Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento istituzioni | ||||||
Titolo: | Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile - A.C. 1441-bis-B - Schede di lettura | ||||||
Riferimenti: |
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Serie: | Progetti di legge Numero: 33 Progressivo: 3 | ||||||
Data: | 23/03/2009 | ||||||
Descrittori: |
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Organi della Camera: |
I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni
V-Bilancio, Tesoro e programmazione |
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Camera dei deputati |
XVI LEGISLATURA |
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Documentazione per l’esame di |
Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile A.C. 1441-bis-B |
Schede di lettura |
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n. 33/3 |
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23 marzo 2009 |
Servizio responsabile: |
Servizio Studi – coordinamento: Dipartimento Istituzioni ( 066760-9475 / 066760-3855 – * st_istituzioni@camera.it |
Hanno partecipato alla redazione del dossier i seguenti Servizi e Uffici: |
Servizio Bilancio dello Stato Nota di verifica - dossier n. 61 ( 066760-2174 / 066760-9455 – * bs_segreteria@camera.it Servizio Commissioni – Segreteria V Commissione ( 066760-3545 / 066760-3685 – * com_bilancio@camera.it Segreteria Generale – Ufficio Rapporti con l’Unione europea ( 066760-2145 – * cdrue@camera.it |
§ La nota di sintesi e le schede di lettura sono state redatte dal Servizio Studi. § Le parti relative ai profili di carattere finanziario sono state curate dal Servizio Bilancio dello Stato, nonché dalla Segreteria della V Commissione per quanto concerne le coperture. § Le parti relative ai documenti all’esame delle istituzioni dell’Unione europea e alle procedure di contenzioso sono state curate dall'Ufficio Rapporti con l'Unione europea. |
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Per l’esame presso le Commissioni I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) dell’A.C. 1441-bis-B, Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile, sono stati predisposti i seguenti dossier: § n. 33/2: Elementi per l’istruttoria legislativa; § n. 33/3: Schede di lettura; § n. 33/4, suddiviso in 5 parti: Iter alla Camera (A.C. 1441) e Iter al Senato (A.S. 1082); § n. 33/5: Normativa di riferimento. |
I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge. |
File: ID0006a.doc |
INDICE
§ Articoli soppressi e disposizioni stralciate
§ Articolo 2 (Società di consulenza finanziaria)
§ Articolo 3 (Chiarezza dei testi normativi)
§ Articolo 4 (Semplificazione della legislazione)
§ Articolo 5 (Modifiche alla disciplina dei regolamenti. Testi unici compilativi)
§ Articolo 7 (Certezza dei tempi di conclusione del procedimento)
§ Articolo 8 (Certezza dei tempi in caso di attività consultiva e valutazioni tecniche)
§ Articolo 9 (Conferenza di servizi e silenzio assenso)
§ Articolo 11, comma 3 (Disposizioni concernenti i comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti)
§ Articolo 13 (Cooperazione allo sviluppo internazionale)
§ Articolo 15 (Fondo nazionale di garanzia per i servizi turistici)
§ Articolo 16 (Misure in tema di concorrenza e tutela degli utenti nel settore postale)
§ Articolo 17 (Misure di semplificazione delle procedure relative ai piccoli appalti pubblici)
§ Articolo 18 (Progetti di eccellenza per il rilancio della competitività turistica italiana)
§ Articolo 19 (ENIT – Agenzia nazionale del turismo)
§ Articolo 20 (Misure urgenti per l’efficienza del Corpo forestale dello Stato)
§ Articolo 22 (Spese di funzionamento e disposizioni in materia di gestione delle risorse umane)
§ Articolo 28 (Personale a tempo determinato presso la Croce Rossa italiana)
§ Articolo 29 (Disposizioni relative alle sedi diplomatiche e consolari)
§ Articolo 30 (Tutela non giurisdizionale dell’utente dei servizi pubblici)
§ Articolo 31 (Modifiche all’articolo 41 della legge 16 gennaio 2003, n. 3 – Fondazione Bordoni)
§ Articolo 32 (Eliminazione degli sprechi relativi al mantenimento di documenti in forma cartacea)
§ Articolo 34 (Servizi informatici per le relazioni tra pubbliche amministrazioni e utenti)
§ Articolo 35 (Diffusione delle tecnologie telematiche nelle comunicazioni)
§ Articolo 36 (VOIP e Sistema pubblico di connettività)
§ Articolo 37 (Carta nazionale dei servizi)
§ Articolo 38 (Modifica dell'articolo 9 della legge 8 marzo 2000, n. 53)
§ Articolo 39 (Riallocazione di fondi)
§ Articolo 43 (Disposizioni concernenti la Corte dei conti)
§ Articolo 44 (Norme urgenti per la funzionalità dell'Avvocatura dello Stato)
§ Articolo 45 (Delega al Governo per il riassetto della disciplina del processo amministrativo)
§ Articolo 46 (Modifiche al libro primo del codice di procedura civile)
§ Articolo 47 (Modifiche al libro secondo del codice di procedura civile)
§ Articolo 48 (Ulteriori modifiche al libro secondo del codice di procedura civile)
§ Articolo 49 (Introduzione dell'articolo 540-bis del codice di procedura civile)
§ Articolo 50 (Modifiche al libro terzo del codice di procedura civile)
§ Articolo 51 (Modifiche al libro quarto del codice di procedura civile)
§ Articolo 52 (Procedimento sommario di cognizione)
§ Articolo 55 (Delega al Governo per la riduzione e semplificazione dei procedimenti civili)
§ Articolo 56 (Notificazione a cura dell'Avvocatura dello Stato)
§ Articolo 58 (Modifica all'articolo 9 della legge 21 luglio 2000, n. 205)
§ Articolo 59 (Disposizioni transitorie)
§ Articolo 60 (Decisione delle questioni di giurisdizione)
§ Articolo 62 (Disposizioni in materia di proposta di concordato)
§ Articolo 64 (Disposizioni in materia di annotazione nei pubblici registri immobiliari)
§ Articolo 66 (Delega al Governo in materia di atto pubblico informatico redatto dal notaio)
§ Articolo 67 (Semplificazione delle procedure per l'accesso al notariato)
§ Articolo 69 (Abrogazioni e modificazione di norme)
§ Articolo 70 (Rimedi giustiziali contro la pubblica amministrazione)
§ Articolo 71 (Patrimonio dello Stato Spa)
§ Articolo 72 (Società pubbliche)
§ Articolo 73 (Clausola di salvaguardia)
Il disegno di legge recante Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, nonché in materia di processo civile, collegato alla legge di bilancio 2009 (c.d. Collegato competitività)[1], già approvato con modificazioni dalla Camera, è stato approvato dal Senato il 4 marzo 2009 (A.S. 1082). Nel corso dell’esame al Senato, il testo ha subito ulteriori interventi aggiuntivi e di modifica, giungendo alla Camera, in seconda lettura, arricchito di ulteriori 32 articoli, mentre gli interventi di modifica, più o meno incisivi, hanno riguardato 26 articoli.
Nelle schede di lettura sui singoli articoli dell’A.C. 1441-bis-B sono evidenziate le modificazioni e le integrazioni apportate dal Senato. Qui seguito si elencano invece gli interventi soppressivi riferiti ad interi articoli, nonché gli stralci deliberati nel corso dell’esame presso l’altro ramo del Parlamento.
Il Senato ha dunque soppresso interamente i seguenti articoli (la numerazione è riferita al testo approvato dalla Camera in prima lettura):
§ articolo 2, recante un’articolata disciplina volta ad integrare le norme generali sugli appalti pubblici e gli accordi quadro stipulati dalle centrali di committenza. L'intervento intendeva ridurre il numero delle stazioni appaltanti rispetto alle attuali, rivolgendosi in particolare agli enti territoriali di minori dimensioni, con conseguenti contenimenti di costi da parte degli stessi;
§ articolo 13, recante indicazioni programmatiche sui successivi provvedimenti contenuti nel Capo IV (Capo III del 1441-bis-B), finalizzati a restituire efficienza all'azione amministrativa, attraverso il riordino e la razionalizzazione delle funzioni amministrative, la semplificazione e la riduzione degli oneri burocratici, la trasparenza e la tempestività nei procedimenti amministrativi e nell’erogazione dei servizi pubblici, nonché grazie alla diffusione delle nuove tecnologie nel settore pubblico;
§ articolo 45, recante lo stanziamento di risorse per lo studio delle problematiche connesse all’effettiva attuazione della riforma federalista, assicurando un contesto di stabilità e piena compatibilità finanziaria con gli impegni europei e internazionali assunti.
Si segnalano infine gli stralci, dai quali sono risultati i disegni di legge A.S.1082-bis, A.S.1082-ter, A.S.1082-quater, A.S.1082-quinquies :
§ articolo 9[2], commi 3, 4 e 5 dell’A.S. 1082, recanti disposizioni in materia di ordinamento finanziario e contabile degli enti locali. In particolare, viene prevista una semplificazione dell’ordinamento finanziario dei comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti[3];
§ articolo 9, comma 6, recante delega al Governo per il riordino dei compiti e delle funzioni del segretario comunale nei comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti[4];
§ articolo 16, che modifica le procedure mediante le quali il Governo può provvedere al trasferimento delle risorse necessarie al conferimento di funzioni amministrative alle amministrazioni locali[5];
§ articolo 17, che attribuisce alle amministrazioni pubbliche la facoltà di cedere l'esercizio temporaneo di funzioni ad altri soggetti pubblici o privati, incoraggiando pertanto l'esternalizzazione nei casi in cui a tale modalità organizzativa consegua un recupero di margini di efficienza per l'azione amministrativa. La disposizione intendeva inoltre favorire la piena utilizzazione degli edifici assegnati alle pubbliche amministrazioni assicurandone la fruizione anche da parte dei cittadini[6].
TESTO approvato dalla Camera dei deputati |
TESTO modificato dal Senato della Repubblica |
Art. 1. (Banda larga). |
Art. 1. (Banda larga). |
1. Il Governo, nel rispetto delle attribuzioni costituzionali delle regioni, individua un programma di interventi infrastrutturali nelle aree sottoutilizzate necessari per facilitare l'adeguamento delle reti di comunicazione elettronica pubbliche e private all'evoluzione tecnologica e alla fornitura dei servizi avanzati di informazione e di comunicazione del Paese. Nell'individuare le infrastrutture di cui al presente comma, il Governo procede secondo finalità di riequilibrio socio-economico tra le aree del territorio nazionale. Il Governo individua e sottopone al Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) per l'approvazione nel programma le risorse necessarie, che integrano i finanziamenti pubblici, comunitari e privati allo scopo disponibili. Al relativo finanziamento si provvede con una dotazione di 800 milioni di euro per il periodo 2007-2013 a valere sulle risorse del fondo per le aree sottoutilizzate, di cui all'articolo 61 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni. |
1. Il Governo, nel rispetto delle attribuzioni costituzionali delle regioni e nel rispetto dell'articolo 4, comma 3, lettera h), del codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1o agosto 2003, n. 259, individua un programma di interventi infrastrutturali nelle aree sottoutilizzate necessari per facilitare l'adeguamento delle reti di comunicazione elettronica pubbliche e private all'evoluzione tecnologica e alla fornitura dei servizi avanzati di informazione e di comunicazione del Paese. Nell'individuare le infrastrutture di cui al presente comma, il Governo procede secondo finalità di riequilibrio socio-economico tra le aree del territorio nazionale. Il Governo individua e sottopone al Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) per l'approvazione nel programma le risorse necessarie, che integrano i finanziamenti pubblici, comunitari e privati allo scopo disponibili. Al relativo finanziamento si provvede con una dotazione di 800 milioni di euro per il periodo 2007-2013 a valere sulle risorse del fondo per le aree sottoutilizzate, di cui all'articolo 61 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni. In ogni caso è fatta salva la ripartizione dell'85 per cento delle risorse alle regioni del Mezzogiorno. |
2. La progettazione e la realizzazione delle infrastrutture di cui al comma 1 nelle aree sottoutilizzate possono avvenire mediante modalità di finanza di progetto ai sensi del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163. Nell'ambito dei criteri di valutazione delle proposte o delle offerte deve essere indicata come prioritaria la condizione che i progetti, nelle soluzioni tecniche e di assetto imprenditoriale, contribuiscano allo sviluppo di un sistema di reti aperto alla concorrenza, nel rispetto dei princìpi e delle norme comunitarie. |
2. Identico. |
3. A valere sul fondo di cui al comma 1 sono finanziati gli interventi che, nelle aree sottoutilizzate, incentivino la razionalizzazione dell'uso dello spettro radio al fine di favorire l'accesso radio a larghissima banda e la completa digitalizzazione delle reti di diffusione, a tal fine prevedendo il sostegno ad interventi di ristrutturazione dei sistemi di trasmissione e collegamento anche utilizzati dalle amministrazioni civili e militari dello Stato, favorendo altresì la liberazione delle bande di frequenza utili ai sistemi avanzati di comunicazione. |
3. Identico. |
4. È attribuito al Ministero dello sviluppo economico il coordinamento dei progetti di cui al comma 2 anche attraverso la previsione della stipulazione di accordi di programma con le regioni interessate. Il Ministero dello sviluppo economico, nell'esercizio della sua funzione di coordinamento, si avvale del parere dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, che è rilasciato avuto riguardo al rispetto degli obiettivi di cui al medesimo comma 2 e degli articoli 4 e 13 del codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1o agosto 2003, n. 259. |
4. Identico. |
5. All'articolo 2 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, è aggiunto, in fine, il seguente comma: |
5. Identico. |
«15-bis. Per gli interventi di installazione di reti e impianti di comunicazione elettronica in fibra ottica, la profondità minima dei lavori di scavo, anche in deroga a quanto stabilito dalla normativa vigente, può essere ridotta previo accordo con l'ente proprietario della strada». |
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6. All'articolo 231, comma 3, del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, il primo periodo è sostituito dal seguente: «In deroga a quanto previsto dal capo I del titolo II, si applicano le disposizioni di cui al capo V del titolo II del codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1o agosto 2003, n. 259, e successive modificazioni». |
6. Identico. |
7. Le disposizioni dell'articolo 2-bis, comma 13, del decreto-legge 23 gennaio 2001, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 marzo 2001, n. 66, si applicano anche alle innovazioni condominiali relative ai lavori di ammodernamento necessari al passaggio dei cavi in fibra ottica. |
7. Identico. |
L’articolo 1 reca norme volte alla realizzazione delle infrastrutture necessarie all’adeguamento delle reti di comunicazione elettronica nelle aree sottoutilizzate, nonché circa la profondità degli scavi per l'installazione delle reti di telecomunicazione in fibra ottica e circa il quorum delle delibere condominiali per l'installazione delle medesime reti.
Il comma 1 stabilisce che il Governo – nel rispetto delle competenze regionali e previa approvazione del CIPE - definisca un programma nel quale siano indicati gli interventi necessari alla realizzazione delle infrastrutture necessarie all’adeguamento delle reti di comunicazione elettronica nelle aree sottoutilizzate. Con una modifica introdotta dal Senato, si precisa che tale programma dovrà essere elaborato nel rispetto di quanto previsto dall’articolo 4 del d.lgs. n. 259/2003 (Codice delle comunicazioni elettroniche), che indica gli obiettivi generali della disciplina di reti e servizi di comunicazione elettronica.
In particolare, secondo tale disposizione, la disciplina delle reti e servizi di comunicazione elettronica è volta a salvaguardare, nel rispetto del principio della libera circolazione delle persone e delle cose, i diritti costituzionalmente garantiti di libertà di comunicazione, segretezza delle comunicazioni, e libertà di iniziativa economica e suo esercizio in regime di concorrenza, garantendo un accesso al mercato delle reti e servizi di comunicazione elettronica secondo criteri di obiettività, trasparenza, non discriminazione e proporzionalità.
Il comma 1 in esame reca una dotazione di 800 milioni per il periodo 2007-2013, a valere sulle risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate. Con modifica introdotta dal Senato, la norma precisa che resta ferma laripartizione dell'85 per cento delle risorse alle regioni del Mezzogiorno. Tale criterio di ripartizione è stato individuato dalla stessa norma istitutiva del Fondo (articolo 61, comma 10, della legge n. 289/2002).
Il Fondo per le aree sottoutilizzate, istituito dall’articolo 61 della legge finanziaria per il 2003 (legge n. 289/2002), è destinato, fra l'altro, al finanziamento degli interventi attuativi del Programma per lo sviluppo della larga banda nel Mezzogiorno da parte dell'ex-ministero delle comunicazioni (soppresso e confluito nel Ministero dello sviluppo economico) per il tramite della Società infrastrutture e telecomunicazioni per l'Italia S.p.a (Infratel Italia). Il programma, approvato con delibera CIPE n. 83/03 del 13 novembre 2003 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 48 del 27 febbraio 2004) è stato esteso in tutte le aree sottoutilizzate, dall'articolo 7, del decreto-legge 35/2005. Con la legge finanziaria 2007 sono state incrementate le risorse assegnate a tale Fondo nella misura di 10 milioni di euro per gli anni 2007, 2008 e 2009, e si è prevista l’attribuzione di ulteriori 50 milioni - sulla base di un’apposita delibera del CIPE - a beneficio dell'ex-ministero delle comunicazioni, destinati a sostenere nuovi processi di realizzazione delle infrastrutture per la larga banda e di completare il suddetto Programma per lo sviluppo della larga banda nel Mezzogiorno. Anche nella legge finanziaria per il 2008 (articolo 2, comma 299) è stato disposto un incremento, pari a 50 milioni di euro per il 2008, della dotazione del Fondo, al fine di sostenere nuovi processi di realizzazione delle infrastrutture per la larga banda sul territorio nazionale.
Il comma 2 contiene una prima disposizione di carattere meramente enunciatorio, prevedendo, come già è nella vigente legislazione, che la progettazione e la realizzazione delle infrastrutture di cui al comma 1 nelle aree sottoutilizzate, possono avvenire mediante finanza di progetto ai sensi del D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture).
Il secondo periodo del comma 2 in esame introduce un criterio preferenziale di valutazione delle proposte e delle offerte da parte dell'amministrazione aggiudicatrice, nell'ambito della procedura di finanza di progetto. Viene, quindi, disposto che, nell'ambito dei criteri di valutazione delle proposte o delle offerte, va indicata come prioritaria la condizione che i progetti nelle soluzioni tecniche e di assetto imprenditoriale contribuiscano allo sviluppo di un sistema di reti aperto alla concorrenza nel rispetto dei principi e delle norme comunitarie.
Il comma 3 introduce un criterio per l'individuazione e il finanziamento degli interventi a valere sul fondo di cui al comma 1, con riguardo a quelli che, nelle aree sottoutilizzate, incentivino la razionalizzazione dell'uso delle spettro radio al fine di favorire l'accesso radio a larghissima banda e la completa digitalizzazione delle reti di diffusione
A tal fine gli interventi dovranno prevedere il sostegno ad interventi di ristrutturazione dei sistemi di trasmissione e collegamento anche utilizzati dalle amministrazioni civili e militari dello Stato e favorire la liberazione delle bande di frequenza utili ai sistemi avanzati di comunicazione.
Il comma 4 attribuisce al Ministero dello sviluppo economico il coordinamento dei progetti di cui al comma 2, anche attraverso la previsione di stipulazioni di accordi di programma con le regioni interessate.
Il Ministero dello sviluppo economico nella sua funzione di coordinamento si avvale del parere dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni che viene rilasciato avuto riguardo al rispetto degli obiettivi di cui al comma 2 e degli articoli 4 e 13 del codice delle comunicazioni elettroniche.
L'articolo 4 del codice, come sopra accennato, enuncia gli obiettivi generali della disciplina di reti e servizi di comunicazione elettronica. L'articolo 13 indica gli obiettivi e principi dell'attività di regolamentazione da parte del Ministero dello sviluppo economico e dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (neutralità tecnologica, nel rispetto dei princìpi di garanzia della concorrenza e non discriminazione tra imprese).
Il comma 5 modifica l'articolo 2 del decreto-legge 112/2008[7] che ha introdotto la procedura della denuncia di inizio attività (DIA) per la realizzazione dei lavori necessari alla installazione delle reti di comunicazione in fibra ottica. In particolare, viene aggiunto un nuovo comma 15-bis, con il quale è disposto che, per gli interventi di installazione di reti ed impianti di comunicazione elettronica in fibra ottica, la profondità minima dei lavori di scavo, anche in deroga a quanto stabilito dalla normativa vigente, può essere ridotta previo accordo con l'ente proprietario della strada.
Si ricorda in proposto che l’articolo 66 del DPR n. 495/1992 (Regolamento di esecuzione del codice della strada) prevede che la profondità, rispetto al piano stradale, dell'estradosso dei manufatti protettivi degli attraversamenti in sotterraneo deve essere previamente approvata dall'ente proprietario della strada in relazione alla condizione morfologica dei terreni e delle condizioni di traffico; la profondità minima misurata dal piano viabile di rotolamento non può essere inferiore a 1 metro.
Si ricorda che l’articolo 2 del citato decreto-legge 112/2008 ha introdotto norme per agevolare i lavori di infrastrutturazione nel settore delle comunicazioni elettroniche. A tal fine, il comma 1 prevede che l’installazione di reti e impianti in fibra ottica sono realizzabili con la procedura della denuncia di inizio attività (DIA). Ai sensi dell’articolo 22 del DPR n. 380/2001 (Testo unico in materia di edilizia), sono realizzabili mediante denuncia di inizio attività gli interventi non subordinati al permesso di costruire e non rientranti nella categoria dell’attività edilizia libera, purché conformi alle previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente.
Il comma 14 dello stesso articolo 2 stabilisce che i soggetti pubblici non possano opporsi alla installazione nelle loro proprietà di reti e impianti per la comunicazione elettronica in fibra ottica, a meno che si tratti di beni appartenenti al patrimonio indisponibile di Stato, province o comuni, ovvero che l’attività possa arrecare turbamento al pubblico servizio.
Il comma 6 sostituisce il primo periodo del comma 2, dell'articolo 231, comma 3, del codice della strada ove è disposto che, in deroga a quanto previsto dal capo I del titolo II, del medesimo codice (costruzione e tutela delle strade ed aree pubbliche) continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al libro quarto, titolo I, capo VI (Limitazioni legali - Servitù - Espropriazioni) del testo unico delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni, approvato con D.P.R. n. 156/1973, e quelle di cui alla legge n. 27/1978 (Modifiche al sistema sanzionatorio in materia di tasse automobilistiche).
Il nuovo testo sostituisce la normativa speciale che si applica alle reti ed impianti di telecomunicazioni, individuandola, anziché nel citato testo unico 156/1973, nel capo V (disposizioni relative a reti ed impianti) del titolo II (Reti e servizi di comunicazione elettronica ad uso pubblico) del d.lgs. n. 269/2003 (Codice delle comunicazioni elettroniche), ove sono disciplinate: le procedure autorizzatorie per la realizzazione delle reti (opere civili, scavi ed occupazione di suolo pubblico) e la coubicazione delle infrastrutture.
Si osserva che la modifica elimina anche il riferimento alla legge n. 27/1978, che riguarda il sistema sanzionatorio in materia di tasse automobilistiche.
Il comma 7 estende l'applicabilità delle disposizioni di cui all'articolo 2-bis, comma 13, del decreto-legge n. 5/2001[8] anche alle innovazioni condominiali relative ai lavori di ammodernamento necessari al passaggio dei cavi in fibra ottica.
Tale norma dispone che, al fine di favorire lo sviluppo e la diffusione delle nuove tecnologie di radiodiffusione da satellite (parabole satellitari) le opere di installazione di nuovi impianti sono innovazioni necessarie ai sensi dell'articolo 1120, primo comma, del codice civile; per l'approvazione delle relative deliberazioni si applica l'articolo 1136, terzo comma, dello stesso codice (numero di voti che rappresenti il terzo dei partecipanti al condominio e almeno un terzo del valore dell'edificio); le predette disposizioni non costituiscono titolo per il riconoscimento di benefìci fiscali.
Il 27 novembre 2008 il Consiglio ha raggiunto un accordo politico sulle proposte modificate del pacchetto di riforma delle telecomunicazioni, presentato dalla Commissione il 13 novembre 2007 e adottato in prima lettura dal Parlamento europeo, secondo la procedura di codecisione, il 24 settembre 2008.
Le proposte modificate riguardano due proposte di direttive di modifica alle direttive vigenti in materia di autorizzazioni (COM(2008)724) e di servizio universale, trattamento dati e tutela dei consumatori (COM(2008)723), e una proposta di regolamento, che istituisce un'Autorità europea del mercato delle comunicazioni elettroniche COM(2008)720).
La finalità delle proposte è quella di permettere ai cittadini, ovunque vivano e viaggino all'interno dell'UE, di beneficiare di servizi di comunicazione migliori e a minor prezzo, sia che usino telefoni cellulari, connessioni ad alta velocità, a banda larga o TV via cavo.
La prima delle tre proposte intende consentire una gestione più efficace dello spettro radio in modo da agevolare l'accesso agli operatori e promuovere l'innovazione.
Il Parlamento europeo dovrebbe esaminare in seconda lettura il pacchetto di proposte nell’ambito della sessione del 21 aprile 2009.
Il 3 marzo 2009 la Commissione ha adottato la comunicazione "Migliorare l’accesso alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione nelle zone rurali" (COM(2009)103), nella quale riafferma l’obiettivo “banda larga per tutti” entro il 2010, fissato nell’ambito del piano europeo di ripresa economica (COM(2008)800) del 26 novembre 2008.
Nel documento la Commissione chiede agli Stati membri di utilizzare i finanziamenti per le infrastrutture per la banda larga previsti dal citato piano e ricorda che il 30% della popolazione rurale dell’UE è attualmente priva di accesso alla banda larga.
Il documento è stato trasmesso al Consiglio e al Parlamento europeo.
Il 14 novembre 2008 si è conclusa una consultazione pubblica avviata il 18 settembre 2008 dalla Commissione europea sui principi normativi che gli Stati membri dell’UE dovranno applicare in materia di reti d'accesso di prossima generazione a banda larga (Next Generation Access Networks, NGA).
La consultazione si basa su un progetto di raccomandazione, destinato alle autorità di regolamentazione dei 27 Stati membri UE, che propone la definizione di categorie armonizzate di servizi regolamentati, condizioni di accesso, tassi di rendimento e premi di rischio adeguati.
La Commissione completerà la raccomandazione alla luce delle osservazioni pervenute, per poi adottarla ufficialmente nel corso del 2009.
Articolo 2
(Società di consulenza finanziaria)
TESTO approvato dalla Camera dei deputati |
TESTO modificato dal Senato della Repubblica |
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Art. 2. (Società di consulenza finanziaria). |
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1. Al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, dopo l'articolo 18-bis è inserito il seguente: |
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«Art. 18-ter. - (Società di consulenza finanziaria). - 1. A decorrere dal 1o ottobre 2009, la riserva di attività di cui all'articolo 18 non pregiudica la possibilità per le società costituite in forma di società per azioni o società a responsabilità limitata, in possesso dei requisiti patrimoniali e di indipendenza stabiliti con regolamento adottato dal Ministro dell'economia e delle finanze, sentite la Banca d'Italia e la CONSOB, di prestare la consulenza in materia di investimenti, senza detenere somme di denaro o strumenti finanziari di pertinenza dei clienti. |
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2. Il Ministro dell'economia e delle finanze, sentite la Banca d'Italia e la CONSOB, può prevedere il possesso, da parte degli esponenti aziendali, dei requisiti di professionalità, onorabilità e indipendenza. |
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3. Nell'albo di cui all'articolo 18-bis, comma 2, è istituita una sezione dedicata alle società di consulenza finanziaria per la quale si applicano i commi 3, 4, 5, 6, 7 e 8 del medesimo articolo». |
L’articolo 2 disciplina le società di consulenza finanziaria, consentendo l’esercizio di tale attività alle persone giuridiche costituite in forma di società per azioni e società a responsabilità limitata, a determinate condizioni stabilite dalla legge.
Nel dettaglio, la disposizione inserisce un nuovo articolo 18-ter nel Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria – TUF, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58.
Ai sensi del comma 1 della norma in esame, a partire dal 1° ottobre 2009 anche le società per azioni o le società a responsabilità limitata in possesso di adeguati requisiti patrimoniali e di indipendenza – da stabilirsi con regolamento del Ministro dell'economia e delle finanze, sentite la Banca d'Italia e la CONSOB –, potranno prestare consulenza in materia di investimenti, senza detenere somme di denaro o strumenti finanziari di pertinenza dei clienti, similmente a quanto già consentito dall’articolo 18-bis alle persone fisiche (cfr. infra).
Tale facoltà non è pregiudicata dalla riserva di esercizio professionale dei servizi e delle attività di investimento nei confronti del pubblico che, ai sensi dell’articolo 18 del TUF, è concessa alle imprese di investimento e alle banche.
Si ricorda in proposito che l’articolo 18 del TUF riserva alle imprese di investimento e alle banche l’esercizio professionale dei servizi e delle attività di investimento nei confronti del pubblico. I servizi di gestione di portafogli e consulenza in materia di investimenti (previsti dall'articolo 1, comma 5, lettere d) ed f) del TUF) possono essere esercitati professionalmente e nei confronti del pubblico dalle società di gestione del risparmio (SGR) e dalle società di gestione armonizzate autorizzate nello Stato membro d'origine.
Le società di intermediazione mobiliare possono prestare professionalmente nei confronti del pubblico i servizi accessori e altre attività finanziarie, nonché attività connesse o strumentali.
In particolare, per quanto riguarda l’attività di consulenza finanziaria, essa non è pregiudicata dalla riserva di esercizio di cui al citato articolo 18. L’articolo 18-bis del TUF (inserito dall’articolo 3, comma 3 del D.Lgs. 17 settembre 2007 n. 164[9]) consente alle persone fisiche in possesso di specifici requisiti (di professionalità, onorabilità, indipendenza e patrimoniali stabiliti con regolamento adottato dal Ministro dell'economia e delle finanze, sentite la Banca d'Italia e la Consob) di prestare la consulenza in materia di investimenti[10], anche senza detenere somme di denaro o strumenti finanziari di pertinenza dei clienti.
I consulenti finanziari sono iscritti in un albo apposito, tenuto da un costituendo organismo. E’ demandato alla Consob (comma 5) di determinare con regolamento, tra l’altro, i principi e i criteri relativi – tra l’altro - alla formazione dell'albo e alle relative forme di pubblicità.
Nelle more dell’approvazione dei provvedimenti attuativi dell’articolo 18-bis, è stato previsto (articolo 19, comma 14 del citato D.Lgs n. 164 del 2007), comunque – a seguito della proroga recata dall’articolo 41, comma 16-bis del decreto-legge “mille proroghe 2009”[11] - non oltre il 30 giugno 2009, che la riserva di attività di cui all'articolo 18 del TUF non pregiudichi la possibilità per i soggetti che, alla data del 31 ottobre 2007, prestavano la consulenza in materia di investimenti, di continuare a svolgere tale servizio senza detenere somme di denaro o strumenti finanziari di pertinenza dei clienti.
Ad oggi non risulta avvenuta la costituzione dell’organismo apposito, né l’istituzione dell’albo. Il D.M. 24 dicembre 2008, n. 206 ha recato il regolamento di disciplina dei requisiti di professionalità, onorabilità, indipendenza e patrimoniali per l'iscrizione all'albo delle persone fisiche consulenti finanziari.
Il comma 2 dell’articolo in esame dispone che il Ministro dell'economia e delle finanze, sentite la Banca d'Italia e la CONSOB, possa prevedere il possesso dei requisiti di professionalità, onorabilità e indipendenza da parte degli esponenti aziendali di tali società.
Pertanto, a differenza di quanto previsto dall’articolo 18-bis del TUF, che richiede obbligatoriamente il possesso di specifici requisiti di professionalità, onorabilità, indipendenza e patrimoniali (fissati nel DM n. 206 del 2008 sopradetto) alle persone fisiche esercenti l’attività di consulenza finanziaria, il comma in esame dispone che tali requisiti siano necessari per le SpA e le Srl esercenti la medesima attività solo qualora intervenga una decisione in tal senso da parte del Ministro per l’economia e le finanze.
Sembrerebbe opportuno specificare l’esatta portata della locuzione “esponenti aziendali” delle società di consulenza finanziaria, al fine di individuare i soggetti cui può essere richiesto il possesso dei requisiti di professionalità. Ciò appare utile per determinare se in tale categoria siano compresi i dipendenti della società che svolgono concretamente l’attività di consulenza nei confronti del pubblico, ovvero se si tratti dei soli “soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo”, analogamente a quanto disposto dall’articolo 13 del TUF.
Nella seconda ipotesi, sembrerebbe da presumere – e su tale punto potrebbe risultare utile un chiarimento – che l’attività di consulenza sia esercitabile solo da tale categoria di soggetti, in considerazione del fatto che solo per essi risulterebbero necessari i requisiti di professionalità previsti (seppur solo a seguito di una apposita decisione da parte del Ministro dell’economia e delle finanze) dal comma in esame.
Il comma 3 dispone che nell’albo dei consulenti finanziari sia istituita una sezione apposita dedicata alle società di consulenza, per la quale si applicano alcune norme dell’articolo 18-bis.
Si tratta, in particolare, delle disposizioni relative alla natura dell’organismo costituito per la tenuta dell’albo (comma 3), alle sue funzioni (comma 4), ai poteri regolamentari, decisionali e di vigilanza spettanti alla Consob in materia (commi 5-8).
Articolo 3
(Chiarezza dei testi normativi)
TESTO approvato dalla Camera dei deputati |
TESTO modificato dal Senato della Repubblica |
Art. 3. (Chiarezza dei testi normativi). |
Art. 3. (Chiarezza dei testi normativi). |
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1. Al capo III della legge 23 agosto 1988, n. 400, prima dell'articolo 14 è inserito il seguente: |
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«Art. 13-bis. - (Chiarezza dei testi normativi). - 1. Il Governo, nell'ambito delle proprie competenze, provvede a che: |
1. Ogni norma che sia diretta a sostituire, modificare o abrogare norme vigenti ovvero a stabilire deroghe indica espressamente le norme sostituite, modificate, abrogate o derogate. |
a) ogni norma che sia diretta a sostituire, modificare o abrogare norme vigenti ovvero a stabilire deroghe indichi espressamente le norme sostituite, modificate, abrogate o derogate; |
2. Ogni rinvio ad altre norme contenuto in disposizioni legislative, nonché in regolamenti, decreti o circolari emanati dalla pubblica amministrazione, deve contestualmente indicare, in forma integrale ovvero in forma sintetica e di chiara comprensione, il testo ovvero la materia alla quale le disposizioni fanno riferimento o il principio, contenuto nelle norme cui si rinvia, che esse intendono richiamare. |
b) ogni rinvio ad altre norme contenuto in disposizioni legislative, nonché in regolamenti, decreti o circolari emanati dalla pubblica amministrazione, contestualmente indichi, in forma integrale o in forma sintetica e di chiara comprensione, il testo ovvero la materia alla quale le disposizioni fanno riferimento o il principio, contenuto nelle norme cui si rinvia, che esse intendono richiamare. |
3. Le disposizioni del presente articolo costituiscono princìpi generali per la chiarezza dei testi normativi e non possono essere derogate, modificate o abrogate se non in modo esplicito. |
2. Le disposizioni della presente legge in materia di chiarezza dei testi normativi costituiscono princìpi generali per la produzione normativa e non possono essere derogate, modificate o abrogate se non in modo esplicito. |
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3. Periodicamente, e comunque almeno ogni sette anni, si provvede all'aggiornamento dei codici e dei testi unici con i medesimi criteri e procedure previsti nell'articolo 17-bis adottando, nel corpo del testo aggiornato, le opportune evidenziazioni. |
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4. La Presidenza del Consiglio dei ministri adotta atti di indirizzo e coordinamento per assicurare che gli interventi normativi incidenti sulle materie oggetto di riordino, mediante l'adozione di codici e di testi unici, siano attuati esclusivamente mediante modifica o integrazione delle disposizioni contenute nei corrispondenti codici e testi unici». |
L’articolo 3, in materia di chiarezza dei testi normativi, è stato riformulato dal Senato – rispetto al testo approvato dalla Camera – in termini di novella al capo III della legge 23 agosto 1988, n. 400, dedicato alla potestà normativa del Governo, di cui va a costituire il primo articolo (art. 13-bis). In questo modo, quello che – nel testo della Camera – si prefigurava come una sorta di raccomandazione al legislatore diventa un obbligo per il Governo a provvedere affinché:
§ ogni norma diretta a sostituire, modificare o abrogare norme vigenti ovvero a stabilire deroghe indichi espressamente le norme oggetto di sostituzione, modifica, abrogazione o deroga (comma 1, lettera a) del nuovo articolo 13-bis);
§ le disposizioni legislative, di rango secondario e contenute in circolari che rinviano ad altre norme indichino, in forma integrale ovvero in forma sintetica (sembrerebbe questa la strada più percorribile, per evitare citazioni eccessivamente lunghe) e di chiara comprensione, il testo ovvero la materia alla quale fanno riferimento o il principio, contenuto nelle norme cui si rinvia, che esse intendono richiamare(comma 1, lettera b) del nuovo articolo 13-bis).
Il comma 2 del nuovo articolo 13-bis estende la valenza delle disposizioni recate al comma 1 a tutto l’ordinamento, attraverso la loro qualificazione come “princìpi generali per la produzione normativa[12]” e ne vieta deroghe o modificazioni o abrogazioni implicite. La qualificazione come “principi generali” dell’ordinamento implica – evidentemente – la loro funzione di indirizzo anche nei confronti delle Regioni.
Si innova così l’ordinamento, in quanto per la prima volta due principi attinenti alla formulazione tecnica dei testi legislativi (e non solo) trovano spazio in una fonte di rango primario a carattere generale.
Si rammenta in proposito che a livello legislativo sono presenti disposizioni attinenti alle fonti normative, mentre le regole di stesura tecnica dei testi (cosiddetto drafting) sono raccolte in tre circolari di identico contenuto emanate contemporaneamente dal Presidente del Consiglio e dai Presidenti delle due Camere il 20 aprile 2001.
Per quanto riguarda il livello legislativo, rilevano in particolare:
le disposizioni sulla legge in generale premesse al codice civile (cosiddette preleggi), che in due distinti capi trattano delle fonti del diritto e dell’applicazione della legge in generale;
gli articoli da 14 a 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, recante disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri, raccolti nel capo III dedicato alla potestà normativa del Governo. In particolare, vengono disciplinati, anche in attuazione della Costituzione, il potere delegato e la decretazione d’urgenza, nonché la potestà regolamentare del Governo;
i primi 7 articoli della legge 27 luglio 2000, n. 212, recante disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente, i quali pongono alcuni vincoli nell’esercizio della potestà normativa ed amministrativa in materia tributaria. In particolare l’articolo 3 della legge, limitatamente alle disposizioni di carattere tributario, già contiene – con qualche differenza – i principi disciplinati in via generale dall’articolo in commento.
In particolare, il comma 3 dispone che i “richiami di altre disposizioni contenuti nei provvedimenti normativi in materia tributaria si fanno indicando anche il contenuto sintetico della disposizione alla quale si intende fare rinvio” ed il comma 4 stabilisce che le “disposizioni modificative di leggi tributarie debbono essere introdotte riportando il testo conseguentemente modificato”;
altre leggi che disciplinano – facendo sistema con specifiche norme dei regolamenti parlamentari – contenuti e procedure di leggi di particolare rilevanza e ad andamento ciclico, quali la legge finanziaria, la legge comunitaria e la legge di semplificazione (rispettivamente, si tratta delle leggi: 5 agosto 1978, n. 468, recante riforma di alcune norme di contabilità generale dello Stato in materia di bilancio; 4 febbraio 2005, n. 11, recante norme generali sulla partecipazione dell'Italia al processo normativo dell'Unione europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari; 15 marzo 1997, n. 59, recante delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa, con specifico riguardo all’articolo 20).
Per le leggi ordinarie che disciplinano l’esercizio della potestà legislativa – inclusa quella in esame – si presenta il problema della loro equiparazione agli strumenti normativi che vanno a regolare: un’altra legge, essendo equiordinata, può derogare implicitamente alle norme sulla produzione legislativa. Il legislatore, conscio della questione, ha generalmente corredato le leggi sulla produzione di una clausola (anch’essa comunque derogabile implicitamente) volta a prevedere che le disposizioni di tali leggi possono essere derogate o modificate solo espressamente e mai da leggi speciali. Una clausola analoga (senza il riferimento alle leggi speciali) è contenuta nel comma 2 in esame.
I commi 3 e 4 dell’articolo recano disposizioni volte ad assicurare la tenuta ed il costante aggiornamento dei processi di riordino normativo, prevedendo che:
il Governo possa aggiornare, almeno ogni sette anni, codici e testi unici con i medesimi criteri e procedure dettati per i testi unici compilativi dall’articolo 17-bis della legge n. 400/1988 (introdotto dall’articolo 5, comma 2 del provvedimento in esame: cfr. infra anche per quanto riguarda la natura dei testi unici compilativi);
la Presidenza del Consiglio adotti atti di indirizzo e coordinamento (evidentemente rivolti alle articolazioni ministeriali) per assicurare che gli interventi normativi incidenti sulle materie oggetto di codici e testi unici siano attuati esclusivamente andando a “novellare” (cioè a modificare espressamente) tali codici e testi unici.
Una disposizione di analogo tenore era contenuta nell’articolo 7 della legge di semplificazione 1998 (legge 8 marzo 1999, n. 50), abrogato dall’articolo 23 della legge 29 luglio 2003, n. 229, il quale recitava: “Le disposizioni contenute in un testo unico non possono essere abrogate, derogate, sospese o comunque modificate se non in modo esplicito, mediante l'indicazione precisa delle fonti da abrogare, derogare, sospendere o modificare. La Presidenza del Consiglio dei ministri adotta gli opportuni atti di indirizzo e di coordinamento per assicurare che i successivi interventi normativi incidenti sulle materie oggetto di riordino siano attuati esclusivamente mediante la modifica o l'integrazione delle disposizioni contenute nei testi unici”.
Le citate circolari sulla formulazione tecnica dei testi legislativi (paragrafo 3, lettera a) ) contengono analoga raccomandazione, volta ad evitare “modifiche implicite o indirette” a testi normativi vigenti, che il Comitato per la legislazione ha sempre utilizzato nei propri pareri, con specifico riguardo alla necessità di garantire la struttura di fonti unitarie dei testi unici e codicistici.
Articolo 4
(Semplificazione della legislazione)
TESTO approvato dalla Camera dei deputati |
TESTO modificato dal Senato della Repubblica |
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Art. 4. (Semplificazione della legislazione). |
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1. All'articolo 14 della legge 28 novembre 2005, n. 246, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni: |
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a) il comma 14 è sostituito dai seguenti: |
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«14. Entro ventiquattro mesi dalla scadenza del termine di cui al comma 12, il Governo è delegato ad adottare, con le modalità di cui all'articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni, decreti legislativi che individuano le disposizioni legislative statali, pubblicate anteriormente al 1o gennaio 1970, anche se modificate con provvedimenti successivi, delle quali si ritiene indispensabile la permanenza in vigore, secondo i seguenti princìpi e criteri direttivi: |
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a) esclusione delle disposizioni oggetto di abrogazione tacita o implicita; |
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b) esclusione delle disposizioni che abbiano esaurito la loro funzione o siano prive di effettivo contenuto normativo o siano comunque obsolete; |
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c) identificazione delle disposizioni la cui abrogazione comporterebbe lesione dei diritti costituzionali; |
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d) identificazione delle disposizioni indispensabili per la regolamentazione di ciascun settore, anche utilizzando a tal fine le procedure di analisi e verifica dell'impatto della regolazione; |
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e) organizzazione delle disposizioni da mantenere in vigore per settori omogenei o per materie, secondo il contenuto precettivo di ciascuna di esse; |
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f) garanzia della coerenza giuridica, logica e sistematica della normativa; |
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g) identificazione delle disposizioni la cui abrogazione comporterebbe effetti anche indiretti sulla finanza pubblica; |
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h) identificazione delle disposizioni: |
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1) contenute nei decreti ricognitivi, emanati ai sensi dell'articolo 1, comma 4, della legge 5 giugno 2003, n. 131, aventi per oggetto i princìpi fondamentali della legislazione dello Stato nelle materie previste dall'articolo 117, terzo comma, della Costituzione; |
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2) che costituiscono adempimento di obblighi imposti dalla normativa comunitaria vigente o occorrenti per la ratifica e l'esecuzione di trattati internazionali in vigore. |
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14-bis. Nelle materie appartenenti alla legislazione regionale, le disposizioni normative statali, che restano in vigore ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 5 giugno 2003, n. 131, continuano ad applicarsi, in ciascuna regione, fino alla data di entrata in vigore delle relative disposizioni regionali. |
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14-ter. Fatto salvo quanto stabilito dal comma 17, decorso un anno dalla scadenza del termine di cui al comma 14, ovvero del maggior termine previsto dall'ultimo periodo del comma 22, tutte le disposizioni legislative statali non comprese nei decreti legislativi di cui al comma 14, anche se modificate con provvedimenti successivi, sono abrogate. |
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14-quater. Il Governo è altresì delegato ad adottare, entro il termine di cui al comma 14-ter, uno o più decreti legislativi recanti l'abrogazione espressa, con la medesima decorrenza prevista dal comma 14-ter, di disposizioni legislative statali ricadenti fra quelle di cui alle lettere a) e b) del comma 14, anche se pubblicate successivamente al 1o gennaio 1970»; |
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b) il comma 16 è abrogato; |
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c) il comma 17 è sostituito dal seguente: |
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«17. Rimangono in vigore: |
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a) le disposizioni contenute nel codice civile, nel codice penale, nel codice di procedura civile, nel codice di procedura penale, nel codice della navigazione, comprese le disposizioni preliminari e di attuazione, e in ogni altro testo normativo che rechi nell'epigrafe la denominazione codice ovvero testo unico; |
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b) le disposizioni che disciplinano l'ordinamento degli organi costituzionali e degli organi aventi rilevanza costituzionale, nonché le disposizioni relative all'ordinamento delle magistrature e dell'Avvocatura dello Stato e al riparto della giurisdizione; |
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c) le disposizioni tributarie e di bilancio e quelle concernenti le reti di acquisizione del gettito, anche derivante dal gioco; |
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d) le disposizioni in materia previdenziale e assistenziale»; |
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d) dopo il comma 18 è inserito il seguente: |
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«18-bis. Entro un anno dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di riassetto di cui al comma 18, nel rispetto degli stessi princìpi e criteri direttivi, possono essere emanate, con uno o più decreti legislativi, disposizioni integrative o correttive dei medesimi decreti legislativi»; |
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e) al comma 19, le parole: «una Commissione parlamentare» sono sostituite |
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dalle seguenti: «la "Commissione parlamentare per la semplificazione", di seguito denominata "Commissione"»; |
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f) il comma 21 è sostituito dal seguente: |
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«21. La Commissione: |
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a) esprime il parere sugli schemi dei decreti legislativi di cui ai commi 14, 14-quater, 15, 18 e 18-bis; |
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b) verifica periodicamente lo stato di attuazione del procedimento per l'abrogazione generalizzata di norme di cui al comma 14-ter e ne riferisce ogni sei mesi alle Camere; |
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c) esercita i compiti di cui all'articolo 5, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59»; |
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g) il comma 22 è sostituito dal seguente: |
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«22. Per l'acquisizione del parere, gli schemi dei decreti legislativi di cui ai commi 14, 14-quater, 15, 18 e 18-bis sono trasmessi alla Commissione, che si pronuncia entro trenta giorni. Il Governo, ove ritenga di non accogliere, in tutto o in parte, le eventuali condizioni poste, ritrasmette il testo, con le proprie osservazioni e con le eventuali modificazioni, alla Commissione per il parere definitivo, da rendere nel termine di trenta giorni. Se il termine previsto per il parere della Commissione cade nei trenta giorni che precedono la scadenza di uno dei termini previsti dai commi 14, 14-quater, 15, 18 e 18-bis, la scadenza medesima è prorogata di novanta giorni». |
L’articolo 4 novella l’articolo 14 della legge di semplificazione e riassetto normativo per il 2005 (legge 28 novembre 2005, n. 246), il quale reca la delega cosiddetta “taglia-leggi”: si tratta di un meccanismo volto alla individuazione di tutte le norme antecedenti al 1° gennaio 1970 tuttora vigenti, considerando abrogate tutte le disposizioni non incluse nei decreti legislativi ivi previsti. Le novelle incidono su un testo che dal 2005 ad oggi ha subito una sola modifica, peraltro molto recente, apportata dalla legge 4 marzo 2009, n. 15[13], della quale si darà conto nel prosieguo, e sono così sintetizzabili:
§ al comma 14, relativo ai principi e criteri direttivi della delega:
a) nell’alinea viene soppresso il riferimento – in realtà non di immediata comprensione – al rispetto, nell’esercizio della delega, dell’articolo 1, comma 2, della legge 5 giugno 2003, n. 131 (sulla cedevolezza delle norme statali in materie rimesse alla competenza legislativa regionale). Tale profilo va a costituire oggetto del nuovo comma 14-bis;
b) alla lettera b), si indica tra i criteri e principi direttivi della delega la “esclusione delle disposizioni che abbiano esaurito la loro funzione o siano prive di effettivo contenuto normativo o siano comunque obsolete” (nel testo vigente si richiamano le “disposizioni che abbiano esaurito o siano prive di effettivo contenuto normativo”): il riferimento all’esaurimento della funzione completa e precisa quindi il principio di delega;
c) la nuova lettera h) prevede la identificazione delle disposizioni: contenute nei decreti legislativi ricognitivi, emanati ai sensi dell’articolo 1, comma 4, della citata legge n. 131/2003, aventi per oggetto i principi fondamentali della legislazione dello Stato nelle materie di competenza concorrente tra Stato e Regioni[14] e delle disposizioni che costituiscono adempimento di obblighi imposti dalla normativa comunitaria vigenti o occorrenti per la ratifica e l’esecuzione di trattati internazionali in vigore. Tali tipologie di disposizioni rientrano quindi nel meccanismo “taglia-leggi”, dal quale sono attualmente escluse (essendo enumerate nel comma 17, lettere c) e d) );
§ dopo il comma 14 vengono introdotti tre ulteriori commi:
a) il comma 14-bis, come già accennato, stabilisce che le disposizioni normative statali concernenti le materie di esclusiva competenza regionale che restano in vigore ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della citata legge n. 131/2003, continuano ad applicarsi, in ciascuna regione, fino alla data di entrata in vigore delle relative disposizioni regionali: sembrerebbe la ripetizione di un principio già stabilito dalla citata legge n. 131 in ordine alla cedevolezza delle norme statali in materie di esclusiva competenza legislativa regionale;
b) il comma 14-ter sposta di un anno l’applicazione della cosiddetta “ghigliottina” nei riguardi di tutti gli atti normativi non censiti nei decreti legislativi di cui al comma 14: l’attuale comma 16 (che viene contestualmente abrogato) dispone infatti che la ghigliottina scatti decorso il termine di 48 mesi dalla data di entrata in vigore della legge per l’emanazione dei decreti legislativi di cui al comma 14 (16 dicembre 2009); il nuovo comma 14-ter dispone che la ghigliottina scatti decorso un anno dalla scadenza del termine del 16 dicembre 2009 ovvero del maggior termine previsto dall’ultimo periodo del comma 22 (cfr. infra). Si tratta di un accorgimento dettato dall’esperienza, in quanto già adottato in occasione della conversione dei decreti-legge nn. 112 e 200 del 2008, che hanno previsto – rispettivamente – l’abrogazione di 3.370 e 28.409 atti normativi con efficacia differita, in modo da lasciare un cuscinetto temporale nel quale provvedere ad eventuali correzioni[15];
c) anche il comma 14-quater si connette strettamente con l’esperienza dei due citati decreti-legge, riconducendo alla cornice unitaria della delega – all’evidente fine di evitare per il futuro un ulteriore ricorso alla decretazione d’urgenza – la possibilità per il Governo di accompagnare alla individuazione delle disposizioni vigenti ulteriori decreti legislativi volti alla speculare operazione di abrogazione delle disposizioni legislative statali oggetto di abrogazione tacita o implicita ovvero obsolete, di cui alle lettere a) e b) del comma 14. Si segnala che per tali decreti di abrogazione generalizzata si supera il discrimine temporale del 1° gennaio 1970, prevedendo che essi possano intervenire anche su norme successive, senza limite temporale. Il termine per l’esercizio della nuova delega coincide con quello del comma 14-ter : è quindi fissato al 16 dicembre 2010, salva la possibilità di proroga prevista dal comma 22 (cfr. infra). Con formula suscettibile di valutazione, la decorrenza dei decreti legislativi di abrogazione viene fatta coincidere con il termine per la loro emanazione;
§ il comma 16, relativo alla decorrenza della ghigliottina, viene abrogato in conseguenza dell’introduzione del comma 14-ter;
§ il comma 17 viene novellato esclusivamente in conseguenza delle modifiche apportate al comma 14 (vengono cioè soppresse le lettere c) e d) );
§ dopo il comma 18 viene introdotto il comma 18-bis, il quale sembra doversi leggere in connessione con il nuovo testo del comma 18 come integralmente sostituito dall’articolo 13 della legge 4 marzo 2009, n. 15. Il comma 18, nella nuova formulazione, delega il Governo all’adozione, entro due anni dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 14, di decreti legislativi contenenti disposizioni “integrative, di riassetto o correttive, esclusivamente nel rispetto dei principi e criteri direttivi di cui al comma 15 e previo parere della Commissione parlamentare per la semplificazione”. Come già accennato, il comma 15, ampliando i possibili contenuti dei decreti legislativi di cui al comma 14, dispone che essi possano provvedere anche “alla semplificazione o al riassetto della materia che ne è oggetto…. anche al fine di armonizzare le disposizioni mantenute in vigore con quelle pubblicate successivamente alla data del 1° gennaio 1970”. Non appare quindi chiaro il coordinamento tra il nuovo comma 18 e il comma 15, in quanto il primo fa riferimento anche a disposizioni integrative e correttive ma poi richiama il principio di delega relativo esclusivamente al riassetto normativo. Il nuovo comma 18-bis, introdotto dall’articolo in esame, con esclusivo riferimento ai decreti legislativi di riassetto di cui al comma 18 (e quindi, sembrerebbe, non anche integrativi e correttivi), prevede l’adozione di decreti legislativi integrativi e correttivi entro un anno dalla data di entrata in vigore di tali decreti di riassetto. Andrebbe valutata l’opportunità di coordinare tra di loro i commi 15, 18 e 18-bis, in particolare chiarendo che i decreti legislativi di cui al comma 18-bis non possano integrare e correggere i decreti legislativi integrativi e correttivi indicati al comma 18, per evitare di avere una doppia sequenza di tale tipologia di decreti;
§ il comma 19 viene novellato in modo di trasferire anche nella legge la denominazione assunta nella prassi dalla Commissione parlamentare chiamata a svolgere i compiti elencati al comma 21 (“Commissione parlamentare per la semplificazione”);
§ il comma 21 viene novellato esclusivamente in conseguenza delle modifiche apportate ai commi precedenti, con una sola aggiunta relativa all’inclusione, nel novero degli schemi di decreti legislativi su cui la Commissione è chiamata ad esprimere il proprio parere, di quelli di cui al comma 15. Si segnala in proposito che quest’ultimo comma si limita a prevedere ulteriori contenuti dei decreti legislativi di cui al comma 14 e quindi non sembra avere autonomia rispetto a quest’ultima previsione. Apparirebbe pertanto preferibile, nel caso, richiamare gli schemi dei decreti legislativi di cui ai commi 14 e 15;
§ il comma 22 prevede la possibilità di prorogare di 90 giorni il termine per l’esercizio della delega nel caso in cui il termine previsto per l’espressione del parere della Commissione parlamentare cada nei trenta che precedono la scadenza dei termini per l’adozione di tutti i decreti legislativi previsti dall’articolo 14 (inclusi quelli di cui al comma 15, per cui si richiamano le osservazioni già svolte con riguardo alla novella del comma 21), e non solo di quelli di cui al comma 14.
Articolo 5
(Modifiche alla disciplina dei regolamenti.
Testi unici compilativi)
TESTO approvato dalla Camera dei deputati |
TESTO modificato dal Senato della Repubblica |
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Art. 5. (Modifiche alla disciplina dei regolamenti. Testi unici compilativi). |
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1. All'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni: |
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a) al comma 2, dopo le parole: «Consiglio di Stato» sono inserite le seguenti: «e previo parere delle Commissioni parlamentari |
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competenti in materia, che si pronunciano entro trenta giorni dalla richiesta»; |
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b) è aggiunto, in fine, il seguente comma: |
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«4-ter. Con regolamenti da emanare ai sensi del comma 1 del presente articolo, si provvede al periodico riordino delle disposizioni regolamentari vigenti, alla ricognizione di quelle che sono state oggetto di abrogazione implicita e all'espressa abrogazione di quelle che hanno esaurito la loro funzione o sono prive di effettivo contenuto normativo o sono comunque obsolete». |
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2. Nel capo III della legge 23 agosto 1988, n. 400, dopo l'articolo 17 è aggiunto il seguente: |
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«Art. 17-bis. - (Testi unici compilativi). - 1. Il Governo provvede, mediante testi unici compilativi, a raccogliere le disposizioni aventi forza di legge regolanti materie e settori omogenei, attenendosi ai seguenti criteri: |
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a) puntuale individuazione del testo vigente delle norme; |
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b) ricognizione delle norme abrogate, anche implicitamente, da successive disposizioni; |
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c) coordinamento formale del testo delle disposizioni vigenti in modo da garantire la coerenza logica e sistematica della normativa; |
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d) ricognizione delle disposizioni, non inserite nel testo unico, che restano comunque in vigore. |
|
2. Lo schema di ciascun testo unico è deliberato dal Consiglio dei ministri, valutato il parere che il Consiglio di Stato deve esprimere entro quarantacinque giorni dalla richiesta. Ciascun testo unico è emanato con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, previa ulteriore deliberazione del Consiglio dei ministri. |
|
3. Il Governo può demandare la redazione degli schemi di testi unici ai sensi dell'articolo 14, numero 2o, del testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato, di cui al regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054, al Consiglio di Stato, che ha facoltà di avvalersi di esperti, in discipline non giuridiche, in numero non superiore a cinque, senza oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato. Sugli schemi redatti dal Consiglio di Stato non è acquisito il parere dello stesso, previsto ai sensi dell'articolo 16, primo comma, numero 3o, del citato testo unico di cui al regio decreto n. 1054 del 1924, dell'articolo 17, comma 25, della legge 15 maggio 1997, n. 127, e del comma 2 del presente articolo». |
L’articolo 5 si compone di due commi, volti a novellare il capo III della legge 23 agosto 1988, n. 400, dedicato alla potestà normativa del Governo.
Il comma 1 novella l’articolo 17, riguardante il potere regolamentare del Governo, prevedendo:
§ con una integrazione al comma 2, il parere delle Commissioni parlamentari competenti in materia su tutti gli schemi di regolamenti di delegificazione, da esprimere entro trenta giorni dalla richiesta. Si stabilisce così in via generale il coinvolgimento delle Camere nel procedimento di adozione dei regolamenti di delegificazione, che nella prassi già viene spesso previsto nelle singole autorizzazioni alla delegificazione;
§ con il comma aggiuntivo 4-ter, la possibilità per il Governo di procedere al riordino delle disposizioni regolamentari vigenti, alla ricognizione di quelle che sono state oggetto di abrogazione implicita ed all’espressa abrogazione di quelle che hanno esaurito la loro funzione o sono prive di effettivo contenuto normativo o sono comunque obsolete. La disposizione è finalizzata a prevedere espressamente per quanto riguarda le fonti regolamentari un periodico riordino basato su linee direttrici analoghe a quelle individuate per il cosiddetto meccanismo taglia-leggi (cfr. quanto detto sull’articolo 4).
Il comma 2 introduce l’articolo 17-bis, che autorizza il Governo all’adozione di testi unici compilativi, nella forma di decreti del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio di Stato. Il Governo può demandare la redazione degli schemi dei testi unici al Consiglio di Stato, che in questa ipotesi non si pronuncia sugli schemi stessi.
Si innova così l’ordinamento autorizzando in via permanente il Governo all’adozione di testi unici compilativi.
Nell’ordinamento repubblicano, infatti, i testi unici anche di mero coordinamento e raccolta di norme vengono emanati a seguito di deleghe legislative[16] o, almeno, autorizzazioni al Governo[17].
Nel passato si registrano quattro testi unici meramente compilativi cosiddetti “spontanei”, emanati cioè dal Governo in assenza di delega o autorizzazione da parte del Parlamento; si tratta dei DPR: 30 marzo 1957, n, 361 (elezioni della Camera dei deputati); 15 giugno 1959, n. 393 (circolazione stradale); 16 maggio 1960, n. 570 (composizione ed elezione degli organi delle amministrazioni comunali); 20 marzo 1967, n. 223 (elettorato attivo e liste elettorali).
Si segnala, in proposito, come la Corte costituzionale abbia mutato il proprio orientamento in materia, passando dall’iniziale atteggiamento di negare forza di legge al testo unico che il Parlamento non avesse espressamente delegato al Governo[18] fino a riconoscere forza di legge anche a tale categoria di testi unici, operando, però, in sede di dispositivo, un espresso richiamo alla norma-base, cioè alla legge da cui era tratta la norma confluita nel testo unico (sentenza n. 46 del 1969). L’anno successivo (con la sentenza n. 43 del 1970) la Corte ha dapprima operato il richiamo alla disposizione originaria soltanto nella motivazione per poi ometterlo completamente nella sentenza n. 47.
In ambito dottrinario la categoria dei testi unici compilativi è stata al centro di un ampio dibattito, con specifico riguardo alla sua rilevanza giuridica, da più parti negata: il testo unico compilativo viene assimilato da alcuni a mere raccolte private ovvero – da altri – ad atto interno proprio dell’autorità amministrativa.
La relazione tecnica non considera la norma, che è stata introdotta nel corso dell’esame presso il Senato.
In merito ai profili di quantificazione, non si hanno osservazioni da formulare, nel presupposto che il Consiglio di Stato[19], che può avvalersi della facoltà di nominare gli esperti per la redazione dei testi unici compilativi (comma 3), possa espletare tale funzione nell’ambito delle risorse finanziarie previste a legislazione vigente, ai fini del rispetto della clausola di neutralità finanziaria posta dalla norma.
In merito ai profili di copertura finanziaria, si segnala, con riferimento al comma 2, che dal punto di vista formale la clausola di invarianza andrebbe riformulata in conformità alla prassi consolidata seguita in casi analoghi nel senso di indicare non genericamente gli “oneri aggiuntivi”, ma piuttosto i “nuovi o maggiori oneri”.
Articolo 6
(Misure per la semplificazione della
gestione amministrativa e finanziaria delle rappresentanze diplomatiche e degli
uffici)
TESTO approvato dalla Camera dei deputati |
TESTO modificato dal Senato della Repubblica |
Art. 4. (Misure per la semplificazione della gestione amministrativa e finanziaria delle rappresentanze diplomatiche e degli uffici consolari). |
Art. 6. (Misure per la semplificazione della gestione amministrativa e finanziaria delle rappresentanze diplomatiche e degli uffici consolari). |
1. Con regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro degli affari esteri e del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione e con il Ministro per la semplificazione normativa, sono disciplinati i procedimenti in materia di autonomia gestionale e finanziaria delle rappresentanze diplomatiche e degli uffici consolari di I categoria, di cui all'articolo 18, comma 2-bis, del decreto-legge 1o ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222, nell'osservanza dei princìpi di cui all'articolo 20, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni, nonché dei seguenti criteri: |
Identico. |
a) semplificazione e accelerazione dei procedimenti relativi ai trasferimenti finanziari all'estero e alla loro gestione; |
|
b) semplificazione e razionalizzazione della struttura e della gestione del bilancio delle sedi all'estero, ai fini della razionalizzazione della spesa; |
|
c) garanzia di opportune procedure di verifica e controllo delle attività svolte nell'ambito dell'autonomia gestionale e finanziaria di cui al presente comma, con particolare riferimento alla gestione contabile e delle risorse umane. |
|
2. A decorrere dalla data di entrata in vigore delle norme regolamentari di cui al comma 1, sono abrogati: |
|
a) il comma 15 dell'articolo 1 del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80; |
|
b) gli articoli 1, 3, 4, 8 e 9 del decreto legislativo 15 dicembre 2006, n. 307; |
|
c) l'articolo 75 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18, e successive modificazioni; |
|
d) i commi 1318, 1320 e 1321 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296; |
|
e) il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 marzo 2000, n. 120. |
|
L’attuale articolo 6, introdotto dalleCommissioni Affari costituzionali e Bilancio nel corso dell’esame referentealla Camera, non è stato modificato nel corso dell’esame al Senato.
In particolare, il comma 1 dispone che con regolamento di delegificazione, ai sensi dell’art. 17, comma 2 della legge n. 400 del 1988, vengano disciplinati i procedimenti - di cui all’art. 18, comma 2-bis del D.L. 1° ottobre 2007, n. 159[20] - in materia di autonomia gestionale e finanziaria delle rappresentanze diplomatiche, nonché degli uffici consolari di I categoria.
Questo regolamento è emanato - su proposta del Ministro degli affari esteri e del Ministro dell’Economia e delle Finanze, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione e con il Ministro per la semplificazione normativa – nell’osservanza dei principi di cui all’art. 20, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59[21] e successive modificazioni, nonché dei criteri appresso specificati:
§ semplificazione e accelerazione delle procedure che regolano i trasferimenti finanziari all’estero;
§ semplificazione della gestione di bilancio delle sedi all’estero, avendo riguardo alla razionalizzazione delle relative spese;
§ garanzia di procedure di controllo dell’autonomia finanziaria e della gestione delle risorse umane delle sedi all’estero.
Si ricorda anzitutto che il decreto-legge n. 159 del 2007, al comma 2-bis dell’art. 18, nel conferire l’autonomia gestionale e finanziaria alle rappresentanze diplomatiche e agli Uffici consolari di categoria I, aveva indicato, per la sua attuazione, lo strumento dei regolamenti di esecuzione di cui al comma 1 dell’art. 17 della legge n. 400 del 1988. Inoltre, il conferimento di autonomia gestionale e finanziaria veniva posto in coerenza con quanto previsto dai processi di revisione organizzativa di cui alla lettera g) del comma 404 (art. 1) della legge finanziaria per il 2007.
Si ricorda inoltre che il comma 404 dell’art. 1 della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria per il 2007), al fine di “razionalizzare e ottimizzare l'organizzazione delle spese e dei costi di funzionamento dei Ministeri” ha disposto l’emanazione di regolamenti ai sensi dell'articolo 17, comma 4-bis – ovvero regolamenti di delegificazione dedicati all’organizzazione e alla disciplina degli uffici ministeriali - della legge n. 400 del 1988, fissando peraltro il termine del 30 aprile 2007. Una specifica previsione era poi dedicata al Ministero degli Affari esteri. Infatti la lettera g) del comma 404 prescriveva l’”avvio della ristrutturazione” della rete diplomatica, consolare e degli istituti di cultura ed in particolare l'unificazione dei servizi contabili degli uffici della rete diplomatica aventi sede nella stessa città estera. A quest’ultimo proposito si precisava che le nuove norme dovessero prevedere che le funzioni delineate dagli articoli 3, 4 e 6 del regolamento di cui al DPR n. 120 del 2000[22] fossero svolte dal responsabile dell'ufficio unificato per conto di tutte le rappresentanze medesime.
In attuazione delle previsioni del comma 404 della legge finanziaria per il 2007 è stato emanato il DPR n. 258 del 2007[23] che all’art. 12 delinea gli indirizzi e le finalità dell’avvio della ristrutturazione della rete diplomatica, consolare e degli istituti di cultura, da attuarsi mediante misure di accorpamento in missione diplomatica unificata di rappresentanze permanenti presso enti o organizzazioni internazionali aventi sede nella stessa città estera; accorpamento di uffici, istituzione di cancellerie consolari nelle ambasciate di riferimento e modifica delle circoscrizioni consolari; ristrutturazione della rete degli istituti di cultura anche in funzione della possibilità di ricondurne le attività all’interno di rappresentanze diplomatiche o uffici consolari nello Stato di accreditamento.
Si ricorda che i principi di cui all’art. 20, comma 4 della legge n. 59 del 1997 sono:
§ semplificazione dei procedimenti amministrativi e di quelli connessi o strumentali, in modo da ridurre il numero delle fasi procedimentali e delle amministrazioni chiamate ad intervenire, anche riordinando le competenze degli uffici;
§ riduzione dei termini per la conclusione dei procedimenti e uniformazione dei tempi di conclusione previsti per procedimenti tra loro analoghi;
§ regolazione uniforme dei procedimenti dello stesso tipo che si svolgono presso diverse amministrazioni o presso diversi uffici della medesima amministrazione;
§ riduzione del numero di procedimenti amministrativi e accorpamento dei procedimenti che si riferiscono alla medesima attività;
§ semplificazione e accelerazione delle procedure di spesa e contabili, anche mediante l'adozione di disposizioni che prevedano termini perentori, per le fasi di integrazione dell'efficacia e di controllo degli atti;
§ aggiornamento delle procedure, prevedendo la più estesa e ottimale utilizzazione delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, anche nei rapporti con i destinatari dell'azione amministrativa;
§ generale possibilità di utilizzare, da parte delle amministrazioni e dei soggetti a queste equiparati, strumenti di diritto privato, salvo che nelle materie o nelle fattispecie nelle quali l'interesse pubblico non può essere perseguito senza l'esercizio di poteri autoritativi;
§ conformazione ai princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, nella ripartizione delle attribuzioni e competenze tra i diversi soggetti istituzionali, nella istituzione di sedi stabili di concertazione e nei rapporti tra i soggetti istituzionali ed i soggetti interessati, secondo i criteri dell'autonomia, della leale collaborazione, della responsabilità e della tutela dell'affidamento;
§ riconduzione delle intese, degli accordi e degli atti equiparabili comunque denominati, nonché delle conferenze di servizi, previste dalle normative vigenti, aventi il carattere della ripetitività, ad uno o più schemi base o modelli di riferimento nei quali, siano stabilite le responsabilità, le modalità di attuazione e le conseguenze degli eventuali inadempimenti;
§ utilizzazione di uffici e strutture tecniche e amministrative pubbliche da parte di altre pubbliche amministrazioni, sulla base di accordi conclusi ai sensi dell'articolo 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni.
Il comma 2 dispone che all'entrata in vigore del regolamento di delegificazione di cui al comma precedente vengano abrogate le seguenti norme in materia di gestione amministrativa e contabile della rete all’estero, che in dettaglio riguardano:
• l'articolo 1, comma 15, del D.L. n. 35 del 2005[24], secondo cui i funzionari delegati presso gli uffici all’estero possono effettuare trasferimenti tra le aperture di credito disposte in loro favore su capitoli relativi all'acquisizione di beni e servizi nell'ambito dell’UPB «Uffici all'estero» dello stato di previsione del Ministero degli affari esteri.
• gli articoli 1 (Finalità e ambito di applicazione), 3 (Spese degli uffici all'estero), 4 (Fluidità del flussi finanziari), 8 (Semplificazione delle comunicazioni contabili con gli uffici all'estero), 9 (Attuazione per via regolamentare) del decreto legislativo 15 dicembre 2006, n. 307[25].
• l’articolo 75 del DPR n. 18 del 1967[26] concernente I funzionari direttivi amministrativi con funzioni amministrativo-contabili all’estero.
• l'articolo 1, commi 1318 (Istituzione di un fondo speciale presso rappresentanze diplomatiche e uffici consolari), 1320 (Finanziamento del Fondo speciale) e 1321 (Finanziamento e rendicontazione del Fondo) della legge finanziaria per il 2007;
• il regolamento di cui al citato DPR n. 120 del 2000.
Si segnala in particolare la parziale abrogazione del decreto legislativo 15 dicembre 2006, n. 307, che è stato adottato in attuazione della delega a suo tempo fornita dalla legge 28 novembre 2005, n. 246 (Semplificazione e riassetto normativo per l'anno 2005), il cui articolo 4 ha costituito un antecedente logico e cronologico degli ormai numerosi approcci legislativi volti a semplificare e rendere più economiche le procedure di gestione amministrativa e contabile degli uffici all’estero del MAE.
Il richiamato articolo 4, infatti, delegava il Governo all’adozione, non oltre un anno dall’entrata in vigore della legge, di un decreto legislativo con riflessi sull’organizzazione ed il funzionamento del Ministero degli Affari esteri, avente ad oggetto il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di gestione amministrativa e contabile degli uffici all’estero.
Il decreto legislativo in questione avrebbe dovuto essere emanato secondo i principi, i criteri direttivi e le procedure del citato articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59.
Il decreto legislativo doveva inoltre essere emanato in accordo a ulteriori principi e criteri direttivi, quali:
§ l’aggiornamento e la semplificazione del linguaggio normativo;
§ la delegificazione e la semplificazione degli aspetti organizzativi e procedimentali della gestione;
§ la semplificazione della gestione di bilancio, anche attraverso l’accorpamento dei capitoli di bilancio compresi nelle unità previsionali di base;
§ la fluidità dei flussi finanziari per e dalle sedi estere; semplificazione delle procedure di acquisizione di beni e servizi;
§ l’adeguamento delle procedure contrattuali agli ordinamenti locali;
§ lo snellimento delle procedure per l’assistenza dei connazionali e la promozione culturale e commerciale;
§ la semplificazione, anche attraverso l’informatizzazione, della gestione delle comunicazioni contabili con gli uffici all’estero.
La previsione di un riassetto normativo di rango primario operata dall’articolo 4 della legge di semplificazione 2005 ha superato quanto stabilito nella Legge finanziaria per il 2005 (legge 30 dicembre 2004, n. 311, art 1, comma 81), laddove, onde conseguire una semplificazione nella gestione finanziaria degli uffici all’estero, era stata prevista, entro novanta giorni dall’entrata in vigore della legge, l’emanazione di un decreto del Ministro degli Affari esteri, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze – da adottare ai sensi dell’articolo 17, comma 3[27], della citata legge 23 agosto 1988, n. 400.
Il disposto dell’art. 4 della legge di semplificazione 2005 prendeva atto dell’obiettiva difficoltà a riordinare la materia in esame mediante atto normativo secondario, posto che buona parte della stessa è regolata a livello primario.
Articolo 7
(Certezza dei tempi di conclusione del
procedimento)
TESTO approvato dalla Camera dei deputati |
TESTO modificato dal Senato della Repubblica |
Art. 5. (Certezza dei tempi di conclusione del procedimento). |
Art. 7. (Certezza dei tempi di conclusione del procedimento). |
1. Alla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni: |
1. Identico: |
a) all'articolo 1: |
a) identica; |
1) al comma 1, dopo le parole: «di efficacia» sono inserite le seguenti: «, di imparzialità»; |
|
2) al comma 1-ter, dopo le parole: «il rispetto» sono inserite le seguenti: «dei criteri e»; |
|
b) l'articolo 2 è sostituito dal seguente: |
b) identico: |
«Art. 2. - (Conclusione del procedimento). - 1. Ove il procedimento consegua |
«Art. 2. - (Conclusione del procedimento). - 1. Identico. |
obbligatoriamente ad un'istanza, ovvero debba essere iniziato d'ufficio, le pubbliche amministrazioni hanno il dovere di concluderlo mediante l'adozione di un provvedimento espresso. |
|
2. Nei casi in cui disposizioni di legge ovvero i provvedimenti di cui ai commi 3, 4 e 5 non prevedono un termine diverso, i procedimenti amministrativi di competenza delle amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali devono concludersi entro il termine di trenta giorni. |
2. Identico. |
3. Con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, adottati ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta dei Ministri competenti e di concerto con i Ministri per la pubblica amministrazione e l'innovazione e per la semplificazione normativa, sono individuati i termini non superiori a novanta giorni entro i quali devono concludersi i procedimenti di competenza delle amministrazioni statali. Gli enti pubblici nazionali stabiliscono, secondo i propri ordinamenti, i termini non superiori a novanta giorni entro i quali devono concludersi i procedimenti di propria competenza. |
3. Identico. |
4. Nei casi in cui, tenendo conto della sostenibilità dei tempi sotto il profilo dell'organizzazione amministrativa, della natura degli interessi pubblici tutelati e della particolare complessità del procedimento, sono indispensabili termini superiori a novanta giorni per la conclusione dei procedimenti di competenza delle amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali, i decreti di cui al comma 3 sono adottati su proposta anche dei Ministri per la pubblica amministrazione e l'innovazione e per la semplificazione normativa e previa deliberazione del Consiglio dei ministri. I termini ivi previsti non possono comunque superare i centottanta giorni, con la sola esclusione dei procedimenti di acquisto della cittadinanza italiana. |
4. Nei casi in cui, tenendo conto della sostenibilità dei tempi sotto il profilo dell'organizzazione amministrativa, della natura degli interessi pubblici tutelati e della particolare complessità del procedimento, sono indispensabili termini superiori a novanta giorni per la conclusione dei procedimenti di competenza delle amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali, i decreti di cui al comma 3 sono adottati su proposta anche dei Ministri per la pubblica amministrazione e l'innovazione e per la semplificazione normativa e previa deliberazione del Consiglio dei ministri. I termini ivi previsti non possono comunque superare i centottanta giorni, con la sola esclusione dei procedimenti di acquisto della cittadinanza italiana e di quelli riguardanti l'immigrazione. |
5. Fatto salvo quanto previsto da specifiche disposizioni normative, le autorità di garanzia e di vigilanza disciplinano, in conformità ai propri ordinamenti, i termini di conclusione dei procedimenti di rispettiva competenza. |
5. Identico. |
6. I termini per la conclusione del procedimento decorrono dall'inizio del procedimento d'ufficio o dal ricevimento della domanda, se il procedimento è ad iniziativa di parte. |
6. Identico. |
7. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 17, i termini di cui ai commi 2, 3, 4 e 5 del presente articolo possono essere sospesi, per una sola volta e per un periodo non superiore a trenta giorni, per l'acquisizione di informazioni o di certificazioni relative a fatti, stati o qualità non attestati in documenti già in possesso dell'amministrazione stessa o non direttamente acquisibili presso altre pubbliche amministrazioni. Si applicano le disposizioni dell'articolo 14, comma 2. |
7. Identico. |
8. Salvi i casi di silenzio assenso, decorsi i termini per la conclusione del procedimento, il ricorso avverso il silenzio dell'amministrazione, ai sensi dell'articolo 21-bis della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, può essere proposto anche senza necessità di diffida all'amministrazione inadempiente, fintanto che perdura l'inadempimento e comunque non oltre un anno dalla scadenza dei termini di cui ai commi 2 o 3 del presente articolo. Il giudice amministrativo può conoscere della fondatezza dell'istanza. È fatta salva la riproponibilità dell'istanza di avvio del procedimento ove ne ricorrano i presupposti. |
8. Identico. |
9. La mancata emanazione del provvedimento nei termini costituisce elemento di valutazione della responsabilità dirigenziale»; |
9. Identico»; |
c) dopo l'articolo 2 è inserito il seguente: |
c) identica; |
«Art. 2-bis. - (Conseguenze per il ritardo dell'amministrazione nella conclusione del procedimento). - 1. Le pubbliche amministrazioni e i soggetti di cui all'articolo 1, comma 1-ter, sono tenuti al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell'inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento. |
|
2. Le controversie relative all'applicazione del presente articolo sono attribuite |
|
alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Il diritto al risarcimento del danno si prescrive in cinque anni»; |
|
d) il comma 5 dell'articolo 20 è sostituito dal seguente: |
d) identica. |
«5. Si applicano gli articoli 2, comma 7, e 10-bis». |
|
2. Il rispetto dei termini per la conclusione dei procedimenti rappresenta un elemento di valutazione dei dirigenti; di esso si tiene conto al fine della corresponsione della retribuzione di risultato. Il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, di concerto con il Ministro per la semplificazione normativa, adotta le linee di indirizzo per l'attuazione del presente articolo e per i casi di grave e ripetuta inosservanza dell'obbligo di provvedere entro i termini fissati per ciascun procedimento. |
2. Identico. |
3. In sede di prima attuazione della presente legge, gli atti o i provvedimenti di cui ai commi 3, 4 e 5 dell'articolo 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241, come da ultimo sostituito dal comma 1, lettera b), del presente articolo, sono adottati entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge. Le disposizioni regolamentari vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge, che prevedono termini superiori a novanta giorni per la conclusione dei procedimenti, cessano di avere effetto a decorrere dalla scadenza del termine indicato al primo periodo. Continuano ad applicarsi le disposizioni regolamentari, vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge, che prevedono termini non superiori a novanta giorni per la conclusione dei procedimenti. La disposizione di cui al comma 2 del citato articolo 2 della legge n. 241 del 1990 si applica dallo scadere del termine di un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge. Le regioni e gli enti locali si adeguano ai termini di cui ai commi 3 e 4 del citato articolo 2 della legge n. 241 del 1990 entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge. |
3. Identico. |
4. Per tutti i procedimenti di verifica o autorizzativi concernenti i beni storici, |
4. Per tutti i procedimenti di verifica o autorizzativi concernenti i beni storici, |
architettonici, culturali, archeologici, artistici e paesaggistici restano fermi i termini stabiliti dal codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. |
architettonici, culturali, archeologici, artistici e paesaggistici restano fermi i termini stabiliti dal codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. Restano ferme le disposizioni di legge e di regolamento vigenti in materia ambientale che prevedono termini diversi da quelli di cui agli articoli 2 e 2-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, come rispettivamente sostituito e introdotto dal presente articolo. |
L’articolo 7 apporta novelle alla L. 241/1990, recante le norme generali che regolano l’attività amministrativa, al fine principale di ridurre e conferire maggiore certezza ai tempi di conclusione del procedimento amministrativo.
L’articolo ha formato oggetto di due modifiche nel corso dell’esame al Senato: la prima è volta ad escludere i procedimenti in materia di immigrazione (oltre a quelli di acquisto della cittadinanza) dal limite massimo di durata (180 giorni) posto in via generale dalla nuova disciplina; la seconda è volta a tener fermi i termini per la conclusione dei procedimenti fissati dalle vigenti disposizioni in materia ambientale.
La L. 241/1990 ha il duplice obiettivo di garantire trasparenza all’attività della pubblica amministrazione attraverso il coinvolgimento dei soggetti interessati, e, nel contempo, di migliorarne la qualità, rendendola più efficiente ed economica. Le disposizioni della legge sono applicabili ad ogni amministrazione dello Stato e delle autonomie locali, fatte salve le prerogative delle Regioni.
La legge è stata in più punti modificata e integrata da successivi interventi legislativi. In particolare, si ricordano la L. 15/2005, che ha apportato sostanziali modifiche alla disciplina, e gli ulteriori interventi disposti dal D.L. 35/2005 (c.d. “decreto-legge sulla competitività”), principalmente in materia di denuncia di inizio attività (ridenominata dichiarazione di inizio attività), conclusione del procedimento amministrativo, silenzio-assenso.
Le novelle alla L. 241/1990 sono recate dal comma 1 dell’articolo in esame, suddiviso nelle lettere da a) a d).
La lettera a) prevede l’inserimento del criterio di imparzialità fra i principi generali dell’attività amministrativa di cui all’art. 1 della L. 241/1990. Attualmente detto criterio, che ha peraltro rango costituzionale (art. 97), non è espressamente previsto dalla disposizione legislativa.
La lettera b) sostituisce interamente l’art. 2 della L. 241/1990, che disciplina la conclusione del procedimento amministrativo.
Secondo tale articolo, ogni amministrazione ha il dovere di concludere ciascun procedimento cui ha dato avvio con l’adozione di un provvedimento espresso ed entro termini prefissati. Il termine varia a seconda del tipo di procedimento e, nel testo originario, era determinato e reso pubblico da ciascuna amministrazione per i procedimenti di propria competenza. Nel caso in cui l’amministrazione competente non avesse provveduto ad indicare un termine, questo si intendeva fissato in 30 giorni.
Sull’art. 2 ha inciso dapprima la L. 15/2005, e successivamente l’art. 3, co. 6-bis, del D.L. 35/2005, che lo ha interamente riscritto. Secondo il testo vigente dell’articolo:
§ la fissazione dei termini entro i quali i procedimenti di competenza delle amministrazioni statali devono concludersi, ove non siano direttamente previsti per legge, è rimessa ad uno o più regolamenti governativi (da adottare entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del D.L. 35/2005); gli enti pubblici nazionali (entro lo stesso termine) fissano, secondo i propri ordinamenti, i termini entro i quali devono concludersi i procedimenti di propria competenza;
§ la determinazione dei termini deve avvenire considerando “la loro sostenibilità, sotto il profilo dell’organizzazione amministrativa e della natura degli interessi pubblici tutelati”;
§ in caso di mancata individuazione dei tempi, il termine è di 90 giorni;
§ sono previste ipotesi di sospensione dei termini in caso di acquisizione di valutazioni tecniche di organi o enti appositi, o di acquisizione di informazioni o certificazioni relative a fatti, stati o qualità non attestati in documenti già in possesso dell’amministrazione stessa o non direttamente acquisibili presso altre pubbliche amministrazioni. Si prevede inoltre la possibilità di ricorso alla conferenza di servizi (art. 14, co. 2, L. 241/1990);
§ qualora, avverso il silenzio dell’amministrazione (e salvi i casi di silenzio assenso) sia stato proposto ricorso (per il quale non occorre previo atto di diffida), il giudice amministrativo è competente a conoscere della fondatezza dell’istanza.
La riformulazione dell’art. 2 della L. 241/1990 proposta dalla disposizione in esame, oltre a ribadire la necessità di un provvedimento conclusivo espresso, reca i seguenti, principali elementi di novità:
§ in assenza di un termine fissato dalla legge o dalle amministrazioni competenti, i procedimenti di competenza delle amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali devono concludersi entro 30 giorni (anziché 90, come oggi previsto);
§ i termini che possono essere fissati per la conclusione dei procedimenti di competenza delle amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali, non possono in via generale superare i 90 giorni;
§ la fissazione di tali termini, per quanto concerne le amministrazioni statali, è rimessa non più a regolamenti governativi (da adottare con D.P.R. ai sensi dell’art. 17, co. 1, della L. 400/1988 ) ma a regolamenti, da adottare (ex art. 17, co. 3, della stessa L. 400/1988) con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del ministro di volta in volta competente di concerto con i ministri per la pubblica amministrazione e l'innovazione e per la semplificazione normativa. All’introduzione di un termine massimo corrisponde il venir meno dell’indicazione di espliciti criteri per l’adozione dei regolamenti;
§ se per taluni procedimenti, e per ragioni connesse all’organizzazione amministrativa, alla natura degli interessi pubblici tutelati ed alla particolare complessità del procedimento, emergesse l’esigenza di fissare termini superiori a 90 giorni, il testé menzionato D.P.C.M. dev’essere adottato anche su proposta dei ministri per la pubblica amministrazione e l'innovazione e per la semplificazione normativa, e previa deliberazione del Consiglio dei ministri. I termini non possono comunque superare i 180 giorni, salvo che si tratti di procedimenti di acquisto della cittadinanza italiana e di procedimenti riguardanti l’immigrazione (esclusione, quest’ultima, inserita nel corso dell’esame al Senato).
La deliberazione del Consiglio dei ministri sembra richiesta in deroga alla disciplina di cui alla L. 400/1988. In particolare, l’art. 2 (Attribuzioni del Consiglio dei ministri) di tale legge disciplina l’individuazione (tassativa) degli atti sottoposti alla deliberazione del Consiglio dei ministri, e l’art. 17 (Regolamenti) richiede la previa deliberazione del Consiglio dei ministri per i soli regolamenti governativi, approvati con D.P.R. ai sensi dei co. 1 e 2 dell’articolo, e non dei regolamenti ministeriali ex co. 3;
§ anche le Autorità di garanzia e di vigilanza sono chiamate a fissare i termini di conclusione dei procedimenti di propria competenza;
§ è prevista la possibilità di sospensione, per una sola volta, per l'acquisizione di informazioni o di certificazioni; ma la durata di quest’ultima non può superare i 30 giorni;
§ è inoltre aggiunto un comma 9 nel quale si afferma che la mancata emanazione del provvedimento nei termini costituisce “elemento di valutazione” della responsabilità dirigenziale .
Di responsabilità “da ritardo” della p.a. si occupa la lettera c) del comma 1, che introduce nella L. 241/1990 il nuovo art. 2-bis (Conseguenze per il ritardo dell’amministrazione nella conclusione del procedimento). Tale articolo pone a carico di tutte le amministrazioni pubbliche – nonché dei soggetti privati preposti all'esercizio di attività amministrative di cui all’art. 1, co. 1-ter, della medesima L. 241/1990 – l’obbligo di risarcire il danno ingiusto causato dall’inosservanza, dolosa o colposa, dei termini procedimentali. Le controversie in materia di mancato rispetto dei termini per la conclusione del procedimento sono inoltre attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, e il diritto al risarcimento si prescrive in cinque anni.
Il comma 1, lettera d), dell’articolo in commento apporta una modifica, a meri fini di coordinamento, al co. 5 del successivo art. 20 della L. 241/1990, in materia di silenzio assenso, per adeguare quest’ultimo comma al nuovo testo dell’art. 2.
Il successivo comma 2 dell’articolo in esame inserisce il rispetto dei termini per la conclusione dei procedimenti tra gli elementi da considerare nell’ambito della valutazione dei dirigenti e di cui tenere conto al fine della corresponsione a questi ultimi della retribuzione di risultato. Il comma inoltre rimette al ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, di concerto con il ministro per la semplificazione normativa, l’adozione delle linee di indirizzo per l'attuazione dell’intero articolo in esame, nonché per i casi di “grave e ripetuta inosservanza” dell'obbligo di rispettare i termini fissati per ciascun procedimento.
Il procedimento per la valutazione del personale dirigenziale è disciplinato dall’art. 5 del D.Lgs. 286/1999. Ai sensi del co. 4 di tale articolo, la valutazione costituisce presupposto per l'applicazione delle misure di cui all’art. 21 del D.Lgs. 165/2001, in materia di responsabilità del dirigente per mancato raggiungimento degli obiettivi e per inosservanza delle direttive a lui imputabili.
L’art. 24 del D.Lgs. 165/2001 stabilisce che il trattamento economico del personale con qualifica di dirigente è fissato dai contratti collettivi per le aree dirigenziali, che ne determinano soltanto la misura fondamentale (comma 1). Per gli stessi soggetti è inoltre previsto un trattamento economico accessorio – il quale consta di due voci: retribuzione di posizione (parte fissa) e retribuzione di risultato –, commisurato alle funzioni loro attribuite e alle responsabilità connesse. La graduazione delle funzioni e delle responsabilità (ai fini del calcolo del trattamento economico accessorio) è definita con decreti ministeriali (comma 1).
Il trattamento economico fondamentale spettante a coloro che rivestono incarichi di uffici dirigenziali di livello generale è invece stabilito con contratto individuale. Al medesimo contratto è anche demandata la quantificazione del trattamento economico accessorio, che deve essere correlato sia al livello di responsabilità che l'incarico comporta, sia ai risultati conseguiti dal dirigente generale nell'esercizio delle funzioni amministrative e di gestione.
Il comma 3 dell’articolo in commento reca le disposizioni necessarie per l’attuazione del novellato art. 2 e del nuovo art. 2-bis della L. 241/1990, anche con riguardo alle autonomie territoriali.
