Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento istituzioni | ||||||
Titolo: | Distacco del comune di Lamon dalla regione Veneto e aggregazione alla regione Trentino-Alto Adige -Pdl Cost 455 e 1698 | ||||||
Riferimenti: |
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Serie: | Progetti di legge Numero: 67 | ||||||
Data: | 23/10/2008 | ||||||
Descrittori: |
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Camera dei deputati |
XVI LEGISLATURA |
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SERVIZIO STUDI |
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Progetti di legge |
Distacco del comune di Lamon dalla regione Veneto e aggregazione alla regione Trentino-Alto Adige P.d.l. Cost. 455 e1698 |
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n. 67 |
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23 ottobre 2008 |
DIPARTIMENTO istituzioni
SIWEB
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File: ac0173.doc
INDICE
La procedura per il passaggio di comuni e province ad altra regione
§ La questione delle Regioni a statuto speciale
I lavori nelle precedenti legislature
I procedimenti in corso per il distacco/aggregazione di comuni
Interventi a favore dei territori confinanti con regioni a statuto speciale
§ Legge 25 maggio 1970, n. 352. Norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo (artt. 41-45)
§ D.P.R. 31 agosto 1972, n. 670. Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige (artt. 4 e 103)
§ Legge Cost. 18 ottobre 2001, n. 3. Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione (art. 9)
Giurisprudenza costituzionale
§ Corte Costituzionale. Sentenza 10 novembre 2004, n. 334
§ Corte Costituzionale. Sentenza 9 marzo 2007, n. 66
Documentazione
§ Delibera del Consiglio Comunale del Comune di Lamon (8 marzo 2005, n. 6)
§ D.P.R. 31 luglio 2005. Indizione del referendum per il distacco del comune di Lamon della regione Veneto e la sua aggregazione alla regione Trentino-Alto Adige, a norma dell’articolo 132, secondo comma, della Costituzione
§ Presidenza del Consiglio dei ministri. Comunicato concernente il referendum popolare per il distacco del comune di Lamon dalla regione Veneto e la sua aggregazione alla regione Trentino-Alto Adige (Pubblicato nella Gazz. Uff. 12 novembre 2005, n. 264)
§ Consiglio regionale del Trentino-Alto Adige, seduta del 16 gennaio 2007
Ai sensi dell’articolo 132, secondo comma, della Costituzione “si può, con l’approvazione della maggioranza delle popolazioni della Provincia o delle Province interessate e del Comune o dei Comuni interessati, espressa mediante referendum, e con legge della Repubblica, sentiti i Consigli regionali, consentire che Province e Comuni, che ne facciano richiesta, siano staccati da una Regione e aggregati ad un’altra”.
Il testo vigente del comma è quello risultante dalla riformulazione operata dall’articolo 9, comma 1, della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, che ha riformato il Titolo V della Parte II della Costituzione. L’originaria formulazione della norma costituzionale prevedeva che con legge ordinaria, previo referendum, sentiti i consigli regionali, si potesse disporre per le province o i comuni che ne facessero richiesta il distacco da una regione e l’aggregazione ad un’altra.
La norma costituzionale nulla diceva né sui soggetti da coinvolgere nel processo di richiesta di referendum per il distacco, né sull’ambito territoriale interessato alla consultazione referendaria. La novella introdotta dalla L. Cost. 3/2001 ha precisato che, per procedere alla modifica territoriale, è necessaria l’approvazione della maggioranza delle popolazioni della provincia (o delle province) e del comune (o dei comuni) interessati al distacco. È stato in tal modo circoscritto l’ambito territoriale al cui interno deve aver luogo la consultazione referendaria.
Nella XV legislatura la Commissione Affari costituzionali della Camera ha esaminato in sede referente un disegno di legge costituzionale di iniziativa governativa (A.C. 2523), inteso a riformulare il secondo comma dell’articolo 132 della Costituzione.
La nuova formulazione proposta era principalmente finalizzata a consentire una più ampia espressione delle volontà delle popolazioni interessate, prevedendo tra l’altro che alla consultazione referendaria prendessero parte non più soltanto i cittadini degli enti locali direttamente coinvolti nel distacco-aggregazione, ma i cittadini delle due regioni, ovvero delle due province, su cui avrebbe inciso la modifica territoriale, a seconda che il referendum avesse ad oggetto il passaggio di una provincia o, rispettivamente, di uno (o più) comuni da una Regione ad un’altra.
La Commissione non è peraltro giunta ad approvare un testo per l’Assemblea prima della conclusione anticipata della legislatura.
La relazione del Governo motivava l’iniziativa sostenendo che “il distacco e la conseguente aggregazione di un comune o di una provincia da una Regione ad un'altra costituisce […] una forma di ‘annessione’ parziale e consensuale, il che presuppone, di conseguenza, un accordo tra due entità distinte, ossia l'incontro di due volontà tra loro anche contrapposte. Questo momento di ‘convergenza di volontà’ – consacrato nella tornata referendaria – non può che essere riservato tanto ai soggetti che richiedono per se stessi di essere distaccati e successivamente aggregati, quanto a quelli che, in ordine alla propria sfera di interessi (sociali, economici eccetera), subiscono in ogni caso un profondo e significativo impatto dal suddetto processo”.
Le disposizioni attuative della norma costituzionale sono recate dal Titolo III (artt. 41 e seguenti) della legge 352/1970[1].
Nel corso della XIV legislatura la Camera dei deputati ha esaminato quattro proposte di legge[2] volte a modificare la L. 352/1970 per adeguarne la disciplina al nuovo testo dell’art. 132, co. 2°, Cost.. Il testo unificato approvato dalla Camera il 6 marzo 2003 e trasmesso al Senato, è stato esaminato dalla 1ª Commissione che, il 6 luglio 2005, lo ha licenziato, con ampie modifiche, per l’Assemblea (A.S. 2085-A): quest’ultima non ne ha peraltro iniziato l’esame.
Sulle disposizioni in materia, e in particolare sull’art. 42, co. 2° della L. 352/1970, ha tuttavia inciso la sentenza 334/2004 della Corte costituzionale[3] nel frattempo sopravvenuta. Secondo la disciplina che ne risulta, la richiesta di referendum deve essere corredata delle deliberazioni dei consigli provinciali o comunali delle province o dei comuni di cui si propone il distacco.
Il successivo art. 44, co. 3° (antecedente alla modifica costituzionale intervenuta nel 2001) prevede tuttora che il referendum sia indetto sia nel territorio della regione dalla quale le province o i comuni intendono staccarsi, sia nel territorio della regione alla quale le province o i comuni intendono aggregarsi; nella già menzionata sent. 334/2004, tuttavia, la Corte costituzionale ha affermato il principio secondo cui l’espressione “popolazioni della Provincia o delle Province interessate e del Comune o dei Comuni interessati”, utilizzata dall’art. 132, co. 2°, Cost. nel testo ora vigente, ai fini della individuazione del corpo elettorale chiamato ad esprimersi con referendum sulla proposta di variazione territoriale, deve intendersi riferita soltanto ai cittadini degli enti locali direttamente coinvolti nel distacco-aggregazione.
L’Ufficio centrale per il referendum, costituito presso la Corte di cassazione, accerta la legittimità della richiesta di referendum, che è indetto con decreto del Presidente della Repubblica, su deliberazione del Consiglio dei ministri (artt. 43, co. 1° e 44, co. 1°, L. 352/1970).
L’Ufficio centrale per il referendum procede quindi all’accertamento e alla proclamazione dei risultati. La proposta è dichiarata approvata se il numero dei voti attribuiti alla risposta affermativa al quesito del referendum non sia inferiore alla maggioranza degli elettori iscritti nelle liste elettorali dei comuni nei quali è stato indetto il referendum; altrimenti è dichiarata respinta (art. 45, co. 1° e 2°).
In caso di approvazione, il ministro dell’interno presenta al Parlamento il disegno di legge di cui all’articolo 132, co. 2°, Cost. entro 60 giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale del risultato del referendum. La proposta respinta, invece, non può essere rinnovata prima che siano trascorsi cinque anni (art. 45, co. 4° e 5°).
Nell’ambito del dibattito politico sul tema in esame, sia nella XIV sia nella XV legislatura, sono emerse opinioni diverse in ordine alle modalità di applicazione della disciplina qualora il distacco o l’aggregazione di province o comuni incida sul territorio di Regioni ad autonomia differenziata, i cui statuti speciali sono adottati con legge costituzionale.
La questione dell’applicabilità tout-court dell’art. 132, co. 2°, Cost. alle Regioni a statuto speciale è stata risolta in senso positivo dalla Corte costituzionale nella recente sentenza 66/2007, con la quale è stato definito un conflitto di attribuzione sollevato dalla Regione Valle d’Aosta a seguito dell’indizione del referendum relativo al distacco del comune di Noasca dalla Regione Piemonte e alla sua aggregazione alla Regione Valle d'Aosta[4].
Tra le argomentazioni addotte dalla Regione ricorrente vi era quella secondo cui il proprio territorio sarebbe stato sostanzialmente costituzionalizzato dall'art. 1, secondo comma, dello statuto di autonomia[5], con riferimento alle circoscrizioni comunali che ne facevano parte alla data della sua entrata in vigore (11 marzo 1948), e che modificazioni al territorio regionale potrebbero essere introdotte solo mediante il procedimento di revisione dello statuto previsto dall'art. 50 dello stesso.
La Corte non ha accolto le argomentazioni della ricorrente, affermando invece che “l'art. 132, primo e secondo comma, Cost. si riferisce pacificamente a tutte le Regioni […] mediante l'individuazione di procedure che coinvolgono tutti i diversi organi e soggetti indicati dalle norme costituzionali come attori necessari nei differenziati procedimenti ivi configurati” e che “nessuna procedura normativa interna ad un singolo ordinamento regionale potrebbe produrre effetti su due diversi enti regionali, come è palese nello stesso caso che ha originato il presente giudizio, nel quale il procedimento di distacco-aggregazione investe ovviamente due Regioni”.
Si è dibattuto, per altro verso, se – ferma restando la procedura di cui all’art. 132, co. 2°, Cost. – sia o meno necessario il ricorso a una legge costituzionale, anziché ordinaria, quando il distacco/aggregazione incida sul territorio di una Regione a statuto speciale.
Nella XV legislatura, il Governo, in occasione della presentazione del disegno di legge conseguente al referendum avente ad oggetto il distacco del comune di Lamon dalla Regione Veneto e l’aggregazione alla Regione Trentino-Alto Adige, ha ritenuto necessaria la presentazione di un disegno di legge costituzionale.
