Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento istituzioni | ||||||
Titolo: | Modifica agli articoli 114 e 133 della Costituzione in materia di province - A.C. 1242 e abb. Schede di lettura, testo a fronte - Terza edizione | ||||||
Riferimenti: |
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Serie: | Progetti di legge Numero: 521 | ||||||
Data: | 19/12/2011 | ||||||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni |
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Camera dei deputati |
XVI LEGISLATURA |
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Documentazione per l’esame di |
Modifica agli articoli 114 e 133 della Costituzione in materia di province A.C. 1242 e abb. |
Schede di lettura e testo a fronte |
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n. 521 |
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19 dicembre 2011 |
Servizio responsabile: |
Servizio Studi – Dipartimento Istituzioni ( 066760-9475 / 066760-3855 – * st_istituzioni@camera.it |
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File: ac0675.doc |
INDICE
La soppressione delle province
L’esame parlamentare della proposta di legge A.C. 1990 e abbinate
Istituzione e soppressione delle province
L’istituzione delle città metropolitane
In base all’articolo 133 della Costituzione all’istituzione e alla modifica del territorio delle province nell’ambito di una stessa Regione si provvede con legge della Repubblica su iniziativa dei comuni, sentita la regione stessa.
Tale procedura è stata utilizzata per l’istituzione delle provincie di Pordenone (L. 1° marzo 1968, n. 171), Isernia (L. 2 febbraio 1970, n. 20), Oristano (L. 16 luglio 1974, n. 306). Più recentemente è stata utilizzata per l’istituzione di altre tre province: Monza e Brianza (L. 11 giugno 2004, n. 146), Fermo (L. 11 giugno 2004, n. 147) e di Barletta-Andria-Trani (L. 11 giugno 2004, n. 148).
La legge 8 giugno 1990, n. 142, Ordinamento delle autonomie locali, ha integrato la disciplina costituzionale individuando, all’articolo 16, comma 2 (poi confluito nell’art. 21, comma 3, del TUEL)[1], una serie di criteri e di indirizzi cui i comuni devono attenersi nell’esercizio dell’iniziativa.
In particolare, l’articolo prevede che ciascuna circoscrizione provinciale deve corrispondere ad un’area territoriale omogenea per sviluppo sociale, culturale ed economico e deve avere una dimensione idonea a consentire una programmazione dello sviluppo che favorisca lo riequilibrio complessivo del territorio. Inoltre l’intero territorio di ogni comune deve far parte di una sola provincia e la popolazione delle province risultanti dalle modificazioni territoriali non deve, di norma, essere inferiore a 200.000 abitanti.
La disposizione prescrive, inoltre, che l’iniziativa dei comuni deve conseguire l’adesione della maggioranza dei comuni dell’area interessata che rappresentino, comunque, la maggioranza della popolazione complessiva dell’area stessa; l’adesione di ciascun comune deve essere deliberata dal consiglio comunale a maggioranza assoluta dei suoi componenti.
Spetta alle province preesistenti garantire alle nuove, in proporzione al territorio ed alla popolazione trasferiti, personale, beni, strumenti operativi e risorse finanziarie adeguate. L’istituzione di nuove province non comporta necessariamente l’istituzione di uffici provinciali delle amministrazioni dello Stato e degli altri enti pubblici.
L’articolo 16 (articolo 21 TUEL) stabilisce, infine, che le regioni emanano norme volte a promuovere e coordinare le iniziative dei comuni dirette alla revisione delle circoscrizioni provinciali ed alla istituzione delle nuove province.
Le regioni a statuto speciale hanno competenza in materia di ordinamento degli enti locali secondo le disposizioni previste nello statuto.
Il requisito dell’iniziativa dei comuni è configurato dall’articolo 133 della Costituzione come un elemento della procedura “rinforzata” da essa stabilita per l’approvazione delle leggi di modifica delle circoscrizioni provinciali o istitutive di nuove province.
La posizione espressa dai comuni nelle deliberazioni dei rispettivi consigli assume rilevanza ai fini delle decisioni che il Parlamento è chiamato ad adottare in ordine alla delimitazione territoriale delle nuove province; tuttavia, una eventuale deliberazione negativa da parte di uno o più comuni (che comunque non rappresentino la maggioranza della popolazione interessata) non ha valore ostativo rispetto all’inserimento del comune nell’ambito della nuova provincia, essendo tale scelta rimessa al legislatore (in tal senso, del resto, era orientata la prassi antecedente all’emanazione della L. 142 del 1990; un precedente di inserimento in una nuova provincia di comuni che si erano espressi negativamente è riscontrabile, ad esempio, nella L. n. 171 del 1968, istitutiva della provincia di Pordenone).
Per quanto riguarda il presupposto del parere della regione, questo, secondo la prassi, è acquisito a cura della competente Commissione parlamentare, dalla regione interessata, prima di procedere alla deliberazione dei progetti di legge istitutivi di nuove province.
Un precedente in tal senso è riscontrabile nella deliberazione assunta nella seduta del 10 marzo 1988 dalla Commissione affari costituzionali della Camera, la quale, investita dell’esame in sede referente di alcune proposte di legge per l’istituzione di nuove province, ha ritenuto di inoltrare alle regioni interessate le richieste di parere su tutte le proposte concernenti l’istituzione di nuove province, sia quelle che erano già state ad essa assegnate, ed erano all’ordine del giorno, sia su quelle che le sarebbero state assegnate successivamente.
L’articolo 63 della L. 142 del 1990, al fine di dare una prima attuazione ai principi generali fissati dall’articolo 16, nonché di definire, in un ottica unitaria, le molteplici istanze di istituzione di nuove province in atto pendenti, ha conferito al Governo una delega per l’emanazione di decreti legislativi, con l'osservanza dei princìpi e criteri direttivi enunciati dall'articolo 16 della stessa legge, per l’istituzione di nuove province nelle aree territoriali (Biella, Crotone, Lecco, Lodi, Prato, Rimini e Verbania) per le quali, alla data del 31 dicembre 1989, era stata già stata avviata la formale iniziativa da parte dei comuni ed era già stato deliberato il parere favorevole da parte della regione.
Il termine per esercitare la delega, inizialmente fissato in due anni, è stato differito fino al 31 dicembre 1994 dall'art. 1, L. 2 novembre 1993, n. 436. Successivamente, l'art. 5, D.L. 28 agosto 1995, n. 361, ha differito il termine al 31 dicembre 1995.
Sulla base di tale delega e nel rispetto della procedura prevista dal comma 4 dell’articolo 63, il 5 luglio 1991 il Governo ha trasmesso alle Commissioni affari costituzionali della Camera e del Senato, ai fini dell’espressione del parere, otto schemi di decreto legislativo relativi all’istituzione delle nuove province (alle sette direttamente previste dalla L. 142 si era aggiunta la provincia di Vibo Valentia, per la costituzione della quale erano state soddisfatte entrambe le condizioni previste dalla L. 142, cioè l’avvio dell’iniziativa formale dei comuni interessati e la deliberazione favorevole della regione). I provvedimenti sono stati quindi riformulati dal Governo tenendo conto dei pareri delle Commissioni parlamentari e ad esse trasmessi nuovamente per il parere definitivo. Tra il mese di marzo e quello di aprile del 1992 sono quindi stati emanati gli otto decreti legislativi relativi all’istituzione delle nuove province di Biella, Crotone, Lecco, Lodi, Rimini, Vibo Valentia, Prato e Verbano – Cusio - Ossola[2], che hanno portato a 103 il numero complessivo delle province italiane.
Oltre alla procedura ordinaria di istituzione di nuove province, fissata dall’articolo 133 della Costituzione e integrata dall’articolo 21 del TUEL, e a quella straordinaria utilizzata in sede di prima attuazione della legge 142 del 1990, il testo unico prevede una terza possibilità nel caso in cui la provincia di origine sia interessata dall’istituzione di una città metropolitana. In tal caso, la regione, una volta istituita la città metropolitana, può procedere, d’intesa con gli enti locali interessati, alla revisione delle circoscrizioni territoriali dei comuni compresi nell’area metropolitana (art. 25 TUEL). Se il territorio della città metropolitana non coincide completamente con quello della provincia, si procede all’istituzione di nuove province o alla nuova delimitazione delle circoscrizioni provinciali anche in deroga ai requisiti fissati dall’articolo 21 del testo unico sopra esaminati (art. 23, comma 6).
Si tratta di una procedura semplificata introdotta dalla legge 265 del 1999, che agli articoli 16 e 17 (ora artt. 22-26 del testo unico) ha completamente riformato la disciplina relativa alle aree e alle città metropolitane (vedi paragrafo successivo).
I commi 14-20 dell’art. 23 del decreto legge n. 201 del 2011, approvato con modifiche dalla Camera dei deputati e passato all’esame del Senato, intervengono sulla materia delle province senza disciplinarne il procedimento di istituzione o di modificazione delle relative circoscrizioni, ma con disposizioni che di seguito si riportano in considerazione della loro portata innovativa.
In particolare i suddetti commi dispongono in tema di funzioni, organi di governo e legislazione elettorale delle province, materia che, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lett. p) della Costituzione e, limitatamente a quelle fondamentali per ciò che riguarda le funzioni, è affidata alla competenza esclusiva della legge dello Stato.
Il comma 14, come modificato dalla Camera, prevede che spettano alla Provincia esclusivamente le funzioni di indirizzo e di coordinamento delle attività dei Comuni. Tale previsione è disposta con riferimento alle materie e ai limiti indicati con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze.