Il comma 4, al primo periodo, precisa che restano fermi i termini previsti dal codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, per quanto attiene ai procedimenti di verifica o autorizzativi concernenti i beni storici, architettonici, culturali, archeologici, artistici e paesaggistici. Il secondo periodo, introdotto nel corso dell’esame al Senato, tiene ferme altresì le disposizioni vigenti in materia ambientale, che rechino termini per la conclusione dei procedimenti diversi da quelli introdotti dal comma 1 del presente articolo.
Articolo 8
(Certezza dei tempi in caso di attività
consultiva
e valutazioni tecniche)
TESTO approvato dalla Camera dei deputati |
TESTO modificato dal Senato della Repubblica |
Art. 6. (Certezza dei tempi in caso di attività consultiva e valutazioni tecniche). |
Art. 8. (Certezza dei tempi in caso di attività consultiva e valutazioni tecniche). |
1. Alla legge 7 agosto 1990, n. 241, come da ultimo modificata dall'articolo 5 della presente legge, sono apportate le seguenti modificazioni: |
1. Alla legge 7 agosto 1990, n. 241, come da ultimo modificata dall'articolo 7 della presente legge, sono apportate le seguenti modificazioni: |
a) all'articolo 16: |
a) identica; |
1) al comma 1, primo periodo, la parola: «quarantacinque» è sostituita dalla seguente: «venti»; |
|
2) al comma 1 sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, che comunque non può superare i venti giorni dal ricevimento della richiesta»; |
|
3) il comma 2 è sostituito dal seguente: |
|
«2. In caso di decorrenza del termine senza che sia stato comunicato il parere obbligatorio o senza che l'organo adito abbia rappresentato esigenze istruttorie, è in facoltà dell'amministrazione richiedente di procedere indipendentemente dall'espressione del parere. In caso di decorrenza del termine senza che sia stato comunicato il parere facoltativo o senza che l'organo adito abbia rappresentato esigenze istruttorie, l'amministrazione richiedente procede indipendentemente dall'espressione del parere. Salvo il caso di omessa richiesta del parere, il responsabile del procedimento non può essere chiamato a rispondere degli eventuali danni derivanti dalla mancata espressione dei pareri di cui al presente comma»; |
|
4) al comma 4, le parole: «il termine di cui al comma 1 può essere interrotto» sono sostituite dalle seguenti: «, i termini di cui al comma 1 possono essere interrotti»; |
|
5) il comma 5 è sostituito dal seguente: |
|
«5. I pareri di cui al comma 1 sono trasmessi con mezzi telematici»; |
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6) dopo il comma 6 è aggiunto il seguente: |
|
«6-bis. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 127 del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni»; |
|
b) all'articolo 25, comma 4, quarto periodo, dopo le parole: «Nei confronti degli atti delle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato tale richiesta è inoltrata presso la Commissione per l'accesso di cui all'articolo 27» sono aggiunte le seguenti: «nonché presso l'amministrazione resistente». |
b) identica. |
L’articolo 8 non ha subìto modificazioni nel corso dell’esame al Senato.
Esso novella – alla lettera a) del comma 1 – l’art. 16 della L. 241/1990, in materia di attività amministrativa, introducendo modifiche alla disciplina generale relativa all’acquisizione di pareri nell’ambito dell’istruttoria del procedimento amministrativo, al fine di abbreviare e dare maggiore certezza ai tempi di conclusione della fase consultiva. La lettera b) modifica invece la disciplina delle modalità di esercizio del diritto di accesso, prevista dall’art. 25 della L. 241/1990.
Si segnala che la rubrica dell’articolo – che fa riferimento anche alle attività di valutazione tecnica e non menziona, di converso, le disposizioni in materia di diritto di accesso – non rispecchia con precisione il contenuto dell’articolo stesso.
La lettera a) introduce, come si è detto, modifiche alla disciplina dei termini per l’espressione dei pareri ed alle modalità della loro trasmissione.
L’art. 16 della L. 241/1990, come risultante a seguito delle modifiche introdotte dall’art. 17, co. 24, L. 127/1997, reca una disciplina generale del termine per l’espressione dei pareri nell’ambito del procedimento amministrativo, prevedendo un diverso regime a seconda che l’attiva consultiva abbia carattere obbligatorio (e quindi l’amministrazione procedente sia tenuta a richiedere un parere all’organo consultivo) ovvero facoltativo (e quindi la decisione circa la richiesta del parere sia rimessa alla discrezionalità dell’amministrazione procedente).
Quanto ai pareri obbligatori l’art. 16 stabilisce che le pubbliche amministrazioni (così come definite dall’art. 1, co. 2, del D.Lgs 165/2001) provvedano ad emetterli entro 45 giorni dal ricevimento della relativa richiesta. Qualora l’organo consultato abbia rappresentato esigenze di carattere istruttorio, il termine può essere interrotto per una sola volta e, comunque, il parere deve essere reso entro 15 giorni dal ricezione degli elementi istruttori da parte dell’amministrazioni cui sia stato richiesto il parere stesso .
Per i pareri facoltativi non è invece previsto un termine di carattere generale, stabilendosi che siano gli organi consultivi interpellati a dare immediata comunicazione alle amministrazioni richiedenti del termine previsto per l’emissione del parere.
In ogni caso, una volta decorso il termine previsto per l’espressione del parere senza che esso sia stato comunicato o siano state rappresentate esigenze istruttorie l’amministrazione richiedente ha la facoltà di proseguire il procedimento anche in assenza del parere stesso.
La disciplina descritta non si applica ai pareri rilasciati da amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistica, territoriale e della salute dei cittadini.
I numeri 1) e 2) della lettera a) in esame introducono nuovi termini per l’espressione dei pareri: 20 giorni dalla richiesta, sia per i pareri obbligatori sia per quelli facoltativi. Tali modifiche vanno poste in relazione al termine per la conclusione del procedimento, che la nuova formulazione dell’art. 2, co. 2, della L. 241/1990, come sostituito dall’art. 7 del d.d.l. in esame, ha ridotto (salva diversa disposizione) a 30 giorni (vedi supra).
Il numero 3) della lettera a) innova invece la disciplina relativa alla mancata espressione del parere nei termini prescritti, prevedendo una diversa regolamentazione secondo che il parere sia obbligatorio o facoltativo. Nel secondo caso, infatti, l’amministrazione richiedente ha il dovere (e non la facoltà) di procedere indipendentemente dal parere stesso. In caso di mancata espressione di un parere obbligatorio, continua invece ad applicarsi la disciplina vigente, secondo la quale l’amministrazione richiedente ha la facoltà di proseguire il procedimento in assenza del parere stesso.
In entrambi i casi, il responsabile del procedimento non può essere chiamato a rispondere degli eventuali danni derivanti dalla mancata espressione dei pareri, a meno che abbia omesso di richiedere il previsto parere.
Il successivo numero 4), in relazione alla fissazione di un termine generale anche per l’espressione dei pareri facoltativi, estende a questi ultimi la disciplina dell’interruzione dei termini per esigenze di carattere istruttorio già prevista per i pareri obbligatori dall’art. 16, co. 4, della L. 241/1990.
Il numero 5) interviene sulle modalità di trasmissione del parere da parte dell’organo consultivo, prevedendo che all’invio si debba sempre provvedere con mezzi telematici, innovando rispetto al vigente co. 5 dell’art. 16, in base al quale tale obbligo è limitato ai soli pareri favorevoli privi di osservazioni ed è realizzabile in via alternativa attraverso il ricorso ad una comunicazione telegrafica.
In proposito si ricorda che il Codice dell’amministrazione digitale prevede in via generale che le comunicazioni di documenti tra le pubbliche amministrazioni avvengano di norma mediante l’utilizzo della posta elettronica, subordinandone la validità ai fini del procedimento amministrativo alla verifica della provenienza (art. 47, co. 1).
Il numero 6) fa in ogni caso salvo quanto previsto dall’articolo 127 del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 163/2006).
Tale disposizione prevede in particolare, al comma 3, che il Consiglio superiore dei lavori pubblici esprima:
§ parere obbligatorio sui progetti definitivi di lavori pubblici di competenza statale – o comunque finanziati per almeno il 50 per cento dallo Stato – di importo superiore ai 25 milioni di euro;
§ parere sui progetti delle altre stazioni appaltanti che siano pubbliche amministrazioni, sempre superiori a tale importo, e nel caso ne facciano richiesta.
Per i lavori pubblici di importo inferiore a 25 milioni di euro, la stessa disposizione prevede che le competenze del Consiglio siano esercitate dai comitati tecnici amministrativi presso i servizi integrati infrastrutture e trasporti (SIIT) e che se il lavoro pubblico di importo inferiore a 25 milioni di euro, presenti elementi di particolare rilevanza e complessità, il direttore del settore infrastrutture sottopone il progetto, con motivata relazione illustrativa, al parere del Consiglio superiore.
Il co. 2 dell’art. 127 demanda ad un successivo D.P.R., da adottare su proposta del ministro delle infrastrutture, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, l’attribuzione al Consiglio superiore, su materie identiche o affini a quelle già di competenza del Consiglio medesimo, poteri consultivi affidati dalla normativa vigente ad altri organi istituiti presso altre amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo.
Il successivo co. 5 prevede che il parere sia espresso entro 45 giorni dalla trasmissione del progetto e che, decorso tale termine, il procedimento prosegua prescindendo dal parere omesso; in tal caso, l’amministrazione motiva autonomamente l’atto amministrativo da emanare.
La lettera b) del comma 1 dell’articolo in esame interviene sulla disciplina della tutela non giurisdizionale nei casi di diniego, espresso o tacito, dell'accesso agli atti amministrativi o di differimento dello stesso.
L’art. 22 della L. 241/1990 ha riconosciuto in via generale il diritto degli interessati di prendere visione e di estrarre copia di documenti amministrativi. il diritto di accesso così riconosciuto costituisce, secondo la prevalente giurisprudenza amministrativa , un diritto soggettivo a carattere strumentale rispetto alla protezione di un’ulteriore o sottesa situazione soggettiva, che non necessariamente è di interesse legittimo o di diritto soggettivo, ma che può avere la consistenza di un interesse collettivo o diffuso o di un interesse semplice o di fatto.
In assenza di casi che giustifichino l’esclusione o il differimento dell’accesso, il relativo procedimento deve concludersi entro 30 giorni dalla presentazione della richiesta all'ufficio competente. L'amministrazione può decidere di negare, limitare o rinviare temporaneamente l'accesso, specificandone le ragioni nella risposta. La mancata risposta entro il termine di 30 giorni costituisce una fattispecie di tacito diniego della richiesta di accesso. Contro le decisioni (o la mancata risposta) dell'amministrazione, il cittadino ha accesso a forme di tutela giurisdizionale e amministrativa, che sono state ridisegnate da ultimo con la L. 15/2005 . Entro 30 giorni l’interessato può:
§ ricorrere al tribunale amministrativo regionale, che decide in camera di consiglio entro 30 giorni dal termine per la presentazione del ricorso;
§ chiedere un riesame della suddetta determinazione.
Nei confronti degli atti delle amministrazioni comunali, provinciali e regionali, il riesame può essere richiesto al difensore civico competente per ambito territoriale, ove costituito. Qualora detto organo non sia stato istituito, la competenza è attribuita al difensore civico competente per l'ambito territoriale immediatamente superiore.
Nei confronti degli atti delle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato tale richiesta è inoltrata presso la Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi, istituita dall’art. 27 della L. 241/1990.
Il difensore civico e la Commissione per l'accesso si pronunciano entro 30 giorni dalla presentazione dell’istanza, altrimenti essa si intende respinta. Qualora il diniego o il differimento dell’accesso siano ritenuti illegittimi, l’autorità competente può adottare un provvedimento confermativo motivato entro 30 giorni dalla comunicazione della decisione, altrimenti l’accesso si intende consentito.
Quanto ai rapporti tra rimedi amministrativi e giurisdizionale, il ricorso amministrativo non ha carattere alternativo, ma ha effetto sospensivo sul decorso dei termini per la presentazione del ricorso in sede giurisdizionale.
Quando l’accesso sia negato o differito per motivi inerenti ai dati personali riferiti a soggetti terzi, si prevede la consultazione preventiva, da parte della Commissione, del Garante per la protezione dei dati personali, che si pronuncia entro il termine di 10 giorni dalla richiesta.
La disposizione in esame interviene sulla disciplina del riesame in sede amministrativa, prevedendo che la richiesta di riesame nei confronti di atti delle amministrazioni statali debba essere trasmessa – oltre che alla Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi – anche all’amministrazione interessata (qualificata dalla norma come “resistente” pur in assenza di una controversia di carattere giurisdizionale).
Articolo 9
(Conferenza di servizi e silenzio assenso)
TESTO approvato dalla Camera dei deputati |
TESTO modificato dal Senato della Repubblica |
Art. 7. (Conferenza di servizi e silenzio assenso). |
Art. 9. (Conferenza di servizi e silenzio assenso). |
1. All'articolo 14-ter, comma 1, della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e può svolgersi per via telematica». |
1. Identico. |
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2. All'articolo 14-ter della legge 7 agosto 1990, n. 241, dopo il comma 2 sono inseriti i seguenti: |
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«2-bis. Alla conferenza di servizi di cui agli articoli 14 e 14-bis sono convocati i soggetti proponenti il progetto dedotto in conferenza, alla quale gli stessi partecipano senza diritto di voto. |
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2-ter. Alla conferenza possono partecipare, senza diritto di voto, i concessionari e i gestori di pubblici servizi, nel caso in cui il procedimento amministrativo o il progetto dedotto in conferenza implichi loro adempimenti ovvero abbia effetto diretto o indiretto sulla loro attività. Agli stessi è inviata, anche per via telematica e con congruo anticipo, comunicazione della convocazione della conferenza di servizi. Alla conferenza possono partecipare inoltre, senza diritto di voto, le amministrazioni preposte alla gestione delle eventuali misure pubbliche di agevolazione». |
2. Al comma 1 dell'articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, al primo periodo, dopo le parole: «all'immigrazione,» sono inserite le seguenti: «alla cittadinanza,». Al comma 4 dell'articolo 20 della citata legge n. 241 del 1990, e successive modificazioni, le parole: «e l'immigrazione» sono sostituite dalle seguenti: «, l'immigrazione e la cittadinanza». |
3. Al comma 1 dell'articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, al primo periodo, dopo le parole: «all'immigrazione,» sono inserite le seguenti: «all'asilo, alla cittadinanza,». Al comma 4 dell'articolo 20 della citata legge n. 241 del 1990, e successive modificazioni, le parole: «e l'immigrazione» sono sostituite dalle seguenti: «, l'immigrazione, l'asilo e la cittadinanza». |
3. Al comma 2 dell'articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Nel caso in cui la dichiarazione di inizio attività abbia ad oggetto l'esercizio di attività di impianti produttivi di beni e di servizi e di prestazione di servizi di cui alla direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, compresi gli atti che dispongono l'iscrizione in albi o ruoli o registri ad efficacia abilitante o comunque a tale fine eventualmente richiesta, l'attività può essere iniziata dalla data della presentazione della dichiarazione all'amministrazione competente». |
4. Identico. |
4. Al comma 3 dell'articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, al primo periodo, dopo le parole: «dal ricevimento della comunicazione di cui al comma 2,» sono inserite le seguenti: «o, nei casi di cui all'ultimo periodo del medesimo comma 2, nel termine di trenta giorni dalla data della presentazione della dichiarazione,». |
5. Identico. |
5. Al comma 5 dell'articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Il relativo ricorso giurisdizionale, esperibile da qualunque interessato nei termini di legge, può riguardare anche gli atti di assenso formati in virtù delle norme sul silenzio assenso previste dall'articolo 20». |
6. Identico. |
6. Dall'attuazione delle disposizioni del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Gli adempimenti previsti dal presente articolo sono svolti nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente. |
7. Identico. |
L’articolo 9 apporta modifiche agli artt. 14-ter e 19 della L. 241/1990, rispettivamente in materia di conferenza di servizi e di dichiarazione di inizio attività. Il Senato ha modificato l’articolo in due punti:
§ consentendo la partecipazione alla conferenza di servizi, senza diritto di voto, di alcune categorie di soggetti interessati;
§ sottraendo alla disciplina della dichiarazione di inizio attività gli atti e i procedimenti riguardanti l’asilo.
Si segnala che la rubrica dell’articolo – facendo riferimento all’istituto del silenzio assenso anziché alla dichiarazione di inizio attività – non rispecchia con precisione il contenuto dell’articolo stesso.
I primi due commi dell’articolo modificano l’art. 14-ter della L. 241/1990, che disciplina le modalità di svolgimento della conferenza di servizi.
La conferenza di servizi, disciplinata in via generale negli artt. da 14 a 15 della L. 241/1990, è uno strumento organizzativo volto ad accelerare l’espressione dei consensi delle amministrazioni coinvolte quando risulti opportuno esaminare contestualmente più interessi pubblici ovvero sia necessario acquisire una pluralità di atti di intesa (concerti, nulla osta, pareri, etc.). In tali casi le decisioni assunte nella conferenza di servizi indetta dall’amministrazione procedente sostituiscono, a tutti gli effetti, ogni atto di tutte le amministrazioni partecipanti.
La legge prevede tre tipi di conferenza dei servizi:
§ conferenza c.d. istruttoria;
§ conferenza su istanze o progetti preliminari;
§ conferenza c.d. decisoria.
La conferenza istruttoria può essere indetta ogni qual volta sia opportuno un confronto tra più amministrazioni portatrici di interessi pubblici coinvolti in un procedimento amministrativo. La conferenza su istanze o progetti preliminari è convocata – su richiesta dell’interessato – per progetti di particolare complessità e di insediamenti produttivi di beni e servizi, al fine di verificare le condizioni alle quali potrebbe essere dato l’assenso sull’istanza o sul progetto definitivo. La conferenza decisoria interviene nei procedimenti che prevedono, per il loro perfezionamento, l’assenso di più autorità. In questi casi l’amministrazione responsabile del procedimento è tenuta prima ad esperire la procedura normale richiedendo formalmente, al momento dell’avvio del procedimento, l’assenso alle altre amministrazioni interessate. Se questo non è ottenuto entro 30 giorni dalla richiesta (o si è verificato il dissenso di una amministrazione coinvolta) si procede con la convocazione della conferenza.
Il comma 1 modifica il co. 1 dell’art. 14-ter della L. 241/1990, disponendo che la conferenza di servizi può svolgersi per via telematica.
Si ricorda che il co. 5-bis dell’art. 14 della L. 241/1990 già dispone che, “previo accordo tra le amministrazioni coinvolte, la conferenza di servizi è convocata e svolta avvalendosi degli strumenti informatici disponibili, secondo i tempi e le modalità stabiliti dalle medesime amministrazioni”.
Il comma 2, introdotto nel corso dell’esame al Senato, aggiunge due nuovi commi al medesimo art. 14-ter della L. 241/1990, inserendoli dopo il co. 2 dell’articolo.
Il primo dei due commi aggiuntivi (comma 2-bis) dispone che sia alla conferenza di servizi di cui all’art. 14 sia alla conferenza di servizi preliminare di cui all’art. 14-bissiano obbligatoriamente convocati i soggetti proponenti il progetto dedotto in conferenza; tali soggetti partecipano a quest’ultima senza diritto di voto.
Il successivo, nuovo comma 2-terdispone inoltre che alla conferenza di servizi possono partecipare, senza diritto di voto:
§ i concessionari, i gestori e gli incaricati di pubblici servizi quando il procedimento amministrativo di che trattasi, ovvero il progetto dedotto in conferenza implichi loro adempimenti ovvero abbia effetto diretto o indiretto sulla loro attività; è fatto obbligo di comunicare a tali soggetti con adeguato anticipo, anche per via telematica, la convocazione della conferenza di servizi.
Una definizione di servizio pubblico è indicata nella direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 27 gennaio 1994[28], secondo la quale sono considerati “servizi pubblici, anche se svolti in regime di concessione o mediante convenzione, quelli volti a garantire il godimento dei diritti della persona, costituzionalmente tutelati, alla salute, all’assistenza e previdenza sociale, alla istruzione e alla libertà di comunicazione, alla libertà e alla sicurezza della persona, alla libertà di circolazione, ai sensi dell’art. 1 della legge 12 giugno 1990, n. 146, e quelli di erogazione di energia elettrica, acqua e gas”.
§ le amministrazioni preposte alla gestione delle eventuali misure pubbliche di agevolazione.
La disposizione di cui al nuovo comma 2-ter era presente, con formulazione in parte diversa, nel testo originario del d.d.l. presentato dal Governo (A.C. 1441), ma era stata soppressa, insieme ad altre, nel corso dell’esame alla Camera.
Il comma 3 dell’articolo in esame modifica l’art. 19, co. 1, della L. 241/1990 allo scopo di sottrarre alla disciplina della dichiarazione di inizio attività (DIA) gli atti e i procedimenti amministrativi riguardanti la cittadinanza e l’asilo. Il riferimento all’asilo è stato introdotto nel corso dell’esame al Senato.
Il vigente art. 19, co. 1, esclude dalle disposizioni sulla DIA gli atti rilasciati dalle amministrazioni preposte alla difesa nazionale, alla pubblica sicurezza, all’immigrazione, all’amministrazione della giustizia e a quella delle finanze (inclusi gli atti concernenti le reti di acquisizione del gettito anche derivante dal gioco), alla tutela della salute e della pubblica incolumità, del patrimonio culturale e paesaggistico e dell’ambiente, nonché gli atti imposti dalla normativa comunitaria.
Il comma 4 aggiunge un periodo al co. 2 del medesimo art. 19, ove si prevede che, nei casi in cui la disciplina sulla DIA trova applicazione, l’interessato può iniziare l’attività oggetto della dichiarazione (dandone contestuale comunicazione all’amministrazione competente) decorsi 30 giorni dalla data di presentazione della dichiarazione all’amministrazione medesima. Il periodo aggiunto consente di dare inizio all’attività già a decorrere dalla data della presentazione della dichiarazione, se questa ha ad oggetto l’esercizio di attività di impianti produttivi di beni e di servizi e di prestazione di servizi di cui alla direttiva 2006/123/CE.
In tema di semplificazioni burocratiche per l’avvio dell’attività d’impresa si ricorda l’art. 9 del D.L. 7/2007, il quale ha stabilito che gli adempimenti amministrativi a carico delle imprese per l’iscrizione nel registro delle imprese, a fini previdenziali (iscrizione all’Inps), assistenziali (iscrizione all’Inail) e per l’ottenimento del codice fiscale e della partita IVA, siano sostituiti da una comunicazione unica all’Ufficio del registro delle imprese delle camere di commercio.
Il suddetto Ufficio rilascia contestualmente una ricevuta che costituisce titolo per l’immediato avvio dell’attività imprenditoriale e informa le amministrazioni competenti dell’avvenuta presentazione della comunicazione unica. Queste, da parte loro, comunicano immediatamente all'interessato e all'ufficio del registro delle imprese, per via telematica, il codice fiscale e la partita IVA ed entro i successivi sette giorni gli ulteriori dati definitivi relativi alle posizioni registrate.
La disposizione prevede, inoltre, che la procedura si applichi anche in caso di modifiche o di cessazioni dell’attività d’impresa e che la comunicazione, la ricevuta e gli atti amministrativi, siano di norma adottati in formato elettronico e trasmessi per via telematica. A tal fine le camere di commercio, previa intesa con le associazioni imprenditoriali, assicurano gratuitamente ai privati l’assistenza e il supporto tecnico di cui necessitano.
L’individuazione del modello di comunicazione unica è stata demandata ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico .
La formulazione del comma sembra includere nella fattispecie – e dunque assoggettare sia alla DIA sia all’abbreviazione del termine – anche gli atti che dispongono l’iscrizione in albi o ruoli o registri, anche ad efficacia abilitante.
Il comma 5 integra con un inciso il successivo co. 3 dell’art. 19, a meri fini di coordinamento con la novella introdotta dal comma precedente.
Il comma 6 aggiunge un periodo al co. 5 del medesimo art. 19, che devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie relative all’applicazione della DIA. Nel nuovo periodo si precisa che il ricorso può riguardare anche gli atti di assenso formati (tacitamente) in virtù delle norme sul silenzio assenso previste dal successivo art. 20.
Il comma 7 reca la clausola di invarianza degli oneri a carico della finanza pubblica in conseguenza dell’attuazione delle disposizioni introdotte dall’articolo.
Articolo 10
(Tutela degli interessi nei procedimenti
amministrativi di competenza delle regioni e degli enti locali)
TESTO approvato dalla Camera dei deputati |
TESTO modificato dal Senato della Repubblica |
Art. 8. (Tutela degli interessati nei procedimenti amministrativi di competenza delle regioni e degli enti locali). |
Art. 10. (Tutela degli interessati nei procedimenti amministrativi di competenza delle regioni e degli enti locali). |
1. Alla legge 7 agosto 1990, n. 241, come da ultimo modificata dalla presente legge, sono apportate le seguenti modificazioni: |
Identico. |
a) all'articolo 22, il comma 2 è sostituito dal seguente: |
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«2. L'accesso ai documenti amministrativi, attese le sue rilevanti finalità di pubblico interesse, costituisce principio generale dell'attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l'imparzialità e la trasparenza»; |
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b) all'articolo 29: |
|
1) il comma 1 è sostituito dal seguente: |
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«1. Le disposizioni della presente legge si applicano alle amministrazioni statali e agli enti pubblici nazionali. Le disposizioni della presente legge si applicano, altresì, alle società con totale o prevalente capitale pubblico, limitatamente all'esercizio delle funzioni amministrative. Le disposizioni di cui agli articoli 2-bis, 11, 15 e 25, commi 5, 5-bis e 6, nonché quelle del capo IV-bis si applicano a tutte le amministrazioni pubbliche»; |
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2) dopo il comma 2 sono aggiunti i seguenti: |
|
«2-bis. Attengono ai livelli essenziali delle prestazioni di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione le disposizioni della presente legge |
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concernenti gli obblighi per la pubblica amministrazione di garantire la partecipazione dell'interessato al procedimento, di individuarne un responsabile, di concluderlo entro il termine prefissato e di assicurare l'accesso alla documentazione amministrativa, nonché quelle relative alla durata massima dei procedimenti. |
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2-ter. Attengono altresì ai livelli essenziali delle prestazioni di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione le disposizioni della presente legge concernenti la dichiarazione di inizio attività e il silenzio assenso, salva la possibilità di individuare, con intese in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, casi ulteriori in cui tali disposizioni non si applicano. |
|
2-quater. Le regioni e gli enti locali, nel disciplinare i procedimenti amministrativi di loro competenza, non possono stabilire garanzie inferiori a quelle assicurate ai privati dalle disposizioni attinenti ai livelli essenziali delle prestazioni di cui ai commi 2-bis e 2-ter, ma possono prevedere livelli ulteriori di tutela. |
|
2-quinquies. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano adeguano la propria legislazione alle disposizioni del presente articolo, secondo i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione». |
|
L’articolo 10, non modificato dal Senato, reca modifiche alla legge n. 241/1990[29] sull’azione amministrativa, intervenendo in ordine all’ambito di applicazione della legge medesima, con riguardo alle società con totale o prevalente capitale pubblico ed alle amministrazioni regionali e locali.
Il comma 1, alla lettera a), riformula il comma 2 dell’art. 22 della L. 241/1990, che eleva il diritto di accesso ai documenti amministrativi, in ragione delle sue finalità di interesse pubblico generale, a principio generale dell’attività amministrativa e lo riconduce tra i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che, in base all'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, spetta alla potestà legislativa esclusiva dello Stato garantire uniformemente su tutto il territorio nazionale.
La nuova formulazione, mantenendo intatta la prima parte del comma, espunge – per esigenze di coordinamento normativo – la seconda parte, comprendente il richiamo all’art. 117, co. 2°, lett. m), Cost., che viene trasferita all’art. 29 dalla successiva lettera b) del comma 1 in commento (vedi infra).
La lettera b) novella per l’appunto l’art. 29 della L. 241/1990, che definisce l’àmbito di applicazione della legge medesima.
Il primo elemento innovativo è operato attraverso una riformulazione dell’art. 29, co. 1, mediante la quale l’applicazione della legge nel suo complesso, oggi riferita alle amministrazioni statali e agli enti pubblici nazionali, è estesa alle società con totale o prevalente capitale pubblico, limitatamente all'esercizio delle funzioni amministrative.
Si ricorda che, ai sensi dell’art. 1, co. 1-ter, della L. 241/1990, introdotto dalla L. 15/2005, i “soggetti privati preposti all'esercizio di attività amministrative” sono tenuti ad assicurare il rispetto dei princìpi generali fissati dall’art. 1, co. 1 (principalmente: economicità, efficacia, pubblicità e trasparenza), ma non sono soggetti a tutte le disposizioni recate dalla legge medesima.
La seconda innovazione consiste nella ridefinizione del novero delle disposizioni della legge la cui applicazione è estesa a tutte le amministrazioni pubbliche, comprese le Regioni e gli enti locali.
Questo secondo profilo di intervento sembra finalizzato ad adeguare l’ambito di applicazione della legge alle modifiche costituzionali intervenute con la revisione del Titolo V della Parte II della Costituzione, come aveva in parte già fatto la L. 15/2005, operando una prima modifica dell’art. 29 e introducendo la disposizione in materia di accesso citata sopra.
Il problema che si intende affrontare nasce dalla considerazione che, seppure la nuova ripartizione di potestà legislativa tra Stato e Regioni operata dalla riforma non prevede tra le materie riservate allo Stato la disciplina del procedimento amministrativo, appare insopprimibile l’esigenza di garantire una disciplina unitaria dell’azione amministrativa su tutto il territorio nazionale.
La riformulazione dell’art. 29, co. 1, della L. 241/1990, include pertanto tra le disposizioni della legge applicabili a tutte le amministrazioni pubbliche quelle di cui:
§ all’art. 2-bis, concernente le Conseguenze per il ritardo dell’amministrazione nella conclusione del procedimento, introdotto dall’art. 7 del disegno di legge in esame (per il quale si rinvia alla relativa scheda di lettura);
§ all’art. 11 (Accordi integrativi o sostitutivi del provvedimento), che disciplina la facoltà delle amministrazioni procedenti di concludere, senza pregiudizio dei diritti dei terzi e in ogni caso nel perseguimento del pubblico interesse, accordi con gli interessati al fine di determinare il contenuto discrezionale del provvedimento finale ovvero in sostituzione di questo;
§ all’art. 15 (Accordi fra pubbliche amministrazioni), ai sensi del quale le amministrazioni pubbliche possono sempre concludere accordi tra loro per disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune;
§ all’art. 25, commi 5, 5-bis e 6, che disciplinano le modalità di ricorso al giudice amministrativo contro le determinazioni concernenti il diritto di accesso;
§ al capo IV-bis (artt. da 21-bis a 21-novies), che disciplina l’efficacia e le ipotesi di invalidità del provvedimento amministrativo, nonché gli istituti della revoca e del recesso.
Ai sensi del vigente art. 29, co. 1, alle amministrazioni pubbliche diverse da quelle statali e dagli enti pubblici nazionali si applicano le sole disposizioni in tema di giustizia amministrativa. Si ricorda in proposito che l’art. 117, 2° co., lett. l), Cost., affida la “giustizia amministrativa” alla competenza legislativa esclusiva allo Stato.
Il co. 2 dell’art. 29 – non modificato dal testo in esame – individua un ulteriore ambito di influenza della legge nei confronti delle autonomie. Le Regioni e gli enti locali hanno la facoltà di regolare in modo autonomo la propria azione amministrativa, con due condizioni: il rispetto del sistema costituzionale e delle garanzie del cittadino nei riguardi dell’azione amministrativa, così come definite dai principi stabiliti nella L. 241/1990.
Il testo in esame non modifica il co. 2 dell’art. 29, ma aggiunge all’articolo quattro ulteriori commi, nei quali individua con più precisione quali disposizioni della L. 241/1990, in quanto riguardanti la tutela del cittadino nei confronti dell’azione amministrativa, attengono ai livelli essenziali delle prestazioni, la cui disciplina è affidata dalla Costituzione alla competenza legislativa esclusiva dello Stato (art. 117, co. 2°, lett. m), Cost.), e pertanto sono vincolanti anche per le Regioni e gli enti locali.
Le disposizioni in questione riguardano (nuovo co. 2-bis dell’art. 29 della L. 241/1990):
§ la partecipazione dell'interessato al procedimento;
§ l’individuazione del responsabile del procedimento;
§ l’obbligo di conclusione del provvedimento entro il termine prefissato;
§ il diritto di accesso alla documentazione amministrativa;
§ la durata massima dei procedimenti.
In pratica, il meccanismo previsto dal testo vigente della L. 241/1990 (art. 22, co. 2) per il solo diritto di accesso, viene ora esteso a gran parte degli altri istituti della L. 241/1990.
Si ricorda in proposito che la Corte costituzionale, nella sentenza n. 399 del 2006, proprio richiamando la disposizione dell’articolo 22, comma 2, della L. 241/1990 (come modificato dalla L. 15/2005) ha riconosciuto che l’accesso ai documenti amministrativi attiene, di per sé, ai livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali. Secondo la Corte, «dalla norma costituzionale e dalla legge statale citate emerge un sistema composito di tutela del diritto all’accesso, che si articola nella necessaria disciplina statale dei livelli essenziali e nella eventuale disciplina regionale o locale di livelli ulteriori.»
Viene, poi, individuato un altro gruppo di disposizioni della legge anch’esse ritenute indispensabili per garantire i livelli essenziali delle prestazioni, la cui applicazione può essere però oggetto di intesa tra Stato e Regioni.
Si tratta dell’istituto del silenzio assenso e di quello di dichiarazione di inizio attività, per i quali possono essere individuati, in sede di Conferenza unificata, ulteriori casi, rispetto alla disciplina recata dalla L. 241/1990, di non applicazione a livello locale (così il nuovo co. 2-ter introdotto nell’art. 29 della L. 241/1990).
Il nuovo co. 2-quater vieta alle Regioni e agli enti locali di stabilire, negli ambiti sopra indicati, garanzie inferiori a quelle stabilite nella L. 241/1990, consentendo loro di prevedere livelli più alti di tutela.
Infine, è prevista la consueta clausola di applicazione delle norme alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome, le quali adeguano la propria legislazione secondo i rispettivi statuti (nuovo co. 2-quinques).
L. 241/1990 (testo vigente) |
L. 241/1990 (A.C. 1441, art. 29) |
[…] |
[…] |
Art. 22 |
Art. 22 |
[…] |
[…] |
2. L'accesso ai documenti amministrativi, attese le sue rilevanti finalità di pubblico interesse, costituisce principio generale dell'attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l'imparzialità e la trasparenza, ed attiene ai livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione. Resta ferma la potestà delle regioni e degli enti locali, nell'àmbito delle rispettive competenze, di garantire livelli ulteriori di tutela. |
2. L'accesso ai documenti amministrativi, attese le sue rilevanti finalità di pubblico interesse, costituisce principio generale dell'attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l'imparzialità e la trasparenza. |
[…] |
[…] |
Art. 29 |
Art. 29 |
1. Le disposizioni della presente legge si applicano ai procedimenti amministrativi che si svolgono nell'àmbito delle amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali e, per quanto stabilito in tema di giustizia amministrativa, a tutte le amministrazioni pubbliche. |
1. Le disposizioni della presente legge si applicano alle amministrazioni statali e agli enti pubblici nazionali. Le disposizioni della presente legge si applicano, altresì, alle società con totale o prevalente capitale pubblico, limitatamente all'esercizio delle funzioni amministrative. Le disposizioni di cui agli articoli 2-bis, 11, 15 e 25, commi 5, 5-bis e 6, nonché quelle del capo IV-bis si applicano a tutte le amministrazioni pubbliche. |
2. Le regioni e gli enti locali, nell'àmbito delle rispettive competenze, regolano le materie disciplinate dalla presente legge nel rispetto del sistema costituzionale e delle garanzie del cittadino nei riguardi dell'azione amministrativa, così come definite dai princìpi stabiliti dalla presente legge. |
2. [Identico]. |
|
2-bis. Attengono ai livelli essenziali delle prestazioni di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, le disposizioni della presente legge concernenti gli obblighi per la pubblica amministrazione di garantire la partecipazione dell'interessato al procedimento, di individuarne un responsabile, di concluderlo entro il termine prefissato e di assicurare l'accesso alla documentazione amministrativa, nonché quelle relative alla durata massima dei procedimenti. |
|
2-ter. Attengono altresì ai livelli essenziali delle prestazioni di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, le disposizioni della presente legge concernenti la dichiarazione di inizio attività e il silenzio assenso, salva la possibilità di individuare, con intese in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, casi ulteriori in cui tali disposizioni non si applicano. |
|
2-quater. Le regioni e gli enti locali, nel disciplinare i procedimenti amministrativi di loro competenza, non possono stabilire garanzie inferiori a quelle assicurate ai privati dalle disposizioni attinenti ai livelli essenziali delle prestazioni di cui ai commi 2-bis e 2-ter, ma possono prevedere livelli ulteriori di tutela. |
|
2-quinquies. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano adeguano la propria legislazione alle disposizioni del presente articolo, secondo i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione. |
[…] |
[…] |
|
|
Articolo 11, commi 1 e 2
(Delega
al Governo in materia di nuovi servizi erogati dalle farmacie nell'ambito del
Servizio sanitario nazionale)
TESTO approvato dalla Camera dei deputati |
TESTO modificato dal Senato della Repubblica |
Art. 9. (Disposizioni concernenti i comuni con popolazione sino a 5.000 abitanti). |
Art. 11. (Delega al Governo in materia di nuovi servizi erogati dalle farmacie nell'ambito del Servizio sanitario nazionale nonché disposizioni concernenti i comuni con popolazione sino a 5.000 abitanti). |
1. Il Governo è delegato ad adottare, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi finalizzati all'individuazione di nuovi servizi a forte valenza socio-sanitaria erogati dalle farmacie pubbliche e private nell'ambito del Servizio sanitario nazionale, sulla base dei seguenti princìpi e criteri direttivi: |
1. Ferme restando le competenze regionali, il Governo è delegato ad adottare, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi finalizzati all'individuazione di nuovi servizi a forte valenza socio-sanitaria erogati dalle farmacie pubbliche e private nell'ambito del Servizio sanitario nazionale, sulla base dei seguenti princìpi e criteri direttivi: |
a) assicurare, nel rispetto di quanto previsto dai singoli piani regionali socio-sanitari, la partecipazione delle farmacie al servizio di assistenza domiciliare integrata a favore dei pazienti residenti nel territorio della sede di pertinenza di ciascuna farmacia, a supporto delle attività del medico di medicina generale, anche con l'obiettivo di garantire il corretto utilizzo dei medicinali prescritti e il relativo monitoraggio, al fine di favorire l'aderenza dei malati alle terapie mediche; |
a) identica; |
b) collaborare ai programmi di educazione sanitaria della popolazione realizzati a livello nazionale e regionale, nel rispetto di quanto previsto dai singoli piani regionali socio-sanitari; |
b) identica; |
c) realizzare, nel rispetto di quanto previsto dai singoli piani regionali socio-sanitari, campagne di prevenzione delle principali patologie a forte impatto sociale, anche effettuando analisi di laboratorio di prima istanza nei limiti e alle condizioni stabiliti con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, restando in ogni caso esclusa l'attività di prelievo di sangue o di plasma mediante siringhe; |
c) identica; |
d) consentire, nel rispetto di quanto previsto dai singoli piani regionali socio-sanitari, la prenotazione in farmacia di visite ed esami specialistici presso le strutture pubbliche e private convenzionate, anche prevedendo la possibilità di pagamento delle relative quote di partecipazione alla spesa a carico del cittadino e di ritiro del referto in farmacia; |
d) identica; |
e) prevedere forme di remunerazione delle attività di cui al presente comma da parte del Servizio sanitario nazionale entro il limite dell'accertata diminuzione degli oneri derivante, per il medesimo Servizio sanitario nazionale, per le regioni e per gli enti locali, dallo svolgimento delle suddette attività da parte delle farmacie, e comunque senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica; |
e) identica; |
f) rivedere i requisiti di ruralità di cui agli articoli 2 e seguenti della legge 8 marzo 1968, n. 221, al fine di riservare la corresponsione dell'indennità annua di residenza prevista dall'articolo 115 del testo unico delle leggi sanitarie, di cui al regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, e successive modificazioni, in presenza di situazioni di effettivo disagio in relazione alla localizzazione delle farmacie e all'ampiezza del territorio servito. |
f) identica. |
2. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Gli schemi dei decreti legislativi adottati ai sensi del presente comma, ciascuno dei quali corredato di relazione tecnica sugli effetti finanziari delle disposizioni in esso contenute, sono trasmessi alle Camere ai fini dell'espressione dei pareri da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili di carattere finanziario, che sono resi entro trenta giorni dalla data di trasmissione dei medesimi schemi di decreto. Decorso il termine di cui al periodo precedente, i decreti legislativi possono essere comunque adottati. |
2. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, previo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Gli schemi dei decreti legislativi adottati ai sensi del presente comma, ciascuno dei quali corredato di relazione tecnica sugli effetti finanziari delle disposizioni in esso contenute, sono trasmessi alle Camere ai fini dell'espressione dei pareri da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili di carattere finanziario, che sono resi entro trenta giorni dalla data di trasmissione dei medesimi schemi di decreto. Decorso il termine di cui al periodo precedente, i decreti legislativi possono essere comunque adottati. |
(…) |
(…) |
L’articolo 11, ai commi 1 e 2, prevede e disciplina una delega al Governo, da esercitare entro tre mesi dall’entrata in vigore della legge, concernente: l'individuazione, per la farmacie pubbliche e private, di nuovi servizi e funzioni; e la revisione dei requisiti di ruralità. Conseguentemente, nel corso dell’esame presso il Senato, è stata modificata la rubrica dell’articolo 11 in modo da comprendere anche le fattispecie disciplinate dai commi sopraccitati.
Le lettere da a) a e) del comma 1 definiscono i principii e i criteri direttivi per l'attuazione della parte della delega riguardante i nuovi servizi e funzioni, che le farmacie pubbliche e private devono svolgere nell'àmbito del Servizio sanitario nazionale: in tale ambito è stata approvata dal Senato una modifica diretta a salvaguardare espressamente le competenze regionali in materia.
Più specificamente, i principi sopraccitati attengono alla partecipazione delle farmacie al servizio di assistenza domiciliare integrata in favore dei pazienti (lettera a), alla collaborazione delle stesse ai programmi di educazione sanitaria della popolazione nonché allo svolgimento di campagne di prevenzione delle principali patologie a forte impatto sociale[30] (lettere b e c), e all’espletamento delle attività connesse alla prenotazione, alla riscossione delle quote di partecipazione e al ritiro dei referti di visite specialistiche presso le strutture sanitarie pubbliche e private convenzionate.
La lettera e) prescrive che gli oneri derivanti dalla remunerazione delle nuove attività svolte dalle farmacie debbano essere contenuti entro il conseguente risparmio di spesa per il Servizio sanitario Nazionale.
Come già ricordato la delega comprende anche (lettera f)) la revisione dei requisiti di ruralità delle farmacie, ai fini della corresponsione dell'indennità annua di residenza; l’erogazione di quest’ultima è consentita soltanto in presenza di situazioni di effettivo disagio, in relazione all'ubicazione delle farmacie e all'ampiezza del territorio servito.
Si ricorda che, in base alla normativa statale vigente , l'indennità annua di residenza compete alle farmacie ubicate in comuni o centri abitati con popolazione inferiore ai 3.000 abitanti o anche - a determinate condizioni reddituali - a quelle site in località con popolazione compresa tra i 3.000 e i 4.999 abitanti. La misura dell'indennità varia in relazione a determinate fasce demografiche. Occorre, tuttavia, ricordare che con leggi regionali si è provveduto non solo ad aggiornare gli importi in esame, ma anche a modificare i requisiti - sempre, in ogni caso, nell'àmbito del limite di 4.999 abitanti (o di quello suddetto di 2.999 abitanti) -.
Articolo 11, comma 3
(Disposizioni concernenti i comuni con
popolazione inferiore a 5.000 abitanti)
TESTO approvato dalla Camera dei deputati |
TESTO modificato dal Senato della Repubblica |
Art. 9. (Disposizioni concernenti i comuni con popolazione sino a 5.000 abitanti). |
Art. 11. (Delega al Governo in materia di nuovi servizi erogati dalle farmacie nell'ambito del Servizio sanitario nazionale nonché disposizioni concernenti i comuni con popolazione sino a 5.000 abitanti). |
(…) |
(…) |
|
3. Nel caso in cui ai comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti siano richiesti da qualsiasi pubblica amministrazione atti, documenti, provvedimenti, copia degli stessi, dati, rilevazioni statistiche e informazioni che siano o debbano essere già nella disponibilità di altri enti pubblici, gli uffici comunali di riferimento sono tenuti unicamente ad indicare presso quali enti, amministrazioni o uffici siano disponibili gli atti, i dati o le informazioni loro richieste, senza che tale procedura comporti alcuna penalizzazione. |
L’articolo 9 del testo approvato dalla Camera (divenuto articolo 11 dell’A.C. 1441-bis-B in esame) recava disposizioni concernenti i comuni, che sono state soppresse o stralciate nel corso dell’esame al Senato.
In particolare, è stato disposto lo stralcio delle seguenti disposizioni:
§ commi 3, 4 e 5, recanti norme in materia di ordinamento finanziario e contabile degli enti locali con finalità di semplificazione dell’ordinamento finanziario dei comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti;
§ comma 6, recante delega al Governo per il riordino dei compiti e delle funzioni del segretario comunale nei comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti.
Sono stati invece soppressi i commi 7 e 8, che differivano al 1° marzo 2009 il termine recato dall’art. 2, co. 28, della legge finanziaria 2008 (L. 244/2007), che dispone l’adesione dei comuni ad un’unica forma associativa per quanto concerne consorzi, unioni di comuni ed esercizio associato di funzioni e servizi (artt. 31-33 del TUEL). Il termine in questione, in origine fissato al 30 settembre 2008 e già in precedenza prorogato, è stato nel frattempo differito al 1° gennaio 2010 dal dall'art. 3, co. 1-ter del D.L. 207/2008[31].
Per altro verso, il Senato ha introdotto nel medesimo articolo un nuovo comma 3, volto a semplificare taluni adempimenti amministrativi a carico dei comuni di minori dimensioni.
La disposizione ha per destinatari i comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti e prevede che, qualora altre pubbliche amministrazioni facciano richiesta di atti o documenti, ovvero di dati, rilevazioni statistiche e altre informazioni, che siano già o debbano essere nella disponibilità di altri enti pubblici, i competenti uffici comunali non siano tenuti alla trasmissione, ma possano limitarsi a segnalare gli enti, amministrazioni o uffici presso i quali gli atti o i dati richiesti si trovano, “senza che tale procedura comporti alcuna penalizzazione”.
È in corso di esame presso le Commissioni riunite V e VIII della Camera in sede referente la proposta di legge A.C. 54 (on. Realacci), recante Misure per il sostegno e la valorizzazione dei comuni con popolazione pari o inferiore a 5.000 abitanti nonché dei comuni compresi nelle aree naturali protette.
Articolo 12
(Delega al Governo per l’adozione di
decreti legislativi integrativi
e correttivi in materia ambientale)
TESTO approvato dalla Camera dei deputati |
TESTO modificato dal Senato della Repubblica |
|
Art. 12. (Delega al Governo per l'adozione di decreti legislativi integrativi e correttivi in materia ambientale). |
|
1. Il Governo è delegato ad adottare, entro il 30 giugno 2010, uno o più decreti legislativi recanti disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi emanati ai sensi dell'articolo 1 della legge 15 dicembre 2004, n. 308, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi stabiliti dalla stessa legge. |
|
2. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, con il Ministro per le politiche europee e con gli altri Ministri interessati, sentito il Consiglio di Stato e acquisito il parere della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. |
|
3. Il Governo trasmette alle Camere gli schemi dei decreti legislativi di cui al comma 1, accompagnati dall'analisi tecnico-normativa e dall'analisi dell'impatto della regolamentazione, per l'espressione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari. Ciascuna Commissione esprime il proprio parere entro trenta giorni dalla data di assegnazione degli schemi dei decreti legislativi. Decorso inutilmente tale termine, i decreti legislativi possono essere comunque emanati. |
L’articolo 12 – introdotto nel corso dell’esame al Senato - reca una delega al governo – da esercitare entro il 30 giugno 2010 - in materia ambientale.
Si ricorda che la materia ambientale è stata recentemente oggetto di una ampia delega (recata dall'art.1 della legge 15 dicembre 2004, n. 308) che ha portato all’emanazione del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (cd. Codice ambientale), il quale ha operato un generale riordino della normativa: esso ha infatti uniformato e razionalizzato la normativa per le valutazioni ambientali (VIA, VAS e IPPC), le norme sulla difesa del suolo e per la tutela delle acque dall’inquinamento e per la gestione delle risorse idriche, quelle in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati, la normativa sulla riduzione dell'inquinamento atmosferico e quella in materia di tutela risarcitoria contro i danni all’ambiente.
Il codice è entrato in vigore il 29 aprile 2006, ad eccezione della Parte II in materia di VIA, VAS e IPCC, la cui entrata in vigore al 31 luglio 2007 era stata da ultimo disposta dall’art. 5, comma 2, del decreto-legge 28 dicembre 2006, n. 300[32].
L’art. 1, comma 6, della legge delega n. 308/2004 aveva stabilito che, entro due anni dall’entrata in vigore di ciascuno dei citati decreti legislativi (ovvero entro il 29 aprile 2008), il governo potesse emanare disposizioni integrative o correttive, sulla base di una relazione motivata presentata alle Camere dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio contenente le disposizioni dei decreti legislativi su cui si intendeva intervenire e le ragioni dell'intervento normativo proposto. In attuazione di tale disposizione sono stati emanati due decreti correttivi (d.lgs. 8 novembre 2006, n. 284 e d.lgs. 16 gennaio 2008, n. 4).
Si osserva, in proposito, che l’intero decreto reca poi, una serie assai lunga di rinvii a successivi atti attuativi molti dei quali non ancora emanati. Si ricorda, infine, che modifiche al Codice ambientale sono state inserite anche in alcuni provvedimenti d’urgenza varati successivamente all’entrata in vigore del d.lgs. n. 152[33].
Quanto alla procedura di adozione dei decreti legislativi, il comma 2 prevede che essi siano adottati su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, con il Ministro per le politiche europee e con gli altri Ministri interessati, sentito il Consiglio di Stato e acquisito il parere della Conferenza unificata.
Ai sensi del comma 3, le Commissioni parlamentari esprimono il parere entro trenta giorni dalla data di assegnazione degli schemi dei decreti legislativi, che devono essere accompagnati dall'analisi tecnico-normativa e dall'analisi dell'impatto della regolamentazione. Decorso inutilmente tale termine, i decreti legislativi possono essere comunque emanati.
In proposito, si ricorda che la precedente legge delega prevedeva (art. 1, comma 5 un doppio parere da parte delle Commissioni parlamentari, riferito – rispettivamente – allo schema di decreto originariamente approvato dal governo e ad una successiva versione, ritrasmessa alle Camere, comprensiva delle modifiche e integrazioni apportate a seguito dei pareri parlamentari. Tale procedura ha consentito una effettiva partecipazione del Parlamento anche nella fase di attuazione della delega[34].
Quanto ai princìpi e criteri direttivi della delega, il comma 1 rinvia a quelli stabiliti dalla precedente legge delega n. 308 del 2004.
Si ricorda che l’articolo 1, comma 8, della legge n. 308 del 2004, individua i seguenti principi e criteri direttivi generali, comuni cioè a tutti i settori e a tutte le materie della delega:
a) salvaguardia, tutela e miglioramento della qualità dell'ambiente, della protezione della salute umana, dell'utilizzazione delle risorse naturali, della promozione sul piano internazionale delle norme destinate a risolvere i problemi dell'ambiente;
b) maggiore efficienza e tempestività dei controlli ambientali, nonché certezza delle sanzioni;
c) invarianza degli oneri a carico della finanza pubblica;
d) sviluppo e coordinamento degli incentivi e disincentivi volti a sostenere l'adozione delle migliori tecnologie disponibili nonché il risparmio e l'efficienza energetica, e a rendere più efficienti le azioni di tutela dell'ambiente e di sostenibilità dello sviluppo;
e) piena e coerente attuazione delle direttive comunitarie, al fine di garantire elevati livelli di tutela dell'ambiente e di contribuire in tale modo alla competitività dei sistemi territoriali e delle imprese, evitando fenomeni di distorsione della concorrenza;
f) affermazione dei princìpi comunitari di prevenzione, di precauzione, di correzione e riduzione degli inquinamenti e dei danni ambientali e del principio «chi inquina paga»;
g) previsione di misure che assicurino la tempestività e l'efficacia dei piani e dei programmi di tutela ambientale;
h) previsione di misure che assicurino l'efficacia dei controlli e dei monitoraggi ambientali;
i) coordinamento e l'integrazione della disciplina del sistema sanzionatorio, amministrativo e penale;
l) semplificazione amministrativa, anche mediante il ricorso a regolamenti di delegificazione;
m) riaffermazione del ruolo delle regioni, ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione;
n) adozione di strumenti economici volti ad incentivare le piccole e medie imprese ad aderire ai sistemi di certificazione ambientale.
Il successivo comma 9 stabilisce i principi e i criteri direttivi specifici per l’esercizio della delega nei diversi settori e materie da questa interessati, tra i quali si ricordano in particolare:
a) quanto ai rifiuti, assicurare un'efficace azione per l'ottimizzazione quantitativa e qualitativa della produzione, finalizzata, comunque, a ridurne la quantità e la pericolosità; semplificare e razionalizzare le procedure di gestione dei rifiuti speciali; promuovere il riciclo e il riuso dei rifiuti; razionalizzare il sistema di raccolta e di smaltimento dei rifiuti solidi urbani, mediante la definizione di ambiti territoriali di adeguate dimensioni all'interno dei quali siano garantiti la costituzione del soggetto amministrativo competente, il graduale passaggio allo smaltimento secondo forme diverse dalla discarica e la gestione affidata tramite procedure di evidenza pubblica;
b) quanto alle acque, dare piena attuazione alla gestione del ciclo idrico integrato; promuovere il risparmio idrico favorendo l'introduzione e la diffusione delle migliori tecnologie per l'uso e il riutilizzo della risorsa; pianificare, programmare e attuare interventi diretti a garantire la tutela e il risanamento dei corpi idrici superficiali e sotterranei, previa ricognizione degli stessi;
c) quanto al suolo, rimuovere gli ostacoli alla piena operatività degli organi amministrativi e tecnici preposti alla tutela e al risanamento del suolo e del sottosuolo, superando la sovrapposizione tra i diversi piani settoriali di rilievo ambientale e coordinandoli con i piani urbanistici; valorizzare gli organismi a composizione mista statale e regionale; adeguare la disciplina dell'attività di risanamento idrogeologico del territorio e della messa in sicurezza delle situazioni a rischio; prevedere meccanismi premiali a favore dei proprietari delle zone agricole e dei boschi che investono per prevenire fenomeni di dissesto idrogeologico, nel rispetto del piano di bacino;
d) quanto alle aree protette, confermare le finalità della legge quadro 6 dicembre 1991, n. 394; estendere la percentuale di territorio sottoposto a salvaguardia e valorizzazione ambientale; articolare le misure di salvaguardia in relazione alle specifiche situazioni territoriali; armonizzare e coordinare le funzioni previste dalle convenzioni internazionali e dalla normativa comunitaria per la conservazione della biodiversità;
Si segnala peraltro che la delega sulle aree protette non è stata esercitata.
e) quanto al danno ambientale, conseguire l'effettività delle sanzioni amministrative per danno ambientale; rivedere le procedure relative agli obblighi di ripristino, al fine di garantire l'efficacia delle prescrizioni delle autorità competenti e il risarcimento del danno; definire le modalità di quantificazione del danno; prevedere meccanismi premiali per coloro che assumono comportamenti ed effettuano investimenti per il miglioramento della qualità dell'ambiente sul territorio nazionale;
f) quanto alla valutazione di impatto ambientale, garantire il pieno recepimento della direttive comunitarie in materia di VIA e VAS e semplificarne le procedure; introdurre un sistema di controlli idoneo; garantire il completamento delle procedure in tempi certi; prevedere l'estensione della procedura di IPPC ai nuovi impianti; accorpare in un unico provvedimento di autorizzazione le diverse autorizzazioni ambientali;
g) quanto all’aria, riordinare la normativa in materia di tutela dell'aria e di riduzione delle emissioni in atmosfera, mediante una revisione della disciplina per le emissioni di gas inquinanti in atmosfera, nel rispetto delle norme comunitarie.
La relazione tecnica non considera le norme, essendo le stesse state introdotte nel corso dell’esame al Senato.
Nulla da osservare al riguardo, nel presupposto che l’adozione di uno o più decreti legislativi in materia ambientale, ai sensi dell’articolo 1 della L. 308/2004 (Delega al Governo per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale e misure di diretta applicazione), avvenga senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
In proposito, si ricorda che la stessa L. 308/2004, all’articolo 1, comma 1, specifica che l’adozione dei relativi decreti legislativi deve avvenire senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, condizione ribadita peraltro al successivo comma 8, lettera c), dove tra i princìpi e i criteri direttivi viene esplicitata l’invarianza degli oneri a carico della finanza pubblica.
Il 2 luglio 2008 la Commissione ha adottato il quinto riesame della politica ambientale (COM(2008)409), che illustra i maggiori sviluppi della politica ambientale dell’Unione intervenuti nel 2007, sottolineando la necessità di integrare sempre di più la politica ambientale con la dimensione socioeconomica, con le politiche settoriali e con settori strategici.
Il 3 dicembre 2008 la Commissione ha presentato un libro verde sulla gestione dei rifiuti organici biodegradabili nella UE (COM(2008)811) con cui prospetta la necessità di definire nuove norme legislative per contribuire a incrementare il riciclaggio e il recupero energetico dei rifiuti organici, e con cui stimolare il dibattito tra tutte le parti interessate per aiutare la Commissione a valutare la necessità di ulteriori interventi a livello UE.
Il documento della Commissione prende le mosse dalla constatazione per cui l’energia che può essere generata dai rifiuti organici nella forma di biogas o di energia termica può contribuire in misura significativa alla lotta ai cambiamenti climatici. Inoltre, il compost di qualità potrebbe favorire la biodiversità e la difesa del suolo. In base all’esito della consultazione conclusa il 15 marzo 2009, la Commissione si riserva di prendere ulteriori iniziative in materia.
Il 3 dicembre 2008 la Commissione ha, inoltre, presentato una proposta di rifusione della direttiva sulla restrizione dell'uso di determinate sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche (COM(2008)809), intesa a migliorare la normativa esistente (direttiva 2002/95/CE nota anche come direttiva RoHS – Restriction of Hazardous Substances), ed unaproposta di rifusione della direttiva direttiva 2002/96/CE sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) (COM(2008) 810), che mira a ridurre l’impatto ambientale di tale tipologia di rifiuti.
Le proposte, che seguono la procedura di codecisione, potrebbero essere esaminate in prima lettura dal Parlamento europeo il 24 novembre 2009.
Il 3 dicembre 2008 la Commissione ha presentato la comunicazione “Verso una strategia comunitaria per le specie invasive” (COM(2008)789), intesa a descrivere la natura della minaccia posta dalle specie invasive (SI) e i possibili approcci alla soluzione del problema.
Il 16 dicembre 2008 la Commissione ha presentato una comunicazione sulla valutazione intermedia dell’attuazione del piano d’azione comunitario sulla biodiversità (COM(2008)864).
Il 1º agosto 2008 la Commissione ha presentato la comunicazione “Completare l’eliminazione delle sostanze che riducono lo strato di ozono — Legiferare meglio: costruire su 20 anni di successi”, alla quale ha affiancato una proposta di rifusione del regolamento sulle sostanze che riducono lo strato di ozono (COM(2008)505), intesa ad unire in un unico testo sia le disposizioni originarie che rimangono invariate, sia una serie di modifiche sostanziali intese a semplificare, razionalizzare e rafforzare il regolamento n. 2037/2000.
La proposta, che segue la procedura di codecisione, potrebbe essere esaminata dal Parlamento europeo in prima lettura nella seduta plenaria del 26 marzo 2009.
Attraverso un ampio processo di consultazione, avviato nel 2003 e tuttora in corso, la Commissione sta valutando, insieme con gli Stati membri e gli altri soggetti interessati, diverse opzioni per la revisione della direttiva 98/83/CE del 3 novembre 1998, concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano, al fine di adattare la legislazione esistente ai progressi scientifici e tecnologici e ad alle implicazioni scaturite dall’allargamento dell’UE.
In particolare, tale processo è rivolto ad integrare nella nuova proposta i concetti di valutazione e gestione dei rischi connessi alla produzione e distribuzione dell’acqua potabile all’interno di un approccio legato alla pianificazione della sicurezza dell’acqua (Water Safety Approach – WSP).
Il 12 marzo 2009 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzionesulle risorse idriche in vista del quinto Forum mondiale dell'acqua a Istanbul dal 16 al 22 marzo 2009.
Il Parlamento europeo considera l'acqua un bene comune dell'umanità e ritiene che l'accesso all'acqua potabile dovrebbe costituire un diritto fondamentale e universale; inoltre, sottolinea che l'acqua, nella sua qualità di bene pubblico, dovrebbe essere messa sotto controllo pubblico indipendemente dal fatto che se ne deleghi la gestione a soggetti privati.
Il 22 settembre 2006 la Commissione ha presentato una comunicazione relativa ad una strategia tematica per la protezione del suolo (COM(2006)231)unitamente ad una proposta di direttiva che istituisce un quadro per la protezione del suolo e modifica la direttiva 2004/35/CE(COM(2006)232). La Commissione propone diverse misure quali l’individuazione di zone a rischio, la predisposizione di piani nazionali per conseguire riduzione di tali rischi o di strategie nazionali per la bonifica delle aree contaminate, attraverso le quali gli Stati membri potranno evitare il degrado del suolo.
La proposta, che segue la procedura di codecisione, è stata approvata in prima lettura dal Parlamento europeo il 14 novembre 2007, ma resta tuttora in attesa dell’esame da parte del Consiglio a causa di contrasti sorti nel suo seno, in particolare per l'opposizione di Regno Unito, Germania, Francia, Austria e Paesi Bassi contrari al ricorso alla direttiva come strumento legislativo.
In materia ambientale, al 19 marzo 2009 risultano aperte nei confronti dell’Italia 43 procedure d’infrazione tra le quali si segnala quella relativa all’emergenza rifiuti in Campania, per la quale il 3 luglio 2008 la Commissione europea ha presentato un ricorso con cui deferisce formalmente l’Italia davanti alla Corte di giustizia[35].
Più recentemente, si segnala che il 19 febbraio 2009 la Commissione ha deciso di inviare un parere motivato[36] contestando all’Italia di non avere ottemperato agli obblighi previsti dalla direttiva 91/271/CE in materia di trattamento delle acque reflue urbane.
In particolare, la Commissione ritiene che l’Italia non abbia provveduto ad istituire, entro il termine massimo del 31 dicembre 2000 stabilito dalla direttiva in questione, sistemi adeguati per la raccolta e il trattamento delle acque in 299 centri urbani con oltre 15.000 abitanti. Qualora la Commissione rilevi il persistere dello stato di infrazione potrebbe decidere di deferire l’Italia di fronte alla Corte di giustizia europea.
Articolo 13
(Cooperazione allo sviluppo
internazionale)
TESTO approvato dalla Camera dei deputati |
TESTO modificato dal Senato della Repubblica |
Art. 10. (Cooperazione allo sviluppo internazionale). |
Art. 13. (Cooperazione allo sviluppo internazionale). |
1. Entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro degli affari esteri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono definite le modalità semplificate di svolgimento delle procedure amministrative e contrattuali riguardanti: |
1. Identico. |
a) gli interventi di cooperazione a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione nei Paesi indicati dal decreto-legge 31 gennaio 2008, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 marzo 2008, n. 45; |
|
b) gli interventi nelle ulteriori aree individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro degli affari esteri, finalizzati al superamento delle criticità di natura umanitaria, sociale o economica. |
|
2. Con il decreto di cui al comma 1 sono stabiliti, in particolare: |
2. Identico. |
a) le modalità di approvazione degli interventi, in conformità all'articolo 11, comma 3, della legge 26 febbraio 1987, n. 49, e successive modificazioni, e all'articolo 11, comma 1, del decreto-legge 1o luglio 1996, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1996, n. 426; |
|
b) le specifiche e motivate deroghe alle norme di contabilità generale dello Stato; |
|
c) i presupposti per il ricorso ad esperti e a consulenti tecnici e giuridici; |
|
d) le modalità di svolgimento delle procedure negoziate. |
|
|
3. Il decreto di cui al comma 1, relativamente agli interventi di cooperazione di cui alla legge 26 febbraio 1987, n. 49, è emanato nel rispetto delle disposizioni, contenute nel regolamento di cui all'articolo 5 del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, attuative di quanto previsto dal comma 6 del medesimo articolo 5. |
3. Nell'individuazione delle aree di intervento di cui al comma 1, lettera b), è data priorità ai Paesi che hanno sottoscritto accordi di rimpatrio o di collaborazione nella gestione dei flussi dell'immigrazione clandestina ovvero diretti ad agevolare l'esecuzione delle pene detentive delle persone condannate in Italia presso gli istituti esistenti nei luoghi di origine delle medesime. |
4. Nell'individuazione delle aree di intervento di cui al comma 1, lettera b), è data priorità ai Paesi che hanno sottoscritto accordi di rimpatrio o di collaborazione nella gestione dei flussi dell'immigrazione clandestina ovvero diretti ad agevolare l'esecuzione delle pene detentive delle persone condannate in Italia presso gli istituti esistenti nei luoghi di origine delle medesime. È inoltre attribuita priorità ai progetti con i Paesi terzi per il rimpatrio volontario degli stranieri titolari di permesso di soggiorno che si trovino in stato di disoccupazione a causa della crisi economica. |
4. Lo schema del decreto di cui al comma 1 è trasmesso alle Camere per l'espressione dei pareri delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili di carattere finanziario. Il termine per l'espressione del parere è stabilito in trenta giorni dalla data di trasmissione. Decorso inutilmente il predetto termine, il decreto può essere comunque emanato. |
5. Identico. |
5. Oltre alla dotazione finanziaria assegnata da parte del Ministero degli affari esteri, le sedi all'estero possono disporre di somme erogate da parte della Commissione europea o di altri Stati membri dell'Unione europea per la realizzazione di interventi di cooperazione allo sviluppo per conto degli stessi donatori. I finanziamenti di cui al presente comma sono gestiti e rendicontati secondo la normativa prevista dalla Commissione europea relativamente al trasferimento di fondi agli Stati membri. |
6. Identico. |
|
7. Per la realizzazione delle attività di cooperazione nel campo della ricerca e dello sviluppo industriale, scientifico e tecnologico con il Governo dello Stato d'Israele, di cui alla legge 11 luglio 2002, n. 154, lo stanziamento previsto a decorrere dal 2004 è incrementato di euro 2.000.000 a decorrere dal 2009. |
|
8. All'onere derivante dall'attuazione della disposizione di cui al comma 7, pari ad euro 2.000.000 a decorrere dall'anno 2009, si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui alla legge 26 febbraio 1987, n. 49, come determinata dalla Tabella C allegata alla legge 22 dicembre 2008, n. 203. |
|
9. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. |
L'articolo 13 riguarda le procedure amministrative e contrattuali con cui si attuano gli interventi di cooperazione internazionale sia per la costruzione e il mantenimento della pace, sia per il superamento delle emergenze umanitarie sociali ed economiche.
In particolare, il comma 1 prevede che, al fine di semplificare le modalità di svolgimento di tali procedure amministrative e contrattuali, il Ministro degli affari esteri emani un decreto, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, entro il termine di due mesi dall’entrata in vigore del provvedimento in esame.
Gli interventi di cooperazione interessati dalla norma sono, come accennato, di due tipi:
a) interventi di cooperazione a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione nei Paesi indicati dal decreto-legge 31 gennaio 2008, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 marzo 2008, n. 45 “Disposizioni urgenti in materia di interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, nonché relative alla partecipazione delle Forze armate e di polizia a missioni internazionali”.
b) interventi per fronteggiare emergenze di carattere umanitario, sociale o economico in aree che saranno di volta in volta individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro degli affari esteri.
Il comma 2 specifica i contenuti del Decreto del Ministro degli esteri, che deve contenere: le modalità di approvazione degli interventi; le deroghe alle norme di contabilità generale dello Stato; i presupposti per il ricorso ad esperti e a consulenti; le modalità di svolgimento delle procedure negoziate.
In particolare, le modalità di approvazione dovranno essere conformi all’articolo 11, co. 3 della legge n. 49 del 1987[37], nonché all’articolo 11, co. 1, del D.L. n. 347 del 1996[38] convertito, con modificazioni, dalla legge n. 426 del 1996.
Il comma 3, introdotto nel corso dell’esame al Senato, precisa che, relativamente agli interventi di cooperazione allo sviluppo, il decreto del Ministro degli esteri, di cui al comma 1, dovrà rispettare il dettato del regolamento di cui all’art. 5, comma 6, del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163[39].
La norma contenuta nel comma 6 dell’art. 5 del D.Lgs 163/2006 ha lo scopo di assicurare la compatibilità con gli ordinamenti esteri delle procedure di affidamento ed esecuzione dei lavori, servizi e forniture, eseguiti sul territorio dei rispettivi Stati esteri, nell'ambito di attuazione della legge 26 febbraio 1987, n. 49, sulla cooperazione allo sviluppo. A tal fine, esso prevede che, il regolamento – previsto dal comma 1 del medesimo art. 5 del citato D.Lgs 163 - recante la disciplina esecutiva e attuativa del codice dei contratti pubblici in relazione ad alcune sue parti, debba tenere conto della specialità delle condizioni per la realizzazione di lavori, servizi e forniture, e delle procedure applicate in materia dalle organizzazioni internazionali e dall’Unione europea.
Il comma 4 specifica che le aree di intervento per fronteggiare emergenze di carattere umanitario, sociale o economico di cui al comma 1, lettera b) sono individuate dando priorità ai Paesi che hanno sottoscritto accordi di riammissione, di collaborazione nella gestione dei flussi dell’immigrazione clandestina, o accordi per agevolare l’esecuzione di pene detentive delle persone condannate in Italia presso istituti nei loro paesi.
Durante l’esame al Senato, il comma 4 è stato integrato da un periodo aggiuntivo inteso a dare priorità a progetti di rimpatrio volontario di stranieri con permesso di soggiorno che si trovino in stato di disoccupazione a causa della crisi economica.
Si ricorda al proposito che la Decisione n. 575/2007/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 maggio 2007, ha istituito il Fondo europeo per i rimpatri per il periodo 2008-2013 nell’ambito del programma generale Solidarietà e gestione dei flussi migratori. La Decisione, tra l’altro, incoraggia gli Stati membri a promuovere il rimpatrio volontario.
Il comma 5 precisa che il decreto di cui al comma 1 deve essere trasmesso alle Camere per il parere delle commissioni di competenza (che deve essere espresso entro 30 giorni dalla trasmissione) e della commissione bilancio.
Il comma 6 stabilisce che le sedi all’estero deputate alla realizzazione di interventi di cooperazione possano disporre, oltre alla dotazione finanziaria assegnata al MAE, anche di finanziamenti della Commissione europea o degli Stati membri dell’UE e che i trasferimenti vengano gestiti e rendicontati secondo la normativa della Commissione relativa al trasferimento di fondi agli Stati membri.
I commi 7, 8 e 9 sono stati introdotti durante l’esame presso l’altro ramo del Parlamento.
Il comma 7 prevede un incremento di 2 milioni di euro, a decorrere dal 2009, dello stanziamento previsto dalla legge 11 luglio 2002, n. 154[40], per la realizzazione di attività di cooperazione in campo della ricerca e dello sviluppo industriale, scientifico e tecnologico con lo Stato d’Israele.
L’articolo 3 della legge n. 154/2002 quantifica l’onere derivante dall’attuazione dell’accordo con Israele in euro 968.873 per l'anno 2002, in euro 1.026.716 per l'anno 2003 ed in euro 1.046.858 annui a decorrere dal 2004. Per effetto della norma in esame, quest’ultimo importo viene dunque aumentato di 2 milioni di euro l’anno a partire dal 2009.
Il comma 8 reca la clausola di copertura finanziaria che è reperita mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui alla legge 26 febbraio 1987, n. 49, come determinata dalla Tabella C allegata alla legge finanziaria per il 2009 (L. 22 dicembre 2008, n. 203).
Il comma 9 reca la norma di rito che autorizza il Ministro dell’economia ad apportare le occorrenti variazioni di bilancio.
Le modifiche, introdotte con proposte emendative approvate nel corso dell’esame al Senato, non sono corredate di relazione tecnica.
Con specifico riferimento ai commi 7-9, che incrementano lo stanziamento previsto, a decorrere dal 2004, dalla legge n. 154/2002 nel campo della ricerca e dello sviluppo industriale, scientifico e tecnologico tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo dello Stato d'Israele, si ricorda che detto stanziamento era stato determinato sulla base di una quantificazione di oneri, riportata nella relazione tecnica, riferita alle seguenti voci di spesa:
|
2001 |
2002 |
2003 |
Annotazioni |
Art. 4 lett. b) spese per seminari, simposi e conferenze |
193.984
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251.928
|
251.928
|
Spese di viaggio e missione per l’organizzazione di Workshop in Israele (3 nel 2001, 4 nel 2002 e 2003) |
Art. 4 lett. c) finanziamenti per i progetti
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774.685
|
774.685
|
774.685
|
Tenuto conto di un apporto di 258.000 euro (circa 500 mln di lire) per ciascun progetto da parte italiana su un equivalente ammontare da parte israeliana. |
Art. 9 Commissione Mista |
-
|
-
|
20.154
|
Spese di missione e viaggio per l’invio di funzionari ed esperti in Israele |
TOTALE |
968.670 |
1.026.613 |
1.046.767 |
|
In merito ai profili di quantificazione, non si hanno osservazioni da formulare, tenuto conto che lo stanziamento aggiuntivo previsto dal comma 7 si configura come limite massimo di spesa.
Sarebbe utile disporre di indicazioni circa le specifiche voci di spesa da integrare e le esigenze alla base dell’integrazione medesima, tenendo conto della quantificazione originariamente operata dalla RT allegata alle disposizioni della legge n. 154/2002.
In merito ai profili di copertura finanziaria, con riferimento al comma 7, si ricorda preliminarmente che l’articolo 3, comma 1, della legge n. 154 del 2002 prevede un onere di 968.873 euro per l’anno 2002, di 1.026.716 euro per l’anno 2003 e di 1.046.858 euro a decorrere dal 2004 per l’attuazione della medesima legge n. 154. Per quanto attiene alla formulazione letterale della disposizione, si segnala che il comma 7 in esame fa riferimento genericamente agli stanziamenti di cui alla legge n. 154 del 2002. Al riguardo, appare opportuno acquisire l’avviso del Governo in merito all’eventualità di integrare la presente disposizione facendo esplicito riferimento al citato articolo 3, comma 1 della medesima legge.
Con riferimento al comma 8, appare opportuno che il Governo chiarisca se l’utilizzo delle risorse di cui alla legge n. 49 del 1987, relativa alla cooperazione con i Paesi in via di sviluppo, come rifinanziata dalla tabella C, possa pregiudicare la realizzazione degli interventi già previsti a legislazione vigente a valere sulle stesse.
Sono attualmente in vigore accordi di riammissione tra la Comunità europea e i seguenti paesi: Ucraina (decisione del Consiglio 2007/839/CE del 29 novembre 2007); Moldova (decisione del Consiglio 2007/826/CE del 22 novembre 2007); Bosnia-Erzegovina (decisione del Consiglio 2007/820/CE: dell’ 8 novembre 2007); Serbia (decisione del Consiglio 2007/819/CE: Decisione del Consiglio, dell’ 8 novembre 2007); Montenegro (decisione del Consiglio 2007/818/CE dell’ 8 novembre 2007); ex Repubblica Jugoslava di Macedonia (decisione del Consiglio 2007/817/CE dell’ 8 novembre 2007); Federazione russa (decisione del Consiglio 2007/341/CE del 19 aprile 2007) Sri Lanka (decisione del Consiglio 2005/372/CE del 3 marzo 2005); Albania (decisione del Consiglio 2005/371/CE del 3 marzo 2005); Regione ad amministrazione speciale di Macao della Repubblica popolare cinese (decisione del Consiglio 2004/424/CE del 21 aprile 2004); Regione ad amministrazione speciale di Hong Kong della Repubblica popolare cinese (decisione del Consiglio 2004/80/CE del 17 dicembre 2003)
Il 6 marzo 2009, a conclusione di negoziati svoltisi tra il 2004 e il 2007, la Commissione europea ha presentato una proposta di decisione relativa alla conclusione dell’accordo di riammissione fra la Comunità europea e il Pakistan (COM(2009)106).
La proposta, che segue la procedura di consultazione, è in attesa di esame da parte del Parlamento europeo.
La Commissione ha inoltre ricevuto dal Consiglio il mandato per negoziare accordi di riammissione con Marocco (settembre 2000), Algeria, Cina, Turchia (Maggio 2002) e Georgia (dicembre 2008).
Il 17 novembre 2008 la Commissione ha raccomandato al Consiglio di autorizzare l’apertura di negoziati conCapo Verde.
Si segnala che clausole di riammissione sono generalmente contenute negli accordi di associazione e cooperazione. Il più significativo tra questi è l'accordo di Cotonou, firmato nel 2000 con 77 paesi ACP. L'articolo 13 di tale accordo prevede il rimpatrio nei paesi ACP, e nei paesi dell'UE, dei cittadini presenti illegalmente sul territorio di uno dei paesi dell'altra "regione". Si tratta di mere "clausole abilitanti" dal momento che le misure operative di attuazione della riammissione devono essere specificate di volta in volta da apposite convenzioni tra la Comunità europea o gli Stati membri e il Paese terzo.
La lotta all’immigrazione clandestina e la facilitazione della riammissione di immigrati clandestini è uno degli obiettivi del Programma tematico per l’immigrazione e l’asilo, lanciato dalla Commissione europea nel giugno 2007 per sostenere progetti volti a migliorare la gestione del fenomeno migratorio dei paesi terzi, con una dotazione complessiva di 380 milioni di euro per il periodo 2007-2013.
Per quanto riguarda la cooperazione con i paesi terzi nella gestione dei flussi migratori si ricorda inoltre che, nell’ambito dell’Approccio globale in materia di migrazioni, il 5 giugno 2008 sono stati lanciati partenariati di mobilità con la Moldova e con Capo Verde, per ora in fase di progetti pilota, attraverso la firma di una dichiarazione comune con ciascuno dei due paesi[41]. La dichiarazione contiene in allegato l’elenco delle iniziative concrete proposte dai firmatari, in tema di : migliori opportunità di migrazione legale; assistenza per lo sviluppo della capacità di gestione dei flussi migratori legali; misure per affrontare il rischio della fuga di cervelli e promuovere la migrazione circolare o di rientro; miglioramento e/o facilitazione delle procedure per il rilascio di visti di breve durata. Al partenariato partecipano anche Frontex e la Fondazione europea per la formazione, in qualità di agenzie comunitarie.
Il Consiglio affari generali e relazioni esterne del 16 giugno 2008 ha adottato conclusioni sull’approccio globale in materia di migrazione nelle quali ha invitato la Commissione, insieme agli Stati membri e alla Presidenza, a condurre colloqui esplorativi con la Georgia e il Senegalal fine di lanciare ulteriori partenariati pilota.
Il Consiglio ha inoltre accolto con favore i progressi compiuti nello sviluppo di un concetto di piattaforme di cooperazione e nella creazione di una prima piattaforma di cooperazione in loco con l’Etiopia.
La creazione di piattaforme di cooperazione per l’immigrazione è stata prevista dal Consiglio europeo del 14-15 dicembre 2006, allo scopo di riunire in una gestione coerenze delle migrazioni il paese partner interessato, gli Stati membri dell’UE e la Commissione nonché le appropriate organizzazioni internazionali.
Articolo 14
(Trasparenza dei flussi finanziaria dei
Fondi strutturali comunitari
e del Fondo per le aree sottoutilizzate)
TESTO approvato dalla Camera dei deputati |
TESTO modificato dal Senato della Repubblica |
Art. 11. (Trasparenza dei flussi finanziari dei Fondi strutturali comunitari e del Fondo per le aree sottoutilizzate). |
Art. 14. (Trasparenza dei flussi finanziari dei Fondi strutturali comunitari e del Fondo per le aree sottoutilizzate). |
1. Per prevenire l'indebito utilizzo delle risorse stanziate nell'ambito della programmazione unitaria della politica regionale per il periodo 2007-2013, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri interessati, sono definite le modalità e le procedure necessarie a garantire l'effettiva tracciabilità dei flussi finanziari relativi all'utilizzo, da parte dei soggetti beneficiari delle agevolazioni, delle risorse pubbliche e private impiegate per la realizzazione degli interventi oggetto di finanziamento a valere sui Fondi strutturali comunitari e sul fondo per le aree sottoutilizzate, di cui all'articolo 61 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni. Le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, sono tenute, nell'utilizzo delle risorse dei predetti Fondi loro assegnate, ad applicare le modalità e le procedure definite dal decreto di cui al periodo precedente. |
Identico. |
L’articolo 14, non modificato dal Senato, reca disposizioni volte ad introdurre misure di tracciabilità dei flussi finanziari derivanti dall’impiego delle risorse dei Fondi strutturali comunitari e del Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS), allo scopo di prevenirne l’indebito utilizzo delle risorse stanziate nell’ambito della programmazione unitaria della politica regionale per il periodo 2007-2013.
Il comma 1 prevede, al riguardo, l’emanazione di un decreto del Ministro dell’economia, di concerto con i Ministri interessati, per la definizione delle modalità e delle procedure necessarie a garantire l’effettiva tracciabilità dell’utilizzo di risorse pubbliche e private, da parte dei soggetti beneficiari delle agevolazioni, impiegate per l’attuazione di interventi finanziati a valere sui Fondi strutturali comunitari e sul FAS.
Nell’utilizzo delle risorse dei predetti fondi, le Amministrazioni pubbliche interessate sono tenute ad applicare le modalità e le procedure definite dal suddetto decreto.
La norma fa riferimento alle Amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165/2001, vale a dire le Amministrazioni dello Stato (tra cui scuole e amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo), gli enti territoriali (inclusi loro consorzi e associazioni), le istituzioni universitarie, gli istituti autonomi per le case popolari, le Camere di commercio e loro associazioni, gli enti non economici nazionali e territoriali, gli enti dell’SSN e le Agenzie, tra cui l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie fiscali.
Si ricorda che nel luglio 2006 la Commissione europea ha definito la programmazione della politica regionale di sviluppo per il periodo 2007-2013, stabilendo le risorse da assegnare ai nuovi obiettivi della politica di coesione (Convergenza, Competitività regionale e occupazione e Cooperazione territoriale europea)[42]. Per l’intero periodo di programmazione 2007-2013, per i Fondi (FESR, FSE e Fondo di coesione) sono stanziate risorse complessive, a prezzi 2004, pari a oltre 308 miliardi di euro (art. 18, Reg. n. 1083/2006).
Le risorse assegnate all’Italia ammontano a 28,8 miliardi di euro[43]. In corrispondenza alle risorse comunitarie i regolamenti comunitari prevedono un ammontare pressoché pari di cofinanziamento nazionale.
Nel Quadro strategico nazionale (QSN) 2007-2013 – approvato dalla Commissione europea con Decisione del 13 luglio 2007 – è stata prevista una programmazionesettennale di tutti gli strumenti finanziari di attuazione della politica di coesione e di sviluppo, costituiti oltre che dai fondi strutturali comunitari e dal cofinanziamento nazionale anche dalle risorse aggiuntive nazionali stanziate sul Fondo per le aree sottoutilizzate, istituito ai sensi dell’articolo 61 della legge n. 289/2002 (finanziaria 2003).
Le dotazioni complessive delle risorse definite nel QSN 2007-2013 ammontano per l’intero periodo a oltre 124 miliardi di euro, così ripartite per obiettivo:
QSN 2007-2013 – Dotazioni
finanziarie complessive
(in miliardi di euro, valori indicizzati al 2006)
|
Fondi strutturali |
Cofinanz. nazionale |
FAS |
TOTALE |
QSN 2007-2013 (risorse complessive) |
28,7 |
31,6 |
64,4* |
124,7 |
Obiettivo Convergenza |
21,6 |
21,8 |
- |
43,4 |
Obiettivo Competitività regionale e occupazione |
6,3 |
9,6 |
- |
15,9 |
Obiettivo Cooperazione territoriale |
0,8 |
0,2 |
- |
1 |
Per quanto riguarda le risorse FAS effettivamente disponibili per il periodo di programmazione 2007-2013, si sottolinea che il CIPE, con delibera approvata il 18 dicembre 2008 ma non ancora pubblicata in Gazzetta ufficiale, ha provveduto ad aggiornare la dotazione del Fondo per le aree sottoutilizzate riferita alla programmazione 2007-2013, rispetto al profilo finanziario indicato nella delibera n. 166 del dicembre 2007, a seguito delle numerose riduzioni apportate a carico del FAS dalla normativa adottata nel corso dell’anno 2008 per oltre 13,8 miliardi, di cui 11,4 a valere sulla programmazione 2007-2013.
Pertanto, rispetto all’importo complessivo di oltre 64 miliardi considerato dalla delibera CIPE n. 166/2007 (già ridotta a 63,2 miliardi dalla stessa delibera CIPE n. 166/2007), la programmazione delle risorse del FAS per il periodo 2007-2013 è stata rideterminata in oltre 53 miliardi di euro. Di tale importo, con la suddetta delibera del 18 dicembre 2008, circa 7,4 miliardi sono stati assegnati dal CIPE alle infrastrutture. In sostanza, le risorse del FAS ancora riferibili al periodo di programmazione 2007-2013, relative all’attuazione del QSN, ammontano a oltre 45 miliardi di euro (vedi Comunicato stampa della Presidenza del Consiglio del 6 marzo 2009).
Il 20 ottobre 2008 la Commissione ha presentato la relazione annuale sull’esecuzione dei Fondi strutturali (2007) (COM(2008)659).
In particolare, la relazione evidenzia, con riferimento al Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), nel 2007 il tasso globale d'esecuzione degli stanziamenti di pagamento ha raggiunto il 99,9%.
Anche con riguardo al Fondo sociale europeo (FSE)a parere della Commissione l'esecuzione del bilancio nel 2007 è stata molto soddisfacente: Il tasso globale d'esecuzione degli stanziamenti di pagamento dell’FSE ha raggiunto il 99,9 %.
Il 19 febbraio 2008 la Commissione ha presentato un piano d’azione per il rafforzamento della funzione di supervisione della Commissione stessa nel contesto della gestione condivisa delle azioni strutturali (COM(2008)97).
Il piano d'azione intende migliorare il controllo sulla gestione dei fondi strutturali negli Stati membri, rilevandone il carattere cruciale per ridurre i rischi di indebito utilizzo dei fondi stessi. In questo quadro, gli Stati membri che non hanno ottemperato ai loro obblighi legali inviando le sintesi dei loro sistemi di audit e le dichiarazioni relative al 2007 o le cui sintesi siano incomplete riceveranno una lettera di richiesta di informazioni da parte della Commissione. Nella lettera si farà presente che in caso di mancata ottemperanza essi rischiano una procedura d'infrazione.
Più in generale, la Commissione intende migliorare la rendicontazione sulle rettifiche finanziarie operate dagli Stati membri stessi, assicurando un ricorso più celere alle procedure di sospensione e di rettifica finanziaria previste dai regolamenti sui fondi strutturali vigenti.
Articolo 15
(Fondo nazionale di garanzia per i
servizi turistici)
TESTO approvato dalla Camera dei deputati |
TESTO modificato dal Senato della Repubblica |
|
Art. 15. (Fondo nazionale di garanzia per i servizi turistici). |
|
1. All'articolo 86, comma 1, lettera f), del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, dopo le parole: «di cui all'articolo 100» sono aggiunte le seguenti: «nonché dichiarazione che il venditore o l'organizzatore concorre ad alimentare il suddetto fondo nella misura stabilita dal comma 2 del citato articolo 100». |
|
2. All'articolo 100 del citato codice di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, dopo il comma 3 è inserito il seguente: |
|
«3-bis. Le istanze di rimborso al fondo non sono soggette ad alcun termine di decadenza». |
L’articolo 15, introdotto dal Senato, reca modifiche ed integrazioni ad alcune disposizioni del Codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, relative al contratto di vendita di pacchetti turistici e al Fondo nazionale di garanzia per i servizi turistici.
La normativa in materia di tutela dei consumatori è stata riordinata e raccolta nel cd. Codice del consumo (decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206)emanato in attuazione della delega contenuta nell’articolo 7 della legge 29 luglio 2003, n. 229 (recante Interventi in materia di qualità della regolazione, riassetto normativo e semplificazione – Legge di semplificazione 2001). Il Codice è intervenuto su di un tessuto normativo costituito da provvedimenti di recepimento di direttive comunitarie, da norme del Codice civile (artt. 1496-bis e seguenti, in tema di clausole abusive, e 1519-bis e seguenti, in tema di vendita di beni mobili di consumo) e da numerosi atti di diverso rango legislativo, formalmente non coordinati con la principale legge di riferimento, la legge 30 luglio 1998, n. 281 (recante "Disciplina dei diritti dei consumatori e degli utenti"), con la quale si era provveduto all’introduzione di una disciplina generale dei principi che presiedono alla tutela dei consumatori, definendo una carta dei diritti dei consumatori e degli utenti. Il nuovo “Codice del consumo” reca una disciplina organica in materia di "tutela dei consumatori", coordinata con la normativa comunitaria e diretta alla semplificazione normativa sia sul piano quantitativo, attraverso l’unificazione redazionale di numerosi provvedimenti legislativi, che su quello qualitativo della unificazione del linguaggio e della coerenza giuridica e sistematica delle norme. Il Codice ha subito alcune modifiche per dare attuazione agli obblighi comunitari di cui alla direttiva 2005/29/CE, in materia di Pubblicità ingannevole e Pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori (recepita all'interno del Codice, rispettivamente, con i decreti legislativi n. 145 e n. 146 del 2 agosto 2007) e per adeguarlo alle Disposizioni correttive ed integrative adottate con il decreto legislativo n. 221 del 23 ottobre 2007 che ha convogliato nel Codice del consumo le disposizioni di attuazione della direttiva 2002/65/CE, in materia di commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori, recate dal decreto legislativo n. 190/2005.
Il comma 1 provvede a modificare l’articolo 86, comma 1, lettera f) del Codice, in materia di elementi che devono essere contenuti nel contratto di vendita di pacchetti turistici.
In particolare, l’articolo 86 citato, tra gli elementi da inserire nel contratto di vendita di pacchetti turistici, alla lettera f) contempla i presupposti e modalità di intervento del fondo di garanzia di cui all'articolo 100. L’articolo da ultimo menzionato istituisce presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri un fondo nazionale di garanzia, per consentire, in caso di insolvenza o di fallimento del venditore o dell'organizzatore, il rimborso del prezzo versato ed il rimpatrio del consumatore nel caso di viaggi all'estero, nonché per fornire una immediata disponibilità economica in caso di rientro forzato di turisti da Paesi extracomunitari in occasione di emergenze, imputabili o meno al comportamento dell'organizzatore.
