Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento istituzioni
Titolo: Disciplina dei partiti politici in attuazione dell'art. 49 Cost. - A.C. 244 e abb. - Schede di lettura e lavori dell'Assemblea costituente - Terza edizione
Riferimenti:
AC N. 4194/XVI   AC N. 244/XVI
AC N. 3962/XVI   AC N. 506/XVI
AC N. 853/XVI   AC N. 1722/XVI
AC N. 3809/XVI     
Serie: Progetti di legge    Numero: 469
Data: 24/05/2011
Descrittori:
COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA   PARTITI POLITICI
Organi della Camera: I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni

 

Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

Attuazione dell’art. 49 Cost.
in materia di partiti politici

A.C. 244 e abb.

Schede di lettura e
lavori dell’Assemblea costituente

 

 

 

 

 

 

n. 469
(Seconda edizione)

 

 

 

2 maggio 2011

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Istituzioni

( 066760-9475 / 066760-3855 – * st_istituzioni@camera.it

 

 

 

 

 

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File: AC0629.doc

 


INDICE

Schede di lettura

Premessa                                                                                                            3

I lavori dell’Assemblea costituente                                                                 5

Le proposte di legge in esame                                                                        7

Natura giuridica dei partiti                                                                                     7

Statuto, denominazione e simbolo dei partiti                                                       9

Le fondazioni politiche                                                                                        12

Finanziamento dei partiti                                                                                    13

Elezioni primarie, scelta delle candidature, quote “rosa”                                   26

Disposizioni finali                                                                                                32

Lavori preparatori

Articolo 49 della Costituzione

I Sottocommissione

Seduta del 19 novembre 1946                                                                  39

Seduta del 20 novembre 1946                                                                  45

Assemblea Costituente

Seduta del 21 maggio 1947                                                                      53

Seduta del 22 maggio 1947                                                                      79

 

 


Schede di lettura

 


 

Premessa

La Costituzione riconosce il ruolo fondamentale dei partiti politici nell’assicurare la partecipazione dei cittadini alla vita politica: l’articolo 49 della Costituzione stabilisce, infatti, che «tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale».

Nella carta fondamentale si rinvengono poche altre disposizioni in materia di partiti politici. L’art. 98, al terzo comma, prevede la possibilità di stabilire con legge limitazioni al diritto di iscriversi ai partiti politici per alcune determinate categorie di pubblici funzionari: magistrati, militari, funzionari ed agenti di polizia, diplomatici.

Inoltre, la XII delle disposizioni transitorie e finali della Costituzione vieta la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del partito fascista.

Mentre le due disposizioni da ultimo citate hanno avuto un seguito legislativo (L. 121/1981 sul  divieto di iscrizione ai partiti per la polizia, D.Lgs. 109/2006 che considera illecito disciplinare l’iscrizione ai partiti politici dei magistrati, L. 645/1952, cosiddetta “legge Scelba” che attua la XII disposizione transitoria) non si è mai proceduto ad una regolamentazione dei partiti politici, le cui basi giuridiche sono dunque limitate alle disposizioni costituzionali sopra citate e a poche altre norme contenute in leggi ordinarie attinenti a specifici ambiti, quali il finanziamento della politica, la partecipazione alle elezioni, la propaganda politica ed elettorale.

Il complesso di tali disposizioni prefigurerebbe una titolarità di attribuzioni costituzionali dei partiti politici. Ma la giurisprudenza costituzionale, pur riconoscendo che “i partiti politici vanno considerati come organizzazioni proprie della società civile, alle quali sono attribuite dalle leggi ordinarie talune funzioni pubbliche”, ha negato una loro qualificazione come poteri dello Stato (Corte cost. ord. 79/2006).

In assenza di una disciplina specifica, i partiti politici sono assimilati di fatto alle associazioni non riconosciute, come del resto avviene per le organizzazioni sindacali. Per quest’ultime, a differenza dei partiti, è invece prevista, ma non attuata, la definizione con legge della loro registrazione con conseguente acquisizione della personalità giuridica (art. 39 Cost.).

In questo quadro assume particolare rilievo il rapporto tra l’art. 49 e il diritto di associazione contenuto nell’art. 18. Secondo la dottrina prevalente, il diritto di associarsi in partiti politici si configura come un’espressione particolare del più generale diritto dei cittadini di associarsi liberamente; pertanto, i limiti al diritto di associazione contenuti nell’art. 19 (proibizione delle associazioni segrete, di carattere militare o per fini vietati dalla legge penale) sono applicabili anche ai partiti politici.

D’altra parte, non sarebbero ammesse da parte della legge ordinaria ulteriori limitazioni oltre a quelle indicate tassativamente dalla Costituzione. E non sarebbe neanche possibile introdurre alcuna forma di autorizzazione, dal momento che il primo comma dell’art. 18 prevede che tutti i cittadini hanno il diritto di associarsi liberamente, “senza autorizzazione”.

 

Nella XV legislatura è iniziato al Senato l’esame di cinque proposte di legge di iniziativa parlamentare attuative dell’art. 49 Cost. (A.S. 42, 550, 949, 1112 e 1114) e di due petizioni (n. 62 e 358) vertenti sullo stesso argomento.

La Commissione affari costituzionali ha dedicato ad esse due sole sedute (22 marzo e 17 aprile 2007) nel corso delle quali ha avuto inizio la discussione generale.


 

I lavori dell’Assemblea costituente

La I Sottocommissione inizia l’esame di due bozze di articoli sui partiti politici il 19 novembre 1946.

La prima proposta, presentata dai relatori on. Merlin e on. Mancini, è volta a connettere la libertà di associazione dei partiti al rispetto dei principi fondamentali di libertà e dignità della persona umana e demanda alla legge la disciplina dell’organizzazione dei partiti.

Tale proposta trova la ferma opposizione del Partito comunista (si vedano gli interventi degli on. Marchesi e Togliatti), in quanto ritenuta lesiva della libertà di organizzazione dei partiti. Viene respinta dai comunisti anche la proposta Caristia, formulata nel corso della seduta, volta a affidare alla legge il compito di dettare le norme per lo svolgimento pacifico dell’attività dei partiti; in proposito Togliatti fa presente che “non la legge deve dettare queste norme, ma solo la Costituzione deve fissare lo sviluppo pacifico della lotta nel Paese”.

Un maggior consenso raccoglie la seconda proposta, presentata dall’on. Basso, recante una formulazione molto vicina a quella poi approvata nell’articolo 49, che sancisce il diritto di tutti i cittadini di organizzarsi “liberamente e democraticamente” in partiti politici, “allo scopo di concorrere alla determinazione della politica del Paese”.

Il testo finale approvato, con alcune modifiche dalla Sottocommissione è il seguente: «Tutti i cittadini hanno diritto di organizzarsi liberamente in partiti politici allo scopo di concorrere democraticamente a determinare la politica del Paese».

Nel corso della seduta viene anche stabilito di aggiungere un comma contenente una disposizione finalizzata a vietare la riorganizzazione del partito fascista, disposizione che poi troverà collocazione nella XII disposizione transitoria della Costituzione.

La proposta Basso reca un’altra disposizione, riguardante il riconoscimento di attribuzioni di carattere costituzionale ai partiti che avessero raccolto almeno 500.000 voti alle elezioni. Il leader socialista giustifica questa disposizione in connessione con il fenomeno del passaggio dalla democrazia parlamentare alla democrazia dei partiti (20 novembre 1946). A titolo esemplificativo, Basso indica alcune delle competenze costituzionali da attribuire ai partiti, quali la presentazione delle liste elettorali, il diritto di promuovere giudizi davanti alla Corte costituzionale, la difesa delle libertà costituzionali.

La disposizione incontra in linea di principio un generale consenso. Vengono tuttavia sollevate diverse questioni, alcune di tipo tecnico. L’on. Moro, ad esempio, richiama l’attenzione sul fatto che “il riconoscimento della funzione costituzionale dei partiti presuppone la soluzione del problema della personalità giuridica che ad essi non è stata ancora riconosciuta”.

Diversi membri della Sottocommissione fanno presente che l’attribuzione di compiti costituzionali ai partiti politici investe l’ambito di competenza della seconda sottocommissione. In relazione a queste considerazioni, la Sottocommissione non perviene ad una decisione finale sulla seconda parte della proposta Basso e si limita ad approvare il seguente ordine del giorno Dossetti: «La prima Sottocommissione ritiene necessario che la Costituzione affermi il principio del riconoscimento giuridico dei partiti politici e delle attribuzione ad essi di compiti costituzionali. Rinvia ad un esame comune con la seconda Sottocommissione la determinazione delle condizioni e delle modalità».

La riunione congiunta tra la prima e la seconda sottocommissione non ha luogo e pertanto la Commissione plenaria trasmette all’Assemblea solamente la prima parte della proposta Basso, riguardante la libertà di associazione in partiti.

Nel corso dell’esame da parte dell’Assemblea costituente (21 e 22 maggio 1947) dell’articolo sui partiti politici (art. 47 del testo della commissione) si delineano tre posizioni distinte.

La prima posizione pone l’esigenza di precisare il significato del metodo democratico, come criterio riferito non solamente alla vita esterna del partito, ma anche all’organizzazione interna. A questa posizione aderiscono gli on. Mortati, Ruggiero, Pietro Mastino, Bellavista e Sullo. Mortati e Ruggiero presentano un emendamento volto a chiarire che il diritto di riunirsi in partiti impone l’adozione del metodo democratico “nell’organizzazione interna e nell’azione diretta alla determinazione della politica nazionale”.

La seconda posizione è rappresentata soprattutto dal relatore Merlin che si dichiara contrario a modificare il testo della Commissione e respinge la proposta Mortati-Ruggiero in quanto suscettibile di interferire eccessivamente nella vita interna dei partiti. Il relatore sottolinea anche le difficoltà pratiche insite nella strutturazione di un vasto sistema di controllo sui partiti.

Infine, una posizione ulteriore è quella dell’on. Lucifero, che è contrario a qualsiasi norma speciale sui partiti politici e che ritiene sufficiente, per garantire la libertà dei partiti politici, il diritto di associazione sancito dall’articolo 18.

Alla fine della discussione, in considerazione dell’opposizione suscitata, gli on. Mortati e Ruggiero ritirano l’emendamento (che viene fatto proprio da Bellavista, e quindi votato e respinto dall’Assemblea).

L’Assemblea, dunque, approva il testo della Commissione che sancisce il diritto dei cittadini ad associarsi in partiti politici per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale, senza alcun riferimento né alla organizzazione interna ai partiti, né all’attribuzione di competenze costituzionali, né al rinvio della loro disciplina alla legge statale.


