Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento giustizia
Altri Autori: Servizio Studi - Dipartimento attività produttive , Ufficio Rapporti con l'Unione Europea
Titolo: Riforma delle professioni - AA.C. 3, 503, 1553, 1590, 1934, 2077 e 2239 - Schede di lettura
Riferimenti:
AC N. 3/XVI   AC N. 503/XVI
AC N. 1553/XVI   AC N. 1590/XVI
AC N. 1934/XVI   AC N. 2077/XVI
AC N. 2239/XVI     
Serie: Progetti di legge    Numero: 178
Data: 09/06/2009
Descrittori:
COLLEGI E ORDINI PROFESSIONALI   LIBERI PROFESSIONISTI
RESPONSABILITA ' PROFESSIONALE     
Organi della Camera: II-Giustizia
X-Attività produttive, commercio e turismo

 

Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

Riforma delle professioni

AA.C. 3, 503, 1553, 1590, 1934, 2077
e 2239

Schede di lettura

 

 

 

 

 

 

n. 178

 

 

 

9 giugno 2009

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimenti giustizia e attività produttive

( 066760-9148 / 066760-9559 – * st_giustizia@camera.it

( 066760-9574 – * st_attprod@camera.it

 

 

§       Le parti relative ai documenti all’esame delle Istituzioni dell’Unione europea e alle procedure di contenzioso sono state curate dall'Ufficio rapporti con l'Unione europea.

 

 

Per l’esame congiunto, presso le Commissioni II (Giustizia) e X (Attività produttive), dell’A.C. 3 e abb. “Riforma delle professioni”, sono stati predisposti i seguenti dossier:

- n. 178/0 (Elementi per l’istruttoria legislativa)

- n. 178 (Schede di lettura)

- n. 178/1 (Riferimenti normativi e documentazione)

I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

File: GI0159.doc

 


INDICE

Schede di lettura

Quadro normativo  3

Professioni intellettuali: principi generali3

Le professioni regolamentate  7

Struttura degli ordini professionali15

L’indagine conoscitiva sulle professioni dell’A.G.C.M. (marzo 2009)18

L’attuazione della direttiva qualifiche  19

Normativa comunitaria  23

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE (a cura dell'Ufficio Rapporti con l'Unione europea)27

Procedure di contenzioso (a cura dell'Ufficio Rapporti con l'Unione europea)28

Il contenuto delle proposte di legge  30

Principi generali: la distinzione tra professioni strutturate in ordini e professioni strutturate in associazioni30

Le professioni di interesse generale (o ordinistiche)36

L’esercizio della professione in forma societaria e associata  58

Le deleghe al Governo  58

Le disposizioni transitorie  58

Le professioni non regolamentate  58

 

 

 


Schede di lettura

 


Quadro normativo

Professioni intellettuali: principi generali

La base normativa generale della disciplina in materia di professioni è rappresentata dagli articoli 2229-2238 del codice civile.

L’art. 2229 c.c. prescrive che “la legge determina le professioni intellettuali per l’esercizio delle quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi o elenchi”; dalla formulazione della disposizione, da un lato, si desume che la connotazione di intellettuale rispetto ad una professione è implicita in quelle attività per il cui svolgimento è necessaria l’iscrizione in albi; dall’altro, non si escludono professioni intellettuali per le quali l’iscrizione all’albo non è condizione necessaria.

A conferma di tale considerazione, l’art. 2231 c.c. non concede azione a chi abbia svolto attività professionale non essendo iscritto, solo ove richiesto, ad un albo o elenco.

Il successivo art. 2232 c.c. fornisce elementi più significativi ai fini di una ricostruzione della natura dell’attività in esame nella parte in cui precisa che il prestatore d’opera deve eseguire personalmente l’incarico assunto; la norma specifica altresì che il prestatore può avvalersi di sostituti e ausiliari, sempre sotto la propria direzione e responsabilità, se la collaborazione di altri è consentita dal contratto o dagli usi e non è incompatibile con l’oggetto della prestazione.

 

La più recente dottrina, evidenziando la difficoltà di ricondurre ad unità la nozione di professione intellettuale, ritiene insufficiente l'individuazione delle professioni intellettuali in base al carattere della prestazione, ossia in base alla prevalenza dell’attività intellettiva rispetto all’eventuale lavoro manuale. Analogamente, appare riduttivo riferire l’esercizio di tali professioni esclusivamente all’area del lavoro autonomo; posto che prestazioni che consistono nell’esercizio di una professione intellettuale possono essere dedotte in un contratto di lavoro, essere cioè oggetto di un rapporto di lavoro subordinato.

 

In assenza di una definizione generale di professione intellettuale, si può affermare che la professione intellettuale è di volta in volta caratterizzata dalla natura dell’attività svolta e che lo stesso termine professione indica una posizione lavorativa tecnicamente specificata e connessa ad uno svolgimento abituale della stessa da parte del prestatore d’opera.

 

Allo stato, non esiste (a parte naturalmente alcune norme comuni[1]) una disciplina unica e generale per tutte le professioni.

 

Alcuni principi generali in materia sono stati, tuttavia, individuati dal decreto legislativo 2 febbraio 2006, n. 30[2], con il quale è stata esercitata la delega contenuta nella cd. legge La Loggia[3]per la ricognizione dei princìpi fondamentali che si traggono dalle leggi vigenti nelle materie attribuite alla potestà legislativa concorrente di Stato e Regioni (tra cui, in base all’articolo 117, terzo comma, Cost., rientrano le professioni).

Particolarmente nutrito, dopo l’entrata in vigore della riforma costituzionale del 2001, il contenzioso costituzionale tra Stato e Regioni in materia di potestà legislativa concorrente sulle attività professionali. La giurisprudenza costituzionale è, in generale, costante nell'affermare che la potestà legislativa regionale nella materia concorrente delle professioni deve rispettare il principio secondo cui l'individuazione delle figure professionali, con i relativi profili e titoli abilitanti, è riservata, per il suo carattere necessariamente unitario, allo Stato, rientrando nella competenza delle Regioni la disciplina di quegli aspetti che presentano uno specifico collegamento con la realtà regionale. Tale principio si configura quale limite di ordine generale, invalicabile dalla legge regionale. Da ciò deriva che non è nei poteri delle Regioni dare vita a nuove figure professionali Tra le più recenti sentenze della Consulta che hanno colpito con pronunce di illegittimità costituzionale disposizioni regionali, si ricordano: C. Cost. n. 353/2003 (legge reg. Piemonte n. 25/2002, recante istituzione di nuove professioni sanitarie relative a pratiche terapeutiche non convenzionali nonché di un apposito registro regionale); C. Cost. n. 355/2005 e n. 57/2007 (rispettivamente, legge reg. Abruzzo n. 17/2003 e legge reg. Marche 28/2005, entrambe istitutive del registro regionale degli amministratori di condominio); C.Cost. n. 424/2005 e 40/2006 (rispettivamente, legge reg. Piemonte n. 13/2004 e reg. Liguria n. 18/2004, entrambe istitutive del registro per gli operatori delle discipline bionaturali per il benessere); C. Cost. n. 153/2006, (legge reg. Piemonte n. 1/2004, recante istituzione di nuove figure professionali nei servizi sociali); C. Cost. n. 424/2006 (legge reg. Campania n. 18/2005, istituitiva della figura professionale di musicoterapista);C. Cost. n. 17/2008 (legge Reg. Liguria N. 34/2002, istitutiva della professione di massaggiatore sportivo).

L’attribuzione al Governo di tale compito, per espressa disposizione della legge la Loggia, avviene “in sede di prima applicazione”, e il suo scopo è quello di “orientare l’iniziativa legislativa dello Stato e delle Regioni fino all’entrata in vigore delle leggi con le quali il Parlamento definirà i nuovi princìpi fondamentali”; spetterà quindi al Parlamento individuare con proprie leggi i nuovi princìpi fondamentali, avendo l’attività delegata al Governo natura meramente ricognitiva e, conseguentemente, carattere provvisorio e contingente.

 

Sulla legge delega è intervenuta la sentenza della Corte costituzionale 13 luglio 2004, n. 280 che ha dato una lettura minimale della delega definita “meramente ricognitiva” e finalizzata a un “primo orientamento” dell’attività legislativa di Stato e Regioni.

 

Il citato decreto legislativo n. 30 del 2006 esclude dal suo ambito di applicazione alcune specifiche discipline che, pur riconducibili alla stessa materia, ineriscono a interessi unitari e afferiscono alla potestà esclusiva dello Stato ovvero: la formazione professionale universitaria; la disciplina dell'esame di Stato previsto per l'esercizio delle professioni intellettuali, nonché i titoli, compreso il tirocinio, e le abilitazioni richiesti per l'esercizio professionale; l'ordinamento e l'organizzazione degli Ordini e dei collegi professionali; gli albi, i registri, gli elenchi o i ruoli nazionali previsti a tutela dell'affidamento del pubblico; la rilevanza civile e penale dei titoli professionali; il riconoscimento e l'equipollenza, ai fini dell'accesso alle professioni, di quelli conseguiti all'estero.

I principi fondamentali dettati in materia di professioni sono i seguenti:

§                  Tutela della libertà professionale (articolo 2): l'esercizio della professione, quale espressione del principio della libertà di iniziativa economica, è tutelato in tutte le sue forme e applicazioni, purché non contrarie a norme imperative, all'ordine pubblico e al buon costume. Le regioni non possono adottare provvedimenti che ostacolino l'esercizio della professione. È sancito il divieto di ogni discriminazione derivante da ragioni razziali, sessuali, politiche, religiose e in genere da qualsiasi condizione personale o sociale, secondo quanto stabilito dalla disciplina statale e comunitaria in materia di occupazione e condizioni di lavoro. Anche l'attività professionale esercitata nelle forme del lavoro dipendente deve svolgersi secondo specifiche disposizioni normative che assicurino l'autonomia del professionista. Si stabilisce che le associazioni rappresentative di professionisti che non esercitano attività regolamentate o tipiche di professioni disciplinate ai sensi dell'articolo 2229[4] del codice civile, se in possesso dei requisiti e nel rispetto delle condizioni prescritte dalla legge per il conseguimento della personalità giuridica, possono essere riconosciute dalla regione nel cui ambito territoriale si esauriscono le relative finalità statutarie.

§                  Tutela della concorrenza e del mercato (articolo 3). L'esercizio della professione si svolge nel rispetto della disciplina statale della tutela della concorrenza (ivi compresa quella delle deroghe consentite dal diritto comunitario a tutela di interessi pubblici costituzionalmente garantiti o per ragioni imperative di interesse generale), della riserva di attività professionale, delle tariffe e dei corrispettivi professionali, nonché della pubblicità professionale. La norma equipara l’attività professionale esercitata in forma di lavoro autonomo a quella d’impresa, ai fini della applicazione della disciplina in materia di concorrenza, di cui agli artt. 81, 82 e 86 del Trattato CE[5], salvo quanto previsto dalla normativa in materia di professioni intellettuali. Sono ammessi gli interventi pubblici a sostegno dello sviluppo delle attività professionali, secondo le rispettive competenze di Stato e Regioni, nel rispetto della normativa comunitaria.

§                  Princìpi relativi all’accesso alle professioni (articolo 4): l'accesso all'esercizio delle professioni è libero, nel rispetto delle specifiche disposizioni di legge. Relativamente alle attività professionali per l’esercizio delle quali sia richiesta una specifica preparazione, a garanzia di finalità tutelate dallo Stato, debbono essere rispettati i requisiti tecnico-professionali e la definizione dei titoli stabiliti dalla legge statale. I titoli professionali rilasciati dalla regione nel rispetto dei livelli minimi uniformi di preparazione stabiliti dalle leggi statali, consentono l'esercizio dell'attività professionale anche fuori dei limiti territoriali regionali.

§                  Princìpi per la regolazione delle attività professionali (articolo 5): si individuano alcuni princìpi cui la regolazione delle attività professionali dovrà ispirarsi: tutela della buona fede, affidamento del pubblico e della clientela, correttezza, tutela degli interessi pubblici, ampliamento e specializzazione dell'offerta dei servizi, autonomia e responsabilità del professionista. Il decreto dispone poi l’applicazione, a favore delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano, di forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite (ciò sino all'adeguamento degli statuti).

Una disposizione di rinvio (art. 7) prevede, infine, che i princìpi fondamentali individuati nel decreto legislativo si applicano a tutte le professioni, restando comunque fermi quelli riguardanti specificamente singole professioni.

Le professioni regolamentate

Tradizionalmente – in assenza di una definizione di legge - come professioni regolamentate si sono intese quelle per le quali lo Stato attraverso leggi o regolamenti definisce i criteri minimi di esercizio, dettando una specifica disciplina di accesso; ci si riferisce, sostanzialmente, a tutte le professioni intellettuali organizzate in ordini o collegi e per il cui esercizio è, di regola, obbligatorio l’iscrizione in albi.

La regolamentazione da parte dello Stato si realizza, solitamente, mediante:

-        l’individuazione di uno specifico titolo di studio:

-        l’obbligo dell’espletamento di un determinato periodo di tirocinio o praticantato;

-        il superamento di un esame di Stato;

-        l'iscrizione ad un Albo o Collegio professionale

Il D.Lgs 206 del 2007, di attuazione della cd. direttiva qualifiche 2005/36/CE (v. infra) fornisce, ora all’art. 4 una precisa definizione di professione regolamentata.

 

Tale definizione comprende:

• l'attività, o l'insieme delle attività, il cui esercizio è consentito solo a seguito di iscrizione in Ordini o Collegi o in albi, registri ed elenchi tenuti da amministrazioni o enti pubblici, se la iscrizione è subordinata al possesso di qualifiche professionali o all'accertamento delle specifiche professionalità;

• i rapporti di lavoro subordinato, se l'accesso ai medesimi è subordinato, da disposizioni legislative o regolamentari, al possesso di qualifiche professionali;

• l'attività esercitata con l'impiego di un titolo professionale il cui uso è riservato a chi possiede una qualifica professionale;

• le attività attinenti al settore sanitario nei casi in cui il possesso di una qualifica professionale è condizione determinante ai fini della retribuzione delle relative prestazioni o della ammissione al rimborso;

• le professioni esercitate dai membri di un'associazione o di un organismo di cui all'Allegato 1.

Da tale definizione di derivazione comunitaria si desume quindi che non tutte le professioni regolamentate presuppongono l’iscrizione obbligatoria ad un ordine. Ne consegue che, per le professioni regolamentate non organizzati in ordini, la forma di aggregazione rappresentativa non può che essere quella associativa.

 

Le professioni non regolamentate, invece, sono quelle il cui esercizio non è vincolato al possesso né di alcun requisito né di specifica formazione, se non quelli stabiliti dal Codice civile.

Albo professionale: funzione e requisiti d’iscrizione

L'esercizio delle professioni per le quali sia previsto un ordine è riservato agli iscritti in apposito albo: all'iscrizione consegue automaticamente l'appartenenza al gruppo professionale.

Peraltro, se il concetto stesso di ordine (o collegio) professionale implica quale necessario presupposto quello di un albo, vi sono albi, ruoli, registri ed elenchi tenuti da ministeri o altre pubbliche amministrazioni cui non sovrintende alcun ordine professionale: in questi casi, i ruoli hanno generalmente una mera funzione informativa.

L'albo adempie ad una funzione di certezza legale circa il numero e la condizione degli iscritti e a quella di garanzia circa il possesso delle qualità richieste per l'attività professionale; nei confronti del singolo professionista l'iscrizione all'albo - con il rispetto delle modalità imposte dall'ordinamento professionale - costituisce titolo di legittimazione all'esercizio della professione.

Quest'ultimo principio si trova enunciato nel citato art. 2229 c.c. L'art. 33, quinto comma, Cost. stabilisce che "è prescritto un esame di Stato […] per l'abilitazione all'esercizio professionale"; la previsione di un esame di Stato si riscontra talvolta anche per l'esercizio di attività o professioni non rientranti tra quelle in esame, in quanto non governate da un ordine o collegio.

La funzione informativa assolta dall'albo richiede un suo regolare e periodico aggiornamento, cui presiede l'organo consiliare locale.

I requisiti di iscrizione possono  classificarsi come segue:

§      requisiti di cittadinanza (oltre a quella italiana ed a quella di Stato con cui viga un trattamento di reciprocità deve ora aggiungersi quella di Stato membro della Unione Europea, anche se tale indicazione non è esplicitata nei singoli statuti professionali);

§      requisiti di moralità e condotta (assenza di condanne penali, buona condotta, godimento dei diritti civili e politici);

§      requisiti di età (minima, di regola);

§      requisiti professionali (titolo di studio e abilitazione professionale, conseguente al compimento di un periodo di tirocinio presso un professionista iscritto all'albo o, talora, anche ad albo di altra analoga professione, e al superamento di un esame di Stato).

Il tirocinio o pratica professionale concerne lo svolgimento di attività professionale sotto la guida e la direzione di un professionista iscritto all'albo (di regola con una anzianità minima d'iscrizione): talvolta però gli ordinamenti parificano a detta pratica anche la prestazione di attività tecnica subordinata con le mansioni proprie della specializzazione conseguita, ovvero la frequenza di apposite scuole di formazione. L'esame di Stato mira all'accertamento della sussistenza nel candidato delle conoscenze tecnico-professionali o culturali necessarie per l'esercizio della professione: esso può consistere in prove teoriche e pratiche, scritte ed orali. L'accertamento stesso è rimesso ad una apposita commissione d'esame, di nomina ministeriale, ma della quale fanno parte anche membri scelti dai rispettivi ordini professionali.

Gli albi possono essere divisi in sezioni differenti in ragione del diverso grado di capacità e competenza acquisita mediante il percorso formativo; talvolta sono disposti albi o elenchi diversi per titoli professionali diversi, pur sottoposti allo stesso ordine professionale.

 

In proposito, si ricorda che la ridefinizione degli ordinamenti didattici universitari introdotta dall’art. 17, c. 95, della l. n. 127 del 1997[6] e dal DM n. 509 del 1999[7] ha previsto che le università rilascino titoli di primo e di secondo livello: la laurea, conseguita al termine di un percorso di studi di durata triennale, e la laurea specialistica (ora, magistrale, ai sensi del DM n. 270 del 2004[8]), conseguita al termine di un percorso di ulteriori due anni (cosiddetto 3+2).

Tale riordino ha posto il problema di ridisciplinare l’accesso agli ordini professionali[9], sicché è stato emanato il DPR n. 328 del 2001, che modifica ed integra la disciplina dei requisiti per l’ammissione all’esame di Stato e delle relative prove per le professioni di dottore agronomo e dottore forestale, agrotecnico, architetto, assistente sociale, attuario, biologo, chimico, geologo, geometra, ingegnere, perito agrario, perito industriale, psicologo (D.P.R. 5 giugno 2001, n. 328).

La principale modifica introdotta dal D.P.R. 328/2001 ha riguardato l’istituzione negli albi professionali dei dottori agronomi e dei dottori forestali, degli architetti, degli assistenti sociali, degli attuari, dei biologi, dei chimici, dei geologi, degli ingegneri e degli psicologi di due sezioni che individuano ambiti professionali diversi in relazione al diverso grado di capacità e competenza acquisita mediante il percorso formativo: alla sezione A si accede, previo esame di Stato, con il titolo di laurea specialistica; alla sezione B, previo esame di Stato, con il titolo di laurea. L’art. 5 del D.P.R. n. 328 del 2001 prevede inoltre che coloro che hanno titolo per accedere all’esame di Stato per la sezione A possono accedere anche all’esame di Stato per la sezione B.

 

Vi sono poi elenchi speciali annessi agli albi, in cui sono iscritti professionisti cui è consentito un esercizio più esteso della professione (es. albo degli avvocati cassazionisti) ovvero professionisti ai quali è consentita un'attività più limitata; sussistono talvolta anche elenchi speciali di professionisti che versino in condizioni di incompatibilità. Altro elenco ancora è il registro dei praticanti, ove previsto. L'iscrizione all'albo del luogo di residenza legittima, di regola, l'attività professionale in tutto il territorio nazionale.

 

In mancanza di iscrizione all’albo, l’esercizio della professione è qualificato abusivo;di conseguenza, la prestazione eseguita da chi non è iscritto non dà azione per il pagamento della retribuzione (art. 2231 c.c.) e, ricorrendone gli estremi (in particolare la continuità delle prestazioni), risulta integrato il reato di cui all'art. 348 c.p. (esercizio abusivo della professione). Se l'attività professionale è prestata con contratto di lavoro subordinato, invece, si applicherà l'art. 2126 c.c. sulla prestazione del lavoro di fatto, in quanto norma favorevole al prestatore di lavoro dipendente.

Incompatibilità

Le cause di incompatibilità possono essere così raggruppate, a seconda dello status dei soggetti:

§      pubblico impiego. Tale causa di incompatibilità è stata profondamente modificata dalla disciplina introdotta dalla legge 23 dicembre 1996, n. 662[10] (art. 1, commi 56, 56 bis e 57), poi integrata dall’art. 6, comma 2, del D.L. 28 marzo 1997, n. 79 (conv. dalla legge 28 maggio 1997, n. 140). In particolare, il comma 56-bis ha abrogato (tutte) le disposizioni che vietano l’iscrizione in albi professionali dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni con rapporto di lavoro part-time non superiore al 50 per cento. Si richiama, tuttavia, per gli avvocati la legge 25 novembre 2003, n. 339, che ha stabilito l'inapplicabilità delle disposizioni sopracitate e la permanenza del regime di cui al R.D. 27 novembre 1933, n. 1578, che prevede l'incompatibilità della professione di avvocato con qualsiasi impiego o ufficio pubblico salvo alcune eccezioni espressamente stabilite. La ratio di tale intervento normativo va rinvenuta nell'esigenza di salvaguardare l'indipendenza della funzione del difensore. In talune ipotesi è comunque consentita ai professionisti pubblici dipendenti l'iscrizione in elenchi speciali (es.: avvocati degli uffici legali degli enti pubblici: art. 3, co. 4, lett. b), RDL 1578/33) o l'annotazione del loro status nell'albo, al fine di permettere lo svolgimento delle sole prestazioni consentite dal rispettivo statuto d'impiego;

§      esercizio di altra professione retta da un ordine professionale;

§      esercizio di attività commerciali o industriali.

Queste due ultime cause d'incompatibilità sono poste per evitare possibili conflitti d'interesse.

Tariffe

L'ordinamento generale dello Stato spesso demanda all'ordinamento particolare delle singole professioni il compito di individuare i compensi dovuti al professionista per lo svolgimento della propria attività.

 

Tale compito è assolto mediante l'elaborazione di tariffe, che riportano, per ogni attività astrattamente realizzabile nell'adempimento del mandato professionale, l'indicazione di un compenso minimo e di uno massimo. All'interno di tale "forchetta", il professionista determina, con un margine di discrezionalità, l'onorario applicabile al caso concreto. E' anche possibile che la tariffa contenga, in luogo della citata "forchetta", l'indicazione di compensi fissi.

Le tariffe possono essere inderogabili o meno. Nel caso in cui esse non lo siano, la loro funzione è sostanzialmente quella di un suggerimento che l'ente esponenziale della professione rivolge ai propri membri in merito ai prezzi praticabili. Le tariffe sono invece inderogabili laddove ciò sia espressamente previsto dalla legge, da un atto regolamentare, dal codice deontologico o da altra fonte interna alla singola professione e laddove alla deroga da parte del professionista sia ricollegata una sanzione. L'inderogabilità può riguardare il compenso minimo, il compenso massimo o entrambi.

 

Sulla materia delle tariffe professionali, va segnalato il significativo intervento della cd. legge Bersani (legge 248 del 2006, di conversione del decreto-legge 223 del 2006[11])

Con riferimento alle attività libero professionali e intellettuali, l’articolo 2 del provvedimentoha abrogato le disposizioni legislative e regolamentari che prevedevano l'obbligatorietà di tariffe fisse o minime[12] e l’impossibilità di pattuire compensi parametrati al raggiungimento degli obiettivi perseguiti.

 

In generale, la possibilità di variare il compenso dovuto al professionista sulla base del risultato raggiunto veniva tradizionalmente ritenuta non coerente con un ordinamento in cui l'obbligazione del professionista intellettuale è considerata come un'obbligazione di mezzi e non di risultato.

 

La legge Bersani, novellando l'articolo 2233 del codice civile, sancisce la nullità, in mancanza di redazione in forma scritta, dei patti, conclusi tra gli avvocati ed i praticanti abilitati con i loro clienti, che stabiliscono i compensi professionali. In base alla nuova formulazione, risulta quindi soppresso il divieto del cosiddetto patto di quota-lite, di cui al terzo comma del previgente articolo 2233 del codice civile. Tale disposizione completa, dunque, la previsione relativa all’abrogazione dei divieti di pattuire compensi parametrati al raggiungimento degli obiettivi perseguiti.

 

La precedente formulazione di tale disposizione prevedeva che “Gli avvocati, i procuratori e i patrocinatori non possono, neppure per interposta persona, stipulare con i loro clienti alcun patto relativo ai beni che formano oggetto delle controversie affidate al loro patrocinio, sotto pena di nullità e dei danni”[13].

 

Altra norma di interesse della legge Bersani era l’articolo 35, comma 12, che integrava il contenuto dell’articolo 19 (Scritture contabili degli esercenti arti e professioni) del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi). Ai fini della tracciabilità dei compensi, gli esercenti arti o professioni, anche in forma associata, erano obbligati a tenere uno o più conti correnti bancari o postali, in cui far affluire le somme riscosse nell’esercizio dell’attività ed effettuare i prelevamenti per il pagamento delle spese. Il successivo comma 12-bis, agli stessi fini, disponeva che i relativi compensi in denaro - salvo per importi unitari inferiori a 100 euro - venissero riscossi esclusivamente attraverso assegni non trasferibili, bonifici, oppure altre modalità di pagamento bancario o postale, nonché mediante sistemi di pagamento elettronico.

Dopo che con il D.M. 3 ottobre 2007 si era proceduto all’individuazione dei soggetti esonerati dall'obbligo della tracciabilità dei pagamenti e che la legge finanziaria 2007 (legge n. 296/2007) era intervenuta con una norma transitoria (art. 1, comma 69) che ne differiva i tempi di applicazione; la manovra finanziaria per il 2009 (D.L 112/2008, convertito dalla L. 133/2008), ha abrogato l’intera disciplina sulla tracciabilità dei compensi professionali (art. 32).

 

Società tra professionisti

L’articolo 2 della legge 23 novembre 1939, n. 1815 (Disciplina giuridica degli studi di assistenza e consulenza), stabiliva il divieto di costituire, esercitare e dirigere, sotto qualsiasi forma diversa da quella della associazione tra professionisti (di cui all’articolo 1 della medesima legge), società, istituti, uffici, agenzie od enti, i quali abbiano lo scopo di dare, anche gratuitamente, ai propri consociati od ai terzi, prestazioni di assistenza o consulenza in materia tecnica, legale, commerciale, amministrativa, contabile o tributaria. Tale divieto era legato ad una particolare concezione delle attività professionali intellettuali, sottoposte a parametri di controllo, quale l’iscrizione all’albo, tali da conferire ad esse la caratteristica di “professioni protette”.

La legge 7 agosto 1997, n. 267 (Interventi urgenti per l’economia), all’art. 24 ha disposto l’abrogazione dell’articolo 2 della legge n. 1815 del 1939; in tal modo è venuto meno il divieto di costituire società tra professionisti. Il comma 2 della norma citata demandava la concreta disciplina di tali società ad un regolamento di concerto tra il Ministro della Giustizia e il Ministro dell’industria, mai emanato[14].

Peraltro, in attuazione della legge comunitaria 1999[15], è stato emanato il decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 96[16], che disciplina anche l'esercizio della professione di avvocato in forma collettiva.

 

A seguito del decreto legislativo, quindi, gli avvocati UE possono dare vita a una società che deve essere iscritta in una sezione speciale dell'Albo e del Registro delle imprese e avere per oggetto l'attività di difesa in giudizio e la consulenza legale. La disciplina fa comunque salva la responsabilità personale e illimitata da parte dell'avvocato-socio per l'attività professionale svolta in esecuzione del mandato affidatogli dal cliente.

 

Più recentemente, va segnalato l’intervento della citata legge Bersani n. 248 del 2006, che ha abrogato le disposizioni di legge e di regolamento che prevedono per le attività libero professionali e intellettuali il divieto di fornire all'utenza servizi professionali di tipo interdisciplinare da parte di società di persone o associazioni tra professionisti. Ciò, fermo restando che l'oggetto sociale relativo all'attività libero-professionale deve essere esclusivo, che il medesimo professionista non può partecipare a più di una società e che la specifica prestazione deve essere resa da uno o più soci professionisti previamente indicati, sotto la propria personale responsabilità.

Pubblicità

I Codici deontologici professionali hanno costantemente previsto il divieto di pubblicizzare l’attività professionale, nonostante la direttiva sul commercio elettronico 2000/31/CE – recepita nel nostro ordinamento con il D.lgs. 9 aprile 2003, n. 70 – ha introdotto il generale principio della legittimità della pubblicità nelle professioni regolamentate.

 

L’art. 10 del decreto afferma, infatti, che “l'impiego di comunicazioni commerciali che costituiscono un servizio della società dell'informazione o ne sono parte, fornite da chi esercita una professione regolamentata, deve essere conforme alle regole di deontologia professionale e in particolare, all'indipendenza, alla dignità, all'onore della professione, al segreto professionale e alla lealtà verso clienti e colleghi”.

 

La più volte richiamata legge Bersani ha abrogato il divieto, anche parziale, di svolgere pubblicità informativa circa i titoli e le specializzazioni professionali, le caratteristiche del servizio offerto, nonché il prezzo e i costi complessivi delle prestazioni, richiamando tuttavia criteri di trasparenza e veridicità del messaggio il cui rispetto è verificato dall'ordine.

 

Codici deontologici

I codici deontologici rappresentano un corpus di norme di autodisciplina predeterminate dalla professione e come tali vincolanti per gli iscritti all'ordine, che a quelle norme devono adeguare la loro condotta professionale.

L’art. 2 della legge Bersani aveva fissato il termine del 1° gennaio 2007 per l’adeguamento delle norme deontologiche e pattizie e dei codici di autodisciplina che contengono le prescrizioni in materia di tariffe, pubblicità ed esercizio della professione in forma associata, anche con l'adozione di misure a garanzia della qualità delle prestazioni professionali alla nuova disciplina in materia (su cui cfr. sopra). In caso di mancato adeguamento, a decorrere dalla medesima data, le norme in contrasto con le nuove prescrizioni venivano considerate nulle.

 

Sull’effettivo adeguamento dei Codici deontologici professionali alle prescrizioni della legge Bersani una recente indagine conoscitiva dell’Antitrust (marzo 2009, v. infra) rileva un atteggiamento di sostanziale chiusura degli ordini alle istanze di modernizzazione richieste, da oltre dieci anni, dall’orientamento antitrust nazionale e comunitario.

 

Sul punto, si richiama, inoltre, la Direttiva Servizi 2006/123/CE (cd. direttiva Bolkenstein, v. infra) - che dovrà essere recepita entro la fine del 2009 – che prevede l’obbligo di conformare i codici di condotta ai principi comunitari e invita gli Stati membri ad “incoraggiare gli operatori del settore ad elaborare, nel rispetto del diritto comunitario, codici di condotta a livello comunitario”.

Struttura degli ordini professionali

La funzione di governo autonomo della categoria professionale si riflette poi sull'organizzazione interna dei singoli ordini o collegi, caratterizzata sia dall'elettività degli organi, sia dalle competenze degli stessi.

Le organizzazioni professionali si distinguono in ordini e in collegi a seconda che, per l'esercizio della professione, occorra avere conseguito una laurea o un diploma universitario ovvero un diploma (art. 1, RDL 24 gennaio 1924, n. 103); tale distinzione vale come principio, sussistendo rilevanti deroghe.

La struttura degli ordini e collegi professionali è ricavabile dai singoli ordinamenti professionali e, per le categorie in esso contemplate, dal D.lgs. lgt. 23 novembre 1944, n. 382, sulla ricostituzione su basi democratiche degli ordini e collegi professionali.

Di regola ogni ordinamento è caratterizzato da una struttura decentrata e da un organo nazionale con funzioni di coordinamento. Le articolazioni periferiche sono a base circoscrizionale, provinciale, regionale o altro.

Taluni ordinamenti professionali, inoltre, impongono un numero minimo di iscritti ad ogni albo locale, pena l'accorpamento di più circoscrizioni.

Gli Ordini ed i Collegi professionali esercitano poteri pubblicistici (disciplinari, tariffari, normativi) e sono dotati di personalità giuridica.