Con modifica di cui al comma in esame si dispone che nel contratto di vendita di pacchetti turistici deve essere inserita la dichiarazione che il venditore o l’organizzatore concorre ad alimentare il fondo di cui all’articolo 100 del Codice nella misura stabilita dal comma 2 del medesimo articolo 100 (quota pari al 2 per cento dell'ammontare del premio delle polizze di assicurazione obbligatoria stipulate dall’organizzatore e dal venditore per la responsabilità civile verso il consumatore).
Il comma 2 invece è volto a novellare l’articolo 100 del Codice - che come detto istituisce un fondo nazionale di garanzia per i servizi turistici (cfr. supra) – aggiungendo un comma 3-bis ai sensi del quale le istanze di rimborso al fondo di garanzia non sono soggette ad alcun termine di decadenza.
La relazione tecnica non considera le norme, essendo le stesse state introdotte nel corso dell’esame al Senato.
Nulla da osservare al riguardo, dal momento che la dotazione del Fondo nazionale di garanzia si configura come limite di spesa e che quindi la modifica introdotta durante l’esame al Senato, volta ad escludere un termine di decadenza per le istanze di rimborso presentate al suddetto fondo, non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Articolo 16
(Misure in tema di concorrenza e tutela
degli utenti
nel settore postale)
TESTO approvato dalla Camera dei deputati |
TESTO modificato dal Senato della Repubblica |
Art. 12. |
Art. 16. |
(Misure in tema di concorrenza e tutela degli utenti nel settore postale). |
(Misure in tema di concorrenza e tutela degli utenti nel settore postale). |
1. All'articolo 2, comma 2, lettera d), del decreto legislativo 22 luglio 1999, |
Identico. |
n. 261, dopo le parole: «espletamento del servizio universale» sono aggiunte le seguenti: «e adotta i provvedimenti necessari ad assicurare la continuità della fornitura di tale servizio anche in considerazione della funzione di coesione economica, sociale e territoriale che esso riveste». |
|
2. All'articolo 2, comma 2, lettera h), del decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261, dopo le parole: «rete postale pubblica» sono inserite le seguenti: «e ad alcuni elementi dei servizi postali, quali il sistema di codice di avviamento postale,». |
|
3. All'articolo 2, comma 2, lettera l), del decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261, le parole: «del servizio universale» sono sostituite dalle seguenti: «dei servizi postali». |
|
4. All'articolo 3, comma 3, lettera c), del decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261, dopo le parole: «criteri di ragionevolezza» sono inserite le seguenti: «e in considerazione della funzione di coesione sociale e territoriale del servizio e della relativa rete postale,». |
|
5. La rubrica dell'articolo 14 del decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261, è sostituita dalla seguente: «Reclami e rimborsi». |
|
6. Il comma 1 dell'articolo 14 del decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261, è sostituito dal seguente: |
|
«1. Relativamente al servizio universale, compresa l'area della riserva, sono previste dal fornitore del servizio universale, nella carta della qualità di cui all'articolo 12, comma 1, procedure trasparenti, semplici e poco onerose per la gestione dei reclami degli utenti, con particolare riferimento ai casi di smarrimento, furto, danneggiamento o mancato rispetto delle norme di qualità del servizio, comprese le procedure per determinare l'attribuzione della responsabilità qualora sia coinvolto più di un operatore. È fissato anche il termine per la trattazione dei reclami medesimi e per la comunicazione del loro esito all'utente». |
|
7. Dopo il comma 1 dell'articolo 14 del decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261, come sostituito dal comma 6 del presente articolo, è inserito il seguente: |
|
«1-bis. Le procedure per la gestione dei reclami di cui al comma 1 comprendono |
|
le procedure conciliative in sede locale nonché le procedure extragiudiziali per la risoluzione delle controversie, uniformate ai princìpi comunitari in materia». |
|
8. All'articolo 14, comma 5-bis, del decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261, dopo le parole: «titolari di licenza individuale» sono inserite le seguenti: «e di autorizzazione generale». |
|
L’articolo 16, non modificato dal Senato, novella il D.Lgs. 261/1999[44], che disciplina il servizio postale, recependo alcune previsioni introdotte dalla normativa comunitaria.
L’articolo in esame, ai commi da 1 a 4, amplia le funzioni dell’Autorità di regolamentazione, con l’intento di incrementare la concorrenza nel settore postale ed espressamente riconoscendo la funzione di coesione che il servizio postale riveste.
I successivi commi da 5 a 8 dettano disposizioni in materia di tutela degli utenti in caso di disservizi del servizio postale.
Il comma 1 dell’articolo 16 novella l’articolo 2, comma 2, del D.Lgs. 261/1999, relativo alle funzioni dell’Autorità di regolamentazione del settore postale, che in Italia è stata individuata nell’ex-Ministero delle comunicazioni,,ora soppresso e confluito nel Ministero dello sviluppo economico[45]. Il comma in esame prevede che l’Autorità, oltre a verificare il rispetto degli obblighi connessi all’espletamento del servizio universale[46], adotta i provvedimenti necessari ad assicurare la continuità della fornitura di tale servizio, anche in considerazione della funzione di coesione economica, sociale e territoriale che esso riveste.
La modifica proposta è diretta a recepire una previsione della direttiva 2008/6/CE[47], la quale, novellando l’articolo 4 della direttiva 97/67/CE[48], stabilisce che gli Stati membri adottano misure volte a garantire che le condizioni a cui viene affidato il servizio universale si basino su principi di trasparenza, non discriminazione e proporzionalità, garantendo in tal modo la continuità della fornitura del servizio universale e tenendo conto del ruolo importante che questo servizio svolge nella coesione sociale e territoriale.
Anche il comma 2 dell’articolo in esame interviene sull’articolo 2, comma 2, del D.Lgs. 261/1999, in particolare sulla lettera h). La norma vigente prevede che l’Autorità di regolamentazione promuova l’adozione di provvedimenti per realizzare l’accesso di operatori alla rete postale pubblica, in condizioni di trasparenza e non discriminazione. La novella stabilisce che i menzionati provvedimenti siano diretti anche a realizzare l’accesso ad alcuni elementi dei servizi postali, tra i quali viene espressamente citato il sistema di codice di avviamento postale.
La novella recepisce il nuovo articolo 11-bis della direttiva 97/67/CE, introdotto dalla direttiva 2008/6/CE, il quale prevede che gli Stati membri, qualora sia necessario per tutelare gli interessi degli utenti e/o per promuovere una concorrenza efficace, garantiscono condizioni di accesso trasparenti e non discriminatorie per elementi dell’infrastruttura o dei servizi postali forniti nell’ambito di applicazione del servizio universale. Tra questi vengono espressamente menzionati: il sistema di codice di avviamento postale, le banche dati di indirizzi, le caselle postali, le cassette di recapito, le informazioni sui cambiamenti di indirizzo, il servizio di instradamento della posta verso nuovi indirizzi e il servizio di rinvio al mittente.
La ratio della norma, secondo la relazione illustrativa, è duplice, poiché se da un lato risponde a esigenze di tutela della concorrenza e di corretto funzionamento del mercato di riferimento e dei mercati attigui, che si avvalgono del servizio postale, dall'altro garantisce gli utenti del servizio postale in ordine ai propri diritti, in qualità di destinatari degli invii veicolati da operatori diversi dal fornitore del servizio universale.
Il comma 3 dell’articolo 16, che novella la lettera l) del già citato articolo 2, comma 2, del D.Lgs. 261/1999, estende a tutti i servizi postali, anziché al solo servizio universale, come attualmente previsto, l’obbligo di dare pubblicamente agli utenti informazioni sulle caratteristiche dei servizi offerti, in particolare per quanto riguarda le condizioni generali di accesso ai servizi, i prezzi e il livello di qualità. L’accertamento del rispetto di tale obbligo rientra tra i compiti dell’Autorità di regolamentazione.
La novella recepisce le modifiche all’articolo 6 della direttiva 97/67/CE, apportate dalla direttiva 2008/6/CE.
Il comma 4 ribadisce la funzione di coesione sociale e territoriale del servizio e della rete postale, stabilendo che tale funzione deve essere considerata, assieme ai criteri di ragionevolezza, al fine di specificare l’estensione territoriale del servizio postale universale.
Il comma 4 in esame novella l’articolo 3, comma 3, del D.Lgs. 261/1999, il quale individua le caratteristiche del servizio postale universale. In particolare viene modificata la lettera c), che specifica il significato dell’espressione “tutti i punti del territorio nazionale”, utilizzata per definire l’ambito territoriale entro il quale il servizio postale universale deve essere garantito.
Il commi da 5 a 8 dell’articolo 16 modificano l’articolo 14 del D.Lgs. 261/1999, il quale disciplina i reclami degli utenti del servizio postale, introducendo misure più stringenti di tutela degli utenti, in considerazione della loro natura di “contraenti deboli”, ed estendendo a tutti gli operatori postali i medesimi obblighi.
Il citato articolo 14 stabilisce che il fornitore del servizio postale universale deve prevedere le procedure per la gestione dei reclami dei clienti, comprese le procedure conciliative in sede locale. Tali procedure devono essere trasparenti, semplici e poco onerose. In caso di accertamento del disservizio, è previsto inoltre un sistema di rimborso o di compensazione. Qualora l’utente non sia soddisfatto del risultato ottenuto, può rivolgersi al Ministero delle comunicazioni, il quale, come già ricordato sopra, svolge le funzioni di Autorità di regolamentazione. L’utente ha comunque la possibilità di adire l’autorità giudiziaria, indipendentemente dalla presentazione del reclamo.
La disciplina illustrata si applica anche ai titolari di licenza individuale.
Il comma 5 modifica la rubrica del citato articolo 14, introducendovi la parola rimborsi, dopo la parola reclami. A tal proposito si segnala che la disciplina dei rimborsi non viene modificata dall’articolo 16 in esame.
Il comma 6 novella il comma 1 dell’articolo 14 prevedendo che il fornitore del servizio universale, nel disciplinare le procedure per la gestione dei reclami, deve prevedere in particolare le ipotesi di smarrimento, furto, danneggiamento e mancato rispetto delle norme di qualità del servizio. Dovranno inoltre essere disciplinate procedure per determinare l'attribuzione della responsabilità, nei casi in cui sia coinvolto più di un operatore.
La novella è diretta a recepire nel nostro ordinamento disposizioni comunitarie contenute già nel testo originario della direttiva 97/67/CE (articolo 19, paragrafo 1), per quel che riguarda la previsione di procedure di reclamo per i casi di smarrimento, furto, danneggiamento e mancato rispetto delle norme di qualità del servizio, e nella successiva direttiva 2002/39/CE[49] per quel che riguarda le procedure per la determinazione della responsabilità, in caso di pluralità di operatori coinvolti.
Il comma 7 introduce un nuovo comma 1-bis al già citato articolo 14 del D.Lgs. 261/1999. Il nuovo comma prevede che le procedure per la gestione dei reclami devono comprendere anche:
- procedure conciliative in sede locale;
- procedure extragiudiziali.
Si segnala che le procedure conciliative sono già comprese nel testo vigente del comma 1 dell’articolo 14, ma non sono più contemplate nel nuovo testo di tale comma, introdotto dal precedente comma 6, e sono state pertanto introdotte nel nuovo comma 1-bis.
Le procedure extragiudiziali rappresentano invece una innovazione, in attuazione delle novelle apportate dalla direttiva 2008/6/CE all’articolo 19 della direttiva 97/67/CE.
Il considerando 42 della citata direttiva 2008/6/CE sottolinea l’opportunità di incoraggiare il ricorso a procedure di soluzione extragiudiziale delle controversie in materia di servizi postali, al fine di aumentare l’efficacia delle procedure di trattamento dei reclami. A questo proposito il considerando cita la raccomandazione 98/257/CE della Commissione, del 30 marzo 1998, riguardante i principi applicabili agli organi responsabili per la risoluzione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo, e la raccomandazione 2001/310/CE della Commissione, del 4 aprile 2001, sui principi applicabili agli organi extragiudiziali che partecipano alla risoluzione consensuale delle controversie in materia di consumo, ricordate anche nella relazione illustrativa dell’articolo 16 in esame.
Il comma 8 infine, novellando il comma 5-bis del citato articolo 14, estende le disposizioni di questo articolo ai titolari di autorizzazione generale.
Si segnala che il citato articolo 14 era originariamente riferito al solo fornitore del servizio universale. Successivamente l’articolo 7 del D.Lgs. 384/2003[50] ne ha disposto l’estensione ai titolari di licenza individuale.
Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 1, comma 2, lettera q), del D.Lgs. 261/1999, le imprese, per poter fornire servizi postali e creare e gestire reti postali per la fornitura di tali servizi, devono essere autorizzate. Sono previste due tipologie di autorizzazione:
- l’autorizzazione generale, che non richiede all'impresa interessata di ottenere una esplicita decisione da parte dell'Autorità di regolamentazione prima dell'esercizio dei diritti derivanti dall’autorizzazione stessa;
- la licenza individuale, per la quale è richiesta una previa decisione dell’Autorità di regolamentazione,con la quale sono conferiti diritti ed obblighi specifici ad un'impresa in relazione a prestazioni non riservate rientranti nel servizio universale.
Il 22 dicembre 2008 la Commissione ha presentato la quarta relazione sull’applicazione della direttiva postale (direttiva 97/67/CE modificata dalla direttiva 2002/39/CE) (COM(2008) 884), che fornisce, come per le precedenti[51], una valutazione completa del recepimento della direttiva postale negli Stati membri, anche per quanto riguarda l’applicazione degli elementi chiave della direttiva, gli sviluppi normativi nonché le tendenze di mercato specifiche. La relazione illustra i principali sviluppi intervenuti dall’ultima relazione sull’applicazione adottata nell’ottobre 2006, riferendosi al periodo 2006-2008.
La relazione evidenzia che durante il periodo di riferimento è proseguita la graduale apertura del settore postale e, in particolare, che la Germania ha completamente liberalizzato il suo mercato postale. La concorrenza ha continuato a progredire; tuttavia, tale sviluppo vantaggioso per imprese e consumatori – pur delineato – risulta tuttora più lento del previsto. La Commissione ricorda che nel febbraio 2008 è stata adottata la terza direttiva postale 2008/06/CE, che modifica ulteriormente la direttiva postale, costituendo la base giuridica per la realizzazione del mercato interno dei servizi postali. La relazione ritiene fondamentale predisporre in tutti gli Stati membri un sistema di regolazione efficiente ed evitare che la legislazione nazionale in materia postale costituisca un freno allo sviluppo della concorrenza e comprometta gli effetti positivi per i consumatori. La Commissione conclude che nei prossimi anni rivestirà fondamentale importanza non solo il processo di recepimento della terza direttiva postale, ma anche il monitoraggio del mercato e la valutazione critica della vigente direttiva postale.
Articolo 17
(Misure di semplificazione delle
procedure relative ai piccoli
appalti pubblici)
TESTO approvato dalla Camera dei deputati |
TESTO modificato dal Senato della Repubblica |
|
Art. 17. (Misure di semplificazione delle procedure relative ai piccoli appalti pubblici). |
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1. A decorrere dal 1o luglio 2009, non si applicano le disposizioni di cui all'articolo 36, comma 5, terzo periodo, nonché all'articolo 37, comma 7, terzo periodo, del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni. |
L’articolo 17 – introdotto nel corso dell’esame al Senato – introduce alcune modifiche alla procedura di partecipazione alle gare dei consorzi stabili, intervenendo sugli articoli 36 e 37 del Codice dei contratti pubblici (d.lgs. 163 del 2006).
In particolare, la norma in commento elimina - a decorrere dal 1° luglio 2009 – il divieto per i consorzi e le cooperative di produzione e lavoro a partecipare alle gare cui partecipano i consorziati, laddove l’amministrazione si avvalga della facoltà di applicare l’esclusione automatica dell’offerta anomala per le gare di lavori di importo pari o inferiore ad 1 milione d euro e di forniture e servizi di importo pari o inferiore a 100 mila euro.
Si ricorda che ai sensi del comma 1 dell’articolo 36 del d.lgs. 163/2006, si intendono per consorzi stabili quelli, in possesso dei requisiti prescritti, formati da non meno di tre consorziati che abbiano stabilito di operare in modo congiunto nel settore dei contratti pubblici di lavori, servizi, forniture, per un periodo di tempo non inferiore a cinque anni, istituendo a tal fine una comune struttura di impresa.
Per effetto delle recenti modifiche introdotte dal terzo decreto correttivo al Codice (d.lgs. 152 del 2008), sia i consorzi stabili che le cooperative di produzione e lavoro (di cui all’art. 34, comm1, lett. b)) devono indicare in sede di gara i concorrenti per i quali il consorzio concorre e, solo per essi, è fatto divieto di partecipare alla medesima gara sotto duplice veste, individuale e come consorziati.
E’ dunque venuto meno definitivamente il divieto generalizzato di partecipazione alla gara del consorzio stabile e dei consorziati.
Tale divieto permaneva, invece, ai sensi della precedente formulazione come modificata dal citato terzo correttivo, sia per i consorzi stabili (art. 36, comma 5, terzo periodo), sia per i consorzi di cooperative (art. 37, comma 7, terzo periodo) laddove l’amministrazione si fosse avvalsa della facoltà di applicare l’esclusione automatica dell’offerta anomala per le gare di lavori di importo pari o inferiore ad 1 milione d euro, ai sensi dell’art. 122, comma 9, del Codice, e per le gare di forniture e servizi di importo pari o inferiore a 100 mila euro, ai sensi dell’art.124, comma 8. In entrambi i casi la sanzione è quella della imputazione del reato di turbativa d’asta.
Si osserva che la norma, configurandosi come modifica permanente alle disposizioni del Codice citate, dovrebbe essere formulata come novella agli articoli 36, comma 5, e 37, comma 7, del Codice dei contratti.
La relazione tecnica non considera la norma, che è stata introdotta nel corso dell’esame presso il Senato.
Al riguardo, tenuto conto che le norme in esame intervengono su discipline riguardanti le procedure di gara per l’affidamento di appalti pubblici, andrebbero acquisiti dal Governo elementi di valutazione circa la conformità all’ordinamento comunitario delle previsioni introdotte, al fine di evitare il rischio di eventuali sanzioni.
Il 25 giugno 2008 la Commissione ha presentato la comunicazione “Una corsia preferenziale per la piccola impresa” – Alla ricerca di un nuovo quadro fondamentale per la Piccola Impresa (un ”Small Business Act” per l’Europa) (COM(2008)394), per consentire alle piccole e medie imprese europee (PMI) di valorizzare pienamente le loro potenzialità in termini di crescita sostenibile nel lungo periodo e di creazione di un maggior numero di posti di lavoro.
L’Atto sulle piccole imprese per l’Europa stabilisce dieci principi nonché misure concrete destinate a rendere la vita più facile per le piccole imprese, incluse alcune nuove proposte legislative ispirate al principio “Pensare anzitutto in piccolo”.
Nell’ambito di tali principi, l’Atto per le piccole imprese stabilisce, fra l’altro, che si debba facilitare la partecipazione delle Piccole e medie imprese agli appalti pubblici e usare meglio le possibilità degli aiuti di Stato per le Piccole e medie imprese.
Per tradurre questo principio in pratica, la Commissione, fra l’altro:
- sta agevolando l’accesso all’informazione sulle offerte di appalto completando i siti web dell’UE, attualmente ad esse dedicati, con varie iniziative: pubblicazione facoltativa di avvisi di appalto per forniture di importo inferiore alla soglia; uno strumento on-line per trovare partner; maggior trasparenza nei requisiti degli appalti pubblici;
Gli Stati membri, dovranno cercare, fra l’altro, di:
- istituire portali elettronici per ampliare l’accesso all’informazione sugli appalti pubblici disponibili di importo inferiore alle soglie UE;
- incoraggiare le loro autorità contraenti a suddividere, ove possibile, i contratti in lotti e rendere più visibili le possibilità di subappalto.
Il Consiglio competitività del 1° e 2 dicembre 2008 ha adottato conclusioni sullo “Small business Act” nelle quali, fra l’altro, invita gli Stati membri e la Commissione a promuovere lo SBA al più alto livello politico, assicurandone l’attuazione a tutti i livelli pertinenti e a rendere conto dei progressi realizzati nel quadro del nuovo ciclo 2008-2010 della Strategia di Lisbona rinnovata.
Il 10 marzo 2009 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sull’Atto sulle piccole imprese nella quale lo appoggia con convinzione e si rammarica per il fatto che non sia uno strumento giuridicamente vincolante. Il PE sottolinea l’assoluta necessità di applicare i dieci principi guida a livello europeo, nazionale e regionale. Esorta, fra l’altro, la Commissione e gli Stati membri a collaborare strettamente con tutte le parti interessate per definire le priorità e ad attuare urgentemente, in particolare a livello nazionale, il piano d’azione relativo allo “Small business Act”, garantendo che tutte le parti interessate facciano propri i principi guida.
La Commissione attività produttive, commercio e turismo della Camera dei deputati ha avviato, il 26 febbraio 2009, l’esame della risoluzione sull’Atto per le piccole imprese approvata dal Parlamento europeo il 4 dicembre 2008, in vista del Consiglio europeo dell’11 e 12 dicembre 2008.
Articolo 18
(Progetti di eccellenza per il rilancio
della competitività
turistica italiana)
TESTO approvato dalla Camera dei deputati |
TESTO modificato dal Senato della Repubblica |
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Art. 18. (Progetti di eccellenza per il rilancio della competitività turistica italiana). |
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1. All'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, il comma 1228 è sostituito dal seguente: |
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«1228. Per le finalità di sviluppo del settore del turismo e per il suo posizionamento competitivo quale fattore produttivo di interesse nazionale, onde consentire la realizzazione di progetti di eccellenza per lo sviluppo e la promozione del sistema turistico nazionale, nonché il recupero della sua competitività sul piano internazionale, il Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo della Presidenza del Consiglio dei ministri può stipulare appositi protocolli di intesa con le regioni e gli enti locali, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Per il cofinanziamento delle iniziative e dei progetti presentati ai sensi del periodo precedente, è autorizzata la spesa di 48 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009. Il Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo provvede a cofinanziare le iniziative e i progetti di cui al presente comma attraverso accordi di programma con le regioni territorialmente interessate». |
L’articolo 18, introdotto dal Senato, è volto a sostituire il comma 1228 dell’art. 1 della L. 296/2006 (finanziaria 2007), che reca stanziamenti finalizzati al sostegno del turismo per il triennio 2007-2009.
Il menzionato comma 1228 autorizza la spesa di 48 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 per le finalità di sviluppo e competitività del settore del turismo, anche in relazione alla necessità di incentivare l’adeguamento dell’offerta delle imprese turistico-ricettive – che data la rilevanza economica necessita di nuovi livelli di servizi definiti sulla base di parametri unitari ed omogenei – nonché per favorire l'unicità della titolarità tra la proprietà dei beni ad uso turistico-ricettivo e la relativa attività di gestione, compresi i processi di crescita dimensionale delle suddette imprese nel rispetto del patrimonio paesaggistico, ai sensi del decreto legislativo n. 42 del 22 gennaio 2004, e al fine di promuovere forme di turismo ecocompatibile.
Si dispone quindi che alla definizione dei criteri, delle procedure e delle modalità di attuazione delle disposizioni del comma in esame si provvede con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri da adottare, sentita la Conferenza permanente Stato-regioni, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge finanziaria 2007[52]. A tale previsione si è data attuazione con il DPCM 16 febbraio 2007[53]
Il citato comma 1228, come sostituito dall’articolo in esame, dispone invece che per le finalità di sviluppo del settore del turismo e per il suo posizionamento competitivo quale fattore produttivo di interesse nazionale, onde consentire la realizzazione di progetti di eccellenza per lo sviluppo e la promozione del sistema turistico nazionale, nonché il recupero della sua competitività sul piano internazionale, il Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo della Presidenza del Consiglio dei ministri può stipulare appositi protocolli di intesa con le regioni e gli enti locali, previa intesa con la Conferenza permanente Stato-regioni. Per il cofinanziamento delle iniziative e dei progetti presentati in attuazione di tale previsione, viene autorizzata la spesa di 48 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009. Il Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo provvede a cofinanziare le iniziative e i progetti in questione attraverso accordi di programma con le regioni territorialmente interessate.
Si ricorda che il comma 98 dell'articolo 2 del D.L. 262/2006[54], mediante una modifica all’articolo 1, comma 19-bis del D.L. 181/2006, incardina presso la Presidenza del Consiglio dei ministri il Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo,che subentra nelle funzioni alla Direzione generale del turismo[55] contestualmente soppressa[56].
La relazione tecnica non considera la norma che è stata introdotta nel corso dell’esame presso il Senato.
In merito ai profili di quantificazione, non si hanno osservazioni da formulare, considerato che la modifica dell’articolo 1128 della legge n. 296/2006 è stata introdotta al fine di semplificare le procedure per l’utilizzazione delle risorse già stanziate dal medesimo articolo.
In merito ai profili di copertura finanziaria, si ricorda che le modalità applicative del comma 1228 dell’articolo 1, della legge n. 296 del 2006, anche con riferimento alla destinazione delle risorse, sono state fissate dal D.P.C.M. 16 febbraio 2007 e dal decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo del 23 gennaio 2008. Peraltro, la procedura prevista nell’attuale formulazione del predetto comma 1228, per l’attuazione delle disposizioni da esso recato, che ha dato luogo all’emanazione dei suddetti due decreti, non viene riproposta nel nuovo testo del comma 1228.
Tutto ciò considerato, appare opportuno che il Governo chiarisca se l’ambito di applicazione del citato comma 1228, come modificato dalla norma in esame, coincida sostanzialmente con la normativa vigente, ivi inclusi i sopraindicati due decreti. Nel caso in cui la normativa proposta diverga invece dalle finalità di cui al vigente comma 1228, sembra opportuno che il Governo chiarisca se le relative risorse siano già state impegnate ed in caso affermativo se ciò possa essere compatibile con la realizzazione delle finalità della nuova disposizione in esame, a valere sulle medesime risorse.
Si ricorda che le risorse stanziate dal comma 1228 sono confluite nel bilancio della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Articolo 19
(ENIT – Agenzia nazionale del turismo)
TESTO approvato dalla Camera dei deputati |
TESTO modificato dal Senato della Repubblica |
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Art. 19. (ENIT - Agenzia nazionale del turismo). |
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1. Il Governo è autorizzato a modificare il comma 1 dell'articolo 5 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 aprile 2006, n. 207, in conformità ai commi 2, 3, 4 e 5 del presente articolo che restano in vigore nelle more dell'approvazione del nuovo regolamento. |
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2. Il consiglio di amministrazione dell'ENIT - Agenzia nazionale del turismo è composto da un presidente e nove membri. Alle riunioni del consiglio di amministrazione interviene, senza diritto di voto, il capo del Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo della Presidenza del Consiglio dei ministri. In caso di parità di voti, quello del presidente vale doppio. |
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3. La ripartizione dei nove seggi fra le amministrazioni e le associazioni di categoria è stabilita con decreto del sottosegretario di Stato con delega al turismo da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. |
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4. Effettuata la ripartizione di cui al comma 3, i componenti del consiglio di amministrazione sono nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. |
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5. Fino all'insediamento del nuovo consiglio di amministrazione le funzioni dell'organo collegiale di amministrazione dell'ENIT - Agenzia nazionale del turismo sono svolte da un commissario straordinario nominato secondo le norme vigenti. |
L’articolo 19, introdotto dal Senato, prevede modifiche alla disciplina relativa alla composizione e alle modalità di nomina del consiglio di amministrazione dell’Agenzia nazionale del turismo.
L’articolo 12 del decreto-legge n. 35/05[57] ha disposto, al comma 2, la trasformazione dell'Ente nazionale italiano per il turismo (ENIT)[58] in Agenzia Nazionale del Turismo, per una promozione unitaria dell'offerta turistica nazionale. Lo scopo di questa trasformazione rientra nella promozione dell’immagine unitaria dell’offerta turistica italiana per favorirne le condizioni di commercializzazione. L’Agenzia, qualificata come ente dotato di personalità giuridica di diritto pubblico, fornito di autonomia statutaria, regolamentare, organizzativa, patrimoniale, contabile e di gestione, è sottoposta all’attività di indirizzo e di vigilanza del Ministero delle attività produttive (ora: Ministero dello sviluppo economico). Tra i compiti della nuova Agenzia rientrano, in particolare, lo sviluppo e la cura del turismo culturale, da effettuarsi in raccordo con le iniziative di valorizzazione del patrimonio culturale e del turismo congressuale.
Il D.P.R. 6 aprile 2006, n. 207[59] reca l’organizzazione e la disciplina dell’Agenzia. In particolare, il decreto stabilisce funzioni e composizione dell'Agenzia, nonché le modalità di nomina e funzioni del Presidente dell'Agenzia, del Consiglio di Amministrazione, del Collegio dei Revisori e del Direttore Generale. Il provvedimento istituisce inoltre un Comitato tecnico-consultivo con funzioni consultive in merito alle attività dell'Agenzia, specificandone composizione, funzioni e modalità di nomina dei membri. Infine, esso istituisce, presso la Presidenza del Comitato nazionale per il turismo, l'Osservatorio nazionale del turismo "con compiti di studio, analisi e monitoraggio delle dinamiche economico-sociali".
In particolare, il comma 1 autorizza il Governo a modificare il comma 1 dell’art. 5 del DPR n. 207 del 2006 (che appunto disciplina la nomina e la composizione del citato consiglio di amministrazione), in conformità alle disposizioni di cui ai successivi commi da 2 a 5 dell’articolo in esame.
Viene quindi precisato che nelle more dell’emanazione del nuovo regolamento “restano in vigore” (rectius: “si applicano”) le disposizioni dei menzionati commi da 2 a 5.
Il citato art. 5 del DPR n. 207 del 2006 al comma 1 dispone che il consiglio di amministrazione dell’Agenzia nazionale del turismo è nominato con decreto del Ministro delle attività produttive (ora: Ministro dello sviluppo economico), d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, ed è composto, oltre al Presidente, al Coordinatore degli assessori regionali al turismo e al Direttore della Direzione generale per il turismo del Ministero delle attività produttive (alla quale è subentrato il Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo[60]), da tredici membri, di cui sei in rappresentanza delle regioni, designati dalla Conferenza permanente Stato-regioni, tre designati dalle organizzazioni di categoria maggiormente rappresentative, due designati dal Ministro delle attività produttive, uno designato dal Ministro degli affari esteri ed uno designato dall'Unioncamere.
In particolare, il comma 2 dispone che il consiglio di amministrazione dell’Agenzia nazionale del turismo è composto da un Presidente e nove membri e che alle riunioni del consiglio di amministrazione interviene, senza diritto di voto, il capo del Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo. In caso di parità di voti prevale quello del Presidente.
Ai sensi del comma 3, la ripartizione dei nove seggi fra le amministrazioni e le associazioni di categoria è stabilità con decreto del sottosegretario di Stato con delega al turismo che deve essere emanato entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame.
Il comma 4 stabilisce quindi che, effettuata la ripartizione dei seggi, i componenti del consiglio di amministrazione sono nominati con DPCM, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni.
Infine il comma 5 precisa che fino all'insediamento del nuovo consiglio di amministrazione le funzioni dell'organo collegiale di amministrazione dell'Agenzia sono svolte da un commissario straordinario nominato secondo la normativa vigente.
Le norme, introdotte con un emendamento approvato nel corso dell’esame al Senato, non sono corredate di relazione tecnica.
Al riguardo, con riferimento alla disposizione di cui al comma 5 - che prevede che le funzioni dell’organo collegiale di amministrazione dell’ENIT siano svolte da un commissario straordinario fino all’insediamento del nuovo consiglio di amministrazione – andrebbe chiarito con quali risorse si intenda far fronte ai relativi oneri.
Articolo 20
(Misure urgenti per l’efficienza del
Corpo forestale dello Stato)
TESTO approvato dalla Camera dei deputati |
TESTO modificato dal Senato della Repubblica |
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Art. 20. (Misure urgenti per l'efficienza del Corpo forestale dello Stato). |
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1. Al fine di garantire maggiore efficacia, efficienza e tempestività nell'azione amministrativa e nell'erogazione dei servizi nonché per razionalizzare ed economizzare le procedure, il Corpo forestale dello Stato, limitatamente all'anno 2009, è autorizzato ad assumere personale operaio a tempo determinato ai sensi dell'articolo 1 della legge 5 aprile 1985, n. 124, entro il limite di spesa di 3 milioni di euro.
2. All'onere derivante dall'attuazione del comma 1, pari a 3 milioni di euro per l'anno 2009, si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa relativa al Fondo per interventi strutturali di politica economica di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307. |
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3. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con proprio decreto, le occorrenti variazioni di bilancio. |
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4. Il comma 3 dell'articolo 8 del decreto legislativo 3 aprile 2001, n. 155, si applica anche agli idonei nominati, nell'anno 2008, nelle qualifiche dirigenziali ai sensi della lettera c) del comma 346 dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 244. Agli oneri derivanti dall'applicazione della presente disposizione, quantificati in euro 177.503,69 per il 2008, euro 24.037 per il 2009 ed euro 24.037 per il 2010, si provvede con gli stanziamenti fissati nella autorizzazione di spesa di cui alla lettera c) del comma 346 dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, che sono corrispondentemente ridotti di pari ammontare. |
L’articolo 20, introdotto al Senato, autorizza il Corpo forestale dello Stato, limitatamente all'anno 2009, ad assumere personale operaio a tempo determinato ai sensi dell'articolo 1 della legge 5 aprile 1985, n. 124[61], entro il limite di spesa di 3 milioni di euro, al fine di conseguire una maggiore efficacia, efficienza e tempestività nell'azione amministrativa e nell'erogazione dei servizi nonché di razionalizzare ed economizzare le procedure.
L‘articolo 1 della legge 124/1985 stabilisce che, fino all’ all'entrata in vigore della legge di definizione della disciplina generale dei parchi nazionali e delle riserve di cui all'articolo 83 del DPR 616/1977[62] e in deroga con le previsioni della legge 205/1962[63] e dell’articolo 9 della legge 130/1983[64], la gestione conservativa del patrimonio della ex Azienda di Stato per le foreste demaniali del Ministero dell'agricoltura e delle foreste, per fronteggiare le esigenze relative all'esecuzione dei lavori condotti in amministrazione diretta per la conservazione e la protezione dei beni indicati negli articoli 68 e 83 del DPR 616/1977[65], può ricorrere ad assunzioni di personale operaio con contratto a tempo indeterminato e a tempo determinato. Tali assunzioni, nonché il trattamento economico, sono regolati dalle norme sulla disciplina del contratto collettivo nazionale di lavoro e da quelle sul collocamento. Nella norma richiamata si specifica, tra l’altro, che l’operaio assunto ai sensi della legge 124 non acquista la qualifica di operaio dello Stato.http://bd01.leggiditalia.it/cgi-bin/FulShow?KEY=01LX0000110175ART0&NOTXT=1&SSCKEY=529114344&OPERA=01&NONAV=1&DS_POS=0&TIPO=5& - 2
Il comma 2 reca la norma di copertura finanziaria degli oneri derivanti dalle assunzioni disposte dal precedente comma, pari a 3 milioni di euro per il 2009. A tali oneri si provvede mediante riduzione dell'autorizzazione di spesa relativa al Fondo per interventi strutturali di politica economica, istituito dall'articolo 10, comma 5, del D.L. 282/2004[66].
Il citato comma 5 dell’art. 10 del citato decreto-legge n. 282/2004 ha previsto - al fine di agevolare il perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica - l’istituzione nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze di un apposito fondo, denominato “Fondo per interventi strutturali di politica economica". Il fondo viene in sostanza utilizzato in modo flessibile ai fini del reperimento delle risorse occorrenti a copertura di interventi legislativi recanti oneri finanziari.
Il Fondo è iscritto nell’ambito del Ministero dell’economia e finanze, Missione politiche economico finanziarie e di bilancio, u.p.b. 1.2.3, cap. 3075.
Nella legge di bilancio per il 2009 (legge n. 204/2008 e D.M. economia e finanze 30 dicembre 2008, recante la ripartizione in capitoli delle unità previsionali di base) il Fondo risulta dotato di 77,8 milioni di euro.
Per quanto concerne le effettive disponibilità di bilancio, si fa presente che a valere sulle disponibilità del Fondo per l’anno 2009 hanno trovato copertura finanziaria ulteriori provvedimenti legislativi adottati nell’ultimo trimestre 2008 e in corso d’anno.
In base alle informazioni fornite dalla Ragioneria generale dello Stato, alla data del 16 marzo 2009 sul Fondo per gli interventi strutturali di politica economica risultano disponibili, scontando i 3 milioni di euro utilizzati a copertura dalla norma in esame, circa 427.000 euro.
Il comma 3 autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze ad apportare con proprio decreto le occorrenti variazioni di bilancio.
Infine, il comma 4 dispone l’applicazione dell’articolo 8, comma 3 del D.lgs. 155/2001[67] agli idonei nominati nell’anno 2008, nelle qualifiche dirigenziali ai sensi dell’articolo 1, comma 346, lettera c) della legge 244/2007 (Finanziaria per il 2008).
Gli oneri derivanti dalla norma in esame sono quantificati in euro 177.503,69 per il 2008, euro 24.037 sia per il 2009 che per il 2010.
Alla copertura finanziaria di tali oneri si provvede mediante la riduzione degli stanziamenti di spesa autorizzati dall’articolo 1, comma 346, lettera c), della legge n. 244/2007 (legge finanziaria per il 2008).
L’articolo 8, comma 3, del decreto legislativo n. 155/2001, prevede che la nomina a primo dirigente del Corpo forestale dello Stato decorre a tutti gli effetti dal 1° gennaio dell'anno successivo a quello nel quale si sono verificate le vacanze ed è conferita secondo l'ordine della graduatoria. Ai fini della determinazione del posto in ruolo i vincitori del concorso precedono i funzionari che hanno superato il corso di formazione dirigenziale
L’articolo 1, comma 346, della legge 244/2007, ha disposto una serie di autorizzazioni di spesa volte ad assunzioni di personale, anche di qualifica dirigenziale, anche in deroga ai limiti previsti dalla normativa vigente, al fine di potenziare le attività di accertamento, ispettive e di contrasto alle frodi, di soccorso pubblico, di ispettorato e di controllo di altre amministrazioni statali, nonché al fine di ridurre gli oneri derivanti dall’applicazione della L. 24 marzo 2001, n. 89[68]. In particolare, la lettera c) dispone uno stanziamento di 1 milione di euro per il 2008, 8 milioni di euro per il 2009 e 16 milioni di euro annui a decorrere dal 2010 per assunzioni nel Corpo forestale dello Stato, anche nei ruoli iniziali nel limite delle vacanze dei ruoli superiori e con successivo riassorbimento al passaggio a tali ruoli, con la possibilità di utilizzazione delle graduatorie di idonei dei concorsi già banditi o conclusi, nonché per compensare gli effetti finanziari dell’eventuale deroga all’articolo 5, comma 5, ultimo periodo, della legge n. 36 del 2004[69]. Quest’ultima norma disponeva la modifica delle dotazioni organiche nell'ambito del ruolo direttivo dei funzionari e del ruolo dei dirigenti del Corpo forestale dello Stato attraverso l’istituzione della dirigenza a livello provinciale connessa alla funzione di comandante di ufficio provinciale.
La relazione tecnica non considera la norma, introdotta nel corso dell’esame in presso il Senato.
In merito ai profili di quantificazione si rileva che non si dispone di dati o parametri ai fini della valutazione della congruità della quantificazione del maggior onere disposto dalla norma di cui al comma 4. In particolare si rileva che il relativo emendamento introduttivo[70] è stato approvato in Aula con parere di semplice contrarietà della 5ª Commissione[71]. Nel corso della trattazione del provvedimento in Commissione in merito ad un emendamento[72] di sostanziale analogo contenuto normativo il rappresentante del Governo ha affermato, tra l’altro, che la proposta di applicazione del comma 3 dell’art. 8 (nomina a primo dirigente del Corpo Forestale dello Stato) del D.lgs. n. 155/2001 agli idonei nominati nella qualifica dirigenziale, si configura come un’innovazione normativa suscettibile di avere effetti retroattivi incompatibili con il disposto di cui al citato comma 346.
Nulla da osservare in merito a quanto disposto ai commi 1-3, essendo il maggiore onere previsto dalla norma autorizzato entro un limite massimo di spesa.
In merito ai profili di copertura finanziaria, con riferimento al comma 2, si rileva che il Fondo per interventi strutturali di politica economica del quale è previsto l’utilizzo, reca, come indicato nel prospetto riepilogativo depositato dal Governo nella seduta della Commissione bilancio della Camera del 24 febbraio 2009, le necessarie disponibilità.
Sotto il profilo formale si segnala che, a differenza di quanto previsto in casi analoghi, la norma anziché disporre la riduzione dello stanziamento iscritto nel Fondo, prevede una esplicita riduzione della relativa autorizzazione di spesa.
Con riferimento al comma 4, si rileva la necessità di acquisire un chiarimento da parte del Governo in merito alla riduzione anche per l’anno 2008 dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 346, della legge n. 244 del 2007, in considerazione del fatto che l’effettiva erogazione delle spettanze da attribuire ai dirigenti - relativamente all’anno 2008 - non potrà avvenire che nell’attuale esercizio finanziario. Appare inoltre opportuno acquisire una conferma da parte del Governo in merito alla disponibilità delle risorse utilizzate a copertura.
Inoltre, trattandosi di risorse stanziate in bilancio per finalità omogenee con gli interventi previsti dalla norma in esame, sembrerebbe opportuno, a fini di copertura, prevedere una formulazione in base alla quale agli oneri derivanti dalla norma si provvede “a valere” sulle risorse della autorizzazione di spesa di cui al citato comma 346, anziché disporre la riduzione della stessa.
Si segnala, infine, che dal punto di vista formale la clausola di copertura finanziaria, utilizzando l’inciso “quantificati”, non chiarisce se si tratti di un una previsione di spesa o, più presumibilmente, di un limite di spesa. Al riguardo, appare opportuno che il Governo chiarisca la natura della spesa al fine di riformulare in maniera conforme la relativa copertura finanziaria.
Articolo 21
(Trasparenza sulle retribuzioni dei
dirigenti e sui tassi di assenza
e di maggiore presenza del personale)
TESTO approvato dalla Camera dei deputati |
TESTO modificato dal Senato della Repubblica |
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Art. 14. (Trasparenza sulle retribuzioni dei dirigenti e sui tassi di assenza e di maggiore presenza del personale). |
Art. 21. (Trasparenza sulle retribuzioni dei dirigenti e sui tassi di assenza e di maggiore presenza del personale). |
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1. Ciascuna delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, ha l'obbligo di pubblicare nel proprio sito internet le retribuzioni annuali, i curricula vitae, gli indirizzi di posta elettronica e i numeri telefonici ad uso professionale dei dirigenti nonché di rendere pubblici, con lo stesso mezzo, i tassi di assenza e di maggiore presenza del personale distinti per uffici di livello dirigenziale. |
1. Ciascuna delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, ha l'obbligo di pubblicare nel proprio sito internet le retribuzioni annuali, i curricula vitae, gli indirizzi di posta elettronica e i numeri telefonici ad uso professionale dei dirigenti e dei segretari comunali e provinciali nonché di rendere pubblici, con lo stesso mezzo, i tassi di assenza e di maggiore presenza del personale distinti per uffici di livello dirigenziale. |
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2. Al comma 52-bis dell'articolo 3 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, sono apportate le seguenti modificazioni: |
2. Al comma 52-bis dell'articolo 3 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, la lettera c) è sostituita dalla seguente: |
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a) all'alinea, le parole: «31 ottobre 2008» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2008»; |
soppressa |
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b) la lettera c) è sostituita dalla seguente: |
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«c) obbligo, per la singola amministrazione o società che conferisca nel medesimo anno allo stesso soggetto incarichi che superino il limite massimo, di assegnare l'incarico medesimo secondo i princìpi del merito e della trasparenza, dando adeguatamente conto, nella motivazione dell'atto di conferimento, dei requisiti di professionalità e di esperienza del soggetto in relazione alla tipologia di prestazione richiesta e alla misura del compenso attribuito». |
«c) identica». |
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3. Il termine di cui all'alinea del comma 52-bis dell'articolo 3 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, è differito fino al sessantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della presente legge. |
L’articolo 21, al comma 1, pone a carico delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 165/2001[73] (si tratta in pratica della generalità delle pubbliche amministrazioni quali scuole e università, regioni ed enti locali, enti pubblici non economici, agenzie), l’obbligo di pubblicare nel proprio sito internet le retribuzioni annuali, i curricula vitae, gli indirizzi di posta elettronica e i numeri telefonici (ad uso professionale) dei dirigenti nonché di rendere pubblici, con la stessa modalità di comunicazione, i tassi di assenza e di maggiore presenza del personale distinti per uffici di livello dirigenziale di appartenenza.
Il Senato ha stabilito che gli obblighi di pubblicazione dei dati dei dirigenti sono estesi anche ai segretari comunali e provinciali.
I commi 2 e 3 apportano due modifiche (la prima delle quali sotto forma di novella) all’articolo 3, comma 52-bis della legge finanziaria 2008[74] (244/2007), in materia di operatività dei limiti agli emolumenti erogati dalle pubbliche amministrazioni.
La disposizione che qui si intende modificare in realtà è recentissima, essendo stata introdotta dall’art. 4-quater, comma 1, del D.L. 97/2008 recante proroghe di termini[75]. Nel testo vigente, essa prevede che le disposizioni della finanziaria 2008 relative alla ‘stretta’ sugli emolumenti dei dipendenti pubblici (commi 44-52)[76] siano applicabili a decorrere dalla data di entrata in vigore di un regolamento di delegificazione, da emanare entro il 31 ottobre 2008 sulla base dei seguenti criteri:
§ esclusione, dal computo che concorre alla definizione del limite, della retribuzione percepita dal dipendente pubblico presso l'amministrazione di appartenenza nonché del trattamento di pensione;
§ non applicabilità della disciplina agli emolumenti correlati a prestazioni professionali o a contratti d'opera di natura non continuativa nonché agli emolumenti determinati ai sensi dell'articolo 2389, terzo comma, del codice civile;
§ obbligo per la singola amministrazione o società, che conferisca nel medesimo anno allo stesso soggetto incarichi che superino il limite massimo, di fornire adeguata e specifica motivazione e dare pubblicità all'incarico medesimo;
§ obbligo per il soggetto che riceve un incarico di comunicare, all'amministrazione che conferisce l'incarico, tutti gli altri incarichi in corso, ai quali dare adeguata pubblicità;
§ individuazione di specifiche forme di vigilanza e controllo sulle modalità applicative della presente disciplina.
Il comma 2 modifica il criterio sopra indicato alla lettera c) che è sostituto dal seguente: obbligo per la singola amministrazione o società che conferisca nel medesimo anno allo stesso soggetto incarichi che superino il limite massimo, di assegnare l'incarico medesimo secondo i princìpi del merito e della trasparenza, dando adeguatamente conto, nella motivazione dell'atto di conferimento, dei requisiti di professionalità e di esperienza del soggetto in relazione alla tipologia di prestazione richiesta e alla misura del compenso attribuito.
Il comma 3, introdotto nel corso dell’esame da parte del Senato, differisce fino al 60° giorno successivo alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame il termine per l’adozione del citato regolamento di delegificazione (scaduto come si è detto il 31 ottobre 2008).
Nel testo approvato dalla Camera dei deputati (A.C. 1441) il termine per l’adozione del regolamento veniva prorogato al 31 dicembre 2008 (art. 14, comma 2 lett. a).
In sostanza: è ampliato il termine finale per rendere operativa la disciplina limitativa; si regola in maniera più dettagliata il conferimento di incarichi che superino il limite massimo, attraverso la menzione dei princìpi del merito e della trasparenza e la specificazione del contenuto necessario della motivazione (viene meno però la previsione dell’obbligo espresso di “dare pubblicità” all’incarico sopra-soglia, probabilmente assorbita dal concetto di trasparenza).
La relazione tecnica non considera la norma che è stata introdotta nel corso dell’esame presso il Senato.
Nulla da osservare al riguardo, in quanto alle disposizioni volte a limitare i compensi dei pubblici dipendenti recate dalla finanziaria 2008, in relazione alle quali viene differito il termine per l’emanazione delle modalità applicative, non erano stati ascritti effetti finanziari. Si osserva che la nuova disciplina è suscettibile di determinare una riduzione dei risparmi conseguibili sulla base della normativa attualmente in vigore. Tale riduzione non rileva, tuttavia, ai fini dei saldi di finanza pubblica, tenuto conto che alla normativa in questione non sono ascritti effetti.
Articolo 22
(Spese di funzionamento e disposizioni in
materia di gestione
delle risorse umane)
TESTO approvato dalla Camera dei deputati |
TESTO modificato dal Senato della Repubblica |
Art. 15. (Spese di funzionamento). |
Art. 22. (Spese di funzionamento e disposizioni in materia di gestione delle risorse umane). |
1. Dopo l'articolo 6 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, è inserito il seguente: |
1. Identico. |
«Art. 6-bis. - (Misure in materia di organizzazione e razionalizzazione della spesa per il funzionamento delle pubbliche amministrazioni). - 1. Le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, nonché gli enti finanziati direttamente o indirettamente a carico del bilancio dello Stato sono autorizzati, nel rispetto dei princìpi di concorrenza e di trasparenza, ad acquistare sul mercato i servizi, originariamente prodotti al proprio interno, a condizione di ottenere conseguenti economie di gestione e di adottare le necessarie misure in materia di personale e di dotazione organica. |
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2. Relativamente alla spesa per il personale e alle dotazioni organiche, le amministrazioni interessate dai processi di cui al presente articolo provvedono al congelamento dei posti e alla temporanea riduzione dei fondi della contrattazione, fermi restando i conseguenti processi di riduzione e di rideterminazione delle dotazioni organiche nel rispetto dell'articolo 6 nonché i conseguenti processi di riallocazione e di mobilità del personale. |
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3. I collegi dei revisori dei conti e gli organi di controllo interno delle amministrazioni che attivano i processi di cui al comma 1 vigilano sull'applicazione del presente articolo, dando evidenza, nei propri verbali, dei risparmi derivanti dall'adozione dei provvedimenti in materia di organizzazione e di personale, anche ai fini della valutazione del personale con incarico dirigenziale di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286». |
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2. All'articolo 7, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, come da ultimo modificato dall'articolo 46, comma 1, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, al penultimo capoverso, sono apportate le seguenti modificazioni: |
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a) le parole: «di contratti d'opera» sono sostituite dalle seguenti: «di contratti di collaborazione di natura occasionale o coordinata e continuativa»; |
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b) le parole: «o dei mestieri artigianali» sono sostituite dalle seguenti: «, dei mestieri artigianali o dell'attività informatica nonché a supporto dell'attività didattica e di ricerca, per i servizi di orientamento, compreso il collocamento, e di certificazione dei contratti di lavoro di cui al decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, purché con oneri esterni non a carico del bilancio». |
L’articolo 22 dispone alcune modifiche al D.lgs. 165/2001[77].
Il comma 1 introduce l’articolo 6-bis, recante misure in materia di organizzazione e razionalizzazione della spesa per il funzionamento delle pubbliche amministrazioni.
Il comma 1 autorizza le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2 del D.lgs. 165/2001[78], nonché gli enti finanziati direttamente o indirettamentea carico del bilancio dello Stato, nel rispetto dei principi di concorrenza e di trasparenza, ad acquistare sul mercato i servizi, originariamente prodotti al proprio interno, a condizione di ottenere conseguenti economie di gestione e di adottare le necessarie misure in materia di personale e di dotazione organica.
Il comma 2, con riferimentoalla spesa per il personale e alle dotazioni organiche, prevede che le stesse amministrazioni provvedano al congelamento dei posti e alla temporanea riduzione dei fondi della contrattazione, fermi restando i conseguenti processi di riduzione e di rideterminazione delle dotazioni organiche (nel rispetto dell'articolo 6), nonché i conseguenti processi di riallocazione e di mobilità del personale.
Si ricorda che l’articolo 6, comma 1, del D.Lgs 165/2001, recante l’organizzazione e la disciplina degli uffici e dotazioni organiche, dispone che nelle amministrazioni pubbliche l'organizzazione e la disciplina degli uffici, nonché la consistenza e la variazione delle dotazioni organiche sono determinate in funzione delle finalità indicate nel precedente articolo 1, comma 1, previa verifica degli effettivi fabbisogni e previa consultazione delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative. Le amministrazioni pubbliche, inoltre, curano l'ottimale distribuzione delle risorse umane attraverso la coordinata attuazione dei processi di mobilità e di reclutamento del personale.
Il comma 3prevedeche i collegi dei revisori dei conti e gli organi di controllo interno delle amministrazioni, che attivano i processi sopra esposti al comma 1, vigilino sull'applicazione di quanto stabilito nell’articolo in esame, evidenziando, nei propri verbali, i risparmi derivanti dall'adozione dei provvedimenti in materia di organizzazione e di personale, anche ai fini della valutazione del personale con incarico dirigenziale di cui all'articolo 5 del D.lgs. 286/1999[79].
Il successivo comma 2 modifica in più parti l’articolo 7, comma 6, del D.lgs. 165/2001.
L’articolo 7, comma 6, del D.lgs. 165/2001, stabilisce che le amministrazioni pubbliche, per rispondere ad esigenze non fronteggiabili con il personale in servizio, possano conferire incarichi individuali ad esperti di provata specializzazione anche universitaria, determinando preventivamente durata, luogo, oggetto e compenso della collaborazione. Le prestazioni devono corrispondere alle competenze dell’amministrazione conferente, ad obiettivi e progetti specifici, coerente con le esigenze di funzionalità della stessa amministrazione. Inoltre, tali prestazioni, di cui sia preliminarmente accertata l’impossibilità di espletare con risorse umane interne all’amministrazione, devono essere natura temporanea e altamente qualificata.
Con la modifica in esame si interviene sulla parte dell’articolo 7, comma 6, in cui si stabilisce che si prescinde dal requisito della comprovata specializzazione universitaria in caso di stipulazione di contratti d'opera per attività che debbano essere svolte da professionisti iscritti in ordini o albi o con soggetti che operino nel campo dell'arte, dello spettacolo o dei mestieri artigianali, ferma restando la necessità di accertare la maturata esperienza nel settore. In particolare
§ da un lato, si introduce il riferimento ai contratti di collaborazione di natura occasionale o coordinata e continuativa, in luogo di quello ai contratti d’opera, come indicato nel testo attualmente in vigore della norma;
§ dall’altro, tra i soggetti incaricati, oltre a coloro che operano nel campo dei mestieri artigianali, sono indicati quelli dell'attività informatica e del supporto dell'attività didattica e di ricerca, per i servizi di orientamento, compreso il collocamento, e di certificazione dei contratti di lavoro di cui al D.lgs. 276/2003, purché con oneri esterni non a carico del bilancio.
In merito ai profili di copertura finanziaria, appare opportuno che il Governo confermi se l’espressione “con oneri esterni non a carico del bilancio” stia ad indicare che dall’attuazione della disposizione non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato. Nel caso il Governo confermi tale interpretazione, sarebbe opportuno modificare la formulazione della disposizione.
Si ricorda che sulla proposta emendativa con la quale è stata introdotta la disposizione in esame (emendamento 18.100 dei relatori), la Commissione bilancio del Senato, nella seduta del 26 febbraio 2009, aveva espresso un parere di contrarietà non motivato ai sensi dell’articolo 81, quarto comma, della Costituzione.
Articolo 23
(Diffusione delle buone prassi nelle
pubbliche amministrazione e tempi per l’adozione dei provvedimenti o per
l’erogazione dei servizi al pubblico)
TESTO approvato dalla Camera dei deputati |
TESTO modificato dal Senato della Repubblica |
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Art. 18. (Diffusione delle buone prassi nelle pubbliche amministrazioni e tempi per l'adozione dei provvedimenti o per l'erogazione dei servizi al pubblico). |
Art. 23. (Diffusione delle buone prassi nelle pubbliche amministrazioni e tempi per l'adozione dei provvedimenti o per l'erogazione dei servizi al pubblico). |
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1. Le amministrazioni pubbliche statali, individuati nel proprio ambito gli uffici che provvedono con maggiore tempestività ed efficacia all'adozione di provvedimenti o all'erogazione di servizi, che assicurano il contenimento dei costi di erogazione delle prestazioni, che offrono i servizi di competenza con modalità tali da ridurre significativamente il contenzioso e che assicurano il più alto grado di soddisfazione degli utenti, adottano le opportune misure al fine di garantire la diffusione delle relative buone prassi tra gli altri uffici. |
1. Identico. |
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2. Le prassi individuate ai sensi del comma 1 sono pubblicate nei siti telematici istituzionali di ciascuna amministrazione e comunicate alla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica. |
2. Identico. |
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3. L'elaborazione e la diffusione delle buone prassi sono considerate ai fini della valutazione dei dirigenti e del personale. |
3. Identico. |
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4. In sede di Conferenza unificata, di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, sono conclusi accordi tra lo Stato, le regioni e gli enti locali per l'individuazione e la diffusione di buone prassi per le funzioni e i servizi degli enti territoriali. |
4. Identico. |
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5. Al fine di aumentare la trasparenza dei rapporti tra le amministrazioni pubbliche e gli utenti, a decorrere dal 1o gennaio 2009 ogni amministrazione pubblica determina e pubblica, con cadenza annuale, nel proprio sito internet o con altre forme idonee: |
5. Identico. |
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a) un indicatore dei propri tempi medi di pagamento relativi agli acquisti di beni, servizi e forniture, denominato «indicatore di tempestività dei pagamenti»; |
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b) i tempi medi di definizione dei procedimenti e di erogazione dei servizi con riferimento all'esercizio finanziario precedente. |
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6. Con decreto del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definite le modalità di attuazione dell'obbligo informativo di cui al comma 5, lettera a), avuto riguardo all'individuazione dei tempi medi ponderati di pagamento con riferimento, in particolare, alle tipologie contrattuali, ai termini contrattualmente stabiliti e all'importo dei pagamenti. |
6. Con decreto del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata, da adottare entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definite le modalità di attuazione dell'obbligo informativo di cui al comma 5, lettera a), avuto riguardo all'individuazione dei tempi medi ponderati di pagamento con riferimento, in particolare, alle tipologie contrattuali, ai termini contrattualmente stabiliti e all'importo dei pagamenti. |
L’articolo 23, modificato dal Senato limitatamente al comma 6, promuove l’individuazione e la diffusione delle buone prassi in uso presso gli uffici delle pubbliche amministrazioni pubbliche statali e introduce l’obbligo per le medesime amministrazioni di pubblicare, sul proprio sito web o con idonee modalità, un indicatore dei tempi medi di pagamento dei beni, dei servizi e delle forniture acquistate nonché dei tempi medi di definizione dei procedimenti e di erogazione dei servizi resi all'utenza.
Ai sensi del comma 1 le amministrazioni pubbliche statali, per conseguire un miglioramento dell’efficacia della complessiva azione amministrativa, individuano tra i propri uffici quelli che:
§ adottano i provvedimenti o erogano i servizi con maggiore tempestività ed efficacia;
§ assicurano il contenimento dei costi di erogazione delle prestazioni;
§ offrono i servizi di competenza con modalità tali da ridurre significativamente il contenzioso;
§ assicurano il più alto grado di soddisfazione degli utenti.
Una volta individuati gli uffici che operano in maniera maggiormente efficace, le amministrazioni debbono introdurre le opportune misure per diffondere le relative buone prassi agli altri uffici.
Il comma 2 dispone la pubblicazione delle buone prassi sui siti telematici istituzionali di ciascuna amministrazione e la loro comunicazione al Dipartimento della funzione pubblica.
Il comma 3 stabilisce che l'elaborazione e la diffusione delle buone prassi sono considerate ai fini della valutazione professionale dei dirigenti e del personale.
Per garantire la diffusione delle buone prassi anche a livello locale, il comma 4 prevede che, in sede di Conferenza unificata, siano conclusi accordi tra lo Stato, le regioni e gli enti locali per promuovere l’individuazione e la diffusione delle buone prassi tra gli enti territoriali.
I successivi due commi sono finalizzati ad accrescere la trasparenza nei rapporti tra le amministrazioni pubbliche e gli utenti.
Il comma 5 impone a ciascuna amministrazione pubblica, a partire dal 1° gennaio 2009, di pubblicare con periodicità annuale, sul proprio sito web o con altre modalità idonee:
§ un indicatore dei tempi medi di pagamento dei beni, dei servizi e delle forniture acquistate (denominato indicatore di tempestività dei pagamenti);
§ i tempi medi di definizione dei procedimenti e di erogazione dei servizi resi all'utenza con riferimento all’esercizio precedente.
Riguardo alla sola pubblicazione dei tempi di pagamento, le modalità attuative dell'obbligo informativo in capo alle pubbliche amministrazioni sono rimesse, ai sensi del comma 6, ad un decreto del ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, da emanarsi di concerto con il ministro dell'economia e delle finanze entro un mese dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame. Ai fini dell’adozione del decreto di cui sopra, secondo quanto previsto da una modifica introdotta al Senato, viene acquisito il parere della Conferenza unificata, presumibilmente in quanto l’obbligo di pubblicazione dei dati sul sito web grava anche sugli enti territoriali.
Articolo 24
(Riorganizzazione del Centro nazionale
per l'informatica nella pubblica amministrazione, del Centro di formazione
studi e della Scuola superiore della pubblica amministrazione)
TESTO approvato dalla Camera dei deputati |
TESTO modificato dal Senato della Repubblica |
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Art. 19. (Riorganizzazione del Centro nazionale per l'informatica nella pubblica amministrazione, del Centro di formazione studi e della Scuola superiore della pubblica amministrazione). |
Art. 24. (Riorganizzazione del Centro nazionale per l'informatica nella pubblica amministrazione, del Centro di formazione studi e della Scuola superiore della pubblica amministrazione). |
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1. Al fine di realizzare un sistema unitario di interventi nel campo della formazione dei pubblici dipendenti, della riqualificazione del lavoro pubblico, dell'aumento della sua produttività, del miglioramento delle prestazioni delle pubbliche amministrazioni e della qualità dei servizi erogati ai cittadini e alle imprese, della misurazione dei risultati e dei costi dell'azione pubblica, nonché della digitalizzazione delle pubbliche amministrazioni, il Governo è delegato ad adottare, secondo le modalità e i princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi di riassetto normativo finalizzati al riordino del Centro nazionale per l'informatica nella pubblica amministrazione (CNIPA), del Centro di formazione studi (FORMEZ) e della Scuola superiore della pubblica amministrazione (SSPA), secondo i seguenti princìpi e criteri direttivi: |
1. Al fine di realizzare un sistema unitario di interventi nel campo della formazione dei pubblici dipendenti, della riqualificazione del lavoro pubblico, dell'aumento della sua produttività, del miglioramento delle prestazioni delle pubbliche amministrazioni e della qualità dei servizi erogati ai cittadini e alle imprese, della misurazione dei risultati e dei costi dell'azione pubblica, nonché della digitalizzazione delle pubbliche amministrazioni, il Governo è delegato ad adottare, secondo le modalità e i princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi di riassetto normativo finalizzati al riordino, alla trasformazione, fusione o soppressione del Centro nazionale per l'informatica nella pubblica amministrazione (CNIPA), del Centro di formazione studi (FORMEZ) e della Scuola superiore della pubblica amministrazione (SSPA), secondo i seguenti princìpi e criteri direttivi: |
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a) ridefinizione delle missioni e delle competenze e riordino degli organi, in base a princìpi di efficienza, efficacia ed economicità, anche al fine di assicurare un sistema coordinato e coerente nel settore della formazione e della reingegnerizzazione dei processi produttivi della pubblica amministrazione centrale e delle amministrazioni locali; |
a) identica; |
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b) trasformazione, fusione o soppressione degli organismi di cui al presente comma in coerenza con la ridefinizione delle competenze degli stessi ai sensi della lettera a); |
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b) raccordo con le altre strutture, anche di natura privatistica, operanti nel settore della formazione e dell'innovazione tecnologica; |
c) identica; |
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c) riallocazione delle risorse umane e finanziarie in relazione alla riorganizzazione e alla razionalizzazione delle competenze. |
d) identica. |
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2. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Alle attività previste dal presente articolo si provvede nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali previste dalla legislazione vigente. |
2. Identico. |
L’articolo 24, al comma 1, delega il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi di riassetto normativo aventi ad oggetto il riordino, la trasformazione, la fusione o la soppressione (queste ultime tre indicazioni sulle modalità di attuazione della delega sono state aggiunte nel corso dell’esame al Senato) del Centro nazionale per l'informatica nella pubblica amministrazione (CNIPA), del Centro di formazione studi (Formez) e della Scuola superiore della pubblica amministrazione (SSPA).
La delega è conferita per il conseguimento delle seguenti finalità: realizzare un sistema unitario di interventi nel campo della formazione dei dipendenti pubblici; della riqualificazione del lavoro pubblico e dell’aumento della sua produttività; del miglioramento delle prestazioni delle pubbliche amministrazioni e della qualità dei servizi erogati ai cittadini e alle imprese; della misurazione dei risultati e dei costi dell'azione pubblica; della digitalizzazione delle pubbliche amministrazioni.
Per quanto riguarda la Scuola superiore di pubblica amministrazione, la disposizione sostituisce il progetto di riordino previsto dalla legge finanziaria 2007 e di recente abrogato dal D.L. 112/2008 (conv. dalla L. 133/2008)[80].
Il termine per l’esercizio della delega è di un anno dall’entrata in vigore del provvedimento in esame.
Per le modalità di adozione dei decreti legislativi, si fa riferimento alla procedura che l’art. 11 della L. 59/1997[81] (il rinvio a tale disposizione, anziché all’art. 20 della medesima legge come era previsto nel testo approvato dalla Camera, è stato introdotto dal Senato) ha stabilito per i decreti legislativi con cui si è proceduto ad una complessiva riorganizzazione dell’amministrazione statale (vedi infra), attuata in connessione con il processo di trasferimento di funzioni e compiti dello Stato alle regioni ed enti locali delineato dalla stessa legge.
La procedura dettata dall’art. 11, comma 2, prevede che i decreti siano emanati previa acquisizione del parere della Commissione parlamentare consultiva sull’attuazione della riforma amministrativa[82] e che debbano essere resi entro il termine di 30 giorni dalla trasmissione dei relativi schemi.
Quanto alla determinazione dei princípi e criteri direttivi, si fa innanzitutto rinvio, come per le procedure di adozione di cui sopra, ai princípi e criteri generali contenuti nel citato art. 11 della L. 59/1997.
L'art. 11 della legge 59/1997 ha conferito una delega al Governo per riordinare:
§ la Presidenza del Consiglio e i Ministeri (comma 1, lettera a));
§ gli enti pubblici non operanti nei settori della previdenza (comma 1, lettera b));
§ gli strumenti di valutazione dell'attività amministrativa (comma 1, lettera c));
§ gli interventi di promozione e sostegno della ricerca scientifica e gli organismi che operano nel settore (comma 1, lettera d));
§ la dirigenza pubblica, le procedure di contrattazione collettiva e la giurisdizione sulle controversie di lavoro dei pubblici dipendenti (comma 4).
I successivi articoli 12, 14, 17 e 18 recano i principi direttivi cui il Governo era tenuto ad attenersi per l’esercizio delle deleghe previste rispettivamente dalle lettere a), b), c) e d).
In attuazione della delega conferita dalla L. 59/1997 (in particolare, degli artt. 11, comma 1, lettera a), e 12, comma 1, lettere s) e t)[83]), si è proceduto alla riorganizzazione della SSPA (con il D.Lgs. 287/1999[84]) e del Formez (D.Lgs. 285/1999[85]).
In secondo luogo, l’articolo in esame individua specifici principi e criteri direttivi per l’esercizio delle delega (lettere a), b), c) e d) del comma 1), quali:
§ la ridefinizione delle missioni e delle competenze delle tre strutture e il riordino dei loro organi, secondo i princìpi di efficienza, efficacia ed economicità, anche con l’intento di assicurare un sistema coordinato e coerente nel settore della formazione e della reingegnerizzazione dei processi produttivi della pubblica amministrazione centrale e delle amministrazioni locali;
§ la trasformazione, fusione o soppressione dei medesimi organismi in coerenza con la ridefinizione delle loro competenze (questo principio direttivo è stato aggiunto nel corso dell’esame al Senato in connessione con la modifica dell’oggetto della delega, vedi supra);
§ il raccordo con le altre strutture, pubbliche e private, che operano nei medesimi settori della formazione e dell'innovazione tecnologica;
§ la riallocazione delle risorse umane e finanziarie in relazione alla riorganizzazione e alla razionalizzazione delle competenze.
Il comma 2 dell’articolo in esame dispone che dall'attuazione della delega non debbano derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, dovendosi provvedere alle attività previste nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali previste dalla legislazione vigente.
Articolo 25
(Trasformazione in fondazione del Centro
per la documentazione
e la valorizzazione delle arti contemporanee)
TESTO approvato dalla Camera dei deputati |
TESTO modificato dal Senato della Repubblica |
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Art. 25. (Trasformazione in fondazione del Centro per la documentazione e la valorizzazione delle arti contemporanee). |
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1. Il Centro per la documentazione e la valorizzazione delle arti contemporanee, istituito dall'articolo 1 della legge 12 luglio 1999, n. 237, è trasformato con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali in fondazione di diritto privato ed assume la denominazione di «Fondazione MAXXI - Museo nazionale delle arti del XXI secolo» svolgendo i compiti già propri del Centro suddetto anche attraverso la realizzazione, la gestione e la promozione dei Musei «MAXXI Arte» e «MAXXI Architettura». Con il medesimo decreto, il Ministro per i beni e le attività culturali approva lo statuto della Fondazione, che prevede l'esercizio da parte del Ministero della vigilanza sul conseguimento di livelli adeguati di pubblica fruizione delle opere d'arte e delle raccolte in uso o nella titolarità della Fondazione, e conferisce in uso mediante assegnazione al fondo di dotazione della Fondazione il compendio immobiliare sito in Roma, via Guido Reni - via Masaccio e le raccolte individuati con decreto ministeriale. Alla Fondazione, oltre al Ministero per i beni e le attività culturali, possono partecipare in qualità di soci fondatori promotori, mediante la sottoscrizione dell'atto costitutivo, gli enti pubblici territoriali nel cui ambito la Fondazione ha sede. Possono diventare soci, previo consenso dei soci fondatori promotori, altri soggetti, pubblici e privati, i quali contribuiscano ad incrementare il fondo di dotazione e il fondo di gestione della Fondazione. A decorrere dalla data di adozione dello statuto della Fondazione, è abrogata la lettera z) del comma 2 dell'articolo 7 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 novembre 2007, n. 233, e, al comma 4 dello stesso articolo 7, sono soppresse le parole: «, compreso il Centro per la documentazione e la valorizzazione delle arti contemporanee», intendendosi soppresso anche il corrispondente ufficio di cui al medesimo comma 4. |
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2. Per la partecipazione del Ministero per i beni e le attività culturali al fondo di gestione della Fondazione è autorizzata, a titolo di contributo per le spese di funzionamento, la spesa rispettivamente di euro 1.637.544 per l'anno 2009, di euro 1.833.125 per l'anno 2010 e di euro 1.406.533 a decorrere dall'anno 2011, allo scopo intendendosi corrispondentemente ridotta l'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 11, della legge 12 luglio 1999, n. 237, e successive modificazioni. |
L’articolo 25, introdotto dal Senato, prevede, al comma 1, cheil Centro per la documentazione e la valorizzazione delle arti contemporanee, di cui all’art. 1 della L. 237/1999[86], sia trasformato in fondazione di diritto privato e assuma la denominazione di Fondazione MAXXI – Museo nazionale delle arti del XXI secolo (di seguito indicata come Fondazione MAXXI). Alla Fondazione sono assegnati i compiti precedentemente svolti dal Centro per la documentazione, anche attraverso la realizzazione, la gestione e la promozione dei Musei “MAXXI Arte” e “MAXXI Architettura”.
L’art. 1 della L. 237/1999 ha istituito il Centro per la documentazione e la valorizzazione delle arti contemporanee in Roma, con il compito di raccogliere, conservare, valorizzare ed esporre le testimonianze materiali della cultura visiva internazionale, favorire la ricerca, nonché svolgere manifestazioni e attività connesse. La legge ha, inoltre, stabilito, che il Centro sia sede del Museo delle Arti contemporanee e ha istituito, presso il medesimo, il Museo dell’architettura, prevedendo risorse finanziarie per la progettazione e la realizzazione della sede, nonché per il funzionamento e per l’acquisizione delle opere[87].
Il Centro ha autonomia scientifica, organizzativa, amministrativa e finanziaria. Attualmente, è uno dei cinque uffici dirigenziali non generali della del Direzione generale per la qualità e la tutela del paesaggio, l'architettura e l'arte contemporanee (PARC) del Ministero per i beni e le attività culturali (MIBAC).
L’istituzione della Fondazione avviene con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali, con il quale viene anche approvato lo statuto. Quest’ultimo prevede che il MIBAC eserciti la vigilanza sul conseguimento di adeguati livelli di fruizione, da parte dell’utenza pubblica, delle opere d’arte e delle raccolte in uso o nella titolarità della stessa Fondazione. Inoltre, il decreto conferisce in uso mediante assegnazione al fondo di dotazione della Fondazione il compendio immobiliare sito in Roma, via Guido Reni – Via Masaccio[88] e le raccolte.
Con riferimento a quest’ultimo passaggio, sembrerebbe opportuno chiarire il riferimento all’individuazione “con decreto ministeriale”, in considerazione del fatto che già la concessione in uso è disposta con decreto.
Oltre al MIBAC, possano essere soci fondatori promotori, partecipando alla sottoscrizione dell’atto costitutivo, anche gli enti pubblici territoriali nel cui ambito la Fondazione ha sede.
Possono, inoltre, diventare soci, previo consenso dei soci fondatori promotori, ulteriori soggetti, pubblici o privati, purché contribuiscano ad incrementare il fondo di dotazione ed il fondo di gestione della Fondazione.
Nell’ordinamento giuridico italiano, la disciplina normativa delle fondazioni è recata dal codice civile (artt. 14-35). L’istituto viene classicamente definito come “stabile organizzazione predisposta per la destinazione di un patrimonio ad un determinato scopo di pubblica utilità[89]”.
Al pari delle associazioni, la fondazione rientra, dunque, nel novero delle organizzazioni collettive mediante le quali i privati perseguono scopi che superano la sfera individuale. Secondo la tradizionale ricostruzione della dottrina, a differenza delle società, fondazioni e associazioni si caratterizzano per l’assenza di uno scopo di lucro (distribuzione di utili). Tuttavia, per quanto concerne la fondazione, l’opinione dominante nella dottrina ne individua la peculiarità non tanto in questo criterio negativo, quanto, piuttosto, nel perseguimento di fini di rilevante interesse collettivo.
Il codice civile stabilisce, innanzitutto, i requisiti dell’atto costitutivo e dello statuto della fondazione, con i quali il fondatore enuncia un determinato scopo, predispone la struttura organizzativa che dovrà provvedere alla sua realizzazione e la fornisce dei mezzi patrimoniali necessari, nonché regola i profili relativi alle responsabilità degli amministratori, all’estinzione e alla trasformazione della fondazione. La disciplina recata dal codice è completata dalle norme del DPR 10 febbraio 2000, n. 361, con il quale è stato riformato il procedimento per l’acquisto della personalità giuridica ed il sistema dei controlli sulle persone giuridiche private[90].
Accanto al modello codicistico, occorre, peraltro, sottolineare che, negli ultimi anni, il legislatore ha fatto più volte ricorso alla forma organizzativa della fondazione, dettando singole discipline settoriali per specifiche categorie di enti. Si ricordano, ad esempio, la normativa relativa alle fondazioni bancarie[91], quella relativa alle fondazioni lirico-sinfoniche[92], quella relativa alle fondazioni universitarie[93]. Da ultimo, si ricorda l’art. 16 del d.l. n. 112/2008[94] che ha introdotto la facoltà per le università di trasformarsi in fondazioni di diritto privato mediante delibera del Senato accademico, soggetta ad approvazione ministeriale[95].
Al riguardo, si evidenzia che in dottrina è stato rilevato che, in relazione alla presenza, nelle discipline speciali previste per ciascun tipo di fondazione, di uno o più degli indici rivelatori di pubblicità, “spesso […] la conclusione è che il singolo soggetto volta per volta analizzato non è una fondazione di diritto privato, bensì un ente pubblico, qualunque sia il nomen utilizzato dal legislatore”[96].
Quanto agli indici rivelatori della pubblicità, così come ricavati dalla nozione comunitaria di organismo di diritto pubblico[97] essi attengono, oltre che al possesso della personalità giuridica, al finanziamento dell’attività in modo maggioritario da parte dello Stato o di altri enti pubblici o organismi di diritto pubblico; alla gestione soggetta a controllo da parte dei pubblici poteri; al fatto che gli organi di amministrazione, direzione o vigilanza sono costituiti a maggioranza da membri designati dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico; al fatto, infine, che l’istituzione dell’ente sia volta a soddisfare specificamente bisogni di interesse generale non aventi carattere industriale o commerciale.
Con riferimento specifico all’ambito dei servizi museali e culturali, si ricorda che la forma gestionale della fondazione, per la sua caratteristica non lucrativa, è stata ritenuta particolarmente idonea, portando, in particolare, nel tempo, a far emergere lo schema della c.d. fondazione di partecipazione. Questa è divenuta strumento tipico di gestione dei beni culturali statali a far data dal D.lgs. n. 368 del 1998[98], che ha previsto la possibilità per il Ministero per i beni e le attività culturali, ai fini della gestione dei servizi relativi ai beni culturali di interesse nazionale, di costituire o partecipare ad associazioni, fondazioni o società (articolo 10, comma 1, lett. b).
In attuazione di quanto disposto dalla norma richiamata, è stato adottato il D.M. n. 491 del 2001[99], ai sensi del quale il Ministero può costituire fondazioni aventi personalità giuridica di diritto privato, ovvero parteciparvi allo scopo di perseguire il più efficace esercizio delle proprie funzioni e, in particolare, della gestione e valorizzazione dei beni culturali e della promozione delle attività culturali.
La materia è stata, da ultimo, modificata dal D.lgs. n. 156 del 2006[100], che ha disposto l’abrogazione esplicita dell’articolo 10 del D.lgs. n. 368 del 1998, parallelamente alla ‘riscrittura’ degli artt. 112 e 115 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, concernenti la valorizzazione e la gestione dei beni culturali di appartenenza pubblica interni agli istituti e luoghi della cultura.
In particolare, l’art. 112 (commi 4, 5, 8) prevede che Stato, regioni ed altri enti pubblici territoriali stipulano accordi per definire strategie ed obiettivi comuni di valorizzazione, nonché per elaborare i conseguenti piani strategici di sviluppo culturale. Per l’elaborazione e lo sviluppo di tali piani, possono essere costituiti appositi soggetti giuridici, ai quali possono partecipare privati proprietari di beni culturali, nonché persone giuridiche private senza scopo di lucro, anche quando non dispongano di beni culturali che siano oggetto della valorizzazione, a condizione che l’intervento in tale settore di attività sia per esse previsto dalla legge o dallo statuto.
Conseguentemente, si prevede che, a decorrere dalla data di adozione dello statuto della fondazione, è abrogata la disposizione del Regolamento di organizzazione del MIBAC che prevede che il Direttore generale della Direzione generale per la qualità e la tutela del paesaggio, l'architettura e l'arte contemporanee (PARC) coordina ed indirizza le attività del Centro per la documentazione (art. 7, c. 2, lett. z), del D.P.R. 233/2007[101]). Si dispone, inoltre, indirettamente, la soppressione del relativo ufficio dirigenziale non generale, di cui al c. 4 del medesimo art. 7.
Potrebbe essere opportuno chiarire se l’abrogazione dell’art. 7, c. 2, lett. z), del DPR 233/2007 interverrà a decorrere dalla data di adozione dello statuto della Fondazione – presumibilmente da parte degli organi competenti – ovvero a decorrere dalla data di approvazione dello stesso con decreto ministeriale.
Il comma 2 reca l’autorizzazione di spesa per la partecipazione del MIBAC, a titolo di contributo per le spese di funzionamento, al fondo di gestione della Fondazione MAXXI. In particolare, è autorizzata la spesa di 1.637.544 euro per l’anno 2009, di 1.833.125 euro per l’anno 2010 e di 1.406.533 euro a decorrere dall’anno 2011, intendendosi corrispondentemente ridotta l’autorizzazione di spesa recata dall’articolo 1, comma 11, della L. 237/1999.
L’articolo 1, comma 11, della L. 237/1999 ha autorizzato la spesa di lire 6.200 milioni (circa 3,2 milioni di euro) a decorrere dall'anno 2000 per l'organizzazione, nonché per la nomina di un curatore e per il funzionamento del Centro e dei due nuovi musei istituti con il medesimo art. 11[102].
La relazione tecnica non considera la norma che è stata introdotta nel corso dell’esame presso il Senato.
In merito ai profili di quantificazione, con riferimento al conferimento in uso alla Fondazione degli immobili di cui al comma 1, si osserva che il trasferimento, a titolo gratuito, di un diritto reale di godimento comporta la rinuncia da parte dello Stato alla valorizzazione economica dell’immobile conferito.
Nulla da osservare sotto il profilo della quantificazione relativamente al contributo autorizzato ai sensi del comma 2, trattandosi di un limite di spesa.
In merito ai profili di copertura finanziaria, con riferimento al comma 2, si segnala che la norma dispone la riduzione dell’autorizzazione di spesa relativa all’articolo 1, comma 11, della legge n. 237 del 1999. Tale disposizione autorizzava la spesa di 6.200 milioni di lire (circa 3,2 milioni di euro) a decorrere dall’anno 2009 per l’organizzazione, la nomina di un curatore e il funzionamento del Centro per la documentazione e la valorizzazione delle arti contemporanee e dei musei dell’audiovisivo e della fotografia. Tali risorse sono iscritte nel capitolo 5605 del Ministero per i beni e le attività culturali.
Tale capitolo sulla base delle schede di analisi non è classificato come spesa autorizzata per legge, ma è una spesa rimodulabile di carattere discrezionale ed è stata oggetto delle riduzioni previste dall’articolo 60, commi 1 e 3 del decreto-legge n. 112 del 2008.
Nel bilancio per l’anno 2009 sono iscritte in conto competenza sul suddetto capitolo risorse pari a euro 1.638.591. Da una interrogazione effettuata alla banca dati della RGS, sul suddetto capitolo risulta accantonata una somma pari all’intero stanziamento. Una parte di questo accantonamento, nella misura di 1.447 euro, è riconducibile al taglio lineare degli accantonamenti previsto dal decreto-legge n. 180 del 2008, in materia di istruzione, la restante parte, pari a 1.637.144 euro, è accantonata per la disposizione in esame. Al riguardo, appare opportuna una conferma da parte del Governo. Qualora il Governo confermi la ricostruzione effettuata, si segnala che la norma in esame prevede un utilizzo dello stanziamento superiore, anche se in misura irrisoria (400 euro), alle somme accantonate e disponibili.
Appare, infine, opportuno che il Governo chiarisca se l’utilizzo delle suddette risorse, soprattutto con riferimento agli anni successivi al 2009, possa pregiudicare la realizzazione degli interventi già previsti a legislazione vigente.
Articolo 26
(Misure occupazionali nei confronti di
personale impiegato in attività socialmente utili attraverso società
partecipate
da Italia Lavoro S.p.A.)
TESTO approvato dalla Camera dei deputati |
TESTO modificato dal Senato della Repubblica |
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Art. 26. (Misure occupazionali nei confronti di personale impiegato in attività socialmente utili attraverso società partecipate da Italia Lavoro S.p.A.). |
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1. Al fine di garantire la continuità occupazionale del personale impiegato in Ales S.p.A., la partecipazione azionaria attualmente detenuta da Italia Lavoro S.p.A. in Ales S.p.A. è trasferita al Ministero per i beni e le attività culturali, senza corrispettivo. A seguito del trasferimento, il patrimonio netto di Italia Lavoro S.p.A. è ridotto del valore contabile corrispondente alla partecipazione trasferita. |
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2. Tutte le operazioni di cui al presente articolo sono effettuate in regime di neutralità fiscale. Tutti i relativi atti, contratti, convenzioni e trasferimenti sono esenti da qualsivoglia tributo, comunque denominato. |
L’articolo 26, introdotto al Senato, dispone, al comma 1, il trasferimento a titolo gratuito al Ministero per i beni e le attività culturali (MiBAC) della titolarità della partecipazione azionaria detenuta da Italia Lavoro S.p.a. in Ales S.p.a..
In base a tale previsione, il MiBAC diviene azionista unico della Società Ales S.p.a.,il cui capitale sociale è attualmente detenuto in parte dal MiBAC (30 per cento), in parte da Italia lavoro S.p.a (70 per cento).
La società in questione (Arte lavoro e Servizi s.p.a.) è stata costituita nel dicembre 1998 ed ha come oggetto sociale lo svolgimento di attività di servizi di conservazione del patrimonio culturale.
A seguito del trasferimento della partecipazione azionaria, il patrimonio di Italia Lavoro è ridotto in misura contabile corrispondente.
Il trasferimento è finalizzato a “garantire la continuità occupazionale” del personale impiegato in Ales S.p.a., con riguardo – secondo quanto desumibile dalla rubrica dell’articolo in commento - al personale impiegato in attività socialmente utili, attraverso società partecipate da Italia Lavoro S.p.a.
L’articolo in esame deriva da un emendamento del relatore[103] approvato presso l’Assemblea del Senato. Nel corso dell’esame non sono emerse indicazioni circa le modalità mediante cui il trasferimento della partecipazione azionaria disposto dalla norma consenta di realizzare la tutela occupazionale cui la norma medesima risulta destinata.
Il comma 2 prevede la neutralità fiscale di qualsiasi operazione effettuata in attuazione del comma 1; tutti gli atti sono esenti da qualsivoglia tributo.
La società Italia Lavoro S.p.A. è sorta nel 1997 (in base alla direttiva del Presidente del Consiglio del 13 maggio 1997), ai fini dell'esercizio di alcune tipologie di attività dell'ITAINVEST (quest'ultima - ex GEPI - è poi confluita nella società Sviluppo Italia[104]), con il trasferimento delle relative competenze nelle politiche attive del lavoro ed il conferimento di una serie di partecipazioni societarie. Essa, in particolare:
§ opera per la promozione, la progettazione, la realizzazione e la gestione di attività ed interventi finalizzati allo sviluppo dell'occupazione sull'intero territorio nazionale, con particolare riguardo alle aree territoriali depresse ed ai soggetti svantaggiati del mercato del lavoro(direttiva del 20 luglio 2000 del Ministro del lavoro);.
§ collabora con il Ministro del lavoro per la promozione e la gestione di interventi nel campo delle politiche attive del lavoro e dell'assistenza tecnica ai servizi per l'impiego (art. 30 L.448/2001).
§ svolge attività per il monitoraggio e la valutazione dello stato di avanzamento dei soggetti affidati dal Ministero del Lavoro e della previdenza sociale alla società medesima (art. 7-terdecies della L. 31 marzo 2005, n. 43
La norma introdotta con un emendamento approvato nel corso dell’esame al Senato, non è corredata di relazione tecnica.
Nulla da osservare al riguardo dal momento che le operazioni in esame riguardano enti facenti parte del medesimo aggregato delle pubbliche amministrazioni.
Articolo 27
(Modifica della legge 27 settembre 2007,
n. 165, recante delega in materia di riordino degli enti di ricerca)
TESTO approvato dalla Camera dei deputati |
TESTO modificato dal Senato della Repubblica |
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Art. 27. (Modifica della legge 27 settembre 2007, n. 165, recante delega in materia di riordino degli enti di ricerca). |
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1. All'articolo 1, comma 1, della legge 27 settembre 2007, n. 165, recante delega al Governo in materia di riordino degli enti di ricerca, sono apportate le seguenti modificazioni: |
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a) nell'alinea, le parole: «il termine di diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge» sono sostituite dalle seguenti: «il 31 dicembre 2009»; |
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b) nella lettera b), al primo periodo, dopo le parole: «degli statuti» sono inserite le seguenti: «e dei regolamenti di amministrazione, finanza e contabilità, e del personale» ed il secondo periodo è sostituito dal seguente: «Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca esercita il controllo sui regolamenti di amministrazione, finanza e contabilità, sentito il Ministro dell'economia e delle finanze, nonché sui regolamenti del personale, sentiti il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione»; |
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c) la lettera c) è sostituita dalla seguente: |
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«c) formulazione e deliberazione degli statuti, in sede di prima attuazione, da parte dei consigli di amministrazione integrati da cinque esperti di alto profilo scientifico, nominati, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Agli esperti non è riconosciuto alcun compenso o indennità. I predetti statuti sono deliberati previo parere dei consigli scientifici». |
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2. Le disposizioni di cui all'articolo 26, comma 1, secondo periodo, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, non si applicano agli enti di ricerca, di cui alla legge 27 settembre 2007, n. 165, qualora entro il 31 dicembre 2009 siano adottati decreti legislativi attuativi della delega prevista dalla stessa legge n. 165 del 2007. |
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3. Le disposizioni di cui all'articolo 26, comma 1, secondo periodo, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, non si applicano altresì all'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR), di cui all'articolo 2, comma 138, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, all'Agenzia nazionale per lo sviluppo dell'autonomia scolastica (ANSAS), di cui all'articolo 1, comma 610, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, all'Ente nazionale di assistenza magistrale (ENAM), di cui al decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 21 ottobre 1947, n. 1346, ratificato con legge 21 marzo 1953, n. 190, e all'Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione (INVALSI), istituito con il decreto legislativo 19 novembre 2004, n. 286, e riordinato ai sensi dell'articolo 1, commi 612, 613, 614 e 615, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, qualora entro il 31 dicembre 2009 siano adottati regolamenti di riordino degli stessi enti, tenendo conto dei princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 2, comma 634, della legge 24 dicembre 2007, n. 244. |
L’articolo 27, introdotto durante l’esame al Senato, al comma 1 modifica alcune disposizioni dell’art. 1, comma 1, della legge 27 settembre 2007, n. 165, con la quale è stata conferita una delega al Governo per il riordino degli enti di ricerca vigilati dal Ministero dell’università e della ricerca (ora, Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca).
Si ricorda, al riguardo, che la delega è stata conferita allo scopo di promuovere, rilanciare e razionalizzare le attività nel settore della ricerca e di garantire autonomia, trasparenza ed efficienza nella gestione degli enti pubblici nazionali di ricerca. La delega deve essere esercitata nel rispetto dei principi e criteri direttivi indicati nell’art. 18 della legge n. 59 del 1997[105], nonché dei principi e criteri direttivi specificamente indicati (sui quali, si veda infra), e riguarda - in ragione del Ministero vigilante -: l’Agenzia spaziale italiana (ASI)[106];il Consiglio nazionale delle ricerche (CNR)[107]; il Consorzio per l'area di ricerca scientifica e tecnologica di Trieste[108]; l’Istituto italiano di studi germanici[109]; l’Istituto nazionale di alta matematica (INDAM)[110]; l’Istituto nazionale di astrofisica (INAF)[111]; l’Istituto nazionale di fisica nucleare (INFN)[112]; l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (INGV)[113]; l’Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale (OGS)[114]; l’Istituto nazionale di ricerca metrologica (INRIM)[115]; il Museo storico della fisica e Centro di studi e ricerche "Enrico Fermi"[116]; la Stazione zoologica "Anton Dohrn"[117][118].
La prima modifica recata dalla norma in esame attiene al termine per l’esercizio della delega, fissato dalla norma originaria in 18 mesi a decorrere dalla data della sua entrata in vigore[119], e ora fissato al 31 dicembre 2009 (comma 1, lett. a)).
