Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento giustizia
Titolo: Tutela penale dell'ambiente - Recepimento delle direttive 2008/99/CE e 2009/123/CE Schema di D.Lgs. n. 357(artt. 1, 2 e 19, L. 96/2010) Schede di lettura e riferimenti normativi
Riferimenti:
SCH.DEC 357/XVI     
Serie: Atti del Governo    Numero: 309
Data: 14/05/2011
Descrittori:
AMBIENTE   DIRETTIVE DELL'UNIONE EUROPEA
DIRITTO PENALE   L 2010 0096
Organi della Camera: II-Giustizia
Altri riferimenti:
08/99/CE   09/123/CE  
L N. 96 DEL 04-GIU-10     

 

Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Atti del Governo

Tutela penale dell’ambiente Recepimento delle direttive 2008/99/CE e 2009/123/CE

Schema di D.Lgs. n. 357

(artt. 1, 2 e 19, L. n. 96/2010)

Schede di lettura e riferimenti normativi

 

 

 

 

 

n. 309

 

 

 

14 maggio 2011

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Giustizia

( 066760-9148 / 066760-9559 – * st_giustizia@camera.it

 

 

 

 

 

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File: gi0555.doc


INDICE

Schede di lettura

Quadro normativo  3

La delega  3

La direttiva 2008/99/CE sulla tutela penale dell’ambiente  5

La direttiva 2009/123/CE sull'inquinamento provocato dalle navi8

Il contenuto dello schema di decreto legislativo  10

Art. 1  (Modifiche al codice penale)12

Art. 2  (Modifiche al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231)14

Riferimenti normativi

Normativa nazionale

L. 7 febbraio 1992, n. 150. Disciplina dei reati relativi all'applicazione in Italia della convenzione sul commercio internazionale delle specie animali e vegetali in via di estinzione, firmata a Washington il 3 marzo 1973, di cui alla L. 19 dicembre 1975, n. 874, e del regolamento (CEE) n. 3626/82, e successive modificazioni, nonché norme per la commercializzazione e la detenzione di esemplari vivi di mammiferi e rettili che possono costituire pericolo per la salute e l'incolumità pubblica. (artt. 1, 2, 3-bis e 6)33

L. 28 dicembre 1993, n. 549. Misure a tutela dell'ozono stratosferico e dell'ambiente. (art. 3)37

L. 29 settembre 2000, n. 300. Ratifica ed esecuzione dei seguenti Atti internazionali elaborati in base all'articolo K. 3 del Trattato sull'Unione europea: Convenzione sulla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee, fatta a Bruxelles il 26 luglio 1995, del suo primo Protocollo fatto a Dublino il 27 settembre 1996, del Protocollo concernente l'interpretazione in via pregiudiziale, da parte della Corte di Giustizia delle Comunità europee, di detta Convenzione, con annessa dichiarazione, fatto a Bruxelles il 29 novembre 1996, nonché della Convenzione relativa alla lotta contro la corruzione nella quale sono coinvolti funzionari delle Comunità europee o degli Stati membri dell'Unione europea, fatta a Bruxelles il 26 maggio 1997 e della Convenzione OCSE sulla lotta alla corruzione di pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni economiche internazionali, con annesso, fatta a Parigi il 17 dicembre 1997. Delega al Governo per la disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche e degli enti privi di personalità giuridica. (art. 11)39

D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231. Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell'articolo 11 della L. 29 settembre 2000, n. 300. (artt. 1-26)43

D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152. Norme in materia ambientale. (artt. 29-quattuordecies, 137, 256, 257-260-bis, 271)60

D.Lgs. 6 novembre 2007, n. 202. Attuazione della direttiva 2005/35/CE relativa all'inquinamento provocato dalle navi e conseguenti sanzioni. (artt. 8 e 9)74

L. 4 giugno 2010, n. 96. Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2009. (artt. 1, 2 e 19)75

Normativa comunitaria

Dir. 7 settembre 2005, n. 2005/35/CE. Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all’inquinamento provocato dalle navi e all’introduzione di sanzioni, anche penali, per i reati di inquinamento (Testo rilevante ai fini del SEE).81

Dir. 19 novembre 2008, n. 2008/99/CE. DIRETTIVA DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO sulla tutela penale dell'ambiente (Testo rilevante ai fini del SEE).98

Dir. 21 ottobre 2009, n. 2009/123/CE. DIRETTIVA DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO che modifica la direttiva 2005/35/CE relativa all'inquinamento provocato dalle navi e all'introduzione di sanzioni per violazioni (Testo rilevante ai fini del SEE).110

 

 


Schede di lettura

 


Quadro normativo

La delega

L’art. 19 della legge comunitaria 2009 (L. 4 giugno 2010, n. 96) ha delegato il Governo ad adottare, entro il termine di nove mesi dalla data di entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi al fine di recepire le disposizioni della direttiva 2008/99/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, sulla tutela penale dell’ambiente e della direttiva 2009/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, che modifica la direttiva 2005/35/CE relativa all’inquinamento provocato dalle navi e all’introduzione di sanzioni per violazioni.

 

L’obbligo di introdurre analoga tutela era stato già previsto dalle decisioni quadro GAI 2003/80 e 2005/667, impugnate dalla Commissione Europea davanti alla Corte di giustizia dell’Unioneper violazione dell’art. 47 T.U.E., in quanto basate su un fondamento normativo inappropriato. La Corte (sentenza 13 settembre 2005, causa C-176/039 e sentenza 23 ottobre 2007, causa C-440/05), accedendo alla tesi della Commissione, ha annullato entrambe le decisioni quadro con la motivazione che queste avrebbero dovuto essere adottate sulla base giuridica del trattato CE (primo pilastro) e non del Trattato sull'Unione europea (terzo pilastro).

Nelle due citate sentenze, pur confermando il consolidato principio in forza del quale, in linea generale, “la legislazione penale e le regole di procedura penale non rientrano tra le competenze comunitarie”, la Corte ha affermato che tale constatazione non potrebbe precludere alla legislazione comunitaria - quando l’applicazione di sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive da parte delle autorità nazionali competenti costituisca una misura «indispensabile» per lottare contro i comportamenti gravemente pregiudizievoli per l’ambiente - di adottare misure collegate al diritto penale degli Stati membri e che siano considerate “necessarie” per garantire la piena efficacia delle norme che esso venga a emanare in materia di protezione dell’ambiente.

In base a tale orientamento della Corte, il legislatore comunitario può legiferare anche sui profili penalistici “connessi” a politiche comunitarie, quali la tutela dell’ambiente; dall’ambito della cooperazione intergovernativa si passa, quindi, alla procedura legislativa comunitaria. Peraltro, la Corte non aveva stabilito, con la sentenza del 2005, se la Comunità europea nell’ambito del primo pilastro fosse competente oltre che ad obbligare gli Stati membri a prevedere sanzioni penali, effettive, proporzionate e dissuasive anche a tracciare i limiti esatti entro cui tale competenza potesse essere esercitata. Dalla sentenza 23 ottobre 2007 emerge come il legislatore comunitario promuovendo la tutela dell’ambiente ex art. 80, n. 2, CE può imporre agli Stati membri l’obbligo di introdurre sanzioni per garantire la piena efficacia delle norme che emana in tale ambito ma non il tipo e il livello delle sanzioni penali stesse; tali disposizioni della decisione quadro – secondo la Corte - non rientrano nella competenza della Comunità e, pertanto, non possono essere validamente adottate.