Come precisa la relazione illustrativa che accompagna il disegno di legge di iniziativa governativa (A.C. 1427), al Governo “è apparso imprescindibile procedere mediante lo strumento della legge costituzionale, quale fonte di diritto pariordinata a quella che definisce l’autonomia speciale del Trentino-Alto Adige”, in quanto la variazione territoriale (distacco-aggregazione) che interessa il comune di Lamon “andrebbe ad incidere anche sul territorio di una Regione ad autonomia differenziata”.
La posizione è stata ribadita dall’Avvocatura dello Stato, in rappresentanza della Presidenza del Consiglio dei ministri, nel già ricordato giudizio per conflitto di attribuzione sollevato dalla Regione Valle d’Aosta. Nelle motivazioni della sentenza, peraltro, la Corte non affronta espressamente questo profilo.
I progetti di legge costituzionale A.C. 455 (on. Bressa) e A.C. 1698 (on. Luciano Dussin), di contenuto in parte coincidente e composti da un solo articolo, dispongono che il Comune di Lamon sia distaccato dalla Regione Veneto, nel territorio della quale è attualmente compreso[6], per essere aggregato alla Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol.
Il comma 1 dell’unico articolo di cui si compongono i due progetti di legge, di analoga formulazione, oltre a prevedere il passaggio del Comune di Lamon dalla Regione Veneto alla Regione Trentino-Alto Adige, ne precisa l’inclusione nell’ambito della Provincia autonoma di Trento.
La sola proposta di legge A.C. 455 fa esplicito riferimento all’art. 132, 2° comma, della Costituzione sia nell’articolato, sia nel titolo; mentre nella proposta di legge A.C. 1698 il richiamo è presente unicamente nel titolo.
Entrambi i progetti si limitano a sancire il passaggio del Comune di Lamon dalla Regione Veneto al Trentino-Alto Adige senza disciplinare i conseguenti adempimenti dal momento che questi - come chiarito nelle relazioni illustrative - debbono essere adottati dalla Regione autonoma che, secondo lo Statuto, ha potestà legislativa esclusiva in materia di ordinamento degli enti locali e relative circoscrizioni[7]”.
Quanto al ricorso alla legge costituzionale, le relazioni illustrative di entrambe le proposte rilevano che “è apparso imprescindibile procedere mediante lo strumento della legge costituzionale, quale fonte di diritto pariordinata a quella che definisce l’autonomia speciale del Trentino-Alto Adige”, in quanto la variazione territoriale (distacco-aggregazione) che interessa il comune di Lamon “andrebbe ad incidere anche sul territorio di una regione ad autonomia differenziata”. Considerazioni simili si rivengono – come sopra ricordato – nella relazione al disegno di legge A.C. 1427 della scorsa legislatura.
I provvedimenti si inseriscono nella procedura - sopra descritta - prevista dall’articolo 132, secondo comma, della Costituzione, per il distacco di comuni o province da una regione e la conseguente aggregazione ad altra regione; procedura che, per quanto concerne il comune in oggetto, è già in corso, essendosi svolto, con esito positivo, il referendum popolare previsto dalla citata disposizione costituzionale.
La richiesta di referendum è stata formulata con delibera del Comune di Lamon n. 6 dell’8 marzo 2005 ed è stata dichiarata legittima con ordinanza dell’Ufficio centrale per il referendum emessa in data 3 maggio 2005. Il referendum è stato dunque indetto con il decreto del Presidente della Repubblica 31 luglio 2005[8], e si è svolto il 30 e 31 ottobre 2005.
Come risulta dal comunicato della Presidenza del Consiglio dei ministri pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 264 del 12 novembre 2005, al referendum ha partecipato la maggioranza degli aventi diritto e il risultato è stato favorevole al distacco territoriale del comune di Lamon dalla Regione Veneto ed alla sua aggregazione alla Regione autonoma Trentino-Alto Adige.
Successivamente alla proclamazione dei risultati del referendum è iniziato (ma non concluso) l’esame parlamentare di una proposta di legge ordinaria di iniziativa parlamentare (XIV legislatura - A.C. 6274) per dare attuazione al distacco del Comune così come prescritto dalla Costituzione (si veda oltre il paragrafo relativo ai lavori nelle precedenti legislature).
Nella XV legislatura sono stati ripresentati altri due progetti di contenuto analogo di cui uno (A.C. 1427) di iniziativa del Governo. Non appena iniziato l’esame, la Camera dei deputati ha trasmesso i due testi ai Consigli regionali del Veneto e del Trentino Alto - Adige ai fini dell’acquisizione del parere previsto dall’articolo 132 Cost.
Il Consiglio regionale del Trentino-Alto Adige ha reso il proprio parere in senso contrario all’aggregazione (seduta del 16 gennaio 2007) sostenendo la che non è applicabile alla Regione Trentino-Alto Adige e alle Province autonome di Trento e di Bolzano l’articolo 132 Cost., e che la modifica del territorio degli enti medesimi possa avvenire solo con espressa modifica dello Statuto di autonomia e previa intesa con i Consigli regionale e provinciali.
Il Consiglio regionale del Veneto non ha reso invece il parere. Il 14 novembre 2006 la 1ª Commissione consiliare si è espressa a maggioranza a favore della proposta di delibera del distacco del comune di Lamon è trasmesso la proposta al plenum. Il Consiglio nella seduta del 14 dicembre 2006 ha rinviato la questione alla Commissione per un supplemento di istruttoria.
In seguito, la I Commissione della Camera ha approvato il disegno di legge e lo ha trasmetto all’Assemblea che però non ne ha iniziato l’esame.
L’esame dei progetti di legge in esame ha luogo dunque ai sensi dell’art. 107, co. 3, del regolamento della Camera, secondo il quale ogni Commissione, entro sei mesi dall'inizio della legislatura, qualora siano ripresentati progetti di legge approvati dalla Commissione stessa in sede referente nel corso della precedente legislatura, può deliberare – previo sommario esame preliminare – di riferire all'Assemblea sui progetti di legge medesimi, adottando la relazione allora presentata.
Come si è anticipato, il Parlamento ha affrontato nelle ultime legislature per due volte la questione dell’attuazione del distacco del comune di Lamon.
La prima volta alla fine della XIV legislatura, con una proposta di legge ordinaria, e non costituzionale come quelle in esame, (A.C. 6274, on. Boato). La I Commissione della Camera ne avviò l’esame in sede referente nella seduta del 24 gennaio 2006 senza procedere ulteriormente.
Nel corso della XV legislatura sono stati presentati in entrambi i rami del Parlamento vari progetti di legge, sia costituzionale, sia ordinaria, concernenti il distacco di comuni da alcune regioni e la loro aggregazione ad altreai sensi dell'articolo 132, secondo comma, della Costituzione.
Si tratta in tutti i casi, naturalmente, di enti locali per i quali si era svolto con esito positivo il referendum popolare previsto dall’art. 132, secondo comma, della Costituzione (si veda in proposito la tabella contenuto nel paragrafo successivo).
I progetti di legge presentati alla Camera sono stati tutti assegnati alla I Commissione della Camera in sede referente. Soltanto quelli concernenti il comune di Lamon, A.C. 1359 (on. Boato) e A.C. 1427 (Governo), peraltro, hanno avviato il loro iter parlamentare.
La I Commissione ha iniziato l’esame nella seduta del 14 settembre 2006 e con lettera in data 19 settembre, il Presidente della Commissione ha rappresentato al Presidente della Camera la necessità di comunicare tempestivamente l’avvio dell’esame ai competenti Consigli regionali ai fini dell’acquisizione del loro parere. Successivamente, come ricordato sopra, la Camera ha trasmesso i testi dei progetti ai Consigli regionali del Veneto e del Trentino Alto-Adige.
Nella seduta del 26 luglio 2007 la I Commissione ha deliberato di conferire al relatore il mandato di riferire in senso favorevole all'Assemblea sul disegno di legge costituzionale presentato dal Governo (A.C. 1427), nel testo risultante dagli emendamenti approvati. L’Assemblea non ha avviato la discussione del provvedimento.
Prima della presentazione del d.d.l. costituzionale governativo la Commissione (seduta del 6 luglio 2006) aveva preso in esame la proposta di legge ordinaria (A.C. 27) identica alla proposta della proposta A.C. 6274 della XIV legislatura).
Quanto al Senato della Repubblica, nella seduta del 3 aprile 2007 la 1ª Commissione avviava l’esame in sede referente dei disegni di legge ordinaria di iniziativa parlamentare concernenti i comuni di Cinto Caomaggiore (A.S. 1145, sen. Saro) e di San Leo, Pennabilli, Novafeltria, Sant'Agata Feltria, Talamello, Casteldelci e Maiolo (A.S. 1351, sen. Berselli). L’esame non proseguiva in sedute successive.
Il contenuto del disegno di legge del Governo è analogo a quello delle due proposte in esame; in particolare risulta coincidente con quello della proposta di legge A.C. 1698.
Il progetto di legge costituzionale di iniziativa parlamentare (A.C. 1359) riproduceva invece il contenuto della proposta di legge ordinaria della XIV legislatura che oltre a stabilire il distacco/aggregazione di Lamon prevedeva due ulteriori disposizioni:
§ una delega legislativa al Governo per l’adozione, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, delle misure di modifica o integrazione alle disposizioni legislative vigenti che risultino strettamente consequenziali al distacco;
§ l’autorizzazione al Governo ad adottare le disposizioni regolamentari che risultassero necessarie per l’attuazione della legge.
L’attivazione del procedimento ex art. 132, 2° comma, Cost., per il passaggio di comuni da una regione ad un altra è un fenomeno relativamente recente. Esso si è manifestato a partire dal 2005, dopo la riforma dell’art. 132 Cost., ad opera della legge costituzione 3/2001, di riforma del Titolo V, che ha precisato l’ambito territoriale in cui deve tenersi la consultazione referendaria e dopo che la Corte costituzionale, con la sentenza 334/2004 ha individuato da un lato nei consigli provinciali e comunali gli organi abilitati all’attivazione del procedimento, e dall’altro ha chiarito che ai referendum sono chiamati ad esprimersi soltanto i cittadini degli enti locali direttamente coinvolti nel distacco.
Il primo comune che ha deliberato il referendum per il distacco dalla regione di appartenenza fu San Michele al Tagliamento. Il referendum si svolse nel maggio 2005, senza tuttavia raggiungere il quorum necessario.
Il successivo referendum si è tenuto a Lamon nell’ottobre 2005, questa volta con esito favorevole al distacco.