Ordini locali

A livello periferico, sono organi dell'ordine l'assemblea degli iscritti, il consiglio, il presidente, il vicepresidente, il segretario, il tesoriere e, ove previsto, il collegio dei revisori dei conti.

L'assemblea è costituita dal complesso degli iscritti all'albo della circoscrizione (ne sono esclusi i praticanti) e ad essa compete anzitutto l'elezione dei membri del consiglio locale.

Altre funzioni dell'assemblea sono, di regola, l'approvazione annuale dei bilanci preventivi e dei conti consuntivi presentati dal consiglio. Oltre che per adempiere a tali funzioni, l'assemblea è convocata quando ne faccia richiesta la maggioranza del consiglio ovvero una quota degli iscritti. Ai singoli statuti professionali si deve rinviare per quanto attiene alle norme relative alla costituzione dell'assemblea ed alle sue modalità di funzionamento.

Il consiglio è invece organo prevalentemente amministrativo dell'ordine ed è composto da un numero di membri variabile a seconda degli ordinamenti professionali ed a seconda del numero degli iscritti all'albo locale. I consiglieri sono eletti dall'assemblea, appositamente convocata dal presidente del consiglio dell'ordine locale, e durano in carica per un periodo di due o tre anni (secondo le previsioni dei singoli ordinamenti professionali).

Il diritto di elettorato passivo spetta di regola a tutti gli iscritti all'albo, ma è previsto talvolta il requisito di una minima anzianità di iscrizione. Risultano eletti i candidati che abbiano ottenuto la maggioranza assoluta dei voti: se ciò non si verifica, per tutti o alcuni posti, si procede ad una nuova votazione; si rinvia comunque alle norme degli statuti professionali per quanto attiene ai procedimenti elettorali.

Il consiglio esercita numerose funzioni, che possono sinteticamente definirsi:

§      amministrative dell'ente;

§      di vigilanza sull'esercizio professionale e sul rispetto delle norme deontologiche, e conseguentemente disciplinari, caratterizzate dall'applicazione di sanzioni graduate e dalla definizione del giudizio disciplinare in base a norme deontologiche proprie del singolo ordinamento professionale;

§      tributarie, determinando - nei limiti posti dal Consiglio nazionale - e riscuotendo i contributi e le tasse a carico degli iscritti, finalizzati alla copertura delle spese;

§      di espressione di parere in ordine alle controversie sulla liquidazione degli onorari.

Il presidente, il vicepresidente, il segretario ed il tesoriere sono eletti dai consigli tra i propri componenti. Il presidente ha funzioni di rappresentanza legale del consiglio, il segretario svolge funzioni organizzative ed il tesoriere esercita competenze attinenti alla gestione finanziaria dell'ente.

Alcuni ordinamenti professionali prevedono inoltre il collegio dei revisori dei conti, al quale è attribuito il controllo sulla gestione finanziaria operata dal consiglio e la verifica dei bilanci preventivi e dei conti consuntivi. Talvolta si prevede, anziché un collegio, un singolo revisore dei conti.

L'ordine nazionale

L'organo nazionale di ogni ordine è il Consiglio nazionale, composto da un numero di membri variabile a seconda dell'ordine professionale (generalmente 11: v. art. 10 D.lgs.lgt 382/44), di regola eletti - ogni tre anni - dai consigli degli ordini o collegi locali.

Al Consiglio nazionale sono attribuiti compiti:

§      di vigilanza e di coordinamento dell'attività dei consigli locali;

§      di formazione professionale e di elaborazione della deontologia professionale;

§      di vigilanza sull'esercizio della professione e di decisione sui ricorsi avverso le pronunzie in materia disciplinare assunte dai consigli locali;

§      di decisione sui ricorsi avverso le pronunzie assunte dai consigli locali in materia di iscrizione e cancellazione dagli albi e sui ricorsi presentati in materia di elezioni degli organi di governo dell'ordine;

§      di determinazione delle tariffe professionali, da approvarsi dal ministro vigilante (talvolta il procedimento è più complesso);

§      di consulenza, su richiesta del ministro vigilante, sugli schemi di provvedimenti normativi riguardanti la professione,

§      di designazione dei rappresentanti dell'ordine professionale presso enti, commissioni e pubbliche amministrazioni;

§      di consulenza al ministro vigilante in ordine ai provvedimenti di scioglimento degli organi locali;

§      normativi (predisposizione dei regolamenti interni di procedura da approvarsi dal ministro vigilante).

L'appartenenza al Consiglio nazionale è di regola incompatibile con quella ai consigli locali. Ogni Consiglio elegge poi - di regola - Presidente, vicepresidente, segretario e tesoriere; talvolta è previsto, anche a livello nazionale, un collegio di revisori dei conti.

Rapporti con altri soggetti pubblici

Gli ordini professionali sono posti sotto la vigilanza di un'amministrazione dello Stato. Tale vigilanza è attribuita nella maggioranza dei casi al Ministero della giustizia. Si tratta di una forma di controllo amministrativo sugli enti - ordini professionali, in funzione di tutela degli interessi pubblici connessi con l'esercizio delle professioni.

Il controllo sugli organi può concretarsi nell'emanazione di decreti di scioglimento dei consigli locali per gravi motivi, impossibilità di funzionamento, violazione dei doveri, previo parere non vincolante del rispettivo Consiglio nazionale.

Con lo scioglimento, il Ministro della giustizia può nominare un commissario straordinario  per l'amministrazione dell'ente e per le elezioni. I rapporti tra ordini e pubbliche amministrazioni sono molteplici: sono previsti pareri dei Consigli nazionali al ministro vigilante (sui provvedimenti normativi che interessano la professione, sui provvedimenti relativi allo scioglimento, accorpamento o creazione di ordini locali, ecc), designazioni da parte dei Consigli stessi dei rappresentanti presso enti ed organi nazionali ed internazionali e comunicazioni delle decisioni dei consigli sui ricorsi e di copia degli albi (al ministro vigilante ed alla magistratura).

Previdenza

La previdenza a favore dei professionisti è affidata - solo per alcuni ordini - ad apposite casse speciali autonome, aventi natura di enti pubblici, cui sono iscritti tutti gli iscritti all'albo professionale.

Dette casse svolgono una funzione previdenziale, consistente nell'erogazione delle pensioni e degli altri assegni previsti, ed anche una funzione assistenziale nei confronti degli iscritti (es: borse di studio).

L’indagine conoscitiva sulle professioni dell’A.G.C.M. (marzo 2009)

L’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha comunicato in data 21 marzo 2009 la conclusione di un’indagine conoscitiva su 13 ordini professionali avviata nel gennaio 2007

 

L’indagine ha riguardato architetti, avvocati, consulenti del lavoro, farmacisti, geologi, geometri, giornalisti, ingegneri, medici e odontoiatri, notai, periti industriali, psicologi, dottori commercialisti ed esperti contabili.

 

In generale, l’AGCM afferma di aver verificato una certa resistenza da parte degli ordini all’adeguamento ai principi di liberalizzazione introdotti dalla legge Bersani “che va dunque rafforzata per garantire maggiore concorrenza nei servizi professionali”.

In relazione agli obblighi di adeguamento dei codici deontologici, come già sopra segnalato, l’Antitrust rileva che nei medesimi permangono disposizioni in materia di compensi, attività pubblicitaria e organizzazione societaria “che risultano ingiustificatamente restrittive della concorrenza oltre che contrastanti con la riforma Bersani”.

In relazione alla questione dell’abolizione dei minimi tariffari, l'Antitrust valuta come un problema il fatto che, a differenza del dispositivo originario, la legge di conversione del decreto Bersani (legge 4 agosto 2006, n. 248) si sia limitata a prevedere la non obbligatorietà delle tariffe minime e fisse, lasciando intendere che esse potrebbero essere considerate come riferimento, raccomandazione o orientamento di prezzi per i professionisti, “attenuando così significativamente la portata liberalizzatrice della riforma”.

 

Sulle tariffe minime, l'Antitrust segnala come si sia riscontrata in diversi casi una certa resistenza basata anche sull'idea che “il professionista sia ancorato al rispetto del "decoro" della professione nella determinazione della parcella”. La conseguenza è che notai, geologi e psicologi, oltre ai giornalisti ancora oggi prevedono, nei rispettivi codici deontologici, l'applicazione delle tariffe minime o fisse per la remunerazione delle prestazioni professionali. Per l'Autorità, la nozione di decoro dovrebbe essere inserita, invece, nei codici di autoregolamentazione “esclusivamente come elemento che incentivi la concorrenza tra professionisti e rafforzi i doveri di correttezza professionale nei confronti della clientela e non per guidare i comportamenti economici dei professionisti”. Anche il potere di verifica sulla pubblicità attribuito agli Ordini (anch'esso non previsto nel testo dell'originario decreto) può essere utilizzato dagli Ordini stessi per limitare l'uso della leva concorrenziale della pubblicità da parte dei professionisti. In definitiva, secondo l’Autorità, vanno invece abolite le tariffe minime o fisse, e con esse il potere di verifica della trasparenza e veridicità della pubblicità esercitabile dagli ordini.

 

Con riferimento all’accesso alle professioni, l'Antitrust auspica l'istituzione di corsi universitari che consentano di conseguire direttamente l'abilitazione all'esercizio della professione. Anche il periodo di tirocinio dovrebbe essere proporzionato alle esigenze di apprendimento pratico delle diverse professioni e dovrebbe poter essere svolto nell'ambito degli stessi corsi di studio.

In relazione alla formazione, l’Autorità ritiene necessario che gli ordini e i collegi assicurino che i sistemi formativi contemplino offerte di eventi provenienti da più soggetti. Ciò, sulla base della considerazione che “la sua promozione da parte degli ordini professionali non sia in sé sufficiente a garantire la qualità delle prestazioni, dovendo essa essere assicurata innanzitutto dalla predisposizione di standard minimi di qualità, tra cui, ad esempio, l’adozione di best practice”.

Con riguardo alla alla costituzione di società multidisciplinari,, l’Autorità fa presente come la legge Bersani, pur in assenza di una disciplina organica della materia, attualmente “consenta ai professionisti di scegliere tra le forme societarie attualmente disponibili quella che ritengono più congeniale all’erogazione dei propri servizi e che non vi sono ragioni per precludere l’esercizio della professione nella forma delle società di capitali”. Così come si è fatto per la liberalizzazione del passaggio di proprietà degli autoveicoli, motoveicoli e imbarcazioni, secondo l’Antitrust, occorre rimuovere “le riserve di attività tutte le volte in cui l'affidamento in esclusiva di una determinata attività non sia giustificato dal perseguimento di un interesse generale la cui tutela non potrebbe essere altrimenti garantita”.

L’attuazione della direttiva qualifiche

Con il decreto legislativo 206 del 2007 è stata data attuazione alla direttiva 2005/36/CE[17], relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, nonché alla direttiva 2006/100/CE, che adegua alcune direttive sulla libera circolazione delle persone a seguito dell’adesione di Bulgaria e Romania.

La direttiva si applica a tutti i cittadini di uno Stato membro che intendono esercitare una professione regolamentata in uno Stato membro diverso da quello in cui hanno acquisito le loro qualifiche professionali, sia come lavoratori autonomi che dipendenti; essa individua le autorità competenti ad espletare le procedure di riconoscimento delle qualifiche, confermando il ruolo di ordini e collegi, ma rendendo necessaria la regolamentazione delle associazioni per quelle professioni oggi non organizzate.

La direttiva 2005/36/CE mira a consolidare in un unico atto legislativo quindici direttive, fra le quali figurano dodici direttive settoriali riguardanti le professioni di medico, infermiere, odontoiatra, veterinario, ostetrica, farmacista e architetto - e tre direttive che hanno introdotto un sistema generale di riconoscimento delle qualifiche professionali riguardante la maggior parte delle altre professioni regolamentate (le citate direttive 89/48/CE, 92/51/CE e 1999/42/CE).

Il consolidamento di queste quindici direttive ha comportato la loro abrogazione allo scadere del termine di trasposizione della nuova direttiva, vale a dire alla data del 20 ottobre 2007.

Le direttive 77/249/CE e 98/5/CE, relative alla prestazione di servizi e all'insediamento degli avvocati, non sono considerate nel quadro della nuova disciplina dato che queste non hanno per oggetto il riconoscimento delle qualifiche professionali, bensì il riconoscimento dell'autorizzazione ad esercitare. Il riconoscimento dei diplomi di avvocato, prima disciplinato dalla direttiva 89/48/CE (ora abrogata), è invece oggetto della nuova direttiva 2005/36/CE.

Il riconoscimento dei titoli avverrà secondo parametri minimi di formazione: sono fissati cinque livelli di riferimento che corrispondono ad altrettanti cicli di formazione nei diversi Stati membri.

 

I livelli di riferimento sono i seguenti:

§       attestato di competenza che corrisponde ad una formazione generale del livello d'insegnamento primario o secondario che comprova che il suo titolare possiede conoscenze generali o un attestato di competenza rilasciato da un'autorità competente dello Stato membro d'origine sulla base di una formazione attestata da un certificato o da un diploma, ovvero un'esperienza professionale di tre anni;

§       certificato che corrisponde ad una formazione di livello d'insegnamento secondario tecnico o professionale o generale, completato da un ciclo professionale;

§       diploma che sancisce una formazione del livello di insegnamento post-secondario, di una durata minima di 1 anno, o una formazione di livello professionale comparabile in termini di responsabilità e funzioni;

§       diploma che sancisce una formazione del livello d'insegnamento superiore o universitario, di una durata minima di 3 anni e inferiore a 4 anni;

§       diploma che sancisce una formazione superiore corrispondente ad una formazione di livello dell'insegnamento superiore o universitario, di una durata minima di 4 anni.

Eccezionalmente, altre formazioni possono essere assimilate ad uno di questi cinque livelli.

Questo sistema consentirà di mettere a confronto le qualifiche dei professionisti che provengono da Paesi diversi. Nell'ambito delle autonomie nazionali ogni Governo decide quali sono i livelli di cultura e di formazione minima per l'accesso alle singole professioni e chi deve autorizzarne l'esercizio e controllarne lo svolgimento.

Ai fini del reciproco riconoscimento, lo Stato membro ospitante autorizza il professionista che ne ha fatto richiesta sulla base di un attestato di competenza o di un titolo di formazione con livello di qualifica almeno immediatamente anteriore a quello richiesto nel suo Stato di origine.

Lo Stato ospitante può, inoltre, richiedere provvedimenti di compensazione, come tirocini o prove, nel caso in cui non ci sia perfetta corrispondenza tra la qualifica conseguita e quella richiesta per la professione. Accordi tra gli Stati potranno far sì che determinate professioni siano riconosciute in maniera automatica. Relativamente alle prestazioni temporanee, si prevede che il professionista sarà soggetto, nella gran parte dei casi, alla normativa vigente nel Paese nel quale presterà il servizio.

 

Il decreto 206 riguarda, in particolare, il riconoscimento delle professioni cosiddette "regolamentate", la cui definizione è contenuta nell’articolo 4 (su cui cfr. sopra).

Tra i principi generali del decreto si prevede un sistema di cooperazione amministrativa tra le competenti autorità dello Stato di origine e dello Stato membro di stabilimento, nonché la realizzazione di un sistema di scambio di informazioni volto a garantire un migliore livello di conoscenza del professionista in mobilità oggetto di specifica procedura di riconoscimento, in particolare per quel che attiene alle sanzioni disciplinari e penali.

Il riconoscimento professionale si fonda sulla catalogazione in cinque livelli di qualifica, derivanti dalle diversa possibile formazione prevista per l’accesso ad una professione; tali livelli risultano chiaramente graduati sulla base della qualità e della durata della formazione stessa.

Il decreto detta anche disposizioni in materia di rappresentatività di enti associativi di professioni non regolamentate, ai fini della consultazione per l’elaborazione delle piattaformi comuni previste dall’art. 4.

 

L’art. 26 del D.Lgs 206 prevede che la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per il coordinamento delle politiche comunitarie, al fine di elaborare proposte in materia di piattaforme comuni di cui all'articolo 4, comma 1, lettera n), da sottoporre alla Commissione europea, convoca apposite conferenze di servizi cui partecipano le autorità competenti di cui all'articolo 5, cioè i Ministeri competenti per materia nonché le regioni a statuto speciale (nelle materie di competenza esclusiva, ai sensi dello statuto). Sulla ipotesi di piattaforma elaborata dall'autorità competente o, in mancanza, dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per il coordinamento delle politiche comunitarie, vengono sentiti, se si tratta di professioni regolamentate, gli ordini, i collegi o gli albi, ove esistenti, e, in mancanza, le associazioni rappresentative sul territorio nazionale, se si tratta di professioni non regolamentate in Italia, le associazioni rappresentative sul territorio nazionale e, se si tratta di attività nell'area dei servizi non intellettuali e non regolamentate, le associazioni di categoria rappresentative a livello nazionale.

L’art. 4, comma 1, lett. n) definisce “piattaforma comune” l'insieme dei criteri delle qualifiche professionali in grado di colmare le differenze sostanziali individuate tra i requisiti in materia di formazione esistenti nei vari Stati membri per una determinata professione.

La rappresentatività a livello nazionale delle professioni non regolamentate deriva, ai sensi del citato art. 26, dai seguenti criteri:

a) avvenuta costituzione per atto pubblico o per scrittura privata autenticata o per scrittura privata registrata presso l'ufficio del registro, da almeno quattro anni;

b) adozione di uno statuto che sancisca un ordinamento a base democratica, senza scopo di lucro, precisa identificazione delle attività professionali cui l'associazione si riferisce e dei titoli professionali o di studi necessari per farne parte, rappresentatività elettiva delle cariche interne e l'assenza di situazioni di conflitto di interesse o di incompatibilità, trasparenza degli assetti organizzativi e l'attività dei relativi organi, esistenza di una struttura organizzativa, e tecnico-scientifica adeguata all'effettivo raggiungimento delle finalità dell'associazione;

c) tenuta di un elenco degli iscritti, aggiornato annualmente con l'indicazione delle quote versate direttamente all'associazione per gli scopi statutari;

d) sistema di deontologia professionale con possibilità di sanzioni;

e) previsione dell'obbligo della formazione permanente;

f) diffusione su tutto il territorio nazionale;

g) mancata pronunzia nei confronti dei suoi rappresentanti legali di condanna, passata in giudicato, in relazione all'attività dell'associazione medesima.

Viene, inoltre, precisato che le associazioni in possesso dei requisiti indicati sono individuate, previo parere del Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro, con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro per le politiche europee e del Ministro competente per materia.

In attuazione di tale norma è stato adottato il D.M. 28 aprile 2008 che sostanzialmente integra il disposto del D.Lgs 206 del 2007, con ulteriori requisiti necessari all’individuazione degli enti rappresentativi delle professioni regolamentate per le quali non sono istituiti ordini, albi e collegi nonché delle professioni  non regolamentate che hanno diritto a partecipare al procedimento di elaborazione della citata piattaforma comune. Gli enti rappresentativi a livello nazionale, in base al possesso dei requisiti, sono inseriti, a domanda, nell'elenco tenuto dal Ministero della giustizia.

L’adozione del decreto ha generato un sostanziale contenzioso davanti al giudice amministrativo che ha portato all’annullamento del medesimo.

In particolare, si fa riferimento a cinque sentenze del TAR del Lazio dell’11 febbraio 2009, in due delle quali si afferma l’illegittimità del decreto interministeriale 28 aprile 2008 (e suo conseguente annullamento); le restanti tre sono giudicate inammissibili per carenza di interesse dei ricorrenti.

Le decisioni che annullano il decreto ritenendolo illegittimo sono la sentenza n. 3159 (ricorso Confedilizia e Gesticond) e n. 3160 (ricorso di un gruppo di associazioni, rappresentative delle professioni sanitarie regolamentate).

Sinteticamente, le conclusioni cui pervengono le citate sentenze del TAR del Lazio possono essere così riassunte:

- gli Ordini ed i Collegi sono legittimati a presentare direttamente alla Commissione Europea proposte di “piattaformi comuni”;

- analoga legittimazione hanno le associazioni rappresentative su base nazionale delle professioni regolamentate anche se non organizzate in ordini (tra le quali, in Italia, le professioni sanitarie); esse possono altresì essere coinvolte nella predisposizione di piattaforme comuni di iniziativa dello Stato italiano, senza necessità di alcuna previa verifica o iscrizione in nuovi registri;

- le associazioni rappresentative delle professioni “non regolamentate”, viceversa, non possono presentare direttamente proprie proposte alla Commissione europea; le associazioni che abbiano superato la verifica di rappresentatività nazionale (che tuttavia sarà possibile disporre solo una volta adottato un nuovo D.M., sostitutivo di quello del 28 aprile 2008, ormai annullato) possono invece essere sentite dal Ministero competente nell’ambito della predisposizione delle proposte di piattaforma comune da parte dello Stato italiano.

Normativa comunitaria

La disciplina comunitaria esercita una forte pressione riformatrice sull’attuale regime ordinistico.

Si consideri, infatti, che nella giurisprudenza comunitaria la nozione di impresa è assai più ampia da quella desunta dall’art. 2082 del codice civile, facendo riferimento ad ogni attività economica che offra beni e servizi in un determinato mercato. In base a tale premessa, ai fini dell’applicazione della disciplina comunitaria sulla concorrenza, ogni professione è equiparata ad un’attività d’impresa ed ogni ordine professionale ad una associazione di imprese.

 

Il diritto comunitario non conosce deroghe al principio secondo cui, ai fini antitrust, l'attività professionale, nella misura in cui ha una valenza economica, è attività di impresa, quale che sia la professione intellettuale coinvolta (a prescindere, cioè, dalla natura complessa e tecnica dei servizi forniti e il rango dei valori cui, in alcuni casi, si collega; cfr. le sentenze su medici (Pavlov, 12 settembre 2000, C-180-184/98, punto 77), spedizionieri doganali (Commissione c. Italia, 18 giugno 1998, C-35/96, punto 36), avvocati (Wouters, 19 febbraio 2002, C-309/99, punti 44-49, Arduino, 19 febbraio 2002, C-35/99).

 

Nonostante il rilievo assunto dalla giurisprudenza comunitaria (particolarmente in tema di tariffe) permane invece la contrapposizione tipica dell’ordinamento italiano tra attività professionale e attività d’impresa.

 

Un quadro della situazione delle prestazioni professionali nell’ambito dell’Unione, è stato fornito dalla Relazione sulla concorrenza nei servizi professionalidel 9 febbraio 2004 della Commissione europea (cd. rapporto Monti), nella quale sono analizzate le restrizioni alla concorrenza che caratterizzano la regolamentazione dei servizi professionali negli Stati membri dell'Unione e che derivano proprio dalla fissazione o raccomandazione dei prezzi, dalle restrizioni all'accesso alla professione e all'attività pubblicitaria, dai regimi di riserva previsti per talune attività, dalle regolamentazioni inerenti l'organizzazione e la struttura aziendale dell'attività. Nella medesima Relazione, la Commissione europea evidenzia come il diritto comunitario riconosca la legittimità delle sole misure restrittive della concorrenza che superano il c.d. test di proporzionalità, che si considera soddisfatto allorché le misure in questione risultino oggettivamente necessarie per raggiungere un obiettivo di interesse generale chiaramente articolato e legittimo e costituiscano il meccanismo meno restrittivo della concorrenza idoneo a raggiungere tale obiettivo. Nel prendere atto delle specificità dei servizi professionali, la Commissione auspica che la revisione complessiva della regolamentazione dei singoli Stati membri in materia di servizi professionali avvenga ad opera di interventi volontari dei soggetti responsabili delle restrizioni esistenti (segnatamente, le autorità di regolamentazione e gli organismi professionali), invitando detti soggetti a verificare la necessarietà/proporzionalità delle esistenti regole restrittive rispetto alle esigenze di tutela degli interessi di utenti e professionisti. Il 5 settembre 2005 la Commissione Europea ha pubblicato una nuova Comunicazione avente ad oggetto il seguito della Relazione del febbraio 2004 (I servizi professionali – Proseguire la riforma) con un aggiornamento dei progressi compiuti dai singoli Stati nella revisione e nella soppressione delle restrizioni alla concorrenza ed ha ribadito l’importanza di liberalizzare il mercato dei servizi professionali (sulla quale infra); si segnala, inoltre, la risoluzione 12 ottobre 2006, n. 2137 approvata dal Parlamento europeo (cd. risoluzione Ehler) sul seguito alla relazione sulla concorrenza nei servizi professionali (2137/2006/CE). Tale risoluzione sollecita l’eliminazione degli “ostacoli alla concorrenza che non sono giustificati o che nuocciano all'interesse generale”, pur riconoscendo “il diritto di emanare regolamentazioni legate a peculiarità tradizionali, geografiche e demografiche”. L’obbligatorietà di tariffe fisse o minime e il divieto di contrattare compensi legati al risultato raggiunto – si legge nella risoluzione - potrebbero essere di ostacolo alla qualità del servizio per i cittadini e alla concorrenza; gli Stati membri devono quindi superare tali vincoli con misure meno restrittive e più adeguate al rispetto dei principi di non discriminazione, necessità e proporzionalità e garantire accesso e mobilità nell'ambito dei servizi professionali.

I profili problematici segnalati nella Relazione della Commissione corrispondono sostanzialmente al complesso di restrizioni che l'Autorità antitrust italiana aveva già avuto modo di individuare, con riguardo all'Italia, nell'ambito della nota indagine conoscitiva del 1997[18], e in successivi pareri e segnalazioni[19].

 

In materia di libertà di stabilimento e libera circolazione dei servizi si richiama la cd. direttiva Bolkensteinrelativa ai servizi nel mercato interno (Dir. 2006/123/CE), definitivamente approvata dal Parlamento Europeo il 12 dicembre 2006 ed il cui termine di recepimento è fissato al 28 dicembre 2009.

La proposta iniziale della Commissione – che aveva sollevato in tutti i gruppi politici del Parlamento europeo preoccupazioni sui possibili rischi di riduzione dell’acquis comunitario nel settore sociale (in particolare, in relazione al principio del Paese di origine – è stata sostanzialmente modificata dall’esame parlamentare.

Il testo approvato dal Parlamento europeo ribadisce l’obiettivo della proposta iniziale relativamente alla liberalizzazione dei servizi, sottolineando al contempo la necessità di assicurare un elevato livello di qualità dei servizi stessi.

L’esame del Parlamento europeo si è focalizzato, in particolare, su alcuni punti controversi:

§       campo di applicazione (art. 2): relativamente a questo aspetto, il testo adottato dal Parlamento europeo ribadisce quanto previsto nella proposta della Commissione, ovvero l’esclusione dei servizi di interesse generale. A questo riguardo gli Stati membri restano liberi di definire, conformemente al diritto comunitario, quelli che essi considerano servizi d'interesse generale, nonché di determinare le modalità di organizzazione e di finanziamento di tali servizi e gli obblighi specifici cui essi devono sottostare. La direttiva si applica, tuttavia, ai servizi di interesse economico generale, ovvero ai servizi che corrispondono ad un’attività economica e sono aperti alla concorrenza quali i servizi postali, i servizi di trasmissione, distribuzione e fornitura di energia elettrica e di gas o i servizi di distribuzione e di fornitura idrica. Oltre a tutta una serie di settori indicati espressamente nel testo adottato dal Parlamento europeo, sono inoltre escluse dal campo di applicazione della direttiva le materie disciplinate da disposizioni comunitarie specifiche come quelle sul distacco dei lavoratori, l’esercizio delle attività televisive o le qualifiche professionali;

§       principio del Paese di origine (art. 16): la formulazione iniziale prevedeva la possibilità per un prestatore di fornire i propri servizi in uno Stato membro diverso da quello di appartenenza unicamente in base alla legislazione dello Stato membro di origine. Il Parlamento europeo ha sostituito questo principio con quello della “libera circolazione dei servizi” in base al quale per la fornitura dei servizi si applica la legislazione del paese in cui essi vengono effettivamente prestati. Inoltre, si fa obbligo agli Stati membri di rispettare il diritto del prestatore di fornire i propri servizi liberamente sul suo territorio senza imporre requisiti discriminatori, ingiustificati e sproporzionati tranne che per motivi di pubblica sicurezza, protezione dell'ambiente e sanità pubblica;

§       distacco dei lavoratori (artt. 24 e 25): il Parlamento europeo ha soppresso le disposizioni relative al distacco dei lavoratori, ritenendo che questa questione ricada nel campo di applicazione della direttiva 96/71/CE relativa al distacco di lavoratori nell’ambito di una disciplina di servizi.

§       diritti dei destinatari dei servizi e qualità dei servizi (artt. 20-23 e 26-32): la proposta fissa l’obbligo a carico delle imprese di mettere a disposizione dei consumatori alcune informazioni chiave. Essa stabilisce, inoltre, che le regole professionali in materia di comunicazioni commerciali devono rispettare i principi di non discriminazione, necessità e proporzionalità;

§       cooperazione amministrativa (artt. 34-38): gli Stati membri devono rafforzare la cooperazione amministrativa, anche mediante la trasmissione elettronica delle informazioni, al fine di assicurare un controllo migliore e più efficace delle imprese. In questo contesto la proposta modificata prevede l’istituzione di un meccanismo di allerta in virtù del quale,qualora uno Stato membro sia a conoscenza di fatti gravi suscettibili di nuocere gravemente alla salute o alla sicurezza delle persone o all’ambiente, è tenuto ad informarne tempestivamente lo Stato membro di stabilimento, gli altri Stati membri interessati e la Commissione.

 

La delega per l’attuazione della direttiva Bolkenstein è contenuta nel disegno di legge Comunitaria per il 2008 – all’esame del Senato in seconda lettura (A.S. 1078-B)

 

I tratti caratterizzanti dei principi e criteri direttivi per l’esercizio della delega riguardano la promozione della libertà di concorrenza e l'accessibilità all'acquisto di servizi sul territorio nazionale, la semplificazione dei procedimenti amministrativi per l'accesso alle attività di servizi, la conformità dei regimi di autorizzazione ai principi di trasparenza, proporzionalità e parità di trattamento, la libertà di circolazione dei servizi forniti da un prestatore stabilito in un altro Stato membro, l’istituzione di sportelli unici accessibili anche via internet.


Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE (a cura dell'Ufficio Rapporti con l'Unione europea)

Il 5 settembre 2005 la Commissione ha presentato una comunicazione dal titolo “I servizi professionali – Proseguire la riforma” (COM(2005)405) nella quale ribadisce la necessità di liberalizzare i mercati e di eliminare la regolamentazione non necessaria per promuovere una maggiore concorrenza come sottolineato dalla rinnovata strategia di Lisbona.

La comunicazione, in particolare, illustra i progressi realizzati nella revisione e nell’eliminazione da parte degli Stati membri delle restrizioni ingiustificate esistenti nella legislazione e nella regolamentazione degli organismi professionali. A tale proposito la Commissione ritiene che le ragioni che giustificano tali restrizioni, vale a dire asimmetria delle informazioni, esternalità e concetto di bene pubblico, non interessino nella stessa misura tutti gli utenti dei servizi professionali. Secondo la Commissione, pertanto, sarebbe opportuno svolgere un’analisi economica dei servizi professionali più mirata ed approfondita al fine di comprendere meglio il rapporto tra domanda e offerta per ciascun servizio professionale, tenere conto degli interessi divergenti delle varie categorie di utenti e definire un quadro per la revisione della regolamentazione esistente.

Per quanto riguarda le azioni da intraprendere in questo settore la Commissione sostiene che:

·       sarebbe necessario che gli Stati membri promuovessero un processo di riforma sistematico del settore delle professioni a livello nazionale per migliorare l’economia, la concorrenza e la tutela dei consumatori;

·       rientra nelle prerogative degli Stati membri stabilire in che misura essi desiderano disciplinare direttamente le professioni mediante norme a livello statale o lasciare che sia fatto dagli organismi professionali mediante l’autoregolamentazione. Raccomanda, tuttavia, agli Stati membri di sorvegliare la portata dell’autoregolamentazione per evitare che diventi eccessivamente restrittiva e che possa nuocere agli interessi dei consumatori;

·       gli Stati membri dovrebbero avviare un processo analitico di revisione delle restrizioni esistenti, sia di quelle che possono essere eliminate velocemente come i prezzi fissi o le limitazioni alla pubblicità, sia delle strutture regolamentari per valutare la necessità di più ampie riforme al fine di realizzare progressi entro il 2010.

Il 25 giugno 2008 la Commissione ha presentato una proposta di regolamento sullo Statuto della Società Privata Europea (Sociaetas Privata Europaea - SPE) (COM(2008)396). La proposta rientra tra le iniziative legislative collegate all’Atto europeo per le piccole imprese.

