Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento istituzioni
Titolo: Norme sulla cittadinanza - A.C. 103 e abb. - Schede di lettura e testi a fronte
Riferimenti:
AC N. 103/XVI   AC N. 104/XVI
AC N. 457/XVI   AC N. 566/XVI
AC N. 718/XVI   AC N. 995/XVI
AC N. 1048/XVI   AC N. 1592/XVI
Serie: Progetti di legge    Numero: 96
Data: 10/12/2008
Descrittori:
CITTADINANZA     
Organi della Camera: I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni


Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

SERVIZIO STUDI

 

Progetti di legge

Norme sulla cittadinanza

A.C. 103 e abb.

Schede di lettura e testi a fronte

 

 

 

 

n. 96

 

 

10 dicembre 2008

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DIPARTIMENTO istituzioni

SIWEB

 

 

I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l’attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

 

 

File: ac0216.doc

 

 


INDICE

 

Schede di lettura

Quadro normativo  3

Acquisto della cittadinanza  3

Doppia (o plurima) cittadinanza  7

Perdita della cittadinanza  7

Riacquisto della cittadinanza  9

Tabella: Concessioni e reiezioni della cittadinanza italiana (1992-2007)12

I lavori parlamentari nella XIV e nella XV legislatura  13

I progetti di legge in esame  15

Premessa  15

Le proposte di legge A.C. 457 (Bressa ed altri), A.C. 1048 (Santelli) e A.C. 1592 (Cota ed altri)15

Testo a fronte tra la L. 5 febbraio 1992, n. 91, nel testo vigente, e le modifiche proposte dalle p.d.l. A.C. 457, A.C. 1048 e A.C. 1592  27

Le proposte di legge A.C. 103 e 104 (Angeli), A.C. 718 (Fedi ed altri) e A.C. 995 (Ricardo Merlo ed altri)55

Testo a fronte tra la L. 5 febbraio 1992, n. 91, nel testo vigente, le modifiche proposte dalle p.d.l. A.C. 103, A.C. 718 e A.C. 995 e il testo dell’A.C. 104  59

La proposta di legge A.C. 556 (De Corato ed altri)65

Testo a fronte tra la L. 5 febbraio 1992, n. 91, nel testo vigente, e le modifiche proposte dalla p.d.l. A.C. 566  69

 

 


Schede di lettura

 


 

Quadro normativo

Acquisto della cittadinanza

La disciplina in materia di cittadinanza fa oggi capo principalmente alla L. 91/1992[1].

Ai sensi di tale legge, acquistano di diritto alla nascita la cittadinanza italiana coloro i cui genitori (anche soltanto il padre o la madre) siano cittadini italiani (L. 91/1992, articolo 1, comma 1, lettera a)): si tratta della così detta modalità di acquisizione della cittadinanza jure sanguinis.

L’ordinamento italiano riconosce anche il criterio alternativo dello jus soli, pur prevedendolo soltanto in via residuale e per casi limitati a:

§         coloro che nascono nel territorio italiano e i cui genitori siano da considerarsi o ignoti (dal punto di vista giuridico) o apolidi (cioè privi di qualsiasi cittadinanza) (art. 1, co. 1, lett. b));

§         coloro che nascono nel territorio italiano e che non possono acquistare la cittadinanza dei genitori in quanto la legge dello Stato di origine dei genitori esclude che il figlio nato all’estero possa acquisire la loro cittadinanza (art. 1, co. 1, lett. b));

§         i figli di ignoti che vengono trovati (a seguito di abbandono) nel territorio italiano e per i quali non può essere dimostrato, da parte di qualunque soggetto interessato, il possesso di un’altra cittadinanza (art. 1, co. 2).

La cittadinanza italiana è acquisita anche per riconoscimento della filiazione(da parte del padre o della madre che siano cittadini italiani), oppure a seguito dell’accertamento giudiziale della sussistenza della filiazione: l’acquisto della cittadinanza nelle due ipotesi illustrate è automatico per i figli minorenni (art. 2, co. 1); i figli maggiorenni invece conservano la propria cittadinanza, ma possono eleggere la cittadinanza determinata dalla filiazione con un’apposita dichiarazione da rendere entro un anno dal riconoscimento, o dalla dichiarazione giudiziale di filiazione, o dalla dichiarazione di efficacia in Italia del provvedimento straniero nel caso in cui l’accertamento della filiazione sia avvenuto all’estero (art. 2, co. 2).

Sono previste modalità agevolate di acquisto della cittadinanza per gli stranieri di origine italiana: la cittadinanza italiana può essere acquistata dagli stranieri o apolidi, discendenti (fino al secondo grado) da un cittadino italiano per nascita, a condizione che facciano un’espressa dichiarazione di volontà e che siano in possesso di almeno uno di questi requisiti:

§         abbiano svolto effettivamente e integralmente il servizio militare[2] nelle Forze armate italiane: in questo caso la volontà del soggetto interessato di acquisire la cittadinanza italiana deve essere espressa preventivamente (art. 4, co. 1, lett. a));

§         assumano un pubblico impiego alle dipendenze, anche all’estero, dello Stato italiano (art. 4, co. 1, lett. b));

§         risiedano legalmente[3] in Italia da almeno due anni al momento del raggiungimento della maggiore età; la volontà di conseguire la cittadinanza italiana deve essere manifestata con una dichiarazione entro l’anno successivo (art. 4, co. 1, lett. c)).

Lo straniero che sia nato in Italiapuò divenire cittadino italiano a condizione che vi abbia risieduto legalmente e ininterrottamente fino al raggiungimento della maggiore età e dichiari, entro un anno dal compimento della maggiore età, di voler acquistare la cittadinanza italiana (art. 4, co. 2).

Disposizioni particolari sono dettate per quanto riguarda l’acquisto della cittadinanza da parte di stranieri o apolidi che hanno contratto matrimonio con cittadini italiani (artt. da 5 a 8). Gli stranieri coniugi di cittadini italiani ottengono la cittadinanza, dietro richiesta presentata al prefetto del luogo di residenza dell’interessato, oppure, se residenti all’estero, all’autorità consolare competente, se possono soddisfare, contemporaneamente, le seguenti condizioni:

§         residenza legale nel territorio italiano da almeno sei mesi, o, in alternativa, per gli stranieri residenti all’estero, il decorso di tre anni dalla data del matrimonio tra lo straniero e il cittadino;

§         persistenza del vincolo matrimoniale;

§         insussistenza della separazione legale;

§         assenza di condanne penali per i delitti contro la personalità internazionale e interna dello Stato e contro i diritti politici dei cittadini;

§         assenza di condanne penali per i delitti non colposi per i quali è prevista una pena edittale non inferiore a tre anni;

§         assenza di condanne penali per reati non politici, con pena detentiva superiore a un anno, inflitte da autorità giudiziarie straniere con sentenza riconosciuta in Italia;

§         insussistenza, nel caso specifico, di comprovati motivi inerenti alla sicurezza della Repubblica.

L’acquisto della cittadinanza può avvenire, infine, per concessione (L. 91/1992, art. 9): in questo caso, a differenza dei procedimenti finora illustrati, che riservano all’autorità margini di intervento molto ristretti, l’emanazione del provvedimento di concessione della cittadinanza è soggetto ad una valutazione discrezionale di opportunità da parte della pubblica amministrazione, pur attenuata dall’obbligo del parere preventivo del Consiglio di Stato.

Il periodo di residenza legale in Italia, graduato in funzione dello status degli stranieri richiedenti, che costituisce il requisito fondamentale per conseguire la cittadinanza secondo tale modalità, deve essere ininterrotto e attuale al momento della presentazione dell’istanza per la concessione della cittadinanza.

Può presentare domanda per ottenere la concessione della cittadinanza italiana il cittadino straniero che si trova in una delle seguenti condizioni:

§         residente in Italia da almeno dieci anni, se cittadino non appartenente all’Unione europea, o da almeno quattro anni, se cittadino comunitario (art. 9, co. 1, lett. f) e d));

§         apolide residente in Italia da almeno cinque anni (art. 9, co. 1, lett. e));

§         il cui padre o la cui madre o uno degli ascendenti in linea retta di secondo grado sono stati cittadini per nascita, o che è nato in Italia e, in entrambi i casi, vi risiede da almeno tre anni (L. 91/1992, art. 9, co. 1, lett. a));

§         maggiorenne adottato da cittadino italiano e residente in Italia da almeno cinque anni (art. 9, co. 1, lett. b));

§         abbia prestato servizio[4] alle dipendenze dello Stato italiano, anche all’estero, per almeno cinque anni (L. 91/1992, art. 9, co. 1, lett. c)).

L’art. 10 subordina l’efficacia del decreto di concessione della cittadinanza alla prestazione da parte dell’interessato (entro sei mesi dalla notifica del decreto medesimo) del giuramento di essere fedele alla Repubblica e di osservare la Costituzione e le leggi dello Stato.

La giurisprudenza amministrativa ha indicato alcuni ulteriori requisiti per l’ottenimento della cittadinanza e ha precisato i confini della discrezionalità della pubblica amministrazione con riferimento ai provvedimenti di concessione della cittadinanza, stabilendo inoltre quali siano gli obblighi di motivazione delle decisioni concernenti tali procedimenti.

 

Il provvedimento di concessione della cittadinanza italiana è adottato sulla base di valutazioni ampiamente discrezionali circa l’esistenza di un’avvenuta integrazione dello straniero in Italia, tale da poterne affermare la compiuta appartenenza alla comunità nazionale, appartenenza di cui costituisce effetto e non causa la concessione della cittadinanza stessa, attribuendo all’interessato i diritti e gli obblighi connessi allo status civitatis; pertanto, la concessione del beneficio presuppone una valutazione assai articolata, nella quale ben possono avere rilievo considerazioni anche di carattere economico e patrimoniale relative al possesso di adeguate fonti di sussistenza (TAR Piemonte, sez. II, sent. n. 124 del 26 febbraio 1996).

In sede di concessione della cittadinanza la valutazione del grado di probabilità di esiti pericolosi per la sicurezza dello Stato non necessita di una dettagliata esternazione dei fatti e delle circostanze che si oppongono al rilascio; pertanto, l’onere della prova a carico dell’Amministrazione di fatti pregiudizievoli per la sicurezza pubblica, sulla base dei quali sia possibile formulare il giudizio di pericolosità conseguente all’acquisto della cittadinanza italiana da parte dello straniero, non può essere spinto al punto di dover dimostrare i fatti pregiudizievoli per la sicurezza stessa (TAR Lombardia, Brescia, sent. n. 98 del 12 febbraio 1992).

I “comprovati motivi inerenti alla sicurezza pubblica”, che legittimano il diniego di concessione della cittadinanza italiana ad uno straniero non presuppongono necessariamente la condanna di quest’ultimo per determinati reati, giacché la tutela dell’ordine e della sicurezza dello Stato giustifica anche la preventiva valutazione di tutte le cause che sono potenzialmente in grado di incidere su di essi e di comprometterli. Il diniego di concessione della cittadinanza italiana ad uno straniero è sufficientemente motivato ogni qualvolta volta l’Amministrazione esterna il giudizio conclusivo del procedimento e quello intermedio di carattere consultivo, e da questi emerga, attraverso il riferimento al dato normativo, quale sia il potere esercitato in concreto e quali siano le ragioni del diniego, senza che sia necessaria l’esternazione di tutte quelle valutazioni interne – complesse e collegate ad una serie di episodi e comportamento che isolatamente considerati possono non essere significativi di una particolare pericolosità ma che, tuttavia, sono suscettibili di una diversa considerazione se valutati complessivamente ed in un unico contesto – che conducono ad un giudizio di pericolosità che, per sua natura e per volontà del legislatore, dovendo svolgere una funzione preventiva di sicurezza, è notevolmente fondato su elementi non rilevanti in altri settori dell’ordinamento (TAR Emilia Romagna, Bologna, sez. 1, sent. n. 901 del 1 dicembre 1994).

Il regime procedimentale riguardante l’esame e, quindi, il rilascio o diniego della concessione della cittadinanza, concernendo il conferimento di uno status di rilevante importanza pubblicistica, è improntato necessariamente a valutazioni dell’Autorità competente squisitamente discrezionali, volte a considerare sia la situazione privatistica particolare dell’istante, sia quella generale dell’interesse pubblicistico della collettività, procedimento il cui corretto esercizio trova limiti esteriori sindacabili soltanto nelle previsioni specifiche della corrispondente normativa, nonché nei princìpi generali riferiti allo svolgimento dell’attività amministrativa (TAR Lazio, sez. I, sent. n. 993 del 3 maggio 1999).

La L. 91/1992 non ha mutato il carattere discrezionale del provvedimento di concessione (già previsto dalla normativa precedente, della quale si è limitata a mutare soltanto i minimi richiesti), sicché non si può certamente dire che con il compimento del periodo prescritto lo straniero possa maturare un diritto soggettivo all’acquisto della cittadinanza italiana, pur se concorrono tutti gli altri requisiti di legge ed esista una sua manifestazione di volontà in tal senso. È congruamente motivato il provvedimento che adduca ragioni riguardanti l’insussistenza di sufficienti mezzi di sostentamento e di un concreto interesse pubblico alla concessione della cittadinanza, né è necessaria l’indicazione di più circostanziate argomentazioni, essendo sufficiente l’uso di sintetiche formulazioni che appaiano idonee a rappresentare l’iter formativo della determinazione assunta dall’Amministrazione (TAR Lazio, sez. I, sent. n. 993 del 3 maggio 1999).

Secondo il Consiglio di Stato, l’amministrazione chiamata a decidere sulla domanda di concessione di cittadinanza italiana è tenuta a verificare la serietà sia dell’intento ad ottenere la cittadinanza italiana, sia delle ragioni che inducono ad abbandonare la comunità di origine. È inoltre necessario accertare il grado di conoscenza della lingua italiana, l’idoneità professionale, l’ottemperanza agli obblighi tributari e contributivi. Non può essere trascurata l’esigenza di ricomposizione di gruppi familiari, parte dei quali già residenti nel territorio italiano. L’amministrazione deve verificare eventuali cause ostative all’acquisto di cittadinanza, collegate a ragioni di sicurezza della Repubblica ed all’ordine pubblico (Consiglio di Stato, sez. I, parere n. 1423 del 26 ottobre 1988).

Per quanto riguarda il diniego della concessione della cittadinanza italiana, l’amministrazione competente, anche laddove disponga di un’ampia discrezionalità, deve indicare sia pure sinteticamente le ragioni poste a base delle proprie determinazioni (Consiglio di Stato, sez. IV, sent. n. 366 del 24 maggio 1995).

 

La cittadinanza può essere concessa, in casi eccezionali, per merito allo straniero che abbia reso notevoli servigi all’Italia, per elevate necessità di ordine politico connesse all’interesse dello Stato (L. 91/1992, art. 9, co. 2).

Doppia (o plurima) cittadinanza

La legge ammette espressamente la possibilità di conservare la cittadinanza italiana pur essendo già in possesso di una cittadinanza straniera[5] ovvero dopo averla acquistata o riacquistata. Chi risiede o stabilisce la residenza all’estero può tuttavia rinunciare alla cittadinanza italiana (L. 91/1992, art. 11).

