programma, finalità oggi spesso perseguita attraverso il meccanismo imperniato su decreto-legge - maxiemendamento – fiducia. L’introduzione della “corsia privilegiata” fornisce al Governo uno strumento forse più formidabile del decreto-legge (che prevede almeno un tempo di conversione di 60 giorni), senza tuttavia sostituirlo, ponendo al Governo l’alternativa di utilizzare in modo fungibile uno dei due strumenti.

Inoltre, non vi è alcuna indicazione dei presupposti per la “corsia preferenziale”, la cui richiesta da parte del Governo appare completamente discrezionale, mentre, invece, l’approvazione del decreto-legge deve rispondere a motivi di necessità ed urgenza (art. 77 Cost.). E’ pur vero che il decreto-legge è immediatamente efficace, a differenza del disegno di legge valutato prioritario dal Governo, tuttavia potrebbe essere opportuno prevedere un obbligo di motivazione della richiesta di priorità da parte del Governo, eventualmente limitando tale richiesta ai soli disegni di legge ritenuti dal Governo essenziali per l’attuazione del suo programma.

Si può notare la disposizione del settimo comma dell’art. 72, prescinde dall’individuazione di presupposti attinenti alla sostanza del testo e dall’individuazione di un termine temporale. In ciò tale previsione differisce dal vigente art. 77 Cost., che, pur riferendosi ad atti normativi già vigenti, garantisce un temine di 60 giorni alla legge di conversione e stabilisce le condizioni sostanziali per l’emanazione degli stessi decreti.

La procedura presenta sostanziali conformità con quella prevista dall’art. 44 della Costituzione francese, ma differenza di quest’ultima non è prevista la possibilità di un blocco limitato a parte del testo, né quella di comprendere nell’oggetto del voto bloccato emendamenti presentati o accettati dal Governo stesso. Inoltre, il richiamato art. 44 non impedisce la discussione di tutti gli articoli e gli emendamenti oggetto di voto bloccato.

Non appare chiaro se la procedura di voto bloccato prevista dal settimo comma sia limitata all’esame presso la Camera che esamina per prima il testo o sia applicabile anche al “riesame” di cui al decimo comma del novellato art. 72.

 

I nuovi commi dal decimo al dodicesimo stabiliscono termini che scandiscono la navette tra le Camere esclusivamente per il procedimento legislativo eventualmente monocamerale.

Il decimo comma prevede cheil disegno di legge, approvato da una Camera, è trasmesso all'altra e si intende definitivamente approvato se entro quindici giorni dalla trasmissione questa non delibera di disporne il riesame su proposta di un terzo dei suoi componenti.” Non sono previsti nè un quorum per tale deliberazione, stabilito invece per la richiesta di esame né è specificato l’atto con il quale deve essere adottata la deliberazione di esame del progetto: entrambi tali elementi sono presumibilmente rimessi ai regolamenti parlamentari.

 

Premesso che non si tratta di un riesame, ma dell’esame della Camera che interviene in seconda battuta, poiché l’undicesimo comma, primo periodo, prevede che la Camera che dispone di riesaminare il disegno di legge deve approvarlo o respingerlo entro i trenta giorni successivi alla decisione di riesame, sembra che la disposizione intenda riservare tale esame all’Assemblea della Camera in questione, escludendo l’intervento delle Commissioni. Se così fosse potrebbe verificarsi che un testo, esaminato presso la prima Camera con procedura decentrata, non potrebbe esserlo anche presso la seconda.

Inoltre, la formulazione del comma, che pone in alternativa solo l’approvazione e il respingimento, sembra precludere interventi emendativi, anche se questa preclusione risulta poi smentita dalla disposizione del dodicesimo comma, che stabilisce che, se la Camera che ha chiesto il riesame, approva con emendamenti o respinge il disegno di legge, questo è trasmesso alla prima Camera, che delibera in via definitiva.

Poiché quest’ultima deliberazione è qualificata “definitiva” deve intendersi che la Camera in questione non abbia alcun potere emendativo sul testo modificato; inoltre, anche qui, la formulazione adottata sembra escludere lo svolgimento sul testo di procedure in commissione.

 

Pertanto, la Camera prima assegnataria è anche decisore ultimo e la navette trova il limite invalicabile complessivo di tre letture.

Il procedimento è molto diverso da quello che era previsto nel testo unificato proposto dal relatore della Commissione affari costituzionali del Senato, dove si prevedeva che, in caso di modifica o reiezione da parte della “seconda” Camera, la Camera competente in via principale deliberasse in via definitiva (la cosiddetta “regola della culla”).

Rispetto a quello, il nuovo testo appare indubbiamente più vicino al bicameralismo tradizionale, con la differenza, sostanziale, dell’eventualità della seconda lettura (si consideri in proposito il quorum molto alto – un terzo dei membri - per la delibera del riesame) e del tempo ridotto (30 giorni) per l’esame.

 

Si può notare che nel vigente testo costituzionale non sono stabiliti termini, salvo quelli di conversione dei decreti-legge ai sensi dell’art. 77 Cost., poiché i tempi dei procedimenti legislativi sono rimessi all’autonomia (regolamentare) delle Camere. Una volta fissati costituzionalmente termini procedimentali verrebbe indirettamente circoscritta l’autonomia regolamentare delle Camere e il rispetto di tali termini costituirebbe materia di sindacato di costituzionalità.

Nei medesimi commi decimo e undicesimo ricorre la formula “si intende definitivamente approvato” che introduce una sorta di silenzio assenso con effetto sul perfezionamento del procedimento legislativo: questa disposizione andrebbe valutata specificamente alla luce della natura della legge, massimo atto di indirizzo politico nel quadro costituzionale, suscettibile di incidere su posizioni soggettive costituzionalmente garantite che, come tale, non dovrebbe tollerare la previsione di deliberazioni implicite.

Inoltre, il termine molto contenuto per la seconda lettura potrebbe non essere sufficiente per un esame adeguato e si potrebbe tradurre nell’attribuzione di un mero potere di veto alla “seconda” Camera. Ma soprattutto verrebbe così istituito un automatismo sull’atto di massima espressione della volontà politica del Parlamento, mentre in altre fattispecie, come quella prevista dal settimo comma dell’art. 72 prevede una tempistica predeterminata (su richiesta del Governo per i propri disegni di legge), prevedendo però la necessità di voto.

Si consideri, inoltre, – dati i tempi ridotti - la facilità con cui una ampia minoranza possa bloccare con una efficace tecnica ostruzionistica la discussione della proposta di legge. Paradossalmente, l’effetto dell’ostruzionismo in questo caso sarebbe quello di accelerare l’approvazione della legge e non quella di rallentarla.

 

Occorre notare che la modifica delle competenze legislative delle Camere non incide esplicitamente sulla potestà di iniziativa legislativa dei deputati e dei senatori.

 

Pertanto, non appare chiaro se la previsione di competenze diverse tra le due Camere produca riflessi anche sull'iniziativa parlamentare, nel senso che senatori e deputati trovino nel suo esercizio il limite della competenza della Camera di appartenenza.

Infatti, come ha rilevato il rappresentante del Governo nel corso dell’esame in sede referente (Senato, seduta della 1a Comm. 24 aprile 2012), ai sensi dell'articolo 72, primo comma, i disegni di legge sono presentati al Presidente di una delle Camere. Tuttavia, al quarto comma, si stabilisce che i disegni di legge sono assegnati a una delle due Camere, d'intesa fra i loro Presidenti. Ne potrebbe derivare la conseguenza che il presentatore di un disegno di legge alla Camera dei deputati che non avesse il requisito anagrafico per far parte del Senato, potrebbe essere autore di una proposta che compete a un consesso di cui non può far parte; i regolamenti parlamentari prevedono ipotesi in cui il presentatore del disegno di legge assume un rilievo anche ai fini dell'esame dell'atto. Se l'intenzione è in senso diverso, si dovrebbe prevedere che i deputati e i senatori presentino i disegni di legge rispettivamente alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica e introdurre, o comunque postulare, una dichiarazione di improcedibilità dell'iniziativa legislativa che fosse presentata presso la Camera che non ne ha la competenza.

 

In proposito, può ipotizzarsi che la proposta vertente su materia di competenza dell’altro ramo del Parlamento debba considerarsi irricevibile dai Presidenti di Camera o Senato. Si ricorda che il vaglio sulla ricevibilità è effettuato oggi in via di prassi alla Camera, mentre è disciplinato dall’art. 8 del regolamento del Senato.

Analoghi problemi si pongono in relazione alla presentazione di emendamenti: anche in questo caso dovrebbero essere considerati irricevibili gli emendamenti concernenti materie di competenza dell’altro ramo del Parlamento (ma farebbero eccezione gli emendamenti a parti del testo rimaste all’esame della Camera di appartenenza in applicazione del principio di prevalenza).

 

In ogni caso resta ferma l’ampiezza del potere spettante al Governo; né muta quello attribuito dalla Costituzione ad altri soggetti e organi (Consigli regionali, CNEL, iniziativa popolare). In assenza di specifiche disposizioni, può ritenersi che questi possano presentare progetti di legge a ciascuna delle due Camere secondo le rispettive materie e che per le ulteriori fasi i progetti seguano la disciplina ordinaria.

Legittimazione alla proposizione della questione di legittimità costituzionale delle leggi

Il testo della riforma trasmesso dal Senato reca una novella all’art. 137 Cost., al quale è aggiunto un comma che attribuisce ad un quarto dei componenti di una Camera la facoltà di sollevare, dinanzi alla Corte costituzionale, la questione di legittimità costituzionale delle leggi approvate dal Parlamento o di decreti legislativi per violazione o eccesso di delega, entro trenta giorni dalla loro entrata in vigore. Tale novella pone una riserva di legge costituzionale per stabilire condizioni, limiti e modalità di esercizio di tale facoltà.

Per effetto della formulazione adottata la facoltà in questione sembrerebbe esercitabile solo nei confronti delle leggi approvate con procedimento bicamerale restando escluse quelle approvate all'esito di procedimento monocamerale.

Il Presidente della Repubblica

Profili generali

Occorre in primo luogo precisare che il testo approvato dalla Commissione il 29 maggio scorso non interveniva sulla figura del Presidente della Repubblica e conteneva novelle dirette a rafforzare il ruolo del Presidente del Consiglio nell’ambito del Governo e la posizione di quest’ultimo nei rapporti con il Parlamento.

Al primo obiettivo può ricondursi la novella dell’ultimo comma dell’art. 92, con la quale è attribuito al Presidente del Consiglio un potere di proposta, nei confronti del Presidente della Repubblica, che riguarda non solo, come già previsto, la nomina dei ministri, ma anche la loro revoca.

In parallelo con questa novella, quanto al secondo obiettivo, si interviene sull’art. 94 con l’effetto di:

§         circoscrivere il rapporto fiduciario al Presidente del Consiglio;

§         introdurre meccanismi di sfiducia costruttiva;

§         prevedere procedure per la conclusione a data certa di procedimenti legislativi e di voto bloccato, secondo quanto già illustrato con riferimento all’art. 72.

In particolare, in tema di fiducia, la riforma dell’art. 94 prevede l’indicazione parlamentare del nuovo Presidente del Consiglio, sia in caso di approvazione di mozione di sfiducia, sia in caso di questione di fiducia.

Il procedimento è orientato ad:

§         aggravare il quorum richiesto per la presentazione della mozione di sfiducia - con un innalzamento notevole del numero di firme necessarie per la richiesta: da un decimo a un terzo dei membri di ciascuna Camera - per la cui approvazione, rimessa al Parlamento in seduta comune, è necessaria la maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera (attualmente non è prevista alcuna maggioranza qualificata), procedura, quest’ultima, del tutto inedita rispetto al vigente quadro costituzionale in cui il Parlamento in seduta comune ha una posizione “terza” rispetto alle due Camere;

§         introdurre una disciplina costituzionale della questione di fiducia, in cui la facoltà del Presidente del Consiglio di richiedere lo scioglimento di una o di entrambe le Camere può essere inibita dall’indicazione parlamentare del nuovo Presidente del Consiglio.

La facoltà affidata al Presidente del Consiglio di richiedere lo scioglimento costituisce un rilevante strumento di dissuasione nei confronti del Parlamento, attivabile a discrezione dello stesso Presidente del Consiglio, le cui potenzialità, tuttavia, non vengono raccordate in modo espresso nel testo della Commissione, con il potere di scioglimento del Capo dello Stato previsto dall'art. 88 Cost., la cui formulazione, infatti, non è toccata da tale testo.

L’istituto della sfiducia costruttiva (art. 94, ottavo e nono comma) è previsto, in grandi Paesi occidentali, come Germania e Spagna, nei quali l’utilizzo dell’istituto non sembra caratterizzato da un’alta frequenza.

 

All’esito dell’esame in Assemblea, nel corso del quale è stata spesso sottolineata l’esigenza di una riforma in senso presidenziale o semipresidenziale della Costituzione, le linee dell’intervento sul Presidente della Repubblica risultano profondamente modificate, secondo una prospettiva da mettere in relazione all’intervento di riforma sulla figura del Presidente del Consiglio.

 

Le principali linee alla base delle novelle che riguardano il Titolo II, il Titolo III e il Titolo IV della Parte Seconda della Costituzione del testo trasmesso alla Camera sono di seguito indicate:

§         elezione a suffragio universale e diretto del Presidente della Repubblica, da parte dei cittadini maggiorenni;

§         presidenza, dal parte del Presidente della Repubblica, del Consiglio dei ministri, salvo delega al Primo ministro;

§         quest’ultima figura sostituisce quella del Presidente del Consiglio: pertanto il Governo è composto dal Primo ministro e dai ministri che costituiscono, insieme, il Consiglio dei ministri;

§         potere del Presidente della Repubblica di nominare il Primo ministro, mentre la nomina e la revoca dei ministri costituiscono potere da esercitare su proposta del Primo ministro;

§         attribuzione della Presidenza del Consiglio superiore della magistratura al primo presidente della Corte di cassazione in luogo dell’attuale attribuzione al del Presidente della Repubblica.

 

Intorno a queste linee di intervento il ruolo del Presidente della Repubblica risulta così costruito.

Elezione del Presidente della Repubblica

Ai fini dell’elezione diretta del Presidente della Repubblica, al cui ufficio può accedere ogni cittadino che abbia compiuto quarant'anni e goda dei diritti politici e civili, il novellato comma terzo dell’art. 83 richiede la presentazione di candidature da parte di un gruppo parlamentare delle Camere, ovvero da duecentomila elettori, o da deputati e senatori, da membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia, da consiglieri regionali, da presidenti delle Giunte regionali e da sindaci, che vi provvedono nel numero e secondo le modalità stabiliti dalla legge.

Questa riserva di legge, per la parte relativa al numero, dovrebbe essere circoscritta alle candidature che provengono da soggetti eletti, mentre, per la parte delle modalità dovrebbe riguardare tutte le candidature.

Il requisito di 200.000 elettori stabilito per la presentazione della candidatura è inferiore a quello stabilito per la presentazione di richiesta di referendum abrogativo e costituzionale (500.000) e superiore a quello stabilito per l’iniziativa legislativa popolare (50.000).

Il potere di indizione delle elezioni, che il vigente art. 87, terzo comma, attribuisce al Presidente della Repubblica, è invece conferito al Presidente del Senato della Repubblica dal secondo comma dell’art. 85, nonché dal secondo comma dell’art. 86, per il caso di impedimento permanente o di morte o di dimissioni del Presidente della Repubblica.

L'elezione, il cui procedimento è rinviato alla legge, è indetta nel novantesimo giorno prima che scada il mandato del Presidente della Repubblica deve aver luogo in una data compresa tra il sessantesimo e il trentesimo giorno precedente la scadenza.

Tale termine è funzionale alle disposizioni (settimo comma) che riguardano l’assunzione delle funzioni da parte del nuovo Presidente della Repubblica che avviene nell’ultimo giorno del mandato del Presidente uscente.

In caso di impedimento permanente o di morte o di dimissioni del Presidente della Repubblica l’elezione è indetta entro dieci giorni e deve svolgersi in una data compresa tra il sessantesimo e il novantesimo giorno successivo al verificarsi dell'evento o della dichiarazione di impedimento. Il Presidente assume le funzioni il settimo giorno successivo a quello della proclamazione dei risultati elettorali.

È eletto il candidato che ha ottenuto la maggioranza assoluta dei voti validamente espressi. Qualora nessun candidato abbia conseguito la maggioranza, il quattordicesimo giorno successivo si procede al ballottaggio fra i due candidati che hanno conseguito il maggior numero di voti (art. 85 quinto comma).

Prescrizione analoga si rinviene nell’ordinamento per l’elezione diretta del sindaco, in quanto l’art. 72 TUEL, per i comuni con più di 15.000 abitanti prevede che sia proclamato eletto sindaco il candidato alla carica che ottiene la maggioranza assoluta dei voti validi. Dopo il secondo turno è proclamato eletto sindaco il candidato che ha ottenuto il maggior numero di voti validi.

La prescrizione della maggioranza assoluta dei voti validamente espressi, sembra presupporre che non vengano computati a questo fine né i voti nulli, né le schede bianche, per dare all’eletto una solida base di voti. Tuttavia, analoga prescrizione non è stabilita per il caso di ballottaggio, né vi sono disposizioni per il caso di parità di voti.

I finanziamenti e le spese per la campagna elettorale, nonché la partecipazione alle trasmissioni radiotelevisive sono regolati dalla legge al fine di assicurare la parità di condizioni fra i candidati.

La legge disciplina la procedura per la sostituzione e per l'eventuale rinvio della data dell'elezione in caso di morte o di impedimento permanente di uno dei candidati.

Il mandato del Presidente della Repubblica

Il Presidente della Repubblica è eletto per cinque anni. Può essere rieletto una sola volta (art. 85)[6]. La durata del mandato presidenziale, attualmente pari a sette anni, viene parificata a quella delle Camere, previsione che tendenzialmente dovrebbe assicurare un’espressione di volontà politica omogenea da parte del corpo elettorale al fine della costituzione dei relativi organi (evitando quindi il rischio della c.d. coabitazione).

L'ufficio è incompatibile con qualsiasi altra carica e attività pubblica o privata. La legge prevede altresì disposizioni idonee ad evitare conflitti tra gli interessi privati del Presidente della Repubblica e gli interessi pubblici. A tal fine la legge individua le situazioni di ineleggibilità e incompatibilità.

Non è chiaro in che limiti la legge potrà individuare tali situazioni in quanto il primo periodo del secondo comma, escludendo la compatibilità dell'ufficio presidenziale con qualsiasi altra carica e attività pubblica o private, stabilisce incompatibilità assoluta.

La legge 215/2004 disciplina il conflitto di interessi di soggetti “titolari di cariche di governo”, nel cui ambito la stessa legge comprende: il Presidente del Consiglio dei ministri, i ministri, i vice ministri, i sottosegretari di Stato e i commissari straordinari del Governo.

 

Le attribuzioni del Presidente della Repubblica

 

La riforma effettua una modifica della sistematica costituzionale, per effetto della quale le attribuzioni del Presidente della Repubblica, indicate dal vigente art. 87, sono definite in primo luogo nell’art. 83, che attualmente ne disciplina l’elezione, nonché dallo stesso art. 87 come novellato.

L’assetto delle attribuzioni conferite dalla riforma al Presidente della Repubblica è completato poi dalle novelle introdotte negli art. 88, 89 e 92, nonché, per sottrazione, 104 Cost..

 

La modifica dell’art. 89 consente di chiarire con immediatezza gli atti di natura esclusivamente presidenziale che, non essendo posti in essere in base a proposta di altri organi, non richiedono controfirma.

Rientrano tra tali atti i seguenti:

§         la nomina del Primo ministro;

§         l'indizione delle elezioni delle Camere e lo scioglimento delle stesse;

§         l'indizione dei referendum nei casi previsti dalla Costituzione;

§         il rinvio e la promulgazione delle leggi;

§         l'invio dei messaggi alle Camere;

§         le nomine che sono attribuite al Presidente della Repubblica dalla Costituzione e quelle per le quali la legge non prevede la proposta del Governo.

Per ogni altro atto del Presidente della Repubblica, il proponente, che sia il Primo ministro o i ministri, ne assume la responsabilità.