 

Le proposte di legge in esame

Le proposte di legge A.C. 244 (Maurizio Turco ed altri), 506 (Castagnetti ed altri), 853 (Pisicchio), 1722 (Briguglio ed altri), 3809 (Sposetti ed altri) e 4194 (Veltroni ed altri) sono finalizzate ad introdurre una disciplina organica dei partiti politici, in attuazione dell’articolo 49 della Costituzione.

Nel complesso le proposte intervengono essenzialmente sul riconoscimento giuridico dei partiti e sulla regolamentazione della loro attività e funzionamento. La maggior parte di esse recano anche disposizioni in materia di finanziamento dei partiti.

Due proposte, A.C. 244 e 3809, contengono una delega per l’emanazione di un testo unico delle leggi sulla disciplina e il finanziamento dei partiti politici. Quest’ultima prevede anche l’istituzione di fondazioni politico-culturali, collaterali ai partiti. La medesima proposta A.c. 3809 e la proposta A.C. 4104 introducono il metodo delle elezioni primarie per la scelta dei candidati alle elezioni.

Il contenuto dei progetti di legge è illustrato di seguito secondo una articolazione per temi.

Natura giuridica dei partiti

La maggior parte delle proposte in esame definisce la natura giuridica dei partiti politici, attualmente assimilabili alle associazioni di fatto, che diventano associazioni riconosciute dotate di personalità giuridica.

Le proposte di legge A.C. 244, 506, 3809 e 4194 fanno rinvio, per quanto riguarda il procedimento di acquisto della personalità giuridica alla disciplina recata dal decreto del Presidente della Repubblica 361/2000[1] che prevede, tra l’altro, l’iscrizione nel registro delle persone giuridiche quale atto necessario per l’acquisizione della personalità giuridica (A.C. 244, art. 1, comma 1, A.C. 506, art. 1, A.C. 3809, art. 2, comma 1, A.C. 4194, art. 2, comma 1).

 

Mentre in passato, il riconoscimento consisteva in un atto amministrativo discrezionale concesso con DPR, dopo la riforma introdotta col DPR 361 del 2000, le associazioni, le fondazioni e le altre istituzioni di carattere privato acquistano la personalità giuridica mediante il riconoscimento determinato dall'iscrizione nel registro delle persone giuridiche, istituito presso le prefetture (art. 1).

La domanda di riconoscimento (cui è allegata copia autentica dell'atto costitutivo e dello statuto), sottoscritta dal fondatore ovvero da coloro ai quali è conferita la rappresentanza dell'ente, è presentata alla prefettura nella cui provincia è stabilita la sede dell’ente stesso. Le condizioni del riconoscimento sono:

-      che risultino soddisfatte le norme legislative e regolamentari per la costituzione dell’ente;

-      che lo scopo della persona giuridica sia possibile e lecito;

-      che il patrimonio risulti adeguato alla realizzazione dello scopo (la consistenza del patrimonio deve essere dimostrata da idonea documentazione allegata alla domanda).

Entro 120 giorni dalla data di presentazione della domanda il prefetto provvede all'iscrizione nel registro. Nel registro devono altresì essere iscritte le modificazioni dell'atto costitutivo e dello statuto, il trasferimento della sede e l'istituzione di sedi secondarie, la sostituzione degli amministratori, con indicazione di quelli ai quali è attribuita la rappresentanza, le deliberazioni di scioglimento, i provvedimenti che ordinano lo scioglimento o accertano l'estinzione, il cognome e nome dei liquidatori e tutti gli altri atti e fatti la cui iscrizione è espressamente prevista da norme di legge o di regolamento.

Qualora la prefettura ravvisi ragioni ostative all'iscrizione ovvero la necessità di integrare la documentazione presentata, entro il termine dei 120 giorni ne dà motivata comunicazione ai richiedenti, i quali, nei successivi 30 giorni, possono presentare memorie e documenti. Se, nell'ulteriore termine di 30 giorni, il prefetto non comunica ai richiedenti il motivato diniego ovvero non provvede all'iscrizione, questa si intende negata.

 

La proposta di legge A.C. 853, pur prevedendo anch’essa l’acquisizione della personalità giuridica dei partiti politici (definita «di diritto privato»), non fa riferimento al D.P.R. 361/2000 e fa decorrere l’acquisizione dalla data di deposito dello statuto e non dalla registrazione. Inoltre, prevede la costituzione di un registro dei partiti politici presso la Corte costituzionale, differenziando così il partito politico dalle altre associazioni riconosciute, il cui registro, come si è detto, è istituito presso la prefetture (artt. 1 e 2).

La proposta A.C. 1722 non prevede, invece, un procedimento di riconoscimento dei partiti, che vengono definiti “associazioni”, e non contempla la loro iscrizione ad alcun tipo di registro. La disposizione individua la finalità dei partiti politici nel consentire la partecipazione democratica dei cittadini alla vita della Repubblica (art. 1, comma 1).

Più dettagliata la proposta di legge A.C. 3809, che oltre a rinviare alla disciplina vigente sulle associazioni riconosciute, specifica che i partiti politici si costituiscono con atto pubblico, del quale fanno parte integrante lo statuto, la denominazione e il simbolo (vedi oltre). La proposta, inoltre, definisce l’ambito di applicazione delle disposizioni introdotte: esse si applicano solamente ai partiti politici che partecipano alle elezioni principali (politiche, europee, regionali, provinciali e comunali nei comuni sopra i 15.000 abitanti), escludendo i piccoli partiti con una funzione di rappresentanza di comunità locali. Questi partiti possono, pertanto, non richiedere il riconoscimento della personalità giuridica e l’iscrizione nel registro (art. 1, comma 2).

La proposta di legge A.C. 244 reca una norma di chiusura che prevede l’applicazione ai partiti delle norme di legge vigenti (in primo luogo quelle del codice civile) per quanto non espressamente previsto dallo statuto del partito (art. 1, comma 6). Una disposizione analoga all’art. 4 della proposta di legge A.C. 506 e all’art. 3, comma 5 dell’A.C. 4194.

Statuto, denominazione e simbolo dei partiti

Tutte le proposte di legge individuano alcuni contenuti tipici dello statuto, che ai sensi dell’articolo 1, comma 2, del D.P.R. 361/2000, costituisce l’elemento fondante dell’associazione e deve essere presentato, assieme all’atto costitutivo, con la domanda per il riconoscimento di una persona giuridica, alla prefettura nella cui provincia è stabilita la sede dell'ente.

Alcune proposte prevedono la presentazione, assieme allo statuto, anche del simbolo del partito (A.C. 506, art. 3, comma 2, A.C. 1722, art. 1, comma 3 e A.C. 3809, art. 2, comma 2, A.C. 4194, art. 3, comma 4) e della denominazione (ancora A.C. 3809, art. 2, comma 2 e A.C. 4194, art. 3, comma 4). La proposta A.C. 3809 prevede l’esclusiva proprietà del partito politico del simbolo, che è utilizzato secondo quanto previsto dallo statuto. Inoltre, introduce il principio di non confondibilità del simbolo del partito alla stregua di quanto prevede la legge elettorale (art. 2, comma 4).

 

L’articolo 14 del testo unico delle leggi per l’elezione della Camera (D.P.R. 361/1957) proibisce la presentazione di simboli confondibili con quelli usati da altri partiti e definisce in dettaglio gli elementi di confondibilità da considerare ai fini del divieto.

 

Lo statuto (comprese le eventuali modificazioni) è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale (A.C. 244, art. 1, comma 5; A.C. 506, art. 3, comma 3; A.C. 3809, art. 2, comma 6; A.C. 4194, art. 2, comma 2). Per le proposte A.C. 244, 506 e 4194 la pubblicazione dello statuto è condizione indispensabile per accedere ai finanziamenti pubblici; la proposta A.C. 3809 condiziona l’accesso ai finanziamenti al rispetto di tutte le disposizioni della legge, compresa la pubblicazione dello statuto.

La proposta A.C. 853 rinvia a sanzioni speciali penali (peraltro non determinate) per la violazione degli obblighi di deposito degli atti di partito, tra cui lo statuto (art. 9, comma 3).

Contenuto fondamentale dello statuto

Le proposte di legge individuano alcuni elementi fondamentali degli statuti dei partiti politici.

Un nucleo di elementi di base sono in comune tra più proposte (A.C. 244, A.C 506, A.C. 853, A.C. 3809 e A.C. 4194) e riguardano:

§         la definizione degli organismi dirigenti;

§         le procedure di iscrizione;

§         le modalità di svolgimento dei procedimenti deliberativi.

La proposta A.C. 3809 prevede che nello statuto devono essere indicati anche gli obiettivi del partito.

La proposta A.C. 1722 (art. 3, comma 7) affida allo statuto la disciplina dei casi in cui si può procedere con atto di imperio sulle articolazioni territoriali (scioglimento, commissariamento ecc.) e prevede un limite massimo di mandati elettorali o di incarichi interni al partito (art. 5). Inoltre, introduce l’incompatibilità tra cariche in organi di vertice del partito e incarichi o nomine in pubbliche amministrazioni, ad esclusione degli esecutivi di governo locali (art. 8).

La procedure di iscrizione sono dettagliatamente indicate nella proposte A.C. 1722, che vi dedica un intero articolo (art. 2), e nella proposta A.C. 3809 (art. 3, comma 1, lett. a).

In particolare, la proposta A.C. 1722 prevede che il diniego dell’iscrizione deve essere motivato e che contro di esso è ammesso il ricorso al comitato di garanzia di cui all’articolo 3 (vedi oltre).

La proposta A.C. 3809, in proposito, vieta il rifiuto dell’iscrizione per motivi discriminatori, ossia per ragioni inerenti al sesso, la razza, la religione ecc.

Alcune proposte di legge consentono l’iscrizione ai partiti ai soli cittadini italiani (A.C. 1722, art. 2, comma 1; A.C. 853, art. 2) mentre la proposta A.C. 4194 prevede espressamente che gli stranieri possano associarsi liberamente in partiti politici alle stesse condizioni dei cittadini italiani (art. 1, comma 1).

Si segnala, in proposito che l’Italia ha aderito alla Convenzione sulla partecipazione degli stranieri alla vita pubblica a livello locale fatta a Strasburgo nel 1992 tra i Paesi membri del Consiglio d’Europa (ratificata con legge 8 marzo 1994, n. 203), con la quale vengono garantiti agli stranieri residenti nei Paesi aderenti una serie di diritti civili e politici: in particolare con il capitolo A della Convenzione si impegnano le Parti a riconoscere agli stranieri, alle stesse condizioni previste per i cittadini, le libertà di espressione, di riunione e di associazione, ivi compresa quella di costituire sindacati e affiliarsi ad essi, ferme restando le eventuali limitazioni per ragioni attinenti alla sicurezza dello Stato, alla tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica e ad altri casi di particolare rilievo.