Non è consentito il possesso di una doppia (o plurima) cittadinanza se vi sono norme internazionali pattizie o norme statali straniere che lo vietino (v. paragrafo successivo).

Perdita della cittadinanza

I cittadini italiani possono rinunciare volontariamente alla cittadinanza italiana purché si trasferiscano, o abbiano trasferito, la propria residenza all’estero e siano titolari di un’altra o di altre cittadinanze (L. 91/1992, art. 11). La facoltà di rinuncia alla cittadinanza italiana in questo caso può essere esercitata soltanto dai cittadini maggiorenni.

Coloro che hanno ottenuto la cittadinanza italiana durante la minore età, in quanto figli conviventi con il genitore che ha acquistato o riacquistato la cittadinanza, hanno la facoltà di rinunciare ad essa (senza limiti di tempo), una volta divenuti maggiorenni, sempre che siano in possesso di un’altra cittadinanza (art. 14).

Può inoltre rinunciare alla cittadinanza italiana il soggetto maggiorenne in possesso di un’altra cittadinanza – anche se risiede in Italia – a seguito di revoca dell’adozione per fatti imputabili all’adottante. La rinuncia deve essere resa entro un anno dalla revoca (art. 3, co. 4).

La revoca dell’adozione per colpa dell’adottato ha come conseguenza la perdita automatica della cittadinanza acquistata da quest’ultimo in virtù dell’adozione, purché egli abbia un’altra cittadinanza o la riacquisti (art. 3, co. 3).

L’art. 12 della L. 91/1992 prevede due ulteriori ipotesi di perdita automatica della cittadinanza italiana:

§         la mancata ottemperanza all’intimazione del Governo italiano di lasciare un impiego pubblico o una carica pubblica che il cittadino abbia accettato da uno Stato o ente pubblico estero o da un ente internazionale cui non partecipi l’Italia, o la mancata ottemperanza all’invito di abbandonare il servizio militare che il cittadino presti per uno Stato estero (art. 12, co. 1);

§         l’assunzione di una carica pubblica o la prestazione del servizio militare per uno Stato estero, o l’acquisto volontario della cittadinanza dello Stato considerato, quando tali circostanze si verifichino durante lo stato di guerra con esso (art. 12, co. 2).

Per quanto riguarda gli effetti delle norme internazionali pattizie sull’ordinamento italiano, l’art. 26, co. 3, della L. 91/1992 fa salve, in via generale, le disposizioni previste dagli accordi internazionali, affermandone pertanto la prevalenza sulla disciplina interna. In proposito, si ricorda che l’Italia ha sottoscritto e ratificato[6] la Convenzione di Strasburgo del 6 maggio 1963 sulla riduzione dei casi di cittadinanza plurima e sugli obblighi militari[7] in caso di cittadinanza plurima.

 

La Convenzione stabilisce (art. 1, co. 1) che i cittadini, residenti all’estero, degli Stati contraenti perdono la loro precedente cittadinanza qualora acquistino o riacquistino volontariamente la cittadinanza di un altro dei Paesi che hanno sottoscritto e ratificato la Convenzione: essi non possono essere autorizzati a conservare la cittadinanza precedente.

Di conseguenza, il cittadino italiano residente all’estero che acquista volontariamente la cittadinanza di uno dei Paesi contraenti (con esclusione di Regno Unito, Irlanda e Spagna che hanno aderito soltanto al secondo Capitolo della Convenzione, relativo agli obblighi militari in caso di cittadinanza plurima, e della Germania, che non aderisce più alla Convenzione), perde la cittadinanza italiana ai sensi dell’art. 1 della Convenzione.

La Convenzione di Strasburgo disciplina anche le vicende della cittadinanza dei minorenni, in dipendenza di quelle della cittadinanza dei genitori (art. 1, punto 3; art. 2).

 

L’Italia ha inoltre ratificato[8] il Secondo Protocollo di emendamento alla Convenzione di Strasburgo del 1963, sottoscritto, allo stato attuale, anche dalla Francia e dai Paesi Bassi.

 

In base a tale Accordo, quando un cittadino di una Parte contraente acquisisce la nazionalità di un’altra Parte contraente sul cui territorio è nato e risiede, oppure vi ha risieduto abitualmente a partire da una data anteriore al compimento del diciottesimo anno di età, ciascuna di queste Parti può disporre che conservi la sua nazionalità d’origine. In caso di matrimonio tra cittadini di Parti contraenti diverse, ciascuna di tale Parti può disporre che il cittadino che acquisisce di sua libera volontà la nazionalità del coniuge, conservi la sua nazionalità d’origine.

Riacquisto della cittadinanza

La legge disciplina le modalità per il riacquisto della cittadinanza a favore di coloro che l’hanno perduta e a prescindere dai motivi della perdita.

Il riacquisto avviene con condizioni di particolare favore rispetto a quelle stabilite dall’art. 9 della L. 91/1992 per l’acquisto della cittadinanza per naturalizzazione e, per alcuni aspetti, analoghe a quelle dettate dall’art. 4, co. 1, della L. 91/1992, le quali consentono allo straniero di origine italiana l’acquisto della cittadinanza per beneficio di legge.

Il riacquisto è subordinato, in via generale, alla sussistenza di un legame con l’Italia, che può concretizzarsi in un rapporto di servizio (civile o militare) con lo Stato o nello stabilire la residenza nel Paese.

Può riacquistare la cittadinanza italiana:

§         chi presta effettivamente servizio militare per lo Stato italiano e dichiara preventivamente di voler riacquistare la cittadinanza italiana (art. 13, co. 1, lett. a));

§         chi, assumendo o avendo assunto un pubblico impiego alle dipendenze dello Stato, anche all’estero, dichiara di voler riacquistare la cittadinanza italiana (art. 13, co. 1, lett. b));

§         chi dichiara di voler riacquistare la cittadinanza italiana ed ha stabilito o stabilisce, entro un anno dalla dichiarazione, la propria residenza in Italia (art. 13, co. 1, lett. c));

§         lo straniero (che sia stato cittadino italiano) il quale, dopo un anno dalla data in cui ha stabilito la residenza in Italia, non fa espressa rinuncia, nello stesso termine, al riacquisto della cittadinanza italiana. Soltanto in questo caso il riacquisto avviene automaticamente: la legge prevede comunque la possibilità di rinuncia da parte dell’interessato per tutelarne la volontà (art. 13, co. 1, lett. d));

§         chi, avendo perduta la cittadinanza italiana per non aver ottemperato all’intimazione di abbandonare l’impiego o la carica accettati da uno Stato, da un ente pubblico estero o da un ente internazionale, ovvero il servizio militare per uno Stato estero, dichiara di volerla riacquistare, a condizione che abbia stabilito la residenza da almeno due anni nel territorio della Repubblica e provi di aver abbandonato l’impiego o la carica o il servizio militare, assunti o prestati nonostante l’intimazione (art. 13, co. 1, lett. e)).

La legge permette il riacquisto della cittadinanza, su loro dichiarazione in tal senso, alle donne italiane che l’hanno perduta al momento del matrimonio con uno straniero, avvenuto prima del 1° gennaio 1948[9], o in conseguenza del cambiamento di cittadinanza del marito (art. 17, co. 2).

Le persone originarie dei territori italiani facenti parte del cessato impero austro-ungarico[10], che emigrarono all’estero prima del 16 luglio 1920, e i loro discendenti, possono ottenere il riconoscimento della cittadinanza italiana qualora rendano una dichiarazione in tal senso all’ufficiale dello stato civile del comune in cui risiedono o intendono stabilire la propria residenza, oppure davanti all’autorità diplomatica o consolare del luogo di residenza, se residenti all’estero (L. 379/2000[11], art. 1). La dichiarazione va resa entro un termine che, inizialmente fissato al 20 dicembre 2005, è stato differito di cinque anni dall’art. 28-bis del D.L. 273/2005[12] per gli emigrati dai territori, già astroungarici, oggi appartenenti allo Stato italiano e per i loro discendenti.

La L. 124/2006[13] ha infine introdotto due articoli (17-bis e 17-ter) nella L. 91/1992, che consentono il riconoscimento della cittadinanza agli italiani (e ai loro discendenti) che abitavano nei territori dell’Istria, Fiume e Dalmazia, già facenti parti del Regno d’Italia e passati, dopo la seconda guerra mondiale, sotto la sovranità della Repubblica jugoslava e successivamente di Slovenia e Croazia.

 

Il diritto alla cittadinanza italiana è riconosciuto ai soggetti che siano stati cittadini italiani e che abbiano risieduto nei territori facenti parte dello Stato italiano e successivamente ceduti alla Repubblica jugoslava in forza del Trattato di pace firmato a Parigi il 10 febbraio 1947, reso esecutivo dal decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 28 novembre 1947, n. 1430, ratificato dalla legge 25 novembre 1952, n. 3054, ovvero in forza del Trattato di Osimo del 10 novembre 1975, reso esecutivo dalla legge 14 marzo 1977, n. 73. Tale diritto è riconosciuto anche ai figli e ai discendenti in linea retta dei soggetti di cui sopra, purché di lingua e cultura italiana.

La cittadinanza non è acquistata ex lege dai soggetti summenzionati, ma solo a seguito della presentazione (e dell’accoglimento) di una apposita istanza. Ciò differenzia l’ottenimento della cittadinanza prefigurato dalla disposizione in esame da quello in passato disposto dall’art. 17 della L. 91/1992, che avveniva automaticamente con la presentazione della apposita dichiarazione[14].

 

 


Tabella: Concessioni e reiezioni della cittadinanza italiana
(1992-2007)

Anno

Concessioni

Reiezioni

Per

matrimonio

Per

residenza

Totale

Per

matrimonio

Per

residenza

Totale

2007

31.609

6.857

38.466

84

63

147

2006

30.151

5.615

35.766

279

243

522

2005

11.854

7.412

19.266

337

829

1.166

2004

9.997

1.948

11.945

261

1.056

1.317

2003

11.271

2.111

13.382

199

1.763

1.962

2002

9.728

917

10.645

143

762

905

2001

9.266

1.203

10.469

99

582

681

2000

8.027

1.518

9.545

121

524

645

1999

9.538

1.753

11.291

141

860

1.001

1998

10.930

1.106

12.036

131

558

689

1997

7.404

813

8.217

101

255

356

1996

6.053

899

6.952

112

325

437

1995

6.396

1.046

7.442

66

817

883

1994

5.498

495

5.993

62

880

942

1993

5.897

579

6.476

37

1.193

1.230

1992

3.844

601

4.445

72

488

560

Fonte: Ministero dell’interno. Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione. Direzione centrale per i diritti civili, la cittadinanza e le minoranze[15].

 

Il considerevole aumento dei casi di concessione della cittadinanza che si registra a partire dal 2006 è dovuto in larga parte all’adozione di un sistema di gestione informatica delle pratiche, che ne ha ridotto notevolmente i tempi di esame. Nel 2006, per la prima volta, il numero delle domande definite è stato superiore a quello delle domande presentate, il che ha significato una riduzione delle domande pregresse e pendenti[16].


I lavori parlamentari nella XIV e nella XV legislatura

XIV legislatura

Fra il 3 marzo 2004 e il 12 maggio 2005 la I Commissione della Camera ha esaminato in sede referente varie proposte di legge, tutte di iniziativa parlamentare, volte a modificare la disciplina della cittadinanza di cui alla L 91/1992[17]. Il 16 maggio 2005 l’Assemblea iniziava la discussione sul testo unificato elaborato dalla Commissione (A.C. 204 ed abb.-A); nella seduta del 17 maggio il testo veniva rinviato in Commissione, dietro richiesta del rappresentante del Governo, “al fine di consentire a tutti i gruppi politici di approfondire più compiutamente le rispettive posizioni”.

Il testo giunto all’esame dell’Assemblea intendeva agevolare l’acquisto della cittadinanza per gli stranieri legalmente e continuativamente residenti in Italia e attribuire la cittadinanza ai nati in Italia da genitori stranieri residenti da lungo tempo nel nostro Paese. Veniva inoltre aggravato il procedimento per l’acquisizione della cittadinanza per matrimonio.

Un’altra proposta di legge in materia di cittadinanza ha iniziato l’esame in sede referente presso la I Commissione nel corso della XIV legislatura. Si tratta della proposta di legge costituzionale A.C. 4786 (on. Bressa ed altri) volta a modificare l’art. 48 Cost. introducendo quale requisito per il riconoscimento della cittadinanza l’effettiva partecipazione alla vita economica, sociale e politica del Paese.

Per entrambi i progetti di legge, l’iter parlamentare si interrompeva con la fine della legislatura.

XV legislatura

Il tema veniva riproposto all’attenzione della Camera dei deputati il 3 agosto 2006, quando la I Commissione (Affari costituzionali) della Camera avviava l’esame in sede referente di alcuni progetti di legge, uno dei quali di iniziativa del Governo (A.C. 1607), che intervenivano su puntuali aspetti della vigente disciplina della cittadinanza.

Il 7 febbraio 2007 la Commissione adottava come testo base il testo unificato proposto dal relatore.

Nell’ambito di un’apposita indagine conoscitiva si svolgevano, il 12 marzo 2007, le audizioni di rappresentanti delle autonomie locali, di organizzazioni operanti nel settore e di esperti della materia.

 

Nell’ordine sono stati auditi:

§         P. Bonetti (Associazione studi giuridici sull’immigrazione);

§         V. Lippolis, professore ordinario di diritto pubblico comparato presso l’Università di Napoli:

§         T. Frosini, professore ordinario di diritto pubblico comparato presso l’Università di Sassari:

§         G. R. Gnesotto (Conferenza episcopale italiana);

§         V. Angiolini, professore ordinario di diritto costituzionale presso l’Università di Milano;

§         C. Rossano, professore ordinario di diritto pubblico presso l’Università La Sapienza di Roma;

§         F. S. Marini, professore ordinario di istituzioni di diritto pubblico presso l’Università Tor Vergata di Roma;

§         P. Morozzo della Rocca (Comunità di Sant’Egidio);

§         L. Ocmin (Associazione nazionale oltre le frontiere);

§         F. Molina (Associazione nessun luogo è lontano);

§         Giorgis, professore ordinario di diritto costituzionale, presso l’Università di Torino;

§         O. Forti, Caritas;

§         M. Tailmoun (Associazione nazionale oltre le frontiere);

§         P. Soldini (Confederazione generale italiana del lavoro);

§         M. M. Farfan (Confederazione italiana sindacati dei lavoratori);

§         G. Casucci (Unione italiana del lavoro);

§         G. Ferrara, professore emerito di diritto costituzionale presso l’Università La Sapienza di Roma;

§         G. Alessandrini (Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro);

§         F. Di Lecce (Federazione chiese evangeliche italiane;

§         L. Pacini (Associazione nazionale comuni italiani;

§         F. Miraglia (Arci);

§         Guarino (Associazione Centro Astalli);

§         Kurosh (Confederazione generale italiana del lavoro);

§         P. Bonetti (Associazione studi giuridici sull’immigrazione).