Il vigente art. 89 - in un assetto costituzionale in cui lo stesso Presidente è organo di equilibrio istituzionale e di garanzia, assicurando una sorta di controllo preventivo di garanzia costituzionale anche sugli atti del governo - in relazione alle disposizioni dell’art. 87, primo comma, per cui il Presidente della Repubblica è il Capo dello Stato e rappresenta l’unità nazionale, attribuisce allo stesso Capo dello Stato una funzione generalizzata di rappresentanza con effetto di imputazione a tale carica di atti anche rientranti sostanzialmente nelle competenze governative. Perciò tale articolo, nel testo vigente, prevede che nessun atto del Presidente della Repubblica è valido se non è controfirmato dai ministri proponenti, che ne assumono la responsabilità, e che gli atti che hanno valore legislativo e gli altri indicati dalla legge sono controfirmati anche dal Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Quindi, la nomina del Primo ministro, disposta dal primo comma dell’art. 92, come novellato, costituisce atto esclusivamente presidenziale, mentre la nomina e la revoca dei ministri avviene su proposta del Primo ministro.

Come sopra già rilevato con riferimento al testo varato dalla Commissione il 29 maggio scorso, appare opportuno valutare gli effetti del rinnovato sistema di nomina e revoca dei ministri sull’istituto della sfiducia individuale attualmente prevista dal  Regolamento della Camera (art. 115 Regolamento) e disciplinata in via di prassi al Senato.

 

Lo scioglimento delle Camere è espressamente qualificato come facoltà presidenziale dall’ultimo comma introdotto nel novellato art. 88, facoltà che il Presidente della Repubblica esercita, sentito il Primo ministro e i loro Presidenti, e può riguardare una o entrambe le Camere.

Il Presidente della Repubblica può quindi sciogliere una o entrambe le Camere anticipatamente, con il solo limite stabilito dall’ultimo comma del novellato art. 88.

In particolare, in tema di limiti al potere di scioglimento, si nota che non è mantenuto il vigente limite al potere di scioglimento in base al quale tale potere non può essere esercitato nell’ultimo semestre del mandato del Presidente della Repubblica, salvo che non coincida tale periodo, in tutto o in parte, con gli ultimi sei mesi della legislatura. Infatti, se la scadenza delle Camere cade nell’ultimo semestre del mandato presidenziale, la loro durata è prorogata e le elezioni delle nuove Camere si svolgono entro due mesi dall'elezione del Presidente della Repubblica.

E’ invece introdotto un nuovo limite, la cui ratio può essere posta in relazione alla nuova configurazione dei rapporti tra il Presidente della Repubblica e il Primo ministro da un lato e il Governo e la sua maggioranza dall’altro, che consiste nell’esclusione della possibilità di esercitare la facoltà di scioglimento durante i dodici mesi che seguono le elezioni delle Camere. Tale esclusione, da un lato, pone al sicuro, almeno all’inizio un eventuale governo, sorretto da una maggioranza diversa (e non gradita) da quella espressa dal Capo dello Stato, da scioglimenti non immediatamente riconducibili ad un insuperabile stato di disfunzione politico istituzionale; dall’altro, però, qualora tale disfunzione si sia realmente prodotta nel corso del primo anno di legislatura (a.e. se le elezioni non hanno espresso una maggioranza che assicuri la governabilità), non consente al Capo dello Stato di porvi rimedio se lo scioglimento è l’unica via percorribile.

Nell’esperienza francese, richiamata nel corso del dibattito presso l’Assemblea del Senato in quanto simile a quella italiana[7], l’art. 12, ultimo comma, della Costituzione pone il limite di dodici mesi dalla elezioni solo per lo scioglimento che segue ad uno svolto in precedenza e, a garanzia delle Camere, prevede una convocazione di diritto delle Camere elette a seguito di scioglimento.

Anche il progetto di riforma costituzionale del 30 giugno 1997 (A.C. 3931-A e A.S. 2583-A) stabiliva analogo limite al potere di scioglimento legandolo alla fattispecie di elezioni della Camera successive all’elezione del Presidente della Repubblica. Premesso che la durata del mandato presidenziale era discronica rispetto a quella del mandato parlamentare, tale limite era inserito in una disciplina del potere presidenziale che prevedeva che: il Capo dello Stato potesse disporre lo scioglimento anticipato della sola Camera (in quanto Camera politica, mentre il Senato era configurato come Camera delle garanzie e quindi a durata fissa, in coerenza con l’adozione di un sistema parlamentare a bicameralismo differenziato) in caso di dimissioni del Governo; se il termine della legislatura fosse scaduto nel penultimo semestre del mandato presidenziale le elezioni della Camera sarebbero state anticipate del tempio necessario per precedere di dodici mesi l’elezione del Presidente della Repubblica.

 

Il Presidente della Repubblica presiede il Consiglio dei ministri, salvo delega al Primo ministro (art. 92, secondo comma), ma non fa parte del Governo che è costituito dal Primo ministro e dei ministri.

Ferme restando le attribuzioni conferite al Capo dello Stato dal vigente art. 87, salvo quella dell’attuale decimo comma, le novelle introdotte in tale articolo conferiscono al Presidente della Repubblica le seguenti funzioni:

§         rappresentanza della Nazione e di garanzia della relativa indipendenza;

§         vigilanza sul rispetto della Costituzione;

§         assicurazione del rispetto dei trattati e degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia a organizzazioni internazionali e sovranazionali;

§         rappresentanza dell'Italia in sede internazionale ed europea;

§         presidenza del Consiglio Supremo per la politica estera e la difesa, la cui costituzione è rimessa alla legge[8].

 

Restano ferme inoltre le attribuzioni previste da altri articoli, non toccati dalla riforma sotto il profilo della disciplina delle competenze del Capo dello Stato, come l’art. 73 e l’art. 74.

L’attribuzione introdotta nell’art. 87 in tema di vigilanza sul rispetto della Costituzione sembra rafforzare il perimetro di quel vaglio generale di legittimità attualmente alla base del potere di rinvio delle leggi.

Nei confronti del Governo tale attribuzione potrebbe comportare un potere di intervento diretto anche in collegamento con la previsione della presidenza del Consiglio dei ministri da parte del Capo dello Stato.

 

E’ eliminata dalle attribuzioni del Capo dello Stato, come già evidenziato, l’attribuzione della Presidenza del Consiglio superiore della magistratura, conferita al primo presidente della Corte di cassazione, in quanto, come emerge dai lavori parlamentari, “nel momento in cui, in un precedente articolo, si è affermato che il Presidente della Repubblica è nella condizione di presiedere il Consiglio dei ministri, ed essendo il semipresidenzialismo un sistema che tende a separare i poteri piuttosto che a unificarli, attribuendo loro un maggiore grado di autonomia, sembrava impossibile concentrare nelle mani del Presidente della Repubblica anche il ruolo di Presidente del CSM”.[9] D’altro canto, però, nel corso dei lavori parlamentari presso il Senato è stata anche sottolineata la funzionalità di tale attribuzione rispetto ad un principio di responsabilità della magistratura[10].

L’art. 1, comma primo, lett. f) della L.13/1991[11] prevede che il Presidente della Repubblica emani gli atti di nomina e conferimento di incarichi direttivi a magistrati ordinari, amministrativi, militari e ad avvocati dello Stato e l’art. 17, comma 1, della L. 195/1958[12] prevede che tutti i provvedimenti riguardanti i magistrati siano adottati, in conformità delle deliberazioni del Consiglio superiore, con decreto del Presidente della Repubblica controfirmato dal Ministro, ovvero, nei casi stabiliti dalla legge, con decreto del Ministro per la grazia e giustizia.

Non è toccato dalla riforma il primo comma dell’art. 135 Cost. che attribuisce al Capo dello Stato la nomina di un terzo dei giudici della Corte costituzionale.

 

Nell’assetto complessivo della disciplina riferita al Presidente della Repubblica, risultano oggetto di riserve di legge i seguenti profili:

§       presentazioni di candidature a Presidente della Repubblica;

§       determinazione delle situazioni di incompatibilità, ineleggibilità e disciplina del conflitto di interessi;

§       dotazione e assegno presidenziali;

§       finanziamenti e spese della campagna elettorale presidenziale rinforzata dal criterio della par condicio;

§       partecipazione a trasmissioni televisive, la cui riserva è rinforzata dal criterio della par condicio;

§       procedimento elettorale e relative modalità applicative, compresa  sostituzione e rinvio in caso di morte o impedimento permanente di un candidato;

§       nomine per le quali non vi é proposta del governo.

Il Governo

Le scelte normative alla base del testo trasmesso dal Senato - orientate ad introdurre una forma di governo con caratteristiche di fondo tipiche delle forme di governo presidenziali, come l’elezione diretta del Presidente della Repubblica, pur mantenendo una connotazione in senso parlamentare attraverso un tipico istituto come la fiducia parlamentare all’esecutivo delineando una forma di governo semipresidenziale - si sono tradotte nelle seguenti previsioni in tema di Governo.

Il Governo è composto dal Primo ministro e dai ministri, che costituiscono insieme il Consiglio dei ministri (art. 92 primo comma) e, come ante evidenziato, viene meno quindi la figura del Presidente del Consiglio (modifiche consequenziali a quella dell’art. 92 primo comma  sono disposte nel primo comma degli artt. 93, 94, 95 e 96).

Tuttavia, occorre notare che non viene meno la Presidenza del Consiglio, per il cui ordinamento è mantenuta la riserva di legge stabilita dall’ultimo comma dell’art. 95.

La nomina del Primo ministro spetta al Presidente della Repubblica.

Si ricorda che il testo di riforma costituzionale approvata nella XIV legislatura, sottoposta a referendum costituzionale ad esito negativo, vincolava il  Presidente della Repubblica, per la nomina del Primo ministro, ai risultati elettorali della Camera (analogo vincolo era contenuto nel progetto di riforma del 1997). Il potere del Presidente del Consiglio dei ministri, rinominato “Primo ministro”, era significativamente connotato nei confronti sia dei ministri, che poteva nominare e revocare, sia della Camera, della quale poteva chiedere lo scioglimento (tanto che ai fini del relativo decreto presidenziale si prevedeva l’adozione “su richiesta del Primo Ministro, che ne assumeva l’esclusiva responsabilità, mentre il Senato federale non era configurato come parte del rapporto di fiducia. In questo contesto di riforma si prevedeva che il Primo ministro fosse nominato dal Presidente della Repubblica in base ai risultati elettorali della Camera poiché il candidato premier veniva collegato ai candidati alla Camera, e in tal modo indirettamente designato dagli elettori unitamente alla sua maggioranza.

 

Anche la nomina e la revoca dei ministri sono effettuate dal Presidente della Repubblica, ma su proposta del Primo ministro (art. 92 terzo comma).

Il Presidente della Repubblica presiede il Consiglio dei ministri, salvo delega al Primo ministro, ma non fa parte del Governo, che è composto dal Primo ministro e dai ministri.

Pertanto, il rapporto fiduciario e il complessivo regime stabilito in materia dall’art. 94 – di cui resta intatta la complessiva struttura -- continuano a legare il Governo ad entrambe le Camere, e vi resta estraneo il Presidente della Repubblica, tanto che spetta al Primo ministro dirigere la politica generale del Governo, di cui è responsabile, e mantenere l’unità di indirizzo politico ed amministrativo, promovendo e coordinando l'attività dei ministri (art. 95, primo comma).

Il progetto di riforma costituzionale del 30 giugno 1997 (A.C. 3931-A e A.S. 2583-A) non prevedeva la necessità di un iniziale voto di fiducia della camera politica al Governo, in quanto alla presentazione di quest’ultimo alle Camere nei dieci giorni dalla nomina non faceva necessariamente seguito la votazione di fiducia. Alla base di tali scelte vi erano un’impostazione complessiva della forma di governo incentrata sull’elezione diretta del Capo dello Stato, una forte connessione della nomina del Primo ministro con i risultati delle elezioni della Camera politica, di durata diacronica rispetto al mandato presidenziale.

Nel già citato testo di riforma della scorsa legislatura (A.C. 553-A e abb.) il rapporto fiduciario era imputato alla sola Camera dei deputati, in corrispondenza, da un lato, di una composizione del Senato rappresentativa delle realtà territoriali, e, dall’altro, di modalità di esercizio della funzione legislativa, in base alle quali si prevedeva che il Senato – nelle materie non demandate alla legislazione bicamerale paritaria – partecipasse alle procedure legislative secondo forme che consentissero comunque alla Camera di pronunciarsi in via definitiva sui provvedimenti. Inoltre, la fiducia iniziale veniva accordata non più al Governo ma al Presidente del Consiglio dei ministri.

Il testo di riforma costituzionale approvata nella XIV legislatura, sottoposta a referendum costituzionale ad esito negativo non prevedeva che ciascuna Camera si esprimesse con un voto di fiducia su ogni nuovo Governo, ma che il Primo ministro illustrasse il programma di legislatura e la composizione del Governo e che il programma fosse sottoposto al voto della sola Camera dei deputati. La sfiducia al Governo votata dalla Camera ne comportava lo scioglimento, salva l’indicazione del Primo ministro con mozione di “sfiducia costruttiva”, che poteva essere tuttavia presentata e approvata solo dai deputati appartenenti alla maggioranza espressa dalle elezioni.

La forma di governo semipresidenziale

Nella teoria del diritto costituzionale classico, la nozione di forma di governo indica il grado di separazione dei poteri attribuiti agli organi costituzionali dalle norme della Carta fondamentale. In tal senso sono distinzioni ormai pacifiche nel panorama dottrinario quelle tra forme di governo pure, in cui ogni organo esercita autonomamente le proprie competenze senza essere condizionato dagli altri organi e forme di governo miste, caratterizzate da forme di coordinamento e collaborazione tra poteri per l’esercizio delle competenze.

Al fine di valutare il funzionamento della forma di governo occorre prendere in considerazione due aspetti distinti, in primo luogo occorre considerare le modalità con cui la Costituzione disciplina i rapporti tra i poteri cui sono affidate funzioni “politiche”. D’altro canto, occorre anche osservare l’evoluzione “concreta” della forma di governo alla luce dei comportamenti delle forze politiche che sono chiamate ad attuarla.

Si tratta di un metodo ricostruttivo che si adatta particolarmente all’analisi della forma di governo semipresidenziale, che per la sua natura “bicefala” si caratterizza particolarmente per lo stretto collegamento tra il contesto storico – istituzionale e la distribuzione del consenso elettorale.

La forma di governo semipresidenziale sfugge ad una netta classificazione nell’una o nell’altra categoria, in quanto essa riunisce gli istituti del governo parlamentare con un rafforzamento dei poteri del presidente della repubblica.

La forma di governo semipresidenziale è così definita in dottrina in quanto riunisce in un unico modello da una parte caratteri propri della forma di governo parlamentare, (modello Westminster) dall’altra caratteri tipici della forma di governo presidenziale (modello statunitense). La Costituzione francese del 1958-1962 realizza appieno questo modello in quanto prevede l’elezione popolare diretta del Capo dello stato (che è anche leader della maggioranza parlamentare), che nomina il Governo a cui l’assemblea concede la fiducia.

In pratica il Presidente eletto con voto popolare, è il leader della maggioranza parlamentare  ed è quindi in grado di attuare un indirizzo politico proprio.

I contropoteri previsti alla concentrazione di potere nell’organo di vertice dell’esecutivo francese trovano un bilanciamento da una parte nella previsione del referendum popolare come questione di fiducia, dall’altra lo scioglimento dell’Assemblea Nazionale (L.ELIA; Voce forme di Stato e forme di governo)

 

 


Le riforme della parte II della Costituzione
nella XIV e nella XV legislatura

La legge di revisione costituzionale approvata nella XIV legislatura

Nel corso della XIV legislatura (2001-2006) il Parlamento ha approvato una legge costituzionale, originata da un progetto di iniziativa governativa, con cui si operava una generale riscrittura della Parte II della Costituzione, concernente l’ordinamento della Repubblica.

La legge costituzionale non è tuttavia entrata in vigore, essendo stata richiesta la sottoposizione a referendum popolare, ai sensi dell’art. 138 della Costituzione. Il referendum, svoltosi il 25 e 26 giugno 2006, ha avuto esito non favorevole all’approvazione della legge costituzionale, che pertanto non è stata promulgata.

In estrema sintesi, si ricordano qui di seguito i principali aspetti innovativi della riforma.

Essa prevede che la composizione e le funzioni del Parlamento mutino in direzione del superamento dell’attuale “bicameralismo perfetto”. Il numero dei parlamentari si riduce (i senatori passano da 315 a 252 e i deputati da 630 a 500, oltre ai 18 eletti all’estero e a 3 deputati a vita nominati dal Capo dello Stato). Il Senato è rinominato “Senato federale della Repubblica” e diviene, nell’intento del legislatore costituzionale, l’organo di raccordo, a livello nazionale, tra i livelli rappresentativi regionali e quello statale. Al fine di garantire tale raccordo, i senatori sono eletti in ciascuna Regione contestualmente al rispettivo consiglio regionale (se questo si scioglie decadono anche i senatori eletti nella Regione). Partecipano ai lavori del Senato federale (senza diritto di voto) rappresentanti delle Regioni e degli enti locali.

Muta anche il procedimento legislativo, introducendosi per la maggior parte delle materie una procedura a prevalenza monocamerale: la Camera esamina i progetti di legge nelle materie sulle quali lo Stato ha competenza legislativa esclusiva; il Senato federale quelli concernenti la determinazione dei princìpi fondamentali nelle materie di competenza legislativa concorrente tra Stato e Regioni. L’altro ramo del Parlamento può proporre modifiche al progetto di legge, ma la decisione definitiva spetta alla Camera competente in via principale. Per alcune materie di particolare rilievo resta ferma la procedura bicamerale, ma in caso di disaccordo la stesura del testo può essere affidata a una commissione composta da 30 deputati e 30 senatori, ferma restando la votazione finale da parte di entrambe le Camere.

Il Presidente del Consiglio dei ministri, rinominato Primo ministro, nomina e revoca i ministri e gode di forti prerogative nei confronti della Camera dei deputati, della quale può chiedere lo scioglimento: non nei confronti del Senato federale, tuttavia, al quale non è più legato dal rapporto di fiducia. Il Primo ministro è nominato dal Presidente della Repubblica in base ai risultati elettorali della Camera. Il candidato premier, formalmente collegato alle candidature per l’elezione della Camera, è in tal modo indirettamente designato dagli elettori unitamente alla sua maggioranza. Il rigido legame tra Primo ministro e maggioranza espressa dalle elezioni emerge da vari aspetti del testo; in particolare: non è più previsto il voto di fiducia iniziale sul Governo; la Camera può bensì votare la sfiducia al Governo, ma ciò comporta il suo scioglimento; essa può sostituire il Primo ministro ricorrendo a una mozione di “sfiducia costruttiva”, che può essere tuttavia presentata e approvata solo dai deputati appartenenti alla maggioranza espressa dalle elezioni. Il Primo ministro è tenuto alle dimissioni non solo qualora una mozione di sfiducia sia approvata, ma anche quando la sua reiezione si debba al voto determinante di deputati non appartenenti alla maggioranza espressa dalle elezioni.

Il testo introduce varie disposizioni a garanzia delle opposizioni parlamentari.

In correlazione ai poteri attribuiti al Primo ministro, si riducono quelli del Capo dello Stato, che peraltro esercita alcune nuove funzioni (ad es., nomina dei presidenti delle Autorità indipendenti, del presidente del CNEL e del vicepresidente del CSM). Mutano altresì i requisiti e le modalità di elezione, affidate a un nuovo organo, l’Assemblea della Repubblica, composto dai membri delle due Camere e da un’ampia rappresentanza regionale.

Quanto ai rapporti tra Stato, Regioni ed autonomie locali, essi sono espressamente presidiati dai princìpi di “leale collaborazione” e di “sussidiarietà”. In quest’ottica, il testo costituzionale valorizza il sistema delle Conferenze Stato-autonomie. La riformulazione dell’art. 117 Cost. ridefinisce, a volte attraverso un ulteriore “ritaglio” di materie, l’assetto delle competenze legislative tra Stato e Regioni. Una particolare procedura affidata al Parlamento in seduta comune consente l’annullamento delle leggi regionali contrarie all’interesse nazionale.

Tra le numerose altre disposizioni incidenti sul Titolo V, si ricorda la possibilità attribuita agli enti locali di ricorrere alla Corte costituzionale avverso leggi, statali o regionali, lesive delle proprie competenze, in casi e modi da definire con legge costituzionale, e la disposizione transitoria che “alleggerisce” l’iter per la formazione, nei cinque anni dall’entrata in vigore della riforma, di nuove Regioni con almeno un milione di abitanti.