In base alla proposta, la Società privata europea sarebbe una forma societaria alternativa e parallela a quelle già esistenti negli Stati membri. In particolare:

·       la SPE si configura come una società a responsabilità limitata, dotata di personalità giuridica e capitale sociale. Per la costituzione della SPE è richiesto il requisito patrimoniale minimo di 1 euro;

·       la SPE può essere costituita da uno o più soggetti, persone fisiche e/o società. Anche una Società europea, una Società cooperativa europea, un Gruppo europeo d'interesse economico o un'altra SPE possono partecipare alla formazione di una SPE;

·       la SPE può essere creata ex nihilo oppure attraverso fusione, divisione o trasformazione di una società esistente.

La proposta, che segue la procedura di consultazione, è stata esaminata dal Parlamento europeo in seduta plenaria il 10 marzo 2009. Il Consiglio competitività, che ha avviato l’esame il 1° dicembre 2008, proseguirà l’esame della proposta in una delle prossime sessioni.

L’8 aprile 2009 la XIV Commissione Politiche dell’Unione europea ha concluso l’esame della proposta ai sensi dell’articolo 127 del Regolamento, con l’adozione di un parere destinato alle Commissioni Giustizia e Finanze che dovrebbero avviare l’esame della proposta prossimamente.

Procedure di contenzioso (a cura dell'Ufficio Rapporti con l'Unione europea)

Il 19 dicembre 2008 la Commissione ha presentato un ricorsoalla Corte di giustizia contro l’Italia(causa C-565/08) nel quale contesta il fatto che le disposizioni nazionali che impongono agli avvocati l'obbligo di rispettare tariffe massime obbligatorie per le attività giudiziali e stragiudiziali costituisce una restrizione alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione dei servizi stabilite rispettivamente dagli articoli 43 e 49 del Trattato CE.

A tale proposito la Commissione rileva che un tariffario massimo obbligatorio che deve essere applicato indipendentemente dalla qualità dell'opera svolta, dal lavoro necessario a svolgerlo, e dai costi sopportati per effettuarlo, può rendere il mercato italiano dei servizi legali non attraente per i professionisti stranieri.

Inoltre, ad avviso della Commissione, la misura controversa non appare né idonea al raggiungimento degli scopi di interesse generale indicati dalle autorità italiane (accesso alla giustizia ai meno abbienti, tutela dei destinatari dei servizi legali, buon funzionamento della giustizia), né proporzionata visto che esistono altre misure meno restrittive nei confronti degli avvocati stabiliti all'estero, ugualmente o maggiormente idonee a conseguire gli scopi di tutela invocati dalle autorità italiane.

 

Il 29 gennaio 2009 la Commissione ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora (procedura n. 2008/4180) nella quale contesta il non corretto recepimento della direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali. I rilievi della Commissione riguardano l’articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206, di recepimento della direttiva nell’ordinamento italiano, che ha escluso la professione notarile dall’ambito di applicazione del sistema generale di riconoscimento dei diplomi previsto dalla normativa comunitaria.


 

Il contenuto delle proposte di legge

Principi generali: la distinzione tra professioni strutturate in ordini e professioni strutturate in associazioni

Le proposte di legge in esame, in attuazione dell’articolo 117 della Costituzione – che inserisce le professioni tra le materie nelle quali Stato e regioni hanno una potestà legislativa concorrente – sono volte a stabilire l’ordinamento delle professioni intellettuali, delle quali forniscono una definizione[20].

 

AC. 3
(Popolare)

AC. 503
(Siliquini e altri)

AC. 1553
(Vietti)

AC. 1590(Vitali)

AC 2239 (Mantini)

Art. 14, comma 2

Art. 1, comma 2

Art. 1, comma 4

Art. 1, comma 3

(Riconoscimento delle nuove professioni)

(Ambito di applicazione)

(Oggetto)

(Oggetto)

2. Ai fini del presente articolo, per professione si intende l'attività economica, anche organizzata, diretta al compimento di atti giuridici, alla prestazione di servizi od opere a favore di terzi esercitata, abitualmente e in via prevalente, con lavoro intellettuale e per la quale è previsto un titolo di studio universitario o equiparato.

2. Per professione intellettuale si intende l'attività, anche organizzata in forma associata o societaria, diretta al compimento di atti ovvero alla prestazione di servizi e di opere a favore di terzi, esercitata abitualmente e in via prevalente con lavoro intellettuale, per la quale sono richiesti un titolo di studio universitario o equipollente avente valore legale, l'abilitazione conseguita attraverso il superamento dell'esame di Stato e l'iscrizione all'albo professionale.

4. Per professione intellettuale si intende l'attività economica, anche organizzata, diretta al compimento di atti e alla prestazione di servizi o di opere in favore di terzi esercitata, abitualmente e in via prevalente, con lavoro intellettuale, per la quale è richiesto un titolo di studio universitario o equipollente.

3. Per professione intellettuale si intende l'attività economica, anche organizzata, diretta al compimento di atti e alla prestazione di servizi o di opere a favore di terzi esercitata, abitualmente e in via prevalente, mediante lavoro intellettuale.

 

Con riferimento ai rapporti tra competenze statali e regionali, la proposta AC 3, di iniziativa popolare (già presentata nella scorsa legislatura e mantenuta all’ordine del giorno in base all’art. 107, comma 4, del regolamento della Camera) chiarisce (articolo 4) che le regioni e le province autonome esercitano la propria potestà normativa nel rispetto dei princìpi fondamentali contenuti nella legge non potendo, in particolare, discostarsi da quanto stabilito in ordine:

-          all'individuazione e al riconoscimento delle nuove professioni;

-          alle condizioni e alle regole di accesso all'esercizio professionale;

-          all'abilitazione e all'attribuzione di competenze professionali.

La proposta di legge aggiunge che spetta alla competenza esclusiva dello Stato disciplinare gli esami e i titoli di studio richiesti per l'esercizio delle professioni intellettuali, i contratti per l’esercizio delle professioni, nonché l'organizzazione delle professioni d'interesse generale e gli Ordini.

La medesima proposta di legge reca inoltre una disposizione generale volta a prevedere che nelle materie di competenza normativa regionale concorrente o esclusiva, le disposizioni del provvedimento si applicano alle regioni nelle quali non sia ancora in vigore la relativa normativa di attuazione e perdono comunque efficacia a decorrere dalla data di entrata in vigore della normativa di attuazione adottata da ciascuna regione

 

La proposta AC 503 qualifica invece (articolo 1) le sue disposizioni come principi generali degli ordinamenti professionali, come tali modificabili e derogabili solo espressamente.

Peraltro, tutte le proposte di legge sottolineano l’esigenza di disciplinare questa materia con la finalità di garantire e tutelare una serie di principi fondamentali, fra i quali, la concorrenza e il principio di sussidiarietà nonché l’affidamento della clientela.

Quattro delle proposte in esame dedicano uno specifico articolo alle definizioni.

 

AC. 3
(Popolare)

AC. 1553
(Vietti)

AC. 1590
(Vitali)

AC. 2239
(Mantini)

Art. 3.

Art. 2

Art. 2

Art. 2

(Definizioni).

(Definizioni)

(Definizioni).

(Definizioni).

1. Ai fini della presente legge si intende:

1. Ai fini della presente legge si intende:

1. Ai fini della presente legge si intende:

1. Ai fini della presente legge si intende:

a) per «professione», la professione intellettuale;

a) per «professione», la professione intellettuale, come definita ai sensi dell'articolo 1, comma 4;

a) per «professione», la professione intellettuale, come definita ai sensi dell'articolo 1, comma 3;

a) per «professione», la professione intellettuale, definita ai sensi dell'articolo 1, comma 3;

b) per «professione di interesse generale», la professione di cui al titolo II;

b) per «professione di interesse generale», la professione di cui al titolo II, il cui esercizio incide su interessi generali meritevoli di specifica tutela, per lo svolgimento della quale è richiesta l'iscrizione a un albo previo superamento di un esame di Stato e il possesso degli altri requisiti stabiliti dall'ordinamento di categoria;

b) per «professione ordinistica», la professione per lo svolgimento della quale la legge richiede l'iscrizione ad albi previo superamento dell'esame di Stato e accertamento del possesso degli altri requisiti ai sensi di legge;

b) per «professione ordinistica», la professione per lo svolgimento della quale la legge richiede l'iscrizione ad albi previo superamento dell'esame di Stato e il possesso degli altri requisiti accertati ai sensi di legge;

c) per «professione riconosciuta», la professione che è oggetto di regolamentazione ad opera della normativa vigente ovvero degli accordi di cui all'articolo 14, comma 3;

c) per «professione riconosciuta», la professione di cui al titolo III;

c) per «professione associativa», ogni altra attività professionale che non sia ricompresa nelle professioni di cui all'articolo 2229 del codice civile o che sia oggetto di almeno un'associazione professionale iscritta nel Registro di cui all'articolo 28;

c) per «professione associativa», ogni altra attività professionale che non è ricompresa nelle professioni di cui all'articolo 2229 del codice civile o che è oggetto di almeno un'associazione professionale iscritta nel Registro di cui all'articolo 27;

d) per «nuove professioni», le professioni non riconosciute;

 

 

 

e) per «libero professionista», colui che esercita la professione ai sensi dei capi I e II del titolo III del libro V del codice civile, anche in regime convenzionato ove previsto da legge speciale;

d) per «libero professionista», colui che esercita la professione ai sensi dei capi I e II del titolo III del libro quinto del codice civile, anche in regime convenzionato qualora previsto dalla legislazione speciale;

d) per «libero professionista», colui che esercita una professione in forma indipendente;

d) per «libero professionista», colui che esercita una professione in forma indipendente;

f) per «professionista dipendente», il soggetto che esercita la professione nelle forme del lavoro subordinato;

e) per «professionista dipendente», il soggetto che esercita la professione nelle forme del lavoro subordinato;

e) per «professionista dipendente», il soggetto che esercita la professione nelle forme del lavoro subordinato;

e) per «professionista dipendente», il soggetto che esercita la professione nelle forme del lavoro subordinato;

g) per «professionista», il libero professionista e il professionista dipendente;

f) per «professionista», il libero professionista e il professionista dipendente;

f) per «professionista», il libero professionista e il professionista dipendente;

f) per «professionista», il libero professionista e il professionista dipendente;

h) per «categoria», l'insieme dei professionisti che esercitano la medesima professione con lo stesso titolo professionale;

g) per «categoria», l'insieme dei professionisti che esercitano la medesima professione con lo stesso titolo professionale;

g) per «categoria», l'insieme dei professionisti che esercitano la medesima professione con lo stesso titolo professionale;

g) per «categoria», l'insieme dei professionisti che esercitano la medesima professione con lo stesso titolo professionale;

i) per «esercizio professionale», l'esercizio della professione;

h) per «esercizio professionale», l'esercizio della professione;

h) per «esercizio professionale», l'esercizio della professione;

h) per «esercizio professionale», l'esercizio della professione;

l) per «prestazione professionale», la prestazione del professionista in qualunque forma resa;

i) per «prestazione professionale», la prestazione del professionista in qualunque forma resa;

i) per «prestazione professionale», la prestazione del professionista in qualunque forma resa;

i) per «prestazione professionale», la prestazione del professionista in qualunque forma resa;

 

l) per «legge», la legge e gli atti equiparati dello Stato;

l) per «legge», la legge e gli atti equiparati dello Stato;

l) per «legge», la legge e gli atti equiparati dello Stato;

m) per «ordinamento di categoria», le disposizioni che disciplinano le professioni e il relativo esercizio;

m) per «ordinamento di categoria», le disposizioni normative che regolano competenze, condizioni, modalità e compensi per l'esercizio della professione di interesse generale;

m) per «ordinamento di categoria», le disposizioni normative che regolano competenze, condizioni, modalità e compensi per l'esercizio della professione di interesse generale;

m) per «ordinamento di categoria», le disposizioni normative che regolano competenze, condizioni, modalità e compensi per l'esercizio della professione d'interesse generale;

n) per «Ordine», il Consiglio nazionale e gli Ordini territoriali;

n) per «ordine professionale», il consiglio nazionale e gli ordini territoriali;

n) per «Ordine professionale», il Consiglio nazionale e gli Ordini territoriali di cui all'articolo 9;

n) per «ordine professionale», il Consiglio nazionale e gli ordini territoriali di cui all'articolo 8;

o) per «Consiglio nazionale», il Consiglio nazionale dell'Ordine professionale;

o) per «consiglio nazionale», il consiglio nazionale dell'ordine professionale;

o) per «Consiglio nazionale», il Consiglio nazionale dell'Ordine professionale;

o) per «Consiglio nazionale», il Consiglio nazionale dell'ordine professionale;

p) per «esame di Stato», l'esame, anche in forma concorsuale, previsto per l'accesso alle professioni ai sensi dell'articolo 33, quinto comma, della Costituzione;

p) per «esame di Stato», l'esame, anche in forma di concorso, previsto per l'accesso alle professioni ai sensi dell'articolo 33, quinto comma, della Costituzione;

p) per «esame di Stato», l'esame, anche in forma di concorso, previsto per l'accesso alle professioni ai sensi dell'articolo 33, quinto comma, della Costituzione;

p) per «esame di Stato», l'esame, anche in forma di concorso, previsto per l'accesso alle professioni ai sensi dell'articolo 33, quinto comma, della Costituzione;

q) per «consiglieri», i membri del Consiglio nazionale e del consiglio dell'Ordine territoriale.

q) per «consiglieri», i membri del consiglio nazionale e del consiglio dell'ordine territoriale;

q) per «consiglieri», i membri del Consiglio nazionale e del consiglio dell'Ordine territoriale;

  q) per «consiglieri», i membri del Consiglio nazionale e del consiglio dell'ordine territoriale;

 

r) per «associazioni», le associazioni tra professionisti;

r) per «associazioni professionali» le associazioni professionali di cui all'articolo 26;

r) per «associazioni riconosciute», le associazioni di cui al capo VI;

 

 

 

s) per «associazioni specialistiche», le associazioni professionali di cui all'articolo 30;

 

s) per «sindacati», i sindacati dei professionisti.

s) per «sindacati», i sindacati dei professionisti;

t) per «sindacati», i sindacati dei professionisti;

 

 

t) per «riserva professionale», le attività che la legge stabilisce debbano essere esercitate soltanto da iscritti ad albi professionali.

u) per «riserva professionale», le attività che la legge stabilisce devono essere esercitate soltanto da iscritti ad albi professionali.

 

 

Si evidenzia che tutte le proposte di legge delineano una differente disciplina a seconda che la professione sia strutturata in ordini professionali – in presenza di preminenti interessi pubblici – ovvero in associazioni professionali.

 

Le professioni strutturate in ordini sono qualificate «professioni di interesse generale» dagli AAC. 3 e 1553 e come «professioni ordinistiche» dagli AC 1590 e 2239. Viceversa, le altre professioni sono definite «professioni riconosciute» dagli AAC 3 e 1553, «professioni associative» dagli AC 1590 e 2239 e «nuove professioni, ovvero attività emergenti non regolamentate» dall’AC 503, che prefigura comunque anche in questo caso il riconoscimento legislativo delle associazioni delle nuove professioni.

 

La struttura associativa viene prevista per le professioni attualmente definite “professioni non regolamentate”, alle quali l’ordinamento non riconosce lo stesso rilievo delle precedenti, ma che comunque ritiene di dover riconoscere e assoggettare - attraverso un apposito registro tenuto dal Ministro della Giustizia - alla vigilanza governativa[21] (su tale aspetto, infra).

 

In particolare, l’AC 3 prevede (articolo 14) che ogni qualvolta si debbano riconoscere nuove professioni (con DPR, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri e accordo in sede di Conferenza Stato-Regioni) occorra accertare se le stesse rivestano interesse generale e in tal caso procedere non solo all’ordinamento di categoria, ma anche all’istituzione dell’ordine di coloro che vengono abilitati all’esercizio professionale; se le nuove professioni non hanno questa caratteristica, gli accordi dovranno limitarsi a determinare l’ordinamento di categoria. La proposta di legge esclude comunque che possano essere istituiti nuovi ordini quando sia accertata l'omogeneità tra percorsi formativi con professioni le cui competenze incidono su interessi generali della medesima natura di quelli della nuova professione. In tal caso si dovrà procedere all'adeguamento dell'ordinamento di riferimento, garantendo l'autonomia delle diverse professioni afferenti all'albo e, in ragione del numero degli iscritti, l'adeguata rappresentanza negli organi dell'Ordine.

Per le nuove professioni, che vengono riconosciute dall’ordinamento, gli articoli 30 e ss della proposta di legge prevedono l’individuazione di requisiti associativi e la creazione di un registro delle associazioni professionali presso il Ministero della giustizia.

 

L’AC 503 limita l’istituzione di nuovi ordini (articolo 3) «alla necessità di tutelare interessi costituzionalmente rilevanti nello svolgimento di attività caratterizzate da gravi asimmetrie informative e dal rischio di danni sociali conseguenti a prestazioni non adeguate». Parallelamente, consente la costituzione di nuovi ordini sulla base di fusioni o accorpamenti di ordini e collegi esistenti.

 

L’AC 1553 prevede (articolo 14) che sia il Governo (nell’esercizio della delega prevista dall’articolo 37) a stabilire per ciascuna professione, anche nuova, se si tratta di professione di interesse generale, come tale richiedente la struttura dell’Ordine professionale, ovvero di professione che non incide su tali interessi, per la quale si prevede l’organizzazione in associazioni. In relazione alle nuove professioni, l’AC 1553 sancisce il divieto di istituire di nuovi Ordini ove sussista omogeneità tra le professioni nuove e quelle già regolamentate. Tanto per le professioni ordinistiche, quanto per le associazioni professionali, è attribuito al Ministero della giustizia – di concerto con i Ministri competenti – il potere di riconoscimento (esercitato sulla base di una specifica istruttoria) e il ruolo di vigilanza.

 

Gli AAC 1590 e 2239, tra i principi generali, prevedono l’individuazione, sulla base degli interessi pubblici meritevoli di tutela, delle professioni intellettuali affini da unificare in un solo ordine e sancisce il divieto d'istituzione di nuovi ordini, salvo che in materia di riconoscimento di diritti costituzionali; le medesime proposte di legge prevedono la riorganizzazione delle attività riservate a singole professioni regolamentate limitandole a quelle strettamente necessarie per la tutela di diritti costituzionalmente garantiti e per il perseguimento di finalità primarie d'interesse generale.

 

Si consideri, inoltre, che le pdl AC 1934 (Froner e altri) e AC 2077 (Formisano) si occupano esclusivamente delle professioni non regolamentate, prevedendone (art. 3) il riconoscimento in presenza di determinati requisiti (professioni aventi connotazione tipica di interesse diffuso, che dovrà risultare da uno specifico fondamento teorico-pratico, dalla diffusione nell’ambito del mercato nazionale e dalla rilevanza di carattere economica e sociale). Il riconoscimento avviene con decreto del Ministro della giustizia, su proposta del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL), previa intesa con la Conferenza Stato-regioni e di concerto con i Ministri competenti per materia.

Viene inoltre prevista la libertà di costituzione di associazioni professionali (art. 4), per il cui riconoscimento – con decreto del Ministro della giustizia, sentito il CNEL e previo parere della Conferenza Stato-regioni – sono però stabiliti determinati requisiti (art. 5). Viene fatto divieto alle associazioni di adottare e usare denominazioni professionali relative a professioni organizzate in ordini o collegi.

Presso il Ministero della giustizia è istituito il Registro delle associazioni professionali, a cui sono automaticamente iscritte le associazioni che abbiano ottenuto il riconoscimento (art. 6). Spetta al Ministero della giustizia la vigilanza sull'operato delle associazioni, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, per verificare il rispetto e il mantenimento dei requisiti previsti ai fini del riconoscimento; in caso di irregolarità nell’operato delle stesse associazioni o di perdita dei requisiti necessari viene disposta la cancellazione dal Registro delle associazioni professionali (art. 11).

Per il contenuto delle pdl AC 1934 e AC 2077 (Formisano) si rinvia, per un approfondimento, al paragrafo relativo alle professioni non regolamentate (cfr. infra).

 

Le professioni di interesse generale (o ordinistiche)

Ordini professionali: struttura e funzioni

Tutte le proposte di legge prevedono che coloro che esercitano una professione di interesse generale (AC 3), ovvero una professione per la quale è richiesta l’iscrizione ad un albo (AAC 1553, 1590 e 2239), siano organizzati in ordini professionali. Si tratta di enti pubblici non economici, dotati di autonomia patrimoniale e finanziaria che tutte le proposte assoggettano alla vigilanza del Ministero della giustizia.

La p.d.l. AC 503, che ha una struttura peculiare rispetto alle altre proposte in esame, disciplina la struttura degli ordini e dei collegi professionali al Capo VI (artt. 62-63) nel quale in particolare stabilisce (articolo 62) che organi di governo degli ordini e collegi professionali a livello nazionale siano il consiglio nazionale, il presidente e il comitato esecutivo, dei quali viene disciplinata la composizione, l’elezione e le funzioni (articolo 63). Il successivo Capo VII (artt. 64-65) disciplina invece le assemblee, ovvero il congresso nazionale - assemblea generale di ogni professione – e l’assemblea locale, composta da tutti gli iscritti all’ordine o al collegio locale. Infine, gli articoli 67 e 68 dell’AC 503 affidano al Ministro della giustizia il controllo tanto sugli atti quanto sugli organi degli ordini e collegi professionali.

Le altre proposte di legge hanno un impianto analogo che di seguito si raffronta.

 

AC. 3
(Popolare)

AC. 1553
(Vietti)

AC. 1590
(Vitali)

AC. 2239
(Mantini)

Art. 18

Art. 18

Art. 8

Art. 8

(Ordine professionale)

(Ordine professionale)

(Ordine professionale)

(Ordine professionale)

3. L’Ordine professionale si articola in:

3. L’ordine professionale si articola in:

3. Ferma restando la più specifica articolazione stabilita, ai sensi dell’articolo 4, con l’ordinamento di categoria, l’Ordine si articola in:

3. Ferma restando una più specifica articolazione stabilita ai sensi dell'articolo 4, con l'ordinamento di categoria l'ordine è composto nel modo seguente:

a) Consiglio nazionale dell’Ordine, che assume la denominazione di Consiglio nazionale dell’Ordine della categoria, con i compiti di cui all’articolo 21;

a) consiglio nazionale, che assume la denominazione di consiglio nazionale dell’ordine della rispettiva categoria, con i compiti di cui all’articolo 21;

a) un Consiglio nazionale, che assume la denominazione di Consiglio nazionale dell’Ordine della rispettiva categoria;

a) un Consiglio nazionale, che assume la denominazione di Consiglio nazionale dell'ordine della rispettiva categoria;

b) Ordini territoriali, che assumono la denominazione di Ordine territoriale della categoria secondo l’organizzazione territoriale prevista dal relativo ordinamento, con i compiti di cui all’articolo 20, che esercitano con autonomia nel rispetto del raccordo operato ai sensi dell’articolo 21, comma 2, lettera d).

b) ordini territoriali, che assumono la denominazione di ordine della rispettiva categoria secondo l’organizzazione territoriale prevista dal relativo ordinamento, con i compiti di cui all’articolo 20.

b) Ordini territoriali, che assumono la denominazione di Ordine della rispettiva categoria nel proprio ambito di competenza territoriale, secondo quanto previsto dal relativo ordinamento.

b) ordini territoriali, che assumono la denominazione di ordine della rispettiva categoria nel loro ambito di competenza territoriale, ai sensi di quanto previsto dal relativo ordinamento.

4. Al fine di favorire il raccordo tra le diverse categorie sulle questioni di interesse generale, con particolare riferimento alle finalità di cui all’articolo 1, comma 2, i Consigli nazionali promuovono la costituzione di organismi comuni per l’attuazione dei compiti agli stessi attribuiti dall’articolo 21.

 

 

 

5. La disposizione di cui al comma 4 si applica anche agli Ordini territoriali con sede nella medesima regione.

 

 

 

 

4. All’ordine professionale non si applicano la legge 21 marzo 1958, n. 259, e successive modificazioni, la legge 14 gennaio 1994, n. 20, e successive modificazioni, e il decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni.

 

 

 

Per quanto riguarda la struttura territoriale degli ordini, l’AC 503 dispone in ordine all’assemblea locale (art. 65), prevedendo che debba essere composta da tutti gli iscritti all'ordine o al collegio professionale territoriale. L’assemblea locale è chiamata ad eleggere il consiglio dell'ordine o del collegio professionale territoriale e i delegati al Congresso nazionale, oltre che ad approvare annualmente i bilanci presentati dal consiglio dell'ordine territoriale ed a deliberare sulle altre materie ad essa sottoposte ai sensi della legge e dello statuto, con le modalità determinate dallo statuto stesso.

Le altre proposte di legge, il cui impianto è maggiormente raffrontabile, articolano nel seguente modo l’ordine territoriale.

 

AC. 3
(Popolare)

AC. 1553
(Vietti)

AC. 1590
(Vitali)

AC. 2239
(Mantini)

Art. 19

Art. 19

Art. 9

Art. 9

(Ordine territoriale)

(Ordine territoriale)

(Ordine territoriale)

(Ordine territoriale)

1. L’Ordine territoriale è articolato nel modo seguente:

1. L’ordinamento di categoria disciplina l’organizzazione dell’ordine territoriale, prevedendo i seguenti organi:

1. L’ordinamento di categoria disciplina l’organizzazione dell’Ordine territoriale, prevedendo i seguenti organi, fatto salvo quanto disposto dall’articolo 25, comma 2:

1. L'ordinamento di categoria disciplina l'organizzazione dell'ordine territoriale, prevedendo i seguenti organi:

a) consiglio: è composto da un numero di consiglieri in rapporto al numero degli iscritti all’albo; è eletto dall’assemblea ogni quattro anni; il mandato dei consiglieri può essere rinnovato per non più di due volte consecutive dalla data di entrata in vigore della presente legge. Il consiglio provvede alle nomine per le diverse cariche, elegge il presidente, che ha la rappresentanza legale dell’Ordine, e può delegare singole funzioni ad uno o più consiglieri, ferma restando la responsabilità dell’intero consiglio; le indennità dei consiglieri sono definite in modo da assicurare lo svolgimento del mandato senza pregiudizio economico;

a) il consiglio, composto da un numero di consiglieri determinato in rapporto al numero degli iscritti all’albo ed eletto dall’assemblea ogni quattro anni; il mandato dei consiglieri può essere rinnovato per non più di tre volte consecutive a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge. Il consiglio conferisce le cariche, elegge il proprio presidente, che ha la rappresentanza legale dell’ordine territoriale, e può delegare singole funzioni a uno o più consiglieri, ferma restando la responsabilità dell’intero consiglio;

a) il consiglio, composto da un numero di consiglieri determinato in rapporto al numero degli iscritti all’albo ed eletto dall’assemblea ogni quattro anni; il mandato dei consiglieri può essere rinnovato per non più di due volte consecutive a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge. Il consiglio conferisce le cariche, elegge il proprio presidente, che ha la rappresentanza legale dell’Ordine territoriale, e può delegare singole funzioni a uno o più consiglieri, ferma restando la responsabilità dell’intero consiglio;

a) il consiglio, composto da un numero di consiglieri determinato in rapporto al numero degli iscritti all'albo ed eletto dall'assemblea ogni quattro anni. Il mandato dei consiglieri può essere rinnovato per non più di due volte consecutive a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge. Il consiglio conferisce le cariche, elegge il proprio presidente, che ha la rappresentanza legale dell'ordine territoriale, e può delegare singole funzioni a uno o più consiglieri, ferma restando la responsabilità dell'intero consiglio;

b) assemblea: ne fanno parte gli iscritti all’albo; elegge il consiglio e il collegio dei revisori dei conti; approva il bilancio preventivo e quello consuntivo; esprime il parere sugli altri argomenti sottoposti dal consiglio; esercita ogni altra funzione attribuita ai sensi del regolamento di cui all’articolo 35;

b) l’assemblea, costituita dagli iscritti all’albo; l’assemblea elegge i componenti del consiglio e del collegio dei revisori dei conti; approva il bilancio preventivo e quello consuntivo; esprime il parere sugli altri argomenti ad essa sottoposti dal consiglio; esercita ogni altra funzione ad essa attribuita dall’ordinamento di categoria;

b) l’assemblea, costituita dagli iscritti all’albo. L’assemblea elegge i componenti del consiglio e del collegio dei revisori dei conti; approva il bilancio preventivo e quello consuntivo; esprime il parere sugli altri argomenti sottoposti dal consiglio; esercita ogni altra funzione ad essa attribuita dall’ordinamento di categoria;

b) l'assemblea, costituita dagli iscritti all'albo. L'assemblea elegge i componenti del consiglio e del collegio dei revisori dei conti; approva il bilancio preventivo e quello consuntivo; esprime il parere sugli altri argomenti sottoposti dal consiglio; esercita ogni altra funzione ad essa attribuita dall'ordinamento di categoria;

c) collegio dei revisori dei conti: è composto da uno a tre membri nominati fra gli iscritti all’elenco dei revisori dei conti; è eletto dall’assemblea ogni tre anni; controlla la tenuta dei conti e la gestione del bilancio; il mandato dei revisori può essere rinnovato per non più di due volte consecutive.

c) il collegio dei revisori dei conti, composto, in relazione al numero degli iscritti all’albo, da uno a tre membri nominati tra gli iscritti all’elenco dei revisori dei conti, eletti dall’assemblea ogni tre anni; il mandato dei revisori dei conti può essere rinnovato per non più di due volte consecutive; il collegio dei revisori dei conti controlla la tenuta dei conti e la gestione del bilancio.

c) il collegio dei revisori dei conti, composto, in relazione al numero degli iscritti all’albo, da uno, due o tre membri, nominati fra gli iscritti all’elenco dei revisori dei conti, eletti dall’assemblea ogni tre anni; il mandato dei revisori dei conti può essere rinnovato per non più di tre volte consecutive. Il collegio dei revisori dei conti controlla la tenuta dei conti e la gestione del bilancio.

c) il collegio dei revisori dei conti, composto, in relazione al numero degli iscritti all'albo, da uno a tre membri nominati tra gli iscritti nell'elenco dei revisori dei conti, eletti dall'assemblea ogni tre anni. Il mandato dei revisori dei conti può essere rinnovato per non più di tre volte consecutive. Il collegio dei revisori dei conti controlla la tenuta dei conti e la gestione del bilancio.

 

Contenuto raffrontabile presentano tutte e quattro le proposte di legge per quanto riguarda le funzioni degli organismi territoriali dell’Ordine.

 

AC. 3
(Popolare)

AC. 503
(Siliquini e al.)

AC. 1553
(Vietti)

AC. 1590(Vitali)

AC 2239 (Mantini)

Art. 20.