 

La Commissione approvava quindi una serie di emendamenti al testo base. Il testo risultante dagli emendamenti era inviato alle Commissioni per l’acquisizione dei rispettivi pareri, a seguito dei quali venivano approvate ulteriori proposte emendative.

Il 16 gennaio 2008, infine, il relatore presentava due emendamenti, che venivano approvati, volti a superare i problemi di copertura evidenziati nel dibattito svoltosi in sede consultiva presso la Commissione Bilancio, alla quale veniva trasmesso il testo del provvedimento come da ultimo modificato per l’espressione del prescritto parere.

L’iter si interrompeva per la fine anticipata della legislatura.

 

Il contenuto del testo unificato della Commissione Affari costituzionali della Camera è stato sostanzialmente ripreso dall’A.C. 457, presentato dall’on. Bressa ed altri nella XVI legislatura, per la cui analitica illustrazione si rinvia al successivo paragrafo del dossier.


I progetti di legge in esame

Premessa

Risultano presentati otto progetti di legge, tutti di iniziativa parlamentare.

Tutte le proposte introducono modifiche espresse alla L. 91/1992[18], ad eccezione di una (A.C. 104, Angeli), che prevede la riapertura dei termini per il riacquisto della cittadinanza italiana.

Per quanto concerne il contenuto, i progetti di legge possono essere così suddivisi:

§         due p.d.l. (A.C. 457, Bressa ed altri, e A.C. 1048, Santelli) modificano vari articoli della L. 91/1992;

§         la p.d.l. A.C. 1592, Cota ed altri, è finalizzata principalmente all’introduzione di un “test di naturalizzazione” per gli stranieri e gli apolidi che richiedano la cittadinanza;

§         quattro p.d.l. (A.C. 103 e A.C. 104, entrambe presentate dall’on. Angeli, A.C. 718, Fedi ed altri, e A.C. 995, Merlo Ricardo ed altri) disciplinano il riacquisto della cittadinanza da parte degli italiani residenti all’estero che l’abbiano perduta a seguito della naturalizzazione nei Paesi di accoglienza;

la p.d.l. A.C. 566, De Corato ed altri, prevede la revoca della cittadinanza, in caso di condanna definitiva per gravi delitti, per coloro che l’hanno acquistata per matrimonio.

 

Per un confronto analitico tra le proposte in esame, si rinvia ai testi a fronte riportati nel presente dossier.

Le proposte di legge A.C. 457 (Bressa ed altri), A.C. 1048 (Santelli) e A.C. 1592 (Cota ed altri)

La proposta di legge A.C. 457, Bressa ed altri, composta di 19 articoli, riprende pressoché integralmente il testo unificato elaborato dalla Commissione Affari costituzionali della Camera nella XV legislatura, proponendo di innovare la disciplina vigente in materia di cittadinanza sotto molteplici profili. Modifiche più limitate, con riferimento agli artt. 4, 5, 9 e 10 della L. 91/1992, sono invece previste dall’A.C. 1048, Santelli, di 6 articoli. L’A.C. 1592, Cota ed altri, interviene soltanto sull’art. 9 della legge sulla cittadinanza, relativo all’acquisto della cittadinanza per naturalizzazione.

Acquisto della cittadinanza per nascita

Intervenendo sull’art. 1, comma 1, della L. 91/1992, l’art. 1 dell’A.C. 457 amplia il novero dei casi in cui la cittadinanza è attribuita in base al criterio dello jus soli. Si introducono due nuove ipotesi di acquisizione automatica della cittadinanza italiana per nascita, stabilendo che essa può essere ottenuta da parte di:

§         coloro che nascono nel territorio italiano da genitori stranieri dei quali almeno uno vi risieda legalmente e in maniera continuativa da non meno di cinque anni;

§         coloro che nascono nel territorio italiano da genitori stranieri dei quali almeno uno sia nato in Italia e vi sia legalmente residente, senza interruzioni, da almeno un anno.

In tali casi la cittadinanza si acquista a seguito di una dichiarazione di volontà del genitore risultante nell’atto di nascita. Entro un anno dal compimento della maggiore età, i soggetti che hanno ottenuto secondo le modalità illustrate la cittadinanza italiana jure soli possono, nel caso in cui siano in possesso di un’altra cittadinanza, rinunciare a quella italiana. Qualora non sia stata resa da parte dei genitori la dichiarazione di volontà, al raggiungimento della maggiore età i soggetti in questione acquistano la cittadinanza su loro richiesta, senza condizioni, purché presentino domanda entro due anni.

Acquisto della cittadinanza da parte del minore

L’art. 2 dell’A.C. 457, modificando l’art. 4 della L. 91/1992,prevede che, dopo il compimento del diciottesimo anno di età, lo straniero nato o entrato in Italia entro il quinto anno di età può acquistare la cittadinanza italiana se abbia risieduto legalmente in Italia fino al compimento della maggiore età[19], qualora manifesti entro un anno la volontà di diventare cittadino mediante un’apposita dichiarazione.

Il medesimo articolo introduce inoltre un diritto all’acquisizione della cittadinanza jure domicilii per il minore figlio di genitori stranieri che abbia frequentato corsi di istruzione presso istituti scolastici del sistema nazionale di istruzione o percorsi di formazione professionale per ottenere una qualifica professionale. Esso costituisce un’alternativa sia allo jus sanguinis, sia allo jus soli, fornendo un’opportunità di conseguire la cittadinanza a coloro che, pur non essendo nati in Italia, vi abbiano trascorso il periodo decisivo della formazione della loro personalità.

Per il conferimento della cittadinanza, in questo caso, è necessaria la presentazione di un’istanza da parte dei genitori ovvero del genitore che esercita la potestà genitoriale in base all’ordinamento del Paese di origine; resta comunque fissata la possibilità per gli interessati di rinunciare, entro un anno dal raggiungimento della maggiore età, alla cittadinanza italiana per mantenere quella dei genitori o un’altra cittadinanza.

L’art. 1 della p.d.l. A.C. 1048, intervenendo sull’art. 4 della L. 91/1992, aggiunge ai requisiti già richiesti dalla legislazione vigente allo straniero che sia nato in Italia e voglia divenire cittadino italiano (residenza legale e ininterrotta fino al raggiungimento della maggiore età) quello dell’aver frequentato scuole riconosciute dallo Stato italiano e di aver assolto il diritto-dovere all’istruzione.

 

Il diritto-dovere all’istruzione e alla formazione e l’obbligo scolastico. La legge 53/2003[20] ha stabilito che il diritto all’istruzione e alla formazione deve essere assicurato a tutti per almeno 12 anni e, comunque, fino al conseguimento di una qualifica entro il 18° anno di età. Il decreto legislativo 76/2005 ha previsto, quindi, che l’istruzione-formazione per almeno 12 anni si realizza anche attraverso l’apprendistato, nonché attraverso il sistema di istruzione e formazione professionale.

La legge finanziaria 2007[21] ha, in seguito ridefinito l’obbligo scolastico disponendo che, a decorrere dall’anno scolastico 2007-2008, l’istruzione sia impartita per almeno 10 anni (coincidenti con i 16 anni di età) – a partire dalla scuola primaria – e sia finalizzata al conseguimento di un titolo di studio di scuola secondaria superiore o di una qualifica professionale di durata almeno triennale entro il 18° anno di età. È stata contestualmente elevata da 15 a 16 anni l’età minima per l’accesso al lavoro.

Acquisto della cittadinanza per matrimonio

L’A.C. 457 (art. 3) interviene in senso restrittivo sulla disciplina dettata dall’art. 5 della L. 91/1992, che regola l’acquisto della cittadinanza parte di stranieri che abbiano contratto matrimonio con cittadini italiani, con l’intento di porre un freno al fenomeno dei “matrimoni di comodo”.

Tale finalità viene perseguita estendendo il periodo minimo di residenza in Italia (da sei mesi a due anni[22]) per l’attribuzione della cittadinanza jure matrimonii; inoltre, la persistenza del vincolo matrimoniale è richiesta al momento dell’adozione del decreto di conferimento della cittadinanza. Viene distinta l’ipotesi del matrimonio all’interno del quale siano nati o siano stati adottati dei figli: in questo caso i termini sono ridotti della metà.

L’art. 2 della p.d.l. A.C. 1048 eleva a tre anni il periodo minimo di residenza in Italia per l’ottenimento della cittadinanza per matrimonio.

 

Si ricorda che l’art. 29[23] della L. 189/2002 (legge Bossi-Fini) ha introdotto disposizioni volte ad evitare il ricorso a matrimoni contratti al solo fine di eludere le norme sull’ingresso e il soggiorno degli stranieri: a tale scopo ha stabilito che il permesso di soggiorno per motivi familiari concesso a seguito di matrimonio con un cittadino italiano o straniero regolarmente soggiornante sia revocato qualora si accerti che al matrimonio non è seguita l’effettiva convivenza, salvo che dal matrimonio sia nata prole.

Attribuzione della cittadinanza

Gli artt. 4 e 5 dell’A.C. 457 introducono un percorso di attribuzione della cittadinanza ulteriore rispetto a quello attualmente previsto dall’art. 9 della L. 91/1992, che viene comunque mantenuto, seppure con modifiche. Secondo la nuova previsione, la cittadinanza italiana è attribuita con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del ministro dell’interno:

§         allo straniero che risiede legalmente in Italia da almeno cinque anni (in luogo dei dieci attualmente previsti) e che è in possesso del requisito reddituale non inferiore a quello prescritto per il rilascio del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo (che disponga cioè un reddito minimo non inferiore all’assegno sociale annuo, vedi infra);

§         al cittadino di uno Stato membro dell’Unione europea che risieda legalmente da almeno tre anni In Italia (tale ipotesi è già contemplata alla lettera b) del comma 1 dell’articolo 9 della legge vigente, che viene soppressa, ma il periodo minimo di residenza è attualmente fissato in quattro anni);

§         allo straniero regolarmente soggiornante da almeno tre anni a cui sia stato riconosciuto lo status di rifugiato.

 

L’assegno sociale, di cui all’art. 3, co. 6, della L. 335/1995[24], è una prestazione di natura assistenziale che, a decorrere dal 1° gennaio 1996, ha sostituito la pensione sociale, che continua comunque ad essere erogata a coloro che, avendone i requisiti, ne hanno fatto domanda entro il 31 dicembre 1995.

L’assegno sociale è riservato ai cittadini italiani che abbiano almeno 65 anni di età, siano residenti in Italia ed abbiano un reddito pari a zero o di importo comunque inferiore ai limiti stabiliti annualmente dalla legge. Se il soggetto interessato è coniugato si tiene conto anche del reddito del coniuge. Sono equiparati ai cittadini italiani gli abitanti della Repubblica di San Marino, i rifugiati politici, i cittadini dell’Unione europea ed i cittadini extracomunitari che hanno ottenuto la carta di soggiorno.

L’importo dell’assegno viene stabilito anno per anno ed è esente da imposta.

Per l’anno 2008, l’importo mensile dell’assegno è di 395,59 euro, per un importo annuo pari a 5.142,67 euro (395,59 x 13).

I limiti di reddito sono quindi pari a 5.142,67 euro se il richiedente non è coniugato e di 10.285,34 euro annui (5.142,67 x 2) se il richiedente è coniugato.

 

Nel caso di cui al primo punto, l’attribuzione della cittadinanza è subordinata (art. 5), oltre che al soggiorno regolare e continuativo, anche all’accertamento della concreta integrazione linguistica e sociale dello straniero, che preveda una conoscenza della lingua italiana parlata, equivalente al livello A2 del Quadro comune europeo di riferimento per la conoscenza delle lingue, approvato dal Consiglio d’Europa.

 

Il CEFR (Common european framework of reference for languages: Quadro comune europeo di riferimento per la conoscenza delle lingue), rappresenta un quadro generale di riferimento che fornisce griglie oggettive di comparazione internazionale per descrivere i risultati conseguiti da chi studia le lingue straniere in Europa, nonché allo scopo di indicare il livello di riferimento di un insegnamento linguistico negli ambiti più disparati.

E’ stato messo a punto dal Consiglio d’Europa come parte principale del progetto Language learning for european citizenship (apprendimento delle lingue per la cittadinanza europea) tra il 1989 e il 1996. Suo principale scopo è fornire un metodo - per accertare le conoscenze e trasmetterle - che si applichi a tutte le lingue d’Europa.

Nel novembre 2001 una risoluzione del Consiglio d’Europa raccomandò di utilizzare il CEFR per costruire sistemi di validazione dell’abilità linguistica.

I sei livelli di riferimento in cui il CEFR si articola (vedi più in basso) sono sempre più diffusamente accettati come standard per valutare il livello di competenza linguistica individuale.

Il Common European Framework distingue tre ampie fasce di competenza ripartite a loro volta in un totale di sei livelli:

§         A Basic User

-          A1 Breakthrough - A2 Waystage

§         B Independent User

-          B1 Threshold - B2 Vantage

§         C Proficient User

-          C1 Effective Operational Proficiency - C2 Mastery

Il CEFR descrive ciò che un individuo è in grado di fare nei diversi ambiti di competenza: reading (comprensione di elaborati scritti), listening (comprensione all’ascolto), speaking e writing (abilità nella comunicazione orale e scritta) a ciascun livello, in dettaglio:

Il livello A2 comprende frasi ed espressioni usate frequentemente relative ad ambiti di immediata rilevanza (es. informazioni personali e familiari di base, fare la spesa, la geografia locale, l’occupazione). Comunica in attività semplici e di routine che richiedono un semplice scambio di informazioni su argomenti familiari e comuni. Sa descrivere in termini semplici aspetti del suo background, dell’ambiente circostante; sa esprimere bisogni immediati[25].

 

Le modalità di esecuzione di tali disposizioni (titoli idonei, documentazione da allegare all’istanza, modalità del colloquio volto ad accertare il reale grado di conoscenza della lingua, della cultura e delle istituzioni italiane, ecc.) sono definite con successivo D.P.R..

Forme di accertamento della conoscenza della lingua, della storia e della Costituzione italiana sono previste anche dalle p.d.l. A.C. 1048 e A.C. 1592 (di cui si dirà più avanti) ai fini dell’acquisto della cittadinanza per matrimonio o per naturalizzazione.

 

Il requisito dell’integrazione linguistica e sociale dello straniero è stato adottato con varie definizioni (“indicatore di socializzazione”, “sufficiente integrazione personale e professionale”) e con diverse modalità (test di integrazione, attestazione di conoscenza della lingua, frequenza di appositi corsi, eccetera), in alcuni Paesi europei, con lo scopo di verificare la serietà dell’intento dello straniero di acquisire la cittadinanza e la possibilità di un suo reale inserimento nel tessuto sociale del Paese in vista del rapporto perdurante e stabile che con il conferimento della cittadinanza verrà a determinarsi con la società e le sue istituzioni, anche attraverso la conseguente acquisizione dei diritti civili e politici che lo Stato riserva ai suoi cittadini.