Ulteriori novità concernono la composizione della Corte costituzionale e del CSM, il riconoscimento costituzionale del ruolo delle Autorità indipendenti, il procedimento di revisione costituzionale (consentendosi in ogni caso il ricorso al referendum confermativo).


 

Il progetto di riforma esaminato nella XV legislatura

L’esito negativo del referendum sulla legge costituzionale di riforma della Parte II della Costituzione, anche alla luce delle passate esperienze (in particolare di quella della Commissione parlamentare per le riforme istituzionali che ha svolto la sua attività nella XIII legislatura), ha inciso sul dibattito politico-parlamentare in materia di riforme istituzionali, ritenendosi da più parti che non fosse opportuno insistere sul modello della “Grande Riforma”, e che si dovesse invece perseguire il più ampio consenso possibile intorno a quegli interventi costituzionali, di portata più circoscritta, che apparissero urgenti e maturi.

L’attenzione si è focalizzata sui temi della riduzione del numero dei parlamentari; del superamento del bicameralismo perfetto; del rafforzamento dell'esecutivo in Parlamento; di una miglior definizione del rapporto Stato-autonomie territoriali.

Seguendo questa linea, nella XV legislatura (2006-2008) la Commissione Affari costituzionali della Camera dei deputati ha approvato un testo unificato di alcune proposte di legge costituzionale di iniziativa parlamentare recanti modifiche a diversi articoli della Parte II della Costituzione (A.C. 553 e abb.-A). L’Assemblea ha discusso soltanto gli articoli 2 e 3 del progetto; l’iter non è proseguito a causa della fine anticipata della legislatura.

I tratti innovativi del progetto di legge costituzionale sono i seguenti:

§      la riduzione del numero dei parlamentari in entrambi i rami del Parlamento, e la riduzione dell’età minima per l’esercizio dell’elettorato attivo e passivo;

§      l’abbandono del bicameralismo perfetto, mediante:

§      l’istituzione di un Senato federale, eletto non più a suffragio universale e diretto ma con elezioni di secondo grado ad opera dei Consigli regionali e del Consiglio delle autonomie locali, rispettivamente tra i consiglieri regionali e tra gli eletti nei consigli degli enti locali;

§      la diversificazione delle funzioni delle due Camere sia nell’ambito del procedimento legislativo, sia con riguardo al rapporto di fiducia con il Governo, che intercorre con la sola Camera dei deputati;

§      modifiche nella forma di governo e nei rapporti tra Governo e Parlamento, principalmente mediante:

§      la previsione che il Capo dello Stato nomini il Presidente del Consiglio dei ministri “valutati i risultati delle elezioni per la Camera dei deputati”;

§      la previsione che il voto di fiducia venga accordato (dalla sola Camera) non al nuovo Governo nel suo complesso bensì al Presidente del Consiglio dei ministri, e l’introduzione di un quorum per l’approvazione della mozione di sfiducia (l’ipotesi di introdurre un meccanismo di sfiducia costruttiva aveva anch’essa formato oggetto di dibattito in Commissione, ed era stata rimessa alla riflessione dell’Aula);

§      l’attribuzione al Presidente del Consiglio del potere di proporre la revoca (oltre che la nomina) dei ministri;

§        l’attribuzione al Governo di più incisivi poteri sull’ordine del giorno delle Camere, e la correlativa introduzione di limiti alla decretazione d’urgenza;

§        l’abbassamento dei requisiti di età per l’elezione a Presidente della Repubblica (da 50 a 40 anni).

 

 


Cronologia dei lavori parlamentari


Nota esplicativa

La cronologia seguente consiste in una sintesi, seduta per seduta, dei lavori preparatori del disegno di legge di riforma della Parte II della Costituzione approvato dal Senato in prima deliberazione il 25 luglio 2012.

Per ciascuna seduta vengono brevemente illustrati il dibattito e le votazioni effettuate. Senza alcuna pretesa di completezza, ma con l’intento di fornire una guida per orientarsi nell’iter del testo di legge.

Precede la cronologia una tavola di corrispondenza degli articoli (tabella 1) che consente - partendo dall’articolo della Costituzione di interesse - di rintracciare l’articolo del disegno di legge (nei testi approvati in sede referente e in Assemblea) che modifica quella data disposizione costituzionale. La tabella si conclude con l’A.C. 5386, corrispondente al testo approvato dal Senato in prima deliberazione il 25 luglio 2012 e trasmesso alla Camera.

Nella cronologia sono stati utilizzati i seguenti simboli grafici:

è = interventi su questioni procedurali

O = audizioni

I = votazioni

 

 

 


Senato della Repubblica, prima deliberazione (A.S. 24 e abb.)

Tabella 1. L’esame degli articoli A.S. 24

N.B.: in grassetto sono indicate le date delle sedute in cui è stato trattato ciascun articolo; i numeri indicano gli emendamenti approvati nella seduta di riferimento

 

 

Argomento

A.S. 24 e abb. Testo Unificato

Esame in sede referente

A.S. 24 e abb. Testo Unificato

Discussione in Assemblea

A.C. 5386

Senato Federale (art. 55 Cost.)

 

 

 

27.6.2012
Approvato emen.2.550

(testo 2) e subem. 2.550 testo 2/101 (testo 3).

Art. 1

Camera dei deputati (art. 56 Cost.)

 

Art. 1

23.5.2012
1.4 (testo 2)
approvato

Art. 1

19.6.2012
accantonati da 1.207a 1.231

20.6.2012
accantonato

21.6.2012
ant.(esame em. aggiuntivi precedentemente accantonati)

21.6.2012 pom. approvato

24.7.2012
1.207

1.208

1.209

Art. 2

Elezione e struttura del Senato (art. 57 Cost.)

Art. 2

23.5.2012
2.29 (testo 2)

24.5.2012
a
pprovato

21.6.2012

rinvio in Commissione dell’intero articolo e dei connessi emendamenti

Art. 2

 

20.6.2012

21.6.2012

27.6.2012
2.550 (testo 2) /101 (testo 3) come interamente sostituito dall’emendamento 2.550 (testo 2).

Art. 3

Requisiti per l’eleggibilità a senatore (art. 58 cost.)

Art. 3

23.5.2012

24.5.2012

29.5.2012
3.6 (testo 2)
3.7 (testo 2)
3.0.9 (testo 2)
(parere favorevole relatore)
3.0.15 (testo 3)
approvato

Art. 3

18.7.2012
approvato

Art. 4

Modalità di funzionamento delle Camere (art. 64 Cost.)

Art. 4

23.5.2012
accantonati

Art. 4

18.7.2012
4.206
4.0.204 (testo 2)
accantonato

18.7.2012
approvato

Art. 5

Indennità parlamentare (art. 69 Cost.)

Art. 5

23.5.2012
accantonati

29.5.2012
5.34 (testo 2); 5.34 (testo2)/1; 5.34 (testo 2)/6 ; 5.34 (testo 2)/7; 5.34 (testo 2)/12;
(subemendamento) 5.34 (testo 2)/100

Art. 5

 

18.7.2012 (nott)

19.7.2012 (ant.)
approvato

Art. 6

Formazione delle leggi (art. 70 Cost.)

Art. 6

29.5.2012
6.1 , 6.2
Soppressivi dell’art.6 approvati con parere favorevole del relatore

 

Art. 6

 

19.7.2012 (ant.)
approvato

Art. 7

Procedure legislative ed organizzazione per commissioni (art. 72 Cost.)

Art. 7

24.5.2012
7.100 (relatore)

Art. 7

 

19.7.2012(ant)
7.224
7.225
7.226 (testo 2)
24.7.2012( ant.)
7.250
7.254

19.7.2012
approvato

Art. 8

Promulgazione della legge (art. 74 Cost.)

Art. 8

23.5.2012
8.8 accantonato

Art.8

24.7.2012 (ant.) approvato

Art. 9

Referendum abrogativo (art. 75 Cost.)

Art. 9

23.5.2012
a
ccantonati

29.05.2012
9.10
9.18
9.25

Art. 9

21.6.2012
accantonati
9.0.500, 9.0.501
9.0.502, 9.0.503
9.0.504, 9.0.55,
9.0.506, 9.0.507

24.7.2012(ant.)
approvato

9.0.500
9.0502
9.0.302
9.0.504
9.0.506
9.0.507

Art. 10

Governo e Primo ministro (art. 92 Cost.)

Art. 10

24.5.2012

29.05.2012
10.0.100
(aggiuntivo dell’articolo 10-bis)
10.0.100/1

Art. 10

21.6.2012
accantonato
10.500

24.7.2012(ant.)
soppresso dall’approvazione
dell’emendamento
10.500

Art. 10

soppresso

Governo in Parlamento(art. 94 Cost.)

Art. 11

 

 

24.7.2012 (ant.)
soppresso a seguito dell’approvazione
dell’emendamento
10.500

Art.11

soppresso

Ordinamento regionale (art. 131 Cost.)

 

 

 

21.6.2012
accantonato
12.0.500

24.7.2012
12.0.500

Art. 12

soppresso

Disposizioni transitorie

Art. 13

 

 

27.6.2012
soppressione art.13
2.550 (testo 2)/101 (testo 3)

Art.13

soppresso

Poteri del Capo dello Stato (art. 83. Cost.)

 

 

 

3.7.2012
9.0.500 posto in votazione per parti separate

Art. 11

Requisiti per l’eleggibilità a Presidente della Repubblica (art. 84 Cost.)

 

 

 

3.7.2012
9.0.500
posto in votazione per parti separate

Art.12

Durata del mandato presidenziale (art. 85 Cost.)

 

 

 

3.7.2012

9.0.500
posto in votazione per parti separate

Art. 13 Cost.

Impedimento e supplenza del Capo dello Stato (art. 86 Cost.)

 

 

 

3.7.2012
9.0.500
posto in votazione per parti separate

Art.14 co. 1

 

Poteri del capo dello stato (art.87 Cost. co. 1-5)

 

 

 

3.7.2012
9.0.500
posto in votazione per parti separate

Art. 11

Poteri del capo dello stato (art. 87.co.13 – 17 Cost.)

 

 

 

3.7.2012
9.0.500
posto in votazione per parti separate

Art.15 co.1 lett. a) e b)

Scioglimento delle Camere (art. 88 Cost)

 

 

 

3.7.2012
9.0.500
posto in votazione per parti separate

Art. 16

Controfirma ministeriale (art. 89 cost.)

 

 

 

3.7.2012
9.0.500
posto in votazione per parti separate

Art. 17

Presidente del consiglio (art.92 co 1, 2 cost.)

 

 

 

3.7.2012
9.0.500
posto in votazione per parti separate

Art. 18 co 1

Presidente del Consiglio (art. 93 Cost.)

 

 

 

3.7.2012
9.0.500
posto in votazione per parti separate

Art. 18 co. 2

Direzione e coordinamento del Governo (art. 95 co.1)

 

 

 

3.7.2012
9.0.500
posto in votazione per parti separate

Art. 18 co. 2

Ordinamento giurisdizionale (art. 104 Cost.)

 

 

 

21.6.2012
accantonato
11.0.500

24.7.2012
11.0.500

Art.19 co. 2

Scioglimento del Consiglio regionale e commissione paritetica (art. 126 Cost.)

 

 

 

24.7.2012 (pom.)
approvato

 

Art. 20

Legittimazione ad adire la Corte Costituzionale (art. 137 Cost.)

 

 

 

24.7.2012
12.0.500/1
12.0.500 (testo 2)

Art. 21

 

 

 


Esame in sede referente

Discussione generale

10 giugno 2008

La 1ª Commissione inizia l’esame della proposta di legge A.S. 24 presentata dal senatore Peterlini (UDC) sulle modifiche agli articoli 55 e 57 e sull’abrogazione dell’articolo 58 della Costituzione.

II presidente Vizzini (UDC) relatore della proposta di legge, svolge la relazione illustrativa. Tale proposta di legge, che contempla la modifica della denominazione del Senato in “Senato federale della Repubblica”, determina una nuova modalità di composizione dell’organo costituzionale ed una correlativa riduzione del numero dei senatori. A conclusione della seduta, il Presidente dichiara l’intenzione di informare il Governo, affinché possa valutare l’opportunità di presentare un proprio disegno di legge di revisione costituzionale, e formula inoltre l’auspicio di un confronto costruttivo sul tema delle riforme costituzionali fra tutti i Gruppi parlamentari.

 

18 marzo 2009 (pom.)

è Il Presidente Vizzini evidenzia, a seguito della lettura di una lettera del Presidente del Senato, l’opportunità di procedere all’esame in forma congiunta di tutte le proposte di riforma costituzionale frattanto pervenute alla Commissione. Si tratta oltre che del progetto di legge costituzionale A.S. 24 ad iniziativa Peterlini (UDC) già all’esame della Commissione;delle proposte di legge A.S. 1178 d’iniziativa del senatore Zanda (PD), A.S. 1086 di iniziativa Ceccanti (PD) ed altri, ed infine della proposta di legge A.S. 1114 di iniziativa Pastore (PDL) ed altri. Il Presidente invita i rappresentanti dei gruppi parlamentari a decidere se esaminare i progetti di legge de qua in forma congiunta, ovvero se procedere in via prioritaria all’esame delle proposte relative alla riduzione del numero dei parlamentari.

Intervengono nella discussione sull’esame prioritario dei progetti di legge sulla riduzione del numero dei parlamentari, il senatore Boscetto (PdL), la senatrice Incostante (PD), il senatore Benedetti Valentini (PDL), il senatore Marino (PD), il senatore Lauro (PdL), ed il senatore Pastore (PDL).

Il Presidente Vizzini (UDC) rinvia la decisione della questione alla successiva seduta dell’Ufficio di Presidenza integrato dai rappresentanti dei Gruppi parlamentari.

 


 

20 luglio 2011 (pom.)

Il senatore Bianco (PD) formula la richiesta di convocare l’Ufficio di Presidenza integrato con i Gruppi parlamentari, al fine di procedere in via preliminare all’esame dei progetti di legge costituzionale sulla riduzione del numero dei parlamentari. Queste proposte di legge andrebbero esaminate, ad avviso dello stesso, separatamente rispetto alle altre proposte di modifica della Costituzione, poiché tutti i Gruppi parlamentari hanno dimostrato un orientamento convergente sulla opportunità di procedere, entro il termine della legislatura, all’approvazione di una legge che riduca il numero dei parlamentari. Interviene il sen. Boscetto (PdL) ricordando invece che nella precedente seduta della Commissione si era già preannunciata la possibilità di procedere ad un esame congiunto di tutte le proposte di legge che attengono ad una riforma globale della Costituzione.

Il sen. Lauro (PdL) sottolinea nel suo intervento la stretta connessione tra il tema della riduzione del numero dei parlamentari ed il tema della riforma dei Regolamenti,in relazione alle procedure di programmazione dei lavori nelle Commissioni e nelle Assemblee.

Il Presidente della seduta sen. Benedetti Valentini (PdL) segnala invece che, parallelamente all’esame dei disegni di legge costituzionale al Senato, si sta svolgendo un’indagine conoscitiva presso le Commissioni congiunte di Camera e Senato sulle questioni inerenti la revisione costituzionale in materia di ordinamento della Repubblica.

 

Indagine conoscitiva delle Commissioni congiunte Affari Costituzionali della Camera e del Senato

Le Commissioni congiunte Affari costituzionali di Senato e Camera hanno deliberato di svolgere un’indagine conoscitiva sulle questioni inerenti il processo di revisione costituzionale in materia di ordinamento della Repubblica, come atto preliminare a possibili riforme della Costituzione. Le sedute hanno avuto luogo il 31 marzo 2011, il 17 maggio 2011 ed il 7 giugno 2011.

 

7 giugno 2011 (ant.)

OLe Commissioni riunite svolgono l’audizione di rappresentanti dei sindacati, delle associazioni delle imprese e delle associazioni del terzo settore. Ai soggetti partecipanti è stato preventivamente inviato un questionario, al fine di raccogliere elementi di utilità specifici per i lavori delle Commissioni.

Segue l’audizione dei rappresentanti dell’Associazione liberi professionisti; dell’ANCE; della CGIL; della Confederazione italiana agricoltori; della CISAL; della CISL; della Confagricoltura; della Confcommercio; della Confcooperative; della Confindustria; della Confederazione sindacale italiana libere professioni, della Confederazione nazionale dei servizi; della Lega nazionale cooperative e mutue; dell’Unione generale del lavoro; dell’Unione italiana del lavoro; dell’Unione nazionale cooperative italiane; dell’Unione delle Camere di commercio d’Italia.

 

 

 

11 ottobre 2011 (pom.)

èViene annunciata la presentazione di un disegno di legge di revisione costituzionale di iniziativa governativa, A.S. 2941 in materia di riduzione del numero dei parlamentari, dell’istituzione del Senato federale e di modifiche alla forma di governo.

Il Presidente Vizzini (UDC) comunica la decisione dell’Ufficio di Presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi parlamentari di procedere all’esame in sede referente del disegno di legge costituzionale di iniziativa governativa AS 2941 congiuntamente all’esame delle proposte di legge costituzionale AS 24 e dei disegni di legge costituzionale A.S. 216, A.S. 894, A.S. 1086, A.S. 1114, A.S. 1218, A.S. 1548, A.S. 1589, A.S. 1590, A.S. 1761, A.S. 2784, A.S. 2875, attinenti alla revisione della forma di governo e della riforma delle funzioni del Parlamento. Inoltre il Presidente specifica che la trattazione di tali progetti di legge avverrà in forma distinta rispetto alle proposte aventi ad oggetto la riduzione del numero dei parlamentari.

L’esame congiunto delle proposte di legge costituzionale A.S. 1178, 1633, 1946 e 2821, in forma autonoma è stata deliberato dalla Commissione nella seduta del 27 luglio 2011, recependo la proposta avanzata dal senatore Bianco (PD) che, a nome del suo gruppo, chiedeva che si svolgesse una votazione, relativa all'iscrizione all'ordine del giorno e all'inizio effettivo dell'esame dei progetti di legge costituzionale inerenti la riduzione del numero dei parlamentari. Tale proposta è stata anche sostenuta e votata dal senatore Peterlini (UDC), a nome del suo Gruppo, e dal senatore Belisario (IDV) a nome del suo Gruppo. Il senatore Bodega (LNP) invece ha confermato la preferenza del suo Gruppo per un esame complessivo delle proposte di riforma costituzionale riguardanti la struttura e il funzionamento del Parlamento.

Di conseguenza, l’esame delle suddette proposte di legge è iniziato nella seduta del 7 settembre 2011 e del 14 settembre 2011 con le relazioni illustrate dai relatori; del 20 settembre 2011 in cui si è proceduto alla discussione generale; e del 4 ottobre 2011, in cui si è passati alla illustrazione degli emendamenti sulle suddette proposte di legge.

Intervengono nella discussione i senatori Pardi (IdV) e Peterlini (UDC); entrambi sottolineano che la priorità riconosciuta al tema della consistente riduzione del numero dei parlamentari comporta la necessità di improntare l’esame in Commissione a criteri di massima semplicità, anche per favorire una maggiore comprensione dell’opinione pubblica. I senatori Malan (PdL) e Boscetto (PdL) invece evidenziano la necessità di mantenere comunque un adeguato livello di rappresentanza democratica attraverso il rispetto della giusta proporzione tra eletti ed elettori.

 

19 ottobre 2011 (pom.)

Il senatore Quagliariello (PdL), informa la Commissione della decisione dell’Assemblea di trattare con procedura d’urgenza il disegno di legge costituzionale AS 2941 di iniziativa governativa.

Il senatore Bianco (PD), si dichiara contrario alla trattazione prioritaria del suddetto disegno di legge. Intervengono inoltre il senatore Pardi (IdV) ed il senatore Zanda (PD).

Il ministro Calderoli illustra la posizione del Governo. Egli sottolinea che si è verificato un fatto nuovo, consistente nella presentazione di un disegno di legge di iniziativa governativa relativo alla riforma della Parte seconda della Costituzione e nella conseguente dichiarazione d’urgenza di esame dello stesso deliberata dal Senato. In tal senso ribadisce l’orientamento favorevole del Governo di procedere ad una riforma globale sussistendo, peraltro, i tempi tecnici per approvare la stessa.

La proposta di legge di iniziativa governativa A.S. 2941 recante disposizioni concernenti la riduzione del numero dei parlamentari, l’istituzione del Senato federale della Repubblica e la forma di Governo, affronta tre tematiche fondamentali: il superamento del bicameralismo perfetto, l’istituzione del Senato federale, il rafforzamento dell’Esecutivo e la riduzione del numero dei parlamentari.