Democrazia interna

Un secondo nucleo di elementi costitutivi obbligatori degli statuti è rivolto essenzialmente a garantire adeguate forme di democrazia interna. Essi sono contenuti principalmente nelle proposte A.C. 244 e A.C 506 (che recano disposizioni analoghe rispettivamente all’art. 1 e all’art. 2), nella proposta A.C. 3809 (art. 3) e nella proposta A.C. 4194 (art. 3) e si possono riassumere come segue:

§      la tutela delle minoranze, cui deve essere assicurata la presenza negli organi collegiali;

§      la presenza di procedure specifiche per le modifiche statutarie (la pdl A.C. 3809 introduce una riserva di deliberazione in proposito a favore dell’organo rappresentativo degli iscritti);

§      una regolamentazione delle azioni disciplinari;

§      la piena possibilità di accesso all’anagrafe degli iscritti da parte di tutti gli aderenti, nel rispetto delle regole sulla riservatezza stabilite dalla legge;

§      misure di riequilibrio della rappresentanza di genere negli organi dirigenti del partito; di particolare rilievo la previsione del limite della rappresentanza di ciascun genere fissato a due terzi (si vedano le pdl A.C. 244 e 506) o al 55% (A.C. 4194).

 

Oltre alle misure di cui sopra, la proposta A.C. 3809 stabilisce inoltre che gli statuti prevedano:

§      il diritto alla partecipazione alla determinazione della linea politica e alla sua attuazione;

§      il diritto all’informazione sugli atti interni;

§      la ripartizione tra organi centrali del partito e quelli territoriali delle risorse finanziarie disponibili (nella stessa direzione A.C. 1722, art. 10);

§      il conferimento a tempo determinato di tutte le cariche interne (così anche, come si è accennato sopra, l’A.C. 1722, art. 5 sul limite ai mandati);

§      il rispetto del principio di trasparenza, attraverso adeguate forme di pubblicità;

§      l’obbligo di realizzazione di un sito internet del partito nel rispetto di principi analoghi a quelli previsti per i siti web delle pubbliche amministrazioni (accessibilità, completezza, affidabilità, semplicità, qualità, omogeneità e interoperabilità, si veda in proposito il Codice dell’amministrazione digitale, ed in particolare l’art. 53[2]).

 

A proposito di tutela delle minoranze, si segnala la proposta A.C. 1722 (art. 9) che individua un limite minimo dei consensi (5%) per attribuire alle minoranze norme statutarie particolari a loro tutela. Inoltre, si prevede espressamente la rappresentanza proporzionale delle minoranze in tutti gli organi collegiali, ad eccezione dell’organo esecutivo di vertice.

Alcune proposte di legge prevedono la istituzione di organismi interni di garanzia:

§      A.C. 853, art. 8: prevede la costituzione presso le articolazioni territoriali dei partiti di organi probivirali;

§      A.C. 1722, art. 3: disciplina dettagliatamente il comitato di garanzia, organo istituito a livello centrale con il compito di garantire il rispetto delle procedure statutarie e di quelle stabilite dalla legge. Di particolare rilievo, il compito di decidere sui ricorsi avverso le decisioni di scioglimento, sospensione e commissariamento delle articolazioni territoriali del partito. Inoltre, i suoi componenti non devono essere dipendenti del partito e non possono essere candidati alle elezioni.

Le pdl A.C. 244, 506 e A.C. 4194 stabiliscono anche la previsione, da parte degli statuti, di misure per garantire l’effettiva segretezza del voto, laddove disposto.

Anche le disposizioni relative alla scelta delle candidature, presenti in alcune proposte di legge, presentano profili di tutela della democrazia interna. Per esse si rinvia al paragrafo sulle Elezioni primarie (vedi oltre).

Le fondazioni politiche

La proposta di legge A.C. 3809 (articolo 5) istituisce e disciplina le fondazioni politico-culturali costituite dai partiti politici sul modello delle Stiftungen tedesche.

 

Un tratto caratteristico dell’esperienza tedesca del finanziamento pubblico della vita politica è costituito dalla destinazione di ingenti risorse del bilancio statale alle fondazioni culturali collegate ai partiti politici (parteinahe Stiftungen).

L’istituzione da parte dei maggiori partiti tedeschi di fondazioni culturali risale agli anni ‘50 e si inserisce nell’ambito delle iniziative per rivitalizzare la sensibilità nei confronti dei valori democratici da parte dei cittadini dopo la caduta del regime nazista.

Beneficiarie dei finanziamenti sono, come si è detto, le fondazioni legate ai partiti rappresentati nel Bundestag. Si tratta delle seguenti fondazioni:

-         Friedrich Ebert Stiftung (SPD);

-         Konrad Adenauer Stiftung (CDU);

-         Hanns Seidel Stiftung (CSU);

-         Heinrich-Böll Stiftung (Bündnis 90/Die Grünen)

-         Friedrich Naumann Stiftung (FDP);

-         Rosa Luxemburg Stiftung (PDS)

Per quanto concerne i rapporti con il partito di riferimento, le fondazioni hanno una distinta personalità giuridica, fanno assegnamento su risorse proprie e perseguono finalità specifiche ed estranee al diretto confronto politico. Peraltro, il controllo di tali organizzazioni è di fatto saldamente nelle mani dei partiti attraverso il frequente cumulo di cariche nella fondazione e nel partito da parte delle medesime personalità.

Gli ambiti in cui si concentra oggi prevalentemente l’attività delle perteinahe Stiftungen sono principalmente le educazione politica, l’erogazione di borse di studio; la ricerca; la cooperazione con l’estero.

Per svolgere queste attività, le fondazioni sono destinatarie di trasferimenti generici, erogati dal Ministero degli Interni (Globalzuschüsse), e di trasferimenti mirati (Zweckzuschüsse), legati all’esecuzione di specifici progetti, concordati in particolare con i Ministeri federali degli esteri, dell’istruzione e della cooperazione economica.

L’utilizzo dei fondi - che sono ripartiti tra le fondazioni tendenzialmente in ragione della consistenza del partito di riferimento - è disciplinato dalle regole amministrative emanate dal Ministero federale degli interni di concerto con il Ministero federale delle finanze e la Corte federale dei Conti.

 

In particolare, è prevista la costituzione, da parte di ciascun partito politico, di una fondazione alla quale è affidata la cura delle attività culturali e di formazione politica. Obiettivo centrale delle fondazioni dovrà essere quello di promuovere la partecipazione alla vita civile e politica, attraverso attività di ricerca, formazione, propaganda, ecc.

Le fondazioni sono dunque emanazione diretta dei partiti e operano in stretto collegamento con essi, tuttavia esse sono considerate entità nettamente separate. Tale separazione è assicurata attraverso una serie di meccanismi, quali:

§      l'incompatibilità tra cariche elettive o di governo e incarichi direttivi delle fondazioni;

§      divieto alle fondazioni di trasferire risorse finanziarie al partito di riferimento (esse possono solamente erogare servizi in suo favore).

Le fondazioni sono costituite con atto pubblico e hanno un proprio statuto, distinto da quello del partito. Anche il bilancio è autonomo e da esso devono risultare gli importi dei servizi erogati ai partiti. Le fondazioni sono poi iscritte in un elenco separato da quello dei partiti, tenuto dal Presidente della Camera dei deputati, che ha il compito di controllarne i bilanci.

Alle fondazioni si applicano, per quanto non disposto dall’articolo 5 della proposta di legge, le disposizioni del codice civile ad eccezione di quelle espressamente escluse dal comma 6 e cioè:

§      l’art. 25 e 26, che prevedono, rispettivamente il controllo e il coordinamento governativo sulle fondazioni;

§      l’art. 28, che prevede la possibilità, in certi casi (esaurimento dello scopo, insufficienza del patrimonio) che l’autorità governativa dichiari estinta la fondazione o provveda alla sua trasformazione;

§      l’art. 31, commi 1° e 2°, che prevedono la devoluzione dei beni della fondazione estinta secondo le modalità dello statuto, o, in assenza di previsione statutaria, con provvedimento governativo ad enti analoghi. In luogo di tale disposizione si prevede la devoluzione dei beni al patrimonio dello Stato.

Finanziamento dei partiti

Un punto in comune alleproposte in esame consiste nel condizionare l’accesso alle risorse pubbliche destinate ai partiti al rispetto delle nuove disposizioni di legge in materia di partiti politici, o comunque, dell’iscrizione nel registro delle associazioni riconosciute, o alla approvazione e pubblicazione dello statuto.

Le proposte di legge A.C. 506 e A.C. 4194 destinano il 5% dei rimborsi elettorali alla formazione dei giovani al fine di favorire la loro partecipazione alla politica. Viene così esteso ai giovani il vincolo di destinazione delle risorse già previsto per incentivare la partecipazione femminile alla politica (L. 157/1999, art. 3). La proposta di legge A.C. 3809 prevede la destinazione del 15% dei contributi delle fondazioni politiche a progetti connessi alla formazione e partecipazione delle donne e dei giovani alla politica (vedi oltre).

L’articolo 10 della proposta A.C. 853 interviene a disciplinare il patrimonio dei partiti, prevedendo l’obbligo di intestare al partito i beni mobili ed immobili di sua proprietà e stabilendo la nominatività dei titoli intestati al partito.

La proposta A.C. 4194 prevede una diminuzione del rimborso per le spese per la campagna elettorale finalizzata al finanziamento delle elezioni primarie e il loro dimezzamento per i partiti che non svolgono tali elezioni (vedi oltre).

Particolarmente innovative le disposizioni recate dalle proposte di legge A.C. 244 e 3809 che, in misura e con tecniche diverse, sono finalizzate all’introduzione di una riforma del settore.

La prima (A.C. 244) abroga la maggior parte delle norme vigenti sul finanziamento e le sostituisce con una nuova disciplina, prevedendo, tra l’altro, un nuovo sistema di controllo incentrato su una sezione della Corte dei conti, appositamente istituita.

La seconda (A.C. 3809) da un lato apporta puntuali modifiche alle leggi vigenti su singoli aspetti della normativa, dall’altra introduce un finanziamento specifico delle fondazioni politico-culturali, istituite dalla stessa proposta (vedi sopra).

Come accennato, queste due proposte recano entrambe una delega per l’adozione di un testo unico che raccolga le norme sulla disciplina dei partiti politici ed in particolare quelle relative al loro finanziamento (A.C. 244, art. 11; A.C. 3809, art. 10).

La proposta di legge A.C. 244

L’articolo 2 della proposta di legge A.C. 244 disciplina il rimborso per le spese delle campagne elettorali dei partiti.

Il comma 1 dell’articolo 2, individua gli aventi diritto al rimborso: si tratta dei partiti politici che partecipano alle elezioni, dotati di personalità giuridica ai sensi del’articolo 1 della proposta di legge, ossia dei partiti iscritti nel registro delle associazioni riconosciute.