Complessivamente si sono svolte consultazioni che hanno visto coinvolte le popolazioni di oltre 30 comuni, tutti concentrati nel Centro Nord del Paese (ad eccezione di un comune campano), con una prevalenza di comuni veneti e di comuni che hanno deliberato l’aggregazione a regioni a statuto speciale (vedi tabella seguente).
Comune |
Regione di appartenenza |
Regione di aggregazione |
Data referendum |
Esito |
S. Michele al Tagliamento |
Veneto |
Friuli-Venezia Giulia |
29-30 maggio 2005 |
Non ha partecipato la maggioranza degli aventi diritto |
Lamon |
Veneto |
Trentino-Alto Adige |
30-31 ottobre 2005 |
Favorevole al distacco |
Pramaggiore, Gruaro, Teglio Veneto |
Veneto |
Friuli-Venezia Giulia |
26-27 marzo 2006 |
Non favorevole al distacco |
Cinto Caomaggiore |
Veneto |
Friuli-Venezia Giulia |
26-27 marzo 2006 |
Favorevole al distacco |
Savignano Irpino |
Campania |
Puglia |
11-12 giugno 2006 |
Non favorevole al distacco |
Sovramonte |
Veneto |
Trentino-Alto Adige |
8-9 ottobre 2006 |
Favorevole al distacco |
Noasca |
Piemonte |
Valle d’Aosta |
8-9 ottobre 2006 |
Favorevole al distacco |
Casteldelci, Maiolo, Novafeltria, Pennabilli, Sant’Agata Feltria, San Leo, Talamello |
Marche |
Emilia-Romagna |
17-18 dicembre 2006 |
Favorevole al distacco |
Carema |
Piemonte |
Valle d’Aosta |
18-19 marzo 2007 |
Favorevole al distacco |
Asiago, Conco, Enego, Foza, Gallio, Lusiana, Roana, Rotzo |
Veneto |
Trentino-Alto Adige |
6-7 maggio 2007 |
Favorevole al distacco |
Montecopiolo, Sassofeltrio |
Marche |
Emilia-Romagna |
24-25 giugno 2007 |
Favorevole al distacco |
Cortina d’Ampezzo, Livinallongo del Col di Lana, Colle S. Lucia |
Veneto |
Trentino-Alto Adige |
28-29 ottobre 2007 |
Favorevole al distacco |
Monte Grimano Terme, Mercatino Conca |
Marche |
Emilia-Romagna |
9-10 marzo 2008 |
Non ha partecipato la maggioranza degli aventi diritto |
Sappada |
Veneto |
Friuli-Venezia Giulia |
9-10 marzo 2008 |
Favorevole al distacco |
Pedemonte |
Veneto |
Trentino-Alto Adige |
9-19 marzo 2008 |
Favorevole al distacco |
Valvestino, Magasa |
Lombardia |
Trentino-Alto Adige |
21-22 settembre 2008 |
Favorevole al distacco |
Meduna di Livenza |
Veneto |
Friuli-Venezia Giulia |
30 novembre -1° dicembre 2008 |
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Leonessa |
Lazio |
Umbria |
30 novembre - 1° dicembre 2008 |
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Negli ultimi anni si sono registrati alcuni interventi legislativi a favore delle zone confinanti con le regioni a statuto speciale.
Il primo di questi è costituito dal finanziamento di 10 milioni di euro che la legge finanziaria 2006[9] ha disposto per integrare i trasferimenti erariali in favore dei comuni delle province confinanti con quelle di Trento e di Bolzano.
Una indicazione ufficiale sulla destinazione di quel finanziamento aggiuntivo venne fornita dal Governo in risposta ad una interrogazione a risposta immediata presso la Commissione bilancio della Camera il 2 febbraio 2006. In quella occasione, il rappresentante del Governo, dopo aver rilevato che non risultano individuati i criteri per la ripartizione dei previsti 10 milioni di euro tra i comuni confinanti con le province autonome, auspicava l’integrazione della norma con un criterio di ripartizione in base al quale il finanziamento dovrebbe essere attribuito per il 90% in base della popolazione e per il 10% in base al territorio dei comuni.
A dare attuazione a questa precisazione è intervenuta la legge finanziaria 2007[10] che ha accolto i criteri allora indicati dal Governo, per quanto riguarda i criteri di riparto delle risorse: queste sono ripartite per il 90% in base della popolazione e per il 10% in base al territorio dei comuni; quanto agli enti interessati, il 40% delle risorse aggiuntive è destinato ai comuni il cui territorio confina con le province di Trento o di Bolzano[11].
Successivamente è stato istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri il Fondo per la valorizzazione e la promozione delle realtà socio economiche delle zone confinanti tra le regioni a statuto ordinario e quelle a statuto speciale, cui è attribuita una dotazione di 10 milioni di euro per l'anno 2007 destinato alla “valorizzazione e promozione delle realtà socio-economiche” di quelle zone[12].
Il fondo è stato poi integrato di 10 milioni di euro per l’anno 2008 e di 5 milioni di euro per gli anni 2009 e 2010 al fine di sostenere progetti di sviluppo economico e di integrazione delle aree montane negli assi di comunicazione interregionali[13].
Anche la Regione veneto, tra quelle - come si è detto – maggiormente interessate dal fenomeno del distacco di comuni, è intervenuta con provvedimenti di sostegno delle aree di confine.
In particolare, la legge 30/2007[14] ha introdotto contributi per le aree svantaggiate di montagna, del Veneto orientale e dei comuni della provincia di Treviso con meno di cinquemila abitanti, confinanti con la Regione Friuli-Venezia Giulia. I contributi ammontano complessivamente a 11 milioni di euro per ciascuno degli esercizi 2007, 2008 e 2009.
Inoltre, la Regione Veneto e la Provincia autonoma di Trento hanno sottoscritto il 4 luglio 2007, un’intesa per la disciplina del migliore esercizio delle funzioni amministrative inerenti i settori dello sviluppo locale, della sanità, della cultura, dell’alta formazione, dell’istruzione e della formazione, delle infrastrutture e reti di trasporto, interessanti i territori confinanti[15].
Costituzione
della Repubblica
(art. 132)
Art. 132
Si può con legge costituzionale, sentiti i Consigli regionali, disporre la fusione di Regioni esistenti o la creazione di nuove Regioni con un minimo di un milione d'abitanti, quando ne facciano richiesta tanti Consigli comunali che rappresentino almeno un terzo delle popolazioni interessate, e la proposta sia approvata con referendum dalla maggioranza delle popolazioni stesse.
Si può, con l'approvazione della maggioranza delle popolazioni della Provincia o delle Province interessate e del Comune o dei Comuni interessati espressa mediante referendum e con legge della Repubblica, sentiti i Consigli regionali, consentire che Province e Comuni, che ne facciano richiesta, siano staccati da una Regione ed aggregati ad un'altra.
Legge
25 maggio 1970, n. 352.
Norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa
del popolo
(artt. 41-45)
(1)
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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 15 giugno 1970, n. 147.
(omissis)
TITOLO III
Referendum per la modificazione territoriale delle regioni previsti dall'articolo 132 della Costituzione
Art. 41.
I quesiti da sottoporre a referendum, a norma dell'articolo 132 della Costituzione, per la fusione di regioni esistenti o per la creazione di nuove regioni o per il distacco da una regione e l'aggregazione ad altra di una o più province o di uno o più comuni, devono essere espressi, rispettivamente, con la formula: «Volete che la regione. . . sia fusa con la regione. . . per costituire insieme un'unica regione?»; oppure: «Volete che il territorio delle province. . . (o dei comuni. . .) sia separato dalla regione. . . (o dalle regioni. . .) per formare regione a sé stante?»; oppure: «Volete che il territorio della provincia. . . (o delle province. . .) sia separato dalla regione. . . per entrare a far parte integrante della regione. . .?»; oppure: «Volete che il territorio del comune. . . (o dei comuni. . .) sia separato dalla regione. . . per entrare a far parte integrante della regione. . .?», e l'indicazione delle regioni, delle province e dei comuni di cui trattasi. Può essere inserita l'indicazione del nome della nuova regione della quale si proponga la costituzione per fusione o per separazione.
Art. 42.
La richiesta di referendum per la fusione di regioni deve essere corredata delle deliberazioni, identiche per l'oggetto, di tanti consigli comunali che rappresentino almeno un terzo della popolazione complessiva delle regioni della cui fusione si tratta.
La richiesta del referendum per il distacco, da una regione, di una o più province ovvero di uno o più comuni, se diretta alla creazione di una regione a se stante, deve essere corredata delle deliberazioni, identiche nell'oggetto, rispettivamente dei consigli provinciali e dei consigli comunali delle province e dei comuni di cui si propone il distacco, nonché di tanti consigli provinciali o di tanti consigli comunali che rappresentino almeno un terzo della restante popolazione della regione dalla quale è proposto il distacco delle province o comuni predetti. Se la richiesta di distacco è diretta all'aggregazione di province o comuni ad altra regione, dovrà inoltre essere corredata delle deliberazioni, identiche nell'oggetto, rispettivamente di tanti consigli provinciali o di tanti consigli comunali che rappresentino almeno un terzo della popolazione della regione alla quale si propone che le province o i comuni siano aggregati (17).
Le deliberazioni di cui ai commi precedenti, concernenti il medesimo referendum, debbono recare la designazione di uno stesso delegato effettivo e di uno stesso supplente, nonché la riproduzione testuale del quesito da sottoporre a referendum.
La richiesta di referendum deve essere depositata presso la cancelleria della Corte di cassazione da uno dei delegati, effettivo o supplente, il quale elegge domicilio in Roma.
È consentito che il deposito delle deliberazioni, prescritte a corredo della richiesta, sia effettuato dai delegati nel periodo di tre mesi a partire dalla data di deposito della richiesta stessa. Le deliberazioni dovranno essere adottate non oltre tre mesi prima della data del rispettivo deposito.
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(17) La Corte costituzionale, con sentenza 28 ottobre - 10 novembre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 17 novembre 2004, n. 45 - Prima serie speciale) ha dichiarato l'illegittimità del presente comma, nella parte in cui prescrive che la richiesta di referendum per il distacco di una Provincia o di un Comune da una Regione e l'aggregazione ad altra Regione deve essere corredata - oltre che delle deliberazioni, identiche nell'oggetto, rispettivamente dei consigli Provinciali e dei consigli comunali delle Province e dei Comuni di cui si propone il distacco - anche delle deliberazioni, identiche nell'oggetto, «di tanti consigli Provinciali o di tanti consigli comunali che rappresentino almeno un terzo della restante popolazione della Regione dalla quale è proposto il distacco delle Province o dei Comuni predetti» e «di tanti consigli provinciali o di tanti consigli comunali che rappresentino almeno un terzo della popolazione della Regione alla quale si propone che le Province o i Comuni siano aggregati».