La riforma del bicameralismo costituisce l’obiettivo primario del disegno di legge governativo. Il Senato muta di denominazione, assumendo quella di “Senato federale”, e qualificandosi come Camera di composizione degli interessi locali e nazionali. L’esercizio della funzione legislativa è sottoposto a significative modifiche, poiché in ragione della modifica all’art. 72, il tipo di procedimento legislativo viene applicato in base alla materia in cui ricade il disegno di legge, e l’esercizio collettivo della funzione da parte delle Camere è limitato solo ad alcuni casi particolarmente importanti. Inoltre si interviene sulla ripartizione delle competenze legislative ai sensi dell’art. 117, comma 2 e 3.

Il rafforzamento del ruolo dell’Esecutivo e del Presidente del Consiglio (che nel d.d.l. costituzionale assumerebbe la denominazione di Primo Ministro), contempla innanzitutto la modifica della legge elettorale, nel senso di consentire la formazione di maggioranze solide. In secondo luogo, sotto il profilo della relazione fiduciaria tra Governo e Parlamento, viene riformulata la disciplina delle procedure fiduciarie, segnatamente della mozione di sfiducia. Il disegno di legge introduce altresì il potere del Primo Ministro di richiedere al Presidente della Repubblica lo scioglimento delle Camere anche indipendentemente dall’approvazione di una mozione di sfiducia. Ulteriori modifiche riguardano l’introduzione di norme a garanzia dei diritti dell’opposizione, mentre non vengono mutati gli istituti di garanzia dell’ordinamento repubblicano, quali Presidente della Repubblica e Corte Costituzionale.

Di seguito si procede con gli interventi dei senatori Bricolo (LNP), Peterlini (UDC), Quagliariello (PdL) e Zanda (Pd).

Il Presidente Benedetti Valentini (PDL) precisa che la proposta di svolgimento in forma congiunta dell’esame dei progetti di legge in materia di riduzione del numero dei parlamentari e di riforma del bicameralismo e della forma di governo sarà sottoposta ad una votazione della Commissione.

La proposta di svolgere in forma congiunta l’esame dei disegni di legge costituzionale A.S. 216 e connessi, A.S. 2941 di iniziativa del Governo, A.S. 24 e dei disegni di legge costituzionale A.S. 1178 e connessi concernenti la riduzione del numero dei parlamentari, è quindi approvata.

 

20 ottobre 2011 (ant.)

La Commissione esamina i progetti di legge costituzionale in materia di riduzione del numero dei parlamentari. Il senatore Boscetto (PdL) riferisce sui disegni di legge in sostituzione del relatore Vizzini. Segnala che tutte le proposte di legge di revisione costituzionale hanno in comune la drastica riduzione del numero dei parlamentari. La maggior parte di esse propone modifiche costituzionali da innestare sulla forma di governo parlamentare, (come ad esempio A.S. 24, A.S. 2875 e A.S. 216); altre propongono l’adozione di un modello presidenziale di derivazione statunitense. Molte proposte contegono la trasformazione del Senato in Camera di composizione degli interessi locali, proponendo anche il mutamento di denominazione in Senato federale.

 

26 ottobre 2011 (pom.)

Il Presidente Vizzini (UDC) dichiara che nelle prossime sedute della Commissione sarà affrontato l’esame del disegno di legge A.S. 24 e connessi riguardanti la riforma del Parlamento e la forma di governo. Informa inoltre i membri della Commissione che intende svolgere una serie di incontri con i gruppi parlamentari per valutare la convergenza tra le parti politiche su quelle proposte che comportano una revisione ampia della Costituzione. Egli preannuncia altresì che in caso di esito negativo dei suddetti incontri, rassegnerà le dimissioni dall’incarico di relatore delle proposte di legge, poiché non sussisterebbero i presupposti per lo svolgimento del suo ruolo.

Riporta altresì la dichiarazione del Senatore Bianco (Pd) che chiede di procedere in via prioritaria con l’esame dei disegni di legge relativi alla riduzione del numero dei parlamentari. Infine il Presidente riferisce la dichiarazione del Ministro Calderoli che rinnova la richiesta di dedicare un certo numero di sedute settimanali della Commissione all’esame del disegno di legge governativo A.S. 2941 che contempla una più ampia revisione della forma di governo.

 

2 novembre 2011 (pom.)

Il Presidente Vizzini (UDC) si dimette dall’incarico di relatore, come preannunciato nella seduta del 26 ottobre e si  riserva di designare un altro senatore in sua sostituzione. Dichiara di riservarsi di  continuare a svolgere il proprio ruolo di Presidente della Commissione per favorire il dialogo tra le parti politiche.

 

23 novembre 2011 (pom.)

Il Presidente rende noto che, a seguito della riunione dell’Ufficio di presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi parlamentari, si è deliberato di proseguire con l’esame dei progetti di legge costituzionale in materia di riforma del Parlamento e di forma di governo (A.S. 24 e connessi).

 

30 novembre 2011 (pom.)

Il Presidente dichiara di mantenere una riserva sulla designazione di un relatore del disegno costituzionale di iniziativa governativa A.S. 2941, dal momento che si tratta di progetto di legge presentato da un governo non più in carica, e richiede il confronto dei gruppi parlamentari sul prosieguo dell’esame dello stesso.

 

14 dicembre 2011 (pom.)

èIl Presidente comunica che nella seduta del 13 dicembre l’Assemblea del Senato ha approvato la mozione 1-00510 (testo 2) d’iniziativa Finocchiaro (PD) ed altri; e la mozione 1- 00501 (testo 3) d’iniziativa Calderoli (LNP) ed altri, con cui si è deliberata la ripresa dell’esame e dell’approvazione delle proposte di riforma costituzionale relative alla riduzione del numero dei parlamentari ed alla riforma del sistema bicamerale.

A tale proposito i due gruppi di progetti di legge costituzionale vengono disgiunti ed esaminati con procedure distinte. I senatori Bianco (PD) e Boscetto (PdL) assumeranno l’incarico di relatori del testo unificato adottato in precedenza come testo base e corredato dai rispettivi emendamenti.

 

10 gennaio 2012 (pom.)

Si riporta l’esito della riunione dell’Ufficio di Presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi parlamentari in cui si è convenuto di procedere con la discussione dei progetti di legge costituzionale relativi alla riduzione del numero dei parlamentari e, parallelamente, con la discussione sui progetti di legge costituzionale relativi alla riforma della parte seconda della Costituzione.

 

27 marzo 2012 (pom.)

Il relatore Vizzini (UDC) illustra il contenuto della proposta di legge costituzionale A.S. 3204 di iniziativa Calderoli (LNP) ed altri. Le principali innovazioni proposte sono: l’introduzione del principio federale come valore fondante la Repubblica all’articolo 1; la revisione dell’articolo 5 Cost. in senso federale e  la modifica del procedimento legislativo, che verrebbe ad essere esercitato collettivamente dalle Camere solo per i disegni di legge di revisione costituzionale. Il progetto propone inoltre il mutamento di denominazione del Senato in “Senato Federale” che verrebbe eletto contestualmente al Consiglio regionale, mentre la Camera continuerebbe ad essere eletta su base nazionale. Ulteriori aspetti riguardano la soppressione della circoscrizione Estero e dei senatori a vita, la modifica del procedimento di revisione costituzionale; la riforma del sistema giudiziario e della Corte Costituzionale.

 

11 aprile 2012 (pom.)

Il relatore Vizzini (UDC) illustra il progetto di legge costituzionale A.S. 3183, di iniziativa Fistarol (UDC) evidenziandone gli obiettivi di semplificazione dell’organizzazione dello Stato e di efficienza decisionale. Gli aspetti più rilevanti del progetto sono, oltre alla istituzione del Senato federale della repubblica ed alla riduzione del numero dei parlamentari, la drastica riduzione del numero dei ministeri, la riduzione del numero dei consiglieri regionali e il complessivo riordino delle Province.

 

18 aprile 2012 (pom.)

Il relatore Vizzini (UDC) presenta la proposta di legge costituzionale A.S. 3252 di iniziativa Ceccanti (PD) ed altri. Essa prevede disposizioni in materia di forma di governo, ripartizione di competenze legislative tra Stato e regioni, riforma del bicameralismo, riduzione del numero dei parlamentari, nonché riforma della legge elettorale.

La proposta di legge si impernia sul superamento del bicameralismo perfetto in favore di un bicameralismo differenziato. La Camera dei Deputati avrà la titolarità del rapporto fiduciario con l’Esecutivo e, salvo eccezioni, la titolarità esclusiva per l’approvazione delle leggi.

Norme particolari riguardano la disciplina dell’ammissibilità degli emendamenti; mentre è previsto che la competenza legislativa sia esercitata collettivamente dalle Camere solo nel caso di revisione costituzionale e di leggi inerenti interessi regionali e locali.

Il Senato assumerà la denominazione di “Senato federale” e sarà la Camera di rappresentanza degli interessi delle autonomie territoriali. Il testo della proposta prevede inoltre la revisione dell’art. 117 Cost, e l’introduzione della clausola di supremazia del legislatore statale.

La riforma della forma di governo prevede una profonda modifica degli artt. 92 ss, attraverso l’introduzione della sfiducia costruttiva e del potere attribuito al Presidente del Consiglio di richiedere lo scioglimento anticipato della Camera.

II Governo potrà disporre di una corsia preferenziale per l’approvazione dei provvedimenti attuativi del proprio indirizzo politico ed è inoltre prevista la costituzionalizzazione dei limiti alla decretazione d’urgenza.

èIl relatore Vizzini(UDC) propone di adottare tale proposta di legge come testo unificato che sia da base per il seguito dell’esame.

Intervengono i senatori Calderoli (LNP), Pardi (IdV); Boscetto (PdL), Incostante (Pd), Benedetti Valentini (PdL), D’Alia (UDC), Adamo (Pd).

La Commissione conviene di adottare il testo unificato proposto dal relatore come testo base per il prosieguo della discussione.

Discussione generale sul testo unificato

24 aprile 2012 (pom.)

Si apre il dibattito sul testo unificato. Intervengono i senatori Ceccanti (PD), Peterlini, (Udc), Saro (PdL) ed il Presidente Vizzini (UDC). Interviene il sottosegretario di Stato alla presidenza del Consiglio dei ministri Malaschini.

 

26 aprile 2012 (ant.)

Il Presidente Vizzini (UDC) illustra la proposta di legge A.S. 2319 di iniziativa Bianco (PD) ed altri che modifica l’art. 58 della Costituzione in materia di abbassamento dell’età anagrafica per l’elettorato attivo e passivo del Senato.

Intervengono i senatori Bastico (PD), Adamo (PD), Incostante (PD), Pastore (PdL), Vitali (PD).

 

2 maggio 2012 (ant.)

Il presidente Vizzini (UDC) in qualità di relatore illustra la proposta di legge costituzionale A.S. 873 d’iniziativa del senatore Pinzger (UDC) e della senatrice Thaler Ausserhofer (UDC) in materia di revisione degli articoli 92 e 94 della Costituzione. Illustra inoltre la proposta di legge costituzionale A.S. 3210 d’iniziativa Ramponi (PDL) relativa alla modifica degli articoli 56 e 57 della Costituzione in materia di rappresentanza delle donne in Parlamento.

Intervengono i senatori Zanda (PD), Benedetti Valentini (PdL), Sanna (PD), Bugnano (IdV).

 

8 maggio 2012 (pom.)

Seguito della discussione sul testo unificato. Intervengono i senatori Marino (PD), Del Pennino (Misto), Divina (LNP), Boscetto (PdL), Bianco (PD), Quagliariello (PdL).

 

8 maggio 2012 (nott.)

Discussione sul testo unificato proposto dal relatore. Interventi dei senatori Malan (PdL), Saltamartini (PdL), Belisario (IdV), Pardi (IdV).

Il Presidente relatore dichiara chiusa la discussione generale sul testo unificato.

Illustrazione degli emendamenti.

9 maggio 2012 (pom.)

Ha inizio la illustrazione degli emendamenti riferiti all’articolo 1 del testo unificato proposto dal relatore per le proposte di legge A.S. 24 e abbinate.

Il Presidente invita a rinviare l’illustrazione degli emendamenti  nn. 01.1; 01.2; 01.5 inerenti la Prima parte della Costituzione in attesa di valutarne l’effettiva proponibilità.

Intervegono sull’ordine dei lavori i senatori Calderoli (LNP) e Benedetti Valentini (PdL).

Si illustrano gli emendamenti inerenti le modifiche all’articolo 56 della Costituzione sulla riduzione del numero dei parlamentari e la modifica del diritto di elettorato passivo.

Il senatore Calderoli (LNP) illustra l’emendamento 01.3 che sopprime il diritto di voto dei cittadini residenti all’estero previsto all’articolo 48 della Costituzione e l’emendamento 0.1.7 che sottolinea il carattere federale del Senato della Repubblica.

Il senatore Perduca (PD) illustra congiuntamente  l’emendamento 1.1, 2.1 e 2.17 presentati insieme alla senatrice Poretti (PD) soppressivi delle disposizioni del testo unificato.

Intervengono sull’ordine dei lavori i senatori Bianco (PD) e Calderoli (LNP).

Interviene il senatore Cabras (PD).

Interviene il senatore Pastore (PDL) illustrando congiuntamente gli emendamenti 01.04, 1.18, 2.26 volti a sopprimere la circoscrizione Estero.

Il senatore Benedetti Valentini (PdL) illustra gli emendamenti 1.5, relativo alla disciplina giuridica dei partiti politici, e 1.10 descrittivo della funzione della Camera dei Deputati.

Interviene il senatore Pardi (IdV) esprimendo forti critiche in relazione al testo unificato ed in particolare sul tema della riduzione del numero dei parlamentari.

Replica al senatore Pardi (IDV) il senatore Divina (LNP).

Il senatore Peterlini (UDC) procede ad una illustrazione complessiva degli emendamenti da lui proposti

Il senatore Malan (PDL) illustra il contenuto degli emendamenti nn. 1.31 e 1.32.

Si prosegue con l’illustrazione degli emendamenti all’articolo 2 del testo unificato.

Il senatore Calderoli (LNP) illustra l’emendamento 2.2.

Il senatore Benedetti Valentini (PDL) illustra il contenuto dell’emendamento 2.22 e condivide l’emendamento 2.19 coincidente con il suo 3.6 presentato dal senatore Boscetto (PdL).

Il senatore Boscetto (PDL) illustra l’emendamento 2.19.

Il senatore Malan (PDL) riferisce sull’emendamento 2.38, 2.39, 2.41.

Il senatore Pardi (IDV) illustra gli emendamenti da lui presentati.

Il senatore Sanna (PD) illustra gli emendamenti 2.29 e 2.30.

Si prosegue con l’illustrazione degli emendamenti all’articolo 3 del testo unificato.

Intervengono illustrando gli emendamenti proposti il senatore Pardi (PD), il senatore Benedetti Valentini (PDL), il senatore Calderoli (LNP), il senatore Malan (PdL).

 

9 maggio 2012 (nott.)

Si illustrano gli emendamenti all’articolo 4, inerenti alla revisione della competenza legislativa statale, tanto in relazione al sistema bicamerale, quanto in relazione al rapporto tra Stato e regioni.

Intervengono nella illustrazione degli emendamenti i senatori Del Pennino, (Misto), Pastore (PdL), Vitali (PD), Calderoli (LNP), Benedetti Valentini (PdL), Boscetto (PdL), Pardi (IdV).

 

10 maggio 2012 (ant.)

Gli emendamenti all’articolo 5 riguardano le norme relative alla modifica del procedimento legislativo e del bicameralismo perfetto.

Intervengono i senatori Pastore (PdL), Benedetti Valentini (PdL), Boscetto (PdL), Saltamartini (PdL), Malan (PdL).

 

10 maggio 2012 (pom.)

La Commissione prosegue illustrando gli emendamenti agli articoli 5, 6 e 7 del testo unificato, in materia di superamento del bicameralismo perfetto e di modifica della relazione fiduciaria.

Intervengono i senatori Ceccanti (PD), Pastore (PDL), Boscetto (PDL), Pardi (IDV), Benedetti Valentini (PDL), Adamo (PD), Pardi (IDV).

 

15 maggio 2012 (pom.)

Si illustrano gli emendamenti all’articolo 8 riferiti al testo unificato sul rafforzamento della figura del Presidente del Consiglio.

In questa seduta interviene il senatore Bianco (Pd) per sollecitare una modifica dell’organizzazione di lavori al fine di accelerare l’iter della riforma.

Intervengono inoltre il senatore Pastore (PDL), il senatore Calderoli (LNP), il senatore Pardi (IDV).

 

16 maggio 2012 (pom.)

L’esame congiunto degli emendamenti proposti al testo unificato riprende con riferimento agli emendamenti di cui agli articoli 9 e 10 relativi all’introduzione dell’istituto della sfiducia costruttiva.

Intervengono nell’illustrazione degli emendamenti i senatori Saltamartini (PdL), Pardi (IDV), Pastore, (PdL), Malan (PdL), Benedetti Valentini (PdL).

 

17 maggio 2012 ( pom)

Interviene il senatore Pastore (PdL) illustrando la riformulazione degli emendamenti 5.7 e 5.15, Intervengono altresì il senatore Boscetto (PdL) ed il senatore Pardi (IdV).

èIl Presidente Vizzini(UDC) dichiara esaurita la fase dell’illustrazione degli emendamenti e rinvia i lavori alla fase successiva.

Conclusione dell’esame del complesso degli emendamenti e votazione degli emendamenti

23 maggio 2012 (pom.)

I Ha inizio la votazione sugli emendamenti.

Il Presidente Vizzini (UDC), in qualità di relatore del testo unificato, dichiara l’improponibilità di tutti gli emendamenti estranei all’oggetto della discussione in quanto manifestamente lesivi della sfera di competenza riservata ad altre fonti del diritto.

Viene inoltre convenuto di accantonare l’emendamento 01.7.

Il relatore inoltre preannuncia il suo parere contrario a tutti gli emendamenti riferiti all’art.1 e invita i senatori a ritirarli.

I Si votano gli emendamenti riferiti all’art. 1 (modifica dell’art. 56 Cost., relativo ai requisiti dell’elettorato attivo e passivo per le elezioni della Camera dei Deputati) che sono respinti, ad eccezione dell’emendamento 1.4 (testo 2) che abbassa la soglia anagrafica dell’elettorato passivo alla Camera da ventuno a diciotto anni.

La Commissione approva l’art. 1 (art. 56 Cost., Camera dei Deputati).

 

23 maggio 2012 (pom.)

ILa seduta della Commissione riprende con la votazione degli emendamenti relativi all’art. 2.

Il relatore Vizzini preannuncia l’intenzione di esprimere parere contrario per tutti gli emendamenti proposti per l’art. 2, ad eccezione dell’emendamento 2.19 (Bianco ed altri) di cui propone l’esame congiunto con l’emendamento 3.6 (Benedetti Valentini ed altri).

Interviene il rappresentante del Governo ministro Patroni Griffi che dichiara che il Governo si rimette alle decisioni della Commissione per gli emendamenti relativi all’art. 2.

I Vengono, posti in votazione e poi respinti gli emendamenti riferiti all’art. 2 del progetto di legge (modifica dell’art. 57 co. 2 Cost. elezione del Senato della Repubblica, riduzione del numero dei senatori), ad eccezione dell’emendamento 3.6 (testo 2) che è approvato.

 

24 maggio 2012 (pom.)

In apertura di seduta il senatore Calderoli (LNP) dichiara di essere venuto a conoscenza, da fonti della carta stampata, di una proposta della maggioranza che intende introdurre un modello di forma di governo semipresidenziale.

Il Presidente Vizzini (UDC) invita a rientrare nell’ambito della discussione del testo unificato e inoltre in qualità di relatore dello stesso propone di accantonare gli emendamenti riferiti agli articoli 4, 5 e 9.

IVengono posti in votazione gli ulteriori emendamenti all’articolo 2, la maggior parte dei quali è respinta, mentre sono accantonati gli emendamenti 2.19 e 10.0.100.

Il relatore Vizzini (UDC) ed il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Malaschini formulano parere favorevole sull’emendamento 2.41 che viene posto in votazione e quindi approvato.