 

L’art. 19 della legge comunitaria – oltre a individuare i ministeri competenti all’adozione dei decreti legislativi delegati – ha stabilito alcuni princìpi e criteri direttivi specifici in aggiunta a quelli generali definiti all’articolo 2 della legge 96/2010 (v. ultra):

a)  introdurre le fattispecie criminose indicate nelle direttive tra i reati specificamente indicati nella sezione III del capo I del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231[1], la cui commissione determina responsabilità amministrativa dell’ente;

b)  prevedere, nei confronti degli enti nell’interesse o a vantaggio dei quali è stato commesso uno dei reati sopra indicati, adeguate e proporzionate sanzioni amministrative pecuniarie, di confisca, di pubblicazione della sentenza ed eventualmente anche interdittive, nell’osservanza dei princìpi di omogeneità ed equivalenza rispetto alle sanzioni già previste per fattispecie simili, e comunque nei limiti massimi previsti dagli articoli 12 e 13 del citato D.Lgs. n. 231/2001 (l’art. 12 prevede i casi di riduzione della sanzione pecuniaria, pone alla medesima un limite minimo, pari a 10.329 euro, e massimo, pari a 103.291 euro; l’art. 13 prevede che le sanzioni interdittive abbiano una durata non inferiore a tre mesi e non superiore a due anni).

 

Il citato art. 2 della legge 96/2010 ha dettato tra i principi di delega generali quelli relativi a tipologia ed entità delle sanzioni penali che (comma 1, lett. c) “nei limiti, rispettivamente, dell’ammenda fino a 150.000 euro e dell’arresto fino a tre anni, sono previste, in via alternativa o congiunta, solo nei casi in cui le infrazioni ledono o espongono a pericolo interessi costituzionalmente protetti. In tali casi sono previste: la pena dell’ammenda alternativa all’arresto per le infrazioni che espongono a pericolo o danneggiano l’interesse protetto; la pena dell’arresto congiunta a quella dell’ammenda per le infrazioni che recano un danno di particolare gravità. Nelle predette ipotesi, in luogo dell’arresto e dell’ammenda, possono essere previste anche le sanzioni alternative di cui agli articoli 53 e seguenti del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, e la relativa competenza del giudice di pace. La sanzione amministrativa del pagamento di una somma non inferiore a 150 euro e non superiore a 150.000 euro è prevista per le infrazioni che ledono o espongono a pericolo interessi diversi da quelli indicati nei periodi precedenti”

 

In relazione agli effetti delle disposizioni della direttiva 2008/99/CE sulla disciplina nazionale relativa alla responsabilità da reato degli enti, si ricorda che il citato decreto legislativo n. 231/2001 non prevede attualmente una responsabilità dipendente da reati ambientali.

La delega contenuta nell’art. 11, comma 1, lett. d), della legge 29 settembre 2000, n. 300, che includeva nell’elenco dei reati - presupposto della responsabilità dell’ente – anche quelli in materia di tutela dell’ambiente e del territorio, non è stata, infatti, esercitata dal Governo.

 

Attualmente, l'unico riferimento normativo ad una responsabilità degli enti da reato ambientale è costituito dall’art. 192, comma 4, del cd. Codice dell’ambiente (D.Lgs 152/2006) in materia di abbandono di rifiuti, disposizione che rinvia esplicitamente alle previsioni del citato decreto legislativo n. 231/2001. La norma citata prevede, infatti, che “qualora la responsabilità del fatto illecito sia imputabile ad amministratori o rappresentanti di persona giuridica ai sensi e per gli effetti del comma 3, sono tenuti in solido la persona giuridica ed i soggetti che siano subentrati nei diritti della persona stessa, secondo le previsioni del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, in materia di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni”.

 

Si segnala, infine, che la direttiva 2008/99/CE, inserita nell’allegato “B” dell’originario disegno di legge comunitaria 2009 presentato alla Camera (AC 2449), era stata inizialmente espunta nel corso dell’esame parlamentare presso le Commissioni (vedi. AC 2449/A).

 

In particolare, mentre la Commissione giustizia aveva votato un emendamento soppressivo (considerato che la legge comunitaria non appariva essere lo strumento migliore per recepire la direttiva in materia di tutela penale dell'ambiente, in quanto la complessità della materia oggetto della medesima avrebbe richiesto la presentazione di un autonomo disegno di legge di delega da parte del Governo), la Commissione ambiente, in sede di relazione alla XIV Commissione, aveva invitato quest’ultima a valutare l'opportunità di prevedere che il recepimento della direttiva 2008/99/CE avvenisse inserendo le nuove disposizioni all'interno del Codice ambientale, allo scopo di mantenere la normativa ambientale in unico corpo normativo di carattere organico, nonché a prevedere che l'obiettivo prioritario della tutela dell'ambiente fosse perseguito tenendo conto delle caratteristiche peculiari del sistema produttivo italiano e della connessa necessità di un'attenta analisi dell'impatto della nuova normativa e della sua sostenibilità, anche dal punto di vista economico e finanziario.

 

La direttiva è poi stata reintrodotta nel disegno di legge comunitaria nel corso dell’esame in Assemblea presso la Camera.

La direttiva 2008/99/CE sulla tutela penale dell’ambiente

La direttiva 2008/99/CE si propone l’obiettivo di ottenere che gli Stati membri introducano, nel proprio diritto penale interno, sanzioni penali che possano garantire una più efficace tutela dell’ambiente (“considerando n. 3” e art. 1), con un grado di deterrenza maggiore rispetto alle sanzioni amministrative o ai meccanismi risarcitori del diritto civile.

La direttiva rappresenta, pertanto, un importante cambiamento nel sistema delle fonti normative del diritto penale ambientale, in quanto istituisce un livello minimo di armonizzazione in relazione alle attività contro l’ambiente che devono essere considerate reati e un sistema di responsabilità penale analogo per tutte le persone giuridiche in grado di garantire una più efficace tutela dell’ambiente stesso.

La direttiva recepisce i principi ribaditi nelle due citate sentenze del 2005 e del 2007 della Corte di giustizia europea secondo cui la competenza della Comunità europea ad attuare le politiche e le azioni comuni di cui agli artt. 2 e 3 del Trattato CE comprende anche il potere di richiedere agli Stati membri l’applicazione di adeguate sanzioni penali.

Sul piano applicativo, la direttiva è destinata, infatti, ad avere effetti sulle normative penali dei singoli Stati membri, in quanto prevede che vengano sanzionate una serie di condotte imputabili a persone giuridiche idonee a provocare danni alla salute delle persone o un significativo deterioramento dell’ambiente.