Art. 43.
L'Ufficio centrale per il referendum, costituito presso la Corte di cassazione secondo le norme dell'articolo 12, accerta che la richiesta di referendum sia conforme alle norme dell'articolo 132 della Carta costituzionale e della legge, verificando in particolare che sia raggiunto il numero minimo prescritto dalle deliberazioni depositate.
L'ordinanza dell'Ufficio centrale che dichiara la legittimità della richiesta di referendum è immediatamente comunicata al Presidente della Repubblica e al Ministro per l'interno, nonché al delegato che ha provveduto al deposito.
L'ordinanza che dichiara illegittima la richiesta è affissa all'albo della Corte di cassazione e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica.
Art. 44.
Il referendum è indetto con decreto del Presidente della Repubblica, su deliberazione del Consiglio dei Ministri, entro tre mesi dalla comunicazione dell'ordinanza che dichiara la legittimità della richiesta, per una data di non oltre tre mesi da quella del decreto.
L'indizione del referendum può tuttavia essere ritardata di non oltre un anno, allo scopo di far coincidere la convocazione degli elettori per dello referendum con quella per il referendum costituzionale di cui all'art. 138 della Costituzione.
Il referendum è indetto nel territorio delle regioni della cui fusione si tratta, o nel territorio della regione dalla quale le province o i comuni intendono staccarsi per formare regione a sé stante. Nell'ipotesi di cui al secondo comma dell'articolo 132 della Costituzione, il referendum è indetto sia nel territorio della regione dalla quale le province o i comuni intendono staccarsi, sia nel territorio della regione alla quale le province o i comuni intendono aggregarsi.
Partecipano alla votazione tutti i cittadini iscritti nelle liste elettorali di cui al testo unico 20 marzo 1967, numero 223, dei comuni compresi nel territorio anzidetto.
Art. 45
L'Ufficio centrale per il referendum, costituito presso la Corte di cassazione, procede alla somma dei risultati del referendum relativi a tutto il territorio nel quale esso si è svolto, e ne proclama il risultato.
La proposta sottoposta a referendum è dichiarata approvata, nel caso che il numero dei voti attribuiti alla risposta affermativa al quesito del referendum non sia inferiore alla maggioranza degli elettori iscritti nelle liste elettorali dei comuni nei quali è stato indetto il referendum, altrimenti è dichiarata respinta.
Un esemplare del verbale dell'Ufficio centrale per il referendum è depositato presso la cancelleria della Corte di cassazione, unitamente ai verbali, trasmessi dagli Uffici provinciali del referendum. Altri esemplari del verbale sono trasmessi al Presidente del Consiglio dei Ministri, ai Presidenti delle due Camere e ai presidenti delle regioni interessate; del risultato del referendum è data notizia nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica a cura del Presidente del Consiglio dei Ministri (18).
Nel caso di approvazione della proposta sottoposta a referendum, il Ministro per l'interno, entro 60 giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale di cui al precedente comma, presenta al Parlamento il disegno di legge costituzionale o ordinaria di cui all'articolo 132 della Costituzione.
Qualora la proposta non sia approvata, non può essere rinnovata prima che siano trascorsi cinque anni.
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(18) Comma così modificato dall'art. 1, D.L. 9 marzo 1995, n. 67.
(omissis)
D.P.R.
31 agosto 1972, n. 670.
Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto
speciale per il Trentino-Alto Adige
(artt. 4 e 103)
(1) (2)
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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 20 novembre 1972, n. 301.
(2) Nel presente decreto le parole «Presidente della Giunta regionale», «Presidenti delle Giunte provinciali» e «Presidente della Giunta provinciale» sono state sostituite, rispettivamente, dalle parole «Presidente della Regione», «Presidenti delle Province» e «Presidente della Provincia», ai sensi dell'art. 4, L.Cost. 31 gennaio 2001, n. 2.
(omissis)
Capo II
Funzioni della regione
Art. 4
In armonia con la Costituzione e i principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica e con il rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali - tra i quali è compreso quello della tutela delle minoranze linguistiche locali - nonché delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica, la regione ha la potestà di emanare norme legislative nelle seguenti materie (3):
1) ordinamento degli uffici regionali e del personale ad essi addetto;
2) ordinamento degli enti para-regionali;
3) ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni (4);
4) espropriazione per pubblica utilità non riguardante opere a carico prevalente e diretto dello Stato e le materie di competenza provinciale;
5) impianto e tenuta dei libri fondiari;
6) servizi antincendi;
7) ordinamento degli enti sanitari ed ospedalieri;
8) ordinamento delle camere di commercio;
9) sviluppo della cooperazione e vigilanza sulle cooperative;
10) contributi di miglioria in relazione ad opere pubbliche eseguite dagli altri enti pubblici compresi nell'ambito del territorio regionale.
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(3) Alinea così modificato dall'art. 4, L.Cost. 31 gennaio 2001, n. 2.
(4) Numero così sostituito dall'art. 6, L. cost. 23 settembre 1993, n. 2 (Gazz. Uff. 25 settembre 1993, n. 226).
(omissis)
TITOLO XII
Disposizioni finali e transitorie
Art. 103
Per le modificazioni del presente Statuto si applica il procedimento stabilito dalla Costituzione per le leggi costituzionali.
L'iniziativa per le modificazioni del presente Statuto appartiene anche al Consiglio regionale su proposta dei Consigli delle province autonome di Trento e di Bolzano e successiva conforme deliberazione del Consiglio regionale.
I progetti di modificazione del presente Statuto di iniziativa governativa o parlamentare sono comunicati dal Governo della Repubblica al Consiglio regionale e ai Consigli provinciali, che esprimono il loro parere entro due mesi.
Le modifiche allo Statuto approvate non sono comunque sottoposte a referendum nazionale (78).
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(78) Articolo così sostituito dall'art. 4, L.Cost. 31 gennaio 2001, n. 2.
(omissis)
Legge
Cost. 18 ottobre 2001, n. 3.
Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione
(art. 9)
(1) (2)
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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 24 ottobre 2001, n. 248.
(2) Per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla presente legge vedi la L. 5 giugno 2003, n. 131.
.
(omissis)
Art. 9
1. Al secondo comma dell'articolo 132 della Costituzione, dopo le parole:
«Si può, con» sono inserite le seguenti: «l'approvazione della maggioranza delle popolazioni della Provincia o delle Province interessate e del Comune o dei Comuni interessati espressa mediante».
2. L'articolo 115, l'articolo 124, il primo comma dell'articolo 125, l'articolo 128, l'articolo 129 e l'articolo 130 della Costituzione sono abrogati.
(omissis)
Giurisprudenzacostituzionale
Corte Costituzionale.
Sentenza 10 novembre 2004, n. 334
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 42, secondo comma, della legge 25 maggio 1970, n. 352 (Norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo), promosso con ordinanza del 23 gennaio 2004 dall’Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione sulla richiesta di referendum presentata dal Comune di San Michele al Tagliamento, iscritta al n. 234 del registro ordinanze 2004 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 14, prima serie speciale, dell’anno 2004.
Udito nella camera di consiglio del 29 settembre 2004 il Giudice relatore Franco Bile.
Ritenuto in fatto
A seguito della presentazione da parte del Comune di San Michele al Tagliamento della richiesta di referendum per il distacco del medesimo Comune dalla Regione Veneto e per la sua aggregazione alla Regione Friuli-Venezia Giulia, l’Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione ha sollevato – in riferimento all’art. 132, secondo comma, della Costituzione (come modificato dall’art. 9 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3) – questione di legittimità costituzionale dell’art. 42, secondo comma, della legge 25 maggio 1970, n. 352 (Norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo), nella parte in cui prescrive che le richieste di referendum per il distacco da una Regione e l’aggregazione ad altra Regione di una o più Province o di uno o più Comuni debbano essere corredate delle deliberazioni, identiche nell’oggetto, di tanti consigli di Province o di Comuni che rappresentino almeno un terzo delle restanti popolazioni delle Regioni investite dall’avviato procedimento di distacco-aggregazione.
L’Ufficio rimettente ritiene la questione rilevante ai fini della pronuncia da adottare sulla citata richiesta, che dovrebbe essere dichiarata illegittima, perché non corredata di tutte le deliberazioni dei consigli comunali cui la norma impugnata fa riferimento, mentre sarebbe pacificamente legittima in caso di pronunciata incostituzionalità.
E nel merito – premesso di avere, nel corso del medesimo procedimento, dichiarato manifestamente infondata identica questione, che il Comune di San Michele al Tagliamento aveva chiesto di sollevare – rileva che quella soluzione deve essere rimeditata alla luce della motivazione dell’ordinanza n. 343 del 2003, con cui questa Corte ha dichiarato manifestamente inammissibile il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, proposto dal delegato del medesimo Comune, per censurare il mancato adeguamento degli artt. 42 e segg. della legge n. 352 del 1970 al nuovo testo dell’art. 132 Cost.; l’ordinanza aveva infatti definito «significativa» la portata della «riforma dell’art. 132, secondo comma, della Costituzione introdotta dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3».
Secondo l’Ufficio – poiché il testo novellato dell’art. 132, secondo comma, Cost. dispone che «si può, con l’approvazione della maggioranza delle popolazioni della Provincia o delle Province interessate e del Comune o dei Comuni interessati espressa mediante referendum e con legge della Repubblica, sentiti i Consigli regionali, consentire che Province e Comuni, che ne facciano richiesta, siano staccati da una Regione ed aggregati ad un’altra» – se ne ricava che il legislatore costituzionale ha inteso riservare unicamente agli enti territoriali, richiedenti il proprio distacco da una Regione e l’aggregazione ad un’altra, l’iniziativa della promozione del referendum prodromico alla variazione dell’assetto territoriale regionale, ed escludere, quindi, qualsiasi partecipazione a tale iniziativa di altri enti rappresentativi di popolazioni solo indirettamente interessate a tale variazione. La conclusione è avvalorata dal rilievo che l’eventuale esito positivo del referendum non ha efficacia automatica in ordine alla modifica dell’assetto territoriale, ma integra solo il presupposto necessario ma non vincolante di un successivo procedimento legislativo con il quale il Parlamento, sentito il parere obbligatorio dei consigli regionali, valuta discrezionalmente la praticabilità del proposto mutamento; onde l’interesse indiretto delle parti delle Regioni non coinvolte in esso trova adeguata tutela e considerazione proprio in questa ulteriore fase legislativa.
