Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Bilancio dello Stato
Altri Autori: Servizio Commissioni
Titolo: (AC 5109) DL 16/2012 disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie
Riferimenti:
AC N. 5109/XVI     
Serie: Note di verifica    Numero: 396
Data: 17/04/2012
Descrittori:
DECRETO LEGGE 2012 0016   SISTEMA TRIBUTARIO
Organi della Camera: VI-Finanze

 

 

 

 


Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 Verifica delle quantificazioni

 

 

 

A.C. 5109

 

Disposizioni urgenti in materia

di semplificazione tributarie

 

(Conversione in legge del DL n. 16/2012

 Modificato dal Senato - A.S. 3184

 

 

 

 

N. 396 – 17 aprile 2012

 

 


 

La verifica delle relazioni tecniche che corredano i provvedimenti all'esame della Camera e degli effetti finanziari dei provvedimenti privi di relazione tecnica è curata dal Servizio Bilancio dello Stato.

La verifica delle disposizioni di copertura, evidenziata da apposita cornice, è curata dalla Segreteria della V Commissione (Bilancio, tesoro e programmazione).

L’analisi è svolta a fini istruttori, a supporto delle valutazioni proprie degli organi parlamentari, ed ha lo scopo di segnalare ai deputati, ove ne ricorrano i presupposti, la necessità di acquisire chiarimenti ovvero ulteriori dati e informazioni in merito a specifici aspetti dei testi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SERVIZIO BILANCIO DELLO STATO – Servizio Responsabile

( 066760-2174 / 066760-9455 – * bs_segreteria@camera.it

 

SERVIZIO COMMISSIONI – Segreteria della V Commissione

( 066760-3545 / 066760-3685 – * com_bilancio@camera.it

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

A.C.

 

5109

Titolo breve:

 

DL 16/2012: Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento

Iniziativa:

 

 

 

 

Commissione di merito:

 

 

Relatore per la Commissione di merito:

 

On. Gianfranco Conte

Gruppo:

 

 

Relazione tecnica:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Parere richiesto

 

 

Destinatario:

 

 

 

Oggetto:

 

 

 

 

Precedenti pareri espressi sul testo

 

Data:

 

Oggetto:

 

 

 

Esito:

 

 

 

 

 

INDICE

Articolo 1, commi da 1 a 4 (Rateizzazione dei debiti tributari). 7

Articolo 1, commi 5 e 6 (Certificazione dei carichi pendenti). 10

Articolo 2, comma 1 (Opzione per regimi fiscali agevolati). 10

Articolo 2, comma 2 (Cinque per mille). 11

Articolo 2, comma 3 (Cessioni infragruppo eccedenze IRES). 12

Articolo 2, comma 4 (Comunicazione dei dati relativi alle dichiarazioni d’intento)  13

Articolo 2, comma 5 (Dichiarazione nei casi di liquidazione societaria e di revoca della liquidazione). 13

Articolo 2, comma 6 (Semplificazioni degli obblighi di comunicazione da parte dei soggetti passivi IVA). 14

Articolo 2, comma 7 (Eliminazione dell’obbligo di indicazione del domicilio fiscale)  15

Articolo 2, comma 8 (Comunicazione operazioni con paesi della black list)  16

Articolo 2, commi 9 e 10 (Trasmissione telematica giornaliera dei dati)  16

Articolo 2, commi 11 e 12 (Contabilizzazione della birra negli stabilimenti artigianali)  18

Articolo 2, comma 13 (Licenze officine elettriche da fonti rinnovabili)  19

Articolo 2, comma 13-bis (Disposizioni in materia di collocamento)  20

Articolo 3, commi 1 e 2  (Deroga in materia di limitazione dell’uso del contante)  21

Articolo 3, commi da 3 a 4-bis (Differimento pagamento elettronico stipendi e pensione). 22

Articolo 3, commi da 5 a 7 (Disposizioni che incidono sulle attività degli agenti della riscossione.. 23

Articolo 3, commi 8 e 9 (Ratei e risconti imprese minori). 25

Articolo 3, commi 10 e 11 (Crediti tributari di modesta entità)  26

Articolo 3, comma 12 (Modalità di esposizione degli importi nelle dichiarazioni e nelle certificazioni dei sostituti d’imposta). 27

Articolo 3, comma 13 (Corresponsione dell’accisa per le officine costituite da impianti alimentati da fonti rinnovabili). 27

Articolo 3, comma 14 (Acquisizione delle informazioni finanziarie dalle imprese assicurative). 29

Articolo 3, comma 15 (Bollo sul money transfer). 30

Articolo 3, comma 16 (Pubblicità dei provvedimenti dell’Amministrazione dei Monopoli). 31

Articolo 3, comma 16-bis (Fondo per la valorizzazione delle aree di confine)  31

Articolo 3, commi 16-ter e 16-quater (Regime fiscale delle borse di studio)  33

Articolo 3-bis (Accisa sul combustibile utilizzato nella produzione combinata di energia elettrica e calore). 35

Articolo 3-ter (Termini per gli adempimenti tributari nel mese di agosto)  36

Articolo 4, comma 1 (Pubblicazione delibere di variazione dell’addizionale comunale all’IRPEF). 36

Articolo 4, comma 1-bis (IMU su fabbricati rurali strumentali e imponibilità IRPEF per immobili esenti da IMU). 36

Articolo 4, comma 2 (Imposta sulle assicurazioni contro la responsabilità civile)  39

Articolo 4, comma 3 (Finanziamento IFEL). 40

Articolo 4, comma 4 (Sblocco dei tributi). 40

Articolo 4, comma 5 (modifiche alla disciplina IMU). 41

Articolo 4, comma 5-bis (Regime di esenzione fiscale per i  terreni agricoli montani)  49

Articolo 4, comma 5-quater (Imposte sui redditi: immobili di interesse storico ed artistico). 50

Articolo 4, comma 5-quinquies (Proroga entrata in vigore riduzione agevolazioni per cooperative). 51

Articolo 4, comma 5-sexies (Riduzione del Fondo sperimentale di riequilibrio)  53

Articolo 4, commi 5-septies e 5-octies (Agevolazioni ai fini delle imposte sui redditi degli immobili di interesse storico ed artistico). 54

Articolo 4, comma 6 (Disciplina 2012 dei trasferimenti non fiscalizzati in favore degli enti locali). 57

Articolo 4, commi 7-9 (Acconto risorse dovute ai Comuni da parte del Ministero dell'interno e sanzioni a carico degli enti locali strutturalmente deficitari)  58

Articolo 4, commi 10 e 11 (Soppressione dell’addizionale sull’energia elettrica nelle RSS). 59

Articolo 4, comma 12  (Procedura per il rimborso della quota IRAP riferita al costo del lavoro). 61

Articolo 4, comma 12-bis (Modifica alle sanzioni per inadempienza del patto di stabilità interno degli enti locali). 63

Articolo 4 bis (Disciplina fiscale dei contratti di leasing). 63

Articolo 5, commi 2 e 3 (Versamenti tributari). 65

Articolo 5, commi 4-6 (Continuità dei servizi di gestione del sistema informativo della fiscalità). 66

Articolo 5, commi 7 e 7-bis (Contabilità delle amministrazioni pubbliche)  67

Articolo 5, comma 8 (Aggio spettante ad Equitalia SpA per la gestione del Fondo unico giustizia). 69

Articolo 6, comma 1 (Competenze istituzionali dell’Agenzia del territorio)  70

Articolo 6, comma 2 - TARES.. 71

Articolo 6, comma 5 (Certificati ipotecari e catastali). 72

Articolo 7 (Concessioni in materia di giochi pubblici). 72

Articolo 8, commi da 1 a 3 (Deducibilità di costi e spese direttamente utilizzati per il compimento di fatti, atti o attività qualificabili come delitto non colposo)  73

Articolo 8, commi 4 e 5  (Inadempienze  in tema di studi di settore)  76

Articolo 8, commi da 6 a 8 (Potenziamento degli strumenti di controllo dell’amministrazione finanziaria). 77

Articolo 8, comma 9 (Partite IVA inattive). 78

Articolo 8, commi 13, 14, 15, e 16, lettere a), b), d) e i) (Bollo valori scudati)  79

Articolo 8, comma 16, lettera e)  (Imposta sugli immobili detenuti all’estero)  82

Articolo 8, comma 16, lettera f) ( Imposta sugli immobili detenuti all’estero)  83

Articolo 8, comma 16, lettera g) (Imposta sugli immobili detenuti all’estero)  84

Articolo 8, comma 16, lettera h) (Applicazione dell’imposta di bollo in misura fissa sulle attività finanziarie detenute all’estero). 85

Articolo 8, comma 16, lettera c), e comma 17) (Proroga del versamento dell’imposta da parte degli intermediari finanziari). 86

Articolo 8, commi da 18 a 21 – Estensione delle misure di contrasto agli abusi nell’utilizzo dei crediti IVA in compensazione.. 87

Articolo 8, comma 21-bis (Prestazioni di servizi su beni custoditi nei depositi IVA)  91

Articolo 8, comma 22 - Accessi,  ispezioni  e verifiche dell’Amministrazione finanziaria   91

Articolo  8, comma 23 - Soppressione Agenzia per le ONLUS.. 92

Articolo 8, comma 24 (Posizioni dirigenziali presso le Agenzie delle entrate, delle dogane e del territorio). 93

Articolo 8, comma 24-bis (Assunzioni presso il Corpo della Guardia di finanza)  99

Articolo 8, commi 25 e 25-bis - Certificazione dell’utilizzo di contributi 102

Articolo 9, comma 1 (Nuovi strumenti di indagine a disposizione degli uffici doganali)  103

Articolo 9, comma 2 (Elementi per la compilazione della dichiarazione annuale nel settore dell’energia elettrica). 104

Articolo 9, comma 3 (estensione della disciplina dei privilegi dei crediti IVA ai crediti dello Stato attinenti le risorse proprie tradizionali). 104

Articolo 9, commi 3-bis - 3-sexies (Riscossione risorse proprie dell’UE)  105

Articolo 10 (Norme in materia di giochi). 106

Articolo 11, commi da 1 a 3 (Sanzione per omessa comunicazione di minusvalenze)  118

Articolo 11, comma 4 (Sanzioni per infrazioni doganali). 119

Articolo 11, commi 5 e 6 (Sanzioni amministrative in materia di accise)  120

Articolo 11, comma 8 (Controlli sul denaro contante alla frontiera)  121

Articolo 12, commi 1 e 2 (Contenzioso tributario). 122

Articolo 12, commi 3-bis e 3-ter (Contributo unificato nel processo tributario)  123

Articolo 12, comma 4-bis (Istituzione del ruolo unico nazionale dei componenti delle commissioni tributarie). 124

Articolo 12, comma 5 (Norme in materia di spese di giustizia). 125

Articolo 12, commi 6 e 7 (Interessi sui crediti derivanti dalle gestioni di ammasso obbligatorio). 125

Articolo 12, commi 8-11-ter (Termovalorizzatore di Acerra). 128

Articolo 12, commi 11-quater-11-quinquies (Certificazione di crediti da parte di amministrazioni pubbliche). 132

Articolo 12, comma 11-sexies (Misure per la tempestività dei pagamenti da parte delle amministrazioni statali). 133

Articolo 13 (Norma di copertura). 134

 


PREMESSA

Il disegno di legge in esame dispone la conversione del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, recante disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento.

Il provvedimento, già approvato dal Senato, è corredato di relazione tecnica e di prospetto riepilogativo degli effetti finanziari, riferiti ambedue al testo originario.

Nel corso dell’esame presso il Senato, il Governo ha inoltre trasmesso:

-                una nota del Ministero dell’economia[1] in risposta ai rilievi formulati nel corso dell’esame in sede referente[2];

-                ulteriori note tecniche, riferite a proposte emendative successivamente prese in esame e in taluni casi confluite nel testo[3];

-                una relazione tecnica allegata all’emendamento interamente sostitutivo dell’articolo unico del disegno di legge di conversione sul quale è stata posta la questione di fiducia[4];

-                il prospetto riepilogativo degli effetti finanziari aggiornato alla luce delle modifiche contenute nel predetto emendamento interamente sostitutivo.

Di questa documentazione si dà conto nel presente dossier.

Si esaminano, di seguito, le norme considerate dalle relazioni tecniche e dalla documentazione richiamata, nonché le altre disposizioni che presentano profili di carattere finanziario.

 

VERIFICA DELLE QUANTIFICAZIONI

 

Articolo 1, commi da 1 a 4 (Rateizzazione dei debiti tributari)

Normativa previgente. L’articolo 3-bis, comma 7, del D. Lgs. 462/1997 dispone che, in caso di decadenza dalla rateazione, prevista per il pagamento delle somme dovute a seguito della comunicazione di irregolarità, il debito residuo non può essere oggetto di ulteriore rateazione.

Le norme abrogano il comma 7 sopra richiamato, consentendo la dilazione delle somme iscritte a ruolo anche qualora il contribuente sia decaduto dal beneficio della rateazione (comma 1).

Viene modificato l’articolo 19 del DPR 602/1973 nel senso di prevedere che (comma 2):

·         il debitore possa chiedere, fin dalla prima richiesta di dilazione, che il piano di rateazione preveda, in luogo di rate costanti, rate variabili di importo crescente per ciascun anno.

Tale possibilità era riconosciuta soltanto in caso di comprovato peggioramento della situazione economica ed a fronte della richiesta di proroga della dilazione;

·         vi sia decadenza dal beneficio solo nel caso di mancato pagamento di due rate consecutive;

·         fatte salve le ipoteche già iscritte alla data di concessione della rateizzazione, l’agente della riscossione può iscrivere ipoteca solo nel caso di mancato accoglimento dell’istanza ovvero in caso di decadenza dalla dilazione precedentemente concessa.

Si prevede, inoltre, che i piani di rateazione a rata costante già concessi dagli agenti della riscossione continuino ad esplicare i propri effetti (comma 3).

In proposito la relazione illustrativa precisa che nessun danno deriva per i debitori, in quanto qualora gli stessi, per il peggioramento della loro situazione economica, non siano in grado di onorare il piano già in essere, potranno chiedere una rateazione in proroga anche in rata crescente.

Si prevede, infine, che, per i crediti di natura patrimoniale degli enti pubblici dello Stato, il debitore che versa in situazione di obiettiva difficoltà economica possa chiedere la ripartizione del pagamento in rate costanti ovvero in rate variabili anche se è in atto un contenzioso o già fruisca di una rateizzazione. La disposizione non si applica in materia di crediti degli enti previdenziali e nei casi di ottemperanza ad obbligazioni derivanti da sanzioni comunitarie (comma 4).

 

Il prospetto riepilogativo non considera le norme.

 

La relazione tecnica, con riferimento al comma 1, stima che dalla disposizione possano derivare effetti positivi, prudenzialmente non considerati e riconducibili ad una facilitazione dell’adempimento spontaneo da parte del contribuente: si tratta, infatti, di agevolare la riscossione di somme che difficilmente si sarebbero potute introitare attraverso la procedura coattiva.

Con riferimento al comma 2, la RT afferma che la norma non determina sostanziali effetti sul gettito, in considerazione del fatto che il peggioramento attuale della situazione economico-sociale rende estremamente difficile l’onorabilità del debito fiscale rateizzato in quote costanti. Pertanto il meccanismo della rata variabile consente di alleggerire momentaneamente l’onere finanziario dei debitori, di fronteggiare le difficoltà correnti e rinviare la maggiore incidenza del piano di rientro a momenti che presentino una più elevata disponibilità economica.

Infine, con riferimento al comma 4, la RT afferma la neutralità finanziaria della norma in quanto non implica la decurtazione del debito né la rinuncia all’applicazione degli interessi sulle singole rate, costanti o variabili, lasciando peraltro impregiudicata la possibilità per l’ente creditore di ricorrere ad altre forme coattive di riscossione.

 

Nella Nota del Ministero dell’economia[5], il Governo ha precisato, con riferimento al comma 2, che le modifiche apportate all’articolo 19 del DPR 602/1973 importano, per il debitore, semplicemente la facoltà di scelta della tipologia  del  piano di rateazione maggiormente confacente alla propria situazione, rendendo, per l’effetto, accessibile la rateazione a tutti quei soggetti che non avrebbero potuto pagare per intero, né avrebbero potuto sostenere, nell’immediato,  la rata costante e nei confronti dei quali si sarebbero dovute avviare azioni di riscossione coattiva dall’esito incerto.

 

In merito ai profili di quantificazione, con riferimento ai commi 1 e 2, pur tenendo conto che le disposizioni in esame  sono finalizzate a facilitare l’adempimento spontaneo da parte del contribuente, agevolando la riscossione, appare opportuno che il Governo fornisca maggiori elementi volti a suffragare l’assenza di oneri. Si osserva, infatti, che la neutralità finanziaria affermata dalla relazione tecnica andrebbe valutata alla luce delle previsioni di cassa iscritte nei tendenziali, le quali dovrebbero a loro volta incorporare sia la quota di gettito dei contribuenti che comunque avrebbero pagato per intero, secondo le modalità previgenti (e che, invece, con le norme in esame potranno ricorrere alle dilazioni), sia la quota di gettito che sarebbe stata rinviata o in parte perduta (contribuenti che, in assenza della rateizzazione in esame, non avrebbero potuto pagare)[6]. Nell’ambito di tale valutazione andrebbe anche considerato che alcune disposizioni di modifica del DPR 602/1973 hanno l’effetto di attenuare l’efficacia delle garanzie riconosciute al creditore (per esempio la garanzia ipotecaria), con possibili effetti sulla solvibilità del debitore e quindi sull’effettiva riscossione del credito.

 

 

 

Articolo 1, commi 5 e 6 (Certificazione dei carichi pendenti)

La norma modifica l’articolo 38, comma 2, terzo periodo, del D. Lgs. 163/2006 (Codice dei contratti pubblici), in materia di esclusioni dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori per i soggetti che hanno commesso violazioni, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento di imposte e tasse. In particolare, le disposizioni integrano il suddetto articolo 38, comma 2, specificando che costituiscono violazioni definitivamente accertate quelle relative all'obbligo di pagamento di debiti per imposte e tasse certi, scaduti ed esigibili (comma 5).

La relazione illustrativa specifica che gli uffici finanziari, nel rilasciare le certificazioni, dovranno in futuro specificare l’effettiva situazione in cui versa il contribuente. Non si intenderanno scaduti ed esigibili i debiti per cui sia stato concordato un piano di rateazione rispetto al quale il contribuente è in regola con i pagamenti.

Sono fatti salvi tutti i comportamenti adottati alla data di entrata in vigore del decreto in esame dalle stazioni appaltanti (comma 6).

 

Il prospetto riepilogativo non considera la norma.

 

La relazione tecnica, oltre ad illustrare le norme, afferma che le disposizioni hanno carattere ordinamentale e che non determinano effetti negativi a carico della finanza pubblica.

 

In merito ai profili di quantificazione, non vi sono osservazioni da formulare, atteso il carattere ordinamentale delle norme.

 

Articolo 2, comma 1 (Opzione per regimi fiscali agevolati)

La norma dispone che i benefici fiscali o l’accesso a regimi fiscali agevolati per i quali è prevista il preventivo esercizio dell’opzione, possono essere fruiti anche in assenza della comunicazione dell’opzione purchè questa sia effettuata entro la prima dichiarazione utile. In tal caso, il beneficio fiscale ovvero il regime agevolato possono essere fruiti solo in presenza dei requisiti richiesti dalla norma di riferimento e purchè non sia iniziata una procedura di accertamento nei confronti del contribuente.

Si stabilisce, infine, che per il ritardato esercizio dell’opzione il contribuente è tenuto a versare, senza possibilità di utilizzare la compensazione, una sanzione di importo pari a 258,23 euro[7].

 

Il prospetto riepilogativo non considera la norma.

 

La relazione tecnica afferma che la norma intende evitare che l’inosservanza di adempimenti formali da parte del contribuente (che possiede invece i requisiti sostanziali) lo faccia decadere dal regime speciale prescelto ovvero dal beneficio previsto dalla legge. Si intende, in sostanza, salvaguardare il contribuente in buona fede, sanando i comportamenti che non pregiudicano né l’interesse erariale né l’attività di accertamento.

Pertanto, trattandosi di un intervento di natura procedurale volto alla semplificazione, la disposizione non determina effetti finanziari per il bilancio dello Stato.

La Nota del Ministero dell’economia del 19 marzo 2012[8] conferma l’intenzione di salvaguardare, in presenza di alcuni presupposti di natura sostanziale, la scelta operata dal contribuente che presenta la comunicazione ovvero assolve l’adempimento richiesto tardivamente ma, comunque, entro il termine di presentazione della prima dichiarazione utile e comunque prima che siano iniziate attività di accertamento di cui il contribuente stesso abbia avuto formale conoscenza. In tale ipotesi, tuttavia, è dovuta una sanzione di 258 euro.

 

In merito ai profili di quantificazione si osserva che la possibilità di esercitare l’opzione al termine del periodo d’imposta cui si riferisce – nei casi in cui la disciplina di riferimento chiede espressamente una preventiva comunicazione – potrebbe determinare un utilizzo della disposizione finalizzato ad una minore corresponsione d’imposta, tenuto conto che il contribuente potrà effettuare una valutazione ex post del regime tributario più conveniente da applicare. Sul punto appare opportuno acquisire un parere da parte del Governo.

Inoltre, tenuto conto che viene introdotta una regola di carattere generale, la norma preclude, di fatto, anche la richiesta di una preventiva comunicazione da parte del contribuente in riferimento a future agevolazioni e/o semplificazioni fiscali che saranno introdotte nell’ordinamento. Sul punto, appare opportuno acquisire chiarimenti circa l’ambito di applicazione della disposizione.

Articolo 2, comma 2 (Cinque per mille)

La norma consente agli enti che intendono partecipare al riparto del 5 per mille IRPEF e che non presentano - entro i termini stabiliti dalla disciplina di riferimento - la documentazione necessaria, di regolarizzare la richiesta entro il 30 settembre pagando una sanzione di ammontare pari a 258,23 euro[9].

 

Il prospetto riepilogativo non considera la norma.

 

La relazione tecnica afferma che la scelta del contribuente espressa a favore di un soggetto non iscritto o iscritto tardivamente non comporta, in base alla disciplina vigente, l’attribuzione all’Erario della quota del cinque per mille destinata a detto soggetto, ma incide esclusivamente sul riparto del contributo nell’ambito della tipologia di appartenenza.

La sanzione è finalizzata, pertanto, a consentire una sollecita modalità di iscrizione entro i termini originariamente previsti.

 

In merito ai profili di quantificazione non si hanno osservazioni da formulare.

 

Articolo 2, comma 3 (Cessioni infragruppo eccedenze IRES)

La norma stabilisce che la mancata comunicazione della cessione del credito IRES tra società appartenenti ad un gruppo che ha optato per il consolidato nazionale, non comporta l’inefficacia del trasferimento se il cessionario è lo stesso soggetto consolidante.

In base alla normativa previgente, la cessione delle eccedenze IRES nell’ambito dei gruppi societari è fiscalmente efficace a condizione che la società cedente indichi in dichiarazione gli estremi dei cessionari e gli importi ceduti a ciascuno di essi.

La mancata comunicazione determina, tuttavia, l’applicazione di una sanzione fissata in misura pari a 2.065 euro[10].

 

Il prospetto riepilogativo non considera la norma.

 

La relazione tecnica afferma che la norma non limita in alcun modo la capacità di controllo dell’Agenzia delle entrate. Infatti la mancata indicazione delle cessioni operate all’interno di un consolidato comporterebbe comunque l’invio di una comunicazione di irregolarità ai sensi dell’art. 36-bis del D.P.R. n. 600/1973 e in fase di assistenza l’Agenzia potrebbe comunque acquisire le informazioni sulle cessioni di credito operate, necessarie all’attività di accertamento. La proposta mira a evitare l’inefficacia della cessione di credito per comportamenti che non incidono sulle imposte dovute e sulle azioni di contrasto all’evasione dell’Agenzia delle entrate. Viene precisato che la proposta si limita ai casi in cui l’eccedenza risulti dalla dichiarazione dei redditi del consolidato se il cessionario è lo stesso soggetto consolidante.

 

Nulla da osservare in merito ai profili di quantificazione.

Si segnala, comunque, che la mancata indicazione in dichiarazione da parte del cedente dei soggetti e degli importi nei confronti dei quali viene ceduto il credito potrebbe rendere meno agevole la verifica delle dichiarazioni basata su controlli incrociati tra società infragruppo.

 

 

Articolo 2, comma 4 (Comunicazione dei dati relativi alle dichiarazioni d’intento)

La norma modifica il termine previsto per la presentazione della dichiarazione d’intento da parte dei soggetti che intendono avvalersi della disciplina prevista per gli esportatori abituali (acquisto e importazioni di beni senza applicazione dell’IVA).

In particolare, il termine per la trasmissione delle comunicazioni (fissato, nella normativa previgente al giorno 16 del mese successivo alla data di acquisto) viene fissato in coincidenza con il termine previsto per la prima liquidazione periodica IVA nella quale sono comprese le fatture in argomento. Sostanzialmente, poiché per i contribuenti mensili il termine per la liquidazione è già fissato al giorno 16 del mese successivo, la proroga interessa i contribuenti trimestrali (giorno 16 del secondo mese successivo a quello in cui termina il trimestre) nonché i contribuenti mensili che affidano  a  terzi  la  tenuta  della contabilità e ne abbiano dato comunicazione all’Ufficio  dell’Agenzia  delle Entrate (giorno 16 del secondo mese successivo)[11].

 

Il prospetto riepilogativo non considera la norma.

 

La relazione tecnica precisa che si tratta di una norma procedurale che non ha riflessi sul gettito.

 

In merito ai profili di quantificazione non si hanno osservazioni da formulare.

 

Articolo 2, comma 5 (Dichiarazione nei casi di liquidazione societaria e di revoca della liquidazione)

La norma modifica il termine previsto per la presentazione della dichiarazione nei casi di liquidazione societaria (apertura e/o revoca della liquidazione).

 

Il prospetto riepilogativo non considera la norma.

 

La relazione tecnica precisa che si tratta di una norma procedurale che non ha riflessi sul gettito.

 

In merito ai profili di quantificazione non si hanno osservazioni da formulare.

 

Articolo 2, comma 6 (Semplificazioni degli obblighi di comunicazione da parte dei soggetti passivi IVA)

La norma modifica la disciplina[12] relativa alla comunicazione obbligatoria per le operazioni rilevanti ai fini IVA (c.d. spesometro) stabilendo che, a decorrere dal 1° gennaio 2012[13]:

- per le operazioni per le quali è obbligatoria l’emissione della fattura, è previsto l’obbligo di una comunicazione con la quale viene indicato, per ciascun cliente e fornitore, l’importo delle operazioni attive e passive effettuate;

- per le operazioni per le quali non è richiesto l’obbligo di fatturazione, la comunicazione deve essere effettuata se  l’ammontare è pari o superiore a 3.600 euro IVA compresa.

L’articolo 21, comma 1, del D.L. n. 78/2010 (nella versione precedente le modifiche introdotte dalla disposizione in esame) dispone l’obbligo di effettuare una comunicazione telematica all’Agenzia delle entrate delle operazioni rilevanti ai fini IVA di importo superiore a 3.000 euro IVA esclusa.

La relazione tecnica allegata al provvedimento affermava che la disposizione avrebbe determinato sicuri effetti di deterrenza valutati in euro 627,5 milioni nel 2011 ed euro 836,7 milioni a decorrere dal 2012.

Nel corso dell’esame presso il Senato, è stato aggiunto un periodo ai sensi del quale per i soggetti che devono effettuare le segnalazioni finanziarie ai sensi dell’art. 11, comma 2, del decreto legge n. 201/2011 le comunicazioni sono dovute limitatamente alle fatture emesse o ricevute per operazioni diverse da quelle inerenti ai rapporti oggetto di segnalazione ai sensi dell’art. 7, commi 5 e 6, del DPR n. 605/1973.

Si tratta dei contratti di assicurazione, delle forniture di energia elettrica, acqua, gas e telefonia, nonché di determinate operazioni finanziarie che gli istituti di credito sono tenuti a comunicare all’Anagrafe tributaria.

 

 

Il prospetto riepilogativo non considera la norma.

 

La relazione tecnica riferita al testo originario afferma che la norma è finalizzata a semplificare le procedure previste dalla disciplina vigente.

 

La relazione tecnica allegata almaxiemendamento conferma che con la modifica introdotta gli operatori finanziari sono tenuti ad effettuare le comunicazioni ai fini del c.d. spesometro limitatamente alle fatture emesse o ricevute per operazioni diverse da quelle inerenti ai rapporti oggetto di segnalazione ai sensi dell’art. 7, c. 6, del DPR n. 605/1973. Precisa, inoltre, che alla modifica non si ascrivono effetti in quanto detta inerenza è da ritenere circoscritta alle sole operazioni i cui elementi sono, comunque, già messi a disposizione dell’Amministrazione finanziaria.

 

In merito ai profili di quantificazione si segnala che, relativamente alle operazioni per le quali non è previsto l’obbligo di fatturazione, la norma determina una riduzione dell’ambito applicativo qualora le transazioni siano assoggettate ad un’aliquota IVA ridotta rispetto a quella ordinaria. Sul punto appaiono opportuni chiarimenti, anche alla luce del maggior gettito ascritto alla norma originaria.

Per quanto concerne le operazioni soggette all’obbligo di fatturazione, andrebbe chiarito il coordinamento con l’articolo 8-bis del DPR 322/1998 recante l’obbligo di comunicazione dei dati IVA (elenco clienti e fornitori). Si segnala, in proposito, che la norma richiamata prevede alcune cause di esclusione tra le quali i soggetti passivi IRPEF che realizzano un volume d’affari inferiore o uguale a 25.000 euro.

 

 

Articolo 2, comma 7 (Eliminazione dell’obbligo di indicazione del domicilio fiscale)

La norma limita l’obbligo di indicazione del domicilio fiscale, nell’ambito dei rapporti fra contribuenti e amministrazione finanziaria, ai soli casi (singole tipologie di atti) in cui tale indicazione venga espressamente richiesta dalla legge.

 

Il prospetto riepilogativo non considera la norma.

 

La relazione tecnica afferma che la norma semplifica gli adempimenti dei contribuenti, anche in considerazione del fatto che nella maggior parte dei casi le informazioni sul domicilio fiscale sono già disponibili nell’Anagrafe tributaria. Si tratta, pertanto, di norma procedurale che non ha riflessi sul gettito.

 

In merito ai profili di quantificazione non si hanno osservazioni da formulare.

 

Articolo 2, comma 8 (Comunicazione operazioni con paesi della black list)

La norma interviene nella disciplina in materia di contrasto alle frodi fiscali e finanziarie nazionali e internazionali. In particolare, la norma limita alle sole operazioni di importo superiore ai 500 euro l’obbligo di comunicare all’Agenzia delle entrate le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate, ricevute, registrate o soggette a registrazione nei confronti di operatori economici aventi sede in paesi a fiscalità privilegiata (c.d. black list) (articolo 1, comma 1 del DL n. 40 del 2010).

 

 

Il prospetto riepilogativo non considera la norma.

 

 

La relazione tecnica afferma che la disposizione, alla quale non si ascrivono effetti di gettito, permette di razionalizzare e semplificare la gestione delle comunicazioni in esame, conferendo di fatto un maggior impulso al controllo sulle attività di rilievo più significativo.

 

 

In merito ai profili di quantificazione si osserva che la relazione tecnica al DL n. 40/2010 ascriveva alla disposizione oggetto di modifica da parte del comma  in esame un effetto di maggiore entrata pari a 40 milioni di euro a decorrere dal 2011[14]. Appare, pertanto, opportuno che il Governo chiarisca se l’introduzione di un limite minimo all’obbligo di comunicazione possa pregiudicare il realizzo delle suddette maggiori entrate.

 

 

Articolo 2, commi 9 e 10 (Trasmissione telematica giornaliera dei dati)

La norma, in materia di accertamento delle accise, consente ad una serie di operatori dei settori dell’energia e dei prodotti alcolici di sostituire la tenuta dei registri cartacei con la trasmissione telematica giornaliera dei dati contabili.

Come precisato dalla relazione illustrativa, tale previsione - le cui modalità applicative dovranno essere determinate con appositi provvedimenti dell'Agenzia delle dogane - generalizza, per alcuni settori, la trasmissione dei dati già operante sulla base delle determinazioni direttoriali attuative del decreto-legge n. 262 del 2006  (che però prevedono tale trasmissione con cadenza temporale non giornaliera).

 

Il prospetto riepilogativo non considera la norma.

 

 

La relazione tecnica afferma che la norma non comporta effetti finanziari.

 

La relazione illustrativa precisa che attualmente i depositari autorizzati del settore dei prodotti energetici, dell’alcole e delle bevande alcoliche già trasmettono telematicamente i dati delle contabilità con cadenza giornaliera, ai sensi delle Determinazioni direttoriali attuative del decreto-legge n. 262 del 2006. Anche i destinatari registrati, gli speditori registrati e gli esercenti i depositi commerciali già trasmettono telematicamente i dati delle contabilità. Tuttavia ciò avviene attualmente con cadenze temporali diverse dalla giornaliera[15]. Il provvedimento estende tale possibilità anche agli operatori che, pur non soggetti all’obbligo di trasmissione telematica delle contabilità, decidano di uniformarsi alle procedure previste dalla telematizzazione delle accise.

La norma va incontro alle aspettative  dell’utenza riguardo ad una sostanziale riduzione degli oneri amministrativi che ripaghi degli sforzi organizzativi per realizzare un sistema automatizzato di gestione contabile dei depositi.

L’invio telematico dei dati delle contabilità assolve integralmente agli obblighi di legge previsti in materia delle norme di settore, poiché tali transazioni contengono tutte le informazioni necessarie ai competenti organi di controllo.

La dematerializzazione dei registri cartacei comporta una riduzione degli oneri amministrativi a carico degli operatori, nonché un risparmio di risorse per l’Agenzia delle dogane (eliminazione del front-office per richiesta/vidimazione/controllo dei registri cartacei). Dai controlli effettuati per via telematica deriva, inoltre, un drastico miglioramento della qualità dei dati derivanti dai controlli formali e di coerenza, con un conseguente miglioramento della compliance e una riduzione del contenzioso. Infine, acquisendo per via telematica le informazioni concernenti le movimentazioni di deposito, è possibile impostare una politica dei controlli basata sulla gestione automatizzata del rischio e trarre i medesimi benefici ottenuti dalla politica dei controlli attuata nel settore dogane[16]. Ciò determina un miglioramento dell’efficienza, dell’efficacia e della tempestività dei controlli.

 

 

In merito ai profili di quantificazione, non si formulano osservazioni, alla luce degli elementi forniti dalla relazione illustrativa. Secondo la relazione, infatti, da una dematerializzazione dei dati può derivare sia una riduzione del carico  amministrativo per l’Agenzia delle dogane sia un miglioramento dell’efficienza e dell’efficacia dei controlli.

 

Articolo 2, commi 11 e 12 (Contabilizzazione della birra negli stabilimenti artigianali)

La norma consente di effettuare l'accertamento del prodotto finito, nelle fabbriche artigianali di birra, direttamente da parte dell'esercente e immediatamente a monte del condizionamento (non più, quindi, con i contatori per la determinazione del numero degli imballaggi preconfezionati e delle confezioni).

L'installazione di tali contatori, quindi, non è più necessaria.

Il depositario può, dietro motivata sua richiesta, mantenere il previgente sistema di accertamento.

Inoltre è previsto – sempre per il medesimo settore artigianale – che l'immissione in consumo abbia ad oggetto la birra avviata al condizionamento (senza che questo debba essere già ultimato).

Ne consegue – come precisato dalla relazione illustrativa - che il prodotto assolve all'imposta prima del confezionamento. Non è, quindi, necessario applicare le disposizioni vigenti per l'accertamento dell'accisa sulla birra, relative alla verifica di rotture degli imballaggi[17] e sul volume delle confezioni.

 

Il prospetto riepilogativo non considera la norma.

 

 

La relazione tecnica afferma che la norma non comporta effetti finanziari.

 

La relazione illustrativa precisa che  con il comma 11 si introducono semplificazioni nel settore birraio artigianale[18], prevedendo che l’accertamento del prodotto venga effettuato dal depositario sulla base della quantità inviata al confezionamento. Viene così eliminata la necessità di installare gli appositi contatori per la determinazione del numero degli imballaggi preconfezionati e delle confezioni. Relativamente a quanto disposto per la generalità dei birrifici, viene individuata per le fabbriche artigianali una diversa condizione di immissione in consumo, non di birra condizionata ma di birra avviata al condizionamento. Ne deriva che il prodotto è detenuto ad imposta assolta e che non trovano applicazione le disposizioni relative alle rotture degli imballaggi ed alle tolleranze sul loro volume. In tal modo è eliminato l’onere del magazzino fiscale. Tale previsione non è in contrasto con la normativa comunitaria che prevede la tassazione sul volume in genere (e non su quello delle confezioni).

Il comma 12 adegua le disposizioni del regolamento sul controllo delle bevande alcoliche, innanzitutto eliminando l’obsoleto riferimento all’«attiguo locale di mescita e di minuta vendita», in secondo luogo demandando l’assetto del deposito fiscale e le modalità di controllo, anziché a valutazioni da effettuare caso per caso, come previsto nel citato regolamento, ad un atto di carattere generale individuato in una determinazione del direttore dell’Agenzia delle dogane. Ciò allo scopo di garantire un uniforme trattamento in ambito nazionale. Con lo stesso atto di carattere generale saranno definite anche le modalità di accertamento e di contabilizzazione, anche in vista degli obblighi inerenti la trasmissione telematica delle stesse e la loro tenuta informatizzata.

 

 

In merito ai profili di quantificazione, non si formulano osservazioni alla luce degli elementi forniti dalla relazione illustrativa. Quest’ultima chiarisce che l’accertamento del prodotto sulla base della quantità inviata al condizionamento permette di detenere il prodotto ad imposta assolta. Chiarisce, inoltre, che la norma non è in contrasto con la normativa comunitaria (che prevede la tassazione sul volume  e non sulle confezioni).

 

Articolo 2, comma 13 (Licenze officine elettriche da fonti rinnovabili)

Le norme integrano l’articolo 53, comma 7, del D. Lgs. 504/1995 (Testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi), inerente le officine di energia elettrica. In particolare, le disposizioni specificano che, ai soggetti che esercitano officine di produzione di energia elettrica azionate da fonti rinnovabili, la licenza sia rilasciata successivamente al controllo degli atti documentali tra i quali una specifica dichiarazione relativa al rispetto dei requisiti di sicurezza fiscale.

La relazione illustrativa afferma che le disposizioni prevedono, ai fini del rilascio della licenza dell’esercizio, un controllo documentale in luogo dell’esperimento della verifica tecnica-fiscale sull’impianto.

 

Il prospetto riepilogativo non considera la norma.

 

La relazione tecnica, oltre ad illustrare sinteticamente le norme, afferma che le stesse non comportano effetti.

Il Governo, durante l’esame al Senato del provvedimento in esame[19], ha affermato che la disposizione in esame specifica che la licenza è rilasciata successivamente al controllo degli atti documentali tra i quali risulti una dichiarazione relativa al rispetto dei requisiti di sicurezza fiscale. Ovviamente, in tal caso la verifica tecnico-fiscale degli impianti verrà effettuata successivamente al rilascio della licenza. Se all'atto della verifica si dovessero riscontrare difformità tese alla sottrazione all'accertamento dei consumi soggetti a tassazione, ovvero all'ottenimento di benefici non dovuti, oltre alle normali procedure attuabili in simili casi, come la revoca immediata della licenza, il recupero dell'imposta evasa e l'applicazione di quanto previsto dall'art. 59 del citato decreto legislativo, l'Ufficio procederà a fornire notizia di reato alla competente Autorità giudiziaria per dichiarazione non veritiera.

Pertanto, quanto sancito dalla disposizione in esame rappresenta una semplificazione degli adempimenti da parte degli operatori e un alleggerimento dei carichi di lavoro degli Uffici, mantenendo inalterate tutte le garanzie di sicurezza fiscale.

 

In merito ai profili di quantificazione, si rileva l’eventualità che le semplificazioni inerenti il rilascio delle licenze per le officine di energia elettrica azionate da energia rinnovabile, le quali non prevedono la sistematica verifica tecnica-fiscale sull’impianto, diano luogo a un aumento dei soggetti in possesso di detta licenza. Poiché all’energia elettrica prodotta da energie rinnovabili, in base all’articolo 52 del medesimo D. Lgs. 504/1995[20], può non essere applicata la relativa accisa, tale incremento potrebbe determinare effetti di minor gettito per la finanza pubblica.

 

Articolo 2, comma 13-bis (Disposizioni in materia di collocamento)

Le norme modificano l’articolo 9-bis, comma 2, terzo periodo, del DL 510/1996 (Disposizioni urgenti in materia di lavori socialmente utili, di interventi a sostegno del reddito e nel settore previdenziale). In particolare, le disposizioni estendono anche al settore agricolo, oltre che a quello turistico, la possibilità che il datore di lavoro che non sia in possesso di uno o più dati anagrafici inerenti al lavoratore, possa integrare la comunicazione entro il terzo giorno successivo a quello dell’instaurazione del rapporto di lavoro.

    

Il prospetto riepilogativo e la relazione tecnica non considerano la norma, introdotta durante l’esame al Senato.

 

In merito ai profili di quantificazione, non vi sono osservazioni da formulare attesa la natura ordinamentale delle norme.

 

Articolo 3, commi 1 e 2  (Deroga in materia di limitazione dell’uso del contante)

Normativa vigente. L’articolo 49, comma 1, del D. Lgs. 231/2007 vieta il trasferimento di denaro contante o di libretti di deposito bancari o postali al portatore o il trasferimento di titoli al portatore in euro o in valuta estera, effettuati a qualsiasi titolo tra soggetti diversi, quando il valore oggetto di trasferimento sia complessivamente pari o superiore a 1.000 euro.