Nel testo originario del decreto-legge sono affidate alle province le funzioni di indirizzo politico e di coordinamento. La modifica apportata dalle Commissioni in sede referente ha espunto la connotazione “politica” delle funzioni provinciali, accogliendo una condizione espressa in tal senso dalla Commissione Affari costituzionali. Nel parere reso il 7 dicembre 2011, la I Commissione aveva infatti giudicato “incongruo il riferimento alle funzioni di indirizzo politico delle province, considerato che ciò comporterebbe l'attribuzione di funzioni di indirizzo politico da parte di un ente di secondo livello rispetto ad un ente eletto dai cittadini”. Il riferimento è al comma 16 dell’articolo in esame che riforma le modalità di elezione del consiglio provinciale e presidente della provincia che sono eletti, rispettivamente, dai consigli comunali della provincia e dal consiglio provinciale (vedi oltre).
In tema di funzioni delle province occorre ricordare che, a livello costituzionale, l’art. 114, comma secondo, stabilisce che le Province, con i Comuni, le Città metropolitane e le Regioni, sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati nella Costituzione.
Nella giurisprudenza costituzionale, che sottolinea la diversità dei poteri spettanti a Stato, regioni, province, comuni e città metropolitane, è stato precisato che alle province diverse da quelle autonome, come ai comuni e alle città metropolitane, non spettano potestà legislative.
Le province autonome di Trento e Bolzano sono menzionate nell’art. 116, comma secondo, e l’art. 117, comma quinto, ne indica specifiche competenze.
Con riferimento alle province delle Regioni a statuto speciale, occorre precisare che tali regioni hanno potestà legislativa in materia di autonomie locali, secondo quanto disposto dai rispettivi statuti di autonomia, “in armonia con la Costituzione, con i princìpi generali dell’ordinamento giuridico della Repubblica, col rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali, con le norme fondamentali delle riforme economico-sociali”. In particolare, ciascuno statuto di autonomia espressamente comprende l’“ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni” nell’elenco delle materie in cui la regione ha potestà legislativa primaria: così, per la regione Friuli-Venezia Giulia, la L.Cost. 1/1963, art. 4, e per la regione Sardegna la L.Cost. 3/1948, art. 3. Per la Regione siciliana l’art. 15 del R.D.Lgs. 455/1946 dispone la soppressione delle circoscrizioni provinciali vigenti al momento dell’entrata in vigore dello Statuto e dispone che “spetta alla Regione la legislazione esclusiva e l’esecuzione diretta in materia di circoscrizione, ordinamento e controllo degli enti locali”.
L’art. 118, secondo comma, stabilisce che le province, come i comuni e le città metropolitane, sono titolari di funzioni amministrative proprie e di funzioni conferite con legge statale o regionale secondo le rispettive competenze.
L’art. 117, secondo comma, lett. p), attribuisce alla competenza esclusiva dello Stato la legislazione in materia di funzioni fondamentali delle province, oltre che dei comuni e delle città metropolitane.
La differente qualificazione delle funzioni non ha impedito a parte della dottrina di identificare le funzioni proprie con quelle fondamentali (quindi da determinare con legge statale), con individuazione uniforme a livello nazionale delle funzioni di base.
A livello di legislazione ordinaria l’art. 19 del D.Lgs. 267/2000 (TUEL) attribuisce alla provincia le funzioni amministrative di interesse provinciale che riguardino vaste zone intercomunali o l'intero territorio provinciale nei settori seguenti:
a) difesa del suolo, tutela e valorizzazione dell'ambiente e prevenzione delle calamità;
b) tutela e valorizzazione delle risorse idriche ed energetiche;
c) valorizzazione dei beni culturali;
d) viabilità e trasporti;
e) protezione della flora e della fauna parchi e riserve naturali;
f) caccia e pesca nelle acque interne;
g) organizzazione dello smaltimento dei rifiuti a livello provinciale, rilevamento, disciplina e controllo degli scarichi delle acque e delle emissioni atmosferiche e sonore;
h) servizi sanitari, di igiene e profilassi pubblica, attribuiti dalla legislazione statale e regionale;
i) compiti connessi alla istruzione secondaria di secondo grado ed artistica ed alla formazione professionale, compresa l'edilizia scolastica, attribuiti dalla legislazione statale e regionale;
l) raccolta ed elaborazione dati, assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali.
Lo stesso art. 19 TUEL stabilisce che la provincia, in collaborazione con i comuni e sulla base di programmi da essa proposti, promuove e coordina attività, nonché realizza opere di rilevante interesse provinciale sia nel settore economico, produttivo, commerciale e turistico, sia in quello sociale, culturale e sportivo. La gestione di tali attività ed opere avviene attraverso le forme previste dal TUEL per la gestione dei servizi pubblici locali.
L’art. 20 del TUEL riconduce poi alle funzioni di programmazione della provincia le seguenti attività:
a) raccogliere e coordinare le proposte avanzate dai comuni, ai fini della programmazione economica, territoriale ed ambientale della Regione;
b) concorrere alla determinazione del programma regionale di sviluppo e degli altri programmi e piani regionali secondo norme dettate dalla legge regionale;
c) formulare e adottare, con riferimento alle previsioni e agli obiettivi del programma regionale di sviluppo, propri programmi pluriennali sia di carattere generale che settoriale e promuovere il coordinamento dell'attività programmatoria dei comuni.
Inoltre, la provincia, ferme restando le competenze dei comuni ed in attuazione della legislazione e dei programmi regionali, predispone ed adotta il piano territoriale di coordinamento che determina gli indirizzi generali di assetto del territorio.
In particolare, tale piano indica:
a) le diverse destinazioni del territorio in relazione alla prevalente vocazione delle sue parti;
b) la localizzazione di massima delle maggiori infrastrutture e delle principali linee di comunicazione;
c) le linee di intervento per la sistemazione idrica, idrogeologica ed idraulico-forestale ed in genere per il consolidamento del suolo e la regimazione delle acque;
d) le aree nelle quali sia opportuno istituire parchi o riserve naturali.
Occorre precisare che le richiamate disposizioni del TUEL non esauriscono le funzioni delle province alle quali vanno ascritte anche quelle conferite dalle leggi regionali e statali.
II dettato costituzionale in materia di funzioni fondamentali è stato oggetto di più di un tentativo di attuazione.
Tale attuazione, infatti, è stata tentata una prima volta con la legge n. 131 del 2003[3] che recava la delega, mai esercitata, per l’individuazione delle “funzioni fondamentali, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, essenziali per il funzionamento di Comuni, Province e Città metropolitane nonché per il soddisfacimento di bisogni primari delle comunità di riferimento” (art. 2).
In questa legislatura, è stato presentato alla Camera dei deputati, il 13 gennaio 2010, un disegno di legge (AC 3118) dal titolo “Individuazione delle funzioni fondamentali di Province e Comuni, semplificazione dell'ordinamento regionale e degli enti locali, nonché delega al Governo in materia di trasferimento di funzioni amministrative, Carta delle autonomie locali, razionalizzazione delle Province e degli Uffici territoriali del Governo. Riordino di enti ed organismi decentrati”, approvato in prima lettura alla Camera il 30 giugno 2010 e trasmesso al Senato (AS 2259) ove è tuttora all’esame della 1ª Commissione Affari costituzionali.
L’art. 3 dell’AS 2259 prevede che “ferme restando le funzioni di programmazione e di coordinamento delle regioni, le funzioni fondamentali delle province sono:
a) la normazione sull’organizzazione e sullo svolgimento delle funzioni spettanti in qualità di enti autonomi dotati di propri statuti e muniti di autonomia finanziaria di entrata e di spesa;
b) la pianificazione e la programmazione delle funzioni spettanti;
c) l’organizzazione generale dell’amministrazione e la gestione del personale; d) la gestione finanziaria e contabile;
d) il controllo interno;
e) l’organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito provinciale;
f) la vigilanza e il controllo nelle aree funzionali di competenza e la polizia locale;
g) la pianificazione territoriale provinciale di coordinamento;
h) la gestione integrata degli interventi di difesa del suolo;
l) nell’ambito dei piani nazionali e regionali di protezione civile, l’attività di previsione, la prevenzione e la pianificazione d’emergenza in materia; la prevenzione di incidenti connessi ad attività industriali; l’attuazione di piani di risanamento delle aree ad elevato rischio ambientale;
m) la tutela e la valorizzazione dell’ambiente, per gli aspetti di competenza, ivi compresi i controlli sugli scarichi delle acque reflue e sulle emissioni atmosferiche ed elettromagnetiche; la programmazione e l’organizzazione dello smaltimento dei rifiuti a livello provinciale, nonché le relative funzioni di autorizzazione e di controllo;
n) la tutela e la gestione, per gli aspetti di competenza, del patrimonio ittico e venatorio;
o) la pianificazione dei trasporti e dei bacini di traffico e la programmazione dei servizi di trasporto pubblico locale, nonché le funzioni di autorizzazione e controllo in materia di trasporto privato in ambito provinciale, in coerenza con la programmazione regionale;
p) la costruzione, la classificazione, la gestione e la manutenzione delle strade provinciali e la regolazione della circolazione stradale ad esse inerente;
q) la programmazione, l’organizzazione e la gestione dei servizi scolastici, compresa l’edilizia scolastica, relativi all’istruzione secondaria di secondo grado;
r) la programmazione, l’organizzazione e la gestione dei servizi per il lavoro, ivi comprese le politiche per l’impiego;
s) la programmazione, l’organizzazione e la gestione delle attività di formazione professionale in ambito provinciale, compatibilmente con la legislazione regionale;
t) la promozione e il coordinamento dello sviluppo economico del territorio provinciale.