A giudizio del rimettente, dunque, si configurerebbe una sopravvenuta incompatibilità con l’evocato parametro della norma impugnata, nella parte in cui riserva anche ad enti diversi da quelli richiedenti il distacco-aggregazione un’indispensabile partecipazione alla promozione delle iniziative referendarie.
Considerato in diritto
1. – Chiamato a pronunciarsi sulla richiesta di referendum proposta dal Comune di San Michele al Tagliamento per il distacco dalla Regione Veneto e per la sua aggregazione alla Regione Friuli-Venezia Giulia, l’Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 42, secondo comma, della legge 25 maggio 1970, n. 352 (Norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo), nella parte in cui prescrive che le richieste di referendum per il distacco da una Regione e l’aggregazione ad altra Regione di una o più Province o di uno o più Comuni debbano essere corredate delle deliberazioni, identiche nell’oggetto, di tanti consigli di Province o di Comuni che rappresentino almeno un terzo delle restanti popolazioni delle Regioni investite dall’avviato procedimento di distacco-aggregazione.
Preso atto che la portata della «riforma dell’art. 132, secondo comma, della Costituzione introdotta dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3», è stata definita «significativa» da questa Corte nell’ordinanza n. 343 del 2003 – che per il resto ha dichiarato la manifesta inammissibilità del conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato proposto dal delegato del medesimo Comune contro il Parlamento, per il mancato adeguamento degli artt. 42 e segg. della legge n. 352 del 1970 al nuovo testo dell’art. 132 Cost. – l’Ufficio rimettente (che pure, in precedenza, aveva ritenuto manifestamente infondata identica questione di legittimità costituzionale) ha ravvisato nella norma impugnata una sopravvenuta incompatibilità con tale parametro, nella parte in cui riserva un’indispensabile partecipazione alla promozione delle iniziative referendarie anche ad enti diversi da quelli richiedenti il distacco-aggregazione.
2. – La questione è fondata.
2.1. – Il secondo comma dell’art. 42 della legge n. 352 del 1970 prescrive che le richieste, da parte di Province o Comuni, di referendum per il distacco da una Regione e l’aggregazione ad un’altra devono essere corredate – oltre che delle deliberazioni dei consigli degli enti interessati alla modifica territoriale – anche delle deliberazioni, identiche nell’oggetto, di tanti consigli provinciali o comunali che rappresentino almeno un terzo della restante popolazione della Regione dalla quale è proposto il distacco (primo periodo); e di tanti consigli provinciali o comunali che rappresentino almeno un terzo della popolazione della Regione alla quale si propone che gli enti siano aggregati (secondo periodo).
La norma impugnata – inserita nel contesto più generale della legge n. 352 del 1970, finalizzata a dare attuazione alle diverse previsioni costituzionali riguardanti i referendum e l’iniziativa legislativa popolare – è diretta, per la stessa definizione contenuta nella rubrica del titolo III della legge medesima, a consentire lo svolgimento dei procedimenti di fusione o di creazione di nuove Regioni previsti dal primo comma dell’art. 132 della Costituzione, nonché di distacco-aggregazione di Province o Comuni disposto dal secondo comma del medesimo art. 132.
Tuttavia – per ciò che più interessa specificamente l’oggetto dell’odierna questione di costituzionalità – la norma pone a carico dei richiedenti un onere di difficile e gravoso assolvimento.
L’elencazione di tali imprescindibili presupposti di proponibilità della richiesta referendaria già appariva non conforme all’originaria formulazione del capoverso dell’art. 132 Cost. (secondo cui «Si può, con referendum e con legge della Repubblica, sentiti i Consigli regionali, consentire che Province e Comuni, che ne facciano richiesta, siano staccati da una Regione ed aggregati ad un’altra»), in quanto accordava (e vincolava) l’iniziativa referendaria ad organi non previsti nel testo costituzionale e condizionava l’iniziativa dei titolari a quella, necessariamente congiunta, di tali soggetti.
Queste caratteristiche sono, peraltro, divenute ancor più evidenti e razionalmente ingiustificabili dopo la modifica (ad opera dell’art. 9 della legge cost. n. 3 del 2001) dell’art. 132 Cost., il cui secondo comma si limita oggi a prevedere che «Si può, con l’approvazione della maggioranza delle popolazioni della Provincia o delle Province interessate e del Comune o dei Comuni interessati espressa mediante referendum e con legge della Repubblica, sentiti i Consigli regionali, consentire che Province e Comuni, che ne facciano richiesta, siano staccati da una Regione ed aggregati ad un’altra».
L’onerosità del procedimento strutturato dalla norma di legge attuativa si palesa eccessiva (in quanto non necessitata) rispetto alla determinazione ricavabile dalla nuova previsione costituzionale, e si risolve nella frustrazione del diritto di autodeterminazione dell’autonomia locale, la cui affermazione e garanzia risulta invece tendenzialmente accentuata dalla riforma del 2001.
Poiché il referendum previsto dalla disposizione costituzionale attualmente vigente mira a verificare se la maggioranza delle popolazioni dell’ente o degli enti interessati approvi l’istanza di distacco-aggregazione, deve coerentemente discenderne che la legittimazione a promuovere la consultazione referendaria spetta soltanto ad essi e non anche ad altri enti esponenziali di popolazioni diverse. Infatti, la riforma del parametro evocato ha inteso evitare che maggioranze non direttamente o immediatamente coinvolte nel cambiamento possano contrastare ed annullare finanche le determinazioni iniziali (neppure giunte al di là dello stadio di semplici richieste) di collettività che intendano rendersi autonome o modificare la propria appartenenza regionale.
Ad ogni modo, le valutazioni di tali altre popolazioni – anche di segno contrario alla variazione territoriale – trovano congrua tutela nelle fasi successive a quella della mera presentazione della richiesta di referendum. Siccome infatti l’esito positivo del referendum, avente carattere meramente consultivo, sicuramente non vincola il legislatore statale alla cui discrezionalità compete di determinare l’effetto di distacco-aggregazione; e siccome nel procedimento di approvazione della legge della Repubblica la norma costituzionale citata inserisce la fase dell’audizione dei consigli delle Regioni coinvolte, proprio questa fase consente l’emersione e la valutazione degli interessi locali contrapposti (o anche non integralmente concordanti con quelli espressi attraverso la soluzione della rigida alternativa propria dell’istituto referendario). Sicché l’acquisizione e l’esame dei pareri dei consigli regionali avranno sicura incidenza ai fini dell’eventuale approvazione della legge di modifica territoriale.
2.2. – La specificità dell’ipotesi di variazione territoriale disciplinata dall’art. 132 Cost. non consente, viceversa, di mutuare l’accezione e l’estensione del concetto di “popolazioni interessate” individuato da questa Corte relativamente al procedimento, affatto diverso, di cui al successivo art. 133, secondo comma, che prevede l’istituzione di nuovi Comuni e la modifica delle loro circoscrizioni e denominazioni (cfr. sentenze n. 47 del 2003 e n. 94 del 2000). L’espressione “popolazioni interessate”, utilizzata da tale ultima norma costituzionale evoca un dato che può anche prescindere dal diretto coinvolgimento nella variazione territoriale; ed è stata intesa dalle sentenze citate come comprensiva sia dei gruppi direttamente coinvolti nella variazione territoriale, sia di quelli interessati in via mediata e indiretta.
Invece l’espressione “popolazioni della Provincia o delle Province interessate e del Comune o dei Comuni interessati”, utilizzata dal nuovo art. 132, secondo comma, inequivocamente si riferisce soltanto ai cittadini degli enti locali direttamente coinvolti nel distacco-aggregazione.
2.3. – La norma impugnata deve, pertanto, essere dichiarata costituzionalmente illegittima, nella parte in cui prescrive che la richiesta di referendum per il distacco di una Provincia o di un Comune da una Regione e l’aggregazione ad altra Regione deve essere corredata – oltre che delle deliberazioni, identiche nell’oggetto, rispettivamente dei consigli provinciali e dei consigli comunali delle Province e dei Comuni di cui si propone il distacco – anche delle deliberazioni, identiche nell’oggetto, «di tanti consigli provinciali o di tanti consigli comunali che rappresentino almeno un terzo della restante popolazione della regione dalla quale è proposto il distacco delle province o dei comuni predetti» e «di tanti consigli provinciali o di tanti consigli comunali che rappresentino almeno un terzo della popolazione della regione alla quale si propone che le province o i comuni siano aggregati».
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 42, secondo comma, della legge 25 maggio 1970, n. 352 (Norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo), nella parte in cui prescrive che la richiesta di referendum per il distacco di una Provincia o di un Comune da una Regione e l’aggregazione ad altra Regione deve essere corredata – oltre che delle deliberazioni, identiche nell’oggetto, rispettivamente dei consigli provinciali e dei consigli comunali delle Province e dei Comuni di cui si propone il distacco – anche delle deliberazioni, identiche nell’oggetto, «di tanti consigli provinciali o di tanti consigli comunali che rappresentino almeno un terzo della restante popolazione della regione dalla quale è proposto il distacco delle province o dei comuni predetti» e «di tanti consigli provinciali o di tanti consigli comunali che rappresentino almeno un terzo della popolazione della regione alla quale si propone che le province o i comuni siano aggregati».
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 28 ottobre 2004.
Carlo MEZZANOTTE, Presidente
Franco BILE, Redattore
Depositata in Cancelleria il 10 novembre 2004.
Corte Costituzionale.
Sentenza 9 marzo 2007, n. 66
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Franco BILE Presidente, Francesco AMIRANTE Giudice,Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio per conflitto di attribuzione tra enti sorto a seguito dell’ordinanza dell’Ufficio centrale per il referendum del 12 aprile 2006; della deliberazione del Consiglio dei ministri del 7 luglio 2006 e del decreto del Presidente della Repubblica 10 luglio 2006 (Indizione dei referendum per il distacco del comune di Noasca dalla Regione Piemonte e la sua aggregazione alla Regione Valle d’Aosta, nonché per il distacco del Comune di Sovramonte dalla Regione Veneto e la sua aggregazione alla Regione Trentino-Alto Adige, a norma dell’articolo 132, secondo comma, della Costituzione), promosso con ricorso della Regione Valle d’Aosta notificato il 27 luglio e l’11 novembre 2006, depositato in cancelleria il 2 agosto e il 22 novembre 2006 ed iscritto al n. 11 del registro conflitti tra enti 2006.
Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 6 febbraio 2007 il Giudice relatore Ugo De Siervo;
uditi gli avvocati Giovanni Guzzetta e Francesco Saverio Marini per la Regione Valle d’Aosta e l’avvocato dello Stato Giovanni Pietro de Figueiredo per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. – Con ricorso notificato il 27 luglio 2006 e depositato il successivo 2 agosto, la Regione Valle D’Aosta/Vallée D’Aoste ha proposto conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato, in relazione agli atti prodromoci alla celebrazione del referendum, di cui all’art. 132, secondo comma, della costituzione, per il distacco del comune di Noasca dalla Regione Piemonte e la sua aggregazione alla regione ricorrente.
Il conflitto trae origine dall’ordinanza dell’ufficio centrale per il referendum presso la corte di cassazione, depositata il 12 aprile 2006, con cui è stata dichiarata la legittimità della richiesta di referendum; dalla delibera del consiglio dei ministri adottata nella riunione del 7 luglio 2006, con cui è stata approvata l’indizione del referendum; dal decreto del presidente della repubblica 10 luglio 2006, pubblicato nella gazzetta ufficiale del 12 luglio 2006, con cui il referendum è stato indetto per il giorno 8 ottobre 2006.
Secondo la ricorrente, tali atti lederebbero il riparto delle competenze costituzionali e statutarie, previste, rispettivamente, dagli artt. 6, 57, terzo comma, e 116, primo comma, della costituzione, e dagli artt. 1, secondo comma, 44, terzo comma, e 50 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (statuto speciale per la Valle D’Aosta), e dovrebbero, pertanto, essere annullati, previa declaratoria di non spettanza allo stato del potere di «attivare il procedimento di modifica del territorio della Regione Valle D’Aosta ai sensi dell’art. 132, secondo comma, della costituzione».
La ricorrente afferma che il proprio territorio sarebbe stato sostanzialmente costituzionalizzato dall’art. 1, secondo comma, dello statuto, con riferimento alle circoscrizioni comunali che ne facevano parte alla data dell’11 marzo 1948, ovvero ai comuni individuati nella tabella allegata al decreto legislativo luogotenenziale 7 settembre 1945, n. 545 (ordinamento amministrativo della Valle D’Aosta). ne conseguirebbe, secondo la ricorrente, che modificazioni al territorio regionale potrebbero essere introdotte solo mediante il procedimento di revisione dello statuto previsto dall’art. 50 dello stesso, anziché in forza dell’art. 132, secondo comma, cost.. tale conseguenza discenderebbe anche dalla considerazione, secondo la quale la salvaguardia dell’equilibrio linguistico-culturale nella comunità valdostana farebbe escludere che tale equilibrio possa subire alterazioni per effetto della aggregazione di ulteriori comuni mediante una legge statale.
Inoltre, sempre secondo la prospettazione della regione ricorrente, consentire la «indiscriminata possibilità di aggregazione» alla Valle D’Aosta implicherebbe la possibilità di un aumento della popolazione residente, con conseguente «incomprensibile penalizzazione» della regione in sede di attribuzione dei seggi senatoriali su base regionale, posto che l’art. 57, secondo comma, cost. assegna alla Regione Valle D’Aosta un solo senatore.
Infine, in violazione dell’art. 44, terzo comma, dello statuto, il consiglio dei ministri avrebbe deliberato l’indizione del referendum senza consentire che il Presidente della Regione potesse partecipare alla seduta.
In considerazione degli «effetti finanziari e politico-istituzionali» che deriverebbero dallo svolgimento della consultazione referendaria, la ricorrente chiede altresì la sospensione dell’efficacia degli atti oggetto di conflitto, ai sensi dell’art. 40 della legge 11 marzo 1953, n. 87.
2. – Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, chiedendo che il ricorso sia dichiarato infondato.
Innanzitutto, l’avvocatura osserva che la pretesa “costituzionalizzazione” del territorio valdostano non impedirebbe l’applicazione dell’art. 132 Cost. il procedimento ivi contemplato dovrebbe, tuttavia, concludersi con una legge costituzionale, anziché con una legge ordinaria, secondo quanto già deciso a livello governativo in seguito al referendum concernente il distacco del Comune di Lamon dalla regione veneto e la conseguente richiesta di aggregazione dello stesso alla Regione Trentino-Alto Adige.
Ad avviso dell’avvocatura, l’art. 132, secondo comma, si riferirebbe a tutte le regioni, come emergerebbe dalla correlazione sia con il primo comma, che con l’art. 131 cost., che reca l’elenco di tutte le regioni.
Inoltre, la stessa sentenza n. 334 del 2004 di questa Corte, relativa ad un caso di richiesta di distacco di un comune dalla Regione Veneto alla Regione Friuli-Venezia Giulia, confermerebbe l’applicabilità a tutte le regioni dell’art. 132, secondo comma, Cost.
Tale disposizione costituzionale sarebbe tesa a tutelare «l’autonomia delle popolazioni locali», anche in riferimento all’autonomia regionale; anche per le regioni a statuto speciale, il procedimento di cui all’art. 132 della Costituzione varrebbe a garantire l’autonomia locale, fermo restando che gli interessi regionali trovano spazio nella fase successiva allo svolgimento del referendum.
Dato che il procedimento referendario interessa la “sfera di autonomia” della sola comunità locale, sarebbe naturale escludere il presidente della regione dalla seduta del consiglio dei ministri nella quale si debba deliberare l’indizione del referendum.
3. – La Regione Valle d’Aosta, in prossimità dell’udienza del 9 novembre 2006, ha depositato memoria, con la quale ribadisce le proprie tesi e replica analiticamente alle argomentazioni svolte dall’Avvocatura dello Stato.
4. – Con ordinanza pronunciata nella predetta udienza, questa Corte ha deciso che la Regione ricorrente dovesse notificare il ricorso anche all’Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione, ai sensi del comma 2 dell’art. 27 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
5. – Regolarmente effettuata detta notifica senza che l’Ufficio centrale per il referendum provvedesse poi a costituirsi in giudizio, in prossimità dell’udienza pubblica del 6 febbraio 2007, la Regione Valle d’Aosta ha depositato ulteriore memoria, con la quale dà conto, anzitutto, che il referendum nel Comune di Noasca si è svolto con esito positivo e che il Governo ha successivamente deliberato uno schema di disegno di legge costituzionale, ai sensi dell’art. 132, secondo comma, Cost., sul quale ha sollecitato l’espressione del parere da parte del Consiglio regionale.
Tale procedimento, ad avviso della Regione Valle d’Aosta, prevedendo un mero parere non vincolante del Consiglio regionale, non sarebbe in grado di soddisfare in modo adeguato le esigenze del coinvolgimento regionale.
La incongruità dell’applicazione dell’art. 132, secondo comma Cost. con il successivo innesto dell’approvazione di una legge costituzionale, sarebbe evidente anche sotto ulteriori punti di vista: anzitutto, «si finirebbe per ritenere una normativa di rango costituzionale “speciale” – quella statutaria, per l’appunto – come incomprensibilmente “derogata” da una norma di portata “generale”, quale è quella recata dall’art. 132 Cost.»; in secondo luogo, nel secondo comma dell’art. 132 Cost. il riferimento ad «una legge della Repubblica» sarebbe da intendere «com’è fatto palese dal contesto della disposizione, nel senso di legge ordinaria», mentre la utilizzazione dell’art. 138 Cost. porterebbe a «fondere e confondere due differenziati procedimenti, nonostante il Costituente li abbia invece voluti distinti».
Addirittura, osserva la ricorrente, la variazione territoriale così prodotta, dovrebbe essere ritenuta «non più modificabile nell’unica forma di revisione statutaria ammessa dal sistema, vale a dire quella ex art. 50 dello Statuto speciale», che pure fa riferimento al procedimento dell’art. 138 Cost.
La Regione ricorrente si sofferma, altresì, sulla asserita «illegittimità costituzionale» degli atti posti in essere successivamente alla proposizione del ricorso introduttivo del giudizio, dei quali gli atti impugnati sarebbero evidentemente i necessari presupposti: anzitutto, lo stesso referendum – svoltosi, con esito positivo, nel Comune di Noasca – non sarebbe previsto nell’art. 50 dello statuto speciale per la Valle d’Aosta, il quale escluderebbe lo svolgimento di qualunque consultazione referendaria nell’ambito del procedimento di revisione dello statuto; in secondo luogo, il disegno di legge costituzionale per il distacco del Comune di Noasca dal Piemonte e la sua aggregazione alla Valle d’Aosta sarebbe in contrasto con l’art. 71, primo comma, Cost. In proposito, sarebbe costituzionalmente illegittimo lo stesso art. 45 della legge 25 maggio 1970, n. 352 (Norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo), nella parte in cui stabilisce che – qualora la proposta sottoposta a referendum di cui all’art. 132 Cost. sia stata approvata – «il Ministro per l’interno, entro 60 giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale» dell’esito referendario, «presenta al Parlamento il disegno di legge costituzionale o ordinaria di cui all’articolo 132 della Costituzione»: ciò perché in questa disposizione di legge si configurerebbe una vincolante iniziativa legislativa dei partecipanti al referendum e si attribuirebbe un potere di iniziativa legislativa ad un singolo Ministro.
La ricorrente chiede, pertanto, che questa Corte sollevi davanti a sé la prospettata questione di legittimità costituzionale, dal momento che la presentazione del disegno di legge avrebbe «determinato un ulteriore avanzamento dell’intera sequenza procedimentale oggetto del presente conflitto di attribuzione», e dunque «il suo permanere nel sistema appare rilevante ai fini della decisione della controversia».
Da ultimo, la difesa regionale ribadisce l’asserita illegittimità della deliberazione del Consiglio dei Ministri, approvativa dell’ indizione del referendum, a causa della mancata partecipazione del Presidente della Regione alla seduta del Consiglio dei ministri, in violazione dell’art. 44, terzo comma, dello statuto.
Considerato in diritto
1. – La Regione Valle D’Aosta/Vallée D’Aoste ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello stato, in relazione a tre atti prodromici alla celebrazione del referendum, di cui all’art. 132, secondo comma, della Costituzione, per il distacco del Comune di Noasca dalla Regione Piemonte e la conseguente aggregazione dello stesso alla regione ricorrente: cioè l’ordinanza dell’ufficio centrale per il referendum presso la corte di cassazione con cui è stata dichiarata la legittimità della richiesta di referendum; la deliberazione del consiglio dei ministri, con cui è stata approvata l’indizione del referendum; il decreto del presidente della repubblica, con cui il referendum è stato indetto per il giorno 8 ottobre 2006.