La norma dispone che, per l’acquisto di beni e di prestazioni di servizi legate al turismo effettuati dalle persone fisiche di cittadinanza diversa da quella italiana e comunque diversa da quella di uno dei paesi dell’Unione europea ovvero dello Spazio economico europeo, che abbiano residenza fuori dal territorio dello Stato, non opera il divieto di trasferimento di denaro contante di cui all’articolo 49, comma 1, del D. Lgs. 231/2007, a condizione che il cedente del bene o il prestatore del servizio provveda ai seguenti adempimenti:

·         all’atto dell’effettuazione dell’operazione acquisisca fotocopia del passaporto del cessionario e/o del committente nonché apposita autocertificazione di quest’ultimo attestante che non è cittadino italiano né cittadino di uno dei Paesi dell’Unione europea ovvero dello Spazio economico europeo e che ha la residenza fuori del territorio dello Stato;

·         nel primo giorno feriale successivo a quello di effettuazione dell’operazione versi il denaro contante incassato in un conto corrente intestato al cedente o al prestatore presso un operatore finanziario, consegnando a quest’ultimo fotocopia dei documenti di cui al punto precedente e della fattura o della ricevuta o dello scontrino fiscale emesso;

·         invii apposita comunicazione preventiva, anche in via telematica, all’Agenzia delle entrate secondo le modalità ed i termini stabiliti con provvedimento del Direttore dell’Agenzia stessa, da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto in esame.

 

 

Il prospetto riepilogativo non considera la norma.

 

 

La relazione tecnica stima che la disposizione in esame non determina sostanziali effetti in termini di gettito.

 

 

In merito ai profili di quantificazione non si hanno osservazioni da formulare.

Considerato che a tale disciplina che si va a modificare non sono stati ascritti a suo tempo, per ragioni di prudenzialità, effetti finanziari[21].

 

 

Articolo 3, commi da 3 a 4-bis (Differimento pagamento elettronico stipendi e pensione)

Le norme, modificate nel corso dell’esame in prima lettura al Senato, dispongono il differimento al 1° giugno 2012[22] dell’obbligo di pagamento di stipendi e pensioni di importo superiore a 1.000 euro tramite strumenti di pagamento elettronico bancari o postali; questa disposizione non si applica nei riguardi di coloro che si siano già conformati alle norme recate dall’articolo 12, comma 2 del DL 201/2011, instaurando appositi rapporti aventi ad oggetto il pagamento elettronico bancario o postale (commi 3 e 4).

Con riferimento ai soggetti beneficiari di stipendi, pensioni, compensi e ogni altro emolumento comunque corrisposti dalle pubbliche amministrazione centrali e locali e dai loro enti, che siano impossibilitati (per comprovati e gravi motivi di salute ovvero per provvedimenti giudiziari restrittivi della libertà personale) a recarsi personalmente presso i locali delle banche o di Poste Italiane SpA, è consentita ai soggetti che risultino, alla stessa data, delegati alla riscossione, l'apertura di un conto corrente base o di un libretto di risparmio postale, intestati al beneficiario dei pagamenti (comma  4-bis, cpv. art. 2, comma 4-quater).

Entro il 31 maggio 2012 i beneficiari dei pagamenti indicano un conto su cui ricevere i pagamenti di importo superiore a mille euro. Se l'indicazione non è effettuata nel termine indicato, le banche, Poste italiane SpA e gli altri prestatori di servizi sospendono il pagamento, trattengono gli ordini di pagamento e versano i relativi fondi su un conto transitorio infruttifero senza spese e oneri per il beneficiario del pagamento (comma  4-bis, cpv. art. 2, comma 4-sexies).

Se l'indicazione del beneficiario è effettuata nei tre mesi successivi al decorso del termine di cui al comma 4-sexies, le somme vengono trasferite senza spese e oneri per il beneficiario medesimo. Se l'indicazione non è effettuata nei tre mesi successivi, le banche, Poste italiane SpA e gli altri prestatori di servizi di pagamento provvedono alla restituzione delle somme all'ente erogatore. Entro i  tre mesi successivi al decorso del termine di cui al comma 4-sexies, il beneficiario ottiene il pagamento mediante assegno di traenza (comma  4-bis, cpv. art. 2, comma 4-septies)

 

 

Il prospetto riepilogativo non considera le norme.

 

La relazione tecnica riferita al testo originario non considera le norme.

 

La relazione tecnica riferita al maxiemendamento afferma che le norme in esame non determinano oneri a carico del bilancio dello Stato.

 

In merito ai profili di quantificazione non si hanno osservazioni da formulare, considerato che alla norma oggetto di rinvio (concernente il divieto di pagamento in contanti di stipendi e pensioni di importo superiore a 1.000 euro) non sono stati ascritti, a suo tempo, effetti finanziari.

 

Articolo 3, commi da 5 a 7 (Disposizioni che incidono sulle attività degli agenti della riscossione)

 

Le norme modificano i vigenti limiti di pignorabilità delle somme dovute a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego. In base alla legislazione previgente[23] tali somme sono pignorabili nella misura massima di un quinto. Le norme in esame introducendo l’articolo 72-ter nel DPR 602/1973 stabiliscono che la quota pignorabile è pari ad un decimo per importi dovuti fino a duemila euro ed è pari ad un settimo per importi dovuti da duemila a cinquemila euro [comma 5, lettera b)].

Si deve rilevare che nel caso di un debito pari esattamente a 2.000 euro non risulta chiaro quale sia la quota pignorabile.

E’ stabilito[24], inoltre, che non è possibile avviare la procedura di espropriazione immobiliare se l’importo complessivo del credito per cui l’agente della riscossione procede è pari o inferiore a 20.000 euro. In base alla legislazione previgente era possibile procedere all’espropriazione anche per somme superiori a soli 8.000 euro al verificarsi di determinate condizioni[comma 5, lettera c)].

Si rammenta che la relazione tecnica allegata ad un precedente intervento modificativo[25], parimenti al rialzo, del limite di inespropriabilità affermava che le disposizioni non erano suscettibili di determinare effetti diretti sulla riscossione e che l’innalzamento del limite di inespropriabilità non era idoneo ad incidere sugli incassi in quanto per i debiti in questione si preferivano altri strumenti di espropriazione. Viceversa la relazione tecnica allegata all’articolo 32, comma 7, del DL n. 185/2008, assumeva che il potenziamento degli strumenti di riscossione coattiva previsti dal medesimo comma consentisse un incremento delle riscossioni. Tale incremento, che era destinato ad incidere unicamente sui ruoli relativi ai mancati pagamenti da parte dei soggetti che avevano aderito alle definizioni agevolate di cui alla legge n. 289/2002, aveva determinato maggiori entrate per 300 milioni per gli anni 2009, 2010 e 2011 sui saldi di fabbisogno ed indebitamento. Tra questi strumenti figurava l’abbassamento del limite di inespropriabilità.

E’ altresì disposto[26] che l'agente della riscossione può iscrivere la garanzia ipotecaria, a fronte di un ruolo non pagato nei termini, anche al solo fine di assicurare la tutela del credito da riscuotere, purché l'importo complessivo del credito per cui si procede non sia inferiore complessivamente a ventimila euro. La modifica, come chiarito dalla relazione illustrativa ha lo scopo di puntualizzare che l’iscrizione dell’ipoteca può essere disposta per esigenze cautelari e non solo nell’ambito di un procedimento di esecuzione forzata [comma 5, lettera d)]. Tale disposizione si applica a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto legge in esame (comma 6).

 Viene, infine, abrogato l’articolo 7 comma 2, lettera gg-decies del decreto-legge n. 70/2011 che prevedeva la possibilità di ipotecare i beni di proprietà del debitore in presenza di soglie diverse di debito. Pertanto l'agente della riscossione potrà iscrivere ipoteca purché l'importo totale del credito per cui si procede non sia complessivamente inferiore al nuovo limite unico fissato in 20.000 euro e non anche per somme inferiori (comma 7).

 

Il prospetto riepilogativo non considera le norme.

 

La relazione tecnica non considera le norme.

 

Al riguardo si rileva che la riduzione del limite delle somme pignorabili su importi corrisposti a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego è suscettibile, nel breve periodo, di ridurre il volume degli incassi con potenziali effetti negativi sui saldi di finanza pubblica. Tali effetti si sterilizzeranno dopo un determinato lasso di tempo trascorso il quale si verificherà che, statisticamente, i minori incassi su ciascun credito saranno compensati dall’ulteriore perdurare delle riscossioni su crediti che sarebbero stati già estinti con le vecchie regole di incasso.

Appare altresì necessario che il Governo fornisca informazioni aggiuntive volte a chiarire i motivi che hanno indotto ad escludere che le norme in esame, che innalzano il limite di inespropriabilità e la soglia per procedere all’iscrizione di ipoteca a fronte di ruoli non pagati, possano determinare un rallentamento degli incassi in relazione all’attenuazione dell’effetto deterrente a tali norme connesso.

 

Articolo 3, commi 8 e 9 (Ratei e risconti imprese minori)

La norma interviene sulla disciplina fiscale delle imprese minori, con particolare riferimento ai costi, di ammontare non superiore a 1.000 euro, concernenti contratti a corrispettivi periodici, relativi a spese di competenza di due periodi d’imposta. Per tali spese la deducibilità viene ammessa non più nel solo esercizio in cui la fattura viene ricevuta (come previsto a legislazione previgente), ma anche – a scelta del contribuente - nel periodo d’imposta di registrazione del documento probatorio IVA. La disposizione decorre dal periodo d’imposta 2011.

 

Il prospetto riepilogativo non considera la norma.

 

La relazione tecnica afferma che la norma introduce la possibilità di dedurre, a scelta del contribuente, i costi relativi a contratti con corrispettivi periodici secondo gli ordinari criteri di competenza ovvero con riferimento alla registrazione ai fini IVA dei relativi documenti fiscali. Stima che la norma non determini sostanziali effetti di gettito (che, peraltro, sarebbero eventualmente ascrivibili al solo primo anno), in considerazione della limitata casistica e del fatto che essi si manifesterebbero solo in via indiretta, incidendo sulla redditività dei singoli contribuenti.

 

La Nota del Ministero dell’economia del 19 marzo 2012[27], dopo aver confermato la sostanziale ininfluenza sul gettito, afferma che la norma risulta comunque neutrale ai fini dei saldi di finanza pubblica in quanto a suo tempo non sono stati ascritti effetti positivi alla norma [art.7, c.2, lett. s) del DL n. 70/2011] che ha introdotto la nuova disciplina sulla deducibilità delle spese non superiori a 1.000 euro.

 

In merito ai profili di quantificazione si osserva che il regime opzionale introdotto dalla norma in esame potrà essere adottato dai soggetti interessati sulla base di criteri di convenienza economica. Pertanto, al fine di escludere effetti di riduzione del gettito (sia pure limitati ad un anno), appare opportuno acquisire una stima circa l’estensione della platea dei destinatari e circa l’entità dei redditi che rientrerebbero nell’ambito della nuova disciplina.

Nel corso dell’esame presso il Senato è stata sottolineata la possibilità che fra i criteri di convenienza economica rientrino anche le conseguenze che detta opzione produrrà in termini di risultanze degli studi di settore, andando potenzialmente a sottrarre materia imponibile.

Articolo 3, commi 10 e 11 (Crediti tributari di modesta entità)

Normativa vigente. L’articolo 1 del DPR. 129/1999 dispone che non si procede all'accertamento, all'iscrizione a ruolo e alla riscossione dei crediti relativi ai tributi erariali, regionali e locali di ogni specie comprensivi o costituiti solo da sanzioni amministrative o interessi, qualora l'ammontare dovuto, per ciascun credito, con riferimento ad ogni periodo d'imposta non superi l'importo fissato, fino al 31 dicembre 1997, in lire trentaduemila (euro 16,53). Tale disposizione non si applica in caso di ripetuta violazione, per almeno un biennio, degli obblighi di versamento concernenti un medesimo tributo.

La norma dispone che, a decorrere dal 1° luglio 2012, non si proceda all’accertamento, all’iscrizione a ruolo e alla riscossione dei crediti relativi ai tributi erariali, regionali e locali, qualora l’ammontare dovuto, comprensivo di sanzioni amministrative ed interessi, non superi, per ciascun credito, l’importo di euro 30, con riferimento ad ogni periodo d’imposta (comma 10).

Si prevede che il comma 10 non si applichi nel caso di ripetute violazioni degli obblighi di versamento relativi ad un medesimo tributo (comma 11).

 

Il prospetto riepilogativo ascrive alla norma i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica:

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2012

2013

2014

2012

2013

2014

2012

2013

2014

Minori entrate

2

4

4

1,2

2,4

2,4

1,2

2,4

2,4

 

 

La relazione tecnica stima gli effetti iscritti nei saldi di finanza pubblica sulla base dei dati tratti da Equitalia SpA e relativi alle iscrizioni a ruolo.

 

La Nota del Ministero dell’economia[28] precisa che l’onere – riguardante i soli crediti di importo compreso tra 16,53 e 30 euro - è al lordo dell’effetto derivante dalla riduzione dei costi amministrativi (costi che diminuirebbero per il venir meno dell’attività di controllo e di riscossione). Ai fini della stima sono stati utilizzati i dati forniti dalla Agenzia delle entrate e da Equitalia SpA relativi ai ruoli sia erariali che territoriali.

 

 

In merito ai profili di quantificazione si osserva che, in assenza dei dati e degli elementi posti alla base della quantificazione, non è possibile verificare la stima degli effetti di minor gettito ascritti alla norma.

 

Articolo 3, comma 12 (Modalità di esposizione degli importi nelle dichiarazioni e nelle certificazioni dei sostituti d’imposta)

La norma dispone che gli importi indicati nelle dichiarazioni dei sostituti d’imposta siano espressi in euro mediante arrotondamento alla seconda cifra decimale.

 

Il prospetto riepilogativo non considera la norma.

 

La relazione tecnica afferma che dalla norma non derivano effetti finanziari.

 

In merito ai profili di quantificazione non si hanno osservazioni da formulare.

 

Articolo 3, comma 13 (Corresponsione dell’accisa per le officine costituite da impianti alimentati da fonti rinnovabili)

Le norme modificano il D. Lgs. 504/1995 (Testo unico delle accise) come segue:

a)      viene integrato l’articolo 53, prevedendo che siano obbligati al pagamento dell'accisa sull'energia elettrica (oltre ai venditori di energia, ai produttori per uso proprio ed agli utilizzatori per uso proprio con impiego promiscuo[29]) anche i soggetti che acquistano l’energia sul mercato elettrico per uso proprio. In tal caso il pagamento dell’accisa è dovuto limitatamente al consumo di detta energia;

b)      viene integrato l’articolo 55, comma 5, estendendo agli esercenti di officine costituite da impianti azionati da fonti rinnovabili con potenza disponibile non superiore a 100 Kw la possibilità di corrispondere l'accisa mediante canone di abbonamento annuale anziché mediante versamento periodico[30].

L’articolo 55, comma 5, del D. Lgs. 504/1995 stabilisce che gli esercenti le officine di produzione di energia elettrica utilizzata per uso proprio non fornite di misuratori dell'energia adoperata corrispondono l'accisa mediante un canone annuo di abbonamento determinato dall'Agenzia delle dogane[31]. Prevede, inoltre, che anche gli esercenti officine costituite da impianti di produzione combinata di energia elettrica e calore con potenza disponibile non superiore a 100 Kw possano corrispondere l'imposta mediante canone di abbonamento annuale.

 

Il prospetto riepilogativo non considera le norme.

 

 

La relazione tecnica riferita al testo originario [che includeva la sola lettera b) del testo in esame] afferma che l’estensione agli impianti da fonti rinnovabili a bassa potenza del pagamento dell'accisa tramite canone di abbonamento annuale non comporta effetti finanziari.

 

La relazione tecnica riferita al maxiemendamento [che ha introdotto nel testo in esame la lettera a)] afferma che l’estensione dell'accisa sull'energia elettrica anche all’energia acquistata sul mercato elettrico per uso proprio è volta ad adeguare la disciplina sui soggetti passivi dell’accisa alle nuove disposizioni che regolano il mercato dell’energia elettrica. Da tale norma non derivano effetti finanziari.

 

 

La relazione illustrativa riferita al testo originario [che – come detto - includeva la sola lettera b) del testo in esame] precisa che, a seguito dell'introduzione di specifici contributi statali all'installazione e all'acquisto dell'energia elettrica prodotta, si è registrato, presso gli Uffici delle dogane, un notevole incremento di operatori che richiedono l'attivazione di officine elettriche per uso proprio, azionate da fonti rinnovabili, con potenze installate inferiori a 100 Kw. La procedura per pervenire al rilascio della licenza di esercizio, nonché quella di gestione dell'officina elettrica, in assenza di specifiche disposizioni di semplificazione, appare eccessivamente onerosa a fronte del gettito tutelato. Infatti, ai soggetti obbligati sono prescritte tutte le incombenze previste per il  controllo di officine elettriche molto più significative dal punto di vista produttivo e di rischio fiscale per l'erario. Le predette incombenze si rivelano particolarmente gravose anche per gli uffici, che sono chiamati – per esempio - a controllare l'esattezza della dichiarazione, la regolarità dei versamenti mensili delle rate di acconto, a rilasciare periodicamente il registro di lettura dei contatori, nonché a verificare l'avvenuto controllo periodico della taratura dei contatore stesso. Per tali motivazioni, la norma in esame è tesa a prevedere la possibilità, per i predetti esercenti, di corrispondere l'imposta mediante canone di abbonamento annuale.

 

La Nota del Ministero dell’economia[32]  del 19 marzo 2012 afferma che il canone di abbonamento annuale – per le officine elettriche azionate da fonti rinnovabili con bassa potenza disponibile – viene determinato dal competente ufficio doganale sulla base dei consumi massimi ipotizzabili per l'impianto. Pertanto è assicurata la massima cautela per gli interessi erariali e non si rinvengono, quindi, effetti negativi sul gettito.

 

 

In merito ai profili di quantificazione, si osserva che l’ipotesi di neutralità finanziaria indicata dalla documentazione in esame andrebbe verificata anche considerando che ai soggetti interessati viene attribuita una facoltà, che potrebbe essere da questi esercitata sulla base di criteri di convenienza economica.

 

Articolo 3, comma 14 (Acquisizione delle informazioni finanziarie dalle imprese assicurative)

Legislazione vigente. L’articolo 11-bis del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201 interviene in materia di semplificazione degli adempimenti e riduzione dei costi di acquisizione delle informazioni finanziarie. In particolare si prevede la digitalizzazione delle informazioni bancarie e finanziarie, estendendo l'utilizzo della procedura informatica, attualmente in uso nelle indagini finanziarie ai fini tributari, sia alle richieste e alle notifiche aventi come destinatari le banche e gli intermediari finanziari, sia alle relative risposte.

 

Le norme prevedono che anche le imprese assicurative, oltre le banche e gli intermediari finanziari, siano tenute all’utilizzo della procedura informatica, attualmente in uso nelle indagini finanziarie ai fini tributari, per rispondere alle richieste e ricevere le notifiche.

 

Il prospetto riepilogativo non considera le norme.

 

La relazione tecnica non considera le norme.

 

Al riguardo non si hanno osservazioni da formulare.

 

Articolo 3, comma 15 (Bollo sul money transfer)

Normativa previgente. L’articolo 2, comma 35-octies, del DL 138/2011 ha disposto l’istituzione di un'imposta di bollo sui trasferimenti di denaro all'estero attraverso gli istituti bancari, le agenzie «money transfer» ed altri agenti in attività finanziaria. L’imposta è pari al 2 per cento dell'importo trasferito con ogni singola operazione, con un minimo di prelievo pari a 3 euro. La norma ha previsto, inoltre, che detta imposta non sia dovuta per i trasferimenti effettuati dai cittadini dell'Unione europea e per quelli effettuati verso i paesi dell'Unione europea. Sono stati, infine, esentati i trasferimenti effettuati da soggetti muniti di matricola INPS e codice fiscale.

La norma abroga il comma 35-octies dell’articolo 2 del D.L. n. 138/2011, al fine di adempiere agli impegni internazionali assunti dall’Italia in occasione del G8 dell’Aquila e del G20 di Cannes.

 

Il prospetto riepilogativo non considera la norma.

 

 

La relazione tecnica, con riferimento ai potenziali effetti negativi derivanti dall’abrogazione della disposizione in esame, afferma, pur in assenza di dati puntuali, che essi sono di modesta entità, vista l’area di non imponibilità e di esenzione prevista.

 

Nella Nota del Ministero dell’economia[33], il Governo ha precisato che – pur in mancanza di dati puntuali - il gettito riferibile alle fattispecie in esame si ritiene trascurabile, in considerazione sia del breve lasso temporale di vigenza della norma abrogata sia dell’ampia area di esenzione e di non imponibilità.

 

 

In merito ai profili di quantificazione si segnala che la relazione tecnica allegata all’articolo 2, comma 35-octies, del DL 138/2011 ha evidenziato che la norma – ora oggetto di abrogazione – era suscettibile di determinare effetti positivi in termini di gettito (effetti che tuttavia, prudenzialmente, non venivano quantificati). A fronte di tale valutazione, è presumibile che dall’abrogazione della medesima norma derivi una riduzione del gettito. Non si dispone dei dati utili per consentire una verifica circa l’irrilevanza, affermata dalla RT in esame, di tale riduzione.

 

 

Articolo 3, comma 16 (Pubblicità dei provvedimenti dell’Amministrazione dei Monopoli)

La norma – integrando l’articolo 1, comma 361, della legge n. 244 del 2007 -  include anche i provvedimenti del direttore generale dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato (oltre a quelli dei direttori delle agenzie fiscali) fra quelli che, per esigenze di economicità e di speditezza dell’azione amministrativa, devono essere pubblicati sui rispettivi siti internet.

In base al comma 361, tale pubblicazione tiene luogo di quella sulla Gazzetta Ufficiale nei casi in cui questa sia prevista da altre disposizioni di legge. La norma dispone, inoltre, che i siti internet delle agenzie fiscali (e ora anche quello dell’AAMS) devono essere strutturati al fine di consentire la ricerca, la consultazione, l’estrazione e l’utilizzazione di tutti i documenti pubblicati.

 

 

Il prospetto riepilogativo e la relazione tecnica non considerano la norma.

 

 

In merito ai profili di quantificazione non si hanno osservazioni da formulare, nel presupposto che il sito internet dell’Amministrazione dei Monopoli risulti già conforme ai requisiti prescritti dall’articolo 1, comma 361, della legge n. 244 del 2007 ovvero che la sua strutturazione (al fine di consentire la ricerca, la consultazione, l’estrazione e l’utilizzazione di tutti i documenti pubblicati) possa essere realizzata nell’ambito delle risorse già nella disponibilità della stessa AAMS. Sul punto appare opportuno acquisire una conferma del Governo.

 

Articolo 3, comma 16-bis (Fondo per la valorizzazione delle aree di confine)

La norma – introdotta dal Senato - istituisce, presso il Ministero dell’economia, il Fondo per la valorizzazione e la promozione delle realtà socioeconomiche delle zone appartenenti alle regioni di confine, con una dotazione di 20 milioni di euro per l’anno 2012.

Viene demandata ad apposito decreto ministeriale l’individuazione delle regioni beneficiarie e dei criteri di erogazione del Fondo.

Al relativo onere si provvede mediante utilizzo delle disponibilità esistenti  presso la contabilità speciale 1778 “Agenzia delle entrate – Fondi di bilancio”, che sono versate all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate al Fondo per la valorizzazione delle zone di confine.

 

 

Il prospetto riepilogativo ascrive alla norma i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

 

 

(Milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2012

2013

2014

2012

2013

2014

2012

2013

2014

Maggiori spese

20

 

 

 

 

 

 

 

 

Maggiori entrate

20

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La relazione tecnica riferita al maxiemendamento afferma che, con riferimento al bilancio dello Stato, gli effetti della norma sono compensativi, poiché si registra una variazione positiva nello stato di previsione dell’entrata e una variazione negativa sul versante della spesa: pertanto il saldo netto da finanziare non viene modificato.

Con riferimento al fabbisogno e all’indebitamento netto, la RT fa presente che non si registra alcun impatto, in quanto resta fermo – da parte delle regioni beneficiarie – il rispetto delle regole del patto di stabilità interno.

Si segnala, infine, che la RT include fra le modifiche suggerite, con riferimento al testo in esame, la partecipazione della Conferenza Stato-regioni alla procedura di formazione dello schema di decreto ministeriale recante l’individuazione delle regioni beneficiarie e dei criteri di erogazione del Fondo.

La relazione tecnica sembra fare riferimento al comma 16-bis in esame, anche se richiama (presumibilmente per un errore materiale) il comma 16-ter.

 

 

In merito ai profili di quantificazione, andrebbe acquisito un chiarimento circa la natura delle risorse del nuovo Fondo (spesa corrente o in conto capitale), che non viene precisata né dalla relazione tecnica né dal prospetto riepilogativo.

Andrebbe inoltre chiarito:

·         per quali finalità sarebbero state utilizzate – in assenza della norma in esame - le risorse della contabilità speciale 1778 destinate dal testo al nuovo Fondo per la valorizzazione delle zone di confine;

·         se il nuovo utilizzo possa pregiudicare la realizzazione di spese già programmate a valere sulle medesime disponibilità.

 

In merito ai profili di copertura finanziaria, con riferimento al comma 16-bis in esame, si osserva quanto segue. L’utilizzo delle disponibilità iscritte in una  contabilità speciale (nel caso di specie, la contabilità 1778 “Agenzia delle entrate – Fondi di bilancio”) non rappresenta una delle modalità di copertura finanziaria previste dall’articolo 17 della legge 31 dicembre 2009, n. 196. Tale modalità di copertura, peraltro, è stata utilizzata più volte in passato[34], prevalentemente per finalità analoghe a quelle per le quali le risorse sono iscritte nella contabilità speciale.

 

Articolo 3, commi 16-ter e 16-quater (Regime fiscale delle borse di studio)

La norma, introdotta nel corso dell’iter presso il Senato, modifica la disciplina tributaria delle borse di studio stabilendo:

- una franchigia, ai fini IRPEF, di 11.500 euro dei redditi relativi a borse di studio. In particolare si dispone che le borse di studio concorrono alla formazione delle reddito complessivo per la parte eccedente 11.500 euro;

- l’esclusione del diritto alla detrazione IRPEF per lavoro dipendente e redditi assimilati (di cui all’art. 13 del TUIR[35]) spettante, in base alla normativa precedente, in relazione ai redditi per borse di studio;

- tutte le borse di studio, nella parte eccedente la franchigia, concorrono a formare il reddito complessivo, anche quelle per le quali specifiche disposizioni ne prevedono l’esclusione o l’esenzione;

- rimane ferma l’applicazione dell’articolo 51, comma 2, lettera f-bis del TUIR ai sensi della quale non concorrono alla formazione del reddito da lavoro dipendente le somme erogate dal datore di lavoro per le borse di studio in favore dei familiari del lavoratore subordinato.

 

Il prospetto riepilogativo non considera la norma.

 

La relazione tecnica allegata al maxiemendamento, dopo aver illustrato la norma, afferma che la disposizione determina due opposti effetti di gettito:

- la perdita di gettito relativa alle somme attualmente soggette ad IRPEF;

- il recupero del gettito relativo alle somme attualmente esenti da IRPEF di importo annuo superiore al limite di esenzione previsto.

Per quanto concerne la perdita di gettito, sono state effettuate elaborazioni sui dati delle dichiarazioni dei redditi modello 770 presentate nel 2009, individuando i beneficiari di borse di studio e redditi assimilati. In base a tali elaborazioni risulta che circa 157.000 soggetti hanno percepito le somme in oggetto per un ammontare totale di circa 252 mln di euro. Considerando le somme imponibili dichiarate e le corrispondenti ritenute operate dal sostituto d’imposta nei confronti dei soggetti debitori (circa 43.000) risulta, applicando il nuovo regime impositivo (soglia di esenzione e eliminazione della detrazione IRPEF) una perdita di gettito IRPEF di competenza annua di circa 14 mln di euro, cui si aggiunge la perdita di gettito delle addizionali regionali IRPEF (1 mln) e delle addizionali comunali IRPEF (0,4 mln).

 

Per quanto concerne il recupero di gettito, sono state prese in considerazione le borse di studio e gli assegni attualmente esenti da IRPEF di importo più elevato. In base ai dati pubblicati dal MIUR (L’Università in cifre) nell’anno accademico 2007/2008 risultavano 32.633 iscritti alle scuole di specializzazione di medicina e chirurgia; le borse di dottorato e post-dottorato erano 25.425 e gli assegni di ricerca erano 11.719. Considerato un importo medio pari a 11.500 euro per le borse di specializzazione in medicina, e a 14.800 euro per gli assegni di ricerca, risulta, applicando la nuova imposizione prevista dalla norma in esame, un recupero di gettito IRPEF di competenza annua di circa 14,7 milioni di euro, cui si aggiunge l’addizionale regionale e comunale IRPEF pari, rispettivamente, a 0,8 e 0,3 milioni di euro.

 

Considerando la somma algebrica degli effetti descritti risulta quindi che nel complesso la norma in esame determina una sostanziale invarianza di gettito.

 

 

In merito ai profili di quantificazione, si osserva che la relazione tecnica non ascrive effetti finanziari in quanto l’entità stimata del maggior gettito e quella della perdita di gettito si compensano. Si segnala tuttavia l’opportunità di indicare nel prospetto riepilogativo, distintamente, gli effetti di segno opposto richiamati dalla relazione tecnica. Ciò in quanto la norma, nonostante sia interamente rivolta al profilo tributario delle borse di studio,  introduce due distinte modifiche normative: da un lato si introduce una soglia di franchigia ai fini IRPEF e dall’altro si rendono inefficaci le disposizioni vigenti in materia di esenzione delle borse di studio, fatta salva la disposizione contenuta nel TUIR.

Inoltre, poiché il valore della franchigia non concorre alla formazione del reddito complessivo andrebbero valutati gli effetti finanziari indiretti recati dalla fruizione di alcuni benefici (detrazioni IRPEF, prestazioni sociali, ecc.) che spettano in funzione del valore del reddito complessivo.

Per quanto concerne gli effetti in termini di addizionali IRPEF, andrebbero chiariti gli effetti delle modifica introdotta con la disciplina vigente in materia di federalismo fiscale.

Si segnala che la Ragioneria generale dello Stato, nel restituire positivamente verificata la relazione tecnica, ha segnalato l’opportunità di apportare modifiche, tra le altre, “all’articolo 3, comma 16-ter, inserendo alla fine del secondo periodo le parole “sentita la Conferenza Stato Regioni”. Tale modifica, tuttavia, non appare compatibile con il disposto normativo in esame e sembra invece da riferire al precedente comma 16-bis (v. la relativa scheda).

 

 

 

Articolo 3-bis (Accisa sul combustibile utilizzato nella produzione combinata di energia elettrica e calore)

La norma aggiunge una nuova fattispecie di accisa agevolata sui combustibili[36] prevedendo che, in caso di produzione combinata di energia elettrica e calore ad alto rendimento (CAR), ai quantitativi dei combustibili impiegati nella produzione di energia elettrica si applichi l'aliquota per uso combustione ridotta in misura corrispondente ai coefficienti determinati dal Ministero dello sviluppo economico sulla base dell'efficienza media del parco elettrico nazionale e con riferimento alle diverse configurazioni impiantistiche. I coefficienti sono determinati su base quinquennale entro il 30 novembre dell'anno precedente al quinquennio di riferimento (comma 1). Per il 2012 i predetti coefficienti sono pari a quelli individuati dall'Autorità per l'energia elettrica ed il gas con deliberazione n. 16 del 1998 dell'11 marzo 1998 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 82 dell'8 aprile 1998, ridotti del 12% (comma 2).

 

Il prospetto riepilogativo degli effetti del provvedimento non considera la norma.

 

La relazione tecnica riferita al maxiemendamentoafferma che la riduzione prevista dal testo e i coefficienti che saranno determinati con successivi decreti ministeriali garantiranno almeno lo stesso gettito a legislazione vigente in ragione dei miglioramenti tecnologici intervenuti nella particolare tecnica produttiva.

 

In merito ai profili di quantificazione, si osserva che la relazione tecnica non chiarisce le motivazioni per le quali si ritenga che i miglioramenti tecnologici intervenuti nella particolare tecnica produttiva evitino l’insorgenza di minori entrate con riferimento all’agevolazione fiscale prevista dalla norma in esame. L’andamento dello specifico settore dovrebbe infatti essere inglobato negli andamenti tendenziali delle previsioni di gettito che potrebbero quindi risentire degli effetti di minore entrata derivanti dall’agevolazione in questione. Andrebbe quindi chiarito se l’asserita compensatività sia basata eventualmente sull’ipotesi che l’agevolazione introdotta sia a sua volta foriera di effetti indotti positivi. In tale ultimo caso apparirebbe opportuna una valutazione separata delle perdite di gettito connesse alle previsioni tendenziali e degli effetti indotti positivi.

 

Articolo 3-ter (Termini per gli adempimenti tributari nel mese di agosto)

La norma, introdotta dal Senato, stabilisce che i versamenti tributari e gli adempimenti con scadenza compresa tra il 1° e il 20 agosto possono essere effettuati entro il giorno 20 agosto senza alcuna maggiorazione.

 

Il prospetto riepilogativo non considera la norma.

 

La relazione tecnica afferma che alla norma non si ascrivono effetti finanziari in considerazione del fatto che i versamenti avvengono nello stesso mese previsto dalla normativa vigente.

 

In merito ai profili di quantificazione non si hanno osservazioni da formulare.

 

Articolo 4, comma 1 (Pubblicazione delibere di variazione dell’addizionale comunale all’IRPEF)

La norma anticipa dal 31 dicembre al 20 dicembre il termine entro il quale le delibere comunali di variazione dell’addizionale IRPEF devono essere pubblicate affinché la variazione medesima produca effetti nell’anno di pubblicazione.

 

Il prospetto riepilogativo non considera la norma.

 

La relazione tecnica afferma che alla norma non si ascrivono effetti finanziari.

 

In merito ai profili di quantificazione non si hanno osservazioni da formulare.

 

Articolo 4, comma 1-bis (IMU su fabbricati rurali strumentali e imponibilità IRPEF per immobili esenti da IMU)

 

La norma, introdotta nel corso dell’esame presso il Senato, stabilisce:

-        l’esenzione dall’IMU dei fabbricati rurali ad uso strumentale situati nei comuni classificati montani o parzialmente montani di cui all’elenco dei comuni italiani predisposto dall’ISTAT [lettera a)];

-        l’assoggettamento ad IRPEF e relative addizionali degli immobili esenti dall’IMU [lettera b)].

 

Il prospetto riepilogativo allegato al maxiemendamento ascrive alla norma i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2012

2013

2014

2012

2013

2014

2012

2013

2014

Minori entrate

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Esenzione IMU fabbricati rurali strumentali comuni montani/quota comuni

 

 

 

13,5

13,5

13,5

13,5

13,5

13,5

Maggiori spese correnti

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Esenzione IMU fabbricati rurali strumentali comuni montani/Fondo sperimentale riequilibrio

13,5

13,5

13,5

 

 

 

 

 

 

 

 

La relazione tecnica allegata al maxiemendamento riporta in due distinti paragrafi le valutazioni relative alla lettera a) e alla lettera b).

In merito alla lettera a)[37] afferma che, sulla base di elaborazioni effettuate utilizzando le banche dati già utilizzate per la stima originaria (banca dati del Catasto edilizio urbano e del Catasto terreni, dichiarazione dei redditi e CUD), l’esenzione IMU dei fabbricati rurali strumentali situati in montagna determina un effetto di minor gettito valutato in 13,5 milioni di euro annui.

Nel corso dell’esame del provvedimento presso il Senato, è stata consegnata dal Governo[38] una documentazione relativa al carico fiscale su terreni e fabbricati rurali dalla quale risulta che il gettito IMU stimato in relazione ai fabbricati rurali strumentali è pari complessivamente a 135 milioni di euro annui.

Si segnala, inoltre, che in una precedente versione dell’emendamento in esame, che prevedeva la medesima esenzione per i soli comuni, indicati nell’elenco ISTAT, situati al di sopra di mille metri di altitudine, gli effetti finanziari erano stati stimati in 1,35 milioni.

La lettera b) viene richiamata dalla relazione tecnica nel titolo del paragrafo “Ulteriori modifiche IMU”, relativo anche al comma 5. Nell’ambito di tale paragrafo, la relazione tecnica afferma che “l’ultima proposta modificativa” è diretta ad evitare perdite di gettito per effetto della disposizione contenuta nell’art. 8, comma 1, del D. Lgs. n. 23 del 2011, la quale prevede che l’IMU sostituisce anche l’IRPEF e le relative addizionali dovute in relazione ai redditi fondiari concernenti gli immobili non locati. In particolare – prosegue la relazione – la norma prevede che gli immobili esenti dall’IMU continuano ad essere assoggettati all’IRPEF ed alle relative addizionali comunali e regionali.  In merito ai profili finanziari, la RT afferma che alla disposizione, stante la natura chiarificatoria e procedurale, non si ascrivono effetti finanziari.

 

 

In merito ai profili di quantificazione, si osserva che la relazione tecnica non fornisce elementi per la verifica della stima degli effetti finanziari recati dalla lettera a). Il dato stimato  – tenuto conto delle informazioni fornite nel corso dell’esame parlamentare - rappresenta il 10% del gettito complessivamente atteso dalla precedente disciplina concernente l’IMU sui fabbricati rurali strumentali.

Gli effetti finanziari sopra indicati non sembrerebbero includere – diversamente da quanto indicato nel titolo del paragrafo della relazione tecnica interessato – gli effetti del comma 5-bis, concernente eventuali benefici IMU sui terreni agricoli. Infatti, tenuto conto che ai sensi dell’art. 13 del DL n. 201/2011 il maggior gettito IMU (al netto di quello per abitazione principale e per fabbricati rurali) rispetto a quello ICI deve essere attribuito in quota parte (50%) all’Erario e tenuto conto, altresì, che il prospetto riepilogativo ascrive gli effetti interamente alla quota comuni e non anche alla quota erario, è presumibile che i 13,5 mln di minor gettito siano riferiti interamente a IMU su fabbricati rurali, le cui variazioni di gettito non incidono sulla quota erariale. Sul punto appare necessario acquisire una conferma del Governo.

In merito alla lettera b) del comma in esame, si rileva preliminarmente che alla norma non vengono ascritti effetti finanziari né dal prospetto riepilogativo né dalla relazione  tecnica. Ciò premesso, andrebbe chiarita la portata applicativa della disposizione, anche al fine di valutarne i possibili riflessi finanziari. In particolare, si osserva che:

·         in base ad una interpretazione letterale, la disposizione sembrerebbe introdurre la imponibilità ai fini IRPEF e relative addizionali di tutti gli immobili esenti da IMU.

Si tratterebbe di un rilevante intervento sul piano tributario rispetto al quale andrebbero valutati i relativi effetti finanziari (a titolo esemplificativo, si segnalano gli immobili dello Stato e degli enti territoriali, che diverrebbero imponibili ai fini delle addizionali IRPEF, e gli immobili della Chiesa utilizzati per attività non commerciali);

·         in base alla relazione tecnica, la norma ha la finalità di evitare perdite di gettito per effetto del principio (contenuto nell’art. 8, comma 1, del D. Lgs. 23/2011) in base al quale l’IMU sostituisce anche l’IRPEF e le relative addizionali per i redditi fondiari concernenti gli immobili non locati.

Con riferimento ai profili finanziari si ricorda che alla predetta disposizione[39], che prevedeva l’esenzione da IRPEF e addizionali dei redditi degli immobili non locati, la relativa RT attribuiva un effetto di minor gettito pari a 1,6 miliardi di euro.

 

Articolo 4, comma 2 (Imposta sulle assicurazioni contro la responsabilità civile)

Normativa vigente. L'art. 17 del D.Lgs. n. 68 del 2011, nel disciplinare i tributi propri connessi al trasporto su gomma, definisce l'imposta sulle assicurazioni contro la responsabilità civile come tributo proprio derivato delle province, ne individua l'aliquota, prevede la possibilità per le province dall'anno 2011 di aumentare o diminuire tale aliquota in una percentuale massima indicata (3,5%), disciplina gli effetti delle variazioni con riferimento alla data di pubblicazione della delibera provinciale sul sito informatico del MEF.

 

La norma prevede che le disposizioni concernenti l'imposta sulle assicurazioni contro la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, esclusi i ciclomotori, di cui all'art. 17 del D.Lgs. n. 68 del 2011, trovano applicazione su tutto il territorio nazionale, in deroga all’articolo 16 del medesimo D.Lgs. che circoscrive alle sole province delle regioni a statuto ordinario il campo di applicazione delle disposizioni del Capo II del provvedimento, riguardante l’autonomia di entrata delle province.

La norma fa salve le deliberazioni emanate prima dell’approvazione del decreto-legge in esame.

Viene in questo modo evitata l’illegittimità delle delibere di variazione dell’imposta emanate dalle province delle RSS prima dell’entrata in vigore della norma in esame.

 

Il prospetto riepilogativo non considera la norma.

 

La relazione tecnica, dopo aver illustrato brevemente la disposizione, afferma che la stessa non comporta effetti finanziari.

 

La relazione illustrativa chiarisce che la norma intende superare la problematica derivante dal fatto che le disposizioni del D.Lgs. n. 68 del 2011, ed in particolare l'art. 17, sono applicabili solo alle province ubicate nelle regioni a statuto ordinario.

La relazione afferma in particolare che l'obiettivo di una generalizzata applicazione su tutto il territorio nazionale non è stato conseguito neppure con l’abrogazione del comma 5 del citato articolo 17 (ad opera dell'art. 28, comma 11-bis del decreto-legge n. 201 del 2011), che specificava che l’applicazione dello stesso art. 17 alle regioni ad autonomia speciale era attuata sulla base delle procedure di cui all’art. 27 della L. n. 42/2009. Viene altresì evidenziato che l'adozione delle deliberazioni da parte delle province delle regioni ad autonomia speciale pone dei gravi problemi poiché il MEF deve pubblicare sul sito le deliberazioni in questione e proporre l'impugnativa nel caso in cui la provincia non intenda annullare l'atto. Considerati gli obblighi di applicazione dell'imposta a carico degli assicuratori, le variazioni di aliquota eventualmente disposte, aventi effetto, a norma dell'art. 17, comma 2 del citato decreto legislativo, a decorrere dal secondo mese successivo a quello di pubblicazione sul sito, determinerebbero esigenze di rimborso ai contribuenti, a seguito dell'eventuale vittorioso esperimento del contenzioso presso il TAR promosso dal MEF, avente ad oggetto le predette delibere.

 

In merito ai profili finanziari, non si hanno rilievi da formulare.

 

Articolo 4, comma 3 (Finanziamento IFEL)

La norma stabilisce che il contributo dovuto dai comuni all’ANCI (ora IFEL) è determinato, a decorrere dal 1° gennaio 2013, in misura pari all’1 per mille del gettito IMU di competenza degli enti locali.