Sempre il comma 1, individua le tipologie di elezioni per le quali è prevista l’erogazione del rimborso: le elezioni di Camera e Senato, per il Parlamento europeo, le regionali e dei consigli provinciali delle province autonome di Trento e Bolzano (nella regione Trentino – Alto Adige, infatti, non si svolgono le elezioni regionali, in quanto il consiglio regionale è composto dai due consigli provinciali riuniti). Il rimborso è dovuto anche per i referendum.

Si tratta delle stesse consultazioni (tutte le elezioni, ad eccezioni delle amministrative, e i referendum) per le quali la normativa vigente prevede il rimborso delle spese elettorali (si veda la legge 157/1999, art. 1, e la legge 298/2004 per Trento e Bolzano). L’unica significativa innovazione consiste nell’abrogazione delle specifiche disposizioni previste per il rimborso per le spese per le campagne elettorali nella circoscrizione estero.

 

Per il rimborso a partiti o movimenti politici delle spese sostenute in campagna elettorale nella circoscrizione Estero sono state introdotte nel 2006 specifiche disposizioni[3]. Esse prevedono l’incremento dell’ammontare dei due fondi relativi alle spese elettorali per il rinnovo del Senato e della Camera nella misura dell’1,5 per cento, destinando le somme relative all’erogazione del rimborso per le elezioni politiche nella circoscrizione Estero (L. 157/1999, art. 1, commi 1-bis e 5-bis). Gli importi aggiuntivi sono ripartiti, in primo luogo, tra le quattro ripartizioni in cui si suddivide la circoscrizione Estero (rispettivamente comprendenti gli Stati e i territori afferenti all’Europa, all’America meridionale, all’America settentrionale e centrale ed all’Africa, Asia, Oceania e Antartide), in proporzione alla popolazione. In ogni ripartizione, la relativa quota è quindi proporzionalmente suddivisa tra le sole liste di candidati che abbiano ottenuto almeno un eletto o almeno il 4 per cento dei voti validi nella ripartizione (L. 157/1999, art. 1, co. 5-bis).

 

Il comma 2 dell’articolo 2, prevede, analogamente alla normativa vigente (L. 157/1999, art. 1, co. 3), la costituzione di quattro fondi, ognuno relativo ad una delle consultazioni elettorali, da ripartire tra gli aventi diritto.

Per quanto riguarda l’ammontare dei fondi la proposta in esame riproduce il meccanismo di alimentazione vigente, che prevede, per ciascun fondo - e per ciascun anno della legislatura - la moltiplicazione dell’importo di 1 euro per il numero dei cittadini iscritti nelle liste elettorali per le elezioni della Camera (L. 157/1999, art. 1, co. 5).

 

Si ricorda che a partire dalla prossima legislatura, l’importo di 1 euro sarà ridotto del 10% in virtù di quanto disposto dal’articolo 5, comma 4, del decreto-legge n. 78 del 2010[4].

La legge finanziaria 2008 aveva già ridotto di 20 milioni di euro a decorrere dal 2008 l’autorizzazione di spesa destinata all’erogazione dei rimborsi ai partiti e movimenti politici delle spese elettorali e referendarie, di cui alla L. n. 157 del 1999 (L. 244/2007, art. 2, co. 275)[5].

Inoltre, le risorse complessive stanziate per i fondi dei rimborsi elettorali sono state decurtate dell’1% destinato ad alimentare un fondo di garanzia per il soddisfacimento dei debiti pregressi dei partiti politici (art. 6-bis della L. 157/1999 introdotto dall’art. 39-quater decies D.L. 273/2005).

 

A tale regime sono apportate significative modificazioni tendenti a ridurre in maniera rilevante l’ammontare complessivo dei fondi; esse sono:

§      l’ammontare dei fondi risulta dalla moltiplicazione di 1 euro per il numero dei votanti e non per il numero degli aventi diritto;

§      i fondi non vengono ulteriormente moltiplicati per ciascun anno della legislatura;

§      l’ammontare di ciascuno dei fondi, come determinato sopra, è definito quale ammontare massimo.

Tale ultima previsione è presumibilmente da correlare con la disposizione contenuta nell’ultimo periodo del comma 2, relativo alla procedura di ripartizione dei contributi, che innova profondamente il sistema vigente.

Infatti, attualmente, per i criteri di riparto dei fondi, la legge 157/1999, art. 2, rinvia a quanto disposto dalla legge 515/1993, art. 9, commi 2 e 3, e art. 16 che prevedono la ripartizione, sia per le elezioni per la Camera e per il Senato, sia per le elezioni europee, dei fondi ai partiti in proporzione ai voti da loro ottenuti. Un sistema analogo è previsto per le elezioni regionali (L. 43/1995, art. 6).

Per accedere ai rimborsi sono previste condizioni diverse per ciascun tipo di elezione:

§      aver superato la soglia dell’1% per la Camera;

§      aver ottenuto almeno un eletto per le elezioni regionali e per le europee;

§      aver ottenuto un candidato eletto o il 5% dei voti validi in ambito regionale, per le coalizioni, oppure un eletto e il 15% dei voti, per i candidati non collegati in coalizione per il Senato.

Queste disposizioni sono abrogate dall’articolo 12 della proposta A.C. 244 e sostituite con quelle dell’ultimo periodo del comma 2 in esame. La nuova disciplina prevede non più la ripartizione del fondo (calcolato come si è detto nella misura di un euro per numero di votanti) in maniera proporzionale ai voti ottenuti dai singoli partiti, bensì nella misura di una cifra prestabilita per ogni voto conseguito.

Inoltre, i requisiti per l’accesso ai rimborsi sopra brevemente elencati, sono uniformati: i rimborsi sono ripartiti nella misura di 1 euro per i partiti che hanno ottenuto almeno un eletto e a 0,25 euro se non hanno ottenuto eletti.

Si spiega in questo modo perché il secondo periodo definisce l’ammontare dei fondi come “massimo”: dal momento che l’ammontare dei fondi è calcolato sulla base dei votanti e che l’erogazione, invece, è calcolata sui voti effettivamente espressi, e che quest’ultimi sono sempre in numero inferiore ai votanti, l’ammontare dei fondi non può mai essere utilizzato interamente e, perciò, è costituito da una cifra, appunto, “massima”.

 

Sul sistema di finanziamento delineato dalla proposta A.C. 244 e sopra brevemente descritto si osserva quanto segue.

Innanzitutto, stante il fatto che l’ammontare dei fondi è stabilito in una misura massima, andrebbe indicata la destinazione della parte di essi non utilizzata.

In secondo luogo, la proposta prevede che tale ammontare sia calcolato in base al numero dei votanti, ossia al numero degli elettori che hanno votato (DPR 361/1957, artt. 67 e 68). Si tratta di un sistema molto diverso da quello attuale, che prevede un calcolo in base agli elettori della Camera (“il numero dei cittadini della Repubblica per le elezioni della Camera dei deputati”, L. 157/1999, art. 1, comma 5) per ciascun fondo. Il profilo finanziario del sistema delineato dalla disposizione in esame, a differenza di quello attuale, non può essere predeterminato basandosi, appunto, sul numero dei votanti, che viene calcolato solamente alla fine delle operazioni di scrutinio, e non sul numero degli elettori. Inoltre, l’ammontare dei fondi, che attualmente è non solamente predeterminabile, ma anche omogeneo per i quattro fondi (basandosi su un unico parametro), varierebbe sia per ciascuna tipologia di elezione, sia per ogni singola consultazione elettorale. Dal momento che, in ogni caso, sia il calcolo dell’ammontare dei fondi, sia la loro ripartizione andrebbero effettuate dopo lo svolgimento delle elezioni,qualora il principio ispiratore del sistema fosse quello della corrispondenza tra la effettiva volontà elettorale e l’entità dei contributi, si potrebbe valutare la possibilità di prevedere che l’ammontare dei fondi sia calcolata esclusivamente sulla base dei voti validamente espressi.

 

Il comma 3, interviene in materia di rimborsi dei referendummodificando la disciplina vigente con l’effetto di aumentarne l’ammontare complessivo.

La legge prevede attualmente una forma di rimborso anche per le campagne relative ai referendum abrogativi di cui all’art. 75 ed ai referendum costituzionali ex art. 138 della Costituzione (L. 157/1999, art. 1, co. 4).

 

Nel caso di referendum popolari abrogativi (ex art. 75 Cost.) ai comitati promotori è attribuito un rimborso per la campagna elettorale, analogo a quello spettante ai partiti per le elezioni politiche. Il rimborso è di 495.000 euro per ogni referendum. A tale cifra si arriva moltiplicando 1 euro “per ogni firma valida fino alla concorrenza della cifra minima necessaria per la validità della richiesta”, (art. 1, comma 4, L. 157/1999) ossia 500.000 euro, decurtata dell’1% destinato ad alimentare, assieme agli altri fondi per il rimborso delle spese elettorali, un fondo di garanzia per il soddisfacimento dei debiti pregressi dei partiti politici (art. 6-bis della medesima L. 157/1999).

In caso di più richieste spettano 495.000 euro per ogni referendum svolto. Tuttavia, esiste un limite annuo della cifra rimborsabile pari a 2.582.285 euro. Inoltre, il rimborso è erogato solamente nel caso in cui la consultazione referendaria abbia raggiunto il quorum di validità di partecipazione al voto.

Analogo rimborso è previsto per i referendum costituzionali (ex art. 138 Cost.) sempre nella cifra di 495.000 euro (si veda sempre l’art. 1, comma 4, L. 157/1999 e il decreto del Presidente della Camera di deputati 26 ottobre 2006 che stabilisce il rimborso delle spese elettorali per il referendum costituzionale del 25 e 26 giugno 2006).

Non sono mai stati erogati rimborsi in occasione di referendum abrogativi, dal momento che da quando è stato introdotto il rimborso per i comitati promotori (legge 157/1999) non si è mai verificato, per questo tipo di referendum, il raggiungimento del quorum di validità di partecipazione al voto, condizione necessaria per maturare il diritto al rimborso. E’ stato invece erogato il rimborso per il referendum ex art. 138 Cost. del giugno 2006 sulla modifica della Parte II della Costituzione (la relativa determinazione del Presidente della Camera è stata pubblicata nella G.U. 31 ottobre 2006, n. 254)

 

La proposta A.C. 244 conferma tale sistema con due significative modifiche:

§      il rimborso è dovuto anche in caso di mancato raggiungimento del quorum, in questo caso il rimborso è però dimezzato;

§      il limite massimo (non è specificato se annuo) dei rimborsi erogati viene fissato all’equivalente del numero di forme minime richieste per la convocazione di 10 referendum (ossia 5 milioni di euro).