A titolo esemplificativo, si segnala che il test di nazionalità è stato introdotto nel novembre 2005 nel Regno Unito. Ad esso il Ministero dell’interno (Home Office) ha dedicato uno specifico sito: www.lifeintheuktest.gov.uk. Il test comprende un esame d’inglese per provare una sufficiente conoscenza linguistica e una prova di cultura generale in 24 domande, basate sulla conoscenza del volume Life in the United Kingdom. A Journey to Citizenship handbook, cui si deve rispondere in 45 minuti. Il test può essere sostenuto mediante computer in 90 centri ufficiali e può essere ripetuto, in caso di insuccesso, un numero illimitato di volte. Il volume Life in the United Kingdom, elaborato da una specifica commissione, l’Advisory Group on Life in the UK,consta di 146 pagine in cui sono trattati argomenti quali storia, società, geografia, popolazione e religioni, struttura del Governo, informazioni sulla ricerca di un lavoro ed elementi di educazione civica.

Si ricorda che la I Sezione del Consiglio di Stato, con il parere n. 1423 reso il 26 ottobre 1988, cioè prima dell’entrata in vigore della L. 91/1992 (essendo vigente l’art. 4 della legge 13 giugno 1912 n. 555, nel testo modificato dal R.D. 1 dicembre 1934 n. 1997), ha evidenziato che l’amministrazione chiamata a decidere sulla domanda di concessione di cittadinanza italiana deve accertare, tra l’altro, il grado di conoscenza della lingua italiana del soggetto richiedente.

Nell’ambito della Consulta per l’Islam, un comitato di esperti nominato dal Ministro dell’interno ha elaborato la Carta dei valori, della cittadinanza e dell’integrazione, destinatanon solo all’adesione degli islamici ma di tutti coloro che vogliono diventare cittadini, adottata con decreto dello stesso Ministro[26].

 

La p.d.l. A.C. 457 prevede inoltre lo svolgimento, anche in collaborazione con le Regioni e gli enti locali, di attività finalizzate a promuovere l’effettiva integrazione linguistica e sociale dello straniero.

 

Motivi preclusivi dell’attribuzione della cittadinanza

L’A.C. 457, all’art. 6, estende alcune cause ostative, che attualmente precludono il riconoscimento della cittadinanza per matrimonio, alle ipotesi di attribuzione della cittadinanza illustrate nel precedente paragrafo e a quella jure domicilii (al minore figlio di genitori stranieri che abbia frequentato corsi di istruzione presso istituti scolastici o percorsi di formazione professionale in Italia), e amplia il novero delle cause escludendo la possibilità di divenire cittadini italiani anche per coloro che hanno riportato una condanna per uno dei crimini contro l’umanità puniti ai sensi della legge penale internazionale.

Costituisce ostacolo per la concessione della cittadinanza anche la dichiarazione di delinquenza abituale. Si stabilisce infine che l’irrogazione di una misura cautelare personale, l’apertura di un procedimento penale per i reati previsti dall’art. 6 della L. 91/1992 o del procedimento di riconoscimento della sentenza straniera determinano la sospensione del procedimento per l’attribuzione della cittadinanza, fino alla comunicazione della sentenza definitiva di assoluzione, o del decreto di archiviazione o della revoca della misura cautelare. Il Ministro dell’interno respinge l’istanza di attribuzione della cittadinanza con decreto motivato ove sussistano le cause ostative prima ricordate (art. 8).

Nella p.d.l. A.C. 457 viene collocata in un articolo autonomo (art. 9) la disposizione che già prevede, qualora sussistano motivi tali da far ritenere il richiedente pericoloso per la sicurezza della Repubblica, la reiezione con decreto motivato da parte del Ministro dell’interno dell’istanza per l’acquisto della cittadinanza: del rigetto viene data comunicazione al Presidente del Consiglio (in quest’ultima previsione è la differenza rispetto alla disciplina attuale); l’istanza può essere riproposta dopo due anni (invece dei cinque ora previsti). Qualora risulti necessario acquisire ulteriori informazioni in ordine alla pericolosità per la sicurezza della Repubblica, il Ministro dell’interno può sospendere il procedimento di attribuzione della cittadinanza per un periodo massimo di tre anni, informandone il Presidente del Consiglio.

Concessione della cittadinanza per naturalizzazione

L’art. 10 incide sull’art. 9 della L. 91/1992 stabilendo che la cittadinanza può essere concessa al minore straniero o apolide che abbia frequentato integralmente un ciclo scolastico in Italia, al raggiungimento della maggiore età, e riducendo da cinque a tre anni il termine per la concessione all’apolide che risieda legalmente in Italia.

Viene mantenuta la possibilità di concessione della cittadinanza per naturalizzazione allo straniero: al requisito del periodo minimo di dieci anni di presenza regolare e continuativa in Italia attualmente richiesto si aggiunge quello ulteriore del possesso di un reddito sufficiente al proprio sostentamento, che sia comunque non inferiore a quello richiesto per il rilascio del permesso di soggiorno CE per i soggiornanti di lungo periodo (vedi supra).

 

Come già ricordato, anche le p.d.l. A.C. 1048 eA.C. 1592 introducono modifiche all’art. 9 della L. 91/1992.

La p.d.l. A.C. 1048, all’art. 4, prevede, tra i requisiti per l’acquisizione della cittadinanza per matrimonio e per naturalizzazione, l’accertamento della buona conoscenza della lingua, della storia e della Costituzione italiana, la rinuncia alla precedente cittadinanza e la frequentazione di un corso di formazione di 12 mesi volto ad approfondire le materie suindicate. È prevista l’esenzione dalla frequentazione del corso per:

§         gli stranieri che hanno frequentato nel Paese di origine attività di istruzione e di formazione professionale finalizzati all’inserimento lavorativo in Italia e che in relazione a questi sono stati immessi direttamente nel mercato del lavoro con contratti di soggiorno;

§         gli stranieri che abbiano conseguito titoli di istruzione media superiore o universitaria rilasciati da istituti di istruzione di lingua italiana e i docenti di istituti universitari di lingua italiana;

§         soltanto relativamente alla conoscenza della lingua italiana, gli stranieri di madrelingua italiana o in possesso di certificazione di italiano come lingua straniera-CILS (livello due - B2).

 

La CILS - Certificazione di Italiano come Lingua Straniera - è un titolo di studio, rilasciato dall’Università per stranieri di Siena, che attesta il grado di competenza linguistico-comunicativa in italiano come L2 (seconda lingua). La CILS è riconosciuta come titolo ufficiale di competenza linguistica in base alla L. 204/1992[27] e al comma 3 dell’art. 10 dello Statuto della stessa Università. L’ esame per il rilascio della CILS si tiene due volte all’anno in sedi selezionate in Italia e all’estero.

La CILS è utilizzabile per l’inserimento nel mondo del lavoro, per l’insegnamento dell’italiano, per l’iscrizione alle Università italiane, per ogni altro ambito d’uso in cui sia richiesto un determinato livello di competenza nella nostra lingua attestato formalmente. Il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca riconosce la CILS come certificato per l’ammissione degli studenti stranieri extra-comunitari alle Università italiane: il possesso del Livello CILS Due – B2 esonera gli studenti extra-comunitari dalla prova di lingua italiana. Molte aziende o ditte italiane e straniere riconoscono i certificati CILS come requisiti per rapporti di lavoro.

Il sistema di Certificazione CILS comprende tutti i sei livelli di competenza linguistico-comunicativa indicati nel Common European Framework of Reference del Consiglio d’Europa. I livelli CILS (Livello A1, A 2, UNO – B1, DUE – B2, TRE – C1, QUATTRO – C2) individuano una competenza linguistico- comunicativa progressivamente più alta.

Il Livello DUE – B2 è il livello intermedio della competenza linguistico-comunicativa. Prevede una maggiore capacità di uso di elementi dell’area fondamentale della lingua e permette di gestire una maggiore varietà di situazioni, sempre tipiche della vita quotidiana. Chi possiede questo livello è in grado di comunicare efficacemente durante un soggiorno in Italia per motivi di studio e in un contatto con la lingua e la cultura italiana anche per motivi di lavoro. Il possesso di questo certificato consente ad uno straniero extra-comunitario di iscriversi nelle università italiane senza dover sostenere la prova di conoscenza della lingua italiana[28].

 

La p.d.l. A.C. 1592 si colloca nella stessa ottica, pur mantenendo inalterati i termini di residenza legale in Italia attualmente previsti per l’ottenimento della cittadinanza per concessione da parte di apolidi e di stranieri: essa introduce tra i requisiti il superamento di un esamedi naturalizzazione, il cui scopo è quello di accertare la conoscenza da parte dell’interessato “della lingua italiana e locale” e, più in generale, della storia e cultura e dell’ordinamento istituzionale della Repubblica.

Entrambe le p.d.l. da ultimo illustrate rinviano ad un regolamento le modalità di attuazione delle disposizioni da esse recate relative alle procedure per l’accertamento del livello di conoscenza della lingua e della cultura italiana e dell’organizzazione dei corsi di formazione.

Giuramento, doppia cittadinanza, computo della residenza legale, disposizioni transitorie

Gli artt. 11 e 14 dell’A.C. 457, modificando gli artt. 10 e 23 della L. 91/1992, prevedono che il decreto di attribuzione o di concessione della cittadinanza acquisti efficacia con la prestazione del giuramento, che avviene, entro un anno dalla notifica all’interessato (attualmente è previsto un termine di sei mesi), davanti al sindaco del comune di residenza dell’istante, ovvero, in caso di residenza all’estero, dinanzi all’autorità consolare del luogo di residenza. Al giuramento vieneattribuita maggiore solennità mediante una nuova formula che evidenzia in maniera più precisa ed efficace i doveri del nuovo cittadino.

Per quanto concerne il giuramento, la p.d.l. A.C. 1048 (art. 5) prevede che esso debba essere prestato entro sei mesi dalla data di emanazione del decreto e non dalla notifica dello stesso all’interessato. L’art. 6 dell’A.C. 1048 modifica l’art. 7 del regolamento di attuazione della legge sulla cittadinanza (D.P.R. 572/1993[29]) stabilendo che il giuramento deve essere prestato, in Italia, dinanzi al prefetto della provincia di residenza, anziché davanti all’ufficiale dello stato civile del comune di residenza.

 

Quest’ultima disposizione è volta a modificare una norma contenuta in una fonte di rango subordinato, circostanza non conforme alle esigenze di coerente utilizzo delle fonti normative, in quanto da essa deriva l’effetto secondo cui atti non aventi forza di legge presentano un diverso grado di resistenza ad interventi modificativi successivi[30].

 

L’A.C. 457, all’art. 12, che inserisce un art. 11-bis nella L. 91/1992, sancisce il principio secondo cui è possibile conservare la cittadinanza di origine al momento dell’acquisizione di quella italiana, ammettendo in sostanza la doppia cittadinanza.

 

In Italia vige attualmente il regime della doppia cittadinanza, accettato esplicitamente con la legge 91 del 1992 (art. 11). La precedente legge del 1912 rifiutava formalmente il principio, ma casi di doppia cittadinanza erano comunque ampiamente tollerati o disciplinati attraverso trattati bilaterali al fine di non perdere i vantaggi derivanti da una forte comunità di cittadini residenti all’estero. L’istituzione del certificato di svincolo, ossia di rinuncia alla cittadinanza di origine, trova fondamento non nella legge n. 91 del 1992, e nemmeno nel relativo regolamento di attuazione, ma piuttosto nell’art. 1 del D.P.R. 18 aprile 1994, n. 362, recante il regolamento sulla disciplina del procedimento di concessione, il quale autorizzava il Ministero dell’interno a richiedere ulteriori documenti, oltre a quelli espressamente indicati dalle norme regolamentari. Il Ministero aveva quindi stabilito, con il decreto ministeriale 22 novembre 1994, che, ai fini della concessione della cittadinanza italiana, ai sensi dell’articolo 9 della legge n. 91 del 1992, i naturalizzandi dovessero produrre un certificato di svincolo dalla cittadinanza posseduta, a meno che quest’ultima non venisse persa automaticamente con l’acquisto di uno status civitatis straniero. La produzione, da parte dell’interessato, del certificato di svincolo costituiva quindi condizione indispensabile per procedere alla predisposizione del decreto da sottoporre alla firma del Presidente della Repubblica. L’applicazione di detta norma regolamentare aveva peraltro evidenziato, nel tempo, vari profili di problematicità. Spesso gli aspiranti alla cittadinanza, per la normativa disciplinante la materia nei diversi Paesi, incontravano difficoltà per l’ottenimento del predetto certificato presso le autorità del proprio Stato di origine, con conseguente notevole allungamento dei tempi del procedimento di concessione. Peraltro, una volta ottenuto tale documento, l’interessato risultava privo della titolarità della cittadinanza di origine e non ancora in possesso di quella italiana: versava quindi in una condizione di apolidia di fatto, seppur temporanea, fino al momento del giuramento. Sulla base di tali considerazioni, con il decreto ministeriale 7 ottobre 2004, è stata definitivamente eliminata la richiesta di svincolo, anche al fine di adeguare la procedura di concessione dello status civitatis a criteri di razionalizzazione e semplificazione, nonché di favorire una migliore integrazione sociale dei nuovi cittadini[31].

 

Per quanto riguarda le modalità di computo del periodo di residenza legale l’art. 15 dell’A.C. 457, premesso che tale periodo inizia dalla data di presentazione della dichiarazione anagrafica all’ufficio comunale, specifica che si considera che abbia soggiornato o risieduto in Italia senza interruzioni: per almeno un anno, chi in tale periodo abbia trascorso all’estero periodi complessivamente non superiori a novanta giorni; per almeno cinque anni, chi in tale periodo abbia trascorso all’estero periodi complessivamente non superiori a novanta giorni nell’ultimo anno e a quattrocentocinquanta giorni nel quinquennio.

 

Con riferimento al significato da attribuire alla locuzione “senza interruzioni” utilizzata nell’art. 15 dell’A.C. 457, si ricorda che, con circolare del 5 gennaio 2007, il Ministero dell’interno è intervenuto sull’argomento. Nel passato, infatti, l’interruzione della permanenza in Italia è stata motivo di preclusione alla concessione della cittadinanza per residenza ai sensi dell’articolo 9 della legge n. 91 del 1992, in quanto si riteneva non maturato il presupposto normativo. Ma, in un mondo in costante evoluzione non si è potuto non tener conto delle mutate condizioni di vita, le quali possono determinare brevi periodi di allontanamento dal territorio nazionale per motivate ragioni, quali, ad esempio, esigenze lavorative, di studio o di semplice arricchimento e scambio culturale. Sulla base di tali considerazioni – supportate peraltro da recenti pronunce giurisprudenziali – le eventuali assenze temporanee sono oggi considerate non più pregiudizievoli ai fini della concessione dello status civitatis a condizione che l’aspirante cittadino, recandosi all’estero, abbia comunque mantenuto in Italia la propria residenza legale, vale a dire l’iscrizione anagrafica presso il comune di residenza e il titolo di soggiorno valido per l’intero arco temporale, nonché il centro delle proprie relazioni familiari e sociali. Le ragioni dell’assenza - dovute comunque per lo più a necessità di studio, di lavoro, di assistenza alla famiglia di origine e di cure mediche - devono essere comprovate da idonea documentazione che lo straniero è tenuto a produrre ad integrazione dell’istanza[32].