In base alle modifiche introdotte con il maxiemendamento, il valore IMU da considerare per l’applicazione dell’1 per mille deve essere al netto dell’imposta relativa agli immobili destinati ad abitazione principale e relative pertinenze.

 

Il prospetto riepilogativo non considera la norma.

 

La relazione tecnica afferma che la norma interviene a seguito della soppressione dell’ICI e dell’introduzione dell’IMU, fermo restando il termine del 30 aprile di ciascun anno entro il quale deve essere effettuato il versamento all’ANCI (ora IFEL).

Una Nota tecnica relativa ad una disposizione di identico contenuto, esaminata nel corso dell’iter del provvedimento presso il Senato, afferma che la modifica introdotta è diretta a chiarire l’intenzione del legislatore di mantenere sostanzialmente invariato il contributo IFEL rispetto a quello previgente. Pertanto, alla disposizione non si ascrivono effetti finanziari.

 

In merito ai profili di quantificazione non si hanno osservazioni da formulare.

 

Articolo 4, comma 4 (Sblocco dei tributi)

La norma abroga le disposizioni che prevedono la sospensione del potere degli enti territoriali di aumentare le aliquote e le tariffe locali e regionali.

Sul piano normativo si abroga:

-          il comma 30 dell’art. 77-bis del DL n. 112/2008, che dispone la sospensione del potere degli enti locali di deliberare aumenti dei  tributi, delle addizionali o delle aliquote, fatta eccezione  per  gli aumenti relativi alla tassa sui rifiuti solidi urbani (TARSU);

-          il comma 19 dell’art. 77-ter del DL n. 112/2008, che dispone, la sospensione del potere delle regioni di deliberare aumenti dei  tributi, delle addizionali o delle aliquote;

-          il comma 123, art. 1, legge n. 220/2010 che proroga, fino all’attuazione del federalismo fiscale, la sospensione del potere di regioni ed enti locali di deliberare aumenti e variazioni di tributi.

 

Il prospetto riepilogativo non considera la norma.

 

La relazione tecnica afferma che la norma consente agli enti territoriali di effettuare le proprie manovre di bilancio, facendo leva anche sulla possibilità di aumentare i tributi di loro competenza. In particolare la norma è diretta ad eliminare il blocco limitatamente all’addizionale IRPEF, con conseguente possibilità per i comuni di aumentarne le aliquote a decorrere dal 2012.

 

In merito ai profili di quantificazione con particolare riferimento all’affermazione contenuta nella relazione tecnica in base alla quale la norma è diretta ad eliminare il blocco limitatamente all’addizionale comunale IRPEF, si evidenzia che la disposizione è riferita ad un più ampio ambito di applicazione sia in termini di tributi, imposte e addizionali sia in termini di soggetti attivi.

 

Articolo 4, comma 5 (modifiche alla disciplina IMU)

La norma, interamente sostituita nel corso dell’esame presso il Senato, introduce alcune disposizioni in materia di IMU che vengono di seguito sinteticamente illustrate, distinguendo quelle relative alla determinazione dell’imposta, quelle relative alle modalità applicative e ai termini di versamento e quelle relative ai rapporti finanziari tra Stato ed Enti locali.

La precedente formulazione del comma 5[40], interamente riproposta dalla lettera i) del nuovo comma 5, ripristina in favore dei comuni situati nei territori delle Regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e Bolzano il diritto a fruire del rimborso della minore imposta percepita in relazione all'esclusione dall'ICI dell'abitazione principale del soggetto passivo.

Le modifiche introdotte dalla nuova formulazione del comma 5 riguardano, per quanto concerne la determinazione dell’imposta:

- la riduzione della base imponibile al 50% per i fabbricati di interesse storico o artistico e per i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati, fatta eccezione per gli immobili classificati F2 che continuano ad avere rendita zero[41](lettera b);

- l’incremento da 130 a 135 del coefficiente moltiplicatore fissato per i terreni agricoli[42] (lettera c);

- un regime IMU agevolato relativo ai terreni agricoli posseduti  e direttamente condotti da coltivatori diretti o da imprenditori agricoli professionali (IAP). Il beneficio consiste in un regime di esenzione per valori fino a 6.000 euro, una riduzione del 70% dell’imposta dovuta su valori compresi da 6.000 fino a 15.500, una riduzione del 50% dell’imposta dovuta su valori compresi tra 15.500 e 25.500 nonché una riduzione pari al 25% dell’imposta dovuta su valore compreso tra 25.500 e 32.000 euro (lettera e).

La disposizione contenuta nella lettera a) ha natura di coordinamento formale.

 

In merito alle modalità operative e ai termini di versamento si dispone:

- per l’anno 2012, il pagamento della prima rata (giugno) è determinato in misura pari al 50% dell’importo ottenuto applicando le aliquote di base e la detrazione stabilite dalla norma statale. In sede di versamento della seconda rata (dicembre 2012) è corrisposto il saldo calcolato in base alle eventuali successive modifiche (lettera h), cpv 12-bis, primo periodo);

- specifici termini di versamento in relazione all’IMU sui fabbricati rurali per l’anno 2012 (30% a giugno e 70% a saldo nel mese di dicembre). Per i fabbricati rurali regolarizzati o da regolarizzare ai sensi dell’art. 13, comma 14-ter, del decreto legge n. 201/2011[43], il termine unico di versamento è fissato al 16 dicembre 2012 (lettera d, primi due periodi);

- la possibilità di modificare le aliquote con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri da emanare entro il 10 dicembre 2012. Si dispone che, sulla base dell’andamento del gettito della prima rata, il decreto potrà disporre la modifica dell’aliquota da applicare ai fabbricati e ai terreni in modo da garantire che il gettito complessivo non superi per l’anno 2012 gli ammontari previsti dal Ministero dell’economia e delle finanze, rispettivamente per i fabbricati rurali ad uso strumentale e per i terreni (lettera d, ultimo periodo).

Nel corso dell’esame del provvedimento presso il Senato, è stata consegnata dal Governo[44] una documentazione relativa al carico fiscale su terreni e fabbricati rurali dalla quale risulta che il gettito IMU stimato in relazione ai terreni agricoli risulta pari a 406,6 milioni e quello relativo ai fabbricati rurali strumentali è pari complessivamente a 135 milioni di euro annui. Si segnala, tuttavia, che le suddette stime devono essere ridotte per tenere conto delle agevolazioni introdotte dal comma 1-bis dell’articolo in esame (fabbricati rurali) e da quelle relative al comma 5-bis (possibili agevolazioni per i terreni agricoli);

- l’obbligo di presentare, entro il 31 luglio 2012, la dichiarazione degli immobili posseduti al 1° gennaio 2012. In caso di variazioni, deve essere presentata apposita dichiarazione entro 90 giorni dalla modifica. Rimane confermato l’obbligo di indicare nella dichiarazione dei redditi l’IMU pagata su ciascun immobile nonché la facoltà di liquidare l’imposta municipale in sede di dichiarazione dei redditi. Infine, si dispone che rimangono valide le dichiarazioni ICI presentate, in quanto compatibili (lettera h, cpv 12-ter));

 

 

In merito ai rapporti finanziari tra enti locali e Stato la norma dispone che alle seguenti fattispecie non si applichi né la riserva erariale di imposta prevista dal comma 11, né la riduzione di risorse comunali, compensativa del maggior gettito IMU, prevista dal comma 17 a valere sul fondo perequativo per i comuni delle RSO e sui trasferimenti e sulle riserve di gettito dei comuni delle RSS:

-        per le unità immobiliari delle cooperative edilizie a proprietà indivisa, adibite ad abitazione principale dei soci assegnatari, e gli alloggi assegnati dagli Istituti autonomi per le case popolari (lettera f);

-        per gli immobili posseduti dai comuni nel loro territorio (lettera g).

La norma prevede inoltre che per il 2012 i Comuni possano iscrivere nel proprio bilancio di previsione entrate IMU in misura pari a quella indicata nell’apposita tabella, pubblicata sul sito internet www.finanze.gov.it. L’accertamento convenzionale non dà diritto al riconoscimento da parte dello Stato dell’eventuale differenza tra gettito accertato convenzionalmente e gettito reale ed è rivisto, unitamente agli accertamenti relativi al fondo sperimentale di riequilibrio e ai trasferimenti erariali, in esito a dati aggiornati da parte del Dipartimento delle finanze, ai sensi dell’accordo sancito dalla conferenza Stato-città e autonomie locali del 1° marzo 2012. Entro il 10 dicembre 2012, con DPCM, si provvede, sulla base del gettito della prima rata, nonché sui risultati dell’accatastamento dei fabbricati rurali, alla modifica delle aliquote, delle relative variazioni e della detrazione stabilite dall’art. 13 del DL n. 201/2011, al fine di assicurare l’ammontare del gettito complessivo previsto per l’anno 2012. Entro il 30 settembre 2012, sulla base dei dati aggiornati, i comuni possono approvare o modificare il regolamento e la deliberazione relativa alle aliquote e alla detrazione del tributo (lettera h) cpv 12-bis, dal secondo periodo).

 

 

Il prospetto riepilogativo allegato al maxiemendamento riporta i seguenti effetti:

(Milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2012

2013

2014

2012

2013

2014

2012

2013

2014

Minori entrate

 

 

 

 

 

 

 

 

 

-IMU immobili storici o artistici /quota comuni

 

 

 

19,5

19,5

19,5

19,5

19,5

19,5

-IMU immobili storici o artistici /quota erario

19,5

19,5

19,5

19,5

19,5

19,5

19,5

19,5

19,5

-IMU fabbricati inagibili/quota comuni

 

 

 

9,3

9,3

9,3

9,3

9,3

9,3

-IMU fabbricati inagibili/quota erario

9,3

9,3

9,3

9,3

9,3

9,3

9,3

9,3

9,3

-IMU agevolazioni IAP /quota comuni

 

 

 

3,75

3,75

3,75

3,75

3,75

3,75

-IMU agevolazioni IAP / quota erario

3,75

3,75

3,75

3,75

3,75

3,75

3,75

3,75

3,75

Maggiori entrate

 

 

 

 

 

 

 

 

 

-incremento moltiplicatore terreni/quota comuni

 

 

 

5

5

5

5

5

5

-incremento moltiplicatore terreni/quota erario

5

5

5

5

5

5

5

5

5

- Immobili dei comuni: perdita di gettito IMU quota erario

366,9

366,9

366,9

366,9

366,9

366,9

366,9

366,9

366,9

 Maggiori spese correnti

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 Fondo sperimentale riequilibrio/- IMU immobili storici o artistici

19,5

19,5

19,5

 

 

 

 

 

 

 Fondo sperimentale riequilibrio/- IMU fabbricati inagibili

9,3

9,3

9,3

 

 

 

 

 

 

 Fondo sperimentale riequilibrio/- IMU agevolazioni IAP

3,75

3,75

3,75

 

 

 

 

 

 

Minori spese correnti

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 Fondo sperimentale riequilibrio/- IMU incremento moltipl. terreni

5

5

5

 

 

 

 

 

 

 

 

La relazione tecnica allegata al maxiemendamento afferma quanto di seguito indicato.

Riduzione del 50% della base imponibile IMU per i fabbricati di interesse storico o artistico – Sono state considerate le categorie nelle quali si ritiene possano essere classificati gli immobili storici. In particolare, le categorie A9, A11, B6 e B7 sono state considerate interamente formate da immobili storici, mentre si è considerato l’1% degli immobili appartenenti alle categorie A1, A8, A10, B4, D3 e D8; la relativa IMU, sulla base dei dati Fiscalità Immobiliare per l’anno 2009, è stimata in 78 milioni di euro annui. Pertanto, l’abbattimento al 50% della base imponibile determina un minor gettito pari a 39 milioni di euro annui.

Riduzione del 50% della base imponibile IMU per i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati – Sono stati estrapolati i dati delle dichiarazioni (UNICO e mod. 730) presentate nel 2010 dai quali risulta che circa 61.000 immobili sono dichiarati inagibili per un relativo valore imponibile IMU pari a 3,9 mld di euro. Tale valore è stato incrementato del 25% per tenere conto degli immobili non risultanti dalle dichiarazioni (ad es. soggetti che hanno solo CUD) per cui la base imponibile di riferimento risulta pari a 4,9 miliardi. Considerando l’abbattimento del 50% e l’aliquota ordinaria del 7,6 per mille, il minor gettito è stimato in 18,6 milioni annui.

Incremento da 130 a 135 del moltiplicatore da applicare terreni agricoli – sulla base di elaborazioni effettuate utilizzando le banche dati utilizzate per la stima originaria alla modifica è attribuito un effetto di maggior gettito pari a 10 milioni annui.

Regime agevolato terreni IAP – la relazione tecnica stima l’effetto relativo al “ripristino al 25% abbattimento base imponibile IAP” utilizzando i dati delle banche dati disponibili. Premesso che la formulazione della norma introduce una franchigia fino a 6.000 euro e un abbattimento decrescente per scaglioni di imponibile, il valore indicato dalla relazione tecnica è un minor gettito pari a 7,5 milioni annui.

Modifiche ai termini di versamento – alla disposizione che interviene sulle modalità di versamento IMU per i fabbricati rurali, la relazione tecnica non ascrive effetti in quanto i pagamenti sono effettuati entro lo stesso anno previsto dalla normativa vigente; circa il versamento IMU per i fabbricati rurali di cui al comma 14-ter, la relazione tecnica afferma che la disposizione è foriera di effetti positivi di gettito, prudenzialmente non quantificati.

Rapporti finanziari tra enti locali e Stato – Con riferimento alla formulazione iniziale del comma 5, riprodotto nella lettera i) del nuovo comma 5),- inerente il ripristino, in favore dei comuni delle RSS, del rimborso della minore imposta percepita in relazione all'esclusione dall'ICI dell'abitazione principale - la relazione tecnica riferita al testo originario afferma che la norma non comporta effetti finanziari, in quanto consente al Ministero dell'interno di erogare gli specifici rimborsi utilizzando risorse già iscritte in bilancio.

In merito alla lettera g) – inerente la mancata applicazione della riserva di gettito erariale sugli immobili di proprietà dei comuni, siti nel proprio territorio - la relazione tecnica riferita al maxiemendamento afferma che la disposizione si è resa necessaria in seguito alla disapplicazione del D.Lgs. n. 504/1992 che, all’art. 7, comma 1, prevedeva l’esclusione dall’ambito di applicazione dell’ICI di tali immobili. Tale situazione comporta l’assoggettamento all’   IMU degli immobili comunali che non siano destinati esclusivamente a compiti istituzionali con il conseguente aggravio di oneri per i comuni relativamente alla quota di gettito IMU di competenza erariale. Con riferimento agli immobili di proprietà dei Comuni, sulla base delle elaborazioni effettuate sulla banca dati integrata immobiliare, si stima una perdita di gettito erariale (50% del gettito IMU complessivo) di circa 303,9 mln annui.

In merito alla lettera f) – inerente la mancata applicazione della riserva di gettito erariale sugli immobili ex IACP e delle cooperative edilizie a proprietà indivisa - la relazione afferma che, da informazione del settore, risultano circa 750.000 unità immobiliari. Tenuto conto dell’entità della rivalutazionee (60% della rendita catastale, si stima che il gettito IMU su tali immobili sia di circa 140 mln di euro. Ipotizzando un abbattimento del 10% di tale gettito per tenere conto degli immobili siti al di fuori del territorio comunali, si stima che la rinuncia alla quota erariale, pari al 50%, comporti una perdita di gettito di circa 63 mln di euro.

Complessivamente, pertanto, si stima che dalla disposizione in esame derivi una perdita di gettito annuo di circa 366,9 mln di euro.

La relazione non ascrive effetti di gettito alla norma ordinamentale che prevede che i Comuni possano iscrivere nel proprio bilancio di previsione entrate IMU in misura pari a quella loro comunicata dal Ministero dell’economia, permettendo altresì di intervenire sulle misure delle aliquote e della detrazione dell’IMU successivamente alla disponibilità dei dati relativi agli incassi in acconto.

 

In merito ai profili di quantificazione, si segnala che la relazione tecnica non fornisce i dati, gli elementi e le procedure adottate per la stima limitandosi a fornire i risultati ottenuti dalle elaborazioni effettuate. Non risulta, pertanto, possibile effettuare una puntuale verifica della stima degli effetti finanziari.

In merito a quanto illustrato nella relazione tecnica, si osserva che, relativamente al regime agevolato sui terreni a coltivazione diretta o posseduti da imprenditori agricoli professionali (IAP), la RT indica una stima degli effetti riferita al “Ripristino al 25% abbattimento base imponibile IAP” mentre la norma stabilisce un regime di esenzione per valori fino a 6.000 euro e riduzioni decrescenti (a partire dal 70%) per scaglioni di valore imponibile. Sul punto appare opportuno un chiarimento.

 

In merito al versamento del saldo d’imposta (entro il 16 dicembre 2012) si segnala che potrebbe risultare problematico il rispetto del termine fissato, tenuto conto che è possibile l’emanazione di un DPCM entro il 10 dicembre 2012 diretto a modificare le aliquote.

 

Con riferimento ai rapporti finanziari tra Stato e comuni, si osserva quanto segue.

In merito alla lettera g) - inerente la mancata applicazione della riserva di gettito erariale sugli immobili di proprietà dei comuni non destinati esclusivamente a compiti istituzionali, siti nel proprio territorio,andrebbe acquisita, in via generale, una precisazione da parte del Governo in merito al complessivo gettito del tributo con riferimento agli immobili in questione.

Premesso che la norma in esame si limita a prendere atto della necessità di escludere una sottrazione di risorse ai comuni a titolo di riserva erariale, il maggior gettito IMU, quantificato dalla relazione tecnica all’art. 13 del DL 201/2011, sembra aver considerato anche quello riferibile ai predetti immobili, apparentemente quantificabile in 607,4 mln, di cui solo la metà è rettificata dalla relazione tecnica attualmente in esame (303,9 mln). Quest’ultima evidenzia infatti che nella precedente quantificazione gli immobili di proprietà dei comuni sono stati considerati nella base imponibile del gettito da ripartire a metà tra Stato e comuni, benché si tratti di cespiti per i quali i soggetti incisi dal tributo sono i comuni medesimi, che non sembrano poter percepire a tale titolo alcun maggior gettito essendo essi stessi per quei cespiti soggetti passivi di imposta. L’aver considerato nella base imponibile dell’IMU i predetti immobili, precedentemente esclusi dall’ICI, fa sì che risulti incrementata anche la complessiva base imponibile del tributo, inclusa la quota di spettanza dei comuni (che questi ultimi versano a sé stessi, senza generare risorse aggiuntive). Tale sovrastima del gettito IMU di spettanza dei comuni potrebbe essersi riflessa nella misura del taglio del Fondo sperimentale di riequilibrio, previsto dal comma 17 del citato articolo 13 al fine di sottrarre ai comuni il gettito eccedentario rispetto all’ICI. Sul punto appare opportuno acquisire la valutazione del Governo.

Nulla da osservare, limitatamente ai profili di quantificazione, con riferimento al testo originario del comma 5 - riprodotto nella lettera i) del nuovo comma 5) - inerente il ripristino, in favore dei comuni delle RSS, del rimborso della minore imposta percepita in relazione all'esclusione dall'ICI dell'abitazione principale: si tratta infatti di disposizione finalizzata a consentire l’erogazione di trasferimenti agli enti locali delle RSS per i quali risultano già appostate in bilancio le corrispondenti somme.

A seguito dell’assoggettamento ad IMU della prima abitazione, sono comunque mantenuti trasferimenti compensativi della minore ICI per esenzione prima casa, che vengono erogati sia ai comuni delle regioni a statuto ordinario (nell’ambito del fondo perequativo), sia a quelli delle regioni a statuto speciale (mediante apposito trasferimento, ripristinato dalla norma in esame).

Si segnala in proposito che la normativa attuale prevede trasferimenti sia dallo Stato verso i comuni (tra cui rientra la posta in questione, compensativa della vecchia ICI sulla prima casa), sia dai comuni verso lo Stato (tra cui la compartecipazione erariale all’IMU, prevista dal comma 11 dell’art 13 del DL 201/2011, e il prelievo compensativo del maggior gettito IMU di spettanza comunale, di cui al comma 17 del citato articolo 13[45]). Attualmente la normativa vigente non prevede un’unica sede di compensazione, che assorba gli effetti della legislazione pregressa relativa all’ICI, non più esistente, e delle relative esenzioni, non più operanti a seguito delle modifiche introdotte alla disciplina dell’IMU.

Con riferimento alle restanti disposizioni che modificano il gettito IMU di spettanza dei comuni, in relazione alle quali il prospetto riepilogativo considera un effetto compensativo a valere sul Fondo sperimentale di riequilibrio, andrebbe chiarito se tale compensazione possa essere automaticamente operata in assenza un’esplicita previsione normativa autorizzatoria e in presenza, peraltro, di una norma (art. 4, comma 5-sexies) che esplicitamente quantifica la riduzione da operare al Fondo in un importo che non considera le variazioni derivanti dalle norme in questione.

Sembra quindi che tali variazioni possano essere operate unicamente in sede di verifica ex post della congruità della riduzione prevista dall’art. 13, comma 17, del DL 207/2011 (come modificata dal citato art. 4, comma 5-sexies del provvedimento in esame), al fine di garantire l’invarianza di gettito per i comuni nel passaggio dall’ICI all’IMU.

A tale proposito andrebbe chiarito a quale momento andrà riferita la verifica ex post della congruità del taglio predetto, mirante a confrontare il gettito complessivo ICI con quello IMU di spettanza comunale[46] al fine di garantire l’invarianza di gettito per i comuni, e in particolare se essa dovrà:

-          essere riferita al momento dell’introduzione dell’IMU;

-          tenere conto delle singole variazioni normative succedutesi nel primo esercizio di applicazione del tributo (2011);

-          tenere conto anche delle modifiche apportate negli anni successivi, cristallizzando di fatto nel tempo il gettito IMU di spettanza comunale in misura pari al gettito ICI antecedente la soppressione del tributo.

 

 

Articolo 4, comma 5-bis (Regime di esenzione fiscale per i  terreni agricoli montani)

La norma, introdotta dal Senato, dispone che con decreto di natura non regolamentare possano essere individuati i comuni nei quali si applica l’esenzione di cui all’articolo 7, comma 1, lettera h), del D. Lgs. 504/1992. Tale ultima disposizione prevede il regime di esenzione - stabilito ai fini ICI - per i terreni  agricoli  ricadenti  in  aree  montane  o  di  collina delimitate ai sensi dell'articolo 15 della legge n. 984 del 1977.

L'articolo 15 richiamato ha previsto la valorizzazione produttiva dei terreni collinari e montani mediante interventi volti a realizzare il riordino agrario e fondiario, l’incremento delle produzioni, anche per uso zootecnico, e lo sviluppo di forme cooperative per l’assegnazione dei terreni incolti.

Ai sensi della norma in esame, la predetta esenzione si applica sulla base dell’altitudine riportata nell’elenco dei comuni italiani predisposto dall’ISTAT nonché, eventualmente, anche sulla base della redditività dei terreni. 

In materia di IMU sui terreni agricoli, si segnala che il comma 5, lettera d), dell’articolo in esame (come modificato dal Senato) prevede l’emanazione di un DPCM entro il 10/12/2012 con il quale possono essere modificate le aliquote IMU al fine di assicurare che il gettito complessivo non superi per l’anno 2012 gli ammontari previsti per i fabbricati rurali ad uso strumentale e per i terreni.

Nel corso dell’esame del provvedimento presso il Senato, è stata consegnata dal Governo[47] una documentazione relativa al carico fiscale su terreni e fabbricati rurali dalla quale risulta che il gettito IMU stimato in relazione ai fabbricati rurali strumentali è pari complessivamente a 135 milioni di euro annui e quello dei terreni è pari a 406,6 milioni di euro.

 

Il prospetto riepilogativo non considera la norma.

 

La relazione tecnica indica il riferimento normativo in esame (articolo 4, comma 5-bis) nel titolo del paragrafo nel quale vengono valutati gli effetti recati dall’articolo 4, comma 1-bis, lettera a) (agevolazioni IMU per i fabbricati rurali strumentali). Sia la parte descrittiva della RT sia il prospetto in cui sono riportati gli effetti fanno riferimento a norme di esenzione su fabbricati rurali strumentali.

 

In merito ai profili di quantificazione  appaiono necessari alcuni chiarimenti circa la portata applicativa della norma, nonché in merito alla valutazione degli effetti finanziari.

Sotto il primo profilo,  si segnala che il testo non indica l’imposta rispetto alla quale viene disposto il regime di esenzione. Andrebbe pertanto precisato se, come sembrerebbe evincersi dalla relazione tecnica, la disposizione sia diretta ad introdurre un beneficio ai fini IMU.

In merito agli effetti finanziari, non appare chiaro se e in quale misura la relazione tecnica abbia considerato gli effetti di minor gettito. Ciò in quanto la RT, nella parte descrittiva, si riferisce alle modifiche alla disciplina IMU e, tra queste, al regime di esenzione per i fabbricati rurali montani. Gli effetti finanziari, peraltro, sono attribuiti a: “Tassazione dei fabbricati strumentali: esenzione comuni montani o parzialmente montani di cui all’elenco ISTAT”. Ciò è confermato anche dal prospetto riepilogativo, che - oltre ad ascrivere effetti al solo articolo 4, comma 1 bis - attribuisce l’intero effetto di minor gettito, ai fini del fabbisogno e dell’indebitamento, ai soli comuni. Ciò risulta coerente con il beneficio IMU in favore dei fabbricati rurali disposto dal richiamato comma 1-bis: infatti, la quota del 50% del maggior gettito IMU da attribuire allo Stato deve essere al netto del gettito IMU per le abitazioni principali e per i fabbricati rurali. Viceversa, un eventuale minor gettito relativo ai terreni agricoli inciderebbe, per il 50%, sul gettito statale.

Sugli aspetti richiamati appare necessario acquisire chiarimenti dal Governo.

Infine, riguardo al testo della norma, si segnala che la disposizione - rinviando ad un successivo decreto la definizione dell’ambito territoriale al quale applicare l’agevolazione fiscale - non prevede alcuna copertura finanziaria del minor gettito e non consente una verifica degli effetti finanziari  recati dal decreto stesso.  

 

Articolo 4, comma 5-quater (Imposte sui redditi: immobili di interesse storico ed artistico)

La norma, introdotta nel corso dell’iter presso il Senato, interviene sulla disciplina fiscale prevista per gli immobili di interesse storico ed artistico.

In particolare, viene abrogato il comma 2 dell’articolo 11 della legge n. 413 del 1991 ai sensi del quale il reddito degli immobili riconosciuti di interesse storico o artistico[48] è determinato mediante l'applicazione della minore tra le tariffe d'estimo previste per le abitazioni della zona censuaria nella quale è collocato il fabbricato.

 

Il prospetto riepilogativo allegato al maxiemendamento ascrive alla norma effetti finanziari. Poiché tali effetti sono considerati insieme ad altre disposizioni concernenti il regime fiscale degli immobili riconosciuti di interesse storico ed artistico, si rinvia alla scheda relativa ai commi 5-septies e 5-opties dell’articolo in esame.

 

La relazione tecnica considera la norma e quantifica gli effetti finanziari nella sezione relativa anche alle norme contenute nei commi 5-septies e 5-opties dell’articolo in esame. Si rinvia, pertanto alla relativa scheda, per gli opportuni approfondimenti.

 

In merito ai profili di quantificazione, si rinvia alla scheda relativa all’articolo 5, commi 5-septies e 5-octies.

Articolo 4, comma 5-quinquies (Proroga entrata in vigore riduzione agevolazioni per cooperative)

Normativa vigente L’art. 2, commi da 36-bis a 36-ter, del D.L. n. 138/2011 hanno disposto la riduzione dei benefici fiscali a vantaggio delle società cooperative relativamente alle somme destinate alla riserva minima obbligatoria e alle riserve indivisibili[49]. L’entrata in vigore della nuova disciplina (36-quater) è fissata al periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data della legge 14 settembre 2011, n. 148 (di conversione del richiamato decreto legge). In sostanza, per le società con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare, la disposizione decorre dal 2012.

La relazione tecnica allegata al provvedimento ha stimato distintamente gli effetti dei singoli commi:

- il comma 36-bis incrementa del 10% la quota imponibile di utili netti destinati a riserve indivisibili delle cooperative di consumo e delle altre cooperative, ad eccezione di quelle agricole e della piccola pesca. Ai fini della quantificazione è stata applicata l’aliquota IRES (27,5%) al 10% degli utili rilevati dalle dichiarazioni UNICO2010 pari a 1.151 mln. Il maggior gettito in competenza è stato dunque stimato in: 1.151x10%x27,5%= 31,6 mln;

- il comma 36-ter assoggetta ad imposta il 10% gli utili netti annuali destinati alla riserva obbligatoria. Ai fini della quantificazione è stata applicata l’aliquota IRES (27,5%) al 10% degli utili netti destinati a riserva obbligatoria rilevati dalle dichiarazioni UNICO 2010 pari a 1.097 mln. Il maggior gettito in competenza è stato dunque stimato in: 1.097x10%x27,5%=30,1 mln.

Pertanto, in termini di cassa risultano ascritti i seguenti effetti finanziari di maggior gettito:

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2012

2013

2014

2012

2013

2014

2012

2013

2014

Comma 12-bis

23,7

31,6

31,6

23,7

31,6

31,6

23,7

31,6

31,6

Comma 12-ter

22,5

30,1

30,1

22,5

30,1

30,1

22,5

30,1

30,1

 

La norma, introdotta nel corso dell’iter presso il Senato, stabilisce che la riduzione delle agevolazioni fissata, con decorrenza 2012, dal DL n. 138/2011 si applichi con decorrenza 2013 per le Banche di credito cooperativo.

 

Il prospetto riepilogativo allegato al maxiemendamento ascrive alla norma i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2012

2013

2014

2012

2013

2014

2012

2013

2014

Minori entrate

20

0

0

20

0

0

20

0

0

 

La relazione tecnica afferma che, in sostanza, la norma esclude le Banche di Credito Cooperativo dalla tassazione (intesa come esclusione dalla esenzione) del 10% dell’utile annuale destinato a riserva minima obbligatoria per il 2012.

In merito alle stime di gettito la RT evidenzia che la normativa proposta è suscettibile di produrre effetti negativi in termini di gettito per l’Erario di competenza 2012.

Sulla base delle dichiarazioni UNICO2010 società di capitali, l’utile delle BCC risulta di circa 1.036 mln di euro. Poiché la quota di utile annuale destinato a riserva minima obbligatoria per le BCC è pari al 70%, ne consegue una perdita di gettito netta annua IRES di circa: 1.036 x 70% x 10% x 27,5% = 20 milioni di euro.

In termini di cassa, si ipotizza prudenzialmente un effetto già in sede di acconto e applicando una percentuale di acconto del 100% in considerazione della maggiore redditività dei soggetti interessati si ha un effetto di minor gettito IRES pari a 20 milioni nel 2012.

 

In merito ai profili di quantificazione, si osserva che, sulla base di quanto indicato nella relazione tecnica, non appare quantificato il minor gettito derivante dal differimento al 2013 delle disposizioni contenute nel richiamato comma 36-ter. Infatti, la relazione tecnica si limita a riproporre la quantificazione effettuata nella norma originaria in relazione al comma 36-bis. Sul punto appare necessario l’avviso del Governo.

Inoltre, in merito al profilo di cassa, la relazione tecnica non considera gli effetti conseguenti al minor gettito versato in termini di acconto per le imposte nel 2013 (metodo storico) che saranno recuperate a saldo nel 2014.

 

 

Articolo 4, comma 5-sexies (Riduzione del Fondo sperimentale di riequilibrio)

La norma prevede una riduzione, di importo pari a 251,1 mln per il 2012 e 180 mln a decorrere dal 2013, del Fondo sperimentale di riequilibrio per i comuni, specificando che si tratta di un incremento della riduzione prevista dall’art. 13, comma 17 del DL n. 201/2011. Il riparto della riduzione tra i comuni sarà operato in proporzione alla distribuzione territoriale dell’imposta municipale propria.

La riduzione del Fondo sperimentale di riequilibrio per i comuni di cui al citato articolo 13, comma 17, è prevista al fine di sterilizzare per i comuni il passaggio dall’ICI all’IMU, sottraendo loro la parte del secondo tributo di loro spettanza risultante eccedentaria rispetto al gettito ICI.

La riduzione del Fondo sperimentale di riequilibrio per i comuni prevista dalla norma è invece posta a copertura degli effetti di numerose modifiche apportate nel corso dell’esame al Senato al provvedimento in esame, solo in parte riguardanti il comparto degli enti locali.

 

Il prospetto riepilogativo ascrive alla norma i seguenti effetti:

 

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2012

2013

2014

2012

2013

2014

2012

2013

2014

Minori spese correnti

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fondo sperimentale di riequilibrio

251,1

180

180

251,1

180

180

251,1

180

180

 

 

La relazione tecnica si limita a riproporre il contenuto della disposizione.

 

 

In merito ai profili di quantificazione, si osserva in via preliminare che l’utilizzo del Fondo perequativo dei comuni per finalità di copertura può presentare profili problematici, sui quali è opportuno acquisire dei chiarimenti dal Governo. Le risorse del predetto Fondo devono infatti far fronte all’esigenza di garantire, in ogni caso, il finanziamento sull’intero territorio nazionale delle funzioni fondamentali degli enti locali. Qualora esse, a seguito dell’utilizzo del predetto Fondo per finalità di copertura di altre disposizioni, si rivelassero insufficienti rispetto a tale finalità, potrebbero emergere maggiori oneri per l’Erario, chiamato in ogni caso a garantire su tutto il territorio nazionale il pieno finanziamento delle predette funzioni. Ne consegue quindi la necessità di escludere, anche nel caso in esame, la predetta eventualità.

Con riferimento alla specifica modalità con cui la norma in esame dispone la riduzione del Fondo, ovvero mediante un incremento della riduzione già operata dall’art. 13, comma 17, del DL n. 201/2011, si osserva che tale modalità presenta profili di criticità che potrebbero vanificare, a consuntivo, l’ulteriore taglio operato. La riduzione del citato art. 13, comma 17, è infatti specificamente finalizzata a sterilizzare per i comuni il passaggio dall’ICI all’IMU, sottraendo loro il maggior gettito del nuovo tributo rispetto al precedente. Tale riduzione, operata in sede di previsione, sarà oggetto di rettifica a consuntivo in caso di scostamento del gettito effettivo rispetto alle previsioni. L’incremento di tale riduzione, operato dalla norma in esame, potrà quindi a sua volta essere rettificato in sede di consuntivo qualora a tale ulteriore riduzione non corrisponda un equivalente aumento del gettito IMU dei comuni.

Si segnala in proposito che le modifiche apportate al Senato al provvedimento in esame riguardanti il gettito IMU, cui conseguono riduzioni del Fondo sperimentale di riequilibrio, sono altrove separatamente quantificate e non concorrono pertanto a determinare la riduzione del Fondo prevista dalla norma in esame. Quest’ultima non presenta quindi alcuna correlazione apparente con l’andamento del gettito IMU. Fa eccezione unicamente la norma [(art. 4, comma 5, lettere f) e g)] riguardante l’esclusione della riserva erariale IMU sugli immobili di proprietà dei comuni e su quelli ex IACP e delle cooperative a proprietà indivisa. Tale norma, peraltro, sembrerebbe non determinare un maggior gettito IMU di spettanza comunale computabile nell’ambito della verifica della congruità del taglio del Fondo di cui al citato art. 13, comma 17 [50].

 

Articolo 4, commi 5-septies e 5-octies (Agevolazioni ai fini delle imposte sui redditi degli immobili di interesse storico ed artistico)

 

La norma, introdotta nel corso dell’esame presso il Senato, interviene sulla disciplina fiscale relativa agli immobili riconosciuti di interesse storico ed artistico ai sensi dell’art. 10 del d.lgs. n. 42 del 2004 stabilendo che il reddito imponibile ai fini IRES e IRPEF e relative addizionali delle persone fisiche e ai fini IRES per gli enti non commerciali si determina:

- se gli immobili sono locati, applicando la riduzione forfetaria del 25% sui canoni di locazione (comma 5-septies, lettera a)). Tale reddito rileva ai fini delle imposte dirette se risulta maggiore del reddito medio ordinario (comma 5-septies, lettera b) n. 2 e lettera c) n. 2);

- se gli immobili non sono locati, riducendo al 50% il reddito determinato sulla base della rendita catastale e, per gli immobili tenuti a disposizione, non applicando l’incremento di 1/3 (comma 5-septies, lettera b) n. 1 e lettera c) n. 1).

Si segnala che il comma 5-quater dell’articolo in esame ha abrogato il comma 2 dell’art. 11 della legge n. 431/1991, ai sensi del quale il reddito degli immobili riconosciuti di interesse storico o artistico è determinato mediante l'applicazione della minore tra le tariffe d'estimo previste per le abitazioni della zona censuaria nella quale è collocato il fabbricato.

La decorrenza delle disposizioni è fissata al periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2011, ossia al 2012 per i soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare (comma 5-octies)

 

Il prospetto riepilogativo ascrive alla norma i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2012

2013

2014

2012

2013

2014

2012

2013

2014

Maggiori entrate

 

 

 

 

 

 

 

 

 

IRPEF/IRES/cedolare

54,4

55

55

54,4

55

55

54,4

55

55

Add.le reg.le IRPEF

 

 

 

0

0,4

0,4

0

0,4

0,4

Add.le com.le IRPEF

 

 

 

0

0,1

0,1

0

0,1

0,1

Minori spese correnti

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Add.le reg.le IRPEF

0

0,4

0,4

 

 

 

 

 

 

Add.le com.le IRPEF

0

0,1

0,1

 

 

 

 

 

 

 

 

La relazione tecnica utilizza, ai fini della quantificazione dei benefici IRPEF/IRES in esame, le medesime informazioni e i medesimi presupposti indicati per i benefici ai fini IMU sugli immobili di interesse storico ed artistico disciplinati dall’articolo 4, comma 5, lettera b) del provvedimento in esame.

Pertanto, sono stati considerati immobili di interesse storico o artistico tutti quelli iscritti nelle categorie A9, A11, B6 e B7 nonché l’1% di quelli iscritti nelle categorie A1, A8, A10, B4, D3 e D8.

Inoltre, sulla base dei dati di Fiscalità Immobiliare per l’anno 2009, la rendita catastale rivalutata del 5% dei suddetti immobili risulta pari a circa 18,1 milioni per le persone fisiche e 77,3 milioni per le persone giuridiche.

La relazione stima che il maggior gettito sia riconducibile essenzialmente agli immobili locati.

Persone fisiche – Si ipotizza che gli immobili interessati siano utilizzati per 1/3 come abitazione principale, 1/3 a disposizione e 1/3 locati. Inoltre, da analisi condotte sui dati contenuti nella pubblicazione “Gli immobili in Italia” relativi al 2009, risulta che il canone dichiarato ai fini IRPEF risulta pari a circa 8 volte la rendita catastale dell’immobile. Considerando un valore di 11 (in luogo di 8) e l’abbattimento forfetario del 25% per i redditi da locazione, l’ammontare complessivo del reddito da locazione risulta pari a:

                   (18,1mln x 1/3) x 11 volte x (1-25%) = 49,8 milioni.

Dal predetto valore deve essere detratto l’imponibile IRPEF già dichiarato per i suddetti immobili e che viene stimato in misura pari a 1/3 della rendita catastale. Il valore da detrarre (in quanto già scontato a legislazione vigente) risulta quindi pari a: (18,1mln x 1/3) x 1/3 = 2 mln e il maggiore imponibile IRPEF risulta pari a 47,8 milioni.

Si ipotizza ancora che il 50% delle locazioni sia tassato mediante applicazione della cedolare secca ad aliquota 21% e che il restante 50% sia assoggettato ad aliquota marginale IRPEF media del 40%. Il complessivo maggior gettito, per IRPEF e cedolare secca, ammonta quindi a:

47,8mln x 50% x 21% + 47,8mln x 50% x 40% = 14,6 mln

Viene, inoltre, stimato un maggior gettito per addizionali IRPEF pari a 0,4 milioni (addizionale regionale) e 0,1 milioni (addizionale comunale).

Persone giuridiche – si ipotizza che il 50% della rendita sia relativo ad immobili strumentali, il 30% sia locato e che il 20% abbia altri utilizzi. Utilizzando la stessa procedura applicata per le persone fisiche, ed ipotizzando un’aliquota IRES pari al 22% si ottiene un maggior gettito IRES pari a:

[(77,3mlnx30%) x 11 volte x (1-25%) – (77,3mlnx30%) x 1/3 ]x 22%=40,4 mln

 

Considerando l’entrata in vigore della disposizione nel 2012 e un acconto d’imposte pari al 99% gli effetti riferibili alla lettera b) sono i seguenti:

 

(in milioni di euro)

Maggiori entrate

2012

2013

2014

IRPEF/IRES/Cedolare

+54,4

+55

+55

Addizionale regionale

0

+0,4

+0,4

Addizionale comunale

0

+0,1

+0,1

TOTALE

+54,4

+55,5

+55,5

 

 

In merito ai profili di quantificazione si rilevano le seguenti osservazioni in merito alle quali appare opportuno l’avviso del Governo:

-        la relazione tecnica quantifica i soli effetti dovuti all’incremento della base imponibile in caso di locazione, mentre non valuta gli effetti finanziari recati dalla modifica della disciplina per gli immobili tenuti a disposizione, per i quali la base imponibile – precedentemente determinata in base al minor valore catastale attribuito ai fabbricati nella zona in cui è ubicato l’immobile – si determina riducendo del 50% il valore catastale riconosciuto e non subisce l’incremento di 1/3 previsto per gli immobili a disposizione;

-        andrebbero fornite maggiori indicazioni circa la distribuzione ipotizzata tra immobili locati e altri utilizzi, tenuto anche conto che viene stimato esclusivamente il maggior gettito per i redditi da locazioni;

-        circa gli ulteriori parametri, si segnala che appaiono poco prudenziali sia l’aliquota marginale media IRPEF utilizzata (40%) sia il moltiplicatore applicato tra il reddito catastale e il valore delle locazioni. Rispetto a quest’ultimo, infatti, la relazione tecnica utilizza il valore 11 dopo aver indicato che dalle fonti informative risulta che l’ammontare delle locazioni a livello nazionale di tutti gli immobili è mediamente 8 volte il valore catastale;

-        non appare altresì prudenziale l’ipotesi adottata in base alla quale la metà dei locatori non opti per la cedolare secca, scegliendo – pertanto – di corrispondere un’imposta marginale IRPEF del 40%. Con riferimento ai soggetti optanti per la cedolare secca, inoltre, è stata considerata la sola aliquota del 21% senza considerare l’ulteriore aliquota del 19%;

-        la misura dell’acconto IRPEF (99%) non appare in linea con le ipotesi normalmente utilizzate nella valutazione degli effetti finanziari né sembrerebbe supportata da possibili comportamenti di convenienza da parte dei contribuenti. Infatti, la valutazione di un acconto pari al 99% è basata sul presupposto per cui il contribuente, pur avendo la possibilità di versare un minore acconto applicando il metodo storico, scelga di versare tutto il maggiore acconto IRPEF determinato applicando il metodo presuntivo.