 

Il comma 4 riproduce testualmente alcune disposizioni vigenti contenute nel’articolo 1, comma 6, della legge 157/1999 relative all’assenza del vincolo della prestazione di garanzie bancarie per l’erogazione dei rimborsi elettorali e alla possibilità di cartolizzare i rimborsi stessi.

I commi 5 e 6 regolano le modalità di erogazione dei rimborsi elettorali e referendari, demandata non più alla Camera e al Senato, bensì al Ministro dell’economia e delle finanze.

 

Attualmente, l’erogazione del rimborso è disposta con decreti del Presidente della Camera dei deputati o del Presidente del Senato della Repubblica, secondo le rispettive competenze. Il Presidente della Camera provvede anche all’erogazione dei contributi relativi alle elezioni europee e regionali ed ai referendum.

I partiti o movimenti politici che intendono usufruire dei rimborsi sono tenuti a farne richiesta, a pena di decadenza, al Presidente del ramo del Parlamento competente, entro dieci giorni dalla data di scadenza del termine per la presentazione delle liste (L. 157/1999, art. 1, co. 2).

Quanto alle modalità di corresponsione dei rimborsi, il contributo è versato sulla base di quote annuali entro il 31 luglio di ogni anno. In caso di scioglimento anticipato del Senato della Repubblica o della Camera dei deputati, il versamento delle quote annuali dei relativi rimborsi è comunque effettuato. Il decreto-legge 78/2010 (art. 5, co. 4) ha previsto, a partire dalla prossima legislatura, l'interruzione dell'erogazione dei rimborsi in caso di scioglimento anticipato.

Le somme erogate o da erogare ai partiti a titolo di rimborso per le spese elettorali possono costituire oggetto di operazioni di cartolarizzazione e sono comunque cedibili a terzi (L. 157/1999, art. 1, co. 6[6]). I rimborsi relativi ai referendum sono corrisposti in un’unica soluzione, entro il 31 luglio dell’anno in cui si è svolta la consultazione referendaria (L. 157/1999, art. 1, co. 6).

I rimborsi elettorali sono posti a garanzia dell’esatto adempimento delle obbligazioni assunte dai partiti e movimenti politici. Per il soddisfacimento dei debiti dei partiti e movimenti politici maturati in epoca pregressa, è istituito, come accennato sopra, un fondo di garanzia alimentato dall’1 % delle risorse stanziate per l’erogazione dei rimborsi elettorali (L. 157/1999, art. 6-bis).

 

Il comma 5 prevede che la richiesta di rimborso deve essere presentata dagli aventi diritto al Ministro dell’economia entro i 10 giorni successivi alla data di scadenza della presentazione delle candidature (alla data di svolgimento dei referendum).

Il Ministro dell’economia provvede con proprio decreto all’erogazione dei rimborsi, non più entro il 31 luglio, ma entro un mese dalla data di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale  del bilancio del partito e della relativa delibera positiva della Corte dei conti (vedi artt. 4 e 5).

L’articolo 3 introduce un limite per le spese elettorali, valido per tutte le elezioni, anche per quelle europee e amministrative per cui attualmente non è previsto alcun limite (né è previsto alcun rimborso), pari all’importo risultante dalla moltiplicazione di un euro per il numero degli aventi diritto al voto di ciascuna competizione elettorale. Viene, inoltre, specificato che il limite riguarda le spese di ciascun partito, comprese le spese sostenute dai singoli candidati.

 

La legge n. 515 del 1993 fissa un limite alle spese sostenibili sia dai singoli candidati che dai partiti e formazioni politiche che partecipano alle elezioni politiche.

Per quanto riguarda le spese dei singoli candidati, la legge n. 515 prevede che esse non possono superare l'importo massimo derivante dalla somma della cifra fissa di euro 52.000 per ogni circoscrizione (o collegio) elettorale e della cifra ulteriore pari al prodotto di euro 0,01 per ogni cittadino residente nelle circoscrizioni (o collegi) elettorali nei quali il candidato si presenta (L. 515/1993, art. 7, comma 1[7]).

Le spese per la propaganda, anche se riferibili a un candidato (o gruppo di candidati) vanno imputate – ai fini del computo del tetto di spesa – esclusivamente al committente che le ha effettivamente sostenute, purché sia un candidato o il partito di appartenenza. (L. 515/1993, art. 7, comma 2[8]). Tale disposizione si applica anche alle spese per gli strumenti di propaganda prodotti o commissionati da sindacati, organizzazioni di categoria o associazioni (L. 515/1993, art. 3, comma 4).

Le spese elettorali dei partiti, movimenti politici o liste che partecipano alla elezioni per il rinnovo delle Camere non possono superare la somma risultante dalla moltiplicazione dell'importo di 1 euro per il numero complessivo dei cittadini iscritti nelle liste elettorali delle circoscrizioni (o collegi) in cui il partito o movimento o lista presenta candidature, a tal fine sommando le iscrizioni nelle liste elettorali per la Camera e quelle per il Senato (L. 515/1993, art. 10[9]).

Specifici limiti di spesa per le elezioni regionali sono definite dalla legge 43/1995 come segue:

 

candidato in una lista provinciale

€ 38.802,85 incrementati di € 0,0061 per ogni cittadino residente nella circoscrizione elettorale[10]

candidato in più liste provinciali

massimo consentito per una candidatura nelle liste provinciale (quella re-lativa alla provincia con il più alto numero di residenti) aumentato del 10%

candidato in una lista regionale

€ 38.802,85

candidato in una o più liste provinciali e nella lista regionale

massimo consentito per una candidatura nelle liste provinciali aumentato del 30%

partito, movimento o lista

prodotto dell’importo di € 1,00 per il numero di iscritti nelle liste elettorali per l’elezione della Camera dei deputati nelle circoscrizioni provinciali in cui ha presentato proprie liste[11]

 

L’articolo 5, comma 2, della citata legge 43/1995 specifica che le spese per la propaganda elettorale riferibili direttamente al candidato sono computate nel limite di spesa di quest’ultimo (ad eccezione del capolista della lista regionale), anche qualora siano state sostenute dal partito o gruppo di appartenenza.

Con legge regionale tali limiti posono essere modificati.

Per le elezioni europee e per le amministrative non è previsto alcun limite per le spese elettorali (infatti, l’art. 20 della L. 515/1993 estende alle elezioni amministrative l’applicazione di alcune disposizione della stessa legge, ma non quelle recate dall’art. 7, in materia di limiti alle spese elettorali).

 

Gli articoli da 4 a 7 dispongono in materia di controllo e pubblicità dei bilanci dei partiti.

Viene istituita una sezione di controllo specifica della Corte dei conti denominata «Sezione di controllo sulle associazioni private che godono di finanziamenti pubblici» che subentra ai compiti dell’attuale Collegio di controllo sulle spese elettorali della Corte dei conti (di cui all’art. 12 della legge 515/1993 che viene abrogato).

La nuova sezione ha il compito di controllare:

§         i bilanci annuali dei partiti;

§         i rendiconti delle spese elettorali.

In caso di esito positivo dei controlli, le delibere relative sono trasmesse al Ministro del’economia, il bilancio e rendiconto sono pubblicati nella Gazzetta ufficiale e i partiti hanno diritto alla corresponsione dei rimborsi elettorali.

In caso di esito negativo, le delibere sono trasmesse al Presidente del Consiglio e, se il controllo si riferisce al bilancio, il partito interessato:

§      cessa di ricevere qualunque forma di finanziamento pubblico;

§      deve restituire le somme comunque percepite nel corso dell’anno, al fine di poter nuovamente accedere ai rimborsi;

§      è condannato ad una sanzione amministrativa pecuniaria da 10 mila a 100 mila euro.

Nel caso l’esito negativo riguardi il rendiconto si applica la sola sanzione amministrativa, di importo più alto: da 100 mila a 1 milione di euro.

 

La normativa vigente prevede un articolato sistema di pubblicità e controllo sulla situazione finanziaria dei partiti e dei singoli candidati ed eletti.

Partiti. Per tutti i contributi ai partiti che - nell’arco di un anno - superino la somma di 50.000 euro il donatore e il beneficiario hanno l’obbligo di effettuare entro tre mesi (o entro il mese di marzo dell’anno successivo) una dichiarazione congiunta al Presidente della Camera (L. 659/1981, art. 4, co. 3).

Tale disposizione non si applica per tutti i finanziamenti direttamente concessi da istituti di credito o da aziende bancarie, alle condizioni fissate dagli accordi interbancari; nell’ipotesi di contributi o finanziamenti di provenienza estera, l’obbligo della dichiarazione è posto a carico del solo soggetto che li percepisce.

I rappresentanti dei partiti, movimenti, liste e gruppi di candidati che concorrono per le elezioni politiche hanno inoltre l’obbligo di rendicontare tutti i contributi ricevuti per la campagna elettorale presentando ai Presidenti delle rispettive Camere, entro 45 giorni dall’insediamento, un consuntivo relativo alle spese per la campagna elettorale e le relative fonti di finanziamento. I controlli su tali rendiconti sono effettuati dalla Corte dei conti, cui i Presidenti delle Camere trasmettono la documentazione, attraverso un Collegio di controllo sulle spese elettorali, a tal fine istituito, composto da tre magistrati estratti a sorte tra i consiglieri in servizio (L. 515/1993, art. 12).

Inoltre i legali rappresentanti o i tesorieri dei partiti o dei movimenti politici devono trasmettere al Presidente della Camera dei deputati, entro il 31 luglio di ogni anno, un rendiconto di esercizio, corredato di una relazione sulla gestione e di una nota integrativa. Il rendiconto deve riportare le somme relative ai crediti per contributi elettorali e ai rimborsi elettorali. Nella relazione devono essere indicate le spese sostenute per le campagne elettorali e l’eventuale ripartizione tra i livelli politico-organizzativi del partito o del movimento dei contributi per le spese elettorali ricevuti. Un collegio di revisori composto da cinque revisori ufficiali dei conti nominati d’intesa tra i Presidenti delle due Camere, all’inizio di ciascuna legislatura effettua un controllo di conformità alla legge del rendiconto, della relazione e della nota integrativa. I documenti sono pubblicati, a cura dell’Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati, nella Gazzetta ufficiale (L. 2/1997, art. 8 e allegati A e B).

Le leggi citate prevedono un sistema di sanzioni – penali ed amministrative – in caso di violazione degli obblighi in esse statuiti.

Candidati ed eletti. I membri delle due Camere sono tenuti, entro tre mesi dalla proclamazione, a presentare presso l’Ufficio di Presidenza della Camera di appartenenza, e al competente Collegio di garanzia elettorale, una dichiarazione concernente le spese sostenute e le obbligazioni assunte per la propaganda elettorale ovvero l’attestazione di essersi avvalsi esclusivamente di mezzi propagandistici messi a disposizione dal partito di appartenenza (L. 441/1982[12], art. 2, co. 1; L. 515/1993, art. 7, co. 6). I candidati non eletti sono tenuti soltanto alla dichiarazione al Collegio di garanzia elettorale (L. 515/1993, art. 7, co. 7).