La seconda e la terza modifica attengono ad alcuni dei principi e criteri direttivi specificamente previsti dall’art. 1, c. 1, della legge n. 165 del 2007.
In particolare, con il comma 1, lett. b), si prevede che anche i regolamenti di amministrazione, finanza e contabilità, nonché del personale, debbano essere formulati, deliberati ed emanati – come già gli statuti – da parte degli organi statutari competenti dei singoli enti, previo controllo di legittimità e di merito del Ministro dell’università e della ricerca, nelle forme previste dall’art. 6, c. 9 e 10, della legge n. 168 del 1989[120].
Inoltre, si prevede che il controllo sui regolamenti di amministrazione, finanza e contabilità sia esercitato sentito il Ministro dell’economia e delle finanze, mentre il controllo sui regolamenti del personale sia esercitato sentito, oltre che il Ministro dell’economia e delle finanze, anche il Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione.
Si modifica, in tal modo, la precedente previsione, in base alla quale il controllo del Ministro competente doveva essere esercitato sentite le competenti Commissioni parlamentari, chiamate ad esprimersi entro 30 giorni dalla data della richiesta del parere.
Con il comma 1, lett. c), si modifica la procedura di formulazione e deliberazione degli statuti in sede di prima attuazione, prevedendo che alle stesse procedano i consigli di amministrazione integrati da cinque esperti di alto profilo scientifico, nominati dal Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, previo parere dei consigli scientifici. Agli esperti non è riconosciuto alcun compenso o indennità.
Nella formulazione originaria, queste attività erano affidate ai consigli scientifici, integrati dai 5 esperti.
Per completezza, si ricorda che gli altri principi e criteri direttivi specificamente previsti dall’art. 1 della l. n.165 del 2007 attengono a:
- riconoscimento agli enti dell’autonomia statutaria[121], ferma restando la responsabilità del Governo nell’indicazione della missione e di specifici obiettivi di ricerca per ciascun ente, nell’ambito del Programma nazionale della ricerca[122] e degli obiettivi strategici fissati dall’Unione europea[123][124];
§ verifica daparte dell’Agenzia nazionale di valutazione dell’università e della ricerca (ANVUR) dei risultati ottenuti dagli enti, con periodica relazione al Governo[125];
§ assegnazione delle risorse finanziarie sulla base di criteri che tengano conto della valutazione espressa dall’Agenzia;
§ riordino degli organi statutari;
§ composizione del consiglio di amministrazione del CNR in modo che la metà dei componenti sia di nomina governativa;
§ adozione di procedure di valutazione comparativa per la nomina dei direttori degli organi di ricerca;
§ previsione di misure volte a potenziare la professionalità e l’autonomia dei ricercatori;
§ incentivazione della cooperazione scientifica e tecnica con enti ed istituzioni di altri Paesi;
§ raccordo con l’attività delle regioni in materia di ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all’innovazione per i settori produttivi;
§ adozione di misure anti discriminatorie fra donne e uomini nella composizione degli organi statutari;
§ ridefinizione, attraverso accorpamenti o scorpori, di enti attivi nei settori della fisica della materia, dell’ottica e dell’ingegneria navale, nonché dell’Istituto italiano di tecnologia.
Si ricorda, infine, che, ai sensi dell’art. 1, comma 6, della legge n. 165 del 2007, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi, il Governo è delegato ad adottare uno o più decreti correttivi o modificativi.
Tutti gli schemi di decreto devono essere trasmessi alle Camere ai fini dell’espressione dei pareri da parte delle Commissioni competenti per materia e per le conseguenze di ordine finanziario entro 45 giorni dalla trasmissione. Decorso tale termine, i decreti possono comunque essere emanati.
I commi 2 e 3 concernono esoneri alla disciplina del Taglia enti di cui all’art. 26, comma 1, secondo periodo, del d.l. n. 112 del 2008[126] che, con decorrenza 31 marzo 2009, dispone la soppressione degli enti pubblici non economici per i quali, alla medesima data, non siano stati emanati i regolamenti di riordino previsti dall’art. 2, c. 634, della legge finanziaria 2008 (L. 244/2007).
Al riguardo, si evidenzia che l’art. 2, comma 634, della legge finanziaria 2008, come da ultimo modificato dall’art. 4 del dl n. 207 del 2008[127], prevede che i regolamenti di riordino siano adottati entro il 30 giugno 2009.
In particolare, il comma 2 esclude dalla soppressione in questione gli enti di ricerca di cui alla già citata legge n. 165 del 2007 - ossia, si intende, gli enti vigilati dal MIUR - a condizione che entro il 31 dicembre 2009 siano adottati i decreti legislativi attuativi della delega prevista dalla medesima legge. Delega sulla quale, come si è visto, interviene il comma 1 dell’art. 27.
Al riguardo si ricorda che il primo periodo dell’art. 26, c. 1, del d.l. n. 112 del 2008 – che prevede, salvo che non siano esplicitamente confermati alla data del 20 novembre 2008, la soppressione degli enti pubblici non economici aventi una dotazione organica inferiore alle 50 unità - esclude da tale soppressione gli enti di ricerca.
Il comma 3 esclude dalla medesima soppressione l’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR)[128], l’Agenzia per lo sviluppo dell’autonomia scolastica (ANSAS)[129], l’Ente nazionale di assistenza magistrale (ENAM)[130], l’Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione (INVALSI)[131], a condizione che entro il 31 dicembre 2009 siano adottati i regolamenti di riordino dei medesimi enti.
Si osserva che, alla luce del contenuto dei commi 2 e 3, sembrerebbe opportuno integrare la rubrica dell’articolo con un riferimento al “Taglia enti” di cui all’art. 26 del decreto legge n. 112 del 2008.
Sembrerebbe, altresì, opportuno riformulare i commi 2 e 3 apportando modifiche testuali espresse all’art. 26, comma 1, secondo periodo, del medesimo decreto legge n. 112 del 2008.
La relazione tecnica non considera la norma, introdotta nel corso dell’esame presso il Senato, che autorizza esoneri dalla disciplina del “taglia enti” di cui all’art. 26, comma 1, secondo periodo, del d.l. n. 112 del 2008.
La 5° Commissione ha espresso, nel corso della seduta del 24 febbraio 2009, un parere di semplice contrarietà sull’emendamento[132] contenente le norme in esame. Il rappresentante del Governo, nel corso della medesima seduta, ha espresso analogo avviso, precisando che non erano associati effetti di risparmio quantificati in relazione all’articolo 26 del decreto-legge n. 112 del 2008.
Giova ricordare che l’assenza di una quantificazione di risparmi, in relazione alle norme di cui al citato articolo 26 del decreto legge n. 112/2008, appare essere giustificata anche con il fatto che tale intervento si inseriva nell’ambito della periodica revisione della disciplina concernente il riordino e la soppressione degli enti pubblici. Nell’ambito di tale processo periodico di revisione, l’articolo 1, comma 482, della legge finanziaria 296/2006 aveva recato disposizioni in materia[133] di riordino, con la finalità di conseguire obiettivi di risparmio quantificati dal comma 483 in 205 milioni di euro per il 2007, 310 milioni per il 2008 e 415 milioni a decorrere dal 2009. Tali obiettivi di risparmio erano presidiati da una specifica clausola[134] di salvaguardia volta a garantire comunque il conseguimento degli effetti finanziari attesi mediante un eventuale taglio lineare degli stanziamenti della tabella C.
In occasione di precedenti dibattiti parlamentari sulla medesima materia il Governo ha, peraltro, affermato che la clausola di salvaguardia posta dal comma 621, lettera a), dovrebbe fungere esclusivamente da deterrente rispetto all’inerzia delle amministrazioni interessate. In altre parole i risultati di risparmio attesi devono essere considerati “pienamente conseguibili indipendentemente dall’operare della clausola di salvaguardia”[135].
Successivamente l’articolo 2, commi 634-642, della legge finanziaria 244/2007 ha parzialmente modificato la procedura per il riordino e la soppressione di enti ed organismi pubblici statali. A tali norme, che non mutavano sostanzialmente le analoghe misure previste dalla precedente legge finanziaria, non sono stati ascritti effetti di risparmio aggiuntivi rispetto a quelli già scontati, per l’esercizio 2008 e a regime, dalla stessa legge finanziaria 296/2006; a tal fine, veniva confermata l’operatività della clausola di salvaguardia di cui al comma 621, lettera a).
Si rammenta che il decreto legge n. 112/2008, oltre a dettare le ulteriori norme in materia di riordino recate dall’articolo 26, prevedeva la disapplicazione della clausola di salvaguardia più volte citata certificando, in tal modo, il mancato conseguimento, a tutto il 2008, degli obiettivi di risparmio prefigurati dalla legge n. 296/2006 in materia di riordino e soppressione degli enti.
La clausola di salvaguardia posta dal comma 621, lettera a) è stata disapplicata anche nel 2007 a norma dell’articolo 12 del decreto legge n. 159/2007.
Al riguardo appare necessario che il Governo chiarisca se l’esclusione degli enti di ricerca vigilati dal Ministero dell’istruzione, università e ricerca e degli enti di cui al comma 3 dal novero degli enti oggetto di soppressione possa risultare suscettibile di pregiudicare il pieno conseguimento degli obiettivi di risparmio a suo tempo quantificati in relazione alle norme di cui l’articolo 1, comma 482, della legge finanziaria 296/2006.
Articolo 28
(Personale a tempo determinato presso la
Croce Rossa italiana)
TESTO approvato dalla Camera dei deputati |
TESTO modificato dal Senato della Repubblica |
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Art. 28. (Personale a tempo determinato presso la Croce Rossa italiana). |
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1. A valere sulle convenzioni stipulate con gli enti del Servizio sanitario nazionale o con altri enti, l'associazione italiana della Croce Rossa, al fine di assicurare l'espletamento e la prosecuzione delle attività, in regime convenzionale, nel settore dei servizi sociali e socio-sanitari nonché per la gestione dei servizi di emergenza sanitaria, può prorogare i contratti di lavoro a tempo determinato di cui all'articolo 2, comma 366, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, fino alla scadenza delle medesime convenzioni. Alla copertura dell'onere relativo la Croce Rossa provvede nell'ambito delle risorse finanziarie previste dalle convenzioni e in ogni caso senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. |
L’articolo 28, inserito nel corso dell’esame presso il Senato, consente all'Associazione italiana della Croce Rossa, al fine di assicurare l'espletamento e la prosecuzione delle attività convenzionali stipulate con diversi enti nel settore dei servizi sociali e socio-sanitari, nonché per la gestione dei servizi di emergenza sanitaria, di prorogare i contratti di lavoro a tempo determinato, previsti dall’articolo 2, comma 366, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria 2008), fino alla scadenza delle medesime convenzioni.
Alla copertura dell'onere relativo la Croce Rossa provvede nell'ambito delle risorse finanziarie previste dalle convenzioni e in ogni caso senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
In particolare, la norma prevista all’articolo 2, comma 366, della legge 24 dicembre 2007 n. 244 (legge finanziaria 2008), dispone che i contratti di lavoro a tempo determinato stipulati dall'Associazione italiana della Croce rossa sulla base delle convenzioni relative sono confermati, dopo la scadenza, fino alla durata della relativa convenzione. Rispetto alla formulazione da ultimo ricordata, l’articolo 28 in esame attribuisce a regime una facoltà all’Associazione italiana della Croce rossa che, alle condizioni previste dalla disposizione, potrà essere esercitata senza necessità di una specifica previsione normativa.
La relazione tecnica non considera la norma la quale prevede che i contratti di lavoro a tempo determinato stipulati dalla Croce rossa sulla base di convenzioni per l’espletamento di attività in campo socio-sanitario possono essere confermati per la durata delle convenzioni medesime. Viene, inoltre, specificato che alla copertura del relativo onere la Croce rossa provvede nell'ambito delle risorse finanziarie previste dalle convenzioni e in ogni caso senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Si rileva, come già chiarito dalla relazione tecnica allegata al disegno di legge finanziaria 2008[136] e riferita da una norma di analogo contenuto, che l’onere per i contratti in questione viene coperto con gli introiti derivanti dalle convenzioni stipulate dalla CRI, convenzioni che rappresentano la causa del contratto stesso.
Nulla da osservare al riguardo.
Articolo 29
(Disposizioni relative alle sedi
diplomatiche e consolari)
TESTO approvato dalla Camera dei deputati |
TESTO modificato dal Senato della Repubblica |
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Art. 20. (Disposizioni relative alle sedi diplomatiche e consolari). |
Art. 29. (Disposizioni relative alle sedi diplomatiche e consolari). |
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1. All'articolo 60 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, è aggiunto, in fine, il seguente comma: |
1. Identico: |
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«15-bis. Fermo restando quanto previsto dal comma 15, il Ministero degli affari esteri, per le spese connesse al funzionamento e alla sicurezza delle rappresentanze diplomatiche e consolari nonché agli interventi di emergenza per la tutela dei cittadini italiani all'estero, può assumere impegni superiori a quanto previsto dal predetto comma, nel rispetto, in ogni caso, del limite complessivo anche a valere sulle altre unità previsionali di base del bilancio del medesimo Ministero». |
«15-bis. Fermo restando quanto previsto dal comma 15, il Ministero degli affari esteri, per le spese connesse al funzionamento e alla sicurezza delle rappresentanze diplomatiche e consolari nonché agli interventi di emergenza per la tutela dei cittadini italiani all'estero, può assumere impegni superiori a quanto previsto dal predetto comma, nel rispetto, in ogni caso, del limite complessivo annuo anche a valere sulle altre unità previsionali di base del bilancio del medesimo Ministero». |
|
|
2. All'articolo 3, comma 2, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, dopo le parole: «delle organizzazioni di volontariato di cui alla legge 1o agosto 1991, n. 266,» sono inserite le seguenti: «degli uffici all'estero di cui all'articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18,». |
L’articolo 29 introduce (comma 1) un comma aggiuntivo all'articolo 60 del decreto-legge n. 112 del 2008 (“Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria”); ed apporta (comma 2)una modifica all’art. 3 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 (“Attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro”).
Comma 1. Il comma aggiuntivo (15-bis) all'articolo 60 del decreto-legge n. 112 del 2008 autorizza il Ministero degli affari esteri ad assumere mensilmente impegni superiori a quanto previsto dal precedente comma 15 del citato articolo 60, ovvero un dodicesimo della spesa prevista da ciascuna U.P.B. degli stati di previsione del bilancio - nel rispetto, in ogni caso, del limite complessivo annuo - anche a valere sulle altre U.P.B del bilancio del medesimo Ministero. La precisazione sul carattere annuale del limite complessivo è stata introdotta nel corso dell’esame al Senato.
Tale deroga è consentita tuttavia solo per le spese connesse al funzionamento ed alla sicurezza delle rappresentanze diplomatiche e consolari nonché agli interventi di emergenza per la tutela dei cittadini italiani all'estero.
Il comma 15 dell’art. 60 del D.L. n. 112/2008 reintroduce la norma, originariamente prevista dalla legge finanziaria per il 2006[137] ed abrogata dal comma 626, articolo 2, della legge finanziaria per il 2008 (legge n. 244 del 2007), che prevedeva un limite per le amministrazioni dello Stato all’assunzione mensile di impegni di spesain misura non superiore ad un dodicesimo della spesa prevista da ciascuna U.P.B. (unità previsionale di base) degli stati di previsione del bilancio.
Dal punto di vista soggettivo, sono esplicitamente esclusi dal rispetto del limite il comparto della sicurezza e del soccorso.
Dal punto di vista oggettivo sono esclusi dal predetto limite le seguenti spese, sostanzialmente riconducibili alla categoria delle spese obbligatorie o aventi natura obbligatoria:
§ stipendi, retribuzioni, pensioni e altre spese fisse o aventi natura obbligatoria ovvero non frazionabili in dodicesimi;
§ interessi;
§ poste correttive e compensative delle entrate, comprese le regolazioni contabili;
§ spese relative ad accordi internazionali e ad obblighi derivanti dalla normativa comunitaria;
§ annualità relative ai limiti di impegno e alle rate di ammortamento mutui.
La disposizione del comma 15, infine, precisa che la violazione del limite rileva anche con riferimento ai profili di responsabilità contabile.
Comma 2. La modifica al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, introdotta dal Senato, concerne il comma 2 dell’art. 3, e si sostanzia nell’introduzione, all’elenco dei settori per i quali il decreto legislativo viene applicato tenendo conto delle effettive particolari esigenze connesse al servizio espletato o alle peculiarità organizzative, degli uffici italiani all’estero dell’Amministrazione degli Affari esteri, individuati nell’art. 30 del DPR 5 gennaio 1967, n. 18.
L’art. 30 del DPR 5 gennaio 1967, n. 18, è dedicato alla classificazione, istituzione e soppressione degli uffici all’estero, tra i quali figurano le rappresentanze diplomatiche, che si distinguono in Missioni diplomatiche e in rappresentanze permanenti presso Enti o Organizzazioni internazionali; gli uffici consolari, che si distinguono in uffici consolari di I e di II categoria; gli istituti italiani di cultura.
L’articolo 3 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 amplia il campo di applicazione delle disposizioni in materia di salute e sicurezza, riferibile ora tutti i settori di attività, privati e pubblici, e a tutte le tipologie di rischio, senza alcuna differenziazione di tipo formale, nonché a tutti i lavoratori e lavoratrici, subordinati e autonomi, e ai soggetti ad essi equiparati ed anche ai lavoratori autonomi.
Il comma 2 prevede particolari forme di applicazione per specifici settori (ad esempio Forze armate e di Polizia, Corpo nazionale dei vigili del fuoco, protezione civile, strutture giudiziarie, penitenziarie, università, organizzazioni di volontariato), le cui particolari esigenze sono individuate entro e non oltre 24 mesi dalla data di entrata in vigore del Decreto legislativo mediante specifici regolamenti di delegificazione.
Articolo 30
(Tutela non giurisdizionale dell’utente
dei servizi pubblici)
TESTO approvato dalla Camera dei deputati |
TESTO modificato dal Senato della Repubblica |
Art. 21. (Tutela non giurisdizionale dell'utente dei servizi pubblici). |
Art. 30. (Tutela non giurisdizionale dell'utente dei servizi pubblici). |
1. Le carte dei servizi dei soggetti pubblici e privati che erogano servizi pubblici o di pubblica utilità contengono la previsione della possibilità, per l'utente o per la categoria di utenti che lamenti la violazione di un diritto o di un interesse giuridico rilevante, di promuovere la risoluzione non giurisdizionale della controversia, che avviene entro i trenta giorni successivi alla richiesta; esse prevedono, altresì, l'eventuale ricorso a meccanismi di sostituzione dell'amministrazione o del soggetto inadempiente. |
1. Identico. |
2. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le autorità amministrative che svolgono la propria attività nelle materie contemplate dal codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, dalla legge 14 novembre 1995, n. 481, e dalla legge 31 luglio 1997, n. 249, nell'autonomia garantita dai rispettivi ordinamenti, nonché, per i servizi pubblici o di pubblica utilità non regolati dalle medesime autorità, il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, nonché con il Ministro per gli affari regionali relativamente ai servizi pubblici locali, emanano un decreto che individua uno schema-tipo di procedura conciliativa ai sensi del comma 1, da recepire nelle singole carte dei servizi entro il termine di novanta giorni dalla data della sua adozione. |
2. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le autorità amministrative che svolgono la propria attività nelle materie contemplate dal codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, dalla legge 14 novembre 1995, n. 481, e dalla legge 31 luglio 1997, n. 249, nell'autonomia garantita dai rispettivi ordinamenti, nonché, per i servizi pubblici o di pubblica utilità non regolati dalle medesime autorità, esclusi i servizi pubblici locali, il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, emanano un decreto che individua uno schema-tipo di procedura conciliativa ai sensi del comma 1, da recepire nelle singole carte dei servizi entro il termine di novanta giorni dalla data della sua adozione. |
Il comma 1 dell’articolo 30, non modificato dal Senato, stabilisce che le carte dei servizi predisposte da coloro che erogano servizi pubblici o di pubblica utilità debbano prevedere, in favore degli utenti che lamentino la violazione di un diritto o di un interesse giuridico rilevante, la possibilità:
§ di promuovere la risoluzione non giurisdizionale della controversia entro i trenta giorni successivi alla richiesta;
§ di ricorrere a meccanismi di sostituzione dell'amministrazione o del soggetto erogatore inadempiente.
Si ricorda che, ai sensi dell’art. 11 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286, i soggetti che erogano servizi di pubblica utilità sono tenuti ad adottare una Carta dei Servizi con la quale assumono nei confronti dell'utente impegni diretti a garantire predeterminati e controllabili livelli di qualità delle prestazioni.
Le modalità di definizione, adozione e publicizzazione degli standard di qualità, i casi e le modalità di adozione delle carte dei servizi, i criteri di misurazione della qualità dei servizi, le condizioni di tutela degli utenti, nonché i casi e le modalità di indennizzo automatico e forfetario all'utenza per mancato rispetto degli standard di qualità sono stabilite con direttive, aggiornabili annualmente, del Presidente del Consiglio dei Ministri.
Già in precedenza, dopo l’emanazione della direttiva del Presidente del Consiglio 27 gennaio 1994 che aveva fissato i principi in base ai quali dovesse essere effettuata l'erogazione dei servizi pubblici,
La direttiva del Presidente del consiglio dei ministri del 27 gennaio 1994 ha fissato i princìpi cui deve uniformarsi l'erogazione dei servizi pubblici al fine di tutelare le esigenze dei cittadini che ne fruiscono. Tra gli strumenti individuati dalla direttiva vi è l'istituzione, presso la Presidenza del Consiglio, di un Comitato per l'attuazione della Carta dei servizi pubblici con compiti prevalentemente consultivi e di controllo nei confronti delle public utilities. Viene così introdotta nell'ordinamento lo strumento della Carta dei servizi pubblici, strumento di confronto tra soggetti erogatori di servizi di pubblica utilità e utenti sugli standard qualitativi dei servizi forniti.
Tale strumento ha trovato attuazione pratica con l'articolo 2 del D.L. 12 maggio 1995, n. 163, convertito dalla legge 11 luglio 1995, n. 273 (poi abrogato è sostituito dall’art. 11 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286), che ha imposto ai soggetti erogatori di servizi pubblici di adottare le rispettive carte sulla base di schema generali di riferimento da emanarsi con decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri.
Il DPCM del 19 maggio 1995 ha individuato i seguenti settori dei servizi pubblici, ai fini dell'emanazione degli schemi generali di riferimento delle Carte dei servizi pubblici: sanità; assistenza e previdenza sociale; istruzione; comunicazioni e trasporti; energia elettrica; l'acqua; gas; fisco (quest'ultimo aggiunto dal DPCM 2 dicembre 1997).
In seguito sono stati emanati alcuni decreti del Presidente del Consiglio recanti gli schemi generali di riferimento per la predisposizione delle Carte relative a diversi settori quali sanità (DPCM 19 maggio 1995), istruzione (DPCM 7 giugno 1995); elettricità (DPCM 18 settembre 1995); gas (DPCM 18 settembre 1995); assistenza e previdenza sociale (DPCM 21 dicembre 1995); poste (DPCM 30 gennaio 1996); mobilità (DPCM 30 dicembre 1998); servizio idrico integrato (DPCM 29 aprile 1999).
Più recentemente, è stato posto l’obbligo per gli enti locali, al fine di incrementare la tutela dei diritti dei consumatori e degli utenti dei servizi pubblici locali, di emanare, in sede di stipula dei contratti di servizio, una "Carta della qualità dei servizi", dalla quale si possano evincere: standard qualitativi e quantitativi delle prestazioni erogate; modalità di accesso alle informazioni concernenti la proposizione dei reclami e quelle per adire le vie conciliative e giudiziarie nonché le modalità di ristoro dell'utenza (L. 24 dicembre 2007, n. 244, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2008, art. 2, comma 461).
Il comma 2 dispone che, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, le autorità amministrative che svolgono attività nelle materie contemplate dal Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture (D.Lgs. 163/2006), dalla legge 481/1995 e dalla legge 249/1997, nell'autonomia garantita dai rispettivi ordinamenti, nonché, per i servizi pubblici o di pubblica utilità non regolati dalle medesime autorità, esclusi i servizi pubblici locali (tale esclusione è stata introdotta dal Senato), il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, emanino un decreto che individua uno schema-tipo di procedura conciliativa ai sensi del comma 1, che entro novanta giorni deve essere recepita nelle singole carte dei servizi.
Si ricorda che il decreto legislativo 163/2006 (cd. codice dei contratti pubblici) disciplina, ai sensi dell'art. 1, comma 1, i contratti delle stazioni appaltanti, degli enti aggiudicatori e dei soggetti aggiudicatori, aventi per oggetto l’acquisizione di servizi, prodotti, lavori e opere, sia nei settori ordinari (i settori diversi da quelli del gas, energia termica, elettricità, acqua, trasporti, servizi postali, sfruttamento di area geografica, come definiti dalla parte III del codice) che speciali (settori del gas, energia termica, elettricità, acqua, trasporti, servizi postali, sfruttamento di area geografica, come definiti dalla parte III del codice).
La legge 481/1995 ha istituito due autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità: l’Autorità per l’energia elettrica ed il gas e l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni in seguito disciplinata più specificamente dalla legge 249/1997. Il legislatore, nella norma istitutiva, ha dichiarato espressamente le finalità e le funzioni delle autorità indipendenti tra le quali si ricorda, in particolare, quella di garantire la concorrenza e l’efficienza nel settore dei servizi di pubblica utilità.
Articolo 31
(Modifiche all’articolo 41 della legge 16
gennaio 2003, n. 3 – Fondazione Bordoni)
TESTO approvato dalla Camera dei deputati |
TESTO modificato dal Senato della Repubblica |
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Art. 31. (Modifiche all'articolo 41 della legge 16 gennaio 2003, n. 3). |
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1. I primi due periodi del comma 5 dell'articolo 41 della legge 16 gennaio 2003, n. 3, sono sostituiti dai seguenti: «La Fondazione Ugo Bordoni è riconosciuta istituzione di alta cultura e ricerca ed è sottoposta alla vigilanza del Ministero dello sviluppo economico. La Fondazione elabora e propone, in piena autonomia scientifica, strategie di sviluppo del settore delle comunicazioni, da potere sostenere nelle sedi nazionali e internazionali competenti, e coadiuva operativamente il Ministero dello sviluppo economico e altre amministrazioni pubbliche nella soluzione organica ed interdisciplinare delle problematiche di carattere tecnico, economico, finanziario, gestionale, normativo e regolatorio connesse alle attività del Ministero e delle amministrazioni pubbliche. La Fondazione, su richiesta dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ovvero di altre Autorità amministrative indipendenti, svolge attività di ricerca ed approfondimento su argomenti di carattere tecnico, economico e regolatorio. Le modalità di collaborazione con il Ministero, con le altre amministrazioni pubbliche e con l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e altre Autorità amministrative indipendenti sono stabilite attraverso apposite convenzioni, predisposte sulla base di atti che stabiliscono le condizioni anche economiche cui la Fondazione Ugo Bordoni è tenuta ad attenersi nell'assolvere agli incarichi ad essa affidati». |
|
2. Il primo periodo del comma 6 dell'articolo 41 della legge 16 gennaio 2003, n. 3, è sostituito dal seguente: «Lo statuto, l'organizzazione e i ruoli organici della Fondazione Ugo Bordoni sono ridefiniti in coerenza con le attività indicate al comma 5 e con la finalità, prevalente e dedicata, di ricerca e assistenza in favore del Ministero dello sviluppo economico, di altre amministrazioni pubbliche, nonché delle Autorità amministrative indipendenti». |
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3. Dall'applicazione delle disposizioni del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato. |
L’articolo 31, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, amplia le funzioni della Fondazione Ugo Bordoni, novellando i commi 5 e 6 dell’articolo 41 della legge n. 3/2003[138].
La “Fondazione Ugo Bordoni”, fu istituita nel 1952 e dichiarata estinta e messa in liquidazione nel 2000. Nel 2001 venne costituita una nuova Fondazione che, con la citata legge n. 3/2003, è stata riconosciuta come istituto privato di alta cultura e posta sotto la vigilanza del Ministero delle comunicazioni. La Fondazione effettua e promuove ricerche e studi scientifici ed applicativi nel campo delle telecomunicazioni, dell’informatica e dell’elettronica. La Fondazione svolge inoltre attività di rappresentanza dell’Italia in diversi organismi internazionali scientifici e di normativa e ha il compito di realizzare la rete di monitoraggio dei livelli di campo elettromagnetico a livello nazionale. Ai sensi dell’articolo 7, comma 2, del D.L. 35/2005[139], la Fondazione presenta annualmente, al Governo e alle competenti Commissioni parlamentari, una relazione sulla propria attività.
Il comma 1 dell’articolo 31 sostituisce i primi due periodi dell’articolo 41, comma 5, della legge 3/2003. Il nuovo testo, più ampio di quello vigente, si differenzia da quest’ultimo nei seguenti punti:
§ la Fondazione è riconosciuta come istituzione di alta cultura e ricerca, anziché come istituzione privata di alta cultura;
§ in attuazione dell’articolo 1, comma 7, del D.L. 85/2008[140], la Fondazione è sottoposta alla vigilanza del Ministero delle sviluppo economico, anziché del Ministero delle comunicazioni;
§ è espressamente riconosciuta la piena autonomia scientifica della Fondazione nell’elaborare e proporre strategie di sviluppo del settore delle comunicazioni;
§ la Fondazione coadiuva operativamente non il solo Ministero dello sviluppo economico, ma anche altre amministrazioni pubbliche;
§ la Fondazione svolge attività di ricerca ed approfondimento su argomenti di carattere tecnico, economico e regolatorio su richiesta dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni o di altre Autorità amministrative indipendenti (attività attualmente non prevista);
§ è prevista la conclusione di apposite convenzioni con le quali sono stabilite le modalità di collaborazione della Fondazione con il Ministero dello sviluppo economico, le altre amministrazioni pubbliche, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e le altre Autorità amministrative indipendenti. Tali convenzioni saranno predisposte sulla base di atti, che stabiliscono le condizioni, anche economiche, cui la Fondazione dovrà attenersi nell’assolvere agli incarichi affidatigli.
Il comma 2 dell’articolo 31 novella il comma 6 del citato articolo 41 precisando che lo statuto, l’organizzazione e i ruoli organici della Fondazione dovranno essere ridefiniti in coerenza, non solo con lo svolgimento delle attività indicate al comma 5 dello stesso articolo 41 - come già attualmente previsto –, ma anche con la finalità, prevalente e dedicata, di ricerca e assistenza in favore del Ministero dello sviluppo economico, delle altre amministrazioni pubbliche e delle Autorità amministrative indipendenti.
Il comma 3 prevede infine che l’applicazione del presente articolo non deve comportare nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato.
Le norme, introdotte dal Senato non sono corredate di relazione tecnica.
Nulla da osservare al riguardo, tenuto conto, altresì, della clausola di invarianza finanziaria di cui al comma 3.
Articolo 32
(Eliminazione degli sprechi relativi al
mantenimento di documenti
in forma cartacea)
TESTO approvato dalla Camera dei deputati |
TESTO modificato dal Senato della Repubblica |
Art. 22. (Eliminazione degli sprechi relativi al mantenimento di documenti in forma cartacea). |
Art. 32. (Eliminazione degli sprechi relativi al mantenimento di documenti in forma cartacea). |
1. Gli obblighi di pubblicazione di atti e di provvedimenti amministrativi aventi effetto di pubblicità legale si intendono assolti con la pubblicazione da parte delle amministrazioni e dei soggetti obbligati nei propri siti informatici. |
1. A far data dal 1o gennaio 2010, gli obblighi di pubblicazione di atti e provvedimenti amministrativi aventi effetto di pubblicità legale si intendono assolti con la pubblicazione nei propri siti informatici da parte delle amministrazioni e degli enti pubblici obbligati. |
2. Con decreto del Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono individuati i casi per i quali, allo scopo di garantire la massima conoscibilità, resta fermo l’obbligo di assicurare la pubblicità di atti e provvedimenti mediante pubblicazione degli stessi nei giornali. |
2. Dalla stessa data del 1o gennaio 2010, al fine di promuovere il progressivo superamento della pubblicazione in forma cartacea, le amministrazioni e gli enti pubblici tenuti a pubblicare sulla stampa quotidiana atti e provvedimenti concernenti procedure ad evidenza pubblica o i propri bilanci, oltre all’adempimento di tale obbligo con le stesse modalità previste dalla legislazione vigente alla data di entrata in vigore della presente legge, ivi compreso il richiamo all’indirizzo elettronico, provvedono altresì alla pubblicazione nei siti informatici, secondo modalità stabilite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione. |
3. Gli adempimenti di cui al comma 1 possono essere attuati mediante l’utilizzo di siti informatici di altri soggetti obbligati, ovvero di loro associazioni. |
3. Gli adempimenti di cui ai commi 1 e 2 possono essere attuati mediante utilizzo di siti informatici di altre amministrazioni ed enti pubblici obbligati, ovvero di loro associazioni. |
4. Al fine di garantire e di facilitare l’accesso alle pubblicazioni di cui al comma 1, il CNIPA realizza e gestisce un portale di accesso ai siti di cui al medesimo comma 1. |
4. Al fine di garantire e di facilitare l’accesso alle pubblicazioni di cui ai commi 1 e 2 il CNIPA realizza e gestisce un portale di accesso ai siti di cui al medesimo comma 1. |
5. A decorrere dal 1o gennaio 2011 le pubblicazioni effettuate in forma cartacea non hanno effetto di pubblicità legale. |
5. A decorrere dal 1o gennaio 2010 e, nei casi di cui al comma 2, dal 1o gennaio 2013, le pubblicazioni effettuate in forma cartacea non hanno effetto di pubblicità legale, ferma restando la possibilità per le amministrazioni e gli enti pubblici, in via integrativa, di effettuare la pubblicità sui quotidiani a scopo di maggiore diffusione, nei limiti degli ordinari stanziamenti di bilancio. |
6. Agli oneri derivanti dalla realizzazione delle attività di cui al comma 1 del presente articolo si provvede a valere sulle risorse finanziarie assegnate ai sensi dell’articolo 27 della legge 16 gennaio 2003, n. 3, e successive modificazioni, con decreto del Ministro per l’innovazione e le tecnologie 22 luglio 2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 226 del 28 settembre 2005, al progetto «PC alle famiglie», non ancora impegnate alla data di entrata in vigore della presente legge. |
6. Agli oneri derivanti dalla realizzazione delle attività di cui al presente articolo si provvede a valere sulle risorse finanziarie assegnate ai sensi dell’articolo 27 della legge 16 gennaio 2003, n. 3, e successive modificazioni, con decreto del Ministro per l’innovazione e le tecnologie 22 luglio 2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 226 del 28 settembre 2005, al progetto «PC alle famiglie», non ancora impegnate alla data di entrata in vigore della presente legge. |
L’articolo 32 reca disposizioni finalizzate all’“eliminazione degli sprechi” collegati al mantenimento delle pubblicazioni legali in forma cartacea.
Il comma 1 riconosce effetto di pubblicità legale agli atti e ai provvedimenti amministrativi pubblicati dalle amministrazioni e dagli enti pubblici obbligati sui propri siti informatici. Un emendamento approvato dal Senato attribuisce efficacia alla disposizione a decorrere dal 1° gennaio 2010.
Con “siti informatici” delle pubbliche amministrazioni, l’espressione intende probabilmente riferirsi ai “siti istituzionali” su reti telematiche di cui agli artt. 53 e 54 del Codice dell’amministrazione digitale (D.Lgs. 82/2005). Per tale profilo potrebbe risultare utile un esplicito coordinamento normativo.
In particolare, la circolare Funzione pubblica 13 marzo 2001, n. 3, detta le linee guida per l’organizzazione, l’usabilità e l’accessibilità dei siti web delle pubbliche amministrazioni; successivamente, con la direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri 30 maggio 2002 , viene riconosciuta prioritaria la necessità di impartire direttive alle pubbliche amministrazioni per lo sviluppo dello strumento dei servizi in linea ai cittadini e alle imprese con l’attivazione e la registrazione del dominio di secondo livello gov.it.; contemporaneamente viene realizzato il portale nazionale per il cittadino al quale seguirà quello per le imprese.
Il comma 2, introdotto dalla Camera e sostanzialmente modificato dal Senato, dispone, con la medesima decorrenza, che la pubblicazione sulla stampa quotidiana di bilanci, ovvero di atti e provvedimenti concernenti procedure ad evidenza pubblica, che la normativa vigente impone ad amministrazioni od enti pubblici, sia (non sostituita ma) accompagnata dalla pubblicazione nei siti informatici, secondo modalità da fissare con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione. La finalità dichiarata è quella di “promuovere il progressivo superamento della pubblicazione in forma cartacea”.
Il comma 3, anch’esso modificato dal Senato, consente che la pubblicazione imposta ai sensi dei precedenti commi 1 e 2 possa aver luogo utilizzando, anziché il sito informatico dell’amministrazione tenuta all’adempimento, siti di altre amministrazioni ed enti pubblici obbligati (il testo approvato dalla Camera si riferiva più genericamente a siti “di altri soggetti obbligati o di loro associazioni”).
Il comma 4 prevede altresì la realizzazione e gestione da parte del CNIPA di un portale di accesso ai suddetti siti.
Il comma 5, nel testo approvato dalla Camera, disponeva che a decorrere dal 1° gennaio 2011, le pubblicazioni effettuate in forma cartacea non avessero effetto di pubblicità legale.
Il Senato ha modificato la decorrenza di tale disposizione, anticipandola al 1° gennaio 2010 con riguardo alla generalità delle pubblicazioni legali (di cui al precedente comma 1) e differendola al 1° gennaio 2013 con riguardo alle pubblicazioni sulla stampa quotidiana di cui al comma 2. Al contempo, la disposizione è stata integrata consentendo esplicitamente alle amministrazioni ed enti pubblici di continuare a far ricorso anche alla pubblicità sui quotidiani, qualora lo ritengano utile a fini di maggior diffusione, purché nei limiti degli ordinari stanziamenti di bilancio.
Sembra opportuno un più esplicito coordinamento – valutando anche l’opportunità di una riformulazione della norma in forma di novella – sia con le disposizioni generali che disciplinano la pubblicazione di atti e provvedimenti amministrativi (ci si riferisce principalmente al testo unico approvato con D.P.R. 1092/1985 ed agli artt. 3-bis e 26 della L. 241/1990), sia con le disposizioni che disciplinano l’accesso telematico ai dati e documenti delle pubbliche amministrazioni, con particolare riguardo alle caratteristiche e ai requisiti di affidabilità dei siti istituzionali su reti telematiche (cfr. artt. 52-54 del Codice dell’amministrazione digitale).
Si ricordano, tra gli altri , i commi 4 e 4-bis del citato art. 54: ai sensi del primo, le pubbliche amministrazioni “garantiscono che le informazioni contenute sui siti siano conformi e corrispondenti alle informazioni contenute nei provvedimenti amministrativi originali”; il secondo dispone che la pubblicazione telematica “produce effetti di pubblicità legale nei casi e nei modi espressamente previsti dall’ordinamento”.
Il comma 6 dispone infine che agli oneri derivanti dalle attività relative alla pubblicazione degli atti o provvedimenti amministrativi sui siti informatici delle amministrazioni pubbliche, dei soggetti obbligati, o di loro associazioni, si provveda a valere sulle risorse finanziarie disponibili, e non ancora impegnate a legislazione vigente, del Fondo di finanziamento per i progetti strategici nel settore informatico di cui all’art. 27 della L. 3/2003, successivamente assegnate con decreto del ministro per l’innovazione e le tecnologie 22 luglio 2005 alla realizzazione del progetto “PC alle famiglie”.
La relazione tecnica, riferita al testo originario, non ha quantificato gli oneri connessi all’attuazione dell’articolo, limitandosi ad affermare che l’utilizzo di fondi non ancora impegnati (risorse finanziarie destinate al progetto “PC alle famiglie”, a valere sul Fondo per i progetti strategici nel settore informatico) costituisce “una riprogrammazione di risorse finanziarie destinate alla realizzazione di interventi della medesima tipologia di competenza dello stesso Dipartimento, senza effetti sui saldi”.
In merito ai profili di quantificazione si osserva che il comma 6 indica la sussistenza di oneri riferiti all’intero articolo 32, mentre la relazione tecnica provvede a quantificare – senza peraltro fornire né lo sviluppo temporale delle spese né i dati e le voci di costo sottostanti a tale stima - i soli oneri derivanti dalla realizzazione del portale CNIPA per l’accesso ai documenti in rete.
Andrebbe quindi chiarito se siano configurabili effetti onerosi anche per le amministrazioni pubbliche tenute a conformarsi agli obblighi previsti dalla norma (pubblicazione nei siti informatici degli atti e dei provvedimenti amministrativi aventi effetto di pubblicità legale), ovvero se queste già dispongano dei mezzi finanziari e tecnici necessari per l’attuazione dei relativi adempimenti.
Si segnala inoltre che andrebbe chiarito se sussista, sotto il profilo temporale, la necessaria coerenza fra l’onere (esteso a più esercizi) e la disponibilità delle risorse di cui si prevede l’utilizzo (risorse precedentemente destinate al progetto “PC alle famiglie”, a valere sul Fondo per i progetti strategici nel settore informatico).
In merito ai profili di copertura finanziaria, in riferimento al comma 5, si rileva l’opportunità di integrare la disposizione al fine di prevedere che la facoltà per le amministrazioni e gli enti pubblici di effettuare, in via integrativa, la pubblicità sui quotidiani a scopo di maggiore diffusione, avvenga oltre che “nei limiti degli ordinari stanziamenti di bilancio” anche senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Sul punto appare opportuno acquisire l’avviso del Governo.
Articolo 33
(Delega al Governo per la modifica del
codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo
2005, n. 82)
TESTO approvato dalla Camera dei deputati |
TESTO modificato dal Senato della Repubblica |
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Art. 23. (Delega al Governo per la modifica del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82). |
Art. 33. (Delega al Governo per la modifica del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82). |
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1. Il Governo è delegato ad adottare, secondo le modalità e i princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, di concerto con i Ministri interessati, uno o più decreti legislativi volti a modificare il codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi specifici: |
1. Il Governo è delegato ad adottare, secondo le modalità e i princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, di concerto con i Ministri interessati, uno o più decreti legislativi, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, volti a modificare il codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi specifici: |
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a) prevedere forme sanzionatorie, anche inibendo l'erogazione dei servizi disponibili in modalità digitali attraverso canali tradizionali, per le amministrazioni che non ottemperano alle prescrizioni del codice; |
a) prevedere forme sanzionatorie, anche inibendo l'erogazione dei servizi disponibili in modalità digitali attraverso canali tradizionali, per le pubbliche amministrazioni che non ottemperano alle prescrizioni del codice; |
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b) individuare meccanismi volti a quantificare gli effettivi risparmi conseguiti dalle singole pubbliche amministrazioni, da utilizzare per l'incentivazione del personale coinvolto e per il finanziamento di progetti di innovazione; |
b) identica; |
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c) individuare meccanismi volti a quantificare i mancati risparmi derivati dall'inottemperanza alle disposizioni del codice al fine di introdurre decurtazioni alle risorse finanziarie assegnate o da assegnare alle amministrazioni inadempienti; |
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d) prevedere l'affidamento temporaneo delle funzioni di cui all'articolo 17 del codice ad altre strutture in caso di mancata istituzione del centro di competenza; |
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c) modificare la normativa in materia di firma digitale al fine di semplificarne l'adozione e l'uso da parte della pubblica amministrazione, dei cittadini e delle imprese; |
e) modificare la normativa in materia di firma digitale al fine di semplificarne l'adozione e l'uso da parte della pubblica amministrazione, dei cittadini e delle imprese, garantendo livelli di sicurezza non inferiori agli attuali; |
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d) prevedere il censimento e la diffusione delle applicazioni informatiche realizzate o comunque utilizzate dalle pubbliche amministrazioni e dei servizi erogati con modalità digitali, nonché delle migliori pratiche tecnologiche e organizzative adottate, introducendo sanzioni per le amministrazioni inadempienti; |
f) identica; |
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g) individuare modalità di verifica dell'attuazione dell'innovazione tecnologica nelle pubbliche amministrazioni centrali e delle ulteriori funzioni di cui all'articolo 16 del codice con l'introduzione di forme di monitoraggio che includano valutazioni sull'impatto tecnologico, nonché sulla congruenza e compatibilità delle soluzioni adottate, prevedendo l'affidamento al CNIPA delle relative attività istruttorie; |
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h) disporre l'implementazione del riuso dei programmi informatici di cui all'articolo 69 del codice, prevedendo a tal fine che i programmi sviluppati per le amministrazioni pubbliche presentino caratteri di modularità ed intersettorialità; |
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e) introdurre specifiche disposizioni volte a rendere la finanza di progetto strumento per l'accelerazione dei processi di valorizzazione dei dati pubblici e per l'utilizzazione da parte delle pubbliche amministrazioni centrali, regionali e locali; |
i) identica; |
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l) indicare modalità di predisposizione di progetti di investimento in materia di innovazione tecnologica e di imputazione della spesa dei medesimi che consentano la complessiva ed organica valutazione dei costi e delle economie che ne derivano; |
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f) prevedere l'utilizzo del web nelle comunicazioni tra le amministrazioni e i propri dipendenti; |
m) prevedere l'obbligo dell'utilizzo delle procedure e delle reti informatiche nelle comunicazioni tra le pubbliche amministrazioni, di qualsiasi livello, tra loro, con i propri dipendenti e con i concessionari di pubblici servizi; |
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g) prevedere la pubblicazione di indicatori di prestazioni nei siti delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, introducendo sanzioni per le amministrazioni inadempienti. |
n) identica; |
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o) equiparare alle pubbliche amministrazioni le società interamente partecipate da enti pubblici o con prevalente capitale pubblico; |
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p) prevedere che tutte le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del citato decreto legislativo n. 165 del 2001 eroghino i propri servizi, ove possibile, nelle forme informatiche e con le modalità telematiche; |
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q) introdurre nel codice ulteriori disposizioni volte ad implementare la sicurezza informatica dei dati, dei sistemi e delle infrastrutture delle pubbliche amministrazioni, anche in relazione al Sistema pubblico di connettività. |
L’articolo 33, composto di un unico comma, delega il Governo ad adottare entro diciotto mesi, secondo le modalità, i principi e i criteri direttivi contenuti nell’art. 20 della legge 59/1997[141] (vedi infra), e sulla base di criteri direttivi specificamente indicati, uno o più decreti legislativi volti a modificare il Codice dell’amministrazione digitale (D.Lgs. 82/2005[142]). Titolare del potere di iniziativa è il ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione, di concerto con i ministri interessati. Con una modifica approvata dal Senato, si precisa che i decreti attuativi della delega dovranno essere adottati rispettando il principio dell’invarianza della spesa.
L’art. 20 della legge 59/1997, riscritto integralmente dall’art. 1 della legge 229/2003 e integrato dalla legge 246/2005, disciplina in via generale la politica di semplificazione e di riassetto normativo del Governo.
Ogni anno il Governo, dopo aver acquisito le proposte dei ministri competenti, mette a punto un programma di priorità di interventi, sulla cui base predispone un disegno di legge per la semplificazione e il riassetto normativo, in cui sono definiti, per l’anno successivo, gli indirizzi, i criteri, le modalità e le materie di intervento (comma 1).
I princìpi e criteri direttivi generali ai quali dovranno attenersi tutti i decreti legislativi adottati sulla base delle leggi di semplificazione sono dettati dai commi 3 e 4 dell’art. 20.
Questi, in sintesi, i princìpi e criteri direttivi di cui al comma 3:
§ la codificazione della normativa primaria regolante la materia (che costituisce il principio-base);
§ l’acquisizione in via preventiva del parere del Consiglio di Stato;
§ la determinazione dei princìpi fondamentali nelle materie di legislazione concorrente;
§ il coordinamento formale e sostanziale del testo delle disposizioni vigenti;
§ l’indicazione espressa delle norme abrogate;
§ una serie di criteri finalizzati a realizzare la più ampia “liberalizzazione” delle attività economiche, tra i quali vi sono: l’eliminazione di interventi amministrativi a carattere autorizzatorio, la riduzione e, ove possibile, la “dismissione” delle funzioni amministrative, la promozione di interventi di autoregolazione delle categorie interessate, etc.
Il comma 4 individua ulteriori principi, riferiti alla disciplina delle funzioni amministrative mantenute in essere, quali:
§ la semplificazione dei procedimenti amministrativi, con la riduzione del numero delle fasi procedimentali e delle amministrazioni intervenienti;
§ la riduzione dei termini per la conclusione dei procedimenti;
§ la regolazione uniforme dei procedimenti dello stesso tipo;
§ la riduzione del numero di procedimenti amministrativi e l’accorpamento di quelli che si riferiscono alla stessa attività;
§ la semplificazione e accelerazione delle procedure di spesa e contabili;
§ l’adeguamento delle procedure alle nuove tecnologie informatiche.
§ la possibilità di utilizzare, da parte delle amministrazioni, strumenti di diritto privato;
§ la conformazione ai principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza nella ripartizione delle attribuzioni e competenze tra i diversi soggetti istituzionali;
§ la riconduzione delle intese, degli accordi e degli atti equiparabili ad uno o più schemi base di riferimento che stabiliscano le responsabilità e le conseguenze degli eventuali inadempimenti;
§ la possibilità di utilizzare uffici e strutture tecniche e amministrative pubbliche da parte di altre pubbliche amministrazioni.
La procedura indicata dall’art. 20, comma 5, della legge 59/1997, prevede che i decreti legislativi siano emanati su proposta del ministro competente, di concerto con il Presidente del Consiglio o con il ministro per la funzione pubblica, con i ministri interessati e con il ministro dell’economia e delle finanze. È espressamente prevista la previa acquisizione del parere della Conferenza unificata e, successivamente, dei pareri delle Commissioni parlamentari competenti, che devono essere resi entro 60 giorni dal ricevimento della richiesta. È inoltre previsto (comma 3) il parere del Consiglio di Stato.
L’articolo in esame individua inoltre i seguenti specifici princìpi e criteri direttivi per l’esercizio delle delega, in più punti modificati e integrati nel corso dell’esame al Senato[143]:
§ l’inserimento nel Codice della previsione di forme sanzionatorie per le pubbliche amministrazioni che non si conformino alle prescrizioni in esso contenute. Tali forme sanzionatorie sono individuate anche nell’inibizione per le amministrazioni inadempienti della possibilità di erogare i servizi disponibili in modalità digitali attraverso i canali tradizionali, ancorché in assenza di norme legislative che impongano l’erogazione in modalità esclusivamente digitale (lett. a);
§ l’individuazione di meccanismi in grado di quantificare i risparmi effettivamente conseguiti dalle pubbliche amministrazioni. Tali risorse dovranno quindi essere utilizzate per l’incentivazione del personale e per il finanziamento di progetti di innovazione (lett. b);
Tale principio sembra trovare corrispondenza con quanto previsto dall’art. 1, comma 1, della legge 15/2009[144], che reca una delega al Governo per la riforma del rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici, con l’obiettivo, tra gli altri, di introdurre sistemi di valutazione del personale e delle strutture pubbliche, finalizzati ad assicurare l’offerta di servizi conformi agli standard internazionali di qualità e a valorizzare il merito e conseguentemente a riconoscere meccanismi premiali al personale.
§ la determinazione di meccanismi atti a valutare i mancati risparmi derivati dall'inosservanza delle disposizioni del Codice, con lo scopo di prevedere riduzioni delle risorse finanziarie assegnate o da assegnare alle amministrazioni inadempienti (lett. c);
§ l'affidamento temporaneo delle funzioni previste dall'art. 17 del Codice ad altre strutture in caso di mancata istituzione del centro di competenza (lett. d);
Per garantire l’attuazione delle disposizioni normative e delle direttive volte alla riorganizzazione e alla digitalizzazione della pubblica amministrazione, l'art. 17 del Codice stabilisce che in ciascun ministero debba essere istituito un (unico) centro di competenza con il compito di coordinare e monitorare lo sviluppo dei sistemi informativi e la sicurezza informatica, di garantire la coerenza tra l'organizzazione dell'amministrazione e l'utilizzo delle nuove tecnologie al fine di migliorare la soddisfazione dell'utenza e la qualità dei servizi e ridurre i costi dell'azione amministrativa, di progettare iniziative per assicurare una più efficace erogazione di servizi in rete a cittadini e imprese e, in generale, di attuare le direttive del Ministro delegato per l'innovazione e le tecnologie.
§ la modifica della normativa in materia di firma digitale con l’intento di semplificarne ed intensificarne l’uso da parte della pubblica amministrazione, dei cittadini e delle imprese, assicurando comunque gli attuali livelli di sicurezza (questa ultima precisazione è stata aggiunta nel corso dell’esame al Senato) (lett.e);
La firma digitale è una procedura informatica di autenticazione volta a riconoscere al documento informatico gli stessi requisiti di certezza propri di un documento cartaceo autografo. Fa parte di un insieme di strumenti definiti genericamente firme elettroniche (firma elettronica, firma elettronica avanzata, firma elettronica qualificata, firma digitale e, nel linguaggio comune, firma elettronica “debole” e “forte”), disciplinati dal Codice (artt. 24-37).
§ la previsione della mappatura e della diffusione delle applicazioni informatiche realizzate o utilizzate dalle pubbliche amministrazioni e dei servizi erogati con modalità digitali, nonché delle best practices tecnologiche e organizzative adottate, introducendo sanzioni per le amministrazioni inadempienti (lett.f);
L’art. 18 del disegno di legge in esame (alla cui scheda si rinvia) promuove, in via generale, l’individuazione e la diffusione delle buone prassi in uso presso gli uffici delle pubbliche amministrazioni pubbliche statali.
§ la definizione di sistemi di verifica dello stato di attuazione dell'innovazione tecnologica nelle pubbliche amministrazioni centrali e del corretto utilizzo delle risorse finanziarie per l'informatica da parte delle stesse, prevedendo, tra l’altro, valutazioni sull'impatto tecnologico, sulla congruenza e sulla compatibilità delle soluzioni adottate e demandando al CNIPA le attività istruttorie relative (lett. g);
§ l'attivazione del riuso dei programmi informatici, prevedendo che i softwares e le applicazioni informatiche sviluppati per le amministrazioni pubbliche abbiano caratteri di modularità ed intersettorialità, per facilitarne l’interscambio e la fruibilità (lett. h);
Il Codice (art. 69) reca norme per favorire il riuso di programmi informatici realizzati per conto di altre amministrazioni e prevede l’istituzione, a cura del CNIPA, di un’apposita banca dati informativa a livello nazionale dei programmi informatici riutilizzabili. A tale scopo il CNIPA ha attivato il Portale del riuso. Le pubbliche amministrazioni centrali che intendono acquistare programmi applicativi devono valutare prima la possibilità di riuso delle applicazioni analoghe rese note dal CNIPA, motivandone l'eventuale mancata adozione.
§ l’introduzione di specifiche disposizioni per utilizzare la finanza di progetto come strumento per l’accelerazione dei processi di valorizzazione dei dati pubblici e di una loro migliore utilizzazione da parte delle pubbliche amministrazioni centrali, regionali e locali (lett. i);
§ l’indicazione di direttive per la realizzazione di progetti di investimento in materia di innovazione tecnologica e di imputazione della spesa degli stessi che permettano di valutarne i costi e i risparmi conseguenti (lett. l);
§ la previsione dell’obbligarietà dell’utilizzo delle reti telematiche (internet e intranet) nelle comunicazioni tra le amministrazioni, con i propri dipendenti e con i concessionari di pubblici servizi (lettera m, così modificata dal Senato);
Il Codice (art. 12) stabilisce in via generale che le pubbliche amministrazioni si servono delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione nell'organizzare la loro attività, per conseguire efficienza, efficacia, economicità, imparzialità, trasparenza, semplificazione e partecipazione, e se ne avvalgono nei rapporti interni tra le diverse amministrazioni e tra queste e i privati. Inoltre, l’art. 47 dispone che le comunicazioni di documenti tra le pubbliche amministrazioni avvengono di norma mediante l’utilizzo della posta elettronica, precisando che esse sono valide ai fini del procedimento amministrativo se ne sia verificata la provenienza specificando le modalità che consentono la verifica della provenienza delle comunicazioni allo scopo di conferire ad esse efficacia legale certa.
§ la previsione della pubblicazione nei siti delle pubbliche amministrazioni[145] di indicatori di prestazioni, introducendo sanzioni per le amministrazioni inadempienti (lett. n);
§ l’equiparazione alle pubbliche amministrazioni delle società interamente partecipate da enti pubblici o con prevalente capitale pubblico ai fini della applicazione delle disposizioni del Codice (lett. o);
§ la previsione che tutte le pubbliche amministrazioni eroghino i propri servizi, ove possibile, nelle forme informatiche e con le modalità telematiche (lett. p);
Si veda in proposito la scheda relativa al successivo art. 34, in cui sono richiamati i principi generali del Codice con riferimento al comma 1 di quella disposizione.
§ l’inserimento nel Codice di ulteriori disposizioni per sviluppare la sicurezza informatica dei dati, dei sistemi e delle infrastrutture delle pubbliche amministrazioni, anche in relazione al Sistema pubblico di connettività (lett. q).
Le strategie in materia di sicurezza informatica e delle telecomunicazioni per la pubblica amministrazione sono state definite dalla direttiva del 16 gennaio 2002[146]. Con decreto del 24 luglio 2002[147] è stato istituito uno specifico Comitato tecnico nazionale, quale organismo tecnico di coordinamento tra le amministrazioni interessate, nell’ambito della realizzazione del Piano Nazionale della sicurezza informatica e delle telecomunicazioni.
La relazione tecnica, riferita al testo originario, non considera le norme.
In merito ai profili di quantificazione si rileva che la clausola di invarianza introdotta dal Senato nel corso dell’esame in seconda lettura appare coerente con il più generale obbligo di neutralità finanziaria già previsto per l’intero Codice dell’amministrazione digitale[148].
Si osserva tuttavia che, considerata la portata innovativa di alcune delle previsioni contenute nell’articolo 33 (come i progetti di investimento in materia di innovazione tecnologica[149] e l’obbligo di utilizzare, nelle relazioni tra pubbliche amministrazioni e cittadini, le procedure e le reti informatiche[150]), l’effettiva idoneità di tale obbligo ad evitare l’insorgere di nuovi a maggiori oneri è connessa sia all’attuale stato di avanzamento dei sistemi e delle dotazioni dei quali sarà necessaria l’utilizzazione sia – presumibilmente – alle modalità e alla tempistica di attuazione dei nuovi adempimenti previsti dal testo.
Sul punto appare opportuno acquisire una valutazione da parte del Governo.
In merito ai profili di copertura, in riferimento al comma 1, si ricorda che nel corso dell’esame del provvedimento al Senato è stata introdotta una clausola di invarianza con riferimento alla delega di cui al comma 1.
Si rileva tuttavia che alla luce delle modifiche apportate dall’altro ramo del Parlamento, sembrerebbe opportuno prevedere una disposizione finale volta a sostituire la predetta clausola di invarianza, stabilendo che all’attuazione della delega di cui al comma 1 le amministrazioni interessate provvedono con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Articolo 34
(Servizi informatici per le relazioni tra
pubbliche amministrazioni
e utenti)
TESTO approvato dalla Camera dei deputati |
TESTO modificato dal Senato della Repubblica |
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Art. 34. (Servizi informatici per le relazioni tra pubbliche amministrazioni e utenti). |
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1. Entro il 30 giugno 2009, le amministrazioni pubbliche già dotate di un sito internet sono tenute a pubblicare nella pagina iniziale del loro sito un indirizzo di posta elettronica certificata a cui il cittadino possa rivolgersi per qualsiasi richiesta, in adempimento alle norme del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82. Le amministrazioni devono altresì assicurare un servizio che renda noti al pubblico i tempi di risposta, le modalità di lavorazione delle pratiche e i servizi disponibili. |
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2. Entro il 31 dicembre 2009 le amministrazioni pubbliche già dotate di un sito internet devono pubblicare il registro dei processi automatizzati rivolti al pubblico. Tali processi devono essere dotati di appositi strumenti per la verifica a distanza da parte del cittadino dell'avanzamento delle pratiche. |
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3. Le pubbliche amministrazioni locali hanno facoltà di assegnare ai cittadini residenti caselle di posta elettronica certificata atte alla trasmissione di documentazione ufficiale. |
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4. Dall'applicazione delle disposizioni del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. |
L’articolo 34, aggiunto nel corso dell’esame al Senato, reca disposizioni per favorire le relazioni tra le pubbliche amministrazioni e gli utenti attraverso un maggiore utilizzo della posta elettronica certificata come strumento di comunicazione.
A tale scopo, il comma 1 stabilisce l’obbligo, per le amministrazioni pubbliche che abbiano già realizzato un proprio sito internet, di pubblicare nella pagina iniziale del sito un indirizzo di posta elettronica certificata che ciascun cittadino possa utilizzare per inoltrare richieste all’amministrazione. Tale obbligo deve essere assolto entro il 30 giugno 2009.
La disposizione in esame trova riscontro in alcuni principi generali del Codice dell’amministrazione digitale (D.Lgs. 82/2005[151]), in cui si sancisce preliminarmente che le pubbliche amministrazioni centrali e locali sono tenute ad organizzarsi, rideterminando le proprie strutture e procedimenti secondo le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione, per assicurare la disponibilità, la gestione, l’accesso, la trasmissione, la conservazione e la fruibilità dell’informazione in modalità digitale (art. 2).
Quanto alle modalità di comunicazione tra pubblica amministrazione e cittadini, il Codice riconosce ai cittadini e alle imprese il diritto all’uso delle tecnologie, ovvero il diritto di richiedere e di ottenere l’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione nei rapporti con le pubbliche amministrazioni centrali e con i gestori di pubblici servizi statali, entro i limiti posti dal Codice. Tale diritto è esercitabile anche nei riguardi delle amministrazioni regionali e locali nei limiti delle risorse tecnologiche e amministrative disponibili e nel rispetto della loro autonomia normativa (art. 3).
Il diritto di comunicare in rete con la pubblica amministrazione e di ottenere l’erogazione di servizi in linea è ribadito con particolare riguardo alla partecipazione al procedimento amministrativo (con riferimento alle comunicazioni relative all’avvio del procedimento e alle varie fasi di esso) e al diritto di accesso ai documenti amministrativi, nel rispetto dei diritti sanciti dalla legge 241/1990 (art. 4).
Le pubbliche amministrazioni devono consentire agli utenti l’utilizzo di strumenti informatici per l’invio di atti e documenti.
Lo strumento ordinario per le comunicazioni informatiche tra cittadini e amministrazioni è individuato nella posta elettronica certificata – PEC - (le cui caratteristiche consentono di attestare la data e l’ora di spedizione e di ricezione nonché, grazie alla firma elettronica, la provenienza e l’integrità del contenuto), prevista e disciplinata da uno specifico regolamento (D.P.R. 68/2005[152]).
Le pubbliche amministrazioni centrali utilizzano la PEC per ogni scambio di documenti e informazioni con i soggetti interessati che ne fanno richiesta e che hanno preventivamente dichiarato il proprio indirizzo di PEC. La disposizione si applica anche alle pubbliche amministrazioni regionali e locali salvo che non sia diversamente stabilito.(art. 6).
I commi 589 e 590 dell’art. 2 della legge finanziaria 2008 (L. 244/2007) hanno introdotto disposizioni volte a sanzionare, attraverso una riduzione delle risorse finanziarie, il mancato utilizzo della PEC da parte delle pubbliche amministrazioni centrali e degli enti pubblici non economici nazionali.
Da ultimo, il decreto-legge 185/2008[153] (conv. L. 2/2009) reca disposizioni finalizzate a portare a regime l’uso della PEC quale ordinario strumento di comunicazione per le imprese e i professionisti, in alternativa all’invio postale di documenti cartacei. E’ esteso a tutte le amministrazioni pubbliche[154] l’obbligo di istituire una casella di PEC, o analogo indirizzo di posta elettronica, e di comunicare tali caselle al CNIPA, che provvede alla loro pubblicazione in un elenco consultabile liberamente per via telematica (art. 16, comma 8); sono inoltre tenuti ad adottare un indirizzo di PEC le imprese costituite in forma societaria e i professionisti iscritti in albi ed elenchi istituiti con legge statale (commi 6 e 7).
I commi da 5 a 8 dell’art. 16-bis sono invece diretti a diffondere l’uso della PEC tra i cittadini, prevedendo che venga assegnata, a tutti i cittadini che ne facciano richiesta, una casella di PEC, di cui possano servirsi per le comunicazioni con le amministrazioni pubbliche, e che la PEC venga usata con effetto equivalente, ove necessario, alla notificazione avvenuta per mezzo della posta ordinaria. Si impone inoltre alle amministrazioni pubbliche l’uso della PEC per le comunicazioni e le notificazioni che hanno come destinatari i dipendenti delle medesime amministrazioni. La definizione delle modalità di rilascio e di uso della casella di PEC assegnata ai cittadini è demandata ad un D.P.C.M., che non risulta ancora emanato.
Le pubbliche amministrazioni devono inoltre garantire un servizio che permetta al pubblico di conoscere “i tempi di risposta, le modalità di lavorazione delle pratiche e i servizi disponibili”. La formulazione della disposizione non esplicita se tali informazioni debbano essere rese note attraverso i servizi informatici (nel sito), come appare presumibile, ovvero con altre modalità.
Entro il 31 dicembre 2009, le amministrazioni pubbliche che abbiano un sito internet devono pubblicare un registro dei processi automatizzati rivolti al pubblico, e consentire, mediante strumenti specifici, di accertare a distanza lo stato di avanzamento delle pratiche (comma 2).
I commi 1 e 2 adottano espressioni dal significato tecnico-giuridico di non immediata evidenza o generiche, quali “processi automatizzati rivolti al pubblico”, “tempi di risposta”, “modalità di lavorazione delle pratiche”.
Il comma 3 dà facoltà alle pubbliche amministrazioni locali (province, comuni, comunità montane e loro consorzi e associazioni) di assegnare ai cittadini residenti caselle di posta elettronica certificata da utilizzare per la trasmissione di documentazione ufficiale.
Le disposizioni di cui ai commi da 1 a 3 si inseriscono in un settore normativo già regolato dal Codice dell’amministrazione digitale e dall’apposito regolamento di delegificazione sulla posta elettronica certificata (D.P.R. 68/2005). Dovrebbe valutarsi pertanto l’opportunità di una riformulazione, almeno parziale, dei commi illustrati in termini di novella ai due testi richiamati, al fine di non comprometterne i caratteri di unitarietà, tenuto anche conto che l’art. 89 del Codice stabilisce che "la Presidenza del Consiglio dei Ministri adotta gli opportuni atti di indirizzo e di coordinamento per assicurare che i successivi interventi normativi, incidenti sulle materie oggetto di riordino siano attuati esclusivamente mediante la modifica o l'integrazione delle disposizioni contenute nel presente Codice”.
Il comma 4 reca la clausola di invarianza finanziaria.
La relazione tecnica non considera la norma che è stata introdotta nel corso dell’esame in Commissione presso il Senato.
La norma stabilisce che, entro il 30 giugno 2009, le amministrazioni pubbliche già dotate di un sito internet sono tenute a pubblicare sulla pagina di partenza del loro sito un indirizzo di posta elettronica certificata a cui il cittadino possa rivolgersi per qualsiasi richiesta (comma 1). Entro il 31 dicembre 2009 le stesse amministrazioni devono pubblicare il registro dei processi automatizzati rivolti al pubblico che dovranno essere dotati di appositi strumenti per la verifica a distanza da parte del cittadino dell'avanzamento delle pratiche (comma 2).
Le pubbliche amministrazioni locali hanno facoltà di assegnare ai cittadini residenti caselle di posta elettronica certificata (comma 3).
E’ stabilito che dall'applicazione delle disposizioni del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica (comma 4).
Al riguardo si osserva che la norma sembra porre oneri a carico delle amministrazioni pubbliche dal momento che, attualmente, solo le amministrazioni centrali appaiono obbligate ad attivare un casella di posta elettronica certificata. A tal proposito appare opportuno che il Governo fornisca ulteriori elementi informativi considerato che l’onere è posto anche a carico delle amministrazioni non statali.
Si deve, peraltro, rilevare che l’eventuale onere posto a carico di ogni singola amministrazione dovrebbe essere di ammontare esiguo come affermato dal Governo nella RT.
Appare, altresì, opportuno che il Governo fornisca elementi circa l’impatto atteso, in termini di organizzazione amministrativa, dall’applicazione dalle norme che impongono di pubblicare il registro dei processi automatizzati rivolti al pubblico. Tali elementi dovranno consentire di comprendere se l’applicazione della disciplina in esame possa essere effettivamente disposta senza oneri a carico delle amministrazioni interessate.
Articolo 35
(Diffusione delle tecnologie telematiche
nelle comunicazioni)
TESTO approvato dalla Camera dei deputati |
TESTO modificato dal Senato della Repubblica |
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Art. 35. (Diffusione delle tecnologie telematiche nelle comunicazioni). |
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1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge il Governo adotta, ai sensi dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, un regolamento volto a definire le modalità per l'attribuzione di indirizzo di posta elettronica certificata in base a tecnologie che certifichino data e ora dell'invio e della ricezione delle comunicazioni e l'integrità del contenuto delle stesse, garantendo l'interoperabilità con analoghi sistemi internazionali. |
L’articolo 35, aggiunto nel corso dell’esame al Senato, autorizza il Governo ad adottare, entro sei mesi dall’entrata in vigore del provvedimento, un regolamento per definire le modalità per l'assegnazione dell’indirizzo di posta elettronica certificata in base a tecnologie che consentano di:
§ certificare la data e l’ora dell'invio e della ricezione delle comunicazioni;
§ l'integrità del loro contenuto;
§ assicurare l'interoperabilità dei servizi offerti con analoghi sistemi internazionali.
Si ricorda che la posta elettronica certificata è disciplinata da un apposito regolamento di delegificazione, il D.P.R. 68/2005[155], con caratteristiche analoghe a quelle previste dalla disposizione in esame.
il Codice dell’amministrazione digitale (art. 48), nel far rinvio al D.P.R. 68/2005, stabilisce in via generale che:
§ essa deve essere necessariamente utilizzata per le comunicazioni che richiedano una ricevuta di invio e una ricevuta di consegna;
§ l’invio mediante PEC equivale, nei casi consentiti dalla legge, alla notificazione a mezzo posta;
§ le relative data e ora di trasmissione e di ricezione sono opponibili ai terzi, se conformi alle disposizioni del D.P.R. 68/2005 e alle relative regole tecniche.
Il D.P.R. 68/2005 disciplina la validità della trasmissione e ricezione del messaggio di PEC, che è attestata rispettivamente dalla ricevuta di accettazione e dalla ricevuta di avvenuta consegna generate dal gestore del servizio: quest’ultima fornisce al mittente prova che il suo messaggio di PEC è effettivamente pervenuto all'indirizzo elettronico dichiarato dal destinatario e certifica il momento della consegna (art. 6 del D.P.R. 68/2005).
Il servizio di PEC può essere esercitato anche da gestori non iscritti nell’elenco, se stabiliti in altri Stati membri dell’Unione europea e siano in possesso di requisiti conformi alla legislazione dello Stato membro di stabilimento ed equivalenti a quelli previsti dalla normativa italiana e che operino nel rispetto delle regole tecniche dettate in Italia, verificati dal CNIPA.
Le regole tecniche per la formazione, la trasmissione e la validazione, anche temporale, della PEC, in cui sono riportati i requisiti tecnico-funzionali che devono essere rispettati dalle piattaforme utilizzate per erogare il servizio, sono contenute nel D.M. 2 novembre 2005[156]. La normativa impone ai differenti gestori di PEC di garantire la piena interoperabilità dei servizi offerti, secondo le specifiche tecniche definite nell'allegato di tale D.M..
Si ricordano infine i commi da 5 a 8 dell’art. 16-bis del decreto-legge 185/2008[157] (conv. L. 2/2009), diretti a diffondere l’uso della PEC tra i cittadini.
Per ulteriori approfondimenti sulla PEC, si rinvia alla scheda di commento all’art. 34.
La disposizione in esame non sembra individuare requisiti nuovi, rispetto a quelli previsti dalla normativa vigente, per l'assegnazione dell’indirizzo di posta elettronica certificata, ad eccezione del riferimento esplicito alla interoperabilità dei servizi offerti con sistemi internazionali, che peraltro è richiesta per i gestori stabiliti in altri Stati membri dell’Unione europea.
Si rileva inoltre che non è specificata la natura del regolamento da adottarsi, essendo operato un rinvio generico all'art. 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400 e che, come già ricordato, le disposizioni che regolano la materia sono contenute in un regolamento di delegificazione.
Articolo 36
(VOIP e Sistema pubblico di connettività)
TESTO approvato dalla Camera dei deputati |
TESTO modificato dal Senato della Repubblica |
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Art. 24. (VOIP e Sistema pubblico di connettività). |
Art. 36. (VOIP e Sistema pubblico di connettività). |
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1. Al fine di consentire l'attuazione di quanto previsto all'articolo 78, comma 2-bis, del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, il CNIPA provvede alla realizzazione e alla gestione di un nodo di interconnessione per i servizi «Voce tramite protocollo internet» (VOIP) per il triennio 2009-2011, in conformità all'articolo 83 del medesimo codice. |
1. Identico. |
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2. All'attuazione del comma 1 si provvede nel limite delle risorse disponibili a legislazione vigente, assegnate al progetto «Lotta agli sprechi» dal decreto del Ministro per l'innovazione e le tecnologie 24 febbraio 2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 116 del 20 maggio 2005, non ancora impegnate alla data di entrata in vigore della presente legge, nonché utilizzando le economie derivanti dalla realizzazione del Sistema pubblico di connettività di cui al decreto del Ministro per l'innovazione e le tecnologie 27 ottobre 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 304 del 29 dicembre 2004. |
2. Identico. |
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3. Al fine di accelerare la diffusione del Sistema pubblico di connettività disciplinato dal citato codice di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, presso le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, nel rispetto dei princìpi di economicità e di concorrenza del mercato, il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione predispone, d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un programma triennale atto ad assicurare, entro il 31 dicembre 2011, l'adesione di tutte le citate amministrazioni al predetto Sistema, la realizzazione di progetti di cooperazione tra i rispettivi sistemi informativi e la piena interoperabilità delle banche dati, dei registri e delle anagrafi, al fine di migliorare la qualità e di ampliare la tipologia dei servizi, anche on line, erogati a cittadini e a imprese, nonché di aumentare l'efficacia e l'efficienza dell'amministrazione pubblica. |
3. Al fine di accelerare la diffusione del Sistema pubblico di connettività disciplinato dal citato codice di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, presso le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, nel rispetto dei princìpi di economicità e di concorrenza del mercato, il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione predispone, d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un programma biennale atto ad assicurare, entro il 31 dicembre 2010, l'adesione di tutte le citate amministrazioni al predetto Sistema, la realizzazione di progetti di cooperazione tra i rispettivi sistemi informativi e la piena interoperabilità delle banche dati, dei registri e delle anagrafi, al fine di migliorare la qualità e di ampliare la tipologia dei servizi, anche on line, erogati a cittadini e a imprese, nonché di aumentare l'efficacia e l'efficienza dell'amministrazione pubblica. |
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4. All'attuazione del programma di cui al comma 3 del presente articolo sono prioritariamente destinate le risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate, di cui all'articolo 61 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni, assegnate a programmi per lo sviluppo della società dell'informazione, e non ancora programmate. |
4. Identico. |
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5. All'articolo 2 del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, dopo il comma 2 è inserito il seguente: |
5. Identico. |
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«2-bis. Tutte le disposizioni previste dal presente codice per le pubbliche amministrazioni si applicano, ove possibile tecnicamente e a condizione che non si producano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica ovvero, direttamente o indirettamente, aumenti di costi a carico degli utenti, anche ai soggetti privati preposti all'esercizio di attività amministrative». |
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L’articolo 36 affida al Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione (CNIPA) il compito di realizzare e gestire fino al 2011 un nodo per i servizi VOIP, ossia Voce tramite protocollo internet (commi 1 e 2); prevede la predisposizione da parte del Governo di un piano biennale per diffondere il Sistema pubblico di connettività (SPC) tra le pubbliche amministrazioni (commi 3 e 4); estende l’applicazione delle disposizioni del Codice dell’amministrazione digitale (D.Lgs. 82/2005) anche ai soggetti privati preposti all’esercizio di attività amministrative (comma 5).
Il comma 1 dell’articolo in esame prevede che il CNIPA[158] provveda alla realizzazione e gestione di un nodo di interconnessione per i servizi VOIP nel contesto dello SPC per il triennio 2009-2011, in conformità a quanto stabilito dall’art. 83 (contratti quadro) del Codice dell’amministrazione digitale.
L’utilizzo del sistema VoIP – Voice over Internet protocol - si inquadra nel percorso di razionalizzazione delle risorse delle pubbliche amministrazioni; il sistema rende infatti possibile effettuare una conversazione telefonica sfruttando una connessione internet, o altra rete dedicata, permettendo un collegamento telefonico senza costi aggiuntivi rispetto alla connessione dati, con risparmi sulle chiamate e minori costi infrastrutturali.
La disposizione consentirà l’attuazione di quanto previsto dall’articolo 78, comma 2-bis del Codice dell’amministrazione digitale che impone a tutte le pubbliche amministrazioni l’obbligo di utilizzare i servizi VOIP previsti dal Sistema pubblico di connettività o da analoghe convenzioni stipulate dalla CONSIP[159].
Il citato obbligo decorre dal 1° gennaio 2008 e, comunque, a partire dalla scadenza dei contratti relativi ai servizi di fonia in corso alla medesima data.
Per l’attuazione di quanto disposto dal comma 1, il successivo comma 2 dispone che vengano utilizzate le risorse, non ancora impegnate, assegnate al progetto ”Lotta agli sprechi” dal decreto del Ministro per l’innovazione e le tecnologie del 24 febbraio 2005, recante individuazione di progetti da finanziare, ai sensi dell'articolo 27, commi 1 e 2, della legge 3/ 2003[160].
I commi 3 e 4 stabiliscono che il Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione predisponga, entro 180 giorni dall’entrata in vigore della disposizione, un programma in grado di assicurare l’adesione al SPC di tutte le amministrazioni pubbliche, nonché la realizzazione di progetti di cooperazione tra i rispettivi sistemi operativi e la piena interoperabilità delle banche dati, dei registri e delle anagrafi, al fine di migliorare la qualità e di ampliare la tipologia dei servizi, anche online, erogati a cittadini ed imprese.
La durata del programma, fissata inizialmente in tre anni, è stata ridotta a due anni a seguito di una modifica apportata dal Senato. Viene così anticipato al 31 dicembre 2010 il termine di realizzazione del SPC.
Le risorse necessarie per l’attuazione del programma sono prioritariamente individuate fra quelle destinate al Fondo aree sottoutilizzate (FAS)[161] e, in particolare, assegnate ai programmi per lo sviluppo della società dell’informazione.
Il Sistema pubblico di connettività e cooperazione (SPC), istituito e disciplinato con il decreto legislativo 28 febbraio 2005, n. 42 ha sostituito la Rete unitaria delle pubbliche amministrazioni (RUPA) con l’obiettivo di raccordare i sistemi informatici di tutte le pubbliche amministrazioni statali, regionali e locali.
Il SPC è una infrastruttura e un insieme di servizi di connettività condivisi dalle pubbliche amministrazioni finalizzato a garantire la piena interazione e la cooperazione applicativa tra i sistemi informativi dello Stato, delle Regioni e delle autonomie locali; esso consente a questi soggetti di utilizzare i servizi telematici per elaborare ed erogare i propri servizi direttamente ai cittadini e alle imprese.
Il comma 5, attraverso una novella del Codice dell’amministrazione digitale (art. 2, co. 2-bis) estende l’applicazione di tutte le disposizioni previste dal Codice medesimo, attualmente destinate alle pubbliche amministrazioni, anche ai soggetti privati preposti all'esercizio di attività amministrative, ove sia possibile tecnicamente e a condizione che da ciò non derivino nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica ovvero aumenti dei costi a carico degli utenti.
La relazione tecnica, riferita al testo originario, esclude un’accelerazione della spesa - con effetti negativi sui saldi - in quanto l’utilizzo delle risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate per l’attuazione del programma di cui al comma 3 (programma per l'adesione delle pubbliche amministrazioni al Sistema pubblico di connettività) avverrà nell’arco temporale di tre anni.
Al riguardo, si osserva che la modifica introdotta dal Senato (riduzione da tre a due anni del programma ministeriale per la diffusione del Sistema pubblico di connettività) va ad incidere sui tempi di erogazione della spesa, realizzando un’accelerazione che potrebbe determinare – secondo quanto desumibile dalla relazione tecnica - effetti negativi sui saldi.
Sul punto appare opportuno acquisire un chiarimento da parte del Governo.
Articolo 37
(Carta nazionale dei servizi)
TESTO approvato dalla Camera dei deputati |
TESTO modificato dal Senato della Repubblica |
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Art. 37. (Carta nazionale dei servizi). |
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1. La carta nazionale dei servizi (CNS) e le altre carte elettroniche ad essa conformi possono essere rilasciate fino al 31 dicembre 2010 anche ai titolari di carta d'identità elettronica (CIE). |
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2. Al regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 2 marzo 2004, n. 117, sono apportate le seguenti modifiche: |
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a) all'articolo 2, comma 3, al primo periodo, le parole: «e accerta che il soggetto richiedente non sia in possesso della carta d'identità elettronica» e, al secondo periodo, le parole: «e se il soggetto richiedente non risulta titolare di una carta d'identità elettronica» sono soppresse; |
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b) all'articolo 8, il comma 5 è abrogato. |
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3. All'articolo 64, comma 3, del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, l'ultimo periodo è soppresso. |
L’articolo 37, introdotto nel corso dell’esame al Senato, reca disposizioni concernenti la Carta nazionale dei servizi.
Il comma 1 consente, fino al 31 dicembre 2010 il rilascio della carta nazionale dei servizi (CNS) e delle altre carte elettroniche ad essa conformi anche ai titolari di carta d’identità elettronica (CIE).
Il comma 2 apporta modifiche al regolamento concernente la diffusione della CNS (D.P.R. 117/2004)[162]:
§ la lettera a) modifica l’art. 2, co. 3, del regolamento, concernente le modalità per il rilascio della CNS. Ai sensi di tale comma, al momento dell'emissione o del rinnovo della carta l'amministrazione accerta, tra l’altro, che il soggetto richiedente non sia in possesso della carta di identità elettronica e consente l’emissione della CNS solo in questo caso. La lettera a) in esame sopprime la previsione di tale accertamento;
§ la lettera b) abroga il co. 8 dell’art. 5 del regolamento, che recava una disposizione transitoria (in vigore sino al 31 dicembre 2005) in ordine alla menzionata procedura di accertamento preventivo del possesso della CIE ai fini del rilascio della CNS, riguardante i cittadini residenti nei comuni che diffondono la carta d’identità elettronica.
Correlativamente, il comma 3 abroga l’art. 64, co. 3, del Codice dell'amministrazione digitale (D.Lgs. 82/2005), limitatamente all’ultimo periodo, che proroga al 31 dicembre 2009 la procedura di preventivo accertamento del possesso della CIE, riguardante le richieste di emissione di CNS da parte dei cittadini non residenti nei comuni in cui è diffusa la carta d’identità elettronica.
La carta d’identità elettronica (CIE) costituisce uno dei principali progetti del disegno di informatizzazione della pubblica amministrazione. Essa, oltre a mantenere la funzione del documento cartaceo attestante l’identità della persona, ha la funzione di strumento di accesso ai servizi innovativi che le pubbliche amministrazioni locali e nazionali metteranno a disposizione per via telematica, inoltre, la carta dovrà poter essere utilizzata e dovrà funzionare nello stesso modo in qualsiasi punto del territorio nazionale.
Affine alla carta d’identità elettronica, la carta nazionale dei servizi (CNS) è un documento su supporto informatico che consente ai cittadini l’accesso per via telematica ai servizi erogati dalla pubblica amministrazione e da altri enti, senza peraltro svolgere la funzione di documento di identità.
Ai sensi del Codice dell’amministrazione digitale (art. 63), i servizi in rete forniti dalle pubbliche amministrazioni sono realizzati in base a criteri di valutazione di efficacia, economicità ed utilità, e “mirando alla migliore soddisfazione delle esigenze degli utenti”. Ai servizi in rete per i quali è necessaria l’autenticazione informatica si accede, di norma, attraverso la carta d’identità elettronica (CIE) e la carta nazionale dei servizi (CNS) (art. 64, co. 1), ma per la presentazione di istanze e dichiarazioni è sufficiente la firma digitale (art. 65). In via transitoria, è consentito l’accesso ai servizi in rete, oltre che con la CIE e la CNS, anche con strumenti diversi, a condizione che essi siano in condizione di accertare l’identità del soggetto che richiede in servizio (art. 64. co. 2). Il Codice peraltro demanda a un decreto del Presidente del Consiglio (o del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione), d’intesa con la Conferenza unificata, la fissazione della data di conclusione della fase transitoria, oltre la quale non sarà più consentito l’accesso ai servizi in rete con strumenti diversi da CIE e CNS. In ogni caso, la fase transitoria non avrebbe dovuto superare il 31 dicembre 2007, termine prorogato dal D.L. 248/2007 e da ultimo al 31 dicembre 2009 dal recente D.L. 207/2008[163].
Alla medesima data è contestualmente fissato il termine relativo alla procedura di preventivo accertamento del possesso della Carta di identità elettronica (fissato, per i cittadini residenti nei comuni che diffondono la carta d’identità elettronica, al 31 dicembre 2005 dall’art. 8, co. 5, del D.P.R. 117/2004) limitatamente alle richieste di emissione di Carte nazionali dei servizi da parte dei cittadini non residenti nei comuni in cui è diffusa la Carta di identità elettronica (CIE).
In relazione al corretto rapporto tra fonti normative, si segnala che il comma 2 apporta, con norma di rango legislativo, modifiche testuali a una fonte di natura regolamentare.
La norma introdotta con un emendamento approvato nel corso dell’esame al Senato, non è corredata di relazione tecnica.
Al riguardo appare opportuno un chiarimento da parte del Governo circa la possibilità che il venir meno dell’alternatività tra la carta nazionale dei servizi (CNS) e la carta d’identità elettronica (CIE), disposto dalla norma in esame, possa recare oneri a carico delle amministrazioni interessate, sulle quali ricade l’onere economico di produzione e rilascio delle carte nazionali dei servizi[164]. Tale chiarimento appare necessario dal momento che, sebbene la norma in esame attribuisce alle pubbliche amministrazioni la facoltà di rilasciare la Carta anche ai soggetti già titolari di CIE, il codice dell’amministrazione digitale[165] prevede, tuttavia, l’obbligo a carico delle PP.AA. di rilasciare su richiesta del soggetto interessato la carta nazionale dei servizi.
E’ attualmente in corso in ambito UE un progetto pilota volto a garantire il riconoscimento transnazionale dei sistemi nazionali d’identità elettronica e permettere un accesso semplificato ai servizi pubblici dei diversi Stati membri (progetto STORK - SecureidenTity acrOss boRders linKed- ).
Il progetto, lanciato dalla Commissione europea il 30 maggio 2008, intende testare alcune delle funzionalità più utili dell’identità elettronica al fine di individuare un insieme di specifiche comuni che permettano il riconoscimento delle diverse identità elettroniche nazionali tra i paesi partecipanti. Il nuovo sistema, che non sostituirà i sistemi nazionali, dovrebbe permettere ai cittadini di identificarsi in via elettronica in modo protetto e trattare con le amministrazioni pubbliche dei diversi Stati membri, sia a partire da uffici pubblici, sia dal loro computer o da qualsiasi altro dispositivo mobile.
Al progetto, che si articolerà su tre anni (fino al 1° giugno 2011) con un finanziamento di 10 milioni di euro da parte dell’Unione europea a titolo del Programma di sostegno strategico in materia di tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC) e un contributo equivalente da parte dei partner, partecipano, insieme alla Commissione, 13 Stati membri (Austria, Belgio, Estonia, Francia, Germania, Italia[166], Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito, Slovenia, Spagna e Svezia) e l’Islanda (parte contraente dell’accordo sullo Spazio economico europeo con l’UE).
Il Programma di sostegno strategico in materia di tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC) fa parte del programma quadro per l'innovazione e la competitività (CIP), istituito per il periodo 2007-2013 con decisione n. 1639/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 2006, al fine di perseguire gli obiettivi della rinnovata strategia di Lisbona. Il programma quadro è dotato di un budget complessivo pari a 3,621 miliardi di euro per l'intera durata del programma di cui 730 milioni di euro destinato al programma di sostegno strategico in materia di TIC.
Articolo 38
(Modifica dell'articolo 9 della legge 8
marzo 2000, n. 53)
TESTO approvato dalla Camera dei deputati |
TESTO modificato dal Senato della Repubblica |
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Art. 38. (Modifica dell'articolo 9 della legge 8 marzo 2000, n. 53). |
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1. L'articolo 9 della legge 8 marzo 2000, n. 53, è sostituito dal seguente: |
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«Art. 9. - (Misure per conciliare tempi di vita e tempi di lavoro). - 1. Al fine di promuovere e incentivare azioni volte a conciliare tempi di vita e tempi di lavoro, nell'ambito del Fondo per le politiche per la famiglia di cui all'articolo 19 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, è destinata annualmente una quota individuata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro delegato alle politiche per la famiglia, al fine di erogare contributi in favore di datori di lavoro privati, ivi comprese le imprese collettive, iscritti in pubblici registri, di aziende sanitarie locali, di aziende ospedaliere e di aziende ospedaliere universitarie i quali attuino accordi contrattuali che prevedano le seguenti tipologie di azione positiva: |
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a) progetti articolati per consentire alle lavoratrici e ai lavoratori di usufruire di particolari forme di flessibilità degli orari e dell'organizzazione del lavoro, quali part time reversibile, telelavoro e lavoro a domicilio, banca delle ore, orario flessibile in entrata o in uscita, sui turni e su sedi diverse, orario concentrato, con specifico interesse per i progetti che prevedano di applicare, in aggiunta alle misure di flessibilità, sistemi innovativi per la valutazione della prestazione e dei risultati; |
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b) programmi ed azioni volti a favorire il reinserimento delle lavoratrici e dei lavoratori dopo un periodo di congedo parentale o per motivi comunque legati ad esigenze di conciliazione; |
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c) progetti che, anche attraverso l'attivazione di reti tra enti territoriali, aziende e parti sociali, promuovano interventi e servizi innovativi in risposta alle esigenze di conciliazione dei lavoratori. Tali progetti possono essere presentati anche da consorzi o associazioni di imprese, ivi comprese quelle temporanee, costituite o costituende, che insistono sullo stesso territorio, e possono prevedere la partecipazione degli enti locali anche nell'ambito dei piani per l'armonizzazione dei tempi delle città. |
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2. Destinatari dei progetti di cui al comma 1 sono lavoratrici o lavoratori, inclusi i dirigenti, con figli minori, con priorità nel caso di disabilità ovvero di minori fino a dodici anni di età, o fino a quindici anni in caso di affidamento o di adozione, ovvero con a carico persone disabili o non autosufficienti, ovvero persone affette da documentata grave infermità. |
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3. Una quota delle risorse di cui al comma 1, da stabilire con il provvedimento di cui al comma 4, è, inoltre, impiegata per l'erogazione di contributi in favore di progetti che consentano ai titolari di impresa, ai lavoratori autonomi o ai liberi professionisti, per esigenze legate alla maternità o alla presenza di figli minori ovvero disabili, di avvalersi della collaborazione o sostituzione di soggetti in possesso dei necessari requisiti professionali. |
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4. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro delegato alle politiche per la famiglia, di concerto con il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali e con il Ministro per le pari opportunità, sentita la Conferenza unificata, nei limiti delle risorse di cui al comma 1, sono definiti i criteri e le modalità per la concessione dei contributi di cui al presente articolo e, in particolare, la percentuale delle risorse da destinare a ciascuna tipologia progettuale, l'importo massimo finanziabile per ciascuna tipologia progettuale e la durata delle azioni progettuali. In ogni caso, le richieste dei contributi provenienti dai soggetti pubblici saranno soddisfatte a concorrenza della somma che residua una volta esaurite le richieste di contributi dei soggetti privati. |
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5. Le risorse di cui al comma 1 possono essere, in misura non superiore al 10 per cento, destinate alle attività di promozione delle misure in favore della conciliazione, di consulenza alla progettazione, di monitoraggio delle azioni da effettuare anche attraverso reti territoriali». |
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2. I commi 1255 e 1256 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono abrogati. |
L’articolo 38, introdotto al Senato, modifica l’articolo 9 della L. 8 marzo 2000, n. 53[167], così come modificato dall’articolo 1, comma 1254, della L. 296/2006 (legge finanziaria per il 2007), concernente gli incentivi per l’applicazione, da parte delle aziende, di accordi contrattuali che prevedano azioni positive per la flessibilità degli orari, volte a conciliare i tempi di vita e di lavoro.