La determinazione delle funzioni fondamentali degli enti locali risulta rilevante ai fini del federalismo fiscale.
Infatti, l’art. 119, comma quarto, Cost. stabilisce che le risorse degli enti locali (e delle regioni) – ossia tributi ed entrate proprie, compartecipazioni al gettito erariale e fondo perequativo - devono consentire il finanziamento integrale delle “funzioni pubbliche loro attribuite”. L’individuazione di tali funzioni appare, pertanto, un passaggio necessario per la valutazione dell’entità delle risorse finanziarie da attribuire alle autonomie locali.
L’importanza dell’individuazione delle funzioni territoriali è confermata dalla legge n. 42 del 2009, sul federalismo fiscale di attuazione dell’art. 119 Cost. Tale legge, nell’indicare i princìpi e i criteri direttivi della delega relativa al finanziamento delle funzioni di comuni, province e città metropolitane, prevede una classificazione delle spese degli enti locali ripartite in:
- spese riconducibili alle funzioni fondamentali individuate dalla legislazione statale;
- spese relative alle altre funzioni;
- spese finanziate con contributi speciali.
In particolare, la legge n. 42 prevede l’integrale finanziamento delle spese riconducibili alle funzioni fondamentali, la cui individuazione è rinviata alla legislazione statale di attuazione dell’articolo 117, comma secondo, lett. p), mediante tributi propri, compartecipazioni e addizionali ai tributi erariali e regionali e fondo perequativo, che andranno a sostituire integralmente i trasferimenti statali. La garanzia del finanziamento integrale delle spese riconducibili alle funzioni fondamentali e dei livelli essenziali delle prestazioni da esse eventualmente implicate deve avvenire con modalità definite in base al “fabbisogno standard”, modalità che consente di superare il vigente criterio di finanziamento, basato sulla spesa storica (art. 11, co. 1, lett. b)).
La fase transitoria, riconducibile ad un periodo di cinque anni per consentire il superamento definitivo del criterio della spesa storica, è disciplinata dall’art. 21 della legge sul federalismo che contiene principi e criteri direttivi per l’attuazione con decreti legislativi da parte del governo. In particolare, l’art. 21, co. 1, lett. e), dispone che, fin tanto che non saranno in vigore le disposizioni concernenti le funzioni fondamentali, il finanziamento delle spese degli enti locali avviene sulla base di alcuni specifici criteri. In particolare:
§ il fabbisogno delle funzioni di comuni e province viene finanziato assumendo l’ipotesi che l’80 per cento delle spese sia considerato come riconducibile alle funzioni fondamentali e che il residuo 20 per cento si riferisca alle funzioni non fondamentali (punto 1);
§ l’80 per cento delle spese di comuni e province (cioè quelle di cui al punto 1), afferenti alle funzioni fondamentali, viene finanziato per mezzo delle entrate derivanti dall’autonomia finanziaria, comprese le compartecipazioni a tributi erariali, e dal fondo perequativo; il residuo 20 per cento delle spese di cui al punto 1, relative alle altre funzioni, è finanziato per mezzo delle entrate derivanti dall’autonomia finanziaria, comprese le compartecipazioni a tributi regionali, e dal fondo perequativo (punto 2).
§ a tal fine, il punto 3 prevede che venga preso a riferimento l’ultimo bilancio degli enti locali certificato a rendiconto, disponibile alla data di predisposizione degli schemi dei decreti legislativi attuativi della delega.
Successivamente, l’articolo 3 del D.lgs. 26 novembre 2010, n. 216 (Determinazione dei fabbisogni standard di comuni, città metropolitane e province) considera, in via transitoria, quali funzioni fondamentali dei comuni e delle province le funzioni già individuate in via provvisoria come tali dall’articolo 21, commi 3 e 4, della legge 5 maggio 2009, n. 42, che recano, rispettivamente, per i comuni e per le province, un elenco provvisorio delle funzioni fondamentali da finanziare integralmente sulla base del fabbisogno standard, ai sensi del comma 2.
Per le province, le funzioni, e i relativi servizi, da considerare provvisoriamente quali funzioni fondamentali sono:
§ funzioni generali di amministrazione, di gestione e di controllo, nella misura complessiva del 70 per cento delle spese come certificate dall'ultimo conto del bilancio disponibile alla data di entrata in vigore della legge in esame;
§ funzioni di istruzione pubblica, ivi compresa l'edilizia scolastica;
§ funzioni nel campo dei trasporti;
§ funzioni riguardanti la gestione del territorio;
§ funzioni nel campo della tutela ambientale;
§ funzioni nel campo dello sviluppo economico relative ai servizi del mercato del lavoro.
Rispetto alle funzioni individuate dal D.P.R. n. 194/1996 non risultano dunque comprese le funzioni relative ai seguenti ambiti: cultura e beni culturali; settore turistico, sportivo e ricreativo; settore sociale; sviluppo economico, relativamente ai servizi per l’agricoltura e per l’industria, il commercio e l’artigianato.
I decreti legislativi prevedono altresì che l'elenco provvisorio delle funzioni possa essere adeguato attraverso accordi tra Stato, regioni, province e comuni, da concludere in sede di Conferenza unificata (comma 5).
Con successiva legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze, sono stabiliti la materia e i limiti entro i quali si dispiega la suddetta funzione. Pertanto, essa è espressamente esclusa dal comma 18 da quelle funzioni, già conferite alle province dalla normativa vigente, che lo Stato e le Regioni, ciascuno per quanto di competenza, devono trasferire, con propria legge, ai Comuni entro il 31 dicembre 2012. Il termine originariamente fissato dal decreto-legge (30 aprile 2012) è stato così posticipato dalla Camera
L’obbligo di trasferimento ai comuni delle funzioni finora già conferite trova un solo limite, conforme alle previsioni del primo comma dell’art. 118 Cost., costituito dall’esigenza di assicurarne l’esercizio unitario, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza, a garanzia del quale possono essere “acquisite” dalle Regioni.
Il decorso del termine del 31 dicembre 2012 in mancanza di trasferimento delle funzioni da parte delle Regioni comporta un intervento statale di sostituzione normativa, con legge dello Stato, con il procedimento previsto dall’articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131, procedimento che dovrebbe intendersi richiamato solo per le previsioni compatibili sia con il termine già fissato per l’adempimento da parte delle regioni sia con la previsione dello strumento della legge a fini di sostituzione.
L’art. 8 della legge 131/2003 prevede, al comma 1, che, nei casi e per le finalità previsti dall'articolo 120, secondo comma, della Costituzione, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente per materia, anche su iniziativa delle Regioni o degli enti locali, assegna all'ente interessato un congruo termine per adottare i provvedimenti dovuti o necessari; decorso inutilmente tale termine, il Consiglio dei ministri, sentito l'organo interessato, su proposta del Ministro competente o del Presidente del Consiglio dei ministri, adotta i provvedimenti necessari, anche normativi, ovvero nomina un apposito commissario. Alla riunione del Consiglio dei ministri partecipa il Presidente della Giunta regionale della Regione interessata al provvedimento.
Il comma 19 stabilisce che lo Stato e le Regioni, secondo le rispettive competenze, provvedono altresì al trasferimento delle risorse umane, finanziarie e strumentali per l’esercizio delle funzioni trasferite, assicurando nell’ambito delle medesime risorse il necessario supporto di segreteria per l’operatività degli organi della provincia.
I commi 15, 16 e 17 ridisegnano gli organi della provincia, senza delineare la forma di governo dell’ente, e le relative modalità di elezione, riducendone il novero al consiglio provinciale e al presidente della provincia, con eliminazione delle giunte.
Sia il consiglio provinciale che il presidente della provincia sono configurati - a differenza degli altri enti indicati dall’art. 114 Cost. - come organi ad elezione indiretta, eletto il primo dagli organi elettivi dei comuni ricadenti nel territorio della provincia e il secondo dal consiglio provinciale stesso tra i suoi componenti.
Tali organi durano in carica cinque anni e le modalità di elezione del consiglio provinciale, composto da non più di dieci membri, e del presidente della provincia (come specificato da una modifica apportata dalle Commissioni V e VI in sede referente)[4] sono stabilite con legge dello Stato entro il 31 dicembre 2012, termine così fissato nel corso dell’esame in sede referente (il testo originario del decreto-legge stabilisce il termine al 30 aprile 2012).
Il comma 20 nel testo vigente rinvia alla legge statale la determinazione del termine decorso il quale gli organi in carica delle Province decadono. Nel corso dell’esame in sede referente tale norma è stata sostituita da una disciplina transitoria, diversificata per gli organi provinciali che vanno in scadenza prima del 31 dicembre 2012 (termine ultimo per l’adozione della nuova legge elettorale) e per quelli che devono essere rinnovati successivamente.
Per i primi, per i quali si dovrebbe procedere all’indizione delle elezioni nella primavera 2012, si applica, fino al 31 marzo 2013, l’articolo 141 del testo unico degli enti locali (D.Lgs. 267/2000) che prevede lo scioglimento del consiglio e la nomina di un commissario, dopodiché si procede alle elezioni con le nuove disposizioni.
L’articolo 141 TUEL prevede che con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell’interno, possa essere disposto lo scioglimento dei consigli comunali e provinciali, in alcuni casi tassativamente indicati dalla legge, quali violazione della Costituzione o della legge, gravi motivi di ordine pubblico, impedimento o dimissioni del sindaco o del presidente della provincia, dimissioni della maggioranza dei consiglieri ecc.