Alla dichiarazione debbono essere allegate in copia le dichiarazioni inviate al Presidente della Camera relative ai contributi ricevuti - anche al di fuori della campagna elettorale - che superino da parte di una singola fonte in un anno la somma di 50.000 euro (L. 659/1981, art. 4, co. 3 ; L. 441/1982, art. 2, co. 2).

L’obbligo di dichiarazione sussiste a carico sia di chi riceve, sia di chi eroga il finanziamento e può essere assolto, soltanto per i contributi erogati per la campagna elettorale, anche mediante la autocertificazione dei candidati (L. 659/1981, art. 4).

Oltre alle informazioni previste dalle leggi n. 659 e n. 441, alla dichiarazione deve essere allegato un rendiconto relativo ai contributi e servizi ricevuti ed alle spese sostenute, nel quale vanno riportati i contributi e servizi provenienti dalle persone fisiche, se di importo o valore superiore a 20.000 euro, e tutti i contributi e servizi di qualsiasi importo o valore provenienti da soggetti diversi. Alla dichiarazione devono essere inoltre allegati gli estratti del conto corrente bancario e postale utilizzati (L. 515/1993, art. 7, co. 6).

Le verifiche sull’osservanza della legge sono effettuate dal Collegio regionale di garanzia elettorale (L. 515/1993, art. 14).

Per il parlamentare eletto che violi tali disposizioni, le sanzioni possono giungere sino alla decadenza dalla carica.

 

L’articolo 8 della proposta A.C. 244 aggiorna gli importi minimi e massimi delle erogazioni liberali ai partiti politici detraibili dall’imposta lorda, attualmente pari a 100.000 e 200 milioni di lire, che sono ricalcolati in 100 e 100 mila euro (novella dell’art. 15, comma 1-bis del testo unico delle imposte sui redditi)[13].

 

L’articolo 9 della proposta A.C. 244 reca, ai commi da 1 a 4, alcune disposizioni di coordinamento normativo, volte a precisare che una serie di agevolazioni tributarie e fiscali attualmente previste per i partiti politici si applicano esclusivamente a quelli che hanno richiesto il riconoscimento giuridico.

Gli ultimi due commi dell’articolo 9, prevedono forme di agevolazioni comunali per l’occupazione di suolo pubblico da parte dei partiti per lo svolgimento delle loro attività.

 

Si osserva che quest’ultima disposizione si sovrappone in parte con le agevolazioni previste dai commi 5 e 6 dell’articolo 4 (non abrogato) della legge 157/1999.

 

L’articolo 10 riproduce testualmente il contenuto dell’articolo 6-bis, comma 1,della legge 157/1999, articolo abrogato dalla proposta in esame.

La citata disposizione, introdotta dall’articolo 39-quaterdecies del decreto-legge 273/2005, prevede che i rimborsi elettorali erogati ai partiti ai sensi della L. 157/1999 sono posti a garanzia (ai sensi dell’art. 2740 del codice civile[14]) dell’esatto adempimento delle obbligazioni assunte da parte dei partiti e movimenti politici che ne sono beneficiari.

La responsabilità patrimoniale che può esser fatta valere dai creditori interessati non si estende agli amministratori dei partiti o movimenti politici, se non quando questi ultimi abbiano agito con dolo o colpa grave. La disposizione, in quest’ultima parte, sembra dunque operare una limitazione della responsabilità patrimoniale di cui all’art. 2740, secondo comma, del codice civile.

La proposta in esame non riproduce il comma 2, introdotto anch’esso dal citato decreto-legge del 2005, che istituisce un fondo di garanzia volto al soddisfacimento dei debiti dei partiti e movimenti politici maturati in epoca “antecedente all’entrata in vigore della presente legge”. Il fondo è alimentato dall’1 per cento delle risorse stanziate per i fondi destinati all’erogazione dei rimborsi elettorali (di cui all’art. 1 della L. 157/1999). Le modalità di gestione e funzionamento del fondo sono stabilite con decreto del ministro dell’economia e delle finanze.

La proposta di legge A.C. 3809

Il Capo V della proposta di legge A.C. 3809 apporta alcune modifiche puntuali al sistema di rimborso delle spese elettorali e disciplina il finanziamento delle fondazioni politico-culturali istituite dalla stessa proposta all’articolo 5.

I commi 1, 2 e 3 dell'articolo 7 unificano all'1% la soglia di risultato richiesta per il diritto al rimborso nelle diverse elezioni, uniformandole a quella della Camera dei deputati. Le soglie sono modificate:

§      per le elezioni nella circoscrizione estero (attualmente al 4%);

§      per le elezioni regionali e per le elezioni europee (attualmente per entrambe è richiesto almeno un eletto);

§      per l’elezione del Senato (attualmente si richiede almeno un candidato eletto o il 5% dei voti validi in ambito regionale, per le coalizioni, oppure un eletto e il 15% dei voti, per i candidati non collegati in coalizione).

Inoltre, vengono adattati al sistema elettorale vigente i riferimenti al sistema della legge «Mattarella» (legge 4 agosto 1993, n. 276) rimasti nella disciplina del diritto al rimborso, conservando il riferimento ai collegi uninominali per il rimborso alle liste presentate per il collegio uninominale della Valle d'Aosta e per i collegi uninominali del Senato nella regione Trentino-Alto Adige.

Il comma 4 dell'articolo 7 consente solamente per le campagne elettorali i finanziamenti privati ai partiti e alle loro articolazioni politico-organizzative e ai gruppi parlamentari. Le erogazioni liberali di persone fisiche e di persone giuridiche private (cioè, non pubbliche ai sensi dell'articolo 7 della legge n. 195 del 1974) sono consentite nei 120 giorni che precedono le elezioni e sono disciplinate dalle norme vigenti in materia di raccolta di fondi per le campagne elettorali. Restano invece consentiti, con i limiti e con gli obblighi posti dall'articolo 4 della legge n. 659 del 1981, i finanziamenti privati a soggetti singoli che siano parlamentari, consiglieri o candidati.

 

L’articolo 8 disciplina il finanziamento pubblico delle fondazioni politico-culturali secondo i seguenti criteri:

§      la legge di stabilità determina annualmente l’ammontare del contributo, entro il limite massimo di 185 milioni di euro all’anno;

§      la Presidenza della Camera dei deputati provvede alla gestione amministrativa del contributo;

§      hanno titolo al contributo soltanto le fondazioni (di cui all'articolo 5 della proposta di legge) il cui partito di riferimento presenti due caratteristiche:

-      abbia al 1° gennaio dell'anno di riferimento almeno un eletto in uno degli organi elettivi considerati (Parlamento nazionale, Parlamento europeo, consigli regionali);

-      abbia partecipato, nel quinquennio antecedente l'anno di riferimento, almeno a una competizione elettorale per l'elezione di uno di questi organi e in questa abbia ottenuto un numero di voti validi non inferiore al doppio dei voti richiesti per accedere al rimborso;

§         il contributo è diviso in due parti:

-      una per le spese di organizzazione, in quota fissa pari a 300 mila euro, corrisposta all'inizio di ciascun anno, condizionata soltanto ai requisiti di diritto al contributo e a una richiesta da avanzare annualmente alla Presidenza della Camera dei deputati;

-      una per le spese di attività, determinata proporzionalmente, in ragione del complesso di voti validi in tutte le elezioni che al 1° gennaio hanno i partiti di riferimento di ciascuna fondazione: in pratica si sommano i voti che i partiti hanno ricevuto per le assemblee in carica e si distribuisce in proporzione la parte restante della somma massima stabilita dalla legge di stabilità. La fondazione presenta un programma e progetti di spesa relativi alle attività di istituto finanziati con questa quota di contributo. Programma e progetti sono pubblicati nella Gazzetta ufficiale.

 

A proposito del limite massimo dell'importo del finanziamento annuo, stabilito come si è detto, in 185 milioni di euro, la relazione illustrativa della proposta A.C. 3809 chiarisce le modalità di calcolo che ne hanno determinato l’entità. La “cifra è stata ottenuta avendo come base di calcolo il finanziamento dei partiti e delle fondazioni politiche in Germania. In questo Paese le fondazioni ricevono finanziamenti globali da parte del Ministero dell'interno e finanziamenti a progetto erogati per la maggior parte dal Ministero per lo sviluppo e la cooperazione economica e, in misura minore, dal Ministero degli affari esteri. Gli stanziamenti sono deliberati annualmente dalla Commissione bilancio del Bundestag e quindi approvati con la legge di bilancio all'interno dei rispettivi stati di previsione. Altri finanziamenti sono disposti da diverse istituzioni: Ministeri, Länder, enti locali. Non tenendo conto di queste ulteriori voci, ma considerando esclusivamente le due fonti di finanziamento principali (Ministero dell'interno e Ministero per lo sviluppo e la cooperazione economica) risultanti dall'ultima legge di bilancio, per le fondazioni politiche è stato fissato uno stanziamento pari a circa 334 milioni di euro (97,9 milioni da parte del Ministero dell'interno e 236 milioni da parte del Ministero per la cooperazione economica). Se si somma tale importo al contributo federale ai partiti previsto entro il limite di 133 milioni di euro all'anno, si raggiunge la cifra di circa 467 milioni di euro, che consente di dare un ordine di grandezza al finanziamento della politica in Germania.

Facendo il rapporto tra la popolazione tedesca e quella italiana (rispettivamente 81,7 e 60,4 milioni di abitanti secondo gli ultimi dati dell'Eurostat), il finanziamento dei partiti in Italia dovrebbe raggiungere la cifra di 345 milioni di euro all'anno. Dal momento che – a legislazione vigente – il rimborso per le spese elettorali assorbe circa 160 milioni di euro all'anno (nel calcolo si è tenuto conto della riduzione del 10 per cento disposta dal decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010), la cifra individuata dalla presente proposta di legge quale importo per il finanziamento delle fondazioni è di 185 milioni di euro all'anno”.

 

Il comma 11 estende anche alle fondazioni il divieto di finanziamento ai partiti da parte di enti pubblici e privati partecipati dal pubblico oltre il 20 %.

Il comma 12 estende ai contributi dei privati alle fondazioni le agevolazioni fiscali già previste per i contributi ai partiti (che ora sarebbero vietati al di fuori delle campagne elettorali).

L'articolo 9 destina una quota pari 15 % del finanziamento delle fondazioni alle attività per incentivare la partecipazione delle donne e dei giovani alla vita politica.