Si segnala, infine, che la norma andrebbe coordinata con la disciplina sul federalismo fiscale, in quanto le disposizioni determinano effetti ai fini delle addizionali IRPEF.

Articolo 4, comma 6 (Disciplina 2012 dei trasferimenti non fiscalizzati in favore degli enti locali)

La norma permette al Ministero dell'interno di erogare agli enti locali, per l'anno 2012, i trasferimenti erariali ancora dovuti.

 

Il prospetto riepilogativo non considera la norma.

 

La relazione tecnica, riferita al testo originario, afferma la neutralità della norma che consente di corrispondere agli enti locali che ne hanno diritto, nell'anno 2012, i trasferimenti erariali ancora dovuti. Viene esplicitato che le disposizioni sono state introdotte in quanto l'attuale sistema di federalismo fiscale riguarda solo le province ed i comuni delle regioni a statuto ordinario e che gli enti locali delle RSS (e quelli delle RSO in via residuale) sono ancora beneficiarie di contributi erariali.

 

In merito ai profili di quantificazione nulla da osservare, trattandosi di disposizioni finalizzate a disciplinare l’erogazione di trasferimenti agli enti locali per i quali risultano già appostate in bilancio le corrispondenti somme.

 

Articolo 4, commi 7-9 (Acconto risorse dovute ai Comuni da parte del Ministero dell'interno e sanzioni a carico degli enti locali strutturalmente deficitari)

Le norme dispongono che, entro il mese di marzo 2012, sia corrisposto ai comuni, a titolo di acconto, il 70 per cento di quanto corrisposto nel mese di marzo 2011. Per i comuni delle regioni Sicilia e Sardegna l'acconto è commisurato ai trasferimenti erariali corrisposti nel primo trimestre 2011. Le somme erogate a titolo di acconto sono portate in detrazione da quanto spettante per il 2012 ai singoli comuni, a titolo di trasferimento erariale o di risorse da federalismo fiscale, e, in caso di loro insufficienza, il recupero è effettuato, da parte dell'Agenzia delle entrate, all'atto del riversamento ai comuni dell'IMU.

Il comma 9, nel sostituire il comma 5 dell'articolo 243 del decreto legislativo n. 267 del 2000 (TUEL), modifica le modalità di calcolo della sanzione a carico di province e comuni strutturalmente deficitari che non rispettano le prescrizioni previste a loro carico. Per effetto della modifica la sanzione applicata è pari all'1 per cento delle entrate correnti risultanti dal certificato di bilancio e non più all'1 per cento del contributo ordinario spettante per l'anno per il quale si è verificata l'inadempienza.

 

Il prospetto riepilogativo non considera la norma.

 

La relazione tecnica afferma che il comma 7 non ha effetti negativi per la finanza pubblica, in quanto esclusivamente finalizzato a prevedere un acconto in favore dei comuni delle spettanze che dovranno comunque essere riconosciute agli stessi enti nell'anno 2012 e che il Ministero dell'interno non è ancora legittimato ad erogare in attesa del perfezionamento dei decreti relativi al federalismo municipale.

Parimenti, il comma 9 non ha effetti finanziari negativi per la finanza pubblica, in quanto volto a rendere più efficace la sanzione a carico di province e comuni strutturalmente deficitari che non rispettano le prescrizioni previste a loro carico dall'articolo 243 del TUEL.

 

La relazione illustrativa relativamente ai commi 7 e 8 aggiunge che l'acconto è finalizzato ad evitare il ricorso da parte dei Comuni ad onerose anticipazioni di tesoreria, che potrebbero rendersi necessarie a seguito di carenze di liquidità, per effetto dei tempi non brevi necessari per l'attuazione delle norme in materia di federalismo municipale per l'anno 2012.

 

In merito ai profili finanziari, non si hanno rilievi da formulare.

 

Articolo 4, commi 10 e 11 (Soppressione dell’addizionale sull’energia elettrica nelle RSS)

Le norme dispongono:

- al comma 10 che, a decorrere dal 1° aprile 2012, vengano soppresse le addizionali provinciale e comunale all'accisa sull'energia elettrica, ancora in vigore nelle Regioni a statuto speciale. Il minor gettito per gli enti locali derivante dalla norma in esame, pari a 180 mln per il 2012 e 239 mln a decorrere dal 2013, è reintegrato agli enti stessi dalle rispettive RSS e province autonome, con le risorse recuperate per effetto del minor conrcorso delle stesse alla finanza pubblica ai sensi del successivo comma 11;

- al comma 11 che il concorso alla finanza pubblica delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano è ridotto di 180 mln per l'anno 2012 e 239 mln annui a decorrere dall'anno 2013.

 

Il prospetto riepilogativo ascrive alla norma i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2012

2013

2014

2012

2013

2014

2012

2013

2014

Maggiori spese correnti

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Riduzione concorso RSS al Patto di stab. Int.

180

239

239

 

 

 

 

 

 

Minori entrate

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Soppressione nelle RSS dell’addiz. accisa energia elettrica

 

 

 

180

239

239

180

239

239

 

La relazione tecnica afferma che le disposizioni comportano un effetto negativo complessivo di 239 mln su base annua e di 180 mln per il 2012 (considerando che la previsione normativa in esame decorre dal 1° aprile dell'anno in corso); viene inoltre specificato che, dall'analisi dei dati dei consumi dei kwh di energia elettrica sottostante la previsione di entrata 2011, è stimabile una perdita di circa 76 mln annui riferita all'addizionale comunale e di circa 163 mln annui con riferimento alla soppressione di quella provinciale.

 

In merito ai profili finanziari si osserva che la norma in esame appare finalizzata a correggere quanto erroneamente disposto dall’art. 35, commi 4 e 5, del DL n. 1/2012.

Tali disposizioni avevano incrementato la manovra di finanza pubblica a carico dei territori delle regioni a statuto speciale in ragione del presunto aumento di risorse a disposizione degli stessi territori conseguente all’incremento dell’accisa erariale sull’energia elettrica, operato da due DM del 30 dicembre 2011, il cui gettito, sulla base degli statuti speciali, è di spettanza dei territori delle regioni stesse.

In sede di verifica degli effetti del citato art 35 si era osservato che, in considerazione dell’aumento dell’accisa erariale, alcune RSS e province autonome avevano spontaneamente soppresso le addizionali locali sull’accisa (analogamente a quanto obbligatoriamente previsto per gli enti locali delle RSO dai D.Lgs. n. 23 e 68 del 2011, attuativi del federalismo fiscale), per cui non si verificava il presunto aumento di risorse, presupposto alla base della richiesta di un aumento del concorso dei territori delle RSS alla manovra di finanza pubblica. Si segnalava inoltre che nelle RSS che non avessero spontaneamente deciso di sopprimere le addizionali locali si sarebbe verificato un fenomeno di disallineamento della tassazione rispetto al restante territorio nazionale, contrariamente ai principi comunitari di uniformità territoriale della tassazione delle accise.

La norma in esame, che elimina di fatto la richiesta di aumento del concorso delle RSS alla manovra di finanza pubblica precedentemente formulata dal citato DL n. 1/2012 (salvo un residuo corrispondente al primo trimestre 2012) e prevede la soppressione delle addizionali locali nelle RSS in cui esse risultino ancora in vigore, appare prendere atto delle due problematiche sopra evidenziate.

Con riferimento all’esercizio 2012 - per il quale dal confronto tra l’aumento della manovra richiesto alle RSS dal citato DL n. 1/2012 (239 mln) e la riduzione operata dalla norma in esame (180 mln) residua un aumento netto della manovra a carico delle RSS di 59 mln, pari ad un quarto dell’importo inizialmente richiesto - si osserva che, come già segnalato, in alcuni territori a statuto speciale (cfr. in particolare le province autonome di Trento e Bolzano) non si è verificato un aumento della tassazione sull’energia elettrica nemmeno nel primo trimestre dell’anno in corso. Non sembra quindi sussistere il presupposto per un aumento, sia pure in via transitoria, del loro concorso alla manovra. Andrebbe pertanto chiarito se l’ammontare dell’aumento non debba essere parametrato con riferimento ai soli territori che hanno effettivamente conseguito un maggior gettito, con conseguente necessità di incrementare l’importo della riduzione compensativa della manovra per il 2012, quantificato in 180 mln dalla norma in esame.

 

Articolo 4, comma 12  (Procedura per il rimborso della quota IRAP riferita al costo del lavoro)

 

Normativa vigente L’articolo 6 del decreto legge n. 185 del 2008 ha introdotto una deduzione forfetaria, ai fini IRES/IRPEF con decorrenza 2008, del 10% dell’IRAP calcolata sul costo del lavoro e sugli interessi non dedotti ai fini di tale ultima imposta (comma 1). I contribuenti interessati hanno potuto presentare all’amministrazione finanziaria una istanza di rimborso, per gli anni pregressi, relativa alla deduzione ammessa ai sensi del comma 1 (comma 2). L’amministrazione procede alla corresponsione dei rimborsi medesimi nel rispetto dei limiti di spesa fissati dalla norma pari a 100 milioni di euro per l'anno 2009, 500  milioni  di euro per il 2010  e  a  400  milioni  di  euro  per  l'anno  2011.  Ai  fini dell'eventuale completamento dei rimborsi,  si  provvederà  all'integrazione delle risorse con successivi provvedimenti  legislativi (comma 4).

L’articolo 2 del decreto legge n. 201/2011 ha aumentato, con decorrenza 2012, la quota di costo del lavoro sostenuta dalle imprese deducibile ai fini IRAP (comma 1). Nel corso dell’esame del provvedimento, sono stati inseriti alcuni commi che hanno novellato il sopra richiamato articolo 6 al fine di coordinare la disciplina introdotta con quella contenuta nel decreto legge n. 185 del 2008. I commi introdotti dispongono che la novella all’articolo 6 decorre dal periodo d’imposta 2012 (commi 1-bis e 1-ter).

La relazione tecnica allegata al DL 201/2011 ha quantificato l’onere a decorrere dal 2012 e non ha considerato, in linea con il dettato normativo, i rimborsi per gli anni pregressi.

 

La norma introducendo il comma 1-quater all’articolo 2 del decreto legge n. 201 del 2011, stabilisce che - in relazione all’agevolazione introdotta dal comma 1 (maggiore deducibilità del costo del lavoro ai fini IRAP) e tenuto conto di quanto previsto dai commi da 2 a 4 dell’articolo 6 del D.L. n. 185/2008 (istanze di rimborso per anni pregressi, da erogare entro i limiti di spesa fissati) – dovrà essere emanato un provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate per stabilire le modalità di presentazione delle istanze di rimborso relative ai periodi d’imposta precedenti al 2012.  Le annualità interessate dalla disposizione sono quelle relative ai periodi d’imposta precedenti quello in corso al 31 dicembre 2012 per i quali non siano decaduti i termini per la richiesta del rimborso medesimo[51].

 

Il prospetto riepilogativo non considera la norma.

 

La relazione tecnica afferma che la norma intende affidare a un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate la definizione delle modalità di presentazione delle istanze di rimborso IRAP relative ai periodi d’imposta precedenti il 2012. Si stima che la disposizione non determini maggiori oneri per il bilancio dello Stato consentendo, altresì, di perseguire importanti benefici in termini di efficienza e razionalizzazione delle modalità di effettuazione dei rimborsi.

 

La Nota del Ministero dell’economia del 19 marzo 2012[52] chiarisce che la della disposizione è finalizzata a determinare una razionalizzazione dei rimborsi in questione e pertanto il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate sarà predisposto in maniera tale da confermare l’assenza di oneri per il Bilancio dello Stato.

 

In merito ai profili di quantificazione si osserva che le procedure disciplinate dalla norma in esame sembrano estendere la disciplina più favorevole ai rimborsi IRAP per anni pregressi. Andrebbe pertanto acquisita una stima circa i maggiori oneri relativi ai rimborsi che i contribuenti potrebbero chiedere avvalendosi della disciplina più favorevole.

Si ricorda infatti che:

- l’articolo 6 del D.L. 185/2008 ha introdotto una deduzione ai fini IRES/IRAP con decorrenza 2008 (comma 1) disciplinando anche i rimborsi per gli anni pregressi, da effettuare entro i limiti di spesa fissati (commi da 2 a 4). In merito ai profili finanziari, gli effetti ascritti riguardavano sia il minor gettito IRES/IRPEF – con decorrenza 2009 -  sia le maggiori spese per i rimborsi (con copertura finanziaria per gli anni 2009, 2010 e 2011) da effettuare entro i limiti di spesa fissati dalla norma;

- l’articolo 2 del D.L. 201/2011 ha introdotto una deduzione IRAP stabilendo espressamente che essa rileva a decorrere dal 2012. In merito ai profili finanziari, gli effetti ascritti riguardano esclusivamente il minor gettito tributario dovuto dalla maggiore deducibilità ai fini IRPEF/IRES decorrente dal 2012.

Rilevato, inoltre, che le risorse di cui al D.L. 185 del 2008 sono limitate alle annualità 2009, 2010 e 2011, e che pertanto non sarebbero utilizzabili ai fini di copertura per maggiori oneri che si producano in esercizi successivi, andrebbe chiarita l’entità delle eventuali risorse ancora disponibili e se il loro utilizzo sia o meno scontato nei tendenziali di finanza pubblica relativi al 2012 e seguenti: in caso contrario, infatti, si determinerebbe un peggioramento dei saldi. Si segnala, infine, che la richiamata norma non esclude la possibilità di integrare le risorse con successivi provvedimenti legislativi per il completamento dei rimborsi ivi disciplinati.

 

Articolo 4, comma 12-bis (Modifica alle sanzioni per inadempienza del patto di stabilità interno degli enti locali)

La norma modifica il D.Lgs. n. 149/2011, relativo ai meccanismi sanzionatori e premiali relativi a regioni, province e comuni, per la parte relativa al mancato rispetto del patto da parte degli enti locali. In particolare la norma:

elimina il tetto alla misura massima della riduzione del fondo sperimentale di riequilibrio per gli enti locali delle RSO (o altre riduzioni per gli enti locali delle RSS) operabile a titolo di sanzione, rappresentato al 3 per cento delle entrate correnti registrate nell'ultimo consuntivo. Il taglio resta quindi commisurato all’intera misura della differenza tra il risultato registrato e l'obiettivo programmatico predeterminato;

prevede che il taglio predetto sia operato in tre anni, nella misura di un terzo all’anno, invece che in un’unica annualità.

 

Il prospetto riepilogativo non considera la norma.

 

 

La relazione tecnica riferita al maxiemendamentosegnala l’opportunità di modificare la norma in esame. La relazioneafferma infatti che la norma in esame è volta a ridurre, di fatto la sanzione di cui all’art. 7, comma 2, lettera a) di un terzo in ciascuno dei tre esercizi successivi all’inadempimento. Ciò fa venir meno l’effetto deterrente della sanzione in parola e può pregiudicare il rispetto degli obiettivi del patto, determinando oneri a carico della finanza pubblica.

 

 

In merito ai profili di quantificazione, pur convenendo sul minor effetto deterrente della sanzione ripartita su tre annualità, si segnala che la norma non ne riduce comunque l’ammontare complessivo, anzi ne prevede un aumento: Viene infatti rimosso il tetto massimo della sanzione stessa, rappresentato dal 3 per cento delle entrate correnti registrate nell'ultimo consuntivo. 

 

Articolo 4 bis (Disciplina fiscale dei contratti di leasing)

Normativa vigente L’articolo 54 del DPR n. 917/1986 disciplina la determinazione del reddito di lavoro autonomo. In particolare, il comma 2 stabilisce che i canoni pagati per i beni strumentali in leasing sono deducibili solo se il periodo del contratto di locazione finanziaria non è inferiore alla metà del periodo di ammortamento corrispondente al coefficiente stabilito nel predetto decreto e comunque con un minimo di otto anni e un massimo di quindici se lo stesso ha per oggetto beni immobili.

L’art. 102 del DPR n. 917/1986, nel disciplinare il reddito d’impresa ai fini IRES, stabilisce che i canoni di leasing pagati in relazione a beni strumentali sono deducibili solo se il periodo del contratto di locazione finanziaria non è inferiore ai 2/3 del periodo di ammortamento corrispondente al coefficiente stabilito nel predetto decreto e comunque con un minimo di undici anni e un massimo di diciotto se lo stesso ha per oggetto beni immobili.

In ogni caso, in presenza del requisito di deducibilità legato alla durata del contratto leasing, i canoni di locazione sono considerati ai fini fiscali in base al principio di competenza, pertanto risultano deducibili in ciascun esercizio relativi al periodo d’imposta di riferimento.

 

La norma, introdotta nel corso dell’esame presso il Senato, interviene sui criteri di deducibilità dei beni ammortizzabili acquisiti con contratto di leasing dai lavoratori autonomi e dai soggetti IRES. In particolare, modificando il comma 2 dell’art. 54 e il comma 7 dell’art. 102 del TUIR, si stabilisce che:

i canoni di leasing sono sempre deducibili – purchè siano riferiti a beni strumentali la cui natura del costo è fiscalmente deducibile - in quanto viene meno la condizione richiesta dalla precedente normativa che subordinava il riconoscimento del costo fiscale ad una specifica durata del contratto di locazione finanziaria;

si riduce il periodo temporale per la deduzione dell’onere. Infatti, si passa da una deducibilità ripartita nell’arco dell’intera durata del contratto di leasing alla fissazione di un periodo minimo (la metà del periodo di ammortamento per i lavoratori autonomi, i 2/3 del periodo di ammortamento per le imprese) entro il quale è ammessa la deduzione.

La nuova disciplina si applica ai contratti stipulati a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge in esame.

 

 

Il prospetto riepilogativo non considera la norma.

 

 

La relazione tecnica allegata al maxiemendamento afferma che la norma  prevede una riformulazione della disciplina fiscale del leasing in capo all’utilizzatore, vincolando la deduzione dei canoni al periodo di ammortamento degli stessi in luogo della durata contrattuale. L’utilizzatore, pertanto, potrà stipulare contratti con durate più brevi di quelle rapportate ai coefficienti di ammortamenti, ma la deduzione fiscale dei canoni sarà sempre legata al periodo di ammortamento che scaturisce dalla regola dei 2/3 (con l’eccezione dell’immobiliare con i due cap 11 e 18 anni).

La modifica normativa non è suscettibile di produrre effetti diretti in quanto, pur mantenendo la deducibilità secondo le regole del periodo di ammortamento non genera cambiamenti fiscali per l’utilizzatore.

Per quanto attiene ai possibili effetti positivi ascrivibili ai maggiori interessi attivi dichiarati dalle società di leasing conseguenti a scadenze più brevi, non è possibile dare una valutazione in termini di gettito, poiché il nuovo profilo temporale dei piani finanziari risulta difficilmente valutabile utilizzando dati su profili temporali attuali definiti finanziariamente in base alle regole di deducibilità fiscale ed in dipendenza, altresì delle interazioni tra domanda ed offerta. In ogni caso tali ultimi effetti non vengono valutati in via prudenziale.

Nel complesso si stima che la normativa proposta non produca sostanziali effetti di gettito.

 

 

In merito ai profili di quantificazione si osserva che la norma in esame, è suscettibile di recare effetti negativi di gettito in quanto, eliminando la condizione della durata contrattuale minima necessaria per assicurare la deducibilità dei canoni di leasing ai fini fiscali, amplia l’ambito di riconoscimento ai fini fiscali degli oneri sostenuti per i contratti leasing.

Inoltre, in base alla nuova formulazione, appaiono ridotti i tempi entro cui è possibile dedurre l’intero costo del contratto leasing. Ciò in quanto i requisiti temporali indicati (metà e 2/3 del periodo di ammortamento, rispettivamente per i lavoratori autonomi e per i soggetti IRES) rappresentavano – nella versione precedente le modifiche – il periodo minimo di durata del contratto di locazione ai fini della deducibilità dei canoni; il costo del leasing, invece, veniva ripartito nell’arco temporale interessato dalla durata del contratto. La riformulazione proposta, invece, attribuisce ai richiamati requisiti temporali il periodo minimo per la deducibilità dell’onere derivante dal contratto di leasing, indipendentemente dalla durata di quest’ultimo. Pertanto, di fatto, si determina una riduzione dell’arco temporale di deducibilità (e quindi un minore imponibile ai fini delle imposte dirette nei primi anni di applicazione) sia rispetto alla disciplina previgente sia anche rispetto al periodo ordinario di ammortamento dei medesimi beni. Sul punto appare necessario l’avviso del Governo.

 

Articolo 5, commi 2 e 3 (Versamenti tributari)

La norma anticipano il termine per il versamento dell’acconto dell’imposta di bollo virtuale (dal 30 novembre al 16 aprile di ogni anno) e dell’imposta sulle assicurazioni (dal 30 novembre al 16 maggio). In quest’ultimo caso, in conseguenza dell’anticipo del termine, l’ammontare dell’acconto è determinato in via provvisoria, salvo poi effettuare il conguaglio al momento del saldo (anno successivo).

 

Il prospetto riepilogativo non considera la norma.

 

La relazione tecnica afferma che l’ammontare degli acconti interessati dall’anticipazione del termine è pari a circa 3 miliardi per l’imposta di bollo virtuale e a circa 1,5 miliardi per l’imposta sulle assicurazioni. Pertanto, le disposizioni determinano un risparmio di interessi per il bilancio dello Stato che, prudenzialmente, non viene considerato.

 

In merito ai profili di quantificazione si segnala l’eventuale possibile utilizzo elusivo della disposizione diretto a posticipare all’anno successivo il pagamento dell’imposta dovuta, in mancanza di una specifica disciplina in merito alla determinazione in via provvisoria dell’acconto dell’imposta sulle assicurazioni.

Sul punto appare opportuno acquisire l’avviso del Governo.

 

Articolo 5, commi 4-6 (Continuità dei servizi di gestione del sistema informativo della fiscalità)

Le normeprevedono la proroga degli istituti contrattuali in essere tra la società di cui all’articolo 59 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300[53] e le Strutture dell'amministrazione finanziaria, fino al completamento dell'iter procedurale che condurrà alla stipula del nuovo atto regolativo (comma 4).

Gli importi massimali previsti dagli istituti contrattuali sono incrementati in ragione all'effettiva durata del periodo di proroga, fermo restando che i corrispettivi unitari sono rideterminati utilizzando gli strumenti di revisione previsti nel contratto in essere (comma 5).

Dalle disposizioni in esame non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica (comma 6).

 

Il prospetto riepilogativo non considera le norme.

 

La relazione tecnica non considera le norme.

 

La relazione illustrativa afferma che il rapporto tra la Sogei e le strutture dell'amministrazione finanziaria è regolato da un contratto quadro e, attualmente, è in corso l'iter procedurale finalizzato alla stipula del nuovo contratto quadro 2012-2017. Le strutture dell'amministrazione finanziaria stanno operando sulla base della proroga del contratto quadro 2006/2011, con scadenza al 29 febbraio 2012. È necessario, quindi, assicurare che, nelle more, siano resi all'amministrazione finanziaria i servizi informatici necessari ad assicurare la continuità dell'azione amministrativa e il conseguimento degli obiettivi istituzionali.

 

Al riguardo appare opportuno che il Governo chiarisca se la proroga degli istituti contrattuali prevista dalle norme in esame sia pienamente compatibile con la vigente disciplina comunitaria, concernente la tutela della concorrenza e le modalità di rinnovo dei contratti pubblici, al fine di escludere l’eventuale insorgenza di oneri connessi all’irrogazione di sanzioni da parte delle istituzioni comunitarie.

Dovrebbe, inoltre, essere chiarito se la proroga del contratto quadro 2006-2011 dia luogo ad oneri in linea con quanto scontato nei tendenziali di spesa ed allo stanziamento disposto per il rinnovo del contratto in corso.

 

Articolo 5, commi 7 e 7-bis (Contabilità delle amministrazioni pubbliche)

La norma, nel modificare il comma 2 dell'articolo 1 della legge di contabilità e finanza pubblica (legge n. 196/2009), chiarisce che per amministrazioni pubbliche ai fini della applicazione delle disposizioni in materia di finanza pubblica si intendono, per l’anno 2011,  gli enti ed i soggetti indicati nell’elenco oggetto del comunicato ISTAT del 24 luglio 2010. Per gli anni a decorrere dal 2012, la norma fa riferimento all’elenco oggetto del comunicato ISTAT del 30 settembre 2011, nonché alle Autorità indipendenti e, comunque, le amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001.

In base alla norma citata, per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300.

 

La modifica approvata dal Senato al comma 7 introduce, per gli anni a decorrere dal 2012, il riferimento ai successivi aggiornamenti dell’elenco ISTAT.

È stato inoltre introdotto il comma 7-bis che novellal’art. 4 del D.Lgs. n. 91/2011, recante disposizioni attuative dell'articolo 2 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, in materia di adeguamento ed armonizzazione dei sistemi contabili. In particolare, viene integrato il comma 3, lett. b), del predetto art. 4 , che prevede che, con uno o più regolamenti, si provveda, tra l’altro, alla revisione del D.P.R. n. 97/2003 (Regolamento concernente l'amministrazione e la contabilità degli enti pubblici di cui alla L. 20 marzo 1975, n. 70). La modifica consiste nel precisare che detta revisione è effettuata prevedendo come ambito di applicazione le amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, comma 1, lettera a) dello stesso DPR.

Quest’ultima disposizione fa riferimento all’ambito delle amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, comma 2, della legge n. 196/2009 – precisato dal comma 7 dell’articolo in esame, ad esclusione delle regioni, degli enti locali, dei loro enti ed organismi strumentali e degli enti del Servizio sanitario nazionale.

 

La relazione tecnica riferita al testo originario non considera la norma.

Nel corso dell’esame presso il Senato, in risposta alle considerazioni emerse dal dibattito, il Governo ha rappresentato che non è ipotizzabile che dalla disposizione derivi, nell’immediato, la fuoriuscita di enti dal conto economico della P.A., in quanto per l’applicazione delle disposizioni in materia di finanza pubblica a decorrere dall’anno in corso si ritiene valida la lista delle Amministrazioni Pubbliche attualmente in vigore, ossia quella diffusa dall’ISTAT in data 30 settembre 2011.

Con riferimento alle modifiche introdotte presso il Senato, la relazione tecnica riferita al maxiemendamento presentato al Senato afferma che la normativa non determina effetti finanziari negativi sui saldi di finanza pubblica, riguardando disposizioni di carattere essenzialmente ordinamentale, concernenti, rispettivamente l’identificazione delle amministrazioni pubbliche in base all’aggiornamento effettuato a cadenza annuale dall’ISTAT sulla base degli specifici regolamenti comunitari (cosiddetta lista S13) e l’ambito applicativo degli enti destinatari del regolamento da emanarsi ai sensi dell’articolo 4, comma 3, lett. b), del decreto legislativo 31 maggio 2011, n. 91, diretto alla revisione del DPR n. 97/2003.

 

La relazione illustrativa riferita all’emendamento 5.1000 afferma che le modifiche mirano a rimediare alle incoerenze del testo originario del comma 7, dell’articolo in esame, dovute al fatto che – in assenza di detta modifica - a partire dal 2012 la lista delle amministrazioni pubbliche incluse nell’elenco ISTAT e destinatarie delle disposizioni in materia di finanza pubblica rimarrebbe bloccata a quanto pubblicato a settembre 2011. Con la modifica si intendono ricondurre nell’alveo della disciplina di cui all’articolo 1, della legge 196 del 2009, anche i successivi aggiornamenti, relativi all’identificazione delle amministrazioni inserite nella lista S13 (elenco delle unità istituzionali che fanno parte del settore delle Amministrazioni Pubbliche, i cui conti concorrono alla costruzione del Conto economico consolidato delle Amministrazioni Pubbliche).

La proposta normativa di cui al comma 7-bis si propone invece di definire l’ambito applicativo degli enti destinatari del regolamento da emanarsi ai sensi dell’articolo 4, comma 3, lett. b), del decreto legislativo 31 maggio 2011, n. 91, diretto alla revisione del DPR n. 97/2003 recante “Regolamento concernente l’amministrazione e la contabilità degli enti pubblici di cui alla legge 20 marzo 1975, n. 70.”, estendendolo a tutte le amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, comma 1, lett. a) del decreto legislativo n. 91/2011.

 

Il prospetto riepilogativo non considera la norma.

 

 

Al riguardo, appare utile acquisire conferme che – come sembra d’altro canto discendere dai principi generali applicabili in materia - l’inclusione, in base al comma 7, nel novero delle pubbliche amministrazioni ai fini della’pplicazione delle disposizioni in materia di finanza pubblica di tutte le amministrazioni aventi una configurazione pubblica ai sensi del D.Lgs. n. 165/2001 (ivi compresi soggetti che attualmente potrebbero non essere ricompresi nel predetto ambito) determini conseguenze esclusivamente ai fini dell’applicazione delle norme anche in finanza pubblica senza quindi alterare il perimetro delle pubbliche amministrazioni rispetto al quale viene costruito il conto economico consolidato delle pubbliche amministrazioni.

In questo caso infatti non sembrerebbero  configurarsi effetti sui saldi di finanza pubblica.

Andrebbe inoltre verificato se implicazioni di carattere finanziario sussistano per effetto dell’applicazione, dal 2012, di disposizioni in materia di finanza pubblica a soggetti che dovessero eventualmente essere stati non considerati nel comparto della p.a. sulla base della normativa originaria. In proposito occorre acquisire chiarimenti dal Governo.

 

 

Articolo 5, comma 8 (Aggio spettante ad Equitalia SpA per la gestione del Fondo unico giustizia)

Legislazione previgente. L’articolo 2, comma 6-bis  del decreto legge n. 143/2008 stabiliva che a decorrere dal 1° aprile 2011 Equitalia Giustizia Spa nell’effettuare i versamenti dovuti al bilancio dello Stato avrebbe dovuto recuperare le proprie spese di gestione, sostenute per lo svolgimento delle attività istituzionali, applicando il principio della prededuzione, con le modalità, le condizioni e i termini stabiliti nelle convenzioni regolative dei rapporti con i competenti Ministeri.

 

Le norme stabiliscono che Equitalia giustizia SpA incasserà l’aggio ad essa spettante[54] quale remunerazione per la gestione delle risorse intestate “Fondo unico giustizia” secondo il principio della prededuzione. Con tale principio, secondo la precedente normativa, erano recuperate le sole spese di gestione del citato Fondo unico giustizia.

 

Il prospetto riepilogativo non considera le norme.

 

La relazione tecnica non prende in considerazione la norma.

 

La relazione illustrativa afferma che la disposizione colma una lacuna normativa, disciplinando le modalità di incasso dell'aggio spettante a Equitalia Giustizia S.p.A. in relazione all'utile netto conseguito nella gestione del Fondo Unico Giustizia.

La relazione illustrativa afferma che la disposizione proposta si limita a disciplinare il meccanismo di percezione del predetto aggio e non comporta né minori entrate né maggiori spese per il bilancio dello Stato.

 

Al riguardo, pur concordando che la disposizione non incrementa la misura complessiva delle entrate spettanti allo Stato, si rileva che essa appare, tuttavia, suscettibile di incidere sulla scansione temporale delle entrate stesse. Pertanto la disposizione appare priva di effetti solo se confermativa della prassi amministrativa oggi adottata per la liquidazione degli aggi a Equitalia giustizia SpA. Nel caso in cui invece l’aggio spettante ad Equitalia venisse attualmente liquidato a consuntivo, si osserva che la disposizione è suscettibile di determinare effetti, sul solo fabbisogno, con riferimento ai versamenti di importi che sarebbero comunque stati effettuati nel corso dell’anno e, su tutti i saldi di finanza pubblica, per i versamenti destinati ad essere liquidati in anni finanziari diversi. Sul punto appare, pertanto, necessario un chiarimento da parte del Governo.

 

Articolo 6, comma 1 (Competenze istituzionali dell’Agenzia del territorio)

La norma modifica l'art. 64 del D.Lgs. n. 300 del 1999 nella prospettiva di un più ampio coinvolgimento dell'Agenzia del territorio in alcune fasi delle operazioni di dismissione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico di prossima attuazione, in particolare nello svolgimento di valutazioni immobiliari e prestazioni di servizi tecnico-estimativi. Con il nuovo comma 3-bis dell'articolo 64 si chiarisce, infatti, la competenza istituzionale dell'Agenzia del territorio al fine di evitare incertezze operative precisando che alla stessa sono consentite attività di valutazione immobiliare e tecnico- estimativa e servizi estimativi a favore delle amministrazioni pubbliche. Si precisa che le Amministrazioni dello Stato e gli enti strumentali che intendano avvalersene possono farne richiesta e fruirne previa stipula di accordi (ai sensi dell'art. 15 della legge n. 241 del 1990) per i quali si dispone l'obbligo di rimborso dei costi sostenuti dall'Agenzia. E’ contestualmente soppressa la possibilità dell’Agenzia di offrire tale tipo di servizi sul mercato.

 

Il prospetto riepilogativo non considera la norma.

 

La relazione tecnica non considera la disposizione.

 

In merito ai profili finanziari, nulla da osservare.

 

Al Senato, a seguito di una richiesta di chiarimenti in merito alla platea degli "enti strumentali alle amministrazioni pubbliche", indicati quali potenziali fruitori dei servizi tecnico-estimativi, il Governo ha chiarito che non si tratta di una definizione di carattere contabilistico, ma di carattere funzionale.

 

Articolo 6, comma 2 - TARES

La norma interviene sulla disciplina TARES (tributo comunale sui rifiuti e sui servizi) istituito con decorrenza 2013 dal decreto legge n. 201 del 2011 stabilendo che, in sede di prima applicazione, l’Agenzia del territorio, sulla base degli elementi conosciuti, determina la superficie convenzionale attribuita alle unità immobiliari urbane prive di planimetria catastale. Il tributo così determinato nonché quello calcolato per le c.d. rendite presunte è considerato a titolo di acconto e salvo conguaglio.

L’articolo 14 del D.L. n. 201/2011 ha stabilito che tale tributo debba essere determinato in misura da assicurare la copertura dei costi relativi al servizio di gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati  avviati  allo  smaltimento. La tariffa deve essere commisurata alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti per unità di superficie, tenendo conto anche degli usi e della tipologia di attività svolta, sulla base di appositi criteri stabiliti con regolamento da emanare entro il 31 ottobre 2012. Il medesimo articolo, inoltre, stabilisce che la tariffa determinata in base ai criteri sopra indicati è incrementata di 0,30 euro per metro quadrato a copertura dei costi relativi ai servizi indivisibili dei comuni. La relazione tecnica allegata alla disposizione ascrive effetti positivi relativi alla maggiorazione di 0,30 euro per metro quadrato pari a 1.000 milioni annui a decorrere dal 2013, cui corrisponde una riduzione di pari importo delle risorse erariali assegnate ai comuni ed un effetto di miglioramento sui saldi di finanza pubblica

 

Il prospetto riepilogativo non considera la norma.

 

La relazione tecnica afferma che la norma prevede una disciplina transitoria in considerazione dei possibili tempi lunghi necessari per l’acquisizione delle dichiarazioni di aggiornamento catastale.

 

In merito ai profili di quantificazione, tenuto conto che all’art. 14 del decreto legge n. 201 del 2011 sono stati ascritti effetti positivi (determinati anche in base all’applicazione di 0,30 euro per metro quadrato) complessivamente pari a 1.000 milioni annui a decorrere dal 2013, andrebbe chiarito se l’applicazione, in via transitoria, di una superficie convenzionale possa determinare anche una riduzione degli effetti finanziari ascritti con riferimento al richiamato art. 14.

 

 

Articolo 6, comma 5 (Certificati ipotecari e catastali)

La norma dispone che le norme in tema di "Decertificazione" nei rapporti con la PA di cui ai commi 01 e 02 del DPR 445/2000  non trovano applicazione per i certificati e per le attestazioni da produrre al conservatore dei registri immobiliari per l'esecuzione di formalità ipotecarie nonché per i certificati ipotecari e catastali rilasciati dall'Agenzia del territorio.

 

Il prospetto riepilogativo non considera la norma.

 

La relazione tecnica non ascrive alla disposizione in esame effetti finanziari, sottolineando il rischio che l’uso delle auto-certificazioni nei rapporti con l'Agenzia del territorio per la materia ipo-catastale contrasti con le esigenze di gettito e con la necessaria certezza del diritto e delle posizioni giuridiche soggettive,.

 

In merito ai profili di quantificazione, non si hanno osservazioni da formulare.

 

Articolo 7 (Concessioni in materia di giochi pubblici)

La norma dispone che il Ministro dell’economia, su richiesta dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, acquisisce obbligatoriamente il parere del Consiglio di Stato per i profili di legittimità relativi: agli schemi degli atti di gara per il rilascio di concessioni in materia di giochi pubblici; agli schemi di provvedimento di definizione dei criteri per la valutazione dei requisiti di solidità patrimoniale dei concessionari.

Si ricorda che l’articolo 1, commi 77-79, della legge 220/2010 ha previsto che il Ministero dell'economia-Amministrazione dei Monopoli procedesse all'aggiornamento dello schema-tipo di convenzione accessiva alle concessioni per l'esercizio e la raccolta non a distanza (attraverso rete fisica) dei giochi pubblici. Le norme hanno definito analiticamente, per i concessionari, sia i requisiti sia gli obblighi ai quali sono tenuti ad adempiere. In attuazione di tali norme è stato emanato il decreto direttoriale 28 giugno 2011 (Determinazione dei requisiti oggettivi delle società concessionarie del gioco pubblico esercitato e raccolto non a distanza).

I commi predetti 77-79 rientrano in un insieme di norme (commi da 77 a 80) alle quali erano stati ascritti effetti di maggior gettito (pari a 40 milioni di euro per il solo anno 2011) connessi al miglioramento delle attività di vigilanza e di verifica per il gioco fisico e all’irrogazione di sanzioni amministrative previste da specifiche attività di controllo sugli operatori .

 

Il prospetto riepilogativo e la relazione tecnica non considerano la norma.

 

La relazione illustrativa precisa che con l’acquisizione del parere del Consiglio di Stato ci si propone di elevare il livello di garanzia della legittimità dell'azione amministrativa.

 

In merito ai profili di quantificazione, non si hanno osservazioni da formulare.

 

Articolo 8, commi da 1 a 3 (Deducibilità di costi e spese direttamente utilizzati per il compimento di fatti, atti o attività qualificabili come delitto non colposo)

La norma, modificata nel corso dell’esame presso il Senato, interviene sulla disciplina concernente la determinazione della base imponibile ai fini delle imposte dirette e dell’IRAP, individuando con maggiore precisione – sia rispetto alla norma previgente sia rispetto alla formulazione originaria della norma contenuta nel provvedimento in esame – i costi fiscalmente indeducibili riferiti a fattispecie qualificabili come reato. E’ previsto un rimborso delle maggiori imposte versate per effetto della mancata deducibilità degli oneri - comprensivo di interessi - qualora al termine delle procedure intervenga una sentenza di assoluzione (comma 1).

Tenuto conto che la finalità è quella di evitare i dubbi interpretativi che hanno determinato un voluminoso contenzioso, si dispone l’applicazione della disciplina anche ai fini dell’accertamento (comma 2).

Infine, si stabilisce che le novità introdotte possono avere effetto retroattivo in quanto possono essere applicate – ove più favorevoli al contribuente - anche per fatti, atti o attività posti in essere prima dell’entrata in vigore delle stesse (comma 3).

 

 

Il prospetto riepilogativo allegato al maxiemendamento ascrive i seguenti effetti di gettito:

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2012

2013

2014

2012

2013

2014

2012

2013

2014

Maggiori entrate

150

200

200

150

200

200

150

200

200

 

 

La relazione tecnica afferma che la norma è finalizzata ad evitare dubbi interpretativi sorti rispetto alla versione previgente della stessa. Pertanto, pur provvedendo, di fatto, a definire un maggiore ambito di deducibilità rispetto a quello precedente, la relazione tecnica evidenzia l’esistenza di un ammontare di contestazioni per indeducibilità di costi o spese riconducibili a fatti, atti o attività qualificabili come reato pari a circa 10 miliardi di euro (processi verbali formalizzati nel triennio 2008-2010). La relazione tecnica afferma inoltre che le tipologie di contestazioni in esame sono quasi interamente impugnate in sede giurisdizionale e che dal 2003 sono pochissimi i casi già approdati a sentenza di primo grado. Evidenzia quindi che la disposizione previgente produce un gettito limitatissimo e che le gravi incertezze presenti hanno richiesto un intervento normativo.

In merito ai profili finanziari, la RT ritiene che la maggiore chiarezza alla pretesa tributaria fornita dalla norma e il superamento delle criticità sulla capacità contributiva possa determinare effetti positivi in termini di gettito che prudenzialmente non vengono valutati.

 

La relazione tecnica allegata al maxiemendamento, aggiunge al contenuto già indicato nella relazione tecnica originaria la precisazione che le modifiche introdotte definiscono meglio l’ambito di applicazione del regime di indeducibilità dei costi e delle spese, correlati a delitti non colposi, dando maggiore certezza all’intera disposizione in fase operativa.

In merito ai profili finanziari, la relazione tecnica evidenzia che, nella RT allegata al provvedimento originario non erano stati ascritti effetti positivi, pur ravvisandone l’esistenza. Tenuto conto delle modifiche introdotte, ed alla luce di nuovi dati forniti dalla competente Agenzia delle Entrate, la relazione tecnica stima che la disposizione possa produrre un immediato recupero di gettito. Gli effetti positivi in termini di adempimento spontaneo da parte dei soggetti interessati dalla disposizione, di ragguardevole entità in considerazione dell’ammontare dei costi e spese (circa 10 miliardi di euro), prudenzialmente non vengono stimati.