Il senatore Bianco (PD) annuncia l’intenzione del gruppo parlamentare del Partito Democratico di votare contro tutti gli emendamenti su cui il relatore ed il rappresentante del Governo formulino parere contrario.

Il Presidente dichiara di passare all’esame degli emendamenti proposti all’art. 3 del progetto di legge, formulando parere contrario su tutti gli emendamenti proposti, ad eccezione dell’emendamento 3.6 (testo 2) come riformulato dal proponente senatore Benedetti Valentini (PDL).

Vengono accantonati, per essere riformulati, in senso conforme a quanto stabilito dall’articolo 97 co. 1 del Regolamento ed alla Circolare della presidenza della Camera sull’istruttoria legislativa del 1997, gli emendamenti nn. 3.0.10, 3.0.9, 3.0.21, 3.0.12, 3.0.15.

Il Presidente Vizzini (UDC) stabilisce un ordine dei lavori su cui la Commissione conviene, successivamente propone dei accantonare tutti gli emendamenti relativi agli articoli 4, 5, 9 e 10 e di procedere con l’esame degli emendamenti relativi all’art. 7. Il relatore esprime parere contrario su tutti gli emendamenti all’articolo 7, ad eccezione dell’emendamento 7.0.20 che viene accolto, e degli emendamenti 7.2 e 7.07 che sono accantonati.

Interviene nel dibattito la senatrice Finocchiaro (PD) che informa la Commissione sulla notizia della presentazione, da parte del leader del PDL Silvio Berlusconi e del segretario PDL Alfano di una proposta di legge di revisione costituzionale che proporrebbe una riforma della forma di governo in senso semipresidenzialista.

Poiché questa proposta sarebbe in antitesi con il lavoro finora svolto dalla Commissione sul testo unificato e poiché non vi sarebbero più i tempi tecnici necessari per giungere ad un nuovo testo condiviso, la senatrice Finocchiaro (PD) auspica che venga raggiunta almeno la convergenza sul progetto di legge relativo alla riduzione del numero dei parlamentari.

Convengono con la senatrice Finocchiaro il senatore D’Alia (UDC), il senatore Palma (PDL), il senatore Pardi (IDV), il senatore Calderoli (LNP) ed il senatore Benedetti Valentini (PDL).

I Gli emendamenti all’articolo 7 vengono per la maggior parte respinti, ad eccezione dell’emendamento 7.0.19 che viene accantonato.

I Il relatore Vizzini (UDC) pone in votazione gli emendamenti relativi all’articolo 8, preannunciando il suo parere contrario sugli stessi. L’emendamento 8.8 viene invece accantonato.

 

29 maggio 2012 (ant.)

La Commissione esamina l’emendamento 5.34 che è stato riformulato in senso interamente sostitutivo dell’articolo 5 e dell’articolo 72 della Costituzione, e qualora fosse accolto assorbirebbe tutti gli altri inerenti lo stesso articolo.

Si apre un dibattito tra il Presidente Vizzini (UDC) che considera l’emendamento de qua ammissibile, il senatore Calderoli (LNP)che chiede la fissazione di un congruo termine per la presentazione di subemendamenti, e il senatore Pardi (IDV).

Il senatore Calderoli (LNP) ritiene che la Commissione debba conformarsi nel proprio lavoro a quanto dichiarato pubblicamente dal Presidente del Senato, che ha ritenuto ammissibile la presentazione di un emendamento in Assemblea per l’introduzione del semipresidenzialismo, mentre, al contrario, la Commissione ha adottato un orientamento più restrittivo.

I Si passa alla votazione degli emendamenti 3.09 e 3.0.10 relativi all’introduzione di uno statuto per le opposizioni. L’emendamento 3.0.9 (testo 2) è accolto, previo parere favorevole del relatore e del rappresentante del Governo

Gli altri emendamenti vengono respinti ad eccezione dell’emendamento 3.0.15 (testo 3) che invece viene accolto.

 

29 maggio 2012 (pom.)

I Si votano gli emendamenti relativi all’articolo 5 in materia di istituzione della Commissione paritetica per le questioni regionali.

Viene approvato dalla Commissione l’emendamento 10.0.100 che assorbe il quinto comma dell’articolo 72 Cost, ai sensi della modifica proposta dall’emendamento 5.34 (testo 2).

I Successivamente vengono approvati con voto favorevole della Commissione gli emendamenti 5.34 (testo)/12 ed il subemendamento 5.34 (testo 2)/13.

La Commissione apre un dibattito sugli emendamenti aventi ad oggetto il cosiddetto “voto bloccato“che ripropone l’istituto di cui all’articolo 44 della Costituzione francese.

I Viene approvato l’emendamento 5.34 (testo 2) come modificato, che viene assorbito dall’emendamento 10.0.100 (relativamente al comma 1) precedentemente approvato.

Tutti gli altri emendamenti sono respinti o ritirati.

Il Presidente propone di passare poi all’esame degli emendamenti relativi all’articolo 6 che vengono nuovamente accantonati.

Si esaminano gli emendamenti relativi all’articolo 9, su cui il relatore esprime parere contrario, ad eccezione degli emendamenti 9.10, 9.14, 9.18, 9.25.

IVengono approvati gli emendamenti 9.10, 9.18 e 9.25.

Si ritorna a votare sull’articolo 6, e la Commissione approva gli emendamenti 6.1 e 6.2 – su cui peraltro il relatore aveva dato parere favorevole - soppressivi dell’articolo 6.

Gli altri emendamenti sono quindi preclusi.

La Commissione infine conferisce al relatore l’incarico di riferire al Senato sul testo unificato come adottato e modificato in sede d’esame in Commissione.

 

5 giugno 2012 (pom.)

Il senatore Pardi (IDV) comunica alla Commissione che, in sede di discussione in Assemblea del testo unificato, egli presenterà una relazione di minoranza.

 

21 giugno 2012 (pom.)

Il Presidente comunica che il testo unificato A.S. 24 e abbinate, è stato nuovamente rinviato all’esame della Commissione relativamente all’articolo 2, agli emendamenti inerenti la composizione e la denominazione del Senato ed agli emendamenti relativi all’elezione popolare e diretta del Presidente della Repubblica.

Il termine per la presentazione di subemendamenti è fissato al 25 giugno.

 

25 giugno 2012 (pom.)

Prosegue l’esame relativo all’art. 2 del testo unificato ed ai relativi emendamenti rinviati dall’Assemblea nella seduta del 21 giugno.

Interviene il senatore Benedetti Valentini (PDL) che richiede chiarimenti sulla presentazione di subemendamenti relativi a disposizioni non oggetto di rinvio presidenziale alla Commissione.

Il senatore Bricolo (LNP) richiede al Presidente delucidazioni sull’effetto dell’approvazione degli emendamenti o subemendamenti in questa fase del procedimento.

Il Presidente chiarisce che gli emendamenti ed i subemendamenti devono limitarsi esclusivamente alle disposizioni rinviate all’esame della Commissione e che questi, ove approvati, saranno esaminati dall’Assemblea in qualità di proposte della Commissione.

Il senatore Pastore (PDL) illustra i subemendamenti a sua firma relativi al modello di bicameralismo ed alla modifica dell’art. 117 co. 3.

Il senatore Benedetti Valentini (PD) illustra i subemendamenti inerenti le funzioni dei rappresentanti regionali nel Senato federale.

Intervengono anche i senatori Pardi (IDV) Divina (LNP) Peterlini (UDC).

Il Presidente ribadisce che l’esame riguarderà solo le proposte emendative sulle quali la Commissione non si è potuta esprimere in sede referente.

 

26 giugno 2012 (ant.)

Prosegue l’esame del testo unificato limitatamente agli emendamenti rinviati dall’Assemblea.

Il senatore Benedetti Valentini (PDL) illustra il subemendamento volto ad introdurre il diritto per le minoranze parlamentari di sollevare la questione di legittimità costituzionale relativamente ad un decreto legislativo ove si ravvisi un eccesso di delega. Interviene sul tema esponendo valutazioni critiche il senatore Boscetto (PDL).

Il senatore Benedetti Valentini (PDL) illustra inoltre i subemendamenti relativi all’attribuzione al Presidente della Repubblica del potere di scioglimento delle Camere.

Il senatore Pastore (PDL) illustra l’emendamento volto ad abolire i senatori a vita, correlativamente prevedendo l’accesso alla Corte Costituzionale per tutti gli ex Presidenti della Repubblica e sugli emendamenti che disciplinano i poteri del Presidente della Repubblica nell’ambito di un sistema di natura semipresidenziale.

Intervengono i senatori Divina (LNP)e Quagliariello (PDL).

Il senatore Pardi (IDV) illustra gli emendamenti relativi ai diritti delle opposizioni e all’elezione a suffragio universale e diretto del presidente della Repubblica.

Interviene il Presidente Vizzini (UDC) chiarendo una questione di natura procedurale relativa alla votazione sugli emendamenti. Poi, in qualità di relatore del testo unificato,esprime parere contrario sugli emendamenti e subemendamenti.

Il Presidente dichiara l’ordine di votazione degli emendamenti, agli emendamenti e subemendamenti relativi all’elezione diretta del Capo dello Stato.

Il senatore Ceccanti (PD) formula la proposta di votare per parti separate tali emendamenti. Seguono alcuni interventi sull’ordine dei lavori da parte del senatore Bricolo (LNP) Bianco (PD), D’Alia (UDC), Valditara (Misto), Quagliariello (PDL).

 

26 giugno 2012 (ant.)

Il Presidente rammenta che la prosecuzione dell’esame è subordinata all’esito della discussione in Assemblea.

 

3 luglio 2012 (nott.)

Il Presidente annuncia di rinunciare allo svolgimento dell’incarico di relatore del progetto di riforma costituzionale a causa dell’approvazione in Assemblea di un emendamento sostitutivo dell’articolo 2, volto ad introdurre il Senato federale della Repubblica sul quale, peraltro, la Commissione si era pronunciata in senso contrario.

Conferisce quindi l’incarico di relatore del progetto al senatore Boscetto (PD) in considerazione della  sua  appartenenza alla maggioranza che ha approvato lo stesso emendamento.

Ricorda inoltre che, su proposta del senatore Ceccanti (PD) la Commissione ha convenuto di esaminare e votare l’emendamento 9.0.500, relativo all’introduzione della forma di governo semipresidenziale, per parti separate.

Su tale emendamento è stato poi presentato un subemendamento 9.0.500/5 da parte del senatore Pardi (IDV) ed altri che invece è volto ad introdurre l’elezione del capo dello Stato in seduta comune ma senza la partecipazione dei delegati regionali.

Il relatore Boscetto (PD) esprime un parere contrario su questo subemendamento che viene posto in votazione e respinto.

Il relatore Boscetto (PD) preannuncia un parere favorevole sull’emendamento relativo all’introduzione dell’elezione a suffragio diretto del Capo dello Stato.

Si procede alle dichiarazioni di voto sull’emendamento 9.0.500.

Il gruppo del Terzo Polo preannuncia il voto contrario.

Il gruppo della Lega Nord preannuncia voto favorevole.

Il gruppo dell’IDV preannuncia voto contrario, così come il gruppo dell’UDC.

I L’emendamento 9.0.500 relativamente al sesto comma dell’articolo 83 è posto in votazione e non è approvato.

Si apre un dibattito in relazione alla posizione del senatore Boscetto (PD) ed all’opportunità che questi conservi il mandato a riferire in Assemblea in qualità di relatore dopo il voto non favorevole su un emendamento importante sul quale il relatore aveva dato parere positivo.

Intervengono i senatori Calderoli (LNP) Bianco (PD) e Quagliariello (PDL) ricordando che il relatore svolge la funzione di portavoce all’Assemblea del lavoro svolto in Commissione.

Intervengono inoltre il senatore Battaglia (PDL) sostenendo che il mandato al relatore debba essere conferito sulla base di una relazione scritta in modo da rappresentare in modo autentico la valutazione della Commissione, e la senatrice Finocchiaro (PD) che solleva una questione politica sull’opportunità da parte del relatore di rappresentare in Assemblea una posizione contraria rispetto a quella sostenuta in Commissione.

Il Presidente propone di rinviare all’Assemblea la discussione sulla parte residua dell’emendamento 9.0.500.

IViene infine posta in votazione la proposta di conferire il mandato di relatore al senatore Boscetto (PD) e la proposta non è approvata.

Il Presidente Vizzini (UDC) annuncia che, in mancanza di un relatore incaricato, egli, in qualità di Presidente della Commissione riferirà all’Assemblea lo svolgimento e l’esito dei lavori sul testo unificato.

 


Discussione in Assemblea

7 giugno 2012 (ant.)

L'Assemblea del Senato inizia il dibattito sulle riforme costituzionali.

L'ordine del giorno reca la discussione dei progetti di legge A.S. 24, 216, 873, 894, 1086, 1114, 1218, 1548, 1589, 1590, 1761, 2319, 2784, 2875, 2941, 3183, 3204, 3210 e 3252, nel testo unificato proposto dalla Commissione. Il Presidente comunica che il relatore Vizzini (UDC) assente alla discussione, ha provveduto a depositare la propria relazione scritta.

Il senatore Pardi (IDV) dà lettura della relazione di minoranza. In essa si sollecita l’adozione di una soluzione più rapida, quale la modifica della Costituzione finalizzata alla riduzione del numero dei parlamentari e una nuova legge elettorale. Nel merito del progetto di legge costituzionale, il senatore solleva perplessità in merito alla modifica dell’art. 72 Cost, sotto i profili dell’iniziativa legislativa e del procedimento di formazione della legge. In secondo luogo, e sempre relativamente alla modifica dell’art. 72 Cost., segnala delle perplessità sulla scelta di costituzionalizzare il cosiddetto voto bloccato. Ulteriori profili di criticità si segnalano anche sulla modifica delle disposizioni costituzionali inerenti la forma di governo (artt. 92 e ss.), particolarmente in relazione alle cosiddette procedure fiduciarie.

èIl Senatore Li Gotti (IDV) ed il senatore Mura (LNP) presentano due questioni pregiudiziali di costituzionalità ai sensi dell’articolo 91 del Regolamento che l’Assemblea respinge con voto contrario.

La questione pregiudiziale presentata dal senatore Li Gotti (IDV) evidenzia che la riforma in esame non vada esaminata poiché contiene interventi che alterano la sistematicità della Costituzione e non rispondono a criteri di ragionevolezza. La questione pregiudiziale presentata dal senatore Mura (LNP) ritiene che l’eventuale presentazione di emendamenti contenenti modifiche all'attuale testo esaminato dalla Commissione, finalizzati a riformare l'attuale organizzazione repubblicana prevedendo l'introduzione di un sistema presidenzialista o semipresidenzialista. non possano essere esaminate dall'Assemblea parlamentare senza una previa valutazione in Commissione.

èIl senatore Belisario (IDV) presenta una questione sospensiva che viene respinta con voto contrario dall’Assemblea. Con essa il senatore richiede di non procedere con l'esame del disegno di legge, ritenendo che sia prioritaria l’approvazione di una nuova legge elettorale.

èLa senatrice Carlino (IDV) presenta una questione sospensiva che viene respinta con voto contrario dall’Assemblea. La senatrice richiede di rinviare la discussione del testo unificato, successivamente all'approvazione definitiva di norme in materia di accesso alle cariche elettive in condizioni di parità tra donne e uomini, nell'ambito della legislazione elettorale.

èIl senatore Divina (LNP) presenta una questione sospensiva poi respinta dall’Assemblea sulla opportunità di ridiscutere il testo in Commissione a seguito della presentazione di emendamenti aventi ad oggetto la proposta dell’elezione diretta del Presidente della Repubblica secondo un modello cosiddetto”semipresidenziale”.

èLa senatrice Poretti (PD) presenta una questione sospensiva poi respinta dall’Aula. Con la questione sospensiva chiede di rimandare il dibattito sulla riforma della Costituzione soprattutto nella parte che riguarda il numero dei parlamentari per poter prima procedere ad una riforma elettorale.

èIl senatore Perduca (PD) presenta una questione sospensiva poi respinta dall’Assemblea.

In tali questioni pregiudiziali si evidenziano profili di incompatibilità del testo in esame con l’art. 49 Cost, del quale si sollecita altresì una riforma sotto il profilo del finanziamento pubblico dei partiti.

Le questioni vengono respinte e la discussione è rinviata.

 

12 giugno 2012 (pom.)

Ha inizio la discussione generale con gli interventi dei Presidenti dei gruppi parlamentari Finocchiaro (PD) e Quagliariello (PDL) che esprimono le diverse posizioni in ordine alla presentazione in Assemblea degli emendamenti recanti un modello di forma di governo di tipo semipresidenziale.

Successivamente riprende la discussione generale con gli interventi dei senatori Valditara (FLI), Divina (LNP), Procacci (PD), Garavaglia (LNP), D’Ambrosio (PD), Soliani (PD), Benedetti Valentini (PDL), Vaccari (LNP), Maraventano (LNP), Perduca (PD).

 

13 giugno 2012 (ant.)

Prosegue la discussione generale con gli interventi dei senatori Rizzi (LNP), Fleres (MPA), Mura (PD), Saltamartini (PDL), Micheloni (PD), Vallardi (LNP), Li Gotti (IDV), Germontani (FLI), Mazzatorta (LNP), Compagna (PDL), Pittoni (LNP), Aderenti (LNP), Adamo (PD), Balboni (PDL), Leoni (LNP), Giai (UDC), Saccomanno (PDL).

 

13 giugno 2012 (pom.)

Si conclude la discussione sulle linee generali con gli interventi dei senatori Garavaglia Maria Pia (PD), De Luca (PD), Boscetto (PD), Bugnano (IDV), Malan (PDL), Davico (LNP), Belisario (IDV), Viespoli (CN), Nania (PDL), Peterlini (PDL), Franco Paolo (LNP), Incostante (PD), Pastore (PDL), Giordano (PDL).

 

19 giugno 2012 (pom.)

Il relatore Vizzini (UDC) replica agli interventi sul testo unificato di riforma della Costituzione. Egli chiarisce che, data la presentazione degli emendamenti inerenti l’introduzione di una forma di governo semipresidenziale, sarebbe auspicabile esaminare in Aula gli articoli e gli emendamenti sui quali c’è convergenza, quali ad esempio quelli sulla composizione delle Camere e sul procedimento legislativo.

Invece gli emendamenti sulla forma di governo e sul semipresidenzialismo potrebbero essere accantonati in Assemblea e rinviati alla Commissione che potrebbe analizzarli contestualmente ai lavori in Assemblea.

Replica il relatore di minoranza Pardi (IDV) che ribadisce la necessità di tralasciare gli emendamenti sul semipresidenzialismo e di procedere invece all’approvazione delle norme relative alla riduzione del numero dei parlamentari ed alla riforma della legge elettorale.

Interviene quindi il rappresentante del Governo, Sottosegretario Malaschini.

èIl Presidente dichiara l’improponibilità degli ordini del giorno G100, G101, e G102 nonché degli emendamenti che prevedono modifiche alla Parte prima della Costituzione.

E’ respinta la richiesta di non passaggio all’esame degli articoli, in particolare dell’articolo 7 avanzata dal senatore Pardi (IDV) e motivata dal fatto che questa norma modifica l’articolo 72 della Costituzione stravolgendo il procedimento legislativo.

Comincia l’esame degli emendamenti aggiuntivi all’articolo 1.

Interviene il senatore Divina (LNP) che illustra gli emendamenti di cui è presentatore: l’emendamento 01.208 che modifica l’art.55 della Costituzione introducendo il Senato Federale e 01.206 relativo alla riduzione dei costi della politica.

Interviene il senatore Pastore (PDL) che illustra l’emendamento 1.214 che modifica l’articolo 48 della Costituzione proponendo la soppressione della Circoscrizione Estero.

Il senatore Benedetti Valentini (PDL) illustra il suo emendamento 01.206 in materia di disciplina e finanziamento dei partiti e l’emendamento 1.210 di modifica dell’articolo 56 della Costituzione.

 

20 giugno 2012 (ant.)

Il senatore Perduca (PD) illustra gli emendamenti di cui è firmatario insieme alla sen. Bonino(PD) ed alla sen. Poretti (PD) nn. 1.203, 1.209, 1.218 relativi alla riduzione del numero dei parlamentari.

Il sen. Nespoli (PDL) illustra il contenuto dell’emendamento 1.205 sulla riduzione del numero dei parlamentari , condiviso altresì dai senatori Nania (PDL) e Coronella (PDL).

