Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Biblioteca - Ufficio Legislazione straniera
Titolo: A.C. 3145, 3872, 3986 Il reato di autoriciclaggio in Francia, Germania, Regno Unito e Spagna
Riferimenti:
AC N. 3145/XVI   AC N. 3872/XVI
AC N. 3986/XVI     
Serie: Note informative sintetiche    Numero: 39
Data: 29/11/2012
Descrittori:
FRANCIA   GERMANIA
GRAN BRETAGNA   RICICLAGGIO FINANZIARIO
SPAGNA     

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NOTE INFORMATIVE SINTETICHE

 

 

 

N. 39 – 28 novembre 2012


A.C. 3145, 3872, 3986

 

Il reato di autoriciclaggio in Francia, Germania, Regno Unito e Spagna

 

In Francia il reato di riciclaggio (blanchiment) è disciplinato nel Libro III del Code Pénal, dedicato ai “crimini e delitti contro i beni”. La definizione e le generalità del reato, distinto in riciclaggio semplice e aggravato, sono enunciate agli artt. da 324-1 a 324-6, mentre gli artt. da 324-7 a 324-9 stabiliscono le pene complementari applicabili alle persone fisiche, nonché la responsabilità penale e le pene complementari per le persone giuridiche.

Il riciclaggio è considerato un reato “di conseguenza” e, al tempo stesso, “distinto”, in quanto presuppone la condizione preliminare dell’esistenza, o meglio della preesistenza di un reato o di un delitto (reato “principale” o “d’origine”)che abbia procurato al suo autore un profitto diretto o indiretto (art. 324-1, I); o il cui prodotto sia stato oggetto di “ripulitura”, ovvero di collocamento (c.d. “prelavaggio”), occultamento (c.d. “lavaggio”) o conversione finale nell’economia legale (c.d.“centrifuga”) (art. 324, 1, II); o dal quale provengano i beni o i fondi oggetto delle attività di riciclaggio (art. 324-4); oppure che abbia costituito l’occasione nella quale le operazioni di riciclaggio sono state compiute (art. 324-5). Il riciclaggio è inoltre un reato “intenzionale”: l’autore degli atti di riciclaggio deve aver agito nella consapevolezza dell’origine fraudolenta dei fondi o dei beni dell’autore del reato d’origine, con la volontà di partecipare alla giustificazione mendace o all’occultamento dei proventi di quel reato.

Nell’ordinamento francese il reato principale, per dar luogo al conseguente reato di riciclaggio, deve soltanto rientrare nell’ambito delle fattispecie ascrivibili ai crimini o ai delitti, in quanto il campo del reato di riciclaggio non è limitato al collegamento con crimini o delitti specifici.

Nell’ambito della definizione del reato in esame (Code pénal, art. 324-1), l’autoriciclaggio non è previsto in modo espresso, ma nel 2004 la Corte di Cassazione francese (sezione criminale), con una sentenza innovativa rispetto alla giurisprudenza precedente, ha dichiarato applicabile il secondo capoverso dell’art. 324-1 del Codice penale anche all’autore del reato d’origine,che può quindi essere considerato blanchisseur nel momento in cui compie operazioni di riciclaggio del prodotto del reato da lui stesso commesso (Cour de Cassation (Chambre criminale), sentenza del 14 gennaio 2004[1]).

La costruzione giurisprudenziale che ha riconosciuto in Francia un’autonoma rilevanza penale dell’autoriciclaggio ha consentito, sotto il profilo della politica criminale, di non lasciare impuniti i protagonisti di attività di riciclaggio e di impiego dei proventi delittuosi, in particolare del crimine organizzato, per il solo fatto di essere anche gli autori o i compartecipi del reato dal quale traggono origine i beni o il denaro “riciclati”. La punibilità autonoma del reato di autoriciclaggio esprime i suoi effetti anche ai fini della prescrizione permettendo, tra l’altro, di perseguire per riciclaggio l’autore del reato d’origine anche quando quest’ultimo sia caduto in prescrizione, in quanto da essa non deriva necessariamente la prescrizione del reato conseguente.