In particolare, il comma 1 dell’articolo in esame, rispetto al testo vigente del richiamato articolo 9 della L. 53/2000 prevede:
§ che le risorse nell’ambito del Fondo delle politiche per la famiglia[168] siano destinate all’erogazione di contributia favore di datori di lavoro privati, ivi comprese le imprese collettive, iscritti in pubblici registri, di aziende sanitarie locali, di aziende ospedaliere (anche universitarie) che applicano gli accordi di cui sopra.
Viene soppresso, rispetto al testo vigente, il riferimento generico alle aziende e quello al vincolo di destinazione del 50% di tali contributi alle aziende con meno di 50 dipendenti;
§ che la quota delle risorse annuali erogabili sia individuata con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro delegato alle politiche per la famiglia.
Il testo vigente rimanda l’individuazione della quota ad un decreto del Ministro delle politiche per la famiglia.
Il riferimento alla possibilità di individuare le richiamate risorse attraverso le due fonti indicate, in alternativa tra loro, appare non indispensabile, anche alla luce dell’art. 9, co. 2, della L. 400/1988[169];
§ per quanto attiene alle forme di flessibilità degli orari e dell’organizzazione del lavoro, si prevede che i progetti di usufruizione di flessibilità siano riferibili al part-time reversibile, alla flessibilità di orario anche su turni e sedi diverse, all’orario concentrato “con specifico interesse per i progetti che prevedano di applicare, in aggiunta alle misure di flessibilità, sistemi innovativi per la valutazione della prestazione e dei risultati” (comma 1, lettera a));
Si ricorda che nel testo vigente, così come modificato dal richiamato comma 1254, si fa riferimento semplicemente al part-time.
§ specifici programmi di formazione per il reinserimento dei lavoratori dopo il periodo di congedo parentale, o per motivi comunque legati ad esigenze di conciliazione (comma 1, lettera b));
In proposito, si potrebbe valutare l’opportunità di una più puntuale individuazione delle esigenze di conciliazione richiamate;
§ progetti che, anche attraverso l'attivazione di reti tra enti territoriali, aziende e parti sociali, promuovano interventi e servizi innovativi per le esigenze di conciliazione dei lavoratori. In particolare, i richiamati progetti possono essere presentati anche da consorzi o associazioni di imprese, comprese quelle temporanee, costituite o costituende, che insistono sullo stesso territorio, e possono prevedere la partecipazione degli enti locali, anche nell'ambito dei piani per l'armonizzazione dei tempi delle città (comma 1, lettera c));
Si evidenzia che tra i progetti che danno diritto alle erogazioni non sono più considerati quelli finalizzati alla sostituzione del titolare di impresa o del lavoratore autonomo con altro imprenditore o lavoratore autonomo, nonché quelli volti a favorire la sostituzione, il reinserimento, l'articolazione della prestazione lavorativa e la formazione dei lavoratori con figli minori o disabili a carico ovvero con anziani non autosufficienti a carico. Allo stesso tempo, il nuovo testo del suddetto articolo 9 inserisce, ai successivi commi 2 e 3, le categorie di soggetti evidenziate tra i destinatari dei progetti di cui al comma 1;
§ viene precisato che destinatari dei diverse tipologie progettuali sono le lavoratrici o i lavoratori, inclusi i dirigenti, con figli minori, con priorità in caso di disabilità ovvero di minori fino a 12 anni di età, o fino a quindici anni in caso di affidamento o di adozione, ovvero con a carico persone disabili o non autosufficienti, ovvero persone affette da documentata grave infermità (comma 2);
§ che i criteri e le modalità per la concessione dei contributi e, in particolare, la percentuale delle risorse da destinare a ciascuna tipologia progettuale, l'importo massimo finanziabile per ciascuna tipologia progettuale e la durata delle azioni progettuali siano definiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro delegato alle politiche per la famiglia, di concerto con il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali e con il Ministro per le pari opportunità, sentita la Conferenza unificata, nei limiti delle risorse di cui al precedente comma 1, sono definiti e di cui al presente articolo (comma 4);
Si rimanda, per quanto attiene alla fonte regolamentare alla quale è demandata la concessione delle risorse, a quanto osservato in precedenza al comma 1;
§ che una quota delle richiamate risorse, da stabilire con il provvedimento di cui al comma 4, debba essere impiegata per l'erogazione di contributi in favore di progetti che consentano ai titolari di impresa, ai lavoratori autonomi o ai liberi professionisti, per esigenze legate alla maternità o alla presenza di figli minori ovvero disabili, di avvalersi della collaborazione o sostituzione di soggetti in possesso dei necessari requisiti professionali (comma 3);
Il testo vigente prevede erogazioni in favore di progetti idonei a consentire la sostituzione del titolare di impresa io lavoratore autonomo beneficiari del periodo di astensione obbligatoria con altro imprenditore o lavoratore autonomo.
§ che le più volte richiamate risorse possano essere, in misura non superiore al 10%, destinate alle attività di promozione delle misure in favore della conciliazione, di consulenza alla progettazione, di monitoraggio delle azioni da effettuare anche attraverso reti territoriali (comma 5).
Il testo vigente prevede che le risorse possano essere in parte destinate alle attività di promozione delle misure in favore della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, di consulenza alla progettazione, di monitoraggio delle azioni positive nonché all’attività della Commissione tecnica con compiti di selezione e valutazione dei progetti.
Infine, il comma 2 dell’articolo in commento, a fini di coordinamento legislativo, abroga i commi 1255 e 1256 dell’articolo 1 della L. 296/2006, concernenti, rispettivamente, la destinazione di parte delle risorse e delle modalità di erogazione dei contributi (vedi supra) in virtù delle nuove disposizioni contenute nei commi 4 e 5 del nuovo testo dell’articolo 9 della L. 53/2000.
La relazione tecnica non considera la norma che è stata introdotta nel corso dell’esame presso il Senato.
Nulla da osservare al riguardo, tenuto conto che le norme si limitano a rendere più articolata la disciplina concernente le misure previste al fine per conciliare tempi di vita e tempi di lavoro provvedendo alla riscrittura dell’articolo 9 della legge 8 marzo 2000, n. 53[170]. La nuova disciplina pone gli interventi, come già previsto dalla legislazione vigente, a carico di una quota del Fondo per le politiche della famiglia[171] da determinare annualmente con decreto del Presidente del Consiglio.
Nell’ambito degli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione 2008-2010, adottati con decisione del Consiglio il 15 luglio 2008, l’orientamento n. 18 “Promuovere un approccio al lavoro basato sul ciclo di vita” richiede, fra l’altro, una migliore armonizzazione tra il lavoro e la vita privata e offerta di strutture accessibili e poco costose per la custodia dei bambini e per l’assistenza ad altre persone a carico.
Il 3 ottobre 2008 la Commissione ha presentato un pacchetto di iniziative per migliorare l’equilibrio tra vita privata e vita professionale per tutti i cittadini europei, sia uomini che donne. Le misure presentate sono le seguenti:
· una comunicazione “un miglior equilibrio tra lavoro e vita privata: sostenere maggiormente gli sforzi tesi a conciliare la vita professionale, privata e familiare” (COM(2008) 635);
· una proposta di direttiva sull’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento, che rappresenta la revisione della direttiva 92/85/CEE (COM(2008) 637, procedura di codecisione);
· una proposta di direttiva sull’applicazione del principio della parità di trattamento fra le donne e gli uomini che esercitano un’attività autonoma COM(2008) 636, procedura di codecisione);
· una relazione sull’attuazione degli obiettivi fissati dal Consiglio europeo di Barcellona del 2002 riguardanti le strutture di custodia per i bambini in età prescolatica (COM (2008) 638).
Il 17 settembre 2008, inoltre, le parti sociali a livello europeo[172] hanno avviato negoziati sul congedo maternità per rivedere la legislazione comunitaria esistente in materia, basata a sua volta su un accordo quadro stipulato fra i datori di lavoro europei e i rappresentanti dei sindacati. La Commissione ha manifestato altresì l’intenzione di avviare iniziative per migliorare le condizioni di altri tipi di congedo familiare, quali il congedo paternità, congedo per adozione e il congedo filiale (per occuparsi dei familiari a carico).
La comunicazione sottolinea che un più ampio sostegno alle misure a favore della conciliazione tra aspetti professionali e privati dell’esistenza aiuterà a raggiungere importanti obiettivi politici dell’UE, soprattutto nel campo della crescita e dell’occupazione, dell’integrazione sociale dei gruppi vulnerabili e delle pari opportunità.
Nel sottolineare che la responsabilità principale di sviluppare e promuovere le misure di conciliazione ricade sugli Stati membri, la Commissione chiededi attuare le misure che accompagnano la comunicazione in modo da consentire a uomini e donne effettive possibilità di scelta, colmando i forti ritardi da essi accumulati nel perseguire gli obiettivi che essi stessi si sono prefissi nell’ambito dell’assistenza all’infanzia.
Per allargare la conoscenza delle politiche a favore della conciliazione e degli strumenti d’analisi atti a valutarla, la Commissione si impegna:
- a stimolare gli scambi e la diffusione di buone pratiche tra Stati membri;
- a promuovere l’uso, da parte degli Stati membri e di altri attori, dei manuali redatti dalla Commissione nel 2007 e nel 2008 sull’integrazione di genere nell’ambiente di lavoro, sull’inclusione sociale e sulle politiche di protezione sociale;
- a continuare a sviluppare a livello europeo, insieme agli Stati membri, una base comune per ottenere statistiche tempestive, comparabili e pertinenti sulla conciliazione tra vita professionale, privata e familiare.
La comunicazione ricorda infine che la politica di coesione dell’UE continuerà a cofinanziare (anche attraverso il Fondo sociale europeo) iniziative a livello nazionale e locale a favore della conciliazione, sostenendo servizi di assistenza ai bambini e altre persone a carico, la formazione e la qualificazione del personale assistente e i datori di lavoro che offrono ai loro dipendenti interruzioni di carriera, assistenza all’infanzia nonché altri servizi di sostegno alla famiglia.
La relazione sull’attuazione degli obiettivi fissati dal Consiglio europeo di Barcellona del 2002 riguardanti le strutture di custodia per i bambini in età prescolastica sottolinea che risulta che una maggioranza di Stati membri non raggiungerà probabilmente tali obiettivi entro la data prefissata del 2010. Nonostante i progressi compiuti, la relazione afferma che restano da realizzare numerosi sforzi per raggiungere livelli soddisfacenti, soprattutto per quanto riguarda i bambini di età inferiore a 3 anni.
Nel marzo 2002 il Consiglio europeo di Barcellona ha invitato gli Stati membri a rimuovere i disincentivi alla partecipazione femminile alla forza lavoro e sforzarsi, tenuto conto della domanda di strutture per la custodia dei bambini e conformemente ai sistemi nazionali di offerta di cure, per fornire, entro il 2010, un’assistenza all’infanzia per almeno il 90% dei bambini di età compresa fra i tre anni e l’età dell’obbligo scolastico e per almeno il 33% dei bambini di età inferiore ai tre anni. Tali obiettivi fanno parte integrante della strategia europea per la crescita e l’occupazione e hanno il fine di aumentare il tasso d’occupazione dei giovani genitori, segnatamente delle donne, e di contribuire in tal modo ad una maggiore uguaglianza tra le donne e gli uomini.
Per quanto riguarda la classe di età inferiore (da 0 a 3 anni) la relazione afferma che l’Italia, insieme ad altri sei Stati membri, si trova a un livello intermedio (tra 16% e 26%) rispetto all’obiettivo di Barcellona pari al 33% di tasso di copertura. Per quanto riguarda i bambini da 3 anni all’età della scuola dell’obbligo, l’Italia, insieme ad altri sette Stati membri, ha superato l’obiettivo di Barcellona pari al 90% di tasso di copertura[173]. Inoltre, risulta che le strutture di custodia per bambini di questa fascia d’età funzionano in proporzioni spesso significative a tempo parziale.
Per quanto riguarda i dati forniti, la relazione sottolinea che le cifre presentate devono essere debitamente interpretate tenendo conto degli aspetti specifici nazionali di organizzazione dell’insegnamento materno e della disponibilità o meno di servizi di custodia dopo-scuola.
La relazione evidenzia che le strutture di custodia per bambini non sono sempre sostenibili finanziariamente e gli orari di apertura non sono sempre compatibili con un posto di lavoro retribuito a tempo pieno, ovvero con posto di lavoro a orari atipici, il che costituisce un freno alla piena realizzazione del potenziale produttivo dei genitori, in particolare per quanto riguarda le donne.
Il Consiglio occupazione del 16 e 17 dicembre 2008 ha adottato conclusioni sulla conciliazione della vita professionale e della vita familiare nelle quali, fra l’altro, invita gli Stati membri e la Commissione:
- a continuare a migliorare la raccolta, l’analisi e la diffusione di dati europei precisi, pertinenti e comparabili in settori quali i congedi parentali e le persone anziane dipendenti, in collaborazione con gli uffici statistici nazionali e l’Ufficio statistico delle Comunità europee;
chiede agli Stati membri di adottare misure appropriate per conciliare la vita professionale, familiare e privata e, a tal fine, tra l’altro:
- d’intensificare gli sforzi per conseguire gli obiettivi fissati a Barcellona nel 2002;,
- di accelerare i progressi tesi a venire incontro alle esigenze delle famiglie che devono assumersi la responsabilità di persone non autosufficienti;
- di continuare adottare le misure necessarie per incoraggiare gli uomini a condividere con le donne, su un piano di parità, le responsabilità familiari e domestiche;
- di incoraggiare le imprese ad adottare misure favorevoli alla famiglia e a tener conto dell’esigenza di conciliare la vita professionale e familiare nelle loro disposizioni in materia di orario di lavoro
- di tener conto dell’uguaglianza di genere nei regimi di congedo familiare, nonché delle implicazioni del lavoro a tempo parziale;
invita la Commissione europea, fra l’altro:
- a continuare ad appoggiare la realizzazione degli obiettivi di Barcellona riguardo ai tipi di servizi di custodia dei bambini e allo sviluppo di strutture di assistenza per le persone non autosufficienti;
- a promuovere gli scambi di conoscenze tra Stati membri su pratiche innovative per facilitare la conciliazione della vita professionale, familiare e privata;
- ad assicurare un’applicazione efficace del quadro normativo comunitario vigente su tutti gli aspetti della conciliazione.
Anche la relazione annuale sulla parità tra donne e uomini relativa al 2009 (COM(2009)77) pone l’accento sull’esigenza di favorire un’equa suddivisione, tra donne e uomini, delle responsabilità private e familiari. Al riguardo sottolinea la necessità di rafforzare le politiche a favore della conciliazione della vita privata e della vita professionale, che rispondono a sfide economiche e demografiche a lungo termine. In particolare si richiama l’attenzione sull’importanza di istituire servizi di cura per bambini e altre persone a carico, che siano abbordabili, accessibili e di qualità, e sull’esigenza che le politiche di conciliazione consentano alle donne e agli uomini di scegliere personalmente modalità più flessibili per il lavoro e le ferie e che debbano essere applicate a tutti i livelli sul posto di lavoro.
Anche le tre Presidenze francese, ceca e svedese, nel programma dei 18 mesi presentato il 30 giugno 2008, pongono l’accento sulle iniziative volte a conciliare la vita professionale con la vita familiare.
La Presidenza ceca, nel favorire la prosecuzione dell’esame delle iniziative in materia, intende inoltre richiamare l’attenzione sulla problematica dei genitori che restano a casa per occuparsi dei propri figli e del suo legame con la politica dell’occupazione, sottolineando l’importanza di un tale attività come alternativa alla vita professionale, degna di rispetto e di sostegno da parte dello Stato e della società.
Articolo 39
(Riallocazione di fondi)
TESTO approvato dalla Camera dei deputati |
TESTO modificato dal Senato della Repubblica |
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Art. 25. (Riallocazione di fondi). |
Art. 39. (Riallocazione di fondi). |
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1. Le somme di cui all'articolo 2-bis, comma 1, lettera b), del decreto-legge 30 giugno 2005, n. 115, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 agosto 2005, n. 168, non impegnate alla data di entrata in vigore della presente legge, sono destinate al cofinanziamento dei progetti di sviluppo di reti di connettività, anche con tecnologie senza fili (wireless), e di servizi innovativi di tipo amministrativo e didattico presentati dalle università. |
Identico. |
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2. Al fine di favorire le iniziative di creazione di imprese nei settori innovativi promosse da giovani ricercatori, la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per l'innovazione e le tecnologie, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, definisce un programma di incentivi e di agevolazioni, attuati in regime de minimis, dando priorità a progetti in grado di contribuire al miglioramento qualitativo e alla razionalizzazione dei servizi offerti dalla pubblica amministrazione. All'attuazione del presente comma si provvede nel limite delle risorse finanziarie disponibili, assegnate, ai sensi dell'articolo 27 della legge 16 gennaio 2003, n. 3, al progetto «Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese» con decreto dei Ministri delle attività produttive e per l'innovazione e le tecnologie 15 giugno 2004, pubblicato nella Gazzetta Uf-ficiale n. 150 del 29 giugno 2004, non impegnate alla data di entrata in vigore della presente legge. |
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3. Le risorse finanziarie assegnate al Dipartimento per l'innovazione e le tecnologie della Presidenza del Consiglio dei ministri e al CNIPA con delibere del CIPE adottate ai sensi dell'articolo 61 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni, non impegnate alla data di entrata in vigore della presente legge e non destinate all'attuazione di accordi di programma quadro di cui all'articolo 2, comma 203, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e successive modificazioni, possono essere riprogrammate dal CIPE in favore degli interventi proposti dallo stesso Dipartimento. Possono altresì essere destinate alle finalità di cui al periodo precedente le risorse finanziarie per l'anno 2009 di cui all'articolo 1, comma 892, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, non ancora programmate. |
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4. All'articolo 27, comma 1, della legge 16 gennaio 2003, n. 3, dopo le parole: «può inoltre promuovere e finanziare progetti» sono inserite le seguenti: «, anche di carattere internazionale,». |
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L’articolo 39, non modificato dal Senato, prevede al comma 1 che le somme destinate per l’anno 2005 – ai sensi dell’articolo 2-bis, comma 1, lettera b), del d.l. n.115 del 2005[174] – all’erogazione di un contributo per l’acquisto di personal computer da parte degli studenti che usufruiscono dell’esenzione dalle tasse e dai contributi universitari, che alla data di entrata in vigore della legge non risultano ancora impegnate, siano destinate al cofinanziamento di progetti per lo sviluppo di reti di connettività, anche senza fili, presentati dalle università, nonché alla fornitura alle stesse di strumenti didattici e amministrativi innovativi.
In relazione alle somme di cui si dispone una diversa finalizzazione, si ricorda che l’articolo 2-bis del D.L. 115/2005 ha finanziato sia la realizzazione di reti di connettività senza fili nelle università, sia l’acquisto di personal computer da parte degli studenti esonerati da tasse e contributi universitari.
In particolare, il comma 1 ha autorizzato, nell’esercizio finanziario 2005, la spesa di:
§ 2,5 milioni di euro per il cofinanziamento di progetti per la realizzazione di reti di connettività senza fili nelle università;
§ 10 milioni di euro per l’erogazione di un contributo di 200 euro per l’acquisto di personal computer da parte degli studenti che usufruiscono delle esenzioni dalle tasse e dai contributi universitari;
§ 2,5 milioni di euro per la costituzione di un Fondo di garanzia per la copertura dei rischi sui prestiti erogati da istituti di credito agli studenti universitari che intendono acquistare un personal computer[175].
In attuazione dell’articolo 2-bis e del d.m. 6 dicembre 2005[176], il Dipartimento per l’innovazione e le tecnologie della Presidenza del Consiglio dei Ministri[177] ha avviato il progetto “Un C@ppuccino per un Pc”, il quale mira a favorire gli studenti regolarmente iscritti alle Università statali e non statali legalmente riconosciute nell’acquisto di un Pc con connessione WiFi, attraverso due diverse agevolazioni:
§ il prestito garantito: gli studenti possono usufruire di un prestito garantito dallo Stato, erogato dai soggetti finanziatori convenzionati per un importo massimo di 1200 €, rimborsabile in 36 mesi (1€ circa al giorno, il prezzo di un cappuccino);
§ il bonus governativo: gli studenti che usufruiscono dell'esonero totale o parziale dalle tasse e dai contributi universitari possono beneficiare, oltre che del prestito, anche di un contributo governativo pari a 200 €.
Le somme di cui si propone una diversa destinazione sono, dunque, gestite dal Dipartimento per l’innovazione e le tecnologie presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. A sua volta, la riprogrammazione delle risorse è destinata alla realizzazione di interventi di competenza dello stesso Dipartimento[178].
In proposito, si ricorda che l’ordinamento finanziario e contabile della Presidenza del Consiglio[179] prevede, all’articolo 11, l’istituto del riporto delle somme di conto capitale non impegnate alla chiusura dell’esercizio, sui corrispondenti stanziamenti dell’esercizio successivo. Il riporto delle somme avviene con decreto del Segretario generale.
Dunque, poiché la norma in esame si riferisce a somme stanziate per l’esercizio finanziario 2005 e non impegnate, è presumibile che tali somme siano state oggetto di riporto negli esercizi successivi, fino a quello in corso. Di tali somme, peraltro, non è noto l’importo.
Il comma 2 è volto a favorire le iniziative di creazione di imprese nei settori innovativi promosse da giovani ricercatori e prevede che la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per l'innovazione e le tecnologie definisca, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, un programma di incentivi e di agevolazioni, dando priorità ai progetti volti a migliorare qualitativamente e a razionalizzare i servizi offerti dalla pubblica amministrazione. Tali incentivi e agevolazioni devono essere attuati in regime de minimis.
Si ricorda che la norma de minimis, come aggiornata dal Regolamento (CE) n. 1998/2006 della Commissione[180], del 15 dicembre 2006, relativo all'applicazione degli articoli 87 e 88 del Trattato agli aiuti d'importanza minore, prevede che non siano considerati aiuti di Stato e dunque non debbano essere notificati per l’autorizzazione della Commissione europea gli incentivi fino ai 200 mila euro percepiti in tre anni (in precedenza il limite massimo era di 100 mila euro). Al fine di evitare abusi sono stati esclusi gli aiuti alle imprese in difficoltà e quelli il cui ammontare non può essere calcolato in anticipo (i cosiddetti aiuti “non trasparenti”[181]).
A differenza della precedente disciplina, la nuova normativa sul de minimis si applica al settore della trasformazione e della commercializzazione dei prodotti agricoli e a quello dei trasporti. Per quest’ultimo è però previsto un tetto di 100 mila euro e l’esclusione dei veicoli per il trasporto merci su strada.
Il secondo periodo del comma 2 reca la norma di copertura, secondo la quale agli oneri connessi all’attuazione dei suddetti progetti si provvederà utilizzando le risorse assegnate al progetto “Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese” con decreto interministeriale 15 giugno 2004 (ai sensi dell’art. 27 della legge n. 3/2003) che risultino non impegnate all’entrata in vigore del presente provvedimento.
Il decreto del Ministro delle attività produttive e del Ministro per l’innovazione e le tecnologie del 15 giugno 2004, al fine di facilitare l'accesso delle PMI alle fonti di finanziamento per lo sviluppo di progetti innovativi basati sulle tecnologie digitali, ha disposto l'istituzione di una apposita sezione speciale del Fondo di garanzia per le PMI. Ad essa il decreto ha destinato le risorse di cui all’art. 27 della legge n. 3/2003 concernenti il Fondo di finanziamento per i progetti strategici nel settore informatico, per un importo pari a 20 milioni di euro per l’anno 2004, 20 milioni di euro per l’anno 2005, 20 milioni di euro per il 2006 (articolo 1). La sezione speciale del Fondo di garanzia è riservata alla concessione di garanzie su finanziamenti di durata non inferiore a 36 mesi e non superiore a 10 anni, a fronte di programmi di investimento delle PMI, finalizzati a introdurre innovazioni di prodotto e di processo attraverso l’utilizzo di tecnologiche digitali. Modificazioni e integrazioni al decreto interministeriale 15 giugno 2004 sono state apportate successivamente dal decreto 24 novembre 2004 (GU 27 dicembre 2004), che consente alla sezione speciale di concedere garanzie su finanziamenti anche alle PMI fornitrici di applicazioni tecnologiche digitali. L’art. 1, comma 209, della legge finanziaria 2005 (L. 311/2004) ha integrato della somma di 40 milioni di euro per l’anno 2005, 40 milioni di euro per l’anno 2006 e 20 milioni di euro per l’anno 2007, la citata sezione speciale. Lo stesso comma 209, come modificato dall’art. 4, comma 1, lett. a-ter), del DL 14 marzo 2005, n. 35, ha previsto, inoltre, che gli stanziamenti integrativi della sezione speciale possono essere utilizzati al termine di ciascun anno - limitatamente a quelli non impegnati - per altri interventi del Fondo garanzia. Il successivo DM 20 giugno 2005 all’art. 5 ha rinviato ad un decreto dei Ministri delle attività produttive e per l’innovazione e le tecnologie la determinazione annuale delle risorse della suddetta sezione speciale che possono essere utilizzate per il Fondo di garanzia. Il recente decreto del Ministro dello sviluppo economico 17 aprile 2008 (GU 7 luglio 2008), in considerazione del fatto che al termine degli anni 2006 e 2007 gli stanziamenti integrativi della sezione speciale, pari a 60 milioni di euro, risultano non impegnati, ha pertanto destinato tale somma agli interventi del Fondo di garanzia per le PMI.
Il comma 3stabilisce che le risorse finanziarie assegnate dal CIPE in sede di riparto del Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS) in favore del Dipartimento per l’innovazione e le tecnologie della Presidenza del Consiglio e del CNIPA (Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione) - che non risultino impegnate alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame e che non siano destinate all’attuazione di accordi di programma quadro (APQ) - possano essere riprogrammate dal CIPE in favore di interventi che possono essere proposti dallo stesso Dipartimento.
In base alle assegnazioni effettuate dal CIPE in sede di riparto delle risorse del FAS, nel periodo 2003-2006 risultano essere state destinate al Dipartimento per l’innovazione e le tecnologie della Presidenza del Consiglio risorse per oltre 660 milioni (dati forniti dal Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica – DIPE della Presidenza del Consiglio dei Ministri).
Al finanziamento degli interventi proposti dal Dipartimento per l’innovazione e le tecnologiedella Presidenza del Consiglio, ai sensi del periodo precedente, possono essere altresì destinate le risorse finanziarie stanziate per il 2009 dall’articolo 1, comma 892, della legge finanziaria 2007, che risultino ancora in attesa di programmazione.
La norma citata autorizza la spesa di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 destinati alla realizzazione di progetti per la societàdell'informazione.
Il richiamato comma 892 prevedeva l’emanazione di decreti di natura non regolamentare del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, di concerto con il ministro per gli affari regionali e le autonomie locali con riferimento agli interventi che interessano regioni ed enti locali, da emanarsi entro il 30 aprile 2007, per l’individuazione delle azioni da realizzare, delle aree destinatarie della sperimentazione e delle modalità operative e di gestione dei progetti.
In attuazione di quanto previsto, sono stati emanati due decreti in data 16 maggio 2007 e 23 febbraio 2008, che individuano le azioni da realizzare nei settori della scuola, sanità, lavoro, studi e ricerche per la società dell’informazione, nonché per la realizzazione del progetto “servizi consolari online”.
Il comma 4 - non modificato nel corso dell’esame al Senato - novellando l’articolo 27, comma 1, della legge n. 3/2003, specifica che i progetti per lo sviluppo dei sistemi informativi del Dipartimento per l'innovazione e le tecnologie, caratterizzati da grande contenuto innovativo, rilevanza strategica, preminente interesse nazionale, promossi e finanziati dal Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, possono essere anche di carattere internazionale.
Il citato art. 27 prevede che nel perseguimento dei fini di maggior efficienza ed economicità dell'azione amministrativa, nonché di modernizzazione e sviluppo del Paese, il Ministro per l'innovazione e le tecnologie (ora Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione), nell'attività di coordinamento e di valutazione dei programmi, dei progetti e dei piani di azione formulati dalle amministrazioni per lo sviluppo dei sistemi informativi, sostiene progetti di grande contenuto innovativo, di rilevanza strategica, di preminente interesse nazionale, con particolare attenzione per i progetti di carattere intersettoriale; può inoltre promuovere e finanziare progetti del Dipartimento per l'innovazione e le tecnologie con le medesime caratteristiche (comma 1). Il Ministro, sentito il Comitato dei Ministri per la società dell'informazione, individua i progetti con l'indicazione degli stanziamenti necessari per la realizzazione di ciascuno di essi. Per il finanziamento relativo è istituito un apposito «Fondo di finanziamento per i progetti strategici nel settore informatico» (comma 2).
Articolo 40
(Modifiche agli articoli 38 e 48 del
decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla
legge 6 agosto 2008, n. 133, in materia di impresa in un giorno e di risparmio
energetico)
TESTO approvato dalla Camera dei deputati |
TESTO modificato dal Senato della Repubblica |
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Art. 26. (Modifica all'articolo 48 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, in materia di risparmio energetico). |
Art. 40. (Modifiche agli articoli 38 e 48 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, in materia di impresa in un giorno e di risparmio energetico). |
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1. All'articolo 38 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, sono apportate le seguenti modificazioni: |
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a) il comma 2 è sostituito dal seguente: |
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«2. Ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettere e), m), p) e r), della Costituzione, le disposizioni del presente articolo introducono, anche attraverso il coordinamento informativo statistico e informatico dei dati delle amministrazioni, misure per assicurare, nel rispetto delle libertà fondamentali, l'efficienza del mercato, la libera concorrenza e i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale. Esse costituiscono adempimento della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, ai sensi dell'articolo 117, primo comma, della Costituzione»; |
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b) al comma 3, dopo le parole: «Ministro per la semplificazione normativa» sono inserite le seguenti: «, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione»; |
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c) al comma 4, dopo le parole: «Ministro per la semplificazione normativa» sono inserite le seguenti: «, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione,». |
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1. All'articolo 48, comma 1, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, la parola: «statali» è sostituita dalla seguente: «centrali». |
2. Identico. |
Il comma 1, introdotto dal Senato, dell’articolo 40 apporta alcune modifiche all’articolo 38 del decreto-legge n. 112/2008[182] in materia di “impresa in un giorno”, che detta appunto norme volte a semplificare le procedure per l’avvio e lo svolgimento delle attività imprenditoriali, mediante autorizzazione al Governo a modificare, nel rispetto di specifici principi e criteri, la disciplina dello sportello unico per le attività produttive di cui al DPR n. 447 del 1998.
Si ricorda che il comma 1 del citato articolo 38 reca una disposizione di principio, sancendo che anche l’attività inerente l’avvio d’impresa gode della copertura costituzionale relativa alla libertà di iniziativa economica sancita dall’articolo 41 della Costituzione.
Il comma 2 riconduce alla garanzia su tutto il territorio nazionale dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, che l’articolo 117, comma 2, lettera m) e p) della Costituzione, rimette alla competenza legislativa esclusiva statale, la materia oggetto della disposizione in esame.
Il comma 3 demanda a un regolamento di delegificazione, da adottare ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988, su proposta del Ministro dello sviluppo economico e del Ministro per la semplificazione amministrativa, sentita la Conferenza unificata di cui all’art. 8 del D.Lgs. n. 281/1997, la semplificazione e il riordino della disciplina dello sportello unico delle attività produttive di cui al DPR n. 447 del 1998. Il regolamento deve essere adottato in base a specifici principi e criteri, espressamente indicati, tra cui si segnala: configurazione dello sportello unico quale unico punto di accesso in relazione a tutte le vicende amministrative riguardanti l’attività produttiva del richiedente, con il compito di fornire una risposta unica e tempestiva in luogo di tutte le amministrazioni coinvolte nel procedimento; possibilità di affidare l’istruttoria e l’attestazione della sussistenza dei requisiti normativi previsti a soggetti privati accreditati (“Agenzie per le imprese”);possibilità di avviare immediatamente l’attività d’impresa nei casi in cui sia sufficiente la presentazione della dichiarazione di inizio attività (DIA), con rilascio da parte dello sportello unico di una ricevuta che vale come titolo autorizzatorio; facoltà per l’amministrazione procedente di concludere il procedimento anche in mancanza dei pareri delle altre amministrazioni una volta scaduto il termine ad esse assegnato per esprimersi.
Il comma 4 dispone che con uno o più regolamenti di delegificazione, da adottare ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988, su proposta del Ministro dello sviluppo economico e del Ministro per la semplificazione amministrativa, sentita la Conferenza unificata, si procede: all’individuazione dei requisiti e delle modalità di accreditamento dei soggetti privati di cui al comma 3, lettera c)[183], e delle forme di vigilanza sui medesimi soggetti; alla definizione delle modalità di divulgazione, anche informatica, delle tipologie di autorizzazione per le quali è sufficiente l’attestazione dei soggetti privati accreditati, secondo criteri omogenei sul territorio nazionale e tenendo conto delle diverse discipline regionali.
Il comma 5 rimette al Comitato per la semplificazione di cui all’articolo 1 del decreto-legge n. 4 del 2006 il compito di predisporre un piano di formazione dei dipendenti pubblici, con la eventuale partecipazione di esponenti del sistema produttivo, al fine di assicurare la piena applicazione delle nuove norme relative all’attività degli sportelli unici.
Infine il comma 6 dispone che le nuove disposizioni non devono comportare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
In particolare, la lettera a) sostituisce interamente il comma 2 dell’articolo 38 del decreto-legge n. 112/2008.
La materia disciplinata dall’articolo 38 viene ricondotta nell’ambito della competenza legislativa esclusiva statale (con richiamo all’articolo 117, secondo comma, lettere e), m), p) e r), della Costituzione), e si stabilisce che le disposizioni dello stesso articolo 38 introducono, anche attraverso il coordinamento informativo statistico e informatico dei dati delle amministrazioni, misure per assicurare, nel rispetto delle libertà fondamentali, l'efficienza del mercato, la libera concorrenza e i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale.
In tal modo, queste disposizioni costituiscono adempimento della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, ai sensi dell'articolo 117, primo comma, della Costituzione.
La direttiva 2006/123/CE, nota anche come “direttiva servizi", propone quattro obiettivi principali in vista della realizzazione di un mercato interno dei servizi:
§ facilitare la libertà di stabilimento e la libertà di prestazione di servizi nell'UE;
§ rafforzare i diritti dei destinatari dei servizi in quanto utenti di tali servizi;
§ promuovere la qualità dei servizi;
§ stabilire una cooperazione amministrativa effettiva tra gli Stati membri.
La direttiva stabilisce dunque un quadro giuridico generale favorevole all'esercizio della libertà di stabilimento dei prestatori di servizi nonché della libera circolazione di qualsiasi servizio fornito dietro corrispettivo economico (ad eccezione dei settori esclusi[184]), garantendo nel contempo un livello di qualità elevato per i servizi.
Secondo questa direttiva, gli Stati membri esaminano ed eventualmente semplificano le procedure e formalità applicabili per accedere ad un'attività di servizi ed esercitarla, prevedendo, in particolare:
§ l'istituzione di sportelli unici presso i quali il prestatore possa espletare tutte le formalità necessarie per esercitare la propria attività;
§ l'obbligo di rendere possibile l'espletamento di tali procedure per via elettronica;
§ l'eliminazione degli ostacoli giuridici e amministrativi allo sviluppo del settore dei servizi.
Il termine per il recepimento della direttiva è fissato al 28 dicembre 2009.
Si segnala inoltre che nel disegno di legge comunitaria 2008 approvato dal Senato (A.S. 1078-A), la “direttiva servizi” è inclusa nell’allegato B e l’articolo 41 detta principi e criteri specifici di delega per la sua attuazione.
La lettera b) integra il comma 3 del citato articolo 38 prevedendo, per il regolamento di delegificazione volto alla semplificazione e al riordino della disciplina dello sportello unico delle attività produttive (cfr. supra), che la relativa proposta sia effettuata dai Ministri dello sviluppo economico e per la semplificazione amministrativa di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione.
La lettera c), analogamente, integra il comma 4 dell’articolo 38 del D.L. 112/2008 prevedendo, per i regolamenti di delegificazione relativi all’individuazione dei requisiti e delle modalità di accreditamento delle “Agenzie per le imprese” e alla definizione delle modalità di divulgazione delle autorizzazioni per le quali è sufficiente l’attestazione di tali soggetti accreditati (cfr. supra), che la relativa proposta sia effettuata dai Ministri dello sviluppo economico e per la semplificazione amministrativa di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione.
Il comma 2, attraverso una modifica all’articolo 48 del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112[185], prevede che l’obbligo di approvvigionarsi di combustibile da riscaldamento e dei relativi servizi nonché di energia elettrica mediante convenzioni Consip, o comunque a prezzi inferiori o uguali a quelli praticati da Consip, vige in capo alle amministrazioni centrali, anziché alle amministrazioni statali, come invece previsto nel testo vigente.
In particolare, l’articolo 48, nel testo vigente, richiama le pubbliche amministrazioni indicate all'art. 1, comma z) del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 (Codice dell'amministrazione digitale).
Il predetto comma z) dell'art. 1 del decreto legislativo n. 82 del 2005 utilizza la definizione "pubbliche amministrazioni centrali" per indicare le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le istituzioni universitarie, gli enti pubblici non economici nazionali, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN), le agenzie svolgono attività a carattere tecnico-operativo di interesse nazionale, già esercitate da ministeri ed enti pubblici, ai sensi dell'art. 8, comma 1 del decreto legislativo 20 luglio 1999, n. 300.
Articolo 41
(Modifiche al decreto-legge 23 maggio
2008, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2008, n. 123)
TESTO approvato dalla Camera dei deputati |
TESTO modificato dal Senato della Repubblica |
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Art. 41. (Modifiche al decreto-legge 23 maggio 2008, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2008, n. 123). |
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1. All'articolo 16 del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2008, n. 123, sono apportate le seguenti modificazioni: |
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a) al comma 1, dopo la lettera a) è inserita la seguente: |
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«a-bis) il personale non dirigenziale del ruolo speciale della protezione civile di cui al citato articolo 9-ter del decreto legislativo n. 303 del 1999, proveniente dalle aree funzionali del servizio sismico nazionale di cui alla tabella E allegata al regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 5 aprile 1993, n. 106, nonché il personale comandato o in fuori ruolo immesso nel medesimo ruolo speciale ai sensi del comma 3 dell'articolo 3 del decreto-legge 31 maggio 2005, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 luglio 2005, n. 152, appartenente all'area seconda, posizione economica equivalente o superiore alla fascia retributiva F4, è immesso, mediante l'espletamento delle medesime procedure selettive di cui alla lettera a) e nei limiti delle risorse di cui al comma 3, secondo periodo, nella fascia retributiva F1 della terza area funzionale del medesimo ruolo;»; |
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b) al comma 3, dopo il primo periodo è inserito il seguente: «Agli oneri derivanti dall'attuazione del comma 1, lettera a-bis), pari a euro 47.000 a decorrere dall'anno 2009, si provvede a valere sul Fondo di protezione civile, che presenta le occorrenti disponibilità e non ne pregiudica le relative finalità». |
L’articolo 41, introdotto durante l’esame al Senato, apporta una serie di modifiche all’articolo 16 del D.L. 90/2008 recante “Misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania e ulteriori disposizioni di protezione civile”[186].
Anzitutto, con l’introduzione della lettera a-bis) al comma 1 del sopra citato articolo 16, viene disposta l’immissione nellafascia retributiva F1 della terza area funzionale del medesimo ruolo (lettera a) dell’articolo 41 in commento) del personale non dirigenziale del ruolo speciale della protezione civile di cui all’articolo 9-ter del D.lgs 303/1999[187], proveniente dalle aree funzionali del servizio sismico nazionale di cui alla tabella E, allegata al regolamento di cui al D.P.R. 106/1993[188], nonché del personale comandato o in fuori ruolo immesso nel medesimo ruolo speciale ai sensi del comma 3 dell'articolo 3 del D.L. 90/2005[189], appartenente all'area seconda, posizione economica equivalente o superiore alla fascia retributiva F4.
Si ricorda che è stata adottata recentemente una nuova classificazione con il CCNL del 14 settembre 2007 relativo al personale del comparto ministeri per il quadriennio normativo 2006 – 2009 e biennio economico 2006 – 2007, ispirato ai principi della valorizzazione delle professionalità interne, ai fini del conseguimento di prestazioni di elevata qualificazione ed efficacia, e della flessibilità nella gestione delle risorse umane.
Tale sistema di classificazione (articolo 6 del richiamato CCNL è articolato in tre aree (denominate Prima, Seconda e Terza) caratterizzate da livelli omogenei di competenze, conoscenze e capacità necessarie per l’espletamento di una gamma di attività lavorative. Le aree, individuate con declaratorie che descrivono l’insieme dei requisiti indispensabili per l’inquadramento nell’area medesima, corrispondono a livelli omogenei di competenze, conoscenze e capacità necessarie per l’espletamento di una vasta e diversificata gamma di attività lavorative.
All’interno di ogni singola area sono collocati i profili professionali, tra loro omogenei o affini, che definiscono i contenuti tecnici della prestazione lavorativa. L’accesso dall’esterno nelle aree è previsto nella posizione retributiva iniziale di ciascun profilo professionale.
Ai fini della valorizzazione della professionalità dei dipendenti vi è la possibilità di effettuare progressioni all’interno del sistema classificatorio, mentre in ciascun profilo viene individuato un sistema di progressioni economiche attuato con l’attribuzione di successive fasce retributive. Ciascun profilo è unico e si caratterizza per il titolo di studio necessario per l’accesso dall’esterno, nonché per il livello di complessità, responsabilità ed autonomia richiesto per lo svolgimento delle mansioni in esso ricomprese.
Le progressioni dei dipendenti all’interno del nuovo ordinamento professionale si configurano sia come progressioni tra le aree, dall’area sottostante alla posizione di accesso dell’area superiore, nel rispetto dei principi in materia di accesso dall’esterno, della valutazione dei titoli presentati dal candidato, attraverso l’espletamento di una selezione interna e compatibilmente con i posti vacanti, sia come sviluppi economici all’interno delle aree, con la previsione di successive fasce retributive all’interno di ciascuna area.
Di seguito, si riporta la tabella B allegata al richiamato CCNL di trasposizione automatica del sistema di classificazione (da attuarsi ad invarianza di spesa).
Aree precedente sistema classificatorio |
Posizioni economiche del precedente sistema classificatorio |
Aree nuovo sistema classificatorio |
Fasce retributive all’interno delle aree |
A (I-III l.321/80) |
A1 |
PRIMA AREA |
F1 |
A1S |
F2 |
||
/// |
F3 |
||
B (IV-VI l.321/80) |
B1 |
SECONDA AREA |
F1 |
B2 |
F2 |
||
B3 |
F3 |
||
B3S |
F4 |
||
/// |
F5 |
||
/// |
F6 |
||
C (VII-IX l.321/80) |
C1 |
TERZA AREA[190] |
F1 |
C1S |
F2 |
||
C2 |
F3 |
||
C3 |
F4 |
||
C3S |
F5 |
||
/// |
F6 |
||
/// |
F7 |
L’immissione nella fascia retributiva F1 sopra esposta avviene mediante l'espletamento delle procedure selettive di cui alla precedente lettera a) dell’articolo 16[191] e nei limiti delle risorse previste al secondo periodo del comma 3, introdotto dalla successiva lettera b) dell’articolo 41 in esame.
Con quest’ultima norma - che aggiunge, appunto, un periodo al comma 3 dell’articolo 16 del D.L. 90/2008 - si provvede alla copertura finanziaria degli oneri derivanti dall’articolo in commento, quantificati in euro 47.000 a decorrere dall'anno 2009.
A tali oneri si provvede a valere sulle risorse del Fondo di protezione civile, che, in base a quanto indicato dalla norma medesima, presenta le occorrenti disponibilità.
Le risorse del Fondo di protezione civile sono iscritte sui capitoli 7446 e 7447 della U.P.B. 6.2.8 dello stato di previsione del Ministero dell’economia e finanze, che per l’anno 2009 presentano in bilancio una disponibilità finanziaria pari, rispettivamente, a 235,7 milioni e 391,3 milioni.
La norma specifica inoltre che l’utilizzo delle risorse del Fondo di protezione civile per le finalità di cui alla nuova lettera a-bis) dell’articolo 16 del D.L. n. 90/2008, (immissione nella fascia retributiva F1 del personale non dirigenziale del ruolo speciale della protezione civile nonché del personale comandato o in fuori ruolo) non pregiudica le finalità del Fondo medesimo.
La relazione tecnica non considera la norma che è stata introdotta nel corso dell’esame presso il Senato.
La 5° Commissione del Senato a reso parere non ostativo sul testo della norma in esame[192].
In merito ai profili di quantificazione, appare opportuno che il Governo fornisca gli elementi informativi necessari a verificare la congruità delle risorse poste a copertura degli oneri relativi all’inquadramento di unità di personale in servizio presso il Dipartimento della protezione civile, fascia retributiva F1 della terza area funzionale. Le indicazioni fornite dovrebbero, altresì, consentire di accertare se l’onere a regime non sia suscettibile di incrementarsi in relazione a possibile dinamiche di carriera: in tale ipotesi l’onere a regime dovrebbe essere rideterminato in considerazione di tali dinamiche.
Appare altresì opportuno che il Governo chiarisca se le disponibilità attualmente esistenti sul Fondo della protezione civile abbiano natura permanente, ossia analoga alla tipologia di spesa di cui si dispone la copertura.
Appare, infine, opportuno che il Governo chiarisca se la disposizione in esame, che determina l’avanzamento ex lege di una ristretta platea di pubblici dipendenti, non sia suscettibile di determinare richieste emulative da parte di altre categorie di pubblici dipendenti.
A tal proposito si rammenta che il Governo aveva reso parere contrario[193], in assenza di una relazione tecnica, su un emendamento[194] di analogo tenore presentato nel corso dell’esame del disegno di legge di conversione del decreto-legge 6 novembre 2008, n. 172.
In merito ai profili di copertura, con riferimento al comma 1, lettera b), si rileva che la norma autorizza la spesa di 47.000 euro a decorrere dall’anno 2009 e dispone che alla copertura dei relativi oneri si provveda a valere sul Fondo di protezione civile. Appare opportuno acquisire l’avviso del Governo in ordine alla formulazione in termini di limite massimo dell’autorizzazione di spesa. In particolare, anche in considerazione del fatto che le altre disposizioni di contenuto analogo previste dall’articolo 16 del decreto-legge n. 90 del 2008 sono formulate in termini di previsione di spesa e che si tratta di oneri di personale, appare necessario che il Governo confermi che i suddetti oneri possano essere contenuti in un limite di spesa[195].
Con riferimento alle risorse utilizzate a copertura, si segnala che, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, sono previsti due fondi per la protezione civile, rifinanziati dalla tabella C allegata alla legge finanziaria, uno di parte corrente (capitolo 2184) ed uno di conto capitale (capitolo 7447). Dal momento che gli oneri dei quali è prevista la copertura hanno natura di parte corrente, al fine di evitare una dequalificazione della spesa, la norma dovrebbe utilizzare a copertura il Fondo per la protezione civile avente la medesima natura, vale a dire quello previsto ai sensi dell’articolo 1 della legge n. 225 del 1992. Al riguardo, pertanto, appare opportuno acquisire l’avviso del Governo in ordine all’opportunità di riformulare la clausola di copertura prevedendo che agli oneri derivanti dalla novella si provveda a valere sulle risorse di parte corrente del Fondo per la protezione civile, come determinato dalla tabella C allegata alla legge 22 dicembre 2008, n. 203.
Appare, infine, opportuno, trattandosi di somme affluite al bilancio della Presidenza del consiglio dei ministri, che il Governo confermi che - come previsto esplicitamente dalla norma - il Fondo presenti le “occorrenti disponibilità” e che il suo utilizzo non pregiudichi “le relative finalità”. Tale conferma appare necessaria, anche al fine di valutare una possibile riformulazione della disposizione in termini pienamente conformi alla prassi contabile vigente, eliminando il suddetto inciso dal testo della disposizione.
Articolo 42
(Integrazione della composizione del
Consiglio di presidenza
della giustizia amministrativa)
TESTO approvato dalla Camera dei deputati |
TESTO modificato dal Senato della Repubblica |
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Art. 42. (Integrazione della composizione del Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa). |
|
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1. Al fine di adeguare la composizione del Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa a quella degli organi di autogoverno delle altre magistrature e dell'Avvocatura dello Stato, nell'ambito delle risorse disponibili, all'articolo 7, comma 1, lettera d), della legge 27 aprile 1982, n. 186, la parola: «quattro» è sostituita dalla seguente: «sei» e la parola: «due», ovunque ricorra, è sostituita dalla seguente: «tre». |
L’articolo 42, introdotto nel corso dell’esame del Senato, aumenta da quattro a sei il numero dei membri del Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa eletti dal Parlamento (3 eletti dalla Camera e 3 dal Senato), portando la composizione complessiva dell’organo di autogoverno del Consiglio di Stato e dei Tribunali amministrativi regionali da 15 a 17 membri.
La motivazione dell’ampliamento risiede – come esplicitato dalla stessa disposizione – nell’adeguamento della composizione del Consiglio di presidenza della magistratura amministrativa a quella degli organi di autogoverno delle altre magistrature e dell’Avvocatura di Stato.
Attualmente la composizione del Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa è definita dalla legge 186/1982[196], secondo la quale ne fanno parte:
§ il Presidente del Consiglio di Stato (membro di diritto) che lo presiede;
§ 4 magistrati in servizio presso il Consiglio di Stato e 6 in servizio presso i TAR, eletti da tutti i magistrati dei rispettivi organi;
§ 4 cittadini eletti, due dalla Camera e due dal Senato, tra professori ordinari in materie giuridiche o avvocati con almeno venti anni di esercizio professionale.
Il Consiglio di presidenza ha compiti relativi sia ai provvedimenti disciplinari e allo stato giuridico dei magistrati (trasferimenti, promozioni ecc.), sia all’organizzazione interna, tra cui la predisposizione dei criteri per la ripartizioni degli affari tra le sezioni del Consiglio di Stato e tra i TAR e per la fissazione dei carichi di lavoro dei magistrati, l’elaborazione di proposte di adeguamento e ammodernamento delle strutture e dei servizi.
Per quanto riguarda gli altri organi di autogoverno della magistratura, rileva in primo luogo il Consiglio di presidenza della Corte dei conti, che ha compiti e funzioni simili a quelli della giustizia amministrativa. Tale organo è stato recentemente riformato ad opera dell’art. 11 della legge 15/2009[197], che ne ha modificato anche la composizione riducendone il numero dei membri da 17 a 11. L’attuale composizione è la seguente:
§ il Presidente della Corte;
§ il Presidente aggiunto;
§ il Procuratore generale;
§ 4 rappresentanti del Parlamento eletti 2 dalla Camera e 2 dal Senato;
§ 4 magistrati eletti dai magistrati contabili (in precedenza erano 10).
Il Consiglio superiore della magistratura (CSM) a seguito della riforma della legge 195/1958[198] introdotta dalla legge 44/2002 è attualmente composto da 27 membri:
§ il Presidente della Repubblica, che lo presiede;
§ il Primo Presidente della Corte di cassazione;
§ il Procuratore generale della Corte di cassazione;
§ 16 magistrati eletti dai magistrati ordinari;
§ 8 componenti eletti dal Parlamento in seduta comune.
Il Consiglio della magistratura militare (CMM) è composto da:
§ il Primo Presidente della Corte di cassazione, che lo presiede;
§ il Procuratore generale militare presso la Corte di cassazione;
§ 4 componenti eletti dai magistrati militari, di cui almeno uno magistrato militare di cassazione;
§ 1 componente estraneo alla magistratura militare, scelto d'intesa tra i Presidenti delle due Camere fra professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati con almeno quindici anni di esercizio professionale;
Anche in questo caso la composizione del Consiglio è stata riformata di recente ad opera della legge finanziaria 2008 che ha ridotto i componenti eletti dai magistrati da 5 a 4 e quelli di nomina parlamentare da 2 a 1[199].
Il Consiglio di presidenza della giustizia tributaria, organo di autogoverno dei giudici delle commissioni tributarie regionali e provinciali è composto da 15 membri (D.Lgs. 545/1992[200]):
§ 11 componenti eletti dai giudici tributari;
§ 4 componenti eletti dal Parlamento, 2 dalla Camera e 2 dal Senato tra professori di università in materie giuridiche o i soggetti abilitati alla difesa dinanzi alle commissioni tributarie che risultino iscritti ai rispettivi albi professionali da almeno 12 anni.
Il Consiglio degli avvocati e procuratori dello Stato (di cui all’art. 21 della legge 103/1979[201]) è composto da 9 membri:
§ l'Avvocato generale dello Stato, che lo presiede;
§ 2 avvocati dello Stato, con incarico di vice avvocato generale, più anziani nell'incarico;
§ 2 avvocati dello Stato, con incarico di avvocato distrettuale, più anziani nell'incarico;
§ 4 componenti, di cui almeno un procuratore dello Stato, eletti da tutti gli avvocati e procuratori.
Nella tabella che segue sono poste a confronto le composizioni degli organi sopra citati ad esclusione del Consiglio dell’Avvocatura che, non avendo una componente laica è solo parzialmente confrontabile con gli altri.
Organo |
Di diritto |
Togati |
Laici |
Totale |
|
CdP giustizia amministrativa (vigente) |
1 |
10 |
4 |
15 |
|
CdP giustizia amministrativa (come modificato dall’art. 42 AC 1441-bis-B) |
1 |
10 |
6 |
17 |
|
CdP Corte dei conti |
3 |
4 |
4 |
11 |
|
CSM |
3 |
16 |
8 |
27 |
|
CMM |
2 |
4 |
1 |
7 |
|
CdP giustizia tributaria |
-- |
11 |
4 |
15 |
La relazione tecnica non considera la norma introdotta nel corso dell’esame in Aula presso il Senato.
Al riguardosi rileva che l’ampliamento del numero dei componenti laici del Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, che al pari degli altri membri in base alla normativa vigente godono di indennità connesse, tra l’altro, alla partecipazione alle sedute del suddetto organo, presenta profili di onerosità per il bilancio dello Stato. Sul punto appare opportuno acquisire l’avviso del Governo.
La disciplina delle indennità dei membri del Consiglio di presidenza di giustizia amministrativa, in base all’art. 30 della L. 27 aprile 1982, n. 186[202] - che prevede che ai magistrati amministrativi si applicano le norme di legge previste per i magistrati ordinari in materia di trattamento economico onnicomprensivo, di prima sistemazione e di trasferimento, nonché di indennità di missione - è equiparata[203] a quella prevista dall’ordinamento per il CSM. A tale riguardo, l’art. 40, quarto comma[204] della L. 24 marzo1958, n. 195[205] in materia di assegni e indennità ai componenti del Consiglio, prevede, tra l’altro, che a questi sia attribuita una indennità per ogni seduta e, inoltre, a coloro che risiedono fuori Roma, un indennità di missione per i giorni di viaggio e di permanenza nella Capitale. La misura dell'indennità per le sedute e il numero massimo giornaliero delle sedute che danno diritto a indennità, sono determinati dal Consiglio, secondo criteri stabiliti nel regolamento di amministrazione e contabilità.
Articolo 43
(Disposizioni concernenti la Corte dei
conti)
TESTO approvato dalla Camera dei deputati |
TESTO modificato dal Senato della Repubblica |
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Art. 43. (Disposizioni concernenti la Corte dei conti). |
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1. In tema di contenzioso pensionistico dinanzi alla Corte dei conti e al fine di accelerare la definizione dei relativi giudizi, i presidenti delle sezioni giurisdizionali regionali procedono, al momento della ricezione del ricorso e secondo criteri predeterminati, alla sua assegnazione ad uno dei giudici unici delle pensioni in servizio presso la sezione. Il giudice unico esercita le funzioni monocratiche previste dall'articolo 5 della legge 21 luglio 2000, n. 205, fissa ogni semestre il proprio calendario di udienze e, con proprio decreto, fissa la trattazione dei relativi giudizi. È soppresso l'ultimo periodo dell'articolo 5, comma 1, della legge 21 luglio 2000, n. 205, e i procedimenti cautelari del giudice unico sono reclamabili innanzi al collegio, il quale, nel caso in cui rigetti il reclamo, condanna alle spese. |
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2. All'articolo 1, comma 7, del decreto-legge 15 novembre 1993, n. 453, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 gennaio 1994, n. 19, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Il presidente della Corte può disporre che le sezioni riunite si pronuncino sui giudizi che presentano una questione di diritto già decisa in senso difforme dalle sezioni giurisdizionali, centrali o regionali, e su quelli che presentano una questione di massima di particolare importanza. Se la sezione giurisdizionale, centrale o regionale, ritiene di non condividere il principio di diritto enunciato dalle sezioni riunite, rimette a queste ultime, con ordinanza motivata, la decisione del giudizio». |
L’articolo 43 – introdotto nel corso dell’esame in sede referente al Senato – interviene sulla disciplina della funzione giurisdizionale della Corte dei conti. Il comma 1 apporta alcune modifiche alla procedura del giudizio pensionistico, disponendo tra l’altro il trasferimento della competenza in materia di procedimenti cautelari dal collegio al giudice unico. Il comma 2 prevede che il Presidente della Corte dei conti possa, in determinati casi, richiedere il giudizio delle sezioni riunite in sede giurisdizionale in analogia con quanto previsto per le sezioni riunite della Corte di cassazione.
In particolare, il comma 1 interviene in tre punti del procedimento in materia di contenzioso pensionistico.
In primo luogo, vengono definite le modalità relative all’assegnazione dei ricorsi: si prevede che spetta al presidente di ciascuna sezione giurisdizionale assegnare il ricorso, al momento della avvenuta ricezione, ad uno dei giudici unici delle pensioni in servizio presso la sezione. Si prevede, inoltre, che l’assegnazione avvenga secondo criteri predeterminati, senza tuttavia indicare espressamente l’organo competente alla definizione di tali criteri.
Le disposizioni regolamentari generali relative ai procedimenti giurisdizionali prevedono che il presidente del collegio provveda alla nomina del relatore quale atto iniziale del processo (art. 17 del Regio decreto 1038/1933[206]).
In secondo luogo, viene affidato al giudice unico delle pensioni il compito di fissare le udienze relative ai ricorsi assegnatigli, attraverso la determinazione di un calendario semestrale, e di fissare, con proprio decreto, “la trattazione dei relativi giudizi”.
Attualmente è il presidente della sezione a fissare, con proprio decreto la data dell’udienza, oltre a determinare contestualmente il termine per la presentazione degli atti e dei documenti (artt. 17 e 77 del Regio decreto 1038/1933).
In terzo luogo, il comma in esame trasferisce al giudice unico, già competente nei giudizi di merito, anche la possibilità di decidere sulle misure cautelari, quali la sospensione del provvedimento pensionistico impugnato. Infatti, viene abrogato l’ultimo periodo dell’art. 5 della legge 205/2000[207] che appunto affida esclusivamente al collegio le decisioni in sede cautelare.
Contro le decisioni del giudice unico in sede cautelare, prevede la disposizione in esame, è possibile ricorrere davanti al collegio, che in caso di rigetto condanna la parte ricorrente alle spese processuali.
Il giudice unico delle pensioni è stato introdotto dalla citata legge 205/2000 al fine di snellire le procedure in materia di ricorsi pensionistici davanti alla Corte dei conti, prevedendo che questi siano esaminati, in primo grado, da un giudice monocratico assegnato alla sezione giurisdizionale competente per territorio. Il procedimento presso il giudice unico si svolge con le stesse regole del processo civile sulle modalità di discussione delle cause e di pronuncia, deposito ed esecutorietà delle sentenze (artt. 420, 421, 429, 430 e 431 codice di procedura civile).
Come accennato, in sede cautelare la Corte giudica sempre in composizione collegiale. In diverse occasioni sono state sollevate questioni di legittimità costituzionale in relazione a questa disposizione, che la Corte costituzionale ha respinto in quanto “il legislatore nella sua discrezionalità può adottare norme processuali differenziate tra i diversi tipi di giurisdizioni e di riti procedimentali anche nell'ambito della stessa giurisdizione, non essendo tenuto, sul piano costituzionale, ad osservare una uniformità rispetto al processo civile o amministrativo, proprio per le ragioni che possono giustificare la pluralità di giurisdizioni, le diversità processuali e le differenze delle tipologie dei riti speciali” (ord. 343/2001).
Il comma 2 dell’articolo in esame interviene sulle modalità di attivazione delle sezioni riunite in sede giurisdizionale. Queste hanno competenza a decidere sui conflitti di competenza e sulle questioni deferite dalle sezioni giurisdizionali centrali e regionali e in ogni circostanza su richiesta del procuratore generale (art. 1, comma 7, del D.L. 453/1993[208]). La disposizione in commento aggiunge un’ulteriore forma di accesso alle sezioni riunite da parte del Presidente della Corte: questi può, infatti, chiedere che le sezioni riunite si pronuncino su:
§ giudizi che presentano una questione di diritto già decisa in senso difforme dalle sezioni giurisdizionali, centrali o regionali;
§ giudizi che presentano una questione di massima di particolare importanza.
Inoltre, nel caso in cui una sezione giurisdizionale, centrale o regionale, non condivide il principio di diritto enunciato dalle sezioni riunite, è tenuta a rimettere alle sezioni riunite stesse la decisione sul procedimento in corso.
Tale disposizione riproduce in parte il testo dell’articolo 374 del codice di procedura civile relativo alle pronunce a sezioni riunite della Corte di cassazione, che dispone quanto segue:
“La Corte pronuncia a sezioni unite nei casi previsti nel n. 1) dell'articolo 360 e nell'articolo 362. Tuttavia, tranne che nei casi di impugnazione delle decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti, il ricorso può essere assegnato alle sezioni semplici, se sulla questione di giurisdizione proposta si sono già pronunciate le sezioni unite.
Inoltre il primo presidente può disporre che la Corte pronunci a sezioni unite sui ricorsi che presentano una questione di diritto già decisa in senso difforme dalle sezioni semplici, e su quelli che presentano una questione di massima di particolare importanza.
Se la sezione semplice ritiene di non condividere il principio di diritto enunciato dalle sezioni unite, rimette a queste ultime, con ordinanza motivata, la decisione del ricorso.
In tutti gli altri casi la Corte pronuncia a sezione semplice”.
Si ricorda che recentemente sono stati attribuiti al Presidente della Corte dei conti importanti ulteriori compiti tra qui quello di determinare la composizione nominativa e le competenze delle sezioni riunite in ogni funzione ad esse attribuite[209].
Articolo 44
(Norme urgenti per la funzionalità
dell'Avvocatura dello Stato)
TESTO approvato dalla Camera dei deputati |
TESTO modificato dal Senato della Repubblica |
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Art. 44. (Norme urgenti per la funzionalità dell'Avvocatura dello Stato). |
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1. All'articolo 21, secondo comma, del testo unico delle leggi e delle norme giuridiche sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato e sull'ordinamento dell'Avvocatura dello Stato, di cui al regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611, la parola: «otto» è sostituita dalla seguente: «sette» e la parola: «due» è sostituita dalla seguente: «tre». |
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2. All'articolo 21 del citato testo unico di cui al regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611, è aggiunto, in fine, il seguente comma: |
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«Le proporzioni previste dal secondo comma e le modalità di ripartizione delle competenze in caso di trasferimento da una sede all'altra possono essere modificate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dell'Avvocato generale dello Stato, sentito il Consiglio degli avvocati e procuratori dello Stato». |
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3. È istituito presso l'Avvocatura generale dello Stato il Fondo perequativo dei proventi derivanti da incarichi arbitrali. Al Fondo è attribuita la quota dei proventi stabilita dall'articolo 61, comma 9, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133. Il funzionamento del Fondo e la ripartizione delle somme ad esso attribuite sono disciplinati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dell'Avvocato generale dello Stato, sentito il Consiglio degli avvocati e procuratori dello Stato. |
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4. È istituito presso l'Avvocatura generale dello Stato il Fondo perequativo del personale amministrativo dell'Avvocatura dello Stato. Al Fondo è attribuita la quota di proventi derivanti da incarichi di segretario di collegi arbitrali stabilita dall'articolo 61, comma 9, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133. Al Fondo è attribuita, altresì, una quota delle competenze spettanti agli avvocati e procuratori dello Stato ai sensi dell'articolo 21 del citato testo unico di cui al regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611, pari alla voce di onorario di cui all'articolo 14 della tariffa di cui al capitolo I allegato al regolamento di cui al decreto del Ministro della giustizia 8 aprile 2004, n. 127. Il funzionamento del Fondo e la ripartizione delle somme ad esso attribuite sono disciplinati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dell'Avvocato generale dello Stato, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale del personale amministrativo. La ripartizione delle somme deve avvenire prevalentemente su base territoriale, essere ispirata a criteri di merito ed efficienza e subordinata alla presenza in servizio. |
L’articolo 44, introdotto dal Senato, reca disposizioni concernenti l’Avvocatura generale dello Stato.
Il comma 1 modifica la proporzionedi ripartizione tra gli avvocati e procuratori di ciascun ufficio e tutti gli avvocati e procuratori dello Stato delle somme esatte dall’avvocatura generale e dalle avvocature distrettuali dello Stato, a titolo di competenze di avvocato quando tali competenze siano poste a carico delle controparti o nei casi di transazione dopo sentenza favorevole per l’amministrazione e di compensazione in cause in cui l’amministrazione non è risultata soccombente.
In particolare, la disposizione modifica l’articolo 21, comma 2, del testo unico sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato e sull'ordinamento dell'Avvocatura dello Stato (R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611), che stabilisce la proporzione di ripartizione in otto decimi per gli avvocati e procuratori di ciascun ufficio in base alle norme del regolamento e in due decimi in misura uguale tra tutti gli avvocati e procuratori dello Stato.
La proporzione di ripartizione viene abbassata di un decimo per la quota da ripartire tra gli avvocati e procuratori di ciascun ufficio, arrivando a sette decimi, e viene corrispondentemente alzata con riferimento alla quota da ripartire tra tutti gli avvocati e procuratori dello Stato, portata a tre decimi.
Il comma 2 – aggiungendo un comma al citato articolo 21 - dispone che le predette proporzioni e le modalità di ripartizione delle competenze in caso di trasferimento da una sede all'altra possono essere modificate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dell'Avvocato generale dello Stato, sentito il Consiglio degli avvocati e procuratori dello Stato.
Il comma 3 istituisce presso l'Avvocatura generale dello Stato il Fondo perequativo dei proventi derivanti da incarichi arbitrali. Al Fondo è attribuita la quota dei proventi stabilita dall'articolo 61, comma 9, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133)
Il citato articolo 61, comma 9, prevede che il 50 per cento del compenso spettante al dipendente pubblico per l’attività di componente o di segretario del collegio arbitrale è versato direttamente ad apposito capitolo del bilancio dello Stato; il predetto importo è riassegnato al fondo di amministrazione per il finanziamento del trattamento economico accessorio dei dirigenti ovvero ai fondi perequativi istituiti dagli organi di autogoverno del personale di magistratura e dell’Avvocatura dello Stato ove esistenti; la medesima disposizione si applica al compenso spettante al dipendente pubblico per i collaudi svolti in relazione a contratti pubblici di lavori, servizi e forniture[210].
Con riferimento alla quota da attribuire al fondo istituito dal comma 3, si osserva che essa sembrerebbe riguardare i compensi spettanti per l’attività di componente il collegio arbitrale, dato che il successivo comma 4 destina ad altro fondo la quota relativa ai compensi derivanti da incarichi di segretario di collegi arbitrali; essa dovrebbe altresì riguardare la quota di compensi derivanti da collaudi svolti in relazione a contratti pubblici di lavori, servizi e forniture.
Si osserva altresì che la norma non specifica che deve trattarsi di compensi spettanti a avvocati o procuratori dello Stato o comunque a personale dell’Avvocatura dello Stato.
Il funzionamento del Fondo e la ripartizione delle somme sono disciplinati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dell'Avvocato generale dello Stato, sentito il Consiglio degli avvocati e procuratori dello Stato.
Il comma 4 istituisce presso l'Avvocatura generale dello Stato il Fondo perequativo del personale amministrativo dell'Avvocatura dello Stato.
Al Fondo sono attribuite:
§ la quota di proventi derivanti da incarichi di segretario di collegi arbitrali stabilita dal già richiamato articolo 61, comma 9, del decreto-legge n. 112/2008;
Anche in tal caso non viene precisato che deve trattarsi di compensi spettanti a personale dell’Avvocatura dello Stato.
§ una quota delle competenze spettanti – ai sensi del articolo 21 del testo unico sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato e sull'ordinamento dell'Avvocatura dello Stato, modificato dai commi 1 e 2 – agli avvocati e procuratori dello Stato poste a carico delle controparti o nei casi di transazione dopo sentenza favorevole per l’amministrazione e di compensazione in cause in cui l’amministrazione non è risultata soccombente. Detta quota è pari alla voce di onorario Rimborso spese generali, pari al 12,5% dell'importo degli onorari e dei diritti ripetibile dal soccombente (art. 14 della tariffa di cui al capitolo I allegato al regolamento di cui al decreto del Ministro della giustizia 8 aprile 2004, n. 127.)
Il funzionamento del Fondo e la ripartizione delle somme ad esso attribuite sono disciplinati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dell'Avvocato generale dello Stato, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale del personale amministrativo.
La ripartizione deve avvenire prevalentemente su base territoriale, essere ispirata a criteri di merito ed efficienza e subordinata alla presenza in servizio.
La relazione tecnica non considera la norma introdotta[211] nel corso dell’esame in Commissione presso il Senato.
Al riguardo, appare opportuno che il Governo fornisca chiarimenti in merito agli effetti ascrivibili al comma 3, con particolare riferimento alla destinazione delle somme afferenti al fondo di cui all’art. 61, comma 17 del DL 112/2008 che prevede che le somme provenienti dalle riduzioni di spesa e le maggiori entrate derivanti dall’articolo siano versate annualmente in un apposito capitolo del bilancio dello Stato per essere riassegnate ad un apposito fondo di parte corrente e destinate in parte alla tutela della sicurezza pubblica e in parte al finanziamento della contrattazione integrativa delle amministrazioni indicate all’art. 67 del medesimo decreto legge al comma 5[212].
Appare altresì opportuno acquisire chiarimenti da parte del Governo in merito alla compatibilità della norma di cui al comma 4 con la disposizione di cui all’art. 67, commi 2 e 5 che prevede la disapplicazione per il 2009 di tutte le norme speciali che destinano risorse alla contrattazione integrativa e la riduzione di un ulteriore 10 % delle risorse già destinate alla medesima contrattazione nell’importo erogato nell’anno 2004.
Articolo 45
(Delega al Governo per il riassetto della
disciplina del processo amministrativo)
TESTO approvato dalla Camera dei deputati |
TESTO modificato dal Senato della Repubblica |
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Art. 45. (Delega al Governo per il riassetto della disciplina del processo amministrativo). |
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1. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per il riassetto del processo avanti ai tribunali amministrativi regionali e al Consiglio di Stato, al fine di adeguare le norme vigenti alla giurisprudenza della Corte costituzionale e delle giurisdizioni superiori, di coordinarle con le norme del codice di procedura civile in quanto espressione di princìpi generali e di assicurare la concentrazione delle tutele. |
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2. I decreti legislativi di cui al comma 1, oltre che ai princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 20, comma 3, della legge 15 marzo 1997, n. 59, in quanto applicabili, si attengono ai seguenti princìpi e criteri direttivi: |
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a) assicurare la snellezza, concentrazione ed effettività della tutela, al fine di garantire la ragionevole durata del processo, anche mediante il ricorso a procedure informatiche, nonché la razionalizzazione dei termini processuali, l'estensione delle funzioni istruttorie esercitate in forma monocratica e l'individuazione di misure, anche transitorie, di eliminazione dell'arretrato; |
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b) disciplinare le azioni e le funzioni del giudice: |
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1) riordinando le norme vigenti sulla giurisdizione del giudice amministrativo, anche rispetto alle altre giurisdizioni; |
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2) riordinando i casi di giurisdizione estesa al merito, anche mediante soppressione delle fattispecie non più coerenti con l'ordinamento vigente; |
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3) disciplinando, ed eventualmente riducendo, i termini di decadenza o prescrizione delle azioni esperibili e la tipologia dei provvedimenti del giudice; |
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4) prevedendo le pronunce dichiarative, costitutive e di condanna idonee a soddisfare la pretesa della parte vittoriosa; |
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c) procedere alla revisione e razionalizzazione dei riti speciali, e delle materie cui essi si applicano, fatti salvi quelli previsti dalle norme di attuazione dello statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige; |
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d) razionalizzare e unificare le norme vigenti per il processo amministrativo sul contenzioso elettorale, prevedendo il dimezzamento, rispetto a quelli ordinari, di tutti i termini processuali, il deposito preventivo del ricorso e la successiva notificazione in entrambi i gradi; |
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e) razionalizzare e unificare la disciplina della riassunzione del processo e dei relativi termini, anche a seguito di sentenze di altri ordini giurisdizionali, nonché di sentenze dei tribunali amministrativi regionali o del Consiglio di Stato che dichiarano l'incompetenza funzionale; |
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f) riordinare la tutela cautelare, anche generalizzando quella ante causam, nonché il procedimento cautelare innanzi al giudice amministrativo in caso di ricorso per cassazione avverso le sentenze del Consiglio di Stato, prevedendo che: |
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1) la domanda di tutela interinale non può essere trattata fino a quando il ricorrente non presenta istanza di fissazione di udienza per la trattazione del merito; |
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2) in caso di istanza cautelare ante causam, il ricorso introduttivo del giudizio è notificato e depositato, unitamente alla relativa istanza di fissazione di udienza per la trattazione del merito, entro i termini di decadenza previsti dalla legge o, in difetto di essi, nei sessanta giorni dalla istanza cautelare, perdendo altrimenti ogni effetto la concessa tutela interinale; |
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3) nel caso di accoglimento della domanda cautelare, l'istanza di fissazione di udienza non può essere revocata e l'udienza di merito è celebrata entro il termine di un anno; |
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g) riordinare il sistema delle impugnazioni, individuando le disposizioni applicabili, mediante rinvio a quelle del processo di primo grado, e disciplinando la concentrazione delle impugnazioni, l'effetto devolutivo dell'appello, la proposizione di nuove domande, prove ed eccezioni. |
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3. I decreti legislativi di cui al comma 1 abrogano espressamente tutte le disposizioni riordinate o con essi incompatibili, fatta salva l'applicazione dell'articolo 15 delle disposizioni sulla legge in generale premesse al codice civile, e dettano le opportune disposizioni di coordinamento in relazione alle disposizioni non abrogate. |
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4. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri. Sugli schemi di decreto legislativo è acquisito il parere del Consiglio di Stato e delle competenti Commissioni parlamentari. I pareri sono resi entro quarantacinque giorni dalla richiesta. Decorso tale termine, i decreti possono essere emanati anche senza i predetti pareri. Il Presidente del Consiglio dei ministri può delegare al Consiglio di Stato la stesura dell'articolato, mediante commissione speciale, ai sensi dell'articolo 14, numero 2o, del testo unico sul Consiglio di Stato, di cui al regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054. Il Presidente del Consiglio di Stato ha facoltà di integrare la commissione speciale con magistrati di tribunale amministrativo regionale, nonché con un numero di esterni, non superiore a cinque, esperti nella materia del processo amministrativo. La partecipazione ai lavori della commissione è gratuita e non comporta rimborso delle spese. Entro due anni dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 1, possono ad essi essere apportate le correzioni e integrazioni che l'applicazione pratica renda necessarie od opportune, con lo stesso procedimento e in base ai medesimi princìpi e criteri direttivi previsti per l'emanazione degli originari decreti. |
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5. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. |
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6. All'articolo 1, comma 309, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, dopo le parole: «tribunali amministrativi regionali» sono aggiunte le seguenti: «, ivi comprese quelle occorrenti per incentivare progetti speciali per lo smaltimento dell'arretrato e per il miglior funzionamento del processo amministrativo». |
L’articolo 45, introdotto durante l’esame al Senato – reca una delega al Governo – da esercitare entro un anno – per un riassetto delle disciplina del processo amministrativo.
Finalità generale della delega è l’adeguamento della disciplina del processo davanti ai TAR e al Consiglio di stato alla giurisprudenza costituzionale e delle giurisdizioni superiori (e la coordinino con quella del processo civile), nonché la concentrazione delle cautele(comma 1).
L’art. 45, oltre che l’adeguamento della legislazione delegata ai principi direttivi generali (art. 20, comma 3) della “legge Bassanini 1” (L. 59/1997) in quanto applicabili, prevede, al comma 2, l’adeguamento ai seguenti principi e criteri direttivi:
§ assicurare la snellezza, concentrazione ed effettività della tutela per garantire la durata ragionevole del processo anche grazie al ricorso all’informatizzazione delle procedure, la razionalizzazione dei termini e l’estensione delle funzioni istruttorie monocratiche nonché l’individuazione di misure volte allo smaltimento dell’arretrato;
§ disciplinare azioni e funzioni del giudice riordinando le norme vigenti sulla giurisdizione amministrativa e i casi di giurisdizione estesa anche al merito, nonché la disciplina dei termini di decadenza e prescrizione delle azioni e la tipologia dei provvedimenti giudiziali, nonché prevedendo le pronunce idonee a soddisfare le pretese della parte vittoriosa;
§ riordinare e razionalizzare i riti speciali e le materie in cui si applicano;
§ unificare e razionalizzare la disciplina del processo amministrativo sul contenzioso elettorale;
§ unificare e razionalizzare la disciplina della riassunzione del processo e dei relativi termini,
§ riordinare la tutela cautelare, anche generalizzando quella ante causam, nonché il procedimento cautelare davanti al giudice amministrativo in caso di ricorso per cassazione avverso le sentenze del Consiglio di Stato, prevedendo: l’impossibilità di trattare la domanda interinale prima della presentazione della richiesta di udienza da parte del ricorrente; in caso di istanza cautelare ante causam, la perdita di efficacia della tutela interinale concessa in caso di mancata notifica nei termini del ricorso introduttivo del giudizio (e dell’istanza di fissazione di udienza per la trattazione del merito), o comunque nei 60 giorni dall’istanza cautelare; nel caso di accoglimento della domanda cautelare, l’impossibilità di revocare l’istanza di fissazione di udienza e la celebrazione dell’udienza di merito entro un anno;
§ riordinare il sistema delle impugnazioni, individuando le disposizioni applicabili, mediante rinvio a quelle del processo di primo grado, e disciplinando la concentrazione delle impugnazioni, l’effetto devolutivo dell’appello, la proposizione di nuove domande, prove ed eccezioni.
Il comma 3 prevede l’abrogazione espressa delle disposizioni riordinate o incompatibili, e richiede un opportuno coordinamento con le disposizioni non abrogate; in ogni caso, viene fatta salva l’applicazione dell’articolo 15 delle preleggi.
L’art. 15 delle disposizioni sulla legge in generale premesse al codice civile prevede, oltre che l’abrogazione espressa di una legge, anche l’abrogazione tacita per incompatibilità tra le nuove disposizioni e le precedenti o perché la nuova legge regola l’intera materia già regolata dalla legge anteriore.
Il comma 4 dell’art. 45 disciplina la procedura di adozione dei decreti delegati. La disposizione prevede l’adozione dei decreti legislativi, su proposta del Presidente del Consiglio e con il parere del Consiglio di Stato e delle commissioni parlamentari competenti (entrambi da rendere entro quarantacinque giorni dalla richiesta, decorsi i quali i decreti possono essere comunque emanati). Il medesimo comma consente al Governo di delegare al Consiglio di Stato la stesura dell’articolato ai sensi dell’articolo 14, n. 2°, del TU sul Consiglio di stato (R.D. 26 giugno 1924 n. 1054). A tal fine, si prevede la formazione di una commissione speciale, la cui composizione può essere integrata dal Presidente del Consiglio con magistrati di TAR e ulteriori membri “laici” (in numero massimo di 5) esperti di giustizia amministrativa. La norma precisa la totale gratuità della partecipazione ai lavori della commissione speciale.
Il medesimo comma 4 reca inoltre la delega per l’emanazione dei decreti correttivi (entro 2 anni dall’entrata in vigore della legislazione delegata), richiamando a tal fine procedure, principi e criteri direttivi previsti per l’emanazione dei decreti originari.
Il comma 5 reca la clausola di invarianza degli oneri; infine il comma 6 dell’art. 45, novellando l’art. 1, comma 309, della legge finanziaria 2005 (L. 311 del 2004) prevede che il maggior gettito derivante dalla revisione della disciplina del contributo unificato per spese di giustizia possa essere utilizzato anche per l’incremento dei fondi necessari al Ministero dell’economia – oltre che per il funzionamento di TAR e Consiglio di stato – anche per l’incentivazione di progetti speciali per lo smaltimento dell’arretrato e per il miglior funzionamento del processo amministrativo.
La relazione tecnica non considera la norma introdotta nel corso dell’esame in Commissione presso il Senato.
Al riguardo, in merito a quanto disposto al comma 6, la norma sembrerebbe contrastare con la disposizione contenuta nell’art. 67, commi 2, 4 e 5 del DL n. 112/2008 che prevede la disapplicazione per il 2009, di tutte le disposizioni speciali che prevedono risorse destinate alla contrattazione integrativa e la riduzione di un ulteriore 10% delle risorse già destinate alla contrattazione integrativa nell’importo erogato nel 2004. Tale iniziativa normativa, inoltre, se assecondata, potrebbe dar luogo a richieste emulative da parte di altre Amministrazioni che hanno evidenziato analoghe esigenze concernenti incrementi di finanziamenti destinati al miglioramento e dell’efficienza dei servizi istituzionali. Sul punto appare opportuno l’avviso del Governo.
Nulla da osservare in merito all’eventuale attività della commissione speciale del Consiglio di Stato di cui al comma 4, considerato che la norma prevede che la partecipazione ai suoi lavori sia gratuita e senza rimborso spese[213].
Articolo 46
(Modifiche al libro primo del codice di
procedura civile)
TESTO approvato dalla Camera dei deputati |
TESTO modificato dal Senato della Repubblica |
Art. 27. (Modifiche al libro primo del codice di procedura civile). |
Art. 46. (Modifiche al libro primo del codice di procedura civile). |
1. All'articolo 7 del codice di procedura civile sono apportate le seguenti modificazioni: |
1. Identico: |
a) al primo comma, le parole: «lire cinque milioni» sono sostituite dalle seguenti: «cinquemila euro»; |
a) identica; |
b) al secondo comma, le parole: «lire trenta milioni» sono sostituite dalle seguenti: «ventimila euro». |
b) identica; |
|
c) al terzo comma, è aggiunto, in fine, il seguente numero: |
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«3-bis) per le cause relative agli interessi o accessori da ritardato pagamento di prestazioni previdenziali o assistenziali». |
|
2. Nelle cause di cui all'articolo 7, terzo comma, numero 3-bis), del codice di procedura civile, introdotto dal comma 1 del presente articolo, non si applicano le norme per le controversie in materia di lavoro di cui al libro secondo, titolo IV, del medesimo codice. |
2. L'articolo 38 del codice di procedura civile è sostituito dal seguente: |
3. Identico. |
«Art. 38. - (Incompetenza). - L'incompetenza per materia, quella per valore e quella per territorio sono eccepite, a pena di decadenza, nella comparsa di risposta tempestivamente depositata. L'eccezione di incompetenza per territorio si ha per non proposta se non contiene l'indicazione del giudice che la parte ritiene competente. |
|
Fuori dei casi previsti dall'articolo 28, quando le parti costituite aderiscono all'indicazione del giudice competente per territorio, la competenza del giudice indicato rimane ferma se la causa è riassunta entro tre mesi dalla cancellazione della stessa dal ruolo. |
|
L'incompetenza per materia, quella per valore e quella per territorio nei casi previsti dall'articolo 28 sono rilevate d'ufficio non oltre l'udienza di cui all'articolo 183. |
|
Le questioni di cui ai commi precedenti sono decise, ai soli fini della competenza, in base a quello che risulta dagli atti e, quando sia reso necessario dall'eccezione del convenuto o dal rilievo del giudice, assunte sommarie informazioni». |
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3. All'articolo 39 del codice di procedura civile sono apportate le seguenti modificazioni: |
4. Identico. |
a) il primo comma è sostituito dal seguente: |
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«Se una stessa causa è proposta davanti a giudici diversi, quello successivamente adito, in qualunque stato e grado del processo, anche d'ufficio, dichiara con ordinanza la litispendenza e dispone la cancellazione della causa dal ruolo»; |
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b) al secondo comma, primo periodo, la parola: «sentenza» è sostituita dalla seguente: «ordinanza»; |
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c) al terzo comma sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «ovvero dal deposito del ricorso». |
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4. Agli articoli 40, primo comma, 42, 44, 45, 47 e 49 del codice di procedura civile, la parola: «sentenza», ovunque ricorre, è sostituita dalla seguente: «ordinanza». |
5. Identico. |
5. All'articolo 43 del codice di procedura civile sono apportate le seguenti modificazioni: |
6. Identico. |
a) al primo comma, le parole: «La sentenza» sono sostituite dalle seguenti: «Il provvedimento» e la parola: «impugnata» è sostituita dalla seguente: «impugnato»; |
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b) al terzo comma, le parole: «della sentenza» sono sostituite dalle seguenti: «dell'ordinanza». |
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6. Al primo comma dell'articolo 50 del codice di procedura civile sono apportate le seguenti modificazioni: |
7. Identico. |
a) la parola: «sentenza», ovunque ricorre, è sostituita dalla seguente: «ordinanza»; |
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b) le parole: «sei mesi» sono sostituite dalle seguenti: «tre mesi». |
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7. All'articolo 54 del codice di procedura civile, il terzo comma è sostituito dal seguente: |
8. Identico. |
«Il giudice, con l'ordinanza con cui dichiara inammissibile o rigetta la ricusazione, provvede sulle spese e può condannare la parte che l'ha proposta ad una pena pecuniaria non superiore a euro 250». |
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8. All'articolo 67, primo comma, del codice di procedura civile, le parole: «non superiore a euro 10» sono sostituite dalle seguenti: «da euro 250 a euro 500». |
9. Identico. |
9. All'articolo 83, terzo comma, primo periodo, del codice di procedura civile sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, ovvero della memoria di nomina del nuovo difensore, in aggiunta o in sostituzione del difensore originariamente designato». |
10. Al terzo comma dell'articolo 83 del codice di procedura civile sono apportate le seguenti modificazioni: |
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a) al primo periodo sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, ovvero della memoria di nomina del nuovo difensore, in aggiunta o in sostituzione del difensore originariamente designato»; |
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b) al terzo periodo sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, o su documento informatico separato sottoscritto con firma digitale e congiunto all'atto cui si riferisce mediante strumenti informatici, individuati con apposito decreto del Ministero della giustizia»; |
|
c) dopo il terzo periodo è aggiunto il seguente: «Se la procura alle liti è stata conferita su supporto cartaceo, il difensore che si costituisce attraverso strumenti telematici ne trasmette la copia informatica autenticata con firma digitale, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici e trasmessi in via telematica». |
10. Al primo comma dell'articolo 91 del codice di procedura civile, il secondo periodo è sostituito dal seguente: «Se accoglie la domanda in misura non superiore all'eventuale proposta conciliativa tempestivamente formulata, condanna la parte che ha rifiutato senza giustificato motivo la proposta al pagamento delle spese del processo, salvo quanto disposto dal secondo comma dell'articolo 92». |
11. Al primo comma dell'articolo 91 del codice di procedura civile, il secondo periodo è sostituito dal seguente: «Se accoglie la domanda in misura non superiore all'eventuale proposta conciliativa, condanna la parte che ha rifiutato senza giustificato motivo la proposta al pagamento delle spese del processo maturate dopo la formulazione della proposta, salvo quanto disposto dal secondo comma dell'articolo 92». |
11. All'articolo 92, secondo comma, del codice di procedura civile, le parole: «o concorrono altri giusti motivi, esplicitamente indicati nella motivazione,» sono sostituite dalle seguenti: «o concorrono altre gravi ed eccezionali ragioni, esplicitamente indicate nella motivazione,». |
12. Identico. |
12. All'articolo 96 del codice di procedura civile è aggiunto, in fine, il seguente comma: |
13. Identico: |
«In ogni caso, quando pronuncia sulle spese ai sensi dell'articolo 91, il giudice, anche d'ufficio, può altresì condannare la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativamente determinata, non inferiore a euro 1.000 e non superiore a euro 20.000». |
«In ogni caso, quando pronuncia sulle spese ai sensi dell'articolo 91, il giudice, anche d'ufficio, può altresì condannare la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativamente determinata». |
13. All'articolo 101 del codice di procedura civile è aggiunto, in fine, il seguente comma: |
14. Identico. |
«Se ritiene di porre a fondamento della decisione una questione rilevata d'ufficio, il giudice riserva la decisione, assegnando alle parti, a pena di nullità, un termine, non inferiore a venti e non superiore a quaranta giorni dalla comunicazione, per il deposito in cancelleria di memorie contenenti osservazioni sulla medesima questione». |
|
14. Al primo comma dell'articolo 115 del codice di procedura civile sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, nonché i fatti ammessi o non contestati». |
15. L'articolo 115 del codice di procedura civile è sostituito dal seguente: «Art. 115. - (Disponibilità
delle prove). - Salvi i casi previsti dalla legge, il giudice deve porre
a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti o dal pubblico
ministero, nonché i fatti non specificatamente contestati dalla parte
costituita. |
15. All'articolo 118, terzo comma, del codice di procedura civile, le parole: «non superiore a euro 5» sono sostituite dalle seguenti: «da euro 250 a euro 1.500». |
16. Identico. |
16. All'articolo 120 del codice di procedura civile, il primo comma è sostituito dal seguente: |
17. Identico: |
«Nei casi in cui la pubblicità della decisione di merito può contribuire a riparare il danno, compreso quello derivante per effetto di quanto previsto all'articolo 96, il giudice, su istanza di parte, può ordinarla a cura e spese del soccombente, mediante inserzione per estratto, ovvero mediante comunicazione, nelle forme specificamente indicate, in una o più testate giornalistiche, radiofoniche o televisive o in siti internet da lui designati». |
«Nei casi in cui la pubblicità della decisione di merito può contribuire a riparare il danno, compreso quello derivante per effetto di quanto previsto all'articolo 96, il giudice, su istanza di parte, può ordinarla a cura e spese del soccombente, mediante inserzione per estratto, ovvero mediante comunicazione, nelle forme specificamente indicate, in una o più testate giornalistiche, radiofoniche o televisive e in siti internet da lui designati». |
17. Al secondo comma dell'articolo 132 del codice di procedura civile, il numero 4) è sostituito dal seguente: |
18. Identico. |
«4) la concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione». |
|
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19. All'articolo 137 del codice di procedura civile, dopo il secondo comma, è inserito il seguente: |
|
«Se l'atto da notificare o comunicare è costituito da un documento informatico e il destinatario non possiede indirizzo di posta elettronica certificata, l'ufficiale giudiziario esegue la notificazione mediante consegna di una copia dell'atto su supporto cartaceo, da lui dichiarata conforme all'originale, e conserva il documento informatico per i due anni successivi. Se richiesto, l'ufficiale giudiziario invia l'atto notificato anche attraverso strumenti telematici all'indirizzo di posta elettronica dichiarato dal destinatario della notifica o dal suo procuratore, ovvero consegna ai medesimi, previa esazione dei relativi diritti, copia dell'atto notificato, su supporto informatico non riscrivibile». |
18. All'articolo 153 del codice di procedura civile è aggiunto, in fine, il seguente comma: |
20. Identico. |
«La parte che dimostra di essere incorsa in decadenze per causa ad essa non imputabile può chiedere al giudice di essere rimessa in termini. Il giudice provvede a norma dell'articolo 294, secondo e terzo comma». |
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Gli articoli 46 e seguenti, compresi nel capo IV (Giustizia) del progetto di legge, apportano ampie modifiche al codice di procedura civile.