Secondo la ricorrente, tali atti lederebbero il riparto delle competenze costituzionali e statutarie, previste, rispettivamente, dagli artt. 6, 57, terzo comma, e 116, primo comma, della costituzione, e dagli artt. 1, secondo comma, 44, terzo comma, e 50 della legge cost. 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Valle D’Aosta), e dovrebbero pertanto essere annullati, previa declaratoria di non spettanza allo stato del potere di «attivare il procedimento di modifica del territorio della Regione Valle D’Aosta ai sensi dell’art. 132, secondo comma, della costituzione».
La ricorrente afferma che il proprio territorio sarebbe stato sostanzialmente costituzionalizzato dall’art. 1, secondo comma, dello Statuto, con riferimento alle circoscrizioni comunali che ne facevano parte alla data dell’11 marzo 1948, ovvero ai comuni individuati nella tabella allegata al decreto legislativo luogotenenziale 7 settembre 1945, n. 545 (Ordinamento amministrativo della Valle D’Aosta). Ne conseguirebbe, secondo la ricorrente, che modificazioni al territorio potrebbero essere introdotte solo mediante il procedimento di revisione dello statuto previsto dall’art. 50 dello stesso, anziché in forza dell’art. 132, secondo comma Cost.
Tale conseguenza discenderebbe anche dalla necessità di salvaguardare l’equilibrio linguistico-culturale nella comunità valdostana, da ritenere non alterabile attraverso una ordinaria legge statale.
Inoltre, sempre secondo la prospettazione della regione ricorrente, consentire la «indiscriminata possibilità di aggregazione» alla Valle D’Aosta /Vallée D’Aoste comporterebbe un aumento della popolazione residente, con conseguente penalizzazione della regione in sede di attribuzione dei seggi senatoriali su base regionale, dato l’art. 57, secondo comma, Cost.
Infine, in violazione dell’art. 44, terzo comma, dello Statuto, il Consiglio dei Ministri avrebbe deliberato l’indizione del referendum senza consentire che il Presidente della Regione potesse partecipare alla seduta in cui tale deliberazione è stata assunta.
2. – In via preliminare, va dichiarata l’inammissibilità della censura fondata sulla presunta violazione dell’art. 57, terzo comma, Cost., che attribuisce un seggio senatoriale alla Regione Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste prescindendo dal calcolo della popolazione residente: tale norma – ad avviso della ricorrente – potrebbe essere anche fortemente alterata da «un indiscriminato aumento della popolazione regionale» conseguente al diffondersi della tendenza ad aggregarsi alla Regione ricorrente, tendenza che non verrebbe adeguatamente contenuta dalla procedura di cui al secondo comma dell’art. 132 Cost.
L’affermata violazione risulta meramente ipotetica (oltre che collegata a incerti elementi di fatto), mentre questa Corte ha costantemente affermato che nei conflitti di attribuzione fra enti occorre che gli atti impugnati producano effetti lesivi attuali nella sfera di attribuzioni del ricorrente (ex plurimis, le sentenze n. 72 del 2005, n. 137 del 1998, n. 211 del 1994, n. 153 del 1986).
3. – L’argomentazione fondamentale della ricorrente a sostegno delle proprie doglianze ruota intorno alla affermata inapplicabilità del secondo comma dell’art. 132 della Costituzione alla Regione Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste, poiché il territorio della Regione, quale deducibile dall’art. 1, secondo comma, dello statuto speciale (e quindi con riferimento al territorio regionale alla data di entrata in vigore dello statuto o all’elenco dei Comuni allegato al decreto legislativo luogotenenziale n. 545 del 1945), non sarebbe modificabile se non mediante la procedura di revisione statutaria, di cui all’art. 50 dello statuto, quale parzialmente modificato ad opera dell’art. 2 della legge costituzionale 31 gennaio 2001, n. 2 (Disposizioni concernenti l’elezione diretta dei Presidenti delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano). Ciò sarebbe coerente con la necessità di non compromettere la salvaguardia dell’equilibrio linguistico, culturale e storico della comunità valdostana, a garanzia della quale sono state riconosciute alla Regione forme e condizioni particolari di autonomia.
Tale ricostruzione interpretativa risulta erronea, dal momento che l’art. 132, primo e secondo comma, Cost. si riferisce pacificamente a tutte le Regioni (quelle indicate nel precedente art. 131), mediante l’individuazione di procedure che coinvolgono tutti i diversi organi e soggetti indicati dalle norme costituzionali come attori necessari nei differenziati procedimenti ivi configurati (enti locali e relative popolazioni, Consigli regionali, Parlamento). Ciò, mentre evidentemente nessuna procedura normativa interna ad un singolo ordinamento regionale potrebbe produrre effetti su due diversi enti regionali, come è palese nello stesso caso che ha originato il presente giudizio, nel quale il procedimento di distacco-aggregazione investe ovviamente due Regioni.
Dinanzi ad una disposizione costituzionale riferita a tutte le Regioni, e comunque tale da garantire un ipotetico effetto finale sui territori di entrambe le Regioni interessate, appare quindi meramente assertivo affermare, come fa la ricorrente, che l’art. 50 dello statuto speciale sarebbe «norma chiaramente derogatoria rispetto alla generale regolazione delle modificazioni territoriali regionali, per distacco-aggregazione di Comuni, contenuta nell’art. 132».
Né può essere accolta l’opinione della ricorrente, secondo la quale la indubbia necessità di assicurare piena tutela ad una particolare comunità etnico-linguistica può essere garantita solo da procedure interne allo speciale ordinamento regionale, pur appositamente configurato, almeno in alcuni casi, anche per meglio rappresentarla e tutelarla, dal momento che a questo fine sono previste e concretamente utilizzate a livello statale anche fonti ordinarie e costituzionali (fra queste ultime, basti pensare – fra le più recenti – proprio alle leggi costituzionali 31 gennaio 2001 n. 2 (Disposizioni concernenti l’elezione diretta dei Presidenti delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano) e 18 ottobre 2001 n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), che complessivamente hanno apportato molteplici modificazioni agli ordinamenti di tutte le Regioni ad autonomia speciale).
Inoltre, come osservato anche dall’Avvocatura generale dello Stato, il secondo comma dell’art. 132 della Costituzione mira a garantire un ruolo significativo alle popolazioni locali, nel complesso rapporto fra interessi locali, regionali e nazionali nei processi di distacco-aggregazione di un comune da una Regione ad un’altra, con conseguente ridisegno del territorio delle Regioni. La stessa parziale modificazione di questo comma ad opera della legge cost. n. 3 del 2001 ha ancora meglio messo in evidenza, nella fase iniziale del procedimento configurato, il ruolo fondamentale della popolazione del singolo ente locale interessato dal distacco-aggregazione e questa Corte, nella sentenza n. 334 del 2004, ha fatto riferimento al diritto di autodeterminazione delle collettività locali.
4. – Residua la censura di violazione dell’art. 44, terzo comma, dello statuto speciale, il quale prevede che il Presidente della Regione «interviene alle sedute del Consiglio dei Ministri, quando si trattano questioni che riguardano particolarmente la Regione».
La censura non è fondata per tre differenziati motivi.
In primo luogo, l’art. 44 della legge 25 maggio 1970, n. 352 (Norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo), configura in termini del tutto vincolati sul piano sostanziale e temporale il contenuto della deliberazione del Consiglio dei ministri, senza che possa prospettarsi una valutazione discrezionale dell’oggetto in questione.
In secondo luogo, proprio la recente modifica costituzionale del secondo comma dell’art. 132 Cost. ad opera dell’art. 9, comma 1, della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, ha ulteriormente chiarito che il soggetto interessato in questa fase del tutto “prodromica” del procedimento è la sola collettività locale appartenente al Comune interessato dalla proposta di distacco-aggregazione.
In terzo luogo, la stessa disposizione costituzionale prevede che, dopo lo svolgimento del referendum, acquisito l’eventuale esito positivo dello stesso e prima dei lavori legislativi che avranno inizio con l’eventuale presentazione del disegno di legge governativo, si provveda allo specifico e solenne coinvolgimento delle Regioni interessate attraverso la richiesta ai loro Consigli regionali del parere sulla proposta.
5. – Questa Corte non ritiene di dover sollevare dinanzi a sé, nel presente giudizio, questione di legittimità costituzionale dell’art. 45 della legge n. 352 del 1970, come invece richiesto dalla Regione ricorrente.
La suddetta richiesta si basa sulla considerazione che la richiamata disposizione – nella parte in cui stabilisce che, qualora la proposta sottoposta a referendum ai sensi dell’ art. 132 Cost. sia stata approvata, il Ministro per l’interno presenta al Parlamento il disegno di legge costituzionale o ordinaria di cui all’articolo 132 della Costituzione – configurerebbe una vincolante iniziativa legislativa degli elettori partecipanti al referendum e attribuirebbe un potere di iniziativa legislativa ad un singolo Ministro. Poiché l’art. 45 avrebbe «determinato un ulteriore avanzamento dell’intera sequenza procedimentale oggetto del presente conflitto di attribuzione», «il suo permanere nel sistema» sarebbe rilevante ai fini della decisione della controversia.
In realtà, l’art. 45 della legge n. 352 del 1970 disciplina la fase successiva allo svolgimento del referendum consultivo previsto dall’art. 132, secondo comma, Cost. nell’ipotesi in cui esso abbia avuto esito favorevole. Il presente conflitto, invece, ha ad oggetto atti anteriori e prodromici allo stesso referendum e si inserisce in una fase precedente alla attivazione dell’iniziativa legislativa disciplinata dalla disposizione in parola.
Appare, pertanto, manifestamente irrilevante la questione di legittimità costituzionale dell'art. 45 della legge n. 352 del 1970, dal momento che tale disposizione non viene in considerazione ai fini della decisione del presente conflitto.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara che spettava allo Stato, e per esso all’Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione, pronunciare l’ordinanza, depositata il 12 aprile 2006, con cui è stata dichiarata la legittimità della richiesta di referendum, ai sensi dell’art. 132, secondo comma, della Costituzione, relativa al distacco del Comune di Noasca dalla Regione Piemonte ed alla aggregazione dello stesso alla Regione Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste;
dichiara che spettava allo Stato, e per esso al Consiglio dei ministri, la deliberazione 7 luglio 2006, con cui è stata approvata l’indizione del suddetto referendum;
dichiara che spettava allo Stato, e per esso al Presidente della Repubblica, emanare il decreto 10 luglio 2006, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 12 luglio 2006, con cui il referendum nel Comune di Noasca è stato indetto per il giorno 8 ottobre 2006;
dichiara che non spettava al Presidente della Regione Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste partecipare alla seduta del Consiglio dei ministri 7 luglio 2006 per deliberare l’indizione del predetto referendum.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 febbraio 2007.