Il riciclaggio semplice da parte di persone fisiche è punito con 5 anni di detenzione e 375.000 euro di ammenda (art. 324-1); la pena è aumentata a 10 anni di detenzione e a 750.000 euro di ammenda in caso di riciclaggio aggravato dalle modalità di commissione del reato (art. 324-2). Le ammende possono essere aumentate fino alla metà del valore dei beni o dei fondi sui quali sono state compiute le operazioni di riciclaggio (art. 324-3). Pene complementari sono inoltre applicabili dal giudice alle persone fisiche riconosciute colpevoli di riciclaggio, tra le quali l’interdizione, temporanea o perpetua, dai pubblici uffici o dall’esercizio dell’attività professionale o sociale nel corso della quale sia stato commesso il reato, il divieto di emettere assegni, la sospensione per cinque o più anni o l’annullamento della patente di guida, la confisca di tutti o parte dei beni del condannato, fino all’interdizione dal territorio francese (artt. 324-7 e 324-8).

Le persone giuridiche riconosciute penalmente responsabili per riciclaggio incorrono, a loro volta, in pene (art. 324-9) che, oltre all’aumento del tetto dell’ammenda applicabile fino a un tasso massimo pari al quintuplo di quanto previsto per le persone fisiche (ad es. 3.750.000 euro in caso di riciclaggio aggravato), comprendono possibili pene complementari più pesanti rispetto alle persone fisiche, in particolare le pene previste dall’art. 131-39. Tra queste ultime sono da segnalare: lo scioglimento della società; l’interdizione dall’esercizio diretto o indiretto di una o diverse attività professionali o sociali; la sottoposizione per cinque o più anni a sorveglianza giudiziaria, l’esclusione definitiva, o per cinque o più anni, dai mercati; l’interdizione definitiva, o per cinque o più anni, dalla possibilità di procedere a un’offerta al pubblico di titoli finanziari oppure dall’ammissione sui mercati regolamentati di propri titoli finanziari; la chiusura definitiva, o per cinque o più anni, degli stabilimenti oppure di uno o più stabilimenti dell’impresa che siano stati utilizzati per commettere i fatti incriminati; la confisca dei beni mobili e immobili della persona giuridica (alle condizioni e secondo le modalità previste dall’art. 131-21).

In Germania il reato di riciclaggio è disciplinato dal § 261 del Codice penale (Strafgesetzbuch - StGB), all’interno della ventunesima sezione della parte speciale relativa al favoreggiamento e alla ricettazione. La norma, introdotta con l’art. 1 della legge sulla repressione del traffico illegale di droga e di altre manifestazioni del crimine organizzato (Gesetz zur Bekämpfung des illegalen Rauschgifthandels und anderer Erscheinungsformen der Organisierten Kriminalität - OrgKG) del 15 luglio 1992, prevede una pena detentiva da 3 mesi a 5 anni per chiunque occulti un oggetto proveniente da un fatto illecito, ne dissimuli la provenienza oppure impedisca o metta in pericolo l’accertamento della provenienza, il ritrovamento, l’acquisizione pubblica, la confisca o il sequestro di tale oggetto. Il reato sussiste quando l’azione principale consiste in un crimine (Verbrechen) classificato tra quelli gravi o in una serie di specifici delitti “lievi” (Vergehen) espressamente elencati al comma 1, che comprendono la corruttibilità (Bestechlichkeit) del pubblico ufficiale (§ 332) o il fatto (§ 334) di corromperlo (Bestechung), talune azioni illecite contemplate nel Codice tributario (Abgabenordnung - AO) e alcuni delitti commessi da appartenenti ad associazioni criminali o terroristiche (§§ 129, 129a e 129b). La medesima pena si applica anche ai casi di evasione fiscale (Steuerhinterziehung) posti in essere da soggetti che agiscono in via professionale, ossia con l’intenzione di trarne profitto, o per l’appartenenza ad una banda costituita per commettere ripetutamente tale reato, come prevede il § 370 del Codice tributario. Allo stesso modo sono punibili i soggetti che si procurino, custodiscano o utilizzino per sé stessi o per un terzo un oggetto proveniente da attività illecite, conoscendone la provenienza nel momento in cui lo hanno conseguito. Tale previsione (§ 261, comma 2) configura il reato di ricettazione che, in questo contesto, è quindi assimilato al riciclaggio. Non essendo menzionato lo scopo di lucro, si evince che la condotta è punibile di per sé per il solo fatto di detenere l’oggetto in questione. È inoltre prevista la punibilità del tentativo di riciclaggio (§ 261, comma 3).