L’articolo 3 prevede pertanto che Ciascuno Stato membro si adopera affinché le seguenti attività, qualora siano illecite e poste in essere intenzionalmente o quanto meno per grave negligenza, costituiscano reati:

a)  lo scarico, l'emissione o l'immissione illeciti di un quantitativo di sostanze o radiazioni ionizzanti nell'aria, nel suolo o nelle acque che provochino o possano provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell'aria, alla qualità del suolo o alla qualità delle acque, ovvero alla fauna o alla flora;

b)  la raccolta, il trasporto, il recupero o lo smaltimento di rifiuti, comprese la sorveglianza di tali operazioni e il controllo dei siti di smaltimento successivo alla loro chiusura nonché l'attività effettuata in quanto commerciante o intermediario (gestione dei rifiuti), che provochi o possa provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell'aria, alla qualità del suolo o alla qualità delle acque, ovvero alla fauna o alla flora;

c)  la spedizione di rifiuti, qualora tale attività rientri nell'ambito dell'art. 2, par. 335, del regolamento (CE) n. 1013/2006, relativo alle spedizioni di rifiuti , e sia effettuata in quantità non trascurabile in un'unica spedizione o in più spedizioni che risultino fra di loro connesse;

d)  l'esercizio di un impianto in cui sono svolte attività pericolose o nelle quali siano depositate o utilizzate sostanze o preparazioni pericolose che provochi o possa provocare, all'esterno dell'impianto, il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell'aria, alla qualità del suolo o alla qualità delle acque, ovvero alla fauna o alla flora;

e)  la produzione, la lavorazione, il trattamento, l'uso, la conservazione, il deposito, il trasporto, l'importazione, l'esportazione e lo smaltimento di materiali nucleari o di altre sostanze radioattive pericolose che provochino o possano provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell'aria, alla qualità del suolo o alla qualità delle acque, ovvero alla fauna o alla flora;

f)   l'uccisione, la distruzione, il possesso o il prelievo di esemplari di specie animali o vegetali selvatiche protette, salvo i casi in cui l'azione riguardi una quantità trascurabile di tali esemplari e abbia un impatto trascurabile sullo stato di conservazione della specie;

g)  il commercio di esemplari di specie animali o vegetali selvatiche protette o di parti di esse o di prodotti derivati, salvo i casi in cui l'azione riguardi una quantità trascurabile di tali esemplari e abbia un impatto trascurabile sullo stato di conservazione della specie;

h)  qualsiasi azione che provochi il significativo deterioramento di un habitat all'interno di un sito protetto;

i)   la produzione, l'importazione, l'esportazione, l'immissione sul mercato o l'uso di sostanze che riducono lo strato di ozono.

 

Allo stesso modo, è previsto che siano qualificate come reati le condotte di favoreggiamento e di istigazione a commettere intenzionalmente talune delle suddette attività (articolo 4).

 

L’articolo 5 dispone, quindi, che gli Stati membri dovranno adottare, secondo una formula ricorrente a livello comunitario, misure necessarie per assicurare che i reati previsti agli articoli 3 e 4 vengano puniti con sanzioni penali “efficaci, proporzionate e dissuasive”, ferma restando la facoltà di stabilire disposizioni penali più stringenti (“considerando n. 12”).

 

La direttiva introduce, all’articolo 6, una responsabilità delle persone giuridicheper i reati indicati agli articoli 3 e 4, qualora siano commessi, a loro vantaggio, da qualsiasi soggetto che detenga una posizione preminente in seno alla stessa persona giuridica. Lo stesso articolo introduce anche una responsabilità da reato dell’ente «per carenza di sorveglianza o controllo» da parte di uno dei soggetti aventi la posizione preminente sopracitata, che abbia reso possibile la perpetrazione dei suddetti reati a vantaggio della persona giuridica da parte di una persona soggetta alla sua autorità.

Il comma 3 precisa, infine, come la responsabilità dell’ente non escluda l’azione penale nei confronti delle persone fisiche che siano autori, incitatori o complici dei reati ambientali.

 

L’articolo 7 stabilisce che anche nei confronti delle persone giuridiche responsabili dei reati ambientali le sanzioni disposte dai singoli ordinamenti nazionali siano "efficaci, proporzionate e dissuasive".

La direttiva reca, infine, due allegati, in cui viene elencata la normativa comunitaria la cui violazione sostituisce un comportamento “illecito” ai sensi dell’articolo 2 della stessa direttiva:

-           l’allegato A reca 69 direttive comunitarie emanate a protezione dell’ambiente e adottate in base al Trattato CE;

-           l’allegato B riporta 3 direttive adottate ai sensi del Trattato Euratom.

 

Al legislatore nazionale, vienelasciata ampia discrezionalità in merito alla tipologia di sanzioni, pecuniarie e/o interdittive (es: revoca delle autorizzazioni, interdizioni dall’esercizio dell’attività, esclusione da finanziamenti, divieto di contrattazione con la P.A.), applicabili alle persone giuridiche responsabili di reati ambientali.

 

Il termine di recepimento della direttiva era fissato al 26 dicembre 2010. Il 26 gennaio 2011 la Commissione europea ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora attraverso la quale si contesta il mancato recepimento.

La direttiva 2009/123/CE sull'inquinamento provocato dalle navi

La direttiva 2009/123/CE è volta rafforzare la cornice penale per la repressione dell'inquinamento provocato dalle navi. Tale rafforzamento si è reso più necessario, in particolare, dopo l’annullamento della decisione quadro 2005/667/GAI del Consiglio del 12 luglio 2005 che aveva completato con misure penali il quadro normativo tracciato dalla direttiva 2005/35/CE.

 

Secondo la direttiva madre 2005/35/CE gli scarichi in mare di idrocarburi o sostanze liquide in violazione al diritto comunitario costituiscono un'infrazione penale, cui possono imporsi sanzioni di tipo penale o amministrativo laddove le persone interessate siano riconosciute colpevoli di aver agito intenzionalmente o per negligenza.

L'incriminazione ha luogo quando gli scarichi vengono effettuati nelle acque interne, compresi i porti, di uno Stato membro; nelle acque territoriali di uno Stato membro; negli stretti utilizzati per la navigazione internazionale e soggetti al regime di passaggio di transito, come specificato nella Convenzione ONU del 1982 sul diritto del mare (cosiddetta Convenzione MARPOL); nella zona economica esclusiva di uno Stato membro; in alto mare. La direttiva si applica agli scarichi di sostanze inquinanti di tutte le navi, a prescindere dalla bandiera, fatta esclusione per le navi militari o gestite da uno Stato esclusivamente per fini non commerciali. Il divieto di scarico di sostanze inquinanti resta comunque soggetto a eccezioni e non si applica, in particolare, quando lo scarico si renda necessario al fine di garantire la sicurezza di una nave o del suo equipaggio.

 

La direttiva 2009/123/CE, con alcune integrazioni alla direttiva 2005/35/CE, è volta a garantire che ai responsabili di scarichi di sostanze inquinanti siano comminate sanzioni adeguate, anche penali, che devono essere effettive, proporzionate e dissuasive. Tra i responsabili (proprietario della nave, del carico e qualunque altra persona coinvolta), devono essere inclusi anche le persone giuridiche, in quanto spesso i reati di inquinamento provocato dalle navi sono commessi nell'interesse o a vantaggio di persone giuridiche. La responsabilità della persona giuridica non deve escludere azioni penali contro le persone fisiche che abbiano commesso il reato di inquinamento.