Art. 63

Art. 20

Art. 10

(Consiglio dell’Ordine territoriale)

(Funzioni degli organi statutari)

(Consiglio dell’ordine territoriale)

(Consiglio dell’Ordine territoriale)

(Compiti dell’ordine territoriale nella pdl 2239)

1. Spettano al consiglio dell’Ordine territoriale i seguenti compiti:

2. Gli ordini e i collegi professionali territoriali esercitano le seguenti funzioni:

1. Spettano all’ordine territoriale, che li esercita tramite il consiglio, i seguenti compiti:

1. Spettano all’Ordine territoriale, che li esercita tramite il consiglio, i seguenti compiti:

a) curare l’osservanza dei principi della presente legge nel proprio ambito di competenza territoriale nel rispetto di quanto previsto ai sensi dell’articolo 21, comma 2, lettera d);

 

a) garantire l’osservanza delle disposizioni di cui alla presente legge nel proprio ambito di competenza territoriale, nel rispetto di quanto previsto ai sensi dell’articolo 21, comma 2, lettera d);

a) garantire l’osservanza dei principi della presente legge nel proprio ambito di competenza territoriale, nel rispetto di quanto previsto ai sensi dell’articolo 11, comma 2, lettera d);

b) la tenuta e l’aggiornamento dell’albo e la verifica periodica della sussistenza dei requisiti per l’iscrizione dandone comunicazione al Consiglio nazionale;

a) provvedono alla tenuta degli albi, al loro aggiornamento e alla verifica periodica della sussistenza dei requisiti per l'iscrizione;

b) curare la tenuta e l’aggiornamento dell’albo nonché la verifica periodica della sussistenza dei requisiti per l’iscrizione, dandone comunicazione al consiglio nazionale;

b) curare la tenuta e l’aggiornamento dell’albo nonché la verifica periodica della sussistenza dei requisiti per l’iscrizione, dandone comunicazione al Consiglio nazionale;

 

d) curano l'aggiornamento periodico degli iscritti organizzando appositi corsi, anche d'intesa con università e con istituzioni o associazioni scientifiche e culturali. Per l'organizzazione dei corsi di formazione e di aggiornamento professionali i consigli degli ordini e dei collegi professionali territoriali possono promuovere la costituzione di fondazioni anche con la partecipazione di soggetti pubblici e privati. In ogni caso l'organizzazione dei corsi non costituisce esercizio di attività commerciale;

 

c) promuovere la formazione e l’aggiornamento permanenti degli iscritti all’albo, attraverso sistemi di valutazione stabiliti dagli ordinamenti di categoria;

c) la promozione di iniziative per lo svolgimento di attività di interesse generale nel settore socio-economico della professione sulla base del principio di sussidiarietà;

 

 

 

d) la vigilanza sul corretto esercizio della professione;

 

d) vigilare sul corretto esercizio della professione ed esercitare i conseguenti poteri disciplinari sugli iscritti all’albo;

e) vigilare sul corretto esercizio della professione ed esercitare i conseguenti poteri disciplinari sugli iscritti all’albo;

e) la determinazione, nel rispetto del bilancio preventivo, del contributo obbligatorio annuale da corrispondere da ogni iscritto per il finanziamento dell’Ordine territoriale nonché la percezione del contributo medesimo, mediante riscossione diretta ovvero con procedure esattoriali;

b) determinano gli oneri a carico degli iscritti;

e) esercitano i poteri di spesa e di acquisizione delle entrate;

c) determinare, nel rispetto del bilancio preventivo, il contributo obbligatorio annuale che deve essere corrisposto da ogni iscritto per il finanziamento dell’ordine territoriale e percepire il contributo medesimo, mediante riscossione diretta ovvero con procedure esattoriali;

d) determinare, nel rispetto del bilancio preventivo, il contributo obbligatorio annuale che deve essere corrisposto da ogni iscritto per il finanziamento dell’Ordine territoriale e percepire il contributo medesimo, mediante riscossione diretta ovvero con procedure esattoriali;

 

h) determinano i compensi ai professionisti, secondo quanto previsto dai regolamenti;

e) formulare pareri in materia di liquidazione dei compensi ai professionisti;

f) formulare pareri in materia di liquidazione dei compensi ai professionisti;

f) l’esperimento, su richiesta, del tentativo di conciliazione fra gli iscritti e i clienti che, in caso di controversie sui compensi, possono farsi assistere anche da associazioni di consumatori;

g) promuovono o resistono alle liti con l'eventuale potere di conciliare e di transigere;

f) esperire, su richiesta, il tentativo di conciliazione tra gli iscritti all’albo e i clienti che, nel caso di controversie relative ai compensi, possono farsi assistere anche da associazioni dei consumatori e degli utenti iscritte nell’elenco previsto dall’articolo 137 del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e successive modificazioni;

g) esperire, su richiesta, il tentativo di conciliazione tra gli iscritti all’albo e i clienti [fruitori delle prestazioni nella pdl 2239] che, nel caso di controversie relative ai compensi, possono farsi assistere anche da associazioni dei consumatori e degli utenti iscritte nell’elenco previsto dall’articolo 137 del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206;

g) le funzioni consultive circa l’attività, normativa e amministrativa, delle amministrazioni e degli enti locali;

c) formulano proposte o pareri nei confronti degli organi di livello nazionale;

g) formulare i pareri richiesti dalle pubbliche amministrazioni territoriali su materie di interesse locale;

h) formulare i pareri richiesti dalle pubbliche amministrazioni territoriali su materie di interesse locale;

h) l’organizzazione degli uffici interni, la gestione finanziaria e quanto sia necessario per l’espletamento dei compiti di cui alla presente legge;

f) curano l'organizzazione degli uffici e la gestione del personale dipendente;

 

 

i) ogni altra funzione attribuita ai sensi del regolamento di cui all’articolo 35 o delegata dal Consiglio nazionale.

i) svolgono le altre funzioni previste dalla legge.

h) svolgere ogni altra funzione ad esso attribuita dall’ordinamento di categoria o delegata dal consiglio nazionale per lo svolgimento dei compiti di cui all’articolo 18 e al presente comma.

i) svolgere ogni altra funzione ad esso attribuita dall’ordinamento di categoria o delegata dal Consiglio nazionale per lo svolgimento dei compiti di cui all’articolo 11 e al presente comma.

 

Inoltre, l’AC. 3 istituisce anche (articolo 20) presso l’ordine territoriale:

-         una commissione volta alla composizione delle eventuali controversie che sorgano tra il professionista e il cliente;

-         una commissione (con sede nel capoluogo di regione) chiamata a giudicare sui procedimenti disciplinari nei confronti degli iscritti agli albi tenuti dagli Ordini territoriali.

 

Tutte le proposte di legge disciplinano il consiglio nazionale. In particolare, l’AC. 503 dispone (articolo 62) che il consiglio sia eletto dai consigli locali e che a sua volta esprima il presidente ed il comitato esecutivo (composto da altri 4 membri) eletti a maggioranza assoluta dei voti. Sempre a livello nazionale, ciascun ordine costituisce, per il controllo dei bilanci, un collegio dei revisori dei conti.

Con riferimento, invece, alle altre proposte di legge:

 


 

AC. 3
(Popolare)

AC. 1553
(Vietti)

AC. 1590(Vitali)

AC 2239 (Mantini)

Art. 21

Art. 21

Art. 11

(Consiglio nazionale)

(Consiglio nazionale)

(Organizzazione e compiti del Consiglio nazionale)

1. Il Consiglio nazionale è articolato nel modo seguente:

1. L’ordinamento di categoria disciplina l’organizzazione del consiglio nazionale prevedendo che:

1. L’ordinamento di categoria disciplina l’organizzazione del Consiglio nazionale prevedendo che:

a) Consiglio nazionale: è composto da un numero di consiglieri in rapporto al numero degli Ordini territoriali, tenuto conto della loro organizzazione e del numero degli iscritti all’albo; è eletto dai consigli degli Ordini territoriali ogni cinque anni; il mandato dei consiglieri può essere rinnovato per non più di due volte consecutive dalla data di entrata in vigore della presente legge. Il Consiglio nazionale nomina le cariche, elegge il presidente, che ha la rappresentanza legale del Consiglio, e può delegare singole funzioni a uno o più consiglieri, ferma restando la responsabilità del consiglio stesso; le indennità dei consiglieri sono stabilite in modo di assicurare lo svolgimento del mandato senza pregiudizio economico;

a) il consiglio nazionale è composto da un numero di consiglieri determinato in rapporto al numero degli ordini territoriali, tenuto conto della loro organizzazione e del numero degli iscritti all’albo. Il consiglio nazionale è eletto dai consigli degli ordini territoriali ogni cinque anni; il mandato dei consiglieri può essere rinnovato per non più di tre volte consecutive a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge. Il consiglio nazionale conferisce le cariche, elegge il proprio presidente, che ha la rappresentanza legale del consiglio stesso, e può delegare singole funzioni a uno o più consiglieri, ferma restando la responsabilità del consiglio nazionale;

a) il Consiglio nazionale è composto da un numero di consiglieri determinato in rapporto al numero degli Ordini territoriali, tenuto conto della loro organizzazione e del numero degli iscritti all’albo. Il Consiglio nazionale è eletto dai consigli degli Ordini territoriali ogni cinque anni; il mandato dei consiglieri può essere rinnovato per non più di tre volte consecutive a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge. Il Consiglio nazionale conferisce le cariche, elegge il proprio presidente, che ha la rappresentanza legale del Consiglio stesso, e può delegare singole funzioni a uno o più consiglieri, ferma restando la responsabilità del Consiglio nazionale;

b) collegio dei revisori dei conti: è composto da tre membri nominati fra gli iscritti all’elenco dei revisori dei conti; è nominato, nell’ambito di una lista indicata dal Consiglio nazionale e dal Ministero della giustizia ogni quattro anni; controlla la tenuta dei conti e la gestione del bilancio; il mandato dei revisori dei conti può essere rinnovato per non più di due volte consecutive.

b) il controllo della tenuta dei conti e della gestione del bilancio è affidato a un collegio dei revisori dei conti, composto da tre membri nominati tra gli iscritti all’elenco dei revisori dei conti, nominati dal Ministro della giustizia ogni quattro anni. Il mandato dei revisori dei conti può essere rinnovato per non più di due volte consecutive.

b) il controllo della tenuta dei conti e della gestione del bilancio è affidato a un collegio dei revisori dei conti, composto da due membri nominati, fra gli iscritti all’elenco dei revisori dei conti, dal Ministro della giustizia ogni quattro anni. Il mandato dei revisori dei conti può essere rinnovato per non più di due volte consecutive.

 

Tutte le proposte di legge contengono un’elencazione delle funzioni affidate al Consiglio nazionale.

 

AC. 3
(Popolare)

AC. 503
(Siliquini e al.)

AC. 1553
(Vietti)

AC. 1590(Vitali)

AC 2239 (Mantini)

Art. 21

Art. 63

Art. 21

Art. 11

(Consiglio nazionale)

(Funzioni degli organi statutari)

(Consiglio nazionale)

(Organizzazione e compiti del Consiglio nazionale)

2. Spettano al Consiglio nazionale i seguenti compiti:

1. Al consiglio nazionale sono affidate le seguenti funzioni:

2. Spettano al consiglio nazionale i seguenti compiti:

2. Spettano al Consiglio nazionale i seguenti compiti:

a) sovrintendere al rispetto dei principi della presente legge;

 

a) vigilare sul rispetto delle disposizioni di cui alla presente legge;

a) vigilare sul rispetto dei principi della presente legge;

b) svolgere i compiti ad esso assegnati dalla legge in attuazione di obblighi comunitari;

 

b) svolgere i compiti ad esso assegnati dalla legge in attuazione di obblighi comunitari;

b) svolgere i compiti ad esso assegnati dalla legge in attuazione di obblighi comunitari;

c) giudicare dei ricorsi avverso i provvedimenti adottati dalla commissione disciplinare di cui all’articolo 20, commi 4 e 5, anche in funzione di giudice speciale qualora operante prima del 1o gennaio 1948, secondo le norme dei rispettivi ordinamenti e nel rispetto degli articoli 24 e 111 della Costituzione;

a) l'esercizio della giurisdizione domestica, nei limiti di cui alla presente legge;

c) giudicare sui ricorsi avverso i provvedimenti adottati dall’ordine territoriale, anche in funzione di giudice speciale qualora operante prima del 1° gennaio 1948, secondo le norme dei rispettivi ordinamenti e nel rispetto degli articoli 24 e 111 della Costituzione;

c) giudicare sui ricorsi avverso i provvedimenti adottati dall’Ordine territoriale, anche in funzione di giudice speciale qualora operante prima del 1° gennaio 1948, secondo le norme dei rispettivi ordinamenti e nel rispetto degli articoli 24 e 111 della Costituzione;

d) esercitare funzioni di raccordo degli Ordini territoriali;

 

d) esercitare funzioni di coordinamento degli ordini territoriali;

d) esercitare funzioni di coordinamento degli Ordini territoriali;

e) promuovere iniziative per lo svolgimento di attività di interesse generale nel settore socio-economico della professione sulla base del principio di sussidiarietà;

 

 

 

f) adottare il codice deontologico;

d) la proposizione del codice di deontologia professionale;

 

 

g) designare i rappresentanti della categoria presso commissioni ed organi di carattere nazionale ed internazionale;

g) la deliberazione delle nomine e delle designazioni in ambito nazionale;

e) designare i rappresentanti della categoria presso commissioni e organi di carattere nazionale e internazionale;

e) designare i rappresentanti della categoria presso commissioni e organi di carattere nazionale e internazionale;

h) svolgere le funzioni consultive circa l’attività, normativa e amministrativa, dello Stato e degli enti internazionali;

 

f) formulare i pareri richiesti dalle pubbliche amministrazioni;

f) formulare pareri richiesti dalle pubbliche amministrazioni;

i) determinare la misura del contributo obbligatorio annuale per lo svolgimento dei compiti di cui alla presente legge che deve essere corrisposto dall’Ordine territoriale previa esazione dagli iscritti agli albi, nonché percepire il contributo medesimo, mediante riscossione diretta ovvero con procedure esattoriali;

f) la determinazione del contributo annuale a carico degli iscritti agli ordini e ai collegi professionali territoriali per le spese necessarie al proprio funzionamento e all'esercizio delle funzioni;

g) determinare la misura del contributo obbligatorio annuale per lo svolgimento dei compiti di cui alla presente legge, che deve essere corrisposto dall’ordine territoriale, previa esazione dei contributi a carico degli iscritti agli albi, e percepire il contributo medesimo, mediante riscossione diretta ovvero con procedure esattoriali;

g) determinare la misura del contributo obbligatorio annuale per lo svolgimento dei compiti di cui alla presente legge che deve essere corrisposto dall’Ordine territoriale, previa esazione dei contributi a carico degli iscritti agli albi, e percepire il contributo medesimo, mediante riscossione diretta ovvero con procedure esattoriali;

 

e) la formulazione dei criteri per la determinazione dei compensi ai professionisti;

 

 

l) determinare gli standard qualitativi propri delle prestazioni professionali e dei livelli di qualificazione adeguati per il loro esercizio;

 

h) determinare gli standard qualitativi propri delle prestazioni professionali;

h) determinare gli standard (criteri nella pdl 2239) qualitativi propri delle prestazioni professionali;

m) adottare i regolamenti ad esso demandati ai sensi del regolamento di cui all’articolo 35;

b) l'adozione di uno statuto per la definizione della propria organizzazione;

c) l'approvazione di regolamenti nelle materie di cui all'articolo 3, comma 4;

i) adottare i regolamenti ad esso delegati dall’ordinamento di categoria;

i) adottare i regolamenti ad esso delegati dall’ordinamento di categoria;

n) curare e promuovere la formazione degli iscritti nonché l’accreditamento dei percorsi formativi;

h) l'emanazione di direttive generali e la definizione di obiettivi, priorità e programmi relativi all'attività di formazione e di aggiornamento professionali;

l) accreditare i percorsi formativi;

l) accreditare i percorsi formativi anche attraverso convenzioni con università ed enti pubblici o privati;

o) curare l’informativa al pubblico circa le regole e le condizioni di esercizio della professione;

 

m) assicurare la compiuta informativa al pubblico sulle modalità di esercizio della professione;

m) assicurare la compiuta informativa al pubblico sulle modalità di esercizio della professione;

p) provvedere all’organizzazione degli uffici interni, alla gestione finanziaria e a quanto sia necessario per l’espletamento dei compiti di cui alla presente legge;

 

 

 

q) svolgere ogni altra funzione attribuita ai sensi del regolamento di cui all’articolo 35.

i) ogni altra funzione ad esso attribuita dalla legge e dai regolamenti.

n) ogni altra funzione ad esso attribuita dall’ordinamento di categoria per lo svolgimento dei compiti di cui all’articolo 18 e al presente comma.

n) svolgere ogni altra funzione ad esso attribuita dall’ordinamento di categoria.

3. Il Consiglio nazionale convoca periodicamente una Conferenza con compiti di raccordo con gli Ordini territoriali nelle materie di legislazione concorrente e nelle politiche professionali, nonché di informazione e di consultazione sulle questioni di interesse comune.

 

 

 

 

Le proposte di legge AAC 3, 1553, 1590 e 2239 prevedono che nel regolamento di attuazione (AC 3, art. 22) ovvero attraverso gli ordinamenti di categoria (AC 1553, art. 22, AAC 1590 e 2239, art. 12) siano definite le modalità di elezione del consiglio nazionale, sulla base dei seguenti principi comuni: garantire la partecipazione degli iscritti, la trasparenza delle operazioni elettorali, l’individuazione di limitazioni all’elettorato attivo e passivo in presenza di gravi e definitivi provvedimenti disciplinari.

 

La disciplina della professione

Tutte le proposte di legge qualificano l’accesso alla professione come libero. Peraltro, oltre ad ammettere in alcune ipotesi che il legislatore ponga vincoli di predeterminazione numerica a coloro che possono in concreto esercitare la professione, le proposte prevedono che per l’esercizio di alcune professioni sia richiesto il superamento di un esame di Stato.

 

AC. 3
(Popolare)

AC. 503
(Siliquini e al.)

AC. 1553
(Vietti)

AC. 1590(Vitali)

AC 2239 (Mantini)

Art. 5, comma 1

Art. 2, comma 3

Art. 4, co. 1 e 2

Art. 13, co. 1 e 2

(Esercizio della professione).

(Attività professionali)

(Esercizio della professione)

(Esercizio della professione).

1. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 16, commi 1 e 2, l'accesso alla professione è libero e il suo esercizio è fondato e ordinato sull'autonomia di giudizio, intellettuale e tecnica, del professionista.

3. L'accesso alla professione è libero e il suo esercizio è fondato e ordinato sull'autonomia e sull'indipendenza di giudizio, intellettuale e tecnica, del professionista. Sono fatti salvi i vincoli di predeterminazione numerica stabiliti dalle norme vigenti in materia.

1. L'accesso alla professione è libero e il suo esercizio è fondato e ordinato sull'autonomia e sull'indipendenza di giudizio, intellettuale e tecnica, del professionista.

1. L'accesso alla professione è libero e il suo esercizio è fondato e ordinato sull'autonomia e sull'indipendenza di giudizio, intellettuale e tecnica, del professionista.

 

 

2. L'esame di Stato per l'esercizio di professioni che implicano lo svolgimento di pubbliche funzioni è soggetto a predeterminazione numerica dei posti, ai sensi di quanto stabilito dalla legge e tenuto conto delle esigenze della collettività.

2. L'esame di Stato per l'esercizio professionale di una professione ordinistica non è soggetto a predeterminazione numerica dei posti, salvo eccezioni previste da leggi statali, ed è basato sulla verifica dell'effettività e dell'utilità del tirocinio.

 

Inoltre, le proposte di legge AAC 1590 e 2239 (articolo 13, comma 3), in relazione alla professione di notaio – per la quale riconoscono la predeterminazione numerica – prescrivono che comunque annualmente debba svolgersi un concorso nel quale si rendano disponibili almeno 350 posti.

 

La p.d.l. AC 503, all’articolo 2 distingue l’attività professionale dall’attività d’impresa stabilendone alcuni connotati specifici - quali lo svolgimento nel rispetto delle norme deontologiche, la libertà dell’accesso alla professione (salvi gli eventuali vincoli di predeterminazione numerica) – e riserva alla legge dello Stato la determinazione delle ipotesi in cui anche nel rapporto di lavoro subordinato sia richiesta l’iscritti in appositi albi; le altre proposte di legge - dalla struttura sul punto molto simile - dedicano un apposito articolo ai liberi professionisti ed un altro ai professionisti dipendenti.

 

AC. 3
(Popolare)

AC. 1553
(Vietti)

AC. 1590(Vitali)

AC 2239 (Mantini)

Art. 6.

Art. 5

Art. 14

(Liberi professionisti)

(Liberi professionisti)

(Liberi professionisti)

1. La professione è esercitata, sulla base dei requisiti stabiliti dagli ordinamenti di categoria, in forma individuale nonché, sotto la responsabilità e la direzione personali del professionista, in forma associata o societaria secondo quanto previsto al capo III.

1. La professione è esercitata, sulla base dei requisiti stabiliti dagli ordinamenti di categoria, in forma individuale sotto la responsabilità e la direzione personali del professionista, nonché in forma associata o societaria ai sensi di quanto previsto dal capo III.

1. La professione è esercitata, sulla base dei requisiti stabiliti dagli ordinamenti di categoria, in forma individuale e in forma associata o societaria ai sensi di quanto previsto dal capo VII.

2. Alla professione, in qualunque forma esercitata, non si applica la sezione I del capo I del titolo II del libro V del codice civile.

2. Alla professione, in qualunque forma esercitata, non si applica la sezione I del capo I del titolo II del libro quinto del codice civile.

2. Alla professione, in qualunque forma esercitata, non si applicano le disposizioni della sezione I del capo I del titolo II del libro V del codice civile.

Art. 7.

 

 

(Professionisti dipendenti).

 

 

1. La legge stabilisce le professioni che possono essere esercitate in regime di lavoro subordinato, anche a tempo parziale, salvaguardando l'autonomia di giudizio, intellettuale e tecnica, del professionista.[segue]

3. La legge stabilisce le professioni il cui esercizio è compatibile con la prestazione di lavoro subordinato, predisponendo apposite garanzie per assicurare l'autonomia e l'indipendenza di giudizio, intellettuale e tecnica, del professionista.

3. La legge stabilisce le professioni il cui esercizio è compatibile con la prestazione di lavoro subordinato, predisponendo apposite garanzie per assicurare l'autonomia e l'indipendenza di giudizio, intellettuale e tecnica, del professionista nonché l'assenza di conflitti di interessi, anche in caso di rapporti a tempo parziale.

 

Art. 6

Art. 15

 

(Professionisti dipendenti)

(Professionisti dipendenti)

2. I professionisti dipendenti sono soggetti al regime delle incompatibilità stabilito dagli ordinamenti di categoria a garanzia del corretto esercizio della professione.

1. I professionisti dipendenti esercitano la professione in conformità alle disposizioni della presente legge, fatte salve le incompatibilità previste dagli ordinamenti di categoria.

1. I professionisti dipendenti esercitano la professione in conformità alle disposizioni della presente legge, fatte salve le incompatibilità previste dagli ordinamenti di categoria e dalla legge.

3. Nel caso in cui l'abilitazione professionale costituisca requisito per l'instaurazione del rapporto di lavoro subordinato è obbligatoria l'iscrizione all'albo per l'espletamento delle relative mansioni secondo quanto previsto dagli ordinamenti di categoria.

2. Nel caso in cui l'abilitazione professionale costituisca requisito per l'instaurazione del rapporto di lavoro subordinato è obbligatoria l'iscrizione all'albo per l'espletamento delle relative mansioni, ai sensi di quanto previsto dagli ordinamenti di categoria.

2. Nel caso in cui l'abilitazione professionale costituisca requisito per l'instaurazione del rapporto di lavoro subordinato è obbligatoria l'iscrizione all'albo per l'espletamento delle relative mansioni, ai sensi di quanto previsto dagli ordinamenti di categoria.

4. I professionisti dipendenti pubblici sono soggetti alle specifiche norme del codice deontologico, che sono emanate ai sensi dell'articolo 23 dai Consigli nazionali, tenuto conto delle disposizioni che regolano il rapporto di lavoro.

3. I professionisti dipendenti pubblici sono soggetti alle norme deontologiche, stabilite ai sensi dell'articolo 23, nel rispetto dei princìpi di buon andamento e di imparzialità della pubblica amministrazione.

3. I professionisti dipendenti pubblici, nell'ipotesi di cui al comma 2, sono soggetti alle norme deontologiche, stabilite ai sensi dell'articolo 22, nel rispetto dei princìpi di buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione.

 

4. Ai dipendenti pubblici si applicano le disposizioni stabilite dal capo IV del titolo III del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni.

 

 

Per le professioni di interesse generale, l’AC. 3 affida agli ordinamenti di categoria il compito di determinare le caratteristiche della professione e i requisiti per l’accesso alla stessa (articolo 15). In particolare, spetta all’ordinamento di categoria individuare:

-         le competenze professionali sulla base del titolo di studio universitario e dell'esame di Stato per l'abilitazione all'esercizio professionale, con la puntuale identificazione delle prestazioni riservate, se del caso in esclusiva;

-         il titolo professionale;

-         i requisiti formativi per l'esercizio professionale;

-         il tirocinio per l'ammissione all'esame di Stato;

-         il regime delle incompatibilità;

-         gli ulteriori requisiti per l'esercizio professionale a tutela degli interessi generali ad esso connessi.

Il superamento dell’esame di Stato è richiesto quando (articolo 16):

§         la professione incide su interessi generali;

§         sussiste un'esigenza di tutela dell'affidamento della clientela o della collettività;

§         emerge una rilevanza sociale dei costi derivanti dall'esercizio non corretto della professione.

 

In relazione ai medesimi temi, la proposta AC 503 prescrive invece l’esame di Stato (articolo 5) per l'abilitazione all'esercizio di una professione che comprende lo svolgimento di attività riservate in esclusiva; a tale esame si può accedere dopo un corso di formazione istituito e disciplinato dagli ordini e dai collegi professionali d'intesa con le università. Laddove sia predeterminato il numero di quanti possono accedere alla professione la selezione dovrà svolgersi attraverso procedure di evidenza pubblica.

 

L’articolo 15 dell’AC. 1553 stabilisce che le condizioni e i presupposti per l’esercizio delle professioni di interesse generale - per le quali è previsto il superamento di un esame di Stato e l’iscrizione in un albo (articolo 16) - siano disciplinate con i decreti legislativi adottati nell’esercizio della più generale delega contemplata dall’articolo 37. I decreti dovranno essere adottati nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:

§         incidenza della attività professionale sugli interessi generali meritevoli di specifica tutela;

§         esigenza di tutela dell’affidamento;

§         rilievo sociale dei costi derivanti dall’esercizio non corretto delle attività professionali;

Spetta agli ordinamenti di categoria (analogamente a quanto previsto dall’AC. 3) definire le competenze professionali degli appartenenti all’Ordine e le prestazioni riservate, il titolo professionale, i requisiti formativi, le modalità del tirocinio, le incompatibilità e gli ulteriori requisiti nell’interesse generale.

 

Gli AAC. 1590 e 2239 prevedono invece che si possa accedere alle professioni intellettuali organizzate in ordini professionali previo superamento di un esame di Stato (articolo 13); spetterà all’ordinamento professionale definire il percorso formativo e le modalità del tirocinio che costituiranno condizioni e requisiti per la partecipazione all’esame (articolo 16).

 

La formazione del professionista e il tirocinio

Tutte le proposte di legge demandano a decreti ministeriali l’individuazione dei titoli universitari richiesti per l’accesso alle professioni; le proposte di legge AAC 3, 1553, 1590 e 2239 prevedono inoltre l’istituzione di apposite scuole di formazione e delineano un processo di aggiornamento continuo dei professionisti.

 

AC. 3
(Popolare)

AC. 503
(Siliquini e al.)

AC. 1553
(Vietti)

AC. 1590 (Vitali)

AC 2239 (Mantini)

Art. 29.

Art. 5

Art. 28

Art. 17

(Scuole di formazione e corsi di aggiornamento professionale).

(Accesso alle professioni regolamentate)

(Scuole di formazione e corsi di aggiornamento professionale)

(Scuole di formazione e corsi di aggiornamento professionale).

1. Ai sensi del regolamento di cui all'articolo 35 sono istituite apposite scuole e sono previsti i criteri sulla base dei quali l'Ordine può, nel rispetto delle direttive del Consiglio nazionale, istituire, anche mediante convenzioni e partecipazioni di amministrazioni pubbliche, istituti di formazione, casse di previdenza, sindacati e associazioni di professionisti, scuole di alta formazione per i professionisti e i tirocinanti.

 

1. Gli ordinamenti di categoria possono istituire apposite scuole ovvero possono prevedere i criteri sulla base dei quali l'ordine professionale può, nel rispetto delle direttive del consiglio nazionale, istituire, anche mediante convenzioni e con la partecipazione di amministrazioni pubbliche, istituti di formazione, casse di previdenza, sindacati e associazioni di professionisti, scuole di alta formazione per i professionisti e i tirocinanti.

1. Gli ordinamenti di categoria possono istituire apposite scuole di alta formazione per i professionisti e i tirocinanti, ovvero possono prevedere i criteri sulla base dei quali l'Ordine territoriale, nel rispetto delle direttive del Consiglio nazionale, può istituire tali scuole, anche mediante convenzioni e con la partecipazione di amministrazioni pubbliche, istituti di formazione, casse di previdenza, sindacati e associazioni di professionisti.

2. Ai sensi del regolamento di cui all'articolo 35, il Ministro dell'università e della ricerca, di concerto con i Ministri competenti, stabilisce i requisiti per il riconoscimento dei titoli rilasciati dalle scuole ai fini della formazione e dell'ammissione all'esame di Stato per l'esercizio della professione.

5. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, al fine di assicurare requisiti uniformi per l'accesso al sistema degli ordini e dei collegi professionali, in conformità a quanto disposto dalla presente legge, con uno o più decreti del Ministro dell'università e della ricerca, sentiti il Consiglio universitario nazionale e i consigli nazionali degli ordini e dei collegi professionali, sono stabilite le corrispondenze tra titoli universitari ai fini dell'accesso alle professioni intellettuali.

2. Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto il Ministro della giustizia, riconosce con decreto i titoli rilasciati dalle scuole ai fini della formazione e dell'ammissione all'esame di Stato per l'esercizio della professione e vigila sull'esercizio delle funzioni in materia di formazione da parte degli ordini professionali.

2. Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro della giustizia, riconosce con decreto i titoli rilasciati dalle scuole di cui al comma 1 ai fini della formazione e dell'ammissione all'esame di Stato per l'esercizio della professione e vigila sull'esercizio delle funzioni in materia di formazione da parte degli Ordini territoriali.

3. Ai sensi del regolamento di cui all'articolo 35, il Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'università e della ricerca, definisce le condizioni e i criteri per la formazione ai fini del tirocinio e per l'aggiornamento professionale degli iscritti, sulla base dei quali possono essere organizzati, anche ad opera di Ordini, università, associazioni e sindacati dei professionisti e casse di previdenza, i relativi corsi.

 

3. Gli ordinamenti di categoria stabiliscono i criteri per la formazione ai fini del tirocinio e per l'aggiornamento professionale periodico degli iscritti. Sulla base di tali criteri e nel rispetto del principio di libera concorrenza, da parte di ordini professionali, associazioni e sindacati dei professionisti e casse di previdenza, possono essere promossi e organizzati, mediante adeguate strutture, seminari e corsi di formazione. I seminari e i corsi di formazione per l'aggiornamento professionale periodico degli iscritti sono altresì promossi e organizzati da soggetti privati.

3. Gli ordinamenti di categoria stabiliscono i criteri per la formazione ai fini del tirocinio e per l'aggiornamento professionale periodico degli iscritti. Sulla base di tali criteri e nel rispetto del principio di libera concorrenza, Ordini (territoriali nella pdl 2239), associazioni e sindacati dei professionisti e casse di previdenza possono promuovere e organizzare, mediante adeguate strutture, seminari e corsi di formazione. I seminari e i corsi di formazione per l'aggiornamento professionale periodico degli iscritti sono altresì promossi e organizzati da soggetti privati, previa approvazione dell'Ordine (territoriali nella pdl 2239) cui sono rivolti.

 

 

4. Le università e gli istituti del secondo ciclo di istruzione, d'intesa con gli ordini professionali, possono istituire corsi per la preparazione all'esame di Stato e per l'aggiornamento professionale.

4. Le università e gli istituti del secondo ciclo di istruzione, di intesa con gli Ordini territoriali, possono istituire corsi per la preparazione all'esame di Stato, per l'aggiornamento professionale e per l'anticipazione del tirocinio nell'ultimo anno di istruzione.

 

 

Tutte le proposte di legge prevedono il tirocinio per l’accesso alle professioni regolamentare demandandone la compiuta disciplina al regolamento governativo (AC 3) ovvero all’ordinamento di categoria (AAC. 503, 1553, 1590 e 2239). Tutte le proposte convergono sulla necessità di stabilire un equo compenso per il tirocinante mentre divergono sulla durata del periodo formativo (tre o due anni) e sulla possibilità di svolgere lo stesso in concomitanza con gli studi universitari.

 

AC. 3
(Popolare)

AC. 503
(Siliquini e al.)

AC. 1553
(Vietti)

AC. 1590 (Vitali)

AC 2239 (Mantini)

Art. 17.

Art. 5

Art. 16

Art. 16

(Tirocinio, esame di Stato e concorso).