La pena detentiva è raddoppiata (da 6 mesi a 10 anni) in casi di particolare gravità, come quando l’autore del reato agisce professionalmente o quale membro di un’organizzazione dedita abitualmente al riciclaggio (§ 261, comma 4). Viceversa è prevista una diminuzione della pena a 2 anni di detenzione oppure una sanzione pecuniaria per chi non riconosce, con colpa grave, la provenienza illecita dell’oggetto (§ 261, comma 5). L’azione corrispondente al reato di ricettazione di cui al comma 2 non è invece punibile quando un terzo abbia precedentemente conseguito l’oggetto senza con ciò commettere un reato (§ 261, comma 6).

Gli oggetti ai quali si riferisce il reato possono essere confiscati ai sensi del § 74a del Codice penale; si applica il § 73d nel caso in cui l’autore del reato abbia agito professionalmente o in quanto membro di un’organizzazione dedita all’attività di riciclaggio (§ 261, comma 7). Agli oggetti indicati nei commi 1, 2 e 5 sono equiparati quelli che derivano da un fatto illecito commesso all’estero, qualora il fatto sia penalmente sanzionato anche in tale luogo (§ 261, comma 8).

Le pene previste nei commi da 1 a 5 non si applicano a chi denuncia spontaneamente il fatto all’autorità competente o provoca spontaneamente tale denuncia, qualora il fatto, in tale momento, non fosse già stato in tutto o in parte scoperto e l’autore fosse di ciò a conoscenza o avrebbe dovuto prevederlo sulla base di un ragionevole apprezzamento della situazione di fatto, nonché a chi procura il sequestro dell’oggetto al quale si riferisce il reato. Non è altresì punito, sempre ai sensi dei commi da 1 a 5, colui che è punibile per concorso nel reato presupposto (§ 261, comma 9).

Dalla sua entrata in vigore il § 261 del Codice penale ha subito circa 16 modifiche e ogni volta per ampliare la gamma di reati presupposti, cioè di fatti illeciti che sono alla base del riciclaggio di denaro, al fine di comprendere in particolare i reati connessi al crimine organizzato.