 

I restanti articoli dell’A.C. 457 autorizzano il Governo a riordinare e accorpare la disciplina di attuazione in materia di cittadinanza in un unico regolamento, in cui si stabilisce, per la conclusione dei procedimenti amministrativi per la concessione e per l’attribuzione della cittadinanza, un termine certo improrogabile, non superiore a ventiquattro mesi dalla data di presentazione dell’istanza (art. 17); recano alcune disposizioni transitorie che intendono definire la posizione degli stranieri maggiorenni, figli di genitori stranieri, che siano nati in Italia o vi risiedano da lungo tempo e abbiano già maturato i requisiti introdotti rispettivamente dagli artt. 1 e 2 del provvedimento: questi soggetti acquistano la cittadinanza italiana se effettuano una dichiarazione in tal senso entro tre anni dalla data di entrata in vigore del regolamento di attuazione (art. 18) e provvedono alla copertura finanziaria (art. 19).


Testo a fronte
tra la L. 5 febbraio 1992, n. 91, nel testo vigente, e le modifiche proposte dalle p.d.l. A.C. 457, A.C. 1048 e A.C. 1592

L. 5 febbraio 1992, n. 91

Nuove norme sulla cittadinanza

 

Testo vigente

L. 5 febbraio 1992, n. 91

Nuove norme sulla cittadinanza

 

Modifiche proposte dall’A.C. 457 (Bressa ed altri)

L. 5 febbraio 1992, n. 91

Nuove norme sulla cittadinanza

 

Modifiche proposte dall’A.C. 1048 (Santelli)

L. 5 febbraio 1992, n. 91

Nuove norme sulla cittadinanza

 

Modifiche proposte dall’A.C. 1592 (Cota ed altri)

Art. 1.

Art. 1.

Art. 1

Art. 1.

Art. 1.

1. È cittadino per nascita:

1. [Identico].

1. [Identico].

1. [Identico].

a) il figlio di padre o di madre cittadini;

a) [Identica];

a) [Identica];

a) [Identica];

b) chi è nato nel territorio della Repubblica se entrambi i genitori sono ignoti o apolidi, ovvero se il figlio non segue la cittadinanza dei genitori secondo la legge dello Stato al quale questi appartengono.

b) [Identica];

b) [Identica];

b) [Identica];

 

b-bis) chi è nato nel territorio della Repubblica da genitori stranieri di cui almeno uno sia residente legalmente in Italia, senza interruzioni, da almeno cinque anni;

 

 

 

b-ter) chi è nato nel territorio della Repubblica da genitori stranieri di cui almeno uno sia nato in Italia e ivi legalmente risieda, senza interruzioni, da almeno un anno.

 

 

2. È considerato cittadino per nascita il figlio di ignoti trovato nel territorio della Repubblica, se non venga provato il possesso di altra cittadinanza.

2. [Identico].

2. [Identico].

2. [Identico].

 

2-bis. Nei casi di cui alle lettere b-bis) e b-ter) del comma 1, la cittadinanza si acquista a seguito di una dichiarazione di volontà in tal senso espressa da un genitore e risultante nell'atto di nascita. Entro un anno dal raggiungimento della maggiore età il soggetto può rinunciare, se in possesso di altra cittadinanza, alla cittadinanza italiana.

 

 

 

2-ter. Qualora non sia stata resa la dichiarazione di volontà di cui al comma 2-bis, i soggetti di cui alle lettere b-bis) e b-ter) del comma 1 acquistano la cittadinanza, senza ulteriori condizioni, se ne fanno richiesta entro due anni dal raggiungimento della maggiore età.

 

 

[…]

[…]

[…]

[…]

Art. 4.

Art. 4.

Art. 2

Art. 4.

Art. 1

Art. 4.

Art. 1

1. Lo straniero o l'apolide, del quale il padre o la madre o uno degli ascendenti in linea retta di secondo grado sono stati cittadini per nascita, diviene cittadino:

1. [Identico].

1. [Identico].

1. [Identico].

a) se presta effettivo servizio militare per lo Stato italiano e dichiara preventivamente di voler acquistare la cittadinanza italiana;

a) [Identica];

a) [Identica];

a) [Identica];

b) se assume pubblico impiego alle dipendenze dello Stato, anche all'estero, e dichiara di voler acquistare la cittadinanza italiana;

b) [Identica];

b) [Identica];

b) [Identica];

c) se, al raggiungimento della maggiore età, risiede legalmente da almeno due anni nel territorio della Repubblica e dichiara, entro un anno dal raggiungimento, di voler acquistare la cittadinanza italiana.

c) [Identica].

c) [Identica].

c) [Identica].

2. Lo straniero nato in Italia, che vi abbia risieduto legalmente senza interruzioni fino al raggiungimento della maggiore età, diviene cittadino se dichiara di voler acquistare la cittadinanza italiana entro un anno dalla suddetta data.

2. Lo straniero nato in Italia o entratovi entro il quinto anno di età, che vi abbia risieduto legalmente fino al raggiungimento della maggiore età, diviene cittadino se dichiara di voler acquistare la cittadinanza italiana entro un anno dalla suddetta data.

2. Lo straniero nato in Italia, che vi abbia risieduto legalmente senza interruzioni sino al raggiungimento della maggiore età e che abbia frequentato scuole riconosciute dallo Stato italiano almeno sino all'assolvimento del diritto-dovere all'istruzione, diviene cittadino se dichiara, entro sei mesi dal raggiungimento della maggiore età, di voler acquisire la cittadinanza italiana.

2. [Identico].

 

2-bis. Il minore figlio di genitori stranieri acquista la cittadinanza italiana, su istanza dei genitori o del soggetto esercente la potestà genitoriale secondo l'ordinamento del Paese di origine, se ha frequentato un corso di istruzione primaria o secondaria di primo grado ovvero secondaria superiore presso istituti scolastici appartenenti al sistema nazionale di istruzione di cui all'articolo 1, comma 1, della legge 10 marzo 2000, n. 62, ovvero un percorso di istruzione e formazione professionale idoneo al conseguimento di una qualifica professionale. Entro un anno dal raggiungimento della maggiore età, il soggetto può rinunciare, se in possesso di altra cittadinanza, alla cittadinanza italiana.

 

 

 

2-ter. Il minore di cui al comma 2-bis, alle medesime condizioni ivi indicate, diviene cittadino italiano ove dichiari, entro due anni dal raggiungimento della maggiore età, di voler acquistare la cittadinanza italiana.

 

 

Art. 5.

Art. 5.

Art. 3

Art. 5.

Art. 2

Art. 5.

1. Il coniuge, straniero o apolide, di cittadino italiano acquista la cittadinanza italiana quando risiede legalmente da almeno sei mesi nel territorio della Repubblica, ovvero dopo tre anni dalla data del matrimonio, se non vi è stato scioglimento, annullamento o cessazione degli effetti civili e se non sussiste separazione legale.

1. Il coniuge, straniero o apolide, di cittadino italiano acquista la cittadinanza italiana, quando, dopo il matrimonio, risieda legalmente da almeno due anni nel territorio della Repubblica, oppure dopo tre anni dalla data del matrimonio se residente all’estero, qualora, al momento dell’adozione del decreto di cui all’ articolo 7, comma 1, non sia intervenuto lo scioglimento, l’annullamento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio e non sussista la separazione personale dei coniugi.

1. Il coniuge, straniero o apolide, di cittadino italiano acquista la cittadinanza in Italia quando, dopo il matrimonio, risieda per almeno tre anni nel territorio della Repubblica e a condizione che non sia intervenuto scioglimento, annullamento o cessazione degli effetti civili del matrimonio né vi sia stata separazione personale dei coniugi.

1. [Identico].

 

2. I termini di cui al comma 1 sono ridotti della metà in presenza di figli nati o adottati dai coniugi.

 

 

 

3. Qualora, successivamente alla presentazione dell'istanza per l'attribuzione della cittadinanza ai sensi del comma 1, intervenga lo scioglimento, l'annullamento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio ovvero la separazione personale dei coniugi, lo straniero che sia in possesso dei requisiti per l'attribuzione o la concessione della cittadinanza ad altro titolo può presentare la relativa documentazione integrativa al prefetto competente per territorio in base alla residenza dell'istante entro trenta giorni dalla data dello scioglimento, annullamento o cessazione degli effetti civili del matrimonio o della separazione personale dei coniugi. Nelle ipotesi di cui al presente comma, il termine massimo per la conclusione del procedimento è di trentasei mesi dalla data della presentazione della prima istanza.

 

 

 

4. Lo straniero maggiorenne, adottato da cittadino italiano, acquista la cittadinanza italiana quando, successivamente all'adozione, risieda legalmente nel territorio della Repubblica, senza interruzioni, da almeno cinque anni.

 

 

 

Art. 5-bis.

Art. 4

 

 

 

1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 5-ter, acquista la cittadinanza italiana, su propria istanza, con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'interno:

 

 

 

a) lo straniero che risiede legalmente da almeno cinque anni nel territorio della Repubblica e che è in possesso del requisito reddituale, determinato con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, in misura non inferiore a quello prescritto per il rilascio del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, ai sensi dell'articolo 9 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, come da ultimo sostituito dall'articolo 1 del decreto legislativo 8 gennaio 2007, n. 3;

 

 

 

b) il cittadino di uno Stato membro dell'Unione europea che risiede legalmente da almeno tre anni nel territorio della Repubblica;

 

 

 

c) lo straniero regolarmente soggiornante nel territorio della Repubblica da almeno tre anni a cui sia stato riconosciuto lo status di rifugiato.

 

 

 

Art. 5-ter.

Art. 5

 

 

 

1. L'acquisizione della cittadinanza italiana nell'ipotesi di cui all'articolo 5-bis, comma 1, lettera a), è condizionata alla verifica della reale integrazione linguistica e sociale dello straniero nel territorio della Repubblica. La verifica dell'integrazione linguistica è riscontrabile dal possesso di una conoscenza della lingua italiana parlata equivalente al livello A2 di cui al quadro comune europeo di riferimento delle lingue, approvato dal Consiglio d'Europa.

 

 

 

2. Il Governo individua e riconosce, anche in collaborazione con le regioni e gli enti locali, le iniziative e le attività finalizzate a sostenere il processo di integrazione linguistica e sociale dello straniero, secondo modalità stabilite ai sensi dell'articolo 25, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

 

 

3. Secondo modalità stabilite ai sensi dell'articolo 25, sono determinati i titoli idonei ad attestare il possesso del livello della conoscenza della lingua italiana di cui al comma 1, nonché le attività il cui svolgimento costituisce titolo equipollente. Con le medesime modalità sono determinati la documentazione da allegare all'istanza, ai fini dell'attestazione dei requisiti di cui al comma 1, le modalità del colloquio diretto ad accertare la sussistenza dei requisiti medesimi, nonché i casi straordinari di giustificata esenzione dal loro possesso.

 

 

 

4. L'acquisizione della cittadinanza italiana impegna il nuovo cittadino al rispetto, all'adesione e alla promozione dei valori di libertà, di eguaglianza e di democrazia posti a fondamento della Repubblica italiana.

 

 

Art. 6.

Art. 6.

Art. 6

Art. 6.

Art. 6.

1. Precludono l'acquisto della cittadinanza ai sensi dell'articolo 5:

1. Precludono l'attribuzione della cittadinanza ai sensi degli articoli 4, comma 2-bis, 5 e 5-bis:

1. [Identico].

1. [Identico].

a) la condanna per uno dei delitti previsti nel libro secondo, titolo I, capi I, II e III, del codice penale;

a) la condanna per uno dei delitti previsti nel libro secondo, titolo I, capi I, II e III, del codice penale;

a) [Identica];

a) [Identica];

b) la condanna per un delitto non colposo per il quale la legge preveda una pena edittale non inferiore nel massimo a tre anni di reclusione ovvero la condanna per un reato non politico ad una pena detentiva superiore ad un anno da parte di una autorità giudiziaria straniera, quando la sentenza sia stata riconosciuta in Italia;

b) la condanna per un delitto non colposo per il quale la legge preveda una pena edittale non inferiore nel massimo a tre anni di reclusione;

c) la condanna per un reato non politico ad una pena detentiva superiore ad un anno da parte di una autorità giudiziaria straniera, quando la sentenza sia stata riconosciuta in Italia;

b) [Identica];

b) [Identica];

c) la sussistenza, nel caso specifico, di comprovati motivi inerenti alla sicurezza della Repubblica.

[Soppressa]

c) [Identica];

c) [Identica];

 

d) la dichiarazione di delinquenza abituale;

 

 

 

e) la condanna per uno dei crimini o delle violazioni previsti dallo Statuto del Tribunale penale internazionale per l'ex Jugoslavia, firmato a New York il 25 maggio 1993, o dallo Statuto del Tribunale penale internazionale per il Ruanda, firmato a New York l'8 novembre 1994, o dallo Statuto istitutivo della Corte penale internazionale, adottato a Roma il 17 luglio 1998, ratificato e reso esecutivo con la legge 12 luglio 1999, n. 232.

 

 

 

2. L'attribuzione della cittadinanza non è preclusa quando l'istanza riguarda un minore condannato a una pena detentiva non superiore a due anni.

 

 

2. Il riconoscimento della sentenza straniera è richiesto dal procuratore generale del distretto dove ha sede l'ufficio dello stato civile in cui è iscritto o trascritto il matrimonio, anche ai soli fini ed effetti di cui al comma 1, lettera b).

3. Il riconoscimento della sentenza straniera, anche ai soli fini ed effetti di cui al comma 1, lettere c) ed e), è richiesto dal procuratore generale del distretto dove ha sede l’ufficio dello stato civile in cui è iscritto o trascritto il matrimonio, nei casi di cui all’articolo 5, ovvero dal procuratore generale del distretto nel quale è compreso il comune di residenza dell’interessato, nei casi di cui agli articoli 4, comma 2-bis, e 5-bis.

2. [Identico].

2. [Identico].

3. La riabilitazione fa cessare gli effetti preclusivi della condanna.

4. La riabilitazione o l’estinzione del reato fanno cessare gli effetti preclusivi della condanna.

3. [Identico].

3. [Identico].

4. L'acquisto della cittadinanza è sospeso fino a comunicazione della sentenza definitiva, se sia stata promossa azione penale per uno dei delitti di cui al comma 1, lettera a) e lettera b), primo periodo, nonché per il tempo in cui è pendente il procedimento di riconoscimento della sentenza straniera, di cui al medesimo comma 1, lettera b), secondo periodo.