(Accesso alle professioni regolamentate)

(Tirocinio ed esame di Stato)

(Tirocinio ed esame di Stato)

1. Il tirocinio per l'ammissione all'esame di Stato è disciplinato, ai sensi del regolamento di cui all'articolo 35, sulla base dei seguenti criteri e princìpi:

 

1. L'ordinamento di categoria stabilisce le condizioni e i requisiti del tirocinio professionale per l'ammissione all'esame di Stato, sulla base dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

1. Nell'ordinamento professionale approvato ai sensi dell'articolo 4 sono stabiliti le condizioni e i requisiti del tirocinio professionale per l'ammissione all'esame di Stato, sulla base dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) il tirocinio è volto all'acquisizione dei fondamenti teorici, pratici e deontologici della professione;

3. La disciplina del tirocinio, ove previsto, si conforma a criteri che garantiscono l'effettività dell'attività formativa e il suo adeguamento costante all'esigenza di assicurare il miglior esercizio della professione. […]

a) il tirocinio è volto all'acquisizione dei fondamenti teorici, pratici e deontologici della professione;

a) il tirocinio è volto all'acquisizione dei fondamenti teorici, pratici e deontologici della professione;

b) la durata del tirocinio non può essere superiore a tre anni e tiene conto della specificità della professione;

[…] La durata del tirocinio non può essere superiore a tre anni. […]

b) la durata del tirocinio non può essere superiore a tre anni;

b) la durata del tirocinio non può essere superiore a due anni, salvo casi speciali;

c) il tirocinio è svolto sotto la responsabilità di un professionista, con adeguata anzianità di iscrizione all'albo, anche se effettuato presso amministrazioni o imprese che svolgono attività nel settore di riferimento della professione;

[…] Il tirocinio può essere svolto, secondo quanto previsto da ciascun ordinamento e comunque sempre sotto la responsabilità di un professionista, anche presso amministrazioni e società che svolgono attività nel settore di riferimento della professione. Il professionista che accoglie presso il suo studio il tirocinante deve essere iscritto all'albo e avere un'adeguata anzianità di iscrizione.

c) il tirocinio è svolto sotto la responsabilità di un professionista iscritto all'albo, con adeguata anzianità di iscrizione, anche se effettuato presso amministrazioni, società e aziende che svolgono attività nel settore di riferimento della professione;

c) il tirocinio è svolto sotto la responsabilità di un professionista iscritto all'albo, con adeguata anzianità di iscrizione, anche se effettuato presso amministrazioni, società e aziende che svolgono attività nel settore di riferimento della professione;

d) il tirocinio può anche essere svolto parzialmente, mediante la partecipazione a corsi di formazione per la preparazione agli esami di Stato o all'estero nel rispetto di quanto previsto dalla lettera c);

[…] Secondo quanto previsto da ciascun ordinamento, esso può essere svolto, sotto il controllo degli ordini e dei collegi professionali, in concomitanza al corso di studio necessario per il conseguimento dell'abilitazione professionale, ovvero mediante la partecipazione a corsi di formazione per la preparazione degli esami di Stato o all'estero, sotto la responsabilità di un professionista […].

d) il tirocinio può anche essere svolto parzialmente, mediante la partecipazione a corsi di formazione per la preparazione agli esami di Stato, in Paesi membri dell'Unione europea o in altri Paesi esteri, ai sensi della lettera c);

d) il tirocinio può anche essere svolto parzialmente, mediante la partecipazione a corsi di formazione per la preparazione agli esami di Stato, in Paesi dell'Unione europea o in altri Paesi esteri, fermo restando quanto previsto dalla lettera c);

e) deve essere stabilito un equo compenso a favore di chi svolge il tirocinio, tenendo conto dell'effettivo apporto del tirocinante e con riferimento, ove previsto, al regime tariffario delle prestazioni rese;

[…] È previsto un equo compenso del tirocinante, commisurato al suo concreto apporto, fiscalmente detraibile dal professionista. […]

e) deve essere stabilito un equo compenso in favore di chi svolge il tirocinio, tenendo conto dell'effettivo apporto del tirocinante, con riferimento al regime tariffario delle prestazioni rese.

e) deve essere stabilito un equo compenso in favore di chi svolge il tirocinio, tenendo conto dell'effettivo apporto del tirocinante, con riferimento al regime tariffario delle prestazioni rese. La retribuzione economica non può comunque essere inferiore del 20 per cento del trattamento contrattuale più favorevole previsto per gli apprendisti negli studi professionali, anche se erogata con riferimento alle vigenti tariffe professionali.

f) il tirocinio può essere svolto anche durante il corso di studi secondo le modalità convenute tra gli Ordini e le università o gli altri istituti che svolgono attività di formazione professionale o tecnica superiore.

[…] Secondo quanto previsto da ciascun ordinamento, esso può essere svolto, sotto il controllo degli ordini e dei collegi professionali, in concomitanza al corso di studio necessario per il conseguimento dell'abilitazione professionale, ovvero mediante la partecipazione a corsi di formazione per la preparazione degli esami di Stato o all'estero, sotto la responsabilità di un professionista […].

 

 

 

[…] Al tirocinante non si applicano le norme sul contratto di lavoro per i dipendenti di studi professionali. […]

2. Al tirocinante non si applicano le norme sul contratto di lavoro previste per i dipendenti di studi professionali.

2. Al tirocinante non si applicano le norme sui contratto di lavoro per i dipendenti di studi professionali.

 

L’esame di Stato

Tre delle proposte di legge in esame demandano al Governo (attraverso il regolamento di attuazione nell’AC 3, la modifica del regolamento n. 328 del 2001 nell’AC 503, ovvero nell’esercizio della più generale delega prevista dall’art. 37 nell’AC 1553) la nuova disciplina dell’esame di Stato, mentre, in base agli AC 1590 e 2239, tale disciplina deve essere introdotta nell’ordinamento professionale. Tutte le proposte di legge dettano comunque principi e criteri direttivi per la definizione di tale nuova disciplina.

 

AC. 3
(Popolare)

AC. 503
(Siliquini e al.)

AC. 1553
(Vietti)

AC. 1590
(Vitali)

AC. 2239
(Mantini)

Art. 17.

Art. 5

Art. 16

Art. 16

Art. 16

(Tirocinio, esame di Stato e concorso).

(Accesso alle professioni regolamentate)

(Tirocinio ed esame di Stato)

(Tirocinio ed esame di Stato)

(Tirocinio ed esame di Stato)

2. Ai sensi del regolamento di cui all'articolo 35, l'esame di Stato, anche in forma concorsuale, è disciplinato sulla base dei seguenti criteri e princìpi:

4. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Governo apporta al regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 5 giugno 2001, n. 328, le modifiche necessarie al fine di disciplinare, in conformità a quanto previsto dalla presente legge, i requisiti per l'ammissione all'esame di Stato, i percorsi formativi, le relative classi di laurea e di laurea magistrale, nonché le modalità per il suo svolgimento garantendo l'uniforme valutazione dei candidati e la verifica oggettiva del possesso delle conoscenze e delle attitudini necessarie per lo svolgimento dell'attività professionale. Le prove per l'esame di Stato devono essere uniformi e uguali su tutto il territorio nazionale.

3. Nell'ambito della delega prevista dall'articolo 37, il Governo provvede a disciplinare l'esame di Stato sulla base dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

3. Nell'ordinamento professionale approvato ai sensi dell'articolo 4 si provvede a disciplinare l'esame di Stato sulla base dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

3. Nell'ordinamento di categoria, approvato ai sensi dell'articolo 4, commi 2 e 3, si provvede a disciplinare l'esame di Stato sulla base dei seguenti princìpi e criteri:

a) l'esame di Stato deve garantire l'uniforme valutazione dei candidati e la verifica oggettiva del possesso delle conoscenze e delle attitudini necessarie per lo svolgimento dell'attività professionale;

a) l'esame deve garantire l'uniforme valutazione dei candidati e la verifica oggettiva del possesso delle conoscenze e dell'attitudine necessarie per lo svolgimento dell'attività professionale;

a) l'esame deve garantire la seria valutazione del merito dei candidati e la verifica oggettiva del possesso delle conoscenze e delle attitudini necessarie per lo svolgimento dell'attività professionale;

a) l'esame deve garantire la seria valutazione del merito dei candidati e la verifica oggettiva del possesso delle conoscenze e delle attitudini necessarie per lo svolgimento dell'attività professionale;

 

 

 

b) l'esame deve prevalentemente basarsi su una verifica periodica dell'effettività del tirocinio, soggetta a valutazione anche tramite un sistema di crediti;

b) l'esame deve essere basato prevalentemente su una verifica periodica dell'effettività del tirocinio, soggetta a valutazione anche tramite un sistema di crediti;

 

b) nelle commissioni giudicatrici non più della metà dei commissari, tra cui il presidente, sono scelti dal Ministro competente nell'ambito di una rosa di candidati designati dall'Ordine territoriale tra gli iscritti agli albi.

[…] Nelle commissioni giudicatrici non più della metà dei commissari, tra cui il presidente, è designata dall'ordine o collegio territoriale tra gli iscritti agli albi con adeguata anzianità.

b) nelle commissioni giudicatrici non più della metà dei commissari, tra cui il presidente, sono designati dall'Ordine territoriale tra gli iscritti agli albi.

c) nelle commissioni giudicatrici, non più della metà dei commissari, tra cui il presidente, è designata dall'Ordine tra gli iscritti allo stesso Ordine territorialmente competente per l'esame

c) nelle commissioni giudicatrici non oltre la metà dei commissari, tra cui il presidente, sono designati dal Consiglio nazionale tra gli iscritti allo stesso ordine territoriale competente per l'esame.

 

 

 

 

(segue). In ogni caso, almeno la metà dei commissari è designata con sorteggio tra i professionisti iscritti all'albo da almeno dieci anni.

      4. In ogni caso, almeno la metà dei commissari è designata con sorteggio tra i professionisti iscritti all'albo da almeno dieci anni.

 

Il codice deontologico e la responsabilità disciplinare

Tutte le proposte di legge prevedono che il codice deontologico per l’esercizio della professione sia adottato dal Consiglio nazionale. In particolare, la p.d.l. 503 (Siliquini e altri), che non dedica uno specifico articolo al codice, afferma (art. 64) che il codice è deliberato dal Congresso nazionale, su proposta del Consiglio nazionale.

Per quanto invece riguarda le altre tre proposte di legge:

 

AC. 3
(Popolare)

AC. 1553
(Vietti)

AC. 1590 (Vitali)

AC 2239 (Mantini)

Art. 23.

Art. 23

Art. 22

(Codice deontologico).

(Codice deontologico)

(Codice deontologico).

1. Il codice deontologico, ai sensi dell'articolo 2, comma 3, assicura il corretto esercizio della professione a tutela degli interessi collettivi e generali ad esso connessi nonché a presidio del decoro della professione medesima.

1. Il codice deontologico per l'esercizio professionale assicura il corretto esercizio della professione nonché il decoro e il prestigio della professione medesima.

1. Il codice deontologico per l'esercizio professionale assicura il corretto esercizio della professione nonché il decoro e il prestigio della professione medesima e garantisce i diritti dei cittadini utenti delle prestazioni professionali. Il codice deontologico afferma i princìpi della responsabilità professionale, della qualità, della sussidiarietà e della leale concorrenza.

2. Il codice deontologico è adottato dal Consiglio nazionale previa consultazione degli Ordini territoriali.

2. Il codice deontologico è adottato e periodicamente aggiornato dal consiglio nazionale, previa consultazione degli ordini territoriali.

2. Il codice deontologico è adottato e periodicamente aggiornato dal Consiglio nazionale, previa consultazione degli Ordini territoriali.

3. Il codice deontologico è pubblicato nei siti internet dell'Ordine professionale.

3. Il codice deontologico è pubblicato e reso accessibile ai terzi in modo adeguato da parte dell'ordine professionale.

3. Il codice deontologico è pubblicato e reso accessibile ai terzi da parte dell'Ordine professionale.

 

Tutte le proposte di legge delineano il quadro delle sanzioni disciplinari applicabili e disciplinano seppure sommariamente le caratteristiche del relativo procedimento.

 

AC. 3
(Popolare)

AC. 503
(Siliquini e al.)

AC. 1553
(Vietti)

AC. 1590
(Vitali)

AC. 2239
(Mantini)

Art. 26.

 

Art. 25

Art. 23

Art. 23

(Responsabilità disciplinare).

 

(Responsabilità disciplinare)

(Responsabilità disciplinare).

(Responsabilità disciplinare).

1. Il professionista deve:

 

1. Il professionista deve:

1. Il professionista deve:

1. Il professionista deve:

a) rispettare la legge e il codice deontologico;

 

a) rispettare le leggi e il codice deontologico;

a) rispettare le leggi e il codice deontologico;

a) rispettare le leggi e il codice deontologico;

b) comportarsi in modo conforme al decoro professionale;

 

b) comportarsi in modo conforme alla dignità e al decoro professionali;

b) comportarsi in modo conforme alla dignità e al decoro professionale, alla qualità professionale, al rispetto dell'utente e al principio di leale concorrenza;

b) comportarsi in modo conforme alla dignità e al decoro professionali, alla qualità professionale, al rispetto dell'utente e al principio di leale concorrenza;

c) curare l'aggiornamento della formazione professionale.

 

c) curare l'aggiornamento della propria formazione professionale.

c) provvedere all'aggiornamento della propria formazione professionale secondo quanto previsto dall'ordinamento di categoria.

c) provvedere all'aggiornamento della propria formazione professionale secondo quanto previsto dall'ordinamento di categoria.

 

 

 

2. Il professionista che non ottempera ai doveri di aggiornamento professionale e che interrompe l'esercizio professionale per un periodo prolungato, secondo i criteri stabiliti dall'ordinamento di categoria, è radiato dall'albo.

2. Il professionista che non ottempera ai doveri di aggiornamento professionale e che interrompe l'esercizio professionale per un periodo prolungato, secondo i criteri stabiliti dai rispettivi ordinamenti di categoria e codice deontologico, è sospeso o radiato dall'albo di appartenenza.

 

Con specifico riferimento alle sanzioni e al procedimento:

 

AC. 3
(Popolare)

AC. 503
(Siliquini e al.)

AC. 1553
(Vietti)

AC. 1590 (Vitali)

AC 2239 (Mantini)

 

 

 

 

Art. 27.

Art. 66

Art. 26

Art. 24

(Sanzioni disciplinari).

(Funzione disciplinare e consigli di disciplina)

(Sanzioni disciplinari)

(Sanzioni disciplinari).

1. In caso di violazione delle disposizioni di cui all'articolo 26 sono irrogate le sanzioni disciplinari previste dal presente articolo.

 

1. La violazione delle disposizioni di cui all'articolo 25 comporta l'irrogazione di sanzioni disciplinari.

1. La violazione delle disposizioni di cui all'articolo 25 (articolo 23 nell’AC 2239) comporta l'irrogazione delle sanzioni disciplinari stabilite dall'ordinamento di categoria nel rispetto di quanto previsto dal presente articolo.

2. Le sanzioni disciplinari sono proporzionali alla gravità della violazione.

 

2. Le sanzioni disciplinari sono proporzionali alla gravità della violazione.

2. Le sanzioni disciplinari sono proporzionali alla gravità della violazione.

3. Le sanzioni disciplinari sono:

3. Non sono ammesse sanzioni diverse dalle seguenti:

3. Le sanzioni disciplinari sono le seguenti:

3. Le sanzioni disciplinari sono le seguenti:

a) l'avvertimento: consiste in un richiamo scritto comunicato all'interessato;

a) l'ammonizione, che consiste in un richiamo scritto comunicato all'interessato;

a) l'avvertimento, che consiste in un richiamo scritto comunicato all'interessato;

a) l'avvertimento, che consiste in un richiamo scritto comunicato all'interessato;

b) la censura: consiste in una dichiarazione di biasimo resa pubblica;

b) la censura, che consiste in una nota di biasimo resa pubblica;

b) la censura, che consiste in una dichiarazione di biasimo resa pubblica;

b) la censura, che consiste in una dichiarazione di biasimo resa pubblica;

c) la sospensione: consiste nell'inibizione all'esercizio della professione per un massimo di due anni;

c) la sospensione, che consiste nell'inibizione dall'esercizio della professione per un periodo massimo di diciotto mesi;

c) la sospensione, che consiste nell'inibizione all'esercizio della professione da un minimo di un mese a un massimo di due anni;

c) la sospensione, che consiste nell'inibizione all'esercizio della professione da un minimo di un mese a un massimo di due anni;

d) la destituzione;

 

 

 

e) la radiazione: consiste nella cancellazione dall'albo.

d) la radiazione, che consiste nella cancellazione dall'albo.

d) la radiazione, che consiste nella cancellazione dall'albo.

d) la radiazione, che consiste nella cancellazione dall'albo.

4. Ai sensi del regolamento di cui all'articolo 35, sono determinate le condizioni e le procedure per le quali l'iscritto può essere eccezionalmente sospeso in via cautelare dall'esercizio della professione; in ogni caso la sospensione non può avere durata superiore a dodici mesi.

 

4. L'ordinamento di categoria determina le condizioni e le procedure con le quali l'iscritto può essere eccezionalmente sospeso in via cautelare dall'esercizio della professione; in ogni caso la sospensione cautelare non può avere durata superiore a un anno.

4. L'ordinamento di categoria determina le condizioni e le procedure con le quali l'iscritto può essere eccezionalmente sospeso in via cautelare dall'esercizio della professione; in ogni caso la sospensione cautelare non può avere durata superiore a un anno.

5. Il professionista radiato può chiedere di essere reiscritto all'albo, sussistendone i presupposti, non prima di cinque anni dalla data di efficacia del provvedimento di radiazione.

 

5. Il professionista radiato può chiedere di essere reiscritto all'albo, sussistendone i presupposti, non prima di cinque anni dalla data di efficacia del provvedimento di radiazione.

5. Il professionista radiato può chiedere di essere reiscritto all'albo, sussistendone i presupposti, non prima di cinque anni dalla data di efficacia del provvedimento di radiazione.

6. Nel caso di società costituita da professionisti iscritti all'albo la responsabilità disciplinare del socio concorre con quella della società se la violazione commessa è ricollegabile a direttive impartite dalla società.

 

6. Nel caso di società tra professionisti iscritti all'albo, la responsabilità disciplinare del socio concorre con quella della società se la violazione commessa è ricollegabile a direttive impartite dalla società.

6. Nel caso di società tra professionisti iscritti all'albo, la responsabilità disciplinare del socio concorre con quella della società se la violazione commessa è riconducibile a direttive impartite dalla società.

7. Nel caso di società costituita da professionisti appartenenti a categorie diverse, la cancellazione da uno degli albi ai quali la società è iscritta è causa legittima di esclusione dei soci iscritti al medesimo albo.

 

7. Nel caso di società interprofessionale, la cancellazione da uno degli albi nei quali la società è iscritta è causa legittima di esclusione dei soci iscritti al medesimo albo.

7. Nel caso di società interprofessionale, la cancellazione da uno degli albi nei quali la società è iscritta è causa legittima di esclusione dei soci iscritti al medesimo albo.

 

 

 

 

Art. 28.

Art. 66

Art. 27

Art. 25

(Procedimento disciplinare).

(Funzione disciplinare e consigli di disciplina)

(Procedimento disciplinare)

(Procedimento disciplinare).

1. Ai sensi del regolamento di cui all'articolo 35 è disciplinato, sulla base dei princìpi del codice di procedura civile, in quanto compatibili, e dei princìpi di cui al comma 2, il procedimento disciplinare, che ha inizio d'ufficio o su istanza di chiunque vi abbia interesse.

 

1. Gli ordinamenti di categoria disciplinano, nel rispetto dei princìpi del codice di procedura civile, in quanto compatibili, il procedimento disciplinare, che ha inizio d'ufficio, su segnalazione del cliente o di chiunque vi abbia interesse.

1. Gli ordinamenti di categoria disciplinano, nel rispetto dei princìpi del codice di procedura civile, in quanto compatibili, il procedimento disciplinare, che ha inizio d'ufficio, su segnalazione del cliente o di chiunque vi abbia interesse ovvero, nell'esercizio dei suoi poteri di vigilanza, su richiesta del Ministro della giustizia.

 

1. Gli statuti degli ordini e dei collegi professionali prevedono l'istituzione di organi territoriali, diversi da quelli aventi funzioni amministrative, ai quali sono specificamente affidate l'istruzione e la decisione delle questioni disciplinari.

 

2. Gli ordinamenti di categoria prevedono e disciplinano l'affidamento dell'esercizio delle funzioni disciplinari a uno specifico organo, distinto dal consiglio dell'Ordine territoriale e presieduto da un magistrato.

2. Il procedimento è ordinato nel rispetto dei seguenti princìpi:

2. Il procedimento disciplinare si svolge secondo le norme stabilite dai regolamenti di cui all'articolo 3, comma 4, le quali devono assicurare il diritto dell'incolpato a conoscere le violazioni che gli sono contestate, a prendere cognizione ed estrarre copia dei documenti che formano il fascicolo, a nominare come difensore un avvocato ovvero un collega del proprio ordine o collegio professionale, a presentare memorie a discolpa, ad essere personalmente sentito durante l'udienza della commissione.

2. Il procedimento disciplinare si svolge nel rispetto dei seguenti princìpi:

3. Il procedimento disciplinare è svolto assicurando:

a) contestazione degli addebiti;

a) contestazione degli addebiti;

a) la contestazione degli addebiti;

b) diritto di difesa;

b) diritto di difesa;

b) il diritto di difesa;

c) distinzione fra le funzioni istruttorie e giudicanti;

c) distinzione tra le funzioni istruttorie e quelle giudicanti;

c) la distinzione tra le funzioni istruttorie e quelle giudicanti;

d) motivazione delle decisioni e pubblicità del provvedimento;

d) motivazione delle decisioni e pubblicità del provvedimento;

d) la motivazione delle decisioni e la pubblicità del provvedimento;

e) facoltà dell'esponente con esclusione del potere di impugnativa.

e) facoltà dell'esponente con esclusione del potere di impugnativa.

e) le facoltà dell'esponente (nella pdl 2239, soggetto che ha presentato la segnalazione), con esclusione del potere di impugnativa, salvo quanto previsto dal comma 6.

3. L'azione disciplinare si prescrive in tre anni dalla data di commissione dell'illecito e il procedimento deve concludersi, a pena di decadenza, entro ventiquattro mesi dalla sua apertura, fatte salve le ipotesi di sospensione e di interruzione del procedimento.

 

3. L'azione disciplinare si prescrive in cinque anni dalla data di commissione dell'illecito e il procedimento deve concludersi, a pena di decadenza, entro ventiquattro mesi dalla sua apertura, fatte salve le ipotesi di sospensione e di interruzione del procedimento stesso.

4. L'azione disciplinare si prescrive in cinque anni dalla data della presunta violazione e il procedimento deve concludersi, a pena di decadenza, entro ventiquattro mesi dalla sua apertura, fatte salve le ipotesi di sospensione e di interruzione del procedimento stesso.

4. Al procedimento non si applica la legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni.

 

4. Al procedimento disciplinare di cui al presente articolo non si applica la legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni.

5. Al procedimento disciplinare di cui al presente articolo non si applica la legge 7 agosto 1990, n. 241.

5. Avverso i provvedimenti disciplinari emanati dalla commissione disciplinare è ammesso ricorso al Consiglio nazionale, salvo che sia prevista impugnazione innanzi a diversa autorità.

4. I ricorsi avverso le decisioni del consiglio di disciplina rientrano nella giurisdizione del consiglio nazionale.

5. Avverso i provvedimenti disciplinari emanati dall'ordine territoriale è ammesso ricorso al consiglio nazionale, salvo che l'ordinamento non preveda impugnazione davanti a un'autorità diversa.

6. Avverso i provvedimenti disciplinari emanati dall'Ordine territoriale è ammesso ricorso al Consiglio nazionale, salvo che l'ordinamento non preveda la possibilità di impugnazione davanti a un'autorità diversa.

 

 

6. Sono fatte salve le disposizioni legislative vigenti che regolano i procedimenti disciplinari delle professioni istituite prima dell'entrata in vigore della Costituzione.

7. Sono fatte salve le disposizioni legislative vigenti che regolano i procedimenti disciplinari delle professioni istituite prima del 1° gennaio 1948 (nella pdl 2239, prima della data di entrata in vigore della Costituzione).

 

Tariffe

Come evidenziato dal seguente raffronto, le proposte di legge divergono sul punto del regime tariffario. In taluni casi alle tariffe predeterminate viene attribuito carattere inderogabile, in altri casi, viene affermato il carattere recessivo rispetto all’accordo delle parti.

 

AC. 3
(Popolare)

AC. 503
(Siliquini e al.)

AC. 1553
(Vietti)

AC. 1590 (Vitali)

AC 2239 (Mantini)

Art. 25.

Art. 6

Art. 30

Art. 20

(Regime tariffario)

(Tariffe)

(Regime tariffario)

(Regime tariffario)

 

1. Il professionista è tenuto a rendere noto al cliente il livello della complessità dell'incarico, fornendo le informazioni utili circa gli oneri ipotizzabili al momento del conferimento.

 

 

 

2. Il compenso spettante al professionista è fissato previa determinazione consensuale tra le parti, fatto salvo il rispetto delle tariffe minime stabilite con decreto del Ministro della giustizia nell'interesse generale.

 

 

1. Ai sensi del regolamento di cui all'articolo 35, il Ministro competente, su proposta dei rispettivi Consigli nazionali, stabilisce, sentito il Consiglio di Stato, le tariffe relative alle prestazioni riservate.

2. Le tariffe sono inderogabili a pena di nullità e sono definite avendo riguardo agli standard qualitativi delle prestazioni e tenendo conto dell'interesse generale, con particolare riferimento a quanto previsto all'articolo 2, comma 2, previa istruttoria con i soggetti interessati.

3. Le tariffe professionali sono stabilite ogni triennio, su proposta dei rispettivi consigli nazionali, sentito il Consiglio di Stato, e indicano i livelli minimi inderogabili, nonché i livelli massimi, non vincolanti in caso di determinazione consensuale.

1. Nel rispetto del principio di libera determinazione del compenso tra le parti di cui all'articolo 2233 del codice civile, le tariffe, previa istruttoria con i soggetti interessati, sono stabilite, nell'interesse generale, con decreto del Ministro competente, su proposta dei rispettivi consigli nazionali, sentito il Consiglio di Stato.

1. Nel rispetto del principio di libera determinazione del compenso tra le parti di cui all'articolo 2233 del codice civile, le tariffe, previa istruttoria con i soggetti interessati, sono stabilite, per le sole attività riservate rese nell'interesse generale, con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro competente sul settore economico di riferimento della professione, su proposta del rispettivo Consiglio nazionale, sentiti il Consiglio di Stato, le associazioni dei consumatori e degli utenti iscritte all'elenco previsto dall'articolo 137 del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e l'Autorità garante della concorrenza e del mercato.

 

 

2. Le tariffe prevedono livelli massimi e minimi, inderogabili, per le prestazioni che incidono su interessi generali. Sono nulli i patti difformi qualora prevedano una riduzione superiore al 20 per cento del compenso minimo stabilito sulla base dei livelli tariffari.

2. Le tariffe prevedono livelli massimi inderogabili e minimi, negoziabili dal cliente in relazione alle modalità, al tempo e ai risultati delle prestazioni. Non sono comunque previsti livelli minimi per le prestazioni professionali rese in favore delle attività di volontariato definite ai sensi della legislazione vigente.

 

 

 

3. Nelle controversie legali gli onorari degli avvocati non possono comunque superare il 10 per cento del valore della causa o dell'affare.

4. Nello svolgimento dei concorsi e delle gare per le attività di progettazione delle opere pubbliche i criteri di selezione devono privilegiare la qualità e le prestazioni professionali non possono essere remunerate con uno sconto inferiore a un terzo dei minimi tariffari previsti.

 

4. In caso di mancata determinazione consensuale del compenso, ovvero in caso di liquidazione giudiziale dei compensi, si applicano le tariffe professionali stabilite con decreto del Ministro della giustizia.

 

5. In caso di controversia sull'applicazione delle tariffe, il consiglio dell'Ordine territoriale competente garantisce al soggetto che contesta la parcella professionale il diritto al contraddittorio e l'assistenza da parte di un rappresentante di un'organizzazione sindacale o di tutela dei consumatori di sua fiducia.

 

5. Per le professioni organizzate in associazioni, o che non hanno una tariffa stabilita dalla legge, il compenso per la prestazione deve essere stabilito su accordo delle parti o, in difetto, dal giudice, anche arbitrale.

 

6. In sede di revisione delle tariffe deve essere privilegiata la struttura che consente di definire il costo forfetario delle prestazioni.

 

6. Sono fatte salve le disposizioni vigenti che stabiliscono tariffe, aliquote, tabelle di compensi e corrispettivi per attività professionali per settori ovvero per materie determinati.

3. Sono fatte salve le disposizioni vigenti che stabiliscono tariffe, aliquote, tabelle di compensi e corrispettivi per attività professionali, settori ovvero materie determinati.

 

3. A tutela dell'affidamento della clientela possono essere predisposte dai Consigli nazionali tariffe orientative circa le prestazioni non riservate, avendo riguardo agli standard qualitativi delle prestazioni medesime.

 

 

 

 

Assicurazione per la responsabilità professionale

Tutte le proposte di legge prevedono che il professionista debba assicurarsi per la responsabilità professionale e rendere noti al cliente gli estremi della polizza e il relativo massimale.

 

AC. 3
(Popolare)

AC. 503
(Siliquini e al.)

AC. 1553
(Vietti)

AC. 1590 (Vitali)

AC 2239 (Mantini)

Art. 9.

Art. 8

Art. 13

Art. 18

(Assicurazione per la responsabilità professionale).

(Assicurazione obbligatoria)

(Assicurazione per la responsabilità professionale).

(Assicurazione per la responsabilità professionale).

 

1. Il professionista è tenuto a stipulare un’idonea assicurazione per i rischi derivanti dall’esercizio dell’attività professionale.

 

 

1. Il professionista, ove richiesto, rende noto al cliente, al momento dell’assunzione dell’incarico, gli estremi della polizza assicurativa stipulata per la responsabilità professionale e il relativo massimale.

2. Il professionista deve rendere noti al cliente, al momento dell’assunzione dell’incarico, gli estremi della polizza assicurativa stipulata per la responsabilità professionale e il relativo massimale.

1. Il professionista deve rendere noti al cliente, al momento dell’assunzione dell’incarico, gli estremi della polizza assicurativa stipulata per la responsabilità professionale e il relativo massimale.

1. Il professionista deve rendere noti al cliente, al momento dell’assunzione dell’incarico, gli estremi della polizza assicurativa stipulata per la responsabilità professionale e il relativo massimale.

 

3. I codici deontologici degli ordini e dei collegi professionali di appartenenza prevedono le conseguenze disciplinari della violazione dell’obbligo di cui al comma 1.

2. I codici deontologici di cui all’articolo 23 e i codici etici di cui all’articolo 35, comma 2, lettera b), prevedono le conseguenze disciplinari della violazione dell’obbligo stabilito dal comma 1 del presente articolo.

2. I codici deontologici prevedono le conseguenze disciplinari della violazione dell’obbligo stabilito dal comma 1.

 

 

3. Gli ordinamenti di categoria e gli statuti delle associazioni di cui al titolo III stabiliscono i termini di copertura e le caratteristiche essenziali delle polizze assicurative per la responsabilità professionale.

3. Gli ordinamenti di categoria e gli statuti delle società e delle associazioni di cui al capo VII (capo VI nella pdl 2239) stabiliscono i termini di copertura e le caratteristiche essenziali delle polizze assicurative per la responsabilità professionale.

2. Le condizioni generali delle polizze assicurative possono essere negoziate, per i propri iscritti, da Ordini, associazioni ed enti previdenziali privati che, in caso di mancato accordo con le compagnie assicurative, possono rivolgersi all’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo, che in particolare accerta la correttezza del comportamento degli operatori.

4. Le condizioni generali delle polizze assicurative di cui al presente articolo possono essere negoziate, in convenzione per i propri iscritti, dagli ordini e dai collegi professionali di appartenenza, dalle associazioni e da enti previdenziali.

4. Le condizioni generali delle polizze assicurative possono essere negoziate, per i propri iscritti, da ordini professionali, associazioni ed enti previdenziali privati che, in caso di mancato accordo con le compagnie assicurative, possono rivolgersi all’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo (ISVAP).

4. Le condizioni generali delle polizze assicurative possono essere negoziate, per i propri iscritti, da Ordini, associazioni ed enti previdenziali privati che, in caso di mancato accordo con le compagnie assicurative, possono rivolgersi all’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo.

 

Pubblicità

Tutte le proposte di legge prevedono che l’esercizio professionale possa formare oggetto di pubblicità informativa.

 

AC. 3
(Popolare)

AC. 503
(Siliquini e al.)

AC. 1553
(Vietti)

AC. 1590 (Vitali)

AC 2239 (Mantini)

Art. 24.

Art. 7

Art. 24

Art. 19

(Pubblicità).

(Informazione all’utenza)

(Pubblicità)

(Pubblicità).

1. L'esercizio professionale, in qualunque modo svolto, può essere oggetto di pubblicità informativa.

1. Il professionista può pubblicizzare il proprio nome e cognome, titolo e albo di appartenenza, le eventuali specializzazioni conseguite nonché la ragione sociale della società tra professionisti di cui fa parte. È vietata ogni forma pubblicitaria comparativa o non adeguata al decoro e al prestigio professionali.

1. L'esercizio professionale, in qualunque modo esercitato, può essere oggetto di pubblicità informativa.

1. L'esercizio professionale, in qualunque modo esercitato, può essere oggetto di pubblicità informativa, con esclusione di metodi di pubblicità comparativa e negativa.