Il sen. Pardi (IDV) presenta l’emendamento 1.231 che riserva alla legge la disciplina dei casi di ineleggibilità, incandidabilità e conflitto d’interessi.

Il senatore Micheloni (PD) illustra la portata degli emendamenti relativi alla soppressione della Circoscrizione Estero nn. 1.215, 1.216, 1.221.

Replica il relatore del progetto di legge Vizzini (UDC) che propone l’accantonamento degli emendamenti che si riferiscono all’articolo 2 e che introducono la dizione “Senato della Repubblica”, mentre per tutti gli altri esprime parere contrario.

Si apre un dibattito sulla possibilità di accantonare l’articolo 1 e votare invece subito l’articolo 2 , intervengono i senatori Bricolo (LNP), Del Pennino (MISTO), Pardi (IDV), Li Gotti (IDV), Gasparri (PDL), Bianco (PD), Zanda (PD), Poli Bortone (UDC), Quagliariello (PDL), Bruno (FLI).

I Si vota la proposta del sen. Bricolo (LNP) che chiede di accantonare tutti gli emendamenti all’articolo 1 e di conseguenza di  accantonare anche il voto sul medesimo articolo.

Il Senato approva.

Si passa all’illustrazione dell’articolo 2 e dei relativi emendamenti.

Il sen. Perduca (PD) illustra il contenuto dell’emendamento 2.202, di cui sono firmatari anche i senatori Bonino (PD) e Poretti (PD).

Intervengono i senatori Bugnano (IDV), Divina (LNP), Perduca (PD).

L’illustrazione degli emendamenti all’articolo 2 prosegue con l’intervento del sen. Pardi (IDV) che illustra gli emendamenti relativi alle cause di ineleggibilità e incandidabilità, alla riduzione del numero dei parlamentari, ed alla soppressione della Circoscrizione Estero.

Il sen. Nespoli (PDL) illustra l’emendamento 2.210 che propone di riservare ad una legge ordinaria successiva le modalità di elezione del Senato.

 

20 giugno 2012 (pom.)

Il senatore Benedetti Valentini (PDL) illustra l’emendamento 2.213 relativo alla denominazione ed alla composizione del Senato ed il subemendamento 2.550/1 che prevede che ai lavori del Senato federale partecipino i rappresentanti delle regioni.

Il senatore Pastore (PDL) illustra l’emendamento 2.214 relativo al numero dei senatori ed alla rappresentanza della circoscrizione Estero.

La senatrice Carlino (IDV) illustra  l’emendamento 2.228 in materia di parità di accesso alle cariche rappresentative per le donne.

 

21 giugno 2012 (ant.)

Il senatore Pardi illustra l’emendamento 2.0.200 aggiuntivo all’articolo 2 e relativo alla materia della non candidabilità.

Intervengono i senatori Peterlini (UDC) e Castelli (LNP). Quest’ultimo riporta il dibattito sul tema del mutamento di denominazione del Senato della Repubblica in Senato Federale.

Si apre una discussione con gli interventi dei senatori Saro (PDL), Finocchiaro (PD), D’Alia (UDC), Valditara (FLI), Tedesco (MISTO), Del Pennino (MISTO), Pistorio (MISTO), Belisario (IDV), Bricolo (LNP), Peterlini (UDC) e infine il sen. Quagliariello (PDL).

Il relatore Vizzini (UDC) dichiara che l’emendamento presentato dai senatori Calderoli (LNP) e Divina (LNP) n. 2.550 (testo 2) gli è stato consegnato nella giornata di ieri e dunque non ha potuto esaminarlo con adeguata attenzione.

Il senatore Belisario (IDV) avanza al Presidente la richiesta di riportare in Commissione Affari Costituzionali l’esame dell’intero testo.

I Intervengono per le dichiarazioni di voto i rappresentanti dei gruppi parlamentari: PDL (contrari); PD (favorevole a riportare l’esame in Commissione dei soli emendamenti relativi al Senato federale ed al semipresidenzialismo); UDC (favorevole a riportare l’esame in Commissione dei soli emendamenti relativi al Senato federale ed al semipresidenzialismo); CN (favorevole); LNP (contrari); Terzo Polo (contrari). La proposta non è approvata.

I lavori riprendono con l’esame degli emendamenti relativi all’articolo 2.

Il relatore Vizzini (UDC) esprime parere contrario su tutti gli emendamenti.

Il rappresentante del Governo, sottosegretario Malaschini si rimette alle valutazioni dell’Assemblea.

Il Presidente a seguito di richieste di alcuni senatori avanza l’ipotesi di rinviare alla Commissione l’esame dell’articolo 2 e degli emendamenti 9.0.500, 9.0.501, 9.0.502, 9.0.503, 9.0.504, 9.0.505, 9.0.506, 9.0.507, 10.500, 11.0.500, 12.0.500, rispettivamente in materia di Senato federale e di semipresidenzialismo.Il Presidente invita i rappresentanti dei gruppi parlamentari ad esprimersi sulla possibilità del rinvio in Commissione.

Il Presidente decide dunque di rinviare in Commissione Affari Costituzionali l’intero articolo 2 e i connessi emendamenti nn. 3.204, 3.203, 3.207, 0.1.207, 0.1.208, 0.1.209, 0.1.703. Inoltre si decide di rinviare tutti gli emendamenti relativi alla “nuova forma di governo“ che non sono stati esaminati e discussi in Commissione. In particolare si tratta degli emendamenti nn. 9.0.500, 9.0.501, 9.0.502, 9.0.503, 9.0.504, 9.0.505, 9.0.506, 9.0.507, 10.500, 11.0.500, 12.0.500.

Segue discussione sul calendario dei lavori.

Il Presidente dichiara di riprendere l’esame dell’articolo 1 relativo alla riduzione del numero dei deputati ed agli emendamenti ad esso riferiti e precedentemente accantonati.

Interviene il relatore Vizzini (UDC) ricordando che sono stati dichiarati improponibili gli emendamenti aggiuntivi dal n. 01.200 al 01.206 relativi alla parte prima della Costituzione. Sono stati accantonati gli emendamenti dallo 1.207 in poi. Inoltre esprime parere contrario sugli emendamenti dall’1.200 al 1.231.

I Il Presidente dichiara aperta la fase di votazione degli emendamenti relativi all’articolo1.

Vengono posti in votazione e respinti gli emendamenti dall’1.200 all’1.231.

Vengono ritirati dai proponenti gli emendamenti 1.215, 1.216 e 1.221.

I Si passa alla votazione dell’articolo1.

IIl Senato approva.

 

27 giugno 2012 (pom.)

Il Presidente invita il relatore Vizzini (UDC) ad informare l’Assemblea sui lavori della I Commissione, relativamente all’esame dell’art. 2 del testo unificato e degli emendamenti relativi alla forma di governo.

Il relatore Vizzini (UDC) annuncia che la Commissione non ha approvato l’emendamento 2.550 (Testo 2) nella versione presentata dall’Assemblea e di conseguenza sono decaduti tutti i subemendamenti presentati. In relazione poi agli emendamenti relativi alla forma di governo, si è convenuto di subordinare la votazione alle valutazioni dell’Aula relativamente all’articolo 2.

Si riprende l’esame dell’articolo 2 e degli emendamenti accantonati.

Si esaminano i subemendamenti riferiti all’emendamento 2.550 (testo 2).

Interviene il senatore Castelli (LNP) che illustra il subemendamento 2.550 (testo 2)/101 relativo al Senato Federale.

Interviene il senatore Pastore (PDL) che illustra il subemendamento 2.550 (testo 2)/102 relativo agli effetti dell’esercizio del diritto di voto dei rappresentanti regionali.

Interviene il senatore Benedetti Valentini (PDL) illustrando l’emendamento 2.550 (testo 2)/1 sempre in materia di status dei rappresentanti regionali nell’ambito del Senato federale.

Questi propone di mettere in votazione l’emendamento 2.550 (testo 2)/101 di Calderoli e Divina (LNP) e di integrarlo con il proprio emendamento .L’emendamento viene riformulato.

Il relatore Vizzini (UDC) esprime parere contrario su tutti gli emendamenti e subemendamenti all’art. 2.

Il rappresentante del Governo dichiara di conformarsi alle decisioni dell’Assemblea.

Viene discusso l’emendamento 2.550 (testo 2)/1 che viene poi modificato ai sensi della proposta formulata dal senatore Maritati (PD).

Vengono posti in votazione gli emendamenti 2.200, 2.300, 2.201, 2.202, 2.203 e la prima parte dell’emendamento 2.550 (testo 2)/100.

Il Senato non approva.

Viene posto in votazione la prima parte dell’emendamento 2.550 (testo 2)/101 (testo 3) presentato dai senatori Calderoli (LNP) e Divina (LNP) e modificato dalla proposta Maritati.

I Il Senato approva.

Si passa alla votazione dell’emendamento 2.550 (testo 2),nel testo emendato ed interamente sostitutivo dell’articolo 2.

I Il Senato approva.

Si pone in votazione la restante parte dell’emendamento 2.550 (testo 2)/101 (testo 3).

I Il Senato approva.

Si pone in votazione la restante parte dell’emendamento 2.550 (testo 2)/101(testo 3) soppressivo dell’articolo 13 del testo unificato.

I Il Senato approva.

Il Presidente dichiara che risultano preclusi gli emendamenti relativi all’articolo 2 e che sono stati ritirati gli emendamenti 2.550 (testo 2)/103, 2.550 (testo 2)/1204 e 2.550 (testo 2)/106.

Il relatore Vizzini (UDC) rassegna le sue dimissioni dall’incarico svolto, motivando la scelta con il fatto che l’emendamento relativo al Senato federale, più volte bocciato in Commissione Affari Costituzionali, è stato approvato con una maggioranza differente in Aula.

Il Presidente annuncia il rinvio del provvedimento alla Commissione, sia per la nomina di un nuovo relatore, sia per l’esame sugli emendamenti relativi al semipresidenzialismo.

 

17 luglio 2012 (pom.)

Il Presidente della I Commissione Vizzini (UDC) riferisce sull’andamento dei lavori della Commissione nella seduta del 3 luglio.

Il Presidente dell’Assemblea annuncia che, data la mancanza di un relatore per il testo unificato, l’esame dello stesso proseguirà senza alcun relatore.

Si passa all’esame dell’articolo 3 e dei relativi emendamenti.

I Vengono posti in votazione e respinti gli emendamenti 3.200, 3.3, 3.202, 3.205, 3.206, 3.208, 3.209, 3.210, 3.212, 3.213 e 3.550 (testo 2).

 

18 luglio 2012 (ant.)

Riprende la votazione relativa agli emendamenti sull’articolo 3. Intervengono i senatori Carlino (IDV), Adamo (PD), Bianconi (PDL), Boscetto (PDL), Pastore (PDL), Finocchiaro (UDC), Bonfrisco (PDL), Baio (FLI), Peterlini (UDC), Giovanardi (PDL), Nania (PDL), Caliendo (PDL), Perduca (PD), Franco (LNP), Alberti Casellati (PDL), Lauro (PDL), Valentino (PDL), Calderoli (LNP), Donaggio (PD), Gamba (PDL), Rutelli (TERZO POLO), Belisario (IDV), Perduca (PD), Valditara (FLI), Nania (PDL), Palma (PDL), Vicari (PDL), D’Alia (UDC), Poli Bortone (UDC), Divina (LNP) e Del Pennino (MISTO).

I Viene posto in votazione e respinto l’emendamento 3.215 (testo 2)

Il Senato approva l’articolo 3.

Successivamente si passa ad illustrare gli emendamenti che intendono aggiungere articoli dopo l’articolo 3.

I Vengono posti in votazione e respinti gli emendamenti 3.0.200, 3.0.730, 3.0.202.

I restanti emendamenti sono stati ritirati.

 

18 luglio 2012 (ant.)

L’Assemblea prosegue con gli emendamenti all’art. 4.

I Vengono posti in votazione e respinti gli emendamenti da 4.201 a 4.205.

Viene posto in votazione l’emendamento 4.206 relativo alla tutela dei diritti dell’opposizione.

Il Senato approva.

L’Assemblea esprime il voto sugli emendamenti 4.218, 4.0.222, 4.219, che vengono respinti.

L’assemblea vota l’articolo 4 del progetto di legge costituzionale.

Il Senato approva.

Di seguito l’Assemblea esamina gli emendamenti aggiuntivi di  un articolo dopo l’articolo 4.

Si procede all’illustrazione degli emendamenti 4.0.200, 4.0.220, 4.0221, 4.0.300, 4.0.201, 4.0.202, 4.0.203, che successivamente vengono votati e respinti.

L’emendamento 4.0.204 ( testo 2) viene accantonato.

 

18 luglio 2012 (nott.)

Si procede con l’illustrazione degli emendamenti di cui all’articolo 5.

Intervengono i senatori Poretti (PD), Benedetti Valentini (PDL), Del Pennino (MISTO), Pastore (PDL), Fleres (MISTO).

 

19 luglio 2012 (ant.)

I Si procede con l’esame e la votazione degli emendamenti all’articolo 5.

L’emendamento 4.0.204 (testo 2) prima accantonato, viene ritirato.

Vengono posti in votazione e respinti gli emendamenti da 5.200 a 5.207.

Il Senato approva l’articolo 5.

Gli emendamenti relativi all’articolo 6 sono respinti.

Il Senato approva l’articolo 6.

Gli emendamenti relativi all’art. 7, dal 7.200 al 7.223 sono respinti. Vengono respinti dall’assemblea anche gli emendamenti dal 7.229 al 7.242.

Il Senato approva l’emendamento 7.225 (Calderoli, Divina, LNP) relativo al procedimento legislativo di cui all’art. 72 Cost. e l’emendamento 7.226 (testo 2).

 

24 luglio 2012 (ant.)

Riprende la seduta dell’Assemblea con l’illustrazione degli emendamenti relativi all’articolo 7.

Interviene la senatrice Finocchiaro (PD) che chiede di mettere ai voti la sua proposta di sospendere l’esame dei disegni di legge di riforma costituzionale. La proposta non è approvata.

I Si riprende con la votazione degli emendamenti.

Il Senato non approva gli emendamenti dal 7.244 al 7.249 e dal 7.253 al 7.258.

L’esame, e la conseguente votazione, sull’emendamento 7.0.200 vengono differiti e ne è disposto l’abbinamento all’esame dell’articolo 12.

Il Senato approva l’emendamento 7.250 relativo alla modifica dell’articolo 72 Cost.

Il Senato approva l’articolo 7 nel testo emendato.

Si passa all’esame degli emendamenti relativi all’articolo 8.

Vengono votati e respinti gli emendamenti 8.201 e 8.202.

Il Senato approva l’articolo 8.

Vengono esaminati e votati gli emendamenti relativi all’articolo 9, dal 9.200 al 9.205.

Il Senato non approva.

Il Senato approva l’articolo 9.

Si passa all’esame degli emendamenti  aggiuntivi all’articolo 9.

Il Senato respinge gli emendamenti 9.0.200, 9.0.202, 9.0.203, 9.0.205, 9.207, 9.0.208.

Si apre un dibattito relativo alla votazione sull’emendamento 9.0.500 (Gasparri Quagliariello PDL) relativo alla modifica dell’articolo 83 della Costituzione in merito ai poteri del Presidente della Repubblica.

Intervengono per dichiarazioni di voto i senatori Gasparri (PDL), Del Pennino (MISTO), Livi Bacci (PD), Bruno Viespoli (CN), Pisanu (PDL), Calderoli (LNP), Valditara (FLI).

Il Senato approva l’emendamento 9.0.500.

I Viene posto in votazione l’emendamento 9.0.501 (Gasparri Quagliariello PDL) volto a modificare l’art. 84 della Costituzione relativo ai requisiti di eleggibilità del Presidente della Repubblica.

Il Senato approva.

I L’Assemblea vota successivamente gli emendamenti 9.0.502, 9.0.503, 9.0.504 rispettivamente relativi alla modica dell’articolo 88 Cost. in relazione alle modalità di elezione del Presidente della Repubblica.

Il Senato approva.

Vengono posti in votazione e respinti gli emendamenti 9.0.506/19.0.506/3, mentre gli emendamenti 9.0.304 e 9.0.214 vengono ritirati.

Il Senato non approva.

I Vengono posti in votazione gli emendamenti 9.0.506 e 9.0.507 sull’introduzione del potere del Presidente del Consiglio di richiedere lo scioglimento delle Camere.

Il Senato approva.

I Si procede alla votazione degli emendamenti sull’articolo 10.

L’emendamento 10.200 non è approvato.

Il Senato approva l’emendamento 10.500, interamente sostitutivo dell’articolo 10 e soppressivo dell’articolo 11 del testo unificato.

Tale emendamento è inerente alla modifica dell’articolo 89 della Costituzione.

Vengono di conseguenza dichiarati preclusi tutti gli emendamenti relativi all’articolo 10 ed all’articolo 11; gli emendamenti 10.201, 10.205, 10.206, 10.0550, 11.201 e 11.300 sono stati ritirati.

I Si passa alla votazione degli emendamenti volti ad aggiungere articoli dopo l’articolo11.

Gli emendamenti 11.207, 11.0.208, 11.0.209 non sono approvati.

I Viene approvato l’emendamento 11.0.500 relativo alla modifica dell’art.104 commi 2 e 3.

 

24 luglio 2012 (pom.)

La seduta riprende con l’esame e la votazione sugli emendamenti all’articolo 11 del testo unificato di riforma costituzionale.

Vengono discussi e votati gli emendamenti dal 11.0.211 al 11.0.224.

Il Senato non approva.

I Viene posto in votazione l’articolo 12.

Il Senato approva.

Si passa alla votazione sugli emendamenti volti ad aggiungere articoli dopo l’articolo 12.

Il Senato non approva gli emendamenti dal 12.0.200 al 12.0.206.

L’emendamento 12.0.207 viene ritirato.

Si passa alla votazione sull’emendamento 9.0.200 precedentemente accantonato e che risulta connesso con gli emendamenti 12.0.400/1 e 12.0.500/1 (testo corretto).

Il senatore Benedetti Valentini (PDL) presentatore delle suddette proposte emendative, dichiara di voler ritirare gli emendamenti 9.0.200 e 12.0.400/1, mentre mantiene l’emendamento 12.0.500/1 (testo corretto).

I Viene posto in votazione e respinto l’emendamento 12.0.400.

Viene approvato l’emendamento 12.0.500/1 inerente alla modifica dell’art. 137 Cost, sull’introduzione della possibilità per un quarto dei componenti della Camera di sollevare questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte avverso le leggi di delegazione approvate dal Parlamento.

Viene posto in votazione e approvato l’emendamento 12.0.500 (testo 2) sull’introduzione della possibilità per un quarto dei componenti della Camera di sollevare questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte avverso le leggi approvate dal Parlamento.

Il Presidente annuncia che l’articolo 13 del testo unificato è stato soppresso per effetto dell’approvazione dell’emendamento 2.550 (testo 2).

Gli emendamenti 13.020, 13.021, 13.0.660, 13.0.661, 13.0.662, 13.0.663, 13.0.664 e 13.0.665 vengono ritirati.

I L’Assemblea procede dunque alla votazione degli emendamenti accantonati.

Viene posto in votazione l’emendamento 01.207, identico nel contenuto agli emendamenti 01.208 e 01.209.

Il Senato approva.

Si conclude l’esame degli articoli e degli emendamenti al progetto di legge costituzionale.

Votazione finale

25 luglio 2012 (ant.)

Si passa alla votazione finale del testo unificato A.S. 24 e abb. di modifica della riforma della Costituzione.

Intervengono per le dichiarazioni di voto i senatori Del Pennino (Misto-PRI contrario), Pardi (IDV contrario), Viespoli (CN favorevole), Valditara (FLI contrario), D’Alia (UDC contrario), Calderoli (LPN favorevole), Finocchiaro (PD contrario), Quagliariello (PDL favorevole).

Il Senato approva in prima deliberazione: favorevoli 153, contrari 138, astenuti 7, votanti 298, presenti 299.

 

 

 


Testo a fronte

 


 

Costituzione della Repubblica

Testo proposto dalla Commissione
A.S. 24 e abb.-A

Testo approvato dal Senato
A.C. 5386

 

 

 

parte seconda
ordinamento della repubblica

 

 

Titolo I - Il Parlamento

Sezione I - Le Camere

 

 

Art. 55

 

 

 

 

Art. 1, co. 1

Il Parlamento si compone della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.

 

Il Parlamento si compone della Camera dei deputati e del Senato Federale della Repubblica.