5. L'ordinanza che dispone una misura cautelare personale, ovvero l'inizio dell'azione penale, per uno dei reati indicati nelle lettere a) e b) del comma 1, ovvero l'apertura del procedimento di riconoscimento della sentenza straniera indicata nella lettera c) del comma 1, ovvero i provvedimenti che dispongono l'arresto o la cattura o il trasferimento o il rinvio a giudizio oppure la sentenza di condanna anche non definitiva pronunciati ai sensi dei rispettivi Statuti dai Tribunali di cui al comma 1, lettera e), determinano la sospensione del procedimento per l'attribuzione della cittadinanza. Il procedimento è sospeso fino alla comunicazione della sentenza definitiva o del decreto di archiviazione ovvero del provvedimento di revoca della misura cautelare perché illegittimamente disposta. Del provvedimento di sospensione è data comunicazione all'interessato.

4. [Identico].

4. [Identico].

Art. 7.

Art. 7.

Art. 7

Art. 7.

Art. 7.

1. Ai sensi dell'articolo 5, la cittadinanza si acquista con decreto del Ministro dell'interno, a istanza dell'interessato, presentata al sindaco del comune di residenza o alla competente autorità consolare[33].

1. Ai sensi dell'articolo 5, la cittadinanza si acquista con decreto del Ministro dell'interno, a istanza dell'interessato.

1. [Identico].

1. [Identico].

 

1-bis. Le istanze proposte ai sensi degli articoli 5, 5-bis e 9 si presentano al prefetto competente per territorio in relazione alla residenza dell’istante o alla competente autorità consolare.

 

 

2. Si applicano le disposizioni di cui all'articolo 3 della legge 12 gennaio 1991, n. 13 .

2. Si applicano le disposizioni di cui all'articolo 3 della legge 12 gennaio 1991, n. 13.

2. [Identico].

2. [Identico].

Art. 8.

Art. 8.

Art. 8

Art. 8.

Art. 8.

1. Con decreto motivato, il Ministro dell'interno respinge l'istanza di cui all'articolo 7 ove sussistano le cause ostative previste nell'articolo 6. Ove si tratti di ragioni inerenti alla sicurezza della Repubblica, il decreto è emanato su conforme parere del Consiglio di Stato. L'istanza respinta può essere riproposta dopo cinque anni dall'emanazione del provvedimento.

1. Con decreto motivato, il Ministro dell'interno respinge l'istanza presentata ai sensi dell’articolo 4, comma 2-bis, dell’articolo 5-bis, comma 1, e dell’articolo 7, comma 1, ove sussistano motivi preclusivi indicati all'articolo 6.

1. [Identico].

1. [Identico].

2. L'emanazione del decreto di rigetto dell'istanza è preclusa quando dalla data di presentazione dell'istanza stessa, corredata dalla prescritta documentazione, sia decorso il termine di due anni.

2. [Soppresso].

2. [Identico].

2. [Identico].

 

Art. 8-bis.

Art. 9

 

 

 

1. Qualora sussistano motivi tali da far ritenere il richiedente pericoloso per la sicurezza della Repubblica, il Ministro dell'interno, su parere conforme del Consiglio di Stato, respinge con decreto motivato l'istanza presentata ai sensi dell'articolo 7, comma 1-bis, dandone comunicazione al Presidente del Consiglio dei ministri.

 

 

 

2. Qualora risulti necessario acquisire ulteriori informazioni in ordine alla pericolosità del richiedente per la sicurezza della Repubblica, il Ministro dell'interno sospende il procedimento per l'attribuzione della cittadinanza per un periodo massimo di tre anni, informandone il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

 

 

3. L'istanza respinta ai sensi del presente articolo può essere riproposta trascorsi due anni dalla data del decreto di reiezione.

 

 

Art. 9.

Art. 9.

Art. 10

Art. 9.

Art. 3

Art. 9.

Art. 1

1. La cittadinanza italiana può essere concessa con decreto del Presidente della Repubblica, sentito il Consiglio di Stato, su proposta del Ministro dell'interno:

1. La cittadinanza italiana può essere concessa con decreto del Presidente della Repubblica, sentito il Consiglio di Stato, su proposta del Ministro dell'interno:

1. [Identico].

1. [Identico].

a) allo straniero del quale il padre o la madre o uno degli ascendenti in linea retta di secondo grado sono stati cittadini per nascita, o che è nato nel territorio della Repubblica e, in entrambi i casi, vi risiede legalmente da almeno tre anni, comunque fatto salvo quanto previsto dall'articolo 4, comma 1, lettera c);

a) allo straniero del quale il padre o la madre o uno degli ascendenti in linea retta di secondo grado sono stati cittadini per nascita, o che è nato nel territorio della Repubblica e, in entrambi i casi, vi risiede legalmente da almeno tre anni, comunque fatto salvo quanto previsto dall'articolo 4, comma 1, lettera c);

a) [Identica];

a) [Identica];

b) allo straniero maggiorenne adottato da cittadino italiano che risiede legalmente nel territorio della Repubblica da almeno cinque anni successivamente alla adozione;

b) al minore straniero o apolide che abbia frequentato integralmente un ciclo scolastico in Italia, al raggiungimento della maggiore età;

b) [Identica];

b) [Identica];

c) allo straniero che ha prestato servizio, anche all'estero, per almeno cinque anni alle dipendenze dello Stato;

c) allo straniero che ha prestato servizio, anche all'estero, per almeno cinque anni alle dipendenze dello Stato;

c) [Identica];

c) [Identica];

d) al cittadino di uno Stato membro delle Comunità europee se risiede legalmente da almeno quattro anni nel territorio della Repubblica;

d) [Soppressa]

d) [Identica];

d) [Identica];

e) all'apolide che risiede legalmente da almeno cinque anni nel territorio della Repubblica;

e) all'apolide che risiede legalmente da almeno tre anni nel territorio della Repubblica;

e) [Identica];

e) all'apolide che risiede legalmente da almeno cinque anni nel territorio della Repubblica, previo superamento di un esame di naturalizzazione;

f) allo straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica.

f) allo straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica e che è in possesso del requisito reddituale, determinato con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, in misura non inferiore a quello prescritto per il rilascio del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, ai sensi dell'articolo 9 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, come modificato dall'articolo 1 del decreto legislativo 8 gennaio 2007, n. 3.

f) allo straniero che risiede legalmente e stabilmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica.

f) allo straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica, previo superamento di un esame di naturalizzazione.

2. Con decreto del Presidente della Repubblica, sentito il Consiglio di Stato e previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro degli affari esteri, la cittadinanza può essere concessa allo straniero quando questi abbia reso eminenti servizi all'Italia, ovvero quando ricorra un eccezionale interesse dello Stato.

2. Con decreto del Presidente della Repubblica, sentito il Consiglio di Stato e previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro degli affari esteri, la cittadinanza può essere concessa allo straniero quando questi abbia reso eminenti servizi all'Italia, ovvero quando ricorra un eccezionale interesse dello Stato.

2. [Identico].

2. [Identico].

 

2-bis. Ai fini della concessione della cittadinanza ai sensi dei commi 1, lettere a), b), c) ed e), e 2, l'interessato non è tenuto a dimostrare alcun requisito di reddito.

 

 

 

 

Art. 9-bis.

Art. 4

 

 

 

1. L'acquisizione della cittadinanza italiana nei casi di cui agli articoli 5 e 9 è subordinata ai seguenti requisiti:

 

 

 

a) buona conoscenza della lingua italiana, scritta e parlata;

 

 

 

b) conoscenza della storia italiana;

 

 

 

c) conoscenza della Costituzione italiana;

 

 

 

d) rinuncia al possesso di altra cittadinanza;

 

 

 

e) frequentazio-ne di un corso, della durata di almeno dodici mesi, finalizzato all'approfondimento della conoscenza di cui alle lettere a), b) e c).

 

 

 

2. Sono esenti dalla frequentazione del corso di cui alla lettera e) del comma 1 gli stranieri che hanno frequentato nel Paese di origine corsi di formazione professionale e di apprendimento della lingua italiana ai sensi dell'articolo 23 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, e in relazione a questi sono stati inseriti direttamente nel mercato del lavoro italiano con contratti di soggiorno, secondo quanto disposto dall'articolo 34 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, come sostituito dall'articolo 29 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 18 ottobre 2004, n. 334; sono altresì esenti dalla frequentazione del corso di cui alla lettera e) del comma 1, relativamente alle conoscenze di cui alle lettere a) e b) del medesimo comma, gli stranieri che abbiano conseguito titoli di istruzione media superiore o universitaria rilasciati da istituti di istruzione di lingua italiana e i docenti di istituti universitari di lingua italiana; infine sono esenti dalla frequentazione del corso di cui alla lettera e) del comma 1 relativamente alla conoscenza di cui alla lettera a) del medesimo comma gli stranieri di madrelingua italiana ovvero in possesso di certificazione di italiano come lingua straniera-CILS (livello due - B2).

 

Art. 10.

Art. 10.

Art. 11

Art. 10.

Art. 5

Art. 10.

Art. 5

1. Il decreto di concessione della cittadinanza non ha effetto se la persona a cui si riferisce non presta, entro sei mesi dalla notifica del decreto medesimo, giuramento di essere fedele alla Repubblica e di osservare la Costituzione e le leggi dello Stato.

1. Il decreto di attribuzione o di concessione della cittadinanza acquista efficacia con la prestazione del giuramento. Il giuramento è prestato entro un anno dalla data in cui il decreto è comunicato all’interessato.

1. Il decreto di conferimento della cittadinanza non ha effetto se, entro sei mesi, la persona cui si riferisce non presta giuramento di essere fedele alla Repubblica e di osservare la Costituzione e le leggi dello Stato.

1. [Identico].

 

2. Il nuovo cittadino italiano presta giuramento pronunciando la seguente formula: "Giuro di osservare la Costituzione della Repubblica italiana, di rispettarne i princìpi fondamentali e di riconoscere i diritti e i doveri dei cittadini e la pari dignità sociale di tutte le persone”.

 

 

 

3. In occasione del giuramento viene consegnata al nuovo cittadino una copia della Costituzione della Repubblica italiana.

 

 

[…]

[…]

[…]

[…]

 

Art. 11-bis.

Art. 12

 

 

 

1. Ai fini dell'acquisizione della cittadinanza non è richiesta la rinuncia alla cittadinanza straniera.

 

 

[…]

[…]

[…]

[…]

Art. 16.

Art. 16.

Art. 13

Art. 16.

Art. 16.

1. L'apolide che risiede legalmente nel territorio della Repubblica è soggetto alla legge italiana per quanto si riferisce all'esercizio dei diritti civili ed agli obblighi del servizio militare.

1. L'apolide che risiede legalmente nel territorio della Repubblica è soggetto alla legge italiana per quanto si riferisce all'esercizio dei diritti civili ed agli obblighi del servizio militare.

1. [Identico].

1. [Identico].

2. Lo straniero riconosciuto rifugiato dallo Stato italiano secondo le condizioni stabilite dalla legge o dalle convenzioni internazionali è equiparato all'apolide ai fini dell'applicazione della presente legge, con esclusione degli obblighi inerenti al servizio militare.

2. [Soppresso]

2. [Identico].

2. [Identico].

[…]

[…]

[…]

[…]

Art. 23.

Art. 23.

Art. 14

Art. 23.

Art. 23.

1. Le dichiarazioni per l'acquisto, la conservazione, il riacquisto e la rinunzia alla cittadinanza e la prestazione del giuramento previste dalla presente legge sono rese all'ufficiale dello stato civile del comune dove il dichiarante risiede o intende stabilire la propria residenza, ovvero, in caso di residenza all'estero, davanti all'autorità diplomatica o consolare del luogo di residenza.

1. Le dichiarazioni per l'acquisto, la conservazione, il riacquisto e la rinunzia alla cittadinanza previste dalla presente legge sono rese all'ufficiale dello stato civile del comune dove il dichiarante risiede o intende stabilire la propria residenza, ovvero, in caso di residenza all'estero, davanti all'autorità diplomatica o consolare del luogo di residenza.

1. [Identico].

1. [Identico].

 

1-bis. La prestazione del giuramento di cui all'articolo 10 è resa dinanzi al sindaco del comune di residenza dell'istante, ovvero, in caso di residenza all'estero, dinanzi all'autorità consolare del luogo di residenza, secondo modalità stabilite ai sensi dell'articolo 25.

 

 

 

1-ter. La prefettura-ufficio territoriale del Governo provvede a convocare l'interessato per il giuramento secondo modalità che garantiscano il rispetto del termine di cui all'articolo 10, comma 1.

 

 

2. Le dichiarazioni di cui al comma 1, nonché gli atti o i provvedimenti attinenti alla perdita, alla conservazione e al riacquisto della cittadinanza italiana vengono trascritti nei registri di cittadinanza e di essi viene effettuata annotazione a margine dell'atto di nascita.

2. Le dichiarazioni di cui al comma 1, nonché gli atti o i provvedimenti attinenti alla perdita, alla conservazione e al riacquisto della cittadinanza italiana vengono trascritti nei registri di cittadinanza e di essi viene effettuata annotazione a margine dell'atto di nascita.

2. [Identico].

2. [Identico].

 

Art. 23-bis.

Art. 15

 

 

 

1. Ai fini della presente legge, per il computo del periodo di residenza legale, laddove prevista, si calcola come termine iniziale la data di presentazione della relativa dichiarazione anagrafica resa dal soggetto interessato al competente ufficio comunale, qualora ad essa consegua la registrazione nell'anagrafe della popolazione residente.

 

 

 

2. Ai fini della presente legge, si considera che abbia soggiornato o risieduto nel territorio della Repubblica senza interruzioni:

 

 

 

a) per almeno un anno, chi in tale periodo abbia trascorso all'estero periodi complessivamente non superiori a novanta giorni;

 

 

 

b) per almeno cinque anni, chi in tale periodo abbia trascorso all'estero periodi complessivamente non superiori a novanta giorni nell'ultimo anno e a quattrocentocinquanta giorni nel quinquennio.

 

 

[…]

[…]

[…]

[…]

Art. 25.

Art. 25.

Art. 16

Art. 25.

Art. 25.

1. Le disposizioni necessarie per l'esecuzione della presente legge sono emanate, entro un anno dalla sua entrata in vigore, con decreto del Presidente della Repubblica, udito il parere del Consiglio di Stato e previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri degli affari esteri e dell'interno, di concerto con il Ministro di grazia e giustizia.

1. Le disposizioni necessarie per l'esecuzione della presente legge sono emanate, entro un anno dalla sua entrata in vigore, con decreto del Presidente della Repubblica, udito il parere del Consiglio di Stato e previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri degli affari esteri e dell'interno, di concerto con il Ministro di grazia e giustizia e con il Ministro della pubblica istruzione.

1. [Identico].

1. [Identico].

[…]

[…]

[…]

[…]

 

 


Le proposte di legge A.C. 103 e 104 (Angeli), A.C. 718 (Fedi ed altri) e A.C. 995 (Ricardo Merlo ed altri)

Come già accennato, le quattro p.d.l. sono volte a disciplinare il riacquisto della cittadinanza da parte di alcune categorie di italiani residenti all’estero che l’abbiano perduta a seguito della naturalizzazione nei Paesi di accoglienza.

L’A.C. 103 prevede l’acquisizione automatica della cittadinanza italiana per i figli di quei cittadini italiani che hanno perduto la cittadinanza e che in seguito l’hanno riacquistata.