2. Il codice deontologico stabilisce le modalità con cui tale pubblicità può essere resa, nel rispetto del decoro della professione, dagli iscritti, contemperando l'esigenza di potenziarne la competitività sul mercato con la tutela dell'affidamento della clientela.

2. I regolamenti di cui all'articolo 3, comma 4, possono prevedere i limiti necessari per assicurare la correttezza dell'informazione pubblicitaria.

2. Il codice deontologico stabilisce le modalità con cui la pubblicità prevista dal comma 1 può essere resa dagli iscritti.

 

 

 

 

2. La pubblicità informativa può avere per oggetto le caratteristiche soggettive dell'organizzazione professionale, i contenuti, la qualità, le modalità e, unitamente a tali elementi, i costi delle prestazioni professionali.

 

 

 

3. Nelle professioni sanitarie e veterinarie le informazioni pubblicitarie si adeguano ai modelli stabiliti dai codici deontologici e dagli ordinamenti di categoria.

 

Le associazioni degli iscritti agli albi

Gli AAC 1553, 1590 e 2239 prevedono la possibilità per gli iscritti agli albi di costituire associazioni volte a favorire l'identificazione di specifici profili professionali.

In particolare, l’articolo 29 dell’AC 1553 prevede che i professionisti iscritti agli albi possano costituire associazioni e pubblicizzare, nelle forme previste dal codice deontologico, la partecipazione a scuole e corsi nonché l’appartenenza alle associazioni stesse. Entrambe le proposte di legge (cfr. articolo 34 dell’AC 1590 e art. 30 dell’AC 2239) prevedono che le associazioni fra iscritti agli albi siano costituite tra coloro che esercitano la medesima professione, garantendo adeguata diffusione territoriale, e sono finalizzate alla promozione del profilo professionale ed alla formazione e all'aggiornamento degli iscritti. Nello statuto va comunque escluso il rilascio di attestati di competenza professionale mentre va garantita una disciplina su base democratica. L'associazione deve dotarsi di strutture organizzative e tecniche idonee ad assicurare la determinazione dei livelli di qualificazione professionale ed è tenuta a comunicare al Ministero della giustizia il possesso di tali requisiti, pena l’inibizione della facoltà dell'associato di pubblicizzare la propria appartenenza all'associazione.

Disposizioni previdenziali

Tanto l’AC 1553 (articolo 11) quanto gli AAC 1590 e 2239 (articolo 21) dispongono che gli enti che gestiscono forme di previdenza obbligatorie per i liberi professionisti esercitino le attività previdenziali e assistenziali in posizione di indipendenza e autonomia, senza finanziamenti diretti o indiretti da parte dello Stato. Le loro risorse patrimoniali sono quindi private e devono garantire l’erogazione delle prestazioni a favore dei beneficiari; sono assoggettati a contribuzione obbligatoria a favore dell’ente previdenziale, oltre a quelli indicati dall’ordinamento di categoria, anche i redditi derivanti dalle cariche di amministratore, revisore e sindaco in società ed enti.

Analogamente, sono assoggettati a contribuzione obbligatoria i redditi prodotti nell’esercizio dell’attività professionale in forma associativa o societaria: tale contributo va versato pro-quota agli enti previdenziali.

L’AC 1553, inoltre, delega il Governo ad adottare decreti legislativi volti a definire condizioni e limiti per l’istituzione di enti previdenziali e assistenziali con riguardo alle professioni che hanno ottenuto il riconoscimento pubblico. La stessa proposta di legge, all’articolo 12, delega il Governo a riformare il trattamento fiscale dei redditi fondiari e dei redditi da capitali prodotti dagli enti previdenziali privati, escludendo ogni forma di doppia imposizione ed eliminando il prelievo sulle pensioni erogate dagli enti.

Incentivi ai professionisti

L’AC 503 (articolo 9) e gli AAC 1590 (articolo 35) e 2239 (articolo 31) dispongono che laddove siano adottati provvedimenti che introducono agevolazioni o incentivi diretti a favorire lo sviluppo dell’occupazione, da tali misure non debbano essere esclusi coloro che esercitano attività professionali.

Analogamente, nel delegare il Governo, l’AC 3 stabilisce che debba essere riformata la legislazione che dispone finanziamenti, agevolazioni e incentivi, di qualunque natura, per le imprese al fine di estenderla, per quanto compatibile, ai professionisti, con particolare riferimento ai giovani (articolo 8, lett. g).

In particolare, gli AC 1590 e 2239 aggiungono che dovranno essere privilegiate le società tra professionisti e interprofessionali costituite da giovani e quelle che costituiscono sedi operative in Cina e nei principali mercati emergenti. Tale proposta riconosce inoltre ai professionisti un credito di imposta per documentate attività di ricerca di elevato contenuto scientifico, tecnico e disciplinare e invita il Governo a consultare le associazioni rappresentative delle professioni intellettuali in occasione di scelte economiche di carattere generale e in sede di predisposizione del disegno di legge finanziaria (articolo 36).

L’esercizio della professione in forma societaria e associata

Tutte le proposte di legge all’esame delle commissioni prevedono che l’attività professionale possa essere svolta sia in forma societaria che in forma associata.

Le forme societarie nell’AC. 3

L’articolo 10 dell’AC. 3 (di iniziativa popolare) stabilisce che la società tra professionisti (STP) sia strutturata in base al modello già previsto per la società tra avvocati dal decreto legislativo n. 96 del 2001 (Attuazione della direttiva 98/5/CE volta a facilitare l’esercizio permanente della professione di avvocato in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata acquisita la qualifica professionale)[22] e precisa la non assoggettabilità di tali società alle procedure concorsuali.

Il successivo articolo 11 disciplina la società tra professionisti interdisciplinare (STPI), consentendo dunque a professionisti appartenenti a categorie diverse di legarsi per svolgere le rispettive professioni in forma societaria. In tal caso spetta agli ordinamenti di categoria stabilire il regime delle incompatibilità e disciplinare lo svolgimento dell’incarico professionale (da parte dei soci in possesso degli specifici requisiti professionali richiesti per l’esercizio della prestazione).

Il comma 4 dell’articolo 11 disciplina anche la società di servizi professionali (SSP), ossia la società alla quale partecipano anche soci non professionisti - siano essi di capitale o di opera - la quale viene ammessa pur nel rispetto delle seguenti condizioni:

§         l’oggetto sociale deve essere limitato alla professione;

§         nelle società semplici, in nome collettivo e in accomandita semplice, la maggioranza numerica e per quote dei soci deve essere costituita da coloro che esercitano la professione di cui all'oggetto sociale;

§         nelle società per azioni, in accomandita per azioni e a responsabilità limitata, la maggioranza dei diritti di voto nell'assemblea ordinaria deve spettare a coloro che esercitano la professione di cui all'oggetto sociale;

§         l'amministrazione della società deve essere affidata ai soci professionisti.

 

Infine, l’articolo 12 salvaguarda i tipi societari già previsti dall’ordinamento delegando comunque il Governo ad intervenire per adeguarne la disciplina ai princìpi della legge di riforma.

 

La disciplina analitica delle società tra professionisti contenuta nell’AC. 503

La proposta di legge AC 503 (Siliquini e altri) disciplina in modo analitico l’esercizio della professione attraverso società tra professionisti.

Di tali società il Capo II (artt. 10-15) della proposta di legge delinea i principi generali consentendo, in particolare (articolo 10) ai professionisti di costituire società o associazioni temporanee per lo svolgimento in comune dell’attività professionale, anche qualora si tratti di professionisti iscritti a Ordini o collegi professionali diversi ed escludendo comunque che la società tra professionisti possa essere assoggettata a procedure concorsuali.

L’articolo 11 della proposta prevede la creazione presso ogni ordine e collegio professionale di un registro delle società professionali, e chiarisce il contenuto della domanda di iscrizione e la procedura di esame della stessa da parte del consiglio dell’ordine o del collegio.

L’articolo 12 stabilisce alcune limitazioni all’esercizio dell’attività professionale in forma societaria. In particolare l’esercizio in forma individuale dell’attività professionale è incompatibile con la partecipazione ad una società tra professionisti così come non è consentito l’esercizio della professione in forma societaria in più società. Tuttavia, più società tra professionisti possono riunirsi in associazione temporanea per il compimento di incarichi determinati.

Vengono inoltre considerate incompatibili con il mantenimento della qualità di  socio o associato la cancellazione o radiazione dall’albo, mentre la sospensione da quest’ultimo è causa legittima di esclusione dalla società o dall’associazione temporanea.

In materia di responsabilità disciplinare l’articolo 13 sottopone la società tra professionisti alla vigilanza disciplinare e deontologica degli ordini e dei collegi professionali cui è iscritta, che determinano le sanzioni applicabili alle condotte censurabili. Viene poi sancita la concorrenza della responsabilità disciplinare del professionista con quella degli amministratori della società qualora la violazione commessa dal singolo sia ricollegabile a direttive impartite dalla società medesima. Gli articoli 14 e 15, infine, dispongono rispettivamente in tema di limitazioni per le elezioni dei consigli locali e nazionali e di norme previdenziali e fiscali.

Alla disciplina degli specifici tipi societari consentiti per l’esercizio delle libere professioni sono dedicati i Capi IV e V.

La società semplice tra professionisti è disciplinata dal Capo IV (artt. 19-27) della proposta di legge AC 503. In particolare, l’articolo 19 dispone in tema di ragione sociale, introducendo la regola della modificabilità dell’atto costitutivo con deliberazione unanime, a meno che lo stesso atto costitutivo non preveda la deliberazione a maggioranza. Ai sensi dell’articolo 20 la pronuncia della nullità della società per vizi di costituzione è consentita negli stessi casi previsti per la nullità dei contratti. In ogni caso la pronuncia di nullità o annullamento della società non pregiudica l’efficacia degli atti compiuti dai soci in nome della società e non esclude la responsabilità dei soci.

Per quanto attiene ai requisiti soggettivi dei soci, è richiesta la loro  iscrizione in albi professionali (articolo 21), mentre la cessione dei diritti di partecipazione alla società è subordinata al consenso di tutti i soci (salva diversa disposizione dell’atto costitutivo); l’articolo 22 dispone inoltre che in caso di morte di uno dei soci, si aprono tre possibilità: liquidazione agli eredi della quota; scioglimento della società; continuazione della società con gli eredi, purché questi abbiano i requisiti professionali richiesti.

L’articolo 23 esclude che l’amministrazione della società possa essere affidata a terzi mentre l’articolo 24 stabilisce alcune regole in tema di incarico professionale: fermo restando il principio dell’esecuzione dell’incarico solo da parte dei soci in possesso dei necessari requisiti, spetta in linea di massima alla società la scelta del socio o dei soci cui affidare l’incarico (salvo l’onere di informativa al cliente), a meno che non sia il cliente a chiedere, con particolari modalità, l’affidamento dell’incarico ad uno o più soci da lui scelti.

L’articolo 25 qualifica come crediti della società i compensi derivanti dall’attività professionale dei soci mentre, in tema di partecipazione dei soci agli utili, l’articolo 26 rimette la disciplina allo statuto pur affermando il principio che, se lo statuto non dispone diversamente, si presume che la divisione degli utili debba essere effettuata in parti uguali.

Infine, in tema di responsabilità, l’articolo 27 stabilisce il principio secondo il quale, accanto alla responsabilità della società (che risponde con il suo patrimonio), sono personalmente e illimitatamente responsabili nei confronti del committente i soci ai quali è stata affidata l’esecuzione dell’incarico; se non è stato comunicato al cliente il nominativo del socio incaricato, la responsabilità si estende a tutti i soci. Sono egualmente responsabili tutti i soci - personalmente e illimitatamente - per le obbligazioni non derivanti dall’attività professionale.

Una disciplina piuttosto ampia ed articolata viene poi dettata dal Capo V (artt. 28-61) per la società professionale a responsabilità limitata.

In particolare, la sezione I (artt. 28-29) detta le disposizioni generali:

-       in tema di responsabilità il principio fondamentale, stabilito dall’articolo 28, è quello secondo il quale per le obbligazioni sociali risponde soltanto la società con il suo patrimonio, salva la responsabilità extracontrattuale dei professionisti, anche non soci, verso il committente per gli atti compiuti nell’esecuzione dell’incarico. Viene inoltre prescritto l’obbligo per la società di assicurarsi contro la responsabilità derivante dall’esecuzione delle prestazioni professionali per un massimale non inferiore a 500.000 euro;

-       in base all’articolo 29, la società può essere costituita con contratto o atto unilaterale redatto nella forma dell’atto pubblico, contenete una serie di indicazioni specificamente stabilite. È inoltre richiesta l’intera sottoscrizione del capitale sociale, il rispetto delle previsioni relative ai conferimenti (Sezione II), il possesso delle necessarie abilitazioni, nonché il rispetto dell’obbligo assicurativo. L’atto costitutivo va depositato, corredato della necessaria documentazione, presso il competente registro delle società professionali: con l’iscrizione nel registro la società acquista personalità giuridica.

La Sezione II (artt. 30-48) dispone in materia di conferimenti e quote. Per i conferimenti, l’articolo 30 stabilisce che devono essere effettuati in denaro (salva diversa disposizione dell’atto costitutivo); il loro valore non può essere complessivamente inferiore all’ammontare globale del capitale sociale. Regole particolari sono poi stabilite in relazione al versamento presso un istituto bancario dei conferimenti, e in ordine alla possibilità di effettuare il conferimento mediante la prestazione di una polizza di assicurazione o di una fideiussione bancaria. Vengono inoltre precisamente definite le modalità di stima dei conferimenti di beni in natura e di crediti (articolo 31) e viene delineata una particolare procedura nel caso di mancata esecuzione dei conferimenti (articolo 32). 

L’articolo 33 prevede che il capitale sociale debba essere suddiviso in quote, che rappresentano la partecipazione di ciascun socio; le partecipazioni non possono dunque essere rappresentate da azioni né costituire oggetto di sollecitazione all’investimento. Disposizioni specifiche vengono dettate in ordine alla determinazione dei diritti sociali e alla spettanza di diritti di voto o di opzione nel caso di pegno o sequestro delle partecipazioni.

In tema di trasferimento delle partecipazioni, l’articolo 34 afferma il principio della libera trasmissibilità delle stesse per atto tra vivi e per successione a causa di morte, tra professionisti iscritti agli albi in cui è registrata la società. Se l’atto costitutivo vieta o limita in qualsiasi modo la trasferibilità delle partecipazioni, i soci o loro eredi possono esercitare il diritto di recesso. I successivi articoli (da 35 a 38) completano questa disciplina per quanto riguarda l’efficacia e la pubblicità dell’atto di trasferimento, sia nei confronti della società che nei confronti dei terzi; l’espropriazione, il pegno e il sequestro della partecipazione; la responsabilità solidale dell’alienante con l’acquirente per i versamenti ancora dovuti, limitata ad un certo periodo di tempo, nel caso di cessione della partecipazione.

L’articolo 39 rimette all’atto costitutivo la determinazione dei casi e delle modalità in cui è consentito il recesso del socio. Ad ogni modo, la proposta di legge afferma che il diritto di recesso è consentito in tutti i casi in cui venga operata una trasformazione rilevante della società alla quale il socio non abbia consentito o, nel caso di società a tempo indeterminato, con un congruo preavviso. In caso di recesso, la disposizione riconosce ai soci il diritto ad ottenere il rimborso della propria partecipazione. Specifiche ipotesi di esclusione per giusta causa del socio possono essere previste, ai sensi dell’articolo 40, dall’atto costitutivo, mentre l’articolo 41 esclude che la società possa compiere operazioni (accettare o fornire in garanzia, accordare prestiti) sulle proprie partecipazioni.

La Sezione III (artt. 42-48) contiene la disciplina dell’amministrazione della società e dei controlli. In particolare, l’articolo 42 afferma il principio secondo il quale, salvo diversa disposizione dell’atto costitutivo, l’amministrazione della società è affidata ai soci. In caso di deroga a questo principio è richiesto comunque che gli amministratori siano professionisti iscritti negli albi in cui è iscritta la società. Vengono poi stabilite le regole per l’iscrizione della nomina degli amministratori nel registro delle società; iscrizione che determina anche l’inopponibilità ai terzi della cause di nullità e annullabilità della nomina. Quando l’amministrazione è affidata a più persone queste costituiscono il consiglio di amministrazione e l’atto costitutivo può prevedere che l’amministrazione sia affidata ad esse congiuntamente o disgiuntamente. È in ogni caso di competenza del consiglio di amministrazione la redazione del progetto di bilancio e dei progetti di fusione e scissione.

Agli amministratori spetta la rappresentanza generale della società (articolo 43). I conflitti di interessi tra gli amministratori e la società sono disciplinati dall’articolo 44, mentre l’articolo 45 disciplina la responsabilità solidale degli amministratori verso la società per i danni derivanti dall’inosservanza dei doveri ad essi imposti dalla legge e dall’atto costitutivo (salva la possibilità di dimostrare di essere esenti da colpa avendo fatto constare previamente il proprio dissenso). Viene poi disciplinata l’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori; tale azione può essere oggetto di rinuncia o transazione da parte della società purché vi consenta una certa maggioranza dei soci e non vi sia opposizione da parte di una specifica percentuale dei soci stessi, salvo il diritto al risarcimento del danno del socio o terzo che siano stati direttamente danneggiati da atti dolosi o colposi degli amministratori.

L’articolo 46 considera facoltativa la previsione nell’atto costitutivo di un collegio sindacale o di un revisore, salvi alcuni casi espressamente previsti.

La tenuta e la definizione dei libri sociali obbligatori è disciplinata dall’articolo 47, mentre le disposizioni essenziali in tema di bilancio e distribuzione degli utili ai soci sono dettate dall’articolo 48. Dopo aver richiamato le disposizioni di cui agli articoli 2423 e seguenti del codice civile vengono dettate norme precise in tema di termini di presentazione del bilancio ai soci e di deposito del bilancio medesimo e dei documenti correlati. La decisione dei soci che approva il bilancio decide poi sulla distribuzione degli utili.

La Sezione IV (artt. 49-51) detta disposizioni in tema di decisioni dei soci.

In particolare, l’articolo 49 prevede che, salvo alcune materie riservate in ogni caso alla competenza dei soci, questi ultimi decidono sulle materie stabilite dall’atto costitutivo nonché sugli argomenti ad essi sottoposti dagli amministratori o da una certa percentuale dei soci medesimi. L’atto costitutivo può prevedere la possibilità che le decisioni dei soci siano adottate mediante consultazione scritta o sulla base del consenso per iscritto; se tale previsione manca e, in ogni caso, con riferimento a determinate materie o in presenza di specifica richiesta degli amministratori o di un numero di soci che rappresentino una certa quota del capitale sociale, le decisioni sono assunte mediante deliberazione assembleare ai sensi dell’articolo 50. Regola generale è poi che le decisioni dei soci siano prese con il voto favorevole dei soci che rappresentano almeno la metà del capitale sociale.

Sui modi di convocazione e di riunione dell’assemblea, sulla presidenza della stessa e sulle condizioni di adozione della deliberazione assembleare dispone l’articolo 50, mentre l’articolo 51 disciplina l’impugnativa delle decisioni dei soci non conformi alla legge o all’atto costitutivo, di quelle che possono recar danno alla società, di quelle aventi oggetto illecito o impossibile, di quelle prese in assenza assoluta di informazione e di quelle che modificano l’oggetto sociale prevedendo attività impossibili o illecite. Vengono richiamati, nei limiti della compatibilità, gli articoli 2377 e s.s. del codice civile.

Infine, la Sezione V (artt. 52-61) si occupa delle modificazioni dell’atto costitutivo, la cui deliberazione è riservata dall’articolo 52 all’assemblea dei soci. Agli amministratori (articolo 53) può essere conferita dall’atto costitutivo la facoltà di aumentare il capitale sociale, formalizzata secondo modalità definite: tale decisione non può tuttavia essere attuata fino a quando i conferimenti precedentemente dovuti non siano stati integralmente attuati.

L’articolo 54 disciplina l’aumento di capitale mediante nuovi conferimenti, riservando ai soci il diritto di sottoscriverlo salva la previsione, da parte dell’atto costitutivo, che l’aumento di capitale possa essere attuato anche mediante l’offerta a terzi di quote di nuova emissione. In tal caso ai soci che non hanno consentito alla decisione spetta il diritto di recesso.

Vengono poi dettate particolari disposizioni in ordine alle modalità di sottoscrizione dell’aumento di capitale ed alle modalità dei conferimenti.

La facoltà della società di aumentare il capitale sociale imputando ad esso le riserve e gli altri fondi iscritti in bilancio è disciplinata dall’articolo 55. I successivi articoli (da 56 a 59) trattano invece delle ulteriori vicende modificative del capitale sociale: riduzione in conseguenza di una decisione dei soci (salvo il rispetto di determinate prescrizioni); riduzione in conseguenza di perdite escludendo, in questo ultimo caso, ogni modificazione delle quote di partecipazione e dei diritti spettanti ai soci.

Ai sensi dell’articolo 60 è consentita alla società l’emissione di titoli di debito in misura non superiore ad una certa percentuale del capitale effettivamente versato. La sottoscrizione viene riservata a fondi gestiti da casse previdenziali dei professionisti e sono stabilite regole particolari per la successiva circolazione dei titoli e in ordine al contenuto della decisione di emissione dei titoli ed alla sua iscrizione nel registro delle società professionali. Infine, per lo scioglimento e liquidazione della società l’articolo 61 richiama le norme del capo VIII del titolo V del libro V del codice civile (artt. 2484-2496) in quanto compatibili con la naturaprofessionale della società, che – come detto - non è soggetta alle procedure concorsuali.

Le società tra professionisti nell’AC. 1553

La proposta di legge AC 1553 (Vietti) agli articoli da 7 a 9 disciplina la società tra professionisti.

In particolare, l’articolo 7 disciplina la società tra professionisti (STP) richiamando quanto già previsto dal decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 96 (v. sopra). Viene peraltro consentita la costituzione di società tra professionisti in forma di società cooperativa a mutualità prevalente purché vengano rispettate alcune specifiche condizioni.

 

In base all’art. 2512 del codice civile, sono società cooperative a mutualità prevalente, in ragione del tipo di scambio mutualistico, quelle che:

1) svolgono la loro attività prevalentemente in favore dei soci, consumatori o utenti di beni o servizi;

2) si avvalgono prevalentemente, nello svolgimento della loro attività, delle prestazioni lavorative dei soci;

3) si avvalgono prevalentemente, nello svolgimento della loro attività, degli apporti di beni o servizi da parte dei soci.

Le società cooperative a mutualità prevalente si iscrivono in un apposito albo, presso il quale depositano annualmente i propri bilanci. Il codice civile prevede criteri oggettivi per il calcolo della prevalenza e fissa i vincoli statutari da adottare per le cooperative a mutualità prevalente (art. 2513 e 2514).

Le disposizioni fiscali di carattere agevolativo previste dalle leggi speciali si applicano soltanto alle cooperative a mutualità prevalente; inoltre queste ultime non possono trasformarsi in società a scopo di lucro, mentre l'eventuale passaggio da cooperativa a mutualità prevalente a cooperativa a mutualità non prevalente è disciplinato dall'art. 2545-octies.

 

Società aventi ad oggetto l’esercizio di più professioni di interesse generale (c.d. società interprofessionali) sono previste dall’articolo 8 della proposta di legge AC 1553, che richiede come presupposto che tale tipo societario sia consentito dagli ordinamenti di categoria. Se costituite, le società interprofessionali sono iscritte nella sezione speciale dei rispettivi albi e regolamentate dagli ordinamenti delle categorie cui appartengono i soci. È comunque consentito a tali ordinamenti prevedere, per motivate ragioni, regimi di incompatibilità circa la partecipazione dei professionisti iscritti ad albi diversi. Per tali società, la prestazione può essere eseguita solo dai soci in possesso dei necessari requisiti; viene inoltre ribadito il principio secondo cui le prestazioni riservate dalla legge ad una o più categorie possono costituire oggetto unicamente delle società che annoverano, tra i propri soci, appartenenti alla medesima categoria.

L’articolo 9 della proposta di legge (di contenuto analogo all’articolo 12 dell’AC 3) fa salve le disposizioni legislative vigenti che disciplinano società di diritto speciale, caratterizzate dalla presenza negli organi sociali di professionisti iscritti agli albi o che si avvalgono di professionisti per l’espletamento delle relative attività. Peraltro, il Governo potrà, nell’esercizio della delega di cui all’articolo 37 (v. infra), riformare le disposizioni in vigore al fine di assicurare, nel rispetto del modello organizzativo, il necessario coordinamento con le norme della legge. Vengono infine estese anche alle società fra professionisti le riserve attualmente già stabilite dalla legislazione speciale.

La delega al Governo prevista dall’AC. 1590 e dall’AC 2239

L’articolo 32 della proposta di legge AC. 1590 (Vitali) e l’articolo 28 dell’AC 2239 (Mantini), con norme sostanzialmente analoghe, consentono l’esercizio della professione in forma societaria, senza disciplinare un nuovo modello ma richiamando le tipologie già previste dal codice civile e dalla legislazione speciale.

In particolare, le proposte di legge prevedono che oltre a società tra professionisti (STP) possano essere costituite anche società interdisciplinari (comma 4) e che comunque spetti al Governo emanare decreti legislativi di riforma di questo settore nel rispetto di alcuni specifici principi e criteri direttivi (comma 5). Fra questi si ricorda l’obbligo di prevedere:

§         che le professioni strutturate in ordini professionali possano essere esercitate in forma societaria o cooperativa avente ad oggetto esclusivo l'esercizio in comune da parte dei soci;

§         per tali società un modello nuovo, distinto da quelli attualmente previsti dal codice civile;

§         che le professioni strutturate in ordini professionali possano essere esercitate anche mediante strumenti societari o cooperativi temporanei (in relazione a uno scopo determinato);

§         che alla società possano partecipare soltanto professionisti iscritti a Ordini, albi o collegi, nonché cittadini comunitari in possesso del titolo di studio abilitante ovvero soggetti non professionisti soltanto per prestazioni tecniche o con una partecipazione minoritaria, fermo restando il divieto per tali soci di partecipare alle attività riservate e agli organi di amministrazione della società;

§         l'iscrizione della società agli albi professionali;

§         che l'incarico professionale conferito alla società possa essere eseguito solo dai soci in possesso dei requisiti per l'esercizio della prestazione professionale richiesta;

§         che ciascun professionista possa partecipare ad una sola società tra professionisti;

§         che non solo i singoli professionisti, ma anche la società, sia soggetta al regime disciplinare dell'Ordine al quale è iscritta.

L’esercizio della professione in forma associata

Le proposte AAC 3, 1553, 1590 e 2239 consentono e disciplinano l’esercizio in forma associata delle professioni, prevedendo una specifica denominazione dello studio professionale e intervenendo sulla normativa attualmente in vigore (legge n. 1815 del 1939, Disciplina giuridica degli studi di assistenza e consulenza).


 

AC. 3
(Popolare)

AC. 1553
(Vietti)

AC. 1590 (Vitali)

AC 2239 (Mantini)

Art. 13.

Art. 10

Art. 33

(Associazioni tra professionisti).

(Associazioni professionali)

(Esercizio della professione in forma associata)

1. Le disposizioni degli articoli 10 e 11 si applicano, in quanto compatibili, alle associazioni costituite dai professionisti per l'esercizio delle rispettive attività. Le associazioni assumono la denominazione di «studio professionale associato» e in tutti gli atti e i documenti dell'associazione sono indicati i nomi dei professionisti che aderiscono alla medesima.

1. L'esercizio in forma associata delle professioni è regolato dall'articolo 1 della legge 23 novembre 1939, n. 1815, e, in quanto compatibili, dalle disposizioni del presente capo.

1. È consentito l'esercizio in forma associata delle professioni da parte delle persone che, munite dei necessari titoli di studio e di abilitazione professionale, ovvero autorizzate all'esercizio di specifiche attività in forza di particolari disposizioni di legge, si associano per l'esercizio delle professioni o delle altre attività per cui sono abilitate o autorizzate.

2. Nel caso di esercizio in forma associata delle professioni di cui al comma 1, nella denominazione dello studio e nei rapporti con i terzi deve essere obbligatoriamente utilizzata la dizione «associazione tra professionisti», seguita dal nome e cognome, con i relativi titoli o qualifiche professionali, dei singoli associati.

 

 

3. L'esercizio associato delle professioni o delle altre attività, ai sensi del comma 2, deve essere notificato agli Ordini professionali e alle associazioni di categoria da cui sono rappresentati i singoli associati.

2. La legge 23 novembre 1939, n. 1815, e successive modificazioni, l'articolo 24 della legge 7 agosto 1997, n. 266, e l'articolo 2 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, sono abrogati.

2. Gli articoli 3, 6, 7 e 8 della legge 23 novembre 1939, n. 1815, e successive modificazioni, e il comma 2 dell'articolo 24 della legge 7 agosto 1997, n. 266, sono abrogati.              

4. La legge 23 novembre 1939, n. 1815, è abrogata.

 

Il Capo III della proposta di legge AC 503 (artt. 16-18) detta invece alcune disposizioni in tema di associazione temporanea tra professionisti: elemento qualificante di questa associazione è la decisione di uno o più professionisti di riunirsi per eseguire in comune un’opera o un mandato professionale determinati; i rapporti interni sono precisamente definiti e disciplinati con atto scritto antecedente all’assunzione dell’incarico. L’associazione non comporta la costituzione di un fondo o patrimonio comune essendo basata sulla responsabilità personale di ciascun associato (art. 16). Obblighi e poteri di rappresentanza e di direzione e coordinamento dei lavori sono conferiti al professionista mandatario (art. 17), ferma restando la responsabilità personale e illimitata di tutti i professionisti associati nei confronti del committente per l’attività professionale svolta (art. 18).

Le deleghe al Governo

L’articolo 8 dell’AC 3 delega il Governo – nel rispetto della procedura delineata dall’articolo 34 - ad emanare decreti legislativi attraverso i quali riformare le seguenti discipline:

§         dei contratti che hanno ad oggetto le prestazioni professionali, consentendo forme, anche temporanee, di accordo tra professionisti per lo svolgimento di specifici incarichi o l'accesso a determinati mercati, interni e internazionali;

§         delle sanzioni civili e degli illeciti, amministrativi e penali, a presidio del titolo professionale e delle attività riservate;

§         del diritto d'autore, per assicurare la protezione delle opere intellettuali rese dal professionista;

§         dei segni distintivi dello studio professionale, che ne assicuri la protezione e l'utilizzazione, anche economica;

§         dei rapporti di collaborazione nell'ambito dell'organizzazione interna dello studio professionale;

Il Governo dovrà inoltre dettare condizioni e limiti per il trasferimento – sia per atto tra vivi che a causa di morte - dell'insieme dei rapporti che sono comunemente denominati «studio professionale».

 

L’articolo 35 prevede che il Governo provveda all’attuazione della legge attraverso un proprio regolamento.

 

Infine, il successivo articolo 36 prevede che attraverso testi unici si provveda al riordino delle professioni elencate nell’allegato A della proposta di legge, eventualmente anche attraverso accorpamento di ordini esistenti; la proposta disciplina analiticamente il procedimento per l’emanazione dei testi unici, che dovranno essere redatti da apposite commissioni paritetiche composte da rappresentanti del Ministero della giustizia e delle categorie interessate.

 

L’articolo 32 dell’AC 1553 interviene sugli ordinamenti di categoria prevedendo che, nell’esercizio della delega prevista all’articolo 37 e con i regolamenti di cui all’articolo 38 (v. infra), il Governo adegui alle disposizioni della legge di riforma l’ordinamento di categoria delle professioni indicate nell’allegato A del progetto di legge, anche al fine di procedere all’unificazione tra Ordini professionali relativi ad uno stesso settore economico o sociale nonché al riordino degli albi, inserendovi, qualora venga accertata l’omogeneità dei percorsi formativi, le professioni di cui all’allegato B. Con la stessa procedura si dovrà provvedere, altresì, alle modificazioni e integrazioni degli ordinamenti di categoria, con cadenza almeno decennale, anche al fine di verificarne la rispondenza all’interesse generale di cui all’articolo 15.

 

L’articolo 37 della proposta di legge contiene una delega al Governo per l’adozione di uno o più decreti legislativi, nel rispetto dei principi e criteri direttivi indicati dal progetto di legge e delinea il procedimento che il Governo dovrà seguire (comprensivo dei tradizionali pareri parlamentari), indicando di volta in volta, a seconda dell’oggetto della riforma, l’eventuale parere obbligatorio della Conferenza Stato-Regioni, dei consigli nazionali delle professioni interessate o del CNEL.