Elezioni primarie, scelta delle candidature, quote “rosa”

Tra le proposte di legge in esame solamente due (A.C. 3809 e A.C. 4194) prevedono il ricorso alle elezioni primarie per la scelta delle candidature del partito alle elezioni ma con modalità diverse: la proposta A.C. 3809 prevede l’utilizzo obbligatorio delle elezioni primarie (con una sanzione basata sulla decurtazione dei rimborsi elettorali) e ne demanda le modalità di svolgimento alla libera determinazione dello statuto; viceversa la proposta A.C. 4194 considera facoltative le primarie (tuttavia si prevede una decurtazione analoga alla proposta A.C. 3809 in caso di non effettuazione di elezioni primarie), ma ne definisce le modalità di svolgimento in parte direttamente, in parte attraverso regolamenti interni dei partiti.

Altre proposte, pur non prevedendo le primarie, introducono una serie di disposizioni dirette a definire modalità con le quali i partiti procedono alla formazione delle liste elettorali.

 

Il sistema delle elezioni primarie è un metodo di selezione delle candidature all’interno dei partiti utilizzato prevalentemente per le elezioni che adottano sistemi uninominali, come le elezioni presidenziali negli Stati Uniti d’America.

In Italia sono state utilizzate con crescente frequenza da alcune forze politiche negli ultimi 10 anni, all’inizio soprattutto per le elezioni amministrative, in seguito anche per la scelta del leader della coalizione nelle elezioni politiche. Si tratta, in ogni caso, di elezioni primarie disciplinate dalle regole, di volta in volta, fissate dagli stessi partiti, in mancanza di una regolamentazione generale.

L’unico esempio nel nostro ordinamento di elezioni primarie regolate per legge è quello introdotto nel 2004 dalla Regione Toscana (L.R. 70/2004) che lascia ai partiti la facoltà o meno di scegliere i candidati con il metodo delle primarie. In quest’ultimo caso, però, deve essere utilizzata la procedura prevista dalla legge che si può sintetizzare come segue:

-      i partiti politici e le coalizioni che intendano presentare candidature per le elezioni del Consiglio regionale e del Presidente della Giunta regionale possono, su loro richiesta, utilizzare questo strumento per la selezione dei candidati, presentando candidature alle elezioni primarie[15]. Sono previsti tre tipi distinti di elezioni primarie per la selezione del candidato alla carica di Presidente della Giunta regionale, dei candidati regionali e dei candidati circoscrizionali. Modalità di presentazione delle liste, e documentazione necessaria sono disciplinati dagli articoli 2, 5, 7 e 19 della L.r. 70/2004;

-      sono elettori tutti i cittadini iscritti nelle liste elettorali dei comuni della regione;

-      le elezioni primarie sono indette con decreto del Presidente almeno 120 giorni prima del compimento del quinquennio della legislatura, le sezioni elettorali sono predisposte dai comuni sulla base dei criteri indicati dall’art. 9 della L.r. 70/2004;

-      la scheda elettorale è predisposta dalla regione sulla base del modello allegato al Regolamento attuativo della legge regionale; l’elettore dispone di un voto per ciascuna elezione primaria;

-      il risultato delle operazioni di voto è, per ciascuna elezione, una “graduatoria complessiva dei candidati”, che deve essere pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione e almeno in due organi di stampa diffusi nella Regione;

-      non risulta ci sia un collegamento diretto tra questo risultato e la presentazione delle candidature per il rinnovo del Consiglio regionale e la presidenza della Giunta regionale;

-      è altresì prevista la possibilità che i soggetti che intendano svolgere la selezione dei propri candidati limitino l’elettorato attivo; in questo caso i soggetti stessi predispongono un “albo degli elettori” nonché il relativo regolamento per l’espletamento della selezione. Deve comunque essere garantita l’espressione del voto, degli aventi diritto, in modo personale, uguale, libero e segreto (art. 14).

Le primarie secondo la proposta di legge A.C. 3809

L’articolo 6 della proposta di legge A.C. 3809, introduce il ricorso alle elezioni primarie, per tutte le elezioni ad eccezione di quelle amministrative.

Come si è accennato, se da un lato il ricorso alle primarie è previsto come un obbligo, la determinazione delle modalità di svolgimento e demandato alla libera scelta dei partiti attraverso apposite norme statutarie, con due condizioni:

§      che le elezioni avvengano a scrutinio segreto e

§      che sia garantita l'autenticità del voto anche nel caso di ricorso a procedure telematiche.

La sanzione prevista per i partiti inottemperanti è costituita dalla riduzione proporzionale dell'importo dei rimborsi elettorali fino al massimo della metà.

Le somme risultanti dalla eventuale riduzione è ripartita proporzionalmente tra i partiti che hanno utilizzato esclusivamente il metodo delle elezioni primarie.

Connessa alla introduzione delle elezioni primarie, la disposizione dell’articolo 4, comma 1, della proposta A.C. 3809, che abolisce l’obbligo delle sottoscrizioni per la presentazione delle candidature.

La presentazione delle liste di candidati accompagnate da un numero minimo (e massimo) di firme di elettori è previsto dalla normativa vigente per diversi tipi di elezioni (per le elezioni politiche si veda l’articolo 18-bis del D.P.R. 361/1957). La ragione di tale previsione risiede nella necessità di evitare l’eccessiva proliferazione di liste, per le quali è richiesto un minimo di radicamento nel territorio, che si intende dimostrato, appunto, dalle firme raccolte in occasione della presentazione delle candidature. La procedura di scelta delle candidature attraverso le elezioni primarie, resa obbligatoria, dalla proposta 3809, può essere considerata sostitutiva dell’obbligo di sottoscrizione delle liste.

Le primarie secondo la proposta di legge A.C. 4194

L’articolo 4 della proposta di legge A.C. 4194 disciplina dettagliatamente lo svolgimento delle elezioni primarie che sono facoltative, ma i partiti che decidono di optare per altri sistemi di scelta delle candidature subiscono una decurtazione del 50% dei rimborsi elettorali e di ogni altro tipo di finanziamento pubblico (art. 1, comma 2).

L’ambito di applicazione della disposizione comprende tutti i tipi di elezione (comprese le elezioni regionali di cui si dirà dopo) e le candidature da scegliersi con le primarie sono espressamente indicate all’articolo 4, comma 1:

§      sindaco;

§      presidente di provincia;

§      Presidente del Consiglio dei ministri (nel rispetto dell’articolo 92 Cost. che prevede la nomina del Presidente del Consiglio da parte del Capo dello Stato);

§      consiglieri comunali;

§      consiglieri provinciali;

§      deputati e senatori;

§      membri del Parlamento europeo.

Per le ultime quattro cariche, ossia per i membri di assemblee elettive, l’effettuazione delle primarie è consentita esclusivamente qualora sia prevista “l’elezione nell’ambito di collegi uninominali con formula maggioritaria”.

 

Si osserva, in proposito, che nessuno dei sistemi elettorali vigenti per le assemblee elettive sopra citate prevede collegi uninominali e formula elettorale maggioritaria (anzi l’atto elettorale europeo prevede espressamente l’adozione di un sistema ad esito proporzionale in tutti i Paesi membri[16]) e pertanto la disposizione in esame deve intendersi di tipo programmatico, nel senso che qualora in una o più di queste elezioni venisse previsto un tale sistema si potrebbe applicare la disciplina delle elezioni primarie.

Altresì si osserva che le regioni a statuto speciale hanno competenza legislativa in materia di elezioni degli enti locali, e, pertanto, questi ultimi andrebbero esclusi dall’ambito di applicazione della disposizione.

 

Il ricorso alle elezioni primarie è reso facoltativo dalla proposta di legge A.C. 4194, ma la mancata effettuazione comporta automaticamente la decurtazione del 50% dei rimborsi elettorali riconosciuti per ciascun tipo di elezione e di ogni altro finanziamento pubblico (art. 1, comma 3).

 

La legge 157/1999 (art. 1) prevede un rimborso in relazione alle spese elettorali sostenute ai movimenti o partiti politici per le campagne per il rinnovo dei seguenti organi:

-         Senato della Repubblica;

-         Camera dei deputati;

-         Parlamento europeo;

-         Consigli regionali (ad eccezione del Consiglio regionale del Trentino Alto Adige);

-         Consigli delle Province autonome di Trento e Bolzano (L. 298/2004).

 

Si osserva, in proposito, che dal momento che per elezioni amministrative non è previsto alcun rimborso per le spese sostenute nella campagna elettorale, la sanzione di cui sopra per la mancata effettuazione delle primarie non potrebbe essere applicata per l’elezione a sindaco, presidente di provincia, consigliere comunale e consigliere provinciale.

 

Per le elezioni regionali, la riduzione del 50% dei rimborsi è considerata principio fondamentale per la legislazione regionale ai sensi dell’articolo 122, primo comma, della Costituzione. Tale riduzione è applicata ai partiti che non adottano le procedure per le elezioni primarie nella scelta dei candidati a presidente della regione e a consigliere regionale, anche in questo caso solamente in caso di sistema maggioritario con collegi uninominali (art. 1, comma 4).

 

L’articolo 122, primo comma, Cost. prevede che il sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del Presidente e degli altri componenti della Giunta regionale nonché dei consiglieri regionali sono disciplinati con legge della Regione nei limiti dei principi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica, che stabilisce anche la durata degli organi elettivi.

La proposta di legge A.C. 4194 introduce un nuovo principio in materia di sistema elettorale regionale.

 

Si ricorda in proposito che la Corte costituzionale, nella sentenza n. 50/2005, ha rilevato che «la nozione di “principio fondamentale”, che costituisce il discrimine nelle materie di competenza legislativa concorrente tra attribuzioni statali e attribuzioni regionali, non ha e non può avere caratteri di rigidità e di universalità, perché le “materie” hanno diversi livelli di definizione che possono mutare nel tempo. È il legislatore che opera le scelte che ritiene opportune, regolando ciascuna materia sulla base di criteri normativi essenziali che l'interprete deve valutare nella loro obiettività.» Richiamando questa decisione, la successiva sentenza n. 336/2005 ha sottolineato che «l'ampiezza e l'area di operatività dei principî fondamentali – non avendo gli stessi carattere “di rigidità e di universalità” …- non possono essere individuate in modo aprioristico e valido per ogni possibile tipologia di disciplina normativa. Esse, infatti, devono necessariamente essere calate nelle specifiche realtà normative cui afferiscono e devono tenere conto, in modo particolare, degli aspetti peculiari con cui tali realtà si presentano.»

Nella recente sentenza n. 237/2009, la Corte, confermando la propria precedente giurisprudenza, ha rilevato che il carattere di principio di una norma non è escluso, di per sé, dalla specificità delle prescrizioni, qualora la norma «risulti legata al principio stesso da un evidente rapporto di coessenzialità e di necessaria integrazione» (nello stesso senso, fra le altre, cfr. sentenza n. 430/2007).