Ad eccezione dei casi di impedimento, rimozione, decadenza e decesso del sindaco o del presidente della provincia, il decreto di scioglimento reca contestualmente la nomina di un commissario che esercita le attribuzioni conferitogli dal decreto stesso (art. 141, comma 3).
Affatto diversa, l’ipotesi di scioglimento dei consigli comunali e provinciali per infiltrazione mafiosa, disciplinata dall’articolo 143 TUEL.
La necessità di introdurre una norma transitoria per gli organi provinciali che dovranno essere rinnovati nel 2012 per scadenza naturale (Vicenza, Ancona, Ragusa, Como, Belluno, Genova e La Spezia) o per altre cause, è stata esplicitata dalla Commissione affari costituzionali nel proprio parere, in quanto, qualora la legge statale non fosse intervenuta prima della loro scadenza e della conseguente indizione di nuove elezioni, si sarebbe proceduto a un rinnovo del tutto temporaneo.
Gli organi provinciali che vanno in scadenza dopo il 31 dicembre 2012 restano in carica fino alla scadenza naturale e vengono rinnovati secondo le nuove regole.
Come sopra precisato, l’art. 117, co. 2, lett. p), della Costituzione ricomprende tra le competenze legislative esclusive dello Stato quelle della legislazione elettorale e degli organi di governo di comuni, province e città metropolitane.
La disciplina della forma di governo dei comuni e delle province è stata modificata in maniera incisiva con la legge n. 81 del 1993, che ha introdotto l’elezione diretta del sindaco e del presidente della provincia. La relativa disciplina è confluita nel testo unico sull’ordinamento degli enti locali (D.Lgs. 267/2000).
Gli organi di governo della provincia sono: il presidente della provincia, il consiglio, organo rappresentativo eletto dalla collettività provinciale e la giunta, organo esecutivo (art. 36, comma 2, TUEL).
Il presidente della provincia è eletto a suffragio diretto, dura in carica cinque anni ed è rieleggibile per una sola volta.
Questi provvede alla scelta degli assessori e può disporne la revoca. A ciascun assessore è assegnato uno specifico settore di attività.
La composizione del consiglio provinciale è variabile e dipende dall’ampiezza demografica della provincia (art. 37 TUEL).
Attualmente i consigli provinciali sono composti dal presidente della provincia e:
- da 45 membri nelle province con popolazione residente superiore a 1.400.000 abitanti;
- da 36 membri nelle province con popolazione residente superiore a 700.000 abitanti;
- da 30 membri nelle province con popolazione residente superiore a 300.000 abitanti;
- da 24 membri nelle altre province.
Il numero dei consiglieri provinciali è stato ridotto del 20%, con arrotondamento dell’entità della riduzione all’unità superiore, ad opera della legge 191/2009[5] (art. 2, comma 184, come modificato dall'art. 1, comma 1, del decreto-legge 2/2010)[6]. Ai fini della riduzione è escluso dal computo il presidente della provincia. La riduzione si applica a decorrere dal 2011 e per tutti gli anni a seguire, ai singoli enti per i quali ha luogo il primo rinnovo del rispettivo consiglio, con efficacia della data del medesimo rinnovo.
Inoltre, il decreto-legge 138/2011 (art. 15)[7] ha stabilito un’altra riduzione pari alla metà (con arrotondamento all'unità superiore) sia del numero dei consiglieri provinciali, sia di quello degli assessori provinciali. Anche questa riduzione si applica a tali organi a decorrere dal primo loro rinnovo.
Il numero degli assessori è stabilito dallo statuto in relazione a quello dei consiglieri. Ai sensi del testo unico, la Giunta provinciale è composta dal presidente della provincia, che la presiede, e da un numero di assessori, stabilito dagli statuti, che non deve essere superiore a un terzo, arrotondato aritmeticamente, del numero dei consiglieri comunali e provinciali, computando a tale fine il presidente della provincia, e comunque non superiore a 12 unità (art. 47 TUEL). Il limite massimo di assessori, in precedenza pari a 16 unità è stato ridotto a 12 dalla legge 244/2007 (art. 2, comma 23)[8]. Il numero degli assessori è stato ulteriormente rideterminato in misura pari a un quarto del numero dei consiglieri della provincia, con arrotondamento all’unità superiore, sempre computando il presidente della provincia, dalla citata legge 191/2009 (art. 2, comma 185, come modificato dall'art. 1, comma 1-bis, del decreto-legge 2/2010).
Il nuovo limite, come stabilito dall’art. 2, comma 1, del citato D.L. 2/2010, si applica a decorrere dal 2010, e per tutti gli anni a seguire, ai singoli enti per i quali ha luogo il primo rinnovo del rispettivo consiglio, con efficacia dalla data del medesimo rinnovo.
Si ricorda, inoltre, che il citato decreto-legge 138/2011 (art. 15), ha stabilito un’altra riduzione pari alla metà (con arrotondamento all'unità superiore), oltre che del numero dei consiglieri provinciali, anche di quello degli assessori provinciali. Anche questa riduzione si applica a tali organi a decorrere dal primo loro rinnovo.
Il presidente della provincia ed il consiglio provinciale sono eletti contestualmente con sistema misto a doppio turno in base a liste formate da gruppi di candidati nei collegi uninominali (artt. 74 e 75 TUEL).
Analogamente a quello per l’elezione dei sindaci, questa elezione collega un sistema proporzionale (quello per la elezione del consiglio) con l’elezione diretta dei presidenti di provincia. Alle liste collegate al candidato presidente vincente viene attribuito (se necessario) un premio di maggioranza che garantisce a tali liste di raggiungere comunque il 60 % dei seggi del consiglio.
Peculiarità del sistema per l’elezione del consiglio provinciale è quella di svolgersi formalmente nell’ambito di collegi uninominali. Il territorio della provincia è diviso in tanti collegi uninominali quanti sono i seggi assegnati alla provincia in ragione della popolazione residente. Le candidature al consiglio si presentano infatti nell’ambito di collegi uninominali definiti all’interno del territorio provinciale. Tuttavia i seggi sono attribuiti proporzionalmente in ambito provinciale con il metodo dei divisori d’Hondt sulla base dei voti ottenuti nell’intero territorio provinciale dai gruppi di candidati uninominali tra loro collegati.
Il consiglio può votare la sfiducia alla giunta. Alla approvazione della mozione di sfiducia consegue non solo la cessazione dalla carica del presidente della giunta provinciale e della sua giunta, ma anche lo scioglimento del consiglio stesso.
Il consiglio si configura, in linea di principio, quale organo deputato all’adozione degli indirizzi e alla effettuazione dei controlli, mentre la giunta è incaricata del governo dell’ente locale in attuazione di quegli indirizzi. Oltre alle funzioni di indirizzo, il consiglio esercita anche compiti normativi e programmatici, assume le decisioni fondamentali inerenti l’ordinamento dell’ente e approva i bilanci.
Nel corso dell’esame svolto dalla Camera, è stato introdotto il comma 20-bis che fa salve le competenze statutarie in materia di province delle regioni a statuto speciale, fermo restando l’obbligo per quest’ultime di adeguare i propri ordinamenti alle disposizioni di cui ai commi precedenti, entro 6 mesi dall’entrata in vigore del decreto-legge in esame (entro il 6 giugno 2012).
Un’altra modifica ha escluso dall’ambito di applicazione delle disposizioni le province autonome di Trento e Bolzano.
La Commissione Affari costituzionali aveva condizionato il proprio parere favorevole all’introduzione di una “clausola di salvaguardia per le regioni a statuto speciale e per le province autonome di Trento e Bolzano, alla luce delle disposizioni costituzionali in materia e dell'autonomia statutaria propria delle regioni a statuto speciale nella quale rientra la competenza in tema di ordinamento degli enti locali”.
Le città metropolitane sono enti locali intermedi tra provincia e comune previsti fin dalla legge n. 142 del 1990. Attraverso questo istituto si tende a differenziare l’ordinamento delle grandi città dagli altri comuni, medi e piccoli, attualmente amministrati con le stesse regole, e semplificare il sistema degli enti locali. La loro disciplina è poi confluita nel citato testo unico delle leggi sugli enti locali ed in particolare negli articoli 22, 23, 24, 25 e 26.
Le città metropolitane possono essere costituite su iniziativa degli enti locali interessati in alcune aree del Paese, denominate aree metropolitane,individuate dal testo unico. Si tratta delle zone comprendenti i comuni delle maggiori città italiane (Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Bari e Napoli) e i comuni ad essi vicini e legati da stretti rapporti economici e sociali.
Le regioni a statuto speciale individuano autonomamente le zone dove costituire le aree metropolitane.
Alla delimitazione territoriale di ciascuna area metropolitana provvede la regione su proposta degli enti locali interessati.
Una volta costituitasi l’area metropolitana, gli enti locali possono attivare l’iter per la istituzione della città metropolitana. La procedura si può sintetizzare come segue:
1. il sindaco del comune capoluogo e il presidente della provincia – su iniziativa degli enti locali interessati – convocano l'assemblea dei rappresentanti degli enti locali interessati;
2. l'assemblea, su conforme deliberazione dei consigli comunali, adotta una proposta di statuto della città metropolitana, che ne indichi il territorio, l'organizzazione, l'articolazione interna e le funzioni;
3. la proposta di istituzione della città metropolitana è sottoposta a referendum a cura di ciascun comune partecipante;
4. in caso di voto favorevole la proposta è presentata dalla Regione entro i successivi novanta giorni ad una delle due Camere per l'approvazione con legge dello Stato.