 

Premesso che l’oggetto della delega viene determinato attraverso il rinvio a singole disposizioni del provvedimento, occorre valutare se, in tali disposizioni, sono sufficientemente determinati principi e criteri direttivi della delega.

 

 

Il successivo articolo 38 demanda al Governo l’adozione di regolamenti attuativi.

 

In considerazione della previsione contenuta nel comma 3 (dell’abrogazione, con effetto dalla data di entrata in vigore dei regolamenti, degli atti normativi che disciplinano le relative materie) – dalla quale sembrerebbe evincersi la natura dei suddetti regolamenti quali regolamenti di delegificazione – occorre valutare la possibilità di chiarire che la potestà regolamentare del Governo viene esercitata ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della l. n. 400 del 1988.

 

Infine, l’articolo 39 prevede l’istituzione di una Commissione di studio per la predisposizione dei decreti legislativi di cui all’articolo 37 e dei regolamenti di cui all’articolo 38.

 

Gli AAC. 1590 e 2239 (rispettivamente agli articoli 32 e 28) contengono una delega al Governo per la disciplina della società tra professionisti nel rispetto di alcuni principi e criteri direttivi. Per quanto riguarda invece gli ordinamenti di categoria delle professioni ordinistiche, l’articolo 4 di entrambe le proposte di legge demanda ai Consigli nazionali attualmente in carica l’adozione di nuove regole che saranno poi emanante nella forma del regolamento governativo.

Peraltro, nell’istituire l’Ordine dei tecnici laureati per l’ingegneria (Ordine dei tecnici nella pdl 2239) – che unifica le categorie professionali dei geometri, dei periti agrari e dei periti industriali – l’articolo 5 delle due proposte di legge delega il Governo a disciplinare le caratteristiche della nuova professione, definendo distinti settori di competenza nell’albo in relazione ai differenti profili professionali.

 

Si segnala, inoltre, che l’articolo 6 delle due proposte di legge interviene in materia di Ordini delle professioni sanitarie e infermieristiche.

Le disposizioni transitorie

L’articolo 37 della proposta AC 3, al pari dell’articolo 31 dell’AC 1553, contiene specifiche norme transitorie: in sede di prima applicazione, ai professionisti che alla data di entrata in vigore della legge risultano iscritti agli albi non è richiesto il possesso del titolo di studio universitario, o equipollente, ai fini del mantenimento dell’iscrizione stessa. Inoltre, i Consigli in carica alla data di entrata in vigore della legge sono prorogati fino a sei mesi dopo l’entrata in vigore dei provvedimenti con i quali il rispettivo ordinamento di categoria è adeguato alla legge di riforma.

 

Il Capo IX (artt. 69-70) dell’AC 503 contiene disposizioni transitorie. In particolare, l’articolo 69 rimette agli iscritti agli ordini e collegi, riuniti in un’assemblea congressuale, l’approvazione, entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge, dello statuto degli Ordini professionali; lo statuto, dopo l’approvazione, è trasmesso al Ministro della giustizia che lo emana con proprio decreto. Inoltre, entro un anno dalla entrata in vigore degli statuti, i consigli nazionali degli ordini e dei collegi esistenti provvedono a indire le elezioni dei nuovi consigli nazionali, degli organi di disciplina e dei collegi dei revisori dei conti.

Viene poi disposta (articolo 70) l’applicazione delle nuove disposizioni a tutti gli ordini e collegi professionali istituiti alla data di entrata in vigore della legge e viene rimessa ad uno o più regolamenti esecutivi, da adottare entro un anno dalla entrata in vigore della legge (sentiti i consigli nazionali degli ordini professionali), la definizione delle disposizioni di attuazione.


 

Le professioni non regolamentate

Accanto alle professioni “protette” si sono sviluppate, anche nel nostro Paese e con intensità crescente nel corso degli ultimi anni, numerose professioni che non hanno ottenuto il riconoscimento legislativo e che nella quasi totalità dei casi hanno dato vita ad autonome associazioni professionali rappresentative di tipo privatistico. Si tratta delle cosiddette professioni non regolamentate o “non protette”, diffuse in particolare nel settore dei servizi, che non necessitano di alcuna iscrizione ad un ordine o ad collegio professionale per poter essere esercitate.

Sulla consistenza delle professioni non regolamentate nel nostro Paese la relazione che accompagna le proposte di legge AC 1934 (Froner e altri) e AC 2077 (Formisano), citando l’ultimo rapporto del Censis, parla di 3,5 milioni di lavoratori - autonomi e dipendenti – che attualmente esercitano attività professionali senza essere iscritti in ordini o albi professionali.

Al mondo delle professioni non regolamentate[23], si è interessato fin dal 1992 anche il CNEL che, al fine di approfondire la tematica delle professioni tradizionali ed emergenti, ha avviato un filone di attività relativo alle suddette professioni, istituendo dapprima la Commissione per le nuove rappresentanze, e successivamente la Consulta e l’Osservatorio sulle nuove professioni.

I risultati dell’attività svolta dal CNEL si sono tradotti nella predisposizione di Rapporti di monitoraggio che hanno evidenziato l’evoluzione economica e sociale dei professionisti, suggerendo anche l’opportunità di giungere ad una regolamentazione strutturata sul sistema di Ordini e Associazioni; inoltre è stata costituita ed aggiornata la Banca dati sulle associazioni professionali. Si tratta di una lista delle associazioni nella quale sono iscritte quelle che presentano presso il CNEL la documentazione minima richiesta (questionario elaborato dal CNEL, atto costitutivo e statuto). Le associazioni che posseggono requisiti ulteriori previsti da un regolamento approvato dal CNEL il 17 luglio 2003 sono iscritte nell’Elenco delle associazioni delle professioni non regolamentate. Mentre la banca dati consente di descrivere il fenomeno, con l’elenco il CNEL mira all’individuazione di buone pratiche che le associazioni dovrebbero perseguire (democraticità interna dell’associazione, approvazione di un codice deontologico, previsione di forme di assicurazione per gli iscritti e di un aggiornamento professionale periodico).

Dal V Rapporto di monitoraggio predisposto dal CNEL nell’aprile del 2005 (l’ultimo in materia), risulta che nella banca dati citata sono censite 196 associazioni delle professioni non regolamentate: 25 nel campo delle arti, scienze e tecniche, 18 nella comunicazione d’impresa, 52 nei servizi all’impresa, 42 nella medicina non convenzionale, 19 nel settore sanitario, 16 nel campo della  cura psichica e 24 nei rimanenti settori (dati al 31 dicembre 2004).

Nell’elenco le associazioni censite risultano, invece, 155: 20 nel campo delle arti, scienze e tecniche, 10 nella comunicazione d’impresa, 51 nei servizi all’impresa, 35 nella medicina non convenzionale 16 nel settore sanitario, 11 nel campo della cura psichica e 12 negli altri settori.

 

 

Le disposizioni all’esame in materia di professioni non regolamentate, di seguito illustrate, sono contenute principalmente nelle proposte di legge AC 1934 (Froner e altri) e AC 2077 (Formisano).

Le due proposte, sostanzialmente identiche, sono volte all’istituzione di un sistema di regole in materia in grado di garantire un doppio livello di tutela a vantaggio sia delle professioni, che attraverso il riconoscimento statale potranno operare come soggetti giuridici e garantire standard qualitativi migliori, che dei consumatori[24].

Ulteriori disposizioni relative alle professioni non regolamentate sono contenute:

§         nella proposta AC 1590 (Vitali) e precisamente nel capo VI (artt. 26-31), disciplinante il riconoscimento delle associazioni delle suddette professioni;

§         nelle proposte AC 3 (d’iniziativa popolare) e AC 1553 (Vietti), recanti disposizioni sul riconoscimento delle nuove professioni nonché sulle associazioni delle professioni riconosciute (con particolare riferimento all’iscrizione nel relativo registro);

§         nella proposta AC 2239 (Mantini), che interviene solamente su specifici profili delle associazioni professionali.

 

Di seguito si illustrerà in primo luogo il contenuto delle pdl AC 1934 (Froner e altri) e AC 2077 (Formisano), ma si darà conto anche del contenuto della pdl AC 1590 (Vitali) evidenziandone le differenze rispetto alle pdl 1934 e 2077.

Inoltre, nella parte relativa alle associazioni professionali, si farà riferimento anche alle norme in materia contenute nelle pdl AC 3 (d’iniziativa popolare) e AC 1553 (Vietti), nonché nella pdl AC 2239 (Mantini).

Oggetto delle proposte (art. 1)

L’articolo 1 definisce l’oggetto delle pdl 1934 e 2077 che attraverso un criterio “residuale”,è costituito da tutte le professioni, sia intellettuali che non, per le quali non sia stata prevista espressamente la riserva di legge a favore delle professioni intellettuali ai sensi dell’art. 2229 c.c., con esclusione delle attività e dei mestieri artigianali, commerciali e di pubblico esercizio disciplinati da leggi in vigore

La disciplina introdotta dai provvedimenti in esame si applica, pertanto, alle cosiddette attività professionali non regolamentate.

Inoltre, viene precisato che ai fini delle pdl in esame, per professione si intende l’attività economica, anche organizzata, volta alla prestazione di servizi o di opere in favore di terzi, esercitata abitualmente e prevalentemente mediante lavoro intellettuale o comunque con il suo concorso, sulla base dei principi deontologici e delle tecniche proprie della medesima attività professionale.

 

Pertanto nell’ambito delle pdl in esame rientrano non solamente le prestazioni professionali prevalentemente intellettuali, ma anche quelle realizzate in prevalenza con lavoro manuale purché concorra alla prestazione anche il lavoro intellettuale.

 

L’oggetto delle proposte viene definito in attuazione dell’art. 17, terzo comma[25], della Costituzione, salvaguardando in tal modo la potestà legislativa ivi riconosciuta alle Regioni e nel rispetto dei principi di concorrenza e di libertà di circolazione.

A tale proposito si ricorda che l'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, riserva alla potestà legislativa concorrente la materia delle "professioni”, intesa in senso ampio, ovvero comprensiva delle attività professionali.

 

Con riferimento all’articolo 2229 c.c. si ricorda che si limita a prescrivere che la legge determina le professioni intellettuali per l’esercizio delle quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi, attribuendo alle associazioni professionali taluni poteri in merito. Infatti il comma 2 del medesimo articolo demanda alle associazioni professionali, sotto la vigilanza dello Stato, l’accertamento dei requisiti per l’iscrizione negli albi o negli elenchi, la loro tenuta e il potere disciplinare sugli iscritti.

La disciplina di alcune attività professionali (c.d. professioni regolamentate o “protette”) è pertanto fondata su una particolare organizzazione dei rispettivi professionisti, che, sul piano ordinamentale, si risolve nella istituzione di figure organizzatorie dei relativi gruppi, ossia degli Ordini e dei Collegi professionali.

Caratteristica comune delle c.d. professioni “protette” è sia la particolare formazione culturale, scientifica o tecnica richiesta, sia la prevista necessaria autonomia decisionale del professionista circa la scelta degli strumenti e delle modalità di perseguimento dei risultati.

Quanto, invece, alle attività commerciali e ai pubblici esercizi si ricorda che a livello nazionale sono disciplinate, rispettivamente, dalla legge n. 443/85, dal D.Lgs. 114/1998 e dalla legge n. 287/91.

Esercizio della professione (art. 2)

L’articolo 2 delle pdl 1934 e 2077introduce il principio del libero esercizio della professione fondato sull’autonomia, sulle competenze e sull’indipendenza di giudizio intellettuale e tecnica del professionista (comma 1).

Il comma 2 consente al professionista di scegliere la forma in cui esercitare la propria professione, riconoscendo l’esercizio di questa sia in forma individuale sia in forma associata o societaria.

L’esercizio della professione può altresì prefigurarsi come lavoro dipendente. In questo caso la legge predispone apposite garanzie volte ad assicurare l’autonomia e l’indipendenza di giudizio nonché l’assenza di conflitto  di interessi anche in caso di lavoro a tempo parziale.

Riconoscimento delle professioni non regolamentate (art. 3)

L’articolo 3 delle pdl 1934 e 2077disciplina la procedura di riconoscimento delle professioni non regolamentate spettante al Ministro della giustizia.

Il Ministro vi provvede con uno o più decreti, su proposta del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL), previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e di concerto con i Ministri competenti per materia.

Il riconoscimento riguarda le professioni aventi connotazione tipica di interesse diffuso, che dovrà risultare da uno specifico fondamento teorico-pratico, dalla diffusione nell’ambito del mercato nazionale e dalla rilevanza di carattere economica e sociale.

 

Nella relazione illustrativa si sottolinea come la disciplina delle professioni introdotta dalle proposte tenga conto della ripartizione di competenze tra Stato e regioni in materia di professioni (competenza concorrente). La competenza statale nel riconoscimento e nell’individuazione delle professioni non regolamentate e il rinvio alle regioni per l’emanazione di norme di dettaglio (cfr. infra) si pone in linea con il riparto di competenze previsto dalla Costituzione.

Nella relazione si ricorda inoltre che i principi fondamentali in materia di professione sono stati dettati con il D.Lgs. 2 febbraio 2006 n. 30 recante Ricognizione dei principi fondamentali materia di professioni, ai sensi dell’articolo 1 della legge 5 giugno 2003, n. 131.

 

Ai sensi del comma 2 l’atto di riconoscimento delle professioni non regolamentate deve essere sempre motivato in maniera analitica e deve indicare espressamente le ragioni e gli interessi la cui valutazione sta alla base della decisione.

L’atto deve, altresì, stabilire i requisiti necessari per l'esercizio della professione dopo avere sentito le forme aggregative delle associazioni, la cui disciplina è contenuta nell’articolo 7 delle due proposte in esame.

 

Il comma 3 chiarisce che il suddetto riconoscimento non costituisce motivo di riserva della professione, mentre il comma 4, da ultimo, per il riconoscimento della professione rinvia anche alle modalità individuate dai commi 3, 4 e 5 dell'articolo 5 (cfr. infra).

Associazioni professionali (art. 4 )

L’articolo 4 delle pdl 1934 e 2077disciplina le associazioni professionali garantendone la libertà di costituzione e individuandole quali soggetti giuridici di diritto privato, fondati su base volontaria, senza vincolo di esclusiva e nel rispetto della libera concorrenza (comma 1).

 

Ai sensi del comma 2 gli statuti e le clausole associative delle associazioni sono tenuti a garantire la trasparenza delle attività e degli assetti associativi, la dialettica democratica tra gli associati e l'osservanza dei principi deontologici.

Le associazioni sono inoltre tenute a garantire la formazione permanente, l’adozione di un codice deontologico, la vigilanza sul comportamento degli associati e la definizione di sanzioni disciplinari nei confronti degli associati per le violazioni del codice deontologico. A tale fine la norma impone a ciascuna associazione l’attivazione di uno sportello di riferimento per i consumatori, che vi  possono ricorrere in caso di contenzioso con i professionisti (comma 3).

Disposizioni di analogo tenore sono contenute anche all’articolo 26 della pdl 1590 che a differenza delle pdl 1934 e 2077 non contiene alcuna previsione di attivazione del suddetto sportello di riferimento per i consumatori.

Riconoscimento delle associazioni (art. 5)

L’articolo 5 delle pdl 1934 e 2077al comma 1 definisce i requisiti necessari per il riconoscimento delle associazioni, di seguito elencati:

a) costituzione da almeno quattro anni per atto pubblico o per scrittura privata autenticata o per scrittura privata registrata presso l'ufficio del registro, ovvero per altra idonea documentazione ufficiale;

b) adozione di uno statuto che sancisca un ordinamento democratico, l’assenza dello scopo di lucro, la rappresentatività elettiva delle cariche interne e l’assenza di situazioni di conflitto di interessi o di incompatibilità, la trasparenza degli assetti organizzativi e dell'attività dei relativi organi, nonché l’esistenza di una struttura organizzativa e tecnico-scientifica che consenta l'effettivo raggiungimento delle finalità dell'associazione;

c) tenuta di un elenco degli iscritti, da aggiornarsi con cadenza annuale e contenente l'indicazione delle quote versate direttamente all'associazione per gli scopi statutari;

d) individuazione di elementi di deontologia;

e) precisa identificazione delle attività professionali caratterizzanti la professione di riferimento dell'associazione, nonché dei titoli di studio e delle esperienze formative necessari al relativo esercizio;

f) previsione dell'obbligo della formazione permanente;

g) ampia diffusione sul territorio nazionale, con sedi in almeno dieci regioni;

h) mancata pronuncia di condanna, passata in giudicato, nei confronti dei suoi legali rappresentanti, in relazione ad attività professionali o riferibili all'associazione medesima.

Ai sensi del comma 2 il riconoscimento delle associazioni in possesso dei requisiti suindicati spetta al Ministro della giustizia che vi provvede con proprio decreto, sentito il CNEL e previo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. E’ richiesto inoltre il concerto con il Ministro per le politiche europee e con il Ministro competente per materia o settore prevalente di attività.

I successivi commi 3-5 disciplinano la procedura di riconoscimento delle associazioni cui non corrisponde alcuna professione già riconosciuta secondo le modalità stabilite dal precedente articolo 3, al comma 1.

Il comma 3 in tal caso stabilisce che la richiesta di riconoscimento dell'associazione costituisce anche richiesta di riconoscimento della professione di riferimento, mentre il comma 4 rinvia al decreto di riconoscimento, di cui al precedente comma 2, per l’indicazione delle connotazioni tipiche che costituiscono l'ambito professionale oggetto della rappresentanza da parte delle associazioni, nonché per l’effettuazione del riconoscimento della professione stessa: lo scopo è quello di evitare la parziale sovrapposizione tra le attività rappresentate dalle associazioni richiedenti e l'eccessiva frammentazione delle professioni.

A completamento della procedura di riconoscimento delle associazioni richiedenti, il comma 5 impone alle medesime l’adeguamento dei relativi statuti alle disposizioni del suindicato decreto (relative alle connotazioni tipiche della professione riconosciuta) entro sei mesi dalla data di emanazione del decreto stesso. A tale proposito si segnala che la sola pdl 1934 prevede l’inefficacia del riconoscimento in caso di mancato adeguamento.

Spetta al Ministro della giustizia procedere con proprio decreto, ogni due anni, alla ricognizione delle professioni allo scopo di favorire l'aggiornamento di quelle esistenti, promuovere il riconoscimento di nuove professioni e procedere a eventuali accorpamenti (comma 6). Il decreto sarà adottato con le modalità dettate dal comma 2.

Infine il comma 7 fa divieto alle associazioni di adottare e usare denominazioni professionali relative a professioni organizzate in ordini o collegi.

 

Disposizioni analoghe a quelle di cui ai commi 1 e 2 dell’articolo 5 delle pdl 1934 e 2077 sono contenute anche nell’articolo 27 della pdl 1590.

I requisiti richiesti per il riconoscimentodelle associazioni, individuati dal comma 1 dell’articolo, coincidono sostanzialmente con quelli indicati dalle pdl 1934 e 2077; l’unica differenza è costituita dalla mancata previsione del requisito della precisa identificazione delle attività professionali caratterizzanti la professione di riferimento dell'associazione, nonché dei titoli di studio e delle esperienze formative necessari al relativo esercizio.

Inoltre, per quanto riguarda l’adozione del decreto del Ministero della giustizia di riconoscimento delle professioni, la pdl 1590 non richiede il previo parere della Conferenza Stato-regioni (art. 27, comma 2).

Il comma 3 dell’art. 27 consente, inoltre, alle associazioni riconosciute ai sensi del comma 2, di rilasciare agli iscritti un attestato di competenza, la cui disciplina è contenuta più diffusamente nell’art. 29 (cfr. infra).

La pdl 1590, con una norma analoga al comma 7 dell’articolo 5 delle pdl 1934 e 2077, reca inoltre espressamente il divieto, per i professionisti iscritti alle associazioni professionali, sia di svolgere le attività professionali riservate dalla legislazione vigente a specifiche categorie sia comunque di adottare ed utilizzare denominazioni professionali relative a professioni organizzate in ordini o collegi professionali (articolo 30).

Analogamente, la pdl 2239 dispone che i professionisti iscritti alle associazioni riconosciute ai sensi del D.Lgs. 206/2007 e del decreto del Ministro della giustizia 28 aprile 2008 non possono esercitare attività professionali riservate dalla legislazione vigente a specifiche categorie o comunque adottare ed utilizzare denominazioni professionali relative a professioni organizzate in ordini o collegi professionali (articolo 26, commi 1 e 2).

 

Si ricorda che il D.Lgs. 9 novembre 2007, n. 206 ha dato attuazione alla direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali (cfr. infra).

In particolare, l’art. 26 del decreto legislativo dispone che, al fine di elaborare proposte in materia di piattaforme comuni[26] da sottoporre alla Commissione europea, vengano sentiti, se si tratta di professioni regolamentate, gli ordini, i collegi o gli albi, ove esistenti, e, in mancanza, le associazioni rappresentative sul territorio nazionale, se si tratta di professioni non regolamentate, le associazioni rappresentative sul territorio nazionale e, se si tratta di attività nell'area dei servizi non intellettuali e non regolamentate, le associazioni di categoria rappresentative a livello nazionale. Analogamente, tali soggetti sono sentiti anche ai fini dell'elaborazione di piattaforme comuni proposte da altri Stati membri e in ogni altro caso in cui a livello europeo deve essere espressa la posizione italiana in materia di piattaforma comune.

Sono quindi indicati una serie di requisiti, per le associazioni, da prendere in considerazione al fine della valutazione in ordine alla rappresentatività a livello nazionale delle professioni non regolamentate. Le associazioni in possesso dei prescritti requisiti sono individuate, previo parere del CNEL, con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro per le politiche europee e del Ministro competente per materia.

In attuazione dell’art. 26 del D.Lgs. 206/2007 è stato adottato il D.M. 28 aprile 2008[27].

Articolazione territoriale delle associazioni (art. 6)

L’articolo 6 delle pdl 1934 e 2077al comma 1 demanda alle regioni, sentite le associazioni professionali o le aggregazioni di associazioni professionali riconosciute e presenti a livello regionale, la definizione delle modalità di organizzazione territoriale delle associazioni riconosciute. Consente, inoltre, alle regioni di stabilire per le attività professionali requisiti aggiuntivi rispetto a quelli indicati dai decreti di riconoscimento di cui all’art. 5, in relazione alle caratteristiche  del proprio territorio.

Compete sempre alle regioni definire i percorsi di formazione necessari per conseguire i requisiti aggiuntivi di cui al secondo periodo del precedente comma 1 e per l'aggiornamento delle competenze già acquisite dagli associati.

Forme aggregative delle associazioni (art. 7)

L’articolo 7 delle pdl 1934 e 2077consente la costituzione, da parte delle associazioni, di forme di aggregazione, con una consistenza di almeno 10 associazioni, aventi funzioni di rappresentanza e di controllo delle associazioni medesime (comma 1).

Le forme aggregative, soggetti autonomi rispetto alle associazioni aderenti che rappresentano, si caratterizzano per l’indipendenza e l’imparzialità di azione. Vi possono partecipare anche le associazioni dei consumatori riconosciute ai sensi del D.Lgs. 206/2005 (Codice del consumo) (comma 2).

Le norme in materia di associazioni dei consumatori e di accesso alla tutela giurisdizionale sono contenute nella Parte V (artt.136-141) del D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206, recante il Codice del consumo. In particolare l'articolo 137 prevede l’istituzione presso il MAP (ora Ministero dello sviluppo economico), di un elenco delle associazioni dei consumatori e degli utenti rappresentative a livello nazionale, fissandone i relativi requisiti di iscrizione. L’elenco viene aggiornato annualmente e trasmesso alla Commissione UE da parte del Ministro.

 

Tra le funzioni esercitate dalle forme aggregative rientrano:

§         la promozione e qualificazione delle attività professionali rappresentate;

§         la divulgazione di informazioni e di conoscenze connesse alle suddette attività;

§         la rappresentanza delle istanze comuni alle associazioni aderenti nelle sedi politiche e istituzionali;

§         il controllo sulle associazioni aderenti, con particolare riguardo alla verifica della congruità degli standard professionali e qualitativi e dei codici deontologici adottati;

§         il richiamo all’associazione in caso di gravi inadempienze o irregolarità nell’esercizio delle funzioni proprie fino all’espulsione dell’associazione in caso di persistente inadempienza e irregolarità.

Registro delle associazioni professionali (art. 8 )

L’articolo 8 delle pdl 1934 e 2077istituisce il Registro delle associazioni professionali presso il Ministero della giustizia, cui spetta fissare forme e modalità per renderlo ampiamente consultabile, trattandosi di un registro pubblico (comma 1).

Nel Registro sono automaticamente iscritte, all'atto dell'emanazione del relativo decreto di riconoscimento, le associazioni professionali (comma 2), mentre le forme aggregative sono iscritte su richiesta (comma 3).

L’istituzione del registro è prevista anche dalla pdl 1590 (articolo 28) che si limita a consentirne l’iscrizione alle associazioni riconosciute ai sensi dell’art. 27, comma 2 (cfr. infra).

 

Le proposte AC 3 (di iniziativa popolare) e AC 1553 (Vietti) hanno contenuto analogo e disciplinano al Titolo III (articoli da 30 a 33 dell’AC 3; articoli da 33 a 36 dell’AC 1553) le associazioni delle professioni riconosciute.

In primo luogo, le proposte prevedono che presso il Ministero della giustizia sia tenuto il registro delle associazioni delle professioni riconosciute. Tale registro contiene i dati identificativi dell’associazione, lo statuto, il codice etico e le generalità dei componenti degli organi amministrativi. Con il regolamento di attuazione il Governo dovrà stabilire le modalità di tenuta del registro, anche ai fini dell’organizzazione del Ministero della giustizia.

L’AC 3 individua direttamente i requisiti delle associazioni al fine dell’iscrizione nel registro; l’AC 1553 demanda la loro individuazione ai decreti legislativi di cui all’articolo 37. I requisiti sono analoghi:

§         l’associazione deve essere costituita fra coloro che esercitano la medesima professione riconosciuta e deve avere una dimensione adeguata;

§         lo statuto deve espressamente prevedere come scopo la promozione del profilo professionale degli iscritti e il loro aggiornamento, stabilendo le necessarie verifiche, anche in ordine al rispetto del codice etico;

§         lo statuto deve anche indicare se l’associazione rilascia agli iscritti attestati in ordine alla formazione e qualificazione professionale ovvero tecnico-scientifica, nonché al possesso degli altri requisiti stabiliti per l’iscrizione;

§         lo statuto deve prevedere una disciplina degli organi associativi su base democratica.

Ai fini dell’iscrizione nel registro è altresì necessario il possesso di ulteriori requisiti, quali: la dotazione da parte dell’associazione di idonee strutture, organizzative e tecnico-scientifiche; l’adozione di un codice etico; l’obbligo per gli iscritti di assicurarsi per la responsabilità civile. Il rispetto dei menzionati requisiti costituisce condizione per il mantenimento dell’iscrizione nel registro.

Infine, le proposte di legge AC 3 e AC 1553 individuano alcune norme transitorie. In particolare la l’AC 3 dispone che, in sede di prima attuazione, sono iscritte nel registro le associazioni presenti (alla data di entrata in vigore della legge) nella relativa banca dati del CNEL, che riguardano professioni che hanno ottenuto il riconoscimento ai sensi dell’articolo 14. Invece l’AC 1553 prevede che sia previsto un regime agevolato in ordine ai requisiti associativi a favore delle menzionate associazioni presenti nella banca dati del CNEL.

Si segnala che, all’art. 36, comma 1, dell’AC 1553, il riferimento normativo richiamato a proposito dell’istituzione della banca dati del CNEL (art. 17 della legge 30 dicembre 1986, n. 936) in realtà riguarda la banca dati sul mercato del lavoro, sui costi e sulle condizioni di lavoro.

In ogni caso, le associazioni in questione sono tenute ad adeguarsi ai requisiti stabiliti dalla legge entro un termine fissato in due anni dall’AC 3 e in cinque anni dall’AC 1553 dall’entrata in vigore della legge.

 

L’articolo 4dell’AC 503 (Siliquini e altri) consente la costituzione di associazioni professionali, ai professionisti che esercitano attività non riservate in esclusiva dalla legge dello Stato, subordinandone l’iscrizione in un apposito registro istituito presso il Ministero della giustizia a determinati criteri stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.

Attestato di competenza (art. 9)

L’articolo 9 delle pdl 1934 e 2077istituisce l’attestato di competenza, comprovante :

§         il possesso dei requisiti professionali richiesti;

§         l’esercizio abituale della professione;

§         il costante aggiornamento professionale;

§         la conformità del comportamento alle norme di corretto svolgimento della professione.

 

L’attestato è istituito conformemente alla direttiva 2005/36/CE, allo scopo di garantire la tutela dei consumatori.

 

La direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 7 settembre 2005, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, ha riformato il regime precedentemente in vigore al fine di contribuire alla flessibilità dei mercati del lavoro, di realizzare una maggior liberalizzazione delle prestazioni di servizi, di favorire un maggiore automatismo nel riconoscimento delle qualifiche, nonché di semplificare le procedure amministrative. In questa prospettiva, la direttiva, che consolida in un unico testo molteplici direttive adottate nel corso degli ultimi decenni, pur mantenendo le garanzie inerenti ad ogni sistema di riconoscimento esistente, ha istituito un quadro giuridico unico e coerente, che poggia su una liberalizzazione più estesa della prestazione di servizi, una maggiore automaticità nel riconoscimento delle qualifiche e una maggiore flessibilità delle procedure di aggiornamento della direttiva medesima.

Il regime di riconoscimento delle qualifiche professionale maggiormente uniforme, trasparente e flessibile introdotto dalla direttiva è volto a conferire, a coloro che  hanno acquisito una qualifica professionale in uno Stato membro, la garanzia di accedere alla stessa professione e di poterla esercitare in un altro Stato membro alle stesse condizioni dei cittadini di quest’ultimo. Tuttavia, come si precisa nel “Considerando” n. 3, la suddetta garanzia non esonera il professionista migrante dal rispetto di eventuali condizioni di esercizio che potrebbero essere imposte dallo Stato ospitante, purché siano giustificate, proporzionate e non risultino discriminatorie.

Ladirettiva 2005/36/CE ha consolidato in un unico testo e semplificato:

§         le direttive settoriali[28], relative a varie professioni (infermiere responsabile dell'assistenza generale, dentista, veterinario, ostetrica, architetto, farmacista e medico);

§         le direttive relative al sistema generale di riconoscimento delle qualifiche professionali[29];

§         la direttiva 1999/42/CE, che istituisce un meccanismo di riconoscimento delle qualifiche per talune attività professionali e che completa il sistema generale di riconoscimento delle qualifiche[30].

La direttiva definisce “professione regolamentata”’ l’attività o l’insieme di attività professionali l’accesso alle quali e il cui esercizio sono subordinati - in forza di norme legislative, regolamentari o amministrative - al possesso di determinate qualifiche professionali. Alle professioni regolamentate sono state assimilate le professioni esercitate da membri di associazioni o di organismi elencati nella allegato I del provvedimento, cui viene riconosciuta la finalità di promuovere e di mantenere un elevato livello professionale. A tal fine dette associazioni e organismi sono oggetto di riconoscimento da parte dei singoli Stati che rilasciano ai loro membri un titolo di formazione, esigendo da parte di costoro il rispetto delle regole di condotta professionale prescritte dalle associazioni, e conferiscono ai medesimi il diritto di usare un titolo o un'abbreviazione o di beneficiare di uno status corrispondente a tale titolo di formazione. Del riconoscimento di una associazione o di un organismo da parte di uno Stato membro deve essere informata la Commissione, che pubblica un'adeguata comunicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.

La direttiva 2005/36/CE è stata recepita nell’ordinamento nazionale con il D.Lgs. 9 novembre 2007, n. 206, Attuazione della direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, nonchè della direttiva 2006/100/CE che adegua determinate direttive sulla libera circolazione delle persone a seguito dell'adesione di Bulgaria e Romania.

 

L’attestato - che non è requisito vincolante ai fini dell’esercizio della professione - può essere rilasciato sia dalle singole associazioni professionali, sia dalle forme aggregative oltre che dagli organismi di certificazione delle persone, accreditati dal sistema nazionale per l’accreditamento degli organismi di certificazione e ispezione SINCERT (comma 2).

 

Gli organismi di certificazione, che agiscono sempre quale terza parte, attestano che un prodotto, un processo o un servizio è conforme ad una specifica norma o documento normativo. In seguito alla avvenuta certificazione, viene rilasciato un certificato ed il diritto d'uso di un marchio.