Il Parlamento si riunisce in seduta comune dei membri delle due Camere nei soli casi stabiliti dalla Costituzione.

 

Identico

 

 

 

Art. 56

 

 

La Camera dei deputati è eletta a suffragio universale e diretto.

Identico

Identico

 

Art. 1, co. 1, lett. a)

Art. 2, co. 1, lett. a)

Il numero dei deputati è di seicentotrenta, dodici dei quali eletti nella circoscrizione Estero.

Il numero dei deputati è di cinquecentootto, otto dei quali eletti nella circoscrizione Estero.

Il numero dei deputati è di cinquecentootto, otto dei quali eletti nella circoscrizione Estero.

 

Art. 1, co. 1, lett. b)

Art. 2, co. 1, lett. b)

Sono eleggibili a deputati tutti gli elettori che nel giorno delle elezioni hanno compiuto i venticinque anni di età.

Sono eleggibili a deputati tutti gli elettori che nel giorno delle elezioni hanno compiuto i ventuno anni di età.

Sono eleggibili a deputati tutti gli elettori che nel giorno delle elezioni hanno compiuto i ventuno anni di età.

 

Art. 1, co. 1, lett. c)

Art. 2, co. 1, lett. c)

La ripartizione dei seggi tra le circoscrizioni, fatto salvo il numero dei seggi assegnati alla circoscrizione Estero, si effettua dividendo il numero degli abitanti della Repubblica, quale risulta dall'ultimo censimento generale della popolazione, per seicentodiciotto e distribuendo i seggi in proporzione alla popolazione di ogni circoscrizione, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti.

La ripartizione dei seggi tra le circoscrizioni, fatto salvo il numero dei seggi assegnati alla circoscrizione Estero, si effettua dividendo il numero degli abitanti della Repubblica, quale risulta dall'ultimo censimento generale della popolazione, per cinquecento e distribuendo i seggi in proporzione alla popolazione di ogni circoscrizione, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti.

La ripartizione dei seggi tra le circoscrizioni, fatto salvo il numero dei seggi assegnati alla circoscrizione Estero, si effettua dividendo il numero degli abitanti della Repubblica, quale risulta dall'ultimo censimento generale della popolazione, per cinquecento e distribuendo i seggi in proporzione alla popolazione di ogni circoscrizione, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti.

 

 

 

Art. 57

 

 

 

 

Art. 3

Il Senato della Repubblica è eletto a base regionale, salvi i seggi assegnati alla circoscrizione Estero.

Identico

Il Senato Federale della Repubblica è composto da duecentocinquanta senatori eletti a suffragio universale e diretto su base regionale.

 

Art. 2, co. 1, lett. a)

Il numero dei senatori elettivi è di trecentoquindici, sei dei quali eletti nella circoscrizione Estero.

Il numero dei senatori elettivi è di duecento-cinquantaquattro, quattro dei quali eletti nella circoscrizione Estero

 

Art. 2, co. 1, lett. b)

 

Nessuna Regione può avere un numero di senatori inferiore a sette; il Molise ne ha due, la Valle d'Aosta uno.

Nessuna Regione può avere un numero di senatori inferiore a sei; il Molise ne ha due, la Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste uno.

Nessuna Regione può avere un numero di senatori inferiore a sei; il Molise ne ha due, la Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste uno.

La ripartizione dei seggi tra le Regioni, fatto salvo il numero dei seggi assegnati alla circoscrizione Estero, previa applicazione delle disposizioni del precedente comma, si effettua in proporzione alla popolazione delle Regioni, quale risulta dall'ultimo censimento generale, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti.

Identico

La ripartizione dei seggi fra le Regioni, previa applicazione delle disposizioni del secondo comma, si effettua in proporzione alla popolazione delle Regioni, quale risulta dall'ultimo censimento generale, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti.

 

 

L'elezione del Senato Federale della Repubblica è disciplinata con legge dello Stato, che garantisce la rappresentanza territoriale da parte dei senatori.

 

 

Partecipano ai lavori del Senato Federale della Repubblica, secondo le modalità e con gli effetti previsti dal suo regolamento, con diritto di voto sulle materie di legislazione concorrente ovvero di interesse degli enti territoriali, un rappresentante per ogni Regione, eletto fra i propri componenti, all'inizio di ogni legislatura regionale, da ciascun consiglio o assemblea regionale. Per la Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol i Consigli delle Province autonome eleggono ciascuno un rappresentante.

 

 

I rappresentanti delle Regioni nel Senato Federale della Repubblica non sono membri del Parlamento, non ricevono la relativa indennità e ad essi si applica la prerogativa di cui all'articolo 68, primo comma, della Costituzione.

 

 

 

Art. 58

 

 

 

Art. 3, co. 1, lett. a)

Art. 4, co. 1, lett. a)

I senatori sono eletti a suffragio universale e diretto dagli elettori che hanno superato il venticinquesimo anno di età.

I senatori sono eletti a suffragio universale e diretto.

I senatori sono eletti a suffragio universale e diretto.

 

Art. 3, co. 1, lett. b)

Art. 4, co. 1, lett. b)

Sono eleggibili a senatori gli elettori che hanno compiuto il quarantesimo anno.

Sono eleggibili a senatori gli elettori che hanno compiuto il trentacinquesimo anno.

Sono eleggibili a senatori gli elettori che hanno compiuto il trentacinquesimo anno.

Art. 64

 

 

Ciascuna Camera adotta il proprio regolamento a maggioranza assoluta dei suoi componenti.

Identico

Identico

Le sedute sono pubbliche: tuttavia ciascuna delle due Camere e il Parlamento a Camere riunite possono deliberare di adunarsi in seduta segreta.

Identico

Identico

Le deliberazioni di ciascuna Camera e del Parlamento non sono valide se non è presente la maggioranza dei loro componenti, e se non sono adottate a maggioranza dei presenti, salvo che la Costituzione prescriva una maggioranza speciale.

Identico

Identico

I membri del Governo, anche se non fanno parte delle Camere, hanno diritto, e se richiesti obbligo, di assistere alle sedute. Devono essere sentiti ogni volta che lo richiedono.

Identico

Identico

 

Art. 4

Art. 5

 

I regolamenti delle Camere garantiscono le prerogative e i poteri del Governo e della maggioranza nonché i diritti delle opposizioni e delle minoranze in ogni fase dell’attività parlamentare.

I regolamenti delle Camere garantiscono le prerogative e facoltà del parlamentare, le prerogative e i poteri del Governo e della maggioranza nonché i diritti delle opposizioni e delle minoranze in ogni fase dell’attività parlamentare.

 

 

 

Art. 69

 

 

 

Art. 5

Art. 6

I membri del Parlamento ricevono una indennità stabilita dalla legge.

I membri del Parlamento hanno il dovere di partecipare ai lavori delle Camere, anche nelle Commissioni, e ricevono un’indennità stabilita dalla legge.

I membri del Parlamento hanno il dovere di partecipare ai lavori delle Camere, anche nelle Commissioni, e ricevono un'indennità stabilita dalla legge.

 

 

 

Sezione II - La formazione delle leggi

 

 

Art. 70

 

 

 

Art. 6

Art. 7

La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere.

La funzione legislativa è esercitata dalle due Camere.

La funzione legislativa è esercitata dalle due Camere.

 

 

 

Art. 72

 

 

 

Art. 7

Art. 8

 

(Art. 72, 1° co., Cost.)

(Art. 72, 1° co., Cost.)

Ogni disegno di legge, presentato ad una Camera è, secondo le norme del suo regolamento, esaminato da una commissione e poi dalla Camera stessa, che l'approva articolo per articolo e con votazione finale.

I disegni di legge sono presentati al Presidente di una delle Camere.

I disegni di legge sono presentati al Presidente di una delle Camere.

(Art. 72, 5° co., Cost.)

(Art. 72, 5° co., Cost.)

Ogni disegno di legge è esaminato, secondo le norme dei regolamenti delle Camere, da una Commissione e poi dalla Camera stessa, che l’approva articolo per articolo e con votazione finale. I regolamenti possono stabilire che un disegno di legge sia esaminato da una Commissione composta da un eguale numero di deputati e di senatori designati in modo da rispecchiare la proporzione dei gruppi parlamentari.

Ogni disegno di legge è esaminato, secondo le norme dei regolamenti delle Camere, da una Commissione e poi dalla Camera stessa, che l'approva articolo per articolo e con votazione finale. I regolamenti possono stabilire che un disegno di legge sia esaminato da una Commissione composta da un eguale numero di deputati e di senatori designati in modo da rispecchiare la proporzione dei gruppi parlamentari.

 

(Art. 72, 2° co., Cost.)

(Art. 72, 2° co., Cost.)

 

La funzione legislativa è esercitata in forma collettiva dalle due Camere quando la Costituzione prescrive una maggioranza speciale di approvazione, per le leggi in materia costituzionale ed elettorale, per quelle concernenti le prerogative e le funzioni degli organi costituzionali e dei rispettivi componenti, per quelle di delegazione legislativa, di conversione in legge dei decreti con forza di legge, di approvazione di bilanci e consuntivi. La funzione legislativa è altresì esercitata in forma collettiva dalle due Camere quando, al fine di garantire l’unità giuridica o economica della Repubblica, il Governo presenta al Parlamento un disegno di legge che, nel rispetto dei princìpi di leale collaborazione e di sussidiarietà, interviene nelle materie attribuite alla potestà legislativa regionale.

La funzione legislativa è esercitata in forma collettiva dalle due Camere quando la Costituzione prescrive una maggioranza speciale di approvazione, per le leggi in materia costituzionale ed elettorale, per quelle concernenti le prerogative e le funzioni degli organi costituzionali e dei rispettivi componenti, per quelle di delegazione legislativa, di conversione in legge dei decreti con forza di legge, di approvazione di bilanci e consuntivi.

 

(Art. 72, 3° co., Cost.)

(Art. 72, 3° co., Cost.)

 

L’esame dei disegni di legge ha inizio alla Camera presso la quale sono stati presentati, quando la funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere. Ha inizio al Senato della Repubblica, quando la Costituzione prevede una legge della Repubblica e quando i disegni di legge riguardano prevalentemente le materie di cui all’articolo 117, terzo comma, e all’articolo 119, ha inizio alla Camera dei deputati in tutti gli altri casi.

L’esame dei disegni di legge ha inizio alla Camera presso la quale sono stati presentati, quando la funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere. Ha inizio al Senato della Repubblica, quando i disegni di legge riguardano prevalentemente le materie di cui all’articolo 117, terzo comma, e all’articolo 119, nonché per le leggi di cui agli articoli 122, 125, 132, secondo comma, e 133, ha inizio alla Camera dei deputati in tutti gli altri casi.

 

 

 

 

(Art. 72, 4° co., Cost.)

(Art. 72, 4° co., Cost.)

 

I disegni di legge sono assegnati a una delle due Camere, con decisione non sindacabile in alcuna sede, dai Presidenti delle Camere d’intesa tra loro secondo le norme della Costituzione e dei rispettivi regolamenti.

I disegni di legge sono assegnati a una delle due Camere, con decisione non sindacabile in alcuna sede, dai Presidenti delle Camere d'intesa tra loro secondo le norme della Costituzione e dei rispettivi regolamenti.

 

(Art. 72, 6° co.Cost.)

(Art. 72, 6° co., Cost.)

Il regolamento stabilisce procedimenti abbreviati per i disegni di legge dei quali è dichiarata l’urgenza.

I regolamenti delle Camere stabiliscono procedimenti abbreviati per i disegni di legge dei quali è dichiarata l’urgenza e prevedono le modalità per la discussione e la votazione finale in tempi certi di proposte indicate dai gruppi parlamentari di opposizione.

I regolamenti delle Camere stabiliscono procedimenti abbreviati per i disegni di legge dei quali è dichiarata l'urgenza e prevedono le modalità per la discussione e la votazione finale in tempi certi di proposte indicate dai gruppi parlamentari di opposizione.

 

(Art. 72, 7° co., Cost.)

(Art. 72, 7° co., Cost.)

 

Il Governo può chiedere che un disegno di legge sia iscritto con priorità all’ordine del giorno della Camera che lo esamina e sottoposto alla votazione finale entro un termine determinato. Decorso il termine, il testo proposto o accolto dal Governo, su sua richiesta, è messo in votazione senza modifiche, articolo per articolo e con votazione finale.

Il Governo può chiedere che un disegno di legge sia iscritto con priorità all'ordine del giorno della Camera che lo esamina e sottoposto alla votazione finale entro un termine determinato. Decorso il termine, il testo proposto o accolto dal Governo, su sua richiesta, è messo in votazione senza modifiche, articolo per articolo e con votazione finale.

 

(Art. 72, 8° co., Cost.)

(Art. 72, 8° co., Cost.)

Può altresì stabilire in quali casi e forme l’esame e l’approvazione dei disegni di legge sono deferiti a commissioni, anche permanenti, composte in modo da rispecchiare la proporzione dei gruppi parlamentari. Anche in tali casi, fino al momento della sua approvazione definitiva, il disegno di legge è rimesso alla Camera, se il Governo o un decimo dei componenti della Camera o un quinto della commissione richiedono che sia discusso e votato dalla Camera stessa oppure che sia sottoposto alla sua approvazione finale con sole dichiarazioni di voto. Il regolamento determina le forme di pubblicità dei lavori delle commissioni.

I regolamenti delle Camere possono stabilire in quali casi e forme l’esame e l’approvazione dei disegni di legge sono deferiti a Commissioni, anche permanenti, composte in modo da rispecchiare la proporzione dei gruppi parlamentari. Anche in tali casi, fino al momento della sua approvazione definitiva, il disegno di legge è rimesso alla Camera, se il Governo o un decimo dei componenti della Camera o un quinto della Commissione richiedono che sia discusso e votato dalla Camera stessa oppure che sia sottoposto alla sua approvazione finale con sole dichiarazioni di voto. I regolamenti determinano le forme di pubblicità dei lavori delle Commissioni.

I regolamenti delle Camere possono stabilire in quali casi e forme l'esame e l'approvazione dei disegni di legge sono deferiti a Commissioni, anche permanenti, composte in modo da rispecchiare la proporzione dei gruppi parlamentari. Anche in tali casi, fino al momento della sua approvazione definitiva, il disegno di legge è rimesso alla Camera, se il Governo o un decimo dei componenti della Camera o un quinto della Commissione richiedono che sia discusso e votato dalla Camera stessa oppure che sia sottoposto alla sua approvazione finale con sole dichiarazioni di voto. I regolamenti determinano le forme di pubblicità dei lavori delle Commissioni.

 

(Art. 72, 9° co., Cost.)

(Art. 72, 9° co., Cost.)

La procedura normale di esame e di approvazione diretta da parte della Camera è sempre adottata per i disegni di legge in materia costituzionale ed elettorale e per quelli di delegazione legislativa, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali, di approvazione di bilanci e consuntivi.

La procedura normale di esame e di approvazione diretta è sempre adottata per i disegni di legge in materia costituzionale ed elettorale, di delegazione legislativa, di conversione in legge dei decreti con forza di legge, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali, di approvazione di bilanci e consuntivi e per quelli diretti all’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza all’Unione europea.

La procedura normale di esame e di approvazione diretta è sempre adottata per i disegni di legge in materia costituzionale ed elettorale, di delegazione legislativa, di conversione in legge dei decreti con forza di legge, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali, di approvazione di bilanci e consuntivi.

 

(Art. 72, 10° co., Cost.)

(Art. 72, 10° co., Cost.)

 

I disegni di legge approvati da una Camera sono trasmessi all’altra Camera e, salvo il caso di esercizio collettivo della funzione legislativa, sono da questa esaminati se, entro quindici giorni dalla trasmissione, ne è deliberato il riesame su proposta di un terzo dei suoi componenti. Il riesame ha luogo anche su richiesta del Governo. Il disegno di legge può essere approvato, anche con modifiche, o respinto, entro i trenta giorni successivi alla deliberazione o alla richiesta di riesame. I disegni di legge si intendono definitivamente approvati quando si forma una deliberazione conforme delle due Camere ovvero, nel testo approvato da una Camera, in mancanza di deliberazione o richiesta di riesame o quando queste non sono seguite dalla votazione finale sul disegno di legge nel termine prescritto.

Il disegno di legge, approvato da una Camera, è trasmesso all'altra e si intende definitivamente approvato se entro quindici giorni dalla trasmissione questa non delibera di disporne il riesame su proposta di un terzo dei suoi componenti.

 

 

(Art. 72, 11° co., Cost.)

 

 

La Camera che dispone di riesaminare il disegno di legge deve approvarlo o respingerlo entro i trenta giorni successivi alla decisione di riesame. Decorso inutilmente tale termine, il disegno di legge si intende definitivamente approvato.

 

 

(Art. 72, 12° co., Cost.)

 

 

Se la Camera che ha chiesto il riesame lo approva con emendamenti o lo respinge, il disegno di legge è trasmesso alla prima Camera, che delibera in via definitiva.

 

 

 

Art. 74

 

 

Il Presidente della Repubblica, prima di promulgare la legge, può con messaggio motivato alle Camere chiedere una nuova deliberazione.

Identico

Identico

 

Art. 8

Art. 9, co. 1

Se le Camere approvano nuovamente la legge, questa deve essere promulgata.

Se è nuovamente approvata, la legge deve essere promulgata.

Se è nuovamente approvata, la legge deve essere promulgata.

 

 

 

Art. 75

 

 

E' indetto referendum popolare per deliberare l'abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto avente valore di legge, quando lo richiedono cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali.

Identico

Identico

Non è ammesso il referendum per le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali.

Identico

Identico

 

Art. 9

Art. 10

Hanno diritto di partecipare al referendum tutti i cittadini chiamati ad eleggere la Camera dei deputati.

Hanno diritto di partecipare al referendum tutti i cittadini elettori.

Hanno diritto di partecipare al referendum tutti i cittadini elettori.

La proposta soggetta a referendum è approvata se ha partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto, e se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi.

Identico

Identico

La legge determina le modalità di attuazione del referendum.

Identico

Identico

 

 

 

Titolo II - Il Presidente della Repubblica

 

Art. 11

Art. 83

 

(Art. 83, 6° co., Cost.)

Il Presidente della Repubblica è eletto dal Parlamento in seduta comune dei suoi membri.

 

Il Presidente della Repubblica è eletto a suffragio universale e diretto. Sono elettori tutti i cittadini che hanno compiuto la maggiore età.

All'elezione partecipano tre delegati per ogni Regione eletti dal Consiglio regionale in modo che sia assicurata la rappresentanza delle minoranze. La Valle d'Aosta ha un solo delegato.

 

Abrogato

L'elezione del Presidente della Repubblica ha luogo per scrutinio segreto a maggioranza di due terzi della assemblea. Dopo il terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta.

 

Abrogato

 

 

 

Art. 84

 

Art. 12

Può essere eletto Presidente della Repubblica ogni cittadino che abbia compiuto cinquanta anni di età e goda dei diritti civili e politici.

 

Può essere eletto Presidente della Repubblica ogni cittadino che abbia compiuto quarant'anni e goda dei diritti politici e civili.

L'ufficio di Presidente della Repubblica è incompatibile con qualsiasi altra carica.

 

L'ufficio è incompatibile con qualsiasi altra carica e attività pubblica o privata. La legge prevede altresì disposizioni idonee ad evitare conflitti tra gli interessi privati del Presidente della Repubblica e gli interessi pubblici. A tal fine la legge individua le situazioni di ineleggibilità e incompatibilità.

L'assegno e la dotazione del Presidente sono determinati per legge.

 

L'assegno e la dotazione del Presidente della Repubblica sono determinati per legge.

 

 

 

 

 

 

Art. 85

 

Art. 13

Il Presidente della Repubblica è eletto per sette anni.

 

Il Presidente della Repubblica è eletto per cinque anni. Può essere rieletto una sola volta.

Trenta giorni prima che scada il termine, il Presidente della Camera dei deputati convoca in seduta comune il Parlamento e i delegati regionali, per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica.

 

Il Presidente del Senato della Repubblica, il novantesimo giorno prima che scada il mandato del Presidente della Repubblica, indìce l'elezione, che deve aver luogo in una data compresa tra il sessantesimo e il trentesimo giorno precedente la scadenza.

Se le Camere sono sciolte, o manca meno di tre mesi alla loro cessazione, la elezione ha luogo entro quindici giorni dalla riunione delle Camere nuove. Nel frattempo sono prorogati i poteri del Presidente in carica.