I punti fondamentali della novella introdotta al codice paiono essere i seguenti:
§ l'introduzione dello strumento della mediazione civile, finalizzato a una conciliazione stragiudiziale delle parti;
§ l'inserimento del processo sommario di cognizione, più snello e alternativo al rito ordinario;
§ la semplificazione dei riti attraverso la riconduzione di tutti i procedimenti ai tre modelli processuali previsti dal codice di procedura civile (rito ordinario di cognizione, rito del lavoro, rito sommario di cognizione);
§ la soppressione del rito societario e l'applicazione del rito ordinario per le cause in materia di sinistri stradali;
§ l'introduzione di un filtro per l'ammissibilità dei ricorsi in Cassazione al fine di deflazionare il carico di lavoro del giudice di legittimità;
§ la previsione di uno strumento di coercizione nei confronti del debitore per ogni giorno di inadempienza di alcune tipologie di obbligazioni;
§ l'inserimento di sanzioni processuali a carico di chi ritarda, con il proprio comportamento, la conclusione del processo;
§ la previsione di ulteriori misure per l'efficienza del processo civile, quali l'aumento delle competenze del giudice di pace, la semplificazione della fase di decisione delle controversie, la riduzione dei tempi per il compimento dei singoli atti processuali e la prova testimoniale scritta, previo accordo tra le parti.
L’articolo 46 – modificato dal Senato – è composto da 20 commi che apportano modifiche al Libro primo del codice di procedura civile, recante le disposizioni generali.
Il comma 1, novellando l’articolo 7 c.p.c., amplia la competenza per valore e per materia del giudice di pace.
Si ricorda che, nel corso della seduta della Camera dei deputati del 26 giugno 2008 (esame del disegno di legge di conversione del decreto-legge 30 maggio 2008, n. 95), il Governo ha accettato l'ordine del giorno Vitali n. 9/1212/1 che lo impegnava a formulare una proposta organica di riforma della magistratura onoraria tale da consentire al Parlamento di approvarla entro la data del 31 dicembre 2009, in modo da evitare ulteriori proroghe dell'esistente.
Analogo ordine del giorno Mugnai G/1082/2/1 e 2) è stato accettato dal Governo al Senato nel corso della seduta delle Commissioni riunite I e II del 24 febbraio 2009 per l’esame in sede referente del d.d.l. “collegato” ora qui in esame.
In relazione ai nuovi limiti di valore, con le modifiche introdotte:
- per le cause relative a beni mobili, la competenza (ora fino a € 2.582,28) è innalzata a € 5.000 euro (primo comma);
- per le cause di risarcimento del danno prodotto dalla circolazione di veicoli e natanti, la competenza (attualmente fino ad un valore della controversia non superiore a € 15.493,71) è aumentata fino a € 20.000.
Con una modifica introdotta dal Senato, è stata inoltre estesa la competenza per materia del giudice di pace. Attualmente il giudice onorario conosce le cause relative ad apposizione di termini ed osservanza delle distanze riguardo al piantamento di alberi e siepi; le cause condominiali e quelle relative a rapporti tra proprietari o detentori di immobili civili in materia di immissioni di fumo o di calore, esalazioni, rumori, scuotimenti e simili propagazioni che superino la normale tollerabilità.
Con l’introduzione al terzo comma dell’art. 7 di un nuovo numero (3-bis), è aggiunta la competenza per le cause in materia di interessi o accessori da ritardato pagamento di prestazioni previdenziali o assistenziali, attualmente appartenenti alla competenza del tribunale in funzione di giudice del lavoro.
Il comma 2 dell’articolo 46 in esame stabilisce, per coordinamento, l’inapplicabilità a tali cause della disciplina del processo del lavoro.
Il comma 3, non modificato presso l’altro ramo del Parlamento, modifica l'art. 38 c.p.c., in materia di incompetenza, con l'intento di attenuare il peso delle questioni di competenza. Tali questioni dovrebbero pertanto essere eccepite immediatamente nella fase iniziale della causa.
L'art. 38 c.p.c. prevede attualmente che:
- l'incompetenza per territorio, fuori dei casi previsti dall'art. 28 c.p.c. (ossia fuori dai casi di competenza territoriale inderogabile), deve essere eccepita a pena di decadenza nella comparsa di risposta,
- l'incompetenza per materia, per valore e per territorio nei casi previsti dall'art. 28 c.p.c. può essere rilevata, anche d'ufficio, non oltre la prima udienza di trattazione.
Ai sensi dell'art. 28 c.p.c., "la competenza per territorio può essere derogata per accordo delle parti, salvo che per le cause previste nei nn. 1, 2, 3, e 5 dell'art. 70 c.p.c., per i casi di esecuzione forzata, di opposizione alla stessa, di procedimenti cautelari e possessori, di procedimenti in camera di consiglio e per ogni altro caso in cui l'inderogabilità sia disposta espressamente dalla legge".
Il comma 3, equiparando i vari casi di incompetenza, prevede che l'incompetenza (che sia per materia, per valore o territoriale) deve essere sempre eccepita, a pena di decadenza, nella comparsa di costituzione e risposta tempestivamente depositata.
I commi 4-7 (non modificati dal Senato) stabiliscono che tutte le decisioni in materia di litispendenza, connessione, continenza, ecc. siano adottate con ordinanza, anziché con sentenza, e dunque motivate in forma più sintetica.
Infatti, il comma 4 dell’art. 46 interviene sull'art. 39 c.p.c., prevedendo che sia la litispendenza che la continenza, attualmente dichiarate con sentenza, siano invece dichiarate con ordinanza; viene, inoltre, esplicitato che la prevenzione è determinata, oltre che dalla notificazione della citazione, dal deposito del ricorso.
Nello stesso senso va il comma 5, che interviene sull'art. 40, primo comma, c.p.c. ai sensi del quale, nel testo vigente, se sono proposte davanti a giudici diversi più cause le quali, per ragione di connessione, possono essere decise in un solo processo, il giudice fissa con sentenza alle parti un termine perentorio per la riassunzione della causa accessoria davanti al giudice della causa principale, e negli altri casi davanti a quello preventivamente adito. Anche in questo caso, dunque, si propone che il giudice pronunci un'ordinanza in luogo della sentenza.
Sempre dal comma 5, analoghe modifiche vengono apportate, per coordinamento, agli artt. 42 ("regolamento necessario di competenza"), 44 ("efficacia della sentenza che pronuncia sulla competenza"), 45 ("conflitto di competenza"), 47 ("procedimento del regolamento di competenza") e 49 ("sentenza di regolamento di competenza"); nello stessa, identica direzione, la modifica dell’art. 43, introdotta dal comma 6 dell’art. 46del d.d.l., in relazione alla disciplina del regolamento facoltativo di competenza.
Il successivo comma 7, non modificato dal Senato, apporta le modifiche conseguenti all'art. 50 c.p.c. dimezzando, inoltre, da sei a tre mesi il termine per la riassunzione della causa davanti al giudice dichiarato competente.
Il comma 8, anch’esso non modificato, interviene sull’art. 54 c.p.c. in materia di ricusazione del giudice:
- rendendo facoltativa ("il giudice ... può condannare") l'irrogazione della sanzione pecuniaria nei confronti di chi abbia presentato un'istanza di ricusazione inammissibile o infondata;
- innalzando il massimo della suddetta sanzione pecuniaria da 5 euro a 250 euro.
Il comma 9, anch’esso non modificato, aumenta l'importo della pena pecuniaria applicabile, ex art. 67 c.p.c., al custode che non abbia eseguito l'incarico assunto. Mentre attualmente tale pena, irrogata dal giudice, non può essere superiore a 10 euro, il comma 9 prevede che essa non sia inferiore a 250 e non superiore a 500 euro.
Il comma 10, ampiamente modificato dal Senato, interviene sull’art. 83 c.p.c., in materia di procura alle liti novellandone la formulazione del terzo comma con tre distinte integrazioni:
§ la prima riguarda il primo periodo, e prevede che la procura speciale possa essere anche apposta anche in calce o a margine della memoria di nomina del nuovo difensore, in aggiunta o in sostituzione del difensore originariamente designato.
§ la seconda integrazione riguarda il terzo periodo del terzo comma e prevede come apposta in calce anche la procura speciale rilasciata su documento informatico separato, sottoscritto con firma digitale e congiunto all’atto cui si riferisce mediante strumenti informatici individuati con apposito DM giustizia;
§ la terza integrazione al terzo comma dell’art. 83 prevede che quando la procura speciale sia stata conferita su “carta”, il difensore che si costituisce per via telematica ne trasmette copia informatica autenticata con firma digitale, nel rispetto della disciplina prevista dal Codice dell’amministrazione digitale (D.Lgs n. 82/2005).
Il comma 11 modifica l'art. 91 c.p.c., in materia di condanna alle spese emessa con la sentenza di condanna, introducendo un meccanismo sanzionatorio a carico della parte che abbia rifiutato, senza giustificato motivo, una proposta conciliativa avanzata dalla controparte.
Il comma in esame - introducendo una deroga al principio della soccombenza - novella il primo comma dell’art. 91, prevedendo che il giudice, se accoglie la domanda in misura non superiore all'eventuale proposta di conciliazione tempestivamente formulata, condanna la parte che ha rifiutato senza giustificato motivo la proposta conciliativa al pagamento delle spese del processo che risultino maturate dopo la formulazione della proposta stessa, salvo quanto disposto dal secondo comma dell'art. 92 c.p.c., come novellato dal successivo comma 12 dell’art. 46 in esame (salvo, cioè, il caso di compensazione, anche parziale, delle spese tra le parti in caso di soccombenza reciproca o altre gravi ed eccezionali ragioni, esplicitamente indicate nella motivazione).
Detto comma 12, non modificato presso l’altro ramo del Parlamento, novella, infatti, in tal senso il secondo comma dell'art. 92 c.p.c., che limita attualmente la possibilità per il giudice di compensare le spese di giudizio - oltre che in caso di soccombenza reciproca - quando concorrono altri giusti motivi esplicitamente indicati nella motivazione.
Il comma 13 aggiunge un nuovo commaall'art. 96 c.p.c. in materia di responsabilità aggravata della parte per la cd. lite temeraria.
L'art. 96 c.p.c. dispone attualmente che se risulta che la parte soccombente ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, il giudice, su istanza dell'altra parte, la condanna, oltre che alle spese, al risarcimento dei danni, che liquida, anche d'ufficio, nella sentenza. Analogamente, viene condannato al risarcimento dei danni, qualora vi sia una domanda in tal senso, l'attore o il creditore procedente che abbia agito senza la normale prudenza, qualora il giudice accerti l'inesistenza del diritto per cui è stato eseguito un provvedimento cautelare, o trascritta domanda giudiziale o iscritta ipoteca giudiziale.
Il comma 13prevede una valorizzazione dell’istituto in questione (attualmente quasi inapplicato anche in relazione al difficile assolvimento dell’onere probatorio) prevedendo che - in sede di pronuncia sulle spese - il giudice, anche d'ufficio, può condannare il soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma da determinare in via equitativa. Il testo approvato dalla Camera prevedeva un limite minimo e un limite massimo (rispettivamente 1.000 e 20.000 euro) della somma da pagare, limiti espunti dal Senato.
La disposizione in questione rimanda al contenuto dell'art. 385, quarto comma, c.p.c. (del quale l'art. 47, comma 20 del d.d.l. in esame prevede l'abrogazione), che attualmente prevede la condanna al risarcimento per lite temeraria in sede di giudizio di cassazione; la citata norma, infatti, stabilisce che quando pronuncia sulle spese, la Corte di cassazione, anche d'ufficio, condanna, altresì, la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma, equitativamente determinata, non superiore al doppio dei massimi tariffari, se ritiene che essa ha proposto il ricorso o vi ha resistito anche solo con colpa grave.
Il comma 14 dell’art. 46, non modificato, interviene sull'art. 101 c.p.c., che sancisce il principio del contraddittorio stabilendo l’impossibilità per il giudice di statuire sopra alcuna domanda, se la parte contro la quale è stata proposta non è stata regolarmente citata e non è comparsa.
Il comma 14 propone di aggiungere un altro comma, secondo il quale il giudice, se ritiene di porre a fondamento della decisione una questione rilevata d'ufficio, riserva la decisione, assegnando alle parti, a pena di nullità, un termine non inferiore a 20 e non superiore a 40 giorni dalla comunicazione, per il deposito in cancelleria di memorie contenenti osservazioni sulla medesima questione. Il comma in esame specifica che la mancata assegnazione del termine alle parti comporta nullità.
La disposizione introduce, così, a livello di giurisdizione di merito un istituto già presente nel giudizio di cassazione (art. 384, terzo comma, c.p.c.)[214].
Si ricorda che l'art. 183, quarto comma, c.p.c. già prevede che il giudice indichi le questioni rilevabili d'ufficio delle quali ritiene opportuna la trattazione. Tale disposizione ha dato adito ad un contrasto giurisprudenziale per il caso in cui la sentenza si fondi su una questione rilevata d'ufficio dal giudice al momento di assumere la decisione e dallo stesso non previamente sottoposta al contraddittorio tra le parti. Da ultimo, la giurisprudenza di legittimità (Corte di cassazione, sez. II, sentenza n. 15194 del 9 giugno 2008) ha affermato che “il giudice non può decidere la lite in base ad una questione rilevata d'ufficio senza averla previamente sottoposta alle parti, al fine di provocare sulla stessa il contraddittorio e consentire lo svolgimento delle rispettive difese in relazione al mutato quadro della materia del contendere, dovendo invece procedere alla segnalazione della questione medesima e riaprire su di essa il dibattito, dando spazio alle conseguenziali attività delle parti. Infatti, ove lo stesso giudice decida in base a questione rilevata d'ufficio e non segnalata alle parti, si avrebbe violazione del diritto di difesa per mancato esercizio del contraddittorio, con conseguente nullità della emessa pronuncia”.
Il comma 15, ampiamente modificato dal Senato, sostituisce integralmente l'art. 115 c.p.c. che, nel suo testo attuale prevede che, salvi i casi previsti dalla legge, il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti o dal pubblico ministero.
Il comma in esame prevede di autorizzare il giudice a porre a fondamento delle proprie decisioni oltre che, come attualmente, le prove proposte dalle parti o dal PM anche i fatti non specificatamente contestati dalla parte costituita, così esonerando la parte che ha allegato quei fatti dal relativo onere della prova.
Nel vigente ordinamento processuale i fatti allegati da una delle parti vanno considerati "pacifici" - e quindi possono essere posti a fondamento della decisione - quando siano stati esplicitamente ammessi dalla controparte oppure quando questa pur non avendoli espressamente contestati abbia tuttavia assunto una posizione difensiva assolutamente incompatibile con la loro negazione, così implicitamente ammettendone l'esistenza (Cassazione, Sez. III, sent. n. 5488 del 14 marzo 2006).
Si ricorda inoltre che, nel processo societario (art. 10, comma 2-bis, del decreto legislativo n. 5 del 2003[215]), la notificazione dell'istanza di fissazione dell'udienza rende pacifici i fatti allegati dalle parti ed in precedenza non specificamente contestati.
Il comma 16, non modificato, aumenta l'importo della pena pecuniaria applicabile, ex art. 118, terzo comma, c.p.c., al terzo che abbia rifiutato di eseguire l'ordine del giudice di consentire sulla sua persona o sulle cose in suo possesso le ispezioni che appaiono indispensabili per conoscere i fatti della causa. Mentre attualmente tale pena non può essere superiore a 5 euro, il comma 16 prevede, rispettivamente, un minimo di 250 euro ed un massimo di 500 euro.
Il comma 17, non modificato, interviene sul regime di pubblicità della sentenza di cui all'art. 120 c.p.c..
Attualmente è previsto che, nei casi in cui la pubblicità della decisione di merito può contribuire a riparare il danno, il giudice, su istanza di parte, può ordinarla a cura e spese del soccombente, mediante inserzione per estratto in uno o più giornali da lui designati
Il comma 17, oltre a introdurre un richiamo all'art. 96 c.p.c. (ovvero al risarcimento danni per lite temeraria, v. ante) amplia le modalità di pubblicazione della sentenza che potrà essere effettuata anche su testate radiofoniche o televisive o su internet.
Il successivo comma 18, anch’esso non modificato, intervenendo sull'art. 132 c.p.c., elimina l'obbligo di includere nella sentenza la concisa esposizione dello svolgimento del processo, limitando tale obbligo alle ragioni di fatto e di diritto della decisione.
A tal proposito, si ricorda che l'art. 111, sesto comma, Cost. impone esclusivamente che la sentenza contenga l'esposizione dei motivi in fatto e in diritto della decisione.
Il comma 19, introdotto dal Senato, aggiunge un comma all’art. 137 c.p.c. in materia di notificazioni, prevedendo che - in assenza di casella di posta elettronica certificata cui far pervenire l’atto-documento informatico da notificare o comunicare - l’ufficiale giudiziario notifica all’interessato l’atto in formato cartaceo, conservandone per due anni l’originale informatico. L’atto, dietro richiesta, può essere inviato dall’ufficiale giudiziario ad un indirizzo di posta elettronica dichiarato dal destinatario della notifica o dal suo procuratore ovvero consegnato ai medesimi, previo pagamento dei diritti, su supporto informatico non riscrivibile.
Il comma 20, non modificato dal Senato, riguarda l’istituto della rimessione in termini, in virtù del quale la parte che dimostra di essere incorsa in decadenze per causa ad essa non imputabile può chiedere al giudice di essere rimessa in termini.
La norma in esame trasferisce la disciplina dell'istituto dal Libro II ("Del processo di cognizione"), nella quale è ora prevista dall'art. 184-bis c.p.c., al Libro I ("Disposizioni generali"), art. 153, del codice processuale civile.
Conseguentemente, l'art. 184-bis viene abrogato ad opera dell'art. 47, comma 3, del disegno di legge.
Tale opzione determinerebbe una generalizzazione dell'istituto in questione, che ha finora dispiegato i propri effetti esclusivamente con riferimento alla fase di trattazione del giudizio di primo grado (v. Cass., sez. lavoro, 6 agosto 2004, n. 15274)[216]. L'inserimento tra le disposizioni generali dovrebbe, infatti, comportare l'applicazione della rimessione in termini anche alle fasi di impugnazione.
La relazione tecnica non considera la norma di cui al comma 1, lett. c, che aumenta la competenza per materia del giudice di pace, introdotta nel corso dell’esame presso il Senato.
La relazione tecnica riferita ad altra norma che amplia le competenze del giudice di pace[217] afferma che da tale ampliamento non discenderebbero maggiori oneri, in quanto, da un lato esiste il vincolo del numero non superiore a 110 udienze l’anno, vincolo che ha costituito fin dall’origine il parametro di riferimento per la quantificazione dei relativi oneri e, dall’altro, sussiste un limite retributivo complessivo di 72.000 euro annui, previsto nella legge finanziaria 2005, che non consente la corresponsione di ulteriori indennità anche in caso di eventuale aumento del numero delle sentenze. Tale relazione afferma, altresì, che gli adempimenti relativi alla nuova competenza del giudice di pace potranno essere espletati dagli uffici giudiziari interessati attraverso idonei processi di riorganizzazione interna e di razionalizzazione dell’uso delle risorse umane e strumentali già esistenti.
Nulla da osservare al riguardo.
Il 10 marzo 2009 il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione sulla cooperazione fra le autorità giudiziarie degli Stati membri nel settore dell'assunzione delle prove in materia civile o commerciale. Il Parlamento europeo:
- ritiene necessario, al fine di incoraggiare i contatti diretti fra autorità giudiziarie, che gli Stati membri compiano maggiori sforzi per portare all'attenzione dei magistrati e degli altri operatori della giustizia il regolamento (CE) n. 1206/2001 relativo alla cooperazione fra le autorità giudiziarie degli Stati membri nel settore dell'assunzione delle prove in materia civile o commerciale;
- chiede che si faccia ampio ricorso all'informatica e alle videoconferenze, anche attraverso un sistema sicuro per l'invio e la ricezione della posta elettronica che funga da normale strumento per la trasmissione delle richieste di assunzione di prove, e ritiene che tale questione vada affrontata nell'ambito della strategia europea in materia di "giustizia elettronica" (e-Justice);
- invita la Commissione a presentare al più presto misure volte a ovviare al problema della eccessiva lunghezza dei tempi per l’esecuzione delle richieste di assunzione delle prove (fino a sei mesi contro i 90 giorni previsti dal regolamento), prendendo altresì in considerazione la possibilità di istituire un organo preposto ai ricorsi o un interlocutore nell'ambito della rete giudiziaria.
Articolo 47
(Modifiche al libro secondo del codice di
procedura civile)
TESTO approvato dalla Camera dei deputati |
TESTO modificato dal Senato della Repubblica |
Art. 28. (Modifiche al libro secondo del codice di procedura civile). |
Art. 47. (Modifiche al libro secondo del codice di procedura civile). |
|
1. All'articolo 163, terzo comma, numero 7), del codice di procedura civile, le parole: «di cui all'articolo 167» sono sostituite dalle seguenti: «di cui agli articoli 38 e 167». |
1. Il secondo comma dell'articolo 182 del codice di procedura civile è sostituito dal seguente: |
2. Identico. |
«Quando rileva un difetto di rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione ovvero un vizio che determina la nullità della procura al difensore, il giudice as |
|
segna alle parti un termine perentorio per la costituzione della persona alla quale spetta la rappresentanza o l'assistenza, per il rilascio delle necessarie autorizzazioni, ovvero per il rilascio della procura alle liti o per la rinnovazione della stessa. L'osservanza del termine sana i vizi, e gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono fin dal momento della prima notificazione». |
|
2. Al sesto comma, alinea, dell'articolo 183 del codice di procedura civile, le parole: «il giudice concede» sono sostituite dalle seguenti: «il giudice, ove sussistano gravi motivi, può concedere». |
Soppresso. |
3. L'articolo 184-bis del codice di procedura civile è abrogato. |
3. Identico. |
4. Il primo comma dell'articolo 191 del codice di procedura civile è sostituito dal seguente: |
4. Identico. |
«Nei casi previsti dagli articoli 61 e seguenti il giudice istruttore, con ordinanza ai sensi dell'articolo 183, settimo comma, o con altra successiva ordinanza, nomina un consulente, formula i quesiti e fissa l'udienza nella quale il consulente deve comparire». |
|
5. Il terzo comma dell'articolo 195 del codice di procedura civile è sostituito dal seguente: |
5. Identico: |
«Il giudice fissa il termine entro il quale il consulente deve depositare in cancelleria la relazione e il termine, comunque anteriore alla successiva udienza, entro il quale le parti possono depositare memorie contenenti osservazioni alla relazione del consulente». |
«La relazione deve essere trasmessa dal consulente alle parti costituite nel termine stabilito dal giudice con ordinanza resa all'udienza di cui all'articolo 193. Con la medesima ordinanza il giudice fissa il termine entro il quale le parti devono trasmettere al consulente le proprie osservazioni sulla relazione e il termine, anteriore alla successiva udienza, entro il quale il consulente deve depositare in cancelleria la relazione, le osservazioni delle parti e una sintetica valutazione sulle stesse». |
|
6. All'articolo 249 del codice di procedura civile, le parole: «degli articoli 351 e 352 del codice di procedura penale» sono sostituite dalle seguenti: «degli articoli 200, 201 e 202 del codice di procedura penale». |
|
7. All'articolo 255, primo comma, del codice di procedura civile è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «In caso di ulteriore mancata comparizione senza giustificato motivo, il giudice dispone l'accompagnamento del testimone all'udienza stessa o ad altra successiva e lo condanna a una pena pecuniaria non inferiore a 200 euro e non superiore a 1.000 euro». |
6. Al libro secondo, titolo I, capo II, sezione III, paragrafo 8, del codice di procedura civile, dopo l'articolo 257 è aggiunto il seguente: |
8. Identico: |
«Art. 257-bis. - (Testimonianza scritta). - Il giudice, sentite le parti e tenuto conto di ogni circostanza, può disporre, avuto particolare riguardo all'oggetto della causa, di assumere la deposizione chiedendo al testimone, anche nelle ipotesi di cui all'articolo 203, di fornire, per iscritto e nel termine fissato, le risposte ai quesiti sui quali deve essere interrogato. |
«Art. 257-bis. - (Testimonianza scritta). - Il giudice, su accordo delle parti, tenuto conto della natura della causa e di ogni altra circostanza, può disporre di assumere la deposizione chiedendo al testimone, anche nelle ipotesi di cui all'articolo 203, di fornire, per iscritto e nel termine fissato, le risposte ai quesiti sui quali deve essere interrogato. |
Il giudice, con il provvedimento di cui al primo comma, dispone che la parte che ha richiesto l'assunzione predisponga il modello di testimonianza in conformità agli articoli ammessi e lo faccia notificare al testimone. |
Identico. |
Il testimone rende la deposizione compilando il modello di testimonianza in ogni sua parte, con risposta separata a ciascuno dei quesiti, e precisa quali sono quelli cui non è in grado di rispondere, indicandone la ragione. |
Identico. |
Il testimone sottoscrive la deposizione apponendo la propria firma autenticata su ciascuna delle facciate del foglio di testimonianza, che spedisce in busta chiusa con plico raccomandato o consegna alla cancelleria del giudice. |
Identico. |
Quando il testimone si avvale della facoltà d'astensione di cui all'articolo 249, ha l'obbligo di compilare il modello di testimonianza, indicando le complete generalità e i motivi di astensione. |
Identico. |
Quando il testimone non spedisce o non consegna le risposte scritte nel termine stabilito, il giudice può condannarlo alla pena pecuniaria di cui all'articolo 255, primo comma. |
Identico. |
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Qualora la testimonianza abbia ad oggetto documenti di spesa già depositati dalle parti, essa può essere resa mediante dichiarazione sottoscritta dal testimone e ricevuta dal difensore della parte nel cui interesse la prova è stata ammessa, senza il ricorso al modello di cui al secondo comma. |
Il giudice, esaminate le risposte, può sempre disporre che il testimone sia chiamato a deporre davanti a lui o davanti al giudice delegato». |
Il giudice, esaminate le risposte o le dichiarazioni, può sempre disporre che il testimone sia chiamato a deporre davanti a lui o davanti al giudice delegato». |
7. All'articolo 279 del codice di procedura civile sono apportate le seguenti modificazioni: |
9. Identico. |
a) il primo comma è sostituito dal seguente: |
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«Il collegio pronuncia ordinanza quando provvede soltanto su questioni relative all'istruzione della causa, senza definire il giudizio, nonché quando decide soltanto questioni di competenza. In tal caso, se non definisce il giudizio, impartisce con la stessa ordinanza i provvedimenti per l'ulteriore istruzione della causa»; |
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b) al secondo comma, numero 1), le parole: «o di competenza» sono soppresse. |
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8. All'articolo 285 del codice di procedura civile, le parole: «primo e terzo comma» sono soppresse e, all'articolo 330, primo comma, del codice di procedura civile, dopo le parole: «si notifica» sono inserite le seguenti: «, ai sensi dell'articolo 170,». |
10. Identico. |
9. L'articolo 296 del codice di procedura civile è sostituito dal seguente: |
11. Identico. |
«Art. 296. - (Sospensione su istanza delle parti). - Il giudice istruttore, su istanza di tutte le parti, ove sussistano giustificati motivi, può disporre, per una sola volta, che il processo rimanga sospeso per un periodo non superiore a tre mesi, fissando l'udienza per la prosecuzione del processo medesimo». |
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10. All'articolo 297, primo comma, del codice di procedura civile, le parole: «sei mesi» sono sostituite dalle seguenti: «tre mesi». |
12. Identico. |
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13. All'articolo 300 del codice di procedura civile, il quarto comma è sostituito dal seguente: |
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«Se l'evento riguarda la parte dichiarata contumace, il processo è interrotto dal momento in cui il fatto interruttivo è documentato dall'altra parte, o è notificato ovvero è certificato dall'ufficiale giudiziario nella relazione di notificazione di uno dei provvedimenti di cui all'articolo 292». |
11. All'articolo 305 del codice di procedura civile, le parole: «sei mesi» sono sostituite dalle seguenti: «tre mesi». |
14. Identico. |
12. All'articolo 307 del codice di procedura civile sono apportate le seguenti modificazioni: |
15. Identico. |
a) al primo comma, le parole: «del secondo comma» sono soppresse e le parole: «un anno» sono sostituite dalle seguenti: «tre mesi»; |
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b) al terzo comma, secondo periodo, la parola: «sei» è sostituita dalla seguente: «tre»; |
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c) il quarto comma è sostituito dal seguente: |
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«L'estinzione opera di diritto ed è dichiarata, anche d'ufficio, con ordinanza del giudice istruttore ovvero con sentenza del collegio». |
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16. All'articolo 310, secondo comma, del codice di procedura civile, le parole: «e quelle che regolano la competenza» sono sostituite dalle seguenti: «e le pronunce che regolano la competenza». |
13. All'articolo 327, primo comma, del codice di procedura civile, le parole: «decorso un anno» sono sostituite dalle seguenti: «decorsi sei mesi». |
17. Identico. |
14. All'articolo 345, terzo comma, primo periodo, del codice di procedura civile, dopo le parole: «nuovi mezzi di prova» sono inserite le seguenti: «e non possono essere prodotti nuovi documenti». |
18. All'articolo 345, terzo comma, primo periodo, del codice di procedura civile, dopo le parole: «nuovi mezzi di prova» sono inserite le seguenti: «e non possono essere prodotti nuovi documenti» e dopo la parola: «proporli» sono inserite le seguenti: «o produrli». |
15. All'articolo 353 del codice di procedura civile sono apportate le seguenti modificazioni: |
19. Identico. |
a) la rubrica è sostituita dalla seguente: «Rimessione al primo giudice per ragioni di giurisdizione»; |
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b) al secondo comma, le parole: «sei mesi» sono sostituite dalle seguenti: «tre mesi». |
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16. All'articolo 385 del codice di procedura civile, il quarto comma è abrogato. |
20. Identico. |
17. Al primo comma dell'articolo 392 del codice di procedura civile, le parole: «un anno» sono sostituite dalle seguenti: «tre mesi». |
21. Identico. |
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22. All'articolo 444, primo comma, del codice di procedura civile è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Se l'attore è residente all'estero la competenza è del tribunale, in funzione di giudice del lavoro, nella cui circoscrizione l'attore aveva l'ultima residenza prima del trasferimento all'estero ovvero, quando la prestazione è chiesta dagli eredi, nella cui circoscrizione il defunto aveva la sua ultima residenza». |
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23. Il primo comma dell'articolo 291 del codice di procedura civile si applica anche nei giudizi davanti ai giudici amministrativi e contabili. |
L'articolo 47, modificato dal Senato, è composto da 23 commi che apportano modifiche al Libro secondo del codice di procedura civile, recante la disciplina del processo di cognizione.
Il comma 1, introdotto dal Senato, novella il terzo comma dell’art. 163 c.p.c. relativo al contenuto dell’atto di citazione coordinando la formulazione del n. 7 con il nuovo testo dell’art. 38 c.p.c. in materia di incompetenza.
Tra i contenuti necessari della citazione, il citato n 7 del terzo comma prevede l'indicazione del giorno dell'udienza di comparizione; l'invito al convenuto a costituirsi nel termine di venti giorni prima dell'udienza indicata ai sensi e nelle forme stabilite dall'art. 166, ovvero di dieci giorni prima in caso di abbreviazione dei termini, e a comparire, nell'udienza indicata, dinanzi al giudice designato ai sensi dell'art. 168-bis, con l'avvertimento che la costituzione oltre i suddetti termini implica le decadenze di cui all'art. 167 (eventuali domande riconvenzionali ed eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio).
In base al testo novellato, la citazione contiene l’avvertimento che la costituzione fuori dei termini indicati comporta, oltre alle decadenze di cui all’art. 167, anche la decadenza ad eccepire l’incompetenza del giudice (per materia, valore o territorio) di cui all’art. 38 c.p.c. (cfr. art. 46, comma 3, del d.d.l.).
Il comma 2 dell’art. 47, non modificato dal Senato, apporta due modifiche all'art. 182 c.p.c., in materia di difetto di rappresentanza o autorizzazione.
In primo luogo, estendendo l'ambito di applicazione della disposizione in questione, viene prevista la possibilità di sanare anche i vizi che determinano la nullità della procura al difensore, mediante il rilascio o la rinnovazione della stessa entro un termine assegnato dal giudice ed espressamente definito perentorio.
In secondo luogo, innovando rispetto al regime attuale nel quale i difetti di rappresentanza, assistenza e assistenza sono sanabili con efficacia ex nunc, si prevede che l'osservanza del termine stabilito dal giudice abbia efficacia ex tunc: pertanto gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono sin dal momento della prima notificazione.
Si segnala il Senato ha soppresso una novella all’art. 183, sesto comma, introdotta dalla Camera, che, anziché l’attuale obbligo, prevedeva la discrezionalità (e solo in presenza di gravi motivi) del giudice – in sede di prima comparizione delle parti e trattazione – nella concessione, a richiesta, di termini perentori per il deposito di memorie, per proporre nuove eccezioni o per le sole indicazioni di prova contraria.
Come già anticipato, il comma 3 abroga l'art. 184-bis c.p.c., relativo all'istituto della rimessione in termini, che viene disciplinato dall’art. 153 c.p.c., nel testo novellato dall'art. 46, comma 20, del disegno di legge in esame.
Il comma 4 modifica l'art. 191 c.p.c. in materia di nomina del consulente tecnico, anticipando la formulazione dei quesiti alla pronuncia dell'ordinanza di ammissione dei quesiti stessi.
Il comma 5, ampiamente modificato, riformula il terzo comma dell'art. 195 c.p.c. che attualmente prevede che la relazione del consulente tecnico vada depositata in cancelleria nel termine fissato dal giudice.
Il nuovo terzo comma stabilisce che un’ordinanza del giudice resa all’udienza di comparizione di cui all’art. 193, debba indicare:
- il termine entro il quale il consulente tecnico debba trasmettere alle parti la propria relazione;
§ il termine entro cui le parti devono far pervenire al consulente le proprie osservazioni sulla relazione stessa,
§ il termine, comunque anteriore alla successiva udienza, entro il quale il consulente deve depositare in cancelleria la relazione, le osservazioni delle parti ed una propria sintetica valutazione delle stesse.
I commi 6, 7 e 8 dell’art. 47 modificano la disciplina della prova testimoniale nel processo di cognizione.
Il comma 6 adegua il testo dell’art. 249 c.p.c. in materia di facoltà di astensione dei testimoni davanti all’autorità giudiziaria all’entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale del 1988.
Infatti, il rinvio alla disciplina sulla facoltà d’astensione di cui agli articoli 351 e 352 del codice di procedura penale va ora riferita agli artt. 200, 201 e 202 dello stesso codice, relativi, rispettivamente, al segreto professionale, d’ufficio e di Stato.
Il comma 7 aggiunge una disposizione all’art. 255 c.p.c., relativo alla mancata comparizione dei testimoni.
Viene, infatti, aggiunto un periodo al primo comma con il quale si prevede - in caso di una ulteriore, mancata comparizione del testimone all’udienza senza giustificato motivo - che il giudice possa (con ordinanza) disporre l’accompagnamento coattivo del testimone, condannandolo ad una pena pecuniaria da 200 a 1000 euro.
Il comma 8, introducendo l’articolo aggiuntivo 257-bis, prevede la possibilità per il giudice di disporre l'acquisizione della testimonianza per iscritto, sulla base di un modello di testimonianza predisposto dalla parte che ne fa richiesta.
Rispetto al testo approvato dalla Camera, il giudice può decidere di assumere la testimonianza scritta, soltanto in quanto sussista un accordo delle parti e si pone, quale criterio della decisione del giudice e, in ogni caso, tenendo conto della natura della causa e di ogni altra circostanza. In tale ipotesi, il giudice chiede al testimone, anche nelle ipotesi di assunzione dei mezzi di prova al di fuori della circoscrizione del tribunale ai sensi dell'art. 203 c.p.c., di fornire, per iscritto e nel termine fissato, le risposte ai quesiti sui quali deve essere interrogato.
Spetta alla parte che ha richiesto l'assunzione della testimonianza predisporre il modello di testimonianza e farlo notificare al testimone. La disposizione, con formulazione che sarebbe stato opportuno esplicitare, precisa che tale modello è predisposto “in conformità agli articoli ammessi”; si segnala che il modello è disciplinato dal nuovo art. 103-bis disp. att. c.p.c., introdotto dall'art. 53, comma 3, del disegno di legge in esame (v. infra).
Il testimone rende la deposizione compilando il modello di testimonianza, con risposta separata a ciascuno dei quesiti, precisando quali sono quelli cui non è in grado di rispondere, indicandone la ragione.
Il testimone deve infine sottoscrivere la deposizione apponendo la propria firma autenticata su ciascuna delle facciate del foglio di testimonianza, che deve poi spedire in busta chiusa con plico raccomandato o consegnare alla cancelleria del giudice. Se il testimone si avvale della facoltà di astensione di cui all'art. 249, deve compilare il modello di testimonianza, indicando le complete generalità e i motivi di astensione. Se il testimone non spedisce o non consegna le risposte scritte nel termine stabilito, il giudice può condannarlo alla pena pecuniaria prevista dall'art. 255, primo comma, c.p.c. in caso di mancata comparizione dei testimoni (pena pecuniaria non inferiore a 100 euro e non superiore a 1000 euro).
Il ricorso al modello di testimonianza può evitarsi in caso di dichiarazione sottoscritta dal testimone e ricevuta dal difensore della parte nel cui interesse la prova è stata ammessa quando la testimonianza riguardi documenti di spesa già depositati dalle parti.
Il giudice, esaminate le risposte o le dichiarazioni, può sempre disporre che il testimone sia chiamato a deporre davanti a lui o davanti al giudice delegato.
Si ricorda che nel parere reso sul provvedimento in esame in sede consultiva, la Commissione giustizia della Camera dei deputati ha sottolineato l'opportunità di semplificare tale procedura di assunzione della prova, "anche nell'ottica di una riconoscibilità dello strumento da parte degli operatori internazionali e di un ampliamento delle garanzie di autenticità del risultato probatorio".
In accordo con le nuove previsioni sulla competenza (art. 46 del disegno di legge in esame), il comma 9 modifica l'art. 279 c.p.c., in materia di forma dei provvedimenti del collegio, prevedendo che il collegio pronunci ordinanza non solo quando provvede su questioni relative all'istruzione della causa, senza definire il giudizio, ma anche quando decide soltanto questioni di competenza. In tal caso, se non definisce il giudizio, l'ordinanza deve anche contenere provvedimenti per l'ulteriore istruzione della causa.
Conseguentemente, dal secondo comma dell'art. 279, che elenca i casi in cui il collegio decide con sentenza, viene eliminato il riferimento alle questioni di competenza.
Il comma 10 modifica le modalità di notificazione della sentenza di cui all'art. 285 c.p.c., che attualmente prevede che tale notificazione, al fine della decorrenza del termine per l'impugnazione, si fa, su istanza di parte, a norma dell'articolo 170, primo e terzo comma
Il comma in esame, sopprimendo detto riferimento ai soli commi primo e terzo e dunque generalizzando il rinvio all’art. 170, prevede che se il procuratore è costituito per più parti sarà sufficiente la consegna di una sola copia della sentenza.
In senso analogo viene modificato l'art. 330 c.p.c. (collocato nel capo relativo alle impugnazioni in generale).
I commi successivi dell’articolo 47 in esame dispongono, in particolare, l'abbreviazione di numerosi termini processuali.
Il comma 11 sostituisce l'art. 296 c.p.c., che prevede l'istituto della sospensione del processo su istanza delle parti.
Attualmente, l'art. 296 prevede che il giudice istruttore, su istanza di tutte le parti, possa disporre che il processo rimanga sospeso per un periodo non superiore a 4 mesi.
Il comma 11:
-subordina la sospensione su istanza delle parti alla sussistenza di giustificati motivi;
-specifica che la sospensione de qua può essere concessa una sola volta;
- riduce la durata massima della medesima sospensione a 3 mesi;
- stabilisce che nel disporre la sospensione il giudice deve contestualmente fissare l'udienza per la prosecuzione del processo.
In senso analogo, il comma 12, intervenendo sull'art. 297 c.p.c., riduce da 6 a 3 mesi il termine entro il quale le parti dovranno necessariamente proporre l'istanza di fissazione dell'udienza qualora questa non sia stata fissata dal provvedimento che ha disposto la sospensione del processo.
Il comma 13, introdotto dal Senato, sostituisce il quarto comma dell’art. 300 c.p.c. che fissa il momento dell’interruzione del processo in caso l’evento interruttivo (di cui all’art. 299) riguardi la parte contumace. In tale ipotesi, infatti, l’attuale norma stabilisce che il processo sia interrotto dal momento in cui il fatto interruttivo è notificato o è certificato dall'ufficiale giudiziario nella relazione di notifica o comunicazione di un atto al contumace. Il nuovo quarto comma dell’art. 300 prevede come momento che interrompe del processo anche quello in cui il fatto interruttivo (morte o perdita della capacità di stare in giudizio da parte del contumace) è documentato dall’altra parte.
Il successivo comma 14, intervenendo sull'art. 305 c.p.c., riduce da 6 a 3 mesi il termine perentorio entro il quale deve essere proseguito o riassunto il processo interrotto.
Il comma 15 interviene sull'art. 307 c.p.c. che disciplina l'estinzione del processo per inattività delle parti. Il termine perentorio per la riassunzione del processo che sia stato cancellato dal ruolo è diminuito da un anno a 3 mesi.
Analogamente, nei casi in cui la legge autorizza il giudice a fissare il termine perentorio per la riassunzione, questo non potrà essere superiore a 3 mesi (invece degli attuali 6).
Infine, mentre attualmente l'ultimo comma dell'art. 307 c.p.c. prevede che l'estinzione, pur operando di diritto, deve essere eccepita dalla parte interessata prima di ogni altra sua difesa ed è dichiarata con ordinanza del giudice istruttore ovvero con sentenza del collegio, se dinanzi a questa venga eccepita, la proposta in esame prevede che essa possa essere dichiarata anche d'ufficio.
Il comma 16, introdotto dal Senato, modifica il secondo comma dell’art. 310 c.p.c. che, nel testo attuale, prevede che l'estinzione del processo rende inefficaci gli atti compiuti, ma non le sentenze di merito pronunciate nel corso del processo e quelle che regolano la competenza.
La modifica ha natura di puro coordinamento normativo con la nuova previsione che le pronunce sulla competenza si assumono con ordinanza anziché con sentenza (vedi art. 46, comma 4 e ss., del d.d.l.).
Il comma 17 modifica l'art. 327 c.p.c., che prevede il cosiddetto termine lungo per le impugnazioni. Mentre ai sensi dell'art. 325 c.p.c. in caso di notificazione della sentenza il termine per l'impugnazione è di 30 giorni dalla notificazione stessa (60 per il ricorso per cassazione), l'art. 327 c.p.c. stabilisce attualmente che, in assenza di notificazione, l'impugnazione deve essere proposta a pena di decadenza entro un anno dalla pubblicazione della sentenza.
Il comma in esame prevede che tale ultimo termine sia abbreviato a 6 mesi.
Il comma 18, modificato dal Senato, interviene sull’art. 345, comma terzo, c.p.c. chiarendo che in appello non possono essere prodotti nuovi documenti (salvo che il collegio non li ritenga indispensabili ai fini della decisione della causa ovvero che la parte dimostri di non averli potuti proporre o produrli nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile).
Il comma 19 modifica l'art. 353 c.p.c. (Rimessione al primo giudice per ragioni di giurisdizione o di competenza).
L’art. 353 prevede che il giudice d'appello, se riforma la sentenza di primo grado dichiarando che il giudice ordinario ha sulla causa la giurisdizione negata dal primo giudice, pronuncia sentenza con la quale rimanda le parti davanti al primo giudice. Le parti debbono riassumere il processo nel termine perentorio di sei mesi dalla notificazione della sentenza. Se contro la sentenza d'appello è proposto ricorso per cassazione, il termine è interrotto. L'articolo in questione conteneva anche un quarto comma, ai sensi del quale la disposizione del primo comma si applicava anche quando il pretore, in riforma della sentenza del conciliatore, dichiarava la competenza di questo. Tale quarto comma è stato abrogato dall'art. 89 della legge 26 novembre 1990, n. 353, di riforma del processo civile.
Il comma 19 elimina dalla rubrica dell'art. 353 c.p.c. il riferimento alla competenza (che è sopravvissuto all'abrogazione del suddetto quarto comma) e riduce da 6 a 3 mesi il termine per la riassunzione del processo.
Il comma 20 abroga il quarto comma dell'art. 385 c.p.c., ai sensi del quale, quando pronuncia sulle spese, la Corte di cassazione, anche d'ufficio, condanna, altresì, la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma, equitativamente determinata, non superiore al doppio dei massimi tariffari, se ritiene che essa ha proposto il ricorso o vi ha resistito anche solo con colpa grave. Come accennato, l’abrogazione assume natura di coordinamento con la modifica apportata all'art. 96 c.p.c. dall'art. 46, comma 13, del disegno di legge in esame.
Il comma 21 modifica l'art. 392 c.p.c., stabilendo che il termine per la riassunzione della causa davanti al giudice di rinvio è di 3 mesi dalla pubblicazione della sentenza della Corte di cassazione e non già di un anno, come previsto attualmente.
Le disposizioni finali dell’art. 47, i commi 22 e 23, sono stati introdotti ex novo dal Senato
Il primo integra la formulazione del primo comma dell’art. 444 c.p.c. in materia di giudice competente per le controversie in materia di previdenza e assistenza obbligatorie.
La disposizione aggiuntiva definisce la competenza in caso di attore residente all’estero assegnandola al tribunale del lavoro nella cui circoscrizione l’attore risiedeva prima del trasferimento all’estero; se la prestazione è, invece, chiesta dagli eredi, è competente il tribunale nella cui circoscrizione il defunto aveva l’ultima residenza.
Il comma 23 chiarisce l’estensione ai giudizi amministrativi e contabili della disciplina del primo comma dell’art. 291 c.p.c. che, in caso di mancata costituzione del convenuto, prevede che se il giudice istruttore rileva un vizio che importi nullità nella notificazione della citazione, debba fissare all'attore un termine perentorio per rinnovarla. La rinnovazione impedisce ogni decadenza.
Articolo 48
(Ulteriori modifiche al libro secondo del
codice di procedura civile)
TESTO approvato dalla Camera dei deputati |
TESTO modificato dal Senato della Repubblica |
Art. 29. (Ulteriori modifiche al libro secondo del codice di procedura civile). |
Art. 48. (Ulteriori modifiche al libro secondo del codice di procedura civile). |
1. Dopo l'articolo 360 del codice di procedura civile è inserito il seguente: |
1. Identico: |
«Art. 360-bis. - (Ammissibilità del ricorso). - Il ricorso è dichiarato ammissibile: |
«Art. 360-bis. - (Ammissibilità del ricorso). - Identico. |
1) quando il provvedimento impugnato ha deciso le questioni di diritto in |
|
modo difforme da precedenti decisioni della Corte; |
|
2) quando il ricorso ha per oggetto una questione nuova o una questione sulla quale la Corte ritiene di pronunciarsi per confermare o mutare il proprio orientamento ovvero quando esistono contrastanti orientamenti nella giurisprudenza della Corte; |
|
3) quando appare fondata la censura relativa a violazione dei princìpi regolatori del giusto processo; |
|
4) quando ricorrono i presupposti per una pronuncia ai sensi dell'articolo 363. |
|
Non è dichiarato ammissibile il ricorso presentato ai sensi dell'articolo 360, primo comma, numero 5), avverso la sentenza di appello che ha confermato quella di primo grado. |
Soppresso. |
Sull'ammissibilità del ricorso la Corte decide in camera di consiglio con ordinanza non impugnabile resa da un collegio di tre magistrati. |
Identico. |
Se il collegio ritiene inammissibile il ricorso, anche a norma dell'articolo 375, primo comma, numeri 1) e 5), seconda parte, il relatore deposita in cancelleria una relazione con la concisa esposizione delle ragioni che giustificano la dichiarazione di inammissibilità. Si applica l'articolo 380-bis, commi secondo, terzo e quarto. |
Identico. |
L'ordinanza che dichiara l'inammissibilità è comunicata alle parti costituite con biglietto di cancelleria, ovvero mediante telefax o posta elettronica, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, relativa a tali forme di comunicazione degli atti giudiziari. |
Identico. |
Il ricorso dichiarato ammissibile è assegnato a una sezione della Corte di cassazione per la sua trattazione. Se il ricorso è dichiarato inammissibile, il provvedimento impugnato passa in giudicato. L'ordinanza provvede sulle spese a norma dell'articolo 96, terzo comma». |
Identico». |
2. L'articolo 366-bis del codice di procedura civile è abrogato. |
2. Identico. |
3. All'articolo 375, primo comma, numero 5), del codice di procedura civile, le parole: «o per difetto dei requisiti previsti dall'articolo 366-bis» sono soppresse. |
3. Identico. |
L’articolo 48, parzialmente modificato dal Senato,introduce ulteriori modifiche al libro secondo del codice processuale civile in riferimento alla disciplina del ricorso per cassazione
Il comma 1 assume particolare rilievo introducendo nel codice di procedura civile un nuovo art. 360-bis, che prevede il c.d. filtro in Cassazione, ossia un esame preliminare di ammissibilità dei ricorsi.
In particolare, il ricorso è ammissibile solo:
a) quando il provvedimento impugnato ha deciso le questioni di diritto in modo difforme da precedenti decisioni della Corte;
b) quando il ricorso ha per oggetto una questione nuova o una questione sulla quale la Corte ritiene di pronunciarsi per confermare o mutare il proprio orientamento ovvero quando esistono contrastanti orientamenti nella giurisprudenza della Corte;
c) quando appare fondata la censura relativa a violazione dei princìpi regolatori del giusto processo;
d) quando ricorrono i presupposti per l’enunciazione del “principio di diritto” ai sensi dell'art. 363 c.p.c..
Il suddetto art. 363 c.p.c., come sostituito dall'art. 4 del decreto legislativo 2 febbraio 2006 n. 40, prevede che quando le parti non hanno proposto ricorso nei termini di legge o vi hanno rinunciato, ovvero quando il provvedimento non è ricorribile in cassazione e non è altrimenti impugnabile, il P.G. presso la Corte di cassazione può chiedere che la Corte enunci nell'interesse della legge il principio di diritto al quale il giudice di merito avrebbe dovuto attenersi. La richiesta del procuratore generale, contenente una sintetica esposizione del fatto e delle ragioni di diritto poste a fondamento dell'istanza, è rivolta al primo presidente, il quale può disporre che la Corte si pronunci a sezioni unite se ritiene che la questione è di particolare importanza.
Il principio di diritto può essere pronunciato dalla Corte anche d'ufficio, quando il ricorso proposto dalle parti è dichiarato inammissibile, se la Corte ritiene che la questione decisa è di particolare importanza.La pronuncia della Corte non ha effetto sul provvedimento del giudice di merito.
Si segnala che il Senato ha soppresso la previsione della c.d. doppia conforme, introdotta durante l’esame alla Camera. In base a tale previsione, il ricorso doveva comunque essere dichiarato inammissibile nel caso in cui fosse presentato ai sensi dell'art. 360, primo comma, numero 5), c.p.c. (ossia, per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio), avverso la sentenza di appello di conferma di quella di primo grado.
Il vaglio di ammissibilità del ricorso in cassazione è effettuato da un collegio di tre magistrati che decide in camera di consiglio con ordinanza non impugnabile[218].
Se il ricorso è ritenuto inammissibile, anche a norma dell'art. 375, primo comma, numeri 1) e 5), seconda parte, c.p.p., il relatore deposita in cancelleria una relazione con la concisa esposizione delle ragioni che giustificano la dichiarazione di inammissibilità.
Ai sensi dell'art. 375, primo comma, c.p.c., la Corte, sia a sezioni unite che a sezione semplice, pronuncia con ordinanza in camera di consiglio quando riconosce di dovere: 1) dichiarare l'inammissibilità del ricorso principale e di quello incidentale eventualmente proposto; ... 5) accogliere o rigettare il ricorso principale e l'eventuale ricorso incidentale per manifesta fondatezza o infondatezza, ovvero dichiararne l'inammissibilità per mancanza dei motivi previsti nell'art. 360 o per difetto dei requisiti previsti dall'art. 366-bis.
È prevista l’applicazione dell'art. 380-bis, commi secondo, terzo e quarto, c.p.c., che disciplina i procedimenti in camera di consiglio (prevedendo la facoltà per le parti di presentare conclusioni scritte e memorie).
In particolare, le disposizioni richiamate prevedono che il presidente fissi con decreto l'adunanza della Corte. Almeno venti giorni prima della data stabilita per l'adunanza il decreto e la relazione sono comunicati al pubblico ministero e notificati agli avvocati delle parti, i quali hanno facoltà di presentare, il primo, conclusioni scritte, ed i secondi, memorie, non oltre cinque giorni prima e di chiedere di essere sentiti, se compaiono, nei casi previsti dall'articolo 375, primo comma, numeri 1), 3) e 5). Nella seduta la Corte delibera sul ricorso con ordinanza.
L'ordinanza che dichiara l'inammissibilità è comunicata alle parti costituite con biglietto di cancelleria, ovvero mediante fax o posta elettronica, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, relativa a tali forme di comunicazione degli atti giudiziari.
Il ricorso dichiarato ammissibile è assegnato a una sezione della Corte di cassazione per la sua trattazione. In caso contrario, il provvedimento impugnato passa in giudicato.
L'ordinanza del collegio (che dichiara l’inammissibilità) decide anche sulle spese, provvedendo ai sensi del terzo comma dell’art. 96 c.p.c.; tale ultima disposizione, introdotta dall’art. 46, comma 13, del d.d.l., prevede la possibilità di condanna della parte soccombente al pagamento di una somma determinata in via equitativa.
Il comma 2 abroga l'art. 366-bis c.p.c., introdotto dal già ricordato decreto legislativo 40/2006, che regola la formulazione dei motivi di ricorso.
Tale disposizione prevede che, nei casi di ricorso per cassazione previsti dall'art. 360, primo comma, numeri 1 (motivi di giurisdizione), 2 (violazione di norme sulla competenza), 3 (violazione o falsa applicazione di norme di diritto) e 4 (nullità della sentenza o del procedimento), l'illustrazione di ciascun motivo si deve concludere, a pena di inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto. Nel caso previsto dall'art. 360, primo comma, n. 5 (omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione), l'illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione.
Conseguentemente, il comma 3 modifica l'art. 375, primo comma, numero 5), c.p.c., eliminando il riferimento in esso contenuto all'art. 366-bis c.p.c..
Si segnala che una norma transitoria dell’entrata in vigore della nuova disciplina del filtro in cassazione introdotta dall’art. 48 è stabilita dall’art. 59, comma 5, del disegno di legge in esame (v. infra).
Articolo 49
(Introduzione dell'articolo 540-bis del codice
di procedura civile)
TESTO approvato dalla Camera dei deputati |
TESTO modificato dal Senato della Repubblica |
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Art. 49. (Introduzione dell'articolo 540-bis del codice di procedura civile). |
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1. Al libro terzo, titolo II, capo II, sezione III, del codice di procedura civile, dopo l'articolo 540 è aggiunto il seguente: |
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«Art. 540-bis. - (Integrazione del pignoramento). - Quando le cose pignorate risultano invendute a seguito del secondo o successivo esperimento ovvero quando la somma assegnata, ai sensi degli articoli 510, 541 e 542, non è sufficiente a soddisfare le ragioni dei creditori, il giudice, ad istanza di uno di questi, provvede a norma dell'ultimo comma dell'articolo 518. Se sono pignorate nuove cose, il giudice ne dispone la vendita senza che vi sia necessità di nuova istanza. In caso contrario, dichiara l'estinzione del procedimento, salvo che non siano da completare le operazioni di vendita». |
L’articolo 49, introdotto dal Senato, aggiunge un articolo 540-bis al codice di procedura civile in materia di esecuzione mobiliare presso il debitore.
La nuova norma prevede la possibilità di integrazione del pignoramento quando il ricavato della vendita non sia sufficiente a soddisfare tutti i creditori o quando i beni pignorati rimangano invenduti anche dopo il secondo incanto.
In tale ipotesi, infatti, dietro istanza di uno dei creditori, il giudice delegato alla vendita, nominato eventualmente uno stimatore, ordina di integrare il pignoramento e l’ufficiale giudiziario riprende, quindi, le operazioni di ricerca dei beni da pignorare. Le nuove, eventuali, cose pignorate sono vendute senza bisogno di nuova istanza; se non è possibile integrare il pignoramento, il procedimento è dichiarato estinto dal giudice, salvo che non siano esaurite le operazioni di vendita.
Articolo 50
(Modifiche al libro terzo del codice di
procedura civile)
TESTO approvato dalla Camera dei deputati |
TESTO modificato dal Senato della Repubblica |
Art. 30. (Modifiche al libro terzo del codice di procedura civile). |
Art. 50. (Modifiche al libro terzo del codice di procedura civile). |
1. Al libro terzo, titolo IV, del codice di procedura civile, dopo l'articolo 614 è aggiunto il seguente: |
1. Identico: |
«Art. 614-bis. - (Attuazione degli obblighi di fare infungibile o di non fare). - Con il provvedimento di condanna il giudice, salvo che ciò sia manifestamente iniquo, fissa, su richiesta di parte, la somma di denaro dovuta dall'obbligato per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell'esecuzione del provvedimento. La disposizione di cui al presente comma non si applica alle controversie di lavoro subordinato pubblico e privato e ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di cui all'articolo 409. |
«Art. 614-bis. - (Attuazione degli obblighi di fare infungibile o di non fare). - Con il provvedimento di condanna il giudice, salvo che ciò sia manifestamente iniquo, fissa, su richiesta di parte, la somma di denaro dovuta dall'obbligato per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell'esecuzione del provvedimento. Il provvedimento di condanna costituisce titolo esecutivo per il pagamento delle somme dovute per ogni violazione o inosservanza. Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano alle controversie di lavoro subordinato pubblico e privato e ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di cui all'articolo 409. |
Il giudice determina l'ammontare della somma di cui al primo comma tenuto conto del valore della controversia, della natura della prestazione, del danno quantificato o prevedibile, delle condizioni personali e patrimoniali delle parti, e di ogni altra circostanza utile». |
Il giudice determina l'ammontare della somma di cui al primo comma tenuto conto del valore della controversia, della natura della prestazione, del danno quantificato o prevedibile e di ogni altra circostanza utile». |
2. All'articolo 616 del codice di procedura civile, l'ultimo periodo è soppresso. |
2. Identico. |
3. All'articolo 624 del codice di procedura civile, i commi terzo e quarto sono abrogati. |
3. All'articolo 624 del codice di procedura civile, i commi terzo e quarto sono sostituiti dai seguenti: |
|
«Nei casi di sospensione del processo disposta ai sensi del primo comma, se l'ordinanza non viene reclamata o viene confermata in sede di reclamo, e il giudizio di merito non è stato introdotto nel termine perentorio assegnato ai sensi dell'articolo 616, il giudice dell'esecuzione dichiara, anche d'ufficio, con ordinanza, l'estinzione del processo e ordina la cancellazione della trascrizione del pignoramento, provvedendo anche sulle spese. L'ordinanza è reclamabile ai sensi dell'articolo 630, terzo comma. |
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La disposizione di cui al terzo comma si applica, in quanto compatibile, anche al caso di sospensione del processo disposta ai sensi dell'articolo 618». |
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4. All'articolo 630 del codice di procedura civile, il secondo comma è sostituito dal seguente: |
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«L'estinzione opera di diritto ed è dichiarata, anche d'ufficio, con ordinanza del giudice dell'esecuzione, non oltre la prima udienza successiva al verificarsi della stessa. L'ordinanza è comunicata a cura del cancelliere, se è pronunciata fuori dall'udienza». |
L'articolo 50, modificato dal Senato,è composto da 4 commi che apportano modifiche al Libro terzo del codice di procedura civile, recante la disciplina del processo di esecuzione.
Il comma 1 introduce uno strumento di coercizione indiretta per l'adempimento degli obblighi di fare infungibile e di non fare.
In particolare, esso inserisce nel titolo relativo all'esecuzione forzata di obblighi di fare e di non fare un nuovo art. 614-bis, ai sensi del quale con il provvedimento di condanna all'adempimento di un obbligo di fare infungibile o di non fare il giudice – salvo ciò sia manifestamente iniquo – fissa su richiesta di parte la somma di denaro dovuta dall'obbligato per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell'esecuzione del provvedimento.
Gli elementi che concorrono a determinare tale somma sono:
- il valore della controversia;
- la natura della prestazione;
- il danno quantificato o prevedibile;
- ogni altra circostanza utile.
Si segnala che il Senato ha soppresso tra gli elementi da valutare ai fini indicati “le condizioni personali e patrimoniali delle parti”, presente nel testo approvato dalla Camera.
Sulla base della modifica apportata dal Senato, lo stesso provvedimento di condanna vale come titolo esecutivo ai fini del pagamento delle somme dovute per ogni violazione o inosservanza degli obblighi di fare o non fare.
La norma precisa l’inapplicabilità di tale disciplina alle controversie di lavoro subordinato e ai rapporti cd. co.co.co (collaborazione coordinata e continuativa).
Il comma 2 dell’art. 50 sopprime l'ultimo periodo dell'art. 616 c.p.c., come modificato dall'art. 14 della legge 24 febbraio 2006, n. 52 , ai sensi del quale l'opposizione all'esecuzione di cui all'art. 615 c.p.c. è decisa con sentenza non impugnabile.
Si ricorda che con sentenza del 13 marzo 2008, n. 53, la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale della disposizione in esame, sollevate, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 24 e 111, secondo comma, della Costituzione, dalla Corte d'appello di Salerno.
Il comma 3, modificato al Senato, riformula i commi terzo e quarto dell'art. 624 c.p.c., che disciplinano gli effetti della sospensione dell'esecuzione nel caso in cui sia stata proposta opposizione all'esecuzione stessa.
L’art. 624 c.p.c. prevede al terzo comma che, nei casi di sospensione del processo esecutivo disposta per gravi motivi e non reclamata, nonché disposta o confermata in sede di reclamo, il giudice che ha disposto la sospensione - su istanza dell'opponente (alternativa all'instaurazione del giudizio di merito sull'opposizione) - dichiara con ordinanza non impugnabile l'estinzione del pignoramento, previa eventuale imposizione di cauzione e con salvezza degli atti compiuti, fermo restando in tal caso possibile promovimento del giudizio di merito da parte di ogni altro interessato; l'autorità dell'ordinanza di estinzione così pronunciata non è invocabile in un diverso processo. In base al quarto comma la previsione del terzo comma si applica, in quanto compatibile, anche al caso di sospensione del processo disposta ai sensi degli artt. 618 (in caso di opposizione agli atti esecutivi) e 618-bis (in caso di opposizioni in materia di lavoro, di previdenza e assistenza).
Si ricorda che il testo approvato dalla Camera prevedeva l’abrogazione delle suddette disposizioni.
La riformulazione del terzo comma introduce una ulteriore condizione alla dichiarazione di estinzione del processo di esecuzione da parte del giudice ovvero la mancata introduzione del giudizio di merito nel termine perentorio fissato ex art. 616 dal giudice dell’esecuzione. Con l’ordinanza che dichiara l’estinzione, il giudice deve ordinare la cancellazione della trascrizione del pignoramento, provvedendo anche sulle spese. L’ordinanza è reclamabile dal debitore e dal creditore pignorante nonché da parte dei creditori intervenuti.
Il nuovo quarto comma dell’art. 624 precisa l’applicazione della disciplina citata, in quanto compatibile, nel solo caso di sospensione disposta ai sensi degli artt. 618 c.p.c., ovvero in caso di opposizione agli atti esecutivi. Risulta, quindi, espunto il riferimento alla sospensione del processo esecutivo in caso di opposizioni all’esecuzione in materia di lavoro (art. 618-bis c.p.c.).
Infine, il comma 4 dell’art. 50 modifica il secondo comma dell’art. 630 c.p.c., in materia di estinzione del processo esecutivo per inattività delle parti.
L’art. 630 stabilisce che il processo esecutivo si estingue, oltre che nei casi previsti dalla legge, quando le parti non lo proseguono o non lo riassumono nel termine perentorio stabilito dalla legge o dal giudice (primo comma)
L'estinzione opera di diritto, ma deve essere eccepita dalla parte interessata prima di ogni altra sua difesa, salvo il caso di mancata comparizione all’udienza. L'estinzione è dichiarata con ordinanza del giudice dell'esecuzione, la quale è comunicata a cura del cancelliere, se è pronunciata fuori dell'udienza (secondo comma).
Secondo il riformulato secondo comma dell’art. 630 l’estinzione può anche essere dichiarata d’ufficio (senza bisogno, quindi, di essere eccepita). E’, inoltre, stabilito come termine ultimo per l’ordinanza che dichiara l’estinzione la prima udienza successiva al verificarsi dell’estinzione (per inattività delle parti) nonché l’obbligo di comunicazione dell’ordinanza a cura del cancelliere ove non pronunciata in udienza.
Articolo 51
(Modifiche al libro quarto del codice di
procedura civile)
TESTO approvato dalla Camera dei deputati |
TESTO modificato dal Senato della Repubblica |
Art. 31. (Modifiche al libro quarto del codice di procedura civile). |
Art. 51. (Modifiche al libro quarto del codice di procedura civile). |
1. Il terzo comma dell'articolo 669-septies del codice di procedura civile è sostituito dal seguente: |
Identico. |
«La condanna alle spese è immediatamente esecutiva». |
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2. All'articolo 669-octies del codice di procedura civile sono apportate le seguenti modificazioni: |
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a) dopo il sesto comma è inserito il seguente: |
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«Il giudice, quando emette uno dei provvedimenti di cui al sesto comma prima dell'inizio della causa di merito, provvede sulle spese del procedimento cautelare»; |
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b) al settimo comma, le parole: «primo comma» sono sostituite dalle seguenti: «sesto comma». |
|
L'articolo 51, non modificato presso l’altro ramo del Parlamento, composto da due commi, apporta due modifiche al Libro quarto del codice di procedura civile, relativo ai procedimenti speciali.
Il comma 1, modificando il terzo comma dell'art. 669-septies c.p.c., elimina la possibilità di fare opposizione alla condanna alle spese pronunciata dal giudice in fase cautelare ante-causam (pronunciata, cioè, con l’ordinanza di incompetenza o di rigetto pronunciata prima dell’inizio della causa di merito).
Il comma 2 modifica, invece, l'art. 669-octies c.p.c., che disciplina il provvedimento di accoglimento del ricorso nell'ambito dei procedimenti cautelari.
In particolare, si prevede che nel pronunciare un provvedimento cautelare idoneo ad anticipare gli effetti della sentenza di merito, il giudice deve sempre provvedere sulle spese del procedimento cautelare.
Attualmente, la liquidazione delle spese in fase cautelare ante causam è prevista solo se il giudice dichiara la propria incompetenza o rigetta il ricorso, ai sensi del suddetto art. 669-septies c.p.c..
Viene inoltre corretto un erroneo rinvio contenuto nel penultimo comma dell'art. 669-octies c.p.c.
Articolo 52
(Procedimento sommario di cognizione)
TESTO approvato dalla Camera dei deputati |
TESTO modificato dal Senato della Repubblica |
Art. 32. (Procedimento sommario di cognizione). |
Art. 52. (Procedimento sommario di cognizione). |
1. Dopo il capo III del titolo I del libro quarto del codice di procedura civile è inserito il seguente: |
1. Identico: |
«Capo III-bis DEL PROCEDIMENTO SOMMARIO DI COGNIZIONE |
«Capo III-bis DEL PROCEDIMENTO SOMMARIO DI COGNIZIONE |
Art. 702-bis. - (Forma della domanda. Costituzione delle parti). - Nelle cause in cui il tribunale giudica in composizione monocratica, la domanda può essere proposta con ricorso al tribunale competente. Il ricorso, sottoscritto a norma dell'articolo 125, deve contenere le indicazioni di cui ai numeri 1), 2), 3), 4), 5) e 6) e l'avvertimento di cui al numero 7) del terzo comma dell'articolo 163. |
Art. 702-bis. - (Forma della domanda. Costituzione delle parti). - Identico. |
A seguito della presentazione del ricorso il cancelliere forma il fascicolo d'ufficio e lo presenta senza ritardo al presidente del tribunale, il quale designa il magistrato cui è affidata la trattazione del procedimento. |
|
Il giudice designato fissa con decreto l'udienza di comparizione delle parti, assegnando il termine per la costituzione del convenuto, che deve avvenire non oltre dieci giorni prima dell'udienza; il ricorso, unitamente al decreto di fissazione dell'udienza, deve essere notificato al convenuto almeno trenta giorni prima della data fissata per la sua costituzione. |
|
Il convenuto deve costituirsi mediante deposito in cancelleria della comparsa di risposta, nella quale deve proporre le sue difese e prendere posizione sui fatti posti dal ricorrente a fondamento della domanda, indicare i mezzi di prova di cui intende avvalersi e i documenti che offre in comunicazione, nonché formulare le conclusioni. A pena di decadenza deve proporre le eventuali domande riconvenzionali e le eccezioni processuali e di merito che non sono rilevabili d'ufficio. |
|
Se il convenuto intende chiamare un terzo in garanzia deve, a pena di decadenza, farne dichiarazione nella comparsa di costituzione e chiedere al giudice designato lo spostamento dell'udienza. Il giudice, con decreto comunicato dal cancelliere alle parti costituite, provvede a fissare la data della nuova udienza assegnando un termine perentorio per la citazione del terzo. La costituzione del terzo in giudizio avviene a norma del quarto comma. |
|
Art. 702-ter. - (Procedimento). - Il giudice, se ritiene di essere incompetente, lo dichiara con ordinanza. |
Art. 702-ter. - (Procedimento). - Identico. |
Se rileva che la domanda non rientra tra quelle indicate nell'articolo 702-bis, il giudice, con ordinanza non impugnabile, la dichiara inammissibile. Nello stesso modo provvede sulla domanda riconvenzionale. |
Identico. |
Se ritiene che le difese svolte dalle parti richiedono un'istruzione non sommaria, il giudice, con ordinanza non impugnabile, fissa l'udienza di cui all'articolo 183. In tal caso si applicano le disposizioni del libro II. |
Identico. |
Quando la causa relativa alla domanda riconvenzionale richiede un'istruzione non sommaria, il giudice ne dispone la separazione. |
Identico. |
Se non provvede ai sensi dei commi precedenti, il giudice, sentite le parti, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione rilevanti in relazione all'oggetto del provvedimento richiesto e provvede con ordinanza all'accoglimento o al rigetto delle domande. |
Se non provvede ai sensi dei commi precedenti, alla prima udienza il giudice, sentite le parti, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione rilevanti in relazione all'oggetto del provvedimento richiesto e provvede con ordinanza all'accoglimento o al rigetto delle domande. |
L'ordinanza è provvisoriamente esecutiva e costituisce titolo per l'iscrizione di ipoteca giudiziale e per la trascrizione. |
Identico. |
Il giudice provvede in ogni caso sulle spese del procedimento ai sensi degli articoli 91 e seguenti. |
Identico. |
Art. 702-quater. - (Appello). - L'ordinanza emessa ai sensi del sesto comma dell'articolo 702-ter produce gli effetti di cui all'articolo 2909 del codice civile se non è appellata entro trenta giorni dalla sua comunicazione o notificazione. Sono ammessi nuovi mezzi di prova e nuovi documenti quando il collegio li ritiene rilevanti ai fini della decisione, ovvero la parte dimostra di non aver potuto proporli nel corso del procedimento sommario per causa ad essa non imputabile. Il presidente del collegio può delegare l'assunzione dei mezzi istruttori ad uno dei componenti del collegio». |
Art. 702-quater. - (Appello). - Identico». |
Una delle maggiori novità della novella al codice di rito civile proposta dal provvedimento in esame è costituita dalla previsione, di cui all’articolo 52, di un nuovo procedimento speciale, il procedimento sommario di cognizione, introdotto nel codice con un nuovo Capo III-bis (composto dagli artt. 702-bis, 702-ter e 702-quater), tra i procedimenti sommari del Titolo I del Libro quarto.
L’introduzione del nuovo rito, finalizzata ad evidenti finalità di concentrazione e snellezza, è collegata alla delega al Governo per la semplificazione e riduzione dei procedimenti civili di cui al successivo art. 55 del d.d.l. In tale ambito, il procedimento sommario di cognizione dovrebbe essere il modello di rito per i procedimenti, anche camerali, in cui prevalgano “caratteri di semplificazione della trattazione o dell’istruzione della causa” (art. 55, comma 4, lett. b), n. 2)
Secondo il nuovo art. 702-bis, il rito sommario di cognizione potrà essere utilizzato per tutte le cause di competenza del tribunale in composizione monocratica (ossia nella maggioranza dei casi), senza alcuna limitazione di valore o di materia.
Si ricorda che, ai sensi dell'art. 50-bis c.p.c., il tribunale giudica sempre in composizione monocratica, salvo specifiche controversie ove giudica in composizione collegiale (tre membri):
1) nelle cause nelle quali è obbligatorio l'intervento del pubblico ministero, salvo che sia altrimenti disposto;
2) nelle cause di opposizione, impugnazione, revocazione e in quelle conseguenti a dichiarazioni tardive di crediti di cui alla legge fallimentare, e alle altre leggi speciali disciplinanti la liquidazione coatta amministrativa;
3) nelle cause devolute alle sezioni specializzate;
4) nelle cause di omologazione del concordato fallimentare e del concordato preventivo;
5) nelle cause di impugnazione delle deliberazioni dell'assemblea e del consiglio di amministrazione, nonché nelle cause di responsabilità da chiunque promosse contro gli organi amministrativi e di controllo, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari e i liquidatori delle società, delle mutue assicuratrici e società cooperative, delle associazioni in partecipazione e dei consorzi;
6) nelle cause di impugnazione dei testamenti e di riduzione per lesione di legittima;
7) nelle cause di cui alla legge 13 aprile 1988, n. 117;
7-bis) nelle cause di cui all’articolo 140-bis del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206.
Il tribunale giudica altresì in composizione collegiale nei procedimenti in camera di consiglio disciplinati dagli artt. 737 e ss. c.p.c., salvo che sia altrimenti disposto
Il procedimento si instaurerà mediante ricorso (anziché citazione) contenente i medesimi contenuti dell’attuale citazione (art. 163, numeri 1-6, c.p.c.) nonché l'avvertimento al convenuto che la costituzione oltre i termini implica le decadenze di cui all'art. 167 c.p.c.
Formato il fascicolo d’ufficio e designato il giudice competente, quest’ultimo fisserà con decreto la data dell’udienza di comparizione delle parti ed il termine per la costituzione in giudizio del convenuto (non oltre 10 giorni prima della data dell’udienza).
Il decreto dovrà quindi essere notificato al convenuto, insieme al ricorso, almeno 30 giorni prima del termine previsto per la sua costituzione.
Il convenuto potrà quindi costituirsi con comparsa di risposta, nella quale deve proporre le sue difese e prendere posizione sui fatti posti dal ricorrente a fondamento della domanda, indicare i mezzi di prova di cui intende avvalersi e i documenti che offre in comunicazione, nonché formulare le conclusioni. A pena di decadenza deve proporre le eventuali domande riconvenzionali e le eccezioni processuali e di merito che non sono rilevabili d'ufficio.. Anche l’eventuale dichiarazione di chiamata in causa del terzo dovrà necessariamente essere contenuta nella comparsa.
Se fino a tale fase, a parte la contrazione dei termini, non vi sono sostanziali differenze rispetto al rito ordinario di cognizione, il vero snodo del nuovo rito si ha in fase di prima comparizione (nuovo art. 702-ter).
Nell’udienza di comparizione delle parti, infatti, il giudice, valutata la propria competenza, dovrà decidere se la causa richieda una istruzione non sommaria, con conseguente passaggio al rito ordinario e fissazione dell’udienza di cui all’art. 183 c.p.c. (in tale ipotesi, la decisione è assunta con ordinanza inoppugnabile).
Se, invece, ritiene che la controversia possa essere trattata col rito sommario, il giudice, dopo aver sentito le parti, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, alla prima udienza, procederà nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione rilevanti in relazione all’oggetto del provvedimento richiesto e provvederà con ordinanza all’accoglimento o al rigetto delle domande. Si segnala che il riferimento temporale alla prima udienza è stato introdotto presso l’altro ramo del Parlamento.
Tale istruttoria (art. 702-ter, quinto comma) è sostanzialmente identica a quella prevista dall'art. 669-sexies, primo comma, c.p.c. per i procedimenti cautelari, con l'unica attenuazione costituita dal fatto che, mentre in fase cautelare il giudice procede esclusivamente agli atti di istruzione indispensabili, in fase sommaria di cognizione può procedere agli atti di istruzione rilevanti
L’ordinanza sarà provvisoriamente esecutiva e costituirà immediatamente titolo per l’iscrizione di ipoteca giudiziale e per la trascrizione; con essa, il giudice si pronuncia, altresì, sulle spese di lite.
Ai sensi del nuovo art. 702-quater, se non é appellata entro 30 giorni, l’ordinanza produce gli effetti di cosa giudicata (art. 2909 c.c.).
Nell’eventuale appello, la norma richiama il regime preclusivo dei mezzi istruttori valido per l’appello ordinario (art. 345, terzo comma c.cp.). Perciò saranno ammessi nuovi mezzi di prova e nuovi documenti solo se ritenuti (oltre che ammissibili) “rilevanti” ai fini del decidere, ovvero se la parte dimostri di non aver potuto proporli prima per causa ad essa non imputabile. Una novità rispetto all’appello ordinario è costituita dalla possibilità, per il presidente del collegio di corte d’appello, di delegare ad uno dei componenti l’assunzione dei mezzi di prova.
Articolo 53
(Modifiche alle disposizioni per
l'attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie, di cui
al regio decreto
18 dicembre 1941, n. 1368)
TESTO approvato dalla Camera dei deputati |
TESTO modificato dal Senato della Repubblica |
Art. 33. (Modifiche alle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 18 dicembre 1941, n. 1368). |
Art. 53. (Modifiche alle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 18 dicembre 1941, n. 1368). |
1. Al primo comma dell'articolo 23 delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 18 dicembre 1941, n. 1368, di seguito denominate «disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile», sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «in modo tale che a nessuno dei consulenti iscritti possano essere conferiti incarichi in misura superiore al 10 per cento di quelli affidati dall'ufficio, e garantisce che sia assicurata l'adeguata trasparenza del conferimento degli incarichi anche a mezzo di strumenti informatici». |
1. Identico. |
|
2. Dopo l'articolo 81 delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile è inserito il seguente: |
|
«Art. 81-bis. - (Calendario del processo). - Il giudice, quando provvede sulle richieste istruttorie, sentite le parti e tenuto conto della natura, dell'urgenza e della complessità della causa, fissa il calendario del processo con l'indicazione delle udienze successive e degli incombenti che verranno espletati. I termini fissati nel calendario possono essere prorogati, anche d'ufficio, quando sussistono gravi motivi sopravvenuti. La proroga deve essere richiesta dalle parti prima della scadenza dei termini». |
2. Dopo l'articolo 103 delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile è inserito il seguente: |
3. Identico: |
«Art. 103-bis. - (Modello di testimonianza). - La testimonianza scritta è resa su di un modulo conforme al modello approvato con decreto del Ministro della giustizia, che individua anche le istruzioni per la sua compilazione, da notificare unitamente al modello. Il modello, sottoscritto in ogni suo foglio dalla parte che ne ha curato la compilazione, deve contenere, oltre all'indicazione del procedimento e dell'ordinanza di ammissione da parte del giudice procedente, idonei spazi per l'inserimento delle complete generalità del testimone, dell'indicazione della sua residenza, del suo domicilio e, ove possibile, di un suo recapito telefonico. Deve altresì contenere l'ammonimento del testimone ai sensi dell'articolo 251 del codice e la formula del giuramento di cui al medesimo articolo, oltre all'avviso in ordine alla facoltà di astenersi ai sensi degli articoli 351 e 352 del codice di procedura penale, con lo spazio per la sottoscrizione obbligatoria del testimone, nonché le richieste di cui all'articolo 252, primo comma, del codice, ivi compresa l'indicazione di eventuali rapporti personali con le parti, e la trascrizione dei quesiti ammessi, con l'avvertenza che il testimone deve rendere risposte specifiche e pertinenti a ciascuna domanda e deve altresì precisare se ha avuto conoscenza dei fatti oggetto della testimonianza in modo diretto o indiretto. |
«Art. 103-bis. - (Modello di testimonianza). - La testimonianza scritta è resa su di un modulo conforme al modello approvato con decreto del Ministro della giustizia, che individua anche le istruzioni per la sua compilazione, da notificare unitamente al modello. Il modello, sottoscritto in ogni suo foglio dalla parte che ne ha curato la compilazione, deve contenere, oltre all'indicazione del procedimento e dell'ordinanza di ammissione da parte del giudice procedente, idonei spazi per l'inserimento delle complete generalità del testimone, dell'indicazione della sua residenza, del suo domicilio e, ove possibile, di un suo recapito telefonico. Deve altresì contenere l'ammonimento del testimone ai sensi dell'articolo 251 del codice e la formula del giuramento di cui al medesimo articolo, oltre all'avviso in ordine alla facoltà di astenersi ai sensi degli articoli 200, 201 e 202 del codice di procedura penale, con lo spazio per la sottoscrizione obbligatoria del testimone, nonché le richieste di cui all'articolo 252, primo comma, del codice, ivi compresa l'indicazione di eventuali rapporti personali con le parti, e la trascrizione dei quesiti ammessi, con l'avvertenza che il testimone deve rendere risposte specifiche e pertinenti a ciascuna domanda e deve altresì precisare se ha avuto conoscenza dei fatti oggetto della testimonianza in modo diretto o indiretto. |
Al termine di ogni risposta è apposta, di seguito e senza lasciare spazi vuoti, la sottoscrizione da parte del testimone. |
Identico. |
Le sottoscrizioni devono essere autenticate da un segretario comunale o dal cancelliere di un ufficio giudiziario. L'autentica delle sottoscrizioni è in ogni caso gratuita nonché esente dall'imposta di bollo e da ogni diritto». |
Identico». |
3. Il primo comma dell'articolo 104 delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile è sostituito dal seguente: |
4. Identico. |
«Se la parte senza giusto motivo non fa chiamare i testimoni davanti al giudice, questi la dichiara, anche d'ufficio, decaduta dalla prova, salvo che l'altra parte dichiari di avere interesse all'audizione». |
|
4. Dopo il terzo comma dell'articolo 118 delle disposizioni per l'attuazione del |
5. Il primo comma dell'articolo 118 delle disposizioni per l'attuazione del |
codice di procedura civile è inserito il seguente: |
codice di procedura civile è sostituito dal seguente: |
«Nel caso di domande manifestamente fondate o infondate, la sentenza è succintamente motivata e la motivazione può consistere in un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo, ovvero, se del caso, a un precedente conforme di una giurisdizione superiore». |
«La motivazione della sentenza di cui all'articolo 132, secondo comma, numero 4), del codice consiste nella succinta esposizione dei fatti rilevanti della causa e delle ragioni giuridiche della decisione, anche con riferimento a precedenti conformi». |
|
6. All'articolo 152 delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Le spese, competenze ed onorari liquidati dal giudice nei giudizi per prestazioni previdenziali non possono superare il valore della prestazione dedotta in giudizio». |
|
7. Dopo l'articolo 186 delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile è inserito il seguente: |
|
«Art. 186-bis. - (Trattazione delle opposizioni in materia esecutiva). - I giudizi di merito di cui all'articolo 618, secondo comma, del codice sono trattati da un magistrato diverso da quello che ha conosciuto degli atti avverso i quali è proposta opposizione». |
L'articolo 53, modificato dal Senato, composto da sette commi, interviene sul R.D. 18 dicembre 1941, n. 1368, contenente le disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile, aggiungendo gli artt. 81-bis, 103-bis e 186-bis nonché novellando gli artt. 23, 104, 118 e 152.
Il comma 1 modifica l'art. 23, primo comma, disp. att., specificando che il presidente del tribunale deve vigilare affinché a nessuno dei consulenti tecnici iscritti all'albo del tribunale siano conferiti incarichi in misura superiore al 10% di quelli affidati dall'ufficio. Egli deve inoltre garantire che sia assicurata l'adeguata trasparenza del conferimento degli incarichi anche a mezzo di strumenti informatici.
Il comma 2, introdotto dal Senato,aggiunge l’art. 81-bis prevedendo, in materia di istruzione della causa, che il giudice, quando provvede sulle richieste istruttorie, debba fissare il calendario del processo indicando le udienze successive. Tale scansione temporale va assunta:
- sentite le parti e
- valutando natura, urgenza e complessità della controversia.
Il comma 3 introduce l'art. 103-bis che disciplina il modello di testimonianza già richiamato dal nuovo art. 257-bis c.p.c. (introdotto nel codice di procedura civile dall’art. 47, comma 8, del disegno di legge in esame), relativo alla possibilità di assunzione della testimonianza scritta.
Il nuovo art. 103-bis prevede che la testimonianza scritta sia resa su un modulo conforme al modello approvato con decreto del Ministro della giustizia, che individua anche le istruzioni per la sua compilazione, da notificare unitamente al modello. La nuova disposizione di attuazione indica specificatamente gli elementi che il modello, sottoscritto in ogni suo foglio dalla parte che ne ha curato la compilazione, deve contenere. Viene precisata la necessità che la sottoscrizione, apposta di seguito a ogni risposta senza lasciare spazi vuoti, debba essere autenticata gratuitamente da un segretario comunale o dal cancelliere di un ufficio giudiziario.
Il comma 4 modifica l'art. 104 disp. att.chiarendo che se la parte non fa chiamare i testimoni senza giusto motivo, la dichiarazione di decadenza dalla prova può avvenire anche d'ufficio a meno che l’altra parte non dichiari il proprio interesse all’audizione.
Il comma 5, modificato dal Senato, sostituisce il primo comma dell'art. 118 disp. att.. con la finalità di limitare l’estensione della motivazione della sentenza.
Questa, ferma restando l’esposizione delle ragioni giuridiche della decisione potrà limitarsi a consistere in una esposizione “succinta” dei fatti rilevanti per la causa, e potrà far riferimento anche a precedenti conformi.
Il testo approvato dalla Camera conteneva invece un comma aggiuntivo all’art. 118 che prevedeva, nel caso di domande manifestamente fondate o infondate, la succinta motivazione della sentenza, anche consistente in un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo, ovvero, se del caso, a un precedente conforme di una giurisdizione superiore.
Il comma 6, introdotto dal Senato, integra la formulazione dell’art. 152 disp. att. stabilendo che spese, competenze ed onorari liquidati dal giudice, nei giudizi per prestazioni previdenziali, non possano essere superiori al valore della prestazione dedotta in giudizio.
Il comma 7, anch’esso introdotto dal Senato, infine, aggiunge alle disposizioni di attuazione un nuovo art. 186-bis, in tema di giudizio di opposizione agli atti esecutivi.
La nuova norma, a garanzia della terzietà del giudice, stabilisce che chi ha già “conosciuto” degli atti dell’esecuzione non possa giudicare nel merito delle opposizioni relative alla regolarità formale del titolo esecutivo e del precetto, dovendo l’opposizione essere, quindi, necessariamente valutata da un giudice diverso.
La norma sembra far, quindi, riferimento alle sole opposizioni di cui all’art. 617, secondo comma, c.p.c. ovvero quelle che sia stato impossibile proporre prima dell’inizio dell’esecuzione. Se, invece, l’esecuzione non sia ancora stata iniziata, la competenza nel merito dell’opposizione agli atti esecutivi sembrerebbe rimanere al giudice dell’esecuzione stesso.
La relazione tecnica non considera la norma, di cui al comma 6, introdotta nel corso dell’esame al Senato le quali stabiliscono che le spese, competenze ed onorari liquidati dal giudice nei giudizi per prestazioni previdenziali non possono superare il valore della prestazione dedotta in giudizio.
Nulla da osservare al riguardo, considerato che il fine delle disposizioni sembra essere quello di scoraggiare il contenzioso. Sul punto appare, tuttavia, opportuno acquisire una conferma da parte del Governo.
Articolo 54
(Abrogazione dell'articolo 3 della legge
21 febbraio 2006, n. 102,
e disposizioni transitorie)
TESTO approvato dalla Camera dei deputati |
TESTO modificato dal Senato della Repubblica |
Art. 34. (Abrogazione dell'articolo 3 della legge 21 febbraio 2006, n. 102, e disposizioni transitorie). |
Art. 54. (Abrogazione dell'articolo 3 della legge 21 febbraio 2006, n. 102, e disposizioni transitorie). |
1. L'articolo 3 della legge 21 febbraio 2006, n. 102, è abrogato. |
Identico. |
2. Alle controversie disciplinate dall'articolo 3 della legge 21 febbraio 2006, n. 102, pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al libro secondo, titolo IV, capo I, del codice di procedura civile. La disposizione di cui al presente comma non si applica ai giudizi introdotti con il rito ordinario e per i quali alla data di entrata in vigore della presente legge non è stata ancora disposta la modifica del rito ai sensi dell'articolo 426 del codice di procedura civile. |
|
L’articolo 54, non modificato dal Senato, al comma 1, abroga l'art. 3 della legge 21 febbraio 2006, n. 102, che ha assoggettato alle disciplina del processo del lavoro (contenute nel Libro II, Titolo IV, Capo I del codice di procedura civile) le controversie relative al risarcimento dei danni per morte o lesioni conseguenti ad incidenti stradali.
La relazione illustrativa dell'A.C. 1441 specificava che tale abrogazione è giustificata dal fatto che il rito del lavoro non si adatta alle peculiarità delle controversie in questione, che, a seguito dell'aumento (a 20.000 euro9 della competenza per valore previsto dall'art. 46 del disegno di legge in esame, sono destinate ad essere trattate in numero sempre maggiore davanti al giudice di pace, anzichè al tribunale.