L’art. 1 dell’A.C. 104 interessa gli italiani residenti in Stati nei quali il possesso della doppia cittadinanza è stato ammesso dopo il 31 dicembre 1997 (termine ultimo previsto dalla L. 91/1992 per la presentazione della dichiarazione, volta al riacquisto della cittadinanza, da parte di chi l’aveva perduta; su questo punto si veda più oltre), oppure sarà successivamente consentito a seguito di modifiche in tal senso dell’ordinamento interno: a questi soggetti viene riconosciuta la possibilità di richiedere il riacquisto della cittadinanza italiana.

La medesima p.d.l. A.C. 104 (art. 2) dispone la riapertura del termine previsto dall’art. 17, comma 1, della L. 91/1992 per la presentazione della dichiarazione per il riacquisto della cittadinanza, fissandolo in sei mesi dall’entrata in vigore del provvedimento.

Potrebbe risultare opportuna una riformulazione del comma in termini di novella all’art. 17 della L. 91/1992.

Anche la p.d.l. A.C. 718 (art. 2) interviene in questo ambito proponendo la riapertura sine die del termine per la presentazione della dichiarazione in questione. Con riferimento a tale disposizione, la relazione illustrativa della p.d.l. osserva che essa, anche se priva di scadenza temporale, rimane comunque limitata e circoscritta a coloro i quali, già cittadini italiani precedentemente alla data di entrata in vigore della L. 91/1992, avevano perduto la cittadinanza italiana a seguito dell’acquisizione per naturalizzazione di quella del Paese di accoglienza.

 

Si tratta della dichiarazione, volta al riacquisto della cittadinanza, che deve essere presentata da parte di chi l’abbia perduta ai sensi degli articoli 8 e 12 della legge 555/1912[34] ovvero a seguito di opzione, ai sensi dell’articolo 5 della legge 123/1983[35].

Più in particolare gli articoli 8 e 12 della legge n. 555/1912, abrogata dalla legge 91/1992, concernono chi, avendo stabilito la residenza all’estero, abbia acquistato spontaneamente la cittadinanza straniera ovvero, avendo acquistato quest’ultima, senza aver espresso manifestazione di volontà in tal senso, abbia rinunciato alla cittadinanza italiana.

L’art. 5 della legge 123/1983, di modifica della legge 555/1912, (ora entrambe abrogate dall’art. 26 della legge 91/1992), prevedeva, accogliendo le indicazioni della Corte costituzionale (sent. n. 30 del 1983) che, in base alla situazione giuridica di filiazione, la cittadinanza potesse essere trasmessa al figlio minore indifferentemente dal padre o dalla madre, purché il figlio minorenne, anche adottivo, di padre o madre cittadini, optasse per una cittadinanza entro un anno dal raggiungimento della maggiore età. La legge 180/1986[36], modificando a sua volta l’art. 5, ha disposto che l’opzione per una sola cittadinanza fosse esercitabile dal figlio di padre o madre cittadini fino alla data di entrata in vigore della nuova legge sulla cittadinanza.

In attuazione di tale disposto, la legge 91/1992, all’art. 17 ha previsto la possibilità, per chi non avesse ancora effettuato l’opzione, di riacquistare la cittadinanza rendendo una dichiarazione in tal senso entro due anni dalla data di entrata in vigore della legge ed ha, con l’art. 26, soppresso l’obbligo dell’opzione, prevedendo (art. 14) che i figli minori di chi acquista o riacquista la cittadinanza italiana, se conviventi, acquistano la cittadinanza italiana ma, divenuti maggiorenni, possono rinunciarvi, se in possesso di altra cittadinanza.

Il termine di cui all’art. 17 della legge 91/1992, originariamente fissato al 15 agosto 1994, è stato prorogato una prima volta al 15 agosto 1996 dalla legge 736/1994[37] e, da ultimo, al 31 dicembre 1997, dall’art. 2, comma 195, della legge 662/1996[38].

 

Le p.d.l. A.C. 718 e A.C. 995 prevedono entrambe l’acquisto automatico della cittadinanza per quelle donne che sono state cittadine italiane e hanno perduto la cittadinanza a seguito di matrimonio contratto con un cittadino di un Paese straniero (la cui legislazione non consenta per la donna la conservazione della cittadinanza originaria in caso di matrimonio o la doppia cittadinanza) anche prima del 1° gennaio 1948. Tale diritto è esteso anche ai figli di tali soggetti, la cui nascita sia anteriore alla medesima data.

 

L’art. 1, primo comma, n. 1, della legge n. 555 del 1912 stabiliva che è cittadino "per nascita" il figlio di padre cittadino.

Con la sentenza n. 30 del 1983, la Corte costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 1, comma primo, n. 1, della L. 555/1912, nella parte in cui non prevede che sia cittadino per nascita anche il figlio di madre cittadina, equiparando, ai fini del conseguimento della cittadinanza iure sanguinis, i figli di madre cittadina e quelli di padre cittadino. La L. 123/1981, e successivamente la L. 91/1992, hanno recepito tale principio.

Il Consiglio di Stato (parere n. 105 del 15 aprile 1983) ha ritenuto che l’efficacia del giudicato costituzionale non può in ogni caso retroagire oltre il momento in cui si è verificato il contrasto tra la norma di legge - anteriore all’entrata in vigore della Costituzione - dichiarata illegittima, e la norma o il principio della Costituzione, cioè non può retroagire oltre il 1° gennaio 1948, data di entrata in vigore di quest’ultima.

Pertanto, al momento, l’autorità amministrativa ritiene possibile attribuire dalla nascita la cittadinanza italiana solo a quelle persone nate dopo il 1° gennaio 1948 da donna che a tale momento era in possesso dello status civitatis italiano[39].

 

 

 


Testo a fronte
tra la L. 5 febbraio 1992, n. 91, nel testo vigente, le modifiche proposte dalle p.d.l. A.C. 103, A.C. 718 e A.C. 995
e il testo dell’A.C. 104

L. 5 febbraio 1992, n. 91

Nuove norme sulla cittadinanza

 

Testo vigente

L. 5 febbraio 1992, n. 91

Nuove norme sulla cittadinanza

 

Modifiche proposte dall’A.C. 103 (Angeli)

L. 5 febbraio 1992, n. 91

Nuove norme sulla cittadinanza

 

Testo dell’A.C. 104 (Angeli)

L. 5 febbraio 1992, n. 91

Nuove norme sulla cittadinanza

 

Modifiche proposte dall’A.C. 718 (Fedi ed altri)

L. 5 febbraio 1992, n. 91

Nuove norme sulla cittadinanza

 

Modifiche proposte dall’A.C. 995 (Ricardo Merlo ed altri)

Art. 1.

Art. 1.

Art. 1

Art. 1.

Art. 1.

Art. 1

Art. 1.

1. È cittadino per nascita:

1. [Identico].

1. [Identico].

1. [Identico].

1. [Identico].

a) il figlio di padre o di madre cittadini;

a) [Identica];

a) [Identica];

a) [Identica];

a) [Identica];

b) chi è nato nel territorio della Repubblica se entrambi i genitori sono ignoti o apolidi, ovvero se il figlio non segue la cittadinanza dei genitori secondo la legge dello Stato al quale questi appartengono.

b) [Identica].

b) [Identica].

b) [Identica].

b) [Identica].

 

1-bis. È altresì cittadino per nascita il figlio di padre o di madre cittadini che, in applicazione di disposizioni vigenti, hanno perduto la cittadinanza e successivamente l'hanno riacquistata nei termini e nei modi previsti dalla legge.

 

1-bis. È cittadina la donna che è stata cittadina per nascita e ha perduto la cittadinanza in quanto coniugata con cittadino straniero, anche quando il matrimonio è stato contratto prima del 1° gennaio 1948.

1-bis. È cittadina la donna che è stata cittadina per nascita e ha perduto la cittadinanza in quanto coniugata con cittadino straniero, anche quando il matrimonio è stato contratto prima del 1° gennaio 1948.

 

 

 

1-ter. È cittadino il figlio della donna di cui al comma 1-bis nato anteriormente al 1° gennaio 1948.

1-ter. È cittadino il figlio della donna di cui al comma 1-bis nato anteriormente al 1° gennaio 1948.

2. È considerato cittadino per nascita il figlio di ignoti trovato nel territorio della Repubblica, se non venga provato il possesso di altra cittadinanza.

2. [Identico].

 

2. [Identico].

2. [Identico].

[…]

[…]

 

[…]

[…]

Art. 17.

 

Art. 1.

Art. 17.

Art. 2

Art. 17.

1. Chi ha perduto la cittadinanza in applicazione degli articoli 8 e 12 della legge 13 giugno 1912, n. 555, o per non aver reso l'opzione prevista dall'articolo 5 della legge 21 aprile 1983, n. 123, la riacquista se effettua una dichiarazione in tal senso entro due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

1. [Identico].

1. Chi ha rinunciato ad avvalersi della facoltà prevista dall'articolo 17, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 91, entro il termine ivi previsto, da ultimo prorogato ai sensi dell'articolo 2, comma 195, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, a motivo del fatto che la legislazione del Paese estero di cui è cittadino non consente il possesso contemporaneo di due o più cittadinanze, ovvero non lo consentiva al tempo in cui la predetta facoltà avrebbe potuto essere esercitata, può riacquistare la cittadinanza italiana, presentandone richiesta alle competenti autorità, qualora la legislazione del Paese estero sia o sia stata modificata nel senso di consentire il possesso contemporaneo di due o più cittadinanze.

1. Chi ha perduto la cittadinanza in applicazione degli articoli 8 e 12 della legge 13 giugno 1912, n. 555, o per non aver reso l'opzione prevista dall'articolo 5 della legge 21 aprile 1983, n. 123, la riacquista se effettua una dichiarazione in tale senso a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge.

1. [Identico].

 

 

Art. 2.

 

 

 

 

1. Il termine di cui all'articolo 17, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 91, da ultimo prorogato ai sensi dell'articolo 2, comma 195, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, è riaperto e fissato in sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge per coloro che non rientrano nel campo di applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 1 della presente legge.

 

 

2. Resta fermo quanto disposto dall'articolo 219 della legge 19 maggio 1975, n. 151.

2. [Identico].

 

2. [Identico].

2. [Identico].

[…]

[…]

 

[…]

[…]

 

 

 


La proposta di legge A.C. 556 (De Corato ed altri)

Composta da un solo articolo, la proposta di legge A.C. 566 (De Corato ed altri) aggiunge un comma all’art. 12 della L. 91/1992, che disciplina i casi di perdita della cittadinanza, introducendovi un’ulteriore fattispecie, riservata a coloro che abbiano acquistato la cittadinanza per matrimonio ai sensi dell’art. 5 della medesima legge.

Ai sensi del nuovo co. 2-bis, la cittadinanza a tali cittadini è revocata qualora siano stati condannati con sentenza definitiva per uno tra i delitti indicati nelle lettere a), b) e c) del medesimo comma.

L’espressione “è revocata” fa ritenere che in tali ipotesi la perdita della cittadinanza non intervenga ipso iure, ma a seguito di un atto amministrativo di revoca (che sembra configurarsi come dovuto e non discrezionale), atto che tuttavia la proposta di legge non prevede o disciplina espressamente.

 

La vigente L. 91/1992 non contempla ipotesi di revoca della cittadinanza. I casi di perdita della cittadinanza ivi disciplinati (sui quali v., supra, il paragrafo Perdita della cittadinanza) derivano la loro efficacia dalla volontà dell’interessato o direttamente dalla legge.

 

I delitti che, in caso di condanna definitiva, determinerebbero la revoca della cittadinanza sono i seguenti:

§         quelli previsti nel libro secondo, titolo I, capi I, II e III (artt. da 241 a 294) del codice penale. Si tratta dei delitti contro la personalità internazionale dello Stato, contro la personalità interna dello Stato e contro i diritti politici del cittadino.

 

Si tratta di numerose fattispecie di reato, di assai varia gravità: si va dagli attentati contro l’integrità, l’indipendenza e l’unità dello Stato (art. 241 c.p.), a varie figure di reati connessi allo stato di guerra (artt. 242 ss.); dai reati di spionaggio politico o militare (artt. 257 ss.) all’associazione sovversiva e a varie fattispecie di reati con finalità di terrorismo (artt. 270 ss.; 280 ss.); dall’attentato contro la Costituzione, gli organi costituzionali o i diritti politici del cittadino (artt. 276, 283, 289) ai reati di offesa o vilipendio della Repubblica, dei suoi organi istituzionali, della bandiera (artt. 278, 290 ss.), etc.;

 

§         il delitto di cui all’art. 416-bis c.p. (Associazioni di tipo mafioso anche straniere), e vari delitti contro la persona.

 

Si tratta delle figure di reato previste dai seguenti articoli del codice penale: 575 (Omicidio), 600 (Riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù), 600-bis (Prostituzione minorile), 600-ter (Pornografia minorile), 600-quinquies (Iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile), 601 (Tratta di persone), 602 (Acquisto e alienazione di schiavi), 609-bis(Violenza sessuale), 609-quater (Atti sessuali con minorenne), 609-octies (Violenza sessuale di gruppo) e 630 (Sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione);

 

§         vari delitti concernenti il traffico di stupefacenti, previsti dal testo unico in materia approvato con D.P.R. 309/1990[40].

 

Si tratta dei delitti di cui

-          all’art. 73 (Produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope), in presenza delle aggravanti specifiche di cui all’art. 80, co. 1, lett. a) (sostanze stupefacenti o psicotrope destinate a minorenni) e co. 2 (quantità ingenti di sostanze);

-          all’art. 74 (Associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope) nelle ipotesi previste dai co. 1 (promozione, costituzione, direzione, organizzazione o finanziamento dell’associazione), 4 (associazione armata) e 5 (sostanze adulterate o commiste ad altre).

 

La relazione illustrativa individua la ratio della proposta di legge nel principio di cui all’art. 54, co. 1°, Cost. (“Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi”), che sancisce un “dovere di lealtà verso lo Stato e la comunità nazionale, che si fonda sul principio morale della buona fede. Chi vìola tale dovere deve essere escluso da quella comunità”.

Come rileva anche la relazione, ai fini di un inquadramento costituzionale della proposta appaiono meritevoli di attenzione anche il principio di uguaglianza di tutti i cittadini dinanzi alla legge, di cui all’art. 3, co. 1°, Cost., nonché l’art. 22 Cost., ai sensi del quale nessuno può essere privato, per motivi politici, della cittadinanza (oltre che della capacità giuridica e del nome).

Come si è detto, infatti, la proposta di legge introduce nell’ordinamento un’ipotesi di revoca della cittadinanza a seguito di condanna per una serie di delitti, alcuni dei quali politicamente motivati, e circoscrive l’ambito dei destinatari a una parte dei cittadini italiani, quelli che abbiano acquistato la cittadinanza per matrimonio ex art. 5, L. 91/1992, escludendone i cittadini iure sanguinis e jure soli e coloro che abbiano acquistato la cittadinanza ad altro titolo.

Con riguardo all’art. 22 Cost. la questione, dibattuta in dottrina, attiene al significato e all’ampiezza normativa da attribuire all’espressione “per motivi politici”.