Gli Stati membri devono, inoltre, prevedere pene detentive per i casi più gravi, qualora il reato abbia causato danni significativi ed estesi agli ecosistemi coinvolti, o la morte o lesioni gravi a persone, nonché provvedere affinché l'istigazione a commettere gli atti penalmente perseguibili oggetto della direttiva o il favoreggiamento e il concorso nel commetterli, siano considerati anch'essi alla stregua di reati penali.

Data la necessità di assicurare un elevato livello di sicurezza e di protezione dell'ambiente nel settore del trasporto marittimo, nonché di assicurare l'efficacia del principio secondo cui i responsabili dell'inquinamento devono risarcire i danni causati all'ambiente, sono considerati reati anche i casi di minore entità che si verificano ripetutamente e che provocano, non singolarmente bensì nel loro insieme, un deterioramento della qualità dell'acqua.

Il termine per il recepimento della direttiva era fissato al 16 novembre 2010. Il 26 gennaio 2011 la Commissione europea ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora attraverso la quale si contesta il mancato recepimento.

 


Il contenuto dello schema di decreto legislativo

Il provvedimento in esame intende recepire le direttive 2008/99/CE sulla tutela penale dell’ambiente e 2009/123/CE sull’inquinamento provocato dalle navi, fornendo il necessario quadro sanzionatorio penale per le relative violazioni.

La relazione del Governo allo schema di decreto ritiene già sussistenti “sanzioni adeguate al tenore della direttiva 2009/123/CE e che pertanto non sia necessario alcun intervento di adeguamento dell’ordinamento nazionale”.

In particolare, il Governo si riferisce agli articoli 8 e 9 del D.Lgs n. 202/2007, di attuazione della direttiva 2005/35/CE relativa all'inquinamento provocato dalle navi e conseguenti sanzioni.

L’art. 4 del D.Lgs 202/2007 prevede che alle navi, salvo deroghe, sia vietato versare in mare le sostanze inquinanti inserite nell'allegato I (idrocarburi) e nell'allegato II (sostanze liquide nocive trasportate alla rinfusa) alla citata Convenzione Marpol, nonché causare lo sversamento di dette sostanze.

L’art. 8 del D.Lgs 201 (inquinamento doloso) stabilisce che il comandante di una nave, battente qualsiasi bandiera, nonché i membri dell'equipaggio, il proprietario e l'armatore della nave, nel caso in cui la violazione sia avvenuta con il loro concorso, che dolosamente violano le disposizioni dell'art. 4 sono puniti con l'arresto da sei mesi a due anni e con l'ammenda da euro 10.000 ad euro 50.000. L’art. 9 (inquinamento colposo) dello stesso decreto prevede che gli stessi soggetti, nel caso in cui la violazione sia avvenuta con la loro cooperazione, che violano per colpa le disposizioni dell'art. 4, sono puniti con l'ammenda da euro 10.000 ad euro 30.000. Se la violazione causa danni permanenti o, comunque, di particolare gravità, alla qualità delle acque, a specie animali o vegetali o a parti di queste, si applica l'arresto da sei mesi a due anni e l'ammenda da euro 10.000 ad euro 30.000. Il danno si considera di particolare gravità quando l'eliminazione delle sue conseguenze risulta di particolare complessità sotto il profilo tecnico, ovvero particolarmente onerosa o conseguibile solo con provvedimenti eccezionali.

 

In relazione alla direttiva 2008/99/CE sulla tutela penale dell’ambiente, invece individua come uniche fattispecie sanzionate dalla direttiva ma assenti nell’ordinamento interno quelle relative all’uccisione, distruzione, prelievo o possesso di esemplari di specie animali e vegetali selvatiche protette nonchè alla distruzione o deterioramento di habitat all’interno di un sito protetto.

 

Oltre ad alcune disposizioni previste dal codice penale come l’uccisione, il maltrattamento e abbandono di animali (artt. 544-bis, 544-ter e 727), getto pericoloso di cose (art. 674), danneggiamento del patrimonio archeologico, storico, artistico nazionale (art. 733); distruzione o deturpamento di bellezze naturali (art. 734) la gran parte delle fattispecie illecite previste dalla direttiva 2008/99/CE sono sanzionate da numerose leggi speciali. Si ricorda, tra le altre, il cd. codice dell’ambiente (D.Lgs 152/2006); la legge 150/1992, di disciplina dei reati relativi all'applicazione in Italia della convenzione sul commercio internazionale delle specie animali e vegetali in via di estinzione; la legge 349/1991, legge quadro sulle aree protette.

 

L’articolo 3 della direttiva prevede che le attività indicate siano previste come reato se poste in essere «intenzionalmente o quanto meno per grave negligenza» e quindi, secondo il nostro ordinamento penale, con dolo o colpa grave.

La punibilità a titolo di colpa (anche non grave), ove non espressamente prevista, è configurabile solo per le contravvenzioni.

Si rileva peraltro che alcuni reati ambientali previsti nel nostro ordinamento sono delitti e non contravvenzioni (cfr. tabella allegata alla scheda di lettura all’art. 2); per questi delitti non è configurabile la punibilità a titolo di colpa grave. Il problema si pone in particolare per i reati previsti dagli artt. 258, comma 4, e 260-bis, commi 6-8, del codice dell’ambiente (falsità legate al certificato di analisi di rifiuti e trasporto di rifiuti pericolosi) e dall’art. 3-bis, comma 1, L. 150/1992 (assenza o falsificazione di dichiarazioni per l’importazione di esemplari).

Il problema non sembra invece porsi per i delitti di cui all’articolo 260, commi 1 e 2, del codice dell’ambiente (attività organizzate per il traffico di rifiuti) per i quali è previsto il dolo specifico e non è dunque ipotizzabile una punibilità a titolo di colpa grave.

 

Il legislatore delegato, stante la limitazione derivante dall’entità della pene previste dal citato art. 2 (v. ante) della legge comunitaria 2010, rinvia ad un successivo intervento normativo sul codice penale un più completo ripensamento del sistema dei reati ambientali che recepisca più compiutamente la direttiva prevedendo come delitti (anziché contravvenzioni) le fattispecie di illecito di maggiore gravità.

 

Lo schema in esame, quindi, si limita ad integrare il quadro dei reati contravvenzionali in materia ambientale previsti dal codice penale, prevedendo, inoltre, una specifica disciplina della responsabilità delle persone giuridiche derivante da reato ambientale.

 

Di seguito, viene dato sinteticamente conto degli articoli 1 e 2 del provvedimento (l’art. 3 è relativo alla clausola di invarianza finanziaria).


Art. 1
(Modifiche al codice penale)

 

L’articolo 1 dello schema in esame, implementando la disciplina del codice penale in materia ambientale, introduce nel suddetto codice due nuove articoli, che prevedono fattispecie  incriminatici di natura contravvenzionale.

 

Il nuovo art. 727-bis punisce diverse tipologie di condotte illecite nei confronti di specie animali e vegetali selvatiche protette ovvero:

-       la condotta di chi uccide un animale facente parte di specie selvatica protetta, se il fatto non costituisce più grave reato, sanzionandola in via alternativa con l’arresto da 1 a 6 mesi o l’ammenda fino a 4.000 euro (primo comma);

-       quella di chi cattura o possiede un animale facente parte di specie selvatica protetta, se il fatto non costituisce più grave reato, sanzionandola in via alternativa con arresto fino a 6 mesi o l’ammenda fino a 3.000 euro (secondo comma);

-       la condotta di chi distrugge un esemplare appartenente a specie vegetale selvatica protetta, fuori dei casi consentiti, prevedendo un’ammenda fino a 4.000 euro (terzo comma);

-       quella di chi preleva o possiede un esemplare appartenente a specie vegetale selvatica protetta, fuori dei casi consentiti, prevedendo un’ammenda fino a 2.000 euro (quarto comma).