Il comma 2 reca una disposizione transitoria che stabilisce che alle controversie in materia di circolazione stradale già pendenti alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame continua ad applicarsi il rito del lavoro.
Quest’ultimo non si applica, però, ai giudizi introdotti con il rito ordinario e per i quali alla citata data di entrata in vigore non sia stata ancora disposta la modifica del rito ai sensi dell'art. 426 c.p.c.
Ai sensi dell'art. 426 c.p.c. (Passaggio dal rito ordinario al rito speciale), il giudice, quando rileva che una causa promossa nelle forme ordinarie riguarda una controversia di lavoro, fissa con ordinanza l'udienza di cui all'art. 420 (udienza di discussione) e il termine perentorio entro il quale le parti dovranno provvedere all'eventuale integrazione degli atti introduttivi mediante deposito di memorie e documenti in cancelleria.
Sembra, quindi, che dovrà continuare ad applicarsi il rito del lavoro quando il giudice abbia già fissato la data dell’udienza di discussione della causa.
Articolo 55
(Delega al Governo per la riduzione e
semplificazione
dei procedimenti civili)
TESTO approvato dalla Camera dei deputati |
TESTO modificato dal Senato della Repubblica |
|
Art. 55. (Delega al Governo per la riduzione e semplificazione dei procedimenti civili). |
|
1. Il Governo è delegato ad adottare, entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione che rientrano nell'ambito della giurisdizione ordinaria e che sono regolati dalla legislazione speciale. |
|
2. La riforma realizza il necessario coordinamento con le altre disposizioni vigenti. |
|
3. Gli schemi dei decreti legislativi previsti dal presente articolo sono adottati su proposta del Ministro della giustizia e successivamente trasmessi al Parlamento, ai fini dell'espressione dei pareri da parte delle Commissioni competenti per materia, che sono resi entro il termine di trenta giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale i decreti sono emanati anche in mancanza dei pareri. Qualora detto termine venga a scadere nei trenta giorni antecedenti allo spirare del termine previsto dal comma 1, o successivamente, la scadenza di quest'ultimo è prorogata di sessanta giorni. |
|
4. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi: |
|
a) restano fermi i criteri di competenza, nonché i criteri di composizione dell'organo giudicante, previsti dalla legislazione vigente; |
|
b) i procedimenti civili di natura contenziosa autonomamente regolati dalla legislazione speciale sono ricondotti ad uno dei seguenti modelli processuali previsti dal codice di procedura civile: |
|
1) i procedimenti in cui sono prevalenti caratteri di concentrazione processuale, ovvero di officiosità dell'istruzione, sono ricondotti al rito disciplinato dal libro secondo, titolo IV, capo I, del codice di procedura civile; |
|
2) i procedimenti, anche se in camera di consiglio, in cui sono prevalenti caratteri di semplificazione della trattazione o dell'istruzione della causa, sono ricondotti al procedimento sommario di cognizione di cui al libro quarto, titolo I, capo III-bis, del codice di procedura civile, come introdotto dall'articolo 52 della presente legge, restando tuttavia esclusa per tali procedimenti la possibilità di conversione nel rito ordinario; |
|
3) tutti gli altri procedimenti sono ricondotti al rito di cui al libro secondo, titoli I e III, ovvero titolo II, del codice di procedura civile; |
|
c) la riconduzione ad uno dei riti di cui ai numeri 1), 2) e 3) della lettera b) non comporta l'abrogazione delle disposizioni previste dalla legislazione speciale che attribuiscono al giudice poteri officiosi, ovvero di quelle finalizzate a produrre effetti che non possono conseguirsi con le norme contenute nel codice di procedura civile; |
|
d) restano in ogni caso ferme le disposizioni processuali in materia di procedure concorsuali, di famiglia e minori, nonché quelle contenute nel regio decreto 14 dicembre 1933, n. 1669, nel regio decreto 21 dicembre 1933, n. 1736, nella legge 20 maggio 1970, n. 300, nel codice della proprietà industriale di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, e nel codice del consumo di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206. |
|
5. Gli articoli da 1 a 33, 41, comma 1, e 42 del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, sono abrogati. |
|
6. Gli articoli da 1 a 33, 41, comma 1, e 42 del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, continuano ad applicarsi alle controversie pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge. |
L’articolo 55 reca una delega al Governo per la riduzione e la semplificazione dei procedimenti civili di cognizione, rientranti nella giurisdizione ordinaria e che sono regolati dalla legislazione speciale, da realizzare anche attraverso il coordinamento con le altre disposizioni vigenti (commi 1 e 2). Il termine per l’esercizio della delega è di ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame.
Oltre alla già indicata applicazione del rito ordinario nelle cause in materia di sinistri stradali (v. ante, art. 54 del d.d.l.), tale semplificazione è ottenuta – in base alla norma in esame - mediante la riconduzione delle numerose tipologie di procedimento civile ai tre modelli processuali previsti dal codice di procedura civile (rito ordinario di cognizione, rito del lavoro, nuovo rito sommario di cognizione) nonché con la soppressione del rito societario, che sostanzialmente non ha prodotto i risultati sperati.
Nello specifico, i principi e criteri direttivi cui deve ispirarsi la normativa delegata (e sui cui schemi, il comma 3 richiede il parere delle competenti Commissioni parlamentari) sono i seguenti (comma 4):
a) il mantenimento degli attuali criteri di competenza e di composizione dell’organo giudicante;
b) la riconduzione dei contenziosi civili regolati da norme speciali ad uno dei seguenti tre modelli procedimentali:
- al rito del lavoro, quando nel procedimento siano prevalenti caratteri di: concentrazione processuale ovvero officiosità dell’istruzione;
- al nuovo procedimento sommario di cognizione (introdotto dall’art. 52 del d.d.l.), in caso di prevalenza dei caratteri di semplificazione dell’istruzione-trattazionedella causa (tale rito non è riconvertibile in quello ordinario);
- al rito ordinario di cognizione ovvero a quello davanti al giudice di pace per tutti gli altri procedimenti.
c) la riconduzione ad uno dei tre riti sopracitati non comporta l’abrogazione della legislazione speciale che attribuisce poteri officiosi al giudice né delle norme volte a produrre effetti che non possono prodursi con le ordinarie norme codicistiche,
d) la permanenza in vigore delle diverse disposizioni processuali speciali in materia di fallimento e procedure concorsuali, di famiglia e minori nonché di azione cambiaria (R.D. 1669/1933), assegno bancario e circolare (R.D. 1736/1933), di repressione della condotta antisindacale (L. 300/1970, cd. Statuto dei lavoratori), di proprietà industriale (D.Lgs 30/2005) e diritti dei consumatori (D.Lgs. 206/2005).
Infine, come sopra anticipato, viene soppressa la disciplina del rito societario di cui al D.Lgs 17 gennaio 2003, n. 5, la cui applicazione viene residualmente riservata alle sole controversie pendenti alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame (commi 5 e 6).
Articolo 56
(Notificazione a cura dell'Avvocatura
dello Stato)
TESTO approvato dalla Camera dei deputati |
TESTO modificato dal Senato della Repubblica |
Art. 35. (Notificazione a cura dell'Avvocatura dello Stato). |
Art. 56. (Notificazione a cura dell'Avvocatura dello Stato). |
1. L'Avvocatura dello Stato può eseguire la notificazione di atti civili, ammi nistrativi e stragiudiziali ai sensi della legge 21 gennaio 1994, n. 53. |
Identico. |
2. Per le finalità di cui al comma 1, l'Avvocatura generale dello Stato e ciascuna avvocatura distrettuale dello Stato si dotano di un apposito registro cronologico conforme alla normativa, anche regolamentare, vigente. |
|
3. La validità dei registri di cui al comma 2 è subordinata alla previa numerazione e vidimazione, in ogni mezzo foglio, rispettivamente, da parte dell'Avvocato generale dello Stato, o di un avvocato dello Stato allo scopo delegato, ovvero dell'avvocato distrettuale dello Stato. |
|
4. Dall'attuazione delle disposizioni del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Gli adempimenti previsti dal presente articolo sono svolti nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente. |
|
L’articolo 56, non modificato dal Senato, interviene sulla disciplina della notificazione di atti civili, amministrativi e stragiudiziali da parte dell'Avvocatura dello Stato, alla quale riconosce la possibilità di avvalersi delle modalità di notifica previste, in generale, per gli avvocati dalla legge 21 gennaio 1994, n. 53 (comma 1).
La legge 53/1994[219] prevede che l'avvocato, munito di procura alle liti e dell’autorizzazione del consiglio dell'ordine nel cui albo è iscritto, possa eseguire la notificazione di atti in materia civile, amministrativa e stragiudiziale a mezzo del servizio postale, secondo le modalità previste dalla legge n. 890 del 1982[220], salvo che l'autorità giudiziaria disponga che la notifica debba essere eseguita personalmente (art. 1). Gli artt. 2 e 3 ne definiscono le relative modalità.
L'avvocato può inoltre eseguire notificazioni in materia civile, amministrativa e stragiudiziale, direttamente, mediante consegna di copia dell'atto nel domicilio del destinatario, nel caso in cui il destinatario sia altro avvocato, che abbia la qualità di domiciliatario di una parte e che sia iscritto nello stesso albo del notificante (art. 4).
La legge 53/1994 definisce altresì le condizioni e i requisiti per effettuare le suddette notificazioni. In particolare, il difensore che intende avvalersi delle facoltà previste dalla citata legge deve munirsi di un apposito registro cronologico, il cui modello è stabilito con decreto del Ministro della giustizia (art. 8).
In relazione alle nuove modalità di notifica, l'Avvocatura generale dello Stato e ciascuna avvocatura distrettuale dovranno dotarsi di appositi registri cronologici (comma 2) che dovranno essere previamente numerati e vidimati da parte dell'Avvocato generale dello Stato (o suo delegato) o dell'avvocato distrettuale dello Stato (comma 3).
Ai citati adempimenti si dovrà provvedere senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie attualmente disponibili (comma 4).
Articolo 57
(Misure in tema di razionalizzazione
delle modalità di proposizione
e notificazione delle domande giudiziali)
TESTO approvato dalla Camera dei deputati |
TESTO modificato dal Senato della Repubblica |
|
Art. 57. (Misure in tema di razionalizzazione delle modalità di proposizione e notificazione delle domande giudiziali). |
|
1. Al secondo comma dell'articolo 23 della legge 24 novembre 1981, n. 689, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «La prova scritta della conoscenza del ricorso e del decreto equivale alla notifica degli stessi». |
|
2. L'articolo 11 della legge 12 giugno 1984, n. 222, si applica anche alle domande volte a ottenere il riconoscimento del diritto a pensioni, assegni e indennità comunque denominati spettanti agli invalidi civili nei procedimenti in materia di invalidità civile, cecità civile e sordomutismo. |
L’articolo 57, introdotto dal Senato, interviene per razionalizzare la disciplina della notificazione del ricorso avverso l’ordinanza-ingiunzione (l. n. 689 del 1981) e la disciplina della proposizione della domanda per il riconoscimento del diritto a prestazioni nei procedimenti in materia di invalidità civile, cecità civile e sordomutismo.
In particolare, il comma 1 novella l’articolo 23 della legge n. 689 del 1981 (Modifiche al sistema penale), relativo al giudizio di opposizione avverso l’ordinanza-ingiunzione che irroga una sanzione amministrativa.
In particolare, attualmente il comma 2 dell’articolo 23 dispone che a seguito della proposizione (nei termini) del ricorso il giudice deve fissare con decreto l'udienza di comparizione, ordinando all'autorità che ha emesso il provvedimento impugnato di depositare in cancelleria, dieci giorni prima dell’udienza, copia del rapporto con gli atti relativi all'accertamento, nonché alla contestazione o notificazione della violazione.
Il ricorso ed il decreto devono essere notificati, a cura della cancelleria, all'opponente o – se indicato - al suo procuratore, e all'autorità che ha emesso l'ordinanza.
Il disegno di legge equipara alla notificazione del ricorso la prova scritta della conoscenza del ricorso stesso.
Il comma 2 interviene sull’ambito di applicazione dell’articolo 11 della legge n. 222 del 1984[221], di riforma della disciplina dell’indennità pensionabile.
In particolare, l’articolo 11 dispone che a partire dal 1° luglio 1984, l'assicurato che presenti domanda per ottenere il riconoscimento del diritto all'assegno di invalidità o alla pensione di inabilità non possa poi presentare una nuova domanda per le stesse prestazioni, se prima non è esaurito l’iter amministrativo o – in caso di contenzioso – non è intervenuta una sentenza definitiva, sulla prima domanda presentata.
Il disegno di legge estende il principio affermato dall’articolo 11 anche alle domanda volte a ottenere il riconoscimento del diritto a pensioni o ad assegni e indennità comunque spettanti agli invalidi civili nell’ambito dei procedimenti in materia di invalidità civile, cecità civile e sordomutismo.
La relazione tecnica non considera la norma che è stata introdotta nel corso dell’esame presso il Senato.
Nulla da osservare al riguardo,tenuto conto che le norme si limitano ad escludere che possano essere presentate ulteriori domande volte al riconoscimento di benefici per invalidità in pendenza di un iter amministrativo o giudiziario volto al riconoscimento dello stesso beneficio.
Articolo 58
(Modifica all'articolo 9 della legge 21
luglio 2000, n. 205)
TESTO approvato dalla Camera dei deputati |
TESTO modificato dal Senato della Repubblica |
Art. 36. (Modifica all'articolo 9 della legge 21 luglio 2000, n. 205). |
Art. 58. (Modifica all'articolo 9 della legge 21 luglio 2000, n. 205). |
1. Al comma 2 dell'articolo 9 della legge 21 luglio 2000, n. 205, e successive modificazioni, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Se, in assenza dell'avviso di cui al primo periodo, è comunicato alle parti l'avviso di fissazione dell'udienza di discussione nel merito, i ricorsi sono decisi qualora almeno una parte costituita dichiari, anche in udienza a mezzo del proprio difensore, di avere interesse alla decisione; altrimenti sono dichiarati perenti dal presidente del collegio con decreto, ai sensi dell'articolo 26, ultimo comma, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034». |
Identico. |
L'articolo 58, non modificato dal Senato, aggiunge un nuovo periodo all'art. 9, comma 2, della legge 21 luglio 2000, n. 205 (recante "Disposizioni in materia di giustizia amministrativa"), in tema di perenzione dei ricorsi amministrativi ultraquinquennali.
Tale disposizione, recentemente novellata dall'art. 54 del decreto-legge n. 112 del 2008[222] dispone che se dopo 5 anni dal deposito, il ricorso amministrativo è ancora pendente, la segreteria del giudice deve notificare alla parte ricorrente un avviso con il quale la invita a presentare - entro i successivi 6 mesi - una nuova istanza di fissazione dell’udienza, con la firma delle parti. In assenza di tale nuova istanza il giudice deve dichiarare la perenzione del ricorso.
Il disegno di legge interviene sul comma 2 dell’articolo 9 per disciplinare le sorti del ricorso laddove la segreteria del giudice non proceda alla notifica dell’avviso di necessaria rinnovazione dell’istanza, ma notifichi invece l’avviso di fissazione dell’udienza di discussione.
In tale ipotesi, il giudice deciderà sul ricorso solo se, anche in udienza, una delle parti dichiarerà di avervi interesse; se ciò non accadrà, il presidente del collegio dichiarerà la perenzione del ricorso.
Articolo 59
(Disposizioni transitorie)
TESTO approvato dalla Camera dei deputati |
TESTO modificato dal Senato della Repubblica |
Art. 37. (Disposizioni transitorie). |
Art. 59. (Disposizioni transitorie). |
1. Fatto salvo quanto previsto dai commi successivi, le disposizioni della presente legge che modificano il codice di procedura civile e le disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile si applicano ai giudizi instaurati dopo la data della sua entrata in vigore. |
1. Identico. |
2. Ai giudizi pendenti in primo grado alla data di entrata in vigore della presente legge si applicano gli articoli 132, 345 e 616 del codice di procedura civile e l'articolo 118 delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile, come modificati dalla presente legge. |
2. Identico. |
3. Le disposizioni di cui ai commi quinto e sesto dell'articolo 155 del codice di procedura civile si applicano anche ai procedimenti pendenti alla data del 1o marzo 2006. |
3. Identico. |
|
4. La trascrizione della domanda giudiziale, del pignoramento immobiliare e del sequestro conservativo sugli immobili eseguita venti anni prima dell'entrata in vigore della presente legge o in un momento ancora anteriore conserva il suo effetto se rinnovata ai sensi degli articoli 2668-bis e 2668-ter del codice civile entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. |
|
5. Le disposizioni di cui all'articolo 48 si applicano alle controversie nelle quali il provvedimento impugnato con il ricorso per cassazione è stato pubblicato ovvero, nei casi in cui non sia prevista la pubblicazione, depositato successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge. |
L’articolo 59, modificato dal Senato, reca alcune disposizioni transitorie relative alle modifiche apportate dal disegno di legge al rito civile.
In particolare, il comma 1 pone la regola generale in base alla quale le modifiche apportate al codice di procedura civile e alle norme di attuazione dello stesso dal disegno di legge si applicano solo ai giudizi instaurati dopo l’entrata in vigore della riforma.
Il comma 2 introduce una eccezione alla suddetta regola, individuando alcune disposizioni riformate che dovranno essere applicate anche ai giudizi pendenti in primo grado alla data di entrata in vigore del disegno di legge. Si tratta:
- dell’art. 132 del codice di procedura, relativo al contenuto della sentenza, come modificato dall’articolo 46, comma 18, del disegno di legge (v. sopra);
- dell’art. 345 del codice di procedura, relativo alla produzione di nuovi documenti in appello, come modificato dall’47, comma 18, del disegno di legge (v. sopra);
- dell’art. 616 del codice di procedura, come modificato dall’articolo 50, comma 2, del disegno di legge che, in particolare, ha escluso la non impugnabilità della sentenza che decide l'opposizione all'esecuzione (v. sopra);
- dell’art. 118 delle disposizioni di attuazione del codice di rito, sempre in tema di contenuto della sentenza, come modificato dall'art. 53, comma 5, del disegno di legge (v. sopra).
Il comma 3 interviene per estendere anche ai procedimenti pendenti alla data del 1° marzo 2006 l’applicazione della riforma operata nel 2005 attraverso la novella dei commi quinto e sesto dell'art. 155 c.p.c. in tema di computo dei termini.
Tali disposizioni stabiliscono che i termini per il compimento di atti processuali svolti fuori dall'udienza, che scadono nella giornata di sabato, sono prorogati di diritto al primo giorno seguente non festivo. Resta fermo il regolare svolgimento delle udienze e di ogni altra attività giudiziaria, anche svolta da ausiliari, nella giornata del sabato, che ad ogni effetto è considerata lavorativa.
Si tratta di norme introdotte dalla legge 28 dicembre 2005, n. 263[223] ed entrate in vigore il 1° marzo 2006 che, attualmente, si applicano ai soli procedimenti instaurati successivamente a tale data (ai sensi dell'art. 2, comma 4, della suddetta legge 263/2005, come modificato dall'art. 39-quater del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 273[224]).
Il comma 4, introdotto dal Senato, prevede che entro 12 mesi dall’entrata in vigore della riforma debbano essere rinnovate le trascrizioni della domanda giudiziale, del pignoramento immobiliare e del sequestro conservativo sugli immobili (nelle forme previste dall’art. 63 del disegno di legge, cui si rinvia), che siano state eseguite oltre vent’anni prima. Se non si procederà in tal senso, tali trascrizioni perderanno efficacia.
Il comma 5, anch’esso introdotto dal Senato, prevede che le disposizioni che introducono un filtro per il ricorso in Cassazione (di cui all’articolo 48 del disegno di legge, cui si rinvia) si applichino anche alle controversie nelle quali il provvedimento avverso il quale si ricorre sia stato pubblicato o depositato dopo l’entrata in vigore della riforma.
Articolo 60
(Decisione delle questioni di
giurisdizione)
TESTO approvato dalla Camera dei deputati |
TESTO modificato dal Senato della Repubblica |
Art. 38. (Decisione delle questioni di giurisdizione). |
Art. 60. (Decisione delle questioni di giurisdizione). |
1. Il giudice che, in materia civile, amministrativa, contabile, tributaria o di giudici speciali, dichiara il proprio difetto di giurisdizione indica altresì, se esistente, il giudice nazionale che ritiene munito di giurisdizione. La pronuncia sulla giurisdizione resa dalle sezioni unite della Corte di cassazione è vincolante per ogni giudice e per le parti anche in altro processo. |
Identico. |
2. Se, entro il termine perentorio di tre mesi dal passaggio in giudicato della pronuncia di cui al comma 1, la domanda è riproposta al giudice ivi indicato, nel successivo processo le parti restano vincolate a tale indicazione e sono fatti salvi gli effetti sostanziali e processuali che la domanda avrebbe prodotto se il giudice di cui è stata dichiarata la giurisdizione fosse stato adito fin dall'instaurazione del primo giudizio, ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute. Ai fini del presente comma la domanda si ripropone con le modalità e secondo le forme previste per il giudizio davanti al giudice adito in relazione al rito applicabile. |
|
3. Se sulla questione di giurisdizione non si sono già pronunciate, nel processo, le sezioni unite della Corte di cassazione, il giudice davanti al quale la causa è riassunta può sollevare d'ufficio, con ordinanza, tale questione davanti alle medesime sezioni unite della Corte di cassazione, fino alla prima udienza fissata per la trattazione del merito. Restano ferme le disposizioni sul regolamento preventivo di giurisdizione. |
|
4. L'inosservanza dei termini fissati ai sensi del presente articolo per la riassunzione o per la prosecuzione del giudizio comporta l'estinzione del processo, che è dichiarata anche d'ufficio alla prima udienza, e impedisce la conservazione degli effetti sostanziali e processuali della domanda. |
|
5. In ogni caso di riproposizione della domanda davanti al giudice di cui al comma 1, le prove raccolte nel processo davanti al giudice privo di giurisdizione possono essere valutate come argomenti di prova. |
|
L'articolo 60, non modificato nel corso dell’esame in Senato, detta disposizioni in materia di risoluzione delle questioni di giurisdizione, volte a conservare gli effetti sostanziali e processuali della domanda rivolta ad un giudice privo di giurisdizione, quando il processo sia poi proseguito davanti al giudice munito di giurisdizione.
A tal proposito si ricorda preliminarmente che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 77 del 2007, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 30 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 (Istituzione dei tribunali amministrativi regionali), nella parte in cui non prevede che gli effetti, sostanziali e processuali, prodotti dalla domanda proposta a giudice privo di giurisdizione si conservino, a seguito di declinatoria di giurisdizione, nel processo proseguito davanti al giudice munito di giurisdizione.
Secondo la Corte, l’ordinamento riconosce l'esistenza di una pluralità di giudici ma la riconosce affinché venga assicurata, sulla base di distinte competenze, una più adeguata risposta alla domanda di giustizia, e non già affinché sia compromessa la possibilità stessa che a tale domanda venga data risposta.
La regola della incomunicabilità tra giudizi diversi non è compatibile con l’effettività del diritto alla tutela giurisdizionale, tanto più in un sistema caratterizzato da un riparto delle competenze complesso ed articolato; essa va quindi espunta dall’ordinamento.
Il giudice delle leggi ha ritenuto che il divieto della translatio iudicii tra i giudici delle diverse giurisdizioni sia implicito nel sistema e si ricavi a contrario dalla previsione della translatio con esplicito e esclusivo riferimento alla competenza: di qui l’impossibilità di risolvere in via ermeneutica la questione di costituzionalità, che peraltro il giudice a quo aveva sollevato con riferimento non tanto all’assenza di un meccanismo processuale che consentisse la prosecuzione del processo davanti ad altro giudice fornito di giurisdizione, bensì all’impossibilità di conservare gli effetti della domanda proposta davanti ad un giudice privo di giurisdizione.
I giudici costituzionali hanno ravvisato l’urgente necessità di una disciplina legislativa che colmi la lacuna creata nell’ordinamento processuale dall’accoglimento della questione ed evidenziato la discrezionalità di cui il legislatore – fermo il principio della conservazione degli effetti della domanda proposta a giudice privo di giurisdizione nel giudizio ritualmente riattivato – dispone nel regolare sia il meccanismo della riassunzione (quanto alla forma dell’atto, al termine di decadenza, alle modalità di notifica e/o di deposito, all’eventuale integrazione del contributo unificato, ecc.) sia gli effetti della decisione declinatoria della giurisdizione.
Nelle more, la Corte ha invitato i giudici comuni a dare attuazione al principio della conservazione degli effetti della domanda nel processo riassunto utilizzando gli strumenti ermeneutici di integrazione del diritto.
In particolare, il comma 1 impone ai giudici che – investiti di una questione civile, amministrativa, contabile, tributaria o attribuita a giurisdizioni speciali – dichiarano il proprio difetto di giurisdizione, di indicare altresì il giudice nazionale che ritengono munito di giurisdizione. Se la pronuncia sulla giurisdizione è resa dalle sezioni unite della Cassazione, questa è vincolante per ogni giudice e per le parti anche in altro processo.
Ai sensi del comma 2, se entro tre mesi dal passaggio in giudicato della pronuncia sulla giurisdizione di cui al comma 1, la domanda è riproposta davanti al giudice che è stato indicato, sono fatti salvi gli effetti sostanziali e processuali della domanda originaria, ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute. La domanda dovrà essere riproposta con le modalità previste per il giudizio davanti al giudice adito, in relazione al rito applicabile.
Il comma 3 dispone che se sulla questione di giurisdizione non si sono già pronunciate le sezioni unite della Corte di cassazione, il giudice davanti al quale la causa è riassunta ha tempo, fino alla prima udienza fissata per la trattazione del merito, per sollevare d'ufficio, con ordinanza, tale questione davanti alle Sezioni unite. La disposizione fa salve le disposizioni sul regolamento preventivo di giurisdizione.
Lo scopo del regolamento preventivo di giurisdizione, previsto dall’art. 41 del codice di procedura civile è evitare che il processo si svolga inutilmente davanti ad un giudice privo di giurisdizione, facendo pronunciare direttamente le Sezioni unite della Cassazione (alle quali spetterebbe in sede di impugnativa ordinaria, comunque, l’ultima parola sulla sussistenza della giurisdizione), in modo definitivo e vincolante. Il primo comma dell’art. 41 dispone, infatti, che finché la causa non è decisa nel merito in primo grado, ciascuna parte può chiedere alle sezioni unite della Cassazione che risolvano le questioni di giurisdizione (ovvero stabiliscano se la giurisdizione appartiene al giudice ordinario, al giudice amministrativo, al giudice contabile, militare, tributario o delle acque pubbliche). L'istanza si propone con ricorso e determina la sospensione del processo.
Il secondo comma prevede che la pubblica amministrazione che non è parte in causa possa chiedere, in ogni stato e grado del processo, che sia dichiarato dalle sezioni unite il difetto di giurisdizione del giudice ordinario a causa dei poteri attribuiti dalla legge all'amministrazione stessa, finché la giurisdizione non sia stata affermata con sentenza passata in giudicato.
Ai sensi del comma 4, l'inosservanza dei termini fissati per la riassunzione o per la prosecuzione del giudizio:
- comporta l'estinzione del processo, che è dichiarata anche d'ufficio alla prima udienza, e
- impedisce la conservazione degli effetti sostanziali e processuali della domanda.
Infine, in ogni caso di riproposizione della domanda davanti al giudice indicato come munito di giurisdizione, le prove raccolte nel processo davanti al giudice privo di giurisdizione potranno essere valutate come argomenti di prova (comma 5).
Si ricorda che, nell’ambito del rito civile, per prove (art. 115 c.p.c.) si intendono tutte le materiali manifestazioni dei fatti, di solito formatesi fuori e prima del processo (prove precostituite), nonché tutti i procedimenti istruttori tesi ad acquisirne la conoscenza formati in occasione o all’interno del processo (prove costituende o semplici) nonché i loro risultati.
Gli argomenti di prova (art. 116 c.p.c.) non sono prove in senso pieno, ma indizi, circostanze comunemente equiparate alle presunzioni semplici quanto ad efficacia. Peraltro, la giurisprudenza è possibilista sul se il giudice possa decidere fondandosi solo su argomenti di prova.
Articolo 61
(Delega al Governo in materia di
mediazione e di conciliazione
delle controversie civili e commerciali)
TESTO approvato dalla Camera dei deputati |
TESTO modificato dal Senato della Repubblica |
Art. 39. (Delega al Governo in materia di mediazione e di conciliazione delle controversie civili e commerciali). |
Art. 61. (Delega al Governo in materia di mediazione e di conciliazione delle controversie civili e commerciali). |
1. Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi in materia di mediazione e di conciliazione in ambito civile e commerciale. |
1. Identico. |
2. La riforma adottata ai sensi del comma 1, nel rispetto e in coerenza con la normativa comunitaria e in conformità ai princìpi e criteri direttivi di cui al comma 3, realizza il necessario coordinamento con le altre disposizioni vigenti. I decreti legislativi previsti dal comma 1 sono adottati su proposta del Ministro della giustizia e successivamente trasmessi alle Camere, ai fini dell'espressione dei pareri da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per le conseguenze di carattere finanziario, che sono resi entro il termine di trenta giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale i decreti sono emanati anche in mancanza dei pareri. Qualora detto termine venga a scadere nei trenta giorni antecedenti allo spirare del termine previsto dal comma 1 o successivamente, la scadenza di quest'ultimo è prorogata di sessanta giorni. |
2. Identico. |
3. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi: |
3. Identico: |
a) prevedere che la mediazione, finalizzata alla conciliazione, abbia per oggetto controversie su diritti disponibili, senza precludere l'accesso alla giustizia; |
a) identica; |
b) prevedere che la mediazione sia svolta da organismi professionali e indipendenti, stabilmente destinati all'erogazione del servizio di conciliazione; |
b) identica; |
c) disciplinare la mediazione, nel rispetto della normativa comunitaria, anche attraverso l'estensione delle disposizioni di cui al decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, e in ogni caso attraverso l'istituzione, presso il Ministero della giustizia, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, di un Registro degli organismi di conciliazione, di seguito denominato «Registro», vigilati dal medesimo Ministero, fermo restando il diritto delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura che hanno costituito organismi di conciliazione ai sensi dell'articolo 2 della legge 29 dicembre 1993, n. 580, ad ottenere l'iscrizione di tali organismi nel medesimo Registro; |
c) identica; |
d) prevedere che i requisiti per l'iscrizione nel Registro e per la sua conservazione siano stabiliti con decreto del Ministro della giustizia; |
d) identica; |
e) prevedere la possibilità, per i consigli degli ordini degli avvocati, di istituire, presso i tribunali, organismi di conciliazione che, per il loro funzionamento, si avvalgono del personale degli stessi consigli; |
e) identica; |
f) prevedere che gli organismi di conciliazione istituiti presso i tribunali siano iscritti di diritto nel Registro; |
f) identica; |
g) prevedere, per le controversie in particolari materie, la facoltà di istituire organismi di conciliazione presso i consigli degli ordini professionali; |
g) identica; |
h) prevedere che gli organismi di conciliazione di cui alla lettera g) siano iscritti di diritto nel Registro; |
h) identica; |
i) prevedere che gli organismi di conciliazione iscritti nel Registro possano svolgere il servizio di mediazione anche attraverso procedure telematiche; |
i) identica; |
l) per le controversie in particolari materie, prevedere la facoltà del conciliatore di avvalersi di esperti, iscritti nell'albo dei consulenti e dei periti presso i tribunali, i cui compensi sono previsti dai decreti legislativi attuativi della delega di cui al comma 1 anche con riferimento a quelli stabiliti per le consulenze e per le perizie giudiziali; |
l) identica; |
m) prevedere che le indennità spettanti ai conciliatori, da porre a carico delle parti, siano stabilite, anche con atto regolamentare, in misura maggiore per il caso in cui sia stata raggiunta la conciliazione tra le parti; |
m) identica; |
n) prevedere il dovere dell'avvocato di informare il cliente, prima dell'instaurazione del giudizio, della possibilità di avvalersi dell'istituto della conciliazione nonché di ricorrere agli organismi di conciliazione; |
n) identica; |
o) prevedere, a favore delle parti, forme di agevolazione di carattere fiscale, assicurando, al contempo, l'invarianza del gettito attraverso gli introiti derivanti al Ministero della giustizia, a decorrere dall'anno precedente l'introduzione della norma e successivamente con cadenza annuale, dal Fondo unico giustizia di cui all'articolo 2 del decreto-legge 16 settembre 2008, n. 143; |
o) prevedere, a favore delle parti, forme di agevolazione di carattere fiscale, assicurando, al contempo, l'invarianza del gettito attraverso gli introiti derivanti al Ministero della giustizia, a decorrere dall'anno precedente l'introduzione della norma e successivamente con cadenza annuale, dal Fondo unico giustizia di cui all'articolo 2 del decreto-legge 16 settembre 2008, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 novembre 2008, n. 181; |
p) prevedere, nei casi in cui il provvedimento che chiude il processo corrisponda interamente al contenuto dell'accordo proposto in sede di procedimento di conciliazione, che il giudice possa escludere la ripetizione delle spese sostenute dal vincitore che ha rifiutato l'accordo successivamente alla proposta dello stesso, condannandolo altresì, e nella stessa misura, al rimborso delle spese sostenute dal soccombente, salvo quanto previsto dagli articoli 92 e 96 del codice di procedura civile, e, inoltre, che possa condannare il vincitore al pagamento di un'ulteriore somma a titolo di contributo unificato ai sensi dell'articolo 9 (L) del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115; |
p) identica; |
q) prevedere che il procedimento di conciliazione non possa avere una durata eccedente i quattro mesi; |
q) identica; |
|
r) prevedere, nel rispetto del codice deontologico, un regime di incompatibilità tale da garantire la neutralità, l'indipendenza e l'imparzialità del conciliatore nello svolgimento delle sue funzioni; |
r) prevedere che il verbale di conciliazione abbia efficacia esecutiva per l'espropriazione forzata, per l'esecuzione in forma specifica e costituisca titolo per l'iscrizione di ipoteca giudiziale. |
s) identica. |
L'articolo 61 delega il Governo ad adottare, entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi in materia di mediazione e di conciliazione in ambito civile e commerciale (comma 1).
In estrema sintesi, la conciliazione, avente per oggetto diritti disponibili e non preclusiva all’azione ordinaria, dovrà essere affidata ad organismi professionali ed indipendenti, iscritti in un apposito registro tenuto dal Ministero della Giustizia.
Analiticamente, i principi e criteri direttivi cui dovrà attenersi il Governo nell’esercizio della delega sono previsti dal comma 3. In primo luogo la delega prevede che nel disciplinare la mediazione il Governo possa estendere le disposizioni sulla conciliazione in materia societaria già previste dal decreto legislativo n. 5 del 2003[225] (lett. c).
Si ricorda che il decreto legislativo n. 5/2003 dedica il Titolo VI alla conciliazione stragiudiziale. Ai sensi dell'art. 38, gli enti pubblici o privati, che diano garanzie di serietà ed efficienza, sono abilitati a costituire organismi deputati, su istanza della parte interessata, a gestire un tentativo di conciliazione delle controversie nelle materie oggetto del decreto.
Tali organismi debbono essere iscritti in un apposito registro tenuto presso il Ministero della giustizia. Il Ministro della giustizia determina i criteri e le modalità di iscrizione nel registro. Con lo stesso decreto sono disciplinate altresì la formazione dell'elenco e la sua revisione, l'iscrizione, la sospensione e la cancellazione degli iscritti.
Le camere di commercio che hanno costituito organismi di conciliazione ai sensi dell'art. 2 della suddetta legge 580/1993, hanno diritto ad ottenere l'iscrizione di tali organismi nel registro. L'organismo di conciliazione, unitamente alla domanda di iscrizione nel registro, deposita presso il Ministero della giustizia il proprio regolamento di procedura e comunica successivamente le eventuali variazioni. Al regolamento debbono essere allegate le tabelle delle indennità spettanti agli organismi di conciliazione costituiti da enti privati, proposte per l'approvazione a norma dell'art. 39.
L'art. 39 prevede che tutti gli atti, documenti e provvedimenti relativi al procedimento di conciliazione sono esenti dall'imposta di bollo e da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura. Il verbale di conciliazione è esente dall'imposta di registro entro il limite di valore di venticinquemila euro. Con regolamento del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono stabiliti l'ammontare minimo e massimo delle indennità spettanti agli organismi di conciliazione costituiti da enti pubblici e il criterio di calcolo, nonché i criteri per l'approvazione delle tabelle delle indennità proposte dagli organismi costituiti da enti privati. L'ammontare dell'indennità può essere rideterminato ogni tre anni in relazione alla variazione, accertata dall'Istituto nazionale di statistica, dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati verificatasi nel triennio precedente. Le tabelle delle indennità debbono essere allegate al regolamento di procedura.
L'art. 40 disciplina il procedimento di conciliazione. I regolamenti di procedura debbono prevedere la riservatezza del procedimento e modalità di nomina del conciliatore che ne garantiscano l'imparzialità e l'idoneità al corretto e sollecito espletamento dell'incarico. Se entrambe le parti lo richiedono, il procedimento di conciliazione, ove non sia raggiunto l'accordo, si conclude con una proposta del conciliatore rispetto alla quale ciascuna delle parti, se la conciliazione non ha luogo, indica la propria definitiva posizione ovvero le condizioni alle quali è disposta a conciliare. Di tali posizioni il conciliatore dà atto in apposito verbale di fallita conciliazione, del quale viene rilasciata copia alle parti che la richiedano. Il conciliatore dà altresì atto, con apposito verbale, della mancata adesione di una parte all'esperimento del tentativo di conciliazione. Le dichiarazioni rese dalle parti nel corso del procedimento non possono essere utilizzate nel giudizio promosso a seguito dell'insuccesso del tentativo di conciliazione, nè possono essere oggetto di prova testimoniale. Dal momento della comunicazione alle altre parti con mezzo idoneo a dimostrare l'avvenuta ricezione, l'istanza di conciliazione proposta agli organismi istituiti a norma dell'art. 38 produce sulla prescrizione i medesimi effetti della domanda giudiziale. La decadenza è impedita, ma se il tentativo fallisce la domanda giudiziale deve essere proposta entro il medesimo termine di decadenza decorrente dal deposito del verbale presso la segreteria dell'organismo di conciliazione. La mancata comparizione di una delle parti e le posizioni assunte dinanzi al conciliatore sono valutate dal giudice nell'eventuale successivo giudizio ai fini della decisione sulle spese processuali, anche ai sensi dell'art. 96 c.p.c..
Il giudice, valutando comparativamente le posizioni assunte dalle parti e il contenuto della sentenza che definisce il processo dinanzi a lui, può escludere, in tutto o in parte, la ripetizione delle spese sostenute dal vincitore che ha rifiutato la conciliazione, e può anche condannarlo, in tutto o in parte, al rimborso delle spese sostenute dal soccombente. Qualora il contratto ovvero lo statuto della società prevedano una clausola di conciliazione e il tentativo non risulti esperito, il giudice, su istanza della parte interessata proposta nella prima difesa, dispone la sospensione del procedimento pendente davanti a lui fissando un termine di durata compresa tra trenta e sessanta giorni per il deposito dell'istanza di conciliazione davanti ad un organismo di conciliazione ovvero quello indicato dal contratto o dallo statuto. Il processo può essere riassunto dalla parte interessata se l'istanza di conciliazione non è depositata nel termine fissato. Se il tentativo non riesce, all'atto di riassunzione è allegato il verbale. In ogni caso, la causa di sospensione si intende cessata, a norma dell'art. 297, primo comma, c.p.c., decorsi sei mesi dal provvedimento di sospensione. Nel verbale conclusivo del procedimento debbono essere indicati gli estremi dell'iscrizione dell'organismo di conciliazione nel registro di cui all'art. 38. Se la conciliazione riesce è redatto separato processo verbale, sottoscritto dalle parti e dal conciliatore. Il verbale, previo accertamento della regolarità formale, è omologato con decreto del presidente del tribunale nel cui circondario ha sede l'organismo di conciliazione, e costituisce titolo esecutivo per l'espropriazione forzata, per l'esecuzione in forma specifica e per l'iscrizione di ipoteca giudiziale.
In particolare, e sostanzialmente riprendendo l’attuale disciplina della conciliazione stragiudiziale prevista per il rito societario, in relazione all’oggetto, le modalità e la durata della mediazione il Governo dovrà:
- prevedere che la mediazione, finalizzata alla conciliazione, abbia per oggetto controversie su diritti disponibili, senza precludere l'accesso alla giustizia (lett. a);
- consentire a tutti gli organismi di conciliazione iscritti nel Registro di svolgere il servizio di mediazione anche attraverso procedure telematiche (lett. i);
- prevedere che il procedimento di conciliazione non possa avere una durata eccedente i quattro mesi (lett. q);
Per quanto riguarda i soggetti abilitati a svolgere la mediazione, il Governo dovrà:
- prevedere che la mediazione sia svolta da organismi professionali e indipendenti, stabilmente destinati all'erogazione del servizio di conciliazione (lett. b);
- prevedere l'istituzione, presso il ministero della giustizia, di un Registro degli organismi di conciliazione, vigilati dallo stesso ministero (lett. c). Sarà un decreto ministeriale a stabilire i requisiti per l’iscrizione nel Registro (lett. d);
- consentire alle camere di commercio, che hanno costituito organismi di conciliazione, di ottenere l'iscrizione dei propri organismi nel Registro (lett. c);
- consentire ai consigli degli ordini degli avvocati di istituire con proprio personale, presso i tribunali, organismi di conciliazione (lett. e) e prevedere che gli stessi organismi siano iscritti di diritto nel Registro tenuto dal ministero della giustizia (lett. f);
- prevedere, per le controversie in particolari materie, la facoltà di istituire organismi di conciliazione presso i consigli degli Ordini professionali (lett. g) e che gli stessi organismi siano iscritti di diritto nel Registro tenuto dal ministero della giustizia (lett. h);
- prevedere che, per le controversie in particolari materie, il conciliatore possa avvalersi di esperti, iscritti all'albo dei consulenti e dei periti presso i tribunali (lett. l);
- garantire la neutralità, l’indipendenza e l’imparzialità del conciliatore attraverso la disciplina delle incompatibilità (lett. r, introdotta dal Senato);
In relazione ai compensi spettanti per l’attività di mediazione, il Governo dovrà:
- disciplinare i compensi degli esperti anche con riferimento a quelli stabiliti per le consulenze e per le perizie giudiziali (lett. l);
- disciplinare le indennità spettanti ai conciliatori – anche con fonte secondaria - facendo sì che le indennità a carico delle parti possano essere maggiorate in caso di esito positivo della conciliazione (lett. m);
Per incentivare il ricorso alla mediazione (e dunque disincentivare il ricorso al processo), il Governo dovrà:
- affermare il dovere per l’avvocato di informare il cliente prima dell'instaurazione del giudizio della possibilità di avvalersi dell'istituto della conciliazione, nonché di ricorrere agli organismi di conciliazione (lett. n);
- prevedere, a favore delle parti, forme di agevolazione di carattere fiscale (lett. o). Peraltro, tali misure non dovranno pesare sul gettito (del quale deve essere assicurata l’invarianza) e potranno essere “coperte” attraverso il Fondo unico giustizia. Se il Governo riproporrà le soluzioni adottate nell’ambito del rito societario, le imposte su cui agirà saranno quelle di registro e bollo;
- prevedere, per l’ipotesi in cui il provvedimento che chiude il processo corrisponda interamente al contenuto dell'accordo proposto in sede di conciliazione, che il giudice possa escludere la ripetizione delle spese sostenute dal vincitore che aveva rifiutato l'accordo, condannandolo altresì al rimborso delle spese sostenute dal soccombente (lett. p);
- nelle stesse ipotesi consentire al giudice di condannare il vincitore al pagamento di un'ulteriore somma a titolo di contributo unificato (lett. p);
- prevedere che il verbale di conciliazione abbia efficacia esecutiva per l'espropriazione forzata, per l'esecuzione in forma specifica e costituisca titolo per l'iscrizione di ipoteca giudiziale (lett. r).
Il comma 2 prevede che i decreti delegati siano adottati su proposta del Ministro della giustizia e successivamente trasmessi al Parlamento, ai fini dell'espressione dei pareri da parte delle Commissioni parlamentari. Le commissioni dovranno pronunciarsi entro 30 giorni; se tale termine scade nei trenta giorni antecedenti allo spirare del termine previsto per l’esercizio della delega, la scadenza di quest'ultimo è prorogata di sessanta giorni. Se le commissioni non rendono il parere, i decreti possono comunque essere emanati.
Articolo 62
(Disposizioni in materia di proposta di
concordato)
TESTO approvato dalla Camera dei deputati |
TESTO modificato dal Senato della Repubblica |
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Art. 62. (Disposizioni in materia di proposta di concordato). |
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1. All'articolo 125, secondo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Nel caso in cui vengano presentate più proposte o ne sopraggiunga una nuova, prima che il giudice delegato ordini la comunicazione, spetta al comitato dei creditori scegliere quale delle proposte concorrenti debba essere sottoposta all'approvazione dei creditori. Si applica l'articolo 41, quarto comma». |
L’articolo 62, introdotto presso l’altro ramo del Parlamento, interviene in materia di concordato fallimentare.
L’istituto del concordato fallimentare mira al soddisfacimento dei creditori al di fuori della procedura liquidativa. La disciplina di tale istituto, contenuta negli articoli 124 ss. della legge fallimentare (r.d. 16 marzo 1942, n. 267), è stata ampiamente modificata dal decreto legislativo d.Lgs. 9 gennaio 2006 n. 5 (recante la riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali); su di essa è intervenuto, da ultimo, anche il decreto correttivo 12 settembre 2007, n. 169.
In base all’art. 124 l.f., la proposta di concordato (il cui contenuto è disciplinato dalla medesima disposizione) può essere presentata da uno o più creditori o da un terzo, anche prima del decreto che rende esecutivo lo stato passivo; il fallito (o società cui egli partecipi o sottoposte a comune controllo) può presentare la proposta solo dopo il decorso di un anno dalla dichiarazione di fallimento e purché non siano decorsi due anni dal decreto che rende esecutivo lo stato passivo. L’art. 125 l.f. prevede che la proposta di concordato sia presentata con ricorso al giudice delegato, il quale chiede il parere del curatore e, successivamente, acquisito il parere favorevole del comitato dei creditori e valutata la ritualità della proposta, ordina che la stessa, unitamente al parere del curatore e del comitato dei creditori venga comunicata ai creditori. Il giudice delegato fissa inoltre un termine non inferiore a venti giorni né superiore a trenta, entro il quale i creditori devono far pervenire nella cancelleria del tribunale eventuali dichiarazioni di dissenso. La disposizione prevede inoltre sottoposizione al giudizio del tribunale se la proposta contiene condizioni differenziate per singole classi di creditori (al fine della verifica del corretto utilizzo dei criteri di cui all'articolo 124), nonché, nel caso la società fallita abbia emesso obbligazioni o strumenti finanziari oggetto della proposta di concordato, l’invio della comunicazione agli organi che hanno il potere di convocare le rispettive assemblee, affinché possano esprimere il loro eventuale dissenso. I creditori votano la proposta di concordato con le modalità e le maggioranza previste dagli articoli 127 e 128 .l.f. In caso di approvazione si apre il giudizio di omologazione innanzi al tribunale, che decide con sentenza impugnabile. In base agli articoli 137 e 138 l.f., il concordato può essere risolto o annullato con conseguente riapertura del fallimento.
La disposizione in esame novella il secondo comma dell’articolo 125 l.f., introducendo due periodi aggiuntivi. Le norme introdotte sono volte a regolare il caso della presentazione di più proposte di concordato o di sopravvenienza di una nuova proposta. In tale ipotesi, prima che il giudice delegato ordini la comunicazione, viene attribuita alla competenza del comitato dei creditori la scelta della proposta che deve essere sottoposta all'approvazione dei creditori. La novella fa salva l’applicazione dell’articolo 41, quarto comma, l.f., che prevede un potere sostitutivo del giudice delegato, in caso di inerzia, di impossibilità di costituzione per insufficienza di numero o indisponibilità dei creditori, o di funzionamento del comitato, nonché in caso di urgenza.
Articolo 63
(Efficacia della trascrizione della
domanda giudiziale, del pignoramento immobiliare e del sequestro conservativo
sugli immobili)
TESTO approvato dalla Camera dei deputati |
TESTO modificato dal Senato della Repubblica |
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Art. 63. (Efficacia della trascrizione della domanda giudiziale, del pignoramento immobiliare e del sequestro conservativo sugli immobili). |
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1. Dopo l'articolo 2668 del codice civile, sono inseriti i seguenti: |
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«Art. 2668-bis. - (Durata dell'efficacia della trascrizione della domanda giudiziale). - La trascrizione della domanda giudiziale conserva il suo effetto per venti anni dalla sua data. L'effetto cessa se la trascrizione non è rinnovata prima che scada detto termine. |
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Per ottenere la rinnovazione si presenta al conservatore una nota in doppio originale conforme a quella della precedente trascrizione, in cui si dichiara che si intende rinnovare la trascrizione originaria. |
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In luogo del titolo si può presentare la nota precedente. |
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Il conservatore deve osservare le disposizioni dell'articolo 2664. |
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Se al tempo della rinnovazione gli immobili a cui si riferisce il titolo risultano dai registri delle trascrizioni passati agli eredi o aventi causa di colui contro il quale venne eseguita la formalità, la rinnovazione deve essere fatta anche nei confronti degli eredi o aventi causa e la nota deve contenere le indicazioni stabilite dall'articolo 2659, se queste risultano dai registri medesimi. |
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Art. 2668-ter. - (Durata dell'efficacia della trascrizione del pignoramento immobiliare e del sequestro conservativo sugli immobili). - Le disposizioni di cui all'articolo 2668-bis si applicano anche nel caso di trascrizione del pignoramento immobiliare e del sequestro conservativo sugli immobili». |
L’articolo 63, introdotto dal Senato, novella il Libro VI, Titolo I, Capo I del codice civile (in materia di trascrizione di atti relativi a beni immobili), introducendo i due articoli aggiuntivi 2668-bis e 2668-ter.
L’art. 2668-bis interviene sulla durata dell’efficacia della trascrizione della domanda giudiziale, con norme che, in base all’art. 2668-ter, vengono estese anche alla durata dell’efficacia del pignoramento immobiliare e del sequestro conservativo sugli immobili.
L’articolo 2652 c.c. individua le domande giudiziali, che in quanto riferite ai diritti di cui all’art. 2643 c.c. (essenzialmente relativi a beni immobili), sono soggette a trascrizione. L’articolo 2653 c.c. indica le altre domande soggette a trascrizione. In via generale, la trascrizione della domanda giudiziale mira a risolvere conflitti di diritto sostanziale tra più acquirenti dello stesso dante causa, consentendo all’attore che esercita una pretesa avente ad oggetto diritti immobiliari di rendere opponibile la sentenza a anche a coloro che sono divenuti successori a titolo particolare del convenuto nelle more del giudizio. La trascrizione della domanda ha una funzione di prenotazione degli effetti sentenza, che pertanto retroagiscono al momento della domanda.
La durata degli effetti della trascrizione della domanda giudiziale viene fissata in venti anni, salva la possibilità di prolungarne gli effetti procedendo a rinnovare la trascrizione medesima.
La stessa disposizione, ai commi secondo, terzo e quarto, disciplina il procedimento per ottenere la rinnovazione:
§ presentazione al conservatore di una nota in doppio originale conforme a quella della precedente trascrizione, in cui si dichiara che si intende rinnovare la trascrizione originaria;
§ possibilità di presentare in luogo del titolo la nota precedente;
§ applicazione da parte del conservatore delle disposizioni di cui all’art. 2664 c.c. (relativo alla conservazione dei titoli, nonché alla trascrizione e restituzione della nota).
In generale, la procedura per la trascrizione è fissata dagli articoli 2657 ss. c.c. Il contenuto della nota di trascrizione è indicato nell’art. 2659 c.c.
Infine, il quinto comma del nuovo articolo 2668-bis disciplina il caso di trasferimento inter vivos o mortis causa degli immobili cui si riferisce il titolo, risultante al tempo della rinnovazione dai registri delle trascrizioni. In tale ipotesi, la rinnovazione deve essere fatta anche nei confronti degli eredi o aventi causa e la nota deve contenere le indicazioni stabilite dall'articolo 2659, se queste risultano dai registri medesimi.
Si ricorda, infine, che l’articolo 59, comma 4, del disegno di legge (su cui supra) reca la norma transitoria relativa alla rinnovazione entro dodici mesi dall’ entrata in vigore del provvedimento delle trascrizioni eseguite vent’anni prima di tale data.
Articolo 64
(Disposizioni in materia di annotazione
nei pubblici
registri immobiliari)
TESTO approvato dalla Camera dei deputati |
TESTO modificato dal Senato della Repubblica |
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Art. 64. (Disposizioni in materia di annotazione nei pubblici registri immobiliari). |
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1. Dopo l'articolo 19 della legge 27 febbraio 1985, n. 52, è inserito il seguente: |
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«Art. 19-bis. - 1. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 61 del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, le annotazioni nei pubblici registri immobiliari relative a trascrizioni, iscrizioni e annotazioni sono eseguite, a tutti gli effetti di legge, mediante l'inserimento dei dati relativi alle domande di annotazione negli archivi informatici delle conservatorie dei registri immobiliari. |
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2. L'archivio di cui al comma 1 contiene l'elenco delle relative annotazioni, con l'indicazione, per ciascuna di esse, della natura, della data e del numero del registro particolare delle annotazioni. |
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3. Le ispezioni e le certificazioni ipotecarie riportano, per ciascuna formalità, l'elenco delle relative annotazioni, con l'indicazione per ciascuna di esse della natura, della data e del numero del registro particolare delle annotazioni. |
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4. Le annotazioni relative a trascrizioni, iscrizioni e annotazioni cartacee non presenti negli archivi informatici delle conservatorie dei registri immobiliari sono eseguite secondo le modalità previste dall'articolo 19, secondo comma. |
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5. L'Agenzia del territorio provvede all'assolvimento dei nuovi compiti derivanti dall'attuazione del presente articolo con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica». |
L’articolo 64, introdotto al Senato, novella la legge n. 52 del 1985, inserendovi il nuovo art. 19-bis, in materia di annotazioni nei pubblici registri immobiliari.
La legge 27 febbraio 1985, n. 52, reca modifiche al libro sesto del codice civile e norme di servizio ipotecario, in riferimento alla introduzione di un sistema di elaborazione automatica nelle conservatorie dei registri immobiliari.
Si segnala, in particolare, l’art. 16 (come modificato dal d.l. n. 323 del 1996[226]), che ha previsto la meccanizzazione dei servizi delle conservatorie dei registri immobiliari mediante l'uso di elaboratori elettronici e, al secondo coma, ha demandato ad un decreto interministeriale la definizione delle procedure, i sistemi e i tempi di attuazione, prevedendo altresì ulteriori decreti interministeriali in relazione alla concreta attuazione della disposizione. L’articolo 19, al primo comma, attribuisce al conservatore il compito di tenere, oltre che i registri di cui agli articoli 2678 e 2679 del codice civile, anche gli archivi, i registri e gli elenchi di cui al decreto interministeriale previsto dal secondo comma dell'articolo 16. Il secondo comma della medesima disposizione prevede che le annotazioni previste dalla legge sono eseguite in calce alle note originali di cui all' articolo 2664 del codice civile mediante indicazione della natura, della data e del numero particolare della formalità di annotazione. L’art. 3 D.M. 30 luglio 1985 ha previsto che il conservatore, oltre ai registri di cui agli artt. 2678 e 2679 c.c., deve tenere la raccolta cronologica dei prospetti, prodotti automaticamente dal sistema e contenenti, per ciascuna nota acquisita, i dati introdotti nell’archivio magnetico, nonché gli elenchi giornalieri di tutte le operazioni effettuate via terminale nella fase di acquisizione dei dati delle note.
La nuova disposizione, al comma 1, prevede l’esecuzione delle annotazioni nei pubblici registri immobiliari relative a trascrizioni, iscrizioni e annotazioni mediante l'inserimento dei dati relativi alle domande di annotazione negli archivi informatici delle conservatorie dei registri immobiliari. Viene esplicitamente fatto salvo quanto previsto dall'articolo 61 del codice dell'amministrazione digitale (d. lgs. n. 82 del 2005).
L’art. 61 del codice dell’amministrazione digitale, in materia di delocalizzazione dei registri informatici, prevede che i pubblici registri immobiliari possono essere formati e conservati su supporti informatici in conformità alle disposizioni del presente codice, secondo le regole tecniche stabilite dall'articolo 71, nel rispetto della normativa speciale e dei princìpi stabiliti dal codice civile. In tal caso i predetti registri possono essere conservati anche in luogo diverso dall'Ufficio territoriale competente.
In base al successivo comma 2, tali archivi contengono l'elenco delle relative annotazioni, con l'indicazione, per ciascuna di esse, della natura, della data e del numero del registro particolare delle annotazioni. Le annotazioni relative a trascrizioni, iscrizioni e annotazioni cartacee non presenti negli archivi informatici delle conservatorie dei registri immobiliari sono eseguite, in base al comma 4, secondo le modalità previste dall'articolo 19, secondo comma (su cui supra)
Il comma 3 detta una disposizione relativa alle ispezioni e certificazioni ipotecarie, secondo la quale esse riportano, per ciascuna formalità, l'elenco delle relative annotazioni, con l'indicazione per ciascuna di esse della natura, della data e del numero del registro particolare delle annotazioni.
Si ricorda che l’articolo 20 della legge n. 52 del 1985, con riferimento alle ispezioni ipotecarie, prevede al terzo comma il rilascio al richiedente da parte della conservatoria dell'elenco delle formalità riguardanti il nominativo richiesto, con l'indicazione delle rispettive annotazioni eventualmente eseguite. L’articolo 22 dispone, al primo comma, che i certificati ipotecari contengano, oltre alla copia della domanda di parte, l'elenco cronologico e le copie delle relative formalità.
Il comma 5 della disposizione in commento, infine, contiene la clausola di invarianza degli oneri, in funzione della quale è disposto che l'Agenzia del territorio provvede all'assolvimento dei nuovi compiti con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.
La norma, introdotta con un emendamento approvato nel corso dell’esame al Senato, non è corredata di relazione tecnica.
In merito ai profili di quantificazione, appare opportuno che il Governo fornisca chiarimenti in merito alle modalità con le quali si intende fare fronte all’attuazione dell’articolo in esame, al fine di verificarne la compatibilità con la clausola di invarianza, recata dalla disposizione stessa.
In merito ai profili di copertura finanziaria, si richiede l’avviso del Governo in ordine all’opportunità di riferire la clausola di invarianza al più ampio aggregato della finanza pubblica, anziché al solo bilancio dello Stato, in considerazione degli enti coinvolti nell’attuazione delle disposizioni di cui all’articolo in esame.
Articolo 65
(Trasferimento presso gli uffici provinciali
delle sezioni staccate
dei servizi di pubblicità immobiliare)
TESTO approvato dalla Camera dei deputati |
TESTO modificato dal Senato della Repubblica |
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Art. 65. (Trasferimento presso gli uffici provinciali delle sezioni staccate dei servizi di pubblicità immobiliare). |
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1. Le sedi delle sezioni staccate dei servizi di pubblicità immobiliare, istituite ai sensi dell'articolo 42, comma 6, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 27 marzo 1992, n. 287, possono essere trasferite presso gli uffici provinciali dell'Agenzia del territorio da cui dipendono per competenza. Con uno o più provvedimenti del direttore dell'Agenzia del territorio, di concerto con il capo del Dipartimento per gli affari di giustizia del Ministero della giustizia, sono definite le modalità di attuazione e le date di trasferimento. |
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2. Sono in ogni caso confermate e restano nelle loro attuali sedi le sezioni staccate operanti in città sedi circondariali di tribunale. |
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3. Resta ferma, per ciascuna sezione staccata, la circoscrizione territoriale stabilita con il decreto del Ministro delle finanze 29 aprile 1972, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 269 del 14 ottobre 1972. |
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4. Dall'applicazione delle disposizioni del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato. |
L’articolo 65, introdotto nel corso dell’esame al Senato, consente, al comma 1, il trasferimento presso gli uffici provinciali dell'Agenzia del territorio delle sezioni staccate dei servizi di pubblicità immobiliare. Viene demandata ad uno o più provvedimenti del direttore dell'Agenzia del territorio, di concerto con il capo del Dipartimento per gli affari di giustizia del Ministero della giustizia, la definizione delle modalità di attuazione e delle date di trasferimento.
Le sedi delle sezioni staccate dei servizi di pubblicità immobiliare sono state istituite ai sensi dell'articolo 42, comma 6, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 27 marzo 1992, n. 287 (successivamente abrogato dall’articolo 23 del D.P.R. 26 marzo 2001, n. 107). Tale disposizione prevedeva la possibilità di istituire, con decreto del Ministro delle finanze, nei comuni non capoluoghi di provincia ove hanno sede le conservatorie dei registri immobiliari sezioni staccate degli uffici del territorio, con competenza limitata alla conservazione dei registri immobiliari.
Il comma 2 in ogni caso conferma, esplicitando che rimangono nelle sedi attuali, le sezioni staccate operanti in città sedi circondariali di tribunale.
Il comma 3 mantiene, per ciascuna sezione staccata, la circoscrizione territoriale stabilita con il decreto del Ministro delle finanze 29 aprile 1972.
Il decreto del Ministro delle finanze 29 aprile 1972 (pubblicato nella Gazz. Uff. 14 ottobre 1972, n. 269, S.O) reca l’approvazione delle norme sul riordinamento delle circoscrizioni territoriali delle Conservatorie dei registri immobiliari e disposizioni connesse, ai sensi della L. 25 luglio 1971, n. 545.
Il comma 4 contiene, infine, la clausola di invarianza degli oneri.
La relazione tecnica non considera la norma che è stata introdotta nel corso dell’esame presso il Senato.
Al riguardo, fermo restando che l’Agenzia del territorio già attualmente svolge, attraverso i suoi uffici provinciali, servizi di pubblicità immobiliare, appare opportuno che il Governo chiarisca se l’esercizio di tale funzione, con riferimento a sedi ulteriori rispetto alle attuali, in applicazione delle disposizioni in esame, possa comportare un aggravio, in termini di risorse finanziarie, umane e strumentali, a carico dell’Agenzia del territorio.
Si ricorda che l’Agenzia, pur facendo parte dell’aggregato delle pubbliche amministrazioni, non risulta posta a carico del bilancio dello Stato, trattandosi di un ente pubblico dotato di personalità giuridica e autonomia regolamentare, amministrativa, patrimoniale, organizzativa, contabile e finanziaria.
Articolo 66
(Delega al Governo in materia di atto
pubblico informatico
redatto dal notaio)
TESTO approvato dalla Camera dei deputati |
TESTO modificato dal Senato della Repubblica |
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Art. 66. (Delega al Governo in materia di atto pubblico informatico redatto dal notaio). |
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1. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, con l'osservanza dei princìpi e dei criteri direttivi di cui al comma 5, uno o più decreti legislativi in materia di ordinamento del notariato con riferimento alle procedure informatiche e telematiche per la redazione dell'atto pubblico, l'autenticazione di scrittura privata, la tenuta dei repertori e registri e la conservazione dei documenti notarili, nonché alla rettifica di errori di trascrizioni di dati degli atti notarili. |
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2. I decreti legislativi di cui al comma 1, in coerenza con la normativa comunitaria, e in conformità ai princìpi e ai criteri direttivi di cui al comma 5, realizzano il necessario coordinamento, anche formale, con le altre disposizioni vigenti. |
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3. Gli schemi dei decreti legislativi sono adottati su proposta del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, e successivamente trasmessi al Parlamento, ai fini dell'espressione dei pareri da parte delle Commissioni competenti per materia, che sono resi entro il termine di trenta giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale i decreti sono emanati anche in mancanza dei pareri. Qualora detto termine venga a scadere nei trenta giorni antecedenti allo spirare del termine previsto dal comma 1 o successivamente, la scadenza di quest'ultimo è prorogata di sessanta giorni. |
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4. Entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti di cui al presente articolo possono essere emanati uno o più decreti correttivi ed integrativi con il rispetto del procedimento di cui al comma 3. |
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5. Nell'attuazione della delega il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi: |
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a) ricorso generalizzato ai sistemi ed alle procedure informatiche, assicurando in ogni caso la certezza, sicurezza e correttezza dello svolgimento della funzione notarile, in conformità alle disposizioni di carattere generale contenute nel codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82; |
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b) attribuzione al notaio della facoltà di provvedere, mediante propria certificazione, a rettificare errori od omissioni materiali di trascrizione di dati preesistenti alla redazione dell'atto, fatti salvi i diritti dei terzi. |
L’articolo 66, introdotto dal Senato, contiene una delega al Governo in materia di ordinamento del notariato.
In particolare, il comma 1 delega il Governo a disciplinare le procedure informatiche e telematiche per:
- la redazione degli atti pubblici;
- l’autenticazione delle scritture private;
- la tenuta di repertori e registri;
- la conservazione dei documenti notarili;
- la rettifica di errori di trascrizione di dati.
A tal fine, il comma 5 individua due principi e criteri direttivi:
§ bisognerà ricorrere quanto più possibile alle procedure informatiche, in base al Codice dell'amministrazione digitale di cui al decreto legislativo n. 82 del 2005. Tali procedure dovranno però assicurare certezza, sicurezza e correttezza nello svolgimento della funzione notarile;
§ occorrerà riconoscere al notaio, in sede di redazione dell’atto, la facoltà di rettificare errori o omissioni materiali di trascrizione di dati preesistenti alla redazione dell'atto stesso, nel rispetto dei diritti dei terzi.
Peraltro, nell’emanazione dei decreti legislativi il Governo dovrà garantire il necessario coordinamento formale con le norme già in vigore (comma 2).
Quanto alla procedura di emanazione dei decreti legislativi, il disegno di legge stabilisce:
- i decreti legislativi dovranno essere emanati entro un anno dall’entrata in vigore della legge delega (comma 1);
- gli schemi saranno adottati su proposta del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione;
- le commissioni parlamentari competenti dovranno esprimere il parere entro 30 giorni dalla trasmissione degli schemi. Se tale termine scade nei trenta giorni antecedenti la scadenza della delega, o successivamente, la scadenza del termine di delega è prorogata di 60 giorni;
- se le commissioni non esprimono il parere il Governo potrà comunque emanare i decreti legislativi (comma 3);
Il comma 4 reca un’ulteriore delega per l’emanazione dei decreti legislativi correttivi da emanarsi entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti di cui al comma 1. Per l’adozione dei provvedimenti correttivi, la disposizione richiama il procedimento di cui al comma 3, senza tuttavia esplicitare il ricorso ai principi e criteri direttivi di cui al comma 5.
Articolo 67
(Semplificazione delle procedure per l'accesso al notariato)
TESTO approvato dalla Camera dei deputati |
TESTO modificato dal Senato della Repubblica |
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Art. 67. (Semplificazione delle procedure per l'accesso al notariato). |
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1. È soppressa la prova di preselezione informatica per l'ammissione al concorso per il conferimento dei posti di notaio. |
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2. Dopo la lettera b) del terzo comma dell'articolo 1 della legge 6 agosto 1926, n. 1365, è inserita la seguente: |
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«b-bis) non essere stati dichiarati non idonei in tre precedenti concorsi; l'espulsione del candidato dopo la dettatura dei temi equivale a dichiarazione di inidoneità». |
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3. Al fine dell'applicazione di quanto stabilito nel comma 2, non si tiene conto delle dichiarazioni di non idoneità rese nei concorsi banditi anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge. |
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4. La disciplina prevista dall'articolo 11 del decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 166, si applica anche ai candidati che hanno partecipato al concorso notarile indetto con decreto del direttore generale della giustizia civile 1o settembre 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4a serie speciale, n. 71 del 7 settembre 2004. Pertanto sono ammessi a sostenere le prove orali coloro che hanno conseguito in ciascuna delle tre prove scritte un punteggio minimo di trenta ed un punteggio complessivo pari o superiore a novanta e inferiore a centocinque. |
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5. I candidati di cui al comma 4 del presente articolo che risultano, all'esito degli esami orali, vincitori del concorso sono collocati in graduatoria ai sensi dell'articolo 2-bis della legge 6 agosto 1926, n. 1365. |
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6. Il comma 5 dell'articolo 5 del decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 166, è sostituito dal seguente: |
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«5. La commissione opera con tre sottocommissioni composte di cinque membri, presiedute rispettivamente dal presidente, dal vicepresidente e da uno dei magistrati di cui alla lettera c) del comma 1, scelto dal presidente». |
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7. All'articolo 10, comma 4, del decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 166, le parole: «due sottocommissioni» sono sostituite dalle seguenti: «tre sottocommissioni». |
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8. Sono abrogate le seguenti disposizioni: |
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a) i commi 6 e 7 dell'articolo 1 della legge 26 luglio 1995, n. 328; |
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b) il quarto comma dell'articolo 9 del regio decreto 14 novembre 1926, n. 1953; |
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c) la lettera c) del terzo comma dell'articolo 1 della legge 6 agosto 1926, n. 1365; |
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d) gli articoli 5-bis, 5-ter e 5-quater della legge 16 febbraio 1913, n. 89. |
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9. Il terzo comma dell'articolo 9 del regio decreto 14 novembre 1926, n. 1953, è sostituito dal seguente: |
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«Il concorso per la nomina a notaio è bandito annualmente». |
L’articolo 67, introdotto presso l’altro ramo del Parlamento, è finalizzato a semplificare le procedure per l’accesso al notariato.
Si ricorda che la materia è disciplinata dal Titolo II, Capo I della legge 16 febbraio 1913, n. 89 (recante l’Ordinamento del notariato e degli archivi notarili), nonché dalla legge 6 agosto 1926, n. 1365 (recante Norme per il conferimento dei posti notarili) e dal R.D. 14 novembre 1926, n. 1953 (recante Disposizioni sul conferimento dei posti di notaro).
Sulla materia è da ultimo intervenuto il decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 166 (recante Norme in materia di concorso notarile, pratica e tirocinio professionale, nonché in materia di coadiutori notarili in attuazione dell'articolo 7, comma 1, della legge 28 novembre 2005, n. 246), con l'obiettivo di soddisfare le esigenze di semplificazione e di adeguamento della disciplina sull'accesso al notariato, alla luce del mutato quadro complessivo di riferimento in cui oggi opera il notaio. Le principali innovazioni recate dal provvedimento riguardano: l’abbreviazione del necessario periodo di pratica (da 24 a 18 mesi), con la possibilità di anticiparne l'inizio nel corso dell'ultimo anno di università, per un periodo massimo di sei mesi; l’introduzione di un tirocinio obbligatorio dopo il superamento della prova orale; l’elevazione a cinquanta anni del limite massimo di età per partecipare al concorso; l’introduzione del diritto, una volta superata la prova preselettiva, di essere ammesso direttamente a sostenere anche le prove scritte di altri due concorsi immediatamente consecutivi, oltre quelle del concorso in atto; un più rapido espletamento delle formalità concorsuali; l’aggiornamento delle materie di esame; l’introduzione del principio della valutazione complessiva della idoneità del candidato; l’eliminazione di alcune delle principali cause di contenzioso relativo allo svolgimento del concorso.
I commi 1 e 2 della disposizione intervengono sui requisiti per la partecipazione al concorso.
Tali requisiti sono in particolare individuati dal terzo comma dell’articolo 1 della legge n. 1365 del 1926, nei seguenti:
a) i requisiti di carattere generale contemplati dall'articolo 5 della legge 16 febbraio 1913, n. 89 (tuttavia l'esercizio dell'azione penale per un reato non colposo punito con pena inferiore nel minimo a sei mesi non impedisce la partecipazione al concorso);
b) non aver compiuto gli anni cinquanta alla data del bando di concorso;
c) l’aver superato la prova di preselezione informatica.
Il comma 1 sopprime la prova di preselezione informatica per l’ammissione al concorso.
Tale prova era stata introdotta dalla legge 26 luglio 1995, n. 328, che, in tal senso aveva novellato la legge notarile nonché la legge del 1926. Il D.M. 24 febbraio 1997, n. 74, reca il regolamento di attuazione della medesima legge, sulla preselezione informatica per l'ammissione alle prove scritte del concorso per la nomina a notaio. Si ricorda che il d.Lgs. 24 aprile 2006, n. 166, novellando ulteriormente la legge notarile, ha previsto l’esonero dalla prova di preselezione informatica per coloro che hanno conseguito l’idoneità in un precedente concorso e ha disposto che il superamento della prova di preselezione informatica dà diritto all’espletamento delle prove scritte del concorso al quale si riferisce la prova e dei due successivi.
Il comma 2, novellando il sopra richiamato articolo 1 della legge del 1926, prevede, quale requisito ulteriore, l’assenza di dichiarazioni di inidoneità in tre concorsi precedenti; la disposizione equipara alla suddetta inidoneità l’espulsione del candidato dopo la dettatura dei temi.
Il comma 3 contiene una norma transitoria, volta ad escludere l’applicazione del nuovo requisito rispetto alle dichiarazioni di non idoneità rese nei concorsi antecedenti alla data di entrata in vigore della legge.
I commi 4 e 5 recano disposizioni applicabili esclusivamente ai candidati che hanno partecipato al concorso notarile indetto con decreto del direttore generale della giustizia civile 1° settembre 2004.
Il bando di concorso è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficialen. 71 del 7 settembre 2004. Con D.D.G. 13 maggio 2008 pubblicato nella G.U. n. 39 del 20 maggio 2008 sono stati nominati i vincitori dl suddetto concorso.
In particolare, il comma 4 estende ai candidati che hanno partecipato al suddetto concorso l’applicazione dell’articolo 11 del sopra richiamato d.lgs. n. 166 del 2006, prevedendo l’ammissione alle prove orali di coloro che hanno conseguito in ciascuna delle tre prove scritte un punteggio minimo di trenta ed un punteggio complessivo pari o superiore a novanta e inferiore a centocinque. Il comma 5 quindi prevede quindi il collocamento in graduatoria dei candidati di cui al comma 4 che risultano, all'esito degli esami orali, vincitori del concorso.
Il richiamato art. 11 è intervenuto in materia di correzione delle prove scritte, al fine di garantire una più completa valutazione delle capacità e della preparazione del candidato. A tal fine, la disposizione ha previsto la necessaria valutazione complessiva degli elaborati scritti da parte della commissione. Il nuovo sistema di attribuzione dei punteggi è inoltre volto ad eliminare uno dei principali motivi di ricorso, ovvero quello relativo alla posizione dei candidati che si collocavano tra il minimo sufficiente di punti (pari, complessivamente, a novanta), ed il totale di punti (pari, complessivamente, a centocinque) richiesti per l'ammissione alle prove orali. La disposizione chiarisce poi che il giudizio di idoneità risulti esclusivamente dalla attribuzione del punteggio, senza altra motivazione, allorché invece la motivazione è richiesta in caso di giudizio di non idoneità.
Il comma 6 sostituisce integralmente il comma 5 dell’articolo 5 del d.lgs. n. 166 del 2006, al fine di prevedere l’articolazione della commissione in tre sottocommissioni composte di cinque membri, presiedute rispettivamente dal presidente, dal vicepresidente e da uno dei magistrati di cui alla lettera c) del comma 1 (magistrato con qualifica di magistrato di appello), scelto dal presidente.
Si ricorda che l’art. 5, comma 1, prevede la seguente composizione della Commissione: a) un magistrato di cassazione dichiarato idoneo ad essere ulteriormente valutato ai fini della nomina alle funzioni direttive superiori, con funzioni di legittimità, che la presiede; b) un magistrato di qualifica non inferiore a quella di magistrato dichiarato idoneo ad essere ulteriormente valutato ai fini della nomina a magistrato di cassazione con funzioni di vice presidente; c) quattro magistrati con qualifica di magistrato di appello; d) tre professori universitari, ordinari o associati, che insegnino materie giuridiche; e) sei notai, anche se cessati dall'esercizio, che abbiano almeno dieci anni di anzianità nella professione. L’attuale testo dell’articolo 5, comma 5, del d.lgs. n. 166 prevede che la commissione, durante le sessioni della prova di preselezione e di correzione degli elaborati, nonché durante le prove orali, opera con la presenza di cinque membri: a) il presidente o il vice presidente; b) un magistrato con qualifica di magistrato di appello; c) un docente universitario; d) due notai.
In conseguenza della novella contenuta nel comma 6, il comma 7, modificando l’articolo 10, comma 4, del d.lgs. n. 166 del 2006, prevede l’organizzazione della commissione in tre sottocommissioni (anziché in due sottocommissioni, come nel testo attuale), ai fini della correzione degli elaborati.
L’attuale formulazione dell’articolo 10, comma 4, prevede che il presidente organizza la commissione in due sottocommissioni, nella composizione prevista dall'articolo 5, comma 5, di cui la prima presieduta da lui e la seconda dal vice presidente.
Si segnala che, al fine di coordinare la novella con il nuovo art. 5, comma 5, sarebbe più opportuno procedere alla sostituzione integrale dell’art. 10, comma 4, del D.Lgs. 166, mantenendo il richiamo alla composizione di cui all’articolo 5, comma 5, ma espungendo il riferimento alle due sottocommissioni (la prima presieduta dal presidente, la seconda dal vice presidente).
Il comma 8 reca le abrogazioni conseguenti alle nuove disposizioni e, in particolare alla soppressione della preselezione informatica.
Le disposizioni abrogate sono le seguenti:
a) i commi 6 e 7 dell'articolo 1 della legge n. 328 del 1995 (relativi, rispettivamente, all’emanazione del regolamento attuativo delle disposizioni che prevedono la preselezione informatica, e alla disciplina transitoria);
b) il quarto comma dell'articolo 9 del regio decreto 1953 del 1926, relativo alla domanda per la prova di preselezione;
c) la lettera c) del terzo comma dell'articolo 1 della legge n. 1365 del 1926, relativa al requisito del superamento della preselezione informatica per la partecipazione al concorso.
d) gli articoli 5-bis, 5-ter e 5-quater della legge notarile, che disciplinano la preselezione informatica.
Anche il comma 9 reca disposizioni conseguenti alla soppressione della preselezione informatica, attraverso una novella all’art. 9, terzo comma, del r.d. n. 1953 del 1926. Nel testo novellato, viene mantenuta la cadenza annuale del bando del concorso notarile, ma viene espunto il riferimento nel medesimo ai giorni e al luogo di svolgimento della prova di preselezione.
La relazione tecnica non considera la norma, che è stata introdotta nel corso dell’esame presso il Senato.
Al riguardo, appare opportuno che il Governo chiarisca se dalle disposizioni possano derivare oneri a carico della finanza pubblica in termini di compensi ai commissari in relazione all’aumento della partecipazione alle sedute della commissione di esame.
Si fa riferimento, in particolare, alla norma che prevede l’ammissione agli orali dei candidati esclusi sulla base della normativa ora abrogata nonché quella che impone a tutti i membri della commissione esaminatrice di partecipare a tutte le fasi del concorso. Infatti, nel primo caso, potrebbe rendersi necessaria la ricostituzione della commissione medesima mentre, nel secondo caso, la norma prevede l’operatività di tutti i membri della commissione, articolata in tre sottocommissioni, anche nella fase della correzione degli elaborati.
Articolo 68
(Misure urgenti per il recupero di somme
afferenti al bilancio della giustizia e per il contenimento e la
razionalizzazione delle
spese di giustizia)
TESTO approvato dalla Camera dei deputati |
TESTO modificato dal Senato della Repubblica |
Art. 40. (Misure urgenti per il recupero di somme afferenti al bilancio della giustizia e per il contenimento e la razionalizzazione delle spese di giustizia). |
Art. 68. (Misure urgenti per il recupero di somme afferenti al bilancio della giustizia e per il contenimento e la razionalizzazione delle spese di giustizia). |
1. All'articolo 36, secondo comma, del codice penale, le parole: «in uno o più giornali designati dal giudice» sono sostituite dalle seguenti: «nel sito internet del Ministero della giustizia. La durata della pubblicazione è stabilita dal giudice in misura non superiore a trenta giorni. In mancanza, la durata è di quindici giorni». |
1. All'articolo 36, secondo comma, del codice penale, dopo le parole: «in uno o più giornali designati dal giudice» sono aggiunte le seguenti: «e nel sito internet del Ministero della giustizia. La durata della pubblicazione nel sito è stabilita dal giudice in misura non superiore a trenta giorni. In mancanza, la durata è di quindici giorni». |
2. Al codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni: |
2. All'articolo 535 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni: |
a) all'articolo 535: |
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1) al comma 1, le parole: «relative ai reati cui la condanna si riferisce» sono soppresse; |
a) identico; |
2) il comma 2 è abrogato; |
b) identico. |
b) all'articolo 536, comma 1, le parole: «e designa il giornale o i giornali in cui deve essere inserita» sono soppresse. |
Soppressa. |
3. Al comma 4 dell'articolo 171-ter della legge 22 aprile 1941, n. 633, e successive modificazioni, la lettera b) è sostituita dalla seguente: |
Soppresso. |
«b) la pubblicazione della sentenza ai sensi dell'articolo 36, secondo comma, del codice penale». |
|
4. All'articolo 18, comma 2, del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, le parole da: «in uno o più giornali indicati dal giudice» fino alla fine del comma sono sostituite dalle seguenti: «nel sito internet del Ministero della giustizia. La sentenza è altresì pubblicata mediante affissione nel comune ove l'ente ha sede principale. La durata della pubblicazione è stabilita dal giudice in misura non superiore a trenta giorni. In mancanza, la durata è di quindici giorni». |
Soppresso. |
5. Al testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni: |
3. Identico: |
a) all'articolo 13 (L), dopo il comma 2 è inserito il seguente: |
a) identica; |
«2-bis. Per i processi dinanzi alla Corte di cassazione, oltre al contributo unificato, è dovuto un importo pari all'imposta fissa di registrazione dei provvedimenti giudiziari»; |
|
b) al comma 2 dell'articolo 52 (L), le parole: «di un quarto» sono sostituite dalle seguenti: «di un terzo»; |
b) identica; |
c) all'articolo 73 (R) è aggiunto, in fine, il seguente comma: |
c) identica; |
«2-bis. I provvedimenti della Corte di cassazione sono esenti dall'obbligo della registrazione. (L)»; |
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d) alla parte II, dopo il titolo XIV è aggiunto il seguente: |
d) identica; |
«TITOLO XIV-bis REGISTRAZIONE DEGLI ATTI GIUDIZIARI NEL PROCESSO PENALE |
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Art. 73-bis (L). - (Termini per la richiesta di registrazione). - 1. La registrazione della sentenza di condanna al risarcimento del danno prodotto da fatti costituenti reato deve essere richiesta entro cinque giorni dal passaggio in giudicato. |
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Art. 73-ter (L). - (Procedura per la registrazione degli atti giudiziari). - 1. La trasmissione della sentenza all'ufficio finanziario è curata dal funzionario addetto all'ufficio del giudice dell'esecuzione»; |
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e) all'articolo 205 (L) sono apportate le seguenti modificazioni: |
e) identico: |
1) la rubrica è sostituita dalla seguente: «Recupero intero, forfettizzato e per quota»; |
1) identico; |
2) i commi 1 e 2 sono sostituiti dai seguenti: |
2) identico: |
«1. Le spese del processo penale anticipate dall'erario sono recuperate nei confronti di ciascun condannato, senza vincolo di solidarietà, nella misura fissa stabilita con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, ai sensi dell'articolo 17, commi 3 e 4, della legge 23 agosto 1988, n. 400. L'ammontare degli importi può essere rideterminato ogni anno. |
«1. Le spese del processo penale anticipate dall'erario sono recuperate nei confronti di ciascun condannato, senza vincolo di solidarietà, nella misura fissa stabilita con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, ai sensi dell'articolo 17, commi 3 e 4, della legge 23 agosto 1988, n. 400. L'ammontare degli importi può essere rideterminato ogni anno al fine di garantire l'integrale recupero delle somme anticipate dall'erario. |
2. Il decreto di cui al comma 1 determina la misura del recupero con riferimento al grado di giudizio e al tipo di processo. Il giudice, in ragione della complessità delle indagini e degli atti compiuti, nella statuizione di condanna al pagamento delle spese processuali può disporre che gli importi siano aumentati sino al triplo. Sono recuperate per intero, oltre quelle previste dal comma 2-bis, le spese per la consulenza tecnica e per la perizia, le spese per la pubblicazione della sentenza penale di condanna e le spese per la demolizione di opere abusive e per la riduzione in pristino dei luoghi, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 32, comma 12, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326»; |
2. Identico»; |
3) sono aggiunti, in fine, i seguenti commi: |
3) identico; |
«2-quater. Gli importi di cui al comma 2-bis, nonché le spese per la consulenza tecnica e per la perizia, le spese per la pubblicazione della sentenza penale di condanna e le spese per la demolizione di opere abusive e per la riduzione in pristino dei luoghi, di cui al comma 2, sono recuperati nei confronti di ciascun condannato in misura corrispondente alla quota del debito da ciascuno dovuta in base al decreto di cui al comma 1, senza vincolo di solidarietà. |
|
2-quinquies. Il contributo unificato e l'imposta di registro prenotati a debito per l'azione civile nel processo penale sono recuperati nei confronti di ciascun condannato al risarcimento del danno in misura corrispondente alla quota del debito da ciascuno dovuta, senza vincolo di solidarietà. |
|
2-sexies. Gli oneri tributari relativi al sequestro conservativo di cui all'articolo 316 del codice di procedura penale sono recuperati nei confronti del condannato a carico del quale è stato disposto il sequestro conservativo»; |
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f) all'articolo 208 (R), il comma 1 è sostituito dal seguente: |
f) identica; |
«1. Se non diversamente stabilito in modo espresso, ai fini delle norme che seguono e di quelle cui si rinvia, l'ufficio incaricato della gestione delle attività connesse alla riscossione è così individuato: |
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a) per il processo civile, amministrativo, contabile e tributario è quello presso il magistrato, diverso dalla Corte di cassazione, il cui provvedimento è passato in giudicato o presso il magistrato il cui provvedimento è divenuto definitivo; |
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b) per il processo penale è quello presso il giudice dell'esecuzione. (L)»; |
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g) alla parte VII, titolo II, la rubrica è sostituita dalla seguente: «Disposizioni generali per le spese nel processo amministrativo, contabile e tributario»; |
g) identica; |
h) all'articolo 212 (R) sono apportate le seguenti modificazioni: |
h) identica; |
1) al comma 1, le parole: «o, per le spese di mantenimento, cessata l'espiazione della pena in istituto» sono soppresse; |
|
2) al comma 2, le parole: «o dalla cessazione dell'espiazione della pena in istituto» sono soppresse; |
|
i) il capo VI-bis del titolo II della parte VII è sostituito dal seguente titolo: |
i) identico: |
«TITOLO II-bis DISPOSIZIONI GENERALI PER SPESE DI MANTENIMENTO IN CARCERE, SPESE PROCESSUALI, PENE PECUNIARIE, SANZIONI AMMINISTRATIVE PECUNIARIE E SANZIONI PECUNIARIE PROCESSUALI NEL PROCESSO CIVILE E PENALE |
«TITOLO II-bis DISPOSIZIONI GENERALI PER SPESE DI MANTENIMENTO IN CARCERE, SPESE PROCESSUALI, PENE PECUNIARIE, SANZIONI AMMINISTRATIVE PECUNIARIE E SANZIONI PECUNIARIE PROCESSUALI NEL PROCESSO CIVILE E PENALE |
Capo I RISCOSSIONE MEDIANTE RUOLO |
Capo I RISCOSSIONE MEDIANTE RUOLO |
Art. 227-bis (L). - (Quantificazione dell'importo dovuto). - 1. La quantificazione dell'importo dovuto è effettuata secondo quanto disposto dall'articolo 211. Ad essa provvede l'ufficio ovvero, a decorrere dalla data di stipula della convenzione prevista dall'articolo 1, comma 367, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e successive modificazioni, e per i crediti ivi indicati, la società Equitalia Giustizia Spa. |
Art. 227-bis (L). - (Quantificazione dell'importo dovuto). - Identico. |
Art. 227-ter (L). - (Riscossione mediante ruolo). - 1. Entro un mese dalla data del passaggio in giudicato della sentenza o dalla data in cui è divenuto definitivo il provvedimento da cui sorge l'obbligo o, per le spese di mantenimento, cessata l'espiazione in istituto, l'ufficio ovvero, a decorrere dalla data di stipula della convenzione prevista dall'articolo 1, comma 367, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e successive modificazioni, e per i crediti ivi indicati, la società Equitalia Giustizia Spa procede all'iscrizione a ruolo. |
Art. 227-ter (L). - (Riscossione mediante ruolo). - 1. Identico. |
|
2. L'agente della riscossione procede alla riscossione spontanea a mezzo ruolo ai sensi dell'articolo 32, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46. Si applica l'articolo 25, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602. |
Art. 227-quater (L). - (Norme applicabili). - 1. Alle attività previste dal presente titolo si applicano gli articoli 214, 215, 216, 218, comma 2, e 220». |
Art. 227-quater (L). - (Norme applicabili). - Identico». |
6. Fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 205 (L), comma 1, del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, come sostituito dal presente articolo, il recupero delle spese avviene secondo le norme anteriormente vigenti. |
4. Identico. |
7. L'articolo 208, comma 1 (L), del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, come sostituito dal presente articolo, si applica ai procedimenti definiti dopo la data di entrata in vigore della presente legge. |
5. Identico. |
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6. Le disposizioni di cui all'articolo 227-ter, comma 2 (L), del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, come modificato dal presente articolo, si applicano anche ai ruoli formati tra la data di entrata in vigore del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e quella di entrata in vigore della presente legge. |
8. All'articolo 1, comma 367, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, sono apportate le seguenti modificazioni: |
7. Identico. |
a) all'alinea, dopo le parole: «conseguenti ai provvedimenti passati in giudicato o divenuti definitivi a decorrere dal 1o gennaio 2008» sono inserite le seguenti: «o relative al mantenimento in carcere per condanne, per le quali sia cessata l'espiazione della pena in istituto a decorrere dalla stessa data»; |
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b) la lettera a) è sostituita dalla seguente: |
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«a) acquisizione dei dati anagrafici del debitore e quantificazione del credito, |
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nella misura stabilita dal decreto del Ministro della giustizia adottato a norma dell'articolo 205 (L) del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, e successive modificazioni»; |
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c) la lettera b) è sostituita dalla seguente: |
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«b) iscrizione a ruolo del credito»; |
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d) la lettera c) è abrogata. |
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Le disposizioni contenute nell’articolo 68 sono volte a realizzare il contenimento delle spese di giustizia e la razionalizzazione delle procedure di riscossione delle stesse.
Il comma 1, modificato dal Senato, interviene in materia di pubblicazione delle sentenze penali di condanna, modificando l’art. 36, secondo comma, del codice penale. A seguito della novella, il giudice dovrà disporre la pubblicazione delle sentenze di condanna non più soltanto su uno o più giornali, ma anche sul sito internet del Ministero della giustizia, per un periodo non superiore a 30 giorni.
In merito, rispetto al testo approvato dalla Camera dei deputati, si segnala che il Senato ha:
- stabilito che la pubblicazione sul sito internet non è alternativa alla pubblicazione sui giornali, ma concorrente;
- soppresso il comma che estendeva tali modalità di pubblicazione alle sentenze di condanna per violazione della disciplina sul diritto d’autore (art. 40, comma 3, del testo approvato dalla Camera);
- soppresso il comma che prevedeva, anche in caso di condanna di un ente in forza del decreto legislativo n. 231 del 2001 sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, la pubblicazione della sentenza su internet (art. 40, comma 4, del testo approvato dalla Camera).