Per quanto concerne specificamente la penalizzazione dell’autoriciclaggio, ovvero il riciclaggio di un oggetto di provenienza illecita compiuto dallo stesso soggetto che ha conseguito tale oggetto in maniera illecita, il § 261 non distingue espressamente tra questa fattispecie e il reato commesso da un terzo, per cui la normativa antiriciclaggio può in teoria essere applicata a tutti gli autori del reato presupposto. Ciò che rileva, infatti, è l’illegalità del fatto dal quale trae origine l’oggetto del riciclaggio, a prescindere da chi abbia commesso il fatto illecito originario. Una regola speciale è, tuttavia, rappresentata dal comma 9, secondo periodo, in base al quale un soggetto che sia stato punito per aver concorso al reato principale non può essere punito allo stesso tempo anche per il riciclaggio del denaro proveniente da tale illecito. Stando alla lettera, l’esplicita esclusione di una doppia punizione per i partecipanti al reato presupposto non ha mancato di sollevare qualche dubbio in merito all’applicazione di tale regola anche all’autore del reato, oltre che a coloro che vi hanno concorso. In base al Rapporto sull’antiriciclaggio e il finanziamento del terrorismo in Germania, adottato dal GAFI (Gruppo di azione finanziaria contro il riciclaggio di capitali o Financial Action Task Force - FATF) del febbraio 2010, risulta evidente l’impegno di rafforzare il sistema nazionale volto alla prevenzione e alla repressione del riciclaggio di denaro, come dimostrato dal gran numero di procedimenti giudiziari e di ordinanze di confisca dei beni in tale ambito. Tuttavia, il Rapporto del GAFI evidenzia una sorta di debolezza nel quadro giuridico e sanzionatorio ritenuto “non conforme” ai requisiti necessari per la lotta al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo. Una delle debolezze riscontrate dal GAFI è infatti l’impossibilità di punire una persona sia per aver commesso il reato presupposto, sia per il reato di riciclaggio. Il divieto della doppia punizione (Verbot der Doppelbestrafung), sancito a livello costituzionale dall’art. 103, comma 3 della Legge fondamentale ed esplicitato nel già citato § 261, comma 9 del Codice penale, è stato anche confermato da una decisione della Corte di cassazione federale nel 2009 (BGH, 18.02.2009 - 1 StR 4/09), la quale ha però stabilito la possibilità di condannare in Germania, per riciclaggio di denaro, una persona condannata per corruzione in un altro Stato.

Nel Regno Unito la repressione del riciclaggio è regolatadal Proceeds of Crime Act 2002, le cui disposizioni qualificano il reato di money laundering (artt. 327-340) senza assegnare risalto autonomo al fenomeno dell’autoriciclaggio. Il reato è costituito da tre fattispecie principali: le condotte dirette ad occultare, trasformare, convertire o trasferire i proventi di attività criminose al fine di consentirne la circolazione attraverso i normali canali di trasferimento della ricchezza; gli accordi posti in essere per compiere tali operazioni; l’acquisizione e il possesso di beni di origine illecita.

Gli intermediari finanziari autorizzati, dal canto loro, commettono reato – salva l’applicabilità di specifiche esimenti - qualora non osservino i puntuali obblighi di informazione individuati dalla legge e non provvedano a segnalare, tramite propri rappresentanti designati allo scopo (nominated officers), le operazioni di cui sia nota o ragionevolmente sospettabile la finalità di riciclaggio (failure to disclose). Sono egualmente sanzionate le segnalazioni il cui scopo sia quello di pregiudicare lo svolgimento di indagini rivolte ad accertare i reati di riciclaggio (tipping off).

Le pene detentive previste per tali reati variano nel massimo edittale, rispettivamente, dai 5 mesi ai 14 anni per il riciclaggio, e dai 6 mesi ai 5 anni per l’omessa segnalazione o il tipping off, a seconda del procedimento giudiziario esperito (summary oppure on indictment).

La disciplina repressiva del riciclaggio è formata altresì dalle Money Laundering Regulations 2007, con cui è stata data attuazione nel Regno Unito alla Direttiva 91/308/CEE del Consiglio del 10 giugno 1991 relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività illecite. Tale normativa (modificata dalle analoghe Regulations del 2012, attuative della Direttiva 2005/60/CE) si applica nei confronti dei fornitori di servizi finanziari, sottoposti ad obblighi di controllo, di monitoraggio e di segnalazione relativamente alle operazioni effettuate dai loro clienti. Per il corretto assolvimento di questi adempimenti, di contenuto specifico a seconda del settore di attività, l’amministrazione tributaria ha predisposto guide esplicative dettagliate. Nella prospettiva di ridurre l’onerosità degli adempimenti amministrativi per talune imprese del settore ritenute a minore rischio, il Tesoro ha recentemente annunciato, ad esito di una consultazione pubblica, modifiche dirette a una semplificazione delle norme.