 

Abrogato

 

 

Le candidature sono presentate da un gruppo parlamentare delle Camere, ovvero da duecentomila elettori, o da deputati e senatori, da membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia, da consiglieri regionali, da presidenti delle Giunte regionali e da sindaci, che vi provvedono nel numero e secondo le modalità stabiliti dalla legge.

 

 

I finanziamenti e le spese per la campagna elettorale, nonché la partecipazione alle trasmissioni radiotelevisive sono regolati dalla legge al fine di assicurare la parità di condizioni fra i candidati.

 

 

È eletto il candidato che ha ottenuto la maggioranza assoluta dei voti validamente espressi. Qualora nessun candidato abbia conseguito la maggioranza, il quattordicesimo giorno successivo si procede al ballottaggio fra i due candidati che hanno conseguito il maggior numero di voti.

 

 

La legge disciplina la procedura per la sostituzione e per l'eventuale rinvio della data dell'elezione in caso di morte o di impedimento permanente di uno dei candidati.

 

 

Il Presidente della Repubblica assume le funzioni l'ultimo giorno del mandato del Presidente uscente. In caso di elezione per vacanza della carica, il Presidente assume le funzioni il settimo giorno successivo a quello della proclamazione dei risultati elettorali.

 

 

Il procedimento elettorale e le altre modalità di applicazione del presente articolo sono regolati dalla legge.

 

 

 

Art. 86

 

 

Le funzioni del Presidente della Repubblica, in ogni caso che egli non possa adempierle, sono esercitate dal Presidente del Senato.

 

Identico

 

 

Art. 14, co. 1

In caso di impedimento permanente o di morte o di dimissioni del Presidente della Repubblica, il Presidente della Camera dei deputati indice la elezione del nuovo Presidente della Repubblica entro quindici giorni, salvo il maggior termine previsto se le Camere sono sciolte o manca meno di tre mesi alla loro cessazione.

 

In caso di impedimento permanente o di morte o di dimissioni del Presidente della Repubblica, il Presidente del Senato della Repubblica indìce entro dieci giorni l'elezione del nuovo Presidente della Repubblica. L'elezione deve avere luogo in una data compresa tra il sessantesimo e il novantesimo giorno successivo al verificarsi dell'evento o della dichiarazione di impedimento.

 

 

Art. 11

Art. 87

 

(Art. 83, 1°-5° comma, Cost.)

Il Presidente della Repubblica è il Capo dello Stato e rappresenta l'unità nazionale.

 

Il Presidente della Repubblica è il Capo dello Stato.

Rappresenta l'unità della Nazione e ne garantisce l'indipendenza.

 

 

Vigila sul rispetto della Costituzione.

 

 

Assicura il rispetto dei trattati e degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia a organizzazioni internazionali e sovranazionali.

 

 

Rappresenta l'Italia in sede internazionale ed europea.

Può inviare messaggi alle Camere.

 

Identico

Indice le elezioni delle nuove Camere e ne fissa la prima riunione.

 

Identico

Autorizza la presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa del Governo.

 

Identico

Promulga le leggi ed emana i decreti aventi valore di legge e i regolamenti.

 

Identico

Indice il referendum popolare nei casi previsti dalla Costituzione.

 

Identico

Nomina, nei casi indicati dalla legge, i funzionari dello Stato.

 

Identico

Accredita e riceve i rappresentanti diplomatici, ratifica i trattati internazionali, previa, quando occorra, l’autorizzazione delle Camere.

 

Identico

 

 

Art. 15, co. 1, lett. a) e b)

Ha il comando delle Forze armate, presiede il Consiglio supremo di difesa costituito secondo la legge, dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere.

 

Il Presidente della Repubblica presiede il Consiglio Supremo per la politica estera e la difesa, costituito secondo la legge, e ha il comando delle Forze armate.

 

Dichiara lo stato di guerra deliberato delle Camere.

 

 

Art. 15, co. 1, lett. c)

Presiede il Consiglio superiore della magistratura.

 

Abrogato

Può concedere grazia e commutare le pene.

 

Identico

Conferisce le onorificenze della Repubblica.

 

Identico

 

 

 

Art. 88

 

Art. 16

Il Presidente della Repubblica può, sentiti i loro Presidenti, sciogliere le Camere o anche una sola di esse.

 

Il Presidente della Repubblica può, sentiti il Primo ministro e i loro Presidenti, sciogliere le Camere o anche una sola di esse.

Non può esercitare tale facoltà negli ultimi sei mesi del suo mandato, salvo che essi coincidano in tutto o in parte con gli ultimi sei mesi della legislatura.

 

Se la scadenza delle Camere cade nell'ultimo semestre del mandato del Presidente della Repubblica, la loro durata è prorogata. Le elezioni delle nuove Camere si svolgono entro due mesi dall'elezione del Presidente della Repubblica.

 

 

La facoltà di cui al primo comma non può essere esercitata durante i dodici mesi che seguono le elezioni delle Camere.

 

 

 

Art. 89

 

Art. 17

Nessun atto del Presidente della Repubblica è valido se non è controfirmato dai ministri proponenti, che ne assumono la responsabilità.

 

Gli atti del Presidente della Repubblica adottati su proposta del Primo ministro o dei ministri sono controfirmati dal proponente, che ne assume la responsabilità.

Gli atti che hanno valore legislativo e gli altri indicati dalla legge sono controfirmati anche dal Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Non sono sottoposti a controfirma la nomina del Primo ministro, l'indizione delle elezioni delle Camere e lo scioglimento delle stesse, l'indizione dei referendum nei casi previsti dalla Costituzione, il rinvio e la promulgazione delle leggi, l'invio dei messaggi alle Camere, le nomine che sono attribuite al Presidente della Repubblica dalla Costituzione e quelle per le quali la legge non prevede la proposta del Governo.

 

 

 

Titolo III - Il Governo

Sezione I - Il Consiglio dei ministri

 

 

Art. 92

 

Art. 18, co. 1

Il Governo della Repubblica è composto del Presidente del Consiglio e dei ministri, che costituiscono insieme il Consiglio dei ministri.

Identico

Il Governo della Repubblica è composto del Primo ministro e dei ministri, che costituiscono insieme il Consiglio dei ministri.

 

 

Il Presidente della Repubblica presiede il Consiglio dei ministri, salvo delega al Primo ministro.

 

Art. 10

 

Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri.

Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo nomina e revoca, i ministri.

Il Presidente della Repubblica nomina il Primo ministro. Su proposta del Primo ministro nomina e revoca i ministri.

Art. 93

 

Art. 18, co. 2

Il Presidente del Consiglio dei ministri e i ministri, prima di assumere le funzioni, prestano giuramento nelle mani del Presidente della Repubblica.

 

Il Primo ministro e i ministri, prima di assumere le funzioni, prestano giuramento nelle mani del Presidente della Repubblica.

 

 

 

Art. 94

Art. 11, lett. a)

 

Il Governo deve avere la fiducia delle due Camere.

Il Presidente del Consiglio dei ministri deve avere la fiducia delle due Camere.

 

 

Art. 11, lett. b)

 

Ciascuna Camera accorda o revoca la fiducia mediante mozione motivata e votata per appello nominale.

Ciascuna Camera accorda la fiducia mediante mozione motivata e votata per appello nominale.

 

 

Art. 11, lett. c)

 

Entro dieci giorni dalla sua formazione il Governo si presenta alle Camere per ottenerne la fiducia.

Entro dieci giorni dalla formazione del Governo, il Presidente del Consiglio dei ministri si presenta alle Camere per ottenerne la fiducia.

 

 

Art. 11, lett. d)

 

La mozione di sfiducia deve essere firmata da almeno un decimo dei componenti della Camera e non può essere messa in discussione prima di tre giorni dalla sua presentazione.

La mozione di sfiducia deve essere firmata da almeno un terzo dei componenti di ciascuna delle due Camere, deve contenere l’indicazione del nuovo Presidente del Consiglio dei Ministri e non può essere messa in discussione prima di tre giorni dalla sua presentazione.

 

 

La mozione di sfiducia deve essere approvata dal Parlamento in seduta comune a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna delle due Camere.

 

 

Il Presidente del Consiglio dei Ministri può porre davanti a una delle Camere la questione di fiducia.

 

 

Qualora la richiesta sia respinta, il Presidente del Consiglio dei Ministri si dimette e può chiedere al Presidente della Repubblica lo scioglimento delle Camere o anche di una sola di esse. Le Camere non possono essere sciolte se il Parlamento in seduta comune entro ventuno giorni dalla richiesta di scioglimento indica, a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna delle due Camere, il Presidente del Consiglio da nominare.

 

 

Quando è approvata una mozione di sfiducia o il Parlamento indica un nuovo Presidente del Consiglio dei Ministri nei ventuno giorni successivi alla richiesta di scioglimento, il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio indicato e su proposta di questi i Ministri. In questi casi si intende che il Presidente del Consiglio indicato abbia già ottenuto la fiducia delle due Camere.

 

 

 

 

Art. 95

 

Art. 18, co. 2

Il Presidente del Consiglio dei ministri dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile. Mantiene l’unità di indirizzo politico ed amministrativo, promovendo e coordinando l'attività dei ministri.

 

Il Primo ministro dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile. Mantiene l’unità di indirizzo politico ed amministrativo, promovendo e coordinando l'attività dei ministri.

I ministri sono responsabili collegialmente degli atti del Consiglio dei ministri, e individualmente degli atti dei loro dicasteri.

 

Identico

La legge provvede all'ordinamento della Presidenza del Consiglio e determina il numero, le attribuzioni e l'organizzazione dei ministeri.

 

Identico

 

 

 

Art. 96

 

Art. 18, co. 2

Il Presidente del Consiglio dei ministri ed i ministri, anche se cessati dalla carica, sono sottoposti, per i reati commessi nell'esercizio delle loro funzioni, alla giurisdizione ordinaria, previa autorizzazione del Senato della Repubblica o della Camera dei deputati, secondo le norme stabilite con legge costituzionale.

 

Il Primo ministro ed i ministri, anche se cessati dalla carica, sono sottoposti, per i reati commessi nell'esercizio delle loro funzioni, alla giurisdizione ordinaria, previa autorizzazione del Senato della Repubblica o della Camera dei deputati, secondo le norme stabilite con legge costituzionale.

 

 

 

Titolo IV - La magistratura

Sezione I - Ordinamento giurisdizionale

 

 

Art. 104

 

Art. 19

La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere.

 

Identico

Il Consiglio superiore della magistratura è presieduto dal Presidente della Repubblica.

 

Il Consiglio superiore della magistratura è presieduto dal primo presidente della Corte di cassazione.

Ne fanno parte di diritto il primo presidente e il procuratore generale della Corte di cassazione.

 

Ne fa parte di diritto anche il procuratore generale presso la Corte di cassazione.

Gli altri componenti sono eletti per due terzi da tutti i magistrati ordinari tra gli appartenenti alle varie categorie, e per un terzo dal Parlamento in seduta comune tra professori ordinari di università in materie giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di esercizio.

 

Identico

Il Consiglio elegge un vicepresidente fra i componenti designati dal Parlamento.

 

Identico

I membri elettivi del Consiglio durano in carica quattro anni e non sono immediatamente rieleggibili.

 

Identico

Non possono, finché sono in carica, essere iscritti, negli albi professionali, né far parte del Parlamento o di un Consiglio regionale.

 

Identico

 

 

 

Titolo V - Le Regioni, le Province, i Comuni

 

 

Art. 126

Art. 12

Art. 20

Con decreto motivato del Presidente della Repubblica sono disposti lo scioglimento del Consiglio regionale e la rimozione del Presidente della Giunta che abbiano compiuto atti contrari alla Costituzione o gravi violazioni di legge. Lo scioglimento e la rimozione possono altresì essere disposti per ragioni di sicurezza nazionale. Il decreto è adottato sentita una Commissione di deputati e senatori costituita, per le questioni regionali, nei modi stabiliti con legge della Repubblica.

Con decreto motivato del Presidente della Repubblica sono disposti lo scioglimento del Consiglio regionale e la rimozione del Presidente della Giunta che abbiano compiuto atti contrari alla Costituzione o gravi violazioni di legge. Lo scioglimento e la rimozione possono altresì essere disposti per ragioni di sicurezza nazionale. Il decreto è adottato sentita la Commissione paritetica per le questioni regionali, costituita presso il Senato della Repubblica.

Con decreto motivato del Presidente della Repubblica sono disposti lo scioglimento del Consiglio regionale e la rimozione del Presidente della Giunta che abbiano compiuto atti contrari alla Costituzione o gravi violazioni di legge. Lo scioglimento e la rimozione possono altresì essere disposti per ragioni di sicurezza nazionale. Il decreto è adottato sentita la Commissione paritetica per le questioni regionali, costituita presso il Senato della Repubblica.

Il Consiglio regionale può esprimere la sfiducia nei confronti del Presidente della Giunta mediante mozione motivata, sottoscritta da almeno un quinto dei suoi componenti e approvata per appello nominale a maggioranza assoluta dei componenti. La mozione non può essere messa in discussione prima di tre giorni dalla presentazione.

Identico

Identico

L'approvazione della mozione di sfiducia nei confronti del Presidente della Giunta eletto a suffragio universale e diretto, nonché la rimozione, l'impedimento permanente, la morte o le dimissioni volontarie dello stesso comportano le dimissioni della Giunta e lo scioglimento del Consiglio. In ogni caso i medesimi effetti conseguono alle dimissioni contestuali della maggioranza dei componenti il Consiglio.

Identico

Identico

 

 

 

Titolo VI - Garanzie costituzionali

Sezione I - La Corte costituzionale

 

 

Art. 137

 

 

Una legge costituzionale stabilisce le condizioni, le forme, i termini di proponibilità dei giudizi di legittimità costituzionale, e le garanzie d'indipendenza dei giudici della Corte.

 

Identico

 

 

Art. 21

 

 

Un quarto dei componenti di una Camera può sollevare la questione di legittimità costituzionale delle leggi approvate dal Parlamento entro trenta giorni dalla loro entrata in vigore. Lo stesso numero dei componenti di una Camera, entro lo stesso termine, può sollevare dinanzi alla Corte costituzionale la questione di legittimità costituzionale di un decreto legislativo per violazione o eccesso di delega. Con legge costituzionale sono stabiliti condizioni, limiti e modalità di esercizio di tale facoltà.

Con legge ordinaria sono stabilite le altre norme necessarie per la costituzione e il funzionamento della Corte.

 

Identico

Contro le decisioni della Corte costituzionale non è ammessa alcuna impugnazione.

 

Identico

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Art. 13
Disposizioni finali

 

 

Presso il Senato della Repubblica è istituita la Commissione paritetica per le questioni regionali, composta da un rappresentante per ciascuna Regione e Provincia autonoma, eletto, su proposta della Giunta, dai rispettivi Consigli tra i propri componenti, e da un eguale numero di senatori designati in modo da rispecchiare la proporzione dei gruppi parlamentari. La Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol è rappresentata dai componenti eletti dai Consigli delle Province autonome di Trento e di Bolzano. Il Presidente della Commissione è nominato tra i senatori dal Presidente del Senato. La Commissione, entro i termini e nei modi stabiliti dal Regolamento del Senato, esprime il parere sui disegni di legge riguardanti le materie di cui all’articolo 117, terzo comma, e all’articolo 119 della Costituzione. Quando i pareri sono contrari o condizionati a specifiche modificazioni, le corrispondenti disposizioni sono sottoposte alla deliberazione del Senato con votazione nominale.

 

 

 

 

 

 



[1]    Si veda in merito l’intervento del sen. Divina, nella seduta dell’Assemblea del Senato del 27 giugno 2012, secondo il quale “La soluzione, che non è la migliore ma la migliore possibile oggi, sembra essere quella che prevede un Senato federale costituito con questo temperamento: una parte eletta (come avviene oggi) in modo diretto a suffragio universale e una parte di rappresentanti avulsa che deve rappresentare (magari anche in contrasto) i territori. Che siano uno o due i rappresentanti per Regione non importa: l'importante è che siano espressione delle autonomie locali. Se accedessimo a questa soluzione avremmo vanificato il taglio dei senatori perché arriveremmo a numeri simili a quelli attuali. Si deve allora prevedere che i rappresentanti territoriali non siano senatori, ma membri delle Regioni che siedono a fianco dei senatori, rispetto ai quali non giudicherà, ad esempio, la Giunta delle elezioni sui requisiti di eleggibilità, e a cui non spetteranno le indennità. L'unica cosa che dovremmo riconoscere (non perché siano di serie A o di serie B) sono le immunità legate ai voti espressi e alle affermazioni rese in Aula, nel senso che così come delle affermazioni fatte da un senatore non possono essere perseguibili, analogamente ciò vale per quelle fatte dai rappresentanti delle Regioni”.

[2]     In tal senso si veda l’intervento richiamato supra in nota in cui si rileva che vi è “un problema importantissimo, e cioè se quei soggetti, espressione non della votazione diretta ma della rappresentanza regionale, debbano o no dare la fiducia al Governo. Secondo noi, no. Non possono: non essendo senatori eletti su base nazionale o regionale, non devono partecipare alla votazione di fiducia”.

 

[3]     Sul punto, nella seduta pomeridiana del 24 luglio 2012, sono state rappresentate alla Presidenza dell’Assemblea, da parte di rappresentanti di più gruppi parlamentari, esigenze di coordinamento del testo.

[4]     Si vedano gli interventi svolti sul tema nella seduta antimeridiana del Senato del 18 luglio 2012, in cui l’esigenza di estensione della riserva alle prerogative e alle facoltà del parlamentare è stata posta in relazione anche alla diminuzione del numero dei parlamentari.

[5]     Articoli 27, quarto comma, 33, sesto comma, 114, terzo comma, 117, commi quinto e nono, 118, commi secondo e terzo, 120, secondo comma, 122, primo comma, 125, 132, secondo comma, 133, primo comma, 137, secondo comma.

[6]   Analoghe previsioni in termini di durata del mandato e rinnovabilità sono stabilite dall’art. 6 della Costituzione francese, che all’art. 7 prevede che le relative elezioni siano indette dal Governo.

 

[7] Seduta antimeridiana del 24 luglio 2012.

[8]     Questa attribuzione era prevista anche nel progetto di riforma costituzionale del 30 giugno 1997 (A.C. 3931-A e A.S. 2583-A). La relazione in tema di forma rilevava che di questo organo costituzionale di nuova istituzione, il Consiglio supremo per la politica estera e la difesa “secondo la logica del sistema, saranno chiamati a far parte, oltre al Primo ministro, i ministri degli esteri, dell'interno, della difesa, del tesoro, oltre agli altri soggetti che saranno definiti nella legge attuativa”. La stessa relazione sottolineava  “l'influenza del Presidente nella politica estera (e, per certi versi, militare, alla prima collegata)” . Tale elemento era posto in relazione al fatto che “l'area così definita richiede un consenso che va oltre quello della maggioranza di governo e la capacità di tener fede a impegni di medio o lungo periodo al di là delle alternanze di governo. Ciò ha indotto a riconoscere un ruolo privilegiato di colui che ha il mandato di rappresentanza della Nazione più ampio e più lungo e sicuro in termini di durata nel tempo”.

[9]     Intervento del sen. Quagliariello nella seduta antimeridiana del 24 luglio 2012. Analogo tenore ha l’intervento del sen. Boscetto nella seduta pomeridiana svolta nella stessa data, nella quale ha affermato il fatto che il CSM non è più presieduto dal Presidente della Repubblica è  funzionale “alla novità di un Presidente eletto dal popolo che, essendo la suprema magistratura operativa, non può rimanere la suprema magistratura di garanzia, come è oggi, quando il Presidente della Repubblica presiede il Consiglio superiore della magistratura”.

[10]    Intervento del sen. Valditara nella seduta antimeridiana del 24 luglio 2012, in cui si sottolinea che la magistratura “può essere realmente imparziale soltanto laddove vi sia un organismo terzo che possa garantire sul comportamento dei magistrati anche dal punto di vista disciplinare” e che, altrimenti, “si determina un meccanismo di accentuata giurisdizione domestica che certamente finisce con lo squilibrare i poteri dello Stato”.

[11]    L. 12 gennaio 1991, Determinazione degli atti amministrativi da adottarsi nella forma del decreto del Presidente della Repubblica.

[12]    L. 24 marzo 1958, Norme sulla Costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della Magistratura.