Viceversa, si stima, sempre in via prudenziale, che gli effetti positivi si ottengano come recupero di sanzioni, nell’ipotesi che i comportamenti dei soggetti non subiscano variazioni a seguito della disposizione. Ai fini della quantificazione si è proceduto come segue:

- costi o spese da reato contestati annualmente come riferibili a operazioni oggettivamente inesistenti (50% del totale dei costi annualmente contestati): 5 miliardi di euro;

- sanzioni applicabili: si calcola una sanzione minima pari a: 25% x 5mld = 1.250 mln. Ipotizzando che la metà dei contesti venga definito (600 mln) ed applicando 1/3 della sanzione minima, si ottiene il valore su base annua (200 mln). Per l’anno 2012 si ascrive un effetto prudenziale di 150 milioni. 

 

La Nota del Ministero dell’economia del 19 marzo 2012[55] conferma che le contestazioni effettuate in base alla precedente normativa non garantivano un gettito correlato alle predette contestazioni ed erano rari i casi in cui la relativa contestazione veniva definita.

Per quanto concerne il voluminoso ammontare delle contestazioni, la Nota chiarisce che sono inclusi nei 10 mld di euro anche le contestazioni effettuate nei confronti di soggetti che non adempiono, né mai adempiranno all’obbligazione tributaria in quanto soggetti interposti, quali cartiere o, comunque, soggetti inesistenti. Per i contribuenti diversi da questi ultimi, la nuova formulazione normativa, chiarendo i confini dell’indeducibilità dei costi e delle spese relativi a beni o prestazioni di servizio direttamente utilizzati per il compimento di atti o attività qualificabili come delitto non colposo, potrà produrre un gettito certo e maggiore rispetto a quello “virtuale” prima rappresentato. In presenza della precedente incertezza interpretativa, le contestazioni decise in primo grado ammontavano a circa il 14%.

  

 

In merito ai profili di quantificazione si osserva che l’iscrizione di effetti positivi di gettito non appare prudenziale in base a quanto  di seguito indicato, anche in considerazione del fatto che la nuova formulazione della norma trova applicazione per il periodo pregresso solo su opzione da parte del contribuente.

In primo luogo si segnala che, considerato il voluminoso contenzioso esistente a causa della incertezza interpretativa della norma – come risulta evidenziato dalla relazione – è presumibile ipotizzare che, anche laddove la norma consenta un esito positivo del contenzioso in favore dell’amministrazione, il contribuente non sia disponibile a corrispondere una sanzione originata, appunto, dalla presenza di una norma di dubbia interpretazione. 

In merito alla quantificazione effettuata, andrebbero in ogni caso fornite maggiori indicazioni circa le ipotesi utilizzate, tenuto conto che nelle risposte fornite dal Governo è stato affermato che una quota dei 10 miliardi indicati nella relazione tecnica è riferita a “soggetti che non adempiono, né mai adempiranno, all’obbligazione tributaria in quanto soggetti interposti, quali cartiere o, comunque, soggetti inesistenti”.

La restante quota di contribuenti, secondo quanto indicato nella risposta governativa, conoscerà l’esatta interpretazione e applicazione della disciplina e, non potendo ricorrere a contenzioso, potrà produrre un gettito certo e maggiore rispetto a quello virtuale indicato in 10 miliardi dalla relazione tecnica.

Infatti, nella medesima risposta, viene precisato che a causa della forte incertezza interpretativa della precedente formulazione della norma si registra un elevato numero di contestazioni in sede giurisdizionale delle quali circa il 14% risulta deciso in primo grado.

Per quanto concerne l’ordinaria determinazione della base imponibile fiscale da parte dei contribuenti, si osserva che la relazione tecnica non sembrerebbe considerare coloro che, fino ad ora, hanno applicato la norma vigente in maniera restrittiva evitando di portare in deduzione gli oneri in argomento; tenuto conto che la nuova formulazione consente un più ampio margine di deducibilità, andrebbero valutati gli effetti recati dai contribuenti che, in virtù della disposizione in esame, inizieranno a considerare tali costi ai fini della determinazione della base imponibile.

Con riferimento ai medesimi soggetti, inoltre, andrebbe effettuata una valutazione circa i possibili effetti retroattivi tenuto conto che la norma non esclude la possibilità di eventuali rimborsi d’imposta che potrebbero essere richiesti dai soggetti che, nei passati periodi d’imposta, non hanno dedotto gli oneri ora riconosciuti ai fini fiscali.

Infine, considerato che gli effetti rilevano ai fini delle imposte dirette e dell’IRAP, la norma andrebbe coordinata con le disposizioni sul federalismo fiscale.

 

Articolo 8, commi 4 e 5  (Inadempienze  in tema di studi di settore)

Normativa vigente L’art. 39, secondo comma, lett. d-ter), del DPR n. 600/1973 stabilisce che l’amministrazione può procedere ad accertamento induttivo nei casi di omessa o infedele indicazione dei dati negli studi di settore e indicazione di cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi di settore non realmente sussistenti. Tale modalità di accertamento si applica in presenza delle condizioni previste dall'articolo 1, comma 2-bis, del decreto  legislativo n. 471/1997, ossia in presenza di uno scostamento tra reddito accertato e reddito dichiarato non inferiore al 10%.

La relazione tecnica allegata al provvedimento che ha introdotto la richiamata disposizione[56] ha stimato effetti di maggior gettito pari a 94,7 mln nel 2012, 362 mln nel 2013 e 373,5 mln nel 2014, attribuiti ad un insieme di disposizioni concernenti il potenziamento degli studi di settore come strumento di accertamento e senza fornire il dettaglio dei singoli interventi. Poiché la relazione tecnica ritiene che la norma produca effetti prevalentemente in termini di deterrenza, è da ritenere che le maggiori entrate siano state considerate di carattere permanente.

 

La norma, sostituendo la lettera d-ter) sopra richiamata, stabilisce che l’accertamento induttivo si applica nei seguenti casi (comma 4):

-        omessa presentazione dei modelli relativi agli studi di settore;

-        errata indicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore;

-        indicazione di cause di esclusione dagli studi di settore non sussistenti, a condizione che lo scostamento tra ricavi stimati e ricavi indicati nella dichiarazione sia superiore al 15% o comunque ad euro 50.000.

La decorrenza è fissata con riferimento agli accertamenti notificati a partire dalla data di entrata in vigore della norma in esame, mentre per gli accertamenti già emessi si applica la disciplina previgente (comma 5).

 

Il prospetto riepilogativo e la relazione tecnica non considerano la norma.

 

 

In merito ai profili di quantificazione, andrebbero chiariti gli effetti finanziari derivanti dalla disposizione oggetto di modifica, in quanto a suo tempo tali effetti erano stati inclusi in una pluralità di interventi senza che la relazione tecnica fornisse precisazioni in ordine allo specifico impatto finanziario della disposizione medesima. Ciò premesso, si osserva che la norma in esame riduce l’ambito di applicazione dell’accertamento induttivo basato su parametri degli studi di settore, in quanto la predetta disposizione prevedeva anche l’applicazione dell’accertamento induttivo in caso di scostamento pari o superiore al 10% tra il reddito stimato in base agli studi di settore e il reddito dichiarato dal contribuente. Circa i possibili effetti finanziari derivanti da tali modifiche andrebbe acquisito un chiarimento del Governo.

Articolo 8, commi da 6 a 8 (Potenziamento degli strumenti di controllo dell’amministrazione finanziaria)

Le norme sono finalizzate al rafforzamento delle garanzie dei crediti erariali. A tal fine è stabilito che la Guardia di finanza possa utilizzare lo strumento istruttorio delle indagini finanziarie per approfondimenti connessi alle attività di istituto allo scopo di effettuare proposte, all' Agenzia delle entrate, finalizzate alla richiesta delle misure cautelari di cui all'art. 22 del d.lgs. n. 472/1997[57] (comma 6).

E’ disposta, altresì, la modifica dell’articolo 51, comma 1, del decreto legislativo n. 231/2007[58], contenente disposizioni in materia di prevenzione dell'utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo. Tale norma prevedeva l'obbligo, per i destinatari delle disposizioni contemplate nel citato decreto legislativo (intermediari finanziari, esercenti attività finanziaria, professionisti, e così via), di comunicare le infrazioni alle norme[59] sull’uso del contante e sul divieto di utilizzo di conti e libretti di risparmio anonimi al Ministero dell'Economia e delle Finanze. Il Ministero a sua volta avrebbe comunicato i medesimi dati all’Agenzia delle entrate che avrebbe dovuto attivare i conseguenti controlli di natura fiscale. In base alle modifiche il Ministero è tenuto, ora, a comunicare le infrazioni alla Guardia di finanza la quale, ove ravvisi l'utilizzabilità di elementi ai fini dell'attività di accertamento, ne dà tempestiva comunicazione all'Agenzia delle entrate (comma 7).  

E’ stabilito, infine, le Agenzie fiscali e la Guardia di Finanza, nell'ambito dell'attività di pianificazione degli accertamenti, tengono conto anche delle segnalazioni non anonime di violazioni tributarie, incluse quelle relative all'obbligo di emissione della ricevuta o dello scontrino fiscale ovvero del documento certificativo dei corrispettivi (comma 8).

 

Il prospetto riepilogativo non considera le norme.

 

La relazione tecnica non considera le norme.

 

Al riguardo, non vi sono rilievi da formulare.

 

Articolo 8, comma 9 (Partite IVA inattive)

La norma interviene sulla disciplina delle c.d. partite IVA non attive, sostituendo l’attuale procedura in base alla quale si presume la inattività qualora per tre annualità consecutive il titolare non abbia esercitato l'attività d'impresa o di arti e professioni o, se obbligato alla presentazione della dichiarazione annuale IVA, non abbia adempiuto a tale obbligo.

Viene  introdotta una nuova procedura, in base alla quale l’Agenzia delle entrate, sulla base dei dati dell’anagrafe tributaria [lettera a)]:

individua i soggetti che, pur obbligati, non hanno presentato la dichiarazione di cessazione della partita IVA;

procede d’ufficio alla chiusura della posizione;

applica la sanzione con diretta iscrizione nei ruoli a titolo definitivo. Se il contribuente paga entro 30 giorni, l’iscrizione a ruolo non ha luogo e la sanzione è ridotta a un terzo del minimo.

Viene, inoltre, prevista la possibilità per chiunque (servizio di libero accesso) di verificare la validità di un numero di partita IVA [lettera b)].

 

Il prospetto riepilogativo non considera la norma.

 

La relazione tecnica afferma che la disposizione indicata nella lettera b) è finalizzata non solo a fornire un valido strumento di ausilio agli operatori, ma anche a contrastare il fenomeno delle frodi in materia di IVA in ambito nazionale.

Alla disposizione non si ascrivono sostanziali effetti finanziari.

 

In merito ai profili di quantificazione si osserva che, in base al testo in esame, dovrebbe essere introdotta una nuova procedura di individuazione e di chiusura delle partite IVA inattive e dovrebbe altresì essere attivato un nuovo servizio di informazione on-line. Appare opportuno che il Governo chiarisca se l’Agenzia delle entrate possa adempiere a tali nuovi compiti nell’ambito delle risorse già disponibili a legislazione vigente.

 

Articolo 8, commi 13, 14, 15, e 16, lettere a), b), d) e i) (Bollo valori scudati)

Le norme, modificate nel corso dell’esame in prima lettura al Senato, prevedono una serie di modifiche direttamente o indirettamente riferibili all'articolo 19 del decreto-legge n. 201 del 2011 in materia di imposta di bollo su conti correnti, titoli, strumenti e prodotti finanziari nonché su valori «scudati» e su attività finanziarie e immobili detenuti all’estero[60].

In particolare:

si prevede che, a decorrere dal 1° gennaio 2012, i conti deposito, bancari o postali, anche se rappresentati da certificati, sono assoggettati ad imposta di bollo proporzionale di cui al comma 2-ter dell’articolo 13 della tariffa, parte prima, allegata al DPR n. 642/1972 (commi 13 e 15);

viene integrata la nota 3-ter dell’articolo 13 della tariffa, parte prima, allegata al DPR n. 642/1972, nel senso di prevedere che, per i buoni postali fruttiferi emessi in forma cartacea prima del 1° gennaio 2009, l’imposta di bollo è calcolata sul valore nominale del singolo titolo ed è dovuta nella misura minima di euro 1,81, con esclusione della previsione di esenzione per i buoni di valore di rimborso inferiore a 5.000 euro. L’imposta gravante sui buoni postali fruttiferi si rende comunque dovuta al momento del rimborso (comma 14).

Il DL 201/2011 ha previsto che i buoni postali fruttiferi, ad eccezione di quelli di valore di rimborso non superiore a 5.000 euro, siano assoggettati all’imposizione proporzionale, di cui al  comma 2-ter dell’articolo 13 della tariffa, parte prima, allegata al DPR n. 642/1972, con aliquota pari allo 0,1% per il 2012 e pari allo 0,15% a decorrere dal 2013. La relazione tecnica riferita all’articolo 19 del DL n. 201/2011 stimava, partendo dall’ammontare di giacenza dei buoni fruttiferi postali pari a 198,5 miliardi di euro (Fonte: bilancio Poste italiane SpA 2010), un effetto di maggior gettito pari a 28 milioni di euro per il 2012, 84 milioni di euro per il 2013 e 103 milioni di euro per il 2014.

si prevede, in relazione alle comunicazioni relative a quote o azioni di organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) non inserite in rapporti di custodia o amministrazione, la possibilità per l'intermediario di effettuare disinvestimenti in caso di mancata provvista da parte del cliente per il pagamento dell'imposta di bollo di cui al comma 2-ter dell’articolo 13 della tariffa, parte prima, allegata al DPR n. 642/1972 (c. 16, lett. a);

si prevede che l'imposta di bollo dovuta sulle attività rimpatriate è determinata al netto dell’eventuale imposta di bollo pagata ai sensi, oltre che del comma 2-ter (come previsto a normativa vigente), anche del comma 2-bis[61] dell’articolo 13 della tariffa, parte prima, allegata al DPR n. 642/1972 (c. 16, lett. b).

La relazione illustrativa chiarisce che la modifica in esame consente di scomputare dall’imposta di bollo speciale, dovuta sulle attività finanziarie rimpatriate, l’imposta di bollo corrisposta con riferimento alle medesime attività nel 2011, nel caso in cui l’attività rimpatriata sia costituita da denaro. Attualmente la norma prevede solo lo scomputo dell’imposta di bollo corrisposta per il deposito titoli;

viene stabilito che per l'accertamento, la riscossione ed il contenzioso concernente le imposte su valori scudati si applicano le norme relative alle imposte sui redditi in luogo di quelle sull’imposta di bollo (c. 16, lett. d);

relativamente alle attività oggetto di scudo fiscale non è comunque precluso l’accertamento dell’imposta sul valore aggiunto (c. 16, lett. i).

 

Il prospetto riepilogativo non considera le norme.

 

 

La relazione tecnica al testo originario afferma che alle disposizioni in esame non si ascrivono ulteriori effetti di gettito rispetto a quelli già valutati in sede di relazione tecnica al provvedimento originario.

 

La relazione tecnica riferita alle modifiche introdotte nel corso dell’esame in prima lettura al Senato afferma, con riferimento al comma 14, che la norma tende a superare problemi di carattere operativo relativamente all’applicazione dell’imposta di bollo sui buoni postali fruttiferi  cartacei, solitamente di piccolo taglio. La RT precisa che per tale tipologia di titoli viene di fatto prevista l’applicazione dell’imposta di bollo nella misura minima di 1,81 euro, a fronte di un gettito, a legislazione vigente, pressoché nullo in considerazione dell’esenzione prevista per i buoni postali fruttiferi fino a 5.000 euro (esenzione che la proposta normativa in esame fa venire meno per tali titoli cartacei).

La RT conclude che dalla disposizione in esame derivano effetti positivi in termini di gettito di trascurabile entità.

 

In merito ai profili di quantificazione,con riferimento alle modifiche disposte dai commi 13 e 15, appare opportuno che il Governo chiarisca se l’inclusione dei conti deposito, bancari o postali, anche rappresentati da certificati, tra i prodotti finanziari assoggettati ad imposta di bollo proporzionale modifica gli effetti finanziari ascritti alle disposizioni originarie[62].

Con riferimento alla modifica apportata dal comma 14 alla tassazione dei buoni postali fruttiferi emessi in forma cartacea prima del 1° gennaio 2009, si osserva che la RT non fornisce informazioni sufficienti a garantire l’assenza di effetti finanziari negativi derivanti dall’introduzione della modifica in esame. In particolare andrebbero chiariti gli effetti derivanti dall’applicazione dell’imposta sul valore nominale del titolo. Nel caso in cui, infatti, a legislazione vigente, l’imposta fosse applicata sul valore di rimborso[63] del titolo comprensivo degli interessi maturati, si avrebbe una riduzione di base imponibile con conseguenti effetti negativi in termini di gettito.

Sul punto appare opportuno un chiarimento da parte del Governo.

Con riferimento all’esclusione della previsione di esenzione per i buoni di valore di rimborso inferiore a 5.000 euro si rileva, inoltre, che la RT allegata al DL 201/2011 non quantificava gli effetti di minor gettito derivanti dall’introduzione di detta esenzione.

Con riferimento alla possibilità, disposta dal comma 16, lett. b), di scomputare dall’imposta di bollo speciale, dovuta sulle attività finanziarie rimpatriate, l’imposta di bollo di cui al comma 2-bis dell’articolo 13 della tariffa, parte prima, allegata al DPR n. 642/1972, si rileva che tale previsione appare suscettibile di ridurre la base imponibile su cui applicare l’imposta, con conseguenti effetti di minor gettito per l’erario. Appare, pertanto opportuno che il Governo chiarisca se tali effetti siano già stati considerati nella quantificazione effettuata in sede di RT al DL n. 201/2011.

 

 

Articolo 8, comma 16, lettera e)  (Imposta sugli immobili detenuti all’estero)

La norma modifica l’articolo 19, comma 15, del DL n. 201 del 2011, disponendo, ai fini dell'imposta sul valore degli immobili situati all'estero, l'esclusione del pagamento del tributo dovuto dalle persone fisiche, nel caso in cui l’importo non superi 200 euro,.

La relazione illustrativa precisa che, ai fini della verifica dell’esonero dal pagamento, rileva esclusivamente l’importo che si determina attraverso l’applicazione dell’aliquota d’imposta dello 0,76% al valore dell’immobile. Resta dovuto il versamento per un importo fino a euro 200 qualora la riduzione sotto la soglia limite derivi esclusivamente dalla deduzione del credito d’imposta disposto dall’articolo 19, comma 16, del DL 201/2011, corrispondente all’ammontare dell’imposta patrimoniale versata nello Stato in cui è situato l’immobile spettante per la quota parte considerata deducibile.

Si prevede, inoltre, che per gli immobili situati in paesi dell'Unione europea o aderenti allo Spazio economico europeo, il valore corrisponde a quello utilizzato nel paese estero per l'assolvimento di imposte sul patrimonio o, in mancanza, quello utilizzato in via generale.

 

Il prospetto riepilogativo ascrive alla norma i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica:

 

                                                              (milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2012

2013

2014

2012

2013

2014

2012

2013

2014

Minori entrate

1,7

1,7

1,7

1,7

1,7

1,7

1,7

1,7

1,7

 

 

La relazione tecnica afferma che la stima è stata effettuata attraverso elaborazioni sui dati provvisori delle dichiarazioni dei redditi delle persone fisiche presentate nell’anno 2011, Quadro RW Sezione II, analizzando la distribuzione degli immobili situati all'estero con riferimento al valore dichiarato. La RT  specifica, inoltre, di aver tenuto conto anche di crediti per imposte versate nello Stato in cui è situato l'immobile (quantificati in 1/3 dell'imposta, come già ipotizzato nella RT di accompagnamento alla norma originaria). Da tali elaborazioni, viene stimata una perdita di gettito - per competenza e per cassa - pari a 1,7 mln in ragione di anno.

 

Nella Nota del Ministero dell’economia[64], il Governo ha fornito alcune precisazioni con riferimento al criterio utilizzato per determinare la base imponibile dell’imposta sugli immobili esteri, nel caso in cui siano situati nell'Unione europea ovvero in Paesi dello Spazio economico europeo. In particolare, è stato precisato che il diverso criterio di determinazione della base imponibile non appare suscettibile di determinare, nel complesso, una sostanziale variazione negativa di gettito ove si consideri che in alcuni Paesi il valore utilizzato come base imponibile ai fini dell’assolvimento delle imposte può risultare superiore al valore risultante dall’atto di acquisto, soprattutto qualora sia trascorso un consistente periodo di tempo dall’effettuazione di tale atto.

 

In merito ai profili di quantificazione si osserva che, al fine di verificare la stima degli effetti di minor gettito ascritti alla norma, andrebbero acquisiti i dati e gli  elementi posti alla base della quantificazione.

 

Articolo 8, comma 16, lettera f) ( Imposta sugli immobili detenuti all’estero)

La norma prevede che, per i soggetti che prestano lavoro all’estero per lo Stato italiano, per una sua suddivisione politica o amministrativa o per un suo ente locale e per le persone fisiche che lavorano all’estero presso organizzazioni internazionali cui aderisce l’Italia la cui residenza fiscale in Italia sia determinata in base ad accordi internazionali ratificati, l’imposta sul valore degli immobili all’estero di cui all’articolo 19, comma 13, del DL n. 201/2011, e` stabilita nella misura ridotta dello 0,4%, anziché dello 0,76%, per l’immobile adibito ad abitazione principale e per le relative pertinenze. L’aliquota ridotta si applica limitatamente al periodo di tempo in cui l’attività lavorativa è svolta all’estero. Si prevede, inoltre che, dall’imposta dovuta per l’unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo e per le relative pertinenze si detraggono, fino a concorrenza del suo ammontare, euro 200 rapportati al periodo dell’anno durante il quale si protrae tale destinazione. Se l’unità immobiliare è adibita ad abitazione principale da più soggetti passivi la detrazione spetta a ciascuno di essi proporzionalmente alla quota per la quale la destinazione medesima si verifica. Limitatamente agli anni 2012 e 2013 tale detrazione è maggiorata di 50 euro per ciascun figlio di età non superiore a ventisei anni, purché dimorante abitualmente e residente anagraficamente nell’unita` immobiliare adibita ad abitazione principale. L’importo complessivo della maggiorazione, al netto della detrazione di base, non può superare l’importo massimo di 400 euro.

 

Il prospetto riepilogativo non considera la norma.

 

La relazione tecnica, con riferimento agli effetti della riduzione dell’imposta sul valore degli immobili per i soggetti che prestano lavoro all’estero per lo Stato italiano o per un’organizzazione internazionale, afferma che la stima condotta in sede di RT di accompagnamento alla norma originaria, basata sui dati delle dichiarazioni dei redditi presentate nel 2011, non comprende gli immobili relativi ai soggetti in esame, in quanto questi non erano tenuti alla relativa indicazione in sede di dichiarazione. Trattandosi di un recupero di gettito la stima non era estesa, in via prudenziale, a tali soggetti.

Si ricorda che all’articolo 19, commi 13-15, del DL 201/2011- che aveva istituito  l’imposta sui valori degli immobili situati all'estero (con aliquota dello 0,76 per cento del valore degli immobili[65]) - la RT aveva ascritto effetti di maggior gettito pari a 98,4 milioni di euro all’anno. Tali effetti erano stati calcolati, secondo la RT, applicando la predetta aliquota ad un ammontare di circa 19,4 miliardi, corrispondente al valore degli immobili situati all'estero sulla base dei dati provvisori delle dichiarazioni dei redditi delle persone fisiche presentate nel 2011 (quadro RW, sezione II) ed ipotizzando una riduzione di 1/3 per tenere conto dei crediti d'imposta previsti dalle norme[66].

 

Nella Nota del Ministero dell’economia, il Governo ha precisato che la disposizione in esame non comporta sostanziali effetti di gettito rispetto alla legislazione vigente in quanto l’incremento di gettito attribuibile ai soggetti in esame non è stato considerato nella sommatoria del gettito vigente. Pertanto una riduzione di tale incremento non può determinare effetti negativi sul gettito totale.

 

In merito ai profili di quantificazione non si formulano osservazioni, preso atto di quanto affermato dalla relazione tecnica, secondo la quale in occasione della stima degli effetti di gettito ascritti alla norma originaria (articolo 19, commi 13-15, del DL 201/2011) non erano stati ricompresi, fra i valori immobiliari sottoposti a tassazione, quelli riferiti ai soggetti in esame.

 

Articolo 8, comma 16, lettera g) (Imposta sugli immobili detenuti all’estero)

La norma prevede che, per gli immobili situati in Paesi appartenenti alla Unione europea o in Paesi aderenti allo Spazio economico europeo che garantiscono un adeguato scambio di informazioni, dall’imposta sul valore degli immobili si deduce un credito d’imposta pari alle eventuali imposte di natura patrimoniale e reddituale gravanti sullo stesso immobile.

 

Il prospetto riepilogativo non considera la norma.

 

La relazione tecnica ricorda che, nella stima delle entrate condotta con riferimento alla norma originaria (articolo 19, commi 13-15, del DL 201/2011), era stata ipotizzata una riduzione di 1/3 del gettito per tenere conto delle detrazioni corrispondenti alle imposte patrimoniali versate negli Stati esteri. In considerazione di ciò, gli eventuali effetti di minor gettito associabili alla norma in esame risultano verosimilmente ricompresi nella diminuzione di gettito a suo tempo stimata, in virtù del carattere di prudenzialità dell'ipotesi adottata in quella sede.

 

In merito ai profili di quantificazione, tenuto conto del fatto che la norma in esame riconosce il credito d’imposta non solo in relazione alle imposte di natura patrimoniale, ma anche a quelle di natura reddituale, appare opportuno che il Governo fornisca elementi di maggior dettaglio al fine di verificare la neutralità finanziaria della disposizione in esame.

 

Articolo 8, comma 16, lettera h) (Applicazione dell’imposta di bollo in misura fissa sulle attività finanziarie detenute all’estero)

La norma prevede che, per i conti correnti e i libretti di risparmio detenuti in paesi della Unione europea o in paesi aderenti allo Spazio economico europeo che garantiscono un adeguato scambio di informazioni, l’imposta di bollo sulle attività finanziarie detenute all’estero, prevista dall’articolo 19, comma 18, del DL 201/2011, e` stabilita in misura fissa (pari a 34,2 euro annui)[67] anziché in misura proporzionale (pari all’1 per mille annuo, per il 2011 e il 2012, e all’1,5 per mille, a decorrere dal 2013, del valore delle attività finanziarie).

 

Il prospetto riepilogativo ascrive alla norma i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica:

 

                                                         (milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2012

2013

2014

2012

2013

2014

2012

2013

2014

Minori entrate

0,9

0,9

1,7

0,9

0,9

1,7

0,9

0,9

1,7

 

La relazione tecnica, ai fini della quantificazione degli effetti di riduzione del gettito, utilizza i dati provvisori delle dichiarazioni dei redditi delle persone fisiche presentate nel 2011, Quadro RW Sezione II. Da tali dati risultano circa 17.700 conti correnti detenuti all’estero, per un ammontare di circa 2,3 miliardi di euro. La RT afferma che, nell’ipotesi prudenziale che nei paesi indicati dal testo sia detenuta la totalità di tali conti correnti, sommando gli effetti negativi derivanti dalla mancata applicazione delle aliquote di imposizione previste dalla normativa previgente (ovvero 0,10% per gli anni 2011 e 2012 e 0,15% dal 2013) agli effetti positivi determinati dall'applicazione di un'imposta in misura fissa pari a 34,20 euro per ciascun conto corrente rientrante nella fattispecie indicata, e ipotizzando una riduzione di 1/3, per tenere conto di crediti per imposte versate nello Stato estero, si stima una perdita di gettito per competenza annua pari a 0,9 milioni di euro per gli anni 2011 e 2012 e pari a 1,7 milioni di euro a decorrere dal 2013.

L’andamento del gettito di cassa risulta il seguente:

 

(milioni di euro)

 

2012

2013

2014

imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero

-0,9

-0,9

-1,7

 

 

In merito ai profili di quantificazione si osserva che la stima di minor gettito appare corretta sulla base dei parametri posti alla base della quantificazione.

 

Articolo 8, comma 16, lettera c), e comma 17) (Proroga del versamento dell’imposta da parte degli intermediari finanziari)

La norma proroga dal 16 febbraio al 16 maggio il termine[68] entro il quale gli intermediari finanziari sono tenuti al versamento annuale dell’imposta relativa alle attività oggetto di emersione e ancora segregate al 31 dicembre 2011 (comma 16, lett. c). Viene previsto, inoltre, in considerazione della predetta proroga, che fino all’entrata in vigore del decreto in esame non si configurano violazioni in materia di versamenti (comma 17).

 

Il prospetto riepilogativo non considera la norma.

 

La relazione tecnica stima che la proroga del termine di versamento dell’imposta non comporti effetti finanziari in quanto le somme previste saranno comunque acquisite entro nell’anno.

 

In merito ai profili di quantificazione non si hanno rilievi da formulare.

 

Articolo 8, commi da 18 a 21 – Estensione delle misure di contrasto agli abusi nell’utilizzo dei crediti IVA in compensazione

 

Normativa vigente L’articolo 10 del decreto legge n. 78 del 2009 ha introdotto limiti in materia di utilizzo in compensazione del credito IVA con altri tributi e contributi previdenziali. Premesso che - in base alla disciplina generale recata dall’articolo 17, comma 1, del D. Lgs. 241/1997 - l’utilizzo in compensazione (allorché si tratti di compensazioni non automatiche) è ammesso a decorrere dal giorno 16 del mese successivo a quello di presentazione della dichiarazione o dell’istanza da cui emerge il credito, l’articolo 10 del DL 78/2009 ha stabilito che :

-         per i crediti fino a 10.000 euro, rimaneva confermata la disciplina previgente che consentiva l’utilizzo automatico in compensazione del credito IVA;

-         per i crediti compresi fra 10.000 e 15.000 euro, l’utilizzo in compensazione era subordinato alla presentazione della dichiarazione dalla quale risultava l’ammontare del credito ovvero la presentazione di apposita istanza;

-         per i crediti superiori a 15.000 euro, l’utilizzo in compensazione era subordinato, oltre alla dichiarazione o all’istanza, anche all’acquisizione di un apposito visto che certifichi l’esistenza del credito.

Gli effetti finanziari complessivamente ascritti all’articolo 10 sono pari a 200 milioni nel 2009 e 1.000 milioni annui a decorrere dal 2010, come anche indicato nel prospetto riepilogativo allegato al DL 78/2009:

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2009

2010

2011

2009

2010

2011

2009

2010

2011

Minori spese correnti

200

1.000

1.000

200

1.000

1.000

 

 

 

Maggiori entrate

 

 

 

 

 

 

200

1.000

1.000

 

Le norme dispongono:

la riduzione da 10.000 euro a 5.000 euro del limite di importo al di sotto del quale è ammesso l’utilizzo automatico in compensazione del credito IVA. Pertanto, per i crediti di ammontare superiore al predetto limite rimane confermata la disciplina vigente, in base alla quale l’utilizzo in compensazione è ammesso a decorrere dal giorno 16 del mese successivo a quello di presentazione della dichiarazione annuale o periodica ovvero di apposita istanza (comma 18);

la riduzione da 10.000 euro a 5.000 euro del valore di riferimento[69] al di sopra del quale i soggetti passivi devono effettuare i versamenti esclusivamente con modalità telematica (comma 19);

la riduzione delle dotazioni finanziarie della missione di spesa “Politiche economico-finanziarie e di bilancio” di 249 milioni per l’anno 2012 e di 299 milioni a decorrere dal 2013 (comma 21).

Il comma 20 dispone che con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate possono essere stabiliti i termini e le ulteriori modalità attuative delle disposizioni di cui ai commi 18 e 19.

 

 

Il prospetto riepilogativo ascrive alle norme i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2012

2013

2014

2012

2013

2014

2012

2013

2014

Maggiori entrate

 

 

 

249

299

299

249

299

299

Minori spese correnti

249

299

299

 

 

 

 

 

 

 

 

La relazione tecnica afferma che la riduzione del limite per l’esercizio della compensazione senza controlli preventivi disposta dal comma 18 determina effetti positivi sui saldi di finanza pubblica.

Ai fini della quantificazione, sono stati utilizzati i dati, riportati nella seguente tabella, relativi all’ammontare delle compensazioni IVA fruite negli anni 2009/2011.

 

Fascia d’importo

(in euro)

Ammontare compensazioni

(in mln di euro)

Differenza

2010-2009

Differenza

2011-2009

 

2009

2010

2011

Valore

%

Valore

%

0,01-5.000

1.555

1.493

1.338

-62

-4,0%

-217

-14,0%

5.001-10.000

1.097

1.391

1.278

294

26,8%

181

16,5%

10.001-15.000

797

720

711

-77

-9,7%

-86

-10,8%

Oltre 15.000

15.210

9.436

9.770

-5.774

-38,0%

-5.440

-35,8%

TOTALE

18.659

13.040

13.097

-5.619

-30,1%

-5.562

-29,8%

 

 

La stima si basa sui seguenti elementi, tenuto conto che nel 2009 è stato introdotto l’obbligo di presentazione della dichiarazione o istanza preventiva per l’utilizzo di crediti superiori a 10.000 euro:

riposizionamento delle compensazioni (fascia 5.001-10.000 euro) al livello dell’anno 2009, con un recupero atteso di 181 milioni (da 1.278 a 1.097 mln di euro);

un’ulteriore riduzione di 118 milioni rispetto al valore 2009 calcolata per tenere conto dell’effetto di contrazione derivante dalla nuova disciplina; a tal fine è stata applicata la percentuale di contrazione registrata tra il 2009 e il 2011 nella fascia compresa tra 10.000 e 15.000 euro quando è stata introdotta la disciplina in esame ponendo il limite di 10.000 euro (1.097 mln x 10,8%).

Complessivamente, il valore su base annuo risulta quindi pari a: 181+118=299 milioni di euro.

In merito all’imputazione degli effetti sui saldi di finanza pubblica la relazione tecnica afferma che, coerentemente con i criteri Sec 95, le minori compensazioni rappresentano un incremento delle entrate ai fini del fabbisogno e dell’indebitamento netto. Per quanto concerne il saldo netto da finanziare, il minore utilizzo in compensazione di un credito tributario rappresenta una riduzione di spesa corrente. A tal fine viene ridotta la dotazione finanziaria relativa al capitolo 3814 dello stato di previsione del MEF nell’ambito della missione di spesa “Politiche economico-finanziarie e di bilancio”.

 

La Nota del Ministero dell’economia del 19 marzo 2012[[70]], in merito ai rilievi formulati concernenti la mancata applicazione di appositi criteri di prudenzialità nella quantificazione, evidenzia quanto segue:

-        gli effetti recati dall’art. 10 del DL 78/2009 (preventiva dichiarazione per la fruizione di crediti superiori a 10.000 euro) stimati inizialmente in 1.000 milioni annui, risultano pari, in base ad un’analisi ex post, a 5.700 milioni di euro strutturali;

-        tale valore rappresenta circa il 30% dei crediti in compensazione fruiti nel 2009 nella fascia oltre 10.000;

-        la stima degli effetti effettuata in relazione alla norma in esame, prudenzialmente considera una contrazione della fascia interessata (5.000-10.000) pari a 10,8%.

Viene inoltre precisato che attraverso l’utilizzazione di un modello di regressione multinomiale e di una metodologia che ha permesso, con riferimento al sottoinsieme di contribuenti soggetti agli studi di settore, di ripartire in diversi componenti le compensazioni utilizzate, sono stati isolati gli effetti della norma introdotta da quelli che si sarebbero comunque verificati in virtù del ciclo economico particolarmente negativo. Si è pervenuto al risultato di spiegare con l’effetto ciclo economico negativo una percentuale trascurabile della contrazione rilevata, mentre per la quasi totalità essa viene attribuita all’introduzione della norma.

 

In merito ai profili di quantificazione si segnala che il comma 20 dispone con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate possono essere disciplinati termini e ulteriori modalità attuative. Trattandosi di una facoltà, appare opportuna una conferma circa l’immediata efficacia della disposizione, indipendentemente dalla emanazione citato decreto. Ciò in quanto sembrerebbe doversi ritenere che, in assenza del suddetto provvedimento, la norma sia comunque efficace nei termini già previsti con riferimento al limite di 10.000 euro.

Sul piano della stima degli effetti finanziari, non si hanno osservazioni da formulare sulla base di quanto affermato dal Governo nella Nota di risposta ai rilievi formulati nel corso dell’esame del provvedimento presso il Senato.

In proposito, si evidenzia che la presenza di criteri di prudenzialità nella quantificazione degli effetti finanziari è giustificata prevalentemente dal dato – rilevato ex post ed indicato nella Nota di  risposta del Governo – in base al quale gli effetti della norma originaria ammontano a 5,7 miliardi di euro strutturali in luogo di 1 miliardo stimato originariamente.

Si fa presente, inoltre, che il prospetto riepilogativo evidenzia, per l’anno 2012, un maggior gettito pari a 249 milioni. In proposito, tenuto conto che il decreto legge in esame è entrato in vigore il 2 marzo 2012, tale valore sembrerebbe determinato in misura pari ai 10/12 del valore annuo indicato dalla relazione tecnica in 299 milioni.

Con riferimento agli effetti ascritti nel prospetto riepilogativo, ed in particolare a quelli relativi al fabbisogno, si segnala che mentre la norma originaria qualificava gli effetti positivi come “minori spese”, la norma in esame iscrive la parziale rettifica come “maggiori entrate”.  Tale classificazione, secondo quanto affermato dalla RT, risulta maggiormente coerente con i criteri Sec 95.

Articolo 8, comma 21-bis (Prestazioni di servizi su beni custoditi nei depositi IVA)

Le norme modificano l'articolo 16, comma 5-bis, del decreto legge 29 novembre 2008, n. 185. Questo, a sua volta, prevede l’interpretazione autentica della lettera h) del comma 4 dell’articolo 50-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331 il quale stabilisce che le prestazioni di servizi, comprese le operazioni di perfezionamento e le manipolazioni usuali, relative a beni custoditi in un deposito IVA, anche se materialmente eseguite non nel deposito stesso ma nei locali limitrofi (sempreché, in tal caso, le suddette operazioni siano di durata non superiore a sessanta giorni), sono effettuate senza pagamento dell'IVA nel caso siano relative ad operazioni svolte nei depositi fiscali. L’interpretazione fornita dall’articolo 16, comma 5-bis sopra citato chiariva che le prestazioni di servizi ivi indicate, relative a beni consegnati al depositario, costituiscono ad ogni effetto "introduzione" nel deposito IVA.

L’integrazione disposta dal comma 21-bis in esame puntualizza che anche in tale ipotesi non sono richiesti i tempi minimi di giacenza né l’obbligo di scarico dal mezzo di trasporto.

 

Il prospetto riepilogativo non considera le norme.

 

La relazione tecnica ribadisce il contenuto delle norme ossia che l'introduzione delle merci nel deposito fiscale ai fini IVA si considera perfezionata indipendentemente dai tempi minimi di giacenza delle merci e senza obbligo di scarico delle stesse dal mezzo di trasporto. La relazione tecnica afferma che la disposizione non comporta oneri aggiuntivi per l'Erario.

 

Al riguardo non si hanno rilievi da formulare considerata la natura interpretativa della norma in esame, che non modifica il regime fiscale di esenzione ai fini IVA già previsto per le operazioni connesse al trasbordo nei depositi fiscali.

 

Articolo 8, comma 22 - Accessi,  ispezioni  e verifiche dell’Amministrazione finanziaria

Le norme modificano l'art. 52 del D.P.R. n. 633 del 1972 che tratta degli accessi, delle ispezioni e delle verifiche svolte dall’Amministrazione finanziaria e riferiti all’imposta sul valore aggiunto (IVA). Le modifiche consentono agli Uffici IVA di disporre l'accesso degli impiegati dell'Amministrazione finanziaria anche nei locali utilizzati dagli enti non commerciali e dalle ONLUS.

La disciplina vigente rendeva possibile l’accesso solo nei locali destinati all'esercizio d'attività commerciali, agricole, artistiche o professionali.

 

 

Il prospetto riepilogativo non considera le norme.

 

La relazione tecnica non considera la disposizione.

 

La relazione illustrativa evidenzia che gli enti non commerciali fruiscono di un particolare regime fiscale agevolato e che la loro veste giuridica è spesso indebitamente utilizzata da soggetti che mascherano vere e proprie imprese commerciali. L'esperienza operativa - prosegue la relazione illustrativa - evidenzia che una delle maggiori difficoltà riscontrate all'atto di intraprendere un'azione di controllo nei confronti di tali soggetti è rappresentata dalle vigenti limitazioni al potere di accesso, poiché, dal punto di vista fiscale i luoghi in cui gli stessi espletano le attività istituzionali sono assimilabili al domicilio privato. Le norme in esame sarebbero, dunque, state introdotte per agevolare il contrasto alle forme di evasione che coinvolgono il settore.

 

Al riguardo non si hanno rilievi da formulare.

 

 

Articolo  8, comma 23 - Soppressione Agenzia per le ONLUS

La norma sopprime l'Agenzia per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS), i cui compiti e funzioni sono trasferiti al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, che con appositi regolamenti provvede ad adeguare il proprio assetto organizzativo, senza nuovi o maggiori oneri. Lo svolgimento dei compiti e delle  attribuzioni trasferite al Ministero sono finanziati con le risorse a valere sull'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 14 della legge n. 133/1999[71] e con le risorse giacenti in tesoreria sulla contabilità speciale intestata all'Agenzia che saranno versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate agli appositi capitoli dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Al Ministero del lavoro sono, altresì, trasferite le risorse strumentali attualmente utilizzate dalla predetta Agenzia. Al fine di garantire la continuità delle attività di interesse pubblico già facenti capo all'Agenzia, fino al perfezionamento del processo di riorganizzazione, le predette attività continuano ad essere esercitate presso le sedi e gli uffici già a tal fine utilizzati.

In attesa che sia modificato, per dare attuazione alle norme in esame, il regolamento di riorganizzazione del Ministro del lavoro e delle politiche sociali[72], le funzioni trasferite ai sensi del presente comma sono esercitate dalla Direzione generale per il terzo settore e le formazioni sociali del Ministero stesso.

 

Il prospetto riepilogativo non considera le norme.