La prevenzione e la repressione del fenomeno, che nel Regno Unito intersecano le sfere di competenza di diversi organismi - tra cui l’Office for Fair Trading (OFT), la Financial Services Autorithy (FSA), la Serious Organised Crime Agency (SOCA), il Joint Money Laundering Steering Group (JMLSG) e la Gambling Commission -, si inscrivono anche nel quadro di più ampie strategie di contrasto, stante la sua pericolosità in ragione delle relazioni con il finanziamento delle attività terroristiche. In questa prospettiva rileva segnalare, per completezza, la vigenza di restrizioni poste ai movimenti finanziari da o verso determinati paesi o soggetti finanziari esteri, adottate in base al Counter-Terrorism Act 2008 dal Tesoro (financial restrictions).

In Spagna l’autoriciclaggio è punito ai sensi dell’art. 301 del Codice penale. Tale norma prevede, infatti, che colui che acquisti, possieda, utilizzi, converta o trasmetta beni, sapendo che essi sono provenienti da un’attività delittuosa, commessa da lui stesso o da terzi, o esegua qualsiasi altro atto per occultare o mascherare la loro provenienza illecita, o per aiutare la persona coinvolta nel reato o nei reati a sottrarsi alle conseguenze giuridiche delle sue azioni, è punito con la reclusione da sei mesi a sei anni e con la multa corrispondente a tre volte il valore dei beni. Il giudice, tenuto conto della gravità del fatto e delle circostanze personali del colpevole, può anche imporre la pena dell’inabilitazione speciale dall’esercizio della professione o industria per un periodo da 1 a 3 anni, nonché la misura della chiusura temporanea o definitiva degli stabilimenti o sedi. Se la chiusura è temporanea, la sua durata non può superare i 5 anni.

La sanzione deve essere inflitta nella sua metà superiore quando i beni traggano origine da reati legati al traffico di stupefacenti o sostanze psicotrope, di cui agli artt. 368-372 del Codice penale. In tali casi, si applicano le disposizioni contenute nell’art. 374 del codice (vale a dire la confisca di droghe, sostanze, beni, strumenti, proventi, etc.). La pena è determinata nella sua metà superiore anche quando i beni abbiano origine da alcuni reati quali corruzione, appropriazione indebita, truffa ed estorsione, o in uno dei reati legati all’ordinamento urbanistico e del territorio (comma 1).

Con le stesse pene sono puniti, a seconda dei casi, l’occultamento o la dissimulazione della reale natura, provenienza, ubicazione, destinazione, movimento o diritti sui beni o proprietà degli stessi, sapendo che provengono da uno dei reati di cui al comma precedente o da un atto di partecipazione ad essi (comma 2). Nei casi di grave negligenza, la pena prevede la reclusione da 6 mesi a 2 anni e la multa di tre volte il valore dei beni (comma 3). Il colpevole è punito anche quando il reato da cui provengano i beni o gli atti puniti siano commessi, in tutto o in parte, all’estero (comma 4).

Ai sensi dell’art. 302 del Codice penale, nei casi previsti dall’art. 301 sono irrogate le pene privative della libertà nella loro metà superiore alle persone che appartengono a un’organizzazione dedita alle attività indicate e una pena superiore a capi, amministratori o responsabili delle organizzazioni (comma 1). Se la responsabilità appartiene a una persona giuridica, la pena prevista è una multa da 2 a 5 anni[2] qualora il reato commesso da una persona fisica preveda una pena detentiva superiore a 5 anni; la multa è invece da 6 mesi a 2 anni negli altri casi (comma 2).

 

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[1] Sul sito internet della Cour de Cassation è disponibile una sintesi della sentenza.

[2] Con il codice penale del 1995 è stato introdotto in Spagna il sistema dei “giorni di multa” (días-multa): ogni giorno di multa può variare da un ammontare minimo di 2 a un massimo di 400 euro(per le persone giuridiche da un minimo di 30 a un massimo di 5.000 euro) e la pena può oscillare da un minimo di 10 giorni a un massimo di 2 anni (fino a 5 anni per le persone giuridiche). Spetta al giudice fissare l’importo giornaliero all’interno dei limiti indicati, tenendo conto della situazione economica del condannato, nonché determinare tempi e modi di pagamento (art. 50 del codice penale).