Una volta costituita, la città metropolitana “acquisisce le funzioni della provincia”, attuando le forme di decentramento previste dallo statuto e assicurando la salvaguardia dell’identità delle collettività locali (art. 23, co. 5, D.Lgs. 267/2000).
Attualmente né nelle nove le città indicate dal testo unico né nelle cinque città situate in regioni a statuto speciale (Trieste, Cagliari, Palermo, Messina e Catania) per le quali è prevista l’istituzione di città metropolitane si è giunti alla loro costituzione formale.
Con la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, che ha modificato la disciplina costituzionale relativa alle autonomie territoriali contenuta nel Titolo V della Parte II della Costituzione, le città metropolitane sono state inserite tra gli elementi costitutivi della Repubblica, accanto ai comuni, alle province, alle regioni ed allo Stato. Inoltre, è previsto un regime speciale per l’ordinamento della città di Roma in quanto capitale della Repubblica la cui disciplina viene demandata alla legge ordinaria (art. 114 Cost.).
In attesa della attuazione delle disposizioni costituzionali e proprio al fine di consentire l’attuazione delle norme relative alle città metropolitane è successivamente intervenuta la L. 42/2009, con le disposizioni contenute negli articoli 23, 24 e 15.
In particolare, l’articolo 23 introduce una disciplina transitoria, per l’istituzione, in via facoltativa, di città metropolitane di ambito regionale, in aree relative a comuni espressamente indicati. Pertanto, tale disposizione non riguarda tutti i territori interessati dalla normativa del TUEL, ma solamente le aree di Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari e Napoli. Viene aggiunta la città di Reggio Calabria (non prevista dal TUEL) e risulta esclusa Roma, per la quale l’articolo 24 della medesima legge 42 ha previsto un ordinamento speciale. Tale disciplina rimarrà in vigore fino all’approvazione di una apposita legge ordinaria che stabilirà le modalità “a regime” per la istituzione delle città metropolitane.
In base alla procedura transitoria, la proposta di istituzione spetta al comune capoluogo e alla provincia, congiuntamente tra loro o separatamente (in questo caso è assicurato il coinvolgimento dei comuni della provincia interessata). Successivamente si svolge un referendum confermativo, indetto tra tutti i cittadini della provincia interessata, previo parere della regione. Dopo il referendum, l'istituzione di ciascuna città metropolitana è rimessa a decreti legislativi del Governo, da adottare entro il 21 maggio 2012, che detteranno una disciplina di carattere provvisorio. Il regime transitorio avrà effetti fino alla data di entrata in vigore della disciplina ordinaria riguardante le funzioni fondamentali, gli organi e il sistema elettorale delle città metropolitane che sarà determinata con apposita legge.
Va peraltro segnalato che nessuno dei decreti legislativi di istituzione di città metropolitana è stato sino ad oggi adottato.
L’articolo 15 della legge 42/2009 ha affidato a uno specifico decreto legislativo la disciplina del finanziamento delle funzioni delle città metropolitane, anche mediante l’attribuzione di specifici tributi, al fine di garantire a tali enti una più ampia autonomia di entrata e di spesa corrispondente alla complessità delle funzioni ad essi attribuite.
L'articolo citato prevede specificamente l’attribuzione alle città metropolitane dell’autonomia impositiva corrispondente alle funzioni esercitate dagli altri enti territoriali, nonché il contestuale definanziamento degli enti locali le cui funzioni siano trasferite alle Città metropolitane.
Si prescrive inoltre che il decreto legislativo sul finanziamento delle città metropolitane sia adottato dal Governo coerentemente con i principi di cui agli articoli 11 (finanziamento delle funzioni dei comuni, Province e città metropolitane), 12 (coordinamento e autonomia di entrata e di spesa degli enti locali) e 13 (entità e riparto dei fondi perequativi per gli enti locali) della legge sul federalismo; esso dovrà recare disposizioni relative all’assegnazione alle città metropolitane di tributi ed entrate propri, anche diversi da quelli assegnati ai comuni. Il decreto legislativo dovrà inoltre consentire alle città metropolitane di applicare i tributi assegnati in relazione al finanziamento delle spese relative all’esercizio delle loro funzioni fondamentali.
In ultimo, la norma precisa che rimangono ferme le disposizioni relative all’istituzione, con norma primaria statale, di tributi propri c.d. “di scopo” (finalizzati in particolare alla realizzazione di opere pubbliche o al finanziamento di determinate spese legate ai flussi turistici ovvero alla mobilità urbana). In attuazione di tale disposizione va segnalato l’articolo 24 del D.Lgs. 6 maggio 2011, n. 68 che disciplina l’assetto finanziario delle città metropolitane attribuendo ad esse alcune specifiche fonti di entrata, precisandone la destinazione. Viene tra l’altro introdotta, anche per i predetti enti, l’imposta di scopo. Sono poi previsti meccanismi per adeguare l’autonomia di entrata delle città metropolitane in misura corrispondente alla complessità delle funzioni ad esse attribuite, sia sotto il profilo normativo, sia sotto il profilo strettamente finanziario.
Il 19 maggio 2009 la Commissione affari costituzionali della Camera ha avviato l’esame di sei proposte di legge di modifica costituzionale (A.C. 1990 e abbinate) tese a sopprimere l’ente Provincia, espungendolo dall’ordinamento territoriale della Repubblica.
Le sei proposte, tutte di iniziativa parlamentare, modificano vari articoli della Costituzione sopprimendo in essi i riferimenti alla provincia. Due di esse (A.C. 2010 e A.C. 2264) apportano analoghe modifiche agli statuti speciali di tre regioni (Sicilia, Sardegna e Friuli-Venezia Giulia). Nessuna, peraltro, modifica la condizione delle province autonome di Trento e di Bolzano (quanto alla Valle d'Aosta, in essa non esiste un’amministrazione provinciale e la regione svolge anche i compiti della provincia).
Tutte le proposte recano, in appositi articoli, disposizioni transitorie o di attuazione di diversa formulazione e ampiezza. Una di esse (A.C. 2264) destina le risorse finanziarie che si renderanno disponibili a seguito della soppressione delle province al finanziamento di iniziative per promuovere l’occupazione giovanile.
A seguito dell'iscrizione del provvedimento nel calendario dei lavori dell'Assemblea, la Commissione (8 ottobre 2009) ha conferito al relatore il mandato a riferire in senso contrario all'Assemblea (A.C. 1990-A, presentata dai deputati Donadi ed altri).
Nella seduta del 13 ottobre 2009, l'Assemblea ha approvato una questione sospensiva: la discussione del provvedimento è stata conseguentemente rinviata fino alla presentazione e all'esame del disegno di legge del Governo sulla Carta delle autonomie locali. Tale disegno di legge è stato presentato il 13 gennaio 2010 dal Governo alla Camera, che ne ha concluso l’esame il 30 giugno 2010 e lo ha trasmesso al Senato.
Nella seduta del 18 gennaio 2011, l'Assemblea, ha deliberato un nuovo rinvio in Commissione delle proposte di legge costituzionali n. 1990 e abbinate (n. 1989 e n. 2264), sulla base delle stesse richieste della Commissione di valutare meglio gli emendamenti presentati al fine di verificare la possibilità di una riorganizzazione del sistema delle province che, senza sopprimerle, ne ridimensioni l'ambito e, al limite, ne riduca il numero.
I lavori della Commissione hanno consentito di abbinare un'ulteriore proposta (A.C. 2579) e di adottare come testo base per il seguito dell'esame la proposta di legge costituzionale n. 1990 (25 gennaio 2011); sugli emendamenti si è svolto un approfondimento preliminare in comitato ristretto, che non ha tuttavia concluso i propri lavori a seguito di una ulteriore iscrizione del provvedimento nel calendario dei lavori dell'Assemblea.
Dopo che il 25 maggio 2011 la Commissione aveva concluso l'esame conferendo al relatore il mandato a riferire in senso contrario sul provvedimento, l'Assemblea della Camera lo ha respinto il 5 luglio 2011.
Le proposte di legge costituzionale A.C. 1242, 4439, 4493, 4499 e 4506 trasferiscono dallo Stato alle regioni la competenza in materia di istituzione di nuove province e di mutamento dei confini delle province esistenti.
A tal fine le proposte A.C. 1242, 4439, 4493 modificano il primo comma dell’art. 133 Cost. che, appunto prevede una riserva di legge statale in materia di istituzione di province, mentre l’A.C. 4499 prevedendo la competenza regionale nel secondo comma dell’art. 114 Cost., conseguentemente, abroga il primo comma dell’art. 133 Cost..
Ad esclusione della pdl A.C. 1242, le proposte in esame intervengono anche sulla disciplina delle città metropolitane, prevedendo che la loro costituzione comporti la soppressione delle province nel medesimo territorio. La proposta AC 4506 non reca tale previsione, ma dispone che, in sede di prima applicazione, la legge dello Stato provveda alla nuova determinazione delle circoscrizioni provinciali.
Le proposte A.C. 4439 e 4493 delineano, inoltre, un nuovo procedimento di istituzione delle città metropolitane affidato alla legge regionale e non a provvedimenti statali come previsto dall’ordinamento vigente.