 

La relazione tecnica afferma che la norma consentirà significativi risparmi di spesa. A tal proposito la relazione tecnica afferma che il bilancio preventivo dell'Agenzia[73] per il 2012 prevede assegnazioni finanziarie ai sensi della legge n. 133/1999 pari a complessivi 733.000 euro. In particolare, si potrebbero conseguire risparmi in relazione alla voce "organi dell'ente" (quasi 310.000 euro per il 2012). La relazione tecnica ribadisce infine che le funzioni dell'Agenzia saranno svolte dal Ministero del lavoro utilizzando le risorse presenti sull'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 14 della legge n. 133/1999, iscritte nel capitolo 3526 dello stato di previsione del Ministero del lavoro.

L’integrazione della relazione tecnica, presentata nel corso dell’esame al Senato a corredo dell’emendamento 1.900 del Governo che ha modificato le norme in esame, non fornisce ulteriori elementi di valutazione.

 

Al riguardo si osserva che la relazione tecnica non fornisce alcuna indicazione circa l’effettiva possibilità che la riorganizzazione prevista dalle norme in esame possa essere disposta ad invarianza di oneri. Al riguardo appare necessario che siano forniti ulteriori elementi di valutazione anche considerato che i processi di ristrutturazione amministrativa sono suscettibili di determinare, almeno nel breve periodo, l’insorgenza di oneri connessi con la sostituzione delle strutture esistenti con quelle di nuovo impianto.

 

 

Articolo 8, comma 24 (Posizioni dirigenziali presso le Agenzie delle entrate, delle dogane e del territorio)

Le norme prevedono che l’Agenzia del demanio, l’Agenzia delle entrate e l’Agenzia del territorio siano autorizzate ad espletare procedure concorsuali per la copertura delle posizioni dirigenziali vacanti fermi i limiti assunzionali previsti a legislazione vigente. Tali procedure devono concludersi entro il 31 dicembre 2013.

Nelle more dell’espletamento di dette procedure l’Agenzia del demanio, l’Agenzia delle entrate e l’Agenzia del territorio potranno attribuire incarichi dirigenziali a propri funzionari con la stipula di contratti di lavoro a tempo determinato, la cui durata è fissata in relazione al tempo necessario per la copertura del posto vacante tramite concorso. Ai funzionari cui è conferito l’incarico compete lo stesso trattamento economico dei dirigenti.

A seguito dell’assunzione dei vincitori delle procedure concorsuali in questione, l’Agenzia del demanio, l’Agenzia delle entrate e l’Agenzia del territorio non potranno attribuire nuovi incarichi dirigenziali a propri funzionari con la stipula di contratti di lavoro a tempo determinato, fatto salvo la quota di incarichi affidabili a soggetti dotati di specifica professionalità prevista dalla vigente legislazione[74]. È, infine, previsto che gli oneri derivanti dall’attuazione del presente comma si provvede con le risorse disponibili sui bilanci dell’Agenzia del demanio, dell’Agenzia delle entrate e dell’Agenzia del territorio. Alla compensazione degli effetti in termini di fabbisogno e di indebitamento netto pari a 10,3 milioni di euro a decorrere dall'anno 2013, per l'Agenzia delle dogane e per l'Agenzia del territorio, si provvede mediante corrispondente utilizzo del Fondo di cui all'art. 6, comma 2, del decreto legge 7 ottobre 2008, n. 154, convertito con modificazioni dalla legge 4 dicembre 2008, n. 189.

Il Fondo richiamato è finalizzato alla compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali.

 

Il prospetto riepilogativo ascrive al testo originario della norma, che trattava delle sole assunzioni presso l’Agenzia delle entrate, i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica.

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2012

2013

2014

2012

2013

2014

2012

2013

2014

Maggiori spese correnti – Agenzia delle entrate

-

-

-

-

8

8

-

8

8

 

Il prospetto riepilogativo è stato aggiornato per tenere conto degli eventuali effetti sui saldi della successiva autorizzazione alle assunzioni concessa anche all’Agenzia delle dogane ed alla Agenzia del territorio. I maggiori oneri sono valutati come di seguito esposto.

(milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno

Indebitamento netto

 

2012

2013

2014

2012

2013

2014

2012

2013

2014

Maggiori spese correnti – Agenzia del demanio

-

-

-

-

3,9

3,9

-

3,9

3,9

Maggiori spese correnti – Agenzia del territorio

-

-

-

-

6,4

6,4

-

6,4

6,4

Minori spese correnti – Fondo compensazione contributi pluriennali

-

-

-

-

-10,3

-10,3

-

10,3

-10,3

 

 La relazione tecnica riferita al testo originario delle norme dà conto degli oneri connessi con l’autorizzazione ad assumere dirigenti concessa all’Agenzia delle entrate. Detta relazione evidenzia che il richiamo effettuato dalle norme alle procedure di cui all’art. 1, comma 530 della legge 296/2006 e dell’art. 2, comma 2, del decreto-legge n. 203 del 2005, consente di bandire i concorsi e di procedere alle assunzioni senza necessità delle specifiche autorizzazioni da disporre in via amministrativa e con modalità di reclutamento che possono derogare la vigente normativa.

La relazione tecnica chiarisce che le posizioni dirigenziali vacanti nell’Agenzia delle entrate sono coperte attualmente da funzionari "incaricati", ai quali viene corrisposto lo stesso trattamento economico dei dirigenti. L’Agenzia, pertanto, già sostiene interamente il costo per la copertura delle posizioni dirigenziali. Al relativo onere si fa fronte con le risorse assegnate annualmente all’Agenzia e stanziate nel capitolo 3890. Si tratta di un onere che l’Agenzia copre in maniera fissa e continuativa data la necessità inderogabile di presidiare gli uffici dirigenziali (o con dirigenti o con funzionari incaricati, in carenza di dirigenti) e di assicurarne l’operatività. Le somme attualmente per conferire le attuali “reggenze” saranno destinate a coprire parte del costo delle nuove assunzioni.

Agli oneri derivanti dalle assunzioni di personale dirigenziale di cui alla presente disposizione si farà fronte anche con le residue risorse di cui all’articolo 1, comma 345, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e in parte con i fondi disponibili per il rimpiazzo del turn-over 2013 (calcolato sulle cessazioni di personale relative all’anno 2012), ai sensi dell’art. 3, comma 102, della medesima legge n. 244/2007 come modificata e integrata da norme successive.

La relazione tecnica rammenta che il citato comma 345 della legge finanziaria 2008 autorizza l’Agenzia delle Entrate ad effettuare uno specifico programma di reclutamento di personale anche di qualifica dirigenziale. La norma di legge prevede a tale scopo, a decorrere dal 2010, uno stanziamento annuo di 110,1 milioni di euro. Una parte di tali risorse, paria a 91,6 milioni, è stata utilizzata per l’assunzione di circa 2.300 funzionari, mentre 10 milioni servono a coprire la spesa per 2.000 progressioni interne dalla seconda alla terza area. Ne consegue che residuano, per il reclutamento di nuovi dirigenti, 8,5 milioni. Tale somma era stata già destinata a finanziare la spesa a regime per il reclutamento di 175 dirigenti di cui a un precedente concorso (bando del 29 ottobre 2010), annullato da una sentenza del TAR appellata dall’Agenzia. Per quanto concerne il rimpiazzo del turn-over del 2013, calcolato sulle cessazioni 2012, a seguito delle nuove norme in materia di collocamento a riposo, si ipotizza che nel 2012 lasceranno l’Agenzia circa 750 unità per un costo di € 31,1 milioni. La norma consente di rimpiazzare al massimo il 20% delle unità uscite (150 unità), con l’ulteriore limite del 20% della relativa spesa (€ 6,2 milioni).

L’onere conseguente all’applicazione della disposizione, che in relazione ai tempi tecnici necessari per la conclusione delle procedure concorsuali avrà decorrenza dall’anno 2013, viene coperto a valere delle risorse disponibili sul bilancio dell’Agenzia delle entrate.

La relazione tecnica conclude affermando che l’effetto in termini di fabbisogno ed indebitamento netto della PA, valutabile in circa 8.000.000 di euro a decorrere dal 2013, per quanto concerne l’Agenzia delle entrate viene coperto con utilizzo delle maggiori entrate e delle minori spese derivanti dal provvedimento in esame.

La relazione tecnica è stata integrata per tenere conto delle modifiche apportate nel corso dell’esame al Senato che hanno esteso l’applicazione delle norme, originariamente scritte con riferimento alla sola Agenzia delle entrate, anche alle Agenzie delle dogane e del territorio.

La quantificazione dell’onere è basata sui posti da ricoprire che corrispondono al numero delle posizioni di organico ridotto del numero dei posti coperti da dirigenti di ruolo o da coprire con concorsi già banditi o con assunzioni già autorizzate ovvero mediante mobilità. Il numero dei posti da bandire con concorso è determinato come indicato nella tabella che segue.

 

Agenzia

Dotazione dei dirigenti

Dirigenti di ruolo

Mobilità in ingresso

Concorsi banditi

 

Assunzioni già autorizzate

Nuove assunzioni

Dogane

278

84

3

69

0

122

Territorio

334

110

0

0

25

199

 

L’onere viene calcolato ipotizzando che nessuno dei vincitori del nuovi concorsi sia già reggente di un incarico dirigenziale ossia un funzionario già impiegato nell’Agenzia e temporaneamente incaricato di funzioni dirigenziali. A tal proposito la relazione tecnica rileva che qualora un reggente vincesse il concorso da dirigente il maggior onere da sostenere sarebbe nullo mentre se il posto fosse vinto da un esterno in luogo di un reggente il maggior onere ammonterebbe alla retribuzione del funzionario essendo l’onere per la posizione dirigenziale già sostenuto. La maggiore spesa lorda, che include anche gli oneri a carico dell’amministrazione, risulta determinata come riepilogato nella tabella che segue.

 

Agenzia

Nuove assunzioni

In sostituzione di reggenze

Su posti non coperti

Onere per sostituzione reggenze

Onere per nuove assunzioni

Maggior onere

Dogane

122

122

0

7,9 milioni

0

7,9 milioni

Territorio

199

157

42

7,6 milioni

5,1 milioni

12,7 milioni

 

L’onere lordo complessivo è pari a 20,6 milioni e determina un onere netto, una volta considerate le somme incassati dalle finanze pubbliche a titolo di contributi ed imposte, pari a 10,3 milioni di euro a decorrere dal 2013 per le assunzioni presso le agenzie delle dogane e del territorio.

Si rammenta infine che il Governo, in una nota di risposta alle osservazioni avanzate dal Servizio bilancio del Senato, ha fornito ulteriori elementi informativi. In particolare è stato chiarito che gli attuali reggenti in servizio presso l’Agenzia delle entrate sono 693 e che si intende bandire un concorso per 600 posizioni da dirigente da riservare, per il 50 per cento, a personale interno. Il costo medio per posizione dirigenziale è stato assunto pari a 90.000 euro mentre per un funzionario è stimato pari a 48.800 euro annui. Gli oneri deriveranno solo per la copertura dei 300 posti non già coperti da funzionari in servizio presso l’agenzia. In tale ipotesi l’onere da sostenere non è pari alla retribuzione del dirigente (un dirigente esterno sostituisce uno interno con pari retribuzione) ma dalla copertura di un posto da funzionario cui è nuovamente assegnato il funzionario reggente non vincitore di concorso. L’onere è dunque pari a 48.800 euro per 300 unità ossia a 14.640.000 euro. Tale spesa è interamente coperta dalle disponibilità di bilancio dell’Agenzia delle entrate appositamente quantificate dalla relazione e nettizzate per 6,6 milioni di euro che riaffluiscono all’erario a titolo di gettito fiscale.

 

 

Al riguardo si rileva che:

la norma non reca alcuna indicazione volta a limitarne la portata applicativa con riferimento al numero delle unità di personale dirigenziale da assumere.

Alcune ipotesi circa il numero delle unità di personale da assumere, riferite alle Agenzie delle dogane e del territorio ma non all’Agenzia delle entrate, sono contenute  nella relazione tecnica. Le ipotesi circa le unità da assumere presso l’Agenzia dell’entrate sono formulate solo nella nota di risposta del governo alle osservazioni avanzate dal servizio bilancio del Senato. Tali ipotesi, peraltro, non trovano riscontro testuale nel tenore delle norme che sono le sole idonee a costituire presidio a salvaguardia degli equilibri di finanza pubblica.

Si rammenta, come anche evidenziato nel corso dell’esame al Senato[75], che una recente sentenza del T.A.R.[76] ha annullato la norma del regolamento dell'Agenzia delle entrate che la ha sinora consentito di affidare a propri funzionari incarichi dirigenziali col solo limite dei posti vacanti. Da informazioni apparse sulla stampa specializzata, risulta inoltre che dei 1.143 posti nell'organico dei dirigenti di seconda fascia dell'Agenzia delle entrate, solo 376 sarebbero occupati da Dirigenti di ruolo, mentre i restanti 767 sarebbero lasciati vacanti o coperti ad interim da funzionari apicali[77].

La norma autorizza fino al 31 dicembre 2013, ossia nelle more dell’espletamento delle procedure concorsuali previste, la stipula di contratti da dirigente a tempo determinato in favore di propri dipendenti e fa salvi gli incarichi già affidati senza parimenti indicarne il numero. Tale autorizzazione è concessa senza che nel periodo che la prevede siano richiamate le norme limitative delle assunzioni. Tale richiamo è presente, invece, nel periodo precedente ma potrebbe intendersi riferito alle sole procedure concorsuali da espletare per la copertura dei posti vacanti;

la proroga dei contratti in essere e la possibilità di stipula di contratti da dirigente a tempo determinato può essere immediatamente disposta e produrre dunque effetti già a partire dall’anno 2012 mentre i possibili oneri, secondo il prospetto riepilogativo degli effetti allegato al provvedimento, sono scontati a decorrere dal 2013;

la relazione tecnica non dà conto, per le Agenzie del demanio e del territorio dell’effettiva sussistenza di disponibilità atte a fronteggiare l’onere recato dalle norme.

Tale evidenza viene invece resa per l’Agenzia delle entrate;

la nettizzazione degli effetti di spesa è stata effettuata prevedendo un abbattimento della spesa del 50 per cento per l’Agenzia delle dogane e per l’Agenzia del territorio (da una spesa complessiva lorda di 20,6 milioni di euro si passa ad un onere netto di 10,3 milioni) mentre l’abbattimento calcolato per l’Agenzia dell’entrate è pari circa al 46 per cento dell’onere complessivo (da 14,7 a 8 milioni di euro). Non risultano evidenti le ragioni in base alle quali si sia deciso di utilizzare percentuali di nettizzazione diverse.

Appare pertanto necessario che il Governo esprima le proprie considerazioni circa i punti sopra evidenziati allo scopo di assicurare che le disposizioni in esame non siano suscettibili, nella loro attuale formulazione, di recare ulteriori oneri a carico della finanza pubblica.

A tal proposito si rileva che la disposizione che stabilisce che agli oneri derivanti dall’attuazione delle norme le Agenzie provvedono con proprie disponibilità di bilancio sembra finalizzata solo ad escludere effetti in termini di saldo netto da finanziare ossia trasferimenti a carico dello Stato. La relazione tecnica, infatti, conferma l’insorgenza di oneri e il tenore della norma li conferma recando un’apposita copertura.

 

 

In merito ai profili di copertura finanziaria, con riferimento all’articolo 8, comma 24, si ricorda che le risorse del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all’attualizzazione di contributi pluriennali, di cui all’articolo 6, comma 2, del decreto-legge n. 154 del 2008 sono iscritte nel capitolo 7593 dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, che sulla base di quanto disposto dalla legge di bilancio per il 2012 prevede uno stanziamento di cassa di 587 milioni  di euro per l’anno 2013 e 475 milioni di euro per l’anno 2014.

 

 

Articolo 8, comma 24-bis (Assunzioni presso il Corpo della Guardia di finanza)

Le norme autorizzano il Corpo della Guardia di finanza a effettuare, nel triennio 2013 - 2015, un piano straordinario di assunzioni nel ruolo degli ispettori, nei limiti numerici e di spesa previsti dall'art. 66, comma 9-bis, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, allo scopo utilizzando il cinquanta per cento delle vacanze organiche esistenti nel ruolo degli appuntati e dei finanzieri del medesimo Corpo.

L’articolo 66, comma 9-bis, del decreto legge n. 112/2008 prevede che a decorrere dall'anno 2010 i Corpi di polizia possono procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato, nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente a una spesa pari a quella relativa al personale cessato dal servizio nel corso dell’anno precedente e per un numero di unità non superiore a quelle cessate dal servizio nel corso dell’anno precedente.

Le unità da assumere sono stabilite annualmente, assicurando l'invarianza di spesa a regime, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, e sono considerate a tutti gli effetti in sovrannumero all'organico del ruolo ispettori, da riassorbire per effetto dei passaggi degli ispettori in altri ruoli della Guardia di finanza.

Le assunzioni di cui al presente comma devono in ogni caso garantire l'incorporamento nella carriera iniziale del medesimo Corpo dei volontari delle Forze armate già vincitori dei concorsi banditi alla data di entrata in vigore del presente decreto.

 

Il prospetto riepilogativo non considera le norme.

 

La relazione tecnica chiarisce che le assunzioni nella Guardia di finanza sono effettuate nell'ambito del turn over previsto, a legislazione vigente, dall'articolo 66, comma 9-bis, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, il quale consente, ogni anno, di reclutare nel doppio limite della spesa corrispondente alle cessazioni dal servizio verificatesi nell'anno precedente e del numero complessivo delle cessazioni intervenute nel medesimo anno.

Le assunzioni, comunque, presuppongono l’esistenza di vacanze di organico nei ruoli, conseguentemente, prosegue la relazione tecnica, la maggior parte delle nuove assunzioni effettuabili è destinata al reclutamento delle categorie di personale che presentano maggiori deficienze organiche, a scapito di altre, quali quella degli ispettori che, seppur prossime alla saturazione e, quindi, non ulteriormente alimentabili, rappresentano una delle risorse più qualificate per l'efficace perseguimento della missione del Corpo.

La norma si propone quindi l'obiettivo, nel rispetto dei limiti imposti dalla normativa sul predetto turnover, di procedere a un piano straordinario di reclutamenti nel triennio 2013 - 2015, allo scopo di potenziare il dispositivo di contrasto all'evasione fiscale e alle frodi in danno del bilancio dello Stato e dell'Unione Europea. A tal fine è previsto l'utilizzo delle vacanze organiche esistenti nel ruolo appuntati e finanzieri, categoria con compiti essenzialmente di carattere esecutivo, per il reclutamento di ispettori, figure professionali, aventi compiti di concetto, più precipuamente impiegabili nella suddetta missione istituzionale della Guardia di finanza, oggi più che mai essenziale per il recupero di risorse

finanziarie sottratte all'Erario e quindi al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica. Tale misura permetterebbe di disporre di un numero superiore di risorse qualificate. L'intervento normativo non comporterebbe, secondo la relazione tecnica, nuovi o maggiori oneri. Infatti, utilizzando parte delle vacanze organiche esistenti nel ruolo "appuntati e finanzieri", pari a 2.242 unità al gennaio 2012 (25.565 di effettivi, a fronte di 27.807 di organici), potranno essere effettuate, nel predetto triennio, assunzioni di ispettori nella misura che sarà stabilita con apposito decreto annuale del Ministro dell'economia e delle finanze, applicando un tasso di trasformazione di unità da finanziere a maresciallo[78] in modo da assicurare la neutralità finanziaria a regime.

Le unità in soprannumero saranno riassorbite per effetto dei passaggi di detti ispettori nei ruoli sovraordinati, a seguito degli ordinari concorsi, secondo le disposizioni vigenti. La norma prevede altresì che, in ogni caso, sarà garantita ai volontari delle Forze armate, già vincitori dei concorsi banditi prima dell'entrata in vigore del decreto-legge in conversione e attualmente in regime di ferma quadriennale presso le stesse Forze armate, l'immissione nel ruolo"appuntati e finanzieri" del Corpo (attualmente, sono da incorporare 266 unità nel 2015 e 350 nel 2016), al termine della predetta ferma, a copertura dei posti destinati a detta categoria nell'ambito delle assunzioni da effettuare con il predetto meccanismo del turn over.

 

Al riguardo si osserva che la disposizione presenta alcuni elementi di novità in relazione alle ordinarie modalità adottate per il riassorbimento delle posizioni soprannumerarie e per la sterilizzazione dei possibili effetti finanziari:

per quanto riguarda il riassorbimento si rileva che la norma lo dispone per effetto dei passaggi degli ispettori in ruoli sovra ordinati della Guardia di finanza mentre è prassi che lo stesso sia correlato al verificarsi delle successive cessazioni. A tal proposito si rileva che il meccanismo adottato risulta meno efficiente, ai fini del riassorbimento, favorendo la permanenza della situazione di sovradimensionamento del ruolo degli ispettori;

per quanto riguarda la neutralizzazione degli effetti finanziari è stabilito che debba essere garantita la sterilizzazione degli effetti a regime mentre, in genere, si prevede l’indisponibilità di un numero di posizioni finanziariamente equivalenti. A tal proposito si rileva che né la norma, né la relazione tecnica indicano quante siano le unità che si intendono assumere nel ruolo degli ispettori e la genericità della formula adottata nel testo, che fa riferimento ad effetti a regime, non consente di comprendere se la neutralità finanziaria sia garantita in ogni esercizio finanziario in cui le unità di personale saranno in servizio o, più semplicemente, solo con riferimento ad un determinato esercizio finanziario futuro non meglio precisato.

Più in generale il tenore delle norme e della stessa relazione tecnica sembra suggerire che l’attuale dimensionamento degli organici non corrisponda più alle esigenze funzionali del Corpo. Infatti si preferisce non colmare le vacanze di organico ma mettere posizioni in soprannumero nel ruolo degli ispettori nonostante il ruolo dei finanzieri e degli appuntati presenti vacanze di organico. Se tale è il fine della norma sembrerebbe più corretto procedere ad una vera propria ridefinizione degli organici dei singoli ruoli provvedendo alla debita copertura dell’eventuale maggior onere connesso alla nuova dotazione.

Su tali aspetti appare necessario acquisire l’avviso del Governo.

 

 

Articolo 8, commi 25 e 25-bis - Certificazione dell’utilizzo di contributi

Le norme introducono l’articolo 13, comma 3-quinquies, del DL 112/2008, in materia di certificazione dell’utilizzo di contributi statali nell’ambito del Fondo per la tutela dell’ambiente e la promozione dello sviluppo del territorio, di cui al comma 3-quater del medesimo articolo. In particolare, le disposizioni prevedono che con decreto siano disciplinate le modalità di dette certificazioni, le quali sono trasmesse agli Uffici territoriali del Governo. Gli uffici ne danno quindi comunicazione alle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti competenti per territorio. Le relazioni conclusive e le certificazioni previste dai decreti ministeriali, nonché il rendiconto annuale previsto per gli enti locali, sono sostituiti dalle certificazioni disciplinate dalle norme in esame.

Viene altresì introdotto il comma 25-bis, recante l’interpretazione autentica relativa ai suddetti contributi statali erogati al Fondo per la tutela ambientale. Le norme specificano che gli stessi sono assegnati agli enti destinatari per interventi realizzati o da realizzare nei rispettivi territori per il risanamento e il recupero ambientale e lo sviluppo economico dei territori stessi.

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Il prospetto riepilogativo non considera la norma.

 

La relazione tecnica riferita al testo originario afferma che le norme hanno l’obiettivo di potenziare la fase del controllo successivo dei micro finanziamenti concessi a valere sul Fondo per la tutela dell’ambiente e lo sviluppo del territorio, attribuendo il riscontro della certificazione delle opere realizzate agli Uffici territoriali del Governo e alle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, cioè agli organi che, per la vicinanza territoriale ai soggetti beneficiari, possono più efficacemente assicurare la verifica del rispetto del vincolo di destinazione cui soggiacciono detti contributi. Si semplificano inoltre gli adempimenti a carico degli enti locali beneficiari, prevedendo un’unica certificazione in sostituzione del rendiconto annuale, di cui all’articolo 158 del D. Lgs. 267/2000 e della relazione conclusiva prevista dai decreti attuativi.

La RT afferma, infine, che le norme in esame non hanno effetti per la finanza pubblica.

La RT riferita all’emendamento 5.1000 dei relatori, che ha introdotto il comma 25-bis, afferma che le norme non determinano effetti negativi sui saldi di finanza pubblica, riguardando disposizioni di natura interpretativa per l’assegnazione agli enti destinatari di contributi statali concessi a valere sul Fondo per la tutela dell’ambiente e la promozione dello sviluppo del territorio.

 

In merito ai profili di quantificazione, non si hanno osservazioni da formulare nel presupposto – su cui appare opportuno acquisire una conferma – che i soggetti cui compete il controllo delle certificazioni in esame (Uffici territoriali del Governo e Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti) svolgano i relativi adempimenti nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente. 

Articolo 9, comma 1 (Nuovi strumenti di indagine a disposizione degli uffici doganali)

La norma integra l’articolo 11, comma 4, del decreto legislativo 8 novembre 1990, n. 374, laddove è prevista la disciplina per la richiesta di "accesso" ai dati degli intermediari bancari in materia di accertamento dei tributi doganali, aggiungendo, in fine, un periodo in cui si stabilisce che le autorizzazioni per le richieste possano essere rilasciate dal Direttore regionale o interregionale dell'Agenzia delle dogane e, limitatamente alle Province autonome di Trento e Bolzano, dal Direttore provinciale.

 

Il prospetto riepilogativo non considera la norma.

 

La relazione tecnica afferma che attualmente l’Agenzia delle dogane può chiedere informazioni agli intermediari finanziari esclusivamente nell’ambito dei controlli sugli elenchi riepilogativi INTRA.

Il potere di autorizzare le richieste è del Direttore Regionale.

Per intercettare e contrastare le frodi commerciali, i traffici illeciti ed ogni altra frode connessa al commercio internazionale, si propone di estendere anche ai controlli a posteriori (quelli sulle dichiarazioni il cui accertamento è divenuto definitivo) la facoltà di chiedere agli istituti di credito, a Poste Italiane S.p.A. e altri soggetti che svolgono attività di intermediazione finanziaria e creditizia, dati ed informazioni utili a ricostruire la provenienza e la destinazione, nonché la consistenza dei flussi finanziari collegati o collegabili a flussi di merci, nonché l’identità dei soggetti coinvolti.

La RT conclude che l’intervento normativo in esame non comporta effetti finanziari.

 

In merito ai profili di quantificazione non si hanno osservazioni da formulare.

 

Articolo 9, comma 2 (Elementi per la compilazione della dichiarazione annuale nel settore dell’energia elettrica)

La norma introduce il nuovo comma 8-bis all'art. 53 del d.lgs. n. 504 del 1995. Con la novella si prescrive che, ai fini dell'accertamento del debito d'imposta, tra gli elementi da considerare per la compilazione della dichiarazione di consumo annuale che i soggetti obbligati al pagamento dell'accisa sull'energia elettrica devono presentare al competente Ufficio dell'agenzia delle dogane, vi è anche l'indicazione dei consumi fatturati nell'anno, con l'applicazione delle aliquote di accisa vigenti al momento della fornitura ai consumatori finali.

 

Il prospetto riepilogativo non considera la norma.

 

La relazione tecnica afferma che la disposizione non comporta effetti.

La relazione illustrativa precisa che la disposizione è necessaria al fine di chiarire alcuni dubbi interpretativi a seguito della liberalizzazione del mercato elettrico.

 

 

In merito ai profili di quantificazione non si hanno osservazioni da formulare.

 

 Articolo 9, comma 3 (estensione della disciplina dei privilegi dei crediti IVA ai crediti dello Stato attinenti le risorse proprie tradizionali)

La norma prevede che i crediti dello Stato riguardanti le risorse proprie del bilancio dell’Unione europea di cui all’articolo 2, paragrafo 1, lettera a)[79], della Decisione del Consiglio del 7 giugno 2007, n. 2007/436/CE, Euratom, sono equiparati ai fini del codice civile, relativamente ai privilegi, ai crediti dello Stato per l’IVA.

 

Il prospetto riepilogativo non considera la norma.

 

La relazione tecnica afferma che la norma si rende necessaria per garantire, come più volte sollecitato dalla Corte di Giustizia, che i crediti comunitari afferenti le risorse proprie tradizionali abbiano un trattamento uguale a quello spettante ai crediti nazionali.

Sebbene le interpretazioni del diritto comunitario contenute nelle sentenze della Corte abbiano efficacia diretta negli ordinamenti degli Stati membri, secondo la R.T. si rende necessario un intervento normativo alla luce del fatto che molteplici comportamenti discriminatori delle risorse proprie tradizionali rispetto ai tributi nazionali sono stati constatati sia nell’ambito delle procedure fallimentari, che a fronte di pagamenti parziali agli agenti della riscossione. La norma in esame si limita, peraltro, ad affermare espressamente un principio già contenuto, e più volte ribadito, nelle sentenze della Corte di giustizia.

La relazione precisa inoltre che, per quanto attiene ai riflessi finanziari sul gettito IVA, si stima che l’intervento normativo non comporti effetti a carico del bilancio dello Stato.

 

In merito ai profili di quantificazione, non si formulano osservazioni

 

Articolo 9, commi 3-bis - 3-sexies (Riscossione risorse proprie dell’UE)

La norma, introdotta nel corso dell’esame in prima lettura al Senato, detta alcune disposizioni volte a rendere più efficace l’accertamento e la riscossione delle risorse proprie tradizionali e della connessa IVA all’importazione. In particolare si prevede:

gli atti di accertamento emessi dall'Agenzia delle Dogane ai fini della riscossione delle risorse proprie tradizionali[80] e della connessa IVA all'importazione, diventano esecutivi decorsi dieci giorni dalla notifica e, oltre a contenere l'intimazione ad adempiere entro il termine di dieci giorni dalla ricezione dell'atto, devono anche espressamente recare l'avvertimento che, decorso il termine ultimo per il pagamento, la riscossione delle somme richieste, in deroga alle disposizioni in materia di iscrizione a ruolo, è affidata in carico agli agenti della riscossione, anche ai fini dell'esecuzione forzata, con le modalità determinate con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Dogane, di concerto con il Ragioniere Generale dello Stato;

l'agente della riscossione, sulla base del titolo esecutivo suddetto, e senza la preventiva notifica della cartella di pagamento, procede all'espropriazione forzata con i poteri, le facoltà e le modalità previste dalle disposizioni che disciplinano la riscossione a mezzo ruolo;

a partire dal primo giorno successivo al termine ultimo per il pagamento, le somme richieste sono maggiorate degli interessi di mora nella misura indicata dall'articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602;

la dilazione del pagamento prevista dall'articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, può essere concessa solo dopo l'affidamento del carico all'agente della riscossione.

 

Il prospetto riepilogativo non considera la norma.

 

La relazione tecnica afferma che la modifica normativa in esame, tenuto conto dei tempi medi necessari agli uffici dell’Agenzia delle dogane per procedere all’iscrizione a ruolo e quelli necessari agli agenti della riscossione per lo svolgimento delle fasi prodromiche all’inizio delle attività esecutive, comporterà una contrazione dei tempi di recupero dei crediti afferenti alle risorse proprie tradizionali ed all’Iva all’importazione stimabile in non meno di dodici mesi. Tale contrazione si dovrebbe tradurre anche in una riduzione delle somme da mettere a disposizione del bilancio comunitario, a titolo di responsabilità finanziaria, ogniqualvolta l’Esecutivo comunitario ascriva il mancato recupero di risorse proprie tradizionali da parte del Governo italiano alla tardività con la quale sono state avviate le relative procedure nazionali di recupero.

La RT, al fine di stimare gli effetti finanziari che si potrebbero conseguire dalla modifica normativa in esame, evidenzia che per gli anni 2009 e 2010, la RGS – I.G.R.U.E., su richiesta dell’Agenzia delle dogane, ha versato, a titolo straordinario, al bilancio comunitario, per risorse proprie tradizionali, al netto delle spese di riscossione, un importo complessivo pari a euro 14.872.183,27 (di cui 949.521,38 euro per il 2009 e 13.922.661,99 euro per il 2010).

La RT precisa che nel calcolo non sono stati presi in considerazione gli importi messi a disposizione a seguito delle sentenze di condanna pronunciate dalla Corte di Giustizia dell’unione europea nei riguardi della Repubblica italiana relative alle cause C-239/06 e C-387/05 del 15/12/2009 e C-334/08 dell’8/07/2010.

La RT, considerando che circa il 50% del suddetto importo è stato messo a disposizione del bilancio comunitario in quanto la Commissione Europea ha contestato al Governo italiano il ritardo con il quale erano state avviate le procedure esecutive rispetto alla data di accertamento, stima che, con la modifica normativa in esame, potrebbe conseguirsi, prendendo come riferimento i dati del 2009 e del 2010, un risparmio di circa 7,5 milioni di euro, più gli interessi di mora.

 

In merito ai profili di quantificazione non si hanno rilievi da formulare dal momento che, con carattere di prudenzialità, i risparmi stimati dalla RT non risultano scontati nei saldi di finanza pubblica.

 

Articolo 10 (Norme in materia di giochi)

Le norme autorizzano l’Amministrazione dei Monopoli (AAMS) a costituire, avvalendosi di risorse proprie, un Fondo destinato al controllo delle operazioni di gioco, di importo non superiore a 100.000 euro annui. Autorizzano inoltre il personale dell’AAMS, della Polizia, dei Carabinieri e della Guardia di finanza, ad effettuare operazioni di gioco (scommesse e apparecchi da intrattenimento) al fine di acquisire elementi di prova di violazioni (comma 1).

Eventuali vincite conseguite nell’esercizio di tali attività sono riversate al Fondo per il controllo delle operazioni di gioco. Potrà avere accesso al medesimo Fondo, oltre al personale dell’AAMS, anche il personale della Polizia, dei Carabinieri e della Guardia di finanza.

Il controllo antimafia viene esteso anche nei confronti di familiari (coniuge non separato, parenti ed affini entro il terzo grado) dei rappresentanti legali delle società concessionarie di giochi. Vengono inoltre introdotte, fra la cause ostative alla partecipazione a gare pubbliche o alla concessione di giochi, anche i reati contro la pubblica amministrazione, le dichiarazioni fiscali fraudolente e l'usura (comma 2).

Con un emendamento al comma 2, approvato in prima lettura dal Senato, è stato previsto l’obbligo, per tutti i soggetti operanti nella filiera del gioco, di effettuare i versamenti non in contanti ma con modalità che assicurino la tracciabilità dei pagamenti[81].

Viene demandata ad apposito regolamento ministeriale la modifica della disciplina dei giochi e delle scommesse relativa alle corse dei cavalli, contenuta nel DPR 169/1998 (comma 3).

Tale revisione è finalizzata a: razionalizzare e rilanciare il settore dell’ippica; assicurare la trasparenza e la regolarità dello svolgimento delle competizioni; incrementare l’efficienza e l’economicità nell’organizzazione e nella gestione dei giochi; assicurare il coordinamento tra il Ministero dell’economia e il Ministero delle politiche agricole; ripartire i proventi - al netto delle imposte - in modo da garantire l’espletamento dei compiti istituzionali dell’ASSI (ex Unire); realizzare un sistema organico di misure volte alla promozione della salute e del benessere dei cavalli.

Si ricorda che ai sensi del DPR 169/1998 l'UNIRE (ente di diritto pubblico) doveva destinare annualmente al perseguimento delle proprie finalità quote adeguate dei proventi derivati dalle scommesse, al netto delle imposte e delle spese per l'accettazione e la raccolta delle scommesse sulle corse dei cavalli per l'impianto e l'esercizio dei totalizzatore nazionale. Le finalità perseguite dall’ente, alle quali dovevano essere destinate le predette quote dei proventi erano fra l’altro: il sostegno dell'allevamento, l’incentivazione di piani occupazionali, il contrasto del lavoro irregolare e dell'evasione contributiva, iniziative previdenziali ed assistenziali e di formazione in favore degli addetti, il finanziamento degli ippodromi, anche con riferimento alla remunerazione per l'utilizzo delle immagini delle corse, la costituzione di centri di allenamento e di allevamento, la realizzazione di strutture veterinarie. Con il successivo articolo 14, comma 28, del DL 98/2011 è stata prevista la trasformazione dell'UNIRE in Agenzia per lo sviluppo del settore ippico (ASSI).

Si ricorda che il citato DPR 169/1998 reca anche la disciplina fiscale delle scommesse ippiche, con particolare riferimento alla base imponibile, ai soggetti passivi, alle aliquote, alle modalità di accertamento, liquidazione e pagamento dell'imposta.

Viene modificata la posta unitaria minima di gioco per le scommesse sulle corse dei cavalli, che passa dagli attuali 50 centesimi a un importo variabile fra 5 centesimi e 1 euro. Resta invece inalterato l’importo minimo per ogni biglietto giocato, che non può essere inferiore a 2 euro (comma 4).

Si prevede che l’AAMS, il Ministero delle politiche agricole  e l’Agenzia per lo sviluppo del settore ippico (ASSI) procedano alla definizione, anche in via transattiva (con abbandono di ogni controversia pendente), di tutti i rapporti controversi  secondo specifici criteri indicati dal testo (comma 5).

La definizione transattiva dovrà seguire i seguenti criteri:

-         a decorrere dal 2012, le spese per il  totalizzatore nazionale per la gestione delle scommesse ippiche vengono ripartite fra AAMS e ASSI, al 50 per cento ciascuna. Restano in capo ad AAMS le medesime  spese sostenute fino al 31 dicembre 2011. Conseguentemente l’ASSI è autorizzata a destinare al finanziamento dei montepremi delle corse le somme accantonate in bilancio (per le predette regolazioni ) al 31 dicembre 2011;

-         relativamente alle quote di prelievo di cui all’articolo 12 del DPR 169/1998, n. 169, la definizione dovrà avvenire applicando una riduzione (non superiore al 5 per cento) delle somme ancora dovute dai concessionari, con l’individuazione delle modalità di versamento delle relative somme e l’adeguamento delle garanzie fideiussorie. Conseguentemente è abrogato l’articolo 38, comma 4,  lettera l), del DL 223/2006 (=salvaguardia dei concessionari della raccolta di scommesse ippiche).

Si prevede che il Ministero delle politiche agricole, nell’ambito delle sue disponibilità, destini la somma di 3 milioni di euro nel 2012 per un programma di

comunicazione finalizzato al rilancio dell’ippica (comma 6).

Viene consentito all’Istituto per lo sviluppo agroalimentare (ISA SpA) di intervenire finanziariamente, nell’ambito del capitale disponibile, in programmi di sviluppo del settore ippico presentati da soggetti privati (comma 7).

L’ISA SpA è una finanziaria per il settore agricolo, agro-industriale e agro-alimentare istituita nell’ottobre 2004 allo scopo di subentrare nelle attività allora svolte nel settore da Sviluppo Italia. In particolare ad ISA - società interamente partecipata dal Ministero delle politiche agricole – è stato attribuito il compito di assumere partecipazioni in società operanti in agricoltura e nell’agro-alimentare, e di erogare assistenza e consulenza nel settore finanziario ad aziende e enti pubblici e privati. Si ricorda che la legge 183/2011 (legge di stabilità 2012) ha autorizzato l’ISA a versare all’entrata del bilancio dello Stato, entro il 31 gennaio 2012, la somma di 32,4 milioni di euro, entro il 31 gennaio 2013, la somma di 9,2 milioni di euro ed entro il 31 gennaio 2014 la somma di 9,2 milioni di euro. Il prospetto riepilogativo non ascriveva alla norma effetti sui saldi di finanza pubblica, in quanto si trattava di una delle disposizioni attuative delle misure di riduzione della spesa dei Ministeri previste dall’articolo 10, comma 2, del DL 98/2011 e dall’articolo 1, comma 1, del DL  138/2011. La relazione tecnica affermava che i predetti versamenti erano compatibili, sotto il profilo operativo, con l’assetto di bilancio dell’Istituto e con il perseguimento – sia pure in forma ridotta – degli obiettivi di sostegno al settore agroalimentare.

Viene abrogata  la norma in base alla quale l’AAMS può disporre, con propri direttoriali, l'attivazione di nuovi giochi di sorte legati al consumo (comma 8).

Viene confermato (con norma di rango primario) il decreto direttoriale AAMS del 12 ottobre 2011, con cui erano stati introdotti interventi di incremento del prelievo in materia di giochi, al fine di assicurare maggiori entrate complessive pari a 1,5 miliardi di euro annui[82]. Vengono inoltre apportate le seguenti modifiche al medesimo decreto direttoriale (comma 9):

-        vengono anticipati i termini (previsti dagli artt. 2 e 3 del decreto)  entro i quali dovranno essere introdotte nuove modalità di gioco e di raccolta con riferimento al Lotto e ai giochi numerici a totalizzatore (per es. Superenalotto o Vinci per la vita): tali termini vengono anticipati, nel caso del Lotto, dal 31 dicembre 2012 al 1° settembre 2012, nel caso dei giochi a totalizzatore, dal 31 dicembre  2012 al 1° luglio 2012;

-        viene differito dal 1° gennaio 2012 al 1° settembre 2012 il termine (previsto dall’art. 5 del decreto) a decorrere dal quale i prelievi sulle vincite, per gli apparecchi da gioco di ultima generazione  (VLT “video lottery terminal”),  devono essere trattenuti all'atto del pagamento delle stesse e poi versati dal concessionario unitamente al primo versamento utile della quota della raccolta del gioco dovuta all'erario.

La RT allegata all’emendamento[83] con cui sono state introdotte nel testo le integrazioni del decreto direttoriale in esame afferma – con riguardo al differimento di otto mesi del meccanismo di versamento dei prelievi sulle vincite – che con tale disposizione viene rinviata l’applicazione del diritto del 6% sulla quota delle vincite superiore a 500 euro.

Viene integrata la norma (articolo 24, comma 40, del DL 98/2011) con cui era stata prevista l’istituzione di un nuovo concorso numerico da svolgersi in ambito europeo. In particolare viene disposto – ferma restando la ripartizione delle somme di gioco già prevista[84] - che le vincite non riscosse al di sopra dei 10 milioni di euro siano destinate a montepremi (comma 9-bis).

Viene previsto che le controversie aventi ad oggetto i provvedimenti emessi dall'AAMS in materia di giochi pubblici con vincita in denaro e quelli emessi dall'autorità di polizia relativi al rilascio di autorizzazioni in materia di giochi pubblici con vincita in denaro siano di competenza del TAR del Lazio (comma 9-ter).

Viene stabilito che l'articolo 2, comma 2, primo periodo, del DL 40/2010 si interpreta nel senso che la norma trova applicazione nei riguardi delle concessioni pubbliche statali i cui bandi di gara siano stati pubblicati successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del DL (comma 9-quater).