 

Appare controverso, in particolare, se la disposizione miri unicamente a vietare la privazione della cittadinanza quale mezzo di repressione del dissenso politico, o renda illegittimo l’uso di tale strumento per finalità riconducibili ad interessi politici non solo “di parte”, ma anche definiti come propri dell’intera comunità nazionale, assumendo che aspetti essenziali della personalità (quali cittadinanza, capacità e nome) non possano essere sacrificati sulla base di interessi pubblici ritenuti prevalenti[41].

La Corte costituzionale non ha avuto occasione di pronunziarsi sullo specifico punto[42]; del resto, la sola disposizione legislativa in astratto suscettibile di una valutazione alla luce dell’art. 22 Cost., cioè l’art. 12 della L. 91/1992, è rimasta nei fatti inapplicata.

La relazione illustrativa della p.d.l. in esame afferma, sul punto, che la formulazione dell’art. 22 “implicitamente riconosce che la cittadinanza può essere revocata, tranne che per motivi politici – e certamente non attiene alla politica la contiguità con organizzazioni terroristiche, salvo che non si voglia legittimare il terrorismo”.

 

Quanto all’introduzione di un regime differenziato, sotto il profilo della revocabilità, nell’ambito del medesimo status di cittadino, la valutazione va svolta alla luce del principio di ragionevolezza desumibile – per costante giurisprudenza costituzionale – dal principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost..

 

La giurisprudenza della Corte Costituzionale ha chiarito in numerose pronunce che il parametro dell’eguaglianza “definisce l’essenza di un giudizio di relazione che, come tale, assume un risalto necessariamente dinamico. L’eguaglianza davanti alla legge, quindi, non determina affatto l’obbligo di rendere immutabilmente omologhi fra loro fatti o rapporti che, sul piano fenomenico, ammettono una gamma di variabili tanto estesa quante sono le imprevedibili situazioni che in concreto possono storicamente ricorrere, ma individua il rapporto che deve funzionalmente correlare la positiva disciplina di quei fatti o rapporti al paradigma dell’armonico trattamento che ai destinatari di tale disciplina deve essere riservato, così da scongiurare l’intrusione di elementi normativi arbitrariamente discriminatorî. […] Se, dunque, il principio di eguaglianza esprime un giudizio di relazione in virtù del quale a situazioni eguali deve corrispondere l’identica disciplina e, all’inverso, discipline differenziate andranno coniugate a situazioni differenti, ciò equivale a postulare che la disamina della conformità di una norma a quel principio deve svilupparsi secondo un modello dinamico, incentrandosi sul “perché” una determinata disciplina operi, all’interno del tessuto egualitario dell’ordinamento, quella specifica distinzione, e quindi trarne le debite conclusioni in punto di corretto uso del potere normativo. Da tutto ciò consegue che il controllo di costituzionalità […] non può travalicare in apprezzamenti della ragionevolezza che sconfinino nel merito delle opzioni legislative […]. Norma inopportuna e norma illegittima sono pertanto due concetti che non si sovrappongono, dovendosi il sindacato arrestare in presenza di una riscontrata correlazione tra precetto e scopo che consenta di rinvenire, nella "causa" o "ragione" della disciplina, l’espressione di una libera scelta che soltanto il legislatore è abilitato a compiere.” (C. cost. sent. n. 89/1996). In questo quadro, la Corte opera le valutazioni di legittimità costituzionale sul rispetto del principio di eguaglianza ricorrendo ad un giudizio ternario, nel quale la normativa impugnata viene “posta a raffronto con un’altra o con altre normative […], per stabilire in tal modo se il legislatore abbia dettato disposizioni così poco ragionevoli da doversi ritenere costituzionalmente illegittime” (C. cost. sent. 10/1980).

La relazione alla p.d.l. in esame sostiene, in rapporto all’art. 3 Cost., che è “ben diversa la posizione del cittadino iure sanguinis, il quale appartiene per nascita a una comunità, rispetto a quella della straniero che acquista iure legis la cittadinanza. Quest’ultimo è accolto in fidem da una comunità e qualora si macchi di gravi reati vìola un dovere di lealtà, sul quale si fonda l’acquisto della cittadinanza”.

 

 

 


Testo a fronte
tra la L. 5 febbraio 1992, n. 91, nel testo vigente, e le modifiche proposte dalla p.d.l. A.C. 566

L. 5 febbraio 1992, n. 91

Nuove norme sulla cittadinanza

 

Testo vigente

L. 5 febbraio 1992, n. 91

Nuove norme sulla cittadinanza

 

Modifiche proposte dall’A.C. 566 (De Corato ed altri)

[…]

[…]

Art. 12.

Art. 12.

Art. 1

1. Il cittadino italiano perde la cittadinanza se, avendo accettato un impiego pubblico od una carica pubblica da uno Stato o ente pubblico estero o da un ente internazionale cui non partecipi l'Italia, ovvero prestando servizio militare per uno Stato estero, non ottempera, nel termine fissato, all'intimazione che il Governo italiano può rivolgergli di abbandonare l'impiego, la carica o il servizio militare.

1. [Identico].

2. Il cittadino italiano che, durante lo stato di guerra con uno Stato estero, abbia accettato o non abbia abbandonato un impiego pubblico od una carica pubblica, od abbia prestato servizio militare per tale Stato senza esservi obbligato, ovvero ne abbia acquistato volontariamente la cittadinanza, perde la cittadinanza italiana al momento della cessazione dello stato di guerra.

2. [Identico].

 

2-bis. La cittadinanza è revocata al cittadino italiano, che la abbia acquistata ai sensi dell'articolo 5, in caso di sentenza di condanna passata in giudicato:

a) per uno dei delitti previsti nel libro secondo, titolo I, capi I, II e III, del codice penale;

b) per uno dei delitti previsti dagli articoli 416-bis, 575, 600, 600-bis, 600-ter, 600-quinquies, 601, 602, 609-bis, 609-quater, 609-octies e 630 del codice penale;

c) per i delitti riguardanti la produzione, il traffico e la detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope, di cui all'articolo 73 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, aggravati ai sensi dell'articolo 80, comma 1, lettera a), e comma 2, del medesimo testo unico, nonché per il delitto di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope di cui all'articolo 74 del citato testo unico, in tutte le ipotesi previste dai commi 1, 4 e 5 del medesimo articolo 74.

[…]

[…]

 

 

 

 


 

 



[1]     Legge 5 febbraio 1992, n. 91, Nuove norme sulla cittadinanza.

[2]     Il regolamento di attuazione della L. 91/1992 chiarisce che, ai fini dell’acquisto della cittadinanza italiana, si considera che abbia prestato effettivamente servizio militare chi abbia compiuto la ferma di leva nelle Forze armate italiane o la prestazione di un servizio equiparato a quello militare (ad es. il servizio civile), a condizione che queste siano interamente rese, salvo che il mancato completamento dipenda da sopravvenute cause di forza maggiore riconosciute dalle autorità competenti (D.P.R. 572/1993, art. 1, co. 2, lett. b)).

[3]     Per l’acquisto della cittadinanza italiana, viene considerato legalmente residente nel territorio dello Stato chi vi risiede avendo soddisfatto le condizioni e gli adempimenti previsti dalle norme in materia d’ingresso e di soggiorno degli stranieri in Italia e da quelle in materia d’iscrizione anagrafica (D.P.R. 572/1993, art. 1, co. 2, lett. a)).

[4]     Salvi i casi previsti dall’art. 4 della legge, nel quale si richiede specificamente l’esistenza di un rapporto di pubblico impiego, si considera che abbia prestato servizio alle dipendenze dello Stato chi sia stato parte di un rapporto di lavoro dipendente con retribuzione a carico del bilancio dello Stato (D.P.R. 572/1993, art. 1, co. 2, lett. c)).

[5]     La disposizione consente, in particolare, il mantenimento della cittadinanza italiana agli italiani emigrati all’estero che acquistano volontariamente la cittadinanza dello Stato in cui risiedono per potersi inserire pienamente nel contesto sociale ed economico del Paese e usufruire del trattamento favorevole riservato ai cittadini.

[6]     Unitamente all’Austria, al Belgio, alla Danimarca, alla Francia, alla Germania, alla Gran Bretagna, al Lussemburgo, alla Norvegia, ai Paesi Bassi, alla Spagna, alla Svezia e all’Irlanda. La Convenzione è stata ratificata dalla L. 4 ottobre 1966, n. 876.

Si ricorda peraltro che Regno Unito, Irlanda e Spagna hanno aderito soltanto al secondo Capitolo della Convenzione (vedi nota successiva). La Germania ha denunciato la Convenzione di Strasburgo il 21 dicembre 2001: di conseguenza, dal dicembre 2002, l’art. 1 della Convenzione non ha effetto neanche nei confronti di tale Stato.

[7]     Per quanto riguarda l’assolvimento degli obblighi militari in caso di doppia (o plurima) cittadinanza, il secondo Capitolo della Convenzione (artt. 5 e 6) stabilisce che i cittadini che appartengono a due o più Stati contraenti prestano il servizio militare soltanto nello Stato in cui essi hanno la residenza abituale.

[8]    Con legge 14 dicembre 1994, n. 703.

[9]    Il riferimento è all’entrata in vigore della Costituzione.

[10]    Si tratta dei:

§       territori attualmente appartenenti allo Stato italiano;

§       territori già italiani ceduti alla Jugoslavia in forza:

-        del trattato di pace fra l’Italia e le Potenze alleate ed associate, firmato a Parigi il 10 febbraio 1947 e reso esecutivo in Italia con decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 28 novembre 1947, n. 1430;

-        del trattato tra la Repubblica italiana e la Repubblica socialista federativa di Jugoslavia firmato ad Osimo il 10 novembre 1975, ratificato e reso esecutivo in Italia ai sensi della legge 14 marzo 1977, n. 73.

[11]    L. 14 dicembre 2000, n. 379, Disposizioni per il riconoscimento della cittadinanza italiana alle persone nate e già residenti nei territori appartenuti all’Impero austro-ungarico e ai loro discendenti.

[12]    D.L. 30 dicembre 2005, n. 273, Definizione e proroga di termini, nonché conseguenti disposizioni urgenti, conv. con mod. dalla L. 23 febbraio 2006, n. 51.

[13]    L. 8 marzo 2006, n. 124, Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, concernenti il riconoscimento della cittadinanza italiana ai connazionali dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia e ai loro discendenti.

[14]    L’opzione per la cittadinanza italiana prevista dall’art. 17 della L. 91/1992 avrebbe dovuto essere esercitata entro due anni dalla data di entrata in vigore della legge. Questo termine fu prorogato una prima volta, sino al 15 agosto 1995, dall’art. 1 della L. 736/1994; un’ulteriore proroga al 31 dicembre 1997 intervenne ad opera dell’art. 2, co. 195, della L. 662/1996 (legge collegata alla manovra finanziaria per il 1997).

[15]    Il termine per la conclusione del procedimento amministrativo per la concessione della cittadinanza è fissato in 730 giorni (due anni). Pertanto, il numero complessivo annuo degli esiti (concessioni più reiezioni) delle richieste di acquisto della cittadinanza di ciascun anno non corrisponde al numero delle istanze presentate nello stesso anno. Tenendo conto di ciò, non è stato riportato quest’ultimo dato.

[16]   Camera dei deputati, Commissione Affari costituzionali, seduta dell’8 marzo 2007, intervento del Sottosegretario all’interno, Lucidi.

[17]   A.C. 24; 908; 909; 938; 1297; 1462; 1529; 1570; 1653; 1661; 1686; 1693; 1727; 1744; 1821; 1836; 1839; 2143; 2253.

[18]    L. 5 febbraio 1992, n. 91, Nuove norme sulla cittadinanza.

[19]    Attualmente la legge n. 91/1992 richiede come requisito la residenza senza interruzioni fino al diciottesimo anno di età.

[20]   L. 28 marzo 2003, n. 53, Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale.

[21]   L. 24 dicembre 2006, n. 296, art. 1, commi 622-624.

[22]   Il periodo per l’acquisto della cittadinanza è elevato a tre anni nel caso in cui il coniuge straniero risieda all’estero.

[23]   Novellando l’art. 30 del D.Lgs. 286/1998 (testo unico sull’immigrazione).

[24]    L. 8 agosto 1995, n. 335, Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare.

[25]   Fonte: www.coe.int; www.wikipedia.it.

[26]   Ministro dell’interno, decreto 23 aprile 2007, Carta dei valori della cittadinanza e dell’integrazione, pubblicato nella G.U. 15 giugno 2007, n. 137.

[27]   L. 17 febbraio 1992, n. 204, Riordinamento della Scuola di lingua e cultura italiana per stranieri di Siena e dell’Università per stranieri di Perugia.

[28]   www.unitrasi.it

[29]   D.P.R. 12 ottobre 1993, n. 572, Regolamento di esecuzione della legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante nuove norme sulla cittadinanza.

[30]    Si veda il punto 3, lettera e), della circolare congiunta dei Presidenti di Camera e Senato e del Presidente del Consiglio del 20 aprile 2001 recante regole e raccomandazioni sulla formulazione tecnica dei testi legislativi.

[31]   Camera dei deputati, Commissione affari costituzionali, intervento del Sottosegretario all’interno pro tempore Lucidi nella seduta dell’8 marzo 2007.

[32]   Sul punto si veda l’intervento del Sottosegretario all’interno pro tempore Lucidi nella seduta dell’8 marzo 2007, cit..

[33]   L'istanza per l'acquisto o la concessione della cittadinanza italiana va, ora, presentata al prefetto competente per territorio in relazione alla residenza dell'istante, ovvero, qualora ne ricorrano i presupposti, all'autorità consolare, in virtù di quanto disposto dall'art. 1 del  D.P.R. 18 aprile 1994, n. 362. Vedi, anche, l'art. 8 dello stesso decreto.

[34]   L. 13 giugno 1912 n. 555, Sulla cittadinanza italiana.

[35]   L. 21 aprile 1983, n. 123, Disposizioni in materia di cittadinanza.

[36]   L. 15 maggio 1986, n. 180, Modificazioni all’articolo 5 della legge 21 aprile 1983, n. 123, recante disposizioni in materia di cittadinanza.

[37]   L. 22 dicembre 1994, n. 736 Modifica dell’art. 17 della L. 5 febbraio 1992, n. 91, concernente la proroga del termine per il riacquisto della cittadinanza italiana.

[38]   L. 23 dicembre 1996, n. 662, Misure di razionalizzazione della finanza pubblica.

[39]   Contra, Cassazione civile, sent. n. 6297 del 10 luglio 1996.

[40]    D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza.

[41]    In quest’ultimo senso, anche alla luce del dibattito in Costituente: De Siervo, Cuniberti, Labriola, Angiolini.

[42]    Le rare pronunzie di merito della Corte in materia di cittadinanza non hanno assunto quale parametro l’art. 22 Cost., bensì il principio di uguaglianza in generale (art. 3) e tra i coniugi (art. 29): cfr. sent. 87/1975 e 30/1983.