A tali proposte occorre aggiungere la proposta di legge costituzionale di iniziativa popolare, AC 4682, presentata alla Camera l’11 ottobre 2011. Essa sopprime ogni riferimento alle province contenuto nella Costituzione e propone conformi modifiche agli statuti speciali della Regione siciliana e delle regioni Sardegna e Friuli Venezia Giulia – restando salve le province di Trento e Bolzano - e prevede che le province siano soppresse trascorso un anno dalla sua entrata in vigore, con proroga nella carica, per l'esercizio dell'ordinaria amministrazione, dei presidenti e dei consigli provinciali il cui mandato scada prima.
Come anticipato, obiettivo comune delle proposte in esame, fatta eccezione per l’AC 4682, è il trasferimento della competenza in materia di istituzione delle province dallo Stato alle regioni. Viene così modificato l’assetto costituzionale che attualmente prevede che sia la legge della Repubblica a provvedere all’istituzione delle province e al mutamento del loro territorio.
Una prima modifica risiede nell’ambito di intervento della legge (regionale e non più statale): solamente la proposta di legge A.C. 1242 (art. 1) mantiene il dettato costituzionale che prevede quale oggetto della legge il mutamento delle circoscrizioni provinciali e l’istituzione di nuove province; le altre proposte prevedono espressamente anche la soppressione delle province (attualmente prevista implicitamente dalla Costituzione). Anzi, la proposta A.C. 4439 pone come oggetto del nuovo primo comma dell’art. 133 Cost. solamente il mutamento delle circoscrizioni provinciali e la soppressione delle province. La proposta sembrerebbe così escludere la possibilità di istituire nuove province da parte delle regioni.
La proposta A.C. 4493 prevede, oltre all’istituzione, mutamento delle circoscrizioni territoriali e soppressione delle province anche la modifica della denominazione.
La proposta di legge AC 4506 dispone l’eliminazione del riferimento alle province dalla rubrica del titolo V della parte seconda della Costituzione e dall’art. 114, 117, 118, 119 e 120 Cost., nonché l’ abrogazione del primo comma dell’art. 132, con l’effetto di togliere alle province la natura di ente territoriale costituzionalmente previsto.
Se tutte le proposte sono finalizzate al trasferimento alle regioni dell’istituzione e della soppressione delle province, diverse sono le scelte in ordine al procedimento da seguire a tal fine.
Come si è accennato, il primo comma dell’art. 133 Cost. vigente prevede tre fasi:
§ iniziativa dei comuni;
§ parere della regione;
§ legge della Repubblica.
La proposta di legge A.C. 4493 semplifica al massimo il procedimento prevedendo che la regione con propria legge dispone l’istituzione e la soppressione delle province e ne modifica le circoscrizioni e la denominazione.
Si osserva, in proposito, che l’assenza della previsione della consultazione delle popolazioni interessate, andrebbe valutata in rapporto sia al terzo comma del medesimo art. 133 Cost. (oggetto di una modifica di carattere formale dalla proposta A.C. 4493) che prevede la consultazione delle popolazioni interessate per l’istituzione di nuovi comuni, sia al più generale principio di autodeterminazione di cui all’art. 5 Cost.
Il parere delle popolazioni interessate è invece previsto come obbligatorio, seppur non vincolante, dalle proposte 4439 e 4499 che prevedono che la legge regionale sia adottata sentiti i comuni interessati.
Come accennato, la proposta A.C. 4499 (art. 1) si differenzia dalle altre perché sopprime il primo comma dell’art. 133 cost. e modifica l’art. 114 Cost. prevedendo quanto segue:
§ viene specificato che le province e le città metropolitane sono enti costitutivi della Repubblica “ove istituite” (art. 114, 1° comma, Cost.);
§ viene fissato il principio della istituzione delle province con legge regionale e ne vengono stabiliti il procedimento e i criteri; da rilevare la soppressione della provincia dall’elenco degli enti autonomi, dotati di propri statuti, poteri e funzioni art. 114, 2° comma Cost.);
§ viene costituzionalizzato il principio dell’alternatività tra provincia e città metropolitana (art. 114, nuovo 3° comma, cost.).
Inoltre, la proposta A.C. 4499 specifica che le province esercitano funzioni di area vasta conferite dalle regioni e compiti di coordinamento e di collaborazione tra comuni, secondo quanto stabilito con legge dello Stato.
In merito, si ricorda che l’articolo 117 secondo comma, lettera p), della individua, tra le materia di competenza legislativa esclusiva dello Stato, appunto le funzioni fondamentali di comuni, province, e città metropolitane, accanto alla legislazione elettorale e alla disciplina degli organi di governo degli enti locali.
L’attuazione del dettato costituzionale è stata tentata una prima volta con la legge 131 del 2003 che recava la delega, mai esercitata, per l’individuazione delle “funzioni fondamentali, ai sensi dell'articolo 117, Costituzione, essenziali per il funzionamento di Comuni, Province e Città metropolitane nonché per il soddisfacimento di bisogni primari delle comunità di riferimento” (art. 2).
Attualmente è all’esame del Senato il disegno di legge del Governo A.S. 2259 recante la Carta delle autonomie locali che propone una nuova individuazione delle funzioni fondamentali degli enti locali.
Si ricorda, inoltre, che il secondo comma dell’art. 118 Cost. prevede che gli enti locali, sono titolari, oltre che delle funzioni amministrative proprie, anche di quelle che possono essere eventualmente conferite loto dalle regioni (con legge regionale) o dallo Stato (con legge statale).
Più articolato, infine, il procedimento predisposto dalla proposta A.C. 1242. Anche questa prevede il parere, in questo caso vincolante, delle popolazioni interessate, specificando che deve essere espresso con referendum.
Inoltre, è previsto il parere della Commissione parlamentare per le questioni regionali, integrata per l’occasione dai rappresentanti delle regioni e degli enti locali.
E’ questa l’unica proposta che mantiene un ruolo, seppur consultivo, dello Stato nel procedimento in questione.
Alcune delle proposte in esame introducono alcuni requisiti minimi per le province: ai sensi della pdl A.C. 4493 queste non possono avere:
§ una popolazione inferiore a 300.000 abitanti o
§ un’estensione territoriale inferiore a 3.000 Km2.
Più restrittive le proposte di legge AC. 4499 e AC 4506 che prevedono una popolazione minima di 500.000 abitanti, cui si aggiunge, nella prima proposta, il divieto di costituire una sola provincia in una regione, al fine di evitare la duplicazione di enti che insistono nello stesso territorio (come avviene oggi per la Val d’Aosta, dove non è istituito l’ente provinciale e la regione svolge anche i compiti della provincia).
Si rileva che tali condizioni ridurrebbero notevolmente il numero delle province: secondo i dati della rilevazione della popolazione legale (D.P.C.M. 2 aprile 2003) raggiungono i 500 mila abitanti solamente 32 province (Torino e Cuneo in Piemonte, Varese, Como, Milano, Bergamo, Brescia in Lombardia, Genova in Liguria, Verona, Vicenza, Treviso, Venezia e Padova in Veneto, Udine nel Friuli – Venezia Giulia, Modena e Bologna in Emilia Romagna, Firenze in Toscana, Perugia in Umbria, Roma nel Lazio, Caserta, Napoli e Salerno in Campania, Foggia, Bari, Taranto e Lecce in Puglia, Cosenza e Reggio Calabria in Calabria, Palermo, Messina e Catania in Sicilia, Cagliari in Sardegna). Nelle Marche, in Abruzzo e in Basilicata nessuna provincia raggiunge i 500.000 abitanti. In Molise anche la regione ha un popolazione inferiore (circa 320 mila abitanti). Si consideri, inoltre, che i dati della popolazione legale non tengono conto delle province di recente istituzione (Monza e Brianza, Fermo, Barletta-Andria-Trani e le nuove province sarde) e pertanto il numero di province con popolazione superiore a 500 mila abitanti è presumibilmente minore di 32. Naturalmente, attraverso la modifica delle circoscrizioni territoriali si potrebbero unire le province che non raggiungono la suddetta soglia.
Inoltre, il limite di due province per regione pone una soglia implicita di almeno 1 milione di abitanti per regione per costituire delle province: ciò esclude automaticamente le regioni Trentino – Alto Adige, Umbria e Basilicata, tutte sotto il milione di abitanti (oltre al Molise come si è detto).
La proposta A.C. 4439, pur non fissando condizioni tassative come le altre due proposte, prevede che le leggi regionali di revisione o soppressione delle province, siano adottate previa verifica dell’adeguatezza della dimensione territoriale delle province in rapporto alla possibilità di gestione delle funzioni di area vasta.
Inoltre, le tre proposte A.C. 4439, 4493 e 4499 prevedono la soppressione delle province nelle aree di istituzione delle città metropolitane (si veda il paragrafo successivo).
Tre delle proposte di legge prevedono disposizioni transitorie e di attuazione della modifica costituzionale, volte ad assicurare l’effettività dell’adozione delle leggi regionali.
La pdl 4439 (art. 3) stabilisce un termine di 12 mesi per l’approvazione delle leggi di revisione o soppressione delle province nelle regioni a statuto ordinario, previa verifica dell’adeguatezza della loro dimensione territoriale (art. 3, co. 2). Decorso tale termine provvede il Governo nei termini previsti all’art. 2, co. 2: assegna un ulteriore termine alla regione e in caso di inadempimento interviene alla definizione delle province con decreto-legge da convertire entro 90 giorni dalla sua pubblicazione.
Si rileva che appare non consueto il rinvio all’adozione di future disposizioni attraverso un provvedimento di urgenza. Tale disposizione andrebbe valutata alla luce di quanto previsto dall’art. 77, 2° comma, che prevede l’emanazione di decreti-legge in casi straordinari di necessità ed urgenza. Inoltre, il termine costituzionale per la conversione è di 60 giorni e non di 90 come previsto dalla proposta di legge.