L'articolo 2, comma 2, primo periodo, del DL 40/2010 vieta ogni pratica o rapporto negoziale di natura commerciale con soggetti terzi non precedentemente previsti in forma espressa e regolati negli atti di gara (per concessioni pubbliche statali generatrici di entrate erariali). Prevede, inoltre, la  nullità di ogni diverso provvedimento di assenso amministrativo di tali pratiche e rapporti, anche se già adottato: in tal caso, le somme percepite dai concessionari devono essere versate all'amministrazione statale concedente.

 

Il prospetto riepilogativo non considera le norme.

 

La relazione tecnica riferita al testo originarioafferma che le norme non comportano effetti onerosi. Infatti, da un lato, conferiscono ad AAMS nuovi poteri di verifica nel comparto dei giochi pubblici, dall'altro introducono misure specifiche di revisione della disciplina delle scommesse ippiche e i relativi aspetti gestionali.

Nello specifico, la RT fornisce i seguenti dati ed elementi:

-        il finanziamento del Fondo per il controllo delle operazioni di gioco (comma 1) avverrà nell'ambito delle risorse già assegnate all'AAMS, senza ulteriori oneri a carico del bilancio dello Stato;

-        il comparto dell’ippica è stato stabilmente finanziato con i proventi derivanti dalle scommesse ippiche (che, allo stesso titolo, determinano, seppure in misura non corrispondente, entrate erariali). Nel quadriennio 2008-2011, stante la situazione di crisi dell'ippica, le entrate erariali del settore sono passate da oltre 100 milioni di euro a circa 65 milioni, nel 2011, con una previsione di ulteriore calo di circa il 20 per cento per l'anno 2012. I commi da 3 a 5 intervengono quindi, nel loro complesso, per introdurre modifiche alla regolamentazione della raccolta volte a concretizzarsi nella più ampia ridefinizione della disciplina dell'intero comparto;

-        il comma 3, in particolare, non comporta oneri a carico del bilancio dello Stato, trattandosi di modifiche regolamentari di tipo prettamente organizzativo;

-        il comma 4, pur rivedendo al ribasso la posta unitaria minima di gioco (dagli attuali 50 centesimi di euro a 5 centesimi), lascia inalterato  l'importo minimo di 2 euro per ogni biglietto di gioco. L'intervento non comporta alcun effetto negativo per l’erario ed è unicamente finalizzato a rendere più accattivante il prodotto scommessa ippica offrendo al giocatore la possibilità di variare maggiormente la posta di gioco;

-        la norma  [comma 5, lettera a)] che prevede la definizione transattiva delle controversie relative alle spese per il totalizzatore nazionale da parte di AAMS per le annualità fino al 2011 ha un impatto neutrale in termini di costi, trattandosi di spese già sostenute. La sua unica funzione è quella di dirimere giuridicamente situazioni incerte;

-        la norma [comma 5, lettera b)] sulla definizione transattiva delle controversie in materia di prelievo sulle scommesse è finalizzata a porre termine alla vicenda dei cosiddetti "minimi garantiti", per la quale esistono diverse pronunce di lodo arbitrale sfavorevoli all'Amministrazione pubblica, per le quali è stato proposto appello. La norma, prevedendo la risoluzione in via equitativa, non genera nel complesso minori entrate, anche in considerazione di un possibile esito sfavorevole dell’appello per i Ministeri coinvolti (Economia e Politiche agricole);

-        la realizzazione di  un programma di comunicazione per il rilancio dell'ippica (comma 6) non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Infatti le risorse necessarie all'attuazione del programma rientrano nell'importo di 14,8 milioni di euro, che, in attuazione del decreto legge n. 201 del 2011, sono stati versati all’entrata, per l'anno 2012, e sono in corso di riassegnazione sul capitolo 7810 dello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole per il finanziamento della legge 499/1999. Pertanto il programma sarà realizzato con risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente nell'ambito del rifinanziamento della legge richiamata;

-        il finanziamento, da parte di ISA SpA, degli eventuali programmi di sviluppo del settore ippico (comma 7) non comporta oneri a carico della finanza pubblica, in quanto avviene nell'ambito delle disponibilità di bilancio della stessa società;

-        la soppressione dei giochi di sorte legati al consumo (comma 8) riguarda una tipologia di giochi ("resto in gioco") la cui raccolta non è stata mai avviata. Pertanto la norma non comporta oneri a carico del bilancio dello Stato, atteso iI già avvenuto raggiungimento e superamento del livello di entrate imputato al settore dei giochi dal decreto legge con cui tale previsione era stata introdotta (articolo 12 del DL 39/2009);

-        il comma 9 è meramente ricognitivo ed ha lo scopo di dare maggior fondamento ai provvedimenti già adottati dal Direttore generale di AAMS ai sensi dell'articolo 2, comma 3, del decreto legge n. 138 del 2011[[85]].

 

La relazione illustrativa precisa che il comma 1 consentirà ai dipendenti di AAMS di effettuare operazioni di gioco dissimulate utilizzando le risorse del nuovo Fondo per il controllo delle operazioni di gioco. Con riferimento al comma 9, precisa che il decreto del Direttore generale dell'AAMS 12 ottobre 2011 è stato impugnato e sospeso, in sede giurisdizionale, da una pluralità di concessionari. Il decreto, introducendo una serie di interventi incrementativi del prelievo in materia di giochi, nonché nuove formule di gioco, concorreva in modo preponderante ad assicurare, per il triennio 2012-2014, la previsione di maggiori entrate complessive per 1,5 miliardi di euro all’anno[86].

 

La Nota del Ministero dell’economia[87]  del 19 marzo 2012 afferma che il nuovo  Fondo per il controllo delle operazioni di gioco (comma 1)  è finanziato nell’ambito delle disponibilità del bilancio autonomo di AAMS, senza alcun riversamento, in termini di oneri, sul bilancio dello Stato. La particolarità contabile che caratterizza l’Amministrazione autonoma è la previsione, accanto ai tradizionali capitoli di entrata ministeriali, di capitoli ulteriori nei quali affluiscono versamenti ulteriori, dovuti dagli operatori di gioco, ma anche dai prodotti da fumo, a titolo diverso da quello previsto dal vigente sistema impositivo; tali somme costituiscono i cd. utili di gestione. Su tali utili andrà quindi a gravare l’onere finanziario conseguente all’istituzione del Fondo, nei limiti di capienza di questo (non a caso la norma prevede il limite di 100.000 euro annui).

L’affermazione del MEF risponde ad un rilievo formulato nel corso dell’esame presso il Senato, secondo il quale – fatta salva la finalità principale[88] del comma 1 -  di norma a fronte di  nuovi o maggiori oneri rispetto agli stanziamenti previsti a legislazione vigente andrebbero indicate le risorse poste a copertura (ovvero, nel caso di utilizzo dei soli stanziamenti già disponibili, l’invarianza finanziaria andrebbe comunque adeguatamente dimostrata mediante gli elementi e i dati posti alla base di tale valutazione).

Per quanto attiene alla risoluzione delle controversie di cui al comma 5, lettera b), le stesse attengono a contenziosi in corso con i concessionari delle scommesse ippiche relative al rispetto di un obbligo convenzionale che garantiva allo Stato un pagamento integrativo del prelievo fiscale qualora i concessionari non avessero garantito un determinato gettito (c.d. “minimi garantiti”). Dal punto di vista finanziario, il teorico riflesso negativo, dato dalla previsione di una definizione equitativa con riduzione non superiore al 5 per cento delle somme ancora dovute a tale titolo, è certamente compensato dal rischio della conferma in appello degli esiti delle diverse pronunce di lodo arbitrale già sfavorevoli all’Amministrazione pubblica, con conseguenti e rilevanti effetti finanziari negativi.

Con riferimento al comma 6 – rispetto al quale nel corso del dibattito presso il Senato era stata segnalata l'opportunità di riformulare la disposizione in modo da prevedere espressamente la riduzione per 3 milioni di euro dell'autorizzazione di spesa indicata dal testo –, è stata confermata la disponibilità delle risorse necessarie all’attuazione delle iniziative di comunicazione per il rilancio dell’ippica, concordando circa l'opportunità di introdurre espressamente nel testo la predetta riduzione di autorizzazione di spesa.

Circa il comma 8 (mancata attivazione dei nuovi giochi di sorte legati al consumo), si conferma che la tipologia di giochi oggetto di abrogazione rappresentava uno degli interventi contenuti nel DL 39/2009, che imponeva ad AAMS - nel suo complesso - un obiettivo di ulteriori entrate pari a 500 milioni di euro: obiettivo che è stato nel tempo regolarmente raggiunto e superato.

 

La relazione tecnica riferita all’emendamento con il quale il Senato ha modificato il testo originario[89] afferma quanto segue con riferimento ai commi da 9 a 9-quater:

-                le modifiche al comma 9 hanno carattere compensativo, in quanto, da una parte, viene anticipato il termine per l’avvio delle iniziative di manutenzione evolutiva dei giochi del Lotto e dei giochi a totalizzatore nazionale, dall’altra viene differita l’applicazione del diritto del 6% sulle vincite superiori a 500 euro negli apparecchi VLT. Inoltre il differimento sarebbe di fatto già operativo anche in assenza della norma in esame, tenuto conto che una pronuncia del TAR ha sospeso l’obbligo imposto al concessionario di effettuare il prelievo erariale del 6%.

La RT fa presumibilmente riferimento al decreto 00166/2012 del TAR del Lazio (13 gennaio 2012), con il quale è stata accolta l’istanza cautelare connessa alla contestata legittimità della previsione – contenuta in provvedimenti amministrativi piuttosto che in necessaire disposizioni di fonte primaria – di un imposto ai concessionari di effettuare il prelievo erariale del 6% ;

-        i sistemi di gioco del tipo previsto dal comma 9-bis sono basati su un sistema di alimentazione del montepremi che vede affluire al jackpot anche i premi non riscossi nei termini fissati dal regolamento di gioco (nel caso in cui si tratti di premi elevata entità, superiori a 10 milioni di euro). Stante la necessaria compartecipazione del concessionario italiano a formule di gioco condivise con altri paesi europei, è opportuno allineare il trattamento delle vincite non riscosse alla generale disciplina comunitaria. L’impatto finanziario della norma è neutrale. Infatti i termini di reclamo previsti per le vincite elevate sono normalmente di circa quattro anni: quindi certamente nessun effetto finanziario avrà luogo nel triennio 2012-2014. Per quanto riguarda le annualità successive, l’esperienza maturata per il Superenalotto fa stimare che, a livello nazionale, l’incidenza della mancata riscossione delle vincite alte (premi di prima categoria) sia nell’ordine dell’1%: percentuale certamente superiore rispetto alla realtà europea, nella quale l’ipotesi di versamento all’erario delle vincite alte non riscosse sarebbe limitata alle sole somme non reclamate da parte di giocatori italiani. D’altra parte l’adesione alla formula europea del versamento di tali vincite al montepremi darebbe il vantaggio di creare una formula di gioco più appetibile, da cui è verosimile attendersi un maggior livello di entrate erariali;

-        il comma 9-ter non comporta oneri di carattere finanziario, in quanto è di contenuto essenzialmente ordinamentale;

-        il comma 9-quater è neutrale dal punto di vista finanziario rispetto alla formulazione del vigente articolo 2, comma 2, del DL 40/2010, in tema di canoni di concessioni pubbliche. Tale disposizione ha evidenziato nel tempo diverse difficoltà applicative, anche in termini di contrasto con i generali principi di libera concorrenza sanciti dalla normativa comunitaria. Il comma in esame chiarisce la volontà del legislatore di applicare la disposizione richiamata ai soli bandi di gara pubblicati successivamente all’entrata in vigore del decreto-legge (anche in linea con il principio generale del diritto in base al quale la legge non può disporre che per l’avvenire).

 

La relazione tecnica riferita al maxiemendamento  considera esclusivamente la disposizione – introdotta dal Senato – relativa all’obbligo, per tutti i soggetti operanti nella filiera del gioco, di effettuare i versamenti non in contanti ma con modalità che assicurino la tracciabilità dei pagamenti. In proposito la RT si limita a riprodurre il contenuto della norma.

 

 

In merito ai profili di quantificazione, con riferimento al comma 1 (costituzione del Fondo per il controllo delle operazioni di gioco), si osserva che, in base agli elementi forniti dalla documentazione del Governo, il Fondo sarà finanziato nell’ambito delle disponibilità del bilancio autonomo di AAMS, a valere sui capitoli nei quali confluiscono i cosiddetti utili di gestione: pertanto il finanziamento del Fondo avverrà senza oneri per il bilancio dello Stato.

Ferme restando sia l’esiguità delle somme interessate (100.000 euro all’anno) sia la finalità principale  del comma 1 (ossia l’incremento del gettito tributario nel settore), occorre tuttavia rilevare - rispetto alle indicazioni del Governo - che la neutralità finanziaria della norma, affermata per il bilancio dello Stato, non sembra poter essere estesa ai saldi di fabbisogno e di indebitamento. Con riferimento a tali saldi, infatti, la destinazione a finalità di spesa degli utili di gestione equivale ad un impiego di mezzi già disponibili a legislazione vigente, dei quali andrebbero quindi precisate la natura (anche al fine di valutarne il carattere strutturale) e  le modalità di accertamento (rispetto alle previsioni già scontate nei saldi).

Riguardo al comma 3, si rileva che il DPR del quale è prevista la modifica contiene anche disposizioni di carattere fiscale, attinenti alla base imponibile, ai soggetti passivi, alle aliquote, alle modalità di accertamento, di liquidazione e di pagamento dell'imposta. Andrebbero pertanto acquisiti elementi volti a chiarire i possibili effetti finanziari di tale revisione normativa, che - in assenza di ulteriori specificazioni testuali - dovrebbe avvenire ad invarianza di oneri. Tali elementi dovrebbero anche chiarire, più nello specifico, le possibili modalità applicative e i relativi effetti finanziari. Ciò con particolare riferimento alle disposizioni che prevedono:

-        “una ripartizione dei proventi al netto delle imposte tale da garantire l’espletamento dei compiti istituzionali dell’ASSI”;

-        la realizzazione di “un sistema organico di misure volte alla promozione della salute e del benessere del cavallo”.

In ordine al comma 5, andrebbe chiarita la compatibilità – rispetto agli equilibri finanziari dell’Amministrazione dei Monopoli - della disposizione [lettera a)] che attribuisce alla stessa AAMS tutte le spese per il totalizzatore nazionale  fino al 2011 e il 50 per cento di quelle da sostenere a decorrere dal 2012. Non è chiaro, in proposito, se la RT (secondo la quale si tratta di “spese già sostenute”)  faccia riferimento a somme effettivamente erogate dall’AAMS negli esercizi fino al 2011. In tal caso andrebbe comunque precisato sulla base di quale previsione normativa tali erogazioni siano state effettuate. Riguardo, inoltre, all’utilizzo delle somme accantonate dall’ASSI (somme che, in base al testo, potranno essere destinate all’aumento dei montepremi delle corse ippiche),  andrebbe chiarito se tale finalizzazione risulti coerente, anche sotto il profilo temporale, rispetto agli andamenti di spesa già scontati ai fini dei saldi di fabbisogno e di indebitamento.

Si ricorda che l’ASSI rientra nell’elenco delle pubbliche amministrazioni inserite nel conto economico consolidato.

Relativamente alla definizione in via transattiva [come previsto dal comma 5, lettera b)] delle somme ancora dovute dai concessionari a titolo di “minimi garantiti”, al fine di escludere effetti onerosi andrebbe chiarito se tale riduzione di introiti risulti già incorporata nelle previsioni tendenziali.

Si tratta - come precisato dalla Corte dei conti nella sua Determinazione n. 41/2010 – di prelievi dei  concessionari e di minimi garantiti non versati, che al 2004 ammontavano complessivamente, per le agenzie cosiddette storiche[90], a 19,5 milioni e, per le agenzie AAMS, a circa 51 milioni di euro.

Con riferimento al comma 6 (destinazione di 3 milioni di euro per il 2012 ad un programma di comunicazione per l’ippica), si rileva che, nel corso dell’esame presso il Senato, il Governo ha confermato la disponibilità delle risorse necessarie, concordando circa l'opportunità – segnalata in Commissione Bilancio - di introdurre espressamente nel comma una riduzione dell’autorizzazione di spesa indicata dal testo. Riguardo alla compatibilità della nuova finalizzazione (iniziative di comunicazione per l’ippica) rispetto alle spese già programmate a valere sulle medesime risorse[91], si assume – come già indicato presso il Senato – che le finalizzazioni originarie abbiano un carattere sufficientemente flessibile da consentire una modulazione degli oneri e, pertanto, l’inclusione fra questi anche delle nuove spese correlate alle iniziative di comunicazione in esame. Sul punto appare comunque opportuno acquisire la conferma del Governo.

Riguardo al comma 7, che autorizza l’Istituto per lo sviluppo agroalimentare ad intervenire finanziariamente, nell’ambito del capitale disponibile, in programmi di sviluppo del settore ippico presentati da soggetti privati, andrebbe chiarito se tale previsione risulti compatibile con gli equilibri di bilancio dell’Istituto e con il perseguimento degli obiettivi di sostegno al settore agroalimentare già previsti a legislazione vigente.

Si ricorda che, con la legge 183/2011, l’Istituto (società finanziaria interamente partecipata dal Ministero delle politiche agricole) è stato autorizzato a versare all’entrata del bilancio dello Stato la somma di 32,4 milioni di euro nel 2012 e la somma di 9,2 milioni di euro in ciascuno degli anni 2013 e 2014, quale concorso agli obiettivi di risparmio previsti dal DL 98/2011 e dal DL 138/2011.

In ordine alle modifiche apportate dal Senato al comma 9, si osserva che la RT non fornisce dati ed elementi a supporto della ipotesi di equivalenza fra gli effetti positivi (anticipazione delle misure di sviluppo del Lotto e dei giochi a totalizzatore nazionale) e negativi (rinvio del prelievo del 6% sulle vincite per gli apparecchi VLT) determinati dal testo. Pur tenuto conto che il differimento del prelievo risulta di fatto già operativo sulla base di una pronuncia del TAR, si rileva tuttavia che a tutte le misure interessate dalle modifiche in esame erano stati a suo tempo ascritti effetti di gettito.

In ordine al comma 9-bis, si osserva che l’assegnazione a montepremi di somme non riscosse dai vincitori (piuttosto che la loro acquisizione all’erario) è in via di principio suscettibile di determinare una perdita di gettito. Potrebbe assumersi, tuttavia, che l’incidenza della modifica in esame abbia una rilevanza marginale, tenuto conto che essa non incide sullo schema di ripartizione delle somme giocate (fra montepremi, oneri e tassazione) e riguarda, invece, una voce residuale come le vincite non riscosse. Sul punto appare comunque opportuno acquisire una conferma del Governo, considerato che alla norma oggetto di modifica (articolo 24, comma 40, del DL 98/2011) erano stati complessivamente ascritti (per l’istituzione di un nuovo concorso numerico da svolgersi in ambito europeo) effetti di maggior gettito pari a 120 milioni di euro all’anno a regime.

Con riferimento al comma 9-quater, introdotto dal Senato, si osserva che la neutralità finanziaria della norma, affermata dalla relazione tecnica, sussiste nel caso in cui non siano già state versate all’amministrazione statale concedente somme indebitamente percepite dai concessionari sulla base della disciplina oggetto di interpretazione autentica. Sul punto andrebbe quindi acquisito un chiarimento del Governo.

Diversamente (ossia nel caso in cui dalla nullità di provvedimenti di assenso fossero conseguiti versamenti da parte dei concessionari) la retroattività della norma in esame sembrerebbe richiedere alle amministrazioni di rifondere ai medesimi concessionari le somme versate.

 

 

 

In merito ai profili di copertura finanziaria, con riferimento all’articolo 10, comma 6, si osserva che da una interrogazione effettuata al Sistema informativo della Ragioneria generale dello Stato alla data del 13 aprile 2012 risultano iscritte nel capitolo 7810 dello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, le risorse di cui all’articolo 30, comma 8-quater, del decreto-legge n. 201 del 2011 pari a 14,8 milioni di euro nell’anno 2012. Con riferimento a tali risorse, si rileva, tuttavia, che il loro utilizzo potrebbe configurarsi come una dequalificazione della spesa dal momento che le somme hanno natura di conto capitale mentre la finalità alla quale sono destinate, il finanziamento di un programma di comunicazione per il rilancio dell’ippica, sembra potersi ricondurre alla fattispecie delle spese di natura corrente.

 

 

Articolo 11, commi da 1 a 3 (Sanzione per omessa comunicazione di minusvalenze)

La norma modifica la disciplina sanzionatoria prevista in relazione alla deduzione di alcune minusvalenze relativamente alle quali la deducibilità, ai fini fiscali, è subordinata (nella disciplina previgente) ad apposita comunicazione da parte del contribuente all’amministrazione finanziaria. Si tratta delle minusvalenze:

- di ammontare superiore a 50.000 euro realizzate a seguito di cessione di partecipazioni effettuate nella formulazione "utili compresi", relativamente alle quali l’art. 5-quinquies del decreto legge n. 203 del 2005 ha introdotto un particolare regime di indeducibilità fiscale (c.d. dividend washing);

- di ammontare superiore a 5.000.000 di euro realizzate a seguito di cessioni di partecipazioni iscritte fra le immobilizzazioni finanziarie, relativamente alle quali l’articolo 1, comma 4, del decreto legge n. 209 del 2002 ha introdotto un particolare regime di indeducibilità fiscale.

Pertanto, fermo restando l’obbligo di invio della comunicazione, la nuova disciplina sanzionatoria consiste – rispetto alla precedente che stabiliva la indeducibilità fiscale - nell’applicare una sanzione amministrativa di ammontare pari al 10% delle minusvalenze la cui comunicazione è omessa, incompleta o infedele, con un minimo di 500 euro e un massimo di 50.000 euro.

 

Il prospetto riepilogativo non considera la norma.

 

La relazione tecnica afferma che l’omessa comunicazione all’amministrazione finanziaria delle minusvalenze:

- realizzate su partecipazioni immobilizzate non aventi i requisiti PEX (partecipation exemption);

- relative a dividendi non tassati,

determina la indeducibilità ai fini fiscali della minusvalenza medesima.

La relazione chiarisce che la norma in esame introduce una sanzione amministrativa pecuniaria in luogo della precedente ritenuta una sanzione “impropria” in quanto determina una potenziale violazione del principio di specialità vigente in materia di sanzioni amministrative tributarie.

In altre parole, viene allineata alla disciplina prevista per la deducibilità dei costi derivanti da operazioni intercorse con soggetti black list prevista dall’articolo 110 del TUIR.

Ai fini della stima degli effetti finanziari, la relazione afferma che allo stato attuale per le fattispecie in esame il gettito è assolutamente irrisorio in considerazione del fatto che la norma ha dato origine ad un contenzioso con il quale i contribuenti eccepiscono, essenzialmente, la sproporzione della sanzione rispetto all’adempimento omesso. Inoltre, la relazione ritiene verosimile ipotizzare un esito sfavorevole per l’erario di tale contenzioso e, quindi, il mancato introito delle somme contestate.

Per tale ragione, la relazione ritiene che la norma non comporta significativi effetti negativi di gettito.

 

In merito ai profili di quantificazione si osserva che, nonostante la disposizione determini un minor gettito, non risultano ascritti effetti finanziari in quanto ritenuti dalla relazione tecnica di ammontare non significativo. Sul punto, tuttavia, non vengono fornite informazioni circa i dati e le metodologie applicate per la stima degli effetti finanziari e, pertanto, non risulta possibile effettuare una verifica della quantificazione.

In particolare, andrebbe precisato se le metodologie applicate siano riferite esclusivamente ai dati sul contenzioso e alla possibilità di esito favorevole per l’Erario, come sembrerebbe evincersi dalla relazione tecnica, ovvero siano stati anche considerati gli effetti di minor gettito riferibili ai soggetti che, in difetto di comunicazione all’amministrazione finanziaria, abbiano applicato in via ordinaria la disciplina vigente qualificando come indeducibili le minusvalenze in oggetto.

Sul piano della finalità della norma, si osserva che il regime introdotto appare meno idoneo ad impedire possibili comportamenti elusivi, tenuto conto che l’irrogazione della sanzione pecuniaria potrebbe risultare meno onerosa.

In proposito si evidenzia che il comma 4 dell’articolo 1 del DL n. 209/2002 – modificato dalla norma in esame – dispone che in attuazione delle disposizioni previste dal citato comma (indeducibilità delle minusvalenze in caso di omessa o inesatta comunicazione), l'Agenzia delle entrate avrebbe proceduto a nuovi accertamenti recanti “maggiori entrate non inferiori a 170 milioni di euro per l'anno 2003 e 490 milioni di euro a decorrere dall'anno 2004”.

Infine, andrebbero forniti chiarimenti circa la decorrenza della disposizione in esame ed in particolare quale sia il regime applicabile alle fattispecie che sono oggetto di accertamento e/o di contenzioso.

 

Articolo 11, comma 4 (Sanzioni per infrazioni doganali)

La norma novella l'articolo 303 del testo unico delle leggi doganali (D.P.R. n. 43 del 1973) in materia di sanzioni per infrazioni doganali. In particolare, si stabilisce che se i diritti di confine accertati sono maggiori di quelli calcolati in base alla dichiarazione e la differenza degli stessi supera il 5% la sanzione amministrativa è calcolata come segue:

per diritti fino a 500 euro si applica la sanzione amministrativa da 103 a 500 euro;

per i diritti da 500,1 a 1.000 euro, si applica la sanzione amministrativa da 1.000 a 5.000 euro;

per i diritti da 1000,1 a 2.000 euro, si applica la sanzione amministrativa da 5.000 a 15.000 euro;

per i diritti da 2.000,1 a 3.999,99 euro, si applica la sanzione amministrativa da 15.000 a 30.000 euro;

oltre 4.000, si applica la sanzione amministrativa da 30.000 euro a dieci volte l’importo dei diritti.

 

Il prospetto riepilogativo non considera la norma.

 

La relazione tecnica prudenzialmente non ascrive effetti positivi alla disposizione in esame.

 

In merito ai profili di quantificazione non si hanno osservazioni da formulare.

 

 

Articolo 11, commi 5 e 6 (Sanzioni amministrative in materia di accise)

Le norme incrementano gli importi delle sanzioni amministrative pecuniarie previste per le infrazioni alla disciplina delle accise (comprese la irregolare tenuta della contabilità o dei registri prescritti e la omessa o tardiva presentazione delle dichiarazioni e denunce prescritte) e per le infrazioni alla disciplina delle imposte sulla produzione e sui consumi di energia elettrica.

 

Il prospetto riepilogativo non considera le norme.

 

 

La relazione tecnica afferma che le norme rafforzano il dispositivo sanzionatorio che punisce le omissioni, i ritardi e le irregolarità nella presentazione delle dichiarazioni a cui sono obbligati i soggetti titolari delle autorizzazioni relative ai prodotti energetici, dell'alcool e delle bevande alcoliche e dell'energia elettrica. Pertanto si rende tale dispositivo più adeguato agli importi dell'imposta in gioco e alla necessità di disporre di dati significativi per i controlli e di costituire un valido deterrente alla compilazione approssimativa, incompleta o errata delle dichiarazioni (spesso anche senza che siano state rilevate contestuali fattispecie penali), con l’effetto di rendere più agevole, per l'organo incaricato, la possibilità di effettuare riscontri e quadrature automatiche. Prudenzialmente non si ascrivono effetti positivi alle norme in esame.

 

La relazione illustrativa precisa che  la tempestiva e la corretta dichiarazione da parte dei soggetti obbligati è fondamentale per la possibilità di effettuare analisi sui dati al fine di far emergere incongruenze e possibili frodi, particolarmente onerose per le casse dello Stato, delle regioni e degli enti locali, in considerazione degli elevati importi delle imposte e delle addizionali previste per i prodotti in questione. Inoltre la recente comparsa di ulteriori tipologie di soggetti obbligati, che si collocano in posizione intermedia nella filiera della distribuzione, accresce la necessità di disporre di dati corretti per confrontare quanto dichiarato dagli operatori in occasione di ciascun trasferimento ed effettuare verifiche.

Finora gli importi irrisori di questo tipo di sanzioni, specialmente per i grandi operatori, non hanno costituito un valido deterrente alla compilazione approssimativa, incompleta o errata delle dichiarazioni, spesso anche senza che siano state rilevate contestuali fattispecie penali, con l'effetto però di aumentare molto per l'organo incaricato dei controlli la difficoltà di effettuare riscontri e quadrature automatiche. Occorre quindi rafforzare il dispositivo sanzionatorio in oggetto, rendendolo più adeguato agli importi dell'imposta in gioco e alla necessità di disporre di dati significativi per i controlli.

 

 

In merito ai profili di quantificazione, non si formulano osservazioni, alla luce degli elementi forniti dalle relazioni allegate. Queste chiariscono, infatti, che il rafforzamento del dispositivo sanzionatorio è reso necessario anche per incrementare l’efficacia dell’azione di controllo e per costituire un valido deterrente alla compilazione incompleta o errata delle dichiarazioni.

 

Articolo 11, comma 8 (Controlli sul denaro contante alla frontiera)

La norma modifica gli artt. 6, 7, 8, e 9 del d.lgs. n. 195/2008, recante modifiche ed integrazioni alla normativa in materia valutaria in attuazione del regolamento CE n. 1889/2005, rimodulando l'apparato sanzionatorio in materia di controlli sui passaggi di denaro contante alle frontiere. In particolare la nuova disciplina prevede:

la ridefinizione dei limiti al sequestro da eseguirsi in caso di violazione delle disposizioni di cui all'art. 3 del d.lgs. n. 195/2008. Si passa dal sequestro del 40% della somma eccedente la soglia di euro 10.000 al sequestro del 30% dell'eccedenza, nei casi in cui la stessa non superi i 10.000 euro, e del 50 % dell'eccedenza, in tutti gli altri casi;

viene diminuito l'importo dell'eccedenza che consente l'accesso all'oblazione (con conseguente estinzione dell'illecito). Si passa dalla soglia di 250.000 euro a quella di 40.000 euro. Nel contempo si rimodulano gli importi da pagare per l'oblazione, espressi in termini di una percentuale dell'eccedenza (5% fino a 10.000 euro di eccedenza; 15 % da 10.000 a 40.000);

con riferimento alla possibilità di accesso all'oblazione, viene elevato da uno a 5 anni il periodo che deve trascorrere da una precedente contestazione valutaria estinta con oblazione per potervi nuovamente beneficiare;

vengono ridefinite le sanzioni amministrative previste per la violazione delle disposizioni di cui all'articolo 3 del d.lgs. n 195/2008  (si passa dal massimo del 40% dell'importo che eccede la soglia con un minimo di 300 euro ad una rimodulazione cosi articolata: fermo restando il minimo di 300 euro, si prevede una sanzione amministrativa pecuniaria che va dal 10 al 30 % dell'eccedenza, se tale valore non è superiore a 10.000 euro e dal 30 al 50 % dell'importo in eccedenza se tale valore è superiore a 10.000 euro).

 

Il prospetto riepilogativo non considera la norma.

 

La relazione tecnica osserva che l'attuale quadro sanzionatorio non è realmente dissuasivo ed efficace e che l'istituto dell'oblazione, nel testo previgente il decreto, consente al trasgressore di assumersi un rischio accettabile. La RT afferma, infine, che, prudenzialmente, non vengono ascritti effetti positivi alla disposizione in esame.

 

 

In merito ai profili di quantificazione non si hanno osservazioni da formulare.

 

Articolo 12, commi 1 e 2 (Contenzioso tributario)

La norma sopprime la possibilità di ricorrere al Direttore regionale avverso il rigetto, tacito o espresso, dell'istanza di revisione dell'accertamento doganale, di cui al comma 6 dell'art. 11 del D.lgs. n. 374 del 2011.

La relazione illustrativa precisa che tale soppressione si è resa necessaria per ragioni di certezza giuridica potendosi ritenere che la disposizione già risulti implicitamente abrogata, a partire dal 1 gennaio 2002, a seguito della devoluzione alle Commissioni tributarie della giurisdizione sui tributi di ogni genere e specie.

Viene, inoltre, eliminata, mediante la soppressione del comma 7 dell'art. 11 del D.lgs. n. 374 del 2011, la possibilità di contestare la rettifica della revisione dell'accertamento doganale (entro trenta giorni dalla data di notifica dell'avviso) così come la possibilità di esperire i procedimenti amministrativi per la risoluzione delle relative controversie. Sono fatti salvi i procedimenti già instaurati, alla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame, ai sensi della disposizione abrogata.

La relazione illustrativa precisa che tale abrogazione si rende necessaria in considerazione del quadro normativo comunitario che la considera un rimedio di difesa amministrativa non conciliabile con i ristretti termini di contabilizzazione dei dazi.

 

Il prospetto riepilogativo non considera la norma.

 

La relazione tecnica non considera la norma.

 

 

In merito ai profili di quantificazione non si hanno osservazioni da formulare.

 

Articolo 12, commi 3-bis e 3-ter (Contributo unificato nel processo tributario)

 

Legislazione vigente. I commi da 6 a 9 dell'articolo 37 del decreto legge n. 98/2011 intervengono sulla disciplina del contributo unificato prevista dal testo unico delle spese di giustizia, aumentandone la misura o introducendo nuove ipotesi per le quali esso è dovuto (attraverso l’abrogazione di attuali esenzioni).

Il successivo comma 10 stabilisce che il maggior gettito derivante dall'applicazione delle disposizioni di cui ai commi 6, 7, 8 e 9, è versato all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnato ad apposito fondo istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, per la realizzazione di interventi urgenti in materia di giustizia civile, amministrative e tributaria.

 

Le norme stabiliscono che il maggior gettito che scaturisce dal pagamento del contributo unificato nel processo tributario derivante dalle modifiche apportate dai commi da 6 a 9 dell’articolo 37 del decreto legge n. 98/2011 non affluisce più ad apposito fondo istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, per la realizzazione di interventi urgenti in materia di giustizia civile, amministrativa e tributaria. Conseguentemente è stabilito che quanto affluisce al fondo da ultimo citato sia destinato alla realizzazione di interventi urgenti nelle sole materie della giustizia civile e amministrativa espungendo il riferimento alla giustizia tributaria (comma 3-bis).

Con le modifiche apportate alla vigente legislazione dalla norma in esame tale maggior gettito derivante dal contributo unificato nel processo tributario, al netto della quota parte utilizzata per l’assunzione di personale di magistratura e di avvocati e procuratori dello Stato[92], è iscritto in bilancio e successivamente destinato, per metà, alle finalità di cui ad incentivazione del personale degli uffici giudiziari che hanno raggiunto gli obiettivi di smaltimento dell'arretrato[93] e per la restante metà, all'incremento della quota variabile del compenso dei giudici tributari.

 

 

Il prospetto riepilogativo non considera le norme.

 

La relazione tecnica, allegata all’emendamento 1.900 del Governo, dopo aver ribadito il contenuto delle norme informa che il maggior gettito di cui si ridetermina la destinazione ammonta a 30 milioni di euro annui.

 

Al riguardo si osserva che la relazione tecnica non chiarisce se la nuova finalizzazione di spesa non pregiudica il perseguimento delle finalità a cui attualmente sono destinate le somme in questione. In base alle legislazione vigente tali somme, infatti, sarebbero state impiegate per la realizzazione di interventi urgenti in materia di giustizia civile, amministrative e tributaria, tra i quali si includevano le spese di funzionamento degli uffici giudiziari, mentre, in base alle norme in esame, è destinato per intero all’incentivazione di personale in servizio. Appare dunque opportuno che il Governo fornisca ulteriori chiarimenti in merito.

 

Articolo 12, comma 4-bis (Istituzione del ruolo unico nazionale dei componenti delle commissioni tributarie)

La norma prevede l’istituzione del ruolo unico nazionale dei componenti delle commissioni tributarie, tenuto dal Consiglio di presidenza della giustizia tributaria. Nel ruolo unico sono inseriti, anche se temporaneamente fuori ruolo, i componenti delle commissioni tributarie provinciali e regionali, e i componenti della commissione tributaria centrale, in servizio alla data di entrata in vigore del presente comma.

I componenti delle commissioni tributarie nominati a partire dal concorso bandito il 3 agosto 2011 sono inseriti nel ruolo unico secondo l'ordine dagli stessi conseguito nelle procedure selettive.

A decorrere dall'anno 2013, il ruolo unico è reso pubblico annualmente, entro il mese di gennaio, attraverso il sito istituzionale del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria.

 

La relazione tecnica, dopo aver ribadito il contenuto delle norme, rileva che la disposizione non modifica lo status giuridico dei componenti delle commissioni tributarie e la durata degli incarichi conferiti. Pertanto, tenuto conto che l'articolo 11 del decreto legislativo n. 545/1992 stabilisce che la nomina a tali componenti non costituisce in nessun caso rapporto di pubblico impiego, le disposizioni non comportano oneri per la finanza pubblica.

 

Al riguardo non si hanno osservazioni da formulare.

 

Articolo 12, comma 5 (Norme in materia di spese di giustizia)

La norma prevede l'applicazione a tutte le Agenzie fiscali delle disposizioni di cui all'articolo 158 del DPR n. 115/2002[94], le quali stabiliscono che le spese di giustizia (contributo unificato, imposta di bollo ecc.) sono ammesse alla prenotazione a debito. Le spese prenotate a debito sono recuperate dall'Amministrazione della giustizia, in esito al procedimento giurisdizionale, in caso di condanna dell'altra parte alla rifusione delle spese in proprio favore[95]. L’Amministrazione che ha avviato il contenzioso è tenuta a pagare le spese prenotate solo se soccombente.

La prenotazione a debito èl’annotazione a futura memoria di una voce di spesa, per la quale non vi è pagamento, ai fini dell’eventuale successivo recupero. Si tratta in genere di imposte, tasse e tributi vari che in alcuni casi, espressamente previsti dalla legge, lo Stato non percepisce immediatamente, ma che si limita semplicemente ad annotare (non avendo senso un’anticipazione in favore di se stesso), ai fini dell’eventuale successivo recupero. E quindi palese la differenza col diverso istituto dell’anticipazione della spesa da parte dell’erario, che al contrario indica un vero e proprio pagamento, e comporta quindi un materiale esborso di denaro (salva la possibilità, ricorrendone i presupposti di legge, dì recuperarle)

 

La relazione tecnica afferma che la norma di interpretazione autentica si è resa necessaria a causa delle perplessità espresse dalle cancellerie di alcuni uffici giudiziari in ordine all'applicazione del citato articolo 158 all'agenzia del demanio. Alla disposizione in esame la relazione tecnica non si ascrive effetti finanziari.

 

Al riguardo non si hanno osservazioni da formulare.

Andrebbe comunque chiarito per quale motivo si assumeva la non applicabilità della norma in esame all’Agenzia del demanio.

 

Articolo 12, commi 6 e 7 (Interessi sui crediti derivanti dalle gestioni di ammasso obbligatorio)

Le norme disciplinano il calcolo degli interessi sui crediti (comprensivi di spese e di interessi già maturati a decorrere dalla data di chiusura delle relative contabilità) derivanti dalle gestioni di ammasso obbligatorio e di commercializzazione dei prodotti agricoli nazionali svolte dai consorzi agrari per conto e nell’interesse dello Stato  (comma 6).

Si tratta, come precisato dal testo, dei crediti comprensivi di spese e di interessi già maturati a decorrere dalla data di chiusura delle relative contabilità.

In particolare, i predetti crediti  producono interessi calcolati nei modi seguenti:

fino al 31 dicembre 1995, sulla base del tasso ufficiale di sconto maggiorato di 4,40 punti, con capitalizzazione annuale;

per il periodo successivo, sulla base dei soli interessi legali.

Le norme in esame si applicano ai crediti diversi da quelli estinti ai sensi dell’articolo 8, comma 1, della legge n. 410 del 1999, quali risultanti dai rendiconti approvati con decreti definitivi ed esecutivi del Ministro dell’agricoltura e registrati dalla Corte dei conti.

La legge n. 410 del 1999, richiamata dal testo, ha disciplinato l’ordinamento dei consorzi agrari, intervenendo anche per regolare il pregresso creditizio derivante dalle gestioni di ammasso obbligatorio e di commercializzazione dei prodotti agricoli nazionali, svolte dai consorzi agrari per conto e nell'interesse dello Stato. Con l’articolo 8 si dichiarò l’estinzione: dei crediti quali risultanti dai rendiconti approvati con decreti definitivi ed esecutivi del Ministro dell'agricoltura e registrati dalla Corte dei conti; delle spese e degli interessi maturati a decorrere dalla data di chiusura delle relative contabilità, indicata nei decreti medesimi, fino alla data del 31 dicembre 1997. I crediti erano quelli vantati dai consorzi per le campagne ammassi dei cereali, svolte negli anni tra la fine della seconda guerra mondiale e gli anni sessanta, crediti che nel

tempo avevano raggiunto la cifra di circa 1.110 miliardi di lire. La legge 410/1999 aveva previsto che il rimborso avvenisse con la emissione da parte del Tesoro di titoli di Stato in tre tranches: 470 miliardi di lire nel 1999, 440 miliardi nel 2000 e l’ultima quota da 200 miliardi nel 2001. Nel rimborso erano inclusi anche gli interessi maturati (così calcolati: fino al 31 dicembre 1995, sulla base del tasso ufficiale di sconto maggiorato di 4,40 punti, con capitalizzazione annuale; per gli anni 1996 e 1997, sulla base dei soli interessi legali). A definitiva chiusura del pregresso veniva anche stabilito che i giudizi pendenti aventi ad oggetto tali crediti fossero estinti d'ufficio, all'atto dell'assegnazione dei suddetti titoli di stato, con perdita di efficacia di quelli non ancora passati in giudicato. Trattandosi poi di crediti oramai estinti, la relativa disciplina fu ritenuta superflua ed il DL 18 maggio 2006, n. 181, dispose l’abrogazione dell'articolo 8 della legge n. 410.

Sono fatti salvi gli effetti derivanti dall’applicazione di sentenze civili passate in giudicato (comma 7).

 

Il prospetto riepilogativo non considera le norme.