 

Rispetto alle previsioni della direttiva comunitaria (art. 3, par. 1, lett. f), Dir. N. 2008/99/CE), l’art. 727-bis non esclude la configurabilità del reato nei casi in cui l'azione riguardi una quantità trascurabile di tali esemplari e abbia un impatto trascurabile sullo stato di conservazione della specie

 

Le disposizioni del nuovo articolo 727-bis, terzo e quarto comma, c.p. introducono due fattispecie di reato punite con la sola pena dell’ammenda, mentre l’art. 2, comma 1, lettera c), della legge di delega (L. 96/2010) dispone che sono previste sanzioni penali, nei limiti dell’ammenda fino a 150.000 euro e dell’arresto fino a tre anni, in via alternativa o congiunta. Il principio e criterio direttivo specifica altresì che sono previste la pena dell’ammenda alternativa all’arresto per le infrazioni che espongono a pericolo o danneggiano l’interesse protetto; la pena dell’arresto congiunta a quella dell’ammenda per le infrazioni che recano un danno di particolare gravità.

 

Il nuovo art. 733-bis punisce la distruzione o il significativo deterioramento di un habitat all’interno di un sito protetto, sanzionandola congiuntamente con arresto fino a 18 mesi e l’ammenda non inferiore a 3.000 euro.

 

Ai fini dell’applicazione dei due articoli 727-bis e 733-bis c.p., i commi 2 e 3 dell’articolo 1 rinviano alla specifica disciplina comunitaria di riferimento per l’individuazione, rispettivamente, delle “specie animali e vegetali selvatiche protette” di “habitat all’interno di un sito protetto”.

 

Dal punto di vista formale, si valuti l’opportunità di inserire i commi 2 e 3 dell’articolo 1 quali commi autonomi degli articoli del codice penale cui fanno riferimento.


Art. 2
(Modifiche al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231)

L’articolo 2, inserendo un nuovo articolo 25-decies nel decreto legislativo n. 231 del 2001, prevede una specifica disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche derivante da reati contro l’ambiente.

 

Viene così data attuazione all’art. 7 della direttiva n. 2008/99/CE e all’art. 8-ter della direttiva n. 2005/35/CE, inserito dall’art. 1 della direttiva 2009/123/CE, che prevedono la responsabilità delle persone giuridiche per i reati rispettivamente previsti.

 

L’articolo attua i principi e criteri direttivi di cui all’articolo 19, comma 2, della legge comunitaria 2009 (L. 96/2010).

Essi prevedono:

a) l’introduzione tra i reati di cui alla sezione III del capo I del D.Lgs. 231/2001, delle fattispecie criminose indicate nelle direttive 2008/99/CE e 2009/123/CE;

b) la previsione, nei confronti degli enti nell’interesse o a vantaggio dei quali è stato commesso uno dei reati di cui alla lettera a), adeguate e proporzionate sanzioni amministrative pecuniarie, di confisca, di pubblicazione della sentenza ed eventualmente anche interdittive, nell’osservanza dei princìpi di omogeneità ed equivalenza rispetto alle sanzioni già previste per fattispecie simili, e comunque nei limiti massimi previsti dagli articoli 12 e 13 del D.Lgs. 231/2001.

 

La previsione del coinvolgimento delle persone giuridichenella materia ambientale rappresenta un profondo cambiamento nel sistema delle fonti normative del diritto penale ambientale in quanto, il più delle volte, sono gli enti economici a svolgere attività industriale nel cui interesse vengono compiuti gravi danni all’ambiente, ed essi sono, in genere, costituiti come persone giuridiche.

 

Il decreto legislativo n. 231/2001 disciplina la responsabilità degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato (art. 1) e prevede che, per una serie di reati espressamente individuati (artt. 24 e ss) , possano essere applicate alla persona giuridica - mediante accertamento giudiziale - sanzioni pecuniarie, sanzioni interdittive, confisca, pubblicazione della sentenza (art. 9).

Il presupposto per l’irrogazione della sanzione è ovviamente la responsabilità dell’ente che, ai sensi dell’art. 5, sussiste in riferimento ai reati commessi nell’interesse dell’ente stesso o a suo vantaggio, da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione, di direzione dell'ente o da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso.

Le sanzioni interdittive sono le seguenti (artt. 9, 13-18, 23):

-    l'interdizione dall'esercizio dell'attività;

-    la sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell'illecito;

-    il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio;

-    l'esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l'eventuale revoca di quelli già concessi.

La sanzione pecuniaria, ai sensi dell’art. 10, è applicate per quote, in un numero non inferiore a cento né superiore a mille. L'importo di una quota varia da un minimo di 258 euro ad un massimo di 1.549 euro.

Nella commisurazione della sanzione pecuniaria (art. 11) il giudice determina il numero delle quote tenendo conto della gravità del fatto, del grado della responsabilità dell'ente, nonché dell'attività svolta per eliminare o attenuare le conseguenze del fatto e per prevenire la commissione di ulteriori illeciti. L'importo della quota è fissato sulla base delle condizioni economiche e patrimoniali dell'ente allo scopo di assicurare l'efficacia della sanzione.

Infine, il decreto legislativo prevede che la responsabilità per fatti antecedenti permanga anche in caso di successiva trasformazione, fusione o scissione dell’ente; la competenza a conoscere gli illeciti amministrativi dell’ente è dello stesso giudice penale competente per i reati dai quali essi dipendono.

 

Il nuovo articolo 25-decies del D.Lgs 231/2001 – rubricato “Reati ambientali” - individua le sanzioni pecuniarie da applicare all’ente riconosciuto responsabile di reati contro l’ambiente.

 

La relazione del Governo al provvedimento precisa di aver assunto come modello di comparazione dell’art. 2 in esame l’art. 25-ter del D.Lgs 231 in quanto “l’unico che, con riguardo ai reati societari, prevede la responsabilità da reato delle persone giuridiche con riferimento a contravvenzioni”.

 

Le fattispecie penali prese in considerazione sono contenute:

-          nel codice penale

-          nelle norme in materia ambientale (il c.d. codice dell’ambiente), di cui al d.lgs. n. 152 del 2006

-          nella legge 7 febbraio 1992, n. 150, di disciplina dei reati relativi all'applicazione in Italia della convenzione sul commercio internazionale delle specie animali e vegetali in via di estinzione, firmata a Washington il 3 marzo 1973, di cui alla L. 19 dicembre 1975, n. 874, e del regolamento (CEE) n. 3626/82, e successive modificazioni, nonché norme per la commercializzazione e la detenzione di esemplari vivi di mammiferi e rettili che possono costituire pericolo per la salute e l'incolumità pubblica;

-          nella legge 28 dicembre 1993, n. 549, recante misure a tutela dell'ozono stratosferico e dell'ambiente;

-          nel decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 202, di attuazione della direttiva 2005/35/CE relativa all'inquinamento provocato dalle navi.