Il comma 2, lett. a), apporta alcune modifiche all’art. 535 del codice di procedura penale, in tema di condanna alle spese; si tratta di novelle che si rendono necessarie per finalità di coordinamento con le modifiche apportate alla riscossione dei crediti erariali dal disegno di legge (vedi infra, comma 3).
Il comma 3, articolato nelle lettere da a) a i), disciplina gli interventi sul Testo unico delle disposizioni in materia di spese di giustizia (DPR 30 maggio 2002, n. 115).
In particolare, la lettera a) modifica l'art. 13, che indica gli importi del contributo unificato, prevedendo che, per quanto riguarda i processi dinanzi alla Corte di cassazione, oltre al suddetto contributo, sia dovuto anche un importo pari all'imposta fissa di registrazione dei provvedimenti giudiziari (v. infra lettera c). Conseguentemente, per evitare la doppia imposizione, la lettera c) interviene sull’art. 73 del TU per escludere l’obbligo di registrazione per i provvedimenti della Corte di cassazione.
La lettera b) modifica l'art. 52, comma 2, per prevedere che se la prestazione dell'ausiliario del magistrato non è completata nel termine stabilito, per gli onorari a tempo non si tiene conto del periodo successivo alla scadenza del termine e gli altri onorari sono ridotti di un terzo (rispetto alla riduzione di un quarto attualmente prevista).
La lettera d), inserisce nel TU, dopo il Titolo XIV (Registrazione degli atti giudiziari nel processo civile e amministrativo), un nuovo Titolo XIV-bis, (Registrazione degli atti giudiziari nel processo penale) composto da due nuovi articoli. In particolare,
- l’art. 73-bis stabilisce che la registrazione della sentenza di condanna al risarcimento del danno prodotto da fatti costituenti reato debba essere chiesta entro cinque giorni dal passaggio in giudicato;
- l’art. 73-ter prevede che la trasmissione della sentenza all’ufficio finanziario sia effettuata dal funzionario addetto all'ufficio del giudice dell'esecuzione.
Le modifiche apportate dalla lettera e) attengono al cuore della disciplina del sistema di recupero delle spese di giustizia relative al processo penale, di cui all’art. 205 del Testo unico.
Attualmente, le spese del processo anticipate dall'erario sono generalmente recuperate per intero; fanno eccezione i diritti e le indennità di trasferta spettanti all'ufficiale giudiziario nonché le spese di spedizione per la notificazione degli atti a richiesta di ufficio, che sono, invece, recuperati in misura fissa.
In virtù del comma 2-bis del suddetto art. 205 sono altresì recuperate a misura fissa (stabilita in un decreto ministeriale adottato con diverse modalità):
§ le spese relative alle prestazioni obbligatorie a fini di giustizia rese dai fornitori di reti pubbliche di comunicazioni a fronte di richieste di intercettazioni (art. 96, d.lgs. n. 259 del 2003[227]);
§ le spese funzionali all'utilizzo delle prestazioni medesime.
A tale impianto normativo vengono apportate le seguenti modifiche:
· tutte le spese processuali penali anticipate dall'erario sono recuperate nei confronti di ciascun condannato, senza vincolo di solidarietà, in misura fissa, stabilita con decreto del Ministro della giustizia, di concerto col Ministro dell'economia, con riferimento al grado di giudizio e al tipo di processo. L’ammontare degli importi può essere rivisto annualmente; sulla base della modifica apportata dal Senato, ciò al fine di garantire l’effettivo integrale recupero delle somme anticipate (comma 1). Il giudice (comma 2), in ragione della complessità delle indagini e degli atti compiuti, nella statuizione di condanna al pagamento delle spese processuali può disporre che gli importi siano aumentati sino al triplo.
In deroga alla suddetta nuova regola generale, sono recuperate per intero:
- le spese per la consulenza tecnica e la perizia;
- le spese per la pubblicazione della sentenza penale di condanna,
- le spese per la demolizione di opere abusive e riduzione in pristino dei luoghi[228];
- le spese per le intercettazioni.
Si segnala il difetto di coordinamento normativo tra il testo del nuovo comma 2 dell’art. 205, ultimo periodo, (che prevede il recupero per intero delle spese previste dal comma 2-bis) e il vigente comma 2-bis, che per tali spese, prevede il recupero in misura fissa.
Al fine di evitare che residuino spese per le quali si debba procedere nei confronti di più debitori solidali, il disegno di legge stabilisce il ricorso alla riscossione pro quota, per tutte le spese per le quali il nuovo comma 2 prevede il recupero per intero (commi da 2-quater a 2-sexies). Così facendo il legislatore rimedia alla situazione attuale nella quale il vincolo di solidarietà fa sì che anche il debitore solvibile sia tentato dal sottrarsi alla procedura esecutiva, in considerazione del fatto che è tenuto a pagare l'intero, dovendo poi agire in rivalsa e con risultati quanto mai incerti, nei confronti dei condebitori in solido. La riscossione pro-quota si applica alle spese previste dal comma 2 (comma 2-quater), ma anche per il recupero del contributo unificato e dell'imposta di registro prenotati a debito per l'azione civile nel processo penale (comma 2-quinquies).
Gli oneri tributari relativi al sequestro conservativo di cui all'art. 316 c.p.p. sono invece recuperati nei confronti del condannato a carico del quale è stato disposto il sequestro conservativo (art. 2-sexies).
La lettera f) interviene sull’art. 208, comma 1, del Testo unico, in base al quale, attualmente, l'ufficio incaricato della gestione delle attività connesse alla riscossione è quello presso il magistrato - diverso dalla Corte di cassazione - il cui provvedimento è passato in giudicato o presso il magistrato il cui provvedimento è divenuto definitivo.
Il disegno di legge conferma tale previsione per quanto riguarda il processo civile, amministrativo, contabile e finanziario. Per il processo penale, invece, prevede che l'ufficio incaricato della gestione delle attività connesse alla riscossione sia quello presso il giudice dell'esecuzione.
Si avverte sin d’ora che il comma 5 dell’articolo in commento stabilisce che tale nuova procedura si applicherà solo ai procedimenti definiti dopo la data di entrata in vigore della legge.
La lettera g) interviene sul Titolo II della parte VII del testo unico per rubricarlo "Disposizioni generali per le spese nel processo amministrativo, contabile e tributario" (attualmente la rubrica è "Disposizioni generali per spese processuali, spese di mantenimento, pene pecuniarie, sanzioni amministrative pecuniarie e sanzioni pecuniarie processuali"). Ciò in relazione al fatto che il disegno di legge prevede modalità di riscossione diversificate a seconda che le spese di giustizia siano maturate in processi amministrativi, contabili e tributari (Titolo II), ovvero in giudizi civili e penali (Titolo II-bis, relativamente al quale v. infra lettera i).
La lettera h) interviene sull'art. 212 del Testo unico, per eliminarvi ogni riferimento al recupero delle spese di mantenimento in carcere, che confluiscono nel nuovo Titolo II-bis, relativo al generale recupero delle spese processuali civili e penali (v. infra lettera i).
Per completezza, si ricorda che l’art. 212 TU è oggetto di abrogazione da parte dell’art. 1, comma 372, della legge finanziaria 2008 (l. n. 244 del 2007). Tale abrogazione avrà effetto dalla data di stipula della convenzione (che non risulta ancora stipulata) con la quale il Ministero della giustizia, ai sensi dell’art. 1, comma 367, affida a Equitalia Giustizia la gestione dei crediti del Ministero sulla base del Testo unico.
Si segnala, inoltre, che l’art. 1, comma 372 della legge 244/2007 è a sua volta oggetto ad abrogazione da parte dell’art. 69, comma 1, lettera c), del disegno di legge (v. infra).
La lettera i) sostituisce il Capo VI-bis del Titolo II - Parte VII - del Testo unico[229] con il Titolo II-bis, dedicato al recupero delle spese di mantenimento in carcere, delle spese processuali, delle pene pecuniarie, delle sanzioni amministrative pecuniarie e delle sanzioni pecuniarie nel processo civile e penale. Il nuovo titolo si compone di un unico Capo ("Riscossione mediante ruolo"), che a sua volta contiene tre articoli (227-bis, 227-ter e 227-quater). In estrema sintesi, si segnalano le novità:
· l'art. 227-bis, rubricato "Quantificazione dell'importo dovuto", rinvia per la quantificazione all’art. 211 del Testo Unico[230], e dunque prevede che il funzionario addetto all'ufficio determini l'importo dovuto per spese sulla base degli atti, dei registri e delle norme che individuano la somma da recuperare, prendendo atto degli importi stabiliti nei provvedimenti giurisdizionali per le pene pecuniarie, per le sanzioni amministrative pecuniarie e per le sanzioni pecuniarie processuali, specificando le varie voci dell'importo complessivo. Il secondo periodo dell’art. 227-bis aggiunge però che a partire dalla stipula della già ricordata convenzione con Equitalia Giustizia, a tale quantificazione non provvederà più l’ufficio ma la stessa società di riscossione, Equitalia.
· All’art. 227-ter viene inserito il riferimento alle spese di mantenimento e quello al ruolo di Equitalia Giustizia; vengono contestualmente soppressi gli attuali commi 2 e 3, ai sensi dei quali l’agente della riscossione deve notificare al debitore sia l'intimazione a pagare spontaneamente (ed entro un mese) che la cartella di pagamento con l'intimazione ad adempiere entro 20 giorni dal mancato adempimento spontaneo, con l'avvertenza che in mancanza si procederà ad esecuzione forzata. Il Senato ha inoltre aggiunto un comma per stabilire che alla riscossione spontanea a mezzo ruolo si applicano le disposizioni del d.lgs n. 46 del 1999[231] (art. 32) e del DPR n. 602 del 1973[232] (art. 25).
· Il nuovo art. 227-quater rinvia per la riscossione delle spese previste dal Titolo II-bis agli articoli 214, 215, 216, 218, comma 2, e 220 del testo unico, in materia di riscossione delle spese nel processo amministrativo, contabile e tributario. Parrebbe pertanto che, in virtù del mancato richiamo degli artt. 212 e 213, i due procedimenti restino simili, con la differenza della mancanza della fase dell'avviso bonario di pagamento per quanto concerne il processo civile e penale.
Il comma 4 stabilisce che il recupero delle spese continuerà ad essere regolato dalle norme attualmente vigenti fino all'emanazione del decreto con il quale il Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia, individuerà la misura fissa per il recupero delle spese del processo penale anticipate dall'erario, ai sensi dell'art. 205 del Testo unico, come modificato dal disegno di legge in esame (v. sopra)
Come detto, il comma 5 limita l’applicazione del nuovo art. 208 (v. sopra) ai procedimenti definiti dopo l’entrata in vigore della legge mentre il comma 6 – introdotto dal Senato – stabilisce che la riscossione spontanea a mezzo ruolo, come disciplinata dall’art. 227-ter, comma 2 (v. sopra) si applichi anche ai ruoli formati nel periodo intercorrente tra l’entrata in vigore del decreto legge n. 112 del 2008 e l’entrata in vigore della legge in esame.
Il comma 7, articolato nelle lettere da a) a d), apporta alcune modifiche al più volte ricordato art. 1, comma 367, della legge 244/2007 (legge finanziaria 2008), in materia di riscossione dei crediti erariali relativi al processo penale affidati ad Equitalia.
Si ricorda che la legge finanziaria per il 2008 (legge 24 dicembre 2007, n. 244) all’articolo 1, commi 367-373, ha previsto che entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della legge (e dunque entro il 30 aprile 2008) il Ministero della giustizia provvedesse alla stipula di una o più convenzioni con una società interamente posseduta da Equitalia spa (ex Riscossione s.p.a.) per la gestione e la riscossione del crediti derivanti da spese di giustizia previste dal D.P.R. n. 115/2002.
Con riferimento alle spese ed alle pene pecuniarie previste dal Testo unico, risultanti dai provvedimenti passati in giudicato o divenuti definitivi a decorrere dal 1° gennaio2008, la citata Società stipulante dovrà provvedere alla gestione dei relativi crediti attraverso:
- l'acquisizione dei dati anagrafici del debitore e supporto all'attività di quantificazione del credito effettuata dall'ufficio competente;
- la notifica al debitore di un invito al pagamento entro un mese dal passaggio in giudicato o dalla definitività del provvedimento da cui sorge l'obbligo o dalla cessazione dell'espiazione della pena;
- l'iscrizione a ruolo del credito, scaduto inutilmente il termine per l’adempimento spontaneo.
In sintesi la disposizione modifica la disciplina della riscossione affidata ad Equitalia Giustizia a seguito delle novelle apportate dall’articolo in esame. In particolare, la lettera a) specifica che rientrano nella competenza di Equitalia Giustizia anche le spese relative al mantenimento in carcere per condanne per le quali sia cessata l'espiazione della pena in istituto a decorrere dal 1 gennaio 2008.
La lettera b) chiarisce che Equitalia Giustizia dovrà effettuare direttamente la quantificazione del credito e non limitarsi ad una mera attività di supporto in tal senso all'ufficio competente.
La lettera c) elimina dalle attività che Equitalia Giustizia dovrà compiere la notificazione al debitore di un invito al pagamento, chiarendo che essa dovrà invece procedere direttamente all'iscrizione a ruolo. Conseguentemente, la lettera d) abroga la lettera c) del comma 367.
La relazione tecnica non considera le norme introdotte nel corso dell’esame al Senato
Al riguardo, le norme di cui al Capo I appaiono complessivamente finalizzate a facilitare il recupero delle spese di giustizia e ad esse non sono ascritti effetti sui saldi. Appare comunque opportuno acquisire ulteriori elementi di valutazione sulla possibilità di rateizzazione dei pagamenti per i debitori in difficoltà, infatti questa, se da un lato facilita i pagamenti, dall’altro dilata i tempi di acquisizione del gettito (comma 2).
Andrebbe inoltre chiarito se dalla stipula della convenzione con Equitalia Giustizia S.p.A[233] possano derivare oneri a carico del Bilancio dello Stato, con particolare riguardo agli aggi che spetteranno alla citata società per l'attività di riscossione svolta.
Articolo 69
(Abrogazioni e modificazione di norme)
TESTO approvato dalla Camera dei deputati |
TESTO modificato dal Senato della Repubblica |
Art. 41. (Abrogazioni e modificazione di norme). |
Art. 69. (Abrogazioni e modificazione di norme). |
1. Dalla data di entrata in vigore della presente legge: |
Identico. |
a) l'articolo 25 (L) del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, è abrogato; |
|
b) al comma 1 dell'articolo 243 (R) del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, le parole: «e le somme relative ai diritti di cui all'articolo 25» sono soppresse; |
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c) l'articolo 1, comma 372, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, è abrogato. |
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L’articolo 69, che non è stato modificato dal Senato, abroga alcune disposizioni, a seguito della nuova disciplina della riscossione delle spese di giustizia.
In sintesi:
§ le lettere a) e b) dispongono l’abrogazione, rispettivamente, dell'art. 25 del Testo unico delle spese di giustizia, e del comma 1 dell’art. 243 del medesimo Testo unico, limitatamente al rinvio che esso fa al suddetto art. 25, in materia di quota forfetaria spettante all’ufficiale giudiziario. L’abrogazione di tali disposizioni è conseguente alle modifiche introdotte dall’art. 68, comma 3, del disegno di legge all’art. 205 del Testo unico;
§ la lettera c) dispone l’abrogazione dell’art. 1, comma 372, della legge 244/2007 (legge finanziaria 2008). Come già ricordato (v. sopra, art. 68), il comma 372 prevede, a sua volta, l'abrogazione degli artt. 211, 212 e 213 del Testo unico delle spese di giustizia, relativi alla iscrizione a ruolo del credito, con decorrenza dalla data di stipula della convenzione con Equitalia Giustizia, che, tuttavia, ad oggi non risulta stipulata.
Articolo 70
(Rimedi giustiziali contro la pubblica
amministrazione)
TESTO approvato dalla Camera dei deputati |
TESTO modificato dal Senato della Repubblica |
Art. 42. (Rimedi giustiziali contro la pubblica amministrazione). |
Art. 70. (Rimedi giustiziali contro la pubblica amministrazione). |
1. All'articolo 13, primo comma, alinea, del decreto del Presidente della Repubblica 24 novembre 1971, n. 1199, dopo il secondo periodo è inserito il seguente: «Se ritiene che il ricorso non possa essere deciso indipendentemente dalla risoluzione di una questione di legittimità costituzionale che non risulti manifestamente infondata, sospende l'espressione del parere e, riferendo i termini e i motivi della questione, ordina alla segreteria l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, ai sensi e per gli effetti di cui agli articoli 23 e seguenti della legge 11 marzo 1953, n. 87, nonché la notifica del provvedimento ai soggetti ivi indicati». |
Identico. |
2. All'articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica 24 novembre 1971, n. 1199, sono apportate le seguenti modificazioni: |
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a) al primo comma: |
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1) al primo periodo sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, conforme al parere del Consiglio di Stato»; |
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2) il secondo periodo è soppresso; |
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b) il secondo comma è abrogato. |
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L’articolo 70, che non è stato modificato dal Senato, detta disposizioni in materia di rimedi giustiziali contro la pubblica amministrazione, intervenendo in particolare sulla disciplina dei ricorsi straordinari al Capo dello Stato.
In primo luogo, il comma 1 aggiunge un periodo nell’art. 13 del D.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199[234], che definisce le modalità con le quali il Consiglio di Stato esprime il proprio parere sui ricorsi straordinari al Presidente della Repubblica.
La novella prevede che il Consiglio di Stato (sezione o commissione speciale, alla quale il ricorso è assegnato), ove ritenga che il ricorso non possa essere deciso indipendentemente dalla risoluzione di una questione di legittimità costituzionale non manifestamente infondata, sospende l'espressione del parere e ordina alla segreteria l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.
Il comma 2 modifica l'art. 14 del citato D.P.R. 1199/1971, al fine di prevedere che il decreto del Presidente della Repubblica che decide il ricorso straordinario debba essere, in ogni caso, conforme al parere reso dal Consiglio di Stato, eliminando dunque l’attuale possibilità di pervenire ad una decisione difforme dal parere, previa deliberazione del Consiglio dei ministri.
Articolo 71
(Patrimonio dello Stato Spa)
TESTO approvato dalla Camera dei deputati |
TESTO modificato dal Senato della Repubblica |
Art. 43. (Patrimonio dello Stato Spa). |
Art. 71. (Patrimonio dello Stato Spa). |
1. All'articolo 7, comma 10, del decreto-legge 15 aprile 2002, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 giugno 2002, n. 112, sono apportate le seguenti modificazioni: |
Identico. |
a) al secondo periodo, dopo le parole: «iscrizione dei beni» sono inserite le seguenti: «e degli altri diritti costituiti a favore dello Stato»; |
|
b) dopo il secondo periodo è inserito il seguente: «La pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze che dispone il trasferimento dei crediti dello Stato e le modalità di realizzo dei medesimi produce gli effetti indicati dal primo comma dell'articolo 1264 del codice civile». |
|
L’articolo 71 – attraverso una novella all’articolo 7, comma 10, del D.L. 63/2002[235] – è volto a precisare le modalità con le quali possono essere trasferiti alla Società Patrimonio dello Stato S.p.A.[236] cespiti appartenenti al patrimonio statale: diritti pieni o parziali sui beni immobili del patrimonio disponibile e indisponibile, sui beni del demanio (e comunque sui beni rientranti nel conto del patrimonio dello Stato) [237] e ogni altro diritto costituito a favore dello Stato.
Tale articolo rimane nel suo testo originario, non essendo stato oggetto di modifiche parlamentari, né in prima né in seconda lettura.
In particolare, il comma 1, lett. a) introduce anche gli altri diritti costituiti a favore dello Stato tra i cespiti le cui modalità e valori di trasferimento nel bilancio della Società sono stabiliti con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze.
La formulazione attuale dell’art. 7, comma 10 del D.L. n. 63/2002 prevede invece che solo per i beni del patrimonio statale modalità e valori di trasferimento siano fissati con decreto ministeriale.
Il comma 1, lett. b) chiarisce che la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze che dispone il trasferimento dei crediti dello Stato e le modalità di realizzo dei medesimi, produce effetti nei confronti del debitore ceduto alla stessa stregua della notifica della cessione prevista dall’articolo 1264 del c.c.
Articolo 72
(Società pubbliche)
TESTO approvato dalla Camera dei deputati |
TESTO modificato dal Senato della Repubblica |
Art. 44. (Società pubbliche). |
Art. 72. (Società pubbliche). |
1. All'articolo 3 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni: |
1. Identico: |
a) il comma 12 è sostituito dai seguenti: |
a) identico: |
«12. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 1, commi 459, 460, 461, 462 e 463, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, ovvero da eventuali disposizioni speciali, gli statuti delle società non quotate, direttamente o indirettamente controllate dallo Stato ai sensi dell'articolo 2359, primo comma, numero 1), del codice civile, si adeguano alle seguenti disposizioni: |
«12. Identico: |
a) ridurre il numero massimo dei componenti degli organi di amministrazione a cinque se le disposizioni statutarie vigenti prevedono un numero massimo di componenti superiore a cinque, e a sette se le citate disposizioni statutarie prevedono un numero massimo di componenti superiore a sette. I compensi deliberati ai sensi dell'articolo 2389, primo comma, del codice civile sono ridotti, in sede di prima applicazione delle presenti disposizioni, del 25 per cento rispetto ai compensi precedentemente deliberati per ciascun componente dell'organo di amministrazione; |
a) identica; |
b) prevedere che al presidente possano essere attribuite deleghe operative con delibera dell'assemblea dei soci; |
b) identica; |
c) sopprimere la carica di vicepresidente eventualmente contemplata dagli statuti, ovvero prevedere che la carica stessa sia mantenuta esclusivamente quale modalità di individuazione del sostituto del presidente in caso di assenza o impedimento, senza dare titolo a compensi aggiuntivi; |
c) identica; |
d) prevedere che l'organo di amministrazione possa delegare proprie attribuzioni a un solo componente, al quale soltanto possono essere riconosciuti compensi ai sensi dell'articolo 2389, terzo comma, del codice civile; |
d) prevedere che l'organo di amministrazione, fermo quanto previsto ai sensi della lettera b), possa delegare proprie attribuzioni a un solo componente, al quale soltanto possono essere riconosciuti compensi ai sensi dell'articolo 2389, terzo comma, del codice civile; |
e) prevedere, in deroga a quanto previsto dalla lettera d), la possibilità che l'organo di amministrazione conferisca deleghe per singoli atti anche ad altri membri dell'organo stesso, a condizione che non siano previsti compensi aggiuntivi; |
e) prevedere, in deroga a quanto previsto dalla lettera d), fermo quanto previsto ai sensi della lettera b), la possibilità che l'organo di amministrazione conferisca deleghe per singoli atti anche ad altri membri dell'organo stesso, a condizione che non siano previsti compensi aggiuntivi; |
f) prevedere che la funzione di controllo interno riferisca all'organo di amministrazione o, fermo restando quanto previsto dal comma 12-bis, a un apposito comitato eventualmente costituito all'interno dell'organo di amministrazione; |
f) identica; |
g) prevedere il divieto di corrispondere gettoni di presenza ai componenti degli organi sociali. |
g) identica. |
12-bis. Le società di cui al comma 12 provvedono a limitare ai casi strettamente necessari la costituzione di comitati con funzioni consultive o di proposta. Per il caso di loro costituzione, in deroga a quanto previsto dal comma 12, lettera d), può essere riconosciuta a ciascuno dei componenti di tali comitati una remunerazione complessivamente non superiore al 30 per cento del compenso deliberato per la carica di componente dell'organo amministrativo»; |
12-bis. Identico»; |
b) al comma 27, le parole: «o indirettamente» sono soppresse; |
b) identica; |
c) dopo il comma 27 è inserito il seguente: |
c) identica; |
«27-bis. Per le amministrazioni dello Stato restano ferme le competenze del Ministero dell'economia e delle finanze già previste dalle disposizioni vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge. In caso di costituzione di società che producono servizi di interesse generale e di assunzione di partecipazioni in tali società, le relative partecipazioni sono attribuite al Ministero dell'economia e delle finanze, che esercita i diritti dell'azionista di concerto con i Ministeri competenti per materia»; |
|
d) dopo il comma 28 è inserito il seguente: |
d) identica; |
«28-bis. Per le amministrazioni dello Stato, l'autorizzazione di cui al comma 28 è data con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente per materia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze»; |
|
e) al comma 29, le parole: «Entro diciotto mesi» sono sostituite dalle seguenti: «Entro trentasei mesi» ed è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Per le società partecipate dallo Stato, restano ferme le disposizioni di legge in materia di alienazione di partecipazioni»; |
e) identica; |
f) dopo il comma 32 sono inseriti i seguenti: |
f) identica. |
«32-bis. Il comma 734 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, si interpreta nel senso che non può essere nominato amministratore di ente, istituzione, azienda pubblica, società a totale o parziale capitale pubblico chi, avendo ricoperto nei cinque anni precedenti incarichi analoghi, abbia registrato, per tre esercizi consecutivi, un progressivo peggioramento dei conti per ragioni riferibili a non necessitate scelte gestionali. |
|
32-ter. Le disposizioni dei commi da 27 a 31 non si applicano per le partecipazioni in società emittenti strumenti finanziari quotati nei mercati regolamentati». |
|
L’articolo 72, modificato nel corso dell’esame da parte del Senato, modifica la disciplina relativa agli organi societari, alla costituzione e alla partecipazione al capitale di società controllate direttamente o indirettamente dallo Stato, intervenendo su diversi commi dell’articolo 3 della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria per il 2008).
Il comma 1, lett. a) sostituisce la disciplina prevista dal comma 12, articolo 3, della citata legge finanziaria per il 2008, in materia di riduzione dei componenti degli organi societari, di conferimento di funzioni al presidente e di remunerazione nei confronti degli stessi componenti.
Anche il nuovo comma 12, come la disciplina vigente, si rivolge alle società controllate direttamente o indirettamente dallo Stato non quotate.
Il nuovo comma 12 ha comunque ad oggetto solo società in cui lo Stato dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria (art. 2359, lett. 1, cc.), e non anche a società in cui lo Stato ha voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria, come invece previsto dalla disciplina vigente.
La nuova disciplina, inoltre, impone direttamente agli statuti di tali società di adeguarsi ad essa.
Rimane sempre fermo quanto previsto in materia di riduzione dei membri dei consigli di amministrazione di Sviluppo Italia S.p.A. e della Sogin S.p.A. nella legge finanziaria per il 2007 (articolo 1, commi 459-463)[238].
Il nuovo comma 12 impone una riduzione del numero massimo dei componenti degli organi di amministrazione a cinque ovvero a sette, se le disposizioni statutarie vigenti prevedono, rispettivamente, un numero massimo di componenti superiore, rispettivamente, a cinque o a sette.
La vigente disciplina prevede invece una riduzione a 3 ovvero a 5 dei membri dei componenti degli organi societari (e non di amministrazione come nel testo in esame), se rispettivamente il numero degli stessi sia superiore a 5 ovvero a 7.
Viene poi introdotta – in sede di prima applicazione della nuova disciplina – la previsione che i compensispettanti ai membri del consiglio di amministrazione e del comitato esecutivo sono ridotti del 25 per centorispetto ai compensi precedentemente deliberati.
Il nuovo comma 12 prevede poi che al presidente possono essere attribuite deleghe operativecon delibera da parte dell’assemblea dei soci (lett. b).
La legislazione vigente invece prevede – con riguardo al presidente – che ad esso sono attribuite - senza compensi aggiuntivi - anche le funzioni di amministratore delegato nel caso di organi societari formati da 3 membri.
In modo identico alla disciplina vigente, si prevede poi che la soppressione della carica di vicepresidente, laddove prevista a livello statutario, ovvero la specificazione da parte degli statuti societari che tale carica vale solo in caso di assenza o impedimento del presidente e non dà titolo a compensi aggiuntivi.
Il novellato comma 12 reca inoltre nuove disposizioni volte a prevedere :
§ che l’organo di amministrazione può delegare proprie attribuzioni ad un solo componente, al quale solo possono essere riconosciuti i compensi previsti per particolari cariche dal codice civile (art. 2389, terzo comma) [239].
§ che l’organo di amministrazione, in deroga alla previsione di cui sopra, può conferire deleghe per singoli atti anche ad altri membri dell’organo stesso, a condizione dell’assenza di compensi aggiuntivi.
Entrambe le disposizioni suddette sono previste fermo quanto disposto relativamente al presidente, al quale deleghe operative possono essere attribuite con delibera dei soci.
Tale ultima precisazione, introdotta in corso di esame del provvedimento presso il Senato, sembra dunque voler far salva, rispetto alla delibera di conferimento di deleghe da parte dell’organo di amministrazione, la delibera dell’assemblea dei soci attributaria di deleghe operative al presidente. Sarebbe opportuno un chiarimento al riguardo.
Il nuovo comma 12 prevede inoltre che la funzione di controllo internoriferisca all’organo di amministrazione ovvero, ferma restando la previsione normativa del successivo comma 12-bis, ad un apposito comitato(lett. f));
Prevede inoltre – allo stesso modo della disciplina vigente - il divieto di corrispondere gettoni di presenza ai componenti gli organi societari (lett. g).
Il comma 1, lett. a) dell’articolo in esame aggiunge poi un nuovo comma 12-bisall’articolo 3 della legge finanziaria per il 2008, che da un lato riproduce la previsione vigente di limitareai “casi strettamente necessari” lacostituzione dicomitati con funzioni consultiveo di proposta da parte delle società controllate da amministrazioni statali; e, dall’altro, aggiunge che - in caso di costituzione di tali comitati - la remunerazione che può essere riconosciuta a ciascuno dei componenti non deve superare il 30 per cento del compenso spettante alla carica di componente dell’organo amministrativo.
Il comma 1, lett. b), modifica poi l’articolo 3, comma 27, della legge finanziaria per il 2008, che attualmente dispone il divieto per le amministrazioni pubbliche dicostituire società ovvero assumerne o mantenere - direttamente oindirettamente -partecipazioni anche di minoranza in esse, nel caso svolgano attività non strettamente necessarie alle proprie finalità istituzionali.
La norma, sopprimendo l’avverbio “indirettamente”, limita il divieto per le pubbliche amministrazioni di costituzione ovvero di mantenere azioni nelle sole società direttamente partecipate dallo Stato (società di primo livello) che non svolgono finalità istituzionali, e non anche nelle società indirettamente partecipate.
Le lett. c) e d) del comma 1 dell’articolo in esame aggiungono, rispettivamente, i commi 27-bis e 28-bis all’articolo 3, della legge finanziaria per il 2008.
Il nuovo comma 27-bis prevede che, per le amministrazioni dello Stato, restano ferme le competenze del Ministero dell’economia e delle finanze previste dalla legislazione vigente prima dell’entrata in vigore del provvedimento in esame, e che - in caso di costituzione di società che producono servizi di interesse generalee di assunzione di partecipazioni in tali società - le relative partecipazioni sono attribuite al Ministerodell’economiache esercita i diritti di azionista di concerto con i Ministeri competenti per materia.
Il nuovo comma 28-bis dispone, inoltre, che per le amministrazioni statali l’autorizzazione – di cui al comma 28 - all’assunzione di nuove partecipazioni e il mantenimento delle attuali azioni in società che producono servizi di interesse generale deve avvenire con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente per materia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.
La lett. e), comma 1, modifica il comma 29, articolo 3, della legge finanziaria per il 2008 estendendo a 36 mesi, in luogo degli attuali 18 mesi, il periodo entro il quale le amministrazioni pubbliche devono adempiere all’obbligo di cessione a terzi delle partecipazioniin società con attività non strettamentenecessarie alle proprie finalità istituzionali. Per le società partecipate dallo Stato restano ferme le disposizioni in materia di alienazione di partecipazioni.
Infine, la lett. f) del comma 1 dell’articolo in esame aggiunge i commi 32-bis e 32-ter.
L’articolo 32-bis reca un'interpretazione autentica della disposizione di cui al comma 734, articolo 1, della legge finanziaria per il 2007 – ove si prevede il divieto di nomina quale amministratoredi enti, istituzioni, aziende pubbliche, società a totale o parziale capitale pubblico di chi, avendo ricoperto nei cinque anni precedenti incarichi analoghi, abbia chiuso in perdita tre esercizi consecutivi – volta a specificare il concetto di “perdita” quale “progressivo peggioramento dei conti”- registrato per tre esercizi consecutivi – per ragioni riferibili a scelte gestionali “non necessitate”.
L’articolo 32-ter prevede la non applicazione della nuova disciplina di cui all'art. 3, commi da 27 a 31, della legge n. 244/07 alle società quotate nei mercati regolamentati.
Articolo 73
(Clausola di salvaguardia)
TESTO approvato dalla Camera dei deputati |
TESTO modificato dal Senato della Repubblica |
Art. 46. (Clausola di salvaguardia). |
Art. 73. (Clausola di salvaguardia). |
1. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano adeguano la propria legislazione ai princìpi contenuti nella presente legge nell'esercizio delle potestà loro attribuite dallo Statuto di autonomia. |
Identico. |
L’articolo 73, non modificato nel corso dell’esame al Senato, introduce nella legge – con riferimento a tutte le sue disposizioni – la c.d. "clausola di salvaguardia",ovvero una clausola di ‘compatibilità’ con l’ordinamento delle regioni a statuto speciale e delle province autonome.
Le disposizioni della legge non modificano il quadro delle competenze definite dagli statuti (che sono adottati con legge costituzionale) e dalle relative norme di attuazione; esse si applicano pertanto in quegli ordinamenti solo in quanto non contrastino con le speciali attribuzioni di quegli enti. L’esplicitazione di questo principio è stata introdotta in passato principalmente nelle leggi finanziarie per evitare che regioni e province autonome, nel dubbio sull’effettiva estensione di disposizioni che incidono sulle materie di loro competenza, ritenessero necessario chiedere una pronuncia alla Corte costituzionale.
Proprio la Corte costituzionale tuttavia ha ribadito, in una serie di pronunce concernenti le leggi finanziarie, che “simili clausole, formulate in termini generici, non hanno l'effetto di escludere una lesione della potestà legislativa regionale (da ultimo, sentenza n. 326 del 2008, nn. 165, 162 e 105 del 2007 e nn. 234, 118 e 88 del 2006). “L'eccessiva vaghezza della loro formulazione, aggravata dalla complessa struttura delle leggi finanziarie, frutto della prassi invalsa negli ultimi anni, non può valere ad escludere le autonomie speciali dall'applicazione delle norme contenute nelle suddette leggi” (sentenza n. 105/2007).
[1] Risultante dallo stralcio degli articoli 1, 2, 4 , 14, da 19 a 21, da 25 a 30, da 33 a 36, da 40 a 64, 68 e 69, da 71 a 75 dell’A. C.1441 deliberato nella seduta n. 48 del 5 agosto 2008
[2] L’articolo 9 dell’A.S. 1082 corrisponde all’articolo 11 dell’A.C. 1441-bis - B
[3] A.S. 1082-bis, risultante dallo stralcio, deliberato dall’Assemblea il 26 febbraio 2009, dell’articolo 9, commi 3, 4 e 5 del testo proposto dalle Commissioni permanenti 1° e 2° riunite per il disegno di legge n. 1082, Disposizioni in materia di ordinamento finanziario e contabile degli enti locali.
[4] A.S. 1082-ter, risultante dallo stralcio, deliberato dall’Assemblea il 26 febbraio 2009, dell’articolo 9, comma 6, del testo proposto dalle Commissioni permanenti 1° e 2° riunite per il disegno di legge n. 1082, Delega al Governo per il riordino delle funzioni del segretario comunale nei comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti.
[5] A.S. 1082-quater, risultante dallo stralcio, deliberato dall’Assemblea il 26 febbraio 2009, dell’articolo 16 del testo proposto dalle Commissioni permanenti 1° e 2° riunite per il disegno di legge n. 1082, Trasferimento delle risorse e delle funzioni agli enti territoriali.
[6] A.S. 1082-quinquies, risultante dallo stralcio, deliberato dall’Assemblea il 26 febbraio 2009, dell’articolo 16 del testo proposto dalle Commissioni permanenti 1° e 2° riunite per il disegno di legge n. 1082, Mobilità delle funzioni amministrative e uso ottimale degli immobili pubblici.
[7] D.L. 25 giugno 2008, n. 112, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, recante Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria.
[8] D.L. 23 gennaio 2001, n. 5, recante Disposizioni urgenti per il differimento di termini in materia di trasmissioni radiotelevisive analogiche e digitali, nonché per il risanamento di impianti radiotelevisivi convertito in legge dalla legge, convertito in legge con modificazioni dalla legge 20 marzo 2001, n. 66.
[9] Recante l’attuazione della direttiva “MIFID”, direttiva 2004/39/CE relativa ai mercati degli strumenti finanziari, che modifica le direttive 85/611/CEE, 93/6/CEE e 2000/12/CE e abroga la direttiva 93/22/CEE.
[10] L’articolo 1, comma 5-septies del TUF definisce “consulenza in materia di investimenti” la prestazione di raccomandazioni personalizzate a un cliente, dietro sua richiesta o per iniziativa del prestatore del servizio, riguardo a una o più operazioni relative ad un determinato strumento finanziario. La raccomandazione è personalizzata quando è presentata come adatta per il cliente o è basata sulla considerazione delle caratteristiche del cliente. Una raccomandazione non è personalizzata se viene diffusa al pubblico mediante canali di distribuzione.
[11] D.L. 30 dicembre 2008, n. 207, recante la proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni finanziarie urgenti e convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 27 febbraio 2009, n. 14.
[12] Il testo approvato dalla Camera faceva riferimento alla “chiarezza dei testi normativi”.
[13] Una ulteriore modifica di natura non testuale è stata introdotta dal comma 1-bis dell’articolo 2 del decreto-legge n. 200/2008, introdotto dalla legge di conversione.
[14] Le disposizioni contenute nei decreti ricognitivi sono presumibilmente in buona parte successive al 1970, data di istituzione delle Regioni.
[15] L’articolo 24 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, prevedeva che l’abrogazione scattasse a decorrere dal centottantesimo giorno successivo alla sua entrata in vigore, cioè il 22 dicembre 2008, data in cui è stato emanato il decreto-legge n. 200, il quale ha provveduto a salvare dall’abrogazione 60 atti normativi di cui il decreto n. 112 aveva previsto l’abrogazione. Nell’iter di conversione sono stati salvati altri 15 atti. Il decreto-legge n. 200, nel testo modificato dalla legge di conversione, prevede che l’abrogazione dei 28.407 provvedimenti riportati in allegato all’articolo 2 scatti dal 16 dicembre 2009, termine che al momento della conversione del decreto coincideva con l’applicazione della generalizzata ghigliottina.
[16] A titolo esemplificativo, si segnala, da ultimo, l’articolo 3 della legge 5n giugno 2003, n. 131, che delega il Governo a “raccogliere in testi unici meramente compilativi” una certa categoria di disposizioni.
[17] Sempre a titolo esemplificativo, si segnala che questa è la formula generalmente utilizzata nelle leggi comunitarie e poi superata con il ricorso alla delega. Si vedano, per esempio, l’articolo 7 della legge comunitaria 1998 (legge 5 febbraio 1999, n., 25) e l’articolo 6 della legge comunitaria 1999 (legge 21 dicembre 1999, n. 526)
[18] Si vedano le sentenze nn. 49 e 54 del 1957; 24 del 1961; 31 e 51 del 1962).
[19] Si ricorda che ai sensi dell’articolo 14, numero 2° del R.D. n. 1054/1926 (Testo Unico delle leggi sul Consiglio di Stato) formula i progetti di legge ed i regolamenti che gli vengono commessi dal Governo.
[20]Recante interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l'equità sociale, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, L. 29 novembre 2007, n. 222.
[21]Recante delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa.
[22] “Regolamento recante norme per la semplificazione del procedimento per l'erogazione e la rendicontazione della spesa da parte dei funzionari delegati operanti presso le rappresentanze all'estero, a norma dell'articolo 20, comma 8, della L. 15 marzo 1997, n. 59”. A norma dell’articolo 3 del DPR 120/2000 sono funzionari delegati presso gli uffici all’estero non più i soli capi degli uffici stessi, ma anche i funzionari amministrativi investiti delle funzioni di commissario amministrativo o commissario amministrativo aggiunto, seppure limitatamente alle spese di mantenimento e funzionamento degli uffici e alle spese per stipendi e indennità del personale, e comunque sotto indirizzo e vigilanza dei preposti agli uffici. In base all’articolo 4 la gestione delle risorse finanziarie assegnate compete a coloro che sono funzionari delegati ai sensi del precedente articolo 3. In particolare, l’articolo 4 riguarda le spese di mantenimento e funzionamento degli uffici, le risorse relative alle quali vengono determinate in base alla relazione previsionale predisposta annualmente, entro il mese di ottobre, dai titolari degli uffici, sentito il commissario amministrativo o il commissario amministrativo aggiunto. Le risorse stabilite vengono assegnate con decreto del dirigente preposto alla Direzione generale del personale e dell’amministrazione del Ministero degli affari esteri, che può con analogo strumento procedere anche ad integrazioni delle somme, in caso di esigenze nuove e inderogabili. La disponibilità dei fondi assegnati è assicurata con ordini di rimessa valutaria, come già previsto dall’art. 2 della legge 6 febbraio 1985, n. 15 “Disciplina delle spese da effettuarsi all’estero dal Ministero degli Affari esteri”. L’articolo 6 conferma il meccanismo degli ordini di rimessa anche per i fondi relativi alla terza categoria di spese degli uffici all’estero, ossia le retribuzioni e indennità del personale. L’articolo introduce altresì la possibilità di somministrazione di questa categoria di fondi mediante ordini di accreditamento a favore dei funzionari delegati a norma dell’art. 3.
[23]“Regolamento concernente la riorganizzazione del Ministero degli affari esteri, a norma dell'articolo 1, comma 404, della L. 27 dicembre 2006, n. 296”.
[24]“Disposizioni urgenti nell'àmbito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale”, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 14 maggio 2005, n. 80.
[25]Recante riassetto normativo in materia di gestione amministrativa e contabile degli Uffici all'estero del Ministero degli affari esteri, a norma dell'articolo 4 della L. 28 novembre 2005, n. 246.
[26]“Ordinamento dell'Amministrazione degli affari esteri.”
[27] Si ricorda in proposito che l’art. 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, disciplina l’emanazione, mediante decreti ministeriali (o interministeriali), di regolamenti nelle materie di competenza dei rispettivi Ministri (o di più Ministri), a condizione che la legge espressamente conferisca tale potestà. Tali regolamenti non possono contrastare con i regolamenti emanati dall’intero Governo, e devono essere comunicati prima dell’emanazione al Presidente del Consiglio.
[28] Direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri 27 gennaio 1994, Princìpi sull’erogazione dei servizi pubblici.
[29] L. 7 agosto 1990, n. 241, Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi.
[30] Per la definizione dei criteri relativi a tale aspetto prevista l’emanazione di un decreto ministeriale d’intesa con la Conferenza Stato-regioni.
[31] D.L. 30 dicembre 2008, n. 207, Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni finanziarie urgenti, conv. co mod. dalla L. 27 febbraio 2009, n. 14.
[32] Convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2007, n. 17.
[33] Vedi da ultimo: l’art. 3 del DL 59 del 2008 che modifica l’art. 77 del d.lgs. n. 152/2006 (che disciplina l’individuazione ed il perseguimento di obiettivi di qualità ambientale dei corpi idrici), al fine di superare i rilievi mossi dalla Commissione europea;
il DL n. 90 e il DL 172 del 2008 in materia di rifiuti;
il DL n. 171 del 2008 su adempimenti a carico delle imprese agricole ed esclusione dei piani di gestione forestale di livello locale dalla VAS;
il d.lgs. n. 188 del 2008 in materia di pile, accumulatori e relativi rifiuti (che abroga l’art. 235 del d.lgs. n. 152/2006 sul Cobat);
l’art. 20 comma 10-sexies del DL 185 del 2008 in materia di terre e suoli scavati;
il DL n. 208 del 2008 (l’art. 1 del che ha prorogato le autorità di bacino, l’art. 2 in materia di danno ambientale, l’art. 5 in materia di tariffa per lo smaltimento dei rifiuti, adeguamento delle discariche nonché di dichiarazione ambientale, l’art. 6 relativamente ai rifiuti ammessi in discarica, l’art. 8-ter in materia di terre e rocce da scavo, l’art. 8-quater sulla gestione dei rifiuti, l’art. 8-quinquies in materia di acqua di falda).
[34] Il primo parere approvato dalla VIII Commissione della Camera nella seduta del 12 gennaio 2006 recava 21 condizioni e 78 osservazioni. L’intervento del relatore nella seduta del 25 gennaio, di illustrazione del nuovo testo trasmesso dal governo (Atto del governo n. 596), sottolineava che – delle 21 condizioni proposte nel primo parere – 20 risultavano essere state accolte nel nuovo testo. Analoga soddisfazione veniva espressa per il significativo numero di osservazioni che avevano trovato un sostanziale accoglimento da parte del governo.
[35] Procedura di infrazione 2007/2195. Causa C-297/08.
[36] Procedure d’infrazione 2004/2034.
[37]Nuova disciplina della cooperazione dell'Italia con i Paesi in via di sviluppo
[38]Differimento di termini previsti da disposizioni legislative concernenti il Ministero degli affari esteri e norme relative ad impegni internazionali ed alla cooperazione allo sviluppo
[39] Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE
[40] Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione nel campo della ricerca e dello sviluppo industriale, scientifico e tecnologico tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo dello Stato d'Israele, fatto a Bologna il 13 giugno 2000.
[41] La dichiarazione comune con la Moldova è stata firmata dal commissario europeo alle relazioni esterne, dalla presidenza del Consiglio GAI; dal ministro degli interni della repubblica di Moldavia e dai ministri degli interni degli Stati membri interessati (Germania, Bulgaria, Cipro, Francia, Grecia, Ungheria, Italia, Lituania, Polonia, Portogallo, Romania, Repubblica ceca, Slovacchia, Slovenia e Svezia). La dichiarazione comune con Capo Verde dal commissario europeo allo sviluppo, dalla presidenza del Consiglio GAI, dal Ministro degli interni di Capo verde e dagli Stati membri interessati (Spagna, Francia, Lussemburgo e Portogallo).
[42] Per quanto concerne l’individuazione delle aree di intervento della politica di coesione, si ricorda che con la nuova programmazione 2007-2013 è stato modificato l’ambito territoriale di intervento rispetto alla precedente programmazione. L’obiettivo “Convergenza” interessa le seguenti regioni: Calabria, Campania, Puglia, Sicilia eBasilicata, che beneficia di un regime transitorio di sostegno (c.d. di phasing-out) per favorirne l’uscita dall’obiettivo; l’obiettivo “Competitività regionale e occupazione” interessa tutto il territorio nazionale che non risulta incluso nell’obiettivo “Convergenza”. Tra queste vi rientra anche la Sardegna, che beneficiadi un regime transitorio (c.d. phasing-in) a sostegno del suo ingresso nell’obiettivo. Il terzo Obiettivo interessa soltanto alcune unità territoriali situate lungo le frontiere terrestri, interne ed esterne, nonché lungo le frontiere marittime.
[43] Comunicazione della Commissione europea con nota n. D(2006)1027 del 7 agosto 2006.
[44] D.Lgs. 22 luglio 1999 n. 261, recante Attuazione della direttiva 97/67/CE concernente regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e per il miglioramento della qualità del servizio.
[45] Articolo 1, comma 7, del D.L. 16 maggio 2008, n. 85 (legge 14 luglio 2008, n. 121).
[46] Il servizio postale universale comprende (articolo 3 del D.Lgs. 261/1999):
a) la raccolta, il trasporto, lo smistamento e la distribuzione degli invii postali fino a 2 kg;
b) la raccolta, il trasporto, lo smistamento e la distribuzione dei pacchi postali fino a 20 kg;
c) i servizi relativi agli invii raccomandati ed agli invii assicurati.
Il servizio deve essere effettuato nel rispetto di determinati standard di qualità e deve essere fornito in via continuativa per tutta la durata dell’anno, in tutto il territorio nazionale e ad un prezzo accessibile.
[47] Direttiva 2008/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 febbraio 2008, che modifica la direttiva 97/67/CE per quanto riguarda il pieno completamento del mercato interno dei servizi postali comunitari.
[48] Direttiva 97/67/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 dicembre 1997, concernente regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e il miglioramento della qualità del servizio.
[49] Direttiva 2002/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 10 giugno 2002, che modifica la direttiva 97/67/CE per quanto riguarda l’ulteriore apertura alla concorrenza dei servizi postali della Comunità.
[50] D.Lgs. 23 dicembre 2003, n. 384, recante Attuazione della direttiva 2002/39/CE che modifica la direttiva 97/67/CE relativamente all'ulteriore apertura alla concorrenza dei servizi postali della Comunità.
[51] Le tre precedenti relazioni sono state presentate dalla Commissione nel novembre 2002, nel marzo 2005 e nell’ottobre 2006.
[52] La Corte costituzionale, con sentenza 2-11 aprile 2008, n. 94 (Gazz. Uff. 16 aprile 2008, n. 17 - Prima serie speciale), ha dichiarato, tra l’altro, l’illegittimità del citato comma 1228, nella parte in cui non stabilisce che il decreto ministeriale ivi previsto sia preceduto dall’intesa con la Conferenza permanente Stato-regioni.
[53] Pubblicato nella Gazz. Uff. 18 maggio 2007, n. 114.
[54] D.L. 3 ottobre 2006, n. 262, recante Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286.
[55] Istituita presso il Ministero delle attività produttive.
[56] Si ricorda in proposito che l’articolo 1, comma 19-bis del citato D.L. 181/2006, ha attribuito le funzioni di competenza statale assegnate al Ministero delle attività produttive dagli articoli 27 e 28 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, in materia di turismo, al Presidente del Consiglio dei ministri.
[57] Il decreto legge 14 marzo 2005, n. 35, recante “Disposizioni urgenti nell'ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale” (GU 16 marzo 2005, n. 62), è stato convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80.
[58] L'ENIT, la cui istituzione risale al 1919 ma la cui disciplina ha conosciuto diverse modifiche, è il più importante ente pubblico attivo in materia di turismo, primo responsabile della promozione dell'immagine turistica complessiva dell'Italia sui mercati esteri.
[59] Regolamento recante organizzazione e disciplina dell'Agenzia nazionale del turismo, a norma dell'articolo 12, comma 7, del D.L. 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla L. 14 maggio 2005, n. 80.
[60] Si consideri che il comma 98 dell'articolo 2 del D.L. 262/2006, mediante una modifica all’articolo 1, comma 19-bis del D.L. 181/2006 – che ha attribuito le funzioni di competenza statale assegnate al Ministero delle attività produttive, in materia di turismo, al Presidente del Consiglio dei ministri - incardina presso la Presidenza del Consiglio dei ministri il Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo, che subentra nelle funzioni alla Direzione generale del turismo contestualmente soppressa.
[61]L. 5 aprile 1985, n. 124, “Disposizioni per l'assunzione di manodopera da parte del Ministero dell'agricoltura e delle foreste”.
[62]D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, “Attuazione della delega di cui all'articolo 1 della L. 22 luglio 1975, n. 382”.
[63]L. 12 aprile 1962, n. 205, “Disposizioni particolari per l'assunzione di mano d'opera da parte del Ministero dell'agricoltura e delle foreste e dell'Azienda di Stato per le foreste demaniali”.
[64]L. 26 aprile 1983, n. 130, “http://bd01.leggiditalia.it/cgi-bin/FulShow?KEY=01LX0000000891ART0&NOTXT=1&SSCKEY=529114344&OPERA=01&NONAV=1&DS_POS=0&TIPO=5& - 1Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 1983)”.
[65]Nelle due norme si citano, rispettivamente, le Aziende di Stato per le foreste demaniali e gli interventi per la protezione della natura.
[66]D.L. 29 novembre 2004, n. 282, “Disposizioni urgenti in materia fiscale e di finanza pubblica”, convertito in legge, con modificazioni, dall’articolo 1, L, 27 dicembre 2004, n. 307.
[67]D.Lgs. 3 aprile 2001, n. 155, Riordino dei ruoli del personale direttivo e dirigente del Corpo forestale dello Stato, a norma dell’articolo 2, comma 1, della L. 31 marzo 2000, n. 78.
[68] “Previsione di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo e modifica dell' articolo 375 del codice di procedura civile”.
[69] L. 6 febbraio 2004, n. 36, “Nuovo ordinamento del Corpo forestale dello Stato”.
[70] Emendamento 14.100 (testo 2)
[71] Cfr. resoconto 160ª Seduta del 26 febbraio 2009
[72] Emendamento 14.2/2
[73] D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.
[74] L. 24 dicembre 2007, n. 244, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2008).
[75] D.L. 3 giugno 2008, n. 97 (L. 129/2008), Disposizioni urgenti in materia di monitoraggio e trasparenza dei meccanismi di allocazione della spesa pubblica, nonché in materia fiscale e di proroga di termini.
[76] Si ricorda che i commi da 44 a 52 dell’articolo 3 della legge finanziaria 2008 recano disposizioni che limitano le erogazioni a carico della finanza pubblica volte a remunerare funzioni o attività svolte da persone fisiche nell’ambito di rapporti con pubbliche amministrazioni o altri organismi pubblici.
[77] D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, http://bd01.leggiditalia.it/cgi-bin/FulShow?NAVIPOS=1&DS_POS=0&KEY=01LX0000145985ART0&FT_CID=296838&OPERA=01 - 1“Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”.
[78] Nella norma richiamata si intendono amministrazioni pubbliche tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al D.lgs. 300/1999.
[79]D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 286, “http://bd01.leggiditalia.it/cgi-bin/FulShow?KEY=01LX0000124454ART0&NOTXT=1&SSCKEY=529114344&OPERA=01&NONAV=1&DS_POS=0&TIPO=5& - 1Riordino e potenziamento dei meccanismi e strumenti di monitoraggio e valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell'attività svolta dalle amministrazioni pubbliche, a norma dell'articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59”.
[80] I commi 580-586 dell’art. 1 della legge finanziaria 2007 (L. 296/2006) istituivano e disciplinavano l’Agenzia per la formazione dei dirigenti e dipendenti delle amministrazioni pubbliche – Scuola nazionale della pubblica amministrazione, che avrebbe dovuto sostituire la SSPA a partire dall’adozione dei regolamenti di delegificazione previsti dal comma 585. Il D.L. 112/2008, art. 26, co. 3, ha abrogato i commi da 580 a 585 dell’art. 1 della L. 296/2006.
[81] L. 15 marzo 1997 n. 59, Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa.
[82] Istituita dall’art. 5 della L. 59/1997 con il compito di esprimere i pareri sugli schemi di decreto legislativo previsti dalla stessa legge. I compiti già attribuiti (nelle legislature XIII e XIV) alla Commissione sono stati demandati dall'art. 14, comma 19, della L. 246/2005 (legge di semplificazione per il 2005) alla Commissione parlamentare per la semplificazione della legislazione, istituita da quest’ultima disposizione.
[83] L'art. 12, comma 1, lettera s), della legge 59/1997, dispone che vengano predisposte procedure di riqualificazione professionale per il personale interessato dai processi di mobilità a seguito dei trasferimenti di funzioni previsti dall'art. 1 e delle procedure di razionalizzazione e riordino di cui all'art. 11 della stessa legge n. 59.
L'art. 12, comma 1, lettera t) stabilisce che i processi di riordinamento dell'amministrazione siano accompagnati da adeguati processi formativi, anche rivedendo le attribuzioni e l'organizzazione della Scuola superiore della pubblica amministrazione, e delle altre scuole delle amministrazioni centrali.
[84] D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 287, Riordino della Scuola superiore della pubblica amministrazione e riqualificazione del personale delle amministrazioni pubbliche, a norma dell'articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59.
[85] D.Lgs. 30 luglio 1999 n. 285, Riordino del Centro di formazione studi (Formez), a norma dell'articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59.
[86] L. 12 luglio 1999, n. 237, Istituzione del Centro per la documentazione e la valorizzazione delle arti contemporanee e di nuovi musei, nonché modifiche alla normativa sui beni culturali ed interventi a favore delle attività culturali.
[87] In particolare, il comma 10 dell’art. 1 ha autorizzato, per la ristrutturazione edilizia del complesso sede del Centro, la spesa di lire 40 miliardi nel 1998, lire 25 miliardi nel 1999 e lire 45 miliardi nel 2000 da parte del Ministero dei lavori pubblici.
[88] Nel 1998, il complesso delle ex caserme Montello è stato ceduto al MIBAC. Nello stesso anno la Soprintendenza Speciale Arte Contemporanea, su incarico del Ministro per i Beni Culturali, ha bandito il concorso internazionale per la realizzazione, a Roma, del nuovo polo nazionale espositivo dedicato all'arte e all'architettura contemporanee. Nel 2000 lo studio di architettura di Zaha Hadid si è aggiudicato il concorso per il progetto e nel 2003 sono iniziate le demolizioni e la costruzione dell'opera ad opera dell'Ati Maxxi 2006. Lo spazio destinato alla costruzione dell'opera è un lotto di 29.000 metri, con spazi esterni di 19.640 metri e una superficie espositiva di 10.000 metri.
[89] F. Galgano, Fondazione 1) Diritto civile, voce Enciclopedia giuridica, 1989.
[90] L’acquisto della personalità giuridica consegue all’iscrizione nel registro delle persone giuridiche, istituito presso le prefetture e tenuto sotto la diretta sorveglianza del prefetto.
[91] D.lgs. 17 maggio 1999, n. 153, e d.m. 18 maggio 2004, n. 150.
[92] D.lgs. 29 giugno 1996, n. 367.
[93] L’art. 59, c. 3, della l. finanziaria per il 2001 (l. n. 388/2000) prevede la possibilità per una o più università di costituire fondazioni di diritto privato, con la partecipazione di enti ed amministrazioni pubbliche e soggetti privati, per lo svolgimento delle attività strumentali e di supporto alla didattica e alla ricerca. Il regolamento attuativo è stato adottato con DPR 24 maggio 2001, n. 254.
[94] Decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 6 agosto 2008, n. 133.
[95] Lo statuto – che può prevedere l’ingresso nella fondazione di nuovi soggetti – e i regolamenti di amministrazione e di contabilità devono essere approvati con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. Ai medesimi Ministri fa capo la vigilanza sulle fondazioni universitarie, mentre alla Corte dei conti è attribuito il controllo sulla gestione finanziaria.
[96] G. Napolitano, Le fondazioni di origine pubblica: tipi e regole, Diritto amministrativo, 2006.
[97] Cfr. sentenza Corte di giustizia CE C-214/00, 15 maggio 2003.
[98] Decreto legislativo 20 ottobre 1998, n. 368,Istituzione del Ministero per i beni e le attività culturali, a norma dell’articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59.
[99] D.M 27 novembre 2001, n. 491, Regolamento recante disposizioni concernenti la costituzione e la partecipazione a fondazioni da parte del Ministero per i beni e le attività culturali, a norma dell'articolo 10 del D.Lgs. 20 ottobre 1998, n. 368, e successive modificazioni. Tale decreto precisa l'ambito di attività delle fondazioni, stabilendo che esse si occupano, in particolare, della gestione e della valorizzazione dei beni culturali e della promozione delle attività culturali. Il D.M. definisce, inoltre, i criteri relativi agli organi, all’organizzazione ed al funzionamento delle fondazioni.
[100] D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 156, Disposizioni correttive ed integrative al D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, in relazione ai beni culturali.
[101] D.P.R. 26 novembre 2007, n. 233, Regolamento di riorganizzazione del Ministero per i beni e le attività culturali, a norma dell'articolo 1, comma 404, della L. 27 dicembre 2006, n. 296.
[102] Museo dell’audiovisivo, nell’ambito della Discoteca di Stato, e museo della fotografia.
[103] Emendamento 19.0.200 del relatore (testo 2).
[104] Ai sensi dell'art. 1, comma 3, secondo periodo, del D.Lgs. 9 gennaio 1999, n. 1, (recante il riordino degli enti e delle società di promozione e istituzione della società «Sviluppo Italia»), la partecipazione azionaria di ITAINVEST in Italia Lavoro è conferita al Ministero dell'economia e delle finanze, che esercita i diritti dell'azionista su direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri e d'intesa con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali.
[105] L. 15 marzo 1997, n. 59, Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa. I principi e criteri direttivi indicati dall’art. 18 sono i seguenti:
§ individuazione di una sede di indirizzo strategico e di coordinamento della politica nazionale della ricerca anche con riferimento alla dimensione europea ed internazionale (lett. a));
§ riordino degli enti operanti nel settore relativamente alla struttura, al funzionamento ed al personale, al fine di assicurare flessiilità, autonomia ed efficienza (lett. b));
§ snellimento delle procedure per il sostegno della ricerca e per la promozione del trasferimento e della diffusione della tecnologia nella piccola e media industria, individuando un momento decisionale unitario ed evitando sovrapposizioni di interventi da parte delle p.a. (lett. c));
§ previsione di organismi, strumenti e procedure per la valutazione dei risultati (lett. d));
§ riordino degli organi consultivi, garantendo una rappresentanza, oltre che ad università ed enti di ricerca, anche al mondo della produzione e dei servizi (lett. e));
§ programmazione e coordinamento dei flussi finanziari (lett. f));
§ valorizzazione di professionalità, autonomia e mobilità dei ricercatori (lett. g)).
[106] Decreto legislativo 4 giugno 2003, n. 128, Riordino dell'Agenzia spaziale italiana (A.S.I.).
[107]Decreto legislativo 4 giugno 2003, n. 127, Riordino del Consiglio nazionale delle ricerche (C.N.R.).
[108] D.P.R. 6 marzo 1978, n. 102, Norme sulla Università statale di Udine e sulla istituzione ed il potenziamento di strutture per la ricerca scientifica e tecnologica, di alta cultura ed universitarie in Trieste e decreto legislativo 29 settembre 1999, n. 381, Istituzione dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, nonche' disposizioni concernenti gli enti di ricerca vigilati dal Ministero dell'universita' e della ricerca scientifica e tecnologica, a norma dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59 (art. 9, comma 1).
[109] Art. 1-quinquies del decreto-legge 5 dicembre 2005, n. 250, Misure urgenti in materia di università, beni culturali ed in favore di soggetti affetti da gravi patologie, nonchè in tema di rinegoziazione di mutui, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 febbraio 2006, n. 27.
[110]Legge 11 febbraio 1992, n.153, Riordino dell'Istituto nazionale di alta matematica Francesco Severi.
[111]Decreto legislativo 4 giugno 2003, n. 138, Riordino dell'Istituto nazionale di astrofisica (I.N.A.F.).
[112]Decreto ministeriale 26 luglio 1967, Riordinamento dell'Istituto nazionale di fisica nucleare (I.N.F.N.).
[113] Decreto legislativo 29 settembre 1999, n. 381, Istituzione dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, nonché disposizioni concernenti gli enti di ricerca vigilati dal Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, a norma dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59.
[114]Legge 30 novembre 1989, n. 399, Norme per il riordinamento dell'osservatorio geofisico sperimentale di Trieste e D.lgs. 29 settembre 1999, n. 381 (art 7, comma 1).
[115]Decreto legislativo 21 gennaio 2004, n. 38, Istituzione dell'Istituto nazionale di ricerca metrologica (I.N.RI.M.), a norma dell'articolo 1 della L. 6 luglio 2002, n. 137.
[116] Legge 15 marzo 1999, n. 62, Trasformazione dell'Istituto di fisica in via Panisperna in Museo storico della fisica e Centro di studi e ricerche.
[117] Legge 20 gennaio 1982, n. 886, Riordinamento della stazione zoologica “Antonio Dohrn” di Napoli.
[118] Si ricorda che l’art. 1, commi 1279-1280, della legge finanziaria 2007 (L. 296/2006) ha disposto l’istituzione dell’Ente italiano montagna (EIM), finalizzato al supporto dello sviluppo socioeconomico e culturale delle zone montane e posto sotto la vigilanza della Presidenza del consiglio, prevedendo che l’istituto subentri nelle funzioni dell’Istituto nazionale della montagna (IMONT), originariamente posto sotto la vigilanza del MIUR.
[119] La legge è stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale del 10 ottobre 2007 e, non recando un termine di entrata in vigore diverso da quello fissato, in via generale, dall’art. 73 della Costituzione – ossia il 15° giorno successivo alla pubblicazione – è entrata in vigore il 25 ottobre 2007. Pertanto, il termine per l’esercizio della delega, secondo la disposizione originaria, è scaduto al termine di gennaio 2009.
[120] Legge 9 maggio 1989, n. 168, Istituzione del Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica. Il comma 9 dell’art. 6 prevede che il controllo di legittimità e di merito del Ministro sugli statuti e sui regolamenti universitari si esercita nel termine perentorio di sessanta giorni, nella forma della richiesta motivata di riesame. In assenza di rilievi, essi sono emanati dal rettore. Il comma 10 prevede che il Ministro può per una sola volta, con proprio decreto, rinviare gli statuti e i regolamenti all'università, indicando le norme illegittime e quelle da riesaminare nel merito. Gli organi competenti dell'università possono non conformarsi ai rilievi di legittimità con deliberazione adottata dalla maggioranza dei tre quinti dei suoi componenti, ovvero ai rilievi di merito con deliberazione adottata dalla maggioranza assoluta. In tal caso il Ministro può ricorrere contro l'atto emanato dal rettore, in sede di giurisdizione amministrativa per i soli vizi di legittimità. Quando la maggioranza qualificata non sia stata raggiunta, le norme contestate non possono essere emanate.
[121] Con riguardo all’autonomia statutaria conferita agli enti di ricerca, si ricorda che l’art. 8 della legge 168/1989aveva già attribuito agli enti di ricerca a carattere non strumentale autonomia scientifica, organizzativa, finanziaria e contabile - ai sensi dell'articolo 33 della Costituzione - unitamente alla facoltà di darsi ordinamenti autonomi, con propri regolamenti, nel rispetto delle finalità istituzionali.
[122] Si ricorda che il D.Lgs. 204/1998 ha indicato come principale strumento di programmazione e coordinamento della ricerca il Programma nazionale della ricerca (PNR), di durata triennale ma aggiornato annualmente, elaborato sulla base del Documento di programmazione economica e finanziaria (DPEF) ed approvato dal Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) che si avvale di una Commissione permanente per la ricerca, costituita al suo interno e coordinata dal ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica (ora MUR).
[123] Questi ultimi sono definiti periodicamente dal Programma quadro pluriennale di ricerca e sviluppo tecnologico (strumento adottato a partire dal 1984) che indica le linee generali delle azioni da realizzare e stabilisce l’importo della partecipazione finanziaria comunitaria. Con Decisione n. 1982/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, è stato approvato il settimo programma quadro della Comunità europea per le attività di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione (2007-2013).
[124] Per tale principio si fa riferimento all’art. 33, sesto comma, della Costituzioneche autorizza istituzioni di alta cultura, università ed accademie a darsi ordinamenti autonomi nel rispetto di limiti fissati per legge, nonché alle indicazioni contenute nella Carta europea dei ricercatori. La Carta, allegata alla raccomandazione n. 2005/251/CE della Commissione, dell'11 marzo 2005, reca una serie di principi generali e di requisiti che specificano i ruoli, le responsabilità ed i diritti dei ricercatori, nonché dei loro datori di lavoro e/o finanziatori.
[125] Si ricorda, peraltro, che tale previsione era già contenuta nell’art. 2, c. 138-142, del d.l. n. 262 del 2006, istitutivo dell’Agenzia.
[126] Decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 L. 6 agosto 2008, n. 133.
[127] Decreto legge 30 dicembre 2008, n. 207, Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni finanziarie urgenti, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 27 febbraio 2009, n. 14.
[128] L’ANVUR è stata istituita ai sensi dell’art. 2, c. 138-142, del d.l. 3 ottobre 2006, n. 262, Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, L. 24 novembre 2006, n. 286. Il regolamento concernente la struttura e il funzionamento dell’Agenzia è stato adottato con DPR 21 febbraio 2008, n. 64. Esso affida ad un successivo regolamento la definizione della dotazione organica dei dirigenti e del personale e stabilisce che, a decorrere dalla data di entrata in vigore di tale secondo regolamento, sono soppressi il Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario (CNVSU) e il Comitato di indirizzo per la valutazione della ricerca (CIVR).
[129] L’ANSAS è stata istituita ai sensi dell’art. 1, c. 610-611, della l. n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007). L’Agenzia subentra nelle funzioni svolte dagli Istituti regionali di ricerca educativa (IRRE) e dall’Istituto nazionale di documentazione per l’innovazione e la ricerca educativa (INDIRE), che sono contestualmente soppressi. Al fine di assicurare l’avvio dell’attività dell’Agenzia, in attesa della costituzione degli organi, è stata prevista la nomina di commissari straordinari. Con DPCM 4 febbraio 2009 sono stati prorogati fino al 30 giugno 2009 e, comunque, fino alla costituzione degli organi, i mandati dei tre commissari straordinari in carica dal 10 gennaio 2007.
[130] L’ENAM è stato istituito con il decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 21 ottobre 1947, n. 1346, Fusione dell'Istituto nazionale per gli orfani dei maestri elementari e dell'Istituto nazionale di assistenza magistrale in unico Ente nazionale di assistenza magistrale, con sede in Roma, ratificato con legge 21 marzo 1953, n. 190.
[131] L’INVALSI è stato istituito con il decreto legislativo 19 novembre 2004, n. 286, Istituzione del Servizio nazionale di valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione, nonché riordino dell'omonimo istituto, a norma degli articoli 1 e 3 della L. 28 marzo 2003, n. 53, e riordinato ai sensi dell’art. 1, c. 612-615, della l. n. 296 del 2006. Il Presidente dell’istituto è stato nominato con DPR 4 agosto 2008. Con direttiva n. 74 del 15 settembre 2008 sono state emanate le linee per consentire all’INVALSI di programmare la propria attività per il triennio scolastico 2008-2010. Specifiche direttive per l’a.s. 2008-2009 sono state, inoltre, emanate, in pari data, con direttiva n. 75.
[132] Emendamento 19.0.300 del relatore.
[133] I cui principi e criteri direttivi (finalizzati alla riduzione delle spese di funzionamento delle amministrazioni pubbliche) erano i seguenti: fusione degli enti che svolgono attività analoghe o complementari; trasformazione degli enti pubblici che non svolgono funzioni e servizi di rilevante interesse pubblico in soggetti di diritto privato ovvero soppressione e messa in liquidazione degli stessi; riduzione degli organi di indirizzo amministrativo, di gestione e consultivi; responsabilità da parte dello Stato sulle passività degli enti soppressi e messi in liquidazione “nei limiti dell'attivo delle singole liquidazioni”.
[134] Comma 621, lettera a) della legge n. 296/2006.
[135] Nota del Governo del 24 ottobre 2006, riferita alla legge 296/2006.
[136] Art. 2, comma 366, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (finanziaria 2008).
[137] Comma 7, art. 1, della legge finanziaria per il 2006 (legge n. 266 del 2005).
[138]Legge 16 gennaio 2003 n. 3, recante “Disposizioni ordinamentali in materia di pubblica amministrazione”.
[139] D.L. 14 marzo 2005 n. 35, recante “Disposizioni urgenti nell'ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale” e convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80.
[140] D.L. 16 maggio 2008, n. 85, recante “Disposizioni urgenti per l’adeguamento delle strutture di Governo in applicazione dell’articolo 1, commi 376 e 377, della legge 24 dicembre 2007, n. 244” e convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2008, n. 121. Il citato articolo 1, comma 7 ha disposto la soppressione del Ministero delle comunicazioni e l’attribuzione delle funzioni ad esso spettanti al Ministero delle sviluppo economico.
[141] L. 15 marzo 1997 n. 59, Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa.
[142] D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, Codice dell'amministrazione digitale.
[143] In particolare, il Senato ha aggiunto i principi e criteri direttivi contenuti nelle lettere c), d), g), h), l), o), p), q).
[144] L. 4 marzo 2009, n. 15, Delega al Governo finalizzata all'ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e alla efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni nonché disposizioni integrative delle funzioni attribuite al Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro e alla Corte dei conti.
[145] La disposizione, unitamente a quella di cui alla lettera p), fa riferimento alle amministrazioni pubbliche come individuate dall’art. 1, comma 2, del D.Lgs. 165/2001, ai sensi del quale si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'ARAN e le Agenzie previste dal D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300 (sostanzialmente le Agenzie fiscali).
[146] Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per l’innovazione e le tecnologie, Direttiva 16 gennaio 2002, Sicurezza informatica e delle telecomunicazioni nelle pubbliche amministrazioni, in G.U. 22 marzo 2002, n. 69.
[147] Decreto interministeriale del ministro delle comunicazioni e del ministro per l’innovazione e le tecnologie, 24 luglio 2002, Istituzione del Comitato tecnico nazionale sulla sicurezza informatica e delle telecomunicazioni nelle pubbliche amministrazioni, non pubblicato in G.U..
[148] V. articolo 90 del D. Lgs. 82/2005 (Codice dell’amministrazione digitale, che la disciplina in esame provvede ad integrare).
[149] Comma 1, lettera l).
[150] Comma 1, lettera m). Una prescrizione analoga è contenuta nella lettera p), che però non configura un obbligo (infatti, in base alla disposizione, le amministrazioni pubbliche sono tenute a provvedere all’informatizzazione dei servizi “ove possibile”).
[151] D.Lgs. 7 marzo 2005 n. 82, Codice dell'amministrazione digitale.
[152] D.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68, Regolamento recante disposizioni per l’utilizzo della posta elettronica certificata, a norma dell’articolo 27 della legge 16 gennaio 2003, n. 3.
[153] D.L. 29 novembre 2008, n. 185, Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale (conv., con modificazioni, dalla L. 28 gennaio 2008, n. 2).
[154] Individuate attraverso il consueto rinvio all’art. 1, comma 2, del D.Lgs. 165/2001 (sul punto si veda la scheda di cui all’art. 33 del provvedimento in esame).
[155] D.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68, Regolamento recante disposizioni per l’utilizzo della posta elettronica certificata, a norma dell’articolo 27 della legge 16 gennaio 2003, n. 3.
[156] Dipartimento per l'innovazione e le tecnologie, decreto 2 novembre 2005, Regole tecniche per la formazione, la trasmissione e la validazione, anche temporale, della posta elettronica certificata.
[157] D.L. 29 novembre 2008, n. 185, Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale (conv., con modificazioni, dalla L. 28 gennaio 2008, n. 2)
[158] Il CNIPA è la struttura organizzativa funzionale al perseguimento degli obiettivi di e-Government e di costruzione della Società dell’informazione; istituito presso la Presidenza del Consiglio, ha assunto i compiti della preesistente Autorità per l’informatica nella pubblica amministrazione (art. 176, co. 3, D.Lgs. 196/2003).
[159] CONSIP è una società per azioni del Ministero dell'economia e delle finanze che si occupa istituzionalmente della razionalizzazione degli acquisti di beni e servizi per le P.A.
[160] L. 16 gennaio 2003, n. 3, Disposizioni ordinamentali in materia di pubblica amministrazione.
[161] Il FAS è stato istituito dall’art. 61 della L. 27 dicembre 2002 n. 289, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2003).
[162] D.P.R. 2 marzo 2004, n. 117, Regolamento concernente la diffusione della carta nazionale dei servizi, a norma dell'articolo 27, comma 8, lettera b), della legge 16 gennaio 2003, n. 3.
[163] D.L. 30 dicembre 2008, n. 207, Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni finanziarie urgenti, conv. con mod. dalla L. 27 febbraio 2009, n. 14.
[164] Articolo 66, comma 2, lettera b) del decreto legislativo n. 82/2005 (Codice dell’amministrazione digitale).
[165] Articolo 66, comma 2, lettera a) del decreto legislativo n. 82/2005.
[166] Per l’Italia partecipano il CNIPA e il Politecnico di Torino.
[167] “Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città”.
[168] Istituito dall’articolo 19 del D.L. 4 agosto 2006, n. 223, convertito dalla L. 4 agosto 2006, n. 248,
[169] Ai sensi del quale, “Ogni qualvolta la legge o altra fonte normativa assegni, anche in via delegata, compiti specifici ad un Ministro senza portafoglio […], gli stessi si intendono comunque attribuiti […] al Presidente del Consiglio dei Ministri, che può delegarli a un Ministro o a un Sottosegretario di Stato […]”.
[170] Recante disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città.
[171] Di cui alla legge 4 agosto 2006, n. 248.
[172] In base agli artt. 138 e 139 del Trattato, la Commissione ha il compito di promuovere la consultazione delle parti sociali a livello comunitario e prende ogni misura utile per facilitarne il dialogo provvedendo a un sostegno equilibrato delle parti. A tal fine, la Commissione, prima di presentare proposte nel settore della politica sociale, consulta le parti sociali sul possibile orientamento di un’azione comunitaria. Se, dopo tale consultazione, ritiene opportuna un’azione comunitaria, la Commissione consulta ulteriormente le parti sociali sul contenuto della proposta prevista. Le parti sociali trasmettono alla Commissione un parere o, se opportuno, una raccomandazione o possono informare la Commissione dell’intenzione di concludere accordi tra loro. La durata della procedura non supera i nove mesi, salvo proroga decisa in comune dalle parti sociali interessate e dalla Commissione. Gli accordi conclusi a livello comunitario sono attuati secondo le procedure e le prassi proprie delle parti sociali e degli Stati membri o, nell’ambito dei settori contemplati dall’articolo 137, e a richiesta congiunta delle parti firmatarie, in base ad una decisione del Consiglio su proposta della Commissione.
[173] Considerando l’insieme dei bambini in strutture di custodia almeno un’ora alla settimana
[174] D.L. 30 giugno 2005, n. 115, Disposizioni urgenti per assicurare la funzionalità di settori della pubblica amministrazione, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 17 agosto 2005, n. 168.
[175] Il comma 3 ha provveduto alla copertura degli oneri finanziari a valere sul “Fondo di finanziamento per i progetti strategici nel settore informatico”, istituito dall’art. 27, comma 2, della legge 3/2003 ed iscritto in una apposita unità previsionale di base dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze.
[176] Come previsto dall’art. 2-bis, comma 2, è stato successivamente adottato un decreto di natura non regolamentare del Ministro per l’innovazione e le tecnologie, di concerto con il Ministro per l’istruzione, l’università e la ricerca e con il Ministro dell’economia e delle finanze, che ha stabilito le modalità per l’erogazione dei finanziamenti e per la gestione e pubblicizzazione delle iniziative.
[177] Il Dipartimento è stato istituito con d.P.C.M. 27 settembre 2001, quale struttura di cui si avvale il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione (ora, Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione) nella definizione e nell’attuazione delle politiche per lo sviluppo della società dell’informazione, nonché delle connesse innovazioni tecnologiche per le pubbliche amministrazioni, i cittadini e le imprese.
[178] Al riguardo si segnala, infatti, che il Dipartimento per l’innovazione e le tecnologie gestisce anche il Programma “ICT 4 University”, nell’ambito del quale è previsto sia il finanziamento di progetti delle Università del Sud destinati alla realizzazione di reti di connettività senza fili e servizi associati (“WiFi Sud”), sia il finanziamento di progetti, presentati dalle Università, finalizzati alla realizzazione, all’estensione o al completamento di servizi online di tipo amministrativo e/o didattico (“Campus digitali”).
[179] D.P.C.M. 9 dicembre 2002.
[180] Tale regolamento ha modificato la norma de minimis, raddoppiandone la soglia (che prima era di 100 mila euro) ed estendendone il campo d'applicazione.
[181] Un aiuto si definisce “trasparente” qualora sia possibile determinarne in precedenza l'importo preciso, senza necessità di effettuare un'analisi del rischio.
[182] D.L. 25 giugno 2008, n. 112, Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria, convertito con modificazioni dalla L. 6 agosto 2008, n. 133.
[183] Si tratta dei soggetti privati accreditati (“Agenzie per le imprese”) ai quali può essere affidata l’istruttoria (nel caso di attività discrezionale della P.A.) e l’attestazione della sussistenza dei requisiti normativi previsti (nel caso di attività non discrezionale della P.A.) in ordine alle istanze dei privati relative dell'esercizio dell'attività di impresa.
[184] Tra i settori esclusi rientrano: i servizi non economici d'interesse generale, i servizi finanziari i servizi di comunicazione elettronica in relazione alle materie disciplinate dalle direttive in materia, i servizi nel settore dei trasporti, i servizi delle agenzie di lavoro interinale, i servizi sanitari, i servizi audiovisivi, le attività di azzardo che implicano una posta di valore pecuniario in giochi di fortuna, le attività connesse con l'esercizio di pubblici poteri, taluni servizi sociali, i servizi privati di sicurezza e i servizi forniti da notai e ufficiali giudiziari nominati con atto ufficiale della pubblica amministrazione.
[185] D.L n. 112/2008 convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.
[186]Il D.L. 23 maggio 2008, n. 90 è stato convertito in legge, con modificazioni, dall’articolo 1, comma 1, L. 14 luglio 2008, n. 123.
[187]D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 303, “Ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri, a norma dell'articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59”.
[188]D.P.R. 5 aprile 1993, n. 106, Regolamento concernente la riorganizzazione ed il potenziamento dei Servizi tecnici nazionali nell'ambito della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ai sensi dell'art. 9 della L. 18 maggio 1989, n. 183”.
[189]D.L. 31 maggio 2005, n. 90, Disposizioni urgenti in materia di protezione civile”, convertito in legge con modificazioni, dall’articolo 1 della Legge 26 luglio 2005, n. 152.
[190] Nella terza area è compreso anche il personale dei ruoli ad esaurimento che conserva il proprio trattamento economico
[191] La lettera a, sopra richiamata autorizza l’immissione in ruolo, anche in soprannumero, previo espletamento di apposita procedura selettiva, del personale non dirigenziale del ruolo speciale tecnico-amministrativo della protezione civile[191] proveniente da ruoli ad esaurimento ed assunto nella sesta qualifica, nell’area terza fascia retributiva F1 del medesimo ruolo
[192] Nel corso della seduta del 26 febbraio 2009.
[193] Vedi seduta della V Commissione del 4 dicembre 2008.
[194] Emendamento 8.0200 del Governo all’AC 1875.
[195] Si ricorda che all’Atto Camera 1875 è stato presentato un emendamento dal Governo di analogo contenuto (8.0200) formulato in termini di previsione di spesa.
[196] L. 27 aprile 1982, n. 186, Ordinamento della giurisdizione amministrativa e del personale di segreteria ed ausiliario del Consiglio di Stato e dei tribunali amministrativi regionali.
[197] L. 4 marzo 2009, n. 15, Delega al Governo finalizzata all'ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e alla efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni nonché disposizioni integrative delle funzioni attribuite al Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro e alla Corte dei conti.
[198] L. 24 marzo 1958 n. 195, Norme sulla Costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della Magistratura.
[199] L. 30 dicembre 1988, n. 561, Istituzione del Consiglio della magistratura militare e .L. 24 dicembre 2007 n. 244, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2008), art. 2, co. 604.
[200] D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 545, Ordinamento degli organi speciali di giurisdizione tributaria ed organizzazione degli uffici di collaborazione in attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della L. 30 dicembre 1991, n. 413
[201] L. 3 aprile 1979m n. 103, Modifiche dell'ordinamento dell'Avvocatura dello Stato.
[202] Ordinamento della giurisdizione amministrativa e del personale di segreteria ed ausiliario del Consiglio di Stato e dei tribunali amministrativi regionali.
[203] Per effetto di decisioni adottate dallo stesso organo di autogoverno.
[204] Comma così sostituito dall'art. 7, L. 3 gennaio 1981, n. 1.
[205] Norme sulla costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della Magistratura.
[206] R.D. 13 agosto 1933, n. 1038, Approvazione del regolamento di procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei conti.
[207] L. 21 luglio 2000, n. 205, Disposizioni in materia di giustizia amministrativa.
[208] D.L. 15 novembre 1993, n. 453 (L. 14 gennaio 1994, n. 19), Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti.
[209] L. 04-03-2009, n. 15, Delega al Governo finalizzata all'ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e alla efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni nonché disposizioni integrative delle funzioni attribuite al Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro e alla Corte dei conti. (art. 9).
[210] Le disposizioni si applicano anche ai corrispettivi non ancora riscossi relativi ai procedimenti arbitrali ed ai collaudi in corso al 22 agosto 2008, data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto n. 112/2008 .
[211]Emendamento 26.0.6
[212] Le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT).
[213] Si rileva che il testo dell’emendamento governativo introduttivo della norma in esame, nell’originaria formulazione - emendamento 26.0.7 (testo 2) - non prevedeva espressamente l’assenza di rimborso spese per i membri della commissione speciale; tale previsione è stata introdotta successivamente a seguito del parere contrario, a riguardo espresso, dalla 5ª Commissione su tale emendamento.
[214] La norma prevede che se ritiene di porre a fondamento della sua decisione una questione rilevata d'ufficio, la Corte riserva la decisione, assegnando con ordinanza al PM e alle parti un termine non inferiore a venti giorni e non superiore a sessanta giorni dalla comunicazione per il deposito in cancelleria di osservazioni sulla medesima questione.
[215] D.Lgs. 17 gennaio 2003 n. 5, Definizione dei procedimenti in materia di diritto societario e di intermediazione finanziaria, nonché in materia bancaria e creditizia, in attuazione dell'articolo 12 della L. 3 ottobre 2001, n. 366.
[216] Secondo la Suprema Corte, "la disciplina della rimessione in termini - in particolare quella dell'art. 184 bis codice di procedura civile - concerne solo la fase istruttoria del procedimento e non la proposizione delle impugnazioni. Né può ritenersi consentita l'interpretazione analogica della suddetta norma, stante il suo carattere palesemente eccezionale".
[217] Ci si riferisce all’attuale articolo 21 del AC. 2180 che attribuisce al giudice di pace la competenza circa il reato di ingresso o soggiorno illegale nel territorio dello Stato.
[218] Si segnala che, nel parere reso in sede consultiva in prima lettura, la Commissione giustizia della Camera dei deputati ha sottolineato sul punto l'opportunità di "una ulteriore riflessione volta a definire i limiti della discrezionalità spettante al collegio, chiamato a decidere dell'ammissibilità stessa, nonché ad esplicitare il riferimento al rispetto del principio del contraddittorio".
[219] Legge 21 gennaio 1994, n. 53, Facoltà di notificazioni di atti civili, amministrativi e stragiudiziali per gli avvocati e procuratori legali.
[220] Legge 20 novembre 1982, n. 890, Notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari.
[221] Legge 12 giugno 1984, n. 222, Revisione della disciplina della invalidità pensionabile.
[222] Decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 6 agosto 2008, n. 133.
[223] Legge 28 dicembre 2005, n. 263, Interventi correttivi alle modifiche in materia processuale civile introdotte con il D.L. 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla L. 14 maggio 2005, n. 80, nonché ulteriori modifiche al codice di procedura civile e alle relative disposizioni di attuazione, al regolamento di cui al R.D. 17 agosto 1907, n. 642, al codice civile, alla L. 21 gennaio 1994, n. 53, e disposizioni in tema di diritto alla pensione di reversibilità del coniuge divorziato.
[224] D.L. 30 dicembre 2005, n. 273, Definizione e proroga di termini, nonché conseguenti disposizioni urgenti.
[225] D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 5, Definizione dei procedimenti in materia di diritto societario e di intermediazione finanziaria, nonché in materia bancaria e creditizia, in attuazione dell'articolo 12 della L. 3 ottobre 2001, n. 366.
[226] Decreto-legge 20 giugno 1996, n. 323 (Disposizioni urgenti per il risanamento della finanza pubblica), convertito, con modificazioni dalla legge 8 agosto 1996, n. 825.
[227] D.Lgs. 1 agosto 2003, n. 259, Codice delle comunicazioni elettroniche.
[228] La disposizione fa salvo quanto previsto dall'art. 32, comma 12, del decreto-legge 30 settembre 269: si tratta della disposizione che ha previsto la costituzione, presso la Cassa depositi e prestiti, di un Fondo di rotazione, denominato Fondo per le demolizioni delle opere abusive, per la concessione ai comuni di anticipazioni, senza interessi, sui costi relativi agli interventi di demolizione delle opere abusive anche disposti dall'autorità giudiziaria e per le spese giudiziarie, tecniche e amministrative connesse.
[229] Il Capo VI-bis era stato aggiunto al Testo unico, unitamente agli articoli che lo compongono (articoli 227-bis e 227-ter), dall’art. 52 del recente decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112.
[230] Si osserva che anche l’art. 211 TU è rubricato "Quantificazione dell'importo dovuto". Ciò non rappresenta più un difetto di coordinamento in quanto, a seguito delle modifiche introdotte dal disegno di legge, l’art. 211 risulta collocato nel Titolo relativo alla diversa materia delle spese nel processo amministrativo, contabile e tributario.
[231] D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, Riordino della disciplina della riscossione mediante ruolo, a norma dell'articolo 1 della L. 28 settembre 1998, n. 337.
[232] D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito.
[233] Compresa nell’elenco delle amministrazioni pubbliche inserite dall'ISTAT nel conto economico consolidato della P.A.
[234] D.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199, Semplificazione dei procedimenti in materia di ricorsi amministrativi.
[235] Decreto legge n. 63 del 15 aprile 2002, recante “Disposizioni finanziarie e fiscali urgenti in materia di riscossione, razionalizzazione del sistema di formazione del costo dei prodotti farmaceutici, adempimenti ed adeguamenti comunitari, cartolarizzazioni, valorizzazione del patrimonio e finanziamento delle infrastrutture”, convertito con modificazioni dalla legge 5 giugno 2002, n. 112.
[236] La Società Patrimonio dello Stato S.p.a è stata istituita dal sopra citato articolo 7, del decreto legge n. 63/2002. La sua missione sociale è la valorizzazione, gestione ed alienazione del patrimonio dello Stato, nel rispetto dei requisiti e delle finalità propri dei beni pubblici.
La totalità delle azioni della Società, inizialmente detenute dal Ministero dell’economia, sono state trasferite a Fintecna S.p.a, con decreto del 16 novembre 2006.
[237] Il conto del patrimonio è una delle due sezioni in cui è articolato il rendiconto generale dello Stato, il quale viene annualmente approvato dal Parlamento con legge. Il conto del patrimonio espone le variazioni intervenute nella consistenza delle attività e passività che costituiscono il patrimonio dello Stato.
Nell’ambito della riforma del bilancio dello Stato avvenuta con legge n. 94/1997 e D.Lgs. n. 279/1997, il conto del patrimonio è stato anch’esso oggetto di riforma ai fini di una nuova impostazione dello stesso sotto il profilo di una sua maggiore significatività in riferimento alla economicità della gestione patrimoniale. Sono state infatti introdotte alcune disposizioni volte a individuare – nello stesso conto - i beni suscettibili di utilizzazione economica.
[238] La citata legge finanziaria per il 2007 ai commi 459-463 ha previsto la riduzione a tre del numero dei componenti del consiglio di amministrazione delle Società e di Sogin S.p.a. e della Società Sviluppo Italia S.p.a., della quale ha contestualmente previsto il mutamento di denominazione in Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa S.p.a. e il riassetto.
[239] L’articolo 2389, terzo comma del codice civile prevede che la rimunerazione degli amministratori investiti di particolari cariche in conformità dello statuto è stabilita dal consiglio di amministrazione, sentito il parere del collegio sindacale. Se lo statuto lo prevede, l'assemblea può determinare un importo complessivo per la remunerazione di tutti gli amministratori, inclusi quelli investiti di particolari cariche.