 

La relazione tecnica afferma che il comma 6 è volto a uniformare il trattamento degli interessi sui crediti relativi alle gestioni di ammasso obbligatorio di cui i consorzi agrari non erano più titolari alla data di entrata in vigore della legge n. 410 del 1999 al trattamento degli interessi sui crediti di cui i consorzi stessi erano invece titolari. Questi ultimi vennero estinti - ai sensi dell'articolo 8, comma 1, della legge n. 410 del 1999 - sulla base di un tasso di interesse pari al tasso ufficiale di sconto maggiorato del  4,40 % con capitalizzazione annuale fino al 31 dicembre 1995 e sulla base degli interessi legali per gli anni successivi. Il comma 6 estende pertanto lo stesso trattamento ai medesimi crediti che i singoli consorzi agrari avessero ceduto a terzi e di cui, conseguentemente, non risultassero più titolari alla data dell'entrata in vigore della legge n. 410 del 1999. La norma è finalizzata anche ad evitare che crediti analoghi possano essere oggetto di trattamento diverso, con i conseguenti rischi di violazione di principi comunitari anche in tema di aiuti di Stato.

 

La relazione illustrativa precisa che i crediti relativi alle gestioni di ammasso obbligatorio svolte dai consorzi agrari ai sensi del D. Lgs. 169 del 1948 e della legge 1294 del 1957 erano sottoposti ad un regime di separazione contabile e quindi non erano conteggiabili, nella cessione dei beni, con gli altri crediti vantati dai consorzi agrari alla data di entrata in vigore della legge 410 del 1999 (questi ultimi vennero estinti con le modalità indicate dalla RT, ossia: fino al 31 dicembre 1995,  applicando il tasso ufficiale di sconto maggiorato del 4,40%; per gli anni successivi, applicando gli interessi legali).

 

La Nota del Ministero dell’economia[96]  del 19 marzo 2012 afferma che le norme, facendo salvi gli effetti delle  sentenze passate in giudicato, garantiscono le posizioni pregresse, assicurando un risparmio sugli interessi per quanto riguarda i crediti tuttora oggetto di contenzioso. La Nota evidenzia che non si dispone, invece, di elementi per definire a priori un eventuale aumento del contenzioso derivante dalla circostanza che risulterebbe ridotto il valore dei crediti vantati verso lo Stato dai consorzi agrari.

 

In merito ai profili di quantificazione, si prende atto di quanto affermato nella documentazione predisposta dal Governo, secondo la quale le norme in esame:

-        dovrebbero assicurare un risparmio sugli interessi per i crediti tuttora oggetto di contenzioso;

-        sono comunque volte ad evitare che crediti analoghi possano essere oggetto di trattamenti diversificati (con rischi di violazione dei principi comunitari in tema di concorrenza e di aiuti di Stato).

Ciò premesso, appare comunque utile acquisire elementi informativi in ordine all’entità della massa debitoria interessata e alle modalità di rimborso dei crediti oggetto della presente disciplina.

 

Articolo 12, commi 8-11-ter (Termovalorizzatore di Acerra)

Le norme autorizzano la regione Campania ad utilizzare le risorse del Fondo per lo sviluppo e coesione 2007-2013 relative al Programma attuativo regionale, per l’acquisto del termovalorizzatore di Acerra, ai sensi dell’articolo 7 del DL 195/2009 (Cessazione dello stato di emergenza in materia di rifiuti nella regione Campania). Le risorse necessarie, pari a euro 355.550.240,84, vengono trasferite alla stessa regione[97] (comma 8).

Le risorse già finalizzate, ai sensi dell’articolo 18 del citato DL 195/2009, al pagamento del canone di affitto sono destinate alla regione Campania quale contributo dello Stato per l’acquisto del termovalorizzatore (comma 9).

Si ricorda che l’articolo 7, comma 6, del DL 195/2009, comma 1, lettera b), ha stanziato la somma di 30 milioni annui, con modalità di copertura di cui al suddetto articolo 18, a partire dall’anno 2010 e per un periodo di quindici anni, finalizzata al pagamento del canone di affitto del termovalorizzatore di Acerra, stabilito in 2,5 milioni di euro al mese. Le norme dispongono altresì che il contratto di affitto si risolva automaticamente per effetto del trasferimento della proprietà del termovalorizzatore in questione.

Ai fini fiscali, il pagamento da parte della regione Campania della somma per l’acquisto del termovalorizzatore, in quanto effettuato a definizione di ogni pretesa del soggetto proprietario dell’impianto, vale come liquidazione risarcitoria transattiva tra le parti private e quelle pubbliche interessate. Ogni atto perfezionato in attuazione della disposizione di cui al precedente periodo è esente da imposizione (comma 10).

Si ricorda che il Governo, durante l’esame dell’A.S. 2111 recante la conversione in legge del DL 2/2012 in materia ambientale, ha affermato[98] che l’affitto del termovalorizzatore non è mai stato concluso per decisione della società proprietaria, con la quale è in atto un contenzioso con la Presidenza del Consiglio dei ministri, in via di soluzione in virtù di una transazione che prevede anche la compensazione delle somme reciprocamente vantate dalle parti.

Viene inserita la lettera n-ter) dell’articolo 32, comma 4, della L. 183/2011 (Legge di stabilità 2012), che esclude dal complesso delle spese finali da considerare ai fini del conseguimento del patto di stabilità interno delle regioni le spese sostenute dalla regione Campania per il termovalorizzatore di Acerra, nonché le spese volte all’attuazione del ciclo integrato dei rifiuti e della depurazione delle acque. Tale esclusione opera nei limiti dell'ammontare delle entrate riscosse dalla regione entro il 30 novembre di ciascun anno, rivenienti dalla quota spettante alla stessa regione dei ricavi derivanti dalla vendita di energia[99], nel limite di 60 milioni di euro annui, e delle risorse già finalizzate al pagamento del canone di affitto destinate alla medesima regione quale contributo dello Stato (comma 11).

Non sono soggette a esecuzione forzata le somme finalizzate all'acquisto termovalorizzatore di Acerra, quelle corrispondenti al contributo di cui al comma 9, nonché quelle sostenute della regione Campania per il termovalorizzatore di Acerra, diverse da quelle necessarie per l'acquisto del termovalorizzatore, in quanto riconducibili alla connotazione di entrate a destinazione vincolata (comma 11-bis).

Su richiesta della Regione Campania, per la durata di 12 mesi, può essere mantenuto il presidio militare, di cui all’articolo 5 del DL 195/2009[100], con oneri quantificati in euro 1.007.527,00, a carico della quota spettante alla regione Campania dai ricavi derivanti dalla vendita dell'energia (comma 11-ter).

 

.

Il prospetto riepilogativo non considera la norma.

 

La relazione tecnica, riferita al testo originario, per quanto attiene al comma 11, afferma che le norme ampliano le fattispecie di spese escluse dai vincoli del patto di stabilità interno per il triennio 2012-2014, includendo anche quelle sostenute dalla regione Campania per il termovalorizzatore di Acerra, diverse da quelle necessarie per l’acquisto del termovalorizzatore medesimo.

Si segnala che le modifiche intervenute al comma 11 durante l’esame al Senato hanno escluso genericamente le spese sostenute dalla regione Campania per il termovalorizzatore di Acerra.

Considerato che l’esclusione opera nei limiti delle maggiori entrate riscosse dalla regione a seguito dell’acquisto del termovalorizzatore, la RT conclude che la disposizione non necessita di compensazione finanziaria.

La relazione tecnica riferita al maxiemendamento, che ha modificato il comma 11[101], introducendo altresì i commi 11-bis e 11-ter, afferma che:

per quanto attiene alle modifiche di cui al comma 11, le stesse specificano la tipologia di spese sostenute dalla regione Campania, in correlazione al termovalorizzatore di Acerra e al ciclo integrato dei rifiuti e della depurazione delle acque, escluse dal patto di stabilità interno. Le modifiche rispondono all’esigenza di meglio individuare le spese escluse dai vincoli del patto. La RT ricorda altresì che viene incrementato da 50 a 60 milioni, in relazione ai dati concernenti i ricavi della vendita di energia prodotta dal termovalorizzatore, il limite entro il quale le spese sostenute a valere su tali risorse sono escluse dal patto di stabilità. Le norme, così meglio precisate nei contenuti, non recano effetti finanziari che non siano già considerati a legislazione vigente;

con riferimento al comma 11-bis, le norme sono volte ad agevolare il definitivo superamento del contesto di criticità esistente nella regione Campania nel settore dei rifiuti. La disposizione non comporta effetti, costituendo specifica estensione di norme che già consentono, per risorse correlate a peculiari esigenze, l’impignorabilità;

relativamente al comma 11-ter, le disposizioni consentono alla regione Campania la continuità del presidio militare presso l’impianto di Acerra, ponendo la spesa a carico delle risorse rivenienti dalla vendita di energia.

 

La relazione illustrativa afferma che il soggetto concessionario del servizio di smaltimento dei rifiuti, proprietario del termovalorizzatore di Acerra rinuncerebbe ai giudizi pendenti a condizione che si dia luogo all'effettivo pagamento della somma di cui all'articolo 6 del decreto legge n. 195 del 2009 (355 milioni di euro). La relazione illustrativa evidenzia, inoltre, che il comma 8 del presente articolo riproduce sostanzialmente il comma 4, dell'articolo 1, del decreto legge n. 2 del 2012, soppresso in seguito al parere contrario, ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, espresso dalla Commissione Bilancio del Senato nel corso dell'esame del provvedimento[102]. La riproposizione della norma soppressa è stata confortata da approfondimenti condotti dal Governo che avrebbero escluso conseguenze negative.

La relazione conferma altresì la presenza di adeguate risorse nell'ambito del PAR Campania da destinare allo scopo e che nel contratto di vendita la regione Campania potrà convenire una modalità di pagamento compatibile con le proprie esigenze.

Per quanto riguarda le risorse connesse al canone di affitto destinate alla regione Campania quale contributo di Stato, la relazione illustrativa afferma che si tratta di 60 milioni di euro già trasferiti alla Protezione civile e di 18.269.576 euro per l'anno 2012, di 20.245.539 euro per l'anno 2013 e di 22.248.019 euro per gli anni 2014-2024.

 

 

In merito ai profili di quantificazione, si rileva, per quanto attiene all’acquisto del termovalorizzatore di Acerra, di cui al comma 8, che esso è disposto a valere sulle risorse del Fondo per lo sviluppo e coesione 2007-2013 relative al Programma attuativo regionale. In proposito, appare necessario acquisire chiarimenti circa i criteri di spendibilità di dette risorse e se il loro utilizzo possa in un qualche modo pregiudicare il completamento o la realizzazione di programmi già previsti a legislazione vigente.

In proposito, si rileva che la relazione illustrativa rimanda a modalità compatibili con le esigenze della regione Campania, da definire in sede di contratto di vendita, mentre il Governo ha affermato durante l’esame al Senato del provvedimento[103], che dette modalità non potranno che essere definite d’intesa fra le parti.

Con riferimento all’esclusione del patto di stabilità interno della regione delle somme necessarie all’acquisto del termovalorizzatore, introdotta dal Senato, si osserva che tali somme, attribuite alla regione a valere sulla quota del Fondo per lo sviluppo e coesione 2007-2013 relativa al Programma attuativo regionale, sembrerebbero comunque a valere sulla quota del Fondo di spettanza della regione stessa. La relativa spesa secondo le modalità ordinarie avrebbe quindi dovuto essere effettuata nei limiti del patto di stabilità interno. Pur considerando che l’erogazione delle somme in questione per la finalità della norma in esame, in un arco temporale ristretto, rende necessaria la loro esclusione dal patto al fine di non incorrere in vincoli che ne inibiscano la spendibilità, si segnala che tale esclusione sembra determinare maggiori margini di spesa ordinaria per la regione, corrispondenti alla quota del Fondo per lo sviluppo e coesione che le sarebbe stata attribuita secondo le modalità ordinarie in assenza della norma in esame.

Relativamente alle risorse già finalizzate al pagamento del canone di affitto e comunque destinate alla regione Campania quale contributo dello Stato per l’acquisto del termovalorizzatore, la relazione illustrativa afferma che si tratta di 60 milioni di euro già trasferiti alla Protezione civile e di 18.269.576 euro per l'anno 2012, di 20.245.539 euro per l'anno 2013 e di 22.248.019 euro per gli anni 2014-2024. Tali somme non coincidono con quelle di cui all’articolo 7, comma 6, del DL 195/2009, comma 1, lettera b), che ha stanziato la somma di 30 milioni annui, a partire dall’anno 2010 e per un periodo di quindici anni, finalizzata al pagamento del canone di affitto del termovalorizzatore di Acerra, stabilito in 2,5 milioni di euro al mese. Sul punto appare opportuno acquisire chiarimenti dal Governo. In proposito, appare altresì utile acquisire chiarimenti circa il cumulo degli esercizi pregressi, relativi al 2010 e al 2011 (e pari ai 60 milioni già trasferiti alla Protezione civile): l’eventuale utilizzo di tali somme nell’esercizio 2012 potrebbe infatti dar luogo al disallineamento rispetto ai tendenziali, con possibili effetti sui saldi di indebitamento netto e fabbisogno.

Il Governo, durante l’esame al Senato del provvedimento in esame, quanto ai canoni di affitto, ha fatto presente che il contratto non è mai stato concluso. La norma in esame prevede che anche i canoni relativi a precedenti annualità siano versati alla regione quale contributo statale, in considerazione dell’acquisto del termovalorizzatore effettuato dalla regione stessa. Tale previsione, unitamente alle altre disposizioni relative al termovalorizzatore, definiscono più puntualmente, rispetto alle previsioni dell’articolo 1, comma 4, del decreto legge n. 2 del 2012, i complessivi aspetti finanziari dell’operazione, non solo limitatamente all’atto di compravendita, ma anche ad altre questioni connesse. Relativamente alle modalità di pagamento, il Governo ha provveduto alla pronta adozione del decreto di variazione al bilancio per il trasferimento delle occorrenti risorse alla Regione, al fine di poter rendere immediatamente attuabile la compravendita.

Con riferimento al comma 11-ter, relativo al mantenimento per 12 mesi del presidio militare su richiesta della regione Campania, i cui oneri sono quantificati in circa 1 milione di euro, a valere sui ricavi rivenienti dalla vendita di energia prodotta dall’impianto di Acerra, si rileva che la relazione tecnica non contiene dati ed elementi che consentano la verifica di tale quantificazione. Si rileva altresì che la quantificazione in esame appare sottostimata rispetto a quella contenuta nella relazione tecnica di cui all’articolo 5 del DL 195/2009, che per un periodo di due anni prevedeva oneri derivanti dalla presenza del presidio militare quantificata in 5.400.000. Sul punto appare necessario acquisire elementi dal Governo.

Articolo 12, commi 11-quater-11-quinquies (Certificazione di crediti da parte di amministrazioni pubbliche)

Normativa vigente. L’articolo 9, comma 3-bis, del DL 185/2008 ((Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa) dispone che, su istanza del creditore di somme dovute per somministrazioni, forniture e appalti, le regioni e gli enti locali certifichino, nel rispetto delle disposizioni normative vigenti in materia di patto di stabilità interno, entro il termine di 60 giorni dalla data di ricezione dell'istanza, se il relativo credito sia certo, liquido ed esigibile, anche al fine di consentire al creditore la cessione pro soluto a favore di banche o intermediari finanziari riconosciuti dalla legislazione vigente.

 

Le norme modificano l’articolo 9, comma 3-bis, del DL 185/2008. Le norme, in particolare, dispongono che al creditore sia consentita anche la cessione pro solvendo, e non solo quella pro soluto, a favore di banche o intermediari finanziari (comma 11-quater).

Tali disposizioni si applicano anche alle amministrazioni statali e agli enti pubblici nazionali (comma 11-quinquies).

 

Il prospetto riepilogativo non considera le norme.

 

La relazione tecnica riferita al maxiemendamento, afferma, con riferimento al comma 11-quater, che le norme non comportano effetti finanziari, in quanto prevedono esclusivamente modalità di semplificazione dei processi e allargamento delle operazioni finanziarie connesse alla certificazione dei crediti.

La RT, per quanto attiene al comma 11-quinquies, afferma preliminarmente che l’istituto della certificazione non è suscettibile di generare crediti ulteriori rispetto a quelli già esistenti, i quali trovano la loro ragion d’essere in autonomi atti di impegno o in altri atti consentiti dalla legge. L’allargamento della certificazione anche rispetto ai crediti verso le amministrazioni statali non determina, comunque, alla luce del manuale SEC 95 e delle diverse fonti che si sono succedute nel tempo, la trasformazione dei debiti commerciali in debiti finanziari, non incidendo nei limiti di cui alla circolare del Ministero dell’economia del 31 gennaio 2007. Infatti, dalla certificazione non deriva, di per sé, alcuna ristrutturazione delle posizioni debitorie oltre il termine temporale di 12 mesi né delegazione di pagamento. Pertanto, la RT afferma che non si determinano effetti finanziari.

 

In merito ai profili di quantificazione, si segnala la necessità di acquisire chiarimenti in merito ai possibili effetti delle norme sul debito degli enti pubblici interessati. Atteso che, come affermato nella relazione tecnica, l’istituto della certificazione non è suscettibile, di per sé, di modificare la natura dei debiti delle pubbliche amministrazioni, andrebbe comunque chiarito se l’istituto della cessione – sia con le modalità pro soluto (con la liberazione del cedente dall’eventuale inadempienza del debitore) che con quelle pro solvendo (quando invece il cedente risponde dell'eventuale inadempienza del debitore) -  possa favorire la trasformazione di tali esposizioni debitorie in passività verso il settore creditizio e finanziario, contabilizzate ai fini del debito. Si rileva infatti che la circolare del Ministero dell’economia e delle finanze del 31 gennaio 2007, citata nella relazione tecnica, non sembrerebbe fornire elementi di chiarificazione rispetto alle fattispecie debitorie in esame.

Articolo 12, comma 11-sexies (Misure per la tempestività dei pagamenti da parte delle amministrazioni statali)

Normativa vigente. L’articolo 35, comma 1, lettera a), del DL 1/2012 (Misure urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività) dispone che, per accelerare il pagamento dei crediti commerciali connessi all'acquisizione di servizi e forniture, corrispondente a residui passivi del bilancio dello Stato, i fondi speciali per la reiscrizione dei residui passivi perenti di parte corrente e di conto capitale[104], siano integrati rispettivamente degli importi di euro 2.000 milioni e 700 milioni per l'anno 2012, mediante riassegnazione, previo versamento all'entrata del bilancio dello Stato per il medesimo anno, di una corrispondente quota delle risorse complessivamente disponibili relative a rimborsi e compensazioni di crediti di imposta, esistenti presso la contabilità speciale 1778 «Agenzia delle entrate - Fondi di bilancio». Le assegnazioni disposte con utilizzo delle somme di cui al periodo precedente non devono comportare, secondo i criteri di contabilità nazionale, peggioramento dell'indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni.

 

Le norme modificano il suddetto articolo 35, comma 1, lettera a), del DL 1/2012, disponendo che una quota delle risorse del fondo speciale per la reiscrizione dei residui passivi di parte corrente, pari a 1.000 milioni di euro, sia assegnata agli enti locali per il pagamento dei crediti commerciali connessi all'acquisizione di servizi e forniture.

 

Il prospetto riepilogativo non considera le norme.

 

La relazione tecnica riferita al maxiemendamento che ha introdotto al Senato le disposizioni in esame, afferma che le norme non determinano effetti finanziari negativi sui saldi di finanza pubblica, in quanto le risorse che vengono finalizzate in favore degli enti locali rimangono destinate al pagamento delle medesime passività già previste per le amministrazioni statali originariamente interessate (estinzione dei debiti commerciali pregressi, concernenti l’acquisto di beni e servizi). Trattandosi di partite passive pregresse, la norma non altera i saldi determinati dal patto di stabilità interno, atteso che i vincoli per le spese correnti sono espressi in termini di competenza finanziaria e tenuto conto che persiste l’obbligo, per gli enti beneficiari, di destinare tali risorse all’estinzione dei crediti per spese relative a consumi intermedi, maturati nei propri confronti, al fine di evitare impatti negativi sull’indebitamento netto.

 

In merito ai profili di quantificazione, non si hanno osservazioni da formulare, atteso che le somme in esame sono destinate al pagamento di crediti commerciali connessi all'acquisizione di servizi e forniture.

 

 

Articolo 13 (Norma di copertura)

 

In merito ai profili di copertura finanziaria, si rileva l’opportunità che il Governo chiarisca anche a quali programmi intenda far riferimento la riduzione lineare prevista dall’articolo 21, comma 8, e se questa sia riferita alle sole risorse rimodulabili. Si ricorda, inoltre, che la riduzione lineare degli stanziamenti di bilancio prevista a carattere permanente e non pluriennale potrebbe determinare un irrigidimento della struttura del bilancio dello Stato per gli anni successivi al triennio 2012-2014.

 

 



[1] In data 19 marzo 2012.

[2] V. Servizio Bilancio del Senato - Nota di lettura n. 121 (marzo 2012).

[3] Si tratta, in particolare, delle note tecniche allegate all’articolo aggiuntivo 3.0.1000 dei relatori e agli emendamenti 4.1000 e 5.1000 dei relatori. Tali proposte sono state successivamente approvate, nel testo modificato da alcuni subemendamenti (v. sedute delle Commissioni Bilancio e Finanze del Senato in data 2 e 3 aprile 2012), e sono infine confluite nel testo dell’emendamento 1.900 (testo corretto) - interamente sostitutivo dell’articolo unico del disegno di legge di conversione - sul quale il Governo ha posto la questione di fiducia.

[4] Emendamento 1.900 (testo corretto) del Governo, pubblicato in allegato ai resoconti della seduta del 4 aprile 2012.

[5] Nota di risposta alle osservazioni formulate nel corso dell’esame in prima lettura al Senato.

[6] Su tali aspetti v. anche la Nota di lettura del Servizio Bilancio del Senato n. 121 (marzo 2012), nella quale sono stati richiesti chiarimenti in merito:

-          alla platea dei potenziali aventi diritto alle rateazioni;

-          alle ipotesi, espresse in termini di una percentuale, del numero di soggetti che prevedibilmente accederanno al beneficio;

-          agli importi di debito interessati.

[7] La norma rinvia al valore minimo della sanzione stabilita dall’articolo 11, comma 1, del d.lgs. n. 471/1997.

[8] Nota trasmessa alla Commissione bilancio del Senato in risposta ai rilievi formulati nel corso dell’esame in sede referente.

[9] La norma rinvia al valore minimo della sanzione stabilita dall’articolo 11, comma 1, del d.lgs. n. 471/1997.

[10] La norma rinvia al valore massimo della sanzione stabilita dall’articolo 8, comma 1, del d.lgs. n. 471/1997.

[11] I termini delle liquidazioni periodiche, mensili e trimestrali, sono fissati dal DPR n. 100 del 1998.

[12] Articolo 21, comma 1, del D.L. n. 78/2010.

[13]    Con comunicato stampa del 5 aprile 2012, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che la comunicazione da presentare entro il 30 aprile 2012, relativa al 2011, deve essere predisposta in base alla previgente normativa di cui all’art. 21 del D.L. n. 78/2010.

[14] La RT allegata al DL n. 40/2010 fondava la stima degli effetti di maggiore entrata relativi all’introduzione dell’obbligo di comunicazione (comma 1), pari a 35 milioni di euro nel 2010 ed a 40 milioni di euro annui dal 2011, sul volume degli scambi di merci, effettuati dal 2005 al 2008 tra lo Stato italiano e la Repubblica di San Marino. Dalla verifica di detta RT, alla luce degli elementi forniti, non era possibile determinare quale fosse l’ammontare minimo delle operazioni considerate ai fini della stima degli effetti di maggior gettito.

[15] Sempre ai sensi delle Determinazioni direttoriali attuative del decreto-legge n. 262 del 2006.

[16] Come chiarito nel corso di un’audizione del direttore dell’Agenzia delle dogane presso la Commissione Finanze del Senato (15 giugno 2011) «Ogni dichiarazione doganale presentata, anche su carta, è trattata dal sistema ed esaminata dal Circuito Doganale di Controllo che provvede ad indirizzarla ad uno dei 4 canali di controllo (verde, giallo, arancio e rosso) in relazione ai profili di rischio eventualmente associati ad uno o più elementi della dichiarazione (origine, provenienza, merci, imballaggi... ecc). La definizione dei profili di rischio si basa su una costante attività di intelligence che raccoglie, collega, valuta informazioni provenienti dall’analisi dei flussi e da numerose banche dati nazionali e comunitarie. Un processo ciclico di valutazione/correzione dei profili di rischio in relazione ai risultati dei controlli  consente al sistema di gestione automatizzata del rischio di “autoapprendere” dai risultati ottenuti per accrescere lefficacia e la selettività dei controlli, riducendone progressivamente la quantità».

[17] Che possono determinare, in una certa misura, la non esigibilità dell'accisa.

[18]  Fabbriche che hanno una produzione annuale non superiore ai 10.000 ettolitri.

[19] Con Nota del Ministero dell’economia e delle finanze – Ufficio del coordinamento legislativo delle finanze del 19 marzo 2012.

[20] L’articolo 52, comma 2, lettera a), specifica che non è sottoposta ad accisa l’energia elettrica prodotta con impianti azionati da fonti rinnovabili, con potenza non superiore a 20 kW. Il successivo articolo 52, comma 3, lettera b), specifica altresì che è esente da accisa l’energia elettrica prodotta con impianti azionati da fonti rinnovabili con potenza disponibile superiore a 20 kW, consumata dalle imprese di autoproduzione in locali e luoghi diversi dalle abitazioni.

[21] V. relazione tecnica riferita all’articolo 12 del DL 201/2011.

[22] Il termine era stabilito entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del DL n. 201/2011 (=7 marzo 2012).

[23] Articolo 545, comma 4 del codice di procedura civile.

[24] Modificando l’articolo 76, commi 1 e 2 del citato D.P.R. 602/1973.

[25] Le modifiche erano state disposte con l’articolo 7, comma 2, lettera gg-undecies del decreto legge n. 70/2011.

[26] Inserendo il comma 1-bis nell’articolo 77 del citato DPR n. 602/1973.

[27] Nota trasmessa alla Commissione bilancio del Senato in risposta ai rilievi formulati nel corso dell’esame in sede referente.

[28] Nota 19 marzo 2012 di risposta alle osservazioni formulate in prima lettura dal Senato.

[29] E con potenza disponibile superiore a 200 kW. Per uso promiscuo si intende l'utilizzazione di energia elettrica in impieghi soggetti a diversa tassazione.

[30]Secondo le modalità indicate dall’articolo 55, comma 1, del D. Lgs. 504/1995. In base a tale disposizione, l'accertamento e la liquidazione dell'accisa sono effettuati dal competente Ufficio dell'Agenzia delle dogane sulla base della dichiarazione di consumo annuale di cui all'articolo 53, comma 8. Quest’ultimo comma dispone che i soggetti obbligati al pagamento dell'accisa sull'energia elettrica - fatta eccezione per quelli che versano anticipatamente l'imposta dovuta mediante canone di abbonamento annuale - presentano una dichiarazione di consumo annuale, contenente tutti gli elementi necessari per l'accertamento del debito d'imposta relativo ad ogni mese solare, nonché l'energia elettrica prodotta, prelevata o immessa nella rete di trasmissione o distribuzione.

[31] Tali soggetti hanno l'obbligo di dichiarare anticipatamente le variazioni che comportino un aumento superiore al 10% del consumo preso per base nella determinazione del canone ed in tal caso il competente Ufficio dell'Agenzia delle dogane procede alla revisione straordinaria dello stesso.

[32] Nota trasmessa alla Commissione bilancio del  Senato in risposta ai rilievi formulati nel corso dell’esame in sede referente.

[33] Nota del 19 marzo 2012 di risposta alle osservazioni formulate nel corso dell’esame in prima lettura al Senato.

[34] Si veda, da ultimo, l’articolo 35, comma 1, lettera a),  del decreto-legge n. 1 del 2012

[35] Decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986.

[36] Aggiungendo un periodo al punto 11) della tabella A allegata al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504 (Esenzioni e Agevolazioni).

[37] Il paragrafo della RT dedicato alla lettera a) reca il titolo “Art. 4, comma 1-bis, lett. a), e comma 5-bis”. Quest’ultima norma (comma 5-bis) non viene tuttavia considerata nelle stime oggetto della medesima RT. 

[38] Vedi Commissione 5° e 6° Senato, seduta n. 33 del 21 marzo 2012.

[39] Art. 8, comma 1, del D. Lgs. 23/2011.

[40]    Tale disposizione inseriva un inciso alla lettera a) del comma 14 dell'articolo 13 del decreto-legge n. 201 del 2011, che abroga interamente l'art. 1 (esenzione prima casa ICI) del decreto-legge n. 93 del 2008.

[41]    Gli immobili classificati F2 (o unità collabenti) sono costruzioni inagibili o non abitabili  il cui utilizzo non è possibile con semplice manutenzione ordinaria o straordinaria (si tratta, ad esempio, dei ruderi o dei fabbricati che hanno subito danni per effetto di sisma).

[42]    La base imponibile IMU per i terreni agricoli è calcolata rivalutando del 25% il reddito dominicale e moltiplicando il valore così ottenuto per il coefficiente stabilito dalla norma.

[43]    Ai sensi della norma richiamata, la regolarizzazione dei fabbricati rurali può avvenire con apposita iscrizione entro il 30 novembre 2012.

[44] Vedi Seduta Commissione 5° e 6° Senato, n. 33 del 21 marzo 2012.

[45]    Operato a valere sui fondi perequativi per i comuni delle RSO, sui trasferimenti erariali per i comuni di Sicilia e Sardegna e sulle compartecipazioni al gettito dei tributi erariali per i comuni delle restanti RSS.

[46]    Diverso  da quello relativo alla prima abitazione e ai terreni.

[47] Vedi Seduta Commissione 5° e 6° Senato, n. 33 del 21 marzo 2012.

[48]    Ai sensi dell'articolo 3 della legge 1° giugno 1939, n. 1089.

[49] L’art.12 della legge n. 904/1977 stabilisce che non concorrono a formare il redito imponibile delle cooperative e loro consorzi le somme destinate a riserve indivisibili, a condizione che sia esclusa la possibilità di distribuirle tra i soci sotto qualsiasi forma, sia durante la vita dell’ente sia all’atto del suo scioglimento. L’art. 6, comma 1, del DL n. 63/2002, nella versione ante DL 138/2011, disponeva che il predetto articolo 12 (quindi il regime di esenzione) si applicava, in ogni caso, alla quota di utili destinati alla riserva minima obbligatoria.

[50]    Infatti tale norma riguarda in parte immobili assimilati a prime abitazioni (ex IACP e cooperative a proprietà indivisa), escluse dall’ambito della sterilizzazione, e in parte immobili di proprietà degli stessi comuni, per i quali questi ultimi non sembrano conseguire alcun maggior gettito. Cfr. in proposito la scheda riguardante l’articolo 4, comma 5.

[51] Ai sensi dell’art. 38 del DPR n. 602/1973 il rimborso di un versamento può essere presentato entro 48 mesi dalla data del versamento medesimo.

[52] Nota trasmessa alla Commissione bilancio del Senato in risposta ai rilievi formulati nel corso dell’esame in sede referente.

[53] Nello specifico la Sogei SpA.. Il comma 5 dell’articolo citato prevede che il ministero e le agenzie fiscali possono promuovere la costituzione o partecipare a società e consorzi che, secondo le disposizioni del codice civile, abbiano ad oggetto la prestazione di servizi strumentali all'esercizio delle funzioni pubbliche ad essi attribuite.

[54] Articolo 2, comma 6 del decreto legge n. 143/2008.

[55] Nota trasmessa alla Commissione bilancio del Senato in risposta ai rilievi formulati nel corso dell’esame in sede referente.

[56]    Introdotto da dall’articolo 23, comma 28, lettera c) del DL n. 98/2011.

[57] Si tratta dell’iscrizione di ipoteca e del sequestro conservativo.

[58] Il decreto legislativo dispone l’attuazione della direttiva 2005/60/CE concernente la prevenzione dell'utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo nonché della direttiva 2006/70/CE che ne reca misure di esecuzione.

[59] Articolo 49, commi 1, 5, 6, 7, 12, 13 e 14, e all'articolo 50 del medesimo decreto legislativo.

[60] L'art. 19, c. 1, ha novellato i commi 2-bis e 2-ter dell'art. 13 (fatture, note, conti ed estretti di conti) della tariffa in materia di imposta di bollo. I commi 13, 14 e 15 dell'art. 8 del provvedimento in esame intervengono invece direttamente sulle disposizioni della Tariffa, con effetti della novella fatti retroagire al 1 gennaio 2012.

[61] Si tratta dell’imposta pagata sugli estratti conto, inviati dalle banche ai clienti ai sensi dell’ articolo 119 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, nonché sugli estratti di conto corrente postale e rendiconti dei libretti di risparmio anche postali: per ogni esemplare con periodicità annuale.

[62] Si ricorda che la RT allegata al DL 201/2011, con riferimento all’introduzione dell’imposta di bollo in misura proporzionale, stimava maggiori entrate, scontate sui saldi di finanza pubblica, pari a 1.043 milioni di euro nel 2012, a 921 milioni di euro nel 2013 e a 493 milioni di euro nel 2014.

[63] Il comma 2-ter dell’articolo 13 della tariffa, parte prima, allegata al DPR n. 642/1972 afferma che l’imposta è dovuta per ogni esemplare, sul complessivo valore di mercato o, in mancanza, sul valore nominale o di rimborso.

[64] Nota 19 marzo 2012, di risposta alle osservazioni formulate nel corso dell’esame in prima lettura al Senato.

[65] Valore costituito dal costo risultante dall'atto di acquisto e, in mancanza, dal valore di mercato rilevabile nel luogo in cui è situato l'immobile.

[66] Il comma 16, infatti, prevede che dall'imposta si deduca, fino a concorrenza del suo ammontare, un credito d'imposta pari all'ammontare dell'eventuale imposta patrimoniale versata nello Stato in cui è situato l'immobile.

[67] Ossia – come precisato dal testo – in misura pari a quella prevista dall’articolo 13, comma 2-bis, lettera a) , della tariffa allegata al DPR 642/1972.

[68] Di cui al comma 8 dell’articolo 19 del Dl n. 201/2011.

[69] Stabilito dall’articolo 37, comma 49-bis, del DL 223/2006. Tale norma ha disposto l’utilizzo in compensazione dei crediti IVA superiori ad una certa soglia esclusivamente attraverso i servizi telematici messi a disposizione dall’Agenzia delle entrate.

[70] Nota trasmessa alla Commissione bilancio del Senato in risposta ai rilievi formulati nel corso dell’esame in sede referente.

[71] Già destinate a finanziare il finanziamento dell’Agenzia di cui si dispone la soppressione.

[72] Di cui al decreto del Presidente della Repubblica 7 aprile 2011, n. 144.

[73] L’Agenzia è inserita nell’elenco ISTAT, rilevante ai fini della costruzione del conto economico consolidato delle pubbliche amministrazioni, tra le autorità amministrative indipendenti.

[74] Articolo 19 comma 6 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.

[75] Cfr. Nota di lettura 121 Servizio del bilancio – Senato della Repubblica.

[76] Sentenza 6884/2011 pronunciata dal TAR del Lazio.

[77] Cfr. Italia Oggi, articolo del 30 novembre 2011, pagina 39.

[78] La relazione tecnica afferma che il trattamento retributivo di un neo-ispettore è pari a 1,26 volte quello di un neo finanziere, come risulterebbe da un allegato prospetto che non risulta incluso nella documentazione trasmessa a corredo del maxiemendamento 1.900.

[79]    In base all’articolo 2, comma 1, lett. a), sono inclusi tra le risorse proprie tradizionali del bilancio dell’Unione europea i prelievi, premi, importi supplementari, dazi delle tariffe doganali sugli scambi con paesi terzi.

[80] Di cui all'articolo 2, paragrafo 1, lettera a), della Decisione del Consiglio del 7 giugno 2007, n. 2007/436/CE/Euratom.

[81] Non risulta invece riprodotta nel testo trasmesso alla Camera il secondo periodo del comma in esame (presente in una prima versione dell’emendamento 1.900 del Governo). Su tale disposizione – con la quale veniva consentito alle concessionarie di elaborare e trasmettere i conteggi sul PREU ai terzi gestori che avrebbero provveduto a versarne le quote allo Stato tramite F24 - la Ragioneria generale dello Stata aveva  formulato un avviso contrario (v. RT allegata all’emendamento 1.900). Conseguentemente la disposizione non è stata riprodotta nell’emendamento 1.900 (testo corretto) pubblicato in allegato ai resoconti della seduta del Senato del 4 aprile 2012.

[82] Ai sensi dell’articolo 12 del DL 39/2009. A tale norma erano stati ascritti effetti complessivi di incremento del gettito pari a 1,5 miliardi di euro all’anno (questi ultimi derivanti, oltre che da una rimodulazione del prelievo erariale sui giochi, anche da una modifica del prelievo fiscale sui tabacchi lavorati).

[83] Articolo aggiuntivo 3.0.1000 (testo 2) dei relatori.

[84] Giocata minima 2 euro; destinazione del 50% della raccolta a montepremi; destinazione del 38% della raccolta nazionale a imposta.

[85] Ai sensi dell’articolo 12 del DL 39/2009. A tale norma erano stati ascritti effetti complessivi di incremento del gettito pari a 1,5 miliardi di euro all’anno (questi ultimi derivanti, oltre che da una rimodulazione del prelievo erariale sui giochi, anche da una modifica del prelievo fiscale sui tabacchi lavorati)..

[86] V. nota precedente.

[87] Nota trasmessa alla Commissione bilancio del  Senato in risposta ai rilievi formulati nel corso dell’esame in sede referente.

[88] Ossia l’effettuazione di operazioni di gioco a fini di controllo, da cui possono derivare effetti positivi di incremento del gettito tributario.

[89] Articolo aggiuntivo 3.0.1000 (testo 2) dei relatori.

[90] Come precisato dalla Corte dei conti, con il decreto 21 dicembre 1999 era stato disposto il rinnovo di 329 concessioni storiche, stipulando conseguentemente le relative convenzioni ed estendendo a queste l’istituto dei minimi garantiti, già in vigore per le nuove concessioni. Successivamente, con provvedimenti normativi e regolamentari, sono stati individuati i criteri di ridefinizione delle condizioni economiche e delle relative garanzie, nel rispetto del principio della riduzione equitativa della vigente misura del minimo garantito, prevedendo un incremento di tale misura direttamente proporzionato all’effettiva variazione dei volumi di raccolta delle scommesse, fino alla scadenza della concessione. Il DL 209/2002 ha operato una sospensione sino al 31 gennaio 2003 degli effetti dei provvedimenti dell’AAMS di revoca delle concessioni adottati a seguito delle inadempienze dei concessionari. Il DL 147/2003 ha ulteriormente ridefinito la questione concedendo una sorta di “condono” attraverso una riduzione degli importi ancora dovuti pari al 33,3% nei confronti di coloro che hanno aderito al successivo decreto interministeriale, rateizzabili in otto rate annuali sino alla scadenza della concessione nell’anno 2001. La rideterminazione del minimo garantito è stata effettuata dal decreto interministeriale 10 ottobre 2003.

[91] Il DL 201/2011 – richiamato dal testo del comma 6 – richiama a sua volta le finalità previste dall’articolo 4 della legge 499/1999 (Razionalizzazione degli interventi nei settori agricolo, agroalimentare, agroindustriale e forestale). Si tratta delle seguenti finalità: attività di ricerca e di sperimentazione in campo agricolo; raccolta, elaborazione e diffusione di informazioni e di dati, compreso il sistema informativo agricolo nazionale; sostegno delle associazioni ed unioni nazionali di produttori agricoli; miglioramento genetico vegetale e del bestiame; tutela e valorizzazione della qualità dei prodotti agricoli; prevenzione e repressione delle frodi; sostegno delle politiche forestali nazionali; progetti speciali in materia agricola predisposti da università e da altri enti pubblici di ricerca.

[92] Ai sensi dell'articolo 2, comma 5, decreto-legge 24 gennaio 2012.

[93] Si richiama il comma 13 del citato articolo 37 del decreto legge n. 98 del 2011.

[94] Testo unico in materia di spese di giustizia.

[95] Citato articolo 158, comma 3 del DPR n. 115/2002.

[96] Nota trasmessa alla Commissione bilancio del  Senato in risposta ai rilievi formulati nel corso dell’esame in sede referente.

[97] Si ricorda che l’articolo 6 del D.L. 195/2009 determina in 355 milioni di euro il valore dell’impianto alla data di entrata in vigore della legge di conversione del suddetto decreto-legge, da riconoscere al soggetto già concessionario e proprietario dell’impianto, sulla base dei criteri stabiliti da uno studio dell’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA) del 2007. Si ricorda altresì che tale importo, secondo quanto disposto dall’articolo 7 del medesimo decreto-legge, si intende ridotto del canone di affitto corrisposto nei dodici mesi antecedenti all’atto di trasferimento (pari a 30 milioni di euro), delle somme comunque anticipate, nonché di quelle relative agli interventi effettuati sull’impianto, funzionali all’esercizio del termovalorizzatore, effettuate sino al trasferimento della proprietà.

[98] Con Nota del 14 febbraio 2012.

[99] Si ricorda che l’articolo 2, comma 2, del DL 195/2009 dispone che su contabilità speciali confluiscono, tra l’altro, gli introiti derivanti dai conferimenti dei rifiuti presso il termovalorizzatore di Acerra e il relativo impianto di servizio, nonché i ricavi della vendita dell'energia elettrica prodotta dal termovalorizzatore stesso.

[100] L’articolo 5, comma 1, del DL 195/2009 disponeva che fosse autorizzata la salvaguardia e la tutela delle aree e dei siti di interesse strategico nazionale mediante l'impiego delle Forze armate nel limite di 250 unità. Agli oneri conseguenti si provvedeva nel limite delle disponibilità delle apposite contabilità speciali istituite ai sensi dell’articolo 2, comma 2, del medesimo decreto. La relazione tecnica riferita alla norma in questione stima una spesa, anche di funzionamento, pari a euro 5.400.000.

[101] Le modifiche apportate hanno escluso dai vincoli del patto di stabilità le spese sostenute dalla regione Campania per il termovalorizzatore di Acerra e le spese per l’attuazione del ciclo integrato dei rifiuti e della depurazione delle acque, nonché l’incremento da 50 a 60 milioni del limite entro il quale opera la suddetta esclusione.

[102] Cfr. Seduta n. 648 del 16 febbraio 2012.

[103] Con Nota del Ministero dell’economia e delle finanze – Ufficio del coordinamento legislativo delle Finanze, del 19 marzo 2012.

[104] Di cui all'articolo 27 della legge 31 dicembre 2009, n. 196.