Affinché la certificazione abbia una validità ampiamente riconosciuta è necessario che gli organismi di certificazione e i laboratori siano accreditati presso un ente riconosciuto a livello nazionale L’accreditamento degli Organismi di certificazione e ispezione è finalizzato a garantire la competenza di questi Operatori e quindi il valore e la credibilità dei risultati delle valutazioni di conformità da essi effettuate. In Italia l’UNI e il CEI hanno costituito, in forma associativa, il SINAL (Sistema nazionale di accreditamento laboratori), con il compito di accreditare a livello nazionale laboratori italiani ed esteri per garantire l’affidabilità delle verifiche di conformità dei prodotti alle norme e alle regole tecniche nazionali, comunitarie e internazionale, ed il SINCERT (Sistema nazionale di accreditamento di organismi di certificazione), con il compito di accreditare a livello nazionale organismi di certificazione italiani ed esteri per garantire l’affidabilità delle verifiche di conformità.

Il SINCERT è stato costituito nel 1991, in forma di Associazione senza scopo di lucro, legalmente riconosciuta dallo Stato italiano con decreto ministeriale del 16 giugno 1995.

La compagine associativa di SINCERT comprende attualmente 49 associati, fra cui rientrano i principali soggetti istituzionali, scientifici e tecnici, economici e sociali aventi interesse diretto e indiretto nelle attività di accreditamento e certificazione.

L’Associazione ha come finalità l’accreditamento di organismi di:

-          certificazione di sistemi di gestione aziendale, quali sistemi di gestione per la qualità, sistemi di gestione ambientale, sistemi di gestione per la sicurezza e salute sul lavoro, sistemi di gestione per la sicurezza delle informazioni, sistemi di gestione per la sicurezza alimentare;

-          certificazione di prodotti/servizi;

-          certificazione di personale;

-          di ispezione.

 

Spetta alle associazioni definire i requisiti per il rilascio dell'attestato di competenza, tra i quali rientrano, in particolare:

§         l'individuazione di livelli di qualificazione professionale, dimostrabili tramite il conseguimento di titoli di studio o di specifici percorsi formativi;

§         la definizione dell'oggetto della professione e dei relativi profili professionali;

§         la determinazione di standard qualitativi da rispettare nell'esercizio della professione (comma 3).

 

Ai fini del rilascio dell'attestato di competenza è inoltre richiesto agli associati il possesso della polizza assicurativa per la responsabilità professionale (comma 4 della pdl 1934 e comma 6 della pdl 2077).

I soggetti abilitati al rilascio dell’attestato di competenza devono essere accreditati presso il SINCERT. Lo scopo è quello di evitare il condizionamento, in fase di rilascio, da parte di situazioni di conflitto di interessi e di garantirne il riconoscimento nei Paesi UE.

L'attestato di competenza ha validità triennale; esso non è requisito vincolante per l'esercizio delle professioni di cui alle pdl in esame ed è rilasciato a tutti gli iscritti alle associazioni che ne fanno richiesta e che dimostrano di essere in possesso dei requisiti su illustrati.

Qualora non venga rinnovata l'iscrizione all'associazione l'attestato di competenza perdita di validità (comma 7).

In caso di richiesta da parte degli utenti l'iscritto all'associazione è tenuto a fornire il proprio numero di iscrizione all'associazione e gli estremi dell'iscrizione dell'associazione stessa nel Registro delle associazioni professionali di cui all’art. 8 delle pdl in esame.

 

Disposizioni analoghe relative all’attestato di competenza sono contenute anche nell’articolo 29 della pdl 1590, che però attribuisce la competenza del suo rilascio esclusivamente alle associazioni professionali e non reca la previsione relativa all’accreditamento presso il SINCERT dei soggetti abilitati al rilascio.

 

Una norma relativa all’attestato di competenza, seppur molto più succinta, è contenuta anche nella pdl 2239, con la previsione che le associazioni riconosciute ai sensi del D.Lgs. 206/2007 e del decreto del Ministro della giustizia 28 aprile 2008 (cfr. supra) rilasciano ai professionisti iscritti gli attestati di competenza che pongono in rilievo “le specifiche qualità professionali degli utenti”.

Si osserva che, sul piano della corretta formulazione, occorrerebbe sostituire le parole “degli utenti” con le seguenti “degli iscritti”.

Norme previdenziali (art. 10)

Entrambi gli articoli 10 delle pdl 1934 e 2077 recano, sebbene con differenti principi e criteri direttivi, deleghe per la disciplina delle forme di tutela previdenziale delle professioni oggetto dalle stesse pdl.

 

In particolare, entrambe le pdl prevedono lo “scorporo” della tutela previdenziale dei soggetti professionali in questione dalla Gestione separata INPS, di cui all'articolo 2, comma 26, della L. 8 agosto 1995, n. 335, dove sono iscritti ai sensi della normativa vigente, ma mentre la pdl 1934 dispone la costituzione di un’apposita gestione autonoma (presso l’INPS) delle professioni riconosciute ai sensi delle medesime pdl, la pdl 2077 prevede due canali alternativi consistenti, rispettivamente, nella confluenza nelle casse previdenziali delle professioni ordinistiche, già esistenti, corrispondenti per materia e contenuti professionali o nell’istituzione di una o più casse previdenziali autonome.

 

Più specificamente, la pdl 1934 prevede la delega al Governo ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, uno o più decreti legislativi al fine di istituire specifiche forme di tutela previdenziale dei soggetti che esercitano le professioni oggetto del provvedimento in esame, appunto scorporando questi ultimi dalla gestione separata INPS.

Ai fini dell’esercizio della delega, il Governo dovrà attenersi ai seguenti principi e criteri direttivi:

§         costituzione, presso l'INPS, di una gestione autonoma esclusivamente destinata alle professioni riconosciute secondo le procedure di cui alle pdl in esame (comma 1, lettera a));

§         carattere interprofessionale della gestione (comma 1, lettera b));

§         determinazione della contribuzione previdenziale, tale da rispettare la stabilità della gestione, nonché il riconoscimento (sembrerebbe in riferimento all’idoneità del meccanismo di contribuzione attualmente esistente per le varie professioni) della peculiarità della contribuzione propria di attività abitualmente remunerate attraverso parcelle professionali (comma 1, lettera c)).

 

Anche la pdl 2077 prevede una delega al Governo da esercitare negli stessi termini temporali, istituendo specifiche forme di tutela previdenziale dei soggetti che esercitano professioni non regolamentate mediante scorporo dalla gestione separata INPS, ma sulla base dei seguenti principi e criteri direttivi, in alternativa tra loro:

§         possibilità, per i soggetti richiamati, di confluire nelle casse di previdenza delle professioni di cui all'articolo 2229 c.c.[31] corrispondenti per materia e per contenuti professionali (comma 1, lettera a));

§         possibilità di istituire una o più casse previdenziali autonome, destinate alle professioni disciplinate dal provvedimento in esame (comma 1, lettera b)).

Al riguardo, si segnala che la prevista facoltà di confluenza delle professioni in esame nelle Casse previdenziali esistenti, sembrerebbe non coordinata con il principio di autonomia affermato in seguito alla privatizzazione delle casse stesse, stabilita dal D.Lgs. 509/1994 (vedi infra)..

 

Gli esercenti libere professioni intesi in senso generale, quindi non solo gli operatori delle tradizionali professioni liberali, ma anche coloro che svolgono in modo autonomo attività di lavoro in conseguenza dell'iscrizione ad albi o elenchi, fruiscono di tutela previdenziale per effetto della costituzione di enti previdenziali in seguito, nella maggior parte dei casi, all'iniziativa del gruppo professionalmente organizzato.

Gli enti previdenziali preposti alla tutela degli esercenti libere professioni per cosi dire “storiche” (ad es. avvocati, medici, ingegneri e architetti, geometri, notai), sono stati affiancati, negli ultimi più recenti, da gruppi professionali organizzati con albi o elenchi per la tutela di interessi di categorie emergenti nel tessuto produttivo (es. consulenti del lavoro, psicologi).

In particolare, con riguardo alla tutela previdenziale dei liberi professionisti occorre distinguere tra "professionisti privi di cassa", ossia soggetti che, benché iscritti ad un albo, non sono dotati di Cassa previdenziale di categoria, ovvero soggetti privi sia di albo che di cassa (per i quali si rinvia alla specifica trattazione svolta con riferimento ai lavoratori iscritti alla Gestione separata INPS), e "professionisti con albo e cassa", ossia soggetti per i quali è istituita una Cassa nazionale di previdenza ed assistenza, alla quale gli iscritti versano i contributi e che eroga le prestazioni previdenziali al raggiungimento dei requisiti prescritti.

 

Casse professionali

Per questi ultimi il relativo regime di tutela previdenziale ha disposto la privatizzazione delle rispettive Casse professionali.

Il D.Lgs. 30 giugno 1994, n. 509[32], ha infatti individuato gli Enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie da trasformare in persone giuridiche private (in associazioni o in fondazioni), a decorrere dal 1° gennaio 1995, tra i quali rientrano:

§         Cassa nazionale di previdenza e assistenza avvocati e procuratori legali;

§         Cassa di previdenza tra dottori commercialisti (CNPADC);

§         Cassa nazionale previdenza e assistenza geometri;

§         Cassa nazionale previdenza e assistenza ingegneri e architetti liberi professionisti (INARCASSA);

§         Cassa nazionale del notariato;

§         Cassa nazionale previdenza e assistenza ragionieri e periti commerciali (CNPR);

§         Ente nazionale di previdenza e assistenza consulenti del lavoro (ENPACL);

§         Ente nazionale di previdenza e assistenza medici (ENPAM);

§         Ente nazionale di previdenza e assistenza farmacisti (ENPAF);

§         Ente nazionale di previdenza e assistenza veterinari (ENPAV).

§         A questi Enti ne sono succeduti altri, i c.d. enti privati di previdenza obbligatoria dei liberi professionisti, fra i quali:

§         Ente Nazionale di previdenza ed assistenza a favore dei biologi (ENPAB);

§         -Ente nazionale di previdenza e assistenza della professione infermieristica (ENPAPI);

§         Ente nazionale di previdenza ed assistenza per gli psicologi (ENPAP);

§         Ente di previdenza ed assistenza pluricategoriale (dottori agronomi e dottori forestali, attuari, chimici e geologi (EPAP);

§         Ente di previdenza dei periti industriali (EPPI).

Il D.Lgs. 10 febbraio 1996, n. 103[33], in materia di tutela previdenziale obbligatoria dei liberi professionisti, ha rappresentato la fonte di riferimento primario cui è seguito il riconoscimento dell'autonomia per numerose Casse previdenziali.

In particolare, l’articolo 3 ha demandato agli enti esponenziali degli enti abilitati alla tenuta di albi od elenchi la facoltà di scegliere, alternativamente, a quali tipologie di forme gestorie partecipare (tre le quali rientravano le Casse professionali già previste dal D.Lgs. 509/1994, oppure in una categoria professionale similare o ancora nella gestione separata I.N.P.S.)

Presso il Ministero del lavoro è stato istituito l'Albo delle associazioni e delle fondazioni che gestiscono attività di previdenza ed assistenza.

I professionisti iscritti agli Ordini/Albi, che esercitano attività autonoma di libera professione senza vincolo di subordinazione, anche sotto forma di collaborazione coordinata e continuativa ancorché svolgano contemporaneamente attività di lavoro subordinato, sono obbligatoriamente iscritti alla Cassa previdenziale di categoria.

Il contributo posto a carico di ciascun iscritto alla Cassa previdenziale, di norma, è composto da un contributo soggettivo, da un contributo integrativo e dal contributo di maternità. Il contributo di maternità è in genere determinato in misura fissa. Il contributo soggettivo può essere stabilito in misura fissa o in percentuale sull'ammontare del reddito professionale netto conseguito ai fini IRPEF.

Nel caso di contributo determinato in misura percentuale, i professionisti devono comunicare alla Cassa previdenziale, secondo le modalità stabilite dalla medesima, l'ammontare del reddito professionale imponibile netto conseguito ai fini IRPEF per l'anno precedente.

Alcune Casse prevedono la possibilità di versare un contributo ridotto o un contributo di solidarietà.

Sono previsti minimali e massimali imponibili di reddito ai fini della determinazione del contributo dovuto.

Il ritardo nel versamento dei contributi comporta l'obbligo di pagamento degli interessi e delle sanzioni previste dai regolamenti delle singole Casse di previdenza.

La prescrizione è quella generale stabilita dalla L. 8 agosto 1995, n. 335.

 

La Gestione separata presso l'INPS

Per le altre categorie di professionisti,. l'articolo 2, commi 26-33, della richiamata L. 335/1995, ha previsto l'estensione dell'Assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti ad alcune categorie di lavoratori autonomi o parasubordinati la cui attività non risultava coperta da assicurazione previdenziale.

E' stata così istituita presso l'INPS, con decorrenza 1° gennaio 1996, una apposita Gestione separata, cui sono tenute ad iscriversi le categorie di lavoratori appresso indicati, con conseguente obbligo di versamento contributivo; la contribuzione è dovuta anche all'INAIL per effetto dell'entrata in vigore del D.Lgs. n. 38/2000, che all'articolo 5 che ha sancito l'obbligo assicurativo presso detto Istituto anche per i lavoratori in questione.

L'organizzazione della gestione è stata ridisegnata dal comma 158 dell'articolo 1 della richiamata L. 311/2204, la quale ha altresì stabilito, al precedente comma 157, l'iscrizione alla stessa Gestione degli associati in partecipazione. Successivamente, la materia è stata rivisitata dall’articolo 1, comma 771, della L. 296/2006 (legge finanziaria per il 2007).

L’I.N.P.S. distingue i lavoratori iscritti in tre gruppi. I due principali sono quello denominato dei “Collaboratori”, in cui, tra gli altri, sono inclusi i parasubordinati, e quello denominato dei “Professionisti”, che comprende i lavoratori autonomi che esercitano la professione e hanno una partita IVA. Vi è poi una categoria mista di “Collaboratori-Professionisti”, che rappresenta circa il 2% del totale degli iscritti, in cui si trovano i professionisti con partita IVA che abbiano un contratto di collaborazione coordinata e continuativa.

Sono obbligati all'iscrizione alla Gestione separata, sulla base di disposizioni di carattere generale o particolare:

§         professionisti: si tratta dei soggetti che percepiscono redditi che derivano, come disposto dall'articolo 53, comma 1, del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (T.U.I.R.), dall'esercizio per professione abituale, anche se non esclusiva, di attività di lavoro autonomo. L'attività di cui trattasi non deve, comunque, essere condotta in forma di impresa commerciale. Rientrano, in tale categoria:

à         professionisti iscritti in albi senza cassa di previdenza ma titolari di partita IVA;

à         professionisti iscritti in albi con cassa di previdenza ma non iscritti a quest'ultima;

à         professionisti iscritti in albi con cassa di previdenza, in relazione ai redditi professionali non assoggettati a contribuzione presso la cassa stessa;

à         professionisti senza albo e senza cassa (ad es. consulente di informatica, esperto in marketing, traduttori o interpreti, ecc.);

§         collaboratori coordinati e continuativi: secondo quanto disposto dall'articolo 53, comma 2, del citato D.P.R. 917/1986, si considerano rapporti di collaborazione coordinata e continuativa quei rapporti aventi per oggetto la prestazione di attività, non rientranti nell'oggetto dell'arte o della professione esercitata dal contribuente ai sensi del comma 1 dello stesso articolo 53, che, pur avendo contenuto intrinsecamente artistico o professionale, vengono svolte a favore di un soggetto, senza vincolo di subordinazione, e sono inserite in un rapporto unitario e continuativo, con retribuzione periodica prestabilita. Rientrano, ad esempio, in tale categoria le seguenti figure:

à         amministratori, sindaci o revisori di società, associazioni ed altri enti;

à         membri di commissione e collegi;

à         soggetti che collaborano a giornali, riviste, enciclopedie e simili, tranne i casi in cui si rientri nel diritto d'autore;

à         amministratori di condominio;

§         venditori porta a porta: sono i soggetti incaricati delle vendite a domicilio (come definiti dall'articolo 36 della L. 11 giugno 1971, n. 426, recante la Disciplina del commercio); per effetto dell'articolo 44, comma 2, del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, dal 1° gennaio 2004 devono essere iscritti alla Gestione separata, come pure gli esercenti attività di lavoro autonomo occasionale, solo qualora il reddito annuo sia superiore a € 5.000;

§         titolari di borse di studio: per la frequenza ai corsi di dottorato di ricerca (L. 3 agosto 1998, n. 315, articolo 1); per il sostegno della mobilità internazionale degli studenti ed assegni per attività di tutorato o didattico-integrative, propedeutiche o di recupero (DL 105/2003 convertito dalla L. 177/2003);

§         pensionati: coloro che, pur in quiescenza, svolgono le attività sopradescritte; sono tenuti alla contribuzione alla Gestione separata in relazione ai soli redditi percepiti a seguito dell'esercizio di dette attività.

Nei confronti dei soggetti pensionati ultrasessantacinquenni che svolgono attività rientranti tra quelle per le quali è previsto il versamento del contributo in parola, vige la sola facoltà e non l'obbligo di versamento. L'obbligo sussiste, invece, per coloro che hanno un'età compresa fra i 60 e i 65 anni, i quali possono, comunque, chiedere il rimborso dei contributi versati, qualora, al compimento del 65° anno di età, non abbiano maturato il diritto ad alcuna prestazione pensionistica;

§         medici in formazione specialistica, di cui all'art. 2, comma 26 della L. 335/1995: a decorrere dall'anno accademico 2006-2007 e per la durata della formazione;

§         lavoratori dipendenti: sono naturalmente soggetti alla contribuzione in questione anche i lavoratori dipendenti, sia privati che pubblici, che percepiscono compensi che non sono già assoggettati a contribuzione previdenziale obbligatoria.

Va sottolineato che la nuova definizione dei redditi da collaborazione coordinata e continuativa contenuta nel comma 1, lettera c-bis, dell'articolo 50 del D.P.R. 917/1986, non considerando più tra i caratteri essenziali della collaborazione la natura intrinsecamente artistica o professionale della prestazione, chiarisce definitivamente che possono rientrare nell'ambito delle collaborazioni coordinate e continuative anche attività manuali ed operative, in presenza, ovviamente, di tutti gli altri presupposti per il riconoscimento di un'attività di collaborazione;

§         associati in partecipazione: dal 1° gennaio 2005, per effetto del comma 157 dell'articolo 1 della L. 311/2004 (legge finanziaria per il 2005).

 

La generalità dei lavoratori interessati dall’obbligo di iscrizione alla Gestione separata risulta distinta in due principali categorie: da un lato i lavoratori non iscritti ad alcuna altra forma di previdenza obbligatoria, e, dall’altro, i lavoratori già iscritti a un’altra forma di previdenza obbligatoria, o che siano già titolari di una pensione. Le due categorie di lavoratori sono facilmente riconoscibili in funzione delle diverse aliquote con cui è previsto il versamento dei contributi previdenziali alla gestione.

Al riguardo, si ricorda che da ultimo, la L. 24 dicembre 2007, n. 247, all’articolo 1, comma 79, ha fissato la richiamata aliquota contributiva per gli iscritti alla Gestione separata che non risultino assicurati presso altre forme obbligatorie nella misura del 24% per il 2008, del 25% per il 2009 e del 26% a decorrere dal 2010.

Per gli iscritti ad altra forma di previdenza obbligatoria, invece, l'aliquota è fissata al 17%.

 

Si ricorda, infine, che presso la XI Commissione Lavoro della Camera dei deputati sono attualmente in esame le proposte di legge AC 2312 (Saglia ed altri) e AC 2345 (Narducci ed altri), di contenuto in parte simile, recanti disposizioni in materia previdenziale per i lavoratori autonomi esercenti professioni non regolamentate[34]

In particolare, entrambe le pdl prevedono l’istituzione, a decorrere dal 1° gennaio 2010, un’apposita gestione a contabilità separata presso l’INPS, cui sono tenuti ad iscriversi i soggetti che esercitano abitualmente un’attività di lavoro autonomo ai sensi dell’articolo 53, comma 1, del T.U.I.R., non iscritti a casse previdenziali private afferenti ad ordini o albi professionali.

Vigilanza (art. 11)

L’articolo 11 delle pdl 1934 e 2077attribuisce al Ministero della giustizia la vigilanza sull'operato delle associazioni professionali, svolta di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, per verificare il rispetto e il mantenimento dei requisiti previsti dalle pdl in esame. In caso di mancata ottemperanza alle disposizioni delle stesse pdl viene disposta la cancellazione dal Registro delle associazioni professionali.

Disposizioni analoghe sono contenute anche nell’articolo 31 della pdl 1590 e nell’articolo 27 della pdl 2239, in cui si precisa altresì che la cancellazione dal Registro – disposta allorché si ravvisino irregolarità nell’operato delle stesse associazioni, la perdita dei requisiti necessari o protratta inattività - comporta la revoca dell’autorizzazione a rilasciare attestati di competenza.

Entrata in vigore (art. 12)

L’articolo 12delle pdl 1934 e 2077dispone in merito all’entrata in vigore del provvedimento, prevista per il giorno successivo a quello della sua pubblicazione.

 

 

 



[1] Tra queste si richiamano il D.lgs. Lgt. 23 novembre 1944, n. 382, sulla ricostituzione su basi democratiche dei consigli degli ordini e collegi; la L. 25 aprile 1938, n. 897, sull'obbligatorietà delle iscrizioni negli albi professionali e sulle funzioni relative alla loro custodia; la L. 8 dicembre 1956, n. 1378, sugli esami di Stato per l'abilitazione all'esercizio delle professioni

[2] Recante: Ricognizione dei principi fondamentali in materia di professioni.

[3] Il provvedimento rappresenta il primo caso di attuazione, nel nostro ordinamento, della delega contenuta nell’articolo 1, comma 4, della Legge 5 giugno 2003, n. 131 (c.d. legge La Loggia), volta ad adeguare l’assetto ordinamentale all’ampia riforma del Titolo V della Costituzione operata dalla Legge cost. n. 3/2001

[4]    L’articolo 2229 c.c., nel riservare alla legge la determinazione delle professioni intellettuali per il cui esercizio è richiesta l'iscrizione in albi o elenchi, demanda alle associazioni professionali, sotto la vigilanza dello Stato, l'accertamento dei requisiti per l'iscrizione, la tenuta degli albi e il potere disciplinare.

[5]    Si tratta delle disposizioni che stabiliscono l’incompatibilità con il mercato comune: a) degli accordi di imprese e associazioni di imprese che abbiano lo scopo di impedire, limitare o falsare le regole della concorrenza all’interno dell’Unione; tali accordi sono nulli di pieno diritto (art. 81); b) dello sfruttamento abusivo di posizione dominante (art. 82).  È’ poi sancita la sottoposizione delle imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale o aventi carattere di monopolio fiscale alle generali regole di concorrenza, nei limiti in cui l'applicazione di tali norme non osti all'adempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica missione loro affidata (art. 86).

[6]    Legge 15 maggio 1997, n. 127, Misure urgenti per lo snellimento dell'attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo.

[7]    D.M. 3 novembre 1999, n. 509, Regolamento recante norme concernenti l'autonomia didattica degli atenei.

[8]    D.M. 22 ottobre 2004, n. 270, Modifiche al regolamento recante norme concernenti l'autonomia didattica degli atenei, approvato con D.M. 3 novembre 1999, n. 509 del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica.

[9]    L’art. 1, c. 18, della l. n. 4 del 1999, come modificato dall’art. 6 della l. 370/99, ha disposto che uno o più regolamenti di delegificazione, risultanti dal concerto dei Ministri dell’Università e della ricerca scientifica e di Grazia e giustizia, provvedono a modificare la disciplina dell’accesso agli albi, ordini e collegi professionali, nonché del relativo esame di Stato, adeguando l’accesso al nuovo sistema degli studi universitari delineato dall’art. 17, c. 95, della l. 127 del 1997 e dai successivi decreti di attuazione.

[10] “Misure di razionalizzazione della finanza pubblica.

[11] Recante Disposizioni urgenti per la tutela della concorrenza nel settore dei servizi professionali.

[12]   In materia di tariffe professionali, v. la nota sentenza della Corte di giustizia delle comunità europee del 18 giugno 1998 (causa C-35/1996) sulle tariffe obbligatorie per gli spedizionieri doganali. Secondo la decisione, l’Italia ha violato le regole comunitarie sulla concorrenza, in quanto la legge professionale (L. 22 dicembre 1960, n. 1612) impone ad un'organizzazione professionale (il CNSD, Consiglio nazionale spedizionieri doganali) l'adozione di una decisione tipica di un’associazione di imprese, in contrasto con l'art. 85 del Trattato CE (ora art. 81), consistente nel fissare una tariffa obbligatoria per tutti gli spedizionieri doganali.

In particolare, sulla compatibilità delle tariffe forensi italiane con la regole comunitarie sulla concorrenza, v. Corte di giustizia, sentenza 19 febbraio 2002 (causa Arduino, C-35/1999) e Corte di Giustizia, sentenza 5 dicembre 2006; in particolare, in tale ultima decisione la Corte di giustizia intervenendo sulla normativa anteriore all'entrata in vigore della legge Bersani, ha confermato l'orientamento comunitario secondo cui il "divieto italiano assoluto di derogare ai minimi tariffari stabiliti per gli avvocati costituiva una restrizione della libera prestazione di servizi". Secondo la Corte: "Gli artt. 10 CE, 81 CE e 82 CE non ostano in linea di principio all’adozione, da parte di uno Stato membro, di un provvedimento normativo che approvi, anche sulla base di un progetto elaborato da un ordine professionale, una tariffa che fissi un limite minimo per gli onorari e a cui, in linea di principio, non sia possibile derogare né per le prestazioni riservate né per quelle che possono essere svolte anche da qualsiasi altro operatore economico non vincolato da tale tariffa. Tuttavia, una normativa che vieti in maniera assoluta di derogare convenzionalmente agli onorari minimi determinati da una tariffa professionale costituisce una restrizione della libera prestazione dei servizi prevista dall’art. 49 CE. Spetterà in concreto al giudice di merito verificare se tale normativa, alla luce delle sue concrete modalità di applicazione, risponda realmente agli obiettivi della tutela dei consumatori e della buona amministrazione della giustizia, che possono giustificarla, e se le restrizioni che essa impone non appaiano sproporzionate rispetto a tali obiettivi".

[13]    In merito all'estensione di tale divieto, la Suprema Corte aveva osservato che "È nullo il patto di quota lite stipulato da un ragioniere con il proprio cliente poiché il termine "patrocinatori" contenuto nel comma 3 dell'art. 2033 c.c. individua una categoria generale cui appartengono tutti quei professionisti che, pur non essendo né avvocati né procuratori, sono oggi abilitati alla difesa in sede di controversie giudiziali" (Cass. 23 giugno 1998, n. 6203).

[14] Il relativo schema è stato, in più occasioni, ritenuto illegittimo da parte del Consiglio di Stato; Con mozione approvata il 23 giugno 1998, il Senato impegnava il Governo a non procedere all’emanazione del regolamento

[15]    Legge 21 dicembre 1999, n. 526, “Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee”.

[16]   “Attuazione della direttiva 98/5/CE volta a facilitare l’esercizio permanente della professione di avvocato in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata acquisita la qualifica professionale”.

[17]   La nuova direttiva europea 2005/36/CE, recepita in Italia con il citato decreto legislativo n. 206 del 2007 sostituisce tutte le quindici direttive che dagli anni '70 al 20 ottobre 2007 hanno disciplinato il riconoscimento delle qualifiche professionali: le direttive Sistemi generali (89/48/CEE, 92/51/CEE, 99/42/CE) e le direttive settoriali (77/452/CEE, 77/453/CEE, 78/686/CEE,  78/687/CEE, 78/1026/CEE, 78/1027/CEE, 80/154/CEE, 80/155/CEE, 85/384/CEE, 85/432/CEE, 85/433/CEE e 93/16/CEE) riguardanti le professioni d'infermiere professionale, odontoiatra, veterinario, ostetrica, architetto, farmacista e medico.

[18] L’Indagine conoscitiva nel settore degli Ordini e Collegi professionali e delle professioni dagli stessi regolamentate è stata deliberata dall'Autorità ai sensi dell'art. 12, comma 2, della legge 10 ottobre 1990, n. 287 e si è conclusa nell'ottobre del 1997.

[19]    Nel parere al Ministro della giustizia AS 163 del 5 febbraio 1999 in merito al disegno di legge della XIII legislatura n. 5092 recante "Delega al Governo per il riordino delle professioni intellettuali", l'Autorità ha ribadito che "la previsione di una regolamentazione per le attività riservate, diretta a controllare le modalità di erogazione delle prestazioni, nonché il comportamento dei professionisti, dovrebbe essere principalmente finalizzata alla correzione delle asimmetrie informative presenti nei mercati in questione". I medesimi concetti si ritrovano espressi nella segnalazione AS298 del 27 aprile 2005, nonché nella segnalazione AS306 del 14 luglio 2005. L'Autorità ha più volte giustificato la necessità di riforme nel settore delle professioni anche alla luce delle lettere di messa in mora inviate allo Stato italiano nel luglio 2005 dalla Direzione mercato interno della Commissione Europea in merito all'idoneità delle tariffe di avvocati, architetti e ingegneri a pregiudicare il commercio intracomunitario e dagli stimoli in tal senso provenienti da OCSE e Fondo Monetario Internazionale.

[20]   Si osserva che la proposta di legge AC. 3, di iniziativa popolare, definisce la professione all’articolo 14, relativo al riconoscimento delle nuove professioni e – apparentemente – con un’efficacia limitata alla procedura delineata dall’articolo stesso.

[21]   L’AC 1553, nella relazione illustrativa, afferma che «L’associazione si costituisce al fine di dare evidenza ai requisiti professionali dei propri iscritti nei confronti della collettività».

[22]   In particolare, si richiamano le disposizioni del Titolo II del decreto legislativo, relative all’esercizio della professione di avvocato in forma societaria.

[23]   Per "professionisti non regolamentati" si intendono i lavoratori autonomi che svolgono una professione non protetta da Albi od Ordini specifici. Lo svolgimento di libere professioni non regolamentate non è subordinato dalla legge al possesso di titoli di studio specifici o al superamento di esami particolari.

[24]   Come si ricorda nelle relazioni illustrative che accompagnano le due proposte di legge, il tentativo di fornire una disciplina organica delle attività professionali non regolamentate, nell’ambito di una riforma più generale delle professioni, risale alla XIII legislatura, ma non è fino ad oggi giunto ad un esito concreto sul piano legislativo.

[25]   Il comma 3 dell’art. 117 contiene un secondo elenco di materie – che la stessa norma costituzionale definisce “di legislazione concorrente” – in cui “spetta alle regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei princìpi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato”.

[26]   Per «piattaforma comune» si intende l'insieme dei criteri delle qualifiche professionali in grado di colmare le differenze sostanziali individuate tra i requisiti in materia di formazione esistenti nei vari Stati membri per una determinata professione. Queste differenze sostanziali sono individuate tramite il confronto tra la durata ed i contenuti della formazione in almeno due terzi degli Stati membri, inclusi tutti gli Stati membri che regolamentano la professione in questione. Le differenze nei contenuti della formazione possono risultare dalle differenze sostanziali nel campo di applicazione delle attività professionali.

[27]   Requisiti per la individuazione e l'annotazione degli enti di cui all'articolo 26 del decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206, nell'elenco delle associazioni rappresentative a livello nazionale delle professioni regolamentate per le quali non esistono ordini, albi o collegi, nonché dei servizi non intellettuali e delle professioni non regolamentate. Procedimento per la valutazione delle istanze e per la annotazione nell'elenco. Procedimento per la revisione e gestione dell'elenco.

[28]   Direttive 77/452/CEE, 77/453/CEE, 78/686/CEE, 78/687/CEE, 78/1026/CEE, 78/1027/CEE, 80/154/CEE, 80/155/CEE, 85/384/CEE, 85/432/CEE, 85/433/CEE e 93/16/CEE.

[29]   Direttive 89/48/CEE e 92/51/CEE.

[30]   Si ricorda che tale direttiva ha avuto origine dalla proposta di direttiva (COM(1996)22), presentata il 9 febbraio 1996 dalla Commissione europea.

[31]   Il richiamato articolo ha disposto che la legge determina le professioni intellettuali  per l'esercizio delle quali è necessaria l'iscrizione in appositi albi o elenchi.

[32]   “Attuazione della delega conferita dall'art. 1, comma 32, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, in materia di trasformazione in persone giuridiche private di enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza”.

[33]   “Attuazione della delega conferita dall'art. 2, comma 25, della legge 8 agosto 1995, n. 335, in materia di tutela previdenziale obbligatoria dei soggetti che svolgono attività autonoma di libera professione.”.

[34]   Per una disamina più puntuale si rimanda al dossier del Servizio Studi n. 163 del 12 maggio 2009.