 

La tabella che segue delinea in relazione a ciascun illecito ambientale la sanzione penale prevista dall’ordinamento vigente e la sanzione da applicare all’ente introdotta dall’articolo in esame.

 

Tra gli articoli del codice dell’ambiente richiamati, mancano i commi da 6 a 10 dell’articolo 137, che puniscono alcuni reati relativi agli scarichi di acque.

 


Rif. normativo

Fattispecie penale

Sanzione penale

Sanzione pecuniaria per l’ente

 

Codice penale

 

 

 

Art. 727-bis, CP

Uccisione, distruzione, cattura, prelievo o possesso di esemplari di specie animali o vegetali selvatiche protette

(introdotto dall’art. 1)

Arresto da 1 a 6 mesi o ammenda fino a 4.000 euro

Fino a 250 quote

 

Art. 733-bis, CP

Danneggiamento di habitat

(introdotto dall’art. 1)

Arresto fino a 18 mesi e ammenda non inferiore a 3.000 euro

Da 150 a 250 quote

 

Codice dell’ambiente

 

 

 

Art. 29- quattuordecies, co. 1, Codice ambiente

Esercizio di attività di cui all'allegato VIII del codice con autorizzazione integrata ambientale mancante, sospesa o revocata

Arresto fino ad un anno o ammenda da 2.500 a 26.000 euro

Fino a 250 quote

 

Art. 29- quattuordecies, co. 2, Codice ambiente

Inosservanza delle prescrizioni contenute nella autorizzazione integrata ambientale o imposte dall'autorità competente

Ammenda da 5.000 a 26.000 euro

Fino a 250 quote

 

Art. 29- quattuordecies, co. 3, Codice ambiente

Esercizio di attività di cui all’allegato VIII del codice dopo l'ordine di chiusura dell'impianto

Arresto da 6 mesi a 2 anni o ammenda da 5.000 a 52.000 euro

Fino a 250 quote

 

Art. 137, co. 1 Codice ambiente

Effettuazione di scarichi di acque reflue industriali con autorizzazione mancante, sospesa o revocata

Arresto da 2 mesi a 2 anni o ammenda da 1.500 a 10.000 euro

Fino a 250 quote

 

Art. 137, co. 2 Codice ambiente

Effettuazione di scarichi di acque reflue industriali contenenti le sostanze pericolose comprese nelle famiglie e nei gruppi di sostanze indicate nelle tabelle 5 e 3/A dell'Allegato 5 alla parte terza del decreto legislativi con autorizzazione mancante, sospesa o revocata

Arresto da 3 mesi a 3 anni

Da 200 a 300 quote

+

sanzioni interdittive per max 6 mesi

 

Art. 137, co. 3 Codice ambiente

Effettuazione di scarichi di acque reflue industriali contenenti le sostanze pericolose comprese nelle famiglie e nei gruppi di sostanze indicate nelle tabelle 5 e 3/A dell'Allegato 5 alla parte terza del decreto legislativo senza osservare le prescrizioni contenute nella autorizzazione o imposte dall'autorità competente

Arresto fino a 2 anni

Da 150 a 250 quote

 

Art. 137, co. 4 Codice ambiente

Violazione delle prescrizioni concernenti l'installazione e la gestione dei controlli in automatico o dell’obbligo di conservazione dei risultati degli stessi

Arresto fino a 2 anni

Da 150 a 250 quote

 

Art. 137, co. 5, primo periodo, Codice ambiente

Superamento dei valori limite per le sostanze indicate nella tabella 5 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto nell’effettuazione di uno scarico di acque reflue industriali

Arresto fino a 2 anni e ammenda da 3.000 a 30.000 euro

Da 150 a 250 quote

 

Art. 137, co. 5, secondo periodo, Codice ambiente

Superamento dei valori limite per le sostanze indicate nella tabella 5 dell'Allegato 5 alla parte terza del decreto nonché per le sostanze contenute nella tabella 3/A del medesimo Allegato 5 nell’effettuazione di uno scarico di acque reflue industriali

Arresto da 6 mesi a 3 anni e ammenda da 6.000 a 120.000 euro

Da 200 a 300 quote

+

sanzioni interdittive per max 6 mesi

 

Art. 137, co. 7, prima parte, Codice ambiente

Violazione degli obblighi di comunicazione o inosservanza di prescrizioni o divieti relativi a rifiuti non pericolosi da parte del gestore del servizio idrico integrato

Arresto da 3 mesi a un anno o ammenda da 3.000 a 30.000 euro

Fino a 250 quote

 

Art. 137, co. 7, seconda parte, Codice ambiente

Violazione degli obblighi di comunicazione o inosservanza di prescrizioni o divieti relativi a rifiuti pericolosi da parte del gestore del servizio idrico integrato

Arresto da 6 mesi a 2 anni e ammenda da 3.000 a 30.000 euro

Da 150 a 250 quote

 

Art. 137, co. 8, Codice ambiente

Impedimento dell’accesso agli insediamenti dei soggetti incaricati dei controlli, da parte del titolare di uno scarico

Arresto fino a 2 anni

Da 150 a 250 quote

 

Art. 137, co. 9, Codice ambiente

Violazione della disciplina regioni in materia di  acque meteoriche di dilavamento e acque di prima pioggia

Arresto da 2 mesi a 2 anni o ammenda da 1.500 a 10.000 euro

Fino a 250 quote

 

Art. 137, co. 11, Codice ambiente

Violazione dei divieti di scarico sul suolo nel sottosuolo e nelle acque sotterranee

Arresto sino a 3 anni

Da 200 a 300 quote

+

sanzioni interdittive per max 6 mesi

 

Art. 137, co. 12, Codice ambiente

Inosservanza delle prescrizioni regionali relative alla qualità delle acque o violazione dei provvedimenti inerenti la qualità delle acque destinate alla vita dei molluschi

Arresto sino a 2 anni o ammenda da 4.000 a 40.000 euro

Fino a 250 quote

 

Art. 137, co. 13, Codice ambiente

Scarico in mare di sostanze o materiali per i quali è imposto il divieto assoluto di sversamento da parte di navi od aeromobili

Arresto da 2 mesi a 2 anni

Da 150 a 250 quote

 

Art. 137, co. 14, Codice ambiente

Violazione delle disposizioni in tema di utilizzazione agronomica di effluenti di allevamento, di acque di vegetazione dei frantoi oleari, nonché di acque reflue provenienti da aziende agricole e piccole aziende agroalimentari

Arresto fino ad un anno o ammenda da 1.500 a 10.000

Fino a 250 quote

 

Art. 256, co. 1, lett. a), Codice ambiente

Attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti non pericolosi in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione

Arresto da 3 mesi a un anno o ammenda da 2.600 a 26.000 euro

Fino a 250 quote

 

Art. 256, co. 4, Codice ambiente

Attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti non pericolosi in violazione delle prescrizioni contenute nell’autorizzazione, o in carenza dei requisiti richiesti da iscrizione o comunicazione

Sanzione dimezzata rispetto a quanto previsto nei commi 1, 2 e 3.