In proposito si potrebbe valutare l’ipotesi di prevedere l’intervento sostitutivo dello Stato ai sensi dell’art. 8 della legge 131/2003.
Così recita il comma 1 dell’art. 8 della legge 131/2003: “Nei casi e per le finalità previsti dall'articolo 120, secondo comma, della Costituzione, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente per materia, anche su iniziativa delle Regioni o degli enti locali, assegna all'ente interessato un congruo termine per adottare i provvedimenti dovuti o necessari; decorso inutilmente tale termine, il Consiglio dei ministri, sentito l'organo interessato, su proposta del Ministro competente o del Presidente del Consiglio dei ministri, adotta i provvedimenti necessari, anche normativi, ovvero nomina un apposito commissario. Alla riunione del Consiglio dei ministri partecipa il Presidente della Giunta regionale della Regione interessata al provvedimento”.
Per quanto riguarda le regioni a statuto speciale la pdl AC. 4439 (art. 4) prevede che esse adeguino i propri statuti alle nuove disposizioni entro 12 messi dalla entrata in vigore della legge. Inoltre essa assegna (art. 3, comma 3) 12 mesi di tempo per rivedere, con legge statale, gli ambiti territoriali degli uffici decentrati dello Stato, in modo tale che questi, in ciascuna regione, non siano in numero superiore a quello delle province. Tale proposta di legge contiene disposizioni in tema di funzioni fondamentali e proprie delle province delle regioni a statuto ordinario, stabilendo che esse siano determinate con legge dello Stato: tale previsione si sovrappone, per le funzioni fondamentali, a quella contenuta nell’art. 117, secondo comma, lett. p) Cost.
Anche la proposta A.C. 4493 (art. 2) assegna un determinato periodo di tempo (3 mesi dalla entrata in vigore della legge) alle regioni per provvedere al riordino delle province, decorso il quale lo Stato interviene con legge a determinare il riordino o la soppressione delle province.
Diverso è il meccanismo previsto dalla pdl AC. 4499 (art. 3): questa non fornisce direttamente un termine per il riordino delle province, ma demanda ad una legge dello Stato la determinazione di una data oltre la quale tutte le province sono soppresse ad eccezione di quelle nel frattempo istituite con legge regionale. La medesima legge provvede al trasferimento dei beni e del personale delle province alle nuove province di istituzione regionale o, in mancanza, alle regioni.
La proposta di legge AC 4506 prevede che le province possono essere istituite con legge regionale, in territori con una popolazione superiore a cinquecentomila abitanti nei quali non è istituita la città metropolitana, sulla base di criteri fissati dalla legge dello Stato; inoltre, nelle regioni in cui non sono istituite province, le relative funzioni sono esercitate dalla Regione.
In base all’assetto delineato dall’ art. 115 bis che tale proposta di legge introduce nella Costituzione, la competenza delle regioni ad istituire le province può essere esercitata solo in base a criteri fissati da legge statale e purché sul relativo territorio non siano istituite città metropolitane.
Dalla formulazione dell’art. 115 bis sembra che le funzioni delle province siano delimitate dall’atto regionale di conferimento che può riguardare solo le funzioni di programmazione e di pianificazione di area vasta; ad esse il dettato normativo aggiunge quelle di coordinamento e di collaborazione tra i Comuni per la gestione dei servizi a rete, con formulazione che sembra prescindere da un esplicito conferimento regionale.
La disciplina degli organi di governo delle Province – individuati dal testo nel presidente e nel consiglio provinciale - è rimessa alla legge dello Stato, vincolata a conformare il consiglio provinciale come organo di secondo grado e facoltizzata a prevedere invece che il presidente della Provincia sia eletto direttamente dal cittadini. Nelle Regioni in cui non sono istituite Province, le funzioni del Consiglio provinciale sono esercitate dal Consiglio delle autonomie locali di cui all'articolo 123, quarto comma, che, pur rimettendo all’autonomia statutaria regionale la disciplina di tale organo, lo configura esclusivamente come organo di consultazione tra regione ed enti locali, configurazione che la previsione in esame sembra mettere in discussione.
Come accennato, le proposte di legge in esame (ad eccezione dell’AC. 1242) prevedono la soppressione delle province nel territorio delle città metropolitane. Va precisato però che tale effetto nella pdl AC 4506 non è previsto espressamente.
La proposta di legge A.C. 4439 introduce un nuovo meccanismo di istituzione delle città metropolitane (art. 2) che prevede:
§ la predisposizioni di una legge statale per l’individuazione delle città metropolitane;
§ l’emanazione di leggi regionali per la loro costituzione.
Tale meccanismo si verrebbe a sovrapporre a quello attualmente previsto dal testo unico enti locali e a quello transitorio (si veda la scheda sul quadro normativo vigente).
Come per il riordino delle province, viene disposto un termine perentorio per la costituzione delle città metropolitane (12 mesi) oltre il quale è previsto l’intervento del Governo, anche in questo caso con decreto-legge (si veda quanto osservato in proposito nel paragrafo precedente).
Anche la pdl A.C. 4493 (2° comma del nuovo art. 133 Cost.) introduce norme innovative relative all’istituzione delle città metropolitane Si prevede, infatti, che nelle aree metropolitane le regioni, sentiti i comuni, costituiscono la città metropolitana con legge regionale. La nuova città metropolitana sostituisce la provincia e il comune capoluogo.
Viene introdotto un limite demografico (500 mila abitanti) attualmente non previsto per la costituzione della città metropolitana.
Le città metropolitane esercitano le funzioni della provincia e le funzioni comunali “di ambito metropolitano”. Le eventuali variazioni territoriali delle altre province sono stabilite con la medesima legge regionale di istituzione della città metropolitana.
L’A.C. 4499 si limita a prevedere la soppressione delle province nel territorio delle città metropolitane e il trasferimento a quest’ultime delle relative funzioni (art. 1, comma 2).
La proposta di legge AC 4506 prevede che le città metropolitane sono istituite in territori con popolazione superiore a cinquecentomila abitanti, individuati dalla legge dello Stato e coincidenti con uno o più Comuni; l’esercizio da parte delle città metropolitane, nel rispettivo territorio, delle funzioni della provincia e l’acquisizione totale o parziale delle funzioni comunali. Quanto all’atto di istituzione delle città metropolitane, il testo però non contiene espresse previsioni e conferisce espressamente alla legge dello Stato solo la competenza ad individuare i relativi territori.
La proposta di legge di iniziativa popolare AC 4682 prevede che, entro un anno dalla sua entrata in vigore, lo Stato e le regioni ad autonomia ordinaria e ad autonomia speciale, secondo le rispettive competenze, provvedano a conferire alle città metropolitane, ove costituite, ai comuni, alle altre articolazioni amministrative e organizzative dello Stato, agli enti pubblici e alle amministrazioni pubbliche, anche ad ordinamento autonomo, le funzioni amministrative esercitate dalle province alla data della sua entrata in vigore, sulla base dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza. Entro il medesimo termine di un anno, il Governo è delegato ad adottare uno o più decreti legislativi per attuare il conferimento delle funzioni; qualora entro tale termine i decreti non siano emanati o gli enti destinatari delle funzioni non siano ancora in grado di provvedere al loro effettivo esercizio, il presidente della giunta regionale e la giunta regionale esercitano le funzioni già spettanti ai corrispondenti organi delle province soppresse nei rispettivi territori. In caso di inadempimento della regione il Governo provvede ai sensi dell'articolo 120, secondo comma, della Costituzione.