 

In materia elettorale, si ricorda altresì che, nel corso della XIV legislatura, in data 5 novembre 2002, il Presidente della Repubblica ha rinviato alle Camere una legge che estendeva ai consiglieri regionali una disposizione statale in materia di incompatibilità dei sindaci, dei presidenti delle province e dei consiglieri comunali, provinciali e circoscrizionali, «fino alla data di entrata in vigore delle leggi regionali che verranno emanate in materia». Nel caso di specie, risultava ancora in itinere il disegno di legge sulla definizione dei principi fondamentali in materia di incompatibilità.

 

Per quanto riguarda lo svolgimento delle primarie, la proposta di legge A.C. 4194 indica direttamente alcune modalità procedurali, rinviando alcune discipline di dettaglio all’autonoma regolamentazione dei partiti.

La proposta affida un ruolo centrale all’ufficio elettorale competente per ciascuna elezione: ad esso devono presentare richiesta i partiti o le coalizioni di partiti, tramite i loro legali rappresentanti, che intendono procede a elezioni primarie.

Unitamente alla richiesta:

§         depositano un apposito regolamento procedurale;

§         nominano un collegio di garanti.

 

La richiesta deve essere presentata entro 120 giorni dalla scadenza del termine per la presentazione delle candidature.

 

Si osserva, in proposito che andrebbe valutata la possibilità di individuare un termine più breve in caso di interruzione anticipata della legislatura.

 

L’ufficio elettorale competente provvede a :

§      indire le elezioni primarie;

§      stabilire la data e le sedi;

§      dare comunicazione ai cittadini delle modalità di svolgimento (tale comunicazione è pubblicata anche nel sito internet del Ministero dell’interno e nel sito del partito politico interessato.

 

Il collegio dei garanti nominati dal partito ha il compito di:

§         sovrintendere alla regolarità delle elezioni;

§         nominare gli scrutatori e i componenti delle commissioni elettorali;

§         deliberare in materia di ricorsi;

§         proclamare il vincitore;

§         pubblicare l’elenco dei votanti.

 

Il regolamento di partito interviene principalmente in materia di definizione di elettorato attivo e passivo, ossia sulle modalità di presentazione delle candidature alle elezione primarie, di sottoscrizione delle stesse e di delimitazione del corpo elettorale. In ogni caso devono essere ammessi al voto i cittadini iscritti alle liste elettorali che dichiarano di essere elettori del partito o coalizione che ha indetto le primarie.

 

La proposta di legge interviene poi a disciplinare come segue una serie di altri aspetti del procedimento elettorale per le primarie:

§      le elezioni si svolgono in un solo (e, se richieste da più partiti, nello stesso) giorno;

§      in caso di presentazione di una sola candidatura il collegio provvede direttamente alla proclamazione del vincitore;

§      ciascun cittadino può partecipare ad una sola elezione primaria per la medesima carica, in caso di svolgimento di primarie da parte di più partiti;

§      il voto è espresso a scrutinio segreto;

§      ciascun elettore dispone di un voto singolo per un solo candidato;

§      è selezionato il candidato che ha ottenuto più voti;

§      in caso di rinuncia, impedimento o morte del candidato vincitore subentra il secondo candidato per numero di voti ottenuti;

§      le spese per la campagna elettorale dei candidati alle primarie non possono superare un quinto delle spese previste per la partecipazione alle elezioni stesse (si ricorda in proposito che per le elezioni amministrative non sono previsti limiti alle spese elettorali).

 

In materia di elettorato attivo e passivo, propaganda elettorale e spese elettorali, per quanto non disposto dalla proposta di legge, si applicano le disposizioni vigenti in materia nelle corrispondenti elezioni.

 

L’articolo 5 della proposta di legge A.C. 4194 provvede alla quantificazione degli oneri derivanti dallo svolgimento delle elezioni primarie nella misura di 15 milioni di euro e alla relativa copertura assicurata nella diminuzione (da 1 euro a 90 centesimi) dell’importo da moltiplicare per ciascun elettore ai fini dell’ammontare dei  quattro fondi per il rimborso delle spese per le campagne elettorali di cui alla legge 157/1999 (si veda sopra il paragrafo sul Finanziamento dei partiti).

Le altre proposte di legge

La proposta A.C. 1722 contiene diverse disposizioni in materia elettorale. Innanzitutto, l’articolo 4 prevede che la scelta delle candidature:

§      deve avvenire con voto democratico;

§      deve essere operata da organi allo scopo previsti dallo statuto;

§      avvenga direttamente, con il divieto assoluto di deleghe;

§      in caso di elezioni amministrative, deve essere devoluta agli organi territoriali del partito.

Inoltre, si prevede la determinazione, nello statuto, di un limite al numero di mandati elettorali (art. 5).

Per favorire la parità di genere, si pone l’obbligo di formare le liste di candidati per qualsiasi elezione in misura eguale di uomini e donne (art. 6).

Di particolare rilievo, il divieto di candidarsi in una circoscrizione elettorale diversa da quella del luogo di residenza, al fine di favorire la rappresentanza territoriale.

 

Si osserva che la previsione della residenza quale requisito indispensabile per la candidatura in un determinata circoscrizione territoriale costituisce una limitazione del diritto di elettorato passivo che andrebbe valutata in relazione a quanto disposto dall’articolo 51 della Costituzione che sancisce il diritto di tutti i cittadini di accedere alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza. Si nota che, il requisito della residenza per la candidatura è presente solo nella legge per il voto dei cittadini all’estero che prevede che possano candidarsi per l’elezione dei senatori e dei deputati da eleggere all’estero esclusivamente i cittadini che siano residenti ed elettori in una delle ripartizioni della circoscrizione Estero (L. 459/2001, art. 8, comma 1, lett. b).

 

La proposta A.C. 853 prevede all’articolo 4 che la designazione dei candidati alle cariche pubbliche elettive avvenga a scrutinio segreto. Il successivo articolo 7 introduce un particolare procedimento di controllo sulla formazione delle liste elettorali per le elezioni politiche, regionali e amministrative (e non anche per le europee). Tale procedimento è attivabile su richiesta di un decimo dei membri del congresso, dell’assemblea o dell’organo interno al partito competente secondo lo statuto a decidere sulle candidature. Costoro possono richiedere l’intervento di un notaio al fine di accertare l’osservanza delle norme per la valida costituzione dell’adunanza. Al termine il notaio redige un verbale dell’adunanza che può essere visionato da ciascun membro del partito.

Disposizioni finali

Alcune delle proposte di legge in esame concedono ai partiti politici un congruo periodo di tempo per adeguarsi alle nuove norme.

La proposta A.C. 1722 (art. 12) prevede l’obbligo di adeguamento degli statuti dei partiti entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore, pena la sospensione di ogni forma di finanziamento.

La proposta A.C. 3809 (art. 11) stabilisce un periodo più lungo: 180 giorni per l’entrata in vigore della legge, e 180 giorni ulteriori per l’adeguamento dei partiti alle sue disposizioni. Non è prevista una sanzione in caso di inottemperanza.

La proposta di legge 244, invece, dispone l’immediata entrata in vigore della legge (art. 11). Inoltre, abroga diverse disposizioni, principalmente in materia di rimborsi elettorali.

 

 

 


 

Lavori preparatori

 


 

Articolo 49 della Costituzione

 


 

 

 

 

 

 


 

 

 

 


 

 

 

 

 

 


 

 

 

 

 

 



[1]     D.P.R. 10 febbraio 2000 n. 361, Regolamento recante norme per la semplificazione dei procedimenti di riconoscimento di persone giuridiche private e di approvazione delle modifiche dell'atto costitutivo e dello statuto.

[2]     D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, Codice dell'amministrazione digitale.

[3]     L’art. 39-bis del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223 (conv. con modificazioni dalla L. 4 agosto 2006, n. 248) ha in questo senso modificato in varie parti la L. 157/1999.

[4]     D.L. 31 maggio 2010, n. 78 (conv. dalla L. 30 luglio 2010, n.122), Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica.

[5]     L. 24 dicembre 2007, n. 244, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2008).

[6]     Il co. 6 dell’art. 1 della L. 157/1999 è stato in tal senso modificato dall’art. 39-quaterdecies, co. 2, del D.L. 30 dicembre 2005, n. 273, conv. con mod. dalla L. 23 febbraio 2006, n. 51.

[7]    L’art. 7, comma 1, della legge 515 è stato sostituito dall’art. 3-ter del D.L. 3 gennaio 2006, n. 1, conv. con modificazioni dalla L. 27 gennaio 2006, n. 22.

[8]    L’art. 7, comma 2, della legge 515 è stato sostituito dall’art. 3-ter del D.L. 3 gennaio 2006, n. 1, conv. con modificazioni dalla L. 27 gennaio 2006, n. 22.

[9]    L’art. 10, comma 1, della legge 515 è stato sostituito dall’art. 3-quater del D.L. 3 gennaio 2006, n. 1, conv. con modificazioni dalla L. 27 gennaio 2006, n. 22.

[10]    Gli importi sono stati da ultimo rivalutati con il decreto del Ministero dell’interno 1° marzo 2010, Rivalutazione dei limiti di spesa per la campagna elettorale dei candidati per le elezioni regionali (pubblicato sulla G.U. 2 marzo 2010, n. 50).

[11]    L’importo è stato da ultimo così modificato dall’art. 2, comma 3, della legge 26 luglio 2002, n. 156, Disposizioni in materia di rimborsi elettorali.

[12]    L. 5 luglio 1982 n. 441, Disposizioni per la pubblicità della situazione patrimoniale di titolari di cariche elettive e di cariche direttive di alcuni enti.

[13]    D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi.

[14]    Ai sensi del primo comma dell’art. 2740 c.c., il debitore risponde dell'adempimento delle obbligazioni “con tutti i suoi beni presenti e futuri”. Il secondo comma aggiunge che “le limitazioni della responsabilità non sono ammesse se non nei casi stabiliti dalla legge”.

[15]   In particolare, le candidature per le elezioni primarie al fine della selezione dei candidati nelle liste circoscrizionali, sono sostenute da un numero di firme pari a quello per la presentazione delle liste per le elezioni effettive; esse devono essere presentate in almeno 6 circoscrizioni; le candidature presentate esclusivamente per la carica di Presidente della Giunta regionale, devono essere sostenute da non meno di 5.000 e non più di 7.000 firme.

[16]    2002/772/CE,Euratom: Decisione del Consiglio, del 25 giugno 2002 e del 23 settembre 2002, che modifica l'atto relativo all'elezione dei rappresentanti al Parlamento europeo a suffragio universale diretto, allegato alla decisione 76/787/CECA, CEE, Euratom.