Fino a 125 quote

 

Art. 256, co. 1, lett. b), Codice ambiente

Attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti pericolosi in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione

Arresto da 6 mesi a 2 anni e ammenda da 2.600 a 26.000 euro

Da 150 a 250 quote

 

Art. 256, co. 4, Codice ambiente

Attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti pericolosi in violazione delle prescrizioni contenute nell’autorizzazione, o in carenza dei requisiti richiesti da iscrizione o comunicazione

Sanzione dimezzata rispetto a quanto previsto nei commi 1, 2 e 3.

Da 75 a 125 quote

 

Art. 256, co. 3, primo periodo, Codice ambiente

Realizzazione o gestione di una discarica non autorizzata (non destinata, neanche in parte, a rifiuti pericolosi)

Arresto da 6 mesi a 2 anni e ammenda da 2.600 a 26.000 euro + confisca e obbligo di bonifica o ripristino

Da 150 a 250 quote

 

Art. 256, co. 4, Codice ambiente

Realizzazione o gestione di una discarica (non destinata, neanche in parte, a rifiuti pericolosi) in violazione delle prescrizioni contenute nell’autorizzazione

Sanzione dimezzata rispetto a quanto previsto nei commi 1, 2 e 3.

Da 75 a 125 quote

 

Art. 256, co. 3, secondo periodo, Codice ambiente

Realizzazione o gestione di una discarica non autorizzata destinata, anche in parte, allo smaltimento di rifiuti pericolosi

Arresto da 1 a 3 anni e ammenda da 5.200 a 52.000 + confisca e obbligo di bonifica o ripristino

Da 200 a 300 quote

+

sanzioni interdittive per max 6 mesi

 

Art. 256, co. 4, Codice ambiente

Realizzazione o gestione di una discarica destinata, anche in parte, allo smaltimento di rifiuti pericolosi in violazione delle prescrizioni contenute nell’autorizzazione

Sanzione dimezzata rispetto a quanto previsto nei commi 1, 2 e 3.

Da 100 a 150 quote

 

Art. 256, co. 5, Codice ambiente

Violazione dei divieti inerenti la miscelazione di rifiuti

Arresto da 6 mesi a 2 anni e ammenda da 2.600 a 26.000 euro

Da 150 a 250 quote

 

Art. 256, co. 6, Codice ambiente

Violazione delle disposizioni inerenti il deposito temporaneo presso il luogo di produzione di rifiuti sanitari pericolosi

Arresto da 3 mesi ad un anno o ammenda da 2.600 a 26.000 euro

Fino a 250 quote

 

Art. 257, comma 1, Codice ambiente

Mancata bonifica in caso di inquinamento del suolo, del sottosuolo, delle acque superficiali o delle acque sotterranee con il superamento delle concentrazioni soglia di rischio

Arresto da 6 mesi ad un anno o ammenda da 2.600 a 26.000 euro

Fino a 250 quote

 

Art. 257, comma 2, Codice ambiente

Mancata bonifica in caso di inquinamento del suolo, del sottosuolo, delle acque superficiali o delle acque sotterranee con il superamento delle concentrazioni soglia di rischio in relazione a sostanze pericolose

Arresto da un anno a 2 anni e ammenda da 5.200 a 52.000 euro

Da 150 a 250 quote

 

Art. 258, co. 4, Codice ambiente

False indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti nella predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti o uso di un certificato falso durante il trasporto di rifiuti

Reclusione fino a 2 anni

Da 150 a 250 quote

 

Art. 259, co. 1, Codice ambiente

Traffico illecito di rifiuti

Arresto fino a 2 anni e ammenda da 1.150 a 26.000 euro (pena aumentata se i rifiuti sono pericolosi) + confisca del mezzo di trasporto

Da 150 a 250 quote

 

Art. 260, co. 1, Codice ambiente

Attività organizzate per il traffico illecito di ingenti quantitativi di rifiuti

Reclusione da 1 a 6 anni

Da 300 a 500 quote

+

sanzioni interdittive per max 6 mesi

 

Art. 260, co. 2, Codice ambiente

Attività organizzate per il traffico illecito di ingenti quantitativi di rifiuti ad alta radioattività

Reclusione da 3 a 8 anni

Da 400 a 800 quote

+

sanzioni interdittive per max 6 mesi

 

 

Stabile utilizzazione dell’ente o di una sua unità organizzativa allo scopo unico o prevalente di consentire o agevolare la commissione del reato di attività organizzate per il traffico illecito di ingenti quantitativi di rifiuti

 

Interdizione definitiva dall'esercizio dell'attività.

 

Art. 260-bis, co. 6, Codice ambiente

False indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti nella predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti utilizzato nell’ambito del sistema SISTRI o inserimento di un certificato falso nei dati da fornire ai fini della tracciabilità

Reclusione fino a 2 anni

Da 150 a 250 quote

 

Art. 260-bis, co. 7, secondo periodo, Codice ambiente

Trasporto di rifiuti pericolosi in mancanza di copia cartacea della scheda SISTRI – area movimentazione o della copia del certificato analitico che identifica le caratteristiche dei rifiuti

Reclusione fino a 2 anni

Da 150 a 250 quote

 

Art. 260-bis, co. 7, terzo periodo, Codice ambiente

Trasporto di rifiuti con un certificato di analisi contenente false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti stessi

Reclusione fino a 2 anni

Da 150 a 250 quote

 

Art. 260-bis, co. 8, primo periodo, Codice ambiente

Trasporto di rifiuti con una copia cartacea della scheda SISTRI – Area movimentazione fraudolentemente alterata

Reclusione da 6 mesi a 3 anni per delitto commesso da un pubblico ufficiale nell’esercizio delle funzioni (pena dimezzata per il privato o il pubblico ufficiale al di fuori dell’esercizio delle funzioni)

Da 150 a 250 quote

 

Art. 260-bis, co. 8, secondo periodo, Codice ambiente

Trasporto di rifiuti pericolosi con una copia cartacea della scheda SISTRI – Area movimentazione fraudolentemente alterata

Pena precedente aumentata fino ad un terzo

Da 200 a 300 quote

 

Art. 279, co. 1, Codice ambiente

Esercizio di uno stabilimento con autorizzazione mancante, scaduta, decaduta, sospesa o revocata.

Arresto da 2 mesi a 2 anni o ammenda da 258 a 1.032 euro

Fino a 250 quote

 

Art. 279, co. 2, Codice ambiente

Violazione dei valori limite di emissione o delle prescrizioni stabiliti dall'autorizzazione o dalla normativa (Allegati I, II, III o V alla parte quinta del decreto, articolo 271)

Arresto fino ad un anno o ammenda fino a 1.032 euro

Fino a 250 quote

 

Art. 279, co. 3, Codice ambiente

Esercizio di un impianto o di un’attività senza preventiva comunicazione (ex artt. 269 o 272)

Arresto fino ad un anno o ammenda fino a 1.032 euro

Fino a 250 quote

 

Art. 279, co. 4, Codice ambiente

Mancata comunicazione all’autorità dei dati relativi alle emissioni

Arresto fino a 6 mesi o ammenda fino a 1.032 euro

Fino a 250 quote

 

Art. 279, co. 6, Codice ambiente

Mancata predisposizione di misure volte ad evitare un aumento anche temporaneo delle emissioni da parte dei gestori degli impianti autorizzati in base al DPR 203/1988

Arresto fino ad un anno o ammenda fino a 1.032 euro

Fino a 250 quote

 

Tutela delle specie animali e vegetali in via di estinzione

 

 

Art. 1, co. 1, L. 150/1992

In relazione alle specie protette di cui all’allegato A del Regolamento (CE) n. 338/97:

Importazione o esportazione di esemplari, con certificato o licenza mancanti o non validi; violazione delle prescrizioni finalizzate all'incolumità degli esemplari; trasporto di esemplari senza la licenza o il certificato prescritti; detenzione, utilizzo per scopi di lucro, acquisto o vendita, esposizione o detenzione per la vendita o per fini commerciali di esemplari senza la prescritta documentazione.