F.to:
Franco BILE, Presidente
Ugo DE SIERVO, Redattore
Depositata in Cancelleria il 9 marzo 2007.
Allegato:
Ordinanza letta all’udienza del 7 novembre 2006
ORDINANZA
Visto l’art. 27, comma 2, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, impregiudicata ogni ulteriore decisione sia in punto di ammissibilità che di merito.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dispone che l’atto introduttivo sia, a cura della ricorrente, notificato all’Ufficio Centrale per il referendum presso la Corte di cassazione, entro il termine di venti giorni da oggi per essere poi depositato, con la prova dell’avvenuta notifica, nella Cancelleria di questa Corte entro il termine di venti giorni previsto dall’art. 27, comma 3, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;
rinvia la causa a nuovo ruolo.
F.to Franco Bile, Presidente
D.P.R. 31 luglio 2005.
Indizione del referendum per il distacco del comune di Lamon della regione
Veneto e la sua aggregazione alla regione Trentino-Alto Adige, a norma
dell’articolo 132, secondo comma, della Costituzione
(1) (2)
------------------------
(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 4 agosto 2005, n. 180.
(2) Vedi, anche, il Comunicato 12 novembre 2005.
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 132, secondo comma, e 87 della Costituzione;
Vista la legge 25 maggio 1970, n. 352, recante norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo, e successive modificazioni;
Vista l’ordinanza dell’Ufficio centrale per il referendum costituito presso la Corte di Cassazione, emessa in data 3 maggio 2005 e comunicata in pari data, con la quale è stata dichiarata legittima la richiesta di referendum ex art. 132, secondo comma, della Costituzione, formulata con deliberazione del consiglio comunale di Lamon, per il distacco di detto comune, attualmente in provincia di Belluno, dalla regione Veneto e la sua aggregazione alla regione Trentino-Alto Adige;
Vista la sentenza n. 334 del 28 ottobre - 10 novembre 2004 con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 42, secondo comma, della legge 25 maggio 1970, n. 352, nella parte in cui prescrive che la richiesta di un comune (o di una provincia) di distacco da una regione ed aggregazione a un’altra regione debba essere corredata anche delle deliberazioni di altri comuni (o di altre province), ed ha altresì affermato il principio che l’espressione «popolazioni della Provincia o delle Province interessate e del Comune o dei Comuni interessati», utilizzata dall’art. 132, secondo comma, della Costituzione - nel testo come modificato e integrato dall’art. 9, comma 1, della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 - ai fini della individuazione del corpo elettorale chiamato ad esprimersi con referendum sulla proposta di variazione territoriale, deve intendersi riferita soltanto ai cittadini degli enti locali direttamente coinvolti nel distacco-aggregazione;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 22 luglio 2005;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con i Ministri dell’interno e della giustizia;
Emana il seguente decreto:
È indetto, nel territorio del comune di Lamon, il referendum popolare per il distacco del predetto Comune dalla regione Veneto e la sua aggregazione alla regione Trentino-Alto Adige.
I relativi comizi sono convocati per il giorno di domenica 30 ottobre 2005.
Presidenza del Consiglio dei ministri.
Comunicato concernente il referendum popolare per il distacco del comune di
Lamon dalla regione Veneto e la sua aggregazione alla regione Trentino-Alto
Adige
(Pubblicato
nella Gazz. Uff. 12 novembre 2005, n. 264)
L’ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione, con verbale chiuso in data 8 novembre 2005, ha accertato a norma dell’art. 36 della legge 25 maggio 1970, n. 352, che alla votazione, tenutasi nei giorni 30 e 31 ottobre 2005, per il referendum popolare indetto con decreto del Presidente della Repubblica in data 31 luglio 2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - serie generale - n. 180 del 4 agosto 2005, ha partecipato la maggioranza degli aventi diritto, così come richiesto dall’art. 75, quarto comma, della Costituzione e che il risultato e’ stato favorevole al distacco territoriale del comune di Lamon (Belluno) dalla regione Veneto ed alla sua aggregazione alla regione autonoma Trentino-Alto Adige.
Consiglio regionale del Trentino - Alto
Adige
Regionalrat Trentino - Südtirol
Seduta n. 47 del 16 gennaio
2007
Espressione del parere prescritto dal secondo comma dell’articolo 132 della Costituzione e dal terzo comma dell’articolo 103 dello Statuto sulla proposta di legge costituzionale n. A.C. 1359/XV, d’iniziativa del deputato Boato, e sul disegno di legge costituzionale n. A.C. 1427/XV, d’iniziativa governativa su proposta del Ministro dell’interno Amato e del Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali Lanzillotta, concernenti il “Distacco del comune di Lamon dalla regione Veneto e sua aggregazione alla regione Trentino-Alto Adige, ai sensi dell’articolo 132, secondo comma, della Costituzione”
Il Consiglio dei Ministri, prendendo atto del risultato del referendum popolare tenutosi nel comune di Lamon ai sensi dell’articolo 45, comma 3, della legge n. 352 del 1970 (che attua l’articolo 132 della Costituzione sulle modifiche dei territori di Regioni, Province e Comuni), ha depositato in data 20 luglio 2006 presso la Camera dei Deputati un disegno di legge costituzionale (n. 1427/C) con il quale (articolo unico) si dispone che il comune di Lamon è distaccato dalla regione Veneto e aggregato alla Regione Trentino-Alto Adige, nell’ambito della Provincia autonoma di Trento.
Analoga proposta di legge costituzionale (n. 1359/C) è stata depositata, sempre presso la Camera dei Deputati, dall’onorevole Marco Boato.
Sulle due proposte di legge costituzionale in esame, si è pronunciato il Consiglio provinciale di Bolzano esprimendo, con deliberazione n. 6 del 6 dicembre 2006, parere contrario all’approvazione di entrambe le proposte di legge costituzionale (Allegato n. 1).
Analogamente, su entrambe le proposte sopraindicate, si è espresso il Consiglio provinciale di Trento con deliberazione n. 15 del 12 dicembre 2006 (Allegato n. 2).
Il Consiglio provinciale di Trento ha rilevato, come emerge dall’allegato A al parere, che la questione posta presenta molteplici elementi di problematicità, tra i quali:
a) l’applicabilità al caso di specie dell’articolo 132 della Costituzione;
b) l’applicabilità dell’articolo 103 dello Statuto speciale di autonomia del Trentino-Alto Adige in materia di procedimento di approvazione delle leggi costituzionali che modificano lo Statuto medesimo (necessità del parere anche del Consiglio regionale e del Consiglio provinciale di Bolzano); la necessità di modificare il medesimo articolo 103 per esplicitare la natura pattizia dello Statuto speciale di autonomia.
Il Consiglio provinciale di Trento, nel proprio parere, ha quindi sollevato una questione pregiudiziale, sostenendo la non applicabilità alla Regione Trentino-Alto Adige e alle Province autonome di Trento e di Bolzano dell’articolo 132 della Costituzione e che la modifica del territorio degli enti medesimi possa avvenire solo con espressa modifica dello Statuto di autonomia e previa intesa con i Consigli regionale e provinciali.
Tutto ciò premesso, il Consiglio regionale, prendendo atto dei pareri espressi dai Consigli provinciali di Trento e di Bolzano e condividendone le finalità e le motivazioni di carattere generale,
A voti
d e l i b e r a
1. di esprimere parere negativo alla prosecuzione dell’iter di approvazione della proposta di legge costituzionale n. 1359/C del 13 luglio 2006 (presentata dall’onorevole Marco Boato) e del disegno di legge costituzionale n. 1427/C del 20 luglio 2006 (presentato dal Governo su proposta del Ministro dell’interno e del Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali);
2. di incaricare il Presidente del Consiglio regionale di inviare copia di questa deliberazione al Governo, nonché al Presidente del Consiglio provinciale di Trento e al Presidente del Consiglio provinciale di Bolzano.
[1] Legge 25 maggio 1970, n. 352, Norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo.
[2] A.C. 1852 (on. Fontanini), 2085 (on. Foti), 2357 (on. Illy) e 3275 (on. Moretti).
[3] Con sentenza 28 ottobre 2004, n. 334, La Corte ha dichiarato l’illegittimità del comma, nella parte in cui prescrive che la richiesta di referendum per il distacco di una Provincia o di un Comune da una Regione e l’aggregazione ad altra Regione deve essere corredata – oltre che delle deliberazioni, identiche nell’oggetto, rispettivamente dei consigli provinciali e dei consigli comunali delle Province e dei Comuni di cui si propone il distacco – anche delle deliberazioni, identiche nell’oggetto, “di tanti consigli provinciali o di tanti consigli comunali che rappresentino almeno un terzo della restante popolazione della Regione dalla quale è proposto il distacco delle Province o dei Comuni predetti” e “di tanti consigli provinciali o di tanti consigli comunali che rappresentino almeno un terzo della popolazione della Regione alla quale si propone che le Province o i Comuni siano aggregati”.
[4] Ordinanza dell'Ufficio centrale per il referendum del 12 aprile 2006; deliberazione del Consiglio dei ministri del 7 luglio 2006 e decreto del Presidente della Repubblica 10 luglio 2006.
[5] L.Cost. 26 febbraio 1948, n. 4, Statuto speciale per la Valle d'Aosta. L’art. 1, co. 2°, recita: “Il territorio della Valle d'Aosta comprende le circoscrizioni dei Comuni ad esso appartenenti alla data della entrata in vigore della presente legge”.
[6] Il Comune di Lamon fa attualmente parte della Provincia di Belluno.
[7] D.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige (art. 4, n. 3)
[8] Pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 180 del 4 agosto 2005.
[9] Art. 1, co. 494, L. 23 dicembre 2005, n. 266.
[10] Art. 1, co. 709, L. 27 dicembre 2006 n. 296, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007).
[11] Sono complessivamente 50 comuni, il cui territorio è compreso in 5 province (Sondrio, Brescia, Verona, Vicenza, Belluno).
[12] Art. 6, co. 7, D.L. 2 luglio 2007, n. 81 (conv. L. 3 agosto 2007, n. 127), Disposizioni urgenti in materia finanziaria.
[13] Art. 2, co. 44, L. 24 dicembre 2007 n. 244, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2008).
[14] L.R. 26 ottobre 2007, n. 30, Interventi regionali a favore dei comuni ricadenti nelle aree svantaggiate di montagna e nell’area del Veneto orientale.
[15] Si veda la L.R. Veneto, 26 ottobre 2007, n. 31, Ratifica dell’intesa tra la Regione del Veneto e la Provincia autonoma di Trento per favorire la cooperazione tra i territori confinanti.