Costituzione |
A.C. 1242 |
A.C. 4439 |
A.C. 4493 |
A.C. 4499 |
A.C. 4506 |
A.C. 4682 |
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art. 1 |
art. 1 |
TITOLO V LE REGIONI, LE PROVINCE, I COMUNI |
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TITOLO V LE REGIONI,
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TITOLO V LE REGIONI, LE CITTA’ METROPOLITANE, I COMUNI |
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art. 1 |
art. 2 |
art. 2 |
Art. 114 |
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Art. 114 |
Art. 114 |
Art. 114 |
La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato. |
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La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Regioni e dallo Stato, nonché dalle Province o dalle Città metropolitane, ove istituite. |
La Repubblica è costituita dai Comuni, |
La Repubblica è costituita dai Comuni, |
I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione. |
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Le Regioni, i Comuni e le Città metropolitane sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni, secondo i principi fissati dalla Costituzione. Con legge regionale e senza oneri per lo Stato, sentiti i Comuni interessati, possono essere istituite le Province, con funzioni di programmazione di area vasta conferite dalle Regioni e con funzioni di coordinamento e di collaborazione tra Comuni, secondo quanto stabilito con legge dello Stato. Non possono essere istituite Province con popolazione inferiore a cinquecentomila abitanti e nella Regione non può essere costituita una sola Provincia. Con legge regionale, sentiti i Comuni interessati, possono essere mutate le circoscrizioni provinciali o soppresse le Province. |
I Comuni, |
I Comuni, |
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La costituzione delle Città metropolitane comporta la soppressione delle Province nel medesimo territorio su cui insistono e il trasferimento delle rispettive funzioni. |
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Roma è la capitale della Repubblica. La legge dello Stato disciplina il suo ordinamento. |
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Identico |
Identico |
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[…] |
[…] |
[…] |
[…] |
[…] |
[…] |
[…] |
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art. 3 |
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Art. 115-bis |
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Le Città metropolitane sono istituite in territori con una popolazione superiore a cinquecentomila abitanti individuati dalla legge dello Stato coincidenti con uno o più Comuni. Le Città metropolitane esercitano, nel rispettivo territorio, le funzioni della Provincia e acquisiscono in tutto in parte le funzioni comunali. |
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Le Province possono essere istituite con legge regionale in territori con una popolazione superiore a cinquecentomila abitanti nei quali non è istituita la Città metropolitana, sulla base di criteri fissati dalla legge dello Stato. Nelle Regioni in cui non sono istituite province, le relative funzioni sono esercitate dalla Regione. |
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Le Province esercitano funzioni di programmazione e di pianificazione di area vasta conferite dalle Regioni, oltre che funzioni di coordinamento e di collaborazione tra i Comuni per la gestione dei servizi a rete. |
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La formazione degli organi di governo delle Province è disciplinata con legge dello Stato, la quale può prevedere che il presidente della Provincia sia eletto direttamente dal cittadini. Il Consiglio provinciale è composto dai sindaci dei Comuni del territorio o da consiglieri comunali da essi delegati, i quali esprimono un voto ponderato in base alla popolazione dei rispettivi Comuni. Nelle Regioni in cui non sono istituite Province, le funzioni del Consiglio provinciale sono esercitate dal Consiglio delle autonomie locali di cui all'articolo 123, quarto comma. |
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[…] |
[…] |
[…] |
[…] |
[…] |
[…] |
[…] |
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art. 4 |
art. 3 |
Art. 117 |
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Art. 117 |
Art. 117 |
La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie: |
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[…] |
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Identico. |
Identico. |
[…] |
[…] |
[…] |
[…] |
[…] |
[…] |
[…] |
p) legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane; |
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[…] |
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p) legislazione elettorale, organi di governo e
funzioni fondamentali di Comuni, |
p) legislazione elettorale, organi di governo e
funzioni fondamentali di Comuni, |
[…] |
[…] |
[…] |
[…] |
[…] |
[…] |
[…] |
La potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salva delega alle Regioni. La potestà regolamentare spetta alle Regioni in ogni altra materia. I Comuni, le Province e le Città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell'organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite. |
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La potestà regolamentare spetta allo Stato nelle
materie di legislazione esclusiva, salva delega alle Regioni. La potestà
regolamentare spetta alle Regioni in ogni altra materia. I Comuni, le |
La potestà regolamentare spetta allo Stato nelle
materie di legislazione esclusiva, salva delega alle Regioni. La potestà
regolamentare spetta alle Regioni in ogni altra materia. I Comuni, |
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art. 5 |
art. 4 |
Art. 118 |
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Art. 118 |
Art. 118 |
Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l'esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza. |
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Identico.
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Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni
salvo che, per assicurarne l'esercizio unitario, siano conferite a |
I Comuni, le Province e le Città metropolitane sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle conferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze. |
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I Comuni, |
I Comuni, |
[…] |
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[…] |
[…] |
Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà. |
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Stato, Regioni, Città metropolitane, |
Stato, Regioni, Città metropolitane, |
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art. 6 |
art. 5 |
Art. 119 |
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Art. 119 |
Art. 119 |
I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa. I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno risorse autonome. Stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri, in armonia con la Costituzione e secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario. Dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio. La legge dello Stato istituisce un fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante. Le risorse derivanti dalle fonti di cui ai commi precedenti consentono ai Comuni, alle Province, alle Città metropolitane e alle Regioni di finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite. Per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni, lo Stato destina risorse aggiuntive ed effettua interventi speciali in favore di determinati Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni. I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno un proprio patrimonio, attribuito secondo i principi generali determinati dalla legge dello Stato. Possono ricorrere all'indebitamento solo per finanziare spese di investimento. E' esclusa ogni garanzia dello Stato sui prestiti dagli stessi contratti. |
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I Comuni, le I Comuni, le La legge dello Stato istituisce un fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante. Le risorse derivanti dalle fonti di cui ai commi
precedenti consentono ai Comuni, alle Per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e
la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per
favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a
scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni, lo Stato destina
risorse aggiuntive ed effettua interventi speciali in favore di determinati
Comuni, I Comuni, le Possono ricorrere all'indebitamento solo per finanziare spese di investimento. E' esclusa ogni garanzia dello Stato sui prestiti dagli stessi contratti. |
I Comuni, I Comuni, La legge dello Stato istituisce un fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante. Le risorse derivanti dalle fonti di cui ai commi
precedenti consentono ai Comuni, Per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e
la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per
favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a
scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni, lo Stato destina
risorse aggiuntive ed effettua interventi speciali in favore di determinati
Comuni, I Comuni, Possono ricorrere all'indebitamento solo per finanziare spese di investimento. E' esclusa ogni garanzia dello Stato sui prestiti dagli stessi contratti. |
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art. 7 |
art. 6 |
Art. 120 |
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Art. 120 |
Art. 120 |
[…] |
[…] |
[…] |
[…] |
[…] |
[…] |
[…] |
Il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di pericolo grave per l'incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell'unità giuridica o dell'unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali. |
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Il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni,
delle Città metropolitane, |
Il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni,
delle Città metropolitane, |
[…] |
[…] |
[…] |
[…] |
[…] |
[…] |
[…] |
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art. 8 |
art. 7 |
Art. 132 |
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Art. 132 |
Art. 132 |
Si può, con legge costituzionale, sentiti i Consigli regionali, disporre la fusione di Regioni esistenti o la creazione di nuove Regioni con un minimo di un milione di abitanti, quando ne facciano richiesta tanti Consigli comunali che rappresentino almeno un terzo delle popolazioni interessate, e la proposta sia approvata con referendum dalla maggioranza delle popolazioni stesse. |
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Identico. |
Identico. |
Si può, con l'approvazione della maggioranza delle popolazioni della Provincia o delle Province interessate e del Comune o dei Comuni interessati espressa mediante referendum e con legge della Repubblica, sentiti i Consigli regionali, consentire che Province e Comuni, che ne facciano richiesta, siano staccati da una Regione e aggregati ad un'altra. |
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Abrogato. |
Si può, con l'approvazione della maggioranza della
popolazione |
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art. 1 |
art. 1 |
art. 1 |
art. 2 |
art. 9 |
art. 8 |
Art. 133 |
Art. 133 |
Art. 133 |
Art. 133 |
Art. 133 |
Art. 133 |
Art. 133 |
Il mutamento delle circoscrizioni provinciali e la istituzione di nuove Province nell’ambito di una Regione sono stabiliti con leggi della Repubblica, su iniziativa dei Comuni, sentita la stessa Regione. |
Il mutamento delle circoscrizioni provinciali e l’istituzione di nuove Province nell’ambito di una Regione sono stabiliti con legge della Regione, con l’approvazione della maggioranza delle popolazioni interessate espressa mediante referendum, sentita la Commissione parlamentare per le questioni regionali integrata dai rappresentanti delle Regioni, delle Province autonome e degli enti locali. |
Il mutamento delle circoscrizioni provinciali o la soppressione delle Province sono stabiliti con legge regionale, sentiti i Comuni interessati. |
L’istituzione, la soppressione e la modificazione delle circoscrizioni e delle denominazioni delle Province sono stabilite con legge della Regione.
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Abrogato |
Il mutamento delle circoscrizioni delle Province e delle Città metropolitane è stabilito con legge regionale, nel rispetto del parametri fissati dalla legge dello Stato. |
Abrogato |
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Nessuna Provincia può avere una popolazione inferiore a trecentomila abitanti o un’estensione territoriale inferiore a tremila chilometri quadrati. Nelle aree metropolitane, in luogo della Provincia e del Comune capoluogo, le Regioni, sentiti i Comuni interessati, istituiscono la Città metropolitana con almeno cinquecentomila abitanti. La Città metropolitana esercita le funzioni della Provincia e le funzioni comunali di ambito metropolitano. La Regione, con la legge istitutiva della Città metropolitana, disciplina le eventuali variazioni territoriali delle altre Province. |
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La Regione, sentite le popolazioni interessate, può con sue leggi istituire nel proprio territorio nuovi Comuni e modificare le loro circoscrizioni e denominazioni. |
Identico |
Identico |
La Regione, sentite le popolazioni interessate, può, con proprie leggi, istituire nel proprio territorio nuovi Comuni e modificare le loro circoscrizioni e denominazioni |
Identico |
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[1] D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali.
[2] Si tratta rispettivamente dei D.Lgs. 6 marzo 1992, n. 248, n. 249, n. 250, n. 251, n. 252, e n. 253, D.Lgs. 27 marzo 1992, n. 254 e D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 277.
[3] L. 5 giugno 2003, n. 131, Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla L.Cost. 18 ottobre 2001, n. 3.
[4] Tale modifica tiene conto del parere della I Commissione: “considerato, quindi che, essendo la legislazione elettorale degli organi di governo degli enti locali materia di competenza esclusiva statale ai sensi dell'articolo 117, comma secondo, lettera p), della Costituzione, il rinvio alla legge statale per le modalità di elezione del consiglio provinciale deve esteso anche alle modalità di elezione del presidente della provincia”.
[5] L. 23 dicembre 2009, n. 191, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2010).
[6] D.L. 25 gennaio 2010, n. 2, Interventi urgenti concernenti enti locali e regioni (conv. L. 26 marzo 2010, n. 42).
[7] D.L. 13 agosto 2011, n. 138, Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo (conv. L. 14 settembre 2011, n. 148).
[8] L. 24 dicembre 2007, n. 244, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2008).