Arresto da 3 mesi ad un anno e ammenda da 7.746 a 77.468 euro

Fino a 250 quote

 

Art. 1, co. 1; art. 2, co. 1, L. 150/1992

Commercio di piante riprodotte artificialmente in violazione del Regolamento (CE) n. 338/97

Arresto da 3 mesi ad un anno e ammenda da 7.746 a 77.468 euro

Fino a 250 quote

 

Art. 1, co. 2, L. 150/1992

Recidiva delle condotte precedenti

Arresto da 3 mesi a 2 anni e ammenda da 10.329 a 103.291 euro + sospensione della licenza da 6 a 18 mesi se il reato è commesso nell'esercizio di attività di impresa

Da 150 a 250 quote

 

Art. 2, co. 1 e 2, L. 150/1992

In relazione alle specie protette di cui agli allegati B e C del Regolamento (CE) n. 338/97:

importazione o esportazione di esemplari, con certificato o licenza mancanti o non validi; violazione delle prescrizioni finalizzate all'incolumità degli esemplari; utilizzo degli esemplari in modo difforme alle prescrizioni; trasporto di esemplari senza la licenza o il certificato prescritti.

In relazione alle specie protette di cui al solo allegato B del Regolamento (CE) n. 338/97:

detenzione, utilizzo per scopi di lucro, acquisto o vendita, esposizione o detenzione per la vendita o per fini commerciali di esemplari di cui all’allegato B senza la prescritta documentazione

Recidiva delle condotte precedenti

Arresto da 3 mesi ad un anno e ammenda da 7.746 a 77.468 euro

Fino a 250 quote

 

Art. 6, co. 4, L. 150/1992

Detenzione di esemplari vivi di mammiferi e rettili di specie selvatica ed esemplari vivi di mammiferi e rettili provenienti da riproduzioni in cattività che costituiscano pericolo per la salute e per l'incolumità pubblica

Arresto fino a 3 mesi o ammenda da 7.746 a 103.291 euro

Fino a 250 quote

 

Art. 3-bis, co. 1, L. 150/1992

Fattispecie di falsificazione o alterazione di certificati, licenze, notifiche di importazione, dichiarazioni, comunicazioni di informazioni al fine di acquisizione di una licenza o di un certificato, di uso di certificati o licenze falsi o alterati previste dall’art. 16 del Regolamento (CE) n. 338/97 e sanzionate dal codice penale (Della falsità in atti) con pena non superiore nel massimo a un anno di reclusione

vedi  fattispecie

Fino a 250 quote

 

Art. 3-bis, co. 1, L. 150/1992

Fattispecie di falsificazione o alterazione di certificati, licenze, notifiche di importazione, dichiarazioni, comunicazioni di informazioni al fine di acquisizione di una licenza o di un certificato, di uso di certificati o licenze falsi o alterati previste dall’art. 16 del Regolamento (CE) n. 338/97 e sanzionate dal codice penale (Della falsità in atti) con pena non superiore nel massimo a 2 anni  di reclusione

vedi  fattispecie

Da 150 a 250 quote

 

Art. 3-bis, co. 1, L. 150/1992

Fattispecie di falsificazione o alterazione di certificati, licenze, notifiche di importazione, dichiarazioni, comunicazioni di informazioni al fine di acquisizione di una licenza o di un certificato, di uso di certificati o licenze falsi o alterati previste dall’art. 16 del Regolamento (CE) n. 338/97 e sanzionate dal codice penale (Della falsità in atti) con pena non superiore nel massimo a 3 anni di reclusione

vedi  fattispecie

Da 200 a 300 quote

 

Art. 3-bis, co. 1, L. 150/1992

Fattispecie di falsificazione o alterazione di certificati, licenze, notifiche di importazione, dichiarazioni, comunicazioni di informazioni al fine di acquisizione di una licenza o di un certificato, di uso di certificati o licenze falsi o alterati previste dall’art. 16 del Regolamento (CE) n. 338/97 e sanzionate dal codice penale (Della falsità in atti) con pena superiore nel massimo a 3 anni di reclusione

vedi  fattispecie

Da 300 a 500 quote

 

Tutela dell’ozono stratosferico

 

 

Art. 3, co. 6, L. 549/1993

Produzione, consumo, importazione, esportazione, detenzione e commercializzazione delle sostanze lesive indicate nella tabella A allegata alla legge in violazione delle disposizioni del Regolamento (CE) n. 3093/94

Arresto fino a 2 anni e ammenda fino al triplo del valore delle sostanze. Nei casi più gravi, alla condanna consegue la revoca dell'autorizzazione o della licenza in base alla quale viene svolta l'attività constituente illecito.

Da 150 a 250 quote

 

Inquinamento provocato dalle navi

 

 

Art. 8, co. 1, D.lgs. 202/2007

Versamento doloso in mare di sostanze inquinanti da parte del comandante di una nave, nonché dei membri dell'equipaggio

Arresto da 6 mesi a 2 anni e ammenda da 10.000 a 50.000 euro

Da 150 a 250 quote

+

sanzioni interdittive per max 6 mesi

 

Art. 8, co. 2, D.lgs. 202/2007

Versamento doloso in mare di sostanze inquinanti da parte del comandante di una nave, nonché dei membri dell'equipaggio che causa danni permanenti o di particolare gravità

Arresto da 1 a 3 anni e ammenda da 10.000 a 80.000 euro

Da 200 a 300 quote

+

sanzioni interdittive per max 6 mesi

 

 

Stabile utilizzazione dell’ente o di una sua unità organizzativa allo scopo unico o prevalente di consentire o agevolare la commissione del reato di inquinamento doloso attraverso il versamento in mare di sostanze inquinanti

 

Interdizione definitiva dall’esercizio dell’attività

 

Art. 9, co. 1, D.lgs. 202/2007

Versamento colposo in mare di sostanze inquinanti da parte del comandante di una nave, nonché dei membri dell'equipaggio

Ammenda da 10.000 a 30.000 euro

Fino a 250 quote

 

Art. 9, co. 2, D.lgs. 202/2007

Versamento colposo in mare di sostanze inquinanti da parte del comandante di una nave, nonché dei membri dell'equipaggio che causa danni permanenti o di particolare gravità

Arresto da 6 mesi a 2 anni e ammenda da 10.000 a 30.000 euro

Da 150 a 250 quote

+

sanzioni interdittive per max 6 mesi

 





[1]    Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell'articolo 11 della L. 29 settembre 2000, n. 300.